Rise of the Brave Tangled Dragons

di ElfaNike
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** RoBTD1 ***
Capitolo 2: *** RoBTD2 ***
Capitolo 3: *** RoBTD3 ***
Capitolo 4: *** RoBTD4 ***
Capitolo 5: *** RoBTD5 ***
Capitolo 6: *** RoBTD6 ***
Capitolo 7: *** RoBTD7 ***
Capitolo 8: *** RoBTD8 ***
Capitolo 9: *** RoBTD9 ***
Capitolo 10: *** Ritratti: Estate ***
Capitolo 11: *** Ritratti: Autunno ***
Capitolo 12: *** Ritratti: Inverno ***
Capitolo 13: *** Ritratti: Primavera ***
Capitolo 14: *** tBF1 ***
Capitolo 15: *** tBF2 ***
Capitolo 16: *** tBF3 ***
Capitolo 17: *** tBF4 ***
Capitolo 18: *** tBF5 ***
Capitolo 19: *** tBF6 ***
Capitolo 20: *** tBF7 ***
Capitolo 21: *** tBF8 ***
Capitolo 22: *** tBF9 ***



Capitolo 1
*** RoBTD1 ***


Premesse dell'autrice:
Essendo io una persona particolarmente pignola, per preparare questa fanfiction mi sono infomata molto (!) e bene (?) sull'ambientazione. Posto che nessuna delle quattro opere d'origine coincide né come epoca storica né come ambientazione geografica, ho dovuto anticipare un po' le vicende di Jack e ritardare quelle di Merida... eccetra eccetra. 
Ci sono alcuni dettagli delle storie originali che non mi hanno convinto molto (con questo non voglio giudicare il lavoro degli artisti che vi si sono dedicati, ben lungi da me!) e quindi ho deciso di mescolarle un po' e aggiungere nel minestrone che ne è uscito alcuni punti scartandone altri (intenzionalmente).
Queste le notizie da dietro le quinte, per ora.
Buona lettura!

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Disney, Pixar e Dreamworks; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro

 

Buio. È la prima cosa che ricordo. Era buio, e faceva freddo. Avevo paura.
...Ma poi, poi ho visto la luna. Era così grande, così luminosa. Sembrava cacciasse via il buio. E a quel punto, non ho avuto più paura.”
Jack Frost.

 

Il mondo è non è poi così grande, quando sei immortale. Questo Jack lo aveva capito subito.
Non aveva idea di come né perché fosse nato, ma questo non lo fermava di certo. All'inizio sì, ci aveva pensato, si era posto qualche domanda, ma visto che la Luna non si era mai data troppa pena per rispondergli, lui aveva smesso. Soprattutto quando aveva scoperto di essere invisibile al mondo, poiché questo voleva dire che nessuno si aspettava nulla da lui e lui non era tenuto a rispondere delle sue azioni davanti a nessuno, e questo voleva dire libertà assoluta. Aveva iniziato a viaggiare in lungo e in largo, e a utilizzare i suoi poteri per vedere se qualcuno lo notasse. Naturalmente, nessuno.
All'inizio era stata la disperazione più totale. La solitudine può essere una compagna mostruosa, e Jack l'aveva scoperto con grande dolore. Era stato sull'orlo del barato per anni, ignorato da tutti i passanti che attraversavano, lo attraversavano!, e si sentiva solo tanto quanto lo sarebbe stato in mezzo ad un bosco deserto. Ovviamente i primi anni si era isolato nei luoghi più remoti, incapace di accettare che gli altri non lo vedessero né che non lo sentissero quando parlava loro. Ma l'isolamento forzato in questo modo lo aveva portato a sentire un perenne ronzio nella testa e a vedere persone che in realtà non esistevano passargli continuamente accanto. No, i boschi senza anima viva non giovavano alla sua testa.
A ripensarci dopo anni, a mente fredda, si ritrovava a stupirsi di come soffrisse la solitudine quando in realtà non aveva la minima idea di cosa volesse dire stare in compagnia. Non ricordava di aver mai avuto dei contatti umani con nessuno.
Si era quindi trasferito nei villaggi e nelle città. Aveva provato a farsi notare da qualcuno, aveva provato a utilizzare i suoi poteri per attirare l'attenzione, ma ovunque andasse, nel momento in cui ci si accorgeva che la neve sembrava cadere secondo una certa logica, che le tempeste erano isolate e le stalattiti prendevano forme non particolarmente naturali, la gente si segnava e chiamava di corsa un esorcista, cosa che gli impedì sempre di fermarsi stabilmente in un posto.
Gli unici che sembravano non aver paura di lui erano i bambini, ma avvicinarli era molto difficile. Adorava vedere come si divertivano a guardare la neve prendere forme strane, a giocare con essa anche quando questa appariva tardivamente e in momenti totalmente illogici. Non che comprendessero che dietro c'era qualcuno. Non l'avevano mai pensato, non era mai venuto loro in mente. Tuttavia, quando i genitori notavano qualcosa prendevano per mano i loro figli e si allontanavano velocemente.
Grande Luna, se non era impazzito in quei momenti.
Fu per questo che aveva preso a fare scherzi a tutti. Inizialmente erano dispetti verso gli adulti per ripicca, quando gli portavano via i suoi compagni di giochi. Poi, notando come, se teneva un comportamento irregolare e imprevedibile, nessuno sospettava della sua presenza, ci prese gusto e cominciò a divertirsi senza remore. Nessuno gli diceva mai niente e i bambini si divertivano ancora di più a vedere gli adulti col sedere per terra.
Talvolta, quando eccedeva con gli scherzi, quando si lasciava prendere dal divertimento ed esagerava, gli capitava di essere redarguito da altri spiriti (fu così che scoprì della sua natura soprannaturale). Ovviamente non è difficile immaginare quanto la prima volta fu contento di poter parlare con qualcuno. Il primo spirito con cui aveva attaccato bottone, però, lo aveva respinto con poca grazia, forse per via dell'insistenza dovuta al suo entusiasmo: un contatto, finalmente! E fu così che scoprì anche che quelli come lui avevano, in genere, un pessimo carattere e non amavano troppo la compagnia, per cui perse quasi subito interesse per loro preferendo di gran lunga gli uomini.
La cosa più dura era vederli crescere. Arrivati ai dodici o tredici anni di età i suoi bambini cominciavano a cambiare e non si divertivano più come prima, con lui, a guardare da fuori il mondo dei grandi. Erano loro a diventare grandi. Era l'aspetto dell'essere immortali a cui non si era mai abituato, specie dopo i primi cinquant'anni, quando i bambini che aveva visto crescere cominciarono a morire di vecchiaia.
La prima volta che successe fu uno shock tale che in poco tempo non ebbe più il coraggio di seguire i suoi piccoli amici fino in fondo. In poco tempo prese l'abitudine, quando i bambini perdevano la loro innocenza, di dimenticarsi di loro come bambini e di considerarli come altre persone, come adulti, dedicandosi ai bimbi più piccoli. In questo modo era molto più facile.

Erano già parecchi anni (o secoli? Non che si desse pena a contarli) che lui girovagava per il mondo a giocare con i giovani e a prendere in giro gli adulti. La prima volta che era arrivato in quella regione, sulla costa, Corona era solo una piccola cittadella su un'isola. All'epoca fu notato quasi subito e non poté fermarsi molto. Quando vi tornò qualche anno più tardi, già un piccolo castello sorgeva sulla cima dell'isola, e un fragile ponte in legno la collegava alla terraferma. Quando poi decise di recarvisi nuovamente, il castello era cresciuto assieme alla città e si ergeva verso il cielo terso mentre il ponte era stato ricostruito in pietra. I bambini erano molti di più rispetto agli anni passati, e questo voleva dire che quell'anno si sarebbe divertito da matti.
La neve cadde copiosa già la prima notte che era arrivato lì e il giorno dopo lui già correva da una parte all'altra tra candidi pupazzi e battaglie all'ultima palla di neve. Voleva divertirsi al massimo delle sue possibilità, e questo significava anche trovare un modo per fare qualche tiro interessante a un adulto.
In men che non si dica aveva già scelto la sua vittima. Era una donna, di spalle, che stava parlando con un artigiano per farsi fare dei pennelli. Prese bene la mira e colpì. La neve cadde dal tetto e la ricoprì completamente, e lei lanciò un grido rialzandosi subito in piedi e scuotendosi il mantello tra le risa di tutti i monelli presenti. Lei lanciò loro un'occhiata seccata ma non disse nulla, e si limitò a liquidare l'artigiano con un altezzoso gesto della mano. Fu in quel gesto che Jack la riconobbe.
Quella donna era bella. Era sottile, diafana, dal portamento altero e, nonostante gli zigomi alti e la pelle senza una ruga, la bocca era serrata in un'espressione di disprezzo e gli occhi grigi esprimevano un disinteresse totale per ciò che le succedeva intorno. Il mantello scuro copriva l'abito di un rosso intenso e, quando si abbassò il cappuccio per togliere la neve, una massa di riccioli neri come pece le ricaddero sulle spalle. Quella donna era bella.
Il problema era che quella donna era già stata bella. Era già stata così, esattamente così, e questo lo sapeva perché l'aveva vista con quell'aspetto molti anni prima, all'epoca del suo primo arrivo nella regione.
La prima cosa che tentò di fare fu parlarle, credendo che si trattasse di uno spirito che non aveva riconosciuto, ma nel momento in cui si rese conto che lei non poteva sentirlo (gli passò attraverso!) realizzò che si trattava di una normalissima umana. Ma allora? Com'era possibile che non fosse invecchiata di un giorno? Era forse diventata immortale anche lei? Come? Questo potere poteva permettergli di parlarle, in un modo o nell'altro?
Con tutte queste domande in testa e preso dalla curiosità, Jack la seguì per tutto il giorno. Questa trovò dei pennelli e dei colori da un altro artigiano e poi comprò funghi e nocciole in grande quantità, le solite attività noiose da adulti. Rimase però colpito dai colori e da tutto il materiale che comprava per la pittura, e cominciò a immaginare che si trattasse di un'artista, un'anima profonda in cerca di espressione (anche se, con quella faccia, non riusciva molto a vedersela tutta impiastricciata davanti ad una tela). Non importava. Era lei, voleva essere sicuro che fosse lei. Perché questo voleva dire avere una speranza.
Quando il pomeriggio cominciò a trasformarsi in sera e il sole si avviò verso il tramonto, la donna uscì dalla città e si diresse con passo sicuro verso la foresta. Aveva davvero qualche segreto, allora!
Procedettero per un paio d'ore allontanandosi dai sentieri principali, inerpicandosi su per cammini usati pochissimo o quasi per nulla, arrampicandosi fra i massi e scendendo agilmente in piccole radure dall'erba umida scurita dal crepuscolo. Se si continuava per quella strada, sapeva Jack, si arrivava al colle che portava alla valle accanto. Era un colle ripido, poco atto all'esplorazione e quindi poco frequentato, e per arrivarvi il sentiero costeggiava tutta una serie di pareti di roccia a strapiombo da cui si sporgeva solo qualche pino coraggioso.
Ma la donna, invece di proseguire, scostò un cespuglio di rovi tra due alberi e scoprì un cammino talmente poco visibile da sembrare il canaletto di un qualche ruscello quasi esaurito. Se non si fosse saputo della sua esistenza, nessuno sarebbe mai andato a cercare oltre quel muro di spine e rami intrecciati e avrebbe proseguito per il cammino classico.
Il sentiero si infilò dentro una parete di roccia completamente ricoperta di edera che rivelò, una volta spostata, un passaggio nascosto dentro la montagna. La donna lo prese senza esitazione e Jack subito dietro di lei, immergendosi nel buio della sera. Fortunatamente lei non poteva udirlo, perché lui, non conoscendo i passaggi che evidentemente lei sembrava sapere a memoria, aveva battuto l'alluce e il mellino una quantità spaventosa di volte, finché non inciampò e cadde definitivamente. Gli ci volle un po' per rialzarsi, incastrato com'era, poiché avendo perso il bastone doveva cavarsela senza la sua solita agilità. Quando riuscì a ritrovarlo e a rimettersi in piedi decise, esasperato, di raggiungerla volando verso la luce grigia che segnalava la fine della caverna.
Quando uscì e si fermò a guardare dove fossero arrivati, la scena lo lasciò a bocca aperta: in mezzo a montagne scoscese, una piccola valle quasi incontaminata perdeva i suoi colori probabilmente vivaci in favore del nero della notte e del bianco della luce della luna. L'unica eccezione era un raggio di luce calda e traballante provenire dall'unica finestra ancora aperta di una torre costruita in mezzo alla radura.
Incuriosito si avvicinò e, sentendo provenire delle voci dalla cima, con un balzo si ritrovò sul davanzale. Nell'ampia sala che costituiva la cima della torre, la donna stava parlando con una bambina, svuotando il suo cesto delle nocciole e dei funghi. La piccola studiava con entusiasmo i colori e i pennelli nuovi, mentre la madre (dedusse Jack) si accingeva a preparare una zuppa.
La scena era così semplice e quotidiana che Jack quasi dimenticò di trovarsi in un luogo isolato dal mondo. Arrivò quasi a sentirsi in pace con se stesso e, seduto su una trave del soffitto spiovente, la schiena appoggiata ad un sostegno verticale, si godé quel momento con un sorriso.
Dopo mangiato la bambina fu subito portata a letto nel suo soppalco e, quando la donna si richiuse con dolcezza le tende alle spalle, Jack poté avvicinarsi per guardarla meglio.
Se la madre era bella, la figlia era a dir poco luminosa. La prima cosa che colpiva di lei erano i lunghissimi capelli biondi, tanto lunghi da arrivare per terra anche quando lei era sdraiata nel suo letto a baldacchino. Gli occhi erano di un verde intenso ed erano grandi, e lo sguardo era di un'innocenza che Jack aveva raramente incontrato negli altri bambini. Il volto era quello tondo tipico dell'infanzia, le guance paffute e rosate e la bocca piccola ma sorridente. Quella bambina era luminosa e serena.
Per quella notte, Jack decise di restare lì, a contemplare quel visino addormentato, in attesa del giorno dopo. Quando, giunto il mattino, la madre partì di nuovo, Jack si rese conto di quanto la piccola fosse sola. Questa, infatti, passò buona parte della mattinata a guardare il cielo chiaro del primo inverno, per poi andare alla scatola dei pennelli e provare con entusiasmo i regali ricevuti il giorno prima. Ma, dopo aver colorato un'intera parete, era ormai pomeriggio e la bambina abbandonò la sua attività per mettersi a leggere, in maniera automatica e annoiata, uno dei pochi libri che aveva sullo scaffale.
“Non si può continuare così.” sentenziò Jack, basito. E decise di fare quello che sapeva fare meglio: con un colpo di vento spalancò la finestra e in men che non si dica portò nella stanza un sacco di fiocchi di neve. La bambina, dapprima spaventata, poi perplessa, si entusiasmò subito per la novità e prese a correre e saltare per la stanza. La sua vivacità caricò ulteriormente Jack che si sbizzarrì per il resto della giornata finché lei, esausta, non si lasciò cadere ridendo al centro del pavimento.
A quel punto, incapace di sopportare ancora di stare chiuso in una stanza, Jack uscì a sdraiarsi sul tetto, e per un momento contemplò la luna, che stava iniziando ad apparire nel cielo azzurro.
Dopo un po' sentì delle voci provenire dall'interno della torre. La madre doveva essere tornata. Impaziente di scoprire il suo segreto, Jack scese a vedere. La donna guardava sgomenta i mucchi di neve sparsi per la torre, mentre la bambina attendeva, in piedi in mezzo a tutto quel pasticcio, con le manine dietro la schiena e lo sguardo interrogativo.
-Che cosa è successo, qui, Rapunzel?- chiese infine la donna.
-Non è colpa mia madre. È stata una magia!-
Jack corrugò la fronte, pronto alla tipica risposta di un genitore: “Non esiste quella robaccia, la magia!”. Invece la madre si sfregò stancamente le tempie e, con un sospiro, si mise a raccogliere la neve per buttarla fuori, dando indicazioni alla piccola perché la aiutasse. Poi si sedette su una sedia e mormorò: -Tua madre è molto stanca, Rapunzel. Ti andrebbe di cantare per lei?-
La bambina annuì con un sorriso: -Subito, madre!- e corse a prendere uno sgabello e una spazzola, per poi sedersi davanti a lei. Mentre la madre le spazzolava con dolcezza i capelli, lei attaccò una melodia dolcissima:

“Fiore dammi ascolto,
se risplenderai
con i tuoi poteri
tu mi proteggerai...
Con la tua magia
tu mi aiuterai
e non dirmi che
per me è tardi ormai...
è tardi ormai...”

Mentre cantava, una luce abbagliante illuminò i suoi capelli e investì la donna, che perse ogni traccia di stanchezza dal volto.
“Ecco come fa a non invecchiare!” realizzò Jack.
Una volta deposta la spazzola, la madre prese la figlia tra le braccia: -Brava la mia bambina. Ti voglio così bene...-
-Io di più!- rispose lei ridendo.
-E io più del tuo più.-
Dopo un momento Rapunzel, che si era abbandonata sul petto della madre, si tirò su, liberandosi dal suo abbraccio, e, guardandola negli occhi, chiese: -Domani posso venire con te, madre?-
La donna sospirò con aria teatrale: -Mi dispiace, tesoro, ma è meglio che tu resti qui. Te l'ho già detto tante volte... il mondo là fuori è pericoloso, e tutti vorrebbero rapirti per sfruttare il potere dei tuoi capelli. Fidati di me, e resta qui al sicuro. Mamma ti proteggerà da ogni pericolo.- così dicendo le accarezzava la testa e la bambina, pensierosa e forse un po' triste, tornò ad appoggiarsi alla madre.
Jack ascoltava, non percepito, seduto sul tavolo dall'altra parte della stanza. Nella sua esperienza fra gli uomini aveva appreso a capirli, e in quanto bugiardo patentato era capace di riconoscere una menzogna quando ne vedeva una. Quella donna teneva sua figlia isolata dal mondo, ma lo sguardo freddo che le rivolgeva portava a dubitare che proteggesse lei piuttosto che il potere dei suoi capelli. Se davvero Rapunzel non poteva uscire, allora rimaneva da sola per giorni interi. E Jack, figlio della solitudine, non poteva non essere solidale con lei.
Voleva aiutarla, voleva farle compagnia, per quanto lei non riuscisse a vederlo. Era impensabile per lui stare chiuso così tutta la vita in una stanza, lui che aveva vissuto sempre in movimento, senza alcun confine, però questo non gli avrebbe impedito di tornare a trovarla. Forse non tutti i giorni, o avrebbe cominciato a soffrire di claustrofobia, ma il più spesso possibile, questo sì.
Si spinse giù dal tavolo e si diresse in silenzio alla finestra. In piedi sul davanzale, si girò ancora un attimo a osservare Rapunzel, che con gli occhi chiusi si godeva fiduciosa le coccole di sua madre. Poi, con un salto, scivolò nel vento e si fece portare via, verso la città più vicina, ma la sensazione di profonda compassione che aveva iniziato a provare per quella bambina non lo abbandonò. Presto! Alla città più vicina per la via più breve. Doveva trovare la via più breve, per tornare poi da lei.

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Capitolo 2
*** RoBTD2 ***


Questa è Berk. È dodici giorni a nord di disperazione e pochi gradi a sud di morire di freddo. Si trova esattamente sul meridiano della miseria.
Il mio villaggio. In una parola, solido. Ed è qui da sette generazioni. Ma ogni singola costruzione è nuova!
Abbiamo la pesca, la caccia e un'incantevole vista del tramonto. L'unico problema sono le infestazioni. In molti posti hanno topi, o zanzare. Noi abbiamo... i draghi.”
Hiccup Horrendus Haddock III


Berk era un villaggio di vichinghi. Gli esseri più cocciuti della terra. Da quando si erano stanziati lì, secoli prima, non c'era verso di parlare di ripartire, nonostante fossero un popolo alla base nomade: finalmente un luogo da cui si potevano raggiungere le terre del nord come quelle del sud in pochi giorni di navigazione! Ma non per commerciare, ovviamente! Loro erano vichinghi, il popolo guerriero per eccellenza, senza paura di fronte a nessun nemico, uomo o animale che fosse. Neanche di fronte ai draghi.
Se l'addestramento prevedeva di affrontare i lucertoloni di turno con lo scopo di sopravvivere (chi avesse eletto Scaracchio maestro del villaggio, neppure Odino lo sapeva), la prova finale voleva che un novizio accuratamente selezionato uccidesse un drago. E, accidenti!, l'anziana aveva scelto proprio lui per questa prova. Perché non Astrid? Lei era molto più convinta di quello per cui combatteva! Ce l'avrebbe fatta, sarebbe sopravvissuta senza problemi e con tutti gli arti a posto! Sarebbe stata l'orgoglio del villaggio.
E invece no! Avevano deciso che lui avrebbe ucciso il drago, e lui aveva deciso che se la sarebbe data a gambe. Peccato solo per quel piccolo particolare... Astrid. Lo aveva seguito, lo aveva scoperto, aveva scoperto Sdentato. Subito lui aveva pensato che in quel momento fossero davvero finiti. E invece no! Astrid l'aveva ascoltato (Astrid!). E gli aveva creduto. Allora perché non poteva farlo anche suo padre?
Hiccup la guardò la ragazza, con un sorriso tirato: -Va tutto bene.-
-No che non va tutto bene.- lei roteò l'ascia e l'abbatté per noia su un tronco -Ascolta, presto saremo al villaggio e non potremo più parlarne. Cosa intendi fare domani? Parlerai con tuo padre?-
Lui scosse la testa: -Posso provarci. Però non sono sicuro che solo a parlarne capirebbe.-
-E allora cosa hai in mente di fare?-
-Per ora non so. La soluzione perfetta sarebbe stata partire.-
-Quello sarebbe stato scappare. I vichinghi non scappano.-
Hiccup sorrise a quella frase. Astrid restava fedele alla sua vichingaggine in ogni situazione. Ma purtroppo era d'accordo con lei. Questa era forse una delle poche cose vichinghe che aveva ereditato anche lui.
-Che cos'hai in mente, Hic?-
-Ancora non so, Astrid, davvero. Però domani non scapperò. Fidati di me, troverò qualcosa.-
Lei lo guardò poco fiduciosa e, essendo arrivati al villaggio, si allontanò senza una parola.
Maledizione! Perché non aveva ucciso Sdentato la prima volta che l'aveva visto? E maledizione! Come poteva pensare una cosa del genere?
In realtà la soluzione lui ce l'aveva, ed era mettere il padre al corrente di quello che stava succedendo per davvero.
Arrivato a casa, lo trovò seduto a contemplare il fuoco. Doveva provare a parlargli. Doveva fare almeno un tentativo. Si avvicinò strisciando i piedi e si sedette accanto a lui.
-Ehm... ciao... papà.-
L'uomo sollevò lo sguardo: -Hic. Ti stavo aspettando.-
-Ah! Ah... Davvero?- grande Odino, brutto segno.
-Volevo metterti al corrente di... quanto io sia fiero di te, figliolo. Dopo tutti questi anni avevo ormai perso la speranza ma, guardati!, sei diventato l'orgoglio del villaggio.-
-Ah... del... del villaggio? Ah... papà?-
-Sì?- l'uomo, che fino a quel momento non lo aveva guardato negli occhi, si girò verso di lui.
-Io... mi stavo chiedendo se non potessi mostrarti una cosa... riguardo alla Furia Buia che avevo abbattuto...- balbettò, stritolandosi le mani.
-Ah, quella cosa. Non temere, Hic, non ce n'è bisogno. Capisco benissimo.-
-Tu... capisci?-
-Sì. Avevi bisogno di attenzioni, lo facevi per questo. Tu avevi un potenziale nascosto da mostrarci e noi non te ne abbiamo mai dato la possibilità. Io non te ne ho mai dato la possibilità.- gli posò una delle sue enormi mani sulla spalla, scuotendo la testa.
-Sì, cioè no. Non è questo che intendevo.- si allontanò di un passo e si mise le mani nei capelli, poi riprese: -Tu... hai mai pensato a come sarebbe la vita se noi... trovassimo un modo per non batterci... coi...- la voce gli cadde.
-Per non batterci coi draghi, dici? Ma guardati, sembri tua madre.- Stoik appoggiò i gomiti sulle ginocchia e chinò il capo: -Quei maledetti me l'hanno portata via. Ce l'hanno portata via. Sono contento che finalmente io e te ci batteremo per la stessa causa, Hiccup.-
-Ma secondo te avrebbe potuto avere ragione?-
-Noi, alleati dei draghi? Hiccup! Lei li ha difesi e loro l'hanno divorata! Quei mostri sono incontrollabili, sono macchine assassine. Non è possibile alcuna alleanza.-
In quel momento, Hiccup capì molto di suo padre. E capì anche che parlargli non sarebbe servito a niente. Doveva passare al piano B.
-Ho capito.- si alzò stiracchiandosi e indicò di sopra: -Vado... vado a dormire.-
-Buonanotte figliolo. Ci vediamo nell'arena.-
Tentativo fallito.

Il momento peggiore delle prove importanti sono le due ore che le precedono. Hiccup non le sentiva passare. Sentiva il cuore nelle orecchie e un peso enorme sullo stomaco.
Astrid gli fu vicino fino all'ultimo momento. Quando poi Scaracchio lo chiuse dentro l'arena, e lui vide suo padre guardarlo con lo stesso sguardo che aveva quando valutava le cartine nautiche, con esperienza e aspettativa, si coprì volentieri la testa con l'elmo.
L'Incubo Orrendo uscì con un colpo rovente dalla gabbia e lui poté percepire quanto fosse furioso e spaesato. In quell'attimo suo padre scomparve dalla sua mente, che fu totalmente occupata dalla creatura davanti a lui. Era terrorizzata. Doveva riuscire a calmarla. Abbassò le mani e si liberò del pugnale e dello scudo. Poi gettò lontano anche l'elmo e tese la mano verso di lui. Ci aveva pensato tutta notte. Se essere un vichingo voleva dire uccidere i draghi, allora lui non voleva essere un vichingo. Ma essere un vichingo era anche il sogno di tutta la sua vita. Voleva dire essere parte del suo villaggio vichingo, essere amico con tutti gli altri giovani vichinghi. Voleva dire risolvere tutti i problemi con suo padre. Ma se uccidere quel drago voleva dire essere per tutta la vita il tipo di vichingo che erano gli altri a volere, allora lui preferiva rimanere solo Hiccup. Solo Hiccup. Fu una decisione molto sofferta che gli aveva impedito di dormire per tutta la notte.
All'improvviso, un clangore interruppe il contatto col drago: l'Incubo Orrendo si irrigidì di colpo e lanciò un ringhio furioso. Hiccup non fece in tempo a realizzare quello che era successo che il drago prese fiato. Stava per attaccare.
Tutto si svolse in pochi secondi: Astrid comparve al suo fianco e distrasse il drago il tempo per lui di riprendersi, per poi correre entrambi fuori dalla gabbia. Qualcosa era andato storto. Ma cosa?
Un fiammata gli impedì di raggiungere Astrid dall'altra parte della grata. Era in trappola, e un drago arrabbiato in quel modo era impossibile da calmare!
Poi, un fischio e un'esplosione, e Sdentato si precipitò nell'arena. Lui fu spinto da parte e il suo amico affrontò l'Incubo Orrendo prendendo presto il sopravvento. Hiccup era salvo.
Sdentato no.
Nel giro di pochi secondi tutto il villaggio si riversò nell'arena, l'Incubo Orrendo fu spinto nella sua gabbia e Sdentato fu circondato. I suoi tentativi di mandarlo via furono completamente inutili. Suo padre si avvicinò furioso e dopo una breve colluttazione Sdentato fu immobilizzato.
Tentativo numero due fallito.
Suo padre lo guardava. Ma ora lo guardava come guardava un drago, prima di ucciderlo.
-Hiccup.-
-Ehm... ricordi, quando ti dovevo parlare...?-
Stoik ricordava. E adesso collegava. -Avrei dovuto capirlo. Avrei dovuto cogliere i segni.-
-Pa... papà?-
-Avevamo fatto un patto!-
-Sì ma... ma era prima... ti prego arrabbiati con me, prenditela con me ma non fare del male a Sdentato!-
-Il drago? È per lui che ti preoccupi? Non per le persone che per poco non uccideva?-
-L'ha fatto per proteggermi!-
-Hanno ucciso centinaia di noi!-
-E noi abbiamo ucciso migliaia di loro!- a questa frase, l'intero villaggio si raggelò. Un vichingo che sfidava un altro vichingo, e in maniera così diretta. Stoik avrebbe dovuto reagire.
-Sei in combutta con loro ormai. Tu non sei un vichingo. Tu non sei mio figlio.-
Hiccup, per un momento, perse il contatto con il suo corpo. La sua testa formicolava in maniera bizzarra. Si guardò intorno, e vide gli altri vichinghi. Vide lo stupore, la pietà e la durezza con cui lo guardavano.
Poi vide Sdentato, e con un urlo si gettò tra gli uomini che lo trattenevano. Ci volle solo un istante, e tutta l'abitudine nata dai mille voli fatti assieme. Il suo piede si incastrò nel meccanismo e, con un colpo di ali, Sdentato era libero.
Bastò un balzo, e il drago uscì da dov'era entrato. Siccome l'intero villaggio era dentro l'arena, loro ebbero tutto il tempo per spiccare il volo e fuggire via.
Hiccup si voltò a guardare Berk sotto di lui. Chissà Astrid... lei era rimasta giù. Chissà se gli aveva detto qualcosa... se aveva tentato di parlargli. Lui non ricordava niente di quello che era appena successo.
Esausto, si abbandonò sul dorso di Sdentato, che piano piano planò fra gli alberi.
Erano soli. E lui era disperato.

Camminarono per un paio d'ore senza meta. Tornare al loro nascondiglio era impensabile: troppo vicino al villaggio, e per arrivarci avrebbero dovuto volare. Non potevano rischiare di farsi vedere.
Arrivati sulla costa non poterono più procedere. Tanto non avrebbero potuto comunque: si stava facendo notte e le spesse coltri di nubi facevano calare il buio più presto del solito.
Nel giro di poco si accesero un fuocherello per scaldarsi nel freddo umido e si procurarono del pesce, che Sdentato divorò da solo: lui non aveva molta fame. Il cielo era sempre più pesante e cominciò ad alzarsi il vento. Hiccup si rannicchiò contro la pelle squamosa del drago.
Passarono qualche tempo nel silenzio più assoluto, quando un ramo spezzato fece drizzare le orecchie a Sdentato. Hiccup si tirò su con un brivido e si guardò intorno, coprendo poi il fuocherello con della terra umida. Adesso, anche l'ultima fonte di calore era andata.
Dopo un istante di silenzio, bastò un movimento tra gli alberi: in men che non si dica Hiccup era di nuovo in sella e volava via schivando le reti e le frecce.
Stoik comparve accanto al fuoco spento un attimo troppo tardi: -Fermi! C'è Hiccup su quel drago!- ma ormai i due erano lontani, volando in direzione sud-ovest verso il mare aperto.

La tempesta li sorprese che avevano già perso il senso dell'orientamento. Sopra le nuvole, sotto il mare: quando iniziarono a cadere le prime gocce non riuscirono più a capire da che parte fossero girati. Ormai non era neppure possibile pensare di fare marcia indietro, unicamente perché non sapevano più da che parte fosse “indietro”.
La situazione si fece tragica in poco tempo, quando il vento si fece più forte e cominciarono a comparire i primi fulmini. Sdentato faceva di tutto per non cedere ma Hiccup sentiva che non ce la faceva più: i muscoli delle ali erano tesi nello sforzo e il respiro era affannoso, il suo torace si dilatava a ritmo sempre più rapido sotto le sue mani.
Dovevano uscire da lì.
Hiccup si guardò intorno alla disperata ricerca di un appiglio qualsiasi, un qualsiasi indizio che gli desse un'idea. Poi diresse Sdentato verso l'alto.
Se fossero riusciti a superare le nuvole forse avrebbero avuto una possibilità. Tutto dipendeva dalla resistenza di Sdentato.
Il drago batteva le ali con tutto se stesso contro il vento. Ormai non era più solo questione di forza fisica. Dovevano assecondare le correnti d'aria o si sarebbe stancato per niente.
Alternando salite e planate riuscirono a raggiungere miracolosamente lo spesso strato di nuvole. Se alzava una mano, Hiccup poteva quasi toccarle. Ancora un piccolo sforzo...
Improvvisamente, un fulmine scoppiò proprio accanto a loro. Il suo boato fu assordante, e Sdentato per allontanarsi perse il ritmo. Le sue ali si piegarono contro il vento, e non riuscì più a riaprirle. Senza il loro sostegno, i due cominciarono a precipitare in mare.

Hiccup si strinse al suo drago e lanciò un grido di disperazione. Perché cavolo aveva deciso di scappare? Perché aveva affrontato suo padre in quel modo? Perché aveva permesso che Sdentato si intromettesse in tutta quella storia?
Come potevano morire così? Perché, dopo tutto quello che avevano passato, perché finire proprio in un modo così stupido? Non era giusto. Non era giusto per lui e non era giusto per Sdentato. Il suo amico non c'entrava niente. Era stato Hiccup a colpirlo e a coinvolgerlo in tutta questa storia maledetta.
Il ragazzo socchiuse gli occhi per guardare il suo coraggioso compagno. Fu così che vide i primi scogli. La terraferma, la terraferma era vicina!

Il freddo fu la prima cosa che sentì. Ma il fatto di sentirlo era rassicurante.
Sentì anche le squame di Sdentato contro la sua pelle. Era freddo anche lui, ma era un rettile, era normale. Avvertiva il suo petto contro la guancia: si muoveva tranquillo, gonfiandosi in lunghi respiri. Erano salvi.
-Ehi tu! Sei... morto?- una voce femminile gli perforò le orecchie.
Con molta attenzione socchiuse le palpebre e i suoi occhi furono colpiti dalla luce chiara della mattina.
Dopo essersi abituato un po', riuscì a mettere a fuoco la sua interlocutrice. La prima cosa che vide fu un ammasso di riccioli rossi, e poi due grandi occhi azzurri.
 



Angolino dell'autrice:
Ecco il secondo capitolo! Abbiamo fatto un salto di qualche anno ed ecco che la storia inizia per davvero.
Secondi i miei piani dovrebbero venire all'incirca una ventina di capitoli. In questo momento sono a metà. Per evitare di far passare troppo tempo tra una pubblicazione e l'altra, mi sono imposta di pubblicare un capitolo ogni quindici giorni circa, almeno finché non avrò finito di scrivere tutta la fanfiction. In questo modo dovrei riuscire a non rimanere indietro... 
Grazie a chi legge e a chi commenta! 
Nike

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Capitolo 3
*** RoBTD3 ***


Alcuni dicono che il nostro destino è legato alla terra, che essa fa parte di noi quanto noi di essa.
Altri dicono che il destino è intrecciato, come un tessuto, cosicché il nostro destino ne incrocia molti altri.
È la cosa che tutti cerchiamo di cambiare, o lottiamo per cambiare.
Alcuni non lo trovano mai, ma ci sono quelli che vi sono guidati.”
Merida DunBroch

 

L'arco si tese sotto la forza delle sue braccia. Non c'era per lei sensazione più piacevole di questa. Mentre con la sinistra spingeva l'arma verso il suo bersaglio, con la destra tirava la corda fino ad arrivare all'angolo della bocca, facendo scorrere indietro la freccia.
Non sentiva più nulla. La voce di sua madre, gli sguardi del pubblico, il vento che le muoveva quella gonna maledetta, i capelli sul naso. Non esisteva più nulla, a parte lei. Gli occhi si focalizzarono prima sulla punta della freccia, poi sul centro del bersaglio. E scoccò.
La prima freccia arrivò liscia al centro del cerchio rosso. Non era stato difficile fare meglio del MacGuffin. Non le sembrava un ragazzo molto convinto di quello che faceva, sembrava si lasciasse scorrere tutto addosso con perplessità e non facesse niente per intervenire.
La seconda freccia partì tranquilla esattamente come la prima, e per una frazione di secondo provò una soddisfazione perversa per aver battuto quel bellimbusto del MacIntosh. Con quella sua aria orgogliosa le dava la spiacevole sensazione che gareggiasse più per battere gli altri due pretendenti che per ottenere la sua mano. Davanti a lui più di tutti si sentiva un premio da vincere e questo le dava sui nervi.
Per la terza freccia, quando arrivò sulla linea di tiro, inspirò profondamente e rallentò il battito del suo cuore. Il Dingwall aveva l'aria talmente addormentata che non era sicura capisse quello che gli accadeva intorno. Che non si fosse nemmeno reso conto di essersi presentato per vincere il diritto di sposarsi? Prese tutto il tempo che le serviva per mirare e scoccare, e non abbassò le braccia finché non sentì il tonfo soffocato della sua freccia che affondava nel sostegno in legno dietro il paglione.
Aveva vinto.
Ebbe pochi secondi per realizzare di essere finalmente libera, perché dietro di lei arrivò di gran carriera sua madre, a cui rivolse un'occhiata di fierezza e intransigenza. La stessa che le riservò la regina.
-Merida. Come hai osato.- sibilò la donna.
-Ho rispettato le regole, mamma. In quanto primogenita della famiglia DunBroch ho preso parte alla sfida per...-
-Tu non sai quello che hai fatto, signorina!-
I quattro capi dei clan si avvicinarono. Avevano l'aria esterrefatta e furiosa allo stesso tempo. Fergus più esterrefatta che furiosa.
-Mia regina- esordì il capo clan dei Dingwall, con la voce che gli tremava dalla rabbia -Che cosa significa?-
-Come avete osato farci questo brutto scherzo?- rincarò il capo clan MacIntosh.
-Vi prego. Vi prego, signori. Sistemerò tutto al più presto.- cercò di calmarli la regina.
-Sistemare cosa?- le rispose l'altro -Questa... donna ha osato mettersi in mezzo a una sfida fra uomini! Non era il suo ruolo. Lo avrebbe dovuto sapere. Voi avreste dovuto insegnarglielo.-
Elinor ebbe un fremito di stizza a quelle parole: -Gradirei da parte vostra un po' più di rispetto per il lavoro che io e la principessa abbiamo portato avanti in questi anni.- sentenziò.
MacIntosh e MacGuffin si scambiarono un'occhiata mentre Dingwall avanzò rabbiosamente di un passo: -Da come si tiene vostra figlia non sembra che il vostro duro lavoro abbia dato i risultati sperati. Se una semplice ragazza può permettersi di mancare di rispetto alle nostre tradizioni...- non concluse la frase, ma lasciò moltissimi sottintesi. MacIntosh e MacGuffin annuivano convinti, mentre Elinor si portava una mano al petto scandalizzata.
Si riprese solo dopo un momento e dichiarò: -Se i signori vogliono lasciarmi risolvere questa faccenda, presto potremo riorganizzare dei giochi perché si possa ristabilire l'ordine delle nostre tradizioni...-
Merida, però, l'interruppe: -Cosa? No! Io ho gareggiato! Ho vinto la sfida...-
-Merida, per favore...-
Lei ignorò sua madre: -...sono stata alle regole! Valgo molto di più di una semplice dama da marito! Tu lo sai, mamma! Io non voglio sposarmi!-
A quelle parole i capi dei clan rimasero a bocca aperta. Elinor, dal canto suo, perse per un secondo il controllo: -Tu sei una fanciulla, Merida! Per questo partecipare a questi giochi non rientra nel tuo ruolo! Per cui adesso ti ordino di fare un passo indietro! Tu sei una principessa, e io esigo che ti comporti come tale!-
Merida non poteva credere alle sue orecchie. Disperata, guardò suo padre in cerca di sostegno: -Papà... non puoi lasciarglielo fare!-
Fergus non amava quel genere di situazioni. Lui amava la chiarezza e, se non era possibile comunicare in questo modo, preferiva risolvere i problemi con una bella scazzottata. Quando si trattava, tuttavia, dei battibecchi delle donne, se poteva evitava di schierarsi. Non poteva in alcun modo dare torto alla sua adorata regina piuttosto che alla figlia che tanto gli somigliava, o viceversa. Purtroppo, però, lo sguardo supplichevole di Merida, il volto corrucciato di Elinor e le espressioni canzonatorie dei tre capi lo chiamavano a prendere una posizione. Qui si trattava di politica e, sfortunatamente, avendo vissuto la guerra già una volta, non poteva permettere che il regno cadesse in altri conflitti per quelli che erano sicuramente visti come i capricci di un'adolescente. Prese quindi un bel respiro e si rivolse alla ragazza: -Merida... ascolta. Quello che tua madre ed io vogliamo che tu capisca...-
-Tu non mi aiuterai, non è vero?- Merida fece un passo indietro, con gli occhi che le pizzicavano.
-I quattro clan hanno tradizioni secolari, Merida...- le spiegò il padre -...e questo vuol dire che ad una certa età la principessa deve andare in sposa a un pretendente. Non ci puoi fare nulla, tesoro.- l'uomo sperò che la nota di rimpianto non fosse troppo udibile.
Merida si era portata le mani alla bocca, sull'orlo delle lacrime.
-Allora, principessa- la riprese MacIntosh con un sorriso storto -A quale sfida sottoporrai i nostri figli, domani?-
Disperata e ferita, Merida guardò la madre, che non aveva abbandonato il suo sguardo duro, e il padre, che invece sembrava voler essere in qualunque altro posto piuttosto che lì. Comprese che da loro non avrebbe avuto sostegno.
Scoppiando in lacrime si voltò e spiccò una corsa: montò velocemente su Angus e galoppò via fra le urla di allarme dei guerrieri dei clan e quelle angosciate di sua madre che la richiamava indietro.
Non sarebbe tornata.

Cavalcò per parecchio tempo, piangendo, addentrandosi sempre più nella foresta. Nessuno meglio di lei conosceva i segreti di quella terra, e gli uomini dei clan avrebbero impiegato parecchio tempo a trovarla.
Il cielo si era fatto pesante, e qualche goccia già annunciava l'arrivo di una tempesta. Tornare indietro non era possibile. Cercò distrattamente un riparo in attesa che il maltempo passasse. Almeno, si consolava, in quel modo l'avrebbero trovata ancora più tardi.
Trovò una caverna piccola e poco profonda. Scoppiando di nuovo in singhiozzi si rannicchiò in un angolo e diede libero sfogo alle sue lacrime.
Tutto questo non era giusto. La sera prima aveva provato, solo per vedere come sarebbe stato, a immaginarsi accanto ad uno di quei tre ragazzi per tutta la vita. Era stata presa dal panico all'idea di essere associata a quelle caricature di eroi, il MacGuffin, insipido nonostante la sua forza, il MacIntosh egocentrico per via della sua apparente avvenenza, il Dingwall aggressivo ma, dèi, dall'aria così ebete...! Lei non c'entrava nulla con nessuno di loro.
Gli scrosci d'acqua si susseguirono fino a sera, quando la tempesta si spostò un po' più a nord, verso il mare, e lasciò dietro di sé la foresta dai colori scuri e intensi. Faceva freddo.
E poi, lei una dama? Lei, che eccelleva con l'arco e la spada, costretta a vivere in abiti stretti, scomodi, suonando, leggendo e scrivendo, senza poter più muoversi, cavalcare, tirare, spingere al limite il proprio corpo... per tutta la vita? A quest'idea le vennero i brividi e si trattenne a forza per non scoppiare ancora in singhiozzi.
Decise che era il caso di dormire un po'. Ormai era completamente buio, a parte la luce rassicurante della luna appena riapparsa, e non poteva più muoversi da dov'era. Si costrinse a resistere alla fame, non potendo neppure cercarsi qualcosa da mettere sotto i denti. Un buon sonno le avrebbe permesso di arrivare al giorno dopo con la mente un po' più lucida.

Il mattino colorò gli alberi di bellissime tinte dorate.
Merida uscì in groppa ad Angus e si diresse verso nord est, dove sapeva avrebbe trovato qualcosa da mangiare. Tenendo il sole sulla destra si avviò al passo allaricerca di qualche animale da cuocersi. Anche un uccello sarebbe bastato.
Dopo un po', però, si rese conto che la foresta era stranamente deserta. Anche Angus sembrava nervoso.
Avanzò lentamente, finché non notò degli alberi dai rami spezzati, i primi molto in alto, quelli accanto sempre più in basso, come se qualcosa ci fosse caduto sopra e loro non avessero retto alla forza con cui questo era arrivato. Seguì la traccia, ignorando gli sbuffi del suo cavallo, e, dietro un vecchio tronco coperto di muschio, vide un ammasso nero disteso per terra.
Con un sussulto fece arretrare Angus fin dietro l'albero più vicino, poi smontò con circospezione. Quella cosa si muoveva su e giù, lentamente. Respirava!
Incoccò una freccia e si avvicinò cautamente, riconoscendo una pelle squamosa e un paio di ali, una sinuosa colonna vertebrale che continuava fino ad una lunga coda... che era provvista di due... ali? Membrane? ...di cui una in cuoio. In cuoio?
Il fatto che quella creatura potesse essere accompagnata da un uomo le accese la curiosità e lentamente fece il giro. Le zampe posteriori erano distese lungo la coda, mentre le ali avvolgevano un corpo umano, che a sua volta abbracciava il torace di quell'animale. La testa nera era larga e piatta e lei non riusciva a riconoscerne gli occhi. Inarcò un sopracciglio passando lo sguardo alla sella agganciata alle zampe anteriori ed ebbe un sussulto quando tornò a guardare la sua testa: la creatura la guardava da un occhio giallo, la pupilla dilatata dalla stanchezza, senza neppure la forza di muovere il capo.
Merida rimase un attimo immobile, poi, quando si rese conto che l'occhio guardava preoccupato la punta in metallo della sua freccia, la tolse dal punto d'incocco e la ripose nella faretra, infilandosi l'arco per una spalla. Poi alzò le mani e gli mostrò i palmi, a dimostrare che non era più pericolosa.
A quel punto lui aprì le ali e le mostrò l'umano: era un ragazzino gracile, vestito in lana cotta verde e pelliccia e un paio di stivali in cuoio molto grandi per lui. Quando scivolò su un fianco rivelò un viso tondo e infantile, pallido come un cencio, circondato da una zazzera di capelli castani. Ma, se erano arrivati precipitando, non potevano essere tanto più in ordine, no?
-Ehi tu!- chiamò, senza avvicinarsi troppo, sedendosi sui talloni e appoggiando i gomiti sulle ginocchia -Sei... morto?- ebbe un'espressione schifata al pensiero, ma tanto valeva esserne sicuri.
Quello mugugnò qualcosa e socchiuse gli occhi, cercando con lo sguardo chi aveva parlato. La creatura alata lo toccò con delicatezza, cercando di aiutarlo a svegliarsi definitivamente.
Il ragazzo finalmente la individuò: -Io... dove siamo?-
-Regno di Dalriada, confine est.- rispose lei.
-Io... co... cosa?- il ragazzo si tirò a sedere di scatto, portandosi poi le mani alla testa: -Ahi...-
Merida allungò il braccio: -Tutto a posto?-
-Non saprei... siamo solo precipitati. In fondo ci siamo abituati, eh, Sdentato?- ironizzò lui con un sorriso tirato. L'animale, Sdentato, fece spallucce e roteò gli occhi. Il ragazzo cercò allora di alzarsi in piedi, ma le gambe non gli ressero e Merida dovette afferrarlo velocemente prima che cadesse.
-Sei gelido. Non ti conviene sforzarti troppo.-
Il ragazzo annuì e si rimise a sedere accanto a Sdentato, che nel frattempo si era tirato su e stava drizzato sulle zampe anteriori, la coda avvolta attorno a lui e le ali ripiegate.
Merida si sedette accanto a loro, a gambe incrociate: -Chi sei?-
-Mi chiamo Hiccup.- rispose distrattamente -E tu?-
-Io sono Merida...- fece per continuare con la solita cantilena: “primogenita erede del clan DunBroch...” ma si trattenne, a disagio. Il ragazzo la osservava aspettando il resto della frase, così lei tergiversò: -Ma ditemi di voi! Che cos'è lui? Da dove venite? Avete attraversato la tempesta?-
Hiccup sorrise debolmente: -Sì, noi arriviamo da un'isola della costa dell'Opplandene. A nord est, molto nord est da qui.-
-Venite da oltre il Mare del Nord?-
Hiccup aveva l'aria sconsolata: -Così sembra...-
Merida l'osservò per un secondo, poi si decise a cambiare discorso: -E lui cos'è?-
Hiccup alzò lo sguardo sulla creatura: -Eh? Ah! Lui... lui è un drago.- disse, sulle spine. Merida non sapeva che reazione si aspettasse da lei, ma evidentemente non la calma e la curiosità con cui reagì a quelle parole: -Non... non sei spaventata?-
-Quando l'ho visto la prima volta ti stava abbracciando. Non ti ha mangiato. Non vedo perché questo dovrebbe farmi paura. Qui abbiamo mostri ben più spaventosi.- rise.
Hiccup sorrise con un po' più di convinzione: -Non avete draghi, qui?-
Lei scosse energicamente la testa: -Solo orsi.-
Lui scrollò le spalle: -Allora niente di che.-
-E invece rimarresti sorpreso.- Merida si alzò: -Senti, io stavo cercando da mangiare. Hai fame?-
Dallo sguardo improvvisamente attento dei due dedusse di sì. Andò a costringere Angus a seguirli e si misero lentamente in cammino. Hiccup si guardava intorno con evidente interesse.
Raggiunsero il fiume più vicino e, con molta parsimonia di frecce per non finirle subito, Merida riuscì a racimolare un buon pasto per tutti e tre.
Quando furono finalmente sazi, anche Hiccup si sentiva a proprio agio e parlare fu più facile.
-Perché vi siete ritrovati nella tempesta?-
Hiccup stava giocando con un bastoncino: -Noi... siamo stati costretti a partire. Sai... problemi famigliari... rapporti difficili... questo genere di storie. Bazzecole.-
-E invece capisco. Ho... avuto dei problemi anch'io.-
-Con i tuoi genitori?-
-Vogliono farmi sposare.-
-Davvero?-
-Sì. Si tratta di mia madre. Ha programmato praticamente tutta la mia vita.-
-Capisco. Sei una nobile?-
Merida annuì soprappensiero: -Voleva fare di me qualcuno che non sono.-
-“Voleva”?-
-Sono scappata anch'io.- Merida sorrise distrattamente, poi gli rigirò la domanda: -Anche tu hai avuto problemi con i tuoi genitori?-
-Con mio padre. Mia madre... lei...- scosse la testa, poi allungò il braccio per fare i grattini a Sdentato: -Sono il figlio di un capo vichingo. Cacciatori di draghi, tutte queste cose affascinanti qui... voleva far del male a Sdentato.-
Merida rifletté un po' a quello che le aveva raccontato: -E adesso cosa vuoi fare?-
Hiccup scrollò le spalle: -Non lo so. Non posso tornare a casa. Lo ucciderebbero.- seguì un momento di silenzio, poi riprese: -Penso che per ora riprenderò ad andare verso sud. Magari troverò un posto dove stare con Sdentato senza problemi. Chissà... una caverna... un eremitaggio...-
Merida rise: -Be', se vuoi ti posso accompagnare.-
-Non dovevi sposarti, tu?-
-Mah, sai... non ho fretta.-
I due quindi si avviarono. Camminarono per buona parte della giornata, chiacchierando di tanto in tanto: -Ma non ti staranno cercando?-
Merida fece spallucce: -Non lo so. Ma per come abbiamo litigato ieri secondo me senza di me si risolverebbero tanti problemi. E comunque ora ho te da aiutare. Il matrimonio può aspettare.-
-Guarda un po' che caso.-
Ad un tratto, però, i due ragazzi si bloccarono: davanti a loro, nel grigiore di una nebbia improvvisa, veleggiava una piccola fiammella di un blu soprannaturale.
-Ehm... Merida... cos'è quello?-
-Un fuoco fatuo!- la ragazza lo fissava come per paura che potesse sparire da un momento all'altro: -Mia madre mi diceva sempre che i fuochi fatui ti guidano verso il tuo destino.-
Cercò di avvicinarsi con circospezione, ma Sdentato, eccitato da quella piccola luce in movimento, già le dava la caccia. I due ragazzi risero nervosamente e seguirono per un po' la scia di spiritelli.
Poi Hiccup si irrigidì di colpo: -Merida... dicevi che questi fuochi di conducono verso il tuo destino?-
-Sì, perché?-
-Secondo te vuol dire anche che ti possono avvertire di un pericolo?-
-Cosa vuoi dire?- Merida si voltò nella direzione da lui indicata e rimase paralizzata dal terrore: dietro di loro, parzialmente mimetizzato dalle fronde e dal sottobosco, un enorme orso nero, coperto di cicatrici di mille battaglie e con la pelle trapassata da schegge e frecce e lance spezzate, li osservava in silenzio. Aveva le zanne scoperte e gli occhi concentrati su di loro. Il silenzio che aleggiava attorno a lui, per cui non lo avevano sentito avvicinarsi, lo rendeva ancora più spaventoso.
-Hiccup...- mormorò con un fil di voce: -Hiccup... scappiamo.-
-Cosa?-
-SCAPPA!- Mor'du si lanciò su di loro con un ruggito che fece tremare l'intera foresta.
Con un balzo Hiccup era già in sella a Sdentato e aveva già preso il volo, mentre Merida era saltata su Angus e l'aveva lanciato al galoppo nella direzione indicata dai fuochi fatui.
Mor'du la inseguiva ruggendo e spaccando con una spallata ogni tronco che si trovava sul suo cammino. Angus correva con la disperazione della sopravvivenza e saltava agilmente da una roccia all'altra, spronato dalla ragazza, ma su una sassaia mise lo zoccolo in fallo e finirono a terra entrambi. Merida batté la testa e le ci volle un po' per riprendersi, ma quando si guardò attorno Angus era sparito e Mor'du si avvicinava ad una velocità spaventosa. La ragazza lanciò un urlo terrorizzato e prese a correre il più in fretta possibile, quando sentì una voce dall'alto: -Merida!-
Senza riflettere lei tese le braccia e sentì due zampe artigliarla all'altezza delle ascelle e portarla in alto. Quando guardò giù, agitando i suoi piedi nel vuoto, urlò ancora, ma sollevando lo sguardo vide che Hiccup, in sella al suo drago, le porgeva la mano: -Presto, sali, ti porto via!-
Merida accettò di buon grado e si arrampicò dietro di lui, stringendosi forte ai suoi fianchi e chiudendo gli occhi.
Volarono per qualche minuto, prima che lei si sentisse abbastanza al sicuro da riaprirli. Hiccup era davanti a lei e la osservava da sopra la spalla con un sorriso: -Scusa, il primo volo è sempre un po' traumatico.-
Merida realizzò in quel momento cosa stava facendo e rimase senza fiato, per poi gridare di emozione alzando le braccia al cielo: in un momento tutta la tristezza, la paura e il senso di vuoto sparirono. Hiccup rise vicino a lei: -Accipicchia... che voce!-
Merida riabbassò le mani e ridacchiò timidamente.
-Senti, cosa vuoi fare?-
-Cosa vuoi dire?-
-Io devo partire. Non posso restare qui: i clan di cui mi hai parlato mi ricordano molto il mio villaggio. Attaccherebbero Sdentato.-
-Ah. Be'...- la ragazza non seppe bene cosa rispondere.
-Non vuoi tornare a casa?-
Lei ci pensò un attimo. Poi sorrise: -No. Voglio venire con voi. Almeno un altro po'.-
Hiccup la guardò dubbioso, forse perché non voleva portarla via dalla sua terra in quel modo. Poi, probabilmente, il fatto di non essere più solo e il suo bisogno di sicurezza presero il sopravvento. Con un sorriso fece alzare di quota Sdentato, e si diressero verso sud.
 



Angolino dell'autrice:
Finalmente Hiccup e Merida si incontrano. Il viaggio può quindi iniziare!
Inutile dire che dal prossimo capitolo si entra nel vivo della storia... ;) Adesso che comincio a farli interagire l'uno con l'altro, fuori dal contesto dei film d'origine, devo ammettere che rimanere fedele al loro carattere senza cadere nello stereotipo mi risulta davvero difficile, ed è un discorso che vale a partire da ora per tutti i capitoli a seguire! 
Ancora grazie a lettori e recensori!
Nike

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Capitolo 4
*** RoBTD4 ***


Dunque... c'era una volta una goccia di sole caduta giù dal cielo. E da quella goccia di sole era nato un magico fiore dorato. Aveva il potere di guarire i malati e i feriti.”
Flynn Rider


La giornata si preannunciava assolata. La finestra aperta lasciava entrare l'arietta fresca del mattino che si stava lentamente scaldando sotto i suoi raggi tiepidi. L'intera torre risplendeva al vento della valle, circondata da erbetta verde pallido e alberi dalle fronde più scure ma ugualmente lucenti. Il ruscello gorgogliava trasparente sui sassi grigi e levigati e gli uccellini cantavano e volavano da una parte all'altra nella gioia della loro libertà.
Rapunzel era affacciata come ogni giorno a osservare il cielo con aria sognante, fantasticando con la testa chissà dove. Non sapeva molto del mondo là fuori, anzi, quasi niente, ma questo non le impediva di avvalersi delle poche letture che sua madre le aveva fornito per viaggiare in contrade lontane, piene di montagne come quelle che la circondavano e piante, e uccellini, e di persone come lei e come dama Gothel.
Al pensiero della donna le ragazza ebbe un fremito di affetto: l'aveva sempre protetta, l'aveva sempre accudita educandola in maniera giusta e severa, e lei si rendeva conto che lo faceva per il suo bene. Solo per il suo bene. Le aveva sempre dato tutti i colori che voleva e le preparava sempre i suoi piatti preferiti. Veniva da lei tutti i giorni, nonostante lei fosse maldestra e balbettasse in continuazione: aveva sempre sopportato i suoi difetti e non l'aveva mai abbandonata! Spesso arrivava stanca, affaticata, e tutto quello che le chiedeva era solo un po' di sollievo, l'unica cosa che la ragazza potesse fare per lei. Eppure, di recente, il fatto di non poter uscire la faceva patire sempre di più e si sentiva un'ingrata ogni volta che si sentiva alle strette in quella torre. Da bambina non aveva mai notato quanto fosse piccolo, lì dentro. Adesso, invece... Ma no, non aveva il diritto di pensare una cosa del genere! Aveva già affrontato il discorso con sua madre, e aveva capito che quello era un argomento delicato e che sarebbe stato meglio non parlarne più.
Sentì qualcuno tirarle leggermente la manica: era Pascal, il camaleonte che condivideva con lei quella solitudine necessaria. Era arrivato un giorno di qualche anno prima, scalando con metodica lentezza la parete della torre, e si era stabilito in cima, in un angolino buio da cui usciva regolarmente per prendere il sole sul davanzale. All'inizio lei lo aveva studiato da lontano, poi aveva provato ad attaccare bottone. Lui l'aveva dapprima ignorata, poi aveva sopportato con pazienza, poi aveva ceduto ed era diventato suo amico, e le faceva anche da tutore, guardia del corpo, guida, con quella sua aria sempre annoiata e seria.
Ora la fissava dal basso, accanto al suo braccio, con espressione interrogativa.
-Cosa c'è?- gli chiese lei con un sorriso.
Lui le indicò l'orologio con un gesto imperioso.
-Lo so, lo so. Bisogna fare le pulizie. Ma non ti devi preoccupare! Tanto avrò finito prima che torni lei.-
Lui fece spallucce.
-Allora, giochiamo a qualcosa? Tipo... nascondino?-
Il camaleonte scosse energicamente la testa.
-Come no? Tu non dovresti avere difficoltà!- scherzò la ragazza.
Pascal le fece una pernacchia.
-Ok, ho capito. Cosa ti piacerebbe fare?-
Lui sorrise entusiasta e le indicò la valle con la coda.
-Ah-ha, mi spiace. Sai quali sono le regole. E poi, c'è sempre tanto da fare qui, no?- ironizzò la ragazza, correndo nella stanza e cercando scopa e mocio. La vita rinchiusa là dentro le aveva fatto sviluppare delle abitudini molto radicate che le permettevano di passare il tempo senza annoiarsi troppo: dapprima puliva i pavimenti, poi faceva il bucato, spolverava, si spazzolava, e poi leggeva, dipingeva e giocava come una matta col suo amico Pascal, in attesa che sua madre tornasse.
Fu durante un'intensa partita a scacchi che vide, d'improvviso, la stanza oscurarsi, quando un'enorme sagoma nera atterrò sul suo davanzale. Nel giro di pochi secondi si era già eclissata dietro una tenda e si muoveva silenziosa per le travi e i sostegni del tetto per allontanarsi il più possibile.
Con un agile balzo, la creatura entrò nella torre e dal suo dorso scesero due persone. Rapunzel, con Pascal sulla spalla, si sporse un po' avanti con curiosità: era la prima volta che vedeva qualcuno che non fosse sua madre.
Una dei due aveva la testa piena di riccioli arancioni, due grandi occhi azzurri e un visetto tondo e pallido, ed era vestita di un abito azzurro e oro tutto stracciato e sporco. L'altra persona non era come lei, come la ragazza dai capelli arancioni o come sua madre, per cui immaginò essere un ragazzo come ce n'erano nei pochi libri che aveva letto. Era alto come la ragazza accanto a lui, vestito di verde e di pelliccia, con i capelli castani e gli occhi un po' all'ingiù. Aveva un'espressione molto perplessa mentre accarezzava la versione gigantesca, alata e nera di Pascal.
-Ok, siamo arrivati.- diceva la ragazza -Adesso puoi chiedere a Sdentato come mai ci ha portato qui?-
-Non lo so... sembra che l'abbia guidato qualcosa. Ti ricordi quando siamo partiti da quella città sulla costa? Ad un certo punto si è distratto.-
-Distratto?-
-Sì, non te ne sei accorta?-
La ragazza sbuffò e cominciò a girare per la torre a braccia incrociate e con l'aria annoiata, mentre l'altro ragazzo si metteva a parlare a Sdentato.
Rapunzel agganciò una ciocca di capelli ad una trave e lentamente si calò verso il caminetto, approfittando del fatto che la rossa curiosava altrove e il ragazzo era coperto dal Pascal gigante. Afferrò al volo una padella e si issò nuovamente sulle travi un istante prima che quello girasse la sua testa piatta proprio verso dove lei si era trovata. Aveva l'aria perplessa e si avvicinò silenziosamente al camino, annusando qua e là.
-Oh andiamo Sdentato, che c'è?- il ragazzo gli afferrò una cinghia e cercò di tirarlo via, ma una folata di vento birichino scostò la tenda che copriva l'ultimo affresco che Rapunzel aveva dipinto sopra la mensola e che teneva nascosto agli occhi intransigenti della madre.
-Eh no, accidenti. Questo non vale!- mormorò lei. Non sapeva chi fossero, ma credeva di aver capito chi o cosa li avesse condotti lì.
-Ehi Merida! Vieni a vedere!- urlò il ragazzo.
Merida scese le scale senza troppa voglia, preferendo continuare a guardarsi intorno: -Cavolo, Hiccup, qui ci abita di sicuro qualcuno. Ho trovato una camera da letto di sopra e...- lasciò la frase in sospeso quando vide ciò che Hiccup le indicava: in un cielo notturno, che sovrastava una foresta di alberi stilizzati di un verde scuro e intenso, una colonna di luci gialle si alzava sopra una sagoma femminile, seduta di spalle, che sfoggiava dei capelli biondi eccessivamente lunghi.
-Secondo te chi è?- sussurrò Hiccup.
-Non lo so. Ma non credo esista. Quella cascata di capelli è innaturale.-
-Anche Sdentato e i fuochi fatui lo sono.-
-Loro sono soprannaturali, è diverso.-
Mentre loro continuavano a discutere, Sdentato aveva alzato il muso per studiare l'ambiente. All'improvviso emise un verso stupito per poi lanciarsi con tutta la sua stazza verso il soffitto spiovente. Saltò da una trave all'altra, mentre Hiccup, che non era riuscito a bloccarlo, lo guardava preoccupato, quando si udì un urlo e un sonoro clangore. Sdentato cadde con un guaito e si portò le zampe alla testa.
-Oh mai dai!- lo rimproverò Hiccup -Che è successo? Chi ti ha colpito?-
Mentre il ragazzo si chinava sul Pascal gigante Rapunzel studiò i suoi movimenti e quelli della sua amica. Non sembravano aggressivi, non avevano i denti affilati (quello Sdentato non li aveva neppure, i denti!) né lo sguardo cattivo, ma piuttosto l'aria perplessa e un po' persa. Credeva di sapere chi li aveva portati lì, anche se non riusciva a immaginare come, e lei si fidava di questa persona. Di conseguenza, non riusciva a ritenere quei due davvero un pericolo... no?
Intanto, cercando di capire cosa fosse successo, Merida aveva alzato la testa e, ovviamente, aveva notato la massa dei suoi capelli: -Non ci credo...- mormorò a mezza voce, avvicinandosi lentamente.
Rapunzel prese allora coraggiosamente il respiro: -Sono stata io.- e atterrò silenziosamente in mezzo alla stanza, brandendo la padella.
I due ragazzi non risposero. Avevano gli occhi sbarrati e la bocca spalancata.
-Chi siete? Chi vi ha condotto qui? Sappiate che qualunque cosa facciate non avrete i miei capelli!- minacciò lei. In ogni caso, non doveva dimenticare gli insegnamenti di sua madre.
-E chi li vuole i tuoi capelli!- esclamò infine Merida: -Mi bastano i miei! E poi, scusa, ma è possibile una cosa del genere? Come fai al mattino, si può sapere?-
Rapunzel ritrasse la sua temibilissima arma: -Non... non siete qui per questo?-
Hiccup rise perplesso: -Oh no! In realtà, sai... è stato Sdentato a portarci qui.- indicò il lucertolone -Ad un certo punto è impazzito e non abbiamo potuto impedirglielo.-
-Impazzito?- Rapunzel abbassò lo sguardo su Sdentato.
-Sì... come... come seguisse qualcuno. Non so spiegare...- Hiccup si portò una mano dietro la testa, smarrito.
Merida lo guardava roteando gli occhi.
-Oh...- rispose invece Rapunzel: -Credo di aver capito...- si rivolse a Sdentato: -Seguivi qualcuno, non è vero? Per caso qualcuno che porta il freddo?-
-Ehi, ma... cos...?- Hiccup rimase senza parole a vedere il suo amico fare le fusa sotto i grattini della ragazza.
-Tu sai chi ci ha portato qui?- indagò Merida.
-Sì... no. Quasi.- Rapunzel ridacchiò e fece spallucce. Ma all'occhiata perplessa e al sopracciglio alzato dell'altra ragazza continuò: -È arrivato quando ero piccola e ora torna regolarmente, anche se non è inverno. Porta la neve nella torre e gioca con me tutto il giorno. Ma è dispettoso e non sta mai più di un giorno o due...-
-A chi ti riferisci?-
-Non lo so. Non so chi sia o cosa sia, ma so che c'è. Viene sempre...-
Hiccup corrugò la fronte e Merida scoppiò a ridere: -Ma dai! Un uomo delle nevi? Impossibile, non può esistere!-
Rapunzel la guardò per un secondo, poi, con un sorriso sicuro e le braccia incrociate con autorità, rispose: -Ah sì? E invece scommetto che posso convincerti.-
Merida sentì qualcosa sotto i suoi piedi e nel giro di un secondo fece uno scivolone che le fece battere il sedere per terra: sotto di lei si estendeva una spessa lastra di ghiaccio fredda e dura.
-Visto? Ve l'avevo detto io! E scommetto anche che è qui in questo momento.-
Sul tavolo accanto a Rapunzel, in bilico sulla punta dei piedi, con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il bastone appena ritirato sulla spalla, Jack se la rideva a osservare la rossa che si agitava cercando di rimettersi dritta. Li aveva notati subito, mentre girava per il regno di Corona, volare sul loro drago. In realtà aveva deciso di tirare loro qualche scherzo divertente ma il lucertolone l'aveva visto (poteva vederlo?!) e lui aveva preferito non rischiare. Quando erano atterrati nel bosco in prossimità della capitale e avevano lasciato lì Sdentato per andare in città, lui li aveva seguiti in cerca di un'occasione per divertirsi un po'. Tuttavia, quando li aveva sentiti parlare dei loro genitori e di come fossero fuggiti (alla rossa piaceva lamentarsi di sua madre), aveva pensato che potessero essere una buona compagnia per Rapunzel, anzi, un buono stimolo per farla venire via da dov'era.
Jack aveva fatto visita alla sua amica per anni e col passare del tempo non aveva potuto fare a meno di notare come lei crescesse diversamente da tutti gli altri piccoletti con cui lui giocava. Nonostante fosse una bambina solare e sorridente, sicuramente portata alla compagnia, a causa del lavaggio del cervello di quella strega di sua madre non aveva mai avuto l'occasione di scoprire tanti bellissimi aspetti dell'infanzia. Nella sua natura di spirito dispettoso e sprezzante delle regole, aveva provato, dopo qualche anno che andava da lei, a farla uscire, anche solo per qualche ora. Aveva pensato a tutti i dettagli, ne aveva avuto tutto il tempo: con i suoi poteri avrebbe potuto fare attenzione all'entrata della caverna così da avere il tempo di riportare Rapunzel in cima alla torre prima di essere scoperta da sua madre, avrebbe potuto giocare con lei a palle di neve in maniera sicuramente più entusiasmante che dentro quella stanzetta troppo piccola, avrebbe potuto farle fare delle scivolate che non si sarebbe mai dimenticata!
Purtroppo, nonostante lei sapesse di non essere sola, non era mai riuscita a vederlo né a parlargli, e lui aveva provato chissà quante volte a comunicare attraverso i disegni sui vetri appannati o sui mucchi di neve. Lei aveva capito i suoi intenti, ma era irremovibile: l'amore per sua madre era troppo forte e lui non riusciva a risultare abbastanza convincente. E il fatto di essere analfabeta non lo aiutava affatto!
Completamente perso nei suoi ragionamenti, quella mattina si era diretto ancora una volta verso la torre, quando il flusso dei suoi pensieri si era interrotto alla vista di qualcosa che non si aspettava: i due viaggiatori in groppa al drago. Altro che sorpresa!
Adesso che li aveva guidati lì, dopo che la rossa si era barattata con tutta calma un abito in miglior stato del suo con un medaglione di apparente valore e si erano rimessi in volo, sperava di aver fatto la scelta giusta.
-Secondo voi si tratta di uno spirito maligno?- chiedeva intanto Hiccup. In tutta risposta si prese una palla di neve in faccia -Va bene, a quanto pare l'ho offeso.-
Rapunzel ridacchiò, ma Merida, che per precauzione si era seduta per terra, rifletté sottovoce: -Che sia un fuoco fatuo?-
-No, non è possibile. I fuochi fatui si possono vedere.- considerò Hiccup.
Rapunzel li guardava scervellarsi su un problema che in tanti anni non aveva mai avvertito come tale e poi sospirò: -Be', se intanto che pensate e non sapete cosa fare, potreste restare qui a mangiarvi una torta, che ne dite?-
-Una torta? Fantastico!- Merida si tirò magicamente in piedi e in men che non si dica furono tutti e tre seduti a tavola. Lì continuarono a chiedersi chi fosse il loro spirito guida, con Jack seduto accanto a loro che se la rideva e ogni tanto gelava qualche piede, per poi parlare di Sdentato e Pascal, che un po' più in là facevano conoscenza, e poi, mentre Merida si appartava in camera di Rapunzel per mettersi l'abito appena acquistato, di stoffa verde smeraldo più robusto e più comodo di quello che aveva prima, ormai ridotto ad uno straccio, Hiccup affrontò l'argomento che a Jack stava più a cuore:
-Ma quindi vivi qui da sola?-
Rapunzel scosse la testa: -Vivo con mia madre.-
-E lei adesso dov'è?-
-È uscita. Dovrebbe tornare a momenti.-
-Non ti ha portato con te?-
Rapunzel scosse la testa con un sorriso: -Assolutamente no! Non permetterebbe mai che io mi metta in pericolo così!-
Hiccup si grattò la testa: -Così come?-
-Esponendomi ai rischi del mondo di fuori.-
-I rischi del mondo di fuori? Ma scusa... quindi non esci?-
-Non esco.-
-Mai?-
-Mai.-
-Mai?!- Merida comparve in un turbine infiammato: -Come sarebbe a dire che non esci mai? Ma che razza di madre terrebbe sua figlia chiusa in casa tutto il giorno senza farla muovere un po' come si deve?!- nessuno poteva vederlo, ma alle sue parole Jack annuiva vigorosamente.
Rapunzel, che si era ritratta spaventata, riacquistò subito il suo abituale sorriso: -Sì be'... per vari motivi... se uscissi sarei in pericolo. Per cui lei si occupa di me e mi protegge tenendomi qui.-
Merida e Hiccup si scambiarono un'occhiata, lei esterrefatta, lui preoccupato: -Ma quindi, se tua madre ci trovasse qui non sarebbe contenta... vero?-
-E chi se ne frega, Hiccup! Questa ragazza passa le sue giornate chiusa qui, dentro queste mura! E tutto perché ha una madre iperprotettiva!-
-E... questo è un male?- domandò “questa ragazza”.
-Ma certo! Non hai mai provato ad uscire, nemmeno di nascosto?-
-Be' no, certo. Sarebbe disubbidire...-
-E tu non hai mai disubbidito a tua madre?!-
Rapunzel scambiò uno sguardo perplesso con Pascal: -No?-
Merida la indicò a braccia tese a Hiccup, con un'espressione che gli chiedeva di dire qualcosa, per favore!
Hiccup cercava di raccogliere le idee: -Ma scusa, Rapunzel, se non ti ha mai fatto uscire, quando te lo permetterà?- e continuò, davanti allo sguardo dubbioso della sua interlocutrice: -Non penserai di passare qui dentro tutta la tua vita, non è vero?-
-No... mia madre mi porterà di sicuro fuori, quando sarà il momento adatto...-
-E quando sarà il momento adatto?- esclamò Merida.
-Non saprei... forse... il mio compleanno?- sorrise incoraggiante Rapunzel.
Merida sbuffò sonoramente e si lasciò cadere con la testa sul tavolo, incredula.
Intanto Jack, che voleva a tutti i costi che nessuno interferisse in quel discorso, si era appostato sul davanzale della finestra e faceva attenzione alla grotta d'ingresso della valle. Fu per questo che Gothel non li scoprì. Appena la vide comparire dal buio e avviarsi attraverso il prato, Jack si precipitò su Sdentato e lo portò alla finestra. Il latrati del drago attirarono i tre ragazzi che si accorsero del pericolo.
-Presto! Dovete nascondervi!-
-E come facciamo? Se usciamo dalla finestra ci vedrà di sicuro.-
-Non c'è un'altra uscita?- domandò con un certo sangue freddo Hiccup.
-No, quella è la sola finestra abbastanza grande.- Rapunzel si guardò intorno: -Presto, nell'armadio!-
-Cosa?- protestò Merida.
-E Sdentato?- si preoccupò Hiccup.
Rapunzel gli indicò il soffitto: con la luce del pomeriggio il cono del tetto non prendeva più direttamente il sole e rimaneva in penombra: le bastò attivare un gancio perché i lucernari si chiudessero e Sdentato potesse mimetizzarsi senza problemi. A quel punto Hiccup prese una recalcitrante Merida e si infilò nell'armadio nell'istante in cui una voce cantilenante giungeva dall'esterno: -Rapunzel... sciogli i tuoi capelli!-
Rapunzel corse alla finestra e tirò su la madre: -Oh Rapunzel, come riesci a fare questa cosa ogni giorno dell'anno senza alcuna eccezione! Sembra un'attività così estenuante, tesoro...-
-Oh... è una cosa da nulla.-
-E allora non capisco perché ci voglia tanto...! Oh, cara, sto scherzando!- le sorrise la donna strizzandole una guancia.
Merida, che sbirciava da una fessura dell'armadio, ebbe un fremito di ribellione (quella donna le era già stata antipatica dai racconti della figlia, figurarsi poi se le parlava così!) e fu trattenuta a stento nel silenzio da Hiccup.
-Allora, madre, c'è una cosa che volevo chiederti...-
-Dopo, Rapunzel, dopo. Adesso tua madre è molto stanca. Vorresti prepararle qualcosa di caldo da bere?-
-Sì madre!- la giovane si lanciò con entusiasmo per la sala e in poco tempo le servì una tazza fumante: -Ecco, madre, io volevo chiederti...-
-Ascolta, tesoro, non adesso. Ho avuto una giornata molto faticosa. Ne riparleremo più tardi, va bene?-
Rapunzel lanciò un'occhiata preoccupata all'armadio e si fece coraggio: -Volevo sapere quando potrò uscire dalla torre con te.- disse tutto d'un fiato.
Gothel alzò lo sguardo dalla tazza e sembrò vederla per la prima volta da quando era tornata. Sembrò valutare se ignorare la sua richiesta o affrontare il discorso per porvi fine una volta per tutte. Alla fine scelse la seconda: -Pensavo che l'argomento fosse chiuso, tesoro.-
-No, madre. Vedi, tu credi che io non sia abbastanza forte per cavarmela da sola là fuori...-
-Oh, cara. Io so che tu non sei abbastanza forte per cavartela...-
-Ma senti come le parla!- s'indignò sottovoce Merida, mentre Hiccup le sibilava all'orecchio con un dito davanti alla bocca.
-Se solo tu..- continuò la ragazza davanti a sua madre.
-Rapunzel, ne abbiamo parlato abbastanza.-
-Fidati di me, io so di che cosa...-
-Rapunzel- il tono della voce della donna era spaventoso: -Rapunzel!-
-Veramente...-
-Basta con questa storia, Rapunzel! Tu resterai chiusa dentro questa torre... tutta la vita!-
A quella frase, Rapunzel sembrò spegnersi. Abbassò lo sguardo e raccolse le mani davanti al suo grembo, senza proferir parola.
-Ah, fantastico. Adesso io sono la cattiva.- mormorò madre Gothel lasciandosi cadere stancamente sulla sedia da cui si era alzata nella foga del litigio, appoggiandosi al tavolo.
Rapunzel non disse niente per qualche secondo, poi passò lo sguardo dall'armadio al soffitto, a sua madre. Infine mormorò con un filo di voce: -Io... volevo solo trovare delle mele, madre. Per prepararti quella torta che ti piace tanto.-
Gothel sollevò la testa e la guardò con diffidenza: -Volevi farmi una torta di mele?-
-Sì... la tua preferita. Siccome sei sempre buona con me, volevo farti una sorpresa io, per una volta.-
-Perché non me l'hai detto subito? Avrei potuto procurartele io.-
-Perché non sarebbe stata la stessa cosa. Io... volevo che fossi fiera di me.-
Gothel sorrise e le si avvicinò: -Tu sai che la miglior ricompensa per me è di averti qui. Vuoi ancora quelle mele?-
-Ma certo, madre.-
La donna sospirò: -E va bene, tesoro. Le vado a prendere subito. Se mi sbrigo, sarò di ritorno prima che faccia completamente buio.- Si preparò in fretta e si fece calare dolcemente a terra. Rapunzel la osservò andare via. Quando sua madre fu sparita nella grotta, con un colpo esperto agganciò il meccanismo e riaprì i lucernari. A quel segnale, Sdentato si lasciò scivolare sul pavimento e Merida e Hiccup uscirono dall'armadio.
-Direi che non ci sono più molti dubbi. Quella donna non ti vuole permettere di andare via.- commentò la ragazza.
Rapunzel, che si era lasciata sedere su un basso sgabello, si passò la manica sul naso e la guardò con i grandi occhioni verdi spalancati e tristi. Hiccup lanciò un'occhiataccia alla sua compagna di viaggio e si inginocchiò davanti a lei: -Perché non vuole che tu te ne vada?-
Rapunzel non disse niente e scosse la testa.
-Ti tiene forse qui senza chiederti nulla in cambio?- Merida fu zittita di nuovo da Hiccup, ma Rapunzel strinse una ciocca sottile dei suoi capelli e sembrò riflettere.
-Lei è mia madre. Lo fa perché mi vuole bene...- mormorò infine.
-Non devi venire via per sempre.- la confortò il ragazzo.
Nel mentre, Jack, che aveva seguito disgustato la conversazione fra madre e figlia, scalpitava di impazienza a vedere che i due viaggiatori non arrivavano dove voleva lui. Evocò dei fiocchi di neve che mandò contro Hiccup per scuoterlo un po'. Il ragazzo scrollò le spalle, immaginando che, se davvero c'era un essere soprannaturale invernale nella stanza, i suoi brividi dovevano essere dovuti a quello.
-Dai, facciamo un giro!- propose con un sorriso, richiamando con un gesto Sdentato. La sua amica diede un'esclamazione di entusiasmo e lo seguì a ruota. Rapunzel li guardava montare sul drago senza dire una parola. Fu solo quando Merida si accorse che non era mossa da dov'era che le fece segno di avvicinarsi: -Vieni, andiamo.-
-Voi... andiamo?-
-Sì, ehm...- Hiccup si rese conto della situazione scomoda in cui si trovava la ragazza e scese dal drago: -Senti, ti portiamo in città. Solo per una volta!-
Rapunzel sembrava spaventata: -E se invece non fosse una buona idea? ...potrei perdere mia madre...-
Il ragazzo parve riflettere per un attimo: -Ok, ascolta. Facciamo così. Stasera non possiamo andare, perché lei tornerà a momenti e ti scoprirebbe. Se partissimo domani, quando lei è uscita... nel caso ce ne fosse bisogno, Sdentato potrebbe riportarti velocemente a casa. Se le cose andassero male potresti tornare senza che lei se ne accorga.-
Rapunzel annuì, silenziosa: -Tornate domattina all'alba. Di solito lei esce molto presto e ogni tanto torna verso l'ora di pranzo. Se riesco, mi assicuro che stia fuori tutto il giorno.-
Hiccup annuì e rimontò su Sdentato: -Allora ci vediamo domattina.- e con un balzo furono fuori.
Rapunzel corse alla finestra per vederli sparire oltre le montagne e guardò disorientata il suo camaleonte: -Oh Pascal. Tu non sai quanto vorrei che tutto questo fosse solo un brutto sogno.- e si appoggiò malinconica al davanzale.
Come promesso, dama Gothel fu di ritorno poco prima che il crepuscolo cedesse completamente il posto alla notte. Aveva trovato delle mele belle grandi e Rapunzel preparò sovrappensiero la torta per lei, ma il suo silenzio non passò inosservato.
Sua madre le lanciò uno sguardo perplesso: -Rapunzel, cosa c'è? Stai male?-
Lei interruppe il suo lavoro per un secondo, poi riprese e intanto disse: -Stavo pensando che sto finendo colori per i miei affreschi, madre.-
La donna sospirò: -Vuoi che vada a prendertene?-
-Se ne hai voglia, madre.-
-Quali ti mancano?-
-Il bianco perla... ti ricordi? Quello che mi avevi portato una volta.-
-Ma Rapunzel, è molto lontano... Sarà un viaggio di almeno tre giorni.-
-Sì, be'... pensavo che in questo modo avrei sempre molto da fare... qui. Senza annoiarmi troppo.-
Gothel prese un attimo per decidere, poi sorrise: -Starai bene qui, tutta sola?- disse abbracciandola.
-Non preoccuparti.- Rapunzel posò il coltello e ricambiò la stretta.
-Oh, tesoro. Ti voglio così bene...!-
-E io di più.-
-E io più del tuo più.-
Il giorno dopo Gothel si mise il pesante mantello da viaggio e prese il cestino carico di frutta, di formaggio e di avanzi della torta che Rapunzel le porgeva. Si congedò con un bacio sulla testa della ragazza e, una volta all'imboccatura della grotta che portava fuori dalla valle nascosta, si girò e agitò la mano in segno di saluto.
Rapunzel ricambiò con un sorriso poi, appena la donna fu scomparsa, dovette scansarsi per permettere a Sdentato di planare nella stanza.
Hiccup e Merida smontarono con un salto davanti a lei.
-Allora- chiese Merida -Sei pronta?-
Lei guardò Pascal con coraggio poi, gonfiando il petto, annuì.
-Perfetto. Ti porti dietro qualcosa?- chiese a sua volta Hiccup.
Rapunzel mostrò la sua fidata padella e il suo camaleonte.
Il ragazzo annuì e saltò su Sdentato, porgendole la mano. Lei si sistemò di traverso davanti a lui, mentre Merida prendeva posto dietro.
-Forza amico. In partenza!- esclamò entusiasta Hiccup.
…ma il drago non si mosse. Le ragazze lo guardarono perplesse, mentre lui si scrollava di dosso i tre passeggeri e si lasciava cadere per terra protestando. Fu così, fra un'imprecazione di Merida e le mani nei capelli di Hiccup, che scoprirono che Sdentato non portava più di due persone.
-Va bene.- stabilì allora il ragazzo -Dovremo fare due giri e poi muoverci a piedi. Scendo una prima volta con Rapunzel, poi vengo a prenderti, ok?-
Ma, mentre Merida sbuffava, Rapunzel li interruppe: -Non preoccupatevi per me.- Sorrideva, in piedi sul davanzale, con Pascal su una spalla, la padella in una mano mentre l'altra stringeva i capelli, saldamente agganciati all'uncino sopra la finestra -Io sono pronta!- e con una risata si lanciò fuori.
Hiccup e Merida si scambiarono un'occhiata prima di saltare a loro volta su Sdentato e scivolare agilmente per la finestra.

 




Angolino dell'autrice:
I quattro grandi... tutti insieme! Infine li ho riuniti... la storia entra nel vivo! (finalmente, direte voi... all'alba del quarto capitolo...!)
Giusto un paio di piccole note a piè di pagina: l'idea iniziale era di introdurre Rapunzel e passare a seguire poi Jack da quando incontra Hiccup e Merida fino a quando li guida alla torre, e poi qui seguire loro due mentre cercano di capire che mistero vi si nasconda. Non l'ho fatto perché ho consacrato i due capitoli precedenti ai due viaggiatori del nord e adesso volevo riequilibrare incentrandomi sull'unica dei “quattro grandi” che non avevo ancora approfondito.
A proposito della bella bionda: anche in questo caso ho estratto alcuni dialoghi direttamente dal film per contestualizzarla ma, siccome lo scopo non è citare l'intero copione originale, ne ho messo solo uno più un paio di battute all'inizio. Il resto, nonostante segua più o meno fedelmente il cartone animato, l'ho voluto riscrivere (pigra sì, ma non esageriamo...! XD). Potrà sembrare una mancanza di fantasia, ma questa è una rivisitazione personale dell'opera Disney (e Pixar e Dreamworks) per cui ho deciso consciamente di inserire il maggior numero di elementi originali possibile, rimescolati e adattati (come l'armadio, l'idea del piatto preferito, il compleanno e il color perla).
Poi... un altro elemento che può dare adito a discussioni: Sdentato è un essere soprannaturale o meno? Secondo come vengono trattati in Dragon Trainer (usando la nomenclatura italiana), i draghi sono considerati come animali “naturali” a pieno titolo, senza farli rientrare nell'ambito delle leggende. Essendo però totalmente estranei agli altri tre universi, ed essendo presente in questi altri tre universi il “soprannaturale” a vari livelli, non ho esitato a far fare al nostro lucertolone preferito un salto di categoria. Per cui, fuori dal suo contesto originale, vedere un drago provoca la classica reazione stupita/spaventata eccetera eccetera. Inoltre, per pietà per la povera schiena di Sdentato, ho immaginato che lui non potesse portare più di due persone per volta, un po' perché così per gli spostamenti non diventa troppo facile (se potessero volare dall'inizio alla fine, che divertimento ci sarebbe??), un po' perché nel primo film io non ricordo averlo mai visto portare nessun altro oltre Hiccup e Astrid.
Un'ultima curiosità che ho dimenticato di inserire nell'angolino dell'autrice del terzo capitolo a proposito dei nomi “Dalriada” e “Opplandene”: non li ho inventati io, ma li ho trovati su internet (grazie Wikipedia!) e sono i nomi del regno di Scozia all'epoca di Merida e della regione norvegese all'epoca di Hiccup. Consiglio a chi ancora non l'ha fatto di darci un'occhiata, per scoprire un sacco di cose interessanti!
Detto questo, spero continuiate ad apprezzare! Ringrazio tanto chi legge e chi recensisce!
A presto!

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Capitolo 5
*** RoBTD5 ***


La stretta porta in legno pesante si aprì per permettere a Stoik di entrare. La stanza di suo figlio era più piccola di quanto pensasse. Chissà perché Hiccup non gliene aveva mai parlato... Con tristezza passò lo sguardo sui disegni che giacevano sul tavolo. Disegni di draghi, principalmente, disegni di marchingegni in metallo e cuoio di cui a malapena comprendeva l'utilizzo, e ritratti della Furia Buia. Stancamente si lasciò cadere sulla seggiola della scrivania. Era così piccola... Suo figlio era piccolo. Non avrebbe mai dovuto acconsentire a farlo allenare, a farlo entrare in contatto con i draghi. Era stato disattento, e ora glielo avevano portato via.
Un leggero bussare alla porta annunciò la presenza di Scaracchio.
-Ci sono novità?- chiese senza speranza.
Scaracchio si grattò il mento con l'uncino che aveva momentaneamente installato al posto del braccio mancante: -Purtroppo no, Stoik. Lo stiamo cercando verso sud, in questo momento, ma dubito che le tribù della Vesfold collaboreranno facilmente. Da quando Drago Bludvist ci ha attaccato anni fa, hanno sempre detto che i draghi erano un problema nostro.-
-Ricordo. Ma questo non c'entra con i draghi. È mio figlio che è scomparso.-
-C'entra, invece. E non possiamo tenerglielo nascosto, se vogliamo spiegare il fatto che un ragazzino tutto ossa come Hiccup sia riuscito a darsela a gambe senza che nessuno del villaggio riuscisse a fermarlo.-
Stoik scosse la testa e appoggiò la fronte alla mano: -Astrid come sta?-
-Continua a volerti parlare. È convinta di quello che dice.-
-Non posso accettare il suo delirio. Quel drago ha rapito mio figlio e ha fatto uscire di testa la migliore dei nostri ragazzi. Sono esseri maledetti.-
Scaracchio si appoggiò allo stipite della porta e guardò tristemente Stoik. Davanti al villaggio manteneva la sua forza e la sua preoccupazione era tradita solo dall'ansia delle ricerche, ma quando non era davanti agli altri vichinghi mostrava tutta la sua stanchezza. Era una uomo distrutto.
-Stoik, forse dobbiamo lasciar perdere. Hai già estenuato il villaggio una volta quando Valka è stata portata via, non possiamo correre di nuovo il rischio di trovarci impreparati al prossimo inverno.-
-Questa volta è diverso, Scaracchio. Mio figlio è vivo, io lo so. Dobbiamo continuare a cercarlo.-
Scaracchio alzò le spalle: -Come vuoi. Spero davvero che tu abbia ragione... anche per Hiccup.- sorrise e uscì, sbattendo da tutte le parti.
Stoik prese in mano l'elmo che Hiccup aveva abbandonato nell'arena e lo guardò, per poi sollevare uno sguardo di fuoco. Quel drago aveva rapito il suo ragazzo, ma lui l'avrebbe ritrovato, costasse quel che costasse. Anche ci fossero voluti anni.

Erano già parecchi giorni che tutto il regno di Dalriada veniva messo a soqquadro dai quattro clan. Uomini a cavallo e a piedi, guidati dai cani o dietro tracce confuse erano alla ricerca della principessa. Il re Fergus spremeva tutte le sue risorse per ritrovare sua figlia. La regina Elinor, dopo i primi due giorni di speranze, si era chiusa nella stanza dove usava tessere e passava le sue ore a osservare il fuoco, le cui lingue rosse e agitate sembravano consolarla nella loro somiglianza con la chioma ribelle della figlia. Suo marito andava regolarmente a trovarla per metterla al corrente di ogni più piccola evoluzione.
All'inizio, parlare fu difficile per i due coniugi, ma poi, come era sempre successo, riuscirono a ricominciare.
-Oh, Fergus, dove ho sbagliato?- si tormentava la regina, nel segreto della stanza.
Fergus le posò una mano sulla spalla: -Non è colpa tua, donna. Abbiamo sempre fatto tutto il possibile per crescerla bene.-
-Cocciutaggine. Viene tutta dalla parte della tua famiglia.-
Fergus fece spallucce: -La mia famiglia ha sempre sfornato ottimi guerrieri, infatti.-
Elinor ricominciò a piangere: -Ma lei è una fanciulla! È la mia bambina, ed è per colpa mia che è scappata così!-
-È colpa di entrambi, tesoro. Avrei dovuto far partire prima le ricerche, o cercare di farla ragionare anziché farla arrabbiare in quel modo.-
-Lei è abituata a stare fuori per più giorni, Fergus, e in quel momento aveva bisogno di stare sola. Lo sappiamo entrambi. Inoltre, tu sei un capo, e devi agire di conseguenza.-
Fergus sorrise tristemente e le prese la mano: -E tu sei la mia regina, Elinor. Ti chiedo quindi di venire con me. Gli altri capi sono estenuanti, ma so che insieme possiamo resistere ancora un po'.-
Elinor sospirò e si fece forza.
Dopo che i due reali si furono consultati brevemente, ricomparirono davanti ai tre clan ospiti nella sala del trono. Elinor si reggeva dignitosamente a suo marito e i due ostentavano così tutta la loro sicurezza.
Quando arrivarono di fronte ai loro seggi e si voltarono verso l'assemblea, tutti attesero che il re parlasse, ma la porta si spalancò di colpo e una guardia entrò trafelata: -Mio signore!-
Tutti i guerrieri gli fecero largo e lui arrivò ai piedi del trono: -Mio signore, porto novità!-
-Davvero? Parla! Sai dov'è mia figlia?-
-No, ma ho trovato qualcosa... vedete, mi sono spinto fino alle regioni sud del regno...-
-E quindi?- esclamò Fergus, agitatissimo, mentre Elinor si sedette, rigida come sempre.
-...ho chiesto nei villaggi Angli oltre i nostri confini... in effetti hanno visto una giovane rossa, vestita di un abito azzurro. Era in compagnia di uno straniero dall'aria molto poco tranquilla, come nascondesse qualcosa; si sono fermati a fare provviste ma per non più di un paio d'ore. Dicono che sembravano avere fretta di partire.-
-E dove sono andati?-
-Si sono diretti verso sud.- fece una pausa, poi aggiunse: -Mio signore.-
Fergus scambiò con la moglie uno sguardo terrorizzato, poi, colmo di un'ira improvvisa, prese la parola: -Signori, mia figlia è stata rapita. Volete la sua mano? Ecco il mio ordine: chi dei tre pretendenti me la riporterà sana e salva a casa, si guadagnerà il diritto di sposarla!-
I tre giovani si guardarono incerti, mentre i loro padri di avvicinavano al re, che si era lasciato andare sul suo trono: -Ma, mio sire, dove volete mandarli? E se non dovessero più tornare?-
-I vostri figli sono dei guerrieri, no? Li avete addestrati voi personalmente. So che torneranno, e si copriranno della gloria degli eroi delle leggende. Come non mi interessa, ma vi offro quest'occasione. A me basta che mi riportiate Merida.-
I tre capi clan si consultarono con lo sguardo, poi accettarono. Fu così che i tre primogeniti dei clan MacGuffin, MacIntosh e Dingwall partirono alla ricerca della principessa perduta. Anche avessero dovuto spingersi oltre i confini del mondo.

-Oh, ma insomma!- esclamò Merida, quando Sdentato la urtò per l'ennesima volta.
-Non è colpa sua!- Hiccup difese il suo amico da una manata stizzita, mentre Rapunzel spiegava con pazienza: -Sdentato è una creatura dell'aria, Merida, non è abituato a camminare così a lungo.-
-E perché non può farsi un giro e seguirci dall'alto?-
-Te l'ho già spiegato: a Sdentato manca un pezzo di coda e senza di me che gli attivo la protesi artificiale non può fisicamente librarsi in volo.-
Merida sbuffò sonoramente, certa che in realtà Sdentato le desse fastidio apposta, perché si annoiava, mentre si faceva coccolare come un gattone squamato da Rapunzel.
Davanti a loro, Jack li guidava con un sentiero di pozzanghere ghiacciate e palle di neve sui tronchi, poiché Hiccup e Merida, abituati a vedere la foresta dall'alto, non sarebbero stati in grado da soli di ritrovare la strada via terra. Anche lui si annoiava, tanto era abituato a farsi portare dal vento e a planare a destra e a sinistra, e si divertiva parecchio a vedere Merida irritarsi e Sdentato burlarsi di lei nell'ingenuità più candida dei loro due compagni di viaggio.
Dopo l'ennesima protesta della ragazza, tuttavia, Hiccup si risolse a montare sul drago e a portarlo a fare un giro. Con un ringhio esultante Sdentato balzò su un paio di rami e qualche secondo dopo spalancava felice le sue ali, lasciando il povero Jack solo al suo tedio.
Purtroppo, per arrivare a Corona, che si trovava sul mare, i ragazzi avevano preso un sentiero nella stessa direzione che madre Gothel avrebbe dovuto seguire per parecchie miglia verso sud, e nessuno poteva immaginarsi questa sfortunata coincidenza dovuta solo al caso. Fu per questo che, mentre procedeva solitaria per il suo cammino, la donna vide un'ombra passare veloce su di lei e, alzando lo sguardo, notò un uccello enorme e nero. All'inizio pensò si trattasse di un'aquila come se ne trovavano spesso in quella zona, poi però la sua dimensione eccessiva le fece sorgere un sospetto. Tanto più che, a ben guardare, sul dorso di quella creatura sembrava esserci addirittura un uomo.
Le ci volle poco per realizzare che la sua torre e il suo prezioso tesoro, al riparo da qualsiasi sguardo indiscreto, non era poi così al sicuro da un esploratore del cielo. Fu per questo che decise di tornare indietro di corsa, presa dalla preoccupazione.
Inutile dire che, una volta ai piedi della torre, nessuno rispose alla cantilena di rito e lei, sempre più in preda al panico, fece il giro e sgretolò a mani nude il muro secco di pietre che aveva costruito anni prima per nascondere l'entrata. Corse in cima a perdifiato, chiamando sua figlia, ma si ritrovò immersa nel silenzio della grande stanza abbandonata. In preda all'ira, cominciò a frugare ovunque, alla ricerca del minimo indizio, quando sentì un tonfo sordo: un libro era caduto dallo scaffale.
Lo raccolse, corrucciata, e quello si aprì. Vide le pagine sfogliarsi velocemente da sole sotto i suoi occhi per fermarsi su un'immagine.
-Il Babau?- si chiese, sempre più perplessa.
-Esattamente.- una figura alta e allampanata, dal colorito grigio cadaverico e una lunga tunica nera, uscì lentamente dall'ombra. Gothel lo guardò sospettosa, mentre lui rideva sommessamente e riprendeva a parlare, con le mani dietro la schiena: -Cerchi tua figlia?-
-Che cosa ne sai, tu?-
-Oh, tante cose, Gothel. So per esempio che Rapunzel non è davvero tua figlia. So perché la tieni qui. Ma so anche chi te l'ha portata via, e perché.-
Gothel lo squadrò alzando il mento, ironica: -Oh, ma davvero? E chi mi dice che devo fidarmi di te?-
L'Uomo Nero ridacchiò e con un gesto lento fece scorrere magicamente le pagine del libro, abbandonato sul letto di Rapunzel: -Nessuno. Il mio interesse è puramente di divertimento. Vedi, il tuo “fiorellino” ha sempre avuto una grande paura del mostro sotto il letto. Lei ha sempre creduto nella mia esistenza in maniera molto forte, perché essendo qui da sola non poteva contare su altri bambini con cui condividere i suoi timori né su dei genitori che avessero davvero interesse in ciò che diceva. E il fatto che creda in me... be', questo lo devo a te, mia cara Gothel.-
La donna inarcò un sopracciglio, così lui continuò: -Lei ha sempre avvertito la mia presenza, sotto il suo letto, come fanno tutti i bambini. Ma non sapendo chi fossi, non soccombeva totalmente al mio potere. Ma poi... poi tu le hai regalato questo libro. E nel momento in cui lei ha scoperto il mio nome, e ha saputo che ero io a tormentarle le notti, allora non ha più potuto ignorarmi. Capita a tutti i bambini che sanno chi è il Babau, o l'Uomo Nero, o, per gli amici, Pitch Black.- concluse in tono mellifluo con un inchino.
-Quindi tu eri qui, quando l'hanno portata via.-
-Oh sì, e conosco anche il responsabile.-
-E chi è?-
-Si chiama Jack Frost. È uno spirito dell'inverno di cui nessuno conosce il nome. Ah, vedo che adesso capisci. - sorrise, quando Gothel sbarrò gli occhi al ricordo della neve che compariva per magia all'interno della torre in inverno, e il pavimento eccessivamente bagnato in estate. Non ci aveva mai fatto caso, pensando si trattasse di un fenomeno senza importanza o di giochi della bambina che a lei non interessavano minimamente, ma ora realizzava quanto fosse stata incauta.
-Perché non mi sono mai accorta di lui?- mormorò.
-Vedi, noi spiriti viviamo costantemente accanto a voi umani, ma non possiamo diventare... visibili, se voi non credete che noi esistiamo. Tu sai chi sono, grazie anche a quel libro, ma Jack Frost... nessuno lo conosce. Rapunzel sa della sua presenza, ma non ha idea di chi si tratti e quindi non “crede in Jack Frost”. Non possono parlare, per questo comunicano in maniera vergognosa e inutile. Se dovesse però scoprire che è lui, allora potrebbe vederlo.-
-Se non possono parlare, allora, come ha fatto a portarla via di qui?-
-Ha chiamato due viaggiatori. Due cavalieri del drago. Il lucertolone a quanto pare può vederci, per cui Jack è riuscito a far portare via la ragazza.-
Gothel rifletté un attimo in silenzio, assimilando tutto quello che le veniva detto: -Quindi tu puoi indicarmi i responsabili che l'hanno rapita?-
-Posso fare molto di più. Posso aiutarti. Loro vogliono portarla a Corona, ma non disperare...- alzò una mano quando l'espressione di Gothel si fece inorridita: -...posso evitare qualsiasi lieto fine.-
-Hai davvero tutto questo potere?-
-Ho il potere e l'intelligenza per usarlo.-
-Quindi vuoi aiutarmi senza avere nulla in cambio?-
-Oh, ti sbagli. Se non interveniamo lei potrebbe non tornare alla torre... e se anche tornasse non sono sicuro che sarà di nuovo tutto come prima, completamente sottomessa al mio potere. Ma se ci alleiamo, quando riporterai qui Rapunzel lei sarà di nuovo un mio adorato giocattolo, e potrò sbarazzarmi una volta per tutte di quel Jack, che con le sue risate la metteva al riparo per giorni dal mio potere.-
Gothel sorrise nella penombra: -Allora possiamo collaborare senza problemi.-
-Perfetto.- Pitch Black sorrise a sua volta di un sorriso affilato e inquietante: -Allora permettimi di mostrarti qualcosa.- con un gesto e un rimestarsi di sabbia nera, fece comparire davanti a lui un abito azzurro, di foggia straniera, dalle rifiniture in oro, completamente stracciato, sporco e danneggiato.
-Che cos'è questo?-
-È l'abito di una dei due viaggiatori con cui è partita Rapunzel. L'ho preso io per evitare che il tuo adorato “fiorellino” lo vedesse e lo nascondesse.-
Gothel lo prese in mano e saggiò la stoffa, studiandolo: -Che cosa dovrei farne?-
-Puoi provare a indagare in città. Se si dovesse venire a sapere che c'è un drago nei paraggi, sicuramente non tarderanno a trovarlo. Se non lo uccidono, sicuramente lo cacceranno e a lui passerà la voglia di rifarsi vivo in queste zone.-
Gothel sorrise al pensiero. Avrebbe ritrovato Rapunzel, qualunque mezzo avesse dovuto usare.

 




Angolino dell'autrice
Come ogni storia che si rispetti, ecco entrare in scena gli antagonisti. Il capitoletto è decisamente corto, specialmente rispetto a quello precedente. Ho considerato di unirlo a quello successivo, che non è molto più lungo di questo, ma ho preferito non farlo per lasciare pieno spazio alle conseguenze della fuga dei tre ragazzi. Probabilmente devo rivedere la mia scansione in capitoli, viste le differenti lunghezze...
Allora, commentiamo una parte per volta: Stoik ha perso suo figlio. Benché abbia assistito all'intesa fra Hiccup e Sdentato, non ha voluto veramente “vedere” la realtà di questa amicizia e ha riversato su Sdentato tutta la responsabilità di quello che è successo.
Per quanto riguarda la decisione di Fergus, io sono una fan sfegatata della scena del film in cui esclama “Nessuno dei vostri figli è degno di mia figlia!” e per questo immagino che in condizioni normali non avrebbe mai decretato di darla in moglie all'eroe che gliel'avrebbe riportata a casa. Ma queste non sono condizioni normali. Inoltre, mi piace pensare che il suo rapporto con Elinor sia dei più solidi e che i due regnanti reagiscano insieme allo shock della fuga di Merida, senza troppi sconvolgimenti coniugali. (Un appunto storico: dopo l'epoca romana, l'isola della Gran Bretagna è stata invasa da millemila popolazioni germaniche, ma non sono sicura che siano proprio gli Angli a trovarsi a sud di Dalriada... pazienza.)
A proposito Gothel e Pitch, invece... rileggendo il capitolo dopo qualche tempo, ho avuto l'impressione che l'Uomo Nero salti fuori un po' a caso. Detto sinceramente, non me ne frega niente. Lui conosce Rapunzel esattamente come la conoscono tutti i Guardiani (da bambina è comunque stata un puntino luminoso sui globi di tutti gli spiriti) e non rinuncia a spiegare a Gothel le ragioni della sua predilezione per il “fiorellino”. Gothel avrebbe dovuto sospettare della neve nella torre? Sì. Ma visto il suo interesse per il solo potere della figlia, un potere legato al sole ricordo, suppongo che strani fenomeni meteorologici comparsi a caso non lo turbino più di tanto. Pitch avrebbe potuto evitare di intervenire e aspettare tranquillino il ritorno della ragazza? Sì. C'è una ragione se Gothel può vederlo? Sì. Avrebbe potuto evitare di parlare a Gothel e occuparsene da solo? Sì. Ma quest'alleanza l'ho voluta dal primo momento in cui ho concepito questa storia.
Detto questo, abbiamo tre viaggiatori, uno spirito e due mascotte che si dirigono a Corona inconsapevoli di quello a cui stanno andando incontro. Prevediamo scintille!
Grazie mille ancora a chi legge e a chi commenta!!
Nike

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Capitolo 6
*** RoBTD6 ***


Hiccup decise di atterrare quando ormai erano quasi arrivati a Corona. Il bosco si stava diradando e ora sia lui che Merida riconoscevano l'ambiente intorno a loro. Jack smise di guidarli e si librò infine libero nell'aria con una risata. Rapunzel stringeva la padella davanti a sé come per volersi difendere, perché mano a mano che si avvicinavano si sentiva sempre più agitata.
Merida la guardò con un sorriso sbilenco: -Preoccupata?-
Rapunzel ridacchiò: -Un po'...- strinse la padella al petto -Non ho mai disubbidito a mia madre.-
Merida, che inizialmente voleva rispondere allegramente, sospirò.
Hiccup nel frattempo le aveva affiancate: -Bene, io direi che Sdentato può rimanere qui.-
-Non ci segue?-
Il ragazzo scosse la testa: -Abbiamo fatto così anche l'ultima volta. Non sappiamo come la gente del posto potrebbe reagire se lo vedesse. Voglio dire... è un drago!-
Rapunzel ridacchiò e diede una grattatina di saluto al lucertolone, che fece le fusa contento, mentre Merida scoppiava a ridere allontanandosi a saltelli, finalmente libera dai dispetti di quello stupido rettile. Jack si avvicinò a Sdentato, quando fu rimasto solo, e gli sussurrò: -Non ti allontanare.-
Sdentato annuì compìto e lo guardò lasciarsi trasportare dal vento per seguire i tre viaggiatori.
Nel momento in cui Rapunzel vide la città di Corona non poté trattenere l'eccitazione e in un attimo si illuminò di tutta la luce persa a causa del litigio con Gothel. Merida le fu subito a fianco e si lasciò prendere per il braccio e trascinare in mezzo alla folla perché Rapunzel le mostrasse questo e quello, mentre Hiccup le seguiva perplesso, chiedendosi quando si sarebbero rese conto che Rapunzel si portava sempre dietro venti metri di capelli. Ci volle poco, in effetti, e nel momento in cui le due ragazze presero ad affannarsi per raccogliere l'intera chioma lui si avvicinò con un sorriso affabile a quattro ragazzine dai capelli rossi sedute su una fontana poco distante. Gli bastò indicare la quantità di materiale che avevano a disposizione perché le bambine accettassero di fare una treccia mai vista prima. Mentre le quattro li fornivano del loro provvidenziale aiuto, Merida si accoccolò accanto a Rapunzel: -Se un giorno vorrai vivere fra la gente normale dovrai imparare a farne da sola di queste.-
Rapunzel le tirò un ricciolo ribelle con un sorriso: -Impareremo assieme.-
Merida fece una smorfia: -Non sono molto brava con tutte queste cose da femmine.-
Rapunzel fece spallucce, senza perdere la sua espressione incoraggiante.
Hiccup le osservava soddisfatto, appoggiato con i gomiti e la schiena sul bordo della fontana, senza notare come l'acqua dietro di lui si coprisse di un sottile strato di ghiaccio trasparente: accanto al ragazzo Jack stava seduto sui talloni e si sporgeva con gli occhi spalancati e piacevolmente sorpresi verso Rapunzel, estasiato al vederla per la prima volta con i capelli raccolti in un modo che la faceva stare decisamente bene.
Quando fu pronta, Rapunzel si alzò e per la prima volta si sentì stranamente libera. Non era più leggera, niente affatto, ma il suo collo si rilassava piacevolmente, non più tirato indietro dallo strascico biondo che scivolava in continuazione da tutte le parti. Si scoprì particolarmente agile senza quel noioso impedimento e Merida dovette impegnarsi per stare al passo del suo entusiasmo, correndo a destra e a sinistra, mentre Hiccup le seguiva pazientemente per il mercato e le botteghe, fornendo volentieri tutte le spiegazioni che gli venivano chieste. Ebbero delle difficoltà quando Rapunzel volle assaggiare dei dolci, perché fu difficile fermare la ragazza prima che rubasse inavvertitamente qualche pasticcino, ed essendo entrambi senza soldi non fu facile spiegarle il principio della compravendita.
Dopo ore a girare per la città, Hiccup, Merida e Rapunzel si trovarono davanti ad un mosaico lucido sotto i raggi del sole. Rappresentava una coppia reale con una neonata in braccio. Una neonata dai capelli biondi. Troppi, tuttavia, per l'età in cui era rappresentata.
-E questi chi sono?- chiese Rapunzel.
-Non lo so.- Merida scrollò le spalle. Poi, però, assottigliò gli occhi e fissò intensamente la bambina -Hiccup...-
-Sì, l'ho notato anche io.-
-Che cosa?-
-Niente. Aspettate qui un secondo...- il ragazzo si allontanò e attaccò bottone con l'artigiano di una bottega dall'altra parte della piazzetta. Confabularono un po', Hiccup indicò il mosaico, l'uomo scosse tristemente la testa, allargò le braccia, le lasciò cadere, agitò le mani. Hiccup gli chiese qualcosa, l'uomo osservò le due ragazze e annuì due volte. Dopo qualche istante, il ragazzo ringraziò con un gesto e si riavvicinò.
-Rapunzel, che mi dici di tuo padre?-
-Mio... padre?- ripeté confusa la ragazza.
-Sì... tutti ne hanno uno. Il tuo dov'è?-
Merida non parlava. Passava silenziosamente lo sguardo da uno all'altra.
-Non... non lo so... Mia madre non me ne ha mai parlato...-
-Rapunzel, posso farti una domanda molto poco delicata?-
La ragazza annuì lentamente.
-Sei sicura che Gothel sia la tua vera mamma?-
Rapunzel non rispose. Hiccup scosse la testa: -Una quindicina d'anni fa qualcuno rapì la figlioletta del re e della regina, una principessa dai fluenti capelli biondi già in tenerissima età, come tutti sanno. Da allora tutti gli anni per il compleanno della piccola tutta la città di Corona libera nel cielo migliaia di lanterne nella speranza che lei le segua e ritorni a casa. Siccome non mi sembra che Gothel abbia l'atteggiamento tipico di una madre...-
-Le luci fluttuanti...!- esalò invece Rapunzel con un filo di voce.
-Scusa?-
-No... niente.- la ragazza scosse con forza la testa: -State dicendo che forse sono io questa principessa perduta?-
Hiccup fece spallucce: -Diciamoci la verità, Rapunzel... in quella torre a me sembra che tu sia trattata più come una prigioniera che come una figlia.-
-Davvero?-
Merida prese la parola: -Sì! L'hai sentita, no? “Tu resterai in questa torre per tutta la vita!”- Hiccup le rifilò una gomitata e lei gli fece una boccaccia.
Rapunzel si era lasciata cadere sul gradino ai piedi del mosaico. Aveva lo sguardo perso nel vuoto, mentre Pascal le accarezzava un angolo della guancia. Rifletteva profondamente. Sembrava stesse per prendere una decisione definitiva. -Allora!- si animò all'improvviso, con l'espressione di chi avesse rimesso tutti i pezzi a posto: -Chi vuole scoprire se sono davvero una principessa?-
Merida ridacchiò dandole una pacca sulla spalla: -Se non svieni prima...-
Rapunzel si portò una mano al volto.
Da lontano, in equilibrio su un tetto, Jack li seguiva con lo sguardo. Non voleva comprometterli: sapeva che a girar loro intorno si sarebbero trovati costantemente in mezzo a strade ghiacciate e pozzanghere congelate, e non voleva che venissero incolpati dei suoi poteri e per questo scacciati. Vagando con gli occhi per le strade, incupite e ingrigite da nubi improvvise, mentre gli altri tre si dirigevano tranquillamente al castello, vide però una scena che gli gelò il sangue nelle vene più di quanto non lo avesse già: Gothel correva per le strade trafelata, attirando i passanti con la sua teatrale disperazione.
-Aiutatemi! Vi prego, aiuto!- invocava -Un mostro! C'è un mostro che gira per queste terre!-
-Calma, calma- le intimarono -Che mostro? Come fai a dirlo?-
-Un drago! Gira per il bosco, io lo so, l'ho visto!- ansimava, girando gli occhi da una persona all'altra, toccandoli, implorandoli: -Ha aggredito una viaggiatrice, l'ha divorata! Non ha lasciato che pochi resti, guardate!- e tirò fuori platealmente l'abito stracciato di Merida, creando il panico nella folla che le si era radunata intorno.
Jack comprese subito il guaio in cui Sdentato stava per cacciarsi, e di conseguenza anche i tre ragazzi, e dirigendosi precipitosamente verso il palazzo si rese anche conto di chi fosse il responsabile di quel guaio: un'ombra velocissima svicolava per le strade andando esattamente nella sua stessa direzione.
-Maledizione!- saltò da un tetto all'altro più in fretta possibile, col cuore in gola, sperando di arrivare in tempo.

Nel mentre, Rapunzel, Merida e Hiccup erano arrivati alle porte del palazzo. Prima di avere il coraggio di avvicinare una delle guardie la ragazza dovette prendere il respiro un paio di volte, per poi decidersi con un incoraggiamento da parte di Merida, che le indicò la direzione con aria spazientita.
Furono introdotti da soldati dall'aria diffidente nel cortile interno, mentre un messo trafelato si precipitava negli appartamenti dei reali. Nell'attesa non poterono non notare la guardia più ligia al suo ruolo, un bellissimo stallone bianco dall'aria severa che stette subito simpatico a Pascal e che fece inorridire Merida. Rapunzel lo salutò con un timido sorriso e un gesto veloce delle dita, cosicché quello si avvicinò e la annusò da capo a piedi, mentre lei rideva e lo accarezzava.
-Maximus- lesse sui suoi paramenti -Sono qui per scoprire qual è la mia vera famiglia. Fammi gli auguri.-
Maximus fece un gesto di conforto, per poi passare ad analizzare in maniera molto più secca Merida e Hiccup. La rossa, in particolare, non gli piaceva per niente. Lei si nascondeva dietro Hiccup con espressione schifata, mentre il ragazzo cercava di mantenere la pace.
Jack arrivò in quel momento e dalla cima di una torre vegliò sui tre ragazzi.
-Ma guarda chi si vede.- una voce inquietante emerse dalle ombre -Jack Frost. Da quando hai smesso di occuparti dei tuoi adorati mocciosi?-
-Pitch- Jack lo cercò con lo sguardo, gli occhi ridotti a due fessure -Cosa ci fai qui?-
-Potrei farti la stessa domanda.- Pitch comparve dietro di lui, a pochi centimetri di distanza -Non dovresti stare dietro a dei ragazzi così cresciuti.-
-Neanche tu, se è per questo. Cosa hai mente di fare?-
-Recuperare uno dei miei giocattoli preferiti. E, nel caso, vincerne altri due.-
Jack fece scaturire un fascio di luce gelida dal suo bastone con un ringhio: -Non ci provare.- Ma non fu abbastanza veloce: Pitch era già scomparso in un'ombra fumosa.
-No?- la voce melliflua dell'Uomo Nero risuonò da chissà dove: -Sta' a vedere.-
Nel cortile avevano preso a girare dei cavalli neri, invisibili a tutti gli uomini.
Rapunzel, Merida e Hiccup rabbrividirono, mentre le guardie si irrigidivano e stringevano le mani sulle loro else. Dei fruscii riempivano l'aria, gli anelli a cui si legavano le briglie dei cavalli tintinnavano. Le bandiere e gli stendardi appesi alle aste sopra al portone d'ingresso si muovevano appena. Si potevano contare i battiti del cuore di ogni presente, e sentire ad occhi chiusi il suo respiro. Dei fili di vento facevano sollevare appena qualche manciata di sabbia. Delle lance, accatastate in un angolo dopo l'allenamento, caddero con un rumore assordante. Le nuvole si ammassavano sopra di loro con un borbottio sordo e continuo. Ogni tanto l'occhio di qualcuno era attirato da un movimento nel buio.
-Chi è là?- tuonò ad un certo punto un soldato. Gli rispose solo un rombo lontano e lo scricchiolio del legno delle stalle e delle altre strutture che li circondavano.
Dei passi risuonavano lontani nel vuoto dei corridoi del castello e giungevano attutiti dalle finestre sopra di loro. Le guardie si guardavano intorno, circospette, mentre i tre ragazzi si stringevano l'uno all'altro. Rapunzel sentiva solo il battito del suo cuore nelle orecchie e una stretta dolorosa al livello del diaframma. E se quelli non fossero stati i suoi genitori? Si immaginava già il loro sguardo di disilluso fastidio, nel momento in cui si fosse posato su di lei, ennesima fanciulla che pretendeva di essere la principessa scomparsa. Percepiva già il loro dolore per quel tormento rinnovato ad ogni visita. Forse non avrebbe dovuto arrivare fino a lì. Si era fidata di perfetti sconosciuti che le avevano scombussolato la vita con poche parole e l'avevano spinta a disubbidire a sua madre. Sua madre che l'aveva sempre curata e protetta. Povera madre Gothel, che orribile figlia che aveva!
D'improvviso un rumore di passi veloci prese ad aumentare nel buio dell'interno del palazzo. Ecco che arrivavano il Re e la Regina, pensò. La dolorosa paura che le divorava lo stomaco si fece più acuta mentre una fitta dietro le orecchie diventava più intensa mano a mano che i reali sembravano avvicinarsi. Quel rumore di tacchi risuonava in tutto il cortile e anche gli scricchiolii sembravano farsi più insistenti.
Fino a quel momento Jack aveva cacciato ad uno ad uno gli incubi di Pitch, anche se quelli sembravano nutrirsi della paura che causavano negli uomini nel cortile e si erano moltiplicati a vista d'occhio. Gli rodeva non poter usare appieno i suoi poteri per eliminarli tutti in una volta, ma se avesse fatto qualcosa di eclatante avrebbe compromesso la già precaria situazione dei tre ragazzi.
I due sovrani comparvero davanti a loro.
Pitch comparve comodamente seduto sull'asta di una bandiera sopra il portone.
La loro espressione era tanto spaventata quanto disperata. Rapunzel fece un passo avanti e aprì la bocca per dire qualcosa, ma un rumore sordo di legno che si spezza le impedì di parlare: un'asta degli stendardi cedette e crollò sopra la Regina. Rapunzel non ebbe tempo di ragionare: si buttò sulla donna con tutto il suo peso e la spostò da dov'era un attimo prima che venisse colpita dalla pesante trave.
Jack aveva urlato un “No!” disperato.
Le guardie lanciarono un grido spaventato e si gettarono su di lei, urlandole addosso tutte insieme mentre la sollevavano a peso e la trascinavano lontano. Lei si dibatteva per liberarsi, mentre Merida e Hiccup correvano in suo aiuto. Un soldato la afferrò per i capelli per farla stare ferma ma così facendo sciolse la treccia e rivelò agli occhi inorriditi dei sovrani la lunghezza innaturale della sua chioma: -Che stregoneria è mai questa?-
-Una strega!- tuonò un ufficiale -Catturatela!-
Merida si lanciò su di loro con un urlo rabbioso, mentre Hiccup si rendeva conto che erano spacciati: qualunque possibilità avessero avuto ormai se l'erano bruciata.
Estrasse il suo pugnale mentre le guardie riconducevano dentro i sovrani e li circondavano: -Dobbiamo ritirarci!-
-Scherzi?- replicò Merida -Non possiamo scappare adesso!-
-Se restiamo qui ci metteranno in prigione!- “O peggio!”
-Se ce ne andiamo perdiamo la nostra sola possibilità di scoprire la verità!-
Rapunzel si rialzò in mezzo a tutti i fiori che le erano caduti dall'acconciatura ormai sciolta. Non le restava che qualche treccina decorativa. Sembrava decisamente disorientata.
Un fischio lontano annunciava l'arrivo dei rinforzi: Sdentato comparve accanto a loro. Merida si mise la mani nei capelli: adesso erano davvero spacciati.

Mentre la situazione precipitava Jack si era lanciato sull'altro spirito con un ululato di rabbia che aveva coinciso con l'urlo rabbioso di Merida. Pitch era di nuovo scappato con una risata, e Jack aveva visto con la coda dell'occhio l'arrivo del drago: -E va bene.- mormorò -Se vogliamo metterla così...- con un salto nel vuoto volò fino ai tre giovani e si schierò accanto a loro. Il freddo che lo accompagnava sembrò riscuotere Rapunzel che, compresa finalmente la situazione, assunse uno sguardo concentrato e afferrò un paio di ciocche. I quattro ragazzi erano pronti a difendersi.
Le guardie attaccarono e in mezzo a loro comparvero anche i cavalli oscuri di Pitch. Jack lanciò un raggio dal suo bastone che distrusse un paio di stalloni e creò una lastra su cui scivolarono un alcuni avversari, mentre Merida affrontava coraggiosamente i soldati con la sua spada e Hiccup saltava sul suo drago. Rapunzel coprì le spalle all'altra ragazza intercettando con una frustata un paio di guardie, e senza rendersene conto colpì anche un paio di incubi, che si dissolsero, ma Jack sapeva che non sarebbe bastato.
-Sdentato!- chiamò, indicando Rapunzel. Il drago capì al volo e planando afferrò la ragazza per portarla via. Nel mentre lo spirito aveva colpito una guardia e aveva fatto cadere il suo scudo ai piedi di Merida, che lo vide come vide la lastra di ghiaccio che si congelava a formare uno scivolo.
-Uomo delle nevi, sei grande!- con un salto salì sullo scudo, dandosi una poderosa spinta.
-Si scivola!- Jack le fece acquistare velocità e la portò giù per le ripide strade di Corona, in mezzo alle esclamazioni dei passanti, spinti via dai soldati che li inseguivano. Merida si afferrava saldamente al bordo dello scudo e tutta rannicchiata rideva eccitata, mentre Jack si divertiva a farle fare il giro intorno agli uomini che li rincorrevano, tanto per prenderli un po' in giro, la faceva passare tra le loro gambe e saltare sopra le loro teste, mentre lei si divertiva come una matta. Quella musona cominciava a piacerle.
Fra le gonne che sollevarono con la loro foga, ci fu anche quella bordeaux di Gothel. La donna vide una saetta arancione sfrecciarle davanti e, abbassando gli occhi, non poté non notare del ghiaccio ricoprire i ciottoli. Lo sfiorò appena, assottigliando lo sguardo: stavano scappando, Pitch era riuscito nel suo intento. Bene.
Quando arrivarono all'altezza del ponte la velocità che avevano acquisito permise loro di arrivare fin quasi dall'altra parte, ma poi Merida dovette continuare a piedi. Jack vide Hiccup tornare con Sdentato. Il drago planò per prendere la ragazza prima che le guardie a cavallo la raggiungessero, ma dovette farlo in fretta perché la folla, che aveva seguito incuriosita le acrobazie della straniera, alla sua vista ruggì e cominciò a tirargli addosso pietre e bastoni. Hiccup non si aspettava che la gente reagisse così prontamente e dovette far riacquistare velocemente quota al suo amico, prima che gli uomini in basso passassero alle frecce.
Merida si arrampicò accanto a lui: -Ma cosa diavolo gli è preso?!- esclamò indignata e spaventata.
Jack planava accanto a loro con una smorfia amara in volto.
-Dov'è Rapunzel?-
-L'ho lasciata nel bosco al di là del colle. Non dovrebbero arrivarci subito, laggiù.-
Raggiunsero la ragazza nel giro di pochi minuti, ma si resero immediatamente conto che c'era qualcosa che non andava: lei stava rannicchiata in mezzo alla radura, avvolta nel suoi capelli, e tremava e piangeva. Non appena Sdentato fu abbastanza basso Merida saltò a terra e corse ad abbracciarla: -Rapunzel! Rapunzel, stai tranquilla, siamo qui! Cosa c'è?-
-Non... non lo so.- singhiozzò lei -Ho tanta paura.-
Jack invece lo sapeva. Erano circondati da cavalli neri. C'erano incubi dappertutto. E Rapunzel era rimasta da sola in mezzo a loro.
-Bel comitato d'accoglienza.- esclamò, con un ghigno e gli occhi socchiusi, serrando la presa sul suo bastone e avviandosi con circospezione fra gli alberi. I tre ragazzi non potevano rendersi conto del pericolo. Ora erano solo lui e Pitch.
L'Uomo Nero uscì ridendo dalle ombre: -Non è magnifico?- esclamò allargando le braccia a comprendere tutto il suo esercito: -Ci ho messo anni. Sono il mio capolavoro.-
-Pensi forse che non sappia badare a qualche puledro?-
-Non fare lo spaccone, Jack Frost. Quella biondina serviva solo come esca. Il mio obiettivo adesso sei tu.- detto questo alzò una mano verso di lui, lanciando all'assalto tutti i suoi incubi.
Jack con un balzo si librò nell'aria e portò la battaglia lontano dai tre ragazzi. Ma nel momento in cui atterrò e cominciò a difendersi con le unghie e con i denti, un serie di piccoli oggetti tondi esplose intorno a lui in nuvole di fumo colorato.
Una risata profonda e potente, con un marcato accento russo, tagliò l'aria: -Guardiani sono arrivati!-

 




Angolo dell'autrice
Inizia la battaglia! Un paio di veloci annotazioni: la scena di ingresso a Corona è ovviamente calcata su quella del film, perché immagino che Rapunzel non potesse reagire altrimenti! :)
La “quindicina” d'anni è ovviamente solo una cifra indicativa, non sto asserendo che la nostra Rapunzel abbia quindici anni esatti al tempo di questa storia... e c'è più un buon motivo se per tutto il capitolo non si accorge di Pitch: nel cortile del palazzo è concentrata sull'arrivo dei sovrani, di conseguenza non nota il materializzarsi di uno spirito discreto come le notte ad di sopra del suo campo visivo, mentre tutti i dialoghi fra gli spiriti sono rigorosamente fuori dalla portata delle sue orecchie, a sottolineare la netta separazione fra Jack e gli altri tre protagonisti.
In ultimo, la scena del riconoscimento: può sembrare campato per aria, magari, il fatto che sia bastata un'occhiata (comunque molto approfondita!) ad un mosaico per fare sorgere dei dubbi ai nostri tre protagonisti sulle origini di Rapunzel, tuttavia trovo più logico il fatto che lo notino due ragazzi intelligenti come Merida e Hiccup (il quale è, in più, anche molto, molto analitico!) rispetto al fatto che Rapunzel lo deduca attraverso dei ricordi di quando era neonata, grazie probabilmente anche al suo potere, beninteso! (Senza nulla togliere alla scena della Disney che, per inciso, mi ha emozionato e mi ha fatto venire i brividi!).
Grazie mille, come sempre, a tutt* quelli che leggono e recensiscono
Nike
[Pubblico questo commento dopo una settimana di concorsi a tutto spiano. Sono KO, per cui non garantisco né per la sua comprensibilità né per la coerenza dei tempi verbali. Mi scuso per il disagio]

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Capitolo 7
*** RoBTD7 ***


La voce potente e profonda aveva squarciato l'aria dall'alto. Nel momento in cui le bombe colorate esplosero, Jack spiccò un salto e si tolse d'impiccio, mentre un'enorme slitta solcava lo spesso strato di nubi scure. L'assenza del sole favoriva enormemente Pitch, che poteva nascondersi nelle tenebre dilaganti. Il suoi cavalli neri avevano preso a correre in maniera disordinata per coprire la sua fuga e quella marea oscura inghiottiva tutto quello che le stava attorno, stridendo e spezzando e schiantando, in un movimento caotico che si espandeva con un mormorio cupo.
Jack atterrò su un ramo alto e si tenne al tronco, sbilanciandosi nel vuoto, alla ricerca di Pitch. Uno schiocco secco e il legno si spezzò sotto la sua mano, e lui precipitò nel vento che per fortuna lo portò fuori dalle fronde fredde e appuntite.
La slitta intanto era atterrata in mezzo alla radura, mentre i suoi occupanti si dedicavano allegramente agli incubi: una fata verde e blu, seguita da una manciata di colibrì, passava agilmente da un cavallo all'altro, mentre un ometto basso e sorridente, luminoso in una sabbia dorata, aveva estratto dal nulla un paio di fruste e disintegrava altri stalloni. Un enorme coniglio tatuato lanciava a destra e a manca il suo boomerang, facendo una magra figura accanto all'enorme uomo vestito di rosso con pelliccia scura e colbacco che abbatteva nemici a suon di sciabolate.
Jack atterrò su un altro ramo poco lontano e, resosi conto che ormai Pitch non si sarebbe più fatto vedere, si sedette a godersi la scena con un sorriso sghembo.
Quando anche l'ultimo cavallo rimasto si dissolse in una nuvola nera, Jack si alzò per allontanarsi discretamente, ma girandosi scoprì il coniglio davanti a lui, appoggiato con una spalla al tronco, che lo guardava giocherellando con la sua arma: -Non così in fretta, amico.-
Jack aprì la bocca per rispondere, ma la stessa vociona russa di poco prima lo chiamò dalla radura: -Eccolo qua... Jack Frost! Proprio te cercavamo!-
Lo spirito chiuse gli occhi con una smorfia, pronto a non sapeva quale rimprovero, e con un salto atterrò davanti ai Guardiani: -Oh, ma tu guarda... i quattro Grandi al completo.-
-Ma certo! Avrai sentito parlare di noi.- rise l'omaccione, e li presentò: -Babbo Natale- si accarezzò fieramente la barba -Sandman- indicò l'ometto di sabbia dorata, che si tolse un cappello evocato per l'occasione -La Fata del Dentino- la fanciulla piumata sorrise agitando le dita -E il Coniglietto di Pasqua.- l'animale mugugnò studiandosi le unghie.
-Naturalmente.- Jack si appoggiò il bastione alla spalla, ridacchiando alla parola “coniglietto” -Cavoli... devo aver fatto qualcosa di terribile se vi siete riuniti! Sono sulla lista dei cattivi?-
Babbo Natale scoppiò a ridere: -Ah! Su lista di cattivi? Tu hai battuto record! Ma non importa, sorvoliamo. Ora ci mettiamo pietra sopra.-
-E come mai?- Jack si girò verso di lui. Incapace di stare fermo, vagava per la radura davanti a loro.
-Come mai? Ti dico io come mai! Perché tu ora sei... Guardiano!- a queste parole lanciò un sacco di globi di neve che aprirono dei portali da cui uscirono in pompa magna yeti ed elfi.
Jack era rimasto congelato sul posto, mentre tutta quella masnada lo circondava con musica e cerimonie -Cosa? Ma che fate...? Ehi, ehi, giù le zampe!-
E mentre la folla si apriva per indicargli il portale più vicino, Jack si sentì spinto in avanti, al punto che, irritato che nessuno lo avesse sentito o si fosse degnato di dargli una risposta, colpì a terra col bastone provocando un'ondata di gelo che bloccò tutti. Quando finalmente ottenne il silenzio sbottò: -Qualcuno può spiegarmi cosa avete intenzione di fare?-
Babbo Natale scoppiò a ridere: -Ma ti portiamo a Polo Nord, naturalmente. Non vorrai fare giuramento qui.-
-Che cosa vi fa credere che io voglia essere un Guardiano?- Jack si ritrasse inorridito.
L'uomo lo guardò un istante prima di scoppiare a ridere e replicare: -Certo che vuoi!-
Jack ebbe una risatina nervosa: -Assolutamente no! Ma vi siete visti? Non faccio per voi. Voi siete tutti lavoro e doveri! Io, invece, palle di neve e piaceri. ...Non sono un Guardiano.-
-Ecco, appunto.- intervenne il “coniglietto” di Pasqua -Non perdiamo altro tempo, Nord, non abbiamo bisogno di lui per battere Pitch.-
Nord scosse la testa: -No, Calmoniglio. Lui stato scelto, lo sai.-
-Io cosa?-
L'uomo sorrise, mentre la Fata del Dentino prendeva la parola: -Ma certo, Jack. Siamo stati tutti scelti.-
-...Da Uomo nella Luna.- concluse trionfante Nord, indicando il cielo ancora cupo.
Jack scosse la testa: -Cosa... Cosa? L'Uomo nella Luna... parla con voi?-
-Vedi?- insistette Nord -Non puoi dire di no: è Destino...-
Ma Jack non era convinto. Si passò una mano fra i capelli: -E così dopo tanti anni è questa la sua risposta?!? No grazie, allora, non fa per me! Senza offesa.-
Calmoniglio, però, si era offeso: -Come... come può non essere offensivo!? Sapete cosa penso? Io penso che l'abbiamo scampata bella. Che ne sa questo buffone come si porta la gioia ai bambini?-
Jack sorrise: su quell'argomento giocava in casa: -Non saprei... mai sentito parlare di pupazzi e palle di neve? Lo so, non è un uovo sodo, ma ai bambini piace.-
-Ma nessuno crede in te, non è vero? Tu sei invisibile, amico. Come non esistessi.- l'animale si avvicinò e troneggiò su di lui con tutta la sua altezza.
Jack non rispose subito, colto alla sprovvista, poi un mugolio lo fece voltare: Sdentato li osservava con la testa inclinata di lato e l'espressione perplessa.
-E quello cos'è?- Calmoniglio estrasse i suoi boomerang e si mise in posizione di difesa, ma Jack con un balzo si mise fra i due: -Non preoccuparti, è un amico!-
-Un amico, quel rettile?-
-È un drago.-
-Un drago?- la Fata del Dentino si portò le mani alla bocca: -Jack, dove l'hai trovato?-
-È un amico. Viaggia con dei ragazzi che conosco...-
-Che conosci?-
-Sì, be'...- Jack si portò una mano dietro la nuca -Sono dei viaggiatori che sto aiutando...-
-Tu aiuti viaggiatori?- esclamò scandalizzato Nord -Ma Jack, tuo dovere di Guardiano è proteggere bambini!-
-Io non sono un Guardiano, Nord.- ripeté spazientito lo spirito.
-Sì invece!- ribatté l'uomo, in tono fiero -Tu stato scelto per proteggere...-
-No!- urlò il ragazzo, esasperato: -Non sono un Guardiano! Chi vi credete di essere? Sono secoli che vago per il mondo, ignorato da chiunque, dai bambini che non si rendono conto di niente agli adulti che invece mi scacciano neanche fossi il demonio, dagli spiriti che mi evitano alla Luna che non mi risponde neppure quando la prego in ginocchio! E adesso, dopo tutto questo tempo, vi presentate voi a rovesciarmi sulle spalle il “dovere di proteggere i bambini”, e vorreste che io abbandoni le uniche tre persone che invece riconoscono la mia esistenza?!-
Nord passò lo sguardo su Sandman, ammutolito. L'omino di sabbia scosse la testa e gli appoggiò una mano sulla gamba.
-Va bene.- mormorò infine Babbo Natale -A quanto pare non capisci tuo ruolo.- serrò la mano sulla sciabola e Sdentato ringhiò -Non puoi essere Guardiano se tu non proteggi bambini.-
-Jack- intervenne la Fata del Dentino, disperata -Lascia almeno che ti spieghiamo...-
-No.- Jack volse loro le spalle -Andate via.-
-Ma Jack...-
-ANDATE VIA!- con un balzo leggero Jack si posò sulla sella del drago, che spiccò una rapida corsa per allontanarsi il più possibile. I Guardiani non li seguirono. Lo spirito si abbandonò sul dorso di Sdentato e chiuse gli occhi con un sospiro. Era stanco. Erano secoli che sentiva questa spossatezza pesargli sulla schiena e finalmente adesso riusciva a identificarla, e una pregnante sensazione di abbandono lo pervase. Sollevò lo sguardo solo quando si fermarono: Sdentato guardava dal buio del sottobosco Hiccup, Merida e Rapunzel arrancare tra rami e radici.
Il ragazzo comprese la sua domanda e li guardò per un po', poi sollevò la testa: aveva bisogno di stare solo. Con un colpo di reni si librò in volo e virò deciso verso la torre di Rapunzel, l'unico luogo che percepiva davvero isolato.
Sulla strada contemplò gli alberi sfilare silenziosamente sotto di lui, finché un movimento sfuggevole non gli saltò all'occhio: lungo il sentiero camminava una figura incappucciata. L'aveva seguita troppe volte per non riconoscerla dalla sua andatura altera. Insospettito dal suo passo fin troppo allegro, tuffandosi tra le fronde cominciò a pedinarla.

Madre Gothel raggiunse una parte della foresta dove di solito avanzava con la mano sempre sul pugnale: poco lontano passava una grossa via di comunicazione e, quindi, attorno ad una sorgente che garantiva rifornimento d'acqua costante per viaggiatori e cavalli, era stata costruita una bella locanda, frequentata da gente assolutamente per bene: il Bell'Anatroccolo raccoglieva la miglior feccia che girasse per la zona e solo uno sciocco sarebbe stato ingannato da un nome tanto stupido.
Quel giorno però sembrava esserci un certo movimento: il brusio che usciva dalla catapecchia di legno era più insistente del solito e spesso si alzavano scrosci di risa. Incuriosita, Gothel decise di andare a dare un'occhiata.
Sbirciando dalla finestra vide la folla di energumeni raccolti attorno ad uno straniero dall'aria tanto sicura di sé quanto ridicola. Si trattava di un giovane non ancora uscito dall'adolescenza, alto, magro, con una folta massa di capelli scuri che lasciava ricadere casualmente su un occhio. Portava abiti di foggia alquanto bizzarra: a torso nudo, aveva un panno di spessa stoffa a quadri rossi e bruni avvolto attorno al bacino e sopra una spalla, fermato ai fianchi da una cintura. La pelle del braccio scoperto era decorata da esotici tatuaggi blu. Seduto ad un tavolo in mezzo ad omaccioni sadicamente divertiti, si faceva servire gran boccali di vino e raccontava, già brillo, le sue incredibili avventure:
-Una principessa, vi dico... una fanciulla scomparsa dalla bellezza degna della leggenda, che io ritroverò a costa di cercarla... Bellissima, sì, sì... dalla chioma più rossa del fuoco e gli occhi più azzurri dell'acqua, e la pelle più chiara dell'aurora... solo io, con la mia prestanza e la mia abilità, posso... Sì, sì, una principessa. Sì, ricca. Be'... suo padre l'ha promessa in sposa a colui che l'avrebbe... no, non sono solo io a cercarla... ma gli altri due sono degli imbecilli, non sarebbero in grado... no, non la meritano. Io ho affrontato orchi e schiere di briganti e... Sì sì orchi veri. Solo io sono...- e continuava a blaterare e bere, incalzato dalle domande e dai boccali che gli altri avventori gli porgevano.
Madre Gothel, nascosta alla vista di tutti, sbirciava da una finestra socchiusa, e si chiedeva come avrebbe potuto sfruttare quel giovanotto e le sue ottuse convinzioni di eroe alle prime armi. Pitch aveva mantenuto la sua promessa e aveva evitato che Rapunzel finisse fuori dalla sua portata, ma restava la scocciatura dei due viaggiatori e del drago. E di quel Jack Frost, ma per sistemare quel guastafeste contava sulla sua rivalità soprannaturale con l'Uomo Nero. No, magari quello sciocco straniero non sarebbe stato abbastanza per abbattere un drago e i suoi due cavalieri ma, in fondo, a lei che sarebbe importato? ...se tanto li avesse tenuti occupati quel poco che le bastava per portare via Rapunzel.
Presa una decisione, Gothel si lisciò con cura la gonna e aggiustò i ricci. Specchiandosi nel vetro di una finestra vide che la sua immagine trasparente cominciava a impallidire e coprirsi di rughe. Doveva trovare Rapunzel il prima possibile.
Quando il giovane straniero uscì, traballante e alleggerito di tutte le sue fortune (meno la spada, per il solo motivo che nella foga del racconto l'aveva brandita e sventolata da tutte le parti e nessuno dei presenti riteneva valesse la pena perdere un arto per avvicinarsi a prendergliela), reggendosi alla staccionata si diresse verso il suo cavallo, ma quale orrore scoprire che gli avevano preso pure quello. Colto dalla disperazione della sconfitta, con un possente urlo verso il cielo e contro l'infausto destino che lo perseguitava il ragazzo cadde sulle ginocchia e levò i pugni. Un eroe privato di tutti i suoi beni doveva impegnarsi maggiormente per riuscire nelle sue imprese ma, sicuramente, anche questi momenti bui avrebbero fornito affascinanti retroscena alla sua fama di bel tenebroso.
Gothel roteò gli occhi con una smorfia e si avvicinò sensuale: -Cosa spinge un sì bel giovane ad una tale disperazione?-
Il ragazzo lasciò cadere le mani in grembo, schiacciato dal malocchio, per poi rialzarsi e declamare, la mano sul cuore: -Ahimè, gli dèi mi sono contro, dolce dama, e mi hanno privato del mio oro e del mio cavallo. Neanche il corno dono del mio anziano padre mi è stato lasciato. La mia ricerca si annuncia ancora più perigliosa di quando sono partito ma non temete! Gli dèi mi sono amici e mi assisteranno nella mia ricerca!-
Gothel storse il naso al controsenso che quel ragazzo rappresentava nella sua interezza e riprese la sua recita: -Oh, un eroe! Quale fortuna gli dèi mi hanno concesso!- poggiò il dorso della mano sulla fronte e si abbandonò tra le braccia del giovane che, intontito dall'alcol, non si mosse in tempo e la lasciò cadere per terra.
Fu solo il verso di protesta della donna che sembrò risvegliarlo: -Oh cielo! Chiedo perdono bella signora! Prego, lasciate che vi aiuti!- e con gesti un po' troppo decisi la rimise in piedi. Gothel era sconvolta da tanta imbecillità ma risoluta nel suo piano e si appoggiò debolmente al suo braccio.
-Mio giovane salvatore, vi prego, aiutatemi! Un mostro ha rapito mia figlia!-
Sentendo l'odore di fama, il ragazzo si inginocchiò profondamente di fronte a lei: -Per una fanciulla in pericolo sono disposto a fare qualsiasi cosa, o nobile dama! Vi prego, raccontatemi tutto!-
Gothel curvò appena i lati della bocca: -Un drago, mio eroe! Un enorme drago nero divoratore di fanciulle! Ha già aggredito una viaggiatrice e ha rapito la mia dolcissima Rapunzel!- detto questo estrasse con dolore l'abito stracciato, causando un urlo d'orrore nel giovane, che cadde di nuovo sulle ginocchia e levò ancora i pugni al cielo in un acuto lamento contro il fato avverso. Gothel lo osservò perplessa e lo lasciò finire, comprendendo come funzionava la mente semplice di quello straniero -Questo vestito vi rimembra qualcosa?- chiese quando tornò il silenzio.
-È quello della principessa di cui sono alla ricerca, buona donna. Una luminosa fanciulla dai capelli di fiamma e gli occhi d'acqua, e la pelle del colore dell'aurora. Dunque è stata divorata?-
Gothel, che finalmente poté associare una descrizione ad uno dei due viaggiatori, rifletté un secondo: se quel ragazzino cercava uno dei due cavalieri del drago, se li avessero incontrati insieme la sua storia non avrebbe retto e lei avrebbe rischiato di perdere il suo alleato. Tuttavia lei non aveva mai detto di aver “visto” il drago divorare la “principessa di fiamma, acqua e blablabla” e in quel caso avrebbe potuto giustificarsi interpretando il ruolo della madre preoccupata a morte indotta a malinteso da un abito stracciato trovato nella camera di sua figlia. Ormai era in gioco e decise di approfittare della preziosa occasione: -Trovai questo nelle stanze della mia adorata figliola quando vidi uscire quel mostro dalla sua finestra. Vi prego, almeno lei, aiutatemi a salvarla!-
Il giovane, che si era appena rimesso in piedi, ricadde nuovamente in ginocchio in un profondo inchino: -Io, primogenito del clan MacIntosh delle terre di Dalriada, sono pronto a servirvi.- a capo chino, non vide il sorriso di vittoria della “buona donna” che l'aveva appena ingaggiato.

 




Angolino dell'autrice:
Capitolo di passaggio prima della prossima avventura, ma comunque non per questo meno importante.
Dopo Elinor, Stoik e Gothel, ho introdotto anche i Guardiani. Perché ora, e perché pure loro? Ci tenevo parecchio a esplorare un po' Jack, in particolare la sua condizione di ragazzo invisibile a suo discapito. E quale momento migliore se non quando i Quattro Grandi gli calano dall'alto la responsabilità di diventare uno di loro?! (Assolutamente dal nulla, oltretutto!) Suppongo che, come i genitori di Hiccup e Merida pretendano da loro ciò che loro non possono dare, anche a Jack venga chiesto qualcosa per cui lui non è pronto... Inoltre, ho calcato parecchio in questo dialogo sul fatto che i Guardiani proteggano i bambini, per avere una distinzione netta fra ciò che i Guardiani vogliono che Jack protegga e ciò che Jack vuole realmente proteggere.
Per quanto riguarda la seconda parte, ecco introdotto un altro personaggio che, dopo numerose avventure, arriva fino alle terre del regno di Corona: MacIntosh! Ho cercato di rendere la differenza di carattere fra lui e Gothel il più stridente possibile, in particolare quando MacIntosh lascia inavvertitamente cadere per terra Gothel. In realtà in quel momento mi è spiaciuto macchiare (anche se in maniera minima) la figaggine subdola della donna, ma ho fatto di tutto per rendere la scena dedicata a MacIntosh il più comica possibile (a voi dirmi se ci sono riuscita o meno!)
Spero che la storia continui a prendervi come all'inizio... Io ce la metto sempre tutta!
Grazie mille a chi mi segue!
Nike

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Capitolo 8
*** RoBTD8 ***


Quando finalmente il giovane MacIntosh si decise ad alzarsi, Gothel si diresse al Bell'Anatroccolo per procurarsi un cavallo per il suo cavaliere. Era meglio fornirgli tutti i mezzi necessari, perché così com'era nutriva per lui ben poche speranze anche solo per uscire dalla foresta.
Jack, per la prima volta, benedisse la sua invisibilità. In piedi accanto a loro, osservava ora MacIntosh ora Gothel, ora perplesso ora disgustato. Lo straniero, che in fondo per lui straniero non era, lo preoccupava più per lo scarso controllo che dimostrava su quanto gli stava attorno che per la flebile minaccia che rappresentava, mentre la donna lo terrorizzava per la sua scaltrezza. Lei era l'incarnazione perfetta del suadente potere del fascino: difficilmente qualcuno di leale avrebbe osato iniziare un combattimento contro di lei, poiché disarmata, né sarebbe stato in grado di salvarsi dalla sua arte nel parlare, nata da una profonda conoscenza e comprensione di chi le stava di fronte.
Jack volò via, nella direzione che aveva visto prendere ai tre ragazzi. Non poteva intervenire in prima persona contro quei due, perché del ghiaccio improvviso avrebbe scatenato il panico, lo straniero avrebbe cominciato a gridare al demonio e tutto il Bell'Anatroccolo sarebbe accorso. E lui non era il tipo di spirito da scatenare il suo potere contro una folla intera per raggiungere i suoi obiettivi. Accidenti!

Sdentato camminava in silenzio accanto a Hiccup e alle ragazze. Le nubi si stavano diradando e il cielo stava acquisendo i toni rossi accesi del sole al tramonto. Rapunzel aveva smesso di tremare e risplendeva degli ultimi raggi. Anche la sagoma di Merida si infiammava in quei colori intensi. Hiccup si sentiva finalmente un po' più tranquillo, nonostante fosse ancora scosso.
-E adesso dove andiamo?- chiese dopo un po' Merida.
Hiccup alzò le spalle, mentre Rapunzel strinse le mani all'altezza dei gomiti.
-Mi dispiace per quello che è successo.- disse infine il ragazzo.
Rapunzel scosse piano la testa, un sorriso rassegnato a curvarle le labbra: -Non devi scusarti. Voi ci avete provato.-
-Sì ma non era così che doveva finire.- replicò amaramente Merida.
-Non importa.- la ragazza si dondolò un po' -Mi avete salvato la vita. Devo ammettere che non mi sono mai sentita così viva come quando ero con voi in città.-
-Sì!- si eccitò Merida -E con quella treccia... quanto eri carina!-
-Davvero? Mia mad... non me l'ha mai detto nessuno!- rispose con un grande sorriso Rapunzel.
-Be', preparati, perché noi siamo la compagnia dei complimenti!-
Rapunzel rise e Hiccup, addolcito, si stupì della loro capacità di riprendersi così in fretta.
-Va bene!- si raddrizzò infine Rapunzel -Visto che stiamo andando un po' a ramengo, propongo di tornare alla torre. Ci mangeremo un'altra fetta di torta e ci faremo una bella dormita. Tanto mia madre non dovrebbe tornare già domani.-
-Hai intenzione di tornare in quella trappola?-
-Be'... è l'unico posto che possiamo chiamare casa, per il momento.-
-Va bene.- concesse Hiccup -Faccio un giro con Sdentato per capire dove siamo e ci dirigiamo subito lì.- saltò sul drago e prese il volo. Le ragazze lo guardarono
sparire nel cielo.
-Secondo me non vedeva l'ora.-
-Scherzi? Da quando siamo partiti passa più tempo in aria che con i piedi per terra. Scommetto quello che vuoi che si trasformerà in un drago anche lui, prima o poi.-
-E tu? Non ti piace andare lassù?-
-Io adoro andare lassù! Ma non sono a mio agio come lui. Preferisco sfrecciare a cavallo nei boschi, arrampicarmi e tirare con l'arco.-
Rapunzel rise, Merida riprese: -Ti posso insegnare, se vuoi.-
-Mi piacerebbe un sacco. E io posso insegnarti a cucinare!-
-Meglio evitare! I miei dolcetti potrebbero avere effetti piuttosto nefasti.-
-Come trasformare la gente in draghi?-
-O in orsi!-
Hiccup atterrò in quel momento: -Se giriamo a destra al prossimo incrocio dovremmo rimetterci sul giusto sentiero... cosa c'è?-
-Niente...- ridacchiò Merida -parlavamo di dolci.-
-E draghi.-
-E orsi.-
Hiccup le guardò perplesso ma Sdentato attirò la sua attenzione: -Cosa c'è, Sdentato?-
Il drago indicò col muso un cumulo di neve che si andava formando tra un tronco e una roccia.
-Credo che il tuo amico sia tornato.-
-Vuole scriverci qualcosa?-
Rapunzel scosse la testa: -Sta disegnando, guardate.-
Sulla neve compatta comparve una sagoma umana con una lunga gonna, riccioli che partivano da tutte le parti e uno sguardo molto cattivo, e accanto una figura coperta solo da un gonnellino, un'enorme chioma, una spada e dei motivi sul braccio.
-Da come disegna sembra un bambino.- considerò Merida, e si beccò una palla di neve in faccia.
-Non sono un bambino! E dai, ragazzi! Come faccio a farvelo capire, sennò?- Jack si agitava, mentre i tre studiavano gli schizzi.
-Questa- Rapunzel indicò la donna riccioluta -assomiglia a mia madre.-
-Oh no.- Merida si mise le mani nei capelli -Ti ha scoperto?!-
-Va bene, ma questo qui?- Hiccup si avvicinò a studiare l'altra immagine -Conosciamo forse qualcuno con un gonnellino, una spada e... cosa sono questi segni che gli cancellano il braccio? Delle correzioni? Si è forse sbagliato?-
-No... No! Non è possibile! Cosa ci fa qui?-
-Di chi parli?-
-Uno dei miei pretendenti? È davvero arrivato fin qua?!-
Rapunzel strabuzzò gli occhi: -Uno dei tuoi pretendenti?-
Hiccup si era voltato di scatto verso di loro: -Accidenti! Immagino ti cerchino... Dopotutto sei scappata di casa, no?-
-Non mi pare di essere stata l'unica.-
-Sì ma ma ma... oh, non ci credo! Non possiamo farci prendere così. Potrebbero far del male a Sdentato!-
-E cosa proponi, di andare via?-
-Mi... mi sembra la soluzione più logica.-
-Non possiamo andarcene e lasciare Rapunzel in questa situazione!-
-Oh, certo, restiamo qui a farci ammazzare tutti. Dopo quello che è successo al castello potrebbero avercela anche con lei, ci hai pensato?-
-E cosa proponi, genio? Ce la portiamo dietro?-
-Ecco... sì. Sì, questa sarebbe una buona idea.-
-Ragazzi... RAGAZZI!- intervenne allora la diretta interessata, attirando la loro attenzione: -Sentite... a questo punto non possiamo più tornare a casa. Che ne dite di... trovare un posto dove riposare... ormai è buio, e siamo stanchi. Scommetto che, domani mattina, saremo tutti più freschi.- propose con un sorriso.
-Non possiamo abbassare la guardia, se ci danno la caccia, Rapunzel...-
-Sì, hai ragione... ma penso che, se non ci hanno ancora trovati, probabilmente avranno ancora più difficoltà col buio. E noi abbiamo bisogno di riposo.-
Hiccup e Merida si scambiarono un'occhiata, per poi accettare.
Trovarono un albero dal tronco abbastanza grande da poter essere nascosti e riparati e, tra le sue radici ampie, accesero un fuocherello vivace con legna molto secca per evitare di produrre fumo, che avrebbe potuto tradirli. Sdentato si accoccolò in un angolo e Pascal si rannicchiò sopra la sua zampa, prendendo anche lui una tinta nera e lucida.
Seduta per terra, Merida giocava con un rametto a toccare i ciocchi di legno ardenti, la guancia appoggiata alla mano, mentre Rapunzel la guardava di sottecchi, con le dita intrecciate in grembo. Hiccup tornò con una fascina di rami secchi di riserva e la lasciò cadere pesantemente accanto a loro, per poi sedercisi sopra, i gomiti sulle ginocchia.
-Dunque...- esordì dopo un po' Rapunzel, stufa di quel silenzio -Hiccup, com'è che vi siete conosciuti, tu e Sdentato?-
-Oh, lunga storia... guerra fra vichinghi e draghi, ci hanno attaccato e noi ci siamo difesi. Io l'ho colpito, l'ho quasi ammazzato, e poi siamo diventati amici.-
-Capisco... e la guerra?-
-È ancora là. Mio padre odia i draghi. Hanno portato via mia madre.-
Merida sollevò la testa per guardarlo, ma non disse niente, così lui continuò: -Mio padre non l'ha presa bene, quando l'ha scoperto. Per questo siamo dovuti fuggire.-
Rapunzel rimase un momento sovrappensiero, poi si rivolse all'altra ragazza: -E tu? Perché sei partita?-
Merida alzò le spalle: -Grossi problemi con mia madre.- minimizzò.
-E non ti manca?-
-Scherzi?- lei lasciò cadere il rametto -Non mi ha mai ascoltata e mi ha quasi rovinato la vita. Ovviamente non mi manca!- si alzò e andò a mettersi in un angolo, sdraiandosi e dando loro la schiena.
Rapunzel la guardò sbigottita, ma Hiccup le mise una mano sulla spalla: -Fa sempre così, quando parla di sua madre. Non ti preoccupare, non ce l'ha con te.- poi si alzò con un sorriso e andò a stendersi accanto a Sdentato.
La ragazza rimase a fissare il fuoco ancora un po', poi si alzò e si immerse nella luce blu della luna. Davanti a lei c'era un cumulo di neve assolutamente fuori stagione. Fece un passo avanti, godendo del freddo a contatto con i suoi piedi. Inspirò profondamente: -Andrà tutto bene.- sorrise, beandosi dei raggi candidi -Sono davvero fantastici, anche se un po' strani. Ti ringrazio.-
Davanti a lei, in piedi, Jack ricambiò il sorriso e le sfiorò la guancia con un dito.

Il mattino dopo Merida fu la prima a svegliarsi. Si sentiva molto più tranquilla. Fischiettando, decise di cercare da mangiare per i due dormiglioni, in particolare per Rapunzel che, sicuramente, doveva ritrovare le energie dopo il suo primo giorno fuori da quella torre.
Prese arco e frecce e si avventurò nel sottobosco. Seguì piste fresche e puntò subito verso una zona dove pensava di trovare dei cervi, o al limite qualche coniglio. La foresta in quel regno lontano era davvero diversa da casa sua: gli alberi dal verde meno scuro, coi tronchi più dritti, lasciavano crescere tra le loro radici un'erbetta tenera. Rocce, legno, tutto era molto rado rispetto alla sua regione, più umida, dove la natura cresceva fitta. Abituata com'era ad avere sempre qualche pietraia o qualche tronco caduto dove nascondersi in caso di emergenza, si sentiva scoperta in quel verde dorato dai primi raggi del sole.
Arrivò alla chiostra di alberi che circondava una vasta radura di un verde chiaro, piena di botton d'oro e pratoline. Individuato un branco di cerve con i piccoli poco lontano, si acquattò dietro un tronco candido e incoccò la sua freccia, pronta a replicare il trauma della morte della mamma di Bambi. Aveva altre tre bocche da sfamare, dopotutto, fra cui una particolarmente famelica. La mano sinistra si aggiustò sull'impugnatura, mentre le dita si appoggiarono delicatamente alla corda tesa, l'indice sopra, il medio e l'anulare sotto il punto d'incocco. Socchiuse gli occhi e rallentò il respiro per elevare al massimo la sua concentrazione. Aveva molto probabilmente una sola possibilità, perché una volta scagliata la prima freccia il branco si sarebbe messo in allarme e sarebbe fuggito fuori dalla sua portata. Se fosse stata abbastanza veloce da scoccare altre frecce in pochi secondi forse sarebbe riuscita a raggiungerlo ancora un paio di volte, ma preferiva non affidarsi a troppi “forse”. Quando si sentì pronta raddrizzò le spalle e con un passo e un volteggio su se stessa uscì allo scoperto, l'arco teso, per trovare la radura già in fermento. Qualcosa doveva star arrivando, e il muso sollevato delle cerve ne era segno: qualche sciocco cacciatore doveva essersi avvicinato sopravento, facendosi scoprire subito e mettendo in allarme il branco.
Pochi preziosi secondi dopo il sospetto divenne certezza, e lei tornò fulminea a ripararsi dietro l'albero: un giovane comparve con la spada sguainata cercando di agguantare qualche preda rimasta indietro. A Merida ci volle molto poco per riconoscerlo, e benedisse la sua esitazione a scoccare: si trattava del giovane MacIntosh; se lei avesse tirato e lui avesse visto la sua freccia piantata nella radura si sarebbe sicuramente fatta scoprire.
Approfittò della concentrazione del ragazzo nella caccia, sgusciando via il più silenziosamente possibile. Doveva tornare assolutamente dagli altri e avvertirli. Se MacIntosh era lì, probabilmente doveva esserlo anche la madre pazza di Rapunzel. Non dovevano trovare la sua amica. E non dovevano trovare lei! Appena si sentì abbastanza lontano prese a correre a perdifiato, ma il rumore improvviso di un galoppo la raggiunse e sentì una mano artigliarle i capelli.
Il dolore fu inaspettato e lancinante, e lei non poté impedirsi di urlare.

Sdentato si mise in guardia nel momento in cui sentì il grido. Hiccup si tirò su velocemente e si guardò intorno: -Merida?- cercò con lo sguardo in giro, prima di realizzare che la voce di poco prima fosse davvero la sua -Merida!-
Rapunzel si alzò sulle mani, intontita, poco pratica della vita da campo e col sonno non ancora abbastanza leggero: -Hiccup, che succede?-
-È Merida! Dev'essersi allontanata prima che ci svegliassimo e adesso è nei guai!- Hiccup stava già rimettendo la sella a Sdentato.
La ragazza schizzò in piedi: -Cosa?!-
-Dobbiamo andare a cercarla! Presto, monta!-
-Va bene...- Rapunzel era già pronta, ma... -Hiccup! I miei capelli!-
Il ragazzo era già in groppa al drago: -Come? Oh no...- si guardò intorno e estrasse velocemente da una sacca della sella un mantello: -Riesci ad avvolgerli qui dentro?-
Lei annuì e in pochi minuti erano in volo: -Merida, stiamo arrivando!-

Merida era per terra, con le mani tra i capelli. Con lo strattone di prima era caduta, perdendo tutte le frecce, ora in pezzi sotto gli zoccoli dello stallone nero da cui Gothel era smontata. La donna brandiva un pugnale affilato e si avvicinava con sguardo assassino: -Dunque sei tu la famosa principessa con i capelli di fuoco che ha portato via mia figlia.-
-E tu sei la madre pazza di Rapunzel!-
La donna scoppiò a ridere: -Oh, ragazzina, con quale coraggio!-
-Tu... l'hai rapita, non è vero? Sei stata tu...- la ragazza si rialzò lentamente, senza staccare gli occhi dalla lama.
-Sciocchezze!- ribatté Gothel -Quella mocciosa mi appartiene. L'ho cresciuta per tutti questi anni... Oh, ma perché te lo dovrei raccontare? In fondo tu sei morta.-
-Morta?!-
-Ma certo!- sollevò il pugnale, Merida allungò le mani per difendersi e lei ne approfittò per afferrarle di nuovo i capelli con la sinistra. Merida cacciò un altro urlo acuto, portandosi una mano all'attaccatura, le lacrime agli occhi: -Se il tuo giovane spasimante scoprisse che sei ancora viva perderei un prezioso (benché imbecille) alleato. Devo approfittare che è concentrato nella caccia, altrimenti perdo la mia occasione.. per fortuna era troppo preso per vederti mentre ti nascondevi dietro quell'albero, ma a me non sei sfuggita, sai?- alzò l'arma per calarla sul petto della ragazza.
Merida si difese a mani nude, afferrando il suo polso e la lama, ma Gothel ritirò l'arma per colpire di nuovo. In quel frangente era scoperta, e Merida ne approfittò subito: con una tallonata cercò di colpire il ginocchio della donna. Le prese la tibia, ma la forza bastò a farle piegare la gamba e perdere l'equilibrio. In quel momento di instabilità, Merida riuscì a liberarsi dalla morsa di quelle mani bianche e fredde e cadde indietro. Spingendosi con i piedi e le mani arretrò, perdendo il mantello, senza staccare gli occhi da quella pazza. Appena fu fuori portata si rialzò e spiccò una corsa nella foresta.
A Gothel ci volle qualche secondo per riprendersi dal colpo alla gamba, ma appena alzò lo sguardo vide la chioma rossa perdersi fra gli alberi. Digrignando i denti partì all'inseguimento, senza perderla mai di vista.

Jack sentì le urla di Merida mentre vagava senza meta per il bosco. Dopo che Rapunzel era andata a dormire si era stufato subito del silenzio e del buio del fuoco morente ed era partito a farsi un giro. Si era spinto lontano, senza immaginare che i tre ragazzi che seguiva si sarebbero messi nei guai di primissimo mattino.
Allarmato si librò subito in volo, alla ricerca di Merida, sperando che Sdentato stesse vegliando su Hiccup e Rapunzel. Non gli ci volle molto per trovarla, e per capire perché stesse fuggendo: Gothel le stava dietro con passo veloce e deciso.
Portò il bastone sotto i suoi piedi e si lasciò cadere nelle fronde degli alberi per precipitarsi da lei, ma nel momento in cui toccò terra uno stallone nero comparve dalle ombre degli alberi e lo caricò in un assalto violento. Jack si ritrovò per terra sotto i suoi zoccoli: -Ah!- ringhiò -Pitch, maledetto! Dove ti nascondi?-
-Sono qui, Jack.- un sorriso si materializzò sopra di lui.
-Lasciami andare immediatamente! Come hai...-
Pitch scoppiò a ridere: -Povero spiritello illuso. Ovviamente ho seguito le urla della tua amichetta dalla voce fastidiosa. Ti aspettavo, sai?-
Jack afferrò con entrambe le mani il suo bastone e con una saetta gelata si liberò di quella trappola di sabbia nera -Mi dispiace deluderti, ma io ora ho da fare.-
-Oh no.- lo spirito oscuro si materializzò sul sentiero dove Merida e Gothel erano scomparse: -Io sono qui per distruggerti, Jack. E temo... che anche l'altra mocciosetta abbia le ore contate.-
Jack si lanciò all'attacco per aprirsi una via, ma fu prontamente respinto indietro da un'onda oscura: -No! MERIDA!-

Hiccup, Rapunzel e Sdentato aguzzavano al vista alla ricerca della ragazza. Erano abbastanza sicuri che la sua voce provenisse da quella direzione.
-La vedi?-
Rapunzel si sporse un po' di più: -No.-
-Com'è possibile?! Con quei capelli dovrebbe risaltare in mezzo a un bosco!-
-Hiccup, calmati. Se ti innervosisci rischi di perdere la concentrazione.-
Hiccup si passò una mano fra i capelli, ma fu costretto a darle ragione. Rapunzel indicò giù: -Guarda! Un cavallo!-
Il ragazzo seguì il suo dito: -È vero! E quella sagoma per terra?-
Atterrarono. Il cavallo prese a nitrire spaventato all'arrivo di Sdentato, ma fu pateticamente ignorato: Hiccup aveva sollevato da terra il mantello di Merida: -Guarda, Rapunzel...-
-È il suo. Come può averlo perso...?-
I due si scambiarono uno sguardo atterrito, quando un'esclamazione di angoscia li costrinse a sollevare la testa: un giovane straniero dai tatuaggi blu e i capelli arruffati era comparso davanti a loro e indicava il mantello con un indice tremante: -TU!-
Hiccup si indicò perplesso: -Io...?-
-Sì! Tu! Tu sei lo straniero il cui drago ha aggredito la mia principessa!-
-Cosa?!-
-No, non è stato lui...-
-Zitta, ragazza!- il nuovo arrivato sguainò la spada e la puntò verso il cielo -Io sono l'erede del clan MacIntosh e vendicherò la dolce Merida! Fatevi sotto, barbari!-

 



Angolino dell'autrice:
Inizia la battaglia! Cosa succederà, adesso? Non commento, per lasciarvi la suspense in attesa del prossimo capitolo, dove i nostri quattro grandi si batteranno tutti per la loro vita!
Vorrei solo fare i doverosi riferimenti di copyright: la battuta sulla trasformazione di Hiccup in drago è stata fortemente ispirata alla fanfiction L'eco di un urlo di spel, che io ho adorato e che consiglio fortemente a tutti gli appassionati del nostro quartetto preferito!
Rignrazio tantissimo chi ancora non si è stancato e mi segue fedelmente, lettori e rencensori!
Nike

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Capitolo 9
*** RoBTD9 ***


Sdentato si agitò dietro di loro. Hiccup tese una mano e gli intimò di calmarsi.
-Rapunzel...- sussurrò -Questo tipo è pericoloso... vai via. Trova Merida, cerca di aiutarla.-
-Ma Hiccup...-
-Va'. Io non sono da solo, c'è Sdentato con me.-
Rapunzel annuì, pallida, e voltò loro le spalle per tuffarsi nel sottobosco.
MacIntosh fece un verso d'approvazione: -Finalmente soli, barbaro.-
Hiccup estrasse il suo pugnale: -Sdentato, sta' indietro.-
-Credi forse che il tuo lucertolone faccia paura ad un eroe leggendario come il sottoscritto? Coraggio, monta in sella al tuo mostro! Io non ti temo!-
Hiccup lo guardò sgomento, prima di lasciarsi sfuggire un sospiro sconsolato: -Chissà perché Merida rifiutava di sposarsi, eh, amico?- mormorò al suo drago.
Sdentato scosse la testa con uno sbuffo contrariato, mentre Hiccup rispondeva: -Io... ehm... No, non sono un vigliacco, MacIntosh. Non sono ancora arrivato a questo punto.-
-Sciocco barbaro! Adesso pagherai per la tua insolenza!- e con un urlo che voleva essere di battaglia si lanciò contro il suo avversario.

Rapunzel correva lontano dal clangore del metallo che cozzava, fermandosi talvolta per guardarsi intorno. Non era in grado di seguire una pista, ma le tracce lasciate da Merida in fuga erano inconfondibili, rami spezzati, terreno morbido con segni di scivolate, muschio divelto. Il suo mantello, che era riuscita a piegare perché le contenesse i capelli, minacciava di disfarsi da un momento all'altro.
Saltando un tronco, tuttavia, scivolò e cadde carponi sull'erba, appena in tempo per finire fuori campo visivo di un gruppo di uomini a cavallo. Spostando i rami bassi di un cespuglio vide gli zoccoli degli animali sostare davanti al suo nascondiglio. Vide le bardature con lo stemma del sole giallo in campo viola, e comprese che erano i soldati reali.
“Ci stanno ancora cercando...?” allungò una mano sulla spalla e coprì protettivamente Pascal: -Non temere- sussurrò -Andrà tutto bene.-
Attese che i cavalieri si fossero allontanati, si rialzò guardinga, riprese la sua corsa disperata.

Jack combatteva in cielo, lontano da Merida, o da Hiccup, o da Rapunzel. Pitch era un avversario notevole e doveva ricorrere a tutta la sua potenza per difendersi. Gli stalloni neri erano diventati una massa inquieta e pericolosa che lo attaccava su tutti i lati, e lui doveva mantenere alta la concentrazione per non rimanere disarmato.
In mezzo a quel rimestare di sabbia oscura e incubi, tuttavia, aveva perso il suo bersaglio. L'Uomo Nero non si faceva vedere.
-Pitch! Vigliacco! Dove ti nascondi?- urlò, sperando di riuscire a cogliere un suo movimento. D'improvviso la luce del sole si oscurò. Dietro di lui Pitch si era alzato su una nuvola di nero terrore e aveva caricato una freccia cupa come l'onice nella sua direzione. Jack ebbe appena il tempo di schivare l'attacco per puntare a un riparo in mezzo agli alberi. Si lasciò praticamente cadere verso le fronde, ma un secondo colpo lo raggiunse al costato. Il dolore fu lancinante e per un istante perse la sensibilità al braccio destro. I rami si spezzarono sotto il suo peso ma riuscì comunque ad afferrarne uno con la mano sinistra e a frenare la caduta. Lo strappo alla spalla che subì gli fece mancare l'aria ai polmoni, ma si era evitato un brutto schianto. Solo allora notò che la mano destra aveva perso il suo bastone.

Merida sentiva ancora dolore nel punto dove quella pazzoide le aveva tirato i capelli. Sapeva di avere sempre Gothel alle calcagna, tuttavia non poteva più scappare. Non voleva più scappare.
Si arrestò di colpo e riprese fiato. Quando sentì di essere stata raggiunta raccolse un ramo da terra e lo brandì davanti a sé. Accidenti a lei, che si era dimenticata la spada sotto la sella di Sdentato!
Gothel avanzò da dietro un cespuglio: -Oh, ma per favore! Credi di farmi paura con quello?-
Merida non si lasciò intimorire e si lanciò all'attacco con un affondo, intercettato però dal pugnale, che la deviò di lato. La ragazza con un balzo uscì dalla portata dell'arma e studiò la sua avversaria: -Spiegami... perché ce l'hai tanto con me? Io non ti ho fatto niente!-
-Non mentire, ragazzina. Tu viaggi con un drago, ti ho vista allontanarti in volo dalla città, ieri sera.-
-Tu... eri in città?-
-Ma certo! Chi credi che abbia aizzato tutta quella folla contro te e il tuo mostro?-
-Ma tu sei pazza! Ci vuoi forse morti?!-
Dietro di lei, Rapunzel giunse silenziosamente, nascosta tra i cespugli del sottobosco.
-Non l'avevi ancora capito, sciocca? Ma certo che voglio uccidervi, te, il tuo compare, e quel lucertolone che vi portare dietro!- Rapunzel trattenne il fiato -Non voglio che neanche uno di voi scampi alla mia vendetta.-
Nascosta alle sue spalle, Rapunzel si strinse nelle mani, realizzando un lato di sua madre... di sua “madre”... che aveva sempre visto ma che non aveva mai compreso fino in fondo. La sua cattiveria innata le era sempre parsa naturale, ovvia addirittura, per educarla, per tenerla al sicuro. Non si era mai resa conto di quanto sua “madre” amasse infierire gratuitamente.
Ciononostante, se fino a pochi giorni prima per lei questo non aveva alcuna importanza, adesso questa perfidia si stava riversando su delle persone che con loro due -lei e Gothel- non c'entravano niente. Anzi, c'entravano: le avevano aperto gli occhi, e lei era loro debitrice.
Sapeva quello che Gothel stava facendo, e non poteva permetterlo. Cercando un modo di fermare una volta per tutte sua “madre”, ebbe un'idea improvvisa e imprudente, che subito le piacque, quando sentì uno scalpiccio di zoccoli in lontananza. Svelta com'era arrivata, tornò sui suoi passi.

-Vendetta?- ribatteva Merida -Vendetta per cosa?-
-Non agitare quel rametto in quel modo, mocciosa. Odio le persone agitate, mi fanno saltare i nervi!-
-Questo rametto, in mano mia, vale molto di più di quel pugnale in mano tua.-
-Che screanzata. E tu saresti una dei due forestieri che ha rapito il mio fiorellino dalla torre?-
-Noi non abbiamo rapito nessuno! Sei tu, piuttosto, che l'hai portata via dalla sua famiglia quando era ancora in fasce!- Merida caricò un altro fendente, Gothel schivò e affondò il pugnale sotto l'ascella della ragazza. Lei roteò su se stessa e parò il colpo prima che la raggiungesse, per arretrare di qualche passo.
-Io non accetto critiche da un'adolescente che è palesemente fuggita di casa!- sbottò Gothel seguendola e cercando di colpirla ripetutamente -Ma guardati, ti sei vista? Non sei nessuno, hai un volto insignificante e un portamento sgraziato e arrogante! Probabilmente i tuoi genitori ti hanno cacciata perché si vergognavano a darti in sposa a chicchessia!-
-Non è vero!- Merida cercò di attaccare, sorpresa e sconvolta. La donna si spostò di lato e lei le passò accanto.
-Oh, ci ho azzeccato, invece.- Gothel riprese ad avvicinarsi -Per cui sei fuggita dalla tua terra come una vigliacca, e adesso sei scappata anche dal cavaliere del drago.-
-Io non sono scappata da Hiccup...- serrò le mani attorno al bastone, puntandolo verso la donna.
-Oh sì, invece. Avete viaggiato fino a qui per rovinarmi la vita, e adesso che ti sei resa conto che la storia si sta facendo pericolosa hai deciso di toglierti dai pasticci nell'unico modo che conosci. Altrimenti, saresti corsa da lui per farti aiutare.-
-Sta' zitta! Sei una bugiarda!- Merida concatenò una sequenza di attacchi alla cieca che rischiarono di raggiungere pericolosamente Gothel. Un ricciolo dei capelli della donna si impigliò in una scheggia di corteccia e nella foga furono strappati. Lei si ritrasse e si portò una mano alla ciocca danneggiata, l'espressione feroce -Ah no?- rincarò, furiosa -Ti credi davvero così coraggiosa? Allora perché scappavi, prima?-
-Io non scappavo da Hiccup! Scappavo da...-
-Lo so da chi scappavi, sciocca. Scappavi da quell'imbecille di straniero. Eppure lui ti cerca con tutte le sue forze, piccola ingrata!-
-Io non sono un'ingrata! Tu non sai niente!-
-Non mi importa di non sapere niente! E neppure a lui, credimi! Alla sua testolina ottusa importa quello che gli racconto io, e io gli racconto che un drago ha ucciso la sua principessa. E sono certa che, in questo momento, il mio valoroso guerriero si sta battendo con tutte le sue forze per vendicare la sua amata perduta...-
-Che cosa hai fatto a MacIntosh, brutta strega?-
-Io? Niente! Lui sta combattendo in tua memoria, senza sapere che quell'altro barbaro ti sta difendendo, esattamente come ha fatto ieri quel Jack Frost...- Gothel, che aveva parlato con una voce rotta dalla rabbia, si interruppe.
-Come chi?- Merida abbassò l'arma, definitivamente senza parole.
-Oh, che sciocca, questo non dovevi saperlo!- rise istericamente Gothel, portandosi una mano al petto -A questo punto devo proprio ucciderti.- riuscì ad afferrare con la sinistra il bastone e lo tenne puntato verso il basso, alzando il pugnale contro il cielo.
-NO!- si ribellò Merida, bloccandole il polso prima che calasse su di lei -Tu hai già fatto del male a tanta gente, non ti permetterò di farne altro ai miei amici, sopratutto a Rapunzel, che ti ama come fossi sua madre!-
-A ME NON INTERESSA NIENTE DI RAPUNZEL!- le sputò in faccia Gothel, cercando di liberarsi dalla presa salda della giovane -IO VOGLIO I SUOI CAPELLI E IL LORO POTERE, E VOI NON ME LO PORTERETE VIA, BRUTTI MOCCIOSI!-

Quando Rapunzel era corsa lontano dalla radura, aveva cercato in tutti i modi di seguire il rumore di zoccoli senza perderlo. Sapeva che l'oggetto della sua ricerca era in quella stessa zona e sperava che non si fossero allontanati troppo.
Il primo che vide fu Max, che ricambiò il suo sguardo con un'espressione interrogativa.
-Max! Da questa parte!- agitò una mano, poi si diresse verso il punto in cui aveva lasciato Merida.
Lo stallone prese a seguirla senza esitazione, tallonato dagli altri cavalli, tra le esclamazioni di stupore dei loro cavalieri. La ragazza sentiva i piedi dolerle immensamente, ma sapeva di avere poco tempo. Ripercorse in tutta fretta la strada da cui era venuta e, una volta a portata d'orecchi, con una ciocca si issò sul tronco più vicino, celandosi tra le fronde. Fu allora che sentì Gothel sbraitare.
-A ME NON INTERESSA NIENTE DI RAPUNZEL! IO VOGLIO I SUOI CAPELLI E IL LORO POTERE, E VOI NON ME LO PORTERETE VIA, BRUTTI MOCCIOSI!-
-Qu... quale potere?- deglutì Merida, schiacciata dalla cieca furia della donna.
-Il potere della vita eterna, sciocca ottusa ragazzina!- Max e i suoi cavalieri arrivarono in quel momento -Un potere immenso che ho conquistato secoli fa e da cui da allora non mi sono più separata! Io sono la donna più bella del regno e lo sarò sempre, sempre sarò viva, anche oltre questo insulso regno e tutti i suoi abitanti. IO RIMARRO' GIOVANE PER L'ETERNITA'!-
Merida, a udire ciò, ignorò il dolore alla testa e si armò di tutta la sua rabbia. Con un colpo secco respinse Gothel e invertì l'esito di quella prova di forza. Era più giovane, più allenata, più abituata allo scontro. L'idea di battersi contro una dama, che aveva inibito il suo spirito di guerriera, fu sostituita dall'unica preoccupazione di impedire a quella pazza di rovinare ulteriormente la vita di Rapunzel. Serrò la presa intorno al polso della donna e la obbligò a lasciare andare l'arma, quando una voce di uomo le perforò i timpani: -STREGHE!-
Le due contendenti si voltarono e videro le guardie reali arrivare al galoppo verso di loro. Staccatesi in una frazione di secondo, fuggirono in due direzioni diverse. Appena fu abbastanza lontana, tuttavia, Merida fu avvolta da una spessa ciocca di capelli biondi e in uno istante si ritrovò issata in mezzo alle fitte fronde di un albero. I due soldati che la inseguivano non si fermarono e si allontanarono, cercandola.
Quando si rese conto di quello che era successo, si lasciò sfuggire un singhiozzo -Rapunzel!- le due ragazze si abbracciarono sollevate.
-Stai bene?-
-Sì.- Merida si strofinò la testa, in bilico su un ramo -Rapunzel, tua madre è pazza!-
-Quella non è mia madre.- rispose cupamente l'altra ragazza.
Merida la osservò perplessa per un momento, poi riprese: -Ascolta... dobbiamo trovare Hiccup e impedire che lui e MacIntosh si facciano male a vicenda. E poi...-
-E poi?-
-Gothel ha parlato di un altro tizio che ci protegge...- lasciò la frase in sospeso, soprappensiero.
-Pensi che sia lo spirito della neve?- azzardò dopo un momento Rapunzel.
-È probabile. Ha parlato di un certo “Jack Frost”.-
-Jack Frost. Che sia davvero lui?-
-Penso di sì.-
-Va bene.- stabilì allora Rapunzel -Cerchiamoli.-

Hiccup era in difficoltà. Senza alcun dubbio. Abituato com'era a battersi (o a vedere gli altri battersi) con asce e scudi, non era particolarmente pratico di combattimento con i pugnali, mentre il suo avversario si era palesemente allenato tutta la vita a tirar di spada.
“Maledizione” imprecò, arretrando. Dalla sua aveva il solo fatto di essere mancino, che lo rendeva un avversario inusuale a cui probabilmente MacIntosh era poco abituato. Aveva cercato di afferrare il suo braccio tatuato, aveva provato a disarmarlo, ma quello straniero, nonostante la sua palese immaginazione distorta, dimostrava un'abilità di spada considerevole.
-Si può sapere cosa vuoi da noi?- esclamò, esasperato.
-Io vendicherò la bella Merida, povero villico, e porterò la sua memoria come vessillo di vittoria a suo padre!- MacIntosh acquisì una perfetta posizione di attacco, con la lama che riluceva al sole e il braccio elegantemente sollevato sopra la testa.
-Per l'ultima volta- ripeté spazientito Hiccup -Merida è viva. La stiamo cercando perché l'abbiamo sentita urlare.-
-Non mentire! Ho visto il suo abito stracciato, non può che essere stata aggredita da un mostro come il tuo!-
-E piantala!- Hiccup abbandonò ogni tecnica, sgusciò sotto la spada tesa e si lanciò su di lui, atterrandolo. MacIntosh cacciò uno strillo e si allontanò strisciando sulla schiena il più velocemente possibile per rimettersi a sedere prontamente, ma ormai Hiccup gli aveva afferrato la mano armata e gliel'aveva bloccata per terra.
Il ragazzo tirò un paio di volte ma il vichingo non mollò la presa.
-Oh. Mi ascolti, adesso?-
MacIntosh caricò l'altra mano dietro di lui: -Sì... va bene, ti ascolto...- ma a tradimento lo colpì con un gancio alla tempia, e con un calcio nello stomaco lo mandò lontano da lui. Rialzatosi in piedi si avvicinò trionfante, caricando un fendente che voleva essere il colpo di grazia: -Ed egli punì l'infingardo straniero...- declamò -... per la gloria e la vendett... AH!- strillò ancora, facendo un salto indietro: Sdentato, indignato per quel colpo sleale, aveva scavalcato Hiccup, ancora rannicchiato per terra, con le zampe anteriori, per tenerlo sotto di sé, e aveva azzannato la lama della spada. Con un movimento deciso aveva privato MacIntosh della sua arma e l'aveva sputata lontano.
Il ragazzo, terrorizzato, era saltato sul cavallo urlando come un matto: -Tradimento! Battuto da un colpo basso di un mostro e del suo padrone! Tradimento!- ed era scappato al galoppo.
Sdentato ridacchiò soddisfatto e fece un passo indietro, lasciando che Hiccup si rialzasse.
-Grazie, amico.-
Il vichingo si sedette contro il drago, massaggiandosi la tempia: -Gente interessante, eh?- ridacchiò -Spero solo che le ragazze stiano bene...-
-Hiccup!-
-Parli del diavolo...- sorrise sollevato, quando un turbine di capelli rossi e oro lo avvolse con sollecita preoccupazione -Ragazze, state bene?-
-Sì, sì, tranquillo.-
-Che è successo al ragazzo che ti ha sfidato?-
-Dov'è MacIntosh? Davvero vi siete sfidati?-
-Be', sì che si sono sfidati, e lui ha anche vinto, se no non saremmo qui a parlargli, non trovi?-
Hiccup sospirò tranquillo, mentre le due ragazze si scambiavano vivacemente tutti quei commenti.
-Sì, ho vinto. Più o meno... Sdentato ha strappato la spada a MacIntosh e lui se l'è data a gambe.- raccontò, indicando l'arma, dimenticata nell'erba.
Merida andò a raccoglierla: -Fantastico! Abbiamo vinto una spada, allora!-
-E a te, invece, cos'è successo? Perché ti eri messa a gridare?-
-Non ci crederai. Ho incontrato quella pazza di Gothel!-
-Davvero?-
-Già. E ho scoperto un po' di cose.-
Rapunzel, che si era incupita di nuovo, la guardò sbigottita: -Sul serio?-
-Sì. Per esempio...- Merida sfiorò il capo della ragazza -...ho scoperto il potere dei tuoi capelli.-
Hiccup le guardò confuse, così Rapunzel spiegò brevemente, con un'alzata di spalle: -Ho dei capelli che si illuminano quando canto.-
-COSA?!-
-Ahi... Hai raggiunto la stessa acutezza di MacIntosh!- si lamentò Merida massaggiandosi l'orecchio.
Rapunzel ridacchiò, ma Merida era già di nuovo seria: -Ho anche scoperto come si chiama (forse) lo spirito della neve...-
-Perfetto!-
-Si chiama Jack Frost- lo informò Rapunzel.
-...e ho la brutta sensazione che possa trovarsi nei guai.- concluse Merida.

Jack avanzava a tentoni per la foresta. Si teneva il fianco ferito, mentre la mano destra dondolava inerte. Aveva perso il suo bastone, e questo gli impediva qualunque mossa: niente agilità, niente volo, niente neve. Si sentiva inerme.
-Dove ti nascondi, Jack?- la voce melliflua dell'Uomo Nero lo seguiva dappertutto.
Lo spirito si accasciò dietro una roccia, cercando con gli occhi il suo bastone.
-Non credono davvero in te, Jack. Perché continui a proteggerli?- Pitch scagliò una nuvola scura contro un tronco. La nuvola si dissolse e si ricompattò dall'altra parte sotto forma di schegge tintinnanti.
Jack strisciò lontano.
-Perché non te ne vai? Lasciali a me... ti salveresti la vita!- una roccia esplose poco lontano da lui.
-Siamo entrambi indeboliti, Jack. Il sole dirada le mie tenebre e scioglie il tuo ghiaccio. Non è il miglior campo di battaglia.- le fronde di un faggio furono trivellate da una pioggia di aghi neri -Arrenditi, sarebbe la scelta più saggia.-
Jack sollevò leggermente la testa per controllare dove si trovasse Pitch, e finalmente lo vide, il suo bastone! Era incastrato fra due tronchi cresciuti uno sull'altro a una decina di metri da dove si trovava lui. Se solo fosse riuscito a raggiungerlo...
-Ti ho trovato!- Pitch comparve sopra di lui. Jack tentò di correre via ma una massa di sabbia nera gli avvolse le gambe, impedendogli i movimenti -No, Pitch!- l'Uomo Nero sollevò dietro di lui la sua falce di onice nera, compiendo un ampio movimento ad arco per concludere definitivamente quella battaglia. Dopo aver rallentato un secondo, Pitch calò l'arma.

-NO!- un urlo di ragazza gli perforò i timpani.
Jack riaprì piano gli occhi. Davanti a lui, una massa di ricci rossi e un vestito verde.
-Ragazzi, l'ho trovato!- urlò Merida, girando di lato la testa. Era scivolata fra lui e la falce e aveva bloccato l'arma con la lama della sua spada. Adesso faceva forza con entrambe le mani per evitare che Pitch la sopraffacesse.
L'Uomo Nero spinse con tutte le sue forze: -Tu... ci vedi?- ringhiò.
-Tu... mi vedi?-
-Ma certo che ti vedo, stupido! Levati di lì, prima che facciamo una brutta fine!-
Jack fu avvolto da dei morbidi capelli biondi e si sentì tirare gentilmente lontano. Merida digrignò i denti e ci mise tutta la sua forza per respingere l'attacco dello spirito avversario, che fu definitivamente allontanato da Hiccup, in sella a Sdentato. Il drago ringhiò minaccioso verso l'Uomo Nero, completamente basito da quell'inaspettata intromissione: -Ma com'è possibile?-
-Be', sai... quando uno di noi è nei guai...-
-...noi interveniamo!-
Pitch aveva un'espressione furiosa: -Non so come facciate a vederci...-
-Allora, non ti batti?-
-...ma la prossima volta non vi sarà così facile liberarvi di me. Stupidi ragazzini!- arretrò, scomparendo in una nuvola di polvere nera.
Quando fu chiaro che erano soli, Hiccup e Merida raggiunsero Jack, ancora fra le braccia di Rapunzel. Sdentato si avvicinò, posandogli accanto il suo bastone.
-Ehi, Sdentato... eh eh... è tanto che non ci si vede, amico...-
-Stai bene?-
-No che non sta bene... la vedi la ferita?-
-Basta che non sia svenuto...-
Hiccup gli tese la mano: -Riesci a rialzarti?-
Jack la prese e provò a mettersi in piedi, ma cadde e dovette sostenersi al muso di Sdentato: -Voi... voi... riuscite a... vedermi?-
-Vederti... sentirti... ma certo! Come ti avremmo trovato altrimenti?- rispose vivacemente Merida e Rapunzel ridacchiò.
Hiccup, invece, si avvicinò a Jack e studiò la sua ferita: -Non sembri messo bene.-
-No, in effetti... Ma non preoccuparti- Jack si appoggiò al suo bastone -Mi passerà in fretta.- le gambe gli cedettero, Hiccup e Merida lo sostennero prontamente. Lui rabbrividì, al contatto con i loro corpi, e sorrise estasiato.
Rapunzel sospirò: -Ragazzi... credo... credo sia il momento di farvi vedere una cosa.-
I due viaggiatori si scambiarono un'occhiata preoccupata.

Rapunzel fasciò con cura il torso di Jack. Quando tutto fu pronto, la ragazza intonò il suo dolcissimo canto, appellandosi al fiore celeste perché le venisse in aiuto. La sua chioma si accese di una luce calda che percorse i capelli dalla radice alla punta, illuminando i tre ragazzi che le sedevano intorno.
Quando il canto terminò e i capelli tornarono... “normali”, Jack si alzò e mosse il braccio. Poi si inginocchiò davanti a lei e, abbassando lo sguardo in quello della ragazza, mormorò: -Grazie.-
Rapunzel sorrise timidamente: -Non c'è di che...-
-Adesso capisco perché Gothel non voleva farti uscire da quella torre.- considerò Hiccup -Un potere del genere è... enorme.-
Rapunzel si strinse nelle spalle -Non lo so. Non ho mai potuto davvero rendermene conto.-
L'altro ragazzo annuì -E adesso cosa farai?-
-Come cosa farà? Resterà con noi, mi sembra ovvio!- Merida le prese le mani, entusiasta -E pure tu, se prometti di non prendermi più di mira con la tua neve.- proseguì, rivolta a Jack.
Lo spirito rise, volando su un ramo sopra di loro: -Non posso garantirtelo, Merida!-
-Quindi resteremo insieme?-
-Ma certo!- la ragazza ignorò Hiccup, che cercava di parlare -In fondo siamo amici, no?-
Gli altri tre annuirono contenti. Hiccup montò su Sdentato, offrendo a Merida una mano per salire dietro di lui. Jack prese Rapunzel in braccio, e tutti si librarono in aria. Finalmente, liberi.

 




Angolino dell'autrice:
Prego leggere fino in fondo!!
Qualche precisazione sul personaggio di Gothel: a quanto pare il suo ruolo all'interno di questa storia finisce qui...? La trama seguiva il percorso di liberazione di Rapunzel dalle grinfie di sua “madre”, per cui sì, l'antagonista principale sembra essere stata sconfitta.
Mi rendo conto di aver fatto fare ad una donna così precisa e calcolatrice un paio di errori che poi hanno permesso a Merida di scoprire alcune scomode verità (vedi Jack e il potere dei capelli), ma qui entra in gioco lo stesso impeto di insofferenza che ha spinto la donna a dire “tu resterai in questa torre tutta la vita!”: si è trovata ad un momento cruciale del suo piano, se avesse fallito avrebbe perso sua “figlia”, e si è trovata davanti ad un personaggio esagitato come Merida, che per una come lei deve apparire davvero irritante...! Ho inoltre calcato molto sul fatto che Gothel dichiari chiaramente la sua indifferenza sostanziale per Rapunzel, in funzione di quello che verrà dopo e anche per rendere netto il distacco fra lei e sua “figlia”...
Per quanto riguarda MacIntosh, ho solo una chicca: lo strillo che caccia quando interviene Sdentato assomiglia nella mia testa a questo qui: https://www.youtube.com/watch?v=GNX_qRoFWUQ
E poi, INFINE!, i tre ragazzi riescono a vedere Jack! Mi ha elettrizzato molto scrivere del momento in cui Merida, con una scivolata epica, si frappone tra lo spirito e la falce nera! I tre giovani che finora sono stati protetti finalmente possono proteggere a loro volta il loro protettore! Brividiabadibidi!

QUINDI!
La fanfic finisce qui? Ebbene, per la gioia di chi mi segue (ironicamente parlando per chi non vedeva l'ora che finisse, o che pensa che questa potesse essere una degna conclusione) niente affatto. Con questo capitolo si conclude la prima delle tre parti che compongono la storia nella sua totalità. Niente paura! Non ci vorranno altri quattro mesi per parte: la seconda sarà solo un intermezzo per tirare un po' il fiato in vista delle avventure finali e conterà solo quattro capitoli, mentre la terza parte (che è già in cantiere)... be', di quella parleremo più avanti. Avviso già che non mi piacciono le storie infinite, trovo che dopo un po' stanchino: la mia trama è già bell'e pronta fino alla fine e nel momento in cui avrò concluso l'ultimo capitolo, ridurrò sicuramente il periodo di attesa tra una pubblicazione e l'altra, per poter passare ad altre produzioni a cui sto già lavorando nella mia testolina!

Vorrei infine ringraziare a questo punto ancora tutti quelli che mi leggono (e che non sono ancora scappati) e i due angeli custodi che hanno sempre trovato il tempo, nonostante i loro impegni, di lasciarmi scritte le loro impressioni!

Alla prossima
Nike

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Capitolo 10
*** Ritratti: Estate ***


Giugno
Il sole tramontava attraverso la finestra spalancata. Rapunzel era ai fornelli e stava preparando una quantità di manicaretti a base della cacciagione procurata da Merida, delle spezie comprate da Hiccup e dei frutti della terra che lei stessa ritrovava nel bosco. Spezzatino, carote e rosmarino con un po' di vino, una crema spumosa ricoperta di frutti di bosco, more, mirtilli e lamponi. Canticchiava allegra.
Dietro di lei, Merida aspettava, appoggiata alla mano, stravaccata sul tavolo. Seguiva annoiata con le dita i nodi del legno, fermandosi solo quando raggiungeva il suo arco, rigorosamente appoggiato in mezzo a tutti i piatti e le posate, per poi ricominciare col nodo successivo. I suoi capelli risplendevano nei raggi obliqui del sole morente, che disegnava un riquadro giallo sulla parete dietro di lei.
-Mi togli una curiosità?- chiese infine.
Rapunzel annuì senza staccare gli occhi dal suo lavoro.
-Ma non ti stufi mai di preparare tutto quel cibo?-
La sua amica rise -No, direi proprio di no.-
-Non ti viene mai voglia di lasciar perdere tutto, per una volta?-
-No, affatto.- Rapunzel controllò il fuoco nella stufa e si sedette un attimo davanti a lei -Se non lo facessi, due bocche affamate resterebbero all'asciutto.-
-Sdentato è un drago. Non avrebbero nessun problema a cavarsela da soli.-
-Immagino. Però a me fa piacere. In fondo siete miei amici.-
Merida sospirò e riprese la sua occupazione.
Rapunzel continuò ad osservarla per un po': -A te peserebbe?- l'altra scrollò le spalle, così lei continuò: -È per via di tua madre?-
-Può darsi.- Rapunzel lasciò passare ancora qualche secondo, sapendo bene come evolveva, generalmente, questo tipo di discorso -Lei aveva programmato ogni singolo giorno della mia vita! Non le andava bene come sono fatta, mi ha obbligato a diventare una damina ingessata per compiacere dei ragazzi che, secondo me, neanche mi hanno guardato in faccia!-
Rapunzel ridacchiò a quella immagine: -Ma a te piacerebbe?-
-Cosa?-
-Farti bella, per una volta.- Merida la guardò scandalizzata, così lei si affrettò a spiegare: -Tu sei davvero una ragazza carina, Merida. Mi chiedevo, nel caso non fossi mai stata obbligata da tua madre, se non ti avrebbe fatto piacere metterti un bel vestito, una volta ogni tanto, per sentirti bella.-
La ragazza arrossì al complimento e per qualche istante contemplò la carne sobbollire nell'angolo in penombra della stanza -No, non credo. I vestiti eleganti sono scomodi per cavalcare.-
-Ma stasera non devi andare a cavallo.-
Merida la fulminò: -Cosa hai in mente?-
A Rapunzel brillavano gli occhi: -Lascia fare a me!-

Quando Hiccup rientrò con Sdentato dall'abituale volo serale, Rapunzel stava mettendo in tavola le casseruole con la carne e la verdura, accanto ad un cesto di pane.
-Ciao! Com'è andata?-
-Liberatorio. Come sempre!- Hiccup si tolse il casco e si sedette sulla panca accanto al tavolo a studiarlo: -Se solo riuscissi a fissare meglio il cinturino qui dietro... Non avrei la costante sensazione di perderlo.-
-Tanto ci sarebbe Sdentato ad acchiapparlo al volo, sai?- rise una voce dalla finestra.
-Jack!- Rapunzel si precipitò ad abbracciarlo. Era mancato per parecchi giorni. -Sei tornato! Dove sei stato stavolta?-
-Dall'altra parte del mondo. Laggiù sta per iniziare un incantevole inverno, non posso perdermelo.-
-Adesso devi raccontarci tutto!-
-Ma certo! Stavate per mettervi a tavola?-
Rapunzel annuì, quando Hiccup notò una grande assente: -Rapunzel... dov'è Merida?-
Jack la cercò con lo sguardo, allora Rapunzel sorrise raggiante: -Aspettate qui.- e sparì dietro la tenda che portava alle stanze delle due ragazze. Ci fu un momento di fruscii e parole mormorate, poi la ragazza uscì, trascinando l'altra per una mano.
Jack e Hiccup rimasero a bocca aperta.
Era già capitato che, qualche volta, per festeggiare una qualsiasi scusa venutale in mente durante la giornata, Rapunzel li accogliesse particolarmente curata. Quella sera, in effetti, si era intrecciata i capelli come aveva imparato a fare da poco e, non potendo contare su qualcuno col suo senso artistico per adornarsi con dei fiori, si era preparata una corona di margherite che sfoggiava con un vestito verde chiaro dai delicati ricami dorati che si era messa di tutta fretta.
Non era mai capitato, invece, che a farsi bella fosse Merida. Rapunzel le aveva fatto una morbida e spessa treccia olandese, che le liberava il volto arrotondato, decorata da qualche mughetto qua e là. Si era rifiutata di mettere un abito azzurro (anche se sarebbe stato molto bene col colore dei suoi occhi) per cui indossava un vestito blu intenso con i dettagli argentati.
Le due ragazze comparvero così davanti ai loro amici, che le contemplarono a bocca aperta. Ci volle loro qualche minuto prima che Jack si schiarisse la voce: -Siete... state benissimo.- Hiccup annuì lentamente, trasformando la sua espressione di pesce lesso in un sorriso maldestro.
-Allora!- Rapunzel prese in mano la situazione -Mangiamo? Jack ha un sacco di cose da raccontarci!-
La serata si svolse nell'allegria e nella spensieratezza. Inizialmente Merida era un po' sulle spine ma poi si rese conto che l'abito non era stretto e che i capelli non le tiravano e si sciolse in una conversazione sull'efficienza delle asce come armi da duello con Hiccup, scaldandosi non poco. Rapunzel talvolta la guardava di sottecchi e sorrideva fra sé e sé. Jack si intrometteva con domande del tutto fuori luogo unicamente per provocare ulteriormente la ragazza.
La carne finì in poco tempo, così come il dolce. Rapunzel raccolse le ciotole da lavare mentre Merida avvolgeva il pane avanzato in un panno. Jack le scompigliò i capelli con una mano, poi accennò un saluto a Rapunzel, che ricambiò dal lavabo, e si lanciò fuori dalla finestra per ripartire per una sua ennesima avventura. Hiccup, andando a liberare Sdentato della sua protesi per la notte, le passò vicino e si lasciò sfuggire a mezza voce il primo e unico commento della serata riguardo al suo aspetto: -Stai molto bene così.-
Merida alzò di scatto la testa, ma lui si era già allontanato. Un po' sottosopra, la ragazza si adoperò ad aiutare Rapunzel a riassettare la cucina, poi le due ragazze si sedettero sul davanzale della finestra della torre e, i piedi a penzoloni nel vuoto, osservarono le stelle riempire il cielo scuro della notte.
-Grazie per avermi aiutato, stasera.- mormorò infine Rapunzel.
Merida fece un gesto di noncuranza: -Non ti preoccupare.-
-Allora?-
-Va bene... ammetto che non è stato poi così traumatico. Ma, perdonami, penso non si ripeterà molto spesso.-
Rapunzel sorrise: -Non devi sentirti a disagio quando ti vesti da ragazza.-
-Quando mi “vesto da ragazza” non sono io, Rapunzel. Sono quello che voleva mia madre.-
-Oggi non mi sei sembrata posata come voleva tua madre.- Merida non rispose -Non devi per forza comportarti in maniera diversa in queste occasioni, lo sai? Comunque tu ti vesta, sei sempre Merida.- l'altra alzò le spalle -Oggi, mentre discutevi con Hic e litigavi con Jack, ti sei sentita a disagio?-
-No.-
-Eppure per una volta hai giocato con me a farci carine.-
-Io odio essere una principessa.-
-Però sei una ragazza, Merida. Non è lo stesso e non è giusto che confondi queste due cose. Non è giusto per te, intendo. Per orgoglio, rinunci ad una parte importante di te. E poi...- ridacchiò -...prima il fatto di essere una ragazza non ti ha impedito di essere un'esperta di armi, no?-
Merida l'abbracciò, sussurrandole all'orecchio: -Grazie.-

Luglio
Hiccup si alzò quella mattina pronto per un'altra giornata di volo ed esplorazione. Aveva trovato un piccolo impiego presso un fabbro artigiano a Corona: all'inizio aveva avuto timore di essere riconosciuto dalle guardie, ma il fatto di lavorare sempre dentro la bottega lo aveva rassicurato non poco. Inoltre, grazie alle sue abilità, aveva ottenuto abbastanza considerazione da potersi permettere ogni tanto di prendersi una giornata da dedicare completamente al suo amico squamato. Nel giro di poco aveva montato protesi e sella ed era scivolato fuori dalla finestra con Sdentato.
Sotto di lui, Rapunzel si avviava con la chioma sciolta per il bosco alla ricerca di qualche spezia e di qualche radice, nello specifico un po' di timo, che sapeva crescere su delle rocce accanto ad un torrente poco lontano.
Merida non si alzò fino a che il sole non fu alto nel cielo. Quello doveva essere giorno di pesca, ma era avanzato ancora qualcosa dalla sera prima, così poteva passare la mattinata a poltrire. In realtà le mancava Angus e le cavalcate con lui, ma questo non le impediva di farsi una bella arrampicata su per pareti rocciose, o risalire il letto dei torrenti, rinfrescandosi così della calura estiva.
Quando si rese conto di essere completamente sola, decise di scendere a farsi un giro. Fece per prendere il suo arco ma, addentando una mela, lo mancò di poco e quello scivolò dietro l'armadio di legno massiccio in cui Rapunzel aveva esposto i suoi libri e qualche piatto dipinto.
“Accidenti” Merida cercò di spostarlo con tutto il suo peso, ma non riusciva ad arrivare alla sua arma. Puntellandosi contro il muro, cercò di muovere il mobile, che in tutta risposta si riversò con un rumore secco di legno cigolante e piatti rotti per terra. Proprio sul passaggio per scendere.
A Merida servì qualche secondo per realizzare quello che era successo.
-Complimenti.-
La ragazza fece un'espressione seccata: -Proprio oggi dovevi tornare, tu?-
Jack era in piedi sul davanzale, appoggiato allo stipite della finestra con un sorriso sghembo. Con un salto annoiato scese e in due passi le fu accanto: -Dai, guarda il lato positivo: Rapunzel avrà l'occasione di dipingere degli altri piatti da esporre e Hiccup potrà darsi ancora al bricolage.-
-Sì...- Merida saggiò il mobile rovesciato col piede -Dovremo esserci tutti e tre per tirarlo su, questo...- raccolse il suo arco e si diresse alla finestra: -Pazienza.-
-Ehi, ehi, ehi! Che vuoi fare?-
-Lo possono fare i principi delle fiabe, perché non io?- la ragazza estrasse due frecce e cominciò a calarsi dalla parete della torre usandole come rampini.
Jack le volò intorno: -Guarda che basta chiedere. Posso portarti giù io.-
-No... grazie.- ansimò la ragazza. Stava faticosamente scendendo dal muro vecchio e fragile, ma lei aveva scalato le pareti più impervie di Dalriada, non si dava certo per vinta per così poco!
-Sicura che sia una buona idea?-
-Lasciami fa...aaa...aaaa....reeee- una freccia perse la punta, che rimase incastrata fra due mattoni, e lei perse l'equilibrio. Per fortuna Jack era ancora vicino a lei. Con un braccio la prese al volo per la vita e la portò giù lentamente, posandola con delicatezza sull'erba.
-Faccio finta che tu me l'abbia chiesto per favore.- ridacchiò lo spirito.
Merida lo spinse via e si diresse con decisione verso l'uscita della valle.
-Dove vai?- Jack le volò accanto.
-A farmi un giro. Non sei costretto a venire con me.-
-Oh, sì, invece. Non vorrei ti facessi male.-
Merida sbuffò sonoramente e non si diede la pena di rispondere. Si avviò a grandi passi per la foresta e scelse un vecchio pino, enorme, su cui salire.
Già ai primi rami, Jack si dava da fare per romperle le scatole: -Non mi sembra che oggi sia una buona giornata per te per arrampicarti.-
-Chi sei, mia madre?- la ragazza si elevò ancora -Il muro era pericolante. Con un albero del genere non c'è problema.-
Jack sospirò e la seguì fino in cima. Lassù, la ragazza si sedette ad ammirare il paesaggio: -Quindi è questo che vedi, quando voli.-
Jack si accomodò accanto a lei -È bellissimo, non è vero?-
-Già... adesso penso di capirti un po' di più.-
Restarono a godersi il panorama ancora per un po', finché non decisero che era il caso di tornare. Scendendo, ad un certo punto Merida sentì un ramo spezzarsi sotto la sua mano e per un attimo perse l'equilibrio. Nessun problema, aveva trovato subito un altro appiglio. Ma Jack, nel riflesso di prenderla al volo, aveva aperto le mani e nell'intrico dei rami aveva urtato qualcosa col bastone, che gli era sfuggito ed era caduto. I due ragazzi si scambiarono un'occhiata.
-Ops...- mormorò la ragazza -Non ti viene sempre bene fare l'eroe, eh?-
Jack scosse la testa seccato, e prese a scendere con cautela.
-Be'?- Merida scivolava accanto a lui -Non parli più?-
Jack si fermò stizzito: -Merida... quel bastone rappresenta tutto il mio potere di spirito. Se lo perdo sono fregato.-
-Se lo perdi sei un ragazzo normale.-
-I ragazzi normali non sono invisibili, di norma.-
Uno a zero per Jack.
-Ti do una mano a cercarlo, se vuoi?-
-No, grazie.-
Arrivarono in fondo e Jack saltò giù con una certa agilità, che però non era paragonabile a quella abituale. Merida si sentì davvero in colpa. Bastava guardarlo per capire che non era a suo agio nei panni del ragazzo normale. Il suo passo aveva perso tutta la sua sicurezza e conduceva una ricerca ansiosa. Certo trovare un bastone in mezzo a tutta quella legna non era uno scherzo!
-Ti aiuto.- decretò, ancora sull'albero.
-Non è necessario. Posso cavarmela anche da solo.-
-Come sempre, immagino.-
Jack rispose con un grugnito.
Lei soppesò quasi soprappensiero la sua schiena curvata nella ricerca: -Perché non vuoi che ti dai una mano?-
-Hai già combinato parecchi guai e non è ancora mezzogiorno. Ci manca solo che cercandolo me lo rompi.-
-Non ti fidi di me?-
Jack si fermò un attimo: -Sì... certo che mi fido di te.-
-Ma...?-
-Niente “ma”.-
-E allora?-
Il gesto stizzito del ragazzo pose fine alla conversazione.
Merida si sedette a cavalcioni su un ramo e rimase a guardarlo in silenzio. Voleva credere che lui si fidasse davvero di lei, come lei si fidava di lui... di tutti loro. In fondo, se lei si fosse trovata al posto di Jack, si sarebbe di certo fatta aiutare.

Si sarebbe fatta aiutare?
Dopo un momento di onesto esame di coscienza scosse la testa. Non era abituata a risolvere i problemi confrontandosi con gli altri, men che meno a parole. Con la sua famiglia era sempre passata direttamente ai fatti: per esempio, quando si offendeva, invece di spiegarsi, piantava gli altri in asso e se ne andava. Il clima di dissenso generalizzato in cui era cresciuta l'aveva portata a non contare mai sulla comprensione di quelli le stavano intorno, figurarsi del loro aiuto!
Jack, frattanto, aveva preso una pausa dalla sua ricerca e si era seduto ai piedi del tronco, le mani dietro la testa e lo sguardo basso: -Non è che non mi fidi di te, Merida. Gli altri spiriti mi considerano un portatore sano di guai, per cui non sono molto abituato a ricevere offerte di aiuto...-
-Visti i tuoi racconti, non fatico a crederci!-
Lo spirito sorrise: -Guarda che anche tu sei così.-
-Lo sono?-
-Io ti ho incontrato per la prima volta quando avevi cinque anni, rossa. Ricordo benissimo gli scherzi che facevi a Maudie, a tuo padre e alle guardie. Degna dei tuoi fratelli, almeno finché tua madre non ha preso in mano la situazione. Uno spirito ribelle, oserei dire.-
Merida preferì tagliare lì. Alzò la testa e cominciò a guardarsi attorno: possibile che da lassù il bastone fosse arrivato fino a terra? Poco convinta, risalì di qualche ramo e si guardò attorno. Le ci volle una vita, ma alla fine lo individuò, essendo l'unico pezzo di legno agganciato in verticale di quella fronda.
-Jack!- chiamò -Prendimi al volo!- senza stare a pensarci si lanciò sullo spirito, che ammortizzò la sua caduta prendendola fra le braccia.
-Ma sei pazza?!-
Lei gli mostrò ciò che aveva ritrovato: -Faccio finta che tu me l'abbia chiesto per favore.- Jack si illuminò in volto e lo riprese con un gesto allegro: -Grazie!-
Lei sorrise con orgoglio.
-Merida... ti chiedo solo un favore...- Jack si portò una mano dietro alla testa -Non dire agli altri come mi hai visto prima. Ho una reputazione da mantenere.-
-Non preoccuparti. Sarà il nostro segreto.- gli tese la mano, che lui strinse ridendo.
Sì, adesso pensava di capirlo un po' di più.

Agosto
L'estate si stava tingendo i suoi colori delle tinte sbiadite del periodo più caldo dell'anno. L'ultima volta che Jack si era fatto vedere, senza neanche scusarsi poi tanto aveva comunicato che per un po' avrebbero dovuto rinunciare alla sua presenza. Era sparito già da qualche settimana e loro sapevano che non sarebbe tornato molto presto. Rapunzel diceva che era sempre stato così negli anni precedenti, che ne era abituata, ma la sua espressione allegra talvolta si velava di una certa malinconia.
-Ma che le prende?- chiese una mattina Merida, osservandola uscire dalla valle dalla finestra spalancata.
-Jack è stato la sua unica compagnia per tutta la sua vita. Suppongo che sia per questo che è così mogia quando non lo vede per tanto tempo.- Hiccup stava mettendo in ordine la sua borsa degli attrezzi.
Merida si girò a guardarlo: -A proposito di essere mogi, Hic.-
-Dimmi.-
-Lo sai che io conosco qualcuno che di recente sembra davvero giù di corda?-
-Davvero?- il ragazzo alzò la testa.
-Sdentato, Hiccup!- Merida fece un gesto stizzito: -Da qualche giorno non fate più i vostri interminabili voli quotidiani. Lo abbandoni nella valle al mattino e non ti fai vedere più fino a sera. Non ti sembra di starlo trascurando?-
Hiccup scosse la testa: -In questo periodo dell'anno siamo oberati di lavoro, Merida. Lui lo sa, gliel'ho spiegato. Tutti gli artigiani e i pescatori della zona ci portano gli attrezzi rotti, e noi dobbiamo ripararglieli perché possano finire il loro lavoro e sfamare le loro famiglie.-
Merida sbuffò: -E per questo trascuri i tuoi amici?-
-Mi dispiace.- Hiccup chiuse la borsa e si alzò in piedi -E poi, a noi servono i soldi di quel lavoro. Anche solo per comprarti le punte delle frecce, o la stoffa e i colori per Rapunzel, il cuoio per me, o comunque da mangiare.-
-Riposarti ogni tanto non ti farebbe male.-
Il ragazzo sorrise e le fece una carezza quasi paterna con due dita, poi montò su Sdentato per portarlo giù: -Vuoi un passaggio?-
-No, grazie. Scendo a piedi.-
Quando la ragazza arrivò in fondo alla torre, raggiungendo il drago lo osservò uscire dalla valle: -E dire che due mesi fa faceva di tutto per te, eh?-
Sdentato alzò le spalle e andò a cercare un angolino fresco dove ripararsi dal sole.
Merida prese a gironzolare per la foresta. Si annoiava senza Hiccup. Amava volare, e le piaceva cavalcare Sdentato con lui, l'unico che vivesse davvero in simbiosi col drago.
Dopo un paio d'ore di vagabondaggio arrivò al ponte che portava a Corona. Da quando si erano battuti contro le guardie reali non era più tornata in città. La gente l'aveva vista da vicino, e i suoi capelli rossi la rendevano particolarmente riconoscibile. Si coprì la testa col cappuccio del mantello, maledicendo il caldo, e prese a girare per il porto, senza mai attraversare il ponte. Le navi cariche di merci attraccavano e salpavano, i pescatori tornavano carichi di pesci, le donne rammendavano le reti bucate. Usavano aghi spessi per lavorare i fili resistenti e intrecciati.
-I ganci per appendere i pesci sotto sale, ti dico...- chiacchieravano -...ti ricordi che ce ne erano rimasti pochi buoni?-
-E come avete fatto?-
-Be', ce li siamo fatti rifare. C'è un garzone nuovo, su in città... è veramente molto dotato. Nel giro di pochissimo ce ne ha procurati un sacco. Così possiamo organizzare meglio le nostre riserve di baccalà e fare spazio per le merci che arrivano col bel tempo.-
Merida fece un verso infastidito e cambiò direzione.
Poco lontano dei bambini si cimentavano a trovare il modo di estrarre un anello di legno da dei nodi, o a separare due ganci incastrati. Le madri lodavano il giovane garzone che aveva inventato quei passatempi che tenevano occupati i pargoli mentre loro lavoravano.
Su un molo, i marinai si rallegravano di poter salpare perché il fabbro e il falegname erano riusciti a riparare tutti i danni causati dall'ultima tempesta in pochissimo tempo.
La ragazza si stufò presto di quell'apologia del genio planato dal cielo in città, per cui abbandonò quanto prima la costa per riguadagnare la foresta. Gira che ti rigira, si ritrovò poco dopo al Bell'Anatroccolo e, volendo distrarsi, decise di entrare a vedere com'era.
...e anche lì, un brutto ceffo pelato, con spessi baffi scuri, si lucidava soddisfatto un affilatissimo uncino nuovo di pacca.

-Non è possibile!- la ragazza crollò sul tavolo dove Rapunzel stava disponendo il loro pranzo, in cima alla torre.
-Se ti annoi oggi pomeriggio puoi andare a pescare.- replicò con un sorriso la sua amica, lanciando dalla finestra a Sdentato una coscia succosa -Adesso finiamo l'ultimo fagiano. Per stasera non abbiamo più molto.-

-Non è possibile!- ripeté per l'ennesima volta Merida, appostandosi su un'alta roccia accanto al torrente. Aveva appena una decina di frecce a disposizione: le altre si erano spaccate contro i ciottoli quelle poche volte che aveva mancato il bersaglio, o avevano perso la punta a forza di usarle. Non aveva ancora avuto voglia di trovare i rami giusti per fabbricarsi altre aste su cui riattaccare le punte riutilizzabili. Aveva tenuto da parte delle piume degli ultimi fagiani presi, ma l'afa estiva, molto più calda e più lunga in quella regione rispetto a casa sua, la sfiancava. Non aveva ancora trovato la voglia di mettercisi.
In poche ore aveva raccolto un discreto bottino e aveva perso, tra corrente, pesci agonizzanti e ciottoli traditori, ancora un paio di frecce. Doveva davvero fabbricarsene altre. Messo il pesce in fresco all'ombra degli alberi, si addentrò nel bosco. Cercava del buon legno da lavorare. Quando ne uscì, pronta a caricarsi del peso della sua caccia e avviarsi a casa per mettersi all'opera, scoprì con orrore che i pesci erano spariti.
-Non è possibile!- urlò esasperata al sole, che cominciava ad avviarsi verso il tardo pomeriggio.
-Cosa non è possibile?- domandò una voce.
Merida alzò lo sguardo e vide Hiccup e Sdentato planare davanti a lei.
-Qualche animale mi ha fregato tutto quello che ho pescato oggi!-
-Ah. No be'...- Hiccup smontò agilmente -Siamo stati noi. Ero venuto a cercarti e ti ho visto mentre ti avviavi nel bosco. Ho pensato potesse farti piacere evitare il viaggio fino alla torre carica di cibo con questo caldo.-
-Ah.- lei lo guardò con tanto d'occhi -Grazie.- poi riprese: -Non eri pieno di lavoro da fare?-
-Oggi sono riuscito a finire prima. E sono venuto a passare un po' di tempo con Sdentato: ho seguito il consiglio di un'amica.- le fece l'occhiolino.
Lei distolse lo sguardo: -Vedo. Be', grazie. Allora buon volo. Ci vediamo alla torre.-
-Aspetta! Sono venuto a portarti una cosa- estrasse dei piccoli oggetti dalla scarsella -Punte di freccia. Le ho fabbricate qualche giorno fa. Mi sembrava di ricordare che ne fossi a corto.-
-Grazie.- Merida allungò perplessa la mano -Come mai così gentile, oggi?-
Lui fece spallucce e si sedette su un masso -Sono l'unico che può permettersi di lavorare, qui. E sono anche il motivo per cui tu e Rapunzel siete ridotte allo stato di eremiti... se non ti fossi ritrovata al centro dell'odio della gente a causa del mio drago potresti vivere in mezzo agli altri senza troppi problemi.- si tolse gli stivali e immerse i piedi nell'acqua gelida con un sospiro.
-Se sono in questa situazione non è certo per colpa tua. Ho scelto io di scappare di casa.- lei lo imitò volentieri.
-Sì be'... non posso fare a meno di sentirmi in parte responsabile.-
-Ma se ti ho detto che non è colpa tua!-
-Non in quel senso, Merida.- Hiccup scosse la testa -Nel senso che per certe cose voi contate su di me. E io ho la responsabilità di non deludervi.-
-Ma dai! Ti senti davvero così coinvolto?-
Hiccup accarezzò Sdentato dietro la testa con un sorriso dolce: -Perché non dovrei farlo, per voi?- Merida lo fissò basita. -Non è lo stesso, per te? Non ti senti “coinvolta”, quando vai a caccia per portarci da mangiare? E Rapunzel quando cucina per noi, o va alla ricerca di erbe e frutta? Siamo tutti un po' responsabili, in fondo.-
Lei si appoggiò sulle ginocchia e spostò lo sguardo su un punto lontano: -Non l'avevo mai considerata da questo punto di vista. Sto talmente bene con voi che non mi sono fatta tante domande.-
Hiccup sorrise e chiuse gli occhi, gettando indietro la testa, per godersi il silenzio della foresta incendiata degli ultimi raggi del sole.
-Però sei noioso.-
-Cosa?- uno spruzzò lo raggiunse al volto.
Merida corse nel torrente ridendo. Lui rise di rimando e si alzò in piedi per raggiungerla e renderle pan per focaccia. Sdentato non esitò un attimo a unirsi alla battaglia.

-COSA AVETE FATTO VOI DUE?!- esclamò la povera Rapunzel, ancora con il mocio in mano, vedendo rientrare nella torre appena tirata a lucido drago, fabbro e cacciatrice zuppi dalla testa ai piedi -VOI NON ENTRATE IN CASA MIA RIDOTTI IN QUESTO STATO PIETOSO! FUORI! FUORI!-
Hiccup spinse Merida su Sdentato e con un balzo terrorizzato scamparono per pochissimo ad una scopa impazzita. Finché non si fossero asciugati, avrebbero passato la serata sul tetto, parola di Rapunzel.

 




Angolino dell'autrice:
Inizia qui la seconda sequenza di capitoli. Già solo dal titolo si capisce bene di cosa si tratta... e si ha già un'idea di dove andranno a parare gli altri tre, no? ;)
In realtà questa piccola pausa dall'avventura non era affatto prevista, era nata più come esercizi di stile che una vera e propria parte di trama. Ciononostante, ho deciso di inserirli lo stesso, perché alla fine della stesura mi sono resa conto che mi serviranno per la terza e ultima parte di storia :D Lo stile è totalmente differente da quello usato fino adesso, per cui spero che resti altrettanto gradito alla lettura!! A voi l'arduo compito di giudicare!
Dunque... i nostri grandi quattro finalmente sono insieme, Hiccup e Merida non ancora quindicenni, Rapunzel forse qualcosa di più ma comunque appena iniziata alla vita, Jack dalla natura molto infantile... dopo aver rischiato la pelle, immagino siano tornati verso l'unico posto che sentivano davvero sicuro per riposarsi (aka la torre – e di nuovo, mi sento in dovere di ringraziare spel: sinceramente non ricordo se l'idea di far svolgere lì questi capitoli mi sia venuta prima di scoprire la sua fanfic “L'eco di un urlo”, che continuo a consigliare vivamente!, o meno, ma nel dubbio ringrazio comunque!) e poi abbiano deciso di non muoversi più per qualche tempo...

Si sarà ormai capito che per ogni stagione approfondisco un personaggio diverso, e con l'estate sono sicuramente partita dalla più difficile. Eh sì, perché per come la vedo io Merida è il personaggio più complesso e contraddittorio dei quattro! Se Hiccup agisce per il bene di Sdentato, ed è il suo carattere riflessivo a dargli problemi nella società vichinga, Merida agisce un po' per paura, un po' per ribellione, ed infine per amore verso sua madre. Esplorarla è stato un piacere, ed ho imparato a conoscerla un po' di più: prima la trovavo semplicemente insopportabile (con buona pace dei suoi fan... :P)
Giugno
Io probabilmente conosco molto poco del fandom dei Big Four, ma ho sempre avuto l'impressione che l'amicizia fra Rapunzel e Merida passi in secondo piano rispetto a legami privilegiati quali “Mericcup”, “Jarida”, “Jacunzel” o Jack e Hiccup, e che comunque facesse sempre da contorno ad uno di questi. Trovo invece che confrontare due ragazze così diverse eppure così amiche possa aiutare tantissimo ad approfondire i loro caratteri. Se per esempio vi pongo la domanda: quale delle due vanta il carattere più “forte”? Come lo intendete, e perché?
Luglio
Jack ovviamente non è un tipo da spiaggia, ma ha sicuramente fatto tutti gli sforzi possibili per tornare dai suoi amici, caldo permettendo, anche d'estate. Ci tengo a sottolineare che l'arrampicata sugli alberi è una passione personale di vecchissssssssima data, e che non potevo non inserirla!
Agosto
Se nel cartone animato di Rapunzel al di là del ponte che unisce la città di Corona alla terraferma c'è solo bosco e selva, non posso non pensare che in realtà i mercanti della capitale non approfittino di tutti quei chilometri di costa libera per far attraccare le loro navi.

E per quanto riguarda le attività descritte mi sento in dovere di avvertire: io non sono esperta né di pesca, né si pesci, né di agricoltura, né di scansione dell'anno per frutta, verdura, stagione di caccia, di pesca etc: quello che scrivo è assolutamente da prendere con le pinze!!! L'unica forzatura consapevole e volontaria è il baccalà, perché mi è salito un attacco di peterpanismo acuto e non ho saputo resistere (cosa c'entra, chiederete voi... XD)

Detto ciò, mi rendo conto di aver scritto un “angolino” lungo quasi quanto il capitolo, per cui vi saluto :)
Sempre un grande grazie a chi mi segue e a chi mi recensisce!
Nike

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Capitolo 11
*** Ritratti: Autunno ***


Settembre
Finalmente, il sole cominciò a scottare meno, lasciando il posto a qualche coraggiosa nuvola, dettaglio precursore del fresco in arrivo. La valle vedeva il suo verde trasformarsi pian piano in giallo e rosso, per la gioia di Rapunzel, che poteva certo sperimentare nuovi ingredienti quali noci, pinoli e castagne, ma anche nutrirsi di tutte quelle nuove tinte che riportava con maestria un po' dappertutto nella torre. In effetti, Hiccup e Merida la videro coprire i suoi affreschi estivi per iniziare una nuova galleria in tinte calde.
-Rinnovare i dipinti mi teneva molto impegnata... prima.- spiegava -Non penserete certo che ci abbia messo quindici anni per riempire questo soffitto? Ovviamente non li cancello tutti.- indicò un'immagine sopra il suo letto, che li rappresentava tutti insieme, rosso, verde, giallo e blu, circondati da fiori e fiocchi di neve, con la figura nera di Sdentato che si svolgeva sinuosamente sotto di loro e quella piccola multicolore di Pascal sopra le loro teste, vicino alla chiave di volta, circondato da un nastro di capelli biondi -Quello, per esempio, non lo toglierò mai. Quelli che rappresentano... lei, invece... be', avete capito.- gli altri due ragazzi annuivano, comprensivi.
Merida tirava finalmente un sospiro di sollievo, quando sentiva che il caldo assassino dei mesi precedenti se ne era andato. Non è che non amasse l'estate, anzi! Aveva adorato il fatto di poter rimanere a zonzo tutto il giorno senza temere il clima umido di casa sua, le giornate sembravano quasi più lunghe e anche la stagione sembrava durare di più. Adesso che cominciava a fare più fresco sapeva che prima o poi avrebbe dovuto rinunciare alle escursioni per i torrenti nonché a tutte le occasioni possibili per muoversi.
Hiccup, dal canto suo, non si era davvero goduto i primi mesi in quella terra. Il suo lavoro l'aveva costretto alla bottega e questo gli aveva permesso di evitare le ore centrali della giornata, benché, in fondo, vicino al forno di un fabbro, che si trattasse di quello di Scaracchio o di quello dell'artigiano che l'aveva assunto, faceva sempre molto, molto caldo. Aveva dovuto togliere la sua pelliccia e gli stivaloni e questo l'aveva fatto sentire ancora più mingherlino accanto alle ragazze che, gli sembrava, avevano una costituzione più matura della sua.
Adesso che la bella stagione stava finendo, comunque, le ultime navi salpavano e la terra non doveva più essere lavorata. Le piogge in arrivo si sarebbero occupate delle sementi e l'uomo l'anno dopo si sarebbe occupato delle piante che ne sarebbero nate. In bottega il carico di lavoro andava lentamente normalizzandosi e Hiccup aveva dunque tempo per uscire a prendere un po' d'aria, ogni tanto.
Fu durante una passeggiata verso un pozzo per cercare un po' d'acqua per sé e per gli altri garzoni che ebbe uno spiacevole incontro. Dei ragazzacci, troppo cresciuti per essere ancora nell'età dei giochi ma troppo giovani per capire cosa sia il senso della misura, avevano abbordato una ragazza con una piccola giara in mano. Le stavano attorno, tagliandole ogni via di fuga, e lei si schiacciava contro il pozzo passando uno sguardo smarrito dall'uno all'altro. Poco ci mancava che cominciassero anche ad allungare le mani.
Hiccup osservò da lontano per un momento poi, compresa la situazione, avanzò verso di loro: -Credo... credo che le stiate dando fastidio.-esordì.
-Chi sei, il suo ragazzo?-
-No.-
-E allora smamma.-
Hiccup si irritò a vedersi voltare la schiena e strinse i pugni: -Ho detto- ripeté -che le state dando fastidio. Lasciatela in pace.-
Probabilmente si aspettava di essere cacciato di nuovo, o di essere spintonato, o insultato. Invece ricevette un dritto proprio sotto il diaframma che gli svuotò completamente i polmoni: -L'hai capita, adesso?-
-No...- ripiegato su se stesso, ebbe comunque la forza di sollevare un occhio per guardarli con aria di sfida. Aveva afferrato il concetto e si preparò dunque a incassare. La granula di colpi che subì si interruppe solo con l'arrivo di una guardia, attirata dalle urla della ragazza, e da terra li sentì correre via mentre degli zoccoli si avvicinavano al trotto e si fermavano davanti a lui, e percepì il rumore pesante di qualcuno che era smontato da sella.
-Tutto bene, ragazzo?- si sentì tirare in piedi e appoggiare al pozzo. Annuì debolmente. -Tu sei il garzone del fabbro qui dietro, giusto? Col lavoro che fai, non dovresti temere di tirare qualche martellata, ogni tanto.-
-Questo...- esalò, ancora piegato in due -Questo è il vostro lavoro... non il mio...-
-Hai ragione anche tu.- l'uomo si lisciò i baffi -Comunque non è vietato difendersi.- rimontò a cavallo e, dopo aver controllato lo stato di Hiccup e aver promesso che avrebbe cercato i balordi per dirne loro quattro, ripartì per la ronda.
Hiccup guardò la ragazza, che l'aveva sostenuto fino a quel momento: -Per favore... puoi dire al mio capo che torno a casa? Raccontagli che sono scivolato, qualcosa del genere. Non dirgli la verità, non accetterebbe più un perdente come me fra i suoi impiegati se scoprisse cosa mi è successo.-
Lei annuì titubante e si allontanò, dopo essersi assicurata che lui abitasse vicino e potesse tornare sulle sue gambe. Con molta calma, Hiccup si diresse fuori da Corona.

-HICCUP!- l'urlo sconvolto di Rapunzel fece fare un salto a Merida, intenta ad addentare una mela stravaccata sul letto -COSA TI È SUCCESSO?-
Il ragazzo era arrancato fino alla cima della torre ed era spuntato dal passaggio col volto completamente tumefatto. Constatò scombussolato che Rapunzel, a forza di passare le sue giornate con Merida, stava acquisendo la sua stessa tendenza a gridare.
-Non è successo niente... un incidente sul lavoro. Mi sono caduti degli attrezzi addosso. Il capo ha ritenuto saggio rimandarmi a casa, per oggi.- si lasciò cadere sulla panca e appoggiò la schiena al tavolo con un sospiro. Rapunzel si sedette accanto a lui e cominciò a studiargli i lividi.
-Da quando in qua hai incidenti sul lavoro, tu?- Merida si era alzata. Raggiuntili, si era piegata a spostargli delicatamente una ciocca dalla fronte, a scoprire qualche altro segno.
-Capita a tutti.-
-Perché non sei tornato su con Sdentato, se stai male, invece di farti tutte quelle scale?-
-Merida... lascialo in pace.- cantilenò dolcemente Rapunzel, già armata di fazzoletto bagnato.
-Non voglio che mi veda così. Si spaventerebbe. Ho fatto attenzione che non mi notasse arrivare. Speravo che Rapunzel potesse occuparsene prima del nostro volo serale.-
La ragazza annuì e nel giro di un veloce canto luminoso aveva già sistemato il problema. Ma Merida non era convinta: -Allora, ci vuoi dire quanti erano?-
-Chi?-
-Tu forse non lo sai, Rapunzel, ma capita ogni tanto che i maschi facciano a botte...- fu un pessimo esordio.
-Non ho fatto a botte!- si difese Hiccup.
-No, oserei dire piuttosto che le hai prese tutte.-
Il ragazzo si alzò in piedi, furibondo: -Ho fatto quello che ritenevo giusto!-
-Andare a provocare la gente... lo ritieni giusto?-
-Non parlare di quello che non sai!-
Rapunzel notò sconcertata che, stando accanto a Merida, Hiccup stava prendendo l'abitudine ad alzare spesso la voce.
-Allora raccontacelo! Pensi che non ci faccia niente restare bloccate qui e scoprire che tu ti fai pestare per i vicoli di Corona?-
-Io non mi faccio pestare!-
-Ah no, davvero? Quando c'è Sdentato forse, ma non mi sembri un gran guerriero, quando sei da solo!-
Rapunzel passava lo sguardo dall'uno all'altra, spaventata. Non riusciva a capire cosa fosse successo, a chi o cosa si riferissero, perché fosse così grave, nonostante lei fosse intervenuta subito a sanare i lividi.
Hiccup, intanto, aveva abbassato lo sguardo. Prevedendo un possibile attacco di sconforto, Merida esalò un verso esasperato e cercò di scuoterlo un po': -Adesso basta. Hic, prendi la spada.-
-Io... co... cosa?!-
-Taci e fai come ti dico.- con un gesto sicuro afferrò due lame (rigorosamente posate lontano dal mobile in legno massiccio), lo prese per un braccio e lo portò giù nella valle.
-Merida, che vuoi fare? L'ho appena guarito!-
-Tu resta lì, principessina!-
Quando furono sotto, la ragazza gli lanciò una spada, che lui prese al volo, e sguainò la sua: -In guardia.-
-Io non mi batto, Merida.-
-Perché sono una ragazza?-
-Fidati, ci sono donne guerriere vichinghe. Non è quello il problema.-
-Allora perché?- Merida tentò un affondo, che Hiccup deviò disegnando un cerchio con la sua arma. -Sfodera la spada Hiccup. Brutto testone, ero convinta che voi vichinghi aveste un po' più di coraggio!-
-Noi non siamo vigliacchi!-
-E allora combatti!- tentò un altro attacco, un tondo a livello delle gambe.
-No!- Hiccup parò verticalmente e spinse lontano la punta avversaria.
-Hiccup, maledetto!- Merida buttò l'arma da parte e si gettò su di lui, che lasciando andare la sua spada prese un pugno in faccia -Sei un vigliacco! Un vigliacco! Altro che senso di responsabilità! I tuoi sono solo sensi di colpa! Così quando ti cacci nei guai per non coinvolgerci fai tutto da solo e ti fai schiacciare dagli altri!- Furioso, Hiccup fece per storcerle il braccio ma lei riuscì a liberarsi. Le spade giacevano dimenticate nell'erba pesante di umidità, mentre Merida cercava di colpire Hiccup, lei furiosa, lui esasperato.
-Si può sapere cosa vuoi tu da me?!- urlò infine il ragazzo, facendo esplodere tutta la sua frustrazione.
-Sparisci per tutto il giorno! E poi torni ridotto ad uno straccio! Cosa non voglio, accidenti! Non voglio che ti faccia male, quando noi non possiamo aiutarti!- Merida finì per colpirlo sempre più debolmente, scoppiando a piangere, fino a fermarsi del tutto, i pugni stetti lungo i fianchi. E Hiccup capì che, nonostante lei non l'avrebbe mai ammesso, vedendolo tornare in quello stato aveva avuto paura per lui.
Con un sospiro si lasciò cadere seduto nell'erba, notando solo allora che Sdentato li guardava sconvolto poco lontano. Merida si accasciò accanto a lui, singhiozzando.
Dopo un momento di silenzio, il ragazzo mormorò: -Non sono andato a cercarmele. Stavano importunando una ragazza e ho cercato di farli smettere.-
-A parole come al solito?-
-Sì.-
-Oh, Hic!- Merida si sdraiò sull'erba, le mani sulla bocca -Come puoi pensare di poter fare giustizia senza prepararti al peggio?-
-Io non voglio combattere. Non sono quel tipo di vichingo.-
-Sei il figlio di un capo, no? Se non sei in grado di difendere te stesso, come puoi pensare di poter difendere gli altri?-
Il sole era sparito, coperto da un sottile strato di nuvole.

Ottobre
Con l'avanzare del freddo e del tempo uggioso, il verde sparì completamente dai boschi cedendo il posto al giallo e al rosso. Il cielo, d'altro canto, spesso perdeva il suo azzurro intenso in favore della grigia umidità, preannunciando l'arrivo di un periodo di piogge e nebbia. Merida si perdeva in quelle sfumature incendiate: se d'estate il verde del suo abito la confondeva col sottobosco mentre i suoi capelli la facevano risaltare, in quel momento avveniva l'esatto contrario, e solo il suo mantello permetteva di individuarla nella pioggia dorata delle foglie che danzavano nel venticello freddo.
Rapunzel, al contrario, era impossibile da riconoscere quando, a chioma sciolta, andava a giocare con le foglie secche, cercando castagne, pigne e funghi. Viveva il suo primo autunno con tutto l'entusiasmo di una bambina. Sembrava che nulla la potesse turbare. Sembrava. Perché, la sera, spesso, era presa dal disagio. Hiccup e Merida avevano smesso di parlarsi, e lei non ne aveva ancora capito il motivo. Questo la faceva sentire stupida e lei lo odiava. Aveva capito che Hiccup aveva “fatto a botte” con qualcuno, a sentire Merida per difendere una ragazza. Quello che non comprendeva era il motivo per cui era così importante che Hiccup non avesse reagito male quando avevano cominciato a picchiarlo: in fondo, lui non era un ragazzo violento ed era comunque riuscito a salvare qualcuno e a tenere fede al suo carattere pacifico. Se poi, per di più, lei aveva potuto curarlo, proprio non capiva perché la sua amica ne facesse una tale tragedia.
Dopo una decina di giorni passati nel malessere, la ragazza prese coraggio e, con Pascal, andò ad affrontare Hiccup, intento a riparare uno strappo alla cinghia della sella di Sdentato.
-Hai tanto lavoro da fare, domani?-
-Non lo so... perché?-
-Mi piacerebbe passare un po' di tempo con te. Ho l'impressione di starti trascurando.- gli fece un sorriso, che fu prontamente ricambiato.
-D'accordo. Domani pomeriggio andiamo a farci una passeggiata. A Sdentato farà bene volare un po' di più.-

Il giorno dopo Merida scomparve nella foresta subito dopo pranzo, e loro due decollarono non appena ebbero finito di sistemare la tavola. Per Sdentato fu la gioia.
-Ti è mancata, eh, amico?-
Rapunzel, dietro di lui, si godeva il vento freddo fra i capelli raccolti, in attesa del momento buono per cominciare il discorso. Il drago si concesse i giri della morte e qualche carpiato, una caduta libera e un momento in cui planò sopra le nuvole.
-Ti piace?- domandò Hiccup.
-Certo. Le altezze non mi fanno paura.-
-Perfetto, allora tieniti forte!- e di nuovo si lanciarono fra le tinte rosa e arancioni.
Quando atterrarono, in cima ad una vetta coperta di erba bassa che dominava la costa, videro dall'altra parte delle montagne un mare candido di nuvole brillare ai raggi obliqui del sole.
-Hic.- esordì allora Rapunzel, dopo un momento di contemplazione.
-Dimmi tutto.-
-Cosa succede?-
La domanda non ricevette risposta. Rimasero seduti nell'erba secca, il vento che muoveva i capelli e gli steli. Il ragazzo staccò un gambo e cominciò a giocherellarci.
-Io non capisco. Come mai è così importante il fatto che voi maschi “facciate a botte”?-
-Non siamo solo noi maschi... anche Merida è aggressiva, ogni tanto.-
-Lei era arrabbiata.-
Hiccup rimase a pensare ancora un po', poi sospirò: -Il punto non è che mi sia messo in mezzo, Rapunzel... il punto è che non mi sono difeso.-
-Ma tu dici sempre che non ti non piace usare la violenza.-
-Infatti.-
-E quindi? Per quale motivo andate avanti così da due settimane?-
-Perché... non lo so veramente. Suppongo che concepiamo diversamente l'idea di “proteggere qualcuno”.- Per qualche secondo guardò l'orizzonte con l'aria assorta, poi si corresse -No, è un'altra cosa. Ho lasciato che mi picchiassero senza reagire. Probabilmente è questo che le ha fatto saltare i nervi, lei non si sarebbe lasciata nemmeno sfiorare.-
-Ed è sbagliato?-
-No... è semplicemente che... lei non è come me. Per lei lasciarsi pestare forse appare come un... una... una mancanza nei confronti del mio amor proprio.-
-E perché?-
-Credo c'entri quello che eravamo prima di venire qui. Vedi, sia io sia Merida siamo figli di capi.-
-Figli di capi?-
-Sì. Merida è una principessa, io sono l'erede del capo della mia isola. Il fatto è che Merida... lei è molto combattiva. Non le piace perdere e non le piace avere torto. È una ragazza fiera e scommetto che diventerebbe un'ottima regina.-
-Mentre tu...?-
-Io sono... Hiccup. Solo Hiccup.-
-Non puoi diventare un buon capo anche tu?-
Il ragazzo scosse la testa, depresso: -Per essere un buon capo vichingo bisogna essere forti, avere carisma, essere... non essere me, ecco.-
-Ma a me non sembra che tu non abbia carisma.-
Hiccup rise debolmente, ma non alzò gli occhi dal suo gambo tutto annodato.
-A me sembra che tu sia una persona forte. Forse non fisicamente ma... coraggiosa. Secondo me hai un solo problema-
-E quale sarebbe?-
La ragazza allungò la mano e gli sollevò il mento per incontrare i suoi occhi: -Guardi sempre per terra.- sorrise dolcemente e gli accarezzò una guancia vedendo la sua espressione confusa -Quando cammini, lo fai sempre a testa bassa, nonostante tutti sappiamo quanto vali. Mi ricordo quando eravamo a palazzo, mesi fa. Tu volevi salvarci, Merida voleva continuare a battersi. Avevate ragione tutti e due. È vero, siete due capi, Hiccup, solo... due capi differenti.-
Il ragazzo spostò lo sguardo: -Sono ben lontano dall'essere il capo che dovrei diventare.-
-E io sono ben lontana dalla vita libera che ho sempre sognato: vivo ancora in quella torre.- Rapunzel fece spallucce -Però sono contenta, perché siamo insieme tutti e quanti.- gli sorrise dolcemente.
Dopo giorni di cruccio, finalmente il volto di Hiccup si aprì in un sorriso sereno, per poi essere investito dalla lingua umida di Sdentato, felice di riavere indietro il suo migliore amico.

Quando Hiccup uscì fuori per prendere fiato dal calore della bottega, si passò la mano sulla fronte sudata e sporca di fuliggine. Il cielo fra le case di Corona era pallido e il vento annunciava il gelo. Abbassando lo sguardo vide una figura incappucciata davanti a lui.
-Merida.- salutò.
-Sono venuta ad assicurarmi che tu non ti faccia male.-
Hiccup sospirò, ma lei gli tese un fagotto di canapa.
-Cos'è?-
-Vestiti invernali. Per te. Io e Rapunzel abbiamo venduto dei suoi dipinti a qualche bottega e delle frecce all'armaiolo qui dietro.- poi aggiunse -...visto che la pelliccetta dell'anno scorso comincia a starti stretta. L'ha notato Rapunzel guardandoti andare via stamattina.-
Hiccup sorrise e accettò il regalo: -Vuoi vedere com'è dentro?- chiese indicando la bottega.
-No, grazie. Devo andare a cercare quella svampita. Ci siamo perse quando ha scoperto lo speziale due isolati più indietro.-
-Ti aiuto.- entrò ad avvertire.
Si divisero e presero a girare per le stradine, alla ricerca di un mantello nero molto eccitato. Dopo qualche tempo, Hiccup ebbe un brutto presentimento. Si diresse verso il fatidico pozzo, dicendosi che, bene o male, tutti i vicoli del rione portavano più o meno lì.
Eccola, infatti, Rapunzel. Importunata, guarda un po' che caso, dallo stesso gruppo di screanzati di due settimane prima. Le avevano abbassato il cappuccio e lei li osservava perplessa mentre le dita, sotto il mantello, accarezzavano il manico della sua padella, pronta a reagire. Quando un tipaccio, alto e coi denti storti, le mise una mano intorno alle spalle, Hiccup allungò il passo, senza staccare gli occhi dal suo grugno.
-Le state dando fastidio.- esordì con voce chiara, appoggiando una mano sulla spalla di uno di quelli.
-Ancora tu?- il ragazzo, il cui volto lentigginoso era circondato da una zazzera color cenere, si scrollò dalla presa -Allora vuoi proprio farti male!-
-No.- Hiccup sostenne il suo sguardo senza esitazione -Voi finirete per farvi male, se non lasciate in pace la mia amica.-
-Davvero?- il terzo, bruno dal naso storto, caricò un gancio sul suo volto, ma Hiccup spostò la testa e lo lasciò perdere l'equilibrio dietro di lui.
Lo spilungone lo afferrò per la maglia, ma lui fece altrettanto e, con la presa ferrea acquisita con anni di lavoro, lo sbilanciò contro il bruno, facendoli cadere entrambi. Nel momento in cui si voltò nel movimento, il ragazzo con le lentiggini mirò alla sua testa con un pugno. Hiccup accusò il colpo ma l'adrenalina non gli fece perdere la concentrazione: girandosi gli camminò incontro, spingendolo verso il bordo del pozzo: quando sentì che non aveva più via di fuga, lo prese per il bavero: -Non provate mai più a prendervela con una persona quando è da sola. Altrimenti vi porto dritti dritti dai soldati e poi a voi ci pensano loro.-
-Hiccup!- sentendo l'avvertimento di Rapunzel, il ragazzo si voltò appena in tempo per vedere gli altri due lanciarsi su di lui, quando una voce profonda e cupa li immobilizzò: -Ragazzacci vigliacchi!-
Dal vicolo da cui Hiccup era arrivato spuntarono Merida, sempre incappucciata, il suo capo e due garzoni con l'aria arrabbiata e lo sguardo infiammato: -Se provate a rovinarmi uno dei miei collaboratori migliori, giuro che vi faccio rimpiangere di non avervi consegnato alla giustizia!-
A quelle parole i tre ragazzi se la diedero a gambe e si dileguarono nelle ombre delle case. Hiccup vide da lontano un soldato baffuto, immobile sul suo cavallo, osservare la scena. Gli fece un cenno di saluto, che l'uomo ricambiò annuendo per poi riprendere la sua ronda.
-Merida!- Rapunzel corse fra le sue braccia -Come ci avete trovato?-
-Non vedendovi arrivare ho chiesto a questi qui.- indicò il fabbro col pollice -E loro mi hanno accompagnato dove sanno che Hiccup si reca di solito a prender loro da bere.-
L'omaccione si sciolse in una risata da Babbo Natale: -Quindi queste sono le tue “sorelline”, eh, furbacchione?- mollò una sonora pacca sulla spalla del ragazzo, che se la massaggiò sconfortato -Ti lascio riprendere il fiato cinque minuti, va bene? Salutale e torna subito a lavorare, abbiamo bisogno che gestisci i ragazzi nel retrobottega!-
-Sissignore...- mormorò Hiccup.
Quando furono soli, Merida incrociò le braccia: -Non male, per un vichingo gentile.-
-Anche troppo.- una figura bianca atterrò davanti a loro: -Io li avrei congelati dalla testa ai piedi, giuro!- Rapunzel gli gettò le braccia al collo con un gridolino felice, seguita a ruota a da Merida.
-Di' un po', quanto affetto!- Hiccup gli tese la mano.
-È perché vi sono mancato un sacco, lo so.- l'altro la prese con un gesto allegro.
Jack era tornato.

Novembre
Il ritorno di Jack coincise con l'arrivo definitivo del brutto tempo. Generalmente, spiegava lo spirito, lui giungeva con le prime nevi, ma quell'anno aveva deciso di muoversi un po' in anticipo per tornare presto da loro.
Ormai gli alberi avevano completamente perso il loro colore allegro, diventando neri in una terra altrettanto scura e dura, spesso umida e nebbiosa. Il bosco si era fatto silenzioso e ricoperto di un tappeto di foglie brillanti di brina.
Hiccup si era fatto dare un paio di giorni liberi per poter aiutare i suoi amici a procurarsi legna per l'inverno, trasportando con Sdentato grosse fascine dentro la torre. In poco tempo la parete dell'intera scala a chiocciola era ricoperta di ciocchi tagliati di fresco.
-Qui alla prima scintilla ci facciamo un bel flambé.- mormorò soprappensiero Merida. Tutti spostarono lo sguardo su Sdentato, che si coprì la bocca con aria colpevole. Pascal scosse la testa.

Con il ritorno di Jack il gruppo sembrava aver recuperato il suo equilibrio originario, ma Hiccup sentiva che c'era ancora qualcosa in sospeso. Aveva riflettuto molto dopo aver parlato con Rapunzel e si era reso conto che, in effetti, contrariamente a quanto poteva sembrare a prima vista, i momenti di tensione non nascevano tanto dai battibecchi fra quella testarda di Merida e quella testa calda di Jack, quanto dalle considerazioni appassionate della ragazza che si scontravano con le analisi a sangue freddo di Hiccup. Da quando avevano litigato, benché avessero ripreso a parlare, sentivano entrambi che c'era ancora qualcosa di irrisolto fra loro due. Jack si divertiva a provocarli, conoscendoli bene entrambi e sapendo di stare giocando col fuoco. Dal canto suo, invece, Rapunzel aveva decretato che non era un affare che la riguardava, avendo capito che non poteva intervenire nel rapporto fra i suoi due amici, ma aveva anche deciso che questo non sarebbe diventato un problema. Quando si trattava di prevenire una possibile situazione di stallo non usava mezzi termini. Merida e Hiccup avevano imparato a riconoscere il tono che usava quando era il caso di non esagerare.
Una mattina di buon'ora, quando le ragazze dormivano ancora, Hiccup si avvicinò alla finestra. Jack era appena tornato da uno dei suoi giri notturni per stare un po' con loro durante la colazione, nonostante l'impossibilità di uscire a sfogare le sue energie come si deve rendesse Merida particolarmente taciturna e di malumore.
-Buongiorno.- salutò lo spirito.
-Salve.- accennò il ragazzo -Stavo per andare a fare un giro con Sdentato. Ti va una corsetta?-
-Niente colazione?-
-Abbiamo già sgraffignato qualcosa dalla dispensa e preferirei squagliarmela prima che le ragazze se ne accorgano.-
-D'accordo.- Jack di librò in volo con una risata, seguito a ruota da Hiccup in sella a Sdentato.
Dopo tanti mesi di voli abitudinari, erano di nuovo insieme, uomo e drago, finalmente. Il ragazzo si chinò sul dorso del suo amico e lo spinse al massimo, cercando di raggiungere l'agilità di Jack. Sdentato liberò tutta l'energia accumulata in quei mesi di tranquillità e si buttò negli anfratti delle rocce, seguito a ruota dallo spirito. Alla fine della ripida fenditura, poi, virarono improvvisamente verso l'alto guadagnando velocemente quota con colpi d'ali potenti.
-Proviamoci, Sdentato!- Hiccup incastrò il meccanismo della coda e saltò dal dorso del drago, agganciando con le maniche le membrane ripiegate sulle gambe. Aprì così la sua uniforme e, sospinto dalle fiammate di Sdentato, planò per qualche metro.
-Sto volando! Guarda Jack! Sto volando!- esclamò, prima di perdere velocemente quota. Il drago richiuse le ali e si lasciò cadere accanto a lui, riprendendolo infine sulla sella.
Quando atterrarono si resero conto di essersi allontanati parecchio. Almeno per Hiccup. Jack si vantava di poter fare il giro del mondo in poche ore.
-Certo! Potresti, se la terra non fosse piatta!- rise Hiccup.
Jack sorrise e non disse niente.
-Jack, devo chiederti un favore.-
-Va bene. Dimmi.-
-Insegnami a combattere.-
-...- Jack si concesse un momento per capire bene cosa il ragazzo gli stesse chiedendo -...come, scusa?-
-Ma sì, dai... Sei uno spirito, chissà quanti pericoli hai già affrontato... l'Uomo Nero... tutte queste cose qui...-
-Temo di non essere la persona giusta a cui chiedere. Merida potrebbe aiutarti molto di più.-
-Il fatto è che è proprio contro di lei che voglio battermi.- Hiccup accarezzò Sdentato sul collo: -Quando non c'eri... lei mi ha sfidato, e io ho rifiutato di combattere. Ero sconvolto, mi avevano appena massacrato, e lei era fuori di sé dalla rabbia. Ci siamo... ci siamo detti delle cose ingiuste, io sono stato ingiusto. Non l'ho presa seriamente come guerriera e allo stesso tempo non ho avuto il coraggio di mettermi in gioco. Lei voleva farmi reagire, voleva spingermi a sfogare tutta la tensione della sconfitta, ma io non le ho dato corda, non mi sono fidato di lei. Ho fatto un errore, devo rimediare. Per questo sto chiedendo ai miei due migliori amici di aiutarmi.-
-Migliori amici?- Jack si appoggiò al bastone con un sorriso.
-Sì, be'... sì.-
-Tu che ne dici, lucertolone?- Sdentato sbuffò all'appellativo -Direi che ci sta anche lui!-
Hiccup sorrise.

Era sera e nella valle non c'era ancora nessuno. Jack e Hiccup si erano allenati per tutta la settimana, tutti i pomeriggi, per quelle poche ore di sole che potevano permettersi.
-Vai a cercare Rapunzel, per favore. Fatevi un giro, rimembrate i bei tempi andati, ma per un po' non venite nella valle. Vorrei chiudere questo discorso una volta per tutte.-
Jack obbedì con un sorriso e con un salto si perse nel cielo grigio. Hiccup rimase nella nebbia bassa con Sdentato, in attesa.
La prima cosa che videro avanzare dal buio della grotta d'accesso fu una fiamma rossa, che procedeva decisa. L'orlo dell'abito verdone si fondeva con i banchi di nebbia ai suoi piedi.
Devi smetterla di pensare sempre troppo a quello che dici e a quello che fai, Hic. Devi mettere da parte la timidezza e tirare fuori un po' di sana faccia tosta, almeno contro una come Merida: una spontanea come lei non può che apprezzare. Sta tutto lì il tuo limite, credimi.”
-Sguaina la spada.-
Merida accettò ben volentieri.
Jack aveva avuto dei ripensamenti, all'inizio. Temeva che uno spirito e un drago sarebbero stati troppo per un umano. Ma Hiccup aveva visto suo padre combattere a mani nude contro un Incubo Orrendo, e sapeva fin dove poteva spingersi un uomo.
Aveva dovuto inseguirlo, per poterlo affrontare. Jack si muoveva troppo veloce per i suoi riflessi.
Le spade cozzavano seguendo un ritmo quasi musicale. Strano ma vero, Merida non aveva ancora detto una parola. Aveva la bocca stretta nello sforzo e gli occhi socchiusi nella concentrazione. Lei era sempre stata veloce con la spada, ed era convinta che Hiccup fosse abile soprattutto nell'uso di armi più pesanti.
Quando aveva dovuto cavarsela contro le saette ghiacciate e le fiamme, non era stato piacevole. Aveva sviluppato una tecnica di spada per scansare quegli attacchi... non doveva prenderli di fronte, ma solo di striscio. La lama avrebbe retto il colpo, scaricando l'attacco dietro di lui. Se fosse riuscito a cogliere la giusta angolazione, avrebbe potuto approfittare della forza del rinculo per scivolare a portata di spada.
Aveva lasciato un'apertura. Merida ne aveva subito approfittato e lui, per difendersi, aveva perso l'arma. Poco male. In due passi si portò fuori portata e la ragazza gli permise di recuperarla.
I voli si facevano sempre più lunghi ed estenuanti, esattamente come piaceva a tutti e tre. Si portavano nei luoghi più impensabili, poi Hiccup estraeva la spada e si rimettevano al lavoro. Una volta gli era capitato di rimanere disarmato, allora aveva afferrato il bastone di Jack e i due ragazzi si erano dati ad un corpo a corpo furioso, finché non erano caduti entrambi nell'erba e Hiccup non aveva lasciato andare. Jack si era tirato subito in piedi e gli aveva allungato la mano, per aiutarlo a rialzarsi.
Lo sgualembro dritto della sua avversaria cercava il suo collo, ma lui si era coperto la spalla facendo roteare la sua arma in senso antiorario e facendole scivolare via la spada.
Dopo ogni sessione di allenamento, Jack e Hiccup si sedevano a chiacchierare. Parlavano di neve e di viaggi, di stagioni e di infanzia. Uno volta si erano accomodati su una roccia in mezzo alla prima neve sulla cima di un monte e, studiando le vallate e la costa nebbiosa, avevano parlato del volo. Quello che per Hiccup era diventato il momento di libertà, per Jack rappresentava l'essenza del suo essere spirito. Lui non volava propriamente. Lui era come un fiocco di neve, ne seguiva gli stessi movimenti ondulatori leggendo i venti e orientandosi in mezzo a loro, per farsi portare lontano. Era un fiocco di neve, libero, sì, ma effimero. Impossibile per lui di rimanere da qualche parte per più di qualche tempo: presto ripartito e presto dimenticato.
Hiccup, invece, cavalcava. Cavalcava Sdentato e, divenuto tutt'uno con lui, cavalcava i venti, le nuvole, l'aria, verso il sole. Sapeva di non poterlo raggiungere, ma per lui era un punto di riferimento e non l'avrebbe perso mai.
Quando Rapunzel e Jack attraversarono la grotta per tornare a casa, il sole illuminava l'erba scura. La nebbia era sparita. La terra umida riportava le tracce del duello appena avvenuto, laddove la fanghiglia era segnata dagli scivoloni o l'erba era pestata e rovinata. Ai piedi della torre Hiccup stava giocando alla lotta con Sdentato.
-Hic!- lo salutò allegra la ragazza.
-Ciao! Cosa c'è di buono stasera?-
-Riso con i funghi. Ne ho trovati di ottimi. Merida è già tornata?-
-Sì. È salita a lavarsi.-
-Va bene. Vado anch'io. Ci vediamo tra poco.-
Sparita lei, Hiccup passò lo sguardo su Jack.
-Allora?-
Il ragazzo fece spallucce, poi si portò una mano dietro la testa: -Grazie.-
Jack aveva una mano in tasca e l'altra mollemente teneva il bastone sulla spalla -Non c'è di che.-
-Mi chiedevo se... domani prevedi di partire per qualche viaggio?-
Lo spirito scosse la testa con un sorriso obliquo.
-Allora a domani pomeriggio.- Hiccup riportò l'attenzione al suo drago.
Jack volteggiò fino alla cima della torre.
L'inverno era arrivato.

 




Angolino dell'autrice:
Siamo arrivati all'autunno. Devo ammettere che per questi capitoli mi sono impegnata tanto nei rapporti fra i personaggi quanto nella descrizione dei mesi dell'anno, l'ho trovato particolarmente piacevole. Allora, partiamo:

Settembre
Un piccolo appunto veloce sul discorso degli affreschi: io non sono pratica di quest'arte (a parte che non so neppure se “affresco” sia il temine giusto per questo tipo di pittura, visto che credo che Rapunzel non segua la tecnica storicamente esatta – sono una pignola, che ci volete fare) ma credo che in quindici anni circa, cioè dal primo momento in cui si è trovata un pennello in mano, facendo quello praticamente tutti i giorni, abbia potuto ridipingere l'intera superficie della cima della torre più di una volta.
Rapunzel è ingenua, ma non stupida. Tengo a sottolinearlo perché non voglio che si fraintenda il suo stupore quando assiste al litigio fra Merida e Hiccup: loro due sono tutto quello che lei conosce in quanto a rapporti interpersonali, per questo non si aspetta che possano succedere episodi di violenza... non riesce neppure ad immaginarseli!
Al contrario, Merida è una persona impulsiva e, probabilmente, neanche tanto in grado di interpretare i propri sentimenti, specie quando le va il sangue alla testa. Per questo, per far reagire, Hiccup, l'ha sfidato a duello neanche due ore dopo che si è fatto pestare ...che poi, per essere in grado di sostenere un corpo a corpo con lei, che non ha la manina poi così leggera, Hiccup dimostra di essere comunque relativamente robusto, al di là delle cure magiche ricevute, nonostante nel suo film Hiccup sia considerato uno stuzzicadenti, ma di questo ne parliamo dopo, a fine ottobre.

Ottobre
Il discorso sui figli di capi mi è entrato in testa già da quando ho cominciato a costruire questa storia. Lo trovo decisamente importante, nel rapporto che si instaura fra Hiccup e Merida: lei magari è “ribelle”, ma nel momento in cui deve affrontare i quattro clan (“Nessuno dei vostri figli è degno di mia figlia”, scena bellica nella sala del trono, ricordate?) i tre primogeniti la sostengono subito, convincendo i loro padri a non organizzare alcun matrimonio.
Per Hiccup, tirare fuori il carisma non altrettanto facile, benché alla fine dimostri di averne a palate, basti pensare che riesce a convincere i suoi coetanei ad abbandonare la secolare guerra contro i draghi per cavalcarli e diventarne amici. Hiccup è molto più posato di Merida, la sua forza è tutta mentale, e questo lo poteva capire solo un'osservatrice come Rapunzel (gli artisti sono tutti dei buoni osservatori, no?): in un ambiente vichingo, in cui l'elemento fisico è centrale, l'etica ferrea di Hiccup e le sue convinzioni sono costantemente schiacciate, rendendolo insicuro e molto autocritico.
E a proposito del fisico: Hiccup è un'acciuga, in confronto ai vichinghi. Oh sì: non riesce a sollevare un'ascia tanto naturalmente quanto lo fa suo padre. Ma suo padre da bambino ha staccato di netto la testa a un drago, ricordo. E non riesco a credere che lavorare per tutta la vita da un fabbro non abbia mantenuto in forze i suoi muscoli, specie nelle braccia. Per questo, secondo me, Hiccup non ha nulla da invidiare ad un ragazzo medio di Corona.
E per finire: Hiccup non è un personaggio aggressivo, al punto che nel secondo film si rifiuta di combattere contro i bracconieri. Ma qui non si tratta di contrapporre un Drago Bludvist vendicativo ad un Hiccup idealista, ma un Hiccup insicuro ad un Hiccup che sa quello che vuole.

Novembre
Come già dicevo nel capitolo precedente, ci sono certi rapporti che risultano meno approfonditi di altri, nel fandom dei Big Four. È il caso dell'amicizia fra Hiccup e Jack.
Ho già incontrato parecchi HiccupXJack, dunque rapporti amorosi, ma molto poco inerente alla loro amicizia. Questo mese è stato difficile da scrivere senza cadere nello stereotipo: è stato complicato non finire nel machismo o nello yaoi (a voi dirmi se ce l'ho fatta o meno).
Per quanto riguarda tutta la parte di duelli, ho usato qui un lessico un po' tecnico: il tondo, di base, è il colpo orizzontale, mentre lo sgualembro dritto è il colpo in diagonale che parte dalla spalla sinistra dell'avversario per finire nel suo fianco destro.

Ciò detto, mi fermo qui con le mie riflessioni, ma ora attendo le vostre!
Intanto continuo a ringraziare chi ancora mi legge e chi commenta!
Nike

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Capitolo 12
*** Ritratti: Inverno ***


Dicembre
L'inverno era arrivato.
Jack si era sbizzarrito, con la sua neve, e ora tutta la regione era coperta da nuvoloni neri che riversavano bianco ovunque. Il vento assediava gelido ogni angolo e ogni anfratto, le imposte erano chiuse e dai camini uscivano fragili colonne grigie, subito spazzate via dalle folate.
Nella valle nascosta, la torre si ergeva grave in mezzo a tutto quel biancore e a quel grigiore violenti e dalla serratura della sua finestra un sottile raggio dorato tagliava il vento. Al suo interno, i tre ragazzi si occupavano come meglio potevano: Sdentato giocava a fare gli scherzi a un inflessibile Pascal, che tentava di scaldarsi davanti al caminetto scoppiettante. Merida lavorava il legno che aveva lasciato asciugare da quell'estate per prepararsi una riserva sostanziosa di frecce nuove. Hiccup progettava, lavorava il cuoio, il legno, il metallo. Rapunzel aveva ripreso le ferree abitudini che aveva avuto prima del loro incontro e teneva la casa in maniera eccellente; inoltre, si occupava di fornire un guardaroba appropriato ai suoi amici perché non patissero troppo quel freddo penetrante. Abituata com'era stata a rimanere prigioniera per tutta la vita, quei giorni di immobilità non le pesavano più di tanto ma temeva per l'impazienza di Merida e la necessità di operare di Hiccup, che rischiavano di sentirsi così due uccelli in gabbia. Al contrario: venuti entrambi da molto più a nord, né Hiccup né Merida pativano quella stagione più di quanto non la patisse lei. Era anche vero che passare tutto il giorno chiusi in casa risultava pesante per tutti. Fu così che Rapunzel estrasse un libro dalla sua biblioteca (decisamente più fornita rispetto a sei mesi prima), lo aprì e cominciò a leggere a voce alta. Questa divenne presto un'abitudine di tutti e tre e ciò permise ai suoi amici di impratichirsi con l'alfabeto latino e a Jack, quando si univa a loro di ritorno dalle sue avventure, di apprendere i rudimenti della scrittura.
Quando anche i libri finirono, nonostante le pause, i commenti, le spiegazioni avessero allungato molto la lettura, allora cominciarono a dar voce alla loro immaginazione, resa fervida perché nutrita di notti d'oriente, pirati con una gamba di legno, fate madrine e folletti astuti e ricattatori.
E quando, finalmente, la tempesta sembrò placarsi, la finestra fu tosto spalancata e in un colpo d'ali e un frusciare di capelli furono subito fuori. Hiccup si diresse verso Corona, per fare rifornimento di materie prime e per andare in bottega a spiegare il perché della sua assenza, mentre Merida si fermava a giocare con Sdentato nel mare di neve e Jack e Rapunzel partivano in esplorazione. Il cielo ancora scuro li accompagnava nella loro scampagnata, Rapunzel correva avanti, eccitata dalle stalattiti di ghiaccio, dalle soffici montagne di neve, dai sentieri di tracce dei conigli e degli uccelli, dalle statue astratte degli alberi imbiancati, Jack volava allegro intorno a lei, facendole provare tutta l'ebbrezza dei giochi invernali. Quando superarono il colle, ecco giungere risate e urla festanti: Jack guardò Rapunzel con occhi entusiasti: -Bambini!-
Rapunzel gli rispose con un sorriso che andava da un orecchio all'altro: -Vai!- l'incoraggiò.
Jack tese la mano: -Vieni anche tu.-
-No... non posso, Jack. I miei capelli, sai...-
-Oh, andiamo! Sono bambini... al massimo crederanno che tu sia una fata!-
La ragazza sorrise. Con entusiasmo Jack si lanciò verso i giochi e gli schiamazzi. Lei lo seguì un po' titubante. Arrancando nella neve alta, raggiunse con qualche difficoltà i campo in cui si trovavano i bambini e, al riparo dai loro sguardi, osservò lo spirito.
Jack volteggiava felice fra i cumuli di neve, i pupazzi e le trincee, produceva munizioni, faceva sgambetti, provocava scivoloni. Quanto amava quelle battaglie! Quanto anelava a quelle risa! Quanto lo struggeva quella compagnia, una compagnia che lui cercava continuamente ma in cui non era mai davvero incluso! Quanto odiava la sua condizione di spirito!
Dopo qualche momento, riprendendo fiato, lo spirito si guardò intorno. Notò distrattamente che Rapunzel non si vedeva da nessuna parte, poi il forte richiamo del divertimento occupò nuovamente i suoi pensieri.
A fine pomeriggio, quando il cielo prese a ingrigirsi e il freddo a farsi penetrante, quando i bambini si diressero verso casa, ancora leggero per le gran risate fatte Jack volò alla torre, arrivandovi in men che non si dica. Non trovò, come credeva, Rapunzel e Merida davanti a un infuso fumante. Trovò invece Hiccup, seduto al tavolo, con le mani abbandonate davanti a lui e lo sguardo perso e corrucciato, e Sdentato accucciato accanto al caminetto acceso.
-Ehilà.- salutò entrando -Credevo vi steste facendo un volo.-
-Ti aspettavo.- il tono del ragazzo era secco.
Jack, che si era avvicinato roteando il bastone, si lasciò cadere sulla panca davanti a lui: -Cosa c'è?-
Hiccup non rispose.
-È successo qualcosa?- lo spirito cominciò a preoccuparsi -Dove sono le ragazze?-
-In camera loro. Merida si sta occupando di Rapunzel.-
-Cosa vuol dire “si sta occupando”?-
-Non lo immagini?- il ragazzo alzò su di lui uno sguardo di fuoco -Rapunzel è tornata a casa prima di noi. L'abbiamo trovata accasciata sul tavolo, febbricitante. Pensavamo fosse con te.-
-No, io...- Jack si sfregò la fronte, improvvisamente agitato -...io ero convinto fosse tornata a casa senza problemi...-
-Davvero?-
Jack ignorò la domanda, proferita con tono incandescente: -Posso andare a vedere come sta?-
-Merida la sta cambiando e mettendo a letto. Dovrai aspettare.-
Jack si risedette. Nella stanza calò il silenzio, scandito solo dal ticchettio dell'orologio. Sdentato fissava il fuoco con aria assorta, Hiccup non muoveva un muscolo; a Jack vibrava la gamba, Pascal andava su e giù per il corrimano davanti alla tenda che copriva l'ingresso alla stanza di Rapunzel e Merida, da oltre la quale giungevano sussurri e suoni ovattati.
Dopo un quarto d'ora Merida comparve portando una cesta con della biancheria da lavare. Aveva un'aria tranquilla e concentrata a non inciampare giù per le scale. In quel momento, con un balzo Jack volò al capezzale della sua amica.
Rapunzel dormiva. Aveva gli occhi serrati e la fronte imperlata di sudore. Merida l'aveva coperta con tutte le coperte che era riuscita a trovare, fino a farla smette di tremare. Non l'aveva mai vista così pallida.
-Allora?- sentì la voce di Hiccup, coperta dalla tenda chiusa.
-Non lo so. Era lei quella che ci curava.-
-Secondo te il suo potere può guarirla?-
-Non è importante, visto che non è in grado di cantare.-
-Secondo te dovremmo chiamare un medico?-
Merida non rispose e Jack sentì i passi del ragazzo salire le scale.
-Dovevi restare con lei.- Hiccup gli comparve accanto.
-Io...- Jack guardò a lungo la sagoma di Rapunzel sotto le coperte -Io... non ci ho pensato.-
-Lei non è abituata ad affrontare l'inverno fuori dalla torre.-
-Lo so.-
-E allora cosa è successo?-
Jack si sedette su uno sgabello accanto al letto.
-Jack?-
-Mi sono messo a giocare con dei bambini. Ero convinto che mi avesse seguito.-
Il ragazzo sospirò: -Evidentemente no.-
Merida scostò la tenda: -Dimentichiamoci del medico. Ha ripreso a far tempesta.-
-Tu non puoi fare niente?-
-No.- Jack si chinò in avanti, nascondendo il volto nelle mani -Non ci si oppone a Madre Natura.-
Hiccup rifletté per qualche interminabile minuto: -Aspettiamo che smetta, poi andrò a chiedere aiuto a Corona.- stabilì.
-Stai scherzando?!- esclamò la ragazza -Vuoi far scoprire la torre? Vuoi far scoprire Sdentato, e il segreto di Rapunzel?-
-Tu hai un'idea migliore?- Hiccup indicò l'ammalata -Vuoi forse lasciarla così?-
-No, ma...-
-Tanto ora c'è la tempesta. Direi che avete tutto il tempo per decidere.- tagliò corto Jack.
Decisero che avrebbero vegliato insieme sulla loro amica. Merida provvide a una scorta di mele e noci per lei e Hiccup e si sedettero ad aspettare.
Fuori il vento ululava e faceva risuonare l'intera torre. Il fuoco scoppiettava; Sdentato appoggiava il muso sulla spalla di Hiccup; Pascal era rannicchiato sul cuscino, accanto alla testa di Rapunzel. Dopo qualche ora, Merida si accoccolò nella poltrona e, avvolta nel mantello, si addormentò.
Jack passò lo sguardo su Hiccup: -Vuoi dormire un po' anche tu? Posso vegliare io, tanto sai che non ho sonno.-
Ma il ragazzo ignorò l'offerta, rigido sul suo sgabello: -Non ti sei proprio accorto che non era venuta con te?-
-Non ci avevo fatto caso. Hic, credimi: mi dispiace.-
Il ragazzo sospirò, liberandosi di tutta la collera -Non importa.- la sua voce, adesso, si era addolcita -L'importante adesso è che lei guarisca.-
Jack annuì e ricalò il silenzio. Rapunzel sospirò e Hiccup le terse il sudore che le imperlava la fronte pallida con un panno. Poi guardò su, verso il suo amico: -Come vi siete conosciuti?-
Jack alzò le spalle con noncuranza: -Ho pedinato quell'altra.- “Quell'altra” era il modo che usavano loro per indicare Madre Gothel.
-Ed è stato tanto tempo fa?-
-Era ancora una bambina.- Jack sorrise al ricordo.
Hiccup si risedette: -Jack, se la conosci da così tanto tempo, non hai pensato che... che bisognasse fare particolare attenzione la prima volta che ha scoperto l'inverno fuori dalla torre?- non c'era accusa nella sua domanda. Solo curiosità. In quel momento Hiccup stava indagando, per comprendere.
-Non è più piccola, Hic.-
-Lo so, Jack. Ma è completamente impreparata.-
Jack ridacchiò: -Sembri suo padre.-
-Sai cosa penso, ogni tanto? Che se non avessimo fallito, quella volta al castello, a quest'ora ce l'avrebbe davvero, un padre.-
A quel punto, Jack realizzò quanto Hiccup si sentisse responsabile delle conseguenze causate dal suo arrivo nella vita delle due ragazze.
-Tu ti preoccupi sempre troppo.-
-E tu non ti preoccupi mai abbastanza.-
Jack fece un'espressione corrucciata.
-Forse sono stato troppo diretto.- Hiccup finalmente sorrise, portando una mano dietro la testa.
-No, non è niente.- ma Jack non abbandonò lo sguardo offeso -Davvero ti do quest'impressione?-
-L'impressione che mi dai è che non rifletti sulle conseguenze di quello che fai.-
Jack si grattò la testa: -Ma dai?-
-Sì. Quando hai condotto qui me e Merida, per esempio... avevi già considerato che questo avrebbe potuto portare all'arresto di quell'altra o al fatto che ci saremmo stabiliti qui?- accarezzava il collo di Sdentato -...in realtà, me lo sono sempre chiesto.-
Quella domanda prese Jack alla sprovvista: in effetti non si era mai fermato a considerare a mente fredda quello che gli succedeva, al punto che gli era sempre sembrato che gli avvenimenti di sei mesi prima avessero dovuto seguire quel corso in maniera naturale, così e in nessun altro modo -...No. Non immaginavo neppure sareste riusciti a vedermi.-
Hiccup sorrise e non disse più niente.

Il mattino lasciò spazio al pallido sole invernale, che con la sua luce candida svegliò Rapunzel.
La ragazza si mise a sedere, scostando la montagna di coperte che l'aveva riparata dal freddo. Si guardò intorno: la stanza era deserta e silenziosa. Accanto a lei, seduto sul suo tavolo da toeletta, Jack la guardava sorridendo. Pascal abbracciò il suo polso.
-Hai ripreso colore- mormorò dolcemente Jack.
Rapunzel si sfiorò il volto.
-Hai dormito tutta la notte e tutta la mattina. I ragazzi ti sono stati accanto fino all'alba.- tacque per un momento, lasciandole il tempo di registrare -Poi ti si è calmata la febbre. Ci hai fatto prendere un colpo.-
-...mi dispiace.- emise lei con un filo di voce.
-Non è colpa tua...- Jack fu interrotto da un gran fracasso proveniente da oltre la tenda -Ohi-
-Che succede?-
-Merida ha fame.-
Rapunzel ridacchiò e fece per alzarsi, ma Jack la trattenne: -Tranquilla. Impareranno, o mangeranno frutta secca e tuberi per un po'.- la ragazza rise di nuovo e Jack le posò una mano sulla spalla: -Mi dispiace averti lasciata sola.-
Lei portò una mano sulla sua: -Non mi hai mai dimenticata, in tutti questi anni. Non mi sono mai sentita sola.-

Hiccup agganciò il piede al meccanismo e attivò la protesi di Sdentato, in bilico sul davanzale. Jack volteggiò accanto a lui.
-Allora?-
-Tu ti preoccupi sempre troppo.-
Si scambiarono uno sguardo d'intesa, e volarono via.

Gennaio
Le giornate, d'inverno, sono incredibilmente corte. Il periodo delle tempeste interminabili era finito, il maltempo era molto più raro. La neve morbida aveva preso a compattarsi, le stalattiti di ghiaccio ornavano il tetto della torre. Il cielo era terso e di un celeste intenso.
Rapunzel si era ripresa relativamente in fretta, grazie probabilmente anche al potere insito in lei, ma aveva preso a coprirsi con cura e a non allontanarsi troppo dalla torre quando era da sola. Hiccup le procurò un paio di stivali in cuoio che lei si preoccupò di imbottire per bene. Dal canto suo, il ragazzo aveva ricominciato a recarsi a Corona regolarmente, ma aveva chiesto al fabbro da cui lavorava di essere esonerato dai suoi impegni per la maggior parte del tempo: in quella stagione i campi non si lavoravano più e tutto si era quasi fermato, e anche l'uomo fu sollevato, così, dall'incombenza di pagarlo per delle ore in cui non avrebbe fatto sostanzialmente niente. In fondo, ormai alla torre si ricorreva soprattutto alla carne sotto sale e alle enormi riserve di frutta secca, Rapunzel faceva regolarmente delle ruote di pane, che mangiavano con il formaggio messo da parte, e con un po' di attenzione i risparmi che avevano accumulato fra il suo lavoro e le frecce e i dipinti venduti dalle ragazze potevano durare ancora qualche tempo. Passava così le sue ore in cielo, a sperimentare, con Sdentato, tutte le sue invenzioni.
Quelli che più approfittavano della neve erano Jack e Merida. Quando lei trovava la voglia di uscire dal calduccio delle coperte, e affrontare il gelo di fuori, saliva sul davanzale con la bocca ancora piena di pane, noci, formaggio, e lui la prendeva in braccio e la portava lontano, a giocare, esplorare, sfidarsi. Era proprio questo gusto per la competizione a rendere la ragazza così interessante: non esauriva mai la fantasia.
Jack sapeva che lei era una ragazza calda, appassionata. Quando non si faceva prendere dalla pigrizia, si svegliava all'alba per approfittare il più a lungo possibile del sole. Invece di cadere in letargo, le s'addiceva molto di più questo carattere così estivo e sorridente e, proprio per questa completa opposizione alla stagione invernale, sapeva anche che lei era quella che più comprendeva e approfittava della natura estrema di quei mesi.
All'inizio avevano provato a coinvolgere Rapunzel e Hiccup nelle loro avventure, ma lo spavento per la malattia dell'una e lo sguardo scientifico dell'altro impedivano loro di darsi totalmente al divertimento come solo Merida sapeva fare. Più di una volta, nelle loro interminabili passeggiate tutti insieme, erano dovuti tornare indietro per recuperare Hiccup, che si era fermato ad ammirare le forme dei ghiacci, e dovettero rincorrere quell'incosciente di Rapunzel che, presa dall'eccitazione, si rotolava nella neve senza accorgersi che non era in piano. Una volta la persero di vista e lei rispuntò con la sua testolina bionda tutta arrossata molto lontano da dove la cercavano. Inutile dire che per qualche giorno furono tutti e tre molto attenti che non le si rialzasse la febbre.

Le giornate, in inverno, sono comunque incredibilmente corte. Troppo corte. Ma le notti, quelle, sono tutte da esplorare.
Jack aspettava Merida inginocchiato sul davanzale. La ragazza scese le scale allacciandosi il mantello. Lui se la caricò sulle spalle e in un balzo furono oltre le montagne.
Merida tagliava la piana avanzando faticosamente nella neve, che le arrivava fino ai fianchi, mentre Jack camminava leggero accanto a lei. Non lasciava tracce dietro di lui.
Le stelle si affollavano attorno alla luna piena e la loro luce si rifletteva argentea sulla neve immobile. In mezzo a tutto quel bianco e a quel nero impreziositi dal brillio adamantino degli astri, il rosso di Merida era un rubino che attirava inevitabilmente lo sguardo.
Raggiunta la foresta, che con il suo profilo irregolare tagliava l'orizzonte piatto da cui arrivavano, i due si immersero col cuore che batteva forte nel buio dei rami. Il silenzio era denso e interrotto solo da qualche ramo che, piegandosi, lasciava cadere i cumuli di neve che lo coprivano.
Jack portò la ragazza in cima ad un albero, da dove videro la luce calda di un fuoco e le risate dei boscaioli ubriachi. Senza rifletterci due volte, Merida bussò e si fece accogliere: sette fratelli, rossi e barbuti, la salutarono levando i calici. Jack non aveva neanche avuto il tempo di realizzare quello che era successo: la ragazza si era incredibilmente adattata alla situazione e ignorava i suoi avvertimenti e le sue richieste di venire via. Scocciato per la piega presa dagli avvenimenti, si accoccolò sulla mensola del camino e vegliò su quell'incosciente della sua amica.
Merida era incontrollabile e, talvolta, decisamente infantile. Come poteva proteggerla se non lo ascoltava? E lei poteva anche vederlo! Figurarsi diventare il guardiano di bambini che neppure sapevano della sua esistenza!
Il filo dei suoi pensieri fu interrotto da schiamazzi al suo indirizzo. Un po' frastornato, scoprì che i sette ragazzoni si rendevano conto che lui era lì. Non era chiaro se riuscissero a vederlo o meno, ma Merida era riuscita, a quanto pare, a sfruttare la loro ubriachezza per non farsi prendere per pazza e a convincere gli uomini, infantiliti dall'alcool, di essere nella stessa stanza di uno spirito dell'inverno.
La serata fu allegra e confusa. I vapori dell'idromele e della birra rendevano le coscienze ovattate e Merida mediò il contatto fra gli uomini e lo spirito. Jack si divertì molto a giocare su quell'ambiguità: un po' scoprì finalmente cos'era il “contatto umano”, per quanto vago, un po' si dilettò a ghiacciare qualche calice e a provocare qualche caduta.
Quando uscirono, qualche ora dopo, i due amici si guardarono e scoppiarono a ridere: il mattino dopo quei boscaioli non si sarebbero ricordati molto di quello che era successo. Senza smettere di ridacchiare, si diressero verso casa.
Merida era incontrollabile e, talvolta, decisamente infantile. Sicuramente imprevedibile. Per Jack lei rappresentava spesso una sfida; e lui si scoprì felice, grato, di potersi divertire con diavoletti come lei.


Febbraio

Scena I

Mattina, la stanza delle ragazze. Rapunzel si sta pettinando i capelli. Indossa un abito rosa antico. Jack entra fischiettando.

Rapunzel: -Ciao.-

Jack: -Ciao. Come stai?-

Rapunzel: -Ho male alle braccia.- [ride agitando la spazzola] -Ho quasi finito.-

Jack: -Bene. Dopo hai da fare?-

Rapunzel: -Cos'hai in mente?-

Jack: -C'è il Carnevale a Corona. Ci andiamo?-

Rapunzel: -Non lo so... è da tanto che non torno in città...-

Jack: -Tranquilla! Saranno tutti mascherati, non ti riconoscerà nessuno, anche se non porti il mantello!-

Rapunzel: -Va bene. Vuoi chiamare Hic e Merida?-

Jack: -Loro sono andati a fare un giro con Sdentato, visto che oggi fa un po' meno freddo. Se li aspettiamo si fa notte.-

Rapunzel: -Ho capito. Aspettami fuori, arrivo subito.-

Scena II

Pieno giorno, a Corona, una piazza affollata. Sui tetti resta molto poca neve.
Da un lato all'altro della piazza sono stati tesi nastri e bandierine gialle e viola.
Una folla variopinta balla e suona, e volano coriandoli e stelle filanti. Jack e Rapunzel, che si è intrecciata i capelli con nastri viola e lilla, arrivano dietro una colonna.

Rapunzel: -Oh, non so, Jack. Non vorrei mi riconoscessero...-

Jack: -Ma no, tranquilla! È Carnevale, nessuno farà caso a te. Metti la maschera, presto.-

Rapunzel: -E tu che farai?-

Jack: -Io mi divertirò con te. Con tutta questa confusione non si accorgeranno neppure che parli e balli da sola. È la Festa dei Folli, dopotutto! Dai, vai!- la spinge.

Rapunzel si mette la maschera e comincia a ballare in cerchio con gli altri.
Nella danza dei cinque elementi, lei balla con le giovani della città. Nella danza dell'escargot, comincia ad essere a suo agio con diversi cavalieri. Nella danza della spola, Jack la porta in un angolo e ballano insieme.
La danza seguente prevede uno scambio di partner: Rapunzel è ripresa nella calca e sparisce danzando con un giovane alto e bruno.

Scena III

Il bosco, tardo pomeriggio. Il cielo è grigio, la neve talvolta bianca, talvolta melmosa. Il legno degli alberi è nero e anche il terreno ha colori scuri.
Jack e Rapunzel camminano uno di fianco all'altra, lui irritato, lei perplessa.

Rapunzel: -Perché sei voluto venire via così improvvisamente?-

Jack: -È tardi. Tra poco farà buio. Dobbiamo tornare o gli altri si preoccuperanno.-

Rapunzel: -Bugiardo.-

[Silenzio.]

Rapunzel: -Da quando in qua ti interessa quello che pensano gli altri?-

Jack: -Da... da quando in città avevano cominciato a notare che parlavi da sola.-

Rapunzel: -Ancora bugiardo. A ben pensarci, però, sei voluto partire dopo che quel ragazzo alto mi ha invitato a ballare per la terza volta.-

Jack: -Non è vero.- [accelera.]

Rapunzel: -Davvero?- [lo raggiunge] -Jack, non mi dirai che sei geloso?!-

[Jack si ferma, ma non risponde. Rapunzel continua a camminare.]

Rapunzel: -Chi tace acconsente.-

Jack: -Forse un po'.-

[Rapunzel si ferma, lo guarda.]

Jack: -Non mi va che degli sconosciuti ti ronzino intorno in quel modo. Può essere pericoloso.-

Rapunzel: -Mi sconvolgi, se parli così.-

Jack: -Come, scusa?-

Rapunzel: -Sembri quell'altra.-

Jack: -Cosa?! No! No... non voglio che pensi questo.-

[Rapunzel si siede su una roccia, lo lascia continuare. Jack si accomoda accanto a lei.]

Jack: -Se fossi davvero stato come lei... non avrei portato alla torre due perfetti sconosciuti.-

Rapunzel: -E questa volta cosa c'è di diverso?-

Jack: -Non lo so. Forse... perché adesso mi vedi?-

Rapunzel: -Cosa vuoi dire?-

Jack [assume un'espressione concentrata]: -Credo che all'epoca volessi trovare il modo di comunicare con te. E quando ho scoperto che Sdentato poteva vedermi...-

Rapunzel: -E se avessimo potuto parlare? Non li avresti portati da me?-

Jack: -Se avessimo potuto parlare ti avrei convinto a uscire da quella torre molto prima.-

Rapunzel: -Allora mi avresti portato a Corona e saremmo stati punto e a capo.-

Jack: -Non so... forse.-

Rapunzel: -Ma di Hic e Merida potresti essere altrettanto geloso?-

Jack [riflette un attimo]: -Sì.-

[Rapunzel lo guarda perplessa.]

Jack: -Hic è un artigiano fantastico e sono fiero di essere suo amico. Diciamo però che sarei molto irritato se trovasse qualcun altro con cui volare. Mentre Merida è molto simile a me: mi arrabbierei se mi sostituisse con qualcuno nelle nostre scampagnate.-

Rapunzel: -E io?-

Jack: -Tu sei il primissimo contatto che io abbia mai avuto con un essere umano. Siamo cresciuti insieme, anche se io non posso invecchiare fisicamente. Sei stata la mia unica amica per anni.-

Rapunzel: -E tu il mio.-

Jack: -Grazie. Quindi vedi: quando siamo andati oggi in città pensavo ci saremmo divertiti insieme...-

Rapunzel: -Ma noi ci siamo divertiti insieme! Pensi forse che due danze possano sostituire anni di compagnia?-

[Jack sorride sollevato.]

Rapunzel: -Ma non vorrei che tu credessi che per questo io non possa stringere altre amicizie all'infuori della nostra...-

Jack: -Come?-

Rapunzel: -Vedi: io sono tua amica. Però sono un' “amica”, e non sono “tua”. Così come non lo sono né Hic né Merida.-

Jack: -Io non...-

Rapunzel: -Jack, io ti devo tutto. Grazie a te adesso sono finalmente libera. Prima mi hai portato via da quella vita, adesso mi hai mostrato il Carnevale. Ma se ci ostiniamo a vivere solo noi quattro in quella torre, non sarà molto diverso da prima.-

Jack: -Non ti basta più, immagino?-

Rapunzel: -No. Me ne sono resa conto oggi. E credo neanche a Hic e Merida. Siamo esseri liberi, proprio come te.-

Jack: -Sì ma... se voi ve ne andate... Voi potete conoscere gente, parlare con chiunque! Io invece...-

Rapunzel: -Oh, Jack...- [gli passa un braccio attorno alle spalle] -Non fraintendere: se anche conoscessi altre persone, nessuno sostituirebbe nel mio cuore quello che voi siete diventati per me. Voi siete la mia famiglia.-

[Jack sorride]

Rapunzel: -...e anche la tua. Ricordati sempre, Jack, che, ovunque andrai, quando tornerai da tutti noi, o anche solo da uno di noi, troverai sempre un pezzettino di casa.-

Jack [sguardo finalmente sereno]: -Lo so.-

Rapunzel: -Sappi che è grazie a te se noi, finalmente, abbiamo trovato le nostre radici.-

Il sole sta calando, il cielo è diventato arancione intenso. Jack e Rapunzel si alzano e riprendono la strada verso casa, in silenzio.

Sipario


 


 



Angolino dell'autrice:

Dicembre
In questo mese, al contrario di febbraio dove inserisco il Carnevale, c'è un grande assente: il Natale. Non l'ho voluto inserire perché da un lato loro sono cresciuti, non sono più “bambini”, e, soprattutto, non avrei dovuto inserire Babbo Natale: questi quattro capitoli si concentrano principalmente sui nostri eroi, e l'unico riferimento esterno è “quell'altra” unicamente a causa della sua pesantissima influenza nella vita di Rapunzel.
Come dicevo nel precedente angolino dell'autrice, Jack e Hiccup non hanno molto spazio come amici nei Big Four, ma questo non vuol dire che non abbiamo sviluppato un'intesa che non necessita di molte chiacchiere. La malattia di Rapunzel deve portare i due ragazzi a confrontarsi, ma non ho voluto mettere in piedi un litigio come quello fra Merida e Hiccup, perché Hiccup non è quel tipo di ragazzo, Jack non è nelle condizioni di provocare nessuno, e soprattutto mi piace pensare che i due ragazzi abbiano imparato a capirsi anche un po'.

Gennaio
Rileggendo questo capitolo mi rendo conto che, come mi è già stato fatto notare, Jack è molto prudente. A prima vista potrebbe risultare un po' OOC, ma, da un lato, vuole tutelare i suoi amici, e dall'altro vede Merida, che agli occhi degli altri gira da sola per i boschi, entrare nella casa di sette boscaioli ubriachi. Jack non conosce gli uomini come li può conoscere una Merida scota, e l'età adulta non rientra proprio nelle sue corde.
Parlando di Merida: come si sa, ha una gran voce. Proprio per questo il mese dedicato a lei ho voluto farlo svolgere nel silenzio della notte: non c'è alcuna battuta, a gennaio. Ragazza e spirito hanno una natura simile, e ho cercato di portarlo a galla facendoli comunicare senza voce. Questo anche per contrasto con Rapunzel...

Febbraio
...perché i due sono molto legati e, di conseguenza, dovrebbero a priori potersi comprendere con uno sguardo; in fondo, Jack la osserva dalla sua più tenera infanzia, mentre Rapunzel è una ragazza estremamente empatica, almeno per come la interpreto io. Per questo ho voluto scrivere un pezzo teatrale: per spingerli a usare la voce e a portare a galla molte cose non dette, come il crescente disagio di Rapunzel a trovarsi ancora nella torre (ma di questo si parlerà più avanti) e la gelosia che un Jack condannato alla solitudine per secoli non può non provare nei confronti delle sole tre persone con cui può avere un contatto.
Rileggendo e correggendo il mese, mi rendo conto che c'è un'atmosfera molto patetica (in senso etimologico del termine: pathos = emozioni – ma io non sono una classicista, per cui per una spiegazione più dettagliata rinvio alla sempreverde Wikipedia) ma credo che questo sia dovuto soprattutto allo stile teatrale: non avendo una parte di introspezione narrata, sono i personaggi a dover esprimere tutte le emozioni che intervengono nella scena e questo rende il tutto molto... appunto, patetico.

Infine, ammetto che questi ultimi due mesi sono più che altro degli esercizi di stile: avevo voglia di variare un po' rispetto ai sette mesi precedenti.
Se il personaggio di Jack sembra poco esplorato rispetto alla Merida e all'Hiccup dei due capitoli precedenti, le ragioni sono molteplici. Da una lato, il film originale non lancia gli stessi spunti di riflessione degli altri due: Merida compie un errore affidandosi ad una strega a causa dei rapporti contorti con sua madre; Hiccup non comunica con Stoik a causa delle loro conversazioni a senso unico; Jack, a parte essere dispettoso, non commette particolari sbagli: quando torna per scoprire che gli ovetti di Calmoniglio sono stati tutti distrutti, e si fa accusare dai Guardiani di averli abbandonati, lui non si spiega! “Scusatemi, non c'ero, ma ho scoperto dove Pitch tiene le fatine, andiamo a liberarle, facciamo ripartire l'attività di Dentolina così i bambini torneranno a credere in voi...”. Non mi piace criticare questo film, perché, come credo si sia capito, Jack è di gran lunga il mio Big preferito, ma a quanto pare non sono ancora riuscita a interpretare correttamente quella scena...
Inoltre, ho scritto questo capitolo in primavera. È dura cercare di proiettarsi nella stagione fredda se le piante sotto casa stanno fiorendo e dalla finestra aperta entrano mille profumi e allegri cinguettii....

Mi scuso per la mia nota polemica nei confronti del film, spero di non aver urtato le passioni di qualcuno... Sappiate sono comunque dalla vostra parte!
Ancora grazie a chi mi recensisce e a tutti i lettori che ancora mi seguono!
Nike

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Capitolo 13
*** Ritratti: Primavera ***


Marzo


C'est dans le mois de mars que tente de s'ouvrir
L'anémone sauvage aux corolles tremblantes.
Les femmes et les fleures appellent le zéphyr;
Et du fond des boudoirs les belles indolentes,
Balançant mollement leurs tailles nonchalantes,
Sous les vieux marronniers commencent à venir.

A la mi-careme, Alfred de Musset, 1810-1857


I buoni propositi di Rapunzel non si avverarono secondo i tempi da lei previsti. La convinzione che aveva ostentata nelle sue dichiarazioni davanti a Jack prendeva vigore dall'arrivo imminente del bel tempo.
Finalmente la neve scomparì del tutto e l'arietta ancora fresca si riempì del canto degli uccellini: si attendeva con ansia il ritorno delle rondini. Sui rami comparvero ghirlande di germogli e l'erbetta colorò di un verde tenero la valle, variopinta del giallo e del lilla delle primule e dei crochi e del bianco delle pratoline. A tavola avrebbe presto cominciato ad apparire una grande varietà di frutta di bosco.
Merida aveva ricominciato a divertirsi nella foresta e Hiccup aveva ripreso regolarmente il suo lavoro di garzone. Rapunzel li osservava e si rendeva conto di quanto si fossero adattati a quella vita. La convinzione che aveva ostentata davanti a Jack perdeva forza vedendo i suoi amici sereni e felici nella loro quotidianità nella torre. Era incredibile: fino all'anno prima non poteva uscire da lì, prigioniera inconsapevole di una donna che diceva di amarla, mentre ora non poteva non tornarvi, prigioniera volontaria del suo affetto per i suoi amici. Sapeva che avevano affrontato un lungo viaggio per arrivare fin là, che erano scappati dall'odio dei villaggi e dalla persecuzione della gente, per salvare Sdentato. Merida non era una nomade, Hiccup si era inserito con successo nella città di Corona. Potevano cercare un altro posto come quella torre, muoversi, viaggiare? Sicuro; ma lei sapeva per esperienza che in quella valle erano davvero ben protetti, mentre partire non offriva nessuna garanzia. Avrebbero potuto proteggere Sdentato e il potere del suoi capelli efficacemente come in quel momento? Non lo sapeva; e non voleva mettere in pericolo i suoi amici per un suo capriccio.
Aveva sempre sognato di uscire dalla torre. Hiccup e Merida gliel'avevano permesso, e in quel momento le era sembrato di conquistare il mondo: per tutta l'estate precedente aveva provato la gioia della libertà e nella stagione fredda aveva scoperto l'amore genuino di quella che lei aveva imparato a conoscere come la sua famiglia.
Eppure...
Eppure, tornato il tiepido sole della primavera, aveva provato una sensazione bizzarra: per la prima volta dopo mesi aveva ricominciato a sentirsi rinchiusa. Era vero che adesso poteva uscire quando voleva, era vero che ora poteva fare tutto quello che desiderava; ma non aveva ancora guadagnato quel contatto con la gente che aveva vagheggiato, fanciulla, leggendo i pochi libri a cui aveva avuto diritto. Certo, da quell'autunno le era capitato di andare in città, ma aveva sempre dovuto nascondere i suoi capelli o portare una maschera. Doveva ancora nascondersi. Sempre nella torre. No, in fin dei conti non era ancora davvero libera.
Ma valeva la pena di disturbare la serenità quotidiana a cui si erano abituati i suoi amici?
...Se fosse partita solo lei? In fondo Jack viaggiava lontano nove mesi l'anno. Ma lui poteva tornare quando voleva. Lei non ne sarebbe stata in grado. Probabilmente non era capace già solo di partire da sola. E poi, quello del nomade era il ruolo di Jack. Andarsene, separarsi senza un motivo concreto... avrebbe spezzato quel rapporto, quell'equilibrio perfetto instauratosi fra loro.
Ma sarebbe riuscita a tenersi tutto quel disagio dentro, senza che nessuno potesse notarlo?
Dilaniata dai suoi dilemmi aveva cominciato a darsi a passeggiate sempre più lunghe, sempre più lontano. Aveva raggiunto quel giorno, dopo ore di vagabondaggio per il bosco, una radura bianca di fiori dai grandi petali ovali e dalla corolla gialla circondata da tanti piccoli pistilli a raggiera, come il sole. Leggeri sul loro gambo esile, si piegavano ondeggiando alla brezza. Volteggiando leggiadra si andò a posare al centro del prato e, aggiustata la gonna, aprì il libricino marrone che si era portata dietro.
-Ecco dov'eri finita.- una folata leggera le fece vibrare i nastri della treccia.
-Ciao Jack.-
-Ciao.- lo spirito si era accoccolato accanto a lei, nel verde della primavera e nel bianco dei petali leggeri come neve, per chiederle, a bruciapelo -Cosa succede, Rapunzel?-
-In che senso, “cosa succede”?- la ragazza chiuse il libro, tenendovi dentro, come segno, l'indice della mano destra, e alzò gli occhi su di lui.
-È tutta la mattina che ti cerchiamo: non è da te allontanarti in questo modo, senza dire niente a nessuno.- spiegò Jack.
-Mi “cercate”?-
-Sì, tutti quanti. Loro con Sdentato sono andati verso nord, ma dovrebbero tornare a momenti.-
Rapunzel si passò la mano fra i capelli: -Non era il caso di disturbarvi per così poco. Tanto sarei tornata stasera. E poi Hic non doveva lavorare?-
-Per la famiglia questo e altro.- Jack le fece l'occhiolino, poi tornò serio -Cosa ti turba?-
-Perché dici che c'è qualcosa che mi turba?-
-È tutta la tua vita che ti osservo. Penso che certe cose ormai mi saltino all'occhio. Ma anche gli altri hanno notato qualcosa, sai?-
-Davvero?- lei spalancò gli occhi -Ma io non volevo...-
Jack ridacchiò e con uno svolazzo si sedette davanti a lei, le gambe tese. Lei sorrise e allungò le sue: appoggiando di piedi a quelli del suo amico rabbrividì: -Mi sembra di essere tornata a camminare sulla neve!-
-Hai rimesso il vestito viola.- rimarcò invece lui.
-Lo trovo molto comodo per le passeggiate. Mi spiacerebbe rovinare gli altri.-
-Sono anni che te lo vedo portare. Che età avevi, quando quell'altra te l'ha dato? Quattordici, quindici anni? Non si è mai degnata neppure di offrirti un paio di scarpe e il prossimo vestito della tua taglia chissà quando te l'avrebbe procurato!- sbottò lui irritato.
-Da quando in qua ti preoccupi dei vestiti, tu?- si informò invece lei, divertita.
-Da quando ti ho visto accanto a Merida e mi sono reso conto che tu sei l'unica ragazza che abbia mai visto avere le caviglie e le braccia scoperte. Ci sei praticamente cresciuta dentro!-
-Anche tu sei a piedi nudi.- Rapunzel mosse un po' le caviglie.
-Ma io non rischio di ammalarmi.-
I due ragazzi risero, poi Jack riprese il discorso di poco prima: -Mi dici che cos'hai?-
Rapunzel sospirò: -Ti ricordi il discorso che ti ho fatto a carnevale?-
-Che siete liberi eccetera eccetera?-
-Ecco.-
-E allora?-
-Non ne sono più tanto sicura.-
Jack cercò di interpretare le sue parole: -Cosa vuoi dire?-
-Voglio dire che non sono più certa che gli altri accetterebbero di partire. Stanno bene qui, hanno trovato una casa.-
-Chi ti dice che sia davvero così?-
Rapunzel rimase interdetta: -Be'...-
-Te l'hanno detto loro direttamente?-
Lei scosse la testa: -Non ho avuto il coraggio di chiedere. Forse sono io quella non ancora pronta. Forse ho solo paura del cambiamento, adesso che ho trovato qualcuno con cui sono felice.-
Jack si grattò la testa: -Be', non saprei cosa dirti. Non sono un grande esperto di cambiamenti.- scherzò -Non so a cosa andreste incontro, se partiste. Ma una cosa te la posso dire: come ho fatto per tutti questi anni, io ti proteggerò comunque sempre. Devi solo chiamarmi, lo sai.-
Rapunzel sorrise, ma un urlo le impedì di rispondere: -Eccovi!- Hiccup, Merida e Sdentato atterrarono accanto a loro e, con un balzo, i due ragazzi si sedettero fra i fiori: -Rapunzel, ma che hai?-
-Stai male?-
-No, no. Stavo riflettendo...-
-Rifletteva!-
-Su cosa?-
La ragazza lanciò uno sguardo a Jack, che annuì sorridendo: -Ragazzi, e se partissimo?-
-Cosa?-
-Vuoi andare via?-
-Voglio abbandonare la torre dove sono stata prigioniera per quasi diciotto anni, ma non voglio farlo senza di voi.-
I due ragazzi si guardarono perplessi, poi diedero libero sfogo al loro entusiasmo: -Ma certo!-
-Non vedo l'ora!-
-A Sdentato piacerà di sicuro!-
-Anch'io volevo proporvelo, ma poi vedendovi...-
Continuando a chiacchierare si alzarono per tornare a casa e organizzarsi. Hiccup accarezzò Sdentato per farlo alzare, visto che si stava godendo il sole del meriggio disteso sull'erbetta fresca.
-E questi che fiori sono?- chiese, raccogliendone uno.
-Anemoni dei boschi.- rispose Rapunzel.
Il ragazzo lo rigirò fra il pollice e l'indice: -Sembra così fragile...-
-Ma no- Rapunzel si avvicinò e lui glielo mise dietro l'orecchio: -Si sta solo godendo le carezze del vento fresco...-

Aprile


Ce beau temps me pèse et m'ennuie
- Ce n'est qu'après des jours de pluie
Que doit surgir, en un tableau,
Le printemps verdissant et rose,
Comme une nymphe fraiche éclose
Qui, souriante, sort de l'eau.

Avril, Gerard de Nerval, 1808-1855


Con l'allungarsi delle giornate, Jack aveva ripreso a viaggiare lontano e a stare via più giorni. I boccioli avevano cominciato a schiudersi numerosi, tutti insieme, e sugli alberi già fioriti faceva sempre più capolino il verde delle foglie. L'aria offriva nuovi profumi ad ogni passo e i colori vivaci erano una gioia per gli occhi, mentre l'invasione degli insetti, dalle formiche ai ragni, alle api, cicale, cavallette e farfalle, riportava la vita anche negli angoli più remoti della terra e dell'aria.
La partenza era ormai un argomento ricorrente: dopo tanto dibattere avevano deciso che la data fatidica sarebbe stata l'inizio dell'estate. Erano tutti d'accordo che era un peccato perdere due mesi primaverili ottimi per viaggiare, ma avevano deciso di aspettare una data in particolare: il compleanno di Rapunzel, per permetterle di vedere da vicino, finalmente, le “luci fluttuanti”, poiché, l'anno prima, l'arrivo di Hiccup e Merida, la fuga dal palazzo, lo scontro con Gothel e Pitch l'avevano portata ad uno stato di confusione tale che non aveva osato rientrare subito a Corona. E, si dicevano, prevedevano di lasciare le coste settentrionali dei regni germanici e viaggiare verso sud, di visitare i regni franchi e longobardi e magari, chissà, vedere cosa c'era ancora più lontano.
-Sicura che non ti pesi, restare ancora per tutto questo tempo nella torre?- chiese Hiccup, arrancando su per le rocce del torrente
-No, tranquillo. Adesso che so che partiremo mi sento molto meglio.- Rapunzel si aggiustò una ciocca della treccia dietro all'orecchio e si issò a forza di braccia.
Merida li aveva convinti, quella domenica, a seguirla in una delle sue avventure per il bosco: approfittando delle temperature sempre più calde, li aveva portati ad arrampicarsi lungo una via d'acqua, come allenamento per il viaggio imminente. Inutile dire che, in preda all'entusiasmo, li aveva lasciati indietro.
-Giuro che, se non ci aspetta, me ne frego della promessa e risalgo il torrente in groppa a Sdentato.-
Rapunzel ridacchiò e si arrestò per riprendere fiato.
-Non fermatevi, dai!- li incitò Merida, da molto più in su.
I due si rialzarono e ripresero a seguirla.
-Sei nervosa?- chiese d'un tratto Hiccup.
-Per cosa?- Rapunzel gli tese la mano e lo aiutò a salire da lei.
-Per la partenza.- la prese per la vita e la sollevò perché potesse arrivare all'appiglio seguente.
-Un po', forse.- lei si aggrappò e si tirò su -Non ho mai conosciuto nessuno, a parte voi. Non come Rapunzel, intendo.-
Hiccup fu spinto su dal muso di Sdentato: -E questo ti fa paura?-
Lei lo lasciò passare davanti: -Più o meno. In realtà sto cercando di immaginare cosa potrebbero pensare di me.-
-Cosa dovrebbero pensare di te?- Hiccup saltò da una roccia piatta all'altra.
-Non lo so... ho paura di sfigurare accanto a Merida, per esempio.- lo raggiunse.
Hiccup si fermò a riprendere fiato: -E perché, scusa?-
-Be', lei è così sicura di sé... ed è molto carina. Io sono svampita, ansiosa, distratta....- “In più non sei bella, senza che ti arrabbi...”
-Ma non dire cavolate!-
-Hiccup!-
-Scusa, ma dovevo dirtelo. Chi ti ha messo in testa queste cose?!-
Rapunzel spostò lo sguardo.
-Capisco.- Hiccup si passò una mano fra i capelli -Rapunzel, tu sei perfetta, credi a me. Se avessi avuto qualcosa che non va, credi che Merida o Jack non te lo avrebbero detto?- Lei scosse la testa con un sorriso -Piacerai a tutti, vedrai!-
-Ehi! Guardate che io vi sto aspettando!- giunse un rimprovero dall'alto.
-E... si ricomincia.-
Rapunzel accarezzò Pascal, saldamente aggrappato ai suoi capelli, e seguì il suo amico.

Quando finalmente Merida decise che erano arrivati a destinazione, i due ragazzi si sedettero per terra con un sospiro. Avevano raggiunto uno discreta altezza e in quel luogo il torrente scorreva in piano in mezzo a erba alta e ciuffi di narcisi. Rapunzel si soffermò a osservare da vicino quei fiori dalle corone giallo acceso mentre Hiccup si alzò in volo.
-Sono bellissimi.- commentò infine.
Merida sollevò lo sguardo dall'arco: -Sono velenosi.-
-Grazie per aver troncato ogni ispirazione poetica.- scherzò la sua amica.
-A me non piacciono i narcisi. L'estate scorsa ho sentito un margaro lamentarsi che alcune pecore ne avessero mangiato le radici e fossero rimaste intossicate. Li trovo... ingannevoli.-
-È la legge della natura...-
-Ehi, ragazze! Guardate qua!- ancora in sella a Sdentato, da lontano Hiccup le chiamava a grandi gesti. Le due ragazze si alzarono e seguirono la direzione da lui indicata fino ad arrivare ad un boschetto che circondava uno stagno pietroso. Sull'acqua verdognola galleggiavano immobili delle ninfee dai petali candidi e affusolati in mezzo alle loro foglie circolari. Alcune ranocchie si nascosero al loro arrivo, e quando Rapunzel si avvicinò per guardare più dappresso una massa nera di girini si dissolse per ricompattarsi dall'altra parte dello specchio d'acqua. Una libellula si posò per un istante su un petalo, che dondolò dolcemente quando questa si rialzò in volo.
-Che bello...- mormorò la ragazza guardandosi intorno -Sembra un dipinto...-
-Ci voleva un po' di pace, dopo il maltempo degli ultimi giorni.- sospirò Merida, sedendosi con un sospiro a godersi il silenzio -Come l'hai trovato?-
-Volando.- Hiccup accarezzò il collo di Sdentato -Cambiando punto di vista si possono scoprire un sacco di cose meravigliose.- sorrise, e in un colpo d'ali riguadagnò il cielo.

Quando i raggi del sole cominciarono ad inclinarsi le due ragazze ritornarono al torrente e disfarono i fagotti che si erano portati dietro. Merida si dedicò alla pesca e racimolò un bel bottino: qualche trota, un paio di carpe e pure un persico, mentre Rapunzel accese un bel fuocherello con della legna appena raccolta. Hiccup atterrò giusto in tempo per mangiare e tra lui e Sdentato sparì una buona parte del pesce.
Ammirarono il sole tramontare incendiando il cielo dall'altra parte della valle, poi alla brezza del vespro si coprirono con le coperte che si erano portati dietro, si sdraiarono intorno al calore del bivacco e osservarono le innumerevoli stelle rischiarare la notte, giocando a riconoscere le costellazioni e a inventarne di nuove. Dopo qualche tempo, dai ciuffi d'erba si alzarono i minuscoli puntini luminosi delle lucciole.

Al mattino dopo, i tre ragazzi furono svegliati da un cinguettio familiare. Rapunzel aprì gli occhi e si guardò intorno con entusiasmo: le rondini erano tornate.

 

Maggio
 

Mignonne, allons voir si la rose
qui ce matin avait desclose
sa robe de pourpre au Soleil,
a point perdu ceste vesprée
les plis de sa robe pourprée,
et son teint au vostre pareil.

Mignonne, allons voir si la rose..., Pierre de Ronsard, 1524-1585


Le ultime settimane prima della partenza passavano lentamente, luminose in un sole abbagliante, che scalda la pelle e la rende sensibile al fresco dell'acqua e appanna lo sguardo quando, rientrati in casa, occorre qualche istante per riabituarsi alla luce meno forte dei luoghi chiusi.
Jack era sempre via e Hiccup aveva deciso di passare la maggior parte del tempo che gli restava in bottega per mettere da parte un bel gruzzoletto in vista delle peripezie future. Per farsi perdonare di quella routine imposta, aveva portato due rose rosse alle ragazze, che loro avevano messo in un vaso sul tavolo, accanto alle fragole e alle albicocche. Sdentato giocava sempre più spesso nella valle con Pascal, che sembrava più che altro subire la sua gioia innocente ed entusiasta.
Merida aveva spinto Rapunzel ad abbandonare i fornelli della torre e se la portava dietro quasi quotidianamente nelle sue scorribande per la foresta. L'aveva iniziata al tiro con l'arco e all'arte della spada, nonostante spesso lei preferisse ricorrere ai suoi capelli in guisa di fruste, ottenendo ottimi risultati che portavano la sua maestra sull'orlo dell'isteria. Come pensava di difendersi se si fosse ritrovata attaccata nel momento in cui aveva la treccia? Questo non rappresentava un problema, se in quel caso si fosse trovata con loro. E se loro non ci fossero stati? E così procedevano i loro pomeriggi, dibattendo in mezzo alla vegetazione tinta di verdi sempre più intensi, abitata da volpi, conigli, cervi, picchi che planavano da un albero all'altro. Quando si arrampicavano su per le ripide pareti rocciose, in compagnia ovviamente del loro lucertolone preferito (mentre Pascal prendeva una ben meritata pausa sul davanzale di casa), vedevano spesso le aquile solcare altere il cielo, e i camosci e le marmotte scappare al loro passaggio.
Una sera, aspettando Hiccup di ritorno dal lavoro, le due ragazze si sedettero alla finestra, le gambe penzoloni nel vuoto, una accanto all'altra.
-E siamo di nuovo qua.- commentò Merida con un sospiro.
-Mi sembra passata una vita da quella sera. E, allo stesso tempo, che sia passato tutto in un istante.- Rapunzel aveva lasciato sciolti i suoi metri di capelli, che in quel momento serpeggiavano per tutta la casa. Ormai era diventato raro vederla senza treccia.
Merida annuì e, dal canto suo, si raccolse i capelli in una coda morbida e disordinata: -Faceva un gran caldo anche quella sera.-
Rapunzel annuì e non disse niente.
-Ci divertiremo.-
-Sì.-
-Vivremo incredibili avventure.-
-Non vedo l'ora.-
-Saremo inseparabili.-
-Ne sono sicura.-
-Ho una gran paura.-
-Anch'io.-
Seguì un altro momento di silenzio assorto.
Rapunzel alzò lo sguardo su Merida. La sua amica osservava il sole abbassarsi sull'orizzonte con uno sguardo di fuoco. L'aveva sempre conosciuta così: appassionata, incontrollabile, avventurosa. Lei non si poneva alcun limite, nonostante le sue paure. Ostentava sempre un atteggiamento che diceva: “Forza e coraggio!” ad ogni movimento, ad ogni frase. Merida era fiera di essere chi era e questo la rendeva una presenza rassicurante accanto a lei.
-Ti ho mai ringraziato- chiese ad un certo punto Merida -per tutto quello che hai fatto per noi?-
Lei rimase a bocca aperta.
-Sì, insomma... per averci ospitato nella tua torre. E per non avermi fatto morire di fame. Confesso che ero un po' stufa di pesce crudo, quando siamo arrivati qui.-
-Mi fa piacere, lo sai.-
-Noti sempre le cose, tu. Come i vestiti per Hiccup, o che a me non piacciono le rape. Non so come fai. Voglio dire... sei una grande. Quando penso che una persona come te viaggerà con noi, mi sento rassicurata.-
Lei sorrise, lusingata e senza parole.
-Rapunzel... Posso parlarti di casa mia?-
-Ma certo.-
-Allora, da dove iniziare...-

Hiccup era tornato dal lavoro in bottega ed era subito ripartito per farsi un volo con Sdentato. Rapunzel lo guardò dedicarsi con affetto al suo amico. Prima di decollare, aveva preso un momento per considerare che gli sarebbe piaciuto portarle a Corona per un ultimo giro, senza maschere, senza nascondersi, prima della notte delle lanterne, alla luce del sole. Aveva smesso di avere paura per loro.
Lei aveva annuito felice e si era appoggiata al davanzale guardandolo rimpicciolirsi verso il cielo. Era incredibile come sentiva il tempo rallentare, mano a mano che si avvicinavano al giorno della partenza.
Con un respiro profondo si riempì i polmoni dell'aria fresca e profumata della sera. Uno scoiattolo attraversò la valle sotto di lei, correndo veloce da un albero all'altro. Lei lo osservò sparire tra le fronde. Due pettirossi volteggiarono poco lontano per poi allontanarsi velocemente con un cinguettio.
Rapunzel alzò lo sguardo sulle rose. Da boccioli appena appena aperti erano pienamente fiorite. Si avvicinò e allungò una mano per sistemare i loro petali eleganti. La ritirò di scatto, quando si punse con una spina. Succhiandosi il dito, sorrise, serena.

Bonus

Hiccup, Merida e Rapunzel erano a letto ormai da un paio d'ore. Jack era in giro, come al solito. La notte avanzava silenziosa e la luna illuminava di bianco l'interno della torre.
Pascal dormiva sereno tra due vasi di fiori. Amava quella vita: amava Rapunzel e le sue tenere attenzioni per lui, amava i due viaggiatori che li avevano liberati da quella noiosa prigionia, amava riposare in casa e girare per la foresta. Amava tutto.
C'era solo... quel piccolo dettaglio...
Un fracasso improvviso lo strappò dal suo dolce sonno. Roteò gli occhi, sospirando: Sdentato aveva rovesciato un appendiabiti. Quel drago era impossibile. Passava tutto il giorno giù nella valle a giocare o a poltrire e, non appena Hiccup era nei paraggi, a volare. Si chiedeva come facesse ad avere ancora tutta quella energia a quell'ora della notte.
Lo osservò annoiato muoversi per la stanza e saltare da una trave all'altra, quando lo vide immobilizzarsi e focalizzarsi su qualcosa di preciso. Seguendo il suo sguardo si rese conto con orrore che si trattava della collanina di pietre lucenti che Rapunzel aveva faticosamente composto per cucirla all'ultimo vestito che aveva confezionato. La luna la faceva brillare in modo invitate agli occhi felini di quel famelico lucertolone. Lo vide abbassarsi sulle zampe anteriori e dondolare concentrato il sedere, acquattato e pronto all'attacco.
Con uno scatto disperato della lingua Pascal si precipitò sul tavolo e afferrò il gioiello: saltò per terra nel momento in cui il drago finiva sul ripiano di legno, rovesciandolo. La caccia era cominciata!
In preda al panico, Pascal si rifugiò tra le stoviglie della cucina, ma Sdentato ci infilò dentro la testa e cominciò a scavare nel pentolame, che finì sui mantelli dell'appendiabiti a terra. Allora lui uscì sfilando fra le sue zampe e, alla velocità della luce, cercò di allontanare quell'oggetto così brillante dalle sue grinfie. Corse a perdifiato rasente i muri e svicolò agilmente fra le tinte accatastate ai piedi dell'affresco ancora da finire. Sdentato non fu altrettanto pronto e senza rendersene conto si ritrovò a disseminare la casa di impronte rosa e verdi.
Il camaleonte si rese conto che non riusciva a farlo desistere, allora si infilò sotto il tappeto, che fu prontamente rivoltato, e raggiunse al pelo la catasta di legna accanto al caminetto. Sdentato si fermò davanti a quell'ostacolo e fece avanti e indietro un paio di volte senza perderlo di vista, gli occhioni dilatati. Pascal allungò la testa per vedere se si fosse arreso, ma questo lo scoprì e fu costretto a darsela di nuovo a gambe, mentre Sdentato, per darsi la spinta per inseguirlo, faceva crollare la pila di ciocchi.
Nella foga della corsa, il camaleonte sparò la sua lingua contro il davanzale e si diede la spinta per salire, ma finì contro la finestra, che si aprì.
Il gioiello precipitò nel vuoto.
Pascal lo afferrò con la lingua, saltando. Se doveva cadere in missione, tanto valeva farlo con onore, tenendo fede al suo compito fino alla fine.
Dopo un considerevole lasso di tempo, non sentendo il terreno avvicinarsi, aprì un occhio e guardò: Sdentato aveva afferrato con due artigli della zampa la sua coda e ora lo fissava perplesso, seduto sulla finestra aperta.
Lui sospirò sollevato, mentre veniva riportato dentro. Esausto, si addormentò sotto la zampa protettiva del lucertolone, finalmente assopitosi, abbracciato all'oggetto della sua vittoria.
In fondo sì. Amava anche Sdentato.

Il mattino dopo, quando Rapunzel scese per preparare la colazione, dalla torre si levò un grido: -COS'È SUCCESSO QUI?!-

 



 

 

Angolino dell'autrice
Questo capitolo è dedicato alla poesia che, oltre ad essere una mia passione personale, non riesco a non collegare alla primavera. Sono una vera romantica, non ci posso fare niente! Inoltre prosegue l'idea di esplorazione dei vari stili che avevo iniziato lo scorso capitolo e dà una certa atmosfera a questa stagione... di serenità, oserei dire.
Anche Rapunzel è un personaggio che non presenta contraddizioni profonde come può essere una Merida o un Hiccup, per questo probabilmente (mi) sembra essere quella meno approfondita dei quattro. Per questo, dopo aver esplorato il peso del passato dei nostri due viaggiatori, e i problemi del presente con il nostro spirito preferito, adesso cominciamo a voltarci verso il futuro. Di conseguenza, anche in virtù della stagione, ne approfittiamo per introdurre un cambiamento. In fondo è anche questo, la primavera, no?
L'intero capitolo è farcito di riferimenti a fiori, insetti e animali: l'ho scritto in pieno aprile, per cui non ho lesinato. Torna la vita, e voglio renderlo fin nel suo più piccolo dettaglio!


MARZO

È nel mese di marzo che tenta di aprirsi
l'anemone selvaggia dalle corolle tremolanti.
Le donne e i fiori chiamano zefiro;
e in fondo ai boudoir le belle indolenti
dondolano mollemente i loro fianchi languidi
sotto i vecchi castagni cominciano a spuntare.

La mi-carême di Alfred de Musset: il titolo di questa poesia, per le ricerche vergognosamente limitate che ho fatto io, è intraducibile. La mi-carême, è un giorno di festa in Francia che ricorre il ventesimo giorno di Quaresima, quindi esattamente alla metà di questo periodo: secondo la tradizione del XIX secolo in Quaresima non era permesso neppure il consumo di uova, le quali però dopo un po' andavano a male. Per evitare lo spreco, quindi, si è istituita questa festività, simile al Carnevale, tra l'altro per consumare le uova dei venti giorni precedenti, in attesa della Pasqua, in occasione della quale, come Calmoniglio ci insegna, si consumano di nuovo mucchi di uova sode.
Assieme a Rapunzel, le protagoniste di questo mese sono le anemoni, che Musset paragona alle donne: sono fiori delicati che ancheggiano e chiamano lo zefiro, vento di primavera. E, come Rapunzel, a prima vista sembrano delicati, e nascondono una grazia affascinante.
A costo di far sconfinare Jack nell'OC, ho voluto inserire la riflessione sul vestito viola che Rapunzel porta nel film: rispetto a tutte le altre donne, lei ha le caviglie scoperte e i piedi nudi. Mettendomi nei panni di Gothel, sono giunta alla conclusione che la donna non si sia mai preoccupata di vestire la figlia e che quindi la ragazza sia cresciuta dentro un vestito che le è stato dato anni prima. Sottolineo che si tratta di una riflessione mia, che ho messo in bocca a Jack unicamente perché volevo inserirla a tutti i costi!


APRILE

Questo bel tempo mi pesa e mi annoia
- è solo dopo dei giorni di pioggia
che deve sorgere, in un dipinto,
la primavera verdeggiante e rosa,
come una ninfea fresca schiusa
che, sorridente, esce dall'acqua.

In questa poesia Gerard de Nerval lamenta la noia dei giorni della primavera che però prendono senso, dopo la pioggia, nella bellezza delle ninfee che escono dall'acqua. Naturalmente la poesia, molto più lunga, esprime un senso molto più profondo, ma non è il luogo per una lezione di letteratura francese.
Ho introdotto qui il compleanno di Rapunzel, la cui data precisa non è mai stata specificata, di conseguenza l'ho situata arbitrariamente all'inizio dell'estate, nella fattispecie al solstizio. Magari a prima vista sembra stupido dover aspettare un anno per tornare a vedere le lanterne, ma ricordo che la prima volta che Rapunzel ha messo piede a Corona era stata presa per una strega, per cui ha avuto bisogno di un po' di tempo per rimettersi da questo shock.
Per quanto riguarda l'itinerario del viaggio, ho dovuto scegliere fra l'epoca di Merida e Hiccup e quella di Rapunzel, e dopo attenta analisi ho optato per la prima (in realtà mi affascinava di più). Se avessi scelto il XVII secolo avremmo avuto il regno di Francia già bello solido, dei regni germanici mi pare in preda a guerre di religione... un gran casino, molto delicato. Lasciamo perdere. Per di più Merida e Hiccup sono molto più legati alla loro epoca storica rispetto a Rapunzel, che la sfiora appena nella moda e nell'architettura (?).
L'unico complesso che Rapunzel può portarsi dietro e che è ancora da sviscerare è l'insicurezza causata da Gothel, ma di questo si parlerà anche nei prossimi capitoli. Si tratta di un problema di paragone, per cui la madre denigra la figlia rispetto ad uno standard ideale che, agli occhi di Rapunzel, si è presentato nella persona di Merida.
Nella mia esplorazione naturalistica ho scoperto la tossicità dei narcisi e ho introdotto la pesca, ma non ne so niente per cui mi rimetto al giudizio degli esperti.


MAGGIO

Dolcezza, andiamo a vedere se la rosa
che stamane aveva dischiusa
la sua veste porpora al sole
ha perduto questa sera
le pieghe della sua veste purpurea
e la sua tinta alla vostra uguale.

L'Ode a Cassandra di Ronsard è una bellissima riflessione sullo scorrere del tempo. Nei suoi versi invita la dama a riflettere sulla transitorietà della giovinezza, ma essendo i Big Four dei fanciulli ho fatto un passo indietro: oltre che la vecchiaia, il tempo che passa indica anche la crescita, l'evoluzione che ha toccato Merida, che a quanto pare ha fatto pace coi suoi ricordi di casa, e Hiccup, che ha acquisito una sua sicurezza.

L'immagine della rosa porta anche un altro significato molto conosciuto: è un fiore bello ma che nasconde nelle sue spine una forza di carattere affascinante. Il fatto che Hiccup ne regala due alle ragazza lo rende forse un po' OC, ma come per gli abiti di Jack, mi serve per il capitolo (e poi un po' di romanticismo non fa mai male).

BONUS
E come dimenticarsi delle nostre favolose mascotte?? Questo quarto ritratto è il motivo per cui gli ultimi tre mesi sono stati molto brevi rispetto al resto dell'anno e il suo unico scopo è di suscitare un po' di tenerezza e (spero di esserci riuscita) un sorriso divertito!

E qui finisce l'anno di ritratti. Adesso arriviamo alla terza parte e il gioco si fa serio!
Ma quando il gioco si fa duro...
A presto!
Nike

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Capitolo 14
*** tBF1 ***


Una sera

Una sera, dopo una cena abbondante, Hiccup, Merida e Rapunzel ascoltavano sereni le incredibili storie di un Jack entusiasta, appena rientrato dalla sua ennesima avventura in lande sconosciute.
-...e finirono tutte con le code congelate! Ve le immaginate? Ed è per questo che le sirene adesso non mi possono più vedere.- concluse orgogliosamente il suo racconto. Nella foga della narrazione era finito in piedi sulla mensola del caminetto.
-Certo che se tutte le volte che fai qualcosa irriti qualche altro spirito...- commentò Merida, appoggiandosi mollemente al muro dietro la panca.
Rapunzel ridacchiò e si alzò per sparecchiare.
Hiccup andò ad aiutarla: -Certo che non l'avrei mai detto.- commentò soprappensiero -Che ci fossero così tanti spiriti in giro... Cioè- si grattò il naso, cercando le parole per spiegarsi: -Tutte le volte che torni da noi hai sempre qualche novità, e tutte le volte si tratta di qualcuno di nuovo. Da sempre il mio popolo si tramanda racconti di creature soprannaturali, ma solo ora mi rendo conto di quanto poco sappiamo.-
Jack rise, mentre scendeva in una scivolata fino al pavimento: -In realtà non è così facile incontrare qualcun altro come me- confessò -bisogna sapere dove trovarli. E, a dirla tutta, ogni tanto vi racconto anche degli aneddoti di quello che mi è successo prima di conoscervi...-
-Ma ogni tanto ne rincontri qualcuna, di tutte queste persone di cui ci parli?-
-Ma certo! Quando non riescono a trovare il modo di evitarmi!- scherzò Jack.
-E quell'uomo in nero... Pitch Black, giusto? Lui l'hai mai più rincontrato?- lo interrogò allora distrattamente Merida, giochicchiando con un coltello alla luce del caminetto.
Lo spirito scosse la testa con una smorfia, massaggiandosi il fianco destro: -No, fortunatamente lui non l'ho più visto. Ma in quel caso sarei io a cercare di evitare lui.-
-E lui che spirito era?-
-L'Uomo Nero.- mormorò Rapunzel con un brivido. Si era messa a lavare i piatti e aveva le mani immerse nell'acqua del lavabo.
La sua affermazione portò un momento di gelo nella conversazione, che Merida si preoccupò di recuperare subito: -Quindi esiste pure Babbo Natale?-
-Certamente!- Jack colse la palla al balzo, mentre Hiccup e Rapunzel si scambiavano uno sguardo divertito, e si lanciò a raccontare: -Il suo nome è Nord. È enorme e ha una lunghissima barba bianca...-
-Questo lo sappiamo! Dicci qualcos'altro!- lo interruppe Merida.
Jack rifletté un attimo: -Be', ha dei tatuaggi sulle braccia, con su scritto “buono” e “cattivo”... e ha degli yeti che mi impediscono sempre di intrufolarmi nel suo laboratorio...-
-Volevi intrufolarti nel suo laboratorio?- chiese Rapunzel stupita.
-La prossima volta ti aiuto io!- si scaldò Merida.
-...ed è un Guardiano e...-
-Un Guardiano?- Hiccup lo interruppe -Guardiano di cosa?-
Jack si grattò la testa: -Guardiano dei bambini... qualcosa così. Sono degli spiriti che “proteggono meraviglia, speranza e sogni”, qualcosa del genere.-
-E chi sono?-
-La... fata del dentino. L'omino del sonno e il coniglietto di Pasqua.- Jack perse il suo sorriso.
-E tu li hai conosciuti tutti?-
-Sì... sì. Tutti insieme. Dentolina è molto gentile, mentre Calmoniglio non mi sopporta.-
-Mi chiedo perché...- mormorò divertita Merida.
-...si fanno chiamare “i Grandi Quattro”.-
-I Grandi Quattro?-
Jack annuì.
-Ma che idea geniale!- l'urlo entusiasta di Merida fece levare contemporaneamente lo sguardo agli altri tre: -I Grandi Quattro, non è un soprannome fantastico? E se lo adottassimo anche noi?-
-Ma non sarebbe rubare?- si interrogò Hiccup.
-No, è solo un prestito.-
-Ma loro sono i Guardiani dei bambini, Merida. Noi non siamo i Guardiani di niente.-
-E allora? Siamo quattro, e siamo tutti dei grandi.-
-Te compresa.-
-Io soprattutto.- Merida si aprì in un ghigno -Possiamo decidere adesso cosa proteggere. I bambini però li lascerei ai tuoi colleghi. ...e possiamo trovare dei soprannomi!-
-No, no, no, no. Vada per il nome del gruppo, se proprio insisti. Ma i soprannomi sono una caratteristica trita e ritrita di greggi di adolescenti dall'umorismo piatto.-
-Cavolo, Hiccup. Ti fossi sentito adesso...- Rapunzel si asciugò le mani nel grembiule: -Non so quando lo useremmo, il nome “I Grandi Quattro”. Lo conosceremmo solo noi.-
Merida si risedette contrariata. Jack, con la testa appoggiata al bastone, li guardò con tenerezza. Rapunzel cercava di consolare la sua amica. Hiccup guardava Sdentato e Sdentato gli faceva segno. Il ragazzo allora prese coraggio e si schiarì la voce: -Io... in realtà qualcosa ce l'avrei...- si alzò sotto lo sguardo perplesso delle due ragazze e si affrettò a frugare nella sacca degli attrezzi della bottega. Per qualche minuto gli occhi dei suoi amici seguirono il tintinnare del metallo, quando infine si alzò con qualcosa in mano.
-In... in realtà non sapevo molto quando darveli... pensavo che fosse una buona idea...-
-Dai, Hic! Dicci cos'è!-
-Sono...- Hiccup distribuì tre oggetti, uno per ciascuno di loro: -Sono solo dei pensierini che ho prodotto in bottega nei momenti di pausa. Tutto qui. Ho pensato che preferisco darli a voi piuttosto che venderli. Sono quelli venuti meglio.-
-Hiccup... grazie!- Rapunzel fu sovrastata da una Merida indignata: -Non credi di aver sbagliato a darceli?-
In effetti, lei sventolava un fermaglio per capelli, a forma di foglia di edera di un colore argenteo lucente, mentre Jack osservava confuso un piatto medaglione traforato dalla lunga catenina sottile. Rapunzel giocherellava con un braccialetto intrecciato morbido e lucido.
Hiccup scosse la testa: -No, non mi sono sbagliato, Merida. Confesso... che trovo un peccato che ogni tanto, quando abbassi la testa, i capelli ti cadano sul volto. Però so che non sei il tipo da legarli stretti. Per cui ho pensato che con un fermaglio del genere tu possa tirarti indietro quelli ai lati del viso senza dover per forza farti una treccia...- mano a mano che continuava con la sua frase, il tono si abbassava sempre di più. Merida osservò interdetta il suo regalo, poi chiese con un gesto a Rapunzel di provarglielo.
Lei eseguì subito con gentilezza -E il mio bracciale?- domandò nel mentre.
-Quello in realtà è un esperimento.- il tono del ragazzo aveva recuperato di un'ottava -Ne ho prodotti un sacco prima di arrivare a quello. È composto da dei piccoli anelli che formano le tre fasce della treccia. Ogni fascia ha una decorazione diversa che ricorda un po' le ciocche dei nostri capelli. L'ho fatta quasi soprappensiero, perché devi ammettere che è la prima cosa a cui ti si collega. Diciamo che mi piacerebbe portassi un po' di noi con te, visto che siamo una famiglia...-
Rapunzel sorrise raggiante a questa gentilezza e infilò lo spesso braccialetto con soddisfazione. A quel punto Hiccup si rivolse a Jack, che non aveva ancora detto niente: -Per te volevo produrre qualcosa per adornare il tuo bastone, ma avevo paura di toccarlo, visto che veicola la tua magia. E non sapevo cosa regalarti, visto che non vorrei intralciare la tua aerodinamicità...-
-...la sua aero-cosa?- mormorò Merida all'orecchio di Rapunzel.
-...però penso che un medaglione non ponga problemi... lo puoi mettere sotto la maglia quando voli. E, se lo guardi bene, l'ho traforato in modo da rappresentare tutte le terre conosciute, dato che sei un viaggiatore accanito.-
Jack riconobbe allora che i fori rappresentavano dei mari e vide la sagoma dell'Opplandene, e una accanto all'altra le due isole di Dalriada e Hibernia, e più in su, verso la costa di quella terra che sapeva essere al di là dell'oceano, un'altra isoletta, Snæland, e in basso le coste dei regni germanici, fra cui tra l'altro sapeva trovarsi Corona, e dei regni franchi. Sorrise notando come la visione dei quel pezzettino di mondo, per quanto precisa, fosse deformata rispetto a quella che aveva conosciuto lui, durante i suoi interminabili voli. La fattura era decisamente minuziosa, considerate le dimensioni ridotte del medaglione.
-Be', non proprio tutte.- si corresse Hiccup -In realtà a sud ci sono le coste africane... ma lì non c'è neve, per cui ho pensato che non ti interessasse.-
Lo spirito sorrise con un angolo della bocca: -...grazie...!-
-E tu, genio? Non ci credo che per te non ti sia fatto niente!- lo provocò allora Merida.
-Io mi sono fatto fibbia e puntale per la mia cintura!- replicò invece lui, sollevando il lembo della sua maglia per mostrare la sua opera con fierezza: -Ovviamente i decori sono a forma di drago.-
-Non è troppo lunga per te? Guarda, il puntale ti arriva alle ginocchia!-
-No, no, è proprio così che la portano, i vichinghi. A volte ne portiamo anche più di una.
-Ecco, volevo davvero trovare qualcosa che ci legasse anche quando per qualche motivo siamo da soli. Per cui mi sono messo al lavoro.-
Rapunzel si alzò per abbracciarlo. Merida si lasciò andare ad un sorriso comunque grato.
Jack sorrise, e si infilò il medaglione con delicatezza. Il suo primo regalo... questo gli faceva sentire uno strano formicolio in fondo allo stomaco. Dopo un po' salutò. Era ora di ripartire. In silenzio si fece trasportare verso l'alto, lasciandoli alla torre, nel buio freddo della notte solitaria.
 

Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati...
Jack volava allegramente nel sole mattutino. Il vento lo trasportava verso nord: era quasi estate, l'inverno si era spostato ormai dall'altra parte del mondo, e lui sperava che questo facesse abbassare la guardia agli yeti di Nord, nel tentativo di intrufolarsi nel suo laboratorio.
Aveva abbandonato da qualche ora le coste del continente e stava sorvolando le isole anglosassoni. In poco tempo avrebbe raggiunto, per la prima volta dopo mesi, il regno di Dalriada.
Per qualche strano motivo, quell'inverno non si era recato né nel regno scoto né a Berk, forse per rispetto nei confronti dei suoi amici, che l'avrebbero potuta avvertire come un'intrusione, o forse per non scoprire ciò che la loro partenza aveva lasciato in terre di cui aveva imparato ad amare i figli.
Planando sopra la foresta nella parte settentrionale dell'isola, una traballante luce azzurro cobalto bucò il verde smeraldo degli alberi. Incuriosito, Jack si infilò fra le fronde e atterrò davanti al lumicino. Era una fiammella sorridente, con due fili fumosi in luogo di braccine che si arricciavano in un invito: “Vieni... vieni...”
-Ehi...!- rise lo spirito -Ci conosciamo, forse?-
In tutta risposta il fuoco fatuo sparì con un guizzo e una risatina sottile, per ricomparire poco più in là, cantilenando sempre nello stesso modo “Vieni... vieni...”, primo di una fila di spiritelli.
-Devo seguirvi? Volete forse dirmi qualcosa?- Jack si mise il bastone in spalla e si incamminò.
Arrivò poco dopo a una radura sconnessa, in cui il prato disseminato di rocce si sollevava a rivelare una porta di legno, dorata sotto i raggi del sole.
Jack di avvicinò cautamente e con circospezione scostò l'uscio socchiuso: il mattino illuminava dalle finestre appannate masse di oggetti in legno, sculture, incisioni, rilievi. Un corvo immobile (probabilmente impagliato) sorvegliava l'entrata e una scopa spazzava solitaria intorno ad un tavolo di lavoro.
-Ma che diavolo...- Jack fece due passi avanti, quando la porta sbatté violentemente dietro di lui.
-Chiusi! Siamo chiusi! Spero tu sia interessato ai saldi, se no, smamma!- gracchiò una vecchietta dal nulla, alta la metà di lui, tutta ingobbita, vestita del verde della foresta, con lunghi capelli di un crespo bianco sporco, gli occhi strabuzzanti e un enorme naso adunco che la faceva assomigliare all'uccello nero davanti a lui.
-Cos... come?-
-Non sei interessato? Allora via, via! Stiamo chiudendo, hai sentito? Stiamo chiudendo!- la donna agitò le mani e raggiunse il tavolo di lavoro.
-Tu sei...-
-...un'umile intagliatrice.-
-Con una scopa che spazza da sola?-
La donna con uno scatto interruppe l'incantesimo, ma il corvo dietro Jack proruppe in una risata, facendolo sussultare: -Incastrata! Ti ha incastrata!-
La vecchia gli indirizzò un gesto stizzito: -Ma taci, stupido pennuto!-
-Sei una strega.- concluse Jack.
Lei si fermò un istante e lo guardò con un occhio diffidente: -Davanti ad uno spirito non perdo tempo a far finta. E tu sei...?-
-Ehm... mi chiamo Jack Frost.-
-Ah sì, ho sentito parlare di te. La Baba Yaga mi ha raccontato.- La donna aprì un sacco da viaggio davanti ai suoi piedi e a suon di Higitus Figitus prese a far danzare gli oggetti che le stavano intorno, mettendoli in fila e facendoli entrare nel suo bagaglio in maniera allegra e caotica. Quando anche l'ultima statuetta ribelle fu riposta con cura, fece l'occhiolino: -Il trucchetto di un vecchio amico. Un altro che hai infastidito, qualche lustro fa.-
Jack ridacchiò, a disagio, e cambiò discorso: -Sì, ehrm... e tu te ne vai? Cos'è, blocco dell'artista?- con un movimento del bastone abbracciò la stanza, vuota della sua mercanzia.
-Oh no, assolutamente.- lei si caricò il sacco in spalla, prese la scopa e si diresse alla porta: -Cambio zona. In tempo di guerra gli affari vanno male, nessuno si interessa all'intaglio.-
-Sì, cioè... cosa?!- Jack la seguì fuori -Aspetta! Hai detto guerra?-
-Ho detto guerra.- lei si fermò, il corvo si posò sulla sua spalla e in uno schiocco di dita la porta si chiuse dietro di loro. -L'anno scorso un giovanotto dei quattro clan è tornato dicendo che la principessa era stata divorata da un drago. Hanno passato l'estate a cercare il clan vichingo legato ai draghi, hanno provato a parlare, non ci sono riusciti. La stagione fredda ha solo ritardato l'inevitabile: l'hanno passata a produrre armi e corazze. Ormai è qualche mese che si scannano: prima nell'Opplandene, ora qui, sulla costa nord-est.
-Come ti ho detto, la guerra nuoce agli affari, perciò... io me la squaglio.- detto ciò, inforcò la scopa e con un rapido movimento sparì nel sottobosco nebbioso.
Jack rimase immobile e solo, in mezzo a quella radura che d'improvviso aveva perso tutta la sua luce. Assimilò la notizia lentamente, rievocando nella sua mente parola per parola quello che gli era appena stato detto. Poi si riscosse; fece un passo avanti, si corresse e tornò indietro di qualche metro: “devo andare a dirglielo...” Poi scosse la testa e si girò per riprendere la direzione opposta: “No.” Ma dopo poco si era già fermato e guardava da dove era arrivato stringendo il bastone nelle due mani. Contemplò il silenzio silvestre per qualche istante, prima di decollare sbuffando esasperato e riprendere la strada per il Polo Nord.
Non sarebbe tornato alla torre per riportare quella notizia.
No, non l'avrebbe fatto.
Perché far soffrire Hiccup e Merida per questo? Sarebbe stato inutile.
Inutile.
Stavano per partire, avrebbe rovinato il loro viaggio. Il viaggio di Rapunzel.
Sarebbe stato inutile.
La foresta scorreva monotona sotto di lui.
Lo faceva per loro.
Lo faceva per non farli soffrire. Per tenerli insieme, al sicuro nella loro meravigliosa amicizia.
Solo loro potevano capirsi a vicenda, comprendere lo stato d'animo l'uno dell'altro con tanta profondità. Nessun altro ci riusciva, nemmeno nei loro popoli di origine. Nessun altro.
Lo faceva per proteggerli, all'interno della torre.
All'interno...?
No, non li voleva reclusi, assolutamente! Dopotutto, stavano ben per partire, no? Non erano prigionieri di nessuno, no?
Si accorse allora che il viaggio procedeva con sorprendente lentezza e che aveva perso buona parte della sua convinzione.
No... lo erano. Erano prigionieri della loro amicizia, così speciale ed esclusiva. Ecco cosa faceva sentire realmente rinchiusa Rapunzel, la più sensibile a tal soggetto. Per un anno intero non avevano mai abbandonato la torre, così isolata, ma neppure avevano cercato alcun altro contatto serio al di fuori del loro nido. Vero, non era una questione fisica. Potevano uscire quando volevano. Ma Hiccup non aveva mai stretto veramente amicizia con gli altri garzoni, Merida non si era interessata a conoscere neppure gli ubriaconi del Bell'Anatroccolo, e Rapunzel temeva di rivelarsi agli altri per quello che era veramente. Non erano stati capaci di uscire davvero da quella trappola di pietra. E anche lui... il contatto con gli altri esseri incantati lo elettrizzava soprattutto per le storie che avrebbe potuto raccontare ai suoi amici una volta tornato a casa.
Jack si fermò a mezz'aria, in preda allo sconforto e ad una cieca disperazione: forse, nel loro viaggio, i Grandi Quattro si sarebbero portati dietro quella torre maledetta?
No... no... non divaghiamo!
L'amicizia con Rapunzel, Merida e Hiccup era ciò che aveva di più importante. E, ormai, era consapevole che i tre ragazzi gli volevano bene e lo rispettavano tanto quanto lui voleva loro bene e li rispettava. Doveva essere onesto con loro.
Allora realizzò di cosa aveva davvero paura, del vero motivo per cui non era più tornato a Dalriada e Berk: era terrorizzato che i suoi amici potessero tornare a casa loro.
Ma, a fronte di questa perdita, in quel momento capiva che c'era in gioco qualcosa di molto più prezioso: la loro fiducia.
Fu con la morte nel cuore che Jack fece inversione di rotta, e si diresse verso casa.


 




Angolino dell'autrice:
Comincia finalmente la terza e ultima parte! Le cose si fanno serie: dopo essersi conosciuti ed essere diventati inseparabili, i Grandi Quattro adesso devono fare i conti col mondo intorno a loro.

Una sera
Questa scena è un po' la mia firma, il mio tocco personale. Oltre al fatto che sancisce una volta per tutte la solidità del quartetto col nome del gruppo, introduce anche i regali di Hiccup, i quali a dire il vero sono un po' i miei ai protagonisti: come ho sempre sottolineato sto cercando di restare il più possibile nel solco tracciato dai film originali, almeno per quanto riguarda gli elementi della trama, tuttavia ho voluto dare loro qualcosa di personalissimo, perché comunque questa fanfiction non è il film originale, ma una storia mia.
Detto ciò, una parola veloce sui quattro oggetti: se quelli per Hiccup, Merida e Jack sono venuti praticamente da soli, quello per Rapunzel è stato difficile da stabilire. La sua personalità leggera e la sua corporatura esile non c'entrano molto con la produzione di un fabbro che, per quanto minuziosa, non è quella di un orefice e quindi resta sempre relativamente pesante. Ditemi voi che ne pensate!

Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati...
La scena con la strega è stata divertente da scrivere. La sua funzione è unicamente quella di gettare l'ombra funesta della guerra nella storia. Adesso il discorso si fa serio e ci si butta anche un po' nell'approfondimento psicologico dei Grandi Quattro, ed il primo a ritrovarsi con una scelta dolorosa da fare è il nostro Jack. Codardia o solitudine? 

Nell'ultimo mese non sono stata puntualissima con le pubblicazioni, chiedo venia. Anche se non posso prometterlo, farò del mio meglio per i capitoli a venire!
E con questo chiudo!
A presto!
Nike

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Capitolo 15
*** tBF2 ***


Elinor avanzava grave per i corridoi del suo maniero. Il silenzio regnava sovrano fra quelle mura, e anche la luce del giorno entrava filtrata da uno spesso strato di nuvole. La vita attorno a lei scorreva senza quasi toccarla, e lei percepiva solo il deserto di quel labirinto di mura gelide.
Da quando aveva saputo della morte della figlia la fierezza della regina si era trasformata in un muto gelo che ormai nessuno, nemmeno Fergus, riusciva più a superare. Solo i gemellini arrivavano, talvolta, con le loro trovate, a farle piegare le labbra in un sorriso pensieroso. Ma non li sfiorava più, non li accarezzava più. E loro, i bambini, non la disturbavano. Sembrava non fossero toccati, i principini, da quel dramma che scuoteva tutto il regno. Eppure... ancora non avevano cominciato a parlare. Sembrava che il tempo, per loro, si fosse fermato, che si fossero chiusi nel loro rassicurante mondo di scherzi e burle. Il re, dal canto suo, aveva perso ogni allegria: preso dal suo dolore per la perdita della figlia e per la distanza della moglie, si era dedicato con ferocia alla ricerca dei maledetti che avevano distrutto l'amore che un tempo aveva riempito la sua vita.
Sedeva quel giorno nella tenda da campo, rigido sul suo seggio. Davanti a lui, in mezzo ai suoi uomini e a quelli gli altri tre clan, i cui capi presenziavano accanto a lui al tavolo del consiglio di guerra, uno straniero si teneva ritto nel suo folle delirio. Nero, massiccio, la pelle olivastra e una ghignante bocca dal riso malvagio. I suoi occhi perforavano l'ombra dei suoi sudici capelli neri. Un mantello di un cuoio mai visto, flessibile e squamoso, gli copriva il braccio sinistro, mentre la mano destra reggeva un lungo bastone.
Quell'uomo si era presentato ai primi grigiori dell'alba, sostenendo di poter offrire loro la chiave per la vittoria sui vichinghi.
-...draghi.- ripeté accigliato Fergus.
-Esattamente.-la bocca allargò la sua ferita maligna -Ho sviluppato un metodo per controllarli. Posso metterli al vostro servizio.-
Il re non rispose, così lo straniero continuò: -Immagino che questa guerra vi costi molti sforzi, umani ed economici, per cui vi offro la possibilità di finirla in fretta, senza inutili spargimenti di sangue.-
-E non vorresti nulla in cambio.-
-Solo la gloria di aver contribuito alla vostra riuscita.-
-No.-
L'uomo rimase basito. Senza parole, domandò: -Come?-
-Nessun uomo sano di mente offrirebbe così il suo potere senza chiedere una ricompensa. Draghi fra i miei uomini? Un drago ha divorato mia figlia e ha attaccato a tradimento uno dei miei tre migliori giovani, instillando nel suo cuore il terrore. Non intendo accettare.- accanto a lui, il capo del clan MacIntosh annuiva vigorosamente.
-Ma voi non sapete cosa sono in grado di fare...-
-Non lo sappiamo, dici?- lo interruppe Fergus, alzandosi in piedi -Un uomo, uno straniero, che spunta dal mare come un vichingo, che ci offre un enorme potere e che dice di non volere alcuna ricompensa da noi, lo fa perché la sua ricompensa è la sconfitta del nemico. Sei in collera con loro. Ti hanno rifiutato anche loro, eh? Scommetto che sei già passato al loro campo a fare la tua proposta. Sbaglio?-
L'uomo digrignò i denti, così Fergus continuò: -Loro avrebbero potuto usare i draghi, attaccarci quest'inverno quando eravamo più scoperti. Non l'hanno fatto. Sappi che io non mi abbasserò mai a indebitarmi con te, che sembri avere una curiosa propensione al tradimento.- gli altri capi si alzarono a loro volta.
Allora Drago Bludvist si rivide, qualche giorno prima. Stoik e Scaracchio lo guardavano con lo stesso misto di odio e diffidenza, mentre lo cacciavano.
Quando aveva saputo dello scoppio di quella guerra, e i motivi che avevano portato a ciò, aveva intravisto un'occasione. Lui voleva sbarazzarsi dei draghi, ma sapeva che da solo aveva difficoltà. Erano anni che portava avanti una battaglia assolutamente alla pari con quei mostri ed era ben conscio che avrebbe avuto bisogno dell'aiuto degli altri vichinghi per vincere. Già una volta l'avevano cacciato, ma era sicuro che, proponendosi per supportarli contro gli scoti, avrebbe potuto dimostrare il suo potenziale bellico e guadagnare così la loro alleanza, o almeno metterli in condizione di dovergli un favore, condizione che lui avrebbe sfruttato in maniera ben oculata.
La delusione di scoprire che l'Immenso non era cambiato, anzi, che era diventato ancora più ottuso dall'ultima volta che si erano incontrati, aveva ferito le sue buone intenzioni e il suo orgoglio. Quando gli aveva fatto la sua proposta, Stoik l'aveva guardato come se fosse completamente pazzo, dicendo che, se già anni prima aveva rifiutato di utilizzare i draghi come arma da battaglia, a maggior ragione adesso che un drago aveva rapito il suo marmocchio e mandato fuori di testa “la migliore delle sue reclute” non avrebbe mai accettato una richiesta così incosciente e pericolosa. Tutto quello che quell'idiota sapeva dei draghi era che erano difficilmente controllabili, una catastrofe pronta a esplodere e a fare più danni di quanti lui gli assicurava che avrebbero evitato. Non comprendeva il loro potenziale bellico e lui, Drago Bludvist, in quanto vichingo, era deluso che un grande capo dei suoi potesse essere così limitato.
Aveva perciò deciso di dimostrargli il suo valore non combattendo con lui, ma contro di lui. L'avrebbe spinto sull'orlo del baratro e si sarebbe ripresentato una terza volta al suo campo, per farsi pregare di aiutarli, o di risparmiarli, e allora avrebbe schiacciato l'Immenso sotto la sua potenza, portandolo a dipendere da lui e dal suo potenziale armato.
Era sicuro che gli scoti avrebbero accettato la sua alleanza. Avevano attaccato nell'Opplandene ed erano stati spinti indietro, sulle loro coste, erano in difficoltà. Se avessero voluto non vincere, ma almeno proteggere le loro case e le loro genti avrebbero dovuto affidarsi ad un dono dal cielo qual era lui. Sapeva quali storie spaventose sui vichinghi mangiatori di uomini, distruttori di villaggi, razziatori, giravano per i campi nemici in tempi di guerra. Voleva far leva sul quel terrore, voleva essere accolto e prendere parte a quella guerra. Voleva approfittarne e giocare le sue carte.
Quello che non aveva previsto, era il rifiuto anche da parte di re Fergus. Non aveva previsto che entrambi i re, nonostante la paura che sicuramente provavano dei loro nemici, di quella situazione degenerata, per i loro uomini e per le loro famiglie, erano stati in grado di controllare quel terrore e ragionare a mente fredda e con onore.
A questo punto... tanto valeva combattere da solo. Il che voleva dire... creare il suo proprio fronte di battaglia.
Fergus lo osservò allontanarsi pesantemente verso il mare. Con un gesto chiamò gli altri capi: -Rimandate i vostri figli al castello, con le reclute più giovani. Se continueremo a retrocedere in questo modo, voglio che loro siano la nostra ultima linea di difesa, che proteggano la regina e i principini.-
I tre uomini annuirono e si diressero verso le loro tende, per diramare le nuove istruzioni.

La notizia giunse inaspettata, una sera in cui Hiccup, Merida e Rapunzel contemplavano le stelle seduti l'uno accanto all'altra sul davanzale.
Jack era praticamente precipitato dentro la torre, cogliendoli di sorpresa, e la sua espressione spaesata aveva presagito un brutto colpo.
Ora lo spirito, accovacciato sulla mensola del caminetto, il bastone in spalla, taceva osservando i suoi amici. Hiccup si era lasciato cadere per terra, accanto a Sdentato, e intontito fissava il vuoto. Rapunzel sedeva in un angolo, gli occhi sbarrati e pieni di lacrime, a cui però non permetteva di scorrere. Merida aveva afferrato una spada e camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza, agitandola e imprecando senza posa: -...maledetto MacIntosh. È stato lui, con la sua incredibile ottusità. Dovevamo pensarci, miseriaccia!
-Ma com'è possibile che non ci arrivino?! Si fidano di quello che quello stupido ha detto loro, quando è evidente che si sbaglia?...-
-A quanto pare non è poi così “evidente”.- replicò amaramente Hiccup con un filo di voce.
-Non importa! Si ammazzeranno a vicenda per una bugia! Tuo padre, mio padre, i quattro clan, i tuoi amici...- gli occhi di Merida si fecero progressivamente più lucidi -...Dobbiamo assolutamente fermarli. Dobbiamo fare qualcosa!- concluse quasi urlando.
Hiccup alzò gli occhi: -Cosa proporresti, allora?- ma temeva già la risposta.
Merida aprì la bocca per formulare i pensiero che si era insinuato nella testa di tutti, ma non uscì nulla. Rimase ferma, singhiozzando, al centro della stanza, le braccia abbandonate lungo i fianchi, la spada abbassata. Si riscosse quando i ragazzo allungò la mano per abbracciare il collo di Sdentato: -Dobbiamo rientrare.-
A quelle parole, Hiccup si fece serio e si alzò in piedi, mentre Rapunzel chiuse gli occhi con dolore.
-Metteremmo Sdentato in pericolo.-
-Non dobbiamo per forza presentarci a tuo padre con lui. E, se lo scoprissero, comunque lo difenderemmo. Insieme.-
-D'accordo.- Hiccup cominciò a maneggiare nervosamente i suoi strumenti: -A... a... allora dobbiamo organizzarci. Io... io mi occupo della sella e degli attrezzi e tu delle provviste, E Rapunzel...-
Merida però gli poggiò la mano sul braccio: -Domattina.- implorò solamente.
Il ragazzo abbassò la testa in un muto cenno d'assenso. Poi si riscosse e si andò a inginocchiare davanti allo sguardo basso di Rapunzel: -Mi dispiace...- sussurrò -...dovremo rimandare il nostro viaggio.-
Lei deglutì prima di prendere la parola: -Non importa.- disse con voce strozzata -Questo è più urgente.-
Merida, invece, alzò lo sguardo: -Jack... grazie per avercelo detto.-
Lo spirito si sforzò di sorriderle.
Quando Rapunzel e Merida andarono a dormire, Hiccup era ancora intento a sistemare la sua roba alla luce delle candele.
-Quindi... uh... suppongo verrai con noi?-
Jack fece spallucce, dall'alto della sua trave: -Certo. Non posso mica abbandonarvi in mezzo al pericolo.-
Quelle parole suscitarono a Hiccup un sorriso tirato: -Posso chiederti un favore, allora?-
-Ovviamente.-
Il ragazzo si fermò: -Se dovesse succedermi... Se le cose non dovessero andare bene... Ti potresti assicurare tu che non facciano del male a Sdentato?-
Jack calò dolcemente accanto a lui: -Ovviamente.- ripeté.

In camera delle ragazze, Rapunzel e Merida giacevano rannicchiate nel lettone, dandosi le spalle.
Rapunzel sussurrò nel buio: -Merida... Merida. Sei ancora sveglia?-
-Sì.-
-Io non verrò con voi, domani.-
Merida non rispose. Sentì freddo. Si rannicchiò, se possibile, ancora di più.

L'alba li trovò già tutti in piedi. Rapunzel impacchettava lentamente delle provviste, completamente persa nei suoi pensieri. Hiccup assicurava la doppia sella che aveva appena progettato, già fasciato nella sua uniforme in cuoio. Merida si legava la cintura della spada e della faretra in vita e si infilava l'arco in spalla., borbottando.
-Mi mancherà dover scavalcare i tuoi capelli tutte le volte che devo andare in bagno la notte.- scherzò dopo un po'.
Rapunzel sorrise stancamente.
-Sei sicura di voler restare qui? Eppure mi sembravi così impaziente di partire...- provò ad insistere Hiccup.
-Voi state tornando a casa vostra, Hic. Ad impedire una guerra. Non è la stessa cosa.- Rapunzel gli porse la borsa -Ci ho riflettuto tutta la notte: non sono pronta per questo. Ho ancora delle cose da fare, qui.-
-Ti riferisci alle lanterne?-
Rapunzel non rispose.
Hiccup contemplò la sua espressione assorta per un po': -Capisco.- disse infine -Allora... potresti riferire tu, in bottega? Ti lascio un biglietto da recapitar loro.- si chinò sul tavolo per scrivere.
-Lo farò volentieri.- Rapunzel intanto abbracciò forte Sdentato e Merida, che la serrò con uguale affetto, per poi fare altrettanto con Hiccup -...mi mancherete...-
Jack, che fino a quel momento di era tolto d'intralcio stando a cavalcioni sulle travi del soffitto, atterrò di fronte a lei: -Vieni con noi, Rapunzel. Non voglio lasciarti qui dentro da sola... di nuovo.-
-Non sono sola... c'è Pascal, con me. Non preoccuparti.-
-Jack, noi siamo pronti.- chiamò Hiccup dalla sella. Merida era già montata dietro di lui.
-A... arrivo.- Jack voltò un secondo la testa, poi tornò a guardare Rapunzel: -Vado ad assicurarmi che non si facciano male, non ci vorrà molto. Tornerò subito qui.-
Rapunzel sorrise e gli accarezzò la guancia: -Non temere, sono diventata grande, ormai.-
Lo spirito ricambiò il sorriso e scivolò fuori accanto a Sdentato.
-Torneremo appena possibile!- gridò Hiccup prima di dirigere il drago verso il cielo.
-Tornerò presto.- promise Jack, prima di seguirlo.
Ma, per la prima volta in vita sua, Rapunzel sentì di dubitare di quella promessa: un bizzarro senso di vuoto le serrò lo stomaco mentre lo guardava volare via, come ci fosse qualcosa si sbagliato in tutto quello che stava succedendo.
Bastò un battito d'ali, e in pochi istanti la torre fu vuota intorno a lei.

 


Angolino dell'autrice
Questa volta molto veloce: un semplice appunto sull'apparizione di Drago Bludvist in questa fanfiction.
La regola che mi ero imposta per questa storia era di prendere in considerazione solo il primo film dei grandi quattro e questo discorso si applica in particolare a Dragon Trainer, l'unico che abbia avuto un seguito in lungometraggio. Per cui scordatevi Valka, lo dico subito, e anche Hiccup, come si è visto, si sviluppa differenetente rispetto all'originale. La sola eccezione è Drago Bludvist e il motivo di questa scelta si chiarirà più avanti... non mi sbilancio troppo!
A presto e grazie a tutti quelli che mi seguono ancora!!
Nike
 

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Capitolo 16
*** tBF3 ***


La città di Corona non le era mai sembrata così estranea. L'aveva già vista addobbata per il Carnevale, e quindi difficilmente avrebbe potuto pensarla più sfarzosa. E invece... le strade erano affollate di gente vestita a festa, ogni balcone e ogni finestra era rinverdito di fiori mentre nastri e bandiere vibravano e volteggiavano al vento lieve della giornata. In ogni vicolo si sentivano musiche e canti, e si vedevano balli festosi.
Rapunzel avanzava silenziosa in tutta quella fanfara, stretta nel suo lutto simbolico. Avrebbe dovuto essere lì assieme a loro. Questo pensiero le artigliava il cuore in una morsa gelida che le piegava le sopracciglia e la bocca in una smorfia triste e nostalgica: mai, neppure quando quell'altra la abbandonava per giorni, aveva mai sofferto tanto la solitudine.
La gente le sfilava accanto presa dalla gioia e dalle danze. La musica che lei non ascoltava la tagliava fuori da ogni discorso e ogni attenzione. A capo chino, camminava lentamente per le strade e, con ancora tutto il pomeriggio davanti, aspettava.
Arrivò quasi soprappensiero al pozzo dove Hiccup, fino a pochi giorni prima, andava regolarmente a prendere l'acqua per i garzoni del fabbro. Quando mise piede nella piazzola, si aspettava quasi di vederlo lì in piedi, sorridente, che la rassicurava che ormai da lui era tutto finito, che erano tornati e sarebbero stati insieme per sempre. Ma non c'era. Rapunzel raggiunse il pozzo a piccoli passi, per sedersi sul bordo, appoggiarsi ad uno dei due pali di legno e cominciare a singhiozzare. Non era così ce se l'era immaginato. Non doveva essere lì da sola, nella sua testa: quella sera avrebbe dovuto essere l'inaugurazione della loro nuova vita di viaggiatori!
Pascal si accostò lentamente al suo volto e con un gesto di conforto le sfiorò il mento.
Lei si sforzò di sorridergli, sotto il cappuccio scuro, e si fece forza. Non doveva piangere. Stava per realizzare il suo grande sogno. Doveva esserne felice. Ma allora perché si sentiva così vuota...?
Non volendo mettersi in condizione di deprimersi ulteriormente, scivolò a terra e ricominciò a vagare per i vicoli e le strade della città.
Quando tornò nelle vie più affollate, un bambino le offrì una bandierina del sole giallo in campo viola. Lei rifiutò, scusandosi con un sorriso. Fu alzando lo sguardo che vide qualcosa che le fece correre la mano alla sua fidata padella, saldamente agganciata alla cintura sotto il mantello: una signora, sicuramente benestante, visti i gioielli che ostentava e la corporatura non indifferente, vestita di un abbondante abito rosa antico, i rossi capelli raccolti in uno chignon decorato, chiacchierava amabilmente con un capitano di vascello, a giudicare dall'uniforme in cui era stretta la sua corporatura alta e ossuta. L'uomo avanzava guardando la strada attraverso il monocolo in bilico sui suoi baffoni candidi e arricciati, la pelata appuntita che luccicava sotto il sole del pomeriggio. Distratti dalle loro moine, non si accorgevano che, dietro di loro, un giovane allungava la mano verso il diadema di brillanti della dama. Alto, dalle spalle larghe e robuste, aveva gli occhi coperti dai capelli castani, ma la sua bocca era serrata in una smorfia di concentrazione.
Senza che Rapunzel avesse il tempo di fare alcunché, il ragazzo aveva già sgraffignato l'oggetto ed era sgattaiolato lontano. Per senso di giustizia, Rapunzel lanciò uno sguardo d'intesa a Pascal, e si mise sulle sue tracce.
Lo trovò in un vicoletto poco lontano, intento a studiare il maltolto. Assumendo lo sguardo più serio possibile, si appropinquò: -Dovresti rendere quell'oggetto, per favore.-
Il giovane alzò lo sguardo su di lei, basito: -Prego?-
-Ti ho visto. Quel diadema non ti appartiene. Dovresti restituirlo.- ripeté lei con tono altalenante. Sotto il mantello, le sue dita si strinsero attorno al manico della padella.
-Ohi, ohi, ohi, mi sa che non hai proprio capito il principio del furto, tu.- ridacchiò lui, alzandosi dal muro su cui si era appoggiato -E poi io non prendo ordini da uno che non mostra neppure il suo volto.-
Quelle parole la punsero nel vivo. Con un gesto fluido, Rapunzel si portò la sinistra al cappuccio e si scoprì.
Il ragazzo colse il movimento e guardò. Seguì un momento di silenzio: il giovane fissava il volto di Rapunzel, circondato della luce della strada principale, con occhi progressivamente più spalancati e mandibola a penzoloni.
Lei incrociò le braccia, la padella sempre in mano: -Adesso devi rendere quel diadema.-
Ma lui non si mosse, si schiarì la voce, poi sfoderò il suo sorriso più seducente: -Ehi, ciao.- Si appoggiò con la mano alla parete, l'altra al fianco, e incrociò le caviglie: -Da quando una biondina come te va in giro da sola per le strade di una città così grande?-
-Non cambiare discorso.-
Lui non perse il sorriso accondiscendente: -Se no che fai?-
SDENG!

Quando il ragazzo si riprese, era seduto contro il muro. Sentì qualcosa di umido e con uno scatto disgustato scacciò Pascal, che l'aveva svegliato infilandogli la lingua nell'orecchio.
-Ah! Ma è orribile!- esclamò oltraggiato, sfregandoselo.
-Ora mi prenderai sul serio.- la ragazza era seduta di fronte a lui, le gambe incrociate
-Sì... sì, sì. Ascolta, biondina...-
-Rapunzel.-
Lui la squadrò perplesso: -Rapunzel. Sì. Forse siamo... ehi, aspetta! Dov'è...-
-...il diadema? Ce l'ho io qui. Devi restituirlo.-
Il ragazzo la fissò incredulo: -Come? Me l'hai preso e non sei andata a renderglielo?-
-È una cosa che devi fare tu.- s'impuntò lei.
Lui sospirò, poi annuì, con un'espressione seria: -Sì... sì, hai ragione.-
-Davvero?-
-Ma certo! È una festa importante, come ho potuto approfittarne così?- il giovane si alzò in piedi e tese la mano.
Rapunzel tirò fuori il diadema, incredula: -Perfetto, andiamo...- ma non fece in tempo a finire la frase che lui aveva già afferrato il gioiello ed era corso alla fine del vicolo.
-Sei troppo ingenua, biondina!- urlò, prima di sparire nella folla.
-Cosa? No!- urlò lei, correndogli dietro. Inutile: era già svanito nel nulla.
Scocciata, Rapunzel si lisciò la gonna viola e gialla che si era confezionata per l'occasione e riprese a camminare con passo lungo e deciso.
Quell'episodio l'aveva depressa ancora di più: quando Merida e Hiccup avevano deciso di partire, l'avevano fatto armati delle loro convinzioni, delle loro spade e del loro carattere carismatico. Non c'erano dubbi sul fatto che sarebbero sopravvissuti tranquillamente e avrebbero portato a compimento con successo e facilità la loro missione. Quello che l'aveva bloccata di più, quando aveva deciso di non seguirli, era proprio il fatto che lei, invece, sarebbe stata solo un peso: non conosceva nessuno di quelle isole lontane, avrebbe combattuto delle guerre a cui non era preparata solo per loro due, o peggio: sarebbe stata esclusa dal campo di battaglia, proprio perché estranea. Non sarebbe stata in grado di usare altre armi che la sua padella, nonostante le lezioni e i consigli di Merida non era in grado di utilizzare una lama affilata contro un altro essere umano. E non avrebbe neppure avuto il carattere per imporsi in due popoli chiaramente coesi e uniti. Sarebbe stata la terza incomoda di una guerra che non la concerneva. Questa era la verità.
Riflettendo su questi cupi pensieri, non si era resa conto di essersi allontanata troppo dalla festa. Il quartiere buio e labirintico in cui si ritrovò all'improvviso le fece venire i brividi lungo la schiena. Ormai il sole stava calando: doveva tornare velocemente sotto al castello per non perdersi la liberazione delle lanterne.
Rapidamente fece dietro-front, ma andò a sbattere contro un uomo che le si era parato sulla strada: alto, rosso e dalle spesse basette, gonfiò i muscoli delle braccia mentre le chiedeva, d'un sorriso affabile: -Ma tu guarda... Ti sei persa?-
Rapunzel sentì ridacchiare, e dietro di lui vide comparire un'altra persona. Probabilmente suo fratello gemello, ma questo era senza basette, aveva una vistosa cicatrice sulla guancia e una benda nera sull'occhio. Lei indietreggiò: -Per favore, vorrei passare... devo tornare al castello.-
-Al castello?- l'uomo parlava lentamente, scandendo le parole. Allungò la mano a sfiorarle il viso, con un ghigno assolutamente poco raccomandabile.
-Sì... al castello, sì.- Rapunzel estrasse la sua fedele padella.
-Oh, immagino... Visto come ti vesti sei sicuramente un ragazzina sangue blu. Non va bene che giri da sola per queste strade, lo sai? Vieni, ti riaccompagniamo.- i due uomini avanzavano senza perderla di vista.
-Veramente...- lei cercò una via di fuga ma non la trovò, quand'ecco che una voce interruppe la tragedia.
-Biondina, ecco dov'eri finita!- una mano spuntò dal nulla ad abbracciarle le spalle, e il brunetto di poco prima gonfiò il petto con un sorriso seducente davanti ai due criminali: -Mi spiace ragazzi, lei è con me.-
I due si scambiarono uno sguardo scettico, per poi ripetere: -Con te?-
-Sì. Lei è... mia cugina. L'ho portata a vedere la festa e nella folla ci siamo persi. Adesso l'ho ritrovata e la riporto indietro. Grazie per esservi occupati di lei. Ci vediamo!- e con un saluto un po' nervoso la trascinò via.
I due si limitarono a osservarli girare l'angolo, poi sparirono nelle ombre.
Quando furono abbastanza lontani, Rapunzel e il ragazzo si fermarono a riprendere fiato.
-Già quando te la sei presa con me mi sei sembrata pazza, ma andare a fare la predica anche ai fratelli Stabbington è proprio incoscienza, biondina.- esalò lui dopo un po'.
-Non... non stavo facendo loro la predica.- Rapunzel si lasciò scivolare lungo il muro fino a sedersi per terra -Mi ero persa.-
-L'ho notato. Tu non sei della zona, vero?-
-No, sì... è complicato.- lei si coprì il volto con le mani.
Il ragazzo la osservò perplesso per qualche secondo, poi si sedette accanto a lei: -Sei venuta in città per vedere le lanterne?-
-Sì.- tirò su col naso -è il sogno della mia vita.-
-Vedere per l'ennesima volta delle lanterne dopo una giornata passata fra la folla ad annoiarti? Dev'essere una cosa davvero importante.- scherzò lui, ma l'espressione triste della ragazza gli bloccò la risata in gola. Così si schiarì la voce e riprese: -E sei venuta da sola?-
-Non sono sola... c'è Pascal.-
-La rana?-
-Camaleonte.-
-È lo stesso. No, intendo... Con qualcun altro. Che ne so... famiglia... amici...- allo sguardo depresso dell'altra cambiò di nuovo precipitosamente rotta -o con nessuno... ma sì, perché no, giornatina tranquilla, hai tempo di riflettere sulle grandi domande della vita, poi fare tutto quello che ti pare, pazzie nei vicoli, cibo a volontà, nuove conoscenze...-
-Come te?-
Lui sorrise: -Come me.-
Rapunzel sollevò lo sguardo e contemplò la folla intorno a loro -Non mi hai ancora detto come ti chiami.-
-Flynn. Flynn Rider, sempre disposto ad aiutare le donzelle in pericolo.-
A quella presentazione, finalmente, Rapunzel si sciolse in una breve risata -Grazie per aver aiutato la donzella in pericolo, allora. Pensi di andarle a vedere anche tu, le lanterne?-
-In realtà non saprei...- Flynn alzò le spalle -Avevo altri programmi per la serata.-
-Come derubare qualche altra nobildonna?-
-Touché.- il ragazzo si tirò in piedi e le porse la mano: -Ma in fondo... perché no? Dai, andiamo, è quasi ora.-
Rapunzel la prese e si alzò a sua volta con un sorriso.
Quella sera, come tutti gli anni, per evitare l'eccessivo aumento di furti e simili l'esercito reale aveva dispiegato tutti i suoi migliori soldati (e cavalli) per le strade di Corona. Si trattava di passeggiare fra la gente, facendo il bravo e facendosi ammirare da tutti i viaggiatori che venivano apposta in città, per pescare i quattro soliti furbacchioni con le mani nel sacco. Maximus adorava quella ricorrenza. In preda alla noia, vagava con lo sguardo da una persona all'altra. C'era sempre il solito pubblico: uomini del popolo che portavano in gita la loro numerosissima famiglia, con figli esagitati e mogli incinte, bambini che correvano liberi fra le gambe degli adulti, abbandonando i loro genitori al lavoro nelle botteghe che, per l'occasione, restavano aperte fino a tardi, nobili ingessati che sembravano burattini arrugginiti in una posizione da cui non si muovevamo praticamente mai. Forse solo il collo, ogni tanto, per squadrare il loro interlocutore.
Poi, fra due cappelli, Max scorse un rapido movimento: in lontananza, uno accanto all'altra, c'erano la ragazzina del bosco e il rinomato bandito Flynn Rider, suo acerrimo nemico. Cosa ci facesse una così dolce pulzella con un tale buzzurro, lui proprio non se lo immaginava. Perplesso, avanzò di qualche passo per seguirli con lo sguardo ancora per qualche metro: se quello scavezzacollo aveva intenzione di portarsela dietro nelle sue scorribande, era suo dovere intervenire e salvarla dal perdere la retta via. Se, invece, lei fosse riuscita a far rimettere la testa a posto a quell'infingardo, allora sarebbe stato disposto a chiudere un occhio. Li osservò mentre si allontanavano, poi con un sospiro riprese la sua tediosa ronda.
-Sai, ho l'impressione che ci siamo già incontrati, da qualche parte.- riprese dopo un certo tempo Flynn.
-Ah... non saprei... non giro molto per la città.- Rapunzel si cercò una ciocca, che però era stretta nella treccia.
-Sì, immagino: è complicato.- il ragazzo ridacchiò -Però sai, una pettinatura come la tua è difficile da dissimulare, e da dimenticare.-
Rapunzel allora prese un attimo per riflettere: l'ultima volta che era stata a Corona e aveva avuto un contatto diretto con qualcuno, era stato a Carnevale. Con cautela alzò lo sguardo sul giovane alto e bruno accanto a lei: -Ah.-
-Anche quella volta eri venuta da sola?-
-Sì... cioè, no.-
-È complicato.-
-Smettila di ripeterlo.- si schernì lei sorridendo a disagio.
-Be', non saprei cos'altro potresti rispondere.-
-Ti interessa davvero?-
Flynn ciondolò un po', prima di rispondere: -In genere non mi interesso ai retroscena altrui, ma ammetto che continuando ad essere così vaga non posso che trovarti misteriosa, biondina.-
Rapunzel si strinse nelle spalle, sempre sorridendo, quando un'ombra attirò la sua attenzione: -Flynn...- chiamò, improvvisamente in guardia.
-Sono loro.- Flynn guardò nella direzione da lei indicata: -I fratelli Stabbington. Dobbiamo andare via.- le prese la mano e cambiò improvvisamente traiettoria. Inizialmente comminò rapido, poi prese a correre.
Rapunzel gli stette dietro come meglio poteva, impacciata nella sua gonna. Girarono per strade affollate e vicoli, complicando il loro percorso il più possibile. Mentre cercavano di seminarli, si resero conto che la folla fluiva placidamente verso il castello e le barche, nel buio crescente della sera.
-Oh, no! Ci perderemo le lanterne!- realizzò con un filo di voce.
Flynn la guardò con la coda dell'occhio, poi si infilò senza dire una parola in quello che era palesemente un vicolo cieco.
-Ehm... Flynn?-
Lui saltò su un paio di casse impilate accanto ad un muro e si voltò a farle segno: -Vieni!-
-Sei sicuro?-
-Certo! Ti fidi di me?- si chinò leggermente e le porse la mano.
Lei lo osservò esitante, poi la prese e si fece aiutare a salire. Flynn si arrampicò davanti a lei, mostrandole il percorso più semplice da seguire con l'impedimento della sua gonna: -Coraggio biondina! Ancora uno sforzo, siamo quasi arrivati.- Ma Flynn non la conosceva, e non si aspettava quindi certo di arrivare in cima al muro e trovarsela davanti ad attenderlo, la padella in mano, le braccia incrociate e lo sguardo soddisfatto.
-Dicevi?-
Lui rimase senza parole per un momento, poi sorrise: -Va bene, lo ammetto, sono impressionato.-
Rapunzel fece un'espressione contenta: -E adesso da che parte?-
Il ragazzo percorse il muro fino al tetto più vicino: -Per di qua.-
Salirono fino in cima e si sedettero uno accanto all'altra, sotto il pilone di una bandiera che sventolava all'angolo del tetto.
-E solo stasera, spettacolo in prima fila per la signorina!- esclamò lui, allargando le braccia sul mare di tetti introno a loro.
Rapunzel rise con lui, poi però il suo sguardo si rattristò di nuovo. Sospirò.
Flynn la osservò per un po', poi mormorò: -Immagino. È complicato.- lei alzò gli occhioni lucidi verso di lui, che riprese: -Scusa, mi è scappato. Non devi parlarne per forza, se non te la senti.-
Lei tornò a vagare con lo sguardo fra i vicoli in penombra della città: -Flynn, ti è mai capitato di sentirti... abbandonato?-
-Ohi ohi ohi, temo di non poterti rispondere: non fornisco retroscena. Però... sì, ogni tanto è capitato anche a me. Sei stata abbandonata?-
Rapunzel scosse la testa: -Dovevo partire con degli amici. Quella di oggi era l'ultima sera a Corona, per vedere le lanterne.-
-Il sogno di tutta la tua vita.-
-Già.-
-E cos'è successo?-
-Loro... non hanno potuto. Sono dovuti partire prima.-
-E non ti hanno voluta?-
-No, al contrario! Volevano a tutti i costi che andassi con loro.-
-E quindi sei tu che non hai voluto? Perché?-
-Le lanterne rappresentano tantissimo, per me. Dovevamo venire a vederle assieme. E io non ho voluto andare con loro per questo, e anche se so che non è colpa loro, che se fosse stato per loro non l'avrebbero fatto, non posso non sentirmi... abbandonata. Ma loro dovevano tornare a casa dalle loro famiglie, era urgente, e...- e scoppiò in singhiozzi.
Flynn la lasciò sfogare per un po', poi chiese con delicatezza: -E non li puoi raggiungere, dopo?-
Rapunzel tirò su col naso: -Io... non lo so.-
Il quel momento, il vento cambiò e la bandiera girò scoprendo il castello. Nel cielo nero, si alzava lenta una lanterna. Nel momento in cui la vide, Rapunzel saltò in piedi e si precipitò ad attaccarsi col braccio al palo dietro di lei, per calarsi nel vuoto e osservare lo spettacolo con i grandi occhioni sbarrati e lucidi.
Flynn, che era stato quasi scaraventato indietro dall'impeto della ragazza, si rialzò in un mulinare di piedi e mani, e accanto a Pascal osservò lo spettacolo: dalla piazza sotto il palazzo, e poi giù per tutte le vie, migliaia di lanterne vennero accese l'una dopo l'altra e lasciate librarsi nel cielo. Rapunzel si immergeva in quella magia con tutta se stessa: le lanterne avevano raggiunto la cima dell'edificio ed ora la circondavano, in alto, in basso, e volteggiavano leggere attorno al suo corpo sottile e minuto, la cui gonna si piegava ritmicamente ai movimenti d'aria. La luce calda dei fuochi accendeva i suoi colori, e il biondo dei suoi capelli e i riflessi dei ricami la facevano brillare solitaria lassù, in mezzo al cielo.
Il ragazzo trattenne il respiro, temendo quasi di rovinare quell'istante, che passò e nella sua transitorietà ne sentì tutta la bellezza, effimera, è vero, ma intensa e delicata.
Quando le ultime lanterne si diradarono, Rapunzel si voltò verso di lui: la passione le bruciava lo sguardo e una nuova fiamma le donava un'espressione decisa: -Sì, li raggiungerò, dopo.-
Il ragazzo si riscosse a quelle parole inaspettate: -Come... come?-
-Flynn, devo chiederti un favore.-
-Ti ascolto.-
-Tu sei un ladro, giusto?-
Il ragazzo scambiò con Pascal uno sguardo titubante: -Sì...?-

Quella sera, come tutti gli anni, per evitare l'eccessivo aumento di furti e simili l'esercito reale aveva dispiegato tutti i suoi migliori soldati (e cavalli) per le strade di Corona. A quell'ora i militari non erano ancora rientrati, per cui la sorveglianza era ridotta al minimo alle entrate secondarie. Max lo sapeva. Appena erano tornati, lui e il capitano, lui si era diretto di sua iniziativa nei cortili del retro del castello, per prevenire qualsiasi tentativo di evasione dalle segrete.
Fu così che vide la prima delle guardie aggredite. Improvvisamente sul chi-va-là, il cavallo si avvicinò ad esaminare il corpo. Non c'erano segni di lesioni, ma un gran bernoccolo dimostrava che era stato colpito da qualcosa di piatto, in metallo. Un clangore improvviso gli fece alzare lo sguardo verso la porta, rimasta socchiusa accanto ad un'altra guardia svenuta: incredibilmente, l'aggressore (o gli aggressori) non stava cercando di uscire, ma di entrare. Colto dalla curiosità, Max non diede subito l'allarme, e si introdusse cautamente nelle segrete.

Flynn osservava perplesso lo stile di combattimento di Rapunzel. Lui gliel'aveva detto, quando si erano avvicinati all'ingresso, che difficilmente alle tre di notte i soldati di guardia avrebbero creduto che lei non era lì per scopi criminali. Lui gliel'aveva detto, che avrebbero dovuto difendersi da eventuali reazioni. Ma lei non l'aveva voluto ascoltare. Adesso avanzava in mezzo alle celle brandendo la sua fidata padella, accoppando tutte le guardie che reagivano male quando lei iniziava: -No, mi ascolti, la prego...-
Dopo er mavesso a dormire l'ennesimo poveretto, il ragazzo le si affiancò: -Mi ricordi perché ti sto aiutando?-
-Devo incontrare una persona.-
-Sì, ma non vedo perché tu non abbia potuto aspettare domani per chiedere un colloquio.-
-L'ultima volta che sono stata al castello ho... avuto dei problemi con i soldati.-
-Cosa?!- Flynn spostò lo sguardo su Pascal che, dalla spalla della sua amica, annuì con un sorriso tranquillo.
-E anche perché dubito che riuscirei a farla parlare come si deve, in presenza delle guardie.-
-Far parlare chi?-
-Lei.- Rapunzel si fermò nella penombra: un vestito rosso sbiadito e stracciato, i capelli crespi e bianchi, la pelle traslucida su vene nere e contorte. Una donna dall'espressione arcigna, il volto solcato da profonde rughe cattive intorno ad occhi grigi impalliditi dall'età: il corpo ossuto si mosse alle loro parole, una voce gracchiante ne fuoriuscì velenosa: -Sapevo che prima o poi saresti venuta da me. Avvicinati, fiorellino, lasciati guardare.- Madre Gothel si tirò faticosamente a sedere, e allungò la sua mano nodosa al di là delle sbarre, verso Rapunzel, con un sorriso di vittoria.

 




Angolino dell'autrice:
Capitolo completamente dedicato a Rapunzel. Pensavo sarebbe stato noioso da scrivere, con una sola dei grandi quattro, e invece si è rivelato estremamente interessante!
Molti mi hanno chiesto se Flynn sarebbe apparso nella storia ed ecco la risposta: sì! Non è particolarmente attivo ma la sua presenza gioca un ruolo fondamentale, da qui in poi: vedrete. Ho deciso di cambiare completamente la scena delle lanterne, anche a costo di renderla meno magica che nell'originale, per non toccare neanche da lontano proprio la scena originale: non è possibile rendere a parole ciò che quelle immagini rendono in maniera così poetica. Inoltre ho dovuto ridurre in una sera sola la fiducia e l'intesa che nel film si sviluppano su tre giorni e molte avventure in più, ma quello non è il fulcro del capitolo.
Il fulcro è l'evoluzione di Rapunzel, che da prigioniera di sua madre diventa dipendente dai suoi amici, per liberarsi ora da questa stessa dipendenza. E a proposito di sua madre: sorpresa! Rapunzel è andata a cercarla! E ora, che cosa succederà? To be continued...
A presto!
Nike

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Capitolo 17
*** tBF4 ***


Al contrario di quello che si può immaginare, le prigioni di Corona non sono umide. Non sono piccole, né sovraffollate di omaccioni che guardano in cagnesco le guardie dalla faccia dura e senza pietà. Le prigioni di Corona, in realtà, sono ampie e ben tenute, con abbastanza lettini per tutti e le guardie portano ad ogni carcerato il minimo che si debba portare ad un essere umano: rispetto.In quelle prigioni Madre Gothel era stata portata quasi un anno prima, dopo una rocambolesca fuga da soldati a cavallo finita male. Aveva provato a difendersi a parole, ma a quanto pare quegli uomini avevano sentito i suoi deliri di immortalità e avevano deciso di trovarsi davanti ad una strega pericolosissima, per cui non avevano dato ascolto a nessuna delle sue evidenze. Inoltre, l'astinenza dal potere di Rapunzel aveva provocato un invecchiamento accelerato che l'aveva trasformata, agli occhi dei suoi carcerieri, effettivamente nella strega che erano convinti di aver catturato. C'erano state addirittura voci che la volevano condannata a morte, ma la sua sempre maggiore immobilità le aveva spente in poco tempo. Madre Gothel si stava progressivamente fermando, condannandosi ad una vecchiaia di passività, preda di tutti i mali che lei aveva sempre evitato con orrore, nel suo inseguimento disperato dell'eterna giovinezza.
-Vieni qui, Rapunzel. Osserva che cosa hai fatto. Come hai ridotto tua madre.-
Flynn rabbrividì a quelle parole, e guardò Rapunzel. Adesso capiva perché non amava parlare della sua famiglia.
-Tu non sei mia madre.- rispose invece la ragazza, secca.
Flynn deglutì. Ahia, qui le cose si facevano già complicate, e si erano appena incontrate.
La donna intanto osservava interdetta Rapunzel, cercando di interpretare il suo sguardo, capire la sua espressione, utilizzare il suo stato d'animo. Quello che vide non le piacque per niente: la ragazza che era davanti a lei non presentava più l'insicurezza che le aveva inculcato sin dalla più tenera età. Teneva il peso su entrambe le gambe, nel suo abito palesemente cucito in casa, le mani erano lungo i fianchi e immobili, così come lo sguardo, che non tremava né si abbassava. Sotto il mantello, i suoi capelli erano pietosamente stretti in una treccia fiorita e incorniciavano con cura il volto, inaspettatamente tanto cambiato in così poco tempo: era più chiaro, leggermente più allungato, e schifosamente più... luminoso.
-Non sono tua madre, dici?- chiese dopo un istante -Perché, tu pensi di sapere cosa voglia dire essere una madre?-
-Non mi prenderai più in giro, madre.-
-Ma non mi hai risposto.-
-No, non lo so cosa voglia dire essere una madre, ma ne sono sicura: non così.-
-Così come, sciocca ragazzina? In fondo non mi pare di averti mai fatto mancare niente: ti ho accudito, educato, ti ho dato il latte notte e giorno quando eri neonata e ti ho sempre lavata, vestita, ti ho preparato i tuoi piatti preferiti e ti ho procurato tutto quello che mi chiedevi. Non è forse il compito di una madre, questo?-
Rapunzel non rispose, senza parole. Col cuore in gola, si rese conto che, in fin dei conti, il rapporto fra loro due non era cambiato, e questo non le andò giù: -Tu hai fatto tutto questo per tenermi tranquilla. Ma non mi hai mai dato quello di cui avevo davvero bisogno!-
-E di cosa avevi bisogno, se posso permettermi?-
-Di amore.-
Gothel scoppiò a ridere, una risata acuta e maligna: -Oh, Rapunzel, a quanto pare non sei cambiata per niente in questi mesi. Credi ancora in queste sciocchezze!-
-Non sono sciocchezze, mad... Gothel. Ma tu hai un cuore di pietra e non capirai mai cosa sia avere una famiglia. Una vera famiglia.-
-Può darsi, ma io ho molti più anni di quello che credi e so distinguere le idiozie dalla realtà. E la realtà è che sei la solita svampita, impreparata alla vita vera. Non saresti mai dovuta scappare da quella torre.-
Rapunzel la guardò dall'alto, con un misto di rabbia e pietà: -Quando sono entrata in queste prigioni, mi dicevo che forse avrei dovuto perdonarti. È vero, mi hai trattato bene, potevi farmi molto più male. Ma adesso che ti vedo, mi rendo conto che... non posso. Non saprei come fare, perché tu non me lo lasci fare.-
-Perdonarmi, dici?- Gothel ebbe un'espressione di completo disprezzo -Non posso credere che tu ti sia intrufolata fin qui per una sciocchezza del genere. Perché sei venuta, Rapunzel? Cosa vuoi davvero ancora da me? Non ti basta vedere come mi hai ridotta?-
-Hai ragione, non è solo per questo che sono venuta qui.- la ragazza prese un profondo respiro, per continuare: -Tu mi hai davvero rapita, quando ero in fasce? Perché, chi sono io veramente?-
-I tuoi amici viaggiatori non ti hanno fornito tutte le risposte della tua vita?- replicò invece lei, tagliente.
-Rispondi.-
-“Rispondi”!- le fece il verso -Incredibile come tu abbia perso il rispetto che ti ho insegnato con tanta cura. Chi pensi di essere, con che diritto? Ma ti sei vista? Così goffa, così supponente, così... mediocre. Cosa credi di essere? Bella? Intelligente? Furba?-
Flynn la fissava sconvolto.
Rapunzel però non si scompose: -Piantala con queste cavolate. Per quelli che mi amano, nella mia imperfezione, io sono perfetta. E non basteranno le tue parole a farmi cambiare idea.-
Gothel scoppiò a ridere: -Perché, credi davvero che ci sia qualcuno che “ti ami”? Chiunque è disposto a trattarti bene, dopo aver scoperto del tuo potere.-
“Potere?” Flynn passò lo sguardo sulla schiena di Rapunzel, rigida nella sua collera.
E la ragazza replicò: -Sì, c'è. Tu... tu mi hai sempre sfruttato, ripensandoci me ne rendo conto chiaramente. Me lo hai chiesto così tante volte... E invece loro... loro no. Mai. Una volta sola. Forse due. E non l'hanno fatto per restare giovani per sempre.-
La reazione di Gothel fu improvvisa e violentissima, tanto da far allontanare Flynn e Rapunzel dalle sbarre, spaventati: -DAVVERO SEI RIMASTA UNA BAMBINA, RAPUNZEL! MA NON CAPISCI CHE SONO TUTTE PRESE IN GIRO? LORO NON MERITANO IL TUO POTERE, SOLO IO LO MERITO! SOLO IO, SOLO IO!-
E allora Rapunzel realizzò qualcosa, qualcosa che le mise addosso un'incredibile tristezza: Gothel, quella donna, non era mai davvero cresciuta. Aveva mascherato per anni il suo carattere infantile e viziato sotto un atteggiamento di donna di mondo, ma il suo egocentrismo, che ora con quella repentina vecchiaia aveva preso il sopravvento, faceva di lei qualcuno di... sì, qualcuno di infantile. E triste.
Rapunzel aveva sempre pensato fosse bello il fatto di restare giovani dentro, di non crescere mai. Ma c'era qualcosa, nella rivelazione bambinesca di Gothel, che subito non le tornava, ma che adesso stava lentamente venendo a galla: non c'è niente di male, in effetti, a mantenere vivo il fanciullino dentro di noi, si disse, ma non così. Quello non era il mantenimento dell'innocenza e della meraviglia fanciullesca. Quello era il rifiuto di un'evidenza che non si vuole accettare tipico dell'infantilità. Gothel non accettava il tempo che passava, non accettava il fatto di crescere ed invecchiare. Dipendeva nel suo capriccio dal suo potere, portandola a fare del male agli altri pur di ottenerlo. E quello era sbagliato.
Non c'è niente di male a crescere, purché ci si ricordi di essere stati bambini, perché crescendo alla meraviglia e all'innocenza si aggiunge un'autonomia che porta gli adulti a fare spazio, a guidare e a lasciare ai nuovi bambini la possibilità di godersi l'infanzia.
Rimettendo tutti i tasselli al loro posto, però, un brivido le corse lungo la schiena. I Guardiani erano i guardiani dell'infanzia. Solo i bambini potevano vederli. Ecco perché Gothel poteva ancora vederli, poteva ancora vedere l'Uomo Nero, nonostante la sua età avanzata.
Presa dal panico, Rapunzel scappò qualche metro più lontano, per appoggiare una mano al muro. Reggendosi così, china nel buio, cominciò a capire perché, quando Jack era partito, lei aveva sentito quel momento di malessere bizzarro.
Già in quel momento sapeva che c'era qualcosa che non andava, nel fatto che solo loro tre sembravano interagire con Jack, oltre ai bambini. E guardando Gothel, si rese conto che, come lei, anche loro si ostinavano a vedere uno spirito che, per sua natura, era affine ai bambini. Erano come lei. Erano come lei. ERANO COME LEI!
Ma lei non voleva diventare come quell'altra! No, no, si rifiutava!
-Rapunzel...- Flynn si avvicinò titubante -Rapunzel, stai bene?-
-Sì... sì. Scusami un attimo.-
Il ragazzo annuì e si allontanò di qualche passo, mentre Gothel la guardava vittoriosa da dietro le sbarre.
Col cuore in gola, e la paura che le prese il basso ventre, Rapunzel si rese conto in quel momento che cosa l'aveva bloccata, fino a quel momento, in quella torre: e, se voleva continuare con la sua vita, prima o poi avrebbe dovuto compiere una scelta.

Gothel aveva preso a studiarsi le unghie, strafottente, aspettando la mossa della ragazza. Flynn si sentiva a disagio, in quel corridoio, e non sapeva bene da che parte girarsi, dove appoggiarsi. Si ostinava a guardare Rapunzel, per non dover guardare la vecchia nella cella.
Dopo qualche secondo, quando sentì di aver metabolizzato le sue riflessioni, Rapunzel deglutì e tornò a fronteggiare la sua avversaria: -Adesso mi hai stufata.- decretò -Dimmi la verità: mi hai rapita? A chi? Voglio sentirlo dalla tua voce.-
-Non mi obbligherai a dire niente, Rapunzel. Non mi abbasserò mai a darti questa soddisfazione.-
Poco lontano, Max osservava la scena in un silenzio tombale. Ascoltava attentamente la conversazione nell'immobilità delle celle semivuote (grazie ai suoi sforzi, il tasso di criminalità era sempre stato molto basso nel regno) e non si perdeva una parola. Quando aveva visto Flynn Rider, il suo primo istinto era stato quello di intervenire e di sbatterlo seduta stante in gattabuia, ma delle voci di donna l'avevano bloccato e, quando aveva capito che si trattava della fanciulla del bosco, non aveva avuto cuore di interrompere quel dialogo, che era palesemente molto importante per la giovane.
-Non posso obbligarti, dici?- Rapunzel si avvicinò alle sbarre -Certo che posso.-
-E come? Ormai ho perso tutto.-
Quelle parole caddero nel silenzio. Flynn guardava ora una ora l'altra, colto nell'impasse di quella situazione. Non capiva quasi niente, e per rispetto di Rapunzel non cercava neppure di capire: glielo avrebbe spiegato lei quando se la sarebbe sentita, se mai l'avesse voluto.
La ragazza, dal canto suo, non sembrava aver ceduto di un centimetro.
-Ah, davvero?- tese la mano accanto a lei: -Flynn, per favore, prestami il pugnale.-
-Che cosa hai intenzione di fare, aggredirmi? Devi prima liberarmi, lo sai?- la provocò Gothel.
-Ma non è contro di te che voglio rivolgerlo.- replicò lei con tono fermo.
-Ah no?- la donna allargò gli occhi, nel tentativo di interpretare... poi realizzò: -NO!-
-Non mi lasci scelta. Flynn, il pugnale.- lui obbedì, lei lo strinse tra le dita sottili.
-No, non lo fare, Rapunzel!- gracchiò Gothel, improvvisamente presa dal panico.
-E perché? Mi sembrava che ormai avessi perso tutto.- Rapunzel torse il braccio destro, mentre con la sinistra si afferrava la treccia sotto la nuca.
-No! Non hai idea del disastro che stai per compiere, piccola screanzata! Non lo fare!-
-Non lo farei, se solo tu mi rispondessi!-
-Non farlo, Rapunzel, no!- la lama del pugnale già sfiorava i primi capelli -No, ti prego! NO!-
-Solo una risposta! Voglio solo una risposta!- la ciocca già si piegava contro il gelido metallo.
-E VA BENE! SEI LA PRINCIPESSA PERDUTA!- la donna si gettò con tutto il corpo contro le sbarre, Rapunzel si lasciò afferrare le braccia e allontanare il pugnale dalla treccia con delicatezza -Sei la principessa perduta.- esalò ancora la donna -Hai un potere inimmaginabile, che sarebbe andato perduto non appena ti avessero messo nelle mani di un acconciatore. Non potevo permetterlo. Quel potere... l'ho accudito con amore per secoli prima che lo acquisissi tu. Il potere a cui ho dato tanto... che mi appartiene. Il mio potere... il mio potere...- scivolò lungo il ferro, fino a cadere in ginocchio, curva sotto il peso del suo delirio.
Flynn era basito. Dimentico di Gothel, osservava Rapunzel senza credere ai suoi occhi. La ragazza guardava quella povera vecchia con un'espressione strana, un misto di orrore, stupore, odio e pietà. Profonda tristezza.
-Forse avrei preferito me li tagliassero da bambina. Sarebbe stato risparmiato molto dolore a molte persone.- mormorò lentamente -Ma ti ringrazio. Grazie a quello che mi hai fatto ho potuto conoscere degli amici fantastici. Grazie a loro, ho imparato ad avere forza e coraggio.-
Max avanzò di un passo, completamente assorto nella scena, quando un grido di allarme risuonò per tutte le segrete: il cambio di guardia doveva aver scoperto i soldati svenuti.
Flynn reagì per primo a quell'agitazione improvvisa: -Ci hanno scoperto! Corri, biondina!- la prese per mano, e si precipitò per i corridoi neri e freddi. Le guardie li avevano individuati subito, e adesso stavano loro alle calcagna; Flynn correva a perdifiato, trascinandosi dietro la ragazza, completamente disorientata, ma sapeva che era una fuga inutile: i soldati conoscevano quelle segrete molto meglio di loro, e presto li avrebbero spinti in un qualche vicolo cieco, era solo questione di tempo.
Infatti, ben presto si trovarono intrappolati fra due celle, e davanti a loro e dietro di loro la luce delle torce si avvicinava a grande velocità.
-Siamo spacciati!-
-Non ancora!- Flynn abbassò lo sguardo: tra due pietre, un canaletto per l'evacuazione delle acque di scolo lasciava filtrare il risciacquo dei canali che scorrevano sotto di loro -Il pugnale!- Flynn lo prese e riuscì a fare leva e ad allargare il passaggio quel tanto che bastava per far scivolare dentro Rapunzel, e seguirla a ruota. Quando le guardie arrivarono, erano già scappati.
Lo scivolo d'acqua in cui si erano lanciati serpeggiava per parecchi metri, con bruschi cambi di direzione che li portò a un doppio -AAAAAAAH- che si perse con la caduta finale: le acque di scolo finivano in mare, da un acquedotto che sbucava molto più in basso rispetto al palazzo.
Flynn tornò subito a galla e si guardò intorno: -Biondina, ci sei?- ma non vide nulla -Biondina?! Rapunzel!- si tuffò a cercarla nel grigiore dell'aurora appena giunta.
Raggiunsero la spiaggia e Flynn si accorò nell'aiutarla: aveva ingerito acqua, ma stava bene. Si riprese subito, tossendo, e lui l'aiutò a sedersi.
-Tutto a posto?-
-Sì... sì, grazie.-
Flynn si lasciò andare accanto a lei, esausto, e per un po' calò il silenzio. Pascal si districò dalla treccia fradicia a cui era rimasto impigliato per tutta la caduta.
-Biondina...- esordì il ragazzo dopo qualche minuto. Ma quando alzò gli occhi su di lei, la vide rannicchiata, in lacrime.
-Quella...- singhiozzò la ragazza -Quella era. Mia madre...- si sfregò gli occhi -Lo è stata. Per tutta. La mia vita. Quella era. Mia madre!-
Flynn non aggiunse niente e tornò a stendersi com'era prima. La lasciò sfogare finché ne ebbe bisogno.

Quando sorse il sole, finalmente ebbero la forza di alzarsi.
-Quindi tu... saresti la principessa.- mormorò Flynn.
-Sì... no. Non ancora.-
-È complicato.- indovinò il ragazzo.
Rapunzel rise, poi spiegò: -Ho già provato a parlare con il re e la regina, quasi un anno fa. Non è finita molto bene.-
-Ah no?-
-Mi hanno scambiata per una strega.-
Flynn sbarrò gli occhi: -Scusa?!- guardò Pascal, che annuì annoiato -E adesso pensi di tornare là?-
Rapunzel fece sì con la testa: -Non mi resta nient'altro da fare. I miei amici sono partiti, ho perso definitivamente mia madre.-
Il ragazzo comprese, e si aprì in un sorriso triste: -Be', ti auguro tutto il bene che meriti, allora.- e le tese educatamente la mano.
Rapunzel la osservò interdetta per un secondo, poi gli afferrò timidamente la manica con due dita: -Flynn, ti spiacerebbe... restare ancora un po' con me?-
Lui rimase sorpreso, ma si riprese subito: -Vuoi che ti accompagni a palazzo?-
-Se non ti disturba...-
Lui le fece cenno di stare tranquilla, e si avviarono verso al cima dell'isola.
Camminarono in silenzio, uno accanto all'altra. Flynn ogni tanto le lanciava un'occhiata, ma lei era profondamente immersa nelle sue riflessioni. Pensava ai suoi amici, e pensava a Jack. Pensava alla vita che avevano avuto assieme, a tutti quei mesi passati nella torre. Pensava a quanto era stata bene e a quanto, adesso, sapeva che tornarci era sbagliato. Un brivido le corse lungo la schiena, all'idea di dover affrontare Jack, e di convincere Hiccup e Merida della giustezza di ciò che aveva realizzato. Per un istante si sentì isolata, e di nuovo sola, ed ebbe paura. Poi il sole si alzò sopra i tetti, e un suo raggio le illuminò lo sguardo. Lei sospirò, e scacciò via quell'orribile sensazione: si fidava dei suoi amici, di tutti e tre. Sapeva che le sarebbe bastato parlarne, e loro avrebbero capito. Tutti, senza eccezione.
Quando furono in vista della loro meta, Flynn e Rapunzel alzarono lo sguardo: le vetrate brillavano nel mattino. Erano le porte principali del castello, non il cortile un po' discosto dell'ultima volta.
Giunti ai piedi delle scale che portavano alla terrazza che dominava la piazza, Flynn si fermò. Rapunzel si girò a guardarlo, esitante.
-Dunque... qui ci salutiamo.- fece lui, dondolando le braccia con un sorriso tirato.
-Davvero non vuoi restare? Se mi credessero, potresti smettere di aver bisogno di rubare per vivere.-
-Na, non è il mio stile. Sono uno spirito libero, sai, un po' di movimento al mattino presto, tante passeggiate per la città... sono molto impegnato. E poi... ieri mi è capitato fra le mani un diadema. Roba importante, tutto incrostato di gemme... è mio dovere renderlo.-
Lei sorrise e gli tese la mano: -Capisco. Allora... grazie di tutto.-
Lui la strinse: -Sì, ecco... prego. Cioè, grazie a te. Sì... sì.- si girò, e titubante si reimmerse nelle stradine appena illuminate dai raggi freschi del sole.
Rapunzel lo osservò andare via, poi si girò a sua volta e prese a salire le scale.
Poco lontano, il capitano tornava da una notte insonne camminando accanto a Max, che teneva per le redini. Dopo un sonoro sbadiglio vide la ragazza avvicinarsi alle porte del palazzo, e subito portò la mano alla spada per arrestarla. Max però gli si parò gentilmente in mezzo e l'uomo lo guardò perplesso. Il cavallo annuì raggiante e lui tornò a guardare Rapunzel, con un'espressione confusa e felice.
Arrivata alla soglia, Rapunzel fu accolta da un paggio, che ascoltò il suo messaggio e si precipitò di corsa nei corridoi appena svegli. Aspettando, la ragazza si aggiustò la treccia, che l'acqua per fortuna non aveva sciolto (mesi di peripezie con Merida l'avevano portata ad una livello superiore di acconciature) e si lisciò la gonna. L'avrebbero riconosciuta. Dovevano riconoscerla. È vero, l'ultima volta che si erano visti non era finita molto bene... no, affatto. Magari si ricordavano di lei. Accidenti, in quel caso era spacciata! Tutto quello che avevano visto era lei che saltava addosso alla regina... Santo cielo, no! Con quelle premesse, l'avrebbero sicuramente presa per un'impostora.
Di nuovo, sentì l'ansia che le stringeva lo stomaco, ed ebbe improvvisamente bisogno di stringere la mano a qualcuno. Si guardò indietro: di Flynn neanche l'ombra. Hiccup, Merida, loro erano partiti. Jack... lui, bastava chiamarlo. Sapeva che l'avrebbe sentita, sapeva che sarebbe venuto per lei. Bastava chiamarlo. Lui l'avrebbe protetta sempre.
Prese aria, e aprì la bocca per pronunciare il suo nome.
Si fermò.
“No, Jack, questa volta devo farlo da sola” le bastava sapere che lui c'era. Le bastava quello.
Inspirò profondamente e drizzò le spalle, alzando lo sguardo. Il valletto era appena ricomparso davanti a lei, e le faceva segno.
Rapunzel scambiò uno sguardo d'intesa con Pascal, ed entrò.

 




Angolino dell'autrice
Finalmente, Rapunzel si fa rispettare, che ne dite? Probabilmente, qualcuno si chiederà perché Gothel sia riapparsa nonostante Merida l'avesse già sconfitta nel bosco. Be', in fondo si tratta della sua battaglia, e questo dialogo è l'apice e il risultato della sua evoluzione. Allora, tiriamo la monetina: i regnanti la riconosceranno o no?
Ditemi che ne pensate!
Nike

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Capitolo 18
*** tBF5 ***


Stando a quello che aveva raccontato Jack, il fronte si era spostato dal mare alle coste di Dalriada. Questo voleva dire che anche Stoik e i suoi vichinghi si trovavano nel regno dei DunBroch. Alla luce di questi fatti, Hiccup aveva proposto di andare direttamente a casa di Merida: se avessero dimostrato ai regnanti che la loro figlia era viva, non ci avrebbero messo molto a recarsi tutti insieme nel campo nemico per mettere fine a quella pazzia.
-Probabilmente mio padre è nella sala del consiglio di guerra al castello dei DunBroch.- aveva considerato Merida -Per cui se andassimo lì potremmo evitarci un giro nella zona dove ci sono gli eserciti, che sicuramente non reagirebbero bene alla vista di un drago che solca il cielo sopra le loro teste.-
Jack e Hiccup si trovarono d'accordo. Avevano preso a viaggiare sopra le nuvole, con l'ausilio del sole e delle stelle e di Jack che, quando necessario, si faceva un giro di sotto per controllare a che punto del viaggio fossero. Non parlavano molto, si comunicavano solo il necessario. In realtà, in quelle ore si erano soprattutto concentrati a gestire le loro emozioni, che con l'avvicinarsi della meta si facevano sempre più intense.
Merida aveva paura di rientrare, aveva paura di ritrovarsi ancora prigioniera nelle tradizioni del suo popolo e in balia di sua madre, dei suoi obblighi, della sua ostinata sordità. Ma più di tutto, aveva paura di vedere in che stato la sua fuga aveva ridotto la sua famiglia.
Hiccup era altrettanto sottosopra: ritornare a Berk significava mettere Sdentato in pericolo, forse addirittura perderlo. Ritornare, poteva significare che il suo villaggio non l'avrebbe accettato più, forse sarebbe stato cacciato.
Con gli occhi lucidi, Merida si strinse forte alla vita di Hiccup, che appoggiò una mano sulle sue, e Jack si avvicinò loro: -Non abbiate paura.- mormorò con voce un po' incerta -Noi siamo i Grandi Quattro, no?-
I due ragazzi sorrisero: era vero, erano insieme. Non avevano nulla da temere, da nessuno. Finché avessero combattuto uniti, nessuno sarebbe riuscito a vincerli.

Dopo qualche giorno di viaggio, una volta che al calare della notte Sdentato mostrò i primi segni di stanchezza, Hiccup decise di atterrare dolcemente nel bosco. Il posto che aveva individuato era in cima ad una scogliera rocciosa, coperta di un verde intricato ed intenso: da lì potevano dominare il mare e, aguzzando un po' lo sguardo, potevano già scorgere all'orizzonte nebbioso delle navi sbiadite. Erano quasi arrivati.
Sdentato si lasciò cadere per terra e non si mosse più, mentre Hiccup andava a cercare un po' di legna e Merida accendeva un fuocherello vivace. Jack, nel frattempo, era andato in ricognizione.
-Come starà Rapunzel?- chiese la ragazza dopo un po', interrompendo il lungo silenzio che li accompagnava.
-Sicuramente bene.- rispose Hiccup soprappensiero -A quest'ora avrà già visto le lanterne...-
-E pensare che in questo momento avremmo dovuto essere con lei. Ancora non riesco a credere che stiamo tornando a casa.-
-Se la caverà. Rapunzel è una ragazza coraggiosa.-
-Sarei più tranquilla se la sapessi capace di maneggiare bene una spada.-
Hiccup ridacchiò: -Quella sei tu, non Rapunzel. Lei ha la sua fidata padella.-
-Un padella non è un'arma, Hic.-
-Be', intanto con quella è riuscita ad atterrare Sdentato, quando l'abbia incontrata.-
Merida sorrise al ricordo. Poi cambiò discorso: -Allora, qual è il piano?-
-Dobbiamo cercare di causare il minor panico possibile. Sdentato ci aspetterà nel bosco, come al solito, e noi passeremo dalla porta principale, le mani alzate.-
-Potrebbero farti del male. Sono convinti che io sia morta, potrebbero diventare un po' nervosi se mi vedono riapparire così, di punto in bianco.-
-Meglio io che Sdentato.-
-E una volta sistemato da me? Pensi di tornare da tuo padre e presentargli il tuo amico drago come niente fosse?-
-Probabilmente penseranno che mi abbia mangiato, per cui anche per me sarà un ritorno dal mondo dei morti. A quel punto li costringerò ad ascoltarmi. Non permetterò a nessuno di continuare a fare male ai draghi.- non aveva ancora finito la frase che una rapida sagoma nera li coprì per un secondo con la sua ombra, nella sua virata che dalla scogliera la vedeva proiettata verso il cielo.
Merida, Hiccup e Sdentato si erano riparati velocemente, già ben nascosti tra gli alberi, ma il ragazzo aveva riconosciuto la forma scura che era sfilata loro accanto: -Un drago? Su queste coste?!-
I due viaggiatori coprirono il fuoco con terra umida e, a carponi, strisciarono fino al ciglio del burrone per avere una visuale migliore: si trattava davvero di un drago, che in lontananza atterrava sulla nave di una piccola flotta.
-Quelle non sono le barche vichinghe di Berk.- sussurrò Hiccup.
-Neanche quelle dei miei clan.- considerò Merida con lo stesso tono indagatore.
-A meno che non siano diventati alleati in quest'ultimo anno, se fosse la mia flotta infurierebbe già la battaglia. No... sembrano... altri cavalieri dei draghi?-
-Pirati.- Jack spuntò dal basso, volteggiando, proprio di fronte a loro.
-Pirati?- ripeté Hiccup, sempre tenendosi basso -Da quando i pirati sono alleati dei draghi?-
-Questi non sono “alleati”, Hic. Sono andato sulle loro navi, ho chiesto ai draghi: sono bracconieri. Li catturano, li usano, li sfruttano senza pietà. C'è un uomo che li controlla, ho visto come fa: non ha nulla a che vedere con te e Sdentato.-
Hiccup si ritirò e andò a sedersi nel punto dove si erano accampati poco prima. Merida lo raggiunse: -Cos'hai in mente di fare?- lui non rispose, ma lei ci arrivò da sola: -Oh, no. No, no, no, Hic. Abbiamo una guerra da fermare. I pirati sono l'ultimo dei nostri problemi, in questo momento.- Sdentato la osservò, quasi offeso, e lei gli diede una spintarella affettuosa: -Non fraintendermi, stupido rettile.- mormorò con un sorriso -Non sopporterei che ti facessero del male.-
Jack atterrò accanto a lei, senza dire niente e senza staccare gli occhi da Hiccup.
Dopo un momento di riflessione, il ragazzo alzò lo sguardo su di loro: -Vado a vedere di che si tratta.- dichiarò.
Merida si lasciò sedere sbuffando: -E la guerra?!-
-Ho pensato a tutto. Non dovremmo cambiare molto del piano iniziale: io e Sdentato andiamo a liberare i draghi schiavizzati, mentre tu torni a casa a parlare con i tuoi.-
-Mi lasci andare da sola, allora?-
-Non si tratta di questo! Si tratta dei draghi, non posso pensare di lasciarli in mano a bracconieri senza fare nulla per salvarli.-
Merida non rispose, ma assunse un'espressione estremamente contrariata: -E ci risiamo! Hiccup, come ci arrivo io a casa senza Sdentato? A piedi?-
Hiccup guardò Jack con un sorriso furbo: -Ho pensato anche a quello.-
Jack ricambiò con uno sguardo d'intesa. Merida passò gli occhi da uno all'altro, poi si arrese con un sospiro rumoroso.

Mesi di voli attorno a Corona avevano permesso a Hiccup e Sdentato di sviluppare un'ottima abilità nel muoversi silenziosamente senza essere reperiti. Tenendosi bassi sul livello del mare, svicolando nel labirinto di scogli in cui la flotta pirata si stava addentrando alla ricerca di un attracco sicuro, drago e cavaliere si avvicinarono alle barche dalla poppa, guardinghi. Hiccup scambiò un ultimo sguardo deciso con Sdentato, poi si abbassò l'elmo davanti al volto.
La notte stava calando nera nella nebbia grigia. L'aria rombava bassa del silenzio della risacca del mare. Le navi rumoreggiavano ovattate sopra le loro teste. L'acqua opaca rifletteva la loro immagine frammentata, mentre con circospezione Sdentato risaliva il fianco di legno per arrivare inavvertito al parapetto. Si tenne saldo con gli artigli, mentre Hiccup allungava la testa e sbirciava dall'altra parte: non c'erano molti uomini, la maggior parte probabilmente era sottocoperta per la cena, mentre gli ultimi si occupavano di rinchiudere i draghi nelle loro gabbie, delle semisfere in metallo che si aprivano in due per poi richiudersi, per mezzo di una manovella, come una bocca sopra le povere bestie. Hiccup non si era mai chiesto se i draghi soffrissero il caldo, poiché quell'estate Sdentato era stato libero di riposarsi al fresco quando voleva mentre lui era al lavoro, ma in quel momento ebbe un brivido a pensare a quelle povere creature rinchiuse dentro quelle scatole in metallo, che col sole del mezzogiorno del mare aperto dovevano diventare delle vere e proprie fornaci.
-Sdentato.- chiamò a bassa voce, mentre l'ultimo pirata si ritirava sottocoperta -Sdentato, vado a liberarli. Tu mettiti al riparo e aspettami.-
Il drago gli lanciò un'occhiata preoccupata, mentre lui scavalcava il parapetto e atterrava silenziosamente su un ginocchio, la mano appoggiata accanto al piede ad ammortizzare il rumore. Alzò la testa e aguzzò la vista: una sentinella stava parlando con un compare dall'altra parte del ponte:
-Quindi staremo rintanati qui ancora per quanto tempo?- si lamentava.
-Non a lungo, credimi! Non appena i nostri esploratori torneranno con la notizia che al fronte a nord infuria la battaglia ci daremo da fare.-
-Ma noi siamo pirati! Perché dovremmo andare nell'entroterra?-
-Non hai sentito? C'è il castello degli scoti, poco più a ovest! Entro dopodomani l'avremo messo a ferro e fuoco.-
-Un castello?!- il tono divenne improvvisamente ghiotto.
-Oh sì! Di un capo piuttosto importante, anche! Immagina, il vino, le donne... l'oro!-
“Accidenti!” Hiccup si lasciò scivolare dietro le botti “Devo avvertire Merida! Deve richiamare i suoi uomini! Jack... Jack può comunicarglielo velocemente... Accidenti!” dopo un momento di confusione, prese un profondo respiro “Calma. Adesso devi pensare ai draghi. Senza di loro non saranno troppo pericolosi.” Allungò la sinistra ed estrasse il suo pugnale. Appoggiando tutta la pianta del piede, tenendosi basso, un passo dopo l'altro si nascose dietro l'albero maestro. Attese pazientemente.
Dopo ancora qualche minuto, il compare andò a prendersi il rancio. La sentinella rimase da sola a fare il suo giro di ronda.
L'uomo avanzava annoiato. Il fronte era molto più a nord: nascosti lì, non correvano certo il rischio di essere avvistati dagli scoti o dai vichinghi. Era una zona decisamente tranquilla, non aveva nessun motivo di preoccupar...
L'urto fra il pomo dell'impugnatura del pugnale e la nuca del marinaio produsse un tonfo sordo, attutito dalla massa di capelli dell'uomo, che cadde come un sacco di patate fra le braccia di Hiccup. Il ragazzo lo trascinò al riparo lasciandosi sfuggire delle scuse a mezza voce, si assicurò di non avergli fatto troppo male e poi si avvicinò alle gabbie. Lì sopra ce n'erano una decina, vicine, piccole, serrate. Allungò le mani, provò a ruotare la maniglia di uno di quei meccanismi: il movimento produsse un leggero cigolio, che però nel silenzio della notte risuonava al pari di uno strillo di allarme. Hiccup si fermò un secondo, drizzando le orecchie: nulla. Bene, non l'avevano sentito. Con una certa sicurezza, afferrò la manovella e prese a ruotarla su se stessa. Aveva i nervi a fior di pelle. Quanti giri avrebbe dovuto fare per aprirla completamente? E se ci avesse messo troppo, e la sentinella si fosse ripresa?
La bocca di metallo si spalancò completamente al cielo stellato. L'Incubo Orrendo aprì un occhio pesto e lo guardò, nell'attesa remissiva di un suo gesto.
Hiccup tese la mano, togliendosi il casco perché potesse vedergli gli occhi: -Coraggio... sono qui per liberarti.- il drago alzò il capo, improvvisamente animato, e spalancò le ali: appena Hiccup gli ebbe tolto le cinghie che lo tenevano ancorato a terra, decollò con due colpi liberatori. Il ragazzo lo guardò andare via soddisfatto, poi un rumore attirò la sua attenzione: Sdentato gli indicava la seconda gabbia. Hiccup sorrise e si apprestò a liberare anche il gronchio che vi era contenuto. Il lavoro procedeva spedito e lui si curava di non abbassare troppo la guardia. Il terzo drago liberato fu un confuso bizzippo, aiutato poco dopo nel decollo da un uncinato particolarmente reattivo.
Hiccup li guardava allontanarsi con il cuore di volta in volta un po' più leggero.
-Bene.- mormorò, per afferrare il meccanismo seguente. Abbassò la testa nello sforzo e in quel secondo un bastone si abbatté violentemente sulle sue mani.
-Ma guarda!- esclamò una roca voce cattiva -A quanto pare abbiamo ospiti!-
“Non l'ho sentito arrivare!” Hiccup si ritirò verso Sdentato, mentre l'intera ciurma si riversava sul ponte, le torce venivano accese ad illuminare le ombre fra le gabbie e le spade erano estratte dalle loro guaine con un sibilo.
-Sdentato...- mormorò -Al mio segnale cela battiamo. Mi hai capito?-
Il drago annuì, ma l'uomo che li aveva scoperti avanzava con un sorriso sornione: -Ma guarda un po' chi abbiamo qui... un drago così non l'avevo mai visto. E neppure...- passò gli occhi sull'espressione torva di Hiccup -...un tale incosciente. Cosa credevi di fare, liberando i miei draghi, eh? Pensi che non li riprenderemo?-
-Quei draghi non sono tuoi. I draghi non appartengono a nessuno.- replicò il ragazzo.
-E questo chi lo dice? Tu? Pensi di aver capito tutto di queste bestiacce?-
-Molto più di te.- Hiccup fece un passo avanti -I draghi non sono cattivi, attaccano gli uomini per necessità...-
-...per necessità, dici?- l'uomo aprì la bocca in una risata gutturale -Ma non dire idiozie. I draghi sono creature infernali, nate per fare a pezzi l'uomo. E io le estirperò da questo mondo, è chiaro?-
-Ma se solo mi lasciassi spiegare...-
-Oh sì.- con un movimento che alzò il mantello di squame di drago, l'uomo si staccò la protesi che gli sostituiva il braccio sinistro -Spiegami questo.-
Hiccup sbarrò gli occhi, senza parole.
-Vedi, moccioso? E adesso, visto che mi hai privato di ben quattro dei miei draghi, mi prenderò il tuo in risarcimento.-
-Sdentato...-
L'uomo alzò il bastone e cominciò ad agitarlo sopra la testa, lanciando urli e ringhi.
Hiccup sentì che il drago reagiva a quei suoni. Conscio del pericolo prese a urlare: -Sdentato, via... VIA!- con un balzo saltò in sella. Scosso da quel movimento improvviso, sentendo la protesi alla coda ristabilire il suo equilibrio per il volo, la Furia Buia, frastornata, fece uno sforzo e decollò il più in fretta possibile. Ma i pirati erano ormai corsi alle fiocine e loro non ebbero il tempo di passare l'albero maestro che una rete si agganciò all'ala e alla coda di Sdentato.
I due precipitarono di nuovo sul ponte, e l'uomo riprese a parlare al drago. Sdentato agitò la testa, come a scacciare un brutto pensiero, ma presto il pirata ebbe la meglio su di lui. Con un movimento repentino si scrollò Hiccup di dosso. Il ragazzo annaspò, cercando di rimettersi in piedi, terrorizzato e sconvolto da quella reazione così innaturale del suo amico.
-Vedi, ragazzo? I draghi sono miei.- la figura massiccia e nera dell'uomo torreggiò sopra di lui.
-No... NO!- Hiccup sguainò la sua spada con un urlo di rabbia, e cercò di attaccare il pirata. L'uomo rispose parando al suo fendente col bastone, per poi spingerlo verso il parapetto con un paio di rapide stoccate.
Quando lo disarmò ridacchiò: -Quando ti ho visto accanto a quella bestiaccia credevo fossi un guerriero. E invece guardati. Che delusione.-
Hiccup ricevette la punta del bastone in pieno ventre. Senza fiato si piegò a metà, ricevendo un paio di colpi secchi che lo fecero collassare per terra.
Rialzandosi si aggrappò con tutte le sue forze al parapetto: -Non puoi fare quello che vuoi dei draghi!-
-Sinceramente... quello che dici non mi tocca. Di' addio al tuo lucertolone.-
-Cosa?- delle mani lo afferrarono. Hiccup si sentì sollevare. Con la mano ancora serrata al legno sentì il parapetto passare sotto di lui. Poi le mani che lo tenevano lasciarono la presa.
In pochi metri di caduta l'acqua lo accolse nella sua tetra oscurità con uno schianto doloroso e gelidi schizzi. Hiccup annaspò, ma la corrente lo colse e lo trascinò sul fondo: lo sguardo si fece appannato, mentre le navi sparivano alla sua vista. Solo la luna, grande, tonda, lo osservava dalla superficie.
Lui aveva sempre inseguito il sole. L'aria era il suo elemento. Il suo elemento. L'aria... l'aria...

Jack atterrò delicatamente fra gli ultimi alberi del bosco. Merida saltò giù dalla sua schiena e andò a rannicchiarsi dietro un masso ricoperto di muschio. L'odore umido del sottobosco le punse le narici con la sua familiarità.
-Sono a casa...- mormorò fra sé, e guardò: il castello che aveva abbandonato un anno prima si ergeva altero e solido davanti a lei. Le sue torri massicce e i suoi portoni spessi, le sue mura salde erano lucidi dell'umidità di quel cielo pesante, ormai scuro: le nuvole coprivano le stelle, e il buio avvolgeva tutto nel suo silenzio.
-Allora, cosa stai facendo? Dai, andiamo!- Jack saltò davanti a lei e le fece segno col bastone.
Merida azzardò un passo allo scoperto: -Io... non so se ne ho il coraggio.-
-Ma cosa dici? Sei Merida! Tu sei quella che quando si arrabbia tira fuori la spada e spacca tutto!-
-Sì, ma prima di arrivare da mio padre dovrò affrontare mia madre!- la ragazza cominciò a camminare su e giù dietro il masso, gesticolando e facendo volteggiare il suo mantello -Come... cosa... cosa le dirò quando la vedrò? “Scusa mamma non adesso ho cose più importanti da fare”? Oppure “Ciao mamma sono tornata, dov'è papà? Sono venuta ad evitare una guerra che può ammazzarci tutti”?! E poi quando sarò da mio padre? Che gli di...- il suo impetuoso flusso di parole fu interrotto da una palla di neve, che la colpì in piena faccia -Ahi! Ma che fai?-
Jack si sbilanciava su una gamba, col il bastone sotto braccio e la mano in tasca, mentre con l'altra lanciava su e giù un secondo colpo: -Ne vuoi un'altra?-
-No!-
-E allora piantala e andiamo!- Jack si librò in volo e avanzò di qualche metro, per poi voltarsi ed aspettarla.
Merida scrocchiò le spalle e dondolò le mani: -Hai ragione.- “Non essere codarda.” si incitò “Ne va della vita di tuo padre.”
Prese a camminare spedita attraverso i prati che circondavano il castello. Jack atterrò e avanzò accanto a lei: -Se hai bisogno di dare la manina a qualcuno io sono qui.-
-Ah ah, spiritoso.- con un gesto della mano si tolse il cappuccio e scoprì il volto: erano arrivati al ponte levatoio, dove un drappello di uomini montava la guardia attorno ai bracieri accesi. Quando la videro avanzare ci misero un po' a riconoscerla. Nel momento in cui lei emerse completamente dalle tenebre, si zittirono e la osservarono senza parole, gli occhi sbarrati.
Una volta alla loro altezza attese un secondo, poi sbottò: -Sono tornata per parlare a re Fergus e alla regina Elinor. Fatemi passare.-
Quelli si fecero da parte, e uno di loro corse dentro. Merida si diresse con passo deciso verso l'ingresso che dava sulle stalle. Quando vi arrivò, però, una figura le si parò di fronte e lei si immobilizzò: alla luce dei bracieri da campo e delle torce, sua madre era comparsa davanti a lei.
Le due donne si osservarono per un lungo, interminabile istante. Merida era sconvolta: il volto della mamma era invecchiato, le rughe si erano fatte più profonde e più severe. La bocca aveva ancora quella smorfia algida, ma in quel momento era aperta in un'espressione di pura incredulità. Le mani erano abbandonate davanti al suo grembo, ma piano piano si alzarono, una a coprire la bocca, mentre gli occhi si riempivano di lacrime, e l'altra allungata, incerta, verso di lei.
Elinor aveva riconosciuto subito sua figlia. Ma, allo stesso tempo, aveva avuto delle difficoltà: la ragazza che era comparsa davanti a lei aveva perso la rotondità paffuta dell'infanzia e si avviava ad un affilamento dei lineamenti. Si era leggermente alzata e la corporatura sembrava più allenata di quando era partita. E i suoi capelli, ancora così indomiti, erano tirati morbidamente indietro ai lati del volto e tenuti fermi dietro alla testa da un fermaglio argentato. Merida aveva portato le mani alla bocca, lo sguardo lucido.
-Merida...- mormorò la donna, incredula.
-Mamma.- replicò lei, a mo' di saluto, un po' incerta.
-Merida.- Elinor fece un passo avanti.
-Mamma!- la ragazza coprì in un istante i pochi metri che le separavano e si buttò tra le sue braccia, singhiozzando: -Mi dispiace, mamma! Mi dispiace tanto!-
Jack sorrideva alla scena. La madre le accarezzava i capelli, tranquillizzandola, coccolandola: -Ho creduto di averti persa per sempre.- sussurrò.
-Non è così. Sono tornata.- Merida sollevò la testa.
Elinor sorrise con dolcezza e la strinse ancora qualche secondo, poi la prese dolcemente per il braccio: -Dove sei stata? Cosa ti è successo? Vieni, devi raccontarmi tutto.- e la condusse verso il palazzo.
-Mamma, adesso non posso. Devo andare da papà, devo fermare questa guerra!-
-Sarai stanca. E devi vedere i tuoi fratellini, sono cresciuti un sacco. Vieni dentro, vieni a sederti un po'.-
-Oh, mamma...- fece Merida, scoraggiata.
Attraversando l'ingresso per la sala del trono, le due donne passarono accanto ai giovani MacIntosh, MacGuffin e Dingwall. Lei li osservò senza smettere di camminare, e anche loro, a loro volta, non riuscivano a staccarle gli occhi di dosso. E nell'ombra dietro i tre ragazzi, lei vide un movimento invisibile, e udì un rumore come di zoccoli. Allora cominciò ad avere un sospetto. Con gesto del capo, indicò la direzione a Jack, che comprese e andò ad indagare.
Una volta arrivate, Elinor la fece sedere sul seggio dei suoi fratelli, mentre lei si accomodava al suo posto. I principini accorsero dal piano di sopra e rimasero su uno degli spalti di legno ad osservare la scena, inavvertiti.
-Ma... non stavamo andando in camera?-
-Oh, no, è troppo lontana. Qui andrà benissimo.-
-Benissimo per cosa?-
Elinor non rispose. Cercava cosa dire, ma non lo trovava.
Così, fu Merida a prendere la parola: -Mamma, ascoltami. So che questa guerra è scoppiata perché pensavate che fossi morta. Ma non è successo niente! Sono qui, ora, sto bene! I vichinghi non hanno fatto niente, è stato tutto un malinteso!-
-Merida, come puoi pensare alla guerra in questo momento?-
-Ma che cosa stai dicendo?-
-Sei tornata dopo tutto quello che è successo... che è successo fra di noi. Ho continuato a chiedermi, per tutto questo tempo, dove avessi sbagliato... e adesso che sei tornata, invece di voler parlare con me, vuoi subito andare via?-
-Non voglio scappare di nuovo, mamma. Ma se dovesse succedere qualcosa a papà per colpa mia, io non potrei perdonarmelo.-
-Manderemo un messaggero. Tu devi stare qui...- “...con me...” -...a riposare!-
-Un messaggero? Perché? Dov'è papà?-
-È al fronte, ovviamente.-
-Allora devo raggiungerlo subito!-
-La guerra non è luogo per principesse, Merida.-
-Cosa?! Come puoi dire una cosa del genere? Io sono venuta qui per sistemare le cose, e voglio farlo personalmente!-
-Come puoi pensare di sistemare le cose da sola? L'ultimo ricordo che i capi dei clan hanno di te è il tuo atto di insubordinazione, poi la tua fuga li ha costretti a dedicarsi ad una ricerca estenuante che si è trasformata in guerra. Tuo padre era disperato, è arrivato a promettere la tua mano a chi dei tuoi pretendenti ti avrebbe riportato a casa!-
-Cosa? Ma io non voglio sposarmi!-
-Ancora con questa storia?-
-Dovrei essere io a dirlo! Ascolta, mamma: il problema non sono loro, ma è il fatto che io non sono pronta per il matrimonio! È per questo che sono scappata, non l'hai capito?-
-Sì, ho visto. Ne riparleremo non appena avremo interrotto questa guerra e tuo padre sarà tornato a casa. Adesso, però, per favore...-
Merida si alzò, esterrefatta: -Io devo andare da papà.-
-Merida, no. Ti prego, non costringermi a litigare proprio ora che ti ho ritrovata!- Elinor l'imitò.
-Oh, mamma.- la ragazza l'abbracciò con tutto l'amore che aveva riscoperto per lei: -Io non voglio affatto litigare. Vorrei solo che mi ascoltassi.-
-Ma io ti ascolto... sei tu che non ascolti me.-
-...ho visto e imparato tante cose, quest'ultimo anno... vorrei davvero raccontartele.- Alzò la testa a sorriderle -Ma non è questo il momento.-
-Cosa?-
Merida si allontanò da lei con un movimento improvviso, facendola quasi ricadere seduta sul suo trono, incredula, e si avviò a grandi passi verso la porta della sala: -Sarò di ritorno entro domani, è una promessa!- aprì la porta con un movimento deciso, e i tre giovani MacIntosh, MacGuffin e Dingwall si allontanarono di scatto da dove, fino ad un secondo prima, si era trovato lo spiraglio fra i due portoni. I quattro ragazzi si guardarono interdetti un istante, ma le urla della regina, che si era riavuta dalla sorpresa e ora si avvicinava a passo deciso, li riscosse.
-Merida! Merida!-
La ragazza prese a camminare spedita sotto lo sguardo perplesso degli altri tre. Jack le si affiancò.
-Allora?-
-L'ho sistemato. Era proprio un incubo. Credo stesse appiccicato a quei tre sbarbatelli da qualche mese.-
-Quindi c'entra anche lui?-
Jack non ebbe il tempo di rispondere alla domanda: i principini apparirono dal nulla e si fermarono a guardare Merida e il vuoto accanto a lei.
-Ragazzi!- salutò lei, contenta di rivederli -Scusatemi, parlavo con un mio amico. Si chiama Jack Frost, penso andrete d'accordo.-
I gemellini salutarono Jack, che ebbe una frazione di secondo per capire che adesso lo vedevano, perché Elinor ormai li aveva quasi raggiunti: -Non costringermi a chiamare le guardie!- allungò una mano per afferrare sua figlia, ma qualcuno si mise in mezzo.
-Mia regina!- esclamò MacIntosh sprofondando in un inchino carico di pathos, prendendole la mano: -Mi permetta di rinnovare la promessa fatta da mio padre al grande re Fergus!-
-Ma... che cosa?-
-Egli promise di proteggervi e garantire la pace al nostro regno, e così farò io...- e intanto si era alzato e aveva portato una mano al petto e l'altra ad indicare il cielo, e muovendosi a destra e a sinistra impediva alla donna di passare.
Merida era senza parole, quando sentì qualcuno prenderla per il gomito e trascinarla via: Dingwall e MacGuffin la condussero decisi attraverso i corridoi. Quando sentirono delle urla di allarme risuonare per tutto il palazzo, cominciarono a correre: -Forza, di qua!-
Una volta giunti nelle sale d'ingresso, delle guardie si pararono sulla loro strada, ma ciò non bastò a fermare il MacGuffin: il ragazzone afferrò una panca e la usò per bloccare il passaggio e permettere agli altri due di correre di fuori. Merida si girò per guardarlo rimanere indietro, ma Dingwall la spintonò per la schiena fino all'aria aperta. Una volta fuori si diressero direttamente al cavallo di una guardia che, presa alla sprovvista, finì per terra. Dingwall e Merida salirono e con un gesto deciso il ragazzo spronò l'animale.
I due si lanciarono dunque fuori dalle mura: gli uomini avevano cercato di chiudere il ponte levatoio, ma trovarono il meccanismo stranamente congelato. Pochi istanti dopo, altri tre cavalli uscirono a loro volta al galoppo.
Nella sua folle corsa con Dingwall, Merida alzò lo sguardo e vide che MacIntosh e MacGuffin li avevano raggiunti, e che avevano portato una sorpresa per lei...
-Angus!- ebbra di gioia, Merida si alzò in piedi sulla sella dello stallone grigio di Dingwall e in un salto fu in groppa al suo fidato destriero.
-Siamo sempre al tuo servizio, eterea fanciulla!- esclamò esaltato MacIntosh.
-Salviamo dei padri la nostra andata!- rincarò MacGuffin.
Dingwall annuiva con forza.
Merida sorrise e si chinò su Angus, lanciandolo in un galoppo sfrenato: -Jack, io vado alla battaglia! Ci vediamo lì!-
Lo spirito, che le era comparso accanto, annuì: -Va bene!- e con quelle parole la lasciò andare e si alzò di quota.
Guardò a est, da dove lui e Merida erano arrivati: doveva forse andare ad informare Hiccup di cosa stava succedendo? O meglio: doveva andare ad assicurarsi che il suo amico stesse bene?
Mentre rifletteva, gli cadde l'occhio sul ponte levatoio rimasto aperto sotto di lui: Hamish, Hubert ed Harris avevano preso un cavallo e ora inseguivano la sorella. Jack sospirò rumorosamente, prevedendo guai.
“Scusa amico, ancora non posso ancora venire ad aiutarti.” e con una capriola si tuffò sul sentiero, per assicurarsi che i bambini non finissero nei pasticci.

 


Angolino dell'Autrice
Entriamo ora nel vivo dell'azione!
Giusto un paio di appunti veloci: non è mio obiettivo rendere Drago Bludvist particolarmente IC, domando subito perdono ai puristi.
La seconda parte è tutta dedicata all'incontro fra Merida ed Elinor, le quali ancora non riescono a trovare un modo per comunicare. Questa situazione mi ha permesso di introdurre una scena a cui tengo molto: i tre pupilli che si riscattano schierandosi improvvisamente dalla parte di Merida.
In questo mondo così reale il nostro Jack resta un po' in disparte, anche il momento in cui i gemellini lo vedono passa un po' in secondo piano, ma tutto questo in favore del prossimo capitolo... vedrete! Ci sarà da divertirsi!
Nike
 

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Capitolo 19
*** tBF6 ***


La guerra non era uno scherzo. Di questo erano consapevoli tutti, vichinghi e scoti. Un giorno porti i tuoi figli a caccia e a pesca, e il giorno dopo li saluti dalla nave, senza sapere se quella sera sarai ancora vivo. Senza sapere se loro saranno mai in grado di comprendere quell'abbandono, troppo piccoli per vedere le cose così come stanno: il guerriero che mette in gioco il suo onore, per morire in maniera gloriosa senza essere colpito alla schiena, ma solo davanti, segno che non ci si è fatti prendere dalla vigliaccheria e non ci si è dati alla fuga, ma si ha fronteggiato il rivale fino all'ultimo. Non era neanche questione di odio: era così e basta, era una necessità. Talvolta, i vichinghi andavano a rifornirsi di materie prime nelle terre altrui, talvolta erano gli altri ad attaccar briga per primi. Ed allora si trattava di una questione di principio.
Ci si riuniva tutti intorno allo jarl e ci si batteva, uniti, feroci, temibili: si vinceva. E tutti prendevano parte alla vittoria. Tutti.
Stoik guidava la sua battaglia contro gli scoti con tutta la rabbia dell'impotenza e della frustrazione. Dopo la perdita di suo figlio, non solo aveva dovuto affrontare da solo un inverno che gli era sembrato il più rigido di tutta la sua vita, ma aveva anche dovuto subire le accuse che dei popoli stranieri portavano a Hiccup - Hiccup che non c'era più - accuse assurde, ingiustificate: lui, rapire una principessa? Darla in pasto ad un drago? Hiccup non poteva essere arrivato fino a Dalriada tutto intero, vista la forza della tempesta in cui l'aveva visto perdersi. Figurarsi rapirne la principessa! Suo figlio era troppo giovane, troppo ingenuo, e troppo chiuso nel suo mondo per interessarsi alle donne. E, inoltre, aveva ereditato da sua madre quel buon cuore che aveva portato lui, Stoik l'Immenso, ad innamorarsi di lei, anni prima. Non avrebbe fatto del male ad una mosca.
Quelle maldicenze... quelle menzogne erano nate sicuramente da tutti i conti in sospeso che erano rimasti insoluti fra i due popoli: quei vigliacchi degli scoti avevano sicuramente approfittato di quel momento difficile da cui non riusciva ad uscire per attaccarli con una scusa qualsiasi, nella speranza di schiacciarli una volta per tutte.
Ciò che faceva infuriare Stoik, però, più di tutto era il loro infangare il nome di suo figlio, in nome di una principessa che lui, tra l'altro, non era sicuro fosse mai realmente esistita. E ciò che lo rendeva furibondo era la sua impossibilità di smentire davanti ai suoi nemici quelle accuse infondate, e riscattare l'immagine candida del suo Hiccup.
Rigido, impettito sulla poppa della nave, le braccia tese e le mani appoggiate al pomo dell'ascia, che teneva in piedi davanti a lui, Stoik contemplava l'alba. La battaglia del giorno precedente era stata sfiancante, ma il calare della notte aveva permesso ai due schieramenti di concedersi qualche ora di riposo: non si conducevano guerre gloriose col buio. Almeno su questo, era sicuro, lui e re Fergus erano d'accordo. Niente colpi bassi, niente atti di codardia: il re scoto era un uomo d'onore, esattamente come lui.
Scaracchio gli comparve accanto: -Gli uomini sono in piedi.-
-Falli preparare. Sbarchiamo tra un'ora.
-Va bene. E per quanto riguarda le reclute, cosa faccio? Hanno l'aria stanca.-
-Sono vichinghi, no? La battaglia è il loro mondo, si sono già abituati nella guerra contro i draghi.-
-Hai ragione. Ma è la loro prima guerra contro un altro popolo. Hanno visto troppe cose in questi ultimi mesi, e ammetterai anche tu che affrontare un drago non è la stessa cosa che combattere contro un uomo per cercare di ucciderlo.-
Stoik sospirò: -E va bene. Mandali in ricognizione. Voglio un rapporto dettagliato sulle coste; la tattica frontale non funziona: se troviamo un altro punto d'attracco possiamo tentare di accerchiarli.-
-La vecchia tattica. Ho capito. Così li prendiamo alle spalle. Sarà una vittoria facile.-
-Non sottovalutarli, sono molto più organizzati dell'ultima guerra: hanno resistito valorosamente molto più a lungo di quanto mi aspettassi. Fergus mi sembra un ottimo comandante e conosce il suo territorio: sicuramente si avvale di esploratori nei dintorni del suo esercito, delle sentinelle per prevenire questo genere di strategie. Ma se riuscissimo ad aggirarli potremmo prenderli su due fronti, e questo ci avvantaggerebbe.-
-Ho capito. Be', allora vado a dare una sveglia ai marmocchi. Ci vediamo sulla spiaggia.-
Stoik lo guardò allontanarsi con la coda dell'occhio, poi tornò a concentrarsi sui colori accesi davanti a lui: si preparò per la battaglia.

-Non ci posso credere, ci mandano a fare le scampagnate!- si lamentò Moccicoso, scostando con rabbia un ramo.
-Come se non fossimo pronti per la guerra. Ma ti rendi conto? Potremmo essere accanto ai nostri genitori, in questo momento!- rincarò Testaditufo.
Testabruta alzò gli occhi al cielo, ma Gambedipesce ridacchiò nervosamente: -Ma vi immaginate il ruolo che potrebbe avere la nostra missione? Potremmo sviluppare capacità personalissime come esploratori! Acquisiremmo abilità pazzesche! L'esperienza fa tutto!-
Gli altri tre ragazzi lo guardarono perplessi, poi scoppiarono a ridere: -Sì, certo, come no! E le cicatrici da guerra dove le metti? A passeggiare per i boschi non corri certo il rischio di fartene.- cantilenò Testaditufo.
Astrid non diceva niente e avanzava silenziosa, cercando di ignorarli. Ma quando gli schiamazzi si fecero eccessivi, li zittì violentemente: -Ma siete impazziti? Volete forse che ci scoprano?-
-Ma tanto qui non c'è nessuno!-
-Non lo sai, questo!-
-E dai, se Astrid dice di stare zitti, sicuramente avrà ragione!-
-Tanto non c'è niente da proteggere.-
-E invece sì.- Gambedipesce indicò davanti a loro.
-To', una strada.-
Astrid uscì dal sottobosco e studiò la via di comunicazione per qualche metro nelle due direzioni: -Potrebbe essere importante. Se questa strada porta alla costa, vuol dire che l'esercito scoto passa di qui per andare nell'entroterra.-
-Oh, sì, importante di sicuro!- Gambadipesce indicò l'enorme albero i cui rami ricoprivano il sentiero come una volta verde: -Da lì si potrebbero fare delle imboscate perfette. I rami sono spessi e quelli troppo bassi sono stati tagliati per far passare le truppe: arrampicarsi però non sarebbe difficile.-
-Sì, sì, va bene. Memorizziamo il posto e continuiamo.- Astrid si diresse verso la scogliera, decisa a costeggiarla ancora per qualche chilometro. Soprappensiero si guardò intorno: una bassa nebbiolina ricopriva il mare e nascondeva gli scogli. Sarebbe stato pericoloso navigare in quella zona. Fece per girarsi e continuare, ma con la coda dell'occhio colse un movimento, come di ali.
“Non è possibile!”

Merida, MacGuffin, Dingwall e MacIntosh cavalcarono per tutta la notte. Si fermarono appena un'oretta per mangiare qualcosa e per riposarsi, in vista del prossimo incontro con i loro genitori: dovevano assolutamente essere in forze. La ragazza si addormentò esausta per appena una mezz'oretta, ma si svegliò da sola prima che qualcuno decidesse di lasciarla riposare più a lungo: -Non ho affrontato questo viaggio per fermarmi così vicino alla meta. Dormirò dopo, quando sarà tornata la pace.-
Ripresero a galoppare, forse con meno vigore a causa della spossatezza delle loro cavalcature, ma non si fermarono. Passarono con decisione sotto un albero le cui fronde coprivano come una volta verde qualche metro di sentiero.
-Se dovessimo essere respinti nell'entroterra,- spiegarono a Merida -I capi dei clan volevano posizionare qui un'imboscata, per rallentare il nemico e permettere all'esercito di riorganizzarsi. Ma tanto non sarà mai necessario: siamo troppo forti.-
-No: non sarà necessario perché la guerra finirà oggi.-
Quando arrivarono al campo, lo trovarono semivuoto. Merida, il volto coperto dal cappuccio per non essere riconosciuta e ostacolata, si rivolse alla guardia: -Dove sono i capi e i guerrieri?-
L'uomo, rassicurato che la straniera fosse accompagnata dai tre giovani figli dei capi clan, indicò la spiaggia: -Sono andati alla battaglia.-
I quattro ragazzi non erano neanche scesi dalle loro selle. Col cuore in gola, spronarono i loro cavalli in un ultimo galoppo disperato.

Fergus e Stoik avevano condotto i loro uomini sulla pianura che dominava la spiaggia dov'erano attraccate le navi vichinghe. Adesso i due condottieri si squadravano in cagnesco, le armi alla mano, a qualche decina di metri di distanza.
-Siete sicuri di non volervi arrendere?-
-Neanche per sogno.-
Stoik alzò la mano, pronto a dare il segnale ai suoi: “Venite, se ne avete il coraggio...”
Fergus alzò la spada e urlò: -UOMINI!- a cui rispose un boato. Poi piegò il braccio dietro la testa per dare il segnale d'assalto: spalancò la bocca per lanciare il suo urlo di guerra, ma una freccia colpì l'elsa dell'arma, che cadde fragorosamente: -COSA SUCCEDE?-
-FERMI!- quattro cavalieri si precipitarono in mezzo alla piana.
-Cosa succede?- sussurrò Scaracchio a Stoik.
L'uomo assottigliò lo sguardo: -Non lo so. Tieni pronti i guerrieri.-
Ma i capi clan avevano riconosciuto tre dei quattro intrusi: -Cosa ci fate voi qui?-
-Vi avevamo ordinato di tornare a DunBroch!-
-Come avete osato disubbidirci?-
-Non è colpa loro.- la ragazza, ancora incappucciata, fece avanzare Angus. Fergus riconobbe lo stallone, e la voce. Il suo cuore cominciò a battere all'impazzata e il sangue gli andò alla testa. Per un momento la speranza non gli fece capire più nulla.
-Non è colpa loro.- Merida si scoprì il volto -È colpa mia. È stata tutta colpa mia. E sono qui per rimediare.- poi si voltò verso i vichinghi: -E porto anche notizie di Hiccup!- urlò, nella loro direzione.
Sentendo quella frase, Stoik sentì il cuore accelerare i battiti, e il sangue andargli nelle orecchie. Quella notizia lo mandò in confusione per qualche istante.
-Conosci Hiccup?- abbassò il braccio.
-Sì. Sono qui per parlare.- Merida tornò a guardare suo padre.
-Abbassate le armi.- mormorò l'Immenso.
-Ma Stoik...-
-Ho detto di abbassare le armi!- l'uomo si rivolse a Scaracchio: -Io vado a sentire cos'ha da dire. Se dovesse trattarsi di una trappola, ti lascio il comando.-
-Ma non dire scemenze!- si alterò l'altro: -Io vengo con te.-
I due si scambiarono un sorriso d'intesa e si avvicinarono al fronte avversario.
Fergus preparò la spada, che gli era stata prontamente raccolta, ma Merida gli fece segno: -Aspetta, papà.-
Quando i quattro lord e i due vichinghi furono a portata d'orecchi, Merida si rese finalmente conto della situazione delicatissima in cui si era cacciata e dell'importanza di come avrebbe introdotto l''argomento. Ebbe un vuoto e all'improvviso non seppe molto cosa dire. Tentennò: -Ecco... io...-
-Quindi tu saresti la principessa che mio figlio ha rapito?-
-NO! Sì... in realtà non sono stata rapita. Siamo scappati entrambi.-
-Ti rendi conto delle accuse oltraggiose che i tuoi uomini hanno portato a mio figlio a causa tua?-
-Sì... ma non è colpa loro. È colpa mia, e sono venuta qui per rimediare!-
-Tu sei una donna.- intervenne il capo MacIntosh, ritrovata la voce dopo l'attimo di sconcerto -La guerra non è posto per te.-
-Tra i vichinghi si trovano anche molte donne valorose.- lo rimbeccò Stoik.
-Sì, l'abbiamo notato. Ma non fra di noi. Lei è una principessa. I fatti d'armi non la riguardano.-
Merida per un istante sembrò persa, nella cagnara che si era levata intorno a lei. Fergus non le staccava gli occhi di dosso, senza parole. Lei si spazientì, e cacciò un urlo adirato: -SILENZIO!- quando tutti si riebbero dalla sorpresa, lei riprese la parola: -Avete ragione, sono una donna. Ma sua una cosa devo correggervi: io non sono solo una principessa. Sono una guerriera, e una cacciatrice. Sono la figlia del grande re Fergus. Sono Merida. E riguardo a questo voi non potete farci niente. Io sono una ragazza, e questo è una parte importante di me: non saranno le tradizioni a cambiare le cose. Appurato ciò, vi chiedo di ascoltarmi.- si guardò intorno: in mezzo agli uomini, altri stalloni neri. La paura serpeggiava ancora fra gli eserciti.
Merida si armò di tutto il coraggio che aveva e con forza cercò di trasmetterlo a quelli che le stavano intorno: -A causa della mia testardaggine, ho creato una profonda spaccatura con le nostre tradizioni. A causa della mia fuga, ho dato motivo di dolore alla mia famiglia e tante preoccupazioni a voi, miei lord. A causa di un malinteso, la guerra è scoppiata e ha coinvolto anche i vichinghi. E per tutto ciò, io vi chiedo perdono.- “Come diceva la mamma? Scandisci, deve sentirti tutta l'assemblea”
La ragazza alzò uno sguardo di fuoco sugli uomini che la circondavano: -Non era mia intenzione disonorare le nostre usanze.- riprese, con la voce più sicura -La verità è che sono... siamo ancora troppo giovani per pensare al matrimonio.- i tre ragazzi accanto a lei annuirono, dall'alto delle loro cavalcature -Ma non per questo rifiutiamo i vostri insegnamenti! I vostri figli hanno dimostrato coraggio nell'intraprendere le loro avventure alla mia ricerca, e valore nel proteggermi e scortarmi fino a qui! E questo non sarebbe stato possibile senza il vostro importantissimo esempio!- con un ampio gesto incluse i tre lord, che si guardarono interdetti e lusingati -Nessuno di noi giovani rifiuta le tradizioni e i vostri insegnamenti. Tuttavia, non possiamo renderci conto della loro importanza se voi non ce lo spiegate. Noi cerchiamo un dialogo con voi, e vi chiediamo di ascoltare i nostri bisogni. Siamo nati in un tempo di pace, e viviamo l'obbligo del matrimonio con minor urgenza rispetto a voi, che avete rischiato la vita in guerra nella vostra gioventù. Vi chiediamo dunque di avere pazienza con noi, di ascoltarci e di guidarci con attenzione, perché riusciamo a far tesoro delle vostre esperienze con i nostri tempi, e impariamo ad apprezzare spontaneamente la pace che voi avete costruito con tanti sacrifici tanti anni or sono. Siamo giovani, e ci aspettano grosse responsabilità: vogliamo essere davvero pronti per poter provvedere con onore alla vostra preziosa eredità. E questo vale anche per Hiccup.- scambiò uno sguardo con Stoik, poi tornò a girarsi: -Rimettiamo ovviamente la decisione ultima a voi, miei signori, e alla vostra infinita saggezza.- i tre lord continuavano a guardarsi fra loro, a guardare Fergus, ancora ammutolito, e i loro figli.
-Sì.... immagino...-
-Credo che non abbiate tutti i torti...-
-Se le cose stanno così...-
Merida sorrise. Si rivolse quindi a Stoik e Scaracchio: -Vi rivolgo le mie scuse per avervi coinvolti in queste questioni di tradizioni. Siete i nostri nemici storici, ma la solida amicizia che lega Hiccup e me dimostra che i nostri popoli possono collaborare con successo.-
Stoik avanzò e poggiò una mano sulla sua: -Dov'è mio figlio?- chiese, guardandola negli occhi.

Jack seguiva i bambini facendo ben attenzione che non si facessero male. Non era pratico di cavalli e ancora meno di boschi rigogliosi.
-Ehi, ehi, ehi, frenate!- urlava: -Non siete stanchi? Avete cavalcato praticamente tutta la notte!-
Tutto cominciò quando loro presero a fargli le boccacce. Jack all'inizio rimase interdetto, ma poi raccolse la sfida: -Ah, la mettiamo così?-
Allora accelerò fino a fare a gara col cavallo. Saltando da un albero all'altro cercava di afferrali, mentre loro ridevano e schivavano i suoi tentativi neanche troppo convinti. Quando poi riuscì a prenderli in braccio tutti e tre, e in un salto a portarli giù dalla sella, formò un mucchio di neve per cadere sul morbido. Non riuscì neanche ad alzarsi: sollevò lo sguardo per trovarsi circondato dai tre diavoletti che, le braccia incrociate, lo guardavano dall'alto.
-Cosa c'è?-
Loro mostrarono le mani, piene di palle di neve.
-Oh accidenti!- Jack scoppiò a ridere mentre veniva bombardato da tre lati, mentre i principini si scatenavano allegramente.
-Va bene, adesso basta!- si ribellò prendendo fiato: alzandosi arrivò a farli scivolare, ma appena si ritirò fuori traiettoria li vide di nuovo schierati, le piccole bocche sorridenti e lo sguardo agguerrito -Ma allora facciamo sul serio!-
Jack produsse tanta neve da imbiancare quell'angolo di bosco nel raggio di qualche metro, e allora si scatenò l'inferno.
Lo spirito non riusciva a sistemarne uno che gli altri due subito attaccavano, e aveva ben a far fare scivoloni a Harris se nel frattempo Hubert e Hamish preparavano un'enorme massa di neve sul ramo sopra la sua testa che gli buttavano addosso alla prima occasione, non riusciva a colpire Hamish perché i fratelli miravano alle sue gambe e lo mandavano col sedere per terra, e quando provò a fare di Hubert un pupazzo gli altri due gli saltarono addosso e gli riempirono la maglia di neve, probabilmente credendo di dargli fastidio. Lui glielo lasciò credere. Per poco non si fecero malmenare da un picchio che aveva il nido proprio sopra le loro teste, e dovettero correre via.
-Siete proprio tremendi.- sospirò ad un certo punto prendendo fiato. Loro si immobilizzarono un secondo, immersi nella neve fino ai fianchi, e lo guardarono soddisfatti, per poi riprendere a giocare.
Un rumore attirò l'attenzione di Jack, che si drizzò e si guardò intorno un secondo. Poi fece spallucce, e tornò a dedicarsi ai suoi nuovi amici: e di nuovo si rese conto di quanto amava scatenarsi con simili diavoletti, ovunque nel mondo.
Mentre si impegnavano a costruire un pupazzo di neve enorme, un altro schianto mise di nuovo lo spirito in allarme. Non poteva lasciare che accadesse qualcosa ai bambini, pensò.
...perché Merida non glielo avrebbe perdonato.
Questo pensiero, questo nome si infilò come un chiodo nel divertimento che gli aveva occupato completamente la mente. Merida.... Hiccup. Rapunzel! LA GUERRA!
Come aveva potuto dimenticarli? Con un balzo si allontanò dai principini e si appollaiò su un ramo molto alto. Se giocava coi bambini, non riusciva a pensare a nient'altro. Anche adesso, ritornare alla realtà gli era costato un certo sforzo. Si era dimenticato dei suoi amici. Dei Grandi Quattro! Come era possibile?

Che condanna era mai quella? Doveva forse scegliere di chi ricordarsi?
...Tra i bambini e i suoi amici?!
Gli ci volle un momento per metabolizzare quello che aveva appena realizzato. Lui si conosceva. Sapeva che se le cose stavano in questo modo per stare con Rapunzel, Hiccup e Merida avrebbe dovuto sacrificare la sua libertà, e col passare del tempo questo sacrificio si sarebbe fatto sempre più pesante. Avrebbe dovuto sacrificare l'essenza stessa della sua natura. No, non ce l'avrebbe fatta.
Se avesse scelto i bambini, però, avrebbe dovuto rinunciare alle prime persone che l'avevano visto e questo pensiero gli fece sentire, per la prima volta in vita sua, molto freddo. Un gelo pungente, che gli serrava le viscere. È vero che sarebbe stato libero, tuttavia...
Lo sguardo perplesso dei tre piccini, ai piedi dell'albero, lo riportò alla realtà. Loro potevano vederlo. Adesso non poteva abbandonarli. Con un sospiro si apprestò a scendere, ma un movimento catturò la sua attenzione.
Fu allora che lo vide.
Mor'du.
Ne aveva sentito parlare dalle tate degli scoti, quando negli inverni passati spendeva le giornate con i bambini di Dalriada.
E si rese conto che, in effetti, tutta quella neve e quella cagnara non potevano certo essere passate inosservate!
Che sciocco! Possibile che non ci avesse pensato?
Con balzo silenzioso atterrò fra i tre fratellini e si inginocchiò per essere alla loro altezza: -Ascoltatemi bene, adesso. Qualunque cosa succeda, fidatevi sempre di me, chiaro?-
I tre annuirono convinti.
Mor'du si avvicinò silenziosamente e Jack si parò fra lui e i suoi piccoli amici. Il cavallo con cui erano arrivati non si vedeva.
Lo spirito strinse il bastone con le due mani: “Pensa, Jack, svelto! Pensa!”
Se Harris, Hubert e Hamish fossero scappati, probabilmente avrebbe potuto affrontare il mostro senza intralci. Avrebbe potuto trattenerlo il tempo necessario per permettere loro di mettersi in salvo. Ma così li avrebbe persi per la foresta. Farli arrampicare da qualche parte avrebbe preso troppo, l'orso li avrebbe raggiunti in due balzi.
No, da solo non ce l'avrebbe potuta fare, realizzò. In quel momento Mor'du emise un ringhio che scosse l'intera foresta e si gettò all'attacco. Jack lanciò una prima scarica per frastornarlo, poi prese i bambini per mano: -DI QUA! CORRETE!- ma non fecero che pochi metri prima che Mor'du si riprendesse e si gettasse all'attacco. Jack usò il suo potere per spezzare i rami degli alberi, per farli cadere sul sentiero, per distrarlo. La foresta alla loro destra si piegò in una ripa e Jack vi spinse i bambini, producendo uno scivolo di ghiaccio che li portò lontano in poco tempo, schivando tronchi e saltando massi, ma quando arrivarono ai resti di un vecchio castello diroccato non poterono più sfruttare la discesa.
I quattro fuggiaschi si persero nei mucchi di pietre e ciottoli, nella nebbia dell'aurora che colorava tutto di grigio. Un silenzio innaturale li circondava.
Jack era pronto a scattare al primo segnale di pericolo.
Un ciottolo cadde dietro di loro.
Mor'du spuntò con un ruggito dalle pietre, attaccando frontalmente Jack. Se lo spirito si fosse difeso col bastone, sicuramente l'avrebbe spezzato.
L'orso spiccò un balzo pesante per atterrargli addosso, ma un'ombra scura emerse dal nulla e con un nitrito respinse la bestia.
Jack abbassò il braccio per vedere di chi si trattava, e con orrore vide l'orso dissolvere l'incubo con una zampata.
“Pitch!” in preda al panico vide l'Uomo Nero apparire fra lui e i bambini: -E voi cosa ci fate ancora qui?- ringhiò, in direzione dei piccoli -Pensate forse di non avere paura?- e con un urlo aggressivo li spaventò, facendoli correre via.
-No!- Jack allungò la mano per fermarlo, ma un incubo apparve sotto i loro piedini e li portò via al galoppo -Pitch!- si rivolse all'altro spirito, minacciandolo col bastone, ma quello non fece una piega:
-Pensi di avere tempo per queste sciocchezze, Jack? Abbiamo un altro problema più urgente di cui occuparci!-
Lo spirito seguì il suo dito e tornò a concentrarsi su Mor'du, che era partito in un altro attacco, ruggendo di collera.
Jack approfittò del fatto che si era alzato sulle zampe posteriori per colpirlo al ventre con il raggio più potente che gli riuscì. L'orso si ritrasse per poi caricare un altro colpo con la zampa pesante, ma Pitch lo fermò con la sua falce e permise a Jack di mettersi al riparo.
-Sotto di noi ci sono delle cavità che dovevano essere le segrete!- lo informò l'Uomo Nero, arretrando a sua volta -Se riuscissimo a farlo precipitare e a immobilizzarlo là sotto, potremmo vincere!-
Jack annuì: -Dimmi dove di preciso!-
Pitch inviò un incubo a indicare un punto, e Mor'du si precipitò a dissolverlo nella sua furia omicida. Jack approfittò di quell'istante per ghiacciare la pietraia e l'orso scivolò con tutto il suo peso sulla sua trappola, fatta poi scattare da un colpo preciso di Pitch. Il vecchio pavimento cedette e Mor'du precipitò nel vuoto.
Pitch e Jack si avvicinarono a guardare, ma la caduta della bestia provocò un collasso dell'intera antica struttura, che franò sopra l'animale. I due spiriti si allontanarono e non osarono riavvicinarsi finché non fu tutto di nuovo silenzioso.
Dal cumulo di macerie si sollevò uno spirito blu cobalto, che li osservò per un secondo, per poi dissolversi in un fuoco fatuo con un cenno di ringraziamento.
Jack si prese qualche istante per tirare il fiato, poi si rese conto di quello che era successo: -I bambini!- e librandosi in volo si precipitò a cercarli.
Li trovò che erano quasi arrivati al castello di DunBroch. Il cavallo si dissolse permettendo loro di riprendere a correre, e loro non si fermarono finché non furono al sicuro all'interno delle mura.
Jack assisté alla scena a bocca aperta.
-Eri convinto che li avessi rapiti, non è vero?- Pitch comparve accanto a lui dalle ombre.
Jack strinse i pugni: -Lo ammetto. Ma perché...?-
-...perché non l'ho fatto? Oh, Jack, una domanda così stupida dimostra quanto ancora poco sai dell'essere un Guardiano.-
Jack alzò gli occhi su di lui: -Tu... eri un Guardiano?-
-Secondo te cosa c'era prima di Natale e di Pasqua, Jack? Ma ovvio che ero un Guardiano! Collaboravo con Sandy. Ero il Guardiano della paura.-
-Non è possibile.-
-Anche la paura ha il suo ruolo, sai? La paura difende i bambini dalle incoscienze che possono portarli a farsi del male. È un ottimo deterrente, e insegna a conoscere i propri limiti. Era tutto perfetto, allora: Sandman dava loro la speranza dei sogni, io la prudenza della paura.-
-E poi cos'è successo?-
-Sono stato dimenticato. Soppiantato dalla meraviglia e dalla luce. Nessuno educa più i propri figli insegnando loro a conoscere i loro limiti, Jack, ma tutti promettono ai propri bambini qualche premio se fanno i bravi. Sono stato “licenziato”, e sono quasi sparito da questo mondo.-
-Sparito?!-
-Oh, non te hanno mai parlato? È la più interessante delle clausole dell'essere un Guardiano: se i bambini smettono di credere in te, tutto quello che difendi sparisce, e pian piano sparisci pure tu.-
-Sì, ma la paura non è sparita.-
-La paura non viene mai da sola, Jack, comporta sempre delle conseguenze. La mia era una paura costruttiva. Ma ormai nessuno sa più cosa farsene della paura, e non riesce più a cogliere i sottili insegnamenti che porta. E di me... è rimasta una piccola traccia, nelle vecchie filastrocche delle governanti... “lo darò all'Uomo Nero, che lo tiene un mese intero...”-
Jack non disse niente per un po'. Poi domandò: -Hai causato tu la guerra fra vichinghi e scoti?-

Drago Bludvist uscì dalla sua cabina attirato da un enorme trambusto: -Che cosa succede?-
-Sono i draghi, capitano!-
-I draghi?-
-Sì, sono tornati a liberare gli altri! Se la sono presa con la nave in coda alla flotta!-
Drago Bludvist ringhiò incollerito, e salì in groppa al suo ultimo trofeo: Sdentato lo portò velocemente da una nave all'altra, fino ad arrivare al luogo dell'attacco. Là, l'uomo prese a urlare e ringhiare, e tutti i draghi a portata di orecchi furono scossi da terrore. Purtroppo per lui, era arrivato troppo tardi e buona parte delle bestie appena liberate riuscì a fuggire.
Si rivolse al pirata più vicino: -Quanti sono scappati?-
-Una decina, capitano.-
-Va bene. Pazienza, abbiamo altre tre navi cariche di bestiacce. Adesso dobbiamo approfittare per attaccare DunBroch, penseremo dopo a ricatturare questi stupidi rettili.- senza rendersene conto, l'uomo provocò una reazione in Sdentato.
“Stupido rettile”... quelle parole erano famigliari alla Furia Buia. Le aveva già sentite altrove, uguali eppure diverse. Era una voce femminile a ripeterle spesso, “Stupido rettile”. “Stupido rettile”... ma non era quella, l'unica differenza. La voce femminile era spesso arrabbiata, quando diceva così, ma c'era qualcosa, dietro... una sottile vena d'affetto, che ora non riusciva a riconoscere in questa voce rude e roca, così estranea e gelida. Curioso, si afferrò a quella tiepida sensazione di calore per rimontarne alla fonte, e nella bruma dell'intontimento ripercorse quelle emozioni così familiari: un bianco sorriso sghembo, dei biondi grattini, degli offesissimi riccioli rossi. E poi delle carezze, dal suo cavaliere. Il suo cavaliere... Hiccup. Hiccup!
Gli occhi di Sdentato di dilatarono nel momento in cui riprese il controllo di sé. Il drago si impennò e Drago Bludvist cadde sul ponte della nave: non fece in tempo a rialzarsi che la Furia Buia si era tuffata in acqua e, nuotando sotto la superficie, si allontanava a tutta velocità.
Così non avrebbe sentito la cantilena maledetta del pirata e quando l'uomo se ne rese conto, fece cadere un pugno furioso sul corrimano del parapetto.
Sdentato adesso era libero, ed aveva un solo pensiero in testa: trovare Hiccup, e sperare che la notte da solo in preda alla corrente non l'avesse portato via per sempre.

 




Angolino dell'autrice:
Un capitolo decisamente denso.
L'arrivo di Merida nel bel mezzo del campo di battaglia è la scena da cui è partita l'idea per questa fanfiction, per cui ho cercato di rendere il suo discorso all'altezza del suo ruolo nella storia. Esattamente come per le lanterne, si tratta del momento clou del personaggio: ho fatto del mio meglio per renderlo al massimo ma, come al solito, non ho la pretesa di essere arrivata anche solo a sfiorare la stessa qualità della scena del film.
La scena di Jack e Pitch, invece, è un'idea dell'ultimo momento e mi è piaciuta un sacco. Trovo che una riflessione sul ruolo dell'Uomo Nero nelle vicende dei Guardiani possa rivelarsi molto interessante: se è la Luna a scegliere chi trasformare in spirito, allora è stata la Luna, all'inizio dei tempi bui, a trasformare Pitch in... Pitch. Potrebbe essere? Inoltre, c'è un motivo se associo l'Uomo Nero a Sandy: il taglio dei capelli, lo stile di vestiario, la struttura del volto mi sembrano molto simili; la variabile risiede nella linea del disegno: Pitch è una retta verticale, una linea triangolare e spezzata, mentre Sandy si basa sulla rotondità del cerchio. Anche l'alta considerazione che spinge Pitch ad attaccare Sandy per primo, nel film, mi dà l'impressione che lui lo stimi in maniera diversa rispetto agli altri, probabilmente perché c'erano già entrambi, prima degli altri.
Siamo al rush finale...!
Nike

PS
Contrariamente a quanto promesso pochi capitoli fa, anche questa volla sono in ritardo: è da domenica che ho il file pronto ma non ho avuto davvero un momento per pubblicare! Perdono!

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Capitolo 20
*** tBF7 ***


-Hai scatenato tu la guerra fra vichinghi e scoti?-
A quella domanda, Pitch si aprì in un riso maligno: -Può darsi.- Jack si allontanò da lui e brandì il suo bastone. Lui continuò: -In realtà io ho solo dato qualche idea... Hanno fatto tutto loro.- non finì la frase che Jack lo attaccò con un raggio gelido e un urlo di rabbia. Lui si difese con una mano, poi deviò il suo attacco, che fece esplodere il sottobosco dietro di lui, e approfittando del momento in cui Jack era scoperto, prima che potesse riportare il bastone in posizione di difesa, sferrò un affondo con la sua sabbia nera, che colpì il ragazzo al fianco e lo fece volare per qualche metro: -Decisamente inesperto, come Guardiano e a livello di combattimento.-
Jack si rialzò faticosamente, mentre l'Uomo Nero si avvicinava con tranquillità: -Sei davvero deludente. Ero convinto di potermi divertire un po' di più con te.-
-Come... come può un ex-Guardiano prendersela con degli adulti... come puoi essere arrivato a scatenare addirittura una guerra?-
-Io non ho fatto niente, ti ho detto. Hanno fatto tutto loro.-
-Ma perché?- Jack si alzò e con ampio balzo si portò molto lontano, nel bosco.
-Oh, hai intenzione di ricominciare a giocare come l'ultima volta?- Pitch si avviò all'inseguimento, le braccia dietro le schiena -Mi chiedi perché? Attaccare i genitori dei tuoi amici?-
Jack cercò di prenderlo alle spalle, ma Pitch, padrone delle ombre, lo avvertì e schivò per poi rispondere. Jack saltò da un albero all'altro e nel movimento lanciò un'altra saetta: -Tu sapevi dove ci nascondevamo! Potevi attaccarci quando volevi e non l'hai fatto!-
-No, in effetti.- Pitch proseguì nella foresta di un verde umido, sovrastata da un cielo plumbeo -La paura perde parte del suo potere quando ne è chiara l'origine. Il fiorellino possiede un talento in grado di guarirti, Jack, in grado di avere effetto su di noi. Non sono così stolto da infilarmi nella tana del lupo.-
-E allora hai attaccato gli adulti?-
-Tutti hanno paura e la mancanza di notizie che affliggeva i due re li ha resi delle prede perfette.-
Jack gli atterrò davanti e gli puntò il bastone alla gola: -TU ERI UN GUARDIANO DEI BAMBINI!-
L'Uomo Nero non fece una piega: -Ma infatti il mio obiettivo non è mai cambiato, Jack. In realtà, ho sempre mirato a voi... E poi, se siamo arrivati a questo punto è anche e soprattutto grazie a te.-
Jack sgranò gli occhi e abbassò leggermente l'arma: -Come?-
-È quasi un anno che lavoro per portare avanti questo piano. Pensavo sinceramente che quest'inverno avresti avuto più coraggio e saresti venuto a visitare Dalriada e Berk. E invece no: per non abbandonare i tuoi amici hai abbandonato i bambini di due interi popoli, e questo ti ha impedito di scoprire della guerra prima che scoppiasse in campo aperto come è successo con l'avvento della primavera. Per cui non è colpa mia se non sei intervenuto in tempo a fermare questa follia: io ho dato solo una spintarella iniziale, per il resto hanno fatto tutto loro.-
Jack fece un passo indietro: -Nulla ti avrebbe garantito che sarei tornato qui.-
-A me non interessava quando saresti tornato. A me interessava cosa avresti trovato una volta qui: due popoli colti da terrore, prede del loro odio e del loro dolore. Dopo quanto tempo te ne saresti reso conto... avrebbe aggiunto solo interesse a questo gioco: prima fossi tornato, prima vi sareste separati. Più tardi l'avessi scoperto... più doloroso sarebbe stato per voi.-
Lo spirito dell'inverno si ritrovò circondato da incubi sbuffanti e scalpitanti, che in un vortice nero gli tagliarono ogni via di fuga. Jack spiccò un salto verso il cielo grigio e in una fuga disperata andò a nascondersi fra le nubi: -Non riuscirai a separarci per sempre, Pitch!-
-Ne sei convinto?- un'onda nera lo prese alle spalle, e Jack fu spinto verso il basso: -Ne sei davvero convinto?- un tonfo sordo: ancora in mezzo al cielo, Jack si armò di tutta la sua collera e una serie di scoppi ovattati portò all'esplosione della massa scura che lo imprigionava.
Esausto, il ragazzo atterrò fra gli alberi e si lasciò cadere seduto, la testa tra le mani.
-Non male, Jack.- Pitch Black gli comparve davanti. Teneva ancora le braccia dietro alla schiena -Vedo che cominci a fare sul serio.-
-Ne sono davvero convinto.- gli rispose invece lui, dal basso, con uno sguardo tagliente.
-Sei un bugiardo...- cantilenò l'Uomo Nero. Un'ombra avvolse Jack e lo fece cadere. Si ritrovò di nuovo in mezzo ai ruderi dell'antico castello. La nebbia era sparita, ma il cielo cupo rombava e inumidiva ogni pietra.
-Come puoi dirlo? Tu non sai niente di me!-
-Ma certo che lo so: sei Jack Frost, lo spirito che porta caos e distruzione ovunque vada... e conosco anche la tua più grande paura.- la voce melliflua risuonò tutto intorno a lui.
-Non è vero.-
-Vuoi scommettere? Tu hai paura di perdere i tuoi “amici”, hai paura che una volta separati tu rimanga da solo un'altra volta... invisibile, malvoluto, rifiutato.-
Jack, che aveva cercato il suo avversario ovunque fra i resti del castello, lanciò un raggio contro un mucchio di pietre, dove credeva aver visto muovere qualcosa, e lo fece esplodere: -Non è vero!-
-Oh sì, invece.- Pitch lo fece precipitare di nuovo e Jack si ritrovò al limitare del bosco: poco più in là, due eserciti si fronteggiavano. Una testa rossa si ergeva in mezzo a loro -E sai qual è la cosa più divertente? Che, in fin dei conti, sei stato proprio tu a portar loro la notizia della guerra che vi separerà per sempre. Se non l'avessi fatto, saresti stato un vigliacco nei loro confronti, ma con questa scelta, ti sei condannato all'infelicità.-
Jack ansimava e non staccava gli occhi da Merida che, inconsapevole, continuava il suo discorso ai capi dei due popoli. Poco lontano, un'ombra nera dalle grandi ali si avvicinava sinuosa al campo di battaglia: “Sdentato? ...ma dov'è Hiccup?” realizzò con terrore. Dopo Rapunzel, anche lui? “Li sto perdendo...”
Il buio si chiuse su di lui, e lui vi si abbandonò, scoraggiato. Poi però si accorse di aver ripensato a Rapunzel, e ripercorse indietro il filo di quei pensieri: ripensò a come lui le era stato accanto per tutta la sua vita, nonostante fosse invisibile; ripensò a come, in ogni caso, quando aveva conosciuto Sdentato, Hiccup e Merida, nonostante i due viaggiatori non potessero vederlo, lui non si fosse sentito davvero solo. E si rese conto che, in realtà, se anche i Grandi Quattro si fossero separati, se mai fosse tornato da loro avrebbe ritrovato sempre un po' di quel calore che lui aveva imparato a chiamare “casa”. E finalmente il rombo basso del cielo raggiunse le sue orecchie, e i suoi occhi si aprirono e le tenebre si dissolsero.
-Non mi importa.- disse, rialzandosi faticosamente -Finché loro crederanno in me io sarò perfettamente in grado di tenerti testa.-
-Ma quando loro non ci saranno più? Tu rimarrai solo. Neppure i Guardiani potranno aiutarti. In fondo dal vostro ultimo... “incontro” non ti hanno più propriamente sostenuto, o mi sbaglio?-
-Sì, ma è colpa mia, loro... aspetta. Tu come sai queste cose? Come sai che non li ho più incontrati?-
-Be', si tratta di una vecchia tattica... dividi et imperat, mai sentito? No, sei decisamente troppo giovane. Diciamo che li ho tenuti occupati... altrove. Non era nel mio interesse che tu ti unissi a loro: sarebbe stato fastidioso dovermi occupare di voi, tutti insieme e nello stesso momento. E poi... tu da solo saresti caduto più facilmente nella mia trappola...- Pitch comparve davanti a lui e con un gesto noncurante indicò il campo di battaglia.
Jack attaccò con un assalto furioso: -PITCH, MALEDETTO!- e in un attimo fu un infuriare di bianco e nero.

-Dov'è mio figlio?- la mano di Stoik avvolgeva la sua fino al polso in una stretta calda e rassicurante.
-È rimasto indietro. Dovevamo arrivare qui insieme, ma abbiamo assistito ad un'ingiustizia e lui ha deciso di porvi rimedio prima di venire a parlarvi. Lui... è una persona davvero corretta.-
Stoik abbassò la mano: -Puoi dirlo forte.- rifletté un momento, poi tornò a guardarla: -L'unico motivo per cui non credo si tratti di un tranello, è il fatto che conosci il nome di Hiccup. In fondo, nessuno dei tuoi l'ha mai chiamato per nome, prima.-
-In effetti... non lo conoscevamo.- ammise Fergus grattandosi dietro la testa.
Stoik gli fece un cenno col capo, poi tornò a concentrarsi sulla ragazza: -Questo vuol dire che è qui, non è vero?-
-Sì, esatto! Dovrebbe arrivare. E a proposito di questo...- Merida alzò gli occhi per guardarsi intorno, come si attendesse di vederlo apparire da un momento all'altro.
-A proposito di questo...?- la incalzò Stoik.
-Ecco...- Merida riportò l'attenzione su di lui, non sapendo bene cosa aggiungere: non voleva anticipare niente del discorso fra Hic e suo padre, perché non era il suo ruolo, ma non sapeva cosa aggiungere per prendere tempo.
Le foglie e i rami si aprivano davanti a lui, al suo avanzare quatto e sinuoso. Faceva attenzione a non spezzare alcun legnetto, né far rotolare alcuna pietra, per non rendere palese la sua presenza prima di aver studiato a fondo la situazione. Non gli piaceva l'idea di piombare così, fra due eserciti, e causare l'irreparabile.
Stoik continuava a osservarla negli occhi. Scaracchio non abbassava la guardia, né se è per questo l'ascia che aveva installato al posto della mano. Fergus si era ripreso ed ora si avvicinava cautamente a sua figlia, come temesse di vederla scomparire da un momento all'altro. I tre capi continuavano a passare lo sguardo dall'uno all'altro, perplessi e spazientiti.
-Ecco... io...-
L'odore di drago, così caratteristico, di zolfo e di bosco, poteva farlo scoprire. Fece ben attenzione a rimanere sotto vento, e dal diradasi dei tronchi comprese di essere quasi arrivato.
-Principessa.- riprese il capo vichingo.
-Merida.-
-Come?-
-Chiamatemi Merida.-
-Merida.-
-Sì?-
-Ho voluto credere alle vostre parole. Ho fatto abbassare le armi ai miei uomini. Vorrei allora che rispondessi a questa semplice domanda: che cosa ci nascondi?-
-Ah...- Merida cercò una scusa, un qualsiasi aiuto dall'esterno. Con la coda dell'occhio avvertì un improvviso alternarsi di lampi bianchi e neri in lontananza, ma prima che potesse portarvi attenzione vide una sagoma che le fece gelare il sangue nelle vene: “Sdentato! Cosa ci fa qui? Dov'è Hiccup?”
Il drago era apparso nella piana, silenzioso, e osservava la scena inclinando la testa, interdetto.
Uno degli uomini seguì il suo sguardo, un urlo si levò dall'esercito vichingo: -DRAGO!-
Stoik lo cercò con gli occhi: -È il mostro che ha rapito mio figlio!-
-È pericoloso?- anche Fergus lo individuò.
Il capo vichingo fece saltare l'ascia in mano: -Tutti i draghi sono pericolosi.- sentenziò con voce grave.
-Allora propongo una tregua.- Fergus levò la spada: -Occupiamoci di questi esseri!-
-Ci sto!- Stoik lanciò gli uomini all'attacco.
-No, no!- Merida cercò di trattenere il panico, ma aveva ormai perso l'attenzione di tutti.
Fergus allungò una mano ad accarezzarla: -Ti ho già perso una volta, non permetterò che riaccada!- e seguì Stoik.
L'ondata di guerrieri spaventò Sdentato, che si voltò per rifugiarsi nella boscaglia, ma dagli archi partirono frecce e reti e lui fu subito catturato.
La ragazza si agitò sul cavallo e urlò: -Ma lui non ha fatto male a nessuno! Vi prego, ascoltatemi!-
MacIntosh le apparve accanto: -Noi ti crediamo.-
Merida si guardò intorno e vide i tre giovani in attesa.
-Allora aiutatemi.- sussurrò, e lanciò Angus al galoppo.
Più veloci degli uomini a piedi superarono tutti e Merida si parò fra il suo popolo e il suo amico facendo impennare minacciosamente il cavallo. L'arrivo della ragazza fece cessare la pioggia di frecce e lance. In compenso, però, furono subito circondati e in poco tempo MacIntosh, MacGuffin e Dingwall strapparono le redini ai loro figli e li tirarono via.
-Principessa, allontanati!- le ordinò Stoik.
-Sei uscita di senno, figliola?-
Merida evitò per un pelo di finire trascinata fuori dalla sua posizione come i suoi tre compagni e in due colpi di spada allontanò il padre da Angus: -Voi dovete ascoltarmi!- l'uomo afferrò il morso ma lei non cedette, nonostante fosse impedita nei movimenti.
-L'abbiamo già fatto!- Stoik si avvicinò a Sdentato, che si teneva basso, completamente frastornato, in un ringhio di difesa che gli scopriva i denti e gli assottigliava gli occhi -Ma su questo non transigerò.- levò l'ascia e facendola ruotare con un ampio giro l'abbatté senza attendere sul cranio del drago.
In mezzo a tutto quel marasma, dal bosco emerse lui: dopo un secondo di smarrimento si infilò nella calca e guadagnò rapidamente il centro dell'uragano.
L'arma cadde pesantemente e con rabbia all'urlo inorridito della ragazza, ma fu deviata di lato da una spada, che non bloccò il colpo ma lo fece scivolare lungo la lama fino a scaricarne completamente la forza.
-IL PRIMO CHE OSA PRENDERSELA CON IL MIO MIGLIORE AMICO DOVRÀ VEDERSELA CON ME!- urlò Hiccup, curandosi di essere udibile da tutti i presenti.
-Come dice lui!- rincarò Merida, e si liberò impennando Angus per difendere Sdentato dall'altro lato.
Stoik arretrò, basito, e alcuni uomini scoti presero il suo posto nel duello, senza rendersi conto di quello che era appena avvenuto.
-Questa poi...- mormorò Scaracchio.
Hiccup si batteva con la spada con tutte le sue forze contro gli avversari, che non avevano idea di chi fosse, mentre i due uomini contemplavano loro malgrado quella scena così indaudita. Merida, dall'alto del suo destriero, si difendeva come una furia e spezzava tutte le lance che le capitavano a tiro.
Stoik si riebbe solo dopo qualche istante e in due passi si riprese il duello con suo figlio. Calando i colpi dall'alto, portava Hiccup a difenrsi con la spada sopra la testa, e questo gli permise di deviare la sua arma come meglio voleva: l'ascia spinse la spada prima a destra, poi a sinistra, poi la fece volare via. Allora Hiccup schiacciò la schiena contro l'ala di Sdentato e allargò le braccia a difenderlo.
Merida vide la scena con la coda dell'occhio e con un movimento rotatorio legò la sua lama alla spada di un avversario, facendogliela volare via: -Hiccup!-
Il ragazzo afferrò l'arma in volo e tornò a pararla davanti a sé. Uno scoto attaccò di lato e lui deviò il suo attacco per spingerlo verso un altro avversario, poi schivò una lancia inarcando al massimo la schiena, mentre quella gli sfiorava al pelo il naso. Con la spada mirò alle mani del lancere e lo spinse ad allontanarsi da Sdentato e da lui. Due vichinghi si fecero avanti e lo presero per le braccia, costringendolo a inchinarsi. Lui alzò la testa con tutte le sue forze e fu allora che incrociò lo sguardo esterrefatto di suo padre. Sdentato aveva afferrato le gambe dei due uomini e Hiccup poté ruotare su se stesso e liberarsi della loro presa. Recuperò la spada e li allontanò con due stoccate. Poi però guardò di nuovo suo padre e lasciò cadere l'arma per terra: -Ci arrendiamo!-
-Cosa?!- la ragazza voltò appena la testa e incontrò il suo sguardo. Allora comprese e lasciò andare le redini -Come vuoi tu, Hic.-
In un istante le mani di suo padre la sollevarono gentilmente dalla sella e la depositarono a terra, mentre nella calma che aveva seguito quella dichiarazione Stoik affrontava suo figlio, il quale alzò le mani in segno di resa esclamando, però: -Papà, se vuoi ucciderlo dovrai uccidere anche me.-
-Vedremo.- fece appena un cenno con la testa e i due vichinghi di prima cercarono di riafferrarlo per le braccia e tentare di allontanarlo da Sdentato.
Lui infilò il piede sotto la spada e con un movimento verticale la fece saltare, prendendola al volo: -Allora non ci siamo capiti.- Merida comparve accanto a lui, ugualmente in guardia.
Stoik lo contemplò per qualche istante: -Pensi di farmi paura?-
-Penso solo che sono felice di rivederti, papà.-
L'uomo rimase interdetto da tanta faccia tosta.
Scaracchio gli si avvicinò: -Ehm ….Stoik?-
-Va bene.- mormorò lui, più a se stesso, per poi rispondere, a voce un po' alta: -Anch'io sono felice di rivederti, figlio.-
La tensione intorno a loro si allentò e Hiccup abbassò la spada.

I due eserciti furono mandati a riposare e i capi si accordarono per incontrarsi al centro del campo di battaglia per decidere cosa fare del conflitto. Hiccup volle che la riunione fosse organizzata il prima possibile ma entrambi i padri furono d'accordo sulla necessità di prendere qualche ora per metabolizzare quella rapida sequenza di avvenimenti.
Mentre si avviavano ciascuno verso il proprio campo, Hiccup prese Merida per il gomito e la trattenne: -Sai dov'è Jack?- le sussurrò.
-Non ne ho idea. Ci siamo separati per venire qui, ma non l'ho visto. Non vorrei sia successo qualcosa...- rispose lei sullo stesso tono.
-Corre qualche rischio?-
La ragazza lo mise rapidamente al corrente della presenza degli incubi.
-Quindi c'entra anche Pitch!-
-Così pare.-
-Dobbiamo trovarlo. Ho una brutta sensazione.-
-Fai un giro con Sdentato. Dall'alto arriva sempre la giusta soluzione.-
Ci fu un lampo bianco e nero e i due alzarono contemporaneamente lo sguardo: -Eccola lì.-
-Hiccup!-
-Merida!-
I due ragazzi abbassarono gli occhi verso chi li chiamava, poi si scambiarono uno sguardo d'intesa e Merida si avviò verso suo padre. Hiccup finì di togliere la rete al suo amico e montò in sella: -Vi raggiungo direttamente alle navi!- urlò e, senza lasciare il tempo di replicare, decollò con un balzo potente.

Jack e Pitch avevano combattuto al limitare della foresta, poi tra gli alberi, e infine di erano spostati nel cielo. L'Uomo Nero si era reso conto della strenua difesa di Sdentato da parte di Hiccup e Merida e aveva deciso di intervenire, ma lo Spirito l'aveva afferrato prima che potesse lanciare i suoi incubi all'assalto di Angus e l'aveva portato su, in mezzo alle nubi del cielo grigio.
-Non ti permetterò di far loro del male, Pitch!-
-Vuoi scommettere?-
Si lanciarono l'uno verso l'altro, facendo brillare il bastone e caricando la falce, e si toccarono con un lampo bianco e nero. Jack agganciò l'arma di Pitch con la cima del bastone e la bloccò, colpendo l'altro spirito con il fondo del ramo. Pitch fece sparire la falce e contrattaccò caricando un pugno di sabbia nera che lanciò contro Jack, momentaneamente scoperto, spingendolo lontano per qualche metro. Poi allargò le braccia e gli scagliò addosso un'onda di incubi. Lo spirito si difese con tutte le sue forze ma un sonoro crac gli fece gelare il sangue nelle vene. L'attacco era stato parato, ma a che prezzo: il bastone si era spezzato.
Jack non fece in tempo a riprendersi dallo shock che una massa scura lo raggiunse da sotto e lo portò fuori traiettoria di una seconda ondata. Lo spirito alzò lo sguardo sulle schiene di Sdentato e di Hiccup: -Scusa il ritardo, amico! Adesso ti portiamo via di qui!-
Jack arrancò dietro di lui ansimando, le mani che stringevano i due pezzi di legno ormai inerte.
Sdentato si fermò a mezz'aria e con potenti colpi d'ali si tenne sospeso. Hiccup si guardò intorno girando la testa: -Lo vedi?-
Jack cercò Pitch: -Laggiù!- urlò con odio.
Sdentato seguì il suo dito e lanciò una fiammata esplosiva che fece precipitare l'Uomo Nero.
-E questo è solo l'inizio, Pitch!-
Pitch si era protetto con uno scudo di sabbia scura, che gli attutì la caduta. Quando si riprese dall'impatto si alzò per guardarli volare verso le navi vichinghe: -Hai proprio ragione, ragazzino.- ringhiò a bassa voce -Ma ti assicuro che non ti piacerà come andrà a finire.-

-Jack! Tutto bene?-
-Il mio bastone...- lo spirito lo mostrò all'amico quasi piangendo.
Hiccup lo studiò con attenzione, cercò di incastrare le due parti, esaminò le vene del legno. Poi concluse: -Posso provare a riparartelo, se vuoi.-
-Non credo funzionerà, Hic. Puoi aggiungere quello che ti pare, il bastone resterà spezzato.- Jack abbassò la testa, le mani abbandonate lungo i fianchi, e si lasciò cadere ai piedi di un albero.
L'amico lo contemplò per un secondo, poi sospirò: -Ah... sì, resterà rotto. Già. Però ascolta- estrasse un panno di cuoio dalle sacche della sella di Sdentato e lo avvolse intorno alle due parti reincastrate -Questo non vuol dire che non tenterò. Il medaglione, ce l'hai ancora?- Jack glielo tese e lui usò la catenella per fissare quella fasciatura provvisoria -Adesso devo andare. Appena te la senti; vieni sulla nave: con i giusti attrezzi potremo fare qualcosa.-
Jack non rispose, allora Hiccup si grattò dietro alla testa: -Sai...-mormorò solo, appoggiando il bastone accanto allo spirito -Quando ti abbiamo conosciuto abbiamo iniziato una vita piena di speranza e sogni. Lo dobbiamo anche a te. Sia io, sia Merida, sia Rapunzel faremo tutto il possibile per aiutarti. Quindi non ti arrendere, va bene?- e con ciò dovette andare via.
Hiccup, ancora pensieroso, lasciò Sentato e Jack nella foresta e si precipitò alle navi scapicollandosi giù per la scogliera. Trovò Scaracchio ad attenderlo.
-E così...- lo salutò l'uomo, incrociando braccio e protesi con boccale -...sei tornato.-
-Così pare.-
-Ci hai fatto passare dei brutti momenti, sai, Hic?-
Il ragazzo annuì a testa bassa: -Mi dispiace.-
-Ah, non preoccuparti!- Scaracchio bevve un lungo sorso -Non è per la cavolata che hai fatto che tuo padre è arrabbiato, ma per la tua testaccia dura.-
Hiccup lo squadrò un po', basito: -Be', grazie, questo mi consola parecchio.-
L'altro fece spallucce e si aggiustò il dente di pietra: -Hai fatto venire un colpo niente male a metà dell'esercito, sai?-
Hiccup preferì cambiare discorso: -Sai... sai dove posso trovare...-
-Su, a poppa della nave.- comprese Scaracchio, e indicò la direzione con un gesto -Resta in piedi lì per ore, nei momenti importanti.-
Hiccup ringraziò di nuovo con un cenno e si avviò, sotto lo sguardo esterrefatto di tutti. Scaracchio lo chiamò: -Sono contento di vedere che stai bene.-
Il ragazzo sorrise di rimando: -Anch'io sono contento di rivederti.-

Stoik osservava l'orizzonte. Hiccup si avvicinò timidamente ma, prima che potesse fare qualsiasi gesto per segnalare la sua presenza, l'uomo prese a parlare: -Figlio.-
-Ciao... papà.-
Stoik si voltò a guardarlo. Ci fu un momento di imbarazzo, poiché nessuno dei due sapeva bene cosa dire.
-Sei tornato.-; -Sono felice di vederti.- esordirono nello stesso tempo
-Cosa?-; -Come hai detto?-
-Scusa, prima tu.-; -Ti ho interrotto, dimmi.-
I due risero, a disagio. Stoik si grattò la barba, Hiccup dietro la testa.
-Ero sincero, prima.- disse infine Hiccup -Sono davvero felice di rivederti.-
Stoik allungò la mano e la strinse rigidamente sulla spalla (se la ricordava più esile?) del figlio: -Anch'io, Hiccup. Io... mi dispiace...-
-Anche a me...-
-Dovevamo parlare...-
-Dovevo essere più sincero...-
Ci fu un secondo momento di vuoto, che Stoik riempì con il primo pensiero che gli venne in mente: -Quindi il drago non ti ha mangiato...-
-A quanto pare... in fondo sono ancora qui.-
-È vero che vi ha tirato fuori dai guai?-
-Sì... sì. Un paio di volte.-
-Hai detto che è il tuo migliore amico.-
-E non intendo cambiare idea.-
-Rientrare a Berk sarà complicato.-
-Non ho paura.-
-Dovresti lasciarlo andare, Hiccup. Per il bene di tutti.-
-Senza di me non può volare, e questo per colpa mia. Non lo abbandonerò, non sarebbe corretto.-
-Già. Anche quando la principessa Merida ha parlato di te ha detto che sei molto corretto...-
-Già. Papà, a proposito di questo...- Hiccup si appoggiò al parapetto -...devo parlarti di una cosa. È molto urgente.- e in qualche parola raccontò al padre dei pirati e del loro piano -Dobbiamo assolutamente avvertire Merida e re Fergus. In quel castello si trovano donne e bambini, non possiamo permettere che vengano tutti uccisi!-
Stoik ascoltò attentamente, poi chiese: -Hai idea di chi comanda quei furfanti?-
-Sì, l'ho visto. Un uomo con un mantello di squame di drago e una protesi al braccio sinistro. Ha anche un bastone.-
L'uomo cambiò espressione e divenne terreo: -Non è possibile!-
-Perché? Lo conosci?-
Ma lui non lo ascoltava più: aveva cominciato a dare ordini a tutti i vichinghi a portata d'orecchi.
-Aspetta! Cosa vuoi fare?!- Hiccup gli corse dietro.
-Ce ne andiamo.-
-Cosa?! Ma non possimao abbandonare Merida e i suoi! Dobbiamo avvertirli!-
-Tu...- Stoik si voltò d'un colpo verso di lui -...non conosci quell'uomo. È pericoloso, e io non rischierò di perderti un'altra volta.-
Scaracchio li raggiunse sul ponte: -Cosa succede?-
-Drago Bludvist si sta preparando ad attaccare DunBroch.-
-Oh, questo non è buono. Per niente buono.-
-Lo so! Ma papà, non penserai di scappare!-
Stoik si fermò e lo fissò: -Devo proteggere i miei uomini. È il mio ruolo di capo.-
-Be', sei venuto qui per scatenare una guerra.-
L'uomo osservò il ragazzo con lo sguardo sbarrato dallo stupore e solo allora si rese conto di quel sottile cambiamento che percepiva in suo figlio: per tutto il tempo, Hiccup lo aveva guardato dritto negli occhi. Allora riconsiderò la situazione e valutò anche il ruolo del suo rifiuto di qualche giorno prima nel piano di attacco di quel pirata.
-E poi... se ti può convincere... è Merida ad avermi aiutato dopo che io mi sono perso in quella tempesta.- lo incoraggiò ancora Hiccup.
Allora Stoik sospirò, e si arrese.

Arrivata l'ora dell'incontro, i quattro capi clan, accompagnati dai quattro figli, raggiunsero il limitare del campo di battaglia, una vasta piana erbosa che poi si interrompeva in un'alta scogliera da cui si poteva vedere la spiaggia dove le navi vichinghe avevano attraccato.
-Devo ammettere- esordì Fergus, rivolto a Stoik, quando lui, Hiccup e Scaracchio li raggiunsero -che siete dei guerrieri onorevoli. Benché aveste a disposizione questa forza di attacco, non l'avete mai utilizzata contro di noi.-
-In realtà non ce l'avevamo.- considerò Scaracchio.
-È una sorpresa anche per noi, credimi.- aggiunse Stoik.
-Oserei dire che abbiamo parecchie cose di cui parlare.- continuò allora il capo scoto.
-In reatà ce n'è una decisamente urgente di cui dobbiamo discutere subito.-
I quattro capi si scambiarono un'occhiata perplessa, poi invitarono i vichinghi a prendere la parola. Allora Hiccup spiegò: -C'è un motivo se non sono arrivato assieme a Merida, stamattina. Nel viaggio per arrivare qui abbiamo incrociato delle navi pirata e io mi sono fermato ad indagare.-
-Pirati sulle nostre coste?-
-Guidati da un uomo nero, con un mantello di scaglie di drago e un bastone. Sono salito sulle loro navi, li ho sentiti, vogliono attaccare l'entroterra quando qui infuria la battaglia. Ma penso che attaccheranno in ogni caso, ormai.-
Stoik e Scaracchio si scambiarono un'occhiata preoccupata, mentre Fergus esclamava: -Io lo conosco, quell'uomo! Si è presentato da noi per proporci la sua alleanza per sconfiggere i vichinghi!-
-E voi che gli avete risposto?-
-Se si stanno preparando per attaccare casa mia credo sia evidente.-
Ci fu un mormorio di approvazione da parte di tutti, poi Stoik prese la parola: -Anche noi conosciamo quell'uomo. Si tratta di un vichingo che a causa dei draghi ha perso tutto, anche la testa. Ha intrapreso una battaglia personale contro di loro e sostiene di aver scoperto come sfruttarli. Si era già presentato ad un consiglio di capi con la sua folle proposta di alleanza e l'avevamo cacciato. Si è arrabbiato e, nel momento in cui è uscito, dei draghi hanno fatto irruzione nella sala del consiglio. Io... sono l'unico ad essere sopravvissuto.-
Quando finì di parlare ci fu un momento di profondo silenzio, poi Fergus riprese la parola: -Allora non possiamo permettergli di arrivare a DunBroch. Vi prego di stabilire adesso se possiamo lasciarci in rapporti di pace, perché alla luce di queste notizie io devo tornare al mio castello e imbastire le mie difese.-
Hiccup fece un passo avanti: -Propongo di meglio: un'alleanza tra i nostri due eserciti!-
-Cosa?!-
-Ma il ragazzo vichingo è uscito di testa!-
-Come potremmo allearci con i nostri vecchi nemici?-
Hiccup aspettò che le proteste finissero prima di continuare: -Voi conoscete bene le vostre terre, noi conosciamo bene il nemico. Una collaborazione potrebbe essere una buona via per la vittoria.-
-Siamo riusciti a tenere testa per un anno ad un esercito vichingo, perché non dovremmo riuscirci con qualche volgare pirata?-
-Ecco, questa è la parte divertente...- Hiccup ridacchiò, a disagio, mentre Merida si portava la mano al volto e scuoteva la testa: -Quando Drago Bludvist sostenne di aver scoperto come assoggettare i draghi... diceva il vero. Attaccheranno anche con quelli.-
Quest'affermazione scatenò il panico nell'intera assemblea: i capi scoti discutevano rumorosamente, mentre Stoik l'aveva voltato per una spalla con un “Hiccup” spaventato.
-Non temere, papà.- disse lui, e con un gesto gentile si liberò dalla sua presa. -Non perdete le speranze!- esclamò, per riottenere l'attenzione degli scoti -In realtà non credo che saremo impreparati ad accoglierli, se quest'alleanza avrà luogo.- retrocedendo senza staccare gli occhi dai suoi interlocutori, si avvicinò alla scogliera e allargò le braccia: -Permettetemi di presentarvi chi mi ha salvato la vita!-
A quell'esclamazione, quattro figure spuntarono volando dalla scogliera dietro di lui: -Guardate! Siamo sui draghi! Stiamo cavalcando i draghi!- urlava Moccicoso, ancora incredulo, dal suo incubo orrendo. Testaditufo e Testabruta si alternavano e si intrecciavano, spossando non poco il loro povero bizzippo, mentre Gambadipesce non riusciva a parlare per i rapiti movimenti del suo gronchio, a cui non era ancora abituato. Un uncinato si librò accanto alla testa di Hiccup con potenti colpi d'ali con Astrid in sella: -Visto? Cosa vi avevo detto?-
Stoik annuì senza parole.
Hiccup abbassò le mani e concluse, con un sorriso sicuro: -Se vogliono attaccare, noi saremo pronti.-

 


Angolino dell’autrice
Capitolo di colpi di scena :) Hiccup torna per salvare Sdentato e presentare a suo padre chi l’ha salvato a sua volta… il pathos dovrebbe far trattenere il respiro, il fatto che abbia scritto questa parte di storia durante un concorsone probabilmente l’ha un po’ appiattito. Se mai mi verrà voglia, ci sarà una riscrittura completa di tutto quello che non mi convince.
In ogni caso, spero che la storia continui a piacervi come all’inizio!
A presto, la vostra Nike!
 

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Capitolo 21
*** tBF8 ***


Il cielo era grigio sopra gli uomini schierati. L'erba brillava dell'umidità pesante che penetrava nelle ossa e intirizziva le dita dei piedi e delle mani. Gli abiti in pelliccia, le protezioni in cuoio, le spade alla cintola. Gli stendardi mossi appena dal vento sopra gli elmi borchiati e lucidi. Alle spalle, in lontananza, le spesse mura di DunBroch, di fronte la piana erbosa che arrivava alla chiostra della radura dove attendevano i due eserciti.
Un rombo cupo percorreva la spianata come un greve canto di guerra, di presagio e di lutto. Ogni uomo, scoto o vichingo che fosse, usciva scosso e tremante di adrenalina a quel ritmo profondo tenuto dagli zoccoli dei destrieri dei capi : Fergus e i tre lord cavalcavano da un lato all'altro della schiera, mentre Stoik, rifiutata una cavalcatura, stava dritto davanti ai suoi.
Sulla cima delle mura, una decina di draghi, di cui quattro che portavano sul dorso altrettante reclute, passavano da un merlo all'altro, sotto gli occhi attoniti delle sentinelle. Erano giunti con i primi grigiori dell'alba, e da una bestia nera come la notte era scesa la principessa a dare l'allarme di una battaglia imminente e a riferire l'ordine di tenere sulle mura tutte quelle creature fino al segnale convenuto ; era poi rimontata dietro al giovane vestito in cuoio ed era ripartita.
Ora Merida, in sella ad Angus, sostava al centro della radura, parecchi metri più avanti degli eserciti, e accanto a lei era Hiccup con Sdentato.

-Siamo sicuri di poter lasciare quelle creature da sole al castello ?- aveva chiesto Fergus sulle spine.
-Ma certo. Non saranno là da soli, ci penseranno Astrid e gli altri a loro.- aveva risposto in tutta tranquillità Hiccup.
-Si, ma siamo certi che quattro reclute basteranno ?-
Il ragazzo aveva riposto i finimenti di Sdentato e si era drizzato in piedi : -Se la loro presenza in una posizione di estrema difesa vi turba tanto, re Fergus, lasciate che vi dica una cosa : contrariamente a quanto pensate, non sono stati gli esploratori vichinghi a salvarmi la vita, stanotte. Sono stati i draghi. Loro mi hanno trovato, loro mi hanno ripescato prima che perdessi le forze, loro mi hanno vegliato fino al mattino. Loro mi hanno permesso di ricongiungermi con i miei amici. Io li ho salvati dalla schiavitù di Drago Bludvist- aveva spostato lo sguardo su suo padre -e loro lo sanno. Se lo ricordano. Comprendono cosa sia la gratitudine.-
Stoik aveva guardato le creature, la mente in ebollizione.
-Drago Bludvist non deve sapere che loro sono qui- aveva continuato allora suo figlio -se no utilizzerebbe subito i suoi draghi. Dobbiamo cercare di distruggere il suo bastone prima che possa decidere di chiamare un attacco aereo.-

Avevano allora preparato la loro strategia : una metà dell'esercito degli scoti, esperti di quelle terre, avrebbero teso imboscate ai pirati, in modo da spingerli lontano dalle coste e tagliar loro qualunque ritirata. Quegli uomini di mare, poco avvezzi alla guerriglia, si sarebbero trovati indirizzati nella trappola di quella radura dove, in campo aperto, gli eserciti preparati per lo scontro diretto li avrebbero attesi per dar loro un benvenuto degno di quelle terre. Non temevano l'intrusione dei draghi fintantoché i nemici si fossero trovati tra gli alberi, poiché Drago Bludvist non avrebbe potuto utilizzarli se non avesse voluto condannare anche i suoi uomini ad affrontare un più che probabile incendio incontrollabile. Se poi avesse voluto sfruttarli in campo aperto, Stoik lo aspettava per una battaglia fra uomini e rettili degna di quelle che da generazioni avevano luogo a Berk.
-Non dovete uccidere i draghi.- aveva intimato Hiccup -Ma solo tramortirli : passeranno dalla nostra parte non appena saranno liberati dall'influsso malefico di quel pirata. È al bastone di Drago Bludvist che miriamo.-
Fergus e Stoik si erano scambiati un'occhiata preoccupata mentre Astrid gli tirava un pugno di sostegno alla spalla, beccandosi uno sguardo costernato e sdegnoso di Merida.

Nell'attesa dell'inevitabile, Merida si era dileguata qualche minuto per andare da Jack. Lo spirito si era spostato nell'angolo più remoto del bosco, ma al suo richiamo era comparso in tutto il suo turbamento.
La ragazza l'aveva già visto spaesato, ma non avrebbe mai immaginato di ritrovarselo davanti disperato.
-Jack... come stai?- gli si era avvicinata e lui aveva abbassato la testa, stringendo nelle due mani il bastone, provvisoriamente saldato da Hiccup : -Non si può fare proprio niente?-
Jack aveva scosso il capo senza una parola.
-Non esiste nessun artigiano degli spiriti, nessun mago a cui puoi chiedere, nel vostro mondo?- il silenzio che aveva incontrato le aveva fornito la risposta.
-Va bene.- aveva detto allora -Va bene. Non ti preoccupare : questa volta, ti aiuteremo noi. Sono sicura che troveremo una soluzione !- Merida aveva avvolto con le dita sottili, dita di arciera, la fasciatura in cuoio e la catenella del medaglione.
Jack aveva sollevato leggermente il viso in un sorriso pallido. La ragazza aveva ricambiato con più energia e lo aveva salutato per tornare al suo popolo.
Rimasto solo, in piedi in mezzo agli alberi, Jack si era rannicchiato su se stesso. Se fosse stato più attento, adesso avrebbe potuto partecipare anche lui alla battaglia, accanto ai suoi amici. Se solo...

Delle urla si levarono dal folto degli alberi. Hiccup scambiò un'occhiata con Merida e con un volo basso e discreto si rivolse alle mura del castello per vegliare dall'alto la battaglia, in attesa di occuparsi di un eventuale attacco aereo.
La principessa era tornata a scrutare il sottobosco buio e umido e, all'apparire dei primi uomini tatuati, aveva sfoderato la spada e aveva volto il cavallo verso i suoi soldati, e in un galoppo veloce si diresse a dare il segnale di contrattacco.
Fu a pochi metri dai suoi, quando ormai buona parte degli avversari erano apparsi sul prato di erba ispida, che Merida impennò Angus e con un gesto della lama li portò all'attacco. A tal segnale, Fergus, Stoik, i lord e Scaracchio, e tutti gli uomini si lanciarono con urla di guerra verso il nemico, dietro di lei. In pochi istanti Fergus era già accanto alla figlia e insieme si scagliarono sulle lance e le lame nemiche. Fu così che l'intero corpo di marinai di una flotta di una decina di imbarcazioni piratesche si vide affrontare senza via di fuga una metà dell'esercito di scoti dietro e l'altra davanti, coaudiovati dal drappello di uomini di Berk. Ma nonostante l'apparente inferiorità di numero e la mancanza di agio nel combattimento sulla terraferma, i pirati non sembravano particolarmente inquieti.

-Perché sei così sicuro che attacheranno?- aveva chiesto ad un certo punto qualcuno, durante l'assemblea di guerra.
Hiccup aveva fatto spallucce : -Perché Drago Bludvist è stato rifiutato da entrambi gli schieramenti, e medita vendetta. Perché non teme nemici, forte di una potenza aerea mai vista prima. Ah, e anche perché a causa nostra ha perso un certo numero dei suoi preziosi draghi, e vuole riprenderseli.-
-E non credi che ci riuscirà, se con il suo incantesimo arriva fino ai bestioni sulle nostre mura?-
-Per questo noi interverremo solo quando sarà necessario, e per questo bisogna disarmarlo il prima possibile. Altrimenti la sola soluzione è soccombere o evaquare DunBroch e lasciarlo fare finché non si stufa e se ne va.-
-MAI!- aveva allora ruggito Fergus tirando un possente pugno sul tavolo da campo traballante.
Più tardi, Hiccup aveva preso da parte Merida : -Per sopraffare Drago Bludvist mi affido alle tue frecce e alla tua spada, ovviamente.-
-Conta su di me. Per proteggere mia madre...-
-Conta su di me.- le fece l'occhiolino e si separarono.

Merida avanzava in mezzo al campo di battaglia torva e frastornata da quella sua prima esperienza bellica. I dettagli le affollavano il campo visivo, i suoni le confondevano le orecchie e la sua cavalcatura imponente e il suo abito verde smeraldo la facevano risaltare particolarmente, per cui non poté cessare un secondo di difendersi da continui attacchi da tutte le direzioni. Tuttavia, il suo sguardo allenato di cacciatrice non riusciva a cogliere quell'elemento che cercava con tanta angoscia : Drago Bludvist non c'era.
I tre giovani figli dei lord comparvero dal fogliame e si gettarono sui nemici che la circondavano.
-Li avete spinti tutti qui?-
Loro annuirono, subito al suo fianco, e questo le permise di riprendere fiato.
-Non ne avete lasciato nessuno indietro?!-
Al loro cenno di diniego lei alzò lo sguardo con un orribile presentimento.
Ed infatti, eccolo lì, Drago Bludvist, con il suo esercito di draghi, comparire dalle fronde degli alberi davanti a loro.
Gli scoti ebbero un fremito, i vichinghi li incitarono.
-Pensavate di poterci trarre in trappola in questo modo patetico, Stoik l'Immenso?- ruggì con voce roca il pirata.
-Pensi di farci paura in questo modo scontato, ladruncolo da quattro soldi?- replicò invece Merida con rabbia.
L'uomo abbassò gli occhi su di lei. Lei notò che con il suo arrivo dalla foresta spuntavano cavalli oscuri invisibili a tutti. Allora si armò di tutto il suo ardore, e di tutta la sua furia, e alzò la spada con un gesto perentorio.
Hiccup vide il luccicare dell'arma della sua amica e con un ordine deciso incominciò la difesa aerea : agli occhi dei pirati, i draghi che avevano seviziato fino al giorno prima scesero con movimenti sinuosi dalle pareti del castello fissandoli con le loro pupille verticali, mentre l'incubo orrendo di Moccicoso dall'alto dei merli lanciava una lunga fiammata minacciosa nel cielo, in guisa di avvertimento per i suoi avversari.
I draghi balzarono dalle mura e, dietro a Hiccup, iniziarono la loro battaglia.

Intanto, nel bosco, Jack osservava in cielo quelle luci fiammeggianti, udiva in lontananza quelle urla spaventose, e non poteva non angosciarsi per la sorte dei suoi amici. Sin dall'inizio era stato tentato di recarsi sul campo di battaglia, ma temeva che la sua impotenza risultasse una distrazione per Hiccup e Merida, e una frustrazione eccessiva per lui. Se solo avesse potuto rendersi utile ! Se solo...
Una volta, Hiccup gli aveva detto che non si fermava mai a riflettere sulle conseguenze delle sue azioni. Era vero. Se solo si fosse portato subito accanto a Merida, sola fra due eserciti, invece di mettersi a combattere contro Pitch ! Se solo si fosse reso conto subito del piano subdolo dell'Uomo Nero ! Se solo avesse potuto proteggere i suoi amici dal dolore della lontananza da casa, se si fosse reso conto subito di quanto Hiccup e Merida, al pari di Rapunzel, soffrissero nella loro noiosa vita... !
…se fosse intervenuto subito, non sarebbero dovuti fuggire.
Non si sarebbero mai conosciuti.
...era la prima volta che pensava una cosa del genere.
Jack abbassò lo sguardo. Nonostante avesse perso i suoi poteri, la sua temperatura congelava ancora il terreno attorno a lui. Una pozzanghera ai suoi piedi era divenuto uno specchio scheggiato di ciuffi d'erba congelata, in cui il suo viso si rifletteva spezzato e irregolare.
-Mio caro Jack, non ti riconosco più...- mormorò a se stesso. Si chinò e si guardò, occhi negli occhi. Gli mancava Rapunzel. Gli mancavano il suo sorriso sereno e la sua speranza gioiosa. I Grandi Quattro non erano la stessa cosa senza di lei.
Strinse il bastone con tale forza da farsi sbiancare le nocche.
-Chi sei tu, Jack Frost?- si chiese. E allora prese a ricordare ciò che l'aveva reso quello che era e per la prima volta considerò se stesso, cosa che non aveva mai fatto prima per timore di affrontare la solitudine che lo attanagliava. E per la prima volta considerò ciò che tutti adoravano di lui, i Grandi Quattro, i principini, i bambini che neppure lo vedevano. E quello che lui adorava di se stesso.
Lui si divertiva.
In tutto quello che faceva, di serio e di meno serio, la sua leggerezza di spirito lo aveva portato ad affrontare la vita nel migliore dei modi possibili : il suo !
Una nuova sicurezza gli fece increspare le sopracciglia, e con risolutezza si rialzò in piedi : -Non penso alle conseguenze di quello che faccio, eh, Hic?- No. Non lo faceva, non lo aveva mai fatto. Quello non era lui. Cauto lui ? Previdente ? Ma da quando ?!
Il gelo seguì le sue dita e scintillò nelle vene del legno spezzato.
Non aveva perso i poteri. Aveva perso il bastone. Lo aveva spezzato, e non lo rimpiangeva.
Lo afferrò davanti a sé con le due mani ai lati della fascia in cuoio.
Chi era lui, gli chiedevano ? Perché, non era evidente ?
Una luce azzurra illuminò con i suoi raggi algidi la foresta intorno a lui, fino al cielo.
Lui era Jack Frost.

Hiccup fece virare agilmente Sdentato, cercando di prendere il bastone del nemico da dietro, poiché l'uomo non lo aveva notato. Prima che potesse raggiungerlo, tuttavia, uno stallone nero comparve dal nulla per allontanarlo da Drago Bludvist.
Hiccup guardò giù e allora si rese conto anche lui di cosa impediva ai suoi, numerosi e sperimentati, di ottenere una facile vittoria : degli incubi avevano preso a girare fra i suoi uomini e la loro presenza portava uno scompiglio tale che i pirati potevano resistere alla loro strategia senza problemi.
-Maledetto!- imprecò.
Pitch comparve davanti a lui, in piedi su una massa inquieta color onice : -Non ho ancora finito con voi due, moccioso!-
Sdentato non permise all'Uomo Nero neppure di prepararsi all'attacco : con una fiammata esplosiva si era già disimpegnato e si lasciava precipitare verso il suolo.
-Merida!- chiamò il cavaliere del drago, per avvertirla.
Lei disarmò il suo avversario e guardò su, ma non lo lasciò continuare : -HICCUP!- Drago Bludvist si era diretto verso il castello, mentre tutte le difese erano impegnate contro i suoi uomini e i suoi draghi.
Con un colpo di redini perentorio, la ragazza aveva spinto al massimo Angus verso le mura della sua casa, quando Hiccup, che aveva seguito il suo sguardo per un secondo, aveva compreso e si era lanciato in suo sostegno. La ragazza arrivò a pochi metri dalle alte pareti di pietra quando due zampe nere la afferrarono per le braccia e la sollevarono : i suoi piedi penzolarono per qualche secondo nel vuoto, poi Sdentato la lasciò andare oltre le mura, dove lei atterrò agilmente fra Elinor, che era uscita nella corte a recuperare un bambino rimasto indietro nel si-salvi-chi-può generale, e quell'uomo in nero che planava con un ghigno, subito interrotto da Hiccup e Sdentato, che lo disarcionarono e portarono lontano il suo drago.
L'uomo si rimise in piedi imprecando : -Tu, stupida ragazzina...!- ma non poté finire.
Merida lo impegnò con una tale ferocia che lui dovette difendersi, e il ferro della spada si abbatté conto il legno del bastone, arrivando addirittura a scalfirlo : -Non. Osare. Toccare. Mia madre!- esclamava lei tra un tondo alto e l'altro.
Pitch aveva osservato da lontano. Valutò la situazione e la trovò ottimale : il moccioso col drago era distratto e di spalle, mentre l'attenzione della ragazzina era tutta rivolta al suo avversario. Perfetto.
Con un movimento subdolo si spostò a portata di attacco e, dietro le spalle di Merida, sollevò con cura la sua falce. Lei avvertì il movimento con la coda dell'occhio.
Quando Pitch calò la sua arma, lei dovette scegliere da quale nemico difendersi, e istintivamente parò la falce con la spada. Ma una sensazione gelida le pizzicò il collo e allora seppe di essere salva : come lei lo aveva protetto la prima volta nel bosco, un anno prima, così Jack si era infilato fra lei e Drago Bludvist, e con il suo bastone vibrante di una luce algida e potente aveva bloccato l'attacco del pirata, che non capiva per quale artificio avesse mancato il bersaglio.
-Tutto bene, Merida?-
Lei respinse uno sconvolto Pitch e si girò vero di lui : -Sei in ritardo!-
Elinor, dietro di lei, assordata dal ruggito dei draghi e dal clangore della battaglia, non udiva ciò che la figlia diceva, ma per un istante la vide così, di profilo, incorniciata da una criniera fiammeggiante appena trattenuta dal fermaglio, ardente di quella passione combattiva che aveva caratterizzato, sin dalla sua giovinezza, anche l'uomo che l'aveva affascinata, che lei aveva imparato ad amare e che era diventato il suo sposo. Per un istante Elinor vide Merida per la guerriera che era.
La ragazza, intanto, si era voltata verso di lei : -Mamma ! Corri!-
La donna ubbidì. La ragazza allora si dedicò allo spirito oscuro che fu costretto a retrocedere e ritirarsi digrignando i denti, mentre Drago Bludvist richiamava un altro drago suo schiavo per allontanarsi da quel misterioso gelo improvviso e inusitato. Merida fu presa per la vita da un baldanzoso Jack, che con un balzo la riportò al suo Angus, al centro della battaglia, accanto a suo padre. Poi lui la lasciò ai fatti di spada e si occupò di congelare qualche fiato bollente e disintegrare qualche incubo, cercando Hiccup e, soprattutto, dove fosse scappato Pitch.
Con il suo arrivo l'Uomo Nero aveva richiamato a sé tutto il suo potere : -Non ti sei ancora arreso, Jack?- lo provocò, da in mezzo alla calca.
-Abbiamo un conto in sospeso, io e te.- replicò invece lui. Poi si gettò all'attacco.
Hiccup, in quel momento, sorvolava il campo di battaglia per fare il punto. Il cielo di quelle terre era crudele nel suo grigiore, e impediva di comprendere da quanto tempo stessero combattendo.
I draghi erano stanchi, così come gli uomini. Ormai lo scontro volgeva alla fase finale, e la sua incertezza rendeva quest'ultima particolarmente delicata.
Le reclute avevano saputo fare un buon lavoro, e liberavano un drago dietro l'altro, al riparo dal ruggito incantato di Drago Bludvist, che doveva aver subito qualche grave danno al suo bastone.
Ma il pirata non era ancora stato sconfitto. Hiccup lo cercava da dietro l'elmo, e ogni tanto andava in soccorso dei suoi amici, arrivando, ad un certo momento, a volare in formazione con loro, in maniera sorprendentemente naturale, contro un gruppo di draghi che scocciavano i vichinghi poco più avanti. Stoik poté finalmente riprendere il respiro, e osservando la furia buia volare in cerchio sopra di lui scambiò un'occhiata con il volto coperto di suo figlio, che gli mostrò il pollice in su e ridiresse Sdentato verso il cielo.
Da lassù aguzzò la vista, ma un lucertolone tozzo e massiccio, dalle dolorose protezioni in ferro, lo prese da sotto e con una testata poderosa fece volteggiare incontrollatamente Sdentato su se stesso, mentre Hiccup si teneva forte per non precipitare.
-Tu... e quella ragazzina...- ringhiava un Drago Bludvist folle di collera, il volto deformato dai denti stretti e stridenti, gli occhi strabuzzati e le sopracciglia unite in una rozza linea nera sotto la fronte -Un lavoretto così facile... per recuperare i miei draghi!-
-Come ti ho detto, i draghi non sono tuoi.- ribatté Hiccup sollevando la maschera dell'elmo e fissandolo negli occhi.
-Sì, loro mi appartengono ! Ma che mi importa di dirtelo ? Tanto entro un'ora sarai morto...-
Hiccup riabbassò la protezione sul viso : -Vuoi scommettere?-

Merida coordinava i giovani lord, che a loro volta coordinavano i loro uomini, su modello dei loro padri, stretti in un'epica alleanza come mai prima. I quattro capi menavano e spaccavano, mordevano e pestavano con la gioia delle scazzottate che avevano accompagnato la loro vivace gioventù.
Stoik, poco più in là, aveva nella sua Immensitudine ignorato bellamente ogni influsso degli incubi e lui da solo aveva accoppato a suon di mazzate una parte considerevole di nemici, mentre Scaracchio se la spassava nella sua gaia follia combattiva e, ogni tanto, gli copriva le spalle.
La principessa, in un attimo di respiro, osservò quegli uomini esaltati e, scambiata un'alzata di spalle con Astrid, sopra il suo uncinato, le lanciò un urlo : -Dov'è Hiccup?-
La vichinga indicò il cielo : -Lassù con quel pazzo!-
Lei seguì il suo dito e valutò la situazione per un secondo. Poi : -Portami là!-

Affrontare un altro drago in un duello diretto non era facile, e lui non se lo figurava certo tale. Ma sicuramente non immaginava fosse così impegnativo !
Nonostante lui vantasse un'intesa perfetta con Sdentato, che si era rivelata spesso il suo asso nella manica in quella battaglia, il suo avversario dimostrava un'esperienza crudele e pragmatica e, senza le mille distrazioni della guerra che si stava svolgendo più in basso, adesso poteva sfoggiare tutta la sua abilità.
Sdentato schivava fiammate con la sua agilità superiore, ma il drago avversario vantava una resistenza tale da rendere poco efficace una buona parte dei suoi attacchi.
-Portiamoci in alto!- decretò allora Hiccup, e Drago Bludvist li inseguì in mezzo alle nuvole.
Con il campo visivo ridotto, i due amici cominciarono a colpire il drago avversario da tutte le angolazioni, in maniera rapida e precisa, con fiammate ma anche e soprattutto, per non sprecare colpi, con urti violenti e zampate alla coda e alle ali. Il bestione davanti a loro, dal canto suo, li inseguiva col suo fuoco e, quando erano a portata, cercava di afferrarli con le sue zampacce. Hiccup optò allora per uno sfondamento dall'alto, lasciandosi cadere in verticale sul pirata e approfittando con l'aiuto della gravità a spingerlo a terra in maniera abbastanza violenta da tramortirlo. Drago Bludvist, però, non si lasciò cogliere di sorpresa e schivò all'ultimo, per buttarsi su di lui e seguirlo nella sua caduta. I due draghi, così avvinghiati, precipitavano nel vuoto a suon di zanne e artigli, e una di queste zampate arrivò a recidere una delle corde che, dietro la gamba di Hiccup, collegavano la sella alla coda. Hiccup e Sdentato persero allora il controllo e la furia buia si divincolò con tutte le sue forze mentre il ragazzo afferrava la cordicella prima che questa si sfilasse dagli anellini dell'imbracatura in metallo, recuperando parte del problema ed evitando una caduta libera alla mercé del pazzo sopra di loro.
Il pazzo sopra di loro, dal canto suo, preparava il suo ultimo attacco, quando una freccia lo prese al braccio metallico, rimanendo incastrata nel mantello di drago, con la punta agganciata fra due scaglie, e un'altra colì il bastone, che lui perse e recuperò quasi inciampando nelle ali della sua bestia.
Constatando il sengo profondo lasciato dal dardo nel suo legno, l'uomo alzò lo sguardo sul responsabile e incontrò allora gli occhi di cacciatrice di Merida che, in sella dietro ad Astrid, si portava un'altra freccia al volto, l'arco teso nello spasmo ultimo e la ferma intenzione di finire lì quella battaglia.

Jack atterrò in un nugolio nero fra due avversari : con tutta la velocità che aveva si levò subito, appena in tempo per evitare che, invisibile ai loro occhi, quei due gli trinciassero la testa nel loro duello di asce e spade.
Pitch giocava sporco. Approfittava degli umani ignari intorno a loro e li usava come scudo o, come in quel caso, li sfruttavo come attacco alle spalle. Jack non poteva colpirlo se non voleva mettere fuori uso gli arti di qualcuno, per cui doveva limitarsi ad un corpo a corpo goffo per tenere occupato il suo avversario. Almeno era riuscito a spingerlo verso il limitare del bosco, gli mancava un ultimo sforzo...
Pitch si lanciò su di lui con la sua enorme falce. Jack non aspettava altro : con l'uncino del bastone agganciò l'arma avversaria tra il manico e la lama e, prima che questi si rendesse conto di quel gioco di forze e la facesse sparire per liberarsi, lui aveva già ruotato su se stesso. Con un colpo di reni potente piegò in avanti il busto, seguito dalle braccia e dal bastone. Come una frustata, anche la falce e Pitch seguirono lo stesso movimento e l'Uomo Nero si ritrovò catapultato in aria, finendo col colpire con la schiena un tronco appena al di là della chiostra di alberi.
Jack prese mezzo secondo per recuperare e flettere i muscoli : adesso doveva impedire che Pitch tornasse fra gli uomini. Afferrò il legno davanti a lui e con tutta la potenza che la sua leggerezza consentiva si gettò su di lui con un urlo. Pitch si riprese appena in tempo per sparire nelle ombre.
Senza perdere un attimo Jack ghiacciò tutta l'umidità della foresta, coprendo di una quantità di piccoli cristalli trasparenti le gocce di umidità dei tronchi e del sottobosco e di specchi scheggiati le pozzanghere per terra. Poi rilasciò il suo potere in quella luce saettante e algida che dal suo bastone si rifletté su tutti quei vetri e illuminò di un bianco venato del giallo delle fiamme che giungevano dal campo di battaglia tutta quella zona di bosco.
Pitch si ritrovò scoperto delle sue ombre e dovette difendersi da un attacco diretto. Nella foga scivolò e per la seconda volta si ritrovò con il sedere per terra.
Jack fu sopra di lui, il bastone puntato alla sua gola : -Hai perso, Pitch.-
-No, no, no ! Ti prego Jack, non essere crudele!-
-Crudele ? Tu causi una guerra e poi chiedi a me di non essere crudele?!-
L'Uomo Nero agitò gli occhi e la testa, le mani alzate : -Era solo per aiutarti, Jack ! Non ti dedicavi più ai bambini ! I Guardiani...-
-I Guardiani ! Non nominare i Guardiani ! Tu li hai traditi, i Guardiani!-
-E tu non li hai mai voluti.-
Jack assottigliò gli occhi : -È tutto qui, il problema ? Volevi colpire me per vendicarti dei Guardiani ? Rinnegando tutto quello che loro sono e rappresentano?-
Pitch digrignò i denti. Fece un gesto improvviso, come per tirare uno schiaffo, ma il movimento andò deliberatamente a vuoto. Contemporaneamente, però, Jack sentì un dolore al fiancò e si trovò sbalzato da dov'era : con le forze che gli erano rimaste, spossato da tutta quella luce, Pitch aveva evocato un piccolo incubo, abbastanza forte da liberarlo dal giogo di Jack spingendolo via.
-Quando anche tu sarai dimenticato, obliato dalle menti di tutti, e cesserai di esistere, allora capirai. Capirai il dolore della solitudine.- Pitch si rialzò facendo leva sul ginocchio.
-Troppo tardi, Pitch.- Anche Jack si rimise in piedi, ansimando. L'emissione continua di quella luce lo stancava, ma non poteva permettersi di perdere di vista il suo avversario -Troppo tardi. So di cosa parli e non mi fa paura. Non ho paura della solitudine, perché adesso so che posso liberarmene. Non ho paura dei Guardiani perché non possono obbligarmi a fare niente.-
-Ti obbligheranno ad essere un Guardiano.-
-Ci hanno già provato, e hanno fallito.-
-Tu eri scappato, Jack. Essere Guardiano ti fa paura.-
Lo spirito bianco drizzò le spalle, i tre principini e i loro sorrisi gli balenarono nella mente : -Non più, ormai.- replicò con dolcezza. Non ce la faceva più. Se avesse voluto conservare abbastanza energia per combattere, avrebbe dovuto lasciar scemare quella luce. Questo voleva dire che aveva un istante appena per attaccare Pitch prima che questi sparisse nelle sue ombre.
Allargò le gambe e, nel momento in cui la luce prese ad abbassarsi, lui spiccò un balzo. Pitch schivò all'ultimo ed cercò di evocare, col favore della penombra nebbiosa che serpeggiava fra i tronchi e tra le radici, un'onda nera. Jack si preparò a difendersi, ma una luce calda si espanse per ogni angolo. Tanti nastri dorati portarono il tepore della pace e del silenzio, e i raggi che emanavano di rifrangevano sui cristalli che li circondavano.
Jack alzò lo sguardo, mantre Pitch, riconosciuto l'incanto, cercava l'intruso con sguardo d'ira : -Cosa c'è, ti nascondi?- ruggì -Per caso di faccio... paura?-
Jack vide allora un omino tondo, dal largo viso sorridente, atterrare lievitando dolcemente davanti a lui. Il nuovo arrivato gli dava le spalle e fronteggiava con dolcezza e decisione l'Uomo Nero.
Pitch strinse i pugni e fece un cenno di saluto col capo : -Sandy...-
L'Omino di Sabbia in cortese risposta si levò il cappello.
-Sei venuto a concludere la nostra vecchia disputa?-
Sandy scosse la testa e accennò agli uomini che ancora battagliavano, non molto lontano da loro.
-Quindi i Guardiani si immischiano anche in queste qestioni, adesso?-
-Sandy...- Jack fece un passo avanti, incerto. Lui si volse e gli fece l'occhiolino.
-Allora sei venuto a fermarmi, Sandy ?- incalzò Pitch.
Altro cenno di diniego : non era necessario. Non più. Il piccolo incubo accanto all'Uomo Nero si era già dissolto. Pitch traeva il suo potere dalla paura di chi lo circondava, ma non c'era paura nel cuore dei due spiriti davanti a lui. In mezzo al campo di battaglia, aveva sfruttato la paura degli uomini, una paura però avvelenata dal coraggio che i loro condottieri avevano saputo infondere in loro. Aveva utilizzato un potere che credeva di avere, ma che l'aveva portato ad uno sforzo eccessivo per lui. Jack, invece, abituato a contare solo su se stesso, aveva tratto forza dal sostegno dei suoi amici e dalla sicurezza dell'affetto dei principini. Jack non aveva certo bisogno dell'aiuto di Sandaman. Aveva già vinto.
L'Uomo Nero strinse i pugni e digrignò i denti : -Credi che questa battagliucola basterà a tenermi lontano ? La nostra guerra non è finita, Sandy ! Vi schiaccerò, e per farlo userò le vostre paure, e tutto l'odio che potete provare per me!-
Al che Sandy si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla spalla, segno di antica amicizia. E allora Pitch vide, nei suoi occhi : comprensione, compassione e, soprattutto, perdono. Spaesato, cercò in Jack tracce del suo malefico potere, ma tutto ciò che percepì fu confusione e curiosità, libere dal rancore che sperava di aver suscitato in lui.
Preso dal panico, Pitch fece un passo indietro, traballò sulle gambe, poi si voltò e si diede ad una fuga disperata. Così termina in questa storia il ruolo di colui conosciuto come Pitch Black, l'Uomo Nero, l'Oogie Boogie o, più comunemente, il Babau.
Nella sua corsa, questo personaggio così vacuo e disperato si perse in mille storie, scoprendosi essere talvolta il cattivo, talvolta il buono, vivendo un po' nel Paese di Halloween e un po' nel mondo reale, fino ad arrivare ai giorni nostri, ultima memoria di racconti antichi, quando trovò la sua fine per mano dell'ingeniere Roberto Paudi. Ma questa, è un'altra storia.

Drago Bludvist precipitava. I suoi sensi percepivano il vortice attorno a lui in maniera rallentata, il mantello strappato, il braccio meccanico danneggiato, il bastone in pezzi. I suoi capelli lerci gli frustavano la faccia, il suo sguardo si appannava a tratti.
Aveva affrontato senza difficoltà le due mocciose che avevano interrotto il suo duello con quell'altro guastafeste, ma non si era reso conto che loro prendevano semplicemente tempo. Credeva che, una volta rotta la protesi, il ragazzino e la sua bestiaccia sarebbero precipitati. Invece lui era riuscito con un nodo di fortuna a mantenersi per aria. I loro movimenti erano più impacciati, certo, visto che la lunghezza della corda non era più ottimale, ma questo non impediva loro di volare.
Il colmo di tutto questo, era che quel maledetto ragazzino non aveva rinunciato alla sua onestà e, invece di colpirlo alle spalle, lo aveva richiamato in un duello regolare e pulito. Come se lui si abbassasse a simili idiozie. Aveva alzato il bastone e con un urlo roco aveva preso a incantare l'uncinato delle due ragazze per usarlo contro il suo nemico, e nel contempo mandare il confusione anche la sua bestiaccia nera. Ma quella no, aveva resistito, e con uno scatto furioso era finalmente riuscita a raggiungere il bastone e afferrarlo con la bocca, spezzandolo. Il lucertolone su cui si trovava, allora, aveva preso ad agitarsi e per lui non c'era stato più nulla da fare. Era caduto.
E adesso, che sentiva l'aria tagliargli la pelle nella sua violenza, vedeva con orrore che a quel moccioso non bastava averlo umiliato così : adesso si stava anche lanciando verso di lui, cercando di salvarlo da morte certa.
''Idiota d'un bambino'' pensò ''Non provarci neanche : non accetterei. E comunque non farai in tempo.'' neanche un secondo più tardi toccò il suolo e il suo drago cadde su di lui, in mezzo ad un mucchio di altre bestiacce tramortite e svenute.
Hiccup frenò Sdentato e dall'alto lo cercò con lo sguardo, ma la calca in basso glielo aveva fatto perdere di vista. Tuttavia, la caduta di Drago Bludvist non era passata inosservata : i pirati si resero conto di aver perduto il loro capo e, finalmente persi dal panico, si ritirarono disornitatamente verso le loro navi.
Gli uomini di Stoik e Fergus esultarono : la battaglia era finita. Avevano vinto.

Jack e Sandy uscirono in quel momento dal bosco e si videro correre incontro quella marmaglia disperata. Allora lo spirito della neve cercò con gli occhi i suoi amici. Merida era stata depositata di nuovo su Angus e con un galoppo veloce gli fu accanto : -Si ritirano ! Li stiamo spingendo alle loro navi, perché se ne vadano e non tornino più!-
Jack annuì e la ragazza lanciò un'occhiata diffidente a Sandy, così lui si affrettò a spiegare : -Lui è venuto in mio soccorso. Pitch è fuggito.-
Lei fece un cenno, comprendendo e salutando insieme il nuovo arrivato. Poi si lanciò con i suoi uomini nel bosco, in direzione della costa.
Hiccup guidava i draghi e i due spiriti gli furono tosto accanto.
Arrivarono allora alla costa e videro che, nella loro fuga, i pirati contavano comunque colpire gli uomini sulla scogliera dalle loro imbarcazioni, per vendetta. Hiccup preparò i draghi per cacciarli una volta per tutte, ma un urlo gli fece guardare il mare aperto : -Navi all'orizzonte!- le sentinelle  comunicqrono tutta la loro paura al resto dell'equipaggio, che nelle urla di giubilo dei vincitori fecero salpare la loro flotta e fuggirono più velocemente che poterono.
Allora anche Jack prese a urlare : -Sole giallo in campo viola ! È Rapunzel ! È Rapunzel!-
Merida alzò le mani : -Rapunzel ! Hiccup, Hiccup !-
Il ragazzo planò per prenderla al volo e con impazienza spinse Sdentato al massimo verso la flotta lucente e ordinata che avanzava verso di loro portando con lei il sole, che nel tardo pomeriggio aveva finalmente squarciato le nubi.

Sul ponte della nave, Rapunzel tese le mani a un Jack euforico che l'abbracciò così forte che volteggiarono un paio di volte su loro stessi. Poi furono investiti dalla lingua ruvida di Sdentato mentre Hiccup e Merida smontavano e festeggiavano con il cuore leggero la loro amica.

A parte un primo momento di sconcerto dovuto al fatto che la fanciulla avesse abbracciato il vuoto prima di essere raggiunta da un drago, la nave attraccò senza problemi sulle coste di Dalriada.
Dopo aver parlato con Re e Regina ed essersi fatta riconoscere come principessa perduta, la ragazza aveva raccontato loro dei suoi amici e della guerra che erano andati ad affrontare per proteggere le loro famiglie e li aveva convinti ad intervenire. I regnanti non accettarono di prendere parte ad una battaglia che non li concerneva, ma si offrirono di mandare un supporto di altro genere : i soldati in armatura lucente scaricarono allora tutti i medicamenti e le provviste che si erano portati dietro.
-Non potevo certo abbandonarvi così...- sorrise la nuova principessa, sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio -Immagino che una guerra lasci molti feriti dietro di sé...-
Fu così che dei soccorsi tempestivi evitarono che molti guerrieri feriti arrivassero al peggio. Molti erano pirati abbandonati dai loro, che furono ugualmente soccorsi.
Hiccup girava per il campo e si dedicava ai draghi, che non erano facilmente avvicinati dagli uomini. Fu per questo che accadde.
Era arrivato ad un mucchio di creature svenute e spaesate e, resosi conto della gravità di alcune ferite, si era votato per chiedere aiuto. Allora una sagoma nera e massiccia si era levata sul dorso di un drago in palese stato di trauma e aveva lanciato un urlo roco, divorato dalla rabbia della sconfitta.
Hiccup volse indietro la testa, ma non abbastanza rapidamente.
Jack vide e mandò una scarica ghiacciata, ma non abbastanza rapidamente.
Rapunzel lanciò una spessa ciocca dei suoi capelli e interruppe quel latrato, ma non abbastanza rapidamente.
Merida si coprì la bocca con le mani.
Sdentato si gettò su Hiccup.
Drago Bludvist aveva dato l'ordine, e il drago aveva eseguito. Una fiammata avvolse completamente la figura di Hiccup.
Il ragazzo si sentì bruciare ovunque. Poi tutto fu buio.

 




Angolino dell'autrice
Sembrava tutto finito... e invece no ! Vi toccherà ancora almeno un capitolo !
Due informazioni rapide rapide :  l'ingeniere Roberto Paudi è il protagonista di un racconto di Dino Buzzati del 1986, La fine del Babau. Si tratta di una storia di appena qualche pagina che consiglio a tutti (non so se si trova online, non ho controllato), in cui la razionalità del mondo di oggi rappresentato dal signor ingeniere si scontra con il soprannaturale affascinante e antico delle favole per bambini, in questo caso rappresentato dal Babau. Per chi fosse interessato...
Il mio computer fa i capricci. Fa molti capricci. Per cui la mia rilettura non è stata molto approfondita e vi chiedo quindi di segnalarmi, nel caso, qualunque errore di grammatica, sintassi o battitura che notate.
Questo è il primo testo di guerra che scrivo, per cui ho reso l'epicità come meglio ho potuto. A voi dirmi se sono riuscita a gasarvi almeno un pochino ;)
A presto !
Nike

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Capitolo 22
*** tBF9 ***


Occhi dorati e pupille verticali, che si allargarono di gioia nell'istante in cui arrivò a metterle a fuoco. Allora riuscì a distinguerle in quel buio che scoprì essere un manto di squame nere e lucide.
Qualcosa di incredibilmente magro si mosse alla sua sinistra, sentì quello che si rese conto essere il suo gomito piegarsi e vide un braccio, una mano bizzarramente lontani muoversi debolmente nel limitare del suo campo visivo. A quel gesto gli occhi gialli nella pelle nera presero a muoversi disordinatamente, dandogli il capogiro. Allora quella mano lontana ricadde sul suo viso a coprirgli gli occhi. E di nuovo, per qualche istante pesante, fu tutto buio. La sua mente, tuttavia, era sveglia e confusa. Cercava di ricordare chi fosse, cosa stesse succedendo, tra lucertole giganti che si controcevano, ruggiti rochi e spaventosi da cui voleva solo fuggire, e una sensazione di impotenza e debolezza lo fece sentire indifeso e inerme.
Poi pian piano prese a discernere ciò che era stato e ciò che era sogno, e a riconoscere gli amici dai nemici, e si ricordò di essere Hiccup e di essere uscito da un campo di battaglia. Allora si mosse con un po' più di sicurezza e affannosamente si mise a sedere. Il drago nero dagli occhi di gatto rispuntò nel suo campo visivo e il suo allegro rumore attirò l'attenzione di altre persone presenti nella stanza.
Comparve quindi alla sua destra un viso dagli occhi verdi e l'espressione dolce, circondato da una morbida treccia dorata, e il suo vestito chiaro si piegò per sedersi sul bordo del letto.
-Come ti senti?- domandò a mezza voce, con un sorriso incerto. Dietro di lei, stravaccata su una cassapanca, una figura bianca e blu si drizzò di colpo.
Lui cercò le parole nella sua testa, ma un peso comparve all'improvviso sulla sua spalla sinistra e due braccia verdi lo avvolsero, mentre il rosso e l'arancione ondeggiavano in maniera caotica: -Scemo, scemo, scemo, scemo! Ci hai fatto prendere un colpo, brutto scemo!- la voce acuta gli perforò l'orecchio. Allora la ragazza dolce si alzò e andò a prendergli un po' d'acqua, sussurrando: -Abbassa la voce, Merida. È ancora sottosopra.-
Lui senti le onde rosse annuire, ma le braccia verdi non lo lasciarono. Prese il bicchiere di legno scuro e lo sentì quasi cadere. Allora la ragazza bionda lo sostenne finché non recuperò il controllo del suo braccio sinistro. Poi bevve. La mente gli si rischiarò.
-Grazie.- disse, piano.
Rapunzel riprese l'acqua e la posò accanto al letto: -Non è stato facile idratarti mentre dormivi. Probabilmente dovrai bere ancora molto per rimetterti completamente in forze.-
Hiccup si portò la mano destra alla tempia: -Cos'è successo?- alzò gli occhi su Jack, che si era accovacciato in equilibrio sulla pediera davanti a lui. Poi girò un po' la testa e accarezzò la spalla di Merida, che ancora non si era mossa.
-Drago Bluvist non era morto.- rispose lo spirito.
-Ma non è possibile... l'ho visto precipitare con i miei occhi...-
-I draghi tra cui era finito devono aver attutito la sua caduta. Se poi consideri che vi eravate abbassati parecchio, dopo che la protesi di Sdentato si era danneggiata...- spiegò Merida.
-Secondo i capi dev'essere svenuto il tempo che i suoi lo credessero morto e scappassero.- continuò Rapunzel.
-E poi?-
-Noi avevamo pensato che il suo potere passasse solo dal suo bastone. Ma non ne siamo sicuri, non conoscendo nel dettaglio i suoi incantesimi. Per cui è riuscito a controllare ancora per qualche istante un drago, giusto il tempo di farti male e tentare di fuggire.- riprese Jack, stringendo il suo bastone nella mano.
-Sdentato è riuscito a proteggerti, mentre Merida e... praticamente tutti gli uomini di suo padre, di re Fergus e dei i miei genitori hanno cominciato ad inseguirlo.-
-La biondina sul drago gallina sembrava molto arrabbiata.- notò con noncuranza Merida.
-Il suo potere era debole, però.- riprese Rapunzel -Quando è arrivato alla costa e non ha più trovato le sue navi ha provato ad andarsene da solo... il drago si è ribellato. Sono precipitati in mare tutti e due.-
-Non l'abbiamo più ritrovato.- concluse Jack.
-Ma il drago sì!- aggiunse Merida con un sorriso soddisfatto.
Hiccup abbassò la testa, assimilando tutte quelle notizie.
-Cosa vuol dire... “farmi male”?- chiese infine.
Nessuno rispose. Merida finalmente si staccò da lui. Rapunzel e Jack si scambiarono un'occhiata. Sdentato approfittò del momento per andare a reclamare la sua parte di coccole.
Hiccup abbracciò il suo amico, passando gli occhi dall'uno all'altro.
-Cosa vuol dire “farmi male"?- ripeté.
Rapunzel si avvicinò e gli posò una mano sul braccio: -Sdentato è riuscito a salvarti la vita. Ricorda questo.-
-Ma...?-
-Ma... comunque non ne sei uscito completamente... indenne...-
-Che cosa mi è successo?-
Rapunzel e Merida si alzarono, mentre lui scostava le coperte per cercare di alzarsi in piedi. Allora sentì il vuoto, e la sua gamba sinistra non gli inviò le sensazioni che si aspettava di ricevere. Guardò giù.
Stranamente, non sentì nulla. Non disperazione, non dolore, non tristezza. Solo tanta perplessità e, forse, anche un po' di curiosità.
I suoi tre amici lo guardavano ansiosamente, preoccupati per la sua reazione. Lui li guardò con gli occhi spalancati: -Non ho più... la mia gamba.-
-Rapunzel e Jack ti hanno soccorso subito!- si affrettò a spiegare Merida -Mentre tutti ti credevano morto e inseguivano quel pirata. Lui ha subito bloccato le fiamme, per evitare che si propagassero sui tuoi vestiti. Si è assicurato che la tua temperatura non... ecco. E Rapunzel... non l'ho mai sentita cantare con tanta intensità. Ti giuro, Hiccup... abbiamo fatto tutti del nostro meglio!-
Lui guardò Sdentato, che con soddisfazione gli mostrò la coda monca, contento di avere qualcosa in comune col suo amico umano. Hiccup lo accarezzò: -Mi credevi morto anche tu?- domandò con un sorriso a Merida.
I suoi amici si rilassarono, vedendo che l'aveva presa decisamente bene. Merida ridacchiò, a disagio: -Ammetto che per un momento ho pensato fossi spacciato.-
-La rossa sul cavallo nero sembrava molto arrabbiata.- la prese in giro Jack. Poi continuò: -Anche il mio amico Sandy ha fatto del suo meglio per aiutarti. Si è preoccupato che il tuo sonno non fosse agitato ma che ti ristorasse completamente.-
-Dovrò ricordare di ringraziarlo. È ancora qui?-
Jack annuì con un sorriso amaro: -Vorrebbe che io andassi con lui.-
-Ti vuole portare via?- domandò Merida, sulle spine.
-Vuole che parli con i Guardiani... di nuovo.-
Rapunzel allora prese la situazione in mano: -Non parliamone adesso. Hiccup si deve abituare alla sua protesi e deve rimettersi in forze. Noi abbiamo dei feriti di cui occuparci, e Merida deve gestire tutti quei capi.-
-Non bastavano i lord e Stoik l'Immenso. Anche i tuoi genitori dovevi aggiungerci.- masticò la diretta interessata, incrociando le braccia.

Fu fatta festa grande, che divenne ancora più grande quando Hiccup comparve davanti a tutti dopo il suo periodo di convalescenza.
Quando, dopo parecchie strette di mano e pacche sulla spalla, uscì per prendere aria, lontano dai fiumi di alcol e le portate di carni e formaggi e dolciumi, suo padre lo raggiunse fuori.
-Ciao... papà.-
-Ciao, figlio.- Stoik gli si affiancò.
Calò un momento di silenzio, rotto dall'uomo che con un gesto brusco indicò la protesi: -Ti fa male?-
-No... devo solo abituarmici. Rapunzel e Ja... lei. Lei ha fatto un buon lavoro.- osservò la ragazza che, seduta accanto ad un giovane alto e bruno, col pizzetto, approfittava con gli occhioni luccicanti della sua prima vera festa.
-Già... Devo ammettere che hai... degli ottimi amici.- Hiccup sorrise a quella frase -Anche quel drago.-
Allora i due si guardarono dritti in viso, e Stoik continuò: -Suppongo avessi ragione, riguardo ai draghi. Io e Scaracchio pensavamo che potrebbero venire a vivere con noi. Se non devono più rubare, sarà più facile gestire il cibo per tutti.-
Hiccup sorrise e suo padre gli posò entrambe le mani sulle spalle: -Ovviamente, contiamo su di te per introdurre con loro... quest'alleanza.-
Il giovane si ritrasse: -Contate su di me?-
-Ma certo! Non penserai che potremmo affidare un compito così importante a Moccicoso... o Testaditufo! Il villaggio conta su di te, adesso.-
-C'è Astrid.-
Stoik si passò la mano sugli occhi con un sospiro.
Allora Hiccup tornò a guardare il paesaggio che si allungava placido sotto le mura.
-Tu non vuoi tornare, non è vero?- chiese quindi suo padre.
Hiccup non rispose.
-Va bene.- Stoik gli appoggiò una mano sulla spalla per un secondo, passandogli accanto: -Ti lascio riflettere.-
Hiccup si voltò: -Papà...- lo richiamò -Grazie.- lui gli fece un cenno con la mano e scomparve verso la festa.

Merida bussò alla spessa porta di legno.
La voce altera di Elinor le arrivò attutita: -Avanti.-
Lei entrò timidamente: -Non resti alla festa?-
-Tutto quel baccano mi affatica, dopo un po'. Ho bisogno di una pausa.- la regina era seduta sul suo scranno, contemplando il fuoco.
Merida andò a sedersi tra le pellicce ai suoi piedi.
-Una principessa non si...- cominciò allora sua madre, ma si interruppe e lasciò perdere. Continuò a osservare le fiamme e una mano si posò sui ricci della figlia.
-Ho avuto il terrore di perderti, in quella battaglia.- mormorò dopo un po' -Di nuovo.-
Merida giocherellò con una ciocca: -Lo so... scusa.-
La donna sospirò: -Tuo padre mi ha raccontato del tuo discorso ai capi.- la figlia attese che continuasse -E io ho visto come guidi gli uomini alla battaglia. Mi chiedo se non abbia sbagliato tutto con te.-
-No!- la ragazza si alzò in piedi: -Non è vero! Quando ero là in mezzo... e dovevo parlare... se non mi avessi insegnato tu come fare...-
Elinor la guardava, con le sopracciglia inarcate e l'espressione stupita. Poi si rilassò in un sorriso e batté un paio di volte con la mano su bracciolo, e sua figlia si risedette.
-Mi dispiace essere scappata, mamma.-
-Quale delle due volte?-
Merida non si irritò a quella domanda: -La seconda. Non volevo più ferirti o disobbedirti, lo giuro.-
-E invece a me ha fatto più male la prima volta.- Merida abbassò la testa e lei spiegò: -Perché in quel caso non ti stavi precipitando a salvare tuo padre. Stavi fuggendo da me, e da tutto quello che rappresentavo ai tuoi occhi.-
La ragazza sentì una lacrima rigarle una guancia.
-Ma ho riflettuto anch'io, sai? Dopo che ti ho vista combattere. Suppongo... che dovremo rivedere la tua formazine di principessa.-
-Mamma?-
-Ma che i patti siano chiari, Merida. Dovrai guadagnarteli, gli allenamenti con tuo padre. Resti una fanciulla, e hai bisogno di una formazine di fanciulla, almeno finché sarai sotto la mia tutela.-
Merida sospirò rassegnata: -E per quanto riguarda il matrimonio?-
Elinor fece spallucce: -A detta di Fergus, pare che tu abbia sistemato la faccenda da sola, con le tue parole.-
Merida sorrise e si alzò sulle ginocchia per abbracciarla in vita: -Ti voglio bene, mamma.-
-Anche io, tesoro.- la donna le accarezzò i capelli: -Quando i nostri ospiti saranno ripartiti e tutto sarà tornato nella norma, parleremo con tuo padre. Ti procureremo delle protezioni... non lo so... una tenuta adeguata e potrai cominciare la tua formazione di guerriera.-
Merida ebbe un sussulto a quelle parole, e con tristezza abbassò gli occhi.

Jack era di sotto, in compagnia dei principini, e si divertiva a far gli scherzi a Maudie con loro. Approfittava dell'assenza di Sandy, che nella notte si era recato ad assolvere ai suoi doveri di guardiano, e si dava alla pazza gioia, quando sentì qualcuno schiarirsi la voce. Alzò lo sguardo, per incontrare una sorridente Rapunzel.
-Possiamo parlare?- chiese la ragazza con dolcezza.
-Ah non lo so! Qui comandano loro!- replicò lui ridendo.
La ragazza si chinò sui gemellini: -Mi concedete un secondo con Jack, per favore? Dopo avete il mio permesso per fargli tutto quello che volete. Promesso.-
I tre annuirono e andarono a cercare la povera Maudie da soli.
-Accidenti! È la prima volta che li vedo obbedire senza fiatare a qualcuno in questo modo. Hai proprio charme, Rapunzel!-
Lei nascose il sorriso nella mano.
Insieme presero a passeggiare per i corridoi del palazzo.
-Di cosa devi parlarmi?- chiese quindi lo spirito.
La ragazza giocherellò con il braccialetto, prima di trovare il coraggio di rispondere: -Volevo confidarmi con te... prima di parlare agli altri. Ma non so da dove incominciare.-
-Be', oserei dire dall'inizio, no?- Jack avanzava in equilibrio sui corrimano delle scale.
-Sono andata a parlare a quell'altra, la notte delle lanterne.-
-Davvero?!-
-Già.-
-E perché?-
-Avevo bisogno di risposte.-
-E le hai trovate?-
-Sì.-
-Tutte quante?-
-...sì.-
Lui la contemplò inclinando la testa: -E allora cosa c'è che non va?-
-Jack... secondo te perché sei stato scelto per essere un Guardiano?-
Lo spirito non rispose: -Scusa? Com'è che ti ci metti pure tu, adesso?!-
-Perché voglio capire! E lo voglio fare insieme a te! Sei stato il mio primo amico, l'unica persona che mi è stata accanto per tutti quegli anni... per tutte quelle notti. Che ha ascoltato tutti i miei sussurri disperati e non mi ha mai lasciato sola.-
-Non potevo fare altrimenti. In fondo, almeno, tu mi parlavi. Grazie a te neanch'io sono stato solo.-
-Allora rispondi alla mia domanda. Perché sei stato scelto?-
Lui si grattò dietro alla testa: -Non lo so. Cioè, penso di saperlo, ma non ne sono sicuro.-
-Anche io penso di saperlo.- lei si strinse nelle braccia -Sai perché non ti ho seguito, quest'inverno, quando sei andato a giocare con i bambini, e sono tornata a casa?- lui scosse la testa, così lei spiegò: -Perché ti ho osservato, Jack. E ti ho visto... nel tuo elemento. In quel momento mi ero sentita talmente di troppo...-
-Di troppo?-
-Io non sono più una bambina. E guardandoti, mi sono resa conto di quanto sei più a tuo agio libero nella neve con loro, piuttosto che chiuso in una torre con noi.-
-Ma voi stavate per partire! Non ci sarebbe stata più nessuna torre!- in quel momento Jack sentì la sua voce mentire. Una “torre” ci sarebbe stata, e lui se ne era reso conto ormai da troppo tempo.
-Se fossimo partiti, verso sud, tu saresti venuto con noi?-
Jack sbarrò gli occhi: -Cosa...?-
-Saresti venuto da noi, ma non ci avresti seguito nel viaggio. Perché il tuo mondo è questo, il mondo della neve e dell'infanzia.- le risate dei tre principini risuonavano nei corridoi.
Jack era senza parole: -Cosa stai cercando di dirmi, Rapunzel?-
-Noi stiamo crescendo, Jack. E non possiamo costringerti a stare con noi per sempre.-
-Ma non dire scemenze! Voi non mi costringete a fare nulla! Io...-
-Tu non ti sei mai accorto di niente? Davvero quando sei con i bambini non ti senti... diverso?-
-Sì, ma non voglio! Io...- Jack saltò sul davanzale di una finestra e si stagliò sulla luna candida -...io non voglio scegliere! Mi senti? Io non voglio scegliere!-
-JACK!- Rapunzel lo prese per un braccio e lo fece scendere: -Jack, ti prego. Non rendere tutto così difficile...-
-Perché, credi che per me sia facile? Lo sai quanti anni ho? Lo sai quanti anni sono passati in solitudine prima che vi incontrassi?!-
Lei scosse la testa, ma replicò: -Ma non possiamo stare insieme per sempre! Adesso che ci hai conosciuto le cose saranno diverse anche per te, ne sono sicura!-
-E come, se posso permettermi? Cosa ci sarà di diverso da prima di voi... della mia famiglia?- replicò rabbiosamente lui.
-Adesso i bambini ti conoscono.- Rapunzel sorrise timidamente -Adesso i bambini ti vedono e sempre più ti vedranno. Nasceranno canzoni e favole su di te. Non sarai più solo. Non hai più bisogno di noi per trovare il tuo posto in questo mondo, Jack: tutti quanti sapranno il tuo nome, e lo racconteranno ai più piccoli... per sempre!-
Lo spirito ricordò l'Uomo Nero: -Cosa ne sai tu?-
-Be', sicuramente durerà anche dopo che noi non ci saremo più.- rispose lei candidamente con un sospiro. Poi guardò fuori e vide Flynn portare a Max un sacco di mele rosse e lucide -Forse dovremo cambiare un po' tutti...-
Jack chinò la testa, gli occhi nascosti sotto la frangetta bianca: -Ma non voglio perdervi!-
-Ma tu non ci perderai... noi non ti perderemo! Lo facciamo per te, Jack. Con noi sarai sempre un uccello in gabbia, e a mano a mano che avanzeremo sarà sempre più difficile. E io non voglio vederti soffrire.-
Jack sorrise e la abbracciò con tenerezza -Ho così paura di crescere, Jack...-
Lui rispose in un soffio: -Non vi lascerò mai soli. È una promessa.-
E, questa volta, lei ci credette.

Il giorno della partenza arrivò troppo in fretta. I Grandi Quattro si ritrovarono tutti riuniti sulla scogliera, da cui potevano osservare i lavori di preparazione delle navi.
Per qualche istante nessuno parlò, poi Merida ruppe il ghiaccio: -Potremmo scappare di nuovo.-
-In effetti... Tra Sdentato e Jack riusciremmo ad andarcene senza dare troppo nell'occhio.- considerò Hiccup.
-Potremmo riprendere il nostro viaggio verso sud?- si eccitò Rapunzel.
-Io preferirei veniste con me al polo nord. Ho ancora un laboratorio in cui infiltrarmi.- propose Jack.
Tutti accarezzarono con la mente quella fantasia, crogiolandosi in una nostalgica speranza impossibile.
-Quindi niente ripensamenti? Tutti d'accordo?- domandò Hiccup.
Rapunzel annuì, curiosa e con tanta voglia di cominciare una vita normale con la sua famiglia.
Merida alzò le spalle: -Mica è un addio, questo, no?-
Jack ridacchiò: -No... certo che no...- ironizzò.
-Se provi ad allearti con i miei fratelli per farmi gli scherzi, ti avverto che non ci andrò leggera.- lo informò allora la ragazza.
Hiccup gli pose una mano sulla spalla: -Cerca di non dimenticarci.-
Lui si tirò il collo della casacca e mostrò la catenella del suo medaglione: -Puoi contarci. E anche voi, non dimenticatevi di me.-
Merida scoppiò a ridere: -Impossibile!-
Rapunzel sorrise a sua volta, incerta. La sua amica l'abbracciò, seguita a sua volta dagli altri due.
-Se mai doveste avere bisogno di supporto, non esitate a chiamare.- mormorò allora Jack.
-Promesso.-
Le flotte erano pronte. Rapunzel e Hiccup scesero in spiaggia in groppa a Sdentato, poi ognuno salì sulla propria nave e gli ospiti finalmente salparono.
Merida si guardò intorno. Accanto a lei, nessuno: Jack era scomparso.
Da sola, in piedi in cima a quella scogliera, col vento che le faceva ondeggiare la gonna e vorticare i capelli, la principessa guerrieria non staccò gli occhi dal mare finché non fu sparita anche l'ultima imbarcazione. Allora sentì Angus accarezzarle il volto col muso. Con un sorriso montò in sella e scambiò uno sguardo con i tre giovani lord, che l'attendevano per scortarla. Merida si lanciò al galoppo e, alla testa del quartetto, riprese la via verso casa.

Hiccup sistemò la protesi di Sdentato come meglio poteva, sotto gli occhi perplessi di Stoik, di Scaracchio e degli uomini della flotta, e nell'impazienza delle reclute, in sella ai loro nuovi amici. Montò quindi in groppa al drago: -Sei pronto, amico?-
La furia buia non attendeva altro. Con un balzo potente raggiunsero il cielo, subito seguiti dagli altri draghi, e con lenti colpi di ali Hiccup e Sdentato presero rapidamente quota. In alto, sempre più in alto, verso il sole.

Rapunzel camminava incerta in mezzo a tutti quegli uomini. Non era abituata a stare tanto tempo tra la gente, ma con tenerezza notò che Flynn Rider sembrava più a disagio di lei. Max aveva deciso che sarebbe stato la sua guardia del corpo e non la abbandonava un secondo, suscitando le noie di Pascal che, credendo di essersi liberato di un drago seccatore, aveva vinto un cavallo zelante.
La ragazza abbracciò i suoi genitori e si diresse alla punta della prua della nave, attendendo con gli occhi spalancati di vedere finalmente la sua nuova casa.

Jack volava in silenzio. Non aveva voglia di parlare. Accanto a lui, Sandy lo osservava di sottecchi. Si stavano dirigendo verso il palazzo di Babbo Natale. Avevano ancora un vecchio discorso da chiarire.
Quando sorvolarono le terre di Lapponia, Sandy gli rivolse apertamente la sua domanda.
-Pensavo al destino dei Guardiani. Non hai paura di essere dimenticato da tutti?-
L'Omino di Sabbia fece spallucce e scosse la testa. Tutto doveva arrivare ad una fine, spiegò, ed è proprio la qualità di quella fine a sigillare il valore di una storia. Per questo lui faceva del suo meglio sempre e comunque, in modo da lasciare dietro di lui un buon ricordo, e non avere alcun rimpianto una volta terminata la sua missione.
Jack meditò su quelle riflessioni fino al loro arrivo. Quando si ritrovò davanti Nord, col suo sorrisone pacioso e pieno di aspettative, scoppiò a ridere: -Non ho bisogno di un giuramento per proteggere i bambini.- spiegò.
Allora per lui sarebbe stata solo una formalità, no?
Jack finse di riflettere, per tenerli tutti e quattro sulle spine ancora un po'. Poi sfoderò il suo sorriso più irritante e si chinò leggermente in avanti per dare la sua risposta...

I mitici “tre anni dopo”...
-Eccoli! Eccoli! Li vedo, stanno arrivando!- Rapunzel saltellava eccitata dal molo. Accanto a lei, Max non la perdeva di vista un secondo.
-Eugene! Mi hai sentito?-
-Sì, sì, biondina, non ti preoccupare...- il ragazzo la raggiunse con un sacco di mele e ne porse una al cavallo -Mi ricordi perché lo facciamo?-
-Perché è una promessa! E le promesse si mantengono.- rispose lei mostrandogli il bracciale.
Eugene roteò gli occhi.
All'orizzonte, due imbarcazioni del nord si dirigevano placidamente verso il porto di Corona. Tuttavia, ancora non erano arrivate a portata di voce che da una delle due si alzò un'enorme sagoma nera, e la raggiunse in pochi secondi.
-Hiccup!- strillò lei, tendendo le mani verso il cielo.
Sdentato le atterrò davanti. Col tempo si era fatto più imponente. Dal suo dorso scese Hiccup. In tre anni si era fatto uomo, aveva quasi raggiunto l'altezza di Eugene e i suoi tratti erano diventati decisamente più definiti, e il suo sguardo più affilato e perspicace. Allargando le braccia fasciate nella sua uniforme in cuoio, da cui pendeva il puntale di una cintura ormai troppo corta, salutò la sua vecchia amica: -Quanto sei diventata bella!- esclamò.
Rapunzel volteggiò su se stessa nel suo mantello celeste per farsi vedere: il volto di un ovale perfetto era ancora circondato dalla  spessa treccia bionda, le gote e gli zigomi avevano tutte le tinte di rosa, il corpo aveva assunto le curve di una donna, ormai.
Hiccup rise e l'abbracciò stretta, mentre gli altri cavalieri dei draghi atterravano sul molo occupando tutto lo spazio. Eugene addocchiò subito Astrid e con un sorriso malizioso diede una leggera gomitata a Rapunzel: -Al tuo amico piacciono le bionde, eh?-
Lei in tutta risposta gli mormorò uno “stupido!” all'orecchio.
Nel frattempo le navi avevano incominciato le operazioni di attracco, e dall'altra imbarcazione rispetto a quella di Hiccup si levò una voce piccata: -Volevate l'asciarmi indietro, voi due?-
Merida era in piedi sul parapetto, una mano saldamente allacciata al cordame, e appena fu abbastanza vicina, con una fune si lanciò dalla nave al molo, finendo tra le braccia dei suoi due amici. Sotto il velluto verde smaraldo e le pellicce, e le cinghie e le cinture della spada e della faretra, il suo corpo era diventato spesso e solido, e le spalle erano larghe e forti. In quel tempo di separazione aveva sviluppato un sorriso sghembo sotto gli occhi che avevano acquisito lo stesso taglio di sua madre, ma che avevano conservato l'energia della loro infanzia. I capelli restavano lunghi e disordinati, ma in qualche modo riusciva sempre a infilarci dentro il fermaglio argentato.
Quando i marinai, brontolando per l'impulsività della ragazza, posarono la passerella, i tre giovani lord la raggiunsero di corsa.
-Oserei dire che ci siamo tutti!- sospirò allora Hiccup: -Possiamo partire.-
-Ancora non capisco perché dobbiamo proprio partire all'inizio dell'inverno.- Eugene riprese la sua lamentela.
-Perché la nostra promessa riguardava tutti i Grandi Quattro, non solo noi!- esclamò Merida.
-Ancora con questa storia?- scoppiò a ridere Moccicoso, scendendo da Zannacurva -Quando smetterete di credere alle favole?-
-Jack Frost esiste.- replicò la ragazza -E te lo proverà.- infatti il vichingo finì per scivolare e ritrovarsi col sedere per terra.
Moccicoso si rialzò: -È stato un caso.- mugugnò.
-Sì, certo, come no.- la comitiva prese ad attraversare la città di Corona, per raggiungere la terraferma e finalmente mettersi in viaggio.
Quando incrociarono dei bambini che giocavano con la prima neve, Rapunzel sospirò: -Ecco, l'abbiamo perso.-
Hiccup fece spallucce: -Ci raggiungerà più tardi.-
Testaditufo e Testabruta ridacchiarono e, picchiettandosi la tempia con l'indice, diedero loro del matto, salvo poi prendersi delle palle di neve dritte in faccia.
-Chi è stato?- ruggirono, ma i bambini si limitarono a ridere e a scappare.
Ormai avevano raggiunto il ponte. Con un po' di timore, lo attraversarono, Eugene e Rapunzel in sella a Max, i giovani scoti su Angus e le loro cavalcature, e i cavalieri sui loro draghi. Avanzavano allegramente tutti insieme, ormai alti, grandi, cresciuti, e in mezzo a loro, una figura ancora gracile della sua giovinezza, dai colori blu e bianchi, che li seguiva soddisfatta col bastone in spalla.

Più a sud, incastrata fra le montagne, una piccola valle nascosta veniva presa d'assalto dalla natura. La torre che vi svettava in mezzo era coperta di rampicanti, che dalle finestre aperte avevano preso possesso della cucina, delle scale, delle pareti e dei soffitti affrescati. Solo uno, sopra uno dei letti, rimaneva ancora visibile. Quattro figure colorate, rosso, verde, giallo e blu, che si tenevano eternamente per mano.

 




Angolino dell'autrice:
Non ci posso credere, l'ho finita. Ragazzi, è passato quasi un anno!
Allora, due paroline veloci veloci: mi sono resa conto che quello che rischia sempre di rimetterci le penne, alla fine, è sempre Hiccup. Non so perchè, probabilmente nonostante sia meno propenso a battersi di Merida ha più motivi per mettersi in mezzo... Boh.
Secondo voi cosa ha scelto Jack: di diventare un Guardiano o di rifiutare?
Per rendere il tutto ancora più nostalgico, per l'epilogo consiglierei anche una colonna sonora: a scelta, La strada, dei Modena City Rumblers, oppure (in particolare) Auld Lang Syne, di Robert Burns. Oppure entrambre, prima Burns e poi La strada
E per finire, di nuovo avverto che il mio pc non fa il bravo: se rilevate errori di qualsiasi tipo, per favore segnalate! Appena possibile farò un mega giro di correzioni!
Non ho nient'altro da aggiungere se non che aspetto il vostro giudizio complessivo di questa storia: cosa vi è piaciuto di più, quale personaggio sono riuscita a rendere meglio, se l'avventura finale vi ha fatto qualche effetto...
Intanto ho già qualche idea per altre storie, più brevi e semplici, sempre in tema (per ora) Big Four.
A presto!
Nike (ancora incredula di avercela fatta)

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