Valkyrie

di SuomalainenSisu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Beginning ***
Capitolo 3: *** Changes ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


 

PROLOGO

 

Per lei era un privilegio trovarsi lì. Suo padre aveva acconsentito a farla tornare soltanto per quella notte per proteggere la bambina, ma dopo aver sentito il corno suonare aveva capito che nessun luogo era sicuro per loro.

Per questo aveva preso la neonata dalla culla e, ancora in camicia da notte, era scesa sotto le mura del castello. Lì stava aspettando il momento giusto per correre nella foresta e raggiungere Bifrost.

I minuti continuavano a passare lenti, lei non riusciva a muoversi, aveva paura che loro la vedessero, e che le prendessero la figlia prima di essere riuscita a metterla in salvo. Alla fine si decise, spiccò un balzo in avanti e, tenendo sempre stretta a sé la bambina, corse verso la foresta e nascosta dagli alberi, cercò di aumentare la velocità per raggiungere in tempo il ponte e salvare la sua vita e quella della neonata.

Era quasi arrivata, poteva scorgere nell'oscurità la luminescenza dei sette colori del Bifrost; sentì un ramoscello secco spezzarsi alla sua sinistra, subito dopo un coltello le si conficcò nel braccio e lei cadde, rotolando sull'erba “Maledetto” pensò “Maledetto, mi ha seguita!”. Estrasse la lama dal braccio e cercò di trascinarsi fino al ponte, ma qualcuno le sbarrò la strada. Una risata risuonò tra gli alberi e poi l'uomo davanti a lei parlò con voce glaciale «Credevi davvero di potermi sfuggire?» la giovane donna non rispose, l'uomo la prese per i capelli, tirandole indietro la testa in modo da poterla vedere in viso e ripeté alzando la voce «Credevi davvero di potermi sfuggire?» questa volta lei in tutta risposta gli sputò in faccia. L'uomo divenne furente, estrasse la spada dal fodero, la stava per calare sulla donna, ma si fermò con la lama sospesa a mezz'aria; riusciva a sentire il rumore degli zoccoli di cavallo, si voltò e si ritrovò davanti cinque uomini armati venuti in soccorso della giovane donna. L'uomo lanciò un'imprecazione, alzò di nuovo la spada, ma questa volta la usò per difendersi, lasciando cadere a terra la donna. La giovane ne approfittò per raggiungere il ponte, sollevò la bambina «Addio Gwenhwyfar» le sussurrò con le lacrime agli occhi e poi lasciò scivolare sul Bifrost, in modo che raggiungesse sana e salva la Terra di Mezzo; si voltò, l'uomo che la stava per uccidere si era riuscito a liberare degli eroi, e ora stava avanzando verso di lei. Il ponte stava sparendo, doveva agire in fretta. Piegò la testa di lato e rivolse un sorriso di scherno appena accennato all'uomo, chiuse gli occhi e si lasciò cadere all'indietro, scivolando sul ponte. L'ultima cosa che udì provenire da quel mondo di nuovo proibito per lei fu un “no” urlato con potenza e rabbia, e poi più nulla.

 

Ore dopo lo scontro, l'uomo camminava furioso nella sala del trono del suo castello. Se l'era fatta scappare, l'aveva sottovalutata ed era riuscita a scappare sotto il suo naso, non le importava tanto della donna, tanto il suo destino era segnato, sarebbe morta come una qualsiasi inutile mortale e non gli avrebbe più creato problemi; a lui interessava Gwenhwyfar, la bambina. Doveva catturarla prima del suo diciassettesimo compleanno, altrimenti ogni sforzo sarebbe stato vano, la profezia si sarebbe avverata e sarebbe stata la sua rovina, e questo lui non lo voleva.

Si fermò a contemplare il fuoco acceso nel camino, doveva mandare qualcuno per rintracciarla, qualcuno che la trovasse, la sorvegliasse e poi, al momento giusto, la portasse da lui. Le labbra gli si incurvarono di un sorriso maligno, sapeva esattamente a chi affidare questo delicato incarico, si girò verso la sentinella di guardia alle porte della sala «Mandatemi a chiamare l'eroe, ditegli che il suo signore lo vuole vedere immediatamente!» la guardia fece un piccolo inchino e poi sparì dietro i pesanti portoni, l'uomo si girò di nuovo verso il fuoco.

Non passò molto tempo che qualcuno dietro di lui parlò «Volevate vedermi mio signore?» l'uomo si voltò, una luce strana gli brillava negli occhi «Eroe, dovresti fare qualcosa per me...».

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Capitolo 2
*** Beginning ***


Capitolo 1 - Beginning
 
La vedevo cadere a terra, gli occhi sbarrati e il viso distorto dal dolore. Vedevo gli occhi gonfi di pianto della madre al suo funerale. Sentivo le grida strazianti della sorella, il dolore silenzioso del padre, il rumore dei fiori bianchi che venivano fatti cadere sulla bara da tutti i presenti. Uno dopo l’altro, in una lenta e silenziosa agonia che però nella mia mente era forte e chiara…
Mi svegliai con il cuore a mille e il fiato corto. Mi passai una mano tra i capelli e sul viso.
Puoi scappare quanto vuoi, ma non puoi farlo dal tuo passato.” Quelle parole mi risuonavano ancora in testa da quel giorno. Mi alzai, il pavimento della mia camera era freddo, e dal piano di sotto non si sentiva alcun rumore, i miei dovevano ancora dormire.
Andai in bagno e mi feci una doccia ghiacciata per rimettermi in forma e schiarirmi le idee. Quando finii mi asciugai e con i capelli avvolti ancora in un asciugamano scesi in cucina a preparare la colazione.
«Buongiorno tesoro!» squillò mia madre di buonumore entrando in cucina pochi secondi dopo.
«Ciao Mà» dissi con la bocca piena di cereali, masticai lenta guardandola preparare il caffè e sedersi poi davanti a me con il giornale.
«Tuo padre può portarti a scuola questa mattina se non vuoi prendere l’autobus.»
«Oh, sarebbe magnifico. Così magari se arrivo prima ho più tempo per cercare l’aula e tutto il resto.» dissi senza troppo entusiasmo. Non ero mai stata un’amante della scuola, diciamo che i miei voti erano nella media, e il fatto di essere dislessica non aiutava di certo. Ma comunque ero sempre riuscita a mantenermi a galla e grazie allo sport la mia media riusciva ad essere accettabile. I miei avrebbero voluto che mi impegnassi di più: avevano grandi piani per me, un college prestigioso e poi una vita di successo. Non riuscivo ancora ad immaginarmi una me futura, ma i miei erano leggermente differenti da quelli pensati da loro.
Mio padre entrò in cucina in quel momento, diede un bacio veloce a mia madre «Dieci minuti e parto, fatti trovare in macchina se vuoi che ti porti a scuola.» mi sorrise e mi fece l’occhiolino.
«Vado a prendere le mie cose allora!» corsi su in camera, presi le cose che mi servivano, mi lavai i denti, mi asciugai in modo veloce i capelli e poi mi precipitai fuori non prima di aver dato un ultima occhiata allo specchio.
 
Mio padre si fermò nel parcheggio della scuola e aspettò che scendessi «Grazie, ci vediamo oggi pomeriggio» lui annuì semplicemente. Chiusi la portiera e mi avviai verso l’entrata «Reesa?» mi voltai. Vidi mio padre che aveva tirato giù il finestrino dell’auto e si stava sporgendo un poco, tornai indietro «Sì?»
«Non combinare guai ok?»
Annuii, cercai di ripetere a me stessa che era solo una frase di circostanza, ma sapevo benissimo a cosa si stava riferendo.
«Buona giornata Reesa.» mi sorrise e poi partì.
Entrai a scuola e mi diressi subito in segreteria, dovevo consegnare alcuni documenti prima di poter effettivamente frequentare le lezioni.
«Salve.» mi disse la donna dell’ufficio trasferimenti
«Sono Byrne, ho ricevuto una email che devo firmare ancora qualche documento prima di poter iniziare le lezioni…» tirai fuori la mia carta d’identità e gliela mostrai.
«Certo, solo un attimo che cerco il fascicolo.» e poi sparì dietro ad una porta. Mi sedetti su una delle sedie della sala e l’aspettai, non ero mai stata una persona paziente, ma dopo tutto non avevo nulla da fare. In quel momento una ragazza bionda entrò nella segreteria e andò al bancone, si guardò un po’ intorno e poi si girò verso di me «Non c’è nessuno?»
«Sta cercando per me dei documenti, penso sia nell’archivio.» la ragazza annuì quasi scocciata e si sedette di fronte a me, tirò fuori il telefono e iniziò a scrivere un messaggio.
«Byrne?» disse la donna tornando con dei fogli in mano
«Eccomi…» lei mi porse una biro e due documenti perfettamente uguali «Mi serve solo una tua firma su entrambi.» firmai e ne consegnai uno, mentre l’altro lo tenni con me.
«Grazie, questo è il tuo orario… E lì c’è il numero del tuo armadietto con la combinazione.»
«Bianca!» si intromise la ragazza bionda «Il Signor Mickle mi ha chiesto di portarti questo, penso che sia per il preside, ma comunque mi ha assicurato che avresti saputo cosa farne.»
«Grazie Kirstin…» prese la cartellina e la posò in uno dei cassetti e poi si rivolse di nuovo alla bionda «Visto che è già quasi ora delle lezioni, avresti voglia di far vedere a questa ragazza dove si trova il padiglione B? che così non perde tempo a cercarlo.» ci misi qualche secondo a capire che la ragazza ero io
«Oh, non serve, posso-»
«Certo, tanto devo andare anche io lì.» rispose la bionda, mi sorrise in modo freddo e distaccato. Aveva una bellezza glaciale, incuteva quasi timore.
Uscimmo dalla segreteria e iniziammo a camminare in silenzio, fino a quando non fu lei a romperlo «Nuova?» probabilmente la domanda era più per essere cordiale nei miei confronti più che per reale interesse.
«Già.»
«Mi chiamo Kirstin Kize» mi tese una mano e aspettò che io gliela stringessi «Piacere, Reesa Byrne.» poi nessuna delle due aggiunse altro.
«Ok, questo è il B, l’A è esattamente nella direzione opposta prendendo quel corridoio… Questa scuola non è stata studiata troppo bene.»
«Grazie, me la caverò.»
In quel momento arrivò come un uragano un ragazzo «Kirstin! Eccoti, ma dove eri finita, pensavo che ti avessero trovato i nan—Ahia! Ma che ti prende?!» piegandosi e toccandosi il piede che probabilmente Kirstin gli aveva pestato per farlo stare zitto, perché subito dopo notai l’occhiata che lei gli lanciò, spostando poi l’attenzione su di me.
«Oh, scusa, non avevo visto che eri occupata.» e poi rivolgendosi a me aggiunse «Ciao, io sono Brian» strinsi la mano anche a lui, e in quel momento sentimmo la campanella suonare «Bene, devo andare. Ci vediamo dopo Kirstin, ed è stato un piacere conoscerti…» sembrò un attimo confuso «Ehm… Come hai detto che ti chiami?»
«Reesa.» non gli feci notare che non gli avevo mai detto il mio nome, volevo finire quella “conversazione” il più presto possibile.
«Certo! Ci vediamo.»
«Ok, vado anche io… Grazie mille per avermi aiutato.»
«Se posso esserti ancora utile vienimi pure a cercare.»
«Grazie.» non sarei mai e poi mai andata a cercarla.
Entrai in classe e presi posto in uno degli ultimi banchi in fondo, vicino alla finestra e cercai di essere il più invisibile possibile per tutto il resto della giornata.
 
«Come è andata la scuola Reesa?»
«Bene.»
«Ultimo anno eh? Devi essere emozionata» continuò mia madre. Non so perché mi stava dicendo tutto questo, ma le risposi annuendo in modo svogliato.
«Ho conosciuto i nostri nuovi vicini di casa oggi. Hanno una figlia, si chiama Claudia e ha la tua stessa età!»
«Ancora con questa storia? Non sono più all’asilo che mi devi aiutare a fare amicizia mamma…»
«Era tanto per dire… Sembra simpatica.»
«Ok.»
«L’ho invitata a prendere un tè da noi domani.»
«Cosa?» ero senza parole. Il trasloco e tutto quello che era successo nella vecchia città non aveva cambiato mia madre di una virgola.
«Ci sarai no?»
«Ho un scelta?»
«No.» alzai gli occhi al cielo e sbuffai. Mia madre mi guardò in modo severo e batté i piatti sul tavolo «Reesa Cathrine Byrne, non avere quell’atteggiamento con me.»
«Cosa sta succedendo qua?» chiese mio padre entrando.
«Tua figlia fa l’impertinente.» faceva ridere il modo che mia madre diceva “tua figlia”, come se lei non c’entrasse nulla e avesse fatto tutto mio padre da solo.
«Domani Claudia verrà da noi per un tè, e fine delle discussioni.» guardai mio padre che face una faccia buffa e poi aggiunse «Tutto come vuoi amore.»
 
***
I mesi nella nuova scuola erano passati velocemente, e alla fine Claudia si era rivelata una persona simpatica, ed era diventata la mia unica amica. Mi costava ammetterlo, ma era tutto merito di mia madre.
Eravamo in coda per il pranzo «Pronta per domani?»
«Sì e no.» ammisi
«Oh andiamo Reesa! È la festa delle feste!»
«Non sono una persona da feste… E Halloween non è proprio la mia preferita.» troppi ricordi erano legati a quel giorno, ma questo non glielo dissi.
«E invece è proprio la mia preferita!» lei batté le mani felice. In quel momento due ragazzi ci superarono spintonando Claudia e facendole cadere a terra i libri che aveva sotto il braccio «Domani dobbiamo stare più vigili del solito perché--»
«Ei, fate attenzione!» urlò la mia amica prima di chinarsi a raccoglierli.
I ragazzi si voltarono e notai che erano Kirstin e Brian «Oh, ci dispiace. Non vi abbiamo visto.» e poi continuarono a camminare.
«Dai, lascia che ti aiuti.» le dissi porgendole dei fogli che erano usciti dal quaderno ad anelli «Non l’hanno fatto apposta…»
«Li conosci?» mi chiese Claudia
«Kirstin e Brian? Solo di vista. Sono particolari come persone.»
«Penso stiano insieme. Avevo una cotta per lui lo scorso anno, ma non ci ho sperato troppo.»
«Puoi trovare decisamente di meglio…» le sorrisi.
«Hai mai avuto un ragazzo tu?» feci finta di non aver sentito la domanda e cambiai discorso, riportando l’attenzione sulla festa del giorno seguente.
«Posso passarti a prendere io in auto se vuoi domani.»
«No, è ok. Sarò a casa di mia nonna, è qua vicino, posso camminare. Troviamoci direttamente davanti alla palestra? Diciamo per le dieci?»
«Perfetto!» le sorrisi.
 

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Capitolo 3
*** Changes ***


Capitolo 2 – Changes
 
Guardai l’orologio che portavo al polso, era quasi mezz’ora che aspettavo Claudia, dove diavolo era finita? Provai nuovamente a chiamarla sul cellulare, ma continuava a suonare a vuoto. Mi aveva mandato un messaggio dicendo che sarebbe partita in cinque minuti, ma da quel momento non l’avevo più sentita. Entrai nella palestra allestita per l’occasione, e guardai in giro, magari era già entrata e non l’avevo vista.
Vidi in centro alla pista da ballo alcune sue amiche, così mi avvicinai «Ciao! Sapete se Claudia è già arrivata?» chiesi
«Non penso, ci aveva detto che ti avrebbe aspettato!» mi rispose Vic
«Ok, grazie!»
Ritornai fuori e provai di nuovo a chiamarla. Magari era dovuta tornare a casa perché aveva dimenticato qualcosa.
 
Iniziavo davvero a preoccuparmi: era più di un’ora che Claudia non si faceva sentire, e anche le sue amiche iniziavano ad essere in pensiero.
Decisi di provare ad andare a cercarla andando verso casa di sua nonna. Mi aveva spiegato più o meno dove si trovava, così mi incamminai. Attraversai il prato e passai attraverso le aiuole della scuola, cercando di scavalcare i cespugli, mentre guardavo in giro se la vedevo. Magari era caduta e si era fatta male.
Camminai per almeno dieci minuti senza incontrare anima viva. Iniziavo ad essere intorpidita dal freddo e a non sentirmi più le dita. Velocizzai il passo “dove diavolo sei Claudia?!” continuavo a pensare.
Era davvero buio, sembrava che i lampioni della strada avessero smesso di funzionare, e intorno a me non c’era davvero niente. La nostra scuola si trovava in periferia e vicino ad un parco, ma non mi ero mai accorta prima di quanto fosse isolata. Aumentai ancora di più il passo, non mi piaceva stare lì da sola, avrei dovuto chiedere a Vic di aiutarmi con la ricerca.
Forse a causa dell’agitazione, o forse per la poca attenzione che stavo prestando, misi male il piede su una radice di un albero e caddi lunga distesa a terra. Cercai di rimettermi in piedi facendo leva con le mani sul terreno bagnato, “Strano” pensai “Non ha piovuto in questi giorni”. Cercai di mettere a fuoco quello che c’era davanti ai miei occhi: sembrava una pozza scura per terra, la sfiorai e cercai di portarmi la mano davanti alla faccia per vedere meglio. Non era acqua, ma un liquido scuro e di una strana consistenza. Portai le dita sotto il mio naso e quando l’odore di quella cosa mi raggiunse le narici, capii subito cos’era, era ferruginoso e intenso. Ebbi un conato di vomito.
Sangue, era SANGUE.
Non ero mai stata una ragazza debole di stomaco, ma comunque dovetti rimanere per alcuni secondi seduta a terra, cercando di respirare e placare la nausea, poi presi coraggio e mi rimisi in piedi. Cercando di evitare con lo sguardo la pozza scura la scavalcai e continuai dritto, ma la mia attenzione fu attratta da qualcos’altro. Qualcosa di più inquietante, che mi fece gelare il sangue nelle vene.
C’era una figura riversa a terra e immobile. Non riuscivo a vederle il viso, ma mi sembrava di conoscerla… Era Kirstin!
«Kirstin?» dissi debolmente «Kirstin stai bene?» cosa ci faceva lì? Mi avvicinai ancora di più e provai a toccarle la spalla «Kirstin?» provai di nuovo, ma niente.
Decisi di voltarla sulla schiena, per riuscire a capire cosa stava accadendo. Appena la vidi in viso mi scappò un urlo. Aveva grandi occhi marroni velati di morte, viso pallido e labbra livide.
«Oh mio dio.» mi tremò la voce, non era Kirstin. Ci assomigliava terribilmente per via dei capelli biondi e lunghi, ma non era lei.
«Claudia!» l’afferrai per le spalle e la scossi debolmente, in cuor mio sapevo che era troppo tardi, ma non volevo crederci davvero.
«AIUTO!» gridai «QUALCUNO MI AIUTI!» ma in giro non c’era anima viva. Iniziai a singhiozzare, mi allontanai dal corpo, dovevo cercare aiuto. Ero completamente ricoperta di sangue e probabilmente sotto shock, ma dovevo cercare qualcuno che potesse aiutarmi.
In quel momento una figura sbucò fuori dal nulla all’improvviso e mi atterrò, facendomi cadere di schiena. L’impatto con il suolo mi fece mancare il fiato per alcuni secondi. La figura mi stava tenendo la schiena schiacciata al suolo e stava gridando qualcosa a qualcun altro. L’adrenalina iniziò a scorrermi nelle vene, iniziai a dimenarmi cercando di scappare, senza troppo successo, finché la mia mano non toccò inavvertitamente qualcosa. Lo afferrai e lo strinsi tra le dita, capii dalla forma che poteva trattarsi di un coltello o comunque di qualcosa di appuntito, poteva essere la mia via d’uscita. E in un secondo presi la decisione che avrebbe potuto salvarmi: scattai in avanti e riuscii a piantare la lama nel braccio del mio aggressore, che con un grugnito mi lasciò andare e si portò la mano sulla spalla.
Rotolai di lato, mi alzai e spiccai un balzo in avanti, iniziai a correre, il più forte possibile, ma probabilmente il destino quella notte voleva punirmi per qualcosa che avevo fatto mesi prima, perché una seconda figura si avventò su di me, facendomi cadere nuovamente.
Quest’ultima era molto più leggera rispetto alla prima, ma allo stesso tempo più letale, perché portò le sue mani attorno alla mia gola e iniziò a stringere.
L’aria iniziava a mancarmi, chiusi gli occhi, in attesa di morire, non avevo più nessuna possibilità, non sarei riuscita a scappare questa volta.
La morte non arrivò però.
«Reesa?!» esclamò una voce. Aprii gli occhi e li sbattei un paio di volte.
«Kirstin? Sei davvero tu?» dissi sorpresa «Cosa ci fai qui?»
«Potrei farti la stessa domanda.» mi rispose in tono glaciale, mi lasciò andare il collo e poi aggiunse «Dov’è Brian?»
«Sono qui.» entrambe ci girammo in direzione della voce. Kirstin gli corse incontro, apparentemente preoccupata. «Brian cosa è successo? Chi ti ha fatto questo?»
«La ragazza… Non è niente» disse in un gemito di dolore.
Mi avvicinai con passo incerto e vacillante «Mi dispiace ma io--» la voce mi si incrinò «Pensavo volessi uccidermi» e lo sguardo si volse automaticamente verso il corpo della mia amica. Kirstin e Brian guardarono anche loro in quella direzione e sembrò che vedessero Claudia per la prima volta «Non capisco…» disse lei con tono freddo avvicinandosi al corpo.
Io iniziai a piangere «Cosa c’è da capire?! È morta!» urlai, in preda alla disperazione.
«Fammi vedere il pugnale.» ordinò la ragazza, e Brian prontamente glielo passò. Lei sembrò cercare qualcosa sull’impugnatura «Non capisco…»
«Cosa?» chiese lui
«Come hanno fatto a trovarci? Chi..?» si voltò verso di me e un’espressione di rabbia si disegnò sul suo volto.
«Tu!» mi prese per un braccio e mi strattonò «Chi sei?! Perché hai aggredito lei? Chi ti ha mandato?»
Non riuscivo a capire, cosa voleva dire? Non riuscivo a dire una sola parola, ero paralizzata dalla paura e dal dolore. Cosa stava succedendo?
«Kirstin…» Brian la chiamò «La ragazza da dietro assomiglia in modo impressionante a te.»
«Io pensavo… Pensavo-- L’avevo scambiata per te.» sussurrai più a me stessa che a loro.
«Per questo l’hai uccisa?? Pensavi fossi io. Come hai scoperto chi sono?» Kirstin mi aggredì nuovamente con più rabbia, non riuscivo a capire. Era stata lei a dirmi chi era, e poi io non avevo ucciso nessuno.
«Kirstin, non penso sia stata lei. Era solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.»
Dovevo chiamare aiuto. Avevamo già perso troppo tempo. Mi divincolai dalla stretta di Kirstin e mi incamminai verso la strada principale, ma lei mi sbarrò nuovamente la strada.
«Dove pensi di andare?»
«Devo chiamare aiuto! Non so se l’hai notato, ma è morta, e se non lo è stiamo perdendo attimi preziosi.»
«Tu non vai proprio da nessuna parte invece, è pericoloso, non capisci? Non puoi andare in giro come ti pare!» mi urlò lei, ma io non l’ascoltai e continuai a camminare.
«Reesa! Reesa!» non volevo fermarmi, dovevo chiamare aiuto.
«Fai come vuoi allora! Vattene!» disse con rabbia Kirstin.
Sentii qualcuno però afferrarmi per il braccio e bloccarmi «Reesa aspetta…» poi Brian si voltò e disse con voce calma e controllata «Kirstin, non sappiamo cosa potrebbe accadere, dobbiamo far sì che arrivi a casa sana e salva, almeno lei. Non è la loro guerra.»
«Non rischierò la missione per lei. Se non vuole ascoltarmi che vada. Non mi importa.»
«Gwenhwyfar non avrebbe mai parlato così.»
«Adesso non tirare in mezzo alla questione la mia antenata. Io non sono lei.»
«Sei la sua erede però, e devi prendere in considerazione il fatto che--»
«Bene bene bene.» una voce maschile proveniente da dietro di noi catturò la nostra attenzione e fece zittire Brian all’istante.
Da dietro un albero uscì un uomo molto basso, con una lunga barba nera, con indosso un’armatura. Impugnava una spada che sembrava l’esatta copia del pugnale che avevo trovato, solo che più grande. I suoi occhi lampeggiavano nella notte scura.
Brian si avvicinò lentamente a me e a Kirstin «Cosa vuoi, nano?» l’uomo non rispose, ma continuò a sorridere compiaciuto «Gallerf parla!»
«Non prendermi in giro figlia di Odino, sai benissimo che cosa voglio. Vi ho cercato per così lungo tempo…» fece un passo verso di noi.
«Non c’è niente qua per te. Torna dal tuo Signore.» Gallerf scoppiò a ridere, la risata mi fece gelare il sangue nelle vene, guardai i due ragazzi al mio fianco, erano ancora immobili e con gli occhi fissi sul nano, con espressione dura e combattiva.
«Voglio te, figlia di Odino. E anche l’eroe.»
«Non sono Gwenhwyfar, non ti posso aiutare.» rispose Kirstin glaciale.
«Credi che non lo sappia? Gwenhwyfar è morta da tempo ormai. Tu però sei la sua erede, ci tornerai comunque utile.» Brian si avvicinò ancora di più a me e mi afferrò saldamente il polso. Io non mi mossi, non riuscivo a muovere un solo muscolo.
«Figlia di Odino, unisciti a me e non vi sarà fatto niente…» continuò il nano «Ma se non lo farai… Dovrò usare le maniere forti.» e sorrise in modo inquietante. Questa volta fu Kirstin a ridere «Pensi davvero che sia così semplice? Che basti così poco per far sì che vi segua? Quanto sei stupido Gallerf…» fece un passo indietro e si portò accanto a Brian. Lui si irrigidì un poco, quasi come in estrema tensione, pronto per spiccare un balzo.
«Sarà per la prossima nano.» la ragazza strinse il braccio di Brian e gridò «ORA!» tutto quello che accadde dopo fu confuso e sfuocato. Sentii lo stomaco chiudersi e la testa girarmi. Fui risucchiata in un vortice scuro, in cui l’unica mia certezza era la mano di Brian che stringeva il mio polso.



Ciao a tutti! :)
Questa è la prima volta che pubblico una storia, quindi è ancora tutto nuovo per me! Comunque volevo ringraziare tutti coloro che hanno letto i primi capitoli della mia storia, è una cosa a cui sto lavorando da un po' di tempo, ma non ho mai avuto il coraggio di sottoporla a voi. Fatemi sapere cosa ne pensate, please <3
Ringrazio tanto Suomalainen per essere così gentile, you made my day recensendo :)
Cosa accadrà adesso?
Stay tuned, al prossimo capitolo

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