Alla ricerca del posto segreto

di leparoledelmare
(/viewuser.php?uid=937601)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo uno ***



Capitolo 1
*** Prologo ***



Prologo

 

 

Ricordo ancora quella mattina di Marzo.

Il cielo era grigio. I passanti, si coprivano il capo con gli ombrelli ed io, seduto al tavolo di un bar, li osservavo.

Osservavo le loro facce tristi, un po’ come quella giornata.

La pioggia bagnava l’asfalto, pulendo così l’aria dallo smog di quella città.

Faceva freddo, tanto freddo, ed esso era portato dall’avvicinarsi della primavera, che era ormai alle porte.

Era mia abitudine osservare chi mi circondava, mi piaceva immaginare come mai scegliessero un libro anziché un altro; come ad esempio quell’uomo

anziano dal buffo cappotto color oliva, che entrò nella libreria al mio primo giorno di gavetta con la testa china, per paura che qualcuno lo potesse vedere a

prendere un romanzo rosa. 

Oppure come quando la bambina dai capelli d’oro che fece una sceneggiata davanti a tutti con la madre perché pretendeva che le comprasse il suo primo

volume di Stephen King.

Anche quel ragazzo dagli occhiali troppo spessi e non idonei al suo viso, mi colpii molto nonostante la sua semplicità il modo in cui entrò spedito nella

sezione fumetti, osservandoli come se fossero oggetti preziosi custodi dietro teche di vetro.

Passavo così le mie giornate a lavoro. Immaginando le vite degli altri, quando un giorno arrivò lei. 

La ragione di questo scritto.

 
 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo uno ***



febbraio, sabato 25


 

    Neanche quella notte, riuscii a prendere sonno. Girai per la stanza, come un anima in pena, con addosso la mia vestaglia un po’ malconcia e sporca di caffè latte. Risale a qualche anno fa, un regalo dei miei genitori; forse l’unico che mi fecero in tutti questi anni.

Le pareti ero sfoglie, come gli alberi d’autunno e, guardandole bene, hanno anche il loro stesso colore. Probabilmente le pareti avevano assorbito la nicotina che distruggeva il mio corpo.

Il mio letto era disfatto da giorni, ormai. 
Non avevo ancora trovato la voglia di rifarlo, un po’ come la mia barba che stava crescendo a dismisura.
Presi, dal davanzale di camera mia, una Marlboro rossa dal suo pacchetto morbido, dando un leggero tocco con le dita all’estremità, e l’accesi.
Con essa in bocca, mi diressi verso il bagno, lasciando alle spalle il resto della mia casa sfoglia e spenta, lasciando per terra i libri che si stavano accumulando sul pavimento non ancora riordinati nella libreria nuova di zecca comprata all’Ikea; stranamente riuscii a montarla senza dover chiedere soccorsi. 
Ebbi l’intenzione di sfoltire un po’ la barba, ma alla fine mi ritrovai a farmi un bagno caldo nel bel mezzo della notte.
La schiuma accompagnava i miei pensieri notturni, il silenzio era la melodia perfetta in quel momento.
La sigaretta si consumò, rimase per qualche minuto penzolante tra le mie labbra screpolate; presi l’asciugamano giallo limone che penzolava dal calorifero, l’avvolsi al mio corpo sciupato.
Mi accorsi che non ero più quello di una volta: il mio fisico si stava rassegnando all’età, le rughe sul mio viso erano più evidenti e numerose, negli angoli degli occhi vi erano disegnate le classiche “zampe di gallina”, i miei capelli stavano diventando sempre più chiari, bianchi. 
D’altronde quell’anno avrei compiuto quarant’anni, un bel traguardo insomma. Ed era già tanto se non mi fosse venuta la pancia d’alcool, quindi cercavo di apprezzarlo questo grande traguardo.
Asciugai il mio corpo umido e mi rimisi il pigiama di pile blu scuro.
Controllai l’orologio appeso alla parete della cucina.

- Si è fatta una certa. - Pensai.

Mi decisi di rimettermi a letto, aspettando che il sonno stuprasse la mia mente. 
E fu così.

Arrivò mattina troppo in fretta.
Il sole sfondò le finestre di camera mia, coprii il mio volto stanco con le lenzuola. Guardai l’orario sul display del cellulare riposto sopra il comodino, erano solo le 7:00. Presi coraggio e mi alzai con calma, abbandonando ancora una volta il mio letto sfatto.
Il silenzio era svanito, al suo posto si era manifestato un fastidioso ronzio che disturbava la quiete.
Presi i vestiti del giorno prima, riposti in modo ordinato sul divano, e me li misi addosso. Bevvi un po’ di caffè latte. 
Poi, finalmente, uscii di casa.
Abitavo in centro città, proprio vicino al mercatino dell’usato che ci faceva visita ogni mercoledì e sabato; a quell’ora si stavano preparando tutti per dar mostra a cosa potevano offrire ai passanti curiosi ma diffidenti. Durante il mio cammino verso il lavoro, mi ricordai un evento successo quando ero adolescente. 
C’era una coppia di novelli sposi, che passeggiavano mano nella mano, tra le bancarelle di questo mercatino; lei indossava un abito azzurro che le scendeva delicatamente sui fianchi e lui vestiva dei suoi sorrisi. Iniziarono a guardarsi intorno, con lo sguardo attento e allegro, in cerca di un libro. Un libro dedicato ai nomi dei bambini, ecco perché ho sospettato fossero novelli sposi. 
Quando lo trovarono, ne furono felici.
Chiacchierarono con una signora anziana dall’aria gentile, i suoi capelli mi ricordarono una nuvola.  Il giovane comprò quel libro a pochi soldi, poi, la guardò e sorrisero insieme. Un sorriso sincero. 
Uno di quelli che ti aspetteresti sempre di ricevere, ma che non riceverai mai. 
Ricordo anche che le toccò il ventre, l’accarezzò delicatamente e le baciò le labbra, per poi sparire nel caos.
La mia mente era invasa da quel ricordo, così tanto da non accorgermi di essere giunto in libreria.
I miei colleghi erano tutti lì, fuori dal negozio, ad attendermi per il caffè del buongiorno. Presi le chiavi ed aprii la saracinesca arrugginita, ed entrammo.

Ci dirigemmo verso la stanza dove di solito facevamo la pausa pranzo, l’avevamo resa accogliente. 
In molti hanno contribuito a quest’impresa: c’era chi aveva portato dei puff di vari colori, chi invece aveva portato un tavolo di legno un po’ malandato ma ancora utilizzabile, altri il frigorifero e innumerevoli bicchieri di carta. Sembravamo una grande famiglia, ma di famiglia, in realtà, ne sapeva poco. 
Ero quel tipo di persona che stava sempre a disparte, tra i libri da sistemare e quelli da archiviare. Nel frattempo, avevo preso l’abitudine di osservare più a fondo chi mi circondava durante le mie giornate a lavoro.
E’ così coinvolgente vedere le facce delle persone, scegliere un certo tipo di libro. Come ad esempio questo avvocato dai capelli corvini e la camicia di qualche taglia in meno. Si avvicinò a me e mi chiese se avessimo in magazzino l’ultima copia di John Green. 
Ora, me lo sto immaginando sul divano di casa sua a leggere quel romanzo, invaso da fazzoletti pieni di lacrime.

 

Finalmente arrivò sera. Dopo aver chiuso la libreria, i miei colleghi mi invitarono a cena, ma rifiutai gentilmente e ritornai a casa. Distrutto, entrai in casa e gettai sul divano la mia giacca di pelle e me ne andai nel mio letto ancora disfatto. Dopo qualche minuto, mi tirai su per potermi cambiare, rinfrescare e, forse, mangiare. 

Girai per casa nel vano tentativo di combinare qualcosa, anziché poltrire a letto come ogni sera dopo il lavoro. Ma ero troppo stanco per poter mangiare, per poter decidere di guardare un film o una serie tv a caso, ero troppo stanco di questa vita. Mi abbandonai nel letto, sperando di riuscir a prendere sonno, e di colpo, il buio.

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3648158