Dream.

di Jade Daemon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I. ***


“Sousuke, devo parlarti. Vediamoci nel bosco dietro al parco tra quindici minuti.”

Rilesse più e più volte quel messaggio, scritto da almeno tre minuti, prima di inoltrarlo al destinatario, premendo sul tasto "Invio" con una pressione maggiore di quanta fosse necessaria, lanciando poi un lungo sospiro.
Di per sé, il contenuto dell'SMS non sembrava presagire nulla di estremamente grave, peccato che così non fosse.
Ciò che aveva da dire al suo migliore amico era estremamente grave.
Strinse i denti auto-maledicendosi per non aver lasciato a sua sorella il compito di comunicare la sua sventura a Sousuke, ma non poteva darle carico di una simile responsabilità; d'altronde, era stato lui a non voler affrontare l'argomento con il suo migliore amico in precedenza, a dilungare troppo i tempi, a ritrovarsi in quella situazione incredibilmente disastrata. Ogni qualvolta che ripensava al fatto che ancora non gli avesse detto nulla si diceva che era per il suo bene, per non farlo soffrire e per non dargli carico di altre preoccupazioni dal momento in cui aveva già altri problemi a cui pensare.
Poi però, qualcosa cambiò. 
Cambiò quando scoprì di non avere più scampo.
Cambiò quando scoprì che ormai era finita.
Per lui, era finita.

-

Sbatté ripetutamente il piede sul pavimento della sala d'attesa, sbuffando ad ogni minuto che passava e, al decimo sbuffo, ricevette un pizzicotto alla gamba da sua sorella per comunicargli tacitamente di smetterla perché sembrava un bambino.
Incrociò le braccia al petto borbottando parole incomprensibili contro la rossa, ignorando le occhiate che gli venivano rivolte dai presenti.
Ripercorse mentalmente il motivo per la quale si ritrovava lì, nella sala d'attesa di uno studio medico, circondato da persone che non facevano altro che guardarsi di sottecchi senza proferire parola, chi per timidezza e chi invece perché non aveva nulla da dire, tantomeno a degli estranei.

Tutto era iniziato quando, almeno sedici mesi prima, colpi di tosse avevano cominciato ad assalirlo improvvisamente durante gli allenamenti, le uscite con gli amici, a casa oppure mentre dormiva; all'inizio non erano molto frequenti, ma con il  passare delle settimane e dei mesi lo divennero, affiancati da improvvisa stanchezza, affaticamento, mancanza d'appetito e dolore al torace, ma ignorava del tutto quei segnali che il suo corpo gli stava comunicando, concentrandosi esclusivamente sugli allenamenti e attribuendo come causa di quel suo malessere al suo troppo allenarsi e alla nuova dieta che aveva preso a seguire. 
Così aveva continuato, per mesi e mesi, e addirittura per un intero anno ad ignorare i propri problemi fisici e soltanto verso la conclusione del tredicesimo mese ed aveva cominciato ad avere le prime preoccupazioni e a dirsi che, forse, l'origine dei suoi mali non era dovuta agli eccessivi allenamenti, né ad un nuovo tipo di alimentazione
Eppure non andò dal medico, poiché avrebbe significato saltare un giorno di allenamenti, oppure sprecare l'unico giorno di riposo che aveva, né si premurò di parlare di ciò che aveva con qualcuno. Sousuke si era accorto che avesse qualcosa che non andava e più volte lo aveva incitato ad andare dal medico, ma Rin gli rispondeva ogni volta dicendo che la sua era semplice stanchezza e che l'indomani sarebbe stato meglio. La sua risposta era sempre quella, sempre.
Peccato che Sousuke non fosse un idiota e al sentirsi dare per l'ennesima volta quella risposta non si trattenne e cominciò una lunga e animata discussione con l'amico per la quale non si rivolsero la parola per due settimane, per volere di Rin, ovviamente. Da quel giorno, il moro smise di insistere sull'argomento e di porre troppe domande al ragazzo, sapendo che sarebbe stato assolutamente inutile.
Però aveva fatto qualcos'altro, qualcosa che il rosso difficilmente gli avrebbe perdonato: aveva chiamato sua sorella, le aveva spiegato le condizioni in cui il fratello si ritrovava e l'aveva quasi implorata di far ragionare il fratello.
Due giorni dopo quella telefonata, Gou era davanti la porta di casa di suo fratello con due bagagli nelle mani ed un'espressione che lasciava ben intuire che quella non fosse una visita di cortesia.


Lo sguardo che sua sorella gli aveva rivolto il giorno prima appena lo rivide era ancora vivido nella sua testa, così come quel rimprovero della durata di almeno venti minuti, che a lui parvero più venti ore, ancora assordava i suoi timpani.
-Oi, Gou.- La richiamò, voltandosi verso la sua direzione.
-Cosa c'è?- Domandò lei ancora irritata per l'atteggiamento che aveva assunto il fratello pochi minuti prima.
-Dopo dovremmo andare anche dall'otorino, sai, penso di aver perso l'udito dopo la tua strigliata di ieri.- Le disse con una piccola risata, cercando di alleggerire l'atmosfera religiosa che aleggiava in quella sala.
-Sei un vero idiota.- Disse lei, sospirando quando il fratello prese a ridacchiare, voltandosi poi a guardarlo prima di sorridere leggermente: suo fratello era un idiota, un grande idiota, ma le era mancato davvero troppo.
Partire in viaggio per l'America assieme al suo fidanzato, Seijuro, fu una delle decisioni migliori che avesse mai potuto prendere in vita sua e della quale mai si sarebbe pentita; se non lo avesse fatto, non avrebbe mai incontrato gli zii del fidanzato, che li avevano gentilmente accolti nella loro dimora, e senza di loro non avrebbe mai scoperto la sua passione per i bambini e per l'insegnamento. Infatti, entrambi erano molto a contatto con i bambini dal momento in cui il marito era un pediatra e la moglie un'insegnante d'asilo, lo stesso ruolo che Gou rivestiva attualmente in una scuola materna del Millburn, in New Jersey.
L'unica nota negativa era la distanza che la separava dalla madre, dal fratello e dalle sue amiche e la nostalgia che provava nei loro confronti; ma per sua fortuna aveva Seijuro al suo fianco che, nonostante il suo costante impegno per conseguire la laurea in legge e diventare un avvocato, era sempre al suo fianco e riusciva a non farla mai sentire sola.
Il sorriso svanì dalle labbra della rossa quando il fratello cominciò a tossire violentemente, osservandolo con apprensione e, nella sua impotenza, si limitò a poggiare una mano dietro la sua schiena dal momento in cui altro non poteva fare.
La sera precedente aveva sentito il fratello tossire più volte, ma essendo in due camere diverse il suono della tosse era meno forte e sembrava più debole, solo in quel momento si accorse di quanta veemenza vi fosse in quei colpi che fuoriuscivano prepotenti dalla bocca del fratello.
Il ragazzo, improvvisamente, si portò una mano alla bocca e una volta finito di tossire chiese alla sorella, con un mormorio flebile, di prestarle un fazzoletto che la rossa gli porse svelta dopo aver frugato rapidamente nella propria borsa. Ci fu un dettaglio che il giovane provò a nasconderle ma che alla minore dei fratelli Matsuoka non sfuggì: con un gesto rapido, Rin strofinò il pezzo di stoffa anche sul palmo della propria mano e Gou capì che quel gesto non era insignificante dal momento in cui vide delle macchie rosse sporcare il tessuto bianco del fazzoletto.
-Vorrei ancora capire cosa stessi aspettando per andare dal medico.- Lo rimproverò lei, guardandolo severamente.
-Avevo gli allenamenti, non potevo perderli. Lo sai che voglio diventare un nuotatore a livello olimpionico.-
-E per il tuo sogno saresti disposto a rinunciare a te stesso?!- Chiese la ragazza con tono fin troppo aggressivo, richiamando l'attenzione dei presenti che subito gettarono gli occhi sui due fratelli. Rin guardò la sorella con sguardo inespressivo, volendo risponderle ma senza trovare il coraggio necessario.
-Si tratta di un sogno, Gou. Il mio sogno. Quindi vorrei che tu...- Si bloccò quando notò le iridi della sorella farsi più lucide, quasi limpide. Allora capì che tutto ciò che doveva fare in quel momento era solo tacere, e fu ciò che fece.
Nella sala d'attesa il silenzio dominò per dieci minuti, nella quale altre due persone erano entrate nello studio del medico e dalla quale poi erano uscite.
-Il prossimo!- Annunciò un uomo vestito di un camice bianco, affacciandosi dalla porta dell'ambulatorio.
-Rin, entriamo.- Disse Gou al più grande, con un tono stranamente dolce ed amorevole. Rin si limitò ad annuire prima di alzarsi e, assieme alla sorella, entrare nella stanza del medico, sedendosi poi davanti alla sua scrivania mentre l'altra occupava la sedia accanto alla sua, attendendo che anche il dottore si sedesse alla sua postazione prima di parlare.
-Ditemi pure.- Iniziò l'uomo, sorridendo gentilmente ai due.
-Ecco, io...-  Mentre pronunciava quelle parole, il fulvo teneva gli occhi bassi sulla scrivania e le mani strette alla stoffa dei pantaloni. Non riusciva proprio a guardare quell'uomo, quasi come se si sentisse in colpa per non essersi recato da lui prima e per questo scaricava la propria angoscia sui propri jeans. -Credo di avere un grave problema.-
Il più anziano dei tre fissò il ragazzo senza alcun cenno di divertimento, segno che aveva preso seriamente le sue parole. -Cosa te lo fa credere?-
-Vede, dottore, è da qualche mese... no, è da più di un anno che mi sento male. Non ho appetito, mi affatico facilmente, tossisco frequentemente e negli ultimi mesi sputo perfino sangue.- Disse tutto in una volta, togliendosi quel macigno dal petto il più rapidamente possibile.
Lo sguardo del medico rimase fisso su quello di Rin per decisamente troppo tempo, senza riuscire a fare altro se non guardarlo.
-Mi dica, signor... Matsuoka, dico bene?- Il ragazzo annuì a quella domanda, lasciando poi che l'altro proseguisse. -Perché non è venuto da me prima e perché sta venendo proprio ora?- Chiese con un sopracciglio inarcato, in attesa di una risposta da parte del giovane.
-Perché sono un nuotatore, dottore. Mi alleno ogni giorno sia in piscina che fuori dall'acqua e l'unico giorno libero che ho... beh, è il mio giorno libero. Non volevo utilizzarlo per andare dal medico.- Rispose con tutta sincerità, sapendo che mentire in quella situazione sarebbe stato inutile.
-Capisco. Ed oggi, invece? Non aveva i suoi allenamenti?- 
-Sì, li avevo. Li ho saltati perché mia sorella- indicò la giovane seduta al suo fianco -ha insistito affinché venissi da lei.-
-Signor Matsuoka, lei sa che avere cura del proprio corpo è fondamentale per chi pratica sport, non è così?- Domandò allora lui, destabilizzando per qualche secondo il ragazzo.
-Ne sono consapevole, ma vede... io ho un sogno e perciò non posso assolutamente restare dietro gli altri: se lo facessi, non si realizzerebbe.-  Le parole di Rin parvero tanto quelle di un bambino, ma l'importanza che dava loro poteva essere letta dal suo viso nel momento in cui ha menzionato il suo sogno.
Il medico sospirò prima di alzarsi e avvicinarsi al rosso, scompigliandogli i capelli.
-Su, lasciati visitare. Forse ho già individuato il problema, ma è comunque meglio controllare prima di saltare a delle conclusioni.- Affermò con un piccolo sorriso, aspettando che il giovane si alzasse per poi cominciare a visitarlo, controllandogli il battito cardiaco e misurandogli la pressione.
-Temo che senza una radiografia, non potremmo sapere con certezza qual è il suo problema, signor Matsuoka.-
Gou, che fino a quel momento era rimasta muta e composta, cominciò ad agitarsi nel sentire le parole del medico.
-Dottore, mi dica la verità. Che cos'ho? Qualcosa di davvero grave?- Chiese con freddezza Rin mentre fissava duramente il suo interlocutore che, in risposta, si limitò a scuotere la testa in cenno di dissenso.
-Non posso dare una diagnosi senza avere prove certe.- Ribadì quello, incrociando le braccia al petto.
Rin a quel punto si alzò nervosamente, facendo quasi cadere a terra la sedia sulla quale si era accomodato. -Lo sapevo che era una perdita di tempo.- Sibilò tra gli affilati denti prima di uscire da quello studio con passo svelto, sbattendosi poi dietro la porta con violenza senza nemmeno pensare ai commenti delle persone che ancora erano in sala d'attesa.
Gou non poté far altro che alzarsi e inchinarsi più e più volte di fronte all'uomo per scusarsi di quella sfuriata del fratello, ma venne fermata subito dal più anziano.
-Signora, la prego. Può anche smettere di scusarsi ripetutamente, non serve. A dire il vero, volevo parlarle a quattrocchi, in assenza di suo fratello.-
-Si tratta delle sue condizioni?- Chiese la giovane con aria decisamente preoccupata, preoccupazione che non fece altro che aumentare quando l'uomo annuì alla sua domanda.
-Purtroppo sì, suo fratello aveva ragione. Ha davvero un grave problema, quindi le chiedo di rimanere calma e di ascoltare attentamente ciò che ho da dirle.

Passarono all'incirca dieci minuti da quando Rin era uscito dalla sede dove operava il proprio medico curante.
Passarono due minuti da quando aveva ripreso il controllo di sé.
Passò un minuto da quando si accorse che sua sorella ancora non era uscita dalla porta di fronte alla quale si trovava.
-Che diamine starà facendo?- Borbottò, mentre camminava avanti e indietro in attesa che Gou lo raggiungesse. 
Nella sua mente, che era finalmente tornata in grado di formulare pensieri razionali, cercò delle valide ragioni per la quale la ragazza ancora non fosse uscita, ma prima che potesse trovare delle valide motivazioni vide sua sorella uscire dalla sala d'attesa e avvicinarsi a lui.
-Oi, Gou...- Cercò di richiamare l'attenzione della ragazza, ma si fermò dal dire una qualunque altra cosa quando la vide in volto: era pallida, il suo sguardo era perso nel vuoto ed era sicuro che le sue gote fossero bagnate. 
La giovane scosse la testa dopo qualche istante, facendo un profondo respiro prima di alzare gli occhi sul fratello e sorridergli dolcemente.
Per Rin, quel sorriso fu il più falso che gli fosse mai stato rivolto.

-

Rimase con le mani premute sulle proprie tempie, lanciando dei profondi respiri per cercare di calmarsi, senza riuscirci. Mai ci sarebbe riuscito finché un quesito avrebbe continuato a porsi prepotentemente nella sua mente: perché gli era toccata una simile sorte? 
Cos'aveva fatto di così male da dover pagare ad un prezzo così caro?
Perché il fato si era scagliato con tanta rabbia contro di lui e perché, qualunque errore avesse commesso, non gli ha concesso una possibilità di riscatto?
Ci aveva provato, all'inizio.
Più volte aveva raccolto i frammenti della propria anima, ignorando quanto facesse male.
Ignorava quanto lo ferissero, quanto in profondità lo segnassero.
Ignorava anche il fatto che per quanto continuasse a riunire i cocci rotti, quelli continuassero a cadere, frantumandosi in pezzi sempre più piccoli e taglienti.
Ma lui continuava, tentava e ritentava disperatamente di ricomporli, di ricomporsi, pur sapendo di non avere speranze.
Si arrese definitivamente quando le ferite divennero troppe e troppo dolorose da poter essere sopportate solo stringendo i denti e quei dannati frammenti si ridussero in migliaia di minuscoli ed inafferrabili brandelli.
Si alzò di scatto da terra per poi avvicinarsi al muro e colpirlo con tutta la rabbia che aveva in corpo, quella stessa rabbia che aveva iniziato a martellargli la testa e dilaniargli il petto subito dopo aver scritto quel messaggio.
A quel pugno inferto alla parete seguì un urlo di dolore che difficilmente non poteva essere udito. Infatti, dopo nemmeno qualche secondo, sua sorella corse in camera sua preoccupata prima di avvicinarsi a lui.
-Rin! Che è successo?- Domandò lei in agitazione, tenendo gli occhi puntati sul fratello mentre questi indietreggiava di qualche passo e sventolava la mano, cercando così di attenuare il dolore bruciante che aveva alle nocche.
-Niente, niente!- Esclamò aggressivamente prima di voltarsi a guardare la sorella e la sua ira, quando incontrò le iridi cremisi della ragazza, svanì nel nulla.
Era straziante vedere gli occhi stanchi e sofferenti di sua sorella, così come lo era vedere il suo viso privo del colore vivace che era solito caratterizzarlo, oppure vedere il suo corpo magro, troppo magro, privo di qualunque forma eccetto quella poco accentuata dei seni.
E Rin, ogni volta che la osservava, si sentiva colpevole di aver fatto appassire quella rosa che, un tempo, possedeva la bellezza e la freschezza di un fiore in primavera.
Si avvicinò a lei per poi accarezzarle dolcemente la testa, sorridendole in modo amorevole. -Perdonami, Gou. Sono stato troppo aggressivo.- Le disse con un sussurro dolce, cercando di calmare la sorella che, dopo la sua brusca risposta, si era sentita incredibilmente mortificata. -La verità è che mi sentivo male e per sfogarmi ho dato un pugno al muro.- Alzò la mano ferita facendole vedere il torso ricoperto da piccole scie scarlatte.
La ragazza, non appena vide il sangue, stette per correre in bagno per prendere il kit di pronto soccorso e medicare le ferite del fratello, ma quest'ultimo la bloccò prima che potesse uscire dalla stanza.
-Non serve, sto bene.- Le disse semplicemente, calmando la rossa che, anche se un po' titubante, annuì e decise di non intervenire.
-Vedo che hai già preparato le valigie.- Constatò lei dopo qualche secondo, continuando a fissare la camera stranamente in ordine e i due bagagli che vi erano a terra. Rin si limitò ad annuire prima di uscire dalla stanza e dirigersi verso il bagno, intenzionato a far passare il bruciore alla mano immergendola nell'acqua fredda.
Gou continuò a guardare la camera del fratello, cercando il più possibile di trattenere le lacrime pensando che, quella, sarebbe stata l'ultima volta che sarebbe stata lì. Strofinò le mani sul proprio volto cercando di calmarsi e di non piangere, raggiungendo poi il fratello nel bagno e restando per pochi secondi a guardarlo in silenzio mentre si asciugava la mano bagnata.
-Non mi hai detto perché eri arrabbiato.- Disse lei ad un certo punto, incrociando le braccia al petto e continuando a fissare il rosso.
-Sto andando da Sousuke.- Le rispose con improvvisa freddezza, lasciando la ragazza spiazzata per qualche attimo.
-Non... non avevi detto che non avevi intenzione di parlargli?- Domandò lei dopo più di dieci secondi di silenzio, tenendo le iridi puntate sul più grande.
-Ho cambiato idea.- Si voltò in quel momento, Rin, a guardare la sorella, cercando di addolcire un po' di più il proprio sguardo. -Merita di sapere.-
-Se vuoi, posso parlargli io.- Affermò l'altra, ma ricevette subito un cenno di disapprovazione.
-Hai già fatto troppo: sei rimasta per cinque mesi qui in Giappone e ti sei presa cura di me più del necessario. Non voglio che tu faccia altro.-
-L'ho fatto per cinque mesi e posso farlo ancora per altri cinque mesi.- Il tono di voce della ragazza si fece più serio, mentre guardava altrettanto seriamente il fratello.
-Cosa ti fa credere che possano passare altri cinque mesi?- Le chiese a quel punto il maggiore in modo a dir poco agghiacciante, facendo bloccare sul posto la ragazza. -E comunque, tra due giorni non ne avrò bisogno: la clinica nella quale andrò e conosciuta per essere un luogo accogliente ed ospitale dove difficilmente i pazienti non si sentono a loro agio.-
-Lascia almeno che rimanga qui con te per questi ultimi due giorni, te ne prego...- Lo supplicò con voce flebile, senza però ottenere alcun risultato.
-No, spiacente. Domani inizia l'anno scolastico e avevi già dato conferma di essere presente fin dal primo giorno.-
-Sono solo due giorni, Rin!- 
-Gou, ne abbiamo già parlato. La risposta è no.- Concluse lui mentre posava l'asciugamano sulla lavatrice, uscendo poi dalla stanza e ritornando verso la propria camera. Prese il proprio telefono e poi una felpa da indossare nel caso in cui fuori facesse troppo freddo; non controllò se Sousuke avesse risposto al suo messaggio o no, sapeva che non ne aveva bisogno.
Ogni volta che avevano qualcosa di importante da dirsi, si davano sempre appuntamento nel bosco dietro al parco del paese. Era strana come cosa, ma per loro ormai era diventata quasi una cosa naturale.
-Gou, sto andando. Tornerò in tempo per accompagnarti all'aeroporto.- Annunciò lui prima di avviarsi verso la porta d'ingresso.
-Rin! Aspetta!- Urlò la ragazza per farsi sentire dal fratello, correndo verso la sua direzione.
-Cosa c'è?- Domandò lui prima di fermarsi e attendere che rossa lo raggiungesse. Si ritrovò improvvisamente avvolto dalle braccia della sorella in un prepotente ma amorevole abbraccio che lo destabilizzò per qualche attimo.
-Ti voglio bene, fratellone.- Sussurrò la ragazza, continuando a stringere il fratello tra le braccia. Questi sorride dolcemente a quella dichiarazione d'affetto, cingendole il busto con le braccia in un abbraccio altrettanto caloroso.
-Anch'io, Gou.- Rispose dopo qualche secondo il rosso, baciando la testa della minore per poi sciogliere quell'abbraccio e avvicinarsi nuovamente alla porta di casa.
-A dopo.- Disse lei con un piccolo sorriso, salutandolo con la mano.
-A dopo.- Le sorrise di rimando, ricambiando quel saluto allo stesso modo prima di uscire di casa, incamminandosi verso il parco.
L'ansia cresceva in lui ad ogni passo che faceva, ma non poteva tornare indietro. Non poteva fermarsi.
Ma come avrebbe potuto guardare i suoi occhi e dirgli che non si sarebbero più visti?
Come poteva dire al suo raggio di sole: "Sto per morire."?






~ Angolo dell'autrice ~

Salve, o fandom. 
Innanzitutto vi ringrazio per essere giunti fin quaggiù e spero con tutto il cuore di aver catturato il vostro interesse.
Come primo capitolo non è molto lungo e l'inizio non promette nulla di buono, né è difficile immaginare di cosa parli la storia.
Per chi mi vuol intendere, intenda.
Ribadisco che la storia è una SouRin, quindi per chi non apprezzasse la coppia (cosa difficile dal momento in cui sono bellissimi), sono spiacente, ma saranno loro a soffrire.
Detto ciò, credo che aggiornerò il prossimo capitolo venerdì della prossima settimana e che, se dovesse andarmi bene, riuscirò a pubblicare un capitolo a settimana, altrimenti dovrò postarlo ogni due settimane (e spero tanto di non arrivare a tre).
Concludo chiedendo gentilmente a chi è arrivato fin qui di dedicare una parte del suo tempo per recensire il capitolo, nell'assoluta libertà di esprimere un parere positivo o negativo che sia, e augurandovi, dal momento in cui è lunedì, una buona settimana!



~ Jade ~



 

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Capitolo 2
*** Capitolo II. ***


"We all are living in a dream, 
but life ain't what it seems.
Oh, everything's a mess.
And all  these sorrows I have seen, 
they lead me to believe
that everything's a mess."



Quelle parole risuonavano nella testa di Rin ripetutamente, mentre questi si malediceva per non aver cambiato traccia musicale quando era ancora in tempo o di non aver scollegato immediatamente il connettore tra gli auricolari e il telefono da quest'ultimo.
Sapeva perfettamente che effetto gli procurasse quella canzone, la tristezza che gli trasmetteva già dalle prime note, senza contare poi il testo. Quel maledettissimo testo.
Cercò di non piangere, di non lasciarsi trasportare dalle emozioni che avevano cominciato a farsi strada dentro di lui poiché, nonostante vi fossero poche persone a camminare per quelle strade, l'idea di piangere in pubblico non lo allettava minimamente. 
Tentò di distrarre la mente dal formulare pensieri che avrebbero potuto suscitare in lui reazioni alquanto eccessive canticchiando sottovoce, così da poter concentrare la propria attenzione sulle parole da intonare e non sul loro effettivo significato, ma ciò che riuscì a distrarlo per davvero fu un irruento colpo di tosse che, violentemente, abbandonò la sua gola per poi uscire dalle sue labbra, seguita da altri ed altri ancora, costringendo il ragazzo a fermare la propria camminata per potersi riprendere qualche istante e fare dei profondi respiri quando finì di tossire. Portò una mano a massaggiarsi con delicatezza la gola mentre teneva gli occhi puntati a terra, osservando un dettaglio che lo fece rimanere immobile per qualche istante. Dopo aver scosso la testa, il rosso riprese a camminare tranquillamente, evitando di soffermarsi un altro secondo di più sulle macchie scarlatte che avevano intinto il marciapiede al seguito del suo attacco di tosse. 
Passata una decina di secondi, si era accorto che uno degli auricolari era scivolato fuori dal suo orecchio, cosa che aveva notato non per il fatto che non sentisse più la musica, ma perché avvertì uno strano peso gravare sull'altro orecchio. Riprese l'auricolare sospeso per aria e lo rinfilò nel posto da cui era caduto.
Gesto che, probabilmente, sarebbe stato meglio compiere con qualche attimo di ritardo.

 
"But I wanna a dream.
I wanna dream.
Leave me to dream."



E in quel preciso istante, Rin ricordò perché odiasse tanto quella canzone.

-

Aprì lentamente gli occhi quando un fascio di luce che filtrava dalla finestra andò a colpirlo direttamente in faccia, facendolo inevitabilmente svegliare.
Strofinò la mano sul proprio viso ancora intontito a causa del sonno, o meglio, del sogno che aveva appena fatto.
-Ma che cavolo...- Mormorò con voce ancora impastata dal sonno, portandosi poi una mano tra i capelli mentre aveva cominciato a scrutare la propria stanza attentamente, rendendosi tristemente conto che ciò che aveva "vissuto" finora altro non era se non un sogno.
Già, un sogno...
-Troppo bello per essere vero.- Constatò Rin con uno sbadiglio, fermandosi poi di colpo con la bocca ancora spalancata ed aprì le sue iridi di scatto mentre ripensava al sogno appena fatto.

Era in piedi, sul livello più alto di un podio e accanto a lui vi erano due figure prive di volto, ma si trovavano un po' più in basso rispetto alla sua postazione.
Il suo braccio destro era sollevato e reggeva un trofeo d'oro con forza, simbolo della sua vittoria.
Attorno a lui, migliaia, se non milioni, di persone riempivano le sue orecchie di urla entusiaste e di applausi continui, ma nessuna di loro era diversa dall'altra e tutte, ai suoi occhi, apparivano scure e sfuocate, come se fossero delle semplici ombre.
Eccetto uno.
Lui era lì, in prima fila, che lo guardava con un ampio sorriso e che, più di tutti, urlava la propria gioia per la sua vittoria e lo acclamava senza sosta, senza fermarsi nemmeno un attimo per riprendere fiato.
E Rin, non appena incontrò lo sguardo di Sousuke, gli fece cenno con la mano libera di venire lì, di raggiungerlo per condividere assieme a lui quel momento memorabile.
Il moro subito aveva preso a correre tra le tribune per raggiungere l'arena dove si trovava l'amico e questi, senza attendere oltre, scese velocemente dal piedistallo su cui era per andargli in contro.
Appena si erano ritrovati uno di fronte l'altro, Rin era saltato addosso a Sousuke e lo aveva stretto a sé in un abbraccio euforico che l'altro aveva ricambiato con forza.
-Hai vinto...- Mormorò flebilmente il più grande, ancora incredulo di quanto appena accaduto. -Hai vinto!- Esclamò poi con maggiore enfasi, quasi urlando, mentre la stretta attorno al corpo del rosso si faceva più vigorosa.
-No, Sou.- Disse il più piccolo con un sorriso, sciogliendosi da quell'abbraccio prima di chinarsi e poggiare un ginocchio a terra. -Abbiamo vinto.- Affermò in seguito con un sorriso mentre, ancora in ginocchio, gli porgeva il trofeo che ancora aveva in mano.
Il moro era rimasto decisamente spiazzato dal gesto dell'amico, trovandolo piuttosto imbarazzante oltre che strano.
-Rin, che stai facendo?- Gli chiese ancora perplesso, scatenando una leggera risata da parte del suo interlocutore che altro non fece se non confonderlo maggiormente.
Rin teneva le iridi scarlatte fisse su quelle dell'amico, ritrovandosi a pensare a quanto le avesse sempre amate: erano di un colore particolare, come se fossero due magnifici smeraldi che al proprio interno avevano incastonati piccoli e brillanti zaffiri. 
Due gemme preziose in due diversi occhi, ecco cosa vedeva Rin quando ammirava lo sguardo di Sousuke.
-Sousuke, voglio che sia tu a custodire questo trofeo. Se non fosse stato per te, per il tuo supporto e il tuo sostegno, nemmeno reggerei tra le mani questa coppa.- 
Ed era vero, era assolutamente vero.
Senza Sousuke, difficilmente avrebbe continuato a lottare per realizzare i propri obbiettivi.
Era già accaduto anni prima, in Australia, quando aveva incontrato un muro troppo alto da poter essere scavalcato e troppo duro da poter essere abbattuto.
Si era abbandonato a se stesso, aveva rinunciato a tutto ciò in cui aveva sempre creduto e per cui aveva sempre combattuto ed al suo sogno di diventare un grande nuotatore così da onorare la memoria di suo padre.
Per sua fortuna, però, grazie ad Haruka e ai ragazzi dell'Iwatobi Swim Club era riuscito a ritrovare se stesso, ma ciò che davvero gli aveva dato la determinazione necessaria per andare avanti con la sua carriera fu proprio Sousuke, o meglio ciò che gli era successo.
Sapere che l'amico non avrebbe più potuto gareggiare a causa di un infortunio alla spalla lo aveva stravolto: aveva sempre desiderato condividere con lui le gare più importanti della propria vita e apprendere che ciò non poteva avvenire era stato un duro colpo.
Ma mai quanto lo era stato per Sousuke, che quel dramma aveva dovuto viverlo in prima persona.
Giurò a se stesso di andare avanti, di continuare a nuotare, di arrivare ai più grandi traguardi e di superare perfino le proprie aspettative.
E lo avrebbe aspettato, sì, avrebbe atteso che Sousuke fosse stato in grado di raggiungerlo. Nel frattempo, però, avrebbe continuato a rivaleggiare altri nuotatori per entrambi, nella consapevolezza che presto l'amico sarebbe tornato a combattere da sé le proprie battaglie, come già faceva fuori dall'acqua.
-Questa vittoria non è la mia, Sou.- Prese con dolcezza la mano dell'amico, aprendola delicatamente per poi poggiarvi sopra il trofeo sotto lo sguardo sorpreso di quest'ultimo. Gli strinse le dita così da fargli impugnare la coppa dal gambo prima di ritornare a guardarlo negli occhi. -Ma la nostra.- Affermò con un tono di voce incredibilmente blando mentre lo osservava con risolutezza, trasmettendogli la sicurezza che aveva nelle sue parole con quel contatto visivo.
-Thank you for everything, my sunshine.- Disse con un sorriso, mentre il più grande si sentì quasi avvampare per via dell'imbarazzo che gli aveva trasmesso quell'ultima frase.
-Che cosa imbarazzante che hai appena detto.- E per Rin non vi poteva essere gioia più grande che vedere il sorriso che dipingeva le labbra di Sousuke a causa di quella stessa frase che aveva appena definito imbarazzante.
-Vuoi sentire una cosa ancor più imbarazzante?- Gli domandò con una naturalezza che non sembrava nemmeno appartenergli, mentre l'altro inarcava un sopracciglio incuriosito.
-Sentiamo.- Lo esortò il moro, non aspettandosi in alcun modo ciò che seguì a quella sua incitazione.
-Ti amo.-
Silenzio.
Un silenzio che si protrasse per due, forse anche tre minuti.
Il sorriso di Rin, lentamente, era svanito dalle sue labbra, prendendole poi a mordicchiare per via della crescente agitazione.
Davvero gli aveva detto una cosa del genere con tanta disinvoltura?
-Mi ami?- Chiese dopo qualche istante il moro, fissando l'amico con sguardo serio.
Il rosso, non riuscendo a mentire sotto quello sguardo che in quel momento trovava estremamente severo e accusatorio, annuì debolmente.
Ciò che avvenne dopo qualche istante, lo lasciò letteralmente senza fiato.
Sousuke gli si era avvicinato, aveva accarezzato con delicatezza le sue guance e subito dopo aveva unito le loro labbra in un bacio casto che poi, però, divenne più intenso sempre per volontà del più grande.
Rin, invece, era rimasto di pietra: Sousuke, il ragazzo che aveva amato per anni e che era convinto non potesse in alcun modo ricambiare quel sentimento, lo stava baciando.
Ripreso coscienza di quanto stava accadendo, il più piccolo aveva circondato il collo del suo amato con le braccia mentre quest'ultimo aveva portato le mani sui suoi fianchi, facendo aderire i loro corpi insieme.
Quando si separarono, entrambi avevano le iridi semi aperte intente ad osservare l'altro mentre una curva sottile adornava i loro volti all'altezza delle labbra.
-Ti amo anch'io, Rin.- Rispose a quel punto Sousuke e, per Rin, quelle parole erano le più melodiose che avrebbe mai potuto udire in vita sua.


Il rosso continuava ad accarezzarsi le labbra ancora memore di quel bacio che, nella sua testa, si era scambiato con la persona che amava da tutta una vita.
-Cazzo, non è possibile che sia stato solo un fottuto sogno! Era così reale! Ed era così... bello...- Sussurrò con voce bassa, scuotendo poi il capo.
Nella sua mente un'idea abbastanza assurda stava nascendo, un'idea così incredibilmente fantastica e allo stesso tempo irreale che non poteva arrestare.
-Sì, ho deciso. Ho deciso! HO DECISO!- Urlò entusiasta, alzandosi di colpo a causa dell'euforia del momento. -Mi allenerò ancora di più, diventerò un vero professionista, parteciperò ai nazionali, anzi no, gareggerò a livello olimpionico! Vincerò e allora mi dichiarerò a Sousuke! Sì, può funzionare!- Esclamò gioioso come un bambino, saltellando per casa sia mentre si dirigeva in cucina per fare colazione che mentre preparava da mangiare.
Aveva un nuovo sogno, un sogno che, presto o tardi, era deciso a realizzare ed era sicuro che ci sarebbe riuscito.
Niente e nessuno avrebbe potuto fermarlo.

-

Si fermò improvvisamente, non riuscendo a compiere un ulteriore passo.
Ricordare quel sogno, rimembrare gli obbiettivi che aveva un tempo gli faceva fin troppo male.
Quanto era stato stupido a credere di poter essere inarrestabile?
Quanto era stato stupido nel fare di un'idea tanto folle il suo nuovo sogno?
E quanto era stato stupido nel continuare a seguire quel sogno anche quando sapeva che non ce l'avrebbe mai fatta a realizzarlo in tempo?
Ci aveva provato, provato e sperato.
Purtroppo, però, i sogni sono destinati a rimanere tali.
I sogni non diventano realtà.

-

Era appena rientrato in casa dopo una giornata passata interamente ad allenarsi e posò stancamente le chiavi dell'auto e quelle di casa sul portachiavi che vi era all'ingresso.
Il suo corpo aveva più volte reclamato di riposare in quei mesi, ma lui non lo aveva ascoltato, pur sapendo che nelle sue condizioni avrebbe dovuto farlo.
Ma d'altronde, cosa sarebbe cambiato?
Il suo destino era ormai segnato e se proprio doveva scegliere come trascorrere quegli ultimi mesi, preferiva di gran lunga farlo in quel modo: continuando a vivere la propria vita come se nulla fosse, come sempre.
Purtroppo per lui, non fece neanche in tempo ad arrivare in cucina che si ritrovò davanti sua sorella già pronta ad urlargli contro.
-Ciao, Gou.- 
-Non salutarmi nemmeno. Ti avevo detto di non uscire.- Affermò la rossa, guardando duramente il fratello.
-Ed io ti ho già detto che non ho intenzione di fermarmi proprio ora. Sono nella condizione necessaria per partecipare ad eventi di grande importanza, non posso mandare tutto all'aria.-  Ribadì il più grande, poggiando a terra il proprio borsone e avviandosi verso il soggiorno, seguito però da sua sorella che non aveva alcuna intenzione di chiudere lì il discorso.
-Rin, seriamente. Tu ancora credi di poter partecipare a delle grandi competizioni? Insomma, in delle amichevoli potresti farcela, ma contro dei nuotatori di alto livello in delle vere e proprie gare non avresti speranze.- Disse con freddezza la ragazza, ignorando il fatto che le sue parole erano state decisamente pesanti.
Infatti, il rosso si era avvicinato a lei minacciosamente, puntandole il dito contro come se la stesse incolpando di aver parlato troppo, cosa che effettivamente stava tacitamente facendo.
-Non osare neanche dirlo. Posso farcela, anzi, devo farcela. Se non vuoi sostenermi allora puoi benissimo tornartene in America, non ho bisogno di te.- Quell'ultima frase era stata pronunciata così rigidamente che Gou non era riuscita più a trattenersi.
E neanche aveva più pensato a cosa stesse dicendo.
-Rin, tu stai morendo, dannazione! STAI MORENDO!- Gli urlò contro per fargli apprendere pienamente il significato di quelle due parole. -COME PRETENDI DI FARCELA? TI AFFATICHERESTI DOPO LA PRIMA VASCA! RAGIONA, DIAMINE! SEI UN ADULTO, NON PUOI CONTINUARE A SEGUIRE SOGNI IRREALIZZABILI COME FAREBBE UN BAMBINO!- Gridò senza neanche prendere fiato, cosa che avrebbe continuato a fare se il fratello non avesse schiantato veementemente il palmo della mano contro il muro, sfiorandole il viso mentre infliggeva quel colpo virulento alla parete.
-STA ZITTA, CAZZO! ZITTA!- Sbraitò lui in preda alla rabbia, afferrando la ragazza dai lembi della sua maglia e tirandola a sé, facendola ritrovare a pochi centimetri da lui. -COSA PUOI SAPERNE DELLA MIA RESISTENZA?! COSA PUOI SAPERNE DEI MIEI SOGNI?!- Continuò a strepitare funesto, lasciando impietrita la sorella che non sapeva cosa dire e nemmeno cosa fare, troppo spaventata dalla reazione che aveva avuto il fratello.
Rin, notando la paura nello sguardo con cui la sorella lo osservava, la lasciò andare di scatto per poi indietreggiare e ritrovarsi con le spalle al muro.
Strinse i denti mentre delle lacrime presero a scivolare lungo il suo volto senza che riuscisse ad frenarle, non disponendo del controllo necessario per farlo.
-Tu non sai niente, cazzo. Niente...- Mormorò inframmezzando le parole a brevi singulti, scivolando seduto a terra. -Tu non sai qual è il mio sogno, non sai quanto abbia faticato per cercare di realizzarlo!- Esclamò ancora in preda alla rabbia, nonostante ciò che in quel momento lo stava logorando non era quella, bensì il dolore, l'atroce sofferenza che stava provando da quando la sua parte razionale aveva appreso la verità nelle parole della sorella. 
Quest'ultima continuava ad esaminare il fratello senza che dalle sue labbra fuoriuscisse una sola sillaba.
Si sentiva in colpa, fin troppo.
Aveva decisamente detto più di quanto gli fosse concesso e adesso suo fratello ne pagava le conseguenze, cosa che la fece stare notevolmente male.
Fece qualche passo verso il fratello prima di accarezzargli lievemente la testa.
-Hai ragione, Rin. Non so quale sia il tuo sogno...- Gli aveva sussurrato con tono pacato, senza smettere di rivolgergli delle premurose carezze per cercare di dargli conforto. -... quindi, perché non me lo dici? Qual è il tuo sogno?- Fece quella richiesta placidamente, lasciando intuire al fratello che era libero di dirgli o meno ciò che gli aveva appena chiesto.
Il ragazzo, dopo un po', fece cenno di assenso con la testa. -Però prima devi promettermi di non farne parola con nessuno.- Impose quella condizione non tanto perché non voleva che si sapesse quello che era il suo più profondo desiderio quanto invece perché, date le sue condizioni, Gou avrebbe potuto parlare del suo sogno con l'ultima persona che avrebbe voluto lo sapesse.
-Hai la mia parola.- 
Il più grande si fece coraggio e diede inizio al suo racconto.
-Vedi, più di un anno fa, feci uno strano sogno: avevo appena vinto il primo posto ad una gara, non so nemmeno che gara fosse, c'era solo tanta, tantissima gente e tutti mi acclamavano, ed io ero così felice...- Sorrise al ricordo delle sensazioni provate in quel momento, nonostante si trattasse di mera finzione. -Comunque, tra le tribune, c'era Sousuke in prima fila e gli ho fatto cenno di raggiungermi, così ci siamo corsi in contro e... ci siamo abbracciati. Poi io mi sono inginocchiato davanti a lui, gli ho regalato il trofeo che avevo in mano dicendogli che volevo lo tenesse lui perché quella era la nostra vittoria e dopo...- Si fermò un istante prima di arrivare a quel punto del sogno, domandandosi solo ora cosa avesse potuto pensare sua sorella di lui quando avrebbe saputo che, da sempre, era innamorato del suo migliore amico. Si morse le labbra non sapendo cosa fare, se inventarsi qualcosa oppure dire le cose come stavano.
Gou, notando la preoccupazione inaspettata del fratello, aveva poggiato la mano sulla sua e gli aveva sorriso amorevolmente.
-Sai che puoi dirmi tutto, quindi continua pure. Non mi scandalizzerò nemmeno davanti a qualcosa di troppo indecente.- Ridacchiò mentre gli ammiccava, facendo ridere di rimando Rin che, sentendosi liberato da un peso, continuò a narrare il proprio sogno.
-Dicevo, gli ho regalato il trofeo e poi... gli ho detto di amarlo.- Rin si fermò per qualche attimo in attesa di una possibile reazione della sorella, ma quella continuava a restare sorridente ad ascoltarlo. -E all'inizio non mi aveva detto nulla, ma poi... mi ha baciato. Ci siamo baciati, ed è stato così bello...- Si trattenne dal non accarezzarsi le labbra con le dita mentre ripensava a quel bacio. -E infine mi ha risposto con un "Ti amo anch'io, Rin.".- 
-Avresti dovuto vedere la faccia che hai fatto quando hai menzionato il bacio.- Rise prima di scompigliare i capelli del fratello. -Quindi, è per questo che continui ad allenarti? Speri di riuscire a realizzare il tuo sogno?- Il ragazzo annuì alla domanda della sorella che subito dopo sorrise, intenerita dinanzi al romanticismo del fratello. 
-Finché ci sarà una minima speranza che possa riuscire a partecipare, e vincere, ad una competizione nazionale, non mi arrenderò.- Affermò con decisione lui, sorridendo ad un futuro che desiderava con tutto il cuore fosse dalla sua parte.

-

Dentro di sé ancora poteva sentire la bruciante sensazione che provò quando capì che tutti i suoi sforzi erano stati vani.
Ripensò alla gara che fece per andare ai nazionali, a quanto avesse resistito fino alla fine per raggiungere il risultato sperato e a quanto fu difficile accettare che sul tabellone, accanto al suo nome, vi era solo un misero "4".
Si tolse sgarbatamente gli auricolari e li ripose nella tasca della felpa prima di iniziare a correre nel tentativo di sfuggire alle sue memorie, alle sue fantasie, a quelle che solo dopo capì che altro non erano se non dolci illusioni.
Si fermò dopo nemmeno un minuto, troppo stanco per continuare anche solo per un altro secondo.
Per sua fortuna, si era ritrovato proprio davanti all'entrata del parco che superò velocemente prima di incamminarsi verso il bosco in cui, probabilmente, l'amico lo stava già attendendo.
Arrivò lì dopo circa tre minuti e, come previsto, Sousuke era lì ad aspettarlo.
-Hey, Sousuke.- Quello che aveva appena pronunciato doveva essere un richiamo, ma il suo fu solo un basso mormorio.
Avrebbe tanto voluto fingersi perlomeno un po' allegro all'inizio del loro incontro, in quel momento però gli risultava impossibile: ripensare al fatto che stesse per dire alla persona che amava la sua sorte gli rendeva inconcepibile anche la sola idea di mentirgli.
Il moro notò subito che c'era qualcosa che non andasse nel suo migliore amico, sarebbe stato palese a chiunque.
-Oi, Rin... cosa succede?- Domandò direttamente, senza girare attorno alla questione.
Conosceva bene Rin, Sousuke, e sapeva che quando aveva qualcosa di importante da dirgli, soprattutto se grave, faceva un mucchio di giri di parole prima di arrivare al punto.
Vedendo che il rosso ancora non aveva intenzione di proferire parole, Sousuke ebbe quasi l'istinto di andargli vicino, stringerlo a sé e cercare di incoraggiarlo come meglio poteva e, magari, di alleviare le sue pene.
Ma non lo fece, non si avvicinò a lui né tanto meno lo abbracciò.
"Non è una cosa che fanno gli amici", pensava. E infatti mai aveva abbracciato Rin in vita sua, nemmeno nelle situazioni più dolorose dove un abbraccio sarebbe sembrato il gesto più naturale da scambiarsi.
Rimase fermo, in silenzio, attendendo pazientemente che il più piccolo prendesse coraggio e cominciasse a parlare.
Eppure Sousuke aveva una strana sensazione, quasi come se fosse un cattivo presagio.
Sentiva che, qualsiasi cosa Rin avesse da dirgli, doveva essere un serio problema; ciò che non capiva era perché sentisse di dover provare paura per ciò che l'altro doveva dirgli.
Nonostante quello fosse un suo presentimento infondato, bastò a far sì che gli venisse una stretta al cuore; non sapeva quale fosse la questione di cui l'amico doveva parlargli, ma era deciso ad aiutarlo come meglio poteva, di qualsiasi cosa si fosse trattata.
-Sousuke...- Cominciò improvvisamente Rin, tenendo lo sguardo basso. -Ricordi quando andai dal medico, cinque mesi fa?- Il moro annuì leggermente, preferendo non interrompere il discorso dell'altro. -Ti dissi che era semplice bronchite, no? Che non era nulla di preoccupante e che nel giro di poco tempo sarebbe passata...- Prese un lungo respiro, prima di andare avanti. -Beh, ho mentito. Non era semplice bronchite.- Ammise con tono serio e soltanto in quell'istante alzò lo sguardo.
Non poteva nascondersi ai suoi occhi, sarebbe stato da vigliacchi farlo, considerato ciò che gli aveva appena detto e che ancora aveva da dirgli.
Vide l'altro mutare espressione, da attenta a perplessa, facendo sì che i sensi di colpa lo attanagliassero fin da subito.
Forse avrebbe pianto, forse si sarebbe infuriato o magari lo avrebbe odiato: erano tutte opzioni eccessive dal momento in cui si trattava di Sousuke, ma in quel momento gli apparivano come le reazioni più sicure che l'altro avrebbe potuto avere.
Avrebbe voluto proseguire, ma ebbe un altro blocco derivato dai quei pensieri e decise quindi di attendere che fosse l'altro ad esortarlo a continuare.
Sousuke, invece, aveva abbassato la testa quando l'altro aveva puntato gli occhi sui suoi, ora lui incapace di reggere il confronto con quella nuova realtà che gli si stava presentando davanti.
Non riusciva a capire, o meglio, non voleva farlo: non voleva pensare che Rin, il suo Rin, potesse avere qualcosa di grave. Quell'idea lo intimoriva a morte.
-Cosa significa che mi hai mentito?- Domandò il moro dopo almeno un minuto di silenzio, con voce bassa ma non abbastanza da non essere sentita dall'altro.
Stava ricordando gli eccessivi attacchi di tosse di Rin, di quante volte gli avesse detto che era meglio che si facesse dare una controllata, della lite che ebbero al suo ennesimo "Passerà, sono solo affaticato dal nuovo ritmo che ha preso l'allenamento, mi abituerò presto.", al fatto che aveva dovuto chiamare sua sorella dall'America affinché Rin andasse dal medico e al senso di avvilimento che ebbe quando non poté accompagnarli dal medico a causa di quelle maledette visite di riabilitazione che altro non facevano se non demoralizzarlo ma che, purtroppo, non poteva permettersi di evitare.
-Ti prego, parla.- Lo pregò non riuscendo a resistere un altro istante di più senza sapere quale fosse la verità, nonostante era ben conscio che, qualunque fosse, sarebbe stata straziante.
Per Rin risultò oltremodo difficile continuare a parlare né aveva la minima idea di come potesse dire all'amico la verità nel modo migliore.
Probabilmente, per ciò che aveva da dirgli non esistevano "modi migliori" per essere annunciati; erano cose che andavano dette e basta, che qualunque fosse stato il modo in cui venivano comunicate, avrebbero fatto male comunque.
-Non era bronchite, ma un tumore. Un tumore che avevo da più di sedici mesi ai polmoni.- Disse senza far trasparire alcuna emozione nella sua voce, nonostante nei suoi occhi si potesse scorgere il dolore che stava provando in quel momento.
Sousuke non emise nemmeno un suono, troppo sconvolto per poter fare qualunque cosa.
Ciò che aveva appena udito gli risultava a dir poco inverosimile. 
Rin non poteva avere un tumore, una cosa del genere non poteva essere capitata proprio a lui.
Ma ad averlo davvero destabilizzato, fu il fatto che Rin portasse un simile male da più di un anno.
Come poteva essere stato così stupido da non essersi reso conto prima della gravità della situazione?
E chissà da quanto Rin gli stesse nascondendo il suo problema.
Era arrabbiato, sì, ma con se stesso; era arrabbiato per non essersi accorto fin da subito di quel male che stava crescendo nel corpo dell'amico; era arrabbiato per non aver insistito di più affinché l'altro andasse dal medico; era arrabbiato perché dopo tutto quel tempo stava venendo a conoscenza della verità ed era arrabbiato perché non poteva fare nulla per cambiarla.
Stette per dire qualcosa, ma l'altro lo fermò prima che potesse averne la possibilità.
-Aspetta, non... non ho finito.- Dichiarò il rosso, suscitando ulteriori preoccupazioni nell'amico.
Cos'altro poteva dirgli dopo quello? Poteva davvero esserci dell'altro?
Il rosso decise di omettere il discorso su come fosse arrivato alla condizione in cui si ritrovava che invece il medico gli aveva brillantemente spiegato: delle cellule, chiamate metastasi, in quei sedici mesi si erano diffuse negli altri organi del suo corpo attraverso i canali linfatici e, in seguito, in quelli sanguigni, generando così ulteriori tumori, di dimensioni ridotte, in altri organi del suo corpo. La gravità della situazione, però, stava nel fatto che fosse trascorso troppo tempo e per questo anche sottoporsi alla chemioterapia sarebbe risultato inutile.
-Il fatto che fosse passato così tanto tempo ha influenzato molto sulla cura alla quale avrei dovuto sottopormi e per questo, non ho potuto fare alcun tipo di terapia.- Aggiunse solo per dilungare un po' di più il discorso, cosa di cui il moro si accorse dal momento in cui Rin non aveva ancora parlato di ciò che avesse da dirgli.
-Rin, per favore. Arriva al punto.- Lo spronò con tono preoccupato ed esasperato, non sapendo davvero cos'altro aspettarsi dopo quelle informazioni che l'altro gli aveva dato e da cui arrivò ad una sola conclusione, così terribile però che stentava a voler pensare si trattasse di quella.
E invece, era proprio la peggiore delle ipotesi che avesse formulato.
-Sousuke, sono un malato terminale. Mi restano solo pochi mesi di vita e poi... morirò.-
E in quel momento, Sousuke voleva sprofondare, sparire da quel luogo.
Si disse mentalmente che quello era solo un orribile incubo, che presto si sarebbe svegliato e sarebbe stato come se nulla fosse mai successo.
Ma quello, lo sapeva, non era un incubo.
Quella cosa orribile che gli si presentava davanti era la cruda realtà: Rin stava per morire.




~ Angolo dell'autrice ~

Salve a tutti, cari lettori!
Come promesso, ho aggiornato il venerdì della settimana antecedente a quella della pubblicazione del primo capitolo, yay!

Ma credo che dal prossimo aggiornamento in poi, pubblicherò i capitoli ogni due settimane, di venerdì oppure sabato.
Torniamo però alla storia!
Ebbene sì, Rin è un malato terminale (cosa che poteva essere facilmente dedotta anche dal primo capitolo).
Lo so, è triste come cosa, soffro insieme a voi ma dovevo scrivere questa storia, anche se nessuno ne aveva bisogno (ne necessitavo io).
Perché la SouRin è una coppia stupenda e quando è angst lo è ancor di più. <\3
Volevo ringraziare chi ha inserito la storia tra le preferite e le seguite ed anche a chi ha lasciato la recensione, siete stati gli artefici di spaventose deformazioni alle mie labbra.
Non credo di aver altro da dire se non che spero abbiate gradito il capitolo e che seguirete, o continuerete a seguire, questa storia.
PS: un importante riconoscimento va al mio bellissimo raggio di sole che mi ha dato l'ispirazione per quanto riguarda la caratterizzazione di Sousuke.
Grazie, amore mio. 
See you next time and good week!




~ Jade ~


 

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