once upon a dream

di Clarrianne Donavon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** daydreaming ***
Capitolo 2: *** not a ghosts's story ***



Capitolo 1
*** daydreaming ***



Daydreaming



Pioveva.
La luna era nascosta dalle nuvole ed il freddo di quella serata addensava i respiri all’interno della carrozza diretta alla tenuta dei Reinsworth.
Erano lungo la via del ritorno da ormai più di tre quarti d’ora – lasso di tempo in cui nessuno di loro aveva aperto bocca. Oz sospirò di frustrazione, attirando l’attenzione di Gil – ma non quella di Alice.
Quando erano saliti sulla Carrozza, Oz aveva preso posto ed Alice era scivolata direttamente sul sedile opposto al suo, senza neppure battibeccare con Gil come suo solito, per litigarsi il posto al fianco del ragazzo. C’era qualcosa che non andava.
Gil non l’aveva neanche stuzzicata, troppo stanco per cogliere qualcosa di strano nell’atteggiamento di Alice, ma Oz credeva che se anche l’avesse fatto non avrebbe suscitato alcuna reazione nella Chain.
Era così da qualche giorno, ormai. Sembrava… assente.
Quando poi si trovavano da soli per un qualunque caso, Alice si rinchiudeva in un silenzio ostinato che non spezzava mai se non per annuire o fare cenno di diniego con la testa, sempre con le labbra rigidamente sigillate.
« Hai freddo, Oz? » fu Gil a spezzare quel silenzio.
Alice spostò lo sguardo dalle sue scarpe ai vestiti bagnati di Oz, per poi incrociare brevemente i suoi occhi chiari e voltare la testa giusto un istante dopo, con noncuranza. Improvvisamente, Oz avvertì il freddo e annuì, anche se non era quel tipo di freddo a cui probabilmente si stava riferendo Gil.
Il moro si tolse il giaccone in pochi abili movimenti e lo lasciò ricadere attorno alle spalle di Oz, coprendolo quasi interamente. Gli mise anche il cappello in testa, lo guardò per qualche momento e poi scoppiò a ridere, cercando lo sguardo di Alice. E finalmente anche GIl si accorse che qualcosa non andava.
« Stupido coniglio » disse, usando quel nomignolo che Alice detestava « che cos’hai? »
Alice alzò le spalle, senza guardare nessuno dei due, ma tenendo lo sguardo ostinatamente lontano da loro.
Gil sembrava sconcertato – Alice che non rispondeva alle sue provocazioni?
C’era decisamente qualcosa che non andava. « E’ successo qualcosa? »
Questa volta il tono di Gil aveva perso ogni nota scherzosa per lasciare spazio a quella serietà mista a preoccupazione che lo caratterizzava. A dispetto di quanto dimostrava, si era affezionato a quello stupido coniglio. Alice corrugò le sopracciglia e aprì la bocca di scatto, come se per un attimo avesse veramente considerato di rispondere sinceramente, poi i suoi occhi viola scivolarono su Oz, che la fissava intensamente, e la bocca della Chain si sigillò di nuovo. « Nulla » si limitò a dire, evasiva, gettando la testa all’indietro e chiudendo gli occhi. « Adesso voglio riposare, non disturbatemi » sbottò bruscamente, chiudendo ogni tipo di eventuale discorso. « Oz »
Il biondo rivolse la sua attenzione al suo servo e migliore amico – da ormai quindici anni. « è successo qualcosa? » ripeté ancora. Oz scosse la testa, le spalle improvvisamente ricurve da una stanchezza che lo aveva catturato all’improvviso. « Nulla »
 
A dire il vero, Alice non aveva pianificato di addormentarsi sul serio. Voleva semplicemente che quei due la lasciassero stare. Che la smettessero con le loro domande, con le loro preoccupazioni. Li aveva sentiti dire qualcos’altro qualche minuto dopo aver chiuso gli occhi, ma le loro voci le erano giunte alle orecchie improvvisamente lontane e confuse. Si sentiva la testa così pesante che scivolò nel sonno quasi senza accorgersene. Non fosse che… beh, quello non poteva che essere altro che un sogno.
Oz non l’avrebbe mai toccata in quel modo mentre era sveglia.
 
« Chi ti ha insegnato a suonare? » stava chiedendo ad Oz, seduto al suo fianco davanti al pianoforte, mentre suonava per lei una melodia malinconica e bellissima. « Non lo so » rispondeva mesto, ridendo.
Oz era sempre molto allegro nei suoi sogni, ed onesto. E sapeva fare un sacco di cose.
« Come fai a non saperlo? » si lamentò Alice, incrociando le braccia al petto con aria indispettita.
Non le piaceva quando le cose non avevano un senso – il sogno iniziava a sfocarsi ai margini, come una vecchia fotografia.
Oz smise di suonare ed aprì i palmi delle mani davanti a sé, osservandoli come se li stesse vedendo in quel momento per la prima volta. Le sue mani erano davvero capaci di produrre quella melodia così tormentata?
Come potevano convivere dentro di lui tutte quelle emozioni contraddittorie?
Prima che potesse controllarsi, le sue dita stavano sfiorando i palmi delle mani di Oz – con esitazione.
Oz tratteneva il respiro, mentre Alice prendeva una delle sue mani tra le proprio, carezzandogli le dita con cura per poi portarsi il palmo ruvido contro una guancia, rilassandovi contro la testa.
Alice teneva gli occhi rossi ma sapeva – sapeva! – che Oz la stava guardando.
Così come sapeva che presto l’avrebbe baciata – e le loro labbra si incontrarono nel momento stesso in cui questa consapevolezza prese forma nei suoi pensieri, concretizzandosi in azione.
Lasciò andare la mano di Oz, chiudendo le braccia attorno al suo collo per attirarlo a sé – chi le aveva insegnato a fare così, poi? I loro baci erano così caldi, così affamati. Così diversi da quell’unico bacio che avevano realmente condiviso, nell’abisso.
Si sentiva contemporaneamente come se quei baci le fossero mancati da sempre e come se tutto stesse succedendo ogni volta per la prima volta. Riusciva ad avvertire distintamente il nodo allo stomaco, la pelle d’oca lì dove le mani di Oz le cingevano il viso, ed anche una sorta di agitazione, un desiderio che non si spiegava neanche da sola, che poteva realizzare solo tra le braccia del suo contraente.
Oz le morsico con dolcezza il labbro inferiore, facendola mugolare – riusciva a sentire il viso in fiamme per l’imbarazzo.
 
La carrozza prese una buca ed Alice batté la testa sulla parete dietro il sedile – per un attimo fece fatica a ricordarsi dov’era, ma le occhiate incuriosite di Oz e Gil che la fissavano la fecero ritornare immediatamente coi piedi per terra. Avvertiva il volto in fiamme, così puntò lo sguardo fuori dal finestrino per non dover dare spiegazioni a nessuno dei due. E se per caso avesse parlato nel sonno? O sbavato?
Si leccò le labbra istintivamente, il punto in cui Oz l’aveva morsa nel suo sogno sembrava bruciarle ancora.  
Con espressione accigliata, si ritrovò a guardare in direzione del ragazzo che tormentava i suoi sogni da quasi due settimane – la stava guardando, come al solito.
La guardava sempre, e questa cosa la stava facendo impazzire.
Oz sembrava volerle dire qualcosa, ma Alice lo zittì con un’occhiataccia prima che il ragazzo potesse effettivamente dire alcunché.
La situazione stava diventando rapidamente insostenibile.
 
***
 
« L’hai fatta arrabbiare?  »
Era mattina – Alice dormiva ancora, e così Gil aveva raccontato a Sharon e Break dello strano episodio sulla carrozza. « Ho detto di no » ripeté Oz, corrucciato. Ci aveva pensato e ripensato, ma lui ed Alice non avevano più avuto conversazioni degne del nome da quasi due settimane. Aveva passato la notte a pensarci.
« Forse voi due avete iniziato a fare gli amiconi e l’avete esclusa come vostro solito » commentò Sharon con gli occhi ridotti a fessura – lei in particolare voleva molto bene ad Alice, la considerava una sorella minore.
« Non è andata così » Gil corse in aiuto dell’amico, con decisione « non ha reagito neanche quando l’ho chiamata “stupido coniglio” » aggiunse, e questa volta persino l’espressione di Break si fece grave.
Lui e Sharon si scambiarono quell’occhiata silenziosa ma carica di significato che potevano condividere solo due come loro, che si conoscevano fin dall’infanzia – Gil ed Oz comunicavano in modo identico, a volte.
« A che punto è la tua lancetta? » chiese improvvisamente Break, allacciandosi le dita sotto il mento con interesse quasi scientifico. Oz lanciò un’occhiata preoccupata in direzione di Gil, come ogni volta che sapeva di dargli un dispiacere, e prese a sbottonare piano la camicia candida che indossava fino al sigillo.
« Meno di metà quadrante » mormorò Break tra sé e sé, perso nei suoi ragionamenti silenziosi.
« Il vostro legame è innegabilmente molto più profondo di quello presente tra un qualsiasi altro contraente ed un Chain » commentò Sharon con fare meditabondo, anche lei concentrata sulle sue macchinazioni femminili. « Credevo anch’io fosse così » asserì Oz, le spalle leggermente ricurve ma con il sorriso sulle labbra. Gil soppresse un gemito di frustrazione.
Quello stupido coniglio lo stava facendo ancora – con le sue azioni sconsiderata stava facendo rivivere ad Oz quello che già una volta aveva passato con suo padre. Lo stava rifiutando.
« Forse il vostro legame è troppo forte » ipotizzò Break, sottolineando la sua idea con un gesto della mano – la manica eccessivamente lunga che seguì il movimento quasi schiaffeggiandolo in viso con la stoffa.
« Che vuol dire troppo forte? » domandarono Oz e Gil contemporaneamente, confusi.
« Oz, tu forse avrai notato che Alice ultimamente è sempre stanca » iniziò Sharon.
« è sempre nervosa! » rincarò Break.
« Passa le notti sveglia » continuò la contraente di Equees.
« E si addormenta quasi ovunque durante il giorno » concluse Break, schioccando le dita in una buffa imitazione di un investigatore che ha risolto un mistero particolarmente complesso.
Oz e Gil non riuscivano a seguirli. « Alice si è sempre comportata così » affermò Gil, in tono stranito.
« Tu cosa ne pensi, Oz? » Sharon e Break si rivolsero direttamente a lui, ma il ragazzo non sapeva cosa dire.
La sua reazione naturale quando si era accorto che Alice lo stava evitando, era stata di accondiscendenza – lei non voleva vederlo? Allora si sarebbe inventato qualcosa, si sarebbe tenuto impegnato – di modo da stare fuori dalla sua vista. « Pensaci bene, Oz. » lo incoraggiò Sharon, con la sua voce materna e inquietante, dato che continuava a dimostrare quattordici anni nonostante ne avesse venticinque.
« Ma perché dovrebbe comportarsi così? » trovò il coraggio di chiedere il biondino, ormai esasperato.
« Perché è uno stupido coniglio » ribatté prontamente Gil, che non stava più seguendo i vaneggiamenti di quei due – a lui importava che Oz non soffrisse per le azioni di qualcuno che avrebbe dovuto proteggerlo.
« Si preoccupa per te! » esclamò Sharon, e Break annuì.
Le gambe della sedia di Gil stridettero sul pavimento mentre lui si alzava repentinamente.
« Vado a parlarci » annunciò con determinazione, ma Oz gli fece cenno di tornare a sedersi.
« Devo parlarci io » parve giustificarsi, per rispondere all’occhiata interrogativa di Gil.
Oz sembrava così risoluto certe volte, nonostante di fatto avesse solo quindici anni.
« Perché dovrebbe trattarmi così se è preoccupata per me? » insistette un’ultima volta, ancora non pienamente convinto. « Ha paura che tu ti faccia del male » ribatté Break con semplicità.
Oz sospirò profondamente, abbassando lo sguardo sulla sua colazione appena trangugiata.
Prese un altro piatto dal vassoio accanto al tavolo, agguantò dei biscotti ed una tazza di tè, e si alzò in piedi.
« Vado a svegliarla »
 
***
 
Lungo il tragitto che separava gli appartamenti dalle sale gorno, Oz cercò di organizzarsi un discorso mentale che potesse esprimere perfettamente quello che provava – non fosse che lui non era granché bravo con i discorsi mentali, o con i suoi sentimenti.
Aprì la porta della camera di Alice usando il gomito e la schiena per tenere in equilibrio il vassoio, quindi la guidò col piede perché si richiudesse senza fare rumore.
Come di consueto, la camera era completamente inondata di luce. Non è che Alice avesse paura del buio – aveva vissuto nell’abisso per anni – ma tutta quella luce non le dispiaceva affatto.
Oz posò il vassoio su un carrellino, ed i suoi occhi cercarono immediatamente il profilo della Chain.
Alice giaceva distesa sul letto in un groviglio di coperte, in posizione fetale. Non era la prima volta che Oz la trovava in quelle condizioni – alcune volte si era svegliato trovandosela di fianco nella medesima posizione – eppure ogni volta che la vedeva così indifesa non poteva che stupirsi del fatto che quella Chain fosse il tanto pericoloso B-Rabbit, uno dei Chain più potenti dell’abisso.
Sembrava così inoffensiva.
« Alice? » la chiamò con gentilezza, senza avvicinarsi al letto. La Chain non diede alcun segno di averlo sentito, così Oz fece qualche passo avanti, fino a sedersi sul materasso.
Sorrise con l’angolo della bocca: le coperte erano completamente annodate attorno alle gambe di Alice, che stringeva le braccia attorno alle ginocchia, tenendole quasi sul petto. Come le innumerevoli altre volte che l’aveva vista appena sveglia o prima di andare a dormire, indossava una semplice camicia da notte bianca – ma non si era mai accorto di quanto il tessuto fosse sottile e persino trasparente,e  di quanto le forme morbide del seno di Alice cercassero di uscire da esso.
« Oz… »
Il ragazzo si irrigidì un momento – Alice aveva pronunciato il suo nome una miriade di volte da ché si conoscevano, ma mai in quel modo. Eppure dormiva ancora: che stesse sognando?
« Alice » tentò un’altra volta di chiamarla, seppur non con troppa convinzione.
« non farlo » mugugnò la Chain, riferendosi a chissà cosa stesse sognando. La sua espressione si era fatta improvvisamente dispiaciuta, nel sonno. « Non lo farò » la rassicurò immediatamente Oz, ansioso di cancellare quell’emozione dai suoi lineamenti. Le sue dita si tesero verso Alice così come tante altre volte era accaduto in passato – era sempre stato così, una forza a cui non aveva mai saputo dare un nome lo aveva sempre spinto verso di lei. E lei non lo aveva mai rifiutato ma anzi, sembrava agire spinta dalla stessa forza che sentiva lui – finché poi…
Le sistemò una ciocca di capelli scuri dietro le orecchie, scostandogliela dagli occhi, ed Alice batté le palpebre un paio di volte, senza però mettere a fuoco la situazione – ancora intorpidita dal sonno.
Gli afferrò la mano con velocità – certe volte non era neanche in grado di vederla quando si muoveva – e lo tirò verso il materasso. Oz sorrise appena, stendendosi al fianco della ragazza mentre questa si scostava per lasciargli spazio sul cuscino e allo stesso tempo scivolare tra le sua braccia.
Schiacciò il naso nell’incavo del suo collo in un gesto che aveva un ché di intimo – più intimo di quello che avevano condiviso finora. Oz aprì bocca per dire qualcosa – ed Alice gliela chiusa con la sua. 




*********

Buongiornooo
Avevo deciso di pubblicare questa longfic in coda alla raccolta, ma c'è stato un altro cambio di programma e da qui nasce Once upon a dream. Il titolo prende spunto dalla colonna sonora di Maleficent, cantata da Lana Del Rey, ascoltatela se non la conoscete, è mooolto carina 
Non so ancora come impostare il rating, per il momento lo lascio arancione, lo alzerò in un secondo momento se necessario
A presto, 
Clarrianne Donavon

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Capitolo 2
*** not a ghosts's story ***


not a ghosts' story
 

I know you, the look in your eyes is so familiar a gleam
 
Erano trascorsi diversi giorni.
Sharon e Break osservavano da una delle grandi finestre del salone i ragazzi all’esterno, in attesa di Gil e della carrozza che li avrebbe condotti all’Accademia di Lutwig per il loro recente incarico.
« Secondo te cos’hanno quei due? » mormorò Sharon a bassa voce, nonostante non ci fosse nessun’altro nella stanza a parte lei e Break. Ad ogni modo, Break si tolse il lecca lecca dalla bocca  e fissò il suo sguardo rubino su Oz ed Alice: i due erano in piedi, uno di fianco all’altro, ma insolitamente lontani e silenziosi.
A dire il vero, a guardarli in viso anche da quella distanza era chiaro che entrambi desideravano trovarsi altrove – forse in qualsiasi altro posto, piuttosto che lì dov’erano.
Un sorrisetto carico d’ironia curvò le labbra di Break: « Alice ha sempre l’aspetto di qualcuno a cui è stato ammazzato il gatto, non trovi? ». Sharon spalancò la bocca per l’indignazione ed incrociò le braccia al petto. « E’ sempre così difficile capire quando qualcosa non va in lei » continuò Break facendo spallucce, per poi rimettersi il lecca lecca in bocca. « Ma guarda Oz » lo esortò la ragazza, restia a lasciar perdere.
Break era d’accordo con Sharon, ma non voleva dirlo esplicitamente. La ragazza usava preoccuparsi per qualsiasi cosa, e quei due avrebbero comunque risolto i loro problemi nel giro di qualche ora. Accadeva sempre così. « Sarà turbato per qualcosa » liquidò così la faccenda, tirando le tende della finestra con un unico rapido gesto.
 
***
 
Oz stava giocando con i sassolini della ghiaia sotto le sue scarpe. O meglio, aveva creato una buca a forza di strusciare i piedi per terra. Alice comunque sembrava intenzionata a non spiccicare una singola parola – sebbene Oz fosse abbastanza sicuro che il rumore dei sassolini che strisciavano sotto le suole le stesse dando fastidio. Erano ormai tre giorni che non avevano una vera conversazione.
O meglio, da quella volta. In realtà non gli rivolgeva la parola già da diversi giorni prima.
Come suo solito, cercò di osservarla di nascosto, facendo un paio di passi indietro fino a sedersi sul muretto che circondava certe aiuole. Alice non diede neanche segno di aver notato il suo movimento: rimase semplicemente lì, in piedi, innaturalmente inerme, a fissare un punto non meglio precisato oltre i cancelli della Magione. La carrozza era già arrivata, aspettavano solamente Gil – che decise di fare il suo ingresso proprio in quel momento, correndo verso di loro tenendosi una mano sul cappello, il mantello scuro che gli svolazzava attorno alle spalle dandogli l’aspetto di un buffo pipistrello.
Oz ridacchiò ed i suoi occhi verdi corsero immediatamente al volto di Alice, per verificare che anche lei avesse avuto quel pensiero – ma la Chain fissava Gil avvicinarsi con lo stesso disinteresse che si prova per qualcosa che sta succedendo in un qualche luogo remoto e lontanissimo da loro.
« Finalmente! » sbottò quando Gil si fermò a pochi passi da loro.
Da quando aveva smesso di rivolgergli la parola, tre giorni prima, sembrava che il nuovo passatempo preferito di Alice fosse tormentare Gil – il che era anche uno dei passatempi preferiti da Oz, subito dopo il passare del tempo con lei.
« Diamoci una mossa, così riusciamo a tornare per cena » ordinò la Chain, salendo sulla carrozza per prima, senza guardare in faccia nessuno. Gil stava sbraitando qualcosa in risposta, ma Oz si era assentato un momento, nel fissare le profonde occhiaie violacee sotto gli occhi di Alice. Da quanto tempo non dormiva?
Partirono pochi attimi dopo che i due giovani ebbero preso posto – e nell’abitacolo sarebbe sceso il silenzio, non fosse stato per Gil. Teneva tra le mani un fascicolo che portava sul fronte il simbolo dell’Accademia Lutwig, e diverse fotografie in bianco e nero con annotazioni ai margini.
« L’accademia ha perso dodici studenti, dall’inizio di quest’anno » stava dicendo in tono professionale, passando le fotografie ad Alice ed Oz.
« Perso in che senso? » domandarono contemporaneamente i due.
Gli occhi di Oz saettarono in quelli di Alice, e dentro vi lessero un profondo rammarico – un secondo dopo la Chain riabbassò lo sguardo sulla foto che aveva tra le mani, tornando nel suo religioso silenzio.
« Significa che sono scomparsi. Hanno presentato tutti delle lettere di dismissione » precisò Gil, mostrando i fascicoli ad Oz.
« Ma… la calligrafia è sempre la stessa » protestò il biondino, confuso.
« Esattamente » Gil gli sorrise « inoltre, gli ultimi due studenti che hanno lasciato l’Accademia sono semplicemente scomparsi nel giro di una notte, assieme ai loro effetti personali »
Alice ascoltava tutto molto attentamente, facendo altrettanta attenzione ad evitare di guardare Oz. Di tanto in tanto annuiva, perché Gil le stava dedicando della fastidiosissime occhiate preoccupate.
« Stiamo cercando un contraente illegale? » domandò Oz, poco convinto.
Alice sbuffò, rubando un fascicolo dalle mani del suo contraente con un gesto repentino.
« Sono lavori puliti » disse  « troppo puliti per essere opera di un Chain » contestò infine, restituendo i fogli ormai disordinati a Gil.
« Perché i Chain non mangiano esseri umani facendoli sparire dalla faccia della terra senza lasciare alcuna traccia, vero? » la rimbeccò il ragazzo dai capelli corvini, ironicamente.
« Quello che Alice vuole dire » iniziò Oz, con esitazione « è che un Chain si lascerebbe dietro almeno del sangue, qualche testimone. Impossibile che ci sia un Chain in Accademia di cui nessuno sa niente »
« E’ per questo che Pandora ci ha chiesto di indagare » si arrese Gil, chiudendo definitivamente il materiale dandogli da Break e riponendolo sotto i sedili.
 
***
 
Non appena Oz scese dalla carrozza, Ada si gettò tra le braccia del fratello, avvolgendolo in un abbraccio carico d’affetto. Troppo affetto, a parere di qualcuno che se ne stava in disparte osservando la facciata dell’edificio per mantenere la sua espressione neutra. Gil invece guardava i due fratelli sorridendo: Oz era visibilmente sollevato alla vista della sorella. E Ada… beh, suo fratello era sempre stato il suo super eroe.
« Gil-sama! » senza preavviso, Ada allungò una mano verso di lui e lo tirò nell’abbraccio. Oz  rideva sotto i baffi nel vedere il rossore che colorava le guance del suo servo. Come accadeva sempre, cercò con gli occhi Alice, ma lei dava ancora loro le spalle.
« Entriamo » mormorò sovrappensiero, sciogliendo finalmente l’abbraccio.
Ada era troppo contenta di vedere il fratello per notare che qualcosa lo turbava, ma a Gil non sfuggiva niente.
Fissava la schiena di Alice, domandandosi che cosa diamine fosse successo tra lei ed Oz di così grave da giustificare il suo comportamento tanto distaccato. Mentre camminavano lungo gli antichi dormitori dell’Accademia, Oz continuava ad intrattenere una conversazione piacevole con Ada, ma si leggeva dalla sfumatura di tristezza che aveva negli occhi quanto in realtà fosse distratto.
Gil lasciò che i fratelli Vessalius si attardassero dietro di lui, e si affiancò ad Alice.
« Ehi,stupido coniglio »
« Mh? » Alice lo degnò di un’occhiata di sufficienza, ma questa volta la sua espressione era estremamente concentrata. Gil si guardò attorno con preoccupazione. « Senti qualcosa? » le chiese, serio.
Alice alzò le spalle, incrociando le braccia dietro la testa, assumendo la posa della menefreghista che era – ma Gil notò che quella posizione inusuale non era altro che  uno stratagemma che le permise di guardarsi rapidamente alle spalle senza rivelare il suo reale interesse.
Ada fece strada al piccolo gruppo fino ai dormitori femminili:  Gil camminava tutto irrigidito mentre Oz sembrava perfettamente a suo agio. Tuttavia, la maggior parte delle attenzioni femminili erano rivolte verso Gil: dopotutto, Oz aveva l’aspetto di un quindicenne.
Quando arrivarono alla camera di Ada, Oz notò che Alice osservava tutto con estremo interesse, facendo scorrere gli occhi su ogni libro, mensola, e fogli di appunti sparsi sulla scrivania. Ada era veramente disordinata.
« Sedetevi pure sul letto » li invitò la biondina, rimanendo in piedi di fronte alla porta.
Alice ignorò l’invito e si sedette a gambe incrociate sulla scrivania, attirando lo sguardo incuriosito di Ada e quello indispettito di Gil. « Siediti tu sul letto » replicò Alice, nel suo tono non-sono-educata-ma-mi-sto-sforzando. Oz non poté evitare di sorridere. Per lo meno, prima che il ricordo di quella sera gli tornasse in mente. « Allora, Ada, puoi dirci che cosa sta succedendo in Accademia? Hai visto qualcosa? » le domandò il ragazzo dai capelli corvini, sorridendole incoraggiante.
Ada si sedette accanto ad Oz, sembrava non poter fare a meno di gravitare attorno a quel fratello che vedeva così poco, come un bislacco satellite biondo e timido.
« Uhm, certamente, Gil-sama. L’Accademia è infestata dai fantasmi »
A quest’affermazione seguirono alcuni attimi di silenzio, finché Alice non si decise a chiedere: « Fantasmi? Intendi, persone morte? » domandò, sopprimendo una nota di entusiasmo.
« I fantasmi non esistono » dichiarò con decisione Gil, cercando l’appoggio di Oz con lo sguardo.
« E’ così, Ada. » confermò titubante, quasi gli dispiacesse contraddire la sorella.
Ada di imbronciò appena, poi prese un respiro profondo. « Tu mi credi, Alice? » si rivolse direttamente all’unica altra ragazza nella stanza. Alice si irrigidì, sorpresa. La sorella di Oz non le era proprio simpatica, ma ora la stava guardando con quei suoi occhi così verdi, così simili a quelli del fratello…
Si rivolse a Gil. « Non è mai stato dimostrato che i fantasmi non esistono »
Il ragazzo dagli occhi dorati aveva l’aria di uno che voleva battere la testa contro il muro: « Non è mai stato dimostrato neppure il contrario » obiettò invece, tentando di mantenere un tono leggero – anche se perdere la calma con Alice era così semplice.
« Io ti credo, Ada » sbottò Alice, ignorando completamente quanto appena detto da Gil.
« Grazie, Alice-sama! » esordì Ada con rinnovato ardore, stringendo la mano in un pugno.
Le sopracciglia di Oz e di Gil scattarono verso l’alto quasi all’unisono.
« Ammettiamo che questo fantasma esista » ammise alla fine Gil, pur non credendoci « per quale motivo se la prenderebbe con gli studenti di quest’Accademia? »
« Ottima domanda » si complimentò Oz sottovoce.
« E’ il fantasma di una ragazza che morì cento anni fa durante la tragedia di Sabriet »
Questa volta, solo per un momento, Alice ed Oz si cercarono contemporaneamente, incatenandosi lo sguardo a vicenda. « Il terremoto arrivò a colpire anche quest’Accademia, sapete? La zona dei dormitori andò completamente distrutta e a quanto pare lei era l’unica ancora nei corridoi quando successe. »
Alice decise che il racconto di Ada metteva i brividi, a prescindere dalla sua veridicità.
« A volte, durante la notte » qui la voce di Ada si abbassò di qualche decibel, ed Alice, Oz e Gil si fecero più avanti per ascoltare « la si sente ancora piangere e correre per questi corridoi! »
Gil ne aveva abbastanza. « D’accordo » disse, rialzandosi in piedi « voglio incontrare il Preside e fargli qualche domanda. Parlare con le famiglie dei ragazzi » i suoi occhi dorati si soffermarono per un momento su quelli violacei di Alice. « Voi due » concluse, di malavoglia « andate a fare qualche domanda in giro. Ada, mi mostri la strada? »
Oz ed Alice si irrigidirono,incapaci di guardarsi l’un l’altra, mentre Ada annuiva, felice di poter essere d’aiuto, e seguì Gil fuori dalla stanza. « Fate attenzione a non perdervi, l’Accademia è molto grande! » si rassicurò, prima di salutare ed uscire definitivamente dalla camera.
 

 
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 Buonsalve :3
Ecco il secondo capitolo, spero che stuzzichi la curiosità di qualcuno e la voglia di leggere il prossimo :3 che è già pronto. 
Maa secondo voi cos'è successo tra Oz e Alice? Siete almeno un po' curiosi? :D
Oggi mi porto avanti col quarto. Come ogni volta che inizio a scrivere, anche questa storia si è trasformata in qualcos'altro che non avevo assolutamente previsto, ma la piega che ha preso la trama mi piace tanto e non vedo l'ora di portare avanti la storia :) 
Ringrazio chi ha letto lo scorso capitolo, spero che vi sia piaciuto e sopratutto spero vi piacerà questo!
A presto, 
Clarrianne Donavon

 

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