Vita da Piccoli stregoni e cacciatori in erba

di LaVampy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** vince chi... non usa la magia ***
Capitolo 2: *** toccatemi tutto ma non.... ***
Capitolo 3: *** Brutta la bua ***
Capitolo 4: *** world kiss day ***
Capitolo 5: *** il laghetto ***
Capitolo 6: *** di ragni e sbadigli ***
Capitolo 7: *** Lezioni di vita ***
Capitolo 8: *** di Biberon e Vestitini (Magnus e Alec Vs. Max) ***
Capitolo 9: *** il bello di essere papà ***
Capitolo 10: *** incubi ***
Capitolo 11: *** la famiglia si allarga.... ***
Capitolo 12: *** essere fratelli ***
Capitolo 13: *** Vi presentiamo parte della nostra Famiglia ***
Capitolo 14: *** AFFINITA' ***
Capitolo 15: *** una settimana... di campeggio ***
Capitolo 16: *** campeggio secondo giorno ***
Capitolo 17: *** campeggio: terzo giorno ***
Capitolo 18: *** il falò e il gioco della bottiglia ***
Capitolo 19: *** Dubbi, domande e nuovi arrivi ***
Capitolo 20: *** Catarina Vs Magnus ***
Capitolo 21: *** posso scrivere una lettera? ***
Capitolo 22: *** bugie ***
Capitolo 23: *** fiducia.... ***
Capitolo 24: *** liti e ricordi part I ***
Capitolo 25: *** liti e ricordi parte II ***
Capitolo 26: *** cacciatori di fantasmi ***
Capitolo 27: *** non andar via... ***
Capitolo 28: *** 100 volte grazie ***
Capitolo 29: *** cuore puro ***
Capitolo 30: *** non voglio perderti ***
Capitolo 31: *** avro' cura di te ***
Capitolo 32: *** in un mare di guai (part I) ***
Capitolo 33: *** in un mare di guai (part II) ***
Capitolo 34: *** in un mare di guai ***
Capitolo 35: *** Extra: Speciale Halloween ***
Capitolo 36: *** In un mare di guai: Paura ***
Capitolo 37: *** Natale in arrivo [Part. I] ***
Capitolo 38: *** Ho paura del buio ***
Capitolo 39: *** Maledetta immortalità ***
Capitolo 40: *** Emozioni ***



Capitolo 1
*** vince chi... non usa la magia ***


“Basta Magnus questa cosa deve finire!!” , il cacciatore stava percorrendo in lungo e in largo l’appartamento.

Sembrava fosse esplosa una bomba. “Ma fiorellino,cerca di capire, è piccolo non sa ancora come controllarla, diamogli tempo....”.

La cucina era un completo disastro e l’artefice di tutto, si era rinchiuso in bagno. Max, il piccolo stregone blu adottato dal cacciatore e dallo stregone, aveva cercato di imitare il padre e, con uno schiocco delle dita, aveva fatto esplodere ogni pacco di farina, pasta e latte.

In realtà voleva solo preparare una torta. Papà Magnus era così bravo, quando guardava lui tutto sembrava semplice .
 
“ Avevi promesso di non utilizzare più la magia davanti a lui!” continuava l’arciere fuori di sé , “ Ed invece continui ad usarla anche per le minime cose. E questi sono i risultati!!”. nella voce tutta la rabbia e la frustrazione.

Era rientrato a casa dopo una lezione in accademia abbastanza pesante. Aveva dovuto sostituire Jace in ufficio perché lui era in missione . E lui odiava stare in ufficio. Voleva solo tornare a casa dalla sua famiglia mettere a dormire Max e buttarsi tra le braccia del suo compagno. Ed invece era entrato un casa in tempo per vedere la “fine del mondo”.
 
“Scusa Fiorellino” disse Magnus avvicinandosi al suo uomo. “Vai a farti una doccia e io nel frattempo sistemo questo caos”, gli disse baciandolo sulle labbra, mentre agganciava con le dita i passanti della divisa da cacciatore per farselo più vicino.

 “Non te la caverai così,Bane” ringhiò il cacciatore. “Dovrai pulire tutto e senza usare la magia”. Per un attimo vide un lampo di terrore negli occhi dello stregone, sostituito subito dopo da uno sguardo malizioso. “Va bene” rispose “ ma dopo voglio la mia ricompensa”. E mentre lo diceva fece scorrere le dita sotto la maglia del cacciatore , provocandogli piccoli brividi.
 
Si allontanò per dirigersi verso il bagno, mentre in sottofondo sentiva Magnus lamentarsi della farina nei suoi capelli , e di una manicure da rifare. Sorrise tra se.
 
Appoggiato al muro c’era Max che appena vide il padre si fiondo’ tra le sue braccia. “Scusa papà Alec, volevo preparare una torta” disse il bambino ad un passo dalle lacrime. “Max, tesoro, tu sei un bambino speciale e devi ancora imparare ad usare la magia”.
 
“Ma io voglio essere bravo come papà” sussurro sul petto del padre, “ e lo sarai Max, non si può scegliere come nascere, ma bisogna accettare quello che si è. Ora vai ad aiutare tuo padre a pulire e senza schioccare le dita”. Detto ciò si alzò,  scoprendo sullo stipite della porta un Magnus che osservava la scena.  
 
Aveva la guancia sporca di farina e Alec allungò una mano e con una carezza gliela tolse. Si avvicinò e posò le labbra su quelle del nascosto , che in risposta incastro’ le sua dita tra i capelli corvini.
 
“Ti amo” disse lo stregone, e dopo un altro delicatissimo bacio aggiunse “ hai ragione non devo più usare la magia davanti a lui, cercherò di non farlo più”.
 
“ Grazie “ rispose Alec, scendendo con la bocca sul collo del compagno, ricevendo in risposta un sospiro. 
 
“Papà, Papi vieni a darmi una mano” urlò Max dalla cucina. Magnus guardo Alec e fece uscire delle scintille blu dalle mani . Alec le prese e le intreccio alle sue. “Niente magia Bane”, sussurrò baciandolo.

“Uff”rispose lo stregone. 

Poco dopo Alec si diresse in cucina, e fu piacevolmente sorpreso di trovere i due coperti di farina, ma con la cucina linda .  E sorrise.

"Forza visto che siete stati così bravi, vi volgio fare un regalo" disse Alec, osservando il figlio. "Stasera c'è l'apertura speciale dello zoo in notturna e io ho deciso che vi ci porto, ho già chiamato Izzy e Simone, e stanno arrivando".

il bambino rimese per un attimo pietrificato e poi inziò a saltellare per tutta casa, mentre Magnus si avvicinava al compagno. 

"E' il caso che mi cambi però" disse Magnus.

"Per me sei bellissimo anche così" disse Alec baciandolo, felice di vedere lo stregone arrossire.

"Hai cinque minuti" disse Alec, spingendo il compago in direzione della camera.
 
“Andiamo allo zoo! Andiamo allo zoo!!!!!” , disse saltellando Max. “ Che bello,  andiamo allo zoo!!!”, continuò il giovane stregone blu . Sprizzando gioia da tutti i pori e anche dalle mani, avvolte da piccole scintille gialle. 
 
“Andiamo allo zoo!!!!!” non stava più nella pelle. Come promesso da Papà Alec.
 
“Mirtillo, smettila di saltare” disse lo stregone, ritornato dalla camera. “ Mi stai facendo venire il mal di mare”.

“ Ma papà ci saranno gli ippopotami? E le tigri ? E le zebre? E i draghi ?” urlava il bambino felice, strattonando la manica dello stregone.
 
“I draghi ?!” chiese Alec. “ Sì, i draghi. Mi ha detto lo zio Jace che esistono”. “ Mirtillo, i draghi sono animali non adatti ai mondani e di conseguenza non ci sono negli zoo”. Max ascoltava il papà attentamente anche se la delusione era palese negli occhi del bambino.
 
Mandare uno stormo di anatre in camera di Jace.  Pensò lo stregone irritato.  Grazie al biondino ora si ritrovava suo figlio deluso per l’assenza dei draghi. 
 
Ma del resto la delusione in un bambino ha vita breve infatti Max ricominciò a saltellare felice , battendo le mano.  “Andiamo allo zoo!!!!!!”.
 
“Fiorellino sei pronto? “ chiese Magnus. “ Eccomi” rispose Alec uscendo dalla camera. “Izzy e Simon ci aspettano in metropolitana”.
 
“Ehi tu fermati “. Alec bloccò il figlio già pronto ad uscire di casa. “Niente magia” ricordò Alec. E sapeva che in realtà più che per il figlio, il vero avvertimento era per Magnus, che fingeva di non sentire , controllando lo smalto sul pollice. 
 
“Niente magia Bane” sussurrò Alec prima di baciarlo sulle labbra. “Oggi siamo una coppia di mondani e il loro bambino.”
 
“Io non sono un bambino” rispose Max , Ed indicando con le dita disse “Ho già cinque anni”. Alec si abbassò per posargli un bacio sulla testa ricciuta. "Il mio ometto grande".
 
“Adesso possiamo andare allo zoo Papà Alec ?”, chiese speranzoso il piccolo. 
 
Un ricordo offusco’ per un attimo la vista del cacciatore. Anche il suo fratellino gli aveva chiesto di andare allo zoo ma, tutti troppo presi dagli allenamenti, avevano sempre rimandato. Finché purtroppo ….
 
Una piccola manina strinse la sua. Max guardava il padre in attesa di risposta. 
 
Giunse in aiuto Magnus che prendendo sulle proprie  spalle, il figlio disse ,  “ Forza Mirtillo. Iniziamo a scendere, intanto che Papà chiude la porta.” 
Alec lo ringraziò con lo sguardo. Magnus sapeva a cosa stava pensando. Spesso da quando avevano adottato  il piccolo stregone,  abbandonato sulla porta dell’accademia. Alec si ritrovata a pensare al suo fratellino ucciso da Sebastian, da cui il piccolo stregone prendeva il nome.
 
“Ciao fratellino” sussurrò Alec mentre chiudeva la porta ed ebbe come la sensazione di aver sentito un voce che rispondeva “ Ti voglio bene fratellone”.
 
Scese le scale e raggiunse la sua famiglia. “ Direzione zoo” disse Alec. 
 
“ Tutto bene, fiorellino?” . La risposta arrivò con un dolcissimo bacio. “Grazie” disse il cacciatore.
 
“Max dove sono i tuoi papà?” chiese Isabelle al nipote che, vedendola era corso da lei. “ Sì stanno di nuovo baciando “ disse Max alzando gli occhi al cielo . “Loro si baciano sempre” .E il modo in cui lo disse scatenò la risata della giovane. 
 
Ma quella sera, fu ricompensato nel modo migliore. Il suo compagno lo amò in modo dolce e umano. E mentre si spogliavano dei propri vestiti, senza l’uso della magia, capì che era lo stregone più fortunato del mondo. Aveva una famiglia che lo amava e un piccolo bambino che prendeva esempio da lui. Ma soprattutto aveva Alexander, il suo Alexander.
 
 

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Capitolo 2
*** toccatemi tutto ma non.... ***


“Max Michael Lightwood-Bane” tuonò il padre, osservando il figlio incapace di muovere un solo passo. “ Per Lilith cosa hai combinato?”
Era raro vedere lo stregone perdere la pazienza, o come in quel caso essere sull’orlo di una crisi di nervi, ma questa volta il danno era di proporzioni epiche, la piaga delle locuste lo avrebbe scosso di meno. Si appoggiò al muro cercando sostegno e sentendo le gambe molli. Solitamente lui era il “ buono” dei papà, anzi spesso riprendeva Alec per la sua durezza, Anni ed anni a non infrangere le regole, e soprattutto a far in modo che nessuno le infrangesse lo avevano forgiato dentro. E spesso usciva fuori la parte del “ Dura Lex, Sed Lex”, che era assopita nel cacciatore. Ma adesso, adesso era impensabile pensare di scusare il bambino.

Ora che ci pensava in casa c’era troppo silenzio, ma mai avrebbe pensato ad una cosa del genere. Si doveva sedere, ne aveva bisogno. Maryse lo aveva avvertito “Magnus, quando hai un bambino e senti troppo silenzio, preoccupati”, ma non credeva di dover prendere alla lettera quella frase.
Dov’era Alexander quando ne aveva bisogn?. Questa era tutta colpa sua. “ Per Lilith” sospirò lo stregone, tornando a guardare il figlio, che gli sorrise felice agitando le mani,  ignaro del dramma del padre.

“Max Michael Lightwood-Bane, questa volta sei nei pasticci! In grossissimi pasticci ragazzino!” ripetè lo stregone con una nota più acuta nella voce. Aveva bisogno di un cocktail, forte, fortissimo. Anzi ripensandoci bene, aveva bisogno di un’intera scatola di Vodka.  Quel piccolo traditore blu!!

Magnus si fece forza e prese il telefono, senza staccare gli occhi dal piccolo stregone. Al primo squillo la voce allegra di Alec lo raggiunse “ Magnus ti mancav…”ma non ebbe il tempo di terminare la frase perché  un Magnus sbrigativo lo blocco’.
“ Alexander è successa una tragedia” disse piagnucolando lo stregone.
“Max Micheal Lightwood-Bane, Tuo figlio…”  ed Alec,che aveva trattenuto il respiro fino ad allora, lo rilasciò. Quando Magnus si rivolgeva a Max con il nome intero o specificando tuo figlio, aveva combinato sicuramente qualche guaio.
“Magnus, amore, tra meno di un’ora sono a cas….” e di nuovo lo stregone non gli lasciò il tempo di terminare la frase bloccando con un urlo, tanto che il cacciatore fu costretto ad allontanare l’apparecchio dal suo orecchio.  “Alexander Gideon Lightwood , A. CASA. ORA” e chiuse la telefonato, lasciando interdetto Alec.

Alec guardò ammutolito il telefono, poi si girò verso la madre e disse “Scusa Mamma devo salire a casa, Max ne ha combinata una delle sue, e Magnus mi sembrava abbastanza in difficoltà”. Evitando di menzionare uno stregone che sembrava sull’orlo di una crisi di nervi.
“Torno subito” E detto ciò si avviò verso il suo appartamento.
“Alec, tranquillo” disse comprensiva la madre, “Ci vediamo domani. Dai un bacio a Max”.

Titubante aprì la porta  aspettandosi di vedere l’appartamento a soqquadro. Invece il loft era all’apparenza tranquillo.
“Magnus” chiamò Alec,ma non ottenne risposta. Allora si avvio verso la sala, ove risaltava al centro un bellissimo divano blu elettrico.

C’era decisamente qualcosa che non andava in tutto quel silenzio. Finalmente scorse Magnus. Aveva la faccia sconvolta , era in piena crisi di nervi. Le lacrime a stento trattenute. “Magnus, cosa succede? dov’è Max?” chiese il compagno e Magnus indicò, tetro, il bagno.  
“Tuo figlio è la!” e detto questo si fece comparire in mano un cocktail, che aveva l’aria di essere molto alcolico ,e si diresse in sala, borbottando su quanto fosse bella la vita dei single senza figli.

A lui avrebbe pensato dopo , pensò Alec entrando in bagno e bloccandosi vedendo Max.
“Per L’angelo” esclamò Alec. Max era multicolor, un po’ come il bagno.  Era riuscito a raggiungere i trucchi dello stregone e vi aveva dipinto ogni parete. Compresa la tazza, la doccia e il povero Presidente Meow. E non contento aveva esaurito tutta la collezione di glitter. Max ne aveva su tutto il corpo. Un piccolo faro da discoteca blu. Tutto brillante.

“ Max, ma cosa hai combinato?”chiese Alec, avvicinandosi al bambino e togliendogli dalle mani il flacone contenente gli ultimi glitter. Il piccolo stregone attirato dalla voce del padre si voltò e indicando i suoi capelli colorati disse “Papà Agnus!!”.
Alec lo sollevò da terra e gli chiese “Sei come papa’ Magnus?”.
Il piccolo ci pensò un attimo e poi colpendo Alec con le manine piene di glitter rispose “ Tiiiiiiiiiiiiiii”.
 Passo una buona mezz’ora a  pulire Max, che alla fine crollò addormentato sulla sua spalla. Posò un bacio tra i capelli ricciuti, accarezzando le piccola corna che si intravedevano e lo mise a letto.
Di Magnus nemmeno l’ombra. Forse era uscito. Certamente vedere tutti i suoi trucchi e i glitter buttati via era stato un duro colpo.

Si diresse in cucina per prendere l’occorrente per pulire il bagno e passando davanti alla camera di Max si fermò, per controllare che andasse tutto bene.
Poi torno’ in bagno ed iniziò a pulire per terra, maledicendo più volte quei cosini piccoli che sembravano moltiplicarsi, più ne buttava e più ne uscivano. SI fermò un attimo e tese l’orecchio perché gli sembrava di aver sentito piangere Max. Rimase immobile un paio di secondi, ma non giunse alcun suono. Quindi completò l’opera, pulendo anche il povero gatto, che in risposta gli addentò un dito.

Stava andando in cucina per riposare tutta il materiale con cui aveva pulito. Quando, fermandosi davanti alla cameretta di Max, gli si riempì il cuore. Magnus si era addormentato sulla poltrona avvolgendo protettivo le braccia intorno Max  che era sul petto e gli stringeva la maglia. Estrasse dalla tasca il cellulare e scattò una foto. Erano troppo belli per non essere fotografati.

Lentamente si avvicinò e passò le dita tra i capelli dello stregone che si riscosse. “Mirtillo stava piangendo” biascicò lo stregone. “Mirtillo? Quindi Adesso non è più solo mio figlio?” ridacchiò Alec, facendo arrossire lo stregone.

Una volta rimesso Max nel lettino, Magnus si fiondò tra le braccia sicure del cacciatore. “I miei glitter”  mormorò sulla maglia del compagno. Era come osservare un bambino a cui si era rotto il gioco preferito. “Dai Magnus, non fare così” disse Alec, passandogli la mano sulla schiena. Poi sentendo che il compagno non proferiva parola disse “Facciamo così. Domani andiamo insieme a ricomprarli, va bene!?”.
Magnus lo guardò negli occhi e scorrendogli le mani tra i capelli gli disse “ mi accompagni veramente? Shopping insieme?”.

“ So già che me ne pentirò, ma si. Domani ti accompagno. Promesso” disse Alec tornando a baciare lo stregone
.

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Capitolo 3
*** Brutta la bua ***


Magnus era arrivato appena saputo, aprendo un portale, non prima di avere lasciato Max nelle mani sicure di sua cognata. Aveva il cuore a mille, le notizie erano frammentarie ma da quello che aveva capito, durante una battuta di caccia , Jace e Alec erano rimasti vittima di un’imboscata. Nonostante regnasse la pace da alcuni anni, ogni tanto qualche episodio isolato ancora succedeva e come sempre le vittime predesignate erano i Nephilim.  E questa volta in mezzo vi erano capitati i due Lightwood. Era preoccupatissimo. Quando Izzy l’aveva raggiunto per spiegargli cosa era successo, era andato in pezzi. Aveva evitato di urlare solo per non turbare Max, che stava guardando la televisione. 

“Vai in istituto Magnus, per favore” gli aveva chiesto Izzy . “A Max penso io, sotto c'è Simon che ti sta aspettando”.

“Mirtillo, resta con la zia io devo andare da Papà Alec, ve bene?”. “Con zia” ripeté diligente Max.

E detto ciò si avviò giù dalle scale, chiamò Simon aprì portale e si diresse all’istituto con il cuore in gola.

Jace era quello che aveva più danni e un evidente taglio da cui fuoriusciva un liquido bluastro . Era stato contaminato da un veleno di una pianta rara. Magnus subito pensò alle fate. Le avrebbe sterminate se solo avesse potuto. Uccise una per una, ma conviveva con un cacciatore e aveva votato a favore degli accordi. Anche se in quel momento si trovò a maledire la sua posizione di rilievo.

Alec gli ando’ incontro zoppicando. Aveva escoriazioni in tutta la parte alta del busto. La maglietta nera strappata in più punti . “Sto bene!Pensa a Jace” disse appena vide lo sguardo preoccupato di Magnus .
“Va bene” rispose Magnus e guarì le ferite di Jace e riuscì a togliere totalmente il veleno dal Sangue del cacciatore, grazie anche all’aiuto di Clary, che diligentemente seguiva le sue indicazioni.

il problema sorse quando si alzò e vacillò, non era più allenato e perse quasi totalmente le forze salvando Jace.
 “Amore, prendi le mie mani” disse Alec ma lo stregone rifiutò. “Ne hai bisogno te. Io mi riprendo, tu pensa a guarire. Ora andiamo a casa. Ho solo bisogno di lavarmi e coricarmi”, disse Magnus, guardandosi bene dal toccare Alec. Con le ultime forze aprì un portale e una volta a casa, congedarono Isabelle  . 
 
Magnus andò a controllare Max e Alec si diresse in bagno. Una volta dentro sentì la tensione abbandonarlo. Si tolse lentamente la maglia, trattenendo il respiro laddove si era incollata alle ferite. Aveva male alle costole e dietro la schiena sentiva bruciare come se avesse una lama rovente appoggiata alla carne viva. Si guardò allo specchio e vide un lungo e profondo taglio  a metà schiena. Il sangue usciva copioso macchiando il vano doccia, ora che la maglia non c'era più.  Non voleva che Magnus si preoccupasse e decise di non chiamarlo, perché aveva bisogno di riprendere le forze,ma stava veramente male. A fatica si infilò sotto la doccia e riuscì a lavarsi lo sporco e la tensione dalla pelle, e a contatto con l’acqua calda la ferita riprese a sanguinare copiosa.  

Sentiva le forze venire meno e decise di uscire dalla doccia prima di svenire. Prese lo stilo e si disegnò una runa di guarigione, cercando di non urlare per il dolore. Chiamò Clary per sapere come stava Jace ed ottenute le risposte che voleva, posò il cellulare vicino al lavandino e prese una salvietta per tamponare la ferita che grazie al suo Irazte aveva smesso di sanguinare.
 
Uscì dal Bagno infilandosi solo un paio di pantaloni. Mettere la maglia era fuori questione . Aveva troppo male, faceva fatica a respirare. Aveva certamente qualche costola incrinata, se non addirittura rotta. Si diresse in camera e vide lo stregone che stremato  era crollato sul letto. Il cuscino di Alec stretto a se. 
 
Udì Max piagnucolare dalla sua camera. “Papà Alec” disse Max e fece segno con le braccia di essere preso in braccio . Alec si abbassò e lo prese .

Ma non riuscì a trattenere un gemito di dolore.

Max stava osservando attentamente il padre . “Papà Alec Bua ?” chiese innocentemente il piccolo stregone. “Sì Max, Papà Alec Bua, ma parla piano perché papà Magnus fa la nanna”. E detto questo si sedette sulla poltrona. Max sembro’ pensare un attimo ed infine esclamo’ “Brutta bua.”

Max si addormentò quasi subito . Mentre una sensazione di pace circondava il cacciatore. Non aveva più dolore , pensò mentre si alzava . E solo allora, quando staccò Max dalla sua maglia  vide le fiammelle gialle che avvolgevano le manine del piccolo.
 Lo aveva guarito pensò baciandogli la testa. Il suo piccolo ometto si disse orgoglioso.
 
Si diresse in camera e scostando le coperte si unì a Magnus che gli si strinse contro.
“Perché non mi hai detto che stavi male?” biascico’ Magnus.
“Come lo sai?” chiese stupito il cacciatore.
“Perché sai di Mirtillo. Ogni stregone ha la sua magia e il suo odore”, spiegò Magnus crollando immediatamente in un sonno profondo, il viso appoggiato al petto del compagno. 

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Capitolo 4
*** world kiss day ***


Alec stava passando in tutti i negozi del centro alla ricerca di qualcosa che non sapeva nemmeno lui.  Max saldamente appeso al suo collo che osservava curioso. Come farebbe un qualsiasi bambino di quattro anni. Una magia rendeva la pelle blu del giovane stregone, rosa agli occhi dei mondani.

Aveva sentito Simon nominare la “Giornata Mondiale del Bacio” e, visto che lui era negatissimo a ricordare le feste mondane, era uscito dall’accademia e si era diretto nel centro. Voleva comprare qualcosa a Magnus, per ringraziarlo, lui era in assoluto il suo primo bacio. E voleva rendere quella serata magnifica. Come del resto lo stregone rendeva stupenda ogni singola giornata. Magnus sarebbe stato impegnato tutto il giorno in una riunione del Conclave. Chissà se Magnus sapeva di questa ricorrenza mondana. Sicuramente pensò Alec tra sè e sé.

“ Mio caro ha un bambino magnifico”, gli disse una Signora per strada, mentre entrambi osservavano la stessa vetrina. “Grazie” rispose cordiale Alec arrossendo. Non gli piaceva essere visibile ai mondani ma del resto non poteva entrare in un negozio per poi apparire all’improvviso. E Magnus valeva quel sacrificio. Peccato che nel partire veloce non aveva portato con se il passeggino. Ma a Max stare in braccio piaceva. Aveva una vista migliore.

La vetrina colorata di  piccolo negozio attirò la sua attenzione. Vi erano dei piccoli quadri, in 3D, che raffiguravano il cielo stellato. Ma quello che fece capire a Alec che sarebbe stato il regalo perfetto erano i materiali con cui era riprodotti i disegni. Tutti i soggetti, le  stelle erano di tutti i colori  e brillavano tutti, sembravano tanto dei  glitter. “ Ecco” disse Alec entrando. “ Ora ometto, dobbiamo scegliere quello che piacerebbe di più a Papa' Magnus, ok?”. Ed entrò facendo suonare la campanella. Subito lo raggiunse una ragazza. Con l’aria gentile. I lunghi capelli neri con sfumature verdi. Appena lo vide si fermò di colpo. Lo sguardo confuso passava dal cacciatore al piccolo stregone.

“Ma…” disse la commessa “ Tu sei un Nephilim”. Poi lo osservò con attenzione, soppesandolo con lo sguardo magnetico. “Aspetta! Io ti conosco, tu sei Alexander Lightwood, il compagno del sommo Stregone.” ripetè cordiale la commessa. “Alec” disse semplicemente  il cacciatore.    “ Allora questo splendore blu, deve essere il vostro bimbo” . E detto ciò si avvicinò, accarezzando una guancia di Max; che estasiato sorrise mostrando i suoi primi dentini.

“Cercavi qualcosa? “ chiese la giovane. “ Ehmm. Si. Cioè in realtà siamo qui per fare un regalo a Magnus.” affermò arrossendo. “ Credo di avere quello che fa per te”. E così dicendo fece cenno ad Alec di seguirla, dirigendosi nel retro bottega. “ Sai”, disse muovendo una mano, “ Io sono una fata del bosco, non ho molti poteri, ma posso creare delle piccole magie”. E schioccando le dita fece comparire una rosa blu davanti a Max, che cercava di afferrarla con le mani. Lanciando piccole scintille gialle.

“Guarda” disse ad Alec.  E gli mostrò un piccolo quadro animato, i soggetti  cambiavano posizione per regalare uno sfondo diverso, ad ogni sguardo. “ Hai una foto di tutti voi, potremmo posizionarla al centro.” Alec affascinato da quel quadro,  prese il  portafoglio. Ma all’interno vi era solo la foto di loro due senza Max. “No, mi dispiace solo mia e di Magnus, di Max ho solo questa, ma è separata” disse facendo vedere la foto del primo bagnetto del piccolo stregone.

Improvvisamente la foto venne avvolta da fiammelle gialle. Non bruciavano, ma per la sorpresa Alec fece cadere la foto per terra. “ Per L’Angelo” esclamò “ Non mi abituerò mai”. La fata sorrise comprensiva, mentre si chinava per raccogliere la foto.

“Beh” esclamò la giovane fata ; “ Ora abbiamo la foto che cercavamo”. E nel dirlo, la girò verso Alec, perché potesse osservarla. Era una  foto  che Alec non aveva mai visto, ma sapeva benissimo cosa raffigurasse. Erano  loro due che osservavano verso il basso, si vedeva la Manina di Max , stretta intorno al dito di Alec; e  Magnus con il capo appoggiato alla spalla del cacciatore. Era il primo ricordo che Max aveva di loro, pensò il cacciatore, commuovendosi.

La giovane fata prese la foto ed il quadro, e il tutto  venne avvolto da una nebbiolina bianca. Max battè le mani estasiato, e dopo pochi minuti il quadro fu pronto.
“Per l’angelo è stupendo” disse Alec. E ringraziando la giovane fata uscì dal negozio e si diresse verso casa.

Magnus avrebbe avuto un regalo bellissimo. Pensò Alec. Anche se non era abbastanza per ringraziarlo di averlo salvato, e di avergli donato un’esistenza felice.

Posò un dolcissimo bacio sulla fronte di Max, che per tutta risposta gli strinse le braccina attorno al collo, arpionandogli i capelli; ed Alec lo lasciò fare. Era la “Giornata Mondiale del Bacio”, Non poteva desiderare di meglio. Suo figlio lo amava, il suo compagno lo amava e lui amava loro.

E quella sera, anche Magnus ringraziò il suo cacciatore con una serie infinita di baci. Baci salati, a causa delle lacrime di gioia del Warlock. Mai avrebbe pensato che il suo fiorellino gli preparasse quella stupenda cena a lume di candela; e che dire del regalo? Quella foto era bellissima. Opera di Max, si capiva, pensò osservando Alec e Max dormire. Anche lui finalmente si addormentò. Non prima di aver dato un bacio sulla fronte ai suoi ragazzi.
 
L’angolo della Vampy
Grazie come sempre a te che sei speciale  e mi fa notare con i tuoi consigli i miei errori!!!! di cuore grazie Cristal_93!!

Ecco io ho pensato che magari potesse piacervi. O forse no, non lo so. Ma vi lascio un enorme bacio! grazie dfi aver perso un attimo del vostro tempo per arrivare fin qui!
Ciao LaVampy

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Capitolo 5
*** il laghetto ***


“Quindi mi stai dicendo che Jace ha preso Max e lo ha portato,di sua spontanea volontà al parco,  a dare da mangiare il pane alle papere?” Clary aveva le lacrime agli occhi.

“ Biscottino, stai  diventando di colore Rosso Modalità Alexander, ti prego respira!” sogghignò Magnus. Intendo a preparare il the. Tanti anni a Londra e ancora riusciva ad avere via posta, il miglior the di tutta Londra.

Beh, effettivamente non era proprio via posta, ma erano quei piccoli segreti che tenevano uniti la coppia. Meno Alec sapeva , e meno aveva da ridire. Anche se litigare e poi far pace sotto la doccia o in cucina o in camera, aveva il suo fascino.

Maledetto Magnus! Questa me l’avrebbe pagata, stava pensando Jace. Guardando storto un cigno che si era avvicinato troppo. Ma non abbastanza per Max, che estasiato lanciava molliche di pane, battendo le mani.

Maledetto Parabatai! Parte della colpa era anche sua, se non avesse detto a Magnus che l’aveva baciato anni addietro tutto questo non sarebbe successo. Maledetto Alec!!

“Zio, Ziooooo. Guarda dietro di te, c’è la…” disse il piccolo Max, ma non ebbe il tempo di terminare la frase.  Il terrore si impadronì di Jace, che con un salto fulmineo afferrò il piccolo stregone e saltò sul ramo più alto. “ …..C’è la zia Clary” finì Max.

Jace si sentì un perfetto idiota, mentre scendeva e sentiva la risata cristallina di Clary.

“ Non cambierai mai Jace” disse la rossa, ormai senza fiato.

“ Ciao Ziaaaaaaaaaaaa” esclamò Max. Lanciandosi tra le sue braccia. “ Se ti faccio vedere una cosa, non la dici a Papà Magnus?” chiese speranzoso il piccolo.

Mentre afferrava la mano della ragazza e la portava vicino al laghetto. E inginocchiatosi toccò l’acqua, una nebbiolina gialla avvolse le mani del piccolo stregone e si sprigionò sull'acqua. Clary rimase affascinata. Max aveva fatto comparire ninfee in fiore, e altre piante acquatiche di cui probabilmente ignorava pure il nome.

“ Max, lo sai che Papà non vuole che usi la magia fuori dall’accademia” disse la ragazza seria. Osservandosi intorno. “ Lo so, non glielo dire per favore” implorò con gli occhi da cucciolotto. “ Va bene. Piccolo segreto tra zia e nipote, purchè non si ripeta più!”.

Nel frattempo Jace, inseguito da una mamma papera, correva in cerchio . “ Vedete…” continuando a correre, “ L’ho sempre detto che mordono”, scatenando l'iralità di zia e nipote.

Ma nè Clary nè Max gli diedero importanza per troppo tempo,  perché una magnifica coppia di cigni si era avvicinata a loro. In attesa di ricevere da mangiare.  Entrambi estasiati dalla vicinanza dei maestosi animali, rimasero ad osservarli, finchè  Clary, prendendo carboncino e foglio bianco, non  disegnò Max intento a dare da mangiare ai cigni. 

L'angolo della Vampy

Parallela a questa soria nasce la raccolta Le origini dell'apprendista Sommo Stregone, che si colloca prima di alcuni racconti, effettivamente quella sarà molto più corta ed incentrata più che altro tra il rapporto Alec/vita di Max . qui invece proseguono le " avventure" del piccolo stregone!! spero vi piaccia!! Sara


 

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Capitolo 6
*** di ragni e sbadigli ***


-Papa’, Papà. Corri!- urlò Max in piena notte, facendo scattare i genitori, che si precipitarono verso il ragazzino.  

Il primo ad arrivare in camera fu Alec, seguito da un Magnus molto addormentato. – Che succede Mirtillo?- chiese, avvicinandosi lo stregone.

-Papà, c’è un ragno enorme sotto il letto. Mi chiamava per nome .- strillò. –Papà Alec, uccidilo- disse tremando. Nascondendo il viso nel collo del padre. Magnus, intanto, abbracciava il figlio , lasciandogli dolci carezze tra i capelli.

- Max, lo sai che i ragni non ti possono fare nulla, sicuramente sarà stato un incubo.- Disse Alec, con tono calmo. In tono troppo calmo, pensò lo stregone.  Solo dopo svariati secondi Magnus, si rese conto che in realtà il cacciatore fissava un punto nella stanza. Una piccola macchiolina nera.

Ridacchiando, mise il bambino in braccio ad Alec, che gli riservò un’occhiataccia. – Alec, perché non porti Mirtillo a bere una tazza di latte, mentre io combatto con questo enorme mostro? – chiese lo stregone, facendo ridacchiare il giovane Lightwood.  

Ancora non si capacitava di come uno Shadowhunters grande, grosso e  micidiale; che uccideva demoni senza paura; potesse avere il terrore di un piccolo ed innocuo ragno. Un elegante sfarfallio uscì delle sue mani. Una piccola bolla blu raggiunse il ragno e ve lo imprigionò. Lo stava osservando affascinato, quando una manina strinse la sua.  

- Posso vederlo Papà- chiese il bambino timoroso. E Magnus avvicinò a lui la piccola sfera luminosa.

 - Ma è così piccolo? Sembrava molto più grande. – disse con la voce rotta da uno sbadiglio. – Possiamo tenerlo?- chiese guardando negli occhi il padre.

Magnus, pensò ad Alec, era certo che non sarebbe stato entusiasta del nuovo inquilino. Quindi meditò una veloce risposta per non farci rimanere male il ragazzino.

 – Mirtillo, sicuramente ci sarà un papà ragno che lo sta cercando sul terrazzo. Io direi di metterlo fuori così si possono rincontrare e andare a casa. – disse con tono saggio Magnus.

La spiegazione sembrò convincere il giovane stregone e il padre tirò un sospiro di sollievo. Poi Max  unendo le mani a coppa, sprigionò una piccola bolla gialla e Magnus vi posò l’animale.

 – Ciao piccolo ragno- lo salutò Max, quando lo mise sul muro.

Alec aveva osservato la scena da lontano, un brivido lungo la schiena. In quella stanza si era sentito impotente. Terrorizzato.

- Grazie papà Alec. Buonanotte! – disse Max e ritornò in camera da letto, seguito da Magnus.

- Adesso è il caso di tornare a dormire, cosa ne dici Mirtillo? – aiutando il figlio a rimettersi a letto. Ed osservandolo mentre si addormentava. Chiuse la luce e uscì dalla stanza. Andò alla ricerca di Alec. E lo trovò davanti alla vetrata che osservava pensieroso il paesaggio.

- Alexander..- iniziò lo stregone. E notando il turbamento del compagno lo abbracciò da dietro.

- Era un ragno e io non sono stato in grado di toglierlo. Ero più terrorizzato di Max- disse afflitto il cacciatore.

- Fiorellino. E’  per questo che siamo in due. Oggi è toccato a me, domani ci sarà qualcosa che io non saprò fare, o avrò paura e lo farai te. – disse serio Magnus, facendo voltare il ragazzo. Per poi fondere le sue labbra con quelle del compagno.

- Ora merito una rincompensa, per aver salvato la Famiglia, da un mostro feroce? – chiese malizioso. Togliendo la maglia al cacciatore e spingendolo verso la camera da letto.
 
L’angolo della Vampy
Sono tornata dopo una piccola pausa, non siate troppo cattivi, ma spero vivamente in un vostro commento. Anzi se avete qualche idea potete scrivermela e magari io provo a trarne un racconto. Non che sia una brillante scrittrice, anzi, ma mi piace.
Mi scuso già per eventuali errori di sintassi e ortografici. Chiudete gli occhi.
Ma soprattutto grazie di essere arrivati fino a qui! Un abbraccio enorme LaVampy

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Capitolo 7
*** Lezioni di vita ***


Era un normalissimo giorno di studio per i ragazzi dell’accademia. Era stata inserita anche la storia e la lezione, nonostante fosse importante, si rivelava sempre noiosa per tutti gli studenti. Ma oggi c’era un professore di tutto rispetto. Magnus Bane.

Alec lo osservava orgoglioso, mentre Max ascoltava ogni parola, quasi il padre stesse raccontando una storia, con il cattivo con il nome di Sebastian.

Avevano deciso di portarlo perché spesso chiedeva il significato del suo nome.  Soprattutto da quando aveva scoperto che da grande avrebbe scelto il nome che lo avrebbe accompagnato per il resto della vita.

Magnus stava raccontando del Circolo, di Valentine, dei tradimenti che l’istituto aveva subito. Omettendo alcune parti, non importanti per la storia dell’istituto ma personali per i Lightwood.

Quando fu menzionato Max, il fratellino dei Lightwood, nella stanza calò il silenzio. Ed Alec si ritrovò a cercare lo sguardo di sua sorella, ricevendo in cambio un sorriso triste. Nessuno lo accusava di nulla, ma lui spesso si sentiva ancora in colpa.  “Il tempo cura le ferite, ma restano cicatrici che fanno male. Un po’ come quando ti rompi un braccio, e ad ogni cambiamento del tempo, senti un fastidioso dolore”. Gli aveva detto Magnus cercando di fargli superare quel dolore sordo. In quel periodo si era sentito impotente. Non bastava pensare che se Alec fosse rimasto con Izzy, probabilmente Magnus sarebbe morto circondato dai Demoni, nella piazza. Rabbrividì pensando a quell’attimo. Aveva visto la persona che amava in pericolo e si era gettato a salvarla, perché era quella la missione, lo era sempre stata. Aveva sempre protetto i suoi fratelli a discapito della sua stessa vita. Era così che aveva sempre fatto, fino a Max. Li era stato il destino a scegliere per lui.

Lo stesso destino che dopo pochi anni gli aveva fatto trovare un piccolo fagottino sulla porta dell’accademia. Un piccolo bambino blu, abbandonato ancora in fasce solo perché diverso. Anche lui si era sentito diverso per tantissimo tempo. Innamorato del suo fratello adottivo, in una lotta continua con se stesso. Non voleva che quel bambino soffrisse per la sua diversità.

Alec, non aveva avuto nessun tentennamento e lo aveva portato a casa. Magnus aveva detto che non lo avrebbe lasciato in mano al conclave, ma la verità era che aveva preso quella decisione egoisticamente. Senza interpellare il compagno.  Perchè quando quella manina aveva stretto il suo dito aveva capito che era destino. Avrebbe avuto di nuovo l’occasione di dimostrare a se stesso che era ancora in grado di onorare il giuramento fatto quando aveva ricevuto il suo primo marchio. Proteggere sempre e in tutti i modi le persone che amava.

Max cresceva, i primi tempi adattarsi alla vita di un neonato era stato sfiancante e spesso deludente. Arrivavano a stento a fine giornata, crollando esausti nel primo posto. Fosse il divano, il letto o la vasca da bagno, sempre con un orecchio e un occhio vigile. Avevano visto spuntare i primi dentini. Si erano ritrovati ricoperti di pappe e pezzi di cibo. E che gioi e che emozione ai primi passi. Quando Max aveva preso coraggio e si era staccato dal divano, Magnus per la felicità aveva inavvertitamente colorato di rosso le pareti della stanza. L’emozione era stata così intensa, che neppure il Sommo stregone era riuscito a contenere la sua magia.  C’erano state notti in bianco per via delle coliche, per i primi dentini. Discussioni perché Magnus usava la magia per le cose più elementari come per la preparazione del biberon o il semplice cambio del pannolino, mentre Alec voleva che anche lui lo facesse come un mondano.

Ma nonostante tutto, ci erano riusciti. Per Max.

Aveva due nuove ragioni di vita, Magnus e Max. Per loro sarebbe andato in capo al mondo passando per i deserti più aridi e i mari più tempestosi, a piedi addirittura, ma li avrebbe sempre protetti. Finchè ne avesse avuto la forza e finchè il destino glielo avesse permesso.

l'Angoletto della Vampy

Oggi va così, ho pensato a Max guardando un video su Alec, in una pagina dedicata a Malec. E così mi sono ritrovata a sporcare un foglio di word. Spero vi piaccia, e come sempre mi scuso per errori grammaticali e sintassi. So che sicuramente ne troverete, ma cerco di migliorare ogni giorno.  Per voi e per me!  e se state leggendo queste righe vi ringrazio, a seguire siete tantissimi, chi l'ha ricorata chi l'ha preferita. Non ci credo ancora, spero vivemente di regalarvi qualche minuto di spensieratezza mentre leggete. un abbraccio LaVampy


 

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Capitolo 8
*** di Biberon e Vestitini (Magnus e Alec Vs. Max) ***


Magnus Vs Max

Lavarsi le mani. Fatto.

Quello era stato abbastanza semplice. 

Sterilizzare il biberon. Fatto.

Costo dell’operazione due dita arrossate, una possibile bolla da ustione. Imprecazioni varie.

Far bollire l’acqua. Fatto.

Si era rivelato più semplice del previsto. Costo dell’operazione:Ciuffo glitterato moscio e fronte appiccicosa.

Ustionarsi un braccio per saggiare la temperatura giusta. Fatto.

Costo dell’operazione: svariati segni di un rosso acceso sul braccio. 

Puzzare di latte. Fatto.

Nonostante docce costanti, l’odore del latte impregnava i suoi vestiti e la sua pelle. Era odioso. Sapeva di “Mammo”.

Rovesciare parte del contenuto in polvere per terra, cercando di dosarlo, con quel minuscolo dosatore. Fatto.

Ma come pretendevano i mondani di gestire un bambino piccolo urlante sul seggiolone e di dosare il latte con un misurino troppo piccolo, lo sapevano solo loro.

Meditare vendetta contro Alexander e la sua minaccia “ Se si abitua che tu sei più veloce a dargli da mangiare dovrai dargliene sempre tu”. In fase di Preparazione.

Oh Caro Alexander questa me la pagherai.

Osservare il figlio che mangiava avidamente il biberon felice. Fatto.

Costo dell'operazione: morale sottoterra, orgoglio in cantina. Cuore pieno d'amore. 

Si poteva farcela!!
Alec Vs. Max


-Max ti prego stai fermo- implorò Alec affranto. Come riusciva un bambino così piccolo a sgusciare via da quella tutina non lo capiva. Riusciva a fatica ad infilare una gamba che l’altra era già uscita.
 
Per non parlare del cambio pannolino. Un’impresa titanica. Togli il pannolino sporco, pulisci il sederino, metti la crema e un po’ di borotalco, il tutto in meno di 2 secondi. Quello era il tempo massimo. Allo scattare del terzo secondo, l’addetto al cambio pannolino si trovava immerso da una nuvola di borotalco, quando andava bene.
 
E poi, immancabilmente messo, a fatica quello pulito, seguiva la risata cristallina del bimbo che annunciava che l’aveva appena fatta. 
 
Inutile era più semplice uccidere demoni, che non vestire un bambino di un anno.
 
–Dai Max, stai fermo per favore- ottenendo in cambio una risatina. Beh. Almeno qualcuno si stava divertendo.
 
- Insomma stai fermo- disse con tono imperioso alzando la voce. Un po’ troppo.  E questo immobilizzò il bambino immediatamente. Il tempo di contare fino a tre e la casa fu inondata da urla di pianto.
 
 – Shh, Max. Sveglierai papà. – Scusa, scusa. Non volevo sgridarti-  disse abbracciando il bambino. – Ma se tu stessi fermo, io avrei già finito e tutti e due adesso staremmo giocando- disse Alec al bimbo. Che ora, osservava il padre meditando.  
 
Una manina stava accarezzando la guancia di Alec, rilasciando scintille gialle. Un po’ come quando l’aveva accarezzato per la prima volta Magnus, prima di baciarlo. Doveva essere un tratto comune tra i figli di Lilith. L’avrebbe chiesto a Catarina un giorno.
 
-Ecco,bravo il mio paperotto! - disse accarezzando la pancia del bambino che iniziò a contorcersi ridendo, cercando di sfuggire al solletico del padre. Scattò una foto  e mise via il telefonino. Prima che Max arrivasse a spaccare anche quello. Era affascinato da tutto quello che brillava.
 
Tempo nemmeno due minuti e il telefono squillò. “ Non hai vestito mio nipote da papera vero? Vero?” disse Jace dall’altra parte. – A dirla tutta, è un regalo di nostra madre! – disse ridendo Alec. – Devo assolutamente parlare a quella donna.- ribadì Jace. Troncando la telefonata.
 
Ridendo, Alec sistemò Max nel box in cucina e iniziò a preparare la colazione. Sempre osservando il figlio, che aveva fatto lievitare una pallina e la osservava affascinato. Da un po di tempo usare la magia era normale anche se non ne era consapevole. sentì ridacchiare il bambino e gli si riempì il cuore. Era il suono più bello di tutti.  

Essere Padre era dura, ma ci sarebbe riuscito!
 



   

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Capitolo 9
*** il bello di essere papà ***


Ore 03.00 am.

Magnus guardava Alec con occhi stanchi e gonfi dal sonno mancato. Max strillava impaziente da un’ora , mettendosi in bocca qualunque cosa trovasse o comparisse magicamente.

Magnus  aveva isolato magicamente la culla ma gli “ attacchi” magici del piccolo stregone , diventavano sempre più frequenti e potenti. Magnus era allo stremo della forza, non diceva nulla , ma Alec aveva imparato a conoscere la fatica nascosta.

Gli occhi si stringevano e una vena compariva pulsante sulla tempia. Max continua a scalciare, piangendo. A nulla era valse le cantilene del padre. Decisero nonostante l’orario di interpellare Maryse che consigliò di congelare qualche giochino e darlo da “ mangiare “ al giovane stregone. Questo avrebbe calmato il bruciore e il fastidio nelle gengive, almeno per qualche ora.

Magnus fece comparire un anello di gomma freddo e Alec prese il bambino e si diresse in camera da letto. Nel letto matrimoniale sarebbero stati più comodi. Alec si sdraiò con il piccolo sulla pancia. Una manina arpionata alla maglia e l’altra al giocattolo. E poco importava che stesse sbavando sulla sua maglia. Che facesse quello che volava purchè si calmasse.

Era un cacciatore, ma aveva bisogno anche lui di dormire. Vedendo che il giocattolo, consigliato da Maryse, aveva l’effetto desiderato. Magnus eseguì su di esso una magia affinchè rimasse freddo per tutto il tempo.

Poi con le ultime forze, si avvicinò al suo compagno. Appoggiò la testa sulla spalla di Alec, e intrecciò la mano con quella del cacciatore. Scintille blu si sprigionarono dalla mano di Alec, verso Magnus.

Una manina si unì a loro, rilasciando fiammelle gialle. Magnus si perse negli occhi di suo figlio. E vi lesse un amore puro. Max lo stava ringraziando, non lo diceva, ma lo guardava solenne negli occhi. Portò la mano libera tra i capelli del bambino in una lieve carezza.

Alec sorrise, e una piccola punta di gelosia lo trafisse. Non era giusto pensarlo lo sapeva, ma quel bambino stava entrando nel cuore dello stregone e lui ne aveva un po’ paura. Il futuro incerto ogni tanto lo tormentava. La sua esistenza umana era una spada che pendeva sulla sua testa. Mentre Magnus e Max sarebbero rimasti insieme per molto tempo. Doveva godere di quei momenti il più possibile. Scolpirli nella mente e nell’anima e portarseli dietro.

Magnus lo guardò negli occhi, avesse intuito i suoi pensieri. – Insieme – disse solo e poi crollarono esausti tutti nel letto
 
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Magnus era seduto sul tappeto con le gambe incrociate, mentre con una mano faceva il solletico al figlio. “Ora ti mangio la pancia. Piccolo mostricciatolo blu!” “’Attolo” ripetè ridendo il bambino. Gattonando lontano dal  padre, per poi farsi leva sul divano e mettersi seduto. Iniziando a sbattere i piedini felici.  Aveva appena scoperto la sua voce e si divertiva a ricopiare, con scarsissimo successo, le parole che sentiva uscire dalla voce dei padri.

“Ecco bravo ripeti con me. Papà” disse ma per tutta risposta ricevette una pernacchia umida. “Piccolo mostriciattolo, eddai fammi felice, ripeti con me Pa-pà”. “’attolo” disse il bambino, cercando di sfuggire alla mano del padre.  

Stanco di quel baccano, il gatto di famiglia, si alzò dal divano, e stiracchiandosi scese. “Miao” disse Max mettendosi all’inseguimento del povero gatto. Che con un piccolo balzo atterrò sul frigorifero lontano dalle mani del bambino. “Miao butto” disse Max, ritornando verso il padre, che non lo aveva mai perso di vista.

“Forsa Mirtillo nel box, così’ preparo da mangiare” disse sollevando il bambino da terra e facendogli fare un piccolo salto in aria. “Pappa” esclamò felice il bambino.

“Ah ecco, quella parola non c’è stato bisogno di insegnartela, l’hai imparata subito!” disse lo stregone scrollando la testa. “Ora stai bravo qui dentro che tra poco Papa’ Alec rientra a casa. E Papà vi prepara la pappa”. Disse voltandosi verso la credenza iniziando ad esaminare il contenuto. Avrebbe preparato un passato di verdure per il piccolo Max e un risotto alla pescatora per lui e Alec. Facendo molta attenzione e senza farsi vedere da Max,  con l’aiuto della magia, fece comparire gli ingredienti già dentro ad una padella.  Perché non era bravissimo a cucinare, anche se i suoi risultati erano comunque migliori di quelli della povera Izzy.

“ Pa-pa” ripetè il bambino. Magnus non seppe dire se aveva ripetuto pappa o finalmente aveva detto per la prima volta papà, sapeva solo di avere il cuore gonfio di un amore diverso.  E di questo poteva solo ringraziare un piccolo Nephilim che gli aveva incasinato la vita e il cuore con i suoi occhi blu.
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Tutto si sarebbe aspettato dallo stregone, ma quella scena aveva un non so che di grottesco. Da quando Max aveva iniziato il percorso per comprendere la sua magia, erano normali apparizioni in salotto di Unicorni, di personaggi dei cartoni animati. Ogni giorno Max, sempre più consapevole della sua magia, si esercitava attivamente.

Alla fine dei conti, era il figlio del sommo stregone di Brookling. Ma  quello, Alec, per quello , non era pronto. Mentre allibito fissava il la scena davanti ai suoi occhi.

Erano solo le tre di pomeriggio, ma il salotto era stato trasformato in una pista da ballo. Il divano era accostato al muro, e sopra le sedie. Il tavolo era al centro con sopra ogni sorta di cibo al cioccolato.

Max e Magnus stavano ballando in salotto, cantando a squarciagola la canzone  Wannabe delle Spice Girl. Lanciavano entrambi  a tempo di musica , fiammelle gialle e blu, che si disperdevano disegnando arabeschi nell’aria. Ed in mezzo alla pista con loro alcuni personaggi dei cartoni animati . Anche il presidente Meow partecipava attivamente al coro, lanciando miagoli di diversa intensità.

E fu quando Max si girò verso di lui, che sentì una forza misteriosa avvolgerlo delicatamente.Si ritrovò su quella strana pista, nel suo salotto alle tre di pomeriggio,  ad ancheggiare goffamente a tempo di musica.

 

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Capitolo 10
*** incubi ***


La battaglia era finita, tutti intorno a lui stavano festeggiando, mentre lui aveva perso un amico e quasi l’amore della sua vita. Quell’amore che lo evitava, nonostante si fosse presentato prima che lui partisse. Lo stesso amore che aveva sentito debole, mentre arrendendosi al padre lo baciava.

Era seduto sul tetto, con i piedi a penzoloni che guardava in basso. Sapeva che se fossero arrivati i suoi genitori si sarebbero arrabbiati, ma non gli importava. Era triste, si sentiva vuoto. Aveva scorto Magnus diverse volte, ma lui sembrava non volesse nemmeno incontrare il suo sguardo. Una strana sensazione lo avvolse quando si rese conto di essere solo. Nessuno poteva vederlo da quella posizione mentre lui osservava tutto. Infatti notò Magnus andarsene senza voltarsi indietro, varcare il cancello con passo veloce e tirare un sospiro di sollievo; per poi scomparire in un portale.

Era uscito per sempre dalla sua vita, lo aveva sentito attraverso un brivido lungo la schiena. La runa che lo legava a Magnus era completamente sparita. Di lui restava solo un pensieri fisso e la consapevolezza aver rovinato tutto. E non era nemmeno riuscito a vendircarsi , perchè quella stronza di una vampira si era fatta uccidere prima che ci arrivasse lui.

 Si alzò dal tetto e scese con la grazia di un felino,  lieve sulla terra e corse via.  Non aveva voglia di incontrare nessuno di vedere nessuno, voleva solo sparire, addormentarsi e non svegliarsi più. Aveva provato la vita senza Magnus e non gli piaceva, poi la battaglia lo aveva distratto, la lunga discesa agli inferi gli aveva preso la testa. Ma ora senza sentiva la tensione sulle spalle.

Stava camminando nel bosco, al buio, quel luogo in cui si rintanava quando doveva trovare una soluzione. Quella natura che aveva accolto i suoi problemi e i suoi pianti, in silenzio maestosa, senza mai giudicarlo.

Si ritrovò seduto su una roccia con le lacrime che si perdevano sulle sue gote, incapace di trattenerle. La frustrazione di sentirsi debole, sconfitto, solo, e quello che era peggio di sentirsi così distante da Magnus.

All’improvviso una folata di vento alzò le foglie secce, e lo colpì in piena faccia. Il lento ululare del vento sembrava parlare. Una piccola lucciola gialla, segnava il suo cammino in tutta la sua bellezza. Che strano, pensò, una lucciola in pieno inverno. Ma aveva un qualcosa di ipnotico, e scendendo si ritrovò ad avvicinarsi. Non era una lucciola era un puntino giallo, che lievitava davanti ai suoi occhi. Fece per toccarlo ma questi scomparì. E una nuova folata di vento lo avvolse, protese l’orecchio per ascoltare la voce e sentì una voce di bambino che lo chiamava. Era una voce che non conosceva ma era stranamente famigliare.

Continuava ad alternarsi la voce con la piccola luce gialla. Finchè non scorse in mezzo ad una radura un fagottino. Appariva immobile circondato da tante lucciole gialle. Iniziò a togliere gli strato di coperte, erano tantissime. Strato su strato, coperta su coperta, non giungeva mai alla fine.

E nuovamente sentì il brivido del vento, forte che gli scompigliava i capelli, e quella voce che lo chiamava, ormai sempre più nitida. Ancora quella piccola pallina gialla, luminosa e magica. Si fermò, si fece coraggio e chiese al vento chi fosse. Non ottenne risposta. Intorno a lui solo il silenzio e il suo respiro ormai corto.

“Dove siamo?” chiese una voce alle sue spalle facendolo sobbalzare. Era un cacciatore addestrato e allenato, con i sensi sempre in allerta, eppure non aveva sentito nessuno giungere così vicino alle sue spalle. Si voltò e vide un bambino tutto blu che lo guardava n attesa di risposta. “Dove siamo Papà?” chiese di nuovo. Alec si ritrovò incapace di formulare una risposta, anche perché non sapeva nemmeno lui cosa rispondere. “Papà devi svegliarti. Ti sta chiamando. Papà, svegliati, si sta spaventando!” . E così come era venuto, il bambino scomparve.

Alec si svegliò ansante e sudato, sedendosi sul letto. Si ritrovò ad osservare gli occhi preoccupati di Magnus che lo osservavano. Lo strinse a se, così forte da far gemere lo stregone. Per poi fondere con le proprie labbra la bocca del compagno, che accolse quell’assalto con gioia, ormai rilassatosi. “ Mi sono preoccupato “ disse Magnus ad Alec quando si separarano dal bacio. “ Sembrava non ti volessi più svegliare. Io ti chiamavo ma tu non mi sentivi” ripetè rabbrividendo. “ Alec, per Lilith non farlo mai più”.

“ Scusa io, ero da solo in un bosco, ci ero andato dopo che ero sceso dal tetto , perchè te mi avevi lasciato e io ero distrutto. C’era un vento che mi chiamava, non capivo cosa dicesse. Poi improvvisamente  è arrivato Max e mi ha detto di svegliarmi, che eri preoccupato. Non so cosa sia successo mi sembrava tutto reale”. Raccontò allora al compagno, ancora sconvolto.

“ Era solo un incubo Alexander” disse Magnus abbracciandolo. “ Era solo un incubo. Io ci sarò sempre e non ti lascerò mai. Ti amo.”

“ Anche io ti amo “ disse Alec, poi ritornarono a dormire.

Max in camera, era sfinito per l’uso della magia ma felice di aver, per una volta, salvato lui il padre da un incubo. L’aveva promesso a Magnus, era piccolo ma se lo ricordava.  E avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere per non vedere mai soffrire i suoi papà.
 
L’angolo della Vampy
Nulla la Crusca non mi ha ancora trovato, il che vuol dire che nessuno mi ha denunciato per i troppi errori  * sospira soddisfatta*
Boh, spero questa Malec versione family vi piaccia, non so ma io mi sono innamorata scrivendola, spero di trasmettervi ciò che ho provato. Siete sempre in tanti che mi date la carica, e vi invito come sempre a lasciare un vostro commento, sia negativo che positivo o un’idea
.
 

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Capitolo 11
*** la famiglia si allarga.... ***


Erano in casa da una settimana, Max aveva spiacevolmente contratto una malattia mondana che lo aveva privato della forza e della voce. E Magnus aveva sospeso ogni contratto per potersi dedicare totalmente al bambino. Anche se in casa si erano alternati tutti i Lightwood, e Robert si era addirittura fermato a dormire una sera che Magnus era stato chiamato per un urgenza nel covo dei vampiri.

“Mirtillo ora facciamo un gioco insieme, sei contento? Useremo tanta magia” disse allegro lo stregone, anche se dentro di se si sentiva agitato. Alec lo aveva avvisato che stava per rientrare e a lui spettava l’opera di preparazione.

“Allora Mirtillo sei pronto?” ripetè lo stregone guardando il figlio, che non lo stava considerando troppo preso dalla televisione Magnus la chiuse con uno schiocco delle dita. Ma troppo preso dal cartone che stava seguendo, Max la riaccese. Senza nemmeno muovere un muscolo. Andarono avanti così per quasi cinque minuti, finchè lo stregone si arrese. Se ci fosse stato Alec avrebbe sicuramente urlato. Detestava quando si facevano le cose mondane utilizzando la magia per pigrizia. “ Questo comportamento non va per nulla bene, Max” disse lo stregone, ma troppi pensieri in testa per arrabbiarsi seriamente.

Non aveva capito molto la bene la conversazione, ma aveva capito che il suo compagno era agitato. I mondani si erano evoluti all’epoca del cellulare, ma le vecchie linee telefoniche andavano meglio.

“Mirtillo, sono a sistemare la tua cameretta, va bene?” ma di nuovo non ottenne risposta. Doveva parlare con Alec e trovar una soluzione, la televisione stava rimbambendo il bambino. Va bene che era ancora debole per la malattia, ma ora era esagerato.

Aprì la porta ed iniziò a sistemare i giochi, i vestiti e il letto. Poi osservò la camera da più angolazioni e alla fine decise. Scioccò le dita e un piccolo letto comparve sotto la finestra. C’era spazio anche per un altro comodino. Ora mancava solo Alexander.
Era notte profonda quando Alec era rientrato, aveva parlato con Magnus e avevano deciso insieme cosa fare. Erano convinti di aver fatto la cosa giusta, ma forse non avevano tenuto conto dell’idea di un piccolo stregone di cinque anni, amato e coccolato da tutti, che ora si ritrovava con un intruso tra i piedi.

Avevano aspettato a presentarlo a Max, perché volevano farlo durante il giorno, ma soprattutto volevano che non fosse un trauma per il piccolo. Alec pensava, per esperienza personale, che le presentazioni andassero fatte in un clima di gioia e riposo. E la notte fonda non era un’ottima idea. Magnus aveva acconsentito e permesso quindi ad Alec di dormire sul pavimento in sala, mente il divano era occupato.

Magnus fissava il soffitto pensieroso, come avrebbe reagito il suo bambino a quella presenza proprio non lo sapeva. Ma voleva che in casa ci fosse armonia e pace, nessuna gelosia. Si rigirò nel letto, cercando istintivamente il corpo del compagno. La sua mano però accarezzò l’aria. Tese l’orecchio e il suono del respiro del sonno di Alec lo raggiunse, meglio di una ninnananna. Forse sarebbe andato tutto bene, forse. Ma ben presto si rese conto che era stata tutta una speranza vana.

Max infatti quella mattina si era alzato presto, sapeva che il padre sarebbe rientrato ed era curioso di vedere il suo regalo. Quando uno dei due papà stava lontano da casa a lui mancavano tanto, ma tornavano a casa sempre con un regalo. Facendo piano per non svegliare nessuno si diresse in camera da letto, vedendola aperta spinse del tutto la porta, ma nel letto c’era solo Papà Magnus. Ma lui percepiva la presenza dell’altro padre, e si diresse verso la fonte.
Suo padre dormiva sul pavimento, il che era strano, di solito dormiva sul divano. Succedeva solo quando i due urlavano forte forte, e Papà Magnus sbatteva la porta. Allora Alec triste andava sul divano e restava a guardare il cielo fuori dalla finestra. Lui li aveva visti farlo, ma loro non lo sapevano. Papà Magnus faceva sempre una magia, lui la vedeva la nebbiolina azzurra, e aveva imparato a neutralizzarla.  Ma quella sera non avevano urlato, li avrebbe sentiti. Ma allora cosa ci faceva il padre per terra?

Poi scorse un qualcosa sul divano e non era Presidente Meow. Era un bambino, come lui ma senza pelle blu. sembrava più grande, dormiva rannichhiato come un gatto. Lui dormiva così solo quando faceva un brutto sogno.  Stringeva la mano di Alec e Max provò una voglia irrefrenabile di urlare.

Chi era quello che toccava il suo papà? Chi era quello che dormiva sul suo divano? E soprattutto perché aveva il suo pigiama con Nemo? 

Si fece più vicino, vinto dalla curiosità. Nessuno aveva percepito la sua presenza, ma più si avvicinava e più sentiva le mani calde.

E tu chi sei? Cosa vuoi? MOLLA.LA.MANO.DEL.MIO.PAPA’. SUBITO. IMMEDIATAMENTE.

Come accortasi dalla sua presenza, il bambino sul divano si mosse e aprì gli occhi. Cercò subito il corpo di Alec, e spostando la mano, guardò Max,senza proferire parola.

-E tu chi sei- chiese Max al bambino, si vedeva che era più grande. –Perché sei qui?- e non ottenendo risposta Max alzò la voce. – Tu chi sei?-  ripetè svegliando il padre che dormiva ignaro della tensione intorno ai due bambini.

– Max, tesoro, lui è Rafe, vivrà con noi per un po’ di tempo- disse allora Alec, maledicendosi per non essersi svegliato prima, si mise davanti al piccolo in ginocchio, stringendogli le mani. Una lieve scossa lo percorse, ne sentì i brividi lungo la schiena. Provò a chiamare Magnus ma aveva paura che questo avrebbe fatto spaventare il piccolo stregone. Stava cercando di trovare una soluzione quando vide comparire Magnus dietro a Max.

Max guardava con ostilità il nuovo arrivato, le mani avvolte da fiammelle gialle. – Non lo voglio!- e detto ciò tornò nella sua cameretta, lasciando senza parole i due padri.

– Bene-  disse Magnus – le presentazioni sono state fatte-. Nella sua voce c'era un accenno di ostilità, e Alec si ritrovò a fissare il compagno, non ci voleva un genio per capire il destinatario di tale ostilità. Sospirò. 

– Portalo in cucina, Alec. A Max penso io- e detto ciò si diresse verso la camera del bambino, senza degnare il compagno di mezzo sguardo.  Sapeva quanto Magnus fosse legato a Max. ma avevano deciso insieme di prendersi cura anche di Rafe.  

– Vieni Rafe, facciamo colazione- disse allora Alec per smorzare la tensione, e allungò la mano verso il nuovo arrivato, che la osservò con sospetto, prima di prenderla. Ed Alec la sentì tremare. – Gli passerà Rafe. Stai tranquillo. Ti vorrà bene anche lui-.

E quello sembrò tranquillizzare il bambino, che seguì quel ragazzo muscoloso che lo aveva salvato, lo stesso che gli aveva promesso che avrebbe avuto una casa. E di lui si fidava.

Vedere il figlio reagire in quel modo aveva sconvolto Magnus. Non riusciva ad immaginare cosa provasse, lui era figlio unico, praticamente abbandonato a se stesso da quando aveva memoria. L’ultima volta che aveva visto suo padre, padre che parolone, aveva cercato di barattare la sua vita, per salvare i suoi amici. Poteva dire di non essere pratico di famiglia e fratelli. L’unica cosa che gli veniva in mente se pensava alla famiglia era Alec e Max. e adattarsi a quella nuova realtà era stato difficile già per lui, figuriamoci per un bambino di cinque anni.

-Mirtillo, posso entrare?- chiese Magnus, bussando lievemente sulla porta della camera da letto. Attese qualche secondo e non ottenendo risposta aprì la porta. Dentro regnava il più completo disastro. I mobili erano stati svuotati, i giochi lanciati in ogni angolo. Ma la scena che strinse di più il cuore a Magnus fu vedere il figlio in un angolo stretto al suo orsachiotto. La testa appoggiata sulle ginocchia e il corpo scosso da tremiti. Si avvicinò al bambino e si lascò cadere sul pavimento di fronte. Ed attese che Max si calmasse. Passarono alcuni minuti e finalmente il bambino alzò la testa osservando il padre. Spsso osservandolo Magnus si dimenticava che aveva davanti un bambino di cinque anni, e non un piccolo stregone già in grado di conoscere il bello e il brutto della vita. Quando lo avevano adottato, si erano ripromessi di farlo crescere in un clima famigliare lontano da demoni, mostri e cattiveria. Aveva spiegato al bambino che i mostri esistevano e che non sempre erano cattivi. E che loro ci sarebbero stati sempre per proteggerlo. E l’unione famigliare era solida, e Max era un bambino felice. Ed ora quell’unione sembrava in pericolo.

Sospirando Allungò la mano per accarezzare la fronte del bambino, scostandogli i capelli. – Non mi volete più?- chiese flebile Max. – E’ perché io.. perché … io.. ho ..la.. pelle… ecco , non mi volete più perché .. sono…  sono così?”- continuò, lasciando il padre senza parole. – Così come?- chiese allora Magnus. E il bambino si toccò la pelle. In passato crescendo il bambino aveva manifestato più volte la paura di essere diverso, Max non capiva come mai i suoi papà non avessero la pelle come la sua. – Mirtillo, guardami. Ti sembro forse diverso da te? Tu hai la pelle blu io ho gli occhi gialli. Papà Alec ha tutto il corpo pieno di rune. Ognuno di noi ha qualcosa di diverso, ma ci unisce l’amore. Questo lo capisci?- spiegò Magnus. - Io e Papà ci saremo sempre per te, solo che ora c’è anche Rafe”, continuò. Appena nominato il nome dell’altro bambino Max si irrigidì.

-Viene da molto lontano e Papà l’ha trovato che viveva per strada. E ha pensato che a te sarebbe piaciuto avere un fratellino con cui giocare. Non ti piacerebbe un fratellino con cui dormire, giocare, guardare la televisione?- . E questo sembrò impercettibilmente interessare il bambino. – Inoltre avremo più tempo da dedicare alla magia, se adesso a lavare i piatti, sistemare la cameretta, aiutare in casa sarete in due, non credi?- disse Magnus alzandosi e porgendo la mano al bambino.

Giocare con Papà era bello, ma lui si annoiava subito. Forse avere un bambino della sua età con cui giocare, scherzare e divertirsi, poteva essere una nuova avventura. Basta che stesso lontano dai suoi giochi e dai suoi papà sarebbe andato tutto bene. C’erano un po di regole da dettare, pensò Max, ma per diventare forte e bravo con il suo papà era pronto a rivedere quell’odioso bambino rosa. Il blu come diceva sempre il padre Magnus era fashion, il rosa era sopravalutato. E in quella casa comandava il blu. Prese la mano del padre e si alzò, dirigendosi verso la porta.   
 
*-*-*-*-*-*-*-*


Rafe si osservava intorno meravigliato. Era una casa grandissima, c’era tantissimo posto. Alec stava facendo scaldare del latte e lui nel frattempo mangiava i biscotti, che buoni che erano. Aveva tutti i sensi da Shadowhunters attivi, osservava la casa cercando le varie via di fuga, i posti dove potersi nascondere e eventuali arnesi da poter usare come armi. Vivere per strada lo aveva fatto crescere più in fretta del previsto. Alec lo osservò  e vide la sua preoccupazione e si sentì in dovere di spiegare al bambino che in quella casa era al sicuro. -Rafe se non ti piace stare qui, nessuno ti obbliga, puoi sempre abitare in accademia, o in istituto. Qui nessuno ti farà del male, io sono come te.

-Vedi ?- scostando la maglietta ed indicando runa. – Magnus come ti spiegavo ieri è lo stregone più potente di Brookling. Siamo una famiglia con Max.- -Lui non mi vuole- sussurrò Rafe. – Io non voglio creare problemi a nessuno, posso tornare in strada. Sono grande abbastanza. Sai?- disse sfidandolo con gli occhi a contraddirlo. Tipico atteggiamento da Shadowhunters, pensò Alec.

- Non puoi stare in strada, se ti trova qualche demone potrebbe ucciderti, non sei forte abbastanza per difenderti, e non hai le rune per poterlo fare, non conosci tante cose, ma io posso insegnartele tutte.- gli fece notare allora Alec con saggezza.

-Senti, ora bevi il latte, ci vestiamo e andiamo a conoscere Max e Magnus, insieme. Okay?- chiese il moro, accarezzando la testa del ragazzino.
Rafe non era molto convinto che quella fosse la situazione migliore, ma voleva dare ad Alec una chance. Senza rispondere, prese il bicchiere con il latte e lo bevve. Muovendo la testa con un accenno positivo.

Forse valeva la pena rischiare, forse valeva la pena affrontare quella nuova avventura. Pensò sorridendo, osservando Alec. Per diventare come Alec, grande, grosso e muscoloso, avrebbe rischiato di rivedere quell’odioso bambino blu.
 
-Forse è il caso prima di uscire di sistemare camera, non credi?- chiese Magnus al bambino, che rispose con un alzata di spalle.

Sospirando il padre schioccò le dita e tutto tornò alla normalità. – Magari evitiamo di dirlo a Papà Alec. Okay?- e di nuovo un’ alzata di spalle da parte del bambino.

 – Ascoltami Max, il fatto che da oggi c’è Rafe non significa che io ti vorrò meno bene, o che Alec te ne voglia di meno. Ti amiamo entrambi. Lo sai, di questo non devi mai avere dubbi, anzi. E sono certo che se darai un’occasione a Rafe anche lui ti vorrà bene.-

-Teneva la mano di Papà, lui. Papà è mio- disse singhiozzando il bambino. – Io non voglio che lui me lo porta via e voi mi lasciate da qualche parte, come ha fatto la mia mamma.-

 -Oh tesoro, è di questo che hai paura? Questo non succederà mai. Mai. Nessuno ti porterà via da noi.- 

Poi schioccando le dita fece comparire dei vestiti nuovi al bambino. Un paio di bermuda gialle e una a maglietta blu, con scritta gialla: PROPRIETA’ DI LIGHTWOOD-BANE, più Bane meno Lightwood. E il bambino osservandosi allo specchio sorrise felice abbracciando il padre.

 – Ti voglio bene, Papà. Tanto. E questa maglia è bellissima!- schioccando un sonoro bacio al padre.

–  Allora adesso possiamo andare a conoscere Rafe, va bene?-  

- Si, papà- disse lo stregoncino ormai convinto.

Nel frattempo in cucina Alec aveva terminato la colazione e portò Rafe in bagno. Continuando a parlargli dell’accademia, degli Shadowhunters, e di Magnus e Max. Sperando di tranquillizzare il bambino.

Una nebbiolina blu apparve sul mobile vicino al lavandino, facendo sussultare i due. Poi Alec sorrise. Magnus poteva essere offeso o arrabbiato ma non sarebbe mai venuto meno ad una promessa.

 – Ecco Rafe, a questo non si ci abitua mai- sospirò Alec, prendendo i vestiti nuovi e porgendoli a Rafe.

– Tranquillo, sono solo vestiti. Nuovi. Così almeno Max non si può arrabbiare-. Titubante il bambino li prese e si voltò per cambiarsi.

 E ad Alec si strinse il cuore quando vide le ossa sporgere sul bacino. Si potevano contare tutte le costole. Profondi ematomi segnavano ancora la sua pelle. Ma Alec sapeva che con un po’ di magia, e tanto amore, presto quel bambino si sarebbe rimesso. Dovevano solo conquistare la sua fiducia, e quello era la parte più difficile.

Si ricordò quando vide per la prima volta Jace, non era stato molto contento. Lui non amava i cambiamenti, soprattutto quelli in grado di capovolgere e sconvolgergli la vita.  

–Sono pronto Alec- disse Rafe. Che si guardava allo specchio con un sorriso.  Dirigendosi in sala, Alec chiuse la luce e pregò l’angelo che tutto andasse bene. Amava Max, amava Magnus, ma sentiva dentro di se che c’era posto anche per Rafe.

Entrarono in sala mentre sopraggiungevano Max e Magnus. Magnus era tesissimo, lo si capiva da come camminava. Un sorriso che non arrivava aGgli occhi, stampato sul viso.

Max  era ancorato alla  gamba dello stregone e  osservava il Padre e l’altro bambino.

Magnus si abbassò e porse la mano a Rafe. – Ciao io sono Magnus Bane, piacere di conoscerti.-

Rafe afferrò quella mano stringendola, lieto di essere trattato come un grande e non come un bambino.

Poi Magnus indicando dietro di sé disse . –E lui è Max -  

Rafe sentì la mano di Alec sulla sua schiena e tranquillizzato, si sporse ad osservare il bambino di fronte a lui.

 – Sei come la Signorina Loss?- chiese allora Rafe e sentendo nominare sua Zia , Max prese coraggio e uscì da dietro il suo nascondiglio.

 – Conosci zia Catarina?- chiese allora. E Rafe annuì. – Mi ha curato in accademia quando sono arrivato.-

-Loro sono i miei papà e questa è la mia casa, e lui è il mio gatto.- fece presente Max, indicando tutto intorno a se, con delle piccole fiammelle gialle.

Rafe non sembrò per nulla intimorito da quella spiegazione, ma più affascinato dalle mani. A lui bastava un tetto dove dormire, e poteva sempre tornare in strada.

Alec e Magnus si ritrovarono a respirare nuovamente, avevano temuto il peggio, ma forse il peggio era passato. Forse.

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Capitolo 12
*** essere fratelli ***


Dopo la prima settimana tutt’altro che facile di convivenza dei due bambini tutti era tornato alla normalità, anzi ad osservarli meglio i due fratelli Lightwood-Bane sembravano andare d’accoro, come se fossero nati insieme.

Raramente era intervenuto uno dei due padri per dividerli, quando c’erano stati i primi battibecchi. Inoltre, pensò Alec, alzando gli occhi al cielo; chi si era divertito di più era Magnus che aveva fatto comparire un intero guardaroba nuovo ai bambini.

Peccato solo che Rafe come Alec preferisse i colori scuri, e alla fine Magnus cedette e fece apparire solo abiti neri, blu e marroni.

 “Se non ne avessi la certezza, pernseri che è tuo figlio naturalw. Avete lo stesso orribile gusto nel vestire”, disse Magnus baciando il compagno.

“ Non mi sembra che ti abbia dato tanto fastidio, anzi, mi pare ti piacesse il mio "modo" orribile di vestire” , disse di rimando Alec, baciandolo e sorridendo sulle labbra dello stregone.

Il lieve accenno di barba fece il solletico allo stregone che senza pensare troppo gettò le braccia dietro il collo del compagno, rapendolo in un dolcissimo bacio. Finchè non vennero disturbati dall’entrata dei figli.

“Ma si baciano sempre?” sentì dire da Rafe e Max rispose ridendo :“ Si, sono più incollati della colla. La zia dice che prima o poi si mangeranno a vicenda, ma non so cosa volesse dire”.

“ Cosa avete da ridere voi due?” chiese Magnus con una finta voce arrabbiata, agitando le mani da cui uscivano fiammelle azzurre.

“Niente, niente” risposero i due bambini ridendo e scappando verso la camera.

“Tanto vi prendo” disse lo stregone, tornando a baciare il compagno, che lo osservava con un ciglio alzato.

Giunse l’ora della buonanotte. E come ogni sera i bambini, una volta indossati i propri pigiamini, andarono in camera dei genitori per il bacio e il saluto della buonanotte.

“Buonanotte Papà Alec e Papà Magnus” disse Max stampando un bacio ad entrambi sulla guancia.

“Buonanotte Magnus e Buonanotte Alec” disse Rafe senza però avvicinarsi. 
Alec sperava sempre che un giorno anche Rafe lo chiamasse padre, ma sapeva che i cambiamenti, soprattutto in quei bambini, lasciano cicatrici difficili da dimenticare.

“Andate Bambini, sul comodino avete il vostro latte e cioccolato caldo che vi aspetta, buonanotte” disse Magnus.

Pregustando la bontà di quella prelibatezza Rafe sorrise , si avvicinò a Magnus per posargli un lieve bacio sulla guancia.

“Grazie Magnus” , E detto ciò scappò in camera sua, seguito da Max.

“ Hai.. hai visto anche te? Di solito a stento mi parla!” disse felice Magnus, toccandosi la guancia.

“ Beh amore. I miracoli avvengono. Guarda noi, l’avresti mai detto che saremmo finiti così? Io e te , uno Shadowhunetrs e un nascosto, un mortale e un immortale, padri di due bambini?”. E non diede tempo al compagno di rispondere , baciandolo.
 
Max stava salvando il Mondo, in mezzo a tutti i cacciatori dell’universo che si erano riuniti, fianco a fianco con i suoi papà.

Per la prima volta tutti potevano osservare la sua pelle blu , senza avere paura, e la gente correva per poter guardare le sue corna che con gli anni si erano fatte più sporgenti.

Non aveva più bisogno come ogni mattina, di attivare l’incantesimo che gli aveva insegnato la Zia che lo rendeva un mondano. Papà Magnus gli aveva spiegato che i mondani erano poco inclini verso le cose strane, non sempre la loro mente riusciva a dare una spiegazione logica.
 
 Il suo corpo si avvolse di fiammelle gialle e si librò nell’aria, contro i cattivi. Suo padre orgoglioso lo guardava dal tetto del grattacielo urlando “Quello è il mio bambino”.

Era in una battaglia al fianco di Spiderman e stava per sconfiggere il Goblin, con il suo colpo di magia Bluberryana, così aveva deciso di chiamarla. Quando fu svegliato da uno strano rumore.

Per un attimo ebbe paura, indeciso se chiamare il Padre o attendere. Fece comparire una pallina di luce tra le mani e scrutò il buio. Nulla si mosse e nulla catturò la sua attenzione.

Dopo pochissimo il suono si ripetè, ma non era l’urlo di un demone o qualcosa di maligno. Era come un singhiozzo soffocato. Si decise a scendere dal letto ormai sicuro e chiamò Rafe. Ma non ottenne risposta.

Questo lo spinse ad avvicinarsi con calma al letto, Rafe infatti aveva ancora qualche istinto della vita di strada e più volte lo aveva ritrovato nascosto sull’armadio più alto o sotto il letto.

Di nuovo quel suono straziante, ed ora Max lo riconobbe ,per un attimo non seppe cosa fare. Rafe era avvolto nel lenzuolo che durante il sonno lo aveva legato, sudato e ansante, ma quello che era peggio era che piangeva silenziosamente.  

Prese le mani del fratello tra le sue e lo chiamò con gentilezza e finalmente si svegliò.

“Rafe va tutto bene, sono io, sono Max” disse il piccolo stregone, accendendo la luce con uno schiocco di dita. Se ci fosse stato suo padre avrebbe sicuramente trovato da ridire.

“Ehi, va tutto bene” ripetè sedendosi sul letto, dove un Rafe ancora scosso cercava di riprendere fiato.

“Vuoi che chiamo Papà?” chiese ancora Max, e vide il fratello scuotere la testa impercettibilmente.

“Sto bene, ho fatto un brutto sogno. Ero in una stanza buia , sentivo Alec chiamarmi, io gli rispondevo e lui non mi sentiva. E allora andava via e io restavo da solo” disse con voce rotta Rafe.

“E’ stato un brutto sogno, non succederà mai” disse Max abbracciando il fratello. Rafe per un attimo si irrigidì ma poi ricambiò la stretta. “ Grazie Fratellino”, disse il piccolo cacciatore.

“Torniamo a dormire, prima che ci sentano” disse Max e face per alzarsi dal letto , ma l’altro lo trattenne per la mano.

“Dormiresti con me, qui. Per Favore?” chiese titubante Rafe .

E quando vide il fratello scostare le lenzuola e chiudere la luce con lo sciocco delle dita, non ebbe più paura. Adesso poteva dormire tranquillo, nessun incubo lo spaventava. Ripensò alla sua mamma e al suo papà che insieme a Raziel erano in cielo, e sentì nel cuore una nuova forza.  Aveva una nuova famiglia, e aveva un fratello.

Non aveva più paura.
 
 
Magnus era in cucina che preparava la colazione ai due bambini, mentre Alec si faceva una doccia veloce, purtroppo nonostante fosse in ferie,  era stato richiamato in accademia per consegnare dei documenti.

“Bambini volete andare in accademia con Alec, o preferite restare a casa con me?” chiese lo stregone, posando la colazione sul tavolo.

Un pancake a forma di stella, con succo di mirtilli e un pancake a forma di pugnale con succo di acero e due tazze fumanti di latte al cioccolato.

“Restiamo a casa a guardare Harry Potter in camera Papi, possiamo? Eh?” chiese  Max, con la bocca piena.

“Guardiamo che cosa?” chiese Rafe, osservando il fratello con stupore.
“Harry Potter. Parla di un mago. Non lo conosci?” intervenne Magnus, e vedendo scuotere la testa del più grande battè le mani e disse  “Allora dobbiamo rimediare”.

“Alec”, urlò lo stregone, per raggiungere il compagno, “i bambini restano con me”.

“Ma scusami non lavori oggi?” domandò il cacciatore, entrando in cucina fresco di doccia.

“Oh si,ma nulla di esagerato, posso andare in studio, si tratta solo di una localizzazione di base, tanto i bambini resteranno in camera a guardare la televisione”.

“Ok” disse poco convinto il cacciatore, posò un bacio delicato sulle labbra dello stregone, salutò i bambini e uscì. Con la promessa che sarebbe rientrato dopo poche ore. Doveva solo consegnare a Jace un fascicolo, e poi aveva la giornata libera.

Non che Magnus ci credesse molto, spesso Alec diceva così e poi stava fuori giornate intere per il prolungarsi di qualche caccia improvvisa.

“Tranquillo, noi saremo qui. Bravi Bravi, e ora cacciatore a lavoro” disse Magnus spingendo il compagno verso la porta, facendo sorridere i bambini.

Finirono di fare colazione, sistemarono la cucina, si fecero una doccia e si sistemarono in casa per guardare il film.

Un tonfo proveniente dalla camera dei bambini attirò la sua attenzione, si avvicinò, ma sentendo i bambini ridere a crepapelle non si preoccupò di molto e si diresse in cucina per una bibita al volo.

Sentì la porta del loft aprirsi e si diresse verso l’entrata per salutare il compagno, che , con grande disappunto dello stregone, era accompagnato da Jace.
 
“Ciao Magnus, siamo tornati” disse Alec.

“Vedo” rispose lo stregone, con tono ironico, senza nascondere un sorriso.

“Jace voleva salutare i bambini, sono ancora in camera?”

“Si non si sono sentiti oggi staranno ancora guardando Harry Potter”

Vinti infatti dalla curiosità Max stava, al grido di Vingardium Leviosa, faceva lievitare in aria il povero gatto di famiglia. Mentre Rafe non da meno, armatosi di farina, cospargeva tutto intorno urlando Expecto Patronum” . Ridendo spensierati finchè non si accorsero della presenza degli adulti. Max infatti lasciò la presa sul Presidente che cadde con un tonfo sul letto.

“Ciao Zio Jace” disse allora Max, per smorzare la tensione. Ma si rese conto di aver fallito quando udì le urla di Alec.

“Fiorellino respira” gli disse Magnus, vedendo il compagno diventare rosso, ricevendo in cambio un’occhiataccia.

“Avete cinque minuti esatti per pulire camera, e venire in cucina” disse il cacciatore. E vedendo i bambini immobili urlò “ ADESSO”.

Nel frattempo Jace aveva iniziato a ridere, e per non farsi vedere dai bambini, per non sminuire il proprio Parabatai si diresse in sala, seguito da Magnus.

“Mi sa che quasta volta i bambini sono nei guai” disse lo stregone. “ E non solo i bambini direi dall’occhiata che ti ha riservato” disse Jace.

“Senti Malfoy dei poveri, posso sempre trasformarti in un ermellino, lo sai?” disse minaccioso Magnus, facendo comparire delle scintille dalle sue mani.

“Tu non farai proprio nulla” disse Jace, altrimenti chiamo Alec, e con una linguaccia si sedette sul divano.

Lo stregone si diresse in cucina, non prima di aver sentito l’urlo di Jace, quando un quack improvviso squarciò l’aria. “ ‘ stardo” sentì solo, e sorrise compiaciuto. Mai sfidare il Sommo Stregone.

Ritornò in sala portando con se tre caffè e due succhi di frutta per i bambini , che ne frattempo stvano parlando insieme ad Alec e Jace sui film di Harry Potter, entrambi gli adulti infatti avevano fatto finta di non sapere chi fosse il mago del film per permettere ai bambini di raccontare la nuova avventura.

“Sai Zio, nel film c’è uno che ha i capelli tinti come te” disse innocentemente Max.

“Ehi, io non sono tinto, chi te l’ha detto?”chiese il cacciatore al nipote. Max indicò il Padre, che si stava osservando lo smalto delle unghie e cercando, senza successo, di non ridere.

“Magnus” esclamò esasperato Alec, ormai prossimo alle risate.

“Alec io non sono tinto, diglielo anche te che mi hai visto fin da piccolo” chiese Jace speranzoso.

“Beh, pensandoci bene, da piccolo eri un pò più scuro di cap..” ma il cacciatore non ebbe modo di finire la frase, perché il suo indignato Parabatai gli aveva lanciato un cuscino. Magnus, invece, aveva iniziato a ridere, e si teneva la pancia. 

Ebbe così inizio una battaglia di cuscini tra Parabatai sotto lo sguardo allibito dei bambini, e di Magnus.

I due ragazzi ringraziarono il loro angelo e si diressero in camera, anche questa volta se l’erano cavata.

L'angolo della Vampy

La complicità tra fratelli , la complicità tra Parabatai, la rivalità Magnus e Jace , vi piace??? scrivo ancora ?? non siate timidi, scrivetemi,fatevi sentire, LaVampy

ps. come sempre vi aspetto nell'altra mia raccolta --->    
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3500535&i=1 
 
 

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Capitolo 13
*** Vi presentiamo parte della nostra Famiglia ***


Ciao siamo Max e Rafe e volevamo presentarvi la nostra stupenda famiglia, io sono uno stregone mentre il mio fratellino è un cacciatore. Questa è una telecamera, e ora riprenderemo ogni membro della famiglia. Siete pronti? Noi lo siamo.
                                                                                                                                 Max e Rafe

 
PRESENTAZIONE : PAPA’ ALEC
 
“Ma devo farlo per forza Max, dai mi vergogno, Per L’angelo!,
vabbè, ok posso farcela, volevamo ringraziare tutti voi che ci seguite siete tantissimi, siamo personaggi della Saga Shadowhunters, poi una ragazza , certa LaVampy, non so se la conoscete, ha deciso di farci uscire dal libro e regalarci una vita vera, e si diverte a fare la spia di quello che combiniamo. Comunque piacere io sono Alec..

(voce da dietro Alexander non Alec

.. si cioè ricomincio piacere sono Alexander Light.. 

( colpi di tosse da dietro)

 .. Uffa.. e va bene . Piacere sono Alexander  Gideon Lightwood! 

( voce sogghigna).

Sono un cacciatore

 ( sexy cacciatore)

 Quello non credo che interessi a nessuno. Comunque sono uno Shadowhunter, ho una sorella più piccola, grande rompiscatole 

ehi, non sono rompiscatolre io) .

( Beh un pochino si)

 ( Ehi tu ragazzo tinto zitto)

( Antipatica io sono sono tinto)

( se.. se.. )

La volete finire mi sto presentando. Comunque oltre alla mia sorellina, ho anche un fratello adottivo. 

( Un sexy fratello adottivo) .

 (Quack),

(Il tuo uomo mi importuna Alec).

Insomma ma la finite voi due, siete peggio di due bambini.

Ho un compagno stregone, vecchio, vecchissimo…

( stanotte qualcuno dorme sul pianerottolo)

E molto sexy, stupendamente sexy

(voglio vomitare)

( ragazzo tinto, ascolta il tuo parabatai e impara…)

Insomma finitela.

Ho due figli stupendi, che ogni tanto combinano dei pasticci, ma che amo tantissimo.

(Risata bambini)

( ehi sono anche miei, non solo tuoi)

( ahahha, uomo glitterato, uomo superato)

( quack, quack, quack)

(ahahahahah)

Piacere sono Alexander Gideon Lightwood, sono un cacciatore e sono circondato da dei pazzi!”
 
 
PRESENTAZIONE : LA ZIA IZZY
 
Tocca a me, ne sono sicura, prima si presentano i mitici fratelli Lightwood e poi tutti voi.

Stregone molla la telecamera o ti butto il sale nei glitter.

(Alec… difendimi)

(Ah io non mi metto in mezzo, Jace ? Caffè?)

(Traditore, dormirai sul pianerottolo a vita)

(Ti ospito io fratello)

(Quack)

(‘stardo)

Mi state rovinando la presentazione. A me la frusta. Alec attento ai ragni sul pianerettolo.

( e ora che ho fatto)

Lo sai benissimo, Fratellone!

(silenzio tombale)

Ora si ragiona. Piacere sono Isabelle Lightwood, secondogenita dell’Istituto di New York. Sono Alta, bellissima, capelli lunghi, trucco perfetto. Amo i vestiti aderenti neri, le gonne corte, i tacchi alti. Sono sempre truccatissima e poco appariscente. Ho sentito delle risate, state ridendo di me per caso? Eh? Prendo la frusta.

(Tze, sembra una presentazione per un gruppo di incontro. Pure io mi trucco e sono bellissimo, ma mica lo dico a tutti. Tze!)

(Ehi, che sito di incontro lei è MIA)

(Simguld, non interrompermi)

( E’ Simon)

Ne avete ancora per molto? Allora dicevamo, sono una ragazza semplice, alla mano, che ama il popolo dei Nascosti, fidanzata di Simon.

(Oh, che amavi i nascosti si sapeva)

Zitto traditore tinto, comunque ho tanti amici nascosti, sono la sorella di Alec e sorellastra di Jace. La mia migliore amica è Clary. Direi che non manca nessuno.

(Non mi è chiaro il discorso su nascosti)

(Tranquillo Simguld è acqua passata. Spero)

( come spero?)

(…..)

Alecccccc, dove si trova il sale in cucina?

( per Lilith, i glitter no)

Ah dimenticavo, piacere sono Isabelle Lightwood e sono la Zia di due stupendi mostriciattoli.
 
PRESENTAZIONE : PAPA’ MAGNUS BANE
 
 
Oh finalmente tocca a me. Piacere io sono Magnus Bane, sommo stregone, magnifico , onnipotente, unico e solo. Per metà demone e metà mondano.

(Soprattutto….. modesto….direi)

(quack)

( gne, gne, tanto lo so che non ci sono anatre)

(ahhhhhh. ’stardo)

(Max guarda che bello, abbiamo una papera. Papà possiamo tenerla?)

(no veramente, io cambio casa)

(Fratellone te lo sei scelto te)

(non mi ci far pensare)

Fiorellino, fammi sapere se il pianerottolo è comodo!!

(EH parabatai sarebbe stato meglio andare a caccia eh? ‘ stardo, un’altra papera no, daiiii)

(Izzy. Amore, se continua così il loft avrà bisogno di un laghetto)

(conoscendo il padrone di casa, l’acqua sarà glitterata e frizzante)

Ottima idea, ma mi servono più papere , per farlo.

Senti tu dai mille cognomi, finto biondo, ti devo sopportare perché il mio magnifico uomo, smettila o le prossime sono anatre carnivore, ti avverto. Non capisco perchè , per  Lilith , perché ti abbia scelto  come Parabatai. 

(Papà..l’intervista)

Comunque dicevamo. Sono Magnus Bane, ho trecento anni…

( colpo di tosse)

Ho T R E C E N T O anni.

(colpo di tosse, con annessa risata)

E va bene ho 400 anni, il prossimo che fiata lo incenerisco.

Ho un uomo bellissimo che mi ama, alto, moro, occhi blu, con delle labbra da mangia…

(Magnus, per l’Angelo, ci sono i bambini)

(risatine femminili)

Adoro i glitter e i vestiti appariscenti. 

(ma dai? chi l’avrebbe mai detto).

AMO guardare il mio uomo quando combatte, ha quei muscoli…. Così…  e pensare a cos….

( Per l’Angelo, Magnus! No, non lo dire. Stanotte dormo sul pianerottolo. Lo so)

A VITA CI DORMI!!!  A V I T A!

Sono Magnus Bane, spero un giorno cambi la legge e possa finalmente sposare il mio uomo e prendere il suo cognome, sono circondato da un gruppo di smorfiosi Shadowhunters, che hanno preso e ribaltato la mia noiosa vita. Ho due meravigliosi bambini. E adoro le papere.

(sai Alec. Per un attimo ho pensato che il tuo uomo avesse un cuore)

(risata)

Vi amo piccoli mostri, e un saluto con rispetto a tutti voi lettori, continuate a spiare tranquillamente, con affetto Magnus Bane.
 
PRESENTAZIONE : LO ZIO JACE
 
Ciao, piacere io sono Jace H..

(Per Lilith , se inizia a dire tutti i suoi cognomi faccio in tempo ad invecchiare)

(Papà ma non sei immortale?)

(Ecco appunto!)

(Magnus….)

(Non dire un’altra parola, non la dire, per Lilith, Pianerottolo a ViTA)

(Ma..)

 (PIANEROTTOLO)

(Non posso dirti nemmeno che ti amo?)

(PIANEROTTOLO A VITA)

Fratellino problemi in paradiso? Comunque Jace Herondale, adottato dalla famiglia Lightwood da piccolo. Ho vissuto credendo di essere figlio di.. vabbè questa parte è noiosa. Meglio non metterla nell’intervista. Dopo svariate avventure ho scoperto il mio vero cognome Herondale, anche se resto un Lightwood a tutti gli effetti. 

(Vedi che lo Zio è adottato come noi? Avevo ragione io, Max).

Certo che sono stato adottato, ho vissuto anche per tantissimo tempo nella stessa camera del vostro papà , avevamo le stesse armi, e gli stessi vestiti. Facevamo spesso le docce insieme dopo gli allenamenti.

(Mi prudono le mani, non so se sono in grado di contenere ancora per molto la magia)

(Non potevi evitare la storia delle docce)

 Era peggio se gli raccontavo del bac….. ehmm Alec, Magnus non respira.

(Io lo trasformo in un’anatra, anzi me ne vado su pianerottolo)

Sono il migliore cacciatore del mondo, bellissimo, sono biondo Naturale.

(Si e io sono Etero)

(Migliore dopo di me, fratellino. Con la frusta non mi batte nessuno)

(Ci mancava solo la rivalità tra fratelli, e comunque il migliore sono io con l’arco)

(Vabbè Magnus, ora non smettono più, ci facciamo un te?)

(Si, Biscottino)

Ehi e la mia presentazione? Banda di antipatici io nelle vostre presentazioni sono sempre stato zitto, gentile ed educato. 

Sono Jace Herondale, sono un cacciatore, amo la mia donna Clary, adoro i miei fartelli,  e non sempre accetto le loro decisioni. Tipo il mio parabatai e il comp….

‘culo te le anatre, Magnus!!!!

Scherzi a parte, sono Jace Herondale, sono andato all’inferno e sono ritornato, finalmente la ho scoperto il vero amore, ho due nipoti bellissimi, pasticcioni. Uno diverrà un Sommo stregone e l’altro il miglior cacciatore al mondo. 
 
 

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Capitolo 14
*** AFFINITA' ***


“Papa’??? Perche Papà Alec, porta sempre Rafe in accademia e a me non mi ci porta mai?” chiese di punto in bianco Max, al padre. Erano in biblioteca per studiare alcuni incantesimi base.

Max era sempre più padrone del suo potere, ma passava giornate intere sui libri, perché volava diventare bravo come il suo papà.

“Perché Rafe è uno Shadowhunters, e in accademia si può allenare e usare tutte le armi che vuole, senza rovinare nessun mobile”. Ma era solo una mezza verità, in realtà a lui andava benissimo così, non aveva molta affinità con Rafe e, probabilmente sbagliando, nemmeno la cercava.

“Okay” rispose Max, ma Magnus fu certo che il bambino un po’ pativa di quella preferenza. Era da un po’ che notava lo sguardo triste del bambino quando la mattina i due uscivano e voleva parlarne ad Alec.

Ma non ne aveva mai avuto l’occasione o meglio....Cosa avrebbe fatto lui un intero giorno con Rafe?

Un paio di sere dopo, a letto, una volta che i bambini erano andati a dormire, decise di affrontare l’argomento con il compagno.

“Sai”, disse, “Max è geloso del fatto che passi più tempo con Rafe in accademia che con lui. Credo che un giorno dovresti portarti anche lui.”

“Scusa?” chiese stupito allora Alec. “E quando te lo avrebbe detto?”

“Un paio di mattine fa” rispose Magnus.

“E perché me lo dici solo ora?” chiese Alec infastidito.

“Perché me lo sono dimenticato” mentì Magnus.

“Ti sei dimenticato di dirmi che mio figlio è geloso. Ti sei dimenticato?” disse Alec fissandolo negli occhi.

Magnus abbassò immediatamente lo sguardo. La bugia era palese, e il compagno lo conosceva troppo bene, per non accorgersene.

“Magnus…che succede?. Non è da te dimenticare una cosa che riguarda Max.” chiese calmandosi.

“Non so cosa fare” bisbigliò allora Magnus. “Io non saprei cosa fare con lui. Non abbiamo tanti argomenti di conversazione. A te chiama già papà,con me si rivolge ancora chiamandomi per nome.” continuò lo stregone afflitto.

“Il Grande Sommo Stregone a corto di idee?” disse sorridendo Alec. Sorriso però che si infranse osservando il viso del compagno. Era veramente preoccupato. Mise in moto il suo cervello, per trovare una soluzione.

“Beh, potresti sempre insegnargli a distinguere le erbe medicinali” disse Alec sovrappensiero.

“Io non sono molto bravo e gli altri alunni l’hanno già imparato. In questo modo sarebbe al pari con gli altri cacciatori”.

Lo stregone meditò un attimo ed entusiasta osservò il compagno. Sapeva che non era vero che Alec non sapesse la differenza delle erbe, anzi era rimasto stupito  quando l’aveva visto in azione, preparando intrugli  e poltiglie, durante la guerra in infermeria.

“E’ proprio un’ottima idea” disse Magnus rincuorato. “Domani ne parliamo con i bambini.”

Avevano concordato che per non forzare i bambini , che fossero loro a scegliere con quale padre andare il giorno dopo. 

Alla mattina nella cucina regnava il solito caos, Alec preparava la colazione, Magnus sfogliava distrattamente il giornale e preparava, si fa per dire, i vestiti per i bambini. In realtà si limitava a schioccare le dita e far comparire sulle sedie in camera dei bambini i completi.  

“Magnus si fa tardi, vai a svegliarli te?” chiese il cacciatore. 

“ok” disse lo stregone , dirigendosi in camera. 

“Bambini è ora di alzarsi” disse allegro accendendo la luce. 

“Magnus ancora cinque minuti” disse Rafe da sotto la coperta. 

“Papà chiudi la luce è presto” disse Max. 

“Forza campioni Papà ha già preparato la colazione” disse allora Magnus facendo sparire le coperte. 

“Uffa, ho sonno!!!” disse Max. 

“Ha cucinato papà, Magnus?” chiese Rafe e lo stregone sentì una piccola fitta al cuore. “ Sì Rafe ha cucinato papà Alec” rispose.  

“Sulle vostre sedie avete i vestiti puliti” disse ancora lo stregone, “Forza che la colazione si raffredda” e detto ciò uscì dalla camera. 

Alec vide il compagno rientrare con lo sguardo fisso a terra. Forse poteva immaginare cosa fosse successo, sicuramente il bambino lo aveva chiamato per nome contrariamente alle aspettative di Magnus.

“Non sono sicuro che sia una buona idea, questo scambio di bambini”, disse infatti ;”Forse è il caso di rimandare il tutto”.

“Scusa, fammi capire. Il sommo stregone ha forse paura?” chiese Alec, sperando di strappare un sorriso, senza riuscirci.

“Si” disse mesto infatti Magnus. Per poi farsi comparire un sorriso per quando i bambini entrarono vestiti a far colazione.

“Ciao Papà Alec” disse Max, scoccando un bacio al cacciatore.

“Ciao Papà” disse solo Rafe sedendosi.

Guardando il figlio più grande mangiare e il compagno, decise che quella situazione andava risolta, quindi a costo di guadagnarsi un invito ad andare al diavolo, decise di attuare il suo piano. O meglio, non era un piano studiato nei dettagli ma una improvvisazione bella e buona.

“Sai Magnus” disse infatti Alec, facendo innalzare un sopracciglio all’altro. “Ho trovato ieri tra le mie cose in accademia un libro su delle piante curative, solo che non ho più buona memoria. E quando hai tenuto la lezione io ero in missione con Jace. Potresti farmi un ripassino un giorno di questi? Vorrei essere pronto per eventuali ferite da curare.”

Sfidò silenziosamente il compagno con gli occhi, aveva infatti notato che al ragazzino l’argomento interessava parecchio.

“Si , certo” rispose lo stregone, “ e te potresti rinfrescarmi la memoria con qualche mossa di autodifesa, credo di essere arrugginito”.

“Ma certo caro, sarà un piacere” rispose Alec.

Max e Rafe stavano ascoltando attentamente la conversazione dei genitori.

“Non ci basta la magia per difenderci” chiese Max all’improvviso, facendo sorridere Alec.

Missione semi compiuta. Attenzione attirata.

“Certo Mirtillo, ma se hai un nemico veramente vicino, puoi sempre sferrare un calcio o un pugno, in modo da risparmiare la magia, per sferrare un attacco più forte” rispose Alec. E a Magnus non sfuggì il tono di io lo sapevo che ne uscì mentre rispondendo, guardava Magnus.

“Che bello e posso imparare pure io?” chiese speranzoso Max .“Certo Mirtillo, ma dovrai andare in accademia con Alec” disse allora Magnus. “Non ho voglia di cambiare nuovamente arredamento” disse alzando gli occhi al cielo e facendo sorridere il bambino.

“Ma se lo hai cambiato ieri solo perché non ti piaceva il colore del divano” disse allora Rafe sorridendo a Magnus, che si sciolse letteralmente.
Ma Alec non aveva ancora finito e sferrò il suo ultimo attacco psicologico, sperando che lo stregone non si arrabbiasse.

“Allora è deciso, mi porto entrambi i bambini in accademia. Okay?” disse infatti. “Così te hai tutto il tempo di trovare i libri delle erbe e domani mi aiuti con il ripasso?”.  Ed attese.

“Posso restare io ad aiutare Magnus” disse allora Rafe. E solo il buon senso impedì ad Alec di battersi una mano da solo sulla spalla, complimentandosi.

“Posso restare con te, Magnus?” disse il ragazzino guardando lo stregone. Che colto all’improvviso fece un solo cenno di assenso, per poi dire “Si certo, mi farebbe molto piacere”. Nel frattempo Alec aiutato da Max aveva sparecchiato il tavolo della colazione.

Magnus con mani tremanti, iniziò a lavare le tazze, rischiando più volte di farle cadere. Solo Alec si accorse dell’agitazione del compagno. “Andrà tutto bene, avete un giorno, per stare insieme e conoscervi meglio. Lo ha deciso lui, perché voleva farlo”, disse Alec, quando i bambini lasciarono la cucina. “Non lo avrebbe fatto se non era veramente interessato” continuò. E il tremore nella mani dello stregone si affievolì.

Contrariamente a quanto temuto, Rafe pendeva letteralmente dalle sue labbra. Interessatissimo a quello che lo stregone gli stava insegnando.

“Esistono tantissime erbe, che possono essere sia utilizzate per curare, sia per creare incantesimi e pozioni. Voi Shadowhunters non usate la magia, la conoscete, sapete i suoi limiti, ma potete utilizzare le pozioni che gli stregoni possono creare per voi.” Stava spiegando Magnus. “ o potete anche prepararle da soli, con la presenza di uno stregone, o con la sua magia”. “In che senso con la sua magia?”. Chiese allora Rafe.

“Quando uno stregone ha un rapporto stretto con uno shadowhunters, c’è la possibilità di scambiarsi le energie, questo può avvenire anche se in quel momento si deve preparare una pozione. Almeno così ho letto su un libro, non l’ho mai fatto con nessuno” disse lo stregone.

“Nemmeno con Alec” chiese. “ No, nemmeno con Papà” rispose. “ Ma vi ho visti scambiarvi l’energia” disse Rafe.

“Si può capitare che Alec mi aiuto con la sua energia, quando io esagero usando troppo la mia. Ma solo perché io e lui abbiamo un rapporto che va avanti da tantissimo tempo”.

“Rapporto?” chiese Rafe dubbioso

“Io amo tuo Padre e lui ama me” spiegò Magnus

“Quindi io potrei dare la mia energia a Max se ne avesse bisogno?” Chiese Rafe

“Gli vuoi bene?” domandò Magnus

“Si” rispose senza esitazione il bambino. “Quindi posso darla anche a te?” chiese titubante.

“Se mi vuoi bene si. Mi vuoi bene?” chiese Magnus, restando in attesa di una risposta con il fiato sospeso.

Dopo un attimo di esitazione Rafe, con le guance colorate di un rosa acceso rispose “Si, te ne voglio”. E Magnus si sentì al settimo cielo.

“Credevo di non piacerti” disse ancora Rafe allo stregone. “In accademia ho sentito dire che a te gli Shadowhunter non piacciono. Che non capivano come mai stessi con Alec, se li odiavi tutti. E ho visto che stai sempre con Max.”

“Rafe, non è vero che non mi piacciono gli Shadowhunters, cioè si, per molto tempo non mi erano simpatici, alcuni hanno fatto delle cose malvagie, e per tantissimo tempo mi hanno condannato solo perché sono un nascosto. Poi ho conosciuto Alexander e la sua famiglia, e ho iniziato a farmeli piacere, perché loro non mi hanno mai considerato diverso. E quando Alec mi ha parlato di te, abbiamo deciso insieme di adottarti.”

“Quindi mi vuoi bene?” disse il bambino

“Certo che te ne voglio Rafe. Per me te e Max siete miei figli allo stesso modo.”

“Ma lui è arrivato prima di me, forse a lui vuoi più bene” chiese ancora.

“No Rafe, solo che con lui ho avuto più tempo per adattarmi, quando era arrivato era un neonato urlante e io non sapevo nemmeno come tenerlo in braccio. Ho imparato, poco per volta. Te invece sei arrivato già grande e con una storia diversa. Avevo paura di far qualcosa per farti spaventare ancora di più.”Rispose lo stregone.

“Io pensavo di non piacerti, per quello stavo sempre con Alec” disse Rafe, facendosi più vicino allo stregone.

“Possiamo provare?” chiese Rafe, speranzoso, prendendo la mano del più grande.

“Certo” disse Magnus, visibilmente commosso. Aveva ragione Alec, quella giornata era stato un continuo di sorprese.

Prese la mano del bambino e si concentrò, “Rilassati Rafe”, disse semplicemnte lo stregone.

Una piccola nebbiolina avvolse le mani di entrambi, Rafe sussultò ma non tolse la mano. E poco dopo il contatto finì.

“Stai bene” chiese Magnus preoccupato, osservando il figlio.

“Si, mi sento come se dovessi andare a dormire dopo mangiato” disse Rafe.

“Ecco” disse Magnus schioccando le dita e facendo comparire una tavoletta di cioccolato. “Mangiala e ti sentirai meglio”. “ Grazie Papà” disse il bambino e Magnus pensò che il detto toccare il cielo con un dito fosse stato coniato per descrivere quel momento. Mentre orgogliosamente guardava il piccolo cacciatore.

“Caspiterina, si è fatto tardi” disse lo stregone “ E non abbiamo preparato nulla per cena”.

“Beh, puoi sempre schioccare le dita, prometto di non dirlo a Papà” disse complice Rafe, mangiando la sua tavoletta di cioccolato.

“Un piccolo segreto tra uomini. Mi piace” disse Magnus. E schioccando le dita fece comparire una tavola imbandita per quattro persone proprio mentre Alec e Max entravano in casa.

“Papà, siamo tornati. Guarda” disse Max esibendo un piccolo ematoma sulla mano. “Me lo sono fatto con l’arco di Papà” disse orgoglioso, scostando la mano del padre che voleva curarlo. “E’ una cicatrice di guerra. Non curarla” disse allora Max.

Alec si avvicinò al compagno e baciandolo gli rivolse una muta domanda e lo stregone annuì felice.

Max stava raccontando a Rafe cosa avesse fatto in accademia e anche l’altro raccontò dello scambio di energie.

“Sai ho dato la mia energia a Papà,” stava infatti dicendo Rafe “ è stato strano. Ma posso darla anche a te. Perché vi voglio bene!”

Si fece così l’ora di andare a letto e i bambini, come sempre, entravano nella camera dei padri, per dare loro il bacio della buonanotte. Non sapevano che in realtà poi loro sarebbero scesi per andare a controllare che tutto andasse bene.

Max si precipitò ad abbracciare Magnus, che in breve si ritrovò anche Rafe addosso.

“E io?” chiese Alec, fingendosi offeso.

“E tu nulla” disse lo stregone, facendogli la linguaccia. Mentre i bambini lo abbracciavano.

“Quindi Papà Magnus, direi che oggi è andata come speravamo?” disse Alec, quando i bambini furono usciti.

“No Alexander, è andata molto meglio” disse lo stregone, baciando il compagno e addormentandosi quasi subito.
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 15
*** una settimana... di campeggio ***


“Stai dicendo seriamente” chiese allibito Magnus.

“No per Lilith, ma sei serio?”

“Mi stai forse prendendo in giro?”

“Io non capisco cosa ci sia in quel cervello che non funzioni oggi”, continuò.

“Smettetela di urlare bambini, mi state facendo venire più mal di testa di quello che ho già”, disse lo stregone posando la mano sulla tempia.

Il bellissimo colorito dello stregone, solitamente caramello, era diventato quasi bianco.

Alec temette che per un attimo lo stregone morisse di crepacuore.

Si che il compagno spesso era un ottimo attore, e che Alec spesso si facesse abbindolare solo per non avere inutili discussioni, ma questa volta sembrava veramente sull’orlo di una crisi di nervi. Non l’aveva mai visto così. Beh, quando Max gli aveva rovinato tutti i glitter ci era andato vicino ma questo superava le aspettative del cacciatore.

Rivolse nuovamente uno sguardo omicida al cacciatore, non poteva aver detto quella frase. Non senza consultarlo e non davanti ai bambini, non poteva averlo fatto.

Aveva trasformato persone e nascosti in posaceneri per molto meno.

Alec nel frattempo aveva mandato due bambini festosi ed urlanti in camera per preparare tutto. Max aveva già iniziato la lista di cose da portare, mentre Rafe sollevava gli occhi al cielo.

“Fratellino, se continui ad aggiungere cose, dovremmo portarci dietro quindici valigie” diceva infatti Rafe con tono autoritario di fratello maggiore.

“Magnus, forse è il caso che tu ti sieda un attimo” disse Alec preoccupato.

“Dimmi che stavi scherzando Alexander” chiese ancora lo stregone, appoggiandosi al divano e accettando il bicchiere di acqua che gli porgeva il compagno.

“No Magnus, non sono mai stato più serio in vita mia. E’ un esperienza che cambia la vita, soprattutto ai bambini” disse Alec.

“Lo immaginavo” commento il più grande, schioccando le dita e facendo divenire il bicchiere di acqua un cocktail superalcolico.

“Magnus sono le 08.30 di mattina, non cr…” disse Alec, ma fu interrotto da un’ occhiata dello stregone.

“E comunque non c’è bisogno di fare tante storie Magnus. Puoi sempre rimanere a casa. Non partiamo mica per la guerra. Ogni tanto non so chi dei tre sia il bambino” disse esasperato indicando la stanza dei figli.

Ovviamente lo stregone, punto sul vivo, si alterò visibilmente.

“No, adesso è pure colpa mia? Quale parte di Famiglia Lightwood-Bane non ti è chiara, e quindi ti ha fatto prendere questa assurda decisione senza consultarmi?”.

Forse se gli avesse tirato uno schiaffo, Alec avrebbe sentito meno male.

“Io.. io… non.. e.. che.. mi … maledizione” disse balbettando Alec, rosso in viso, come nei primi anni in cui si frequentavano.

Poi tirando un sospiro si alzò e si diresse in camera dei bambini. “Hai ragione ho sbagliato, gli dico che non si fa nulla”. E quello sembrò smuovere qualcosa nello stregone. Che schioccando le dita bloccò il cacciatore e lo riportò vicino al divano.

“Bane per l’Angelo non farlo mai più. Avevi promesso di non usare mai più i blocchi su di me” disse Alec, riprendendo fiato.

“Ah si, come del resto avevamo stabilito che le decisioni si prendono in due” disse letale l’altro. Si osservarono negli occhi per qualche minuto senza proferire parola. Entrambi convinti di essere nel giusto.

“Max, papà sta litigando con Magnus” disse Rafe, spiando da dietro alla porta.

“Papà Magnus non sembra entusiasta di quello che gli ha detto Papà Alec” continuò il piccolo cacciatore.

“Max, per Lilith, ma mi stai ascoltando?” disse Rafe lanciando il cuscino al fratello.

“Eh….che c’è dimmi” rispose irritato.

“Papà litiga” disse semplicemente Rafe, facendo rabbrividire Max.

L’ultima volta che i due avevano litigato si erano ritrovati in camera Magnus e lo stregone durante la notte aveva pianto silenziosamente, e non era stato bello.

“Dobbiamo fare qualcosa. Subito” disse Max.

“Senti mi dispiace. Quando ha chiamato Jace, ho pensato che fosse una bella idea, non credevo ti arrabbiassi così tanto” disse lentamente Alec, scandendo le parole come se parlasse ai bambini. “Non credevo di scatenare in te questa rabbia”.

“L’ultima volta che ho passato del tempo in quel modo, ero all’inferno e ho quasi rischiato di morire” disse lo stregone con fare melodrammatico. Facendo gelare il sangue al cacciatore, per un attimo, al ricordo di quell’anno buio.

“Oh per l’Angelo Magnus, non facciamo paragoni stupidi, sei il solito esagerato. Non ti ho detto di andare all’inferno.” disse Alec riprendendosi dallo shock del ricordo.

“Ho solo detto che avremmo fatto campeggio per una settimana, senza utilizzare magia, per insegnare ai bambini cosa vuol dire vivere in armonia con la natura” continuò il cacciatore alzando gli occhi al cielo.

“Siamo cacciatori e siamo stregoni. Non siamo stupidissime fate” disse lo stregone. “E comunque per me sarà peggio dell’inferno. Una settimana senza magia, dormendo in un sacco a pelo per terra. Se non è l’inferno quello”.

“Quindi?” chiese Alec al compagno.

“Ti odio” disse ormai vinto.

“Andiamo in campeggio” urlarono i bambini dalla camera da letto, battendo le mani.

“Piccoli mostri, siete una famiglia di piccoli mostri” disse lo stregone sorridendo.

“E la prossima volta che prendi una decisione senza consultarmi, passerai una settimana senza arco.” disse Magnus avvicinandosi ad Alec.

“Una…settimana… senza… arco. Per l’Angelo Magnus.  NO!” disse Alec rabbrividendo.

“Oh si, caro. Farò in modo che il tuo arco venga trasferito in un nido di ragni” disse sorridendo lo stregone.
 
 
 La mattina dopo partirono per il campeggio, ognuno con in spalla il proprio zaino,  con dentro sacco a pelo, e vestiti di ricambio. Gli uomini del gruppo invece oltre a quello avevano le tende.

Tutti avevano qualcosa, tranne Magnus.

“Vi onoro della mia presenza, in questo incubo, non porterò nulla, non intendo rovinarmi le unghie per voi!” disse infatti quella mattina mentre Jace, Simon e Alec sistemavano la loro roba.

“Il solito nullafacente” disse Jace.

Un lampo blu lo colpì alla spalla, senza fargli male. Un piccolo avvertimento. Lo stregone non era dell’umore per le battutine del finto biondo.

“Finitela subito, dobbiamo convivere una settimana, riuscite per una sola e ripeto una SOLA settimana a vivere in tregua?. Fatelo per i bambini” disse Alec.

“Jace?” domandò Alec. E ricevette un ringhio che Alec tradusse come Si va bene ho capito lo faccio solo ed esclusivamente per i bambini.

“Magnus?” allora chiese girando dal compagno. “Okay” ricevette solo come risposta.

Benissimo pensò il cacciatore. Parabatai e Compagno offeso. Per L’Angelo aiutaci te!

Ormai a metà strada, Max rincorreva ogni insetto, spiegando a Rafe il nome. Rafe invece aveva preparato per tutti un bastone per appoggiarsi.

“Manca ancora molto?” chiese Magnus, scacciando una zanzara dal suo viso. “No Papà, siamo quasi arrivati” disse Rafe allegro.

“Speriamo” disse esausto.

“Papà perché sei stanco che non stai portando nulla?” chiese Max. E a rispondere fu Jace. “ Perché Papà non fa un metro senza far apparire un portale”, ma fu ammunito da Alec prima che potesse finire la Frase.

“Jace per favore” disse Clary, “evitiamo di far scoppiare una lite”.

“Uffa” rispose offeso il biondo.

Arrivarono alla radura dopo un paio di ore. Era un posto incantevole sotto ad una cascata. Estasiati i bambini avevano chiesto se potessero fare il bagno. E gli fu promesso che dopo aver allestito il campo tutti avrebbero potuto farlo.

“Intendi metterti in costume qui davanti a tutti” disse Magnus, sottovoce affinchè lo sentisse solo Alec.

“Non intendo fare il bagno vestito, se mi stai chiedendo quello” rispose il compagno. “Senti Magnus se devi essere nervoso così e geloso, ti prego, torna in accademia, staremo via solo una settimana ”, disse Alec. “Non ho detto quello” rispose piccato lo stregone andando dai bambini.

“Ciao Papà” disse Rafe osservando l’adulto. “ Ci dai una mano con la tenda?” chiese. “ certo” rispose , “Ma non ho la minima idea di come fare”. “Tranquillo Papà fai quello che ti diciamo noi” e lo stregone si rilassò.

Alec osservava il compagno, concentrato nella realizzazione della tenda, e fu felice di vedere il compagno ridere solare, mentre parlava con i bambini.

Sapeva che quella era una sfida soprattutto per lui, e si pentì per le parole dettogli nel pomeriggio.

Quando era successo Max, aveva sentito tutto e appena ne ebbe l’occasione parlò con il padre.

 “Perché avete litigato? “chiese il Bambino ed Alec si trovò impossibilitato a mentire. “Perché Papà odia stare senza magia.” Disse semplicemente.

“Ma è divertente” disse il bambino.

“Non per lui” rispose Alec, accarezzando distrattamente la testa del bambino.

“Secondo me” disse Max, “ Gli piacerebbe andare dove siamo stati oggi”.

“Credo sia un’ottima idea Max”.

Venne spiegato ai bambini come accendere il fuoco, e dopo svariati tentativi Rafe riuscì nella missione, e così anche il campo ebbe il fuoco.

Una volta sistemate le tende, Isabelle si offrì volontaria per la preparazione della cena e nel campo calò il silenzio.

“Cara, io non intendo assolutamente andare a caccia, pescare o fare legna, quindi direi che mi occuperò io di cucinare, te sei un’ottima cacciatrice, lascia fare le cose da “donne” a me” disse Magnus. Ricevendo la silenziosa gratitudine del gruppo.

In modo gentile e riempiendola di complimenti lo stregone aveva salvato tutti. Già doveva stare una settimana senza magia, in un bosco, dormendo per terra. Mangiare quello che cucina Isabelle sarebbe stato troppo pure per lui.

Passarono così la prima giornata, eplorando il territorio intorno, finchè non calarono le tenebre. E ognuno si ritirò nelle proprie tende. I bambini avevano una tenda al centro perché volevano fare i grandi e dormire da soli. Cosa di cui non era stato entusiasta Magnus, troppo apprensivo.

“Vieni con me” disse Alec prendendolo per mano.

“Jace, controlla i bambini” chiese guardando il suo parabatai intento a pettinare la sua compagna. “Ci pensiamo noi, andate tranquilli”.

“Dove stiamo andando?” chiese Magnus.

“Ti fidi di me?” disse Alec e lo stregone annuì.

Percorsero un chilometro alla sola luce della luna, arrivando in una piccola grotta, all’interno l’acqua riflettendo i colori della notte illuminava le pareti scintillanti.

“E’ stupendo” disse Magnus estasiato.

“Max ha detto che ti sarebbe piaciuto e io ti volevo chiedere scusa per oggi pomeriggio” disse Alec, baciandolo.

“Sono io che ti devo chiedere scusa, ogni tanto sono geloso del rapporto che hai con Jace”.

Si baciarono per un tempo indefinito, tranquilli nel loro piccolo mondo.

Dopo un paio di ore, stanchi ma pieni di amore, rientrarono nella tenda, dopo aver controllato i bambini. Magnus si avvicinò al compagno e appoggiando la testa sul suo petto.

Beh se campeggio voleva dire fare l’amore sotto le stelle o in magnifiche caverne, avrebbe sopportato il finto biondo anche per un mese.

“Ti amo” disse Alec, accarezzando la testa dello stregone, ormai priva di gel e brillantini.

“Buonanotte, Amore” disse Magnus.
 

Primo giorno ufficiale di campeggio.

Ore 06.00 am.

Erano solo le sei di mattina. Avevano idea di cosa volessero dire le sei di mattina? A quell’ora c’era sveglio solo il sole, e i mondani. Per lui era ancora notte inoltrata.

Maledetti Nephilim.

Era inconcepibile che fosse già in piedi da più di un’ora. Pensò inciampando nell’ennesima radice, irritato.

Erano solo le sei di mattina, aveva i capelli oscenamente normali, si era già spaccato un’unghia ed era intenzionato a farla pagare pesantemente al finto biondo e al compagno. Oh si!! Era certo che l’idea fosse di Jace, ne era stramaledettamente sicuro. Per Lilith quei due insieme erano una bomba ad orologeria.

Quel piccolo ingrato dagli occhi blu, sapendo la sua riluttanza ad alzarsi così presto, aveva mandato i figli a svegliarlo. E davanti a quegl’occhi che lo guardavano speranzosi non avrebbe mai detto di no.

E infatti fu premiato dal più lungo degli abbracci che Rafe gli avesse mai dato. Mentre un insonnolito Max , aggrappandosi alla sua copertina preferita aveva battuto le mani con entusiasmo , svegliandosi improvvisamente.

Ore sei di mattina. Ennesima zanzara scacciata dalla sua faccia, alla fine del campeggio si sarebbe ritrovato pieno di puntini rossi. Catarina avrebbe riso per secoli, ne era certo.

“Papà, sei silenzioso” disse Rafe avvicinandosi al Padre che era l’ultimo della fila.

“Non ti piace proprio il campeggio?” chiese ancora il bambino, dando così la possibilità a Magnus di fermarsi per riprendere fiato.

“Non è che non mi piace, lo detesto proprio Rafe”.

“Perché?”, “Io lo facevo con la mia mamma e il mio papà.. prima…che…” e si interruppe, facendo stringere il cuore allo stregone.

“E come mai ti piace?” chiese per distrarre il piccolo cacciatore.

“Perché possiamo correre, possiamo urlare, possiamo fare il bagno nel lago, lanciarci dalle cascate, ma soprattutto” disse abbassando la voce, “Max ha qualcun altro con cui parlare”. “Ogni tanto vorrei poter fare qualcosa con la magia e farlo stare zitto” disse Rafe, alzando gli occhi al cielo, facendo scoppiare a ridere il padre.

“Allora cercheremo di farlo più spesso, magari senza partire alle sei di mattina” disse lo stregone, dando una pacca sulla schiena del bambino. E poi lo osservò correre. Erano passati ormai due anni da quando era arrivato con loro, e si era ormai integrato alla perfezione. Aveva iniziato anche a chiamare Robert, nonno. E quell’uomo tanto duro, tutto di un pezzo ogni volta con i bambini si scioglieva. Magnus ancora non si capacitava di quel potere, ma del resto l’amore compie miracoli.

Chi l’avrebbe mai detto che si sarebbe ritrovato in un bosco, senza magia, struccato con un gruppo di Nephilim alle sei di mattina, tutto per raggiungere la cima di una montagna? Tutto questo era opera dell’amore che provava per Alec, anche se in quel momento, inciampandosi sui suoi piedi, aveva più voglia di strozzarlo che di amarlo.

“Mi sono rotto un’altra unghia” disse Magnus con fare melodrammatico.

“Ehi, mi avete sentito? Aspettatemi, daiiii.” disse raggiungendo il gruppo ed avvicinandosi al compagno.

“Da uno a dieci?” chiese Alec

“Cento” rispose lo stregone.

“Saprò come farmi perdonare” rispose il cacciatore.

“Questa volta non ti basterà una caverna, bellissima, piena di luci colorate. Lo sai?”

“Ho i miei trucchi” disse allora Alec, lasciandolo per raggiungere i bambini.

“Papà, Papà guarda sono il re della foresta” disse Max lanciandosi da un ramo all’altro, imitando l’urlo di Tarzan.

“Max, scendi prima che…” nemmeno il tempo di finire la frase che Magnus vide il bambino perdere la presa e finire con il didietro per terra con un sordo rumore, nonostante la corsa sia di Jace che di Alec per impedirne la caduta.

Ci fu un attimo di silenzio e terrore, ma il bambino si rialzò, aveva le lacrime incastrate sulle ciglia e si vedeva che stava facendo di tutto per non piangere.

Magnus si avvicinò e lo strinse tra le braccia.

“Sto bene Papà, sono grande” disse liberandosi e tornando a correre con Rafe. Lasciando perplesso lo stregone.

“Sono di gomma a quell’età” disse Alec.

“Dove l’hai letto sulle tue riviste mondane?” chiese lo stregone sardonico.

“No l’ho visto in televisione, in quei programmi che mi costringi a guardare e poi ti addormenti” disse Alec piccato.

Dopo un paio di ore arrivarono in cima alla montagna e la vista effettivamente era spettacolare. Le montagne erose dal vento e dalla pioggia avevano colori stupendi. Lasciando senza fiato, cacciatori e stregoni.

“Sembra che le montagne si siano messe i glitter come papà” disse Max, facendo ridere tutto il gruppo.

“Simon, vai te a prendere la legna?” chiese Jace. “Io, Clary e Isabelle andiamo a pescare”.

“Bambini andate con lui?” chiese Alec, vedendo che il piccolo stregone era troppo serio, forse con il morale ancora a terra per la caduta.

“Io resto qui” disse infatti Max, stupendo non poco il padre.

“Ci penso io” mimò con le labbra Magnus, guardando Alec, che si limitò ad un cenno con la testa.

“Max, che succede?” chiese lo stregone, quando si fu abbastanza allontanato dal gruppo, portandosi dietro Max, con la scusa di cercare dei frutti di bosco.

“Nulla” rispose il bambino.

“Cosa avevano detto sulle bugie, Max Michael Lightwood-Bane?” chiese ancora, senza ottenere risposta.

“Cosa succede, e bada bene, non te lo chiederò di nuovo.” Disse in tono serio lo stregone, osservando il figlio.

“Mi fa.. male” disse il bambino , senza più trattenere le lacrime, abbracciando il padre.

“Fammi vedere” disse lo stregone, abbassando i pantaloni al bambino e sussultando.

Tutta la parte colpita dalla caduta, nonostante la pelle blu del bambino, era nera, segno evidente di un ematoma, e i pantaloni, si erano strappati in mezzo alle gambe, laddove i rovi avevano scavato nella pelle.

“Io non volevo che Rafe ridesse” disse il bambino, asciugandosi le lacrime.

“Intanto iniziamo con l’aggiustare i pantaloni” disse lo stregone schioccando le dita.

“Ma Papà, non possiamo usare la magia” disse Max.

“Si lo so, ma se ho un figlio che si crede Tarzan e poi mi fa un volo stile Dumbo senza piuma e mi rimbalza per terra, credo che in quel caso posso tranquillamente usare la magia” disse lo stregone, facendo sorridere il bambino.

“Resta inteso, che la uso io ora adesso e poi basta” disse come ammonimento lo stregone.

Poi passando la mani sul bambino fece sparire ematoma e tagli. Pulì con la sua maglia la faccia del bambino.

“Eccoti come nuovo, piccolo Tarzan. E vediamo di restare con i piedi per terra” disse lo stregone al bambino, poi presero i loro cestini pieni, magicamente, di fragole, mirtilli e lamponi e si diressero al campo.

“Non dirai nulla a Rafe, vero Papà?” chiese ancora Max.

“No, tranquillo. Resterà un nostro segreto” disse lo stregone, guadagnandosi un sorriso riconoscente dal bambino.

“Siete stati via parecchio” disse Alec, avvicinandosi al compagno.

“Problemi di …. orgoglio” disse Magnus, toccando il sedere al compagno.

“Ah, ecco” disse Alec.

“Credevo che avendo un sedere come il tuo, il bambino non si fosse fatto nulla” disse ridendo, baciando il compagno.

“Eviterò di analizzare la frase, Sig. Lightwood” disse lo stregone risentito, ma ridendo.

“Oh tranquillo Sig. Bane, è sempre un bel vedere” disse il cacciatore ridendo.

Si ritrovarono così a mangiare i pesci pescati da Jace, Clary e Isabelle, e poi la frutta raccolta da Magnus e da Max.

Rientrarono al campo, mentre iniziava a calare la sera, stanchi ma felici, di quelle emozioni provate quel giorno.

“Sai per essere uno stregone, tutto pieno di se, arrogante e amante delle anatre. Con Alec e i bambini, sei veramente unico” disse Jace avvicinandosi allo stregone, parlando sottovoce, come per non farsi sentire dagli altri.

“Ho visto cosa hai fatto con Max” continuò e così come aveva parlato se ne andò, imbarazzato.

Si valeva la pena alzarsi alle sei di mattina. Ne valeva proprio la pena.
 
L’angolo della Vampy
Ciao, quante recensioni, che gioia. Grazie grazie grazie grazie . Cristal_93, Luna158, Shamarr79, Harry Fine, Danim e Camilla L. grazie dei preziosi consigli e delle vostre idee. So che pubblico spesso, ancora per poco, mi sa. Perché sto aiutando mia mamma con la donna che tiene e la notte mi ritrovo già a letto alle dieci di sera, perché va a dormire presto,  e non sapendo cosa fare, scrivo. Ma mai avrei pensato di conoscere persone stupende come voi, di arrivare ad avere 53 anime , che tra seguite, preferite e ricordate seguono la storia e soprattutto tante visite. Mi avete sorpreso, perché ricordo ancora che quando pubblicai il primo racconto temevo di venir bannata ( non ridete è vero) avevo paura di postare quello che scrivevo.
Quindi sono qui, che scrivo queste note più lunghe del previsto, ringraziandovi di esserci sempre, che siate commentatori o lettori silenziosi. Per me siete stupendi! Al prossimo capitolo. Con le magnifiche idee di Cristal_93 e Shamarr79 , avremo di che ridere.

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Capitolo 16
*** campeggio secondo giorno ***


Per te.
Sperando ti piaccia!
 
Nell’accampamento c’era il silenzio, segno evidente che tutti dormivano. E fu così che Magnus decise di sgattaiolare fuori dalla tenda per controllare i bambini e poi dirigersi verso il bosco.

Aveva visto in una delle sue, brevissime, passeggiate che un piccolo passaggio non visibile portava ad un anfratto sotto la cascata, per pochi intimi. Vi aveva allora fatto crescere sopra una pianta rampicante per evitare che il gruppetto potesse profanare quel posto. Non era a suo agio a lavarsi in un fiume sotto gli sguardi di tutti e aveva promesso a Alec di non utilizzare la magia, se non i casi di estrema necessita. E quella lo era. Era un enorme caso di necessità.

Si fermò un attimo nella visione del suo uomo che dormiva, gli anni passavano ma restava sempre l’eterno ragazzino che aveva conosciuto alla festa per il suo gatto. Etereo e bellissimo. Un sospirò gli uscì dalle labbra, e prima di finire per svegliarlo, e quindi non poter avere il suo minuto di pace , uscì dalla tenda.

Solo che se il suo compagno, cacciatore addestrato dormiva tranquillo, Rafe stava osservando il cielo dalla tenda un pò aperta, un leggero russare arrivava invece da Max.

“Papà” disse Rafe, “Dove vai?” chiese il ragazzino.

“Non ho sonno, vado a fare una passeggiata” rispose lo stregone, sperando di rendere la cosa noiosa al bambino.

“Posso venire con te’” disse Rafe, alzandosi e svegliando inavvertitamente Max.

“Ehi” urlò Max indignato, tirando un calcio al fratello.

“Zitto stupido” disse Rafe. “Sveglierai tutti”, schivando la mano del padre, pronto a colpirlo per il soprannome al fratello.

“Rafe, che non si ripeta” disse Magnus, con tono autoritario, bloccando il bambino che rispose “Scusa Papà”.

“Che succede?” chiese Max al padre. “Dov’è Papà?”.

“Sta dormendo” disse Magnus, “Io vado a fare una passeggiata e voi restate qui!” disse lo stregone.

“Ma noi vogliamo venire con te” disse Rafe, mettendo il broncio.

“Per favore, bambini. Ho veramente bisogno di andare da solo. Vi prego.” disse Magnus esasperato.

Sapendo che se Rafe avesse iniziato a piangere, avrebbe sicuramente attirato l’attenzione degli altri adulti e lui volava solo un attimo senza nessuno. Era provato dal campeggio, anche se erano passati solo due giorni, lui era veramente stanco.

Forse il tono o la disperazione con cui il genitore lo disse, fece desistere i bambini dal continuare ad insistere.

“Va Bene, Papà”, dissero infatti i due ragazzini.

“Grazie” disse Magnus, abbassando la testa, per dare un bacio ad entrambi. E facendo comparire una tavoletta di cioccolato in mano ad ognuno di loro.

“Ma Papà”disse Rafe.

“Se vuoi me la riprendo” disse il Padre.

“Cosa?" chiese Rafe,innocente, " io non ho visto nulla e tu Max?” disse sorridendo ed osservando il fratellino, che aveva già addentato la sua tavoletta felice.

“’ente” disse con la bocca piena Max in risposta.

Sorridendo lo stregone chiuse la zip della tenda e si diresse verso il suo nascondiglio segreto. Aveva appena comprato il silenzio dei bambini con del cioccolato, si sentiva un po’ in colpa. Ma Alexander lo avrebbe perdonato. E comunque non doveva necessariamente scoprirlo.

Gli sembrava di essere ad una caccia al tesoro, doveva infatti contare tre pini, all’ultimo di questo contare dieci passi verso nord. E poi dritto sul sentiero, che aveva camuffato.

Un rumore alle sue spalle lo fece voltare, il bello di quella zona, lontana dalle luci della città, era che con la luna a rischiarare sembrava che fosse sempre giorno. Non vedendo nessuno e non percependo nessun pericolo continuò il suo cammino.

Scostò la coltre di fiorellini ed entrò nel passaggio segreto. Finalmente era da solo. Sorridendo tra se, si tolse i vestiti ed entrò nell’acqua, rabbrividendo per il freddo. Andò nel punto in cui non si toccava e si immerse completamente, massaggiandosi i capelli con vigore. L’acqua che finalmente allievava i punti in cui le zanzare lo avevano morso. Toglieva la polvere e il sudore che sentiva come una seconda pelle.  Forse l’idea di farlo alla sera, non era stata delle più geniali, ma durante il giorno sarebbe stato troppo pericoloso. Decise quindi di ricorrere ad un pizzico di magia e face scaldare l’acqua. Piccole colonne di vapore si innalzavano per infrangersi nel buio del cielo. Era veramente rilassato, in pace con se stesso e con il mondo. Lieto di essersi ritagliato quel piccolo angolo di paradiso.

L’acqua calda lambiva il suo corpo, rilassando i muscoli tesi. Poteva addirittura addormentarsi.

Era talmente immerso nei suoi pensieri, che non si accorse di una presenza alle sue spalle finchè questa non entrò in acqua. Anzi le presenze erano due.
“Che ne è della promessa di non usare la Magia?” chiese infatti, una voce alle sue spalle. Lo stregone non ebbe bisogno di aprire gli occhi, conosceva fin troppo bene quel tono.

“Se vuoi faccio tornare l’acqua alla temperatura di prima” rispose sornione lo stregone sorridendo.

“Non ci provare assolutamente” disse infatti Clary.

 “Hai idea di quanto possa essere fastidioso lavarsi cercando di non essere vista dai tuoi fratelli?”, disse Izzy.

“Sono venuto qui per stare in pace, quindi zitte!” disse lo stregone ridendo. “E comunque, non so come mi abbiate trovato” .

“Beh, non capita tutti i giorni di imbattersi in rose selvatiche blu” disse Izzy ridendo. Poi il silenzio calò nella piccola piscina.

Dopo un’oretta, quando le ragazze lo lasciarono, si godette ancora il suo piccolo angolo di paradiso, schioccando ancora le dita, mentre delle piacevoli bolle accarezzavano la sua pelle.

“Sai” disse una voce fin troppo famigliare. “Visto che mi menti sull’uso della Magia, che ti compri il silenzio dei miei figli, potresti corrompere anche me. O potrei fare la spia al tuo compagno”.

“Il mio compagno è antipatico, lascialo stare, e entra qui, nessuno lo saprà mai” disse in risposta.

“Fiorellino, come vuoi essere corrotto?” disse lo stregone allungando la mano verso il compagno.

“Non lo so ancora” disse, baciandolo.

“Quale dei due?” chiese Magnus, guardando il compagno.

“In realtà nessuno, dormivano. Ma avevano la faccia sporca di cioccolata, che era stata bandita dall’accampamento”. “Ti ho seguito quando sei uscito dalla tenda. Sarei entrato prima ma, l’idea di vedere Izzy e Clary in intimo…..”

“In realtà eravamo tutti nudi” disse lo stregone soprappensiero.

“Nudi? Tutti?”

“Ehi” disse alzando le mani . “ Io ero già in acqua”

“E non potevi farti comparire un costume?”

“Non posso usare la magia, lo sai”

“E poi, Fiorellino, non sono loro che mi intessano”.

E la risata di Alec, si spense tra le labbra dello stregone

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Capitolo 17
*** campeggio: terzo giorno ***


Terzo giorno di campeggio.

 
Magnus era immerso nell’acqua e si godeva il sole mattutino, la sua pelle aveva preso in poco tempo una colorazione più dorata, e gli piaceva vederne il riflesso attraverso l’acqua. Le ragazze erano sdraiate a pancia in sotto confabulando tra di loro. Mentre gli uomini preparavano il fuoco per cucinare quello che avrebbero portato Alec e Simon.

Per Lilith, fa che non si ancora pesce. La sua passione per il sushi era andata scemando da quando si era ritrovato a dover fare colazione con una trota e del pessimo caffè allungato con l’acqua.

Jace, armato di un arnese di cui Magnus non conosceva il nome, stava tagliando in parti uguali un albero, aiutato dai nipoti. Ovviamente a loro era stato affidato il compito di togliere le foglie dai rami e di impilare la legna che lo zio tagliava.

Il rapporto tra Rafe e Max cresceva sempre più solido. Non avevano quasi bisogno di parlarsi si completavano a vicenda. Un po’ come quando al primo appuntamento Alec era entrato nella rete magica di Magnus senza alcuna paura, come se una forza più forte di loro li avesse uniti, ache se erano di due mondi completamente diversi. La dimostrazione che spesso non è il sangue che crea rapporti duraturi. Bastava osservare Jace e Alec. O Simon e Clary, quegli amori mai sbocciati ma divenuti forti legami di amicizia.

Max aveva detto qualcosa a Rafe, che per tutta risposta gli aveva lanciato una manciata di foglie. Solo che lui conosceva i suoi figli e se non fosse intervenuto in breve tempo, la semplice bravata sarebbe divenuta una zuffa vera e propria. A casa spesso, avevano ritrovato Rafe sopra i mobili che cercava di sfuggire alla magia del fratello. Dopo quella volta decisero di munire Rafe di un amuleto in grado di interrompere il flusso magico per evitare grandi danni. Non che servisse, infatti se la magia non funzionava, Max cercava di prendere a calci il fratello, o gli lanciava qualcosa. Rafe, però, schivava tutto ridendo e facendo la linguaccia, urtando il giovane stregone. Allora dovevano intervenire o Magnus o Alec.  E se interveniva Magnus se la cavavano con una lavata di capo, e l’obbligo di sistemare tutto. Ma se a dividerli era Alec, usciva la parte nascosta del Dura Lex, e i bambini si ritrovavano a letto senza cena.

Cosa che irritava enormemente Magnus e portava spesso i due a litigare, e a Magnus a sgattaiolare nella notte per portare qualcosa ai due da mangiare.
Alec lo sapeva, perché sentiva il compagno alzarsi, e rendendosi conto di essere forse troppo duro non diceva nulla e lasciava correre, girandosi nel letto e dando la schiena al compagno, quando rientrava.

Jace era a torso nudo, madido di sudore. E Magnus lo osservava attentamente , paragonandolo al suo compagno. Non che Jace non fosse un bel ragazzo, anch’essi vantava un fisico di tutto rispetto, marchiato da rune e disegnato dai muscoli, ma a lui i biondi non andavano a genio. Se poi avevano il cognome Herondale, proprio, era peggio dell’ortica in cui si era imbattuto ieri.

“Magnus” lo chiamò Jace. “Puoi dire ai tuoi figli di smetterla?”

“Perché mai, sono con lo Zio preferito” disse Magnus sorridendo ritornando alle sue fantasie.

“Bambini, smettetela subito” disse una voce alle sue spalle, facendo alzare gli occhi al cielo a Magnus.

“Ecco, contento ora?” disse Magnus maligno, vedendo i bambini che colti di sorpresa si erano bloccati sul posto.

“Beh, se avessi detto qualcosa te” disse Jace, “Non sarebbe intervenuto Alec” disse Jace sfidandolo. Forte del fatto che sapeva che lo stregone non avrebbe mai usato la magia così palesemente.

“Non oso immaginare il giorno in cui sarai Padre” disse Magnus. “Meno male che ci sarà Clary altrimenti in due giorni ti metterebbero i piedi in testa” .

“Senti, non so che problema tu abbia ora”, “Ti ho solo chiesto di far smettere i bambini di litigare” disse Jace.

“Perché te non potevi dirlo?” , “ Riesci a fare qualcosa senza chiamare il tuo parabatai?”

“Magnus!!!!” esclamò Alec.

“Che c’è? Che vuoi?” chiese lo stregone, girandosi per osservare il compagno. Sguardo di fuoco, contro sguardo di ghiaccio.

“Scusa Zio Jace” disse Max, cercando di distrarre gli adulti, senza ottenere risposta.

“Fa nulla, vieni continuiamo a fare legna, così stanotte ne avremo abbastanza per fare un falò e raccontarci storie” disse poco dopo Jace, lanciando ad Alec una pietra.

“Vi do una mano “disse Alec, e togliendosi la maglia si diresse verso i figli.

Un ringhio profondo, arrivò dall’acqua e Alec sorrise compiaciuto. Ogni tanto lo stregone andava messo in riga, questa sua voglia di essere superiore a Jace, faceva sbiadire i suoi lunghi anni e lo trasformavano in un bambino all’asilo.

Sbuffando sonoramente lo stregone si immerse nuovamente, cercando di far calare la rabbia. Il compagno gliel’avrebbe pagata.

Un rumore irrompette la falsa calma che c’era al momento. Il cellulare di Magnus aveva iniziato a squillare. Benissimo, ecco la sua vendetta.

Con la grazia felina che contraddistingueva lo stregone, si alzò, si scrollò i capelli facendo scendere goccioline sulla sua pelle ambrata, e si diresse verso la tenda, prese il telefono e ritornò in acqua. Sotto lo sguardo allibito di Alec.

“Ciao Cat” disse Magnus. “Come stai amica mia?”

“Non sei a casa, sei introvabile da due giorni, stupido arrogante Stregone dei miei stivali. Dove sei?” inveì l’amica per telefono.

“Ti voglio bene pure io, e si mi sei mancata”. “ comunque sono Fuori con Alec, i bambini e la sua quasi piacevole famiglia” disse.

“Dove sei che ti raggiungo?”  disse la stregona.

“Ciao Zia Cat” disse Max, prendendo il cellulare al padre, e passandolo a Rafe.

“Si , si ci stiamo divertendo tanto. E te?” chiese il bambino. “Ma stai lavorando? Non puoi venire con noi” disse dispiaciuto Max.

“Ok. Si ho capito” disse il bambino.

“Ciao Zia Cat” disse Rafe.

“Potrei riavere il mio telefono?” disse Magnus alterato, e Max glielo restituì scappando velocemente dietro ad Alec.

“Facciamo i conti dopo” disse Magnus, riprendendo la chiamata.

“Magnus ma sento dell’acqua, dove sei? Hai di nuovo trasformato il loft in una cascata, questa volta mi rifiuto di darti una mano, se allaghi di nuovo i vicini”

“ No Catarina, sono a Bridal Falls. Rientro a fine settimana” disse Magnus finalmente padrone del telefono.

“Nel parco?” chiese stupita.

“Si”

“C’è stato qualche problema con le fate?” chiese preoccupata.

“No sono semplicemente in campeggio” disse .

Per un attimo temette che fosse caduta la linea, perché dall’altra parte non giunse alcun suono. Finchè tappandosi con la mano l’altro orecchio, non sentì Catarina.

“Smettila di ridere immediatamente.” “Cosa credi che non sono in grado di fare campeggio” disse, incenerendo con lo sguardo Jace che aveva iniziato a ridere ad alta voce.

“Catarina. Cat. C A T A R I N A” disse urlando Magnus.

Poi un lampo improvviso, una nube verde e il rumore di una macchina fotografica.

“Brutta stronza, non hai fatto quello che penso vero?”urlò lo stregone.

“Devo dire che quel costume ti dona, caro. E quei puntini? problemi con le zanzare?”. Ormai la vecchia stregona non si tratteneva più dal ridere.

“Comunque ti ho chiamato per quell’incantesimo depietrificante, non lo ricordo mai” disse seria.

“Ridammi la foto e te lo dirò, evitandoti di passare una nottata nella mia libreria” disse minaccioso Magnus.

“Beh, ho un ottimo segnalibro. Correrò questo rischio” disse la stregona riattacando ridendo.

“Maledetta stronza” disse Magnus.

Poco dopo il cellulare segnalò l’arrivo di un messaggio. Catarina si era fatta un selfie con il Presidente Miao in una mano e la foto nell’altra e un sorriso a trentadue denti.

“Maledizione” disse Magnus uscendo dall’acqua. “ Mi prenderà in giro per i prossimi cinque secoli” borbottò dirigendosi verso la tenda. Lasciando il gruppo che lo guardava senza il coraggio di ridere anche se tutti avevano assistito alla scena.

“Mi è venuta un’idea” disse sottovoce Rafe a Max.

“Papà andiamo a prendere delle fragole” disse Rafe al padre, che ancora osservava la tenda.

“Uh..Uh” rispose solo Alec.

“Dimmi” disse Max.

“Sei in grado di mandare un messaggio a Zia Catarina?” disse il piccolo cacciatore.
 
“Si, ma devo usare la magia. E se Papà Alec mi scopre, mi mette in punizione e mi fa togliere i poteri per almeno un mese” disse lo stregoncino, rabbrividendo.

“Preferisci Papà arrabbiato fino alla fine della settimana?” disse Rafe

“Dimmi cosa devo dirle” disse solo Max, convinto.

“Magnus posso entrare?” chiese Alec, e senza ottenere risposta entrò.

“Non mi pare di averti detto di entrare” disse Magnus risentito e avvilito.

“Magnus è solo una foto” disse Alec, cercando di tirare su il morale al fidanzato.

“Solo una foto e per me sei bellissimo. So quanto ti impegni, quanto ti costa questa avventura, ma non ho mai visto i bambini così uniti”. “Si stanno divertendo, è la loro prima esperienza, serve per rafforzare il loro legame. E il nostro.” Disse prendendogli le mani.

Prese il mento del compagno tra le dita e gli pulì il trucco sbavato.

“Sei bellissimo sempre per me. Anzi così sei ancora meglio. Perché so di essere l’unico che potrà fare questo”, disse baciandolo.

Un lampo verde comparve mentre i due si baciavano, una fotografia , cadde tra di loro. E Magnus la prese e la voltò. Era il momento esatto in cui loro due si baciavano pochi secondi primi. Ed un biglietto.

“Hai due figli stupendi” recitava la scrittura di Catarina. Voltò il biglietto e vide la foto che gli aveva scattato prima a tradimento.

“Abbiamo chiesto un favore alla Zia Cat” disse Rafe, entrando e sedendosi sulle gambe di Alec.

“Non sgridare Max, è stata una mia idea” disse ancora.

“Entra Max, non sei in castigo” disse Alec.

“La Zia ci ha ridato la foto, ma ci raggiunge domani”. “ Ha detto che la foto effettivamente non era abbastanza” disse Max, raggiungendo i padri.

“Ecco ora sono rovinato” disse Magnus. Facendo sorridere i bambini.

“Sono un uomo rovinato, perché vi amo troppo”.
 
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“Papà, stai bene?” chiese Max preoccupato osservando Magnus.

“Si sto bene, perché me lo chiedi?”

“Perché hai gli occhi da gatto, e gli occhi da gatto ti vengono solo se stai male o se baci Papà” disse innocentemente Max.

“Sto bene, veramente, perché non via a giocare con Rafe.” chiese Magnus.

In realtà lo stregone non stava per nulla bene, ma non voleva rovinare la festa a nessuno. Tutti si stavano divertendo ma lui no, era insofferente e non riusciva a dormire. Non era abituato a passare così tanto tempo per terra. E i suoi sensi erano sempre in allerta. In casa erano protetti da barriere magiche, ma in un bosco mantenere una protezione richiedeva grande magia e concentrazione. Anche se non aveva detto nulla a nessuno. Forse Izzy si era immaginata qualcosa quando lo aveva scoperto a tracciare simboli magici sui tronchi degli alberi.

Il problema era che se Max avesse avvisato Alec che stava male, avrebbe chiesto la motivazione e lui non voleva che le sue assurde paranoie di essere il figlio di un principe dell’Inferno si abbattessero sul gruppo. In tre giorni, non vi era stato alcuni attacco. Anzi, era tutto tranquillo, ma lui non riusciva comunque a riposare decentemente, spesso faceva finta sono per non destare sospetti in Alec. Ma il figlio era troppo astuto e lo aveva quasi smascherato. Forse con l’arrivo di Catarina la situazione sarebbe migliorata, doveva solo avvisare la sua amica di tenere il becco chiuso.

Rafe stava osservando affascinato i pesci nel fiume che giocavano con la corrente invidiando la loro velocità e forza, finchè una strana farfalla non attirò la sua attenzione. Volava leggiadra oltre la radura, brillando. Come ipnotizzato rafe passò sugli scogli che facevano da passaggio sul fiume, inoltrandosi nel bosco.

Camminò, cercando di prendere quell’essere bellissimo, che sembrava chiamarlo. Le ali che cambiavano colore ad ogni battito. Raggiungendo colori che solo uno Shadowhunter allenato avrebbe visto. Poi sparì lasciando solo il ragazzino che si riscosse come da un sogno. Confuso si guardò intorno, aveva la testa che faceva male, pulsava.

Si voltò e si rese conto di non sapere dove si trovasse, provò a chiamare suo fratello o gli altri ma non ricevette alcuna risposta. Si era perso, provò a ripercorrere la strada fatta ma era misteriosamente cambiata. Magia pensò il bambino, agitandosi. Poi si ricordò le parole del padre. Se ti fai prendere dall’agitazione e dallo sconforto, anche se la soluzione è vicina a te non la vedrai.

Fece quindi un profondo respiro e cercò una soluzione.

Nell’aria c’era qualcosa che non andava e Magnus l’aveva percepito, nonostante la stanchezza uscì di corsa dalla tenda. Non sapeva cosa stesse accedendo, ma qualcosa di non bello stava succedendo.

“Max” gridò Magnus. “Dov’è Rafe?”

“E’ con Papà e Simon” rispose il bambino tornando a guardare i pesci.

Eppure Magnus sentiva che qualcosa non andava. Clary e Izzy vedendo l’agitazione nello stregone si avvicinarono.

“Che succede “ chiese Clary

“Non lo so” disse Magnus, “Ma c’è qualcosa che non va”.

“Devo raggiungere Alec, ho una strana sensazione, come se ci fosse una presenza, ma nulla poteva superare le barriere. Io , io non lo so, devo andare” disse Magnus agitandosi, inciampando su se stesso. Non cadde solo grazie alla mano di Clary salda sul suo gomito

“Tu così non vai da nessuna parte, prima torna padrone di te stesso” disse Izzy, guardando lo stregone.

“Voi andate” disse Izzy, “Io resto con Max”

Iniziarono a camminare e dopo pochi minuto raggiunsero Alec, Jace e Simon.

“Alec.. Alec, dov’è Rafe” chiese allarmato lo stregone, correndo dal compagno.

“Era con Max al fiume” disse Alec, notando la preoccupazione. Intanto Clary stava spiegando dei vaneggiamenti improvvisi che aveva avuto Magnus, spaventando anche Izzy.

“Giù non c’è”. “E’ successo qualcosa “ disse Magnus, lasciandosi cadere sulle ginocchia.

“Magnus, guardami. Guardami” disse Alec scrollando il compagno. E notando solo ora la stanchezza negli occhi del compagno. “Cosa hai sentito, Magnus”
“io , io non lo so. Ero nella tenda e ho sentito una presenza, ma sono tre giorni che mantengo la protezione per tutti voi” disse Magnus. “Nessuno poteva entrare”

“Ma qualcuno poteva uscire” disse Jace, ascoltando lo stregone.

“Si” disse Magnus. “La protezione era perché nessuno ci attaccasse, e potessimo goderci un po’ di riposo”.

“Anche te, meriti riposo. Invece hai mantenuto attivo il campo di forza e ti sei quasi esaurito” disse Alec. Nel tono della voce non vi era alcuna nota.
“Io sto bene” disse stoicamente lo stregone alzandosi. E scrollando la mano di Clary.

“Sto bene, biscottino” disse sorridendo. “Troviamo Rafe”.

I ragazzi raggiunsero il campo grazie ad un portale aperto da Magnus, che una volta passato attraverso crollò per terra.

Spiegarono la situazione a Izzy senza allarmare Max, e si dividettero per cercare il bambino.

“Clarissa Fairchild. Figlia di Valentine” disse una voce alla ragazza che però non vide nessuno. “Seguimi, non voglio farti del male”. “Posso aiutarti, ha paura ed è solo” disse ancora la voce. E una piccola brezza accarezzò la mano della ragazza.

“Seguimi” disse ancora la voce, che ora era un piccolo puntino luminoso che fluttuava vicino ad un albero.

Iniziò a correre, seguendo la voce, fino a raggiungere una piccola radura, piena di piante e fiori colorati. All’interno una bellissima fata con le ali di farfalla la osservava, ma contrariamene al solito non volava, anzi zoppicava e aveva un’ala malconcia.

Prese il pugnale che aveva sempre con se . “Non hai bisogno di quello”,” Voglio solo aiutarti”. “So che il mio popolo vi ha fatto del male, ma non tutti siamo cattivi”. “Il bambino è oltre quella radura, sta bene, io ti aspetterò qui”. “La radura è magica, sotto l’incantesimo delle Ninfe del Bosco, che si divertono a far cambiare le strade così che i  mondani si perdano” disse.

“E io come esco se entro"? chiese Clary.

“Segui la mia voce” e le fece comparire tra le mani un fiore.


“Cosa vuoi in cambio? So che voi fate non date una mano se non ricevete in cambio qualcosa” disse Clary, dubbiosa osservando il fiore.

“Voglio solo parlare con lo stregone” disse la Fata. “Nient’altro”.

“non so se lui vorrà parlare con te, dopo quanto successo al figlio” disse Clary.

“Di solito non mi immischio negli affari delle Ninfe. Proprio perché ho riconosciuto il giovane Shadowhunters, ti ho cercato”.

“Fammi prendere il bambino” disse Clary. “Hai la mia parola ti porterò dallo stregone” disse.

Si voltò ed entrò nella radura, ogni volta che sbatteva le ciglia gli alberi e le rocce cambiavano posizione.

“Vai sempre dritta e non sbattere le ciglia” le disse una voce. “E’ l’unico modo per trovare il bambino”.

Percorse un centinaio di metri e scorse Rafe sulla cima di un albero che cercava di capire dove fosse.

“Zia” disse felice il bambino. “Rafe non sbattere le ciglia o ci perdiamo di nuovo” disse Clary raggiungendolo.

Il bambino le strinse le braccia contro la vita e la ragazza si chinò per prenderlo in braccio.

“Che magia è” chiese Rafe, senza guardare.

“Ninfe del bosco” disse Clary, “Dopo ti racconto ora usciamo di qui”

Seguendo la voce che la chiamava Clary finalmente uscì dalla radura con il bambino in braccio.

“Non gli avrebbero mai fatto del male” disse la fata.

“Andiamo dalla tenda” disse Clary. “ Seguimi” disse alla fata.

“Papà” urlò Rafe correndo da Alec, che lo prese tra le braccia per irrigidirsi quando vide la fata.

Posò il bambino mentre arco e feretra comparivano tra le sue mani.

“No Alec, ci ha aiutato” disse Clary mettendosi davanti alla fata. “Vuole solo parlare con Magnus” disse.

Raggiunsero l’accampamento dove Magnus privo di forze riposava appoggiato ad un tronco. Non aveva voluto la forza di nessuno perché voleva che tutti cercassero Rafe.

“Papà” disse Rafe abbracciandolo. “Ho avuto tanta paura” disse il bambino.

Magnus , notando la fata si alzò velocemente, avvolto da fiamme blu. “Come hai fatto ad entrare”. “Noi non ci parliamo con i nascosti della tua specie” disse minaccioso.

“Magnus” disse Clary avvicinandosi. “Mi ha aiutato lei”. “Rafe era entrato in una radura delle ninfe del bosco” e quello sembrò calmare lo stregone.
“Ha solo chiesto di parlare con te e io ho acconsentito” disse Clary.

“Va bene” disse Magnus, soffocando le fiamme.

“Vado da solo” disse Magnus, interrompendo sul nascere la protesta di Magnus.

“Io ho bisogno del tuo aiuto” disse la Fata.

“in questi ultimi anni, tra di noi ,ci sono state delle battaglie interne, chi come me era contro la Signora e chi ancora la lodava. E durante un attacco sono stata privata delle ali”.

“Solo uno stregone potente può porre fine a questa mia agonia” disse.

“Per quello le ninfe hanno confuso mio figlio?” disse Magnus alterandosi.

“No, io non c’entro se non mi credi prendi la mia mano e guardami dentro” disse la fata porgendo la mano allo stregone.

“Ti credo” disse Magnus. “Ma è un incantesimo molto potente e io sono troppo stanco per poterlo fare” disse Magnus esausto, sedendosi.

“Oh scusa ,io non lo sapevo” disse la Fata.

“Ma noi possiamo aiutarti” disse Rafe.

“Quale parte di vado da solo non avete capito ,voi due?” disse Magnus.

“Scusa Papà. Eravamo preoccupati per te!” disse Max avvicinandosi e porgendo le mani al padre. Che le prese e ben presto si unì anche Rafe.
“Ecco fatto” disse Magnus che aveva preso il poco che gli serviva.

Mormorando parole in una lingua sconosciuta si avvicinò alla fata che per un attimo fu avvolta da una nebbiolina blu. E poi lanciando un grido , svenne.
“Doveva succedere questo” chiese Max.

“Io non lo so, non l’ho mai fatto da solo” disse Magnus, nuovamente esausto.

Alec arrivò e prese la giovane fata tra le braccia e la portò vicino al fuoco. Le ali erano sparite. All’improvviso una luce argentata uscì dalle spalle della ragazza, che si librò nel cielo. Due magnifiche ali di farfalla blu e gialle sulla sua schiena.

“Grazie Sommo Stregone e giovani bambini”. “Non dimenticherò cosa avete fatto per me” e toccando Magnus gli restituì tutta la sua energia. E attivò una protezione intorno a loro.

“Ora siete protetti, e te Stregone, puoi finalmente riposare” e detto ciò sparì oltre il blu del cielo.

E così si concluse un’altra giornata di campeggio. Perché loro non erano una famiglia normale erano i Lightwood/Bane/Lewis/Fairchild/Herondale e la parola normale non faceva parte del loro vocabolario.

Fu quello che pensò lo stregone , avvolto nel suo sacco a pelo, finalmente libero di dormire.

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Capitolo 18
*** il falò e il gioco della bottiglia ***


“Piano bambini, fate piano, lasciate dormire Papà, è esausto!” disse Alec, fuori dalla tenda dei bambini.

“si riprenderà vero?” chiese Rafe preoccupato.

“Certo, la fata gli ha ridato parte della sua energia, ma era quasi al limite. Nonostante la vostra energia, l’incantesimo per restituire le ali era molto potente.”

“Come fai a sapere che era potente? Chiese Rafe curioso.

“Perché il colore della magia del Papà cambia.” Disse Alec.

“Non me ne ero mai accorto.” Disse pensieroso.

“Tu come stai?” chiese il cacciatore . “Non mi hai più detto nulla.”

“Io sto bene, mi sono spaventato, ogni volta che chiudevo gli occhi cambiava tutto, poi ho sentito la zia che mi chiamava, e mi ha portato da te”.

“Ti avrei trovato anche senza la fata, a costo di smontare il bosco pezzo per pezzo” disse Alec, abbracciato il bambino.

“Ora andiamo dagli altri, lo Zio Jace ha acceso il falò”.

“E papà Magnus non lo chiamiamo?” disse Rafe.

“No lasciamolo dormire”. “Si è stancato tanto, ed era spaventato che ti fosse successo qualcosa” disse Alec.

“Mi dispiace se si è preoccupato” disse Rafe.

“Dai andiamo, non pensiamoci più” disse Alec.

Al lato del campo c’era un falò, e parte della famiglia era già riunita. Ai bambini fu dato un bastoncino di legno, e all’estremità dei marshmallow.

“Come mai abbiamo fatto un nfalò” chiese Max curioso.

“Tra i mondani si usa “ disse Simon. “ Si ci riunisce tutti insieme e si mangia e si beve e si ci racconta storie”.

“Che storie?” chiese ancora.

“Solitamente sono storie di paura, si raccontano di vampiri, di fantasmi” disse ancora Simon.

“Che stupidi i mondani, hanno paura di cose che esistono” disse Rafe.

“Ehi” disse Simon ridendo. “Io sono un mondano”.

“No Simon tu sei uno Shadowhunter” disse Max. “Non sei uno stupido mondano”.

“Beh un po’ stupido lo è” disse Jace, guadagnandosi una gomitata da Clary.

“E’ sempre bello sapere di essere apprezzati” disse Simon, facendo ridere tutto il gruppo.

“Sai” continuò , “all’inizio odiavo Jace,. Poi dopo la barca siamo diventati intimi” disse ridendo.

“Per l’Angelo la barca, come dimenticare quella sera” disse Jace serio. Erano successe tante cose da quella sera.

“Potremmo fare il gioco della bottiglia” disse Izzy.

“Il gioco della bottiglia?” chiese Max.

“Si mette la bottiglia per terra, si fa girare e le due persone che sono indicate devono far qualcosa. Tipo baciarsi, o raccontarsi un segreto..” spiego Izzy.

“Quindi potrebbe capitare che devo baciare Rafe?” chiese Max. “Che schifo!!”

“Ehi” disse Rafe, tirando un pugno al fratello e ricevendo un colpo sulla testa dal Padre.

“Non iniziate a litigare o andiamo subito a dormire” disse Alec.

“Beh, potremmo fare così”. “Giriamo la bottiglia e chi esce, deve dire il primo ricordo che gli viene in mente.” Propose Izzy.

“oh Per l’Angelo” disse Alec. “ Io non ho un buona memoria” disse.

“C’è una festa e io non sono stato invitato” disse Magnus, sedendosi dietro ad Alec e abbracciandolo.

“Ciao Magnus” disse Alec, baciandolo.

“Ehi, non iniziate a fare i piccionicini” disse Jace.

“Piccion? Che? “chiese Rafe.

“Piccioncini. È quando due stanno sempre attaccati e si fanno le coccole” spiegò Jace.

“Ah allora i papà sono due piccioni sempre” disse Max, facendo ridere il gruppo e arrossire Alec.

“Come stai?” chiese Alec, al compagno mentre il gruppo si era alzato per cercare la bottiglia .

“Molto meglio, grazie” disse Magnus, baciandolo sul collo.

“Speravo di non averti svegliato” disse il cacciatore.

“Sto bene ,Alexander, veramente” disse Magnus,. “ E poi questo gioco si rivelerà interessante” disse Magnus.

“Temevo dicessi una cosa del genere” disse Alec, tornando a baciare il compagno.

“Ziaaaaaa, i papà stanno piccionando” disse Rafe, facendo sorridere i due ragazzi. Poi si sistemarono tutti in cerchio e dopo aver estratto i bastoncini decisero chi per primo doveva girare la bottiglia.

Ed iniziarono.

La prima coppia che si formò era quella tra Jace e Alec.

“Bene ragazzi” disse Clary. “Ora dovete raccontare brevemente il primo ricordo che avete”. E per un attimo calò il silenzio. Tutti immersi nei ricordi.
 
“Oh wow, tocca a me” disse Alec pensieroso. “Bene…. Il primo ricordo che ho di Jace. Fatemi pensare , ne ho tantissimi, veramente tanti. Dal giorno in cui me lo ritrovai in casa, al giorno in cui facemmo a pugni”

“Aahahah” rise Jace, “Avevo quasi omesso quel ricordo. Girammo per l’istituto per giorni con gli occhi neri, perché Robert ci proibì di usare l’Iratze. Se penso ancora alla sua voce, mi vengono i brividi”.

“Avete fatto a pugni?” chiese Max curioso “Come mai?”.

“Beh, in realtà fu colpa di Isabelle.” Disse Jace.

“E ti pareva che non mi tirassi fuori nel ricordo”, Isabelle stava ridendo, forse perchè anche lei stava rivivendo quella scena.

“Non mi hai mai raccontato di aver picchiato il tuo Parabatai” disse Magnus.

“Non era un racconto così importante” rispose il compagno.

“Tutto quello che riguarda te e il tuo parabatai è importante, soprattutto se lo picchi a sangue” disse sogghignando.
“Gne, gne,gne” “ Se non ricordo male fu il tuo uomo ad avere la peggio” rispose il biondo.

“Io? Ma se piangevi come una bambina.” disse Alec ridendo.

“Quanto avrei voluto vedere la scena" disse Simon, "Sono certo che sarebbe stato divertente" 

"Effettivamente lo è stato" disse Isabelle con le lacrime agli occhi. Nahce Clary non si tratteneva più.

“Dai Papà raccontaci la storia” disse Rafe. E tutti si voltarono verso Alec in attesa.

“Era il lontano 1995 o giù di lì. Jace era arrivato da noi in istituto perché aveva perso i genitori e i miei lo avevano adottato. Come ogni pomeriggio, dopo aver fatto scuola con Hodge ci dirigemmo in paelstra per allenarci con le spade. Io usavo ancora i coltelli che mi aveva regalato mia madre, mentre Jace era bravo con la sua spada. Finchè Isabelle non decise di lanciare una sfida. Chi lanciava più distante il coltello. Iniziammo a tirare il coltello ma sia io che Jace facevamo sempre lo stesso risultato. Uno colpiva il coltello dell’altro. Allora decidemmo di mettere una benda e di farlo bendati. Ma ottenevamo sempre lo stesso risultato.
Allora aprimmo l’armadio delle armi e prendemmo le nuove armi. Mio padre mi aveva regalato un bellissimo arco, appartenuto a qualche mio antenato, quando lo presi mi resi conto che era l’arma più bella che avessi mai usato. Inizia a scoccare le frecce mentre Jace continuava con il lancio del coltello. Il risultato era sempre lo stesso. Poi Jace se ne uscì con la frase che l’arco era per le bambine, tanto valeva che giocassi con le bambole. Non so cosa mi diede tanto fastidio in quella frase, e mi girai e gli diedi una spinta. Solo che non intendevo dargliela così forte e lui cadde. Quando di rialzò me lo ritrovai addosso e finimmo per fare a pugni. Solo che proprio in quel momento giunse in palestra mio padre e vedendo la scena ci urlò di smetterla. Ci fece leggere tutti i libri della dinastia Lightwood e scrivere mille volte, non devo picchiare mio fratello. Lo odiai con tutte le mie forze. Quando finimmo Jace stava piangendo per il male alla mano e se ne andò senza salutarmi, non mi parlò per tre giorni interi”

“Io non piangevo perché mi avevi fatto male. Idiota” disse Jace , risentito.

“Mi aveva fatto scrivere non devo picchiare mio fratello, ma te in realtà non eri mio fratello, perché Robert non era mio padre, e ogni volta che scrivevo pensavo alla mia famiglia”

“Ah. Io non ci avevo mai pensato. Non me l’hai mai detto”

“Non te l’ho mai detto perché poi sei diventato meglio di un fratello, e non ho mai più pensato a quella scena, fino ad adesso, fratello.”

“Quindi avete fatto a pugni perché l’arco era da femmina?” disse ridendo Simon, guadagnandosi un’occhiataccia da Jace.

“Beh, forse non era del tutto errato. Visto che dopo poco ho capito che… “ disse stringendo la mano di Magnus.

“Beh, senza arco non mi saresti piaciuto” disse lo stregone, facendo ridere tutto il gruppo.

“E te Zio? Che primo ricordo hai di Papà?” chiese Max, sempre più curioso.

“Io di Papà mi ricordo… fatemi pensare , ah si ecco”.

Ero da poco arrivato in istituto, e avevo paura di restare da solo, mi mancava il mio papà. E allora spesso, mi ritrovavo a piangere nella mia camera, avevo paura. Ma non volevo dire niente a nessuno perché mi vergognavo. Ma una sera ebbi un incubo bruttissimo, c’era un falco che..vabbè lasciamo perdere. Credo di aver urlato talmente forte che Alec si precipitò nella mia camera seguito dalla zia Isabelle.  Sgattaiolammo in cucina per mangiare qualcosa. Rischiammo di essere visti da Hodge, ma riuscimmo a nasconderci. Allora ritornammo in camera, ridendo. La paura un po era passata, ma non volevo restare solo. Isabelle se ne andò in camera sua e vostro padre restò con me a parlare finchè entrambi non ci addormentammo nel letto. Da quella sera non ebbi più paura, perché sapevo di avere un fratello che sarebbe corso sempre in mio aiuto.”

“Quindi anche te Zio, avevi gli incubi.” Disse Rafe. “anche con me viene Max nel letto e poi sono tranquillo”.

“Si abbiamo dormito spesso insieme” disse Alec, sentendo irrigidirsi lo stregone dietro di se. Spostò una mano dietro la schiena per accarezzare la pancia dello stregone. “Eravamo piccoli”.

“Come mai hai scelto papà come Parabatai?” chiese Rafe.

“Perché Papà è il mio migliore amico, è mio fratello e darei la vita per lui. Come lui ha sempre protetto tutti noi, spesso prendendosi colpe di cose che in realtà non aveva fatto. Voleva far rispettare la legge, ma ci ha sempre coperto quando uscivamo la sera di nascosto.”

“Raphael Santiago Lightwood-Bane e Maximilian Michael Lightwood-Bane non fatevi venire strane idee nella testa.” Disse lo stregone osservando lo sguardo di intesa che i due bambini si erano scambiati.

“Forza e coraggio Alec” tocca a te girare la bottiglia.

“Va bene” disse.

E la bottiglia iniziò a girare.
Prossima coppia “Magnus Vs Jace”.

“Oh per l’Angelo” sussurrò Alec. La bottiglia prima girata, da Alec si era fermata su Jace, e poi una volta girata da Jace si era fermata su Magnus.

“Allora il mio primo ricordo” dissero contemporaneamente i due ragazzi , per fermarsi e guardarsi, ridendo.

“Prima gli anziani” disse Jace con un finto inchino.

“Ecco sarà meglio” disse Magnus. “Ehi, anziano a chi?” lanciandogli contro una piccola pietra, che Jace schivò con facilità.

“Allora fatemi pensare” disse meditando lo stregone. “Il primo ricordo che mi viene in mente pensando al biondo tinto”. “Che scelta ardua, me ne vengono parecchi in mente, ma forse il migliore è questo”.

Io e Alec ci eravamo appena lasciati, o meglio io avevo appena lasciato Alec. Per una serie di motivi che non starò qui ad indicare, perché ne è passato di tempo. Comunque ero a casa, disperato, non volevo ammettere con nessuno che mi mancava enormemente vostro padre. Finchè lo Zio entrò nella mia casa, ed iniziò ad insultarmi e a farmi notare quanto fossi caduto in basso. Mi disse che la casa era sporca disordinata, che io mi ero lasciato prendere dalla depressione. Avemmo una discussione abbastanza animata. Mi insultò dicendomi che mi aveva avvertito di non fare del male al suo migliore amico e fratello, che avrebbe fatto di tutto per tornare a vederlo sorridere. Ma a me non importava, acnhe io stavo male. Poi Jace si avvicinò e guardandomi negli occhi mi disse che non dovevo più avvicinarmi a suo fratello. Che sarebbe andato contro il conclave e tutte le stupide leggi, che si sarebbe privato dalle rune ma che lui mi avrebbe ucciso, con il suo stesso coltello. Gli feci notare che Alec non lo avrebbe mai perdonato e lui mi disse che era meglio sapere che suo fratello piangesse per la morte, perché prima o poi passava, che non stare dietro ad un essere immortale, divenendo vecchio e solo, in attesa di un perdono. Che mi aveva già avvisato di stargli alla larga. Ma allo stesso tempo era felice di vedere il suo parabatai con il sorriso, ed ora era stanco di sentire suo fratello urlare nel sonno per gli incubi. Quello mi diede il tempo di pensare, per molto tempo dopo, che forse ero solo spaventato. Ed il resto si sa”.

“Come mai te e il papà vi siete lasciati? Avevate litigato?” chiese Max.

“Si, ma poi abbiamo fatto pace e sei arrivato te” disse Magnus, intrecciando le mani con il compagno.

“Avete fatto i piccioni?” chiese Rafe ridendo.

“Beh, si” disse Magnus.

“E te zio? Qual è il primo ricordo che ti viene in mente di Papà?”

“Io di Papà mi ricordo… le anatre!” disse Jace.

“Le anatre?” chiese Magnus. “ Quale delle tante volte?”

“Non so se lo sapete ma vostro padre è sempre stato un grandisismo disordinato. Sono stato costretto a vivere con lui per alcuni giorni, ed era impossibile. Ovunque passasse lasciava qualcosa. Anelli, braccialetti, trucchi. E glitter, c’erano i glitter ovunque. Anche nel frigorifero. Era esasperante, camminare ed sentirsi avvolto, da quella polverina multicolore. Allora un pomeriggio che lui era fuori, decisi di fare pulizie, e misi in ordine, sistemai l’appartamento, pulii per terra, il bagno e misi in una scatola, tutte le sue cose sparpagliate per casa. E le misi sul terrazzo. Quando arrivò a casa, mi resi conto che fuori pioveva. Quando vide che c’era casa tutta pulita, inizò a lamentarsi di non trovare le cose. Poi mi ricordai della scatola sopra il terrazzo, corsi a prenderla ma si era bagnato tutto. E i glitter erano andati persi. Temetti che per un attimo morisse, poi se ne andò e io sperai di essermela cavata. Invece mentre ero tranquillo a fare il bagno, mi addormentai e fui teletrasportato in un laghetto pieno di anatre. Che brutto risveglio! Aveva pianificato la sua vendetta, perché tutto in casa aveva delle papere disegnate, dagli asciugamani alle lenzuola, fui costretto a firmare un foglio dove gli dicevo che lo avrei accompagno a ricomprare tutti i glitter.”

Tutto il gruppo stava ridendo, mentre Jace al pensiero ancora rabbrivideva.

“Non c’è nulla da ridere” disse Jace offeso.

“Ma alla fine lo hai accompagnato?” chiese Rafe.

“Ovvio, aveva firmato un foglio” disse Magnus, prendendo il portafoglio e tirando fuori un foglietto.

Jace glielo strappò di mano e lo fece in tanti pezzi, solo che per ogni volta che lo strappava, il foglio tornava intero e dal cielo cadeva una piuma.

“Magnus, non puoi usare la magia” disse Jace, alzandosi sconvolto.

“Oh ma io non la sto usando. È un incantesimo sul foglio che si è attivato il giorno stesso in cui hai firmato”. Disse Magnus, alzando le mani.

“Speravo tanto di vedere il risultato di questo incantesimo.” disse ancora ridendo.

“Magnus, potresti farmi lo stesso incantesimo sulla lista della spesa, ogni volta che dimentica un oggetto compare una papera, forse per una volta arriverà la spesa a casa, giusta.” disse Clary ancora ridendo.

“Certo, biscottino. E per te lo faccio pure a gratis. Sono o non sono il vostro stregone di compagnia??”.

“Siete delle brutte persone” disse Jace, facendo il finto offeso.

“Dai Zio, tocca a te girare la bottiglia” disse Max, battendo le mani. Quel gioco gli piaceva sempre di più. Poteva osservare meglio i suoi papà e i suoi zii, e poi anche lui aveva tante cose da raccontare.

E mentre la bottiglia girava, il gruppo restò in attesa.

Altro giro, altro regalo.
“Sarà meglio prendere altra legna prima di ricominciare il gioco, altrimenti rischiamo di rimanere al buio,” disse Jace, chiamando il suo coltello che si illuminò.

“Possiamo sempre usare la stregaluce” disse Rafe, prendendo la sua pietra. Di cui andava orgoglioso. Gliel’aveva regalata il nonno, quando, durante l’addestramento era riuscito a disarmarlo.

“Dalla a tuo padre e guarda cosa succede” disse Alec. E Rafe cedette a Magnus la sua pietra.

La pietra in mano a Magnus iniziò ad emettere piccoli fasci di luce colorata, che si confondevano con le fiamme.

“Come hai fatto?” chiese Jace, “Non dovrebbe funzionare con te” .

“E’ per via di … Asmodeo” disse lo stregone rendendo la pietra al figlio.

“Asmodeo?” chiese Rafe. “Non è un principe dell’inferno?”.

“Si, disse Magnus”.  Un lampo di tristezza passò negli occhi dello stregone, che si ritrovò per un attimo perso nei suoi pensieri”.

“Scusami, non volevo farti diventare triste” disse Alec, al compagno.

“Nessun problema è che per un attimo ho pensato a Raphael”. “Lui adorava stava all’aria aperta come Ragnor”.

“Chi è Raphael?. E perché si chiama come me?” chiese Rafe curioso.

“Raphael Santiago era un vampiro, un vampiro pazzo , ma grande amico. Che ha sacrificato la sua vita per salvare tuo padre, e forse anche tutti noi” disse Alec.

“Quindi anche io ho il nome di una persona importante, non solo Max”.

“Eh già, tesoro” disse distrattamente Magnus, con le testa altrove.

E di nuovo intorno al falò calò il silenzio. “Ecco” disse Jace, mettendo la legna nel fuoco che riprese a scoppiettare arzillo.

Isabelle prese in mano la bottiglia e la fece girare.

La bottiglia continuava il suo giro, tutti in attesa, ma allo stesso tempo tutti persi nei propri pensieri. Non era tanto il ricordo di per se, è che si ritrovavano a grattare nel muro della coscienza, in episodi che avevano cercato di cancellare.

Il passato era importante e doloroso allo stesso tempo. C’era cose di cui non andavo fieri, e altri avvenimento che li avevano marchiati. Se le rune infatti andavano via via scomparendo, le ferite nell’anima invece restavano. E bastava un profumo, un suono per farli tornare prepotenti.
La morte di Max, La morte di Sebastian. Vittime di una cattiveria inaudita, uscita dalla mente di una persona malata, che, in cerca della razza perfetta, aveva decimato nascosti e cacciatori.

Nemici che si erano insinuati nelle debolezze dei giovani amanti. E avevano succhiato la linfa vitale. Amici sacrificatosi per salvare la vita, in un mondo parallelo, rinunciando all’immortalità guadagnata in secoli e secoli. O chi aveva perso la memoria.

“Papà come mai sei triste?” chiese Max, che stava osservando il padre.

“Non sono triste” disse sorridendo Magnus, “Stavo solo pensando”.

“Sei triste, hai gli occhi da gatto.” disse Max, attirando l’attenzione di Alec.

“Magnus, sei stanco?” chiese infatti preoccupato.

“Sto bene, Alexander. Veramente.”

“Oh guarda la bottiglia si è ferma ed indica….. te” disse lo stregone, indicando Simon.

“Simguld, gira la bottiglia” disse Magnus, guardando il ragazzo e sorridendo.

“Come mi fai sentire apprezzato te, Magnus, non ci riesce nessuno” disse Simon.

“Lieto di servire a qualcosa”. “Forza non vorrei invecchiare, prima che tu giri la bottiglia”.

“Vorrei vederti con i capelli bianchi,” disse Simon.

“Giammai, mi divertirei a cambiargli colore ogni giorno” disse Magnus, rabbrividendo. “Un vecchio ma fashion, sempre!!” disse.

E Simon ridendo, diede un colpo alla bottiglia che si fermò indicando Clarissa.

Nuova coppia : Clary vs Simon.

“Questa sono proprio curiosa di sentirla” disse Isabelle.

“Oh, mamma mia!” esclamò Simon. “ Il primo ricordo che ho di Clary, fatemi pensare”.

“Era il secondo giorno di asilo, e io non volevo andare. Perché tutti mi prendevano in giro perché avevo gli occhiali. Inoltre a me non piacevano i giochi con il pallone, o dove ci fosse da correre. Io collezionavo miniature di cartoni animati e figurine. Quel giorno, un gruppo di ragazzi mi prese il mio album e lo gettò dentro il bidone della spazzatura, durante l’intervallo. Minacciando di picchiarmi se chiamavo l’insegnante. E se ne andarono ridendo. Ma in quell’album c’era una figurina che mi aveva regalato una persone veramente speciale. Allora, mi ricordo che lei si è avvicinata e mi ha chiesto che cosa fosse successo e perché piangevo e  poi si arrampicò nel bidone e si buttò dentro, uscendo con il mio album in mano e una buccia di mela in testa. Rientrammo in classe come se nulla fosse, solo che puzzavamo entrambi e fummo mandati a casa. Ma Clary non raccontò mai cosa aveva fatto , nemmeno a sua mamma. Disse che si era sporta troppo perché aveva sentito un gatto miagolare. Da quel giorno diventammo inseparabile. Infatti eccoci qui!”

“Chissà perché conoscendoti, non stento a credere a questa storia” disse Isabelle, ridendo. “Ti ci vedo arrampicarti dentro un bidone della spazzatura per delle figurine!”

“E pensare che quando arrivai a casa, finii anche in castigo, perché mia mamma non credeva alla storia del gatto”. “Mi tolse i blocchi per disegnare per una settimana”.

“E te non dicesti nulla?” chiese Rafe .”Anche se non era nulla di sbagliato?”.

“Non ho detto nulla perché Simon mi aveva pregato di non dirlo, era un segreto. E io l’ho mantenuto!”.

“Quindi i segreti non si dicono anche se diventano delle bugie?”, chiese ancora.

“Le bugie non si dicono mai” spiegò la ragazza. “Ma io non ho detto una bugia, avrei detto una bugia dicendo che dentro al bidono non c’ero entrata, io invece ho solo omesso di dire il perché sono entrata. Non è una bugia.”

“Okay” ma il ragazzino non fu per nulla convinto della spiegazione, in aiuto della ragazza arrivò Magnus.

“Diciamo che ha detto una mezza verità, non è considerata una bugia”.

“Ah. Come quando tu dici che cucini, ma fai comparire tutto pronto dentro la padella e accendi solo il fuoco sotto?” disse il ragazzino.

“Sei un ragazzino troppo impertinente, sai?” disse Magnus, allungandosi per fare il solletico al figlio, che si rifugiò dietro la zia.

“Zia” disse Rafe scoccandole un bacio. “E te che ricordo hai dello zio?”

“Ne ho tantissimi, è il mio migliore amico, mio fratello.” “Credo di aver fatto tutto, sempre con lui”. “anche quando ho scoperto di essere una shadowhunters, ero sola, mia mamma era sparito. Alec mi odiava eppure Simon, nonostante pensasse che fossi matta è sempre stato vicino a me”.

“Si chiama amore, quello” disse Jace.

“Non sarai ancora geloso vero?” disse Magnus. “Tu smetti di essere geloso di me e Alec” chiese il cacciatore, e lo stregone non seppe cosa rispondere.
“Attenzione Signori, Signore, Angeli, Demonietti ed Ex Vampiri, sono riuscito a lasciare senza parole il Sommo”, disse Jace alzandosi facendo un piccolo balletto.

“Non ci credo” disse Alec, portandosi le mani sulla faccia.

“Jace, mi sento in imbarazzo per te” disse Clary, spingendolo a sedere.

“Bene, ecco il mio ricordo” disse poco dopo Clary.

Eravamo al liceo, e io non riuscivo a capire delle equazioni, mi serviva un voto alto per evitare di dover fare le lezioni estive. Ero disperata, più le guardavo e più vedevo davanti a me dei mostri. Mi confondevano la mente. Allora chiesi aiuto al mio amico secchione, l’unico che sapevo mi avrebbe aiutato in tutti i modi a passare l’esame. In pratica passò una notte intera a spiegarmi come si calcolassero. Ma io non ci riuscivo, allora si inventò uno schema e io ci disegnai intorno. Lo facemmo sulla copertina del quadernone, in questo modo io riuscii a prendere un bel voto in matematica, e ricevetti pure i complimenti per la copertina che mi feci dalla professoressa di arte. Credo di avere ancora quel quaderno, ma non ne sono sicura, era a casa di Luke, ma sono passati così tanti anni”.

“Questo, Biscottino, si chiama barare. Lo sai vero?” disse Magnus ridendo, tornando a sedersi vicino al compagno. Si era infatti allontanato un attimo per prendere dell’acqua fresca.

“Da che pulpito” disse Alec, pizzicando il fianco dello stregone.

Nel frattempo i bambini vinti dal sonno si addormentarono in braccio uno a Clary e l’altro a Jace. Alec e Magnus, delicatamente presero i bambini e li portarono nella loro tensa.

“Sono proprio dolci, quando dormono” disse Alec, guardandoli. Poi vide  con la coda dell’occhio Magnus, muovere le mani, ma non notò nessuna scintilla blu. Poco dopo un urlo interruppe la tranquillità del bosco.

Una papera era uscita dalla tenda di Jace e lo stava rincorrendo intorno al falò.

“Il sommo Stregone non resta mai senza parole, biondino!” urlò Magnus.

“Fai sparire questa bestia immonda, non puoi usare la magia”.

“Non ho usato la magia. Ho solo corrotto la papera con un po’ di pane”. “Sono animali intelligenti”disse innocentemente.

“Bene, ora falla sparire!” urlò Jace continuando a correre.

“Mi spiace, non posso usare la magia” disse .

“Me la pagherai, Gandalf dei poveri” disse Jace.

“Magnus, per favore” disse Alec, e lo stregone sbuffando scoccò le dita e la papera tornò nel piccolo lago.

“Grazie…….. Alec” disse Jace, ansimando.

“Proporrei di andare a dormire e continuare domani con il gioco della bottiglia, così c’è anche Catarina e magari ci racconta qualche aneddoto del giovane Gandalf” disse Jace , maligno.

“Biondino, non sfidare la sorte, non ci sarà sempre il tuo parabatai  in zona” disse Magnus, arcigno.

“Smettetela. O stasera dormite in tenda insieme……” disse Alec, e ciò bastò per bloccare sul posto entrambi. Forse per quella notte, la piccola guerra civile era scongiurata
.

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Capitolo 19
*** Dubbi, domande e nuovi arrivi ***


Avendo fatto tardi la sera prima, quella mattina, gli abitanti del campo si svegliarono più tardi del previsto.

Magnus uscì dalla tenda stiracchiandosi, ripreso definitivamente dalla spossatezza dei primi tre giorni. Osservava il sole già alto nel cielo, che cercava di farsi spazio tra le foglie verde, mosse dalla brezza mattutina.

Si girò ad osservare il suo cacciatore, addormentato, vinto dalla stanchezza del bagno notturno, nella loro cascata segreta. Si girò facendo scricchiolare le ossa del collo. Si stava abituando a dormire per terra, ma rimpiangeva tantissimo il suo letto, che gli regalava caldi e morbidi abbracci. Amico di avventure che avrebbero fatto svenire Maryse, se solo avesse immaginato.

“Stai sogghignando” disse una voce alle sua spalle, abbracciandolo da dietro.

“Ciao Cacciatore” disse lo stregone, girandosi nell’abbraccio per fondere le labbra insieme.

“Ciao Stregone” disse Alec staccandosi, “Cosa passava nella tua testolina?” chiese curioso.

“Oh nulla pensavo al nostro letto, al morbide coperte e a cosa direbbe tua madre se….”.

“Oh per l’Angelo” lo bloccò Alec, arrossendo.

“Sai” disse Magnus. “E’ bello riuscire a farti arrossire ancora come la prima volta” disse, tornando a baciarlo.

“Oh per Lilith” disse il piccolo Lightwood-Bane, “Secondo te la smettono di baciarsi, che devo andare fuori?” chiese Rafe al fratello.

“Non ricevendo risposta, si girò e tiro un calcio al sacco a pelo dove il fratello ancora dormiva. Solo le piccole corna in vista.

“Ma come respiri” chiese Rafe, cercando di aprire la zip. Ricevendo in cambio un ringhio.

“Rafe non rompere, siamo in campeggio ho sonno” disse Max, girandosi in modo che la zip finisse fuori portata del fratello.

“Svegliati” disse Rafe, sedendosi sul fratello. “Oggi arriva la Zia Cat”

“E quindi?" chiese Max, sempre avvolto dal sacco a pelo.

“E quindi testone. Dobbiamo farle una sorpresa” disse Rafe.

“Una sorpresa?” chiese stupito il fratello. “Perché?”

“Perché è la zia Cat” disse Rafe, arrossendo.

“Non ti piacerà ancora la Zia Cat, vero?”

“zitto idiota , e poi non mi piace la Zia Cat, scemo” disse Rafe, alzandosi a abbassandosi velocemente sul fratello.

“Ahia” mugugnò Max.

“Si che ti piace” continuò Max. “Il mese scorso ti piaceva la Zia Izzy, le hai lucidato le armi senza che te lo chiedesse. E te odi lucidare le armi”.

“Sei veramente uno stupido puffo” disse Rafe alzandosi, e tornando a spiare i padri.

“Io non sono un Puffo” disse Max, uscendo dal suo caldo posto.

“Sono uno stregone potente” disse risentito.

“Potentissimo” disse Rafe, prendendolo in giro. “Talmente potente che ha fatto diventare l’acqua del bagno arancione perché voleva l’aranciata. O quando hai distrutto l’armadio perché non trovavi la maglietta”. “Oh si, fratellino” , “Sei più potente di Papà”

“Sei cattivo” disse Max offeso, tornando nel suo sacco a pelo, cercando di nascondere al fratello quanto quelle parole lo avessero ferito.

“Però piangi, quando ti sbatto contro il muro” disse Max, tirando sul con il naso. “Vai subito a piangere da papà”.

Sentendo il fratellino piangere, Rafe capì che il piccolo non aveva capito che stava scherzando. Era abituato in accademia dove si prendevano costantemente in giro, e spesso si dimenticava che Max era più piccolo.

“Max, scusami. Stavo scherzando” disse Rafe avvicinandosi al fratellino. “Ehi, dai non fare così” disse dispiaciuto.

“Allora sono uno stregone?” chiese Max con un filo di voce.

“Certo , sei anche mio fratello e Puffo Permaloso” disse Rafe ridendo.

“Stupido” disse Max , uscendo dal sacco a pelo.

“Scusa” disse Rafe allungando la mano e Max la strinse.

“Io però devo sempre andare in bagno” disse, facendo sorridere il fratello. “Non si stanno ancora baciando vero?”

“Boh. Possono stare così per ore” disse Max, spiando da dietro la tenda con il fratello.

“Ma io devo andare in bagno” disse Rafe, saltellando da un piede all’altro.

“E allora esci” disse Max, lanciandogli un cuscino, e cercando di fargli il solletico.

“Smettila, piccolo mostro blu” disse Rafe, non trattenendo più le risate.

“Vuoi la guerra?” chiese Max, inarcando un sopracciglio come era solito fare Alec.

“Si ma questa volta sei senza magia” disse Rafe, sogghignando mentre raggiungeva il suo cuscino.

Ben presto la battaglia dei cuscini, diventò un vero e proprio duello. La gara era a chi colpiva più forte. Rafe finalmente, in grado di vendicarsi per tutte quelle volte in cui Max usava la magia per prevedere gli attacchi.

“Alec, credi che dovremmo intervenire?” chiese Magnus osservando i bambini.

“Ma no, sono cuscini di piume, cosa mai potrebbe succedere” ma la voce gli morì in gola quando vide un Jace addormentato entrare nella traiettoria del cuscino di Rafe che già perdeva alcune piume, da un piccolo buco. Il cuscino trovando il corpo solido del cacciatore e non quello morbido di un bambino, si stracciò e Jace si ritrovò avvolto da una nuvola di piume.

“Ma che diamine, succede..........” disse Jace. Poi osservando prima i bambini e poi le piume, stoicamente proseguì la sua camminata.

“Scusa Zio Jace” disse Rafe, non ottenendo risposta.

“Non è successo nulla” disse Jace, con le spalle rigide dalla tensione.

“Magn…” ma non ebbe modo di terminare la frase, perché Jace si ritrovò pulito, grazie alla magia di Magnus.

“Credo che per Natale ti regalerò un boa rosso, biondino. Le piume ti donano” disse Magnus.

“Guardati le spalle, stregone. Perché oggi me la paghi” disse sottovoce Jace, passando vicino a Magnus.

“Quante storie, se non ti piace rosso, te lo regalo blu” disse ridendo, nascondendosi dietro ad Alec.
Magnus camminava inquieto in lungo e in largo , attendendo con ansia l’arrivo di Alec. I bambini erano al lago felice che nuotavano con gli Zii mentre Clary e Izzy confabulavano tra di loro prendendo il sole. Che poi ilo perché prendessero il sole se poi la loro pelle restava candida come le piume dell’angelo da cui discendevano, non le capiva proprio. Ma ora non era quella la sua preoccupazione.

Finalmente vedendo arrivare il compagno gli andò incontro e bisbigliando gli chiese:

“Allora hai fatto?”.

“Si”.

"Quando arriva?"

"Non l'ha detto!"

"e per il resto?"

"Cosa?"

"Glielo hai chiesto?"

"Ovvio".

“E che ti ha detto” .

“No”.

“Come no”.

“Ha detto no, mi spiace ho insistito. Ma non credo mi abbia creduto”.

“ma io senza non posso stare, Alec”.

“Magnus non ti far prendere dal panico, okay”.

“Troveremo una soluzione”.

“Una soluzione un paio di corna”.

“Dai non essere afflitto”.

“Cosa ti ha detto di preciso?”.

“Devo proprio dirtelo”.

“Parola per parola”.

“Beh, ecco mi ha detto che stava arrivando, che aveva un sorpresa per i bambini.”

“E poi?”.

“Che non si sarebbe potuta fermare quanto voleva perché c’è una malattia infettiva tra i mondani, mi ha spiegato che ti fa salire la febbre e che…..”

“Si sarà la varicella o il morbillo”.

“Si forse si chiamava così… e che quindi….”.

“Alexander, smettila di girarci in tondo. Cosa ti ha detto quando glielo hai chiesto?”.

“Ecco, io ci ho provato, ho cercato di essere il più efficace possibile…”.

“E….”.

“Temo non mi abbia creduto…”.

“Alexander, Per Lilith, una cosa dovevi fare, una sola”.

“Ehi, potevi chiamarla te”.

“Io non ci parlo con la scatta foto a tradimento”.

“Ed è per caso colpa mia?”.

“No, non è colpa tua, ma potevi essere più convincente”.

“Io sono stato convincente, Magnus, ma forse era la storia di per se che non era credibile”.

“Hai detto tutto, quello che ti scritto io?”.
“Si, ho ripetuto tutto per filo e per segno”.

“E allora non capisco, perché non ti abbia creduto.”

“Forse perché farmi chiedere da Alec, di portare dei glitter e del gel, perché li aveva finiti, non era molto credibile” disse Catarina, comparendo dietro allo stregone, che saltò dallo spavento.

“Ziaaaaaa” urlarono i bambini uscendo dall’acqua e gettandosi addosso alla ragazza, che cadde a terra.

“Ecco, tanto con il culone che hai non ti sei fatta male” disse Magnus ridendo.

“Sai Alec, credo che invece che darglieli, li brucerò nel falò, stanotte”.

“Ti prego” disse quest’ultimo “abbi pietà di me” disse ridendo, scansando un rametto lanciatogli dal compagno.

“Ciao amica mia” disse Magnus, tendendole una mano per farla alzare.

“Ciao uomo in ansia senza glitter” disse Catarina, abbracciandolo.
“Un campeggio, Magnus, seriamente?” disse Catarina camminando nel bosco, attenta a dove metteva i piedi, neanche fosse su delle uova. Ma lei odiava il campeggio, lo riteneva una perdita di tempo e sapeva che il suo centenario amico la pensava esattamente come lei.

“Tu in campeggio, senza magia, e senza comodità. Come ti hanno convinto? Hanno rapito Presidente, ti hanno sequestrato i trucchi? No seriamente amico mio, dimmi come ti hanno convinto, perché non ci credo che sei venuto, qui, di tua spontanea volontà. Odi il campeggio, come odi la cucina in accademia. Sputa il rospo.”

“Beh, è stata più dura di quello che pensavo, ma non è così male il campeggio” disse Magnus, scollando le spalle.

“Sputa il rospo perché a me non mi fregi, voglio sapere cosa hanno usato per costringerti a dire si”.

“Alec, è stato lui. Me l’ha fatto chiedere dai Bambini. E io non potevo dire di no, se tu li avessi visti. Quegli occhi speranzosi, che attendevano il mio si ”.

“Quel ragazzo sa come sistemarti per le feste, vedo….” disse ridendo la stregona.

“Se, se. Gli va solo bene che lo amo altrimenti lo trasformerei in un ratto, e lo darei a qualche vampiro, come animaletto da compagnia, per avermi costretto a dire si.”.

“E meno male che il campeggio ti piaceva, se non ti piaceva?”.

“Lo trasformavo in un ragno e lo tenevo in una teca in camera da letto” borbottò.

“E comunque mi sono abituato. Ormai sono capacissimo di montare una tenda, e sistemare le pietre per accendere un fuoco” disse orgoglioso.

“Abituato? Tanto da farmi chiedere da Alec i glitter? Ma poi è  possibile che tu li abbia già finiti? Credevo avessi una fonte inesauribile”.

“Si, sarebbe andata così, se non li avessi dimenticati fuori e una folata di vento non me li avesse sparsi per tutto il bosco”.

“Povero il nostro stregone!” disse comprensiva l’amica.

“Mi stai prendendo in giro?” chiese lo stregone, lanciandole un’occhiataccia.

“Io? Non lo farei mai!” rispose, schivando un pezzo di corteccia che lo stregone aveva staccato e lanciato.

“Ha detto Alec, che non ti fermi tanto, come mai?”

“Perché gli ospedali sono pieni, e il campeggio non fa per me. Lo odio abbastanza, piaceva a Raphael, lui era abituato a stare nei boschi anche settimane intere.”

Per un attimo tra i due calò il silenzio, entrambi persi nei propri pensieri.

“Sai, Mi ha stupito non poco il tuo invito” disse Catarina, osservando il compagno che le stava facendo visitare l’accampamento.

“Tecnicamente sono stati i bambini ad invitarti” rispose Magnus sorridendo.

“Non mi incanti, stregone, come ti ho già detto più e più volte, lo so che sotto tutto quel glitter, hai un gran cuore”.

Magnus sbuffò, arrossendo e scuotendo il capo. Forse Catarina, anzi quasi certamente, Catarina era la persona che più lo conosceva al mondo. Quell’amica a cui aveva raccontato ogni particolare più sordido della sua vita, pre e post Alexander.

“Hai dei bambini stupendi” disse la stregona, guardando verso il fiume. “L’avresti mai pensato di arrivare alla tua veneranda età e di metter su famiglia, e per di più con un Lightwood?”.

“Sinceramente? Nonostante siano passati anni e anni spesso tempo che tutto possa sparire, che mi possa svegliare un giorno, e sia tutto un sogno.”

“Un sogno? Guardati intorno, sei qui in un bosco, circondato da Nephilim, addirittura protetto da una fata del bosco a cui hai ridato le ali, come puoi pensare che sia un sogno?”.

“Da quanti anni mi conosci? No non rispondere, era per dire. Solo che ogni tanto ho paura, essere padre è difficile, devi essere responsabile, e io non lo sono, per quello ho paura di svegliarmi e vedere tutto svanire. Come se fossi ancora in trappola nel mio vecchio io.”“Ahi” disse Magnus, saltando per il pizzico che aveva ricevuto sul collo dall’amica.

“E questo?” chiese massaggiandosi la parte indolenzita.

“Questo per farti capire che non è un sogno”. “Magnus, accettalo. Qui non siamo più nascosti, siamo persone, il tempo del circolo è finito. Hai due bambini bellissimi, un compagno che ti ama e una famiglia che conta su di te. Non sei più lo stregone di compagnia”.

“Sei troppo saggia, amica mia, ma fammi un altro segno e ti trasformo in un canarino”.

“Perché vuoi trasformare la zia in un canarino?” chiese Rafe, osservando il padre.

“Ecco il mio prode Cavaliere, pronto a difendermi, da questo infido stregone da quattro soldi” disse Catarina.

“Sei poco credibile come principessa indifesa”, rise Magnus.

“Orsù piccolo Cavaliere, lasciate la dama, e combattete” disse Magnus prendendo un ramo per terra e puntandolo contro il figlio.

“Via vecchio stregone, salverò la mia amata Zia. E vi sconfiggerò” disse Rafe, osservandosi intorno cercando un bastone con cui fare una spada. In aiuto arrivò Catarina, che porse al giovane un bastone.

“Mi hai dato del vecchio?”.

“Si”.

“Hai il coraggio di ripeterlo?” rise ancora Magnus.

“Si, Padre…. Cioè Maligno stregone siete vecchio!” disse ancora Rafe ridendo. “Siete vecchio , mentre io sono un giovane cacciatore e salverò la pulzella in pericolo”.

“Zia, pulzella non è una parolaccia vero?” chiese sottovoce Rafe.

“No, è un termine vecchio come il tuo papà per dire donna, che ormai non usa quasi più nessuno”, disse Catarina, trattenendo a stento una risata.

“Allora combatti giovane cacciatore o parli con la vecchia pulzella che tanto difendi” disse avvicinandosi al bambino, quel tanto da potergli far il solletico con la punta del bastone.

“Papà ,Papà “ disse ridendo il bambino, “ così non vale”. “Il solletico non è un’arma da combattimento”.

“Certo che il solletico vale come arma, con tuo padre funziona sempre” disse ridendo Magnus.

“Con me funziona cosa?” chiese una voce alle sue spalle.

“Nulla tesoro” rispose sornione lo stregone.

“mmmm quando dici nulla mi preoccupi” disse Alec, avvicinandosi e baciando il compagno.

“Non inizierete a baciarvi vero?” disse Rafe, orripilato.

“Vieni zia, andiamocene, che se iniziano possono stare così ore” disse Rafe prendendo per mano la zia e trascinandola verso il fiume, passando attraverso la cucina e fu li che Catarina, ebbe la sua maligna idea.

“Tuo figlio è troppo…. Chiacchierone” disse Magnus, baciando il compagno.

“Ha preso da te” disse Alec, staccandosi e guardandolo negli occhi.

“Non mi sembra un complimento” disse Magnus, mordendo il labbro del più piccolo.

“Ahia” disse Alec, massaggiandosi con la lingua, la zona offesa. “Oggi non ti bacio più” disse mettendo su un finto broncio.

“Dai” disse Magnus, “Scusami” disse sorridendo, accarezzando la schiena del compagno.

“Va bene ti perdono” disse il cacciatore prima di tornare a baciarlo.

Restarono così per un tempo incalcolabile persi uno nelle braccia dell’altro finchè un cascata gelida di acqua non li investì, lasciandoli senza fiato. Una risata si alzò da sopra di loro. Catarina, con l’aiuto di Max e di Rafe, era salita sopra l’albero e aveva rovesciato una vasca piena di acqua e ghiaccio sopra i due focosi amanti. Scappando poi come se nulla fosse.

“Per l’Angelo..” esclamò Alec, saltando per lo spavento e per un cubetto di acqua che si era infilato dentro la maglia.

Magnus invece era senza parole, con i capelli appiccicati alla faccia, il trucco sbavato e tutti i vestiti bagnati, pieni di glitter e di gel. Si scostò i capelli dal viso.

“Io la uccido” disse Magnus a denti stretti, osservandosi le mani piene di glitter.

“Come fai poi senza migliore amica?” disse Alec, ridendo.

“Ne troverò un’altra” ringhiò.

“Era da un po’ che non ti vedevo al naturale senza trucco e gel” disse Alec, osservandolo negli occhi.

“Inutile non attacca Alec, la uccido lo stesso” disse Magnus, scostandosi e rincorrendo l’amica per l’accampamento.

“Dai Magnus, era solo un pò di acqua….” Stava dicendo l’amica ridendo e correndo allo stesso tempo.

Fu così che il gruppo si ritrovò ad osservare due stregoni, che lontani dai soliti pericoli e pensieri, ridevano e scherzavano come bambini.

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Capitolo 20
*** Catarina Vs Magnus ***


“Quindi zia quando riparti?” stava chiedendo Max, mentre salivano sulla cima della montagna per far vedere alla ragazza il panorama.

“Resto, stanotte e domani riparto. Mi dispiace mi sarei fermata di più, ma i mondani hanno bisogno di me”.

“Perché hanno quella malattia strana che ti fa riempire di bolle rosse?” chiese il bambino.

“Esatto, hanno il morbillo. È una malattia molto diffusa soprattutto tra i bambini” spiegò la ragazza.

“ E come mai noi non ci ammaliamo?” .

“Perché siamo stregoni.” Disse Catarina.

“E ma non è giusto, Rafe può stare a casa coccolato e io no” disse Max, scatenando la risata del padre.

“E meno male, mi bastano due cacciatori ammalati, ci mancherebbe solo uno stregone che al primo starnuto mi fa comparire qualcosa in casa”.

“Oh per Lilith, salvateci da un Magnus ammalato, ma avete idee di cosa vorrebbe significare? Già si lamenta così, se ancora è malato. Che Lilith ci faccia la grazia!” disse Catarina ridendo, appoggiata ad un tronco.
“Non sei assolutamente simpatica, guarda che nessuno sta ridendo” disse lo stregone offeso.
“Non ridono per paura che li tramuti in qualche essere strano” rispose Catarina, ormai con le lacrime agli occhi.
“Vorrei sapere chi l’ha invitata” borbottò lo stregone allungando il passo per raggiungere il gruppo.
Gruppo che effettivamente stava facendo di tutto per non ridere, compreso Alec, che stava masticando un filo di erba.

“La prossima volta che ti ammali ti mando Catarina. Quando implori il bicchiere di acqua nemmeno stessi morendo, o quando devi prendere lo sciroppo e non lo vuoi perché è amaro” sussurrò lo stregone, vicino al compagno.

“Ma perché litighi con lei e te la prendi sempre con me?” chiese Alec, osservando lo stregone.

“Stai ridendo!” disse quest’ultimo, alzando le braccia al cielo.

“E allora la prossima volta che perdi i glitter chiama direttamente Catarina” disse Alec, allontanandosi.

“Uno a zero per il cacciatore” disse Catarina, avvicinandosi a Magnus.

“Manca ancora molto?” chiese la ragazza, osservando accuratamente intorno a lei. Inutile odiava il campeggio, i boschi, gli insetti e tutto quello che era viscido.

“Non avrei un’avversione anche te per il campeggio?” chiese Jace.

“Avessi vissuto tanto come me, ti assicuro che l’avresti odiato profondamente. Pioggia, neve, sole caldo torrido, sempre dentro una tenda. Senza doccia. Un incubo, meno male ci siamo evoluti” spiegò Catarina.
“Allora sei vecchia come Papà” disse Rafe, “Ma te sembri più giovane”.

“Magnus - disse Catarina girandosi ad osservare l’amico-  ti ho mai detto che adoro i tuoi figli?” girandosi ad osservare l’amico. “Se vuoi te lo regalo!” rispose questo, facendo una pernacchia al bambino.

Proseguirono così la strada ridendo e scherzando ancora per mezz’ora buona, finchè non arrivarono alla terrazza naturale che si apriva sulla montagna. La vista era da mozzare il fiato, aiutata anche da un bellissimo cielo azzurro, senza una nuvola.

“E’ fantastico” disse estasiata Catarina, osservandosi intorno.

“Vieni Zia, lì c’è un laghetto. Possiamo fare il bagno” disse Max, tirando la ragazza, che era però in evidente difficoltà. Come dire al bambino che non sapeva nuotare senza offenderlo. In aiuto le venne Magnus, ricordandosi improvvisamente della paura della ragazza.

“Max, lascia respirare la zia” disse Magnus, andando in aiuto dell’amica. Sapeva infatti che la ragazza non amava particolarmente l’acqua. Anzi, la odiava proprio.

“Ma voglio solo che venga a fare il bagno con noi” disse il bambino, offeso.

“Max, non essere insistente, se vuole venire viene, non puoi pretendere che tutti facciano sempre quello che vuoi te, magari vuole stare con le zie e prendere il sole”, continuò il padre.

“Ma è blu come me, non può prendere il sole” disse Max, spazientendosi.

“Max, ho detto basta, e non voglio aggiungere altro” continuò lo stregone.

“Ma io….” Ma venne interrotto da un’occhiata di Alec, che silenzioso si era avvicinato al compagno.

“Okay” disse sconsolato il bambino andandosene.

“Catarina odia l’acqua” spiegò Magnus. “In realtà non so nuotare” disse la stregona, arrossendo visibilmente.

“Beh, sei circondata da cacciatori” disse Simon, “Di certo nessuno ti farà annegare” disse. “Anzi potrebbe essere un’ottima occasione per farti passare la paura”.

“Io non credo…” disse titubante la ragazza.

“Saresti in acqua con Izzy e Clary e sono certo che Magnus potrebbe usare la magia senza problemi se ti vedesse in difficoltà” disse sempre Simon.

“Beh, potrebbe ma non ho un costume, se potessi, ecco… usare la magia, potrei farmene comparire uno, perché io no…”.

Ma non ebbe modo di completare la frase che si sentì uno schiocco di dita e una nuvola azzurra avvolse Catarina, lasciandola stupefatta.

“Oh, non fare quella faccia, ti ho già visto nuda, se ben ricordi e so alla perfezione le tue misure. E no Alexander, non farti venire in mente domande idiote, perché la risposta è no!” disse Magnus, senza nemmeno voltarsi.
“In realtà non stavo per dire nulla” disse Alec, “Sono certa che Catarina ha gusti più raffinati” disse ridendo.

“Due a zero per il cacciatore” urlò Catarina, dirigendosi verso Clary e Isabelle.

“Evviva la zia in acqua” urlava felice Rafe.

“Rafe, tesoro, la zia però vorrebbe riposarsi un po’ con noi, tranquilla, credi di poter andare a giocare con Max, un pò più in la?” chiese Clary.

“Se stiamo bravi possiamo restare qui con voi?” chiesero all’ unisono i bambini, sfoggiando il loro miglior sorriso angelico.

“Va bene, ma niente schizzi” disse Clary, ottenendo un bacio e un abbraccio da entrambi i bambini.

Restarono tutti in silenzio finchè Alec non si allontanò con Rafe nel punto in cui non si toccava, cercando di pescare a mani nude qualche pesce, aiutato da Jace e Simon. Clary e Isabelle invece erano uscite dall’acqua ed erano al sole addormentate.  Simon, Catarina, Max e Magnus invece restarono sulla riva con l’acqua che lambiva i loro corpi. Max continuava a togliere la mano da sotto l’acqua per poi osservarla, per rimetterla poco dopo di nuovo sotto l’acqua. Magnus osservava lo strano comportamento del bambino. Stava per arrivare una di quelle domande che lo mettevano in imbarazzo, quando il bambino si concentrava ripeteva i movimenti uguali. E quella volta non c’era nemmeno Alec, se la sarebbe dovuta cavare da solo. Chissà cosa avrebbe chiesto. Max cresceva a vista d’occhio come Rafe, sempre più consapevole di non essere un normale bambino, ma aveva dubbi che lo assillavano. Aveva la fame della conoscenza, passava interi pomeriggi sui libri e poi non contento interrogava tutti. Era una continua domanda. Solo che le domande ora diventava sempre più complicate.

“Zia Cat?” chiese improvvisamente Max, dopo un po’ che erano nell’acqua e osservavano il cielo.

“Dimmi Max”, rispose la ragazza.

“Perché siamo blu noi due?” disse il bambino osservando il suo braccio sotto l’acqua, che sembrava ancora più chiaro.

“Perché ogni stregone ha una caratteristica che lo distingue dai nascosti, che solitamente deriva dal demone da cui discendono, ma non sempre. In pratica si prendono le caratteristiche di famiglia. Io sono blu, Papà ha gli occhi da gatto e non ha l’ombelico, Ragnor aveva le corna come te e la pelle verde”.

“E perché te non hai le corna come le mie? Anche se sei blu?” chiese sempre curioso.

“Perché io sono una femmina. E le corna le hanno solo i maschietti”.

“Quindi potresti essere la mia mamma?” chiese il bambino osservandola.

“No tesoro, la tua mamma era mondana” gli spiegò, “Gli stregoni hanno la mamma mondana e il papà demone, quindi per quanto mi piacerebbe avere un bimbo bello come te, io sono solo la Zia Catarina” disse la ragazza, allungando una mano e facendo una carezza al bambino.

“Beh, meglio” disse poco dopo Max.

“Perché meglio?” chiese la ragazza.

“Perché la mia mamma non mi ha voluto” disse semplicemente il bambino spiazzando tutti.

“E’ che tutti hanno una mamma e un papà, lo vedo alla televisione, lo sento al parco quando vado con gli altri, lo ha detto anche Rafe, e io invece ho solo due papà, ma te mi piaci e sei blu, quindi pensavo che potessi… ecco…. Credevo…” disse Max balbettando imbarazzato agitandosi. “Io non voglio dire che.. non.. mi piacciono… i miei papà…” continuò il bambino cercando con lo sguardo Magnus.

“Ehi, ehi, calmati, va tutto bene, sono domande giuste, stai crescendo, ma credo che di questo devi parlare con Alec e Magnus, non con me” disse Catarina, avvicinandosi al bambino e abbracciandolo.

“Ti svelo un segreto” disse Catarina, cercando di distrarre il bambino, “Ma devi prometterlo di non dirlo a nessuno. Va bene?” e il bambino guardandola annuì.

“Non so nuotare” disse Catarina, “Non me l’ha mai insegnato nessuno. Tu sai nuotare?”.

“Si. Me l’hanno insegnato i miei papà, Papà Magnus nuotava vicino a me, mentre Papà Alec ci aspettava al largo, solo che era diverso, perché l’acqua si muoveva ed era salata”.

“Allora avere due Papà serve a qualcosa?”. “Vedi se fossi stata la tua mamma non ti avrei potuto insegnare”, disse Catarina.

“Vero, allora è meglio avere due Papà” disse il bambino poco dopo.

“Ti posso insegnare io” disse Max, guardando la zia.

“Papà viene in acqua vicino a te, e insieme andiamo da Rafe e Papà Alec. Va Bene?. C’è pure Zio Simon”.

“Va bene” acconsentì la ragazza.

“Max” intervenne Magnus, “Vai ad avvertire Papà Alec che sta arrivando la zia?” e il bambino veloce, nuotò felice verso il padre.

“Grazie!” disse solo Magnus, quando si avvicinò all’amica. Che liquidò tutto con un gesto della mano e una scrollata di spalle. “L’avresti fatto anche te” disse semplicemente.

E passarono così il pomeriggio con Max e Rafe che insegnavano a Catarina a nuotare, sotto la supervisione dei ragazzi.
C’era qualcosa di peggio, che essere in una parte sperduta del bosco, in un campeggio e con la promessa di non usare la magia? C’era qualcosa di peggio dello dormire per terra, lavarsi con acqua gelida, perdere i glitter per il vento? C’era qualcosa di peggio che osservare i suoi vestiti rovinati dai rovi, avere la manicure simile ad uno che lavorava nella terra, le lebbra screpolate dal freddo?

Si c’era, e si chiamava Catarina. Catarina Loss la Traditrice!

Quella ragazza l’avrebbe fatto ammattire. Erano bastate pochi bicchieri di birra perché le si sciogliesse la lingua, anche se temeva che fosse in realtà tutta una scusa, conosceva bene quella vipera dai capelli bianche e sapeva che reggeva benissimo l’alcool. Ed invece ora si ritrovava ad ascoltare l’amica che raccontava, davanti al fuoco, aneddoti di loro da giovani. E quello che era peggio era vedere come tutti pendevano dalle sue labbra, avrebbe certamente fatto un incantesimo affinchè tutti si dimenticassero di quello che stava raccontando quella strega dalla pelle blu. E poi avrebbe cancellato dalla mente di tutti l’esistenza dell’amica e l’avrebbe sotterrata nel bosco, dopo averla strozzata con le sue mani, senza l’utilizzo di magia, perché non ne avrebbe avuto bisogno. L’avrebbe strozzata, riportata in vita e strozzata di nuova. Penso mentre affondava il viso nelle mani.

Quella piccola traditrice, stava raccontando a tutti di quando aveva imparato ad andare a cavallo, come se lui non se lo ricordasse, gli faceva ancora male il sedere, se ripensava a tutte le cadute.

Erano anni bui, la gente si uccideva per un pezzo di pane, e gli stregoni e le streghe erano malviste. Quante persone innocenti aveva visto ardere nel fuoco dei mondani, spaventati da quello che non conoscevano, con la consapevolezza che la morte fosse la soluzione, senza tenere conto che uno spirito poteva rimanere intrappolato sulla terra per secoli, vagando in attesa della sua vendetta. Vivevano di stenti, cercando di nascondere agli altri la loro maledizione, che non potevano invecchiare e morire. Arrivavano in un villaggio e ci stavano gli anni giusti per non destare sospetti. Catarina, sempre affascinata dai mondani e dalle loro malattie, si prestava come aiutante a qualche dottore, mentre Magnus lavorava per qualche stalliere, nonostante non amasse molto i cavalli. Si spostavano attraverso portali o incantesimi, ma diveniva sempre più pericoloso, non c’erano molti punti di riferimento e allora decisero di optare per un metodo di trasporto mondano. Il cavallo.

-Non crederai seriamente che io salga su quel coso? - stava dicendo Magnus osservando il cavallo, irrequieto vicino a lui. 

–Dai fifone, è solo un animale- rispose Catarina accarezzando il collo della sua giumenta.

-Mi sta guardando male!- piagnucolò allora lo stregone.

-Magnus ti prego non fare il bambino, afferra le briglie e fagli fare due passi. Così farete amicizia- spiego calma la ragazza.

-Sappi che se questo “coso” mi uccide verrò a cercarti- disse Magnus avvicinando la mano allo stallone e ritirandola immediatamente quando sentì l’alito caldo del cavallo.

- Ecco vedi ha cercato di mordermi- urlò lo stregone, salendo sulla staccionata.

-In realtà ti ha solo annusato- disse paziente l’amica.

-Senti Magnus, non abbiamo tutto il tempo, prendi una mela, mettila sul palmo aperto della mano, e avvicinala al cavallo- spiegò l’amica scendendo da cavallo. –Così- disse mettendo la sua mano sotto quella dell’amico. – Per Lilith, smettila di tremare, mi stai facendo venire da vomitare-.

-E più forte di me, ho paura, che ci posso fare?-. – Non potrei andare su uno di quelli?- disse Magnus indicando dentro il recinto.

Catarina seguendo lo sguardo dell’amico iniziò a ridere. –Magnus quelli sono Pony e li usano i bambini per imparare a cavalcare, mi sembri un po’ grandicello per quello- disse asciugandosi le lacrime.

-Hai finito?- chiese piccato lo stregone guardando di traverso l’amica.

-Dai coraggio- disse allora Catarina. –Posiziona il piede qui, fai leva, afferra con una mano questo e tirati su? okay?. Io sono qui, vicino a te”.

Lo stregone prese coraggio e provò a salire solo che i primi tentativi andarono miserabilmente a vuoto e dopo l’ennesima caduta, anche la sua autostima era ferita, sembrava addirittura che il cavallo ridesse di lui. Orami prossimo al gettare la spugna, osservò il cavallo. Ora era diventata una questione di principio. 

Passarono così un paio di ore, fino a quando fu il cavallo stesso a dare la soluzione, infatto forse stanco dei continui colpi si avvicino nitrendo alla staccionata. Magnus lo osservò poi si arrampicò su di essa per sedersi sullo stallone. –Ci sono riuscito! - esclamò felice, e sentendo nitrire il suo nuovo compagno, accarezzandolo disse- Grazie a te, ovviamente-.

Fu così che Iron e Magnus diventarono inseparabili, per anni e anni, finchè un giorno la vecchiaia non si portò via il suo amico. Magnus non salì mai più su un cavallo, iniziando ad usare i pochi treni che ormai percorrevano le grandi città.

Una voce lo riportò alla realta e si accorse che il figlio gli aveva chiesto qualcosa.

-Scusa Rafe, non stavo ascoltando- disse lo stregone, imbarazzato.

-Ti ho chiesto come si chiamava il cavallo, la zia non se lo ricorda- ripetè allora il bambino.

-Iron, ed era bellissimo, nero come il carbone e velocissimo- rispose il cacciatore.

-Quindi ci insegnerai ad andare a cavallo?- chiese Max, osservando il padre.

-Oh se ti insegna lui, stai fresco- disse Catarina, ridendo. –Sono certa che ci sai ancora il segno del sedere di vostro padre per terra-.

-Gne, gne,gne -le fece il verso Magnus. – Se non ricordo male, nemmeno te , te la passavi bene con i corsetti- disse Magnus, lanciandole uno sguardo di sfida.
-Non oserai raccontare quella storia, vero?- disse Catarina arrossendo.

-Oh , mia cara. Non ho iniziato io la guerra- disse lo stregone ridendo.

-Dovete sapere che, tanto tempo fa le donne, erano costrette a portare dei corsetti strettissimi, per mettere in risalto le loro forme- iniziò lo stregone.- Se una donna non lo portava era segno che non fosse una donna per bene, ma quei corsetti erano stati ideati da qualcuno che odiava le donne, infatti erano talmente stretti che non permettevano quasi di respirare ed andavano indossati con l’aiuto di qualcuno-. – Solo che la Zia voleva dimostrare di essere in grado di metterselo da solo e utilizzò la magia per stringerlo, ma qualcosa andò storto e si ritrovò a non respirare. Meno male che io rientrai a casa un giorno prima, presi il coltello e tagliai tutti i fili che la legavano, salvandola- raccontò Magnus ridendo.

-Dovevate vedere la sua faccia, mentre la spogliavo. Era imbarazzatissima- disse ancora Magnus ridendo.

-Non è divertente- disse la strega, - e avevi promesso di non dirlo a nessuno!- disse Catarina lanciandogli una pietra, e colpendolo sul braccio. – Ma questo è solo l’inizio- disse la strega sorridendo. – La notte è ancora lunga- disse compiaciuta quando il gruppo la applaudì. Tutti erano curiosi di scoprire qualcosa sull’enigmatico stregone.

-Si- rispose serafico lo stregone. – La Notte è ancora lunga-.
-Direi che per stasera è tutto, possiamo andare a dormire- disse Magnus, alzandosi dal tronco e osservando il gruppo.  
 
-Ma Papà è presto, e io non voglio andare a dormire- rispose Max, guardandolo negli occhi. - Si invece, che poi fai come stamattina che non ti vuoi alzare- disse lo stregone osservando il figlio.

-Ti prego, voglio sentire la zia parlarmi di te- disse innocentemente il bambino, e lo stregone non resistette a quegli occhioni, e si sedette nuovamente borbottando tra se, mentre tutti ridevano.

Non gli piaceva essere al centro dell'attenzione se questo riguardava la sua vita privata, anche se non nutriva il benchè minimo dubbio che Catarina potesse mai raccontare cose veramente personali, si sarebbe limitata a raccontare qualche aneddoto divertente. Era la cosa più vicina ad una sorella che aveva, l'unica in grado di tenergli testa in qualsiasi situazione, che nonostante battute e frecciatine lo aveva sempre sorretto e ascoltato, pronta con il nastro isolante a rimettere insieme i cocci della sua vita, quando lui riusciva a distruggere tutto. Da quando aveva memoria c'era Catarina, aveva perso il contro degli anni passati insieme, spacciandosi come marito e moglie, fidanzatini per cercare di confondersi tra i mondani, quando i diversi come loro erano considerati mostri. Mostri a cui tutti poi chiedevano consiglio o aiuto per poi sputare per terra il giorno dopo guardandoli come cani rognosi. Aveva perso il conto di quante vite aveva salvato la sua amica, quando entrava nei sanatori pieni di lebbrosi, dove i mondani non volevano entrare. Aveva perso il conto di quante serate avevano passato osservando  il cielo, e sperando in un domani senza fughe improvvise, durante la notte. Aveva perso il conto di quante lacrime aveva versato, con i suoi inutili amori, sempre rincuorato dall'amico. Se c'era una cosa di cui era certo, dopo l'amore per Alexander e Max, era quell'amore che lo legava a quella bisbetica. 
 
-Sei pensieroso amico mio- disse Catarina, osservandolo e sedendosi vicino a lui. E fu guardando Catarina negli occhi che capì che non avrebbe mai raccontato nulla di lui. Non capiva come potesse avere quei dubbi. Lui appariva sempre sicuro e pieno di se, ma quella facciata era destinata a crollare inesorabilmente anno dopo anno, ben presto tutti l'avrebbero visto come il semplice Magnus, e non come il Sommo. In pratica ben reso tutti lo avrebbero visto come lo conosceva Alec. Erano passati anni dagli accordi, i nascosti erano considerati normali, ma Magnus aveva sofferto tanto vedendo amici morire innocentemente che ancora temeva di svegliarsi e scoprire di vivere in un sogno.  
 
-Non lo farei mai- disse sottovoce l'amica, intuendo i pensieri dell'amico, - e no. Non sono offesa, perché lo hai pensato, anzi, mi sarei stupita se non lo avessi fatto- disse ancora la ragazza, prendendogli la mano. 
 
-Sono un pessimo amico- disse lo stregone sorridendo imbarazzato. 
 
-Sei il mio pessimo migliore amico- disse la strega, ridendo. 
 
Alec, era restato in disparte ma aveva osservato e sentito tutto, mentre cercava di distrarre il gruppo mentre i due pluricentenari parlavano tra di loro. Jace stava preparando altra legna, aiutato dai ragazzi,. Simon e Isabelle si stavano baciando appassionatamente, tanto che Alec gli lanciò una pietra , ricevendo l'occhiata furiosa della sorella. Clary osservava il cielo pieno di stelle, meravigliata, come sempre.Quando c'era qualcosa con i colori lei si estraniava da tutto e tutti. 
 
Catarina si alzò cedendo il posto ad Alec, per tornare al suo tronco vicino ai bambini, che la attendevano per farsi coccolare. I bambini adoravano Catarina, anzi Magnus era certo che Rafe avesse addirittura per una cotta, non sapeva come mai ma aveva il sentore che suo figlio sarebbe divenuto uno dei più bravi cacciatori e si sarebbe unito a una nascosta, era troppo affascinato da quel mondo. 
 
-Dai Magnus, non può andare così male- disse Alec, prendendogli la mano. -Tu non conosci la strega- borbottò ancora il maggiore, guardando la mano unita a quella del compagno.

-Qualunque cosa mi dica, io ti amo lo stesso- disse allora Alec, cercando di calmarlo. E per un attimo sembrò funzionare, perché Magnus si perse in quel mare blu, isolandosi da tutto il mondo. 
 
-Devo prendere altro ghiaccio?- chiese Catarina, osservando i ragazzi, -Mi state facendo venire il vomito- continuò mimando il gesto , imitata poi da Jace. 
 
-Ricordami perché non posso tramutare il biondino Trace in un'anatra- chiese Magnus sulla bocca di Alec. -Perché sotto sotto, gli vuoi bene- rispose il cacciatore. 
 
-Nego, mai detta una cosa simile- disse Magnus , con espressione finta offesa, portandosi una mano alla fronte, con fare melodrammatico. 
 
-Papà, lo sai che se dici le bugie ti cresce il naso?- si intromise Max 
 
-Cresce che cosa?-chiese Jace, guardando il bambino come se fosse un alieno. 
 
-E' una favola mondana- rispose Alec, guardando comprensivo il suo parabatai, - Pinocchio è un bambino di legno, che viene portato in vita da una fata, e se dice le bugie gli cresce il naso....per magia- 
 
-Non è una fata, Papà- disse scandalizzato Max,- è Turchina, la Fata Madrina. E poi lui ha come coscienza un grillo, ma non lo ascolta mai e finisce sempre per fare tantissimi guai e fa preoccupare tanto il suo povero Papà- continuò Max. 
 
-Un po' come te- disse Rafe, ridendo.  
 
-Turchina? Che nome strano- disse Jace, guardando in malo modo Simon, che cercava in tutti i modi di non ridere.  
 
-Ehi, topo! Non ridere di me- disse allora Jace, lanciando una pietra a Simon, che la afferrò senza fatica, ormai era uno Shadowhunters a tutti gli effetti.
  
-Ricordo ancora quando la raccontai a George- disse il ragazzo rabbuiandosi, mentre Isabelle gli stringeva la mano. 
 
-Chi era George?- chiese allora Rafe curioso. 
 
-Era mio fratello- disse semplicemente Simon, -E' morto un po' di tempo fa in accademia, in un incidente-.  
 
-Un bruttissimo incidente che nessuno dimenticherà mai, Simon- disse allora comprensiva Catarina, osservando il ragazzo.  
 
Fu Jace ad interrompere quel momento di silenzio, -Allora chi mi spiega perché si chiama Turcheta?-. 
 
-Turchina, zio. Si chiama Turchina- disse il giovane stregone, alzando gli occhi al cielo-. 
 
-Si chiama Turchina perchè è una donna bellissima, con la pelle bianca e i capelli lunghi azzurri, ha una bacchetta magica, con sopra una stella, è magica come la zia...- disse estasiato Rafe, osservando la ragazza. 
 
-Ehi, sono magico anche io- disse Magnus, fingendosi offeso. 
 
-Ma tu non sei bello come la Zia- disse Rafe, arrossendo. 
 
-Noi siamo più fortunati dei mondani- disse Max, poco dopo. -Perché?- chiese curioso Alec, osservando il bambino. -Perché i mondani hanno la Fata Madrina, capelli blu, pelle bianca, noi abbiamo la zia Catarina, pelle blu, capelli bianchi- disse seriamente. -E quelli con la pelle blu, sono migliori di tutti- disse ancora Max, alzandosi la maglia, facendo ridere tutto il gruppo.  
 
-Zia, sei la nostra Fata Madrina?- chiese allora con voce da bambino Magnus, canzonando la ragazza. 
 
-Beh, direi che dopo tutto quello che voi due- disse indicando prima Magnus e poi Alec- mi avete fatto passare, il ruolo da Fata Madrina non me lo può togliere nessuno-. 
 
-Non ho ancora capito perché ci vado di mezzo sempre io- disse Alec, esasperato ridendo. 
 
-Te lo sei scelto te.... e ora ne paghi le conseguenze- disse Catarina ridendo, mentre tutto il gruppo ammutoliva, osservando lo stregone.  
 
-Tze, ha fatto la scelta migliore- disse borbottando lo stregone, guardando di traverso l'amica, facendole una linguaccia. 
 
-La scelta migliore la fece innamorandosi di me- disse Jace, strizzando l'occhio al parabatai, che alzò gli occhi al cielo, mentre Magnus immobile si limitò a chiudere gli occhi. 
 
E fu il silenzio totale, anche il bosco di zittì, in attesa della risposta del sommo stregone. Passarono inesorabili i secondi e quando Jace, fu più o meo tranquillo di essersela schivata, accade.  
 
Jace si ritrovò catapultato nel laghetto, circondato da pezzi di pane e papere. Magnus non si era mosso di un millimetro gli occhi ancora chiusi.  
 
-Non puoi usare la magia- urlò il ragazzo, mentre senza fiato ritornava vicino al falò completamente bagnato. 
 
-Te la sei cercata-disse Clary ridendo, prendendolo per mano e facendolo voltare. -Te la sei cercata, e fossi stata io Magnus ti avrei trasformato in un rospo- disse ancora la ragazza, con le lacrime agli occhi. 
 
-Scusami ma te da che parte stai?- chiese l'Herondale osservando la fidanzata. 
 
-Dalla tua parte, ma sai, è ora che ti assumi le tue responsabilità- disse ancora la ragazza, guardandolo negli occhi. 
 
-In che senso?- chiese Jace, non capendo. 
 
-Per Lilith, sei proprio ottuso- disse Magnus  ridendo. -Cresci uomo dai mille colori, stai per diventare Padre-. 
 
Jace osservò prima Magnus, poi Clary.- Sto per diventare Papà?- disse il ragazzo ancora senza fiato, abbracciando la ragazza. 
 
-Per L'Angelo, sarò padre- disse urlando Jace, sedendosi vicino al fuoco e portando la sua grossa mano sulla pancia della compagna.  
 
-Beh, non ci dobbiamo preparare della nascita- disse allora Catarina, dopo aver abbracciato la ragazza. - Ho fatto nascere tanti bambini e mi ha aiutato anche Magnus, quando non sveniva- disse ridendo. -Volete che vi racconto la storia?- chiese Catarina, facendo sedere di nuovo tutti. 
 
-C'era tanto tempo fa...... - 

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Capitolo 21
*** posso scrivere una lettera? ***


Il rientro dalle ferie, non era mia facile. Anche se Magnus non le aveva considerate come tali. Per lui ferie erano una spiaggia calda, camerieri che comparivano al suo schiocco delle dita e ozio a non finire. Il campeggio era tutto tranne che comodità e caldo. Tanto che appena rientrato passò due giorni interi dentro ad una spa, lontano da tutti. E Alec lo aveva lasciato andare sapendo quanto era stata dura per il compagno.

Per tutti gli altri invece si rientrava nel ritmo lavorativo, tra caccia, lezioni in accademia e pesanti allenamenti, con la consapevolezza che si era vissuta una delle più belle avventure che sarebbe per sempre rimaste nel cuore di ognuno di noi. E di certo in quello di Jace.

 Alec e Izzy si ritrovavano ad osservare il fratello e non capivano cosa lo avesse bloccato dal mettere dei volantini con su scritto: il mitico Jace Herondale sta per diventare papà. Forse il buonsenso di Clary aveva vinto la voglia di mettersi in mostra del cacciatore.

-Come sta Clary?- chiese curioso Alec, avvicinandosi a  Jace, mentre Izzy andava in palestra, dove alcuni studenti la attendevano per le lezioni pomeridiane.

-Bene, ha solo qualche nausea mattutina, ma Maryse ha detto che è una cosa abbastanza normale- rispose il biondo.

-Non hai parlato con Jocelyn?- chiese Alec, vedendo Jace che si era appiattito al muro alla vista della suocera.

-Non ci penso proprio, so che vuole la mia testa, per usarla come posacenere- disse Jace rabbrividendo.- E quello che è peggio, è che sta sempre con Magnus-.

Poi i due vennero interrotti dall’arrivo di una furia blu che si fiondò tra le braccia di Alec. –Max, non sarai di nuovo venuto da solo senza avvertire Papà, vero?- chiese severo Alec.

-No, sono con Papi ma lui si è fermato a parlare con la Zia Jos- disse il bambino. –Giuro Papà, parola di pirata- disse il bambino, facendosi la croce sul cuore.

-Cosa centrano i pirati?- chiese Jace, guardando Alec.

-Oh,caro fratellino , Max da grande vuole fare il pirata, solcare i mari e andare a salvare le giovani sirene in difficoltà- disse Alec, con voce maestosa.

-Te l’ho già detto che stai troppo con Magnus e ora parli come lui- rise Jace, schivando il pugno di Alec.

- Ti aspetto alla porta quando diventerai Papà-, disse Alec ridendo osservando sbiancare il fratello.

-Papà, cosa vuol dire che lo zio sta per diventare Papà?- chiese Max curioso. – Troverà anche lui un bambino sulla porta dell’accademia o in giro per la strada come Rafe?-.

- Ed ecco che ora la conversazione si fa interessante. Forza Alec rispondi a tuo figlio- disse malignamente Jace ridendo , guadagnandosi un’ occhiataccia dal moro.

-No tesoro- iniziò Alec, sperando che Magnus comparisse per dargli una mano.

-Come sarebbe no?- chiese ancora Max, confuso.

-No, non li troveranno per terra o sulla porta- iniziò Alec,- ma sarà dentro la pancia della Zia. Perché li sta nascendo un bambino-, sperando che questo bloccasse sul nascere la voglia di sapere del piccolo stregone. Era abbastanza imbarazzante parlare con un bambino di nemmeno cinque anni di sesso. E soprattutto farlo davanti al tuo tuo parabatai che trattiene a stento le risate.

-Okay- rispose il bambino e poi si allontanò

-Sai che prima o poi capiterà anche a te- disse Alec, osservando il bambino che camminava verso l’uscita, anche se era palese che avesse qualche dubbio in merito alla risposta del padre.

Max, assorto nei suoi pensieri e ancora dubbioso sulla risposta del padre si diresse in biblioteca per cercare le risposte che voleva. Come faceva un bambino ad entrare nella pancia della zia? E perché lui invece era nato sulla porta?

Magnus raggiunse i due ragazzi e non vedendo il figlio chiese ad Alec dove fosse il bambino.

-Credevo fosse venuto da te- si allarmò Alec. Cercarono il bambino ovunque ma sembrava sparito e Alec di dovette appoggiare al muro per la tensione.

–Ehi calmo non può uscire dall’accademia senza il nostro permesso, altrimenti gli tolgo i giochi dei pirati, quindi deve essere per forza qui- disse Magnus lentamente. Agitarsi non sarebbe servito a nulla, in panico bastava Alec, anche se dentro di se lo stregone era preoccupatissimo.

-E allora invece che stare fermo lì a fare nulla, fa una delle tue- e muovendo le mani in cerchio e facendo una smorfia- magie strane- disse Alec.

-Intanto io non faccio così- disse offeso lo stregone. E Poi concentrandosi fece comparire una bolla blu, dopo aver recitato alcune frasi la famigliare figura del bambino comparve nel mezzo.

–E meno male che non poteva uscire dall’accademia-.

-Tecnicamente è nella biblioteca dell’istituto, in pratica è come se fosse in accademia- disse Magnus, cercando di intercedere per il figlio.

-Non difenderlo- disse infatti il cacciatore, dirigendosi a passo spedito verso la biblioteca.

-Max!- tuonò il padre, quando lo scorse , facendo sussultare il bambino. –Lo sai che non ti è permesso lasciare l’accademia senza dire dove vai- urlò Alec.

-Ma l’istituto e l’accademia sono la stessa cosa, quindi tecnicamente, non mi sono mosso- disse Max, prossimo alle lacrime.

-Tecnicamente un cavolo- urlò ancora più forte il padre. –Mi hai fatto preoccupare, non sapevo dove fossi….. , credevo ti fosse successo qualcosa di brutto- disse Alec, avvicinandosi al bambino.

-Scusa Papà, è che so che Papi mi trova se mi allontano. E io volevo sapere..- disse bloccandosi per poi arrossire.

-Cosa volevi sapere, Mirtillo?- chiese Magnus, avvicinandosi al bambino e abbracciandolo, pulendogli le lacrime con la sua maglia.
-Io volevo sapere dei bambini- disse di un fiato il bambino.

-Dei Bambini?- chiese stupito lo stregone, non capendo.

-Papà mi ha detto che lo Zio diventerà Papà , ma che il bambino non lo troverà sulla porta o per strada come con me e Rafe, ma che sta crescendo dentro la pancia della zia- cercò di spiegare il bambino, mentre Alec si limitò a scrollare le spalle.

-E cosa non ti è chiaro?- chiese dolcemente lo stregone , accarezzando la testa del figlio.

-Ecco, io mi chiedevo come ci fosse entrato nella pancia della zia. E allora sono andato in biblioteca in accademia, cercando come nascono i bambini,  ma i libri sono tutti protetti da incantesimi e non sono riuscito a trovare nulla. Ho pensato che forse qui, che è più grande, avrei trovato qualche risposta- disse il bambino arrossendo. –Scusami Papà, se ti ho fatto preoccupare- disse Max, guardando Alec.

-Max, non potevi chiedere a me, invece di decidere da solo di spostarti?- chiese Alec, sedendosi di fronte al bambino con le gambe incrociate così di essere alla sua altezza. –Scusa- ripetè il bambino.

-Va bene, dai, non è successo nulla- disse Magnus, sedendosi anche lui sul tappeto.

-Allora me lo dite, come ci è finito il bambino nella pancia della Zia Clary?- chiese Max, osservando curioso i due padri.

-Ecco- balbettò Magnus, cercando con lo sguardo l’aiuto del compagno. – I bambini nascono quando due persone si vogliono tanto tanto bene, e si amano. Lo zio e la zia, si sono dati tanti baci e il bambino è finito nella pancia della Zia-.

-Quindi anche dentro la tuia pancia potrebbe nascere un bambino visto che Papi ti da tanti bacini?- chiese Max, osservando Alec.

-Beh, no- rispose Magnus, incapace di spiegare ad un bambino così piccolo un argomento che nemmeno gli adulti ancora capivano- Questo succede solo se c’è un maschietto e una femminuccia-.

–Se ci sono due maschietti come noi- disse Alec, arrivando in soccorso del compagno, -Vi hanno lasciato perché vi trovassimo- .

-Chi?- chiese sempre più curioso il bambino.

-Le cicogne- rispose Magnus, facendo poi comparire tra le sue mani un libro a colori che spiegava di come le cicogne portassero i bambini ai papà.

Il bambino osservò il libro, finalmente felice di avere qualcosa che gli spiegasse come nascono i bambini, poi osservando i padri chiese se era possibile scrivere alle cicogne, così come si scriveva a Babbo Natale.

-Certo- rispose Alec. –Cosa gli vorresti chiedere ?-  chiese Magnus, temendo la risposta del figlio. Ci mancava solo che Max chiedesse un fratellino in più.

- Posso scrivere alla cicogna e chiedere se si riprendono Rafe?- chiese il bambino.

-Scusa?- chiese Alec, ridendo. -Perché non vuoi Rafe?- .

-No, io Rafe lo voglio, ma di notte fa un rumore strano quando è nel letto e io non riesco a dormire.

-Poi gli dico di riportarlo- disse Max arrossendo.

-Non credo che le cicogne abbiano tempo per quello- disse Magnus, tirando un sospiro di sollievo,-Ma possiamo sempre chiedere- intervenne Alec, facendo l’occhiolino al compagno.

-Comunque Signorino- disse poi serio, -Sparisci ancora una volta senza avvisare e ti tolgo la nave per una settimana- disse Alec, guardando il bambino.

-Scusa- disse Max, abbracciandolo, appoggiando il naso freddo nel collo del padre, che rise per il solletico.

-Sei un pezzettino di ghiaccio- disse Alec, annusando il profumo famigliare del bambino, sentendolo tremare, lo avvolse ancora di più.

-Si ho freddo, quando sono venuto qui non mi sono portato la giacca-.

-Ecco- disse Magnus, facendo comparire tra le sue mani, l’indumento del bambino. –Ed ora tutti a casa- disse osservando l’orologio; – il nonno avrà già portato Rafe dal giro pomeridiano e noi abbiamo una lettera da scrivere- disse Magnus, facendo comparire un portale.

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Capitolo 22
*** bugie ***


Magnus abbracciato ad Alec, nel letto, stava sognando di quando aveva visto per la prima volta il suo cacciatore, solo che nel sogno, Alec lo prendeva per mano e lo portava sulla pista da ballo, mentre senza vergogna lo baciava davanti a tutti. Mentre Jace-Non-Trace, si rodeva il fegato dal nervoso. Era li assorto, con la guancia appoggiata alla spalla del cacciatore, quando si sentì toccare una mano. La guardò ma di fianco a lui non c'era nessuno. Poi si ritrovò a precipitare su un arcobaleno e si svegliò. Rafe vicino al letto lo scuoteva dolcemente. 
 
-Papà-stava sussurrando il bambino piano. -Rafe che succede?- chiese lo stregone, girandosi verso di lui, e nel farlo, inavvertitamente  (ma nemmeno troppo) svegliò Alec. 
 
-Scusa Papà, so che non devo entrare senza bussare, ma non mi sentivate, e Max sta piangendo- disse il bambino guardando i due uomini. 
-Ehi calmo, va tutto bene- disse Alec, alzandosi e dirigendosi subito  in camera. 
 
-Beh, visto che siamo svegli vuoi una tazza di latte e cacao?- chiese lo stregone, felice di vedere il bambino annuire e correre fuori dalla camera. Si infilò la vestaglia e raggiunse il bambino, - Grazie- disse Rafe, afferrando la sua tazza, prendendo una cannuccia dal bicchiere sul tavolo. 
 
-Ti posso lasciare qui da solo, mentre vado da Max?- chiese Magnus, guardando il bambino. -Certo, sono grande io- rispose il piccolo cacciatore, mentre con la cannuccia colorata, beveva la sua tazza di latte e cacao. 
 
-Vedo- disse Magnus, nascondendo un sorriso per poi dirigersi anche lui in camera di Max. 
 
Nel frattempo Alec si era avvicinato al bambino che dormiva sotto le coperte rannicchiato mentre lacrimoni macchiavano il suo viso blu. 
 
-Max, tesoro, sono Papà, svegliati. E' solo un brutto sogno- disse dolcemente Alec. -Tesoro, svegliati- disse ancora. Il bambino si svegliò e gettò le mani al collo del padre, scoppiando a piangere.  
 
-Ehi, shh, piccolino, shhh Max,va tutto bene -, stava dicendo Alec, mentre sentiva il piccolo stregone tremare di paura. Attese qualche minuto che si calmasse, poi lentamente lo staccò da se, e gli pulì il viso con le mani. 
 
-Ho solo fatto un brutto sogno Papà- disse Max, con il fiatone, rabbrividendo. 
 
-Me lo vuoi raccontare?- chiese il padre e vedendo che il bambino, prossimo nuovamente alle lacrime, scosse la testa con vigore non insistette. 
 
-Senti Rafe è in cucina con Papi, andiamo anche noi e ci beviamo una bella tazza di latte?- e il bambino scosse la testa. 
 
-No resto a letto- disse sottovoce. 
 
-Sei sicuro che va tutto bene?- chiese Alec, togliendogli le coperte. 
 
-Voglio il latte- disse il bambino, togliendo le mani del padre, dalle coperte. 
 
-Voglio?- domandò Alec, guardando il bambino che arrossendo sussurrò - Vorrei-. 
 
-Okay, forza andiamo- disse il padre, facendo per alzarsi dal letto. 
 
-Mi porti in braccio?- chiese il bambino arrossendo. 
 
-Va bene, stregoncino- disse Alec alzandosi,- Andiamo forza-disse mentre Max gli si attaccava al collo non prima di aver afferrato con la mano la sua copertina gialla, sistemandosela davanti. 
 
-Non ti muovi senza quella ,vero?- disse Alec, ridendo, ma il bambino non disse nulla. 
 
Sulla porta incontrarono Magnus che stava per entrare, e Max vedendolo nascose il viso nel collo del cacciatore, stringendo ancora più forte Alec, come se avesse paura che potesse perderlo,  lasciando perplesso lo stregone, che si allontanò di un passo. 
 
Alec, si limitò a scrollare le spalle stupito quanto il compagno del comportamento del figlio, spostò la mano per prendere meglio il bambino sentendola bagnata.  
 
-Pipì- mimò con la bocca Alec, guardando il compagno, che silenziosamente si diresse nella camera dei bambini, uscendone poco dopo con le lenzuola sporche, e si diresse in bagno, mettendo il tutto dentro la lavatrice, mentre Alec, andava in cucina dove trovò Rafe appoggiato al tavolo che dormiva, stringendo ancora la tazza.  
 
-Max, non far rumore che Rafe sta dormendo- disse il cacciatore, accarezzando la testa del piccolo stregone. -Ma siamo in cucina- disse il bambino sottovoce, senza togliere il viso dal collo del padre. -Si lo so, ma si è spaventato mentre piangevi e ci ha chiamato-. 
 
Alec, sempre con il bambino in braccio si avvicinò a Magnus, -Rafe si è addormentato, prendi Max e io lo metto a dormire -. 
 
-No - urlò il bambino, ricominciando a piangere e tremare. 
 
-Per Lilith, Max- disse lo stregone, -Si può sapere cosa ti prende?-, avvicinandosi al bambino, e quando fece per accarezzarlo, strinse con forza i capelli del padre facendolo sussultare. 
 
-Ho capito- disse solo Magnus, avvicinandosi a Rafe e portandolo in camera da letto.  
 
-Max, tesoro. Mi dici cosa succede?- chiese nuovamente Alec al bambino. 
 
-Nulla- rispose il piccolo stregone, tirando su con il naso. 
 
-Va bene, non succede nulla, però... hai fatto un brutto sogno che non mi vuoi raccontare e ti sei fatto la p- ma fu interrotto dalle mani del bambino sulla sua bocca. 
 
-Non dirlo, Papà, non dirlo a Papi, per favore- chiese implorante. 
 
-Cosa non devo dirgli?- chiese Alec, guardandolo stupito. 
 
-Che ho fatto la pipì a letto- disse il bambino. Ed Alec capì improvvisamente tutto. 
 
A cena infatti si erano intrattenuti a guardare la televisione, come se fossero al cinema, Magnus aveva preparato, o meglio Magnus aveva fatto comparire senza che i bambini vedessero, Pop-Corn, Patatine e Coca-cola, di cui tutti erano ghiotti. E Max aveva insistito  per berne più bicchieri. Quando prima di andare a dormire Magnus disse ai bambini di andare a prepararsi per la notte, di lavarsi i denti e di fare la pipì, Max assonnato fece un po' di capricci. Dopo svariate minacce riuscirono a fargli lavare i denti, ma non volle fare la pipì. Magnus, che aveva veramente poca pazienza, anche se si trattava del suo piccolo stregone, lo minacciò di togliergli la magia e la nave dei pirati se avesse fatto la pipì a letto. 
 
-Cosa ha detto Magnus prima di andare a dormire?- chiese Alec al bambino. 
 
-Di fare la pipì- disse sussurrando il bambino. 
 
-Altrimenti?- continuò il cacciatore. 
 
-Se facevo la pipì a letto mi toglieva la magia e i pirati- disse il bambino piangendo di nuovo. 
 
-Ecco- disse Alec, guardando il bambino. -Intanto basta piangere, e cambiamoci il pigiamino-. 
 
-Non glielo dici a Papi?- chiese speranzoso il bambino, mentre aiutato dal padre, si cambiava le mutandine e il pigiama.
 
-Sai che glielo dico- disse Alec, facendo piangere di nuovo Max. 
 
-Sei cattivo- gli disse tra le lacrime allontanandosi, inciampandosi nei suoi piedi, quando fece per andarsene. 
 
-Non sono cattivo, Max- disse Alec, prendendo un respiro profondo, contando mentalmente fino a dieci. 
 
-Si che lo sei, se fosse successo a Rafe non avresti detto nulla- continuò piangendo il bambino.  
 
-Max, adesso basta capricci- disse Alec, prossimo a perdere la pazienza. -Ti ho già spiegato che per me tra te e Rafe non c'è alcuna differenza, sgrido te come sgrido lui. Inoltre papà è andato in camera e ha cambiato le lenzuola quindi sa già che hai fatto la pipì a letto-. 
 
-E' così- disse Magnus, appoggiato alla porta. 
 
-Io … io... io.. Volevo andare a fare la pipì, perché mi scappava, ma c'era buio e avevo paura- disse Max balbettando, con lo sguardo fisso a terra. 
 
-E non potevi chiamarci?- chiese Magnus, avvicinandosi al bambino, che questa volta non si allontanò. 
 
-Così avresti saputo che mi scappava la pipì e ti saresti arrabbiato- disse il bambino. 
 
-E fare la pipì a letto, invece, non mi avrebbe fatto arrabbiare?- chiese lo stregone. 
 
-Speravo si asciugasse prima che vi svegliavate, avrei fatto il letto, e tu non ti saresti arrabbiato- disse il bambino, con gli occhi lucidi. 
 
-Max, se tu mi avessi svegliato, non mi sarei arrabbiato, ma ora lo sono perché non solo ti sei fatto la pipì addosso, ma perché avresti anche detto una bugia- disse Magnus serio, guardando il bambino. -Lo capisci?-. 
 
-Si- disse il bambino muovendo la testa. -Scusa- disse avvicinandosi al padre, che dopo averlo guardato con sguardo serio, gli sorrise e lo prese in braccio.  
 
-Sono in castigo?- chiese il bambino sottovoce. 
 
-Si- disse Magnus. -Sei in castigo e che questo ti serva di lezione- disse ancora. 
 
-Scusa Papà- disse Max, quando passò vicino ad Alec. 
 
-Va tutto bene Max, basta che non succeda più-  rispose il padre, andando poi a pulire le tazze lasciate sul tavolo dai bambini. 
 
-Scusa Papi- disse Max, nel letto guardando Magnus. 
 
-Dormi Mirtillo, ora. Domani mattina poi ne riparliamo- disse Magnus, lasciandogli un bacio sulla testa. 
 
-Mi togli la nave pirata?- chiese il bambino con gli occhi lucidi. 
 
-Sei in castigo, Max. Quello non cambia, non questa volta- disse allora lo stregone. -Devi capire che ad ogni scelta ne deriva una conseguenza, spesso pensi che siamo cattivi, ma quando sarai grande ti renderai conto che abbiamo fatto bene. Se ora dici a Papà che è cattivo, lui ci rimane male, ma sa che prima o poi capirai che lo ha fatto per il tuo bene. So che è un discorso molto complesso, ma con il tempo lo capirai. E i castighi ti aiutano a ricordare. Ogni volta che guarderai la nave che per una settimana non puoi usare, ti ricorderai che è perché hai detto una bugia e non ne dirai più. O almeno lo spero- disse sottovoce al bambino che durante la spiegazione si era addormentato.

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Capitolo 23
*** fiducia.... ***


Magnus era seduto sul divano, con una gamba a penzoloni, mentre l’altra era piegata su di esso. Non ci sarebbe stato nulla di diverso da solito, se non fosse che il cacciatore, nonchè suo amato compagno, non aveva proferito parola da quando, più di mezz’ora prima, era entrato in casa. Era rientrato dall’accademia, e si era diretto immediatamente in bagno, senza praticamente nemmeno salutare il compagno. Non che questi si fosse offeso, era bastata un’occhiata per capire che la giornata non era stata delle migliori. Se non lo avesse capito da come la porta aveva sbattuto quando la chiuse, il lancio stile olimpionico del suo arco dentro lo sgabuzzino era stata la conferma al dubbio. Si era limitato ad allungare la testa e acutire i suoi sensi, ma una volta tranquillo che non vi fossero perdite di sangue, attese pazientemente che il compagno proferisse parola.

L’acqua scorreva e Magnus decise di andare in camera dai bambini per vedere cosa stessero combinando, aveva infatti provato sulla sua pelle che a lasciarli da soli si avevano conseguenze molto spiacevoli. Erano bambini normalissimi, ma allo stesso tempo diversi dagli altri, e non perché uno era uno stregone e l’altro un cacciatore, ma per la loro innata voglia di sperimentare cose nuove, utilizzando gli utensili di casa. Insieme erano una vera e propria fonte di distruzione. Come quando avevano deciso di imitare la vasca di Magnus, quella che come la chiamava Max, Faceva blurp blurp e le bolle colorate, utilizzando un frustino. Max aveva versato l’intero flacone di bagnoschiuma nella vasca da bagno e Rafe aveva iniziato a girare velocemente la piccola frusta per la panna montana. In poco meno di dieci minuti la schiuma aveva rischiato di invadere anche la cucina, se non fosse stato per un terrorizzato Presidente che si era arrampicato, letteralmente, alle gambe di Magnus.ma vedendo l’espressione felice dei bambini, si limitò ad una piccola e breve, anzi brevissima ramanzina. Bambini non si fa!

E come dimenticare quella volta in cui riempirono i palloncini di coriandoli e glitter e dopo averli appesi in camera iniziarono a colpirli con piccoli mattoncini da costruzione. Ovviamente vinceva che ne scoppiava di più e negli angoli più nascosti della camera. In breve la stanza fu invasa da pezzettini di carta di tutti i colori e i bambini erano ricoperti di polvere colorata. Ma nemmeno quella volta Magnus riuscì a sgridarli come doveva. Bambini non si usano i Glitter di Papà!

E come la volta precedente, grazie alle sue scintille aveva fatto tornare tutto in ordine prima dell’arrivo a casa del compagno. Amava Alec alla follia, ma odiava quando la sua parte di Shadowhunters senza emozioni con il cuore di ghiaccio usciva fuori con i bambini. Forse era dovuto al fatto che lui non aveva avuto un’infanzia, come del resto lo stregone.

Fu quello che lo spinse ad entrare nella stanza prima che ne uscisse Alec, per evitare uno scoppio di ira di cui, il cacciatore, si sarebbe pentito poco dopo, come capitava quasi sempre.

Ma aprire la porta della camera ed essere inzuppato da capo a piedi da un’onda gigante di acqua gelida, per quello nemmeno lui, era preparato.

-Per i diavoli dell’inferno, cosa sta succedendo qui dentro?- chiese urlando Magnus, entrando in quella che una volta, era certo, fosse la camera dei bambini, e che ora sembrava un acquario a “cielo aperto” con tanto di rettilario annesso.

-Ciao Papi- disse il piccolo stregone guardando il padre sorridendo. - Stiamo studiando i pesci e gli insetti- poi allungo una mano con sopra una colorata mantide religiosa.

-Per Lilith. I libri che vi ho dato non andavano bene?- disse Magnus, guardandosi intorno.

-Non è la stessa cosa Papà- disse Rafe, mentre aiutava una tarantola ad arrampicarsi sul suo braccio, con le mani.

-Sapete vero che è arrivato Papà e che ha gettato l’arco nello sgabuzzino, e che se entrasse ora qui, saremo tutti in castigo ?- disse Magnus, mentre con la magia, faceva scomparire prima i laghi e gli acquari e poi le teche.

-Da dove arrivano?- indagò lo stregone, guardando il figlio arrabbiato.

-Dallo zoo di New York, ho letto che era chiuso e ho pensato che se li prendevamo nessuno se ne accorgeva- disse il bambino, sottovoce.

-L’idea è stata anche mia papà, non ti arrabbiare solo con Max- disse Rafe, intercedendo per il fratellino.

-Io non sono arrabbiato Rafe, ma avrei preferito che mi avvisaste, avremmo trovato una soluzione migliore- disse lo stregone, quando ebbe finito il lavoro.

-Non dirai nulla a Papà?- chiesero all’unisono i bambini, con gli occhi dolci, correndo ad abbracciarlo.

-Non dirò nulla a Papà- disse Magnus, arrendendosi. E proprio in quel momento si sentì un urlo provenire dalla camera da letto padronale, che fece accorrere Magnus e i bambini. Al centro del piumone bianco della coppia, un enorme ragno osservava Alec.

-Oh per Lilith- disse Rafe, usando la tipica esclamazione dei due stregoni.

-Puoi dire anche per l’Angelo, questa volta siamo nei guai- disse Max.

-Bambini… ripensandoci, credo Papà lo sappia- disse lo stregone, osservando il compagno che avvolto nel suo accappatoio blu, osservava il ragno nell’angolo più distante della stanza.

-Alec…- disse piano lo stregone, avvicinandosi, e ciò parre riscuotere il cacciatore.

-Voi due in camera. ORA- urlò Alec, - e te fallo sparire IMMEDIATAMENTE- disse ancora più forte, come se parlasse con i bambini.

Lo stregone, inarcando un sopracciglio non disse nulla, si limitò ad avvicinarsi al letto a far comparire una teca, prese il ragno e lo mise all’interno. Questi ritrovatosi nel suo famigliare ambiente corse a nascondersi sotto alla corteccia.

-Ha più paura di te- disse Magnus, sottovoce avvicinando al ragazzo.

-Non ti avvicinare a me, con quel mostro- disse Alec, e Magnus la face sparire.

–Tesoro, mi dispiace- disse Magnus, prendendogli una mano e sentendolo sussultare. –Sono io, guarda, sono solo io- disse sottovoce.

-Ci sono altri mostri in giro per casa?- chiese Alec, tornando a guardare il letto.

-Credevo fossero solo nella camera dei bambini- disse lo stregone colpevole, distogliendo lo sguardo.

-Scusami?- chiese pochi istanti dopo il cacciatore.

-Max e Rafe, volevano conoscere meglio gli insetti, gli ho dato un’enciclopedia, ma loro hanno deciso che vederli dal vico era meglio, e hanno trasportato in camera loro il rettilario dello zoo- rispose il compagno.

-E tu lo sapevi?- disse Alec, guardando il compagno.

-Se ti dico di si non li sgridi ?- chiese lo stregone, speranzoso.

-Magnus, ho lasciato correre la schiuma, i palloncini, i vestiti tagliati e i bicchieri volanti…..si Magnus, so quando cerchi di nascondermi le cose- disse vedendo lo stregone sgranare gli occhi, - ma questo è troppo-.

-Come fai a saperlo?- chiese Magnus.

-Perché alla sera mi raccontano cosa hanno fatto e non ci vuole molto per capire che hai rimediato a qualche pasticcio- disse ancora Alec, -Ma non sono arrabbiato, perché lo so che li ami, ma senza disciplina, faranno sempre quello che vogliono-.

-Hai ragione- disse lo stregone scostandoti, -Vestiti ti aspetto fuori- disse semplicemente uscendo.

Alec impiegò più di mezz’ora a vestirsi, anche se alla fine si mise solo un paio di pantaloni e una maglia a mezzemaniche, ma utilizzò i restanti ventinove minuti per calmarsi. Aveva avuto una pesante discussione con Jace, in accademia, e non voleva che quello potesse influire sui bambini, si alzò e si diresse verso la camera dei bambini, la porta era aperta e dentro sentiva i bambini parlare con Magnus sottovoce.

-Mi dispiace bimbi, questa volta ha ragione ad essere arrabbiato, quello che hai fatto è stato pericoloso, tu sei uno stregone, ma se uno degli insetti avesse morso Rafe, poteva morire. Lui non ha ancora le rune- stava spiegando lo stregone.

-Ma io non volevo… noi volevamo solo.. vederli da vicino..- disse Max sull’orlo delle lacrime.

-Papà, non è stata colpa sua, ho insistito io- disse nuovamente Rafe.

-Questo non servirà a molto, ma grazie di averlo detto- disse Magnus, abbracciando i bambini.

-Sei arrabbiato anche te?- chiese Max, stringendo la sua copertina gialla.

-No, non lo sono, ma sono deluso- disse lo stregone, - deluso che abbiate usato la magia quando sai benissimo che devi chiedermelo, e deluso perché invece che bloccare tuo fratello che stava facendo una cosa proibita, lo hai incoraggiato- disse lo stregone.

-Scusa- dissero i bambini sottovoce e in quel moneto Magnus, sentì il compagno, dietro la porta e si alzò.

-Sono tutti tuoi- disse sottovoce quando gli passò vicino, con lo sguardo a terra, -Non essere troppo cattivo- e fece per allontanarsi ma la mano del compagno lo bloccò.

-Resta- disse Alec, guardandolo negli occhi e lo stregone annuì.

-Avete qualcosa da dire?- chiese Alec, con le mani sui fianchi, lo sgaurdo arrabbaito, osservando i figli.

-Mi dispiace di aver usato la magia anche se non dovevo- disse Max, - E a me dispiace di averlo convinto- disse Rafe.

-Benissimo- disse Alec, -Scuse accettate, ma non siete perdonati-.

-Non ci metti in castigo ?- chiese Max.

-Max a cosa serve metterti in castigo se tanto domani lo rifai o metter in castigo Rafe? Ho accettato le vostre scuse, ma non vi ho perdonato. Lo farò quando mi fiderò nuovamente di voi, ora come ora, non mi sento di farlo. E non so quando tornerò di nuovo a fidarmi di voi- disse Alec, con la voce dura, anche se dentro si sentiva morire.

-Ma io.. ma noi… ma…. Ma… - disse Max balbettando.

-Ti ricordo che sono dei bambini- disse Magnus, avvicinandosi a Max che aveva iniziato a piangere.

-Lo so- disse semplicemente uscendo dalla camera.

-Papà- lo raggiunse Rafe, prendendogli una mano. –Fidati di Max, è stata colpa mia- disse il bambino, -Volevo vedere gli insetti- disse Rafe guardando serio suo padre negli occhi, senza mai distogliere lo sguardo.

-Rafe tu lo sai che qui, sei il fratello maggiore?- disse Alec, abbassandosi e guardando il bambino alla sua stessa altezza.

-Si, padre- disse il piccolo cacciatore.

-E sai che come fratello maggiore hai il compito e il dovere di proteggere tuo fratello, anche a costo di essere cattivo?- chiese ancora Alec. –Senti- continuò, -anche io sono un fratello maggiore, Jace una volta non mi ha parlato per un mese perché avevo detto alla nonna che lui usava le armi dei grandi, e ho litigato tantissime volte con Izzy, e con Max, tu non lo hai conosciuto, aveva la tua età anche lui credeva che fossi cattivo, ma l’ho sempre fatto per proteggerli, e ci sono … riuscito-. – o meglio con Jace e Isabelle, ci sono riuscito- disse ancora Alec. –Ed è questo che io mi aspetto da te- disse, abbracciando il bambino.

-Scusami Papà- disse il bambino sulla sua spalla, e poco dopo fu raggiunto da altre due manine.

-Ti puoi fidare di noi ancora una volta?- disse Max, con la fronte appoggiata alla schiena del padre.

-Io mi fido di voi, non ho mai smesso- disse Alec, prendendo il bambino da dietro la schiena e portandolo davanti a lui, vicino a Max.

-Mi fido di voi- disse Alec, guardando anche il compagno che era rimasto immobile con le lacrime agli occhi.
 
 
Ed ecco l’angolo della Pazza… ehmm della Vampy

Allora, ciao come state, tutto bene? Si?? E allora come mai non vi fate sentire? Ahhahaha … era un po’ che non combinava qualche pasticcio le due pesti, vi piace? Non siate troppo cattivi con Alec, lo conoscete è bravo, ma è pur sempre un rigido Shadowhunters.
Vi ricordo se vi va di passare nella mia pagina perché ci sono altre storie, che spero vi piacciano e magari mi fate sapere cosa ne pensate. Come sempre grazie acnhe a te, silenzioso lettore, per tutto!

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Capitolo 24
*** liti e ricordi part I ***


Piccola premessa, al fine di entrare completamente nella storia. Qui avremo un Rafe sui 12/13 anni e di conseguenza un Max sugli 8 anni. Detto ciò… buona lettura! Vi aspetto nei commenti!
 
Ore 07.00 di mattina.

Nel loft Lightwood-Bane c’era il solito caos mattutino. Bambini addormentati e allo stesso tempo capricciosi, uno stregone pluricentenario e un cacciatore, quasi senza pazienza.

-Insomma! Sono solo le sette di mattina e già fate i capricci. Si può sapere cosa c’è che non va oggi?- chiese Magnus, in vestaglia uscendo dalla cucina.

-Rafe si è chiuso in bagno!- urlò Max, correndo in camera piangendo.

-E sai che novità- esclamò lo stregone, alzando gli occhi al cielo.

-Cosa succede questa volta?- chiese Alec, incrociando il compagno in sala.

-Non lo so, ma Rafe si è chiuso in bagno. Te l’avevo detto che era troppo presto per insegnargli le rune di chiusura- disse Magnus, con lo sguardo furente, rivolto al compagno.

Avevano deciso di comune accordo, anni prima, di far crescere i bambini nel modo più semplice e mondano possibile, nonostante la natura dei due bambini, uno un piccolo stregone dalla pelle blue e l’altro un cacciatore che aveva visto cose che nemmeno un grande dovrebbe mai vedere o vivere, mantenendo comunque la porta aperta a magia e rune. Max aveva imparato ad usare sempre meglio il suo potere, e Rafe adorava il libro delle rune.  Ma la convivenza tra i due bambini non era sempre rosea. C’erano giorni in cui era un susseguirsi di scherzi e dispetti o giorni in cui si univano creando delle vere e proprie marachelle a discapito degli ignari genitori. Come quella mattina. Max aveva preso in giro il maglione di Rafe e lui per ripicca si era chiuso dentro con il gioco preferito del fratello, minacciando di farlo a pezzetti e non avesse chiesto scusa.

-Rafe, per favore apri la porta- chiese Alec, bussando alla porta del bagno, gentilmente.

-No!- rispose il figlio.

-Rafe, se apri la porta prometto di non metterti in castigo per aver preso nuovamente il mio stilo e aver tracciato, sulla porta nuova, una runa di chiusura- disse conciliante il padre.

-Tanto Papà mi mette in castigo lo stesso, tiene più a queste porte che a me- urlò ancora il bambino.

-Per l’Angelo Rafe! Apri immediatamente e non dire queste cose- disse ancora Alec, cercando di mantenere un tono calmo. –Per favore Rafe- disse ancora, sentendo con sua immensa gioia la porta che si apriva.

-Max mi prende in giro- disse il bambino sottovoce, - e se gli dico di smetterla mi alza da per terra con la magia e mi fa cadere, solo perché io sono più grande di uno stupido stregone-.

-Rafe, non voglio che parli così di tuo fratello- disse Alec, guardandolo.

-Se gli stregoni sono stupidi non è colpa mia- disse il bambino, arrossendo improvvisamente quando si rese conto di aver offeso anche il padre.

-Farò finta di non aver sentito- disse Alec, spingendo il bambino verso la sala.

-Non intendo stregoni come papà, lui non è stupido. Max si!- continuò il bambino.

-Rafe ho detto basta!!- disse Alec, perdendo definitivamente la pazienza, e afferrando il bambino per le braccia.

-Non voglio e ripeto, NON VOGLIO, che dai dello stupido a nessuno. Tanto meno a tuo fratello, sono stato abbastanza chiaro? -.

Il bambino si limitò a muovere il capo, guardando il padre con la testa alta e lo sguardo un po’ di sfida, come a quella età fanno normalmente i bambini.
-Non ti ho sentito- disse Alec, per nulla impressionato.

-Okay- disse il bambino, scostando la mano del padre. –Ma dovresti prendertela anche con Max e non solo e sempre con me, mi sto annoiando-.

-Rafe, ma si può sapere cosa ti prende ?- chiese Alec allibito, osservando il bambino.

-Nulla, ma sgridi sempre me, sempre e solo me- disse il bambino, colpendo con entrambe le mani il cacciatore.

-Perché sei il più grande tra i due- disse Alec, preso in contropiede dal discorso del bambino.

-E non l’ho mica deciso io di avere un fratello più piccolo stupido- disse ancora ad un passo dalle lacrime.

-Rafe, ti proibisco…-ma non ebbe modo di finire la frase che intervenne Magnus.

-Alec, Max ha bisogno di chiederti una cosa- disse lo stregone, ricevendo in cambio uno sguardo furente dal compagno. –E’ per la divisa e sai che io non sono capace a mettergliela come la metti te- disse sfidandolo con lo sguardo a contraddirlo.

-Vado- disse solo, respirando profondamente,-Ma io e te non abbiamo finito- disse rivolto al bambino.

Osservarono il padre entrare nella camera e Magnus sentì il bambino tirare un sospiro di sollievo.

-Quindi gli stregoni sono stupidi- disse semplicemente Magnus, guardando il bambino.

-Io non ho detto… - disse il bambino guardandosi le mani.

-Mi sembrava di aver sentito la frase “Se gli stregoni sono stupidi non è colpa mia”; ho forse sentito male ?-chiese Magnus, sedendosi sul divano. – Oltre che stupido, sarò anche sordo-.

-Non hai sentito male, ma io intendevo Max- disse Rafe, sottovoce.

-E cosa cambia tra me e Max ?-chiese ancora l’uomo.

-Che te sei Papà e lui è … solo Max- rispose il bambino.

-Quindi solo Max può essere insultato e io no, anche se siamo tutti e due stregoni- disse ancora il padre.

-Papà non volevo dirlo ero solo arrabbiato, papà Alec sgrida sempre me e a Max non dice mai nulla, e non è giusto- disse il bambino con le lacrime agli occhi.

-Questo non è vero-disse Magnus, asciugando le lacrime al bambino. -Semplicemente io parlo con Max e lui parla con te-.

-Ma tu non sgridi come lui- disse ancora il bambino.

-Cosa intendi?- chiese lo stregone.

-Che quando sgridi Max, lui esce sempre di camera con il sorriso e se a me sgrida Papà mi fa venire da piangere- disse il bambino.

-Questo non è vero- disse Magnus.

-Si invece- disse Rafe, puntandosi.

-E come mai avete litigato stamattina?- chiese Magnus, cambiando argomento. Sapeva che il bambino aveva ragione e che spesso, proprio quel fatto, era stato causa di lite tra i due adulti. Ma del resto si sapeva che lo stregone aveva il cuore di burro davanti ai bambini, e che spesso li scusa più del dovuto.

-Perché ha detto che il mio maglione è nero e brutto- disse Rafe.

-Ma il tuo maglione è nero- rispose il padre.

-Ma non è brutto- disse Rafe.

-Vero,non è brutto- disse Magnus.

-E assomiglia a quello di Papà, e me l’ha regalato lo zio Jace- disse il bambino.

-Ed è solo per quello? Che avete litigato mi sembra un po’ poco- disse Magnus, osservando il bambino.

-Ha detto che sembrava uno straccio, e che i demoni sarebbero scappati per lo spavento- disse il bambino.

-E te ti sei arrabbiato ?- chiese Magnus.

-Si- rispose il bambino.

-E ti sei chiuso in bagno-.

-Si-

-E poi hai detto che siamo tutti stupidi- disse ancora il padre.

-Si- disse pianissimo il bambino.

-Quindi invece che venire da me o da Papà e dirci cosa succedeva, hai minacciato Max di rompergli il suo gioco perché ha detto che la tua maglia sembra uno straccio-.

-Si- rispose ancora il bambino.

-C’è altro che dovrei sapere?- chiese il padre.

-No- disse piano piano.

-Sicuro?- chiese ancora il padre.

-Papà aveva un maglione uguale- disse il bambino sottovoce. –Mamma si lamentava sempre quando li lavava, perché sporcavano gli altri vestiti- disse dopo alcuni minuti di silenzio. -Me lo ricordo, non so come mai, ma mi ricordo il profumo dei maglioni appesi di papà-.

-E’ per questo che ti sei arrabbiato ?- chiese Magnus, sentendo una piccola fitta al cuore.

-Io non volevo dire che sei stupido. Scusami ho sbagliato! - disse il bambino, facendo un passo verso il padre, che di istinto lo abbracciò. Poi schioccò le dita e si fece comparire una divisa addosso.

-Per Lilith, quanto è scomoda- disse Magnus alzandosi, sentendo mancargli il fiato.

-A me piace- disse il bambino, -E ti sta bene- disse Rafe, sistemandogli una cinghia sulla spalla.

-Papà posso dirti una cosa- disse poco dopo il bambino, osservando il padre davanti a lui.

-Certo Rafe, dimmi- disse Magnus fermandosi.

-Ti stanno meglio i vestiti da … stregone- disse il bambino ridendo.

-Oh grazie al cielo- disse lo stregone, avvolgendosi di scintille blu e cambiandosi di abito.

-Scusami ancora Papà- disse il bambino, fermandosi a guardare il padre.

-Credo che dovresti chiedere scusa a Alec- disse Magnus, sospingendolo verso la camera.

 
[To be continued…]

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Capitolo 25
*** liti e ricordi parte II ***


-Aspetta Papà, aspetta un attimo, e se non mi vuole parlare?- chiese Rafe, fermandosi all'improvviso, il panico nella sua voce. 
 
-Oh per Lilith, come mai questa paura improvvisa?- chiese Magnus, guardando il bambino. 
 
-Perché stamattina l'ho fatto arrabbiare tanto ,ma proprio tanto- rispose il bambino. 
 
-Non è la prima volta Rafe. e mi sembra che dopo ti abbia sempre parlato, cosa cambia stamattina?- chiese ancora lo stregone. 
 
-E' che stamattina ho detto che siete stupidi e lui si arrabbia tantissimo quando qualcuno dice parole brutte su di voi-. 
 
-Lo pensavi veramente? Quando l'hai detto o eri solo arrabbiato con Max, per aver offeso la tua maglia?-. 
 
-Io non lo penso veramente- disse poco dopo il bambino. 

-Lo so Rafe, per quello voglio che chiedi scusa a Papà- disse dolcemente Magnus. 

-E se lui non mi vuole ascoltare?- chiese il bambino prossimo alle lacrime. 

-Userò la magia, ma sono certo che non serva, conosco Alec, meglio di te e so quanto ti vuole bene e quanto ti ama-. 

-Così poi si arrabbia anche con te- disse ancora il bambino. 

Quella mattina Rafe era proprio strano, e Magnus cercò senza successo di capire cosa fosse accaduto, ma non capiva il
motivo. Rafe era sempre stato molto chiuso, e Alec lo aveva pregato di non insistere, per via del passato del bambino. 
-Rafe, ti svelo un segreto ,ma non devi dirlo a nessuno nemmeno a Max, spesso noi facciamo i cattivi o facciamo finta di arrabbiarci perché vogliamo che un giorno, quando avrete voi una famiglia, sappiate crescere i vostri figli nel migliore dei modi. So che sei tanto giovane, e che manca ancora tantissimo tempo non sono pronto a diventare nonno, sono ancora troppo giovane- disse facendo ridere il bambino-, ma ciò che impari oggi lo metti in pratica tra tanti anni- disse Magnus, inginocchiandosi. -E allora capirai che non eravamo così cattivi-. 

-Ma tanto ci sarai anche te con me- disse il bambino, guardando per terra con un tono che preoccupò l'uomo. 

-Che succede? Adesso?- chiese Magnus, cercando lo sguardo del bambino. 

-Nulla- disse il bambino, dando la schiena al padre. 

-Tesoro, lo sai che non voglio sentire bugie- disse ancora Magnus, guardando Alec che era uscito dalla camera con Max in braccio. 

-Vieni, sistemiamo la cameretta poi andrai a parlare con Alexander- disse lo stregone, sospingendo il bambino verso la stanza. 

-Perchè lo chiami Alexander, anche se a lui da fastidio?- chiese il bambino. 

-Perché ha il nome più bello di tutta la terra- disse lo stregone. -Ora mi spieghi cosa succede, stamattina?- chiese ancora l'uomo guardando il bambino. 

-Io non lo so, non so cosa mi succede...- disse il bambino sottovoce, tirando su con il naso. -E' che stanotte ho fatto un sogno strano- disse il bambino poco dopo, stringendo a se un peluche a forma di coccodrillo. 

Magnus restò in attesa di sentire il bambino parlare, era raro che Rafe si confidasse di sua spontanea volontà e non voleva fare troppe domande per non spaventarlo.  

-Stanotte ho sognato una donna che mi parlava in spagnolo, mi ha detto che mi vuole bene, che è fiera di come sto crescendo, e che continuerà a vegliare su di me. Non mi ricordo la sua faccia , ma ho riconosciuto la voce -disse poco dopo il bambino sottovoce. -E allora ho pensato al mio papà, alla sua divisa , al suo profumo, io non voglio perderli, mi ricordo poco di loro, ma voglio ricordarmeli. Non voglio che vadano via-. 

-Non andranno mai via, saranno sempre dentro al tuo cuore, io lo so, basta che pensi a loro e vedrai che loro non spariranno- disse lo stregone. 

-Come lo sai?-chiese il bambino. 

-Sai Rafe, essere immortale e magico può essere bello, posso far comparire quello che voglio, quando voglio, ma ho visto anche tante persone morire, perché la magia non può fermare il tempo. Questa è una maledizione. Ho visto le persone che amavo morire, ma non mi sono mai dimenticato di loro, perchè vivono dentro di me- disse lo stregone sottovoce, toccandosi il cuore. 

-Scusami- disse il bambino prendendogli la mano e stringendola, -Io non ci avevo mai pensato-. 

-Non è facile ricordare, anzi spesso sarà doloroso, ti verrà voglia di piangere e di urlare. Poi con il tempo, il dolore si tramuterà in ricordo e tutto sarà più semplice- continuò lo stregone. Restarono in silenzio ancora per qualche minuto, fino a quando lo stregone non sentì il bambino respirare profondamente più volte. 

-Quindi tu per me ci sarai sempre, ogni giorno, finchè non morirò?- chiese il bambino, sempre tenendo la mano calda del padre tra le sue. 

-Si esatto, almeno finchè non ci sarà nessuno che  mi … ucciderà- disse lo stregone sorridendo. 

-Non credo che papà Alec lo permetterebbe- disse Rafe, - E nemmeno io e Max- disse il bambino, abbracciandolo forte. 

-Dimmi una cosa- disse Magnus, accarezzando la testa del bambino, -Che cosa ti ricorda di più tua mamma e tuo papà?-. 

-La musica, mamma cantava sempre, non so come mai ma me lo ricordo- disse il bambino. 

-Che tipo di musica?- chiese Magnus, curioso, anche se sapeva già la risposta, ma gli sembrava un miracolo che il bambino quella mattina avesse deciso di confidarsi così. 

-Questa musica- disse estraendo dal suo lettore cd un disco di ninna nanne in Spagnolo. 

-E questo da dove arriva?- chiese Magnus, guardando il piccolo oggetto nelle mani del figlio. 

-L'ho trovato in sala di la e l'ho preso- disse il bambino arrossendo. -Papà Alec, ha detto che posso prendere quello che voglio purchè non lo perda-. 

-Hai fatto benissimo- disse rincuorante Magnus,-Ma come mai proprio questo cd?-chiese curioso. 

Quando Magnus si era accorto, molti anni prima che l'unica cosa che facesse calmare il piccolo era quel disco lo aveva messo in bella vista, sapendo che il bambino non avrebbe accettato regali, perchè era ancora molto spaventato, soprattutto dalla sua magia. Ma era contento che il bambino avesse apprezzato quel piccolo gesto. Anche se l'idea era stata di Alexander. il suo compagno riusciva a comprendere molto meglio di lui, il bambino. Forse era per via del sangue angelico o semplicemente Alec, sapeva cosa voleva dire crescere da solo.       

-Non lo so- disse il bambino. -Sono passato davanti alla libreria e mi ha attirato il suo disegno sopra, sembrava una runa- disse ancora Rafe. 

-Non mi dire- disse lo stregone fingendosi sorpreso, -Non me ne ero mai accorto- disse ancora sorridendo. -Ora cosa ne dici se chiamo Alec, così ti puoi scusare per come ti sei comportato prima?-. 

-Sono già qui- disse Alec, appoggiato alla porta, facendo sussultare il bambino.- Max è andato da Catarina- disse semplicemente, guardando i due che lo osservavano stupefatti. 

-Credo che sia ora di andare a vestirmi, come si deve- disse lo stregone alzandosi e lasciando così lo spazio al compagno. Non prima di avergli lasciato un bacio a stampo sulle labbra e una muta richiesta nello sguardo, alla quale Alec rispose con un impercettibile segno affermativo. 

-Scusa- disse il bambino, giocando distrattamente con la coperta. 

-Per?-chiese Alec. 

-Per aver pensato che preferissi Max, per aver preso lo stilo, per aver detto che Max e Papà sono stupidi, un po' per tutto- disse il bambino di un fiato. 

-Scuse accettate- disse Alec, alzandosi. 

-Non sei arrabbiato?- chiese stupito il bambino. 

-No Rafe, non sono arrabbiato, perchè ho capito cosa ti ha fatto dire quelle cose, non è giusto che tu le abbia dette ma hai già capito di aver sbagliato-disse il padre, guardandolo. 

-Anche io ho perso una persona molto cara, mio fratello, era piccolo quando se ne è andato, e non passa giorno che io non pensi a lui, perchè come ha detto Magnus, è qui dentro di me. Io non voglio sostituire la tua famiglia, è giusto che il ricordo che hai di loro viva dentro di te, e che tu non ti dimentichi di loro, anche se non ti ricordi il loro nome, cerca di pensare sempre a cosa ti faceva stare bene con loro, e presto scopriremo qualcosa in più. Va bene?- disse Alec. 

-Si, ho capito, grazie Papà- disse il bambino sorridendo, abbracciando il padre. 
                              

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Capitolo 26
*** cacciatori di fantasmi ***


Era un pomeriggio freddo, in un gelido inverno, fuori la neve cadeva lenta, rendendo magico il paesaggio. Nell’accademia tutti erano intenti a far qualcosa, in attesa del rientro di Magnus, Alec e Jace, che erano stati chiamati da Emma, per una questione importante. Con la scusa di andare in camera perché erano stanchi i bambini si erano allontanati dalla custodia dei nonni, per scendere nelle segrete dell’accademia. Parecchie sere prima, curiosando nella libreria di Nonno Robert, aveva trovato un libro sulla storia dell’accademia Shadowhunters, che lo aveva incuriosito. Aveva chiesto il permesso al nonno per portarlo a casa e lo aveva iniziato a leggere, avidamente. Narrava di tempi antichi, di guerre, di fratelli Silenti e di nascosti. E quando aveva letto di Alec e Magnus, e delle loro imprese, si era sentito orgoglioso di averli come Papà, di portare il cognome Bane-Lightwood. Ed era rimasto incuriosito per la storia di un giovane cacciatore, che era morto in modo tremendo, durante la cerimonia di Ascensione, tanti anni prima, e c’era chi diceva che la notte si potevano sentire le urla del giovane. Un po’ come quel film che aveva visto di nascosto una sera, quando tutti dormivano. Aveva sentito parlare di demoni, anche se non ne aveva mai visto uno, a parte Elyaas che ogni tanto veniva evocato da Magnus, e se tutti i demoni erano come quello, di certo a lui, non avrebbero mai fatto paura, conosceva i figli della notte e i figli della luce, perché spesso si era ritrovato a Idris, mentre i grandi erano intenti nelle riunioni e lui, con il fratello, spiava di nascosto. Anche se era certo che Magnus sapesse di questo piccolo vizio, perché quando i grandi iniziavano ad urlare, lui si voltava verso il buco, con gli occhi gialli, e per paura di essere visti, scappavano. Ma il padre non aveva mai detto nulla e di certo, lui non aveva mai chiesto.
 
Era intenzionato più che mai a scendere nelle segrete, ma per farlo c’era bisogno dello stilo, perché la magia di Max non era efficace. E tanto meno voleva scendere portandosi quella palla al piede del fratello. Era certo che a metà strada avrebbe iniziato a piangere e a lamentarsi. Lui voleva solo vedere il fantasma, non ne aveva mai visto uno. Erano veramente trasparenti, verde e che mangiavano ogni cosa, lasciando in giro una bava appiccicosa? Ma purtroppo quel pomeriggio, stranamente Max non aveva intenzione di addormentarsi e quando fece per uscire lo minacciò di iniziare a piangere, se non lo avesse portato con lui. Quando Rafe si trovò costretto a raccontare cosa voleva fare, Max iniziò a battere le mani felice, e al fratello non restò altro che alzare gli occhi al cielo ed annuire. Scesero furtivamente le scale, senza farsi vedere, avere il fratello stregone aiutava, restava solo una piccola cosa da prendere: lo stilo di papà. 
 
Entrarono nella camera dei genitori, sperando che il padre non si fosse portato lo stilo dietro, con grande loro gioia lo trovarono dentro il comodino. 
 
-Sei sicuro di voler venire?- chiese Rafe, al fratello.
 
-Certo che si- rispose il più piccolo. 
 
-Non puoi usare la magia- disse ancora il piu grande.
 
-Io non la uso mai- mentì il piccolo stregone, incamminandosi verso l’uscita. 
 
-Dove accidenti stai andando- lo bloccò il più grande, sbattendolo contro il muro. 
 
-Ahia, sto andando nelle segrete- disse semplicemente. 
 
-Stupido, non sono lì- disse Rafe, spingendolo verso la cucina, -Si pass da una porta nascosto nella stanza delle provviste, guarda- disse indicando la mappa, -si passa da qui-.
 
-Devi smetterla di chiamarmi stupido- disse poco dopo lo stregone, alzando la testa orgoglioso, -Sono tuo fratello, se sono stupido io lo sei pure te! L’Ha detto il nonno!-. 

Andarono in cucina, con la scusa di volere una tazza di latte prima di andare nel letto, e quello sembrò funzionare perché nessuno li fermò, anzi, spesso si offrirono di accompagnarli, ma a tutti dicevano che in cucina li attendeva la nonna. Trovarono la porta nel punto indicato dalla mappa, e Rafe, avvicinando lo stilo di Alec, tracciò la runa che aveva visto sul libro e la porta di aprì. Dietro di esse c’erano delle scale che si perdevano nel buio, titubanti i bambini misero un piede davanti all’altro e si diressero di sotto, sobbalzando quando la porta si richiuse con un piccolo tonfo, lasciandoli al buio. Max fece per muovere le mani e quando si sentì lo scoppiettare che precedeva le scintille, Rafe lo bloccò, strattonandolo per la maglia. 

-Non usare la magia, potresti farti male- disse il fratello. 

-Ma non ci vedo nulla- disse lo stregone, sottovoce. 

-Aggrappati alla mia maglia e segui me- disse il più grande, iniziando a muoversi lentamente. 

-Sei sicuro che questa sia la strada per andare dal fantasma?- chiese titubante Max, facendosi più vicino al fratello. 

-SI così dice la mappa- disse Rafe, sottovoce, rabbrividendo quando toccò il muro con la mano. 

-E perché quando hai rubato lo stilo a papà, non hai preso anche la pietra?-chiese ancora il piccolo stregone. 

-Abbiamo rubato lo stilo a papà, non l’ho fatto da solo- disse Rafe, bloccandosi, e ritrovandosi Max premuto contro la schiena. 

-Non mi piace questo posto Rafe, voglio andare a casa- disse il bambino più piccolo, ammutolendo per l’ennesimo sinistro scricchiolio. 

-Ormai manca poco, guardiamo il fantasma e andiamo via- disse il più grande, curioso ma allo stesso tempo terrorizzato, all’idea di quello che gli avrebbero fatto i genitori, una volta scoperto il loro piano. 

-Ti avevo avvisato che questo posto faceva paura, e che potevamo aprire la porta solo con uno stilo Shadowhunters- disse Rafe, scostandosi il fratello di dosso. 

-Io non ho paura- disse il piccolo stregone, alzando la testa, e guardando il fratello. 

-Si, certo. Nemmeno io- disse sottovoce il piccolo cacciatore, avanzando lentamente di un passo. Se sapeva che c’era così buio oltre allo stilo avrebbe preso la stregaluce, tanto quella era nello studio di papà, inutilizzata, perché era, per papà, un ricordo. Che poi cosa ci fosse di così importante su un pezzo di pietra proprio non lo capiva. 

-Per l’Angelo Max, non mi stare così vicino, già non si vede nulla, così rischiamo di cadere e di farci male- disse tra i denti Rafe, senza però mollare la mano del più piccolo, ma anzi stringendola ancora di più. 

-Era meglio la mia magia- disse Max, poco dopo. –Non capisco perché non posso usarla-. 

-Perché sei uno zuccone, ecco perché- disse Rafe, guardando il fratello più piccolo. 

-Mi hai detto una brutta parola- rispose il piccolo stregone, -Lo dico a papà, così ti mette in castigo-. 

-Bravo, piccolo genio, e già che ci sei, perché non gli dici che ti ho detto zuccone, che non è una parolaccia, mentre eravamo in una zona proibita dell’accademia?-disse Rafe, ridendo. –Non puoi usare la magia, perché ci sono le barriere anti stregone, e se la usi, temo, che in meno di un minuto ci ritroveremo tutti qui, e allora, saremo veramente nei guai- disse in modo più gentile. Già era dovuto scendere portandosi dietro il fratello, averlo piagnuccoloso non rientrava nel suo piano.  

Max restò in silenzio qualche minuto, allontanandosi dal fratello, arrabbiato, pronto a tornare indietro, finchè non si sentì un lamento in lontananza che gli fece gelare il sangue nelle vene. 

-Lo hai sentito?- chiese Max, terrorizzato. 

-Si , ma stai tranquillo è solo il vento che passa attraverso le grate- disse saggiamente Rafe.  

-Va bene- rispose il piccolo stregone, senza molta convinzione. 

Camminarono in silenzio al buio per alcuni minuti, senza emettere un solo suono, facendo attenzione a non scivolare. L’odore era sempre più pungente, e ben presto i due piccoli si ritrovano con gli occhi pieni di lacrime. La parete era viscida, bagnata, e piena di muffa maleodorante. Le scarpe erano immerse nel fango e sentivano i piedi freddi e bagnati. 

-Ho freddo- pianse il più piccolo, le mani ormai erano un pezzo di ghiaccio. 

-Dai Max, guarda si vede una luce, siamo arrivati, resisti- disse il fratello più grande, accelerando il passo, e finendo disteso poco dopo. 

-Rafe ti sei fatto male?- chiese Max, avvicinandosi al fratello. 

-Non tanto- rispose alzandosi, e pulendosi la mano sulla maglia, sentendola calda. 

-Voglio tornare a casa, sono sporco, puzzo e mi sono rovinato la mia maglietta preferita- disse lo stregone, ad un passo dalle lacrime. 

-Sei tu che hai insistito per venire. Quindi o mi segui e stai zitto, o puoi tornare indietro da solo- disse il fratello. 

-Sei cattivo- disse poco dopo il più piccolo, tirando su con il naso. -E da solo non ci torno, potresti avere bisogno di me- rispose ancora. In realtà l’idea di tornare indietro da solo al buio lo terrorizzava, ma non l’avrebbe mai detto a Rafe. –Vengo con te, non vorrei che cadessi di nuovo-. 

Si avvicinarono piano piano alla stanza con la luce, in silenzio spiandoci dentro. Era una stanza enorme, piena di ragnatele enormi che, grigie, pendevano dal soffitto. La luce proveniva da una piccola grata, da cui si intravedevano gli alberi del cortile.  

E poi fu tutto questio9ne di pochi secondi. Un vento gelido percorse la stanza, facendo volare pezzi di carta e vecchie pergamene, terrorizzando i bambini, un fischio lento, basso, come il ringhio del mare in tempesta, alcune gocce colpirono il viso del cacciatore e dello stregone. All'improvviso uno scossone e un sinistro scricchiolio fecero voltare i bambini, poco prima di vedere l'unico mobile cadere a terra, a pochi centimetri da loro. Ma quello che letteralmente terrorizzò i bambini fu il velo bianco che dal soffitto lento scendeva verso di loro. E allora non persero tempo e corsero veloci come il vento, inciampando e cadendo più volte sul viscido pavimento, strappandosi i pantaloni e sbucciandosi ginocchia, gomiti e mani. Riprendendo fiato solo quando si resero conto di essere nuovamente dentro la stanza delle provviste senza essersi mai lasciati la mano. 

-Per Lilith- esclamò il giovane stregone, -Quello era un fantasma, i fantasmi esistono , per Lilith, poteva catturarci e farci diventare come lui-. -Per Lilith verrà a darci la caccia?- disse ancora quasi piangendo. -Io non voglio che mi rapisca, oh per Lilith- disse sedendosi per terra. 

-Ehi tranquillo ci sono io a proteggerti- gli disse Rafe, abbracciandolo. Per poi saltare dalla paura quando sentì la porta scricchiolare. 

-Sta uscendo Rafe. Ci ha trovato- urlò allora il bambino correndo in camera, seguito dal fratello, che provò a chiamarlo senza successo.  

-Max, calmati, Max- disse Rafe avvicianndosi al fratello che era corso a nascondersi in bagno. -Qui non può entrare nessuno, tanto meno i fantasmi, ci sono le protezioni di papà-. 

-Ma papà ha detto che i fantasmi non esistono , quindi non ha nemmeno creato le protezione, e lui stanotte torna e mi porta via, lo so- disse il bambino in preda all'agitazione. 

-Senti, ora perchè non dormiamo un po', intanto che aspettiamo papà? Io dormo qui nel letto con te. Va bene?- disse il giovane cacciatore, che in realtà stava cercando di rincuorare il fratello, ma aveva ancora il cuore che batteva a mille dalla paura. E fu così che li trovarono Alec e Magnus quando rientrarono in camera. 

-Papà- urlò Maax, saltando al collo di Magnus. -Papà, Papà un fantasma mi vuole rapire, ti prego, proteggici- disse tremando. 

-Mirtillo, non so di cosa stai parlando ma i fantasmi non esistono- disse Magnus accarezzandogli la testa. 

-Veramente?- chiese Rafe, avvicinandosi e prendendogli la mano. 

-Mi spiegate cosa sta succedendo?- chiese Alec, guardando i bambini, che apparivano terrorizzati e provati. 

-Abbiamo visto un fantasma Papà, siamo scesi nelle segrete e l'abbiamo visto, era grande , bianco, non era come quello verde nei film. Ora ci verrà a prendere?- chiese Rafe. 

-Cosa ci facevate nelle segrete?- chiese Magnus, sedendosi. 

-Noi... ecco noi, cercavamo il fantasma- spiegò il bambino, arrossendo. -Si lo so, siamo in castigo, va bene non usciremo di camera nostra per anni, ma ti prego, fai in modo che non ci rapisca, Papà- disse Rafe, supportato dal fratello.  

I due uomini si scambiarono un'occhiata capendo che c'era qualcosa che aveva terrorizzato i bambini, senza capire effettivamente cosa fosse successo, ma decisero che era il caso di assecondare i bambini finchè non si fossero abbastanza calmati, creando delle finte rune anti fantasma. Finalmente ciò sembrò calmare entrambi i bambini, che raccontarono cosa era accaduto. Dopo essersi presi la ramanzina del secolo, i bambini esausti crollarono dal sonno e dalla fatica della giornata. 

-Secondo te cosa è successo?-chiese Alec, osservando i bambini. 

-Non ne ho idea, ma qualsiasi cosa sia, sono certo che non torneranno mai più laggiù- disse lo stregone, pensieroso. 

-Non puoi far in modo che di dimentichino di questa... cosa?- chiese Alec, accarezzando la fronte di Rafe. 

-Non posso cancellare la memoria- disse Magnus, sussurrando. -Ma posso fare in modo- disse muovendo le mani e sprigionando le scintille blu- che non lo sognino più- disse sorridendo, accarezzando entrambi i bambini. 

-Grazie tesoro- disse Alec, baciandogli una tempia. 

Quello che i bambini non seppero mai, mentre dormivano beati grazie alla magia del padre, era che nelle segret, nascosto tra le carte e le pergamene un enorme topo, cercava di ricostruire la sua casa, che nel pomeriggio, due bambini, spaventandolo gli avevano distrutto. 

L'Angolo della Vampy
Cosa posso dire se non :GRAZIE!! era un po' che non entravo nelle statistiche della storia. Cavolo è pazzesco, cioè ho tantissime visualizzazioni ( grazie caro e dolce lettore silenzioso), ma anche tanti tra preferite\seguite. Non mi sembrava vero, vorrei conoscervi tutti e dirvi ad uno per uno, quanto siate importanti per me. Sono fiera di sapere che i miei racconti vi piacciono, grazie di cuore, grazie!!

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Capitolo 27
*** non andar via... ***


Max era un vivacissimo bambino di quasi cinque anni, la sua intelligenza era superiore a molti, e non per il fatto che fosse un piccolo stregone, ma per la sua continua voglia di scoprire il mondo. Sapeva già leggere, anche se Alec non era molto favorevole, voleva che il bambino crescesse bambino. Non come lui che a cinque anni sapeva già uccidere senza usare le armi. Voleva che suo figlio crescesse in quel mondo che non conoscevano. Nemmeno Magnus aveva avuto un'infanzia felice anzi tutto sommato quella di Alec, era stata rose e fiori, ma da quando avevano Max erano tornati un po' bambini anche loro. Non che per Magnus, poi, ci fosse quella grande differenza. Per lui restava sempre un incrocio tra un pantera e un elfo demente, anche se non glielo aveva mai detto. 
 
Non era raro entrare nel loft dei ragazzi e trovarli immersi in qualche gioco da tavola, Magnus intento a cambiare con la magia le pedine e Alec interessato al regolamento, mentre Max lanciava in aria ogni oggetto. Ma quello che più divertiva Alex era vedere il suo bambino contento. Quella risata squillante e naturale, bastava sentirlo ridere per sentire il suo amore prepotente, e si ritrovava a fissare gli occhi del compagno, specchiandoci dentro le stesse emozioni. Erano fortunati, avevano lottato per i loro diritti, e avevano ottenuti tutti una seconda occasione. Alec più di una volta era stato tentato di scoprire chi fosse la madre di Max, ma Magnus glielo aveva sempre impedito. Lasciamo le cose come stanno gli diceva il compagno,  e Alec non aveva mai indagato. Alla fine lo stregone era Magnus, e anche il più saggio, nonostante i dubbi che ogni tanto scatenava.  
 
Proprio quella sera stavano giocando a Monopoli, un gioco carino, ma era quasi convinto che il suo uomo stesse barando. In tre partite, Magnus aveva avuto sempre la Carta Parco della Vittoria, finendo per pignorare oltre a tutti i soldi, anche quattro merendine, undici caramelle di Max, che contrariamente rideva felice, perché ogni volta che lanciava i dadi papà Alec, finiva quasi sempre in prigione. E la risata di Max, riempiva i genitori di gioia e ogni preoccupazione svaniva, aveva un qualcosa di magico o semplicemente, erano una famiglia felice. Odiava doversi allontanare dalla sua famiglia, soprattutto in quelle occasioni così speciali, ma restava per sempre uno Shadowhunters, come del resto Magnus era uno stregone. Quindi capita che nel cuore della notte, lo stregone, partisse per salvare qualche vita o per qualche magia importante come capita che Alec venisse richiamato dal capo dell'istituto , nonché suo parabatai per una caccia improvvisa. E se una volta sarebbe stato felice di uscire all'aria aperta, lasciando alle spalle tutto, ora avrebbe pregato gli angeli, per un po' di pace. Guardava suo figlio e lo vedeva crescere, giorno dopo giorno, i primi dentini, i primi passi, la prima parola. Il tempo gli sfuggiva dalle mani e lui volava passare ogni secondo con suo figlio. La vita dello Shadowhunters era pericolosa, non ne parlavano spesso, perché Magnus tendeva a dare di matto, ma la morte viaggiava sempre con loro. E per Alec iniziava da un po' di anni ad essere una presenza odiata. 
 
Erano una di quella famiglie che spesso vedevano in televisione la sera, tutta sorrisi e abbracci. Certo non mancavano i capricci o i pianti quando uno dei due era costretto ad andarsene, come quella sera. Quando Max capiva che uno dei due stava uscendo, iniziava a piangere, stringendosi alla gamba del padre, e a nulla valevano le rassicurazioni tanto torno subito. Max sapeva che quella frase era una delle tante bugie che i padri gli dicevano. Aveva lasciato il cuore a casa, e a nulla erano valsi i si tratta di lavoro di Magnus, per rincuorarlo. Le lacrime di suo figlio lo colpivano peggio di un morso di un demone. 
 
-Max, tesoro ascoltami-aveva detto Alec, cercando di scollarsi il bambino dalla gamba, ma questi se potè si attaccò ancora di più. 
 
-Max, lascia la gamba di Papà, deve solo andare un attimo dallo zio e torna subito- provò anche Magnus, ma in cambio ottenne solo singhiozzi più forti. 
 
-Tesoro, guardami- disse Alec, poco dopo. 
 
-No- rispose testardo il bambino. -Sei cattivo e... no- rispose stringendo ancora più forte i pantaloni del padre. 
 
-Max, non puoi fare così ogni volta che Papà va via- disse Magnus, mettendosi in ginocchio dietro al bambino e accarezzandogli la schiena. 
 
-Max, tesoro, torno te lo prometto, vado via un attimo, tanto torno presto- disse Alec, abbassandosi nel limite del possibile. 
 
-Perché io non posso dire le bugie, e te invece le dici sempre e papi non ti sgrida?- chiese il bambino, staccandosi improvvisamente. 
 
-Io non dico bugie, Max- rispose Alec, cercando lo sguardo del compagno, che però si limitò a scrollare le spalle. 
 
-Si che le dici, me le dici sempre- urlò il bambino, con le guance rigate di lacrime. -Mi dici sempre che torni subito e invece arrivi anche dopo una settimana-. 

-Max...- implorò Alec, -Ascoltami. È il mio lavoro, nemmeno io vorrei mai andarmene, e nemmeno Papi- cercò di spiegare. -Ma fuori c'è qualche bambino che avrà bisogno di me...-. 
 
-E perché non ci va il suo papà- urlò, ancora il bambino, la voce scossa dai tremori. 
 
-Perché non hanno i superpoteri come Papà Alec- rispose Magnus, sorridendo. 
 
-Io non voglio che vai via- disse ancora il bambino, buttandosi tra le braccia del padre, che si era inginocchiato davanti a lui. 
 
-Nemmeno io vorrei Max- gli disse Alec, immergendo il naso nei capelli del bambino e aspirandone il profumo. -Nemmeno io, ma devo andare e prometto che torno subito-. 
 
-Non dire bugie- disse di nuovo Max, stringendo i capelli di Alec, tra le dita. 
 
-Non te ne dico Max. Ti faccio una promessa: tornerò sempre- disse Alec. -Ora per favore, stai con Papi? Bravo finchè non torno?- chiese Alec, ottenendo solo che il bambino si staccasse di colpo, correndo in camera, sbattendo la porta. Impotente Alec, sussultò al colpo. -Non posso non andare- disse con la voce bassa. 
 
-Lo capirà, Alexander- disse Magnus, abbracciandolo forte. -Ma ti chiedo una cosa-disse poco dopo. -Promettimelo anche a me-. 
 
-Te lo prometto- disse Alec, baciandolo sulle labbra, poi a fatica si diresse verso lo sgabuzzino prese le armi e uscì di casa. Non prima di fermarsi davanti alla camera del figlio, ma sentendolo piangere si limitò ad uscire di casa. 
 
Quando aveva incontrato Jace, aveva grugnito un saluto, e poi, una volta sentito dell'avvistamento era entrato in modalità cacciatore, non prima di aver inviato un messaggio a Magnus, dicendogli che si sarebbe intrattenuto a lungo. Magnus lo tranquillizzò mandandogli una foto di Max che dormiva, ma ad Alec non sfuggirono le guance bagnate del bambino. Maledettissimi demoni. Scusandosi con il compagno, si diresse al luogo dell'incontro, con loro ci sarebbero stati i figli della Luna. Sperava soltanto fosse una cosa veloce e semplice, ma ovviamente, quando a casa hai un figlio in lacrime e che probabilmente ti sta odiando e un compagno bellissimo, la fortuna non è mai dalla tua parte, anzi sembrava accanirsi con piacere. Aveva infatti iniziato a piovere, sempre più forte, divenendo ben presto un acquazzone, e non c'era un solo punto dove ripararsi. 
 
Erano appostati sul tetto, al freddo e sul pavimento bagnato da quasi un'ora. Erano stati avvisati che il demone si stava dirigendo verso di loro, attese pazientemente, estrasse l'arco, prese la mira e dopo svariati tentativi finalmente potè dichiarare chiusa la caccia. 
 
Stava sistemando l'arco nella sua feretra quando vide penzolare un filo con attaccato un piccolo cuore. Lo toccò delicatamente e questo, come per magia, si aprì rilevando una scritta all'interno: ti voglio bene,Papà! Mantieni la promessa! Sentì gli occhi bagnarsi, e salutando il gruppo si diresse a casa. Avvisando Magnus, del suo arrivo. Quando aprì la porta del loft, rabbrividì di freddo, ma ben presto, le mani calde dello stregone lo asciugarono. 
-Grazie- disse semplicemente battendo i denti per il freddo, che ancora aveva dentro. 
 
-Vado a letto- disse Magnus, dopo avergli lasciato un bacio sulle labbra. 
 
-Controllo Max e arrivo- disse il cacciatore, entrando in camera del bambino. Guardandolo sembrava felice, era sempre così mentre dormiva, e quando vide che stringeva tra le mani una sua maglia, si sentì sciogliere il cuore. Gli accarezzò una guancia, vedendo una piccola lacrima incastrata tra le ciglia. Allora, stranamente a quanto faceva di solito, scostò le coperte del figlio e si infilò nel letto con lui. 
 
-Sei tornato- disse con la voce impastata dal sonno. 
 
Te l'ho promesso- rispose Alec, abbracciando il bambino, e aspettando che si riaddormentasse. E fu così che li ritrovò poco dopo Magnus, quando si alzò per cercare Alec. Si limitò a prendere una coperta per coprire meglio il compagno, chiuse la porta, si asciugò distrattamente una lacrime, e si diresse in camera.

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Capitolo 28
*** 100 volte grazie ***


-Ehi tu...
proprio tu che leggi, sono Max...-

-Scusa Max, ma l'educazione?-

-Scusa Papi-

-Scusatelo è il piccolo della famiglia-

-Ehi io non so  piccolo-

-Beh, nemmeno grande-

-Ehi, tu antipatico-

-Max, non dare dell'antipatico a tuo fratello-

-Scusa Papà Alec, ma ha iniziato lui-

-Ehi ma la smettete di litigare? c'è gente! che brutte figure che fate fare al Sommo Stregone-

-Magnus, ti pare il caso di accogliere gente in casa, con questo disordine?-

-Fiorellino, ormai ci conoscono-

-Non chiamarmi Fiorellino-

-Che caratteraccio che hai-

-Magnus!!!-

-Dimmi-

-Lasciamo stare-

-Perchè sai di essere in torto?-

-Perchè vorrei evitare di strozzarti davanti ai miei figli-

-Un ragno datemi un solo ragno-

-Ehi tu, guarda qui,in basso. Ciao sono Max-

-Ciao sono Raphael, Rafe per gli amici-

-Grazie di leggerci in così tanti, 100 tra preferiti, ricordati e seguiti- 

-E non dimneticare le più di 80 recenzioni-

-Non interrompermi o lo dico a papi-

-E tanto indovina cosa stanno facendo?-

-Non si staranno ancora baciando? che schifo-

-Meglio che non lo ripeti Mirtillo-

-Sei fregato ti ha sentito, vedi che ha ragione Zio Jace?-

-Cosa direbbe di me lo zio? Raphael Lightwood-Bane-

-Nome completo Fratello, sei fregato-

-Zitto tu!-

-Comunque ti chiama Papi-

-Uff-

-Max Michael Lightwood-Bane-


-Torniamo a noi sono Max, grazie grazie grazie, siete tantissimi, ogni nostra avventura ha più di 1000 letture, scusatemi devo scappare, andiamo dalla nonna. ciao!!-



"di cuore ad ognuno di voi, grazie 
LaVampy
"

 

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Capitolo 29
*** cuore puro ***


Ogni volta che provi a salvare una vita,  

Anche fallendo, 

Rendi il mondo, un posto migliore. 

Con Affetto.  

La Zia Vampy  

 

 

-Bambini per favore....-stava dicendo Magnus osservandoli giocare in riva al laghetto. Quella mattina, approfittando di una bellissima giornata di sole a all'ennesima assenza di Alec, avevano optato per un pic-nic per poi finire, come di consueto, a dare da mangiare alle papere. Operazione studiata nei minimi particolari dal piccolo stregone, che adorava quei piccoli esseri piumati.  

La verità era che Max adorava ogni tipo di essere vivente, soprattutto insetti, che spesso comparivano anche in casa, nonostante il divieto di usare la magia. Era stato piuttosto complicato spiegare ai bambini, che esistevano i demoni e non gli unicorni. Max e Rafe adoravano quei piccoli cavalli colorati, con il corno. E avevano cercato più volte di farli comparire, ma non c'erano mai riusciti.  

-Papi, Papi, corri- urlò all'improvviso Rafe, distogliendo Magnus dai suoi pensieri. Si alzò correndo vicino ai bambini.  

-Dov'è Max?- chiese lo stregone, preoccupato di non vedere il più piccolo. 

-E' qui, presto vieni, sta male- disse ancora il bambino correndo dietro ad un cespuglio. Incurante delle persone intorno a lui, le sue mani si avvolsero di scintille azzurre, ma non gli importava. Il suo bambino si era fatto male e lui doveva provvedere. Quando sentì singhiozzare il figlio più piccolo, gli corse vicino abbracciandolo. -Amore che succede? Dove ti sei fatto male?- chiese lo stregone, tastando il bambino.  

 

-Papi, Papi, io sto bene- disse il bambino con le lacrime agli occhi, -Ma lui no- disse ancora, porgendo le mani al padre, che vide un piccolo anatroccolo, privo di vita. 

-C'era uno stupido gatto- urlò lo stregoncino. -Lo ha ucciso- disse ancora il bambino piangendo. 

-Tesoro, non possiamo farci molto, è la natura- provò a spiegare il bambino. 

-E la natura fa schifo- urlò il bambino. 

-Max, ha ragione Papà, i gatti mangiano gli uccelli, è la … qualcosa della vita, non ricordo come si dice, c'era in un libro- disse Rafe, al fratellino più piccolo. 

-Cerchio- suggerì Magnus, guardando il bambino che stringeva ancora a se il piccolo esserino. 

-Cerchio della vita- ripetè Rafe, avvicinandosi al fratellino. 

-Max, mettilo per terra- disse ancora il bambino più grande. 

-No, non lo lascio- disse caparbio Max. 

-Amore, è morto. Lo so che  difficile ma non possiamo più fare nulla per lui- disse lo stregone, toccandogli una spalla. 

-Non è giusto- ripetè il bambino, sedendosi per terra, accarezzando con le mani le piume del piccolo pennuto. 

-Rafe devo rispondere- disse Magnus, allontanandosi appena, quando vide il nome sul display. 

-Lo controllo io- disse Rafe, sedendosi vicino al fratello, che inconsolabile continuava a piangere. 

-Alec- rispose Magnus, una volta lontano dalle orecchie dei bambini. 

-Magnus, dove siete?-chiese il ragazzo. 

-Siamo al parco, vicino ai laghetti. Abbiamo un problema...-rispose lo stregone. 

-Che tipo di problema?- chiese il giovane cacciatore. 

-Problema di tipo... ecco... Max ha trovato un anatroccolo- iniziò lo stregone. 

-E scommetto che se lo vuole portare a casa- disse Alec, ridendo. 

-Morto- terminò lo stregone, facendo zittire il compagno. 

-Morto?-. 

-Ucciso da un gatto nero-. 

-Come lo sai?-. 

-L'ha visto-urlò quasi lo stregone, -Lo ha visto, Per Lilith. Io volevo tenerlo lontano da tutto questo- disse ancora lo stregone. 

-Sai che non è possibile, è la vita- rispose Alec. 

-Odio quanto fai così! Ti odio, non tutti devono imparare la morte già da piccoli solo perché voi siete cresciuti a pane e caccia- disse d'un fiato lo stregone, prima di chiudere la conversazione. Respirò profondamente prima di tornare dai bambini. 

-Papà?-lo chiamò Rafe avvicinandosi, -Va tutto bene?- chiese il bambino guardandolo. 

-Benissimo-rispose lo stregone, passandogli una mano sulla spalla. 

-Ne sei certo? Hai l'aria di aver... litigato con papà- disse ancora il figlio, osservandolo. 

-Siete troppo acuti voi Shadowhunters- disse lo stregone, guardandolo. 

Nel frattempo Max aveva scavato una piccola buca, aiutandosi con un bastone trovato vicino, e dopo aver raccolto in giro dei fiori, fece un letto con l'erba verde e ci adagiò il piccolo anatroccolo, per poi ricoprirlo con i fiori. Magnus e Rafe lo osservarono da distante, il fiato trattenuto. Il cacciatore cercò silenziosamente la mano del padre e la strinse forte, e Magnus appoggiò la mani sulle sue spalle. 

Poco dopo, un bellissimo cigno nero, si avvicinò al bambino, per un attimo Magnus ne ebbe paura, ma contrariamente a quanto pensava l'animale osservò Max, per poi avvicinarsi al piccolo buco, producendo un basso lamento. Max si spostò appena per permettere al cigno di avvicinarsi meglio, accarezzandolo. Poi l'animale con il becco coprì il corpo dell'anatroccolo, aiutato da Max. Rimasero così in silenzio, uno vicino all'altro. Uno stregone dalla pelle blu e un cigno nero, due piccole e meravigliose rarità.  

Magnus osservava la scena con gli occhi lucidi, fece per avvicinarsi ma fu fermato dalla mano del compagno, comparso dietro di loro. 

-Lasciateli soli ancora un - disse sottovoce Alec. 

Alcuni minuti dopo, il cigno si allontanò non prima di aver appoggiato il becco sulla testa del bambino in segno di ringraziamento. Max si voltò per vederlo raggiungere un altro cigno con cinque piccoli anatroccoli. Alzò la mano per salutarli, osservandoli andare via, si asciugò le lacrime con le mani, sporcandosi il viso di terra. Poi si guardò intorno, cercando con lo sguardo Rafe. Trovando invece Alec e Magnus che lo guardavano. 

Alec gli porse una piccola croce fatta con due pezzi di legno e il bambino la mise vicino alla buca, e Magnus, con un  di magia, ricoprì la piccola tomba con tanti fiorellini azzurri. Poi avvicinandosi al bambino, prese la sua maglia e gli pulì la faccia, incurante della macchia che si era formata. 

-C'era la sua mamma- disse il bambino, poco dopo, stringendo le mani tra se.  

-L'abbiamo vista, era molto bella- rispose Rafe, guardando il fratellino. 

-Dove sarà ora?- chiese il piccolo stregone. 

-In acqua con la sua famiglia-rispose Magnus. 

-In cielo con mamma e papà, sai a mamma piacevano tanto le anatre, ora ne ha una, tutta sua, da crescere-rispose Rafe, guardando il bambino. 

-Veramente?- chiese lo stregone, sorridendo felice. 

-Sono certo che mamma, lo tratterà bene- disse ancora il piccolo cacciatore. 

-Vedi- disse sottovoce Alec a Magnus; -Saremo anche dei piccoli mangiatori di pane e caccia, ma abbiamo sempre la soluzione pronta-. 

-Scusa- rispose Magnus, arrossendo appena, e Alec lo baciò dolcemente, facendo sospirare di finto disgusto i bambini, che scapparono ridendo quando Magnus, scioltosi dall'abbraccio del compagno, li inseguì minacciandoli di trasformarli in topolini. 

Restarono così, felici e sorridenti a giocare, fino a quando non arrivò l'ora di tornare a casa, non prima di aver salutato i cigni nel lago, con la promessa di tornare il giorno dopo. 

 

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Capitolo 30
*** non voglio perderti ***


Correre, era quello che stava facendo Magnus, per i corridoi dell'istituto, maledicendo chi l'aveva costruito e le maledette barriere anti portale. Correva, con l'ansia nel cuore. Non aveva capito molto, solo che Alec era ferito. Durante un normale controllo si era imbattuto con Maia in un gruppo di giovani lupi, che aveva sfidato una gang della zona. Ben presto si era trasformata in una rissa, che era degenerata in una sparatoria, quando uno dei ragazzi, tra il terrore dei mondani, si era trasformato in lupo. Catarina era corsa sul posto e aveva cercato di cancellare i ricordi a tutti quelli che erano ancora lì. Non era stata una missione facile, soprattutto calcolando che aveva dovuto fare quasi tutto da sola.  

Quando era arrivata la chiamata Magnus era a casa, disteso sul divano, che cercava di riprendersi dalla faticosa giornata. Erano anni che non evocava demoni e non eseguiva cos' tanti incantesimi di localizzazione come quel giorno I bambini erano all'istituto, Max a preparare torte e dolcetti con Maryse e Rafe a lezione di difesa con Simon, si sarebbe poi fermati li a dormire in attesa di Alec che era di ronda con Maia. Ora l'unica cosa a cui riusciva a pensare era il compagno ferito da un colpo di pistola. Maledicendo i mondani e loro manie di grandezza. Certo erano Shadowhunters, erano veloci e più forti, ma non erano invincibili, anzi era quasi certo che nemmeno lui, essere immortale, sarebbe sopravvissuto ad un colpo di pistola in testa. La stanchezza dimenticata, dopo la chiamata di Clary, con in sottofondo gli urli di dolore di Jace, anche se la ragazza aveva fatto di tutto per non farlo sentire. 

-Magnus... Alec- erano bastate due parole per far gelare il sangue nelle vene allo stregone. Ed in pochi minuto era giunto come un uragano in Istituto, urlando tutta la sua rabbia e il suo dolore.  

-Magnus...i bambini- disse con la voce stanca Isabelle, facendogli spazio vicino al letto del compagno. 

-Esci, ti prego. E porta i bambini lontano da qui...- disse semplicemente, le mani già avvolte da scintille azzurre. 

-Io posso darti una mano, il sangue non si ferma- disse la ragazza. 

-Ti ho detto di uscire, fuori, ora- disse con rabbia lo stregone. Si sarebbe scusato con lei più tardi. 

-Andiamo-disse Simon, dietro di lei, tirandola appena. 

Ben presto la porta fu chiusa e dall'interno giungeva solo la lunga cantilena dello stregone, in una lingua sconosciuta.  

-Zia?-chiese Rafe, avvicinandosi, gli occhi sgranati per la paura, seguito da Max visibilmente scosso.

-Non dovresti stare qui-disse Simon, guardando Rafe e Max che con gli occhi pieni di lacrime guardavano la porta dell'infermeria. 

-Papà sta usando la magia... del... ecco... la magia...-disse Max, bloccandosi improvvisamente. 

-Che magia Max?- chiese Rafe. 
 
-La magia del nonno cattivo- disse sussurrando appena. 

-Bambini andiamo dalla nonna- disse Simon, ma i bambini sfuggirono dalla sua presa. 

-Noi restiamo qui-  disse Rafe. 

-Anche io- rispose il piccolo stregone. 

Restarono così fermi, immobili, guardando le scintille che ogni tanto sfuggivano da sotto la porta, senza accorgersi che Isabelle era tornata dietro di loro, le mani strette tra di loro e i respiri che a stento trattenevano le lacrime. 

-Non dovete avere paura, l'ha già fatto- disse Isabelle, inginocchiandosi vicino a loro. -Lo ha già salvato una volta, io c'ero- disse ancora attirando i bambini tra le sue braccia. 

-Non voglio che papà muoia- disse Max, stringendosi a Isabelle, bagnandogli la maglia di lacrime. 

-Non morirà, non con Papà Magnus- rispose la ragazza, baciandolo sulla testa. 

-Vado a preparare una cioccolata calda-disse Simon, guardando la porta. -Ho paura che sarà una lunga notte-. 

-Vengo con te- disse Rafe, allontanandosi velocemente, precedendo Simon.  

Una volta in cucina, prese l'occorrente per fare la cioccolata, le tazze e sistemò tutto sul tavolo, in silenzio. Attese che Simon scaldasse il latte e versasse la cioccolata, senza proferire parola.  

-Rafe- lo chiamò Simon, ma il bambino fissava un punto imprecisato nel muro. -Tesoro-lo richiamò il cacciatore, toccandogli una spalla. 

-E' pronta la cioccolata?-chiese, andando verso il tavolo. Prese una tazza, ma questa scivolo dalle sue mani, rompendosi in piccoli pezzi.  

-La tazza di Papà- disse il bambino, abbassandosi per pulire per terra. 

-Va tutto bene Rafe, è solo una tazza- disse Simon, prendendo la scopa. -Lascia fare a me-. 

-No, voglio pulire io- disse il bambino tagliandosi il pollice con la ceramica affilata, scoppiando a piangere poco dopo. 

-Ehi, tesoro, va tutto bene- disse Simon abbassandosi. 

-Non va tutto bene- urlò il bambino con le lacrime agli occhi. -Papà morirà e io sarò di nuovo da solo-. 

-Papà non morirà, c'è Magnus con lui, e fidati è il miglior stregone che ci sia al mondo- disse Simon. 

-La zia Clary... L'ho sentita parlare con la nonna...-disse il bambino sedendosi sulle ginocchia, tra le mani, appoggiate alle cosce, ancora stringeva i cocci della tazza. 

-Hai sentito la Zia?- chiese Simon. -Non è la prima volta che succede e Magnus l'ha sempre aiutato- rispose il ragazzo. 

-E se questa volta non ci riesce?-chiese il bambino, con le lacrime lente che scendevano sulle sue guance. 

-Sono certo che ci riesce anche questa volta, lo sento qui- disse toccandosi il cuore. -Ora che ne dici di lavarci la faccia e portare la cioccolata alla Zia e a Max?-. 

-Max ha paura- disse Rafe, alzandosi. 

-Ecco perché non deve vedere te piangere, è piccolo- disse Maryse sulla porta. 

-Nonna...- disse Rafe andandole incontro e abbracciandola.  

-Va tutto bene, tesoro, va tutto bene- disse abbracciando il bambino che aveva ricominciato a piangere. 

-Io vado da Isabelle e Max- disse Simon, guardando la donna. 

-C'è anche Robert- disse la donna e Simon prese una tazza di caffè per l'uomo. 

Quando Simon si avvicinò la scena che vide gli fece stringere il cuore. Robert appoggiato al muro, fissava la porta, trasalendo ogni volta che vedeva le scintille uscire da sotto la porta. Max seduto tra le gambe di Isabelle, stringeva i
capelli della ragazza tra le sue mani. Le guance azzurre bagnate di lacrime. 

-Ci sono state novità?- chiese avvicinandosi all'uomo e porgendogli la tazza di caffè. 

-Nessuna, per un attimo c'è stato silenzio ma poi di nuovo la cantilena-. 

-Izzy, tesoro, prendete questa-disse avvicinando le tazze ai due seduti per terra. 

-Voglio Papà, non voglio la cioccolata- disse lo stregone, piangendo. 

-Allora questa la prendo io... va bene?- chiese Clary. 

-Si zia- disse Max, senza allontanarsi da Isabelle. 

-Jace?-chiese Robert, ma la ragazza si limitò a scuotere la testa.  

-Andrà tutto bene- disse Simon, abbracciandola. 

-Ho paura-sussurrò debolmente la rossa. 

-Vai da lui, qui resto io- disse Simon, sospingendola verso l'altra porta. 

Restarono tutti in attesa, con il fiato sospeso, il silenzio rotto solo dai singhiozzi dei bambini. Anche Rafe si era avvicinata a Max, e il bambino scostandosi dalla zia , aveva appoggiato la testa sulla spalla, cedendo ad un sonno agitato.  

-Max dorme- disse Rafe piano, toccando la guancia della zia. 

-Lo prendo io- disse Robert , abbassandosi e sollevando il bambino, cullandolo. 

-Posso sedermi qui?-chiese il piccolo cacciatore, indicando le gambe della mora. 

-Certo tesoro- disse Isabelle, abbracciandolo forte con le braccia, mentre il bambino appoggiando la schiena al petto, tremava leggermente. 

-Va tutto bene- ripeteva la ragazza, all'orecchio del bambino. 

-Ho tanta paura- rispose il bambino, piangendo silenziosamente. 

Il tempo scorreva lento, i minuti che sembravano ore, e nessuno che aveva il coraggio di aprire la porta, nemmeno adesso che dalla stanza giungeva il silenzio. Nessuna scintilla, nessuna cantilena. 

-Papà- urlò Max, svegliandosi improvvisamente, correndo nella stanza. 

-Ma che...- disse appena Simon, seguendo Robert e Maryse nella stanza. 

Magnus a terra priva di energie, i vestiti bagnati dal sudore, e il volto pallido. Alec, nel letto, aveva ripreso colore, dormiva ancora, ma le garze che fasciavano il petto erano pulite. Delicatamente Robert le scostò. -La ferita è rimarginata- . 

-Dobbiamo mettere Magnus a letto- disse Simon, alzandolo. 

-Se si sveglia lontano da Alec, darà di matto- disse Maryse.  

-Forse è il caso di lasciarlo qui- disse indicando la poltrona, su cui Simon lo posò delicatamente, prima di coprirlo con una pesante coperta. 

-Andiamo a dormire, stanno bene entrambi- disse Isabelle, prendendo i bambini per mano e facendoli avvicinare al letto. 

-Non sono morti vero?-chiese Rafe, sottovoce. 

-No tesoro, sono solo stanchi, Magnus ha usato tutta la magia- disse Maryse. 

-Si lo sento-disse Max, avvicinandosi al padre e avvolgendogli le mani con le sue, e Magnus si mosse appena nel sonno. -Vedi?- disse sorridendo al fratello. 

-Andiamo a letto- disse di nuovo Isabelle, e i bambini la seguirono fuori dalla stanza, in silenzio. 

La mattina dopo, Maryse, trovò i bambini addormentati nel letto con Alec.  

-Dovresti riposare- disse Maryse, guardando il figlio, che si limitò a farle segno di non far rumore. 

-Stai meglio- disse la donna, guardando il figlio, che accarezzava distrattamente la testa dei bambini. 

-Si sono spaventati, tantissimo- disse ancora la donna . -Come tutti noi-. 

-Magnus mi ha salvato- disse piano il cacciatore indicando il compagno che dormiva sulla poltrona. 

-Hai bisogno di qualcosa?- disse Maryse, accarezzando la fronte del figlio. 

-Ho tutto qui- disse sorridendo. -Grazie-. 

-Vi lascio riposare- disse uscendo e chiudendo la luce. 

-Come stanno?- chiese Isabelle, avvicinandosi. 

-Stanno bene, tutti e quattro- disse alzando gli occhi al cielo. 

-Quelle piccole pesti- disse la mora, sorridendo. 

-Un po' come te e Alec, che andavate nel letto di Jace e viceversa. Sono proprio dei Lightwood- disse Maryse, sorridendo. 
 

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Capitolo 31
*** avro' cura di te ***


Ne era passata di acqua sotto i ponti, se così si poteva dire, da quando l'Istituto, da casa di una famiglia esiliata era divenuto un punto di ritrovo, per nascosti e Shadowhunters. Erano successe tantissime cose, molte, quasi sicuramente sarebbero finite nei libri di storia. O almeno era quello che si diceva. Alexander Lightwood infatti, non solo conviveva con Magnus Bane, Sommo Stregone, ma avevano anche adottato due bambini. Max, un piccolo stregone, abbandonato anni indietro sulla porta dell'accademia e Rafe, uno cacciatoretrovato per strada, con un passato molto duro. Alexander lo aveva trovato che dormiva per la strada, mangiando dalla spazzatura, i genitori uccisi in una delle guerre più sanguinose, mai avvenute. Non era raro, quindi, trovare la impassibile Maryse Lightwood, seduta per terra che giocava con i bambini. O un Robert Lightwood con sulle spalle uno dei nipoti, mentre si dirigeva in biblioteca, raccontando aneddoti dell'istituto. Così come non erano rari vedere i figli di altri cacciaotori che si fermavano all'istituto, durante le lunghe riunioni. I bambini veniva affidati a qualche recluta dell'accademia. Fu proprio durante una riunione che un trafelato Max, entrò nella stanza bloccando tutto. 

-Mxx, che modi. Lo sai che non potete venire qui-disse severo Alec, mentre Magnus, percependo l'agitazione del piccolo stregone, si alzò, seguito poco dopo dal compagno. 

-Cosa succede?-chiese Magnus, inginocchiandosi davanti al bambino e prendendogli le mani, sentendole calde al tocco, con un piccolo residuo di magia. 

-Max?-lo chiamò nuovamente Alec, e il bambino sgranò gli occhi, terrorizzato. 

-Puoi evitare il tuo tono da conclave, sai?- ringhiò sottovoce Magnus, uscendo dalla stanza. Tutti quegli occhi puntati sulla schiena lo stavano rendendo nervoso, e il comportamento del compagno non aiutava. Max si strinse al padre e affondò il viso nel collo. 

-Non deve venire qui, lo sai tu e lo sa lui-disse Alec, poco dopo. 

-Magari sarebbe saggio prima chiedergli come mai è venuto qui, visto che piangendo- rispose l'altro spazientito. 

-Io... no piangendo- disse il bambino con la voce attutita.  

-Max, ci spieghi cosa succede?-chiese Alec, accarezzandogli la schiena, mentre  lo stregone si sedeva su una poltrona. -Hai litigato di nuovo con Rafe?-, ma il bambino scosse la testa. 

-Alec, vai a cercare Rafe, io parlo con Max-gli disse prendendogli una mano. 

-Va bene- rispose poco convinto, ma si allontanò verso il giardino. 

Quando la riunione era iniziata Max e Rafe stavano giocando in giardino con altri bambini, sotto la supervisione del fratello di uno di loro. Andrea. Un giovane cacciatore con un po di radicalizzazione contro i nascosti. Dovuta ad un piccola delusione d'amore avvenuta alcuni mesi prima, quando si era visto rifiutare da una giovane figlia della luna. Magnus non era stato molto convinto di lasciare lì Max, ma Alec aveva insistito, ma ora aveva un brutto presentimento, mentre entrando nei giardini sentì i bambini urlare e contrariamente a quando sperava. Non era urla di giubilo. Suo figlio stava tenendo testa, ad un corpo a corpo, Andrea. Il ragazzino pur veloce non poteva competere con il piccolo Lightwood. Per un attimo, restò lì ad osservare la scena da distante, orgoglioso, ma poi la sua parte razionale prese il sopravvento. E proprio mentre Rafe, stava per sferrare un calcio, intervenne bloccando entrambi. 

-Voi in istituto subito- disse gelido ai tre bambini che stavano facendo il tifo. 

-Si, Signor Lightwood- disse scappando velocemente . 

-Ora mi spiegate cosa succede?- disse agli altri due, che avevano continuato a guardarsi in cagnesco. 

-Io non ho fatto nulla,Signor Lightwood. Lui mi ha colpito e io mi sono difeso- disse quasi piangendo. 

-Rafe?- chiese Alec, guardando il figlio. 

-Lui ha chiamato mostro Max. Nessuno chiama mostro mio fratello- rispose l'altro bambino, il viso contratto in una smorfia. 

-Non è vero, sei un bugiardo- rispose l'altro. -Io non ho detto che è un mostro, ho detto che quelli come lui, i nascosti, sono dei mostri, non lui- cercò di spiegare con logica. 

-Idiota, è la stessa cosa, te l' ho già detto. Testa di legno-inveì ancora il bambino. 

-Rafe, basta!-lo sgridò Alec. 

-Ma papà, lui...-disse il bambino. 

-Lui ha sbagliato come del resto hai sbagliato pure te- disse Alec, guardando entrambi. -Ora rientriamo in sala, dove c'è Magnus con Max- disse dando ad entrambi una piccola e leggera spinta sulla schiena , per farli camminare. 

-Io ho paura- disse Andrea, fermandosi sulla porta, e guardando implorante Alec. 

-Di cosa?-chiese il cacciatore, fermandosi. 

-Che il Signor Bane mi trasforma in una zucca- rispose l'altro sottovoce. 

-Certo che lo fa, hai offeso mio fratello- disse Rafe con cattiveria. 

-Nessuno trasforma in zucca nessuno-disse Alec. -E tu sei già abbastanza nei guai , quindi terrei la bocca chiusa-. 

-Lui ha fatto piangere Max. E tu sgridi me. Come sempre. Sei cattivo ed ingiusto- urlò il bambino, scappando verso la sala. 

-Io non volevo far piangere Max- disse Andrea sottovoce, restando dietro ad Alec, quando entrarono nella sala.  

-Gli altri bambini sono andati con le famiglie, hanno detto i genitori di Andrea, di fare quello che vogliamo rispose Magnus, sempre con Max in braccio. 

-Non mi trasformi in una zucca, la prego-disse il ragazzino, nascosto dietro ad Alec. 

-Perché dovrei trasformarti in zucca?-chiese fintamente Magnus, facendo l'occhiolino al compagno. 

-Perché ho detto una cosa non vera si nascosti, ma ero arrabbiato, mi prendevano in giro perché mi piace Lisa- rispose l'altro, sempre da dietro il suo nascondiglio. 

-Quindi sei dispiaciuto per quello che è successo?-chiese ancora lo stregone. 

-Si,Signore- rispose il ragazzino. 

-Va bene, allora per questa volta niente zucca, ma devi chiedere scusa a Max, che è di la con i tuoi genitori- disse sorridendo, indicandogli la porta. 

-Grazie Signor Bane- e dopo aver salutato anche Alec, uscì di gran carriera dalla stanza. 

-Tutto bene?-chiese poi alzandosi per andare vicino al compagno, che era rimasto in silenzio. 

-Rafe...-. 

-E' arrabbiato con te perché lo hai sgridato, lui voleva difendere suo fratello-rispose Magnus. 

-Non picchiando un altro bambino-. 

-No, vero. Ma ha pur sempre solo difeso suo fratello- cercò di spiegare lo stregone. 

-Quindi sono stato troppo duro?-chiese Alec, guardano il compagno. 

-Diciamo che eri sempre il solito... Alexander. Figlio perfetto- disse l'altro sorridendo. 

-Dovrei andare da Rafe e complimentarmi con lui?- chiese l'altro. -Scusami ma non ti seguo-. 

-Io ci rinuncio con te- rispose lo stregone, abbassando la testa per catturargli le labbra. 

-Ma io non ho capito, veramente-disse l'altro. 

-Cerca di essere meno Lightwood, e più papà. Rafe ha sbagliato ma è tuo figlio e tu lo hai sgridato davanti a tutti perché ha difeso suo fratello- spiegò con calma lo stregone. 

-Non l'ho sgridato per quello- disse stupito Alec. 

-Amore, io lo so, ma  non ho tredici anni-disse accarezzandogli una guancia. 

-Vado in camera da Rafe- rispose dopo averlo baciato delicatamente. 

-Eh Alexander...-lo fermò lo stregone. -Tatto amore, usa un po' di tatto-. 

Dopo una breve smorfia, uscì dalla stanza dirigendosi verso la sua vecchia stanza. Rafe amava dormire nella sua vecchia camera, quando erano in istituto. Bussò alla porta, attese qualche minuto ed entrò. Trovando il bambino sul letto, abbracciato al cuscino. 

-Possiamo parlare?-chiese il padre, guardando il figlio. 

-Mi vuoi di nuovo sgridare? O intendi ascoltarmi?-chiese arrabbiato. 

-Intendo ascoltarti-rispose il cacciatore, sedendosi al borde del letto. 

-Max non ha fatto nulla, stavamo giocando con la palla ed è finita sull'albero, non riuscivamo a prenderla allora Max ha mosso le mani e la palla è scesa, tutti si sono complimentati. Dicevano che era bravo- disse di un fiato. -Invece, quello si è avvicinato e lo ha spinto, Max è caduto. Quando si è messo a piangere, ha detto che i nascosti non erano ne bravi, ne simpatici ma che erano dei mostri. Che tutti i nascosti erano dei mostri. Ha preso un corno di Max tra le dita e lo ha tirato, Max ha iniziato a piangere e io gli ho tirato un pugno. Nessuno può far piangere il mio fratellino- disse l'altro orgogliosamente. 

-Il problema non è che tu hai difeso Max, quello è giusto, lui è più piccolo e come papà è diverso e questo spaventa le persone- spiegò Alec. 

-Non dovevo colpirlo, ma dovevo chiamarti, vero?-disse Rafe poco dopo. 

-Esatto- rispose. -Questo sarebbe stata la cosa giusta da fare- rispose il padre. 

-Lo sapevo ma è stato bellissimo, dargli un pugno- disse Rafe ridendo. 

-Farò finta di non aver sentito-rise Alec, abbracciandolo. -Quindi non sono un papà cattivo?-chiese. 

-Sei il papà migliore del mondo- rispose Rafe. -E ti voglio bene-. 

-Anche io ti voglio bene-rispose commosso il più grande. 

 

 

 

 

 

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Capitolo 32
*** in un mare di guai (part I) ***


Quella mattina, approfittando dell'assenza dello stregone in casa, i due bambini, di nascosto da alec, si diressero nello studio del padre. La sera prima alla televisione avevano visto un video su come fare le bevande colorate e sapevano per certo che il padre teneva molti di quegli ingredienti in dispensa. Dopo aver chiuso la porta, e lasciando la televisione della camera accesa, si misero alla ricerca degli ingredienti. 

-Lo sai che papà ci spenna se ci trova qui?-chiese Rafe, alzandosi in equilibrio su una sedia per raggiungere il piano più alto dello scaffale. 

-Tranquillo, una volta bevuta la nostra spremuta sarà così contento che non ci metterà in castigo-rispose il fratello più piccolo intento a leggere la lista. 

-Di certo Alec, non ci permetterà di cavarcela così facilmente- disse ansioso l'altro, mentre prendeva la boccetta color azzurro, che gli aveva indicato Max. -E poi sei certo di questi ingredienti?-. 

-Quanto rompi, fratello- sbuffò il piccolo stregone, reprimendo a stento un grido di gioia, quando spostate alcune boccette trovò quello che cercava. -Andiamo ora abbiamo tutto, e come vedi papà non ci ha scoperto-disse spegnendo la luce e andando in cucina. Una volta in sala videro il padre addormentato sul divano e silenziosamente si diressero in cucina. Non che avessero il permesso di stare lì, ma in caso, avrebbero trovato la scusa di avere fame. 

-Stiamo infrangendo circa un milione e ottocentomila regole, io non potrò più andare in accademia e tu diventerai vecchio tra le mura di questa casa, se ci scoprono. 

-Rafe, sembri zio Simon, lo sai cone funziona, ci gridano ci danno un castigo ma tutto passa, con la differenza che questa volta faremo una sorpresa a papà. Sai quanto ama i colori e sono certo che trovare un bicchiere di acqua colorata con questo caldo, sia il regalo più grande- rispose convinto Max. 

-Certo piccolo genio, e quando ci chiede come abbiamo fatto e dove abbiamo trovato gli ingredienti cosa gli rispondiamo?-. 

-Ecco a questo non avevo pensato-disse lo stregone, immobilizzandosi. -Ma sono certo che papà sarà così contento che non ci chiederà nulla. Vedrai, fidati di me-. 

-L'ultima volta che mi sono fidato di te, ti ricordo, che siamo finiti in punizione per un mese e mezzo. Te senza nave dei pirati e a me hanno tolto il coltello-. 

-Senti se non vuoi aiutarmi, vai di la, fai quello che vuoi, ma non rompere sono capacissimo da solo-disse cercando di allungarsi per afferrare un bicchiere senza riuscirci. Cosa che invece Rafe, face senza alcuno sforzo. -Vedo, io non ti servo proprio, eh?-. L'entrata in cucina di Alec, interruppe il bambino. 

-Cosa ci fate voi in cucina?-chiese il cacciatore con voce dura, facendoli sussultare. 

-Beviamo-disse Rafe indicando il bicchiere sul tavolo e prendendone un altro per poi dirigersi verso il frigo e tirare fuori il succo di mirtillo. -Ne vuoi anche te? Papà?-chiese Rafe guardandolo. 

-No, bevete. Mettete i bicchieri nel lavello, io vado a farmi una doccia. Stanotte sono di pattuglia con lo zio Jace-. 

-Si, va bene- risposero i bambini in coro.  

-Se scopro che mi state nascondendo qualcosa , vi metto in punizione fino a Natale-disse serio, il cacciatore uscendo dalla cucina. 

-Ma è solo Agosto-ribattè Rafe. 

-Lo so, ma se non state facendo nulla, non hai nulla di cui preoccuparti, no?-disse il padre, guardandolo. 

-Si, si, infatti non finiremo in castigo, siamo bravi noi-disse Max, scendendo dallo sgabello, e posando il bicchiere nel lavandino. 

-Meglio per voi-disse chiudendo la porta del bagno. 

-L'abbiamo scampata per poca-rise felice Max, guardando il fratello. 

-Ho la vaga idea che saremo in un mare di guai- disse sottovoce, alzando gli occhi al cielo. 

Max riprese la lista ed iniziò a mescolare i vari ingredienti, utilizzando ogni tanto qualche scintilla gialla. Una volta finito il bicchiere il risultato lasciò i bambini senza fiato. Il liquido dentro il bicchiere, solitamente trasparente, questa volta, era color arcobaleno. Ripetettero l'operazione per gli altri tre bicchieri, e poi soddisfatti misero il tutto nel congelatore. Felici del loro risultato ed andarono in camera a guardare i cartoni animati in attesa dell'arrivo di Magnus. 

Alec nel frattempo, aveva avvisato il compagno dello strano comportamento dei figli. Da quando ,furtivi, erano entrati nello studio del padre, uscendone poco dopo. Aveva finto di dormire e li aveva spiati. Poi in accordo con Magnus, aveva deciso che questa volta meritavano una lezione. E non l'avrebbero dimenticata facilmente. 

 

Continua... 

 

 

 

 

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Capitolo 33
*** in un mare di guai (part II) ***


[Alec nel frattempo, aveva avvisato il compagno dello strano comportamento dei figli. Da quando ,furtivi, erano entrati nello studio del padre, uscendone poco dopo. Aveva finto di dormire e li aveva spiati. Poi in accordo con Magnus, aveva deciso che questa volta meritavano una lezione. E non l'avrebbero dimenticata facilmente.] 

 

Magnus rientrò poco dopo, tra le mani un sacchetto di carta con delle bibite e quattro pizze. I bambini gli corsero incontro felici abbracciandolo. -Bentornato- gli disse Alec, baciandolo sulle labbra. 

-Ho tempo per una doccia? -chiese l'altro guardando il compagno negli occhi. 

-Certo amore. Noi prepariamo la tavola- disse, strizzandogli un occhio, per poi girarsi e dirigersi in cucina dove i bambini stavano parlottando tra di loro, sottovoce.  

-Sei sicuro che non finiamo nei guai-stava chiedendo Rafe preoccupato. 

-Ti ho detto di no. Vedrai Papà sarà felicissimo- rispose Max, controllando dentro il frigo i bicchieri di bibite colorate. 

-Ho un brutto presentimento- rispose il piccolo cacciatore. 

-Sei solo noioso. Non ti fidi? Dirò che ho fatto tutto da solo-disse chiudendo il frigo e allontanandosi, proprio mentre Alec entrava. 

-Va tutto bene? Siete strani- disse inarcando un sopracciglio. 

-Tutto benissimo-risposero in coro i due bambini, sedendosi sulla sedia. 

-Le mani-domandò il padre. E i bambini fecero vedere i palmi accompagnati da un sorriso. -Lavate-. 

Poco dopo, con indosso una semplice tuta, li raggiuse Magnus. Alec gli domandò della giornata e i bambini erano stranamente silenziosi. 

-E voi cosa avete fatto? -chiese Magnus, guardando i bambini. 

-Noi? -chiese Max, guardando Rafe. 

-Noi abbiamo.... abbiamo letto dei libri- rispose il piccolo cacciatore. Decidendo che dire solo parte della verità era meglio che mentire. Non doveva per forza sapere che avevano letto libri di magia, no? 

-Che libri? -chiese lo stregone, guardando il compagno, che cercava in ogni modo di non ridere. 

-Libri noiosi, che erano sopra lo scaffale in sala-rispose Max, mangiando la pizza. 

-Avete letto dei libri di storia? -chiese stupito lo stregone. 

-Si-risposero entrambi, guardandolo. 

-E io che pensavo di cambiarli con altri di avventura- disse sorridendo al compagno, quando sentì Rafe gemere sottovoce, il proprio disagio. 

-Effettivamente non erano molto belli, quindi se vuoi cambiarli...- disse il piccolo cacciatore poco dopo, pulendosi la bocca. 

-Capito- disse lo stregone, a cui non sfuggì lo sguardo omicida di Rafe verso Max, che si era limitato a sorridere appena. 

-Abbiamo una sorpresa per voi- disse Max, alzandosi, guardando Magnus, per poi andare verso il frigo, aprirlo, spostare dei cartoni di latte e tirando fuori quattro bicchieri di acqua color arcobaleno. 

-Ma sono bellissimi-disse Magnus, guardando rapito il liquido colorato, fino a quando non si riscosse sentendo il compagno tossire. 

-E questi da dove arrivano? -chiese guardando i bambini. 

-Li abbiamo... li abbiamo... li ha comprati la zia-disse Rafe, arrossendo. 

-Allora quasi quasi la chiamo per ringraziarla-disse Alec, alzandosi per prendere il telefono. 

-E' tardi Papà, starà già dormendo-disse Max.  

-Va bene, la chiamerò domani, ora cosa ne dite di andare in sala, così beviamo queste: bibite comprate dalla zia? - chiese Magnus, indicando ai bambini la sala.  

-Okay-dissero dirigendosi sul divano. 

-Quindi? -chiese Alec, annusando il liquido, avvicinandolo un po' troppo vicino alla bocca. 

-Fossi in te non lo farei amore-disse lo stregone bloccandogli la mano. 

-Volevo solo sentire l'odore- disse l'altro. 

-Ti assicuro che non sentiresti nulla di strano, mentre i due teppisti, hanno usato dei liquidi fatati-rispose Magnus, storcendo il naso. 

-Avevi dei liquidi fatati nel tuo studio? -chiese Alec, arrabbiato. 

-Li ho sempre avuti, visto che spesso ti salvano dal morire dissanguato-rispose l'altro sottovoce. Poi i quattro bicchieri furono avvolti da scintille blu. -Sei sempre sicuro? - disse Magnus, guardando il compagno. 

-Si, sicurissimo, ma non sarà pericoloso, vero? -chiese un po' in ansia. 

-Non metterei mai in pericolo i bambini, e ho già avvisato tutti- rispose lo stregone. 

-Va bene, facciamolo-disse allungandosi per dargli un bacio, che presto diventarono due, poi tre, finchè non vennero interrotti dalla voce di Max, che li chiamava. 

-Tuo figlio ti chiama- disse Alec, sorridendo. 

-Come mai ora è solo mio figlio? - chiese l'altro. 

-Perché quando fa così il noioso ti assomiglia tanto- disse baciando lo stregone, sul naso ed uscendo. 

-Piccolo... - mormorò poco dopo lo stregone, fermandosi ad osservare i bambini sul divano che facevano spazio ad Alec. Sperando che la punizione non fosse troppo severa. Ma se Alec o Rafe, avessero bevuto il liquido prima che lui arrivasse, le conseguenze potevano essere molto pericolose.  

Spense la luce in cucina e appoggiò il vassoio con le bibite, ora erano semplici aranciate, ma che la magia rendeva colorate. Si sedette e prese un bicchiere. Dopo averlo portato alla bocca diede ai bambini ancora una possibilità di dire la verità. 

-Quindi queste bibite le ha comprate la zia, non avete detto bugie, vero? -chiese guardando i bambini. Rafe si limitò a sussultare rovesciando un po' del liquido sulla maglia, mentre Max annuì. 

-Okay-disse prendendo il telecomando e cercando il canale dedicato ai film per bambini, anche se questi ultimi crollarono poco dopo. 

-Perché devono continuare a dire le bugie? -chiese Alec, accarezzando la testa di Max.  

-Tu non le dicevi mai? - chiese lo stregone, guardandolo. 

-Mai, ho sempre detto tutto. Forse ho semplicemente evitato di dire qualcosa che avevo visto, ma che nessuno sapeva. Tipo Izzy che usciva dalla finestra per andare da... qualche nascosto, o Jace che usava armi che non doveva-. 

-Il mio piccolo e sincero Shadowhunter-disse Magnus, sottovoce. 

-E se la colpa fosse mia? - chiese Alec, poco dopo. 

-In che senso colpa tua? -. 

-Con te non dicono mai bugia, perché sanno che tu li perdoni, a me le dicono perché hanno paura. Sono un papà cattivo? - chiese il cacciatore. 

-Mi pare che stasera abbiamo mentito anche me, e più di una volta- rispose Magnus. -Se non sei convinto, posso annullare tutto, lo sai-. 

-Non è quello, spero solo che serva-rispose sottovoce. 

-Alexander, sei un ottimo padre. Fare il Padre non è semplice e noi non abbiamo esempi a cui riferirci, ma i bambini stanno bene, sono felici. Hanno solo bisogno di capire, che nel nostro mondo, ci sono delle linee che non devono essere attraversate con leggerezza. Usare le mie pozioni, potrebbe costare molto caro a Rafe e a te. E non voglio che Max conviva per sempre, con un qualcosa che ha commesso con leggerezza. Il senso di colpa per noi immortali è la peggior condanna-disse uscendo dalla stanza. 

-Quindi cosa devo fare ora? -chiese Alec, osservando il compagno.  

-Baciarmi sarebbe una cosa stupenda-disse con gli occhi da gatto che ad Alec piacevano tanto e le labbra avvolte da scintille azzurre. Ed Alec lo fece senza esitazione 

-Pizzicano-disse quando interruppe il bacio, toccandosi le labbra. Appoggiandosi al muro quando un capogiro lo fece quasi cadere a terra. 

-No, tesoro, cerca di arrivare almeno in camera- lo spinse Magnus. 

-Ho sonno-mormorò il cacciatore. 

-Lo so tesoro, lo so. Fa parte dell'incantesimo. Dormi, amore mio-disse piano. Crollando anche lui in un sonno leggero e senza sogni. 

Quando giunse la mattina, il sole entrò prepotente colpendo il viso dello stregone. Si girò ad osservare il compagno. Era semplicemente stupendo. I capelli neri sparsi e il viso angelico. C'era solo un piccolo particolare che lo face sorridere, quando sentì bussare alla porta, mentre Max e Rafe entravano nella stanza quasi correndo. 

-Ma che diavolo...- mormorò Rafe, guardando i genitori. -Questa è tutta colpa tua-disse poi indicando il fratello. 

-In realtà è colpa di entrambi-disse Alec, sedendosi sul letto. 

-Perché?- chiese Max, che era rimasto tutto il tempo ad osservarsi allo specchio. 

-Perché da oggi noi saremo i bambini e come avrete visto, voi sarete i grandi- disse Magnus, alzandosi. 

-Cosa vorrebbe dire? -chiese Rafe, osservando i genitori. 

-Quello che ho detto- disse andando in bagno. 

-Ma noi... Noi …- disse Max, quasi piangendo. 

-Noi cosa? -chiese Alec. 

-Volevamo farvi solo una sorpresa...- mormorò lo stregone. 

-Entrando nello studio di papà di nascosto e toccando boccette che sapete che non dovete mai, e ripeto mai, usare ? - chiese arrabbiato, per poi interrompersi quando sentì il compagno ridere. 

-Scusa non volevo, è solo che vederti sgridare i ragazzi nella tua forma da bambino è strano-. 

-Quindi noi resteremo per sempre così ? - chiese Rafe, guardandosi allo specchio. 

-questo dipende da voi- rispose Magnus. -Ora dobbiamo cambiarci quindi, dato che noi siamo i bambini, fare colazione, mettere a posto le camere e la casa è compito vostro. Ora uscite- disse. 

-E voi cosa farete? -chiese Max. 

-Semplice, voi sarete noi e noi saremo voi. Volevate essere grandi ora lo siete- disse Alec, scendendo dal letto. 

 

[to be continued...]

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Capitolo 34
*** in un mare di guai ***


-Semplice, voi sarete noi e noi saremo voi. Volevate essere grandi ora lo siete- disse Alec, scendendo dal letto. 

 

I bambini lasciarono la stanza dei genitori, abbastanza turbati. Sapevano entrambi di aver sbagliato, e di aver infranto circa dieci regole di casa "Lightwood-Bane", ma tutto si erano aspettati fuorchè diventare adulti. Quello proprio non lo avevano immaginato. Rafe chiuse la porta, sedendosi sul letto, osservando il fratello anch'egli silenzioso. 

-Ti avevo detto che finivamo nei guai- disse con tono ostile, alzandosi.  

-Non è colpa mia-si difese il giovane stregone, osservandosi allo specchio. -Io non volevo questo-disse indicandosi allo specchio. 

-Ma se siamo in questo guaio è solo colpa tua-rincarò la dose il fratello. 

-C'eri anche tu con me, Rafe. Smettila di darmi tutta la colpa-. Disse voltandosi ad affrontare il giovane cacciatore. 

-Io ero lì per sono obbligato a stare sempre con te, e poi fai i casini e io ci finisco in mezzo. Sei uno... stupido stregone blu-urlò con rabbia Rafe uscendo dalla stanza.  

-Io non sono stupido-lo rincorse il fratello, urlandogli contro. 

-Si può sapere cos'è tutto questo baccano ?- chiese Alec, uscendo dal bagno, ed osservando i figli. 

-Nulla-. Rispose Rafe fermandosi ed andando in cucina, seguito dal fratello e dal padre. Seduto al tavolo, c'era un Magnus bambino che stava tirando fuori dalla scatola tutti i cereali, spargendoli per il tavolo e sul pavimento. 

-Papà! -esclamò il cacciatore guardandolo. 

-Sto cercando la sorpresa-rispose un Magnus impegnato nell'opera. Mentre i cereali finivano per terra. 

-Non c'è la sorpresa in questi cereali-rispose lo stregone, aprendo il frigo per prendere il latte e cioccolato, sedendosi poi al tavolo. 

-E io? -chiese Alec, guardando il figlio. -Anche io voglio fare colazione-. 

-Io voglio la sorpresa-disse sottovoce Magnus, con gli occhi lucidi. E il compagno ebbe il dubbio che non stesse per nulla fingendo. 

-Va bene, va bene. Ho capito-disse sbuffando Max, andando a prendere due tazze per i genitori, passando con i piedi sui cereali, senza preoccuparsene minimamente. 

-Io non voglio il latte e cioccolato-disse Alec, allontanando la tazza. 

-Per favore Papà, abbiamo solo quello-rispose Rafe. Porgendogli di nuovo la tazza. 

-E io non lo voglio-disse mettendo su uno studiatissimo finto broncio, ed incrociando le braccia. 

Per un attimo i bambini rimasero spaesati dalla reazione del più grande, ma non ci diedero peso. Fino a quando, Alec, iniziò a sbattere i piedi sulla sedia. 

-Oh per Lilith, cosa vuoi? -chiese Rafe, esasperato. 

-Voglio il caffè- rispose il padre. -E non ti devi ricordare chi sono vero? -. 

-Un bambino noioso? -rispose Rafe. 

-In pratica uguale a te-rispose Alec, facendo ridere Max, ed ammutolire Rafe, che si trincerò dietro la sua tazza di latte e cioccolato. Per poi alzarsi posarla nel lavandino ed uscire dalla stanza.  

-Vado con lui-disse Max, poco dopo, interrotto però dal padre, che gli fece notare che i cereali ancora per terra e le tazze da lavare. 

-Ma li ha buttati per terra lui, perché devo pulire ioE' lui quello grande, o io? -chiese Max, osservando il pavimento. 

-E perché sei entrato nel mio ufficio, anche se sapevi che era una cosa da grandi? -chiese Magnus, osservando il figlio.  

-Volevamo solo farti una sorpresa- urlò lo stregone, con le lacrime agli occhi. -Ma sai solo e sempre arrabbiarti, io non voglio essere grande, io sono un bambino. Essere grandi fa schifo. Erano solo delle bibite colorate-. 

-Sai cosa poteva succedere se tuo padre o tuo fratello avessero bevuto da quel bicchiere? - continuò Magnus. 

-Era solo colorato- si difese ancora il bambino. 

-Erano liquidi fatati, e potevano stare molto, ma molto male. So che ora pensi che siamo cattivi, che non vi facciamo fare nulla, ma forse passando voi dalla parte dei grandi, capirete che per ogni azione che noi facciamo o che vi diciamo di fare, ci sono delle conseguenze-. 

-Essere grandi fa schifo-urlò il bambino, uscendo dalla cucina. 

-Max? -lo chiamò Alec. Ed il bambino si voltò. -Pulisci per terra- disse scendendo dallo sgabello, lasciando la tazza sul tavolo. 

-Ma...-fece per controbattere, ma lo sguardo del padre lo indusse a non dire nulla. Sbuffando an in bagno, prese la scopa e la paletta e pulì per terra. Lavò le tazze e andò in camera per cambiarsi. Trovando Rafe che si osservava allo specchio, senza maglia. 

-Non ho di rune, credevo che da grande avrei avuto le rune come Alec-continuò osservandosi allo specchio. 

-E io sono senza magia-rispose l'altro schioccando le dita. -Credo sia tutto merito di quello- disse con cattiveria, indicando fuori. 

-Quello è tuo padre-gli disse Rafe, guardandolo severo. 

-Stai zitto-disse solo lo stregone, aprendo l'armadio, prendendo una tuta, per vestirsi. 

 

 

 

 

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Capitolo 35
*** Extra: Speciale Halloween ***


Halloween: festa magica e misteriosa strapiena di sorprese in cui, tra dolcetti e scherzetti, la paura e l'orrore diventano gioia e divertimento.
 

-Papi, guarda un veme verde-disse Max indicando un bambino vicino a lui, ridendo.

-Un verme, Max- ripetè Alec, guardando il figlioletto, che tenendo stretto il suo cestino con le caramelle, zampettava felice lungo la strada.

-Si papi. Un veme- ripetè il bambino, con la bocca sporca di cioccolata.

-Si Max, un veme-sospirò il più grande, abbassandosi per pulire la faccia del bambino.

-Batta Papi, Batta. Sono profumoso- disse il piccolo stregone, allontanandosi.

-Si dice profumato, e no. Non lo sei-.

-Papà dice profumoso, come un mirtillo- ripetè testardo il bambino ed Alec si limitò ad alzare gli occhi al cielo.

-Mi farebbe piacere sapere dove si è cacciato tuo padre-mormorò il cacciatore, guardandosi intorno.

-E' la con lo Zio Imon- disse il bambino indicando il tetto. Su cui effettivamente stava appollaiati Simon e Magnus.

-Per l'Angelo cosa stanno combinando?- mormorò tra se, il tempo di vedere la porta della casa aprirsi e un sacco di farina finire sul malcapitato proprietario di casa.

-Così impari a non darmi le caramelle-disse Magnus, ridendo, scappando via.

-Dimmi che non l'hai fatto veramente- chiese sapendo già la risposta.

-Dai Alexander, se non possiamo divertirci la notte di Halloween, quando possiamo farlo?-chiese prendendo in braccio Max, annussandolo.

-Ecco il mio mirtillo profumoso-disse baciando il bambino sul collo, facendolo ridere.

-Vitto Papi?-disse il bambino, cercando di scendere dalla braccia del padre.

-Ho capito, ti metto giù, piccolo polipetto- disse Magnus, vedendo poi il bambino andare vicino ad una casa, suonare il campanello e attendere la sua dose di caramelle.

-E'così bello, vederlo camminare senza bisogno di usare la magia- disse Magnus, prendendo la mano del compagno. -E sarebbe ancora più bello, se decidessi anche tu a vestirti-.

-Ne abbiamo già parlato- disse Alec. -Vi accompagno, ma non voglio più vestirmi mi è bastato farlo un anno-.

Ormai Magnus si era arreso, era riuscito a far mascherare Alec solo un anno, con la scusa che stavano insieme da poco, ma il cacciatore riteneva le feste mondane, soprattutto Halloween una grandissima perdita di tempo. Non riusciva a vedere, come il compagno, la magia che c'era nell'aria. Ora sperava che con un figlio piccolo le cose cambiassero, ma fu nuovamente deluso.

-Me ne sono accorto Alexander, ma sarebbe bello che per una volta ti dimenticassi chi sei e ti divertissi come un normale mondano-rispose lo stregone, allontanandosi per andare dal figlio, senza quasi più rivolgere la parola al compagno.

-Intendi non parlami per tutta la notte?-chiese ad un certo punto Alec, facendo sobbalzare lo stregone.

-Non ti sto...-disse voltandosi per poi interrompersi e scoppiare a ridere. Alec, aveva preso un lenzuolo gli aveva fatto un buco e ora stava immobile davanti al suo compagno.

-Papi, un fantasma-disse Max correndo. -Ma non hai il cesto per le caramelle-.

-Metterò le mie caramelle nel tuo, va bene?-disse abbassandosi per accarezzarlo.

-Andiamo a suonare il campanello- disse Max, felice, tirandosi dietro il padre.

Quello fu il primo di tanti Halloween, insieme.

________________ Molti anni dopo.

-Papà, andiamo è Halloween, dovresti uscire a divertirti- disse Max, entrando in camera, ed osservando il padre che pensieroso guardava dalla finestra.

-Non ne ho voglia. Vai esci tu, e magari chiama Rafe-.

-Rafe è a casa con Andrea, dovrebbe partorire a giorni- rispose Max. -Non puoi continuare così papà, lui non vorrebbe vederti così-.

-Lo so, ma è dura questo è il primo Halloween senza Alexander- disse lo stregone asciugandosi una lacrima.

-Sai- disse il giovane stregone. - Nemmeno io ho tanta voglia di uscire-disse sedendosi sul divano.

-No Max, ti prego, abbiamo tanto tempo per stare insieme, ti prego, ho bisogno di stare solo, cerca di capirmi- disse Magnus, andando verso il figlio e porgendogli una mano per farlo alzare.

-Ti voglio bene, Papà. E ovunque sia Papi, so che anche lui ti ama. Il vostro amore durerà per sempre, ma ti prego, non voglio saperti triste a casa. Almeno chiama Rafe e vai da lui- disse il giovane stregone, abbracciandolo. per poi uscire di casa. Sapendo perfettamente che il padre non avrebbe chiamato il fratello.

-Rafe sono io-disse una volta preso il telefono.

-Come sta?-chiese l'altro, senza bisogno di parole.

-Malissimo,anche se non vuole ammetterlo, stavo pensando che forse, potremmo stare a casa con lui- disse ancora Max.

-Mi sembra un'ottima idea, dammi tempo di dirlo ad Andrea-rispose il cacciatore. -Anche se me l'aveva già detto anche lei, adora Magnus, e sa quanto sta soffrendo-.

-Grazie Rafe- disse abbracciandolo, quando raggiunse casa del padre.

Magnus sul divano stava guardando un album fotografico, di loro insieme. Lente lacrime solcavano il giovane viso dello stregone. -Ragazzi?-chiese sentendo i figli entrare in casa.

-Manca anche a noi, Papi-disse Rafe avvicinandosi e sedendosi di lato al padre, mentre Max prese posto nell'altro lato. -Manca anche a me-disse scoppiando a piangere.

Restarono in silenzio, vicino al padre, facendogli sentire la loro presenza. A mezzanotte un piccolo sbuffo di aria, fece ballare la fiamma della candela, mentre la freccia di Alec, ormai reliquia nel loft, cadeva a terra, dolcemente, tra lo stupore dei presenti.

Ad Halloween si sa: tutto può succedere.

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Capitolo 36
*** In un mare di guai: Paura ***


Dopo quasi un'ora, chilometri e chilometri macinati nel loft, e una piantina della città, Magnus riuscì ad individuare Max. Stava quasi per aprire un portale quando Alec, lo fermò. -Tesoro, e se andassi io prima? E' andato al cimitero. E credo di sapere anche dove-. Una semplice tuta nera vestiva lo stregone, classica. Come il suo umore. 

-Devo andare io-rispose poco dopo il più grande. Avvicinandosi al compagno e poggiandogli un dolce bacio sulle labbra. Ormai la magia sparita. -Chiedi solo a Jace di portare qui Rafe. Clare aprirà un portale per loro-disse indicando il suo studio, per poi sparire attraverso il muro, mentre Alec componeva il numero del fratello, restando poi in attesa del loro arrivo. 

Magnus spesso aveva maledetto la sua natura, mentre in quel momento ringraziò i suoi occhi, capaci di fendere la notte e trovare Max raggomitolato vicino alla tomba di Robert e di Max Lightwood. Succedeva spesso, che quando il piccolo stregone fosse turbato, si dirigesse in quel luogo. Un luogo creato apposta, come raccoglimento. Max non aveva vissuto molto Robert, se lo ricordava poco, era piccolo quando l'uomo era morto, ucciso durante un processo. Ma aveva percepito il dolore di Alec, e Magnus sapeva che questo lo aveva turbato.  

-Max-lo chiamò dolcemente Magnus, toccandogli una spalla, e il bambino si svegliò con gli occhi terrorizzati. -Per Lilith, mi hai spaventato a morte, Max-disse lo stregone abbracciandolo forte a se. 

-Lasciami- disse il bambino, puntandosi con le mani. 

-Max, ma si può sapere cosa ti succede? -chiese il padre esasperato, allargando le braccia, frustrato. 

-Io non voglio diventare grande, Magnus- ringhiò il bambino e lo stregone si sentì morire un po' dentro sentendosi chiamare per nome. -IO- urlò,-  non voglio leggere qui, i nomi di papà e di Rafe- disse ancora. 

-Max, purtroppo a quello non c'è rimedio-rispose tristemente il padre. 

-Sei il più potente stregone, se solo la smettessi di pensare solo ai vestiti e ai tuoi stupidi trucchi, potresti trovare una soluzione-urlò il bambino, con il viso bagnato di lacrime. 

-Max, non è possibile, ci sono magie che sono... semplicemente impossibili- cercò di calmarlo il padre, alzandosi da terra. 

-La verità è che non ci hai nemmeno provato- urlò il bambino, ancora più forte. 

-Max, adesso basta. Questo non è il luogo adatto per urlare e strepitare. Dovresti avere rispetto, per le persone che ci sono qui- alzò solo leggermente la voce Magnus. 

-Sei tu che sei venuto qui, a rompere, io stavo benissimo da solo- disse allontanandosi, ma Magnus lo fermò afferrandolo per un braccio. 

-Basta Max, anche la mia pazienza ha un limite e tu oggi stai proprio esagerando-. 

-Lasciami andare- disse l'altro, cercando di sottrarsi alla presa. 

-Ho detto di smetterla, tanto non ti lascio andare, ora ti porto a casa, e poi facciamo un bel discorso su come si ci comporta-. 

-Non voglio venire a casa, non voglio. Lasciami- pianse il bambino dimenandosi. 

-Max, per Lilith- esclamò il padre, lasciandolo andare. Il bambino barcollò per poi cadere seduto, scoppiando a piangere.  

-Max, per favore. Devi capire che non posso farlo, non c'è un modo per rendere immortale Alec o Rafe, ci ho già provato in passato e non ci sono riuscito. Ho cercato nelle biblioteche dei Silenti senza mai trovare nulla. Credi che a me non mi interessi? Credi veramente che mi piace questa idea? Sono secoli che ci convivo Max- disse inginocchiandosi davanti al bambino. -Così come devi capire che ci sono magie buone e magie cattive, medicine che possono curare e che possono uccidere. Perchè sei uno stregone Max, e so che sono difficile da capire, ma tu dovrai proteggere Alec e Rafe e gli Zii, e per farlo devi accettare la tua natura-. 

-La mia natura fa schifo, non ho chiesto io di essere uno stupido stregone- mormorò l'altro. 

-Non sei stupido, sei speciale mirtillo. Sei il mio piccolo stregone speciale- rispose il padre accarezzandolo sulla testa. Restarono in silenzio, nella notte, in quel posto così speciale, che per un attimo Magnus, temette che il bambino si fosse addormentato di nuovo. Stava per alzarsi quando la voce del figlio, bassa e tagliente come un lama calda nel burro lo bloccò. 

-Se io resto per sempre bambino papà non muore, Rafe non muore e tu sei felice, e lo sono anche io. Ti prego papà, fammi restare bambino per sempre, mi hai fatto diventare grande, puoi farlo- chiese implorante. 

-No Max, sono magie temporanee, non posso farlo- mormorò con la voce rotta. -Nemmeno io voglio che Alec, vada via, o Rafe. Forse non te lo ricordi, ma una delle prime volte in cui ti strinsi a me, ti dissi che ci saremmo stati noi due, a difendere Alec. Poi è arrivato anche Rafe. E non c'è giorno, un solo giorno, in cui io non cerchi una soluzione a questo problema. Non un solo giorno, Max. Devi credermi. Amo tuo padre, come amo te e Rafe. E ho visto tanta gente che amavo morire. Ho quasi perso tuo padre per colpa della mia immortalità. Ma ci conviviamo, o meglio: cerchiamo di non pensarci troppo-. 

-In che senso perdere Papà? Stava morendo? -chiese il piccolo, guardandolo con gli occhi lucidi. 

-No, mio piccolo Mirtillo, diciamo solo che c'è stato un periodo in cui tuo padre, come te, non accettava la mia immortalità.  e voleva farmi diventare mortale, o meglio aveva creduto che potesse succedere-disse guardando nel buio. 

-Possiamo diventare mortali? -. 

-Non lo so- rispose Magnus. -Ora che ne dici di andare a casa, e di pulirci un po'? -chiese lo stregone, alzandosi. 

-No... Non voglio tornare grande, Papà. Per favore. Non toccherò mai più le tue cose, ma ti prego, non farmi diventare grande ancora-. 

-Va bene, credo che possiamo sospendere la punizione, ma resterai in castigo lo stesso, insieme a tuo fratello-. 

-Rafe non c'entra, lui non voleva, continuava a dirmi che non dovevo farlo. Non mettere in castigo anche lui. Per favore- disse con gli occhi lucidi. 

-Di questo ne parleremo con Alec. Ora andiamo a casa-disse schioccando le dita, aprendo un portale. 

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Capitolo 37
*** Natale in arrivo [Part. I] ***


Sarebbe stato un semplicissimo pomeriggio prenatalizio, se solo sul nome sulla targhetta del citofono non ci fosse scritto: Casa Lightwood-Bane. Perché se per quasi tutto il mondo decorare l'appartamento era fonte di gioia, per Magnus Bane era un grosso e grasso problema. Non che lo fosse mai stato prima. Prima il suo spirito natalizio si limitava ad uno schiocco di dita, lucine colorate, e Presidente vestito da Babbo Natale. Poi era arrivato Alec. Il cacciatore. Il suo cacciatore. E il suo spirito natalizio si era in parte risvegliato. Era iniziato tutto così. Uno schiocco di dita, un albero di Natale, un tavolino con una carota, un biscotto e un bicchiere di latte. E tante, tantissime coccole con il suo occhi blu.  

Poi era arrivato Max. Un po' all'improvviso. Nonostante i tanti anni sulle spalle, il mettere su famiglia non era contemplato, anche se lo aveva sempre sognato. Ma anche quello era cambiato. Tutto ovviamente merito di occhi blu. E lo spirito natalizio di Magnus Bane era cresciuto a dismisura. Un albero, un tavolino, il biscotto di zenzero, una carota e tanti tantissimi pacchetti. Dalle misure e dei colori più diversi. E al posto delle coccole e dei baci passionali, la sua vigilia si trasformava in una piccola festa famigliare, dove la risata del piccolo Max riempiva di colore ogni singolo angolo del box e del suo cuore. Poi c'era stata la guerra, a cavallo con l'arrivo di Rafe. E il Natale era stato un po' dimenticato. Il tradimento di Malcom bruciava, bruciava tantissimo. Ma da una parte poteva quasi comprendere il dolore dell'uomo, privato del suo amore. E proprio questa era divenuto motivo di lite con il compagno. E lo spirito natalizio di Magnus era stato nuovamente rinchiuso dentro lo scrigno. Le decorazioni al mimino storico, tanto per compiacere i bambini, e allo scoccare della mezzanotte erano già tutti nel letto, stanchi e preoccupati. 

Ma non quell'anno. Quell'anno qualcosa era cambiato, non per opera sua o del compagno, ma per via dei bambini. Era accaduto infatti che Max, sporgendosi dalla finestra che dava in strada aveva visto le luci colorate dei vicini. 

-Perché non le mettiamo anche noi? -aveva chiesto curioso, guardando i genitori seduti sul divano. Magnus che svogliatamente faceva zapping alla televisione e Alec intento a leggere la nuova missione. 

-Cosa? -aveva chiesto curioso Rafe, osservando il fratello. 

-Le luci- disse indicando fuori. 

-Oh- disse ammirato Rafe. -E come mai si mettono? -. 

-Perché arriva Babbo Natale-aveva spiegato il bambino con aria di chi la sapeva lunga. 

-Babbo Natale non e... -aveva iniziato Alec, ma un lampo azzurro e lo sguardo omicida del compagno, lo avevano convinto a dedicarsi nuovamente alla sua lettura. 

-Chi è Babbo Natale? -aveva chiesto nuovamente Rafe, e Max era corso in camera tornando con svariato libri, quaderni, figurine, che aveva sparpagliato in salotto, sotto gli occhi divertiti dello stregone. 

-Sai vero che poi dovrai rimettere tutto in ordine? -aveva sorriso il padre, sedendosi con loro sul tappeto. 

-Lo so, ma non è colpa mia. È di Rafe che non conosce Babbo Natale- aveva risposto il piccolo stregone, ridendo e saltellando per casa. -Io me lo ricordo, quando ero piccolo c'erano tante luci colorate, e la musica-. 

-Poi però non è più venuto e non so, forse sono stato cattivo, o forse è stato perché non c'era più il nonno. Ma mi ha sempre lasciato i regali- disse innocentemente il bambino, mentre Magnus osservava il compagno trasalire al pensiero di suo padre. 

-No che non sei cattivo-disse Alec, poco dopo, sedendosi con loro. -Sapeva che eravamo molto impegnati e così non è passato, ma ho una bellissima idea-disse alzandosi. -Perché non sistemi tutto, mentre io preparo la cioccolata e poi mettiamo tante luci colorate anche noi? -. Ma nonostante le urla di giubilo a Magnus non era sfuggiti gli occhi lucidi di Alec. Gli lasciò qualche minuto per ricomporsi, per poi entrare in cucina. 

-Tesoro-disse abbracciandolo da dietro e posandogli un bacio al centro della schiena. -Tesoro, mi dispiace- disse accarezzandogli le braccia. 

-Lo so, non è colpa tua, ho quasi perso anche te-rispose Alec voltandosi, e baciandolo. -Ma ora, abbiamo un paio di bambini a cui permettere di colorare casa-disse sorridendo, mentre una lacrima solitaria, lasciava il suo viso. 

-Lo sai che ti amo? -disse lo stregone, dolcemente.  

-E io amo te- rispose baciandolo. -Ma ora è il caso che andiamo di là, prima che le due pesti smontino l'appartamento-. -Sto bene, Magnus. Veramente. Ho solo bisogno della mia famiglia-disse prendendogli la mano e appoggiandosela sul cuore. -Ho solo bisogno di te-disse arrossendo appena, facendo galoppare il cuore dello stregone. 

-Andiamo- disse Magnus, uscendo dalla cucina, con un vassoio, dei biscotti e quattro cioccolate calde. 

-Magnus-lo rimproverò sottovoce Alec. 

-Ho messo i soldi, lo giuro-sorrise sornione.  

E quello che era rimasto chiuso in uno scrigno, uscì nuovamente, il suo spirito natalizio. Accompagnato da urli, grida di gioia e giubilo. E mentre scoccava la mezzanotte sul tavolino davanti a loro posizionavano un biscotto, una carota e un bicchiere di latte e tutto fu perfetto.  

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Capitolo 38
*** Ho paura del buio ***


Max guardava Rafe dormire, abbracciando forte la sua copertina gialla.

Non voleva svegliarlo, se fosse successo, sarebbe andato a chiamare la zia, e lui non voleva.

Isabelle quasi certamente lo avrebbe preso in braccio, portato in cucina e preparato una cioccolata calda. O almeno ci avrebbe provato.

In realtà avrebbe solo bruciato l'ennesima pentola e lui sarebbe stato costretto a bere quella cosa che sua zia , chiamava cioccolata.

Ma dormire in istituto non gli piaceva, lui volava il suo cielo stellato, i suoi peluche e il suo lettino morbido. E voleva i suoi papà.

Rafe si mosse appena, svegliandosi. - Che succede? - chiese guardando il fratello.

-Voglio papà-. Mormorò quasi piangendo.

-Mancano ancora due giorni, prima che finisca la missione- rispose sedendosi sul letto.

-Voglio solo andare a casa-. Max si mise un dito in bocca, succhiandolo.

-Vuoi che chiamo la zia? -.

-No. No, ti prego. La sua cioccolata mi fa venire mal di pancia-.

-Che ne dici di dormire nel letto con me? -. Chiese scostando la coperta.

-Non mi prenderai in giro, domani? -. Domandò il piccolo stregone, dubbioso.

-Ti svelo un segreto- disse Rafe, sistemando i cuscini. - Non riesco nemmeno io a dormire qui. Ho paura del buio-.

Fu così che Max, cullato dalla voce del fratello che canticchiava una ninna nanna in spagnolo, si addormentò. E due giorni dopo, dal rientro dalla lunga missione, Alec e Magnus, trovarono i due bambini nel letto.

-Sono stupendi- disse Magnus piano, per paura di svegliarli.

-Odio le missioni così lunghe- disse ancora, uscendo dalla stanza.

-Anche io-rispose Alec, baciando il compagno. 


l'Angolo delle scuse.
Lo so, sono assente da EFP, e mi dispiace, ma mi trovo molto meglio con wattpad, quindi vi chiederei di seguirmi di là. Wattpad è semplice, posso scrivere direttamente dal cellulare, avendo le bozze, e mi è più semplice, ma allo stesso tempo ti da la possibilità di interagire direttamente con l'autore, sul pezzo, e non come quì, che per rispondere alle recensioni devo per forza connettermi da pc, perchè da cellulare o per un motivo o perl'altro da sempre errore. E mi scuso, so che mi seguite infatti cerco di aggiornare anche qui. Ciò non toglie che ultimamente ho avuto un periodo lavorativo molto pieno e che mi ha risucchiato le poche forze che avevo. Ma nulla, torno, come sempre, più forte di prima. Con affetto e rispetto, Sara

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Capitolo 39
*** Maledetta immortalità ***


Una foto sbiadita, ingiallita dal tempo, i bordi piegati. La accarezzo' dolcemente, sorridendo.
Un piccolo cerchio sul calendario. Rosso. E un dolore sordo al petto. Il telefono che squillava nell'altra stanza.
La scia umida della lacrima che attraversa la guancia. L'ennesima lacrima, bollente come acido.
Il cielo che lento si svegliava, ignaro del dolore o della gioia di chi osservando, giorno dopo giorno andava avanti.

Un lampo rosso lacero' l'aria, l'odore forte di zolfo e di bruciato.

-Ti aspetto al parco- nessuna firma, non un'altra parola. Prese il biglietto lo strappo' in tanti piccoli pezzettini, lanciandolo nella stanza. Se suo padre l'avesse visto, avrebbe urlato e dato di matto.

Uscì di casa, senza aprire nessun portale. Voleva sentirsi normale, nonostante la pelle blu, che un incantesimo nascondeva agli occhi dei mondani. Raggiunse il parco. Il fiato spezzato. Suo padre che gli andava incontro, abbracciandolo.

-Sei in ritardo, Alec aveva paura che ti fossi dimenticato-.

-Non mi sono dimenticato, odio questo posto lo sapete-.

-Oggi devi sopportare, tesoro. Vai da Rafe e poi saluta tuo padre-.

Max si allontanò, posando la mano sulla spalla del padre, stringendola appena.

-Papà... - chiamò, avvicinandosi al padre che, seduto, osservava la lapide bianca davanti a lui.

-Allora non ti sei dimenticato... -. Si voltò Alec, sorridendo, il sollievo nella sua voce.

-No. Ma odio questo posto. Lo sai... -.

-Lo so, ma la nonna sarebbe contenta-. Alec si alzò, lasciando il ragazzo solo.

Max odiava quel posto, odiava quelle lapidi e odiava la sua immortalità. Odiava già, il giorno in cui, su quella lapide avrebbe letto il nome di suo padre. 

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Capitolo 40
*** Emozioni ***


Il telefono che rimbalza sul divano, mentre lo stregone schiocca le dita, aprendo un portale. Immobile, lo sguardo fisso davanti a lui. La paura di infrangere quel momento speciale ed allo stesso tempo, la voglia di condividere la sua gioia con il compagno, spargendo scintille per casa.

Il telefono squilla, lo riscuote dalla sua guerra interiore, schiocca le dita, compare nella sua mano e risponde: -Vieni a casa subito, ho aperto il portale-. Nessun'altra parola, non ne sente il bisogno. Già quelle poche sono state sussurrate. Il rumore inconfondibile del portale che viene attraversato ed il respiro affannato del cacciatore.

Ancora in mano il suo arco fedele, lo sguardo stralunato. Magnus lo guarda, mimando di stare fermo. Alec, si tocca una spalla, non c'è pericolo e il suo arco sparisce insieme alla lama angelica che ha nella cintola.

Fa un passo, ma il compagno lo blocca, indica un punto davanti a lui. Il cacciatore si volta, resta a bocca aperta, emozionato.

Il bambino è appoggiato al tavolo, si regge sulle gambe malferme. Si volta a guardarli, tende una manina verso di loro. È incerto, concentrato. Magnus si siede per terra, le gambe incrociate, con una piccola sfera di energia azzurra che si passa da una mano all'altra.

-Max-lo chiama piano, teme di spaventarlo. Il bambino lo guarda, e lascia il tavolo. Un passo, due passi, barcolla, lo sguardo terrorizzato, Magnus fa per alzarsi, ma Alec lo blocca. Incrocia il suo sguardo lucido per un secondo, poi lo posa sul figlio. -Max- lo chiama piano il cacciatore -vieni da papà-.

Max continua ad oscillare piano mantenendo l'equilibrio, fa un altro passo, si ferma. Ne fa un altro e raggiunge il padre, prendendo la piccola sfera di luce.

-Il nostro bambino ha camminato, Alec. Il nostro bambino cresce. Mio figlio-. Parole ed emozioni che per la prima volta, nei suoi secoli di vita, lo lasciano senza fiato. Una lacrima, macchiata di mascara, lascia un segno nero sul viso. E' felice e deve tutto questo al suo compagno. Deve tutto ad Alec.

Abbraccia il bambino, si alza e appoggia le labbra su quelle morbide del compagno. -Grazie-. Non c'è bisogno di altre parole, perché vedeva la sua emozione specchiata negli occhi del compagno. 

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