Everyone has darkness

di Zugzwang_scaccomatto
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** When a Stranger Calls ***
Capitolo 2: *** Restart ***
Capitolo 3: *** Closer ***
Capitolo 4: *** Car Radio ***
Capitolo 5: *** My Way ***
Capitolo 6: *** Let Me Love You ***
Capitolo 7: *** Demons ***
Capitolo 8: *** Friend, please ***
Capitolo 9: *** A Car, A Torch, A Death ***



Capitolo 1
*** When a Stranger Calls ***


Piccola premessa: è un storia scritta nelle note del mio telefono, iniziata in una sera di noia e assenza di 3G, per cui chiedo a tutti di perdonare gli eventuali errori di battitura. Grazie e buona lettura!

Cap.1 "When a Stranger Calls"

-Emma, corri!- urlai, divincolandomi dalle catene che mi tenevano immobilizzata, incrociando il suo sguardo sorpreso. 
-Corri- ripetei, con voce strozzata -Almeno una di noi due scapperà- 
Non volevo che quel pazzoide mi uccidesse, ma non volevo nemmeno che nessuno sapesse la verità su di lui. Kieran, che in quel momento giaceva ai miei piedi, ma sembrava già in grado di rialzarsi. Kieran, con quella luce folle negli occhi, quello sguardo disumano. Kieran, il ragazzo di Emma, che come Piper l'aveva tradita e ferita nel modo più profondo di tutti. Avevo bisogno che riuscisse a scappare, avrei preferito sacrificarmi piuttosto che vederla morta. 
-Non ti lascio qua- mormorò Emma, come se non volesse che la sentissi. Poi alzò la voce, rivolgendosi a Kieran con un tono misto di disgusto e rabbia -Ti conviene prendere me, psicopatico- e iniziò a correre. 
"Sono morta" pensai semplicemente. 
"Emma ce la farà" mi dissi "Deve farcela"
Chiusi gli occhi e ascoltai i suoi passi in lontananza, cercando di essere coraggiosa. Ascoltai anche i rumori provenienti dal terreno, la figura che lentamente si rialzava, ricolma di rabbia.
Sentii il respiro di Kieran vicino al mio orecchio. Stava per spararmi. "Non puoi morire con gli occhi chiusi". Li aprii e lo guardai dritto in faccia, ma lui non aveva la pistola puntata su di me, semplicemente sorrideva divertito. -Sai, tiene a te più di quanto creda. Facciamo in modo che se ne accorga-
-Emma!- urlò, tutto d'un tratto di nuovo -Ti conviene venire fuori, o Audrey muore- 
Mi diede un colpo e caddi per terra in ginocchio, le mani incatenate. 
-Non farlo!- la avvertii. Sentii la canna della pistola premere con più forza sulla mia tempia, ma non mi importava -Ti ucciderà, non farlo!-
Un dolore fortissimo allo stomaco, improvviso. L'aria mi uscii dai polmoni di colpo, emisi un gemito e strinsi i denti. La lama del coltello di Kieran uscì, veloce come era entrata, insieme a un fiotto di sangue, inzuppandomi la maglietta. 
Gemetti. 
-Ti conviene uscire alla scoperto, o farò in modo che Audrey sia irriconoscibile una volta ritrovato il suo corpo. Non ho nemmeno iniziato con lei-
Mi spinse con forza verso il corridoio buio e pieno di macerie e polvere. Sentivo la macchia di sangue allargarsi sulla mia maglietta e le forze abbandonarmi lentamente. 
-Non lo dirò un'altra volta, esci fuori o questa volta per la tua amica del cuore non sarà solo un graffietto- Sentii la lama risalire lentamente fino al mio costato e incidere la carne superficialmente. Continuavamo a camminare verso la stanza della caldaia, l'unico posto dove Emma avrebbe potuto nascondersi, a meno che non fosse già scappata. 
-Conterò fino a tre- mi strinse ulteriormente i polsi con la catena -Uno- urlò.
Niente. 
-Due-. Potevo sentire la rabbia uscire come un respiro dai suoi denti digrignati in quell'espressione folle. 
Niente. 
-L'hai voluto tu, Emma. Tr..-
Non capii subito cosa stesse succedendo, vidi solo un'ombra comparire alle nostre spalle, dal nulla, e colpire Kieran alla tempia. Non mi domandai nemmeno come avesse fatto Emma a ritrovarsi dietro di noi. Sentii la stretta delle catene diminuire e cosi ne approfittai per tirargli un colpo alla cieca, colpendo probabilmente il petto del ragazzo. 
-Audrey bloccalo!- ordinò Emma, prima di emettere un gridolino di dolore. Alzai lo sguardo di colpo e mi accorsi che Kieran l'aveva colpita di striscio con il coltello, probabilmente al braccio; la pistola era lì a poche decine di centimetri di distanza. -Lasciala stare, maledetto bastardo- scalciai da terra, dove ero finita, colpendolo al ginocchio e facendolo stramazzare. Di nuovo quel dolore pungente, questa volta al polpaccio. Mi aveva colpita di nuovo. Non distolsi lo sguardo dall'arma di fronte a me -Emma sparagli, sparagli, sparagli!-
Vidi la ragazza afferrare la pistola e puntarla verso Kieran con mani tremanti.
Tutto si fermò, sembrava una situazione surreale
-Uccidimi, Emma. Fallo- la guardava con aria di sfida, ma sapevo che in fondo la stava supplicando. Non voleva andare in prigione.
-Emma!- la riscossi. 
Lei premette il grilletto e il corpo del ragazzo sobbalzò, afflosciandosi contro una delle colonne portanti dell'edificio. 
Mi alzai, zoppicando, e mi avvicinai a lui. 
Era ancora cosciente, lo aveva colpito alla spalla. Vidi Emma affrettarsi a legarlo più stretto possibile con le catene che poco prima avevano tenuto me bloccata e sussurrargli -Non morirai oggi, ma marcirai in galera. Dove meriti di stare.-
Mi lasciai crollare a terra, il palmo della mano premuto sulla ferita allo stomaco, cercando di mantenere il respiro costante. Sentii la voce dello Sceriffo Acosta in lontananza e mi resi conto che era finalmente finita. La porta del corridoio si spalancò col un boato e ne entrarono quattro poliziotti insieme allo Sceriffo, il quale, dopo averci lanciato un'occhiata, capì al volo la situazione e si precipitò ad ammanettare Kieran. 
-Audrey- la voce di Emma mi risvegliò da quel piccolo momento di trance nel quale ero crollata. 
-S..stai b..bene?- cercai di chiederle, senza forze. 
Mi guardò per un tempo che mi parve infinito, poi si chinò verso di me. Pensavo volesse sussurrarmi qualcosa, invece, prima che potessi rendermene conto, posò le sue labbra sulle mie. Emma Duval mi stava baciando. La ragazza per cui avevo avuto una cotta un intero anno. Tutto d'un tratto il dolore per la pugnalata non sembrava poi cosi insopportabile. Un secondo dopo si separò da me, lasciandomi allibita a fissarla; sembrava quasi spaventata da ciò che aveva appena fatto, poi fece scorrere lo sguardo dai miei occhi alla macchia rossastra sulla maglietta.
-Ti serve aiuto, in fretta. Stai sanguinando troppo- 
Cercai di riscuotermi, ma l'unica cosa che riuscii a controbattere fu un misero -Mmmh, non ti preoccupare-
-Mi preoccupo eccome- mi esaminò un secondo -Riesci ad alzarti o devo far venire una barella?-
-Emma...- iniziai, ma non mi permise di finire. -Sceriffo!- urlò -Servono soccorsi per Audrey, Kieran l'ha pugnalata, ho paura che camminare possa peggiorare la situazione-
Vidi Miguel Acosta dare indicazioni a uno dei suoi agenti in modo che chiamasse i paramedici, mentre gli altri due stavano cercando di salvare il ragazzo ancora bloccato dalle catene. 
-Lo hai colpito alla spalla- mormorai. 
-Già-
-Non pensavo ce l'avresti fatta. Non so se sarei riuscita a fare lo stesso-
-Ho solo fatto quello che mi diceva il cervello. Non meritava di morire senza soffrire le pene dell'Inferno-
-Si, ma questo non camb...aaah- gemetti, premendo com più forza la mano sulla ferita e stringendo i denti.
-Non sprecare energie parlando, a momenti arriveranno i soccorsi- mi sussurrò, poggiando la sua mano sopra la mia. Rabbrividii. 
-Emma tutto questo cosa dovrebbe significare?- 
-Niente-
-Emma- ripetei, abbassando drasticamente il tono di voce - Mi hai appena baciata-
-Audrey mi dispiace, non volevo farlo. Oh, insomma. Non dovevo- evitava il mio sguardo -Non è il momento-
-Signorina Duval, le dobbiamo chiedere di spostarsi-. Erano arrivati i paramedici. Nel giro di un paio di minuti mi ritrovai all'interno di un'ambulanza con Emma al mio fianco, anche lei medicata alla ferita al braccio. 
-Stai bene?- le domandai, cercando di allontanare quella sensazione di nausea crescente che dava il mezzo di trasporto.
-No- rispose, sinceramente. -Tu?-
-No- sospirai. 
-Ti fa male?-
Provai a fare spallucce, per quanto ne fossi impossibilitata dalla posizione e dalla pugnalata -Potrò sfoggiare una cicatrice con una degna storia alle spalle-
-La mia è meglio, è più visibile- scherzò lei. 
Feci un ghignetto -La mia solo da pochi privilegiati-
Emma scoppiò a ridere. Non era una risata sincera, si sentiva, ma era pure sempre un inizio.
-Siamo arrivate- disse, tornando seria, e in quell'istante le porte si spalancarono e mi trasportarono fuori. 
Due giorni dopo ero già stata dimessa, con la promessa al dottor Joseph che avrei passato la maggior parte del tempo a letto e avrei evitato sforzi inutili. Era strana tutta quella calma, lo stare a letto in pace a guardare la televisione o a leggere un libro, lo scendere a fare colazione senza che nessuno ti dicesse che un tuo amico era stato brutalmente ucciso oppure l'assenza di chiamate da Numero Sconosciuto. 
Noah era già passato almeno trenta volte per vedere come stavo e portarmi albi di fumetti per passare il tempo a letto senza annoiarmi, ma continuavo a distrarmi. Emma non si era più fatta vedere in seguito a quello che era successo dopo la cattura di Kieran e non io non avevo voluto in nessun modo forzarla a venire da me. Solo che non capivo cosa fosse successo, sul serio. Mi aveva baciata? Ne ero certa. E aveva anche poggiato almeno due volte la mano sulla mia. Forse era solo completamente fusa per la situazione e ora si vergognava per ciò che aveva fatto sotto quella specie di shock. Era già stato orribile doverle dire di quando le aveva spezzato il cuore "abbandonandola" per i suoi nuovi amici, probabilmente uno dei momenti peggiori della sua vita, e ora non avevo voglia di dover discutere con lei per una semplice azione compiuta senza pensare. 
Il mio flusso di pensieri fu interrotto da un rumore alla porta della stanza. -Audrey, tesoro- chiamò mio padre -Hai visite-
-Noah, sul serio, apprezzo davvero tutto questo interesse, ma sei andato via meno di un'ora fa, dammi almeno il tempo di...-
-Ehm..permesso- sentii dire, con voce imbarazzata.
-E..Emma- balbettai, afferrando la coperta e tirandomela fino alle spalle: ero in canottiera e non mi sentivo del tutto a mio agio in quella situazione. Lei era bellissima. Non descriverò come era vestita o come aveva i capelli. Avete presente quando vedete qualcuno e dite "Wow", senza soffermarvi sul tipo di trucco che ha addosso o dalla ricercatezza del guardaroba? Ecco, il caso era quello. 
-Posso chiudere la porta?- domandò, ferma sulla soglia.
Cercai di scrollarmi di dosso quella sensazione strana -Si, certo- La chiuse -Scusa, non posso alzarmi dal letto senza l autorizzazione di Doc Noah- cercai di scherzare.
Lei sorrise. Fossette. "Smettila, idiota, stai tornando alle vecchie abitudini" 
-Mi dispiace non essere venuta a vedere come stavi in questi giorni, avevo davvero bisogno di stare da sola- si scusò. 
-Non preoccuparti, posso comprendere la necessità-
La ragazza si sedette nel letto, vicina a me. -Che settimana-
-Già, credo che non avremo mai problemi ad affrontare difficoltà in futuro, dopo certe esperienze-
Emma rise -Questo è poco ma sicuro- giocherellava con il braccialetto che portava sul polso sinistro. Si tolse le scarpe e si distese del tutto sul letto, cercando di mostrarsi a proprio agio. E fallendo. 
-Emma, va tutto bene?-
Che domanda del cazzo. "Si Audrey, alla grande, il mio ex è stato appena messo in galera dopo aver ucciso più della metà dei nostri amici e aver cercato di incastrarci, il ragazzo che per tutto il tempo aveva cercato di aiutarmi è stato ucciso per colpa mia e, oh, dimenticavo, mia mamma chiaramente mi nasconde cose compulsivamente! A parte questo, va tutto benissimo!" 
-Devo essere sincera con te e voglio che tu lo sia con me- iniziò lei, lanciandomi uno sguardo strano. 
-Se riguarda quello che è successo non devi spiegarmi proprio nulla, sul serio, non è..-
-Audrey- mi interruppe, nervosamente -Ho davvero, davvero bisogno di parlarne con te-
Continuava a giocare con il braccialetto.
-Va bene- le appoggiai una mano sul polso, gentilmente, cercando di tranquillizzarla. 
-Mi dispiace per quello che ho fatto-
Cercai di ridacchiare, ma il risultato sembrò più il verso di una cornacchia morente -Non eri in te-
-No, Audrey, il problema è questo. Non sono venuta da te per dirti che non ero in me- distolse lo sguardo e si mise a fissare i piedi del letto -Sono venuta qui per cercare di capire per quale motivo sono passati cinque giorni e ancora non riesco a mentire a me stessa dicendo che l'ho fatto perché ero sconvolta-
Mi sentii gelare il sangue nelle vene, ma non aprii bocca. Lei prese un respiro e continuò, lentamente -Quello...quello che intendo è che ti ho baciata senza pensare a quello che stavo facendo, in quel momento, ma in seguito mi sono resa conto che...che l'avrei rifatto, anche da lucida. Perché lo volevo. Come vorrei farlo adesso. E non capisco cosa non vada in me, è una sensazione orribile- 
Tornò a guardarmi negli occhi e mi resi conto che erano lucidi. Mi sporsi verso di lei e cercai di abbracciarla per quanto ne fossi in grado -Em..- lei appoggiò la fronte sulla mia spalla e si lasciò andare. Iniziò a singhiozzare. Sapevo che quel pianto non era solo per quello di cui mi aveva appena parlato, anzi, lo era in minima parte. Stava liberando per la prima volta tutto ciò che si era tenuta dentro negli ultimi giorni.
-Andrà tutto bene- le sussurrai. 
Lei si aggrappò a me e io non feci altro che stringerla più forte. 
-Pensi che riusciremo a fidarci ancora di qualcuno? Dopo tutto questo?- mi domandò, dopo un paio di minuti, cercando di ricominciare a respirare regolarmente. 
-Inizia col fidarti di me- le risposi.
Lei si sciolse dall'abbraccio -Come?-
Il trucco le era leggermente colato e la rendeva, se possibile, ancora più indifesa e dolce. 
-Risolviamo questa cosa-
Un'occhiata dubbiosa.
-Chiudi gli occhi-
Un'occhiata più dubbiosa. 
-Fidati-
Chiuse gli occhi. 
La sua espressione continuava ad essere nervosa, come se si aspettasse che le tirassi un pugno in faccia da un momento all'altro. Le strinsi la mano -Sono qua, stai tranquilla- rimasi in silenzio per qualche istante e poi ripresi -Tu hai detto di essere confusa perché anche adesso vorresti..- pausa imbarazzante -...rifare quel che hai fatto-
-Io..si. Lo vorrei- mormorò. 
-Togliamo questo dubbio-
Mi sporsi verso di lei, ma mi fermai a pochi centimetri dalla sua faccia. "Lo stai facendo per te? O la vuoi davvero aiutare?". Ero innamorata di quella ragazza da sempre, ora ne ero sicura. Ero cosi vicina a lei, era fisicamente difficile resistere alla tentazione, ma ora dovevo pensare ad Emma, non a me stessa. Non potevo approfittarmene cosi di lei. -Em...non posso- sussurrai. Lei aprì gli occhi e incrociò i miei. Comprese tutto in in millisecondo. 
-Io si-
Colmò la distanza tra noi in un attimo e le sue labbra si posarono una seconda volta sulle mie. Questa volta non si sottrasse subito dopo, ma si avvicinò ulteriormente. Le posai una mano sulla guancia e lei fece scivolare la sua dietro la mia nuca. Era da tempo che non provavo una sensazione come quella. Forse non l'avevo mai provata. -Audrey- mormorò, separandosi per un secondo e tornando poi a baciarmi, facendomi rabbrividire. Mi lasciai andare ancora per qualche secondo, dopodiché mi divisi, a malincuore. 
Sorrisi -Questo è stato...-
-...intenso- concluse Emma, ridendo. 
Mi sporsi verso di lei e le diedi un veloce bacio sulla guancia. 
-Questo cosa significa?- le domandai.
-Questo significa che se mi chiedessi di uscire per comprendere un po' meglio la situazione tra noi due io probabilmente...molto probabilmente, accetterei-
Feci schioccare la lingua -Emma Duval, le andrebbe di andare al cinema insieme, una di queste sere? Il tempo di rimarginare questa meravigliosa ferita e sarò tutta sua. Accetta?-
-Solo se possiamo mescolare i pop corn, al cinema- rispose, e io risi sinceramente, perché era quello che facevamo sempre quando uscivamo da ragazzine. 
-Buffo- se ne uscì, tutto d'un tratto. 
-Cosa?-
-Il fatto che forse, alla fine, sarò tra le poche persone privilegiate a vedere la famosa cicatrice-
Rimasi per un attimo di stucco, cercando di capire se avevo veramente inteso appieno quello che aveva appena detto.
-Devo andare- sospirò. 
-Devi?- 
La delusione nella mia voce si percepiva lontana chilometri. 
-Mia mamma mi vuole tenere sotto controllo in questi giorni, è preoccupata- spiegò. Cercai di annuire senza sembrare triste -Sono sgattaiolata fuori di casa solo per venire a parlarti ed è meglio che non lo sappia-. L'idea che avesse rischiato una punizione solo per me mi rimise subito in sesto. 
Afferrò la sua borsa dai piedi del letto e si appoggiò alle mie gambe per rimettersi le scarpe. 
-Mi alzerei per salutarti, ma..-
-Non è necessario- si chinò e mi lasciò un leggero bacio -Ciao-
-Ciao- sussurrai, guardandola andare via.
Chiuse la porta lanciandomi un ultimo sguardo sorridente. 
Mi lasciai sprofondare nei cuscini troppo morbidi. 
"Cosa accidenti è appena successo?"


Ehilà! Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, anche se tutto accade molto in fretta. Se cosi è stato vi chiedo di lasciare una recensione, anche cortissima, per dimostrare l'interesse nel portare avanti la storia. Grazie!

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Capitolo 2
*** Restart ***


Eccomi con un altro capitolo di questa fanfic improvvisata. Vi chiedo come al solito di lasciare una recensione (anche negativa, benvengano le critiche costruttive) e magari di aggiungere la storia nelle seguite. Grazie di cuore!

Cap.2 "Restart"

-Quindi spiegami- Noah bevve un sorso di caffè e socchiuse leggermente gli occhi -Lei ti ha baciata?-
Annuii. 
-Wow-
-Puoi dirlo forte- concordai, rivolgendogli uno sguardo d'intesa.
Lui tacque un po', poi domandò -Sei preoccupata, non è vero?- 
Era impressionante come Noah sapesse esattamente cosa provavo. Eravamo come due gemelli. Quella cosa, la connessione mentale che hanno i monozigote. Si, lo so, se fossimo stati davvero monozigote separati alla nascita saremmo dovuti essere entrambi maschi, ma il senso era quello. 
-Credo che Emma sia solo confusa, ma io non lo sono e ho paura che possa di nuovo spezzarmi il cuore- adocchiai il muffin che mi aveva portato -Ehi, quello è mio, vero?-
-Dovresti vedere come va la prima uscita. Tanto tu sei già innamorata persa di lei, non credo la situazione possa peggiorare. Comunque lo dividiamo, era l'ultimo al cioccolato-
Mi porse la mia metà -Tu come stai "elaborando lo stress"? Terapia?-
-Oh, non farmi iniziare. I miei hanno deciso di farmi vedere da un loro amico che fa il terapeuta. È assurdo! Un terapeuta non dovrebbe aver nessun tipo di rapporto precedente col paziente, è alla base di qualsiasi tipo di trattamento! Invece questo tipo viene a mangiare da noi due volte all'anno da quando ho quattro anni, ho cercato di farglielo notare, ma a quanto pare sto solo cercando di "evitare gli aiuti" che mi stanno offrendo- scosse la testa e addentò il muffin -Tuo padre?-
-Sa che posso cavarmela da sola- 
-Mmmh-
Cadde un silenzio rilassato. Noah era anche una di quelle persone con cui puoi stare in silenzio per delle ore senza sentirti minimamente in imbarazzo. Ed era piacevole avere qualcuno come lui. 
-Tu ti aspettavi fosse Kieran?- 
Mi voltai di nuovo verso di lui, sorpresa per la domanda. Continuò a ricambiare lo sguardo, aspettando una risposta. 
-Era in troppi posti al momento sbagliato, avevo qualche sospetto. Ma ho giustificato questi dubbi con il fatto che lo odiavo perché era il ragazzo di Emma. Evidentemente avrei dovuto fidarmi un po' di più del mio istinto-
-Io no- ammise. -Non trovavo un movente, suo padre era stato ucciso, si era dimostrato d'aiuto in varie situazioni...tutto puntava su Eli- sospirò -Ci eravamo tutti fidati di lui, errore da principianti: "ogni assassino è l'amico o il parente di qualcuno"-
-Vediamo il lato positivo, ora è finita. Del tutto-
Con il suo tipico tono da inquietante fanatico di horror osò aggiungere -Non è mai finita del tutto-
Lo fulminai con lo sguardo, brandendo la tazza da caffè vuota come un'arma -La vuoi in testa?-
Sorrise ironicamente -Quello che voglio dire è che il "ora è finito del tutto" negli horror equivale a "ehi, nuovo killer ancora più psicopatico di quello precedente, la strada per Lakewood è questa, ed oh, per ogni cinque omicidi le verrà dato un coupon per vincere un magnifico coltello da macellaio omicida!"- feci per ribattere, ma mi bloccò -Non osare negarlo-
-Foster, evitiamo di richiamare ulteriore sfiga in questa città, quella che ha già basta e avanza- lo avvertii.
-Va bene, va bene- finì il suo muffin e tornò sull'argomento scottante del giorno -Quando hai intenzione di portare al cinema Emma?-
Feci spallucce -La ferita alla panica sta bene, anche domani, se lei acconsente, Doc-
-Credo che per una ragazza come lei potrei chiudere un occhio sulla tua situazione medica e permetterti di alzarti-
-Grazie Virgin-
Lui si fece pensieroso -Credo sia il caso di cambiare quel soprannome-
-Anche il mio-
Mi lanciò il telefono -Chiamala-
-Ora?- 
-Non credo sia necessario- 
Mi girai di scatto verso la voce proveniente dalla porta, sobbalzando nel riconoscerla. 
-Scusate, io..- si voltò verso la porta aperta -..io avrei dovuto bussare-
-Probabilmente hai preso il vizio da Audrey- disse Noah, beccandosi una gomitata sul braccio.
Sorrisi alla ragazza appena entrata -Noah se ne stava andando-
-Cosa? Ma veramente dovevi farmi vedere quel montaggio del...-
-Noah-
Lui realizzò -Oh si, me ne stavo proprio andando- mi diede una pacca affettuosa sulla spalla -A domani- 
Aspettai che la porta si richiudesse alle sue spalle, poi volsi lo sguardo verso Emma.
-Ehi- mormorai.
Lei sorrise -Ehi- 
Si sedette anche lei sul letto dove ero distesa.
-In teoria avrei dovuto chiamarti per proporti una serata interessante, ma come puoi notare non sono ancora del tutto attiva- mi scusai. 
-In realtà ero passata per chiedere a tuo padre come stavi, non volevo disturbare, ma mi ha detto di salire e cosi..- rise -..così ho fatto cacciare Noah. Oh, a proposito, l'altro giorno ho ritrovato uno dei libri che mi avevi prestato anni fa- mi allungò Shining di Stephen King -Avrei voglia di rileggerlo, ma con tutto quello che sta succedendo ultimamente penso che mi limiterò a libriccini romantici da quattro soldi per un paio di mesi-
-Concordo pienamente, anche se dubito di riuscire a far a meno di tutti i miei thriller per più di due settimane, ma tenterò-
Cercò di iniziare una conversazione -Che hai fatto oggi?- 
Apprezzai lo sforzo, ma feci una smorfia comunque -Ho dormito fino a tardi, scesa a fare colazione tra le imprecazioni per il taglio alla gamba, che per quanto mi riguarda è anche peggio di quello allo stomaco, e il pomeriggio è rimasto Noah con me. Il tuo braccio è cicatrizzato del tutto?- domandai, notando che continuava a portare la fasciatura.
Lei abbassò lo sguardo per darle un'occhiata -Penso di si, ma tengo la fasciatura per far assorbire meglio la crema. Preferirei non rimanesse il segno- 
-Le cicatrici sono sexy- mi azzardai a commentare. 
-Puoi giurarci- sussurrò -Soprattutto quando te le procuri cecando di salvare la vita alla sua amica mentre un pazzo psicopatico ti tiene incatenata con una pistola puntata alla testa-
Rimasi per un attimo senza parole. Era la frase più da flirt che le fosse mai uscita.
-La tua ferita come sta?- mi chiese. 
-Non del tutto cicatrizzata, ma sta molto meglio-
Si avvicinò ulteriormente a me con tranquillità e poggiò le mani sul bordo della mia maglietta -Posso?-
Annuii, leggermente perplessa. Lei con delicatezza la rimboccò il necessario per vedere la fasciatura all'altezza dell'ombelico. 
-È a destra o sinistra?- domandò, continuando a studiarla.
-Sinistra- Ricordavo molto bene il movimento della mano destra di Kieran e il dolore improvviso.
-Mi dispiace tanto per tutto questo- posò la mano sulla mia pancia e sentii un brivido percorrere la mia spina dorsale, mentre il suo pollice disegnava piccoli cerchi sulla mia pelle.
-C'è un lato positivo in tutto questo-
Lei rise -Ah, c'è?-
Abbassai il tono di voce -Non saremmo in questa situazione. Tu non staresti posando una mano sulla mia pancia con quell'aria rilassata e io non starei qui a sperare che tu non la tolga per i prossimi dieci anni-
Emma alzò lo sguardo verso di me, incrociando il mio. Forse avevo esagerato, il patto era aspettare di andare al cinema per provarci apertamente, invece questa specie di dichiarazione mascherata aveva palesemente infranto il proposito. Emma aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse, come se ci avesse ripensato. Poi scosse la testa, si allungò verso di me, distendendosi sul letto e mi baciò. Fu un bacio diverso dai due precedenti, questa volta era consapevole e più profondo. Mi morse leggermente il labbro e io la lasciai fare, poggiandole una mano dietro la schiena e stringendola a me. Si separò per lasciarmi una scia di baci sul collo, leggeri, che mi fecero quasi solletico. 
-Emma..Em..- la chiamai, mormorando.
Le presi delicatamente il mento, per alzare la testa verso di me e tornare a baciarla. Una sua mano si intrufolò sotto la mia maglietta, ma ero talmente intontita dalle sue labbra da non rendermene quasi conto. Il bacio stava diventando più passionale, sentivo il sangue affluirmi alle guance e le mani fremere per iniziare a strappare i vestiti di dosso a Emma. Finii per sbottonare la sua camicetta alla cieca, godendomi il calore di quel corpo cosi vicino al mio. Tutto d'un tratto, appena terminato di sfilarle la prima manica, mi separai, ridacchiando -Okay, okay, dammi un secondo. Dovremmo calmarci-
Lei aveva il respiro corto -Non sarà facile-
-C'è mio padre al piano di sotto- le ricordai.
-In realtà stava uscendo, mi aveva giusto chiesto di avvisarti- 
La squadrai per un secondo, cercando di capire se mi stesse prendendo in giro. 
-Emma non so se sia una buona idea- la avvisai.
Lei mi studiò qualche istante, poi annui -Hai ragione, non lo è per niente. Ma ti prego, non dire mai più cose come quelle oppure non credo che la prossima volta mi farò fermare- 
Sorrisi, cercando di immaginare come sarebbe stato tentare di placcare Emma contro la sua volontà. Camicia di forza, unica maniera.
-Si sta facendo comunque tardi, forse è meglio che vada a casa-
-No!- di riflesso, ordinai. Mi guardò, sconcertata. -Chiama tua mamma. Dille che dormi da me, stanotte-
-Cos...Audrey, non avevi detto..?-
-Chiamala- ordinai. 
La guardai allungarsi verso il comodino per afferrare il telefono nella borsa e mi resi conto di come la camicetta fosse ancora aperta e di come lasciasse scoperta parte del corpo di Emma, compreso il reggiseno nero. Deglutii e distolsi lo sguardo.
-Mamma? Si..no, no, sono da Audrey. Posso dormire da lei? Ho già cenato...no, non è in casa, siamo da sole. Mamma! Fingerò di non aver sentito. A domani-
Scoppiò a ridere, lanciando il telefono verso i piedi del letto -Mia mamma ha detto di fare attenzione a non fare "cose strane"- 
Sgranai gli occhi -Tu hai detto a tua mamma di noi?-
Lei continuò a ridere -No!-
Iniziai a ridere anche io -Oh mio dio-
Lei tornò seria e, cercando di utilizzare un tono di voce sexy, domandò -Per cosa mi hai fatta restare, allora?-
Aprii le braccia -Vieni qua- 
Lei mi guardò, perplessa, poi si avvicinò e si accoccolò tra le mie braccia, appoggiando la guancia sulla mia spalla.
-Ora ordiniamo cinese e guardiamo un film- le diedi un bacio sulla fronte -E poi dormiamo. Domani mattina potrai tornare da tua mamma, se ne hai voglia, ma stanotte detengo il possesso di Emma Duval-
Tacque per un po', pensai addirittura che si fosse spaventata per la proposta, poi però riprese parola e disse -Non serve nessuna uscita al cinema-
-Come?-
Alzò lo sguardo, tenendosi comunque appoggiata alla mia clavicola -Non serve nessuna uscita al cinema per convincermi di essere innamorata di te- le fossette si materializzarono sulle sue guance -Direi che lo sono, parecchio- 
Sorrisi a mia volta -Allora, involtini primavera?-
-Solo una cosa- Alzai una sopracciglio, domandandole implicitamente che cosa volesse dire. -Odio il cinese-
Risi di cuore -Pizza-
-Pizza-

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Capitolo 3
*** Closer ***


Ed eccovi servito il terzo capitolo! Non ho davvero idea di cosa ne pensiate della fanfiction in sè vista l'assenza di recensioni, ma mi diverto a scriverla, quindi continuerò a postarla in ogni caso. Come al solito vi invito a lasciare una recensione e magari aggiungere la storia nelle seguite, grazie!


Cap.3 "Closer"

Dormire con Emma era la cosa più buffa del mondo. Sorvolando sul fatto che l'avevo convinta a guardare per la prima volta Psycho (se Noah avesse scoperto quel particolare sarebbe stata la fine di un'amicizia), la parte più bella della serata non era stata quella in cui l'avevo sentita aggrappata al mio braccio, tesa come una corda di violino in attesa di qualche colpo di scena, e nemmeno quella dove le era caduto un pezzo di formaggio sulla camicia nuova e quindi aveva dovuto indossare una delle mie felpe larghe per metterla subito in lavatrice. Il momento migliore era stato quello in cui lei aveva preso sonno stretta dal mio abbraccio, appoggiando la testa sulla mia spalla e lasciandomi lì a guardare il suo volto rilassato. Potrebbe sembrare una cosa cattiva da dire, ma Rachel non mi aveva mai fatto provare tutte queste emozioni. Le volevo molto bene. Mi piaceva, si. Ma il legame che avevo con lei non era nemmeno lontanamente comparabile a quello che avevo con Emma. Rachel era stata tante cose importanti per me: la ragazza che mi aveva per la prima volta interessato, la fedele compagna ossessionata per le riprese quasi quanto me, la mia prima volta...ma non sarebbe mai stata una parte importante della mia vita come lo era stata Emma da sempre. E per questo mi sentivo un po' in colpa, perché sapevo che in fondo lei era morta per colpa mia. E se non per colpa mia, per colpa di una serie di avvenimenti principalmente scatenati dalla mia rabbia infantile. Ripensai alle lettere inviate a Piper e alla sera del "gran finale", quella in cui avevo visto Emma rispondere al telefono a casa Maddox. L'avevo seguita fino al molo, correndo nel bosco con una commozione celebrale, un braccio ferito e una pistola in mano, e non avevo esitato nemmeno un istante a uccidere la donna che si era spacciata per la mia confidente, ormai sapevo che quella persona non era mai esistita. 
-Mmmmh- borbottò Emma nel sonno, agitandosi.
Riportai la mia attenzione al presente, guardando la ragazza iniziare a tremare leggermente. Stava avendo un incubo. Ormai per noi ragazzi di Lakewood era una cosa normale, svegliarsi nel cuore della notte con la fronte imperlata di sudore e il respiro corto, tutto ciò che avevamo passato si faceva sentire.
-Em..- sussurrai. Le poggiai una mano sulla guancia il più delicatamente possibile -Sono qui, tranquilla- 
-Audrey...- mormorò, e pensai che fosse sveglia. Invece stava parlando nel sonno.
-Kieran...no...Piper...NO!- urlò, alzandosi di scatto, e iniziando a guardarsi intorno freneticamente, senza rendersi conto di dove si trovasse.
Le afferrai un braccio, ma lo ritrasse di colpo, spingendomi lontana. -Lasciatemi-
-Emma sono io, Audrey!- cercai di dirle, armeggiando per cercare l'interruttore -Sei al sicuro- 
Accesi finalmente la luce e la vidi rannicchiata ai piedi del letto. Aveva gli occhi lucidi -Mi..mi dispiace, devo aver fatto un incubo-
Le presi la mano e cercai di riaccompagnarla dolcemente alla posizione di prima -Non è nulla, succede a tutti noi. È solo stress post traumatico-
Lei si riavvicinò a me e mi permise di stringerla in un abbraccio. -Ti succede spesso?- 
-Troppo spesso- rispose, con la voce impastata dal sonno -Che ore sono?-
Lanciai un'occhiata alla sveglia poco prima di chiudere la luce -Le tre e mezzo-
-Spero di non aver svegliato tuo padre-
-È abituato a quando succede a me, non ti preoccupare-
Mi rivolse un'espressione preoccupata che ignorai volutamente -Prova a dormire. Cerca di pensare a cose belle-
-Ci provo- 
Chiuse gli occhi e rimase in silenzio per un po', ma percepivo il respiro irregolare. Era ancora sveglia.
-Audrey, stai dormendo?-
-No-
Con voce incerta domandò -Posso chiederti un favore che mi aiuterebbe molto a dormire?-
-Sei autorizzata-
-Mi dai un bacio?- 
Mi sollevai un po' in modo da guardarla in faccia. Era serissima. -Vieni qui- sussurrai, dandole un leggero bacio sulle labbra e poi  un altro sulla guancia e dietro l'orecchio.
-Grazie- mormorò, richiudendo gli occhi.
Dopo nemmeno cinque minuti era crollata.

-Audrey!- la voce di mio papà mi fece quasi cadere dal letto. Mi resi conto di essere impedita nei movimenti per via sel corpo di Emma disteso sopra la mia spalla destra. Stropicciai gli occhi e guardai in direzione della porta. Mio padre mi stava fulminando con lo sguardo. "Cazzo".
-Vieni subito qui, signorina-  sussurrò con un tono furioso. 
Con una serie di mosse degne di riconoscimento riuscii a sgattaiolare fuori dalle lenzuola senza svegliare la ragazza e mi avviai al patibolo.
Prima che aprisse bocca bisbigliai -Per favore, cucina. Non voglio che si svegli- e mi incamminai, in modo che non potesse controbattere.
Arrivata nella stanza mi sedetti, attendendo mio papà, che non impiegò molto a raggiungermi. Sicuramente meno dei tre secoli in cui avrei sperato. 
-Audrey conosci perfettamente le regole- 
Il tono era molto, molto arrabbiato.
-"Niente persone la notte senza avvisare"- recitai -Ma posso spiegare-
-No, non mi interessa che si tratti di Emma. A maggior ragione, anzi. Emma non sta bene, e sua mamma stamattina ha chiamato preoccupata per sapere se aveva disturbato durante la notte per via degli incubi, e io non sapevo nemmeno che sua figlia fosse rimasta in casa mia a dormire! Ti rendi conto Audrey?- feci per ribattere, ma alzò la mano, bloccandomi -Non provare ad interrompermi. Allora a quel punto ho pensato "Sarà in camera con lei", ma non mi aspettavo di trovarvi in quelle condizioni! Tesoro, Emma non è stabile! Non puoi giocare con i suoi sentimenti perché ti fa comodo e...e portartela a letto. Non puoi farlo-
-Cosa?- per poco non urlai, poi mi ricordai della ragazza solo due camere affianco. -Io ed Emma non abbiamo fatto assolutamente nulla-
L'uomo strinse i denti, credendo probabilmente che gli stessi raccontando chissà quale bugia -Aveva la tua maglietta addosso ed era addormentata sopra di te! Sai benissimo cosa sarebbe successo se ti avessi trovata in quelle condizioni con un ragazzo, non fare la vittima solo perché stiamo parlando di una ragazza, perché sai benissimo che non funziona-
-Abbiamo mangiato pizza guardando un film, poi ci siamo addormentate, l'una sul proprio lato del letto. Alle tre Emma si è svegliata urlando per colpa di un incubo, cosi io ho pensato che sarebbe riuscita a dormire più pacificamente se si fosse sentita protetta. Ti basta?-
Lo vidi giocherellare con la fede al suo dito, cosa che faceva generalmente quando si innervosiva pesantemente -Capisci che io non posso saperlo per certo?-
-Papà, ho diciotto anni, non ho bisogno che tu mi dica cosa devo e non devo fare. Ora tornerò in quella camera e aspetterò che Emma si svegli, visto che una volta tanto siamo entrambe riuscite a dormire tranquillamente senza rimanere sveglie tutta la notte temendo di aprire gli occhi e trovarsi davanti uno squilibrato con la maschera di Brandon James-
Il suo sguardo si addolcì -Piccola mia..-
-Non chiamarmi in quel modo-
-...Audrey- si corresse -So quanto possa essere difficile per voi vivere questa situazione e posso capire che trascorrere tempo insieme a chi è nelle tue stesse condizioni ti aiuti, ma devi promettermi che la prossima volta mi avviserai. Per favore-
Scossi la testa, cercando di dimostrare disappunto -Va bene-
Lui sembrò comunque sollevato, mi poggiò una mano sul braccio e terminò -Ora torna pure a dormire-
Annuii e me ne andai da quella stanza, chiudendo la porta alle mie spalle ed entrando di soppiatto in camera mia. Alzai lo sguardo e incrociai quello assonnato di Emma. -Tuo padre crede sul serio che...noi..ehm?- borbottò, con la bocca impastata dal sonno.
Schivai la domanda (e la sedia vicina al letto) e mi appallottolai sotto le coperte -Non volevo svegliarti. Vieni, è ancora presto, possiamo tornare a dormire-
Si sistemò una ciocca di capelli che le era caduta sul viso e annuì, affondando la testa nel cuscino e mugolando qualcosa di indistinguibile, che interpretai come una risposta positiva. Anche io mi appoggiai al cuscino, ma a differenza sua non presi sonno immediatamente. Non avevo nulla per la testa al momento, non era quello il problema, una volta tanto, solo che la conversazione con mio padre mi aveva svegliata troppo, nonostante fosse durata pochissimi minuti. Mi misi ad osservare il soffitto. Noioso. Cosi mi girai lentamente su un fianco e rimasi a guardare Emma addormentata, ad stampare nella mia memoria quel volto addormentato e rilassato. Era strano vederla dormire accanto a me, dopo tanto tempo. Da piccole organizzavamo sempre delle specie di pigiama party ed Emma ogni volta si addormentava per prima, cosi io potevo meditare uno scherzo da farle la mattina dopo, mentre la sentivo russare al mio fianco. Ora lei era lì non più come amica. "Beh, Jensen, a dire il vero il vostro rapporto non è molto definito" feci notare a me stessa. Decisi di prendere il telefono, perché la noia si faceva decisamente troppo pesante, per cui mi allungai verso il comodino e lo afferrai, rischiando di far crollare rovinosamente la lampada e soffocando un'imprecazione. Lo sbloccai e trovai un centinaio di messaggi da un certo "Noah Foster". L'ultimo risaliva solamente a mezzora prima, significava che, sperando non fosse un messaggio arrivato in ritardo per la connessione, Virgin era già sveglio, probabilmente a lavorare per The Morgue.
Questa ipotesi fu confermata dal contenuto del messaggio:
Sorrisi e iniziai a digitare.

Aspettai qualche istante e vidi la spunta di Whatsapp tingersi di blu e l"online" di Noah trasformarsi in uno "sta scrivendo..."

Sbuffai



Brooke era ancora ricoverata in ospedale, la pugnalata che aveva subito era stata molto più grave della mia e per poco non era morta dissanguata. Mi sentivo quasi in colpa per quello che le era successo, in fondo era in quel cinema solamente per aiutare me ed Emma, ma allo stesso tempo le ero oltremodo riconoscente.






Trattenni un sospiro e iniziai a digitare la risposta, ma la voce di Emma mi bloccò -Mmmh, a chi scrivi?-
Distolsi immediatamente lo sguardo dal display e le rivolsi la mia attenzione -Noah-
Lei annuí e si stropicciò gli occhi -Che ore sono?-
Diedi un'occhiata -Sono le nove e mezza-
-Dovrei tornare a casa prima delle undici e mezza- rimuginò -Che ne dice di colazionare con dei pancakes?-
Sollevai un sopracciglio -Colazionare? Esiste?-
Scosse la testa -No, ma trovo assurdo che esistano verbi come cenare e pranzare e che a nessuno importi della povera colazione. È il pasto più importante della giornata, non c'è da scherzare con lei-
-Giustamente- concordai, scuotendo la testa e alzandomi dal letto -Noah passa a prendermi alle undici, ti serve un passaggio?-
-Uhm, si, grazie, sarebbe gradito- 
Emma ricopiò il mio gesto e scivolò fuori dalle lenzuola, afferrando i suoi jeans dall'appendiabiti e lanciandomi la mia maglietta -Tieni-
La presi al volo -Vado in bagno a cambiarmi, tu resta pure qui- le diedi le spalle e mi avviai per raggiungere la porta. 
-Vai in bagno a cambiarti?-
Mi bloccai, incerta -Avevo pensato che...uhm..non so, magari avresti preferito che...- alzai le mani -Vado in bagno-
-Non mi dà fastidio che tu sia qui mentre mi cambio- rise, sfilandosi la felpa che le avevo prestato e rimanendo in reggiseno.
Deglutii vistosamente -Posso assicurarti che per te è facile, ma per chi deve fare la brava e legarsi le mani lo è molto meno-
Continuando a ridere si infilò la camicetta della sera prima, avvicinandosi poi a me e dandomi un bacio scherzoso sulla guancia -Vai, non vorrei farti svenire cambiandomi i pantaloni- 
-Torno subito- promisi, sorridendole di rimando e chiudendo la porta alle mie spalle.
Il corridoio di casa mia non era propriamente un corridoio. Si, insomma, congiungeva più stanze, ma era più che altro un cunicolo dove passava a malapena un essere umano di 60 chili, se era fortunato. Non per niente mio padre aveva la camera al piano inferiore. Con la solita claustrofobia crescente (potevo giurarlo, non ero mai stata claustrofobica, ma quel corridoio metteva sul serio una sensazione di chiuso) entrai nella terza porta a destra, il bagno. Odiavo quella stanza, sul serio. Probabilmente il problema era il colore, quel giallo tinta canarino morto, o forse il fatto che potessi sentire sempre durante i giorni di pioggia le gocce colpire pesantemente la finestrella sul soffitto, creando un fracasso terrificante. In ogni caso, mi cambiai in trenta secondi, afferrai lo spazzolino e cercai di darmi una mossa.

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Capitolo 4
*** Car Radio ***


Cap.4 "Car Radio"

Mi appoggiai allo stipite della porta e semplicemente mi godetti lo spettacolo: Emma aveva reindossato i suoi jeans ed evidentemente si era stancata di aspettare nella mia stanza, così era sgattaiolata in cucina e aveva iniziato ad aprire gli scaffali a caso (dubitavo seriamente che si ricordasse dove tenevamo la farina dall'ultima volta che avevamo usato quella cucina, più di tre anni prima). Continuai a sorridere impercettibilmente mentre lei bofonchiava qualcosa, pensando di essere sola, e provava a trovare le giuste proporzioni di ingredienti. Rimasi effettivamente stupita quando la vidi rompere un uovo con una mano sola, una di quelle cose che sanno fare le madri particolarmente amanti della cucina o gli chef sui canali tv che nessuno ha mai voglia di guardare senza fare qualcos'altro nel frattempo. 
Decisi di farle notare la mia presenza -Oh, quindi sai anche cucinare- dissi, ridacchiando quando sobbalzò vistosamente -Sei proprio una donna da sposare-
Si voltò verso di me e sollevò un sopracciglio -Flirti con me, Jensen?-
Feci un paio di passi nella sua direzione fino a fermarmi al suo fianco -In realtà flirto con i pancakes, devo ammettere che la mossa con l'uovo mi ha ispirato fiducia nella tua arte culinaria- ammisi, godendomi la sua espressione contrariata, le tipiche sopracciglia aggrottate. 
-Guarda e impara- disse, iniziando a versare una mestolata di pastella sulla pentola appena imburrata. In meno di dieci minuti riuscimmo a preparare una decina di pancakes, escludendo qualche sgorbio uscito male a causa di un pessimo tentativo di imparare a girarli al volo. 
Solo quando anche l'ultimo pancake fu posato sul piatto insieme ai suoi appetitosissimi fratellini smisi di ridere di fronte ai tentativi di Emma di scrostarsi i pezzi di preparato dai capelli. 
Quando anche lei ricominciò a respirare normalmente chiese -Hai lo sciroppo d'acero? Non lo trovo-
Quella domanda mi destabilizzò, rimasi qualche istante in silenzio, poi risposi  -Non abbiamo sciroppo d'acero in casa, non ti ricordi?- 
Non usavamo più sciroppo d'acero da quando mia madre era andata a Boston, per la terapia contro il cancro. La mattina in cui era partita avevamo tutti fatto colazione in silenzio e l'unico momento di riscuotimento generale era stato il quello in cui lo sciroppo era caduto a terra, interrompendo il silenzio tombale. Io e mio padre non riuscivamo più a comprarlo senza pensare a quella mattina, per cui avevamo fatto questa specie di patto silenzioso: niente più sciroppo d'acero.
Emma sembrava mortificata -Audrey, scusami...è da tanto tempo che non vengo qui- strofinò la mano sul grembiule che aveva indossato, sporcandolo lievemente di farina -Come sta?-
Alzai le spalle e sospirai -Non migliora. È vero, non peggiora nemmeno, ma non sono i progressi in cui speravamo- 
-Mi dispiace- 
Agganciai il suo sguardo e sorrisi -Non ti preoccupare, ora che ne dici di concentrarsi sui pancakes?- battei le mani e mi indicai lo stomaco -Il signore inizierà a lamentarsi se non mi sfamo a dovere- 
Rise. -In alternativa allo sciroppo d'acero cosa offre la casa?-
Cercai di alzarmi sulle punte dei piedi per poter vedere il ripiano sopra i fornelli -Uhm- continuai a guardare il vuoto -Uhm, okay, mh- poi ebbi un'idea geniale -La Nutella, oh mio dio, mangiamoli con la Nutella-
Alzò un sopracciglio -Con il cioccolato?-
Mi voltai, con un aria di disgusto e orrore dipinta in volto -La Nutella non è semplice cioccolato. È un dono divin...oh vabbe, perle ai porci. Mi passi il barattolo? Dovrebbe essere lì da qualche parte-
-Non ci arrivi?-
La fulminai.
-Uh, la mia ragazza più-bassa-di-me forse non arriva a prendere un barattolo a due metri d'altezza?-
-Evitiamo l'argomento-
-Oh no- scosse la testa -Oh no, ti perseguiterò per un po'- 
Alzai un sopracciglio -Ah, si?-
Lei per risposta incrociò le braccia, annuendo. Io allora feci scattare il braccio e le slegai il laccio che teneva il grembiule, sogghignando. Istintivamente Emma abbassò lo sguardo e cercò di prenderlo al volo, così ne approfittai per spingerla contro il ripiano della cucina, bloccandola. Il movimento provocò una fitta alla ferita sul ventre, ma ne valeva la pena.
-Sono tascabile, ma me la cavo abbastanza bene grazie al baricentro basso- le sussurrai all'orecchio.
Le posai le mani sul bancone e le bloccai il movimento, sorridendole beatamente.
-Capisco, ma la posizione è piuttosto idiota, non siamo in Cinquanta Sfumature di Grigio- fece notare, cercando di scrollarsi. 
-No, non è proprio il mio genere- concordai, senza mollare la presa, ma avvicinandomi a lei fino a quasi sfiorarle il naso con il mio. 
-Quindi, riassumendo, puoi per favore prendere quel barattolo di Nutella?- 
-No, assolutamente, non ci provare nemmeno a chiederlo, ora te lo prendi da sola- 
-E se..- mi sporsi velocemente, dandole un bacio a fior di labbra. 
-Audrey, ho detto di no- sussurrò, fintamente arrabbiata.
Ripetei il gesto.
-Forse- accordò.
La baciai di nuovo. Questa volta feci durare un po' più a lungo il contatto, lasciandole una delle due mani per posargliela sulla guancia. 
-Ehm- una voce fuori luogo face irruzione nelle mie orecchie, facendomi mugugnare. Poi mi resi conto che non poteva essere altri se non mio padre. "Perfetto, due in un giorno"
-Signor...signor Jensen- balbettò Emma, separandosi da me e assumendo una tonalità molto simile alla felpa rossa che indossavo. Mi voltai verso la fonte di tutto quell'improvviso imbarazzo. Teneva in mano una tazza da caffè presumibilmente vuota e un giornale stropicciato sotto il braccio, e continuava a guardare la ragazza alla mia sinistra con aria assorta. -Buongiorno, Emma. Stamattina ha chiamato tua mamma, mi ha fatto piacere scoprire che dopo tanto tempo eri tornata a passare la notte qui- spostò il suo sguardo su di me, avvicinandosi al lavello -Il "come" non sono sicuro sia lo stesso di quel periodo-
-Papà- sibilai, fulminandolo. 
Emma invece, come al solito, si dimostrò cordiale all'inverosimile -Mi deve scusare, non era in programma dormire qui, ma il film non era particolarmente entusiasmante e mi sono addormentata. Audrey non voleva svegliarmi, cosi ha chiamato mia mamma e le ha chiesto se era un problema stare da lei-
Mio padre le sorrise. -Non ne dubito-
Ero indecisa se fosse un sorriso vero o ironico: pensava davvero che io e lei avessimo fatto...qualcosa? Dio come non mi conosceva. Non potevo negare di sentire le mani fremere ogni volta che baciavo Emma all'idea di poterle letteralmente strappare i vestiti di dosso, ma non ero una persona da sesso alla prima uscita o cose del genere. Non che avessi troppa esperienza, tra l'altro. Il rapporto con Rachel era strano, lei era una persona così debole, d'altronde. Ogni volta che parlavo con lei avevo l'impressione ti essere un gigante e di tenerla delicatamente nella mia mano, con la costante ansia di stringerla troppo e di farle seriamente male. Sapevo che anche Emma in quel momento stava passando un periodo difficile, dopo tutto quello che era successo. Forse era questo quello che mi piaceva nelle ragazze, la debolezza, la loro necessità di avere qualcuno a cui aggrapparsi, qualcuno in grado di far dimenticare momentaneamente qualsiasi cosa, qualcuno anche capace a dare loro la forza di affrontare i loro problemi.  E io adoravo essere questa persona. Adoravo l'idea di stare con qualcuno pronto ad esplodere e avere il potere di rimettere le cose a posto. 
-Mi scusi per la situazione- aggiunse Emma, abbassando lo sguardo. Mio padre continuò a sorriderle di rimando -Non ti preoccupare, era da un po' che non vedevo mia figlia con qualcuno-
Mi spazientii -Non devi andare a lavoro o cose del genere?- domandai. 
Lui non battè ciglio -No, ho un giorno libero, pensavo di andare al Wren Lake per rilassarmi un po'. Vi chiederei di venire, ma...- ammiccò verso l'altra ragazza -...penso che Audrey, qui, potrebbe uccidermi- 
-Temo che starò lontana da quel lago per un po', ma grazie in ogni caso- commentò garbatamente la ragazza al mio fianco. Calò un silenzio leggermente imbarazzante, intervallato solo dal ticchettare ritmico dell'orologio appeso al muro sopra il tavolo. 
L'uomo poggiò la tazza vuota sopra la lavastoviglie -Beh, allora io vado, ragazze. Fate le brave- 
Mi battei il palmo della mano in faccia. 
-Arrivederci signor Jensen-
-Ciao Emma- salutò mio padre, scomparendo al di là della porta d'ingresso nel giro di dieci secondi. 
Attendemmo qualche istante, mute, che il suono del motore della macchina si allontanasse abbastanza.
-Questo è stato terrificante- 
-Lo so- concordai, voltandomi -Dove eravamo rimaste?-
Scosse la testa -Odio i pancakes freddi. Ora prendi la Nutella- feci per controbattere, ma mi bloccò con un gesto -Non ci provare nemmeno. Dopo questa esperienza merito come minimo di essere servita-
Alzai le mani, a difesa -Va bene, va bene- le puntai il dito contro -Non ridere se mi devo alzare sulle punte-

-Non posso credere che tu l'abbia davvero filmato di nascosto, ero anche impedita dalla ferita- imprecai.
Noah, al posto di guida, aveva le lacrime agli occhi per le risate, mentre guardava il video dal cellulare di Emma -Guardati! Hai seriamente dovuto salire sulla sedia per arrivarci?-
-Sta parlando Mr. Foster, dall'alto del suo metro e sessantacinque?- domandai, sollevando un sopracciglio. 
-Non credo lui debba salire sulle sedie per prendersi la colazione- sussurrò Emma, rivolgendomi poi un'occhiata divertita. Sbuffai e voltai la testa. Mi baciò la guancia-Non mettere il broncio, è la verità. Come dici tu, baricentro basso- 
Noah notò il gesto -Uh, qualcuno ha vinto il jackpot- commentò, sogghignando.
Mollai un calcio al sedile di fronte a me, facendolo sobbalzare -Mi ha solo dato un bacio sulla guancia, imbecille-
-Ne vuoi uno anche tu?- domandò Emma.
-Non negate di fronte a me- ci avvertì, osservandoci dallo specchietto retrovisore.
-Metti in moto, Foster? Non abbiamo tutta la vita, Brooke ci starà aspettando, e dobbiamo anche lasciare Emma a casa sua-
-Non vieni anche tu da Brooke, Em?- 
Lei scosse il capo -Ci sono stata ieri, penso voglia salutare voi. Poi ho diverse cose da fare, sarà meglio cominciare-
Noah inserì la chiave nel cruscotto e mise in moto, facendo finalmente partire partendo -Come preferisci- tamburellò con le dita sul volante -Dobbiamo per forza fare la strada che passa prima per l'ospedale, perché tutta quella del cinema è bloccata da una settimana. Ti lasciamo giu al volo, Audrey, poi io ti raggiungo il prima possibile- 
Annuii, in risposta, facendomi vedere attraverso il riflesso dello specchietto.
-Nel frattempo, che ne dite di ascoltare qualcosa?- propose il ragazzo.
-Twenty One Pilots- scattò Emma.
-Ti piacciono i TøP?- domandai, rivolgendole uno sguardo di adorazione. 
-Molto-
Strinsi gli occhi -Canzone preferita?- 
-Fairly Local, probabilmente. Forse anche Message Man. La tua?-
-Goner- 
[piccola nota della piccola autrice, consiglio a chiunque non conosca queste canzoni {penso pochi} di ascoltarle]
-"Don't let me be gone"- sorrise Emma, citando il testo della canzone.
Sorrisi anche io, di rimando, annuendo. 
-Quindi?- ci incalzò Noah, svoltando a sinistra e immettendosi sulla strada principale.
-Accendi il bluetooth, uso il mio telefono- risposi, cercando di non uccidermi nel tentativo di sfilare l'apparecchio dalla tasca. 
-Non vedo Brooke dalla sera in cui l'ho lasciata da sola al cinema- riflettei ad alta voce, facendo partire la prima canzone.
-Le hai scritto, no?-
-Si, ho anche parlato un po' al telefono, però non mi fido di lei: dice che sta bene, ma non vedo come possa essere possibile, dopo quello che ha perso nell'ultimo periodo-
-Io se ti può consolare sono stata tradita dalla mia sorellastra e dal mio ragazzo nel giro di sei mesi, ho perso tre quarti dei miei amici, ho scoperto che mio padre è un alcolista, e ti ho quasi fatta uccidere- disse Emma.
-Io invece sono riuscito a far uccidere entrambe le mie ragazze- aggiunse Noah
-Ah si, e mi hanno pugnalato-
-Anche a me- rise la ragazza al mio fianco -Due volte-
Piano piano iniziammo a ridere tutti e tre -È assurdo- feci notare, senza smettere di sorridere -Vi ricordate il giorno in cui è iniziato tutto? Quando il Preside ci ha convocati per metterci al corrente della morte di Nina?-
-Sembra un'eternità fa- 
-Si, assolutamente. Jake voleva "dettagli cruenti" e Kieran ci faceva domande su Brandon James. Io volevo solamente saltare la parte "obbligatoria" della valutazione psicologica obbligatoria. Tu, Audrey, eri talmente incazzata per la storia del video con Rachel...- come erano comparsi, i nostri sorrisi sparirono, ripensando a tutte le persone che erano con noi meno di un anno prima e che ora non c'erano più.
-Probabilmente i nostri psicologi non dovrebbero venire a conoscenza di questa conversazione- ci fece notare Emma.
-Se avessi uno psicologo sono piuttosto certa che non lo apprezzerebbe per nulla- concordai, sospirando. Sulle note di Stressed Out arrivammo all'ospedale.
-Faccio il più in fretta possibile- mi ripeté Noah.
-Ci vediamo presto- sussurrò Emma, dandomi un bacio veloce. Sentii il mio migliore amico trattenere un urletto.
-Ciao- mormorai, chiudendo alle mie spalle la portiera della macchina.
Li seguii con lo sguardo finché non scomparirono dietro all'angolo, a quel punto entrai nell'edificio. Tutto quel bianco mi rendeva nervosa, probabilmente era dovuto al fatto che quel luogo non portava certo bei ricordi. Ormai eravamo dei clienti d'elitè per l'ospedale, avrebbero tranquillamente potuto farci un monumento per tutte le volte che ci eravamo entrati, nell'ultimo anno. Superai il primo corridoio e mi diressi verso il banco informazioni, vicino al piccolo bar dove avevo passato quasi tre ore ad aspettare che Emma venisse dimessa, mesi prima, perché, nonostante la ferita fosse solo superficiale, aveva dovuto fare i conti con le centinaia di domande di psicoterapeuti, dottori e poliziotti. Stressante. 
Cercai di attirare l'attenzione di una segretaria -Scusi?- 
Una donna di mezza età si voltò verso di me, con un sorrisetto mellifluo stampato in volto.
-Dimmi, cara-
-Brooke Maddox, saprebbe dirmi dove si trova?-
Il sorriso scomparve e si trasformò in una piccola smorfia -Sei una parente?-
-No- 
La vidi armeggiare con la mano in un cassetto e tirarne fuori una pila di scartoffie. Digitò qualcosa sul computer, scorse la pagina e poi mi domandò -Potresti dirmi il tuo nome, cara?-
-Audrey Jensen-
La donna non staccò gli occhi dallo schermo, continuando a battere freneticamente le dita sulla tastiera. Tutto d'un tratto si illuminò-Oh, eccoti qua! Jensen, Audrey. Il tuo nome è sulla lista. Perdonami, ma dopo quello che è successo a quei ragazzi sono tutti molto attenti alla loro privacy-
Ridacchiai ironicamente -Posso capire-
Lei continuò a squadrarmi -È successo qualcosa anche a te?-
Annuii -Kieran Wilcox mi ha pugnalata allo stomaco la sera in cui è stato catturato, ero con Emma Duval- un'espressione di sconvolgimento si dipinse sul volto della mia interlocutrice. Sospirai -La stanza?-
-304, terzo piano-
Mi voltai, in fretta -Grazie e arrivederci- 
Salii le scale correndo, cercando di non uccidere accidentalmente nessuno dei pazienti o degli infermieri e allo stesso tempo  impegnando tutta la mia coordinazione mentale per non inciampare. 
Arrivata finalmente al terzo piano intravidi immediatamente la porta della stanza 304, la seconda sulla destra. Era chiusa. Mi avvicinai, titubante, e poggiai la mano sulla maniglia. Mi resi subito conto di come fosse più calda del dovuto, anche se non lo considerai troppo strano: forse all'interno con Brooke c'era qualcun altro. Ma io ormai ero lì, per cui entrai comunque. Con mia estrema sorpresa, la stanza era vuota, fatta eccezione per Brooke, distesa addormentata tra le coperte bianche, composta. Sorrisi, avvicinandomi alla sedia al fianco del letto e abbandonandomici sopra. Respirai profondamente quell'aria profumata di disinfettante, che a differenza di tutti adoravo. La stanza era molto carina, per essere un ospedale, ed era piena di regali portati da tutti i suoi amici. Il comodino non bastava più per contenere tutti i peluches e i palloncini, così si era evidentemente trovata a doverne poggiare qualcuno a terra. Mi accorsi che una finestra era stata aperta, facendo passare una corrente d'aria. Stavo per alzarmi e chiuderla, quando sentii una voce impastata dal sonno -Quindi sei viva e vegeta, non era una voce registrata quella che sentivo al telefono-
Mi voltai sorridendo verso Brooke, che nel frattempo aveva socchiuso gli occhi e aveva provato a mettersi seduta. -No, ti prego, ne ho abbastanza delle voci modificate-
Anche lei mi sorrise, con gli occhi lucidi -Ciao Audrey-
-Ciao Brooke-
-Quindi quel che si narra è vero, sei sopravvissuta ad una pugnalata di Kieran Wilcox-
-Non ci crederai, ma lo stesso si dice di te- la guardai di traverso, alzando un sopracciglio -Vuoi una mano per metterti seduta?-
Lei annuì -Non ne posso più di stare distesa. Di solito c'è Stavo a darmi una mano, ma stamattina è con suo padre, quindi...-
-Come va con lui, a proposito?- domandai, stropicciandole il cuscino e aiutandola ad alzarsi.
Lei rise, soffiandosi via una ciocca di capelli dagli occhi -Passa le sue giornate qui, si addormenta con me sul letto per beccarsi sempre i rimproveri delle infermiere e rifarlo puntualmente la notte dopo- scosse la testa -Suo padre si è offerto di ospitarmi da loro appena verrò dimessa...e devo davvero dirtelo, Audrey, non so come avrei fatto a vivere ancora a casa nostra, sentendo la mancanza di mio padre ovunque guardassi-
-Hai ragione- le poggiai una mano sulla spalla -Mi dispiace davvero per tuo padre. So che te l'ho già detto, ma la situazione non era ottimale-
-Non ti preoccupare, troverò il modo di superare anche questa-
-Lo sai che per qualsiasi cosa puoi contare su di me, vero?-
-Lo so, davvero. Un po' di shopping e tornerò come nuova-
Scossi la testa -Quanto sei idiota, Maddox-
Brooke scoppiò a ridere, appoggiando la sua testa sulla mia spalla -Grazie di tutto- 
-E di che- borbottai -Oh, deve essere caduto uno dei tuoi biglietti di pronta prontissima guarigione- dissi, chinandomi per prenderlo. 
Lo afferrai rivolgendo verso di me il retro e notai come fosse strano. Di solito i biglietti erano colorati, allegri. Questo era cupo, privo di disegni di orsacchiotti o palloncini, era più che altro sulla tonalità del grigio. -Chi ti ha dato questo?-
-Quale?- domandò, osservandolo e aggrottando le sopracciglia -Devono avermelo portato mentre dormivo. Potresti passarmelo?-
Glielo porsi e cercai di dare un'occhiata. Le mani di Brooke coprivano la scritta bianca sulla copertina, ma lei la lesse comunque ad alta voce -"Ti auguriamo di riprenderti, Brooke". Uhm, okay, "noi" chi?- ridacchiò, aprendolo e leggendo l'interno. La risata le morì in gola. Questa volta riuscii a leggere i caratteri scritti con un rosso di una tonalità molto simile al sangue, e tutto quello che riuscii a pensare mentre la ragazza al mio fianco lo lasciava cadere, fu "No, non ancora"
Una frase, una frase di sole sei parole:
"Perché il gioco è solo iniziato"

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Capitolo 5
*** My Way ***


Ehilà,  scusate davvero, sono due settimane che non metto capitoli, ma l'inizio del periodo compiti-verifiche-interrogazioni si fa sentire pesantemente, per cui perdonate la lunghezza o l'assenza di revisione, ma l'unico momento libero per scrivere che ho è la notte, e sono un po' fusa.
In ogni caso, buona lettura!



Cap. 5 "My Way"

-È uno scherzo idiota- assicurai a Brooke, continuando a fissare il biglietto a terra.
-Deve per forza esserlo. Deve.- concordò la ragazza -Non è statisticamente possibile che ci siano tre pazzi furiosi con gli stessi istinti omicidi in una città di un migliaio di abitanti- poi mi guardò -Credo. Faccio schifo in matematica, ma volevo dire una cosa da Noah e ho scoperto che per farlo basta infilare un termine matematico o inquietante a caso e funziona benissimo-
In una situazione normale avrei riso, ma in quel momento dalla mia bocca non uscii altro che uno -Mh mh-
Lanciai uno sguardo alla finestra aperta, pensando a come probabilmente era stato l'idiota che aveva lasciato il biglietto ad averla spalancata. 
-Brooke, chi c'è nella lista dei visitatori?- domandai, tutto d'un tratto.
-Uhm..tu, Stavo, Emma, Noah, Maggie Duval, lo Sceriffo, qualche amico di scuola..-
-Chi?-
-Rose e Lewis, la cheerleder e quel giocatore di basket, credo tu faccia il corso di biologia con almeno uno dei due-
Annuii, me li ricordavo entrambi -Altri?-
Scosse il capo -Avevo inserito anche Eli prima di scoprire- pausa-che era..morto, sai- feci una smorfia, e lei chiese -Come sta Emma? So che Eli teneva molto a lei, come l'ha presa?-
-È stanca, ma mi sembra che ormai superare le morti di amici sia diventato una specie di sport cittadino- 
-L'ho vista felice ieri, magari si sta giá riprendendo-
Ridacchiai -Oh si, sicuramente-
Brooke mi guardò, sconvolta.
-Cosa voleva dire quella risatina?-
Scrollai le spalle -Niente, si sta riprendendo-
Sgranò ulteriormente gli occhi -E COME si sta riprendendo, esattamente?-
-Non lo so- risposi, ostentando sincerità. Ero sempre stata molto brava a mentire. 
-Non lo sai?-
Sbuffai, sfogliando uno dei libri abbandonati sul comodino bianco al fianco del letto. Okay, non mi andava di mentirle spudoratamente.
-Audrey, sta uscendo con qualcuno? Spero che sia un tipo a posto, è in un momento critico, avrebbe bisogno di una persona in grado di capirla e di...-
-Credimi, è in grado eccome di capirla- la interruppi, nervosa. Era assurdo come la semplice idea di Emma con un ragazzo mi infastidisse. Potevo giurarlo, non ero mai stata una persona gelosa. Nemmeno di Noah con Zoe. Non era colpa mia se riuscivo a materializzarmi sempre nei momenti meno opportuni, in genere quella era una caratteristica del mio migliore amico.
Brooke continuava a osservarmi, ora in silenzio. Mi guardò sfogliare velocemente una rivista orribile per almeno venti interminabili secondi, poi domandò, senza tanti complimenti -Stai uscendo con Emma?-
Sollevai lo sguardo e sospirai -Brooke, per favore-
-Oh mio dio- 
-Brooke..- cercai di bloccarla prima che partisse in quarta. Inutile.
-Oh mio dio- ripetè -Da quanto? Pensavo che Emma propendesse per altro, non avevo nemmeno considerato l'ipotesi lontanamente...prima di tutta questa faccenda? O solo ora?-
-Brooke- la richiamai, per la terza volta, fulminandola. 
-Rispondi e nessuno si farà del male-
Mi arresi -Non sono del tutto certa che stiamo insieme. Cioè, si, ma gli altri non lo devono sapere per nessun motivo. Non voglio assolutamente che si sappia, per ora, chiaro?-
Fece una smorfia -Che dolce, ti fidi cosi tanto di me- poi sembrò pensarci su per qualche istante -Quindi voi...?-
-Niente di che. Mangiamo la pizza e guardiamo film insieme-
-Wow, mi sarei aspettata qualcosa di più spericolato o spinto da Audrey Jensen-
Finsi di ridere di gusto -Dimenticavo come tutti ve ne intendiate delle mie relazioni-
-Oh andiamo, non sembri una da coccole- roteò gli occhi -Non da quel video dell'anno scorso, con Rachel-
Avvampai.
-Per l'appunto- borbottò Brooke, cercando di raddrizzarsi sulla sedia.
-Potremmo tornare ad un argomento serio? Ad esempio quello in cui io infrango la regola numero uno di Noah dicendo "è finita" è chiaramente deve spuntare un idiota che ci fa pensare il contrario?-
-Non vorrei infrangere la probabilissima regola numero due, cioè "non sottovalutare mai un biglietto minatorio nella tua camera di ospedale", ma sono piuttosto convinta si tratti di una specie di battuta di pessimo gusto- si diede un'occhiata alle unghie -Ah, a proposito, ho comprato un paio di smalti l'altroieri e non mi sono ancora arrivati. Ho il servizio premium per niente? Non avrebbero dovuto arrivarmi entro le ventiquattro ore?-
La guardai, interdetta -"A proposito"?- 
Alzò lo sguardo al cielo -Andiamo, dobbiamo per forza pensare alle cose serie? Lascia che mi distragga un po'. Ad esempio..- schioccò la lingua -Altri gossip?-
-Dio, Brooke, dimmelo tu. Sono rimasta chiusa in casa tutta la settimana, hai visto più persone tu di me-
-Oh, giusto. Come sta la pancia?-
-Scalfita- 
-Si è già rimarginata?-
Annuii -Quasi del tutto, anche se prima devo averle dato uno strappo, perché si è leggermente riaperta- 
-E perché zoppichi?-
-Oh, la pugnalata allo stomaco non bastava, Kieran ha deciso di darmi un piccolo extra-
-Quel figlio di puttana-
Alzai un sopracciglio -Brooke Maddox-
-Ti rendi conto, tutto quel tempo passato con lui-
-Non è mai entrato nelle mie grazie, a dire il vero-
-Chissà perché..- borbottò, sottovoce.
Le lanciai un'occhiataccia, poi cambiai argomento -In tutto questo Noah aveva detto che mi avrebbe raggiunta in cinque minuti-
-Oh, l'intera George Washington viene a salutarmi, oggi? Manca solo Emma-
-Ah, già, era molto stanca e aveva qualcosa da fare, non ha specificato, ha detto di averti vista ieri, così ha preferito lasciare me e Noah da soli-
-Si, è rimasta quasi un'ora e poi è dovuta "scappare a casa"- la bionda rispose, alzando un sopracciglio e sorridendo maliziosamente.
-Sua mamma la tiene sotto controllo- risposi,  fingendo di non aver colto la provocazione.
-Terribile, terribile-
-Maddox, stai seriamente mettendo alla prova la mia pazienza- la avvertii, passandomi distrattamente una mano tra i capelli.
-Quale pazienza?-
Aprii la bocca per rispondere, ma venni bloccata nel mentre dal rumore della porta che si spalancava.
 -Ehilà, gente- salutò Noah, entrando lentamente nella stanza e bloccandosi a osservarci. 
-Che c'è?- domandò, dopo qualche secondo di reciproco studio.
-Niente, stavamo parlando di te più o meno tre secondi fa e sei comparso- rispose Brooke, fissando la porta.
-Uhm, se volete torno dov'ero- 
-No, scusa, non intendevo quello, solo è una coincidenza di quelle che ti lasciano un po' perplessa- si corresse subito la ragazza, sorridendo -Ciao Noah-
-Ciao Brooke, come andiamo?-
-Andiamo-
Solamente dopo circa una mezz'ora di convenevoli e silenzi più o meno imbarazzanti mi posi il quesito: era una buona idea far vedere al mio migliore amico quel biglietto inquietante? Per quanto mi riguardava no. Si trattava di una di quelle cose capaci di farlo impazzire, avrebbe iniziato a tirar fuori teorie come un mago tira fuori conigli dal suo cappello magico, una più folle dell'altra. 
-Noah, andresti a prenderci un caffè?- chiesi, probabilmente interrompendo la loro conversazione.
Lui posò gli occhi su si me, dubbioso -Devo?-
Feci una smorfia -Fai il gentiluomo, una volta tanto. Siamo entrambe infortunate, tu sei sano come un pesce- 
Alzò le mani -Va bene, va bene- si avviò verso l'uscita, per poi bloccarsi e girarsi verso di me -Almeno mi dai due dollari? Non ho spiccioli-
-Oh, andiamo- imprecai, rovistando nella tasca e tirandone fuori una banconota da cinque dollari -Prendi questi- 
Noah li prese eccome, e se ne uscì trotterellando.
-Audrey io non bevo il caffè schifoso che fanno in questi posto, perché gli hai chiest..-
-Non devi dirgli del biglietto, okay?-
Due occhioni nocciola mi fissarono per qualche istante, confusi -Zero assoluto? Andiamo, è Noah, lo adorerà-
Annuii -Proprio per quello. Inizierà a non farmi uscire di casa senza ripetere costantemente che un nuovo killer potrebbe essere a piede libero-
-L'ultima volta aveva ragione- mi fece notare, ricevendo in cambio uno sguardo minaccioso. Sbuffò -Okay, okay. Ma tu prometti che darai un'occhiata a quella robaccia per conto tuo. Dopo millenni di vita a stretto contatto con Mr Holmes dovresti aver imparato qualche tattica sull'investigazione- 
-Si, proverò ad usare quella specie di "murder board" e ad andarci pesante di stalking con i ragazzi che ti sono venuti a salutare, promesso- 
-Grazie. Ah, e devo davvero bere quel caffè che mi hai ordinato? Sinceramente sono molto più una da aranciata, a colazione-
Risi e scossi la testa.

-Sono a casa- urlai, lanciando le chiavi sul mobiletto al fianco della porta e appoggiando la felpa accartocciata sul divano. 
Nessuna risposta. Mi battei il palmo della mano sulla fronte. "È al Wren, certo"
Bene, mi sarei dovuta cucinare il pranzo da sola. Pessima notizia. Rovistai nella tasca per afferrare il cellulare e chiamare Noah in fretta, ma la suoneria partì, lasciandomi a mani vuote. 
O forse no. 

-È un piacere averti qui, Audrey- sorrise Maggie Duval, offrendomi un vassoio con sopra dell'arrosto. 
-Grazie a voi per l'ospitalità. Ero piuttosto disperata- ammisi, servendo sul mio piatto un'abbondante porzione di patate al forno -Non sono una grande cuoca, di solito ordino una pizza, ma ne ho mangiate talmente tante..-
-Sempre la benvenuta- disse Emma, dall'altro capo del tavolo. Spostai lo sguardo da sua madre a lei, e lo mantenni fisso, scrutando quegli occhi scuri e increspando le labbra in un sorrisetto -Non avevo dubbi- sussurrai.
-Allora, ragazze- iniziò Maggie, sedendosi a tavola -Domani vi serve un passaggio per andare a scuola? Pensavo ti potesse fare comodo Audrey, so che hai dei problemi alla gamba, e io devo andare a lavoro un po' prima-
-Oh...si, si, grazie, sarebbe molto gentile da parte tua- risposi, aggiungendo -Questo arrosto sembra squisito-
-Grazie. Come sta tuo padre? Non lo vedo da qualche giorno-
Mandai giu il boccone che avevo in bocca -Tutto bene, credo avesse voglia di una giornata libera, così è andato al Lago-
-Stamattina l'abbiamo incrociato mentre facevamo colazione- si intromise Emma.
-A proposito, vuoi rimanere a dormire qui oggi, Audrey? Emma mi ha detto che ha dormito meglio del solito con te oggi, per cui se dovessi avere voglia...sei la benvenuta-
La proposta in parte mi spiazzò, non pensavo che l'idea di me in un letto con sua figlia entusiasmasse troppo Maggie, invece, evidentemente, le andava più che bene. Dopo qualche istante passato a boccheggiare annuii -Si, certo. Dovrei passare a casa per prendere la borsa di scuola, per il resto credo che mio papà sia d'accordo, grazie-
-Figurati, dopo faccio una telefonata a tuo padre per avvisarlo, non ti preoccupare- 
Lanciai un'occhiata ad Emma non appena sua madre distolse lo sguardo, alzando un sopracciglio. Lei alzò le mani leggermente, come a dire "Idea sua, non c'entro nulla".
Afferrai il telefono, sempre continuando a mangiare con disinvoltura e tenendo d'occhio Maggie, che tuttavia appariva concentrata su un messaggio piuttosto lungo. 

Un fischiettio, Emma teneva sempre la suoneria accesa. Sorrise spudoratamente a sua mamma -Oh, deve essere Brooke-
-Ah, salutamela tanto. Lo sceriffo Acosta mi ha detto che si sta riprendendo-
-Si, l'ho vista per l'appunto stamattina, mi sembra fin troppo allegra, ma a quanto pare sta bene- risposi, sviando l'attenzione. Nel giro di qualche secondo l'apparecchio nella mia mano vibrò, silenzioso. 

 
-Audrey?- mi sentii richiamare. Alzai la testa di scatto -Scusate, cosa?-
-Ti stava chiedendo se volevi un po' di torta- mi soccorse Emma, sorridendo e mettendo in mostra le fossette.
-No, grazie, era tutto buonissimo e temo di aver esagerato con me porzioni. Altro cibo e potrei esplodere- 
Solo dopo qualche istante realizzai che forse rifiutare non era esattamente educato, così cercai di salvarmi in corner -Ma la assaggerei volentieri domani mattina- 
-Certamente- disse Maggie, coprendo il dolce con uno strato di alluminio
-Vuoi venire di sopra?- propose Emma, allo stesso tempo chiedendo il permesso a sua madre con lo sguardo.
Anche io mi voltai verso la donna, che sospirò -Andate, su-
-A chi arriva per prima- urlò Em, correndo verso le scale.
-Non vale!- protestai, seguendola a grandi falcate, sotto lo sguardo sconsolato della signora Duval. 
"Grandi falcate" e "mie gambe" erano due termini decisamente discordi, soprattutto quando una delle due gambe era ridotta male e avevi una ferita di dieci centimetri allo stomaco. I tipici momenti in cui ti domandi se valga davvero la pena fare palestra. Riuscii a salire le scale ciondolando e, una volta superato il breve corridoio, chiusi la porta della camera alle mie spalle.
-Avevo almeno due handicap- mi difesi.
-Tutte scuse- 
Scossi la testa, sorridendo -Mi hai portata nella tua stanza. Uh?- 
Lei si avvicinò -Mh mh-
-Con tua mamma al piano di sotto-
Intrecciò le sue mani con le mie, appoggiandole al muro -Mh mh- ripetè.
-Spero sia una di quelle persone che bussano, l'idea di tua mamma che ci becca a bac..- 
Prima che potessi finire la frase Emma si sporse tanto da farmi aderire al muro e mi baciò. 
Odiavo essere interrotta. L'avevo sempre odiato con tutta me stessa.
Incredibilmente, per una volta nella vita, ne fui felice. 

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Capitolo 6
*** Let Me Love You ***


Cap.6 "Let Me Love You"

Scostai un ciuffo di capelli dal viso di Emma, posandole un bacio sulla punta del naso -Fammi un sorriso- 
Lei in tutta risposta fece spuntare le due fossette. 
-Ti ho mai detto quanto adoro le tue fossette?-
Lei accentuò ulteriormente il sorriso -Non saprei-
-Molto- risposi, tornando a baciarla. Sentii le mani della ragazza armeggiare con la chiave, mentre le mie risalivano lungo la sua schiena. 
-Sigillato- sussurrò contro le mie labbra con un tono nettamente più basso del solito.
-Ottimo lavoro- replicai, ridacchiando.
-Mia mamma sta andando all'Obitorio- 
-Bene- mormorai.
Le mie dita si concentrarono sui vestiti di Emma, litigando con la zip della sua felpa. 
-Di solito i problemi coi ragazzi arrivano un paio di strati più sotto- mi prese in giro. Mi afferrò la mano e mi portò verso il suo letto, con il cuore che stava letteralmente esplodendo nel petto. 
-Così..- le sue dita giocherellarono con la mia felpa, fino a farla cadere sul pavimento. 
Non avevo assolutamente intenzione di andare fino in fondo con lei, ma apprezzavo l'intraprendenza, così replicai il movimento, sfilandole la maglietta. Nel giro di pochi secondi Emma mi stava baciando il collo, e dovetti ammettere che sentire il contatto del suo corpo contro il mio per un istante mi fece seriamente prendere in considerazione l'idea di non trattenermi. Crollammo sul letto ridendo.
-La situazione è imparziale- mi fece notare, alludendo al fatto che io fossi ancora praticamente del tutto vestita. 
-E potrebbe precipitare- la avvisai. Lei sollevò un sopracciglio -Ah si?- con cautela, evitando di toccare la fasciatura, mi tolse la maglietta, lasciandomi in canottiera.
-Forse.- sospirai -Stai rendendo la cosa difficile apposta- 
-Forse- mi fece il verso. Questa volta fui io a congiungere le nostre labbra. Appoggiai una mano sulla guancia di Emma, approfondendo il bacio e distendendomi sopra di lei sul letto. Feci scorrere la mano dal suo viso alla sua nuca, e la strinsi ancora più forte a me, godendomi il suo profumo e il calore del suo corpo aderente al mio. Non mi divisi da lei nemmeno quando involontariamente strisciò contro la mia ferita, bensì le diedi un piccolo morso sul labbro, al quale lei rispose con un sorriso soffocato. Stavo perdendo del tutto la calma che mi ero prefissata. 
Senza che nemmeno me ne rendessi conto Emma giaceva sotto di me, in reggiseno. E davvero, uno in certi casi può avere tutti i buoni propositi del mondo, ma c'è un limite. Lanciai uno sguardo al corpo perfetto della ragazza. Lei se ne accorse e mi rivolse un'occhiata incerta, e sembrò volesse aprire la bocca per dire qualcosa, poi tacque. Le sorrisi, avvicinandomi al suo orecchio e sussurrando -Questa è davvero una mossa sleale- 
In tutta risposta lei si morse il labbro, con lo sguardo fisso nei miei occhi. Annullai la distanza tra noi due in un istante, cominciando a baciarle il collo e scendendo fino alla clavicola. Con un colpo di reni Emma capovolse la situazione, sovrastandomi senza sciogliersi dal mio abbraccio e ricongiungendo le sue labbra con le mie, senza fiato. Posai le mie mani sui suoi fianchi, mugugnando al contatto con la sua pelle bollente, e le feci scorrere fino a raggiungere i suoi jeans, lentamente. Alla cieca iniziai a slacciarglieli.
-Ragazze!- ci interruppe una voce, all'improvviso. 
Mi divisi da Emma e mi scostai di colpo, rischiando di cadere dal letto. Maggie bussò alla porta insistentemente -Ragazze? Ci siete?-
Lanciai uno sguardo di panico puro ad Emma, che sembrava altrettanto sprovvista. 
-Dimmi, mamma- urlò, afferrando la maglietta e rimettendosela in fretta e furia. 
-Quante volte ti ho detto di non chiudere a chiave la porta? Apri- rispose sua madre, brusca.
Em riuscì a lanciarmi la felpa, che mi rimisi nel minor tempo possibile, senza preoccuparmi della maglietta abbandonata.
-Lo faccio perché non bussi mai- 
-Apri, veloce-
-Arrivo- borbottò lei, cercando di sembrare rilassata. Fece scattare la chiave e aprì la porta. 
-Felice?- domandò la ragazza, lasciando che sua madre entrasse prepotentemente nella stanza. Maggie mi lanciò un'occhiata e la vidi poco convinta -Volevo solo dirvi che vado all'Obitorio- 
-Me l'avevi già detto stamattina, mamma-
La signora Duval non rispose, e si guardò intorno -Che facevate?-
-Volevamo guardare un film- risposi istantaneamente, ostentando una certa innocenza. Ma dubitavo seriamente che una donna adulta non notasse il letto stropicciato o la mia maglietta per terra. 
-Hai corso la maratona, tesoro?- domandò ad Emma -Sei affannata- 
Mi irrigidii e guardai la mia ragazza, che aveva effettivamente le guance tinte di un rosso acceso. 
-Fa..fa caldo- balbettò. 
-Ci sono dieci gradi fuori- notò, quasi divertita. Poi fece retrofront, uscendo dalla stanza, subito dopo essersi voltata verso di me dicendo -Audrey, comportatevi bene, vi supplico- 
Non appena Maggie scomparve dalla visuale mi schiaffeggiai la fronte con la mano, dicendo sottovoce -Non ci posso credere-
Si sentì il suono sordo della porta d'ingresso della casa che si chiudeva e il motore della macchina accendersi e allontanarsi.
Emma cercava di soffocare le risate -"Sei affannata"-
Mi voltai scolvolta verso di lei -Non ridere, io non entrerò mai più in questa casa, spero tu lo sappia-
Lei continuò a ridere -Oh, andiamo, l'ha presa molto bene- si avvicinò e mi afferrò le mani, senza togliersi quel sorriso beota della faccia -Poteva sbattermi fuori di casa-
-Em, non so se hai colto le sue ultime parole. Tua mamma pensava l'avessimo fatto-
Lei sollevò un sopracciglio -Non mi pareva mancasse molto- 
Questa volta fui io ad avvampare notevolmente -Non..- 
-Chiaro. Volevi strapparmi i pantaloni perché pensavi avessi caldo, giusto?-
Aggrottai le sopracciglia -Oh, andiamo-
Mi diede un bacio all'angolo della bocca -È tutto okay, Audrey. Stavo morendo di caldo-
Sorrisi -Colpa mia- 
-Hai mai riflettuto su tutto ciò?- chiesi, dopo aver fissato il vuoto per un po'. Emma mi lanciò un occhiata perplessa. 
-Al fatto che stai con una ragazza. Nemmeno un mese fa stavi con Kieran, e ancora prima con Will, la tua prima cotta. Ci hai pensato?-
Lei parve colpita dalla domanda. Sollevò entrambe le sopracciglia, cercando di formulare una risposta.
-Non lo so. Non vorrei sembrare banale, ma non penso di stare con te perché sei una ragazza o altre cose del genere. Mi piacciono i ragazzi, ne sono certa. In alcuni casi mi piacciono alcune ragazze. E mi piaci tu, soprattutto. Ma mi piaci in quanto persona, non per altro, ed è davvero difficile da spiegare. Non vorrei finire per etichettarmi, perché non saprei cosa dire-
-Audreysessuale?- proposi. Mi lanciò un'occhiataccia, così alzai le mani a difesa -Okay, okay, era una proposta-
Poi tornai seria, abbassando lo sguardo -È che non so, ci conosciamo da quando a malapena parlavamo. Siamo cresciute insieme, praticamente siamo sorelle..- Emma storse il naso, facendomi ridere -Oh, beh, non proprio sorelle. Quel che voglio dire è facile scambiare e adattare dei sentimenti, a volte. Tu hai passato di tutto, ultimamente. Tutti noi l'abbiamo fatto. E in alcuni casi si può cercare conforto in altre persone come me, che ti capiscono, confondendo alcune sensazioni. Sappi che in ogni caso io ci sarò sempre per te. Sempre. Anche come amica. Con questo non voglio assolutamente dire che sei falsa o...-
-Audrey- mi chiamò. 
-..o che non riesci a capirti da sola. Dico solo che ho davvero bisogno di saperlo. L'ultima volta non è finita bene..-
-Audrey- ripeté, ma la ignorai.
-...e non voglio allontanarmi ancora da te per una stupidaggine- conclusi, alzando solo in quel momento lo guardo, incrociando i suoi occhi tristi. Si avvicinò e mi abbracciò, appoggiandosi alla mia spalla senza lasciarmi la mano. Con la mano libera le circondai la schiena e la strinsi a me. 
-Non sono confusa. Sul serio. Tutta la situazione mi ha solo permesso di vedere diverse cose più...nitidamente. Ho sofferto anche io quando non ci siamo più viste, ma nessuna delle due ha fatto nulla, quella volta. Forse non sono mai stata capace di interpretare i miei sentimenti in modo oggettivo, ma quello che so per certo adesso è che stare con te mi fa stare bene. Stare con te come ragazza, non come amica.- 
Sospirai, sollevata. 
-Ti amo- dissi, senza pensarci. Mi resi conto qualche istante dopo di quello che mi ero effettivamente fatta scappare, e cercai di riparare, ma Emma mi spiazzò completamente, rispondendo -Anche io-
Si sciolse dall'abbraccio per guardarmi negli occhi. Dovevo apparire abbastanza sconcertata, avevo sognato diverse volte Emma Duval che diceva di amarmi, ma mai avrei pensato sarebbe davvero accaduto. 
Mi sorrise nella maniera più dolce possibile e ripeté -Ti amo anche io- 
Boccheggiai, continuando a scrutarla in quei due occhi verdi, cercando i capire se fosse del tutto convinta di ciò che stava dicendo. Emma ricambiò lo sguardo, con una decisione di cui solo lei era capace. 
Non sapendo esattamente cosa rispondere le posai una mano sulla nuca, portandola verso di me. La baciai con trasporto, senza pensare più a niente tranne che a noi due, e in un attimo ci ritrovammo sul letto. Caddi sopra di lei, col respiro corto, e lasciai che le sue braccia mi avvolgessero completamente. Le sfilai la maglietta e i pantaloni con mani impazienti, lasciando cadere i vestiti per terra e infilandomi sotto le lenzuola, lasciando che anche lei facesse lo stesso a me. Chiusi gli occhi, sorridendo, nel momento in cui le labbra roventi di Emma sfiorarono la mia clavicola e iniziarono a scendere, provocandomi un brivido. Pensai che forse, finalmente, qualcosa andava veramente bene. E quella volta non ci sarebbe stato nessuno a interromperci.

-Mi fai il solletico- borbottò Emma, distesa prona sul letto, la testa appoggiata stancamente al cuscino.
Sorrisi, anche se lei non poteva vederlo, e continuai ad accarezzarle la schiena nuda, disegnando una lunga spirale verticale, su e giù -Come se ti dispiacesse- 
In tutta risposta mugugnò -Non ho detto questo. Anzi- 
Le diedi un leggerissimo bacio sulla spalla, continuando ad ammirare la sua figura di fronte a me, avvolta nelle coperte.
-Hai freddo?- domandai, cercando di apparire almeno minimamente premurosa. 
-Un po', si. Mia mamma aveva ragione, la temperatura si è abbassata- 
Mi sporsi verso i piedi del letto e afferrai il copriletto bianco che spuntava, posandolo sopra ad Emma con delicatezza. 
-Grazie- sussurrò, avvolgendocisi -Vuoi anche tu?-
A dire la verità non sentivo freddo: a differenza della mia ragazza avevo re indossato la canottiera e dei pantaloncini, ma annuii comunque, stendendomi al suo fianco. 
Lasciai che appoggiasse la testa sulla mia spalla, assonnata, mentre sollevavo la coperta in modo da coprirci completamente entrambe.
-Sei dolce. Più di quanto pensassi- disse Emma, d'un tratto. 
Alzai un sopracciglio, con aria interrogativa. 
-Come?-
-Sei diversa dalle normali situazioni. Sei sempre attenta che io stia bene, sei sempre gentile...sei molto dolce. Sicuramente più di Kieran e Will messi insieme-
Risi sommessamente -Erano così terribili?-
-No...no, non erano terribili. Solo che è una cosa diversa- arrossì visibilmente -Diciamo che ora mi è piuttosto chiaro il motivo per cui tante ragazze sperimentano, al college-
-Oh, si?- 
-Si- borbottò, lanciandomi un'occhiataccia -Non crogiolarti in questi pseudo complimenti. Ero generica-
-Certo, certo- commentai. Poi, 
notando l'orologio appeso alla parete, chiesi -Per che ora tornerà tua mamma?-
Emma sbuffò. Sorrisi alla carezza del suo respiro sulla mia pelle. 
-Non lo so. Erano le due quando è uscita, vero? Per le quattro sarà a casa, forse poco più tardi-
-Abbiamo un'oretta, sono le tre e dieci-
-Ottima notizia- sussurrò, accoccolandosi ulteriormente al mio fianco. Le passai una mano fra i capelli, lasciandola poi scendere fino alla schiena. 
-Senti Em,- iniziai, ricordandomi di quello che avevo promesso a Brooke -Tu per caso hai i numeri di Lewis e Rose?-
-La coppietta felice uscita fuori da High School Musical?- 
Risi -Quelli che sono con noi due nel corso di biologia-
-Ho il numero di Rose. A cosa ti serve?-
-La mia ragazza non mi soddisfa abbastanza- risposi, ironica.
Sobbalzai, colpita a tradimento da un pizzicotto -Attenta a quello che dici-
Le diedi un bacio, col sorriso sulle labbra.
-So che sono amici di Brooke, volevo organizzare una festa- inventai. Mi dispiaceva nascondere delle cose ad Emma, dopo tutto quello che era successo per la faccenda di Piper, ma in quel caso non avrebbe potuto che far bene. E forse l'idea della festa per Brooke non sarebbe stata poi cosi male. 
-Oh. È un'ottima idea, si. Dopo ti inoltro il numero-
-Grazie- 
-Posso aiutarti a organizzarla-
-Magari, si. Sai qualcosa del processo di Kieran?- domandai, cambiando argomento repentinamente. 
La percepii irrigidirsi -Devo presentarmi in tribunale la settimana prossima per testimoniare, ma è pressoché ovvia la condanna-
-Dieci ergastoli consecutivi è il massimo, corretto?-
-Già, e glieli auguro con tutta me stessa- 
Notai come l'argomento la disturbasse e mi limitai ad annuire, chiudendo temporaneamente la questione. Chissà come faceva a convivere con il pensiero di essere stata così vicina all'assassino di tutti i suoi amici, di essere stata innamorata, in parte, di lui. 
-Cinema stasera?- 
Mi riscossi dai miei pensieri e mi concentrai sulla domanda. 
Sospirai -Sono un po' stanca, Em, mi dispiace davvero, ma tra la gamba e la pancia farò fatica anche ad alzarmi. Sono sul serio dispiac..-
Mi prese la mano -Era solo una proposta, sta tranquilla. Per quanto mi riguarda possiamo anche andare a dormire alle otto, sono stanca quasi quanto te-
Sorrisi, ringraziandola, e chiusi gli occhi. Il dito di Emma mi faceva il solletico, muovendosi circolarmente sul mio palmo, ma era anche incredibilmente rilassante. Ero davvero distrutta, sentivo le palpebre pesanti, avevo la sensazione di non riuscire ad aprire gli occhi e il cuscino sembrava sempre più comodo, il respiro di Emma sempre più cullante. Fu il torpore della coperta, probabilmente, a darmi il colpo di grazia e a farmi crollare addormentata, la mano ancora stretta a quella della ragazza al mio fianco.

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Capitolo 7
*** Demons ***


Cap. 7 "Demons"

Premessa: in questo capitolo ci sarà un "Emma's Pov". Mi sembrava necessario, non sono sicura di volerne mettere altri, preferisco mantenere il punto di vista di Audrey per tutto il tempo, ma nel caso preferiste questa opzione fatemelo sapere, magari lasciando una breve recensione. Grazie e buona lettura!

--

Ero al buio. Buio totale. Quel buio capace di metterti i brividi, denso, senza apparente via di fuga. Allungai le mani davanti a me, provando ad affidarmi al tatto. Niente, ancora vuoto. Feci un passo, un altro, ed ebbi la sensazione di cadere, poi di ristabilire l'equilibrio, e di cadere di nuovo. Mi fermai, col respiro affannato, rivolgendo la mia attenzione a qualcosa di lontano. Urla? Forse. Cercai di regolare la respirazione, poi ascoltai meglio. Si, erano chiaramente urla, ma non riuscivo a cogliere cosa dicessero, erano troppo lontane, indefinite. Volevo urlare anche io, ma sentivo un groppo alla gola, non ce la facevo. Poi riuscii a distinguere cosa dicevano. "Corri" 
Mi gelò il sangue nelle vene, e mi paralizzai per un istante, prima di cominciare a correre a perdifiato nel nulla. Non si sentiva nulla, nemmeno il suono delle mie suole cozzare contro il pavimento. Ma c'era davvero un pavimento? E io indossavo o no delle scarpe? E soprattutto, mi stavo muovendo?
Ci fu un flash, fortissimo, e tutto divenne bianco, luminoso. Mi coprii il viso con le mani, accecata, urlando per la sorpresa. Dovetti aspettare almeno venti secondi prima di riuscire a vedere qualcosa. E la prima cosa che pensai fu che avrei preferito non farlo. Ai miei piedi c'erano i corpi di Rachel, Riley, Will e gli altri, ammucchiati come spazzatura. Spalancai gli occhi, terrorizzata, e urlai -Che cosa volete da me?-
Una risata, alle mie spalle -Che domanda stupida, Audrey-
Mi sentii paralizzare, perché conoscevo bene quella risata. Con uno sforzo sovrumano voltai la testa, trovandomi di fronte a Piper Shaw. Lei, a differenza degli altri, era come da viva, priva di fori di proiettile o della minima macchia di sangue. Era senza occhiali e vestita completamente di nero, con dei guanti di pelle e i capelli raccolti in uno chignon, i quali la facevano apparire più simile ad una dolce studentessa che ad una serial killer responsabile come minimo di tre omicidi. 
Digrignai i denti. Il panico iniziale era passato, lasciando il posto alla pura rabbia cieca. 
-Farei un passo indietro, se fossi in te. Ti ho già uccisa una volta-
Il sorriso già dipinto sulla sua faccia si allargò, sbeffegiandomi -Non era stata la tua cara Emma a spararmi in testa? O forse ricordo male?- batté le mani -A proposito, complimenti. Hai fatto grossi progressi con lei, ora te la sbatti anche-
-Bada. A come. Parli.- la avvertii, studiandola avvicinarsi. 
-Oh, perdonami. Ora sei tornata a piangere da lei? Hai proprio il perenne bisogno di qualcuno, Audrey. Non sei durata nemmeno un mese da sola, hai avuto bisogno di chiamare me..-
-Smettila-
-Perché mai? Ah, vederti soffrire mi dà cosi tanta soddisfazione, non hai idea-
Un'altra voce -Meriti di soffrire- 
Kieran. Strinsi il pugno, vedendo spuntare alle mie spalle il responsabile delle ultime morti a Lakewood. Si affiancò a me, allungando una mano e posandomela sulla pancia. Provai a scattare, rendendomi conto di non potermi muovere. Nell'istante in cui le dita del ragazzo premettero con decisione sulla mia ferita sentii le forze abbandonarmi, e caddi in ginocchio, tra le risate dei due. 
-È divertente portarsi a letto il mio giocattolo? Com'è Emma sotto le lenzuola, Audrey? È abbastanza brava da essere credibile nel fingere di amarti mentre vuole solo usarti per sfogare il suo dolore?- 
-Emma ti abbandonerà, come fanno tutti- ridacchiò Piper -Dopotutto chi vorrebbe qualcuno come Audrey Jensen? Noah? Noah, il povero piccolo nerd innamorato di te, rifiutato, ferito, sarebbe davvero un peccato se morisse, non trovi?-
Alzai lo sguardo da terra, tremando di rabbia -Vuoi ucciderlo tu?- 
Scosse la testa con aria sconsolata -Sai, forse è questo che mi ha spinta ad usare proprio te. La tua scarsa capacità di vedere il disegno più grande. "Oh, Piper è morta, ora vivremo felici"- fece una pausa -"Cosa? Un nuovo killer? Ma come è possibile?"... e ora davvero pensi sia finita con noi due?-
Kieran si avvicinò al mio orecchio e sussurrò -Non lo è. Neanche lontanamente-
Chiusi gli occhi, coprendomi le orecchie con le mani, scuotendo la testa e cercando di mantenere la calma. Era solo un altro incubo, non avrei dovuto prenderlo così seriamente. Un altro incubo, Audrey. Un altro incubo come gli altri. Schiusi lentamente le palpebre, sperando di non vedere più Piper e Kieran davanti a me. Niente. Erano svaniti. Lanciai un sospiro di sollievo, aprendo del tutto gli occhi e voltandomi di nuovo dalla parte dei corpi, sperando fossero scomparsi anche quelli. Lo erano. Ma altri cadaveri avevano preso il loro posto. Emma, Noah, Brooke e Stavo giacevano al suolo senza vita, gli iridi opachi, i volti dipinti in espressioni di pura sofferenza. Mi guardai le mani. Erano sporche di sangue cremisi e nella destra impugnavo un coltello a serramanico. 
-Basta- dissi, a voce bassa. -Basta!- ripetei, urlando -Basta, basta, basta!-
-Audrey!- qualcuno mi prese le spalle, scuotendomi.
-Basta!- continuai.
-Sono io, svegliati. Audrey, su, sveglia- 
Spalancai gli occhi, ansimando. La mia fronte era imperlata di sudore, tremavo sicuramente. La prima cosa che vidi fu Emma, sopra di me, e sentii la sua mano stringere la mia. 
-Sono qui- disse, con aria veramente preoccupata. Le si era evidenziata una ruga sulla fronte che di solito non aveva. 
-Em..- boccheggiai, ancora sull'attenti. 
-Dio, mi hai spaventata a morte. Stai bene?- mi accarezzò una guancia con il dorso della mano.
Il petto mi si alzava e abbassava troppo velocemente. 
-Ehi- mi prese la mano -Ehi, che succede?-
-Sta bene?- domandò Maggie, dietro di lei. Non mi ero nemmeno accorta della sua presenza. 
-Sto bene- confermai, cercando di mettermi a sedere. Non mi piaceva vedere le due figure così incombenti. 
-Posso portarti qualcosa? Bevi tè? Caffè?-
-Mamma, forse un bicchiere d'acqua potrebbe bastare, non credi?- la calmò Emma.
-Ho solo avuto un incubo. Non è niente. Succede anche a te, Em, sai che nel giro di un minuto passa tutto. Sto alla grande- mentii. 
La stretta alla mano aumentò. Alzai lo sguardo e incrociai quello di Emma. Anche sua madre percepii quel piccolo scambio, lanciò un'occhiata alla mano della figlia e si schiarì la voce -Tesoro, potresti lasciare un momento Audrey da sola? Ho bisogno di parlarti-
-Io..- 
Annuii, invitandola ad andare.
Alzandosi mi posò un bacio sulla guancia, al quale io risposi con un sorriso tirato. 
-Torno subito-
La seguii con lo sguardo uscire dalla porta della stanza, chiudendosela alle spalle. Sospirai e mi portai le mani al viso, trattenendo un gemito. Dannazione.

Emma's Pov

-Era davvero così urgente?- domandai, entrando in cucina dopo aver sceso le scale in silenzio. 
-È una questione seria, Emma. Io la reputo una questione seria, e credo anche tu debba farlo- rispose mia madre, appoggiandosi al ripiano. 
-Che cosa c'è?-
Sollevò un sopracciglio -Audrey?-
Non volevo avere quella conversazione, era l'ultima cosa di cui avrei voluto parlare. Sospirai e ripetei -Audrey?-
-Emma, potresti spiegarmi la situazione? Non vorrei aver frainteso-
-Non colgo il punto- mentii, sperando che non me lo volesse far dire con la forza. Avrei preferito lo dicesse lei.
E grazie a Dio, lo fece. 
-Cosa state, insieme?-
-Si- 
Cadde un silenzio imbarazzante, riempito solo dal ticchettio ritmico dell'orologio appeso alla parete. Cercai di non incrociare lo sguardo di mia madre, tamburellando con le dita sulla coscia per alleviare la tensione. 
-Emma...è una ragazza. Perchè? Cosa è cambiato? Hai bisogno di qualcuno, per il momento che stai passando?-
Scossi la testa -Non è questo...mio dio, perché la vedete tutti così? Non può semplicemente piacermi una ragazza? È talmente inconcepibile?-
-Sei sempre uscita con ragazzi-
Alzai la testa, irritata -Cosa vuol dire? Se provo qualcosa per una ragazza la cosa confonde me quasi quanto te, ma è così e basta-
-Emma, Audrey è innamorata di te da una vita. Si vedeva perfino quando avevate tredici anni e ti offriva la sua merenda quando la dimenticavi a casa, quando Susie Trepis ti prendeva in giro era la prima a correre a difenderti...è sempre stato così-
-E io le sono riconoscente per tutto ciò-
-Tu facevi lo stesso-
-Già-
-E ora sai che lei è la persona su cui puoi contare-
-Si, lo so-
Mia mamma mi sorrise -Non pensi sia anche questo? Ti senti protetta da lei, sai che ci sarà sempre per te-
-Si- concordai. Sapevo che Audrey avrebbe fatto di tutto per me. 
-Forse confondi i tuoi sentimenti per lei- suggerì mia mamma.
-Mamma- iniziai -Hai mai avuto un'amica che ti faceva sentire protetta?-
-No- disse subito. Poi ci ripensò -Un amico- 
-Hai mai avuto voglia di baciarlo, così, perché ti faceva sentire protetta?- domandai, a bruciapelo. 
Lei sembrò presa alla sprovvista e rispose -No..no, non credo proprio-
-Allora non sto cercando protezione in Audrey-
-Tesoro..-
-Mi piace- conclusi, incrociando le braccia, sperando si rendesse conto che quell'argomento per quanto mi riguardava era chiuso.
La signora Duval sospirò, abbassando le spalle. -Da quanto sai che..che sei attratta anche da ragazze?-
Cercai di pensarci sul serio, ma non riuscii a trovare una vera e propria risposta -Non so, forse sempre. Apprezzo la bellezza sia nei ragazzi che nelle ragazze, ma prima di qualche giorno fa non mi ero nemmeno resa conto di apprezzarla in quel senso- 
-Forse ti farebbe bene parlare con lo psicologo di tutto ciò- suggerì, posandomi una mano sulla spalla.
Mi scostai -Non credo- 
-Sarebbe meglio lo facessi-
-Ho detto non credo- 
Tacque, ma sentivo il suo sguardo puntato sulla mia nuca, e la cosa mi disturbava nel profondo.  
-Posso andare?- domandai, brusca.
Maggie sospirò -Tornare da Audrey?-
-Già-
-Non sono del tutto certa di approvare questa relazione- disse, smettendo di fare giri di parole. -Credo che Audrey stia in parte approfittando della tua condizione, e anche suo padre concorda con me- 
Serrai la mandibola -Spero tu stia scherzando-
-Affatto-
Risi, ironica -Bene. Sono contenta di annunciarti che stasera Audrey dormirà da me, in camera mia, nel mio letto, perché sono una persona adulta e capace di fare le mie scelte. La mia ragazza..- sottolineai il termine -..non se ne sta approfittando di me, non lo farebbe mai, quindi smettila di incolpare Audrey solo perché non ti va giù che io stia con qualcuno di diverso da un ragazzo. E ora, se non ti dispiace..- feci un mezzo inchino e mi voltai verso le scale, uscendo dalla stanza a grandi passi, senza permettere a mia madre di replicare. 

Audrey's Pov

Sentivo indistintamente le voci, al piano di sotto. Sapevo di cosa stavano discutendo, e una parte di me pensava "Beh, perlomeno non stai sentendo urla, forse non va poi così male"
Mi ero alzata lentamente dal letto dopo aver bevuto un goccio d'acqua, ma avevo ancora la gola secca. Afferrai il mio telefono e scorsi le poche notifiche: un paio di messaggi di Noah, Brooke e qualche aggiornamento dai social. Ah, a quanto pareva era uscito un nuovo episodio di The Morgue, l'avrei ascoltato il prima possibile. Diedi un'occhiata veloce ai messaggi e avvisai Noah che avrei dormito da Emma, per evitare che passasse a casa mia per andare a scuola insieme. Brooke l'avrei chiamata più tardi. Mi stavo rimettendo la maglietta, con una smorfia di dolore dipinta sul viso per via della ferita, quando sentii qualcuno salire le scale di fretta e subito dopo la porta aprirsi di colpo. Emma fece le sua entrata teatrale in rigoroso silenzio, stringendo i pugni ed evitando il mio sguardo, dirigendosi direttamente verso il letto, prendendo un cuscino e calciandolo contro il muro. Il tutto in un lasso di tempo tale da permettermi a malapena di infilare la 
manica sinistra.
Aggrottai le sopracciglia -È andata benone-
Un altro cuscino volante.
-Forse non troppo- constatai.
-Vestiti, andiamo ad una festa- mi ordinò, incrociando per le prima volta i miei occhi.
-Di domenica sera?- domandai, perplessa.
-È a casa di quello del quarto anno con la ragazza coi capelli viola. Mi ci ha invitata un ragazzo che fa la mia stessa classe di algebra. Non ho voglia di stare a casa, puoi venire anche in felpa e jeans, se è quello il problema-
-Dobbiamo proprio?- 
Si voltò verso di me, vedendo che ero palesemente stanca morta. Lo sguardo si addolcì -Scusami. Mia mamma...- sospirò -Che ne dici di un film? Uno qualsiasi. Prometto che se ti addormenterai non mi arrabbierò. Lavoravi al cinema, avrai pur qualche biglietto gratis avanzato-
-Forse è il caso che dorma a casa mia, stasera- suggerii. In parte capivo Maggie e non volevo peggiorare la situazione.
-No-
-Davvero, Em- 
-La situazione non è drammatica, mia madre non ha detto che non puoi dormire qui. Quindi, se per te va bene, questa notte dormi qui- 
Rimasi in silenzio, indossando lentamente la felpa, e pregando che non fosse una pessima idea risposi -Come vuoi- 
Emma sorrise e mi diede un bacio. Nonostante ormai avrei dovuto essere abituata, il mio stomaco continuava a sobbalzare ogni volta che le sue labbra sfioravano le mie. Feci scorrere le mani sulla sua schiena, finendo a poggiarle sui suoi fianchi. Mi separai a malincuore, lasciandole un altro piccolo bacio a stampo all'angolo della bocca. 
-Okay- mormorò, prendendomi la mano -Andiamo-

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Capitolo 8
*** Friend, please ***


Cap. 8 "Friend, please"

-Ricordami cosa mi ha convinta a venire a vedere questo film orribile invece che rimanere a casa, a dormire- domandai, distogliendo lo sguardo dallo schermo, annoiata, dopo l'ennesima scena smielata. Il mio genere, insomma. 
Emma ridacchiò sottovoce -Cosa ti ha convinta?- chiese, voltandosi verso di me. 
Posò una mano sulla mia gamba e mi baciò a stampo, con un sorriso distinguibile sulle labbra.
-E, come bonus, mia madre isterica- aggiunse, una volta che si fu separata da me.
-Okay, va bene. Motivazione accettabile- borbottai, cacciando la mano nel contenitore dei pop corn e infilandomene una grossa manciata in bocca, imbronciata.
-Il film continua ad essere terribile- precisai. 
-Sta finendo- sussurrò Emma di rimando, senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
Qualcuno dalle file dietro provò a chiedere silenzio, ottenendo solamente qualche istante di tregua. Dopo pochissimo domandai -Sul serio, Em, ma chi va al cinema per guardare il film con la propria ragazza? Di solito ci si mette nelle file in fondo alla sala e..-
-Audrey, sssh- mi interruppe, concentrata.
La guardai, sconvolta -Ma davvero?-
-Ti giuro che se non stai zitta stasera dormi a casa tua- mi minacciò, tenendo gli occhi incollati al protagonista del film, un Mr. Muscolo con una probabile carriera precedente da modello. Guardandolo recitare veniva da chiedersi perché non si fosse limitato a quello.
-Secondo me il belloccio muore- azzardai, distogliendo lo sguardo e lasciandolo vagare sulla gente della sala, illuminata dalla luce saltellante -Non so, un incidente, lei rimane sola e...- mi bloccai, incredula, fissando in lontananza una figura conosciuta.
Pregai di sbagliarmi.
-Ehilà? Che c'è?-  mi richiamò Emma, accorgendosi che ero completamente persa. Avevo interrotto la polemica troppo bruscamente.
Rimasi in silenzio, continuando a guardare, non certa di ciò che vedevo. Era difficile distinguere i tratti somatici delle persone, con quella luce isterica che giungeva di riflesso dallo schermo, si poteva confondere qualche conoscente con totali sconosciuti.
-Ehi?- 
-Dimmi che quel tipo non è Stavo o che Brooke si è tinta di rosso ed è momentaneamente fuori dall'ospedale- sussurrai.
-Ma che stai dicendo?- 
Feci un cenno col capo, a indicare una fila sopra di noi, molto più a destra. Nel film ci fu una scena luminosa, per cui la luce illuminò bene il volto. Era indubbiamente Stavo. E fin qua nessun problema, se non fosse stato in compagnia di una ragazza, apparentemente più piccola di lui, rossa. 
"Ma Audrey" alcuni potrebbero pensare "magari è sua sorella". 
Si, li guardavo i film scadenti, ero preparata a quella evenienza. Ero figlia unica, ma avevo come l'impressione che nessuno tenesse per mano la propria sorella in quel modo, forse solo Jaime Lannister di Game of Thrones, ma in ogni caso ero quasi sicura che Stavo fosse figlio unico e che Cersei Lannister fosse bionda. Serrai la mandibola, visibilmente irritata. Come poteva fare questo a Brooke? 
-Vorrai scherzare- bisbigliò Emma, rizzando la schiena di colpo. 
-Enorme figlio di puttana- "Non mi sei mai piaciuto" pensai. Poi mi voltai verso la ragazza al mio fianco -La conosci?- 
Scosse il capo -No, non l'ho nemmeno mai vista. Sembra più piccola di noi- 
-Appena si accenderanno le luci gli converrà volatilizzarsi- 
Mi prese il braccio, con delicatezza -Non fare casini-
-Quanto manca alla fine?- 
La vidi sollevare le spalle -Non saprei, davvero poco. Monologo interiore finale. Non ci spero nemmeno più, mi sono persa questa parte. Meno di dieci minuti-
Mi morsi l'interno della guancia, tamburellando con le dita sul bracciolo del mio posto. Continuai a lanciare sguardi veloci alla coppietta. Stavo. La sua ragazza e coinquilina era in ospedale, sola, e lui pensava ad uscire con un'altra qualsiasi? Non aveva scusanti, non in quella situazione. Non provai nemmeno a concentrarmi su quel film terribile e quando finalmente iniziarono a scorrere i titoli di coda scattai in piedi nello stesso istante in cui si accesero le luci. 
-Mi scusi- borbottai, facendomi largo tra le persone che ancora erano sedute tranquillamente al loro posto. 
Sbucai nel corridoio che divideva la sala a metà, e mi diressi a grandi passi verso il posto di Stavo.
Era ancora lì stravaccato, come al solito, la sua solita felpa, la sua solita espressione odiosamente vuota. Espressione che cambiò del tutto nell'istante in cui mi notò. Si riscosse e tolse il braccio dalle spalle della ragazza, alzando la testa di colpo.
-A..Audrey- balbettò.
Non dissi una parola, gli lanciai solo un'occhiata carica di disgusto. 
-Cosa succede?- domandò la rossa, confusa, aggrappandosi al braccio del suo accompagnatore e studiandomi. 
-Spero tu possa spiegare- sibilai, a denti stretti, ignorando la ragazza completamente.
-Jackie, potresti scusarci un secon..-
-Oh no, "Jackie", rimani pure- dissi con un tuono acido, senza interrompere il contatto visivo con Stavo.
Sentii Emma arrivare alle mie spalle e accostarmisi. 
-Chi è lei?- domandò, indicando con la testa Jackie. 
-Sono la sua ragazza- replicò, senza nemmeno pensarci. 
Strinsi il pugno talmente forte da graffiare il palmo con le unghie -No, non lo sei- 
Lei alzò un sopracciglio -Tu saresti?-
"Dio, taci"
-Audrey Jensen, un'amica della sua vera ragazza-. Calcai particolarmente la parola "vera".
Jackie sbiancò -La sua cosa?- 
-La mia niente- la bloccò Stavo, alzandosi e piazzandosi di fronte a me, facendo valere la differenza di altezza -Tu non dovresti interessarti delle cose che non ti riguardano, Jensen-
Emma mi strinse il polso. Sapeva benissimo cosa stava per succedere. -Oh- iniziai, sorridendo fintamente -Perdonami, Acosta-Voleva parlare facendo il duro per cognomi? Bene. Più impersonale si faceva la conversazione, meglio era. Non volevo avere nulla a che fare con lui. Non era mio amico. -Ma,- continuai -mi pare che la cosa, in effetti, mi riguardi eccome-
-Vattene- disse, avvicinandosi di più, cercando di farsi grande in tutta la sua altezza. Forse non aveva ancora realizzato che non serve essere grossi per picchiare duro. Il mio sacco da boxe lo sapeva bene.
-Gustavo, cosa fai?- cercò di bloccarlo la sua "ragazza", ma ormai non la ascoltava più.
-Sennò? Non si picchiano le donne, è la buona educazione, giusto?- lo provocai. 
La stretta al polso aumentò-Audrey, non fare l'idiota- mi sussurrò all'orecchio.
Stavo alzò la voce -Allora non dovrei aver problemi a picchiare te-
Ci fu un istante di silenzio tra di noi. Silenzio incredulo. La mano di Emma in quel momento fu l'unica cosa che mi impedì di mollare a quel bastardo un pugno diretto sul naso. Inspirai profondamente, guardandolo dritto negli occhi. Poi scossi la testa, ridendo -Sai di essere fottuto- constatai.
Alzò un sopracciglio -Non penso proprio che glielo andrai a dire. È in ospedale sola come un cane. Sono l'unica cosa che la fa tirare avanti. Non glielo dirai- 
-Mi conosci davvero poco, temo- replicai.
-Le voglio bene. Preferisco soffra per un po', ma che stia senza di te. Pensavamo tutti le facessi bene, ma evidentemente ci sbagliavamo-
-Non sperare troppo che Brooke si butti su di te, solo perché non ci sono io in mezzo. Sei ridicola- 
"Ah, a quanto pare mi piace Brooke e non ne sono al corrente. Sento il tipico rumore di qualcuno che si arrampica sugli specchi" pensai, non rispondendo alla provocazione.
Mi rivolsi a Jackie, che era rimasta in disparte, sconvolta, dicendo -Mi dispiace davvero che tu sia rimasta involontariamente coinvolta nel simpatico passatempo di questo imbecille, fossi in te appena ce ne andremo io ed Emma gli darei uno schiaffo di quelli da telenovela e uscirei di scena-
Presi la mano della mia ragazza e feci per girarmi, bloccandomi e preferendo specificare -Oh, Gustavo, ti conviene trovare una scusa per convincere tuo papà a far venire Brooke a vivere da me per un po'. In ogni caso, domani dopo scuola passo a prendere le valige, se non dovessi trovarle pronte parlerò con lo sceriffo. E dubito sinceramente che la cosa si possa concludere bene, per te. Buonaserata- 
Lo lasciai lì, su due piedi, senza tanti saluti. Trascinai Em verso la piccola saletta-bar del cinema, preferendo rimanere in silenzio, temendo che, se avessi aperto bocca, ne sarebbe piovuta fuori una sfilza infinita di aggettivi non adatti ad un pubblico facilmente impressionabile.
-Audrey- mi richiamò Emma, seguendomi a passo spedito. La ignorai, rallentando leggermente la camminata e continuando a mantenere l'atteggiamento distaccato. Le persone di fronte a noi si muovevano con calma, alcune intente a discutere del film con gli amici, altre troppo concentrate sul proprio cellulare per avere contatti di alcun tipo con altri esseri umani. Raggiunto il banco del bar non le domandai nemmeno se volesse qualcosa da mangiare, sapevo quanto odiasse i cibi preconfezionati, le patatine e le caramelle, e lo superai direttamente, raggiungendo la grossa porta di vetro che era segnalata come l'uscita dall'edificio. 
-Audrey non possiamo dirlo a Brooke, lo sai benissimo- 
-Certo che lo so- sbottai, tenendo con una spalla la porta dell'uscita aperta in modo da permetterle di passare. L'aria era piuttosto fredda, cosi indossai la giacca di pelle sopra alla felpa. -Devo trovare una soluzione al più presto. Prima o poi glielo dovremo dire, assolutamente, Stavo deve sparire dalla sua vita, ma per il momento è l'unica persona a cui si aggrappa. Toglierle Stavo vuol dire toglierle la sua famiglia, il suo migliore amico e il suo ragazzo allo stesso tempo. Ma non potevo dirlo a quel verme-
Emma mi lanciò uno sguardo triste, rabbrividendo. Le diedi un'occhiata e mi resi conto che era venuta al cinema senza giacca. 
Alzai la testa -Oh, sul serio, Em?-
-Non era premeditato- 
Scossi la testa, fintamente sconsolata -Mi permette di prestarle, cavallerescamente, questa mia giacca, in modo che possa morire io di freddo al posto suo?- 
-Ne sarei lieta- 
-Saresti lieta di vedermi morire di freddo?-
-Quella parte mi ispira meno- 
Sfilai l'indumento e glielo appoggiai sulle spalle, sorridendo. -Devo anche aprirti la portiera della macchina?-
Emma alzò le spalle -Io guido, mi sembra il minimo-
-Tu guidi perché il tuo ex mi ha accoltellata. Due volte. Sono zoppa per colpa sua- bofonchiai, cercando con lo sguardo la macchina nel piccolo parcheggio sovraffollato. C'erano davvero tantissimi spettatori, per essere domenica, per quanto ne sapevo dalla mia esperienza come addetta al bar, era ovviamente il sabato il giorno drammatico, la domenica in genere era tranquilla. Alla fine adocchiai il veicolo e presi la mano ad Emma, rabbrividendo al contatto con la pelle gelida. 
-Hai le mani calde- disse, con un tono di voce che ricordava vagamente dei gatti intenti a fare le fusa. 
Feci spallucce, imitando il suo movimento precedente -Le tengo sempre in tasca- 
Apprezzavo il fatto che parlando uscisse dalla bocca un fumetto di condensa. Nel mio breve periodo di ribellione adolescenziale avevo provato a fumare qualche sigaretta e l'unico motivo per cui mi piaceva farlo erano le forme che assumeva il fumo. 
Alzai la testa per guardare il cielo scuro, senza luna -Probabilmente pioverà, domani, guarda che nuvole- dissi. 
-Odio la pioggia- si lamentò Emma.
"Io la adoro" pensai.
Arrivate alla macchina, dopo aver scansato varie coppiette e qualche macchina guidata da pazzoidi pronti ad ucciderci sulle strisce pedonali, aprii ad Emma la portiera, accennando un inchino -Prego, madame- 
Si sforzò di non ridere, entrando all'interno dell'abitacolo -La ringrazio-
Stavo per seguirla anche io, quando una voce alle mie spalle urlò, con aria trafelata -Audrey Jensen!- 




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Capitolo 9
*** A Car, A Torch, A Death ***


Cap. 9 "A Car, a Torch, a Death"

"Arrivate alla macchina, dopo aver scansato varie coppiette e qualche macchina guidata da pazzoidi pronti ad ucciderci sulle strisce pedonali, aprii ad Emma la portiera, accennando un inchino -Prego, madame- 
Si sforzò di non ridere, entrando all'interno dell'abitacolo -La ringrazio-
Stavo per seguirla anche io, quando una voce alle mie spalle urlò, con aria trafelata -Audrey Jensen!- "

Mi voltai, confusa, non riconoscendo il timbro, e notai subito una figura che spiccava tra le altre. Era quella ragazza, Jackie, e stava correndo nella mia direzione. Forse non era davvero piccola come io ed Emma avevamo supposto, da questa prospettiva sembrava avere la nostra età, forse un anno in meno di Stavo. Anche l'abbigliamento non aiutava a darle un'aria matura: indossava delle Converse consumate, un paio di jeans un po' troppo grandi, strappati, e una felpa stile football, che in effetti le donava, ma essendo larga la faceva scomparire.
-Audrey Jensen- mi richiamò, accorgendosi subito dopo di avere la mia attenzione. Rallentò e si avvicinò a me ansimando. Non mossi un muscolo, rimasi semplicemente lì, a fissarla, attendendo che pronunciasse qualcosa di diverso dal mio nome. Alla fine, dopo aver rifiatato qualche istante, lo fece.
-Io...volevo scusarmi ancora. Sei amica di Brooke, quindi per favore, fa in modo di farle sapere che non ero al corrente del fatto che stesse con Gustavo, e che mi dispiace davvero, davvero molto- disse, con voce titubante -E vorrei poterle parlare di persona, ma non so se sia il cas...-
Emma abbassò il finestrino della macchina, rispondendo per me -Glielo faremo sapere- poi si rivolse a me -Andiamo, Audrey? Mia mamma si starà chiedendo dove siamo finite-
Annuii -Si, arrivo- 
Lanciai un'ultima occhiata a Jackie -Riguardo al parlarle di persona, forse per ora sarebbe meglio evitare. Non intenzionalmente, ma hai combinato un bel casino-
Abbassò lo sguardo -Lo so- borbottò -Senti, posso darti il mio numero, nel caso le venisse voglia di vedersi faccia a faccia?- 
Mi chiesi se fosse una buona idea, se mi avesse chiesto di darle il mio numero mi sarei insospettita, dopotutto i Lakewood Five erano finiti ad essere inevitabilmente bersaglio di qualche scherzo telefonico idiota, ragion per cui l'avevo recentemente cambiato e preferivo non darlo in giro. Ma si era offerta di darmi il suo. Sfilai lo smartphone dalla tasca e lo sbloccai -Dettamelo- 
La vidi sorridere -Grazie-
-Non è colpa tua- dissi, piatta, digitando ciò che mi veniva dettato. Non appena terminato le rivolsi un cenno di saluto e scavalcai il marciapiede per poter salire in macchina con Emma. Entrai con calma nell'abitacolo, rabbrividendo al tocco con la maniglia gelida, e mi sedetti al mio posto, cercando di non colpire superfici rigide con la gamba zoppa. 
Socchiusi gli occhi e mi immersi con il viso nella felpa, anch'essa gelida. Ascoltai Emma girare la chiave per mettere in moto l'auto e accendere la radio. Sperai vivamente in una frequenza musicale, ma le mie speranze vennero distrutte nel momento in cui udii la voce gracchiante di Gale Bowey strillare qualche news ad effetto. Quella donna sarebbe stata capace di lucrare anche su qualche dolce animaletto tragicamente morto allo zoo. Mi concentrai sul respiro ritmico di Emma, guardandola di sottecchi. Era concentrata sulla strada, le luci alternate dei lampioni proiettate sul suo viso le davano un'aria cupa, le sopracciglia aggrottate per la concentrazione e il labbro leggermente mordicchiato completavano il quadro. 
-Ehi- dissi, a bassa voce.
Non distolse lo sguardo, ma sembrò ridestarsi, sollevando un sopracciglio -Ehi- la sua mano frugò finché non trovò la mia, e la strinse leggermente -Stasera dormi con me?-
-Vuoi proprio far incazzare tua madre, non è vero?- sorrisi, abbassando il volume della radio. 
Lei fece spallucce, ridacchiando -Forse un po'-
-Non avevo dubbi- feci scorrere il pollice sul dorso della mano di Emma, rimanendo in silenzio un istante -Dormo sul divano, va bene?-
-Non se ne parla- ribatté.
-Em, pensavo stessi scherz...- iniziai, voltandomi verso di lei e notando le labbra increspate in un sorrisetto.
-Stavo scherzando, certo, ma dormo io sul divano. A te conviene stare comoda, è meglio trattare bene quei graffietti, finchè non sono completamente a posto- 
-Oh, oh- finsi di ridere -Quei graffietti? Mi sono fatta infilzare come un corn dog dal tuo ex ragazzo, come minimo potresti evitare di sfottere- 
-Vuoi il letto o no?- 
Feci spallucce -Con te, volentieri- 
Emma si voltò di colpo verso di me, trattenendo a stento una risata -Così sfrontata?- 
-Che dire..- mi svincolai dalla cintura di sicurezza, sporgendomi e avvicinandomi al suo collo, fino ad avere le labbra ad una manciata di centimetri da lei -...con questa luce sei più bella del solito-
-Audrey, sto guidando- ridacchiò, soffocando un sospiro quando le baciai la pelle nuda. 
-Questa è la tipica cosa da non fare a meno che non ci si voglia schiantare contro qualche palo della luce- ribadì, mordendosi il labbro subito dopo aver terminato la frase -Siamo arrivate, devo solo parcheggiare, non farmi rigare la macchina- 
Sorrisi, tornando al mio posto e appoggiando la testa contro il finestrino rigato dalle prime gocce di leggera pioggia. Emma eseguì la manovra e con lo sbalzo un ciuffo di capelli neri mi ricadde davanti agli occhi. "Forse sarebbe ora di tagliarli" mi dissi tra me e me, estraniandomi per qualche istante dalla situazione. Fino a quando Emma non mi strattonò il braccio, per poi alzare notevolmente il volume. Era ancora Gale Bowey, e aveva assunto il tipico timbro di voce da "notizia che mi farà guadagnare un sacco di visibilità". 
Le lanciai uno sguardo, ma lei pareva completamente concentrata sull'altoparlante del cruscotto.
-.. Il corpo è stato identificato, si tratta della diciannovenne Rosie Addams, studentessa della George Washington High School, ultimo anno. I genitori devono ancora arrivare, nel frattempo ciò che siamo riusciti a capire è che le dinamiche ricondurrebbero ad un omicidio...pare che la ragazza fosse a casa di un amico per una festa, qui, in Roosevelt Street, ma che i compagni l'avessero persa di vista intorno a metà della serata. Un'altra giovane vita stroncata, qui a Lakewood, e in questo caso la domanda sorge spontanea: c'è un nuovo serial killer a piede libero nella nostra città? Finirà mai questa serie di orribili morti? Qui è Gale Bowey, al più presto con altri dettagli..- 
La linea ritornò allo speaker e i miei occhi cercarono istintivamente quelli di Emma, nel più totale silenzio. Ciò che ci lessi fu paura, non confusione, né incredulità. Pura e semplice paura. Le sue mani stringevano il volante con troppa forza, e il suo labbro inferiore tremava. I miei pensieri si rivolsero istintivamente a quel biglietto nella camera d'ospedale di Brooke, "Il gioco è solo iniziato", e a come l'avevo sottovalutato. Speravo con tutta me stessa che si trattasse di un omicidio isolato, ma a Lakewood non si trattava mai di un omicidio isolato. Era assurdo, ma cominciavo quasi a desiderare di essere morta all'inizio di quella storia, come Rachel. Vivere nella paura costante, essere messi gli uni contro gli altri, perdere i propri amici venendo manipolati e non poter far nulla per evitarlo...per quasi un anno intero. Era stato troppo, ma l'avevamo superato, ognuno con le proprie ferite, fisiche o psicologiche. Non poteva ricominciare, non ce l'avremmo fatta. 
Ciò che mi svegliò da quello stato di trance in cui ero caduta fu il rumore della maniglia premuta da Emma, che uscì dalla macchina dimenticandosi le chiavi inserite, nella fretta. Mi riscossi e uscii anche io, dopo averle prese, mantenendo lo sguardo fisso sulla mia ragazza. Socchiusi un occhio quando la pioggia fine e fredda mi punzecchiò il viso.
-Em...- la richiamai, accelerando il passo, ma lei, senza nemmeno voltarsi, aspettò che la porta le venisse aperta ed entrò in casa. La seguii a ruota, oltrepassando Maggie, che dopo aver tentato di accogliere la figlia la seguiva con uno sguardo confuso. 
Mi sentii afferrare il braccio. 
-Audrey, è successo qualcosa?- mi domandò la signora Duval, sinceramente preoccupata. 
-Accenda la televisione- risposi frettolosamente, iniziando a preoccuparmi davvero per Emma. Salii a grande falcate le scale e riuscii a bloccare la porta della camera della mia ragazza con un braccio, poco prima che questa mi venisse chiusa in faccia proprio da lei. 
La aprii lentamente, entrando nella stanza in penombra. Accostai la porta premendo sulla maniglia, in modo da non fare rumore, e rimasi in silenzio. Feci qualche passo verso il letto dove si era seduta Emma e mi affiancai a lei, continuando a non dire nulla. Sembrava così indifesa, spaventata a morte, e tentava di non farlo vedere, fissando un punto vago del pavimento, ma sapevo che in quel momento non avrebbe voluto fare altro che andare da qualche parte, dove nessuno la potesse vedere, ed elaborare la cosa. Senza nemmeno volerlo razionalmente, posai il mio braccio sulle sue spalle, in un tentativo di comunicare...non lo sapevo nemmeno io, qualcosa. Farle vedere che sapevo cosa stava passando. Continuò a non aprir bocca, ma si voltò a guardarmi negli occhi, serrando la mandibola, e in un istante appoggiò la testa sulla mia spalla e iniziò a piangere, soffocando le lacrime nella mia maglietta. Passai la mano libera tra i suoi capelli, stringendola più forte a me. -Vedrai che andrà tutto bene- sussurrai, cercando di convincere anche me stessa, oltre ad Emma.
-Non è vero. Un altro omicidio, Audrey- singhiozzò, il mascara colato sulle guance la faceva sembrare un panda triste, e la cosa mi avrebbe fatto ridere, se la situazione non fosse stata diversa. 
-Non conoscevamo questa ragazza, cerca di pensarla così. Fino ad ora hanno ucciso solo persone connesse con noi, forse in questo caso si tratta d'altro- tentai di consolarla, continuando a stringerla tra le braccia.
Non sembrava aiutare. Lasciai che buttasse fuori tutte le emozioni con quel pianto liberatorio, sapevo quanto avrebbe fatto bene anche a me, ma il pianto non era mai stata una delle mie specialità. Quando la sentii tirare su col naso, provai a spezzare il silenzio -Vorrei dirti che sei quasi più bella quando piangi, ma non posso negare di preferirti con un bel sorriso-
-Sono contenta che tu dorma qua- disse, più rivolta alla mia maglietta che a me, senza smettere di nasconderci dentro il viso. 
-Anche io- risposi, raggiungendo la sua mano e giocando con le sue dita, provando a trasmetterle un po' di tranquillità -Forse dovremmo metterci a letto. Domani c'è scuola-
Emma borbottò qualcosa di incomprensibile, ma che appariva lontanamente come un assenso, così mi alzai dal materasso e la sollevai tirandole la mano -Su, andiamo. Dormirci su ti farà bene- 
Quando finalmente dopo qualche istante parve ridestarsi mi mollò la mano per prendere il suo pigiama -Lo spero davvero. Forse ho esagerato. Magari è qualcosa di isolato, non sanno nemmeno per certo se si tratti di un omicidio o se invece sia solo un incidente. Non credi?-
"No, non credo. Non credo per niente" pensai. Tuttavia, dopo aver incrociato il suo sguardo poco convinto, risposi con un sorriso rassicurante -Esatto, forse dovremmo rilassarci, prima di andare nel panico-
Sapevo quanto fosse stupido mentire alla mia ragazza così. Sapevo anche che ci sarebbero state conseguenze, ma è inutile mentire: spesso, in momenti come quello, non si pensa agli accadimenti a lungo termine, si fa solo il possibile per migliorare la situazione, per far star meglio la persona a cui si tiene. E riuscii a capire dal mutamento della sua espressione che ci ero effettivamente riuscita, ora stava un po' meglio. Era terrorizzata, ma non come prima, e io continuavo a temere che potesse avere delle ricadute, degli attacchi di panico come quelli dell'anno precedente. 
Nel frattempo Emma si era spostata ai piedi del letto e si stava cambiando. Sospirai nel momento in cui si sfilò la maglietta, rimanendo in reggiseno.
-Non puoi fare così- dissi, mordendomi il labbro. 
Lei si voltò, confusa, rendendosi conto con qualche istante di ritardo a cosa mi riferissi. Sorrise, lasciando intravedere le fossette ai lati della bocca, solo accennate. 
-E assolutamente, nemmeno così. Non con tua madre al piano di sotto- risi, appoggiandomi con la spalla alla parete e rimanendo a guardarla. 
Sbuffò, ironicamente -Devi guardarmi così? Mette in soggezione- 
-Oh, mi scusi se è bellissima, preferisce che mi metta questo davanti?- afferrai un cuscino e me lo sistemai in faccia. -Va meglio?- domandai, soffocata dal tessuto. Attesi una risposta, che non arrivò. Lentamente abbassai il cuscino, per scoprire Emma intenta a guardarmi, ancora nella stessa posizione, sorridente. 
Sollevai un sopracciglio, ridacchiando nervosamente -Che c'è?- 
Lei scosse la testa, senza cambiare espressione -Niente- 
-Spara- la incitai. Sostenni il suo sguardo, lasciando che quegli occhi verdi mi scrutassero ancora qualche istante. Senza proferire parola Emma interruppe quel contatto e si avviò verso la porta, ancora senza maglietta, facendo girare la chiave con lentezza, senza provocare alcun rumore che potesse giungere all'orecchio di Maggie. Deglutii, cercando di capire le sue intenzioni. Fece qualche passo verso di me e poi si fermò, tornando a guardarmi direttamente -Davvero trovi che io sia bellissima?- 
Scoppiai a ridere, avvicinandomi a lei -Era questo il punto? Se vuoi lo posso ripetere. Tu..- le posai sui fianchi, portandola verso di me -..sei...- con una mano le sollevai il mento, in modo che mi guardasse negli occhi -...bellissima. Ma non tipo "bella, carina". No, ti trovo sinceramente bellissima. Poi devo ammettere che senza maglietta hai un tocco in p..- 
Prima che potessi terminare la frase Emma mi saltò letteralmente addosso. Sorrisi, stringendola nell'abbraccio, a contatto con la sua pelle sempre bollente, e lasciai che appoggiasse la testa nell'incavo della mia spalla. 
-Basta così poco?- chiesi, continuando a ridacchiare. 
Lei si sciolse dall'abbraccio per guardarmi in faccia -In questi momenti dovresti imparare a non rompere il silenzio rituale venutosi a creare- 
Mi finsi pensierosa -Servirebbe qualcuno che mi mettesse a tacere-
Emma sfoderò di nuovo le fossette -Decisamente- sussurrò, facendo salire la sua mano fino alla mia nuca e accarezzando i capelli. Lasciai cadere il mio sguardo sulle sue labbra, ormai distanti solo qualche centimetro. Se ne accorse e sorrise ancora -Forse è davvero il caso di andare a dormire, sai..- mi fece il verso -..con mia mamma al piano di sotto- 
-Mi lasci davvero andare a dormire senza il bacio della buonanotte?- azzardai, allacciando le mie braccia e bloccandola prima che potesse muoversi. Lei però si divincolò, facendoci cadere entrambe rovinosamente sul letto.
-Ouch- bofonchiai, sentendo una fitta alla pancia.
-Scusami, Auds, mi ero dimenticata..- si bloccò a metà frase, rendendosi conto della situazione venutasi a creare, ancora una volta. Ero finita letteralmente sopra di lei, e stavo ringraziando qualsiasi divinità esistente per aver fatto chiudere a chiave la porta ad Emma, perché se per qualche strano allineamento astrale Maggie fosse entrata in quel momento, ero piuttosto certa non avrei mai rimesso piede in casa Duval. 
Emma era ancora senza maglietta. Sotto di me. Chiusi gli occhi, sibilando -Oh, andiamo, è un complotto- 
-Non volevi il tuo bacio della buonanotte?- 
Riaprii gli occhi e le rivolsi un'occhiata, alzando un sopracciglio. Aveva le guance rosse e un ciuffo di capelli castani le ricadeva sul naso. "La porta è chiusa a chiave" pensai, e mi abbassai lentamente, sfiorando con le labbra una porzione di pelle nuda, vicino alla clavicola. Sentii Emma inizialmente irrigidirsi, non si aspettava una mossa del genere, poi rilassarsi e sprofondare nel cuscino. Lasciai una scia di baci leggeri, fermandomi all'altezza del reggiseno nero. La mia mano, ferma sul suo fianco, si mosse, percorrendo la linea del suo costato, esaminando ogni curva, soffermandosi su ogni millimetro quadrato di pelle. Sentii la mia ragazza trattenere un gemito quando posai le labbra sulla sua pancia e la cosa non fece altro che eccitarmi ulteriormente. La chiave che portavo al collo si poggiò sulla pelle di Emma, facendola rabbrividire. Probabilmente era l'unica cosa della stanza ad essere rimasta fredda. Tuttavia un rumore brusco al piano di sotto mi svegliò da quella bolla. Mi disincantai, sospirando -Non sai quanto vorrei che tua madre non fosse a casa in questo momento- 
Lei, guardando il soffitto, rispose -Oh, penso di saperlo-
Facendo perno con la mano sul materasso risalii fino ad arrivare all'altezza del viso di Emma, appoggiando la mia fronte sulla sua -Ti prometto che nessuno psicopatico vestito da Brandon James ti farà del male o farà del male ai tuoi amici, Em, non lo permetterei mai- 
Facendo passare la mano dietro alla mia nuca mi attrasse verso di lei, baciandomi senza pensarci due volte. Non fu un bacio particolarmente trasportato, ma per me significava moltissimo. Allo stesso tempo voleva dirmi che lo sapeva e voleva ringraziarmi per essere lì per lei. 
-Buonanotte- le sussurrai, una volta divise.
-Buonanotte, Auds-

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