Night School

di Signorina Granger
(/viewuser.php?uid=864554)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Arrivo alla Cimmeria (Scelta OC) ***
Capitolo 3: *** Banchetto di inizio anno ***
Capitolo 4: *** Primo giorno ***
Capitolo 5: *** Partita Notturna ***
Capitolo 6: *** Primo incontro ***
Capitolo 7: *** Sospetti ***
Capitolo 8: *** Halloween ***
Capitolo 9: *** Lutto ***
Capitolo 10: *** I guai si susseguono ***
Capitolo 11: *** Disordine ***
Capitolo 12: *** Interrogatori e dubbi ***
Capitolo 13: *** Fidarsi è bene... ***
Capitolo 14: *** Gelosia ***
Capitolo 15: *** Sogni e congetture ***
Capitolo 16: *** Quiete... o quasi ***
Capitolo 17: *** Il Ballo d'Inverno ***
Capitolo 18: *** Buon Natale ***
Capitolo 19: *** Provare a rialzarsi ***
Capitolo 20: *** La verità fa male ***
Capitolo 21: *** Conseguenze ***
Capitolo 22: *** Conseguenze (Parte II) ***
Capitolo 23: *** Amortentia ***
Capitolo 24: *** Affronta quello che provi ***
Capitolo 25: *** Giochiamo ***
Capitolo 26: *** San Valentino ***
Capitolo 27: *** Capitolo 25 ***
Capitolo 28: *** Chi ha tempo non aspetti tempo ***
Capitolo 29: *** Tirando le somme ***
Capitolo 30: *** Cercando risposte ***
Capitolo 31: *** Fidati di me ***
Capitolo 32: *** Orion ***
Capitolo 33: *** Ricordi e passati scomodi ***
Capitolo 34: *** Patronus ***
Capitolo 35: *** Ogni cosa... ***
Capitolo 36: *** ... al suo posto ***
Capitolo 37: *** Scacco ***
Capitolo 38: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Night School

 

 

Prologo

 

1 Settembre 1995

 

 

Regolamento della Cimmeria Academy:

1.La giornata inizia alle 7.00 e termina alle 23.00. Al di fuori di questo orario, devi restare nel tuo dormitorio.

2. Il bosco circostante la scuola può nascondere dei pericoli. Pertanto, agli studenti non è permesso di addentrarvisi da soli o di sera.

3. E’ assolutamente vietato allontanarsi dal territorio scolastico senza autorizzazione.

4. E’ vitato accedere agli alloggi degli insegnanti.

5. Alcuni studenti che hanno raggiunto un livello avanzato negli studi entrano a far parte della Night School. Gli studenti ai quali viene offerta questa opportunità sono un numero ristretto e vengono accuratamente selezionati; se non siete uno di loro, non dovrete mai provare a interferire o a sorvegliare le attività della Night School. Chiunque tenti di contravvenire a questa regola, sarà espulso dalla scuola immediatamente.

6. L’identità dei membri della Night School è segreta. Chiunque tenti di scoprirla, verrà punito.

7. Tutte le attività della Night School sono segrete. I membri della Night School che tenteranno di divulgare dettagli riguardanti tali attività, verranno severamente puniti.

 

 

Atticus Hamilton ripiegò il regolamento della scuola dopo averlo letto per la milionesima volta, prendendo la cartellina rossa che aspettava di contenere i fascicoli degli studenti e trasferendoci dentro tutti i dossier degli alunni che entro un paio di settimane avrebbero iniziato l’ultimo anno alla Cimmeria Academy. 

Ne lasciò fuori soltanto alcuni, quelli a cui voleva dare un’occhiata: i fascicoli degli studenti che erano stati iscritti durante l’estate o alla fine dell’anno precedente.

 

Ogni anno c’era sempre qualche nuovo studente che veniva iscritto alla Cimmeria, trasferendosi da tutte le altre scuole… Dentro le mura della prestigiosa scuola c’erano ragazzi che avevano in precedenza frequentato Castelobruxo, Beauxbatons, Durmstrang, Ilvermorny e anche Hogwarts…   A differenza delle altre scuole infatti, loro accettavano studenti di tutte le nazionalità, anzi il Preside era del parere che fosse solo un vanto avere una grande varietà di studenti invece che solo cittadini della Gran Bretagna, come nel caso di Hogwarts.

 

Molti ritenevano che la Cimmeria fosse frequentata solo dagli eredi di facoltose ed importanti famiglie… In realtà gli studenti della scuola non venivano iscritti solo perché i loro genitori avevano studiato lì al loro tempo: c’erano giovani talenti che avevano vinto borse di studio, o altri che venivano spediti alla Cimmeria dai genitori per “raddrizzarli” dopo aver combinato chissà quali disastri, espulsi da un’altra scuola o in seguito al trasferimento in Inghilterra della famiglia…

 

La Cimmeria Academy era molto più di un istituto privato con le sue uniformi perfette per figli di miliardari o giovani geni, ma non tutti se ne rendevano conto.

Osservando i fascicoli dei nuovi studenti, si chiese se tra loro ci sarebbe stato qualcuno di promettente, qualcuno che magari sarebbe riuscito ad entrare nella Night School.

 

Conosceva qualche cognome, segno che i genitori avevano studiato lì e che erano entrati alla Cimmeria per la via più comune, quella “ereditaria” … ma ce n’erano altri che non aveva mai sentito, o almeno non dentro quelle mura.

 

 

Non sarebbe stato un anno facile, Atticus Hamilton ne era pienamente cosciente… con quello che stava succedendo in Gran Bretagna, si prospettavano mesi difficili per tutti, non solo per Hogwarts ma anche per loro, nascosti nella campagna inglese.

C’era solo da sperare che i nuovi studenti non si mettessero a creare problemi a destra e a sinistra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

……………………………………………………………………………..

Angolo Autrice:

 

Salve a tutti, per chi non mi conoscesse sono Signorina Granger, una drogata di Interattive.

 

Ovviamente non potevo starmene con le mani in mano dopo aver concluso una storia e quest’idea mi ronzava in testa da troppo per riuscire a trattenermi dal pubblicare questo Prologo…

Si tratta ovviamente di una Crossover con la serie “Night School”, solo che in questo caso la Cimmeria non sarà una scuola normale bensì per maghi.

 

Regole per partecipare:

 

-         Se siete interessati recensite richiedendo il numero e il sesso dell’OC, se è già uno studente della Cimmeria o meno e nel primo caso anche se fa già parte della Night School oppure no.

-         Massimo due personaggi a testa, accetto fratelli ma solo gemelli in quanto i personaggi dovranno essere tutti dell’ultimo anno

-         Mandate la/le scheda/e dopo la mia conferma tramite messaggio privato, avete tempo fino alle 19 del 20/10

-         Se non venite scelti niente insulti/piagnistei, per favore

-         Se partecipate dovrete essere presenti, chi non si fa vivo per tre capitoli di seguito verrà eliminato, nessuna eccezione

 

La trama della storia non sarà tutta rose e fiori, non dico che il vostro OC potrebbe fare una pessima fine… ma succederà di sicuro se sparite

 

Chiariti i punti fondamentali, mi spiego meglio sui personaggi: come ho detto gli studenti dovranno essere tutti dell’ultimo anno e potete scegliere se mandarmi studenti nuovi o meno.

Se scegliete la prima “categoria”, dovrete ovviamente specificare nella scheda perché è arrivato alla Cimmeria… è stato espulso dalla sua vecchia scuola per un qualche motivo e i genitori hanno pensato bene di mandarlo alla Cimmeria per raddrizzarlo? I suoi genitori si sono trasferiti in Inghilterra? E’ una specie di piccolo Einstein e ha vinto una borsa di studio? I suoi genitori hanno studiato alla Cimmeria al loro tempo e hanno deciso di fargli seguire le loro orme?

Insomma, avete varie “scelte”, andate di fantasia!

 

Se non si era capito la Cimmeria è una specie di versione “privata” e più elitaria di Hogwarts… potete mandarmi OC di ogni nazionalità e accetto anche cognomi già sentiti nella saga eccetto Weasley, Potter e Malfoy (es. Lestrange, Black, Greengrass, Nott e chi più ne ha più ne metta)

 

I vostri OC fanno/faranno tutti parte della Night School, questa specie di organizzazione segreta della scuola… se il vostro OC era già alla Cimmeria prima dell’inizio della storia potete scegliere se ne fa già parte o se ci entrerà insieme ai “novellini”, quindi più avanti.

 

Per concludere vi metto le schede da compilare e mandarmi:

 

Studenti Senior:

 

Nome:

Soprannome:*

Aspetto:

Prestavolto:

Descrizione psicologica:

Fa già parte della Night School?

Perché studia alla Cimmeria? (borsa di studio/ereditarietà)

Famiglia:

Materie preferite/odiate? (sono le medesime di Hogwarts)

Fobie/Debolezze:

Passioni/Talenti:

Cosa ama/odia?

Amicizie/Inamicizie:

Relazione:

Patronus:

Molliccio:

Bacchetta:

Amortentia:

Altro:

 

Studenti Nuovi:

 

Nome:

Soprannome:*

Ex Scuola/Casa:

Aspetto:

Prestavolto:

Descrizione Psicologica:

Perché è arrivato alla Cimmeria?

Famiglia:

Materie preferite/odiate?

Fobie/Debolezze:

Passioni/Talenti:

Cosa ama/odia?

Amicizie/Inamicizie:

Relazione:

Patronus:

Molliccio:

Bacchetta:

Amortentia:

Altro:

 

 

Nella scheda non vi ho chiesto di sottolineare perché fa/farà parte della Night School perché ve lo chiederò più avanti, quando vi sarà più chiaro che cos’è e cosa succede di notte alla Cimmeria Academy.

 

Detto ciò vi saluto, grazie per aver letto questo Angolo Autrice lunghissimo… spero che parteciperete in tanti!

 

Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Arrivo alla Cimmeria (Scelta OC) ***



Capitolo 1: Arrivo alla Cimmeria (Scelta OC)
 
14 Settembre 1995


Probabilmente c’erano milioni di persone che avrebbero fatto di tutto per poter salire su una Bentley, un’auto lussuosa, lucida, dai comodi sedili di pelle e a dir poco costosissima. 
Isabelle Van Acker era quindi consapevole che molti non avrebbero mai capito il suo non veder l’ora di scendere da quella macchina, ma non le importava: quando aprì lo sportello e appoggiò un piede sulla ghiaia le sembrò quasi di riuscire a respirare di nuovo dopo giorni, settimane, mesi di apnea costante. 

Le labbra carnose della ragazza si piegarono quasi istintivamente in un sorriso mentre usciva dall’auto, guardando l’edificio che si stagliava sulla luce del sole, ai piedi di una ripida collina. 
La Cimmeria Academy non era cambiata affatto… e probabilmente le cose sarebbero sempre state così. 

Isabelle rimase immobile per qualche istante, studiando l’edificio di mattoni rossi che incuteva soggezione in tutti i nuovi studenti quando mettevano piede nella proprietà per la prima volta… ma dopo anni a lei non faceva più quell’effetto, anzi: era come tornare a casa. 

Senza curarsi minimamente dei pochi bagagli che aveva portato con se la ragazza partì a passo di marcia, camminando sul viale di ghiaia costeggiato da numerose auto, molte lussuose e scintillanti come quella da cui stava scappando. 

Vide i ragazzini del primo anno salutare i genitori, che abbracciavano i figli con le ultime raccomandazioni… poi c’erano i studenti più grandi, che come lei sembravano felici di essere tornati alla Cimmeria. Isabelle intravide qualche volto familiare ma non si fermò a salutare nessuno, camminando a passo deciso verso il portone di mogano spalancato, permettendo ad un po’ di luce di entrare nel grande ed austero ingresso.

Senza voltarsi indietro la ragazza varcò la soglia della scuola, alzando quasi automaticamente lo sguardo sul rosone che creava un bellissimo gioco di luce e colori al centro dell’ingresso, illuminando una porzione del pavimento di pietra lucida quasi come un riflettore.

Sorrise debolmente mentre un’ondata di sollievo l’attraversava: era a casa, finalmente. 

“La principessa è tornata alla sua reggia, vedo.”

Isabelle si voltò, distogliendo lo sguardo e l’attenzione dalla vetrata per rivolgersi alla fonte della familiare voce, che l’osservava di rimando da una delle due rampe di scale di marmo che si collegavano in un unico pianerottolo.

La ragazza sorrise, avvicinandosi al ragazzo in piedi su uno gradino, appoggiato al corrimano color avorio:

“Non la definirei proprio “la mia reggia”, anche se non mi dispiacerebbe… Come stai Al?”

Alastair Shafiq sorrise mentre l’amica gli si avvicinava, salendo i pochi gradini che li separavano per abbracciarlo, circondandogli il collo con le braccia e alzandosi in punta di piedi.
Istintivamente lui le circondò la schiena con un braccio, ricambiando l’abbraccio prima di parlare:

“Bene, ora che sono qui. Mi chiedevo quando saresti arrivata, io sono qui già da un’ora.”

“Mia madre ci ha fatto fare tardi, come al solito… la conosci, sai com’è fatta. Hai già visto gli altri?”

“No, molti devono ancora arrivare… I tuoi bagagli li hai lasciato allo chauffeur?”

Le labbra del ragazzo si piegarono in un sorrisetto divertito, cogliendo la smorfia scettica che era comparsa sul volto di Isabelle alle sue parole:

“Li ho lasciati in macchina, sono praticamente scappata per venire qui a cercare te o Phoebe. Ma sarà meglio che vada a prenderli, non potrei sopravvivere senza i miei bloc-notes. Viene con me, Signor Shafiq?”

“Visto che non ho altro da fare, si… ma non credere che ti farò da facchino, Van Acker!”

Isabelle sorrise, porgendogli la mano per poi scendere di nuovo le scale, percorrendo l’ingresso ormai gremito di studenti e qualche genitore con un gran sorriso stampato in faccia e Alastair subito dietro, che la guardava con aria divertita: la conosceva da una vita e doveva dire che di rado la vedeva di buon umore come al primo giorno di scuola… buffo, visto che per molti studenti quello era uno dei giorni peggiori dell’anno. 


                                                                         *


“Frankie!”

Francisca si voltò appena in tempo per vedere una ragazza dai capelli rossi e un sorriso allegro stampato in faccia quasi correrle incontro attraverso l’ingresso, zigzando tra gli altri studenti per raggiungerla ed abbracciarla:

“Eccoti, finalmente! Mi sei mancata... come stai?”    Alexandrine sorrise, allontanandosi leggermente dell'amica dopo averla brevemente abbracciata per poterla guardare in faccia, gli occhi verdi scintillanti:

“Ciao Alex... anche tu mi sei mancata, naturalmente. Bene, non vedevo l'ora di tornare... passate bene le vacanze?” 

Francisca sorrise, riprendendo la valigia che si stava trascinando dietro per raggiungere il dormitorio prima che l'amica la stringesse in un caloroso abbraccio.

“Tutto bene, anche se sono felice di tornare qui... Ci fanno lavorare come imbecilli, ma quando sono a casa quasi mi annoio.” 

Alexandrine si strinse nelle spalle, affiancando l'amica e iniziando a salire le scale per raggiungere il Dormitorio delle ragazze, mentre gli studenti del primo anno affollavano l'ingresso in attesa del discorso di benvenuto del Preside Hamilton. 

“Meglio togliersi dai piedi, tra cinque minuti qui nemmeno si respirerà più... Sbaglio o quest'anno i novellini sono molti più dell'anno scorso?” 

Frankie inarcò un sopracciglio, lanciandosi un'occhiata alle spalle quasi dubbiosa mentre osservava i nuovi studenti: in genere non erano più di una trentina, ma quell'anno sembravano molto più numerosi... 

“Credo che molti genitori abbiano deciso di mandare i figli qui invece che ad Hogwarts ultimamente... dopo tutto quello che è successo negli ultimi anni non mi sorprenderebbe.” 

Alexandrine fece spallucce mentre trascinava la valigia su per le scale, imprecando mentalmente contro la stupida regola che vietava di far fluttuare i bagagli: sembrava che qualche anno prima qualcuno si fosse fatto male durante il primo giorno e da allora avevano severamente proibito di usare la magia quando c'erano valige nei paraggi.

“Ti riferisci al professore posseduto da Tu-Sai-Chi? Il Basilisco che si aggirava da secoli nella scuola senza che nessuno lo sapesse? O al Torneo Tremaghi dove uno studente ha perso misteriosamente la vita?” 

“Si Frankie, hai reso perfettamente quello che intendevo... ma ora muoviamoci, dobbiamo sistemare i bagagli e cambiarci prima di cena... e io non voglio sorbirmi le manfrine di Jefferson sui ritardi già alla prima sera!” 

Alexandrine sbuffò, imboccando il corridoio che portava ai Dormitori femminile mentre Francisca invece ridacchiava, ricordando distintamente la predica che si erano dovute sorbire un anno prima, quando al Banchetto di inizio anno avevano tardato di cinque minuti ed erano state etichettate dal professore di Incantesimi come “ritardatarie” per i primi due mesi di scuola. 

“Tranquilla, quest'anno non daremo modo al vecchio barbagianni di guardarci storto... questa sera saremo due studentesse modello a dir poco esemplari.” 


Francisca sfoggiò un sorriso allegro, strizzando l’occhio all’amica mentre raggiungevano il lungo corridoio che conduceva a numerose porte dipinte di bianco con delle targhe d'argento munite di luccicanti targhe con incisi dei numeri,, il primo settore del Dormitorio delle ragazze. 

Alexandrine si passò una mano tra i lunghi capelli rossi, rivolgendo all'amica un'occhiata divertita e rassegnata allo stesso tempo: non era affatto male come prospettiva... ma qualcosa le diceva che non sarebbe successo. 


                                                                               *


Etienne era in piedi, il bagaglio appoggiato sulla ghiaia accanto a lui mentre osservava l'edificio che si stagliava davanti a lui. 
Si era immaginato diverse volte la Cimmeria dai racconti di suo fratello... ma la sua immaginazione aveva fatto cilecca: non era affatto come se l'era sempre figurata. L'edificio si ergeva su tre piani, costruito con mattoni rossi visibili... era antico e si vedeva, aveva un che dello stile Gotico che lo rendeva piuttosto inquietante a primo impatto: il tetto si ergeva verso il cielo con torrette e guglie tanto appuntite che avrebbero potuto infilzare qualunque cosa, conferendo alla scuola un che di minaccioso che non contribuiva per niente a rilassarlo.

Non era troppo felice di aver dovuto lasciare Beauxbatons e andare in Inghilterra... però lo consolava pensare che avrebbe avuto suo fratello vicino, oltre che uno dei suoi migliori amici che per un ironico scherzo del destino avrebbe iniziato a frequentare a sua volta la Cimmeria, quell'anno. 

Quasi come se si fosse sentito chiamare, Mathieu Leroy si avvicinò al suo ex e allo stesso tempo nuovo compagno di scuola, tenendo le mani in tasca mentre il suo baule volteggiava a mezz'aria alle sue spalle, seguendo i suoi movimenti.


“Non voglio interrompere la tua contemplazione ET, ma pensi di stare qui a fissare la scuola ancora per molto?” 

Mathieu inarcò un sopracciglio, guardando l'amico voltarsi verso di lui quasi di scatto, come se non avesse sentito i suoi passi. Dopo un istante però il volto di Etienne si rilassò e il ragazzo sorrise all’amico, cercando di dimostrarsi più rilassato di quanto in realtà non fosse:

“Ciao Mat... in effetti non muoio dalla voglia di entrare. Tu invece che ci fai ancora qui?” 

“Mi hanno detto di aspettare un po’ visto che avrebbero accolto prima i ragazzini del primo anno, mentre avrebbero parlato con noi una volta calmate le acque... ma credo che sia arrivato il momento di andare, quindi gambe in spalla Lacroix.” 


Mathieu assestò all’amico una pacca sulla spalla, sfoggiando il suo sorriso allegro è contagioso prima di avvicinarsi con disinvoltura all’edificio. Etienne sbuffò, seguendolo quasi con aria cupa mentre si chiedeva come facesse ad essere tanto tranquillo: lui quasi non aveva dormito, la notte precedente... o forse anche Mathieu non era poi molto rilassato, ma a differenza sua lo mascherava egregiamente.


Effettivamente, a differenza sua Mathieu non era arrivato alla Cimmeria perché era stato espulso da Beauxbatons... ed Etienne aveva tutta l'intenzione di tenersi la sua storia per sé, visto che molti avrebbero potuto fraintendere il motivo per cui si trovava in Inghilterra e non più in Francia. 


                                                                               *


In piedi nella sua stanza, non stava più mettendo in ordine le sue cose nel comodino, nell’armadio o sulla scrivania. No, ora era vicino alla finestra, osservando delle figure che si stavano avvicinando al portone d'ingresso, camminando sul viale di ghiaia. 

I grandi occhi di Phoebe Selwyn erano fissi su quella che avrebbe dovuto, almeno in teoria, definire “sua sorella”, ma le risultava molto difficile farlo.

Quasi non riusciva a credere che stesse succedendo davvero... Camila avrebbe passato l'ultimo anno di scuola alla Cimmeria, insieme a lei.
E Phoebe era del parere che in quella scuola non ci fosse affatto posto per entrambe... quasi non la conosceva, ma non ci voleva una conoscenza approfondita per decretare che erano esattamente agli antipodi.

Un lieve sorriso amaro comparve sul volto della ragazza mentre osservava i stravaganti capelli della sorellastra, lisci e tagliati a caschetto... e variopinti in modo a dir poco assurdo. 
Di certo non sarebbe passata inosservata alla Cimmeria, con un aspetto del genere... e Phoebe già temeva il momento in cui avrebbe dovuto spiegare a tutti chi era quella ragazza, ammettere di avere una sorella che praticamente non aveva mai conosciuto e che era piombata nella sua vita all’improvviso e in modo orribilmente inaspettato. 

Non l'aveva detto a nessuno, anche se sapeva da più di un mese che Camila avrebbe frequentato la sua stessa scuola... nemmeno Isabelle lo sapeva, e la ragazza sapeva che avrebbe dovuto spiegarle tutta la storia già quella sera a cena, quando lei e Camila si sarebbero trovate faccia a faccia. 


Phoebe sospirò, allontanandosi dalla finestra per portare a mettere a posto le cose che aveva portato con sé oltre ai libri. Decise di concentrarsi sulle scarpe e sui vestitii invece di pensare alla piega che avrebbe preso la sua vita alla Cimmeria... non aveva quasi guardato la donna che aveva intravisto accompagnare Camila fino al portone dell’edificio: non aveva mai incontrato la madre della sua sorellastra e non teneva minimamente a farlo, in nessun caso.  


                                                                           *


“Avete organizzato un Comitato di Benvenuto, per caso?” 

Adrianus inarcò un sopracciglio, guardando con cipiglio quasi divertito Alastair Shafiq e Jackson Wilkes voltarsi quasi contemporaneamente verso di lui, entrambi in piedi accanto alla ringhiera e intenti a guardare giù, nell’Ingresso.

“Non esattamente... stavamo solo dando un'occhiata alla carne fresca di quest'anno. Ti unisci a noi?”     Jackson sorrise e Adrianus si chiese se fosse il caso di tenere il peggio: non era di buon auspicio l’espressione “carne fresca”... doveva forse avvertire i nuovi arrivati che un paio di studenti più grandi avrebbero architettato qualcosa?


“In realtà credo che sarebbe meglio andare a cena, ragazzi... l'anno scorso Alexandrine e Francisca sono state nel mirino di Jefferson per mesi per aver fatto tardi la prima sera.”   

Adrianus sfoggiò un lieve sorrise, ricordando i brontolii sommesse delle due compagne quando l’insegnante le fulminava con lo sguardo, ammonendole di essere sempre puntuali sia lezione che ai pasti.
Per tutta risposta Alastair sbuffò, non potendo non concordare con il ragazzo mene si allontanava di qualche passo dalla ringhiera, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni blu della divisa. 

“Triste, ma vero. Andiamo Jax, osserveremo i nuovi arrivati a cena. Credo che quest'anno avremmo diversi compagni nuovi, o almeno così mi ha detto mio padre.” 

Adrianus e Jackson si scambiarono un’occhiata alle parole del ragazzo prima di seguirlo giù per le scale: entrambi pensarono che se Gideon Shafiq aveva detto così, allora sarebbe stato vero per forza, visto che era un membro importante del Consiglio della scuola...  evidentemente, quell’ultimo anno sarebbe stato piuttosto movimentato. 


Sapendo però quanto Alastair poco amasse parlare di suo padre Jackson si affrettò a cambiare argomento, intavolandone uno ben più gradito all’amico:

“Piuttosto, dobbiamo organizzare la prima partita notturna... Shafiq, pensaci tu a dirlo agli altri.”

“Perché non puoi farlo tu questa volta, di grazia? Sei troppo impegnato a farti il nodo alla cravatta, Wilkes?” 


Jackson e Alastair iniziando a discutere su come, quando e dove organizzare la prima partita “notturna” di Quidditch mentre scendevano le scale diretti alla Sala da Pranzo, con Adrianus che seguiva la discussione quasi con esasperazione: non li stava ascoltando del tutto in realtà, ma non ne aveva bisogno... sapeva già che alla fine avrebbe dovuto pensarci lui, visto che l'uno avrebbe rifilato il compito all'altro e nessuno dei due avrebbe mosso un dito.


                                                                                *


“Ehy, Jude!” 

Jude si trattenne dal sospirare prima di voltarsi quasi con una nota esasperate negli occhi mentre alzava lo sguardo sulle scale sopra di lui, ritrovandosi ad osservare la fonte della voce canzonatoria che l'aveva chiamato: un viso illuminato da un sorriso, cosa decisamente inusuale che lo lasciò interdetto per un attimo, ma la sua espressione rimase impassibile mentre la salutava con tono neutro:


“Ciao, Isabelle.” 

“Quanta allegria... non sei felice di essere tornato a scuola?” 

“Si, ma lo sarei anche se smettessi di canticchiare quella dannata canzone. Ormai odio i Beatles, per colpa tua.” 


Isabelle si fermò un paio di gradini prima di lui, giusto per non ritrovarsi a guardarlo dal basso: era una cosa che le aveva sempre dato fastidio. 

“Cesserò di farlo solo quando smetterà di essere divertente... e ciò accadrà solo quando tu smetterai di dirmi di non farlo, Jude. Coraggio, questo è l'unico giorno dell'anno in cui sono davvero di buon umore, dovresti godertelo!” 

“Se non altro riconosci di essere terribilmente lunatica.” 

Juve inarcò un sopracciglio, guardandola con aria leggermente scettica: 

“Ci vediamo in Sala da Pranzo, mi fermerei a chiacchierare ma se tardo Jefferson mi ucciderà... Dovresti fare lo stesso, se non vuoi ritrovarti a pulire il giardino all'alba, domani.” 

Isabelle sfoggiò un sorriso prima di superarlo, riprendendo a scendere velocemente i grandini facendo scivolare una mano sul corrimano lucido, canticchiando a mezza voce le note della canzone che ormai era diventata familiare alle orecchie del ragazzo. 

Sbuffando debolmente Jude la seguì, chiedendosi in cuor suo perché la ragazza si divertisse tanto a canticchiare la canzone dei Beatles in sua presenza.

In effetti non aveva ancora capito del tutto perché Isabelle Van Acker fosse tanto di buon umore al primo giorno di scuola, quando invece molti si presentavano alla Cimmeria con dei musi lunghi fino al pavimento... ormai sapeva un po’ tutto delle persone che circolavano tra i corridoi di quella scuola, ma forse non aveva abbastanza informazioni su di lei per capire il motivo di tanta gioia al primo giorno, per poi tornare la stessa Isabelle scostante di sempre da quello successivo.

Forse avrebbe preferito restare da solo in camera sua per quella sera... ma allo stesso tempo aveva fame, e sapeva che se fosse arrivato tardi si sarebbe beccato una bella strigliata è una punizione già alla prima sera, cosa che preferiva evitare: per una volta doveva dare ragione ad Isabelle Van Acker, per un simpatico scherzo del destino.














..........................................................................................
Angolo Autrice: 


Ed eccoci, finalmente, alla Scelta... Grazie mille a tutti per avermi mandato le schede, per una volta non ho avuto un’esagerata sovrabbondanza di ragazze, stranamente. 

Come sempre, spero che chi non è stato scelto non se la prenda troppo... Nessun OC era fatto male, solo che alcuni si somigliavano molto tra loro e io preferisco sempre non sceglierne un numero elevato per evitare di fare pasticci, chi mi conosce già lo sa. 

Spero ovviamente di fare un bel lavoro e di rendere bene i vostri OC... in caso, siete autorizzati a linciarmi con un messaggio. 

Aggiornerò il più regolarmente possibile anche se non prometto capitoli lampo visto che ho altre storie in corso... ma mi impegnerò, ve l’assicuro. 

Infine, ecco la lista degli OC scelti:


Studenti Senior:


Alastair Shafiq 
ff888dd58f3446c7b146d73ff2059a63
Adrianus Stebbins 
85871fe59363612e3ec93de895cdb441
Isabelle Van Acker 
20b51ecca3936ecbec0c604310a5b3d3
Phoebe Selwyn 
e06ca139b0bad22a26f8735485ad9f8d
Jackson Wilkes 

Alexandrine Darwin 

Jude Verräter 
download-1
Francisca Lothbrok


Nuovi Studenti:


Etienne Lacroix

Camila Selwyn-Holt 
6a770b911bcd9356e462bd74a74d4df8
Mathieu Leroy 
ef571d8e54b417b5b41f6496da722caf

Ci sentiamo in settimana con il primo vero capitolo... a presto! 


Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Banchetto di inizio anno ***


Capitolo 2: Banchetto di inizio anno 

 

 

“Hai finito di guardarti intorno? Ti verrà il torcicollo…”    Jackson inarcò un sopracciglio, osservando il suo migliore amico con cipiglio più che scettico: Alastair era seduto di fronte a lui ad uno dei numerosi tavoli rettangolari che occupavano la Sala da Pranzo, illuminata dalle centinaia di candele che galleggiavano a mezz’aria sopra le loro teste. Il ragazzo non la smetteva un attimo di lanciare occhiate impazienti verso la porta a doppio battente della stanza, spalancata per far entrare gli studenti: non era certo un mistero chi stesse aspettando, ma il gesto bastava comunque a fargli venire una specie di mal di mare.

 

Il ragazzo si voltò verso l’amico, stringendosi nelle spalle:

 

“Poco male, non sarebbe la prima volta… spero solo che arrivi in tempo, altrimenti una certa persona non esiterà ad appiopparle una bella punizione.”

 

“Già, e tu dovrai andare a salvare Jefferson dalla lingua biforcuta della tua dolce migliore amica… ah, eccola lì. Punizione scampata direi, per questa volta.”   Jackson accennò all’ingresso della sala con il capo, facendo voltare Alastair in quella direzione per l’ennesima volta da quando avevano preso posto, occupando il loro solito tavolo.

 

Un sorriso comparve sul volto di Alastair alla velocità che solo la presenza di Isabelle Van Acker poteva comportare, rivolgendo un cenno alla ragazza affinché li raggiungesse.

Gli occhi verdi di Isabelle si soffermarono subito nella loro direzione, avvicinandosi quasi a passo di marcia mentre scoccava un’occhiata soddisfatta in direzione del tavolo degli insegnanti, come a voler rinfacciare al suo professore prediletto di non avergli dato modo di metterla in punizione.

 

“Eccoti qua… credo che tu abbia scampato l’ira del barbagianni per soli tre minuti… ottimo tempismo.”

 

“Mi sono intrattenuta a salutare Jude, ma per fortuna ho fatto in tempo… Ciao Wilkes.”

 

“Sera Isabelle… ti sono mancato? Sai, stavo giusto pensando che forse il motivo per cui ogni anno sei felice di tornare a scuola è che non vedi l’ora di rivedermi.”

 

“Naturale Wilkes, è esattamente per questo che amo tornare qui… Come hai fatto a non rendertene conto prima?”

 

Isabelle sfoggiò un sorrisetto ironico mentre prendeva posto accanto ad Alastair, guadagnandosi un sorriso da parte di Jackson:

 

“Ne ho sempre avuto il sospetto, ovviamente.”

 

Jackson le sorrise amabilmente, facendole rotare gli occhi mentre invece Alastair scoccava un’occhiataccia in direzione dell’amico, intimandogli silenziosamente di smetterla di fare il cretino.

“Jax, so quanto ami essere al centro delle conversazioni, ma se permetti cambio argomento… Dimmi un po’ Izzy, quando dici – salutare Jude – intendi che gli hai di nuovo canticchiato la canzone dei Beatles?”

 

Alastair rivolse alla ragazza un’occhiata eloquente, guardandola sfoggiare un sorriso innocente che non lasciava alcun dubbio. Il ragazzo sbuffò appena, a metà tra il divertito e l’esasperato mentre Jackson inarcava un sopracciglio, osservando la ragazza con aria accigliata:

 

“Hai una concezione del divertimento molto strana, Isabelle Van Acker.”

 

“Detto da te, Jackson Wilkes, lo prendo un po’ come un complimento…”

 

 

                                                                                 *

 

Adrianus fece correre lo sguardo sui tavoli affollati della Sala da Pranzo, valutando sul posto dove sedersi… era consapevole che molte ragazzine più piccole lo stessero osservando, ma ormai ci era praticamente abituato e non ci fece molto caso, sorridendo invece e puntando in direzione di due facce decisamente note:  Francisca e Alexandrine non si accorsero subito che il ragazzo si stava avvicinando a loro visto che erano intente a chiacchierare, ma poi la rossa alzò appena lo sguardo, puntando gli verdi dritti su di lei e rivolgendogli un sorriso allegro.

 

In effetti da quella angolazione Adrianus non si accorse che Alexandrine aveva assestato un bel calcio all’amica sotto al tavolo, facendola quasi sobbalzare oltre ad imprecare sottovoce, proprio mentre il ragazzo le raggiungeva sorridendo:

 

“Buonasera ragazze… come state?”

 

“Ciao Steb… molto bene, grazie. Ti siedi con noi?”  Sentendo la voce familiare del ragazzo Francisca si voltò di scatto, rivolgendogli un gran sorriso mentre lui annuiva, prendendo posto accanto a lei.

La castana rivolse un’occhiata omicida in direzione di Alexa, che sorrise innocentemente e chiedendole silenziosamente scusa per il calcio mentre Adrianus parlava:

 

“Vedo che avete imparato la lezione… niente punizione, quest’anno.”

 

“Nossignore, non daremo soddisfazione al barbagianni!”

 

Francisca assunse un’espressione risoluta, come se credesse fermamente in quello che diceva prima che Adrianus si lanciasse un’occhiata fugace alle spalle, parlando a bassa voce:

 

“Ti sta fissando, credo abbia sentito…”

 

“CHE?”   Frankie sgranò gli occhi con aria allarmata prima di voltarsi quasi di scatto, facendo ridacchiare l’amico mentre invece Alexandrine sorrideva appena, alzando gli occhi al cielo:

 

“Rilassati Frankie, Steb ti sta prendendo in giro.”

 

“Dannato… cretino! Mi hai fatto prendere un infarto.”   Frankie sbuffò, guardando male il ragazzo e assestandogli una pacca sulla spalla, cercando di sembrare offesa anche se come al solito le risate di Adrianus glielo resero impossibile, sciogliendo inesorabilmente le sue labbra in un sorriso:

 

“Sei veramente un idiota, Adrianus.”

 

“Sempre in vena di complimenti, Frankie… Tranquilla, lo so che provi moltissimo affetto nei miei confronti.”        Adrianus sfoggiò un gran sorriso, strizzando l’occhio alla ragazza mentre la Sala si affollava rapidamente e i tavoli venivano occupati.

 

“Io non ne sarei tanto sicura, simpaticone… Piuttosto, come mai stasera sei qui con noi e non al tavolo dei Vip?”

 

Francisca inarcò un sopracciglio, sfoggiando un sorrisetto leggermente scettico che fece sbuffare debolmente Adrianus:

 

“Ve l’ho già detto molte volte ragazze, non fermatevi alle apparenze. Alastair non è arrogante, è solo piuttosto riservato e non gli piace avere molti amici… Quanto a Jackson beh, Jax è Jax. E poi sapete cosa penso, a me piace stare un po’ con tutti… perché soffermarsi sempre sulle stesse due, tre persone?”

 

“Beh, contento tu… Non capisco proprio come fai ad essere amico loro, ma tralasciamo… piuttosto, sapete qualcosa dei compagni nuovi? Sono piuttosto curiosa a riguardo.”    Alexandrine sfoggiò un sorriso, muovendosi sulla sedia con impazienza: se da un alto la prospettiva di riprendere le lezioni non la entusiasmava, dall’altro non vedeva l’ora di conoscere qualche compagno nuovo.

 

“Non ne so nulla, temo… ma stando a quanto ha detto Alastair, avremmo un paio di facce nuove in classe, quest’anno.”

 

“In tal caso speriamo che Shafiq abbia ragione, anche se non brilla per simpatia ai miei occhi…” 

 

Frankie sorrise, prendendo il calice di cristallo pieno di succo di zucca fino a metà e sollevandolo leggermente, quasi a voler brindare all’ultimo anno scolastico imminente:

 

“Sperando di avere davanti un anno per niente noioso… cin-cin!”

 

Adrianus e Alexandrine si aggregarono al brindisi e Frankie sorrise mentre i tre calici tintinnavano alla luce delle candele, non potendo prevedere che quell’innocente, spontanea speranza avrebbe avuto fondo in un modo che nessuno di loro avrebbe mai potuto immaginare.

 

                                                                                         *

 

 

“Aspettate… ha detto Selwyn?”

 

“Selwyn-Holt.”        Isabelle corresse Alastair quasi d’istinto, osservando attentamente la ragazza dagli eccentrici capelli a caschetto che era stata appena presentata dal Preside Hamilton.

 

“Hai capito quello che intendo… Phoebe non ci aveva detto di avere una cugina che avrebbe studiato qui!”      Alastair inarcò un sopracciglio, osservando Camila a sua volta mentre invece Jackson restava in silenzio, chiedendosi se l’assenza di Phoebe non avesse a che fare con quella ragazza che aveva il suo stesso cognome, o quasi.

 

“Questo perché Phoebe non ha cugine.”   Isabelle scrutò Camila per un istante prima di alzarsi in piedi, mandando momentaneamente a quel paese le buone maniere e avviandosi a passo deciso verso le porte della Sala da Pranzo: Phoebe non si era presentata a cena e non si era quasi fatta sentire per tutto l’ultimo periodo… si era già chiesta se ci fosse qualcosa che non andava, e quell’inaspettata coincidenza sul cognome di quella ragazza la convinceva ben poco.

 

“Non ha cugine? E allora quella chi diamine è? Forse una sua lontana parente…”    Alastair si accigliò, voltandosi verso Jackson come a voler sentire la sua opinione a riguardo… ma l’amico rimase in silenzio, osservando Camila guardarsi intorno con genuina e sincera curiosità, scrutando con i grandi occhi truccatissimi i volti dei suoi nuovi compagni di scuola.

 

“Si, forse… ma qualcosa mi dice che le cose non stanno così. E stando a come ha reagito Isabelle, credo di non essere l’unico.”

 

                                                                         *

 

“Mi sento orribilmente osservato…”

 

“Di che ti stupisci, siamo “quelli nuovi” … ovvero, uno dei maggiori argomenti di conversazione, almeno per questa sera.”

 

Mathieu si strinse nelle spalle con noncuranza, mentre invece Etienne sospirò, guardandosi intorno e invidiando l’amico più che mai: non gli sarebbe dispiaciuto essere in grado si stare così tranquillo… In effetti Mathieu sembrava molto rilassato mentre si gustava la cena, a sua detta ottima nonostante “quello strano piatto di pasta che aveva avuto la sfortuna di assaggiare”.

 

“Rilassati ET, non siamo fenomeni da baraccone… dopodomani nessuno parlerà più di noi, è la norma.”

 

Mathieu guardò l’amico annuire, sperando di essere riuscito a convincerlo: sapeva che non era molto tranquillo riguardo al suo trasferimento alla Cimmeria… non tanto perché non fosse in grado di fare amicizia con il prossimo, quando più perché temeva di dover rispondere a domande scomode, come quelle inerente alla sua espulsione e alla sua presenza lì.

 

“Spero che tu abbia ragione Mat… Beauxbatons mi mancherà, ma tanto vale adattarsi.”

 

“Il Consiglio ti ha espulso, quindi non credo che quella scuola meriti troppi rimpianti da parte tua… E poi tuo fratello dice che questa scuola è fantastica, di che ti preoccupi?”

 

Mathieu sfoggiò un sorriso che Etienne finalmente ricambiò, riprendendo a mangiare mentre intorno a loro tutti li imitavano, chiacchierando.

 

“Che ne pensi della ragazza, comunque? Quella che è arrivata oggi, come noi.”

 

“Camila? A primo impatto mi sembra… un tipo. Insomma, basta guardarne l’aspetto…”

 

“Non è l’abito a fare il monaco, Mat…”

 

“Forse, ma non dimenticare che l’abbigliamento, i capelli e il trucco per quanto riguarda le mademoiselles sono manifestazioni del proprio essere… Pertanto credo che nostra nuova compagna americana, o come qui li chiamano, yankee, sia proprio un bel tipo. Ma immagino che avremmo presto modo di vedere chi di noi ha ragione.”

 

Mathieu sorrise mentre prendeva il suo calice per bere un sorso d’acqua, facendo roteare istintivamente lo sguardo all’amico:

 

“Come vuoi… ma non bisogna sempre prendere tutto come una sfida!”

 

“Che ci vuoi fare, avere ragione non mi dispiace. Piuttosto, mi passi quel vassoio con la torta di mele? Ho urgente bisogno di zuccheri in previsione dell’inizio delle lezioni…”

 

                                                                                   *

 

“Perché non me l’hai detto?”

 

“Ciao Isabelle… mi chiedevo quanto ci avresti messo.”   Phoebe sfoggiò un sorriso ironico, senza nemmeno alzarsi in piedi per guardare l’amica in faccia: rimase stesa sul letto, osservando il soffitto con la divisa addosso.

 

Le parve come di sentire Isabelle sospirare prima che la porta della camera si chiudesse, facendo calare nuovamente il buio nella stanza anche se per poco, visto che Isabella accese un paio di candele con un colpo di bacchetta.

 

“Phoebe, dico davvero… Lo sapevi?”

 

“Certo che lo sapevo Izzy, altrimenti sarei scesa per cena, non credi? Allora, dimmi… com’è la mia sorellina, simpatica?”

 

Phoebe sorrise, tirandosi a sedere e incrociando finalmente lo sguardo dell’amica, che era in piedi accanto al suo letto e la osservava attentamente quasi con aria preoccupata… Si sentiva quasi onorata, era raro vedere Isabelle Van Acker agitata e perdere la sua posa composta e impassibile.

 

“Ok, senti… Perché non mi racconti per bene cosa sta succedendo?”

 

“Non vuoi cenare?”

 

"No, non ho fame… e finché possiamo parlare, meglio approfittarne. Sul serio Bibi, se non ne parli con me cin chi dovresti farlo?”

 

Isabelle sedette sul letto accanto a lei e l’amica la osservò, rilassandosi leggermente sentendosi chiamare con il suo infantile soprannome… guardando Isabelle si trattenne dal farle notare che nemmeno lei era completamente incera, che c’era sempre qualcosa che le divideva… Ma non le andava proprio di discutere e si limitò a sorridere, stringendosi nelle spalle:

 

“Che vuoi cheti dica, Izzy… è andata così, sembra che quest’anno ci saranno due Selwyn alla Cimmeria… E anche se non la conosco, sono sicura che Camila si guadagnerà l’affetto e la stima di molti.”

 

Il tono della ragazza era fermo, ma con una punta di amarezza che non sfuggì alle orecchie di Isabelle, che dopo aver esitato per un attimo allungò una mano per metterla su quella dell’amica:

 

“Non lo so, Bibi… ma comunque vadano le cose io sarò sempre con te. Anche se Camila dovesse essere una sottospecie di adorabile angelo, o in caso contrario l’incarnazione della Regina cattiva di Biancaneve.”

 

“Non so di chi parli, ma ti prendo in parola… grazie Belle. Come mai tutte queste dolci parole, stasera? In genere sei pressoché un blocco di ghiaccio.”

 

“Quando serve mi sciolgo, Phoebe… ormai dovresti saperlo.”

 

                                                                                      *

 

Jude si lasciò cadere sul letto, sollevato che quella serata fosse finalmente finita: non andava matto per il Banchetto di inizio anno, quando Hamilton si dilungava in infiniti discorsi e venivano presentati i nuovi studenti… Provava quasi un pizzico di emopatia per loro, visto che solo un paio d’anni prima era stato al loro posto.

 

La mano di Jude andò ai suoi capelli neri, scostandoli dal volto come faceva praticamente solo quando era da solo: il ciuffo di capelli neri gli copriva quasi sempre parte del volto, nonché l’occhio destro che scaturiva reazioni perplesse in tutti quello che lo vedevano: era chiarissimo e quasi opaco… sembrava fosse cieco, ma in realtà Jude ci vedeva benissimo da entrambi gli occhi.

 

Un debole sorrisetto comparve sul volto affilato del ragazzo mentre si sfiorava i capelli neri con la mano, chiedendosi se non fosse il caso di tingerli di verde acido, come spesso faceva quando era as scuola… suo padre avrebbe di certo storto il naso vedendolo e anche i professori non ne erano mai troppo contenti, ma lui lo trovava divertente.

 

Già, i suoi adorati professori… la faccia di Jefferson era stata molto eloquente quando aveva messo piede in Sala da Pranzo, fulminandolo a dir poco con lo sguardo e di certo rammaricandosi di non poterlo mettere in punizione: nonostante avesse incrociato Isabelle sulle scale, era comunque arrivato prima delle 19.30… anzi, forse avrebbe dovuto ringraziarla per avergli suggerito di muoversi, ma difficilmente l’avrebbe fatto e lo sapevano entrambi.

Il ragazzo sbuffò debolmente filandosi le scarpe con un calcio e facendole volare attraverso la stanza, evitando come al solito di curarsene prima di rigirarsi nel letto, mettendosi su un fianco per poter guardare fuori dalla finestra.

 

Non avevano ancora ricevuto alcuna istruzione, non quella sera… ma probabilmente già dal giorno dopo le cose sarebbero andate diversamente.

Nel buio della stanza Jude sorrise con aria quasi soddisfatta, sicuro che quell’anno sarebbe stato a dir poco memorabile… Di certo, più entusiasmante rispetto a quello precedente, visto che la sua posizione all’interno della Night School era mutata.

 

                                                                                  *

 

“Nemmeno a te hanno fatto sapere nulla?”

 

“No, niente… potrei chiedere ad Isabelle, ma dubito che per lei sia andata diversamente.”

 

Alastair si fermò nel corridoio buio, davanti alla porta dipinta di bianco della sua camera. Jackson si voltò verso di lui, annuendo mentre infilava le mani nelle tasche dei pantaloni blu:

 

“Lascia stare, al limite ne parleremo domattina… E poi non dovresti andare da lei adesso, c’è il coprifuoco… Cosa direbbe tuo padre se sapesse che non tieni conto delle regole, Shafiq?”

“Dubito che gli importi quello che faccio, se si tratta di infrangere banali regole… almeno non finché non faccio niente di grave da essere degno dell’attenzione del Consiglio. Ma non fingere di non sapere come arrivo al Dormitorio delle ragazze Jax, sai che la falsa ignoranza non mi piace.”

 

Alastair rivolse all’amico un’occhiata scettica mentre apriva la porta della sua camera, facendo ridacchiare Jackson che gli fece l’occhiolino prima di girare sui tacchi e allontanarsi nel corridoio:

 

“Lo so, non preoccuparti… buonanotte Shafiq, sogni d’oro.”

 

                                                                                *

 

Camila, seduta a gambe incrociate sul suo nuovo letto, stava leggendo il fascicolo che le avevano lasciato sopra al comodino… Non aveva degnato di troppa attenzione l’orario, soffermandosi invece sul regolamento della Cimmeria Academy: si era aspettata il solito, banale regolamento scolastico… e invece si era trovata stupita di ciò che leggeva, realizzando che quella scuola aveva regole alquanto originali.

 

E così c’era una sottospecie di società segreta, alla Cimmeria… tutti sapevano che c’era, ma nessuno era a conoscenza dei suoi membri, almeno non con certezza.

 

Quasi senza rendersene conto Camila sorrise: forse il suo ultimo anno di scuola non sarebbe stato molto noioso, infondo…

Chissà se Phoebe, sua sorella, faceva parte di quel gruppo…  

Se era così, dubitava fortemente che le avrebbero permesso di entraci: aveva come la sensazione che sua sorella non avesse preso benissimo il fatto che avrebbero dovuto condividere lo stesso tetto… di certo non moriva dalla voglia di averla tra i piedi anche durante quegli incontri, di qualunque cosa si trattasse.

 

La ragazza si lasciò cadere sul letto, sbuffando e puntando lo sguardo sul soffitto: dicevano che quella scuola era piuttosto tosta, sul fronte lezioni e compiti… probabilmente Ilvermorny le sarebbe mancata, insieme al clima molto diverso da quello umido dell’Inghilterra.

 

Camila lasciò il regolamento della scuola sul comodino, chiedendosi come sarebbe andato il primo giorno di lezioni… era un po’ nervosa in effetti, ma sperava di non combinare pasticci e che tutto andasse per il meglio.

 

Chissà come sarebbe stato l’approccio con la sua sorellastra, che era praticamente un’estranea ai suoi occhi… qualcosa le diceva che erano molto diverse e che non sarebbe stato facile relazionarsi a Phoebe, ma almeno ci avrebbe provato. In un modo o nell’altro erano comunque sorelle… non le sembrava corretto ignorare il legame di sangue che le legava, anche se probabilmente Phoebe non era dello stesso avviso.

 

....................................................................................................................

Angolo Autrice:

Buonasera a tutti! Per prima cosa, spero davvero che stiate tutti bene e che il terremoto non abbia danneggiato nessuno di voi... so che se anche fosse leggerete queste righe solo prossimamente, ma più di questo non posso fare. In particolare, un bacio ad Hadley, sperando che tu stia bene e che tutto si risolva il più presto possibile. 

Detto ciò, chiedo scusa per il ritardo ma ho avuto qualche giorno di ispirazione veramente scarsa... ma alla fine eccomi, e spero che anche se non molto lungo questo capitolo vi sia piaciuto e che vi abbia offerto una visuale leggermente più "larga" dei personaggi... Ovviamente è ancora presto, avrete modo per conoscerli per bene. 

Questa volta non ho particolari domande per voi, ma tenevo a dirvi che se volete, potete farmi delle richieste per quanto riguardare le amicizie o anche per le coppie... sia chiaro che non è detto che io esaudisca le vostre richieste, specialmente nel secondo caso. (Donde evitare malintesi, sottolineo già qui che Alexandrine è lesbica) 

Non mi sembra di avere altro da dirvi, quindi vi auguro una buona serata... e una buona visione de "I Medici", per chi come me lo guarda XD 

Signorina Granger

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Primo giorno ***


                                                            

Capitolo 3: Primo Giorno       

 

Le scale erano totalmente deserte… e non era decisamente un buon segno.

 

Francisca imprecò a mezza voce mentre scendeva i gradini di marmo quasi di corsa, stando attenta a non scivolare mentre si infilava al contempo il blazer blu notte della divisa, sopra alla camicia bianca: possibile che non avesse sentito la sveglia proprio al primo giorno?

 

Un ottimo modo per esordire al suo ultimo anno alla Cimmeria, senza alcun dubbio.

 

La ragazza sbuffò, immaginandosi perfettamente Alexandrine, seduta al loro solito tavolo, guardarsi intorno e chiedendosi dove si fosse cacciata l’amica.    Senza contare che Adrianus l’avrebbe presa in giro per settimane se si fosse beccata una punizione già al primo giorno…

 

Raggiunto finalmente l’atrio la ragazza lanciò un’occhiata verso il grande orologio bianco e nero, gioendo nel constatare che aveva ancora due minuti per entrare nella Sala da Pranzo… a quel punto partì quasi correndo, arrivando davanti alla porta proprio mentre Jefferson la stava per chiudere:

 

“Professore, aspetti!”      Francisca si fermò davanti alla porta quasi inchiodando sul pavimento, rivolgendo all’insegnate un sorriso sollevato e al contempo carico di scuse mentre gli scivolava accanto, entrando nella sala molto affollata.

 

“Lothbrock… per favore, evita di arrivare sempre per il rotto della cuffia.”

 

“Mi dispiace, davvero… non si ripeterà.”    Francisca sfoggiò un sorriso prima di dileguarsi abbastanza in fretta da impedire al Vicepreside di parlare. L’uomo seguì la studentessa con lo sguardo per un attimo prima di sbuffare sommessamente, scuotendo il capo prima di raggiungere il tavolo degli insegnanti: ormai ci era abituato, dopo sette anni che la conosceva.

 

Nel frattempo Francisca aveva raggiunto Alexandrine, che le sorrise con cipiglio divertito mentre l’amica prendeva posto davanti a lei, sorridendo quasi vittoriosa:

 

“Frankie! Ti eri persa?”

 

“No, non ho sentito la sveglia… è stato molto carino da parte tua, tra parentesi, aspettarmi o venire a bussare alla mia porta.”

 

“Non avercela con me, pensavo che fossi già scesa… punizione?”

 

“Evitata per un soffio. E dopo aver corso per mezza scuola, ho parecchia fame… mi passi il pane tostato, per favore?”

 

                                                                           *

 

“Continua a guardare nella tua direzione.”

 

“Magari non sta guardando me…”

 

“E allora chi dovrebbe guardare? La caraffa con il succo?”      Isabelle inarcò un sopracciglio, parlando con una nota decisamente sarcastica nella voce mentre si rivolgeva a Phoebe. Quest’ultima si strinse nelle spalle, continuando a mangiare lentamente senza aggiungere altro, mentre Jackson si avvicinava al loro tavolo con un sorriso stampato in faccia:

 

“Giorno, fanciulle…Di chi parlate?”                     

 

“Nessuno che ti riguardi, Wilkes.”       Phoebe annuì alle parole di Isabelle quasi a volerle rimarcare, evitando di parlare a bocca piena mentre il ragazzo prendeva posto accanto a lei, sbuffando leggermente e guardando Isabelle con aria divertita:

 

“Sei tornata scorbutica, Isabelle? Peccato però… mi rattrista che non mi vogliate rendere partecipe dei vostri pettegolezzi.”

 

“Non ti facevo così impiccione, Wilkes… invece di pensare ai gossip, sai dov’è Alastair?”

 

“E’ laggiù, con Steb.” 

 

“E perché tu non sei con loro, di grazia?”      Isabelle sorrise con fin troppa gentilezza, guardandolo come in attesa di una risposta mentre Jackson si stringeva nelle spalle con noncuranza, sorridendole con aria divertita:

 

“Non volevo farti soffrire per la mia lontananza, ovviamente.”

 

“Ok, ragazzi… che ne dite di fare una pausa?”  Phoebe inarcò un sopracciglio, sollevando al contempo le mani come a voler stipulare una pace tra i due, mentre Jackson sorrideva amabilmente e Isabelle sbuffava, seccata.

 

“Siete seduti vicini da neanche due minuti e il vostro botta e risposta è già durato abbastanza… avete tutto l’anno per tormentarvi a vicenda.”

 

“Come preferisci, Selwyn… ok, parliamo di cose serie, allora. Ricevuto notizie?”   Jackson smise improvvisamente di sorridere, appoggiando le mani intrecciate tra loro sul tavolo e spostando lo sguardo da una ragazza all’altra, aspettando una risposta.

 

“No, e nemmeno Bibi. Tu?”

 

“Nulla… vuoto totale. Ma si faranno sentire presto, ne sono sicuro.”

 

“Beh, se lo dice Wilkes allora siamo in una botte di ferro…”

 

Phoebe sospirò, alzando gli occhi scuri al cielo e decidendo di lasciar perdere: se quei due volevano continuare a punzecchiarsi a vicenda, sapeva che non poteva fare nulla per impedirlo. Così, mentre Jackson e Isabelle continuavano a parlare amorevolmente la ragazza si voltò leggermente, quasi a voler controllare che Isabelle avesse ragione o meno: due secondi dopo si pentì amaramente di quel gesto, incontrando infatti due grandi occhi perfettamente truccati che la fissavano.

 

Camila sembrò sorpresa nel vederla voltarsi proprio nella sua direzione e, dopo un attimo di esitazione, piegò le labbra in un debole sorriso, quasi a volerla salutare timidamente.

 

Phoebe esitò per un attimo, osservandola senza accennare a voler ricambiare il sorriso, rivolgendole un cenno del capo quasi freddo prima di voltarsi di nuovo verso Isabelle e Jackson, ancora presi a discutere sulla Night School e su quanto ci avrebbero messo a dar loro indicazioni.

 

“Ce le daranno, stanotte al massimo.”  

 

Phoebe prese di nuovo la forchetta in mano, riprendendo a mangiare senza alzare lo sguardo dal suo piatto, conscia degli sguardi leggermente attoniti che le sue parole avevano scaturito.

 

Jackson la guardò come se volesse chiederle il perché di tanta sicurezza, ma un’occhiata di Isabelle lo fece desistere: se Phoebe era sicura, allora aveva ragione.

 

                                                                             *

 

 

“E io che speravo che cambiando scuola avrei potuto fare a meno della divisa…”

 

Mathieu sbuffò, tormentandosi il nodo della cravatta per impedire che gli desse fastidio mentre camminava accanto ad Etienne, cercando l’aula di Trasfigurazione per la loro prima lezione.

 

“Figurati se la prestigiosissima Cimmeria può fare a meno della divisa… siamo in Inghilterra Mat, qui hanno una divisa per ogni cosa. Forse avrei dovuto chiedere indicazioni a mio fratello, questo posto è enorme…”

 

Etienne inarcò un sopracciglio, guardandosi intorno con lieve nervosismo mentre accanto a lui l’amico continuava a litigare con la propria cravatta. Ignorandolo, Etienne imboccò un corridoio che, secondo la cartina che teneva in mano, avrebbe dovuto portare all’aula di Trasfigurazione…. O almeno, lo sperava: l’ultima cosa che gli serviva era di arrivare in ritardo alla loro prima lezione.

 

“Rilassati ET, non ti mangeranno se arriviamo con cinque minuti di ritardo… E poi mi spieghi dove cavolo l’hai presa, quella cartina?”

 

“Scusatemi!”

 

Una voce femminile e dal forte accento americano fece voltare Etienne prima di poter rispondere, esattamente come Mathieu, che smise finalmente di torturarsi la cravatta blu mentre rivolgeva la sua attenzione sulla ragazza che si stava avvicinando al duo.

 

“Avete Trasfigurazione, per caso?”

 

“Si.”

 

I due risposero in sincronia, Mathieu con un tono decisamente più allegro visto che amava la materia in questione. Camila sorrise con evidente sollievo, allungando allegramente una mano in direzione di Mathieu:

 

“Meno male, altrimenti mi sarei persa… Camila. Siete nuovi anche voi, giusto?”

 

“Si… io sono Mathieu, lui è Etienne.”

 

Etienne fece un passo avanti per stringere a sua volta la mano a Camila, leggermente grato a Mathieu per non averlo presentato come era solito fare, ovvero con il soprannome “ET”, affibbiatogli da bambino.

 

“Piacere di conoscervi. Siete francesi? Si sente dall’accento…”

 

“Si, tu invece sei americana, direi… Ma credo sia meglio rimandare le presentazioni e andare in classe, mio fratello mi ha detto che l’insegnante di Trasfigurazione è praticamente fissato con la puntualità.”

 

Etienne girò sui tacchi per avvicinarsi con aria risoluta alla porta che doveva, almeno in teoria, portare alla lo destinazione… alle sue spalle invece Mathieu e Camila lo seguirono continuando a chiacchierare allegramente, apparentemente incuranti di poter arrivare in ritardo a lezione.

 

Prima di bussare alla porta Etienne rivolse all’amico un’occhiata eloquente, intimandogli silenziosamente di smetterla di fare conversazione e di dargli retta una volta tanto, ma Mathieu gli rivolse un sorrisetto divertito, segno che come al solito non l’avrebbe fatto.

 

Etienne roteò lo occhi con aria esasperata, decidendosi a bussare finalmente alla porta prima di aprirla, ritrovandosi davanti ad un’aula affollata e ad un insegnante seduto dietro la cattedra.

 

“Ah, eccovi finalmente… avete avuto problemi a trovare la classe?”

 

“Si… ci scusi.”     Etienne si stampò un sorriso colpevole in faccia, esattamente come i due compagni, in una perfetta imitazione di angioletti innocenti. Jefferson sbuffò e fece un cenno con la mano, invitandoli ad entrare senza aggiungere altro, dandogliela liscia giusto perché appena arrivati alla Cimmeria.

 

“COSA? NON DICE NULLA? IO NON LO ACCETTO!” 

 

Frankie fece per alzarsi ed esprimere tutto il suo sdegno ad alta voce, ma fortunatamente Adrianus ebbe la prontezza di riflessi di afferrarla e rimetterla seduta, sbuffando con aria esasperata:

 

“Frankie, cosa credi di fare? Non puoi certo dirgli cosa deve o non deve fare!”

 

“No… ma posso dargli qualche lecito suggerimento. Se fossi stata io ad arrivare in ritardo, a quest’ora sarei già a pulire il giardino.”    Frankie sbuffò, incrociando le braccia al petto con cipiglio torno e fulminando l’insegnante con lo sguardo, inviandogli silenziosamente qualche maledizione.

 

“Beh, allora cerca di non tardare mai quando si tratta di Jefferson, lo sai com’è fatto… Alexa, diglielo anche tu!”

 

Adrianus lanciò in direzione della rossa una chiara richiesta d’aiuto, che però tardò ad arrivare: Alexa sentendosi chiamare sui voltò di scatto verso di lui, esitando per un attimo e guardandolo con aria persa:

 

“Eh? Scusa Steb, dicevi?”

 

“Oh signore… niente Alexa, lascia stare… torna pure nel mondo dei sogni.”  Il ragazzo sospirò, dichiarandosi arreso mentre invece Frankie ridacchiava, come al solito divertita dall’abitudine dell’amica di avere la testa per aria.

 

La rossa sfoggiò invece un piccolo sorriso colpevole prima di voltarsi verso la cattedra, costretta a prestare attenzione alla lezione donde evitare un qualche rimprovero.

 

Intanto, nel banco dietro a quello occupato dall’inusuale trio, nemmeno Isabelle Van Acker sembrava avere molta voglia di prestare attenzione alla lezione che già di per se non aveva mai apprezzato molto, sia per la materia in questione che per l’insegnante: la ragazza continuava infatti a spostare lo sguardo da Camila, seduta in primo banco, a Phoebe, che aveva preso invece posto come al solito in penultima fila.

 

“A che cosa stai pensando?”

 

La voce di Alastair la riscosse, voltandosi verso di lui e stringendosi nelle spalle con quanta più noncuranza le riuscì.

 

“Niente.”

 

“Ti conosco meglio di chiunque altro, Belle… cosa c’è? Riguarda Phoebs?”   Alastair sorrise, sfiorandole il palmo della mano con le dita mentre l’amica non accennava a voler alzare lo sguardo, tenendo gli occhi verdi puntati dritti sul suo libro: le era sempre risultato molto difficile mentire guardandolo in faccia, e Alastair ne era perfettamente consapevole.

 

“Forse… ma non posso dirtelo io Al, non sono affari nostri.”   

 

“Non vuoi confidarti nemmeno con me? Mi ritengo sinceramente offeso, sappilo.”     Il ragazzo sbuffò debolmente, incrociando le braccia al petto e rivolgendole l’occhiata più sdegnosa che riuscì a trovare, facendola sorridere mentre gli dava una pacca sulla spalla:

 

“E’ inutile che fai gli occhi dolci Al, io non cedo. Lo dovresti sapere, visto che mi conosci meglio di chiunque altro.”

 

Isabelle sfoggiò un sorrisetto che lo fece sbuffare, arrendendosi alla cocciutaggine della ragazza e al fatto che non avrebbe mai parlato, se non voleva farlo.

 

                                                                                       *

 

“Riprendere le lezioni è a dir poco un trauma…”    Jackson sbuffò, lanciando un’occhiata all’orologio e pregando il tempo di passare in fretta: dopo neanche un’ora, era già stanco… non era un’ottima prospettiva, di fronte ad un intero anno scolastico.

 

Jude non disse niente mentre, dopo aver portato a termine in anticipo il compito assegnato da Jefferson, scarabocchiava sul quaderno di pelle nera che si portava sempre appresso, anche se nessuno aveva ben chiaro che cosa scrivesse.

Si astenne dal dire che lui preferiva di gran lunga restare alla Cimmeria piuttosto che tornare a casa durante le vacanze… in effetti quando, il girono prima, aveva rivisto la scuola aveva quasi tirato un sospiro di sollievo.

 

Jackson rivolse al compagno di banco un’occhiata in tralice, non osando chiedergli che cosa stesse scrivendo anche se avrebbe voluto saperlo… decise invece di cambiare argomento, ponendogli una domanda alla quale, ne era certo, avrebbe risposto:

 

“Venerdì giochi?”

 

“Non lo so… forse.”       Jude si strinse nelle spalle, senza nemmeno accennare ad alzare lo sguardo dal suo quaderno.

 

“Beh, quando avrai deciso fallo sapere a me o ad Al, per favore… così ci organizziamo.”

 

Jackson sorrise, quasi gongolando e non vedendo l’ora che arrivasse il fine-settimana: adorava il Quidditch, e non prendeva parte ad una partita con i compagni di scuola ormai da troppo.

 

“Credo che farò sapere a te, non muoio dalla voglia di intrattenere una conversazione con Shafiq.”

 

“Ti basterebbe conoscerlo meglio per apprezzarlo di più, a mio parere… credo che troppe persone si fermino alle apparenze.”

 

“Non essere sciocco Wilkes… io non mi fermo mai alle apparenze. So più cose di quel ragazzo di quante ne sappia tu, probabilmente.”

 

Jude alzò lo sguardo dalle pagine per la prima volta dopo diversi minuti, puntando gli occhi su Jackson e rivolgendogli un piccolo sorrisetto enigmatico senza aggiungere altro. Jackson contrasse la mascella ma non disse niente: un po’ era abituato alle frasi sibilline di Jude Verräter, e un po’ sapeva che infondo, forse, aveva ragione.

 

                                                                                *

 

“Scusate, posso sedermi qui?”     Camila rivolse alle due ragazze uno sguardo quasi speranzoso, tirando un mezzo sospiro di sollievo nel vedere un sorriso allegro comparire sul volto della rossa, che annuì senza alcuna esitazione:

 

“Ma certo, siediti pure.”  

 

“Grazie…”   Camila sorrise, prendendo posto alla ragazza dai capelli castani. Erano entrambe in classe con lei, ma non era assolutamente certa di ricordare i loro nomi, se non che erano entrambi abbastanza lunghi e un po’ insoliti.

 

“Figurati, siamo liete di fare da Comitato di Benvenuto… io sono Alexa, lei è Frankie. Camila, vero?”

 

Camila annuì, rivolgendo un sorriso ad Alexandrine mentre Francisca restava in silenzio, limitandosi a sorridere leggermente alla nuova arrivata.

 

“Si, esatto… Camila Selwyn-Holt.”

 

“Grande, un’altra Selwyn… non sarai mica parente di Phoebe?”   Alexa piegò le labbra in una specie di smorfia, accennando col capo alla suddetta ragazza, seduta a qualche tavolo di distanza in compagnia di Isabelle, come sempre.

 

Camila esitò di fronte a quella domanda, non sapendo che cosa rispondere: in effetti lo era eccome, e anche piuttosto stretta… ma forse la sorellastra non moriva dalla voglia di farlo sapere a tutta la scuola, almeno non al primo giorno.

 

“Io… si. In un certo senso sì, ma non ci siamo praticamente mai conosciute. Lei com’è?”

 

“Un tipo.”     Frankie inarcò un sopracciglio, rivolgendo all’amica un’occhiata chiaramente scettica, come a volerle chiedere che cosa intendesse con quella definizione poco usuale.

 

Alexa d’altro canto sgranò leggermente gli occhi, come a volere dire di non poterla criticare di fronte ad una parente che nemmeno la conosceva… il tutto sotto lo sguardo vagamente perplesso di Camila, che spostava gli occhi dall’una all’altra, chiedendosi che cosa si stessero dicendo non verbalmente.

 

“Beh… diciamo che non è molto socievole. Noi non la conosciamo molto bene, diciamo che non attacca bottone con chiunque, è una persona un po’ diffidente e non è facile avvicinarla.”

 

Ah, meraviglioso… di bene in meglio

 

Camila abbassò lo sguardo sul suo piatto, chiedendosi se sarebbe effettivamente riuscita ad avvicinarsi alla sorella: se era già poco socievole di suo, difficilmente le avrebbe permesso di crearci un rapporto.

 

“Ma ripeto, noi non la conosciamo bene… dovresti chiedere ad Isabelle Van Acker, sono molto amiche. E’ la ragazza seduta vicino a lei.”  Alexa indicò Isabelle con un cenno del capo, facendo voltare Camila nella direzione delle due ragazze.

Gli occhi dell’americana si posarono sulla ragazza seduta accanto a sua sorella, intenta a chiacchierare con un ragazzo dai lisci capelli castani che le dava le spalle. Probabilmente Isabelle si sentì osservata, perché i suoi occhi si spostarono dritti su di lei, osservandola con evidente curiosità… le sorrise appena prima di rivolgersi di nuovo ad Alastair, gesto che quasi accese una lampadina nella mente di Camila: qualcosa le diceva che Isabelle sapesse chi era, a differenza di tutti gli altri.

 

O meglio, quasi tutti.

 

                                                                                 *

 

“Tu sai esattamente che cos’è, questa Night School?”

 

Ad Adrianus la pasta andò quasi di traverso nel sentirsi porre quella domanda, decisamente inaspettata considerando che Etienne Lacroix era arrivato alla Cimmeria solo il giorno prima.

 

“Perché, voi cosa sapete?”   Adrianus tossicchiò, schiarendosi la voce dopo essersi ripreso mentre sia Etienne che Mathieu, seduti di fronte a lui, si stringevano nelle spalle:

 

“Nulla… ma ieri sera mi annoiavo talmente tanto che mi sono persino messo a leggere il regolamento della scuola… e questa Night School è citata più di una volta. Siamo solo curiosi, nella nostra vecchia scuola non c’erano gruppi segreti e cose del genere.”

 

“Esattamente… ho chiesto a mio fratello, ma si è cucito la bocca alla velocità della luca e se l’è praticamente filata.”   Etienne sbuffò, lanciando un’occhiata vagamente torva in direzione del tavolo degli insegnanti, dove so fratello maggiore Laurent stava chiacchierando tranquillamente con dei colleghi.

 

“Aspetta… fratello?”   Adrianus si accigliò, scrutando Etienne come se stesse cercando di ricordare qualche altro studente con il suo cognome… solo dopo qualche istante capì, sgranando leggermente gli occhi chiarissimi:

 

“Lacroix… sei il fratello del prof?”

 

“Già… non so ancora se la cosa mi piace oppure no.”   Etienne sorrise appena, appuntandosi mentalmente di non iscriversi al corso di Babbanologia per nessuna ragione: non solo non gli serviva essendo Nato Babbano, ma non aveva nemmeno voglia di farsi assegnare compiti dal suo stesso fratello.

 

“Non vi somigliate per niente… ad ogni modo, tornando alla Night School… non ne so molto più di voi, temo. Come avete letto nessuno sa con certezza chi ne faccia parte o soprattutto che cosa facciano, anche se ovviamente tutti fanno le proprie ipotesi.”

 

“Ad esempio, secondo te chi ne fa parte?”

 

Adrianus sfoggiò un sorrisetto di fronte alla domanda di Mathieu, guardandolo con aria quasi divertita:

 

“Sono sicuro che presto avrete qualche idea anche voi… Non vi voglio rovinare il divertimento di cercare di capire chi sia nel gruppo o meno. Fidatevi, non è difficile farsi delle ipotesi.”

 

Alle parole di Adrianus, che continuò a sorridere con una nota beffarda nello sguardo, Etienne e Mathieu si scambiarono un’occhiata leggermente perplessa: o anche lui ne faceva parte e li stava prendendo in giro, oppure non sapeva davvero della Night School… probabilmente, solo il tempo avrebbe fornito una risposta sulla questione.

 

                                                                                *

 

 

Assottigliò leggermente gli occhi, senza smettere di tracciare linee dritte e curve con il carboncino nero che teneva in mano, dando lentamente vita a due volti sulla carta fino a poco prima bianca.

 

Da bambini, Alastair le diceva che sembrava far prendere vita alla carta, che i suoi disegni sembravano sul punto di animarsi, saltando fuori dalle pagine… una volta rideva di fronte a quelle parole, ma con il passare del tempo aveva smesso di farlo, rendendosi lentamente conto del potere che un segno scritto poteva effettivamente avere.

 

Non sapeva nemmeno perché le stesse disegnando… aveva preso in mano il carboncino e si era messa a disegnare senza sapere bene cosa raffigurare: quasi senza accorgersene, aveva ritratto due persone che conosceva, o almeno in parte.

 

Sospirò debolmente, mordendosi il labbro mentre sfumava con le dita gli occhi di entrambe.

 

Non poteva continuare così per sempre… il problema andava affrontato prima o poi, Isabelle lo sapeva. Solo, non era certa che la sua migliore amica ne fosse cosciente.

 

Appoggiò il carboncino sul tavolo, incurante delle dita ormai nere mentre osservava il suo disegno, immobile sulla sedia che aveva occupato. 

 

Osservò il volto di Phoebe che aveva disegnato senza problemi, conoscendolo ormai a memoria… in realtà non aveva riscontrato difficoltà nemmeno con il viso di Camila, con sua somma sorpresa. La sua memoria fotografica aveva colpito un’altra volta, a quanto sembrava.

 

Diverse, incredibilmente diverse… nessuno avrebbe mai potuto pensare che avessero un legame di sangue, o almeno in parte.   Isabelle osservò il suo disegno, chiedendosi cosa sarebbe uscito da quella storia… aveva la sensazione che non sarebbe stato facile quel primo periodo di scuola, specialmente per Phoebe anche se avrebbe fatto di tutto e di più per non darlo a vedere. Nemmeno con lei.

 

Sapeva che non erano affari suoi e non sapeva nemmeno perché ci pensasse tanto… forse avrebbe semplicemente dovuto lasciare che Phoebe se la vedesse da sola, facendo i conti con la sua stessa famiglia.

 

Sbuffando debolmente, Isabelle lasciò il quaderno sul tavolo prima di chiuderlo, ordinandosi mentalmente di non mettersi nei guai e di provare a restarne fuori… quell’anno ne avrebbe avute abbastanza in ogni caso, di preoccupazioni.

 

“E’ sua sorella, vero?”

 

Isabelle si voltò, restando impassibile di fronte alla voce decisamente familiare e per nulla sorpresa di trovarsi davanti Jude.

 

“Tu che ne sai?”

 

“Lo sai, io so tutto di tutti… mi chiedo solo perché Phoebe non vuole che si sappia.”

 

“Avrà le sue ragioni, come tutti noi. Solo gli stupidi rendono totalmente partecipi gli altri della loro vita, Jude.”

 

“Vero… ma a volte non serve sbandierare le cose ai quattro venti perché il prossimo le colga. Perlomeno, non quando il prossimo in questione sono io.”

 

Jude le rivolse un sorrisetto, facendole alzare gli occhi al cielo prima di voltarsi di nuovo verso il tavolo, tornando a dargli le spalle.

 

“Certo, dimenticavo che fai concorrenza a Sherlock Holmes, tu… Anche se non ho ancora capito questo bisogno smisurato di essere indomato di tutto. Mi dica detective, che cosa sa di Isabelle Van Acker?”

 

“Se te lo dicessi, che divertimento ci sarebbe?”

 

Isabelle si voltò con tutta l’intenzione di replicare, ma le parole le morirono in gola nel ritrovarsi nuovamente sola. Sbuffando debolmente la ragazza prese il suo quaderno e lo infilò nella borsa, stringendo la tracolla quasi come se temesse che qualcuno potesse spuntare da dietro l’angolo e portargliela via mentre si alzava per uscire dalla Sala Comune: a volte, Jude Verräter aveva il potere di renderla nervosa e a disagio come nessun’altro.

 

                                                                                *

 

“Sai, qualcosa mi dice che non è soltanto una specie di club dove un branco di ragazzi viziati si trovano per giocare a poker o bere…”

“Perché proprio il poker?”

 

“E’ solo uno stereotipo Mat, hai capito cosa intendo! Insomma, se non fosse una cosa importante non ne avrebbero fatto cenno nel Regolamento… Secondo me è una cosa più grande di quanto non vogliano lasciar credere.”

 

Mathieu roteò gli occhi scuri di fronte alle riflessioni dell’amico, astenendosi dal chiedergli perché avesse già iniziato a fare lo Sherlock Holmes dopo essere arrivato in Inghilterra da nemmeno un giorno…

Etienne, mentre si dondolava sulla sedia con aria pensierosa, sembrava pensare sinceramente quello che stava dicendo… e da una parte, Mathieu era d’accordo con lui:

 

“Beh, forse… non possiamo saperlo, immagino.”

 

“Chiederò a mio fratello, di certo sa più di quanto non mi voglia lasciar credere…. Non lo so Mat, secondo me c’è qualcosa sotto.”

 

“Secondo me stai diventando paranoico…”

 

“E chi non lo è, di questi tempi? Da Giugno il mondo intero è diventato praticamente isterico, con la storia di Tu-Sai-Chi…”

 

Etienne sbuffò, spostando lo sguardo fuori dalla finestra per guardare la campagna praticamente sconfinata che circondava la scuola. Era molto diverso da Beauxbatons, senza alcun dubbio… doveva ancora capire se la cosa gli faceva piacere o meno.

 

“Su questo non ci piove, ma cosa centra Tu-Sai-Chi con la Night School?”

 

“Niente, assolutamente niente… era solo per dire.”

 

                                                                              *

 

Quando la porta si chiuse alle sue spalle Jackson tirò quasi istintivamente un sospiro di sollievo, sfilandosi il maglioncino blu e lasciandolo sul letto prima di avvicinarsi alla scrivania.

Si lasciò cadere sulla sedia bianca, sollevato che quella prima giornata fosse giunta al termine.

 

Gli occhi azzurri del ragazzo si posarono sul ripiano di legno perfettamente levigato della scrivania, sorridendo istintivamente nel vedere un foglietto ripiegato appoggiatoci sopra… un foglietto che, di certo, non aveva lasciato lui e che portava lo stemma della Cimmeria sopra, nel consueto inchiostro blu.

 

Senza pensarci due volte il ragazzo lo prese, spiegandolo mentre il sorriso sul suo volto si faceva sempre più largo: aveva aspettato praticamente tutto il giorno di ricevere notizie… e finalmente poteva dirsi soddisfatto.

 

Dopo aver letto il breve messaggio Jackson ripiegò il biglietto per poi lasciarlo di nuovo sulla scrivania, non curandosi di buttarlo visto che come sempre si sarebbe auto-incendiato pochi secondi dopo.

 

Si alzò, stiracchiandosi mentre si toglieva le scarpe nere, lasciandole sul pavimento senza curarsi di metterle a posto prima di sedersi sul letto senza smettere di sorridere: non vedeva l’ora di prendere parte al primo incontro dell’anno… qualcosa gli diceva che i mesi successivi sarebbero stati differenti rispetto agli anni precedenti trascorsi alla Cimmeria.

 

 

 

 

 

 

 





....................................................................................................................................
Angolo Autrice:

Inizio col scusarmi per il ritardo, spero che mi perdoniate visto che il capitolo è abbastanza lungo.
Il seguito arriverà di sicuro in settimana, ma ho bisogno che rispondiate ad una domanda: il vostro OC prenderebbe parte ad una partita di Quidditch? E che ruolo ricoprirebbe se sì?

Prima rispondete, prima arriverà il capitolo.

Ah, ultima cosa... ho notato molte preplessità per il soprannome di Adrianus, "Steb"... è un'abbreviazione del cognome XD

Spero che vi sia piaciuto, ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito... a presto!

Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Partita Notturna ***


Capitolo 3: Partita notturna

 

Venerdì 19 Settembre

 

“Immagino che stasera andrai a vedere la partita…”

 

Le parole di Isabelle fecero sbuffare debolmente Phoebe, che lanciò all’amica un’occhiata quasi torva mentre, seduta di fronte a lei, mangiava in fretta:

 

“Non che ne abbia molta voglia, ma come sai devo… Perché tutti amino tanto il Quidditch, forse non lo capirò mai.”

 

“Nemmeno io impazzisco per quel gioco… ma Al lo adora da quando eravamo piccoli, ho dovuto imparare a conviverci.”      Isabelle si strinse nelle spalle, appoggiando la forchetta sul piatto ancora praticamente pieno e lanciando al contempo un’occhiata in direzione dell’amico, seduto accanto ad Adrianus e Jackson a qualche tavolo di distanza.

 

“Non mangi?”

 

“Non ho molta fame… in effetti non credo verrò stasera, non volermene ma preferisco risposarmi in previsione di domani… meglio non prendersi un malanno in contemporanea del primo incontro dell’anno.”

 

Isabelle sfoggiò un sorriso quasi colpevole, mentre l’amica invece la guardò con aria sospettosa per un sante, come a volersi assicurare che le stesse dicendo la verità: sapeva che nemmeno lei moriva mai dalla voglia di assistere alle partite… esattamente come lei, del resto. Tuttavia Isabelle le sembrava sincera e dopo un attimo di esitazione annuì, rassegnata all’idea di dover assistere al gioco senza la compagnia dell’amica:

 

“Ok… per questa volta ti concedo di non farmi da spalla Belle, ma la prossima volta dovrai sostenermi, sappilo.”

 

“Ne terrò conto, Mia Signora…. Non oserei mai disobbedirvi. Ora se non vi dispiace vado ad avvertire Alastair.”

 

Isabelle sorrise beffarda prima di alzarsi, mentre Phoebe le lanciava il tovagliolo addosso fingendosi offesa dalle sue parole canzonatorie. Guardò l’amica sorriderle con aria divertita prima di allontanarsi verso il tavolo di Alastair, intuendo che il ragazzo avrebbe provato un po’ di delusione nel non avere l’amica a tifare per lui.

 

Quando Isabelle si avvicinò al loro tavolo vide Al e Jackson parlottare a bassa voce con aria cospiratoria, quasi come se stessero architettando qualcosa di vitale importanza… o almeno, lo era secondo la loro prospettiva, anche se lei non era totalmente d’accordo.

 

Alastair la vide avvicinarsi e smise improvvisamente di parlare, stendendo le labbra sottili in un sorriso allegro come a volerla invitare a raggiungerli:

 

“Belle! Allora… stasera vieni a fare il tifo per me?”

 

“Ciao Al… in realtà non penso di venire. Non mi sento tanto bene e sta cominciando a fare freddo, di sera. Mi perdoni, vero?”     Isabelle sedette sulla sedia vuota accanto all’amico, sorridendogli quasi con aria colpevole. In effetti Alastair smise subito di sorridere, guardandola con cipiglio serio e quasi preoccupato:

 

“Certo… ma se non stai bene posso stare con te, naturalmente.”   

 

“Carino da parte tua, ma vai pure a divertirti… e poi Wilkes non mi perdonerebbe mai se lo privassi del suo compagno di giochi preferito, non è così?”

 

Isabelle si voltò verso Jackson, sforzandosi di sorridere mentre il ragazzo si stringeva nelle spalle:

 

“Tranquilla Isabelle, so meglio di chiunque altro che appena il suo tesoro ha bisogno Alastair Shafiq corre in suo soccorso… Però mi duole sapere che non farai il tifo per me stasera.”

 

“Se anche venissi io tifo per Al Jax, ormai dovresti saperlo.”

 

Isabella inarcò un sopracciglio quasi con aria scettica, mentre invece il ragazzo sorrise facendole l’occhiolino, quasi a volerle dire che sapeva che infondo lei faceva il tifo per lui.

 

Cosa decisamente falsa

 

“Smettila di infastidire Isabelle Jax, vai a fare il cascamorto con qualcun’altra e lasciala stare!”

 

                                                                                       *

 

“Immagino che tu ti sia già prenotata come Cercatrice…”

 

“Naturale, come sempre.”   Alexa sorrise allegramente, felice che la prima settimana di scuola fosse finalmente finita… e anche per l’imminente partita, ovviamente.

 

“Io me la cavo meglio con la Pluffa che con quella minuscola pallina infernale… non capirò mai come riesci ad acchiapparla, al buio.”

 

“Ormai dovresti saperlo che sono speciale Frankie, mi conosci da diverso tempo!”  Alexa sorrise, servendosi di una fetta di torta alla vaniglia per festeggiare la “sopravvivenza alla prima settimana di scuola”, mentre l’amica si guardava intorno cercando i loro compagni:

 

“Wilkes gioca, Shafiq anche… Steb verrà? Lui non gioca mai, ma in genere viene a vedere le partite…”

 

“Tranquilla Frankie, glie l’ho fatto promettere ieri mattina durante Storia della Magia… Anche se non so se ho fatto bene visto che passerai di sicuro il tempo a farti paranoie del tipo “E se faccio qualche figuraccia davanti a Steb? E se cado dallo scopa?” .”

 

L’imitazione della sua stessa voce e del suo modo di gesticolare, seppur decisamente fedele e ben riuscita, non sembrò rallegrare molto Francisca: la ragazza fulminò invece l’amica con lo sguardo, borbottando di smetterla di prenderla in giro prima di rubarle la fetta di dolce da sotto al naso:

 

“Io non parlo così! EW non faccio nemmeno quel movimento strano con la mano!”

 

“Frankie, lo stai facendo anche ora… e ridammi subito la mia torta, mi servono energie per rincorrere il Boccino!”

 

                                                                                   *

 

“Perché quel muso lungo? Non sarà perché la tua dolce metà non verrà a fare il tifo per te, spero.”

 

“No… e non è la mia dolce metà, per la milionesima volta. E’ solo che conosco Isabelle davvero molto bene e mi è sembrata un po’ strana, quando me l’ha detto… Forse dovrei chiederle se c’è qualcosa che non va.”

 

Alastair inarcò un sopracciglio, assumendo un’espressione meditabonda mentre saliva le scale insieme a Jackson, diretti all’ala della scuola adibita a Dormitorio maschile.

 

“Se conosco almeno un po’ Isabelle Van Acker non ammetterebbe mai di avere qualcosa che non va… forse nemmeno con Al. Rilassati, è forte… se la caverà, se fosse qualcosa di grave te ne avrebbe parlato di sicuro.”

 

Jackson gli sorrise, dandogli al contempo una pacca sulla spalla quasi come a volerlo rassicurare… per qualche motivo però Alastair non si sentì per nulla sollevato di fronte alle parole dell’amico: forse era esattamente il contrario… se Isabella fosse stata preoccupata per qualcosa di davvero serio, forse non ne avrebbe parlato con nessuno, propensa com’era a tenersi tutto dentro.

 

“Andiamo Al, non fasciarti la testa ancor prima di ritrovartela rotta… preparati psicologicamente per la sconfitta invece, visto che perderai spudoratamente.”

 

“Ride bene chi ride ultimo Wilkes… ci vediamo dopo al campo, vedi di non fare tardi per sistemarti l’acconciatura!”

Alastair ridacchiò mentre insieme all’amico svoltava l’angolo, facendo sbuffare leggermente Jackson con le sue parole:

 

“Piantala Shafiq… Concentrati per la partita, invece di pensare ai miei capelli.”

 

Arrivati al corridoio con le stanze dei ragazzi del loro anno i due si separarono, diretti alle rispettive camere da letto… peccato che nessuno dei due avrebbe studiato o altro, visto che avevano un “appuntamento” con alcuni compagni di scuola.

 

“Lo farò, non temere… lo sai che odio perdere Jax, anche se si tratta di te… anzi, forse specialmente se si tratta di te.”

 

                                                                                 *

 

“Siete sicure che non… insomma, che non sono di troppo? Non vorrei fare la ficcanaso…”

 

“Non preoccuparti, non c’è nessun problema… ci fa solo comodo una spalla in più. E poi magari tu e Phoebe avrete finalmente modo di parlare, stasera.”

 

Camila annuì alle parole di Francisca, anche se non ne era molto convinta: dal canto suo, aveva provato a scambiare due parole con la sorellastra nell’arco di tutta la settimana… ma ormai erano passati cinque giorni, e praticamente non avevano ancora avuto una vera conversazione.

 

Francisca dovette intuire i suoi pensieri e le sorrise quasi a volerla consolare, mentre insieme ad Alexandrine le due raggiungevano il loro Dormitorio.

 

“Quindi qui non avete delle squadre “ufficiali”?”

 

“No, non abbiamo le Case, e anche se c’è un campo non abbiamo dei tornei e cose del genere… ma la scuola ci permette di giocare se vogliamo, ci forniscono i manici di scopa e anche Pluffa e compagnia.”

 

“In un certo senso mi fa piacere, adoro il Quidditch ma meno quando subentra la competitività estrema…”

 

“Qui nessuno è molto competitivo, fatta eccezione per Alastair Shafiq e Jackson Wilkes… spesso e volentieri fanno loro i Capitani, e ad entrambi piace da morire battere l’altro… maschi. Ad ogni modo non preoccuparti, non ci beccano mai… Tu fatti solo trovare fuori dalla tua stanza tra un’ora, al resto penseremo noi.” 

 

Alexa rivolse un sorriso all’americana, strizzandole l’occhio prima di superarla per raggiungere la propria stanza: quasi la divertita, l’aria disorientata di Camila… evidentemente non era abituata a giocare a Quidditch ad un orario del genere, ma c’era sempre una prima volta per tutto.

 

“Ma non è impossibile giocare con il buio? Quando me ne avete parlato quasi non ci credevo…”

 

“A noi piace essere alternativi… e poi al buio è molto più divertente, ma avrai modo di vederlo con i tuoi occhi… Ci vediamo dopo, sii puntuale!” 

 

Francisca le sorrise con la sua solita vivacità, rivolgendole un cenno di saluto prima di seguire Alexa lungo il corridoio, diretta alla sua camera. Rimasta sola Camila esitò per un istante ma poi entrò nella sua stanza, aprendo la porta bianca per poi chiudersela subito alle spalle.

 

Un’ora… almeno aveva tempo per scrivere a sua madre, prima di cambiarsi per andare a giocare. Era leggermente scettica, ma anche molto curiosa: voleva proprio vedere come quegli inglesi riuscissero a giocare con il buio.

Camila si avvicinò alla scrivania addossata al muro, accendendo un paio di candele con un colpo di bacchetta prima di prendere posto sulla comoda sedia imbottita: il foglio di pergamena era lì, esattamente dove lo aveva lasciato prima di andare a cena… doveva solo fare un po’ di ordine nella sua testa per decidere cosa scrivere a sua madre.

Non voleva farla preoccupare, ma nemmeno mentire alla donna che l’aveva cresciuta, facendo non pochi sacrifici soltanto per lei…

 

Sospirando la ragazza prese la piuma, intingendola nel calamaio prima di iniziare a scrivere: conoscendo sua madre, avrebbe annusato una bugia anche con quell’enorme distanza che ora le divideva… e se conosceva Melanie Holt almeno un po’, si sarebbe benissimo presentata fuori dalla sua stanza in men che non si dica.

 

Forse era molto più semplice, veloce ed indolore essere semplicemente sincera con sua madre e dirle che quella situazione non la stava mettendo particolarmente a suo agio.

 

                                                                                  *

 

“Non puoi seriamente fare finta di non saperne nulla, non con me!”

 

“Posso farlo eccome invece… e proprio eprchè sei tu. Sei mio fratello e devo fare in modo che tu ti tenga alla larga dai guai, Etienne.”   Laurent sbuffò, rivolgendo al fratello minore un’occhiata quasi esasperata. I due erano perfettamente soli, nel corridoio che portava agli alloggi degli insegnanti… Tecnicamente nessuno studente avrebbe potuto avervi accesso, ma Etienne era particolarmente deciso a parlare con suo fratello, dopo che il giovane insegnante di Babbanologia lo evitava accuratamente per non doversi sorbire le sue insistenti domande.

 

“Questo è un colpo basso.”   Etienne contrasse la mascella, fulminando il fratello maggiore con lo sguardo e facendolo sospirare leggermente, quasi come se si fosse pentito di quello che aveva appena detto:

 

“Lo so… mi dispiace. Ma dico davvero ET, devi starne fuori.”

 

“Non voglio i dettagli, so che non dovresti parlarne.”

 

“E allora non chiedere. C’è un motivo se è un gruppo segreto ET… se vieni invitato a farne parte un motivo preciso c’è, quindi se dovesse essere un argomento di tua competenza, faranno il tuo nome. In caso contrario non ficcare il naso in questioni che non ti riguardano fratellino, non è mai una mossa saggia.”

 

Laurent sospirò, guardando il fratello quasi a volerlo implorare di ascoltarlo e di stare fuori dalla questione “Night School”: i genitori glie l’avevano praticamente affidato dopo il disastro a Beauxbatons, e non se la sentiva proprio di deluderli o di farsi sfuggire la situazione dalle mani.

 

Dopo un attimo di esitazione il ragazzo annuì, sbuffando leggermente ma dicendo esattamente quello che Laurent voleva sentirsi dire:

 

“Ok… come preferisci, mi farò gli affari miei… ma anche se non andrò in giro con una lente di ingrandimento e il capellino alla Holmes, non vuol dire che demorderò. Non so perché, ma questa faccenda del gruppo di cui tutti sanno mi incuriosisce parecchio.”

 

“Sei un ragazzo intelligente, Etienne… e non sei un bambino, non posso dirti cosa o non cosa fare. Cerca solo di non finire nei guai: non posso dirti nulla, se non che non stiamo affatto parlando di un gioco.”

 

Probabilmente Etienne gli avrebbe chiesto ulteriori spiegazioni, ma Laurent girò sui tacchi e si avviò a passo svelto lungo il corridoio, sapendo che il fratello minore non si sarebbe messo nei guai per seguirlo oltre: era appena stato espulso da Beauxbatons… l’ultima cosa di cui aveva bisogno era di finire nei guai anche alla Cimmeria.

 

Il ragazzo esitò per un attimo, guardando il fratello maggiore allontanarsi prima di sbuffare, girando sui tacchi per dirigersi verso la direzione opposta: mancava poco al Coprifuoco, e non voleva farsi beccare a zonzo per l’edificio quando non era permesso già alla prima settimana di scuola.

 

Infondo aveva tutto l’anno scolastico per ottenere qualche risposta… poteva benissimo prendersela comoda e dormirci sopra, per discuterne insieme a Mathieu l’indomani mattina.

 

                                                                                      *

 

“Quindi non sono l’unico a fare da semplice spettatore…”

 

Phoebe si voltò, stringendosi nelle spalle alle parole di Adrianus, che era appena comparso accanto a lei, seduti sull’erba del enorme parco della tenuta mentre a diversi metri di distanza i loro amici e compagni si stavano organizzando, mettendosi d’accordo per i ruoli da ricoprire e le squadre.

 

“Sai che odio questo gioco... ormai vengo alle partite quasi per abitudine.”

 

“In genere c’è anche Isabelle… come mai non c’è stasera?”

“Ha detto che non si sentiva molto bene… e in effetti fa abbastanza freddo, forse ha fatto bene a restare al caldo in camera sua… Forse un po’ la invidio.”

 

Phoebe piegò le labbra in una smorfia, rabbrividendo leggermente e stringendosi nel maglioncino blu della divisa che si era messa quella mattina, facendo roteare lo sguardo al compagno:

 

“Mi spieghi perché ti vesti sempre troppo leggera anche se sai che farà freddo?”

 

“Non so dirtelo Adrianus… credo di odiare i vestiti pesanti in generale. In genere scrocco qualcosa ad Isabelle, come la sciarpa o i guanti, ma purtroppo stasera mi ha dato buca.”

 

Phoebe sorrise con una nota di amarezza, chiedendosi perché non fosse rintanata sotto le coperte… tecnicamente stavano violando parecchie regole, anche se ormai praticamente tutti gli insegnanti erano a conoscenza di quelle partite notturne.

 

“A volte proprio non capisco certi ragionamenti… tieni, mettiti questa. Mi sentirei in colpa se lunedì ti presentassi a lezione con il mal di gola.”

 

Adrianus sbuffò, sfilandosi la sciarpa per porgerla alla compagna, che dopo un momento di esitazione l’accettò, sorridendogli debolmente: era sempre stata abbastanza orgogliosa in effetti… ma non voleva nemmeno andare al primo incontro dell’anno della Night School senza voce.

 

I due restarono in silenzio per qualche minuto, osservando i loro compagni iniziare finalmente e giocare: non era facile scorgerli con il buio, ma stando a quanto gli stessi giocatori dicevano era proprio quello a rendere le partite divertenti, oltre che diverse dal solito.

 

“Non vedo niente… non so nemmeno chi è chi.”

 

“Beh, Alexa è facile da individuare, con i suoi capelli…”

 

“Anche Camila, se è per questo.”   Il tono di voce di Phoebe, decisamente piatto e allo stesso tempo quasi seccato, non passò inosservato ad Adrianus, che le rivolse un’occhiata in tralice: avrebbe voluto chiederle che cosa ci fosse davvero tra lei e la ragazza, ma non voleva nemmeno violare la sua privacy ed essere invadente… Era una domanda che mezza scuola ormai si stava ponendo, ma soltanto a bassa voce e alle spalle di entrambe le dirette interessate.

 

 “Immagino di sì… Sembra simpatica.”

 

“Non lo so, non ci ho parlato molto.”   Phoebe si strinse nelle spalle, strappando qualche filo d’erba e costringendosi al contempo di sembrare completamente disinteressata sulla questione. Con suo gran sollievo Adrianus non insistette, restando in silenzio e seguendo invece i movimenti dei giocatori sopra di loro…. In effetti la ragazza era quasi in conflitto con se stessa: se da una parte voleva davvero comportarsi normalmente e fare finta di niente, dall’altra sentiva di non poterlo fare… che le piacesse o meno qualcosa era cambiato, nella sua vita era subentrata una persona che non poteva ignorare per sempre, ne era consapevole.

 

Sapeva che non era colpa sua, ma forse inconsciamente riversava su Camila la causa il rapporto freddo dei genitori, che era sfociato, nel divorzio solo un paio d’anni prima.

Non aveva quasi mai fatto un discorso serio con i suoi genitori, non aveva mai chiesto a sua madre come avesse vissuto la nascita di Camila… lei e la sorellastra erano nate praticamente in contemporanea e non aveva potuto assistere alla vita coniugale dei genitori prima della nascita della ragazza: forse prima Elizabeth Shafiq e Nathaniel Selwyn avevano provato una qualche forma di affetto l’uno verso l’altro, nonostante il matrimonio fosse stato quasi costretto dalle famiglie di entrambi… ma non l’avrebbe mai potuto sapere, sfortunatamente.

 

                                                                               *

 

Jude sbuffò, imprecando mentalmente contro il Boccino d’Oro mentre vedeva chiaramente Alexa sfrecciargli accanto: la ragazza era già piuttosto riconoscibile per via dei suoi capelli rossi, ma lui aveva sempre avuto una spiccata vista quando era al buio… per qualche motivo, il suo occhio scuro sembrava adattarsi alla poca luce estremamente bene.

 

Nonostante avesse quel “dono” però non aveva ancora individuato la minuscola pallina d’oirata che avrebbe dovuto prendere… Non che andasse matto per il Quidditch, in realtà: amava volare, ma spesso non prendeva parte alle partite… Se lo faceva era solo perché ci vedeva qualche altro fine dietro, come quella sera: aveva potuto avvicinarsi facilmente ai compagni e parlare della Night School senza destare troppi sospetti… in qualunque altro caso a chiunque sarebbe venuto un colpo, vedendolo parlare insieme ad Alastair Shafiq.

 

In un certo senso però quasi gli dispiaceva che Isabelle non ci fosse… per quanto gli costasse ammetterlo, la ragazza contava all’interno della cerchia… molto più di lui. Era una specie di “pezzo grosso” nella Night School, e non gli sarebbe dispiaciuto scoprire se lei aveva ricevuto istruzioni diverse dalle sue.

 

In realtà Isabelle Van Acker odiava il Quidditch, quindi nessuna sorpresa sul non vederla in sella ad una scopa… ma ricordava di averla sempre vista per sostenere Shafiq. Chissà perché non c’era, quella sera.

 

 “VERRATER, MUOVITI INVECE DI CONTEMPLARE L’ORIZZONTE!”

 

Le parole di Jackson quasi lo risvegliarono, portandolo a ricordarsi che era pur sempre in campo… forse avrebbe dovuto pensarci dopo e concentrarsi invece sulla partita.

Sbuffando debolmente il ragazzo scese in picchiata, seguendo Alexa e sperando che la ragazza non avesse individuato il Boccino prima di lui.

 

Era ancora ad una ventina di metri dal suolo quando si accorse di qualcosa… qualcosa di decisamente insolito. C’erano delle luci accese, da qualche parte… riusciva distintamente a scorgere quell’inconfondibile sfumatura aranciata del fuoco, tanto che per un attimo pensò che ci fosse un qualche incendio. Osservando meglio però si accorse che le luci provenivano dalla Cappella… che ci fosse qualcuno all’interno?

 

Jude aggrottò la fronte, socchiudendo gli occhi per riuscire a vedere meglio: non riusciva a scorgere alcuna figura, purtroppo… ma era certo che ci fosse qualcuno, dentro la Cappella. Di certo le luci non erano rimaste accese per caso.

 

 

Peccato che fosse nel bel mezzo di una partita e non potesse mandare tutto a quel pese per soddisfare la sua curiosità… forse l’avrebbe anche fatto, ma poi Wilkes l’avrebbe ucciso per averlo fatto perdere.

 

                                                                                             *

 

Rabbrividì, tormentandosi le mani guantate mentre camminava sull’erba a passo svelto: voleva fare in fretta, senza perdere tempo.

 

Isabelle si voltò, rabbrividendo leggermente mentre guardava i suoi stessi compagni giocare a Quidditch, anche se da lontano: fortunatamente era buio ed era impossibile che qualcuno la vedesse… o almeno lo sperava: era stata ancor più prudente del solito per non farsi scoprire a sgattaiolare fuori dopo il Coprifuoco, usando la scala di servizio che fino a duecento anni prima veniva usata dalla servitù.

 

Isabelle deglutì sistemandosi dietro le orecchie i lunghi capelli castani sferzati dall’aria, accelerando il passo per raggiungere la Cappella il più in fretta possibile.

Sperava solo che le istruzioni e l’orario fossero precisi… non le andava per niente di dover aspettare i loro comodi, non vedeva l’ora di infilarsi sotto le coperte e mettere finalmente fine a quella giornata.

 

Prima di entrare nella piccola quanto antica Cappella Isabelle respirò profondamente, afferrando il freddo battente di metallo per aprire la porta di legno massiccio.

 

La ragazza s’infilò nel piccolo spiraglio che aveva creato, chiudendosi lentamente la porta alle spalle prima di voltarsi, osservando l’interno della chiesetta: ci era stata moltissime volte… ma mai a quell’ora, e doveva ammettere che con le candele accese l’atmosfera era parecchio suggestiva.

 

Gli occhi verdi della ragazza andarono sull’altare e senza esitare Isabelle iniziò a percorrere la navata, non fermandosi ad osservare i bellissimi affreschi e le poesie che erano state incise nella pietra nel corso dei secoli precedenti.

 

Raggiunto l’altare di pietra, illuminato da un pesante candelabro d’oro, Isabelle esitò: c’era una piccolo biglietto di pergamena appoggiato sopra… ma non era del tutto sicura di volerlo leggere.

 

Falla finita Isabelle. Non hai scelta

 

La ragazza allungò una mano, sentendosi orribilmente osservata. Odiava quella sensazione… le sembrava di essere in trappola, come se ci fosse qualcuno pronto a farle del male nascosto dietro un angolo.

 

Isabelle deglutì, spiegando il biglietto e leggendone in fretta il contenuto: si trattava di sole due parole, dopotutto.

Le due parole che avrebbero dato l’inizio al suo incubo peggiore.

 

Stiamo aspettando

 

 








..........................................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! Scusate se il capitolo non è granchè, so che è poco approfondito e mi spiace che non compaiano tutti gli OC, ma l'ho scritto stasera praticamente di getto: avrei voluto aggiornare ieri ma stamattina avevo un test molto importante e non sono riuscita a scrivere nulla nel finesettimana.

Ad ogni modo spero che il capitolo vi sia piaciuto lo stesso, prometto che il prossimo sarà migliore XD

Buonanotte, a presto!

Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Primo incontro ***


Capitolo 5: Primo incontro

 
Sabato 20 Settembre
 
 
“Sbaglio, o ieri sera la tua amica non è venuta alla partita?”
 
“Lei ha un nome Verräter, lo puoi usare.”
 
Alastair roteò gli occhi, alzando lo sguardo dal libro che teneva in mano per posarlo su Jude, che gli rivolse di rimando un debole sorrisetto:
 
“Com’è che sei sempre così suscettibile, quando si tratta di Isabelle?”
 
“Perché è mia amica, e le voglio bene. Ad ogni modo no, non è venuta ieri sera.”
 
“Strano… in genere fa il tifo per te. Posso sapere perché non è venuta?”
 
Il sorriso angelico di Jude non vacillò di fronte allo sguardo seccato di Alastair, che chiuse il libro prima di sbuffare leggermente:
 
“Non che siano affari tuoi, ma ha detto che preferiva riposarsi un po’ in vista di stasera. Perché diamine ti interessa?”
 
“Per nessun motivo in particolare… solo, mi piace tenermi informato. Piuttosto Shafiq, credi davvero che il motivo fosse quello? La conosci da più tempo di me e mi chiedo se non sia per questo motivo che non riesci a capire quando mente… non sei obbiettivo quando si tratta di Isabelle.”
 
Jude gli sorrise prima di girare sui tacchi e uscire dalla Sala Comune, lasciando Alastair solo… e anche se quest’ultimo non l’avrebbe mai ammesso, qualcosa gli diceva che purtroppo Jude Verräter aveva ragione.  Alastair sbuffò, lasciando il libro sul divano e riflettendo su quanto appena sentito… ormai gli aveva messo il dubbio in testa, e anche se detestava l’idea che Isabelle gli avesse mentito o anche solo il non fidarsi di lei, odiava anche essere preso in giro.
 
“Che muso lungo… qual è il problema? A parte l’aver perso contro il tuo migliore amico, ovviamente.”
 
Jackson spuntò sulla soglia della stanza, sorridendo all’amico mentre gli si avvicinava, sedendosi sul divano accanto a lui tenendo un libro in mano.
 
“Fammi indovinare Jax, passerai le prossime due settimane a ricordarmelo? Ho appena parlato con Verräter, e come sempre è riuscito a mettermi in difficoltà.”
 
“Perché, di che avete parlato?”
 
“Di Belle. Lui sostiene che mi abbia mentito ieri sera.”
 
Alastair contorse la mascella mentre Jackson apriva il libro, sfogliando distrattamente le pagine per tornare al punto a cui era rimasto:
 
“Beh, sai di non stare particolarmente simpatico a Jude… non prenderlo troppo sul serio, magari voleva solo farti innervosire. Perché Isabelle dovrebbe mentirti?”
 
“Non lo so… ma se è così lo scoprirò, stanne certo. Piuttosto, cosa stai leggendo?”
 
“Lo strano caso del Dottor Jekyll e Mr Hyde… lascia stare, non è roba per te.”
 
Jackson sorrise all’amico, per niente sorpreso nel trovarlo leggermente confuso di fronte al titolo del libro: dopotutto Alastair era Purosangue, era lecito che non avesse mai sentito prima quel nome… in effetti nemmeno lui avrebbe dovuto conoscerlo in teoria, ma da anni si era appassionato alle letture Babbane e aveva letto moltissimi classici della loro Letteratura.
 
“No, probabilmente no… Ma tuo padre lo sa, che leggi quella roba?”
 
“Scherzi? Gli verrebbe un infarto! Anche se io e lui non ci facciamo molte confidenze… Non lo sa, e per quanto mi riguarda non è necessario che avvenga il contrario.”
 
                                                                       *
 
“Non so tu, ma io non ho proprio la testa per studiare…”
 
“Nemmeno io, la mia concentrazione è praticamente pari a 0… continuo a pensare a stasera, maledizione.”
 
Frankie sbuffò, lanciando un’occhiata torva ai compiti che non aveva alcuna voglia di svolgere: a suo parere qualcuno prima o poi avrebbe dovuto stilare una regola che li vietasse, di Sabato.
 
Inaspettatamente però Alexa sorrise, guardando l’amica seduta di fronte a lei con una luce divertita e maliziosa negli occhi:
 
“Strano, ero convinta che più che a stasera tu stessi pensando a ieri sera, quando avete vinto…”
 
“Certo che abbiamo vinto… e anche grazie al mio aiuto, modestamente!”
 
“… fammi finire Frankie! Dicevo, a quando avete vinto e Steb ti ha fatto i complimenti.”
 
Francisca sgranò gli occhi alle parole dell’amica per poi sbuffare, tirandole un foglio di pergamena accartocciato addosso e cercando di ignorare le sue risate:
 
“La vuoi finire con questa storia? Non sei divertente Alexa!”
 
“Io mi reputo molto divertente invece… E non pensare di prenderti gioco di me Frankie, so di aver ragione! Menomale che era buio, altrimenti tutti avrebbero visto di che tonalità di porpora sei diventata…”
 
Probabilmente Alexa avrebbe anche continuato a “divertirsi”, ma un’occhiataccia dell’amica la convinse a lasciar perdere:
 
“Ok, ho capito… per un po’ la smetterò, ti darò pace. Ma so di aver ragione Frankie, e non puoi fare nulla per convincermi del contrario. Non capisco perché ti imbarazzi, dopotutto Adrianus è davvero un bel ragazzo ed è anche molto simpatico.”
 
“Alexa, parla piano, dannazione!”
 
                                                                               *
 
Aveva iniziato a disegnare praticamente senza un’immagine ben chiara in testa, non sapendo nemmeno cosa voler rappresentare.
 
Il carboncino era quasi scivolato da solo sul foglio bianco, tracciando delle linee senza riflettere: Isabelle si lasciò guidare semplicemente dal suo inconscio, permettendo alla sua mente di mostrarle che cosa stesse occupando prepotentemente i suoi pensieri.
 
Ad un certo punto la ragazza si fermò, guardando il suo lavoro con una lieve smorfia dipinta sul volto mentre Phoebe le si avvicinava, carica di libri e imprecando contro gli insegnanti che li avevano già caricati di compiti dopo una singola settimana:
 
“Di questo passo non arriverò viva a Natale... Perché stai disegnando la Cappella?”
 
La ragazza sbirciò il quaderno da disegno dell’amica, che si strinse nelle spalle e lo chiuse in fretta per poi lasciarlo sul tavolo, accanto a lei.
 
“Così… pensavo solo che è da molto che non ci andiamo.”
 
“In effetti da quando siamo tornate non ci siamo ancora andate… magari ci faremo un salto domani, temo che per oggi siamo destinate a restare confinate qui.”
 
Phoebe sbuffò debolmente mentre tirava fuori piuma e calamaio dalla borsa, preparandosi ad iniziare i compiti mentre l’amica sembrava del tutto assente, la testa altrove invece che in Biblioteca, insieme a lei.
 
Mentre srotolava una pergamena Phoebe le rivolse un’occhiata in tralice, chiedendosi a cosa stesse pensando l’amica… del resto però quella sera avevano il primo incontro con la Night School dell’anno, quindi dedusse che stesse pensando a quello e non le chiese nulla, restando in silenzio per qualche secondo.
 
“Chissà cosa faremo stasera…”
 
“Niente di troppo piacevole, ho idea. Qualcosa mi dice che non sarà affatto rilassante.”  Isabelle avvicinò la sedia al tavolo con un gesto secco, affrettandosi ad imitare l’0amica per concentrarsi sui compiti: di quel passo sarebbe arrivata l’ora di cena e non avrebbe concluso nulla… e non era decisamente il caso di restare indietro già alla prima settimana.
 
“Purtroppo, sono d’accordo con te. Da che cosa vuoi iniziare?”
 
“Trasfigurazione, via il dente via il dolore.”
 
Isabelle sfoggiò una smorfia che fece sorridere debolmente l’amica, consapevole di quanto detestasse quella materia.
 
Phoebe guardò la compagna tirare fuori il libro di Trasfigurazione dalla borsa, indecisa se chiederle o meno della sera precedente… non sapeva perché, ma c’era qualcosa che le puzzava leggermente in quella storia.
 
“Allora… ieri seria che hai fatto, tutta sola in camera tua?”
 
“Che vuoi che abbia fatto, mi sono riposata… sai, non credo di essermi ancora abituata ad alzarmi presto, dopo tre mesi.”
 
“Tipico di te. Ma se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero Belle?”      Isabelle alzò lo sguardo sull’amica, sorridendole leggermente prima di annuire, guardandola come se la trovasse tenera a preoccuparsi per lei:
 
“Si… certo. Anche Alastair mi ha detto la stessa cosa, possibile che vi scaldiate tanto per una partita mancata? Rilassati Bibi, non c’è niente che non va… Piuttosto, pensi che parlerai mai con tua sorella o hai programmato di ignorarla per tutto l’anno?”
 
“Ma che c’entra ora? Belle, non puoi spostare sempre il discorso quando ti fa comodo, credi che non me ne accorga?”    Phoebe sbuffò, guardando l’amica quasi con un cipiglio accusatorio che fece sorridere leggermente Isabelle, guardando l’amica con aria divertita:
 
“Forse lo faccio, è vero… Ma tu non rispondi mai alle domande scomode, quindi in pratica siamo pari.”
 
                                                                                    *
 
“E’ una mia impressione, o a Beauxbatons davano meno compiti?”
 
“No, è effettivamente così… Siamo alla prima settimana e siamo già carichi di roba, grandioso… Da te erano così fiscali o vi lasciavano respirare?”
 
Mathieu sbuffò mentre cancellava nervosamente l’ennesima frase che lo convinceva poco nella relazione che avrebbe dovuto scrivere per Trasfigurazione, rivolgendosi ad una Camila visibilmente distratta, come se avesse la testa da un’altra parte.
Non ottenendo risposta il ragazzo si voltò verso l’americana, sorridendo debolmente prima di chiamarla nuovamente:
 
“Camila?”
 
“Eh? Scusa, pensavo ad altro… Comunque sì, forse ad Ilvermorny non erano così tremendi.”
 
Camila sospirò debolmente, tornando a concentrarsi sui compiti mentre ripensava alla sua vecchia scuola, ormai lontanissima. Un po’ le mancava, in effetti… Ilvermorny aveva un clima molto più rassicurante rispetto a quell’imponente castello tardo settecentesco.
 
“Non ti abbiamo mai chiesto come mai ti sei trasferita qui, in effetti… cosa ti ha portata in Inghilterra?”
 
“Borsa di studio… voi?”
 
“Anche io.”   Mathieu annuì, rivolgendo un’occhiata di sbieco in direzione di Etienne, che rimase in religioso silenzio, preferendo restare fuori dal discorso.
Quando aveva ottenuto la borsa di studio Camila si era sentita quasi fiera di se stessa… ma a volte si era chiesta se fosse la cosa migliore, frequentare la scuola di sua sorella, dove anni addietro aveva studiato anche il loro padre. Phoebe era finita alla Cimmeria per ereditarietà, come praticamente tutti gli studenti dell’istituto, ma lei si sentiva un po’ un pesce fuor d’acqua con i suoi capelli assurdi e il suo carattere spontaneo, in mezzo a quelle divise ordinate e al clima leggermente rigido.

Era passata una settimana, ma quei giorni era passati molto lentamente... le sembrava di essere in Inghilterra da secoli, l'America e sua madre non le erano mai sembrate così lontane, sia realisticamente che metaforicamente.

Di fronte alla domanda di Mathieu Camila annuì con leggero cenno del capo, preferendo limitarsi ad annuire invece che spiegare la storia per intero... sarebbe stato un po’ complicato, in quel caso:

“Ti manca la tua famiglia?” 

“Un po’... a voi?” 

“Oh beh, mio fratello insegna qui... non può mancarmi la mia famiglia, in pratica mi tiene sotto controllo anche se i miei genitori e gli altri fratelli vivono in uno Stato diverso.” 

Etienne sfoggiò un sorriso leggermente amaro che fece ridacchiare Mathieu, già pregustandosi l'anno che avrebbe passato a prendere in giro l'amico per la vicinanza del fratello maggiore... povero ET. 

Camilla invece sorrise con aria quasi comprensiva, guardando il francese con curiosità:

“Hai altri fratelli?” 

“Si, siamo in quattro... ma ad avere i poteri magici siamo solo in due.” 

“Però, siete un bel numero...” Camila inarcò un sopracciglio, astenendosi dal chiedergli come fosse avere una famiglia numerosa... lei era cresciuta da sola con sua madre, dopotutto... aveva sempre saputo di avere una sorella, ma l'aveva conosciuta solo dopo anni. 

“Abbastanza, a volte è bello, altre un po’ meno... Ma ora finiamola di chiacchierare, altrimenti finiremo i compiti domani notte e non voglio passare il resto del weekend qui!” 


                                                                             *


“Al? Ci sei? È il tuo turno.”   Isabelle inarcò un sopracciglio, guardando il suo migliore amico con lieve scetticismo: Alastair aveva decisamente la testa da un'altra parte... ed era una cosa piuttosto rara, quando giocavano a scacchi.

Il ragazzo annuì, sospirando leggermente prima di parlare di nuovo, evitando di guardarla in faccia:

“Si, scusa... Regina in E5.” 

Isabelle annuì, aggrottando leggermente le sopracciglia mentre cercava di figurarsi la mossa nella sua testa, insieme al quadro completo della scacchiera.

“D'accordo... Torre mangia Fante. Sei un po’ distratto, Al?” 

Isabelle sorrise, allungando una mano per toccare il boccolo orologio che aveva appoggiato sul tavolino, azionando il cronometro per passare il turno all'amico, che annuì sbuffando leggermente:

“In un certo senso...” 

“A me puoi dire tutto, lo sai... stai pensando a stasera?” 

“No. Belle... se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero? Insomma, ci conosciamo da sempre... Cavallo in E2.” 

“Pensi davvero di mangiare la mia Regina con così poco? Scordatelo, Al... e comunque va tutto bene, non preoccuparti. Perché me lo chiedi? Alfiere in H4.” 

“Non lo so... scusa, ma Verräter mi ha messo la pulce nell'orecchio.” 

Alastair sbuffò, maledicendo mentalmente il ragazzo mentre Isabelle inarcava un sopracciglio, chiedendosi perché Jude proprio non riuscisse a non mettere il naso nei suoi affari:

“Che cosa ti ha detto Jude?” 

Alastair ricambiò il suo sguardo, e per un attimo entrambi si scordarono della partita in corso, con il cronometro che continuava ad andare, scandendo i secondi del turno del ragazzo. 
Poi si strinse nelle spalle, parlando in tono quasi piatto:

“Non saprei Belle... c'è qualcosa che dovrebbe dirmi?” 

“Ovviamente no. Ma lo sai com’è fatto... probabilmente voleva solo metterti in difficoltà, lascia perdere. Piuttosto pensa al gioco, il tuo turno sta procedendo...” 

“Merda, ma non potevi bloccarlo?” 

“Neanche morta, lo sai che amo vincere!”    Isabelle sfoggiò un sorriso, ma dentro di se non pensava più alla partita e alle mosse, smettendo di immaginarsi la scacchiera dove lei è Alastair stavano giocando senza scacchi veri e propri... Possibile che Jude l'avesse vista? 

Se sapeva qualcosa, doveva assolutamente assicurarsi che non parlasse con nessuno... e capire per bene che cosa il ragazzo sapeva e cosa no.

"State ancora giocando a scacchi senza gli scacchi?"   

Una voce familiare la distrasse, facendola voltare verso a sua fonte, che era comodamente seduta su una poltrona nella grande, circolare ed accogliente Sala Comune, dove gli studenti passavano spesso parte del loro tempo libero. 

“Già. Vuoi fare una partita? Dopo che avrò battuto Al, ovviamente.” 

“Ehi! Non è ancora detta l'ultima parola!”   Alastair sbuffò, rivolgendo all'amica un'occhiata quasi offesa mentre la ragazza sorrideva, e anche Adrianus che però scosse leggermente il capo, declinando l'offerta:

“No grazie Isabelle... onestamente, non credo che ne sarei perfettamente in grado. Voi due siete strani, ve l'hanno mai detto?” 

“Qualche volta.”  Isabelle si strinse nelle spalle, mentre sia lei che Alastair si astenevano dal dire al compagno che anche lui sarebbe stato in grado di giocare a scacchi in quel modo se avesse passato settimane su settimane a giocarci ripetutamente, imparando strategie a non finire. 

La Night School aveva quasi una fissa per gli scacchi, una fissa che nessuno riusciva mai a comprendere appieno ma alla quale tutto si adeguavano: non che ci fosse scelta, del resto. I primi mesi erano dedicati solo ed esclusivamente a quel particolare, complicato gioco e alla fine i ragazzi conoscevano meglio quel gioco che la loro lingua madre, probabilmente.

“Hai per caso visto Jax, Steb? Non lo vedo in giro da un po’...” 

“Ha detto che doveva fare i compiti, ma preferiva fare da solo perché con noi in giro non sarebbe riuscito a combinare nulla... non posso dargli torto, in effetti. Nemmeno io combino molto in compagnia.” 

“Noi no, ormai siamo una squadra fenomenale nell’aiutarci reciprocamente con i compiti..
 Scusa Al, ma Torre mangia Re, Scacco.” 

“Questa non è proprio la mia giornata... Steb, se mi prometti che non mi batterai in niente posso farti compagnia con lo studio? Tra Quidditch ieri e Scacchi oggi, non so che altro mi capiterà...” 

Isabelle sorrise, alzandosi e dando una pacca sulla spalla dell'amico prima di voltarsi, strizzando l'occhio ad Adrianus quasi a volergli dire di dare un po’ di pace ad Alastair.
Il ragazzo colse il messaggio e si rivolse di nuovo al ragazzo, annuendo con un cenno del capo:

“Visto che ti sei offerto, mi puoi dare una mano in Pozioni... questa relazione mi mette sonnolenza ancor prima di iniziarla. Belle, ti unisci a noi?” 

“No grazie, credo che andrò a cercare Phoebe... probabilmente è in Biblioteca, sepolta dai libri e in piena crisi “odio la scuola e tutti gli insegnanti”.” 

La ragazza uscì dalla stanza e, anche se nessuno dei due disse nulla, scambiandosi un'occhiata eloquente Alastair e Adrianus seppero che stavano pensando la medesima cosa: del resto, chi non ci passava, in quella fase? 


.                                                                                   *


“Fai piano, maledizione! Vuoi svegliare tutto il castello?” 

Alexandrine alzò gli occhi al cielo, facendo cenno alla sua migliore amica di seguirla mentre Francisca le zoppicava alle spalle, imprecando a mezza voce contro la cassapanca contro la quale aveva appena sbattuto il piede. 

“Grande, mi sono distrutta il piede ancor prima di iniziare...” 

“Non è colpa di nessuno se dopo anni ancora non ti ricordi dove mettere i piedi e dove no... ma muoviamoci, è praticamente ora.” 

La rossa sospirò, avanzando lungo il corridoio buio con la bacchetta stretta in mano e l'amica subito dietro: era il primo incontro dell'anno... e non la minima intenzione di fare tardi, non dopo aver passato tutta la giornata a chiedersi come sarebbe andata. 

Miracolosamente le due ragazze fecero gran parte del percorso restando in silenzio, scendendo frettolosamente le scale. Il castello era buio, ma avevano percorso quella stessa strada così tante volte che quasi non avevano bisogno della luce delle bacchette... quasi ovviamente, visto che Frankie non voleva arrivare in palestra con un piede definitivamente fuori uso. 

Mancavano pochi minuti alle 23, e a parte loro e gli altri membri della Night School nessuno era in giro per i corridoi a quell'ora... alla Cimmeria prendevano il coprifuoco molto seriamente, lo sapevano tutti. 

“Strano non aver incrociato nessuno... secondo te siamo noi in ritardo? Oppure in anticipo...” 

“Non lo so Alexa, ma preferisco spingermi sulla seconda opzione... se no chi li sente, quelli.” 


                                                                            *


Ricordava perfettamente quando, un anno prima, aveva fatto quella strada a quell'ora per la prima volta... di certo a quel tempo era molto più nervoso, trattandosi del suo primo incontro. 
Quella sera invece Jude Verräter scendeva le scale con calma, muovendosi silenziosamente quasi senza farlo apposta: ormai ci era abituato... Era consapevole che nessuno avrebbe potuto dirgli nulla trovandolo in giro a quell'ora, anche se il Coprifuoco era passato: del resto, tutti i professori sapevano i nomi dei membri della Night School... gli aveva sempre recato una certa soddisfazione, quella piacevole sensazione di estrema sicurezza: tecnicamente non si poteva violare il coprifuoco, ma lui non doveva farsi alcun problema. O almeno, quando erano previsti degli incontri. 


Jude attraversò l’ingresso deserto imboccando un corridoio e poi un altro, fino a scendere una breve rampa di scale. Si trovò davanti ad una porta a doppia anta alta solo pochi centimetri più di lui, sigillata per la maggior parte degli studenti della Cimmeria e per gran parte dell'anno... se non nelle due sere a settimana, quando si ritrovavano per gli incontri.

Jude sollevò la mano, rivolgendo il palmo verso il legno scuro e intagliato in rune della porta. Pochi istanti dopo il simbolo inciso appena sopra la serratura s’illuminò flebilmente di bianco, riconoscendo il disegno che gli avevano fatto sulla mano destra l'anno prima, quando era entrato nella Night School: ormai il segno era scomparso da tempo, certo... ma la porta lo riconosceva comunque. 

Jude aprì la porta e lasciò che si chiudesse alle sue spalle con un leggero tonfo, notando che nella palestra non c'era ancora quasi nessuno... sollevato di essere arrivato per tempo il ragazzo si avvicinò alla parete con allineati i ganci d’ottone che riportavano una borsa con i vestiti che indossavano durante gli incontri, il cognome di ogni studente inciso sopra.

Era decisamente sollevato di non dover più giocare a scacchi: era arrivato ad un punto in cui aveva quasi rovesciato la scacchiera per terra... per mesi non aveva fatto altro, l'anno prima. Ma ora le cose erano finalmente mutate definitivamente, e avrebbe potuto continuare l'allenamento più pratico, come alla fine dell'anno precedente. 

Essendo sistemati in ordine alfabetico il suo era uno tra gli ultimi, appena dopo quello di Isabelle Van Acker... leggendo di sfuggita il suo nome sul gancio gli tornò in mente là capelli illuminata che aveva visto la sera prima... ovviamente in un primo momento non l'aveva collegata a lei, ma quella mattina aveva visto la ragazza disegnare qualcosa sul suo quaderno, che si portava perennemente appresso: la cappella. Ovviamente non era una vera prova, ma aveva la netta sensazione che non fosse un caso, e il suo intuito sbagliava di rado.

Si stava avviando verso gli spogliatoi quando la incrociò, insieme come sempre a Phoebe Selwyn... le due stavano parlottando a bassa voce e non fecero caso a lui, ma il ragazzo lanciò comunque un'occhiata alle compagne:

Che stai combinando, Van Acker?  


                                                                        *


Jackson stava osservando l’insegnante di Difesa contro le Arti Oscure, il Professor Oldman, parlare quasi senza ascoltarlo... era impassibile, intuendo quello che l'uomo stesse dicendo: 

Ora ci manda fuori a correre
Ora ci manda fuori a correre


Il ragazzo era interamente circondato dai compagni, sia coetanei che più piccoli di uno o anche due anni... non c'erano limiti di età per la Night School: chiunque poteva entrare, bastava dimostrasse essere all'altezza. 

Lui ormai faceva parte del gruppo da tempo, quello era il suo terzo anno... e sapeva già che cosa stava per dire Oldman, per concludere il suo discorso di “bentornato”:

“Come dicevo prima, spero davvero che vi siate riposati quest'estate... perché cominceremo subito. Stasera non fa nemmeno troppo freddo, quindi immagino sarete ben lieti di farvi il giro della tenuta correndo... ci vediamo di nuovo qui tra un'ora, così potrete rinfrescarvi per bene le idee.” 

L'uomo sorrise, e per quanto fosse amato da tutti gli studenti come insegnante metà dei presenti probabilmente lo maledirono, in quel momento: nessuno aveva molta voglia di correre, dopo settimane di pausa... ma prima o poi dovevano pur cominciare. 

“Beh, godiamoci il momento... non voglio pensare a quando arriverà Novembre e ci trasformeremo tutti in dei graziosi ghiaccioli.” 

Jackson piegò le labbra in una smorfia mentre, insieme ad Alastair, si avviava verso la porta laterale della grande stanza rettangolare, per uscire tramite il passaggio che portava direttamente al giardino sul retro del castello, che probabilmente qualche secolo prima era il giardino della servitù. 

“Non farmici pensare Jax...”  Alastair sbuffò, ricordando con poca allegria quando l'anno prima si era preso una bella influenza, a causa delle loro corsette notturne... per qualche strano motivo, erano determinati a prepararli anche fisicamente, oltre che farli allenare con la magia. 

Quando uscirono tutti rabbrividirono leggermente, sparendo quasi nel buio grazie alle tute nere che indossavano, incantate appositamente per non far trapassare troppo freddo attraverso il tessuto.

“Beh... si comincia. Ci vediamo al traguardo Shafiq.”  Jackson sorrise, dando all'amico una pacca sulla spalla prima di iniziare a correre con calma, deciso a non sprecare tutte le forze subito: il percorso era lungo, lo sapeva anche fin troppo bene... stancarsi subito non aveva alcun senso. 

 “Si, se non andrò in coma prima.” 


                                                                          *


Quasi sobbalzò nel sentire bussare alla porta, chiedendosi chi avesse avuto la brillante idea di rompergli le scatole a mezzanotte. Mathieu sbuffò, tirandosi a sedere sul letto con i capelli spettinati e una faccia leggermente contrariata, invitando con un borbottio ad entrare chiunque ci fosse oltre il muro. 

“Ah, sei tu... non mi sorprende neanche un po’.” 

“Ehm... ti ho svegliato?” 

“No, figurati... in effetti stavo pensando di farmi una passeggiata, è proprio l'ora giusta. Che cosa c'è, Lacroix?” 

Il moro sbuffò mentre l'amico entrava nella sua camera, chiudendosi la porta alle spalle e avvicinandosi al letto del ragazzo:

“Quante storie... a Beauxbatons chiacchieravamo anche fino all'una.” 

“Che vuoi farci ET, stare in camera da soli concilia il sonno. Sentiamo, cosa ti spinge qui in piena notte, ben oltre il coprifuoco?” 

“Niente di che... Sai, continuo a pensare alla Night School.” 

“Ancora? Per l'amore del cielo, smettila di giocare a Sherlock Holmes! Non ci porterà a niente di buono e lo sai!” 

“Sai che sono abbastanza curioso... e il fatto che nessuno dica niente è strano. Insomma, che cosa ci sarà di tanto importante per tenere tutto segreto?” 

“Non ne ho idea, e forse non deve interessarci... hai sentito tuo fratello, no? Facciamoci gli affari nostri, se questa storia dovrà interessarci allora si faranno vivi.” 

“Pensala come vuoi Mat... intanto però scommetto dieci galeoni che stasera c'era una specie di incontro... ho sentito un leggero via vai lungo il corridoio, circa un'ora fa.”

“Può anche darsi, ma di sicuro io non ci vengo a ficcare il naso in giro, non quando non consociamo ancora bene questo posto... e ora ho sonno! Fila ET, giocherai a fare il detective domani.” 

“Io te lo dico, Mat... c'è qualcosa che non mi quadra del tutto! E sai che ci sono sempre fondi di verità nelle mie sensazioni!” 

“Non voglio una lezione di Divinazione, grazie... ne riparliamo domani, ora fammi dormire in pace!” 

Mathieu sbuffò mentre l'amico si alzava dal letto, colpendolo con il suo cuscino mentre il biondino ridacchiava, lieto di averlo disturbato un po’ mentre usciva silenziosamente dalla camera: era perfettamente consapevole di non poter farsi beccare in giro dopo il Coprifuoco... era già finito nei guai una volta, non voleva che riaccadesse in una scuola e in un Paese diversi. 


                                                                                *

Sorrise leggermente, respirando l'aria fredda a pieni polmoni mentre continuava a correre ad un ritmo regolare, ne troppo veloce, ne troppo lento. 

Gli era sempre piaciuto, il freddo... infondo ad Hogwarts il clima era peggiore, trovandosi molto più a nord, in Scozia. E Jude ci aveva passato quattro anni, ormai ci era abituato. 

I suoi compagni non sembravano pensarla allo stesso modo, visto il pallore generale... probabilmente era lui quello strano, ma correre al freddo non gli dispiaceva, anche al buio. Infondo, ci vedeva anche abbastanza bene grazie al suo occhio scuro, riusciva distintamente a scorgere qualunque cosa intorno a lui.

Era sicuro al 100% che dopo la corsa avrebbero dovuto duellare... e la cosa non lo rendeva neanche minimamente allegro, quindi continuava a ripetersi di “godersi il momento” e la pace del correre in silenzio, al buio e praticamente da solo visto che il gruppo si era in gran parte disperso lungo il percorso a causa delle diverse andature. 

Guardandosi intorno, lo sgaurdo del ragazzo cadde inevitabilmente su un piccolo edificio situato dall'altra parte del parco, ma riusciva comunque a vedere la cappella anche se le luci quella sera erano spente.
Era da molto che non ci andava... forse era arrivato il momento di fare un giro per la tenuta.


                                                                                      *


“Non mi sento più la gola.” 

“E allora perché parli?”  

Phoebe roteò gli occhi, parlando con un tono sarcastico molto poco velato mentre Francisca le rivolgeva uno sgaurdo leggermente seccato, stesa sul pavimento della palestra tra lei e Alexandrine. 

“Simpatica come sempre Phoebe...” 

“Grazie. Mi limito solo a puntualizzare i fatti, Francisca...”.  Probabilmente Phoebe avrebbe anche detto altro, ma la voce pacata e leggermente ironica dell’insegnante glielo impedì, cogliendola alla sprovvista mentre Oldman spuntava davanti al gruppetto di ragazze dell'ultimo anno, osservandole con gli occhi nerissimi quasi divertiti.

“Signorine, visto che avete il fiato per parlare potete anche alzarvi per riprendere... coraggio, non fate le pantomime e tirate fuori le bacchette... ci alleniamo con i duelli stasera.” 

Alle parole di Oldman metà dei presenti gemette con aria grave, alzandosi con le gambe indolenzite dopo la corsa da poco conclusa. 

"Evviva... hai visto, stava quasi ridendo! Secondo me in realtà ha passato l'estate a premeditare il momento in cui ci avrebbe potuto torturare tutti.” 

Il sussurro di Alexa fece quasi ridacchiare Francisca, ma la ragazza ebbe il buonsenso di darsi un contegno appena in tempo, schiarendosi la voce e mascherando così la risata in arrivo: con Oldman si poteva anche scherzare, ma Jefferson non sembrava molto allegro mentre gironzolava tra i ragazzi, controllando che fossero tornati tutti dal giro prima di continuare.

“Cavoli, avrei dovuto allenarmi durante le vacanze... perché la pigrizia cronica mi ha colpito?”  Phoebe si alzò con una smorfia, facendo ridacchiare leggermente Isabelle, che sembrava quasi si stesse divertendo nel vedere i compagni di scuola doloranti e in vena di brontolare. 

"Non sei l'unica Bibi, tranquilla... Stai in coppia con me?” 

“Certo, lasciamo che Jax e Alastair si scannino per conto loro... ma vacci piano avanti Acker, sono già abbastanza ammaccata senza che tu ci vada giù pesante!” 


Phoebe sfoggiò una smorfia e Isabelle le sorrise, mettendole un braccio sulle spalle e strizzandole l'occhio al contempo:

“Tranquilla... andremo con ordine.” 

“È un modo carino per dirmi che la settimana prossima mi distruggerai, Belle?” 

“No. È un modo carino per dirti che potrei farlo sotto Natale...” 


Isabelle sorrise all'amica, che sbuffò debolmente mentre si avvicinavano a braccetto ad una delle numerose pedane che i due insegnanti avevano fatto comparire nella palestra, con Jackson e Alastair impegnati nella stessa azione:

“Andiamo Al, non puoi farti abbattere di già... mi togli il divertimento di batterti anche duellando, dopo averti stracciato a Quidditch ieri.” 

“Ridi Wilkes, ridi pure... solo perché nella corsa te la cavi meglio di me! Ti ricordo che non mi batte praticamente nessuno, quando ho una bacchetta in mano!” 

“La vedremo... intanto però la tua dolce migliore amica ti manda al tappeto la metà delle volte.” 

Jackson sorrise con aria divertita, ricordando con somma gioia gli “spettacoli” messi in scena dall'amico e Isabelle, che quando duellavano ce la mettevano sinceramente tutta per battersi l'un l'altro: a volte l'amicizia accende la competitività più del non sopportarsi.


“Solo perché sono un gentiluomo e spesso glielo lascio fare.”   Alastair si strinse nelle spalle con noncuranza, facendo saettare lo sgaurdo sull’amica e trovandola accanto a Phoebe, come sempre. Improvvisamente gli tornarono di nuovo in mente le parole di Jude, ma cancellò in fretta quella voce dalla sua testa, ordinandosi di smetterla di pensarci: 

La conosci da sempre... devi fidarti di lei 


“Raccontala a qualcun altro, Alastair. Ti conosco come le mie tasche, so quando menti.” 

Era vero, lo sapeva... Jackson sapeva esattamente quando mentiva e la cosa era reciproca. E allora perché non riusciva a capire quando invece era Isabelle a mentire? Forse era una bugiarda troppo brava, o forse era davvero poco obbiettivo quando si trattava della sua amica... o forse non la conosceva così bene come credeva. 


Maledicendo Jude Verräter, che era riuscito con poche frasi a rovinargli la giornata, Alastair Shafiq salì sulla pedana di fronte al suo migliore amico, ben deciso sfogarsi un po’... forse aveva proprio bisogno di duellare, infondo. 

























...................................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! Lo so, lo so, pensavate che avessi abbandonato la storia... ebbene, non è così: vi posso assicurare che l'idea non mi ha neanche lontanamente sfiorata e mi scuso per il terribile ritardo, ma per qualche strano motivo quando inizio una storia con i primi capitoli procedo molto più lentamente rispetto al seguito... non lo so, credo sia una specie di meccanismo inconscio, ma mi succede molto spesso.

Prometto che cercherò di essere più costante con gli aggiornamenti, anche perché in genere sono abbastanza rapida... di nuovo, scusatemi! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se l'ho scritto un po’ di getto, quindi non so come sia venuto...   
Ci sentiamo presto, ve lo prometto, con il seguito... buonanotte! 


Signorina Granger 













 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Sospetti ***


Piccola premessa prima che leggiate il capitolo: è ambientato ben tre settimane dopo il precedente, a metà Ottobre... questo perché, come vedrete, la storia avrà ritmi molto più rapidi fino a fine Dicembre, a quel punto si entrerà nel “vivo” e andrò ovviamente molto più lentamente. 
Buona lettura! 


Capitolo 6: Sospetti
 

 
Domenica 12 Ottobre, 2:30 
 

“Credevo di essere stato piuttosto chiaro. Eppure, vedo che non mi stai ascoltando.” 

“Certo che lo sto facendo! Visto che sai tante cose e parli tanto, non vedi come passo le giornate qui? Ci penso ogni minuto, tutto questo non fa altro che tormentarmi!” 

“Bene, allora dovresti smettere di pensare e agire, non credi Isabelle?”

La guardava, seduto sulla sua sedia, nella sua camera... la guardava con la testa inclinata e le gambe comodamente accavallate, quasi con una nota divertita negli occhi scuri. 

La ragazza sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli mentre restava immobile davanti all’armadio, incapace di muoversi. Non di fronte a lui. 
Quando, di ritorno da un’incontro, era tornata in camera sua e lo aveva trovato lì per poco non aveva cacciato un urlo... ma aveva già imparato ad aspettarsi visite sgradite da parte sua e si era morsa la lingua, impedendosi di mettersi nei guai.

“Lo farò, te l’assicuro. Ma non servirà a niente tutta questa pressione, se lo sapessi te l'avrei già detto!” 

“Lo sai come funziona Isabelle, tu non devi dirmi proprio niente. Tu devi darmi qualcosa, è diverso. E ora vai a dormire ragazzina, forse il sonno ti schiarirà le idee... ma ricorda, sono poco paziente, ed è già un mese che sei qui. Se continui così, forse reputerò opportuno usare un incentivo.” 
 
L'uomo si alzò, scoccandole un’occhiata quasi seccata prima di darle le spalle, rivolgendosi alla finestra socchiusa da cui era entrato. Isabelle lo vide arrampicarsi sulla cornice e sparire, come sempre: non aveva idea di come facesse, visto che non ci si poteva Smaterializzare dentro il confine della tenuta... non l'aveva ancora capito, anche dopo un mese di quelle raccapriccianti visite che le impedivano puntualmente di dormire. 
 
L'aria fredda di Ottobre invase la stanza blu e bianca, facendola rabbrividire... anche se forse non era una reazione dettata solo dal freddo. Isabelle si avvicinò alla finestra per chiuderla, ma esitò prima di sigillare le ante: forse non voleva stare sola, infondo. 
 
Da un paio di settimane non faceva altro che sognare figure nascoste nella sua camera che spuntavano da sotto il letto o dall’armadio... e si svegliava puntualmente ogni volta sudata e tremante.

Quasi senza pensarci, con la bacchetta infilata nella manica del maglione blu, Isabelle si arrampicò sulla scrivania e si sistemò sulla cornice bianca della finestra, proprio come aveva visto fare a lui poco prima... e come lei stessa aveva fatto centinaio di volte, in tutti quegli anni. 

Senza guardare giù Isabelle saltò, atterrando con perfetto equilibrio sul camino murato della vecchia Biblioteca. Da lì scese sul cornicione, iniziando a camminare in fretta sulle tegole quasi in modo automatico: era stata lì un sacco di volte del resto, le veniva quasi naturale. 
 
Veloce, silenziosa, quasi invisibile nel buio della notte senza luna, coperta dalle nuvole. 
Isabelle rabbrividì mentre si avvicinava all’ala del castello adibito al Dormitorio maschile, camminando velocemente sulle sporgenze.
Arrivata alla schiera di finestre ad arco in stile gotico quasi sorrise, sapendo esattamente qual era la sua fermata... non poteva fare a meno di pensare che, se un ragazzo fosse stato seduto alla sua scrivania a quell'ora, avrebbe visto un'ombra saltare davanti alla sua finestra... ma era notte fonda, di certo stavano tutti dormendo o comunque nessuno era alla scrivania a quell'ora.

Isabelle camminò velocemente sul cornicione, le gambe leggermente piegate e il corpo protesto in avanti per fare più in fretta: lì fuori si sentiva come un bersaglio mobile, e quella sensazione non le piaceva per niente.

Quando arrivò ad una delle ultime finestre si fermò, abbassandosi leggermente per vedere oltre il vetro della finestra. Un sorriso spontaneo le increspò le labbra nel vedere Alastair seduto sul suo letto, intento a togliersi le scarpe... si ritrovò ad essere quasi sollevata nel vederlo respirare. 
 
Alzò una mano e bussò leggermente sul vetro, attirando immediatamente l'attenzione del ragazzo: Alastair alzò lo sgaurdo di scatto verso di lei, i sensi in allerta e i riflessi come sempre pronti... ma si rilassò all’istante nel vederla, alzandosi per avvicinarsi alla scrivania e aprire la finestra:

“Belle... cosa ci fai qui?” 
  
“Io... Niente, volevo solo vederti. Posso dormire qui?” 

La sua domanda sembrò sorprenderlo, nonostante non fosse la prima volta in cui la sentiva... Alastair osservò attentamente la ragazza mentre l’aiutava a scendere dalla scrivania, chiudendole in fretta la finestra alle spalle per evitare che il freddo riempisse la stanza. 
Isabelle lo guardava di rimando, gli occhi verdi carichi di una nota quasi implorante che non gli lasciarono scelta: annuì, guardandola con aria leggermente accigliata.

“Certo. Ma cosa c'è Belle?” 

“Niente, volevo solo stare con te.” Isabelle gli sorrise, sapendo di non averlo convinto: tra di loro si era creato un piccolo muro nelle settimane precedenti, da quando lui aveva capito che c'era qualcosa in lei di diverso, qualcosa che non voleva dirgli. 
Ma Isabelle si ostinava a non parlare, a fare come se niente fosse... come se si stesse immaginando tutto.

Non era così, Alastair Shafiq ne era sicuro. Ma anche se il loro rapporto era in bilico, non poteva dirle di no, lo sapevano entrambi.
 
“D'accordo. Ho capito, come al solito non vuoi dirmi niente...  Quando me lo chiedi c'è sempre qualcosa che non va, ma se non vuoi parlarne fa’ pure. Ma resta, se vuoi.” 
 
“Grazie. Non... non mi va di restare sola.”   Nessuno dei due disse altro per qualche minuto, del resto non avevano bisogno di parole: lei si stese sul suo letto e lui si sistemò sul pavimento accanto a lei con un cuscino, come avevano fatto centinaia di volte quando qualcuno dei due stava male per qualcosa e non voleva stare solo.

Di solito si tenevano per mano, ma quella sera non lo fecero. 
Isabelle fissò lo sgaurdo sul soffitto, consapevole di essere sul punto di rovinare la sua amicizia con Alastair... sapeva di farlo soffrire, ma lo faceva sopratutto per lui, perché gli voleva bene. 

Forse doveva dirglielo:
 
“Al?” 

‘Si?” 

“Lo so che non sono quella di sempre ultimamente... ma passerà, te lo prometto. Ti voglio bene, non scordarlo mai.” 

Isabelle si sporse leggermente giù dal letto, rivolgendogli un mezzo sorriso che Alastair non ricambiò, limitandosi a guardarla con esasperazione e scetticismo: sapeva che gli voleva bene. Quello che non sapeva era perché si comportasse in quel modo scostante da quando l'anno era iniziato. 
 

                                                                             *

 
Lunedì 13 Ottobre 


Con sua sommo sollievo, nessuno era sembrato troppo sorpreso nel vederla uscire dalla camera di Alastair... e nessuno si era fermato a farle domande irritanti che le avrebbero fatto perdere la calma molto rapidamente. Isabelle si chiuse lentamente la porta alle spalle, sperando di non svegliare il ragazzo mentre s’incamminava lungo il corridoio quasi deserto, ringraziando la sua buona sorte: si era fortunatamente svegliata presto, quindi non c'era ancora un gran via vai di studenti che scendevano per la colazione... per fortuna, non aveva alcuna voglia di sentire domande o commenti da qualche imbecille. In genere svegliava l'amico a suon di cuscinate e scendevano insieme, ma quella mattina non le sembrava proprio che fosse il caso... non quando tentava di continuò a sfuggire alle sue domande sempre più insistenti. 

A quanto sembrava però non era l'unica ad essere già sveglia, perché la ragazza si ritrovò presto affiancata da una figura decisamente familiare, che camminava con lunghe falcate e le mani sepolte nelle tasche dei pantaloni blu:

“Buongiorno... come mai hai fatto visita ad Al?” 
“Non credo che siano affari tuoi Jax... non c'è un motivo particolare, volevo solo vederlo.” 

Isabelle tenne gli occhi verdi puntati dritti davanti a sè, ma seppe che il compagno le aveva appena lanciato un'occhiata in tralice, poco convinto dalle sue parole:

“D'accordo, non sono affari miei... ma prima o poi potresti finire nei guai Belle, anche se ormai qui siamo tutti abituati a vederti uscire dalla camera di Al. Sai, qualcuno si potrebbe fare strane idee.” 

“Che se le facciano, non mi importa.” 

"Come ti pare, tanto ti conosco e so che farai quello che vorrai, come sempre. Ma magari chissà, una volta o l'altra potresti anche venire a trovare me invece che Alastair.” 

Jackson sorrise e Isabelle si lasciò scappare una mezza risata, lanciandogli un'occhiata quasi divertita mentre si fermavano alla fine del lungo corridoio, davanti al pianerottolo:

“Certo, ti piacerebbe Wilkes. In ogni caso, se tutta la scuola vuole spettegolare su me e Al che facciano, ognuno è libero di pensare ciò che vuole. Ma non c'è niente tra noi due, lo sai bene anche tu.” 

“Si, io lo so... ma dimmi, perché te la sei svignata stamattina?” 

“Non volevo svegliarlo, mi sento un po’ in colpa per essermi intrufolata in camera sua... ultimamente è un po’ difficile. In ogni caso ci vediamo dopo Jax, ora devo andare prima che qualche insegnante mi veda qui.” 

Prima di dargli il tempo di dire altro Isabelle iniziò a scendere le scale, sotto lo sguardo leggermente accigliato del ragazzo: ovviamente Alastair gli aveva parlato spesso di Isabelle, di come secondo lui gli stesse nascondendo qualcosa. Gli dispiaceva vedere così il suo amico ovviamente, ma moriva anche dalla voglia di sapere se aveva ragione o meno.


                                                                            *


“Dovrebbero farne uno studio vero e proprio, a mio parere...” 

“Voi due che parlate di ricerche e studi di lunedì mattina? Ragazze, così mi sorprendete!” 


Adrianus sorrise, mettendo le braccia sulle spalle di Alexandrine e Frankie mentre le due uscivano dalla Sala da Pranzo per andare a lezione, dopo aver fatto colazione. 

“Non farti strane idee Steb, stavamo dicendo che il tempo passa più velocemente del normale nel fine settimana... e secondo Frankie bisognerebbe fare un’esperimento a riguardo.” 

Alexa sorrise all'amico con aria divertita, facendolo annuire come se avesse capito:

“Naturalmente. Mi sembrava strano che voi due steste parlando di studio...” 

“È lunedì mattina Steb, non avrei comunque la capacità di farlo... la sola idea di dover andare a lezione di Incantesimi mi opprime. Secondo voi cominceranno già a tormentarci con la storia degli esami di fine anno?” 
 
Le labbra di Francisca si piegarono in una smorfia, quasi rabbrividendo al solo pensiero: era già piuttosto assonnata, non avrebbe proprio retto a discorsi opprimenti sugli esami alla prima ora del lunedì. 

"Certo che lo faranno. Quel branco di sadici ci gode a vederci sotto pressione, ve lo dico io.” 

Alexa scosse il capo, arrendendosi all'idea di passare l'intero anno scolastico sentendosi ripetere almeno ogni giorno la parola “M.A.G.O.”. Se non altro la rossa si rincuorava pensando alla prima ora della settimana, Incantesimi le era sempre piaciuta molto. 

“Già. Specialmente Jefferson...”.  Frankie sbuffò sommessamente, maledicendo mentalmente il Vicepreside: la notte precedente era stato molto poco gentile e benevolo, li aveva fatti correre più del solito per poi insistere tremendamente sull’Occlumanzia, facendoli tornare nelle loro camere perfettamente esausti. 

Non per niente la ragazza si lasciò scappare uno sbadiglio, rimpiangendo le ore di sonno perdute... di sicuro quella sera sarebbe andata a letto alle nove. Alexa le lanciò un’occhiata come a volerle dire che la capiva, mentre invece Adrianus sorrise alla morettina, guardandola con aria divertita:

“Che cosa c'è Frankie, hai dormito male?” 

“Un pochino.” 

“Fammi indovinare... pensavi a qualcuno?”   Adrianus sorrise, gli occhi chiari scintillanti mentre Alexa cercava di non ridere e Frankie si stringeva nelle spalle con noncuranza, parlando con un tono perfettamente calmo e controllato: all'inizio aveva trovato molto difficile mentirgli e fare finta di niente, glissando su domande del genere visto che non doveva o poteva sapere della Night School... ma ormai ci si era abituata. 

“Se anche fosse non te lo direi! E ora andiamo, la campanella infernale sta per suonare!”

“Ti conosco Frankie, lo so che stai evitando le mie domande... prima o poi dovrai rispondere, la campanella non ti salverà sempre!” 


                                                                                  * 


Camila trattenne a fatica uno sbadiglio, sbuffando e lanciando un'occhiata torva in direzione di Etienne e Mathieu, seduti nel banco davanti al suo: quei due continuavano a sbadigliare dall'inizio dell'ora, avevano fatto venire sonno anche a lei. 

L’americana si era seduta accanto a Francisca e ad Alexandrine, nell'ultimo banco infondo all’aula... e si stava divertendo parecchio ad osservare il teatrino delle due ragazze, con la rossa che riusciva perfettamente in ogni consegna assegnata e la mora che sospirava di continuo, domandando a mezza voce perché quella mattina non si era data malata invece di presentarsi a lezione. 

Aveva sentito molto parlare di quel duo da quando era entrata alla Cimmeria, udendo qualche commento in Sala da Pranzo o in Sala Comune. 
A quanto sembrava non era l'unica a trovarle divertenti, anche se più di una volta si era trattenuta dall’alzarsi e trasfigurare qualcuno in una lumaca: in quel mese aveva sentito più di una volta qualche lingua biforcuta definire Alexandrine “Darwin la strana”. 

Certo non la conosceva ancora molto bene dopo solo qualche settimana, ma in generale non le era mai piaciuto sentire quel genere di commenti... forse perché sapeva perfettamente cosa voleva dire vivere in un mondo tutto proprio.

Alexandrine non era strana o un po’ matta, come aveva sentito dire spesso... a volte sembrava che vivesse su un altro pianeta, con la testa completamente tra le nuvole e lo sgaurdo perso nel vuoto. Delle volte se ne usciva con dei discorsi strampalati che forse capiva solo lei, ma Frankie sembrava non farci molto caso: le sorrideva, guardandola con un misto di divertimento e affetto senza giudicarla, come se ci fosse abituata e le volesse bene proprio per quello che che era. Alexandrine Darwin non era una persona cattiva, anche se la conosceva da solo un mese Camila ci avrebbe messo la mano sul fuoco. 


"Perché la trattano così? Sono ingiusti.”

“Mia madre dice sempre che ci sono fin troppe persone pronte a giudicare velocemente... non la conoscono, giudicano solo quel che vedono. Lascia perdere, io ho smesso di tentare di farli smettere. Sono solo degli idioti.” 

Frankie si strinse nelle spalle, parlando a voce molto bassa per non farsi sentire dalla rossa che, accanto a lei, stava scarabocchiando qualcosa sulla sua pergamena.

Camila annuì, sorridendo alla ragazza come se fosse d'accordo:

“Tua madre ha ragione Frankie, io non amo le persone che giudicano di continuo... proprio per niente.” 

“Alexa è strana? Si, lo è, è la mia migliore amica e lo posso affermare con certezza... ma sai una cosa Cami? Lo sono anche io, non immagini quanto. Quindi, che dire, direi che ci siamo proprio trovate.” 

Francisca aveva sorriso e Camila non era riuscita a non imitarla, annuendo con un leggero cenno del capo, sempre più certa che quelle due, più che strane, fossero due ragazze d'oro oltre che delle amiche fantastiche. 

                 
                                                                                  *


“Ragazze, possiamo sederci qui con voi?” 

“Certo!” 

Alexandrine sorrise, annuendo allegramente con il capo e invitando Etienne e Mathieu a prendere posto al tavolo occupato da lei, Francisca e Camila.
Per un attimo l'idea di alzarsi e sbandierare ai quattro venti che la “strana” sedeva al tavolo con i due ragazzi nuovi la tentò, ma poi decise di limitarsi a sorridere, restando ferma e seduta. 

Cercò inoltre di non ridere mentre accanto a lei Francisca mangiava in silenzio, il capo chino... e Camila la guardava con gli occhi fuori dalle orbite, come se non riuscisse a credere di assistere ad un simile mutamento della ragazza, che in genere rideva, chiacchierava e gesticolava senza sosta. 

In realtà Francisca era piuttosto silenziosa e quasi timida all'inizio, con chi non conosceva bene... ma questo l'americana non poteva ancora saperlo, a differenza di Alexa.

“Grazie... rassegnatevi, Mathieu adora la compagnia delle ragazze.” 

Etienne roteò gli occhi mentre prendeva posto, facendo ridacchiare Camila mentre l'amico si limitava a sorridere con aria divertita:

“Piantala ET, non è un crimine volersi sedere accanto a delle ragazze carine, no? E poi lo sai, io ho sempre avuto più amiche femmine.”

“Lo so, non per niente a Beauxbatons molti pensavano che fossi ga-“ 

Etienne però non fini la frase: il respiro gli si mozzò per un attimo quando l'amico gli assestò un doloroso calcio al ginocchio sotto al tavolo, mentre sia Alexa che Camila si trattenevano dal ridere, avendo intuito comunque quello che il francese voleva dire. 

“Lasciamo perdere, la gente è piena di stupidi pregiudizi... piuttosto, visto che voi due studiate qui da parecchio non è che potreste toglierci qualche curiosità?” 

“Curiosità? Di che tipo?”   Alexa inarcò un sopracciglio e diede al contempo una gomitata a Frankie, intimandole silenziosamente di smettere di fare la timida mentre Mathieu si stringeva nelle spalle, con Etienne accanto che si stava ancora riprendendo dal calcio:

“Non so, sui nostri compagni dell'ultimo anno, ad esempio.” 

“Cosa volete sapere sui nostri compagni?” 

Adrianus, che era appena spuntato accanto al tavolo occupato dal gruppo, inarcò un sopracciglio con scetticismo e curiosità allo stesso tempo, osservando prima Mathieu e poi le ragazze.
Alexa sbuffò, facendo un gesto con la mano come a volergli dire di andarsene:

“Lascia perdere Steb... anzi, gira al largo. Tu sei amico di tutti, non possiamo spettegolare con te nei paraggi!” 

“Dimmi un po’ Miss Darwin, tu e Frankie volete sparlare di me, vero?” 

“Ma fammi il favore, come potremmo sparlare di t- niente, non ho detto niente.”  Francisca abbassò il capo con la stessa rapidità con cui l'aveva sollevato, arrossendo di colpo – aveva sempre odiato la sua predisposizione a farlo – e puntando gli occhi verdi sul suo piatto mentre Adrianus sorrideva e Alexa non sapeva se prendere il tavolo a testate o prendersi a schiaffi da sola:

“Frankie, sei davvero carina... ma Alexa non mi vuole, quindi levo le tende... vi lascio spettegolare, ma dopo voglio sapere se avete parlato di me.” 

Adrianus sorrise, strizzando l'occhio alla rossa prima di allontanarsi effettivamente dal tavolo per raggiungere Jackson e Alastair. Alexa lo seguì con lo sgaurdo ma poi sorrise, rivolgendosi ai suoi interlocutori e intrecciando le dita, quasi con aria cospiratoria:

“D'accordo ragazzi. Allora... diteci cosa volete sapere e di chi, io e la mia collega Frankie saremo liete di aiutarvi.” 

“Io veramente non ho mai detto che l’avrei... ok va bene, vi ascolto.” 

Francisca sbuffò, arrendendosi ad un’occhiata di Alexa, che la spronò a non fare la timida e ad aprirsi un po’ mentre sia Etienne che Mathieu sorridevano, morendo dalla voglia di saperne di più sugli studenti della Cimmeria: se Alexa e Francisca erano quasi due libri aperti, lo stesso non si poteva dire di molti loro compagni, molto più enigmatici.


                                                                                *


"Sai, ieri ho finalmente parlato con lei.” 

“Mi fa piacere... è un inizio. Quando il suo nome smetterà di essere tabù potrò ritenermi soddisfatta.” 

Phoebe sbuffò, dando un pizzicotto sul braccio di Isabelle, facendo ridacchiare l'amica mentre, sedute in ultima fila a Trasfigurazione, più che seguire la lezione si stavano dando alle chiacchiere. 

“Ahia! Sei diventata manesca, Bibi?” 

 “Si, se non la smetti di fare ironia! Non è affatto tabù, sono perfettamente in grado di chiamare Camila per nome. Vedi?” 

Phoebe lanciò un’occhiata carica di soddisfazione all'amica, come a volerle dimostrare che aveva in parte superato il muro che la divideva dalla sorellastra: si erano parlate di rado in quel mese, più che altro perché lei cercava spesso e volentieri di evitarla... ma dopo pranzo, quando Phoebe stava cercando una Isabelle apparentemente scomparsa, si era imbattuta proprio in quell’insolita ragazza dai capelli colorati. Camila le aveva sorriso con fare un po’ incerto, salutandola e chiedendole come stesse...

Phoebe aveva deciso di non scappare, non per l'ennesima volta: le aveva risposto, parlando tranquillamente e con un tono pacato, cercando di non fare la sarcastica come suo solito, risparmiando alla sorella frecciatine di alcun tipo. 
Qualcosa le diceva che non sarebbero mai diventate migliori amiche, ma almeno poteva provare ad essere gentile e comportarsi normalmente nei suoi confronti. 

“Ottimo lavoro Phoebs... ti farò una statua come merito, riesci addirittura a pronunciare un nome!” 

Isabelle simulò un debole applauso è l'amica sbuffò, minacciandola di trasfigurarla in un colibrì se non si fosse tappata la bocca. Isabelle rise ma obbedì, lasciando cadere il discorso mentre l'amica le rivolgeva un’occhiata in tralice, vagamente sospettosa:

“Ma basta parlare di me e di mia sorella, Miss Van Acker... dimmi, dov’eri nella pausa pranzo?” 

“Chiusa in Biblioteca a fare i compiti.”    La risposta più che pronta della ragazza fece inarcare un sopracciglio a Phoebe, guardando l'amica con lieve scetticismo: forse aveva risposto anche troppo velocemente. Isabelle sembrò quasi sentire i suoi pensieri perché sospirò, abbassando gli occhi sul libro quasi con lieve esasperazione:

“Se non mi credi puoi chiedere a Julia.”   Il tono gelido con cui Isabelle si riferì alla Bibliotecaria spinse Phoebe a scuotere il capo alla svelta, dandosi mentalmente della stupida per trattare la sua migliore amica quasi come una criminale, con tutte quelle domande:

“No, certo che ti credo, scusami. Scusa, è solo che... beh, ultimamente sparisci spesso, tutto qui.” 

“Stare sola non mi dispiace a volte, lo sai bene.” 

Lo so, ma non l'avevi mai fatto così tanto prima d'ora


Avrebbe voluto dirlo, ma Phoebe non lo fece: aveva bisogno di lei, non aveva alcuna intenzione di perdere Isabelle Van Acker... non voleva litigare, per nessun motivo. 
Sapeva che la sua curiosità e quella di Alastair spesso innervosivano la ragazza, ma entrambi lo facevano solo perché la conoscevano fin troppo bene... e per quanto fosse una brava bugiarda e per quanto ci provasse, non stava riuscendo a fregarli, non del tutto.


                                                                                   *


“So a cosa stai pensando.” 

“Allora evita di farmelo notare.” 

“Come siamo scorbutici... Isabelle ti fa ancora dannare? Sai, l'ho vista uscire dalla tua camera questa mattina, credevo aveste risolto.” 

“La conosco, so cosa vuol dire quando mi chiede di dormire con lei... c'è qualcosa che non va, ha paura Jax. Ma è orgogliosa, non lo ammetterebbe mai.” Alastair sospirò, osservando il cielo grigio attraverso il vetro della finestra della camera del suo migliore amico, che invece era comodamente seduto sul suo letto con un libro in mano. 

Nonostante stesse leggendo però Jackson lo stava comunque ascoltando, piuttosto attentamente anche.

“Di cosa dovrebbe aver paura?” 

“Non lo so, non ne ho idea. Quando eravamo piccoli e veniva a stare da me, in estate, mi chiedeva di dormire con lei dopo un brutto sogno. Vorrei che fosse ancora tutto così semplice, vorrei poterla aiutare ma se non mi parla, non lo posso fare.” 

“So che hai paura di perderla Al... sei orgoglioso anche tu e non lo ammetti a voce alta, ma so che è così. Dovresti però guardare il lato positivo: è vero, forse ti sta nascondendo qualcosa, ma stanotte è venuta da te. Ti vuole bene, di te si fida, altrimenti non l'avrebbe fatto, no?” 

Alastair non disse nulla per un attimo, mentre spostava lo sgaurdo sull’amico. Poi però accennò un lieve sorriso, guardandolo con sincero affetto:

“Sai Jax, a volte quando leggi mi chiedo se tu mi stia ascoltando o meno... eppure sforni comunque le tue perle di saggezza.” 

“Io ascolto sempre Al, anche quando può sembrare il contrario... non dimenticarlo.” 


                                                                                       *


Non sapeva bene nemmeno lui perché fosse andato lì... di nuovo. 

Jude era seduto su una panca, in prima fila. Aveva smesso di gironzolare per la cappella cercando un qualche indizio: l'aveva già setacciata diverse volte, nelle settimane precedenti, e non aveva mai trovato assolutamente niente. 

Eppure Isabelle Van Acker era stata lì, la sera della partita, ne era assolutamente certo: aveva visto le luci accese, e il giorno dopo aveva intravisto un disegno che ritraeva proprio la cappella, nel quaderno nero che la ragazza riempiva sempre di schizzi. E poi praticamente tutti gli studenti del settimo e sesto anno erano stati alla partita, quella sera... quindi avrebbe avuto molte meno probabilità di essere vista da qualcuno, anche se Jude sapeva per certo che quella ragazza sapesse benissimo come entrare e uscire dalla scuola senza farsi notare.

Gli venne quasi da sorridere, pensando a quanto si somigliassero, in qualche modo: dopotutto anche lui aveva un quaderno che si portava perennemente appresso. Solo che lui non ci disegnava sopra, benché fosse piuttosto bravo... no, per i disegni usava semplici album, quel quaderno era adibito a ben altro. 


So che sei stata qui Isabelle... cosa stai combinando? 


Non sapeva perché, ma era tremendamente curioso.... sapeva che c'era qualcosa sotto, qualcosa d’importante. Avrebbe potuto pensare che si era incontrata con un ragazzo, certo... ma no, non era niente del genere, ne era sicuro. 

Era seduto lì, immobile, facendo vagare lo sguardo sulle pareti dell’antica costruzione, in gran parte ricoperte da poesie e frasi scritte in tutte le lingue, dal latino al greco, dall’inglese al francese, dal tedesco allo spagnolo. 


Qualche giorno prima aveva persino provato a chiedersi perché ci desse tanta importanza... ma si era dato una risposta molto in fretta: probabilmente perché non aveva molto altro a cui pensare, e aveva bisogno di qualcosa di macchinoso su cui concentrarsi. 

Jude Verrater si alzò, scivolando dalla panca e incamminandosi lungo la navata, mentre i suoi passi echeggiavano nel completo, assoluto silenzio della cappella deserta e illuminata dalla luce che filtrava attraverso le vetrate colorate delle finestre ad arco. 

C'era qualcosa che gli stava sfuggendo, lo sapeva... ma prima o poi avrebbe trovato quel pezzo per risolvere il puzzle, ne era assolutamente sicuro. 


















................................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! Allora, come ho già accennato prima del capitolo, fino a circa Natale andrò abbastanza rapidamente con la narrazione... ma da lì la frequenza dei capitoli aumenterà, naturalmente.

Che dire, spero che vi sia piaciuto e come al solito scusate per il ritardo... la buona notizia (?) è che ho finito una storia poco tempo fa e sono sul punto di finirne un'altra, quindi di sicuro avrò più tempo e voglia di scrivere su questa non dovendo dare la precedenza a quelle.

Domanda del capitolo: compleanno del vostro OC? 

Ci sentiamo presto spero, buonanotte! 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Halloween ***


Capitolo 7: Halloween

 

Venerdì 31 Ottobre

 

“Vi sento bisbigliare… forse se invece di chiacchierare prestaste maggiore attenzione a ciò che state facendo i risultati migliorerebbero.”


“Als we praten over het is om de verveling te doden, gezien de futiliteit van dit alles…”

 

Il sussurro di Alexa in olandese fece quasi scoppiare a ridere Isabelle, anche se la ragazza ebbe fortunatamente l’accortezza di premersi la mano sulle labbra per attutirne il suono.

Fortunatamente eccetto le due ragazze nessuno parlava olandese in quel corso, tantomeno l’insegnante che si aggirava per i banchi, somigliando più che mai ad un corvo sia per quella fastidiosa abitudine che per i lucidi capelli nerissimi.

 

Jude inarcò un sopracciglio, lanciando un’occhiata leggermente accigliata in direzione della rossa: amando le lingue aveva col tempo imparato a padroneggiare bene tutte le principali europee, e ormai riusciva a masticare qualcosa anche di olandese, abbastanza da intuire che Alexandrine non aveva esattamente fatto un complimento a Jordan o alla sua materia.

 

“Che cosa ha detto?”

 

Il ragazzo si sporse leggermente verso Isabelle, parlando con un filo di voce e troppo curioso per non chiederlo… la ragazza sorrise, trattenendosi dal ridere di nuovo mentre mormorava qualcosa di rimando:

 

Che se parliamo è per ammazzare la noia, visto che tutto questo è inutile… e non posso darle torto, rimpiangerò il giorno in cui mi sono iscritta a Divinazione fino al Diploma…”

Isabelle sfoggiò una lieve smorfia, scuotendo leggermente il capo quasi con disapprovazione mentre invece Jude sorrideva, tamburellando leggermente con le dita lunghe e affusolate sulla sfera di cristallo, posta sul tavolino tra lui e la ragazza: contrariamente a gran parte dei suoi compagni, lui si era sempre impegnato anche in quella materia… anche ad Hogwarts, dove aveva studiato per i primi quattro anni di scuola. Non che impazzisse per quella materia in realtà, ma a parer suo aveva la sua utilità e la sua importanza, come tutte le discipline.

Si era però sempre divertito durante quelle lezioni, assistendo allo smarrimento e all’irritazione generale che la materia provocava nei compagni.

 

Non per niente a qualche metro di distanza una ragazza minuta e dai capelli castani osservava la sfera quasi con aria malinconica, come se non vedesse l’ora di scappare… Francisca sbuffò leggermente, parlando con un tono piatto e neutro che non si addiceva per nulla alla sua solita espressività sia nel gesticolare che nel parlare:

 

“Si può sapere che cosa hai detto?”

 

“Niente di importante Frankie, concentriamoci invece su queste stramaledette sfere… allora, cosa vedi nel mio brillante futuro?

 

“Nebbia.”

 

“Bene! Io invece… ok, andiamo di inventiva. Ci sono, visto che è Halloween potremmo scrivere qualcosa a tema… tipo un cadavere ricoperto di sangue.”

 

Francisca piegò le labbra in una smorfia alle parole dell’amica, guardandola per un attimo con un luccichio allarmato negli occhi verdi:

 

“Alexa! Non si scherza su queste cose!”

 

“Ma dai, non avrai mica paura… scherzavo!”   Alexa rise appena, guardando l’amica con divertimento prima di schiarirsi la voce, parlando in tono decisamente più formale quando l’insenante le passò accanto:

 

“Allora, sì, come stavo dicendo… ma guarda, vedo una piccola moretta che ha gli occhi a cuoricino per Steb! Mi chiedo di chi possa trattarsi…”

 

Ah ah ah. Io invece vedo te che fai una pessima fine, se non la smetti con questa storia! Maledetto il giorno in cui te l’ho detto…”

 

                                                                                       *

 

“Io l’avevo detto che ci saremmo persi…”

“Piantala di fare l’uccellaccio del malaugurio… vedrai che ne usciremo, rilassati!”

 

Etienne lanciò un’occhiata quasi scettica in direzione del suo migliore amico, quasi invidiando il suo ottimismo: lui aveva la netta sensazione che si fossero persi, in realtà… ma se Mat insisteva nel dire che sarebbero tornati in fretta alla sede della Cimmeria, voleva almeno provare a credergli.

 

“Hai visto quante decorazioni hanno messo? In Inghilterra prendono Halloween molto sul serio, non c’è che dire…”

“Già, da noi non avevano mai fatto niente di simile. Ti manca?”   Etienne si voltò verso Mathieu, che camminava accanto a lui con le mani infilate nelle tasche del cappotto blu notte mentre attraversavano un tratto del bosco che occupava una buona parte del territorio della scuola.

 

“Sì un po’. Ma questa scuola è davvero importante, ed essere riuscito ad entrarci non è da poco… non potevo sprecare quest’opportunità, avendo vinto la borsa di studio. Ci provano talmente in tanti… A te Beauxbatons manca?”

“Si, ovviamente. Insomma, ci abbiamo passato sei anni, sarebbe strano il contrario… Ma mi piace stare qui, riesco anche a stare un po’ con mio fratello, finalmente. Certo, è sempre grigio e fa freddissimo, ma poteva andare peggio.”

 

Etienne si strinse nelle spalle, non potendo fare a meno di sentirsi fortunato: dopo essere stato espulso dalla scuola francese, era riuscito ad entrare alla Cimmeria… non era certo cosa da poco, come aveva già fatto notare Mathieu.

 

Aveva sentito parlare di quell’istituto molte volte, anche prima che suo fratello venisse assunto come insegnante di Babbanologia… ironico, solo due anni prima non avrebbe mai pensato di Diplomarsi lì, in Inghilterra.

Aveva sentito della Cimmeria come di un posto dove studiavano un mucchio di figli di papà, essendo costosissima, oppure qualche giovane mago brillante che aveva passato il scrupoloso esame grazie a capacità pratiche e studio teorico.

Eppure, sembrava esserci di più, dietro quell’imponente edificio gotico di mattoni rossi, con finestre ad arco e guglie spettrali.

 

 

Avendo un’ora buca, Mathieu l’aveva convinto a fare una passeggiata nell’enorme giardino… ma avendo già visitato la Cappella, il Padiglione e avendo già visto diverse volte anche il piccolo lago, si era lasciato convincere ad addentrarsi superficialmente nel bosco anche se tecnicamente andarci era vietato, l’avevano letto entrambi nel regolamento diverse settimane prima.

 

“Mi spieghi perché sei voluto venire qui Mat?”

“Preferivi restare a marcire in Biblioteca, per caso? Abbiamo un’ora libera, tanto vale approfittarne, no? E poi non capisco perché entrare qui sia vietato nel regolamento, non mi sembra niente di pericoloso, è solo un normalissimo bosco come tant-“

 

Ma il francese non finì la frase, interrompendosi bruscamente mentre, esattamente come l’amico, si fermava di colpo: i due restarono perfettamente immobili per qualche istante, le orecchie tese e i sensi all’erta.

 

“Hai sentito?”

 

“Certo.”         Etienne si voltò verso l’amico, mentre il silenzio calava nuovamente tra loro: eppure l’avevano sentito entrambi, quindi non potevano essersi sbagliati.

 

“Andiamo.”   Per una volta Etienne non ci mise molto a convincere Mathieu ad ascoltarlo: il suo sussurro bastò a farlo muovere, incamminandosi a passo affrettato verso il limitare degli alberi… nessuno dei due aveva più molta voglia di stare lì, dopo aver sentito l’inconfondibile rumore di passi sul terreno gelato e di un ramo che si spezzava.

 

Quel posto non gli piaceva, neanche un po’. E forse se era vietato addentrarcisi, un motivo c’era.

 

Scrutando i due ragazzi allontanarsi sbuffò, accennando un smorfia prima di parlare a bassa voce e con un tono decisamente seccato, come se avessero sprecato un’occasione:

 

“Mi spieghi perché hai voluto che ci sentissero? Avrebbero potuto esserci utili, quei due…”

 

“No, non loro. E piuttosto che ci vedessero, è stato meglio farli allontanare… ho altri piani, abbi pazienza.”

 

                                                                              *

 

“Dio, grazie al cielo è venerdì… non ne posso più.”    Isabelle Van Acker sbuffò sommessamente, lanciando un’occhiata torva alla sfera di cristallo che appoggiata davanti a lei mentre disegnava dei ghirigori immaginari sul tavolo quasi distrattamente, come se stesse pensando ad altro.

 

“Beh, è anche Halloween… e non ho ancora capito perché, ma voi british avete una strana smania per questo giorno. Viene sempre allestito un banchetto, se non erro.”

 

“Sì… non so dirti perché siamo così ferrati su questa festa, è una vecchia tradizione celtica. In ogni caso anche voi crucchi avete le vostre tradizioni, no? E io sono mezza olandese, se dobbiamo essere precisi!”

 

La precisazione di Isabelle fece sorridere leggermente Jude, che sollevò teatralmente le sopracciglia prima di replicare:

 

“Chiedo umilmente scusa. In ogni caso… visto che hai tanta fretta di finire questa giornata, perché non ti sbrighi a dirmi cosa vedi nella sfera?”

“Se vedessi qualcosa lo farei, stanne certo Verräter! Ma non sono proprio portata per queste cose… Speravo che avessimo chiuso con queste maledette sfere! Tu vedi qualcosa, per caso?”

 

Isabelle sospirò con aria affranta, come se desiderasse scappare mentre Jude abbassava lo sguardo sulla sua sfera: ovviamente non vedeva un accidente, ma tanto valeva approfittarne e divertirsi un po’: dopo aver esitato per un attimo rispose alla compagna con un tono volutamente vago e leggermente pensieroso, assottigliando leggermente gli occhi come se si stesse realmente concentrando mentre si sporgeva leggermente, avvicinandosi alla sfera:

 

“D’accordo, vediamo… Vedo una ragazza che si sta mettendo nei guai… credo che nasconda qualcosa, e non finirà bene. Ti dice nulla?”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio, sollevando lo sguardo sulla compagna e guardandola quasi un’espressione accigliata che venne ricambiata con un’occhiata vagamente torva:

 

“No, niente di niente. Sai una cosa Verräter? Forse, ora che mi ci fai pensare, vedo qualcosa anche io. Sì, vedo un ficcanaso che s’impiccerà in questioni che non lo riguarderanno. E credo che potrebbe finire male, succede spesso quando ci si immischia in questioni che non ci riguardano.”

 

“In parole povere lei farà una brutta fine, lui anche… proprio una bella storia di Halloween, non trovi Isabelle?”

 

Jude rivolse alla compagna un sorrisetto che Isabelle non ricambiò, spostando invece lo sguardo sulla finestra accanto a lei per evitare di guardarlo.

 

Alcuni dicevano che le storie raccontate in quel giorno contenevano una parvenza di realtà…

Non le restava che sperare che non fosse il caso di quella.

 

                                                                                *

 

Il corridoio era completamente deserto e silenzioso… o almeno, ad Adrianus Stebbins sembrò così finché non si fermò sotto al lampadario di metallo, che dondolava leggermente sopra la sua testa producendo un sibillio piuttosto sinistro.

 

L’ex Corvonero alzò lo sguardo, puntando gli occhi chiarissimi sul lampadario: se fosse stato un Babbano probabilmente avrebbe ipotizzato che ci fosse un fantasma… ma essendo un mago sapeva che i Fantasmi erano perfettamente visibili ad occhio nudo.

 

Dopo qualche istante il ragazzo riprese a camminare, scuotendo leggermente il capo e dandosi mentalmente dell’idiota per farsi impressionare con così poco: forse la faccenda di Halloween lo rendeva paranoico…

 

Quando però oltrepassò l’apertura ad arco senza porta alla fine del corridoio per scendere la ripida e stretta scala a chiocciola perse qualche anno di vita, oltre ad un paio di battiti: in un attimo e con un brusco movimento d’aria sopra di lui sentì qualcosa muoversi… e due istanti dopo sentì qualcosa piombargli sulle spalle, facendolo sbilanciare leggermente oltre ad alzare lo sguardo di scatto.

 

“Ciao, straniero! Dove ti eri nascosto?”     Il volto del ragazzo si rilassò all’istante, sorridendo con una punta sollievo nel trovarsi davanti gli occhi allegri e verdi di Francisca Lothbrock, che non si sapeva come era appollaiata sulle sue spalle, tenendogli le braccia intorno al capo e i piedi puntellati sulle sue spalle senza però pressarlo:

 

“Stavo scrivendo una lettera in camera mia… piuttosto, mi hai fatto prendere un infarto! Come diamine hai fatto, poi?”

 

“Io sono piena di segreti Steb, così come questo posto… sarai anche un genietto, ma io sono qui da più tempo di te.”     Frankie ridacchiò, scompigliandogli affettuosamente i capelli e facendolo sbuffare prima di saltargli giù dalle spalle con un movimento quasi impercettibile.

 

“Capirai, questo è il quarto anno che frequento qui… solo perché tu sei qui per ereditarietà non vuol dire che conosci il castello meglio di me.”

 

“Io dico di sì, invece… devi mandare una lettera? Anche io! Dai, andiamo…”    Francisca sorrise, prendendolo per mano e trascinandolo allegramente giù per le scale, senza dargli il tempo di chiederle dove avesse imparato a muoversi una scimmietta.

 

“Lasciamo perdere… piuttosto, a chi hai scritto?”

“A mia madre ovviamente… e tu? Tuo fratello?”            Adrianus sorrise, limitandosi ad annuire: lui e Francisca erano quasi banali, scrivevano sempre praticamente alle stesse persone… lei a sua madre, alla quale era particolarmente legata non avendo mai conosciuto suo padre, mentre lui scriveva spesso e volentieri a suo fratello gemello che era ad Hogwarts più che ai genitori.

 

“Tuo fratello è Corvonero come te, vero Steb?”

 

“Sì. In effetti è strano essere stati Smistati nella stessa Casa, siamo davvero diversi… ma ora che siamo lontani, paradossalmente, andiamo molto più d’accordo.”

 

“Non credo sia così strano, sai? Succede spesso… Anche se io e mia madre andiamo d’accordo anche quando siamo insieme.”

 

Francisca si voltò verso il ragazzo, rivolgendogli un sorriso così allegro, sincero e con allo stesso tempo una nota di malinconia che Adrianus non osò nemmeno mettere in dubbio le sue parole, intuendo quanto la ragazza fosse affezionata all’unico genitore che aveva conosciuto.

 

Anche lui aveva un bel rapporto con sua madre, ma era di sicuro molto diverso: infondo, suo padre non se n’era andato, per quanto a volte fosse difficile parlare con lui.

 

                                                                                      *

 

Alastair Shafiq stava salendo le scale per tornare, finalmente, in camera sua e riposarsi un po’ quando incrociò la sua migliore amica che stava scendendo velocemente i gradini, gli occhi fissi sul pavimento senza quasi guardare dove andava.

 

“Belle?”

 

“Oh… ciao.”

 

“Ciao… sai per caso dov’è Jax? Non lo trovo da nessuna parte, da quando le lezioni sono finite.”

 

Alastair guardò Isabelle guardarsi intorno per un attimo, come per controllare che non ci fosse nessuno prima di rispondere a mezza voce:

 

“L’ho incrociato mentre tornavo da Divinazione, ha detto che scendeva di sotto per… allenarsi un po’. Ora scusa, ma Bibi mi aspetta in Biblioteca.”

 

Isabelle rivolse al ragazzo un lieve sorriso prima di superarlo, riprendendo a scendere i gradini scivolosi di marmo sotto lo sguardo vagamente tetro di Alastair, che scosse leggermente il capo prima di allontanarsi nella direzione opposta: poteva anche seguirla e tartassarla, facendole pressione affinché gli parlasse come faceva prima… ma la conosceva, sapeva che non sarebbe servito a niente.

 

Forse non gli avrebbe fatto male risposarsi un po’, prima del Banchetto… sarebbe passato a vedere come se la passava Jackson, ma prima voleva stare un po’ da solo in camera sua.

 

                                                                              *

 

Phoebe Selwyn sbuffò, lanciando un’occhiata carica d’impazienza all’orologio appeso al muro: Isabelle non era mai in ritardo, in realtà odiava i ritardatari… e allora perché tardava ad arrivare?

 

Stava già iniziando a farsi milioni di film mentali quando una voce la distrasse, riportandola alla realtà di colpo:

 

“Scusa… Quando hai finito con quello, puoi cedermelo?”

 

Phoebe alzò i grandi occhi castani sulla fonte della voce, ritrovandosi davanti l’inconfondibile figura di Camila.

Per un attimo esitò, impegnata a chiedersi a cosa ne pensasse suo padre, di quella ragazza… lo conosceva, senza dubbio meglio della sua sorellastra, e non vedeva come un uomo come Nathaniel Selwyn potesse capire del tutto una ragazza così eccentrica.

 

“Sì, quando avrò finito te lo darò.”

 

Come succedeva spesso e volentieri, la sua voce uscì dalle sue labbra con una nota stonata, quella che negli anni aveva contribuito a costruire dietro di lei la fama di una ragazza altezzosa e supponente.

Lo era? Non lo sapeva, non fino in fondo. Ma non poteva farci niente, parlava così, anche quando magari non lo voleva.

 

Camila annuì e probabilmente fece per allontanarsi senza dire altro… ma dopo essersi voltata esitò, girandosi di nuovo verso la sorellastra:

 

“Come… come sta nostro padre? E’ da parecchio che non lo vedo.”

“Bene. Sta bene. Ma nemmeno io lo sento molto spesso.”

 

Questa volta la voce di Phoebe non risuonò altezzosa… no, era tagliente e decisamente gelida.

Le faceva strano, era quasi assurdo sentire un’altra persona dire “nostro padre”… non ci era abituata, proprio per niente.

 

“Come mai?”

“Non è un uomo molto… affettuoso. Immagino che avrai modo di rendertene conto.”

 

Camila, per un attimo, ebbe la tentazione di dirle che già lo immaginava: del resto non si era quasi fatto vivo per tutta la sua vita, nonostante sapesse da sempre della sua esistenza. Ma non lo fece, intuendo che quell’argomento non era particolarmente gradito a Phoebe… o magari non le andava di parlarne in particolare con lei.

 

“Beh, in ogni caso… grazie per il libro. Ciao.”     Camila rivolse a Phoebe un debole sorriso prima di voltarsi, allontanandosi per raggiungere Alexandrine.

Phoebe invece non si mosse, restando immobile con lo sguardo assorto e fisso su uno scaffale davanti a lei: in effetti, era quasi curiosa.

 

Come si sarebbe comportato il padre, l’ambizioso ed impassibile uomo che conosceva, con la figlia che aveva prati9camente appena conosciuto?

 

Aveva deciso di mandarla alla Cimmeria, e Phoebe si era chiesta tante volte se avesse pensato a lei, quando aveva preso quella decisione: nonostante sapesse che le voleva bene non avevano mai parlato molto, essendo entrambi poco di indole poco affettuosa, ma Nathaniel aveva pensato a come si sarebbe sentita, a ritrovarsi dal non averla mai vista al dover vivere con la sorellastra?

 

Le aveva sempre fatto pressioni, incitandola ad essere perfetta, la migliore. L’aveva fatto eprchè voleva lo stesso dall’altra figlia?

Oppure proprio perché voleva che si conoscessero?

 

Non aveva mai avuto il coraggio di chiederlo.

Forse sapeva che non avrebbe avuto una risposta chiara.

 

                                                                                *

 

Isabelle non si chiuse neanche la porta alle spalle, entrando nella sua camera per appoggiare i libri prima di scendere per la cena.

Aveva appena appoggiato la borsa stracolma sul letto quando si accorse di qualcosa… qualcosa fuori dall’ordine.

 

C’era un biglietto, lasciato sulla scrivania.

 

Un anno prima non ci avrebbe dato molto peso… oppure ne sarebbe stata felice. Ma non quella sera, non in quelle settimane.

La ragazza rimase immobile per un attimo prima di avvicinarsi alla scrivania, quasi trattenendo il respiro mentre spiegava la sottile striscia di pergamena, leggendo le poche parole scritte sopra in un attimo.

 

Deglutì a fatica, mentre i pensieri si affollavano nella sua testa, sovrapponendosi l’uno sull’altro e impedendole di fermarsi a ragionare lucidamente.

Poi, all’improvviso, mentre lasciava il biglietto sul ripiano della scrivania, un volto e un nome comparvero nella sua testa:

 

“Al…”

 

Corse fuori dalla stanza, non curandosi nemmeno di chiudere la porta e lasciandola spalancata dietro di lei. Sentì Phoebe chiamarla, chiederle perché stesse correndo nel bel mezzo del corridoio… ma non si fermò. Non si sarebbe fermata per niente al mondo, in quel momento.

 

Phoebe imprecò leggermente e decise di seguirla, correndo dietro all’amica e chiedendosi cosa stesse succedendo: trovava difficile pensare che Isabelle avesse così fame da correre in quel modo per andare a cena.

 

Aprì l’anta della finestra con un gesto secco, non curandosi neanche di arrampicarsi sulla cornice ed entrare nella stanza: si sporse semplicemente, prendendo il biglietto e mettendoselo in tasca. Non chiuse la finestra: voleva che ricordasse che poteva entrare lì ogni volta in cui ne aveva voglia.

 

                                                                                   *

 

“Jax? Dai, muoviti… non voglio perdermi il banchetto perché non riesci a sistemarti i capelli!”

 

Alastair sbuffò, bussando alla porta mentre se ne stava appoggiato allo stipite, chiedendosi perché l’amico ci stesse mettendo tanto a cambiarsi.

Un po’ vanitoso lo era sempre stato in effetti, ma non dovevano nemmeno andare al Ballo d’Inverno!

 

Al diavolo

 

Alastair roteò gli occhi prima di aprire la porta dello spogliatoio maschile, dove sia lui che l’amico si erano cambiati milioni di volte, prima e dopo gli incontri.

 

“Si può sapere che stai facendo? Ti sei addormentato sotto la doccia per caso?”

 

Alastair sbuffò, e fece per dirigersi verso il bagno munito di docce quando si bloccò di colpo: finalmente l’aveva trovato.

Il ragazzo si ritrovò quasi senz’aria mentre si avvicinava, con le gambe improvvisamente fatte di zucchero filato, al suo migliore amico... Era steso sul pavimento freddo, e prendendolo per le spalle per voltarlo si accorse che anche lui lo era.

 

“Jax…”     Alastair deglutì, mentre il battito cardiaco accelerava e iniziava già a temere il peggio mentre lo voltava con un gesto secco e quasi brusco: non voleva farlo lentamente e prolungare quell’agonia.

 

Ciononostante, due istanti dopo quasi rimpianse di averlo fatto: mollò la presa sulle spalle larghe dell’amico, arretrando istintivamente e mettendosi seduto sul pavimento di pietra antica a gelata mentre impallidiva a sua volta… ma mai quanto il bel volto di Jackson Wilkes, teso da un’espressione a metà tra il terrorizzato e il sorpreso, gli occhi blu spalancati e ormai senza vita.

C'era qualcosa sul suo braccio, in effetti... Ma Alastair era troppo sconvolto per poterci fare caso.
Non si accorse della frase che era comparsa sull'avambraccio di Jackson, una frase che in effetti conosceva molto bene:

Exitus acta probat

Il fine giustifica i mezzi.

....................................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! Dite la verità, non mi aspettavate tanto in fretta, vero? XD 

Ad ogni modo... avete presente quanto, nel Prologo, ho scritto che gli OC avrebbero fatto una brutta fine se la sua autrice fosse sparita? Beh, evidentemente non scherzavo, quindi come si suol dire uomo avvisato mezzo salvato.

In ogni caso chiedo a chi ancora non l'ha fatto di mandarmi il compleanno del vostro OC...  

In più, ho un'altra domanda: 

- Come prenderà il vostro OC la morte di Jackson?

E' tutto, a presto!

Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Lutto ***


Capitolo 8: Lutto
 
Venerdì 13 Novembre 


Vide un corpo, inerme, sul pavimento freddo e buio.
Un corpo con folti capelli scuri, che in effetti apparteneva a qualcuno che conosceva... ma non ne era sicuro al 100%, così si sporse per guardare meglio.

Quando vide il volto di Jackson Wilkes, un suo compagno di scuola, deglutì, facendo istintivamente un passo indietro... no, non era possibile. 
Era alla Cimmeria Academy... non era più a casa sua.

Era convinto di aver chiuso con la morte, almeno per qualche tempo... e invece no.

All'improvviso Jackson sparì dal suo campo visivo e la testa cominciò a girargli. 
Si mise le mani sulla testa, cercando di coprirsi le orecchie... ma le sentì comunque, le voci. 

In particolare quella sgradevole, odiata, che non sentiva da tempo e che aveva sperato di non dover più udire... eppure era lì, che lo sbeffeggiava e lo insultava. 

Non poteva essere vero, non lì. 



Si svegliò di colpo, mettendosi a sedere di scatto sul letto con il fiato corto... ma sospirò di sollievo quando si rese conto di aver solo sognato, anche se sfortunatamente Jackson era morto davvero.

E forse non era al sicuro come aveva creduto, se un suo compagno era morto. 

Sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli prima di lanciare un'occhiata all’orologio: le quattro. 

Un lieve, ironico sorriso gli incurvò sbiecamente le labbra prima di lasciarsi cadere di nuovo sul materasso: 

Beh, buon compleanno Jude. 

Venerdì 13 Novembre... proprio come quando era nato, stessa data. Sorrise, nel ricordare tutte le volte in cui quell’odiosa voce gli aveva rinfacciato la data della sua nascita, come a volergli ricordare di essere stato un fallimento e un cattivo segno fin dal principio. 


Una volta, parlando con Jackson, aveva capito che il compagno aveva paura della morte. Peccato che ora non ci fosse effettivamente più... e lui ancora non sapeva come fosse successo, per quanto avesse provato a ficcanasare e a fare domande.  
Era sempre stato convinto di sapere tutto di tutti... ma forse si era sbagliato, anche se l’idea non gli piaceva per nulla.

La cosa peggiore era che, anche se lo nascondeva in tutti i modi e non l'avrebbe mai ammesso, anche lui temeva la morte più di qualunque altra cosa, probabilmente. 
E continuava a pensare che se era successo a Jackson Wilkes, nemmeno lui era al sicuro. 

Anzi, tantomeno lui. 


                                                                                    *


Atticus Hamilton bevve un lungo sorso di thè, senza ascoltare le parole dei colleghi e aspettando invece che finissero di parlare a gran voce, sovrastandosi l'un l'altro: la morte di Jackson Wilkes aveva sconvolto tutta la  scuola, non solo gli alunni... anzi, per certi versi loro ne erano usciti molto più danneggiati.

Il Preside appoggiò la tazza sul ripiano in mogano della sua scrivania, schiarendosi la voce prima di parlare con un tono pacato che non somigliava affatto a quello utilizzato fino a quel momento dai colleghi, che ora lo guardavano in silenzio e con apprensione negli occhi:

“Vi prego signori, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno in questo momento è discutere tra noi. Abbiamo convinto la Gazzetta del Profeta ad insabbiare l’accaduto, con un po’ di fortuna non si saprà nulla. Ho scritto a Silente, ma sembra che ad Hogwarts non sia successo niente di neanche lontanamente simile... è qualcosa di interno alla scuola, probabilmente.” 

“Non è stato un caso, Atticus. La scritta sul braccio di Wilkes... non è una scelta casuale.” 

"Ovviamente no, è un messaggio. C'è da chiedersi se abbiano ucciso Jackson per un motivo ben preciso o se volevano solo spaventarci e hanno colpito un ragazzo scegliendolo a caso.” 

“Non dimenticare di chi è figlio, Atticus. Non so se sia stato un caso, suo padre ha molta influenza qui... forse volevano colpire la scuola, forse vogliono metterci l'uno contro l'altro. Wilkes ha molta influenza sul Consiglio, lo sai anche tu.” 

Il Preside annuì con un’espressione torva poco velata, consapevole della situazione sgradevole in cui si trovavano: non era morto un ragazzo qualunque, bensì il figlio di una personalità di spicco per l’Accademia... il padre di Jackson era un ex studente, e membro del Consiglio per di più. 

Davanti a lui c'erano il Vicepreside, Jefferson, più Oldman... non li aveva convocati a caso, erano i responsabili della Night School. Ed era proprio di questo che voleva parlare Hamilton:

“Sono passate due settimane, abbiamo aspettato che il polverone calasse... e il momento di rimboccarsi le maniche, a mio parere. Non possiamo permetterci altri incidenti di questo calibro, lo sapete. Jackson faceva parte della Night School da molto tempo, era ad un livello piuttosto avanzato da quello che ho potuto capire... perciò, c'è la possibilità che centri qualcosa proprio la Night School.” 

“Pensi che sia stato uno dei ragazzi?”   Oldman inarcò un sopracciglio, osservandolo quasi come se stentasse a credere ad un simile pensiero: il Preside però si strinse nelle spalle, evitando di confermare o smentire quelle parole.

 “Tutto può essere. E se dobbiamo indagare, credo sia giusto che ci pensino proprio loro... sarà un modo per fare pratica sul campo, no? Ma prima voglio che indaghino all'interno. Fate in modo che si interroghino a vicenda, se nascondono qualcosa dobbiamo saperlo, e subito.” 


                                                                            *


Seduta sulla panca, in seconda fila, teneva gli occhi verdi puntati dritti davanti a sè, osservando la parete dietro all'altare. 

Era cosparsa di frasi e poesie in tutte le lingue... e Isabelle le aveva già lette tutte molte volte, dal suo primo anno alla Cimmeria.
Non per niente sapeva dove guardare e cosa stava cercando... lo sguardo le cadde su una delle frasi più brevi di tutta la Cappella, ma forse una tra tutte ad avere maggiore significato:


Exitus acta probat 


Un live brivido la scosse, ricordando chiaramente quelle parole incise sul braccio di Jackson. Gli occhi blu del ragazzo, vacui e spalancati, continuavano a tormentarla nel sonno anche dopo due settimane... 

Non le sembrava fosse passato tanto tempo, in effetti: quei giorni erano volati, mentre il caos si era appropriato della scuola: Auror, membri del Wizengamot, membri del Consiglio della scuola... non aveva mai visto tanti maghi girovagare per i corridoi per parlare con il Preside. 
Aveva anche intravisto il padre di Jackson, un paio di volte... frustrato, teso, arrabbiato. Non ci voleva un Veggente per sapere che voleva, esigeva sapere come era successo e chi era stato. E Isabelle conosceva la famiglia di Jax, sapeva quanta influenza avesse suo padre nel Consiglio della Cimmeria. 

La scuola non era stata chiusa, la notizia era stata tenuta sotto controllo e la Gazzetta del Profeta non aveva dato segno di esserne a conoscenza... oppure lo sapevano, ma nessuno aveva scritto niente di niente sotto insistenza di Hamilton e del Consiglio. 

Il fine giustifica i mezzi 


Perché aveva la netta sensazione che quella frase fosse indirizzata a lei? In un modo sottile, certo... perché tutti quelli che avevano sentito di quella frase avevano pensato fosse un semplice riferimento alla Cimmeria, visto che era il motto dell’Accademia. 

Aveva sentito milioni di storie in quei giorni... storie di come lei o Alastair avessero trovato il corpo. 
Per una volta non si era neanche fermata a preoccuparsi di cosa pensassero i suoi compagni, mandandoli a quel paese e preoccupandosi solo di tenere gli occhi aperti. 


Non aveva più avuto notizie, da quella sera... e non aveva più trovato il biglietto che le aveva lasciato sulla scrivania, che aveva letto prima di correre nei sotterranei e cercare Alastair. 

Quando era entrata di corsa nello spogliatoio e l'aveva visto seduto sul pavimento aveva tirato un sospiro di sollievo... o almeno finché non aveva visto il corpo innaturalmente rigido di Jackson dietro di lui. 


“Al...” 

Gli aveva messo una mano sulla spalla, sforzandosi di parlare con un tono normale mentre il ragazzo quasi tremava, alzando gli occhi su di lei. 

“L’ho trovato... così.” 

“Belle, ma si può sapere perché sei scappata in quel... Jackson?” 

Phoebe, al contrario suo, aveva sgranato gli occhi con orrore, stentando a crederci prima di correre a cercare gli insegnanti sotto invito dell'amica, l'unica ad essere rimasta calma di fronte a quella situazione. 


Alastair si era alzato e l'aveva abbracciata senza smettere di tremare, mentre Isabelle si sentiva quasi in colpa per il sollievo che stava provando: voleva bene a Jackson, certo... ma aveva pensato che avrebbero colpito Alastair, ed era sinceramente felice che non fosse andata in quel modo.

Anche se aveva voluto lasciarglielo credere, scrivendole che l'aveva avvisata e che le aveva lasciato qualcosa come incoraggiamento. 


Il flusso di pensieri della ragazza s'interruppe quando vide con la coda dell'occhio qualcuno sedersi accanto a lei, osservando l'altare a sua volta prima di parlare:

“Ciao Isabelle... come vanno le cose a scuola?” 

“Un po’ movimentate. Sai, non capita spesso che ritrovino un cadavere nei sotterranei.” 

“Uno spiacevole incidente di percorso. Ma ti avevo avvisata Isabelle... se non ti sbrighi, non sarai soltanto tu a pagarne le conseguenze.” 

La ragazza contrasse la mascella, trattenendosi dal dirgli che non avrebbe potuto dimenticare neanche per un attimo, anche senza la morte improvvisa e inaspettata di Jackson, un suo amico. 

“Il messaggio era già chiaro. Non serviva ucciderlo e lo sai. Non deve ripetersi.” 

“Non detti tu le regole del gioco Isabelle.” 

“Ovviamente no. Ma potrebbero far chiudere la scuola, se continuate... e tu non vuoi questo, dico bene? Perché la scuola ti serve.” 

“Ovviamente ci serve, Isabelle... non la chiuderanno, non preoccuparti di questo. L'unica cosa di cui devi preoccuparti è ciò che devi trovare per me... e a ciò che accadrà a chi ti circonda se non lo farai. Hanno portato via il corpo ieri, vero?” 

“Si. L'hanno... restituito ai suoi genitori.” 

Isabelle sfoggiò una smorfia, pensando alla triste fine del compagno di scuola: non era mai andato molto d’accordo con suo padre, di certo non avrebbe voluto finire nelle sue mani anche da morto. Ma nessuno di loro aveva potuto fare nulla, ovviamente. 
Avevano passato giorno ad esaminare il cadavere, ma non avevano trovato nulla di insolito, eccetto per quella scritta insolita... nessuna prova, nessun indizio. 

L'unica a sapere chi era stato era lei. E sfortunatamente non poteva parlarne con anima viva. 

“Bene. Ora devo andare, ma avrai mie notizie... cerca solo di non rovinare l'atmosfera a tutti, non manca molto al Ballo, dico bene?” 

Dovette seriamente trattenersi dal Schiantarlo nel vederlo sorridere con aria beffarda prima di alzarsi, incamminandosi lungo la navata senza dire altro. 

Quando fu di nuovo sola, anche Isabelle si alzò... c'erano anche altre persone che doveva vedere, quel pomeriggio. 


                                                                                   *


“Sei sicura di voler venire?” 

Francisca Lothbrock annuì, rivolgendo un debole sorriso ad Adrianus Stebbins mentre camminavano fianco a fianco sul prato, diretti alla riva del lago:

 “Sì, sicura. Non voglio ficcanasare, ma mi dispiace davvero per voi... Jackson non mi piaceva molto, ma lo conoscevo da più di sei anni. Non si può restare indifferenti, non credi?” 

Adrianus annuì, la stessa espressione cupa dei giorni passati stampata sul bel volto: non riusciva ancora a credere che Jackson fosse morto... lì dentro, a scuola. E anche se l'avevano fatto passare per un incidente, non sapeva se crederci davvero o meno.

Il ragazzo scorse qualche figura sulla riva del lago, mentre si avvicinava in compagnia di Frankie... lei aveva insistito per accompagnarlo, sostenendo che aveva bisogno di “supporto morale”. Ovviamente in un primo momento era rimasta quasi sconvolta dalla notizia, ma la tristezza aveva presto lasciato il posto all’empatia per chi era stato più legato a Jackson. Voleva sentirsi utile in qualche modo, voleva sapere come fosse successo... ma si sentiva tristemente impotente. 

Il minimo che potesse fare era stare vicino a chi voleva bene. 

“Lo so che è brutto da dire... ma forse mi dispiace più per voi, che eravate suoi amici. Per te, per Isabelle, per Alastair soprattutto. Poverino, se penso che l'ha trovato lui.” 

La ragazza scosse il capo con aria sconsolata, scorgendo la figura del ragazzo accanto a quella di Isabelle, entrambi in piedi vicino al Lago. 
Non stavano parlando tra loro, ma entrambi sembravano tenere qualcosa in mano. 


Si sentiva quasi una ficcanaso, in realtà... ma non aveva voluto lasciare Adrianus da solo ed era andata con lui, come gran parte dei suoi compagni dell'ultimo anno: nessuno di loro aveva potuto prendere parte al funerale di Jackson, così Alastair aveva deciso di “crearne” uno, in un certo senso. 

“Ciao, ragazzi...” 

Il tono cupo di Adrianus venne ampiamente condiviso da tutti gli altri, specialmente Al... il ragazzo rivolse un'occhiata ad Adrianus ma non disse niente, limitandosi a sorridere debolmente come se volesse ringraziarlo di essere lì. 

Isabelle invece sembrava quasi impassibile, gli occhi vitrei puntati sulla superficie perfettamente liscia del Lago. Non aveva pianto neanche una volta, ma si sentiva comunque tremendamente in colpa... e la cosa peggiore era che non poteva parlarne con nessuno. 

Vedeva Alastair praticamente distrutto, ma non ce la faceva a consolarlo e a stargli vicino come avrebbe voluto... le sembrava quasi di mentirgli, fingendo di non sapere nulla: purtroppo, non era così.

Alastair abbassò lo sguardo sul libro che teneva in mano, sfiorando la copertina rigida con le dita prima di sorridere debolmente: per qualche motivo Jackson aveva sempre amato molto la lettura, specialmente i romanzi Babbani... e quello che teneva in mano era il suo preferito in assoluto. 

“Ok... cominciamo.”   Il ragazzo si inginocchiò, appoggiando IT sulla piccola zattera che avevano costruito mentre Isabelle sorrideva appena, ricordando quando Jackson le aveva raccontato la trama di quel libro e lei ne era rimasta praticamente disgustata. 

“Non so come potesse amarlo... è orribile.” 

“Lo so. Ma lo sai, era davvero un tipo... tu cos’hai?”   Alastair si voltò verso Phoebe che sorrise appena, tirando qualcosa di piccole dimensioni dalla tasca del mantello: uno scacco, un alfiere bianco. 

“Abbiamo giocato a scacchi tante di quelle volte, mi ha insegnato un sacco di trucchi... e come mi ha ripetuto fino allo strenuo, i bianchi muovono per primi.” 

La ragazza appoggiò lo scacco d'avorio e si voltò verso Isabelle, ancora perfettamente immobile e in completo silenzio. 
Phoebe non era mai stata particolarmente legata a Jackson, le dispiaceva quasi più per Alastair e per Isabelle... forse perché ora erano ancora più divisi e la sua amica ancora più taciturna.

Isabelle non aprì bocca, avvicinandosi di qualche passo mentre tirava fuori qualcosa a sua volta da una tasca... un libro, come Alastair. 
Ma non era un romanzo Babbano... o almeno, non un libro che l'amico aveva letto e apprezzato particolarmente.

Isabelle sollevò il libro, sfiorandone la copertina con le labbra prima di lanciare un'occhiata verso il cielo grigio e coperto interamente da nuvole prima di appoggiare il libro sulla piccola zattera senza battere ciglio. 

Tutti spostarono lo sguardo sul libro, chiedendosi che cosa avesse scelto... e si stupirono, nel non leggere un titolo riconducibile a Jackson. 

Adrianus si accigliò leggermente, spostando lo sgaurdo su Isabelle: perché? 

Tuttavia, nessuno osò proferire parola, anche se Alastair e Phoebe si scambiarono un’occhiata confusa...
Isabelle rimase in silenzio, osservando Il Principe di Niccolò Machiavelli mentre i compagni, a turno, appoggiavano qualcosa sulla zattera. 

Jackson aveva detto molte volte che, prima o poi, si sarebbe immerso nel lago per vedere se c'era qualcosa nascosto sul fondo, come sostenevano diverse storie legate alla scuola... purtroppo non aveva potuto farlo, ma almeno un suo ricordo sarebbe galleggiato su quelle acque dolci. 


Il fine giustifica i mezzi, come disse Machiavelli... eppure, Isabelle sapeva che il mezzo della morte di Jax non aveva giustificazione. 

Nessuno aprì bocca per qualche minuto, senza fare domande sulle varie scelte degli oggetti... ma Jude Verräter osservò quel trattato Babbano per diversi minuti, chiedendosi che collegamento potesse esserci tra quel libro e Jackson. 

Il ragazzo lanciò un’occhiata ad Isabelle, chiedendosi per la centesima volta se centrasse con la morte di Jackson... perché loro lo sapevano, che non era stato un incidente: ai membri della Night School l'avevano detto, contrariamente agli altri studenti.

Di certo sapeva più degli altri, ne era sicuro. Stava solo iniziando a chiedersi se non fosse davvero invischiata in quella storia fino al collo... se non li stesse prendendo tutti in giro, cosa che lui proprio non sopportava. 


                                                                               *


“Sai, da un certo punto di vista mi dispiace di non essere andato... ma non mi sembrava giusto, mi sarei sentito una specie di ficcanaso.” 

“Sì, ho pensato lo stesso. Anche se mi dispiace per i suoi amici, naturalmente. Dev'essere orribile.” 

Camila sfoggiò una smorfia, scuotendo leggermente il capo e facendo così muovere i suoi capelli variopinti mentre camminava accanto a Mathieu, diretta in Biblioteca. Non avevano studiato parecchio nei giorni precedenti, tutti erano stati troppo presi a pensare a ben altro... ma la loro vita non si era fermata come quella di Jackson, e dovevano riprendere a comportarsi normalmente, o almeno provarci. 

Quando aveva sentito che un ragazzo, un suo compagno di corso, era morto Camila aveva subito pensato a sua madre, se scriverle o meno... ma alla fine aveva deciso di non farlo: era solita raccontarle praticamente tutto, ma non voleva neanche farla preoccupare. 

“Sai, non ci avevo praticamente mai parlato... però mi spiace per lui. Insomma, aveva la nostra età, neanche 18 anni... non è giusto che una vita possa essere interrotta in questo modo. E poi hai visto Alastair? Poverino, chissà come deve sentirsi.” 

Camila sfoggiò una lieve smorfia, pregando di non trovarsi mai in una simile situazione: essendo piuttosto empatica, le dispiaceva moltissimo per gli amici di Jackson... voleva provare a rendersi utile in qualche modo ma non sapeva come, oltre a cercare di avvicinarsi a chi soffriva e anche a sua sorella. 

“Già... non vorrei essere nei suoi panni, non so come mi sentirei se dovesse succedere qualcosa ad Et... non ci voglio pensare” 


Mathieu scosse quasi rabbrividì ma si disse di non pensarci, che non sarebbe mai successo niente del genere... non avrebbe mai sopportato di perdere il suo migliore amico, che in quel momento stava parlando con suo fratello maggiore di quanto accaduto per l'ennesima volta, probabilmente.

“Non si è nemmeno capito come è morto, ma credo... che l'abbia trovato lui.” 

“Si, l'ho sentito... qualcosa su Alastair, Isabelle e tua... sorella.” 

“Credo che a Phoebe dispiaccia più per altri, per i suoi amici... in questo almeno, un po’ ci somigliamo.” 

Camila sorrise debolmente, cercando quasi di trovare una minuscola nota di positività in tutta quella storia: non le era mai sembrato tanto difficile farlo, probabilmente.   


                                                                            *


“Perché hai scelto proprio quel libro?” 

“Non sei il primo che me lo domanda, e ti darò la medesima risposta che ho già dato diverse volte: non sono tenuta a spiegarlo a nessuno.” 

Isabelle parlò senza neanche alzare lo sguardo dal suo blocco da disegno, mentre invece Jude sbuffò e le si avvicinò, prendendole il quaderno delle mani per avere la sua completa attenzione: era stufo di giocare in silenzio, dietro le quinte... lo faceva da due settimane e non aveva ottenuto nulla.

Tanto valeva parlarle apertamente e dirle quello che pensava:

“Da quando Jackson è morto sei ancora più strana rispetto a prima, Isabelle. Ho come la sensazione che tu sappia molto più di tutti noi su quanto è successo, sbaglio?” 

“Stai dicendo che io centro con la sua morte, Jude?” 

“Non lo so, in effetti. Come ho detto, sei molto strana.” 

Il ragazzo lanciò un'occhiata al foglio dove Isabelle stava disegnando... e scorse proprio il volto abbozzato di Jackson fare capolino sulla pagina fino a poco prima bianca. 

La ragazza invece contorse la mascella, alzandosi in piedi quasi di scatto per diminuire la differenza d'altezza che li divideva:

“Posso anche non starti molto simpatica, puoi anche ritenermi strana quanti più ti aggrada... io non gli ho fatto niente, tienilo a mente. Era... era mio amico.” 


Quasi sputò con frustrazione le ultime parole, stringendo con lieve rabbia il bordo del tavolo davanti al quale si era seduta: già, erano stati amici per anni. 

Eppure, non era riuscita ad evitare la sua morte... non gli aveva fatto niente certo, ma solo direttamente. Non si era sporcata le mani, ma le sentiva comunque insanguinate.

In perfetto silenzio, i due si osservarono a vicenda per qualche istante, mentre Jude quasi studiava gli occhi della ragazza: nel vedere una buona dose di determinazione e rabbia annuì, guardandola lasciarsi di nuovo svicolare sulla sedia prima di chinarsi in avanti, mettendosi le mani tra i lunghi capelli castani come se volesse estraniarsi dal mondo intero, anche solo per qualche minuto. 

“Ok. Non sei stata tu... ora lo so per certo.” 

Jude appoggiò di nuovo il quaderno sul tavolo, davanti ad Isabelle... ma lei non si mosse, restando immobile e in silenzio come se non l'avesse neanche sentito. 
Anche lui rimase in silenzio, osservandola con espressione quasi accigliata: era combattuto tra la rabbia, la frustrazione, l’irritazione perché qualcosa era andato come non doveva andare: qualcosa era uscito dallo schema ed era uscito dal suo controllo, qualcosa non era andato nel modo giusto... e lui odiava gli imprevisti, abituato com'era a calcolare tutto.

Combattuto, tra il chiedersi che cosa potesse passare per la testa di quella ragazza che, contrariamente a gran parte delle persone che aveva incontrato fino a quel momento, faticava a comprendere e a prevedere: nell'ultimo periodo Isabelle si comportava in modo diverso, e forse era quello ad incuriosirlo ed irritarlo allo stesso tempo: aveva sempre detestato quando qualcosa usciva dallo schema che aveva disegnato con tanta cura. 

L’ex Serpeverde sospirò leggermente, ricordando il suo terzo e ultimo anno ad Hogwarts: la Camera dei Segreti aperta, il mostro, gli attacchi, i sospetti... la scuola nel caos, nel panico.
In quelle settimane gli era sembrato di rivivere quei giorni che, anche se abbastanza lontani, erano ancora perfettamente stampati nella sua memoria.

Non era particolarmente dispiaciuto per la morte di Jackson, in un primo momento era stato più che altro investito dalla sorpresa... poi, progressivamente, dal sospetto e anche da una leggera paura, dal desiderio di capire come fosse successo. 


Jude Verräter abbassò lo sguardo su Isabelle prima di sedersi accanto a lei, esitando per un attimo prima di parlare in tono incerto:

“Isabelle? Andiamo, non sconvolgerti tanto... dovresti ormai essere abituata alle mie accuse, no? Negli ultimi tempi di ho detto un po’ di tutto.” 

“Non sei mai stato più simpatico, probabilmente.” 

La voce seccata e sommessa della ragazza lo fece sorridere leggermente mentre, dopo aver esitato, le dava una leggera pacca sulla spalla, quasi a volerla consolare: non era solito avvicinarsi alle parole, ma a volte sembrava ricordarsi di essere una persona in carne ed ossa e di poter toccare gli altri... a volte si ricordava di non dover fare per forza ogni cosa per un secondo fine e di poter anche consolare qualcuno, o almeno provarci: l'aveva fatto così di rado che quasi non sapeva come si faceva.


“Tranquilla Isabelle, lo so che non sei stata tu... non saresti così brava da far sparire tutte le prove, probabilmente.” 

“In effetti non ho in programma di uccidere nessuno in un futuro prossimo... perdonami ma temo di non avere la pratica adatta. Ora la finirai di trattarmi da mezza criminale?” 

Isabelle si rimise lentamente dritta, guardandolo quasi con una nota speranzosa negli occhi verdi... ma il sorrisetto del compagno la fece sbuffare, intuendo benissimo la risposta che stava per udire:

“Non hai ucciso Jackson... ma qualcosa stai combinando, non sperare che me lo dimentichi. Io non tralascio mai nulla...” 


                                                                          *


Si morse nervosamente il labbro mentre ripiegava il biglietto, rimettendoselo nervosamente in tasca: un incontro d'emergenza... di certo aveva a che fare con Jackson, ma chissà che cosa volevano da loro. 

“Che cosa leggi?” 

La voce familiare di Adrianus la fece sobbalzare, voltandosi e affrettandosi a sorridere innocentemente mentre lasciava cadere il biglietto nel cestino sapendo che entro pochi secondi si sarebbe auto-combustionato come sempre:

“Niente, solo un biglietto. Come stai, va meglio? Sai, voi maschi vi interstatide sempre a fare le facce di bronzo, ma non è una cosa negativa avere sentimenti e provare tristezza! Quindi con me puoi sfogarti quanto ti pare, non ti giudicherò.” 

Il sorriso sincero di Francisca lo fece sorridere di rimando, guardandola quasi con aria intenerita prima di prenderla per un braccio e abbracciarla: 

“Sai Frankie, a volte penso che se ci fossero più persone come te, vivremmo in un mondo migliore.” 

Frankie non aprì bocca, ma sorrise con sollievo e ringraziando mentalmente Adrianus per averla abbracciata prima di dire quella frase: se non altro non poteva vedere di che colore era diventata la sua faccia al sentire le sue parole. 


                                                                            *


Era stato in camera sua diverse volte, ma non era mai passato di lì neanche una volta... in genere, come lei, usava i tetti. Ma non quella sera: non aveva senso, non aveva nessuna intenzione di fare niente di nascosto. 

“Belle? Per favore, aprimi.” 

Alastair Shafiq sospirò, bussando ripetutamente alla porta e dicendosi di non sfondarla con un calcio... anche se probabilmente a breve l'avrebbe fatto, se lei non gli avesse aperto di sua spontanea volontà. 

Il ragazzo appoggiò il palmo sul legno dipinto di bianco della porta, fissando lo sguardo sulla targa in ottone che riportava il nome in corvino della sua migliore amica.

“Isabelle. Ti prego... ho bisogno di te.” 


Non parlò a voce alta nel dire quelle parole, ormai rassegnato all'idea che lei non avesse voglia di vederlo... ma aveva davvero bisogno di Isabelle in quel momento, dopo aver perso Jackson. Aveva bisogno della sua determinazione, del suo sangue freddo e della sua compagnia.

Alastair sospirò e si allontanò leggermente dalla porta: fece per allontanarsi lungo il corridoio, cupo e rassegnato, quando sentì la porta della camera aprirsi alle sue spalle. 
Stentando a crederci il ragazzo si voltò e subito si ritrovò stretto in un abbraccio da Isabelle, che appoggiò la testa sulla sua spalla prima di parlare con un filo di voce:

“Mi dispiace Al. Per tutto.” 
















...............................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie per le recensioni e per le informazioni che mi avete mandato :) 
Questo capitolo è stato un po’ di passaggio, ma nel prossimo vedrete di nuovo la NS attiva... spero di continuare ad aggiornare in fretta come sto facendo di recente, ma a breve inizierò una nuova storia quindi probabilmente avrò meno tempo... insomma, si vedrà, di certo farò il possibile :) 

Questa volta non ho nulla da chiedervi, vi auguro solo la buonanotte e una buona domenica! 
A presto, 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** I guai si susseguono ***



Capitolo 9: I guai si susseguono 
 
Venerdì 20 Novembre 


Ad ogni azione corrisponde una reazione, uguale e contraria 


Camminava a passo svelto, cercando di fare meno rumore possibile mentre percorreva i corridoi bui e silenziosi. 
Sbuffò sommessamente, maledicendo chi aveva progettato il castello per collocare i bagni maschili più vicini al Dormitorio maschile accanto alla Sala da Pranzo oltre a quello interno, che però qualcuno aveva avuto la brillante idea di chiudere a chiave ore prima... così eccolo che vagava per la scuola deserta in vestaglia e i capelli castani arruffati. 

Adrianus rabbrividì leggermente, affrettando il passo e dicendosi mentalmente di fare in fretta: era fine Novembre e la temperatura si era ormai abbassata notevolmente, i corridoi dell’antica residenza erano sempre piuttosto freddi in quel periodo, specialmente di notte. 

Il ragazzo teneva la bacchetta sollevata davanti a sè per evitare di andare a sbattere contro una cassapanca e di inciampare da qualche parte... e sperava vivamente di non incontrare nessuno: alla Cimmeria si facevano di rado turni di ronde notturne, ma dopo la morte di Jackson erano cambiate molte cose lì dentro, tanto da aumentare notevolmente i controlli e la precisione già maniacale per orari e coprifuoco. 

Il ragazzo scese silenziosamente i pochi gradini che lo separavano dal soppalco che permetteva di scendere nell’Ingresso quando si bloccò di colpo ancor prima di avvicinarsi ad una delle due rampe di marmo leggermente ricurve: aveva sentito una voce, appena un sussurro in realtà... e non aveva capito cosa avessero detto, perché non parlava quella lingua. 

Però riconobbe comunque chiaramente la voce... non capiva l’olandese, ma quella era indubbiamente la voce di Isabelle, e dal tono seccato non era difficile intuire che avesse appena imprecato a mezza voce.

La voce della ragazza venne seguita da un debole lamento, come di qualcuno che sta soffrendo fisicamente.

Adrianus sbarrò gli occhi ma si trattenne dal fare qualche passo avanti e sporgersi oltre la ringhiera: moriva dalla voglia di saperne di più, ma allo stesso tempo non voleva farsi vedere da chiunque fosse nell’Ingresso.

“Come è successo? Non preoccuparti, ora ti portiamo in Infermeria.” 

Un’altra voce femminile, dal tono preoccupato... Alexa. 

E Adrianus si ritrovò a riconoscere, suo malgrado, anche quella maschile che rispose alla domanda della rossa:

“L'abbiamo trovato così, durante l’esercitazione... non ho idea di come sia successo, io e Verräter non ci siamo fatti nulla.” 

Alastair.

“Ci penseremo dopo, al come... ora dobbiamo portarlo dove non possano vederlo, l'ultima cosa che ci serve è qualche domanda scomoda. Tienilo fermo Al.”

La voce di Isabelle, calma e pacata come se non stesse succedendo nulla di rilevante, venne seguita dal rumore di carta strappata e Adrianus suppose che stessero bendando chiunque fosse ferito. 
Doveva saperne di più, non si sarebbe mosso finché non avrebbe saputo chi stava male. 

Sentì qualche altro mormorio e poi dei passi sulle scale, preceduti dalla lieve luce delle bacchette dei suoi compagni. Il ragazzo spense immediatamente la sua e rimase immobile, nell'ombra e in attesa.

Quando vide Isabelle spuntare sulle scale fece un passo indietro, quasi temendo che la luce potesse farlo scoprire: non sapeva perché, ma quella storia proprio non gli piaceva... e on aveva molta voglia di farsi beccare.

Vide, dietro la ragazza, Alastair e Jude tenere qualcuno e trasportarlo di peso... era un ragazzo, ma era parecchio sanguinante e non riuscì proprio a riconoscerlo... e poi vide Alexa, impossibile da non riconoscere grazie alla chioma di capelli color carota. 

Scorse una figura salire le scale appena dietro l’olandese, che in effetti si voltò e sussurrò qualcosa di appena comprensibile alle orecchie del ragazzo:

“Sei sicura che non ti faccia male?” 

“Sto benissimo, pensiamo a Simon adesso... lui ha ben altri problemi, io ho solo un graffio.” 

Adrianus s’irrigidì all’istante nel sentire la familiare voce di Francisca, anche se non era quella allegra a cui era abituato. 

Vide la ragazza fermarsi sul soppalco, praticamente alla sua stessa altezza... e prima di seguire i compagni verso il corridoio opposto a quello da dove era sbucato lui, vide la ragazza fermarsi e voltarsi.
Non seppe mai come avesse fatto, ma quando la vide voltarsi fu certo che in qualche modo sapeva che era lì. 

La ragazza indugiò, osservandolo per qualche istante mentre lui ricambiava, trovandola decisamente diversa dalla solita Frankie a cui era abituato: indossava una felpa nera con cappuccio e dei pantaloni neri aderenti, insieme a degli stivali con i lacci. 

Adrianus intravide un taglio abbastanza profondo sulla spalla della ragazza, ma poi la sua attenzione venne catturata da qualcos’altro: Francisca mosse impercettibilmente il capo, accennando con un movimento lievissimo al corridoio da dove lui era arrivato... quasi come a volergli dire di andarsene, di tornare in camera sua.

“Frankie? Cosa c'è?” 

“Niente. Arrivo.” La voce di Alexa, intrisa di una nota preoccupata, distolse l'attenzione della piccola moretta che fu costretta a voltarsi, incamminandosi silenziosamente dietro ai compagni e sparendo ben presto nel vuoto, fuori dalla visuale del compagno. 


Aveva sempre sospettato che Alastair, Phoebe, Isabelle e Jude facessero parte della Night School... e di certo lo stesso era valso per Jackson, prima della sua morte.
Di certo però non avrebbe mai immaginato che anche le solari, allegre, divertentissime Alexandrine e Francisca facessero parte di quel misterioso gruppo. 


                                                                                    *


“Come sta?” 

Phoebe si chiuse la porta alle spalle prima di avvicinarsi ad Isabelle, che stava aspettando su una sedia, appena fuori dall’Infermeria. 

“Meglio... Ho provato a chiedergli come si sia fatto male, ma non ha saputo dirmelo. Credo che l'abbiano confuso, Belle.” 

“Perfetto, ci mancava solo questa... così Hamilton farà in modo che ci tartassino ancora di più.” 

Isabelle sospirò mentre s’incamminava insieme all’amica verso la Sala Comune. Entrambe si chiesero come anche una semplice simulazione nel bosco potesse essere stata quasi trasformata in un incidente serio... anche se la prima teneva di poter intuire la risposta. 

“Quindi Simon non ti ha detto nulla?” 

“Ha detto che è caduto, che si è ferito a causa di qualche ramo... potrebbe anche essere, non è la prima volta che succede ovviamente. Ma ha perso molto sangue, poteva finire peggio di così, lo sappiamo tutti. Credi che stasera ci convocheranno comunque?” 

“Naturale, anzi... lo faranno a maggior ragione, visto il simpatico incidente della notte scorsa. Ma eravamo tutti divisi, nessuno di noi ha visto nulla... o almeno in teoria.” 

Isabelle inarcò leggermente un sopracciglio, rendendosi conto solo in quel momento che forse non era così... forse qualcosa sapeva qualcosa, in effetti.
Phoebe colse il tono dubbioso dell'amica e la guardò con curiosità, chiedendosi che cosa stesse passando per la testa della ragazza:

“A che pensi? Chi potrebbe aver visto qualcosa?” 

“Beh, non è difficile. Insomma Phoebe, chi è che sa sempre tutto?” 

“... l’oracolo di Delfi?” 

“Simpatica. Sii seria, non sto scherzando! Lo sai a chi mi riferisco Bibi, non fare la finta tonta!” 

Isabelle roteò leggermente gli occhi, assestando all'amica una gomitata che fece ridacchiare Phoebe, che annuì con un mezzo sorriso stampato sulle labbra:

“Lo so, lo so eccome... coraggio, andiamo a fare un salutino a Jude.” 


                                                                       *


Sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli nel realizzare di essere arrivata a rileggere la stessa riga per la quinta volta: possibile che proprio non riuscisse a concentrarsi? 

Francisca sospirò, appoggiandosi allo schienale della sedia e lanciando un’occhiata quasi malinconica agli appunti di Storia: era sabato mattina, avrebbe anche potuto fare a meno di studiare... ma forse stava tentando di farlo proprio per distrarsi e per pensare ad altro.


Sin da quando era entrata nella Night School aveva capito che la sua vita a scuola sarebbe cambiata... ma quell’anno stava procedendo in modo ancor più insolito, se possibile. 

C'era qualcosa di diverso, poteva quasi sentirlo nell'aria... da quando Jackson era morto erano cambiate molte cose, anche la Night School... l’incontro della sera prima li aveva visti impegnati in una delle numerose esercitazioni nel bosco a cui la ragazza aveva già preso parte, dove mettevano in atto strategie e attitudini a livello di velocità o resistenza.

Quella sera però di certo le cose sarebbero andate diversamente... lo sapevano tutti, era nell'aria fin da quando avevano trovato Jax morto, ad Halloween.

Non poté fare a meno di pensare al ragazzo, che per anni aveva condiviso con lei corsi e poi anche gli incontri della NS... Quante volte aveva duellato con lui, o avevano giocato insieme a Quidditch in una delle ormai famose partite notturne della Cimmeria?

Era triste pensare che una vita fosse stata interrotta così bruscamente.

“Qualche problema?” 

Anche se familiare e in genere rassicurante la voce di Adrianus la fece quasi sobbalzare, voltandosi di scatto verso di lui.
Si rilassò subito nel vederlo, sfoggiando un lievissimo sorriso: grazie al cielo si era bloccata, altrimenti avrebbe rischiato di colpirlo in pieno e far finire anche lui in infermeria, oltre a Simon.

Adrianus sedette accanto a lei, osservandola attentamente e con una vena indagatrice che in genere non c'era nei suoi occhi chiari... ovviamente Frankie ne se accorse ma decise di ignorarla, limitandosi a fare spallucce:

“No... sono solo un po’ preoccupata per Simon, spero si rimetta in fretta poverino.” 

“Si, ho sentito. Cosa hai fatto alla spalla?” 

“Nulla, mi sono tagliata. Io e Alexa abbiamo fatto una passeggiata nel bosco ieri sera e... beh, un piccolo diverbio con un ramo basso, nulla di grave. Hai bisogno di qualcosa Steb?” 

Francisca sfoggiò il suo sorriso più ampio e innocente, sapendo perfettamente dove volesse andare a parere il ragazzo... era certa che fosse lui, la sera prima. 
Ma non poteva parlarne, tantomeno nel bel mezzo della Biblioteca. 

Tecnicamente non gli aveva neanche mentito... si era davvero tagliata semplicemente alla spalla... ed era successo davvero nel bosco. 

“Volevo parlarti... a proposito di ieri sera.” 

“Ieri sera?” 

Inarcò un sopracciglio, sfoggiando il suo tono perplesso e confuso migliore mentre Adrianus sbuffava debolmente, guardandola quasi con aria esasperata:

“Lo sai Frankie. Insomma...” 

“Ok, ho capito. Se stai cercando di dirmi che ieri sera a cena ero più stramba del solito... non è colpa mia, sarà stata l'euforia da venerdì sera! Sai com’è, la settimana che finisce... ma devo assolutamente vedere Alexa ora, scusa ma deve aiutarmi con queste maledette domande di Storia.” 

Francisca parlò così rapidamente da non dare quasi ad Adrianus il tempo di mettere in ordine i pensieri mentre la guardava scarabocchiare qualcosa su un pezzo di pergamena prima di infilare tutte le sue cose in borsa in quattro e quattr’otto: con una rapidità sorprendente la ragazza si defilò, lasciandolo di nuovo solo e con solo un foglietto sul tavolo.

“Certo che non sei così rapida, quando dobbiamo andare a lezione...” 

Sbuffo debolmente, non provando nemmeno a rincorrerla: evidentemente, voleva fare finta di nulla... e la conosceva ormai da qualche anno, sapeva che aveva i suoi motivi per comportarsi così.

L’ex Corvonero prese il foglietto, leggendolo in fretta e sempre più scettico e preoccupato, anche dopo averlo fatto:

Mi dispiace, non avresti dovuto vederci. 
Non posso parlare, qui ci sono orecchie e occhi ovunque... non fare domande in giro Steb, lo dico principalmente per te. E brucia questo biglietto


Certo, lo sapeva, la Night School era segreta... c'era persino scritto nel Regolamento della scuola. Eppure era sempre stato abbastanza curioso a riguardo... ancor più ora che sapeva che Francisca ne faceva parte. 
Non voleva che finisse nei guai, e aveva la netta sensazione che a breve sarebbero aumentati considerevolmente.


                                                                            *

Jude camminava quasi senza guardare dove metteva i piedi, continuando ostinatamente a leggere senza staccare gli occhi dalle pagine neanche per un attimo. 

Probabilmente prima o poi si sarebbe schiantato contro un mobile, ma poco importava... doveva assolutamente finire il libro entro l'incontro di quella sera. 

Aveva passato due giorni interi a setacciare la Biblioteca e a tartassare Julia, la sventurata bibliotecaria, per trovarlo... e dopo esserci finalmente riuscito, era determinato a finirlo in fretta nonostante fosse piuttosto complicato e macchinoso. 

Ma che razza di libri legge quella...


Jude sbuffò, maledicendo mentalmente Isabelle Van Acker per avergli messo il pallino del Principe di quell’italiano da strapazzo... ma perché non aveva messo sulla zattera per Jackson un libro di favole, per esempio? 

Doveva esserci un motivo, se la ragazza aveva scelto quel trattato... e aveva tutta l'intenzione di scoprire di cosa si trattasse. 


“Ciao Jude!” 

To’, parli del diavolo...

Il ragazzo si fermò, alzando finalmente gli occhi dalle pagine ingiallite del libro per posarli sulle due ragazze che gli erano appena comparse davanti, entrambe piuttosto serie. 

“Salve. Come mai il dinamico duo mi cerca?” 

“Ti dobbiamo chiedere una cosa, in effetti... a proposito di ieri sera.” 


Il ragazzo inarcò un sopracciglio, osservando Phoebe con lieve scetticismo mentre Isabelle lanciava un’occhiata al libro che il ragazzo teneva in mano. Il titolo era in italiano, ma ovviamente riconobbe il nome dell'autore...

Per un attimo si chiese perché diamine Jude andasse a leggersi il libro in lingua originale complicandosi la vita, ma poi i suoi pensieri passarono ad altro, maledicendolo leggermente: non era un caso, di certo lo stava leggendo perché l'aveva visto in mano a lei... di quel passo, non solo si sarebbe messo nei guai ma avrebbe fatto finire nella fossa anche lei. Più di quanto già non fosse. 

“Davvero Selwyn? Tu mi devi chiedere una cosa?” 

“Si. Cavoli Verräter, dopo anni che sei in Inghilterra pensavo parlassi bene l'inglese... non eri ad Hogwarts fino ad un paio d'anni fa, prima di venire qui?” 

“Si, esatto... e infatti capisco perfettamente l'inglese. Mi chiedevo solo come mai Phoebe Selwyn si rivolge a me visto che non è quasi mai successo in due anni.” 

“Ma non è vero! ... giusto Belle?” 

“Beh, se dovessi essere sincera...” Isabelle s’interruppe, evitando di concludere la frase nel cogliere l’occhiata torva che le aveva rivolto l'amica e il lieve sorrisetto soddisfatto che era comparso sul volto di Jude. 
La ragazza sbuffò, scuotendo leggermente il capo prima di parlare in tono sbrigativo, come se non avessero tempo da perdere:

“Sentire, lasciamo stare. Facciamola breve Jude, tu per caso sai come si è fatto male Simon?” 

“Perché lo chiedete a me?” 

“Beh, perché tu sei quello che se ne va in giro con la faccia da “io so qualcosa che tu non sai” e che lascia frasi sibilline a destra e a sinistra che ti fanno capire che “tu non lo sai ma io so anche come si chiama il tuo criceto”.” 

“Ehi, hai un criceto? Questo mi mancava, in effetti...” 

“Non ho un roditore Jude, concentrati! Stavano parlando di Simon... allora, sai qualcosa o no?” 

“No, non l'ho visto ieri sera, ci siamo divisi subito come dovreste sapere anche voi.” 

Jude inarcò un sopracciglio, chiedendosi perché le due fossero tanto interessate alla faccenda... forse lui ci stava prestando meno attenzione di quanto non avrebbe fatto in condizioni normali, ma era troppo preso dalla lettura di Machiavelli e dalle stranezze di Isabelle per prestarci troppa attenzione. 

Le due ragazze si scambiarono un'occhiata, come se volessero chiedersi reciprocamente se fosse il caso di credergli o meno... tuttavia sembrarono optare per la prima scelta è Phoebe annuì leggermente, sospirando:

“Ok... spero di sbagliarmi, ma secondo me l'incontro urgente dj stasera non è un caso. Avrà di certo a che fare con quello che è successo...” 

“Ho sentito che vogliono farci fare degli interrogatori, in realtà. Sarà fantastico!” 

Jude sfoggiò un sorriso vero e proprio che di rado mostrava a chi lo circondava, gli occhi improvvisamente quasi luccicanti al solo pensiero. Isabelle inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo con espressione un po’ incerta: improvvisamente era come trovarsi davanti ad un bambino a Natale.

“Come fai a saperlo?” 

“Beh, l'hai detto tu Isabelle... io so cose che tu non sai. Ci vediamo stasera ragazze, mi raccomando siate puntuali!” 

Jude sfoggiò un ghigno divertito prima di superare le due ragazze, mentre Phoebe sbuffava e Isabelle contraeva leggermente la mascella: interrogatori. L'ultima cosa che le serviva. 

“Bene, siamo al punto di partenza. Ma secondo te davvero non sa nulla?” 

“Non ne ho idea... ma se sa qualcosa, so dove dovremmo guardare. Hai presente quel quaderno nero dove scarabocchia di continuo? Ho come la sensazione che quel blocco sia una specie di miniera d'oro Bibi.” 


                                                                                      *


“Allora... come risposta alla domanda 3 scrivi: asini arcobaleno piovono dal cielo.” 

“Ok, grazie.” 

Mathieu strabuzzò gli occhi, guardando il suo migliore amico con la convinzione sempre più grande che stesse perdendo il senno: possibile che lo stesse scrivendo sul serio? 

“Et! Ti prendo in giro ovviamente, ti pare che asini arcobaleni possano cadere dal cielo? E poi se anche fosse non centrerebbe nulla con Storia... mi dici che cos’hai, di grazia?” 

Mathieu inarcò un sopracciglio, guardando l'amico con preoccupazione è scetticismo allo stesso tempo: era da qualche giorno che lo vedeva abbastanza silenzioso e con la testa da un'altra parte... di certo aveva qualcosa per la testa, ma ancora non aveva voluto aprire bocca a riguardo.
Etienne si strinse nelle spalle, evitando di guardare l'amico e tenendo invece gli occhi chiari fissi sul suo rotolo di pergamena, limitandosi a sospirare leggermente:

“Niente...” 

“Certo, e io sono la Regina Elisabetta! Figuriamoci, non metterei mai quegli orribili cappellini... andiamo ET, mi hai sempre detto tutto, che cosa c'è che non va?” 

“Stavo solo pensando... tu credi che possano sospettare di me?” 

Etienne alzò lo sguardo, puntando gli occhi sull’amico che sgranò gli occhi scuri, non capendo dove volesse andare a parare: sospettare di cosa?

“A che ti riferisci?” 

“Secondo te, genio? Alla faccenda... di Jackson Wilkes.” 

 Etienne quasi mormorò le ultime parole, come se avesse paura di farsi sentire a dirle ad alta voce... e Mathieu sospirò, scuotendo il capo quasi con esasperazione:

“Ma come potrebbero sospettare di te, neanche lo conoscevi! Non devi farti tutte queste paranoie, ET!” 

“Oh, andiamo Mat, tu sai perché sono qui, e lo sanno anche i piani alti di questo posto. Il padre di Jackson era un pezzo grosso qui, me l'ha detto mio fratello... quindi vorrà delle risposte, di sicuro.” 

“Etienne, non c’entri niente con lui, lo sai tu e lo so io... noi dovremmo essere gli ultimi a cui potrebbero pensare! Non uccideresti mai nessuno, si vede lontano miglia che non sei un assassino...” 

Il silenzio calò tra i due, mentre Etienne meditava sulle parole dell'amico e Mathieu si chiedeva perché se la prendesse tanto con se stesso... come potevano sospettare di lui? Era assurdo, anche considerando quello che aveva fatto per finire alla Cimmeria. 

Nessuno di loro avrebbe mai ucciso qualcuno... e in quel caso, che motivi avrebbe potuto avere, visto che non conosceva nemmeno Jackson Wilkes? 

Mathieu gli disse di non preoccuparsi, di smetterla di tormentarsi in quel modo perché faceva male solo a stesso... ed Etienne sorrise, sinceramente grato all’amico per il supporto che gli dava costantemente.

Avrebbe voluto essere come lui a volte, capace di non crearsi da solo tanti problemi... ma non riusciva ad evitare di pensarci, anche se come Mathieu gli aveva già fatto notare varie volte nessuno lo aveva accusato di nulla. 


                                                                              *                                


“Come suppongo abbiate già immaginato, stasera vi abbiamo convocato solo ed esclusivamente per parlare con voi, non si tratta di un incontro vero e proprio. A seguito di quanto successo ad Halloween, il Professor Hamilton ha preso una decisione... ovvero, nei prossimi giorni tutti voi sarete impegnati in degli interrogatori. Fungerete sia da parte attiva che passiva, e le coppie sono state già formate da me e dal Professor Jefferson. Ognuno di voi dovrà interrogare un compagno, e farsi a sua volta interrogare da qualcun altro... Ora vi chiameremo e vi consegneremo la lista delle domande che dovrete fare al compagno che vi è stato assegnato... dentro al fascicolo troverete il suo nome e badate, non dovete dire a nessuno chi vi è stato assegnato, se non ovviamente la persona stessa. Vedete questa attività come un allenamento, siete pregati di svolgerla con la massima serietà.” 


Mentre Oldman chiamava ad uno ad uno i membri della Night School per consegnare ad ognuno il fascicolo, Alastair sbuffò debolmente, parlando con un filo di voce mentre si rivolgeva ad Isabelle, seduta accanto a lui su una delle file di sedie che erano state disposte nella grande sala dove in genere si allenavano in duelli, Occlumanzia, scontri fisici e anche usando qualche arma Babbana.

“Mi chiedo perché ce lo facciano fare ora... non ti sembra che abbiano aspettato molto?” 

“È vero, ma forse hanno avuto altro a cui pensare... la morte di Jax ha tirato su un gran polverone, dopotutto. Ironico, vero? Lui l'avrebbe trovato decisamente divertente...” 

Un sorriso amaro comparve sul volto di Isabelle e Alastair annuì, improvvisamente piuttosto cupo mentre rispondeva a bassa voce:

“Già, si sarebbe divertito senza alcun dubbio. Chissà con chi ci hanno assegnato... con un po’ di fortuna, non con qualcuno che non sopportiamo.”

Isabelle non disse nulla, limitandosi a contrarre leggermente la mascella: lei in realtà stava pregando di non essere stata assegnata proprio a LUI... un conto era evitarlo, un altro era mentirgli spudoratamente, per di più in un’attività della scuola, della Night School. 

Se la sarebbe cavata? Avrebbe preferito non doverlo sapere mai.

Alastair invece, dal canto suo, sperava di finire proprio insieme alla sua più vecchia amica... forse così sarebbe riuscito a buttare giù il muro che li divideva da settimane, ormai. 

Lanciò un’occhiata di sbieco alla ragazza ma non proferì parola, restando in religioso silenzio mentre qualche fila più un la una certa ragazza minuta e dai capelli scuri si guardava nervosamente intorno: 

Dov'era? 

“Qualcuno di voi ha per caso visto Alexa? Non la trovo da un po’ ormai...” 

Frankie si morse il labbro, tormentandosi nervosamente le dita mentre faticava a stare ferma sulla sedia: aveva bisogno della sua amica, di parlare con lei... ma dov’era? Sembrava che nessuno l'avesse vista. 


Ben presto Oldman chiamò proprio l’olandese, ma non ottenne alcuna risposta... e Frankie guardò il suo insegnante preferito accigliarsi e puntare gli occhi dritti su di lei prima di voltarsi verso Jefferson. Si scambiarono una breve occhiata e poi il Vicepreside si rivolse alla ragazza, che era già un fascio di nervi:

“Lothbrock... sai dov’è Darwin?” 

“No signore, non la vedo da subito dopo cena in realtà.” 


La stanza ben presto si riempì di mormorii, e Frankie si ritrovò a chinare il capo, mettendosi le mani sulle orecchie e chiudendo gli occhi: non li voleva sentire ipotizzare la morte della sua migliore amica. 

“Finitela. State zitti una buona volta.” 

La voce tagliente, quasi con una nota velenosa di Phoebe Selwyn però le fece alzare lo sguardo sulla ragazza, guardandola come se la ritenesse momentaneamente impazzita: e da quando lei prendeva le sue difese? 

Phoebe però stava scrutando i compagni con gli occhi carichi di irritazione, ordinando loro silenziosamente di tacere prima di parlare di nuovo:

“Fate le vostre considerazioni in silenzio... così la terrorizzate e, si spera, per nulla. Rilassati Francisca, magari non è niente di importante.” 

“Beh... grazie.” 


Francisca parlò con un filo di voce, continuando a guardare la compagna come se fosse certa di essere nel pieno di un’allucinazione mentre Oldman, dopo aver passato il plico di fascicoli al collega, parlava di nuovo ad alta voce:

“Vado a cercare Darwin, mi sembra che sia l'unica ad essere assente... voi restate qui, non muovetevi, d'accordo? Con un po’ di fortuna, tornerò rapidamente.”


E si spera con la ragazza 

Queste ultime parole però, non le disse mai ad alta voce 


                                                                                     *


Jude aprí il fascicolo non appena fu nuovamente seduto, dimenticandosi momentaneamente dell’improvvisa sparizione di Alexandrine e concentrandosi solo ed esclusivamente con quello che aveva per le mani...  moriva dalla voglia di sapere chi avrebbe dovuto interrogare. 

Già pregustava quel momento, in effetti... era certo che sì sarebbe divertito un mondo, a prescindere da chi gli era stato assegnato.
Quando però lesse il nome, il sorriso sul suo volto magro e affilato non poté che allargarsi: 

Ironica, la sorte... ma a lui non dispiaceva affatto, almeno non in quel caso. 

Il ragazzo alzò lo sguardo, puntando gli occhi sulla ragazza che era seduta accanto ad Alastair Shafiq e stava parlando con lui a bassa voce, probabilmente a proposito di Alexa.

Non si accorse del suo sguardo e neanche del suo sorriso, mentre Jude acquisiva sempre maggior sicurezza sul fatto che sì, i giorni seguenti sarebbero stati divertenti. 

Già pregustava il momento in cui avrebbe dovuto dire alla ragazza che sarebbe stato lui ad interrogarla... poverina, le sarebbe venuto in colpo.
Forse gli faceva quasi pena, infondo... 


Quasi, ovviamente.

Era anche riuscito a finire Il Principe prima dell'incontro... e aveva finalmente capito perché Isabelle avesse scelto quel libro: la frase che avevano trovato sul corpo di Jackson era una citazione machiavellica... tecnicamente quasi nessuno sapeva di quel dettaglio della morte del ragazzo, ma lui ovviamente aveva fatto in modo di non perdersi il minimo particolare. 

Jude Verräter sorrise con aria compiaciuta, infinitamente grato, per una volta, alla dea bendata per avergli dati corda.

                                                                             *


“Mi dici perché hai aspettato tanto a dirmelo? Quando sei tornato dicendo che la ragazza aveva chiesto un permesso per saltare l'incontro causa indisposizione ti ho creduto anche io!” 

“Volevi che me ne uscissi con una notizia simile nel bel mezzo dell'incontro, così da disseminare panico e caos? No, grazie... ne avremo già abbastanza nei prossimi giorni. Questa non ci voleva, decisamete... dobbiamo chiamare Atticus e gli altri.” 

David Oldman scosse leggermente il capo, guardando con aria grave, rammarico e quasi disgusto la scena che aveva davanti agli occhi.
Il collega, in piedi accanto a lui, si limitò ad annuire mentre osservava prima la ragazza e poi il ragazzo quasi senza vera espressività, restando perfettamente impassibile: 

“È uno dei nuovi... mi chiedo cosa possa centrare.” 

“Non ne ho idea... ma ho trovato questo accanto ai corpi, anche se non l’ho ancora letto. Credo sia giusto farlo con Atticus, non prima.” 

Oldman mostrò al collega un biglietto ripiegato che teneva in mano, che aveva trovato accanto ad uno dei due corpi senza vita... Jefferson annuì e gli fece cenno di uscire dalla stanza per andare a chiamare il Preside. Non sarebbe stato felice di essere svegliato nel cuore della notte, ma quella notizia decisamente non poteva aspettare. 

Non quando due studenti dell'ultimo anno, Alexandrine Darwin ed Etienne Lacroix, erano stati trovati senza vita nella camera della ragazza.












.........................................................................................
Angolo Autrice:

Posso assicurarvi che non mi diverto ad ammazzare gli OC senza pietà... ma sfortunatamente, proprio non mi lasciate scelta.
Poiché siamo già a tre OC eliminati a solo pochi capitoli dall’inizio della storia, mi vedo costretta a riaprire le iscrizioni... sperando che nessun altro sparisca, ovviamente.

Giuro che mi dispiace, anche perché sto rompendo davvero delle belle amicizie... ma le regole sono regole, anche se non avrei voluto arrivare a fare fuori tre personaggi praticamente di seguito. 
Per chi volesse iscriversi, vi prego di recensire il Prologo... la scheda la trovate lì, e ovviamente potete creare solo OC che già studiano alla Cimmeria, anche se potete scegliere se fanno già parte della NS o meno.

Detto ciò, prego alle autrici rimaste di non volatilizzarsi nel nulla, perché non vorrei dover interrompere la storia per mancanza di OC. 

Buonanotte,
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Disordine ***


 Capitolo 10: Disordine
 
Giovedì 26 Novembre 

 
“Tocca a te.”  
 
La scacchiera era davanti a lei, i pezzi attendevano di essere mossi dalle sue mani. 
Ma non sapeva cosa fare, era bloccata.

Non aveva idea di quale dovesse essere la mossa successiva. 

Deglutì, mentre l'orologio continuava a ticchettare fastidiosamente, ricordandole che il tempo passava e che il suo turno aveva una scadenza.
Isabelle alzò lo sguardo, incontrando gli intensi occhi blu di Jackson, che la stava scrutando attentamente proprio come faceva sempre.

Sembrava che non fosse cambiato niente.

“Il tempo passa Isabelle... devi fare qualcosa.” 

“E cosa? Sono davanti ad un muro Jax. Cosa devo fare?” 


Si passò nervosamente una mano tra i capelli, quasi con una nota di disperazione nella voce che fece sorridere debolmente l'amico, guardandola come se fosse divertito: 

“Devi capirlo tu. So che ti senti sola mia cara Belle... ma sei tu che ti stai estraniando da tutti, lo sai vero?” 

“Ho scelta? No.”   
 
In ogni caso devi fare la tua mossa... è il tuo tempo potrebbe scadere. Perciò sbrigati Belle, de vuoi vincere questa partita.”  

Certo che voleva vincere... doveva vincere, non poteva permettersi di perdere.

Il rumore delle lancette dei secondi di che ticchettavano si fece sempre più fastidioso, quasi sorridente... si tappò le orecchie con le mani chiudendo gli occhi e pregando che finisse. 
Quando si svegliò, madida di sudore, aveva ancora il sorriso di Jackson impresso nella mente.



                                                                                *


“Frankie... sono io. Mi fai entrare?” 

Adrianus bussò debolmente, parlando con il tono più dolce e gentile che riuscì a trovare. Erano giorni che non la vedeva, anche se era passato un sacco di volte davanti alla sua porta: la ragazza si era chiusa in camera sua da domenica, da quando la notizia della morte di Alexandrine ed Etienne era trapelata.

“No.” 

“Dai, sono io! Non puoi fare un eccezione per Steb?” 
 
“No, non ti apro proprio perché sei tu!” 
 
La voce di Francisca risultava cupa e strozzata, ma per un attimo Adrianus sgranò gli occhi, dicendosi di aver capito male. 
Stava quasi cominciando a sentirsi seriamente ferito quando la voce di Frankie giunse di nuovo alle sue orecchie:

“Insomma, sembro Chewbacca conciata così...”

“Non dire assurdità! Ora entro, ti ho anche portato la colazione...”

Adrianus mise la mano sulla maniglia, sorridendo con soddisfazione nel sentire la serratura scattare: non sapeva se a convincerla era stata la parola “colazione” o una semplice voglia di vederlo... ma almeno gli aveva finalmente aperto. 

Il ragazzo entrò nella camera di Frankie, consapevole che tecnicamente fosse conte le regole... ma infondo, in quel momento non gli importava per nulla.
Gli occhi chiarissimi del ragazzo finirono subito sul letto accanto alla parete azzurra, dove Frankie era sepolta sotto il piumone bianco e un pail blu.

Il ragazzo si avvicinò alla scrivania, appoggiandoci il vassoio carico di pancake e caffellatte prima di avvicinarsi al letto.
Mise le mani sul bordo del piumone per scostarlo, ma un mugugno sommesso gli ordinò di non farlo:

“Non osare! Sono orribile!” 

“Se vuoi dopo ti mando qualcuna delle ragazze, saranno ben liete di usarti come bambola umana e rimetterti a posto, se glielo chiedo io lo faranno di certo... ma sono tre giorni che sei chiusa qui dentro. Non hai mangiato quasi niente... dai, ascoltami.”
 
“No!”

Frankie afferrò la coperta, tenendola sopra di lei mentre invece Steb sbuffava, cercando di togliergliela di dosso. Ebbe così inizia una specie di battaglia che venne ovviamente vinta dal ragazzo, che sorrise con aria trionfante mentre le toglieva il piumone dal viso. Francisca sbuffò e seppellì la faccia sul cuscino mentre l’ex Corvonero apriva la finestra con un colpo di bacchetta, immergendo improvvisamente di luce la stanza.

“Ehi! Fa freddissimo, chiudi!” 

“Per favore, deve passare un po’ di aria qui dentro...” 

Adrianus lanciò un’occhiata al comodino e a parte del tappeto, trovandoli coperti di fazzoletti... sospirò nella consapevolezza che la dolce Francisca avesse passato giorni chiusa lì dentro a piangere da sola mentre si sedeva accanto a lei, mettendole delicatamente le mani sulle spalle per tirarla su. 

“Coraggio... rivoglio la mia solita Frankie sbadata e divertente.”  Adrianus sorrise, appoggiandosi alla testiera del letto e sistemando la ragazza sulla sua spalla, lasciando che si appoggiasse a lui.

“Non so se la rivedrai... mi chiedo se possa esistere, senza Alexa.”

“Certo che si... tieni, bevi un bicchiere d'acqua. Hai un alito che spaventa! E dopo andrai a farti una doccia, capito? Saranno tre giorni che stai in pigiama... carino però!” 

“Il mio pigiama è bellissimo, capito? Sei solo invidioso, perché lo vorresti anche tu.”

Francisca sbuffò prima di bere un sorso d'acqua e Steb sorrise, cercando di non ridere: l'espressione sdegnosa di Frankie era in netto contrasto con il pigiama che indossava, fatto di pail e pieno di nuvolette azzurre sopra.

“Mi hai beccato. Me ne regalerai uno per Natale, magari. In ogni caso ti informo che la tua pausa è finita, da oggi torni a lezione....” 

 Francisca annuì, passandosi una mano tra i capelli castani e tirandoli via dal viso mentre Adrianus la circondava con le braccia, parlando a bassa voce:

“Quando Jax è morto mi sei stata vicino, Frankie... posso fare lo stesso, se me lo permetti.” 

“Basta che tu non mi chieda niente.” 

Adrianus annuì appena, accarezzandole i capelli mentre Frankie lo malediceva mentalmente: avrebbe almeno potuto avvisarla che sarebbe passato! Insomma, possibile che dovesse vederla in pigiama, di sicuro con le occhiaie, gli occhi rossi dopo tutto quello che aveva pianto e i capelli in chissà quale stato disastroso? 

In realtà Adrianus moriva dalla voglia di sapere. Alexa mancava anche a lui... e si chiedeva come potesse essere morta, ormai nessuno credeva alla storia dell’incidente. Non poteva essere un caso... e si stava chiedendo da giorni se anche Francisca non fosse in pericolo.

“Come vuoi. Ma ora mangia qualcosa e poi vai a lavarti, ok?” 

Prima di darle il tempo di declinare il suo ordine quasi categorico Adrianus si alzò, dandole un fugace bacio sulla fronte prima di andare a chiudere la finestra e uscire dalla stanza, lasciandola nuovamente sola. 

Francisca si ritrovò di nuovo immersa nel silenzio più totale, che le impediva di distrarsi e non pensare ad Alexa.
Sospirò e si alzò, rabbrividendo dal freddo mentre prendeva la camicia bianca, la gonna e il maglione blu della divisa per andare a lavarsi come le aveva detto Adrianus: in fin dei conti non voleva sembrare la cugina di Dracula per il resto dell’anno.


                                                                                   *


“È tutto un grande inghippo, non trovi anche tu?” 

Jude sfoggiò un lieve sorriso mentre accarezzava con delicatezza le piume nerissime del corvo che gli si era appollaiato sul braccio, sopra alla copertura in cuoio che il padrone indossava per non farsi artigliare il braccio dal volatile.

Un debole gracchio fece quasi intendere al ragazzo che il corvo era d'accordo con lui e sorrise, annuendo debolmente:

“Già Atropo, qui le cose si fanno interessanti. Anche se non ti nascondo che questa storia un po’ mi preoccupa. Dici che lei potrebbe arrivare qui?” 

Atropo inclinò il capo quasi con aria dubbiosa, facendo sospirare leggermente Jude che puntò gli occhi sulla finestra della Guferia.

“Non lo so. Prego di no... sai, mi piace stare qui, certo non è come Hogwarts ma è divertente. Una scuola piena di figli di papà, di gente importante... per me questo è come un parco giochi, del resto.” 

Un lieve sorriso increspò il volto del ragazzo, ricordando come si era sentito quando, un paio d'anni prima, si era trasferito da Hogwarts per arrivare alla Cimmeria. All'inizio gli era dispiaciuto lasciare il castello scozzese e l’amata Sala Comune dei Serpeverde, ma poi si era velocemente reso conto sul cosa comportasse l'essere in quella nuova scuola... tanti, divertenti, succulenti segreti da scoprire. 

E poi era perfettamente consapevole che suo padre aveva voluto farlo trasferire lì solo per lui, per il suo bene. 

Tutto perché lei non lo trovasse. 


                                                                                   *


“Non ho nessuna intenzione di farti perdere tempo, Mathieu... voglio solo chiederti se questa è la scrittura di Etienne.” 

Sentendo il nome del suo migliore amico Mathieu sentì lo stomaco stringerglisi in una morsa dolorosa, ma si sforzò di rimanere impassibile mentre davanti a lui il Preside spiegava un biglietto per fargli vedere la calligrafia con cui era stato scritto, ma lo chiuse senza dargli il tempo o il modo di leggere quanto c'era scritto sopra.

“Si, è la sua. Ha lasciato un biglietto?” 

“Diciamo di sì. Lo abbiamo trovato accanto a lui ed Alexandrine. Se questa è davvero la sua scrittura, allora forse abbiamo finito di preoccuparci... puoi andare Mathieu.” 

“Che cosa c'è scritto? La prego, lo devo sapere!” 

Mathieu non si mosse, guardando il Preside quasi con una nota implorante negli occhi scuri che però non sembrò smuovere l'uomo, che mosse leggermente il capo prima di replicare in tono piatto:

“Non ti riguarda Mathieu... mi dispiace, so che non è un bel momento. Volevo solo assicurarmi che fosse effettivamente stato Etienne a scrivere queste righe, nient’altro. Ripeto: puoi andare. Devo vedere anche Francisca.” 

Spinto da una specie di forza invisibile Mathieu si alzò, uscendo con riluttanza dall’ufficio e trovandosi davanti Francisca, che stava aspettando di parlare con il Preside con un’espressione tetra stampata in volto.

Il francese si rese conto di non vederla da giorni e le rivolse un debole sorriso che lei ricambiò, entrambi consapevoli di essere nella stessa situazione.

“Ciao. Stai bene?” 

“No, proprio come te. Che cosa vuole?” 

“Non so cosa voglia chiedere a te... ma buona fortuna. Ci vediamo in classe.” 

Mathieu rivolse alla ragazza un’occhiata carica di compassione prima di superarla, lasciandola di nuovo sola. Francisca esitò per un attimo ma poi bussò alla porta, entrando nell’ufficio del Preside.

“Voleva vedermi, signore?” 

“Buongiorno Francisca... si, siediti per favore. Io e il professor Jefferson ti vogliamo parlare.” 

Francisca annuì prima di sedersi davanti al Preside, mentre il professore che detestava di più entrava nella stanza e si chiudeva la porta alle spalle.

Facendola sentire quasi in trappola.


                                                                           *


“Buongiorno.” 

“Ciao...” 

Alastair continuò a guardare Isabelle, che stava scarabocchiando qualcosa sul suo blocco da disegno senza nemmeno alzare gli occhi su di lui. 

Alastair allungò le mani, prendendole il viso e sollevandolo verso di lui, per poterla guardare.

“Pessima cera. Non dormi?” 

“Sogno solo cadaveri. E grazie per avermi detto che sono orribile!” 

Isabelle sbuffò, colpendolo leggermente sulla spalla e facendolo ridere debolmente, lanciandole un’occhiata carica d’affetto: a volte tornava, la solita Isabelle. E lui era sempre felice di vederla.

“Scherzo... non sei orribile, sembri solo la moglie di Frankenstein.”

“Screanzato! Come ti permetti? Offesa alla prima ora, roba da non credere.” 

Alastair cerco di non ridere di fronte alla simulata permalosità dell’amica, che si spostò dopo avergli fatto la linguaccia, sedendosi in un banco vuoto.
Ormai aveva lasciato perdere, almeno in parte, il proposito di evitarlo: così facendo attirava solo la sua preoccupazione, ed era l'ultima cosa che voleva... temeva che potesse fare la stessa fine di Jackson ovviamente, ma qualcosa le diceva che non l'avrebbero ucciso. Non subito, almeno.

Era intenta a riflettere per l'ennesima volta sulle morti di Etienne e di Alexandrine quando una figura familiare le si avvicinò, sedendosi accanto a lei.
Isabelle smise di domandarsi perché avessero ucciso proprio loro e perché li avevano trovati insieme quando si voltò verso Jude, osservandolo con aria accigliata:

“Da quando ti siedi vicino a me?” 

“Ti devo parlare Isabelle. Non mi siedo qui per il semplice piacere della tua compagnia, non illuderti.” 

“C'era da aspettarmelo, sia mai che tu faccia qualcosa per niente... che cosa c'è?” 

Jude esitò, lanciando un’occhiata di sbieco in direzione di Alastair prima di parlare: il ragazzo li stava osservando con lieve scetticismo, chiedendosi perché mai Jude fosse andato a sedersi accanto alla sua migliore amica.

Jude non le aveva ancora detto che era stato assegnato a lei... dopo la morte di Etienne ed Alexa c'era stato trambusto per tutta la scuola, e non aveva mai avuto modo di trovarla da sola per parlarle. Era sempre circondata da Phoebe o da qualche altra amica... o semplicemente, si dissolveva nel nulla.

“É solo che... sei tu.” 

“Si, Isabelle Van Acker in persona Jude, ci conosciamo da un paio d'anni in effetti, lieta che tu abbia capito chi sono.” 

“La tua ironia in genere mi diverte, ma non oggi. Intendo dire che ti hanno assegnata a me Isabelle. Ti devo interrogare. Contenta?” 

Jude sfoggiò un lieve sorriso mentre Isabelle invece si limitava ad osservarlo, gli occhi verdi puntati sull’occhio scurissimo del ragazzo che quasi luccicava di sincero divertimento.

No, non gli avrebbe dato la soddisfazione di vederla sorpresa o disperata. 

“Oh si, farei i salti di gioia se non fossimo a lezione. Mi stavo giusto chiedendo perché ci mettessero tanto. Per me non c'è problema Jude, quando vuoi e dove vuoi.” 

“Quindi non hai nulla da nascondere, Isabelle?” 

“No. Niente di niente, sei tu che ti sei fissato sul contrario.” 

Isabelle abbassò gli occhi sul libro di Incantesimi, mentre invece Jude sorrideva leggermente, osservandola senza farsi sfuggire nulla... nemmeno la mascella che le si era contratta per un singolo istante.


Ora sì che era davanti ad un muro, non c'erano dubbi.


                                                                                    *


“Te lo chiedo di nuovo, Francisca. Che tu sappia c'era qualcosa tra Etienne e la tua amica?” 

“No. Non... non lo so. Non so perché li avete trovati insieme, per me non ha senso.” 

“Neanche per noi, ecco perché te lo stiamo chiedendo. Alexandrine non ti aveva mai parlato di Etienne Lacroix? Non so, magari reputava strano qualche suo comportamento...” 

“No. Lo ripeto: no. Non me ne ha mai parlato, andavano d'accordo e basta, non so altro! Davvero... non lo so.” 

Francisca si mise le mani tra i capelli, chinando il capo e trattenendo a stento le lacrime che stavano per sgorgarle sulle guance... perché la tormentavano in quel modo? Era già difficile senza dover pensare a lei. 

“Perché me lo chiedete?” 

“Abbiamo motivo di pensare che sia stato Etienne ad uccidere Alexandrine, Francisca.” 

“Cosa?” 

La ragazza alzò lo sguardo di scatto, puntandolo prima sul Preside e poi su Jefferson... ma erano entrambi piuttosto seri.

“Non è possibile.” 

“Lo ha praticamente ammesso, Francisca. Abbiamo trovato un biglietto accanto ai loro corpi... e ha parlato anche di Jackson Wilkes. Lo comunicheremo anche ai tuoi compagni questa sera, nel frattempo non devi parlare con nessuno di quanto ti abbiamo detto, d'accordo?” 

Incapace di fare altro Francisca si limitò ad annuire alle parole del Preside, guardandolo come se non riuscisse a crederci.  Forse sognava, forse Steb non era mai andati a svegliarla quella mattina... non potevano dire sul serio.

Su che basi Etienne avrebbe dovuto uccidere Alexa o Jackson?
E in che senso lo aveva ammesso? 


                                                                            *


“Mat?” 

Nessuna risposta. 

Camila sospirò, allungando una mano per scrollare leggermente la spalla del ragazzo che però rimase immobile, la testa nascosta tra le braccia e appoggiata sul banco, senza quasi dare segni di vita.

“Mat... sono giorni che fai così... prima o poi finirai in punizione!” 

Il francese borbottò che non gli importava, restando nella medesima punizione mentre l’americana sospirava, guardandosi intorno quasi tristemente. 
Mat non era l'unico con un atteggiamento insolito, però: mentre Jude parlava alla lavagna, interrogato in Storia, Adrianus si stava guardando intorno quasi con sguardo apprensivo, come se stesse cercando qualcuno.

I loro sguardi si incontrarono e Camila inarcò un sopracciglio, come a volergli chiedere che cosa avesse. Lui per tutta risposta mimò un nome con le labbra e Camila scosse il capo, come a volergli dire che non sapeva dove fosse.

Si avvicinò però a Mathieu, parlando con un filo di voce mentre tutti o sonnecchiavano o ascoltavano Jude parlare, che come suo solito muoveva le mani e le dita affusolate in modo quasi ipnotico, che attirava sempre l'attenzione di chi lo ascoltava. 

“Mat... sai dov’è Frankie?” 

“Convocata dal Preside.” 

Camila riferì quanto sentito dal ragazzo ad Adrianus, che assunse per un attimo un’espressione preoccupata prima di voltarsi lentamente verso Jude, osservandolo come se in realtà non lo stesse vedendo, pensando invece a qualcun altro.

L’americana invece si chinò di nuovo verso Mathieu, parlando a bassa voce e sorridendo leggermente, le labbra colorate di rosa come metà dei suoi capelli. Negli ultimi giorni aveva praticamente fatto avanti e indietro dalla camera di Frankie, cercando di parlare con lei e assicurarsi che stesse bene, alla Sala Comune per tenere compagnia ad un Mathieu taciturno e solitario, molto diverso da quello che aveva incontrato un paio di mesi prima. 

“Ehi, Mat... ti faccio il solletico se continui a fare il musone!” 

“Provaci.” 

Camila non se lo fece ripetere due volte, allungando una mano verso di lui e solleticandogli il collo, facendolo immediatamente scoppiare a ridere, contorcendosi. 
Jude smise improvvisamente di parlare e puntò gli occhi sul duo, chiedendosi che cavolo ci fosse di divertente nello scontro europeo contro Grindelwald mentre tutta la classe si voltava verso Mathieu e Camila, che sfoggiò un sorriso angelico:

“Visto che trovano questo discorso molto divertente, sono sicuro che Selwyn-Holt e Leroy saranno ben lieti di continuare da dove Jude si è interrotto.” 


Mathieu si rimise dritto sulla sedia, sorridendo leggermente mentre giurava silenziosamente vendetta a Camila, che cercò di rimanere impassibile mentre entrambi si chiedevano di che cavolo avesse parlato Jude per la prima mezz'ora della lezione. 



“Tua sorella è allegra, vedo.” 

Tenendo lo specchietto davanti a lei, Faye Cassel si sistemò il rossetto rosso acceso sulle labbra mentre Phoebe lanciava un’occhiata a Camila prima di stringersi nelle spalle:

“Contenta lei.” 

“Da quel che sento in giro, piace ad un mucchio di persone... fa amicizia in fretta.” 

“Beh, in tal caso buon per lei.” 

Il tono freddo e distaccato di Phoebe fecero chiaramente capire a Faye che la ragazza non voleva parlare di sua sorella... ma il loro rapporto la incuriosiva, troppo per non tastare un po’ il terreno. Così la ragazza sorrise, guardando la compagna di banco attentamente:

“Sai, mi chiedevo se per caso non la faranno entrare nella NS... insomma, abbiamo perso già due membri, forse cercheranno qualcuno di nuovo in futuro.” 


Phoebe non disse nulla, senza raccogliere la provocazione... ma contrasse leggermente la mascella, consapevole che Faye aveva ragione, per quanto le sue parole la irritassero: le dava un po’ fastidio di come Camila si fosse fatta conoscere e apprezzare in fretta alla Cimmeria... lei non era mai riuscita a stringere legami allo stesso modo, mai. 

Non era certa che le avrebbe fatto piacere il suo ingresso nella Night School... avrebbe perso anche quell’ultima cosa solo sua che non condivideva con la sorellastra che le restava. 


                                                                                       *


“To’ guarda chi si rivede... mi stavo cominciando a chiedere se non fossi sparita per sempre. Ovviamente sapere il contrario mi fa piacere, sarebbe stato un peccato perdere questo bel visino.” 

Francisca quasi sobbalzò, alzando gli occhi di scatto sul suo interlocutore, che era comparso dal nulla e si era seduto accanto a lei, al tavolo nella Sala da Pranzo che aveva occupato da sola mentre tutti i compagni riempivano la stanza per pranzare.

Si sforzò di sorridere ma non ci riuscì, parlando con un filo di voce mentre arrossiva, leggermente a disagio come sempre quando parlava con il sorridente ragazzo seduto accanto a lei: 

“Ciao Sebastian.” 

Il ragazzo allungò una mano per sfiorarle i capelli castani, tornati morbidi e vaporosi dopo che la proprietaria li aveva lavati quella mattina. Si, non aveva nessuna voglia di farsi vedere da tutta la scuola in stato pietoso, anche se il suo viso era ancora cupo e teso. 

“Ne approfitto per dirti, cara Frankie, che mi hanno assegnato a te per l’interrogatorio. Te l'avrei detto prima ma, beh, eri scomparsa.”

“D'accordo, grazie per avermelo detto.” 

Frankie abbassò lo sguardo sul piatto ancora vuoto, chiedendosi se infondo aveva voglia di mangiare... in effetti no, proprio per nulla. 

Sebastian sorrise e fece per dire qualcos’altro, ma qualcuno si materializzò accanto a loro con un’espressione torva stampata in faccia:

“Vai ad importunare qualche altra ragazza, Ryle, non è dell’umore per le tue cretinate.” 

“Perché non ti rilassi un po’, Stebbins? Prendi esempio da me, ti sarebbe utile. D'accordo, levo le tende... ma ricorda quello che ti ho detto Frankie, quando vuoi ci faremo una chiacchierata.” 

Sebastian si alzò, sorridendo alla ragazza prima di allontanarsi con le mani sepolte nelle tasche. Adrianus lo fulminò con lo sguardo prima di prendere il suo posto, guardando la ragazza quasi con aria sospettosa:

“A che si riferiva?” 

“Niente di importante, non preoccuparti.” 

“Certo che mi preoccupo Frankie, quello si è portato a letto già mezza scuola! Ok, lasciamo perdere, cerca solo di stargli alla larga. Piuttosto, che cosa voleva Hamilton?” 

“Non mi va di parlarne, scusami Steb. Ma credo... che ve lo diranno.” 

Per un attimo il ragazzo fu tentato di insistere, di chiederle maggiori informazioni tanga era la curiosità e la preoccupazione insieme che provava. 
Ma poi sorrise debolmente, dandole un leggero buffetto sulla spalla: a giudicare dall’espressione tetra della ragazza, non era proprio il caso di tormentarla se non se la sentiva.

“Ehy... te l'ho già detto, rivoglio la vecchia Frankie. Questa non mi piace molto, anche se sei molto tenera, sembri un cucciolo abbandonato sul ciglio della strada.” 

“Non so se è un complimento, ma in caso grazie.” 




“Belle, smettila di sbriciolare il pane, se continui così non ne rimarrà da mangiare!” 

“Ops... scusa.” 

Isabelle smise di tormentare un pezzo di pane, passandolo a Phoebe con un lieve sorriso colpevole stampato in faccia. La piccola moretta lo prese e lanciò uno sguardo sospettoso all’amica, chiedendosi a cosa stesse pensando per cercare di sfogare lo stress in quel modo:

“Che cosa c'è? Ti conosco. Lo so che c'è qualcosa.” 

“Diciamo che ho scoperto chi mi dovrà interrogare. E la fortuna non ha giocato a mio favore... ultimamente mi ha come voltato le spalle.” 

“Non possiamo parlarne, quindi non ti chiederò di chi si tratta... ma se hai qualcosa da nascondere mia cara Belle, liberatene prima di non poter più tornare indietro.” 

“Sei diventata una specie di filosofa quest'anno?” 

“No, mi sono solo auto-eletta tuo Grillo Parlante, un giorno mi ringrazierai.” 

Isabelle sorrise e fece per replicare, ma un rumore la interruppe: il Preside si era alzato, battendo leggermente il cucchiaio contro il suo calice per attirare l'attenzione di tutti gli studenti. 

“Temo di dovervi dire due parole prima di lasciarvi pranzare, ma sarò breve. So che siete rimasti tutto parecchio sconvolti da quanto è successo di recente, e comprensibile, ma vi chiedo di non lasciarvi prendere dal panico... Abbiamo infatti ragione di credere che sia stata una tra le stesse vittime ad uccidere gli altri due per poi togliersi la vita. Non faccio nomi chiaramente, ma vi invito a continuare a comportarvi come sempre... è tutto sotto controllo.” 


Il silenzio più totale avvolse la Sala dopo quelle parole, mentre tutti si scambiavano occhiate di vario tipo o si limitavano ad osservare il Preside, chi scettico e chi sconcertato.

Isabelle Van Acker invece si trattenne dal sbuffare, mentre un certo ragazzo seduto a qualche metro di distanza invece cercava di non ridere: 

Non c'era proprio niente tenuto sotto controllo, Isabelle lo sapeva, come sapeva che nessuno tra i suoi compagni aveva ucciso nessuno.
E Jude Verräter stava iniziando ad intuirlo a sua volta. 



“Cosa vorrebbe dire? Oh Dio... no, non ci voglio credere...” 

Mathieu gemette, mettendosi le mani tra i capelli castani mentre guardava il Preside quasi con orrore.
Si ritrovò all’improvviso catapultato indietro di qualche giorno, quando Etienne gli aveva detto di temere che potessero accusarlo di aver ucciso Jackson visti i suoi “precedenti”.

E lui aveva riso, gli aveva detto che era impossibile, che era folle.
E pensare che era stata una delle ultime conversazioni che avevano avuto...

Si sentiva quasi in colpa per non averlo preso sul serio.

“Mat? Cosa c'è?” 

"Etienne. Parlano di Etienne, non di Alexa, lo so per certo.” 

“Io credo che tu abbia bisogno di parlare con qualcuno Mathieu... avanti, sfogati e raccontami.” 

Camila gli sorrise quasi con fare rassicurante, allungando una mano per sfiorare il braccio del compagno, che annuì debolmente: forse aveva ragione, infondo. E per qualche strano motivo, pensava sinceramente di potersi fidare di quella ragazza. 


















.....................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Eccomi di ritorno con un capitolo non proprio allegro... diciamo che la storia già di per se non lo è, se poi gli autori spariscono ogni due per tre, allora la frittata è fatta.
Cercherò di essere meno tetra però, lo prometto XD 

Ho inserito due OC nuovi che qui ho appena accennato... comincerò a farveli conoscere meglio dal prossimo capitolo, non vi preoccupate :) 

Nel frattempo, vi metto i loro PV:


Faye Cassel
Image and video hosting by TinyPic

Sebastian Ryle 
Image and video hosting by TinyPic


Il prossimo capitolo non dovrebbe tardare ad arrivare visto che ho già più di qualche idea in testa... ci sentiamo in settimana, per mercoledì dovrei aggiornare... ma dipende anche da voi, ovviamente.

Spero che vi sia piaciuto, a presto! 

Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Interrogatori e dubbi ***


Capitolo 11: Interrogatori e dubbi
 
Sabato 28 Novembre


“Te lo ripeto... rilassati. Non ti mangio mica.” 

Sono rilassata.” 

Certo, come no. Se lei era rilassata, Jefferson era dolce e amorevole... 
Francisca continuò a tormentarsi le mani, a disagio per la situazione in cui si trovava: già tutte quelle domande non le piacevano per nulla, se poi a farle era una persona con cui non aveva mai avuto molta confidenza... e c’era anche da considerare un piccolo, insignificante dettaglio: non sapeva come, ma l'aveva data vinta a Sebastian e alla fine aveva acconsentito a farsi interrogare dal compagno proprio nella sua camera. 

Era seduta sulla sedia posta davanti alla scrivania, mentre il ragazzo si era comodamente sistemato sul suo letto e stava scarabocchiando sul suo rotolo di pergamena, lanciandole di tanto in tanto un’occhiata quasi divertita. 

“D'accordo Frankie... dimmi, doveri la sera del 31 Ottobre? Subito prima di cena.” 

La ragazza si accigliò leggermente, corrugando la fronte mentre cercava di ricordare quella sera: aveva un ricordo confuso di quei giorni, in effetti. Tutto quello che aveva preceduto la morte di Jackson le sembrava vago e lontanissimo, quasi come se fosse appartenuto ad un’altra vita. 

“Non... non ricordo con precisione, immagino che fossi con... Alexa.” 

“Non ricordi niente di più preciso di quel giorno? Prima del ritrovamento, naturalmente.” 

 “No, mi dispiace. Davvero, non ricordo niente di rilevante.” 

“Ok... e dimmi Frankie, Alexandrine come ha reagito alla morte di Jax?” 

“Non benissimo, ovviamente. Lo sai che non erano amici, ma è comunque una cosa che ti tocca molto da vicino, no?” 

La ragazza abbassò lo sguardo, puntando gli occhi verdi sulle sue mani e sulle gambe che stava facendo dondolare distrattamente, cercando di non pensare alla sua amica. 
Le stavano facendo venire tanti di quei dubbi... aveva iniziato a riconsiderare tutto fin dall'inizio dell'anno, portandola a chiedersi se per caso Alexa non fosse stata preoccupata senza dirle nulla, se lei non si fosse malauguratamente accorta di qualcosa che la disturbava.

“Non ti è mai sembrata strana, diversa? Preoccupata?” 

“No. Era sempre... lei.” 

Un lieve sorriso le comparve sul volto e Sebastian esitò prima di continuare a parlare, abbassando di nuovo gli occhi sulle domande che doveva ancora fare alla compagna: un po’ gli dispiaceva, sapeva che era difficile per lei... ma lo doveva fare, non aveva molta scelta nemmeno lui.

“Ok... se ne sei sicura.” 

“La conoscevo bene. O almeno, credo. E non mi è mai smembrato che ci fosse qualcosa che la turbasse... ma forse era solo brava a mentire, più di quanto non credessi, probabilmente.” 

“Ci hanno insegnato a recitare Frankie, ricordi i primi mesi alla Night School? Per loro la recita conto molto... ad ogni modo, sai dirmi dov’eri invece la sera del 21 Novembre? E sai dov'era Alexa, o Etienne?” 

“Lo sai dov'ero Sebastian. Ero con te, alla riunione... mi hai visto, mi avete vista tutti. E prima, studiavo. Prima in Biblioteca, poi in Sala Comune. Quanto a lei... immagino che non saprò mai con certezza che cosa le è successo quella sera.” 

Era strano pensare che fosse passata solo una settimana, in realtà. Era abituata a stare con lei tutti i giorni... le sembrava che fosse trascorso molto, molto più tempo.

“Magari sì, chi può dirlo. Ok dolcezza, tanto lo sappiamo tutti che tu non centri un bel niente. Credo che abbiamo finito.” 

“Posso andare?” 

Frankie alzò lo sguardo sul ragazzo, che inarcò un sopracciglio con lieve divertimento di fronte al tono sorpreso della compagna, come se avesse creduto che quella conversazione sarebbe stata molto più lenta e dolorosa.

“Beh, naturalmente se vuoi restare sei la benvenu-“

“Ok. Vado. Ci... vediamo in giro, ciao!” 

Francisca scattò in piedi alla velocità della luce, raggiungendo in fretta la porta della camera del ragazzo prima di uscire, lasciandolo solo e sorridente. Il ragazzo ripose il fascicolo dove aveva scritto tutto quello che gli aveva detto Frankie sul suo comodino, assolutamente certo che l’innocua e timida Francisca Lothbrock non avesse nulla a che fare, almeno non direttamente, con quello che era successo.

Però si stava chiedendo a chi fosse stato assegnato... non gli avevano ancora fatto sapere nulla.
Si distese completamente sul suo letto, puntando gli occhi sul soffitto. Sorrise leggermente, certo che si sarebbe divertito molto se ad interrogarlo fosse stata una determinata persona... chissà, magari le sue preghiere sarebbero state esaudite. 
 

                                                                                   *


Aprì la porta della sua camera sbadigliando, decisamente sollevato che fosse sabato: aveva decisamente bisogno di rilassarsi un po’ e prendersela comoda... alzarsi senza dover fare tutto di corsa era stata una specie di benedizione, quella mattina. 

Adrianus si chiuse la porta alle spalle e fece per avviarsi lungo il corridoio del Dormitorio maschile per raggiungere la Sala da Pranzo... ma la fame lasciò il posto ad un gigantesco buco nello stomaco di fronte a ciò che vide:

 probabilmente tutti i ragazzi della Cimmeria, ormai anche quelli del primo anno, erano abbastanza abituati a vedere una ragazza uscire dalla porta di Sebastian Ryle, specialmente nel weekend... e in genere Adrianus tirava dritto senza farci troppo caso, non avendo alcuna voglia di ficcare il naso negli affari di quell’idiota.

Ma non quella mattina. 
No, perché conosceva molto bene la ragazza bassina e mingherlina che era appena uscita dalla camera di Sebastian... e per un attimo rimase immobile, quasi pregando di essere nel pieno di un’allucinazione.

Si, perché quella non poteva essere Francisca Lothbrock.
No, non poteva e non doveva. 

“Frankie?” 

La vide bloccarsi di colpo e guardarlo quasi con orrore prima di diventare viola, mentre lui al contrario era probabilmente sbiancato di colpo: doveva essere un incubo per forza.

“Steb? Emh... ciao!” 

“Che ci facevi in camera di Ryle? Anzi, no, no non lo voglio sapere. Anzi si, dimmelo!” 

“V-veramente devo andare... ci vediamo in giro, ciao!” 

Franscica se la diede a gambe alla velocità della luce, e per un attimo il ragazzo si chiese come potesse muoversi così rapidamente... ma smise di pensarci in fretta, ribollendo leggermente e ritrovandosi all’improvviso combattuto, tra il piazzarsi davanti alla porta di Sebastian per strangolarlo o il correrle dietro.

Alla fine, benché avesse molta voglia di fare la prima cosa, optò per la seconda.


                                                                                    *

Si versò il caffè nella tazza senza smettere di sorridere: quel sabato mattina gli stava piacendo particolarmente, forse perché nel pomeriggio avrebbe dovuto interrogare Isabelle... e chissà perché, non vedeva l'ora di potersi divertire un po'.

La sua faccia sorridete stava attirando diversi sguardi curiosi, ma ovviamente Jude continuava a starsene seduto in un angolo, senza avere intenzione di dare spiegazioni a nessuno.
In effetti era abbastanza certo che Isabelle lo stesse guardando male dall’altra parte della Sala, forse perché aveva intuito il motivo della sua felicità e lei al contrario era decisamente poco allegra. 

Il flusso di pensieri e di sorrisi dell’ex Serpeverde venne però interrotto da qualcuno che, dopo aver scostato rumorosamente la sedia vuota accanto a lui, prese posto al suo tavolo con un’espressione cupa, quasi arrabbiata, dipinta in volto.

“Buongiorno anche a te. Come mai così di cattivo umore?” 

“Preferisco non dirlo ad alta voce, potrei rimettere la colazione ancor prima di mangiare.” 

“Dovresti conoscermi meglio degli altri Adrianus visto che eravamo in classe insieme anche ad Hogwarts... così sono solo più curioso. Che è successo?” 

Jude inarcò un sopracciglio, improvvisamente ancora più di buon umore e molto curioso: per completare il quadretto gli mancava solo qualche divertente, nuova storiella da aggiungere al suo repertorio.

Steb sbuffò, prendendo la forchetta e infilzando un pezzo di bacon... lo guardò come se ci stesse immaginando una faccia al suo posto, mentre borbottava qualcosa di appena comprensibile alle orecchie di Jude:

“Frankie? Ryle? Adrianus, smettila di parlare in ostrogoto!” 

“Ma non sei tu quello che parla settecento lingue? Non mi va di ripeterlo... ho visto... lei uscire dalla SUA camera poco fa, prima di scendere. JUDE, MA CHE CAVOLO SCRIVI?” 

“Mh? Ah no niente, non fare caso a me... continua pure, ti ascolto.” 

Adrianus roteò gli occhi, lanciando un’occhiata esasperata al ragazzo che, non si sapeva come, aveva tirato fuori penna e il suo quaderno nero e ci stava scarabocchiando qualcosa sopra.

“Non c'è altro. Lei se l’è filata, ma esigo di sapere cosa sta succedendo.” 

“Perdonami, forse non vuoi che sia io a dirtelo... ma non so quanto sia difficile da capire, come situazione.” 

“ZITTO. Non ci voglio pensare.” 

Jude si trattene dal ridere, guardandolo quasi con lieve compassione: povero Steb... non gli poteva dire che magari si erano visti per l’interrogatorio, anche se ovviamente lui non sapeva se erano stati messi insieme da Oldman e Jefferson... però poteva perfettamente essere una spiegazione, anche se Adrianus non lo poteva immaginare.

“Si, beh... chiediamolo a lei. Ehi, Francisca!” 

“EH? Taci, deficiente!” 

Adrianus cercò di zittirlo ma senza grandi risultati, lasciando che attirasse l'attenzione della ragazza che stava trotterellando davanti al loro tavolo proprio in quel momento, facendo per uscire dalla Sala senza aver mangiato. In un altro momento Steb l'avrebbe rimproverata, le avrebbe detto che nel giro di una settimana la divisa aveva iniziato a starle larga... ma non lo fece, desiderando solo di sprofondare o che un fulmine colpisse seduta stante Jude Verräter:

“Ciao Frankie... sai, e io Steb qui ci chiedevamo se per caso vai a letto con Ryle...” 

 “MA TU IL TATTO NON LO CONOSCI, VERO?” 

“Scusa Steb, non ci so fare con i giri di parole in certi casi...”.  Jude sfoggiò un sorrisino innocente di fronte allo sguardo assassino di Adrianus, mentre davanti a loro Frankie diventata bordeaux per la seconda volta nel giro di venti minuti: ecco, le mancava solo quella.

E come sempre in quelle situazioni, oltre ad arrossire iniziò anche a balbettare:

“C-che? Io e... cosa? Ma quando? Ma come... come vi viene in mente? Steb, pensi davvero che io sia così? Vergognatevi... PORCI!” 

Riuscì a dire con chiarezza e voce ferma solo l'ultima parola prima di girare sui tacchi e uscire dalla Sala a passo di marcia, con Adrianus alle sue spalle che prima sbuffò e poi si alzò per seguirla:

“Ma Frankie, aspetta! Io mi preoccupo per te! Jude, dopo facciamo i conti!” 

Jude però sorrise, limitandosi a salutare il ragazzo con un cenno della mano e un ghigno beffardo stampato in faccia. 
Già, la Cimmeria a volte era proprio divertente. 


                                                                         *


“Non vorrei metterti ansia, perché non so quanto la cosa sia positiva... ma Verräter sta sghignazzando allegramente e lancia occhiate verso di noi. In genere non è una cosa che porta bene.” 

“Rilassati Al, lo sai che si diverte da morire nel ficcanasare... probabilmente ha solo visto Francisca uscire dalla mia camera stamattina, niente di cui preoccuparti.” 

Il tono di Sebastian era calmo e rilassato, come se stesse informando l'amico del tempo, ma Alastair si voltò comunque verso di lui, guardando il ragazzo con gli occhi sgranati:

“Cosa? Francisca?” 

“Non farti strane idee Al... Non c'è niente tra me e Frankie Lothbrock, anche se è indubbiamente carina.” 

Alastair rivolse all'amico un’occhiata dubbiosa ma poi annuì, capendo che si stava riferendo agli interrogatori. Lui avrebbe dovuto interrogare Jude, ma doveva ancora dirlo al compagno... non ne era particolarmente felice in effetti: non gli era mai stato molto simpatico, anche se da una parte l'idea di saperne di più di lui non gli dispiaceva. Era sempre stato piuttosto riservato ed enigmatico, nemmeno Adrianus sembrava sapere molto di lui... E il motivo per cui si era trasferito alla Cimmeria un paio d'anni prima non era ancora del tutto chiaro a nessuno, nemmeno a Steb. 

Quanto a chi dovesse interrogarlo, era stato assegnato a Phebe.

“Si, Francisca è carina, ma... io ne starei fuori, Bas.” 

“Perché? Non mi risulta che stia con qualcuno.” 

“Non fraintendere, non sono informato sulla sua vita privata, non siamo amici... ma Steb è amico di entrambi, e anche se non credo che sia impegnata forse in un certo senso lo è comunque, non so se mi spiego.” 

Sebastian guardò l'amico con aria accigliata per un attimo prima di sfoggiare un gran sorriso, molto divertito e che non prometteva nulla di buono:

“Aspetta un po’... mi stai dicendo che a Stebbins piace Francisca?” 

“Sono più propenso a credere il contrario, anche se potrebbe anche essere come dici tu... sono molto legati.” 

“Anche tu ed Isabelle. Ma non vuol dire che tra voi ci sia qualcosa... no?” 

Sebastian inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo seduto accanto a lui con espressione dubbiosa mentre pronunciava l'ultima parola. 
Alastair invece sollevò gli occhi di scatto dal suo piatto, guardandolo come se si fosse messo a bere già di prima mattina:

“Che? Cosa? Io e Belle? No! Insomma, è come una sorella per me. Le voglio molto bene, ma non... non mi piace in quel senso.” 

“Non scaldarti tanto Shafiq, era solo per fare un esempio. Comunque, io non sono sicuro che a Francisca piaccia Adrianus. E se così fosse, allora peggio per lei. Non so perché, ma Stebbins non mi sopporta da quando è arrivato qui! Eppure non gli ho mai fatto niente di male...” 

“Non ci metterei la mano sul fuoco Bas, ma credo che ad infastidirlo sia più che altro il tuo... atteggiamento generale.” 

Sebastian stava per chiedergli di spiegarsi meglio ma non ne ebbe il tempo, perché una voce familiare giunse alle sue spalle, attirando immediatamente l'attenzione sia sua che di Alastair:

“Beh, non è l'unico. Buongiorno.” 

“Ciao.”  Alastair sorrise ad Isabelle, che gli si avvicinò per dirgli qualcosa a bassa voce:

“Ti dispiace lasciarci solo per un attimo? Devo parlare con Ryle.” 

“Certo. Bas, metti le tue moine da parte e non importunarla.” Alastair scoccò all’amico un'occhiata carica di avvertimento mentre si alzava. Isabelle sorrise, mormorando che sapeva benissimo tenerlo a bada prima di dare un bacio sulla guancia dell'amico. 

Quando Alastair si fu allontanato uscendo dalla Sala Isabelle sedette sulla sua sedia vuota, puntando gli occhi verdi e perfettamente seri sul ragazzo che le stava di fronte, che invece sfoggiò come suo solito un sorriso:

“Ciao Van Acker. Dimmi, di che cosa vuoi parlarmi? Non sprecare fiato, se devi dirmi che mi adori.” 

“No Sebastian, non pensavo a niente del genere. Volevo solo dirti che mi hanno assegnata a te, questa storia degli interrogatori si sta rivelando molto ironica nei miei confronti. Comunque, appena puoi fammi sapere per favore, non vorrei tirare questa storia troppo per le lunghe... non appena avrai finito di intrattenere qualche ragazza, s’intende.” 

“S’intende. Ma dimmi, perché parli di ironia? Chi ti dovrà interrogare?” 

“Non posso dirlo, lo sai bene. Ti basti sapere che non so quanto sarà piacevole... ci vediamo in giro.” 

Isabelle si alzò, allontanandosi senza quasi dargli il tempo di dire qualcosa. Lo sapeva, non potevano dire niente in giro sugli interrogatori... ma era curioso, Isabelle non stava certo parlando di Alastair, Phoebe o sua cugina Faye se aveva usato quelle parole. 

Sebastian si alzò a sua volta, raccogliendo la borsa per imitare la compagna... ma se qualcuno l'avesse osservato bene, forse avrebbe scorto un lieve sorriso sul suo volto.


                                                                                   *


“Hai intenzione di fare l'arrabbiata per sempre?” 

“Si.” 

“Davvero? Per sempre? È tanto tempo... non ci riuscirai.” 

Adrianus sorrise, osservando Franscica con aria divertita mentre invece la ragazza sbuffava, chiudendo il libro di Storia per lanciargli un’occhiata torva:

“Come hai potuto pensare che io... con Ryle! Per chi diamine mi hai presa? So che tipo è Adrianus, non sono stupida anche se forse a volte sempre un po’ ingenua!” 

“Lo so che non sei stupida... ma cosa avrei dovuto pensare? Insomma, sei uscita dalla sua stanza alle 9 nel mattino! E sembravi strana.” 

“Penso che a volte le persone giudichino il prossimo “strano” con troppa facilità.” 

Frankie strinse la presa intorno alle sue gambe, appoggiando il mento sulle ginocchia con una nota piuttosto cupa negli occhi. Ad Adrianus ci volle un attimo per capire a cosa si stesse riferendo prima di annuire, sospirando:

“Scusa. Non volevo, ovviamente. Lei non era strana, lo sai tu e lo so io. Mi dispiace solo che non abbia potuto dimostrarlo a tutti.” 

"Anche a me.”

Frankie sfoggiò un sorriso tetro che lo spinse ad abbracciarla, mentre lei mormorava qualcosa a mezza voce:

“Grazie Steb. Sono ancora mortalmente offesa da quello che mi hai detto stamani, ma grazie. Mi spieghi perché spettegoli di me con Jude Verräter, comunque?” 

“Io non spettegolo, è lui che è curioso! Mi ha visto arrivare a colazione con una faccia strana e mi ha chiesto di raccontargli, tutto qua.” 

Francisca si scostò leggermente dal ragazzo per poterlo guardare in faccia, sorridendo leggermente per la prima volta dopo giorni:

“Perché avevi una “faccia strana”?” 

“Scherzi? Ero mezzo traumatizzato! Mi giuri che non c'è niente tra di voi?” 

“Assolutamente. È un bel ragazzo ovviamente, ma non mi piace. Ma perché eri traumatizzato?” 

“Beh perché...” 

Adrianus si interruppe, sfoggiando improvvisamente un’espressione confusa: già. Perché quando aveva visto Frankie uscire da quella porta aveva improvvisamente sentito il pavimento svanirgli sotto i piedi?

“Perché... insomma, lo sanno tutti che fama ha, no? E tu sei poco lucida ora, non vorrei vederti soffrire ulteriormente cedendo alle moine di quel deficiente.” 

“Non è che sei geloso, vero Steb?” 

“Geloso? No! Insomma... no. È solo che non sopporto Ryle, tutto qua.” 

“D'accordo. Quindi se dovessi avere una relazione con chiunque altro non batteresti ciglio.” 

“No, non batterei ciglio.”  

Bugiardo, ti viene da vomitare solo all'idea. 

Adrianus però rimase impassibile, cercando di essere credibile mentre Frankie lo osservava prima di annuire con un lieve cenno del capo, scivolando giù dal suo giaciglio sulla finestra.

“Perfetto. Ora scusa, ma devo andare.” 


“A fare cosa? Frankie!” 

Provò a seguirla, ma quando svoltò l’angolo non c'era traccia di Francisca. Sparita nel nulla. 
Adrianus sbuffò, chiedendosi dove accidenti si fosse cacciata... e sopratutto se aveva usato le parole giuste parlando con lei.


                                                                           *


“Ti vedo allegro. Nuova conquista? Ho sentito qualcosa su Francisca.” 

“In questa scuola non c'è mai niente di riservato? L'ho già detto ad Alastair, non c'è niente tra me e lei.” 

Faye sorrise leggermente, guardando il cugino con aria divertita. Sebastian era stravaccato sul suo letto, gli occhi fissi su una rivista... ma Faye sapeva che non realtà la stava ascoltando, lo conosceva meglio di chiunque. 

 
“Capisco... beh, ti credo, non smentisci mai le tue avventure, quindi non vedo perché dovresti farlo ora.” 

“Meno male che ci sei cuginetta, almeno qualcuno che mi capisce. Hai già interrogato qualcuno? Non fare nomi, so che non si può... voglio solo saperlo.” 

“No, ma ho già subito il mio. Tu invece?” 

“Contrario... io ho interrogato la mia “vittima” stamani.” 

Sebastiano rivolse un'occhiata eloquente alla cugina, che annuì nel capire il riferimento a Frankie. 
La ragazza inclinò leggermente il capo, osservando il cugino con aria quasi divertita:

“Bas?” 

“Mh?” 

“Sbaglio o sei allegro?” 

“Non sono allegro... sono rilassato, è diverso. Perché continui a chiedermelo?” 

Sebastian sbuffò, sforzandosi di lanciare un'occhiata scocciata alla cugina che rise leggermente mentre si alzava per avvicinarsi alla finestra. 
Eppure, le parole di Faye ebbero comunque effetto sul ragazzo, che si chiese se per caso non avesse ragione e non fosse allegro sul serio... infondo lo sapeva, ma continuava a scuotere il capo e voltarsi dall'altra parte. 

Faye invece spostò la sua attenzione sul parco della Cimmeria, puntando gli occhi su una figura che camminava a passo svelto sull'erba... Non era del tutto sicura vista la distanza, me credette di vedere una sua compagna di corso nonché amica: Isabelle Aan Acker. 

Per un qualche strano motivo, la ragazza passava molto tempo all'aperto ultimamente... e con il freddo che faceva, chissà cosa la spingeva a farlo. 


Aveva provato a parlare dei suoi dubbi con il cugino, una delle poche persone con cui si confidasse davvero, ma Sebastian aveva sempre sbuffato e si era voltato dall'altra parte, comportandosi come se non gli importasse. 

Ma Faye Cassel era curiosa, e Isabelle era sua amica... e dopo ben tre morti nel giro di un mese, ormai aveva iniziato a prendere sul serio qualunque cosa.


                                                                                    *


Jude si chiuse lentamente la pesante porta alle spalle, cercando di attutire il tonfo che spesso e volentieri produceva.
Il ragazzo si guardò intorno, chiedendosi se lei era già arrivata... E un lieve sorriso gli increspò il volto nel scorgere una figura seduta su una panca in terza fila.

“Non ti facevo così freddolosa.” 

Jude sorrise leggermente mentre si avvicinava alla ragazza, con la sua voce che echeggiò per tutta la Cappella... e Isabelle alzò lo sguardo su di lui solo quando se lo trovò davanti, scoccandogli un’occhiata torva:

“Beh, fa freddo! Tu piuttosto, come fai ad essere vestito così?” 

Jude si strinse nelle spalle mentre prendeva posto accanto a lei, in netto contrasto per l'abbigliamento rispetto alla compagna: lui si era semplicemente infilato la giacca, mentre lei se ne stava rannicchiata sulla panca con sciarpa a coprirle metà volto e anche i guanti. 


“... sembri una talebana conciata così.” 

“Fai il serio! Dai, cominciamo... prima la finiamo e meglio è.”    Isabelle sbuffò, cercando di mostrarsi scocciata anche se in realtà si stava trattenendo dal prendere e scappare a gambe levate, lontano da lui, dalla sua lingua biforcuta, dalla sua curiosità insistente e dal suo sguardo attento e penetrante. 

La ragazza seppellì il viso nella sciarpa grigia mentre Jude si rigirava i fogli tra le mani con una nonchalance quasi snervante... e Isabelle era certa che lui si stesse divertendo da morire, mentre lei sentiva di essere sul punto di vomitare tanta era l’ansia che provava. 
Ovviamente però non poteva farlo vedere, altrimenti Jude non l'avrebbe più lasciata respirare. Bastava un passo falso e tutto sarebbe andato a rotoli.

“D’accordo Isabelle... che rapporto avevi con Jackson Wilkes?” 

“Questa domanda non è sulla lista.” 

“Vero. Ma posso chiederti qualcosa di extra.” 

“Nessuno l'ha accordato.” 

“Giusto, ma nessuno NON l'ha fatto... ergo, ripeto: che rapporto avevi con Jackson Wilkes?” 

Isabelle sospirò di fronte al sorrisetto di Jude, esitando per un attimo prima di parlare:

“Eravamo amici, lo sai già. Sia io che lui eravamo qui dal primo anno, ci conoscevamo da tempo... a volte gli dicevo che era solo un idiota, ma gli volevo bene.” 

“E che mi dici di Alexandrine Darwin?” 

“Lei è arrivata al terzo anno, se non ricordo male... non sono mai stata una fan di quelli che la prendevano in giro e la trattavano male, ma non siamo neanche mai state grandi amiche. Però era in gamba, alla NS se l’è cavata molto bene.” 

Un lieve sorriso inclinò le labbra di Isabelle, che improvvisamente ripensò ai ganci ormai vuoti... ganci dove nessuno avrebbe più appeso niente, quelli di Jax e Alexa.


“Dov’eri ad Halloween?” 

“Studiavo, se non ricordo male... e prima di andare a cena sono andata a cercare Alastair.” 

“Perché sei andata proprio lì sotto, dove ci alleniamo? È una domanda che mi sono fatto molte volte Isabelle.” 

Perché ho trovato un biglietto sulla mia scrivania, che in pratica mi suggeriva che qualcuno era appena morto. Dimmi, tu saresti andato a mangiare come se niente fosse? 

Ovviamente non poteva rispondere così... Ma Isabelle aveva passato ore a fare discorsi articolati davanti allo specchio, nei due giorni precedenti. 
Perché non poteva sbagliare, non poteva dire niente di troppo.

Stava mentendo a tutti, lo sapeva. Lei sapeva tutto, eppure non diceva nulla. 
Ma se avesse parlato, ci sarebbe stata una quarta e forse anche una quinta vittima alla Cimmeria prima di Natale. 

Rimase impassibile, rispondendo con un tono di voce neutrale e una lieve scrollata di spalle:

“Volevo stare un po’ con lui, così sono andata a cercarlo. L'avevo incrociato un paio d'ore prima, e mi aveva detto di star cercando Jackson... io gli dissi che era sceso ad allenarsi. Quindi sapevo che probabilmente sarebbe andato da lui, pensavo che l'avrei trovato lì. E così è stato, no?” 

“Già. Però il tuo tempismo è stato ironico, no? Sei arrivata subito dopo di Alastair sulla “scena del crimine”.” 

“È stato un bene, non hai idea di come... di in che stato fosse.” 

Isabelle contrasse leggermente la mascella, abbassando lo sguardo. Provò una strana sensazione di vuoto, quasi di senso di colpa nel ricordare a come avesse trovato Alastair... 
Continuava a pensare a quanto dovesse aver sofferto, e le dispiaceva immensamente. 
Da una parte si sentiva quasi responsabile, ma dall’altra si diceva di non poter uscire da quella situazione, anche se avrebbe voluto. 

Jude osservò la compagna con cipiglio scettico prima di abbassare lo sguardo sul foglio, parlando a mezza voce:

“È quasi come se tu sapessi.” 

“Ancora? Stai insinuando di nuovo che ho ucciso io Jax?” 

“No, non l'hai ucciso tu. Non uccideresti mai nessuno. Ma credo che tu sappia più di noi Isabelle... sai, ho letto Il Principe. E ho capito che la frase che hanno trovato sul braccio di Jackson è di Machiavelli... è per questo che hai scelto quel libro?”

“Si.” 

“Perché?” 

“Non lo so neanche io. Mi sembrava quasi giusto così. Anche se, qualunque sia stato il fine, è stato un mezzo inutile e crudele... È il motto della scuola oltre che una frase di Machiavelli Jude, ma abbiamo potuto constatare che non sempre può essere applicata alla realtà.” 

“Secondo te perché l'hanno scritta sul suo braccio?” 

“Prenderci in giro, forse. Magari per portarci a credere che sia stato qualcuno di interno alla scuola...” 

“Io credo che il punto sia proprio questo. Non credo minimamente che Etienne Lacroix abbia ucciso Jax... è tutta una scusa che il Preside ha afferrato al balzo per salvare la scuola dalla paura, dallo scandalo e dal terrore.” 

“Perché ne sei così sicuro? Non lo conoscevi, sappiamo che è stato espulso da Beauxbatons ma nessuno sa bene il perché.” 

“Io credo che tu lo sappia Isabelle... non può essere stato lui. Perché come hai fatto notare tu, la frase che è stata incisa sul braccio di Jackson Wilkes non è stata scelta a caso, è il motto della scuola. E Etienne era appena arrivato... davvero possiamo credere che ci sarebbe arrivato? Che lo sapesse? E poi non aveva il movente per fare quello che ha fatto. 
Ma stiamo divagando... dimmi Isabelle, avresti potuto avere un motivo per uccidere Jackson, Etienne o Alexandrine?” 

“Assolutamente no.” 

“Neanche qualcosa a che vedere con il tuo comportamento mutato rispetto all'anno scorso?” 

“Le persone cambiano Jude. Non posso essere ritenuta una criminale solo perché mi trovate diversa.” 

“E allora dimmi una cosa... credo che sarà la mia domanda più difficile.”

Grandioso. Ora mi chiede qualcosa che mi manderà in crisi

“Dimmi perché eviti Alastair Shafiq, il tuo migliore amico con il quale prima stavi sempre, Visto che “va tutto bene” e “non sono diversa”.” 


 Isabelle esitò, osservandolo per un istante mentre i pensieri nella sua testa svanivano di colpo, lasciando il posto al vuoto più totale.
Quella si che era una domanda difficile.

“Non... non c'entra con tutta questa storia. Non sono affari tuoi.” 

“Secondo me invece in qualche modo c'entra. Ti senti per caso in colpa per qualcosa Isabelle? Gli hai fatto qualcosa alle spalle?” 

“No.” 

Isabelle si alzò e lo superò a passo svelto, mentre lui la seguiva con lo sguardo quasi con aria annoiata:

“Non abbiamo finito, Isabelle.” 

“Si invece. Io non ho fatto niente di male. Non capisco perché ti accanisci così.” 

“Perché mi diverte. E la tua reazione mi spinge solo ad essere più curioso... e abbiamo finito solo quando lo decido io, non dimenticarlo.” 


Isabelle non replicò, uscendo dalla Cappella e immergendosi di nuovo nel freddo. 
Sospirò prima di incamminarsi quasi di corsa verso la Cimmeria... non faceva altro che scappare, ne era consapevole.
Ma non vedeva molte altre via d'uscita, anche se forse infondo era solo una perfetta codarda. 


                                                                               *


“Dovresti pensare ad altro.” 

“Lo so. Ma non ci riesco. Continuo a pensare a quello che hanno detto... non è stato lui. Lo so.” 

“Non ci credo nemmeno io Mat... è vero, ha sbagliato in passato, ma non era cattivo. E poi tu hai detto che era sempre lo stesso, no?” 

Mathieu annuì con un debole cenno del capo alle parole di Camila, che gli rivolse un lieve sorriso mentre il francese continuava a ritornare indietro, a quel pomeriggio in Biblioteca. 

Possibile che Etienne avesse cercato di fargli capire qualcosa? O si era semplicemente preoccupato senza nessun motivo nascosto? 

Non sapeva cosa pensare.


“Si. Ma l'ultimo giorno era preoccupato. Aveva paura che potessero accusarlo di aver ucciso Jackson, ironico, no?” 

“L'hai detto a qualcuno? Di questa conversazione che avete avuto, intendo?” 

Adrianus, seduto di fronte a lui ad un tavolo in Biblioteca, lo guardò con aria leggermente accigliata: ovviamente alla fine non stavano studiando un bel niente, parlando deliberatamente di tutt’altro.

“No. Perché se lo dicessi, confermerei questa stupida, folle idea. Si sono solo aggrappati alla prima soluzione facile.”

Mathieu contrasse leggermente la mascella con rabbia, certo che Etienne non potesse aver ammesso di aver ucciso qualcuno... forse il vero colpevole l'aveva solo costretto.

“Probabile. Ma non possiamo provarlo, immagino... si sentono al sicuro, ormai. Ma non è giusto accantonare così questa storia, nei confronti di chi non c'è più ma nemmeno nei vostri. Tu stai da schifo, e Francisca non è presa molto meglio.” 

“Tante grazie!” 

“Con affetto, s’intende.” 

Mathieu sbuffò, provando a fare l’offeso ma finendo con cedere di fronte al sorriso di Camila, che gli fece roteare leggermente gli occhi mentre anche Adrianus annuiva con aria sconsolata:

“È un brutto periodo per tutti... c'è chi sta male ma non lo da a vedere. Alastair si diverte e fingere che sia tutto normale, ma infondo sappiamo che soffre anche lui... e Frankie non è più la stessa.” 

“Sono sicura che starete tutti meglio presto! Ma non posso più vedere tutti questi musi lunghissimi... Mat, sorridi un pochino o ti faccio il solletico di nuovo!” 

“Non ci provare, ci siamo già beccati una super strigliata l'altro giorno!” 


Mathieu sbuffò mentre Camila ridacchiava, anche se la sua mente era molto distante... continuava a pensare ad Etienne, all’interesse che aveva sempre dimostrato per la Night School, morendo dalla voglia di saperne qualcosa.

Aveva iniziato a chiedersi se loro non centrassero qualcosa... forse Etienne aveva ficcato il naso dove non avrebbe dovuto addentrarsi? 

Il problema però era uno: non aveva idea di chi fidarsi, per quel che ne sapeva lui chiunque avrebbe potuto far parte della Night School.

L'unica cosa che sapeva era che qualcuno, da qualche parte, stava ridendo alle loro spalle... forse le due per prime, perché non avrebbe mai creduto che Etienne potesse davvero aver ucciso due persone. Non ne aveva il motivo... purtroppo però il suo passato non giocava a suo favore: lo avrebbero usato contro di lui, Mathieu ne era certo.


                                                                         *                                     


Si chiuse la porta alle spalle prima di trascinarsi alla scrivania, lasciandosi cadere sulla sedia quasi pesantemente. 
Si massaggiò leggermente le labbra con un dito, sollevata di non dover più sorridere. 

Era davvero faticoso... non aveva mai dovuto sforzarsi prima d'ora, ma forse quel momento prima o poi arrivava per tutti. 
Eppure, sentiva di stare meglio. Sentiva di pensarci meno. 

Spostò gli occhi sulla fotografia che teneva sulla scrivania, osservando lei e Alexa ridere insieme. 
Contorse la mascella mentre sospirava, chinando il capo e prendendosi la testa tra le mani.

C'era un biglietto con lo stemma della Cimmeria davanti a lei, ma non le importava di leggerlo.
Non le importava della Night School o degli incontri, non in quel momento.

“Scusa.” 

Ci stai pensando troppo poco. Dovresti stare più male, non inscenare teatrini con Sebastian Ryle o Steb! 

Lo so, lo so

“Mi dispiace.” 

Le lacrime iniziarono a scendere, di nuovo. 
Perché si sentiva in colpa, stava troppo poco male.

Smettila di pensare alle cretinate, o a Steb! 
Dovresti stare male.

Lo so

Avrebbe dovuto essere più triste, probabilmente. 

“Hai visto Alexa, parlo da sola... forse non eri tu quella strana, alla fine.” 

Una lieve risatina nervosa, molto diversa da quella che le usciva di solito, riempi la stanza... e Frankie prese il biglietto per strapparlo a metà, guardandolo con orrore ricongiunsi da solo poco dopo.

Scherziamo? 
Non ho tempo per pensare a voi... devo pensare a lei, non è giusto non stare male.

Alexandrine era morta, dopotutto. 
Non poteva prendersi il lusso di non soffrire quando lei non c'era più per provare qualsiasi emozione.


                                                                             *


“È questo che vuoi, vero? Vuoi che non ci fidiamo più di chi ci circonda.” 

“La sfiducia sta alla base del crollo, della rovina di ogni società... porta agli scontri, all’odio, talvolta alla vendetta. Guardati intorno mia cara, la Cimmeria che conosci potrebbe cambiare presto.” 

Sfoggiò una smorfia, scostando rapidamente il capo dalla sua mano, che le aveva stretto per un attimo il mento con due dita. 

“Non toccarmi.” 

Si trattenne dal colpirlo quando sentì la sua risata, roca e beffarda. Come se la trovasse divertente. 

“Come siamo suscettibili... l'interrogatorio è andato male?” 

“No, ma neanche troppo bene. Jude Verräter è testardo. E curioso.” 

“Senza dubbio sta iniziando a capire che c'è qualcosa sotto, e che tu sei coinvolta. Presto comincerai a vedere il cambiamento, Isabelle... nessuno si fiderà più di nessuno, di questo passo. E la colpa è tua.” 

“Nessuno si fiderà più di nessuno... a cominciare da me, immagino. Sono il tuo capro espiatorio, dopotutto.” 

“Beh, ora è il momento della tua mossa, Isabelle... ma il tempo passa. Tic, tac, tic, tac... sai cosa succede quando tocca a me. Perciò sbrigati, o la situazione peggiorerà.” 



Isabelle puntò gli occhi sul cielo completamente oscurato, sul bosco buio e sul lago che si estendeva davanti a lei, ormai difficile da scorgere vista la scarsa luce.
Quando si voltò di nuovo realizzò di essere sola... e come ogni volta sentì il macigno sollevarlesi dallo stomaco, almeno fino alla visita successiva. 

Faceva freddo, sí, ma Isabelle restò comunque appoggiata alla finestra aperta, lasciando che l'aria entrasse nella sua stanza. 

La strada che stava percorrendo probabilmente l'avrebbe portata ad allontanare molte persone... forse alla fine davvero avrebbero tutti sospettato seriamente di lei.

Come poteva cercare di limitare i danni? 

Chiuse gli occhi, sospirando mentre cercava di capire cosa fare, come comportarsi... avrebbe voluto avere un consiglio da qualcuno, ma purtroppo doveva cavarsela da sola.

Quando riaprì gli occhi Isabelle li puntò sulle finestre del Dormitorio maschile, mentre un pensiero si faceva strada velocemente nella sua testa: forse doveva lei per prima iniziare a fidarsi di chi non si era mai fidata, per limitare i danni di quella storia.














................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! Eccomi di ritorno con una specie di papiro... spero che vi sia piaciuto e che non sia stato troppo pesante da leggere.
Ho diviso il capitolo un po’ in due, perché sarebbe stato troppo lungo altrimenti... nella 
prossima parte approfondirò personaggi che qui sono stati meno presenti. 

Anche questa volta, ho una domanda per voi: 

il vostro OC come se la caverebbe con le armi Babbane? (Phebe tu sei esonerata dal rispondermi, circa me l'hai già detto nella scheda XD) 
In più... se avete richieste per le coppie ditemi pure, visto che siamo a circa dieci capitoli mi metto in moto anche su questo aspetto... esclusi Steb e Frankie, ovviamente! 

Spero di aggiornare preso, buonanotte! 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Fidarsi è bene... ***


 Capitolo 12: Fidarsi è bene...
 
Lunedì 30 Novembre 



Buio, luce? Giorno, notte? 

Non lo sapeva. 

Non aveva tempo di fermarsi e di guardarsi intorno... era troppo impegnata a correre.
Che poi... perché stava correndo? 

Continuava a correre in mezzo agli alberi, e per qualche strano motivo sapeva di trovarsi nel bosco che circondava la Cimmeria... ma non aveva idea di come fosse finita lì, ne del perché il suo battito cardiaco fosse così accelerato.

Sbrigati 
Corri

Non sapeva perché, ma correva. Correva come non aveva mai fatto in tutta la sua vita... scappando da qualcosa.

“Basta...” 

Si fermò, incapace di continuare. Il suo respiro affannoso sembrava così dannatamente reale... e anche l'albero al quale si appoggiò, il tronco gelido e ruvido sotto la sua mano.

“Temo che sia presto per fermarsi.” 

Sussultò e si voltò nel sentire quella voce... e nel momento in cui la vide seppe perché non sapeva come era finita lì.
Doveva essere un sogno, se davanti a lei c'era Alexandrine, appoggiata ad un albero e i capelli color carota sciolti sulle spalle.

“Ciao Frankie, come stai?” 

“Sono stata meglio. Che ci faccio qui?” 

Alexandrine le sorrise debolmente, avvicinandosi all’amica di un paio di passi. Solo allora Francisca si rese conto di quanto freddo facesse, e la stessa aria gelida sembrava muovere leggermente i capelli rossi della sua amica, insieme alle fronde degli alberi che le circondavano.

Strano. Sembrava tutto così reale...

“È la tua testa, tesoro... non devo dirtelo io. Ma quello che posso dirti Frankie è di non mollare. Non avrete il tempo di rialzarvi, se scivolate.” 

“Non ti ha uccisa Etienne, vero? Chi è stato? Devi dirmelo Alexa!” 

Lo sguardo, il tono implorante della moretta fecero sorridere quasi con tenerezza Alexandrine, che scosse leggermente il capo e allungò una mano per stringere quella dell'amica: 

“Scusa. Temo di non poterlo fare... Cara, dolce Francisca. Non farti cambiare da loro, promettimelo.” 

“Da chi? Alexa, non sto capendo più niente! Per favore, aiutami!” 

“Lo sto facendo. O almeno, ci sto provando. Ma è davvero troppo presto per fermarsi amica mia... continua a correre. Non fermarti.” 

Alexa le sorrise e strinse la presa sulla sua mano prima di darle una leggera spinta, invitandola a continuare a correre... e anche se non seppe perché Francisca si ritrovò ad obbedire, correndo in mezzo a quegli alberi che diventavano sempre più stilizzati e meno verosimili.

Non fermarti 



Francisca aprì gli occhi, tirando un sospiro di sollievo quando si rese conto di aver davvero sognato tutto... fortunatamente non era nel bosco, ma nel suo letto. 
Rabbrividendo leggermente la ragazza abbassò gli occhi sulla sua mano, stretta a pugno tanto che le nocche le si erano completamente sbiancate. 

La mano che le aveva preso Alexa, nel sogno. 

Francisca sospirò, chiudendo gli occhi e sprofondando ancora di più sotto le coperte, quasi a volersi nascondere dal mondo intero. 

È stato solo un sogno, lei ti manca e basta. 
Non significa niente...


Perché non significava niente. Come poteva? 


                                                                          *


Respirò profondamente, continuando a camminare avanti e indietro nella sua camera mentre si torturava nervosamente le mani.

Ok... rilassati.
Pensa. 

Eppure, più pensava e più il mal di testa aumentava, insieme ai suoi dubbi e al gran disordine che aveva nella testa.

Perché era tutto così difficile? 

Isabelle si lasciò cadere sulla sedia, mettendosi le mani tra i capelli castani sciolti sulla schiena. I suoi occhi caddero quasi automaticamente sul suo blocco da disegno ormai pieno zeppo di schizzi... lo prese e lo aprì, ma non per tracciarvi delle linee... quanto più per guardare quello che già c'era di raffigurato.

Jackson, Alastair, lei e Phoebe, Phoebe e Camila... il cadavere di Jackson. 

Era passato appena un mese dalla morte di Jackson... e la scuola era cominciata da due e mezzo.
E lei stava già sfiorando una specie di esaurimento nervoso... di quel passo non sarebbe arrivata alla fine dall’anno sana di mente, sempre sperando di arrivarci viva. 

Era sempre stata orgogliosa, molto restia a chiedere aiuto a chiunque, anche un semplice consiglio... persino ad Alastair. Ma sapeva di avere davvero poca scelta quella volta: se avesse parlato non sarebbe finita bene, sia per lei che per il suo sfortunato confidente... e non voleva mettere nessuno nei guai, sentiva già il peso di Jackson, Etienne e Alexandrine sulla coscienza.

Devi parlarne con qualcuno.
Non posso
Non puoi neanche continuare così 
Lo so. Ma se parlo finisce male

Cosa doveva fare? 
Isabelle sospirò, sentendo quasi un macigno bloccato sul suo stomaco, che le impediva di muoversi liberamente... conosceva la NS. Sapeva che presto o tardi li avrebbero fatti allenare di nuovo con l’Occlumanzia. 

Qualcuno avrebbe potuto scoprire facilmente quello che stava facendo... doveva esercitarsi a nascondere quei pensieri. Ma le serviva qualcuno...

Ogni strada finiva davanti allo stesso muro: non poteva continuare a fare tutto da sola. 

Gli occhi di Isabelle caddero sul suo album, sui disegni che conteneva... E un pensiero si fece velocemente strada nella sua mente mentre quasi senza riflettere prendeva il carboncino: non poteva dire niente, avrebbero potuto scoprire tutto e punirla più di quanto non stessero già facendo.

Si ricordò di una cosa che Alastair le ripeteva sempre, da bambini: secondo lui aveva un grande talento... secondo lui riusciva a dare vita ad un mucchio di cose sulla carta.

Quindi, forse poteva mostrare anziché parlarle.
Poteva far capire a qualcuno la verità... o magari solo la parte che più le conveniva far sapere.


                                                                                    *


“Mettiamo le cose in chiaro, Verräter. Non mi piaci e sento che non saranno dei minuti piacevoli, quindi ti chiedo di collaborare per cavarcela velocemente.” 

“Come se scorbutico. Sei teso perché la tua amica non ti tratta più come faceva prima? Peccato, eravate molto carini in versione pappa e ciccia.” 

Alastair contorse leggermente la mascella, stringendo la presa sui fogli che teneva in mano e trattenendosi dall’alzarsi e andarsene... oppure colpire Jude dritto in faccia, proprio su quel sorrisetto divertito che tanto lo irritava. 

Ma non voleva darla vinta a quel cinico ficcanaso. Neanche un po’... anche se, purtroppo, sapeva che infondo aveva ragione se le sue parole lo irritavano così tanto. 

“Fingerò di non aver sentito. Coraggio Verräter, dove diamine eri la sera di Halloween?” 

“Onestamente non ricordo, per me è stata una serata come un'altra... finché non è saltato fuori il corpo, naturalmente. Quando la notizia è trapelata ero a cena. Però devo dirlo, mi incuriosisce molto qualcos'altro... come mai eri di sotto, negli spogliatoi?” 

“Ti ricordo che sono IO che devo interrogare TE, Verräter!”

“Vero, ma sei sempre molto restio a parlare con me... probabilmente non riuscirei a cavarti informazioni in qualunque altra situazione. Sai, in effetti su di te so molto poco, meno di molti altri che sono qui.” 

“Lo prenderò come una specie di nota a mio favore... ma smettila di svicolare!” 

Alastair sbuffò, fulminando il ragazzo con lo sguardo e facendolo così sorridere di rimando. 
Non aveva proprio nessuna voglia di giocare, non con lui.

“Immagino che tu stia per chiedermi in che rapporti ero con Jackson... beh, già lo sai. Mi stava simpatico, era un tipo divertente. Non eravamo BFF come voi due certo, però era un topo a posto.” 

“Cosa puoi dirmi di Alexandrine? E di Etienne Lacroix?” 

“Alexa era simpatica. Tutti dicevano che era un po’ matta... ma non lo era. Forse viveva solo nel suo mondo... quanto a Lacroix era nuovo. So solo che suo fratello è il prof di Babbanologia... è stato espulso da Beauxbatons, ma non so perché.” 

Il tono leggermente amareggiato attiro l'attenzione di Alastair, che alzò gli occhi per posarli sul compagno: Jude Verräter amava sapere tutto riguardo chi lo circondava... eppure sembrava che nemmeno lui sapesse qualcosa su quel frangente. 

Un pensiero attraversò la mente di Alastair, rapido come un treno... ma cercò di scacciarlo e di non pensarci: era una pessima idea... un po’ allettante forse, ma pessima di sicuro.

“Lo dici come se ti desse fastidio.” 

“È così. Il fatto che sia morto lo rende ancora più interessante... mi chiedo se non sia tutto collegato. Ma so che non ha ucciso proprio nessuno.” 

“Tu dici?” 

“Evita il tono sarcastico Shafiq. Si, ne sono sicuro. Non c'è il movente... e non mi sembrava affatto un assassino. La tua amica sembrava scettica, proprio come te... ma io ne sono certo.” 

Jude sorrise amabilmente, osservando Alastair senza ovviamente perdersi la sua reazione: alzò il capo di scatto, puntando gli occhi di nuovo su di lui prima di parlare... e Jude seppe che aveva tutta la sua attenzione, finalmente.

“Hai parlato con Isabelle?”

“Solo perché lei non parla con te non vuol dire che non lo faccia del tutto, Alastair.”

Si trattenne dal ridere nel vederlo contrarre di nuovo la mascella... di certo si stava trattenendo dal prenderlo a pugni, ne era sicuro. E si stava decisamente divertendo.

“Hai... scoperto se è nei guai? Ti ha detto qualcosa?” 

“No. Ma è nei guai Shafiq, su questo non ci piove.” 


Alastair esitò mentre lo scrutava, riflettendo: probabilmente l'aveva interrogata lui... forse aveva scoperto qualcosa sul suo strano comportamento degli ultimi tempi? Isabelle glissava sempre quando si sfiorava l'argomento... oppure scappava. 

L'idea che gli era venuta poco prima riprese a lampeggiargli nella testa, e per quanto stesse cercando di ignorarla dopo le parole di Jude gli risultò pressoché impossibile.
Era stanco, davvero stanco di non sapere e di preoccuparsi di continuo.

Il ragazzo sospirò leggermente, certo che se ne sarebbe pentito, prima di rivolgersi di nuovo a Jude:

“Ok, Verräter. Sei un tipo molto strano, ma non credo che tu sia coinvolto in tutta questa storia.” 

“Come sei perspicace.” 

“... dicevo. Non mi piaci, ma in qualche modo tu scopri sempre tutto... perciò ti propongo un accordo, visto che so che vuoi sapere cosa sta combinando Isabelle almeno quanto me: tu sarai anche una specie di detective, ma io la conosco meglio di chiunque altro. Perciò, forse possiamo collaborare e scoprire cosa nasconde.” 


                                                                         *


Era in piedi davanti alla finestra, osservando il lago. 
Era passato un mese, ma il ricordo di Jackson sembrava molto più lontano... come se fossero passati anni e non solo poche settimane. 

Gli mancava, sì. Ma non l'aveva mai ammesso ad alta voce, nemmeno ad Alastair. 
Erano successe così tante cose in poco tempo che quasi non avevano avuto molto tempo per pensarci... però la mancanza di Jackson, della sua sottile ironia e del suo odiare le regole si sentiva molto, o almeno per lui.


Un lieve bussare alla porta riportò Sebastian alla realtà, smettendo di pensare a quando avevano lasciato andare sul Lago tanti oggetti che, in qualche modo, ad ognuno ricordava Jax Wilkes e il suo ghigno beffardo.

Il ragazzo si voltò verso la soglia della sua camera proprio mentre la porta si apriva leggermente, permettendogli di guardare Isabelle Van Acker, in piedi sulla soglia.

“Ciao. Posso entrare?” 

“Si, vieni pure.” 

Isabelle entrò nella stanza quasi visibilmente sollevata... e per un attimo, mentre la guardava sedersi sulla sua poltrona, si chiese se non lo fosse perché aveva tenuto di trovarlo in compagnia... sarebbe stata una scenetta divertente, in effetti, ma forse non era il momento di pensarci.

“D'accordo Isabelle, so come funziona... comincia pure.” 

Sebastian andò a sedersi di nuovo sul suo letto, puntando gli occhi sulla compagna che si stava momentaneamente guardando intorno, soffermandosi con lo sguardo sul vetro della grande finestra:

“Perché ho la sensazione di essere una tra le poche ragazze della Cimmeria a non essere mai entrata qui dentro prima d'ora?” 

“Beh, ho sempre detto che sei sveglia... anche se hai un pessimo carattere, naturalmente.” 

Sebastian le sorrise debolmente, facendola sbuffare appena mentre roteava gli occhi verdi, tornando a concentrarsi sulle domande che avrebbe dovuto fargli:

“Ok, lasciamo perdere... ogni volta che tentiamo di fare conversazione finiamo col discutere e non mi va di perdere tempo. Allora Sebastian... in che rapporti eri con Jackson Wilkes?” 

“Già lo sai.” 

“Certo, ma sua altezza può farmi l’onore di illuminarmi e spiegarmelo? Sai, non posso andare da Jefferson e dirgli che non l'ho scritto perché lo sapevo già.” 

“Ok Isabelle... beh, eravamo amici. Molto amici.” 

Il ragazzo abbassò lo sguardo sul pavimento, tormentandosi leggermente le mani e sentendosi un po’ a disagio: già non gli piaceva parlare normalmente di quello che provava... con lei poi, da una certa luce era ancora più difficile.

“Ti manca?” 

Sebastian si accigliò leggermente, alzando di nuovo gli occhi per puntarli su Isabelle, stupito da quella domanda non prevista e dal tono che le si era leggermente addolcito: 

“Si. A volte... penso a cosa direbbe o cosa farebbe lui in una determinata situazione. Un pom patetico, forse.” 

“No, non credo... è normale. Anche ad Al manca molto, ma è troppo orgoglioso e introverso per ammetterlo. Anche con me.” 

Isabelle si strinse leggermente nelle spalle mentre abbassava di nuovo lo sguardo sul foglio che teneva in mano, con Sebastian che invece continuava ad osservarla:

“Ti nomina meno quest'anno. E vi vedo meno insieme... che cosa è cambiato?” 

“Immagino di essere cambiata io... ma gli voglio bene, moltissimo. Non deve mai dubitare di questo. In ogni caso... dov’eri quella sera? Prima di cena, intendo.” 

Sebastian stava pensando alle su parole, chiedendosi cosa volesse dire e perché fosse cambiata nei suoi confronti... all'inizio vedendoli chiacchierare meno aveva quasi iniziato a pensare che le cose tra loro fossero cambiate e che stessero insieme. Ma quando aveva provato a chiederlo ad Alastair lui si era quasi messo a ridere... facendogli comunque restare un lieve dubbio.
La domanda di Isabelle però lo portò di nuovo alla realtà è Sebastian si disse di piantarla di farsi quelle stesse domande e sfoggiò un lieve sorrisetto, sollevando un sopracciglio:

“Beh, in effetti credo di avere un alibi. Insomma, chiunque può andare da Mackenzie Flint e chiederle se era con me, dirà di sì.” 

“Bene, meraviglioso, non ci tengo a sapere i particolari... forse preferivo non saperlo proprio.” 

Isabelle sfoggiò una lieve smorfia, scuotendo il capo per scacciare quell'immagine mentre Sebastian continuava a sorridere, guardandola con aria divertita:

“Gelosa, Isabelle? Non devi esserlo, lo sai che per me sei la più carina qui.” 

“Ti ringrazio, ma senti Casanova, dimmi che rapporti avevi con Alexandrine ed Etienne.” 

“Alexa era simpatica... un po’ strana, ma non in senso negativo a mio parere... insomma, faceva ridere. Quanto ad Etienne Lacroix... confesso di non averci praticamente mai parlato, ma non mi sembrava un tipo pericoloso. Non penso che abbia ucciso nessuno.” 

“Davvero? E come pensi che siano andate le cose allora?” 

“Non saprei. Credo che dare la colpa ad Etienne sia stata la scelta più comoda per tutti... ma ai piani alti sanno che c'è altro... e sai a cosa mi riferisco con “piani alti”.” 

Sebastian guardò Isabelle restare in silenzio, continuando a tenere gli occhi fissi sulle domande... la ragazza restò praticamente immobile e Sebastian si chiese perché non l'avesse praticamente mai sentita esprimersi o dare un’opinione su quella storia: agli incontri con la NS quasi non era parlato d'altro nelle ultime settimane... ma lei continuava a stare zitta, limitandosi ad ascoltare.

“E tu? Cosa ne pensi?” 

“Non credo che abbia importanza... o almeno, non per quanto ti riguarda. Grazie per il tuo tempo Sebastian, del resto solo un matto penserebbe che tu possa centrare qualcosa. Hai molti difetti, ma un assassino non lo sei proprio.” 

Isabelle si alzò, quasi ansiosa di uscire da quella stanza: ma possibile che si sentisse giudicata da tutti? Forse stava diventando paranoica.
Anche il ragazzo si alzò, sorridendole leggermente:

“Pieno di difetti? Ad esempio?” 

“Non vorrei smontare il tuo ego, preferisco non informarti... ma ora ti lascio, probabilmente c'è una fila di ragazze qua fuori che aspettano di entrare.” 

Il suo tono decisamente ironico lo fece ridere leggermente, avvicinandolesi per prenderle la mano destra:

“Te l'ho già detto Isabelle. Non devi essere gelosa... e come sempre è stato quasi un piacere parlare con te, il tuo tono acido mi illumina sempre la giornata.” 

Sebastian continuò a trattenersi dal ridere mentre le sollevava la mano per baciarne il dorso, mentre Isabelle sbuffava e si affrettava a ritrarla:

“Il tuo tono supponente e menefreghista invece mi fa solo aumentare il cattivo umore...”

“Ultimamente sei davvero acida Van Acker! Forse dovresti trovarti un ragazzo e rilassarti.” 


Sebastian scosse leggermente il capo, guardandola con studiata aria  grave mentre la ragazza roteava agli occhi prima di girare sui tacchi rivolgendogli un ultimo cenno con la mano:

“Avrei altre domande da farti, ma credo di sapere già le risposte... e non voglio sapere con quante ragazze sei stato nel giro di due settimane, quindi tolgo il disturbo.” 

“È stato un piacere Isabelle, vieni a trovarmi quando vuoi.” 

Isabelle aprí la porta, lanciandogli un’ultima occhiata vagamente esasperata prima di sparire dal suo campo visivo... e quando fu nuovamente solo Sebastian andò a sedersi dove fino a poco prima c'era stata lei. Puntò nuovamente gli occhi sulla finestra e un debole, amaro sorriso gli increspò le labbra: Isabelle leggeva sempre quelle parole in chiave sarcastica perché era così le lui le pronunciava. Ma non immaginava quanto in realtà fossero sincere. 


                                                                        *


“Mat? Dai, andiamo... è quasi ora di pranzo.” 

“Si, arrivo.” 

Mathieu si alzò visibilmente di controvoglia, seguendo Camila verso la porta della Biblioteca: in realtà avrebbe preferito restare lì e cercare un modo per intrufolarsi nell'ufficio di Hamilton e mettere le mani sul fantomatico biglietto che aveva lasciato ET... ma ci aveva già provato e sapeva che se Camila si intestardiva su qualcosa non era semplice dissuaderla.

L'americana infatti gli rivolse un sorriso allegro, felice che per una volta lui la stesse ascoltando: da una parte anche lei voleva sapere la verità certo... ma non voleva nemmeno che lui si mettesse nei guai.

“Bravo! Mi ascolti, finalmente. Sentì, so che vuoi sapere la verità... ma non devi essere precipitoso, in questi casi è meglio riflettere. Hai parlato con il fratello di Etienne?” 

“Si, stamattina... non hanno voluto dire nulla nemmeno a lui. Sai, comincio a credere che ci sia la Night School davvero di mezzo, Etienne moriva dalla voglia di saperne di più... e da quello che ho potuto osservare di lui non è difficile immaginare che Jackson Wilkes ne facesse parte. Forse ha messo il naso dove non doveva.” 

“Forse, certo... ma non tormentarti. La verità verrà fuori, vedrai. Ma qui vince chi usa la testa... abbi pazienza Mat, le risposte arriveranno. Forse devi... trovare le persone giuste a cui chiedere.” 

“A si? E chi sarebbe il “guru” in questione?” 

“Io non lo so, sono qui da poco... ma mia sorella no, lei ha sempre studiato qui... forse potrei fare due chiacchiere con mia sorella, prossimamente.” 

Camila si strinse nelle spalle, chiedendosi se Phoebe avrebbe accettato di parlare con lei... non sembrava detestarla in effetti, ma nemmeno troppo ansiosa di conoscerla. 
Forse le dava fastidio dover condividere la Cimmeria o i suoi amici con lei? 

Camila non la conosceva, non poteva immaginare come, a differenza sua, sua sorella facesse fatica a fare amicizia o ad aprirsi con le persone... lei era molto più socievole, più propensa a piacere alle persone.
Non aveva idea di come la sorellastra la invidiasse.

“Parleresti con lei? Davvero? Lo faresti per me?” 

“Certo, siamo amici no? E gli amici si aiutano... ma in cambio diversi smetterla di fare il musone! So che ti manca, è ovvio... ma preferivo il Mat di prima.” 

Mathieu le sorrise, spettinandole i lisci capelli a caschetto e variopinti di rosa e viola con una mano mentre la guardava con sincero affetto:

“Grazie Cami... sai, all'inizio mi sono chiesto se non fossi uscita da Alice nel Paese delle Meraviglie, ma sei davvero una tipa a posto!” 

“Ehm... grazie? Non ho capito se è un complimento o cosa...” 

“Non importa, grazie e basta.” 



Nel frattempo, anche qualcun altro si stava accingendo ad uscire dalla Biblioteca al termine di quell’ora buca... Isabelle Van Acker stava infilando tutti i libri nella borsa per andare a pranzo, mentre qualcuno seduto a poca distanza la stava seguendo con lo sgaurdo con aria leggermente accigliata.

Jude non le aveva praticamente più parlato da dopo l'interrogatorio nella Cappella... e Isabelle ne era stata decisamente sollevata: riflettere le era risultato molto più semplice senza ulteriori domande che l'avrebbero solo messa ancora di più sotto stress.

Forse era, finalmente, riuscita a prendere una decisione. O almeno, un inizio.

Senza degnare di uno sguardo nessuno Isabelle si sistemò la borsa in spalla e si avviò verso l'uscita della biblioteca per scendere a pranzo insieme a Phoebe, come erano rimaste d'accordo dopo la lezione di Incantesimi: non ne era certa ovviamente, ma Isabelle aveva il sospetto che in quell'ora buca la sua amica avesse avuto a che fare con gli interrogatori... anche se, ovviamente, non le aveva chiesto nulla.

Isabelle si allontanò dal tavolo a passo svelto, e Jude la seguì per un attimo con lo sguardo prima di spostare altrove la sua attenzione: la ragazza aveva lasciato qualcosa sul suo tavolo, qualcosa che lasciò Jude leggermente interdetto:

“Isabelle! Hai dimenticato...” 

Ma lei era già sparita, e non diede segno di averlo sentito.... così Jude si alzò e si avvicinò al tavolo occupato poco prima dalla compagna, osservando il suo inconfondibile blocco da disegno lasciato sul ripiano di legno.
Se lo portava sempre dietro, ma non l'aveva mai vista separarsene... non ci aveva mai dato una sbirciatina, anche se la tentazione era stata spesso molto grande.

Così, incapace di resistere, il ragazzo allungò una mano per aprirlo... e guardò i primi schizzi che affollavano le pagine, alcune anche strappate.

C'era la Cimmeria, gli amici di Isabelle... anche un autoritratto. C'era un disegno che raffigurava un muro visto di profilo, con un ragazzo da una parte è una ragazza dall'altra, entrambi seduti sul pavimento e la schiena rivolta verso la parete...
Probabilmente lei e Alastair.

C'era Jackson, ovviamente... molti disegni lo ritraevano.
Ma quello su cui Jude si soffermò fu uno che non ritraeva nessuna persona, e nemmeno un paesaggio.

Semplicemente una parete... una parete con una finestra aperta, con le tende scostate e mosse dal vento.
Jude si accigliò leggermente e lo sollevò per guardare quello successivo...
Una finestra di nuovo. 

Ma questa volta c'era una persona... un profilo, in realtà. Una sagoma scura appollaiata sulla cornice, il volto completamente calcato con il carboncino rivolto verso di lui... 

Un po’ inquietante, in effetti.

Jude rimise i disegni nel blocco nero e lo chiuse, prendendolo prima di far tornare le sue cose nella borsa con un colpo di bacchetta: la prese e si avviò a sua volta verso l’uscita, quasi ansioso di far vedere i disegni ad Alastair e chiedergli se per lui avessero un significato particolare.

L'ultimo lo aveva lasciato un po’ interdetto, in effetti.

Jude uscì dalla Biblioteca senza voltarsi, continuando a camminare con falcate lunghe e decise... e non si accorse che qualcuno era rimasto appoggiato al muro accanto alla porta della biblioteca, gli occhi fissi su di lui mentre si allontanava. 

Un lieve sorriso soddisfatto increspò il volto di Isabelle quando abbassò lo sguardo sul suo quaderno, che Jude teneva in mano, prima di allontanarsi a sua volta.

Perfetto


                                                                                  *

"Non pensi che si sia messa nei guai, vero? Insomma... ce lo direbbe, in quel caso.” 

“Non lo so. A volte la penso così, altre volte penso che forse farebbe proprio l'esatto opposto... la conosci, sai quanto è orgogliosa.” 

Alastair sospirò leggermente, spostando gli occhi sul vetro della sua finestra. Aveva visto Isabelle passare attraverso quell’apertura molte volte... ma da quando era morto Jackson non l'aveva più fatto, e forse un po’ gli mancava. 

“Già... a volte troppo. Credi che dovremmo parlarle? Farle capire che deve dircelo, se qualcosa non va?” 

“Credo che la metterebbe in difficoltà. Prima o poi dovrà arrendersi al fatto che non può fare tutto da sola, anche se non so cosa stia combinando.... ti ha detto niente magari sulla sua famiglia? Sulla sua estate? Io non ne so molto in effetti.” 

Il ragazzo si voltò verso Phoebe, che era seduta sulla sua poltrona dopo averlo interrogato. La ragazza scosse leggermente il capo, parlando con un tono chiaramente amareggiato:

“Non ne ha fatto cenno, sulla sua famiglia... non saprei, credo stiano bene. Per quanto riguarda l'estate... non mi sembra di aver colto niente di strano. Ma non ne ha mai parlato molto da quando siamo tornati, non saprei. I vostri genitori sono amici però, no? Forse tu puoi scoprire qualcosa attraverso i tuoi genitori.” 

Alastair si trattenne dal sottolineare che non moriva esattamente dalla voglia di chiedere aiuto proprio a suo padre... anche se ovviamente c'era sempre sua madre. E per Isabelle forse poteva farla, un’eccezione.

Così annuì, appuntandosi mentalmente di mandare una lettera a casa: aveva la sensazione che Isabelle fosse nei guai, forse indagare sulla sua famiglia era un inizio. 

“Lo farò. Ma spero davvero che prima o poi venga a parlarci... chissà, conoscendola potrebbe essersi convita che non dicendoci nulla ci fa un favore, mentre invece non facciamo altro che chiederci che cosa stia combinando e preoccuparci.” 


Un sorriso tetro comparve sul volto di Alastair mentre Phoebe annuiva con aria vagamente trova, chiedendosi perché la sua migliore amica fosse così testarda:

“Di sicuro la pensa così. Prima o poi la incastrerò Al, stanne certo. Ti ha detto chi l'ha interrogata?” 

“Credo sia stato Jude... e a quanto pare lui la pensa come noi, anche se non ha scoperto niente di che.” 

Phoebe si trattenne improvvisamente dal ridacchiare, immaginandosi l'interrogatorio tra il suddetto ragazzo e l'amica: doveva essere stata una scenetta molto divertente...

“Beh, se Jude dovesse intestardirsi a voler capire cosa nasconde Isabelle... immagino che avremo una risposta. Chissà, forse alla fine lui la esaspererà a tal punto da farla parlare!” 


Alastair annuì leggermente, astenendosi dal dirle del “patto”, se così si poteva chiamare, che avevano fatto lui è Verräter... Isabelle lo avrebbe ammazzato, lo sapeva. 
Ma forse valeva la pena tentare, anche se probabilmente presto o tardi si sarebbe pentito di quell’avventata decisione.  


                                                                             *


Salta
Non guardare giù
Non guardare giù 

Ormai era diventata quasi una specie di filastrocca... che ripeteva e ripeteva ogni volta in cui si trovava in quella situazione.

Eppure, quella sera la sua meta era diversa dal solito. 
Isabelle si fermò davanti alla finestra di Alastair, sorridendo debolmente nel vederlo dormire e stare bene... quasi sollevata nel vederlo respirare. 

Cominciava a chiedersi se le cose tra loro sarebbero mai tornate come prima... anche quando quella storia sarebbe finita, ammesso se ne sarebbero usciti entrambi.
Forse no, in effetti...  e le dispiaceva più di quanto non volesse dare a vedere, ma non sapeva come altro comportarsi a causa del suo dannato orgoglio.

Isabelle sbuffò debolmente, allontanandosi da quella finestra e sperando di non sbagliare: non aveva nessuna voglia di entrare nella stanza svegliata e causare un mezzo disastro.

Si fermò, mettendo le mani sul vetro di una finestra che superava quella di Alastair di altre due... e assottigliò leggermente gli occhi per scorgere una figura, sorridendo leggermente quando distinse la sagoma di Jude che, seduto sul letto, era perfettamente svegliò e teneva gli occhi puntati sul suo armadio.

Bingo 


Bussò leggermente sul vetro e vide Jude quasi sussultare mentre si voltava verso di lei di scatto, quasi con una nota allarmata negli occhi... già, per una volta riusciva a vederli tutti e due, senza che il ciuffo gli coprisse quello chiarissimo. 

Jude esitò ma poi si alzò per aprirle, mentre Isabelle sbuffava leggermente:

“Alla buon ora... si gela!” 

“Magari la prossima volta potresti bussare alla porta invece che alla finestra.. come se arrivata qui?” 

“Te lo spiego un'altra volta... parliamo del PERCHÉ sono qui invece.” 

Isabelle si arrampicò sulla scrivania per poi scivolare giù dal tavolo, mentre Jude chiudeva in fretta e furia la finestra alle sue spalle prima di lanciarle un'occhiata scettica: già, che ci faceva in camera sua a quell'ora? 

“Ok... cosa vuoi Isabelle?” 

“Non abbiamo più parlato da dopo l'interrogatorio Jude... ma so che non smetterai di cercare di capire quello che secondo te sto combinando. So che vuoi sapere cosa sta succedendo... per dimostrarti che io non c'entro niente con questi omicidi e ne so quanto voi, ti propongo una cosa: Etienne Lacroix ha lasciato un biglietto, o almeno così pare. L'ha tenuto Hamilton e nessuno lo ha letto... eccetto per l'assassino naturalmente. Pare che in quel foglietto abbia ammesso la sua “colpa”, ma tu non ci credi, e nemmeno io. Perciò troviamo quel biglietto, scopriamo perché è stato espulso da Beauxbatons e chiariamo questa storia, così saremo entrambi felici... e magari la smetterai di farti paranoie su di me. Ci stai Verräter?” 

Nello stesso giorno, Alastair Shafiq gli aveva chiesto di collaborare... e poi anche Isabelle Van Acker. 
Jude esitò osservando il sorriso angelico sul volto di Isabelle... ma poi annuì leggermente, senza riuscire a non sorridere: non sapeva se uno dei due si stesse prendendo gioco di lui...
 Ma in tal caso l'avrebbe capito. E si sarebbe decisamente divertito in ogni caso, oltre a prendere due piccioni con una fava: poteva saperne di più su Etienne Lacroix, sulla sua morte, sulla sua misteriosa espulsione e su Isabelle Van Acker tutto in una volta.

Come rinunciare? 


“Ok. Ci sto.” 



























................................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Grazie per le risposte e per le recensioni dello scorso capitolo, ma demo di dovervi disturbare e chiedere qualcosa anche questa volta... e rispondete via messaggio privato, per favore. 

Allora, tra pochi capitoli ci sarà il Ballo... e mi voglio prendere un po’ in anticipo, chiedendovi di dirmi come potrebbe comportarsi il vostro OC (ovviamente io ho qualche idea precisa su COSA far accadere, quindi potrei modificare ciò che mi direte per esigenze di trama), e se volete potete ovviamente mandarmi una foto o una descrizione del vestito... non è obbligatorio, ma il primo punto si. E potete, volendo, anche mandarmi una foto del PV stesso con il vestito addosso.

No, se speravate che vi chiedessi di dirmi con chi vorreste che il vostro OC andasse... mi spiace, ma i giochi li faccio io :P 

Detto questo vi saluto, buonanotte e... ci sentiamo presto con il seguito, dove metterò a frutto quello che vi chiesto l'altra volta u.u 


Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Gelosia ***


Capitolo 13: Gelosia 
 
Martedì 8 Dicembre 


“Sei distratta.” 

“Lo so.” 

Faye inarcò leggermente un sopracciglio, continuando a tenere stretta l’impugnatura del fioretto senza staccare gli occhi da Phoebe. 

“A cosa stai pensando?” 

“Camila mi ha detto che vuole parlarmi, prima a cena... mi chiedo che cosa possa volermi dire.” 

Phoebe si accigliò leggermente e Faye le rivolse un piccolo sorriso prima di fare un paio di passi verso di lei, continuando a tenere il braccio sinistro piegato dietro la schiena e il destro proteso in avanti. 
Colpì leggermente il fioretto della compagna con il suo, quasi a volerle dire di darsi una mossa... e Phoebe finí col sbuffare, facendo un passo avanti e scacciando la lama con un gesto secco.

“Avanti Phoebs, non sarà una tragedia... chissà, magari un giorno sarete ottime amiche.”

“Tu credi?” 

“Ci ho parlato, con Camila... e sembra una ragazza a posto. Anche se io sono amica tua e di Isabelle, quindi ti dò atto del mio gusto pessimo nelle relazioni sociali.” 

“Sei stata anche con Jackson, tempo fa... quindi si, si questo proprio non ci piove.” 

Phoebe sfoggiò un sorriso di rimando, avanzando di un passo verso di lei e cercando di colpirla al petto con il fioretto, anche se il suo affondo venne schivato con noncuranza da Faye.

Per un attimo quest’ultima non disse niente, pensando alle parole dell'amico, a Jackson che era morto... in realtà erano rimasti più che altro amici, nessuno dei due aveva dato chissà qualche importanza alla specie di storia che avevano avuto. Ma suo cugino glie l'aveva rinfacciata per settimane, ovviamente. 


“Si, beh, amo stare al centro dell'attenzione, lo sai... ma basta parlare di me. Non voglio assillarti Phoebs, ma secondo me devi proprio sentire cosa vuole Camila. Chissà, magari tutto avrà un risvolto divertente... credo che la pensi così anche Belle, e noi due insieme non sbagliamo mai.”

Phoebe rivolse alla compagna un’occhiata tetra, trattenendosi dal replicare di fronte al sorriso quasi divertito, beffardo di Faye. 
In effetti non le piaceva ammetterlo, ma aveva ragione. 


"Ora che mi ci fai pensare... sai perché Belle deve ancora arrivare? In genere è abbastanza puntuale, strano.” 

“Beh, IO ero convinta che TU lo sapessi.” Faye inarcò un sopracciglio, improvvisamente confusa mentre rivolgeva un’occhiata alla porta della sala... e diede così modo a Phoebe di colpirla, buttandola sul tappetone e sfiorandole il petto con la punta del fioretto.

“Cassel, ma non hai imparato niente? Non devi mai distrarti!” 

“Oh Selwyn, vai al diavolo!” 




“Battuto... di nuovo. Secondo me ti stai arrugginendo.” 

“Ridi pure Shafiq, quando passeremo alle armi da fuoco vedrai chi riderà!” 

Sebastian fulminò l'amico con lo sguardo, guardandolo ridere mentre si era fermato in piedi davanti a lui, tendendogli anche la mano per aiutarlo a rimettersi in piedi dopo averlo atterrato.

Bas però ignorò la sua mano e si rialzò da sé, borbottando qualcosa di incomprensibile prima di guardarsi intorno per una frazione di secondo. I suoi occhi caddero forse per la decima volta sull’entrata, senza però ancora vedere Isabelle entrare... chissà dove si era cacciata. 

“Non ci metterei la mano sul fuoco, ma direi quasi che tu sia distratto. A cosa stai pensando?” 

“A niente... ti fai troppi castelli per aria Al.” Il ragazzo si strinse nelle spalle, consapevole di non aver affatto convinto il suo amico ma allo stesso tempo continuando a rifiutarsi di parlare con lui della sua migliore amica.

“Se lo dici tu... riproviamo? Magari questa volta riesci a battermi.” 

“No, non penso che lo farà... sei più bravo tu a prescindere, e comunque stasera ha la testa sulle nuvole. Ma credo sia arrivato il momento di fare a cambio, quindi perché Ryle non si occupa di Frankie?” 

“Ehy, non sono mica una merce di scambio!”  Francisca, che sfoggiò un’espressione vagamente contrariata, provò a sfuggire dalle grinfie di Jude ma senza troppi risultati, ritrovandosi improvvisamente davanti a Sebastian. 
La ragazza si sforzò di sorridere leggermente, maledicendo mentalmente Jude Verräter e la sua indole da ficcanaso... aveva anche la sensazione che stesse sghignazzando alle sue spalle, ma non aveva voglia di voltarsi e confermare la sua teoria. 


“Jude, che razza di scambi proponi? Insomma, non posso atterrare una ragazza!”

Francisca inarcò un sopracciglio, osservandolo con aria scettica mentre Jude invece prendeva un confuso Alastair e lo trascinava via. 

“Scusa... chi ti dice che devi farlo? Magari sono più veloce io.” 

“Franscica, lo sai che sono sempre il primo a dire che sei piena di qualità, ma non esagerar-“ 

Sebastian fece per sorridere, ma non ebbe neanche il tempo di finire la frase che si ritrovò sul tappeto. Di nuovo. 
Probabilmente per la prima volta Jude e Alastair erano d'accordo su qualcosa e stavano ridendo, ma non ci fece caso... gli occhi del ragazzo caddero solo sulla ragazza che, sorridendo allegramente, lo guardava con gli occhi verdi carichi di divertimento, il fioretto in mano che dondolava accanto a lei:

“Scusa, dicevi?” 



“D'accordo, visto che sei un pettegolo e ficcanaso cronico devo chiederlo: l'hai fatto solo per ridere alle spalle di Bas o perché vuoi parlare con me?”

“Facciamo entrambe... Shafiq, ma mi stupisci di recente, stai diventando tremendamente perspicace!” 

Jude sgranò gli occhi, guardando il compagno con un’espressione teatralmente colpita mentre Alastair lo guardava con aria seccata, come ad intimargli di piantarla:

“Finiscila. Seriamente Verräter... sai dov'è Belle?” 

“Onestamente? No, ma mi sto chiedendo la stessa cosa... tu lo sai?” 

“Ovviamente no.”  Alastair spostò gli occhi sull’entrata, e la mascella del ragazzo che per un attimo si contrasse non sfuggì agli occhi di Jude, che quasi poteva cogliere visibilmente il nervosismo e la frustrazione del compagno. 

L’espressione tesa di Alastair però finì col rilassarsi poco dopo, quando vide finalmente la sua amica entrare nella stanza con un sorriso colpevole stampato in faccia.

“Alla buon’ora... che sia e ultima volta Van Acker, altrimenti ti faccio fare un doppio giro della tenuta.” 

“Mi scusi, signore.”  Isabelle sorrise leggermente a Jefferson prima di prendere un fioretto e allontanarsi in fretta, puntando dritto verso Alastair. Mentre si avvicinava sorrise all'amico, che ricambiò anche se con lieve titubanza:

“Ciao... che fine avevi fatto?” 

“Mi sono appisolata... comincio a pensare che dovrebbero spostare gli incontri più presto, altrimenti mi viene sempre sonno.” 

“Non si chiamerebbe Night School in quel caso, no?”  

“Grazie per la precisazione illuminante Jude.” 

“Sempre a disposizione.”   Il ragazzo sorrise quasi con sincera allegria e Belle scosse leggermente il capo prima di sorridere, osservando prima l'uno e poi l'altro:

“D'accordo, allora... qualcuno di voi vuole duellare con me?” 

“Io. È da parecchio che non mi dai l'occasione di metterti ko.” 

“La vedremo Al.” 

Belle sorrise all'amico, ma mentre si tamburellava la lama sulle dita si voltò per un istante verso Jude, rivolgendogli un cenno del capo appena percettibile. 
E allora Jude sorrise, certo che quella serata sarebbe stata molto lunga... probabilmente non avrebbe dormito un bel niente, ma almeno con un po' di fortuna sarebbe riuscito ad imbucarsi nell'ufficio del Preside. 


                                                                             *


“Mio Dio, ma sei leggiadro come un rinoceronte in una cristalleria!” 

“Ha parlato la regina delle fate!” 

Jude incrocio le braccia al petto con aria stizzita ma Belle non replicò, limitandosi a roteare gli occhi mentre camminava accanto a lui lungo il corridoio buio e deserto... dove tecnicamente loro non avrebbero mai dovuto mettere piede, ma quelli per i due erano dettagli insignificanti. 


“Ok, la porta di Hamilton è la terza... prima ho fatto tardi perché ho controllato gli incantesimi che usa come allarme, ovviamente non possiamo usare la magia per entrare.” 

“Ti prego non dirmi che vuoi sfondare la porta.” 

“Si certo, così da svegliare tutto il castello! No grazie... no, passeremo, anzi passerò, da una strada alternativa.” 

Isabelle si strinse nelle spalle, parlando con un tono neutro e rilassato come se stesse solo parlando del tempo. Jude inarcò un sopracciglio e fece per chiederle spiegazioni, ma non ne ebbe il tempo: Isabelle lo aveva già superato, aprendo la porta accanto al ragazzo e comparendo così in un bagno.

“Isabelle, ma ti sembra il momento di incipriarti il naso?” 

“Non sprecherei la cipria per te, se anche fosse...” Il borbottio di Isabelle quasi lo fece sorridere mentre la guardava avvicinarsi alla finestra, aprirla prima di arrampicarcisi sopra e mettersi in equilibrio sulla cornice.

Immobile come una statua sulle gambe si voltò verso di lui, in un’immagine piuttosto artistica con la luce di una delle torce che fluttuavano di notte intorno alla scuola praticamente alle sue spalle. 
Per un istante Jude rivide il disegno che la ragazza stessa aveva fatto, quello che aveva guardato milioni di volte prima di restituire l’album alla proprietaria dopo averlo “ritrovato”... ma durò solo per un attimo, perché poi Isabelle parlò a bassa voce:

“Non ti muovere, ti apro da dentro... e se senti arrivare qualcuno fila.” 

“Probabilmente l'avrei fatto a prescindere.” 

Un attimo dopo Isabelle era sparita, scivolando giu dalla cornice senza fare il minimo rumore. Chissà quante volte l'aveva fatto per avere tutta quella dimestichezza... 


                                                                             *

"Oh mio Dio... ma questa è una foto di Hamilton da giovane! Non avrei voluto vederla, è una cosa strana...” Isabelle sfoggiò una smorfia, ignorando la foto e continuando a rovistare in mezzo agli schedari, cercando il fascicolo di Etienne Lacroix... sperando che non se ne fossero già liberati, ovviamente. 

Sorrise quando scorse il nome del ragazzo, prendendo il fascicolo e aprendolo mentre Jude, con aria vittoriosa, estraeva il famigerato biglietto da dentro una cartellina.

“Bingo! Tu hai trovato niente di interessante?” 

Jude si voltò verso la ragazza, improvvisamente immobile e in silenzio con gli occhi di quel raro verde scuro puntati sul fascicolo di Etienne.

“Isabelle?” 

“C'è scritto perché è stato espulso... è una lettera della Preside di Beauxbatons. Ora capisco perché è stato così facile convincere il Consiglio della sua colpevolezza.” 

Isabelle alzò gli occhi su di lui e Jude le si avvicinò, carico di curiosità: abbassò a sua volta lo sguardo sul fascicolo e lesse in fretta la lettera che teneva in mano... era in francese, ma per sua fortuna non aveva mai avuto problemi con le lingue, tutt’altro.

Quando ebbe finito rimase in silenzio per un attimo prima di voltarsi verso Isabelle, che lo imitò senza dire niente, mentre entrambi elaboravano quanto appena scoperto:

“Certo che è stato facile... l'hanno buttato fuori perché ha quasi picchiato a morte un suo compagno di scuola. Dev’essere stata una passeggiata per loro... credi che possa essere stato lui?” 

“Non lo so... insomma, dopo questo...” Isabelle si morse il labbro, risultando piuttosto convincente grazie all’ottima attrice che ormai era diventata. 
Se solo avesse avuto uno scellino per ogni volta in cui aveva fatto finta di essere all’oscuro di qualcosa...
Non era stato Etienne, lei lo sapeva. Ma era sinceramente sconvolta da quanto appena saputo, questo sì.

“Ragioniamo... il biglietto lo ha scritto lui, su questo non ci piove. Ma per noi non è difficile costringere, no? Insomma, basta una Maledizione Imperius, quel biglietto di per se non prova quasi nulla. Rimetti a posto il fascicolo però, non credo sia il caso di far sapere che siamo stati qui.” 

Isabelle annuì e senza dire nulla infilò di nuovo il fascicolo nel cassetto, mentre Jude faceva altrettanto con il biglietto. Gli occhi del ragazzo però caddero sugli schedari mentre Isabelle apriva la finestra per andarsene a modo suo dall’ufficio... e quasi senza pensarci si avvicinò, prelevandone uno dal mucchio.


“Credo sia meglio riparlarne domani... è tardissimo, domani mattina sembrerò uno zombie, ho idea. Buonanotte Jude, chiudi la finestra per favore.” 

Isabelle si arrampicò sul cornicione e dopo avergli rivolto un breve cenno sparì, portandolo ancora una volta a chiedersi come facesse a muoversi sui tetti con tanta sicurezza... Obbedì e chiuse la finestra prima di lanciare un’occhiata al fascicolo che aveva sistemato all’interno della felpa nera che indossava da dopo l’allenamento, leggendo il nome scritto sopra come per essere sicuro di non aver sbagliato:

Isabelle Van Acker 


                                                                                *


“Ma chi può averlo fatto? Come si può essere capaci di tanto?” 

“Non credi che sia stato lui?” 

“No... non lo so. Non credo. Non sembrava una cattiva persona.” 


Alastair sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli lisci: odiava non capire, da sempre. Perché quell'anno le cose stavano andando a rotoli in quel modo? 
Aveva perso Jackson, e in un certo senso poteva anche dire di aver perso Isabelle... possibile che i suoi pilastri si fossero sgretolati praticamente in contemporanea?


“Mi dispiace vederti così Al, davvero.”  Alastair alzò gli occhi, puntandolo in quelli familiari  e blu di Jackson... per una volta non vi vide all’interno alcuna ironia, era stranamente sincero.

“Perché non mi aiuti, allora? Chi ti ha ucciso? Belle c'entra qualcosa? Lei non... non può avere a che fare con tutto questo, mi rifiuto di crederlo.” 

“Non pensi che sia stato Etienne, e ovviamente non prendi neanche in considerazione l'idea che Belle possa essere coinvolta... Al, vedi così tanta bontà in tutti. Sarebbe tutto molto più semplice, se tu avessi ragione.” 



Alastair Shafiq spalancò gli occhi, quasi sobbalzando nel svegliarsi così di soprassalto: era stato svegliato da un rumore... familiare, in effetti. 
Alzò istintivamente lo sguardo sul vetro della finestra, e perse un battito nel vedere qualcuno in equilibrio dietro il vetro.

Da quanto tempo non vedeva Isabelle lì? 

“Belle?” 


Vide la ragazza sgranare gli occhi quando lo vide scalciare le coperte e alzarsi, come se si fosse fermata ad osservarlo ma senza avere la minima intenzione di svegliarlo. Era sempre molto silenziosa, ma lui ormai ci era così abituato da sentire quasi sempre quando lei atterrava davanti alla sua finestra. 

Prima che Belle potesse darsela a gambe sui cornicioni Alastair aveva già aperto la finestra, osservandola con aria confusa:

“Stai bene?” 

“Si... non riuscivo a dormire, ecco tutto. Volevo fare un giro, non volevo svegliarti, scusa.” 

“Da quando chiedi scusa per queste cose? Dai, vieni dentro. È da tanto che non parliamo, io e te.” 

Per un attimo fu davvero tentata di saltare, di andarsene... ma poteva davvero farlo ancora una volta? Il sorriso di Alastair le impedí di muoversi, portandola ad annuire leggermente prima di prendere la mano del ragazzo e scendere dalla finestra. 

“Mi spieghi perché te ne vai in girò sui tetti a quest'ora se non è per vedere me? ... a meno che tu non vada a fare visita a qualcun altro, ovviamente.” 

Il tono e lo sguardo accusatorio di Alastair la fecero ridere sinceramente forse per la prima volta dopo un mucchio di tempo, prima di annuire con la sua faccia più convincente:

“Mi hai scoperta.” 

“Ah si?” 

“Si. Non volevo dirtelo, ma... io e Jude passiamo le notti a spazzolarci i capelli e a raccontarci pettegolezzi.” 

“Si, certo, vi ci vedo proprio.” Al roteò gli occhi e Belle sorrise mentre si sfilava le scarpe: in realtà stava semplicemente tornando in camera sua dopo la visita nell'ufficio di Hamilton... ma forse aveva indugiato troppo davanti alla finestra dell'amico, osservandolo dormire per qualche istante come aveva fatto molte volte di recente. 

“Mi sei mancata.” 

“Anche il tuo pigiama.”  Isabelle sorrise, ridacchiando quando il suo commento le procurò una sberla sul braccio mentre Alastair la teneva stretta, entrambi stesi sul letto del ragazzo.

Per un attimo nessuno dei due disse niente, mentre entrambi si godevano quel momento di pace che ormai tendeva a scarseggiare, tra di loro.

“Stavo sognando Jax. A te capita mai?” 

“Si... fastidiosamente spesso, in effetti. Lo so che ti manca moltissimo Al, più di quanto tu non voglia far credere. Vale anche per Sebastian in effetti, voi due potreste fare il duo dei finti “orsi insensibili”.” 

“Io sarei l'orso? Sei tu quella che isola tutti di recente.”  

Le parole di Alastair, quasi tristemente prive di rancore ma solo cariche di delusione e di arrendevolezza, la fecero annuire leggermente, distogliendo gli occhi da quelli dell'amico prima di parlare a bassa voce, incapace di dire qualunque altra cosa se non la verità, almeno per una volta:

“Lo so. E mi dispiace.” 


                                                                          *


Mercoledì 9 Dicembre 


“Sopra il libro di Trasfigurazione ci vuoi una fetta di prosciutto o di formaggio?” 

“Mh? Prosciutto, grazie...” 

Adrianus roteò gli occhi mentre invece Mathieu e Camila ridacchiavano, con Francisca che teneva ancora gli occhi vacui puntati su una finestra, senza curarsi minimamente di tutti e tre.

“Visto? Ve l'ho detto, sta dormendo. Frankie? Svegliati cara, tra poco abbiamo lezione, temo.” 

Adrianus sorrise, sporgendosi verso la ragazza e dandole una leggera pacca sulla spalla della ragazza, che si voltò verso di lui guardandolo con aria confusa:

“Smettila di trattarmi come una cretina! Ho sonno, non è colpa mia.” 

Adrianus sorrise con aria divertita e probabilmente avrebbe anche replicato, ma una voce gli impedì di farlo, mentre una figura quasi fastidiosamente familiare compariva proprio accanto a Francisca:

“Già Stebbins, non riprenderla... insomma, è normale che sia stanca dopo ieri sera. Abbiamo dormito poco, vero Francisca?” 

Sebastian sorrise, trattenendosi dal mettersi a ridere mentre allungava al contempo una mano per sfiorarle la spalla della ragazza con le dita. 
Frankie lo ignorò, puntando invece gli occhi su Adrianus mentre Camila e Mathieu facevano lo stesso, con il ragazzo che mormorò al contempo qualcosa:

“Oh-oh.” 

Adrianus invece contorse leggermente la mascella, gli occhi chiarissimi puntati sul compagno e reprimendo il desiderio di Schiantarlo mentre parlava con un tono pericolosamente pacato:

“Perché non vai a dire cazzate altrove, Ryle?” 

“Non dico cazzate Stebbins, è la verità... Frankie te lo può confermare, non è vero?” 

Bas sollevò le sopracciglia, sfoggiando la sua espressione più innocente e angelica prima di abbassare di nuovo gli occhi sulla ragazza, prendendole anche il mento tra due dita affinché lo guardasse.
Francisca però si ritrasse, borbottando al ragazzo di girare al largo mentre Adrianus puntava gli occhi su di lei, osservandola con aria inquisitoria e trattenendosi dall’alzarsi e strangolare Sebastian. 


“Beh, lascio che vi chiariate... vado. Ci vediamo in classe!”   Sebastian sorrise prima di filarsela per raggiungere Alastair e sua cugina Faye, mentre Francisca lo malediceva mentalmente e Adrianus si limitava ad inarcare un sopracciglio, un’espressione decisamente scettica dipinta in volto:

“Ehm... non è come sembra.” 

“Ah no?” 

“Sapete una cosa? Mi sono ricordata di aver dimenticato qualcosa da qualche parte... Mat, devi aiutarmi a trovarla.” 

Camila si alzò in fretta, lanciando un’occhiata molto eloquente al compagno che invece sbuffò, come a volerle dire che lui invece voleva assistere alla scena... ma Camila accennò di nuovo alla porta della Sala da Pranzo e il francese si ritrovò ad obbedire, sbuffando leggermente e borbottando che voleva ascoltare.

“Che noia... Volevo sentire, magari Steb ammetterà finalmente di essere tormentato dalla gelosia.” 

“Scusa Mat, ma credo che non lo saprai, non oggi.” 

Camila sorrise e senza tante cerimonie si trascinò dietro il compagno, lasciando Francisca da sola a vedersela con Adrianus.


“Già che ci siamo... so che volevi origliare Mat, ma più tardi ho intenzione di parlare con mia sorella. Magari lei potrà darci una lieve indicazione.” 

Camila si strinse nelle spalle e immediatamente Mathieu mutò espressione, sorridendo quasi allegramente mentre le metteva un braccio intorno alle spalle, guardandola con affetto:

“Davvero? Grazie, colorata! Hai i capelli diversi da un paio di giorni, ora che ci faccio caso... niente più viola e rosa?” 

“Non chiamarmi “colorata”, è orribile! E comunque si, credo che vi abituerete ai miei repentini cambi di capelli di qui a Giugno.” 


                                                                             *

Chiediglielo
No
Si!
Non posso
Ma si che puoi, siete amici da anni!
Proprio per questo non posso, come glielo dovrei spiegare?

Sebastian sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli senza ascoltare minimamente quello che Jefferson stava spiegando: era seduto accanto ad Alastair, che stava prendendo appunti a differenza sua, e probabilmente era l'occasione perfetta per chiederglielo... 

Dio quanto sei codardo

Il ragazzo sbuffò e quando sentì un pezzetto di carta colpirlo sulla nuca si voltò, ritrovandosi a guardare sua cugina che, seduta accanto ad Isabelle, stava sghignazzando alle sue spalle come se avesse intuito i suoi pensieri.
Sfortunatamente, si conoscevano troppo bene...

Bas la fulminò con lo sguardo, intimandole di stare zitta prima che i suoi occhi cadessero per una frazione di secondo sulla ragazza seduta accanto a lei, continuando a chiedersi il perché del suo ritardo della sera prima: a volte si dava dell’idiota da solo, ma negli ultimi tempi aveva iniziato a preoccuparsi ogni volta in cui non la vedeva in giro per diverso tempo...
Da quando Jackson era morto, in effetti.


Il ragazzo esitò ma poi si rimise seduto dritto sulla sedia, schiarendosi leggermente la voce prima di rivolgersi all’amico:

“Sai Al... stamattina ho visto Isabelle uscire dalla tua camera.” 

“Si, in effetti se l’è squagliata mentre io ancora dormivo... fa di tutto pur di non dover parlare da soli troppo a lungo.” 

Il tono di Alastair era piatto e carico di una nota di acidità che non sfuggì a Sebastian, che annuì prima di parlare di nuovo, con il tono più neutro e vago che riuscì a trovare:

“Ovviamente non è la prima volta che succede... penso che diversa gente creda che abbiate una relazione, sai?” 

“Probabilmente è così, ma non interessa a me e neanche a Belle.” 

“Ma se così fosse me lo diresti, vero?” 

“Che domande fai Bas, certo che te lo direi! Ma che hai oggi?” 

Alastair si accigliò, voltandosi verso Sebastian e riservandogli un’occhiata inverta mentre l'amico si limitava a stringersi nelle spalle prima di tornare a fingere di prestare attenzione alla lezione... e nel frattempo, ovviamente, qualcuno seduto proprio dietro di loro non aveva smesso per un attimo di voltare lo sguardo dai due ad Isabelle, sorridendo leggermente.


                                                                              *


“Possiamo parlare? C'è una cosa che vorrei chiederti.” 

Phoebe alzò lo sguardo dal libro, certa di aver sentito male... E invece si rese conto di non aver sbagliato, davanti a lei c'era proprio sua sorella. La mora si accigliò leggermente ma annuì senza dire nulla, permettendo così a Camila di prendere posto davanti a lei nella Sala Comune affollata, con Alastair e Sebastian che si sfidavano ad una partita a scacchi senza neanche usare i pezzi e Mathieu si disperava sui compiti di Incantesimi. 

“Che cosa vuoi sapere?”

“Beh, tu sei qui dal primo anno, quindi immagino che tu conosca molto bene sia la scuola che i tuoi compagni di corso, a differenza mia. Perciò volevo chiederti una cosa sui nostri compagni: che tu sappia, c'è per caso qualcuno che sa parecchio sul conto degli altri?” 

“Verräter.” 

Phoebe non batté ciglio, rispondendo alla sorella senza la minima esitazione e con un tono piuttosto sicuro, tanto da far accigliare leggermente l’americana: aveva sentito in giro qualcosa del genere in effetti, ma non ci aveva mai dato poi molto peso..


“Davvero? Sicura?” 

“Oh, al 100%. Io e Belle lo chiamiamo “Oracolo di Delfi”, ma tu non diglielo, potrebbe darsi troppa importanza... fidati Camila, anche se tu non lo sai credo che lui sappia più cose di te di quanto non ne sappia io. È così per tutti.” 

Phoebe si strinse nelle spalle come se la stesse informando di cosa aveva mangiato a pranzo e continuò a fare i compiti come se niente fosse, lasciando la sorellastra vagamente interdetta.
Camila si voltò verso Jude, che come suo solito se ne stava in angolo a scarabocchiare con nonchalance sul suo quaderno nero senza parlare con nessuno ma osservando tutti allo stesso tempo.

Per un attimo Camila si chiese anche se la sorella le avrebbe chiesto perché le aveva posto quella domanda, ma Phoebe non lo fece, come se non volesse immischiarsi negli affari altrui.

“Beh, allora grazie. Se davvero sa tutto, credo che potrebbe essermi utile.” 

Camila fece per alzarsi dalla sedia, ma la mezza risata che scappò alla sorella la portò ad indugiare e a voltarsi di nuovo verso di lei, osservandola sorriderle con leggero divertimento:

“Spero che tu abbia una valida motivazione... Come tutti quelli che vivono qui non posso dire di conoscerlo bene, ma so per certo che non fa mai niente per niente.” 


                                                                               *


“Perché mi tieni il muso? Sei arrabbiato con me?” 

“Si.” 

“Perché?” 

“Lo sai.”

“E non mi vuoi ascoltare?” 

“Finché cerchi scorciatoie no.” 

Adrianus restò impossibile, continuando a tenere gli occhi sul libro ma senza neanche lontanamente leggerne il contenuto: aveva smesso di farlo quando Francisca era entrata nella stanza e dopo aver esitato gli si era avvicinata quasi timidamente.
La moretta indugiò per un attimo ma poi si avvicinò ulteriormente al ragazzo, che continuò a non guardarla... o almeno finché lei non lo sorprese sedendosi sulle sue ginocchia, costringendolo così ad alzare gli occhi verso di lei.

“Finalmente ti degni di guardarmi... lo so che non puoi fare l’arrabbiato a lungo.” 

“Si invece!” 

“No, non è vero.” 

Adrianus fece per replicare ma le parole gli morirono in gola quando Francisca gli allacciò le braccia intorno al collo, appoggiando il capo contro il suo prima di parlare di nuovo:

“Sebastian lo fa apposta Steb, si diverte... te l'ho detto, non c'è niente tra di noi.” 

“E allora spiegami le sue continue allusioni, mi irritano.” 

Adrianus sbuffò mentre quasi senza volerlo circondava la vita della ragazza con un braccio per non farla scivolare, fulminandola con lo sgaurdo quando la vide sorridere con aria divertita:

“Secondo me sei geloso Steb.” 

“Te lo ripeto, non sono geloso! O forse un pochino si, non lo so.” 

L’ex Corvonero sbuffò e abbassò lo sguardo mentre invece Francisca sorrideva, accarezzandogli i capelli castani:

“Te l'ho già detto Steb... ci sono cose che non posso dirti. Ti voglio bene, non voglio metterti nei guai.” 

“Anche io ti voglio bene. Quindi dì a Casanova che prima o poi lo Schianto, se non la finisce di buttare giù frasette di quel tipo!” 

Adrianus sbuffò e Frankie non riuscì a non ridere, infinitamente sollevata di averlo accanto in quel periodo buio, anche se non glielo disse. 


                                                                            *


Jude sorrise, quasi divertito dal tempismo della sorte: proprio la notte prima lui e Isabelle si erano intrufolati nell’ufficio di Hamilton, e avevano non solo trovato il famigerato biglietto... ma anche il fascicolo di Etienne Lacroix, dove avevano finalmente letto il motivo della sua espulsione da Beauxbatons.

“Perché me lo state domandando?” 

"Perché sembra che nessuno sappia niente... per favore, puoi dirci se sai qualcosa su Etienne?” 

Jude inclinò leggermente il capo, osservando sia Mathieu che Camila... che cosa poteva chiedere in cambio? 
Bella domanda...

“In effetti credo di aver sentito qualcosa sulla sua espulsione.” 

“Come lo sai?” 

“Non ha importanza. Ma ti dirò Mathieu, anche se ora lo so sono comunque convinto che non abbia ucciso nessuno... anche se ho letto il biglietto che ha scritto lui stesso, come tu hai confermato.” 

Jude prese la tazza di thè e ne beve un sorso con nonchalance, ignorando le facce sgomente dei due compagni: Mathieu inarcò un sopracciglio e fece per chiedergli COME facesse a sapere che aveva detto lui al Preside che quella era proprio la scrittura di ET, ma Camila gli fece cenno di tacere e di lasciarlo continuare: facendo con comodo Jude rimise la tazza sul piattino prima di sorridere, annuendo con un debole cenno del capo:

“Se ci tenete tanto, vi dirò quello che ha lasciato scritto... ma voglio qualcosa in cambio. Camila, perché non mi parli del legame tra te e Phoebe? So che siete sorellastre, ma il fatto che abbiate la stessa età mi mette molta curiosità.” 

Camila esitò per un attimo, senza staccare gli occhi dal sorriso beffardo di Jude mentre Mathieu si voltava verso di lei, guardandola come a volerle dire che non era obbligata a farlo, se non se la sentiva... ma la ragazza lo ignorò e annuì, sorridendo a sua volta:

“D'accordo, lo farò. Ma prima parla con Mat.” 

“Perfetto, adoro trovare i compromessi in fretta. Prego ragazzi, mettetevi comodi.” 


                                                                                *

“Mi sento tremendamente stupida... come ho fatto a metterci tanto a capirlo?” 

Faye rise mentre prendeva posto davanti al cugino, appoggiando la borsa sul tavolo e tirando fuori il suo specchietto. Dopo aver controllato che il rossetto rosso fosse a posto sorrise al cugino, che la stava guardando di rimando con aria vagamente scettica:

“Ah si? Sentiamo, cosa hai capito?” 

Faye lo guardò con gli occhi luccicanti, trattenendosi dal ridere mentre parlava di nuovo quasi con tono accusatorio:

“Lei ti piace, vero cuginetto? Perché non me l'hai detto?” 

“Di chi parli, se permetti?” 

“Oh, per favore... lo sa di chi parlo. A me non puoi mentire Bas, ti conosco meglio di quanto tu non conosca te stesso, probabilmente. Non fraintendere, mi sorprende ma mi fa piacere, Isabelle è mia amica.” 

“Lei non... non so di che parli. Che cosa ti fa credere che a me piaccia Isabelle? Insomma, ci vedi forse andarcene in giro a braccetto?” 

Sebastian sorrise, inarcando un sopracciglio e parlando con il suo solito tono vagamente sfrontato che fece solo sorridere la cugina, che lo guardava con aria divertita:

“No. Per niente, e forse è anche questo a fare la differenza, non trovi? In realtà sapevo che questo giorno sarebbe arrivato, Bas... ora si che mi divertirò! E rilassati, non fare quella faccia... non dirò niente.”

Sebastian sospirò leggermente, costretto ad arrendersi: se sua cugina si era messa in testa qualcosa era impossibile dissuaderla, lo sapeva. 

“Da cosa l’hai capito?” 

“Semplice, fai spudoratamente il cascamorto con qualunque ragazza carina ti capiti a tiro, ma con lei ti risparmi le moine... e poi ti prego Bas, ogni volta in cui entri in classe la guardi, sempre. Per un istante, poi ti giri e vai a sederti al tuo posto... ma lo fai, come per assicurarti che lei ci sia. Anche se non mi è chiara una cosa: se finalmente ti piace davvero una ragazza, perché continui a portarti a letto tutte le altre in modo per niente discreto?” 

“Isabelle è... difficile da capire, è tua amica, lo sai anche tu. Dubito che lei mi ricambi, aspetto solo che mi passi.” 

Sebastian si strinse debolmente nelle spalle prima di tornare a concentrarsi sui compiti, mentre Faye ancora lo osservava attentamente: in realtà non condivideva del tutto la sua logica... ma ora che lo sapeva era certa che si sarebbe potuta divertire molto, anche se di sicuro non lo avrebbe tradito spifferando tutto ai quattro venti. 

“Contento tu... devo andare. Ma lascia che ti dica una cosa, prima... Rilassati Bas, non c'è bisogno di essere geloso d Alastair. Non c'è niente tra di loro, fidati, Isabelle l'avrebbe detto a me o a Phoebe. Ciao!” 

Faye sorrise e strizzò l’occhio al cugino prima di riprendere la borsa, girare sui tacchi e andarsene, lasciandolo nuovamente solo. 
Eppure, dopo un attimo, Sebastian sorrise comunque. 


                                                                                *

                                           
Francisca camminava a passo spedito, attraversando il parco per raggiungere la sua destinazione. Teneva le mani coperte dai guanti sprofondante nelle tasche, e la sciarpa le copriva volutamente parte del viso per evitare di congelarsi: faceva davvero freddo, ma voleva farlo. 

C'era una parte dell’enorme proprietà, ad est della Cappella... c'erano diverse lapidi commemorative lasciate sul prato, dedicate a tutti i Presidi della Cimmeria fin dal suo fondatore, Orion Callaghan. 
Recentemente però, se ne erano disgraziatamente aggiunte ben tre... e una portava il nome della sua migliore amica. 

Non era potuta andare al suo funerale e non aveva potuto salutarla... il modo che aveva per sentirsi più vicina a lei era semplicemente quello, sedersi di fronte a quella lastra di pietra gelida.

Rabbrividì leggermente ma continuò a camminare imperterrita, chiedendosi perché stesse usando così la sua preziosa ora buca... dopo la notte precedente era parecchio stanca e forse avrebbe preferito andare a dormire in camera sua al caldo, ma allo stesso tempo voleva salutare Alexandrine. 
                                                                                

                                                                                *


Ma perché diamine se ne va in giro con questo freddo? Vuole prendersi la polmonite? 
E poi non sono il suo facchino! 

Adrianus Stebbins sbuffò leggermente mentre scendeva i gradini dell'ingresso della Cimmeria, tenendo i libri che doveva restituire all’amica: a sentire Camila era andata a fare una passeggiata, quindi non gli restava che cercarla nel parco... ma perché volesse fare due passi con quel freddo, per lui restava un mistero. 


Era felice di vederla stare decisamente meglio, ma ogni tanto Francisca spariva ugualmente, dichiarando di voler stare da sola... e per quanto ci avesse provato, il più delle volte non era riuscito a trovarla. 

Per qualche motivo però quel pomeriggio aveva la netta sensazione di sapere dove potesse essere andata... E da una parte, per un solo attimo, si riempì di soddisfazione quando la scorse in mezzo alle lastre di pietra di varie sfumature di grigio a seconda del tempo che era passato da quando erano state piazzate lí.
Il lieve sorriso di Adrianus però sparì molto in fretta, e un istante dopo l’ex Corvonero era impallidito di colpo – non certo per il freddo – e aveva iniziato a camminare quasi senza accorgersene, lasciando cadere i libri sull’erba umida senza curarsene minimamente.

“Frankie.” 

Poco più di un sussurro, mentre iniziava quasi a correre verso di lei prima di chiamarla di nuovo, questa volta a voce decisamente più alta.

“Francisca!” La raggiunse davanti alla lastra dedicata ad Alexandrine Darwin e senza riflettere le si inginocchiò accanto, allungando una mano tremante per sfiorarle il viso freddo. Rilassato in effetti, ma freddo come il ghiaccio.

“Frankie? Ti prego...” 

Deglutì a fatica mentre spostava la mano, accarezzandole i capelli scuri e osservandola con preoccupazione crescente, mentre improvvisamente tutto intorno a lui si bloccava momentaneamente: l'unica cosa a cui pensava, mentre la prendeva in braccio, era che non voleva perdere anche lei. 


















.......................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Mi spiace di avervi fatto aspettare una settimana intera, ma spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo piuttosto lungo...
Questa volta non ho domande per voi, ma chiedo a chi non mi ha inviato le informazioni per il Ballo di farlo in fretta, perché non mancano molti capitoli... probabilmente ne farò solo un altro nel mezzo. 

A presto, spero, con il seguito... dovrei aggiornare nel weekend!

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Sogni e congetture ***


Capitolo 14: Sogni e congetture 

 
Il sogno non si occupa mai di inezie; non permettiamo alle quisquilie di disturbarci nel sonno.
I sogni apparentemente innocenti si rivelano maliziosi, quando ci si sforza di interpretarli.
 -Sigmund Freud



Teneva gli occhi chiusi, quasi incredibilmente rilassata mentre l'erba le solleticava leggermente il viso, insieme a qualche chiocca di capelli castani che l'aria muoveva. 
In effetti non faceva poi così freddo, per essere Dicembre... strano.

Francisca aprì gli occhi, e si accigliò leggermente quando trovò il cielo che la sovrastava diverso da come lo aveva lasciato poco prima, quando aveva chiuso gli occhi: era buio... o meglio, il cielo era scuro, pullulante di stelle, ma intorno a lei tutto sembrava illuminato a giorno, anche se dalla flebile è grigia luce che caratterizzava l’inverno in Inghilterra.

“Mi chiedo ancora come si possa arrivare a tanto.” 

“La bontà è in ognuno di noi Frankie, ma anche il male... e non è difficile tirarlo fuori, sai? Basta trovarne la chiave, girarla e sfruttarla a proprio vantaggio.”

Frankie si voltò verso Alexa, stesa sul prato accanto a lei... la rossa teneva gli occhi fissi sul cielo, ma sembrava che non lo stesse vedendo realmente, come se stesse pensando a qualcos’altro.

“Strano. È già buio?” 

“Nei sogni molte cose non hanno senso, Frankie. O forse infondo ce l'hanno, ma siamo troppo limitati per coglierlo... guarda.” 

“Che cosa?”

“In alto, tesoro. Guarda in alto.”


                                           
Guarda in alto 


Francisca aprì gli occhi con quelle parole che ancora le echeggiavano nella testa, ed era così concentrata su quello che non si rese neanche conto di non essere nel suo letto.

La ragazza rabbrividì leggermente, sprofondando ancora di più sul cuscino e sistemando il piumone per coprirsi meglio... sfoggiò persino un debole sorriso sollevato mentre chiudeva gli occhi:

Ah, che bene che si sta qui sotto 
Ma che ore sono?  È già mattina? Ma cosa ho fatto ieri sera?

Frankie riaprì gli occhi, improvvisamente più lucida e di conseguenza più confusa... solo in quel momento si rese conto di non essere in camera sua. E a giudicare dal cielo che riusciva a scorgere dalla finestra non era affatto mattina, quanto più tardo pomeriggio.

Confusa, la ragazza si voltò, rigirandosi sul materasso mentre realizzava anche che era in Infermeria... probabilmente si sarebbe alzata per andare a chiedere perché fosse finita lì – forse aveva sbattuto la testa da qualche parte e non lo ricordava? – ma l'idea svanì quando si ritrovò davanti ad Adrianus, che era seduto accanto al letto e aveva gli occhi puntati dritti su di lei.

“Ciao, Steb! Che ci faccio qui?”

Frankie sorrise leggermente, ma cambiò espressione quando colse il cipiglio visibilmente poco allegro del ragazzo, che la stava osservando con aria decisamente contrariata, le braccia conserte:

“Razza di stupida. Ti sembrano cose da fare?” 

Oddio. Cosa ho fatto? 

Frankie sgranò gli occhi e, non essendo decisamente abituata a vedere il ragazzo arrabbiato, si ritrasse leggermente per sprofondare ancora di più tra le coperte, come a voler sparire mentre invece Steb le si avvicinava, guardandola con stizza:

“Se non fossi arrivato io... Dio, ma ti pare di metterti a dormire fuori con il freddo che fa? Eri congelata!” 

“Mi sono addormentata? Ah già, ero andata... beh, sono un po' stanca in effetti.” 

Francisca sfoggiò un sorriso colpevole mentre si alzava, mettendosi a sedere sul letto mentre si rendeva improvvisamente conto di avere una borsa dell’acqua calda infondo al letto che le scaldava i piedi... e Adrianus le piazzò anche una tazza di thè in mano, lanciandole un’occhiata come a dirle che non ammetteva repliche. 

“Dai Steb, sto bene!” 

“Mi fa piacere, ma mi hai fatto prendere un infarto! Insomma, dopo tutto quello che è successo vedere qualcuno sdraiato per terra non è il massimo.”

Il ragazzo sbuffò debolmente, parlando con un tono tetro mentre Frankie beveva un sorso di thè incandescente prima di sorridere debolmente, abbassando le mani che tenevano delicatamente la tazza per appoggiarla sulle sue gambe.

“Me ne rendo conto, mi dispiace... ma dormire è un diritto umano! E poi forse sono stata lì più del necessario, ma mi sembra davvero di averla accanto a me quando sono davanti a quella lastra. Forse è un po’ patetico, ma è così.”   Frankie si strinse debolmente nelle spalle, abbassando gli occhi sulla tazza prima di bere un altro sorso di thè, mentre invece Adrianus le sorrise prima di spostarsi, sedendosi sul letto davanti a lei e improvvisamente addolcito dalle sue parole:

“Non è patetico Francisca, è normale che ti manchi. Ma non lo rifare più, mi sono spaventato.” 

“Che melodrammatico, vuoi solo farmi sentire in colpa!” 

“No... davvero.”   Adrianus aggrottò per un attimo le sopracciglia prima di allungare una mano e mettergliela sul viso, accarezzandole appena una guancia con il pollice.
Francisca invece restò perfettamente immobile, arrossendo leggermente come le succedeva sempre mentre quasi non osava muoversi, gli occhi fissi sul ragazzo seduto davanti a lei. Adrianus invece spostò gli occhi chiarissimi da quelli della ragazza, puntandoli quasi con insistenza sulla sua bocca mentre smetteva di accarezzarle il viso e il pollice si spostava sulle sue labbra, disegnandone il contorno lentamente.
Francisca, che aveva quasi smesso di respirare, deglutì a fatica mentre Adrianus le si avvicinava, fermandosi a pochi millimetri dal suo viso ed esitando prima di spostarsi e darle un bacio su una guancia prima di ritirarsi quasi frettolosamente:

“Beh, meglio che vada... ci vediamo a cena?” 

Il ragazzo si schiarì la voce e si alzò dal letto, mentre Frankie lo osservava con aria stralunata, ancora abbastanza rossa sulle guance mentre annuiva leggermente, quasi confusa:

“Si, certo.” 

“A dopo allora. Non combinare guai mentre non ci sono.”

Lo guardò incamminarsi verso la porta, non potendo sapere di come il cuore di Adrianus stesse battendo, forte quanto il suo.
Una volta di nuovo nel corridoio l’ex Corvonero sbuffò sommessamente, passandosi una mano tra i capelli castani prima di allontanarsi mentre Francisca puntava gli occhi verdi sulla sedia dove quando si era svegliata lo aveva trovato...

Più il tempo passava e più era confusa, sotto ogni aspetto.


                                                                                 *


“Hai preso il suo fascicolo? Ci hai trovato niente dentro?” 

“No, niente di rilevante... ma ora se non altro so qualcosa in più sulla sua famiglia e sul suo passato.” 

Alastair inarcò un sopracciglio, trattenendosi dal sottolineare che se Jude avesse voluto sapere qualcosa della famiglia di Isabelle avrebbe potuto benissimo chiedere a lui direttamente... ma qualcosa negli suggerì che a Jude piaceva arrangiarsi quando giocava a fare il Detective e decise saggiamente di lasciar perdere.

Jude chiuse il fascicolo di Isabelle, lasciandolo con noncuranza sulla sua scrivania prima di puntare gli occhi sul vetro della finestra, osservando il panorama che aveva riportato in qualche disegno un mucchio di volte. 

“È figlia unica, giusto?” 

“Sì.” 

“Sai Shafiq, sto iniziando a considerare un’ipotesi... potrebbe essere che in qualche modo stia facendo qualunque cosa stia facendo perché costretta da qualcuno. Insomma, tu la conosci meglio di me, ti sembra malleabile?” 

Alastair quasi sorrise a quella domanda, scuotendo il capo quasi con aria divertita:

“No, decisamente. È quasi impossibile convincerla a fare qualcosa che non vuole fare.” 

“Si, l'avevo intuito... ma forse qualcuno lo sta facendo. E deve esserci un motivo considerevole se lei asseconda qualcuno. Sempre che le cose stiano così, ovviamente.” 

“Belle non è una cattiva persona Verräter. È un po’ fredda a volte ma non farebbe del male a nessuno... No, io credo che la stiamo costringendo a fare qualcosa... ecco perché è sempre così distante. Non può parlarmene.” 

“Potrebbe essere... e come potrebbero tenerla in pugno? Minacciandola? O magari mettendo in mezzo qualcuno a cui tiene molto.” 

Jude sposto gli occhi dalla finestra per puntarli verso il suo interlocutore in modo piuttosto eloquente, tanto da far accigliare Al:

“Dici che abbiano messo in mezzo... me?” 

“Perché no? Insomma, sono già morte tre persone. E tu qui sei la persona che ama di più... Pensaci Shafiq, magari Jackson è stato ucciso per dimostrarle che ne hanno la possibilità. Per farle capire che lo faranno ancora, se lei non fa qualunque cosa vogliano che faccia. Ha senso.” 

“Spiegherebbe perché mi evita.” 

“Esattamente. Che giorno è oggi?” 

“Il 9.” 

“Mancano meno di due settimane al Ballo... e in genere chi vuole tornare a casa per le vacanze lo fa il giorno successivo, no? Se lei ti chiederà di tornare a casa per le vacanze Alastair, allora saprai che ho ragione.’ 


                                                                                     *


Chiuse il libro con un gesto secco e deciso, lasciandolo sul tavolo quasi con espressione frustrata. 
Possibile che non ci fosse proprio un bel niente di utile, in mezzo a quella montagna di libri? 

Sospirò e ne prese un alto dal mucchio che aveva creato, aprendolo e andando all’indice... come sempre sperò che fosse la volta buona, ma qualcosa le diceva che ancora una volta non avrebbe avuto neanche una risposta. 

“Da quando ti interessi a questo genere di libri? Insomma, non lo fa nessuno.” 

Isabelle non alzò neanche gli occhi dal libro, sfogliandolo per andare al capitolo che le poteva interessare e limitandosi a stringersi leggermente nelle spalle:

“Beh, lì hanno messi qui per un motivo immagino... ogni tanto qualcuno li dovrà pur leggere.” 

Dal rumore dei pesi sul vecchio pavimento lucido e freddo Isabelle intuì che le si stesse avvicinando, ma continuò a non alzare gli occhi.
Quelli di Sebastian invece guizzarono sui libri che la ragazza aveva portato sul tavolo... che ci doveva fare?

“Beh, capirei uno... ma tutti? Ci hanno dato una ricerca da fare per Storia e non me ne sono accorto?” 

“No. Curiosità personale.” 

Sebastian inclinò leggermente il capo, continuando a guardarla con lieve confusione: per la maggior parte del tempo era sulla difensiva quando parlava... il che non aiutava a smorzare l'idea che ci fosse qualcosa che non andava.

“Che cosa stai cercando allora, se posso chiedere?” 

La domanda di Sebastian la fece esitare per un attimo, portandola a chiedersi se lo sapesse davvero, che cosa stesse cercando. 

“Qualcosa sulla scuola, su quando è stata fondata, sulla sua struttura... magari anche sul fondatore, non saprei.” 

“Strano modo di passare il tempo libero, ma contenta tu... Visto che non ho di meglio da fare ti aiuto.” 

“Oh, ti prego no, non vorrei che trascurassi le tue amiche per causa mia... non è che ti manda Jude, vero?” 

Isabelle finalmente lo guardò, accigliandosi con aria sospettosa tanto da farlo sorridere mentre scuoteva il capo:

“No! Perché dovrebbe mandarmi lui?” 

“Lasciamo perdere... se vuoi aiutarmi fa pure, ma se te ne esci con una delle tue solite frasi stile “so che vorresti essere come me” o “grazie al cielo sono come sono” ti bandisco dal tavolo.” 

“Che paura.” 

L’occhiata torva di Isabelle lo fece sorridere, sfoggiando la fossetta che tanto piaceva a praticamente tutte le ragazze della scuola. 
In effetti non era solito offrirsi di dare una mano a qualcuno, se non poche persone come Faye e Alastair... ma anche per lei avrebbe fatto un’eccezione, ovviamente. 


                                                                              *


“Ah, ecco il principe azzurro... come sta Francisca?” 

“Bene... si era addormentata. Ma come si fa ad addormentarsi con questo freddo?” 

Adrianus sbuffò sommessamente, abbandonandosi sul divano accanto a Jude in Sala Comune, mentre per una volta l’ex Serpeverde non stava scarabocchiando sul suo quaderno, ma disegnando quasi distrattamente.

“Beh, dipende dai punti di vista. A me piace il freddo... e poi credo che quando si è parecchio stanchi ci si addormenterebbe ovunque.” 

Adrianus non commentò ma lanciò comunque un’occhiata eloquente al compagno, trattandosi dal chiedergli che cosa combinassero di notte. Già, lui tecnicamente non avrebbe dovuto sapere niente. 

“Si, beh... che cosa disegni?” 

“Affari miei. Com’è andata con Francisca?” 

“Affari miei.” 

Jude sorrise leggermente, guardando il ragazzo con aria quasi divertita mentre Adrianus, sospirando sommessamente, appoggiava il mento su una mano e puntava distrattamente gli occhi sul camino acceso, la testa visibilmente da un’altra parte.

Jude si trattenne dal ridere mentre, dopo aver taciuto per un po’, parlava di nuovo con un tono piuttosto vago e disinteressato:

“Pensi a Frankie?” 

“Mh.” 

“Secondo me ti piace.” 

“Mh... cioè no. No, non mi piace.” 

“Si invece.”

“No non è vero.” 

“Ma chi pensi di prendere in giro... Manca poco al Ballo, già vi vedo che fate i piccioncini sulla pista...” 

Adrianus sbuffò e lanciò un cuscino addosso al ragazzo, colpendolo in piena faccia e facendolo ridacchiare: poteva tirargli tutto quello che voleva, sapeva comunque di avere ragione.


                                                                              *


Mathieu si chiuse la porta alle spalle e andò a sedersi sul letto, pensando ancora a quello che aveva detto Jude. 
Quindi l'aveva fatto davvero... Etienne aveva scritto quelle cose. Ma non voleva dire poi molto, non era decisamente difficile convincere qualcuno a scrivere qualcosa...

Si era ritrovato, suo malgrado, a dover spiegare per bene a Jude le dinamiche che avevano portato all’espulsione di Etienne qualche mese prima: si, aveva ridotto molto male un loro compagno di scuola... ma chiunque avesse conosciuto Etienne Lacroix sapeva che non l'avrebbe mai fatto senza motivo, e infatti il ragazzo che aveva pestato di brutto non era proprio uno stinco di santo.

Mathieu sbuffò, passandosi una mano tra i lisci capelli scuri e ricordando quei giorni caotici, pieni di ansia... Estelle Rodriguez aveva anche parlato con la Preside, aveva provato a spiegare a Madame Maxime che Etienne aveva solo voluto aiutarla. Sfortunatamente però nessuno aveva potuto fare molto, visto che il padre di Jerome Poitiers era nel Consiglio di Beauxbatons e si era accuratamente preoccupato che Etienne venisse espulso.

Lui sapeva che Etienne non aveva fatto male a nessuno alla Cimmeria, ma molti suoi compagni di scuola non potevano dire lo stesso. E ormai la notizia era di sicuro arrivata anche fino alla loro vecchia scuola, e non voleva nemmeno immaginare tutte le voci che stavano girando sulla sua morte, sul suo presunto omicidio-suicidio.

Gli dava fastidio pensare che il suo amico fosse stato mal visto è punito già una volta... non sopportava che anche da morto il suo nome venisse ricordato in quel modo.

Mathieu pensò alla famiglia di Etienne, ai suoi genitori, ai suoi fratelli... tutti Babbani, eccetto suo fratello Laurent. 
Non voleva neanche immaginare che cosa stessero provando. 

Continuando a torturarsi le mani il francese sbuffò appena prima di parlare a bassa voce, completamente solo nella stanza ma sperando comunque che lui potesse sentirlo:

“Non verrai ricordato così. Te lo prometto ET.” 


                                                                                 *


“So che sono morte delle persone, so che è orribile... ma è tutto così triste ultimamente! Perché non mi racconti qualcosa di bello?” 

Camila sfoggiò un sorriso allegro mentre si sedeva accanto a Francisca, che stava provando a fare i compiti ma una nuvoletta a forma di Adrianus sopra la testa glielo impediva.

La mora si voltò verso la compagna, annuendo e chiudendo il libro prima di sospirare leggermente: si era arresa, quel pomeriggio non avrebbe combinato un bel niente.

“Beh... che cosa vuoi sapere?” 

“Non saprei... dimmi di te e Steb!” 

“Ma... non c'è niente da dire! Perché tutti sono convinti del contrario?” 

“Beh, perché lui ti piace. Lo diceva anche Alexa... e anche tu gli piaci molto.” 

Camila sorrise con l'aria di chi la sa lunga, attirando ovviamente l'attenzione dell’amica:

“Perché lo dici?” 

“Perché sì, si vede. Insomma, si preoccupa sempre per te e scatta come una molla ogni volta in cui Ryle ti fa le moine. Oh, non vedo l'ora di vedervi insieme al Ballo, sarete carinissimi!” 

“Non andremo insieme al Ballo.” 

“COME NO?” 

Camila sgranò gli occhi, guardandola quasi con orrore mentre Frankie abbassava lo sguardo, stringendosi leggermente nelle spalle e parlando con tono amareggiato:

“Per favore. Lui non verrà con me, andrà con una altissima, biondissima e bellissima... tipo Mackenzie.” 

“Mackenzie è una... beh, non lo dirò ad alta voce. Smettila di sminuirti Frankie, sei molto carina! E poi lui ti adora. Che le biondissime, altissime, levissime e quant’altro vadano a quel paese!” 

Il tono risoluto di Camila la fece quasi ridere, anche se sapeva perfettamente che molte ragazze anche di un anno o due più piccole morivano dalla voglia di andare al Ballo con Adrianus Stebbins... o in alternativa con Alastair Shafiq e Sebastian. E con Jackson... già, gli anni precedenti Jackson non aveva mai avuto difficoltà ad invitare una ragazza. 

“Dai, parlami del Ballo... sai, non lo abbiamo mai fatto ad Ilvermorny! Ed è un peccato, dev’essere bellissimo.” 

Il sorriso di Camila la fece annuire, non riuscendo a non sorridere nel ricordare il Ballo, da sempre amatissimo da tutta la scuola.

“Si, lo è. Il Salone delle feste in genere è chiuso, lo aprono per quella sera... è immenso, è tutto illuminato, ma ogni anno cambiano le decorazioni. E poi ci sono un mucchio di persone, invitano anche il Ministro o ex allievi che sono diventati famosi. L'anno scorso c’era la Nazionale di Quidditch, se non ricordo male. Invitano anche molti genitori, in effetti... ex allievi della scuola o quelli comunque degni di nota. E poi beh, c'è il Consiglio.” 

“Però, sembra affollato... ma ci sono tutti gli studenti?” 

“No, solo dal quarto anno. Altrimenti sarebbe davvero TROPPO affollato. Comunque, non so se ci verrò.” 

“Ma devi venire, è il tuo ultimo anno qui... non puoi saltare proprio quest’anno. E poi mi dovrai spiegare per bene chi è chi, raccontarmi tutti i pettegolezzi e le storie che circolano. Non puoi mancare e sono sicura che Steb sarà d'accordo con me.” 

Camila sorrise, parlando con il tono di chi ha preso una decisione e non ha alcuna voglia di cambiare idea: non glielo domandò, ma era abbastanza sicura di intuire il motivo dei tentennamenti della ragazza e allungò una mano per metterla sopra quella di Francisca, parlando con il tono più dolce e gentile che le riuscì:

“Io credo che  vorrebbe che tu andassi e che ti divertissi... possibilmente con Adrianus, visto che Alexandrine sprizzava “Stenkie” da tutte le parti.”

“Stenkie? Che cavolo è? ... Oh Merlino, avete fatto anche la ship?!” 

“Certo! Io e Mat!” 

Camila scoppiò a ridere di fronte alla faccia sgomenta di Francisca, che sospirò e borbottò qualcosa come “i francesi e gli americani sono matti” prima di tentare di concentrarsi di nuovo sui compiti.

Una parte di lei però sapeva che Camila aveva ragione... le sembrava quasi di sentire la voce di Alexandrine intimarle di andare al Ballo e di divertirsi. Anche per lei, che non c'era più.


                                                                                  *


“Ah, eccoti qui! Sei stata in Biblioteca tutto il pomeriggio, davvero?” 

Phoebe inarcò un sopracciglio, guardando la sua migliore amica come se la ritenesse matta. Isabelle però annuì, stringendosi nelle spalle mentre sedeva tra lei e Faye, che si trattenne dal ridere mentre parlava a sua volta:

“Mi hanno detto che eri con mio cugino. Che avete fatto?” 

“Si è offerto di aiutarmi, in effetti è stato strano. Sai per caso se ha sbattuto la testa da qualche parte o, più probabilmente, sta organizzando una specie di scherzo alle mie spalle?” 

“No, non che io sappia. Secondo me sei troppo dura con Bas, Belle. Insomma, forse dovresti conoscerlo un po’ meglio.” 

“So che siete molto legati, ma non puoi negare che sia piuttosto menefreghista, in genere. Dice spesso che non gli importa di cosa pensi
 la gente o di molte persone in generale, a parte forse te e i suoi amici.” 

Isabelle lanciò un’occhiata eloquente in direzione di Phoebe, come a volerle chiedere di darle corda mentre Faye rideva sotto i baffi, trattenendosi dall’informare l’amica che si, Sebastian era piuttosto menefreghista, ma in realtà gli importava non poco di quello che pensava LEI.

In effetti Faye, che aveva sempre amato il Ballo, quell'anno non vedeva proprio l'ora che arrivasse... e non solo per divertirsi come era solita fare, ma anche per ridacchiare e assistere alle mosse di suo cugino. 

“Che ci vuoi fare Belle, è fatto così. Comunque rilassati, non credo che stia tramando per farti un qualche scherzo... insomma, sa che Alastair lo ucciderebbe, in quel caso.” 

“Probabile. Piuttosto, voi avete intenzione di andare al Ballo con qualcuno?” 

Phoebe inarcò un sopracciglio, rivolgendosi più che altro ad Isabelle dato che già sapeva la risposta che le avrebbe dato Faye, che infatti emise una mezza risata e sorrise con gli occhi luccicanti:

“Io non vado mai con un accompagnatore Phoebs, lo sai. No, credo che farò come sempre e mi divertirò sul momento.”

“Una vera tragedia per tutti i ragazzi che muoiono dalla voglia di venirci con te...”. Il tono sarcastico di Phoebe venne colto da Isabelle, che però ebbe il buonsenso di restare in silenzio, ma non da Faye, che si strinse nelle spalle con noncuranza prima di abbassare gli occhi sulle sue unghie:

“Si, beh, se ne faranno una ragione.” 

Phoebe roteò gli occhi ma decise di lasciar perdere e si rivolse invece ad Isabelle, guardandola con un sopracciglio inarcato:

“E tu, Belle?” 

“Sai che non amo questo genere di occasioni... No, non credo. A meno che...” 

“A meno che cosa?”  Phoebe e Faye parlarono all’unisono mentre Isabelle spalancava gli occhi con aria teatrale, mettendosi anche una mano sul cuore e allungando l'altra verso Phoebe:

“Phoebe, vuoi venire al Ballo con me?”  Faye sbuffò appena, scuotendo il capo prima di tornare a concentrarsi sulle sue unghie perfettamente limate mentre Phoebe annuiva, cercando di non ridere: 

“Ma certo! Mi farai da accompagnatore, ti ringrazio.” 

“Ehy, perché devo fare io l'uomo?” 

“Beh, perché tu sei più alta.” 

“Di neanche 10 cm!” 













.............................................................................................
Angolo Autrice:

Salve! 
Come sempre grazie mille per le recensioni, mi fa piacere sapere che non vedete l'ora di leggere del Ballo... vale anche per me, non vedo l'ora di scriverlo! *ride tra se* 
Questo capitolo è decisamente meno tetro del solito ma poveri OC, ogni tanto devo dargli un po’ di sollievo... anche se dubito che la pace durerà, in ogni caso.
Il prossimo capitolo sarà l'ultimo prima del Ballo, dovrebbe arrivare in settimana...
Anche se di passaggio spero che questo vi sia piaciuto, ci sentiamo presto con il seguito u.u

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Quiete... o quasi ***


 Capitolo 15: Quiete... o quasi 
 
Lunedì 14 Dicembre 


Aveva freddo, e il fiato stava iniziando a mancarle dopo quasi un'ora passata a correre in mezzo agli alberi. 
Rabbrividì ma continuò a muoversi, consapevole grazie all’esperienza che non doveva fermarsi: il freddo sarebbe solo aumentato. 

Si ostinavano a farli muovere all’aperto senza curarsi di procurargli qualcosa per ripararsi dal freddo… anzi, sembrava che lo facessero apposta per temprarli. 
Malgrado la situazione non proprio piacevole un lieve sorriso le increspò il volto, ricordando quando l'anno prima la freddolosa Isabelle aveva cercato di portarsi dei guanti e uno scaldacollo di nascosto all’incontro ma Jefferson l'aveva beccata e glieli aveva sequestrati fino alla fine della stagione. 

Continuando a correre respirò profondamente, formando una nuvola con il fiato caldo mentre saltava per evitare di inciampare in una radice sporgente sul terreno. In genere quando correvano facevano semplicemente il giro del parco della scuola… ma durante i “giochi” andavano nel bosco. E se da una parte tutto si faceva più divertente, dall'altra era molto più difficile stare al passo. 

Phoebe continuò a correre, tendendo le orecchie per cercare di sentire i passi dei compagni: sentiva qualcuno correre dietro di lei, probabilmente erano tutti sparpagliati nei dintorni… la ragazza si era appena chiama per evitare di andare a sbattere dritta contro un ramo basso quando si fermò, inchiodando bruscamente e rischiando di finire sul suolo ghiacciato. 

Phoebe Selwyn deglutì, respirando affannosamente e tenendo i grandi occhi puntati su un punto davanti a lei… un albero, uno dei faggi che delineava la vicinanza al piccolo ruscello che attraversava il bosco. 

Rimase immobile per qualche istante, finché non sentì dei passi affrettati alle sue spalle, seguiti da una voce leggermente allarmata: 

“Perché ti sei fermata?”

“Ho visto… credo di aver visto un uomo. Lì… due attimi fa. Ma è scomparso.” 

“Un uomo?” 

Faye inarcò un sopracciglio, avvicinandosi all'amica e fermandosi proprio accanto a lei, fissando a sua volta lo sguardo sul punto indicato da Phoebe.
Esitò per un attimo istante ma poi la ragazza prlò di nuovo, voltandosi verso l'amica:

“Te lo sarai immaginato… insomma, qui non ci si può Smaterializzare, non si può sparire. Siamo tutti molto stanchi Phoebs… ma se fossi in te continuerei a correre, non voglio essere battuta dai Blu… specialmente da Bas. Ci vediamo alla base.” 

Faye diede una pacca sulla spalla dell'amica prima di superarla, riprendendo a correre e sparendo in fretta nel buio… ma Phoebe esitò, parlando con un filo di voce:

“No… c'era.” 

Silenzio. 

La ragazza deglutì, affrettandosi a correre per seguire l'amica fuori dalla radura… strano, improvvisamente non si sentiva più tanto sola. 


                                                                               *
 

Respira 
Corri 
Salta 


L'aria le sferzava il viso, e anche se continuava a tremare continuava a correre, muovendosi velocemente e continuando a zigzare, cambiando direzione ogni due per tre… tutto per non farsi prendere. 

Il cappuccio nero della felpa era sollevato, coprendole il capo… in realtà più che per mera strategia l'aveva tirato su perché aveva freddo, ma agli altri avrebbe fatto credere il contrario probabilmente.

Deglutì, schivando un ramo mentre il battito era decisamente accelerato rispetto al normale, udendo distintamente i passi che la seguivano, proprio alle sue spalle… e la spingevano ad andare ancora più veloce, scivolando in mezzo agli alberi come faceva da anni. 

Non manca molto
Corri 

Le sue gambe si muovevano ormai automaticamente, e stava cominciando a chiedersi se sarebbe stata in grado di fermarsi o se sarebbe andata a sbattere dritta contro un tronco… Accelerò, ma anche i passi rapidi dietro di lei, insieme ai fruscii sulle foglie quasi cristallizzate dal freddo.

Non le era mai piaciuto quel gioco. E soprattutto, lo odiava quando si trovava in svantaggio e perdeva.

Si chinò per schivare un ramo e automaticamente rallentò per una frazione di secondo… fece per scattare con quel poco di fiato e di forze che le rimanevano ma si sentì afferrare bruscamente da dietro, cacciando un piccolo urlo quando si ritrovò a cadere. Gemette per un istante per il bruciore al ginocchio ma si zittì all’istante quando qualcuno la fece voltare, mettendola a pancia in su.

Aveva trattenuto il fiato quasi rendersene conto, e sentì un macigno sollevarlesi dal petto quando si ritrovò a guardare nei familiari occhi castano-verdi di Alastair, che scoppiò a ridere mentre la teneva per le spalle. Isabelle rabbrividì, sibilando che era un idiota prima di schiaffeggiarlo sulla spalla, rimettendosi a sedere lentamente… probabilmente non aveva idea dello spavento che le aveva fatto prendere. 

“Scusa, non ho resistito… ti ho spaventato? Non avevi capito che ero io?” 

“No…”

“Strano… facciamo questo gioco da bambini, ricordi? In estate perlustravamo la prateria vicino a casa mia.” 

Alastair le sorrise allegramente, allungando una mano per darle un buffetto sulla guancia mentre il battito di Isabelle tornava lentamente a rallentare, mentre la ragazza teneva ancora gli occhi fissi sull’albero davanti a lei, sentendo ancora l’adrenalina in corpo e riprendendosi dal mezzo infarto che aveva avuto. 

Già, se lo ricordava… le sarebbe piaciuto tornare a quei giorni, magari. 

“Belle? Tutto bene? Dai, era solo uno scherzo… scusa.” 

“Non fa niente. Ma sei comunque un imbecille… ho perso dieci anni di vita.” 

“Melodrammatica, con tutte quelle che mi hai combinato tu! In ogni caso ti ho ufficialmente presa, dobbiamo tornare indietro. Ti sei fatta male cadendo?” 

“No.”

Isabelle si alzò, ignorando il dolore alla gamba sinistra e iniziando a seguire Alastair nella direzione opposta, quasi sollevata che per quella sera il gioco fosse finito… da quando quella storia era cominciata le metteva addosso una gran ansia, sentendosi continuamente osservata e in pericolo, esattamente come i suoi compagni. 

Al la prese per mano, conducendola tra gli alberi mentre Isabelle continuava a guardarsi intorno, camminando il più velocemente possibile:

“Hai fretta?” 

“Si… ho freddo. Secondo me vogliono farci morire tutti assiderati o di broncopolmonite. Frankie è ancora bloccata a letto con l'influenza, credo…” 

“Speriamo che nessuno faccia la sua stessa fine allora.” 

“Lo spero, tra una settimana c'è il Ballo… e non voglio sentire i piagnistei di Faye se dovesse perderlo causa malattia.” 

Isabelle piegò le labbra in una smorfia e Al rise leggermente, capendo perfettamente a cosa si riferisse l'amica mentre lasciava la sua mano per metterle un braccio intorno alle spalle, appoggiando il capo contro il suo mentre continuavano a camminare insieme in mezzo agli alberi… e sotto gli occhi di qualcuno, come Isabelle immaginava. 


                                                                            *

Continuava a trattenersi, ma stava facendo così tanta fatica che a breve avrebbe ceduto, lo sapeva: era combattuto tra il ridere, farle una foto o semplicemente sedersi accanto a lei e stare a guardarla per un po'. 

Frankie dormiva della grossa, rintanata sotto le coperte come faceva sempre, tenendo le gambe piegate e sembrando ancora più piccola di quanto già non fosse… senza contare che non si riusciva a vederle perfettamente il volto, visto che era coperta letteralmente fino al naso e poteva scorgere i suoi occhi chiusi, la fronte e i capelli scuri che le ricadevano intorno al viso. 

In effetti avrebbe potuto fotografarla, così da poterla ricattare per tutta la vita… in realtà non era ridicola quanto più adorabile, ma Frankie continuava ad essere convita di essere orribile mentre dormiva.

La febbre appena passata e il calore accumulato sotto il piumone le avevano colorito leggermente le guance di rosso, e Adrianus cercava disperatamente di non ridere e di dirle che sembrava quasi Heidi… preferì invece avvicinarsi con passo felpato al letto della ragazza, chiedendosi se lo avrebbe ammazzato nel trovarlo di prima mattina in camera sua. C'era stato solo pochi giorni dopo la morte di Alexa, e anche se non era passato molto tempo era ben felice che Francisca stesse decisamente meglio rispetto a quei giorni. 


In effetti non la vedeva da due giorni, lei lo aveva bandito dalla sua camera sostenendo che non voleva attaccargli l'influenza che si era presa per colpa delle corse all'aperto notturne… anche se in realtà non aveva nessuna voglia di farsi vedere dal ragazzo con la “faccia da influenza”. 

“Frankie?” 

Adrianus allungò una mano per sfiorarle una spalla, parlando con un filo di voce per svegliarla con delicatezza… ma la reazione della ragazza lo spiazzò: Francisca spalancò gli occhi, permettendogli di guardare quelle iridi verdi per un istante… poi Adrianus sentì una mano afferrargli il polso e due secondi dopo tutto andò all’incontrario. 

Non seppe mai come con precisione, ma si ritrovò bello disteso sul tappeto della camera di Francisca Lothbrock, con la mano della ragazza ancora stretta sul suo polso e l'altra che gli teneva il braccio, mentre lei era sgusciata fuori dal letto a velocità della luce e ora era accucciata sopra di lui.

“AHIA!” 

Le pupille di Frankie si dilatarono quando realizzò CHI aveva appena atterrato, inarcando un sopracciglio come se non capisse:

“STEB? Cosa ci fai qui? … Oddio, ma perché mi devi sempre venire a trovare quando sono appena svegliata e in condizioni pietose?” 

In un batter d'occhio Francisca si era alzata, allontanandosi da lui e lasciandolo con il braccio dolorante e indolenzito.

“Da quando sei diventata un ninja? Ma perché l'hai fatto? E perché non riesco a muovermi…” 

“Scusami, ma stavo facendo un sogno dove un branco di rapinatori mi inseguivano… beh, se tu avessi bussato non sarebbe successo, maleducato!”  Frankie sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi e quantomeno provando a fare l'arrabbiata, anche se ovviamente Steb rese vano ogni suo tentativo:

“Non ti volevo disturbare, ma volevo venire a salutarti…” 

Adrianus sfoggiò gli occhioni da cucciolo, parlando con un tono vagamente grave che la fece sorridere, gongolando leggermente:

“Ah si? Ti mancavo?” 

“No. Mi mancava il tuo pigiama con le nuvolette.” 

Steb sfoggiò un sorrisetto mentre Frankie sgranava gli occhi con orrore, ricordandosi di essere ancora in pigiama e calzini prima di correre, nascondendosi in bagno dopo aver appellato divisa e trucchi:

“Ma perché mi devi sempre vedere con la mia faccia peggiore… avverti la prossima volta!” 

“Scusami, ti manderò una comunicazione scritta, così avrai tutto il tempo di farti bella… Ti metterai la camicia da notte di pizzo Frankie?” 

“No, non la spreco per te! E ora vado a cambiarmi, oggi devo tornare a lezione o rimarrò disastrosamente indietro.” 

Mentre finalmente Steb riusciva a rimettersi in piedi sgranò gli occhi, voltandosi di scatto verso di lei mentre la ragazza ridacchiava prima di sparire dietro la porta, lasciandolo di nuovo solo:

“Come sarebbe a dire? Per chi la useresti allora?” 

Solo quando Frankie sparì dal suo campo visivo Adrianus Stebbins si ritrovò a darsi dell’idiota, rammentando all’improvviso il motivo per cui era andato da lei oltre che salutarla e chiederle come stesse.

“Merda…” 


                                                                           *


Diversi tra i suoi compagni probabilmente stavano sonnecchiando sopra i loro calderoni, ma Jude Verräter no, nessuno poteva avere dubbi su questo: le lezioni di Pozioni erano da sempre le sue preferite, anche ad Hogwarts… in effetti aveva sempre trovato Piton un po' strano, e spesso si era chiesto il perché di quella faccia perennemente seria e impassibile. 

Ormai però si trovava dall'altra parte del Regno Unito e il naso adunco del professore, nonché direttore della sua Casa, non era più un suo problema… anche se era sempre stato il primo della classe e non aveva mai avuto problemi con l'insegnante, in effetti. 


Jude aveva un sorriso stampato in faccia, quella smorfia che secondo molti era vagamente inquietante, un po’ perché non erano troppo abituati a vederla, probabilmente… ma al ragazzo non importava poi molto e continuava dritto per la sua strada, divertendosi come suo solito parecchio nelle ore di quella materia. 

“Perché sei COSÌ allegro? Mi dai quasi fastidio…” 

Sebastian sbuffò, parlando con un tono vagamente seccato mentre continuava a mescolare il contenuto del suo calderone svogliatamente, come se in quel momento avrebbe pagato qualunque cifra pur di tornare a dormire: era pur sempre lunedì, e non aveva dormito quasi niente la notte prima, oltre ad aver corso per il bosco e preso un gran freddo. 

“Che cosa c'è di strano ad essere allegri quando si studia la propria materia preferita? Mi sono sempre piaciute, le Pozioni.” 

Jude sorrise, continuando a gongolare mentre il compagno di banco si limitava a sospirare, scuotendo leggermente il capo come se proprio non lo capisse:

“Anche a me piace molto Pozioni, ma non riesco proprio a sorridere a quest’ora, di lunedì, dopo quello che abbiamo fatto ieri… è più forte di me.” 

Jude si strinse nelle spalle, continuando a mescolare lentamente… in realtà per lui quella era una specie di passeggiata rilassante, anche se il livello di difficolta era abbastanza elevato lui aveva passato un sacco di tempo a divertirsi con gli intrugli. Si divertiva a mischiarli, a fare esperimenti, a creare qualcosa di nuovo di tanto in tanto… Jude Verräter aveva diverse passioni, e forse alcune erano considerate strane da molti suoi conoscenti ma non gli importava granché. 

“Questione di punti di vista, suppongo. Se non altro ieri sera abbiamo vinto, non sei felice di aver stracciato tua cugina?” 

Sebastian annuì con un cenno del capo, ma a Jude non sfuggì neanche la mascella del ragazzo che si era serrata per un istante… e gli occhi di Sebastian non erano quelli di chi era soddisfatto, infondo. 
No, c'era qualcos'altro… lo sentiva, e in effetti Sebastian era sempre molto lieto di vincere, ma la sera prima l'aveva fatto comunque con una buona dose di amarezza dopo aver visto Alastair tornare alla loro base, il capanno del vecchio giardiniere, tenendosi incollata Isabelle. 

Jude osservò il compagno di banco per un istante, chiedendosi che cosa ci fosse che non andava e ripromettendosi di indagare a riguardo, mentre qualcuno seduto nella fila di banchi accanto si voltava nella loro direzione, stracciandosi per attirare l'attenzione di Sebastian. 

“Ti chiamano, Ryle.” 

Bas alzò gli occhi, trattenendo una risata beffarda quando vide sua cugina congiungere le mani, implorandolo di aiutarla come faceva spesso e volentieri: ironico, ma mentre lui era piuttosto bravo e adorava Pozioni, Faye non l'aveva mai sopportata. 

“Dammi una mano!” 


“Cosa mi dai in cambio, cuginetta?” 

“Ti risparmierò una sberla per la tua assenza di gentilezza… andiamo Bas, per favore!”


Jude sfoggiò un sorrisetto divertito, e anche Isabelle, seduta accanto a Faye, sorrise debolmente di fronte alla scena mentre dietro alle due ragazze Alastair quasi dormiva sul banco e Adrianus cercava di svegliarlo prima che il prof se ne accorgesse. 

Inutile dire che alla fine dell'ora Jude si era portato a casa una E, e Faye grazie all'aiuto prezioso del cugino riuscì a strappare una A. 


                                                                                  *


“Sei sicura di essere guarita, vero? Insomma, non vorrei prendere l'influenza a mia volta…” 

“Tranquilla, sto bene. E poi mi hai chiesto tu di aiutarti, no? Manca una settimana, devi imparare in fretta…” 

“Certo, ma… perché dobbiamo farlo proprio qui? Mi sento quasi osservata!” 

Camila si morse un labbro, guardandosi intorno quasi con lieve nervosismo: Frankie l'aveva portata nell’ingresso, davanti alla doppia rampa di marmo… l'americana dava le spalle alla porta a doppia anta chiusa ed era invece rivolta verso le scale, con il rosone che faceva filtrare pochissima luce, proiettandola sul centro del pavimento liscissimo ormai corroso da tutti i piedi che l'avevano attraversato. 
Le due ragazze si trovavano proprio lì, in piedi una di fronte all'altra… e alle parole dell'amica Francisca si strinse debolmente nelle spalle, parlando come se fosse una cosa ovvia:

“Abbiamo imparato tutti qui… è una specie di tradizione. Uno dei primi studenti della Cimmeria era un ragazzo egiziano, e quando si diplomò compose una musica che dedicò alla scuola… viene suonata al Ballo ogni anno, ed essendo un po' particolare bisogna saperla ballare, è un po’ diversa dal valzer normale.” 

“Stai dicendo che vi mettono davvero qui ad esercitarvi?” 

“Si, al quarto anno… Tranquilla, ci siamo solo noi. Allora, per partire se non sbaglio devi metterti al centro esatto del rosone… credo che inizialmente le feste si tenessero qui, e Orion Gallagher apriva le danze partendo sempre da questo punto.” 

“Così da essere sotto la luce, in pratica?” 

“Sotto gli occhi di tutti, sì… dicono che fosse alquanto egocentrico. In ogni caso coraggio, ricordati di contare i passi… devi seguire la direzione precisa, dopo i primi sei, dopo aver fatto la mezza giravolta, ti dovresti fermare proprio dove sono io.” 


“Ok…” 


Le due finirono col ridere parecchio, facendo non pochi tentativi finché Camila non riuscì a ricordarsi la combinazione giusta, fermandosi sotto la circonferenza proiettata dal rosone nel punto giusto.

“Ma che brava… si, sei meglio di me, io sono parecchio imbranata. Vedrai, con la musica è più facile.” Frankie sorrise, dando una pacca affettuosa sul braccio di Camila che annuì, sperando che avesse ragione e di non fare una clamorosa figuraccia una settimana dopo, al Ballo.

L'americana alzò gli occhi, posandolo sul rosone per l'ennesima volta: l'aveva colpita molto fin da subito, dal primo giorno… non ne aveva mai visti di così grandi e belli. 

“Bello, vero? In primavera la luce è più forte e tutto il pavimento diventa colorato..
 Anche quando è buio è bello, parecchio suggestivo.”   Frankie sorrise, posando a sua volta gli occhi sul rosone, frammentato in tanti pezzi di vetro… era piuttosto particolare in effetti a causa di un dettaglio: al centro erano allineati tre frammenti di vetro lasciati trasparenti, di forma circolare e disposti perfettamente in fila. 

“Frankie, tecnicamente non si dovrebbe andare in giro di notte…” 

“Ops.” 

Frankie sorrise con aria colpevole e Camila roteò gli occhi prima di ricambiare, osservandola con improvvisa curiosità nel rendersi conto di un dettaglio che aveva momentaneamente scordato:

“Piuttosto… non ti ho più chiesto se Steb ti l'ha domandato.” 

‘No… te l'ho detto Cami, non è così matto da voler andare al Ballo con una perfetta imbranata! Coraggio, smettila di spettegolare e proviamo di nuovo.” 

Frankie si strinse nelle spalle con finta noncuranza, facendo cenno a Camila di riprovare… l'americana non disse niente ma si accigliò leggermente, non credendo minimamente né che alla compagna non importasse né che Adrianus la pensasse così. 

No… qualcosa le diceva che presto Francisca avrebbe fatto una chiacchierata con Steb.


                                                                         *


“Credo che tu abbia dimenticato questo.” 

Isabelle, che aveva appena sistemato un paio di libri su uno scaffale, si voltò di scatto nel sentire una voce alle sue spalle, puntando gli occhi verdi sull’album che Jude le stava porgendo.

“Grazie.” 

La ragazza lo prese prima di lasciarlo sul tavolo, continuando a mettere a posto i libri che aveva sfogliato. Incuriosito, Jude inclinò leggermente il capo per leggere un paio di titoli, accigliandosi di conseguenza:

“Perché leggi libri sulla scuola?” 

“Perché tutti me lo chiedono? È una cosa così strana.” 

“Un po’… comunque dalla tua faccia e dal tono irritato dubito che tu abbia trovato qualunque cosa stessi cercando. Sai Isabelle, io ho sempre pensato che qui, come ad Hogwarts, non tengano poi molto di interessante… secondo me le informazioni più attendibili sono di la.” 

Jude sorrise con aria angelica, accennando col capo in direzione del Reparto Proibito e facendo accigliare Isabelle, che guardò il compagno con aria scettica:

“Perché dovrebbero tenere questo genere di libri lí?” 

“Non saprei… ma gli originali avranno circa l'età della scuola, no? Quindi diversi secoli… saranno importanti e delicati, dei cimeli. Magari li tengono sott’occhio per pura che si possano rovinare. Ma le mie sono soltanto supposizioni, ovviamente. Carini i tuoi disegni, anche se un po' cupi di recente.” 

Jude accennò all’album prima di girare sui tacchi e avviarsi verso l’uscita della Biblioteca, mentre alle sue spalle Isabelle apriva lentamente il quaderno per posare gli occhi sul primo foglio: raffigurava una sagoma completamente colorata con il carboncino… era distesa, molto probabilmente morta visto tutto il sangue che la ragazza ci aveva disegnato intorno. 

Sospirò leggermente e lo richiuse, chiedendosi se stava o avrebbe funzionato… Jude avrebbe capito, almeno in parte, guardando i suoi disegni? Stava cercando di dirgli qualcosa, questo al ragazzo era ben chiaro… non credeva minimamente che potesse dimenticarsi il suo prezioso album in giro per ben due volte. 


Stava forse per morire qualcun altro? 

Era questa la domanda che frullava nella testa del ragazzo quando uscì dalla Biblioteca, trovando come d'accordo Alastair ad aspettarlo, appoggiato al muro e tenendo le braccia conserte.
Quando lo vide Al inarcò un sopracciglio, avvicinandosi al compagno di un paio di passi:

“L'hai trovata?” 

“Si, e dentro… perché dovrebbe cercare informazioni sulla scuola?” 

“Non ne ho idea, ma dubito fortemente per mera curiosità personale…” 

“Ti ha più chiesto di tornare a casa per le vacanze?” 

“No. Magari stiamo prendendo un granchio e io in realtà non c'entro…”

I due s’incamminarono lungo il corridoio ed entrambi rimasero in silenzio, mentre rimuginavano sulle parole di Alastair: Jude ne dubitava, mentre il diretto interessato più che altro ci sperava… ma mancava ancora una settimana alle vacanze, forse Isabelle poteva ancora chiederglielo e confermare i loro dubbi. 


                                                                        *


“Ti dico che c'era…” 

“Oh, andiamo… ti stai creando un mucchio di paranoie da sola! Rilassati!” 

Faye sbuffò, prendendo un cuscino prima di lanciarlo addosso a Phoebe, appollaiata su una poltrona davanti al camino acceso che illuminava e scaldava la Sala Comune ormai buia a causa della scarsissima luce. 

Phoebe si scostò con lieve irritazione, intimando silenziosamente all'amica di piantarla mentre qualcuno si avvicinava al duo, sorridendo e lasciandosi cadere sul divano accanto a Faye, mettendole un braccio intorno alle spalle e appoggiando i piedi sul pouf:

“Di che parlate fanciulle?” 

“Phoebs è convinta di aver visto un uomo… ieri notte, nel bosco.” 

“Magari era solo Jefferson… o Oldman.” 

“È quello che cerco di spiegarle da tutto il giorno, ma sembra convinta che ci sia qualcosa sotto… magari non hai visto nessuno, forse siamo solo troppo suggestionati da tutto quello che è successo.” 

Faye si strinse nelle spalle, invitando l'amica a smettere di pensarci ma senza ottenere grandi risultati. 
Il silenzio calò per qualche istante tra i tre finché Bas non lo ruppe, rivolgendosi alla cugina e chiedendole se avesse visto Alastair. Quando Faye rispose di averlo visto insieme a Jude per poco la mascella di Sebastian non si snodò fino a toccare il pavimento della stanza: da quando quei due passavano del tempo insieme o anche solo parlavano normalmente? 

“Si, in effetti sono rimasta sorpresa anche io…” 

“Io l'ho già detto una volta… qui le cose vanno in modo strano, quest'anno.” 

Phoebe puntò gli occhi sul camino con insistenza, riflettendo tra sé mentre Faye sbuffava leggermente:

“Si, beh, non siamo gli unici… ad Hogwarts Harry Potter sta tirando su un gran polverone con la storia di Voi-Sapete-Chi, ne stanno succedendo di tutti i colori di recente.” 

“Di che parlate?” 


La voce di Isabelle portò le tre paia di occhi su di sé mentre la ragazza sedeva sul bracciolo del divano, senza prendere posto accanto a Sebastian e Faye. Il ragazzo si strinse nelle spalle, puntando però gli occhi su di lei… e nonostante il tono noncurante il suo sguardo trasudava curiosità:

“Parlavamo di Jude e Alastair… liabbiamo visti insieme prima. Che tu sappia sono diventati amici? Ah, e poi Phoebe sostiene di aver visto un uomo nel bosco ieri notte.” 


Tutti e tre avevano puntato gli occhi su di lei e Isabelle dovette sforzarsi per restare impassibile… per non scivolare dal bracciolo e sgranare gli occhi per la sorpresa.
Sia per la prima che per l'ultima parte della frase…

“Ehm… no. Insomma, non che io sappia. Da quel che ne so io, ad Al Jude non piace molto.” 

“Beh, magari ha cambiato idea… per quel che ne sai, magari di recente è successo.” 

Faye si strinse nelle spalle, lanciando però un’occhiata significativa all'amica. Isabelle decise di ignorare la frecciatina, non ne aveva proprio il tempo anche se era consapevole che gli amici non stessero apprezzando molto il suo atteggiamento scostante nei confronti di Alastair. 
Si concentrò invece su Phoebe, puntando gli occhi sulla sua migliore amica prima di avvicinarlesi:

“Bibi… davvero hai visto un uomo nel bosco?” 

“Si. E per favore non ripetere anche tu che è stato solo per la stanchez-“

“No, ti credo. Me lo descriveresti?”

Phoebe si accigliò mentre si voltava verso l'amica, chiedendosi il perché della sua curiosità… era felice che le avesse creduto, certo, ma comunque le sembrava strano. E poi il timbro di Isabelle trasudava un leggero nervosismo, la conosceva troppo bene per farsi incantare.

“Io… è scomparso molto in fretta Belle, ed era buio. Ma aveva i capelli scuri, e mi è sembrato alto.” 

Isabelle annuì debolmente, alzandosi e avvicinandosi alla finestra come in trance, senza dire niente o guardare nessuno dei tre compagni. 
Faye e Bas si scambiarono un’occhiata incerta, chiedendosi silenziosamente che cosa stesse pensando la ragazza mentre Isabelle appoggiava una mano sul vetro, il palmo completamente aperto. 

Gli occhi verdi di Isabelle finirono sul bosco, scrutandolo attraversò la finestra leggermente appannata dal freddo.

Quindi era lì che si nascondeva 


“Non preoccuparti Phoebs… ti credo.” 


                                                                          *


“Ciao! Hai visto Steb per caso?” 

“Si, era qui fino a poco fa… ma poi ha smesso di fare finta di niente e si è deciso ad andare a cercare Frankie… dici che ce la farà ad invitarla?” 

Mathieu sorrise, immensamente divertito dalla situazione mentre Camila annuiva, sedendosi accanto a lui e sorridendo di rimando:

“Spero di sì… lei ovviamente ci spera, ma nega e fa finta di niente.” 

“Ovviamente.” 

Mathieu sorrise, scuotendo leggermente il capo prima ti tornare a concentrarsi sui compiti di Pozioni: per essere un Corvonero Adrianus Stebbins era parecchio ottuso.

Camila si chiese se quella sera stessa a cena Frankie l'avrebbe raggiunta saltellando, felicissima per annunciarle che Adrianus glie l'aveva chiesto… lei ci sperava, moriva dalla voglia di vederli insieme al Ballo. 

Anche se, riflettendoci, aveva qualcosa da fare anche lei: 


“Mat?”

“Mh?” 

“Vuoi venire al Ballo con me?” 


                                                                                    *


Ma dove si era cacciata? 
Sbuffò, stanco di perdere tempo, di rimandare: ma chi voleva prendere in giro? 
Voleva andarci con lei, ne era consapevole… mancava una settimana dopotutto, ma ci pensava già da giorni. 

A quanto sembrava però il fato non era dalla sua parte, visto che non riusciva a trovarla… e non voleva chiederglielo a cena, davanti a tutti… già, in effetti si stava chiedendo a cosa avrebbe fatto se gli avesse risposto di no.

In un batter d'occhio la testa di Adrianus Stebbins si riempì di dubbi, mentre continuava a percorrere il corridoio del Dormitorio femminile quasi di corsa:

E se mi dice di no? 
Magari non ci vuole venire con me! 
Magari ci va già con qualcuno…


Quando però la vide tutte le voci fastidiose si dissolsero nel nulla, ritrovandosi a sorridere con lieve nervosismo mentre la guardava uscire dalla sua camera, avviandosi quasi trotterellando verso di lui.

“Ehm… ciao Frankie.” 

“Steb? Sbaglio o ultimamente tu giri spesso da queste parti?” 

“Si, beh, ti cercavo.”   Frankie inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo andarle incontro con un paio di lunghe falcate, fermandosi davanti a lei guardandola dall'alto in basso, gli occhi chiarissimi che lasciavano trapelare un po' di nervosismo:

“Davvero? Che cosa c'è?” 

“Beh… negli ultimi giorni non ti ho vista perché stavi male e non ti volevo disturbare. Perciò te lo chiedo solo ora… ti va di venire con me al Ballo?” 


Francisca Lothbrock esitò, certa di aver capito male.
Aprì la bocca. Poi la richiuse. 
Sentì per un attimo Camila dirle “te l'avevo detto”, sentì una parte di lei esultare.
Mentre Adrianus continuava ad osservarla con sempre più scetticismo man mano che i secondi passavano, Francisca si chiese cosa dire, cosa rispondergli…

E pensare che fino a qualche tempo prima era sicura che un momento così non sarebbe mai arrivato…

“Ecco… i-io…” 

Ma perché balbettava sempre nei momento in cui NON avrebbe dovuto farlo? C'erano dei momenti in cui voleva scrivere a sua madre e rimproverarla per tutti i difetti che le aveva trasmesso. 

“Frankie? Se non ti va basta dirlo, non ti preoccupare.” 

“No, non è che non mi va… è solo che non ero sicura di venirci, tutto qui. Però ci verrei con te, certo.” 

Frankie abbozzò un sorriso e Adrianus ricambiò, sentendosi improvvisamente molto più leggero mentre alzava una mano per accarezzarle il viso:

“È per Alexa, vero? Sei davvero molto dolce Frankie, ma conoscendola sono sicuro che ti manderebbe al Ballo a calci nel sedere, se necessario. Non pensi?” 

Francisca si ritrovò suo malgrado ad annuire e dopo un attimo di esitazione sorrise, prendendo il ragazzo sottobraccio per condurlo fuori dal corridoio, verso la Sala da Pranzo per andare a cena insieme:

“Si, probabilmente è così. Non so perché tu sia così matto dall’averlo chiesto a me quando un sacco di ragazze mi picchierebbero per prendere il mio posto… ma contento tu!” 


Frankie sorrise e si strinse nelle spalle, continuando a camminare a passo spedito mentre Adrianus la seguiva, limitandosi a guardarla con cipiglio divertito senza dire nulla: come faceva a non rendersi conto che lui era più che felice di averla tutta per sé per qualche ora? 


                                                                         *


Alastair Shafiq rabbrividì, stringendosi nella giacca foderata che aveva avuto il buonsenso di indossare, tenendo la bacchetta nella tasca e un’altra giacca nell’altra. 

Quando aveva visto il biglietto con la sua inconfondibile calligrafia non aveva esitato neanche per un attimo, aveva aperto la finestra ed era salito sul tetto… ed ora eccola lì, al solito posto, distesa sul cemento con lo sguardo rivolto al cielo buio e puntellato di stelle. In città non si potevano vedere ma lí, in campagna, era tutta un’altra storia… di notte il cielo sopra la Cimmeria era una manto luccicante, e ad Alastair Shafiq le stelle erano sempre piaciute molto, tanto da restare ad osservarle molte volte nel corso degli anni passati lì.

Il ragazzo si avvicinò all’amica, sedendosi accanto a lei e sbuffando nel notare che, come da manuale, Isabelle non si era curata di mettersi una giacca. Le porse quella che aveva portato in più e lei gli sorrise, abbassando il cannocchiale per prenderla:

“Grazie.” 

“Una volta o l'altra mi spiegherai perché ti ostini a non coprirti.” 

“Adoro le tue giacche, e so che mi porti sempre questa… ma è un segreto.” 

“Capisco…”


Alastair sospirò, stendendosi accanto a lei e senza dire niente per qualche istante. La curiosità però era tanta e alla fine il ragazzo cedette, ponendole la fatidica domanda:

“Che cosa c'è Belle? Perché mi hai chiesto di venire qui?” 

Isabelle, che era tornata ad osservare le stelle con il piccolo cannocchiale che aveva rubato un paio d'anni prima dallo studio di suo padre, esitò prima di parlare, abbassandolo lentamente.
Alastair continuò ad osservarla con occhio critico: il fatto che fosse restia a parlare gli faceva capire che Isabelle doveva dirgli qualcosa… e qualunque cosa fosse doveva averci riflettuto su parecchio. 

“Ecco… tra una settimana c'è il Ballo, e dopo si tornerà o meno a casa per le vacanze.” 

Alastair rimase in silenzio ed immobile, osservandola in attesa crescente… ma il suo battito era improvvisamente accelerato: ecco, lo sapeva. Sapeva cosa stava per dirgli.
Ma continuava a sperare di sbagliarsi.

“Ecco… perché non torniamo a casa quest'anno? Insomma, dopo tutto quello che è successo forse sarebbe meglio staccare un po’ la spina, non credi?” 

Isabelle si voltò verso di lui, guardandolo negli occhi per la prima volta da quando lui l'aveva raggiunta sul tetto, sul piazzale esattamente sopra la Sala delle feste… 

“Perché me lo chiedi? Noi in genere restiamo qui.” 

“Lo so… lo so. Ma non ti piacerebbe stare un po’ insieme come prima, senza un mucchio di pensieri e preoccupazioni?” 

Certo che gli sarebbe piaciuto… ma questo confermava l'ipotesi di Jude. A quanto sembrava qualcuno stava davvero minacciando la sua Isabelle, ecco perché  voleva sparire momentaneamente dalla circolazione. 

“So che c’è qualcosa che ti preoccupa, Isabelle… perché non me ne parli?” 

“Solo perché ti voglio bene, devi tenerlo a mente. Dimmi invece, che cosa complotti insieme a Jude, parlando di cose da raccontare?” 

“Non girare il coltello, Isabelle… qualunque cosa io faccia, è dettata dalle TUE azioni.” 

Alastair contorse la mascella, sputando quelle parole quasi con rabbia prima di alzarsi e allontanarsi, lasciandola di nuovo sola… e senza averle dato una risposta, anche se sapevano entrambi che non avrebbe mai acconsentito, che voleva andare fino in fondo in quella storia, senza permetterle di scappare. 

Isabelle sospirò, stringendo il cannocchiale tra le mani prima di sollevarlo, puntandolo sul cielo per cercare l'unica costellazione che conoscesse: era sempre stata pessima in Astronomia, ma Al l’adorava e spesso aveva cercato di insegnarle qualcosa..
Ma Isabelle riusciva a distinguere praticamente solo la Cintura di Orione, la più semplice.

“Lo so,  non smetterà mai di dispiacermi per questo .” 


                                                                                *


Si avvicinò alla scrivania, sorridendo debolmente alla fotografia prima di allungare una mano, sfiorando l'immagine con le dita.
Quanto avrebbe voluto che fosse lì… 

“Sapessi quello che è successo stasera… mi sembra quasi di sentirti ridere ed esultare. Vorrei poterlo condividere con te.” 

Un sorriso amaro increspò il volto di Francisca mentre osservava l'immagine di Alexa ridere insieme a lei, abbracciate e felici. Avrebbero mai immaginato, all'epoca, che quell’anno le cose sarebbero andate in quel modo? 

No… nessuno avrebbe potuto immaginarlo. 

Frankie sorrise, costringendomi ad essere felice… e lo era, in effetti. 
Sentiva solo che qualcosa mancava.












………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:

Buonasera! 
Ebbene sì, questa volta ho messo il turbo… ma ultimamente ho davvero molte idee per questa storia, tanto vale approfittarne! 
Nel prossimo capitolo ci sarà, ovviamente, il Ballo… non vedete l'ora suppongo, spero che vi piacerà XD 
Anche qui sono stata piuttosto buona e non ho traumatizzato nessuno, né voi né gli OC… ma durerà? 

Mah… vedrete nel weekend con il seguito, immagino! 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Il Ballo d'Inverno ***


Piccola premessa: innanzi tutto, un mucchio di auguri alla cara vas_happening_girl… Buon compleanno Francesca! In ritardo, mi spiace ma non sono proprio riuscita a finire il capitolo ieri…
In secondo luogo… il capitolo è piuttosto lungo in effetti, ma non volevo dividerlo in due e farvi aspettare ancora per leggere del Ballo, spero che per voi non sia un problema. 
E infine… beh, non odiatemi.
 
Buona lettura! 
 
 
 
 
Capitolo 16: Il Ballo d’Inverno 
 
 
Lunedì 21 Dicembre
 
 
Si svegliò girata su un fianco, rivolta verso la parete dove era stato addossato il letto. 
Ci mise qualche secondo a realizzare che giorno fosse e sospirò leggermente, consapevole che una grandissima parte del resto della scuola stava facendo pressoché i salti di gioia… o almeno le ragazze. 
 
Lei invece non era poi così felice, anche se il Ballo non le era mai dispiaciuto. 
Le vacanze erano appena iniziate e il giorno successivo molto avrebbero lasciato la Cimmeria… davvero tanti in effetti, probabilmente a causa dei tre “incidenti” che avevano sconvolti tutti. 
 
Lei no. Non era risuscita a convincere Alastair… e da sola non se ne sarebbe andata, non sarebbe scappata come una codarda.
Si rigirò sul fianco e si voltò verso l’interno della camera… e per un attimo le mancò il fiato quando lo vide seduto sulla sedia, davanti alla scrivania. Stava osservando i suoi disegni in silenzio, come se niente fosse.
 
Isabelle rimase in silenzio e perfettamente immobile, gli occhi puntati dritti sul suo “ospite” mentre questi apriva bocca:
 
“Buongiorno Isabelle… dormito bene?” 
 
“Che cosa vuoi?” Isabelle si alzò lentamente a sedere sul letto, serrando nervosamente la mascella: era sicura che non sarebbe riuscita a godersi neanche quel giorno, del resto.
 
“Solo chiederti se hai scoperto qualcosa.” 
 
“No, niente di niente. Vuoto totale… Sei sicuro di non essere sulla strada sbagliata? Insomma, forse è tutta un’invenzione.” 
 
“No. Sono sicuro, Isabelle… c'è, e lo troverai. Ma non ti voglio disturbare o rovinarti la giornata, stasera dopotutto c'è il Ballo, no? Divertiti, mi raccomando.” 
 
Sorrise, lasciando i disegni sulla scrivania prima di alzarsi dalla sedia. Isabelle non disse niente, osservandolo mentre le ultime parole le risuonavano fastidiosamente nella testa… non le erano piaciute neanche un po’.
 
 
                                                                            *
 
 
Imprecò leggermente, smettendo improvvisamente di suonare e sollevando l’archetto rispetto al violino. Pizzicó leggermente una corda con le dita per controllare che fosse tesa al punto giusto prima di riprendere a suonare, spostando gli occhi dallo strumento che teneva stretto con una mano, sorretto grazie alla spalla. 
Jude Verräter posó gli occhi sulla finestra, osservando la moltitudine di studenti che era uscita in giardino… nonostante il freddo, sembrava che tutti volessero godersi la neve. 
 
 
Tutti così sorridenti, felici… rilassati. Infondo le vacanze cominciavano quel giorno, mancava pochissimo a Natale e molti avrebbero riabbracciato le loro famiglie il giorno successivo. 
Che cosa poteva andare storto? Che cosa poteva rovinare quella bellissima giornata? 
 
Non ne aveva idea, sfortunatamente. Ma qualcosa gli diceva che quella sera sarebbe stata diversa rispetto all’anno prima. 
 
La musica che usciva dal violino grazie allo sfregamento del crine di cavallo sulle corde era piuttosto bassa e un po’ lugubre, forse molto poco adatta al periodo natalizio che era alle porte… ma non aveva proprio voglia di suonare Jingle Bells, anche se il giorno prima Adrianus era piombato in camera sua sostenendo che non ne poteva più di quella musica tetra e gli aveva consigliato di suonare qualcosa di più allegro. 
 
L'aveva ascoltato? Ovviamente no. Si sarebbe sentito a disagio, quasi fuori posto a suonare qualcosa del genere… gli piaceva il violino, lo suonava spesso fin da bambino. 
Non sapeva se l'aveva amato da subito per il suono, per l'eleganza e la bellezza dello strumento in sé… oppure perché era il preferito di sua madre? 
 
Non lo sapeva, ma quando suonava si rilassava parecchio. E pensava altrettanto. 
 
Sbuffò leggermente nel vedere un mucchio di ragazzini più piccoli di lui che giocavano a palle di neve, probabilmente godendosi quell’ultima giornata insieme prima di tornare dalla famiglia. 
Lui sarebbe rimasto, naturalmente… anche ad Hogwarts non tornava mai a casa per le feste. Suo padre glielo sconsigliava vivamente da sempre, e probabilmente non l'avrebbe fatto comunque. 
 
Forse nemmeno lì era poi così al sicuro, ma almeno le possibilità di incontrarla erano scarsissime.
Sorrise, trovando quasi divertente pensare che molti genitori prendessero parte al Ballo… chissà come avrebbe reagito lui a trovarsi la sua famiglia davanti. 
 
Probabilmente non proprio benissimo.
E a proposito di tornare a casa, Alastair gli aveva detto qualche giorno prima che Isabelle lo aveva quasi implorato di tornare a casa insieme a lei… quindi non si era sbagliato. 
Per qualche motivo la ragazza stava cercando di tenerlo lontano dalla scuola per un po’… cercava di tenerlo al sicuro da qualcosa. 
 
Ma da chi?
 
 
                                                                               *
 
 
Mathieu si lasciò cadere sulla sedia dopo aver quasi svolazzato a mezzo metro da terra per tutta la Sala Comune: non riusciva ancora a credere che le vacanze fossero cominciate… finalmente un po', di respiro.
Il ragazzo posò gli occhi scuri sul compagno davanti al quale si era seduto, inarcando un sopracciglio prima di salutarlo… senza ottenere risposta.
 
Adrianus stava scrivendo una lettera, e al contempo aveva un sorriso da ebete stampato in faccia.
 
“A chi scrivi per essere così felice?” 
 
“Mio fratello. E non sono felice perché scrivo a lui!” 
“Ah, giusto, sei felice per via di stasera… Steb, sembri una ragazza emozionata.” 
 
“Non è vero, piantala!”  
 
Adrianus alzò gli occhi per posarli sul compagno e guardarlo male, ma il suo sorriso tornò comunque molto in fretta, oggettivamente allegro come non succedeva da qualche giorno. 
 
Mathieu roteò gli occhi ma non disse niente, appuntandosi mentalmente di scrivere una lettera a sua volta, più tardi: sua sorella Sophie gli mancava molto, e anche se ancora non leggeva molto bene era sicuro che sarebbe stata ben felice di ricevere gli auguri dal fratello maggiore, anche se indirettamente.
 
“Certo, certo.” 
 
“Ciao! Come mai Steb sorride come un beota?” 
 
“Io non sorrido come un beota!” 
 
“È emozionato per il Ballo…” Camila raggiunse i due trotterellando, sorridendo prima di sedersi accanto a Mathieu, che con il suo sussurro non proprio inudibile si guadagnò un’occhiata tetra da parte di Adrianus, che gli intimò silenziosamente di tacere mentre Camila ridacchiava. 
 
“Tranquillo Adrianus, non sei l'unico. Sai, Frankie stamattina saltellava come un grillo. Anzi, credo a breve andrò da lei per preparaci.”
 
“Adesso? Ma non sono neanche le 16!”  I due ragazzi sgranarono gli occhi quasi con orrore, parlando con lo stesso tono incredulo mentre Camila si stringeva nelle spalle con noncuranza:
 
“Beh, ci vuole tempo… mia madre fa la stilista, ne so qualcosa… per preparare le modelle ci mette sempre un’infinità.” 
 
“Si, beh, contente voi… io vado alla Guferia per mandare questa, ci vediamo dopo!” 
 
Adrianus si alzò, ripiegando la lettera prima di salutare i due con un cenno e allontanarsi, lasciando Camila ad osservare il centro del tavolo con aria pensierosa.
 
“Ti prego, non dirmi che stai pensando a come ti farai i capelli stasera… non sento altro da una settimana, praticamente.” 
 
“Beh… anche. Sai, penso che cambierò colore stasera, per essere abbinata al vestito.” 
 
Camila sorrise, strizzando l'occhio al ragazzo senza riuscire a non essere allegra: era cresciuta ammirando i vestiti bellissimi che disegnava sua madre… e finalmente avrebbe potuto indossarne uno anche lei, come aveva visto fare per anni. Sua madre le aveva mandato il vestito qualche giorno prima, e Camila da quando lo aveva preso in mano moriva dalla voglia di indossarlo.
 
Mathieu roteò gli occhi con lieve esasperazione, chiedendosi che razza di pollaio sarebbe diventato il Dormitorio femminile di lì a poche ore… non voleva neanche pensarci. 
 
“Però, se devo essere sincera, pensavo anche a qualcos’altro… sai, tra poco è il mio compleanno.” 
 
“Anche il mio… compio gli anni a Natale, ma l’ho sempre odiato. Tutti mi dicono sempre “Buon Natale” prima di “Buon Compleanno”.”
 
Mathieu piegò le labbra in una smorfia di irritazione mentre invece quelle di Camila si inclinarono in un sorriso, iniziando a ridacchiare e guadagnandosi così un’occhiata torva da parte del francese:
 
“Che hai da ridere, si può sapere? Non è divertente!” 
 
“Si invece! Vedi Mat... ti svelo un segreto: il mio compleanno è la Vigilia di Natale. E sai una cosa? Per molto tempo, da bambina, guardavo le decorazioni luccicanti e colorate con orgoglio, perché ero seriamente convinta che tutti volessero festeggiare… beh, me.” 
 
Camila sorrise, stringendosi nelle spalle di fronte a quell’ammissione mentre il broncio svaniva dal volto di Mathieu, che per un attimo si limitò ad osservarla prima di iniziare a sorridere a sua volta e iniziare a ridere fragorosamente, immaginandosi una piccola Camila che osservava le decorazioni di Natale pensando che fossero per lei.
 
“Non ci credo! È la cosa più stupida e tenera allo stesso tempo che mi abbiano mai detto… dovevi essere un mito da piccola! Saresti andata d'accordo con mia sorella, probabilmente.” 
 
Mathieu continuò a ridere per qualche minuto, mentre Camila sbuffava e incrociava le braccia al petto, guardandolo con aria leggermente offesa:
 
“Ok, ammetto che è divertente… ma non serve ridere per mezz'ora adesso!” 
 
Inutile dire che il francese non diede segno di averla ascoltata e continuò a ridacchiare, guadagnandosi, alla fine, una lieve sberla sul braccio anche se Camila sorrideva leggermente a sua volta.
 
 
                                                                        *
 
 
Isabelle sbuffò leggermente, camminando quasi di corsa attraverso l'ingresso: era sicura che Faye e Phoebe fossero già in camera della prima ad aspettarla… e di sicuro non avevano preso molto bene il suo lieve ritardo. 
 
Ma la ragazza era comunque uscita a fare una passeggiata, avendo proprio bisogno di schiarirsi le idee e ossigenare il cervello prima del Ballo… e poi la festa sarebbe iniziata come sempre alle 20, ed erano appena le 16… insomma, nemmeno loro erano così prolisse da metterci quatte ore. O almeno, lo sperava. 
 
Quel giorno sembrava che le stelle si fossero però allineate perché tutto la facesse arrivare tardi all’appuntamento con le due amiche per prepararsi… Isabelle stava salendo le scale quasi di corsa per evitare di sentirsi dare della ritardataria quando ovviamente incontrò qualcuno. 
Qualcuno che non era affatto solito incrociarla senza dire qualcosa… e ogni volta Isabelle proprio non riusciva ad ignorarlo.
 
“Come mai tanta fretta?”
“Visto che giorno è oggi c'è bisogno che ti dica che devo andarmi a preparare?” 
 
“Ci mettete quattro ore?” 
 
“Tre ragazze chiuse in una stanza con vestiti, scarpe, trucchi e alle prese con i capelli… ti basta come risposta?” 
 
Isabelle non accennò a fermarsi, continuando a camminare ma senza che Jude smettesse di sogghignare leggermente, camminando accanto a lei con le mani in tasche e l'aria più rilassata del mondo dipinta in volto:
 
“Ok, lasciamo perdere. Piuttosto, ho sentito che volevi filartela per le vacanze… ma Shafiq si è opposto. Perché volevi andare via insieme a lui?” 
 
“Non sono affari tuoi…”  Isabelle sbuffò mentre invece Jude sorrideva, iniziando già a divertirsi: in realtà era piuttosto sicuro di saperlo, ma si divertiva davvero molto a provocarla.
 
“Non sarà per paura, vero Belle? Insomma, non mi sembri proprio una codarda…”
 
“Non lo sono infatti! Volevo solo… stare in pace per un po’, ma pazienza. Ora scusa Verräter, ma devo proprio andare… e spero che non mi seguirai anche nel mio Dormitorio.” 
 
Isabelle roteò gli occhi, addentrandosi nel corridoio mentre invece Jude si fermava dietro di lei, restando sul pianerottolo ma seguendola con lo sguardo, il suo mezzo sorriso divertito ancora stampato in faccia:
 
“Perché, c'è qualcosa che disturba la tua “pace” qui, Isabelle?” 
 
"Si Verräter… TU!” 
 
 
                                                                            *
 
 
“Ti piacciono?” 
 
Francisca Lothbrock, che si stava sistemando delle forcine tra i capelli per tenerli fermi sulla nuca, si voltò al sentire la voce di Camila, che era appena spuntata sulla soglia della sua camera, di ritorno dal bagno.
 
Gli occhi verdi di Frankie volarono subito sulla testa dell’amica… ormai era abituata ai suoi capelli colorati, ma quella sera li aveva cambiati. 
 
“Si, ti stanno bene… e poi si abbinano al vestito!”  Frankie sorrise, osservando i capelli metà turchesi e metà di un verde petrolio scuro dell’amica, lunghi fin sopra le spalle e resi magicamente mossi. 
 
“Lo so!” Camila sorrise, schioccando la lingua con aria divertita mentre si chiudeva la porta alle spalle, lanciando un’occhiata allo specchio per osservare il proprio riflesso prima di quasi saltellare verso il letto, dove aveva steso con cura il suo vestito accanto a quello dell'amica.
 
“Hai bisogno di aiuto con i capelli?” 
 
“No, dovrei essere a posto… immagino che dovrei mettere il vestito adesso, dopo che mi hai tenuta seduta su questa sedia per quasi un'ora solo per truccarmi.” 
 
“Non lamentarti, sei così bella… non osare toglierti nulla!”  Il tono dell’americana era quasi effettivamente minaccioso e Frankie decise che era saggio seguire il suo consiglio, così la ragazza si alzò dalla sedia e alzò anche le mani in segno di resa, avvicinandosi al letto per prendere il vestito. La sua scrivania era stata adibita a tavolo da trucco e ormai era interamente ricoperta di cosmetici… in effetti sembrava che in camera sua fosse esplosa una bomba, ma avrebbe riordinato il giorno dopo probabilmente. 
 
“Come vuoi, capo… dai, dammi una mano.” Frankie roteò gli occhi, sollevando il vestito dal letto per infilarselo dai piedi. Camila sorrise con aria allegra, provvedendo a tirarle su la cerniera sulla schiena e facendo attenzione a non sgualcire la sottoveste color carne che Francisca indossava.
 
“Il tuo vestoto è davvero bellissimo… Quando scendi dovrò assolutamente esserci, DEVO vedere la faccia di Adrianus quando ti vedrà.” 
 
“Io invece penso che morirò di freddo, ma dettagli…”. Frankie si accigliò mentre legava il nastro nero posto sulla vita del vestito in un fiocco, certa che quella sera avrebbe ripreso l'influenza… ma Camila fece un gesto con la mano come a voler dire che non aveva importanza e infilò il suo vestito color Tiffany in un batter d’occhio. 
 
“Anche il tuo è bellissimo Cami… tua madre è davvero brava, non c'è che dire. Ma non avrai freddo con un vestito senza spalline?” 
 
“Mia madre dice sempre: chi bella deve apparire un po’ deve soffrire! Ed ecco perché ti metterai un paio di scarpe dal tacco orribilmente alto… tieni, piccola Frankie.” 
 
Francisca sgranò gli occhi con orrore di fronte alle décolleté nere, o meglio i trampoli, che l'amica le porgeva, certa che si sarebbe anche rotta una gamba oltre a finire a letto con la febbre:
 
“Scherzi? Ma io sono già un po’ imbranata di mio, ammazzerò qualcuno con quelle addosso!” 
 
“Razza di scema, è questo lo scopo! Di che ti preoccupi, se cadi ti prenderà Steb, no?” 
 
 
                                                                                 *
 
“Ferma!” 
 
“Ma devo fare pipì!” 
 
Dopo! Belle, passami il pennello?” 
 
“Quale, ce ne sono 8 qui… grande o piccolo?” 
 
“Uno di quelli grandi, l’ombretto l’ho già messo.” 
 
Il tono sbrigativo di Faye fece capire ad Isabelle che doveva muoversi, così mentre Phoebe sbuffava borbottando che doveva andare in bagno la ragazza prese uno dei pennelli e lo passò all’amica, che però sbuffò con aria esasperata, parlando come se fosse circondasta da un gruppo di analfabeti:
 
“Quello da cipria Belle. Questo è per il blush!” 
 
Ah si? Dovresti metterci i cartellini Faye… ecco, tieni.”  Isabelle sorrise a mo’ di scuse, passandole il pennello giusto affinché la ragazza potesse “completare la sua opera” e finire di truccare Phoebe, mentre accanto a loro Isabelle si metteva a posto i capelli con un semplice tocco di bacchetta, tenendoli fermi sulla nuca in un elaborato intreccio con tanto di tiara d'argento fatta di tanti fili intrecciati. 
 
 
“Non capisco perché sei così esagitata Faye… non è certo il nostro primo Ballo! E poi siamo cresciute tutte e tre in mezzo a feste di questo tipo, io ormai non ci trovo proprio niente di esaltante.” 
 
“La solita noiosa Phoebs… sorridi, è il nostro ultimo Ballo, ci dobbiamo divertire.”  Faye sorrise all'amica, mentre alle loro spalle un’Isabelle acciglata si guardava intorno, chiedendosi DOVE fossero finiti i suoi orecchini pendenti: in effetti non c'era più una singola superficie libera per tutta la camera di Faye…
 
Alla fine la ragazza decise di Appellarli mentre Faye finiva finalmente di truccare Phoebe, che sorrise con sollievo:
 
“Grazie al cielo, mi si sono addormentate anche le gambe… e ora, Vostra Maestà, mi permettete di andare in bagno?” 
 
“Si, ora che ho finito di truccarti si… ma torna in fretta, ci dobbiamo vestire!” 
 
Phoebe sospirò, annuendo senza osare replicare mentre usciva dalla stanza, certa che non sarebbe sopravvissuta a quella serata che si prospettava davvero molto, molto lunga.” 
 
 
“Isabelle, ti assegno il compito di fare in modo che si diverta, stasera… E ora vieni qui, devo metterti il rossetto.” 
 
“Ma veramente starei anche senz- ok, ho capito.” 
 
 
                                                                             *
 
 
Adrianus Stebbins, apparentemente incapace di restare fermo, continuava a torturare uno dei bottoni neri della sua giacca grigia, aprendolo e richiudendolo mentre si guardava intorno con leggera impazienza. 
 
Intorno a lui c'erano moltissimi compagni di scuola, che sorridevano e che chiacchieravano in attesa di poter entrare nel salone delle feste… ragazze che facevano avanti e indietro per salutare amici o genitori che erano appena arrivati, che facevano commenti su tutto e per tutto... e ragazzi che sembrava volessero già darsela a gambe. 
 
“Ehilà… Frankie deve ancora arrivare?” 
 
“Già.”  Adrianus si voltò, rivolgendo un debole sorriso a Mathieu: tutta la felicità di qualche ora prima era improvvisamente sparita… no, in quel momento in effetti stava per scappare dall’ansia, probabilmente.
Il francese si sistemò distrattamente il papillon prima di sorridergli con aria divertita, come se avesse colto tutto il suo nervosismo:
 
“Vedrai, arriverà… devo ancora vedere anche Camila in effetti, spero che arrivino in fretta.
 Anche perché sono quasi le otto, ho fame!”

Mathieu sbuffò leggermente, lisciandosi la giacca blu mentre Adrianus roteava gli occhi. Fece anche per chiedergli come potesse pensare alla cena in quel momento ma venne interrotto da una figura vestita in un acceso color Tiffany che quasi corse verso di loro, un sorriso enorme stampato sul volto mentre li raggiungeva e prendeva Mathieu sottobraccio:
 
“Mat! Ma che bravo, ti sei praticamente vestito abbinato a me! Ti promuovo, eccellente lavoro. Ma mai quanto Steb ovviamente.” 
 
Sia Mathieu che Adrianus dovettero osservare la ragazza per un istante prima di rendersi conto che... beh, che era lei. Con i capelli così diversi, non era così immediato… ma poi Mathieu sorrise, strizzandole l’occhio:
 
“Grazie Cami… lo so, sono splendido.” 
 
“Beh, ora non esagerare!” 
 
Camila sorrise prima di rivolgersi all’ex Corvonero, che invece inarcò un sopracciglio: fece per chiederle cosa volesse dire ma s’interruppe quando sentì qualcuno alle sue spalle schiarirsi la voce debolmente.
 
Mentre Adrianus si girava Camila diede una gomitata a Mathieu, sussurrando qualcosa che suonò molto come “filiamocela” prima di darsela effettivamente a gambe, allontanandosi con una velocità sorprendete per i tacchi che portava e scaturendo così qualche perplessità da parte del suo accompagnatore, tenuto ancora sottobraccio dalla ragazza: 
 
“Ma come diamine… ma in America fate dei corsi per queste cose?” 
 
“No, ma io sono cresciuta in mezzo a donne che portano i tacchi tutto il giorno… ce l'ho nel DNA.” 
 
Camila si strinse nelle spalle, fermandosi a poca distanza dalle scale prima di voltarsi verso Adrianus e Frankie con un sorrisetto divertito stampato in faccia: era sicura che quella sera si sarebbe davvero divertita. 
 
 
 
Voltandosi, la prima cosa a cui Adrianus pensò furono le parole di Camila, capendole: in effetti anche lui e Frankie si erano accidentalmente vestiti praticamente abbinati, visto che il vestito della ragazza riprendeva sulla gonna il grigio.
 
Francisca sorrise debolmente, alta praticamente quanto lui grazie ai tacchi e guardandolo con lieve nervosismo:
 
“Ciao… scusa se ci ho messo tanto, ma Camila non mi mollava più.” 
 
Adrianus però non le rispose subito, limitandosi a guardarla senza dire niente per qualche istante mentre un secondo pensiero si faceva strada nella sua testa… ovvero che era indubbiamente bellissima.
 
“Beh, visto il risultato ha fatto ben- cioè, volevo dire… sei molto bella Frankie.” 
 
Adrianus piegò le labbra in un sorriso, risvegliandosi dal momentaneo stato di trance in cui era caduto e allungando una mano per prendere quella della ragazza, sollevandola leggermente per sfiorarne il dorso con le labbra. 
 
Non arrossire, ti prego non arrossire 
 
“Grazie. Anche tu.” 
 
E ti pareva… morditi la lingua ogni tanto, cavolo! 
 
Frankie si trattenne dal scappare e sbattere la testa ripetutamente contro il muro mentre invece Adrianus sfoggiò un sorriso divertito, strizzandole l'occhio prima di offrirle teatralmente il braccio:
 
“Mi permette?” 
 
“Ma certo… anzi, ne approfitto per chiederti se sei disposto a prendermi al volo se dovessi inciampare… sai, con queste scarpe non si sa mai quando si tratta di me.” 
 
“Tranquilla, ti tengo io.” Adrianus rise appena prima di condurla verso l’alta porta a doppio battente che stava per essere aperta… e Frankie rivolse un’ultima occhiata al ragazzo, con i capelli castano chiaro pettinati all’indietro e gli occhi che sembravano ancora più grigi del solito forse grazie al vestito, prima di permettersi finalmente di sorridere. 
 
Infondo, che cosa poteva andare storto quella sera, oltre ad una sua rovinosa caduta nel bel mezzo della Sala? 
 
 
                                                                                 *
 
 
“Però, ce ne hai messo di tempo… ti sei fatto bello per le tue ammiratrici?” 
 
Sebastian non batté ciglio alle parole di Alastair, continuando a scendere le scale insieme a lui e ignorando il tono ironico dell'amico, limitandosi a stringersi nelle spalle mentre si sistemava distrattamente i capelli con una mano:
 
“Naturale. Tu invece? Cerchi qualcuno in particolare visto che continuò a guardarti intorno? E ti prego Al, non dirmi che cerchi tuo padre per salutarlo.” 
 
Locchiata piuttosto eloquente che gli rivolse Sebastian fece sorridere leggermente Alastair, che annuì mentre raggiungeva l'ingresso ormai piuttosto affollato:
 
“Immagino che dovrò salutarlo per forza durante la serata ma no, ora non ne ho nessuna voglia… in effetti vorrei parlare con Isabelle prima che inizino la cena e la confusione. Negli ultimi giorni non ci siamo praticamente mai parlati e mi è dispiaciuto tenere le distanze in quel modo.” 
 
Il tono cupo del ragazzo non lasciarono spazio a nessun dubbio per Sebastian, che lo conosceva ormai decisamente bene… in effetti durante l'ultima settimana non aveva mai visto Alastair e Isabelle seduti vicini a lezione o durante i pasti, cosa piuttosto insolita. E sapeva quanto all'amico pesasse stare lontano dall’amica d’infanzia, ma Alastair aveva preferito non diverso affrontare di nuovo l'argomento “vacanze”.
 
Sapeva che gli voleva bene, sapeva che stava cercando di proteggerlo… ma Alastair Shafiq non era mai stato un ragazzo molto paziente, e si stava davvero stancando di quella storia che andava avanti ormai da troppo. 
 
Isabelle però si rifiutava ancora di parlare chiaramente su quanto stesse succedendo, e all'amico non restava che cercare di scoprirlo da solo, non certo tornando a casa per due settimane.
 
“Rilassati Al, Belle sarà qui a momenti… ma come siamo belli.” 
 
Faye Cassel sorrise, avvicinandosi al cugino e all'amico prima di alzare entrambe le mani e spettinare i capelli dei due, provocando qualche protesta che fece solo aumentare il suo sorriso divertito:
 
“Oh, finitela… non fate le ragazzine. Bas, tanto perché tu lo sappia il primo Ballo lo dedichi a me come sempre, non accetto scusanti.” 
 
“Tranquilla Faye, non essere gelosa… lo sai, ballo sempre con la mia adorata cuginetta. Piuttosto, hai visto mio padre per caso?” 
 
Sebastian mise un braccio sulle spalle della cugina, attirandola a se mentre la ragazza scuoteva il capo, cogliendo l’espressione leggermente torva nello sguardo del cugino: non lo diceva a voce alta, certo, ma Faye sapeva che non sopportava di doverlo salutare al Ballo, anche se purtroppo non aveva scelta visto che veniva invitato ogni anno: da generazioni e generazioni la famiglia di Sebastian studiava lì, inclusi il fratello maggiore Alexander e suo padre Julian... peccato che il ragazzo morisse dalla voglia di terminare gli studi per poter chiudere i ponti con loro e con le loro idee da Purosangue bigotti.
 
 
“Non fare quella faccia… siamo in vacanza, è il Ballo. Divertiti.” Faye sorrise al cugino, dandogli un bacio sulla guancia e parlando a voce bassissima, in modo che nessuno potesse sentirli. 
Sebastian si costrinse ad annuire, ricambiando leggermente il sorriso mentre la ragazza appoggiava la testa sulla sua spalla, solleticandogli il collo con i capelli scuri sciolti e tenendolo ancora sottobraccio.
Alastair invece si era voltato, finendo col sorridere quando aveva finalmente scorto Isabelle… e lei stava puntando proprio verso di lui, sorridendo a sua volta e camminando verso il ragazzo con la gonna perlata del vestito che le fluttuava intorno alle gambe.
 
“Alla buon ora… sei bellissima.” 
 
Alastair sorrise, allungando un braccio per prendere la ragazza per mano quando si fu avvicinata. Isabelle si strinse debolmente nelle spalle ma ricambiò il sorriso, strizzandogli l'occhio mentre alle loro spalle le porte venivano finalmente aperte, segnando così l'inizio della festa.
 
“Grazie, anche tu. Il merito è di Faye, comunque… del ritardo, intendo. Ci ha messo un'ora a trovare le scarpe perché erano finite sepolte sotto al suo letto durante i preparativi…” 
 
Isabelle roteò gli occhi, usando il tono più esasperato che le riuscì mentre Alastair e Sebastian ridacchiavano e Faye invece le faceva la linguaccia, suggerendole di piantarla mentre anche Phoebe compariva accanto ad Isabelle. 
 
“Ma dove eri sparita?” 
 
“Ah, eccoti! Cercavo Al… anche se temo di non poter stare con te stasera, altrimenti Bibi si ingelosirà!” 
 
Isabelle si scostò da Alastair per prendere Phoebe sottobraccio, parlando con il tono più serio che le riuscì mentre Phoebe annuiva con aria solenne e Alastair sorrideva, guardando le due con aria divertita:
 
“Certo, lo capisco… ma il primo ballo è per me Belle, come sempre.” 
 
“Possiamo finire di parlare di balli? Io ho fame, andiamo a prendere un tavolo!” 
 
Faye sbuffò, dando una leggera spintarella sulla spalla del cugino per consigliargli di muoversi. Il ragazzo sbuffò ma non obbiettò, avvicinandosi alla porta con Phoebe al seguito… Alastair fece per seguirli ma la mano di Isabelle sul suo polso lo costrinse a fermarsi, a voltarsi verso di lei con aria interrogativa:
 
“Al… lo so, ultimamente tra di noi le cose sono un po’ strane, ma stasera possiamo essere quelli di sempre? Per favore.” 
“Razza di stupida… quasi aspettavo che me lo chiedessi. Si, con piacere… mi manca la vecchia Belle, era sempre acida e sarcastica, ma sorrideva molto di più.” 
 
Isabelle sorrise alle parole del ragazzo, prendendolo sottobraccio e lasciandosi guidare da lui verso le porte della sala ormai spalancate, sollevata di poter passare del tempo con lui senza pressioni e preoccupazioni, per una volta. 
 
“Beh… grazie? E dopo dobbiamo farci fare una foto insieme, dopo cena… mi raccomando.” 
 
“Perché ci tieni tanto?” 
“Le foto rimangono per sempre, Al… i sentimenti no, e nemmeno le persone. Voglio che ci sia qualcosa in grado di ricordare.” 
 
Alastair inarcò un sopracciglio, guardandola con lieve scetticismo: non capiva cosa intendesse, e in effetti non lo sapeva di preciso neanche lei mentre entrava nel salone delle feste insieme a lui… non era sicura su a chi si stesse riferendo, se a lei stessa o all'amico.
 
Ma comunque sarebbero andate le cose, voleva che potessero ricordarsi sempre l'uno dell'altro. 
 
 
                                                                                   *
 
 
“Ma guardali… ragazzi, chiudete la bocca.” 
 
Adrianus sorrise, guardando Camila e Mathieu con un sopracciglio inarcato e un’espressione parecchio divertita: i due in effetti lo ascoltarono e richiusero la bocca in perfetta sincronia, continuando però a guardarsi intorno con aria meravigliata.
 
“Ora capisco davvero cosa diceva mia madre, quando parlava di questa scuola… Solo quel lampadario varrà più di casa mia!” 
 
Camila fece vagare lo sguardo sul soffitto della sala, dal quale pendevano non uno, ma quattro lampadari di cristallo, proprio sopra il centro dell’enorme sala rettangolare.
I tavoli, di forma rotonda come quelli dove mangiavano ogni giorno, erano disposti ai margini della sala per lasciare libero il centro… per ballare, naturalmente.
 
“Si, credo che la mia reazione sia stata piuttosto simile quando sono stato qui per la prima volta… Frankie no, lei ci è abituata.” 
 
“Smettila Stebbins, mi rinfacci sempre che sono qui per ereditarietà!” 
 
“Davvero? Quindi anche tuo padre ha studiato qui?” 
 
Mathieu smise di contemplare il soffitto bianco e oro a sua volta per puntare gli occhi sulla ragazza, che di fronte a quelle parole esitò prima di scuotere leggermente il capo, facendo segno di no con la forchetta ancora a mezz'aria.
 
“No… mia madre.” 
 
Camila si voltò a sua volta verso l'amica, accigliandosi leggermente e accorgendosi che non aveva sentito nemmeno una volta Francisca anche solo accennare a suo padre. Se parlava dei genitori parlava sempre della madre, un po’ come lei in effetti. 
 
Mathieu invece si voltò verso Adrianus che, seduto accanto a Frankie, gli rivolse un cenno con la testa appena percettibile, facendogli capire di lasciar perdere e portandolo così a sorridere, cambiando discorso vista l'espressione vagamente cupa che era comparsa sul volto di Francisca.
 
“È qui stasera?” 
 
“No, lei non ama queste feste in effetti… c'è sempre più di qualche genitore, ma più che altro quelli che fanno parte del Consiglio. E qualche celebrità. Oh…” 
 
Francisca puntò gli occhi verdi su qualcosa oltre la spalla di Camila, facendo voltare istintivamente anche gli altri tre:
 
“Chi hai visto?” 
 
“Non pensavo sarebbe venuto.” 
 
Invece di rispondere Adrianus si accigliò leggermente, continuando a fissare due uomini che stavano parlando dall'altro lato della sala, accanto ai tavoli occupati dagli insegnanti e dagli ospiti “speciali”. Camila e Mat si scambiarono un’occhiata confusa e Francisca si affrettò a spiegarsi, distogliendo lo sguardo dai due uomini per riportarlo sul suo piatto: 
 
“È il padre di Jackson… e se non erro sta parlando con quello di Alastair.”  
 
“Si, è lui. Ad ogni modo… se non la smettiamo di parlare qui diventerà tutto freddo, coraggio.” 
 
“In effetti… Mat, non dicevi di avere fame?” 
 
“Infatti è così, ma non posso parlare e mangiare contemporaneamente… sono un gentiluomo, io. Che hai da ridere?” 
 
Mat sbuffò leggermente di fronte alla risatina di Camila, che subito tornò seria e sollevó entrambe le sopracciglia come a dirgli che lei non stava assolutamente ridendo di lui. Poi la mano della ragazza andò al calice di cristallo, o meglio uno dei due visto che l'altro bicchiere serviva per l'acqua, posto vicino al suo piatto, sorridendo con aria allegra:
 
“Niente Mat, niente… beh, visto che è quasi Natale, e il mio compleanno, e siamo in vacanza direi di brindare. Cin cin.” 
 
L'americana fece tintinnare il bicchiere contro quello di Mathieu prima di bere un sorso di champagne… per poi osservare il vino bianco con aria vagamente stralunata:
 
“Ha un sapore strano… buono però.” 
 
“Andateci piano con quello, è piuttosto forte… lo fanno con i vigneti  dietro la scuola.” 
 
Adrianus sorrise leggermente prima di berne un sorso a sua volta, ricordando quando l'anno prima aveva leggermente esagerato e il giorno dopo aveva avuto un forte mal di testa per ore. 
 
“Per le mutande di Merlino, qui avete un vino tutto vostro, un valzer tutto vostro… che altro c'è, avete anche un allevamento di cavalli per caso?” 
 
 
                                                                           *
 
 
“Scusatemi, torno subito… voglio salutare un paio di persone.” 
 
Mentre Phoebe, Sebastian, Alastair e Faye facevano per sedersi ad un tavolo ancora vuoto Isabelle sorrise debolmente, guadagnandosi un'occhiata scettica da parte di Phoebe… che la ragazza interpretò come: “chi accidenti dovresti salutare?” 
 
Anche Sebastian alzò lo sguardo su di lei, guardandola allontanarsi con un passo leggero e disinvolto quasi ammirevole per le scarpe che indossava… ma probabilmente ormai ci era abituata, come tutti loro.
“Chi dovrà salutare?” 
 
“Magari i suoi genitori… dopo andrò a salutarli anche io, penso. Ma ora mangiamo, ho fame! Insomma, prepararsi per le feste è faticoso…”  Faye sfoggiò un sorriso allegro prima di sporgersi leggermente sul tavolo e versarsi del vino nel calice, beccandosi un’occhiata scettica sia dal cugino che da Phoebe:
 
“Faye… non cominciare.” 
 
“Phoebe, non fare la guastafeste… e tu non fare l'ipocrita Bas, non sei certo astemio.” 
 
Faye sbuffò, rivolgendo un’occhiata torva ad entrambi prima di bere metà del vino che si era versata, facendo sospirare leggermente l’amica: Phoebe scosse il capo, decidendo di lasciar perdere e di non impedire alla ragazza di fare quello che voleva… cosa comunque quasi impossibile. 
 
Alastair invece non disse niente, non avendo nessuna voglia di cercare di non far esagerare i due cugini: ci aveva provato per un po’, ma poi aveva capito che era impossibile e che era meglio lasciarli fare… anche con Jackson era così, diceva sempre di volersi divertire perché la vita era troppo breve per fermarsi a rimuginare.
 
Buffo. La sua si che era stata una vita breve. 
 
 
                                                                             *
 
 
Isabelle teneva gli occhi fissi sui due uomini che stavano conversando in un angolo della sala, camminando in mezzo alla pista da ballo senza curarsi delle occhiate che si stava guadagnando. Qualcuno che stava camminando nella sua direzione opppsta attirò però la sua attenzione, forse proprio a causa del vestito che indossava… e un lieve sorriso incrinò le labbra di entrambi, mentre la ragazza inarcava un sopracciglio e allargava leggermente le braccia:
 
“Che cosa fai Jude… mi copi?” 
“Io? Tu semmai… e poi il bianco sta molto meglio a me, scusa ma devo dirtelo.” 
 
Un sorriso obliquo fece capolino sul volto del ragazzo mentre camminava con un bicchiere in mano, con dentro qualcosa di molto più scuro dello champagne… forse Whisky, ma Isabelle non si fermò a chiederglielo e si limitò a stringersi nelle spalle:
 
“Pazienza… me ne farò una ragione. Divertiti Verräter, e non ficcanasare.” 
“Non lo faccio mai Isabelle, sono le informazioni che vengono da me!” 
 
 
Jude sorrise, salutandola con un occhiolino prima di superarla, lasciando la compagna a scuotere il capo con rassegnazione prima che un sorriso rilassato le comparve sul volto, avvicinandosi finalmente ai due uomini alti, elegantissimi e entrambi dai capelli scuri brizzolati e pettinati con cura.
 
“Zio Morgan?” 
 
I due smisero di parlare al sentire la voce della ragazza, e quando si voltarono verso di lei quello più vicino ad Isabelle le sorrise, gli occhi castano-verdi ormai terribilmente familiari.
 
“Isabelle… ciao. Come stai?” 
 
Morgan Shafiq si sporse verso di lei per abbracciarla, dandole un fugace bacio su una guancia mentre Isabelle sorrideva, rivolgendo un cenno educato anche all’uomo che la stava osservando. La ragazza non riuscì però a guardarlo in faccia per più di qualche secondo a causa dei magnetici occhi blu che le ricordavano molto qualcun altro:
 
“Bene… buonasera Signor Wilkes.” 
 
“Ciao Isabelle… stavamo giusto parlando dei tuoi genitori, ci dispiace che non ci siano.” 
 
“Si, mia madre al momento è impegnata in Olanda e mio padre preferisce non venire senza di lei. Non è un fan di queste serate, in effetti.” 
 
Il sorriso educato della ragazza non vacillò neanche per un attimo, mentre al contrario il padre di Alastair e quello di Jackson sorrisero appena:
 
“Si, me lo ricordo. Odiava il Ballo, in effetti. Beh, salutaceli, spero di vederli presto… Ma come sta Alastair? Non lo sento da parecchio.” 
 
“Io… bene, credo. Ma sai che si tiene sempre tutto dentro… gli dirò di venirti a cercare più tardi, ma ora devo proprio tornare al tavolo. Buona serata.” 
 
Isabelle rivolse ai due un cenno prima di girare sui tacchi, non avendo nessuna voglia di sentirsi porre domande su Alastair… sfortunatamente il suo padrino la conosceva davvero molto bene, e di certo avrebbe capito in un attimo che qualcosa tra loro non andava, di recente. 
 
 
Quando tornò al suo tavolo Isabelle prese posto accanto a Phoebe, che le sorrise come se fosse sinceramente sollevata di vederla, mormorandole di aiutarla a tenere a bada Faye… che ovviamente insieme al cugino si era già scolata mezza bottiglia di champagne. 
 
“Farò il possibile Bibi, ma non ti prometto niente. Al, ho visto tuo padre e il Signor Wilkes… e credo che a tuo padre piacerebbe salutarti.” 
Sapeva che l'amico avrebbe sbuffato, mormorando che non gli andava… ma il sorriso di Isabelle come sempre lo fece desistere, finendo col borbottare che l'avrebbe fatto, visto che glielo chiedeva lei. 
 
 
                                                                                  *
 
“Si balla, finalmente! Dai Mat, andiamo!” 
 
Camila sorrise, quasi saltando sulla sedia quando, dopo il breve discorso di Hamilton, la musica degli archi riempì la Sala. Mathieu però sbuffò, osservando che doveva ancora finire la sua fetta di torta al cioccolato… ma l’occhiata che gli rivolse l'americana lo fece sospirare, annuendo con arrendevolezza prima di lasciare il tovagliolo bianco sulla tovaglia color avorio ricamata: 
 
“Ok, ho capito l’antifona… andiamo.” 
 
“Ottima scelta… voglio mettere in pratica quello che mi ha insegnato Frankie! Vedrai, sarò bravissima!” 
 
“Lo spero Cami, temo che mi spezzeresti un piede se me lo pestassi con quelle scarpe…” 
 
Mathieu lanciò un’occhiata vagamente preoccupata ai piedi di Camila, coperti dalla gonna del vestito, mentre la ragazza sorrideva e lo prendeva per mano, conducendolo allegramente verso il centro della sala… ma non prima di essersi voltata indietro verso Francisca, intimandole con uno sguardo di imitarla. 
 
Adrianus, che disgraziatamente colse il gesto, si voltò verso Francisca e inarcò un sopracciglio, sorridendo appena piegando gli angoli della bocca:
 
“Perché Camila continua a guardarti quasi con aria minacciosa?”
“Non ne ho la minima idea, forse il vino le ha dato alla testa…” 
 
Francisca si strinse nelle spalle, sollevando una mano per sfiorarsi i capelli e assicurarsi che fossero ancora al loro posto mentre Adrianus sorrideva, dubitando fortemente delle sue parole prima di alzarsi:
 
“Se lo dici tu… vuoi ballare?” 
 
“In realtà non so se è una buona idea, sono terribilmente imbranata e ho anche i tac- Steb, aspetta!” 
 
Adrianus sembrò non ascoltarla minimamente, prendendola per mano e costringendola ad alzarsi per seguirlo fino alla pista, con la ragazza che sospirava nervosamente alle sue spalle:
 
“Steb, lo dico per la tua incolumità fisica!” 
“Pazienza, al limite mi calpesterai i piedi… sopporterò. Rilassati Frankie, per una volta.” 
 
Francisca fece per darsela a gambe ma Adrianus le sorrise, bloccandola con un braccio prima di attirarla a sé e metterle una mano sulla schiena coperta appena dal tulle:
 
“Te l’ho mai detto che sei masochista, Steb? Insomma, ci tieni proprio a finire con i piedi martoriati…”   Francisca scosse leggermente il capo, guardandolo come se lo ritenesse matto mentre, come sempre quando doveva ballare, le saliva una leggera ansia. 
Adrianus però le sorrise, appoggiando la guancia contro la sua testa prima di parlare a bassa voce: 
 
“No, però tengo a ballare con te.” 
 
 
                                                                            *
 
 
Phoebe Selwyn spostò lo sguardo da Adrianus Stebbins e Francisca Lothbrock, che ballavano scambiandosi sorrisi che probabilmente stavano facendo rodere un terzo femminile della sala… il secondo terzo invece probabilmente rodeva per un'altra coppia, ossia Alastair Shafiq e Isabelle Van Acker… e l'altro terzo sperava che Sebastian Ryle si degnasse di invitarla a ballare.
 
Un lieve sorriso increspò le labbra della ragazza, che si era accomodata su una sedia con le gambe accavallate e le mani intrecciate che stringevano il ginocchio lasciati nudo dalla gonna corta del vestito color cipria che indossava: era felice di vederli sorridersi per una sera… era bello vedere Isabelle rilassata e sorridente.
 
“Scusa se te lo chiedo… ma perché non balli?”  Phoebe distolse lo sguardo dal duo per voltarsi verso Sebastian, che era seduto accanto a lei con un bicchiere in mano. Alla domanda della compagna il ragazzo si strinse leggermente nelle spalle, bevendo un altro sorso di vino prima di parlare con un tono piuttosto neutro, continuando a tenere gli occhi incollati sulla ragazza vestita di bianco perla. 
 
“Potrei chiederti lo stesso Phoebs.” 
 
“Io non amo queste feste, in effetti… e neanche ballare. Invece penso che dovremmo tenere tua cugina al guinzaglio per un po’…” 
 
Phoebe si accigliò leggermente, puntando i grandi occhi da cerbiatta sull’amica… che sorrideva e rideva mentre chiacchierava con diversi compagni di scuola che, ovviamente, pendevano dalle sue labbra.
 
Sebastian seguì lo sguardo di Phoebe e sbuffò leggermente quando vide Faye trascinare sulla pista William Rosier, limitandosi a scuotere il capo:
 
“Lasciala fare Phoebe… lo sai, fa sempre quello che vuole.” 
“Si, in questo vi somigliate molto. Ma ho la sensazione che in questo momento tu non stia facendo quello che vorresti, sai?” 
 
 
Era vero, ma Sebastian rimase in religioso silenzio, limitandosi a svuotare il suo bicchiere prima di lanciare un’ultima occhiata in direzione di Isabelle e Alastair. Poi si alzò e, restando in silenzio, lasciò il calice sul tavolo e si avvicinò a qualche compagna di scuola, con tutta l'intenzione di chiedere a qualcuna di ballare. 
 
Il tutto sotto gli occhi di Phoebe Selwyn, che roteò gli occhi mentre Isabelle le si avvicinava, sorridendole:
 
“Eccoti qua… non vuoi ballare con me, Signorina Selwyn?” 
 
“No, la ringrazio Miss Van Acker… ma non stavi ballando con Al?” 
 
“L’ho mandato a salutare suo padre, in realtà… Oh Signore, dici che si sta già ubriacando?” 
 
Isabelle prese il posto di Sebastian e sospirò quando posò gli occhi su Faye, che senza smettere di sorridere stava ballando un po’ con un ragazzo e un po’ con un altro.
Phoebe si strinse nelle spalle ma sfoggiò un debole sorriso, quasi divertito, come se ormai avesse deciso di lasciar perdere:
 
“Beh, sai come la pensa… ama divertirsi, e al Ballo lo fa sempre. In questo lei e Sebastian si somigliano indubbiamente.” 
 
Phoebe si voltò verso Isabelle, che aveva spostato gli occhi da Faye per puntarli su qualcuno dall'altra parte della sala… Alastair stava parlando con suo padre, finalmente.
Non aveva mai capito del tutto il muro che c'era tra i due, lei era sempre andata molto d'accordo con il padre dell'amico… ma era felice che per una volta si stessero parlando tranquillamente, forse Alastair ne aveva bisogno. 
 
“Isabelle… a cosa stai pensando? E non dire niente, conosco la tua faccia pensierosa.” 
 
Isabelle sorrise appena, sapendo che aveva ragione… ma all’improvviso sentì la voce di Phoebe come molto distante, mentre la sua mente si affollava di pensieri e di ricordi.
 
 
“Divertiti, mi raccomando.”   Quel sorriso, rilassato ma con una nota minacciosa.
Che cosa voleva dire? Temeva di saperlo.
 
 
Jackson, comodamente stravaccato sul divano in Sala Comune, che le sorrideva:
 
“Non fare la moralista Belle… puoi anche non approvare quello che facciamo io e Bas, ma divertirsi non è poi un crimine. Dammi retta mia cara, la vita va troppo in fretta per fermarsi a riflettere a lungo.”
 
 
Alastair, inginocchiato davanti al corpo senza vita d Jackson… quegli occhi blu spalancati, senza vita, puntati sul soffitto.
Un brivido che le attraversava la schiena, le gambe le tremavano mentre si inginocchiava accanto ad Al e lo abbracciava.

 
 
“Isabelle, ti prego… ho bisogno di te.” 
 
Quella voce, quel tono… quelle parole. Quasi senza rendersene conto si era alzata dal letto e aveva aperto la porta, andando finalmente incontro al suo migliore amico per stringerli in un abbraccio. Ne aveva bisogno anche lei.
 
 
“Sai cosa fare Isabelle… e conosci anche cosa succederà se non avrò quello che voglio.”
 
“Perché sono morti? Non ce n'era bisogno…” 
“Io credo di sì invece. E sai una cosa? È colpa tua, Isabelle.”
 
 
“Divertiti, mi raccomando…” 
 
 
 
 
“Isabelle?” 
Sbattè le palpebre un paio di volte, ritornando improvvisamente alla realtà prima di voltarsi lentamente verso Phoebe, che la stava osservando quasi con una nota preoccupata negli occhi castani. 
 
Isabelle accennò un sorriso, trovandosi improvvisamente d'accordo con lui: si, doveva divertirsi. 
Si alzò e si sfilò le scarpe lentamente, sorridendo all'amica con gli occhi verdi stranamente luccicanti, il tono serio e pacato:
 
“Ho voglia di ballare.” 
 
“Non puoi ballare da sola Belle…” 
“Non ballerò da sola infatti… coraggio.” 
 
Prima di potersene rendere conto Phoebe si ritrovò in piedi e, costretta dall’amica, si sfilò le scarpe… non seppe neanche come l'avesse convinta a fare una cosa così non da lei, ma Isabelle la prese per mano e la trascinò fino alla pista, ridendo mentre la faceva roteare su se stessa.
 
Non riuscendo a fare altrimenti, anche Phoebe si ritrovò a ridere mentre intorno a loro tutti si fermavano per un attimo… o forse era solo una loro impressione? 
Ma poi la musica riprese a suonare, il valzer più veloce e dalle note esotiche rispetto alla solita musica europea.
 
Isabelle sorrise, abbracciando l'amica mentre roteavano quasi senza un senso vero e proprio, entrambe senza scarpe. 
 
“Vi siete messe a bere, per caso?”   Faye sorrise, avvicinandosi quasi di corsa dopo essersi sfilata i tacchi a sua volta e aver mollato di punto in bianco il suo cavaliere. Nessuna delle due le rispose, ma Isabelle la prese per mano e la fece girare su se stessa, mentre intorno a loro gli altri continuavano a ballare normalmente. 
 
“Phoebs, mi hai pestato un piede!” 
“Capirai, con tutti quel che hai bevuto non dovresti nemmeno sentirlo!” 
“Stai forse insinuando che sono ubriaca? Ti ricordo che io reggo perfettamente l’alcol!”
 
 
Isabelle sorrise, ignorando il battibecco delle due amiche prima di fermarsi, abbracciandole entrambe di slancio.
 
“Isabelle, che cos’è tutto questo affetto? Hai bevuto e non me ne sono resa conto?” 
 
Phoebe sgranò gli occhi, cominciando seriamente a chiedersi se lancia stesse bene… non era doppio da lei dimostrare affetto in quel modo. 
E la giovane Selwyn si ritrovò a stupirsi ancora di più quando Isabelle, per tutta risposta, mormorò qualcosa ad entrambe le amiche, portando Faye a ridere:
 
“Vi voglio bene, ragazze.” 
 
“Si Phoebs, stasera ha bevuto sul serio!” 
 
Isabelle sorrise leggermente, allontanandosi dalle due mentre Faye sorrideva, gli occhi luccicanti probabilmente dall’alcol che aveva ingerito. Phoebe invece non sorrise, osservando Isabelle con occhio critico: no, non aveva bevuto, lo sapeva… 
 
Ma c’era qualcosa che la disturbava.
 
 
                                                                            *
 
 
“Dio, che caldo… e pensare che siamo a fine Dicembre. Propongo un minuto di pausa, i miei piedi stanno chiedendo pietà.” 
 
Camila sfoggiò una smorfia, lasciandosi scivolare su una sedia mentre Mathieu, ridacchiando, la raggiungeva e si sedeva accanto a lei, allentandosi leggermente il nodo del papillon nero. Non faceva poi così caldo in realtà, ma Camila ballava da talmente tanto che probabilmente era un effetto collaterale.
 
La ragazza si sfilò i tacchi e un sorriso di sollievo le illuminò il volto, mentre Mathieu inarcava un sopracciglio, sfoggiando un’espressione volutamente confusa:
 
“Scusa, ma non eri tu quella bravissima sui tacchi?” 
 
“Lo sono infatti, ma sto ballando da un'ora… ognuno ha i suoi limiti! Forse dovrei imitare Phoebe e levarmi le scarpe… anche se non pensavo che fosse tipo da fare certe cose, in effetti.” 
 
Camila si accigliò mentre guardava la sorellastra ridere e ballare insieme alle sue amiche, non potendo immaginare che in realtà Phoebe Selwyn non era affatto solita comportarsi così e che l'aveva più che altro trascinata Isabelle in quella situazione. 
 
Anche Mathieu posò gli occhi su Phoebe, esitando prima di parlare:
 
“Sai Camila…  non mi è ancora chiaro perché non riusciate a relazionarvi l’una con l’altra.” 
 
“Io ci ho provato, ma sembra che a lei non interessi conoscermi.” Camila si strinse nellermente nelle spalle, passandosi una mano tra i capelli mentre abbassava lo sguardo sul pavimento della sala, tradendo un lieve senso di disagio.
Mathieu si voltò verso di lei e sorrise, allungando una mano per prendere quella della ragazza prima di parlare con il tono più calmo e gentile che gli riuscì:
 
“Ti racconto una cosa… sai che ho una sorella più piccola, no?” 
 
“Si… Sophie, giusto?” 
 
“Si. Ha sei anni, e l’adoro… è una bambina dolcissima e devo dire che mi manca molto quando sono a scuola. Temo però di non averti mai detto o fatto capire che non siamo fratelli al 100%.” 
 
Camila sgranò gli occhi, voltandosi verso il ragazzo e guardandolo con aria sorpresa. No, non l'aveva mai fatto intendere quando accennava a sua sorella.
Mathieu annuì, continuando a sorridere e a stringerle le mano:
 
“Abbiamo la stessa madre, ma padri diversi. Per te e Phoebe è il contrario lo so, ma credo che in realtà la storia non sia molto diversa: tuo padre era sposato con la madre di Phoebe quando ha conosciuto tua madre in America, no? Beh, i miei genitori non erano già divorziati quando mia madre ha conosciuto il padre di Sophie.” 
 
“Oh… mi dispiace.” 
 
“Non importa, lui non è male… anche se credo di non aver ancora perdonato mia madre. Vado a trovarla solo per mia sorella, credo. Ma quello che voglio dirti Cami è che forse dovreste mettere i vostri genitori da parte… io adoro mia sorella, anche se è nata dal comportamento a dir poco scorretto di mia madre. Quindi penso che anche voi potreste andare d'accordo. Non penso che Phoebe ti trovi una brutta persona, penso che nessuno potrebbe reputarti tale, ma forse è solo introversa, così diversa da te da non riuscire a trovare un punto d'incontro. I suoi genitori sono divorziati, no?” 
 
“Si. Sai Mat, a volte mi chiedo per chi delle due sia andata meglio: io non ho mai conosciuto mio padre, sono cresciuta con mia madre… ma abbiamo un bellissimo rapporto, è fantastica. Lei invece è cresciuta in un divario tra i suoi genitori, consapevole per tutta la vita di quello che suo padre aveva fatto, ma costretta comunque a vederlo.” 
 
“Non penso ci sia una risposta vera e propria. Ma dammi retta, datevi una possibilità, sarebbe un peccato.” 
 
Mathieu le sorrise, dandole un colpetto affettuoso sulla spalla e facendola sorridere a sua volta, guardandolo con sincera gratitudine:
 
“Grazie Mat… ma da quando sei diventato il mio terapeuta?” 
“Da stasera. Sempre a disposizione, cara.” 
 
 
                                                                               *
 
La musica cessò e si fermarono, iniziando ad applaudire come tutti gli altri. 
Frankie posò gli occhi sul volto di Adrianus, guardandolo quasi a mo’ di scuse:
 
“Te l'ho detto, ti ho pestato i piedi due volte!” 
 
“Smettila di scusarti Frankie… ti ho detto che non importa.” Steb roteò gli occhi prima di prenderla per mano, conducendola verso i tavoli. Mentre camminava gli occhi verdi di Francisca finirono su una delle grandi finestre ad arco e un lieve sorriso le increspò il volto:
 
“Ha ripreso a nevicare… perché non andiamo fuori?” 
“Neanche per idea, fa troppo freddo e tu non sei copert- Frankie!” 
 
Adrianus sbuffò nel vedere la ragazza ridacchiare prima di superarlo e darsela allegramente a gambe verso le porte della Sala, costringendolo a seguirla.
 
“Non fare il noioso Steb… non vuoi fare a palle di neve?” 
 
Adrianus accelerò il passo per raggiungerla, sfilandosi in fretta la giacca grigia del completo per metterla sulle spalle della ragazza, coperte solo dal leggerissimo strato di tulle della parte superiore del vestito.
“Ok, come vuoi… ma tieni questa almeno.” 
 
Frankie gli rivolse un sorriso prima di aprire una delle pesanti ante della porta, uscendo e scendendo i gradini che la separavano dal piazzale solitamente di ghiaia ma ormai coperto di neve.
 
Ovviamente Adrianus non ebbe neanche il tempo di scendere le scale che una palla di neve lo colpì in pieno petto, facendo ridacchiare Francisca mentre invece lui sbuffava, lanciandole un’occhiata di sfida mentre tirava fuori la bacchetta dalla tasca del panciotto:
 
“Ah si? Tieni, Lothbrock, visto che hai voglia di giocare.” 
“Ehy, con la magia non vale!” 
 
Finirono così per prendersi a palle di neve per qualche minuto, con qualche compagno che aveva deciso di imitarli seguendoli fuori dalla scuola. Dopo l'ennesimo colpo sferrato contro il ragazzo Francisca sorrise, avvicinandosi ad Adrianus con lieve fatica a causa dei tacchi. 
 
“Ok, direi che può bastare… non voglio rovinarmi il vestito.” 
“Sarebbe un peccato, è molto bello. Anche tu, naturalmente… insomma…. Oh, lascia perdere.” 
 
Adrianus sbuffò, scuotendo il capo e dandosi mentalmente dell’idiota mentre Francisca gli sorrideva, prendendolo sottobraccio e guardandolo con aria divertita:
 
“Se non altro ora capici cosa si prova… per qualche strano motivo, quando ci sei tu dico sempre un mucchio di cretinate.” 
“È anche perché questo che ti adoro, Frankie. Ma torniamo dentro, ti prego, non voglio averti sulla coscienza… non sei propriamente vestita da neve. Perché ti sei messa un vestito così?” 
 
“Che domande, dovevo lasciare a bocca aperta tutti i miei ammiratori.” 
 
Francisca sbuffò, parlando come se fosse ovvio mentre risaliva le scale insieme ad Adrianus, che le rivolse un sorriso prima di entrare di nuovo nell'Ingresso:
 
“Non so dirti se vale per “tutti”, ma con uno ci sei riuscita di sicuro.” 
 
Francisca sgranò gli occhi restando come pietrificata mentre il ragazzo spariva dietro la porta… ma non vedendola seguirlo Adrianus fece di nuovo capolino dalla porta, guardandola con aria accigliata prima di renderla per mano e trascinarla dentro insieme a lui:
 
“Frankie, muoviti o ti prenderai la polmonite, cosa fai lí impalata?” 
 
 
                                                                          *
 
 
“Bas, lo sai che ti voglio bene, no? Per questo devo essere sincera con te: sei patetico, alzati e invitala a ballare, ora.” 
 
“Non ascolto i consigli di una che ha bevuto più di me…” 
“Ma non farmi ridere… Coraggio, vai, lo faccio per il tuo bene.” 
 
Faye Casse, sbuffò, prendendo il calice dalle mani del cugino per appoggiarlo sul tavolo prima di prendere il ragazzo per mano e costringerlo ad alzarsi, accennando alla ragazza che era ancora seduta e stava chiacchierando con Phoebe. 
 
“Veramente non…” 
 
“Muoviti!” Faye sbuffò, spingendolo verso le amiche prima di prendere il suo posto sulla sedia, incrociando le braccia al petto e osservandolo quasi con aria minacciosa. 
Aveva ballato moltissimo, si stava divertendo… ma ora voleva vedere suo cugino chiedere alla sua amica di ballare.
 
Un sorriso soddisfatto comparve sul volto di Faye quando Sebastian si avvicinò effettivamente ad Isabelle, schiarendosi la voce prima di parlare:
 
“Ehm… scusate se vi interrompo. Isabelle, ti va di ballare?” 
 
Le due s’interruppero prima di voltarsi verso di lui, e mentre Phoebe si trattenne dal sorridere leggermente Isabelle inarcò un sopracciglio, guardandolo con espressione dubbiosa: 
 
“Quanto hai bevuto Ryle?” 
“Parecchio, in effetti. Ma reggo l’alcool, non preoccuparti. Allora, vieni?” 
 
“Ok… d'accordo.” 
 
Isabelle si strinse nelle spalle e si alzò, ignorando deliberatamente il braccio che il ragazzo le porgeva e superandolo, andando dritta verso la pista. Sebastian sbuffò, chiedendosi perché fosse sempre così difficile con lei prima di seguirla, lasciando una Phoebe ridacchiante alle sue spalle e una Faye soddisfatta ad osservare la scena. 
 
 
                                                                               *
 
 
Jude Verräter era in piedi, appoggiato contro il muro. Teneva gli occhi fissi sulla pista, rigirando distrattamente con due dita l'anello d'argento che riportava lo stemma della sua famiglia: un serpente attorcigliato intorno ad un pugnale.
 
I capelli del ragazzo erano, come sempre, pettinati in modo da coprirgli l'occhio chiarissimo che si ostinava a non mostrare… non sapeva nemmeno di preciso il motivo, forse perché non aveva mai dimenticato parole udite molto tempo prima.
No, non avrebbe mai dimenticato quando gli aveva detto che quegli occhi così diversi l'uno dall'altro, così speciali nella loro diversità, non erano altro che la manifestazione di tutto ciò che non andava in lui, dell’anima contorta che si era ritrovato. 
 
Era riuscita a convincerlo, con il passare del tempo. Una triste vittoria che aveva dovuto concederle. 
 
La mano del ragazzo smise di rigirare l'anello e andò invece al collo, slacciandosi il primo bottone della camicia nera che indossava e allentando leggermente il nodo della cravatta color carbonio che iniziava a dargli un po’ fastidio. 
 
Le labbra sottili di Jude si inclinarono in un sorriso divertito quando vide Sebastian e Isabelle ballare: finalmente il ragazzo aveva smesso di rivolgere sorrisi e inviti a destra e a sinistra e aveva chiesto a lei di ballare.
Ovvimanete Sebastian non glie l'aveva mai detto ad alta voce… ma agli occhi di Jude l'aveva fatto innumerevoli volte, in silenzio. 
 
 
“Verräter.” 
 
Sentendosi chiamare Jude si voltò, tornando alla realtà e inarcando un sopracciglio quando si trovò davanti ad Alastair.
 
“Mi stavo giusto chiedendo dove ti fossi nascosto… dov’eri?” 
 
“Ho parlato con mio padre… ne ho approfittato per chiedergli se attualmente sa qualcosa sulla famiglia di Isabelle, i suoi genitori non sono venuti. Ma sembra che la madre di Isabelle fuori dal Regno Unito per lavoro… e suo padre odia queste feste, non viene mai senza la moglie.” 
 
“I tuoi genitori sono amici di quelli di Isabelle, vero?” 
 
“Si, i nostri padri hanno studiato entrambi qui.” 
 
“Da quanto non si vedono?” 
 
“I genitori di Isabelle vivono in Olanda, ma hanno una casa fuori Londra dove passano l'estate… spesso passiamo qualche settimana insieme, credo che non si vedano da Settembre tutti insieme… ma mio padre incontra spesso lo zio Peter per lavoro, si sono visti ad inizio Dicembre.” 
 
Jude contorse leggermente la mascella, riportando gli occhi sulla pista e in particolare su Isabelle… quindi si erano sbagliati? Avevano supposto male e la famiglia della ragazza non centrava? 
 
Non sapeva più cosa pensare. 
E Jude Verräter odiava non avere piani, non avere idee. 
 
Alastair seguì lo sguardo del compagno e portò a sua volta gli occhi sull’amica, guardandola sorridere mentre Sebastian le faceva fare una giravolta. Le labbra della ragazza, dipinte di un rosso rubino, smisero immediatamente di sorridere quando, secondo le regole del ballo, si doveva ruotare il giro e trovarsi quindi a ballare per qualche passo con aualcunodi diverso dal compagno originario… per poi, alla fine, tornare alla posizione iniziale.
 
Gli occhi anche fin troppo attenti di Jude colsero il cambio di espressione di Isabelle in un istante… e saettarono sulla persona davanti alla ragazza che a lui dava le spalle per metà, non riuscendo a vederlo in faccia. 
Era un uomo, alto. I capelli neri, lisci e pettinati.
 
Perché Isabelle all'improvviso sembrava così rigida? Quasi spaventata.
 
Jude si costrinse a tornare indietro con la mente di qualche minuto, quando il ballo era cominciato… conosceva le regole, conosceva l'ordine e i passi da seguire.
Cercò di focalizzare l'attenzione su quella sagoma… e vide quell'uomo infilarsi nel ballo solo dopo l'arrivo di Isabelle. 
 
Conosceva le regole, l'ordine e i passi.
Sforzati 
 
Il cerchio seguiva il giro antiorario… e si ruotava cambiando partner dopo due combinazioni di sei passi. 
 
All’improvviso Jude sfoggiò un lieve sorriso prima di avanzare, avvicinandosi alla pista e in particolare a quella coppia con lunghe e decise falcate… sentì Alastair alle sue spalle chiedergli che cosa stesse facendo ma il ragazzo lo ignorò, tenendo gli occhi fissi su Isabelle e sull'uomo con cui stava ballando.
 
“Scusi… posso rubargliela per un attimo? È da tutta la sera che cerco di convincerla a ballare.” 
 
Jude si stampò un sorriso in faccia mentre si fermava accanto a loro… e la coppia si fermò a sua volta mentre sia Isabelle che l'uomo si voltarono verso di lui.
 
Il ragazzo non seppe dire se Isabelle fosse felice o no di vederlo perché rimase pressoché impassibile… ma Jude era comunque troppo impegnato ad osservare il suo “cavaliere”, certo di non averlo mai visto prima. 
Occhi scuri, carnagione chiara, mascella squadrata, tra i 35 e i 40 anni… no, non lo conosceva.
 
Dopo un attimo di esitazione l'uomo sorrise leggermente, annuendo prima di voltarsi verso Isabelle:
 
“Ma certo… testarda, vero? Prego, tutta tua.” 
 
L'uomo stringeva ancora la mano di Isabelle e la lasciò a Jude, che sorrise leggermente prima di mettere una mano sulla schiena della ragazza, impedendole di darsela a gambe come, ne era certa, avrebbe voluto fare. 
 
“Non mi risulta che tu mi abbia chiesto di ballare stasera… che cosa c'è Jude?” 
 
 “Non serve che mi ringrazi, tranquilla… ma non fare la finta tonta Isabelle, sappiamo tutti e due che quel tipo voleva ballare con te, non c'è stato niente di casuale… era a tre coppie di distanza da te, programmando il giro sapeva che sarebbe finito a ballare con te. Chi era?” 
 
“Non ne ho idea, non gestisco io gli inviti della festa. Forse qualcuno di importante al Ministero, o un ex studente della Cimmeria.” 
 
Isabelle si strinse nelle spalle come se non le importasse mentre invece Jude annuì, registrando le sue parole: si… era molto probabile che fosse un ex studente. Dopotutto conosceva il ballo… 
 
“Ops, cambio giro… ti lascio tra le braccia del tuo spasimante Belle.” 
 
“Il mio spasimante?” 
 
Isabelle inarcò un sopracciglio, guardando Jude con aria stralunata prima che il ragazzo le sorridesse, strizzandole anche l’occhio prima di farla girare e spingerla leggermente verso Sebastian prima di sparire di nuovo, allontanandosi dalla pista. 
 
“Che ci faceva Jude sulla pista?” 
 
“Oh, nulla… voleva solo dirmi una cosa.” 
 
Isabelle si strinse nelle spalle, guardandosi intorno per cercare il ragazzo… ma non lo vide. Strano, eppure indossava un completo perlato, difficile da non vedere. 
 
Sebastian invece inarcò un sopracciglio, chiedendole che cosa le avesse chiesto… e dopo un attimo di esitazione Isabelle sfoggiò un lieve sorriso, gli occhi verdi quasi sinceramente divertiti:
 
“Beh, secondo lui il bianco perla dona più a lui rispetto a me. Secondo te è vero?” 
 
“Non per denigrare Jude, certo… ma secondo il mio umile parare sta meglio a te. Ma non diglierlo, potrebbe offendersi.” 
 
Sebastian ricambiò il sorriso prima di farla girare… e in quella frazione di secondo gli occhi di Isabelle andarono a cercare Alastair infondo alla sala, senza però trovarlo. 
Ripensò alla foto che si erano fatti fare poco prima… lei lo aveva anche abbracciato, gli aveva detto qualcosa che voleva non dimenticasse mai.
 
Gli voleva bene 
Non voleva che ne dubitasse… forse Phoebe si stava chiedendo se non avesse sbattuto la testa da qualche parte con tutte quelle dichiarazioni di affetto, visto che in genere non le faceva mai. Ma non le interessava.
 
Era sicura che presto quella storia sarebbe finita, e voleva che lo tenessero bene a mente. 
 
La musica cessò e Isabelle ritrovò ad applaudire quasi senza riflettere… pensando a quello che le aveva detto per quei pochi attimi in cui avevano ballato, prima dell'arrivo di Jude.
In effetti era piuttosto grata al ragazzo di averli interrotti, ma probabilmente non l'avrebbe mai ammesso ad alta voce.
 
 
“Che cosa ci fai qui?” 
“Non potevo mancare, non pensi anche tu? E poi devo assicurarmi che tu passi una bella serata, Isabelle.” 


 
“Devo andare.” 
 
Sebastian si voltò, avendo udito appena il sussurro di Isabelle… la vide allontanarsi con la gonna bianca che sfiorava il pavimento e fece per seguirla, ma qualcosa lo bloccò: forse voleva stare da sola, o voleva cercare Alastair… era sempre così difficile capire, interpretare quella ragazza.
 
Non sapeva mai come comportarsi con lei.
 
“Finalmente ce l'hai fatta… ma te la sei fatta scappare, devo insegnarti proprio tutto?” 
 
Il ragazzo si voltò, trovandosi davanti sua cugina… sbuffò e la prese per mano per trascinarla a ballare con lui la canzone successiva:
 
“Hai visto Alastair?” 
“Abbiamo ballato prima, ma ora non so dove sia.”
 
“Bene, allora zitta e balla Faye.”
 
                                                                        *
 
 
“Jude!” 
 
Jude, che si stava avviando verso la porta della sala per uscire e riflettere un po’ si fermò sentendosi chiamare, accigliandosi quando vide Phoebe Selwyn andargli incontro con un’espressione tesa e preoccupata.
 
“Selwyn? Come mai mi fai l'onore di rivolgermi la parola?” 
 
“Non ora Jude… Hai visto Belle o Al? Non li vedo da un po' e… non lo so, sono preoccupata per lei. È un po’ strana stasera.”
“Intendi più del solito?” 
 
“Sono seria. Sembrava… non lo so, troppo rilassata. Come se sapesse già che sarebbe successo qualcosa. Insomma, ha abbracciato me, Faye e Alastair come se ci stesse… salutando.” 
 
Phoebe si morse nervosamente il labbro inferiore, tenendo gli occhi fissi su Jude… il ragazzo non disse niente per un attimo, ma Phoebe poté giurare di averlo visto quasi irrigidirsi nel sentire l'ultima parola. 
 
“Vai a vedere in camera sua, e anche di sotto, dove ci alleniamo. Io vado fuori.” 
 
“Fuori? Adesso?” 
 
Phoebe inarcò un sopracciglio ma Jude non le rispose, affrettandosi ad attraversare l’ingresso per uscire, tirando fuori da non si seppe mai dove un mantello nero che si sistemò sulle spalle prima di sparire dalla visuale della ragazza.
Gli occhi di Phoebe finirono per un attimo sulla sfera di luce proiettata dal rosone proprio tra la porta e le scale, osservando le tre piccole sfere perfettamente allineate orizzontalmente che spiccavano in mezzo alla grande finestra decorativa. 
 
Phoebe Selwyn si sfilò i tacchi, prendendo le scarpe nere in mano prima di voltarsi e quasi correre verso la porta del sottoscala, per scendere nei vecchi sotterranei e cercare Isabelle.
Non sapeva neanche perché stesse ascoltando o si fosse rivolta a Jude Verräter… però voleva trovare la sua amica, ad ogni costo. 
 
 
                                                                                *
 
 
Non sapeva neanche perché stesse correndo, affrettandosi in quel modo… infondo, se le cose dovevano andare in un modo molto probabilmente lui non avrebbe potuto fare niente. 
E per qualche strano motivo, sapeva esattamente dove andare.
 
Jude quasi correva sulle stradine di ghiaia ormai coperte di neve, avendo superato ormai da parecchio i ragazzi che erano usciti per godersi la neve o passeggiare. 
 
Non era affatto sicuro di essere in tempo, ma almeno poteva provarci.
 
Quando intravide il padiglione di marmo bianco accelerò, chiedendosi per un attimo che cosa avrebbe trovato.
Intravide una figura, seduta sui gradini ghiacciati… smise di correre e le si avvicinò, fermandosi di fronte ad Isabelle. 
Era seduta, il capo chino, tenendo qualcosa in mano.., un foglio, forse? Anzi, guardandolo meglio Jude si rese conto che era la fotografia che avevano scattato a lei e ad Alastair proprio quella sera, ma la ragazza la teneva guardandone il retro, e non l'immagine. 
 
“Isabelle?” 
 
La voce di Jude tremò leggermente nel chiamarla, tirando quasi un sospiro di sollievo quando lei sollevò lentamente il capo, puntando gli occhi verde scuro fissi su di lui.
 
“Stai bene?” 
 
Isabelle continuò a non dire niente, ma scosse il capo prima di abbassare di nuovo gli occhi sulla foto. Jude le si avvicinò, sfilandosi il mantello per metterlo sulle spalle della ragazza… e chinandosi scorse una frase scritta sul retro della foto:
 
Exitus acta probat 
 
 
No… non di nuovo 
 
“Isabelle? Perché sei venuta qui?” 
 
“Mi aveva detto… È tutto sbagliato.” 
 
Isabelle sospirò, prendendosi la testa tra le mani tremanti.
 
Sbagliato.
Tutto sbagliato 
 
Jude la guardò, continuando a non capire… poi si voltò verso l'interno del padiglione, senza notare niente di strano. Fu alzando lo sguardo che Jude capì, sgranando gli occhi con sincero orrore, per una volta.
 
“Per Salazar…” 
 
 
                                                                             *
 
 
“Grazie al cielo… Belle! Stai bene? Dove ti eri cacciata?” 
 
Phoebe Selwyn scese di corsa le scale che la separavano dall’amica per abbracciarla, vedendola avvicinarsi ai gradini insieme a Jude, con un mantello nero che le copriva le spalle. 
 
La sentí tremare e quando Phoebe si staccò si accorse di quanto fosse innaturalmente pallida.
 
“Belle? Che cosa succede? Dov’è Al?” 
 
“Selwyn…” 
 
Jude sospirò, parlando con un tono quasi da ammonimento mentre Isabelle sussultava nel sentire quel nome, mormorando ancora le stesse cose: tutto completamente sbagliato.
 
“Che cos’ha?” 
 
“È sotto shock. Portala dentro Selwyn… dì a tutti che è stata con te fin’ora, capito? E chiama il Preside, dì che Jude Verräter ha trovato un cadavere appena fuori dalla porta.” 
 
“Un… cadavere?” Phoebe mise un braccio intorno alla vita di Isabelle, che non smise di tremare neanche un per un attimo mentre l’amica guardava Jude con orrore, sperando di aver capito male… ma il ragazzo annuì, restando impassibile mentre con un lieve colpo di bacchetta faceva planare qualcosa accanto a loro, un corpo che fino a quel momento aveva fluttuato dietro di lui a mezz'aria.
 
“Forse non dovresti guardare, Selwyn.” 
 
Troppo tardi: Phoebe sgranò gli occhi con orrore, rimanendo per un attimo senza fiato prima di dire qualcosa, la voce bassa e leggemenege tremante, quasi sperando che fosse tutto un brutto sogno:
 
“Alastair…” 
 
 
                                                                          *


Di tutto.
Aveva sentito davvero di tutto dentro la sala, quando tutti gli insegnanti si erano precipitati fuori...
Spinti dalla curiosità, lui e Faye li avevano imitati.

E ora, mentre si faceva largo tra gli studenti per vedere con i suoi occhi quanto sentito, Sebastian Ryle si sentiva quasi in trance. La testa gli girava leggermente, forse non solo per l'alcool che aveva bevuto... si sentiva strano, leggero. Come in un sogno.

Non poteva essere reale...
Le voci intorno a lui, i sussurri spaventati, anche le lacrime... tutto ovattato, sentiva tutto come lontano anni luce da lui.

"Fatemi passare..."

Si fermò di colpo quando vide il corpo sulla  neve, accanto a Jude... il ragazzo stava parlando con Hamilton, Jefferson e Oldman mentre gli altri insegnanti mandavano dentro gli altri studenti che erano usciti per capire cosa stesse succedendo.
Sebastian deglutì, sapendo chi c'era sotto il lenzuolo che un uomo familiare stava sistemando sopra al cadavere: Morgan Shafiq aveva gli occhi lucidi ma non piangeva, limitandosi ad osservare il corpo del figlio con lo sguardo vacuo, inginocchiatogli accanto.

Alastair

Perchè?
Perchè anche lui?

Quasi senza pensarci il ragazzo si voltò, cercando qualcuno in particolare con lo sguardo... sua cugina, accanto a lui, si era portata le mani alla bocca e le era sfuggito un gemito strozzato. Ma Sebastian non ci fece molto caso, puntando dritto verso Phoebe che teneva Isabelle abbracciata. Phoebe piangeva, ma lei no... immobile e in perfetto silenzio, gli occhi che evitavano di guardare il corpo di Alastair.

Isabelle

Senza dire niente Bas si avvicinò alle due e Phoebe, guardandolo, capì. Non disse niente e mollò lentamente la presa sulle spalle di Isabelle, smettendo di abbracciarla e lanciandole un'occhiata preoccupata, come se temesse che potesse crollare sulla neve da un momento all'altro senza un appggio.
Sebastian si avvicinò ad Isabelle che non aveva dato segno di essersi accorta che Phoebe l'avesse lasciata... e senza pensarci la prese tra le braccia, stringendola a sè mentre alle sue spalle Faye si avvicinava a Phoebe, abbracciando a sua volta l'amica.

Sebastian si morse un labbro, ricacciando indietro le lacrime e rifiutandosi di piangere davanti a tutti mentre metteva una mano sulla nuca della ragazza, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla.

"Lei sta bene?"

"Non lo so... non parla Bas, è sotto shock."

Phoebe si morse un labbro, lanciando all'amica un'occhiata preoccupata mentre Sebastian sospirava, abbassando lo sguardo sulla ragazza... sperava di incontrare gli occhi di Isabelle ma non successe, lei continuava a fissare un punto indefinito, tra gli alberi.

"Belle? Dì qualcosa..."

Isabelle inaspettatamente si mosse, sollevando il capo per puntare gli occhi verdi su Sebastian. Dopo un attimo di esitazione la ragazza disse qualcosa, a voce talmente bassa che per poco nemmeno lui la sentì:

"Non doveva andare così. E' tutto sbagliato."

                                                                                                                              *
 
 
“Steb? È da un secolo che ti cerco… stai bene?” 
 
Francisca Lothbrock sospirò, camminando a piedi nudi sul pavimento liscio e freddo mentre si avvicinava al ragazzo che era ancora seduto su un divanetto nella Sala ormai deserta. Tutti erano tornati in camera, o erano nell’Ingresso a discutere di quanto successo… avevano trovato un altro corpo, tutti gli studenti ancora svegli ne stavano parlando. 
 
Gli ospiti erano stati mandati via alla velocità della luce… eccetto per il padre di Alastair Shafiq che aveva voluto vedere il figlio e che stava ancora parlando con Hamilton.
Avevano trattenuto a lungo Jude per chiedergli come e dove lo avesse trovato… e per una volta nessuno aveva fatto domande ad Isabelle Van Acker, anche se quando Sebastian aveva visto il corpo dell’amico le si era avvicinato e l'aveva abbracciata, senza dire niente. 
 
Frankie aveva visto Phoebe Selwyn piangere, così come Faye Cassel… Isabelle no, Isabelle non aveva fiatato ed era rimasta impassibile per tutto il tempo, lo sguardo vitreo come se non fosse successo nulla. 
 
“Steb? Dì qualcosa, per favore.” 
 
Francisca sospirò, sedendosi accanto al ragazzo che teneva gli occhi fissi con ostinazione sul pavimento, senza muoversi di un millimetro o dire qualcosa. Adrianus era rimasto fermo ad osservare il corpo dell'amico morto, con la gola brutalmente mozzata, per qualche minuto prima di rientrare senza dire niente. Francisca, impegnata a discutere con Camila e Mathieu di quanto successo, ci aveva messo qualche minuto a capire che era tornato dentro.
 
“Adrianus… mi dispiace. Davvero. Ma parlami, per favore.” 
 
Francisca sospirò, allungando una mano per metterla su quella del ragazzo che alzò gli occhi di riflesso, voltandosi lentamente verso di lei. 
Francisca sperò che dicesse qualcosa, che le rispondesse… le sarebbero andate bene persino delle lacrime, ma Adrianus restò in silenzio., gli occhi grigi fissi nei suoi.
Si limitò a scostare la mano dalla sua, spostandola per metterla tra i capelli castani di Frankie: si sporse verso di lei e appoggiò le labbra sulle sue, baciandola dolcemente.
 
Quando si staccarono Frankie sbattè le palpebre, chiedendosi se non fosse nel pieno di un’allucinazione… ma poi posò gli occhi su quelli chiarissimi di Adrianus e trovandoli leggermente lucidi smise di pensarci, capendo che aveva davvero bisogno di lei in quel momento.
 
Sospirò e sollevo una mano per accarezzargli i capelli castani prima di abbracciarlo, lasciando che lui appoggiasse la testa contro la sua.
 
“Mi dispiace, Steb… Ma andrà tutto bene, vedrai. Insomma, ci sono sempre io. E non vado proprio da nessuna parte.” 
 
Una lieve risata uscì dalle labbra del ragazzo, che le sorrise prima di prenderle il viso tra le mani, guardandola con gli occhi grigi ancora lucidi:
 
“Ti conviene, Francisca. Non azzardarti a farti ammazzare, ho bisogno di te.” 
 
“Anche io.”

 
                                                                                                                               *



Jude Verrater lasciò che la porta si chiudesse alle sue spalle con uno scatto prima di sbuffare, passandosi una mano tra i capelli prima di sfilarsi la giacca e lasciarla sulla sedia. Si lasciò cadere stancamente sul letto, ricordando di aver passato di rado una serata altrettanto lunga: lo avevano trattenuto per un po' per chiedergli come e dove avesse trovato Alastair.

Il ragazzo era rimasto pressochè impassibile per tutto il tempo, sostenendo di averlo trovato morto e con la gola mozzata proprio davanti alla scuola quando era uscito per prendere un po' d'aria.
Hamilton e il padre di Alastair avrebbero voluto fare domande anche ad Isabelle in effetti, ma sia lui che Phoebe avevano insistito affinchè la lasciassero andare, ancora sotto shock e incapace di parlare di quanto era successo.

Jude sospiro, rigirandosi le maniche della camicia nera sul braccio. Non sapeva neanche perchè avesse mentito, evitando di far finire Isabelle sotto i riflettori, al centro dello scandalo. Avrebbe parlato con lei, su questo non aveva alcun dubbio: voleva capire come l'aveva trovato, se avesse visto qualcosa... perchè era andata al padiglione?

Era rimasto impassibile per tutto il tempo, di fronte ad Isabelle e Phoebe ma anche di fronte alle domande che gli erano state rivolte... ma era umano anche lui, in fin dei conti.
Era sconvolto esattamente quanto gli altri... e forse cominciava a preoccuparsi sul serio per quanto stava succedendo, anche se era restio ad ammetterlo.
Jude abbassò lo sguardo, guardandosi i polsi... e un sorriso amaro gli increspò il volto quando vide quelle lettere luccicare leggermemnte, di una flebulissima luce verdastra.
Il suo nome luccicava leggermente nel buio della stanza, come succedeva sempre quando provava emozioni forti.

Già... era umano anche lui. Forse un po' matto, ma era umano anche lui.

Poteva avere paura anche lui, non era uno stoico.

Ripensò ad Isabelle immobile e stretta tra le braccia di Phoebe... non aveva pianto o detto nulla, eccetto quelle parole sconnesse.
Ripensò alle parole di Phoebe, quando gli aveva detto che secondo lei Isabelle aveva quasi voluto "salutare" lei, Faye e Alastair.

Forse Isabelle pensava che avrebbero ucciso lei e non il suo migliore amico?
Jude sbuffò leggermnete, ricordando quando aveva trovato il ragazzo... lo aveva visto con la gola mozzata, appeso sopra la sua testa. Si chiese quanto dovesse aver spfferto. Si chiese chi e perchè volesse far soffrire tanto anche Isabelle, costringendola a quella vista.

Lo avrebbero interrogato, lo sapeva... presto Hamilton avrebbe voluto fare una bella chiacchierata con lui, ma non era certo preoccupato. Ne aveva affrontate di ben peggiori anche solo da bambino, con la sua famiglia.

Si passò una mano tra i capelli neri, allontanandoli dal viso e scostandoli anche dall'occhio chiaro mentre tornava a guardare le scritte che gli luccicavano sul braccio, marchiate indelebilmente sulla pelle per ricordargli per sempre chi era.
Per ricordargli il peso del cognome che portava... e ciò che significava averlo.
Per ricordargli il significato del suo nome, che non gli aveva lasciato praticamente scelta fin dalla nascita.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
……………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:
 
Dopo quello che, probabilmente, è il capitolo più lungo che io abbia mai scritto eccomi di nuovo… so che non ne potete più ma dovrete sopportarmi per qualche altra riga, temo.
 
Allora, che dire… qualcuno aveva già predetto che in questo capitolo sarebbe successo qualcosa degno di nota, è così è stato. Scusate, è davvero lunghissimo, ma avevo così tante cose da dirvi che proprio non sono riuscita a riassumere il tutto…
 
Mi dispiace tantissimo di aver ucciso Alastair, davvero, ma a quanto pare questo è il destino di questa storia, quindi pace e bene.

Vi metto ora le immagini dei vestiti di alcuni OC:


Adrianus
Image and video hosting by TinyPic
Mathieu
Image and video hosting by TinyPic
Sebastian
Image and video hosting by TinyPic
Phoebe
Image and video hosting by TinyPic
Camila
Image and video hosting by TinyPic
Isabelle
Image and video hosting by TinyPic
Francisca
Image and video hosting by TinyPic
Faye Image and video hosting by TinyPic
 
Credo di essermi dilungata già abbastanza, quindi vi saluto… ci sentiamo in settimana con il seguito! 
 
Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Buon Natale ***


Capitolo 17: Buon Natale 



Camminava con un po’ di fatica, e si chiese perché le dovesse rendere le cose difficili, fin proprio alla fine.
Tacchi, abito lungo e sentiero ghiacciato non erano proprio una bella combinazione… E per questo Isabelle non poté non provare un po’ di sollievo quando vide il Padiglione.

Quasi, certo.
Il sollievo era mischiato alla paura che provava… e al senso di colpa, soprattutto. 
Aveva paura? Si, ma non poi molta.

Pensava però ai suoi amici. A quello che avrebbero sentito dopo… pensò ad Alastair e a quanto doveva averlo fatto soffrire nelle settimane precedenti. 
Le dispiaceva, infinitamente. Non era giusto quello che gli aveva fatto passare.


Isabelle Van Acker raggiunse il padiglione, rabbrividendo leggermente dal freddo mentre si avvicinava ai pochi gradini bianchissimi che la separavano dal struttura circolare, coperta da un tetto a cupola sorretto da delle colonne di marmo in stile ionico. 

Strano. Dov'era? 
Probabilmente voleva prenderla in giro fino alla fine e divertirsi alle sue spalle, facendo una sottospecie di entrata in scena spettacolare.

Salì i gradini con leggera titubanza, guardandosi intorno con attenzione. 
Non aveva neanche la bacchetta con sé… per una volta, voleva mettere da parte la sua determinazione e l'orgoglio. Le aveva perse con il passare delle settimane, lo sapeva: più il tempo passava, più smetteva lentamente di provarci. 

Infondo lo sapeva, l'Epilogo non poteva che essere quello. 

“Fa freddo. Preferirei fare in fretta, se devo essere sincera.” 


Silenzio, vuoto totale. 
Ad occhio sembrava sola… eppure si sentiva quasi osservata. Quella sensazione ormai la perseguitava da un bel po’ di tempo e aveva imparato a convincerci, ma quella sera era diverso: era lì, lo sapeva. Lo aveva visto, ci aveva parlato… davanti a tutti per di più. 

Sbuffò leggermente, chiedendosi all'improvviso perché il fato le avesse riservato proprio quella strada. Perché proprio a lei?

Stava iniziando a prendere in seria considerazione l'idea di andarsene e mandare tutto al diavolo quando qualcosa attirò la sua attenzione: un figlio le fluttuò lentamente davanti agli occhi, fino a scivolare sul pavimento di marmo davanti a lei. 

Con un tuffo al cuore Isabelle si chinò, raccogliendolo mentre improvvisamente smetteva di respirare per un attimo. 
Deglutì a fatica mentre teneva gli occhi verdi incollati alla foto. Quella foto. Che era stata scattata meno di un'ora prima.

Lentamente, la rivoltò. Sperando fino all’ultimo di sbagliarsi.
E invece era lì. 

Stessa scrittura. Stesse parole. Stesso sottile messaggio.

Il fine giustifica i mezzi, diceva Machiavelli. 
Anche i peggiori.

Non seppe bene mai spiegarsene il motivo, ma lo sapeva già. Quando Isabelle alzò lentamente lo sguardo, sapeva già che cosa avrebbe visto… anche se non in quelle condizioni, certo.

Si ritrovò a guardare il suo migliore amico, quello che era stato quasi il fratello che non aveva mai avuto. 
Rimase in silenzio, ancora una volta. 
Si limitò a guardare gli occhi vitrei di Alastair Shafiq che, appeso proprio sopra di lei, fissava il vuoto senza ormai poterlo vedere.


Questo prima di crollare, certo. 


                                                                   *


Venerdì 25 Dicembre 


“Isabelle? Sono io… per favore, aprimi! Non puoi stare chiusa qui dentro fino alla fine delle vacanze!” 

Faye Cassel non smise di bussare neanche per un attimo, quasi sperando che la sua amica le aprisse la porta per sbraitarle contro di smetterla di rompere le palle come avrebbe fatto in qualunque altro momento…
E invece Faye ottenne solo il silenzio come risposta. 

La ragazza sospirò, pensando a Phoebe: prima di partire per andare da suo padre le aveva raccomandato di provare a parlare con Isabelle, che era chiusa in camera sua dalla notte del Ballo… ma Faye ancora non era riuscita a farsi aprire da lei. Aveva provato anche con la magia, ma Isabelle doveva aver sigillato la serratura.

“Ancora niente?” 

Faye si voltò, smettendo di bussare e scuotendo il capo nel trovarsi di fronte suo cugino, che aveva stampata sul volto la sua stessa espressione vagamente cupa.

“Non da segni di vita.” 
“Potremmo sempre sfondarla. Non può stare lì per sempre, Hamilton le vorrà parlare presto.”

“Lo so, ma è testarda come un mulo. Phoebe è partita poco fa, ma do questo passo quando tornerà dovrò ancora riuscire a parlare con Belle. Tu che ci fai qui, comunque?”

Faye inarcò un sopracciglio, osservando il cugino stringersi nelle spalle prima di avvicinarlesi, prendendole la mano e allontanandola dalla porta:

“Volevo vedere se eri riuscita a parlare con lei… ma lasciamola stare, se non vuole vederci. Sai come è fatta, preferisce tenersi sempre tutto dentro.”
“Non le fa bene, però. Tu come stai?” 

Faye sospirò prima di prendere il cugino sottobraccio, appoggiando la testa sulla sua spalla. Nessuno dei due era tornato per le vacanze, come sempre… entrambi preferivano considerare la loro famiglia restringendo il campo all'altro.

“Sono stato meglio. Vorrei parlare con Belle, in effetti, credo che sarebbe tutto più… facile. Voglio capire cosa è successo.”

“Allora devi parlare con Jude, da quello che ho capito lo ha trovato lui.”
“Così ho sentito… ma mi rifiuto di credere che Isabelle non centri nulla Faye, è impossibile anche se Phoebe si ostina a sostenere il contrario. Forse avrei dovuto bere meno quella sera.” 

Sebastian sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli mentre si allontanava lungo il corridoio. Lanciò un’ultima occhiata alla porta chiusa di Isabelle, quasi sperando che si aprisse per poterla vedere… la notte del Ballo l'aveva accompagnata fino alla sua camera ma lei non aveva praticamente aperto bocca per tutto il tempo. 

E da quando quella porta si era chiusa, quella sera, sembrava che non si fosse più aperta.
E Sebastian passava per quel corridoio ogni due ore, sperando che lei gli aprisse… voleva parlare con lei, chiederle come stesse. Perché sapeva che era l'unica che poteva capire come si sentisse in quel momento. 


                                                                      *

Mathieu Leroy ripiegò l'ennesima lettera di auguri che gli era arrivata quella mattina, sorridendo lievemente.
Camila gli chiedeva come stava, lo informava che era tornata in America da appena un giorno e si era già abbuffata di biscotti allo zenzero… e gli assicurava che si sarebbe fatta perdonare di averlo lasciato solo il giorno del suo compleanno. 

Non che fosse arrabbiato, ovviamente. La capiva, era normale che volesse stare un po’ con sua madre e la sua famiglia per Natale e per il suo compleanno… sapeva, del resto, quanto la ragazza fosse legata alla madre.
Non era per la sua assenza che si sentiva solo… forse un po’ gli mancavano i suoi capelli colorati, l'allegria che la sua presenza comportava sempre e il suo sorriso.
N
Ma forse il fantasma che sentiva dietro di lui aveva a che fare con qualcun altro.
Mathieu contorse la mascella, stringendo la lettera che gli era arrivata dall’indirizzo della madre… era stato anche tentato di non aprirla, ma poi si era accorto che come destinatario qualcuno aveva scritto “Matty” con una matita rossa.

E riconoscendo la calligrafia pessima di una bambina che aveva appena imparato a scrivere non era riuscito a non aprirla, sorridendo nel leggere gli auguri e ciò che la sorellina gli raccontava.

La Sala da Pranzo intorno a lui era quasi vuota… moltissimo erano tornati a casa per le feste, dopo il Ballo in particolare diversi studenti che inizialmente avevano deciso di restare si erano affrettati ad avvisare Jefferson del contrario.

Mathieu si guardò intorno, chiedendosi che fine avesse fatto la persona che era sulla bocca di tutti in quei giorni: dov'era Isabelle Van Acker? 

Nessuno l'aveva più vista… ma tutti sapevano che non era tornata a casa per le feste.

Camila era tornata a casa, anche se con gran sollievo del ragazzo sarebbe tornata subito dopo Capodanno per passare una settimana di vacanza insieme… Francisca era partita, e anche Adrianus.

Era così terribilmente strana, la scuola, senza nessuno ad occuparla.
L'edificio, che la prima volta in cui l'aveva visto gli aveva messo addosso abbastanza soggezione, sembrava ancor più tetro. E la scarsissima luce che illuminava la campagna non aiutava di certo,
 
Il francese lanciò un’occhiata alla fetta di torta che non aveva finito, consapevole quanto per lui il fatto fosse inusuale… ma non aveva molta fame, in effetti.
Si alzò, infilandosi le lettere nella tasca dei pantaloni blu della divisa prima di avviarsi verso la porta della Sala senza guardarsi indietro, sapendo esattamente dove andare.

Si, forse si sentiva solo.
Aveva proprio bisogno di fare due chiacchiere con il suo migliore amico.


                                                                          *


Jude Verräter sbuffò leggermente, chiudendosi la porta alle spalle prima di trascinarsi verso il letto, lasciandocisi cadere sopra a peso morto.

Possibile che lo dovessero tormentare anche a Natale? 
Hamilton lo aveva trattenuto parecchio… ma lui aveva continuato a sostenere le stesse cose: era semplicemente uscito a prendere una boccata d'aria e aveva trovato il corpo di Alastair Shafiq nel piazzale, sanguinante e con la gola mozzata. Un omicidio che avevano definito Babbano… ma tutti sapevano che non poteva certo essere stato uno di loro.

No, era la medesima persona delle altre volte. E Jude si era quasi ritrovato a sorridere, suo malgrado: il padre di Alastair faceva parte del Consiglio, come quello di Jackson. Solo che questa volta non avevano potuto addossare la colpa su Etienne Lacroix.  

In effetti il ragazzo si stava chiedendo che cosa si sarebbero inventati per insabbiare l’accaduto, questa volta. 
Ancora una volta, girandosi sul fianco e stringendo leggermente il cuscino, Jude si chiese perché lo avesse fatto.

Insomma, per una volta in cui davvero non centrava un fico secco era andato a mettersi i piedi nella fossa da solo.
Molto furbo.
Non sapeva se suo padre gli avrebbe fatto i complimenti per la cavalleria o se gli avrebbe dato dell’idiota.


Eppure, proprio non era riuscito a lasciare che tutto accadesse davanti ai suoi occhi… 
Jude trattenne uno sbadiglio, chiedendosi da quanti giorni non dormiva seriamente… da prima del Ballo, visto che la notte stessa non aveva chiuso occhio, praticamente.

E come avrebbe potuto. Aveva ancora tutte quelle immagini stampate nella mente.


“Diffindo.”

La corda che teneva Alastair legato per le gambe era stata mozzata da un pigro colpo di bacchetta, e Jude aveva fatto planare lentamente il corpo fino a lasciarlo fluttuare a mezz'aria, orizzontalmente. 

Incapace di guardarlo in quelle condizioni Jude gli aveva chiuso le palpebre prima di voltarsi verso Isabelle. Era ancora seduta sul gradino, immobile. In silenzio e pallida quasi quanto il suo migliore amico.

“Isabelle?”

Jude mosse qualche passo verso di lei, parlando con il tono più gentile che riuscì a trovare… ma lei ancora non si mosse, tenendo gli occhi verdi sulla foto che teneva in mano.

“Isabelle… andiamo.” 

Aveva allungato una mano e le aveva sfiorato una spalla, facendola sobbalzare. Jude sospirò, ripetendosi di mantenere la calma… almeno uno dei due doveva farlo.

“Isabelle. Non preoccuparti, andrà tutto bene. Vieni con me.” 

La ragazza aveva alzato gli occhi su di lui, puntando le iridi verdi sul volto del ragazzo prima di sollevare una mano, stringendo delicatamente quella che Jude le porgeva.

“Non sei sempre una testa di rapa, allora.” 

Isabelle non rispose, cosa alquanto strana… e Jude si chiese sinceramente se stesse bene o se sarebbe svenuta da un momento all'altro mentre camminava lentamente accanto a lui, lo sguardo basso e tenendo ancora la foto in mano, stringendola quasi convulsamente.

Come qualcosa a cui aggrapparsi. 
Il tutto mentre Alastair Shafiq li seguiva, ormai incapace di vederli.



Jude si costrinse ad aprire gli occhi, sospirando e dicendosi che non aveva tempo per dormire… no, doveva riflettere. Era Natale, in effetti… ma aveva la sensazione che quell'anno alla Cimmeria nessuno ci stesse facendo molto caso. Tantomeno una ragazza che non vedeva da quando, qualche giorno prima, si era allontanata insieme a Sebastian Ryle, silenziosa e pallida, sembrando quasi in trance. 
E il vestito bianco che Isabelle aveva indossato al Ballo aveva solo contribuito a farla sembrare quasi un fantasma ai suoi occhi, mentre si allontanava.


Già, Isabelle.
Chissà come stava…


                                                                       *


Era seduta sulla sedia, come sempre.
Gli occhi fissi sulla finestra, osservando il panorama. 
Il parco della Cimmeria, la campagna circostante… tutto bianco, tutto coperto di neve.

Isabelle amava la neve, da bambina. Giocava, faceva pupazzi di neve insieme alla madre… una volta si era stesa e aveva anche fatto un angelo, ridacchiando.
Quando Alastair andava a trovarla, giocavano a nascondino fuori casa. E facevano a palle di neve… e lei si arrabbiava, quando perdeva. Isabelle odiava perdere.

Gli metteva il broncio e incrociava le braccia al petto… e Alastair rideva, dicendo che era permalosa mentre le si avvicinava, abbracciandola con il viso coperto a metà dalla sciarpa e un paio di guanti a proteggergli le piccole mani.

Isabelle amava la neve, anche a 18 anni. Amava il Natale. E amava il bianco nelle sue sfumature.
Ma quando chiudeva gli occhi, il bianco riempiva la visuale della ragazza… vedeva il pavimento immacolato e bianco del padiglione, i gradini e le colonne…
Vedeva la neve circondarla mentre, incapace di stare in piedi, si sedeva e dava le spalle al corpo del suo amico senza fare nulla per staccarlo dal soffitto… forse illudendosi che senza guardarlo sarebbe sparito da solo.

“Isabelle?” 

Aveva un ricordo confuso di quei momenti, in effetti. E non aveva idea di quanto tempo avesse passato da sola al Padiglione… capendo che non sarebbe morta. Non quella sera, almeno.

Bianco. Come i vestiti di Jude che le si era avvicinato, sfilandosi il mantello per darlo a lei, coprendole la schiena lasciata completamente nuda dal vestito. 

Ripensando a quel momenti vedeva un mucchio di bianco. 

Isabelle Van Acker si mosse leggermente, inarcando la schiena in avanti per staccarsi dallo schienale rigido della sedia e potendo così infilarsi la giacca che teneva stretta in mano da ore.
Una giacca di pelle marrone, dall'interno foderato e il colletto bianco… la giacca di Alastair.

Glie l'aveva lasciata quella sera, sul tetto, l'ultima che avevano passato lì insieme… Isabelle non glie l'aveva mai restituita. 
Ma a rigor di logica era felice di non averlo fatto.

Aveva le gambe accavallate, il vestito sfiorava il pavimento. Si, il vestito. Non se l'era ancora tolto… i tacchi erano abbandonati in un angolo della stanza e la tiara d'argento era sulla scrivania. Non era rimasto praticamente nulla della sua bella acconciatura e i capelli castani erano abbandonati sulla sua schiena, ancora leggermente boccolati.

Ma non si era ancora tolta il vestito… non sapeva perché di preciso. In effetti non aveva voglia di fare niente, nemmeno di pensare.
Si alzò per la prima volta da ore, non chiedendosi neanche che giorno fosse… era il 24? O il 25? 
Aveva importanza, alla fin fine? 

Forse non tanto.

Si avvicinò alla finestra, aprendola… e respirò finalmente l'aria fredda di fine Dicembre prima di issarsi sulla scrivania e arrampicarsi sulla finestra, i piedi nudi contro il cemento gelido.

In fin dei conti, aveva voglia di fare due passi… a modo suo, certo.


                                                                     *



Stava attraversando il corridoio per andare alla Guferia e chiedere alla sua dolce amica, Atropo, di mandare una lettera a suo padre quando si fermò di colpo: un rumore aveva attirato la sua attenzione.
Abbastanza lieve in effetti, ma aveva un udito abbastanza fine e riuscì a sentirlo comunque… E la provenienza del rumore non poté lasciarlo indifferente: la stanza di Alastair Shafiq… dove nessuno era più entrato da quando un paio di giorni prima suo padre aveva fatto portare via tutte le sue cose.

A quanto sembrava però qualcuno aveva appena fatto “irruzione” nella stanza… e Jude era troppo curioso per passare oltre la porta.
Così si avvicinò lentamente, mettendo una mano sulla maniglia d’ottone. Esitò, chiedendosi che cosa avrebbe visto o trovato… ma poi girò la maniglia e l’aprí, rimanendo semplicemente di stucco di fronte a quello che vide:

“Che cosa… che cosa ci fai qui?” 

Jude esitò sulla soglia, indeciso sul da farsi per un istante prima di affrettarsi a chiudere la porta, entrando nella stanza: probabilmente nessuno dei due avrebbe dovuto entrare lì dentro, ma dettagli insignificanti.

Isabelle Van Acker non diede subito segno di averlo sentito e Jude si avvicinò lentamente al letto, temendo quasi che potesse esplodere se le si fosse avvicinato troppo.
Stava lì, stesa sul letto freddo e vuoto, senza scarpe e raggomitolata su se stessa… con addosso il vestito del Ballo e una giacca decisamente troppo grande per essere sua.

Fece per chiederle come fosse entrata… ma gli occhi di Jude vennero attratti dalla finestra spalancata come da una calamita, e sbuffando il ragazzo si affrettò a richiuderla:

“Morire congelati non è una bella fine, sai?”
“Neanche morire sgozzati se è per questo.”

La voce di Isabelle risultó vagamente strana alle sue orecchie: non la sentiva da qualche giorno, ma non sembrava la sua solita voce… vagamente bassa e roca, come di chi non ha parlato a lungo.

Incapace di replicare alla gelida constatazione della ragazza Jude prese la sedia vuota e la sistemò accanto al letto, sedendocisi sopra per osservarla attentamente.
No, non stava bene.
Insomma, il fatto che indossasse ancora quel vestito era un chiaro segno.

Tra i due calò il silenzio per qualche minuto, mentre Isabelle continuava a tenere lo sguardo fisso davanti a se, senza dar segno di accorgersi della sua presenza… ma poi Jude si schiarì la voce, parlando e rompendo il silenzio:

“Beh… Buon Natale, Isabelle.”

“È Natale? Davvero? Beh… auguri.”

“Perché sei qui?”
“Mi piace questa camera… vengo qui da anni quando ho qualche pensiero. Stare con Alastair mandava via i problemi.” 

Un debole sorriso, una specie di smorfia, incrinó le labbra carnose della ragazza… e Jude si chiese come fosse. Com'era perdere la persona che si amava di più? 
Lui aveva perso sua madre, certo. Ma non aveva avuto tempo di affezionarcisi, dopotutto.


“Isabelle… non sono uno psicologo, ma credo che dovresti… toglierti il vestito. Quella giacca è sua?” 
La ragazza annuì senza dire nulla, limitandosi a mettersi seduta sul letto. Si strinse nella giacca calda e impressa del profumo di Alastair prima di puntare gli occhi sul ragazzo per la prima volta da quella sera, da quando l'aveva trovata al Padiglione. 
Isabelle era piuttosto espressiva, e spesso i suoi occhi verdi erano carichi di ironia, sarcasmo… divertimento, irritazione. 

Ma quel giorno il nulla. Lo guardava quasi come se non lo stesse neanche vedendo.
Si limitarono a guardarsi per qualche minuto, finché non fu proprio lei a rompere il silenzio, questa volta:

“Hai detto di aver trovato tu il corpo?”
“Sì.”
“Perché?”
“Non lo so. Forse non volevo farti finire sotto i riflettori, visto il momento che stai passando.”
“Non sei tu quello che non fa mai niente per niente?”
“Naturale.”
“E allora temo di doverti dire che ti stai rammollendo Jude.”

Isabelle si accigliò leggermente e, nonostante tutto, le sue parole e il tono piatto lo fecero sorridere appena, lieto di rivederla almeno in piccola parte.

“Non illuderti… il mio è solo buonismo natalizio.”

Isabelle annuì leggermente, abbassando lo sguardo e puntando le iridi verdi sul pavimento della stanza, perdendosi di nuovo tra gli innumerevoli ricordi che aveva di quella stanza, di Alastair che le sorrideva e che l’abbracciava.

Dicendole che qualunque cosa fosse, alla fine avrebbero risolto tutto.

Anche Jude non aggiunse altro, limitandosi ad osservarla… e all’improvviso si ricordò di una cosa. Ripensò per un attimo a quando Jackson era morto, a quando per poco aveva davvero pensato che potesse esserci Isabelle dietro a quella storia… ripensò a quando aveva almeno provato a consolarla, dandole qualche pacca sulla spalla.

Quasi sorrise per la sua tipica incapacità di avere contatti fisici con le persone… li concedeva ben di rado, in effetti.
Eppure c'erano quei momenti… quelli in cui, ogni tanto, Jude Verräter ricordava di essere umano. Di provare sentimenti, emozioni come tutti gli altri. Momenti in cui si ricordava che, come disse Aristotele, l'uomo è un animale sociale.

L'uomo ha bisogno degli altri, sempre e comunque. Solo una personalità disturbata può non sentire il bisogno del calore che i nostri simili sono in grado di trasmetterci.

Lui era una personalità disturbata? Forse sì, in effetti. Ad Hogwarts lo chiamavano “il Folle”… si, forse non era del tutto normale. 
Ma neanche del tutto disturbato, visto che ogni tanto sentiva anche lui bisogno di calore, quello che solo un'altra persona è in grado di darti.

Quasi senza riflettere Jude si alzò dalla sedia per sedersi sul letto, di fianco a lei. 
Forse l'avrebbe Schiantato, ma era abbastanza sicuro che non avesse con sé la bacchetta… al limite sarebbe finito in Infermeria, ma poco male, aveva sopportato di peggio in passato.

Con leggera titubanza sollevò le braccia e le strinse lentamente sulle spalle di Isabelle, facendole appoggiare la testa sulla sua spalla. 
Isabelle non disse niente per un attimo, accigliandosi leggermente di fronte a quel gesto che, decisamente, non avrebbe mai potuto prevedere.

Nella stanza di Alastair Shafiq calò il silenzio per qualche minuto, mentre Jude teneva gli occhi fissi sul muro di fronte a lui, una mano appoggiata sulla nuca della ragazza e chiedendosi perché lo stesse facendo… finché Isabelle Van Acker non parlò con, per la prima volta dopo giorni, una specie di sorriso dipinto sul volto:

“Scusa Jude. Ma devo dirtelo, ti stai rammollendo.”
“Giammai Van Acker, giammai.”

Jude si schiarì leggermente la voce, mollando quasi frettolosamente la presa sulle spalle della ragazza e rimettendosi seduto davanti a lei, ricostruendo quel muro che aveva creato mattone dopo mattone nei suoi 18 anni di vita… e prima che potesse rendersene conto ritornò lo stesso Jude di sempre, quello curioso che si faceva gli affari di tutti, che doveva sempre tenere tutto sotto controllo… quello diffidente che evitava i contatti con gran parte del resto del mondo.

“Senti, Isabelle. Ti ho aiutato, mi sono preso la responsabilità… ma devi dirmi perché eri al Padiglione. E soprattutto, voglio sapere perché eri convinta di dover morire.”

“Come…”

“Me lo ha detto Phoebe, mi ha detto lei che eri sparita… quell'uomo ti ha fatto credere che ti avrebbe ucciso alla fine della festa, Isabelle? Spiegherebbe il tuo strano comportamento. E invece ha fatto qualcosa di ancora peggio, vero? Ha ucciso la persona che ami di più. Mi dispiace, davvero, ma a questo punto non credi che dovresti dirmi che cosa sta succedendo?” 

Isabelle sospirò, giocherellando con un lembo del vestito mentre era ancora seduta sul letto a gambe incrociate, chiedendosi se il compagno non avesse ragione. 
D'altra parte però, non voleva mettere nessun altro nei guai… erano già morte quattro persone per colpa sua, dopotutto. 

“Mi hanno fatto capire di andare al Padiglione… credevo che avrebbero ucciso me perché non sono molto… contenti. Ma a quanto sembra volevano farmi soffrire di più rispetto ad uccidermi, così hanno colpito Al… mi dispiace solo che abbia sofferto tanto.”

“Perché non sono contenti? Che cosa vogliono da te?” 

Jude sbuffò, sporgendosi leggermente verso la ragazza e parlando senza staccarle gli occhi di dosso, anche se quello chiarissimo che vedeva bene alla luce era come sempre coperto dai capelli nerissimi del ragazzo. Era stanco di non sapere, odiava non sapere. Quella situazione si faceva sempre più strana, intricata… a lui piacevano moltissimo gli intrighi, ma solo quando era lui a muoverne i fili. 


“Devo fare una cosa, Jude. E non credo che questa storia finirà finché non avranno ciò che vogliono.” 


                                                                               *


“Lo sai, non amo questo giorno… ma devo dirtelo, senza di te è ancora peggio.” 

Mathieu abbozzò un sorriso tetro mentre osservava la lastra dedicata al suo migliore amico, Etienne Lacroix. Ironico, visto che un mucchio di persone lo stavano erroneamente passare per un assassino.

“So anche che cosa diresti ora, se fossi chi… “Mat, stai diventando sentimentale!” … forse state qui da solo non mi fa bene. Ma Frankie, Camila e Steb sono tornati a casa perciò… siamo solo noi due, Et.” 

Un sorriso tetro gli incurvò le labbra, pensando a tutti i compleanni che avevano passato insieme. Per un attimo il ragazzo si chiese come stesse la sua famiglia, come fosse passare il primo Natale senza un figlio… non voleva neanche pensarci. 

“Si, beh, spero che tu possa sentirmi ET… Buon Natale, ovunque tu sia.”


                                                                                 *


“Tu non vieni?” 

Jude inarcò un sopracciglio, fermo sulla porta e tenendo la mano stretta sulla maniglia. Isabelle, ancora seduta sul letto con il capo chino, si strinse nelle spalle prima di parlare con lo stesso tono neutro e piatto che aveva usato per tutta la conversazione:

“Credo che resterò qui per un po’.”

Jude fece per uscire e lasciarla sola, capendo che non gli avrebbe detto nient’altro di utile oltre a quel porco che era riuscito a carpirle… ma sentendosi chiamare flebilmente si voltò di nuovo, trovandosi gli occhi di Isabelle puntati addosso:

“Si?”
“Grazie. Per… quello che hai fatto.”
“Te l'ho detto Van Acker, buonismo natalizio. Ti farò avere il conto, non preoccuparti.”


Jude sfoggiò il suo sorriso obliquo prima di uscire dalla stanza, lasciando Isabelle di nuovo sola… e solo quando la porta si fu chiusa alle spalle del ragazzo si lasciò cadere sul materasso, stringendo convulsamente il cuscino prima di parlare con un filo di voce:

“Sai dove trovarmi, se sarò ancora in circolazione.”


                                                                                     *


Era tremendamente strano pensare che fosse Natale. 
Da quando era alla Cimmeria non lo festeggiava poi molto passandolo sempre a scuola, con sua cugina… ma di solito aveva Jackson, e anche Alastair. Quell'anno invece le cose erano cambiate, e anche se gli costava ammetterlo Sebastian Ryle si sentiva solo.

Vagava quasi senza una meta precisa, chiedendosi se Isabelle si sentisse come lui… con la sensazione che nessun altro potesse capirlo.
Inutile dire lo stupore del ragazzo quando si fermò nel bel mezzo del corridoio, osservando nientemeno che quella stessa ragazza camminare con un passo leggero e silenzioso dato dall’assenza di scarpe.

In un primo momento si chiese che cosa ci facesse lì… poi catalizzò la sua attenzione sull’abbigliamento a dir poco strano nella ragazza, notando che indossava ancora il vestito bianco del Ballo… con sopra la giacca di Alastair. 

"Isabelle?” 

La vide bloccarsi, smettendo di camminare prima di voltarsi verso di lui… rimase impassibile mentre Sebastian le si avvicinava, a si maledisse per essersi lasciata convincere da Jude a non tornare in camera sua usando i tetti, ma “i corridoi come i comuni mortali, Van Acker”. 

“Come… come stai? Faye e Phoebe sono molto preoccupate.”
“Mi dispiace, avevo bisogno di stare da sola… e forse ce l'ho ancora. Sono andata un attimo in camera sua.”

Isabelle si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo ed evitando accuratamente il contatto visivo con il ragazzo, che annuì leggermente prima di parlare di nuovo, allungando una mano per sistemarle una ciocca di capelli castani.
Pallida e visibilmente stanca, con il vestito addosso e i capelli sciolti gli era sembrata quasi un fantasma… molto attraente, certo ma pur sempre un fantasma.

“Non hai risposto alla mia domanda… come stai?”
“Ho avuto giorni migliori. Tu come stai Bas?”

“È difficile anche per me Belle… vuoi parlarne?”
“No.”

Isabelle non batté ciglio, rispondendo senza alcuna esitazione e con un tono perfettamente neutro che lo fece sospirare, guardandola quasi con esasperazione:

“Isabelle. So quanto fosse importante per te… non puoi fare finta di niente. Il dolore non passa da solo, ignorandolo e basta.”
“Se non altro posso provarci.”  Isabelle fece per superarlo ma Sebastian parlò di nuovo, seguendola con lo sguardo e facendola bloccare di colpo con le sue parole: 

“Non è il modo giusto Belle… ti prego. Parla con me, o con chiunque altro. Fai quello che non hai fatto con Alastair per mesi, ossia essere sincera.”

Una lieve sensazione di soddisfazione lo invase quando la vide fermarsi, e sapendo di avere la sua attenzione riprese a parlare, tirando finalmente fuori quello che provava e pensava da quando Al era morto: 

“So che tendi spesso a non chiedere aiuto a nessuno, a tenerti sempre tutto dentro. So che soffri Isabelle, ma non essere egoista, non sei l'unica. Manca anche a me. E mi mancherà.”

“Non sono egoista. So benissimo che gli volevi bene Sebastian.”

Isabelle contrasse leggermente la mascella prima di voltarsi verso il ragazzo, osservandolo con gli occhi verdi carichi di irritazione… ma almeno, finalmente, esprimevano qualcosa. 

“Io credo che tu lo sia. Non so perché hai continuato a comportarti in quel modo con lui per mesi… ma lo hai fatto soffrire molto. Metti da parte l'orgoglio, per una volta, e sii sincera almeno con te stessa. Sai di essere stata ingiusta con lui, sei intelligente.”

“Credimi, non ho bisogno che tu me lo dica… lo so, ho sbagliato. Ma se non gli parlavo, è perché pensavo fosse meglio per lui, non per me. E comunque Sebastian, non sono affari tuoi quello che mi passa per la testa.”

La ragazza si voltò di nuovo e fece per allontanarsi per tornare nella sua camera, ma Sebastian la chiamò:

“Isabelle? So che sta succedendo qualcosa… Etienne Lacroix non ha ucciso proprio nessuno. Perché Alastair è morto?”
“Stanne fuori Bas, se non vuoi fare la stessa fine dei tuoi amici. Ti basti sapere che Al è morto perché ci sto mettendo troppo.”


“A fare cosa?”

Sebastian però non ottenne mai quella risposta: non fece neanche in tempo a pronunciare quella domanda che Isabelle era già sparita dal suo campo visivo, allontanandosi e chiedendosi perché non riuscisse a soffrire in santa pace, in silenzio.
Possibile che tutti fossero così dannatamente curiosi, pronti a farle domande?

“Te l'ho detto, stanne fuori… ma Buon Natale Bas.” 














……………………………………................................................
Angolo Autrice: 

Buonasera! Lo so, non mi aspettavate così presto… ma, sarà stata la magia del Ballo, siete state velocissime a recensire e così pouf, eccomi qui.
È stato un capitolo di Natale un po’ particolare, me ne rendo conto… ma visto quello che era successo nel capitolo precedente non potevo fare altrimenti.

Detto ciò, ci sentiamo nel weekend con il seguito… a presto! 

Signorina Granger 




                                                                           

                                                             

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Provare a rialzarsi ***


Capitolo 18: Provare a rialzarsi

 

Sabato 2 Gennaio

 

Mathieu Leroy era seduto sui gradini gelati davanti all’ingresso, gli occhi fissi sul viale di ghiaia, quasi in attesa.

Teneva i gomiti appoggiati sulle gambe e la mani coperte dai guanti intrecciate tra di loro, la schiena piegata leggermente in avanti.

 

Faceva piuttosto freddo, molto più rispetto a Beauxbatons… moriva dalla voglia di andare dentro e fare merenda con una tazza extra large di cioccolata calda, ma si era ripromesso di aspettarla fuori e così avrebbe fatto.

 

Le labbra del ragazzo si incurvarono istintivamente in un sorriso quando scorse la figura assolutamente inconfondibile di Camila, i capelli tinti ancora come al Ballo. Non indossava la divisa, e Mathieu si rese conto di non averla quasi mai vista senza… forse solo al primo giorno, ma all’ora non ci aveva fatto pii molto caso.

 

Camila era… beh, colorata. Una vera e propria esplosione di colori che esprimeva quel carattere spumeggiante, particolare che forse le riusciva difficile manifestare appieno. Quello che le sue parole non dicevano, lo facevano i suoi vestiti e i suoi capelli.

 

“Mat! Ciao!”

 

Camila sorrise a sua volta mentre il francese si alzava per andarle incontro, sorridendole mentre infilava le mani nelle tasche del cappotto blu… ma dovette tirarle fuori per forza quando Camila gli trotterellò incontro e quasi gli planò in braccio, ricambiando la stretta.

 

“Buon compleanno ancora… mi dispiace di non esserci stata. Ma sono tornata in anticipo, così nel weekend potrò romperti le scatole.”

L’americana sfoggiò un sorriso allegro e Mathieu sospirò, sfoggiando un’espressione quasi sofferta:

 

“Che strazio. Devo passare i prossimi due giorni a sopportarti.”

“Si, mi spiace. Dai, aiutami con le valige!”

 

“Ma sbaglio o non avevi COSI’ tanta roba quando sei partita?”

Mathieu inarcò un sopracciglio, scoccando un’occhiata quasi perplessa ai bagagli dell’amica… c’era una borsa in più in effetti, che Camila prese sorridendo:

 

“Può essere. Io porto sempre un mucchio di regali, cosa pensavi? E buon anno, comunque! Dai, andiamo dentro, ho freddo.”

“Buon anno anche a te. Io ho fame, comunque… portiamo la tua roba al Dormitorio e poi andiamo a fare merenda.”

                                    

                                                                                    *

 

Era tornata, quindi.

Phoebe era in piedi accanto alla finestra della camera di Faye, smettendo per un attimo di ascoltarla.

Osservò sua sorella sorridere e abbracciare Mathieu prima di prenderlo sottobraccio e avvicinarsi insieme a lui alla porta d’ingresso della scuola.

Non l’aveva più vista dalla Vigilia di Natale, in effetti: Camila era partita prima di pranzo e aveva passato circa mezza giornata con il padre prima di andare in America e passare Natale e Capodanno con la famiglia della madre. Lei invece era stata via solo il 25, ma ne avrebbe fatto volentieri a meno… suo padre però insisteva sempre, voleva che ci fosse alla cena che organizzava sempre. Forse più per usarla come bambolina da sfoggiare che per altro, in effetti…

 

Lei e il padre non avevano parlato di Camila, ma si chiese come avessero passato LORO il tempo insieme. Si era resa conto di non averli praticamente mai visti insieme, chissà come sarebbe stato il loro rapporto.

Forse un po’ distaccato, visto che conoscendo suo padre era difficile che accettasse completamente l’aspetto e il carattere un po’ stravagante della figlia.

 

“Phoebs? Cosa stai guardando?”  

“Niente.”

La voce di Faye la riportò improvvisamente alla realtà, voltandosi verso l’amica e facendo un passo indietro al contempo, allontanandosi leggermente dalla finestra.

Faye inarcò un sopracciglio, come a volerle chiedere che cosa avesse… era tutto già abbastanza complicato, senza che anche lei cominciasse a fare l’evasiva.

 

“C’è qualcosa che non va?”

“No. Ho solo visto Camila, stavo pensando a come avrà passato le vacanze, tutto qui. Continua, ti ascolto.”

Faye esitò ma decise di ascoltarla, riprendendo a parlare mentre l’amica prendeva nuovamente posto davanti a lei, sulla poltroncina color polvere.

 

“Ok… Mi chiedevo solo se a te ha detto qualcosa.”

“No. In effetti l’ho vista appena da quando sono tornata… a volte non è nemmeno in camera sua. Ma non riesco mai a trovarla, quando sparisce.”

“Mio cugino ha detto di averla vista nel Dormitorio maschile un paio di volte… forse va in camera di Al.”

 

Phoebe sbuffò debolmente, ricordando quando era tornata a scuola, il 26: era subito andata a cercare Isabelle per vedere come stesse, e quando non l’aveva trovata in camera sua le era quasi preso il panico seduta stante… e trovare la finestra aperta non aveva certo contribuito.

Quando era andata a cercare Bas, lui si era limitato a guidarla verso la camera di Alastair… e quando il ragazzo aveva aperto la porta Phoebe aveva visto la sua migliore amica seduta sul letto ormai senza coperte, accucciata sul materasso candido e lo sguardo fisso sul muro.

 

“Belle…”

“Oh, ciao Bibi. Passato un bel Natale?”

 

Il tono piatto, il volto inespressivo… pura apatia. Si era voltata verso Bas e lui si era limitato a scuotere debolmente il capo prima che la ragazza si avvicinasse all’amica, chiedendole di tornare in camera sua.

E magari di togliersi finalmente quel vestito bianco.

 

“Sono… preoccupata anche io. Insomma, Alastair diceva che era diversa quest’anno, e aveva ragione. Ma se la vedesse ora… la guardo e non la vedo neanche. E sembra che nemmeno lei ci veda.”

“Lo so, Bas dice che a Natale l’ha incrociata in corridoio e sembrava quasi in trance… dici che le passerà? Vorrei starle vicino, davvero, ma non me lo permette. Non lo permette a nessuno.”

 

“Hamilton voleva parlarle stamattina… spero solo che si presenti nel suo ufficio e la smetta di giocare a nascondino. Per il suo bene.”

Phoebe si voltò di nuovo verso la finestra, ripensando alla notte del Ballo, quando aveva visto Isabelle insieme a Jude e al copro di Alastair. Probabilmente non avrebbe mai scordato quell’immagine.

 

Jude aveva sostenuto di aver trovato il corpo fuori dalla porta. E lei aveva confermato la sua teoria. Non aveva ancora capito del tutto perché lo stesse facendo, perché stesse aiutando Isabelle…

Ma si parlava pur sempre di Jude Verräter. Probabilmente avrebbe richiesto qualcosa in cambio.

 

                                                                             *

 

Si chiuse la porta alle spalle e si avvicinò al suo letto, lasciandocisi cadere sopra.

Era appena stata da Hamilton… e non era stato né facile, né piacevole.

 

“Isabelle… so che stai passando un brutto momento, per questo abbiamo aspettato per parlare con te. Ma vorremmo chiederti se Alastair ti era sembrato strano, quella sera. Era preoccupato?”

Si era dovuta trattenere affinché una risata nervosa non la scuotesse.

Oh, no. Era stata lei quella strana. Lei quella preoccupata, ma ovviamente non dovevano o potevano saperlo.

 

“No. Era come sempre… tranquillo.”

“Quando l’hai visto l’ultima volta?”

 

Era morto, appeso a testa in giù nel Padiglione.

Ma ovviamente non poteva dire nemmeno quello, non dopo il teatro che aveva costruito Jude.

 

“Quando ci hanno fotografati insieme… poi io sono tornata nella Sala delle feste. E non l’ho più visto da quel momento.”

 

Continuava a torturarsi le mani quasi in un tic nervoso, e tremava leggermente. Era scossa dai tremori da giorni, ma si rifiutava di andare in Infermeria e di prendere qualcosa…. Phoebe insisteva perché prendesse qualcosa per dormire, ma lei non voleva dormire.

Non faceva altro che vederlo quando chiudevo gli occhi.

 

Non aveva più ricevuto visite o biglietti, non dà dopo il Ballo… ma anche lei aveva smesso di fare qualunque cosa. Non ci provava, non ci pensava, non cercava neanche. Tutti i suoi pensieri erano rivolti al suo migliore amico e a quanto si sentisse in colpa… anche se c’era anche una buona dose di rabbia che, lo sapeva, sarebbe straripata nel momento in cui avrebbe avuto davanti chi glie l’aveva portato via.

 

Isabelle guardò i disegni abbandonati sulla scrivania, i fogli che non toccava da giorni… amava disegnare da sempre, ma non aveva voglia di farlo. Non sapeva nemmeno cosa rappresentare, l’unica immagine che aveva in testa era Alastair.

 

Si alzò lentamente e si avvicinò alla scrivania, raccogliendo i fogli che raffiguravano Jackson, la Cappella e tutti quelli che aveva fatto nell’ultimo periodo.

Li staccò con un gesto secco e brusco dall’album e poi aprì la finestra con quelli in mano, saltando fuori dalla sua camera come aveva fatto milioni di volte… solo che non l’avrebbe più fatto per andare da Alastair, purtroppo lo sapeva.

E faceva un po’ male, anche se non osava ammetterlo.

 

                                                                               *

 

“Ehy… Come è andata?”

Faye sorrise, facendo cenno a Sebastian di sedersi accanto a lei, su uno dei divanetti in Sala Comune.

 

Il ragazzo si strinse nelle spalle prima di avvicinarsi alla cugina, posando gli occhi sul camino acceso che illuminava leggermente l’ampia stanza circolare.

 

“Niente di rilevante. Ho detto la verità, e non hanno insistito oltre… penso abbiano capito che io non ne so niente.”

“E la cosa non ti piace.”

 

No, Faye aveva ragione. Non gli piaceva proprio per niente… Aveva parlato con Jude, era sicuro che ci fosse qualcos’altro sotto, che Isabelle fosse più coinvolta di quanto non avessero sostenuto lui e Phoebe.

Non poteva essere rimasta tanto sconvolta solo per la notizia della morte di Al… doveva aver visto qualcosa di più, il suo profondo stato di shock l’aveva colpito parecchio. E qualcosa gli diceva che non stava ancora poi molto bene.

 

“No, non mi piace. Era il mio migliore amico, non sopporto di non saperne niente… e anche per Jax. Insomma, ora non possono più dire che era stato Etienne Lacroix, no? Vorrei solo che Belle mi parlasse.”

Il tono cupo del cugino fece sorridere leggermente la ragazza, che appoggiò la testa sulla sua spalla prima di parlare:

 

“Lo so…  Lo farà, vedrai. Non parla nemmeno con me e Phoebe, diamole tempo. E’ molto orgogliosa e riservata, non è tipo da andarsene in giro e fare la povera martire in modo plateale. Si tiene sempre tutto dentro. Tu invece cuginetto, come stai?”

Sebastian non rispose, limitandosi ad osservare il fuoco prima di appoggiare a sua volta il capo contro quello della cugina, parlando a bassa voce e con tono piatto:

 

“Non lo so. Sai, devo ancora realizzare appieno che se n’è andato. Sono convinto di vederlo entrare da un momento all’altro, come se fosse solo tornato a casa per le vacanze.”

“E’ strano, pensare di non vederlo più. So che è difficile per te, hai perso sia Jackson che Alastair… ma guarda il lato positivo, hai sempre la tua splendida cugina!”

 

“Ora sì che sono sollevato…”

“Ma piantala, so che mi vuoi tremendamente bene! Sono la tua famiglia, non negarlo. E sappi che tutta la scuola è sconvolta, da dopo al Ballo… sia per Al, sia perché non ti hanno più visto insieme a nessuna ragazza.”

 

Sebastian sbuffò, roteando gli occhi mentre Faye invece sorrideva, guardandolo con sincero affetto, come a volergli dire a modo suo che era quasi fiera di lui.

 

“Ho ben altro a cui pensare, adesso.”

“Lo immagino. E poi sei impegnato a sprizzare cuoricini da tutte le parti per una certa persona…”

“Ti ho detto di finirla Faye Cassel, altrimenti ti… defenestro!”

 

“Provaci e ti atterro in un attimo, Ryle.”

 

                                                                         *

 

Isabelle respirò profondamente prima di mettersi in piedi sul cornicione, tenendo i disegni stretti in mano.

Abbassò lo sguardo sui fogli, osservandoli per un attimo prima di puntare di nuovo gli occhi sulla tenuta davanti a lei.

 

Faceva piuttosto freddo, moriva dalla voglia di tornare dentro… così decise di non indugiare e di fare in fretta, strappando i fogli che teneva in mano con movimento secchi e decisi.

Deglutì, mentre l’aria fredda le muoveva i capelli castani intorno al viso e guardava i suoi disegni diventare solo frammenti di carta spessa.

 

Era stata su quella parte del tetto decine di volte… circa due settimane prima lei e Alastair avevano discusso proprio lì.

Isabelle esitò, ma poi allungò le mani che stringevano i pezzi di carta e lentamente allentò la presa, lasciando che le scivolassero dalle dita.

 

Riportò lentamente le braccia distese lungo i fianchi e sospirò mentre guardava i frammenti di carta disperdersi prima di lanciare un’occhiata proprio sotto di lei.

Una sensazione di vertigini la colpì alla testa, facendogliela girare leggermente e portandola a fare un passo indietro, scivolando dal cornicione.

Isabelle rabbrividì, incrociando le braccia al petto prima di fare un altro passo indietro e allontanarsi ancora di più dal cornicione.

 

Perché?

Si sfiorò una guancia con le dite, quasi sperando di non essersi accorta di aver iniziato a piangere.

Ma niente.

Perché non piangeva?

 

Non aveva ancora piato da quando Al era morto… e non l’aiutava nemmeno un po’, la faceva sentire solo ancora più in colpa.

Aveva sperato che liberandosi di quei disegni avrebbe provato, sentito qualcosa… e invece ancora niente.

 

Che cos’ho che non va?

 

                                                                               *

 

“Phoebe?”

 

Phoebe Selwyn si fermò sentendosi chiamare, voltandosi e accigliandosi leggermente quando vide Camila che le si stava avvicinando, sorridendole:

“Ciao… sei tornata prima.”

“Sì, mi piace passare qualche giorno a scuola quando non c’è nessuno. Come sta… Isabelle, la tua amica, come sta?”

 

Phoebe esitò, non sapendo davvero cosa dire. La realtà era che non lo sapeva bene nemmeno lei…

 

“Non benissimo. Ultimamente è un po’… fragile.”

Camila annuì, guardandola come se fosse sinceramente dispiaciuta… ma poi gli occhi della ragazza si spostarono dal viso della sorella e l’americana sorrise nel vedere qualcosa appeso al collo di Phoebe:

“Mi fa piacere vedere che l’hai messa!”

“Cosa? Oh, sì… mi piacciono i delfini.”

 

Phoebe si strinse nelle spalle, sfiorando con un dito il ciondolo a forma di delfino che le aveva regalato Camila qualche giorno prima, appena prima di partire.

L’americana le rivolse un sorriso allegro, annuendo come se lo sapesse già:

“Sì, so che ti piace molto l’acqua, nuotare… Beh, vado a salutare Frankie. Ci vediamo!”

 

Camila superò la sorella con un ultimo sorriso, affrettandosi lungo il corridoio mentre Phoebe si accigliava leggermente, pensando alle parole della ragazza: in effetti amava nuotare, era probabilmente l’unico sport che le piaceva davvero… ma di sicuro non ne aveva mai parlato con la sorellastra, quindi Camila doveva averlo chiesto a qualcuno… al padre, magari.

 

“Camila?”

“Mh?”   L’americana si fermò e si voltò, osservandola con lieve curiosità mentre Phoebe esitava prima di inclinare le labbra in un lievissimo sorriso:

 

“… buon anno nuovo.”

Camila esitò come se fosse sicura di non aver sentito bene… ma dopo un attimo sorrise di nuovo, annuendo con la sua solita aria allegra prima di girare sui tacchi e andarsene:

 

“Grazie, anche a te!”

 

                                                                                           *

 

Jude era seduto alla sua scrivania, osservando pigramente il cielo ormai grigio.

Mai le vacanze erano state così statiche… la scuola si era praticamente svuotata, non aveva niente da fare, nessuno da importunare. Forse, se Alastair Shafiq non fosse morto, si sarebbe divertito a tormentare Isabelle.

Ma nemmeno lui era sadico a tal punto, dopotutto.

 

Non l’aveva più vista da Natale, in effetti. O meglio, l’aveva vista ogni tanto in Sala da Pranzo o di sfuggita in un corridoio, ma per la maggior parte del tempo era chiusa in camera sua.

Avrebbe voluto fare una chiacchierata con lei per, finalmente, poterci capire dio più in tutta quella storia… ma forse lei lo sapeva, e proprio per questo lo evitava.

 

Stava quasi pensando di andare a fare una passeggiata per occupare il tempo quando per poco non fece un salto sulla sedia.

Forse perse un anno di vita, ma tirò un sospiro di sollievo nel vedere la figura voltarsi dritta verso di lui… aveva preso un infarto quando qualcuno era piombato dal nulla davanti alla sua finestra, ma nel rendersi conto che era proprio Isabelle si rilassò leggermente.

I due si guardarono per un istante prima che Jude allungasse la mano per aprire la finestra, pensando che la ragazza volesse parlargli… magari proprio a proposito di Alastair.

Lei invece si limitò a rivolgergli un debole, tetro sorriso mentre alzava una mano, muovendo appena le dita in un lieve cenno di saluto prima di sparire, voltandosi e saltando sula cornice della finestra successiva.

Non avrebbe mai capito come facesse a muoversi sui tetti in quel modo, doveva dargliene atto.

 

Jude aprì la finestra, sporgendosi e cercandola con lo sguardo prima di chiamarla, chiedendosi che accidenti fosse andata a fare sui tetti… non poteva essere andata da Alastair, la sua camera era prima della sua dopotutto.

Isabelle però era già sparita e sbuffando Jude si ritrasse, chiudendo la finestra.

 

Era brava a nascondersi, doveva ammetterlo. Ma prima o poi l’avrebbero fatta, quella chiacchierata, poteva giurarci.

 

                                                                               *

 

Mercoledì 6 Gennaio

 

 

Francisca Lothbrock aprì il suo baule, guardandone il contenuto con espressione torva: non aveva nessuna voglia di rimettere tutto a posto.

La ragazza tirò fuori prese la bacchetta e con un lieve movimento indirizzò tutti i vestiti di nuovo dentro l’armadio, limitandosi a sistemare il pigiama sotto al cuscino.

Si lasciò cadere sul letto, non sapendo cosa provare per essere tornata a scuola.

 

Di sicuro stare un po’ con sua madre e lontana da tutte le voci, le idee, le morti le aveva fatto bene.

Era stata felice di rivederla e poter stare di nuovo con lei, ma la donna si era accorta di quanto fosse stata un po’ distante la figlia, specialmente negli ultimi giorni.

 

Continuava a pensare ai suoi amici, a come stessero, a come andassero le cose a scuola. Pensava ad Alastair, a come stessero i suoi amici. Pensava a come si era sentita lei quando era morta Alexa.

C’era anche qualcos’altro a cui aveva pensato parecchio, ma aveva continuato a rimandare per tutte le vacanze… e ora erano finite, avrebbe dovuto affrontarlo.

Non era certa che ci sarebbe riuscita, conoscendosi era sicura che sarebbe diventata bordeaux o sarebbe inciampata da qualche parte.

 

Fece per nascondere la faccia nel cuscino quando la porta si spalancò… e voltandosi, temette davvero che si trattasse di Adrianus Stebbins. Sorrise con sollievo nel trovarsi davanti Camila, che cacciò un urletto prima di saltellarle incontro e abbracciarla:

 

“Frankie! Mi sei mancata… come stai? E’ bello vederti, senza di te gli ultimi giorni qui sono stati strani. Però è stato anche divertente, io e Mathieu siamo andati in esplorazione.”

 

L’americana sorrise mentre sedeva accanto a lei, e Frankie si trattenne dal raccomandarle di strane attenta e di non ficcanasare troppo… alla Cimmeria non finiva mai bene quando lo si faceva.

Si costrinse però a sorriderle di rimando prima di parlare, stringendosi nelle spalle:

 

“Tutto bene… è stata una buona idea allontanarmi da qui per un po’. Come vanno le cose?”

“E’ tutto un po’ un casino… credo che il Consiglio stia litigando di brutto con Hamilton, ho visto più una volta qualche sconosciuto aggirarsi nei corridoi, quindi penso che si siano riuniti un paio di volte di recente. Continuano a voler parlare con Jude Verräter, ma si limita a ripetere sempre le stesse cose… ah, e poi c’è Isabelle Van Acker. Sembra che non c’entri o ne sappia nulla, ma non so quanto ci credano.”

“Come sta Isabelle?”

“Non saprei. Non la si è vista spesso in giro, durante le vacanze. Sai, Steb ti ha preceduto di un’ora, dopo vorrai andarlo a salutare, immagino.”

 

Camila sfoggiò un sorriso, quasi sperando che lei e Adrianus riuscissero a ripotare un po’ di colore tra quelle mura ultimamente tanto cupe e tetre… ma l’espressione che sfoggiò Frankie le fece cambiare idea, portando a sgranare gli occhi:

“Che cos’è questa faccia? Che succede?”

“Niente…”

 

“Frankie. C’è qualcosa che non so, per caso?”

 

Francisca sbuffò leggermente, alzandosi dal letto per sedersi sulla sedia davanti alla scrivania, osservando il cielo già piuttosto scuro, anche se non erano neanche le 17.

Camila non disse niente, limitandosi a guardare l’amica con l’aria di una che è in attesa di una risposta… e alla fine Francisca, sapendo che prima o poi avrebbe comunque dovuto dirglielo, parlò con un filo di voce, con un tono vagamente pensieroso:

 

“In effetti… Mi ha baciata, al Ballo.”

“CHE? E me lo dici ORA? Finalmente una buona notizia, qui è tutto un mortorio!”

Camila sorrise con aria allegra, ma tornò seria e vagamente accigliata quando non vide Francisca imitarla: perché non stava saltellando per la camera insieme a lei?

 

C’era qualcosa che non tornava, evidentemente.

 

“Frankie? Dovresti essere felice! Cosa c’è?”

“Beh, ecco…”

 

                                                                                           *

 

Un quarto d’ora dopo

 

“FRANKIE, MUOVITI!”

“No, non voglio! Cami, spostati!”

“Un cavolo. FILA!”

Mathieu inarcò un sopracciglio mentre Camila sollevava un braccio, indicando chiaramente la Biblioteca dove avevano visto entrare un certo ragazzo giusto poco prima.

Il francese si chiese quando la sua dolce amica fosse diventata una specie di generale tedesco mentre Frankie provava a scappare e una quarta figura si univa al gruppo, spuntando da dietro un arazzo con un’aria accigliata:

“Che succede?”

“Frankie ha paura di andare a parlare con Adrianus.”

“Perché?”

“Si sono baciati e ha paura ad affrontarlo. Frankie, prima o poi ci dovrai parlare, diamine! Vai!”

 

Camila sbuffò, cercando di spingere la ragazza verso la porta della Biblioteca mentre Jude sgranava gli occhi con sincera sorpresa, voltandosi verso Mathieu che seguiva la scena con le mani in tasca e l’aria vagamente esasperata:

“Ma quand’è che si sono baciati?”

“Al Ballo.”

Davvero? E io lo scopro solo ora? Con la morte di Shafiq mi sono perso tutte le novità del nuovo anno... Perché io non ne sapevo niente?”

 

“Perdonami Jude, la prossima volta appenderò un avviso davanti alla tua porta, così sarai il primo a saperlo… Ma non avete un’altra ragazza da importunare?”

“In effetti, sì. Qualcuno di voi ha per caso visto Van Acker?

 

                                                                                        *

 

Un lieve colpo di tosse lo fece voltare, distogliendo lo sguardo dal libro che teneva in mano.

Un sorriso spontaneo incurvò le labbra di Adrianus Stebbins quando si ritrovò davanti a Francisca Lothbrock, che ricambiò con lieve nervosismo mentre era ferma a qualche metro di distanza, apparentemente restia ad avvicinarsi.

Non si erano più visti da dopo il Ballo, in effetti… ma al contrario della ragazza l’ex Corvonero lasciò il libro sul tavolo e le si avvicinò senza smettere di sorridere:

 

“Frankie, ciao… mi sei mancata.”

Senza esitare lui l’abbracciò, mentre la ragazza mormorava che anche lui le era mancato e diventava, manco a dirlo, di una lieve tonalità di rosso.

 

“C’è qualcosa che non va? Mi spiace di non averti scritto molto durante le vacanze, ma avevo bisogno di… riflettere.”

Il ragazzo si staccò nel notare quanto Frankie fosse insolitamente silenziosa e anche un po’ rigida, osservandola con lieve curiosità mentre la ragazza si torturava nervosamente le mani, guardandosi i piedi.

 

“No, va tutto bene.”

“Frankie, andiamo. Che cosa c’è?”

 

Francisca esitò e Adrianus fece per tornare al tavolo per riprendere il libro mentre aspettava che parlasse, sentendo la sua voce come affrettata e nervosa, come se non vedesse l’ora di pronunciare quella determinata frase:

 

“Beh, ecco… Ci ho pensato e volevo dirti che quando mi hai… beh, quando è successo eri ovviamente sconvolto, forse poco lucido. Quindi se ti sei pentito o per te non è significato niente non è un problema, davvero, lo capisco.”

Frankie tirò quasi un sospiro di sollievo per aver finalmente detto quelle parole ad alta voce, certa che si sarebbe sentita sollevata… ma quando Adrianus si voltò verso di lei e la guardò come se fosse una pazza cambiò idea, desiderando solo di sprofondare nel pavimento:

 

“Come scusa?”

“Beh, insomma… capisco se hai agito solo d’impulso e vuoi fare finta di nient-“

“Oh, per l’amor del cielo. Ma come ti vengono certe idee, me lo spieghi?”

 

Adrianus sbuffò e le si avvicinò quasi a passo di marcia, osservandola con una punta di irritazione.

Francisca fece per replicare ma si zittì quando il ragazzo la prese per i fianchi, incollandosela al petto e chinandosi per baciarla quasi avidamente, in modo molto diverso rispetto a quando l’aveva fatto la prima volta.

 

Quando si staccarono lui le sorrise, sollevando un sopracciglio mentre continuava a tenerla stretta tra le sue braccia, con le mani di Frankie sulle sue spalle:

“Ti basta? Hai finito di dire cretinate?”

“Io non dico cretinate, poteva anche essere che quando mi avevi baciata non eri del tutto lucido e non avresti voluto farlo sul serio.”

 

“Oh, per favore, vieni qui... mia piccola, adorabile, sciocca Frankie.”

 

Francisca fece di nuovo per replicare, ma quando le labbra di Adrianus le baciarono una guancia prima di mormorarle che aveva voluto baciarla per tutte le vacanze mandò definitivamente la parola a quel paese, limitandosi a sorridergli con, finalmente, sincera gioia e incrudeltà insieme.

 

Poteva quasi sentire la risata, l’appaluso divertito, poteva vedere il sorriso di Alexandrine e sentire la sua voce dirle “beh, io l’avevo detto”.

 

                                                                                         *

 

Il giorno dopo sarebbero ricominciate le lezioni… e ci sarebbe stato anche il primo incontro della Night School da dopo il Ballo.

Non era nervoso… ma si sentiva strano. Come sarebbe stato andarci senza Alastair?

 

Sebastian Ryle sospirò mentre camminava sull’erba, diretto al lago. Per farlo avevano deciso di aspettare che tornassero tutti… e anche quel momento era arrivato.

Teneva la sua candela ancora spenta stretta in mano mentre scorgeva diverse figure ferme sulla riva, ma era troppo buio per poterle identificare per bene.

Isabelle sarebbe andata? Non aveva avuto modo di chiederglielo, ma era sicuro che ci sarebbe stata. O almeno lo sperava, era giusto così d’altronde.

 

Avvicinandosi scorse sua cugina che parlava con Phoebe, e c’era anche Adrianus poco distante, che teneva un braccio intorno alle spalle di Francisca.

Sua cugina gli rivolse un debole sorrise che il ragazzo ricambiò prima di tirare fuori la bacchetta e accendere magicamente la sua candela, imitato ben presto da tutti gli altri.

 

Gli sembrava fosse passato così poco da quando avevano fatto una cosa simile per Jackson… e invece erano passati quasi due mesi. Settimane così intense che gli erano sembrate infinite.

Fu il primo a farlo, ad avvicinarsi alla riva e a lasciare la candela sull’acqua freddissima, illuminando la distesa scura del lago con quella flebile luce rossastra.

 

Faye gli si avvicinò e senza dire niente lo imitò, seguita ben presto anche dagli altri.

Sebastian si accigliò, mentre tutti gli passavano davanti per lasciare una candela accesa sull’acqua: non aveva ancora visto Isabelle.

 

Fu l’ultima, in effetti. Si era fermata leggermente più indietro rispetto agli altri, forse perché non le andava di chiacchierare o non voleva sorrisi qualche domanda curiosa… ma quando la ressa si disgregò si avvicinò a sua volta alla riva e senza dire niente o soffermarsi con lo sguardo su qualcuno superò Sebastian, mettendo i piedi in acqua e lasciando la sua candela sulla superficie. Per qualche istante rimase ferma, osservandola seguire le altre in una scia luminosa.

Poi però si voltò e, sempre senza dire niente, si allontanò dagli altri:

 

“Belle…”

“Ci vediamo domani mattina. Scusa Bibi, sono stanca.”

 

Phoebe ebbe la tentazione di insistere e di seguirla, ma decise che era meglio assecondarla e lasciare che tornasse a scuola da sola.

 

Qualcun altro però non sembrò essere della stessa idea, perché Jude superò Phoebe con tutta l’intenzione di parlare con Isabelle del Ballo, di chi fosse l’uomo con cui l’aveva vista ballare… aveva così tante domande e nessuna risposta, non ci era abituato e non gli piaceva per niente.

Quell’anno le cose stavano andando in modo decisamente insolito… e in un primo momento era stato curioso, quasi colpito piacevolmente da quella novità che aveva reso le prime settimane meno noiose, meno ordinarie.

Ma poi erano morti Etienne e Alexandrine… e aveva cominciato a preoccuparsi, a rendersi conto di quanto quella situazione potesse aggravarsi e rendersi davvero dispiacevole.

 

Jude si fermò, imprecando a mezza voce in tedesco mentre si guardava intorno, cercandola con lo sguardo ma senza ottenere risultati… eppure l’aveva vista fino a poco prima, e il suo occhio lo aiutava sempre in quelle situazioni visto che si adattava perfettamente al buio e alla scarsa luce.

Eppure non riuscì a trovarla comunque e alla fine si arrese, tornando a sua volta verso la scuola più amareggiato di prima.

.......................................................................................................................................
Angolo Autrice:

Buonasera! 

Ho i minuti parecchio contati quindi, per la vostra gioia, non mi dilungo...  Ma grazie come sempre per le recensioni che lasciate, mi fanno sempre molto piacere.

Ho una domanda per voi, ma solo per le autrici di Camila, Mathieu e Adrianus: come potrebbero reagire quando avranno la possibilità di entrare nella NS?

Ci sentiamo presto con il seguito, buona serata!


Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** La verità fa male ***


 Capitolo 19: La verità fa male  
  
Venerdì 8 Gennaio

 
Sorrise, finalmente. Neve… amava la neve, da sempre. Non sentiva nemmeno freddo, stranamente. 

In effetti ci mise qualche attimo a rendersi conto di non essere nel parco della Cimmeria… no, ad essere completamente innevato era un posto che le era altrettanto familiare.

“Mamma!” 
Quando sentì quella voce, così familiare ma allo stesso tempo così distante, aveva già capito dove si trovava. Mosse la testa quasi automaticamente, ritrovandosi a guardare una bambina di cinque o sei anni che camminava verso di lei… o verso la donna che le era appena comparsa accanto.
“Che cosa c'è, Belle? Perché sei tutta bagnata?”
“Alastair mi ha fatto cadere.”  Isabelle sorrise debolmente, guardando sua madre ridere mentre le spolverava i capelli coperti di neve e le sistemava il berretto blu con il pom-pom che aveva in testa:
“Porta pazienza tesoro… è un maschio. Ma puoi sempre farlo cadere anche tu!” 
La piccola Isabelle non disse niente, limitandosi a sollevare le piccole mani completamente sbucciate, guardando la madre con gli occhi verdi lucidi.
“Non è niente Belle… passa subito.”
“Non piangere, Isabelle.”   Le parole le uscirono in automatico, parlando in contemporanea alla donna che le stava accanto. Vedendola di più di dieci anni più giovane doveva ammettere che avevano ragione, quando dicevano che si somigliavano… o almeno, fisicamente era così. 
Isabelle guardò sua madre sorridere, tirando fuori la bacchetta per passarla sulle mani della figlia. La bambina sfoggiò un’espressione meravigliata prima di sorridere allegramente alla madre… il tutto mentre una terza figura raggiungeva le due, la sciarpa mezza snodata e il capello blu messo storto:
“Non l'ho fatto apposta! Scusami Isabelle!” 

“Come no. Certo che l'avevi fatto apposta, piccolo stronzetto.” 

“In effetti ero un po’ rompiscatole all’epoca… ma così dannatamente adorabile. Non trovi?” 
Isabelle sorrise, annuendo leggermente mentre guardava una versione infantile di se stessa e del suo migliore amico fare pace come sempre nel giro di due minuti… prima di tornare a giocare come se niente fosse successo, sotto lo sguardo di sua madre. 

Isabelle si voltò, non battendo ciglio nel trovarsi accanto ad Alastair, che continuò a guardare i due bambini giocare con la neve:
“C'è una cosa… che vorrei sapere. Hai sofferto molto?” 
Alastair si voltò verso di lei, rivolgendole il suo solito sorriso, quello che riusciva a rassicurarla a sei anni e lo faceva anche a quasi 18.
“Non importa, ormai… non trovi? Io preferirei assicurarmi che tu la smetta, di soffrire. E non ascoltare tua madre, Belle, per quanto io le abbia voluto bene: smettila di trattenerti. Piangi, se vuoi, nessuno ti giudica alla Cimmeria.”
“Mi crederesti se ti dicessi che non ci riesco?” 
Isabelle sorrise amaramente, voltandosi di nuovo per guardare i due bambini sulla neve. Parlare, tenersi per mano, le teste vicine mentre si sorridevano, probabilmente programmando il guaio successivo da combinare. Così complici, così tranquilli. Così diversi da quello che erano diventati. 
“Si. Ma provaci e basta… vedrai, dopo andrà meglio.” 
Alastair le sorrise, avvicinandosi per metterle una mano sulla spalla. Isabelle avrebbe voluto abbracciarlo un’ultima volta, o dire qualcos’altro… ma non ne ebbe il tempo: semplicemente si svegliò, ritornando alla realtà anche se forse di controvoglia. 
A volte sarebbe stato molto più facile restare in un sogno che alzarsi e affrontare la vita vera.
 
                                                                                         *

Stava bussando da quasi mezz'ora, ormai definitivamente intestardito: non si sarebbe mosso, non finché quella porta non si sarebbe aperta… gli sarebbe andata bene anche una maledizione. Tutto sarebbe stato più piacevole di quel silenzio così inusuale e glaciale.

Stava prendendo in considerazione l'idea di mandare la privacy a quel paese e di aprire la porta con la magia quando l’anta finalmente si spalancò, rivelando una Isabelle spettinata e dall'aria torva:

“RYLE. Spero che tu abbia un valido motivo per avermi svegliata all’alba al secondo giorno di scuola.”
“Veramente sono quasi le sette.”

“Appunto. Alba. Che cosa c'è?” 

Isabelle incrociò le braccia al petto, sbuffando leggermente e facendo sorridere Sebastian, che le porse qualcosa prima di schiarirsi la voce:

“Volevo darti questo. L’ho trovato il Sala Comune ancora qualche giorno fa, ma ultimamente parlarti è un po’ difficile. Credo che dovresti tenerlo tu.”

L'espressione di Isabelle si distese anche se non sorrise, allungando lentamente una mano per prendere l'oggetto che il ragazzo le porgeva: era l'orologio da scacchi di Alastair, quello che usavano sempre quando giocavano… anche senza i pezzi.
La ragazza ne accarezzò il legno chiaro prima di accennare un debole sorriso, parlando con un filo di voce:

“Grazie.” 

“Prego. Dopotutto io e Al non giocavamo molto a scacchi… diceva che era meglio giocare con te perché sei molto più difficile da battere.”
“Ah, diceva così? In realtà lo battevo quasi sempre, ma odiava perdere e non l'avrebbe mai ammesso.”

Isabelle si strinse nelle spalle, parlando finalmente con un po’ di espressione sia nel tono che negli occhi verdi, facendo sorridere con sollievo Sebastian:

“Beh, visto che sei sveglia ma è un po’ presto… credo che sia il momento di fare due chiacchiere Isabelle.”
“Non se ne parla, sono in pigiama! E non mi va di parlare.”

“Rilassati, sei bella lo stesso.”
Sebastian le sorrise col suo solito modo ammiccante, guadagnandosi un’occhiata assassina dalla ragazza che sbuffò, sapendo che non sarebbe riuscita a cacciarlo. Disgraziatamente era molto più forte di lei ed era già sgusciato dentro la camera, sedendosi comodamente sulla sua sedia.

“Bene. Come ti pare. Ma non toccare niente.”
“Tranquilla. Belli, però…”

Sebastian lanciò un’occhiata ai fogli che Isabelle aveva appeso alla finestra, coprendo quasi interamente il vetro con i suoi disegni. 
La ragazza si strinse nelle spalle e andò a sedersi sul suo letto, incrociando le gambe e guardandolo con un sopracciglio inarcato, nella sua consueta espressione scettica:

“Allora… che cosa c'è?”
“Lo sai. So che è difficile Isabelle, ma lo è per tutti… anche per me. Non puoi fare finta di niente per sempre, prima o poi dovrai parlare di quanto è successo.”

Isabelle appoggiò l’orologio sul comodino, evitando di guardare Sebastian e tormentandosi invece le mani prima di parlare, fissando il proprio materasso:

“Non mi è mai piaciuto parlare. Non sono brava con le parole Sebastian… Lo sapeva anche lui.”
“So quanto gli volessi bene Isabelle… perciò fallo per lui. Lo conoscevo bene anche io, so che non vorrebbe vederti così. Per tutto l'anno ha continuato a dire che tu non gli parlavi, che gli nascondevi qualcosa… non continuare a farlo anche ora che è morto.” 

Isabelle alzò lo sguardo per posarlo su Sebastian, accennando un debole sorriso prima di parlare:

“Hai mangiato un libro di filosofia o roba del genere ieri a cena?”
“No, sono profondo di mio, ma sei troppo occupata a reputarmi un cretino per rendertene conto. Piuttosto, TU non mangi quasi più… dopo andiamo a fare colazione.”

“Non ne ho voglia.”
“Beh, indovina un po'? Non mi interessa. E se non vieni chiamo mia cugina, così ti trascinerà per i capelli lei.”

Sebastian si strinse nelle spalle, parlando con il tono piatto e neutro di chi in genere parla del tempo. Un sorriso tetro invece comparve sul volto di Isabelle mentre giocherellava con il bordo del copriletto, esitando per qualche secondo prima di parlare a bassa voce:

“È solo… strano. Ogni momento, ogni ricordo, ogni episodio rilevante che ho vissuto… lui c'è sempre. C'è sempre strato, è per questo che è strano pensare che non ci sia più. Pensa a Faye. Se morisse… come ti sentiresti? Rispondi senza riflettere.”

“Vuoto.”

Per una volta fece come gli era stato detto, Sebastian Ryle rispose senza esitare o senza riflettere, dicendo puramente quello che gli passava per la testa… era cresciuto insieme a sua cugina, la considerava quasi più una sorella. Non sapeva come sarebbe stato vivere senza di lei… e forse non voleva nemmeno pensarci.

Isabelle annuì, sorridendo leggermente:

“Esattamente. Come se tutto all'improvviso perdesse di importanza, se accanto a noi non dovesse esserci più la persona con cui abbiamo sempre condiviso tutto. Sai Sebastian… non ho davvero voglia di fare nulla. Non so perché, mi sembra tutto piuttosto irrilevante.”

“Passerà, vedrai. Ma smettila di cercare di isolarti dal mondo intero Isabelle… forse ti senti sola senza di lui, ma non lo sei. Phoebe e Faye muoiono dalla voglia di parlare con te come prima. E anche ieri sera è stato strano senza di te. Stasera sera voglio vederti all'incontro, ok?” 

Sebastian le rivolse un debole sorriso che però non venne ricambiato, visto che Isabelle si limitò ad annuire un lieve cenno del capo, continuando a non guardarlo.
“Posso chiederti… tu ne sai qualcosa? Su quello che è successo, intendo. Non sopporto di non saperne niente Isabelle, voglio sapere come è successo, chi è stato.”


Isabelle esitò prima di rispondere, consapevole di non potergli dire quello che sapeva… in un certo senso sapeva chi aveva ucciso Alastair certo, ma dall'altro no. Era già piuttosto difficile senza mettere in mezzo qualcun altro.

E poi non voleva che venisse ucciso anche lui.

“Io ho saputo che era morto esattamente come te, Bas. L'ha trovato Jude, forse dovresti chiedere a lui.”
“Credi che non l'abbia fatto? Ma lo conosci, sai quanto possa essere dannatamente sibillino! E comunque non credo che nemmeno lui ne sappia poi molto, da come si comporta.”

“Perché, come si comporta?”
“Credo proprio che anche lui sia impaziente di parlare con te, Belle. Immagino proprio a proposito di questo… strano. Come mai molti pensano che tu possa saperne più degli altri?”

Sebastian inarcò un sopracciglio, osservandola e parlando con una punta di ironia nella voce che la ragazza finse di non cogliere, limitandosi a stringersi nelle spalle:

“Probabilmente perché ero la sua migliore amica.”
“Già… ma chissà, magari c'è un fondo di verità.”

Isabelle posò gli occhi verdi sul ragazzo, che la stava osservando di rimando con attenzione, come se volesse cogliere quello che pensava e quello che provava. 
Per sua sfortuna però, Isabelle Van Acker ormai sapeva mascherare le emozioni dannatamente bene… aveva un mucchio di pratica alle spalle, anche prima di tutta quella storia.

Si alzò, consapevole che quella conversazione dovesse finire:

“O magari no. Te l'ho detto Bas, parlane con L’Oracolo.”
“E chi diamine sarebbe?”

“... Verräter. Scusa, è l'abitudine. Ora se non ti dispiace devo vestirmi Sebastian, non vorrei che tutta la scuola mi vedesse in pigiama e con i capelli ridotti chissà come.”

La ragazza si avvicinò alla sua porta e l’aprí in un chiaro invito ad andarsene che però il ragazzo finse bellamente di non cogliere, sorridendole con aria divertita e accavallando una gamba:

“Non è un problema, se vuoi posso restare qui mentre ti cambi.”
“Ryle. Esci, o giuro che ti Schianto!” 

Sebastian rise leggermente, alzandosi e sollevando le mani in segno di resa mentre attraversava la camera per raggiungere la porta, fermandosi però davanti ad Isabelle, che lo guardava con aria vagamente seccata.
Le sorrise prima di chinarsi leggermente, dandole un bacio sulla guancia e mormorandole qualcosa all'orecchio:

“È questa la Isabelle che mi piace… non quella stoica e passiva. Ci vediamo in classe.”


“Guarda che a me non interessa la Isabelle che piace a TE!”

Isabelle sbuffò, mettendo la testa fuori dall'uscio per sottolinearlo… ma Sebastian si limitò a ridacchiare mentre si allontanava lungo il corridoio, rivolgendole anche un cenno con la mano mentre qualche porta si apriva e delle ragazze più piccole lo osservavano accigliate… prima di voltarsi dritte verso di lei con aria torva.

“BEH? Che avete da guardare? Andate a fare colazione! In questa scuola nessuno si fa mai gli affari propri…”

Isabelle Van Acker sbuffò prima di sbattere la porta con veemenza, chiedendosi perché fosse finita in quel covo di matti invece che a Beauxbatons… suo padre era olandese e la madre inglese, lei aveva frequentato Hogwarts da giovane… suo padre invece aveva studiato alla Cimmeria come tutta la sua famiglia da intere generazioni, e lei non era riuscita a sfuggire alla tradizione. 
Chissà come sarebbe stato studiare a Beauxbatons, come tutti gli altri giovani maghi che vivevano in Olanda… forse molto più tranquillo, ma ormai era tardi per pensarci.


                                                                                           *


"Maledizione, è tardissimo!”
“Prima o poi mi spiegherai PERCHÉ odi quando gli altri arrivano in ritardo ma poi TU lo sei sempre!” 

Phoebe non rispose, limitandosi a fulminare Faye con lo sguardo mentre correva verso l'aula di Storia della Magia. 
Triste ma vero, la sua amica aveva ragione… se non altro però non era sola e anche Faye si era presa a letto come lei. 

“Quanti minuti di ritardo?”
“Ehm… 8.”
“Dici che ci ucciderà?”

“C'è un solo modo per scoprirlo.” Faye si strinse nelle spalle prima di stamparsi il suo sorriso migliore sulle labbra come sempre dipinte di rosso, bussando e aprendo elegantemente la porta:

“Buongiorno signore… ci scusi tanto per il ritardo, ma il Professor Oldman ci ha trattenute per parlarci del colpito della prossima settimana.”

Ovviamente non era vero, ma Phoebe annuì con tutta la convinzione che riuscì a trovare mentre si affrettava ed entrare nell'aula dietro all'amica, cercando con lo sguardo un banco vuoto.
Nel vedere Isabelle seduta da sola provò sensazioni contrastanti, indecisa se sedersi vicino a lei… voleva parlarle certo, ma aveva paura che lei non ne volesse sapere.

Isabelle però alzò lo sguardo proprio su di lei e Phoebe le si avvicinò, chiedendole silenziosamente il permesso di sedersi vicino a lei.
La ragazza annuì e Phoebe sorrise quasi con aria vittoriosa prima di appoggiare la borsa sul banco e lasciarsi scivolare accanto a lei:

“Sono felice di vederti... come stai?”
“Bene.”
“Sicura? Ho sentito che hanno visto Bas uscire dalla tua camera stamattina… avete parlato di Alastair?”

Isabelle roteò gli occhi, confermando definitivamente la sua teoria: in quella scuola era impossibile che qualcuno si facesse gli affari propri. Stava cominciando a pensare che anche i muri avessero le orecchie o gli occhi…

“Si, circa.” 
“Mi fa piacere.”  Phoebe sfoggiò un sorriso sinceramente sollevato che Isabelle ricambiò debolmente, chiedendole silenziosamente scusa per essere stata tanto scostante nelle ultime due settimane.
Non era mai stata brava con le parole, ma per sua fortuna nemmeno la sua migliore amica era una campionessa in quel frangente… e Phoebe capi perfettamente che cosa volesse dirle, limitandosi ad appoggiare la mano sulla sua prima di rivolgersi all’insegnante. Del resto era probabilmente una degli unici che seguiva le lezioni di Storia della Magia per filo e per segno…



A cominciare da sua sorella, che si stava annoiando praticamente a morte… così, seduta in ultimo banco accanto a Mathieu, aveva tirato fuori la bacchetta e aveva cominciato a cambiarsi colore ai capelli, lo sguardo perso sul vetro di una delle tre finestre ad arco come se stesse pensando ad altro, con la testa tra le nuvole.

“Cami… sei fonte di distrazione!” 
Mathieu sbuffò, parlando a bassa voce affinché nessuno lo sentisse tranne la vicina di banco, che si voltò verso di lui proprio mentre i suoi capelli diventavano di un acceso rosa, a mo’ di gomma da masticare. 

Un sorrisino comparve sul volto della ragazza, che puntò la bacchetta contro l'amico… facendogli diventare i capelli scuri metà azzurri. Dopotutto ormai era una specie di maestra in quel tipo di incantesimi.

“Ma come sei carino…”
“CHE HAI FATTO? Frankie, hai uno specchietto?” 

Il ragazzo sfoggiò una smorfia disgustata, voltandosi di scatto verso Francisca. La ragazza, seduta nella fila accanto, si voltò verso di lui e dovette premersi una mano sulle labbra per non ridere, mentre Adrianus non provava nemmeno a mascherare l’attacco di ilarità.

“Non fare quella faccia, sei abbonato alla divisa!” Camila sfoggiò un sorriso angelico mentre Mathieu le sibilava di farlo tornare con i capelli normali. 
Intanto anche qualcun altro aveva seguito la scena… e Jude reputò che l'americana avesse avuto una splendida idea, così prese la bacchetta a sua volta e si fece diventare i capelli color verde smeraldo, sorridendo persino con soddisfazione: lo faceva anche ad Hogwarts per essere abbinato alla divisa dei Serpeverde, anche se suo padre gli ripeteva sempre che era un pugno in un occhio… e anche i professori.

“Si può sapere che cosa c'è di divertente? … Leroy, con quei capelli sei un elemento disturbatore nella classe!”

“Ma Signore, è stata Camila a farmi cambiare colore ai capelli!”
“Beh, allora sei l’elemento disturbatore passivo della classe. Per favore, giocate fuori da questa classe ai piccoli parrucchieri… incluso tu, Verräter.”


Jude sfoggiò un sorriso angelico prima di annuire, parlando con un tono di voce del tutto calmo e pacato:

“Certo, professore.”


“Ruffiano!” Il Serpeverde sorrise, voltandosi verso Adrianus e strizzandogli anche l'occhio prima di dargli di nuovo le spalle e tornare a rivolgersi all’insegnate, mentre l'ex Corvonero roteava gli occhi grigi, ormai arreso alla mania di Jude di fingere di assecondare perennemente insegnanti e superiori in generale. 

L'ex Serpeverde riportò lo sguardo su insegnante e libri… ma invece di prendere appunti si ritrovò più che altro a scarabocchiare, per una volta faticando a seguire la lezione.
Da un paio di giorni aveva una specie di chiodo fisso in testa… continuava a pensare a tutte quelle candele che galleggiavano sul Lago, illuminandolo di una calda luce rossastra. 

A lui Alastair Shafiq non era mai piaciuto poi molto… ma sembrava essere stato quasi l'unico, visto che praticamente tutti si erano presentati per ricordarlo in quel modo.
All'improvviso Jude ricordò Jackson, a quando avevano fatto una cosa simile anche dopo la sua morte… tutti quegli oggetti. 

Erano entrambi morti, ma c'erano molte persone a ricordarli.
Molte che soffrivano per quelle perdite.

Jude pensò ad Isabelle, a come dovesse ancora riprendersi dalla morte del suo amico. 
Probabilmente era una reazione abbastanza normale… ma continuava a chiedersi se per lui sarebbe stato lo stesso. 
Si rigirò la piuma tra le dita, sorridendo leggermente e dandosi mentalmente dell'idiota: 

No, certo che no. 
Lo sapeva già, dopotutto… forse l'aveva sempre saputo. Quando sarebbe morto lui, nessuno l'avrebbe rimpianto come avevano fatto per Alastair Shafiq… 
Anzi, era quasi certo che sarebbe morto perfettamente solo.

Del resto non si fidava di nessuno, e di riflesso nessuno si era mai fidato davvero di lui. Non per niente quando gli chiedevano qualcosa sapevano già che avrebbe voluto qualcosa in cambio.

Per la maggior parte del tempo fingeva di non pensarci o di non darci affatto peso, ma in realtà ogni tanto ci pensava… specialmente in quei giorni, dopo la morte di un suo compagno di scuola.
Tutti pronti a rimpiangerlo… peccato che lui non avrebbe di certo avuto lo stesso trattamento. 

Sì, la verità a volte faceva male. Ma lui preferiva vederla comunque invece che illudersi inutilmente.


                                                                                      *



Trovarlo deserto era piuttosto raro, visto che piaceva molto a tutti gli studenti… in primavera era quasi sempre occupato, ma in inverno stare in tranquillità al Padiglione era già più semplice.

A lei era sempre piaciuto, sin da quando suo padre l'aveva portata a vedere la scuola a Luglio, poche settimane prima dell'inizio del suo primo anno.
Era l’una, tutti erano ancora in Sala da Pranzo a mangiare… e forse lei era uscita proprio per questo: a quell'ora sarebbe senza dubbio riuscita a stare lì da sola per un po’, anche perché faceva ancora piuttosto freddo e nessuno sembrava avere molta voglia di uscire. 

Isabelle era seduta sul marmo, la schiena appoggiata ad una colonna e gli occhi chiusi.
Non era più tornata al Padiglione da dopo il Ballo, ma forse aveva fatto bene ad andarci… 
Riaprì gli occhi e sollevò lo sguardo, fissando il punto dove aveva trovato Alastair. 

Deglutì, cercando di ignorare il nodo che le si era formato sia sulla gola che allo stomaco. 
Era ora di pranzo ma no, non aveva affatto fame. 

“Sapevo che ti avrei trovata qui.” 
“E io sapevo che prima o poi avresti voluto parlare con me.” 

Isabelle non batté ciglio, almeno non apparentemente, quando Jude salì i gradini e si fermò davanti a lei, osservandola per un attimo prima di sedersi sul marmo a sua volta, mettendosi alla sua stessa altezza per poterle finalmente parlare. Di certo non le avrebbe permesso di filarsela, non quella volta. 

“Perché sapevi che sarei venuta qui?”
“Prima o poi tutti tornano dove hanno perso qualcuno… e di sicuro saresti voluta venire qui da sola, quindi quale orario migliore di questo, quando sono tutti dentro a pranzare? Buffo… chi l'avrebbe mai detto, io e Isabelle Van Acker condividiamo un segreto. Immagino che nessuno saprà mai che in realtà Alastair è stato ucciso qui.” 

Jude si strinse nelle spalle, parlando con un tono calmo e rilassato che fece accigliare leggermente la ragazza, portandola a guardarlo con lieve scetticismo:

“È un modo sibillino per dirmi che dirai la verità, cioè che non l'hai trovato tu?”
“No. Non credo che lo farò, anche perché rischierei a mia volta di finire nei guai per aver mentito… no Isabelle, non lo dirò in giro. Ma mi piacerebbe sapere perché sei venuta qui, perché pensavi che ti avrebbero uccisa.”

Isabelle sbuffò leggermente, appoggiando il capo contro la colonna fredda e sollevando di nuovo lo sguardo, allontanandolo da Jude e dalla sua espressione inquisitoria.
Probabilmente si sarebbe staccata un braccio piuttosto di ammetterlo, ma riusciva sempre a metterla a disagio… all'improvviso le sembrava di essere di nuovo all’interrogatorio.

“Ironico… all’interrogatorio dissi che non era finita. E infatti eccoti qui a farmi altre domande. Perché ti interessa tanto quello che sta succedendo Jude? Mi fai domande de genere anche prima che Al… da prima.”

Non riusciva ancora a dirlo. Non sapeva perché, ma non riusciva ancora a dire espressamente che Alastair era morto… usava sempre altre parole, mai quelle. 
Riabbassò gli occhi sul ragazzo, che esitò come se stesse pensando alla risposta da darle, come se se lo stesse chiedendo a sua volta. 

Già. Perché gli interessava tanto? Non era solo pura e semplice curiosità… non era la sua mania di sapere sempre tutto di tutti. O almeno, forse all'inizio era stato così, certo. 
Ma poi le cose erano cambiate, forse fin dalla morte di Jackson. Qualcosa si era spaccato, l’equilibrio aveva cominciato a rompersi e la crepa era solo aumentata con il passare del tempo. 


Perché gli interessava tanto? 
Non voleva ammetterlo, nemmeno a se stesso. 
Ma forse voleva sapere che cosa stava succedendo, chi c'era dietro per assicurarsi che non avesse niente a che fare con lui. Perché l'idea l'aveva sfiorato diverse volte di recente… 

“A qualcuno deve interessare. Insomma, tu ti comporti come se non fosse niente di grave, o almeno finora hai fatto così. So che sei orgogliosa Isabelle, ma non puoi fare sempre tutto da sola. Io credo che ti abbiano fatto credere che ti avrebbero uccisa perché, di qualunque cosa si tratti, tu non ti stai “rendendo utile” come gradirebbe qualcuno. Forse l'uomo con cui ballavi al Ballo… Sai, io e Alastair parlavamo prima che morisse, negli ultimi tempi. Di te.”

“Di me?”
“Era preoccupato per te, Isabelle. E come dargli torto, eri indiscutibilmente strana. Così mi ha chiesto di aiutarlo a scoprirne di più, perché infondo sapeva che nessuno poteva aiutarlo meglio di me, modestamente parlando.”

Isabelle non disse niente, limitandosi a guardarlo di rimando. E Jude capì che era arrivato finalmente il momento di capirci di più, di dirle tutto quello che pensava e che si portava dentro da settimane:

“Lascia che io ti esponga la mia teoria, visto che a te non piace parlare…
Sai, avevo detto una cosa ad Alastair: secondo me ti tenevano, e ti tengono, in qualche modo sotto torchio. Come? Beh, magari usando proprio LUI, visto che per te era così importante. Ma sai, prima mi aveva sfiorato un'altra idea… sulla tua famiglia. Mi sono reso conto di non sapere molto su di te, almeno non della tua vita fuori da queste mura. Così ho… beh, prelevato il tuo fascicolo.”

“Tu hai fatto cosa? Quando?”  Isabelle sgranò gli occhi, drizzando improvvisamente la schiena e parlando con un tono vagamente allarmato. Ma di fronte al sorrisetto di Jude non ebbe bisogno di alcuna risposta, limitandosi a sospirare e passarsi una mano tra i capelli:

“Ah, certo… quando siamo stati da Hamilton. Beh, ottimo lavoro Verräter, sei meglio di Lupin.”*
“Non so di chi si tratti, ma lo prenderò come un complimento. Ad ogni modo… ho potuto saperne di più sulla tua famiglia, anche parlando con Alastair visto che le vostre famiglie si conoscono da molto. Tutto lineare, niente che fosse fuori posto. I tuoi genitori non erano al Ballo, vero?” 

“No. Per favore, ora non tirare in ballo anche la mia famiglia.”
“Tranquilla Isabelle, so quanto a volte sia difficile parlarne… per alcuni di noi la famiglia più che un appoggio rappresenta un vero e proprio tasto dolente. Sai Isabelle, ho smesso di pensarci. Ho letto il fascicolo, ne ho parlato con Alastair… mi sono reso conto che al Ballo non c'erano, ma mi è bastato fare un paio di domande per saperne il motivo.
Non me ne sono più preoccupato. Ma sai, c'era qualcosa che mi disturbava, che mancava. E ci ho messo qualche giorno, è vero, ma poi ho capito che cosa stonava.” 

Jude sorrise, l'occhio nero quasi luccicante di soddisfazione ed eccitazione allo stesso tempo, come sempre quando risolveva un grattacapo… moriva dalla voglia di dire quelle parole ad alta voce per vedere la sua reazione, cogliere il minimo mutamento espressivo nella ragazza che gli stava di fronte, oltre quel muro che lei stessa aveva costruito ma che forse stavano iniziando a demolire. 

“Oh, davvero? Beh, dimmi… che cosa manca agli occhi del Detective Verräter?” 

Isabelle inarcò un sopracciglio, parlando con il tono più scettico che le riuscì e osservando il ragazzo restando impassibile come sempre, come aveva imparato da bambina. 
Infondo però aveva quasi paura a sentire le sue parole… paura di sentire quelle giuste. 

“Una lettera, o una visita. Tu chiami il padre di Alastair “Zio”, i vostri genitori si conoscono, sono vecchi amici, no? Presumo quindi che i suoi genitori siano legati a te, e lo stesso vale per i tuoi e Alastair probabilmente. Ma dimmi Isabelle, dove sono le lettere dei tuoi genitori, che ti scrivono per starti vicino in un momento così distruttivo, per la loro unica figlia? Senza contare che è morto un ragazzo che loro conoscono bene, magari lo consideravano quasi un secondo figlio… sbaglio? A questo punto mi chiedo se i tuoi genitori non siano davvero coinvolti come avevo supposto all'inizio.”

Jude le sorrise, ottenendo solo un tetro silenzio. 
Isabelle lo guardava, la mascella serrata, le braccia conserte e gli occhi vagamente lucidi.

Sapeva che non gli avrebbe risposto se non con un insulto, così il ragazzo si limitò ad alzarsi, spolverandosi la giacca prima di parlare con il tono più rilassato del mondo, come se non fosse per nulla toccato dall’argomento:

“Credo che la pausa pranzo sia quasi finita… meglio andare, non perderei Pozioni per niente al mondo. Ah, Isabelle… un’ultima cosa: ho detto ad Alastair che se tu stessi tentando di proteggerlo da qualcosa, gli avresti chiesto di tornare a casa con te per le vacanze. E visto che l'hai fatto, immagino che lui sapesse, o almeno aveva intuito cosa stessi cercando di fare. Se ti può far sentire meglio, è morto sapendo che volevi proteggerlo e che gli volevi bene.” 


Jude le rivolse un’ultima occhiata prima di lasciare il Padiglione, costringendosi a non voltarsi. Isabelle invece non diede cenno di volersi alzare, premendosi invece una mano sulle labbra per nascondere il più possibile i singhiozzi che avevano iniziato a scuoterla. 
Chiuse gli occhi, lasciando finalmente che le lacrime le rigassero il volto prima di abbandonarsi completamente, appoggiandosi sul marmo freddo e restando immobile, accucciata su se stessa come Jude l'aveva trovata sul letto di Alastair.


Jude continuò a camminare, gli occhi fissi sulla Cimmeria mentre cercava di non chiedersi come potesse stare Isabelle dopo quello che le aveva detto.
Non gli doveva interessare, dopotutto. Doveva solo concentrarsi su quello che voleva, ossia andare a capo di quella storia.

Dalla sua reazione, doveva aver colpito il tasto giusto… la sua famiglia centrava, in un modo o nell'altro. Non si era sbagliato, alla fine. 

Si Isabelle, la verità fa male… ma accettala per quello che è


Ne era felice, ovviamente. Soddisfatto, più che altro… ma si sentiva un po' strano, come se infondo non fosse poi così “giusto”.
Scosse il capo, costringendosi a chiedersi quando aveva cominciato a preoccuparsi troppo degli effetti delle sue azioni… non lo aveva mai fatto. A lui piaceva che tutto andasse secondo le sue regole, secondo quanto aveva stabilito LUI. Degli effetti collaterali non se ne era mai curato, non di quelli che colpivano gli altri. 

Infilò le mani nelle tasche della giacca, sorridendo leggermente di fronte alla prospettiva di andare a lezione di Pozioni, la sua materia preferita in assoluto. 
Non se ne rese conto e non lo immaginò neppure, ma le scritte che di norma erano invisibili, marchiate sui polsi, stavano luccicando leggermente.



                                                                                      *

"Sono passate più di due settimane… credo che la sua vacanza sia finita.”
“Sì… dubito che si sia ripresa, ma forse è meglio così. Magari sarà più incline a collaborare. Si, credo che stasera tornerò a farle visita, giusto per ricordarle che siamo ancora qui. Saremo sempre qui.” 

Annuì leggermente, spostando lo sguardo dalla ragazza per posare gli occhi sul ragazzo che si stava allontanando, dirigendosi verso la scuola. Era un peccato non aver potuto ascoltare cosa si erano detti… ma a giudicare dallo stato di Isabelle, forse niente di troppo piacevole.

“D'accordo. Ma ti prego, sii gentile… è in lutto.” 

Sbuffò, annuendo leggermente prima di sorridere, spostando lo sguardo da entrambi gli studenti per allontanarsi, trattandosi dal ridere mentre parlava di nuovo, in risposta a quelle parole che trasudavano ironia e divertimento:

“Io sono sempre gentile.”


                                                                                      *


“Devo andare.”

Frankie sorrise leggermente, parlando con il tono più gentile che le riuscì mentre invece Adrianus sbuffava, sfoggiando tutto il suo disaccordo mentre non accennava a mollare la presa sulla sua vita, continuando a tenerla sulle sue ginocchia.

“Devi proprio?”
“Temo di sì.” 

Francisca sfoggiò un sorriso quasi colpevole mentre metteva le mani su quelle del ragazzo, cercando di fargli allentare la stretta. Adrianus invece si limitò ad alzare lo sguardo, puntando gli occhi grigi dritti nei suoi prima di parlare:

“Non puoi dirmi dove o a fare cosa, vero?”
“Purtroppo no. Lo sai come funziona…”

“Si, lo so. Beh, stai solo attenta, ok?” 
“Tranquillo Steb, hai già testato che quando voglio mi trasformo in una specie di piccolo ninja!”

“Si lo so, mi fa ancora male la schiena se proprio ci tieni a saperlo! Ricordami di non farti mai arrabbiare…”

Adrianus sfoggiò una smorfia mentre invece Francisca ridacchiava, scivolando dalle sue gambe prima di rivolgergli un sorriso e dargli le spalle per uscire dalla Sala Comune.
L’ex Corvonero la guardò allontanarsi e quando la ragazza fu uscita dal suo campo visivo si voltò verso la finestra, osservando il cielo ormai completamente buio. 

Probabilmente non doveva, e in effetti non si era mai curato particolarmente della Night School. O almeno, quando era arrivato alla Cimmeria ne era stato incuriosito, certo, ma poi si era reso conto che era meglio starne fuori e aveva smesso di darci molta importanza.

Questo fino a qualche settimana prima, quando aveva visto diversi tra i suoi compagni di classe girovagare per la scuola in piena notta… e tra questi c'era anche Frankie Lothbrock. 

Dopo tutto quello che era successo nella scuola da quando l'anno era conciato, sperava solo che non le succedesse niente di male, qualunque cosa andasse a fare dopo il Coprifuoco. 


                                                                                 *


Faye Cassel sbuffò leggermente, continuando a tamburellare le dita sulla propria gamba mentre teneva gli occhi fissi su Oldman e Jefferson, che stavano parlottando tra loro a bassa voce infondo all’aula, mentre lei e gli altri erano in piedi, disposti in file ordinate. 

“Ma di che cavolo staranno parlando da dieci minuti? Potevano dirci di arrivare dopo…”
Faye sbuffò con impazienza, ricordando l'ultima volta in cui li avevano fatti aspettare in quel modo prima di fare l'appello: quando avevano parlato degli Interrogatori… possibile che volessero riproporli? Del resto avevano passato settimane a studiare il linguaggio del corpo e la gestualità per riuscire a cogliere le bugie. 

Accanto a lei Phoebe si strinse nelle spalle, anche se lanciò un’occhiata alle armi che i due istruttori avevano già preparato… sembrava che quella sera si sarebbero allenati con archi e balestre. Un lieve sorriso increspò le labbra della mora, che si voltò verso l'amica e accennò nella direzione delle armi, facendo sorridere quasi allegramente anche Faye: entrambe andavano matte per le balestre, anche se nessuna delle due sapeva spiegarsi per bene il perché.

Faye fece per dire qualcosa, probabilmente che non vedeva l'ora di iniziare… ma Jefferson la precedette, schiarendosi la voce per attirare l'attenzione di tutti i ragazzi.
Immediatamente calò di nuovo il silenzio più completo nella sala, lasciando che l'unico rumore fosse la voce dell’insegnante, insieme al suo eco: 

“Stasera continuiamo con le armi Babbane, ci soffermeremo per un altro paio di settimane su quelle manuali prima di passare a quelle da fuoco. Ma prima di iniziare, avremmo qualcosa da dirvi: ne abbiamo discusso con il Preside e abbiamo concordato che, dopo quanto è successo e avendo perso quattro membri dall'inizio dell'anno, faremo entrare qualche studente dell'ultimo o penultimo anno.” 

Quattro membri dall'inizio dell'anno

Faye e Phoebe si scambiarono un’occhiata incerta, mentre tutto intorno a loro si chiedevano di cosa stessero parlando i due istruttori: certo, c'erano state quattro vittime… ma solo tre facevano parte della Night School.

Un lieve mormorio si diffuse tra la quarantina di studenti, che iniziarono a porsi le medesime domande mentre Sebastian, in piedi in prima fila come sempre visto che era dell'ultimo anno ed era tra quelli che faceva parte del gruppo da più tempo, si voltava per scrutare i suoi compagni con attenzione. 

Perché anche se gli rodeva ammetterlo sapeva che sua cugina aveva ragione: ogni volta in cui entrava in classe la cercava con lo sguardo, così come agli incontri. E quando tardava, finiva sempre col preoccuparsi. 

Non c'era 
Perché non c'era?

“Fate silenzio! Saprete i nomi la prossima settimana probabilmente, ne stiamo ancora discutendo con il Preside. Ora, prendete i parabraccia e le armi, potete cominciare.” 

Oldman, con un pigro gesto della bacchetta, fece comparire i bersagli appesi al muro che usavano sempre in quel genere di incontri. Nonostante fossero tutti curiosi molti non si fermarono ad indagare su quanto appena sentito e si affrettarono per accaparrarsi le protezioni di pelle migliori… ma per una volta Sebastian Ryle non era tra questi, preferendo invece avvicinarsi ai due insegnanti:

“Sono morti Jackson, Alexandrine e Alastair tra i membri della NS. Quindi sono tre… chi è il quarto?”

“Ryle, prendi un arco.”  Jefferson inarcò un sopracciglio, osservandolo quasi con esasperazione. In genere il Vicepreside aveva il potere di far affrettare tutti gli studenti e di farli obbedire sempre… ma non quella sera, tanto che Sebastian non si mosse neanche di un centimetro: 

“Chi è il quarto?”

Sebastian contorse la mascella, deciso a non far cadere la questione mentre teneva gli occhi fissi sui due insegnanti. Entrambi esitarono, scambiandosi un’occhiata incerta di fronte al tono glaciale e deciso del ragazzo… forse si ricordarono che la sua famiglia era una specie di istituzione alla Cimmeria, o forse intuirono solo che non li avrebbe mollati neanche sotto minaccia finché non avrebbero risposto.
Oldman sospirò prima di annuire, voltandosi verso il ragazzo e fissandolo con gli occhi neri fissi nei suoi, guardandolo dall'alto in basso prima di parlare, usando un tono perfettamente neutro:


“Isabelle Van Acker.” 
















…..........................................................................................................
Angolo Autrice:

Buondì! Il capitolo era già mezzo pronto quando ho postato l'altro e non mi andava di tenerlo in stand by nel PC… così eccomi qui. 
Vado parecchio di fretta quindi non mi dilungo neanche stavolta… ma ci sentiamo nel weekend al massimo con il prossimo capitolo! 
E ne approfitto anche per ringraziarvi visto che quasi tutte vi siete iscritte anche alla mia nuova storia! u.u
Un bacio, buona giornata, 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Conseguenze ***


 Capitolo 20: Conseguenze
Sabato 9 Gennaio 


“Ho sentito che hai deciso di ritirarti. E’ vero?”
 
Avrebbe voluto chiedergli come faceva a saperlo, visto che era una decisione piuttosto recente… ma non lo fece, intuendo già la risposta: probabilmente si sarebbe limitato a sorriderle con quell’aria beffarda e a sostenere che non aveva importanza. 
 
Non alzò neanche lo sguardo, continuando a tenere gli occhi fissi sull’armadio posto davanti al letto dov’era seduta. 
 
“Sì.”
“Si può sapere perché l’hai fatto?”
“Se hai bisogno di chiedermelo, forse non sei così intelligente come vuoi farmi credere.”
 Lui contrasse la mascella con evidente irritazione, ma probabilmente si disse che non valeva la pena di arrabbiarsi… non ancora, almeno.
“Mi hai tolto le parole di bocca. Cosa pensi che cambierà lasciando la Night School?”
 
Il suo tono era leggermente seccato, come se stesse parlando con un bambino e gli stesse cercando di insegnare qualcosa di semplicissimo, senza però essere capito.
Isabelle rimase in silenzio per qualche istante prima di stringersi leggermente nelle spalle, continuando a non guardarlo: forse non sarebbe cambiato poi molto infondo, ma magari si sarebbe sentita meno costantemente in colpa.
 
“Non lo so. Ma sono stanca di mentire a tutti.”
“Beh, mi spiace deluderti Isabelle… ma temo proprio che tu non possa ritirarti. Sai cosa succede quando qualcuno si ritira dalla Night School?”
 
“Certo che lo so. Quando si entra ci avvertono di tutte le possibili… evenienze.”
Questa volta fu di Isabelle il turno di parlare con una nota seccata nella voce, voltandosi finalmente per guardarlo: certo che lo sapeva. Tutti i membri del gruppo lo sapevano.
“Ti toglieranno la memoria, Isabelle. Tutti i ricordi legati alla Night School ti verranno tolti… e noi non vogliamo che ciò accada, no? Perderesti un mucchio di informazioni utili così facendo. Devi parlare con Hamilton e dirgli che hai cambiato idea, che eri solo… scossa dalla morte del tuo amico, che ti sei resa conto che è stata una decisione avventata e affrettata, nient’altro.”
La ragazza contrasse leggermente la mascella, osservandolo con una nota di odio negli occhi verdi prima di parlare di nuovo, con un tono piatto e quasi di sfida:
“E se non volessi farlo?”
“Vorrà dire che prenderò provvedimenti adeguati. Non sfidarmi Isabelle, sai cosa succede quando lo fai. Torna nella Night School, i tuoi ricordi e le informazioni servono sia a me che a te.” 
Si alzò e le lanciò un’ultima occhiata vagamente seccata, come se fosse solo un’unitile preoccupazione.
Isabelle riportò gli occhi sull’armadio, evitando di guardarlo mentre usciva dalla sua camera tramite la finestra, come sempre. 
Rimase immobile a riflettere per qualche minuto, pensando alla conversazione appena conclusa e agli effetti della decisione che aveva preso… per questo quasi sobbalzò quando sentì qualcuno bussare alla porta. 
O meglio, forse la stavamo prendendo più che altro a pugni.
“Arrivo… Non c'è bisogno di buttarla giù!” Isabelle sbuffò leggermente, alzandosi e attraversando la stanza per aprire la porta, immaginando chi volesse parlarle: del resto la sera prima c'era stato un incontro è molto probabilmente Oldman e Jefferson avevano già comunicato la sua scelta.
In effetti non si stupì proprio per niente quando si ritrovò davanti Phoebe, Faye e Sebastian. Tutti e tre la fissarono con aria torva, visibilmente molto restii a lasciarla fuggire di nuovo… non quella volta.
“Che cosa vorrebbe dire che ti ritiri? Non puoi ritirarti, ti proibisco di farlo Belle!” 
“Ciao anche a te Faye… bella giornata, non trovate?”
Isabelle roteò gli occhi, facendosi da parte per farli passare. Non provò neanche ad opporsi, un po’ perché non ne aveva assolutamente voglia di prima mattina e un po' perché era stanca di inventare scuse, di stare in silenzio. Era consapevole di doversi spiegare.
Faye andò a sedersi sulla sedia davanti alla scrivania, incrociando le braccia al petto e fulminandola con lo sguardo con una nota quasi minacciosa, mentre invece Phoebe rimase in perfetto silenzio mentre sedeva sul suo letto, accavallando le gambe come faceva sempre e limitandosi ad osservarla attentamente, un’espressione leggermente accigliata dipinta in voltò come se stesse cercando di capirla.
“Dovresti ringraziarci, Faye voleva fare irruzione nella tua camera già ieri notte… ma l'abbiamo convinta ad aspettare stamattina.”
“Te ne sarò per sempre grata, Sebastian.”
Sebastian, seduto sulla poltrona, le lanciò un’occhiata vagamente torva, come a volerle suggerire di non fare ironia in quel momento mentre Faye riprendeva a parlare:
“Belle, ti vogliamo bene. È stato difficile, lo so, ma lo è per tutti… non devi tirarti fuori, forse invece ti serve la Night School! Una distrazione, un modo per sfogarti… sei una dei migliori Isabelle, non puoi andartene, abbiamo già perso Jax, Al e Alexandrine.”
“Mi fa piacere vedervi, davvero. Apprezzo che vi preoccupiate tanto, ma non è poi la fine del mondo… ho tante cose a cui pensare adesso, forse liberandomi della Night School andrà meglio.”
“Hai tante cose a cui pensare? Bene, diccele! Confidati con noi, siamo tuoi amici!”
Faye sospirò, parlando con un tono vagamente esasperato mentre invece Isabelle le sorrideva leggermente, quasi a volerle dire che se non si confidava era proprio perché erano amici. 
Faye sbuffò e si rivolse a Sebastian, lanciandogli un’occhiata eloquente, come a volergli dire di provarci a sua volta, di dire qualcosa.
Il ragazzo però non sembrò farci caso, continuando a tenere gli occhi fissi su Isabelle con attenzione prima di parlare, alzandosi:
“Ti conosciamo, sei la persona più testarda della scuola, probabilmente… e se prendi una decisione, forse l'unico in grado di smuoverti ormai non c'è più. Ma credimi Isabelle, non è perdendo i ricordi che le cose andranno meglio… anzi, forse ti sentiresti solo più a disagio, incompleta, vuota, con una specie di arto fantasma a tormentarti fino alla fine dell'anno, come minimo. Non è la soluzione giusta a mio parere, ma so che alla fine farai solo quello che vorrai, come sempre. Pensa solo a tutte le conseguenze e le opzioni, prima di decidere in modo definitivo.”
Senza aggiungere altro Sebastian si alzò, evitando di guardare le tre ragazze mentre usciva dalla porta. 
Era perfettamente consapevole che forse solo Alastair sarebbe riuscito a smuovere Isabelle da una decisione del genere… ci sperava, naturalmente, ma non era sicuro che la ragazza sarebbe tornata sui suoi passi.

“Io davvero… non capisco. Tutti vorrebbero farne parte, Belle! È una cosa grande, è vero. Ci sono molte responsabilità e magari non sempre è facile, ma io penso che ne valga la pena… e non voglio dover passare i prossimi mesi a nasconderti cosa faccio e dove lo faccio, penso valga anche per Phoebs. Dille qualcosa anche tu!” 
Faye sbuffò, rivolgendosi all'amica e facendole un cenno in direzione di Isabelle. Phoebe però rimase ancora in silenzio, limitandosi ad osservare l'amica. Dopo qualche istante Faye sospirò, alzandosi a sua volta e borbottando che andava a cercare Sebastian prima di uscire dalla stanza a sua volta, sbattendosi la porta alle spalle con evidente irritazione. 
Solo quando furono rimaste sole Isabelle parlò di nuovo, rivolgendosi all’amica e sorridendo con lieve ironia:
“Tu non vuoi farmi nessuna predica, Bibi?”
“No. Ti conosco, so che sei testarda come un mulo… Esattamente come so che è una decisione avventata, forse dettata più che altro da preoccupazione, magari anche paura. Ti conosco, e te ne pentiresti se potessi ricordarlo.”
Phoebe rimase impassibile come sempre, limitandosi ad osservarla senza far trapelare nessuna emozione particolare. Isabelle ricambiò lo sguardo dell'amica e poi Phoebe parlò di nuovo, con un tono più gelido:
“So che c'è qualcosa. C'è dall'inizio dell'anno… e se non fossi così perennemente preoccupata di metterci nei guai, forse non ti sentiresti così sola. E il senso di solitudine potrà solo aumentare se te ne vai, Belle. Di qualunque cosa si tratti, non ne hai mai parlato con Al… ed è morto. Mi dispiace dovertelo dire, ma credo che ti resterà il rimpianto per sempre. Non deve valere lo stesso anche per me per forza, no?” 
“Lo so. Vorrei solo riuscire a risolvere tutto senza dover mettere in mezzo qualcun altro. Non è presunzione Bibi, vorrei solo evitare di coinvolgervi.”
“Ti sentirai sempre più sola, e siamo a Gennaio. Vuoi davvero stare così fino alla fine? Non so se reggerai Belle, ri conosco.”
Phoebe sospirò leggermente prima di alzarsi dal letto, avvicinandosi a sua volta alla porta ma esitando prima di lasciare la stanza, voltandosi verso l'amica per dirle un’ultima cosa:
“Non è qui per dirtelo, Belle… ma pensa a cosa direbbe Al adesso. Io un’idea ce l'ho… non era lui a sostenere che non bisogna mai mollare, spingersi sempre oltre le proprie paure? Ti ha portata a farlo una volta, se non ricordo male. Provaci di nuovo.”

Isabelle non disse niente mentre Phoebe usciva dalla sua camera, restando immobile per qualche istante prima di voltarsi verso la finestra, ancora aperta. Si avvicinò per chiuderla, ma quando mise le mani sulle ante lanciò un’occhiata fugace al tetto obliquo e coperto di tegole sotto di lei. 
Già, l'aveva già fatto una volta. Poteva riuscirci di nuovo, anche senza di lui?

                                                                                        *

Camila, Mathieu e Adrianus stavano chiacchierando, seduti davanti a lei mentre facevano colazione. Francisca però non li stava esattamente ascoltando e non aveva quasi toccato cibo, limitandosi ad osservare i tre con espressione vacua. 
Continuava a pensare all'incontro della sera prima, dove tutti avevano fatto molto più schifo del solito, impegnati a chiedersi chi sarebbe entrato nel gruppo e soprattutto perché Isabelle non c'era. 
Aveva anche sentirò qualcuno ipotizzare che fosse morta anche lei, ma fortunatamente Oldman aveva messo fine a quelle voci raccapriccianti circa a metà dell'incontro, assicurando che la ragazza era viva e vegeta. 
Frankie continuava ad osservare i tre amici, chiedendosi se uno dei tre sarebbe entrato nel gruppo.
Era sicura quasi al 100% che sarebbe stato così per Adrianus, e non sapeva se la cosa le faceva piacere o meno. Certo, avrebbero passato molto più tempo insieme, lei non avrebbe più dovuto nascondergli un mucchio di cose… del resto lui già sapeva i nomi di praticamente tutti i membri dell'ultimo anno, lei inclusa.
Allo stesso tempo però, temeva che le cose tra loro potessero cambiare. Che lui potesse cambiare. 
Tutti erano a conoscenza della Night School, nella Cimmeria. Ma solo chi me faceva parte o aveva i genitori nel Consiglio aveva una vaga idea di cosa fosse, di cosa comportasse entrarci. 
Lei stessa l'aveva capito solo qualche tempo dopo esserci entrata. 

“Frankie? Scendi dalle nuvole e torni sulla Terra? Chissà a cosa sta pensando…” Camila sorrise, agitando leggermente una mano davanti al viso dell'amica per “riportarla alla realtà”, mentre invece Adrianus ridacchiava e si sporgeva per darle un bacio su una guancia, sorridendole:
“Che domande fai Cami... pensa a me, ovviamente. Giusto Frankie?”
“Si, ovviamente.”    Francisca annuì leggermente, sorridendo. In effetti aveva ragione, ma di sicuro non nel modo a cui pensava. 
“In realtà sono solo stanca. Non dormo molto, soffro di insonnia.” La ragazza si strinse nelle spalle, evitando di sottolineare che tutti quei pensieri sulla Night School non aiutavano di certo le difficoltà che aveva nell’addormentarsi… la sera prima si era rigirata nel letto per ore, alzandosi di tanto in tanto per piazzarsi sulla scrivania e osservare la luna quasi piena. 
Tanto che, alla fine, si era addormentata proprio lì e si era svegliata con un tremendo mal di schiena… la ciliegina sulla torta, insomma. 

“È sabato… che cosa facciamo oggi?”  Mathieu inarcò un sopracciglio, adocchiando un vassoio carico di biscotti con gocce di cioccolato mentre Camila assumeva un’espressione pensierosa, attorcigliandosi una ciocca di capelli intorno all’indice:
“Non so, pensavo di tingermi i capelli.., ti unisci a me Mat?”
“NO GRAZIE, il mio colore naturale mi va benissimo.”
“Come sei noioso! Almeno consigliami un colore nuovo!”
“In realtà non mi dispiacerebbe vederti con il tuo colore naturale, per una volta…” Il francese inarcò un sopracciglio, osservandola con espressione vaga come se stesse cercando di immaginarla con un colore di capelli che non fosse azzurro, rosa o viola. 
L'americana però scosse il capo come se non fosse una cosa possibile, stringendosi nelle spalle mentre si versava del thè nella tazza:
“Mi spiace, ma penso che ci vorrà un po’ perché ciò accada. Frankie, me lo consigli tu un colore?”
“Non saprei… che ne dici di un blu Tiffany?”
“Mmmh… sì, si può fare. Vorrà dire che stasera, a cena, vedrete Camila con dei nuovi capelli!”
“Non vedo l'ora…”
“Piantala Mat, o ti tingo di fucsia nel sonno!”

                                                                                    *

Stava suonando tutto e niente, gli occhi chiusi e il violino sistemato sulla spalla, appoggiato nell’incavo del collo.
Si era svegliato e aveva semplicemente preso il violino, iniziando a suonare nessuna melodia tra le tante che conosceva quanto più una delle tante che gli affollavano spesso la testa, facendo finalmente prendere vita alle note che vagavano nel suo cervello quando era preoccupato per qualcosa.
Troppe cose, troppi pensieri, troppe idee… troppo.
A coronare la sua confusione ci aveva pensato anche il sonno, visto che quella notte aveva dormito malissimo e aveva sognato di essere legato, seduto su una sedia, incapace di muoversi o fare qualunque cosa mentre leggeva quel disprezzo, quella disapprovazione… quell’odio, negli occhi della donna che gli stava davanti e che, ancora una volta, gli ripeteva che qualcosa non andava.
In lui, che qualcosa non andava in lui.
Sospirò mentre riapriva gli occhi smettendo improvvisamente di suonare e abbandonando l’archetto sul materasso, accanto a lui.
Non l'aveva mai detto ad alta voce e probabilmente non l'avrebbe mai fatto. Ma forse una delle cose che desiderava di più al mondo era sentire qualcuno rassicurarlo, dirgli che era un po’ eccentrico ma non folle. Che non aveva niente che non andasse.
Ma forse non sarebbe mai successo, perché nemmeno lui aveva la sicurezza di essere normale e non affetto da nessun disturbo.
Jude rimase immobile, osservando un punto indefinito della stanza davanti a sé mentre pensava a quello che aveva sognato, all'idea che lo tormentava da ormai settimane e a quello che aveva sentito la sera prima, all’incontro.
Isabelle che lasciava la Night School… perché? Forse la causa di tutto stava proprio lì? Forse l'uomo con cui l'aveva vista aveva a che fare con il gruppo?
Aveva pensato moltissimo a quell'uomo, sforzandosi e cercando di capire se lo avesse già visto… lo aveva anche disegnato un paio di volte, ma non aveva idea di chi fosse. 
Qualcosa però gli suggeriva che aveva molto a che fare con quelle sagome completamente nere che aveva visto nei disegni di Isabelle. 
Jude sbuffò, alzandosi di controvoglia dal letto e chiedendosi perché diamine quell'anno le cose stessero andando in quel modo. Suo padre gli aveva scritto che tutta l’Inghilterra era in subbuglio per il ritorno/non ritorno di Voldemort… nemmeno la Cimmeria scherzava, quell'anno sembrava di vivere dentro un giallo.
Il ragazzo s’infilò la camicia bianca della divisa senza neanche mettersi sopra il maglione blu, trascinandosi verso la porta e uscendo nel corridoio deserto. Difficile ammetterlo, ma sentiva quasi il bisogno di parlare con qualcuno… ma con chi? 
Sfortunatamente, non era mai riuscito a confidarsi davvero con nessuno. 
Mentre si avviava verso la Sala da Pranzo per fare colazione, Jude Verräter si chiese come stessero andando le cose ad Hogwarts e se restando lì avrebbe vissuto un ultimo anno normale.
Non sapeva nemmeno più sè quella situazione gli piaceva o meno, se lo divertiva o lo spaventava.
Sì, Jude aveva senza dubbio un mucchio di domande per la testa… e ancora una volta, molte rispose erano nelle mani della stessa persona.
Non sapeva però se la cosa gli piaceva o meno.

                                                                                          *

“Va tutto bene?”
“Certo. Perché me lo domandi?”  Francisca Lothbrock si voltò, incontrando gli occhi chiarissimi di Adrianus Stebbins. Il ragazzo si strinse leggermente nelle spalle mentre sedeva accanto a lei, allungando una mano per metterla sul braccio della ragazza e sorridendole:
“Ieri sera c'è stato un incontro, vero? E oggi sei parecchio pensierosa. È successo qualcosa?”
“No. Va tutto bene… non ti preoccupare.” Francisca sorrise, sperando di convincerlo ma allo stesso tempo sapendo che non ci sarebbe riuscita: il ragazzo infatti continuò ad osservarla con aria dubbiosa e una punta di preoccupazione.
“Sei sicura?”
“Assolutamente.”
“È solo che… so che non puoi parlarmene più di tanto Frankie, ma se dovesse esserci qualcosa che non va vorrei che tu me lo dicessi. Insomma, sono già morte quattro persone. Non voglio perdere anche te, non lo sopporterei.”
Francisca sorrise, intenerita dalle sue parole e dalla sua espressione da cucciolo abbandonato prima di mettere a sua volta la mano sulla sua:
“Tranquillo Steb, temo che non ti libererai facilmente di me.”
“Lo spero.” 
“Sorridi! Mi sembri un cagnolino abbandonato sul ciglio della strada… è sabato! … sì, il tempo fa molto schifo, ma è pur sempre sabato!”
Francisca sfoggiò un sorriso, parlando con il suo solito tono allegro mentre Adrianus lanciava un’occhiata alla finestra prima di annuire e sfoggiare di nuovo gli occhioni dolci:
“Vero. E visto che fa freddo e non c'è niente da fare potresti occuparti di me. Mi sento trascurato…”
“Scemo.”
“Vedi? Mi maltratti!”
Adrianus scosse teatralmente il capo mentre invece la ragazza ridacchiava, alzandosi per sedersi sulle sue ginocchia e abbracciarlo senza smettere di sorridere con aria divertita:
“Certo, come no… sapessi quanto tempo ho passato a guardarti con aria sognante, certa che prima o poi ti avrei visto insieme a qualche bellissima ragazza dalle gambe chilometriche…”
“No grazie, preferisco te… sei così facilmente abbracciabile!”
 “Emh… è un complimento o mi stai paragonando ad un peluche?”

                                                                                          *

“Non vorrei metterti fretta, ma un mucchio di ragazzine del primo o secondo anno mi stanno guardando parecchio male…”
“E tu ignorale! Abbi un po’ di pazienza!”
Mathieu Leroy sbuffò, roteando gli occhi scuri e trattenendosi dal replicare mentre era appostato davanti alla camera di Camila, aspettando che l'amica si mostrasse. 
Quando la porta si aprì il ragazzo si trattenne dall’uscirsene con un sonoro “finalmente”, limitandosi ad osservare la ragazza che gli sorrideva sulla soglia con espressione vagamente scettica:
“Eccomi qui! Che ne pensi?” 
Camila sorrise con aria allegra, allargando leggermente le braccia come ad invitarlo a guardarla mentre il francese esitava, osservandole il capo con cipiglio incerto:
“Beh… sei… colorata.”
“Grazie tante! Sei di molte parole.” Camila sbuffò leggermente, mettendosi anche le mani sui fianchi mentre Mathieu continuava ad osservare i suoi capelli a caschetto tinti di un colore acceso che richiamava molto quello del suo vestito al Ballo… in effetti si chiese se al buio avrebbero brillato.
“Scusami, ma non ho mai conosciuto una persona con i capelli come i tuoi… ma è una cosa positiva, sei unica nel tuo genere!”
“Grazie! Spero che sia un complimento e non un modo per dirmi che sono mezza matta… sicuro di non voler cambiare colore? Sarei ben lieta di farti la tinta!”
L’americana continuò a sorridere in modo che non piacque poi molto al ragazzo, che si affrettò a scuotere il capo: quasi quasi temeva di svegliarsi con i capelli di chissà quale colore a causa di uno scherzo della ragazza. 
“No grazie Cami, sono a posto.”

                                                                                    *

Era seduta sulla poltrona, avvolta nel silenzio più totale. Ogni tanto lanciava qualche occhiata in direzione della finestra chiusa, chiedendosi se o quando sarebbe arrivato.
Ci aveva pensato, ma non aveva cambiato idea.
L'avrebbero presa male? Molto probabilmente sì, lo sapeva. 
Isabelle sobbalzò quando sentì bussare, voltandosi di scatto verso la porta ed esitando prima di alzarsi: strano. In genere usava la finestra…
Mise la mano sulla maniglia ed esitò per un attimo ma poi aprì la porta, restando praticamente di stucco nel trovarsi davanti un suo compagno di scuola:
“JUDE?”
“In persona. Aspettavi qualcun altro, Isabelle?”
“No, certo che no. Che cosa vuoi?” La ragazza inarcò un sopracciglio, guardandolo con aria vagamente confusa mentre il ragazzo la superava, entrando nella stanza e andandosi a sedere sulla sedia, guardandosi intorno con espressione critica:
“Ehy, perché la tua camera è molto più grande della mia? Non è giusto!”
“Perché io sono qui da più tempo di te, ecco perché. Non dovresti essere qui.”
Isabelle sospirò, chiudendo la porta e avvicinandosi al letto, sedendo sul materasso mentre Jude sorrideva leggermente, stringendosi nelle spalle come se non gli importasse:
“Forse. Ma con un po’ di fortuna nessuno lo saprà mai. Credo che tu sappia perché sono qui, Isabelle… dobbiamo parlare.”
“Oh Jude, sono commossa. Chi avrebbe mai detto che quest'anno saremmo diventati tanto inseparabili?”
“IO no di certo! Non è colpa mia, ma ogni cosa che succede mi spinge verso di te come una calamita! Comincio a non sopportarti proprio.”
“La cosa è reciproca, simpaticone.”

                                                                                      *

Sbuffò, cancellando la frase che aveva appena scritto con forse fin troppa veemenza, rischiando di strappare la pergamena. 
Giornata pessima, decisamente. 
Phoebe Selwyn sbuffò, guardando il suo tema appena iniziato con aria torva: possibile che non le riuscisse neanche una frase decente quel pomeriggio?
“Non credo serva prendersela con le povere pergamene…”
La ragazza alzò lo sguardo, incontrando con lieve stupire quello di sua sorella, che stava mettendo dei libri a posto su uno scaffale poco distante.
“Si, beh… non è una bella giornata.”
“Mi dispiace. In effetti anche il tempo fa schifo… un vero peccato. Non vedo l'ora che faccia più caldo.” 
Camila sfoggiò un sorriso, avvicinandosi leggermente al tavolo della sorella mentre Phoebe lanciava un’occhiata cupa alla finestra, osservando il cielo grigissimo. 
Già… il tempo sembrava rispecchiare perfettamente le emozioni di tutti quel giorno. O almeno le sue.
“C'è qualcosa che non va?”
“Non proprio. Non per me, almeno, ma sto pensando ad Isabelle.”
Camila annuì con un lieve cenno del capo, guardando la sorella quasi con compassione prima di parlare di nuovo, con il tono più gentile che le riuscì:
“Sta ancora male?”
“In un certo senso. Ma il suo problema è che non condivide mai niente, nemmeno con me. Vorrei che lo facesse, anche se forse non dovrei essere io a dirlo.”
“Prima o poi lo farà, siete molto amiche dopotutto. Tutti hanno bisogno di confidarsi, prima o poi.”
Phoebe si sforzò di annuire, costringendosi a non farle notare che non era tutto poi così semplice, che non si trattava solo della morte di Alastair. C'era qualcos’altro, ma purtroppo non aveva idea di cosa preoccupasse tanto la sua amica. 
La ragazza lanciò un’occhiata alla sorella, chiedendosi per un attimo se sarebbe entrata nella Night School. Non sapeva proprio che cosa pensare, non ne aveva idea: avrebbero considerato Camila? Difficile a dirsi… ma di sicuro entro breve tempo avrebbe avuto una risposta. 
“Si, forse è vero, tutti si confidano. Spero solo che Isabelle non si decida a farlo quando sarà troppo tardi.”
“Che vuoi dire?”
“… niente. Mi passi quel libro, per favore?” 

                                                                                *

Stai tirando troppo la corda. Non hai paura che possano ucciderti? 

Sbuffò, cercando di scacciare la voce di Jude dalla sua testa mentre beveva un sorso di cioccolata calda che aveva preso dalla Sala da Pranzo prima di tornare in camera sua dopo aver parlato – o forse più che altro discusso – con Jude. 
Già, aveva paura che potessero ucciderla? Forse. Ma in fin dei conti non temeva la morte poi così tanto… già al Ballo era convinta che l'avrebbero uccisa. Anzi, era certa che alla fine l'avrebbero fatto comunque… perciò, che cosa cambiava?
Le aveva detto di cambiare idea, di non uscire dalla Night School… ma Isabelle ancora non aveva parlato con Oldman, non gli aveva detto di aver cambiato idea come loro avrebbero voluto.
Di sicuro lo sapevano già, o sarebbe successo presto in ogni caso.
Sospirò, appoggiando la tazza ormai piena solo a metà sulla scrivania e appoggiandosi allo schienale della sedia, ripensando a quello che le aveva detto Jude: il ragazzo non le aveva chiesto ancora una volta di dirgli cosa stesse succedendo… ma le aveva detto di cambiare idea, di non andarsene dal gruppo.
Peccato fosse così testarda. 
Lei gli aveva detto che ormai aveva smesso di avere paura, che non aveva più voglia di fare la marionetta. 
Ed era vero, era stanca. Avrebbe tanto voluto che tutto finisse, che tornasse come prima. Purtroppo la seconda però non era possibile, ne era consapevole. 
Allungò la mano e prese la tazza di porcellana bianca per bere altra cioccolata, ricordando quando sua madre le aveva detto che faceva tornare il buon umore. Ci sarebbe riuscita anche con lei? 

Non è la scelta giusta, Isabelle. Non mollare, non adesso. Pensa alle conseguenze di questa decisione!

Pensare, pensare, pensare. Forse stava pensando troppo nell'ultimo periodo. Le sarebbe piaciuto smetterla. 
Si alzò dalla sedia, avvicinandosi al letto per lasciarcisi cadere sopra, la vista leggermente annebbiata. 
Rimase immobile per qualche secondo, stesa sul letto su un fianco con le braccia conserte, gli occhi fissi su un punto indefinito del muro mentre ripensava alla conversazione che aveva avuto poco prima con Jude, ma soprattutto a quella che aveva avuto quella mattina. 
Questo prima che il dolore cominciasse.

                                                                          *

“Cosa ti fa credere che IO possa convincerla? Non penso proprio che mi ascolterà.”
“Beh, almeno provaci! Spina dorsale ci vuole… perciò muovi il tuo bel posteriore e ascoltami, una volta tanto!”

Sebastian Ryle sbuffò mentre attraversava il corridoio del Dormitorio Femminile, chiedendosi perché sua cugina fosse riuscita a convincerlo a farlo. Che senso aveva? Se Isabelle aveva deciso aveva deciso, lo sapeva… non voleva che lasciasse la Night School, ma era abbastanza sicuro che andandole a parlare non avrebbe ottenuto granché. Forse una fattura, al massimo.
Si fermò davanti alla sua porta e bussò, senza ottenere nessuna risposta. In effetti negli ultimi tempi ci aveva fatto un po’ l'abitudine e non si scompose neanche più di tanto, limitandosi a riprovare.
Strano. Si sarebbe aspettato un invito ad andarsene, o la porta che si apriva per mostrare una Isabelle seccata che gli chiedeva cosa cavolo volesse di sabato pomeriggio.
Niente, ancora silenzio.
Strano. Che cos’era quella fastidiosa sensazione allo stomaco?

“Isabelle? Sono Sebastian. So che ci sei…” Bussò di nuovo, e neanche al terzo tentativo ottenne una risposta. Sentì comunque qualcosa però provenire da dentro la stanza, anche se non erano parole di alcun tipo: la sentì tossire. 
Scusa, un giorno forse mi ringrazierai
Sperando di non beccarsi una maledizione, Sebastian mandò la privacy a quel paese e aprì la porta con un gesto secco, assecondando quella strana sensazione che aveva sentito dal momento in cui aveva messo piede nel Dormitorio.
Gli occhi del ragazzo andarono a finire dritti sul letto della stanza, dove vi era stesa Isabelle. 
“Belle…” In un paio di lunghe falcate la raggiunse, inginocchiandosi accanto al letto e guardandola con orrore tremare e contorcersi mentre tossiva, sputando sangue.
“Che cosa hai fatto?”
Allungò una mano per sfiorarle il viso e Isabelle puntò gli occhi verdi, arrossati e lucidi su di lui, trattenendo le lacrime provocate dal dolore allo stomaco prima di parlare con un filo di voce, dicendo solo un paio di parole stentate che fortunatamente Sebastian capì, alzandosi di colpo e lanciandole un’ultima occhiata preoccupata prima di correre fuori dalla stanza. 
Non aveva idea di dove fosse, ma sperava di trovarlo in fretta. E mai come in quel momento Sebastian Ryle fu felice di aver aperto una porta senza avere il consenso. 

Rimasta di nuovo sola Isabelle invece abbozzò un sorriso amaro, riuscendo quasi a sentire quella fastidiosa voce dire “te l'avevo detto” mentre lanciava un’occhiata alla tazza abbandonata sulla sua scrivania. 
Era una fine un po’ dolorosa, in effetti. Ma poco male. Forse di lì a poco avrebbe smesso di soffrire.




...............................................................................................................
Angolo Autrice:
Premetto che non sono per niente soddisfatta di questo capitolo, oggi non era proprio giornata e mi è uscito solo questo… spero di fare meglio con il prossimo, che sarà un po’ la seconda parte, diciamo.
Domandina per voi: un odore che rappresenta il vostro OC? 
A presto, buonanotte! 
Signorina Granger 



Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Conseguenze (Parte II) ***


Piccola premessa: questa è una specie di continuazione del capitolo precedente… ovviamente non potevo lasciarvi così. Pertanto sarà particolarmente incentrato su Isabelle e sulla situazione che sta vivendo, visto che inizierò a farvi capire meglio cosa sta succedendo. 
Nel prossimo ci saranno tutti per bene, ma questo capitolo è un po’ un extra particolare, diciamo. 
Buona lettura! 


 


Capitolo 20: Conseguenze (Parte II)
 



Probabilmente neanche agli incontri correva così velocemente… in effetti aveva quasi investito un paio di ragazzine del primo anno, ma non si era neanche fermato a scusarsi mente usciva di corsa dal Dormitorio Femminile per raggiungere quello dei maschi. 

“Ryle! Si può sapere che cosa stai facendo?” 

Sebastian non si fermò neanche al sentire la seccata voce di Jefferson chiamarlo alle sue spalle, continuando a correre sulle scale e cercando al contempo di non inciampare sui gradini disgraziatamente di marmo, quindi liscissimi e abbastanza scivolosi.

Ma non potevano farli di legno?

Il ragazzo sbuffò leggermente, riuscendo quasi a sentire il proprio battito cardiaco notevolmente accelerato rispetto alla norma. Continuava a vedere Isabelle tossire, contorcendosi su se stessa e con gli occhi lucidi. 

Da una parte si stava si stava odiando per averla lasciata da sola in quelle condizioni, ma era stata a lei a diglierlo, dopotutto… non poteva stare a guardare mentre, con ogni probabilità, passava a miglior vita come Jackson e Alastair. 

Pregando mentalmente affinché ci fosse Sebastian si avvicinò di corsa ad una porta chiusa, afferrando la maniglia e spalancando l’anta bianca senza neanche fermarsi a bussare. 

“Che accident- Ryle. Sei così impaziente di stare in mia compagnia? Sono onorato.” 

Per una volta, Sebastian non si fermò per replicare o per soffermarsi con lo sguardo sulla scena vagamente pittoresca, con Jude in piedi davanti alla finestra aperta e il suo famoso corvo appollaiato sul suo braccio, artigliando il parabraccia di pelle.
Jude lo guardò con un sopracciglio inarcato, chiedendosi cosa volesse e perché sembrasse tanto sconvolto.

“Jude, devi venire… subito. Isabelle… sta male.”
“Mi dispiace per lei, ma non sono un infermiere!”
“Credo che l'abbiano avvelenata. Per favore, muoviti!” 

Sebastian strinse nervosamente la presa sulla maniglia, guardando il compagno con una nota quasi implorante sia nella voce che nello sguardo. Forse in una situazione diversa Jude si sarebbe persino messo a ridere per sottolineare l’inverosimilità di quell’atteggiamento così diverso da solito, ma non lo fece.

Si voltò verso la finestra, facendo un cenno ad Atropo e invitandola a volare via: 

“Vai.” 

Lei gli rivolse un’occhiata vagamente torva ma obbedì, permettendo al padrone di chiudere la finestra con un gesto secco e frettoloso prima di avvicinarsi alla scrivania, aprendo un cassetto e armeggiando con lieve nervosismo con un mucchio di fialette colorate.

“Non sai che cosa ha preso, vero?”
“Non ne sono sicuro… forse Arsenico.”

Sebastian si morse nervosamente il labbro, osservando il compagno mentre quasi non riusciva a restare fermo, continuando a tornare con la mente ad Isabelle. 

Non se lo sarebbe mai perdonato, se fosse morta praticamente davanti ai suoi occhi.

Jude borbottò qualcosa di incomprensibile prima di voltarsi di nuovo verso di lui, avvicinandoglisi con tre fialette in mano e superandolo con lunghe falcate, la mascella contratta e il volto praticamente impassibile. 

I due lasciarono il Dormitorio praticamente di corsa, salendo nuovamente le scale e guadagnandosi un secondo rimprovero da parte di Jefferson… ma anche questa volta Sebastian non ci fece caso, e nemmeno Jude. 
La porta della camera di Isabelle era ancora socchiusa e entrambi quasi si catapultarono dentro la stanza… Sebastian però si fermò sulla soglia, gli occhi fissi su Isabelle mentre invece Jude le si avvicinò, inginocchiandosi accanto al letto e allungando una mano per sollevarle la nuca.

“Hai fatto… con comodo.”   Isabelle tossì, continuando a tremare mentre una lacrima le rigava una guancia, incapace di trattenerle completamente visto il dolore che provava.

“Van Acker, non parlare.”

Jude quasi la fulminò con lo sguardo, intimandole con un’occhiata di ascoltarlo mentre stappava con un gesto secco una fialetta minuscola, contenente un liquido trasparente che avrebbe potuto perfettamente far passare per semplice acqua. 

“Bevi questa.” 

Senza tante cerimonie il ragazzo avvicinò la fialetta al viso della ragazza, cercando di non pensare al sangue accanto al quale si era inginocchiato, che copriva parte del parquet accanto al letto della ragazza. 

Isabelle per una volta decise di non replicare o contestualizzare, mandando giù a forza l’antidoto che le aveva dato il compagno e tossendo, chiedendosi al contempo perché bruciasse in quel modo.

“Anche questo.” 

Restando impassibile Jude le porse una seconda fialetta, facendo comparire una smorfia sul volto della ragazza. Isabelle esitò e alzò gli occhi dalla fiala per posarli sul volto del ragazzo, animati da una nota incerta, quasi leggermente spaventata.

“Isabelle… fidati di me, per una volta.” 

Dopo un attimo di esitazione la ragazza annuì, lasciando che Jude le facesse bere anche il contenuto della seconda fiala. 
Il ragazzo mollò la presa sulla sua testa, facendola crollare di nuovo sul letto mentre respirava a fatica, continuando a tenere le braccia strette intorno allo stomaco.

“Doppiamo portarla in Infermeria… ma dovrebbe cavarsela.” 

Jude fece per alzarsi, ma Isabelle allungò una mano e gli afferrò un lembo della camicia, tirandolo di nuovo accanto a se e puntando gli occhi verdi su di lui. 
Per un attimo si limitò a guardarlo, smettendo lentamente di tremare prima di deglutire a fatica, parlando con un filo di voce:

“G-grazie…”

“Ti ho detto di non parlare!” 
 
Jude sbuffò mentre Sebastian si avvicinava, incapace di staccare gli occhi da Isabelle ma desiderando allo stesso tempo di farlo… vederla così era una dolorosa fitta allo stomaco, ma proprio non riusciva a distogliere lo sguardo. 

L’ex Serpeverde invece fece per alzarsi, ma Isabelle non aveva ancora mollato la presa sulla sua camicia… appoggiò anche la testa sul suo petto e Jude per un attimo rimase come pietrificato, non sapendo proprio cosa fare… ma poi vide gli occhi di Isabelle roteare all’indietro e la ragazza perse i sensi, facendolo improvvisamente smettere di pensare:

“Isabelle! Maledizione… scordatelo Van Acker, tu non te ne vai! Prendila, dobbiamo andare in Infermeria.” 

Jude si alzò, facendo un passo indietro affinché Sebastian potesse sollevare delicatamente la ragazza… afferrò le sue fialette, di cui solo una ancora piena, prima di lanciare un’occhiata ad Isabelle e uscire in fretta dalla stanza, con il compagno al seguito. 


Una volta in Infermeria, Jude si piazzò accanto al letto della ragazza, incrociando le braccia al petto e fulminandola con lo sguardo mentre prendeva posto dall'altra parte del letto, stringendole delicatamente una mano tra le sue. 

Se pensava di squagliarsela e lasciarlo con tutte quelle domande, si sbagliava di grosso. 


                                                                                         *


Aprì gli occhi mentre veniva scossa di nuovo da un paio di violenti colpi di tosse, mentre sentiva distrattamente due dita accarezzarle delicatamente i capelli. 

“Rilassati… va tutto bene.” 

Isabelle deglutì, restando immobile e puntando gli occhi su Sebastian, che le sorrise leggermente. 
Vederla così non era proprio il massimo, e stava facendo quasi violenza su se stesso per impedirsi di non stendersi accanto a lei e prenderla tra le braccia… ma si era svegliata, ed era felice di vedere che stava molto meglio.

“Faye e Phoebe saranno qui a momenti. Ti diverti a farci preoccupare a morte?”
“Tutto questo non è… divertente.”   Isabelle si accigliò leggermente, contraendo i muscoli mentre tossiva di nuovo. Sospirò e appoggiò meglio la testa sul cuscino mentre Sebastian l’ammoniva con lo sguardo, suggerendole di rilassarsi.

“Jude è sparito nella tua camera… credo voglia capire per bene che cosa ti hanno fatto bere. Meno male che mi hai detto di chiamarlo. Come facevi a sapere che sarebbe riuscito ad aiutarti?” 

“Lo sapevo e basta. Grazie per avermi ascoltato.” 

Isabelle sospirò, chiedendosi che razza di veleno le avessero rifilato. Si appuntò mentalmente di ringraziare Jude – anche se probabilmente le sarebbe costato parecchio – e si chiese a quali domande avrebbe dovuto rispondere… quelle dei suoi amici, quelle del Preside… e soprattutto, quelle immancabili di Jude probabilmente. 

“So a cosa stai pensando Belle… muori dalla voglia di riposarti in santa pace. Ma temo che le tue due migliori amiche stiano per piazzare le tende qui…”


                                                                                   *


Sebastian sfoggiò un debole sorriso, guardando sua cugina e Phoebe che quasi stavano uccidendo Isabelle con le loro mani, soffocandola con un mega abbraccio.
La ragazza stava cercando effettivamente di liberarsi, biascicando che stava bene e che non c'era bisogno di tutta quella premura… ma le due sembrarono non ascoltarla.

“Ci siamo spaventate a morte, meno male che stai bene… Che razza di intruglio hai ingerito?” 

“Ragazze… forse dovremmo lasciarla riposare.” 

Sebastian sorrise con una punta di divertimento, cogliendo l’occhiata colma di gratitudine che gli rivolse Isabelle. 
Phoebe e Faye sbuffarono ma sembrarono trovarsi d'accordo, raccomandando l'amica di non muoversi dall’Infermeria per un paio d'ore prima di avvicinarsi a Sebastian.

“Isabelle… credo che ci sia qualcun altro che vuole parlare con te.”
“Basta che non mi venga a stritolare, ci ha già quasi pensato tua cugina.” 

Isabelle sfoggiò un debole sorriso, lasciandosi cadere di nuovo sul materasso mentre Sebastian sorrideva, annuendo prima di seguire Phoebe e Faye fuori dall’Infermeria. Avrebbe voluto chiederle in che razza di guaio si fosse cacciata, ma allo stesso tempo immaginava che preferisse essere lasciata in pace in quel momento… di sicuro però continuava a ringraziare la sorte per averlo fatto finire in camera sua. 

Il ragazzo uscì dall’Infermeria e rivolse un cenno del capo a Jude, che era uscito quando erano entrare di corsa Phoebe e Faye, non appena Isabelle aveva ripreso i sensi. 

“Jude, evita di assillarla, per favore.”
“Io non assillo mai nessuno!” 

Jude sfoggiò un mezzo sorriso e Sebastian roteò gli occhi… prima che Phoebe si muovesse verso l’ex Serpeverde, sorprendendo tutti i presenti e abbracciandolo per circa due secondi, ringraziandolo a mezza voce per aver salvato la sua amica.

Per un istante Jude sgranò gli occhi, chiedendosi quando aveva visto Phoebe Selwyn uscire dalla sua posizione di perfetta ragazza impassibile l'ultima volta… e Faye e Sebastian sembrarono pensare lo stesso, viste le facce stralunate. 
Phoebe però non disse niente, avvicinandosi ad una sedia e piazzandocisi sopra: non se ne sarebbe andata finché non le avrebbero assicurato che Isabelle stava bene, probabilmente. 

Faye la imitò e a Jude non restò che entrare nell’Infermeria, ripensando a quando aveva chiesto a Sebastian perché fosse andato proprio da lui… il ragazzo aveva fatto spallucce, sostenendo che era stata lei a diglierlo. 



Il ragazzo si avvicinò silenziosamente all’unico letto occupato, sedendosi accanto ad una Isabelle praticamente nascosta sotto al copriletto azzurro. 

“Isabelle?”

“Mh?”

“Visto che mi devi eterna gratitudine, che ne dici di fare due chiacchiere?”

Jude sollevò un sopracciglio, udendo una specie di sbuffo sommesso, seguito da un borbottio poco comprensibile ma da cui il ragazzo riuscì a cogliere un paio di parole:

“Isabelle! Ti hanno avvelenata con una cioccolata calda che ti ha quasi distrutto lo stomaco e HAI FAME?” 
“Beh, mi devo nutrire! Non posso affrontare una conversazione con te a stomaco vuoto.”

Jude si chiese se non lo stesse prendendo in giro, ma Isabelle tacque e non si mosse di un millimetro, restando raggomitolata sotto le coperte senza farsi vedere.
E non gli restò che sospirare, intuendo che era serissima e di non avere molta scelta. 

“Bene. Vado a prenderti qualcosa, ma se scappi ti assicuro che ti seguirò anche nel bagno delle ragazze, se necessario!” 
“Rimango qui… ma portami qualcosa di buono, mi raccomando!”

“Non sono un cameriere! Sei impossibile.”
“E tu poco gentile!”


                                                                                              *


Aveva intimato quasi minacciosamente a Sebastian, Faye e Phoebe di non ridere quando era tornato in Infermeria armato di una buona dose di determinazione… e di un panino. 

Ora Jude era di nuovo seduto accanto ad Isabelle, guardandola mangiare lentamente con gli occhi ancora arrossati e i capelli castani vagamente spettinati. 

“Sono degno della tua attenzione, ora?”   Il ragazzo sollevò un sopracciglio con espressione scettica, guardandola voltarsi verso di lui e annuire con un debole cenno del capo, stringendosi le gambe.

“Beh… prima di tutto grazie. A questo punto è una fortuna che tu passi il tempo libero a fare il piccolo chimico mischiando e sperimentando intrugli.”

“E TU che ne sai di come passo il tempo libero?” 

Isabelle sfoggiò un debole sorriso, appoggiandosi ai cuscini e assumendo per un attimo la stessa espressione beffarda che a volte vedeva comparire sul volto del suo interlocutore:

“Vuoi un consiglio, Jude? Non avere mai la presunzione di pensare di essere l'unico che sa molte cose su chi ti circonda.”

“Io non sono presuntuoso!” 

“No, non lo sei. Sei un sacco di altre cose, però.”    Isabelle sorrise debolmente, guardandolo quasi con aria divertita prima che lui sbuffasse, incrociando le braccia e mettendosi quasi sulla difensiva, cambiando argomento:

“So che muori dalla voglia di tessere lodi nei miei confronti, ma sono qui per avere qualche risposta. Ora che ti hanno quasi uccisa ti decidersi a dirmi cosa sta succedendo, Isabelle? E magari capirai che ritirarti dalla Night School è solo un clamoroso sbaglio.”

“Mi spieghi una volta per tutte perché ti ritrovò sempre tra i piedi? Perché tutto questo ti interessa tanto?”

“A qualcuno DEVE interessare. Non riguarda solo te Isabelle… riguarda tutti. E se sono l'unico a vedere le cose come stanno pazienza, ma ti assicuro che non passerai a miglior vita finché non saprò cosa sta succedendo, dovessi anche ficcarti in gola un centinaio di antidoti. E io starei attento a cosa mangiare o bere d'ora in poi, se fossi in te.” 

Isabelle non disse niente per un attimo, spostando gli occhi dal compagno per posarli sul vetro della finestra, osservando il parco ricoperto ormai solo in piccola parte dal nevischio. 

Era davvero difficile per lei ammetterlo, orgogliosa com'era… ma infondo sapeva che aveva ragione. 
Sapeva che prima o poi tutto sarebbe venuto fuori, e forse sarebbe davvero uscita di testa entro la fine dell'anno se non l'avesse detto ad alta voce. 

Infondo, da quanto non parlava davvero con qualcuno? 

Intanto Jude la guardava in attesa, osservandola attentamente e aspettando che parlasse… di sicuro non le avrebbe permesso di filarsela un'altra volta, non quando avrebbero potuto ucciderla in qualunque momento. 
Gli servivano delle risposte.

“Sono quasi commossa, Jude… chi avrebbe mai detto che tu tenessi tanto a me?”
“Ma per favore. L'hai detto tu, ricordi? Io non faccio mai niente per niente. Mi serve sapere cosa nascondi, tutto qui… ammetto che sei vagamente di gradevole compagnia, ma solo vagamente.”

Si strinse nelle spalle, ricordando per un attimo quando Isabelle gli aveva detto che si era rammollito… dentro di sé mandò quelle parole a quel paese, dicendosi che era lo stesso Jude di sempre, che pensava a se stesso e a nessun altro. 


“Te l'ho già detto Jude… delle persone vogliono che io faccia una cosa per loro. Ed è sbagliato, probabilmente me ne pentirò e metterà nei guai un sacco di persone. Ma lo farò. Devo farlo.”

“Ti conosco abbastanza da sapere che sei una persona piuttosto orgogliosa… ma lascia che io ti aiuti. Forse potremmo venirne a capo. Hanno usato i tuoi amici per minacciarti, no? Jackson… Alastair. Ma hanno anche un'altra presa, vero?” 

Isabelle annuì, puntando gli occhi sul copriletto prima di parlare, gli occhi lucidi e la voce rotta:


“Da settimane mi dai il tormento… quando ti avranno ucciso, ti dirò che te l'avevo detto.”
“Correrò il rischio.”

“Bene. Allora guarda con i tuoi occhi.” 

Isabelle mosse la testa, accennando alla bacchetta che il ragazzo si stava rigirando quasi distrattamente tra le dita sottili, facendolo accigliare con leggera titubanza:

“Sei sicura?” 

Isabelle annuì, guardandolo con espressione quasi tetra, come se non avesse proprio la forza di raccontargli tutto dall'inizio. 
Forse infondo aveva ragione lui, anche se le dava fastidio ammetterlo… doveva portare qualcuno dalla sua parte.

“Sì.”

Jude le puntò la bacchetta contro, esitando per un attimo mentre Isabelle si limitava a chiudere gli occhi. Ovviamente sapevano entrambi come funzionava, si erano già esercitati con la Night School molte volte, lei specialmente visto che faceva parte del gruppo da molto più tempo.

“Legilimens.” 



                                                                                     *


Jude sbattè le palpebre, trovandosi improvvisamente in una stanza che non conosceva. 
In piedi, accanto ad una porta socchiusa… e una bambina alzata in punta di piedi che sbirciava all'interno della stanza, ascoltando delle voci. 

Isabelle doveva avere tre o quattro anni… sgranò gli occhi e fece un paio di passi indietro mentre dei passi si avvicinavano alla porta, che venne chiusa con un gesto secco. 

“Isabelle, quante volte ti ho detto di non origliare? Vai in camera tua!” 



“Signorina…”
“Lasciatemi stare! Voglio la mia mamma!” 

Era in una camera da letto, e la stessa bambina dagli occhioni verdi era seduta su un letto, le braccia conserte e un’espressione parecchio torva mentre rifiutava la cena dal povero elfo domestico che stava cercando di serviglierla.


“La Signora torna presto… Mangiate, signorina!” 

“No.”


Nonostante tutto, sorrise leggermente: testarda come un mulo come sempre…


La scena cambiò di nuovo, e vide Isabelle correre verso una donna che le somigliava parecchio, attraversando il salotto per raggiungerla al tavolo dove si era seduta per bere una tazza di thè insieme ad un'altra donna:

“Mamma? Non trovo Amleto!” 

“Tesoro, sono impegnata adesso… gioca con un altro pupazzo, dopo lo cerchiamo.”

Vide la bambina sbuffare leggermente, lanciando un’occhiata cupa alla madre prima di obbedire e trotterellare via. Strano, ma riuscì quasi a sentire la delusione e lo sconforto di quella bambina. 

Pazienza, se la sarebbe cavata da sola… come avrebbe cercato di fare anche in futuro.


Jude vide Isabelle ridere, giocare con una versione mignon di Alastair Shafiq… la vide in braccio al padre dell’amico e sorridente. Vide la Cimmeria, Phoebe, Faye, Jackson e Sebastian… e il tempo passava, quella ragazzina cresceva e diventava sempre più simile a quella che conosceva.


La vide arrampicarsi sui cornicioni e calarsi nella camera di Alastair… addormentarsi sul suo letto, tenendolo per mano. 
La vide stesa, al buio, su un tetto ad osservare il cielo stellato insieme a lui.

La vide giocare a scacchi, correre nel bosco, con la Night School.
I ricordi cambiavano, i suoni così stranamente realistici e vicini mentre riusciva quasi a sentire le emozioni della proprietaria di quei precisi ricordi man mano che cambiavano, sfumando davanti ai suoi occhi e catapultandolo in luoghi e situazioni diverse, davanti a persone diverse… e più Isabelle cresceva, più Alastair era presente. E meno lo erano i suoi genitori. 


O almeno finché Jude non si ritrovò a guardare Isabelle camminare lungo un corridoio semi buio… la Isabelle che conosceva, che vedeva ogni giorno. La bacchetta in mano, un’espressione cupa mentre si fermava davanti ad una porta chiusa, la stessa davanti alla quale l'aveva vista sbirciare una conversazione tra suo padre e un altro uomo. 


Isabelle esitò prima di bussare, aprendo la porta senza nemmeno aspettare una risposta. Jude la seguì dentro la stanza, ritrovandosi a guardare il padre della ragazza in piedi dietro alla scrivania, intento a frugare dentro un cassetto.
Alzò lo sguardo e puntò gli occhi dritti su d lei, guardando la figlia con espressione interrogativa:

“Isabelle? Che cosa c'è?” 

“Scusa, papà. Scusami tanto.”

Lo vide accigliarsi, aprire la bocca per chiederle di spiegarsi… ma lei alzò il braccio, restando impassibile mentre gli puntava la bacchetta contro:

“Confundus.” 



La scena cambiò di nuovo.
Jude si ritrovò al buio, nel familiare parco della scuola… Isabelle camminava davanti a lui, l'aria che le scompigliava i lunghi capelli lisci. La vide voltarsi e lanciare un’occhiata quasi preoccupata ad un punto oltre la sua spalla e il ragazzo si voltò, ritrovandosi a guardare dei ragazzi che giocavano a Quidditch.

Isabelle stava andando alla Cappella, e ben presto Jude capì a che sera corrispondesse quel ricordo… quando aveva scorto le luci della Cappella accese, quando Isabelle non era andata alla partita.
Quando tutto era iniziato, o almeno per lui. 



“Sei sicuro che esista? Che sia davvero qui? Forse è tutta una leggenda…”
“Le leggende hanno un fondo di verità, Isabelle, sempre. È per questo che resistono così a lungo, di generazione in generazione… le persone ci credono, infondo, le tengono in vita. Il libro è qui, da qualche parte. Lo devi solo trovare, poi tua madre tornerà a casa.”


Jude si accigliò, osservando l'uomo che aveva visto ballare con Isabelle… lei era seduta alla sua scrivania, gli occhi fissi sulla sua finestra. Lui invece era in piedi accanto a lei, osservandola attentamente prima di allungare una mano, forse per sfiorarle i capelli. Ma lei si scostò leggermente, piegando le labbra in una smorfia di quasi disgusto:

“Te l'ho già detto. Non toccarmi.”

“Non sei sempre stata così, Isabelle.” 

Sollevò leggermente un sopracciglio, osservandola in un modo che Jude proprio non riuscì a decifrare… divertimento? Scetticismo?

“Beh, sai… succede, quando ti ricattano.” 



Il ricordò cambiò di nuovo, e Jude sentì quasi un ma ciglio bloccargli lo stomaco quando si ritrovò nel parco di Cimmeria, circondato dalla neve è in mezzo al freddo, con Isabelle che camminava davanti a lui. Addosso, un inconfondibile vestito bianco perla.


“Non questo.”



La voce di Isabelle arrivò quasi distante alle orecchie del ragazzo, ma un attimo dopo Jude sentì una specie di strattone al petto e si ritrovò di nuovo nell’Infermeria, seduto accanto al letto di Isabelle. 


In fin dei conti sapeva già come sarebbe proseguito quel ricordo… e forse non aveva neanche poi così voglia di rivederlo, esattamente come lei, evidentemente.


Jude la guardò, cercando di riordinare i pensieri: aveva un mucchio di cose da chiederle, talmente tante da non sapere nemmeno da dove iniziare.
Isabelle invece aveva distolto lo sguardo, puntandolo sulle proprie gambe senza dire niente, aspettando che Jude parlasse:


“Quindi è… cominciato tutto prima dell'inizio dell'anno? È la tua famiglia è davvero coinvolta… perché hai Confuso tuo padre?” 

“Si, è iniziato tutto alla fine dell'estate. Mia madre… lei è partita per Londra, in Agosto. Non è mai tornata. Ho Confuso mio padre affinché pensi e dica a tutti che sta risolvendo questioni di famiglia qui in Inghilterra… lui non ne sa assolutamente niente, né deve saperlo.” 


Per un attimo, Jude pensò di dirle che forse informare suo padre non sarebbe stata una cattiva idea, anche se comprendeva il suo non volerlo sconvolgere o coinvolgere. Per una volta però persino lui intuì che era meglio divagare, ripensando ad un altro ricordo… e nello specifico ad una cosa che aveva sentito, che l'aveva lasciato piuttosto perplesso… e con un nodo allo stomaco alla sola idea che gli era balenata, ma preferiva non pensarci:

“Isabelle. Mi hai detto che non sai chi ti sta ricattando… ma è davvero così? Forse sbaglio, ma tu e quell'uomo sembrate… è strano. C'è qualcosa che vi lega?” 

Jude corrugò leggermente la fronte, osservando la ragazza. Lui la chiamava per nome tranquillamente, quando parlavano sembravano entrambi a loro agio, come se ci fossero quasi abituati. 
E poi le sue parole quando aveva cercato di toccarle i capelli: “non sei stata sempre così” 

Isabelle non rispose e ancora una volta fu Jude a parlare, la gola improvvisamente secca:

“Isabelle… Tu non… non sei andata a letto con lui, vero?” 


La ragazza mosse la testa, voltandosi di nuovo verso di lui con una nota così carica di disgusto negli occhi e nella voce che Jude non mise in dubbio nemmeno per un attimo la sua sincerità:

“No! Dio, che schifo Jude… no. Lui è… è mio zio.” 

Isabelle sospirò, passandosi una mano tra i capelli mentre una specie di macigno le si sollevava dallo stomaco, così come a Jude, anche se il ragazzo si impose di non pensare al motivo e di concentrarsi invece sulle ultime parole che aveva sentito. 

D'altra parte Isabelle lo guardò, chiedendosi come avrebbe reagito… era la prima volta in cui lo diceva. Era strano… non sapeva se si sentiva bene o malissimo. Jude però non disse niente per un attimo, abbandonandosi sullo schienale della sedia prima di sfoggiare un piccolo, amaro sorriso, senza smettere di guardarla:

“Tuo zio? Wow… e io che pensavo di avere la famiglia più assurda di tutta Europa…” 

“Si può sempre organizzare una gara.”

Isabelle si lasciò ricadere lentamente sul letto, le palpebre ormai piuttosto pesanti. Jude probabilmente avrebbe voluto chiederle molte altre cose, invece si alzò e le rivolse un’occhiata eloquente:

“Temo che la vincerei io comunque. Forse ora dovrei andare, o i tuoi amici mi accuseranno di non lasciarti riposare in pace…  ma non preoccuparti Isabelle, non ho ancora finito di chiacchierare con te.”

“Meno male. Mi sentirei persa senza le tue domande.”

Isabelle sbuffò leggermente e chiuse gli occhi, rigirandosi per dargli le spalle e cercando finalmente di riposare in pace mentre il compagno si limitava a sorridere leggermente prima di uscire dall’Infermeria, le mani infilate nelle tasche. 

Quando uscì ricevette tre occhiate cariche di curiosità da parte di Sebastian, Faye e Phoebe… ma non ci fece molto caso, continuando a camminare per lasciare il pianerottolo:

“Credo che a breve si addormenterà… ci vediamo stasera.” 


                                                                                 *


“Come sta? Si è ripresa?”

“Credo di sì… ha parlato per un po’ con un ragazzo, credo che sia stato lui a darle l’antidoto.”

“Un ragazzo, dici?” 

“Si… da come lo avevi descritto, forse è quello che vi ha interrotto al Ballo.”

Annuì leggermente, gli occhi puntati su una delle finestre dell’Infermeria. 

“Beh, a questo punto speriamo che abbia recepito il messaggio. E scopri come si chiama quel ragazzo.”
 













………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice: 

Rieccomi! 
Allora… per il seguito ho già le idee piuttosto chiare, inizierei a scriverlo anche domani ma temo di dover aggiornare anche le altre storie… posso però assicurare che per l'inizio della prossima settimana lo avrete, anche se forse potrei spuntare anche prima.

Questa volta non ho nessuna domanda per voi, quindi vi saluto e basta… ma grazie mille per le recensioni, scusate se ultimamente rispondo poco ma è un periodo un po’ pieno. 

Buonanotte! 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Amortentia ***


Capitolo 21: Amortentia 

 
Venerdì 15 Gennaio 



“Bibi?”
Phoebe?”
Sono le 8!” 

Faye Cassel sbuffò, guardando l'amica dormire della grossa come se la ritenesse senza speranza. 

Fortunatamente era andata in camera sua per vedere se fosse sveglia… ma Phoebe Selwyn aveva sempre avuto il sonno piuttosto pesante e ancora non era riuscita a svegliarla. 
Stava quasi prendendo in considerazione l'idea di fare un qualche incantesimo per buttarla giù dal letto quando la porta della camera si aprì, rivelando una Isabelle già pettinata e con la divisa addosso.

“La Bella Addormentata è ancora nel mondo dei sogni?”
“Si. Qualche idea?” 

Isabelle sfoggiò un piccolo sorriso prima di avvicinarsi al letto dell’amica, rubandole delicatamente dalle mani il cuscino che stava stringendo mollemente prima di appiopparle una cuscinata in testa, facendola mugugnare:

“Andate via…”

“Non ci pensiamo neanche! Alzati pigrona, abbiamo lezione! Faye, a te l'onore.”

Faye sorrise allegramente, prendendo il cuscino dalle mani dell'amica prima di imitarla e colpire la povera Phoebe sulla spalla, che sbuffò e seppellì la faccia nel cuscino, borbottando che aveva delle amiche orribili:

“Non voglio! Odio Pozioni!”  

“Anche io sono frana Phoebs, faremo schifo insieme! O magari mio cugino ci farà copiare, con un po’ di fortuna…”  

“Coraggio, Stuart ha detto che oggi avremmo preparato qualcosa di “particolare”… non sei curiosa?” 

Isabelle sorrise, provando a scostare le coperte dal corpo dell'amica ma senza grandi risultati, mentre Phoebe borbottava che non gliene fregava un fico secco delle Pozioni, particolari o meno.


                                                                                      *


Jude stava mescolando quasi pigramente, osservando la Pozione che ribolliva nel calderone con aria svogliata: e pensare che lui aveva sperato di preparare un qualche veleno, o roba simile… quello sì, sarebbe stato divertente ed interessante. 
Invece eccolo lì, alle prese con un filtro d'amore… quasi gli veniva da prendersi in giro da solo per l'assurdità della situazione.


Se non altro però lui riusciva sempre a preparare correttamente qualunque cosa… altri non avevano la stessa fortuna. 


“Ok… che colore dovrebbe avere, alla fine?” 

“Una specie di sfumatura perlata, credo… beh, ormai il dado è tratto. Tiriamo le somme.”  

Isabelle inarcò un sopracciglio e, in perfetta sincronia con Faye e Phoebe, sollevò il coperchio dal suo calderone… e a quel punto Faye sbuffò, imprecando a mezza voce prima di parlare con un tono decisamente seccato:

“Grandioso, la mia è verde! Phoebs, ti prego dimmi che hai fatto un disastro anche tu…”

“Se ti può consolare la mia è viola! Odio questa materia…”. Phoebe sbuffò, coprendo di nuovo il calderone con stizza mentre Isabelle, seduta in mezzo alle due, si tratteneva dal ridere e Sebastian sorrideva mentre passava accanto al loro banco:

“Signore, volete fare tutti i colori dell’arcobaleno?”

“Gira al largo Bas! Anzi, no. Renditi utile e dacci una mano a mettere a posto questo disastro! In genere non me ne fregherebbe nulla, ma voglio sentire la mia Amortentia!” 


Faye sbuffò, incrociando le braccia al petto mentre Sebastian invece continuava a sorridere, fermandosi davanti alla cugina con le mani dietro la schiena:

“Hai dimenticato la parolina magica…” 

“Se intendi “Stupeficium” tra poco sarai accontentato. Dai Bas, aiutami!”  

Faye sfoggiò gli occhioni imploranti e dopo un attimo di esitazione Sebastian annuì, guardandola con affetto e leggero divertimento: probabilmente era una delle pochissime persone che avrebbe aiutato in tutto e per tutto e la ragazza lo sapeva, anche se il cugino difficilmente lo avrebbe ammesso: 

“E va bene… la mia è pronta, ma prima di annusarla bisogna lasciarla a riposare per un po’, quindi ti darò una mano mentre aspetto. Cosa faresti, senza di me?” 


                                                                                 *


“Smettila di fare quella faccia da saputello!” 
“Io non ho nessuna faccia da saputello, sei solo invidiosa perché l'ho preparata in meno tempo di te.” 

Adrianus sorrise con aria soddisfatta e per tutta risposta Francisca lo fulminò con lo sguardo… o almeno provò a tenergli il muso per più di un minuto, fallendo miseramente mentre il ragazzo ridacchiava:

“Non fare quella faccia, lo sai che ho ragione!” 
“Sei sempre il solito… la prossima volta ci impiegherò meno tempo di te, stanne certo!” 


Frankie fulminò il ragazzo con lo sguardo mentre sollevava il coperchio dal suo calderone, sorridendo con soddisfazione nel trovare la Pozione pronta: sfumatura perlacea, vapore che saliva a spirale… se l'era sempre cavata bene in Pozioni ma anche Adrianus, e facevano quasi a gara praticamente da sempre, da quando il ragazzo si era trasferito alla Cimmeria.  


Anche l’ex Corvonero sollevò il suo coperchio, rivolgendo un sorriso quasi di sfida a Francisca prima di puntare gli occhi sul filtro d'amore quasi con curiosità: chissà cosa avrebbe sentito annusandola…  

Quella domanda se la stavano ponendo più o meno tutti nell'aula ormai piena di vapore, chi più e chi meno... ma ormai buona parte della classe stava per soddisfare quella curiosità, anche se Phoebe e Faye stavano ancora sistemando le loro Amortentie con l'aiuto di Sebastian e di Isabelle. 


“Credo che ora possiamo annusarle… vai tu per primo?” 
“Perché io?”

“Beh, visto che tieni tanto a sottolineare che “l'hai finita prima tu” mi sembra doveroso! Coraggio Steb… cosa c'è, hai paura di quello che potresti sentire?” 


Questa volta il turno di sorridere con una nota quasi beffarda fu di Francisca, facendo borbottare al ragazzo di non aver paura proprio di un bel niente. 
Lei di sicuro non ne aveva… sapeva già che avrebbe sentito qualcosa ricollegabile a lui. 


                                                                                  *
 

“Cami! Attenta con il peperoncino!” 

Mathieu sospirò, allungando al contempo una mano per bloccare quella dell'amica: Camila era brava in Pozioni, parecchio anche… ma a volte tendeva a non seguire particolarmente le ricette. 

L'americana infatti sbuffò quasi con aria annoiata, mettendo giù la polvere rossa prima di borbottare qualcosa:

“Non trovi che a volte sia davvero noioso seguire tutte queste ricette, questi schemi prestabiliti? È bello sperimentare!”

“Certo, ma forse non è il caso di giocare al Piccolo Chimico in classe…”

“Che cos’è il Piccolo Chimico?”

“Una specie di gioco Babbano… non so, mia sorella lo adora.”

Il francese si strinse nelle spalle mentre Camila riprendeva a mescolare pigramente, guardandosi intorno e chiedendosi che cosa avrebbero sentito i compagni… un lieve sorrise le comparve sulle labbra quando puntò gli occhi sul banco occupato da Adrianus e Francisca, certa che avrebbero sentito l'uno il profumo dell'altro. 

“Va bene, per questa volta seguirò il tuo consiglio… e la ricetta. Ma solo perché sono curiosa, chissà che cosa sentirò… l'anno scorso non l'abbiamo preparata ad Ilvermorny, eravamo indietro con il programma.” 
 
“Ottima idea, così magari non farai esplodere il calderone…”

“Lo dici solo perché hai paura di bruciarti le sopracciglia! Ad un mio ex compagno è capitato, poverino!”

“C'è poco da ridere, è orribile restare senza sopracciglia!”   Mathieu rabbrividì alla sola idea mentre Camila si faceva scappare una risatina nell'immaginarsi l'amico in quelle condizioni, guadagnandosi di riflesso un’occhiata vagamente torva che la portò a sorridergli con aria angelica. 

“Tranquillo… come ho detto, seguirò la ricetta.”

“Brava. Piuttosto, non trovi che sia ironico il fatto che tua sorella sia una frana in Pozioni mentre tu saresti forse la migliore della classe se spesso non ti divertissi a… sperimentare?” 

Camila rivolse una breve occhiata in direzione di Phoebe, seduta qualche banco più indietro con le sue amiche, prima di stringersi nelle spalle e tornare a concentrarsi sulla sua Amortentia:

“Beh… lo hai detto tu: ironia della sorte. Chissà, magari le darò ripetizioni.” 

“Dubito che te lo chiederà mai… mi sembra una tipa abbastanza orgogliosa.” 

“Mai dire mai, Mat… e ora pensa alla tua Pozione, su!” 


                                                                                      *
 

“Dite che adesso possiamo annusarla? Ho quasi paura di sollevare il coperchio e di scatenate una specie di eruzione…” 

“Rilassati Faye, grazie al mio indispensabile aiuto sei salva… la mia ormai è a riposo da un po', dovrei sentirne l'odore. MA PRIMA voglio sapere cosa sentirai tu, sono curioso.”  

Faye rivolse al cugino un’occhiata in tralice, suggerendogli silenziosamente che forse era curioso più che altro su ciò che avrebbe sentito la ragazza seduta accanto a lei… oppure lo stesso Sebastian quasi temeva quello che avrebbe potuto sentire nella sua Amortentia.

La ragazza però ebbe il buon senso di tenere quei pensieri per sé e si rivolse invece alle amiche, sorridendo leggermente mentre metteva una mano sul manico del coperchio:

“D'accordo… sentiamo un po’ che cosa amiamo.” 

In perfetta sincronia Phoebe, Faye e Isabelle sollevarono i rispettivi coperchi per sentire le varie fragranze rilasciate dal vapore della pozione. 

Phoebe aveva quasi paura di non sentire nulla e aver quindi sbagliato tutto un’altra volta, ma tirò un sospiro di sollievo quando un primo profumo familiare le invase le narici: lavanda, seguito immediatamente da quello che la ragazza riconobbe facilmente come il profumo della pergamena che tanto amava… spesso quando doveva fare i compiti o scrivere una lettera prendeva un rotolo e lo avvicinava al naso per sentirne il profumo. 
 
Il terzo odore era molto probabilmente quello dolce della frutta mischiato a Pan di Spagna e ad una qualche crema… un piccolo sorriso le increspò brevemente le labbra: in effetti le torte alla frutta erano sempre state le sue preferite. 


Faye chiuse anche gli occhi per concentrarsi meglio, carica di curiosità. Riconobbe subito quell’odore quasi acre della legna arsa ma che a lei era sempre piaciuto per qualche inspiegabile motivo, seguito dal profumo quasi frizzante caratteristico dell'aria quando stava per scoppiare un temporale. Sentì anche un terzo odore ma ci mise leggermente di più ad identificarlo, sorridendo quando si rese conto di sentire il profumo dolce della crema solare che usava sempre in Estate.  



“Che cosa hai sentito?” 

La voce di Sebastian la portò a riaprire gli occhi, stringendosi nelle spalle mentre sfoggiava un piccolo sorriso enigmatico:

“Segreto… tu invece, non vai ad annusare la tua?” 

“Hai così tanta fretta di liberarti di me? Va bene, va bene, vado…” 

Bas roteò gli occhi prima di avvicinarsi di nuovo al suo banco… ma non prima di aver lanciato una fugace occhiata in direzione di Isabelle, che però non se ne accorse visto che aveva gli occhi puntati sulla sua Amortentia e la fronte leggermente corrugata mentre cercava di distinguere i vari odori che stava sentendo insieme.
 
“È una fragranza davvero unica… se potessi, la imbottiglierei e la utilizzerei davvero come profumo!” 

Faye sorrise prima di chiedere a Phoebe cosa avesse sentito, il tutto mentre Isabelle restava ancora in silenzio: con l'olfatto non era mai stata una cima, ma l'anno prima con la Night School aveva fatto un po’ di pratica e grazie anche allo studio prolungato di Pozioni per anni il senso aveva finito con l’assottigliarsi.

Non fece nessuna fatica a riconoscere il profumo piacevolmente familiare, quasi confortante della cannella, la sua spezia preferita… unita a quello più dolce dei tulipani e della vaniglia. Ci mise leggermente di più a capire cosa fosse il quarto profumo che sentiva, e quando accadde sgranò leggermente gli occhi verdi prima di chiudere in fretta il calderone con il coperchio. 

“Beh, che hai sentito?” 

“Cannella, vaniglia… e tulipani. Tu invece?” 

“Torta alla frutta, lavanda e pergamena… Belle, hai una faccia un po' strana, sembra che tu abbia visto un vampiro mangiare una cipolla.” 

“MA CHE RAZZA DI PARAGONE È?!” 

Faye inarcò un sopracciglio ma Phoebe le rivolse un’occhiata eloquente, suggerendole di lasciar perdere e di concentrarsi sull’amica che teneva ancora la mano stretta sul manico scuro e ruvido del coperchio ormai un po’ arrugginito. 
 
“Belle? Se non hai riconosciuto qualcosa puoi benissimo risentirla…” 

Phoebe fece per allungare una mano per sollevare il coperchio, ma Belle scattò quasi come una molla e puntò gli occhi sull’amica, affrettandosi a scuotere il capo mentre le guance le si tingevano di una lieve sfumatura di rosso.

“No, non serve. Ho sentito abbastanza. Ma perché fa così caldo?” 

“Io sto benissimo. Belle… hai sentito qualcos’altro, per caso?” 


Faye sfoggiò un sorrisetto divertito, preparandosi già ad indagare mentre Isabelle si affretta a a scuotere il capo, mollando la presa sul coperchio quasi come se si fosse scottata:
 
“No, o almeno non mi sembra proprio… vado un attimo in bagno.” 


Prima di dare tempo alle amiche di chiederle qualunque altra cosa Isabelle se la filò, lasciando Faye e Phoebe a guardarsi con un due sorrisetti divertiti stampati in faccia:

“Perché ho la sensazione che abbia sentito anche una quarta essenza?” 


                                                                                       *

 

“Dai, dimmelo!” 

“Un momento! Voglio identificare tutto per bene… Come mai sei così curioso Steb?” 

Francisca sfoggiò un piccolo sorriso mentre lanciava un’occhiata in direzione del ragazzo, che non disse nulla anche se la risposta aleggiò comunque nell'aria: del resto lo sapevano entrambi, il motivo di tanta curiosità… non c'era bisogno di sottolinearlo. 

“Ok, vediamo… direi cioccolato.” 

“Non l'avrei mai immaginato…”  

“Ehy! Niente commenti, o non saprai mai quello che sto sentendo.” 


Adrianus sfoggiò un sorriso colpevole e le fece cenno di continuare, cucendosi le labbra e ripromettendosi di non parlare… ma era davvero parecchio curioso, moriva dalla voglia di sapere se Frankie avrebbe sentito qualcosa di riconducibile a lui da quando erano entrati nell'aula un'ora prima. 

Assicuratasi che il ragazzo non l'avrebbe più interrotta Francisca riprese a parlare, assumendo un’espressione vagamente accigliata:

“E poi… menta, forse anche rugiada.” 
 
“Altro?” 

“C'è qualcos’altro, in effetti… non so, è strano ma credo che sia torta di mele.” 

Francisca sfoggiò un’espressione confusa per qualche istante, mentre invece un sorriso piuttosto ampio si faceva largo sul volto di Adrianus. Poi a Frankie si accese come una lampadina, portandola a voltarsi istintivamente verso di lui mentre l’ex Corvonero aveva già allungato le mani per prenderle il volto, fregandosene improvvisamente dell'essere in classe mentre la baciava. 


Immediatamente un coro di commenti, fischi, esortazioni a scambiarsi effusioni da un'altra parte si diffuse per la stanza e Stuart invitò la classe a fare di nuovo silenzio… ma intuendo cosa avesse spinto Adrianus Stebbins a baciare la sua compagna di banco non disse niente ai due, decretando che visto l'argomento della lezione poteva anche chiudere un occhio.  


Francisca si allontanò di un paio di centimetri da Adrianus prima di sorridergli, leggermente rossa in volto mentre parlava a bassa voce:

“Sbaglio o la torta di mele è la tua preferita?” 

“Certo… dovresti sapere ormai che ne mangio a quintali. Non mi stupirebbe di sentirne il profumo anche nella mia Amortentia.” 
 
Adrianus sfoggiò un sorriso quasi allegro prima di baciare la punta del naso della ragazza, intuendo che quello che gli aveva appena detto Francisca lo avrebbe reso di buon umore per tutto il resto della giornata. 

“Beh, fai la prova del nove allora.” 

Francisca accennò al calderone del ragazzo, che annuì prima di avvicinarcisi leggermente, lasciando che il vapore che saliva a spirale dal calderone gli stuzzicasse leggermente le narici. 

Ed eccola anche per lui, la torta di mele che tanto adorava fin da bambino… seguita dal profumo dei libri, da quello fresco delle serre e anche da quello del calderone, che ormai aveva assorbito un po' di molte tra le Pozioni precedentemente preparate. 


Non ci mise molto nemmeno ad identificare il quinto profumo che sentì, voltandosi verso Francisca con un lieve sorriso stampato in faccia: 

“Libri, torta di mele, serre… ma dimmi Frankie, il muschio bianco ti dice qualcosa?” 


Il turno di sorridere spettò alla ragazza questa volta, gli occhi verdi quasi animati da un luccichio mentre annuiva, non sapendo improvvisamente cosa dire: muschio bianco… il suo profumo. 


                                                                                      *

 
“Vediamo… Cioccolato, vaniglia…” 

“Cos’è, la ricetta per una torta?” 

Mathieu scoccò un’occhiata eloquente in direzione di Camila, intimandole di non fare commenti mentre la ragazza sfoggiava un sorriso quasi angelico, incapace di trattenersi dal prenderlo un po’ in giro:

“Beh, vista la tua smisurata passione per i dolci non mi stupirebbe…” 

“Come stavo dicendo… cioccolato, vaniglia e credo cera.” 

“Ok, ora tocca a me!”  Camila sorrise mentre sollevava il coperchio dal suo calderone, avvicinandosi leggermente al vapore per sentirne l'odore: 

“Caffè, tè verde…” 

“E poi sono IO quello che sente solo alimenti, vero?” 

“È diverso, queste cose si bevono, mica si mangiano! A meno che tu non sia una specie di erbivoro che mangia foglie, certo… scusa, dicevi sul fatto che io ti interrompo?” 

Camila sfoggiò un piccolo sorriso che venne ricambiato da un “touchè” appena mormorato dall’amico, prima che l'americana identificasse anche il terzo odore che sentiva:
 
“Il terzo è decisamente l'odore delle tempere.” 
“Tempere? Perché, dipingi?” 

“Sì, qualche volta.” 

Camila si strinse nelle spalle mentre richiudeva il calderone e Mathieu sorrise, guardandola con curiosità:

“E cosa disegni? Il tuo fantastico amico Mathieu, per esempio?” 

“In realtà no… ma posso sempre farti un ritratto, se vuoi.” 

“Non credo che sarà mai carino quanto me, ma grazie… ahia! Perché mi hai dato la pergamena in testa?” 

 
                                                                                         *


Con una faccia da funerale visibile dallo Spazio Isabelle si lasciò cadere di nuovo sulla sua sedia, guardando il calderone che le stava davanti con espressione tetra: in bagno si era persino fatta una specie di predica davanti allo specchio, dicendosi che doveva per forza aver sentito male, aveva frainteso… insomma, si era sbagliata. 

Doveva essersi sbagliata. 
Faye si era avvicinata a Sebastian e stava parlando con il cugino, forse chiedendogli che cosa aveva sentito nella sua Amortentia… approfittando di quel momento di quasi solitudine Isabelle allungò una mano per sollevare il coperchio e sentire di nuovo i profumi, dicendosi che non l'avrebbe sentito.


Cannella, tulipani, vaniglia… ma anche qualcos’altro.


Ma porca… 


Si trattenne dall’imprecare a voce alta e richiuse il coperchio con un gesto secco, guadagnandosi un’occhiata scettica da parte di Phoebe: l'amica inarcò un sopracciglio e la guardò con le braccia conserte, avvicinandolesi:

“Belle… che hai sentito?” 
 
“Ne parliamo dopo Bibi...”  Isabelle sbuffò leggermente, non avendo nessuna intenzione di dire una cosa del genere nel bel mezzo della lezione, dove tutti potevano sentirla. 

“Ok… ma ne parleremo, stanne certa. Sai Belle, mi sono resa conto che quest'anno è tutto così strano che non si parla quasi più delle solite cose da ragazze… tipo cosa si è sentito in un filtro come questo.” 

Phoebe sorrise leggermente, quasi con una nota divertita: moriva dalla voglia di sentire la sua amica parlarle a cuore aperto, per una volta. 


                                                                                   *


“La smetti di fare quella faccia da saputella?” 
“Io che faccio la saputella nell'aula di Pozioni? Impossibile.” 

“Lo sai che voglio dire… sembra quasi che tu sappia già che cosa ho sentito, anche se non te l'ho detto.” 

“Beh, dimmi allora… che cosa hai sentito Bas?” 


Faye sfoggiò un sorriso angelico e Sebastian le scoccò un’occhiata leggermente torva, ma le rispose comunque con un tono neutro, quasi amareggiato:

“Inchiostro, erba appena tagliata, libri nuovi… e qualcos’altro.”  

“Ovvero?” 

“Non lo so, qualcosa di dolce. Fiori, magari.” 

Sebastian si strinse nelle spalle, continuando a tenere gli occhi fissi sulla pozione perlacea e rifiutandosi di guardare la cugina, che gli sorrise con inusuale dolcezza prima di parlare a bassa voce, sapendo che il cugino forse non aveva identificato di che fiori si trattasse, ma di sicuro si era reso conto di dove aveva già sentito quel profumo. 

“Bas… Isabelle ama i tulipani, dice che a casa sua, in Olanda, ce ne sono a centinaia in Primavera e in Estate. E usa molto spesso un profumo ricavato proprio dall’estratto di quei fiori. So che sai di che profumo parlo… senti quello?” 

Sebastian non disse niente per un attimo, ma Faye vide comunque la mascella del cugino serrarsi per un istante prima che Bas parlasse con voce piatta:

“Forse dovresti tornare al tuo posto, Faye.” 

“Andiamo Bas, sono io!” 

Faye roteò gli occhi e lo guardò quasi con aria esasperata, ma quando capì che lui non avrebbe detto altro sbuffò e lo accontentò, girando sui tacchi per tornare dalle amiche. 

Vedendo che Isabelle era tornata sorrise, guardandola con aria vagamente divertita mentre le si avvicinava:

“Ah, ecco la fuggitiva… ti sei ripresa dallo shock di aver sentito il profumo di chissà chi?” 
 
“Io non… come… oh, finitela di fare le pettegole!” 


                                                                                      *


“Sai, quando vi ho visti baciarvi stavo per far apparire magicamente dei petali per lanciarveli… che carini!” 

Camila sorrise, arruffando affettuosamente i capelli castani di Francisca, che rise di rimando prima di scostarsi leggermente:

“Grazie… tu invece, che cosa hai sentito?” 

“Caffè, tè verde e tempere.” 

“Ti piace dipingere? Anche a me non dispiace… mi fai vedere qualche tuo disegno?” 

“Con piacere, ma non adesso… devo fare urgentemente una cosa prima di sera!” 

Camila sorrise, strizzando l'occhio all'amica prima di trotterellare via, lasciando Francisca a chiedersi che cosa volesse fare in quell'ora buca. 

Anche se forse, riflettendoci, era quasi meglio non saperlo. 
 

                                                                                             *


“Se devo essere onesta, non capisco perché la fai così tragica.” 

“Come perché? È una tragedia eccome, è terribile! Il tempismo, ma anche il mio… gusto. Ma perché mi complico la vita da sola?” 

Phoebe sorrise leggermente, guardando l'amica sparare ad uno dei bersagli, colpendolo perfettamente al centro. 
Approfittando dell'ora buca dopo la doppia ora di Pozioni Isabelle l'aveva trascinata di sotto, dove si allenavano… e in previsione dell'incontro della sera successiva aveva iniziato a sparare a destra e a sinistra, forse più per sfogare la tensione che per allenarsi effettivamente.

“Non vederla in modo così negativo… ti dirò, a me sembra quasi… divertente.” 

“Divertente un corno Bibi! È una specie di tragedia, mi ci voleva solo questa. Come se non avessi già abbastanza cose a cui pensare…” 

Isabelle sospirò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli raccolti in una coda mentre contrariamente Phoebe continuava a sorridere, come se trovasse davvero la situazione comica. 

Un altro colpo risuonò nell’ampia stanza mentre Phoebe si avvicinava all'amica, guardandola con leggera curiosità:

“Se devo essere sincera… io sono sorpresa, ma tu non lo sembri poi molto. Che cosa pensi di fare?” 
 
“Proprio un bel niente. Come ho detto, ho altro a cui pensare… e poi forse mi sono sbagliata, magari non è il suo profumo.” 

“Ti prego, ma ti senti? Non convinci neanche te stessa! Solo tu sai cosa hai sentito Isabelle… nessun altro può dirtelo. Ma ti prego, sii sincera con te stessa.” 


Phoebe diede una leggera pacca sul braccio dell'amica, lasciandola continuare a colpire il povero bersaglio mentre Isabelle malediceva mentalmente il Fato per averle riservato un susseguirsi di situazioni assurde… già, le mancava solo quello. 


Ironico. Poteva quasi sentire la risata di Jackson e vedere l'espressione ammutolita di Alastair. Peccato che non ci fossero più per condividerlo con lei. 


                                                                                   *


Faye Cassel stava percorrendo il corridoio ormai familiare, anche se non sarebbe dovuto esserlo, del Dormitorio Maschile quando per un attimo si bloccò, le sopracciglia scure sollevate e gli occhi sgranati.

La ragazza sbuffò sommessamente, roteando gli occhi e riprendendo a camminare con passo ancora più rapido… evitando accuratamente di fermarsi per dire qualcosa o anche solo indugiare con lo sguardo sulla compagna di classe che stava camminando nella sua direzione opposta.  

Faye si fermò davanti alla porta della camera di suo cugino, sollevando una mano per bussare… o meglio, prendere quasi a pugni la porta. Sentendo un pigro invito ad entrare la ragazza aprì la porta, lanciando un’occhiata quasi seccata al ragazzo che era in piedi davanti alla scrivania, intento a rovistare in un cassetto.

“Ti prego, dimmi che non sai perché ho appena incrociato Mackenzie in corridoio con la camicia mezza sbottonata.” 

“Perché mi fai domande se sai già la loro risposta?” 

Faye sbuffò, prendendo la camicia del cugino dalla sedia per lanciargliela e suggerirgli con lo sguardo di infilarsela. Sebastian obbedì ma poi riprese a cercare qualcosa nel cassetto, finendo col tirare fuori un pacchetto di sigarette prima di sedersi sul letto.

“Ne vuoi una?” 

“No, grazie.” 

“Mi spieghi perché hai quella faccia? Da quando in qua sei diventata una specie di bacchettona?” 

“Non sono una bacchettona, idiota! Ma mi da fastidio quando fai così… non ti sei portato a letto praticamente nessuna da quando Al è morto, e cominciavo quasi a pensare che forse avresti lasciato perdere questa pessima abitudine… Mackenzie Bas, davvero?” 

Faye sfoggiò un’espressione e un tono che quasi trasudavano disgusto mentre Sebastian si limitava a guardarla, parlando solo dopo qualche istante:
 
“Perché sei venuta qui?” 

“Volevo chiederti come stavi, se volessi parlare con me… ma vedo che continui a reagire a modo tuo. Mi dispiace che tu stia male, davvero, ma non credo che continuare a farti tutte quante ti farà piacere di più ad Isabelle.”

“Te l'ho già detto una volta Faye… aspetto che mi passi. Succederà, prima o poi.” 

“Come ti pare. E smettila di fumare qui dentro, se ti scoprono ti sospendono!” 

“Ti prego, l'unica nota positiva di essere figlio di mio padre è l'essere intoccabile… non sospenderebbero mai un Ryle.” 

Sebastian sbuffò leggermente e Faye sospirò, guardandolo quasi con esasperazione prima di prendere la maniglia della porta:

“Ti conosco, so che fai sempre come ti pare… ma dammi retta Bas, non è così che smetterai di pensare a lei.”

“Nessuno ti ha chiesto pareri, Faye… lo hai detto tu, faccio quello che mi pare, e gradirei che la smettessi di fare come mia madre.” 

“BENE. Me ne vado, ma tu resti comunque un idiota... gli unici momenti in cui diventi migliore sono quando sei con me o con Isabelle, ma oggi ti stai davvero superando.” 


Faye gli lanciò un’ultima occhiata vagamente torva prima di uscire dalla stanza e chiudersi la porta alle spalle con un gesto secco, lasciandolo di nuovo solo e avvolto solo dal silenzio. 
Infondo lo sapeva, sua cugina aveva ragione.  

Ma era molto più facile continuare sulla stessa strada piuttosto che cambiarla. 


                                                                                             *


“To’, guarda chi si vede… ne devo dedurre che hai finalmente preso una saggia decisione e hai capito che ritirarti era una cazzata?” 

“Io prendo un sacco di decisioni giuste, tanto perché tu lo sappia.”

“Certo… come quando hai detto a Sebastian di venire a chiamare me, per esempio.” 


Jude sorrise mentre Isabelle gli lanciò un’occhiata torva, intenta a sistemare le pistole insieme a Phoebe. In effetti alla fine Isabelle aveva parlato con Oldman e aveva ritirato la sua decisione, anche grazie alla “spintarella” che suo zio le aveva dato. Era passata una settimana, e lui non si era più fatto vivo… forse era un buon segno? 

“Comunque… che fate qui, cercate di diventare più brave di me con le armi da fuoco?” 

“Oh no Verräter, non oseremmo mai avvicinarci al tuo alto livello… no, Isabelle aveva solo voglia di sfogarsi un po' dopo stamattina, vero tesoro?” 

Phoebe sorrise e lanciò un’occhiata divertita in direzione dell'amica, che invece la fulminò con lo sguardo: quello era esattamente il genere di frasi da non dire in presenza di Jude, e lo sapevano… beh, tutti e tre. 
 
Il ragazzo infatti sfoggiò il suo mezzo sorriso obliquo e si avvicinò di un paio di passi ad Isabelle, tenendo le mani dietro la schiena quasi come a voler fare l'angioletto della situazione:

“Perché Isabelle, che è successo stamattina?” 

“Assolutamente nulla, Phoebe vaneggia, è allergica al metallo delle armi e dice cavolate.” 

“Ma io non sono affatto allergica alle armi!” 

Phoebe sbuffò, parlando quasi con tono da protesta mentre Isabelle le suggeriva con lo sguardo di darle corda. Phoebe roteò gli occhi e prese le pistole che avevano usato, borbottando che andava a metterle a posto per evitare qualche sonoro rimprovero da parte di Jefferson la sera successiva. 


“Dai Isabelle… che è successo? Non dirmi che hai sentito qualcosa di sospetto nella tua Amortentia!” 

Jude sgranò quasi teatralmente gli occhi, trattenendosi dal ridacchiare quando Isabelle sbuffò, scivolando dalla sedia dove si era seduta per allontanarsi leggermente dal ragazzo, come se non volesse restare vicino a lui. 

“Devo dire che non ti facevo così pettegolo… ma se anche fosse, non sono affari tuoi!” 

“Lo prendo come un bel sì… vediamo, chi potresti aver sentito...” 

Jude inclinò leggermente il capo, continuando ad osservarla e usando un tono dubbioso che contribuì solo a farla innervosire, quasi come se temesse che potesse davvero indovinare. 

"Difficile, sotto questo punto di vista non sei molto facile da comprendere, anche se ho pensato a lungo che tra te e Shafiq ci fosse qualcosa oltre l'amicizia… Magari Ryle?”  

“Sebastian? Perché lo pensi?”  Isabelle sollevò il capo per guardarlo, parlando con un tono quasi affrettato mentre decideva di ignorare completamente la parte riguardante Alastair.

“Beh, non è difficile immaginare che LUI abbia sentito qualcosa di ricollegabile a te… e non mi stupirebbe neanche tanto se tu dovessi ricambiarlo. Insomma, le ragazze come te finiscono sempre con i ragazzi come lui.” 

Jude si strinse nelle spalle come se stesse parlando di un puro dato di fatto, mentre invece Isabelle aggrottò la fronte come se non avesse capito del tutto le sue parole:

“Che intendi con “le ragazze come me” e “i ragazzi come lui”?” 

“Si, insomma…” 


Ecco, si era scavato la fossa da solo. In effetti era una cosa che pensava da anni, ma forse dirlo ad alta voce non era stata una grande idea…  


Isabelle continuò ad osservarlo con aria confusa per qualche istante, prima che le labbra le si stendessero in un sorriso che di rado, se non mai,  il ragazzo aveva visto da quando Alastair era morto: 

“Jude… è una specie di modo contorto per dire che sono bella?” 

“Tu? Bella? Ma per favore, sei inguardabile. Anzi, mi chiedo perché non vai in giro con un cartone in testa…” 

Jude sbuffò, incrociando le braccia al petto e parlando con un tono quasi seccato mentre Phoebe compariva accanto a lui praticamente dal nulla, con un sorriso stampato in faccia… quello di chi la sa lunga:


“Isabelle preferirebbe darsi in pasto ai leoni piuttosto che ammetterlo, ma credo proprio che tu abbia ragione Verräter…” 

“Beh, se Selwyn mi da ragione domani vedremo qualche asino cadere dal cielo.” 

“Simpatico come sempre… dicevo, stando a quello che mi ha detto Faye il nostro Bas potrebbe aver sentito il profumo di una certa testona rompiscatole nella sua Amortentia.” 

“Quale profumo?” 


Jude e Isabelle parlarono in perfetta sincronia, entrambi voltandosi di scatto verso Phoebe. La ragazza si strinse nelle spalle, parlando come se la risposta fosse ovvia:

“Ma come quale… quello a base di tulipani che usi quasi sempre, Belle!” 

“Ah, si… me lo faccio inviare da casa. Comunque sappiate che siete peggio di un branco di vecchie comari, lasciate stare sia me che Bas, per favore!” 

Isabelle sbuffò e superò entrambi per uscire dalla sala, forse perché non le andava particolarmente di continuare a parlare di quel maledetto filtro d'amore che le aveva rovinato la giornata, anche se era riuscita a prendere una O. 

Phoebe roteò gli occhi e andò dietro all'amica, ma Jude rimase nella stanza senza muoversi per qualche secondo, gli occhi fissi su un punto imprecisato davanti a lui:

Tulipani… quando Phoebe l'aveva detto gli si era praticamente accesa una lampadina.


“Ah… Jude?”    Nel sentire una voce il ragazzo ritornò improvvisamente alla realtà, voltandosi verso la porta già aperta dove si erano fermate entrambe le ragazze. Isabelle teneva la maniglia, ma si era voltata verso di lui e sembrava che volesse dirgli un’ultima cosa mentre sorrideva leggermente: 

“Si?” 

“Riguardo a prima… grazie. E comunque, neanche tu sei male.” 


                                                                                         *


Nel sentire bussare alla porta Mathieu era scivolato di controvoglia dalla poltrona per andare ad aprire: in realtà aveva invitato ad entrare chiunque avesse bussato, ma il suo visitatore non si era degnato di aprire la porta. 

Il francese spalancò la porta e inarcò un sopracciglio nel trovarsi davanti al nulla. Cos’era, uno scherzo di qualche cretino del primo anno? 

Mat fece per chiudere la porta e tornare al suo relax, stava scrivendo una lettera per la sorellina Sophie, quando fortunatamente abbassò gli occhi, trovando qualcosa abbandonato sul pavimento in parquet davanti alla sua porta. 
Immediatamente il ragazzo sorrise, chinandosi per leggere il biglietto color giallo canarino, scritto con una penna rosa flou… non c'era la firma, ma con quella scelta di colori forse neanche serviva.

Per il ritratto temo che dovrai aspettare un po’, ma intanto ti ho preparato un’altra sorpresa...  ho usato la tua ricetta preferita! Senza la cera, ovviamente.


Mathieu si trattenne dal ridere mentre ripiegava il biglietto giallo e se lo infilava in tasca, raccogliendo la tortiera chiusa che qualcuno aveva lasciato davanti alla sua porta. Si chiuse la porta della camera alle spalle e fece planare la tortiera direttamente sulla sua scrivania prima di avvicinarcisi in fretta, curioso di sollevare il coperchio e vederla con i suoi occhi. 

Inutile dire che una mezza risata riempì la camera quando il ragazzo si ritrovò a guardare una torta… al cioccolato e alla vaniglia. 


                                                                                  *


Sedette davanti alla scrivania, ma per una volta non degnò neanche di un’occhiata al suo violino, agli album o ad uno de suoi tanti, preziosi quaderni neri. 
Suo padre gli aveva mandato dei “documenti importanti” quella mattina e probabilmente avrebbe dovuto leggerli… ma non subito. 
Jude mise invece una mano nella tasca dei pantaloni blu, tirando fuori una piccola fialetta, uguale a quelle che teneva nel cassetto.

Visto che ne aveva vuotate un paio la settimana prima salvando Isabelle quella mattina aveva pensato di portasene una a lezione, visto il commento che Stuart aveva fatto precedentemente su quello che avrebbero dovuto preparare.

Inizialmente era stato scettico, ma poi aveva pensato che un filtro d'amore poteva sempre tornare utile… così, dopo aver preso la sua ennesima E in Pozioni, si era preoccupato di prelevare un po’ dell’Amortentia da lui stesso preparata. 

Sollevò leggermente la fialetta, osservandolo il liquido perlaceo in controluce.

In effetti era un po’ indeciso, da una parte era curioso… dall'altra aveva quasi paura a sentirne il profumo un'altra volta. 

Sbuffando leggermente, dicendosi di non fare l'idiota e che era solo una Pozione, Jude stappò la fialetta con un gesto secco e l’avvicinò leggermente al naso.

La prima cosa che sentì fu, esattamente come quella mattina, il profumo quasi familiare e rassicurante del legno del suo violino. A seguire sentì l'odore pungente dell'aria gelida che aveva sentito a Berlino tempo prima, insieme al profumo dei suoi fiori preferiti, quelli di Belladonna che usava anche per creare la cera del suo violino. 

Nell’insieme il profumo era così gradevole che avrebbe potuto restare a sentirlo per ore, probabilmente… era gradevole e rassicurante, lo rimandava incredibilmente alla sua famiglia.

Il violino, che suonava da anni e che sapeva essere stato uno strumento molto amato dalla madre… così come i fiori di Belladonna, che anche lui aveva sempre apprezzato e che usava spesso. Aveva persino chiamato il suo corvo Atropo, parte del nome scientifico di quella pianta velenosa…

E poi c'era l'aria fredda di Berlino, memore di quel giorno che aveva passato in compagnia di suo padre come, per una volta, una famiglia vera e come tutte le altre. 

Nell’insieme era dolce, grazie alla Belladonna probabilmente… ma anche grazie a qualcos’altro, il profumo di un altro tipo di fiori che sentiva. A lezione non aveva capito di quale si trattasse, ci era arrivato solo dopo, quando Phoebe Selwyn li aveva menzionati. 

Tulipani 

Jude sospirò, affrettandosi a chiudere la fiala per poi lasciarla insieme alle altre. Il ragazzo sbuffò, passandosi nervosamente una mano tra i capelli neri mentre puntava gli occhi sul vetro della finestra, quasi chiedendosi se avrebbe visto Isabelle un’altra volta proprio lì, davanti a lui. 


“Riguardo a prima… grazie. E comunque, neanche tu sei male.” 


Ripensando a quelle parole Jude sentì una sensazione strana, quasi di calore, invaderlo. 
Sgranò gli occhi e sollevò lentamente una mano per sfiorarsi una guancia, pregando di sbagliarsi: eppure aveva davvero caldo al viso.

Possibile? No… insomma, lui era Jude Verräter. Lui NON arrossiva, mai. 


Eppure, sentiva proprio quei fiori. E continuava a sentire anche le parole di Isabelle. 

Sospirò, chinando il capo e prendendosi la testa tra le mani, chiedendosi perché volesse così tanto complicarsi la vita da solo.

Ma porca…















……….....................................................................................................
Angolo Autrice: 

Si lo so, vi avevo detto che non avrei aggiornato subito… ma il capitolo era mezzo pronto e lasciarlo lì a fare la muffa mi si stringeva il cuore! 
Spero che leggere un capitolo decisamente più leggero, magari più tenero vi abbia fatto piacere… ogni tanto servono anche a me questi capitoli XD 

Come sempre grazie per le recensioni… a presto! 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Affronta quello che provi ***


 Capitolo 22: Affronta quello che provi 
 
Martedì 19 Gennaio




“Smettila di ridere, imbecille! È una specie di tragedia… avete idea di quando sia sfortunata? Ma perché tutte a me…” 

Isabelle sbuffò, passandosi una mano tra i capelli mentre Jackson continuava a sghignazzare deliberatamente. 

“Finalmente qualcosa di divertente! Ci voleva proprio questa… la nostra Belle innamorata, mi sento quasi orgoglioso!” 

“IO NON SONO AFFATTO INNAMORATA, FICCATELO IN QUELLA ZUCCA, o ti ammazzo di nuovo!” 

Isabelle sbuffò e incrocio le braccia al petto, fulminando il moro con lo sguardo mentre Alastair invece sfoggiava il suo solito sorriso, calmo e rassicurante:

“Ammetto di essere vagamente… perplesso. Ma voglio che tu sia felice Belle, quindi immagino che vada bene così.”   

“Magari mi sbaglio… magari ho preso un granchio.”   Isabelle distolse lo sguardo da quello dell'amico, quasi temendo che Alastair potesse fare come sempre e cogliere tutta la verità e quello che pensava dai suoi occhi. 

“No Belle, non arrampicarti sugli specchi… sai cosa hai sentito, così come lo sappiamo noi.” 

“Ma piantala Jax, tu sei morto, cosa vuoi sapere!” 

“Siamo il tuo inconscio tesoro. Quello che diciamo noi, sei tu a pensarlo… quindi nel profondo sai di non sbagliarti. Devi solo ammetterlo.”



                                                                                       *


“Sapete, senza di voi è davvero strano.” 

Sebastian Ryle piegò le labbra nell’accenno di un sorriso, osservando i nomi dei suoi migliori amici incisi su quelle due lapidi. 
Già, davvero strano… aveva passato tutti gli ultimi compleanni in loro compagnia dopotutto. 

Non poteva fare a meno di invidiare tremendamente sua cugina: lei aveva ancora tutte e due le sue amiche… a lui non erano rimasti i suoi, neanche uno. Ed era difficile da ammettere, ma si sentiva schifosamente solo.

E poi chissà, magari il prossimo sulla lista era proprio lui. 

“Stamattina ho aperto gli occhi e ho realizzato che era il mio compleanno. Per un attimo mi sono chiesto perché non foste venuti a svegliarmi facendo gli idioti come sempre…” 

Contorse la mascella, ricordando ancora una volta: il corpo martoriato e ormai senza vita di Alastair sotto un telo, suo padre accanto a lui. Isabelle in piedi, silenziosamente in lacrime. 

Rivide Alastair camminare lungo il corridoio del Dormitorio quasi in stato di trance, lo sguardo vacuo mentre Isabelle era accanto a lui, tenendolo per mano con il capo appoggiato sulla sua spalla. 

“Al… cosa è successo? Dov’è Jackson?” 

Alastair era rimasto in silenzio e non aveva neanche dato segno dj aver sentito la sua voce. Era stata Isabelle a guardalo, gli occhi lucidi. Non aveva detto nulla per un attimo, limitandosi a scuotere il capo:

“Mi dispiace tanto Bas...” 



Se n'erano andati troppo presto e l'avevano lasciato da solo. Forse doveva ancora perdonarli. 


                                                                                              *


“Che fine ha fatto Bibi?” 
“Credo sia in ritardo.” 

Isabelle annuì alle parole di Faye, come se avesse dovuto pensarci da sola prima di bere un altro sorso di thè, imitata dell'amica. Si, forse avrebbe rinunciato alla cioccolata calda per un po’ di tempo…

Tra le due calò un inusuale silenzio per qualche istante, mentre entrambe lanciavano qualche occhiata all'altra di tanto in tanto: Isabelle era sicura che Faye volesse dirle qualcosa… ma sembrava che l'amica fosse leggermente restia a farlo. Forse non trovava le parole? 

“Faye… c'è qualcosa che vuoi dirmi? Mi sembri un po’ strana, a dire la verità.” 

Isabelle appoggiò la tazza sul piattino, osservando l'amica con attenzione. Faye era seduta sulla poltrona accanto a lei, approfittando di un pomeriggio senza troppi compiti da fare per rilassarsi… specialmente in previsione della serata che le aspettava, visto che di sicuro Jefferson li avrebbe mandati a correre al gelo. 

La Cassel annuì, spostando gli occhi dal fuoco che scoppiettava nel caminetto della Sala Comune per posarli su di lei, guardandola quasi con un che di malinconico nello sguardo:

“In effetti sì. C'è una cosa che vorrei dirti, anche se forse non dovrei.” 
“Beh, così mi incuriosisci… cosa c'è? È successo qualcosa?” 

Il tono di Isabelle era gentile è composto, ma Faye si accorse che gli occhi dell'amica contrastavano completamente con il suo timbro, tanto erano attenti e quasi allarmati. 
Come se temesse che potesse esserle successo qualcosa di brutto. 

“No. Va tutto bene Belle, veramente vorrei parlarti a proposito di… mio cugino.” 

“Ah, si, se non sbaglio oggi è il suo compleanno… volevo fargli gli auguri, ma ultimamente mi evita.”
“Si, è il suo compleanno. Ultimamente non è molto loquace in effetti, e credo che adesso sia a “salutare” Alastair e Jackson. Senti Belle, non so se lo sai o se te ne sei resa conto, ma tu… tu gli piaci molto.” 

Isabelle non disse niente, limitandosi a guardare l'amica: non era la prima volta che sentiva una cosa del genere… persino Jude le aveva detto qualcosa di simile, qualche giorno prima. Ma lei aveva continuato a ripetersi che il ragazzo voleva solo prenderla in giro, che non aveva senso… se però era Faye a dirlo, la prospettiva cambiava considerevolmente.

“Che cosa te lo fa credere?” 

“Un po’ di cose, ma non ha importanza… davvero Belle, credimi: me lo ha confermato lui. E penso che ultimamente ti eviti perché vorrebbe che la colossale sbandata che si è preso gli passasse. Gli voglio bene Belle, mi dispiace vederlo stare male. Lui è convinto che tu non lo ricambi, e se è così ti chiedo per favore di parlargli. Mi ucciderà quando saprà che te l’ho detto, ma spero che possa mettersela via e smetterla di fare il bambino testardo.” 

Faye guardò l'amica restare in silenzio prima di annuire con un debole cenno del capo, gli occhi fissi sulla finestra come se stesse pensando alle sue parole. Isabelle si sporse leggermente verso il tavolino e lasciò lì la tazza prima di alzarsi, proprio mentre Phoebe compariva magicamente sulla soglia della stanza:

“Eccomi qui! … Belle, ma dove vai?” 

“A chiarire una cosa. Ci vediamo dopo!” 


                                                                                           *


“Ciao. Hai per caso visto Sebastian?” 

Riconoscendo la voce si voltò, osservando la ragazza che lo guardava di rimando, in attesa. 

“No, mi dispiace. Perché lo cerchi, vuoi confessargli tutto l'amore che provi segretamente per lui?” 

“Se anche fosse non sarebbero affari tuoi… e smettila di scherzare su questa storia.” 

Isabelle sbuffò leggermente prima di avvicinarglisi per superarlo e uscire dall'altro capo della stanza per fare prima ad andare in giardino, dicendosi che magari Bas era fuori. 

“Oh, scusa, ho toccato un tasto dolente? … e Van Acker, mi dici perché ultimamente mi stai sempre a debita distanza? Guarda che non voglio lanciarti una maledizione!” 

Jude inarcò un sopracciglio, osservandola con aria accusatoria e chiedendosi perché diamine la ragazza si ostinasse a stargli perennemente a qualche metro di distanza, anche in quel momento mentre camminava per superarlo.

“Beh… mi sono presa il raffreddore, non vorrei attaccartelo, sai com’è…” 

Jude continuò ad osservarla, sfoggiando un’espressione scettica: forse normalmente avrebbe persino riso, ma continuava a trovare il suo comportamento troppo strano per ricavarne divertimento. In effetti Isabelle era strana da tutto l'anno, ormai ci aveva quasi fatto l'abitudine. 

“È la scusa peggiore che abbia mai sentito… e comunque, non ti ho mai sentita starnutire.” 

Jude inarcò un sopracciglio, continuando ad osservare la ragazza con cipiglio scettico, facendola sbuffare leggermente: 

“Beh, non hai mai sentito parlare del… raffreddore senza starnuti?” 

“Onestamente? No, non credo che esista. Suvvia Belle, mi aspetto di più da te.” 
“Perdonatemi Sommo Maestro, ma non ho tempo per inventare scusanti… devo trovare Sebastian.”

Isabelle uscì in fretta dalla stanza, rivolgendogli solo un cenno di saluto con la mano prima di sparire, lasciandolo di nuovo solo a chiedersi sia perché cercasse Ryle, sia perché tra tutte quante doveva piacergli proprio lei. 

Se non si complicava la vita più di quanto già non fosse non era proprio felice… 
Jude sbuffò, cercando di tornare a concentrarsi sul libro che stava leggendo in francese, anche con una specie di nuvoletta a forma di Isabelle sopra la testa. 

L’ex Serpeverde sbuffò con irritazione, passandosi nervosamente una mano tra i capelli neri mentre gli tornava in mente quello che aveva sentito qualche giorno prima in quella maledetta Amortentia. 

In effetti aveva accusato Isabelle di girargli al largo da qualche tempo, ma in realtà lui aveva fatto pressappoco lo stesso, evitando di andare a romperle persino le scatole. No, era stato troppo occupato ad essere praticamente terrorizzato da quello che lui stesso sentiva: all'improvviso non si preoccupava neanche di sua nonna, di quello che stava succedendo a scuola… persino le paranoie che si faceva da sempre e di continuo erano vagamente diminuite.
Ma solo all'inizio, poi erano semplicemente mutate: aveva passato anni nella ferma convinzione che alla fine sarebbe rimasto perfettamente solo. E lo era ancora, certo che per quanto potesse essere assurda Isabelle Van Acker non avrebbe mai potuto ricambiarlo. 


Vita, perché mi odi così tanto? Una gioia, mai?


                                                                                        *


“Si può sapere perché oggi mezza scuola è strana?” 

“Che intendo dire? Insomma, qui sono tutti strani…” 

“Vero, ma oggi più del solito. Un mucchio di gente lancia occhiate strano agli altri, noi compresi… sento che sta succedendo qualcosa. E perché Frankie non c'è, che fine ha fatto?” 

“Vorrei saperlo, praticamente non la vedo da ieri.” 

Adrianus sbuffò leggermente, parlando con un tono quasi tetro: era sicuro che centrasse in qualche modo quella maledetta Night School con il comportamento schivo di Francisca… ma ovviamente non poteva esprimere quei dubbi ad alta voce, non davanti a qualcun altro. 


“Ho avuto un'idea geniale.” 
“Non la voglio sapere.” 

“Andrò a chiedere a mia sorella!” 

“Ti avevo detto che non volevo saperla! Ora mi coinvolgerai in chissà quale idea…” 

“MAT, ANDIAMO!” 

Camila lo ignorò deliberatamente e si alzò con fare teatrale, facendolo sospirare con aria grave: e lui che voleva godersi quel pomeriggio di relax… povero illuso.

“Ma sto facendo merenda…” 
“La finirai dopo… ora dobbiamo cercare Phoebe, magari lei sa che fine ha fatto Frankie. Steb, sai per caso se c'è qualcosa che non vuole dirci? Le persone tendono ad isolarsi in questo caso perché hanno paura di tradirsi o di non riuscire a tenere un atteggiamento normale con chi le conosce bene.” 

“No… insomma, non lo so. Ma se la trovate ditemelo.” 

Camila sorrise e annuì prima di agguantare Mathieu e di trascinarlo “in missione” con se, ignorando le proteste e i lamenti del ragazzo più le sue laconiche esclamazioni stile “dovevo scegliermi un’amica più normale” 

Steb li osservò per qualche istante prima di distogliere lo sguardo, chiedendosi ancora che accidenti stesse succedendo intorno a lui. Detestava non sapere… e aveva la netta sensazione che Camila ci avesse preso in pieno, che Frankie non volesse o potesse dirgli qualcosa e proprio per questo non si faceva vedere da un po’. 


“Non capirò mai perché le persone si ostinano a fissare il vuoto quando riflettono.” 

“Credo sia una di quelle domande che solo tu ti poni.”  Adrianus si voltò, incontrando così il mezzo sorriso divertito di Jude che ormai conosceva piuttosto bene. 

“Può essere. Ti vedo pensieroso Adrianus, cosa c'è? Finito lo shampoo?” 

“In realtà sono preoccupato per la mia ragazza. Che tu sappia sta succedendo qualcosa?” 

“Forse. Ma passerà presto, vedrai. La tua adorata Francisca tornerà sorridente, pimpante e un po’ goffa in men che non si dica… anche se infondo non è poi cosi goffa.” 

Jude sorrise leggermente, pensando ai tanti incontri con la Night School dove aveva visto Francisca Lothbrock muoversi come una piccola scimmietta, riuscendo persino a saltare sulle spalle di persone molto più alte e grosse di lei. 
In effetti forse la ragazza stava alla larga da Adrianus perché non voleva tradirsi, fargli capire che forse lo avevano scelto… ma ovviamente non poteva dirlo.

Dal canto suo Adrianus non disse niente per un attimo prima di annuire: dopotutto sapeva che Jude era nel gruppo, se diceva che presto sarebbe tornato tutto come prima forse doveva ascoltarlo. Anche se doveva ammettere che, per una volta, era bello sapere qualcosa che Jude ignorava. 

“Se lo dici tu… si, so che Frankie a volte si trasforma in un ninja, una volta mi ha quasi spezzato il braccio.” 

“La piccola, tenera Francisca Lothbrock che la da di santa ragione al bello ed intelligente Adrianus Stebbins… che bella coppia siete, quasi mi commuovo.” 


                                                                                        *


“Ciao… posso sedermi?” 

Sebastian quasi sobbalzò nel sentire proprio quella voce, alzando gli occhi e posandolo dritti su Isabelle, che era in piedi accanto a lui e gli stava sorridendo gentilmente.

Da una parte avrebbe voluto alzarsi e scappare a gambe levate… ma non riuscì a non annuire, lasciando che la ragazza sedesse accanto a lui. Sebastian puntò gli occhi sulla pergamena che aveva davanti, il caso era così estremo che si era persino messo a fare i compiti, cercando di non guardarla o di non farsi mille domande sul perché fosse lì. Almeno, prima che lei parlasse:

“Bas… fino a stamattina avrei voluto chiederti perché mi stai evitando da qualche giorno. Ma poi qualcosa mi ha fatto cambiare idea. Ho parlato con Faye, mi ha detto un paio di cose.” 

Senza riuscire a trattenersi Sebastian sollevò il capo quasi di scatto, puntando gli occhi su di lei quasi con aria allarmata:

“Che? Cosa… cosa ti ha detto?” 

Stava già pensando al modo più cruento possibile per compiere un omicidio familiare quando Isabelle sorrise di nuovo, allungando una mano per appoggiarla sulla sua. Il cervello gli si disconnesse per un attimo, tanto da fargli abbandonare i pensieri cruenti, mentre lei parlava di nuovo:

“Non avercela con lei. Ti vuole davvero molto bene… sei molto importante per lei, lo sai, e non vuole vederti stare male. In effetti non si può dire che negli ultimi giorni tu sia al massimo della forma… Ha a che fare con qualcosa che hai sentito?” 

“Isabelle… Io lo so, cosa pensate di me. Cosa pensi tu, cosa tutti pensano. Non ho mai pensato che tu possa ricambiarmi, per questo non te l'ho mai detto… ma visto che ormai il danno è fatto, tanto vale essere sinceri. Non so quando, come o perché, ma con il passare del tempo mi sono reso conto che sei davvero… importante per me.” 

“Grazie. Oh Bas, non ci ho mai neanche lontanamente pensato… e non dire cose affrettate quando parli di quello che la gente pensa di te: io ti conosco, so perfettamente chi sei. Sei un bellissimo ragazzo, ma questo già lo sai.” 

Si, lo sapeva. Ma Bas sorrise comunque, perché era piuttosto sicuro che lei non glielo avesse mai detto. 

“Ed è vero, sei quell’idiota che ci prova con tutte le belle ragazze, che se ne esce con frasi del tipo “dici così solo per invidia” “tutti vorrebbero essere come me” eccetera. Ma sei anche l'amico di Alastair e di Jackson, non dimenticarlo. Io non l'ho dimenticato, anche se loro non ci sono più.” 

Sebastian continuò a non dire niente, incupendosi leggermente nel sentire quei due nomi. Ma Isabelle continuò a tenere la sua mano appoggiata sulla sua, e sorrise di nuovo prima di continuare a parlare:

“E forse… forse questa è solo la prova definitiva che non sono del tutto a posto. Ti voglio bene Bas, e sei una fantastica persona… e sono sicura che fuori da queste mura troverai qualcuno che ti ricambi come è giusto che sia. Credimi, solo metà di questa scuola ucciderebbe per essere al mio posto… hai solo avuto sfortuna ad innamorarti di quella sbagliata. E credimi, sono davvero lusingata, oltre a chiedermi PERCHÉ.” 

“Sei una tosta Isabelle. È per questo che mi piaci così tanto.” 


Sebastian puntò malinconicamente gli occhi in quelli verdi di Isabelle, che gli sorrise mentre spostava la mano da quella del ragazzo, accarezzandogli per un attimo una guancia prima di sporgersi leggermente e dirgli qualcosa a bassa voce:

“Buon compleanno Bas.” 

Forse Sebastian si sarebbe alzato, ma come al rallentatore sentì le mani di Isabelle soffermarsi delicatamente ai lati del suo viso prima che la ragazza lo baciasse sulle labbra. 
Il ragazzo sgranò gli occhi, chiedendosi se stesse succedendo veramente e pensando a tutte le volte in cui aveva sognato di farlo. Forse avrebbe voluto circondarla con le braccia, ma dopo qualche attimo Isabelle si staccò da lui, sorridendogli di nuovo prima di alzarsi e allontanarsi senza dire niente. 

Sebastian la seguì con lo sguardo per qualche secondo prima di rimettersi di nuovo dritto sulla sedia, deglutendo mentre si passava una mano tra i capelli chiari: annuì leggermente con il capo, prima di parlare rivolto a se stesso con un filo di voce:

“Ok, basta. Adesso basta.” 


                                                                                        *


“Phoebe!” 

Phoebe smise di parlare con Faye riguardo a dove fosse andata Isabelle e cosa potesse aver detto a Sebastian nel sentirsi chiamare, voltandosi con aria vagamente accigliata: le era sembrato di riconoscere la voce, ma non era poi così sicura… insomma, perché Camila avrebbe dovuto cercarla? 

Si accorse però di non essersi sbagliata: sua sorella stava trotterellando proprio verso di loro, trascinandosi Mathieu Leroy al seguito. 

“Ciao Camila. Mathieu.” 

La ragazza rivolse un cenno al francese prima ti rivolgersi alla sorellastra, che sfoggiò un sorriso prima di tornare seria e parlare:

“Ciao. Vorrei chiederti una cosa… per caso avete visto Francisca? Da un paio di giorni tende ad evitarci, e visti i trascorsi ci chiedevamo se non stia succedendo qualcosa.” 

“No, mi spiace non so dove sia. Quanto al suo atteggiamento… non saprei, né io né Faye la conosciamo molto bene.” 

Phoebe si strinse nelle spalle, sapendo di dire solo una mezza verità: in effetti non sapeva dove fosse, ed era anche vero che non la conosceva poi così bene… ma una mezza idea ce l'aveva, sul motivo per cui stesse evitando i suoi amici: forse riguardava la Night School, non voleva correre il rischio di sembrare troppo strana o pensierosa provocando domande scomode. 

E poi tutti, lei per prima, erano convinti che Adrianus era stato scelto… forse Francisca non voleva mentore spudoratamente al fidanzato. 

“Beh, se la vedete ditele che la stiamo cercando… siamo un po’ preoccupati, con tutto quello che è successo.” 

Sia lo sguardo che il tono di Camila s’incupirono nel dire quelle parole e a Phoebe e Faye non restò che annuire:

“D'accordo. Ma non preoccupatevi, probabilmente non è niente… magari vuole solo stare un po' da sola, succede a tutti di tanti in tanto. Ora scusate, ma dobbiamo cercare una persona anche noi… ci vediamo a cena!” 

Faye sorrise e, messo un braccio sulle spalle dell’amica, la spinse leggermente lungo il corridoio oltre i due compagni, lasciando una Camila ancora abbastanza accigliata: 

“Io continuo a pensare che sta succedendo qualcosa.” 

“Cami, sei troppo paranoica.” 


                                                                                   *


"Finalmente! Si può sapere che fine avevi fatto? Hai parlato con mio cugino?” 

Isabelle non rispose alla domanda di Faye, limitandosi ad annuire senza fare commenti. Ovviamente la Cassel fece per chiederle cosa fosse successo nel dettaglio, ma Isabelle si appoggiò un dito sulle labbra, come a volerle dire di fare silenzio mentre lentamente la sala intorno a loro si riempiva. 

“Tanto prima o poi lo scopro Belle, stanne certa.” 

“Non lo metto in dubbio. Oh, no… conoscete un modo per starnutire a comando?” 

“Si, mettiti del peperoncino sotto al naso.” 

“Grazie Bibi, ma ora NON ho un peperoncino sotto mano!” 


Belle roteò gli occhi per un attimo, ma si fece di nuovo impassibile e in silenzio quando Jude le passò accanto per andare a sedersi a sua volta. Il ragazzo incredibilmente non si fermò per prenderla in giro come suo solito, limitandosi a scoccare un'occhiata nella sua direzione che diceva chiaramente “raffreddore, eh?” 

“Perché ultimamente mi sento come… come se stesse succedendo qualcosa proprio sotto al mio naso senza che me ne renda conto?”  Faye corrugò la fronte, parlando a bassa voce mentre Phoebe sfoggiava un lieve sorrisetto:

“Chissà… magari è proprio così. Ehy, c'è Sebastian.” 

Faye seguì l'indicazione dell’amica e puntò gli occhi sul cugino che era effettivamente appena entrato. Gli rivolse un cenno che il ragazzo ricambiò, ma Sebastian non si avvicinò alle tre e andò a sedersi a qualche fila di distanza, aspettando come tutti gli altri di iniziare. 

Faye fece per parlare ancora ma venne interrotta da Jefferson, che si schiarì la voce prima di iniziare:

“Ora che siete finalmente tutti possiamo cominciare… come vi avevamo preannunciato, abbiamo scelto qualche nuovo membro del gruppo a seguito di quello che è successo nelle scorse settimane. Per quanto riguarda il sesto anno, abbiamo scelto Caroline Miller e Robert Dougley. Per il settimo invece Adrianus Stebbins, Mathieu Leroy e Camila Selwyn-Holt. Ovviamente siete tenuti a non fare parola con loro di questo, verranno contattati da noi domani... E adesso cominciamo, voglio un giro della tenuta in venti minuti, non uno di più.” 

“Ecco perché hanno scelto ben 5 nuovi… vogliono farci fuori e rimpiazzarci.” 

Isabelle sorrise alle parole di Faye mentre si alzavano per eseguire il compito assegnato, ma l’olandese lanciò anche un’occhiata a Phoebe, chiedendosi come l'avesse presa:

“Tutto ok?” 

“Certo, perché non dovrebbe? So a cosa stai pensando Belle… sarà strano, ma me l'aspettavo.” 

Phoebe si strinse nelle spalle come se niente fosse, impedendo all'amica di dire altro allontanandosi leggermente per uscire insieme insieme agli altri grazie alla porta sul retro, qualche secolo prima usata dalla servitù. 

Isabelle la seguì, continuando ad osservarla e sentendosi quasi un po’ in colpa: con tutto quello che era successo sentiva quasi di aver “trascurato” la sua amica è tutto quello che stava passando. Nemmeno Phoebe era mai stata una che parlava molto, anche per questo erano sempre andate molto d'accordo, ma probabilmente non era stato facile nemmeno per lei, l'inizio di quell’anno. 

Si trattenne dal sbuffare mentre usciva, lasciando che il freddo atroce le entrasse nei polmoni. Lanciò un’occhiata al bosco, chiedendosi dive fosse prima di iniziare a correre. 

E ancora una volta pensò a come le stesse portando via quell'anno.


                                                                                              *


Mentre correva sorrideva leggermente, nonostante sentisse un gran freddo: continuava a sentire quei tre nomi… e sorrideva, sollevata e felice. 
Finalmente avrebbe potuto parlare con chiarezza, senza mezze verità e mezze bugie. 

Alexa era morta... non era più stato lo stesso senza di lei, senza qualcuno con cui poter condividere assolutamente tutto. Forse quella sensazione, quella familiarità, non sarebbe mai più tornata indietro… ma almeno avrebbe potuto parlare con Adrianus e con i suoi amici senza dover mentire su dove andava o sul perché era stanca al mattino. 


Ricordava ancora quando, tempo prima, aveva incrociato Steb in piena notte, davanti alle scale… quando lui aveva realizzato che faceva parte della Night School. Sorrise ancora, pensando che ora sarebbe entrato a far parte del gruppo anche lui… sarebbe stato divertente, allenarsi insieme. 

Infondo, con anche Camila, Steb e Mathieu nel gruppo che cosa poteva andare ancora storto? 





   










……………………………………………………………………………………………………..
Angolo Autrice:

Buonasera! E anche tanti auguri a Shiori Lily Chiara, dato che da quel che ho capito oggi è il suo compleanno! Se mi sono sbagliata ignora la frase precedente e perdonami per la gaffe! 

Comunque sia… ma come sono buona ultimamente, anche qui non ho ucciso/ferito/avvelenato/traumatizzato nessuno! Durerà? Mah. 

Anche questa volta non ho domande da farvi per la vostra somma gioia, quindi mi limito a salutarvi… buona serata! 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Giochiamo ***


Capitolo 23: Giochiamo 

 

 

Domenica 31 Gennaio, 24:30 

 

 

 

Si avvicinò al letto senza fare rumore, passandosi con stanchezza una mano tra i capelli lisci ma leggermente spettinati. Era tardi ed era piuttosto stanca... Mathieu le aveva ripetuto più di una volta di andare a dormire, ma lei si era intestardita e voleva quantomeno provare a convincere Adrianus ad andare a dormire prima di farlo a sua volta. 

 

Il ragazzo era ancora lì... in effetti non l'aveva ancora visto alzarsi o anche solo fare qualche movimento. Camila si stampò un piccolo sorriso sulle labbra mentre si avvicinava al letto, allungando una mano per sfiorare con delicatezza la spalla di Adrianus:

 

"Steb... forse dovresti andare a dormire. È stata una serata molto lunga." 

 

Adrianus si voltò verso di lei solo per un attimo, rivolgendole una breve occhiata prima di scuotere leggermente il capo, tornando a guardare Francisca. 

Era stanco anche lui e si vedeva, con i capelli castani spettinati, gli occhi chiarissimi un po' arrossati e il viso segnato dalla preoccupazione che aveva precedentemente provato. 

 

"Resto qui con lei." 

 

Camila abbassò lo sguardo sulle mani del ragazzo, trovandone una che stringeva quella più piccola e pallida di Frankie. Adrianus era seduto accanto a lei da ore, e sembrava non volersi ancora muovere. 

 

"D'accordo. Ma dormi un po'..." 

 

Non si sentiva affatto in diritto di fargli cambiare idea in quel momento, così dopo aver lanciato un'ultima occhiata alla ragazza stesa sul letto Camila mosse qualche passo indietro, sentendosi quasi in dovere di lasciare l'amico solo. 

 

Forse ne aveva bisogno in quel momento... ma lei? Voleva stare sola? 

In realtà non lo sapeva con certezza. Ma Mathieu era salito in camera sua poco prima e non voleva disturbarlo... e sfortunatamente con Francisca proprio non poteva parlare. 

Non seppe neanche perché, si mosse quasi senza pensarci. Senza rendersene conto Camila Selwyn-Holt mandò al diavolo la privacy e il fatto che forse stesse dormendo, ma si trovo davanti ad una porta bianca e bussò con delicatezza, sperando che le aprisse. 

 

Tirò quasi un sospiro di sollievo quando si trovò Mathieu davanti, altrettanto spettinato è visibilmente teso e stanco:

 

"Cami... cosa c'è? Steb sta bene?" 

"Ne dubito, ma forse ora deve stare un po' da solo con lei. Io invece non ho voglia di stare sola... posso entrare?" 

 

Mathieu annuì senza neanche esitare, spostandosi leggermente per permetterle di entrare nella sua camera. Il francese non si era nemmeno tolto la divisa, limitandosi a sfilarsi scarpe e maglione. 

 

Camila sedette sul letto dell'amico, gli occhi fissi su un punto imprecisato del muro mentre Mathieu chiudeva la porta e le si avvicinava, sedendosi accanto a lei senza dire nulla per qualche istante. 

 

"A volte mi chiedo perché il destino abbia voluto mandarci via, visto tutto quello che è successo. Forse sarebbe stato meglio restare nelle nostre vecchie scuole, a conti fatti." 

 

"Si, forse hai ragione. Forse il nostro soggiorno qui non è stato facile finora. E forse nemmeno lo sarà nei prossimi mesi... Ma non è tutto negativo. Hai conosciuto me, no?"

"Strano... ma tu pensa, ero convinto che stessi per dire "ho conosciuto te"."

 

Mathieu sorrise e Camila nonostante tutto lo imitò, appoggiando il capo sulla sua spalla prima di chiudere gli occhi, lasciandosi abbracciare con sollievo dall'amico. 

Era stata una giornata molto lunga... ma almeno era finita, fortunatamente.

 

 

                                                            *

 

 

8 ore prima, Sabato 30 Gennaio 

 

 

Era entrata in camera sbuffando, non avendo proprio nessuna voglia di fare i compiti. Certo era sabato, e aveva passato la mattina a riposarsi… ma ormai erano le 16 e lei, Faye e Phoebe dovevano mettere fine al loro tanto agognato relax. 

 

Isabelle era andata in camera per prendere i libri e raggiungere le due amiche in Biblioteca… così, quando entrò nella sua camera, puntò dritto verso la scrivania per prendere la borsa. 

 

Ci mise qualche secondo a sentirlo. 

Il rumore familiare che la fece bloccare di colpo, i sensi improvvisamente in allerta. 

 

Conosceva bene quel rumore, come chiunque altro… e non le piaceva. Perché lì dentro non l'aveva mai sentito. 

 

Isabelle rimase immobile, gli occhi verdi puntati sul vetro della finestra che le stava di fronte. 

E intanto il rumore continuava, diventando più fastidioso e assordante ogni secondo che passava… letteralmente, visto che le lancette scandivano i secondi con una precisione a dir poco snervante.

 

Tic, tac, tic, tac 

 

Dov'era?   Isabelle deglutì, abbassando lentamente lo sguardo per puntarlo sul suo comodino. Ed eccolo lì: l'orologio doppio da scacchi sembrava fissarla di rimando, mentre uno dei due quadranti era attivato. L'altro era fermo… ma le lancette erano sbagliate, puntate non sulle 16 ma sulle 21, cinque ore dopo. 

 

Isabelle mollò la borsa, prendendo lentamente l'orologio tanto familiare che era appartenuto ad Alastair e che avevano usato centinaia di volte per giocare a scacchi. 

 

Cinque ore più avanti… perché? Lei non lo aveva più usato da quando Alastair era morto. Ed era passato più di un mese… e ricordava perfettamente che quando Sebastian glielo aveva portato le lancette erano puntate sul 12 in entrambi i quadranti.

 

Qualcuno lo aveva toccato, e non era stata lei. 

 

All’improvviso l'ormai familiare sensazione di angoscia la pervase, quella tremenda sensazione di essere costantemente osservata, tenuta sotto controllo. L'idea che potesse essere ovunque, anche nel suo armadio. Che potesse comparire in ogni momento. 

 

Isabelle deglutì e lasciò l'orologio sulla scrivania quasi come se scottasse, guardando l'oggetto con orrore prima di spostare lo sguardo, certa che da qualche parte ci fosse qualcos’altro.

 

Non si sbagliava… ormai sapeva come funzionava, dopotutto. Gli occhi di Isabelle finirono su un biglietto, lasciato sul comodino. In effetti era da un po’ che non ne riceveva… per un po' si era sempre fatto direttamente vivo di persona, e poi dopo averla avvelenata non si era fatto sentire per una settimana prima di ricomparire, giusto per complimentarsi con lei per aver “saggiamente deciso di non ritirarsi” e per ricordarle cosa doveva fare. Ah, e anche per avvertirla di non dire niente a nessuno di ciò che stava succedendo, specialmente a “quel ragazzo”, che aveva identificato come Jude. 

 

Isabelle prese il biglietto con le dita quasi tremanti, strabuzzando gli occhi nel leggere quelle poche parole che quasi le mozzarono il fiato per un attimo:

 

Facciamo un gioco, Isabelle? 

 

 

Lo lasciò cadere e ritrasse le mani, iniziando a tormentarsele quasi convulsamente mentre teneva gli occhi fissi su quel pezzo di carta e un mucchio di pensieri sconclusionati le affollavano la testa senza un ordine, impedendole di pensare lucidamente. 

 

Le era sempre piaciuto giocare, fin da piccola. Ma soprattutto, ad Isabelle Van Acker piaceva vincere. Lui lo sapeva. 

Ma non aveva nessuna voglia di giocare con lui… non con le SUE regole.

Aveva la sensazione che perdere non sarebbe stato affatto piacevole. 

 

 

                                                                                     *

 

 

22:00 

 

 

“Signor Stebbins, le sembra questo il modo… Che cosa è successo?” 

 

Adrianus deglutì a fatica, fermandosi nel bel mezzo dell’Infermeria. Per un attimo rimase immobile, mentre la stanza quasi girava intorno a lui, dandogli un senso di nausea che andò a sommersi con la tachicardia che l'aveva colpito da diversi minuti.  

 

 

“Non… non lo so. L'abbiamo trovata… così.”   L'ex Corvonero abbassò lentamente gli occhi sul corpo minuto ed esile che teneva tra le braccia mentre una mano gli stringeva il braccio, quasi spingendolo verso il letto più vicino. 

 

“La metta qui. Perché è così fredda?” 

 

Adrianus, quasi in stato di trance, lasciò delicatamente il corpo di Francisca sul letto prima di lasciarsi cadere su una sedia, continuando a fissarla con gli occhi grigi vacui mentre l’infermeria allungava una mano per tastare il polso della ragazza, sfoggiando una lieve smorfia preoccupata di fronte alla pelle ghiacciata e pallidissima di Francisca. 

 

“Era nel Lago.” 

 

 

                                                                                          *

 

 

16:30 

 

 

Continuava a tamburellare le dita sul tavolo, prendere un libro, sfogliarlo, rendersi conto che era inutile, chiuderlo e continuare a muovere le lunghe dita affusolate sul ripiano di legno del tavolo. In un ciclo apparentemente senza fine.

 

In realtà Jude non stava leggendo poi granché dei libri che aveva portato su quel tavolo, in Biblioteca… lì sfogliava semplicemente, alcuni per più tempo e altri meno, cercando qualcosa che sembrava non trovarsi tra quelle righe. 

 

Che cosa cercava, poi? Ad essere sinceri, non lo sapeva bene nemmeno lui.

 

Ricordava stranamente bene quel pomeriggio, quando aveva incontrato Isabelle in Biblioteca. Lui le aveva restituito il suo album e l'aveva trovata proprio lì, impegnata nella sua medesima azione… stava setacciando i libri inerenti alla Cimmeria, alla sua storia e all’edificio. Jude aveva presi gli stessi libri, chiedendosi che cosa potesse interessarle… ma ancora non l'aveva capito. 

 

E ovviamente chiederlo direttamente a lei non sarebbe servito a nulla, anche se negli ultimi tempi qualche progresso era riuscito ad ottenerlo. Ci era voluto un avvelenamento per far ammettere ad Isabelle che agiva per ordine di un parente stretto e per il bene di sua madre. 

 

Che cosa cercava? Che cosa volevano da lei? 

 

Nei suoi ricordi quel giorno non aveva visto molto… ma ricordava perfettamente un ricordo in particolare, dove l'aveva vista parlare con suo zio, l'uomo che aveva visto anche al Ballo. Lui aveva detto qualcosa a proposito di un libro… e lei gli aveva chiesto se “non era tutta una leggenda”, se quel qualcosa esisteva davvero. 

 

C'era forse un libro che in qualche modo sarebbe potuto tornare utile a qualcuno? 

 

Jude sbuffò, chiedendosi per la centesima volta che cosa stesse succedendo proprio sotto al suo naso. 

 

Spostò gli occhi dal tomo che aveva davanti per voltarsi verso una direzione ben precisa: il Reparto Proibito. Se c'era un'altra cosa che Jude ricordava di quel pomeriggio, era ciò che lui stesso aveva detto ad Isabelle: le aveva consigliato di andare lì a cercare “qualunque cosa stesse cercando”. 

 

Forse non era una cattiva idea. Forse, in fin dei conti, doveva farlo anche lui. 

 

 

                                                                                             *

 

 

22:15 

 

 

“Che cosa è successo? Non si capisce più niente… va tutto bene?” 

 

Phoebe sollevò lo sguardo dalla tazza fumante che teneva in mano, incontrando lo sguardo di sua sorella. La ragazza si limitò ad annuire con un lieve cenno del capo, seduta su una panca e con una coperta sulle spalle:

 

“Io sto benissimo. Ma… Francisca è dentro, non so come stia.” 

 

Phoebe vide distintamente la sorellastra impallidire prima di quasi correre dentro l’Infermeria, lasciandola nuovamente sola sul pianerottolo. 

La ragazza sospirò e bevve un sorso di camomilla, continuando a chiedersi come fosse successo mentre sentiva dei passi echeggiare leggermente nell’area circolare dal soffitto a cupola.

 

Phoebe, ormai piuttosto asciutta anche grazie ad un incantesimo, sollevò nuovamente lo sguardo e sorrise leggermente nel vedere Isabelle andarle incontro. 

 

“Ciao. Cominciavo a chiedermi che fine avessi fatto.”

“Mi dispiace. Ho sentito che è successo qualcosa… stai bene?” 

 

“Io si, benissimo. Ma non so se possiamo dire lo stesso di Francisca.” Phoebe si strinse leggermente nelle spalle mentre Isabelle si fermava davanti a lei, continuando a tenere le braccia strette al petto. In effetti guardandola bene Phoebe intuì che l'amica era nervosa, preoccupata per qualcosa… sembrava che non sentisse neanche le sue parole, ma allo stesso tempo colse sincero dispiacere negli occhi verdi dell'amica. 

 

“L'hai trovata… nel Lago?” 

“Si. Alla fine è una fortuna che io sia un’ottima nuotatrice, non trovi?” 

 

Phoebe sfoggiò un sorriso tirato mentre l'amica sospirava, sedendosi accanto a lei e abbracciandola.

 

“Sono felice che tu stia bene. Quando ho sentito che una ragazza era stata trovata nel Lago ho pensato potessi essere tu.” 

“Sciocchezze amica mia, io non potrei mai annegare o simili, lo sai.” 

 

“Mai dire mai, sfortunatamente… povero Adrianus invece, come sta?” 

“Leggermente sotto shock, temo. Quando l'ho trascinata fuori dall'acqua l’ha presa in braccio senza dire niente e l'ha portata qui... gran bel modo per iniziare, non c'è che dire.” 

 

Phoebe sorrise amaramente, pensando all'incontro di quella sera, finito in anticipo e in modo decisamente inusuale… erano andati fuori a correre come sempre, anche se sia Isabelle, Jude e Francisca erano risultati assenti. Ma passando accanto al Lago, lei si era accorta di qualcosa di strano, in acqua. C'era solo da sperare che avesse tirato fuori Francisca dall'acqua gelata abbastanza in fretta… 

 

“Isabelle… all’incontro mancavate tu e Francisca, ma anche Verrater. E non vorrei sembrare paranoica, ma il fatto che fosse assente anche lui mi sa vagamente di strano… per caso oggi è successo qualcosa di cui ancora non sono a conoscenza?” 

 

Phoebe inarcò un sopracciglio, scoccando un’occhiata inquisitoria in direzione dell'amica. Isabelle esitò per un attimo ma poi annuì, sospirando leggermente: in fin dei conti era la sua migliore amica. Ed era davvero stanca di tenersi sempre tutto dentro. 

 

 

                                                                                          *

 

 

17:00 

 

 

“Fino a due settimane fa ero curioso riguardo alla Night School e tutto il resto… non fraintendermi, sono felice di esserci entrato, ma è più pesante di quanto pensassi.” 

 

“Se ti riferisci al fatto che mercoledì ti sei quasi appisolato mentre aspettavi il tuo turno per duellare…” 

 

Adrianus sfoggiò un piccolo sorriso, ricordando con sommo divertimento l'incontro di qualche giorno prima. Mathieu invece piegò le labbra in una smorfia prima di scuotere leggermente il capo, come a non volerci più pensare:

 

“Lasciamo perdere. Insomma, ci alziamo presto tutte le mattine, immagino che ci vorrà qualche tempo per abituarsi a passare un sacco di ore in piena notte a correre, duellare, tirare calci a destra e a sinistra… Chissà cosa faremo stasera.” 

 

Adrianus si strinse nelle spalle prima di lasciare i libri su un tavolo e sedercisi davanti, ricordando quando gli era stato comunicato di essere entrato nel gruppo. Era strano pensare che fossero passati solo pochi giorni… a lui erano sembrare intere settimane.

 

Da una parte ne era rimasto piuttosto perplesso, ma anche felice, quasi sollevato: finalmente Francisca non avrebbe dovuto nascondergli nulla. 

 

Naturalmente nessuno li aveva costretti, ma entrambi i ragazzi e anche Camila avevano accettato. Mathieu aveva quasi riso nel leggere quel biglietto: se solo Etienne avesse saputo… a volte il destino è così tristemente ironico. E forse se non era proprio riuscito a non rifiutare era anche per il suo defunto amico. 

 

Tutti e tre però avevano pensato la stessa cosa: forse entrando a far parte nella Night School avrebbero capito di più di quello che stava succedendo alla Cimmeria… ben presto però si erano resi conto di una cosa, ossia che anche i loro compagni che già facevano parte del gruppo non avevano le idee molto chiare. 

 

Eccetto qualcuno, certo. 

 
 

*

 

 
 

17:30

 

 

Le lancette continuavano a muoversi e lei era seduta sul letto, le gambe strette tra le braccia mentre teneva gli occhi fissi su quell’orologio. Non l'aveva mai odiato come in quel momento… e forse se non fosse appartenuto ad Alastair l'avrebbe già fatto a pezzi con un incantesimo, o lanciato fuori dalla finestra. 

 

Ma era suo. Non l'avrebbe mai rotto… non avrebbe potuto, nonostante fosse piuttosto impulsiva non sarebbe mai arrivata a tanto, anche se in quel momento sentiva un mucchio di pressione su di sé. 

Isabelle si morse il labbro, continuando a chiedersi che cosa sarebbe successo di lì a poche ore se non avesse “vinto” la partita: le lancette del secondo quadrante erano puntate su un orario… e di certo non era un caso. Aveva tempo fino alle 21, evidentemente… poi sarebbe successo qualcosa. 

 

Presumibilmente, a qualcuno. 

 

Ma ancora una volta, Isabelle non sapeva cosa fare, non aveva idea di come muoversi. Doveva chiedere consiglio, aiuto a qualcuno? L'ultima volta in cui aveva cercato di cavarsela da sola era stata quasi uccisa. 

D’altro canto però non voleva mettere nessuno nei guai… e da quando Alastair era morto temeva che potesse uccidere anche Phoebe. Difficilmente avrebbe retto, in quel caso. 

 

“Tu cosa faresti?” 

 

Il suo sussurro ruppe il silenzio, ma disgraziatamente non ottenne alcuna risposta: che cosa avrebbe fatto Al? Lo conosceva così bene che probabilmente lo sapeva da sé. 

 

Ripensò a tutte le cose che non gli aveva detto, a tutte le cose che il suo amico non aveva e non avrebbe mai saputo. Giocava a quel gioco ormai da un sacco di tempo, e cominciava ad essere davvero stanca.

 

Quasi senza pensarci Isabelle si alzò, sapendo che se non avesse “vinto” sarebbe morto qualcun altro, entro la fine della giornata. Forse proprio lei. 

 

Ci pensava da più di un'ora, ma ancora non sapeva cosa fare… a parte scegliere, forse per la prima volta, di farsi aiutare di sua spontanea volontà. 

 

 

*

 

 

“A cosa stai pensando? Si vede che hai la testa da un'altra parte.” 

 

Francisca esitò, ma poi decise di rispondere alla domanda che Camila le aveva appena fatto, entrambe comodamente sistemate sul suo letto, una appoggiata alla testiera e l'altra ai piedi del materasso. 

 

“A mio padre. Tu ci pensi mai?”

“Si, a volte. Ora forse non tanto, ma prima sì, quando praticamente non avevo idea di chi fosse.” 

 

Camila si strinse nelle spalle, alzando gli occhi dagli appunti di Storia della Magia per puntarli sull’amica, chiedendosi perché Frankie stesse pensando a suo padre: era piuttosto sicura che la ragazza non l'avesse mai nominato da quando la conosceva.

 

“Sai… forse infondo un po’ ti invidio. Insomma, forse non avete un rapporto, magari non lo avrete mai per davvero. Ma almeno lo conosci, sai chi è, e nonostante tutto lui ti ha riconosciuta.” 

“Immagino che fosse il minimo che dovesse fare, visto che era sposato…” 

 

Le parole di Camila trasudavano una nota di amarezza che fece sorridere leggermente Francisca, prima che la ragazza parlasse di nuovo:

 

“Di sicuro ha sbagliato. Ma almeno, come ho detto, ti ha riconosciuta. Io non ho mai conosciuto mio padre Cami, non so neanche di preciso chi sia… ho sempre pensato che infondo noi due siamo piuttosto simili. Forse tu mi capisci… capisci come ci si sente.” 

 

Francisca si strinse leggermente nelle spalle, abbassando gli occhi sui suoi appunti senza davvero vederli. Non ne aveva mai parlato davvero con nessuno, perché non aveva mai conosciuto nessuno che potesse capirla. Ma forse Camila sapeva come ci si sentiva. 

 

“Come se ti mancasse un pezzo, qualcosa di fondamentale. Lo so… so chi è mio padre, ma per anni non l'ho conosciuto, e tutt’ora forse non posso dire di conoscerlo. So come ti senti Frankie… Ma se può valere, sono sicura che ci hanno rimesso loro, entrambi. Non noi.” 

 

“Lo dice sempre anche mia madre… e immagino anche la tua. Ma a volte mi chiedo se crederci o meno.” 

 

 

*

 

 

Si bloccò, improvvisamente non convinta al 100% di quello che stava per fare. 

Era davvero una buona idea? 

 

Deglutì, tenendo gli occhi fissi sul ragazzo che le dava le spalle, seduto a qualche metro di distanza. 

Non le era mai piaciuto chiedere aiuto, in generale… specialmente in casi come quello. Ma forse era la cosa migliore, e sapeva che non avrebbe retto un'altra morte sulla coscienza. 

 

Così prese un bel respiro e gli si avvicinò, chiedendosi cosa gli avrebbe detto. Forse avrebbe dovuto prepararsi una specie di discorso, ma non ne aveva proprio il tempo…

 

“Jude.” 

 

Si fermò accanto al ragazzo, che si voltò per guardarla con gli occhi carichi di sorpresa. O meglio l'occhio, visto che l'altro era come sempre praticamente nascosto dai capelli neri del ragazzo. 

 

“Ciao Van Acker… a cosa devo il piacere?”   Jude sollevò un sopracciglio, ma la voglia di fare ironia gli passò non appena colse l’espressione tesa, nervosa e preoccupata della ragazza. Isabelle esitò, continuando a torturarsi le mani e distogliendo gli occhi verdi dal suo viso prima di parlare a mezza voce: 

 

“Io… Devi aiutarmi, Jude.” 

“Strano che sia tu a chiedermelo. Ma di qualunque cosa si tratti, lo sai che avrà un prezzo, vero?” 

 

Isabelle sospirò prima di puntare di nuovo gli occhi su di lui, guardandolo come s volergli dire che non aveva tempo per quei discorsi. E allora fu lui a doversi sforzare per non distogliere lo sguardo, faticando a reggere a lungo il contatto visivo con lei:

 

“Dico davvero. È importante. Non te lo chiederei altrimenti, lo sai anche tu.” 

 

Era vero, lo sapeva. L'ultima volta in cui Isabelle aveva richiesto il suo aiuto stava per morire con lo stomaco a pezzi, dopotutto.

Senza rifletterci Jude si ritrovò ad annuire, parlando con un tono improvvisamente serissimo e attento:

 

“Ok. Dimmi che succede.” 

 

 

                                                                                       *

 

 

22:00 

 

 

Aveva sentito che durante l'incontro della Night School una ragazza era stata trovata nel Lago da Phoebe Selwyn. Lui non si era presentato, quindi non aveva idea di chi fosse stato assente come lui, non aveva idea di chi potesse trattarsi. 

 

Ma ovviamente un'idea ce l'aveva, ecco perché stava praticamente correndo sulle scale per raggiungere il suo Dormitorio, rischiando di travolgere non poche studentesse ma senza fermarsi a scusarsi con nessuna di loro. 

 

Quando si fermò davanti ad una porta che non era la sua, Jude si chiese se non stesse prendendo un granchio. Non sapeva di preciso perché dopo essere stato in camera di Isabelle fosse corso lì… non l'aveva trovata nella sua camera, e il primo posto dove aveva pensato di cercarla era la camera di Alastair Shafiq. 

 

Esitò, ma poi prese la maniglia e l'abbassò, pregando mentalmente di trovarla lì dentro. 

Ad una prima occhiata la stanza sembrava vuota, con la scrivania sgombra e il letto ormai privo di coperte… vista così dava una sensazione quasi di desolazione, in effetti. Jude però fece qualche passo avanti lo stesso, entrando nella camera. 

 

 

“È viva?” 

 

Si voltò nel sentire quella voce nervosa e flebile, e vedendo Isabelle seduta sul pavimento, rannicchiata accanto all’armadio ormai vuoto, provò un moto di sollievo. 

 

"Non ne ho idea, ho solo sentito che Phoebe ha trovato una ragazza nel Lago… pensavo potessi essere tu. Tu sai di chi si tratta?” 

 

Isabelle non disse nulla, limitandosi a scuotere il capo mentre Jude le si avvicinava leggermente, porgendole la mano:

 

“Beh… andiamo a scoprirlo, allora.” 

 

Isabelle non la prese subito, limitandosi per qualche istante a ricambiare il suo sguardo prima di parlare, osservandolo con aria dubbiosa:

 

“Perché fai tutto questo? Perché mi aiuti?” 

“Non saprei… immagino di voler sapere cosa sta succedendo, e l'unico modo per riuscirci è farti da balia e assicurarmi che tu non tiri le cuoia troppo presto.” 

 

Jude sfoggiò un piccolo sorriso e Isabelle annuì leggermente, prendendo la mano del ragazzo per alzarsi. Il “termine” era scaduto alle 21… e quando si era data per vinta, dicendosi che non sarebbe riuscita a vincere quella partita, si era chiusa dentro quella camera ad attendere chissà cosa.  Forse anche la sua stessa morte.

 

Sperava solo che non fosse morto nessun altro. 

 

 

                                                                                     *

 

22:25

 

“Dico davvero, Bibi… non so perché Jude non sia venuto all’incontro. L’ultima volta che l’ho visto è stato subito prima di cena. E poco fa, certo, prima di venire qui.”

“D’accordo. E tu invece? Perché non sei venuta?”

 

Isabelle esitò, spostando momentaneamente lo sguardo su una finestra prima di rispondere all’amica, che la stava osservando in silenzio e con estrema attenzione.

 

“Avevo qualcosa su cui… riflettere. Sai Phoebe… visto quello che è successo a Francisca, forse è il caso che io ti spieghi un po’ di cose. Se non altro sapresti che cosa sta succedendo se dovessi morire anche io.”

 

Phoebe si accigliò e fece per dire all’amica che non avrebbe dovuto nemmeno pensare ad una simile eventualità. Ma il sorriso cupo di Isabelle le fece morire le parole in gola, limitandosi ad accettare la mano che l’amica le porgeva prima di iniziare ad ascoltarla e a parlare con lei, finalmente.

 

                                                                                    *

 

“Perché non ci dicono niente? Voglio vedere Phoebe, maledizione! E qualcuno sa dove si è cacciata Belle? Non la vedo da ore ormai!”

 

Faye Cassel sbuffò quasi con rabbia, continuando a camminare nervosamente avanti e indietro per la stanza dove lei e gli altri membri della Night School si erano riuniti, in attesa. Fatta eccezione per Adrianus che era in Infermeria con Camila e Phoebe, ancora ferma nell’anticamera circolare in attesa che Jefferson o Oldman la raggiungessero per chiederle come fossero andate le cose.

 

“Faye, rilassati.”

“No che non mi rilasso! Qui diventa tutto più assurdo ogni giorno che passa, di questo passo al Diploma ci sarà una sparatoria!”

 

Sebastian roteò gli occhi, evitando di replicare ulteriormente: conosceva sua cugina e aveva la sensazione che in quel momento a Faye non andasse di essere contradetta, nemmeno un po’.

 

“Sono sicuro che Phoebe sta bene, probabilmente le stanno solo facendo qualche domanda. Quanto a Belle… immagino che sia qui in giro, da qualche parte.”

 

Il ragazzo si strinse leggermente nelle spalle, abbassando contemporaneamente lo sguardo mentre pronunciava quel nome. Faye smise di camminare per un attimo e gli lanciò un’occhiata scettica, pensando a quanto poco il cugino avesse nominato o anche solo parlato con Isabelle dal giorno del suo compleanno. Non aveva voluto dirle che cosa fosse successo, ma almeno da quel giorno lo vedeva stare meglio, e forse l’importante era quello.

 

“Rilassati Cassel, le tue amiche stanno bene. Isabelle è con Selwyn.”

 

Jude sbucò dal nulla accanto alla ragazza, p0arlando con un tono piuttosto piatto mentre teneva le mani infilate nelle tasche dei pantaloni blu prima di andare ad occupare una sedia. Sebastian e Faye gli rivolsero un’occhiata in tralice, osservandolo con cipiglio scettico:

 

“Anche tu non c’eri, all’incontro…”

“No, e anche se so che vi sono terribilmente mancato credo che non siano affari vostri.”

 

Jude sfoggiò un sorrisetto che fece roteare gli occhi ad entrambi i cugini, prima che Faye sbuffasse e riprendesse a misurare la stanza a grandi passi, marciando avanti e indietro davanti ai compagni.

 

“Tu sai perché Isabelle non è venuta?”

“Forse. Ma non sono affari tuoi, quindi non te lo dirò.”

“Se è per questo Verräter, non sono neanche affari tuoi!”

“Vero… ma io mi impiccio da sempre, è la prassi. A me è concesso.”

 

Jude sorrise angelicamente di nuovo, facendo sbuffare Sebastian: in effetti con quella faccia istigava parecchio al prenderlo a sberle, ma Bas decise di puntare nuovamente lo sguardo sul pavimento e di non pensarci.

Jude invece continuava ad essere forse il più rilassato della stanza, forse solo soddisfatto e gongolante di essere l’unico tra i presenti a sapere cosa stesse succedendo davvero.

 

Sì, era piuttosto gratificante…

Non era andato all’incontro, ma non aveva immaginati che sarebbe andata in quel modo… aveva sospettato che nemmeno Isabelle ci sarebbe stata, certo, ma si chiedeva perché avevano preso di mira Francisca, quella volta.

Si appuntò mentalmente di chiederlo ad Isabelle, forse la centesima domanda che aveva da farle… prima o poi avrebbe dovuto scriversele tutte quante.

 

Perché lui non era andato all’incontro? Isabelle non aveva insistito per saperlo, con sua somma sorpresa… ma forse era troppo preoccupata per quello che stava succedendo per pensarci.

In effetti dopo cena era sgattaiolato di nuovo in Biblioteca, questa volta per farsi un giretto nel Reparto Proibito… ma non aveva trovato niente. In realtà, non sapeva nemmeno di preciso cosa cercare… forse la cosa migliore era aspettare che Isabelle ci andasse e pedinarla.

 

Sì, era una buona idea. Anche se probabilmente lei non l’avrebbe pensata allo stesso modo.

 

                                                                                  *

 

Si alzò con un po’ di fatica, sentendo le gambe fatte come di zucchero filato. Sbattè le palpebre un paio di volte per abituarsi alla luce mentre muoveva qualche passo in avanti, cercando di capire dove fosse.

 

L’ultimo ricordo che aveva… in effetti era tutto molto confuso nella sua testa, che le girava leggermente: ricordava di aver parlato con Camila nella sua camera, ricordava che quella sera ci sarebbe stato un incontro… ma ci era effettivamente andata? Non ricordava nulla a riguardo.

 

“Vorrei dire che è bello vederti, ma mentirei in questa situazione.”

 

Si voltò, e per un attimo il respiro le si mozzò. Era un sogno, doveva esserlo per forza. Eppure, era tutto così reale… così familiare.

 

Alexandrine le sorrise e senza riuscire a trattenersi Francisca ricambiò, avvicinandolesi quasi di corsa per abbracciarla:

 

“Mi sei mancata…”

“Anche tu. Che cosa ci fai qui, tesoro?”

 

Alexa la prese sottobraccio e iniziò a camminare, trascinandola con sé. Francisca provò a guardarsi intorno, ma tutto era ancora avvolto in una surreale luce biancastra e non riusciva a capire di preciso dove si trovasse.

 

“Io… non lo so. Che cosa è successo?”

“Sfortunatamente, sei rimasta coinvolta anche tu… sai, speravo non succedesse. Guarda.”

 

Alexa improvvisamente si fermò e Francisca, seguendo il suo sguardo, si ritrovò a guardare uno scenario familiare: il Lago della Cimmeria. Quella strana luce bianca sparì e tutto tornò alla normalità… Frankie fece per chiedere all’amica spiegazioni, ma si bloccò nel vedere una figura familiare avvicinarsi all’acqua: era buio, ma distinse comunque Phoebe.

 

Era vestita di nero, con i pantaloni termici e la felpa con il cappuccio scura… conosceva quei vestiti.

“Siamo nel pieno dell’incontro, vero?”

 

La sua voce risuonò bassissima e Alexandrine si limitò ad annuire, continuando a seguire la scena con gli occhi chiari.

 

 

Francisca la imitò e non disse altro, ritrovandosi a guardare con orrore Phoebe che si fermava, che si accorgeva di qualcosa che non andava, qualcosa che affiorava dall’acqua scura e fredda.

 

La vide quasi correre dentro l’acqua mentre anche altri suoi compagni raggiungevano la riva, e con una stretta al cuore Francisca riconobbe anche Adrianus.

 

“Vieni.” 

 

Alexandrine le strinse leggermente il braccio e la scena cambiò, trasportandole in Infermeria. Era sempre piuttosto buio, ma una candela era accesa accanto all’unico letto occupato… da lei, in effetti.

Francisca deglutì, avvicinandosi silenziosamente al ragazzo seduto accanto al letto, che le stringeva una mano e la guardava con gli occhi grigi stanchi e imploranti.

 

Era strano guardare se stessa così pallida, stesa in quel letto.

 

“Alexa. Sono…”

“Morta? Dimmelo tu.”   Francisca si voltò verso l’amica, che le sorrise dolcemente prima di metterle una mano sulla spalla:

 

“Ricordi cosa ti ho detto una volta, tesoro? E’ ancora davvero troppo presto per fermarsi. Tienilo a mente, per me, per te… e per lui.”

Francisca si voltò di nuovo verso Adrianus e gli si avvicinò ulteriormente, mentre alle sue spalle Alexandrine spariva.

 

“Mi dispiace, davvero. Mi dispiace vederti così.”   Francisca sedette sul letto, parlando con un filo di voce nonostante lui non l’avrebbe potuta sentire in nessun caso, anche se avesse urlato.

Allungò una mano e la mise su quella di Adrianus, stretta nella… beh, sempre nella sua.

 

Sorrise: era davvero strano… lui non poteva nemmeno sentirla, né vederla.

 

“Forse volere un anno normale era chiedere troppo.”

 

Continuò a parlare a bassa voce, mentre improvvisamente gli occhi verdi le si riempivano di lacrime.

Ripensò ad Alexa, a come si era sentita subito dopo la sua morte, al vuoto che anche dopo tutte quelle settimane continuava a provare, senza mai esprimerlo ad alta voce.

Ripensò alla morte di Etienne, a come avesse reagito Mathieu.

Ripensò a Jackson e ad Alastair e a come anche lui, anche Steb, fosse stato male ma continuando comunque a preoccuparsi tanto per lei.

Pensò anche a Sebastian e ad Isabelle, a come anche loro dovessero soffrire.

 

Era così stanca di vedere tutti stare male.

Non voleva che Adrianus soffrisse, neanche un po’.

 

Spostò la mano da quella del ragazzo per posarla sul suo viso, anche se lui non poteva rendersene conto.

 

“Non so cosa succederà. Non so se… se questo vuol dire che sono morta. Ma comunque andrà Adrianus Stebbins… So per certo che ti amo.”

 

Sorrise debolmente e si sporse per abbracciarlo, anche sapendo che non la poteva sentire.

Quasi sobbalzò quando lo sentì parlare, ma allo stesso tempo fu davvero felice di poter sentire la sua voce: se non altro poteva sentirla un’ultima volta, se non si sarebbe mai svegliata.

 

“Te lo chiedo per favore… Non andartene anche tu.”

 

Lo sentì sospirare, parlare con una nota implorante che la fece sorridere, nonostante tutto:

 

“Razza di sciocco che non sei altro… se fossi io a decidere, non andrei da nessuna parte. Ma sai come va’, no? Succede e basta, fuori dal nostro raggio di azione.”

 

                                                                                  *

 

23:00

 

Non erano ancora sicurissimi delle condizioni di Francisca, e alla fine aveva deciso di andare a dormire… a provarci, almeno. Aveva parlato con Phoebe, le aveva finalmente raccontato cosa stava succedendo… o almeno, quasi tutta la storia.

Entrò nella sua camera e immediatamente gli occhi si posarono sulla finestra aperta.

 

In un gesto ormai automatico si avvicinò e la chiuse, parlando con una nota quasi sprezzante nella voce:

 

“Il tuo amore per il dramma è spaventoso. Annegarla nel lago, sul serio?”

“Più che “dramma” io lo definirei… pittoresco.”

 

Sbuffò, voltandosi e guardandolo con esasperazione, seduto comodamente sul suo letto e impegnato a sfogliare il suo album da disegno.

 

“Jackson lasciato sotto il riflesso delle finestre con quella frase impressa sulla pelle, Etienne e Alexandrine trovati insieme con tanto di biglietto con falsa confessione… Francisca quasi annegata nel Lago gelato e…”

 

Alastair appeso a testa in giù nel padiglione, con la gola mozzata.

 

Non lo disse ad alta voce, non ne ebbe la forza… ma di certo lui intuì, tanto che le rivolse un sorrisetto:

 

“Si, beh, ad ognuno il suo… stile. Carini comunque, i tuoi disegni. Mi ripeti il suo nome?”

 

“Ridammelo.”

 

Gli prese l’album dalle mani, guardandolo sorridere con quel modo quasi divertito che la istigava a prenderlo a sberle: il quaderno era aperto su un disegno che aveva fatto solo qualche giorno prima, durante una noiosissima lezione di Storia.

 

“Vediamo se me lo ricordo da me… Jude, vero? Nome difficile da dimenticare.”

“Chi ti ha detto come si chiama? Io non sono stata di sicuro.”

 

“Ti prego, Isabelle… ancora non hai capito che scopro tutto quello che voglio?”

Le sorrise mentre si alzava, allungando una mano per sfiorarle una guancia. Lei non disse niente, evitando di ricambiare il suo sguardo mentre lui riprendeva a parlare, questa volta con un tono più duro:

 

“Digli di continuare a farsi gli affari suoi, tesoro.”

“Credimi, ci provo. Ma è molto testardo.”

“Beh, avete qualcosa in comune allora. Sai che non mi piace quando mi si presenta un ostacolo davanti… Quando succede, faccio in modo di farlo sparire. Decidi tu Belle, tocca a te adesso.”

 

Isabelle Non replicò e rimase perfettamente immobile mentre lui si spostava, allontanandosi da lei per uscire dalla stanza. E quando fu di nuovo sola si lasciò cadere sul letto, lieta che quella giornata fosse finita… ma i suoi occhi caddero sul disegno che ritraeva Jude di profilo, portandola a sbuffare e a lanciare l’album dall’altra parte della stanza.

 

Stupido, stupido Jude Verräter.

 

                                                                                     *

 

A differenza dell’ultima volta, quando aprì gli occhi non si trovò in uno stato confusionale… no, sapeva dov’era, anche se ancora non sapeva cosa fosse successo di preciso.

 

Fissò il soffitto dell’Infermeria per qualche secondo con un sorriso stampato sul volto prima di sentire qualcosa, una specie di peso all’altezza dello stomaco. Letteralmente, in effetti.

Francisca si sollevò leggermente, facendo leva sui gomiti e finendo col sollevare le sopracciglia con leggera sorpresa prima di sorridere, allungando una mano per sfiorare i capelli castani del ragazzo che dormiva profondamente, il capo abbandonato sul suo ventre.

 

“Non immaginavo di essere tanto comoda. Bell’addormentato?”

 

Cercò di non ridere, ignorando le gambe e le braccia indolenzite e concentrandosi solo su Adrianus, che spalancò gli occhi nel sentire la sua voce e sollevò la testa di scattio guardandola con aria spaesata per un attimo prima di sorridere:

 

“Frankie! Stai bene?”

“Credo di sì… Quanto ho dormito?”

“Un’eternità, credo che siano le sei ormai… Ma hai bevuto molta acqua, non eravamo sicuri che ti saresti svegliata.”

 

Adrianus le sorrise, guardandola con gioia e sollievo. Francisca fece per tirarsi a sedere ma invece di rimettersi dritto a sua volta Adrianus si sporse verso di lei, travolgendola in un abbraccio prima di baciarle i capelli spettinati e sospirare leggermente:

 

“Non immagini quanto sono felice di vederti… E’ la seconda volta quest’anno che mi fai quasi morire di paura, Francisca Lothbrock.”

“Magari in realtà è tutto un piano premeditato per ricevere attenzioni, chi può dirlo. Sei stato qui tutta la notte?”

“Sono seduto qui dalle 10 Frankie, ormai il mio splendido fondoschiena avrà assunto la forma della sedia!”

 

Nonostante tutto Francisca scoppiò fragorosamente a ridere, facendogli mettere prima il broncio e poi sorridere, guardandola con gli occhi grigi pieni di affetto e di sollievo.

Era davvero bello sentirla ridere di nuovo, per qualche minuto sembrò che non fosse cambiato nulla.

 

                                                                                *

 

“PER TUTTE LE MESCHES, ANDIAMO!”

 

“Camila aspetta, ma dove corri? Ho fame, non posso correre a quest’ora…”  Mathieu gemette leggermente mentre correva dietro a Camila, che aveva miracolosamente messo il turbo mentre correva verso L’Infermeria, ansiosa di abbracciare Francisca dopo aver sentito che si era finalmente svegliata.

 

L’americana non sembrò ascoltarle si fiondò verso la porta, aprendola per andare ad abbracciare l’amica che per fortuna stava bene… ma finì col bloccarsi sulla soglia, sorridendo teneramente nel trovare Adrianus mezzo steso accanto a lei, tenendola abbracciata.

 

“Meno male, ti sei fermata…”

“SHH! Zitto, andiamo fuori, lasciamoli da soli altri cinque minuti…”

“COSA? Mi hai fatto correre fin qui, alle sei e mezza e di Domenica… per niente?”

 

Mathieu fece per esprimere tutto il suo profondo sdegno ma Camila lo trascinò fuori dalla stanza, proponendogli di andare a saccheggiare la Sala da Pranzo e assicurandosi così il silenzio dell’amico.

 

Incredibile ma vero, per una volta tutto era andato per il meglio.

 

                                                                                     *

 

“Ho sentito che Francisca sta bene… sarai sollevata, immagino.”

 

Stava bevendo una tazza di thè in tutta tranquillità quando la sua bevanda preferita quasi le andò di traverso, appurando che no, una tazza di thè in tranquillità per lei ormai era un tabù.

 

Riconobbe la voce e disgraziatamente anche il profumo dolce che l’accompagnava, ma si voltò comunque mentre Jude prendeva posto accanto a lei, osservandola con il suo solito modo penetrante.

 

“In effetti sì. Piuttosto… mi dici perché non eri all’incontro, ieri sera?”

“Quest’anno finiamo sempre per ritrovarci l’uno sulla strada dell’altro Isabelle, ma sono ben lontano da dirti cosa faccio.”

 

Jude le sorrise con aria divertita, allungando una mano per prenderle il mento con due dita anche se Isabelle si scostò, lanciandogli un’occhiata torva:

 

“Non farmi rimpiangere di essere venuta a chiedere aiuto a te, ieri sera.”

“In effetti lo fai spesso di recente. Forse non sono io quello che si sta rammollendo, infondo… Insomma, Francisca è viva. Forse non siamo riusciti a risolvere il gioco al 100%, ma tutto è andato bene, stranamente.”

 

“Troppo stranamente… Non so se Frankie ha avuto solo fortuna o se lui aveva già previsto tutto. Non ho risposto alla domanda entro il limite di tempo e di conseguenza qualcuno ha rischiato la vita… di nuovo. Le persone intorno a me continuano a cadere come birilli.”

 

Il tono di Isabelle era piuttosto tetro ma Jude si accigliò, guardandola e parlando come se stesse dicendo qualcosa di ovvio:

 

“Beh… ci vuole ben altro per far fuori me. Credimi, ho affrontato di peggio. Temo che dovrai sopportare la mia presenza fino alla fine dell’anno Isabelle… E prima o poi saprò anche che cosa stai cercando. Oltre a capire perché diamine mi stai lontana. Van Acker, cosa stai facendo?”

 

Jude sbuffò, parlando con la voce colma di irritazione mentre guardava Isabelle allontanarsi progressivamente da lui con la sedia prima di sorridergli con aria colpevole:

 

“Emh… Devo andare! Ho un mucchio di cose da fare.”

“E’ domenica.”

“Beh, il tizio del piano di sopra si sarà anche riposato, ma io non ho tempo! Ciao Jude, avvisami quando avrai capito cosa cerco, cosa faccio, cosa penso eccetera.”

 

Come sempre Isabelle se la diede elegantemente a gambe, sospirando quasi di sollievo quando non sentì più quel profumo e lasciandolo ad osservarla con aria accigliata.

Cosa cercava, cosa faceva, cosa pensava… in effetti gli sarebbe piaciuto sapere anche cosa provava, ma forse non era il caso che lei lo sapesse.

.....................................................................................................................

Angolo Autrice:

Buonasera! Si lo so, il capitolo è abbastanza lungo... ma spero che vi sia piaciuto visto che è stato un parto scriverlo, al momento ho il cervello in pappa dopo tre ore di scrittura continua. Quindi mi limito a salutarvi per evitare di dire cretinate, buona serata e a presto!

Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** San Valentino ***


Capitolo 24: San Valentino 

 
Lunedì 14 Febbraio


Solitamente a San Valentino si svegliava e si limitava a passare la giornata insieme ad Alexa… anzi, 
l'anno prima riflettendoci l'aveva trascorso con un muso lunghissimo, assolutamente convinta che mai e poi mai il ragazzo che le piaceva si sarebbe accorto di lei. 

Forse proprio per quel motivo Francisca Lothbrock aveva un largo sorriso stampato sul volto quel mattino, mentre si avvicinava quasi saltellando verso il tavolo occupato da Camila e Mathieu, entrambi impegnati a spalmare Nutella su del pane. 

“Buongiorno!”
“Ciao Frankie… il tuo ragazzo deve ancora arrivare, e sappiate che non vogliamo assistere a smancerie e occhi dolci, quindi farete la coppietta felice ad un altro tavolo.” 

Camila mosse il coltello con fare teatrale, tanto che Mathieu si scostò leggermente e le lanciò un’occhiata sospettosa, come se temesse che potesse fare un movimento sbagliato e farselo sfuggire diritto sulla sua faccia. 

Frankie annuì e continuò a sorridere, piuttosto allegra e incapace di restare seria anche se era lunedì mattina:

“Ok, aspetto che Steb arrivi e poi levo le tende. Perché vi state abbuffando di Nutella comunque?”
“Mathieu lo fa sempre in realtà…” 

“Ma non è vero!” 

“… e poi è San Valentino Frankie: tutti quelli che non sono fidanzati mangiano cioccolato oggi, è tradizione. E coincidenza vuole che sia anche lunedì mattina… dobbiamo tirarci su.”

L'americana fece spallucce e Frankie sorrise, facendo per dire qualcosa quando Adrianus la interruppe, comparendo alle sue spalle e circondandole la vita con le braccia prima di chinarsi e darle un bacio su una guancia:

“Eccoti qui! Buon San Valentino Frankie… voi due vi abbuffate, noto.”
“Adrianus, pensa alla tua ragazza invece che a noi… su, andatevene.” 

Camila mosse la mano e invitò i due ad allontanarsi, sorridendo ugualmente quando si furono effettivamente girati per andare a sedersi a loro volta ad un tavolo, tendendosi per mano.

“Sono proprio carini, vero? Sai, credo che anche Alexandrine morisse dalla voglia di vederli insieme, a giudicare da quello che le sfuggiva “accidentalmente” di tanto in tanto.”
“Può essere. Mi spiace che non sia qui per vedere la sua amica così felice, in effetti.” 

Mathieu abbassò lo sguardo e affondò con lieve amarezza il cucchiaio nella densa crema al cioccolato, guadagnandosi un sorriso da parte dell’amica: Camila allungò una mano per sfiorargli il braccio, sorridendogli con fare comprensivo:

“Lo so che ti manca, e so che quando si parla di Alexandrine inevitabilmente pensi a lui. Ma almeno da quando Alastair è morto nessuno pensa più che dietro le altre morti ci fosse lui, è pur sempre qualcosa.” 

“Già, meglio di niente. Mi fa piacere, suo fratello ora è decisamente più sereno.” 

Mathieu lanciò una fugace occhiata al tavolo degli insegnanti e in particolare a Laurent Lacroix, che stava parlando con la professoressa McTravis, di Astronomia. 

“Dev’essere stato un gran sollievo per tutta la sua famiglia.” 

Camila accennò un sorriso, ma vedendo che l'amico non la stava imitando nemmeno un po' sospirò, porgendogli una fetta di pane:

“Dai, tieni. Mangia altra Nutella, ti farà bene.” 
“Il tuo è uno strano metodo, Camila… ma grazie.” 


                                                                                         *



“Che muso lungo… e pensare che più di una ragazza ti sta guardando con gli occhi sognanti.” 

Faye inarcò un sopracciglio, sedendosi accanto al cugino che stava ignorando la colazione e teneva gli occhi semplicemente puntati su una delle tre grandi finestre ad arco che facevano entrare un po’ di luce nella Sala da Pranzo. 
Il ragazzo emise un lieve sbuffo, abbassando gli occhi sulla sua tazza ancora vuota prima di borbottare che non gli interessava, oltre che suggerire alla cugina di lasciarlo stare. 

“Come se scortese cugino, io mi preoccupo per te! Ma è strano che tu sia di cattivo umore oggi, non ti è mai importato proprio un bel niente di San Valentino.” 

Sebastian sospirò e si voltò verso la cugina, osservandola con una nota quasi stanca negli occhi:

“E non me ne importa infatti. Se stai facendo qualche insinuazione legata ad Isabelle tu sbagli cugina. Non ricordi che giorno è oggi?” 

“Oltre alla festa degli innamorati?”    La ragazza inarcò un sopracciglio, osservando Bas e chiedendosi di cosa stesse parlando… o almeno finché, pochi istanti dopo, non le si accese una lampadina:

“Oh… ma certo.” 


Se non altro ora era tutto chiaro… anche il malumore di Bas della sera prima, quando si era chiuso in camera sua senza parlare o vedere nessuno per ore. 

  
                                                                                            *


“Ehy.” 
“Ehy.” 
“Come sta?” 

Phoebe inarcò un sopracciglio mentre guardava Faye sbuffare leggermente e scuotere il capo, come a voler suggerire di lasciar perdere l'argomento:

“Non proprio benissimo… e me n’ero persino dimenticata, che perfetta idiota.” 

Faye contorse la mascella con irritazione, maledicendosi mentalmente per aver mancato di tatto a tal punto nei confronti di suo cugino. Le dispiaceva, ma proprio non ci aveva pensato.

“Non preoccuparti… io me ne sono ricordata, ma Belle non mi ha dato modo di citarlo. Insomma, forse se l'avessi fatto sarebbe stato peggio, ho preferito lasciarla a crogiolarsi nel suo silenzio e nel suo broncio. Anche se probabilmente il fatto che Jude sia arrivato sghignazzando a prendendola in giro chiedendole se era triste per un amore non corrisposto non ha aiutato.”
“Lo ha Schiantato? Non mi stupirebbe.” 

“No, ha solo sbuffato, borbottando qualcosa di incomprensibile e se n’è andata.” 

“Davvero? Ma allora deve stare proprio male!”  Faye sgranò gli occhi e l'amica sfoggiò un piccolo sorriso mentre la prendeva sottobraccio e si dirigeva in classe insieme a lei:

“In realtà, forse dovrei raccontarti un paio di cosette… ti devi aggiornare. Forse non è poi così strano il fatto che non l'abbia Schiantato.” 

Faye osservò l'amica dall'alto in basso come se non capisse cosa intendesse… inutile dire che poco dopo il corridoio si riempì con un’esclamazione della ragazza, che si lasciò scappare un “COSA?” forse a voce troppo alta. 


                                                                                          *


Incredibile come le variabili potessero cambiare tanto in fretta: un attimo prima se la stava ridendo, osservando Adrianus e Francisca seduti in due banchi vicini e impegnati a tubare. Un momento dopo Adrianus si era girato e gli aveva intimato con un’occhiata si smetterla di fare la vecchia comare pettegola… e Jude stranamente aveva deciso di obbedire almeno per qualche minuto, impegnandosi ad osservare il resto della classe… lo divertiva sempre moltissimo quel giorno, tra le ragazze che sbavavano per Sebastian Ryle, quelle pseudo-depresse e i ragazzi che ritenevano quella festa stupida e inutile, rifiutandosi di ammettere di provare qualcosa per qualcuna. 

Si, in genere impegnava San Valentino a ficcanasare e a ridersela alle spalle degli altri… ma quando la campanella era appena suonata, segnando definitivamente l'inizio delle lezioni e di un’altra settimana, una specie di allarme si accese, molto più forte di quella campanella.

Peccato che fosse solo nella testa di Jude, che aggrottò la fronte quando, guardandosi intorno, non vide traccia di Isabelle. 

Immediatamente un mucchio di idee, immagini e ipotesi gli affollarono la mente, ricordando quando l'aveva incrociata fuori dalla Sala da Pranzo, trovandola silenziosa e impassibile. Non gli aveva rivolto la parola se non quando lui l'aveva fatto per primo, e non si era nemmeno fermata per mandarlo a quel paese… in effetti l'aveva trovato un po' strano, ma sul momento non ci aveva fatto molto caso.

“Selwyn! Dov’è Van Acker?” 
“Cosa sono, il tuo centro di informazioni? E comunque non lo so.” 
“Si che lo sai! So come fate voi ragazze, vi dite sempre tutto!” 

Jude guardò la compagna quasi con aria accusatoria, facendola sbuffare con irritazione: in effetti era quasi ironico, visto che Isabelle le aveva raccontato quello che era successo e che stava ancora succedendo solo un paio di settimane prima… forse non si dicevano poi proprio tutto. 

“Beh, se anche lo sapessi non sono affari tuoi Verrater!” 

Di sicuro Jude avrebbe insistito, avrebbe frugato nella sua memoria per cercare qualcosa da sfruttare contro Phoebe Selwyn per convincerla a dirgli dov'era la sua amica… ma sfortunatamente non ne ebbe il tempo, perché Stuart era entrato in classe. E anche se Pozioni era la sua materia preferita, Jude non riuscì ad essere totalmente allegro.

E solo facendo l'appello si rese conto che Isabelle non era nemmeno l'unica assente nella classe: mancava anche Sebastian Ryle. 
I mormorii non mancarono intorno a lui, mentre invece Faye e Phoebe, sedute vicine qualche banco dietro il suo, restarono in perfetto silenzio e senza dare prova di alcuna emozione, impassibili.  
Jude non ascoltò nemmeno quelle voci… no, non avrebbe potuto in ogni caso visto che l'allarme nella sua testa aveva preso a suonare ancora più forte. 


                                                                                      *


Un brivido le attraversò la schiena, ma lo ignorò. Esattamente come quella sera, teneva gli occhi puntati sulle sue mani, che però quel giorno non erano gelide ma coperte dai guanti. 
Non le era mai piaciuto molto il freddo, anzi… Alastair l'aveva sempre presa in giro, sostenendo che era fin troppo freddolosa. 

Era seduta sull’erba gelata e non le interessava granché della lezione che stava perdendo, né del malanno che probabilmente si sarebbe presa. 
Era andata lì senza pensarci, e solo quando si era fermata davanti a quella lastra si era resa conto di quanto poco l'avesse fatto prima di allora. 


“Io non… non vorrei che tu credessi che non ci penso. Che ho già dimenticato tutto quanto, che va tutto bene. No, non va affatto tutto bene.” 

Alzò gli occhi per puntarli sulla lastra e sull’incisione, che riportava il nome di Alastair Shafiq con sotto due date:

14 Febbraio 1977 – 21 Dicembre 1995 


“Mi conosci, no? Magari non ne parlo, certo… forse mi comporto come se non ci pensassi più. Ma ti penso sempre Al, ogni giorno. E mi manchi molto.” 

Ovviamente sapeva che non aveva molto senso, sapeva che non poteva più sentirla… ma a volte parlargli così, a bassa voce, la faceva sentire meglio. Più vicina a lui, come se fosse l'ennesima cosa che gli confidava. 

Isabelle sbattè le palpebre un paio di volte, cercando di ricacciare indietro le lacrime: non piangeva, mai. Sua madre le aveva ripetuto di non farlo da quando era molto piccola, e alla fine aveva imparato a trattenersi quasi sempre, a reprimere quei sentimenti dolorosi. 

In effetti, forse aveva perso una delle poche persone con cui era sempre riuscita ad esternare tutto.

Stava pensando a tutti i compleanni che avevano passato insieme: proprio tutti, in effetti. Erano cresciuti insieme, Alastair non era mai mancato al suo compleanno e viceversa… alla Cimmeria lei lo andava sempre a svegliare e per prenderlo in giro gli portava anche una scatola e cioccolatini, sapendo quanto l'amico odiasse l'essere nato proprio a San Valentino. 


“Mi ero chiesto se ti avrei trovata qui, in effetti.” 

Isabelle quasi sobbalzò ma alzando lo sguardo sorrise debolmente, sollevata di trovarsi davanti Sebastian. Il ragazzo era in piedi dietro di lei e teneva gli occhi chiari fissi sulla lastra, le mani sprofondate nella tasca del cappotto blu notte. 

“Si, beh… non potendo andare alla sua tomba, immagino sia il minimo.” 
“Già.” 

Per qualche istante rimasero entrambi in silenzio, mentre Sebastian spostava per un attimo gli occhi sulla ragazza. Trovare gli occhi verdi di Isabelle lucidi lo stupì, non l'aveva mai vista piangere probabilmente, ma non disse nulla mentre lei si voltava di nuovo verso il nome e le date che segnavano la vita del loro amico, forse fin troppo vicine tra loro. 

“E ironico, non pensi? Il fatto che siamo qui insieme per la prima volta proprio oggi… Lui odiava il suo compleanno.” 
“Si… diceva sempre che non c'è destino peggiore che nascere il 14 Febbraio, dove tutti sono troppo occupati a pensare all'amore piuttosto che al povero festeggiato. Per questo gli regalavo il cioccolato ogni anno, probabilmente non me lo tirava dietro solo perché ero io.” 

“Molto probabile, se l'avessi fatto io mi avrebbe ucciso.” 

Sebastian inarcò un sopracciglio con considerevole scetticismo, facendo annuire la compagna oltre che sorridere appena, immaginandosi chiaramente la scena. 

“È così strano che non sia qui a lamentarsi. E sarà ancora più strano non passare con lui il mio prossimo compleanno… e quelli dopo ancora.” 

“Lo so Belle. Anche per me non è stato facile…”  Per qualche istante tra i due caló il silenzio, mentre entrambi ripensavano al compleanno di Sebastian, a quello che entrambi avevano detto. A quello che Isabelle aveva fatto. 

Ma a rigor di logica Bas le era quasi grato: in qualche modo lo aveva “liberato”, seppur in parte, di quella dolorosa e considerevole infatuazione. Naturalmente non gli sarebbe potuta passare dall’oggi al domani, ma era pur sempre un inizio. 

E poi al cuore non si comandava, non poteva avercela con lei se non lo ricambiava. 

Senza dire niente Sebastian sedette accanto a lei, mentre entrambi tornavano indietro a tutta la miriade di ricordi che avevano di Alastair Shafiq. E Bas pensò ancora una volta a come dovesse sentirsi lei: se lui sentiva una specie di vuoto allo stomaco, non osava pensare ad Isabelle che era cresciuta insieme ad Al, come fratello e sorella. 

“Sai… non so se te l'ho mai detto, ma fino ad un paio d’anni fa ho fatto gare di scherma. Mio padre è sempre stato bravissimo e diceva che anche io me la cavavo bene.” 
“Questo spiega perché non sono mai riusciti a batterti con il fioretto… Quindi facevi allenamenti extra oltre agli incontri? Sei un’imbrogliona, Isabelle.” 

Sebastian scosse il capo, parlando con un tono sdegnoso che la fece sorridere leggermente, annuendo mentre teneva il capo chino e gli occhi fissi sul filo derby che stava torturando con le dita. 

“Si, beh… Al veniva sempre a vedermi in estate. Lo ha fatto per anni… e credo che non dimenticherò mai il modo in cui urlava e faceva il tifo per me. Una volta, dopo la vittoria, mi tolsi il casco e l’arbitro mi sorrise, mi strinse la mano e mi disse: - Quello dev’essere tuo fratello – e io gli ho risposto che si, quello era mio fratello.” 

Isabelle contrasse leggermente il mascella, stritolando quel povero filo d’erba mentre la vista le si annebbiava leggermente. Ma ancora una volta la voce di sua madre le tornò in mente e si disse di non piangere. O almeno, se doveva proprio, di farlo una volta sola. 

Sebastian non disse niente per qualche secondo prima di annuire, gli occhi ancora fissi malinconicamente sul nome dell'amico:

“Lo so. Vale anche per me… e suppongo che anche lui abbia sofferto molto quando Jackson è morto, anche se non lo ha mai dato molto a vedere.” 
“Non lo faceva mai.”
“In questo siete sempre stati molto simili, Isabelle.” 


                                                                                     *


“È inutile che ci guardi in quel modo. Noi non diremo niente.”

“Ma davvero?” 
“Si, davvero.”

“È un vero peccato, e io che pensavo che avreste voluto prendere un voto decente in Pozioni… insomma, chi vi aiuterà senza Sebastian e Isabelle nei dintorni?” 


Jude corrugò leggermente la fronte, sfoggiando un’espressione pensierosa mentre sia Faye che Phoebe lo fissavano con aria torva, le braccia conserte e nessuna apparente intenzione di cedere.

“Non mi interessa. Prenderò anche Desolante, ma quelli che fa Isabelle non ti riguarda. Specialmente oggi.” 

“Ma perché tutti danno così tanta importanza a San Valentino? È una festa stupida!” 
“Dio, per sapere sempre tutto a volte fai davvero delle insinuazioni da idiota.” 

Il sibilio di Phoebe non lo scalfì, neanche lontanamente: si limitò ad osservare le sue compagne con aria torva, cercando di capire cosa gli stesse sfuggendo. Non succedeva molto spesso, e quella sensazione non gli piaceva proprio per nulla. 

“Davvero? Beh, illuminami tu allora, Selwyn, te me prego.” 

“Non ci penso proprio. Insomma, tu sai sempre tutto, no? Fruga tra le tue informazioni allora.” 

Phoebe si strinse nelle spalle e fece per ignorarlo, ma Jude contorse la mascella e disse qualcos’altro che fece drizzare le orecchie ad entrambe, mentre una smorfia compariva sul volto di Faye:

“Verrater… non oseresti.” 
“Davvero? Vogliamo scommettere?” 

Jude sfoggiò un sorriso quasi amorevole, facendo sbuffare entrambe le ragazze: anzi, probabilmente sia Faye che Phoebe si ripromisero di lanciare un paio di maledizioni al compagno quella sera stessa, all'incontro con la Night School. 

“Per l’amor del cielo Jude, quanto la fai lunga… Bas è mio cugino, ma non sono la sua badante, non so cosa fa ad ogni ora del giorno e della notte! E poi perché sei così curioso?” 
“Io sono SEMPRE curioso, nel caso ti sia sfuggito Cassel.”

“Non lo mettiamo in dubbio, ma su Isabelle Van Acker non puoi negare di esserlo particolarmente quest'anno. Perché ti interessa dove sia ora?” 
“Pura curiosità, anche perché tengo una specie di registro dove mi annoto tutte quelle che si è portato a letto tuo cugino e non vorrei perdermi un aggiornamento.” 

Jude parlò con un tono piuttosto neutro e pacato, un po’ come se stesse informando le due del tempo… entrambe lo guardarono a metà tra lo scettico e il confuso, non potendo certo entrare nella testa del ragazzo e capire che l'immagine di ciò che aveva appena detto gli faceva un po’ venire la nausea e un po’ la voglia di ridurre Sebastian Ryle in tanti pezzettini. 


“Dici davvero?? Beh, in ogni caso non sono affari tuoi, quindi non ti diremo niente. Invece di importunarci, perché non ti concentri sulla tua Pozione?”
“Già finita. E dico davvero, potreste trovare qualcosa di molto strano nel vostro calderone e prendere un Troll se non mi dite cosa sta succedendo!” 


                                                                                              *


“Polvere di girilacco? Che barba, sempre le solite cose…” 

Camila sbuffò sommessamente e Mathieu le rivolse un’occhiata preoccupata di conseguenza, temendo che il calderone dell'amica potesse esplodere da un momento all’altro:

“Emh… Cami? Per favore, segui la ricetta.” 
“Non preoccuparti… non causerei mai danni proprio oggi! Insomma, guarda come sono carini Steb e Frankie!”  Camila sorrise in direzione dei due e Mat annuì con fare sbrigativo mentre tagliuzzava delle radici:

“Si, si, meravigliosi… non vedo l'ora che questa giornata finisca, ci sono ragazze imbronciate a destra e a sinistra. Ma perché ci date così importanza?” 
“Non saprei, ma credo che siamo solo spinti dalla società stessa. Stasera però c'è un incontro, quindi immagino che avremmo tutte ben poco tempo per pensare a San Valentino. In compenso, non vedo l'ora di batterti duellando.” 

“Come scusa? Chi ti ha detto che mi batterai?” 

Mat scoccò un’occhiata in tralice all'amica, che si limitò a ridacchiare sommessamente mentre mescolava. Probabilmente avrebbe replicata ma un lieve colpo di tosse alle sue spalle fece voltare sia lei che il francese, trovandosi così davanti a Phoebe:

“Ehm… ciao. Camila, io e Faye ci chiedevamo se per caso potessi aiutarci. Non siamo proprio un portento in Pozioni e quel gentiluomo di Verrater si rifiuta di darci una mano.” 

Manco a dirlo il viso dell’americana parve come illuminarsi e Camila annuì, rivolgendole un sorriso allegro:

“Certo, con piacere! Mi stavo giusto annoiando un po’… vi aiuto io.” 


Le labbra di Phoebe si inclinarono in un piccolo sorriso che trasmetteva sincera gratitudine e Camila trotterellò dietro alla sorellastra verso il suo banco, lasciando Mathieu a sbuffare e a badare a ben due calderoni:

“Si Camila, non preoccuparti, vai pure, ci penso io a tenere d'occhio la tua Pozione… si, sono gentilissimo lo so, ma che ci vuoi fare. Si, lo so che mi adori, non serve che me lo ripeti così spesso, tranquilla…” 


                                                                                        *


“Sarò sincera, non so se preoccuparmi o essere soddisfatta… insomma, credo di aver ricevuto più di un’occhiataccia da quando mi sono svegliata.” 

“Che vuoi farci Francisca, succede quando il tuo ragazzo è a dir poco meraviglioso…” 

Adrianus sfoggiò un sorrisetto, parlando in tono vago mentre si passava una mano tra i capelli castani. Francisca per tutta risposta sbuffò e gli assestò una gomitata, guardandolo come a volerlo zittire: 

“Finiscila. E comunque… ti ho battuto oggi.” 
“Forse, o magari ti ho lasciata vincere perché sono un perfetto gentiluomo.” 
“O magari sono stata semplicemente più veloce di te. Mai considerata questa ipotesi?” 

Francisca sorrise mentre, con un braccio di Adrianus sistemato sulle sue spalle, si accingeva a raggiungere la Sala da Pranzo. Il ragazzo sbuffò e per tutta risposta le spettinò completamente i capelli castani, sollevando così sonore proteste:

“Smettila Steb! Stasera mi vendicherò, sappilo… anche se non vedo l'ora di passare ai Patronus, se devo essere sincera. O all’Occlumanzia, ormai ci siamo praticamente.” 

Francisca sfoggiò un sorriso allegro e Adrianus annuì, anche se con lieve nervosismo: l'idea che qualcuno gli potesse frugare nella mente non lo allettava molto… di sicuro con Francisca non avrebbe avuto problemi, ma non poteva dire lo stesso di Jude. No, lo conosceva abbastanza bene da preferire di non lasciarlo entrare nei suoi pensieri. 

“Non fare quella faccia… non è la fine del mondo. Di sicuro non sarà una passeggiata, ma sono felice che ora ci sia anche tu.”  Francisca gli sorrise, appoggiando la testa sulla sua spalla e continuando a camminare attraverso l’Ingresso. Adrianus non disse niente e si limitò ad annuire, accarezzandole distrattamente i capelli scuri mentre i suoi pensieri erano rivolti ad altro. 

Vide Isabelle fare capolino proprio a qualche metro da lui, e non sentì nemmeno il bisogno di chiederle dove fosse stata. Forse la ragazza sentì il suo sguardo perché si voltò proprio dritta verso di lui, esitando per un attimo prima di rivolgergli un debole sorriso. 

Adrianus ricambiò e a sua volta non disse nulla, limitandosi a rivolgerle un cenno del capo. 

Si, non aveva affatto bisogno di chiederlo. 


*


“Ehy. Come stai?” 

Phoebe sorrise mentre si fermava accanto ad Isabelle, guardandola riempirsi considerevolmente il piatto. In effetti l'amica sosteneva spesso che il cibo fosse una delle sue più grandi fonti di consolazione quando era giù di morale. 

“Bene. Ho incontrato Bas… abbiamo parlato un po’ e mi ha fatto piacere, le cose tra di noi sono state un po’ strane dal suo compleanno.”   Isabelle si strinse leggermente nelle spalle e Phoebe annuì, ripensando a quando l'amica le aveva raccontato anche quello… era piuttosto felice che le avesse finalmente detto tutto, in effetti. 

“Immagino. Ma è giusto che abbiate parlato, credo che qui siate quelli che sentono di più la sua mancanza. E dimmi Belle… è anche San Valentino. Ti sei per caso dichiarata a qualcuno?” 
“Simpatica. Spero che sia una domanda retorica…” 

Isabelle rivolse un’occhiata piuttosto torva all'amica, che invece ridacchiò e la guardò con sincero affetto:

“Andiamo Belle… io ho messo da parte l'orgoglio e ho chiesto aiuto a mia sorella a Pozioni. Tu potresti seguire il mio esempio, ti pare?” 
“Prima di tutto, mi fa piacere sentirlo… anche il fatto che tu finalmente definisca Camila “mia sorella”. Ma per quanto mi riguarda… no, grazie.”

Isabelle sbuffò leggermente, scuotendo il capo e chiedendosi ancora una volta se sarebbe riuscita a non pensarci fino alla fine dell'anno. Non era poi tanto sicura in effetti, ma poteva almeno provarci. 

“Come vuoi. Ma ri assicuro che oggi qualcun ha sentito la tua mancanza. Oh, guarda, ci sono le lasagne… vado a prendermene un po’ prima che le finiscano!” 

Phoebe sfoggiò un sorriso divertito prima di darsela letteralmente a gambe, lasciando l'amica vagamente confusa. Isabelle però la conosceva ormai molto bene e si lanciò furtivamente un’occhiata alle spalle prima di sgranare gli occhi con orrore e voltarsi di nuovo verso l'amica:

“BIBI! Torna qui, non lasciarmi da sola con lu-“ 

“Ecco la fuggitiva. Non ti dispiace se mi siedo, vero Van Acker?” 

Jude non aspettò nemmeno una risposta, prese la sedia e dopo averla scostata prese posto accanto a lei, facendola sospirare leggermente: aveva come la sensazione che quella conversazione non sarebbe stata affatto facile. 
E ovviamnete maledisse la sua migliore amica per aver ignorato il suo tono praticamente implorante, certo.


“Immagino che se anche fosse non ti interesserebbe, quindi… che cosa c'è Jude?” 
“Dove sei stata stamattina? Ti prego, non dirmi che eri nascosta in un angolo a disperarti perché è San Valentino.” 

Jude inarcò un sopracciglio e per tutta risposta Isabelle lo fulminò con lo sguardo, intimandogli di smetterla di prenderla in giro:

“Smettila una buona volta. Non mi importa niente di questa festa.” 
“E allora che fine avevi fatto? Nemmeno Ryle si è presentato a lezione.” 

Jude non staccava gli occhi dalla ragazza, osservandola per non lasciarsi sfuggire un qualunque segno del suo linguaggio del corpo. Isabelle però si limitò ad annuire, borbottando che lo sapeva e lasciandolo pressoché pietrificato qualche istante prima di riprendersi. 

“Quindi tu e…” 
“Per l'ultima volta, no. Jude… mi stai davvero dicendo che non ti ricordi che giorno è oggi?” 

“Ehm… oltre all’insulsa festa degli innamorati?” 

Jude inarcò un sopracciglio, continuando a non capire mentre un sorriso si faceva lentamente largo sul volto di Isabelle, che per la prima volta lo guardò con una nota piuttosto divertita negli occhi verdi: 

“Jude Verrater quindi non si ricorda poi proprio tutto… questa si che è una sorpresa. Oggi sarebbe stato il compleanno di Alastair Jude, io e Bas siamo andati a “salutarlo”, nient’altro. Si può sapere perché ora mi fai anche queste domande, oltre a quelle su mio zio?” 

“Per nessun motivo in particolare. A proposito, lo hai più sentito?” 

Si, e mi ha detto di non dirti niente e di tenerti fuori da questa storia, come ho cercato di fare per mesi ma tu sei testardo come un mulo e non me l'hai permesso! 

“Non proprio. Ma preferisco non parlarne oggi.” 

Isabelle abbassò lo sguardo sul suo piatto, non avendo alcuna voglia di affrontare il discorso proprio quel giorno. Incredibilmente Jude sembrò capire e con somma sorpresa della ragazza non insistette oltre, limitandosi ad annuire e ad esitare prima di parlare di nuovo, con un tono piuttosto incerto:

“Si, beh… mi dispiace per Shafiq, comunque.”

Isabelle abbozzò un sorriso, guardandolo di rimando prima di parlare:

“Sai in cosa ci somigliamo noi due? Entrambi facciamo pena a consolare le persone, ad usare le parole per dare conforto. Ma grazie… anche perché credo che paradossalmente tu quest'anno mi stia aiutando più di chiunque altro.” 

“Aiutare è una parola grossa, Isabelle. Io non faccio mai niente gratis, se mi sono sempre impicciato è solo perché non vorrei rimetterci a mia volta… e poi mi da molta soddisfazione sapere di aver sempre avuto ragione, fin dal primo momento. Mi spiace deluderti ma non mi hai mai potuto fregare… e nemmeno adesso. Questa è la prima volta da parecchio in cui mi stai vicina per qualche minuto. Mi dici che ti prende?” 

Isabelle sbuffò, borbottando che era paranoico prima di riprendere a concentrarsi sul cibo, cercando invece di non pensare al profumo che sentiva. Piacevole in realtà, con una nota dolciastra e aromatica… profumo di erbe.
Il problema era DOVE l'avesse precedentemente sentito. 

“Niente Jude, smettila di farmi l'interrogatorio ogni volta in cui ci incrociamo! E passami il pane, per favore.” 


                                                                                     *


Sorrise leggermente quando individuò l'unica costellazione che era in grado di riconoscere: eccola, la Cintura di Orione, proprio sopra di lei. 
Non era mai stata una cima in Astronomia… no, era sempre stato Al quello bravo, che le indicava stelle e costellazioni. 

Spostò il cannocchiale dall’occhio e si strinse nella giacca, la sua giacca, mentre se ne stava stesa sul tetto freddo e decisamente scomodo.

L’Orsa Minore doveva essere lì, da qualche parte… ma non riusciva quasi mai a vederla senza un aiuto da parte dell'amico, aiuto che non sarebbe più arrivato.
Si era resa conto di non essere quasi più andata a spasso per i tetti da quando Al era morto… ma quella sera aveva deciso di rifarlo, per il il suo migliore amico. 

In fin dei conti, era solo grazie a lui se era in grado di spostarsi così. 


“Buon compleanno Al.” 


Sorrise appena, gli occhi puntati dritti su quelle tre stelle così lontane e perfettamente allineate. 

Non piangere Isabelle… non dare mai modo a nessuno di sfruttare una debolezza contro di te. Non far vedere quando stai male, quando soffri… se devi piangere fallo da sola, in silenzio. 


Da sola, in silenzio.

Ancora una volta Isabelle ascoltò le parole di sua madre. E da sola, nel silenzio, nel buio, sentendo l'assenza/presenza di Alastair accanto a lei quasi come se si trattasse di un arto mancante, Isabelle versò le lacrime che aveva trattenuto per tutto il giorno. 
O forse per settimane intere. 













……………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Sarò molto breve: innanzi tutto vi informo che domenica parto e starò via per circa una settimana, fino a sabato. Non so quanto riuscirò ad essere attiva la settimana prossima, ma non volendo stare diversi giorni senza pubblicare niente mi sono un po’ presa avanti e dovrei riuscire ad aggiornare comunque. Mi spiace ma non sarò affatto in vacanza e non so quanto tempo avrò da dedicare ad Efp. 

Detto ciò… una mezza idea di chi possa essere stato ce l’ho e non so se stia leggendo, ma mi congratulo con chiunque abbia avuto la brillante idea di segnalare questa storia per plagio. Brillante davvero, visto che sono penso la prima ad aver preso ispirazione da Night School per una storia nel mondo di Harry Potter. 

Vi saluto, buona serata e a presto, spero. 

Signorina Granger



Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 25 ***


Salve! Mi sono ritagliata un po’ di tempo… quindi eccomi qui. 
Allora, a questo punto la storia è a metà passata, quindi vi metto un piccolo “calendario”:
 
-    15 Settembre: Primo giorno di scuola alla Cimmeria    
-    19 Settembre: Partita notturna, Jude vede Isabelle dirigersi verso la Cappella ma lei si rifiuta di dargli spiegazioni    
-    31 Ottobre: prima del Banchetto di Halloween Alastair trova Jackson morto nelle ex cantine dove la NS si allena 
-    21 Novembre: Etienne e Alexandrine vengono uccisi, la colpa viene addossata al ragazzo 
-    21 Dicembre: Ballo d’Inverno, Alastair viene ucciso 
-    9 Gennaio: Isabelle viene avvelenata ma non muore grazie a Jude, al quale rivela di agire per conto di suo zio che vuole che lei gli dia qualcosa all'interno della scuola 
-    30 Gennaio: Francisca per poco non muore nel Lago, fatta addormentare con un incantesimo ma viene salvata da Phoebe 

Mi sembra che gira e volta gli eventi più importanti siano questi… detto ciò, buona lettura!









Capitolo 25



 
Venerdì 18 Febbraio 

  
“Vuoi spiegarmi una buona volta perché mi eviti da giorni? Credevo stessimo facendo passi avanti, invece sembra che tu stia tornando indietro!” 
  
“Io non ti evito!”  
“Isabelle. Sono Jude Verrater, non il primo idiota che passa… so quando qualcuno evita qualcun altro!” 
 
Jude sbuffò, incrociando le braccia al petto e osservando la ragazza con cipiglio torvo. Isabelle, che gli stava davanti nel bel mezzo del corridoio e teneva tra le braccio un carico di libri, sbuffò e fece per superarlo e andarsene… ma il ragazzo si mosse simultaneamente e le bloccò la strada, facendola sospirare:

“Jude, levati! Questi libri pesano e mi stanno per cadere su un piede!” 
“Va bene.” 

Jude allungò le mani e le prese i libri dalle mani, senza muoversi di un millimetro e rivolgendole un mezzo sorriso:

“Ecco, ora puoi parlare.” 
“CRETINO.” 
“Vedo che sei in vena di complimenti Van Acker. In ogni caso… si può sapere perché mi eviti da quando Francisca è quasi morta?” 

Il tono del ragazzo era piuttosto accusatorio e Isabelle sbuffò, abbassando lo sguardo sui propri piedi mentre pensava a qualcosa da inventarsi. 
Ma non le veniva in mente proprio niente, così in quello che in seguito avrebbe descritto come un “attimo di follia”, decise di borbottare ciò che più si avvicinava alla verità:

“Mio zio mi ha fatto qualche domanda su di te… e non vorrei che morisse qualcun altro, Francisca ha già rischiato abbastanza.” 
 
Isabelle non ottenne risposta e alzò lo sguardo, pronta a subire le risatine del ragazzo e qualche sottile presa in giro… Jude invece la guardava con aria vagamente confusa, mentre il suo cervello si era improvvisamente resettato:

“Van Acker… stai dicendo che ti preoccupi per me?”  
No!” 
“Si invece!” 

“E invece no!” 
 
Isabelle incrociò le braccia al petto, distogliendo lo sguardo dal ragazzo mentre un’ondata di calore le faceva intuire di essere appena arrossita.
 
Maledizione, non c'è un incantesimo per controllarlo?

“Naturalmente mi sento onorato Isabelle, ma non preoccuparti, ho affrontato di peggio in passato.” 
“Cioè?” 
“Niente che al momento conti. Cosa ti ha chiesto su di me tuo zio?” 

“Dopo che hai impedito che morissi mi ha chiesto come ti chiamassi, credo si ricordi di te dal Ballo.”   Isabelle si strinse nelle spalle, continuando a tenere gli occhi verdi fissi sui piedi del ragazzo. Jude invece non disse nulla per un attimo, esitando prima di annuire: 

“Si, beh, comunque hai ragione, questi libri pesano… prego, tienili!” 

Jude sorrise e glieli mise di nuovo tra le mani, facendola sospirare leggermente: 

“Non ti offri gentilmente di portarmeli tu fino in Biblioteca?” 
“No, devo andare a dare da mangiare ad Atropo.” 
“Sei un pessimo gentiluomo, sai?”  

Isabelle sbuffò mentre il ragazzo girava sui tacchi e si allontanava ridendo prima di alzare una mano e rivolgerle un cenno di saluto: 

“Tanto meglio allora, perché non sono un gentiluomo Van Acker!” 
 
 
                                                                                       *
 
“Come mai hai quella faccia da ebete?” 
“Io? Disse quello che svolazzava a mezzo metro da terra ogni volta in cui guardava Francisca Lothbrock…” 

“Appunto, so di cosa parlo! C'è qualcosa sotto…” 

Adrianus rivolse al compagno un’occhiata sospettosa, guardandolo spalmare una quantità industriale di marmellata dentro una brioche. Lo vedeva così allegro solo quando aveva un grosso, succulento segreto tra le mani… che fosse quello il caso? 
O magari differente? 

Insomma, sembrava quasi che Jude stesse per mettersi a fischiettare…

“Jude, davvero, la tua faccia è inquietante. Che ti succede?” 
“Niente. Solo solo di buonumore!” 

“Strano, se non sapessi che è impossibile direi che sei innamorato!” 

Adrianus sghignazzò, aspettandosi di ricevere una fetta biscottata tra i capelli, una maledizione o un commento ironico… ma non arrivò proprio niente in risposta alle sue parole e l’ex Corvonero si voltò verso l’ex Serpeverde, guardandolo con gli occhi fuori dalle orbite:

PER LE MUTANDE DI PRISCILLA! DI CHI DIAMINE SI TRATT-“
“Stebbins, ti assicuro che mi stai parecchio simpatico, ma abbassa la voce o ti mostrerò come ci hanno insegnato l'anno scorso ad uccidere qualcuno usando una cravatta.” 

 
                                                                                          *

 
Sabato 19 Febbraio 


I secondi passavano, eppure nulla sembrava cambiare con il trascorrere dei minuti: intorno a lei era tutto immobile, in silenzio. L'unico rumore era sempre lo stesso, il ticchettio snervante delle lancette. 
 
L'orologio era lì, davanti a lei, quello che aveva usato milioni di volte. Ma dall’altra parte del tavolino dove era stata appoggiata la scacchiera con i pezzi in avorio di Alastair non c'era nessuno. Il vuoto. 

Isabelle guardò la scacchiera, chiedendosi cosa fare. 
Le avevano insegnato, tanto tempo prima, che gli scacchi non erano soltanto un gioco. 

Gli scacchi sono una guerra, Isabelle 

Così diceva suo padre, quando era piccola e guardava lui e suo zio giocare… e poi aveva imparato anche lei, così in fretta da lasciare stupiti entrambi.

Già, una guerra… uno scontro dove non bisognava solo muovere quelle pedine, ma prevedere le mosse dell’avversario. Logica, strategia. 

Ma come poteva prevedere una mossa, se non sapeva nemmeno contro chi stava giocando? 


“Tu cosa faresti?” 
“Io mi sbrigherei.”  
“Non sto parlando con te! Si può sapere perché ci sei sempre anche tu, piuttosto? Vorrei stare da sola con Al, se non ti dispiace!”   Isabelle sbuffò e lanciò un’occhiata torva in direzione di Jackson, che le sorrise prima di avvicinarsi alla scacchiera è chinarsi leggermente, mettendole una mano sulla spalla:

“Scusa, il mio lavoro qui non è ancora finito, temo. E non ti lascerò in pace prima di allora. Coraggio Belle, sai cosa fare infondo.” 
“No, non lo so.” 
“Io penso di sì… altrimenti non so se io lo direi, non credi?” 

Jackson sorrise e Isabelle sospirò, voltandosi verso l'amico per guardarlo con una nota quasi implorante negli occhi chiari:
 
“Jax, ti prego… dove devo cercare? Non so più dove sbattere la testa. La scuola è troppo grande, troppo antica. Come faccio a trovare qualche segno?” 

“La scuola è grande, è vero. E proprio per questi i segni sono tanti… guardati intorno Belle, la risposta è ovunque.” 




Isabelle si ritrovò a fissare il soffitto della sua camera, la voce di Jackson era ormai solo un ennesimo ricordo. Era morto da mesi ormai, ma ricordava ancora così bene la voce di quel ragazzo... forse perché l'aveva sognato molto spesso, anche se non l'aveva mai detto a nessuno, nemmeno a Phoebe. 

Spesso le capitava di svegliarsi e di non ricordare più ciò che aveva appena sognato… ma non era quello il caso. Ricordava proprio tutto…

La risposta è ovunque intorno a te

Cosa doveva voler dire? L'ennesima domanda a cui non sapeva rispondere. 

Sospirò e si tirò a sedere per alzarsi, infilarsi la divisa blu e bianca al volo per trascinarsi di sotto e fare colazione. Un’altra settimana era praticamente giunta al termine… Febbraio era volato, anzi: anche Gennaio era passato molto in fretta, a volte le sembrava che Alastair fosse morto solo un paio di giorni prima. 

Si abbottonò rapidamente la camicia bianca con lo stemma della scuola prima di infarcisci sopra il blazer blu, chiedendosi come avrebbe trascorso le settimane successive: sarebbero volate anche quelle? La fine dell'anno scolastico si stava lentamente avvicinando, dopotutto… e quel pensiero fisso era sempre lì, lampeggiante in un angolo della sua testa per tormentarla in ogni momento, anche – o specialmente – quando dormiva. 

Sbuffò leggermente e, presa la borsa già pronta con i libri, lanciò un’ultima occhiata alla finestra chiusa prima di avvicinarsi alla porta della camera: le aveva fatto visita di rado nell'ultimo periodo. Non sapeva ancora se fosse un cattivo segno o meno. 
 

                                                                                       *



Domenica 20 Febbraio, 8:30



Quando aprì gli occhi rimase perfettamente immobile, vigile e rigido per qualche istante, deglutendo a fatica mentre i ricordi del sogno da cui era appena uscito iniziavano già a confondersi nella sua testa.
Ci mise qualche secondo, ma poi realizzò con sollievo che aveva solo sognato… e che si era svegliato. Era ancora alla Cimmeria, in Inghilterra. Era lontano dalla sua famiglia, da sua nonna in primis.

Con un lieve sospiro di sollievo si tirò a sedere sul letto, voltandosi verso la lettera che era aperta e abbandonata sul comodino. L'aveva letta prima di dormire… e chissà, forse proprio per quel motivo aveva sognato sua nonna. La lettera ovviamente non glie l'aveva scritta lei ma suo padre, ma evidentemente anche sentir solo parlare della sua famiglia, della loro “attività” lo condizionava e lo portava a pensare a lei, anche solo inconsciamente. 

Sbuffò leggermente, dicendosi di non pensarci mentre si alzava di malavoglia dal letto, spinto a farlo solo dalla fame che sentiva.
Chissà se prima o poi avrebbe smesso di pensare a loro… forse tutti quei recenti avvenimenti alla Cimmeria lo stavano condizionando? 

Sapeva che a tenere sotto torchio Isabelle era suo zio, naturalmente… ma ogni tanto continuava comunque a chiedersi se non avesse a che fare con la sua famiglia. 
Per un attimo ripensò ad Alastair Shafiq, alla sua morte crudele quanto teatrale. 

E sorrise, mentre s’infilava la camicia bianca della divisa, con lo stemma della Cimmeria cucito all'altezza del cuore: si, era tremendamente nel suo stile. 
 
    
                                                                                     *


Giovedì 24 Febbraio, 24:00


Isabelle quasi correva, camminando a passo spedito sul tappeto che fortunatamente ammortizzava il rumore dei suoi passi. 
Un incontro era appena concluso, ma lei non era affatto andata a dormire… no, si era diretta invece verso l'ala ovest dell’edificio, quello dove vivevano gli insegnanti. E dove, in una delle vecchie aule, si teneva periodicamente l'incontro con tutti i membri del Consiglio e gli insegnanti. 

Incontro che era appena concluso, visto che, seminascosta dietro un arazzo, poteva chiaramente vedere molte facce note passarle davanti. Isabelle però cercava qualcuno in particolare, e solo quando vide quella familiare chioma di lisci, lucidi, capelli brizzolati abbinati ad una carnagione olivastra si azzardò a parlare a bassa voce, scivolando fuori dal suo nascondiglio:

“Zio.” 

L'uomo si voltò di scatto, rilassandosi e sorridendole prima di parlare con il tono affettuoso e pacato con cui le si rivolgeva sempre:

“Ciao tesoro… ancora sveglia? Immagino che un incontro sia appena finito.” 
“Si. Ma volevo salutarti.” 

Isabelle abbozzò un sorriso, sinceramente felice di vedere Morgan Shafiq mentre gli si avvicinava, abbracciandolo e appoggiando con sollievo il capo sulla spalla dell'uomo, lasciandosi avvolgere sia dal suo profumo familiare che dalle sue braccia.  

“Come stai Isabelle?” 
“Me la cavo. Tu invece, come stai zio?” 
“Me la cavo.” 

Le sorrise debolmente, e ancora una volta Isabelle si ritrovò a chiedersi come fosse possibile che due paia d’occhi si somigliassero così tanto. L'aveva sempre pensato, ma fino ad un paio di mesi prima non aveva mai fatto male. 

La ragazza sciolse lentamente l'abbraccio per poter guardare meglio l'uomo in faccia, parlando a bassa voce e sentendosi leggermente a disagio:

“In realtà… io dovrei chiederti una cosa.” 
“Lo sospettavo. Beh, dimmi pure… qualunque cosa per la mia figlioccia, lo sai.” 

Morgan sorrise, infilandosi le mani nelle tasche degli eleganti pantaloni neri prima che Isabelle parlasse, leggermente a disagio per ciò che stava per chiedergli:

“Io… vorrei che tu facessi qualche ricerca per me. Su delle persone. È un problema?” 
“Vedrò che posso fare. Ma perché me lo chiedi? Vorrei saperlo se tu fossi nei guai tesoro. E anche tuo padre.” 

Morgan assottigliò lo sguardo, guardandola con una vena leggermente preoccupata mentre la ragazza si affrettava a scuotere il capo, non volendosi dilungare in spiegazioni:

“No, va tutto bene. Non preoccuparti per me.” 
“Ok… mi raccomando però. Ad ogni modo, su chi devo far fare ricerche?” 

“Non ho un nome in particolare, solo un cognome. Verrater.” 


                                                                                   *


 
Lunedì 28 Febbraio 



"Che pessima cera!” 

“Grazie Phoebe. È lunedì, non sono nemmeno le 8 e tu inizi la settimana dicendo che sono orribile. Sei di grande conforto.” 
“Scusa, ma hai una faccia da funerale… hai dormito?” 

“No.” 
“Come mai?” 
“Non lo so, mia sono rigirata nel letto per ore!” 

Isabelle sbuffò, lasciandosi scivolare sulla sedia accanto a quella dell'amica con un’espressione piuttosto torva stampata iin faccia. In quello stesso istante fece la sua comparsa anche Faye, che sorridendo si avvicinò alle due e prese posto allo stesso tavolo delle amiche con una faccia perfettamente riposata e truccata:

“Buongiorno fanciulle. Che pessima c'era!” 
“Io cambio tavolo.” 

“No, non occorre… ma tieni questa, ti servirà.” Né Phoebe né Isabelle seppero bene come o da dove, ma Faye tirò fuori della cipria e la passò all’amica, invitandola ad usarla. 

“Avere delle amiche come voi rende la mia vita meravigliosa.” 
“Grazie Belle, lo sappiamo.” 
“Sai Bibi, credo che fosse ironica…” 
“Lo so, ma mi diverte prenderla in giro quando è scontrosa!” 


                       

Nel frattempo, qualche tavolo più in là, Camila si stava quasi appisolando sulla spalla di Mathieu, che invece borbottava qualcosa sul fatto che il weekend durasse sempre troppo poco per i suoi gusti. 

“Frankie, mi pass quei biscotti?” 
“Ma non puoi prenderli da solo?” 
“Lo farei, ma ho qualcuno che mi impedisce di usare il braccio!” 

Mat sbuffò e accennò all’americana, che tenendo ancora gli occhi chiusi con ostinazione borbottò qualcosa a mezza voce:

“Smettila di lamentarti Mat, voglio dormire.” 
“Fattene una ragione, abbiamo lezione tra neanche venti minuti… ma perché sei così stanca?” 

“Siamo state alzare a chiacchierare fino a tardi…” 
“Ah, ecco. Steb, che hai da ridere?” 

Alle parole del francese Francisca si voltò verso il fidanzato, che stava effettivamente sogghignando. Peccato che i suoi occhi chiari non fossero rivolti ai compagni seduti al suo stesso tavolo, bensì a qualcun altro. L’ex Corvonero si affrettò però a voltarsi verso l'amico, sorridendogli con fare angelico:

“Niente, mi diverto solo a prendere in giro qualcuno.” 
“Davvero? Chi?” 
“Non occorre che tu li sappia Frankie… ti basti sapere che è l'ultima persona che avrei mai pensato di poter deridere, un giorno.” 


Adrianus sorrise con l'aria di chi la sa lunga prima di allungare la mano verso una fetta di pane, limitandosi a strizzare l'occhio in direzione di Francisca senza aggiungere altro. 


                                                                               *


Jude fulminò Adrianus Stebbins con lo sguardo, promettendogli silenziosamente vendetta per tutte le occhiate divertite e le risatine che gli rivolgeva nell'ultimo periodo, da quando aveva sollevato la teoria “Verrater innamorato”. Mentre cercava un posto dove sedersi l'occhio gli cadde come attirato da una calamita su Isabelle Van Acker, seduta come sempre con le sue amiche… ma la ragazza sembrava piuttosto immusonita, in silenzio e apparentemente pensierosa mentre mangiava un enorme panino alla Nutella. 

Poteva forse perdere l'occasione di prenderla in giro e divertirsi? Naturalmente no…  così puntò dritto verso di lei, stampandosi il suo sorrisetto mellifluo più irritante mentre Isabelle, accorgendosene, sospirava e si chiedeva perché non ci si potesse Smaterializzare all'interno della scuola. 

“Ciao Van Acker! Che muso lungo!” 
“Se sento qualcun altro dire che sono orrenda questa mattina, giuro che diventerò tremendamente perfida. Verrater, gira al largo, non ho la forza di sopportarti.” 

Jude fu tentato di dirle che lui non la trovava per niente orribile, anzi… ma cambiò idea all’ultimo e le sorrise di nuovo, sempre più divertito:

“Lo so che infondo mi adori Van Acker!” 
“Ma non dire assurdità.” 
“Come sei scorbutica questa mattina… hai le tue cose?” 

“VERRATER VATTENE IMMEDIATAMENTE! Anzi no, me ne vado io.” 

Faye si trattenne con molta fatica dal ridere mentre Isabelle, fulminando Jude con lo sguardo, si alzava e se ne andava insieme alla sua borsa e al suo panino. 

“Jude, sei tremendo. Lasciala stare!” 

“Ma io non ho detto niente di male!”    Jude sfoggiò il tono più angelico che gli riuscì, guadagnandosi comunque un’occhiata eloquente da parte di Phoebe che si alzò per seguire l'amica:

“Certo… ma stai attento, se si potesse uccidere con lo sguardo saresti già morto. Perché quando vedi che è nervosa vieni sempre a romperle le scatole?” 
“Ma è proprio questa la parte divertente… anzi, ora vado a cercarla, non ho ancora finito. Ci vediamo in classe!” 


Jude sorrise e, superata Phoebe, ignorò la colazione per inseguire Isabelle fuori dalla Sala. In realtà voleva anche chiederle se ci fossero stati sviluppi, ma tanto valeva approfittarne anche per divertirsi. 

Phoebe invece si fermò, indecisa sé seguirlo e impedire all'amica di commettere un mezzo omicidio o lasciarlo fare… ma alla fine optò per la seconda, sorridendo leggermente e sedendosi di nuovo. 

“Sai, andrei a fermarlo… probabilmente un paio di mesi fa l'avrei fatto. Ma dopo quello che mi ha detto Isabelle sulla sua Amortentia… credo che lo lascerò fare.”
“Sei diventata una fan di Jude Bibi? Non me lo sarei mai aspettata!” 

“Una fan? Oh, no… ma voglio bene a Belle, e dopo che ha perso Al e quello che sta passando voglio che stia bene e che sia felice. Tutto qua.” 

“Come sei saggia… come mai siamo amiche, io e te?” 
“Senza di me tu faresti cazzate dalla mattina alla sera… e senza di te io sarei sempre in tremendo ritardo.” 


                                                                                        *


Aveva le gambe più corte delle sue, ma non si poteva dire che fosse lenta… Jude sbuffò, camminando con lunghe falcate mentre si guardava intorno, cercando la sua vittima preferita. 

Quando la trovò, appoggiata al muro accanto alla porta dell'aula di Pozioni, un sorrisetto si fece largo sul volto sottile del ragazzo mentre le sii avvicinava trotterellando:

“Jude, cosa sei, una persecuzione?” 
“Se anche fosse, non sono la peggiore che devi sopportare al momento… in effetti, oltre a prenderti in giro, volevo sapere se hai più saputo nulla da tuo zio. E magari mi dirai anche cosa devi cercare per conto suo. Tirarti fuori le informazioni è più difficile di cacciare una lepre.” 

In realtà aveva visto poco suo zio di recente… ma più di una volta lui le aveva chiesto di Jude, se sapesse qualcosa su di lui. E suo malgrado lei si era ritrovata ad ammettere che no, della sua vita prima della Cimmeria non sapeva praticamente nulla… nessuno sapeva di preciso perché avesse cambiato scuola in effetti. 


“Non serve che tu lo sappia.” 
“Ti potrei aiutare, Van Acker, quando lo capirai?” 
“Te l’ho già detto, devo farlo da sola… non voglio mettere nei guai nessun altro.” 

“Il tuo attaccamento nei miei confronti mi commuove, ma la tua testardaggine è sconvolgente.” 

Jude inarcò un sopracciglio, guardandola quasi come se la ritenesse senza speranza. Isabelle però si strinse nelle spalle, sorridendo debolmente a sua volta:

“Anche il tuo attaccamento mi commuove Verrater. Nessuno si sta interessando a tutto questo come te.” 

“Non farti strane idee Isabelle, non mi preoccupo per te.” 

Sbuffò, sforzandosi di convincere non solo la ragazza che gli stava di fronte, ma anche se stesso. Perché sì, lui pensava a se stesso. Non voleva certo tirare le cuoia come Shafiq o Jackson… e poi voleva capire se c'era davvero la sua famiglia o meno dietro a quella storia. 


“Come ti pare.” 
“Non usare quel tono da saputella Isabelle, dico sul serio!” 


Jude la guardò male, facendola ridacchiare di riflesso. Forse non ci credeva… e neanche lui, in effetti. 


                                                                                   *


Sebastian si passò una mano tra i capelli vagamente arruffati, sbuffando sommessamente mentre si trascinava verso l’aula di Pozioni. 
Stava pensando a quanto non vedesse l'ora che arrivassero le vacanze di Pasqua mentre svoltava l'angolo, arrivando finalmente al corridoio giusto. 

Il ragazzo si fermò all’improvviso, allontanando la mano dai suoi stessi capelli mentre si bloccava di colpo, smettendo di pensare per qualche istante. 
Rimase in perfetto silenzio mentre i suoi occhi chiari erano fissi sulle uniche due persone presenti, oltre a lui… Gli dava le spalle, ma riconobbe comunque Jude. E stava parlando con Isabelle, tenendo entrambe le mani sprofondate nelle tasche dei pantaloni blu. 

Spostò gli occhi su di lui, guardandola tenere le braccia conserte… ma non sembrava particolarmente nervosa o irritata. No, aveva un piccolo sorriso stampato sul viso mentre guardava Jude, come se gli avesse appena detto qualcosa che l'aveva fatta ridacchiare. 


Esitò per un attimo, restando fermo a guardarli prima di muoversi, avvicinandosi ai due.

“A quanto pare non sono l'unico ad essere in anticipo.” 

Sentendo quella voce entrambi si voltarono, mentre Isabelle tornava improvvisamente seria e impassibile come sempre e le sue braccia scivolavano lungo i fianchi, limitandosi a scrollare le spalle:

“Io sono andata via prima per fuggire da Verrater, ma mi ha trovata lo stesso.” 

Sebastian spostò gli occhi dalla ragazza per posarli su Jude, che lo stava osservando di rimando con attenzione, come se stesse cercando di capire qualcosa. 
Bas inarcò un sopracciglio di riflesso, come a volergli chiedere cosa volesse prima che Jude distogliesse lo sguardo, puntandolo di nuovo su Isabelle:

“Si, beh, non mi faccio mai sfuggire niente, lo sai. Te compresa.”
“Ci mancherebbe altro. Altrimenti non ti chiameremmo l’Oracolo.” 

A Sebastian scappò un lieve sorriso alle parole di Isabelle, che fece spallucce mentre anche Jude sorrideva di nuovo, guardandola con cipiglio divertito:

“Si, lo so che tu e Selwyn mi chiamate così. Vedi? A me non sfugge nient-“

“Si si abbiamo capito, tu vedi tutto, sai tutto, senti tutto eccetera eccetera, ormai lo sanno anche i muri!” 


                                                                                              *


“Selwyn! Selwyn!” 
“Sh!” 
“Selwyn, ascoltami! Ho una proposta da farti.” 

Phoebe si voltò verso Jude, osservandolo con aria dubbiosa: non sapeva se scappare, nascondersi o ascoltarlo. Vedendo però che la ragazza non si muoveva Jude sorrise con aria compiaciuta, parlando di nuovo a bassa voce mentre fingeva di prendere del sangue di Salamandra dal banco di Faye:

“Senti… se ti do una mano con la Pozione mi diresti una cosa?” 
“Dipende. Cosa vuoi sapere?” 
“Prima stavo parlando con Isabelle ed è arrivato Ryle. Mi è sembrato poco contento di vederci insieme… e io non sbaglio mai. È da un po’ che penso che a lui piaccia Isabelle, è vero?” 

“E io che pensavo che ormai lo sapessero anche i quadri… Jude, mi deludi.”  Faye scosse il capo, guardandolo con un piccolo sorriso stampato in faccia mentre il ragazzo spostava gli occhi su di lei, osservandola con attenzione:

“Sei sicura Cassel?” 
“Certo, è mio cugino. Perché ti interessa?” 
“Già Jude, perché ti interessa? Tu hai qualche teoria Faye?” 

“Non saprei, forse perché infondo Isabelle ti piace molto più di quanto non vorresti dare a vedere…” 

“Ho sentito il mio nome… state confabulando alle mie spalle? Se c'è Jude non mi fido.” 

Isabelle fece capolino in mezzo alle due amiche, osservando tutti e tre con aria piuttosto sospettosa… ma improvvisamente Jude si ricordò di aver lasciato il fornello acceso e fuggì a gambe levate, evitando così di rispondere anche alla provocazione di Faye. 
Phoebe sbuffò, lanciando un’occhiata omicida in direzione del ragazzo per non aver rispettato i patti aiutandola con quel maledetto intruglio… e ancora una volta si chiese perché diceva seguire quello stupido corso. 

                                                 
“Non stavamo dicendo niente Belle, tranquilla. Cercavamo solo di far ammettere a Jude che in realtà è innamorato perso di te.” 

Faye si strinse nelle spalle, parlando con una nonchalance sconvolgente per le parole pronunciate. Inutile dire che Isabelle divenne improvvisamente color ciliegia, balbettando qualcosa di poco comprensibile:

“Cosa? Lui non… io… non dire cretinate, io non gli piaccio… devo andare in bagno!” 

“Il bagno è diventato la meta delle sue fughe di recente, o mi sbaglio?” 

“Già… ma ammettiamolo Bibi, è davvero divertente vederla in difficoltà ogni tanto!” 

                                                                                   

*


“Mi spieghi, una buona volta, PERCHÉ ridi?” 

Mathieu inarcò un sopracciglio, voltandosi verso un Adrianus ridacchiante:

“Niente, è solo che mi sto divertendo molto di recente. Non lo conosci molto bene, ma Jude è la persona che da meno possibilità di essere preso in giro sulla faccia del pianeta. E ora che finalmente posso divertirmi, colgo la palla al balzo” 
“Perché, che ha fatto?” 

“Nulla, non ha fatto nulla… non ancora. Ma spero che la situazione cambi in fretta, mi sembra di guardare una delle soap che segue mia madre!” 
“Non so di cosa tu stia parlando, ma ad ogni modo ti capisco… mia madre ne guardava un sacco! La tua segue Beautiful?” 
“Non me ne parlare, è tutta un Ridge, Brooke, Taylor… Ma i Babbani non hanno altro da fare?” 

“Evidentemente no, shippano coppie a destra e a sinistra e basta… ma lo faccio anche io!” 
“Ah si? E chi?” 
“Ma come chi testa di rapa, io e Camila siamo Team Stenkie!” 

“CHI?” 


                                                                                         













………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Buonasera! Perdonate se il capitolo è parecchio di transizione e non propriamente il massimo, ma ho messo insieme sporadici frammenti scritti nel giro di diversi giorni tra un arco dieci minuti di tempo e l'altro… il prossimo arriverà nel weekend e spero sarà migliore XD 

Devo scappare, ma spero che vi sia piaciuto! 

Signorina Granger 




Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Chi ha tempo non aspetti tempo ***


Capitolo 26: Chi ha tempo non aspetti tempo

 

 

Sabato 5 Marzo 

 

 

 

Spesso e volentieri quell'anno si era svegliata sudando freddo, tesa o con una smorfia dipinta sulle labbra. 

Quella mattina invece Isabelle aprì gli occhi sorridendo leggermente, memore di una lunga notte di sonno senza incubi o bruschi risvegli. 

 

L’occhio le era subito caduto sul comodino, trovandoci sopra una busta… aperta. 

Subito un mucchio di campanelli d'allarme suonarono nella testa della ragazza, che si tirò a sedere di colpo sul letto e spostò gli occhi sulla sua poltrona, immobilizzandosi quando vi vide seduto suo zio. 

 

“Vedo che per una volta mi ha ascoltato e hai fatto quello che ti ho chiesto… brava.” 

“Quella era per me. Avrei dovuto leggerla io per prima!” 

 

Isabelle fece per alzarsi, ma un’occhiata raggelante da parte di suo zio la costrinse a non muoversi, mentre l'uomo ripiegava là pergamene e gliela lanciava con disinvoltura:

 

“Nessuno ti impedisce di leggerla. Shafiq si è reso utile allora, quasi mi pento di aver ucciso il suo unico figlio. Immagino che avere legami stretti con un ex Auror che ora controlla i servizi segreti britannici abbia i suoi vantaggi.” 

 

Isabelle prese la lettera del padre di Alastair tra le mani, rifiutandosi di aprirla… non in sua presenza, voleva leggerla da sola. 

 

“Ora hai scoperto quello che volevi? Smetterai di assillarmi almeno sul fronte Jude Verräter?” 

 

“Beh, credo che sia tutto più interessante di quanto non avessi pensato… ma so che leggerai quello che ti ha scritto Morgan Shafiq e che trarrai le tue conclusioni. Sei sicura di non avergli detto più del necessario?” 

“Sicura.” 

“Lo spero.” Si strinse nelle spalle come se stesse parlando del tempo mentre Isabelle contraeva leggermente la mascella, stringendo quel foglio di pergamena tra le dita. 

 

“Tornando a noi, Isabelle… un mese fa ti ho messa davanti ad un bivio, ricordi? Ti ho dato un limite di tempo preciso per darmi una risposta che non è arrivata… speravo saresti riuscita a racimolare un pezzo mancante del puzzle ma così non è stato. E se quella ragazza è ancora viva, è solo perché la tua amica si è accorta che c'era qualcuno nel Lago e si è tuffata.” 

 

“Lo so.” 

 

“Se lo sai perché non mi dai quello che voglio? La mia pazienza ha un limite ristretto Isabelle… ma lo sai. Infondo nemmeno tu sei mai stata molto paziente, no?”

 

Sorrise leggermente mentre si alzava, con Isabelle che si ostinava a non guardarlo. 

 

"Non fare quel muso lungo, Isabelle... andrà tutto bene, se mi darai quello che voglio.” 

“Non so dov’è. Nessuno lo sa, né l’ha mai saputo! Cosa ti fa credere che io potrei trovarlo?” 

 

“Non devi per forza trovarlo, mia cara nipote… devi semplicemente capire dove potrebbe trovarsi e dirmelo, nient’altro. Non vogliamo certo che il libro finisca in mani sbagliate, vero?” 

 

“Già, sarebbe una vera tragedia.” 

 

Il borbottio decisamente ironico della nipote non sembrò scalfirlo, tanto che lo ignorò mentre le passava davanti, lanciandole soltanto un’ultima occhiata eloquente:

 

“Non dimenticare quello che devi fare Isabelle… ti ho dato un po’ di respiro, ma non è ancora finita.” 

 

 

Come se avesse potuto dimenticarlo…

 

Solo quando fu finalmente sola Isabelle abbassò gli occhi sulla lettera del suo padrino, spiegando il foglio per leggerne il contenuto. Non sapeva nemmeno bene, ma si sentiva quasi nervosa… cercò di scacciare quel pensiero, di dirsi che non era poi così importante, ma infondo sapeva perfettamente di dare molto peso a quello che stava per leggere, a ciò che aveva chiesto a Morgan Shafiq. 

Certo si era resa conto di non sapere nulla di Jude, ma non era nemmeno una tale impicciona da iniziare a chiedere informazioni riservate in giro… no, era stato suo zio a chiederle di farlo, perché da qualche tempo aveva iniziato ad interessarsi – o forse più semplicemente a preoccuparsi – di quel ragazzo che sembrava sempre sapere più del dovuto di tutta quella storia. 

 

 

In effetti si sentiva un po’ a disagio, sapeva che era sbagliato e che stava invadendo fortemente la privacy di un'altra persona… ma allo stesso tempo sapeva anche che il diretto interessato non si era mai curato molto della privacy altrui, quindi forse non era nemmeno poi così immorale leggere quelle righe.

 

 

                                                                                *

 

 

“La prego…” 

“No.” 

“Ma è un’emergenza!” 

“Chiedi ad un professore allora!” 

 

Jude continuò a sorridere, gli occhi puntati sulla donna che gli stava davanti e lo stava osservando di rimando con un’espressione piuttosto neutra:

 

“Non mi daranno il permesso così su due piedi. Sa, sono vagamente prevenuti nei miei confronti.” 

“Chissà perché Verräter…” 

“Già, me lo chiedo anche io. La prego Eloise, mi faccia un permesso!” 

 

Jude continuò a sorridere, sfoggiando il suo tono più gentile mentre la bibliotecaria alzava gli occhi al cielo, assolutamente certa che non sarebbe riuscita a scollarsi il ragazzo di dosso prima di concedergli il permesso di entrare nel Reparto Proibito:

 

“D'accordo Jude, ma ti prego di lasciare tutto in ordine, come l'hai trovato. Siamo intesi?” 

“Naturalmente.” 

 

Jude sorrise e quando ebbe finalmente ottenuto la tanto agognata firma si diresse quasi di corsa verso la sua destinazione, con un sorriso soddisfatto stampato in faccia. 

Mentre entrava incrociò Isabelle che stava invece uscendo, lanciandole un’occhiata confusa:

 

“E tu da dove arrivi?” 

“Ehm… dal Reparto Proibito?” 

“Non intendo… chi ti ha fatto la firma?” 

“Eloise. È bastato chiedere.” 

 

“Che storia è mai questa, io sono qui da mezz'ora! Che cosa prendi, comunque?” 

 

Jude tese il collo per sbirciare i due libri che la compagna teneva tra le braccia, ma come da manuale Isabelle se la svignò, borbottando che era sempre il solito ficcanaso. 

 

“Scappa pure mia cara, tanto per prendere i libri in prestito devi annotare tutto sul registro!” 

 

Jude ridacchiò prima di sparire dentro il Reparto Proibito, mentre Isabelle invece sbuffò prima di avvicinarsi ad un tavolo: disgraziatamente aveva ragione.

 

  

Si era appena messa a sfogliare il primo tomo quando un’altra figura piuttosto nota le si avvicinò, sedendosi accanto a lei:

 

“Dobbiamo parlare.” 

“Volentieri, ma devo leggere quest-“

“Dopo. Ora parliamo di quello che ti ha scritto Shafiq. Mi spieghi perché gli hai fatto una simile richiesta? Non sei mai stata una ficcanaso!” 

 

“Non è stata una mia idea. Al caro zietto di recente interessa Jude, credo che abbia paura che io possa avergli detto più del dovuto.”  

 

Isabelle sbuffò, parlando a bassa voce mentre Phoebe annuiva, prima di parlare di nuovo:

 

“Che cosa ha scoperto?” 

“Mio zio ha già letto tutto stamattina, non si dire se fosse soddisfatto o meno… ma zio Morgan non ha trovato granché, solo che la famiglia di Jude si è spostata in Inghilterra subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Suo padre fa l'avvocato e sua madre è morta di parto, a quanto sembra. Ha fatto anche ricerche per capire perché è stato trasferito improvvisamente qui alla Cimmeria, ma era tutto dannatamente privato. In generale ha scritto che sulla sua famiglia girano “strane voci” in Germania, ma non ha specificato niente.” 

 

“Beh, speriamo che non finisca nei guai… non che io apprezzi particolarmente Verräter, ma non vorrei vederti stare ancora male.” 

“Io sto benissimo. E ora scusa, ma devo proprio leggere qui, o davvero qualcuno finirà nei guai molto presto.” 

 

“Ti posso dare una mano?”   Phoebe sorrise e Isabelle annuì, spingendo verso di lei il secondo libro che aveva trovato nel Reparto Proibito:  

 

“Sai cosa sto cercando… se trovi anche solo un piccolo accenno, fammi un fischio.” 

 

 

                                                                                         *

 

 

“Camila e Frankie sono andate a fare una passeggiata e noi dobbiamo marcire qui dentro! Ti sembra corretto?” 

“Forse, se ci fossimo presi avanti con i compiti…” 

 

Mathieu sbuffò, facendo un gesto con la mano come a voler liquidare il discorso. Adrianus sorrise leggermente ma obbedì e non disse altro, tornando a concentrarsi sui compiti… o almeno per cinque minuti, finché l'amico non parlò di nuovo:

 

“Che si fa stasera?” 

“Pistole. Confesso di essere vagamente nervoso, non vorrei che ci fosse qualche incidente…” 

 

O magari che Jude Verräter gli sparasse accidentalmente per averlo preso in giro per giorni… era pur sempre un’ipotesi da considerare, ma non espresse quei dubbi ad alta voce. 

 

“Rilassati, Camila mi ha detto che Phoebe le ha detto che non usano quasi mai proiettili veri e propri… solo quando sparano all’aperto per centrare i bersagli mobili. Una specie di tiro al piattino.” 

 

“Piattello.” 

 

“Piattino, piattello, sai che differenza! Non fare il pignolo Steb, seguo Babbanologia ma non si può pretendere più di tanto!” 

“Mal che vada ti farò ripetizioni.” 

“No grazie, Cami si è già autoproclamata mia nuova Pozionista personale, controlla sempre che io segua le ricette quando LEI non lo fa quasi mai! Ma perché le ragazze non seguono un filo logico sensato?” 

 

“Non saprei… mio fratello dice sempre che sono un controsenso vivente. Ma se vuoi possiamo chiedere direttamente a Camila e a Frankie più tardi!” 

 

 

Adrianus sorrise con aria divertita, immaginandosi già gli sbuffi e i borbottii sulla loro idiozia che avrebbero ottenuto come risposta. 

 

 

                                                                                     *

 

 

“VERRATER!” 

 

Oh merda… 

 

“Scusami, sono in ritardo per… beh devo lavarmi i capelli prima di sera!” 

“Torna qui, screanzato!” 

 

Jude provò a darsela a gambe fuori dalla Biblioteca, ma Phebe Selwyn era evidentemente più rapida di quanto non si potesse pensare e lo raggiunse in fretta, piazzandosi davanti a lui. E anche se la differenza di altezza era di circa 25 centimetri, Jude capì che era il caso di ascoltarla a causa della sua faccia poco allegra:

 

“Ehm… hai bisogno di qualcosa Selwyn?”

“No. Ma tu! Sai Verräter, se fossi in te IO cercherei di farmi amica la migliore amica della ragazza che ti piace. E tu mi devi un aiuto in Pozioni, non credere che me ne sia dimenticata!” 

 

“Smettila di ripetere che mi piace Isabelle.” 

“Lo farò quando la smetterete di fare le teste dure come il marmo.” 

 

Phoebe sbuffò leggermente e stava per reclamare un aiuto per i compiti di Pozioni quando si auto-maledisse per quello che aveva appena detto. 

 

Ops

 

Stava già immaginando alla morte cruenta che Isabelle avrebbe scelto per lei mentre l'espressione del ragazzo che le stava davanti mutava alla velocità della luce: da perfettamente impassibile Jude sollevò un sopracciglio e lo sguardo parve come illuminarglisi mentre un lievissimo accenno di sorriso si faceva largo sul suo volto:

 

“Hai detto “smetterete”?” 

“No.” 

“Si invece.”

“No, hai capito male. Hai trovato niente di interessante nel Reparto Proibito?” 

 

Jude sbuffò come a volerla ammonire di non cambiare discorso, ma il sorriso di Phoebe riportò la sua attenzione a ciò che Isabelle stava cercando e che si rifiutava di dirgli.

 

“Perché, tu che ne sai? Fammi indovinare, Isabelle ti ha detto qualcosa che a me non ha detto.” 

“Jude, capisco che tu ultimamente abbia iniziato a guardare Isabelle come se fosse una fonte d'acqua e tu non bevessi da due giorni, ma da qui a pensare di surclassare la migliore amica ce ne vuole di strada.” 

 

“MA IO NON GUARDO AFFATTO…” 

 

“Si sì, va bene, lo so. Ora, per favore, mi aiuteresti con il dannato tema?” 

 

Phoebe sfoggiò un sorriso e Jude sbuffò, chiedendosi perché dovesse essere proprio lei la migliore amica di Isabelle… del resto però Selwyn aveva ragione, lo sapeva: non poteva certo inimicarsela. 

 

“Ok, va bene… ma ti concedo solo un quarto d'ora!” 

“Come sei magnanimo.” 

“Lo so, grazie. Ora, tornando a noi… dicevi sul fatto che anche Isabelle sia testarda?” 

“Ma non dovevi lavarti i capelli?” 

“Beh, ripensandoci lo farò dopo… su, racconta.” 

 

 

                                                                                    *

 

 

“Ecco qui! Mi chiedevo dove fossi finita…. Sei viva, per fortuna.”

“Ero in Biblioteca, mi sono fatta aiutare da Verräter per i compiti di Pozioni!”  

 

Phoebe sorrise con fare vittorioso e Faye sbuffò leggermente, facendo per chiederle di lascarle copiare il tema prima di rendersi conto di un piccolo dettaglio: Phoebe non aveva la borsa con sé.

 

“Emh... Phoebs, temo che tu abbia dimenticato la borsa.”

 

“Come dici? Oh, sì… l’ho accidentalmente lasciata in Biblioteca, sai che sono molto sbadata. Ma non preoccuparti, ho mandato Isabelle a recuperarla.”

 

Phoebe sorrise, facendo l’occhiolino a Faye prima di prenderla sottobraccio e dirigersi con lei verso la Sala Comune… il tutto mentre l’amica collegava i pezzi e scoppiava a ridere, imitata ben presto anche da Phoebe:

 

“Sei tremenda. Per questo ti adoro!”

“Lo faccio per lei, lo capirà… anche se probabilmente dopo arriverà sputando fuoco, sarà meglio prepararci.”

 

 

                                                                                  *

 

 

“Tu che studi di sabato? Che cosa succede, un cataclisma è in avvicinamento?”

 

Faye rise mentre prendeva posto accanto a Sebastian, che invece le rivolse un’occhiata torva, come a volerle dire di non prenderlo in giro e di farsi invece gli affari propri:

 

“Hai poco da ridere… mi annoio, e visto che stasera abbiamo un incontro mi prendo avanti. Sai, a volte mi sento solo.”

“Disse quello che aveva sempre 5 ragazze intorno…”

 

“Dico sul serio. Non è facile.”

 

Le labbra di Faye persero l’inclinazione verso l’alto nell’udire quel tono così combattuto… e anche nel cogliere l’espressione sinceramente cupa sul volto del cugino. Capendo che era serio annuì, allungando una mano per dargli una piccola, affettuosa pacca sulla spalla:

 

“Lo so cuginetto… non so cosa provi, posso immaginarlo però… E spero davvero di non doverlo mai sperimentare. Ma non sei solo Bas, ci sono io! Ci sarò sempre per te, lo sai anche tu.”

 

 

Sebastian si voltò verso di lei e accennò un piccolo sorriso, sforzandosi di non fare troppo il musone mentre la cugina sorrideva, sistemandosi meglio sulla sedia e avvicinandola leggermente al tavolo:

 

“Ok, ho deciso che starò qui a farti compagnia… ti do una mano, che cosa stai facendo?”

“Pozioni.”

“… Materia di riserva no, vero?”

 

Sebastian sorrise sinceramente al vedere l’espressione schifata della cugina, che aveva cambiato faccia non appena sentita la parola “Pozioni”.  Forse non gli sarebbe stata di grande aiuto per i compiti, ma almeno gli teneva compagnia e gli impediva di pensare a tutto quello che stava succedendo, che era successo e che aveva perso.

 

 

                                                                                 *

 

 

Isabelle entrò in Biblioteca sbuffando, chiedendosi come diamine avesse fatto Phoebe a dimenticare la borsa… e anche a come avesse fatto l'amica a convincerla ad andare a recuperarla. 

 

Aveva appena cominciato a chiedersi se non ci fosse qualcosa sotto quando si fermò accanto ad uno degli scaffali dedicati alla storia… e al tavolo più vicino c'era Jude. E sulla sedia accanto, la borsa di Phoebe Selwyn. 

 

In men che non si dica una serie di maledizioni affollarono la mente della ragazza, che si ripromise di uccidere l'amica mentre prendeva in considerazione l'idea di Appellare la borsa… Ma Jude, che stava sfogliando un libro con impazienza, la batté sul tempo parlando:

 

“Non essere ridicola Van Acker.” 

 

Le dava le spalle e Isabelle non ebbe idea di come avesse fatto ad accorgersi della sua presenza, ma si limitò a sbuffare e ad avvicinarsi al ragazzo:

 

“Phoebe ha accidentalmente scordato la borsa… che cosa fai?” 

“Cerco di dedurre da me cosa ti ostini a non volermi dire. Ho recuperato i libri che hai restituito un'ora fa.” 

 

C’era da immaginarselo, quindi Isabelle non disse nulla, avvicinandosi al ragazzo per prendere la borsa dell’amica. Il suo piano originario era di prenderla, girare sui tacchi e andarsene, ma l’occhio le cadde comunque sulle righe che Jude stava leggendo… le stesse che aveva letto lei solo quella stessa mattina.

 

“Trovato nulla di interessante?”

“E’ difficile, visto che non so cosa cerchi di preciso… di sicuro ha a che fare con la scuola in sé. Che c’è, devi trovare una specie di tesoro nascosto e dimenticato da anni?”

 

Fece per sbuffare e dirgli di non dire cavolate, ma finì con l’esitare più del necessario… e a quel punto Jude alzò gli occhi su di lei, sorridendo con aria quasi vittoriosa:

 

“E’ così? Forse dovrei darmi alla Divinazione, dopotutto.”

“Non essere sciocco. Anche se ti ci vedrei a fare cattivi presagi davanti ad una sfera di cristallo…”

 

 “Ne ho fatto uno, ricordi? Il giorno in cui Jackson è morto, ti dissi che non sarebbe finita bene. E ancora non sapevo quasi nulla, molto meno rispetto ad oggi. Ironico, non torvi? Solo poche ore dopo abbiamo trovato Jax morto.”

 

“Già, ironico.”

 

Isabelle sbuffò appena, ricordando improvvisamente le parole che il ragazzo le aveva rivolto durante una lontana lezione di Divinazione… se n’era scordata, in effetti. Ma di certo non aveva ancora dimenticato cosa era successo quella stessa sera, e non aveva nessuna voglia di ripensarci.

 

“Quindi la nostra Isabelle sta davvero cercando qualcosa nascosto qui da qualche parte? Interessante… strano, non ho mai sentito di una specie di tesoro da quando sono qui.”

 

“Già, perché non ce n’è uno! Forse leggi troppi libri Jude.”

“E tu pensi troppo. So di aver ragione, o almeno in parte… magari non si parla di uno scrigno pieno d’oro come nei libri, ma di certo qualcosa da trovare c’è. E se tuo zio insiste tanto, deve essere anche parecchio importante… forse più del denaro.”

 

Era diventata piuttosto brava a mentire e a dissimulare, ma Jude Verräter era una di quelle persone con cui farlo risultava molto difficile… Specialmente quando sapeva di aver ragione. Così Isabelle non disse niente, sistemandosi la borsa di Phoebe sulla spalla prima di voltarsi e allontanarsi, lasciandolo di nuovo da solo, sì, ma forse con qualche consapevolezza in più.

 

                                                                                 *

 

“Credo che sia praticamente la prima volta in cui lo dico, ma mi sento l’ultimo della classe.”

 

Adrianus sbuffò mentre invece sia Mathieu che Camila ridacchiavano, entrambi lieti di aver battuto l’amico in qualcosa… ma mai quanto Frankie o Jude, che ogni tanto passava accanto all’ex Corvonero ridendo sotto i baffi.

 

“Non prendertela, non si può certo essere bravi in tutto… anche se, non per vantarmi ovviamente, io ho centrato tutti i bersagli.”

 

Francisca sfoggiò un sorrisetto mentre si sistemava gli occhiali protettivi e per tutta risposta Adrianus borbottò qualcosa di incomprensibile su quanto fossero tutti estremamente simpatici quella sera.

 

“Non fare il musone, è pur sempre sabato!”    Francisca sorrise prima di voltarsi nuovamente verso il bersaglio e, una volta sollevato il braccio, centrarlo all’altezza dello stomaco.

“Si, e come intrattenimento c’è lo show di Jude… ma come fa?”

 

In effetti l’ex Serpeverde si stava probabilmente divertendo più di tutti gli altri messi insieme, continuando a centrare ripetutamente i bersagli e sempre sulla testa.

 

“Non saprei, è sempre stato molto bravo con le armi da fuoco.”

“Si beh, meglio stare al largo…”

 

Adrianus parlottò a bassa voce proprio mentre Jude, quasi come se lo avesse sentito, si voltava verso di lui e gli sorrideva appena, sollevando persino una mano per salutarlo.

Inutile dire quanto fosse contento di potergli ricambiare il favore prendendolo finalmente in giro a sua volta…

 

 

“Ma perché non va?”

“Tesoro, forse se togliessi la sicura…”

“Ops. Stasera sono un po’ rimbambita… non so, sarò stanca.”

 

Phoebe si strinse nelle spalle prima di puntare al bersaglio, evitando di far notare ad Isabelle di avere una specie di strana sensazione.  O forse era davvero solamente stanca dopo l’ennesima lunga settimana….

 

“Che hai Bibi? Hai una faccia un po’ tesa…”

“Non so, ho mal di stomaco…. O una cosa simile.”    

 

Un attimo dopo aver parlato l’ennesimo sparo echeggiò nella grande sala… e ancora una volta Phoebe si chiese cosa sarebbe successo se non avessero usato la magia per insonorizzare totalmente quell’area del vecchio maniero: di sicuro non sarebbe stato divertente per gli insegnanti o gli altri studenti svegliarsi a tarda ora per colpa di spari da arma da fuoco.

 

“Cattivo segno?”

“Spero di no… per fortuna non sono una veggente.”

 

“Già, beh… ora che ci penso, gradirei che tu non iniziassi a fare la Cupida della situazione! La prossima volta la borsa la Appelli!”

“Non so proprio di che cosa tu stia parlando…”

“Come no, e io sono la Regina!”

 

                                                                                 *

 

“Beh, è stata una serata veramente lunga… sono felice che sia finita.”

 

Adrianus sorrise con sincero sollievo mentre camminava accanto a Francisca, tenendole un braccio sulle spalle. La ragazza sorrise e alzò gli occhi verdi per guardarlo con aria divertita, trattenendosi dal ricordargli di essere stata più brava di lui alle prese con le armi das fuoco.

 

No, forse Jude aveva già contribuito a sufficienza…

 

“Me ne sono accorta Steb, continuavi a guardare l’ora!”

“Già, non vedevo l’ora che finisse.” 

 

Adrianus annuì, sperando che nell’incontro successivo avrebbero dovuto affrontare prove di intelligenza o simili più che usare armi Babbane. Per lo meno non usavano proiettili veri, quindi nessuno correva il rischio di farsi male… o almeno non troppo.

 

Mathieu e Camila camminavano qualche metro davanti a loro… e quando arrivarono al bivio per i due Dormitori Camila si appoggiò al muro per aspettare l’amica, che si fermò per salutare Adrianus.

 

“Beh, ci vediamo domattina… Sogni d’oro Steb, anche se sei pessimo a sparare io ti apprezzo moltissimo comunque.”

“E meno male!”      Adrianus sorrise mentre la ragazza ridacchiava, strizzandogli l’occhio prima di voltarsi e fare per raggiungere Camila.

 

Tuttavia, prima che Francisca potesse allontanarsi troppo, Adrianus si sporse leggermente e strinse una mano intorno al suo braccio per avvicinarla, sottolineando di pretendere il bacio della buonanotte prima di stringerla in un abbraccio e baciarla.

 

“Oh, ricominciano… lo sanno anche i muri ormai che siete perdutamente innamorati!”

 

Mathieu roteò gli occhi e Camila per tutta risposta lo colpì sul braccio, intimandogli di tacere e di avere maggior tatto mentre Adrianus si staccava dalla fidanzata sbuffando e borbottando che Mat fosse un gran guastafeste mentre Francisca invece sorrideva:

 

“Povero Mat… In effetti è molto tardi, meglio andare o dormire o domani mattina avrò una faccia da zombie.”

“Per me saresti carina lo stesso… ma buonanotte comunque.”   Adrianus le sorrise un’ultima volta prima di darle un bacio sulla fronte e sciogliere l’abbraccio, guardandola avvicinarsi ad una Camila sbadigliante mentre invece Mat lo superava per andare finalmente a dormire.

 

“Ehy, Frankie.”

“Si?”

 

Le due ragazze si fermarono contemporaneamente ed entrambe si voltarono verso di lui, guardandolo in attesa… specialmente Francisca, che gli rivolse un’occhiata carica di curiosità. Ma Adrianus si limitò ad esitare per un istante prima di sorridere e scuotere leggermente il capo:

 

“Niente… vado o Mathieu mi trascinerà con la forza.”

Esatto, datti una mossa o dormo qui sul pavimento!”

 

Le parole del francese fecero ridacchiare sia Camila che Frankie, che prima di voltarsi rivolse un’occhiata incerta in direzione di Steb: chissà cosa stava per dirle…

Forse sarebbe riuscita ad estorcerglielo il giorno seguente, corrompendolo con una fetta di torta alle mele?

 

                                                                              *

 

Continuava a rigirarsi nel letto e guardare periodicamente l’orologio, cercando di ricordare se non esistesse un incantesimi per d’addormentarsi… Forse un sonnifero sarebbe stato l’ideale, ma per sua gran sfortuna lei non era Jude Verrater e non aveva una specie di dispensa privata in camera da letto.

 

Si sollevò, mettendosi a sedere sul materasso sbuffando: non sapeva perché, ma si sentiva un po’ nervosa… continuava risentire squarci di parole, di conversazioni. Rivedeva la lettera di Morgan, sentiva le parole di suo zio, così minacciose e brutali ma sfortunatamente vere…

 

E continuava anche a pensare a Jude, sicura che prima o poi avrebbe saputo tutta la storia… se lo conosceva almeno un po’ di certo lui pensava che non si fidasse, ma la realtà era che non voleva sinceramente metterlo nei guai.

Forse la prima opzione sarebbe stata molto più semplice da gestire.

 

Isabelle allungò una mano per prendere dal comodino l’orologio ticchettante di Al.

Chissà che cosa avrebbe detto o fatto lui…

Nel guardare quell’orologio ripensò a quando Francisca era quasi morta, a tutti i guai che stava causando quella storia… non solo a lei, ma a tutti coloro che la circondavano.

 

Jackson, Etienne, Alexandrine, Alastair… erano morte già quattro persone. Non voleva affatto dover allungare la lista.

 

Ripensò a quando suo zio le aveva posto un limite, minacciando senza veli di uccidere qualcun altro se non lpo avesse rispettato… ma Phoebe, per pura casualità, aveva evitato una tragedia e Francisca non era morta.

Ma era passato un mese ormai… e non era più successo nulla. Perché?

 

Lei non gli aveva ancora dato una risposta… era ancora il suo turno? O il suo tempo era davvero scaduto e la mano era passata a lui?

 

Ripensò a Phoebe, quando le aveva detto di avere una strana sensazione.

In un certo senso le sue parole l’avevano fatta venire anche a lei…

 

Isabelle si disse di non pensarci e di dormire;

Si disse di non rivedere più quei volti nella sua testa;

Si disse di non pensare a sua madre, a dove fosse, a come stesse, a cosa le avessero fatto passare;

Si disse di non pensare a suo padre che non sapeva nulla, vivendo in una bolla che lei stessa aveva creato;

Si disse di chiudere gli occhi e di dormire come se niente fosse, con nessuna preoccupazione, come tante persone erano in grado di fare… eppure lei sembrava essersi dimenticata come riuscirci.

 

Rimise l’orologio di Alastair sul suo comodino, e un attimo dopo la lancetta si fermò definitivamente sul’1, segnando l’una di notte.

Isabelle fece per stendersi di nuovo sul materasso, ma dopo qualche istante si voltò nuovamente verso l’orologio di legno a doppio quadrante… si era abituata a quel rumore, certo, e per questo ne sentì subito l’assenza.

 

La lancetta dei secondi si era fermata: il suo tempo era finito.

Agendo completamente d’istino, Isabelle si alzò dal letto senza nemmeno sapere dove andare o cosa fare esattamente.

 

E poi sentì lo sparo.

 

                                                                                       *

 

“Tesoro!”

 

Si voltò, la fronte corrugata e gli occhi socchiusi mentre cercava di abituarsi a quella strana luce improvvisa… anche se, in un certo senso, quella situazione le era in qualche modo familiare.

 

Un sorriso si fece largo sul suo volto, riconoscendo volto e voce… e quando le si fu avvicinava l’abbracciò, sinceramente felice di vederla.

 

“Mi sei mancata.”     Annuì, mentre gli occhi le si inumidivano.

“Anche tu… non sai quanto.”

 

Si staccò leggermente dalla sua migliore amica, per poterla guardare di nuovo in faccia… Alexandrine Darwin aveva gli occhi lucidi almeno quanto i suoi ma sorrideva, e mai le era sembrata così reale. Non vedeva quel sorriso da tanto tempo, ma all’improvviso le sembrò che quelle settimane non fossero mai passate.

 

In passato, lei le aveva chiesto se fosse morta quando si erano incontrate nella sua testa… ma Francisca non pronunciò di nuovo quelle parole, limitandosi a stringere la mano della sua amica come tante volte aveva sognato di poter rifare.  Non le domandò nemmeno dove fossero… forse non le importava più.

 

Si limitò a seguirla, sapendo che era la cosa giusta da fare.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

……………………………………………………………………………………………………….

Angolo Autrice:

 

Io davvero non so cosa dire. E sono una persona a cui difficilmente le parole mancano…

Lo so, vi dispiace tantissimo, vi assicuro che vale anche per me se non di più. E giuro che non mi è mai dispiaciuto tanto eliminare un personaggio come oggi, avevo persino gli occhi lucidi mentre terminavo il capitolo. Non solo perché l’adoro, ma anche per ovvi motivi, direi.

La solfa è sempre la stessa, non mi dilungo oltre…

 

Buona serata,

Signorina Granger

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Tirando le somme ***


Capitolo 27: Tirando le somme 
 
Domenica 6 Marzo, 4:00 


Mentre percorreva il corridoio continuava a massaggiarsi le tempie, morendo dalla voglia di lasciarsi cadere sul letto e chiudere finalmente gli occhi. 
Aveva sentito lo sparo e si era alzato, fiondandosi fuori dalla sua camera insieme a molti altri… 

In mezzo alla confusione aveva raggiunto il Dormitorio delle ragazze, dove tutti gli insegnanti si stavano affrettando. 
La prima cosa che aveva visto erano state le lacrime di Camila Selwyn-Holt, in pigiama e davanti ad una porta aperta. Mathieu Leroy gli era passato accanto per andare ad abbracciarla, lanciare un’occhiata dentro la camera prima di portare via la ragazza quasi di peso, allontanandola da quello spettacolo. 

Con un tuffo al cuore, si era reso conto con gran sorpresa che la vittima di quella notte non era Isabelle. Ancora una volta aveva preferito lasciarla viva a sguazzare nel senso di colpa e nel vedere gli altri soffrire.

Un colpo d'arma da fuoco… la scuola abbondava di armi, certo. Peccato che le usassero praticamente sempre a pallini, quella sera inclusa. 
Ma forse qualcuno ne aveva modificata una dopo l'incontro, certo. 

Francisca Lothbrock. Logico, in effetti. Non era riuscito ad ucciderla la prima volta e ci aveva riprovato con successo… in camera sua, in piena notte, da perfetto vigliacco. 

Guardò dentro la stanza, vedendo Hamilton in vestaglia parlottare a mezza voce con Oldman e Jefferson. Nessuno aveva impedito ad Adrianus di entrare nella camera, inginocchiarsi accanto a Francisca e prendere tra le braccia il suo corpo minuto. 

Jude guardò quel ragazzo che conosceva da sette anni tenere gli occhi chiarissimi fissi sul viso pallidissimo di Francisca, questa volta senza la minima speranza di vederla riaprire gli occhi e poterla riabbracciare. 
Adrianus aveva gli occhi lucidi mentre con una mano sfiorava i capelli scuri di Frankie, mormorandole parole sconnesse. 


Non era entrato, non gli si era avvicinato. Non era mai stato bravo a consolare le persone sapeva di doverlo lasciare da solo in quel momento.   Si era voltato e si era trovato davanti a Phoebe Selwyn e a Faye Cassel, entrambe praticamente sconvolte mentre Phoebe fissava il corpo della sua compagna di scuola senza proferire parola. 

Poco dopo era arrivato anche Sebastian, che si era avvicinato alle due con sollievo prima di abbracciare sua cugina… e poi aveva chiesto di Isabelle. Faye per tutta risposta aveva accennato al muro, indicando il punto dove la ragazza si era appoggiata con la schiena, immobile mentre fissava la parete di fronte. 

Non era potuto tornare in camera prima di tre ore in realtà, Hamilton aveva voluto parlare con tutti i membri della Night School. 

Sostenendo che l'indomani avrebbero usato anche il Veritaserum, se necessario. 



Jude aprì la porta della sua camera per prendere la bacchetta e tornare di sotto, visto che gli insegnanti avevamo deciso di farli dormire tutti nella Sala da Ballo, sigillando tutti gli ingressi e le finestre.
Peccato che Jude sapeva per certo che quella notte non sarebbe morto nessun altro… no, di certo non avrebbe corso così tanto. 

Era così stanco che quando aprì la porta non si rese subito conto di essere osservato. 
Quasi sobbalzò quando si accorse della figura che era seduta sulla sua scrivania.

“Porco Salazar… mi hai spaventato!” 
“Scusami, ma volevo parlarti.” 

Jude sospirò, certo che sarebbe stata una notte molto lunga… ma non ebbe proprio il coraggio di dire ad Isabelle di non voler parlare con lei. Si chiuse invece la porta alle spalle prima di avvicinarsi alla compagna in pigiama e vagamente stravolta e tremante. 

“Ok… ma mettiti questa. Ti sei fatta una passeggiatina sui tetti con questo gelo, immagino.” 

Le rivolse la sua occhiata più scettica mentre le porgeva la coperta blu piegata ai piedi del suo letto, guardandola annuire prima di sistemarsela sulle spalle:

“Si, beh, come ti ho detto ti devo parlare.” 
“Bene, ti ascolto, anche se vorrei dormire.” 

Jude inarcò un sopracciglio, osservandola senza dire altro e chiedendosi sinceramente che cosa volesse. Isabelle invece evitava di guardarlo, fissandosi i piedi coperti dalle pantofole prima di schiarirsi leggermente la voce:

“Ok… immagino di dovermi scusare con te. Insomma, in un modo o nell'altro ti sei trovato coinvolto in tutto questo ma senza avere nemmeno una certezza.” 
“Non mi hai proprio coinvolto tu Isabelle, sono io che ho sempre ficcanasato.” 
“Vero, ma anche se è strano da dire mi sei stato di grande aiuto. Mi hai salvato la vita, ma mi hai anche cercato di aiutare il mese scorso… e quando Al è morto ti sei preso tu la responsabilità. Grazie. E davvero, non avrei voluto coinvolgerti tanto.” 

Era dannatamente vero, aveva fatto più cose gratis per lei che per qualunque altra persona.
E per quel motivo si dava ripetutamente dell’idiota. 

Isabelle esitò, stringendosi la coperta sulle spalle mentre pensava a cosa dire… perché non era mai stata per nulla brava, dannazione? Quando aveva visto Jude andarsene era partita quasi di corsa per arrivare in camera sua prima di lui senza riflettere, sapendo solo di dovergli parlare. 

“Non vorrei che tu pensassi… che non mi fido di te.”
“Non è un problema, nessuno si fida di me davvero… e come dar loro torto, io per primo non mi fido di nessuno.” 
“Io mi fido di te. Hai fatto così tanto… a volte ho voglia di darti un pugno certo, ma mi fido. Davvero.” 

Una specie di stormo di farfalle stavano svolazzando nello stomaco di Jude, che però si trattenne comunque e rimase impassibile:

“Allora mi dirai cosa devi cercare?” 
“Un libro. Ne avevo già sentito parlare, ma non ci avevo mai prestato molta attenzione… dicono che Orion Callaghan abbia lasciato un manoscritto. Nessuno lo ha mai trovato, e lui era così geloso della sua scuola, della sua magia, dei suoi segreti… insomma, a quanto sembra nessuno lo ha mai trovato, ma probabilmente è qui nascosto da qualche parte. Ma la scuola è… grande. Non so dove sbattere la testa.” 

“Perché tuo zio lo vuole? Che cosa c'è dentro?” 

“Non ne sono sicura, ma pare che Callaghan ci fece una sorta di incantesimo, ora è magico. Sempre che esista, certo. Cercavo sui libri per trovare qualche indizio, ma nemmeno nel Reparto Proibito c'era granché.” 

Isabelle sospirò, continuando ad evitare di guardarlo mentre si passava stancamente una mano tra i capelli sciolti e un po’ arruffati. 

"Sai, se me l'avessi detto subito ti avrei aiutata e forse ora saremmo riusciti a combinare qualcosa… sei la solita testa d’asino.” 
Jude sbuffò, guardandola con lieve esasperazione… o almeno prima che Isabelle si portasse una mano davanti alla bocca, soffocando a fatica un singhiozzo:

“Lo so.” 

Merda 

“No, insomma… non volevo dire che è colpa tua se Francisca… dai, non piangere.” 

Jude si mosse nervosamente verso di lei, chiedendosi cosa fare e perché non facessero dei manuali su come comportarsi in quelle situazioni. La guardò, gli occhi rossi e lucidi e i capelli un po’ arruffati… all'improvviso si chiese come avesse trascorso tutti quei mesi, nella paura costante, nel senso di allerta perenne senza mai confidarsi apertamente con nessuno. 

Il tutto mentre guardava il suo migliore amico allontanarsi da lei e le persone morire per mano di suo zio, con la consapevolezza che la vita di sua madre dipendesse dalle sue azioni e dalle sue scelte. 
Forse era davvero troppo per una persona sola. 

“Dai, Isabelle… puoi tirarmi un pugno se vuoi.” 

Jude le diede una pacca sulla spalla, facendola sbuffare sonoramente: Isabelle alzò finalmente lo sguardo per posare gli occhi su di lui, guardandolo quasi con irritazione:

“Jude! Io sarò anche pessima con le parole ma tu a consolare le persone fai proprio schifo! Non si fa così!” 
“Beh, scusa, non sono esperto! Ti pareva se stavi due minuti senza farmi la predica…” 
“Non lamentarti… e poi si fa così.” 

Isabelle sbuffò e prima di rendersene conto Jude si ritrovò stretto in un abbraccio dalla ragazza, che appoggiò la testa sulla sua spalla e chiuse gli occhi, respirando con sollievo il suo profumo. 
Jude invece sbattè le palpebre, restando immobile per qualche secondo prima di sollevare le braccia e avvolgerle intorno ad Isabelle, stringendo la presa dopo qualche istante. 
Ripensò per un attimo a quando aveva sentito lo sparo, a quando era corso fuori dalla sua camera… certo che avrebbe trovato Isabelle morta. 
Così come al Padiglione, in quel lontano 21 Dicembre… sembravano passati secoli da quella sera, quando aveva trovato quella ragazza vestita di bianco seduta sui gradini, freddissima e sotto shock. 
E anche il 31 Gennaio… quando aveva sentito che Phoebe aveva trovato una ragazza nel Lago praticamente morta. Nessuno aveva saputo dargli una qualche conferma e lui era corso in camera di Isabelle, pregando di trovarla. 

E quando ci era riuscito era stato pervaso da sollievo, così come in quel momento mentre la stringeva, abbracciandola come forse non aveva mai fatto con nessuno in vita sua. 

Buffe, quante volte ormai aveva pensato di trovare quella stessa ragazza priva di vita? Davvero tante. E ogni volta, mano mano che il tempo passava, la paura e il sollievo che seguiva aumentavano. 

Isabelle rimase immobile, non accennando a voler sciogliere l’abbraccio mentre gli circondava il collo con le braccia e Jude sentiva il suo respiro farsi sempre più rilassato e regolare. Strano, al contrario il suo battito cardiaco era decisamente accelerato rispetto alla norma. 


Da quanto tempo qualcuno non lo abbracciava? 
Nei suoi 18 anni di vita Jude aveva avuto spesso la sensazione che le persone volessero il suo aiuto… gli era capito più di una volta, certo, ma era sempre per qualche fine. 
Mentre Isabelle si appoggiava a lui invece ebbe davvero il sentore che lei avesse bisogno di lui… e, ancora meglio, che avesse proprio scelto di fare affidamento su di lui. 

E non perché era Jude Verrater, che sapeva sempre tutto, che non si faceva scrupoli ad indagare, scoprire qualunque cosa, ritorcere i segreti contro le persone… 
No, forse per la prima volta volta qualcuno voleva un contatto vero e proprio con lui. Solo con Jude. 



“Isabelle?”  

Abbassò lo sguardo e un piccolo sorriso gli increspò il volto, certo che lei fosse sul punto di addormentarsi sulla sua spalla. 
Infatti Isabelle spalancò gli occhi e si sollevò di colpo, biascicando delle scuse prima di sfilarsi la coperta dalle spalle:

“Credo di aver davvero bisogno di dormire… vado a prendere la bacchetta.” 
“Ok… ISABELLE DOVE VAI?” 

“In camera mia.” 

Belle si voltò, guardandolo con cipiglio confuso come se non capisse il suo tono quasi allarmato mentre si era avvicinava alla finestra per aprirla e saltare fuori come faceva sempre. 

“E che ne dici di usare il corridoio come tutte le altre persone?”  Jude roteò gli occhi, allungando una mano per chiudere la finestra con un gesto secco. Isabelle fece per ribattere ma lui la battè sul tempo, rivolgendole un’occhiata torva:

“Non dire nulla. Si gela, e poi Francisca è stata appena uccisa, non puoi andare in giro come se nulla fosse! Su, ti accompagno in camera tua.” 

“Ma non mi serve la scorta!” 
“Non protestare, tanto vengo con te lo stesso.” 


                                                                                        *


Phoebe sbuffò, continuando a guardarsi intorno per cercare Isabelle: dov’era? Era praticamente sparita diversi minuti prima… lei era andata nella Sala da Ballo con tutti gli altri, ma di Belle nessuna traccia. 

E poi era preoccupata non solo per l’incolumità della sua amica, ma anche per quello che aveva detto Hamilton. Voleva parlare con tutti i membri della Night School, probabilmente gli ultimi ad aver visto Francisca Lothbrock viva… 

E voleva usare il Veritaserum. Quella Pozione trasparente e inodore sarebbe stata la rovina della sua migliore amica: avrebbe fatto trapelare qualcosa di troppo, Hamilton avrebbe indagato più a fondo… e a quel punto di sicuro l'avrebbe uccisa.
Doveva parlarle, ma dov’era?



Un moto di sollievo la pervase quando vide Isabelle, con i lunghi capelli castani sciolti sulla schiena, la vestaglia aperta e la bacchetta in mano, avvicinarsi alle porte aperte della Sala piena di materassini, cuscino e sacchi a pelo. 
I grandi occhi scuri di Phoebe saettarono su Jude, che camminava accanto alla sua amica tenendole una mano sulla schiena mentre le diceva qualcosa a bassa voce. 

In un'altra situazione si sarebbe avvicinata per lanciare qualche insinuazione neanche tanto velata, ma visto quello che era appena successo e stava per succedere Phoebe raggiunse i due con poche falcate, fermandosi davanti all'amica per dirle qualcosa a bassa voce:

“Eccoti, finalmente. Doveri finita? Anzi, lascia stare, è ovvio che eri con lui… Ciao Verrater. Domani vorranno parlare con noi e utilizzeranno quel maledetto filtro, non penso ti serva che io dica che NON puoi far sapere la verità ad Hamilton.” 

“È quello che le ho detto anche io… non preoccuparti Selwyn, domattina farò un salto in camera mia e darò ad Isabelle un filtro che combatte gli effetti del Veritaserum. Anzi, forse sarebbe meglio se ne prendessimo un po’ anche noi due.” 

“Ok... e dimmi Jude, quale sarebbe esattamente il prezzo di questa gentilezza?” 

Il ragazzo esitò, lanciandole un’occhiata torva prima di guardare di nuovo Isabelle, che lo stava osservando di rimando:

“Van Acker deve assucurarci che starà lontana dai guai, che cercherà di non restare mai da sola troppo a lungo e che la smetterà di tenersi tutto per sè. Lo puoi fare?” 
“Immagino di sì.” 
“Bene. Domani riparleremo di quello che mi hai detto, ma credo che ora abbiamo tutti bisogno di dormire.”


Anche se probabilmente molti non avrebbero dormito affatto.
Jude rivolse un ultimo cenno alle due prima di allontanarsi e andare finalmente a riposarsi… aveva urgente bisogno di riflettere su quanto Isabelle gli aveva detto.
Aveva alcune domande da farle in effetti, ma aveva deciso di lasciar perdere e di rimandare al giorno seguente… una vocina nella sua testa gli suggerì che lui non faceva MAI quelle cose e che si stava rammollendo quando c'erano di mezzo Isabelle Van Acker e i suoi occhi verdi, ma la mandò rapidamente al diavolo e la ignorò. 



“Stai bene?” 
“Abbastanza. Come sta Steb? Mi dispiace così tanto…” 

Isabelle sospirò mentre Phoebe scuoteva il capo, sostenendo che non lo vedeva da un po’. 

La ragazza lanciò un’occhiata in direzione della sorellastra, che era stretta tra le braccia di Mathieu e piangeva in silenzio, scossa dai singhiozzi mentre il ragazzo le accarezzava i capelli senza dire niente, fissando un punto indefinito sul pavimento. 

“Non lo so, ma immagino che sarà un periodo difficile. Sembra che tutti abbiamo perso persone molto importanti quest'anno, vero? Prima Alastair e Bas hanno perso Jackson, poi Francisca ha perso Alexandrine e Mathieu Lacroix… tu hai perso Alastair. E ora Adrianus ha perso Francisca.” 

“Spero che non tocchi anche a te.”   Il mormorio di Isabelle fece sorridere debolmente l'amica, che allungò una mano per prendere quella gelida della compagna:

“Vedrai, andrà tutto bene, alla fine. Sei convinta che alla fine morirai, ma non è detto che debba finire così. Magari avere l'aiuto di Jude è davvero un bell’acquisto. Sai, quest'anno lo sto rivalutando… certo, il fatto che vi facciate gli occhi dolci a vicenda contribuisce, ma comunque…” 

 “Io non faccio gli occhi dolci, a nessuno!” 
“Certo… dai, andiamo a cercare Faye e Bas.” 


                                                                                    *



"Tieni." 

Le porse l’ennesimo fazzolettino e la guardò soffiarsi il naso prima di essere scossa dall’ennesimo singhiozzo. Camila appoggiò di nuovo il capo sulla sua spalla, non accennando a volersi staccare da lui mentre Mathieu sospirava, accarezzandole i capelli. 

“Cami… dai, non piangere. Dobbiamo essere forti per Steb…” 
“Lo so. Ma continuo a… rivederla.” 

L'americana si soffiò di nuovo il naso mentre Mathieu le accarezzava i capelli a caschetto, guardandola in un misto di affetto, tristezza e compassione. 

“Non pensarci. Provaci, almeno. Vuoi stare da sola o vuoi che resti qui?” 
“Non voglio stare da sola.” 

Camila scosse il capo e Mathieu le sorrise con gentilezza, annuendo prima di prenderle una mano e sollevarla per baciarne il dorso:

“Ok. Come vuoi tu. Ma hai le mani e i piedi gelidi Camila, mettiti sotto il sacco a pelo… forse dovrei cercare Adrianus.” 

Camila si stava coprendo con il sacco a pelo scuro quando sollevò il capo di scatto, posando di nuovo gli occhioni da cerbiatta su di lui prima di squittire:

“Vengo anche io!” 
“No, tu stai qui. Non fare storie!” 
“Ma…” 
“Stai qui con gli altri, discorso chiuso.” 

Mathieu fece per alzarsi ma la ragazza lo bloccò, afferrandolo prontamente per un lembo della maglietta del pigiama:

“Per favore. Non voglio stare sola.” 
“Torno subito, non ti preoccupare… dai, dormi un po’.” 


Mathieu le rivolse un debole sorriso, sforzandosi di non apparire troppo triste. Lei gli era stata vicino quando era morto Etienne dopotutto… e anche Adrianus. Ora doveva solo essere forte per tutti. 


Si era appena allontanato e Camila si era appena raggomitolata sotto il sacco a pelo con gli occhi ancora lucidi quando qualcuno le si avvicinò, schiarendosi la voce:

“Ciao. Tutto bene?” 
“Non proprio. Tu come stai?” 
“Sono stata meglio. Mi dispiace per Francisca… insomma, non siamo mai state amiche, ma la conoscevo da quasi sette anni. Mi spiace non aver potuto salvarla un'altra volta.” 

Phoebe sospirò mentre Camila posava gli occhi su di lei, annuendo leggermente:

“Forse era nell'aria da quando è quasi annegata. Vorrei solo che queste morti finissero… non solo perché eliminano delle persone, ma anche perché lasciano nella sofferenza chi rimane.” 

“Già, non so cosa sia peggio. Non so quello che provi per aver perso un'amica e spero di non doverlo mai provare Camila, ma davvero… mi dispiace.” 

“Già, anche a me.” 


                                                                                   *


Sospirò, chiedendosi se fosse stata effettivamente una buona idea. 
Insomma, sì… quella scuola era una grande occasione ed era molto soddisfatto di essere riuscito a superare l’esame.

Ma forse Hogwarts già gli mancava, con quell’atmosfera ormai così familiare… e poi c'era anche suo fratello lì. 
Fece scorrere lo sguardo intorno a sé, tra quelle mura sconosciute almeno quanto i volti che lo circondavano.

Stava andando a cena, o almeno ne era abbastanza sicuro… aveva sistemato le sue cose e poi eccolo lì, dopo aver parlato con il Preside insieme a tutti gli altri nuovi studenti. 
Un paio di ragazzi erano anche andati a presentarsi, entrambi sorridendo allegramente… entrambi alti, uno moro con gli occhi blu e l'altro dai capelli più chiari e gli occhi meni intensi, di un innocuo castano-verde che non mettevano alcuna soggezione. 

Jackson e Alastair, se non ricordava male. 
Alastair… che nomi strani usavano i Purosangue. 

“Ciao. Ti vedo un po’ spaesato… sei nuovo vero?” 

Voltandosi si trovò davanti ad una ragazza dai capelli rossi che gli sorrideva, quasi come se sapesse come ci si sentisse.

“Si vede così tanto?” 
“Io sono arrivata l'anno scorso, riconosco la faccia da “nuovo arrivato”. Alexandrine Darwin, piacere di conoscerti… dall’accento direi che sei da queste parti… vieni da Hogwarts?” 

“Sì. Adrianus Stebbins.” 

La rossa gli aveva sorriso, porgendogli la mano. In effetti non sembrava affatto una ricca, viziata, figlia di papà di cui aveva sentito parlare… magari aveva vinto la borsa di studio come lui, visto che era stata trasferita. A guidare dall’accento fiammingo, probabilmente veniva da Beauxbatons. 

“Questo posto mette soggezione all’inizio, ma ti ci abituerai… e ho scoperto che non tutti quelli che sono qui per ereditarietà sono male. Ehi, Frankie! Vieni, ti presento uno dei ragazzi nuovi…” 

Adrianus si voltò verso la persona a cui si era rivolta Alexa, trovandosi davanti ad una ragazza minuta, dai capelli castani e da luminosi occhi verdi posti su un viso pallido e dai lineamenti delicati, quasi con le sembianze di una bambolina. 

“Adrianus, lei è la mia amica Francisca. È qui per diritto familiare, ma è uno zuccherino.” 

“Ciao. Benvenuto alla Cimmeria.”


Francisca gli sorrise, porgendogli timidamente la mano. Ma non fece in tempo a stringerla di rimando perché riaprì gli occhi, trovandosi di nuovo catapultato in Infermeria, seduto davanti al corpo pallido e immobile, senza vita di Frankie Lothbrock. 

Avevano deciso di lasciare il corpo lì fino al mattino, aspettando per dare la notizia alle madre della ragazza.
E lui non aveva intenzione di muoversi da lì. 

La fissava, come un mese prima… solo che quella notte non nutriva alcuna speranza di poterla riabbracciare, di poter sentire di nuovo la sua voce o di poter guardare ancora quegli occhi verdi che aveva tanto adorato, trovandoli fin da subito luminosi e sinceri, incapaci di mentirgli… proprio come lei. 

Deglutì, avvicinandosi leggermente con il busto alla ragazza. Aveva gli occhi chiusi e il volto rilassato, sembrava quasi che stesse dormendo… se non fosse stato per il pallore, certo. O per la brutale ferita al fianco che le aveva macchiato di sangue il pigiama, anche se ora l'avevano cambiata e sistemata.


Così ingiusto 
Perché proprio lei? 

Sbattè le palpebre più volte per non piangere, mentre un fiume di ricordi dilagava nella sua mente, riportandolo ai milioni di momenti che avevano condiviso… da amici, ma anche di quando si era finalmente deciso a dimostrarle quello che provava. 
Mai come in quel momento si pentiva di averci messo tanto a rendersi conto di quanto fosse importante per lui la sua piccola, adorabile, buffa Frankie.


“Mi mancherai. Non immagini quanto piccola…” 

Già, così ingiusto.
Tra tutti, perché lei? Così dolce. Così innocente.
Con così tante altre cose da dire. 

E anche lui aveva ancora tante cose da dirle, come di amarla, per esempio. 


“Salutami Alexa, spero che ora tu la possa rivedere… Ma ti prometto che quando metterò le mani addosso a chi ti ha portata via da me, lo mando dritto all’inferno. Senza magia, proprio come ha fatto con te. Hai la mia parola, amore.” 


                                                                               *



“Come stanno le ragazze?” 
“Così e così, volevo salutarti prima di andare a dormire. A cosa stai pensando?” 

Faye si avvicinò al cugino, parlando a bassa voce per non svegliare chi stava già dormendo intorno a loro. Il ragazzo si limitò a stringersi nelle spalle, senza dilungarsi troppo in spiegazioni:

“Niente di che. Speravo solo che dopo Al le morti sarebbero finite. Mi dispiace per Francisca.” 
“Anche a me… per Adrianus, soprattutto. Poverino.” 

Faye sospirò, passandosi una mano tra i capelli scuri mentre Bas annuiva, ripensando con un velo di amarezza a quando, mesi prima, si era divertito a provarci spudoratamente con Frankie solo per irritare Adrianus Stebbins.
Sembrava tutto così lontano, così diverso. E ora quella ragazza non c'era più, era morta. 

Così, in un battito di ciglia. 

“Non è giusto.” 
“No, non lo è. Ma possiamo farci qualcosa?” 
“Scopriranno chi c'è dietro Faye. In caso contrario, prima o poi lo farò io… qualcuno pagherà, prima o poi.” 

Le persone continuavano a soffrire e non era giusto. Lui stesso, certo, ma anche Isabelle… e Francisca, che ora era morta. È Mathieu, Adrianus, Camila… anche Alastair aveva sofferto per Jackson, per la lontananza di Isabelle.
Sembrava che quell'anno tutti dovessero avere la loro parte di sofferenza… e voleva che finisse in fretta.

Dopotutto erano solo ai primi di Marzo. C'era ancora tutto il tempo del mondo per farli sguazzare ancora nel dolore più atroce prima del Diploma. 
O peggio, per farli fuori uno alla volta. 


                                                                                  *


Domenica 6 Marzo, 16:00



“L'ho già data anche ad Isabelle… bevila prima di entrare e farti fare qualche domanda. Dovrebbe impedire al Veritaserum di farti parlare a sproposito.” 

Phoebe annuì, prendendo la boccetta che Jude le porgeva prima di alzare gli occhi sul volto del ragazzo, impassibile e quasi indecifrabile. Gli rivolse comunque un debole sorriso, non riuscendo a trattenersi dal dirgli qualcosa QUASI a cuore aperto:


"Sai Jude… quest'anno mi stai molto più simpatico.” 
“Vorrei poter dire lo stesso… anche se devo smettere che ti trovo migliorata. Forse conoscere tua sorella non ti ha fatto male…” 
“Si, beh… dico sul serio, non sei lo stronzo opportunista è diffidente che pensavo. O forse lo sei, solo non tanto come credevo. Fatto sta’ che apprezzo molto quello che stai facendo.” 

“È solo un filtro Selwyn…” 
“Non parlo di questo, lo sai.” 

Jude non disse nulla, non volendo ammettere che la ragazza aveva perfettamente ragione: già, non si riferiva a quello… lo sapeva. 

“Non ha importanza.” 
“Certo che ne ha… fidati di me Jude, tu le piaci. Le sei sempre piaciuto in effetti, ma da qualche mese le cose hanno preso una piega… diversa. E se questo vuol dire vederla stare meglio, sorridere di più e essere più sincera tanto meglio.”


Jude abbozzò un sorriso, sentendosi quasi più leggero per qualche secondo prima di tornare alla solita malinconia di sempre, scuotendo leggermente il capo:

“Te l'ho detto… non ha importanza. Non ho mai pensato che qualcuno potesse interessarsi a me se non per chiedermi qualcosa, non vedo perché iniziare ad illudersi ora. Comunque sia… bevi questo e basta.” 


Non aveva nessuna voglia di parlare ancora di Isabelle o peggio ancora di “sentimenti”… non con la sua migliore amica, decisamente. Così si limitò a girare sui tacchi per allontanarsi da Phoebe, il capo chino, le mani infilate nelle tasche e lo sguardo assorto fisso sul pavimento.

Lei invece sorrise, seguendolo con lo sguardo quasi con aria divertita: non sapeva se trovarlo quasi tenero… strano, associare Jude Verrater all'aggettivo “tenero” le risultava quasi impossibile. 


                                                                                *


“Ehy… come va? Non ti ho trovato ieri sera. Ti hanno già chiamato?” 
“Sono stato il primo.”     Adrianus non battè ciglio, continuando a guardare fuori dalla finestra… c'era la madre di Francisca giù, nel cortile. Le somigliava davvero molto… ed era decisamente giovane per avere una figlia di 18 anni. 

Francisca gli aveva accennato al fatto che sua madre l'avesse cresciuta da sola, al fatto che lei non avesse idea di chi fosse suo padre… sua madre l'aveva avuta solo un anno dopo il Diploma alla Cimmeria e sapeva per certo che fossero state sempre molto legate. 

Provò a pensare a come si sentisse anche lei… e non riuscì nemmeno ad immaginarlo. 

Distolse gli occhi chiari dalla finestra ma ancora non li posò su Mathieu, che continuava ad osservarlo senza dire nulla, con leggera preoccupazione.
Non sapeva come si sentiva… certo, aveva perso Etienne. Ma era diverso. 

“Non ti hanno trattenuto molto, vero?” 
“No. Insomma, solo un pazzo penserebbe che io possa centrare. Ora chi c'è?” 
“Cami. Spero non la pressino, era già molto giù di corda…” 

Mathieu sbuffò leggermente, spostando nervosamente il peso da un piede all'altro mentre aspettava che Camila ricomparisse. 
Aveva anche tentato di imbucarsi e restare con lei anche dentro l'ufficio di Hamilton, ma non ne avevano voluto sapere di farli entrare insieme… dovevano solo sperare di non averla tartassata di domande. 

“Eccovi qui… sono felice di vedervi.” 

Sentendo la voce della ragazza entrambi si voltarono, ma Adrianus rimase immobile e in silenzio accanto alla finestra mentre Mathieu si mosse verso l'americana, guardandola con lieve preoccupazione:

“Ciao… come va? Sei stata dentro un bel po’.” 
“Non la finivano più…” 

“Come si permettono di romperti le scatole in un momento così? Dove è finito il rispetto… ora vado a fare un discorsetto ad Hamilton!” 
“Ma dove vai, torna qui!” 

Camila sbuffò, prendendolo per un braccio e impedendogli di andare a protestare, facendo in modo che il ragazzo sbuffasse e basta contro l’insensibilità delle persone. 

“Ok, va bene… ma va meglio? Ieri sera eri a pezzi.” 

Mathieu si rivolse di nuovo all'amica, che annuì debolmente. In effetti si sentiva un po’ in imbarazzo per tutte le lacrime che aveva versato e per il modo in cui gli era rimasta abbracciata addosso come un koala per ore, dormendo persino accanto a lui. 

“Si, meglio. Tu Steb? Come stai?” 
“Non lo so. Ma grazie per il supporto.” 

Adrianus spostò di nuovo gli occhi sul vetro della finestra, ma il silenzio durò per un attimo: poi si ritrovò stretto dall’abbraccio di Camila, seguita per presto anche da Mathieu. 

In effetti lo stavano soffocando, ma non si oppose neanche un po’… Forse ne aveva bisogno, in effetti. 


                                                                               *


Libro nascosto 
Orion Callaghan 
Lo cercano
Lo vogliono 
Libro 
Dove? 
Scuola
 


Gemette a mezza voce, massaggiandosi le tempie e cercando di alleviare il male di testa che sentiva: era chiuso lì dentro da un bel po’, cercando quelle maledette informazioni che sembravano schifosamente introvabili.
Dove dovevano cercare? 

Si appoggiò completamente allo schienale della sedia e chiuse gli occhi, prendendosi la testa tra le mani mentre implorava il male di testa di andarsene e non tornare per un bel po’. 
La morte di Francisca, la preoccupazione, la sua famiglia… avrebbe dovuto occuparsi dei loro “affari” in effetti, ma non ce la faceva proprio a gestire tutto in una volta. 

Troppe cose a cui pensare.


Quando sentì due mani sfiorargli delicatamente le spalle e massaggiargliele si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, continuando a tenere gli occhi chiusi mentre una voce decisamente familiare gli solleticava le orecchie, parlando a mezza voce:


“Hey, Jude, non essere pessimista… prendi una canzone triste e rendila migliore. Non portare il peso del mondo sulle tue spalle…” 

“Oh, questa mi mancava… quando è stata l'ultima volta in cui ti ho sentito canticchiarla? Il primo giorno di scuola?” 
Jude aprì gli occhi, sollevando lo sguardo e trovandosi così davanti al sorriso di Isabelle, che annuì:

“Si, penso di sì.” 
“Ormai la odio, questa canzone. E non credo che l'ordine dei versi fosse quello…” 
“No, è vero, ma sembravi così concentrato… come se tenessi davvero un grande peso sulle spalle. Era più inerente.” 

Isabelle si strinse nelle spalle, ricordando quando, l'anno prima e quello prima ancora, si divertiva a prendere in giro il ragazzo canticchiando quella canzone speso e volentieri. Sua madre adorava la musica Babbana e quando aveva conosciuto per la prima volta un ragazzo con quel nome non era riuscita a resistere.

Jude invece sbuffò leggermente, puntando gli occhi davanti a sé con aria torva, sul libro che stava leggendo e che gli aveva fatto venire l’emicrania:

“Che razza di scelta… proprio con quel nome, dovevano scriverla? Detesto il mio nome.” 

Già, a volte odiava suo padre per averlo chiamato così… insomma, chi chiamava il proprio figlio con il nome del traditore più famoso della storia? 
A parer suo, quel nome non gli aveva mai lasciato scelta. E non se lo sarebbe mai dimenticato, quelle lettere erano sempre lì, marchiate persino sulla sua pelle per far sì che non dimenticasse chi era. 

“A me piace. È particolare… come te.” 
“Grazie per aver sottolineato che sono strano Isabelle.” 
“Non ho detto strano.” 

Isabelle si strinse nelle spalle e per un attimo i due rimasero in silenzio, limitandosi a guardarsi a vicenda mentre Jude registrava quello che lei aveva appena detto: davvero le piaceva il suo nome? 

Forse era strana anche lei, infondo. 

“Si, beh… com’è andato l’”interrogatorio”?” 
“Peggio di quello che mi hai fatto tu mesi fa? Di sicuro non sarebbe stato possibile… bene, credo. Grazie per il filtro, comunque. E anche per averlo dato a Phoebe, non vorrei passaste dei guai per quello che sapete.’ 

“Sbaglio o stai parlando al plurale?” 
“Certo. Insomma, te l'ho detto. Mi fido di te, non vorrei che pagassi per l'aiuto che mi stai dando. E lì non c'è nulla, comunque… ci ho già provato.” 

“Troveremo una risposta Isabelle, vedrai… prima o poi ci arriveremo. Io ottengo sempre quello che voglio.








………………………………………………………………………………………………………
Angolo Autrice:

Buonasera… no, decisamente non mi aspettavo di aggiornare così presto, anche perché avrebbe avuto la precedenza un'altra storia… ma sono stata spinta come da una calamita a scrivere di nuovo qui, ho così tante idee nella testa che non so dove metterle e questo capitolo si è quasi scritto da solo in appena un paio d'ore. 
Non so di preciso quanto manchi alla fine della storia, ma credo che siamo alle battute d'arresto della trama vera e propria – nel senso che tutto il quadro non si concluderà agli sgoccioli della storia e dell'anno scolastico… non a Giugno per intenderci – e che da qui in avanti i capitoli saranno abbastanza densi… non tutti magari, certo, ma a grandi linee sarà così. 
Devo dire che scrivere questo capitolo è stata una specie di sofferenza, non mi ero resa conto di quanto mi sarebbe dispiaciuto per Frankie… peccato non poterla far resuscitare. 
Questa sta davvero diventando una specie di edizione degli Hunger Games, quindi prego che Frankie stata stata l'ultima… si perché io di storie su quel fandom ne ho già scritte, e non ne ho altre in programma, in effetti.

Direi che è meglio concludere qui, vi auguro una buonanotte… ci sentiamo tra qualche giorno con il seguito, e a chi non ha recensito lo scorso capitolo dico solo di non preoccuparsi visto che ho aggiornato a gran rapidità. 

Signorina Granger
 

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Cercando risposte ***


Ed eccomi di nuovo qui! Ultimamente ho messo il turbo… beh, tanto meglio! 
Allora… in questo capitolo compaiono solo tre OC. State tranquille, non vuol dire che gli altri subiranno una morte atroce nel seguito… ma avevo bisogno di scrivere un capitolo solo con loro, anche perché essendo molto frammentato è un po’ particolare. 
 
Beh, buona lettura! 
 
 
 
 
Capitolo 28: Cercando risposte 
 
 
Mercoledì 9 Marzo, 22:00 
 
 
 
Si fermò davanti alla porta e bussò frettolosamente, impaziente di parlare. 
Venne aperta quasi subito, ma l'accoglienza fu diversa da come se l'era immaginata: Isabelle lo guardò con gli occhi carichi di sorpresa prima di guardarsi intorno con lieve preoccupazione:
 
“Che ci fai qui?” 
“Ti devo dire un paio di cose. Mi fai entrare o devo stare qui fuori come un cretino?” 
“Veramente… ok, ma facciamo in fretta.” 
 
Isabelle sospirò e si spostò per farlo passare, chiudendogli in fretta la porta alle spalle. 
Ci mancava solo che suo zio arrivasse con Jude presente… non era affatto una buona idea. 
 
“Sembri nervosa e sorpresa di vedere me Isabelle… aspettavi qualcun altro?” 
“Può essere. Che cosa devi dirmi?” 
 
Jude esitò mentre sedeva sulla sedia davanti alla scrivania, osservandola per un attimo prima di parlare:
 
“Come già sai ho passato la giornata chiuso in Biblioteca… Quello che cerchi è un libro giusto? Appartenuto direttamente a Callaghan. Ieri notte hai detto che ci fece un incantesimo… puoi essere più precisa?” 
“Non ne sono sicura Jude, come ti ho detto sono più che altro… storie. E tutte le dicerie che circolano su di lui, di come fosse intelligente, egocentrico e molto geloso di tutto ciò che era suo… il libro non è mai stato trovato, almeno non si è mai saputo, immagino che debba averlo nascosto molto bene. Ma questa era casa sua, quindi chiunque conosca la storia ipotizza che sia qui… non so di preciso che cosa possa fare quel libro Jude, mio zio non me l'ha esplicitamente detto… ma lui sa qualcosa.” 
 
“Come fa a saperlo? Ha studiato qui?” 
“Si. Mia madre ha studiato a Beauxbatons… ma mio zio, suo fratello più grande, è stato mandato qui. Immagino sia stato così perché era l'unico figlio maschio e questa scuola è molto prestigiosa. Conosce schifosamente bene la scuola.” 
 
Jude annuì, ripensando per un attimo al Ballo: l'aveva visto ballare in effetti… quel valzer così caratteristico. Per forza aveva studiato alla Cimmeria se lo conosceva così bene. 
 
“Isabelle. Devo chiedertelo… tuo zio lavora da solo? O magari per conto di qualcuno?” 
“Non ne ho idea. Davvero, non lo so.” 
 
Isabelle scosse il capo e Jude annuì con amarezza: ancora non aveva dea se ci fosse davvero la sua famiglia, specialmente sua nonna, dietro a tutto quanto… dopotutto quella donna gli rendeva la vita impossibile da sempre, non sarebbe stato troppo strano scoprire che c'era lei dietro a tutto quanto.
Ma allo stesso tempo… perché prendere di mira Isabelle e non lui allora? 
Suo zio aveva anche fatto domande su di lui… quindi non sapeva chi era, non aveva relazioni con la sua famiglia? O invece era tutto il contrario e l'aveva fatto solo per non far sorgere sospetti? 
 
“Fantastico… che bella situazione. Come hai fatto a non impazzire in questi mesi?” 
“Non è stato di sicuro facile… a volte è difficile anche alzarmi dal letto. Ma continuo ad aggrapparmi al dover agire per evitare che le persone continuino a morire. E dopo quello che è successo a Francisca devo trovare quel libro in fretta.” 
 
 
“Lo troveremo. Tuo zio non ha idea di dove possa essere? Niente di niente?” 
“Immagino di no, altrimenti lo prenderebbe da solo… usa me perché sono interna alla scuola. E se mi scoprissero suppongo che lascerebbe che la colpa ricada su di me. Alla fine ne uscirò danneggiata in ogni caso.” 
 
 
Isabelle sospirò, abbassando lo sguardo ed evitando di dire al ragazzo di tutti i sogni che faceva dove le sembrava sempre di avere la risposta davanti a lei, ma troppo in alto perché potesse afferrarla. Si sentiva così… stupida. 
 
Per un attimo fu tentato di dirle che avrebbe cercato di fare in modo che ciò non accadesse, ma si morse la lingua e decise di tacere, preferendo guardandosi semplicemente intorno. Gli occhi del ragazzo caddero sulla scrivania di Isabelle e in particolare sul suo album da disegno. 
 
“È da un po’ che non lo vedo in giro…” 
“Si, beh, ho avuto altro a cui pensa- Jude, no!” 
 
Isabelle si mosse verso di lui, ma sfortunatamente la curiosità del ragazzo lo aveva già spinto ad aprire l'album per dare un’occhiata si suoi disegni. 
“Dammelo! Sono cose personali!” 
“Io sono un maestro ad invadere la privacy altrui, infatti.” 
 
Isabelle sbuffò e si sporse per riprenderlo, ma disgraziatamente la presa di Jude era piuttosto solida e non riuscì a strapparglielo di mano. Aveva appena iniziato a considerare l'idea di prenderlo e atterrarlo con un calcio come aveva imparato a fare l'anno prima quando vide Jude bloccarsi, gli occhi eterocromatici fissi su un paio di disegni che, beh… lo raffiguravano. 
 
Non disse niente, restando immobile per un attimo prima di voltarsi verso di lei. Isabelle invece sbuffò e approfittò della sua distrazione per riprendersi il quaderno, piuttosto rossa in volto.
 
“Perché mi hai disegnato?” 
“Non lo so, immagino che mi servisse un bersaglio per giocare a freccette.” 
 
La ragazza sbuffò e gli diede le spalle per andare verso la porta, mentre un piccolo sorriso si faceva largo sul volto di un Jude improvvisamente un poco allegro. E non solo per l'ironia della campagna, certo. 
 
“Se non hai altro da dirmi, credo sarebbe meglio che tu vada…” 
“Sei una vera esperta a scappare Isabelle Van Acker… ma non lo puoi fare per sempre, lo sai?” 
 
Jude sorrise, guardandola quasi con aria divertita mentre si fermava davanti a lei, sulla soglia della camera. 
Isabelle non disse niente, continuando ad evitare di guardarlo in faccia. Anche quando lui allungò una mano, sistemandole distrattamente una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio. 
 
“Stasera verrà qui tuo zio?” 
“Penso di si… infatti dovresti sparire, non è una buona farti trovare qui.” 
“Immagino che – stranamente – tu abbia ragione. Buonanotte Van Acker… se hai bisogno sai dove trovarmi.” 
 
 
“Buonanotte.” 
“Comunque utilizzando la mia faccia quello sarebbe il più bersaglio per le freccette di sempre…” 
“Te ne vai o no?” 
 
 
                                                                                          *
 
 
Devi dormire 
Chiudi gli occhi e dormi
Conta le pecore
Non pensarci 
 
Sbuffò, dandosi dell'idiota da solo mentre si alzava e iniziava a misurare la sua camera per la terza volta da quando era tornato in camera sua. 
Continuava a pensare ad Isabelle, al fatto che molto probabilmente in quel momento fosse con suo zio… moriva dalla voglia di sapere cosa stesse succedendo, cosa si stessero dicendo.
Forse era anche un po’ preoccupato, ma continuava a ripetersi che non le avrebbe fatto nulla, che lei gli serviva.
Lo sperava, almeno.
 
 
Intanto quelle maledette farfalle svolazzavano ancora, dandogli una strana sensazione… quasi di nausea. 
 
Forse avrebbe dovuto ammazzarle in qualche modo…
Sbuffò e si infiló di nuovo sotto le coperte, ripetendosi che era ora di dormire. 
 
Ma poi ripensò a quei disegni. E ad Isabelle che si preoccupava per lui, in qualche modo… ripensò a quando la notte precedente gli aveva detto di fidarsi di lui e lo aveva persino abbracciato. 
Ripensò a Phoebe, a quello che in qualche modo gli aveva fatto capire…
 
Forse infondo una piccola speranza ce l'aveva? 
 
 
Smettila! 
Si trattenne dal prendersi a sberle da solo per togliersi quel sorriso beota dalla faccia. 
Stava diventando ridicolo… 
 
Basta, ora dormi! 
 
 
                                                                                  *
 
 
 
Venerdì 11 Marzo 
 
 
Adrianus fece per replicare ma le parole gli morirono in gola quando Francisca gli allacciò le braccia intorno al collo, appoggiando il capo contro il suo prima di parlare di nuovo:
 
“Sebastian lo fa apposta Steb, si diverte... te l'ho detto, non c'è niente tra di noi.” 
“E allora spiegami le sue continue allusioni, mi irritano.” 
 
Adrianus sbuffò mentre quasi senza volerlo circondava la vita della ragazza con un braccio per non farla scivolare, fulminandola con lo sgaurdo quando la vide sorridere con aria divertita:
 
“Secondo me sei geloso Steb.” 
“Te lo ripeto, non sono geloso! O forse un pochino si, non lo so.” 
 
 
“AHIA!” 
Le pupille di Frankie si dilatarono quando realizzò CHI aveva appena atterrato, inarcando un sopracciglio come se non capisse:
“STEB? Cosa ci fai qui? … Oddio, ma perché mi devi sempre venire a trovare quando sono appena svegliata e in condizioni pietose?” 
In un batter d'occhio Francisca si era alzata, allontanandosi da lui e lasciandolo con il braccio dolorante e indolenzito.
“Da quando sei diventata un ninja? Ma perché l'hai fatto? E perché non riesco a muovermi…” 
“Scusami, ma stavo facendo un sogno dove un branco di rapinatori mi inseguivano… beh, se tu avessi bussato non sarebbe successo, maleducato!”  Frankie sbuffò, mettendosi le mani sui fianchi e quantomeno provando a fare l'arrabbiata, anche se ovviamente Steb rese vano ogni suo tentativo:
“Non ti volevo disturbare, ma volevo venire a salutarti…” 
Adrianus sfoggiò gli occhioni da cucciolo, parlando con un tono vagamente grave che la fece sorridere, gongolando leggermente:
“Ah si? Ti mancavo?” 
“No. Mi mancava il tuo pigiama con le nuvolette.” 
 
 
 
“Ehm… ciao Frankie.” 
“Steb? Sbaglio o ultimamente tu giri spesso da queste parti?” 
“Si, beh, ti cercavo.”   Frankie inarcò un sopracciglio, guardando il ragazzo andarle incontro con un paio di lunghe falcate, fermandosi davanti a lei guardandola dall'alto in basso, gli occhi chiarissimi che lasciavano trapelare un po' di nervosismo:
“Davvero? Che cosa c'è?” 
“Beh… negli ultimi giorni non ti ho vista perché stavi male e non ti volevo disturbare. Perciò te lo chiedo solo ora… ti va di venire con me al Ballo?” 
 
 
 
Voltandosi, la prima cosa a cui Adrianus pensò furono le parole di Camila, capendole: in effetti anche lui e Frankie si erano accidentalmente vestiti praticamente abbinati, visto che il vestito della ragazza riprendeva sulla gonna il grigio.
Francisca sorrise debolmente, alta praticamente quanto lui grazie ai tacchi e guardandolo con lieve nervosismo:
“Ciao… scusa se ci ho messo tanto, ma Camila non mi mollava più.” 
 
Adrianus però non le rispose subito, limitandosi a guardarla senza dire niente per qualche istante mentre un secondo pensiero si faceva strada nella sua testa… ovvero che era indubbiamente bellissima.
 
“Beh, visto il risultato ha fatto ben- cioè, volevo dire… sei molto bella Frankie.” 
Adrianus piegò le labbra in un sorriso, risvegliandosi dal momentaneo stato di trance in cui era caduto e allungando una mano per prendere quella della ragazza, sollevandola leggermente per sfiorarne il dorso con le labbra. 
“Grazie. Anche tu.” 
Frankie si trattenne dal scappare e sbattere la testa ripetutamente contro il muro mentre invece Adrianus sfoggiò un sorriso divertito, strizzandole l'occhio prima di offrirle teatralmente il braccio:
 
“Mi permette?” 
 
“Ma certo… anzi, ne approfitto per chiederti se sei disposto a prendermi al volo se dovessi inciampare… sai, con queste scarpe non si sa mai quando si tratta di me.” 
“Tranquilla, ti tengo io.” 
 
 
 
“Steb? Dì qualcosa, per favore.” 
Francisca sospirò, sedendosi accanto al ragazzo che teneva gli occhi fissi con ostinazione sul pavimento, senza muoversi di un millimetro o dire qualcosa. Adrianus era rimasto fermo ad osservare il corpo dell'amico morto, con la gola brutalmente mozzata, per qualche minuto prima di rientrare senza dire niente. Francisca, impegnata a discutere con Camila e Mathieu di quanto successo, ci aveva messo qualche minuto a capire che era tornato dentro.
 
“Adrianus… mi dispiace. Davvero. Ma parlami, per favore.” 
 
Francisca sospirò, allungando una mano per metterla su quella del ragazzo che alzò gli occhi di riflesso, voltandosi lentamente verso di lei. 
Francisca sperò che dicesse qualcosa, che le rispondesse… le sarebbero andate bene persino delle lacrime, ma Adrianus restò in silenzio., gli occhi grigi fissi nei suoi.
Si limitò a scostare la mano dalla sua, spostandola per metterla tra i capelli castani di Frankie: si sporse verso di lei e appoggiò le labbra sulle sue, baciandola dolcemente.
Quando si staccarono Frankie sbattè le palpebre, chiedendosi se non fosse nel pieno di un’allucinazione… ma poi posò gli occhi su quelli chiarissimi di Adrianus e trovandoli leggermente lucidi smise di pensarci, capendo che aveva davvero bisogno di lei in quel momento.
Sospirò e sollevo una mano per accarezzargli i capelli castani prima di abbracciarlo, lasciando che lui appoggiasse la testa contro la sua.
 
“Mi dispiace, Steb… Ma andrà tutto bene, vedrai. Insomma, ci sono sempre io. E non vado proprio da nessuna parte.” 
Una lieve risata uscì dalle labbra del ragazzo, che le sorrise prima di prenderle il viso tra le mani, guardandola con gli occhi grigi ancora lucidi:
 
“Ti conviene, Francisca. Non azzardarti a farti ammazzare, ho bisogno di te.” 
 
 
 
“Frankie, ciao… mi sei mancata.”
Senza esitare lui l’abbracciò, mentre la ragazza mormorava che anche lui le era mancato e diventava, manco a dirlo, di una lieve tonalità di rosso.
“C’è qualcosa che non va? Mi spiace di non averti scritto molto durante le vacanze, ma avevo bisogno di… riflettere.”
Il ragazzo si staccò nel notare quanto Frankie fosse insolitamente silenziosa e anche un po’ rigida, osservandola con lieve curiosità mentre la ragazza si torturava nervosamente le mani, guardandosi i piedi.
“No, va tutto bene.”
“Frankie, andiamo. Che cosa c’è?”
Francisca esitò e Adrianus fece per tornare al tavolo per riprendere il libro mentre aspettava che parlasse, sentendo la sua voce come affrettata e nervosa, come se non vedesse l’ora di pronunciare quella determinata frase:
“Beh, ecco… Ci ho pensato e volevo dirti che quando mi hai… beh, quando è successo eri ovviamente sconvolto, forse poco lucido. Quindi se ti sei pentito o per te non è significato niente non è un problema, davvero, lo capisco.”
Frankie tirò quasi un sospiro di sollievo per aver finalmente detto quelle parole ad alta voce, certa che si sarebbe sentita sollevata… ma quando Adrianus si voltò verso di lei e la guardò come se fosse una pazza cambiò idea, desiderando solo di sprofondare nel pavimento:
“Come scusa?”
“Beh, insomma… capisco se hai agito solo d’impulso e vuoi fare finta di nient-“
“Oh, per l’amor del cielo. Ma come ti vengono certe idee, me lo spieghi?”
Adrianus sbuffò e le si avvicinò quasi a passo di marcia, osservandola con una punta di irritazione.
Francisca fece per replicare ma si zittì quando il ragazzo la prese per i fianchi, incollandosela al petto e chinandosi per baciarla quasi avidamente, in modo molto diverso rispetto a quando l’aveva fatto la prima volta.
Quando si staccarono lui le sorrise, sollevando un sopracciglio mentre continuava a tenerla stretta tra le sue braccia, con le mani di Frankie sulle sue spalle:
“Ti basta? Hai finito di dire cretinate?”
“Io non dico cretinate, poteva anche essere che quando mi avevi baciata non eri del tutto lucido e non avresti voluto farlo sul serio.”
“Oh, per favore, vieni qui... mia piccola, adorabile, sciocca Frankie.”
 
 
 
“E poi… menta, forse anche rugiada.” 
“Altro?” 
“C'è qualcos’altro, in effetti… non so, è strano ma credo che sia torta di mele.” 
 
Francisca sfoggiò un’espressione confusa per qualche istante, mentre invece un sorriso piuttosto ampio si faceva largo sul volto di Adrianus. Poi a Frankie si accese come una lampadina, portandola a voltarsi istintivamente verso di lui mentre l’ex Corvonero aveva già allungato le mani per prenderle il volto, fregandosene improvvisamente dell'essere in classe mentre la baciava. 
 
 
 
Aprì gli occhi e solo qualche istante dopo realizzò cosa avesse sognato… oltre a tutto quello che era successo solo un paio di giorni prima.
Senti una specie di incudine piombargli sullo stomaco e rimase immobile, per niente deciso ad alzarsi da letto. 
 
No, non aveva nessuna voglia di andare a lezione… 
Sospirò e si rigirò per sprofondare con il viso sul cuscino, cercando di non continuare a pensare a tutta quella carrellata di ricordi. 
 
Era quasi ironico… quando Alexandrine era morta Francisca non era quasi uscita dalla sua camera per tre giorni interi… e lui era andato da lei, alla fine, per cercare di consolarla e starle vicino. 
Ora quello distrutto era lui… peccato che lei non potesse ricambiare il favore, ormai.    
 
 
Si, quella situazione era di un’ironia davvero crudele.
 
 
                                                                                         *
 
Morgan Shafiq Image and video hosting by TinyPic
 
 
“Non sei riuscito a scoprire nient’altro?” 
“No tesoro… mi dispiace.” 
 
“Ne sei sicuro? Qualcosa cosa sia, devo dirmelo. È importante.” 
 
Isabelle si passò una mano tra i capelli, cercando di controllarli visto il leggero vento che tirava mentre passeggiava insieme a Morgan Shafiq. 
 
“Isabelle… Un tuo compagno di scuola non si chiama Verrater di cognome? Perché mi hai chiesto informazioni sulla sua famiglia? È successo qualcosa?” 
“No… è solo… Sai, è sempre molto riservato, schivo sul suo passato o sulla sua vita fuori da qui. Vorrei saperne di più per sapere cosa aspettarmi.” 
 
“Non credo che Alastair me ne abbia mai parlato… vuoi saperne di più perché non ti fidi? Davvero Isabelle, se c'è qualcosa che non va dovresti dirmelo. Non voglio perdere anche te.” 
 
“Stai tranquillo zio… non c'è nulla che non va. Ma sei sicuro di non aver trovato altro? Quando ero piccola eri il mio super eroe in grado di muovere mezzo Regno Unito…” 
 
Isabelle sorrise mentre lei e Morgan si fermavano, ricordando quando da piccola lo vedeva davvero come un super eroe. Ci aveva messo del tempo a capire davvero che lavoro facesse, ma da bambina lo vedeva solo come qualcuno che con una lettera o con una chiacchierata riusciva a smuovere chiunque. 
 
“Lo so. Credo di avere ancora, da qualche parte, il disegno che mi hai fatto dove mi indichi “super zio Morgan”.” 
“Ti prego, non farlo vedere a nessuno, ho una reputazione da difendere.” 
 
L'uomo rise prima di allungare le braccia e stringerla a sé, lasciando che appoggiasse il capo sul suo petto come faceva da quando era piccola. Alastair spesso non trovava un punto d'incontro con lui, ma Isabelle aveva sempre avuto un legame molto speciale con il suo padrino.
 
 
“Sai qual è la cosa per cui mi dispiace di più? Non sono mai riuscito a chiarire davvero con lui… non ho mai capito perché si ostinasse tanto a contrastarmi.” 
“Non lo so… su questo non l'ho mai capito nemmeno io. Ma ti voleva bene zio, davvero. E poi hai sempre la tua fantastica figlioccia!” 
 
“Testarda come un mulo, orgogliosa, sveglia, sarcastica, impertinente… sei bella come tua madre, ma la somiglianza finisce qui. Sei molto più forte di lei.” 
 
“Spero che tu abbia ragione zio… e grazie per essere passato a salutarmi.” 
 
 
Gli sorrise con sincera gratitudine, lieta di poter avere a che fare con qualcuno di esterno a quella scuola, a quello che stava succedendo… qualcuno che la conosceva da sempre e che la faceva sentire a casa.
Qualcuno che le ricordava tanto Alastair. 
 
Nessuno dei due si era mai accorto di quanto si somigliassero, troppo occupati a discutere su tutto. 
 
 
                                                       
“Tornando da Londra ho pensato di passare… se dovessi trovare qualcosa su quello che mi hai chiesto ti informerò, promesso.” 
“Sei sicuro di non avere nient’altro? Ti conosco zio. Quando menti muovi la bocca come faceva Al.” 
 
“C’è qualcosa… ma prima voglio cercare più a fondo de esserne assolutamente sicuro.” 
 
Isabelle lo osservò con attenzione, chiedendosi a cosa si stesse riferendo… ma sapeva anche che se aveva deciso di non dirle nulla non sarebbe mai riuscito a smuoverlo. Da piccola ci aveva provato molte volte usando gli occhi dolci, e non era mai riuscita a far cambiare idea a quell'uomo. 
 
 
                                                                                   *
 
 
Sentendo bussare alla porta era andato ad aprire trascinandosi verso l’uscio, non avendo nessuna voglia di sorbirsi qualche compagno di scuola che gli chiedeva qualche favore…
Quando però si trovò davanti a lei rimase di stucco, guardandola sfoggiare un debole sorriso:
 
“Ciao!”
“Sentiamo, che vuoi?” 
“Che accoglienza… vengo in pace, infatti ti ho portato questi.” 
 
Isabelle sorrise, porgendogli un contenitore cilindrico di porcellana bianca con disegni azzurri. 
“Emh… che cosa sono?” 
 
 
Jude aprì il coperchio con aria sospettosa, guardando il mucchio di cialde che conteneva.
 
“Stroopwafel.” 
“CHE?” 
“Sono dolci olandesi… dentro c'è caramello. Me li ha portati oggi mio zio e ho pensato di fare un atto buono e di darli a te.” 
 
“Come sei gentile… Ripeto: che cosa vuoi?” 
“Jude, smettila! Io non sono come te, non mi faccio viva solo quando ho bisogno di qualcosa!” 
 
Isabelle sbuffò mentre entrava nella camera, superandolo e ignorando la sua espressione vagamente divertita:
 
“Se lo dici tu… quindi sei venuta qui solo er chiacchierare con me?” 
“Circa… allora Sherlock, hai qualche idea su dove possiamo trovare il libro? Mio zio diventa sempre più pressante.” 
 
“Sei sicura di non avere nemmeno un'idea, nemmeno un minimo indizio?” 
“Non lo so.” 
 
Isabelle sbuffò, sedendosi sulla scrivania e ripensando a tutti quei sogni, a Jackson che sosteneva che la risposta fosse ovunque, intorno a lei. Forse stava cercando troppo a fondo, la strada da seguire era più in superficie?
 
 
“Secondo me sai molto più di quanto pensi.” 
 
Jude si avvicinò a sua volta alla scrivania, appoggiandocisi contro e incrociando le braccia al petto mentre, come Isabelle, teneva gli occhi fissi sulla porta, pensando. 
 
Rimasero in silenzio per qualche istante finchè lui non parlò di nuovo, rompendolo:
 
“Sai… c'è una cosa che vorrei chiederti. Quando ti ha avvelenata con l’Arsenico, prima che Sebastian bussasse alla tua porta… quando probabilmente pensavi che stessi per morire. Insomma, com’era? A cosa pensavi?” 
 
“Pensavo a tutte le persone che erano già morte… a come tutti parlino della morte come qualcosa di spaventoso, una specie di tabù. E pensavo che forse non era poi così male, che almeno sarei uscita da una situazione pessima.” 
Isabelle si strinse nelle spalle e Jude non disse niente, pensando a sua volta alla morte: lui come avrebbe reagito in quella situazione? Lui, che da sempre vedeva la morte come un’inevitabile destino che però andava evitato il più a lungo possibile. 
Lui, che ne era terrorizzato anche se difficilmente l'avrebbe ammesso. 
 
 
“Non so se lo sai Jude… ma Jackson aveva paura di morire. Ci pensava spesso, diceva che era tremendo avere un destino comune ed inevitabile, senza però sapere quando sarebbe arrivato. Io penso che fosse per questo che viveva in quel modo, evitando le regole assiduamente e facendo sempre e solo quello che voleva. Penso reputasse la vita troppo breve per non godersela…” 
“Ironico. La sua è stata davvero una vita breve.” 
“Già. Tristemente ironico.” 
 
 
“E tu cosa pensi Isabelle? Tu hai paura della morte?” 
“Un anno fa forse avrei detto che si, un po’ mi spaventa… ma forse ormai neanche tanto. L'ho sempre detto anche a lui… non ha senso passare la vita a temere la morte, perché dove ci siamo noi non c’è lei, e dove c'è lei noi cessiamo di esistere.” 
 
 
Jude sorrise debolmente, chiedendosi se sarebbe mai stato in grado di pensarla in quel modo. Probabilmente no.
 
“Da quando sei diventata così saggia Isabelle?” 
“Che dici, io sono sempre stata tremendamente profonda… Stai ridendo per caso?” 
 
 
                                                                                   *
 
 
 
Domenica 13 Marzo
 
 
“Sai, mi fa piacere vedere che hai finalmente messo il naso fuori dalla tua camera… anche se solo per chiedermi i compiti, certo.” 
 
“Si, beh, non posso stare chiuso lì dentro per sempre, dopotutto.” 
 
Adrianus si strinse nelle spalle, abbassando lo sguardo mentre invece Jude sorrideva appena, annuendo con un cenno del capo:
 
“Direi di no. Aspetta, vado a prendere Trasfigurazione, credo che Le Faut debba ancora restituirmeli da ieri!” 
“Fammi indovinare, glieli hai fatti copiare in cambio di qualche preziosa informazione.” 
“Come mi conosci ormai… torno subito.” 
 
 
In un batter d'occhio Jude era uscito dalla sua camera, lasciando solo Adrianus. L’ex Corvonero sospirò e finì col sedersi sulla sedia davanti alla scrivania, facendo vagare gli occhi chiari su ciò che vi era sopra. 
 
C'era uno dei preziosi quaderni neri di Jude, ma non provo nemmeno ad aprirlo: lì dentro annottava di tutto, ma ci aveva già provato e non ci aveva capito nulla, era tutto scritto in un’assurdo codice che probabilmente solo lui conosceva. 
Ad attirare l'attenzione del ragazzo furono anche i suoi album da disegno… già, sapeva che gli piacesse disegnare, ma non aveva visto molti suoi lavori… non negli ultimi tempi almeno.
Prese il primo e lo aprì, curioso di vedere che cosa disegnasse il suo compagno…
 
Dentro vi trovò di tutto, dai paesaggi della Cimmeria a dei cadaveri. Riconobbe Jackson… e poi ce n'era un altro.
Si accigliò leggermente, prendendo un disegno tra le mani: non aveva senso…
 
C'era un corpo, legato per i piedi, appeso a testa in giù… era vestito elegantemente e aveva la gola mozzata. Alastair, presumibilmente. 
Ma il contesto… sembrava fosse dentro il Padiglione. 
 
Ma Jude non aveva forse detto di averlo trovato davanti all'entrata? E poi una figura attirò la sua attenzione. C'era qualcuno seduto sui gradini del padiglione, il capo chino… ma la riconobbe comunque, non ci voleva un genio per capire di chi si trattasse. 
 
Adrianus si accigliò leggermente ma cambiò pagina, chiedendosi che significato avesse quel disegno… avrebbe potuto chiederlo al suo proprietario, ma di certo avrebbe glissato. Forse poteva rivolgersi ad Isabelle… non sapeva perché, aveva sentito una strana sensazione guardando quell'immagine. 
 
Fortunatamente non trovo alcun disegno di Frankie o del suo cadavere, anche se un paio di schizzi rappresentavano effettivamente lei… insieme a lui. Si guardò sorridente mentre la teneva sulle ginocchia e sentendo un doloroso troppo in gola girò pagina, sorridendo appena nel vedere più disegni raffiguranti la stessa persona. 
 
C'era Isabelle vestita come al Ballo, Isabelle che si teneva la testa con la mano, cercando di ascoltare una lezione… l'aveva raffigurata di profilo o con il capo appoggiato sulle braccia sul banco a lezione, con i capelli lunghi che le sfioravano il viso. 
 
C'era anche un disegno che la raffigurava vestita di nero e con un fioretto in mano, durante un incontro…
E poi l'ultimo, forse il più bello. Era seduta su una sedia, davanti ad una scacchiera..
Ma dall'altra parte del tavolino non c'era nessuno, solo un posto vuoto. 
Isabelle guardava i suoi pezzi, i bianchi, come se stesse pensando alla mossa successiva… 
Sullo sfondo, incombeva un enorme orologio che occupava tutto il disegno, scandendo il tempo della partita. 
 
 
Adrianus chiuse l’album e lo rimise al suo posto, perfettamente consapevole che forse Jude non sarebbe stato molto contento di trovarlo a guardare i suoi disegni… in compenso però aveva appena capito per chi il ragazzo si fosse preso una cotta colossale. 
 
Effettivamente, si ritrovò a giudicarla la scelta più ovvia per lui. 
 
          
Adrianus sospirò, tamburellando con le dita sul ripiano di legno mentre continuava a guardarsi intorno… dopo aver posato gli occhi sul violino di Jude si concentrò su uno dei cassetti della scrivania, chiedendosi cosa mai potesse tenerci dentro un tipo come lui. Dire cosa nascondesse era difficile, poteva trattarsi di tutto o di niente. 
 
Lo aprì di un paio di centimetri, chiedendosi se il compagno tenesse davvero una specie di mini-dispensa di filtri in camera sua… e trovando effettivamente un mucchio di fialette non seppe se ridere o sbuffare, dicendosi che era decisamente da lui.
Stava per richiuderlo quando venne attraversato da un pensiero… e incapace di resistere frugò leggermente tra le piccole fiale, cercando una Pozione in particolare. 
 
Nel trovarla deglutì a fatica, tirando fuori la boccetta dal cassetto mentre la osservava: si, il colore era proprio quello… l'aveva preparata solo una volta ma se la ricordava benissimo.
Quasi senza pensarci la stappò, e l’avvicinò al suo naso quasi con timore. 
 
 
Libri, torta di mele, il profumo che sentiva sempre dentro le serre… e poi il muschio bianco. 
 
Deglutì di nuovo e si allontanò lentamente la fialetta di Amortentia dal viso per rimetterla di nuovo al suo posto, dentro al cassetto. 
Sentiva ancora il muschio bianco… sentiva ancora il suo profumo. Si passò una mano tremante tra i appelli mentre puntava gli occhi sul vetro della finestra, certo che sarebbe andata così ancora per molto tempo. 
 
 
                                                                                     *
 
 
Lunedì 14 Marzo 
 
 
 
“Passano diverso tempo insieme, dici?” 
“Assolutamente… parlano parecchio. Credi che possa davvero sapere più del dovuto?” 
 
“Può essere. Anche se, riflettendoci, forse non è poi una cattiva idea… se l'aiuta a prendere il libro, alla fine ci fa un favore.” 
 
Annuì distrattamente, gli occhi fissi sulla finestra della camera di Isabelle. Era vero, poteva anche essere un fattore positivo… ma potevano controllare Isabelle. Non lui. 
 
“Certo, ma non mi piace comunque… Forse se messa ancora più sotto pressione farà più in fretta.” 
“Pensi di uccidere qualcun altro? Una delle sue amiche?” 
“No Travers, non ancora… aspettiamo. Intanto potremmo solo farla sentire di nuovo sola, la conosco e so che va in crisi quando si sente oppressa e completamente sola. Ricordarle che deve farlo lei. Facciamo in modo di allontanarli un po’… recuperami la lettera di Shafiq.” 

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Fidati di me ***


Capitolo 29: Fidati di me

 

 L'amore senza una completa fiducia diventa una triste oscurità densa di errori e incomprensioni

Giovedì 17 Marzo

 

Si passò una mano tra i capelli lisci, guardando l’immagine che lo specchio le restituiva.

Dopo qualche istante – in effetti non sapeva da quanto fosse dentro il bagno – allungò una mano verso la bacchetta.

La strinse tra le dita e riportò gli occhi sullo specchio, guardando i suoi capelli colorati in parte di rosa e in parte di viola. Proprio come ad inizio anno, in effetti.

Si sfiorò la frangia e poi sospirò prima di sollevare il braccio, pronta a colorarsi i capelli per la centesima volta… anche se era abbastanza sicura che fosse la prima volta in cui sceglieva quel colore.

 

                                                                                    *

 

“Sono io o i giorni stanno passando con il freno a mano?”

 

Faye sbuffò, aprendo la porta dell’aula di Incantesimi quasi con sollievo: le ore avevano iniziato a non finire mai, ormai passava gran parte delle lezioni con gli occhi fissi sull’orologio.

“No, non è solo una tua impressione… e probabilmente tutto quello che è successo non aiuta.”

 

Phoebe sbuffò, passandosi stancamente una mano tra i capelli scuri mentre si trascinava verso l’aula di Trasfigurazione insieme a Faye, Sebastian e Isabelle.

Peccato che quest’ultima avesse la testa visibilmente da un’altra parte e non avesse aperto bocca per tutta l’ora appena passata in classe.

 

“Io non capisco come possano ostinarsi a fare finta di niente… Credono davvero che non ci rendiamo conto di quello che succede, che non ci facciamo domande?”

Sebastian sbuffò, maledicendo mentalmente anche suo padre: aveva provato più volte a contattarlo, a chiedergli che cosa stesse succedendo ai piani alti… ma niente, non voleva dirgli nulla.

Faye annuì con la stessa espressione seccata stampata in faccia mentre si sistemava la borsa sulla spalla, prendendo in seria considerazione l’idea di darsela a gambe e scappare dalla lezione di Jefferson.

 

“O pensano che siamo degli idioti o ignorano tutto e basta… Insomma, speravo che almeno a NOI avrebbero detto qualcosa!”

“Forse non sanno quasi niente nemmeno loro, quindi si limitano a comportarsi come se non stesse succedendo nulla davanti a noi.”

 

La voce di Isabelle giunse alle orecchie dei tre forse per la prima volta dopo diversi minuti e Sebastian si voltò verso di lei, guardando la compagna quasi con una nota speranzosa nella voce:

“Il padre di Al non ti ha detto niente?”
“Non vuol dirmi niente sugli ultimi incontri del Consiglio, dice che non è giusto caricarmi di un peso che non mi spetta…”

 

Se solo avesse saputo…

Isabelle scosse leggermente il capo, cercando di non pensare o sentirsi in colpa per mentire anche a Morgan Shafiq. Ma non voleva farlo preoccupare e cacciare nei guai anche lui… aveva già perso suo figlio dopotutto.

Phoebe rivolse all’amica un’occhiata scettica, morendo dalla voglia di chiederle a cosa stesse pensando… ma non poteva, non davanti agli amici.

 

“Faye, puoi andare a prenderci un posto per favore? Possibilmente abbastanza infondo e non proprio davanti allo sguardo da falco di Jefferson… Devo andare in bagno. Isabelle, accompagnami.”

“Non ho mai capito perché le ragazze vanno in bagno in gruppo…”

 

“Perché nel bagno le ragazze spettegolano, Bas… lì abbiamo la certezza che nessuno verrà a disturbare. Su, andate.”

 

Phoebe fece cenno ai due cugini di precederle in aula e Faye sorrise, sapendo che l’amica aveva ragione, prima di prendere Sebastian sottobraccio e andare insieme a lui verso l’aula.

 

“Fammi indovinare Bibi, non devi affatto andare in bagno.”

“No, ma dobbiamo parlare… e come ho detto, lì di sicuro nessuno ci disturberà.”

 

Phoebe prede l’amica per mano e iniziò a trascinarla con decisione verso il bagno, imbattendosi in un Jude dall’arai annoiata che rivolse alle due un’occhiata accigliata:

 

“Dove state andando?”
“Con il tuo permesso, andiamo in bagno Verräter… vuoi seguirci anche lì per caso?”

 

Phoebe roteò gli occhi e lo superò senza tanti preamboli, mentre Isabelle si lasciava sfuggire una risatina di fronte alla faccia di Jude, che scosse il capo e borbottò che nemmeno lui avrebbe origliato una conversazione nel bagno delle ragazze.

 

                                                                                *

 

“Allora Bibi, che c’è?”

“A cosa stai pensando Belle? Sei un po’ pensierosa oggi… che cosa succede?”

 

Phoebe si voltò verso l’amica, appoggiandosi al lavandino e inarcando un sopracciglio, osservandola con un’aria inquisitoria che fece sorridere Isabelle perché in netto contrasto con la sua figura minuta.

 

“Beh… non trovo più la lettera di Morgan. Quella dove mi parlava della famiglia di Jude. Forse tutta questa storia mi sta facendo diventare paranoica e in realtà è solo in mezzo ad uno dei miei disegni… non lo so Bibi, ho paura che possa averla presa qualcuno.”

“Ma nessuno sa della sua esistenza a parte me, te, tuo zio e Morgan… E io di sicuro non l’ho presa, Morgan nemmeno… Ma non capisco, perché tuo zio dovrebbe rivolerla?”

“Non lo so. Ma lo conosco, e dopo tutto quello che è successo non sono mai sicura di nulla… nemmeno io capisco perché potrebbe rivolerla, non c’era scritto niente di esageratamente privato o che potesse tornargli utile. Ma come ho detto… non si può mai sapere.”

 

Isabelle sbuffò leggermente, chiedendosi che cosa potesse avere in mente. Non lo vedeva da qualche giorno, ma una vocina nella sua testa le suggeriva che era in mano sua… e l’idea non le piaceva, non sapeva perché.

 

                                                                                         *

 

“Smettila di guardarmi così.”

“Scusami… stai bene, in realtà. Solo che… beh, è una strana novità.”

 

Mathieu sfoggiò un piccolo sorriso, osservando i capelli di Camila ancora con aria vagamene stralunata: era davvero strano vederla con i capelli anche solo di un singolo colore… specialmente se era quello.

 

“Mi piace cambiare, lo sai.”    Camila si strinse nelle spalle, continuando a prendere distrattamente appunti mentre Mathieu osservava i suoi capelli con un’espressione incerta, come se trovasse la sua scelta davvero strana.

Di sicuro era inconsueta rispetto al solito… e non era l’unico a pensarlo, quando l’americana era entrata in Sala da Pranzo molti l’avevano guardata con sorpresa.

 

Probabilmente nessuno aveva mai visto Camila Selwyn-Holt con i capelli, di solito molto vivaci e colorati, tinti completamente di nero.

 

                                                                                  *

 

Come stai?

Tutto bene?

 

Era davvero stanco di sentire sempre quelle domande… ma le persone continuavano a porle. Anche suo fratello, in via epistolare… e lui non sapeva più come rispondere, nemmeno a lui che probabilmente lo conosceva meglio di chiunque.

Perché proprio non sapeva come stesse… Aveva smesso di andare in giro per la scuola con una faccia da funerale, aveva smesso di stasera in silenzio per la maggior parte del tempo e anche di starsene chiuso in camera… ma la tristezza, la malinconia, l’avevano abbandonato?

No, proprio per nulla. E continuava a pensare a Francisca ogni giorno, finendo col chiedersi che cosa avrebbe detto o fatto lei in determinate situazioni.

 

A lezione di Trasfigurazione aveva fissato pigramente il suo rotolo di pergamena quasi senza scrivere nulla, Jude aveva dovuto dargli una sonora pacca sulla schiena per riportarlo alla realtà e ricordargli che era in classe. E si era reso conto che non gli importava neanche granché…

 

Aveva quasi sorriso, amaramente, quando aveva alzato lo sguardo sul Vicepreside… all’improvviso si era ricordato di tutte le volte in cui aveva riso insieme a Francisca e ad Alexandrine, aveva sorriso pensando alla forte antipatia che la sua Frankie aveva nutrito per quell’uomo, a tutte le volte in cui gli aveva fatto il verso o che l’insegnante l’aveva fulminata con lo sguardo.

Chissà se a lui dispiaceva per la dipartita di Francisca Lothbrock… ma Adrianus sapeva che anche se era sempre piuttosto scontroso, poco loquace e tremendamente pignolo infondo gli dispiaceva per la sorte tanto triste e ingiusta di una ragazza con cui aveva avuto a che fare per più di sei anni e mezzo, nel bene o nel male.

 

 

Se ne stava seduto da solo, fissando pigramente il piatto vuoto che aveva davanti agli occhi.

Sapeva che intorno a lui molti compagni di scuola gli lanciavano occhiate, provando quasi compassione per quel ragazzo in genere sorridente e loquace che aveva perso così brutalmente la sua ragazza.

 

“Mangiare da soli è molto triste Steb… e anche non mangiare. Coraggio…”

 

Si voltò nel sentire la familiare voce di Isabelle, guardandola sedersi accanto a lui e piazzandogli senza tante cerimonie una buona dose di pasta nel piatto. Adrianus però non ci fece caso, continuando a guardare la compagna e ripensando a quello che aveva visto nella camera di Jude… i disegni che la raffiguravano… specialmente quello dove compariva anche Alastair.

 

Lei ricambiò il suo sguardo, rivolgendogli un piccolo sorriso… gli disse così che le dispiaceva per quello che stava passando.

 

“Io… ovviamente non so che cosa provi, ma ho perso anche io una persona molto cara. Credo di sapere come ti senti Steb e davvero, mi dispiace.”

“Passerà?”

“Non del tutto. La tristezza sì, la malinconia… quella no. Credo che continuare a chiedersi cosa farebbe quella persona, rivivere dei momenti… credo che sia normale.”

 

Adrianus annuì, restando in silenzio per qualche secondo prima di parlare di nuovo, dicendo finalmente a voce alta qualcosa a cui pensava già da qualche giorno:

“Jude ha trovato Alastair davanti all’ingresso, vero?”

 

“Penso di sì. Così ha detto… perché me lo chiedi?”

Isabelle si accigliò leggermente, osservando il ragazzo con lieve nervosismo: non e avevano più parlato… né con Phoebe né con Jude. Hamilton non aveva più insistito e Isabelle aveva quasi dimenticato la bugia di Jude a riguardo. Quasi, certo.

Ma perché Adrianus glielo domandava dopo quasi tre mesi?

Quattro mesi… all’improvviso sentì un fastidioso groppo in gola formarsi insieme alla consapevolezze che fossero già passati tre mesi… tre mesi senza Alastair, non era mai successo prima di allora.

 

“Ho solo… visto un disegno di Jude parecchio interessante, qualche giorno fa. Ritraeva Alastair morto, credo. Aveva la gola mozzata, giusto?”

“Sì.”

Non pensarci

 

“Ma nel disegno era appeso a testa in giù… nel Padiglione, credo. Strano, non trovi?”

“Conosci Jude da più tempo di me Steb… ha una fervida fantasia e un grande amore per le storie assurde. Probabilmente ha solo romanzato la vicenda.”

 

Si strinse nelle spalle, cercando di risultare il più naturale possibile… ma Adrianus continuava a guardarla attentamente e si ritrovò costretta a sospirare, parlando a mezza voce:

 

“Non mi va di parlare di Al Adrianus. Vorrei smettere di pensarci.”

“Che cosa ricordi di quella sera? Della sua morta, intendo, non prima.”

 

“Poco. Non ero molto… in me.”

“Già… me lo ricordo. Non piangevi, ma eri molto pallida. Quasi sotto shock, oserei dire.”

“Si, beh, non capita tutti i giorni di trovare il tuo amico d’infanzia con la gola mozzata, ti pare?”

 

Isabelle inarcò un sopracciglio, parlando con un velo di studiata ironia mentre continuava ad osservare Adrianus di rimando, sapendo di non poter distogliere lo sguardo.

Il ragazzo esitò per un attimo ma poi annuì, parlando comunque con una nota dubbiosa nella voce:

 

“Per fortuna, direi di no.”

 

Ma era davvero bastata quella visione per ridurla in quello stato?

Non lo sapeva… non ci aveva mai riflettuto troppo sopra, ma dopo quel disegno era cambiato qualcosa nella sua testa.

 

“Del resto… perché Jude dovrebbe mentire per te e finirei quasi nei guai per questo? Infondo lui non fa mai niente per niente, giusto? Per decidere di coprirti dovresti aver fatto qualcosa per lui.”

“Adrianus, io e Jude non siamo “in combutta”.”

 

“Non lo so Isabelle, ‘è qualcosa che non mi torna… se si trattasse di qualunque altra persona non capirei proprio, ma trattandosi di te sarebbe anche plausibile.”

 

Era stata anche avvelenata, poche settimane prima… forse Isabelle era davvero più coinvolta di quanto pensasse.

 

“Isabelle… non ti voglio accusare di niente, davvero. Ma se sai qualcosa, per favore, vorrei saperlo.”

Lo sapeva… Isabelle lo guardò, leggendo negli occhi grigi di Adrianus tutto il risentimento, la frustrazione che vedeva anche in quelli di Sebastian... Forse anche nei suoi, guardandosi allo specchio.

 

L’impotenza, il non poter far nulla.

Sapeva come si sentiva, e le dispiaceva… forse sarebbe stato giusto che lui sapesse, ma non poteva.

 

“Non so niente che tu non sappia, Adrianus. Davvero… non fare affidamento su un disegno. Chiedi spiegazioni a Jude, se proprio ci tieni.”

“Credo che lo farò, sì.”

 

Adrianus annuì, appuntandosi mentalmente di farlo: dopotutto non aveva poi molto altro da perdere… tanto valeva approfondire la questione che, non sapeva perché, gli ronzava fastidiosamente nell’orecchio.

Isabelle si limitò ad annuire, sforzandosi di risultare il più indifferente possibile mentre si alzava, sapendo di non dover insistere: non voleva che anche lui scoprisse tutto… non voleva che uccidesse anche lui.

 

“Beh, buona fortuna, carpire informazioni dalla persona più sibillina del mondo non è impresa facile. Ci vediamo dopo Steb… ma mangia, ok?”

Adrianus annuì, guardandola allontanarsi per raggiungere Faye e Phoebe.

Poco dopo distolse lo sguardo e sentì un paio di mani stringergli le spalle:

 

“Finalmente! Era ora che ti decidessi a mangiare decentemente.”  

 

Camila spuntò accanto a lui, rivolgendogli un sorriso prima di abbracciarlo. Intuì che si stava sforzando di non sembrare triste a sua volta soltanto per cercare di sollevargli il morale e ricambiò debolmente il sorriso, annuendo leggermente:

 

“Si, beh… non vorrei subire di nuovo la tua predica.”

“Bravo. Ma dov’è Mat? Mathieu, vieni qui! A volte mi sento una baby-sitter…”

 

Camila sbuffò e Adrianus non riuscì a non sorridere mentre l’ormai familiare borbottio di Mathieu arrivava anche alle sue orecchie:

 

“Smettila Cami, ero proprio dietro di te!”

Ah sì? Non me n’ero accorta… Scusa. Dai, non fare quel muso, lo sai che ti voglio bene e che senza di te sarei perduta…”

“Ruffiana.”

“Forse un pochino.”

 

Mathieu roteò gli occhi mentre prendeva posto accanto ad Adrianus, lanciando un’occhiata scettica in direzione dell’americana: non riusciva ancora ad abituarsi ai suoi capelli neri, era più forte di lui… c’era qualcosa che stonava.

 

“Cami… ti prego, torna colorata come prima. Mi sembri un’altra persona!”

“Tipo chi?”

“Non so… ma di sicuro non sei tu. E sono sicuro che Steb è d’accordo con me.”

 

Mathieu gli rivolse un’occhiata molto eloquente e l’ex Corvonero seppe di non avere assolutamente scelta: così annuì, guardando la ragazza con affetto prima di parlare.

“E’ vero Cami… con i tuoi capelli portavi sempre allegria con te. E credo che ora ne abbiamo bisogno.”

Sorrise e seppe di aver fatto c’entro nel momento in cui Camila annuì, sospirando leggermente:

“Va bene, visto che me lo chiede Steb lo farò.”

 

“Ah, quindi io non conto niente, buono a sapersi!”

“Non essere geloso Mat, voglio bene anche a te!”

 

                                                                                       *

 

Sbuffò mentre saliva le scale per tornare in camera sua, praticamente esausto dopo una giornata fin troppo lunga… e la chiacchierata con Adrianus di certo non aveva contribuito.

Aveva visto quel disegno, quindi…. Ma era sicuro che Isabelle non volesse fargli sapere la verità e aveva dovuto trovare una scusa bella e buona, sostenendo che si fosse solo lasciato prendere dall’immaginazione per una situazione alquanto pittoresca.

 

Non gli era sembrato di averlo convinto parecchio, ma almeno non aveva insistito. Sapeva però che non avrebbe lasciato perdere, di certo non ora che Francisca era stata uccisa… avrebbe fatto di tutto per scoprire la verità.

E non poteva nemmeno biasimarlo, in effetti.

 

Aprì la porta della sua camera per lasciarci la borsa e poi, magari, passare a salutare Atropo per riposarsi un po’. Lasciò come suo solito la borsa sulla sedia e lanciò un’occhiata ai suoi album, appuntandosi mentalmente di far sparire qualche disegno compromettente.

 

L’occhio gli cadde inevitabilmente sull’unica cosa che risultava fuori posto: non avrebbe mai potuto non accorgersene, lui che pianificasva e organzizava sempore tutto.

C’era una busta sulla sua scrivania… ma era stata aperta.

Il suo primo pensiero fu che suo padre gli avesse scritto e che qualcuno l’avesse letta… immediatamente allungò la mano per prendere la busta, ma si accorse rapidamente con sollievo che l’emblema sulla ceralacca non era lo stemma della sua famiglia.

La girò, chiedendosi perché quella lettera fosse lì… a maggior ragione visto che non era stata indirizzata a lui.

 

No… era per Isabelle Van Acker, quella lettera. Mandata da Morgan Shafiq.

Aggrottò la fronte, chiedendosi che cosa stesse succedendo. Isabelle l’aveva lasciata lì? Ma perché non darla a lui di persona se voleva che lui l’avesse?

 

Per una attimo pensò di cercarla e chiederlo direttamente a lei, dicendosi che forse leggerla senza sapere nulla non era una buona idea… ma in fin dei conti lui era pur sempre Jude Verräter, curioso ai limiti dell’inverosimile. E di certo quella lettera non era arrivata lì volando, per caso.

 

Tirò fuori la lettera dalla busta e si accorse immediatamente che non era recentissima, era stata scritta diversi giorni prima. Quindi Isabelle l’aveva già letta? O qualcuno l’aveva intercettata? Perché la busta non era sigillata, ergo da qualcuno doveva essere stata aperta per forza.

 

Continuando a capirci ben poco lesse quanto scritto da un uomo che conosceva solo di vista, ma che sapeva conoscere molto bene Isabelle.

Dopo solo un paio di righe si ritrovò a sgranare gli occhi… e l’orrore aumentò a dismisura mentre andava avanti.

Si alsciò scivolare sulla sedia quasi senza rendersene conto, mentre le parole davanti a lui vorticicavano nella sua testa.

 

Perché?

Perché stava leggendo quelle cose?

 

Improvvismanete capì perché quella lettera era suylla sua scrivania… ma l’idea che potesse averla messa lì Isabelle svanì dalla sua testa: no, era assolutamente impossibile che fosse stat lei. Di certo non glie l’avrebbe mai mostrata.

 

Deglutì a fatica mentre si passava nervosamente una mano tra i capelli neri, ignorando il lieve tremore che aveva colpito il suo braccio.

Non era possibile… non poteva essere vero.

 

Guardò la data: erano passati giorni. Che cosa poteva aver impedito a Shafiq di scriverle ancora? Di scriverle altro, quello che non doveva assolutamente sapere.

 

Gli occhi di Jude saettarono alle prime righe, leggendo con preoccupazione e disgusto crescente quelle parole che gli rimasero tristemente impresse nella mente.

Come mi hai chiesto, ecco cosa sono riuscito a scoprire sulla famiglia Verrater…

 

Come mi hai chiesto

 

Scattò in piedi quasi senza rendersene conto, uscendo dalla sua camera quasi di corsa e con la lettera sempre in mano.

 

Perché?

Le parole continuavano a tornargli in mente, immaginandosi persino Isabelle che scriveva al padrino per chiedergli quelle informazioni su di lui, sulla sua famiglia.

Perché?

 

Mi fido di te, Jude, davvero.

La vide sorridergli, sfiorargli le spalle con le dita. Gli sembrò come di sentire di nuovo quell’abbraccio, lei che gli assicurava che sì, si fidava di lui.

 

Deglutì mentre la vista gli si annebbiava leggermente, continuando a camminare quasi a passo di marcia.

 

Perché?

Perché non gli andava mai bene nulla?

Per una volta… ci aveva davvero iniziato a credere, che lei si fidasse. Che gli si fosse persino affezionata in qualche modo.

Forse voleva davvero il suo aiuto e basta. Forse era come tutti gli altri.

 

 

Raggiunse il Dormitorio femminile prima di rendersene conto… e la vide uscire dalla propria camera. Accelerò il passo e quando lo vide lei sorrise leggermente, muovendo qualche passo verso di lui mentre lo guardava con curiosità:

 

“Ciao. Come mai qui?”

 

Contrasse la mascella mentre si fermava di fronte a lei, restando in silenzio per un attimo. Isabelle lo guardò di rimando e la sua espressione cambiò, intuendo che qualcosa che non andava:

 

“Che cosa c’è?”

“Credo che tu abbia perso la tua posta.”

 

Sollevò la mano, mettendole la lettera davanti… la vide sgranare gli occhi verdi con sincero orrore e quasi impallidire mentre si voltava di nuovo verso di lui, maledicendo mentalmente suo zio:

 

“Dove… come l’hai avuta?”

“Era in camera mia. Dovresti stare attenta alle tue lettere Isabelle, potrebbero finire in mani sbagliate. Come ti sei permessa?”

 

Jude assottigliò gli occhi, quasi sputando con rabbia crescente quelle parole appena sibiliate mentre Isabelle deglutiva, scuotendo il capo:

 

“Jude, mi dispiace… Non volevo. Me l’ha chiesto lui, non avrei mai fatto ricerche su di te…”

“Ti ha scritto altro?”

“Come?”

“Shafiq. Ti ha scritto altro?”

 

“No.”

“Sicura?”

“Sì… te lo giuro Jude, non è stata una mia idea… ti prego.”

 

Allungò una mano per sfiorargli il braccio ma lui si ritrasse, lasciandole la lettera tra le mani prima di parlare di nuovo:

 

“Chi l’ha letta?”

“Mio… zio. Ti prego, non guardarmi così. Davvero Jude, non ti ho mentito, mi fido di te…”

 

Il tono di Isabelle aveva una nota implorante che non avrebbe mai pensato di sentire, ma in quel momento non gli importò granché… scosse il capo, voltandosi per andarsene e ignorando la mano della ragazza che gli aveva stretto il braccio, chiedendogli di ascoltarla:

 

Non toccarmi, Van Acker.”

“E tu ascoltami. Non ti ho preso in giro Jude, non capisci? Te l’ha fatta avere di proposito, vuole che tu non mi aiuti!”

 

Isabelle gli si piazzò davanti e Jude si ritrovò a sospirare, sapendo di non poterle fare niente… non ci sarebbe mai riuscito, anche se in quel momento moriva dalla voglia di fare a pezzi qualcosa.

 

“Per favore… mi dispiace. Davvero, ma non è stata una mia idea!”
“Non mi interessa… spostati.”

“Io mi fido di te Jude… fidati di me anche tu.”

 

Isabelle sollevò una mano per sfiorargli il viso ma lui si ritrasse, distogliendo lo sguardo per evitare di guardarla: non ci riusciva.

 

“Isabelle… spostati. Non voglio farti male.”

“Guardami Jude, per favore.”

 

Si costrinse a cercare di rilassarsi, pensare che in quella lettera non parlava della sua “attività” di famiglia… ma forse c’era un’altra lettera, forse Isabelle gli stava mentendo.

Jude mosse il capo, voltandosi finalmente verso di lei… ma forse Isabelle avrebbe preferito non vedere quella nota così delusa e rabbiosa nel suo sguardo.

“Vuoi informazioni sulla mia famiglia Van Acker? Segnati questa… noi non perdoniamo.”

 

La superò, allontanandosi con lunghe falcate e cercando di non pensare alla sua espressione sinceramente ferita, cercando di non sentire la sua voce che lo chiamava.

Cercando di non pensare alla sensazione di nausea, forse di delusione, che provava.

 

                                                                                   *

 

 

“In effetti dovresti prestare più attenzione alle tue cose, in futuro.”

Si voltò, maledicendosi per non aver bruciato quella stupida lettera e guardando quell’uomo con sincero odio.

 

Perché l’hai fatto?”

“Beh, come hai detto tu voglio che non vi avviciniate troppo.”

“Ti assicuro che me la pagherai… alla fine, pagherai per tutto quello che mi hai fatto. E quello che hai fatto agli altri.”

 

Le sorrise con noncuranza mentre lei quasi tremava di rabbia, trattenendosi dal tirare fuori la bacchetta e affatturarlo.

 

“Non prendertela tanto nipotina… che c’è? Non è che ti piace quel ragazzo vero?”

 

Non rispose, limitandosi a chiedersi a come avrebbe convinto Jude a fidarsi di lei di nuovo… mentre lui le sorrideva, fingendosi sorpreso:

 

“Oh, è così? Una vera disdetta… anche perché non mi è sembrato che scherzasse.”

Vai al diavolo.”

 

Si voltò, quasi correndo lungo il corridoio con un solo chiodo fisso in testa: Jude. Doveva trovare Jude. Non gli avrebbe permesso di portarle via anche lui.

 

                                                                            *

 

Come mi hai chiesto

Informazioni

Sulla sua famiglia

Isabelle

 

Uno sbuffo misto ad una specie di ringhio rabbioso uscì dalla sua gola mentre il suo incantesimo si scagliava contro un manichino, riducendolo in polvere con un botto.

 

Come tutti gli altri

Stupido… si era soltanto illuso

 

“Qui nessuno ti ama Jude… nessuno potrebbe farlo.”

 

Nessuno

Solo, sempre solo

 

 

Isabelle che lo evitava, ma che lentamente cominciava ad aprirsi con lui… Isabelle che gli sorrideva. La vide tremante mentre tossiva sangue, sentì la sua mano trattenerlo per la camicia prima di appoggiarsi a lui, come in cerca di conforto.

Risentì il suo abbraccio, lei che gli diceva di fidarsi, la sua voce cantargli quella stupida canzone… Isabelle. I suoi stupidi occhi verdi che lo guardavano imploranti, ridenti o irritati.

 

Sempre lei. Rivisse i suoi ricordi mentre faceva a pezzi un altro manichino, la mascella contratta.

Non sapeva nemmeno cosa provava… rabbia, frustrazione? Risentimento, delusione?

 

Gli sembrò di rivederla, bellissima con quel vestito bianco… seduta sui gradini, con quella foto in mano e sotto shock per aver appena perso il suo più grande amico. Le aveva messo il suo mantello sulle spalle, l’aveva presa per mano, l’aveva coperta con tutti… le aveva salvato la vita, l’aveva aiutata, le era stato vicino.

Non aveva mai fatto niente del genere per nessun altro. Non si era mai illuso del tutto, dicendosi che difficilmente qualcuno l’avrebbe ricambiato… ma forse da qualche tempo un po’ di speranza aveva cominciato a nutrirla. Aveva pensato che lei gli avesse finalmente parlato del libro perché si fidava, perché forse stavano iniziando a costruire qualcosa…

 

Ma magari voleva il suo aiuto e basta. Dirgli che si fidava di lui per non dover pagare nessun prezzo.

Aveva sempre pensato che le persone si avvicinassero, che fossero gentili con lui solo per un tornaconto. Con lei aveva iniziato a pensarla diversamente, ma forse doveva semplicemente ricredersi.

Era ancora così: forse nessuno lo apprezzava, nemmeno lei.

 

Respirò profondamente, passandosi una mano tra i capelli mentre il suo battito cardiaco era accelerato e le scritte sui suoi polsi brillavano da sotto le maniche della camicia bianca.

Deglutì, cercando di svuotare la mente ma senza riuscirci… si chiese se lei fosse stata sincera: c’erano altre lettere o solo quella?

 

Non voleva che lei sapesse… non lei. Avrebbe fatto finire la sua famiglia in seri guai se qualcuno avesse scoperto qualcosa, ma non voleva che lei lo sapesse perché di sicuro avrebbe preso le distanze.

 

Per un attimo la vide guardarlo quasi con disgusto e perse un battito, faticando a sopportare quell’immagine.

Non lei

Perché proprio lei?

 

 

Quasi senza rendersene conto si lasciò scivolare sul pavimento freddo dei sotterranei, mollando la presa sulla sua bacchetta mentre cominciava a sentirlo, il dolore alla testa.

Era da tempo che non aveva quelle crisi… e sapeva cosa sarebbe successo.

 

Deglutì, chiudendo gli occhi e cercando di non pensare a niente mentre si prendeva la testa tra le mani tremanti.

Non vide più Isabelle, all’improvviso… solo un orrendo susseguirsi di ricordi.

 

Suo padre, spesso fuori casa e in grado di dargli ben poche attenzioni… e ben poco affetto, essendo quasi peggiore di lui nel trasmetterlo.

Sua nonna, la donna che gli rovinava la vita da anni.

Freddo… riconosceva quella sensazione. Quando metteva piede dentro casa o nella sua camera e sentiva il freddo penetrargli fin dentro il corpo… e la voce di sua nonna, che borbottava che non avrebbe usato la magia per scaldare niente e nessuno. Doveva arrangiarsi.

 

Quegli occhi pieni di odio che lo fissavano come se fosse un enorme sbaglio… e dolore. Il dolore fisico che aveva provato tante volte a causa dei numerosi “incidenti” che aveva subito.

Già, incidenti che erano continuati anche ad Hogwarts… sua nonna, quella maledetta donna che l’aveva odiato fin da prima della nascita e che probabilmente moriva dalla voglia di vederlo morto da sempre.

 

Dolore, freddo, lacrime represse… perché piangere è da femmine, non si fa, mai.

Affetto, bisogno d’affetto e di attenzioni che scemava con il tempo, imparando a farne a meno.

 

Hogwarts. Libertà, gioia, Serpeverde… e segreti, tanti segreti. Patti, promesse, ricatti, sorrisi. Vacanze, sua nonna, incidenti che si ripetevano…

E poi il trasferimento, suo padre che gli diceva che non sarebbe tornato ad Hogwarts mai più… la Cimmeria era più sicura, forse. Lontana da sua nonna, ma suo padre non glielo aveva mai detto apertamente… come se non potesse capirlo da solo che dietro a tutti quegli “incidenti” c’era lei.

 

Odio, tanto odio… reciproco, certo.

Amore, affetto? Mai, quello mai.

 

Deglutì, mentre cercava di non urlare per il dolore alla testa che sentiva… sembrava che gli si stesse per spaccare a metà, all’improvviso.

 

Ansia, paura, misteri da svelare… la Cappella, Isabelle, le morti. Alastair appeso a testa in giù nel Padiglione.

C’era lei dietro alle morti? Lo aveva trovato anche lì?

Paura, domande, tante domande… poche risposte.

 

Amarezza: odiava non sapere.

Isabelle, veleno, domande su domande…

 

Lo nascondeva, esorcizzava sempre tutto… ma aveva da sempre così tanta paura di morire… e il pensiero che sua nonna potesse averlo trovato anche lì lo tormentava da molto tempo ormai, senza mai potersi sfogare con nessuno.

Il tutto mischiato al suo travaglio interiore, combattuto tra quelle sensazioni così strane, nuove, incredibilmente piacevoli che provava quando pensava ad Isabelle, o quando la vedeva.

Gli sembrò come di risentire quelle farfalle svolazzare quando ripensò a quando lei l’aveva abbracciato.

 

Jude chiuse gli occhi, icapace di tenerli aperti mentre la testa gli girava leggermente… non saeva nemmeno più se era seduto o steso sul pavimento.

 

“Hey, Jude… non portare il peso del mondo sulle tue spalle.”

 

Com’era ironico… a lui smebrava davvero di portarlo, a volte.

La pura, tutte quelle domande, il pensiero fisso di sua nonna, il dover trovare risposte, Isabelle… e ora quella dolorosa stilettata al cuore.

 

Troppo, davvero troppo.

 

Si lasciò scivolare sul pavimento, respirando a fatica mentre continuava a tremare convulsamente, non riuscendo ad alzarsi o a mettersi seduto.

La scrittura di Shafiq continuava ad essere lì, proiettata nella sua testa… insieme a tutte le parole di Isabelle. Doveva cancellare tutto? Mettersi l’animo in pace e arrendersi al fatto che aveva ragione, sua nonna aveva ragione, nessuno sarebbe mai riuscito ad apprezzarlo davvero?

 

Infondo, chi mai avrebbe potuto stargli vicino una volta visto davvero? Una volta scoperto cosa faceva la sua famiglia?

 

Non aveva più voglia di rompere qualunque cosa, all’improvviso… ma si chiese per quanto sarebbe continuata mentre muoveva appena una mano, vagando sulla superficie fredda, dura dell’antico pavimento. Cercando qualcosa a cui aggrapparsi, in qualche modo.

 

Quando la sua mano tremante incrociò qualcosa Jude aprì gli occhi, deglutendo a fatica mentre metteva a fuoco l’immagine di Isabelle, inginocchiata accanto a lui… la mano che stringeva la sua.

No, non lei.

Nessuno l’aveva mai visto in momenti come quello… non voleva che la prima fosse proprio lei.

 

“Vattene, Van Acker…” 

La testa gli duoleva paurosamente per lo sforzo di tenerla sollevata e guardarla, parlando a fatica e riconoscendo a stento la sua voce… la guardò, quasi implorante, ma lei scosse il capo, guardandolo con fermezza e preoccupazione:

 

“Scordatelo. Respira, Jude… va tutto bene.”

Gli sorrise lievemente e allungò un braccio, sistemandolo dietro la sua schiena per stringere a sé quel ragazzo tremante e così fragile in quel momento.

 

Jude forse avrebbe voluto allontanarsi, dirle di andare via di nuovo… ma proprio non riuscì a muoversi, trattenendosi dall’urlare e mordendosi il labbro tanto forte da farsi lacrimare gli occhi.

La sua mano era ancora stretta convulsamente su quella più piccola di Isabelle, che dopo qualche istante la fece scivolare dalla sua presa. E Jude si ritrovò a boccheggiare, la vista annebbiata mentre muoveva la mano, cercando la sua di nuovo… se da una parte non voleva che lei lo vedesse in quello stato, dall’altro aveva davvero bisogno di sentirla vicino a lui.

 

“Va tutto bene Jude… sono qui.

Gli sorrise e gli sfiorò i capelli neri con le dita, senza distogliere lo sguardo dal suo viso mentre Jude deglutiva a fatica, continuando ad essere in quello strano, assurdo, doloroso limbo.

Da una parte continuava a sentire quelle voci, rivivere i ricordi della sua tremenda infanzia e dell’ultimo, difficile periodo alla Cimmeria… dall’altra era cosciente e vedeva Isabelle, sentendo il suo braccio sorreggerlo.

 

Isabelle guardò la mano del ragazzo che tremava paurosamente e la strinse di nuovo, facendolo quasi sospirare di sollievo.

Jude si mosse leggermente, appoggiandosi a lei e sistemando il capo tremante nell’incavo del suo collo, respirando quel dolce profumo di tulipani mentre lei continuava a parlargli a bassa voce, accarezzandogli i capelli:

 

“Rilassati Jude… non me ne vado.”

 

E forse infondo non voleva che lei se ne andasse, proprio per niente.

 

Per un minuto dimenticò e mandò al diavolo quella lettera, i suoi dubbi, le sue fisime e le paranoie che si faceva da anni…

Era normale? Era strano? Era folle? Qualcuno lo apprezzava? Qualcuno l’avrebbe mai amato?

 

Smise di pensarci, concentrandosi solo sulla sua voce e sulle sue dita. Forse sì, era davvero mezzo matto. Ma se lei era ancora lì, accanto a lui, forse non era poi così tremendo.

 

Respirò profondamente il suo profumo, smettendo lentamente di tremare… ma allo stesso tempo smise di sentire la sua voce, insieme alle dita che gli sfioravano il viso e i capelli.

La guardò con gli occhi lucidi e arrossati e la vide sorridergli con dolcezza prima che la vista gli si annebbiasse totalmente. E poi, come sempre, finì col perdere i sensi. Con la differenza che questa volta, contrariamente a tutte le altre, non era solo.

 

“Jude? Oh, merda…”

 

Isabelle imprecò a mezza voce, rendendosi conto che aveva perso i sensi tra le sue braccia.

Per qualche istante rimase perfettamente immobile, inginocchiata sul pavimento freddo e tenendolo ancora accanto a sé mentre pensava a come diamine l’avrebbe portato in Infermeria… Jude era piuttosto magro ma era pur sempre alto circa 20 centimetri più di lei, portarlo di sopra di peso sarebbe stato decisamene impossibile.

 

Sospirò e lo fece scivolare, lentamente e con delicatezza, di nuovo sul pavimento per prendere la bacchetta e sollevarlo magicamente… Ma gli occhi di Isabelle indugiarono sul braccio del ragazzo coperto dalla manica della camicia bianca, riuscendo ad intravedere qualcosa di vedere.

Si accigliò e scostò la manica per guardargli il polso, trovando il nome del ragazzo scritto sulla pelle e lampeggiante di una tenue luce verde… strano. L’aveva visto più di una volta con le maniche della camicia arrotolate sui gomiti e non aveva mai visto quella specie di tatuaggio.

 

E poi perché luccicava in quel modo inquietante?

Sospirò, rendendosi conto di quante cose non sapeva… e si chiese se, una volta sveglio, lui l’avrebbe allontanata o perdonata.

 

Si alzò, evitando di pensarci mentre con un lieve colpo di bacchetta lo sollevava da terra di un metro e mezzo, facendo in modo che la seguisse magicamente fino all’Infermeria.

Alle domande ci avrebbe pensato dopo… ora doveva solo assicurarsi che stesse bene.

 

 

                                                                           *

 

“Ma perché quella ragazza sparisce sempre? Dove diamine si è cacciata Isabelle?”

“Non ne ho idea… tre ore fa mi ha chiesto se avessi visto Jude, le ho detto di no e lei è corsa via senza darmi il tempo di chiederle spiegazioni.”

 

Faye sbuffò, roteando gli occhi e chiedendosi perché quell’anno non ci fosse praticamente un solo giorno senza qualcosa di strano. Phoebe invece continuava ad agitarsi leggermente, visibilmente nervosa visto che sia Isabelle che Jude erano spariti da un po’.

 

Ripensò alla preoccupazione dell’amica di quella mattina si chiese se fosse stata fondata… forse suo zio aveva davvero preso la lettera? Ma per farci cosa? Forse farla vedere proprio a Jude… e per quel che lo conosceva, era abbastanza certa che il ragazzo non l’avrebbe presa molto bene.

 

“Ultimamente quando qualcuno sparisce non va’ a finire bene… andiamo a cercarli. Fuori diluvia, dubito che siano nel parco… coraggio, io vado in Biblioteca, tu vai in Infermeria.”

 

“In Infermeria? Bibi, non pensare così in negativo!”

“Beh, quest’anno mi ha insegnato a farlo, l’ultima volta in cui avevo una strana sensazione Francisca è morta! E quando Isabelle è sparita l’ultima volta era stata avvelenata…”

 

Phoebe sbuffò prima di affrettarsi, uscendo a passo svelto dalla Sala Comune con l’amica al seguito: Faye odiava ammetterlo, ma forse aveva tristemente ragione.

 

                                                                                  *

 

Aprì gli occhi di colpo, puntandoli sul soffitto… e si rese conto di essere in Infermeria.

Ad Hogwarts ci era finito di tanto in tanto, per colpa di quelle crisi… ma le persone avevano finito col dimenticarsene in fretta. Chissà, probabilnente sarebbe andata a finire così anche alla Cimmeria.

 

Gemette leggermente, portandosi una mano alla testa e sfiorarsi il capo, chiedendosi perché dopvess efargli tanto male.

Ci mise qualkche secondo, in effetti, a collegare e a realizzare cosa fosse successo… e cosa l’avesse spinto a trovarsi in quelle condizioni.

 

La lettera, Isabelle… sbuffò leggermente, chiedendosi se non fosse per caso tutto un brutto sogno.

E l’idea che lei l’avesse visto quando praticamente dava il peggio di sé stesso gli fece venire voglia di seppellirsi sotto quell’antico pavimento.

Mosse lentamente la testa dolorante per guardare la poltroncina che affiancava il letto, accanto al comodino… vuota.

 

Sospirò e nascose la faccia sul cuscino, dandosi dello stupido: certo che non c’era. Chi sarebbe rimasto dopo quella specie di crisi? Probabilmente lo aveva portato in Infermeria e poi se n’era andata, pensando che ce l’avesse a morte con lei e che non volesse vederla.

 

Già… cosa sentiva, in effetti? Era arrabbiato? Non lo sapeva… di sicuro voleva parlare con lei.

Non gli sarebbe dispiaciuto, in effetti, poter stringere di nuovo la sua mano e trovarlesi così vicino… ma probabilmente era chiedere troppo.

Sentendo dei passi si voltò, posando gli occhi stanchi sull’Infermiera, che gli sorrise con sollievo:

 

“Finalmente si è svegliato, Signor Verräter! Ha dormito per diverse ore… come sta?”

“Bene. In effetti credo che potrei…”

“No, non se ne parla… rimarrà qui fino alla fine della giornata, o magari fino a domattina. E poi ho ricevuto ordini precisi, non devo permetterle di alzarsi dal letto.”

 

Un sorrisetto comparve sul volto della donna di mezz’età, tanto che Jude si ritrovò ad inarcare un sopracciglio mentre si tirava lentamente a sedere sul materasso:

 

“E da chi?”

“La Signorina Van Acker… è stata lei a portarla qui, tre ore fa. Le ho chiesto cosa le fosse successo e mi ha detto che non lo sapeva di preciso, probabilmente un attacco di panico… si sente meglio adesso?”

“Sì.” 

 

Annuì, ma il suo tono era comunque piuttosto torvo: già, l’aveva portato lì e poi era andata via. Non poteva nemmeno biasimarla del tutto, però… almeno non era scappata a gambe levate quando lo aveva torvato nei sotterrani tremante, fuori di sé e parlando persino a fatica, con una voce che nemmeno somigliava alla sua.

 

“Bene… le farà piacere vedere che si è svegliato. L’ha mancata di poco, in effetti.”

“Vuol dire che è appena andata via?”

“Sì, ha detto che andava solo a prendere qualcosa da mangiare visto che ormai è ora di cena.”

 

Jude esitò prima di praticamente illuminarsi, sorridendo leggermente. E Marianne Flint si trattenne dal scoppiare a ridere nel cogliere quel radicale mutamente d’espressione.

 

Davvero? Cioè… ok.”

 

Jude fece in modo di far sparire quel sorriso, stringendosi nelle spalle mentre si appoggiava ai cuscini e provando a risultare il più noncurante possibile… e quelle maledette farfalle intanto continuavano a svolazzare, maledetti insetti multicolori.

 

Quando la porta si aprì Marianne si defilò, ricordandosi di avere un mucchio di unguenti da preparare mentre una Isabelle piuttosto sorridente si avvicinava quasi di corsa al letto di Jude:

 

“Ehy… come stai?”

“Bene. Non dovevi restare qui, comunque.”

“Sì invece… Tieni, bevi.”

 

Isabelle fece il giro del letto per sedersi accanto a lui, porgendogli un bicchiere d’acqua. Lo guardò bere in silenzio, sollevata di vederlo finalmente sveglio ma chiedendosi allo stesso tempo cosa dirgli.

 

“Jude… mi dispiace per la lettera, davvero. Ti assicuro che mi fido di te, non ti ho mai mentito. Quel bastardo… te l’ha fatta trovare di proposito, non vuole far altro che dividerci.”

 

Isabelle sospirò mentre Jude restava in silenzio, evitando di guardarla e tenendo gli occhi fissi sul copriletto bianco.

 

“Te l’ho detto… non sono come gli altri. So cosa pensi, so che sei sempre così diffidente perché pensi che le persone ti si avvicinino solo per un tornaconto… non sono così. Non voglio il tuo aiuto perché sei Jude Verräter, quello che sa e scopre sempre tutto… Voglio il tuo aiuto perché sei un rompipalle di cui, non so perché, mi fido. Dio, non sono brava con le parole…”

“Io… ho sempre pensato che nessuno potrebbe starmi vicino se mi vedesse veramente. Perché tu sei rimasta, prima? E anche qui, in Infermeria.”

 

Jude spostò di nuovo gli occhi su di lei e Isabelle gli rivolse un debole sorriso, allungando una mano per scostargli i capelli scuri dal viso, in modo da poter vedere anche l’occhio chiarissimo del ragazzo.

Immediatamente lui s’irrigidì e sollevò una mano per prenderle il polso e bloccare il gesto, ma lei non batté ciglio e sorrise ancora, parlando con lo stesso tono dolce di qualche ora prima:

 

“Voglio guardarti.”

“Te l’ho detto… penso che non ti piacerei per niente se mi vedessi davvero.”

“Beh, fammi provare almeno. Non capisco perché nascondi sempre quest’occhio Jude… è qualcosa che ti rende assolutamente unico, a me piace.”

 

Isabelle sorrise e Jude per una volta rimase in perfetto silenzio, elaborando quello che aveva appena sentito mentre lei faceva scendere la mano dai suoi capelli per posarla sul suo viso, parlando a bassa voce:

“Te l’ho detto, mi fido di te. Ora devi essere tu a fidarti…”

 

Deglutì, cercando di far arrivare al cervello quello che gli aveva detto, cercando di prendere in considerazione quella scelta… ma la vicinanza con Isabelle gli aveva probabilmente mandato il cervello in pappa e le uniche cose che percepiva erano la sua voce, la mano che gli sfiorava il viso e i suoi grandi occhi verdi.

 

Improvvisamente aveva la gola secca e non riusciva a staccare gli occhi dai suoi, guardandola avvicinarsi leggermente per dirgli qualcos’altro mentre le sue mani erano abbandonate sul copriletto anche se gli prudevano dolorosamente, morendo dalla voglia di metterle sui suoi fianchi e stringerla a sé.

 

“Chi tace acconsente Jude, lo sai?”

 

Isabelle sorrise, dandogli un lieve bacio su una guancia mentre Jude decideva di ignorare tutto quello che pensava, tutti i dubbi, tutte le domande e tutti i rischi. Non si era mai fidato di nessuno, ma forse poteva cominciare a farlo… La prese per i fianchi e posò gli occhi sulle sue labbra carnose prima di baciarla, mentre le farfalle svolazzavano a più non posso nel suo stomaco.

Con suo sommo sollievo Isabelle non si staccò e non lo prese nemmeno a sberle, allontanandosi di malavoglia solo quando lui si staccò, guardandola attentamente ma tenendola sempre a poca distanza:

 

“Hai detto che ti piace il mio nome, che ti piacciono i miei occhi… ma dimmi Van Acker, io ti piaccio?”

 

In effetti aveva ragione: era una vera maestra a scappare… specialmente se si parlava di sentimenti. Lo guardò e capì quanto bisogno avesse di sentirselo dire, di avere certezze… e sorrise, annuendo prima di chinarsi e baciarlo di nuovo:

 

“Che razza di domande fai… te l’ho detto, ti stai rammollendo, una volta l’avresti capito da un chilometro. Certo che mi piaci, stupido.”

 

Si, forse infondo aveva ragione lei e si stava rammollendo… ma mentre la baciava di nuovo e la circondava con le braccia capì che non gli importava granché.

Per una volta non gli importò nemmeno di quello che doveva e voleva sapere e scoprire, non si pose nemmeno il dubbio che lei gli stesse mentendo… in quel momento non gli interessava perché si rese conto di volere solo quello.

Voleva soltanto lei.

 

                                                                                                   *


Sorrise, in modo appena accennato, mentre guardava attrraverso la porta semi-aperta dell'Infermeria. Sorrise guardando Jude seduto su un letto con Isabelle di fronte, tenendola per mano mentre le diceva qualcosa. A giudicare dalla sua espressione e il modo in cui lei lo guardava sembrava importante... e deicse di non interromperli, dicendosi che avrebbe potuto salutarlo più tardi.

Adrianus sorrise, facendo un passo indietro e allontanandosi dalla porta. All'improvviso ripensò a quando era rimasto per ore accanto a Francisca aspettando che si svegliasse, ripensò alla gioia e al sollievo che erano venuti dopo... decise che era meglio lasciarli da soli.
E anche se era sinceramnete felice per loro, mentre si allontanava non potè non provare un po' di amara invidia.












.................................................................................................................................
Angolo Autrice:

Mamma mia, ma cos'è tutta questa melensaggine? Mah, sarà la Primavera... o la cioccolata che ho già cominciato a mangiare. Forse sentivo di dovervi risarcire per gli Stenkie.
Comunque sia, vi faccio sapere che:

1. Alla fine i Judelle NON hanno battuto il record dei Malek, direi che sono a pari merito
2. Spero vivamente che il capitolo vi sia piaciuto visto il mazzo che mi avete fatto con loro... Sesilia, ora puoi festeggiare
3. Phebe, ti avevo detto che leggendo il capitolo mi avresti odiato... ma forse alla fine neanche tanto, spero XD

Bene... dicevo?
Ah si... insomma, qui sono stata di un melenso che mi stupisco da sola, penso di essere scesa al livello dei Jante... ma visto che hanno le stesse autrici non c'è da stupirsi, direi.     E dopo questo capitolo all'insegna dell'ammmmore c'è da chiedersi se nel prossimo capitolo non distruggerò tutti psicologicamente (ride sadicamente).
Spero che non ci siano molti errori, ma non ho tempo di rileggerlo perchè l'ho scritto tra il preparare una portata e l'altra...
Vi auguro un buona Pasqua, a presto :)

Signorina Granger

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Orion ***


Capitolo 30: Orion 

 
 Venerdì 18 Marzo, 2:00


La sala era avvolta quasi completamente nel buio, ma dalle finestre filtrava un po’ di luce grazie alle lanterne che galleggiavano di notte intorno all’edificio. 
Isabelle teneva gli occhi sul ragazzo che dormiva sul letto più vicino, restando seduta sulla poltroncina senza scarpe, le gambe ripiegate per stare più comoda e il viso appoggiato sopra una mano, sul bracciolo.

Guardava Jude dormire con quell’espressione rilassata, provando un gran moto di sollievo: aveva insistito perché passasse la notte in Infermeria e lui ovviamente aveva provato a svignarsela, dando vita ad una specie di dibattito che si era concluso con lei con gli ordinava di non muoversi, assicurandogli però che sarebbe rimasta lì, accanto a lui. 

Mollandogli anche una cuscinata in piena faccia quando aveva sfoggiato un sorrisetto e le aveva chiesto se non volesse condividere il letto con lui. 

“Zitto o me ne vado, idiota!” 

Sorrise appena nel risentire la sua stessa voce, seguita dalla risata di Jude. 

Alla fine non se n'era andata, era rimasta seduta su quella poltroncina senza chiudere occhio, assicurandosi che dormisse placidamente. 
Era quasi un sollievo, in effetti, non vederlo più tremare in quel modo come qualche ora prima. 
Aveva quasi pensato che soffrisse di crisi epilettiche… ma forse il problema di Jude aveva molto più a che fare con la psiche, in fin dei conti. 
Mise prima un piede e poi l'altro sul pavimento freddo, rabbrividendo leggermente per il contatto mentre si avvicinava silenziosamente al letto, inginocchiandosi sul pavimento e osservando il volto rilassato del ragazzo. 

Solo da qualche ora si stava chiedendo come avesse vissuto per 18 anni. Quasi si odiava per non averci mai riflettuto di più, per non aver mai provato a chiedergli nulla della sua vita prima della scuola… solo, così solo.  E vedendolo in quello stato si era resa conto di quanto in realtà fosse fragile Jude Verrater. 

“Non preoccuparti Jude… hai me adesso.”    Sorrise, parlando con un filo di voce mentre allungava una mano e gli allontanava dal viso i capelli scuri. 
Sì… aveva tutta l'intenzione di dimostrargli che non era solo. Perché qualcosa su Jude Verrater l'aveva capita: aveva compreso quando fosse stato condizionato ad essere sempre così diffidente. La totale assenza di gesti d'affetto nella sua infanzia lo aveva portato ad essere scettico verso un mucchio di cose, a pensare che tutto avesse sempre un prezzo, un tornaconto, un secondo fine. 

Non era così è sperava che l'avrebbe capito, prima o poi. 
Aveva capito che nessuno si era mai preso cura di lui… aveva capito che quel ragazzo non voleva vedere quanto in realtà avesse bisogno di certezze, di gesti, quanto ignorasse di proposito la sua fragilità. 

Nessuno si era mai preso cura di lui, le aveva detto che suo padre era molto spesso fuori casa e che non aveva mai conosciuto sua madre. Poco male, a lei era sempre piaciuto prendersi cura delle persone che amava in caso di bisogno. 


“Isabelle… smettila! Basta cuscini!” 
Jude sbuffò, provando ad impedire alla ragazza di sistemargli il terzo cuscino dietro la testa. Finì però col beccarsi la terza cuscinata in faccia nel giro di un'ora e, sbuffando, lo prese dalle mani della ragazza per ricambiare mentre lei ridacchiava:

“Non fare il bambino capriccioso… tirati su, così lo sistemo.” 

Jude sbuffò ma obbedì, guardandola sistemargli i cuscini prima di sorridergli e sedersi davanti a lui. 

“Stai meglio?” 
Con una persona che, per una volta, si preoccupava per lui? Decisamente sì.

“Sì, non ti preoccupare.” 

  
Jude annuì mentre Isabelle abbassava gli occhi sulle sue braccia, allungando una mano per sfiorargli il polso:

“Jude… prima, quando stavi male, ti si è illuminata una scritta sul braccio… perché hai quella specie di tatuaggio con il tuo nome?” 

La vide accigliarsi leggermente e sorrise con amarezza: certo, lo aveva visto… era la prima, probabilmente, fatta eccezione per la sua famiglia.

“Credo che mi si illumini quando provo emozioni forti… quanto al perché ce l'ho, è per non dimenticarmi mai chi sono.” 

Jude la guardò sfiorargli il polso con le dita, dove qualche ora prima aveva visto le lettere illuminarsi… e poi Isabelle alzò gli occhi per guardarlo in faccia, inarcando un sopracciglio:

“E chi sei, Jude?” 
Bella domanda… una gran bella domanda.

“Un sacco di cose, credo. E oggi hai visto una parte di me che non ha mai visto nessuno… mi chiedo ancora perché tu non sia scappata dopo avermi visto in quello stato.” 

“Perché sei così… pessimista, duro con te stesso?” 
“Non lo so. Sono sempre stato così… mi ci hanno abituato.” 

Jude si strinse nelle spalle mentre Isabelle continuava a guardarlo leggermente accigliata, ricordando quello che aveva letto nella lettera di Morgan… e chiedendosi che altro ci fosse dietro le spalle di quel ragazzo. 

“Quello che ti è successo prima… ti capita spesso?” 
“Era da parecchio che non succedeva, in realtà… credo che mi capiti quando scoppio, quando provo troppe cose. Immagino che leggere quella lettera sia stata la goccia di troppo.” 

“Mi dispiace.” 

Il tono e l’espressione di Isabelle erano così sinceramente rammaricati che Jude non riuscì a non sorridere, allungando una mano per sfiorarle il viso mentre scuoteva il capo:

“Non fa niente… hai ragione, devo fidarmi di te. Tu sei stata forse la prima a farlo con me, e anche se questo vuol dire che sei mezza matta anche tu credo di dover ricambiare.” 

Isabelle sorrise e, contrariamente a quanto avrebbe pensato Jude, non gli disse che era una persona assolutamente normale, che non aveva nulla che non andava:

“Qui siamo tutti matti… lo sei tu, lo sono io. Lo sei per forza, altrimenti non saresti venuto qui e non avresti deciso di aiutarmi.” 

“Carina, Van Acker… chi l'ha detto?” 

Jude sorrise e inarcò un sopracciglio, guardando Isabelle esitare come se ci stesse riflettendo prima di sorridere a sua volta, stringendosi nelle spalle:

“Quello che hai tatuato sul polpaccio.” 


 Ci mise un attimo a capire che parlava del tatuaggio che aveva sul polpaccio, ossia il sorriso dello Stregatto. Sorrise e la guardò, inarcando un sopracciglio:

“Isabelle… la tua è una delle più importanti famiglie in Olanda della comunità magica, ma conosci musica Babbana e anche letteratura a quanto pare. Come si spiega?” 

“Mia madre. Lei… apprezza la loro cultura.” 

Sfoggiò un debole sorriso e Jude annuì, continuando ad accarezzarle una guancia con le dita:

“Mi dispiace… a volte dimentico quello che stai vivendo. Non ne parli mai, come fai a fingere così? A far finta di niente per mesi?” 

“Disse quello che nascondeva un mucchio di cose dietro un muro… ma mi fa piacere che tu mi abbia parlato della tua famiglia. E ti assicuro che non ci saranno altre lettere, che mio zio vada al diavolo.” 
“Isabelle, se te lo chiede esegui, non voglio che ti metta nei guai.” 

Lei però sembrò ignorarlo e si alzò, prendendo la lettera dalla tasca del blazer e la bacchetta:

“Non mi interessa. Se devo sapere qualcosa sulla tua famiglia sarà perché tu me lo dirai, in nessun altro modo. Incendio.” 

Jude sgranò gli occhi e guardò la lettera di Morgan Shafiq prendere fuoco davanti ai suoi stessi occhi e tramutarsi ben presto in cenere… e quasi senza rendersene conto sorrise, quasi stentando a credere a quello che stava succedendo. 

Però, ne erano cambiate di cose nel giro di poche ore. 


“Isabelle… forse dovrei parlarti della mia famiglia, a questo punto.” 
“Solo se ne hai voglia. Non ti preoccupare… io ci ho messo mesi a parlarti della mia, infondo.” 

Isabelle gli sorrise con gentilezza mentre sedeva di nuovo di fronte a lui ma Jude annuì con decisione, allungando una mano per prendere quella della ragazza:

“Sai che mentre… stavo male sentivo un disperato bisogno di tenerti per mano? Grazie per essermi stata vicino.” 
“Nessuno dotato di un minimo di umanità ti avrebbe mai lasciato in quello stato, Jude. E poi te l'ho già detto… tu per me hai fatto tantissimo.” 

“Tranquilla, ho tutto segnato sul tuo conto.” 

Jude sfoggiò un sorriso e Isabelle ricambiò, annuendo prima di parlare:

“Ah ecco, mi sembrava strano… a quanto ammonta il tutto?” 
“Devo controllare, ma ora non ho il mio quaderno sotto mano… però potresti sempre iniziare a risarcirmi dandomi un bacio, che ne dici?” 




Si alzò lentamente, allontanandosi da lui di qualche passo e lanciandogli un’ultima occhiata – aveva quasi paura che ricominciasse ad urlare e a tremare da un momento all'altro – prima di avvicinarsi ai piedi del letto, prendendo la sua giacca blu per infilarsela di nuovo. 

Prese il blazer e tornò ad accoccolarsi sulla poltroncina, tenendo ancora la stoffa tra le mani. Abbassò gli occhi sulla giacca blu per indossarla ma si bloccò… non seppe nemmeno mai di preciso come o perché, ma i suoi occhi rimasero catalizzati su qualcosa che stava cucito sulla sua giacca. 

Deglutì, a fatica. I suoi occhi saettarono sul letto, dove erano sistemate anche la giacca di Jude e la sua camicia… 
Deglutì, di nuovo. 

Mentre qualcosa nella sua testa si muoveva, mentre quella strada si spianava.

Forse… 
Poteva essere. Era davvero così facile? 

Abbassò lo sguardo, guardando la camicia che lei stessa indossava. E poi guardò di nuovo la giacca che teneva tra le mani, rigirandola per averlo più chiaramente tra le mani: sì, era lì. Era sempre stato lì, davanti a lei… ovunque, si poteva dire. 


La risposta è ovunque intorno a te.
Ovunque. Proprio sotto al suo naso ogni giorno, da tutto l'anno. 

Possibile? 
Ma che senso aveva? Doveva interpretarlo in qualche modo? 
Aveva letto qualcosa, in effetti… in tutti quei libri c'era molto sullo stemma della scuola.
Molti avrebbero potuto pensare che fosse semplicemente lo stemma dalla famiglia Callaghan… ma Isabelle sapeva che non era così: Orion l'aveva disegnato personalmente, lo aveva fatto affiggere sulla scuola, nell’ingresso… sui vestiti di tutti i suoi studenti, sui piatti e sui calici.


Aprì la bocca per chiamare Jude, per chiedergli un parere, se secondo lui quella teoria era plausibile… ma non lo fece, richiuse le labbra. 
Da una parte si diceva di non ostinarsi a voler fare tutto da sola. A tagliare fuori chiunque… 

Glielo dirò. Domattina, quando sarà sveglio…

Non se le sentiva proprio di svegliarlo e di dargli altre preoccupazioni, non in quel momento. 

Riabbassò gli occhi sulla giacca, più precisamente sullo stemma. E continuò a pensare, a rifletterci su finchè finalmente non si addormentò a sua volta. 
E ancora una volta, i sogni le dimostrarono di come la risposta fosse davvero sempre stata dentro di lei… disgraziatamente Jackson aveva avuto ragione, fin dall'inizio. 


                                                                               *


Image and video hosting by TinyPic

“Tre chiavi, tre torri con due stelle e la luna… e poi due spade e una corona. L’ha disegnato Callaghan, davvero è la chiave per capire dove può essere il libro?” 

“Riflettici… tre chiavi, tre torri con tre astri… due spade e una corona. Sono sempre tre figure. Dicono che Orion fosse tremendamente egocentrico… Che cosa può voler dire secondo te?” 


Jackson le lanciò un’occhiata eloquente mentre Isabelle teneva gli occhi sullo stemma della scuola che era davanti a lei, come proiettato su un muro invisibile… rimase in silenzio, osservando i disegni finché una seconda voce piuttosto familiare non parlò, camminando verso di lei attraverso l'Ingresso buio della Cimmeria:

“Andiamo Belle… non dicevi sempre che era l'unica che conoscevi? Pensavo di averti insegnato qualcosa in tutto questo tempo.” 

Isabelle puntò gli occhi su Alastair, guardandolo avvicinarsi e sorriderle… come se la risposta fosse ovvia. E improvvisamente lo era, perché per una volta capì a cosa si stesse riferendo:

“La cintura… di Orione. Orion Callaghan…” 
“La cintura di Orione è composta da tre stelle, è piuttosto semplice… ma chissà, forse lui era comunque molto fiero di portare un nome tanto significativo.” 

“Tre stelle… tre chiavi, tre torri, tre astri e due spade con una corona… gruppi da tre.” 

Isabelle annuì, parlando a bassa voce mentre Alastair si fermava accanto a lei, osservando lo stemma a sua volta.

“Le chiavi sono il Consiglio, le torri rappresentano la scuola… e le stelle sono Callaghan che, simbolicamente, continua a visionare tutto.” 
“Giusto… ma mancano le spade e la corona.” 

Jackson annuì alle parole di Alastair e si voltò di nuovo verso Isabelle, sorridendole prima di parlare a sua volta:

“Le spade… che cosa possono essere?” 
“Se le torri sono la suola e le chiavi il Consiglio… le spade dovrebbero essere noi. La Night School. Ma la corona…” 

Isabelle si accigliò, osservando la corona posizionata esattamente sopra le due spade incrociate. 
Che cosa rappresentava quell’ultimo segno?

“Rifletti tesoro… le spade sono la Night School, è più che possibile. Quindi… qual è il compito della Night School, o almeno lo era secondo Callaghan?” 

Era davvero snervante… si sentiva come interrogata, e la risposta era davanti a lei, lo sapeva. Doveva solo allungare la mano e afferrarla.

“Proteggere…”  

“Proteggere CHI, Isabelle?”  

Anche Alastair si voltò verso di lei e improvvisamente Isabelle sgranò gli occhi verdi, mentre un’improvvisa consapevolezza la colpiva: tre… sempre tre. Orion Callaghan, così pieno di sé da mettere il suo nome persino sullo stemma. E non solo su quello…

“L’associazione… La Orion Society. O mio Dio… Ecco perché vuole il libro. Vuole mettere le mani sulla Orion…” 

“Le personalità più influenti di tutto il Paese. Con l’associazione in mano avrebbe in mano tutta l’Inghilterra magica.” 

“Ma perché? Non riesco ancora a capire se lavora per qualcuno o se è tutta una sua idea!” 

“Immagino che solo lui possa dirtelo… per ora, limitati a trovare il libro di Callaghan. E possibilmente non dandolo a tuo zio.” 
“Grazie per l’illuminazione … ma ancora non so dove sia!” 

“È più facile di quanto non sembri… ti ho detto che la risposta è ovunque perché lo stemma lo è. Quindi, lo è anche il segno del tre… segui quello e lo troverai.” 


Jackson le sfiorò la spalla prima di sparire, insieme ad Alastair e allo stemma.  Isabelle sospirò e mosse qualche passo avanti, verso l'unica fonte di luce intorno a lei: il rosone proiettava la luce sul pavimento, come sempre. 

“Ricordi quando abbiamo imparato a ballare?” 
“Oh, io di sicuro… non ho mai ricevuto tante pestate ai piedi come in quei giorni.” 

Isabelle quasi sobbalzò nel sentire quelle voci… familiari, sì. Ma era passato tanto dall'ultima volta in cui le aveva sentite, specialmente quella della ragazza dai capelli rossi che le era comparsa accanto, osservando il rosone a sua volta.

“Alexa, non è il momento. Coraggio Isabelle, ricordi come si ballava, qui sotto?” 
“Callaghan partiva dal centro esatto… e al termine del primo giro si fermava sempre nello stesso punto.” 

“Esattamente… proprio qui, in effetti.”  Francisca annuì, muovendosi leggermente per fermarsi dopo qualche passo, esattamente sulla sfera circolare centrale. Isabelle sgranò gli occhi nel rendersi conto che erano proprio tre… tre sfere perfettamente allineate. Callaghan aveva messo la sua firma persino nel rosone.

“Sotto una sfera… simbolicamente, sotto i suoi occhi. Tutti, anche dopo la sua morte, avrebbe continuato a ricordarlo. E così è… sono passati più di quattrocento anni e il suo nome è ancora inciso ovunque.”  Isabelle parlò a bassa voce, sollevando lo sguardo sul rosone: le vide, le tre sfere. Erano piccole, ma proiettate dalle luce sul pavimento si ingrandivano parecchio, permettendo perfettamente di stare in piedi all'interno di esse. 

Francisca annuì, sorridendo debolmente:

“Esattamente. Ascolta Wilkes Isabelle, segui il numero tre e troverai quello che stai cercando.” 



Forse avrebbe voluto chiedere altre delucidazioni, ma non ne ebbe il tempo perché si svegliò di colpo, spalancando gli occhi mentre per poco non gridava dalla sorpresa, trovandosi a poca distanza da un voltò decisamente familiare.

“Che hai nipotina? Sono soltanto io. Ora zitta, per favore… non vorrai svegliare il tuo amico, vero?” 

Le sorrise mentre teneva una mano premuta sulle sue labbra, leggermente chino in avanti mentre la osservava attentamente. La giacca scivolò dalle mani di Isabelle e finì sul pavimento mentre la ragazza moriva dalla voglia di colpire l'uomo che le stava davanti… peccato che le stesse bloccando dolorosamente un braccio.

Lo guardò con sincero odio e con la mano libera cercò di togliere la sua dalla sua bocca, ma disgraziatamente era fisicamente molto più forte di lei.

“Isabelle, stai ferma e zitta. Allora, ti sei finalmente decisa a trovare una strada da seguire?” 

Si limitò ad annuire, guardandolo sorridere leggermente:

“Bene… spero per te che sia quella giusta, o puoi salutare qualcun altro. Voglio quel libro in fretta Isabelle, sono stanco di aspettare.” 

La sua mano soffocò il gemito di dolore che uscì dalle labbra di Isabelle a causa della presa troppo stretta sul suo braccio… ma dopo un paio di secondi venne ritratta con un gesto fulmineo, mentre l'uomo imprecava a mezza voce, guardandosi la mano:

“Razza di… mi hai morso!” 
“Avvicinati così di nuovo e ti prendo a calci dove non batte il sole.”

Isabelle si passò una mano sul viso e fece per alzarsi dal suo giaciglio mentre gli sputava contro quelle parole con rabbia evidente, ma venne preceduta dal sonoro e doloroso schiaffo che suo zio le assestò.

“Meglio che tu non sappia quello che farò io la prossima volta in cui mi parlerai cos-“ 


Isabelle sollevò una mano per sfiorarsi la guancia bruciante mentre teneva ancora il viso voltato di profilo, voltandosi di scatto quando sentì la frase interrompersi bruscamente, seguita da una serie di movimenti, il tonfo di chi cadeva sul pavimento e poi una voce altrettanto familiare:

“Non ti azzardare...” 

Isabelle si voltò, alzandosi di scatto mentre, non si sapeva bene come, Jude si era alzato e aveva mandato suo zio al tappeto, guardandolo e parlando con rabbia mentre gli premeva la cassa toracica con un piede:

“A toccarla. Mai più.” 

“Jude! Aspetta!”   Isabelle gli si avvicinò mentre suo zio invece sorrideva, guardandolo quasi con aria divertita:

“Ah, finalmente ci conosciamo... per la seconda volta, in realtà. Ecco il famoso Jude… Ragazzo, spostati, è una faccenda di famiglia.” 
“Non mi interessa.” 

“Jude, per favore, lascia stare…” Isabelle lo prese per un braccio e cercò di allontanarlo da suo zio, ma il ragazzo continuava a guardarlo con odio, ripensando a quando aveva quasi ucciso Isabelle avvelenandola. Aveva non poca voglia di farlo fuori con le sue mani anche solo per quel motivo. 


“Ascolta mia nipote Jude. Non aggiungerti alla lista degli studenti morti della scuola… so che sai tutto già da tempo, e se sei ancora vivo e solo perché penso potresti essere utile a trovare quello che voglio.” 

“Jude… per favore. Ignoralo, ascolta me…”   Gli prese il viso tra le mani e lo costrinse a guardarla, facendolo vacillare: nessuno odiava quell'uomo più di lei, probabilmente. Ma se l'avessero ucciso, probabilmente non avrebbe più rivisto nemmeno sua madre. 

“Ok.”  Sbuffò e si allontanò di mala voglia, permettendo a suo zio di alzarsi e sorridere ai due:

“Oh, ma che carini, siete ancora pappa e ciccia? Non ci avrei scommesso, in effetti.” 
“Perché vuoi sapere della mia famiglia?” 

“Se vuoi tenere in mano qualcuno, devi sempre partire dalle radici… infondo Isabelle sa che deve fare tutto quello che le dico non solo per i suoi amici, i pochi che le restano, ma anche per sua madre.” 

“È tua sorella. Come puoi farle questo?”   Isabelle parlò con un filo di voce, guardandolo senza riuscire a capire come riuscisse a comportarsi così, contro la sua stessa famiglia… ripensava spesso a tutte le volte in cui aveva visto insieme sua madre e suo zio. Si volevano bene, o almeno così aveva creduto per anni. 

“È per una giusta causa. Vi lascio piccioncini… aspetto aggiornamenti Isabelle.” 

Le rivolse un ultimo cenno prima di sparire fin troppo rapidamente come sempre, scivolando senza fare il minimo rumore dietro la porta dell’Infermeria:

“Ma come fa a muoversi così dentro la scuola? Ci devono essere dei passaggi segreti da qualche parte.” 

Jude sbuffò e, non udendo nessuna risposta da parte di Isabelle, si voltò di scatto verso di lei:

“Aspetta… Tu li conosci?” 
“Non è il momento… Torna a letto, incosciente! Poteva ucciderti.” 

Jude aprì la bocca per ribattere ma l’espressione di Isabelle non sembrava ammettere repliche è così sbuffò, tornando di malavoglia sotto le coperte:

“Non preoccuparti, lo batterei sul tempo… ti ha fatto male?”   Allungò una mano per sfiorarle il viso ma lei si ritrasse leggermente, scuotendo il capo con scarsa convinzione mentre sedeva accanto a lui:
“No. Sai Jude… ho fatto un sogno un po’ strano. Credo di aver capito un paio di cose, finalmente.” 

“Sono tutt’orecchie.”


                                                                                        *


“PERDINDIRINDINA! Ammazzalo!” 

Mathieu sospirò mentre Camila gli si era aggrappata addosso, stringendogli il collo con le braccia e tenendo le gambe ancorate alla sua vita in posa da koala, rifiutandosi di mettere i piedi per terra:

“Cami… dai, è minuscolo!” 
“No, no, no… è orribile! Fallo sparire ti prego!” 

“Ma sarà grande due millimetri!” 
“ME NE FREGO! Oddio, sta venendo verso di noi!” 

Mathieu roteò gli occhi, trattenendosi dal far notare all'amica che non poteva muoversi con lei ancorata addosso in quel modo. Se non altro però qualcuno si stava divertendo, visto che Steb continuava a sghignazzare. 

“Perché non ti rendi utile e ci pensi tu al ragno, Steb?” 
“E privarmi di questo spettacolo? No, no.” 

“ODDIO CHE SCHIFO! Mat, pestalo!” 

“Ma perché devo farlo io?” 
“Vergognati, sei un pessimo gentiluomo!” 

Camila sbuffò prima di mollare finalmente la presa dall'amico e darsela a gambe, raggiungendo Adrianus e nascondendosi praticamente dietro di lui. 

“Guarda che non ti mangia!” 
“Che ne sai, magari invece si!” 

Mat sospirò e schivò accuratamente il minuscolo ragno per avvicinarsi ai due amici, mentre Camila continuava a guardare l’aracnide con cipiglio sospettoso. 

“Dai, andiamo via. Anzi, io andrò a cercare Jude per salutarlo… voi due organizzate pure un piano per annientare tutti i ragni del mondo.” 
“Aspettami, vengo anche io…” 

Mat fece per seguirlo ma si bloccò di fronte alla faccia di Camila, che in quel momento somigliava più che mai ad una specie di cucciolo abbandonato sul ciglio della strada, osservandolo con gli enormi occhi scuri. 
“Cami, non guardami così!” 



“Tanto non attacca!” 

“Ok va bene, resto qui con te. Ma solo perché l'ho deciso io!” 

“Grazie! Ti farò una torta per ringraziarti.” Camila sorrise allegramente e gli diede un bacio su una guancia prima di prenderlo sottobraccio e portarselo appresso verso la Sala Comune, mentre Adrianus sorrideva ai due prima di allontanarsi, cercando Jude. 


Voleva chiedergli come stesse, certo, ma anche spiegazioni per quei disegni. 


                                                                                    *


“Finitela immediatamente di sorridere in quel modo!” 
“Oh, ma che carina, è irascibile perché è innamorata…” 

“Bibi, smettila!” 

Isabelle fulminò l'amica con lo sguardo, intimandole di smetterla. Le aveva appena raccontato del sogno che aveva fatto… e anche di quello che era successo la sera prima. Phoebe aveva quindi sorriso, voltandosi verso Faye e annunciando che “aveva vinto”… e Isabelle si era ritrovata ad assistere con tanto d'occhi ad una Faye imbronciata che cedeva cinque Galeoni a Phoebe. 

“Se penso che avete persino scommesso dei soldi…” 

“Impossibile resistere, era così lampante… io l'avevo detto.” 

Phoebe annuì con l'aria di chi la sa lunga mentre Isabelle roteava gli occhi e cercava di continuare a concentrarsi sui compiti… peccato che le due amiche continuassero a distrarla parlando d'altro.
Per fortuna però Phoebe lanciò un’occhiata all’orologio e sorrise, annunciando che doveva andare a fare una cosa. 

“E cosa?” 
“Corso di cucina! Ci vediamo dopo!” 



“E io che pensavo di essere l'unica a nascondere qualcosa… da quando Phoebe cucina?” 
“Non guardare me Belle, ne so quanto te…” 

“Sbaglio o ho sentito che Phoebe cucina?”   Sebastian inarcò un sopracciglio, avvicinandosi alle due e lasciando la borsa sul tavolo prima di lasciarsi cadere su una poltrona, accanto alla cugina:

 “A quanto sembra… io la seguo, voglio proprio vedere Miss Perfezione che si sporca le mani!” 


Isabelle sorrise, guardando Faye alzarsi per seguire allegramente l'amica… trascinandosi dietro anche il povero cugino, che le fece notare che lui avrebbe preferito riposarsi ma la ragazza non sembrò ascoltarlo, ignorandolo e continuando dritta per la sua strada, come faceva sempre. 


“Divertitevi… io rimarrò qui.” 

A cercare di capire qualcosa di questa storia…



                                                                                        *


“Ma perché non posso assaggiare nulla?” 
“Perché no, assaggerai quando avremo finito! Ok, adesso mescola.” 

Camila sorrise allegramente mentre Phoebe, in piedi accanto a lei, continuava a mescolare l’impasto della torta che stavano preparando con un sorriso stampato sulle labbra:

“È divertente! Sai, quando ero piccola volevo imparare a cucinare, ma i mie genitori non me l'hanno permesso. Non è da signorina sporcarsi le mani, ci pensano gli elfi a cucinare!” 
“Io adoro cucinare, io e mia madre ci divertiamo in cucina… E Mat adora scroccare le mie torte, vero caro?” 

“Vero… ci hai messo tanto cioccolato, vero?” 

Il francese si sporse per sbirciare ma l'americana sbuffò, dandogli una lieve spinta per allontanarlo:

“Non si sbircia! Su, vai a farti un panino e lasciaci lavorare.” 
“Che tiranna.” 
“Cosa hai detto scusa?” 
“Niente niente…” 


“Che profumino… che cosa state combinando?”    Faye Cassel spuntò sulla soglia della cucina con un sorriso allegro stampato in faccia e suo cugino al seguito, con l'aria di chi moriva dalla voglia di essere altrove. 

“Camila insegna a cucinare a Phoebe… spero che l'Epilogo non consista in un’esplosione.” 

Mathieu ridacchiò e Sebastian finì con limitarlo, ma entrambi i ragazzi tornarono improvvisamente seri quando le due sorelle si voltarono in sincro verso di loro, tenendo in mano i mestoli come se fossero state armi letali. 

“Carino… io faccio l’assaggiatrice!” 

“Scordatelo Cassel, ci sono prima io… devi metterti in fila se vuoi fare la spiluccatrice!” 


                                                                                    *


“Te lo chiedo per favore… ho bisogno di capire cosa sta succedendo. Davvero quel disegno è solo frutto di fantasia, o c'è qualcosa di più?” 

Sbuffò leggermente, distogliendo lo sguardo dagli occhi chiarissimi e in quel momento quasi imploranti di Adrianus. Gli dispiaceva sinceramente per lui, per quello che stava vivendo… ma non era sicuro di volerlo fare, di metterlo nei guai raccontandogli più del dovuto.

Prima avrebbe dovuto almeno parlarne con Isabelle, o probabilmente lei lo avrebbe ucciso. 

Però si disse che quel particolare non lo avrebbe messo nei guai… infondo riguardava lui in prima persona, poteva parlarne se voleva:

“Ok, se proprio insisti… Ho mentito, quella sera. Non ho trovato Alastair davanti alla scuola, nel piazzale. Lui era… appeso a testa in giù nel Padiglione, come hai visto nel disegno. Sono andato lì e ci ho trovato Isabelle, sotto shock.” 

“Perché hai mentito?”
“Isabelle era a pezzi, non avrebbe sopportato la pressione di altre domande.” 


Si strinse leggermente nelle spalle e Adrianus abbozzò un sorriso, guardandolo quasi con aria divertita:

“Ma tu guarda il lato tenero di Jude… eri già innamorato al Ballo?” 
“No… oh, non lo so! Ma non parliamo di me, per favore.” 

“È inutile che fai l'orso, vi ho visto farvi gli occhi dolci in Infermeria! Ti chiedo solo di trattarla bene, ne ha passate tante anche lei… e in caso contrario Alastair tornerà in vita per uccidermi per non aver protetto la sua preziosa Isabelle.” 

Adrianus sorrise e Jude lo imitò, annuendo leggermente:

“Tu eri suo amico… secondo te provava qualcosa per lei? O erano davvero solo amici?” 
“Sei geloso di un morto Jude?” 

“No. Insomma… Alastair è morto, certo, ma ho la sensazione che il suo fantasma rimarrà molto ingombrante nella vita di Isabelle per molto tempo ancora.” 
“Già… certi legami non si dimenticano così in fretta.” 

Adrianus annuì, parlando con un tono che trasudava una nota di amarezza mentre distoglieva lo sguardo per un attimo, riprendendosi dopo qualche istante e schiarii la voce:

“In ogni caso… onestamente? Molti lo pensavano, ma io no. Avevano un legame davvero speciale, sì, ma non credo che Alastair provasse qualcosa per lei. Jude, te lo devo chiedere… Isabelle è più coinvolta di quanto non sembri, vero?” 

“Perché me lo chiedi?” 

“Non lo so, è una… sensazione. Ma ho pensato ai tuoi disegni, alle sue frequenti sparizioni nel corso di tutto l'anno. Hanno ucciso Alastair in quel modo così brutale, quasi come se volessero soltanto ferirla… e poi è stata avvelenata, è quasi morta a sua volta. Per non parlare di quello che diceva Al… diceva che era diversa, che si era allontanata parecchio da lui… gli nascondeva qualcosa. Jude, ho ragione?” 

“Dovresti parlarne con lei Adrianus. E se anche avessi ragione, ti consiglio di starne fuori. Hai già avuto modo di appurare che chiunque ci sia dietro a tutto questo, non ha nessun problema a disseminare cadaveri.” 
“Lo so. Ma non potete davvero chiedermi di fare finta di niente… Jackson, Alexandrine, Alastair… Jude, erano miei amici. Persino Etienne, mi dispiace anche per lui anche se lo conoscevo da poco! Avrei anche potuto chiudere un occhio prima Jude, ma non dopo Francisca. Mi hanno portato via Francisca, non continuerò a studiare come se niente fosse! Prova a pensare, Jude. Immagina si trovare Isabelle morta, domani.” 

“Non dirlo, per favore.” 
“Mi dispiace, so che non è piacevole… ma lo hai detto tu. Non hanno scrupoli ad uccidere. Ergo, consideriamo ogni ipotesi. Mettiti nei miei panni, Jude… per favore. Non posso continuare a non sapere.” 


Jude sbuffò e annuì, guardando quel ragazzo, praticamente l'unico in quella scuola che considerava davvero suo amico, ricambiare il suo sguardo con quella nota implorante ma piuttosto decisa negli occhi chiarissimi. Capi che aveva ragione, che non era giusto. 

“Adrianus… davvero, non voglio metterti nei guai. Ma potresti aver ragione, forse Isabelle è coinvolta. Ma ti prego di non fare cazzate e di non assalirla, non è facile nemmeno per lei… anzi, soprattutto per lei, che sopporta tutto questo da tutto l'anno.” 
“Quindi lei sa chi è stato?” 
“In un certo senso… diciamo che la tengono sotto controllo con una presa considerevole. Adrianus. Dico davvero…fai finta di niente o almeno agisci con discrezione, non credo che Belle voglia un altro cadavere sulla coscienza. Ma ti assicuro che prima o poi metteremo le mani addosso a chi ci sta dimezzando, e a quel punto te lo farò sapere.” 

“Bene. Voglio guardare in faccia chi ha sparato a Frankie prima di ricambiargli il favore.” 

“Oh, caro Stebbins… credo che ci sia una fila da rispettare.” 


                  
       *


Osservava le stelle luccicare fiocamente nel cielo buio, ma questa volta senza l'ausilio del cannocchiale di suo padre… no, questa volta sapeva cosa cercare e dove guardare. 
Le interessava una sola costellazione, quella sera. 

Ancora una volta era stesa sul tetto scomodo, freddo e duro… ma non le importava granché, da lí riusciva ad avere un'ottima prospettiva. 
Pensò s quanto avesse amato quella scuola, nel corso degli anni… finalmente un posto lontano dalla sua famiglia, dove poteva scegliere cosa fare e con chi. Essere se stessa al 100%.

Aveva amato la Cimmeria, ogni anno ci era tornata con sollievo dopo l'estate. E pensó a come, in quei mesi, quell’imponente edificio di mattoni rossi fosse diventata un po’ la sua prigione. 

Non indossava la giacca di Alastair, non quella sera. Non più. 
Sentì un lieve rumore di passi ma non si voltò, sentendo qualcuno sdraiarsi accanto a lei prima di prenderla delicatamente tra le braccia:

“Phoebe mi ha detto che ti avrei trovata qui. Che cosa stai guardando?” 
“La Cintura di Orione. È l'unica che conosco…” 

Sorrise appena, consapevole che quello era sempre stato il luogo e il momento suo e di Alastair Shafiq. Si voltò per incontrare gli occhi eterocromatici dj Jude e allungò una mano per scottargli i capelli neri dall’occhio chiarissimo, sorridendogli leggermente.

“Stai pensando al sogno che hai fatto?” 
“Sì. Tu ci hai pensato?” 

“Ovviamente… vedrai, ci arriveremo. Piuttosto… ho parlato con Steb. Vuole risposte Belle… e mi dispiace vederlo stare male.” 

“Anche a me. Ma non vorrei nemmeno vederlo morto.” 

Isabelle sospirò, accoccolandosi contro il ragazzo e appoggiando la testa sul suo petto prima di portare di nuovo gli occhi chiari sul cielo stellato, mentre lui le accarezzava distrattamente i capelli.

Sì, quello era stato per anni il posto e il momento suo e di Alastair Shafiq. 
Isabelle Van Acker aveva sempre amato le tradizioni, avere qualcosa di speciale da condividere sempre con la stessa e le stesse persone. 

Ma infondo, come diceva sempre sua madre, a volte se ne possono creare di nuove. 















……………………………….............................................................................
Angolo Autrice: 

Buonasera! Dopo aver mangiato quantità industriali di cioccolato, grazie cari cuginetti e nipoti che cedete le uova alla zia e la fate ingrassare, eccomi di ritorno! 
Spero che vi siate ingozzate a vostra volta, altrimenti non si chiamerebbe Pasqua, e che il capitolo vi sia piaciuto…

Rinnovo anche il titolo di Oracolo a Phebe. No, no, Isabelle e Phoebe si sbagliano, l’Oracolo non è Jude, è la sua Autrice! Perché si, lei già un paio di capitoli fa aveva ipotizzato che la chiave fosse nello stemma della scuola. Brava Phebe! 

Bene, detto questo vi auguro una buonanotte… e buon ritorno tra i libri a chi torna domani o dopodomani, o a chi è già tornato oggi. 

A presto e grazie per le recensioni come sempre! 

Signorina Granger 



Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Ricordi e passati scomodi ***


Capitolo 31: Ricordi e passati scomodi 

 
Martedì 22 Marzo 


Che cosa state facendo lì infondo?” 


Una ventina di teste si voltarono in perfetta sincronia verso l'ultimo banco infondo all'aula, mentre la voce dell’insegnante di Storia della Magia risuonava chiaramente nella stanza, che divenne improvvisamente silenziosa mentre tutti erano impegnati ad osservare i due “colpevoli”, che però sfoggiarono le loro migliori facce innocenti e disinteressate, mentre il ragazzo osservava l'insegnante di rimando con un sopracciglio inarcato ad arte, le gambe accavallate e le mani intrecciate e appoggiate sul banco, la sua compagna di banco con la stessa espressione vaga mentre si guardava le unghie con noncuranza.

“Sta parlando con noi, signore?” 
“Certo Verrater… si può che cosa state combinando?” 

“Assolutamente niente… vede?”   Il sopracciglio di Jude si sollevò ulteriormente mentre sollevava persino le mani, mostrandole come a voler dimostrare la sua innocenza mentre un piccolo sorriso faceva capolino sul suo volto. 
Isabelle alzò lo sguardo sull’insegnante, lanciandogli un’occhiata incerta, come se non capisse di cosa stesse parlando… e al diretto interessato non restò che sospirare e roteare gli occhi, intuendo di dover lasciar perdere:

“Sorvoliamo… ma forse la prossima volta dovreste mettervi davanti.” 
“Ovviamente, signore.” 

Jude sorrise mentre rimetteva le mani al loro posto, con Isabelle che annuì con un lieve cenno del capo e qualche risatina echeggiava nell'aula… o meglio, Faye si stava trattenendo dal scoppiare a ridere visto che aveva assistito al teatrino dei due dall'inizio della lezione. 

Con un borbottio vagamente seccato Jordan tornò al suo discorso, mentre invece Jude tirava un impercettibile sospiro di sollievo prima di voltarsi verso Isabelle:

“Appena in tempo, direi… ottimi riflessi Van Acker.” 
“Che credi, tutti gli anni di scherma saranno serviti a qualcosa… tieni, queste sono le tue.” 

Con un sussurro Isabelle passò al ragazzo le carte con cui stavano giocando clandestinamente fino a cinque minuti prima, guadagnandosi un’occhiata sospettosa dall’ex Serpeverde:

“Lei hai guardate?” 
“Ma come ti viene in mente una simile idea, non farei mai una cosa simile…” 

Isabelle sfoggiò il suo sorriso più dolce e innocente, facendo sbuffare il ragazzo che prese tutto il mazzo da poker e lo rimescolò, come a dire che non si fidava proprio per niente:

“Sai Belle, con quel faccino, quel sorrisetto e quella lingua biforcuta saresti stata una piccola serpe perfetta.” 
“Beh, visto che tu ami la tua Casa lo prenderò come un complimento… dai, con questa mano ci giochiamo cinque Galeoni.” 


                                                                                    *


“Fanno bene a giocare a Poker… la prossima volta potremmo inventare qualcosa da fare anche noi…” 
“Ti prego, non vuoi più giocare all’impiccato solo perché io vinco sempre.” 

Camila sorrise, continuando a guardarsi nello specchietto mentre si cambiava distrattamente colore ad alcune ciocche. Mathieu le rivolse un’occhiata torva, restando però a debita distanza dall’amica e dalla sua bacchetta: ricordava perfettamente di quando gli aveva cambiato colore ai capelli… e no, l'azzurro proprio non gli donava. 


“Dov’è Steb?” 
“Non saprei… credo che abbia detto di non sentirsi molto bene stamattina. Ma stasera c'è l'incontro, spero che si riprenda. Magari potrei fargli de biscotti e portaglierli!” 

Camila sfoggiò un sorriso allegro, annuendo come se fosse un’ottima idea: le era sempre piaciuto rendersi utile, aiutare le persone, stare vicino a chi si trovava in difficoltà… si, era una buona idea. 

“Me ne tieni qualcuno da parte?” 
“Ma certo, sei il mio assaggiatore ufficiale ormai!” 

Camila sorrise, guardandolo con affetto prima di appoggiare la testa sulla sua spalla. Rimasero in silenzio per qualche istante, finchè lei non parlò a mezza voce e il tono improvvisamente serio:

“Pensi che stia male fisicamente o emotivamente?” 
“Non lo so… ma spero per la prima, la seconda è decisamente peggio.” 

“A questo proposito… sai, sono felice che tu abbia smesso di pensarci tanto. Mi fa piacere vederti stare meglio!” 
“Piccola Camila dai capelli colorati non ti illudere… quando saprò chi ha ucciso Etienne smetterò di essere carino, gentile e sorridente.” 

“Non dire così… il rancore non porta mai a niente di buono.”  

Camila lo guardò con aria sinceramente dispiaciuta e Mathieu non riuscì a non sorridere, arruffandole i capelli con la mano:

“Come sei dolce… ma non provare a farmi desistere Cami. E sono certo che Steb la pensa allo stesso modo.” 


                                                                                     *


“Ma… stanno DAVVERO giocando a quella roba lì, Proker?” 
“Ma non era Porker?” 

“No, ti dico che è Proker!”   Phoebe scosse il capo con veemenza e a Faye non restò che roteare gli occhi e annuire, lasciando che l'amica avesse ragione come suo solito: 

“Ok, se lo dici tu… comunque si, credo che stiano davvero giocando a quello.” 
“Se non altro ha smesso di arrovellarsi sugli scacchi giorno e notte… sai, credo che a volte giochi anche solo per sentirsi più vicina ad Al che per altro.” 

Phoebe si sporse leggermente per guardare Isabelle, sorridendo con sincera felicità nel vederla ridacchiare con Jude. 

“Non c'è che dire, sono una coppia perfetta… Ma come abbiamo fatto a non accorgercene prima?” 
“Non lo so… più che altro, come hanno fatto a non accorgersene LORO, hanno due caratteri così pessimi e complicati che si sono trovati alla perfezione. Anche se tremo all'idea di un litigio: Verrater Vs Van Acker, pessima idea.” 

“Darebbero vita ad una guerra nucleare probabilmente… trappole disseminate per tutta la scuola. Ma guarda Isabelle, è felice come un bambino a Natale e lui non è da meno, lasciamoli sguazzare nella felicità. Da queste parti ce n’è un grande bisogno, credo.” 


                                                                                         *



“Come stai?” 
“Male.” 

“Mi dispiace sentirtelo dire…”   Si voltò, incontrando un paio di occhi chiari che lo guardavano con sincero rammarico. Sospirò e allungò una mano per prendere la sua e avvicinarla a sé, guardandola con espressione tetra:

“Sai, a volte ti odio per esserti fatta ammazzare. Ti avevo detto che avevo bisogno di te, al Ballo, ricordi?” 
“Lo so… non doveva andare così. Ma ormai è successo, tanto vale accettarlo.” 

“Non succederà tanto in fretta… mi manchi moltissimo, ogni giorno stare qui senza di te è un’agonia. Solo ora capisco cosa hai provato quando è morta Alexa.” 

Francisca annuì, sorridendogli con gentilezza prima di allungare una mano e sistemargli i capelli castani:

“Starai meglio, vedrai.” 
“Lo so. Quando troverò chi ti ha uccisa, starò sicuramente meglio.” 

“Stai lontano dai guai Steb… per favore. Fidati di Jude e di Isabelle.” 


Francisca, che era in piedi davanti a lui, si chinò leggermente per lasciargli un lieve bacio su una guancia appena prima che Adrianus si svegliasse, aprendo gli occhi di malavoglia: stava molto meglio in quel sogno, insieme a lei. 

Sbuffò e seppellì la faccia nel cuscino, cercando di ignorare quello stupido mai di testa. 
Fidarsi di loro… sì, si fidava di loro, non c'era dubbio su questo. Ma voleva comunque contribuire, essere partecipe, non restare nell'ombra… voleva arrivare a capo di quella storia in fretta. 

Aveva capito che Isabelle era coinvolta, che qualcuno la teneva sotto torchio, che doveva fare qualcosa… e i loro compagni erano morti un po’ come incentivo, per convincerla a fare ciò che le chiedevano. Jude non aveva voluto dirgli nulla di preciso, ma continuava a chiedersi che cosa si nascondesse in quella scuola… che fosse piena di sotterfugi, certo l'aveva sempre pensato. 

Ma fino a quel punto… no, non così tanto.
Purtroppo lui era alla Cimmeria da un paio d'anni… mai come in quel momento rimpiangeva la presenza di Jackson o Alastair: loro avevano sempre frequentato quella scuola e le loro famiglie vi erano invischiate fino al midollo. Forse loro avrebbero saputo dove sbattere la testa… ma lui no. 

Strinse il cuscino con forza, tanto che le mani gli si arrossarono di colpo mentre si tratteneva dall’uscire da quella stanza, mandare tutti Al diavolo e costringere Isabelle a parlare con lui.

Ma non era mai stato impulsivo… no, doveva ragionare.
Perché Frankie aveva ragione, non doveva mettersi nei guai… no, prima doveva trovare aveva ucciso i suoi amici e la sua ragazza. 


                                                                                      *


Isabelle si portò la tazza alle labbra, ignorando deliberatamente la smorfia disgustata che faceva capolino sul volto di Jude. 

“Smettila di fare quella faccia.” 
“Ci hai messi un sacco di cannella… odio la cannella!” 
“A me piace moltissimo invece! Vuoi provare?” 

Isabelle rise, porgendogli la tazza di tè all'arancia e cannella e facendogli scuotere il capo con veemenza mentre la teneva sulle sue ginocchia in un angolo della Sala Comune. 

“Peggio per te!” 
“Peggio per me un cavolo Isabelle… dai, smettila di bere quella roba e ascoltami!” 

Isabelle sbuffò ma obbedì, appoggiando la tazza sul tavolino prima di rivolgersi completamente a lui, che sorrise prima di avvicinarsi per baciarla. Un moto di delusione però colpì il ragazzo quando aveva appena sfiorato le labbra di Isabelle con le proprie: le mani della ragazza andarono dritte sul suo petto per allontanarlo leggermente, lasciandolo a bocca asciutta e vagamente deluso:

“Che cosa c'è?” 
“Scusa ma… non qui.” 

La voragine di delusione quasi lo inghiottì completamente mentre l'idea che lei non volesse far sapere che stavano insieme, che non volesse farsi vedere con lui, si faceva strada nella sua mente. 

“Non sapevo che dovesse essere un segreto.” 

La sua voce era così piatta e seccata, il suo sguardo così deluso e torvo da far affettare Isabelle a scuotere il capo, prendendogli il viso tra le mani prima di parlare di nuovo:

“No! Jude… non deve essere un segreto. Solo… non qui.” 
“Perché? Qual è il problema?” 

La vide voltarsi, anche solo per un attimo, verso qualcosa dall'altra parte della stanza… e seguendo il suo sguardo Jude si ritrovò a guardare in direzione di Sebastian Ryle, che lanciò un’occhiata cupa in direzione della coppia prima di tornare a parlare con altri compagni di classe. 

“RYLE? Perché ti preoccupi di Ryle?” 
“Beh, perché… non voglio che stia male, insomma… mi dispiacerebbe.” 

“Penso da un bel po’ che tu gli piaccia, in effetti. Te lo ha detto?” 
“Sì. Al suo… compleanno.” 
“E tu che cosa gli hai risposto?” 

Jude si mosse con lieve nervosismo, avendo quasi paura di ascoltare quel discorso… si era già interrogato a riguardo, in effetti: ma la vide sorridergli, guardandolo con un cipiglio intenerito con cui probabilmente nessuno l'aveva mai guardato. 

“Beh… che anche se a volte non lo dimostra pienamente è una persona fantastica e piena di risorse, deve ancora imparare a conoscersi del tutto. Che mi lusinga, davvero, ma che disgraziatamente ha scelto l'unica in questa scuola che non gli morirebbe dietro… perché indovina un po’? Sono così strana che sono andata ad infatuarmi di un vero e proprio rompipalle.” 

Isabelle sorrise e dopo un attimo di esitazione Jude annuì, sospirando e appoggiando la testa sulla sua spalla, chiudendo gli occhi e rilassandosi:

“Un paio di volte mi sono domandato se fosse reale… mi sono chiesto com’è possibile che tu abbia scelto me e non lui.” 
“Devi imparare a stimarti di più, Jude… non hai proprio niente meno degli altri, anzi.” 
“Grazie Isabelle. … ora me lo dai un bacio, visto che sono così speciale?” 

“No, dopo. Ora parliamo di cose serie!” 
“Ma questo è un discorso serio! Ci tengo a mettere in chiaro come stanno le cose.” 
“Ovvero?” 
“Ovvero, mio padre dice nella mia famiglia si ama una volta sola, e in effetti credo che prima di te non mi sia mai interessata nessuna… e visto che, chissà per quale motivo, hai scelto di ricambiarmi, se pensi che ti permetterò di scappare tanto velocemente ti sbagli di grosso.” 

“Idiota, non scappo proprio da nessuna parte!” 

Jude sorrise, annuendo e pensando a quello che ancora non le aveva detto. Le aveva detto di sua madre, le aveva parlato anche di sua nonna… ma quello di cui si occupava da anni la sua famiglia no, ancora non glie l'aveva detto. E anche se lei gli aveva ampiamente dimostrato di tenere a lui, aveva quasi paura della sua reazione. 


“Lo spero vivamente. Ma ora, come hai detto tu, parliamo di cose serie. Qualche idea su dive trovare il libro?” 
“Ci ho pensato… bisogna seguire qualche indicazione data dalla “firma” di Callaghan, il numero tre. E riflettendoci devo dire che la scuola ne è piena: il rosone, le aule hanno quasi tutte tre finestre… anche la Sala da Pranzo ha tre finestre enormi, così come la Sala da Ballo e le celle sotterranee.”

“Un libro del genere non si nasconde nel primo luogo che capita… potrebbe davvero essere nei sotterranei.” 
“Si, potrebbe. Non lo so Jude… a volte penso che non ce la farò mai.” 

“Lo troverai, vedrai. Abbi fede Isabelle… Io trovo sempre quello che voglio, con il mio aiuto ce la farai sicuramente!” 
“Ma come siamo egocentrici!” 

Isabelle sorrise e Jude ricambiò, annuendo prima di avvicinarlesi e darle un bacio a tradimento, facendola sbuffare a mezza voce:

“Jude!” 
“Che c'è? Insomma, dovremmo pur far capire che stiamo insieme, no?” 
“Oh si, appendiamo uno striscione già che ci siamo!” 

“È un’idea…” 

Isabelle lo colpì sulla spalla, intimandogli con lo sguardo di non provare nemmeno a tenere in considerazione quella proposta mentre lui faceva spallucce.

“Scordatelo. Dimmi Jude… ma non sarai un po’ geloso?” 
“Io? Nemmeno per idea.” 


Isabelle sbuffò leggermente prima di sporgersi e prendere nuovamente la tazza in mano, bevendo un sorso di thè mentre Jude invece sfoggiava un’espressione disgustata, cercando di tenersi alla larga dalla bevanda calda:

“Per carità, tienila alla larga da me!” 
“Come sei delicato… non capisco perché odi tanto la cannella, io l’adoro! L'ho anche sentita nella mia…” 

Isabelle non terminò la frase, bloccandosi di colpo e portandosi la tazza di porcellana alla labbra mentre Jude invece tendeva improvvisamente le orecchie, facendosi piuttosto attento:

“Si? Dove l'hai sentita?” 
“Nella mia… Amortentia, se non ricordo male.’ 
“Davvero? E che altro hai sentito?” 

“Credo di dover andare ad arrovellarmi su dove potrebbe essere il libro… stasera abbiamo l'incontro sull’Occlumanzia e dovrò essere concentrata, quindi devo pensarci adesso.” 

Isabelle sorrise e scivolò dalle gambe del ragazzo, facendolo sbuffare con leggera stizza mentre la seguiva con lo sguardo:

“Ti ostini ancora a scappare Isabelle? Io adoro le sfide, lo sai!” 

Lei si limitò a sorridergli prima di uscire dalla Sala Comune, lasciandolo solo e sbuffante. 
Si chiedeva però se lei avesse sentito qualcosa di riconducibile a lui e non volesse diglierlo, dichiarando così di provare davvero qualcosa di molto forte per lui, o se non avesse sentito nulla…

Ed ecco che i dubbi tornavano ad assalirlo. 
Jude Verrater sbuffò, chiedendosi perché quando si trattava di quella ragazza non era mai sicuro di nulla. 


                                                                               *


Sotterranei, 22:00


“Scusa… non ce la faccio.” 

Adrianus scosse il capo con veemenza, respirando a fatica mentre faceva istintivamente un passo indietro, allontanandosi da Mathieu.

“Te l'avevo detto, praticare Legilimanzia con il male di testa non è il massimo a prescindere… possiamo fare una pausa, se vuoi.” 

Adrianus annuì, maledicendosi mentalmente e restando in silenzio: non era una cima con le armi e probabilmente non lo sarebbe mai stato, ma era sempre stato piuttosto bravo con quel genere di cose, ciò che riguardava la logica o la mente. Aveva sempre trovato quella branca della magia particolarmente insidiosa quanto interessante, ma da un paio di settimane faticava parecchio a gestire i ricordi e le emozioni che scaturivano.

Ed era più forte di lui, proprio non riusciva a sopportare quella valanga di ricordi…. Tutti quei sorrisi, le risate e i baci erano insopportabili da rivivere.
Si chiese se Mathieu avesse le sue stesse difficoltà ma non espresse il suo dubbio ad alta voce, dicendosi che dalla morte di Etienne era passato molto più tempo e che probabilmente l'amico era riuscito a superarla molto meglio rispetto a lui. 

Non sembrava l'unico, comunque… nemmeno Sebastian sembrava passarsela molto bene, e anche se non l'aveva mai sopportato intuiva che anche lui dovesse sentire la mancanza dei suoi amici. 


L’ex Corvonero lanciò un’occhiata a Camila, chiedendosi se anche lei non avesse rivisto il cadavere di Francisca… ma stando a quello che aveva detto la ragazza quasi non l'aveva visto dato che Mathieu l'aveva presa e portata via da quella scena quasi di peso. 

Probabilmente era stato un bene… lui continuava a riviverlo. 



“Basta.” 

Isabelle aprì gli occhi, trovandosi di nuovo nei sotterranei della scuola. Lo sguardo le cadde immediatamente sul ragazzo che le stava davanti, affrettandosi ad avvicinarglisi per sorridergli debolmente:

“Non preoccuparti… va tutto bene. Non sono qui per giudicare nulla.” 
“Scusa. Non è che voglia tenerti lontana dal mio passato, ma è… difficile.” 

Jude scosse il capo, dandosi mentalmente dell'idiota per far così tanta fatica a rivivere tutti quei momenti della sua infanzia… i ricordi di Hogwarts non erano stati un problema, ma quelli di quando viveva con la sua famiglia, con sua nonna? 
Quelli crebbe preferito rimuoverli totalmente. Lui e Isabelle avevano deciso di entrare uno nella testa dell'altro per sicurezza, dato che Jude sapeva tutto quello che stava succedendo e lei conosceva un po’ della sua storia, era l'unica tra tutti i suoi compagni. 

Se da una parte si sentiva più a suo agio sapendo che si trattava di lei, dall'altra era ancora più in difficoltà. 

“Dai, facciamo una pausa. Piuttosto… ho visto qualcosa di molto interessante, sai?” 
“Ah si? E cosa?” 
“Non saprei… tu che mi ritrai ti dice nulla? Siamo veramente connessi, io e te!” 



Isabelle sorrise, prendendolo a braccetto per andare a bere un bicchiere d'acqua, conscia che dopo sarebbe arrivato il suo turno. Non era particolarmente nervosa, dopotutto Jude era già entrato nella sua testa una volta… non per niente l'aveva chiesto a lui. 

Ma comunque non era affatto una sensazione piacevole… e proprio come settimane prima non aveva nessuna voglia di rivivere determinati momenti. 

Aveva passato il pomeriggio a girovagare per l'ala più antica e meno soggetta a restauri del maniero, ma non aveva trovato granché… si sentiva piuttosto vicina ma allo stesso tempo molto lontana dalla soluzione. Aveva la sensazione che fosse davanti a lei, che avrebbe potuto allungare la mano e afferrarla in ogni momento… ma non aveva idea di quando o come sarebbe successo. 


                                                                                             *


“Che musi lunghi! Andiamo… guardare il lato positivo, è finita!” 

Faye sorrise, assestando una pacca sulla spalla del cugino e di Phoebe ma ottenendo solo due sbuffi sommessi:

“Io ho sonno.” 
“E io ho mai di testa.” 

“Finitela di fare i noiosi! So che è poco piacevole quando qualcuno ti entra nella testa… ma visto che a farlo sono stata io dovreste essere un po’ più sollevati, no? E poi non era certo la prima volta.” 

“No, certo, ma quest'anno è molto più dura… rivedere Alastair è tremendo.” 

Sebastian parlò con un tono così torvo che Phoebe non poté non annuire, anche se il ragazzo aveva in testa anche un'altra idea: quella sera aveva rivissuto il compleanno di Alastair, quando lui e Isabelle si erano trovati davanti alla sua lastra commemorativa… e aveva rivisto anche un preciso momento del suo ultimo compleanno, quando Isabelle gli aveva dato quel bacio dal chiaro significato: lasciarlo andare. 

Ripensò a quando aveva visto la ragazza insieme a Jude, ma si disse che era meglio così… era giusto così, ne avevano passate tante quell'anno e avevano tutti il diritto di essere felici. 
Di sicuro anche lui ci sarebbe riuscito. 

Nel frattempo, si limitava a rivivere ricordi amari della sua vita al di fuori della scuola, con quella famiglia con cui moriva dalla voglia di chiudere i rapporti… un fratello così diverso con cui era sempre stato messo a confronto e un padre troppo distante e rigido. 
A volte si chiedeva come potesse essere la sua famiglia, non si somigliavano per niente e nessuno di loro aveva mai avuto problemi ad ammetterlo.

Forse l'unica con cui aveva un punto d'incontro era proprio sua cugina… e spesso e volentieri aveva ringraziato la sorte per averli fatti nascere nello stesso anno, anche se di poche settimane visto che lui era nato a Gennaio e lei ad Halloween.

Già… Halloween. Da bambini lui la derideva per quella data chiamandola “megera”, lo ricordava molto bene. Ma ora avrebbe passato di sicuro anni a collegare quella data alla morte di Jackson… così come la stessa Faye. 

E San Valentino ad Alastair, visto che era il suo compleanno…
Già, avrebbe avuto degli anni a venire pieni di festività appaganti, non c'era alcun dubbio. 


                                                                                  *


Si era appena infilato sotto le coperte quando sentì bussare alla porta. 
Accigliato, si alzò e si avvicinò all’uscio per aprirla… senza trovare nessuno. 

Sbuffò e maledisse mentalmente l’idiota del primo o secondo anno che aveva voglia di fare scherzi… ma poi abbassò lo sguardo sul pavimento e si irrigidì, trovandosi davanti ad una busta.
L'ultima volta in cui aveva trovato una busta in camera sua non era finita molto bene, in effetti. 

Lentamente si chinò, raccogliendola prima di rientrare nella sua stanza. 
La busta era sigillata ma insieme c'era anche un biglietto… e conosceva molto bene la calligrafia. 

Un sorriso si fece largo sul suo volto mentre spezzava la ceralacca e apriva la busta, dopo aver letto il nome del mittente. 
Era curioso? Si, senza dubbio… nervoso? Anche. 

Ma soprattutto era molto grato ad Isabelle per quel gesto che aumentava a dismisura la fiducia che riponeva in lei e quella sensazione schifosamente melensa che provava quando c'era lei di mezzo. 

Nel biglietto Isabelle gli aveva scritto di aver ricevuto quella lettera dopo cena… aveva letto il nome del mittente e aveva intuito di cosa si trattasse. Aveva pensato di bruciarla in un primo momento ma poi aveva pensato a qualcosa che le aveva detto Morgan giorni prima… era sulle tracce di qualcosa, così aveva detto. 

E Isabelle aveva preferito fare così, lasciare semplicemente la lettera a lui per capire che cosa fosse riuscito a scoprire Shafiq… che cosa potesse rischiare di trapelare sulla sua famiglia, sulla sua vita. 

Jude prese la lettera e cominciò a leggere con il cuore quasi in gola, non sapendo se cominciare a pregare o meno: anche se Isabelle non aveva letto la lettera di sicuro prima o poi avrebbe comunque saputo dal padrino quello che Jude temeva avesse scoperto. 



Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Patronus ***


Capitolo 32: Patronus 
 
 
Venerdì 25 Marzo
 
 
Si chiuse lentamente la pesante porta alle spalle, facendo attenzione a non fare troppo rumore.
Sbuffò leggermente mentre s’infilava le mani in tasca e s’incamminava lungo il viale per tornare nei pressi dell’edificio principale della Cimmeria, chiedendosi perché non riuscisse più nemmeno a godersi le ore buche. 
Invece di rilassarsi o prendersi avanti con i compiti come i suoi compagni lei aveva fatto una bella uscita nel freddo di quella giornata per andare alla Cappella. Era da tanto che non ci andava in effetti… e si era chiesta se non potesse trovarsi lì, il libro. Era un classico, un luogo molto pittoresco… poteva essere un’idea.
 
Ma Isabelle ci era stata così tante volte… e non le era mai sembrato di notare granché di rilevante. 
Disgraziatamente non poteva usare nessun tipo di magia dato che il libro era ovviamente protetto… e purtroppo non sarebbe mai apparso un cartello con scritto “guarda da questa parte”, anche se continuava quasi a sperarci. 
Continuò a camminare con lo sguardo assorto e fisso sulla ghiaia che stava pestando, senza badare a dove stesse andando… conosceva quella strada a memoria ormai, dopotutto. 
Alzò gli occhi dal terreno solo quando seppe di essere tornata abbastanza vicino alla scuola…. Ma non prestò molta attenzione all’edificio di mattoni rossi, posando invece gli occhi chiari su un altro tassello della grande tenuta. 
 
Si morse leggermente il labbro, pensando a quanto fosse passato dall’ultima volta in cui ci era stata. 
Dopo la morte di Alastair ci era tornata una volta sola… ricordava perfettamente quella conversazione con Jude che le sembrava paurosamente distante. Pensò a quanto fossero cambiate le cose da quel giorno, specialmente tra loro due, e a quello che lui le aveva detto: Al sapeva che gli voleva bene, in fin dei conti. Che ci aveva provato, a proteggerlo.
 
Prima di rendersene conto i suoi piedi si mossero e iniziò ad avvicinarsi al Padiglione, continuando a fissare l’imponente struttura interamente di marmo bianco. 
Doveva cercare anche lì, dopotutto… era solo un posto come gli altri. 
 
                                                                                 *
 
“Novità?”
“No, non che io sappia. Credo volesse andare alla Cappella e poi al Padiglione.”
 
Phoebe alzò lo sguardo per posare gli occhi su Jude, che annuì prima di lanciare un’occhiata fugace alla finestra e sedersi accanto a lei, al tavolo accostato al muro nella Sala Comune.
 
“Lo so. Le ho chiesto se volesse che andassi con lei, ma ha detto di no.”
“Strano… e sei davvero qui’ Avrei giurato che l’avresti pedinata in ogni caso!”  Phoebe sorrise con lieve divertimento, immaginandosi molto facilmente il ragazzo che seguiva qualcuno di soppiatto. Per tutta risposta, a confermare le sue idee, Jude si strinse nelle spalle, annuendo come se non si sbagliasse:
“Immagino che a Settembre l’avrei fatto… ma non era comunque solo per avere più informazioni. Volevo darle supporto morale.”
“Lo so, anche io mi sono offerta di accompagnarla al Padiglione… non deve essere piacevole.
 
“Già, non deve esserlo.”
 
Jude esitò prima di alzarsi, guadagnandosi un’occhiata perplessa da parte di Phoebe:
 
“Dove vai?”
“Ho bisogno di pensare un po’…”
“Peccato, e io che speravo che mi avresti aiutata con i compiti!”
“Volentieri, ma come minimo dovresti pagarmi per il disturbo…”
 
“Ridi pure, intanto io possiedo un mucchio di informazioni che potrebbero farti comodo.”
“Ah si? Per esempio?”
 
“Se ti dico il libro preferito di Isabelle, tu mi aiuti a rispondere alle domande di Pozioni… ci stai?”
 
                                                                                      *
 
Aprì gli occhi e respirò profondamente mentre si stringeva nella giacca, cercando di non rivivere il gelo che aveva sentito quella notte… anche se forse, sul momento, era rimasta così sconvolta da non fare nemmeno troppo caso alla temperatura molto bassa o al suo vestito non proprio pesante. 
 
Era ferma, in piedi esattamente al centro del padiglione circolare… esattamente sotto al punto dove, tre mesi prima, aveva trovato Alastair.
Sollevò il capo e le sembró quasi di rivedere la foto fluttuarle davanti agli occhi… l’aveva tenuta, in effetti. Era ancora dentro il cassetto nel suo comodino, anche se aveva usato la magia per cancellare la scritta che suo zio aveva lasciato sul retro. 
 
“Ci hai messo un po’ a venire qui.”
“Non è esattamente il mio posto preferito.”
 
Abbassò lo sguardo ma non si voltò, sentendo i passi alle sue spalle finchè non furono uno accanto all’altro.
 
“A me piaceva molto, quando studiavo qui… ma forse tu preferisci la Cappella.”
“Mi piace leggere le poesie scritte sulle pareti, tutto qui. Come mai qui?”
“Immagino per il tuo stesso motivo.”
 
Le mise una mano sulla spalla, esercitando una lieve pressione per farle capire di dover camminare. E presto Isabelle si ritrovò a scendere i gradini del Padiglione, inoltrandosi nuovamente sul prato… verso la radura. 
 
“Non è lì. Ho controllato il Padiglione decine di volte.”
“Bene. Se lo dici tu…” 
 
Isabelle gli rivolse un’occhiata torva ma rimase in silenzio per qualche istante, continuando a camminare prima di parlare nuovamente, con un tono più neutro e piatto:
 
“Perché non lo cerchi da solo? Conosci la scuola meglio di me, probabilmente.”
“Forse è vero, ma una copertura fa sempre comodo…”
“Certo. Quindi quando tutti sapranno che il libro è sparito dalla circolazione incolperai me. Logico.”
“Alla Cimmeria nessuno parla apertamente di Orion e del suo libro da decenni, Isabelle. Ma, come ho detto, non apertamente… io penso che ai piani alti ne sappiano di più.”
“Intendi il Consiglio?”
“No, Isabelle. Più in alto.”
“La Orion… Vuoi metterci le mani, non è così? Perché scommetto che qualunque cosa ci sia scritta nel libro, è collegata all’organizzazione più potente del Paese. Non ha a che fare con il fatto che TU non ne faccia parte, vero zio? Non sarà tutta gelosia?”
 
Isabelle sollevò un sopracciglio, ignorando la presa che si era rafforzata sulla sua spalla mentre suo zio continuava a non guardarla gli occhi scuri puntati dritti davanti a sé:
 
“Gelosia… Avevo sentito parlare della Orion quando studiavo qui, grazie a qualche compagno di scuola che aveva il padre che ne faceva parte. Ne rimasi affascinato, come dalla Night School del resto…”
“Perché non sedi entrato? Quasi tutti i membri della Night School ci entrano, una volta diventati adulti.”
“Quasi tutti, esatto. Entrare in quella banda di pavoni imbellettati non faceva per me…”
 
“Però vuoi controllarli, i pavoni che gestiscono le redini della Gran Bretagna.”
“Beh, sono pur sempre dei pavoni potenti. Ne conosci un paio molto bene, in fin dei conti. A proposito… Notizie di Shafiq?”
“No. E per favore, lascialo fuori. Devo andare, l’ora buca sta per finire…”
 
Isabelle si scostò dalla sua presa, fermandosi mentre l’uomo invece si limitava a rivolgerle un cenno, continuando a camminare per addentrarsi nel bosco.
 
“Zio?”
“Sì?”
“Come sta la mamma?”
 
“Amelie sta bene. Le porgerò i tuoi saluti.”
 
                                                                                     *
 
“Concentratevi. Non dovete fare altro, se avete in mente i ricordi.”
 
Adrianus contrasse la mascella, fissando il muro davanti a sé con espressione torva: era proprio quello il problema. Poteva essere un ricordo bello ma malinconico allo stesso tempo?
 
Ne aveva davvero tanti, di ricordi felici… ma molti riguardavano persone che ormai non c’erano più.
 
“Lo so, è difficile. Ma provaci.”    Annuì distrattamente nel sentire la voce di Camila, che gli stava sorridendo mentre sfiorava le piume argentee della civetta che era riuscita finalmente ad evocare. 
 
Era sempre stato molto bravo con la magia, non aveva mai avuto particolari problemi con nessun incantesimo… eccetto quello, così delicato, profondo e potente.
“Ok.”
 
Adrianus chiuse gli occhi ancora una volta, mentre una carrellata di immagini e ricordi gli invadeva la mente. Rivisse il suo Smistamento, il periodo ad Hogwarts e poi il trasferimento… quando aveva conosciuto Alexandrine, Alastair, Jackson… e Francisca.
 
Gli sembrò di tornare, per un momento, a quella lontanissima partita a palle di neve fatta al buio, entrambi con vestiti decisamente poco adatti… era difficile sentire ancora la sua risata p rivedere il suo sorriso, ma incredibilmente ci riuscì. 
Cercò di non pensare a quando aveva visti Alastair in quelle condizioni, sdraiato sulla neve candida, ma si concentrò su quello che era successo dopo. Quando Francisca si era seduta accanto a lui, lo aveva preso per mano e lui l’aveva baciata. 
Aprì gli occhi mentre pensava a quando si erano visti per la prima volta dopo le vacanze di Natale e, soprattutto, alla lezione di Pozioni dove avevano preparato l’Amortentia.
 
“… torta di mele.”
 
Non riuscì a non sorridere mentre sollevava leggermente la bacchetta, ripensando alla felicità che aveva provato nel realizzare che Francisca lo amava sul serio.

“Expecto Patronum.”
 
Il suo sorriso si allargò e quasi non sentì la voce di Camila, che sorrise ed esultò nel vedere il coleottero sgusciare fuori dalla bacchetta del ragazzo. 
 
“Te l’avevo detto, bravo Steb!”
 
Adrianus sorrise, allungando una mano per sfiorare la scia d’argento che il Patronus si lasciava alle spalle.
 
Solo per te, Frankie 
 
 
 
“Non ci credo! MI HAI COPIATO IL PATRONUS!”
“IO? TU SEMMAI!”
 
Sebastian Roteò gli occhi, sospirando e avvicinandosi a Phoebe e Faye per farle smettere di battibeccare, mentre le rispettive pantere d’argento si rincorrevano a vicenda come se volessero giocare insieme. 
 
“Emh, ragazze… non è la fine del mondo, siete anche grandi amiche, evidentemente si somigliate…”
 
“TACI TU!
“Ok, va bene, tolgo il disturbo…”
 
Intuendo che era meglio non disturbare le due il ragazzo girò sui tacchi, non avendo nessuna voglia di finire messo KO da sua cugina o da una delle sue migliori amiche.
“Che cos’hanno, questa volta?”     Isabelle sorrise quando Bas le passò accanto, facendolo sbuffare leggermente mentre le rivolgeva un’occhiata eloquente: 
 
“Credo che stiano discutendo… non lo so, credo che non lo sappiano nemmeno loro. Ma hanno lo stesso Patronus… segni del destino.”
 
“Si somigliano più di quanto pensano, è vero, Hai già evocato il tuo?”
“Sì.”
 
Sebastian accennò alla tigre che trotterellava accanto alle pantere di Faye e Phoebe, facendo sorridere la ragazza:
 
“Già, tu e Faye siete parenti anche sotto questo punto di vista. Io non ho ancora evocato il mio, ma pazienza.”
“Se ce l’abbiamo fatta io e Adrianus, puoi farlo anche tu… Io ho pensato all’ultimo giorno di scuola del quinto anno, quando ci siamo tutti trasferiti in blocco a casa di Al.”
 
Sebastian sorrise, pensando al mese di vacanza più bello di tutta la sua vita mentre Isabelle annuiva leggermente, stringendosi nelle spalle prima di parlare di nuovo:
 
“Mi farò venire in mente qualcosa a mia volta… penso di avere solo la testa da un’altra parte in questo momento.”
 
Isabelle fece per girare sui tacchi e allontanarsi ma il ragazzo la chiamò. Facendola bloccare prima di voltarsi nuovamente verso di lui:
“Si?”
“L’ho capito…  Tra te e Verräter. Spero davvero che tu sia felice… ce lo meritiamo tutti dopo quest’anno.”
 
“Grazie Bas… spero che presto lo saremo tutti, almeno come nei ricordi che ci hanno fatto evocare i nostri Patronus.”
 
Isabelle sorrise al ragazzo mentre continuava a rigirarsi la bacchetta tra le dita prima di voltarsi, spostandosi di qualche metro per cercare di isolarsi e di concentrarsi.
Pensare ad un ricordo felice… ne aveva, parecchi. Legati alla sua infanzia, alla sua famiglia – che comprendeva anche quella di Alastair – e alla Cimmeria.
Ma in quasi tutti c’era lui. E non riusciva ad evocare niente di formato con il pensiero di Al a bloccarla. 
Il suo sguardo vagò nella stanza, gremita di compagni di classe, finché non si soffermò su Jude. 
In effetti era curiosa, chissà che ricordo stava usando il ragazzo per cercare di evocare il suo Patronus… ma che Jude fosse piuttosto riservato ormai lo sapevano tutti, e non le andava di disturbarlo se si trattava di qualcosa che preferiva tenersi per sé. 

Isabelle sospirò, chiedendosi a cosa pensare per riuscire finalmente a dire vita al suo Patronus. Aveva già provato con ricordi legati ad Alastair e la malinconia aveva finito col prendere il sopravvento sulla felicità dei momenti stessi. 
Pensò a tutti i momenti che aveva trascorso a scuola insieme a Phoebe e a Faye, tutte le feste per cui si erano preparare insieme… tutti i disastri che lei e Phoebe avevano impedito a Jackson, Faye e Bas di combinare.
E poi pensò a quell’ultimo anno, fatto di molti momenti negativi… qualcuno di felice, certo, ma decisamente in misura minore. Cercò di ignorare le morti e di pensare solo alle cose positive… e la sua mente si catapultò subito su Jude, pensando a quanto fossero cambiati e a quanto il loro rapporto fosse cresciuto con il trascorrere del tempo.
Le sembrò di rivivere tutte quelle conversazioni piccate e quasi fredde dove lei era sempre rimasta sulla difensiva, la sera del Ballo quando l'aveva presa per mano per accompagnarla di nuovo a scuola, a Natale quando le dato quell’incerto, quasi timido abbraccio. Pensò a quando l'aveva salvata con l’antidoto e a quanto le cose fossero cambiate… in meglio, certo. 

“Expecto Patronum.” 

In realtà ormai non ci sperava quasi più, dopo tutti quei Patronus non formati e fiochi… ma sorrise, le sue labbra si inclinarono come ormai succedeva di rado mentre guardava quella palla di pelo saltare fuori dalla sua bacchetta e guardarla con curiosità.

“Ciao… come sei carina!”  Isabelle si inginocchiò, allungando una mano per accarezzare il muso della piccola volpe che la guardava con la coda pelosa e arricciata e che si muoveva sinuosamente alle sue spalle. 
“Carina, sveglia, letale… mi ricorda qualcuno.’ 

“E sentiamo, quale sarebbe il TUO Patronus?”   Isabelle inarcò un soparaccihlio, sollevando lo sguardo su Jude che le si era avvicinato, sorridendole:

“Temo che il mio non sia ancora formato.” 
“Quindi ci sono riuscita prima di te? Ah, che soddisfazione.” 
“Capirai, io sono più bravo in Pozioni. A cosa hai pensato?” 
“Vuoi sapere se ho pensato a te?” 

Jude si strinse nelle spalle, evitando di rispondere affermativamente mentre la ragazza si rialzava e sorrideva, imitandolo e facendo spallucce: 
“Non te lo dico.” 
“Non è affatto corretto! Ricordati che posso sempre entrare nella tua testa quando mi pare.” 
“Tu provaci e io entrerò nella tua camera e farò sparire la tua scorta di Pozioni.” 
“A proposito… devi ancora dirmi della tua Amortentia.” 
“Uh, guarda, Phoebe mi sta chiamando!” 

Isabelle sorrise e trotterellò verso l'amica, superando il ragazzo e ignorandolo mentre lui invece la fulminava con lo sguardo, suggerendole che prima o poi l'avrebbe inchiodata e non sarebbe riuscita a svicolare. 

In realtà voleva saperlo, certo… ma aveva iniziato a pensare a come si sarebbe sentito se Isabelle gli avesse detto di non aver sentito qualcosa di riconducibile a lui. Forse era quasi meglio non indagare, in realtà.
Il ragazzo sbuffò, dicendosi di tornare a concentrarsi sui suoi ricordi. 
Aveva pensato a qualche ricordo particolarmente bello legato alla sua famiglia, ma ne aveva trovati ben pochi… aveva passato pochi momenti di serenità con suo padre, ma uno di questi era sicuramente quello di una lontana giornata passata insieme a Berlino, per una volta come una normalissima e vera famiglia. 
Chissà, forse suo padre nemmeno lo ricordava… ma quella giornata non se n'era mai andata dalla sua testa e nemmeno dal suo cuore. 
Faceva freddo, ma a lui non era mai dispiaciuto… a parte quando la sua camera era gelata grazie alle premurose cure di sua nonna che probabilmente sperava di trovarlo morto assiderato, prima o poi. 

Ma poteva bastare? Aveva già fatto qualche tentativo, in effetti… si chiese a che altro potesse pensare e sorrise: la risposta non ci mise molto ad arrivare. 

“Mi fido di te, Jude.” Solo quella frase bastava a gonfiargli il cuore, ma a seguire ripensò a quando Isabelle lo aveva abbracciato la prima volta… e soprattutto a quando si era svegliato in Infermeria e si era reso conto che lei era ancora lì, accanto a lui.

Mormorò la formula a bassa voce per l'ennesima volta, pregando di vederlo. 
Sorrideva di rado, Jude Verrater, a parte forse quei sorrisi sbilenchi e beffardi che sfoggiava di tanto in tanto. Quel pomeriggio però sorrise quasi a trentadue denti mentre guardava il serpente corallo argenteo che gli era appena comparso davanti. 

Un serpente… già immaginava i commenti di alcuni compagni di classe, ma non gli interessava. 
“Serpeverde fino alla fine, vedo.” 

Alzò lo sguardo e annuì in direzione di Adrianus, parlando con un tono sinceramente soddisfatto:

“Avevi qualche dubbio, forse?” 


“Mat!” 
“Che c'è?” 
“La tua lepre sta inseguendo la mia povera civetta!”  Camila sbuffò, guardando con disapprovazione la lepre d'argento che stava saltellando per acchiappare la povera civetta, che svolazzava a destra e a sinistra. 

Mathieu sorrise, mettendo un braccio intorno alle spalle dell'amica e osservando la scena con aria divertita:
“Se la tua civetta è rompiscatole come te, certo che la sta inseguendo.” 
“COME SCUSA? Antipatico.” 
Camila sbuffò, incrociando le braccia al petto e guardandolo con espressione prega mentre l'amico invece continuava a sorridere, dandole una gomitata:
“Dai, lo sai che scherzo. Io ho pensato al mio primo giorno a Beauxbatons, quando ho conosciuto… Etienne. Tu a cosa hai pensato?” 
“La prima volta in cui mi sono colorata i capelli… mi aveva aiutato mia madre, me li tendi di rosa confetto!” 
Camila rise e Mathieu la imitò, suggerendole di non farsi mai più i capelli di quel colore e beccandosi così una lieve sberla sul braccio.
“Oggi sei veramente antipatico Mat!” 
“Lo so, ti voglio bene anche io.” 

                 
                                                                               *

Teneva la testa appoggiata contro il muro, osservando il quadro che le stava davanti. Orion Callaghan era proprio davanti a lei e Isabelle si era ritrovata ad osservare quel ritratto per l'ennesima volta nell'arco di pochi giorni. 
“Che cosa ci fai qui?” 
“Non lo so… forse spero che inizi a parlare e a dirmi dove sia il suo dannato libro. In effetti questo è l'unico ritratto della scuola a non essere animato…” 

Jude sedette sulla panca di legno accanto a lei, mentre gli occhi di Isabelle vagavano sulla figura davanti a lei. Non sapeva nemmeno di preciso cosa stesse cercando, in realtà.
In effetti nel ritratto Orion teneva un libro in mano e moltissime teorie sostenevano che fosse proprio quella specie di diario che nessuno sembrava aver mai più trovato… ma c'erano davvero indizii da cercare? 

Suo padre, così come Morgan Shafiq, avevano studiato in quella scuola. Erano stati membri della Night School e poi, come spesso accadeva, erano entrati nella Orion Society, la rete che controllava praticamente tutto il Paese attraverso modi diversi: le banche, i giornali, il Ministero, gli ospedali. 
Suo padre non amava parlarne e nemmeno sentirsi porre molte domande sull'argomento, così aveva imparato a non farne… anche perché a lei non era mai interessato, di entrare nell’organizzazione.
Gli occhi di Isabelle si posarono sul polso di Orion, lasciato scoperto leggermente dalla manica della giacca scura. 
Aggrottò la fronte nel cogliere qualcosa, anche se forse si sbagliava… o forse no.
“Jude… vedi anche tu una specie di segno sul polso di Orion?” 
“Si, può essere. Credi che sia un errore?” 
“No… non l'avrebbe mai fatto appendere qui, se lo fosse stato.” 

La mano di Isabelle si mosse e senza tante cerimonie prese il braccio del ragazzo, sollevandogli leggermente la manica della camicia bianca per guardare il tatuaggio che aveva sul bicipite. 
“Isabelle, che cavolo ti prende?” 
“Tatuaggio…” 
“Grazie per l'illuminazione, so di avere un serpente corallo tatuato sul braccio!” 

“No, intendo… ha un tatuaggio.” 
Si alzò, avvicinandosi al ritratto per guardarlo più da vicino… e come un flash vide duo padre e Morgan. A cena, o quando parlando si sistemavano distrattamente le maniche della camicia… permettendo di scorgere qualcosa sul polso destro. 
Un tatuaggio identico che Isabelle aveva sempre pensato si fossero fatti da giovani, come per suggellare la forte amicizia che li legava. 
Ma forse si era sempre sbagliata.

“Conosco quel tatuaggio. L'ho già visto in mucchio di volte… tre punti allineati. Tre, ancora. La cintura di Orione. Mio padre e Morgan hanno quel tatuaggio, proprio sul polso. Non può essere un caso… deve essere collegato alla Orion.” 
“Tutto ritorna sempre sul tre… sicura che al Padiglione non ci fosse nulla?” 
“Si. E me lo ha anche confermato mio zio.” 

Isabelle sbuffò, allontanandosi di un passo dal quadro per avvicinarsi nuovamente a Jude, che sollevò un sopracciglio prima di parlare:
“Lo hai visto?” 
“Si, oggi pomeriggio.” 
“Lo sai che se ti schiaffeggia di nuovo devi solo dirmelo, così lo riduco peggio di tutti gli altri cadaveri dell'anno, vero?” 
“Non mi dispiacerebbe come prospettiva… ma temo che dovresti comunque aspettare. Rivoglio mia madre indietro e non succederà se dovesse morire, disgraziatamente.” 

Isabelle sbuffò, sedendo di nuovo accanto a lui nel corridoio deserto, appoggiando il capo sulla sua spalla mentre tra i due calava il silenzio, entrambi impegnati a pensare a cose diverse. 
“Isabelle… non ti ho ancora ringraziato per la lettera che mi hai fatto avere senza leggerla.” 
 “Te l'ho detto, se devo sapere qualcosa sulla tua famiglia sarà per mano tua.” 

Jude annuì, ripensando alle parole di Shafiq. Aveva scritto che aveva trovato informazioni strane, quasi contrastanti sulla sua famiglia… che secondo lui c'era qualcosa sotto, che a quanto sembrava era una famiglia avvolta in una strana, densa nube. E tristemente aveva ragione… ma voleva che lei lo sapesse da lui e basta. 
“Io credo… di non averti detto tutto. E non voglio che tu lo sappia da qualcun altro, anche se non vorrei dirtelo perché temo che ti allontaneresti davvero da me.” 
“L'hai già pensato una volta e non l'ho fatto… proviamo di nuovo.” 
Isabelle si rimise dritta per guardarlo e sorrise nel cogliere una buona dose di timore e incertezza negli occhi di Jude, allungando una mano per scostargli come al solito i capelli dall’occhio chiaro:
“Andiamo Jude… che cosa non capisci del fatto che io tenga davvero a te? Se proprio vuoi saperlo, ho pensato a te prima.” 
“Davvero?” 
“Sì. E ho… sentito il tuo profumo. Coraggio, puoi dirmi qualunque cosa. Io non scappo.” 

Le dita di Isabelle si intrecciarono con le sue e Jude sorrise di fronte a quell’inaspettata doppia rivelazione. Anche se continuava ad essere preoccupato da giorni per quella storia, certo. 
“Ok. Spero davvero che non ti rimangerai tutto quello che hai detto fino ad ora.” 







 ………………………………………………………………………………………….
Angolo Autrice:

Buona…sera? 
Sono finalmente riuscita a pubblicare questo capitolo, ma essendo molto assonnata e appena tornata non mi dilungo troppo… e spero che non sia pieno di castroni, ma non ne ho riletto buona parte volendolo pubblicare stasera. Vi ringrazio solo come sempre per le recensioni e vi comunico “ufficialmente” – anche se presumo che si sia già intuito – che non mancano molti capitoli alla fine della storia… anzi, direi che ne mancano cinque al massimo. Chissà, forse nel prossimo potrei infilare un colpo di scena e risolvere tutto quanto… mah. 

Ci sentiamo presto con il seguito, intanto buonanotte! 

Signorina Granger 

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Ogni cosa... ***


 Buonasera! Ed eccomi qui a tempo record con un altro capitolo! Si, lo so, sto andando come un fulmine nelle ultime settimane… mi scuso se vi sto facendo fare le corse con le recensioni, ma manca molto poco alla fine e vorrei terminare la storia entro una scadenza precisa dato che a breve dovrò partire di nuovo. 
In ogni caso, questa è un po’ la “prima parte”, la seconda arriverà domenica o lunedì… non potevo fare un capitolo unico, sarebbe diventato molto lungo e pesante da leggere in quanto avevo due “argomenti” da trattare, e qui c'è il primo.  

Beh, buona lettura e buonanotte! 

Capitolo 33: Ogni cosa...



Martedì 23 Marzo, ore 00:30 



Jude era seduto sul suo letto, rigirandosi nervosamente quel semplice foglio di pergamena tra le dita.  I suoi occhi erano fissi sulla finestra chiusa della camera, pensando a quello che aveva appena letto. 
 
Nella lettera, quella che Isabelle gli aveva lasciato davanti alla porta poco meno di un'ora prima, Morgan Shafiq continuava a parlare della sua famiglia.  
Jude non aveva letto nulla riguardo a quello che, più di tutto, temeva di dover dire alla ragazza… e aveva tirato un sospiro di sollievo.
Ma allo stesso tempo aveva letto qualcosa che forse avrebbe preferito non vedere scritto. 
  
  
Meno di una settimana prima, seduto su quel letto in Infermeria, si era forse aperto con qualcuno per la prima volta da anni… anzi, da sempre. 
Non aveva mai detto quelle cose a voce alta e solo in quel momento si era reso conto di quanto fosse strano.
 
Aveva detto ad Isabelle del perché si fosse stato trasferito alla Cimmeria, o almeno il motivo che lui aveva sempre immaginato ma che suo padre non aveva mai espresso.

Le aveva raccontato della sua vita prima di Hogwarts, quando aveva capito troppo presto che cosa volesse dire odiare profondamente qualcuno ed essere odiato. Non aveva mai odiato nessuno tanto quanto sua nonna, sia a 7 anni che a 18.
Quel sentimento era ricambiato, certo, e lei non aveva mai fatto nulla per nasconderlo.


“La odio, davvero. Mi ha reso la vita un inferno per anni, non credo si farebbe neanche tanti problemi ad uccidermi… ma a volte penso davvero che abbia ragione.” 
“Non ne ha. Non hai niente che non vada Jude… ti sei già lasciato condizionare abbastanza da lei e da quello che hai passato.”  

Isabelle gli aveva sorriso leggermente, prendendogli il viso tra le mani mentre Jude la guardava con espressione quasi spaesata, chiedendosi se non avesse preso una grave botta in testa durante la sua “crisi”: da quando Isabelle Van Acker era così dolce e gentile?

In effetti aveva smesso progressivamente, durante quell'anno, di essere tanto gelida nei suoi confronti, ma non se n'era mai accorto come in quel momento.  
 
“E poi… mi spieghi perché ti odia tanto? Cosa puoi averle fatto quando eri solo un bambino?” 
“Concretamente nulla, non mi può sopportare perché… diciamo che le cose non sono andate come voleva lei, e non le piace quando accade. Forse in questo ci somigliamo.” 

Jude abbozzò un lieve, amaro sorriso mentre Isabelle lo guardava con aria accigliata, continuando a non capire:
 
“Che intendi?”
“Mio padre ha avuto un matrimonio combinato, Isabelle… ma tu sei Purosangue, sai come funzionano queste cose, no? Beh, mio padre si è sposato con chi meglio conveniva alla famiglia, ma qualcosa è andato storto comunque. Mia madre non era la moglie di mio padre Isabelle, suppongo che mia nonna non mi abbia mai accettato per questo. Non la vedo da anni in effetti, ma non credo che me ne dimenticherò facilmente.” 

Come avrebbe potuto? Aveva un bel numero di cicatrici a ricordargli tutte le volte in cui aveva sofferto per colpa sua, di quella donna che lo aveva sempre guardato quasi con disgusto e lo aveva tormentato in tutti i modi, rimproverandolo persino per il modo in cui si muoveva e parlava.

“Oh. Mi dispiace… hai detto che tua madre è morta di parto, giusto? E la moglie di tuo padre?”
 
Jude quasi sorrise, annuendo come si si fosse aspettato quella domanda:

“Non l'ho mai conosciuta, è morta ancor prima che io nascessi. Mio padre mi ha detto che era molto… cagionevole di salute. Ad ogni modo, mio padre non ha mai sposato mia madre anche dopo il decesso: era Magonò, non credo ci sia bisogno di aggiungere altro.” 

Isabelle annuì, capendo a cosa stesse alludendo il ragazzo e continuando a tacere per ascoltarlo:
   

“Sai… mio padre mi ha chiamato Jude proprio per questo. Suppongo che avrei dovuto suggellare la felicità, l'amore tra lui e l'unica persona che abbia mai amato in vita sua… e invece mia madre è morta non appena sono nato.” 
“Credo che tu lo sappia Jude, ma te lo dico comunque: ti fai troppo condizionare dalla tua famiglia.” 

“Forse.”




Aveva ragione, lo sapeva anche lui: aveva lasciato per anni a sua nonna di condizionarlo, convincendosi di essere davvero anormale e solo d’intralcio, un errore che nessuno avrebbe mai apprezzato del tutto. 


Jude abbassò lo sguardo sul foglio che teneva tra le mani, leggendo quello che, in pratica, aveva raccontato ad Isabelle quel giorno, in Infermeria. 
La morte di sua madre subito dopo la sua nascita.
 
Un lieve sorriso gli increspò le labbra, leggendo quelle parole e trovandole quasi ironiche: certo, sua madre era morta di parto. Ma nessuno aveva mai saputo la verità, nessuno aveva mai saputo che la donna morta quel 13 Novembre non era la moglie di suo padre, Yhavanna Verrater. 

Quando era morta, la notizia non era trapelata. Suo padre sapeva che non avrebbe mai potuto sposare una magonò, anzi: secondo il contratto prematrimoniale non avrebbe potuto sposarsi in ogni caso o avere figli finché non fosse passato lo stesso numero di anni passati con la prima moglie.  
  
Così, aveva deciso che nessuno avrebbe mai saputo che la donna che aveva sposato era morta e aveva fatto assumere le sue sembianze alla Magonò che amava, Glory, grazie alla Pozione Polisucco tenendo in buone condizioni il corpo della moglie con la magia. 
Quando anche lei era morta l'aveva seppellita e aveva semplicemente fatto sparire il corpo di Yhavanna… nessuno l'avrebbe mai saputo, lasciando semplicemente che un bambino si prendesse la responsabilità delle azioni di un’intera famiglia. 




“Isabelle, girano strane voci su quella famiglia, in Germania.” 

Già, Shafiq aveva ragione, probabilmente. 

Incendio.” 

Con un mormorio la lettera prese fuoco, esattamente come il cadavere di Yhavanna 18 anni prima. 

Jude si distese lentamente sul letto, fissando gli occhi su un punto del soffitto bianco, mentre come sempre quando pensava a quella storia sentiva una strana sensazione allo stomaco. 

Come se ci fosse qualcosa che gli stava sfuggendo. 
Odiava quella sensazione di solito… ma la provava da sempre, in merito alla sua famiglia. Eppure non capiva di cosa si trattasse: non era difficile da capire, sua madre era morta dandolo alla luce, come era successo ad un mucchio di altre donne prima di lei. 
 
  
Eppure, non era ancora tutto. 



                                                                                   *



Venerdì 25 Marzo



“Non… dici niente.” 
“Non so che cosa dire.” 


Jude continuava a torturarsi leggermente le mani, tenendo gli occhi fissi sulla ragazza che era seduta di fronte a lui. 
La guardava con apprensione ma Isabelle non ricambiò il suo sguardo, tenendo le mani intrecciate tra loro e gli occhi chiari fissi sul muro, come se stesse elaborando quello che aveva appena sentito. 


Dopo qualche istante Jude annuì leggermente, alzandosi e schiarendosi la voce: 
 
“Lo so, non è semplice da digerire… ti lascio sola.”  

Le rivolse un'ultima occhiata, quasi sperando che lei lo fermasse e che gli dicesse di restare… ma Isabelle non disse niente e si limitò ad annuire, continuando a non guardarlo mentre Jude si allontanava, sentendo una specie di fastidioso groppo in gola. 
 

                                                                                       *


“Che pessima cera.”
“Smettila! Dovresti farmi supporto morale, non prendermi in giro!” 


Isabelle sbuffò e dopo aver fulminato l'amico con lo sguardo allungò una mano per prendere un alfiere e spostarlo, mentre Alastair invece le sorrideva con aria divertita:

“Sto solo cercando di aiutarti! Qual è esattamente il problema?” 

“Tuo padre mi aveva accennato a qualcosa di serio, ma non pensavo fino a questo punto! Non lo so Al… al momento sono già abbastanza incasinata per la MIA, di famiglia.” 
“Vero. Ma a te Jude piace, no?” 
“Sì, certo. Ma è… una cosa grande.”  

Alastair annuì e le sorrise, spostando una torre in avanti prima di mettere a zero l'orologio e passare il turno all'amica, che guardò la scacchiera con espressione malinconica.
 
“Immagino che non sia facile. Ma pensaci… la tua famiglia non è tanto meglio, no? Guarda che cosa sta facendo tuo zio a sua sorella e a sua nipote!” 
“Grazie per avermelo ricordato, Al.” 
“Cerco di dare una mano, Belle. Ascolta, Verrater non mi è mai piaciuto e di lui non mi importa, ma ti voglio bene e voglio che TU sia felice… non hai passato un bell’anno e fino all'altro ieri eri più felice di quanto non ti abbia vista per mesi. E poi te ne ha parlato di sua spontanea volontà, no? Non deve essere stato facile nemmeno per lui… parlargli.” 
 
“Non sono brava a discutere, lo sai meglio di chiunque! E da quando sei diventato l'avvocato di Jude, si può sapere?” 
“Te l'ho detto, non mi importa granché di lui. Ma voglio che tu, mia cara Belle, sia felice.” 



                                                                              *


“Questa storia deve finire.” 
“Sono d'accordo, infatti dobbiamo parlare.” 

Isabelle sgranò gli occhi quando Faye e Phoebe sedettero di fronte a lei con tutta l'aria di chi non ha nessuna intenzione di lasciar perdere o di cambiare idea… disgraziatamente non poteva nemmeno scappare, quella volta. E aveva come la sensazione di sapere a cosa si stessero riferendo le amiche: 

“A che vi riferite?” 
“Non fare la finta tonta Isabelle, ti consociamo! Hai un muso lunghissimo da due giorni ormai, che cosa succede?” 
“Niente.” 
“Ci prendi per fesse? Tu e Jude non vi parlate da un paio di giorni e tu improvvisamente diventi musona… coincidenze?” 
 

Isabelle sbuffò e distolse lo sguardo, chiedendosi perché tutti intorno a lei fossero dei perfetti ficcanaso:

“Non è niente, ho solo bisogno di riflettere su una cosa che mi ha detto.” 
“Che cosa ti ha detto?” 

“Niente che vi debba interessare!”  

Sia Phoebe che Faye assottigliarono lo sguardo e probabilmente la seconda stava prendendo anche in considerazione l'idea di legare l'amica alla sedia e costringerla a parlare… ma Phoebe intanto si era voltata verso Jude, che dall'altro lato della Sala da Pranzo era visibilmente di pessimo umore e fissava la colazione come se fosse tutta colpa delle uova se si trovava in una pessima situazione. 

“Anche Verrater ha una faccia da funerale… vado ad indagare!” 
“Bibi, non osare!” 
“Di che ti preoccupi, insomma, MI ADORA!” 
 

Isabelle sospirò e scosse il capo, guardando l'amica dirigersi a passo di marcia verso il ragazzo: qualcosa le diceva che Jude non avesse molta voglia di conversare in quel momento. 


“Contenta lei…” 



“Ciao Verrater! Posso sedermi?” 
No.” 
“Grazie.” 

Phoebe sorrise e prese posto accanto al ragazzo, intrecciando le dita delle mani e sorridendo gentilmente:

“Allora… come mai tu e Isabelle avete litigato?” 
“Non abbiamo litigato.”  
“Come no, e io sono una spilungona! Insomma, non vi si vede sprizzare amore da tutti i pori e giocare a Poker durante le lezioni da qualche giorno… e io conosco la mia amica Jude, so che spesso tende ad evitare i problemi invece di affrontarli di petto. Che cosa è successo?” 


“Niente.”   Jude sbuffò e si alzò senza nemmeno aver toccato cibo, allontanandosi in fretta e furia dal tavolo e dalla ragazza. Phoebe invece lo seguì con lo sguardo, non sapendo se dispiacersi per lui o trovare divertente il fatto che per una volta persino Jude Verrater fosse in difficoltà.


 
                                                                                      *


Martedì 29 Marzo


“Si può sapere che cos’hai?” 
“Assolutamente niente.” 

Jude continuò a tenere gli occhi fissi sul libro che aveva davanti, evitando di guardare Adrianus che si era appena seduto accanto a lui, nel banco che solitamente restava vuoto. 

“Lo immagino. Sei assolutamente intrattabile da giorni, chiedi favori in cambio persino se qualcuno ti chiede di passargli un libro, te ne stai immusonito e in silenzio per la maggior parte del tempo e hai smesso persino di fare battutacce.” 

“Io non faccio battutacce!” 

“Sì invece… problemi con Isabelle?”  

Adrianus inarcò un sopracciglio e Jude sbuffò, evitando di rispondere. Ma all’ex Corvonero quel silenzio bastò e sorrise leggermente, guardando il compagno con aria divertita:

“Avete due caratteri molto forti, non è difficile immaginare che possiate discutere.” 
“Non abbiamo discusso, io le ho detto una cosa e non so come l'abbia presa… forse non avrei dovuto diglierlo.” 

“So che non mi dirai di cosa si tratta, quindi nemmeno te lo chiederò. Ma se la conosco almeno un po’ penso che non rimarrà in silenzio a lungo, presto o tardi verrà a parlarti. È qualcosa di grave?” 
“Abbastanza.” 


Jude sbuffò leggermente, non sentendo nemmeno una parola della lezione in corso e continuando a ripensare a quello che aveva detto ad Isabelle… aveva sempre temuto, in realtà, che lei potesse allontanarsi dopo averlo saputo. Ma forse infondo aveva sperato che non l'avrebbe fatto, anche se ora i suoi timori si stavano rivelando disgraziatamente fondati.

E la cosa peggiore era che non aveva idea di cosa dirle, non se la sentiva nemmeno di affrontarla di sua spontanea volontà… che cos’altro poteva dire? Poteva solo aspettare che fosse lei a fare il primo passo. 


                                                                                    *



“Non so come la prenderai… ma voglio che tu lo sappia da me.” 

 

Lo sparo echeggiò nella sala e Isabelle imprecò mentalmente, guardando il bersaglio che aveva mancato per la terza volta. 
Proprio non riusciva a concentrarsi, anche se era completamente sola e avvolta nel silenzio… in teoria non c'era nulla a disturbarla, ma in pratica continuava a pensare a Jude, a quello che le aveva detto e a tutte le volte in cui ci aveva riflettuto sopra nei giorni precedenti. 


Le dispiaceva, più di quanto non riuscisse a manifestare, per quello che stava succedendo… non le piaceva per niente non parlare con lui e guardarlo tornare ad isolarsi completamente. 
Era consapevole che non stesse passando delle giornate piacevoli per colpa sua, e non le piaceva nemmeno un po’. 



Isabelle sbuffò, sfilandosi lentamente gli occhiali protettivi per lasciarli sul tavolino accanto a lei, insieme alla pistola. 
Inutile, tanto non riusciva a concentrarsi… probabilmente avrebbe finito col centrare una finestra o una mattonella. 


Ripensò a quello che le avevano detto Faye e Phoebe, ossia di smetterla di giocare a fare la fuggitiva e di parlare con Jude, di qualunque cosa si trattasse. La verità era che nemmeno lei sapeva fino in fondo come avesse preso la notizia: di sicuro non era una cosa semplice da digerire, ma doveva passarci sopra? O allontanarsi da lui?

Una lieve smorfia le increspò le labbra quando provò a pensare a come avrebbe reagito lui in quel caso… era sicura che non si sarebbe arrabbiato con lei, dopotutto se glie ne aveva parlato era consapevole delle possibili conseguenze. Ma non era difficile immaginare come l'avrebbe ridotto guardarla allontanarsi. 

E a confermare quell’ipotesi era stato proprio Adrianus, il giorno precedente, quando l'aveva fermata nel bel mezzo di un corridoio, subito dopo una lezione. 
 
“Non so che cosa sia successo… ma vai a parlargli, per favore. Lui pensa che debba essere tu a “scegliere”, quindi per favore fa’ qualcosa.” 
“Com’è che ultimamente siete tutti avvocati della causa?” 
“Mi dispiacerebbe per lui, Isabelle… io ho perso Frankie, non vorrei capitasse anche a Jude: sei davvero molto importante per lui, spero che tu te ne sia resa conto.” 


Non che volesse peccare di superbia ma sì, forse se n'era resa conto… in fin dei conti glie l'aveva ampiamente dimostrato. 



Fanculo 



Isabelle sbuffò e girò sui tacchi, avviandosi verso la porta della grande stanza sotterranea quasi a passo di marcia. Già, che andassero tutti al diavolo: suo zio, il libro, la famiglia di Jude, specialmente sua nonna, e anche Orion Callaghan… che ci andassero pure tutti. 

Quasi senza pensarci si diresse verso la Sala Comune, sperando di trovarlo e di non dover setacciare la scuola da cima a fondo. 


Quando si fermò sulla soglia della grande stanza circolare e lo intravide, seduto in un angolo su una poltrona lontana dalle finestre, sorrise lievemente prima di avvicinarglisi con passo deciso. 
Teneva gli occhi fissi su di lui – si, che andassero a quel paese anche i compagni di scuola presenti – e lo vide alzare lo sguardo dal libro di Pozioni che teneva in mano per farlo saettare su di lui, senza riuscire a nascondere la sorpresa. 

Isabelle…” 
“Scusa se ci ho messo tanto. Ma sai, sono davvero una testa dura.” 

Gli sfilò il libro dalle mani senza tanti preamboli per sederglisi sulle ginocchia e sporgersi verso di lui per baciarlo, mentre Jude rimase come pietrificato per qualche istante, dovendo ancora realizzare che lei aveva finalmente fatto quel passo in avanti. 


“La tua famiglia è coinvolta in qualcosa di grande, di tremendo e di pericoloso… ma sai una cosa? Come ben sai nemmeno la mia è un esempio di moralità. Mio zio ha persino tentato di avvelenarmi con l’arsenico, che ironicamente era il veleno prediletto dai Borgia… Insomma, è tremendo ma posso conviverci. Io voglio stare con te, non con la tua famiglia.” 

“Sei sicura? Te l'ho detto Isabelle… c’entro anche io.” 
“Si, me lo hai detto. E probabilmente io preferirei stare fuori dai vostri “affari” e saperne il meno possibile, ma non sei comunque una persona cattiva Jude. Una persona cattiva non mi avrebbe salvato la vita o non avrebbe messo KO qualcuno per avermi schiaffeggiata.” 

Isabelle annuì con decisione e Jude distese le labbra in un sorriso quasi sollevato prima di abbracciarla, parlando a bassa voce perché solo lei lo sentisse:

“Ero sicuro che questa volta non saresti rimasta… E credo che tu sia l'unica che vede qualcosa di buono in me. Si Van Acker, sei definitivamente matta anche tu.” 
“Poco male, faremo i matti insieme. E poi non sai che cosa disse Erasmo da Rotterdam? La follia è parte integrante dell'uomo, è ciò che ci spinge ad agire secondo istinto e sentimenti. La vita umana, nel suo insieme, non è altro che il gioco della pazzia.” 

“Non so chi sia questo Erasmo, ma deduco che non sia un altro personaggio di Alice in Wonderland…” 
“No, infatti.” 


Isabelle sorrise e Jude ricambiò, mentre la ragazza si sporgeva per abbracciarlo di nuovo. 
Tirò quasi un sospiro di sollievo, stupendosi per come fossero andate a finire le cose… no, non se lo sarebbe mai aspettato. 

Non solo lei sembrava tenere davvero e preoccuparsi per lui… ma non era neanche scappata a gambe levate quando lui le aveva finalmente detto quello che faceva la sua famiglia dietro le apparenze, che suo padre non era solo un avvocato, che la sua famiglia era da anni coinvolta nella mafia tedesca. 

Non seppe spiegarsi come potesse avere tanta fortuna… ma per una volta, decise di godersela. 


“Jude?” 
“Sì?” 
“Sai, ci ho pensato molto in questi giorni… e c'è una cosa che vorrei chiederti. Sei assolutamente certo che tua madre sia morta per cause naturali, vero?” 





“Ancora una volta, io avevo ragione.” 
“Non fare il saputello, tu avevi parlato con Jude… non vale! Ti ha detto che cosa c'era che non andava?” 

“No… solo che aveva detto qualcosa ad Isabelle che l'aveva turbata. Ma se hanno risolto, allora va bene così. È bello vedere qualcuno che se la passa bene, dopotutto.” 

Adrianus sorrise prima di alzarsi, dando una leggera pacca sulla spalla di Mathieu prima di allontanarsi con le mani sepolte nelle tasche e apparente nonchalance, mentre il francese annuì leggermente prima di voltarsi verso l'amico: 

“Si… è bello. Sarebbe bello se valesse per tutti, vero Steb?” 
“Già. Ma chi siamo noi per stabilirlo?” 











Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** ... al suo posto ***


Capitolo 34: … al suo posto

 

Sabato 2 Aprile

 

Phoebe Selwyn stava scendendo le scale quasi di corsa, maledicendosi mentalmente per la sua eterna indole ad essere in ritardo… Faye l’avrebbe uccisa, probabilmente, si erano date appuntamento per studiare alle 16 e ormai erano passati già venti minuti.

Era appena scesa nell’Ingresso per correre in Biblioteca attraverso le scale di servizio, una volta utilizzate esclusivamente dalla servitù ma che con il tempo gli studenti avevano scoperto essere piuttosto utili per muoversi più velocemente dentro l’edificio, quando sentì una voce chiamarla.

Voltandosi Phoebe sapeva che era una voce familiare… ma non riuscì ad identificarne la fonte finché non se la trovò davanti agli occhi, e immediatamente il consueto sorriso di cortesia fece capolino sul suo volto:

 

“Salve, Signor Shafiq… Come mai qui? Riunione?”

“No, a dire la verità sono venuto per vedere Isabelle… sai dov’è, per caso?”

“Credo che sia in camera sua. L’accompagnerei io, ma temo di essere in ritardo… arrivederci!”

 

Phoebe gli rivolse un cenno prima di girare sui tacchi e andarsene, anche se in realtà moriva dalla voglia di sapere perché Morgan Shafiq fosse a scuola per vedere Isabelle… forse aveva a che fare con le lettere su Jude?

 

Di sicuro avrebbe chiesto spiegazioni all’amica al più presto, anche se non aveva ancora capito cosa fosse successo di preciso tra lei e Jude: non si erano praticamente parlati per qualche giorno ma poi all’improvviso era tutto tornato come prima… e lei si rifiutava di parlarne, sostenendo che era una “questione delicata”.

In realtà ormai tutto l’anno scolastico era diventato una “questione delicata”…

 

                                                                         *

 

Sbuffò, trattenendosi dal lanciare la penna fuori dalla finestra. Non riusciva a concentrarsi poi molto, in quel periodo fare i compiti era diventata una specie di tragedia…

Solitamente studiava in Biblioteca e non nella sua camera, ma nei giorni precedenti Jude aveva iniziato a trovare particolarmente divertente sedersi accanto o davanti a lei o fissarla per tutto il tempo, mettendola a disagio e impedendole di concentrarsi… alla fine il giorno prima lei si era alzata definendolo un emerito idiota e lui era andato avanti a ridere per mezz’ora.

 

Ma con o senza Jude, non riusciva comunque a pensare Pozioni, Trasfigurazione, Storia della Magia o chissà quale altra materia… i suoi pensieri tornavano sempre su quel dannato libro e a cosa sarebbe successo se on l’avesse trovato in fretta.

Non voleva che morisse qualcun altro, ma ormai aveva abbastanza “esperienza” da sapere che presto suo zio si sarebbe stancato di aspettare.

 

Ma dove cercare? Era sicura che il libro fosse in un posto dove aveva già cercato, solo infilato in qualche angolo remoto e impensabile.

Stupido Callaghan

 

Senza contare che non sapeva nemmeno che cosa ci fosse scritto dentro… e ormai era piuttosto curiosa: perché era così importante per mettere le mani sulla Orion?

 

Aveva appena ricominciato ad arrovellarsi quando qualcuno bussò alla porta e voltandosi si ritrovò a sorridere d’istinto, guardando l’alta figura di Morgan stagliata sulla soglia.

 

“Ciao Belle… sono venuto appena ho potuto. Volevi vedermi?”

“Ciao zio… si, grazie per il tuo tempo, so che sei molto impegnato.”

 

Isabelle sorrise mentre Morgan si chiudeva la porta alle spalle e le si avvicinava, sedendosi sulla sua poltrona con i capelli scuri come sempre perfettamente pettinati e il completo blu con neanche l’accenno di una piega.

Una volta Isabelle gli aveva chiesto eprchè spesso si vestisse come i Babbani… e lui aveva sorriso, limitandosi a rispondere che spesso aveva a che fare con loro, nel suo lavoro.

 

Che cosa facesse di preciso, non lo aveva mai capito… suo zio gestiva una specie di enorme rete, un traffico di informazioni e di persone che lavoravano per lui. Quello di cui era certa era che scopriva e otteneva sempre quello che voleva grazie ad un mucchio di contatti.

 

“Non preoccuparti, mi fa piacere vederti. Di cosa vuoi parlarmi?”

“Preferivo parlarti di persone invece che scriverti… ti vorrei ringraziare per avermi ascoltata e per non aver mai fatto troppe domande. Grazie per quello che hai fatto, davvero, ma non serve più che tu faccia ricerche su quello che ti chiesto.”

“I Verräter, vuoi dire? Hai letto l’ultima lettera che ti mandato?”

“No… Grazie zio, ma non credo serva più.”

Isabelle sorrise, perfettamente consapevole di non averlo convinto poi molto… Morgan continuava a guardarla con espressione quasi scettica.

 

“All’inizio ho pensato che me l’avessi chiesto eprchè avessi qualche problema con quel ragazzo, il tuo compagno. Capisco perché tu mi stia dicendo questo adesso, è naturale che tu abbia cambiato idea visto che le cose tra voi sono cambiate.”

“Zio! Come lo sai?”

“Io so sempre tuto tesoro, l’hai scordato?”

 

Morgan sfoggiò un piccolo sorriso prima di tornare nuovamente serio, schiarendosi la voce prima di parlare nuovamente:

 

“In ogni caso… Non mi voglio intromettere tesoro, ma forse c’è una cosa che dovresti sapere.”

“Credo di saperlo già.”

 

“Davvero? Qualcosa che riguarda molto da vicino la sua famiglia… i suoi genitori? Sua madre. Sappiamo che è morta di parto, no?”

“Sì.”   Isabelle annuì, certa che Morgan stesse parlando a proposito della madre di Jude per dirle che non era stata la moglie di Alphard Verräter.

“Beh… questo è stato ciò che è formalmente trapelato e credo tu già sappia che la madre di Jude non era sposata con suo padre. Ma potrebbe non essere andata esattamente così, Isabelle. E non credo che lui lo sappia.”

 

“Intendi che non è morta di parto?”

 

Isabelle strinse la presa sui braccioli della sedia mentre guardava Morgan annuire con un lievissimo cenno del capo, continuando a guardarla attentamente:

 

“Potrebbe come non potrebbe. Il matrimonio tra Alphard e Yhavanna Verräter è avvolto in una nube… ed è finito decisamente all’improvviso. Ho scoperto che era sterile, non poteva avere figli… non ci vuole granché a capire che Jude è nato fuori dal matrimonio, dunque.”

 

“Come sai che era sterile?”

“Ho messo le mani sull’accordo prematrimoniale… su una copia, in realtà. Non fare domande.”

 

Morgan fece un gesto sbrigativo con la mano, invitandola a non indagare e Isabelle annuì, osservandolo con impazienza:

 

“Dove vuoi arrivare con questo, zio?”

“Isabelle, Yhavanna è stata seppellita esattamente pochi giorni dopo la nascita di Jude. Ma lei era sterile, non può essere figlio suo… era molto cagionevole di salute e non sto insinuando che non sia morta per cause naturali, dubito che l’abbiano uccisa. Quello che mi fa restare perplesso è altro, ossia dove sia finita la madre di Jude.”

“A lui hanno detto che è morta di parto. Credi che l’abbiano costretta ad andarsene per non “macchiare” la famiglia?”

“E’ il genere di cose che molte famiglie Purosangue farebbero, sì.”

 

Isabelle si appoggiò completamente allo schienale della sedia, riflettendo: suo zio non lo sapeva, ma Jude le aveva detto che sua madre era morta di parto e fatta seppellire sotto le sembianze di Yhavanna. Quindi ERA effettivamente morta, anche se tutto il mondo aveva visto la moglie di Alphard Verräter dentro quella bara e non una qualunque Magonò.

 

Ma suo zio aveva ragione… molte famiglie Purosangue avrebbero fatto una cosa del genere.

E da quello che Jude le aveva raccontato, Isabelle non trovava difficile immaginare che sua nonna avesse fatto una cosa del genere… no, non suo padre. A detta di Jude, lui l’amava.

Pensò a Jude, convinto da sempre di aver portato via l’amore a suo padre… Magari non era andata così?

 

“A cosa stai pensando?”

“A Jude. Non penso abbia mai considerato questa possibilità.”

 

“Beh, sta a te decidere se dirglielo o meno. Fai quello che ti senti, tesoro.”

Isabelle annuì, sbuffando leggermente prima di puntare nuovamente gli occhi sull’uomo:

 

“C’è un’altra cosa di cui volevo parlarti, zio. Il tuo tatuaggio, quello sul polso. Ce l’ha anche mio padre… ha a che fare con l’Orion Society?”

Morgan esitò prima di sollevare leggermente la manica della giacca blu e poi della camicia, mostrandole il polso prima di annuire leggermente:

 

“Diciamo di sì… è una specie di segno di appartenenza. I Mangiamorte hanno il Marchio Nero e noi abbiamo questo. Credo che sia una tradizione iniziata direttamente da Callaghan.”

“Lo penso anche io… Zio, la Orion comprende ex studenti della Cimmeria, no? Persone importanti nella società.”

“Sì. E poiché la Cimmeria accetta studenti da ogni parte del mondo abbiamo influenza un po’ dappertutto… io sono inglese, certo, ma tuo padre è un esempio lampante.”

 

Isabelle annuì ed esitò prima di parlare di nuovo, continuando ad osservare Morgan per non farsi sfuggire nessuna reazione corporea, anche la più piccola:

 

“E… cosa sai dirmi del libro? Tu ne sai qualcosa?”

“Quello di Callaghan, dici? Io non ci ho mai messo le mani sopra, e nemmeno gli occhi se è per questo. Le uniche persone che potrebbero saperne di più sono Hamilton, probabilmente, e il Presidente della Orion. No, non ti dirò il nome tesoro.”

 

“Hamilton è nella Orion, giusto?”

“Non esattamente, ma è come se ne facesse parte. Perché ti interessa?”

“Mera curiosità… ho visto praticamente lo stesso tatuaggio che avete tu e mio padre nel ritratto di Orion e ho pensato che fosse per forza collegato alla Society.”

 

Isabelle probabilmente avrebbe voluto chiedergli anche se sapesse cosa ci fosse dentro il libro… ma non voleva nemmeno insospettirlo più del dovuto, se lo conosceva lo era già.

Si costrinse a sorridere con atteggiamento rilassato e tranquillo, mentre Morgan la osservò ancora per qualche istante prima di alzarsi, sistemandosi di nuovo la manica della giacca sul polso:

 

“Scusa Isabelle, ma temo di dover tornare a Londra adesso. Ricordati che puoi chiamarmi per qualunque cosa…”

“Lo so, grazie.”  Isabelle si alzò e gli sorrise prima di abbracciarlo, lasciando che le desse un bacio sulla fronte prima di parlare:

 

“E’ da un po’ che non vedo tua madre… come sta? Tuo padre sostiene che è ancora in Inghilterra con la sua famiglia…”

“Per lei è un periodo un po’… difficile. Ma dovrebbe tornare presto.”

 

Isabelle sorrise, pregando che non proseguisse con domande su sua madre… con quelle mentire le risultava molto difficile, sentiva quasi che l’enorme castello di carte che aveva iniziato a costruire l’estate precedente potesse crollare da un momento all’altro.

 

“Se la senti, salutamela. Ci vediamo presto, Isabelle.”

“Ciao.”

 

Lo guardò uscire dalla camera e non appena Morgan sparì dal suo campo visivo si ritrovò a sbuffare, sedendosi di nuovo sulla sedia e chiedendosi come avrebbe dovuto muoversi a quel punto. Doveva parlare con Jude di quello che aveva sentito da Morgan?

 

Sì, probabilmente avrebbe dovuto farlo… se suo zio aveva ragione, Jude doveva saperlo.

 

 

Sbuffò, appoggiando il capo sulle braccia e chiudendo gli occhi, chiedendosi perché ora dovesse arrovellarsi anche su quel fronte… avrebbe finito l’anno scolastico con una lunga serie di emicranie, probabilmente.

Sì, doveva parlarne a Jude, ma non sapeva come affrontare un argomento così delicato.

 

Dopo qualche minuto sollevò leggermente la testa, allungando istintivamente una mano per prendere la sua piuma e iniziare a scrivere frettolosamente sul rotolo di pergamena che, almeno in teoria, era destinato ai compiti.

 

                                                                                             *

 

“Si può sapere perché lo stiamo facendo? Se ci trovano finiamo dritti dal Preside!”

“Piantala di fare lo studente modello… mi hai chiesto tu di coinvolgerti, no? Beh, allora non rompere!”

 

Adrianus sbuffò mentre, insieme a Jude, rimetteva a posto il grande ritratto di Callaghan sul muro, pregando che non arrivasse nessuno.

“Mi spieghi perché mi hai chiesto di aiutarti a tirare giù il quadro? Pesa una tonnellata…”

“Volevo vedere se dietro c’era qualcosa… Ma niente di niente.”

 

Jude sbuffò, lanciando un’occhiata torva al ritratto mentre Adrianus lo osservava attentamente:

 

“Ha a che fare con quello che tu e Isabelle dovete fare?”

“In realtà lo deve fare solo Isabelle, io mi sono auto-impicciato come sempre… Dobbiamo trovare il dannato libro sperduto, ma non so più dove guardare!”

 

“Ironico, sembra quasi la storia del Diadema di Priscilla Corvonero, vero?”

“Sì, in un certo senso… solo che non penso che questo renda più intelligenti. Dentro ci deve essere qualcosa di utile, ma non ho idea di che cosa si tratti.”

 

“Se non lo sai tu, non vedo come potrei scoprirlo io… Però ricordati quello che ti ho detto, Jude. Quando lo troverete, fammi un fischio.”

 

                                                                                           *

 

“Sai dov’è Steb?”

“No, è scomparso insieme a Jude… Chissà cosa staranno combinando.”

 

Mathieu continuò a leggere distrattamente, mentre Camila aveva smesso di disegnare – in fin dei conti aveva promesso all’amico che entro la fine dell’anno gli avrebbe fatto un ritratto – per rimuginare.

 

“E’ passato un mese… secondo te sta bene?”

“Beh, indubbiamente sta meglio. E’ anche riuscito ad evocare il suo Patronus, francamente non ne ero del tutto sicuro.”

“Nemmeno io, ma sono felice per lui. Secondo te Jude potrebbe saperne di più? Magari è per questo che sono insieme adesso…”

 

“Non saprei Cami… spero solo che Steb non si metta nei guai. Capisco che sia arrabbiato e che quello che è successo a Frankie non sia giusto… Ma anche Etienne era curioso, e non è finita bene.”

Mathieu emise un debole sbuffo, cercando di non pensare a quella storia… in effetti era strano, a volte pensava al suo amico e gli sembrava fossero passati secoli da quando era ancora vivo.

Era come se ormai vivesse in tutt’altro mondo.

 

“Lo so… mi dispiace.”   Camila allungò una mano per sfiorare il braccio dell’amico ed esitò prima di sorridergli, cercando di fargli tornare il buonumore:

 

“Però guarda, ho quasi finito di ritrarti! Sei proprio carino.”

“Io sono carino Cami, se non lo fossi nel disegno allora ci sarebbe qualcosa che non va!”

 

                                                                              *

 

“Allora, ripassiamo. Quando è stato fondato il Ministero della Magia inglese?”

“Emh… molto molto tempo fa?”

 

“Grazie tante Capitan Ovvio, a questo ci ero arrivata pure io!”

 

Faye sbuffò e riprese possesso del suo libro di Storia, strappandolo dalle grinfie del cugino per trovare la risposta alla domanda di Phoebe, che come da manuale roteò gli occhi e si chiese perché si fosse ritrovata a studiare insieme ai due cugini, che quando erano insieme finivano sempre col discutere.

 

“Oggi sei veramente insopportabile Faye… Cos’è, hai le tue cose?”

“Il solito commento da maschio imbecille che pensa che ogni volta in cui una donna è di cattivo umore debba avere le sue cose… Idiota!”

“Io chiedevo solo, non ti scaldare!”

 

“Ragazzi, qualcuno di voi risponde alla mia domanda, per favore?”

 

Voglio suicidarmi, datemi una finestra aperta…

 

“Ah sì, certo Phoebs... Se non ricordo male è il 1689!”

“Grazie tante, hai letto dal libro!”

“Ma non è vero!”

 

I due ripresero a discutere e Phoebe si mise una mano tra i capelli, chiedendosi se per caso non potesse svignarsela senza che Faye e Bas se ne accorgessero.

 

“Sei solo invidiosa perché l’altra volta ho preso O e tu A!”

“Io invidiosa di TE? Giammai!”

 

“La prossima volta mi metto a studiare con Verrater piuttosto che con voi due…”

 

Phoebe roteò gli occhi e immediatamente calò nuovamente il silenzio, mentre entrambi i cugini si voltavano verso di lei:

 

“A proposito… Sai se ora sono insieme?”

“Non ne ho idea, ma non credo, nei giorni scorsi hanno studiato insieme e Isabelle alla fine voleva ucciderlo perché la distraeva…”

“Phoebe… puoi dirmi che cosa stanno combinando? So che lo sai.”

 

“Per la barba di Merlino Bas, ma non hai ancora capito che stanno insieme?”

“Non mi riferivo a quello, ma già da prima ho la sensazione che stiano complottando qualcosa… Phoebe, per favore.”

 

Sebastien intimò con lo sguardo a Faye di stare zitta e di lasciarlo parlare prima di voltarsi nuovamente verso Phoebe, guardandola in attesa e quasi con una nota implorante negli occhi chiari… una nota piuttosto rara da cogliere nello sguardo di Sebastian Ryle.

 

Phoebe sbuffò, sapendo che Bas aveva ragione ma allo stesso tempo non potendo fare molto… ovviamnete però ormai anche Faye la stava osservando con espressione confusa, chiedendosi se il cugino avesse ragione o meno.

 

“Io… Mi dispiace, Bas. Non credo di potertene parlare…”

“Phoebe, conosci Isabelle, non direbbe una parola. Ma non si tratta solo di lei, anche a noi mancano le persone che sono morte quest’anno.”

 

“Lo so, lo capisco. Ma Isabelle ci ha messo mesi a dirlo a me, pensa che meno persone lo sappiano e meglio sia… E’ piuttosto coinvolta con tutto quello che è successo, questo sì, ma non penso di potervi dire altro senza farvi finire nei guai.”

 

Sebastian sbuffò leggermente, appoggiandosi allo schienale della sedia e incrociando le braccia al petto senza smettere di osservare la ragazza, scrutandola attentamente mentre Phoebe non batteva ciglio, restando impassibile mentre reggeva il suo sguardo senza problemi:

 

“Ne ha parlato con Verräter, ovviamente. E lei è coinvolta, non per niente qualche settimana fa è quasi morta anche Belle… Che cosa vogliono Phoebe? Perché ci stanno dimezzando?”

“Qualcuno vuole qualcosa da Isabelle… e siccome non l’ha ancora avuto, continua a mietere vittime da Halloween, quando Jackson è morto.”

 

“Quindi lei sa chi c’è dietro?”

“Sì, ma pensa che lavori per qualcun altro.”

 

Sebastian contrò leggermente la mascella, continuando a tenere gli occhi fissi su Phoebe e trattenendosi dall’alzarsi, correre a cercare Isabelle e costringerla a dirgli che cosa stesse succedendo. Erano passati mesi dalla morte di Jackson, e anche da quella di Alastair… e nel frattempo erano morte altre tre persone.

Per quel che ne sapeva, la prossima sarebbe potuta benissimo essere sua cugina, o la stessa Isabelle.

 

Fece per dire qualcosa, chiedere di nuovo a Phoebe di dirgli la verità… ma venne interrotto da un rumore di passi affrettati e da una voce familiare.

 

I tre si voltarono simultaneamente e incrociarono così la figura di Jude, che si stava avvicinando quasi di corsa e ignorando deliberatamente i sonori rimproveri di Eloise.

 

“Verräter, ciao… da quando tu accorri per parlare con qualcuno? In genere aspetti che siano gli altri a venire da te…”

“Phoebe, non è il momento. Avete visto Isabelle?”

 

Immediatamente tutti e tre drizzarono le orecchie, attratti sia dalle parole del ragazzo che dal suo insolito tono ansioso, distante da quello rilassato, pacato e quasi canzonatorio che usava di solito.

 

“No… Perché? Che cosa è successo?”

“Qualche minuto fa è venuta da me ed era… un po’ strana. Mi ha detto qualcosa e poi è sparita, sono andato a cercarla in camera sua ma ho trovato questa, indirizzata a me.”

 

“Evidentemente sapeva che saresti andato in camera sua… che cosa dice?”

 

Phoebe scattò in piedi quasi come una molla mentre i suoi occhi guizzavano sul foglio ripiegato che Jude teneva in mano. Il ragazzo però scosse il capo, continuando a parlare con tono piuttosto sbrigativo:

 

“Non ha importanza, riguarda me. Però da quello che mi ha detto a voce e da quello che ho letto credo che stia succedendo qualcosa… Ormai la conosco bene, c’è qualcosa che non va.”

 

“Ovvero?”

 

Faye inarcò un sopracciglio, continuando a spostare lo sguardo da Jude a Phoebe senza ottenere risposta, mentre i due continuavano a fissarsi reciprocamente, prima che Phoebe parlasse con un filo di voce:

 

“Sa dov’è…”

 

 

Un quarto d’ora prima

 

Isabelle si fermò sulla soglia della stanza e un lieve sorriso le increspò istintivamente il volto quando posò gli occhi sul suo obbiettivo, sollevata di averlo trovato in fretta.

Senza indugiare mosse qualche passo avanti, avvicinandoglisi mentre improvvisamente non ricordava neanche una parola di quello che avrebbe voluto e dovuto dirgli… poco male, sarebbe andata d’istino.

Lui probabilmente si sentì osservato perché alzò lo sguardo e, una volta incrociato il suo, sorrise leggermente a sua volta come se fosse felice di vederla.

 

“Ciao… Sentivi la mia mancanza?”

“Diciamo di sì… e poi c’è una cosa che vorrei dirti.”

 

“Ovvero?”

 

Jude inarcò leggermente un sopracciglio, guardandola come se fosse in attesa mentre Isabelle sorrise lievemente, sporgendosi per dirgli qualcosa a bassa voce prima di lasciargli un bacio su una guancia.

 

“Che cosa diamine mi hai detto?”

“Non sei tu quello che parla un milione di lingue? Scoprilo.”

 

Isabelle gli aveva sorriso prima di scivolare dalle sua ginocchia, guardandolo annuire:

 

“Lo farò, stanne certa. Dove vai?”

“A finire di studiare…”

“Ok. Ci vediamo a cena?”

 

Isabelle esitò, continuando a guardarlo prima di annuire con un cenno del capo, sorridendo lievemente:

 

“Certo.”

 

Lei girò sui tacchi e Jude la guardò allontanarsi provando una strana sensazione… era come se qualcosa non tornasse. Dopo qualche istante, quando Isabelle era appena uscita dalla stanza, si alzò a sua volta per seguirla, chiamandola mentre usciva a sua volta dalla stanza:

 

“Isabelle?”

 

Si fermò nel bel mezzo del corridoio, guardandosi intorno e constatando con irritazione che non c’era traccia della ragazza… era come sparita nel nulla, aumentando così la spiacevole sensazione che qualcosa non andasse.

 

 

“Idiota! Dovevi capirlo subito che c’era qualcosa che non andava!”

“Lo so, ma la conosci, è brava a mentire! Ma poi sono andato in camera sua, c’era qualcosa che non mi tornava… e non l’ho trovata. Solo questo.”

 

Jude sospirò, continuando a camminare a passo spedito lungo il corridoio insieme a Phoebe, che sbuffò e lanciò un’occhiata al foglio che il compagno teneva quasi convulsamente in mano.

 

“Che c’è scritto?”

“Affari miei. Coraggio Selwyn, tu vai al Padiglione, vedi se è lì… Io vado di sotto dove ci alleniamo, Faye controlla la Sala Comune e la Sala da Pranzo e Ryle i passaggi segreti.”

 

“Ok, va bene… facciamo in modo di trovarla.”

 

Phoebe sbuffò, annuendo prima di affrettarsi a scendere le scale per cercare di uscire dall’edificio il più velocemente possibile, mentre Jude continuava a pensare a quello che lei gli aveva detto, al suo sorriso strano e a quello che gli aveva lasciato scritto.

 

Se pensava davvero di finire così, si sbagliava di grosso… non dopo quello che gli aveva detto.

Jude sentì, per un attimo, il suo cuore quasi sprofondare mentre ripensava a quando aveva trovato quel biglietto indirizzato a lui, leggendolo di cosa. Isabelle gli aveva scritto a proposito della sua famiglia, di come secondo lei fosse possibile che sua madre non fosse morta naturalmente ma che, forse, ci aveva pensato qualcuno a farla sparire per sempre… qualcuno a cui sarebbe stata di mero intralcio.

Chi? Sua nonna, ovviamente. In teoria sua nonna non aveva mai saputo della morte improvvisa di Yhavanna e dello scambio messo in scena da suo padre, ma non era difficile immaginare che lo avesse scoperto in ogni caso, liberandosi poi dell’”intoppo”, come l’avrebbe chiamato.

 

In quel momento però Jude non si stava concentrando su quello… ma sull’ultima riga del biglietto, dove Isabelle gli aveva trascritto la traduzione in inglese di ciò che gli aveva detto poco prima in fiammingo.

 

“Jude! Che accidenti sta succedendo?”

“Non ora!”

“Non ora un cavolo, vedo Phoebe, Faye, te e Sebastian correre come disperati… che cosa succede? Riguarda Isabelle?”

 

Adrianus si piazzò davanti al compagno, che sbuffò e cercò di superarlo per continuare a scendere le scale… ma sapeva anche che l’ex Corvonero in quel momento pretendeva risposte.

 

“Dobbiamo trovarla, quindi se vuoi puoi darmi una mano… ricordi quello che ti ho detto, a proposito di qualcosa che va trovato? Dal modo in cui è sparita credo che sappia dove sia e lo voglia prendere da sola.

“Da sola? Perché? Non ha senso dopo averti chiesto aiuto!”

 

“Si che ha senso Steb… è dannatamente da lei, vuole tenerci tutti lontani da quel schifoso libro! Vieni con me, dobbiamo trovarla prima che lo faccia qualcun altro. Le domande me le fai mentre corri, per favore!”

 

                                                                                *

 

La porta si chiuse pesantemente alle sue spalle, ma per un volta non ci fece caso.

Restò immobile per qualche istante prima di fare qualche passo avanti, gli occhi fissi davanti a sé.

 

Smise di scrivere all’improvviso, mentre una specie di enorme consapevolezza si faceva largo nella sua testa già affollata da idee. Si accigliò leggermente e sollevò il capo, puntando gli occhi sulla finestra che le stava davanti. Aveva guardato fuori da quella finestra milioni di volte in tutto quel tempo… possibile che avesse avuto la risposta davanti a sé in ogni momento e non se ne fosse mai accorta? Come con lo stemma… così semplice.

 

 

Il silenzio che l’avvolgeva era quassi surreale e inquietante, l’unico rumore era l’eco dei suoi passi sulla pietra gelida e antica.

Non ci era arrivata subito, in effetti… non la prima volta in cui era stata lì dentro, nemmeno la seconda. La terza, la quarta, la quinta… ci aveva messo troppo tempo, forse.

Erano morte cinque persone… ma era arrivato il momento di finirla.

 

Deglutì leggermente, sollevando gli occhi per posarli sulla scritta che quasi lampeggiava, incisa secoli prima sulla pietra.

 

Exitus acta probat

 

Era lì, in alto, proprio dietro l’altare e la croce.  Una Cappella costruita prima che l’Inghilterra cambiasse religione e che era rimasta intatta nel corso degli anni, fino a quel momento.

E molto probabilmente era rimasto intoccato anche quello che Orion Callaghan ci aveva lasciato dentro una volta smesso di insegnare alla scuola da lui stesso fondata… una volta lasciato il suo pesto di presidente in una delle prime società segrete del Paese che, incredibilmente, era ancora in auge.

 

Isabelle abbassò lo sguardo sul biglietto che stava scrivendo, indirizzato a Jude… pensando a come fare, cosa fare, come muoversi. Doveva dirglielo, parlarne con lui? Una parte di lei le diceva di farlo, la testa le suggeriva di evitare.

Quell’orrenda sensazione, il sentirsi perennemente sotto osservazione, controllata sempre a vista, tornò a farle visita fastidiosamente, portandola a chiedersi se non la stesse guardando anche in quel preciso istante. 

 

Respira

 

Si costrinse a restare ferma, seduta su quella sedia… mentre cercava di mettere in ordine il fiume di pensieri e di idee. Aveva visto qualcosa, tutte le volte in cui era stata dentro la Cappella… ma non si era mai fermata a rifletterci prima di quel momento, nemmeno quando ci era stata poco tempo prima.  Aveva una gran voglia di scappare o di nascondersi da qualche parte, ma non poteva… dava la cacia a quel libro da mesi, possibile che potesse averlo finalmente trovato?

Ripensò a quell’enorme, importante dettaglio… era quella la strada giusta? Non aveva scelta se non provare.

Riprese lentamente a scrivere, sforzandosi di finire quel biglietto e aggiungendoci qualcosa, alla fine. Si, doveva trovare Jude… ma non per dirgli quello che le era appena venuto in mente.

 

 

Finì col percorrere tutta la navata, fermandosi davanti all’altare. Non lo degnò, tuttavia, di uno sguardo… alzò invece gli occhi per posarli sul soffitto a cupola del presbiterio.

E lì c’erano, come sempre, le finestre circolari… tre fessure che facevano filtrare maggiore luce all’interno dell’edificio, poste in mezzo agli affreschi.

Tre… come nel rosone.

 

Ad Orion Callaghan piaceva trovarsi sotto la luce, sotto i riflettori… e infatti alle feste che avevano luogo lì, a casa sua, era sempre lui ad aprire le danze, proprio sotto il rosone.

Isabelle seguì la traiettoria immaginaria tracciata dalle tre finestre…  E si rese conto con nessuna sorpresa che sotto ciascuna finestra circolare si trovavano l’ambone, l’altare e il fonte battesimale.

 

Un caso? Probabilmente no.

 

Ambone, altare, fonte battesimale… quale delle tre?

Escluse l’ambone, trovando molto difficile che il libro potesse trovarsi al suo interno o seppellito sotto… No, si mosse quasi istintivamente verso quello posto a destra, il fonte battesimale di marmo intagliato e sigillato con un coperchio di pietra che probabilmente non veniva spostato da decenni, forse anche da secoli.

In fin dei conti Orion Callaghan era nato lì… la Cimmeria era stata casa sua.

C’era quindi ragione di non credere che lui fosse stato proprio battezzato lì dentro?

 

Isabelle allungò una mano, appoggiandola sul coperchio di pietra. Possibile?

Beh, c’era un solo modo per scoprirlo.

 

Senza indugiare oltre tirò fuori la bacchetta, facendo un paio di passi indietro prima di puntarla verso il fonte:

 

“Diffindo.”

 

                                                                                      *

 

 

“Non l’abbiamo trovata, ho controllato nei Dormitori, nelle aule… E Faye ha setacciato la Biblioteca.”

 

Jude si trattenne dall’imprecare alle parole di Sebastian, mentre pregava che Phoebe l’avesse trovata, al Padiglione… lui e Adrianus non avevano avuto fortuna, nei sotterranei.

 

Sentendo dei passi tutti e quattro si voltarono con il cuore quasi in gola… ma provarono un moto di delusione nel vedere Phoebe raggiungerli da sola.

 

“Niente. E ho provato a controllare anche nei pressi del bosco.”

 

Phoebe scosse il capo, sospirando mentre si fermava davanti al gruppetto. Jude non disse niente, restando in perfetto silenzio prima di parlare, annuendo leggermente:

 

“Allora dev’essere alla Cappella… Voi restate qui e in caso copriteci, io vado a cercarla.”

 

“Scordatelo, vengo anche io.”

“E anche io.”

 

Jude si trattenne dal passarsi una mano tra i capelli mentre tutti e quattro i compagni iniziavano simultaneamente a lamentarsi e a protestare… no, non aveva tempo di discutere con nessuno.

 

“Ok, facciamo così allora… Ryle, tu vieni con me. Cassel e Selwyn, voi restate qui, se metà dell’ultimo anno sparisce cominceranno a dare di matto… Adrianus, immagino che se anche ti dicessi di non venire mi seguiresti comunque, quindi fa come vuoi. Ma quando vi avranno ammazzato non dite che non ve l’avevo detto!”

 

                                                                         *

 

Deglutì a fatica mentre, tremando leggermente, sfiorava la copertina di pelle del libro con le dita. Le pagine non erano rovinate e nemmeno ingiallite… probabilmente era protetto con un incantesimo.

Non riusciva quasi a crederci, celo aveva tra le mani… ed era stato davanti ai suoi occhi, anzi davanti a quelli di tutti gli studenti della Cimmeria, per anni.

Aveva scoperchiato il fonte battesimale, ma non lo aveva trovato nella cavità circolare… aveva dovuto praticamente fare il marmo a pezzi per tirarlo fuori, perfettamente incastrato dentro la pietra.

 

Lo aprì con estrema delicatezza, mentre le mani continuavano a tremarle leggermente… e si ritrovò, con immenso stupore, a guardare pagine scritte con la stessa calligrafia… dalla prima all’ultima. Com’era possibile, dato che il libro esisteva da secoli?

 

Aveva appena iniziato a chiedersi cosa fare, come comportarsi – dopotutto ancora non sapeva perché suo zio lo volesse, a lei sembrava che ci fossero più che altro nomi e basta – quando una voce fin troppo nota la fece quasi sussultare:

 

“Finalmente hai deciso di darti una mossa, vedo…”

Isabelle si voltò di scatto, chiudendo il libro e serrando istintivamente la presa mentre posava gli occhi verdi sull’uomo che le dava il tormento da mesi, trovandolo quasi sorridente e soddoisfatto, appoggiato al muro infondo alla navata.

 

“Perché ti serve? E perché c’è sempre la stessa calligrafia?”

“E’ magico, Isabelle… probabilmente quella è la grafia di Orion. Lo incantò affinchè continuasse a scriversi da solo, completando quello che lui aveva iniziato. Ci sono più che altro nomi, suppongo… se vai alle ultime pagine scrtte dovresti trovarne qualcuno di molto familiare.”

 

Lo gaurdò inziare a camminare verso di lei con estrema calma prima di abbassare lo sguardo sul libro, aprendolo e andando alle ultime pagine scritte… in effetti nella penultima compariva anche lei… insieme a Phoebe, Faye, Sebastian, Jude... con un tuffo al cuore vide anche i nomi di Alastair, Alexandrine, Jackson e Frankie… ma erano molto sbiaditi, come se fossero stati conacellti, mentre quelli di Mathieu, Camila e Adrianus sembravao molto più recenti degli altri.

 

“Quindi è un… registro.”

“Sì, anche, ci sono annotati i nomi dei membri della Orion, ma anche della Night School. Tuo padre te l’ha sempre detto Isabelle, questa scuola è molto più di quel che sembra… e anche le persone che la frequentano.”

“Sì, lo so, la Orion tiene le redini del Paese e oltre. E’ per questo che lo vuoi? Vuoi metterci le mani e avere il controllo sulle persone più influenti della Gran Bretagna?”

 

“Per quanto io provi da sempre insofferenza verso quelle persone la Orion stessa… no Isabelle. O almeno, non serve a me.”

 

Sfoggiò un debole sorrisetto, come se volesse prenderla in giro e si stesse divertendo moltissimo… ma Isabelle non aveva nessuna voglia di ridere in quel momento.

 

“E allora per chi lo devi prendere?”

“Prova a pensarci, Isabelle… non è difficile. Lì dentro ci sono i nomi, quello che tieni in mano è l’unico documento scritto dove sono elencati i membri ufficiali della Orion… ho provato a rintracciarli da me, ma è praticamente impossibile. Sono persone importanti, ma sanno come stare nell’ombra. E’ una cosa che tutte le persone di potere devono saper fare.”

 

Isabelle rimase immobile, non riuscendo a muoversi e continuando a tenere gli occhi chiari fissi su suo zio… l’uomo che quando era piccola la teneva sulle spalle e le portava dei regali.

Quando era cambiato? Quando era diventato così? Oppure lo era sempre stato?

 

“Perché lo hai fatto prendere a me?”

“Solo una persona che compare nella lista può tirarlo fuori dal suo stupido nascondiglio… in passati ci hanno provato e non è finita granchè bene.”

 

“Ma tu SEI nella lista. Tu sei stato nella Night School!”

“Sì, ma vent’anni fa… dev’essere qualcuno che sia un membro attuale. E avendo la mia cara nipotina che studia qui, potevo forse non approfittarne?”

 

Suo zio le rivolse un sorrisetto mentre continuava ad avvicinarlesi e Isabelle strinse di riflesso la presa sul libro, sapendo di non doverglielo dare. Aveva la netta sensazione che le cose non sarebbero andate bene se l’avesse fato… non per lei, per tutti.

 

Ancora non sapeva di preciso per chi lavorasse… ma le sue parole le tornarono in mente: pensaci, non è difficile.

Sembrava che tutte le risposte fossero davanti ai suoi occhi, pronte per essere afferrate.

 

E all’improvviso le sembrò come di capire, per la seconda volta nella stessa giornata qualcosa dentro di lei si mosse: quando erano cominciati i suoi guai, dopotutto? In Estate.

 

Una vocina nella sua testa le suggerì che cosa fosse successo in quello stesso periodo… o meglio, che voci erano iniziate a circolare già nei mesi addietro.

 

Deglutì a fatica, muovendo un passo indietro e scuotendo leggermente il capo, guardandolo con orrore crescente:

 

“No… non può essere.”

 

                                                                                 *

 

“Phoebe!”

Improvvisamente Phoebe Selwyn smise di camminare e si voltò, ritrovandosi a guardare Camila che si affrettava verso di lei, seguita da Mathieu.

 

“Ciao.”

“Ciao… sapete per caso dov’è Adrianus? Non lo vediamo da un po’ ormai!”

 

Faye e Phoebe si scambiarono un’occhiata nervosa mentre Camila le guardava con aria preoccupata, ignorando Mathieu che cercava invano di tranquillizzarla.

 

“Veramente… sì, o almeno credo. Siediti Camila, e anche tu Mathieu. Credo di avere qualcosa da raccontarvi.”

 

                                                                           *

 

“Da quanto tempo?”

“Non sono qui per fare conversazione Isabelle… coraggio, dammi il libro.”

 

“Voglio sapere da quanto stai con quelle persone.”

 

Isabelle mosse un passo indietro senza staccare gli occhi dallo zio e continuando a stringere il libro tra le mani, guardandolo sospirare prima di parlare con tono sbrigativo e quasi annoiato:

 

“Da quando sei nata tu… mi ero diplomato da poco. Coraggio Isabelle, dammelo.”

 

Guardò suo zio avvicinarlesi senza riuscire a muoversi… non poteva dargli il libro, l’avrebbe messo direttamente nelle mani della persona che tutti temevano di più da più di vent’anni.

 

“Che cosa vuoi fare, rifiutarti proprio adesso? Lo hai cercato per parecchio tempo, che senso ha fare i capricci adesso?”

“Non pensavo lavorassi con lui! Come hai fatto a fare finta di niente per tutto questo tempo?”

 

“Evidentemente sono un bravo attore, al contrario tuo. Andiamo Isabelle… vuoi che muoia qualcun altro per caso? Tua madre, magari?”

 

Isabelle ebbe un tuffo al cuore, ripensando improvvisamente a sua madre… e deglutì prima di parlare di nuovo, scuotendo leggermente il capo:

 

“Non la uccideresti.”

“Forse no, come non so se riuscirei ad uccidere te… Ma per fortuna ho qualche amico a cui chiedere un favore, se necessario.”

 

Del resto, aveva già pensato più di una volta che non lavorasse da solo… e ora non era difficile immaginare di che genere di “amico” parlasse.

 

Isabelle rimase ancora immobile, ostinandosi a non dargli il libro… e lui sospirò, scuotendo leggermente il capo.

 

“Come preferisci… Travers? Vieni pure, è il tuo turno.”

 

                                                                               *

 

“Fermo! Ma dove pensi di andare?”

“Dove vuoi che vada? Lì dentro a prendere qualcuno a calci in culo!”

 

Jude sbuffò e fece per alzarsi, ma Adrianus lo afferrò per la camicia e lo costrinse a stare giù, sibilando che non era il momento di giocare al cavaliere dall’armatura scintillante.

 

“Finitela di litigare come una coppietta, voi due! … E questo chi diamine è?”

 

Sebastian si accigliò, sgranando gli occhi con orrore nel vedere una terza figura entrare in scena… attraverso la finestra sotto alla quale si erano accucciati vide un uomo avvicinarsi a quello che, stando a ciò che aveva detto Jude, era lo zio di Isabelle.

 

“Di chi parli?”

“Se lo sapessi non l’avrei chiesto, genio!”

 

Jude, che si stava quasi pentendo di essersi portato dietro loro invece di Phoebe e Faye, si sporse a sua volta per sbirciare… e non riuscì proprio a riconoscere quella faccia nuova, anche se forse da un certo punto di vista era familiare.

 

“L’ho già visto da qualche parte… Può essere?”

“Sui giornali, forse. Aspettate… non è uno di quelli che è evaso da Azkaban?”

 

Alle parole di Adrianus Jude sentì quasi una lampadina accenderglisi nella testa e si ritrovò ad annuire, ricordando dove avesse visto quella faccia… quindi lo zio di Isabelle era invischiato con i Mangiamorte?

Se da una parte era sollevato, avendo finalmente la conferma che non ci fosse sua nonna dietro quella storia, dall’altra la sua preoccupazione aumentò… che cosa poteva esserci in quel libro di così importante?

 

Sebastian cercò Isabelle con lo sguardo, senza riuscire a vederla completamente da quell’angolazione… ma di certo non se la stava passando bene, tenendo quel dannato libro stretto tra le braccia.

Come al rallentatore vide Travers sollevare il braccio, puntando così la bacchetta contro di lei… e a quel punto si mosse, alzandosi quasi di scatto:

 

“Dentro, andiamo!”

“Aspetta, non possiamo andare dentro senza neanche un’ide-“

 

Adrianus aveva appena iniziato a parlare quando s’interruppe bruscamente a causa dell’urlo che squarciò l’aria, e a quel punto anche Jude scattò in piedi, quasi correndo verso la porta della Cappella.

 

“ASPETTATE! Oh, ma andiamo… Ok, fatevi ammazzare pure!”

 

Adrianus sbuffò ma non li seguì, girando invece sui tacchi per raggiungere l’entrata sul retro... aveva la sensazione che almeno uno di loro dovesse mantenere il sangue freddo.

 

                                                                            *

 

Deglutì a fatica, la vista annebbiata mentre muoveva la mano tremante per prendere la sua bacchetta dalla tasca della giacca, mentre tastava il pavimento freddo accanto a lei per cercare il libro mentre respirava a fatica.

Aveva gli occhi lucidi e si stava odiando per mostrarsi in quel modo, ancora una volta tanto debole, davanti a lui.

Infondo, perché insistere? Si certo una volta messe le mani sul libro non l’avrebbero lasciata andare a raccontare tutto ai quattro venti… del resto aveva sempre saputo quale sarebbe stato l’epilogo di quella storia, lo sapeva fin dal Ballo.

 

“Te l’ho detto Isabelle… non essere così testarda.”    La voce di suo zio arrivò come ovattata alle sue orecchie mentre non riusciva a muoversi, sentendo gli arti scossi dai tremori.

 

Vide un paio di gambe avvicinarlesi, probabilmente per prendere il libro ormai abbandonato sulla pietra accanto a lei… ma poi sentì un rumore, come la porta che si apriva.

E poi udì un’imprecazione provenire dal Mangiamorte che le stava davanti.

 

“Ancora tu? Non avete imparato niente dalle morti dei vostri amici, allora.”

 

Isabelle deglutì, cercando si sollevare leggermente la testa per vedere chi fosse entrato in scena, cosa stesse succedendo… ebbe un tuffo al cuore nel vedere Jude e Sebastian, non sapendo se gioire o dirgli di andarsene.

 

Un lampo di luce rossa la sfiorò mentre teneva gli occhi fissi su Jude, guardandolo lanciare uno Schiantesimo contro Travers.

 

“Jude… vai via.”

 

Disgraziatamente la sua voce risuonò fin troppo flebile e si ritrovò ad assistere con orrore ad una specie di doppio duello… era molto peggio di quando si allenavano, sapeva che sia Jude che Sebastian sarebbero potuti morire.

 

“Isabelle… vieni con me.”

 

Sussultò ma si rilassò nel vedere Adrianus inginocchiarsi accanto a lei, prendendola per mano per aiutarla a rialzarsi mentre lei scuoteva leggermente il capo, gli occhi lucidi per il dolore:

 

“Non posso alzarmi… vattene Steb, prendi il libro.”

 

L’ex Corvonero scosse il capo, guardandola come a chiederle cosa potesse fare per lei.

 

“Fa’ in modo che non muoiano.”

 

Adrianus per un attimo esitò, combattuto tra il restare accanto a lei o andare ad aiutare i due compagni di scuola… ma lo sguardo di Isabelle era chiaro e alla fine cedette, rimettendosi in piedi per prendere a sua volta la bacchetta e andare ad aiutare Jude e Sebastian.

 

Aveva la vista annebbiata e una gran voglia di crollare e di mettersi a dormire, sentendo le ossa doloranti e la gola secca dopo quei minuti di vera e propria tortura.

Ma si disse di tenere gli occhi aperti, anzi… mosse la testa per guardare il libro, momentaneamente abbandonato accanto a lei mentre gli incantesimi le volavano sopra la testa.

 

A fatica mosse il braccio, allungando una mano per prendere il libro… e non seppe neanche bene come ma riuscì ad aprirlo, sollevandosi leggermente per vedere ciò che c’era scritto dentro.

Iniziò a sfogliare le pagine, non sapendo che cosa la stesse spingendo di preciso a farlo…

 

Non sapeva perché, ma sentiva che era giusto. Doveva farlo.

 

Arrivata alla pagina giusta esitò, gli occhi fissi su quel nome... e per qualche motivo sapeva cosa fare. 

All’improvviso si chiese se ne era in grado… ma poi si ricordò di Alastair, di Frankie, Jackson, Alexandrine ed Etienne… i nomi dei primi quattro ancora scritti sulle pagine ma tristemente sbiaditi, come se ormai non fossero più importanti.

 

Le costole le duolevano paurosamente ma si costrinse e non lasciarsi di nuovo cadere sul pavimento, prendendo la bacchetta a fatica e avvicinandola alla pagina, puntandola su un nome preciso.

Deglutì, appoggiando la punta della bacchetta sulla pergamena e tracciando una specie di linea immaginaria sopra ad un nome, l’unico che conosceva nell’elenco di quella pagina.

 

Stephan Lightwood

 

La mano le tremava leggermente e la bacchetta rischiò di scivolarle dalle dita, ma sentì comunque l’urlo strozzato di suo zio mentre davanti ai suoi occhi il nome iniziava a sbiadirsi, lentamente.

 

“Che diamine… ISABELLE! Che cosa hai fatto?”

 

Si voltò verso di lui, guardandolo dritto negli occhi scuri mentre Sebastian, Jude e Adrianus si voltavano simultaneamente verso di lui, guardandolo con tanto d’occhi mentre iniziava lentamente a sparire, perdendo forma.

 

“Questo è per Jackson, Etienne, Alexandrine, Francisca… per Alastair e per me, per l’anno che mi hai fatto passare.”

 

Aveva gli occhi lucidi, non seppe mai spiegarsi il motivo… lo guardò avvicinarlesi ma scivolare, le gambe ormai incapaci di leggerlo in piedi.

Ormai era sul pavimento accanto a lei, e si guardarono un’ultima volta, occhi verdi contro occhi neri, prima che Isabelle parlasse di nuovo, con un filo di voce.

 

“Dimmi dov’è.”

La guardò di rimando mentre il suo nome sul libro si sbiadiva sempre di più e il suo corpo insieme a lui… ma dopo un attimo di esitazione parlò a sua volta, forse intuendo che ormai non aveva più senso opporre resistenza.

 

“Nella casa dove vivevamo da bambini.”

 

Isabelle annuì con un impercettibile cenno, mimando la parola “grazie” con le labbra prima di guardare suo zio sparire per sempre… insieme a tutti i problemi che le aveva causato nell’arco dell’ultimo anno e ad un mare di ricordi, positivi e negativi.

 

Sentì distrattamente una voce, molto probabilmente Travers, imprecare mentre lei si lasciava di nuovo scivolare sul pavimento, puntando gli occhi sul soffitto mentre la consapevolezza di aver appena ucciso suo zio si faceva largo dentro di lei.

 

“Isabelle…”

 

Jude le si avvicinò quasi di corsa, inginocchiandosi accanto a lei mentre Adrianus invece, in compagnia di Sebastian, si precipitava fuori dalla Cappella per inseguire l’uomo che era uscito non appena il suo “collega” si era dissolto nel nulla.

 

“Che ci fai qui Jude?”

“Ti salvo dai guai… di nuovo. Che faresti senza di me?”

 

Jude abbozzò un sorriso, usando come al solito l’ironia per mascherare la preoccupazione e allungando una mano per sfiorarle i capelli prima di parlare di nuovo, questa volta con un tono più apprensivo:

 

“Stai bene?”
“Una favola.”

 

Isabelle sorrise appena, gli occhi ancora un po’ lucidi per il dolore provato e che, probabilmente, in seguito non sarebbe stata mai in grado di descrivere.

Jude, sorprendendo sia se stesso che la ragazza, si dimenticò del libro e la sollevò delicatamente dal pavimento, guardandola con sollievo:

 

“Pensavi di dartela a gambe dopo quello che mi hai detto, Isabelle?”

“Hai trovato la traduzione, quindi?”

“Sì, ho trovato il tuo biglietto.”

 

Jude le sorrise e probabilmente avrebbe detto anche qualcos’altro, ma le voci di Sebastian e Adrianus lo interruppero sul nascere:

 

“Merda, è scomparso! Ma almeno non ha il libro… dovremmo portarlo ad Hamilton, no?”

“Come al solito hai ragione Stebbins… voi andate da Hamilton e a cercare le ragazze, dite loro che stiamo bene… io porto Isabelle in Infermeria.”

“Verräter che fa da trasportino per una ragazza… come cambiano le cose!”

“Ryle, taci o ti disintegro.”

 

                                                                                  *

 

“Si riprenderà presto, per fortuna la Maledizione Cruciatus le è stata lanciata contro solo per pochi minuti.”

 

Un sorriso di sollievo comparve sul volto di Phoebe al sentire quelle parole, annuendo e guardando l’amica dormire placidamente con affetto.

Era sollevata di vederla, sollevata che stesse bene… in realtà quando Jude l’aveva portata in Infermeria aveva avuto una specie di crollo ed era scoppiata in un pianto liberatorio, per il sollievo che fosse finalmente finita ma anche per la consapevolezza di aver ucciso suo zio.

 

Prima di addormentarsi però Isabelle aveva chiesto a Phoebe di scrivere una lettera per lei e di indirizzarla a Morgan Shafiq… per dirgli dove avrebbe potuto trovare sua madre, finalmente.

 

“Dorme?”

 

Phoebe si voltò e annuì, trovandosi davanti Jude… il ragazzo, così come Adrianus, Sebastian e la stessa Phoebe, aveva subito un lungo colloquio con Hamilton dopo aver lasciato la ragazza in Infermeria, in modo da spiegare una volta per tutte cosa fosse successo nell’arco di tutto l’anno scolastico.

 

“Sì, è crollata poco fa… Hamilton che dice? Isabelle è nei guai?”

“Domattina vorrà parlarle, spero che non se la prendano con lei.”

Jude abbassò lo sguardo sulla ragazza, ricordando quando era quasi morta a causa dell’arsenico… gli sembrava fosse passato molto più tempo di quanto non fosse trascorso in realtà, sembrava tutto un altro mondo.

 

Phoebe gli lanciò un’occhiata e, intuendo che volesse stare da solo con lei, si alzò prima di parlare a bassa voce:

 

“Vado a vedere come stanno Faye, Bas e Adrianus… e anche Camila, quando le abbiamo raccontato tutto era praticamente sconvolta. Resti tu qui con lei?”

“Certo.”

 

Jude annuì e prese il suo posto, sedendosi accanto a letto nell’Infermeria ormai praticamente buia mentre Phoebe usciva dalla sala semivuota, raggiungendo i compagni nel pianerottolo… di sicuro aveva molte cose da raccontare, a chi più e a chi meno.

 

 

“Sono felice che sia finita così… anche se penso che Adrianus e Ryle ce l’abbiano un po’ con te, immagino volessero far fuori tuo zio personalmente.”

 

Sfoggiò un debole sorriso, parlando a bassa voce per non svegliarla e guardandola dormire con sollievo. Ripensò, per un attimo, a quello che gli aveva scritto nel biglietto… ma decise che si sarebbe concentrato sulla prima parte il giorno dopo. Quella sera voleva concentrarsi su quello che era successo e su nient’altro.

 

“Beh… sei stata molto coraggiosa Isabelle, era pur sempre tuo zio. Mi dispiace per quello che hai passato quest’anno, ma spero che tua madre stia bene e che tu la possa rivedere presto.”

 

Era molto più facile dirle quelle cose mentre dormiva rispetto a quando era sveglia… quando aveva quei penetranti occhi verdi davanti faticava ad esprimersi, a volte.

Si avvicinò leggermente al letto con la sedia, sporgendosi per dirle qualcosa con un filo di voce:

 

“E comunque… ti amo anche io, Isabelle.”

.......................................................................................................

Angolo Autrice:

Buonasera! Ed eccomi con un maxi capitolo, penso che sia il più lungo della storia dopo quello del Ballo...
Spero vivamente che vi sia piaciuto per ovvi motivi essendo molto importante, ma anche perchè ci ho messo tutto il giorno a scriverlo e mi dispiacerebbe aver sfornato una schifezza proprio alla fine. 

Ci sentiamo presto con il penultimo capitolo!

Signorina Granger

 

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Scacco ***


Capitolo 35: Scacco 


 
Giovedì 14 Aprile


 
Sollevò leggermente lo sguardo, osservando per un attimo il cielo azzurro mentre continuava a camminare, conoscendo ormai a memoria la strada da percorrere.
Era felice che ci fosse bel tempo finalmente… la primavera era sempre un po’ restia ad arrivare, in Inghilterra. 

Era felice, in effetti, che ci fosse bel tempo proprio quel giorno. 

In realtà aveva un nodo allo stomaco fin dalla sera prima, ma cercava di non pensare a come sarebbe stato quel giorno se le cose fossero andate in maniera diversa. 
Qualche volta, dopo quello che era successo due settimane prima, si era ritrovato a pensare che se Isabelle avesse trovato il libro prima qualche morte sarebbe stata risparmiata… specialmente una in particolare. 

In fin dei conti però sapeva che non era colpa sua… anzi, di certo la stessa Isabelle si sentiva in colpa. E probabilmente incolparla non era giusto, non dopo averle sentito raccontare tutta la storia. 
Ma era così che andavano le cose, no? Si cercava sempre un responsabile.


Continuò a camminare sulla ghiaia finché non riuscì a vederle, le lastre che quasi luccicavano sotto il sole. Sorrise leggermente, ricordando tutte le volte in cui l'aveva sentita lamentarsi, sostenendo che al suo compleanno pioveva quasi ogni anno, benché fosse piena Primavera.

Le cose quell'anno erano andate in modo diverso, e non sapeva se esserne felice o pensare a quanto fosse tristemente ironico. 

Solo la sera prima, in effetti, si era reso conto di una cosa… aveva pensato ad una domanda che non le aveva mai fatto. Triste pensare che probabilmente non avrebbe mai conosciuto la risposta, o ancor più pensare che non avrebbero mai più passato un compleanno insieme… in effetti non ne avevano mai passato uno da fidanzati, purtroppo.


Si fermò davanti alla quinta e ultima lastra, sorridendo leggermente prima di chinarsi e appoggiarcisi sopra i fiori viola che teneva in mano, accanto a quelli che altri ci avevano lasciato sopra da quella mattina.  


No, non le aveva mai chiesto quale fosse il suo fiore preferito. Si era chiesto, quindi, a che fiori lasciare sulla sua lastra… e la sera prima era andato a finire in Biblioteca, prendendo l'unico libro che mai avrebbe pensato di leggere. 
Ci aveva messo un po’ a scegliere, ma alla fine si era deciso. 

Sistemò leggermente i petali delicati prima di sorridere appena, gli occhi grigi fissi sul nome inciso sul liscio marmo davanti a lui:

“Buon compleanno, Frankie.” 


Rosmarino: ricordo.


                                                                                     *


“È una pecora!” 
“Secondo me è una capra, non vedi che ha le corna?” 
“Io non le vedo, le corna! E poi la capre e le pecore sono parenti, non lo sai?” 


Alastair rotolò su un fianco per guardala in faccia, sgranando gli occhi castano-verdi mentre Isabelle scuoteva il capo:

“Ma che dici, non sono parenti!” 
“Secondo me sì, entrambe brucano l'erba, e fanno il latte…” 

“Comunque secondo me è una pecorella.” 

Isabelle incrociò le braccia al petto con decisione, accennando alla nuvola che stava sopra di loro mentre, accanto al suo migliore amico, se ne stava stesa sull'erba, in mezzo ai tulipani. 

“Vado a chiederlo a tua mamma. Zia!” 

Il bambino sfoggiò un sorriso mentre si alzava, trotterellando verso il tavolino bianco sistemato all'ombra di un ciliegio, dove Amelie Van Acker stava prendendo il thè mentre teneva sott’occhio i due bambini. 

“Si, tesoro?”     La donna sorrise, appoggiando con delicatezza la tazza di porcellana sul piattino e guardando il bambino con sincero affetto, mentre Isabelle si era alzata per imitarlo e seguire la conversazione. 

“Secondo te che cos’è quella nuvola?” 
“Non saprei… secondo te che cos’è?” 
“Una capra. Ma Isabelle dice che è una pecora…” 

“Secondo ke quella nuvola può essere di tutto… dipende da gli occhi di chi la guarda. Anche io guardavo le nuvole da piccola, ma io non lo faccio più.” 
“Come mai?” 
“Sai tesoro, quando diventi grande perdi la bellissima immaginazione che avete voi.” 

Amelie sorrise, accarezzando con affetto i capelli lisci e castani del bambino mentre Isabelle approfittava della distrazione della madre per prendere qualche pasticcino prima di trotterellare via, annunciando che sarebbe andata a raccogliere qualche tulipano arancione per farci una collana. 



Da bambina aveva passato diverso tempo, quando il clima lo permetteva, stesa sull'erba nel giardino di casa sua, in mezzo ai tulipani… osservando le forme strane delle nuvole insieme ad Alastair quando andava a trovarla, o anche da sola. 
Con il tempo Isabelle Van Acker si era resa conto che stare da sola non le dispiaceva… ogni tanto sentiva il bisogno di stare con gli altri, ma di tanto in tanto le piaceva anche riflettere e basta. 


Osservò il cielo incredibilmente azzurro con un lieve sorriso stampato sul volto, consapevole che in mezzo a quella tranquillità e con la piacevole sensazione del Sole sulla pelle avrebbe anche potuto addormentarsi. 

Erano passate due settimane, ma a lei sembravano molte di più… due settimane da quando Morgan Shafiq l'aveva raggiunta insieme a due uomini che lavoravano per lui e ad una donna che non vedeva da tanto tempo ma decisamente familiare, che l'aveva abbracciata quasi in lacrime. 

Due settimane da quando aveva raccontato finalmente a Morgan cosa era successo e lui era andato in Olanda per liberare un amico di vecchia data dall’incantesimo che la stessa figlia gli aveva lanciato contro. 


Isabelle sorrise, comodamente stesa sul prato mentre un braccio le cingeva delicatamente la vita.

Incredibile pensare che fosse finita davvero… ci era rimasta dentro per così tanto che aveva dimenticato come fosse non vivere nell’ansia e preoccupazione costante, quando i suoi unici pensieri erano la scuola, la Night School e i suoi amici. 


Nono sapeva nemmeno da quanto fossero lì, lei e Jude… ma non le interessava, all'improvviso le sembrava di avere tutto il tempo del mondo davanti a sé. 

“Comoda?” 
“Sì. Grazie per esserti offerto di farmi da cuscino.” 
“Io non mi sono offerto, tu mi stai sfruttando, semmai.” 

Jude quantomeno provò a sbuffare e ad usare un tono seccato, ma finì col sorridere a sua volta quando Isabelle si sollevò leggermente, appoggiando un gomito sull'erba per poterlo guardare in faccia e rivolgergli un piccolo sorriso:


“La senti?” 
“Che cosa dovrei sentire? Non sento nulla.” 

“Appunto Jude… la pace, senti la pace, finalmente.”  

I capelli castani della ragazza le scivolarono dalla spalla e Jude per qualche istante non disse monete, limitandosi ad attorcigliare una ciocca di capelli intorno al dito. 


“In effetti è strano, dopo l'anno che abbiamo passato. E questo mi ricorda che abbiamo anche gli esami di fine anno… forse la pace non durerà.” 
“Credo che dopo quest'anno gli esami non mi spaventino poi molto… credo che le vere difficoltà saranno altre.” 

L'espressione della ragazza s’incupì per un attimo ma Jude le sorrise, parlando con il tono più rilassato del mondo:

“Lo so, fa paura… ma vedrai, ce la faremo… andrà tutto bene.” 
“Lo spero. Non si prospetta un periodo facile, una volta terminata la scuola. Credi che tornerà a cercare il libro?” 
“Spero di no… ma se anche dovesse succedere, per allora noi saremo lontani da qui.” 

Jude abbozzò un sorriso, sperando di convincerla: era davvero troppo una bella giornata per lasciarsela rovinare. 
In realtà anche lui aveva qualche pensiero per la testa… sulla sua famiglia, principalmente. 
Ma entro un paio di mesi avrebbe rivisto suo padre e aveva intenzione di discuterne con lui… forse era vero, aveva passato tutta la vita pensando di aver portato via l'amore a suo padre. Ma forse di mezzo c'era davvero la vecchia megera…

Jude si costrinse ad interrompere il flusso di pensieri, dicendosi di non pensarci. Avevano finalmente un po’ di pace, tanto valeva godersela. 

Isabelle, che nel frattempo era rimasta in silenzio, continuò a guardarlo per qualche istante come se stesse pensando a qualcosa prima di parlare di nuovo, mormorando una breve frase a bassa voce:


“Ti amo, Jude.” 

In realtà glielo aveva già detto una volta, due settimane prima. L'aveva fatto nella sua lingua sapendo che lui non avrebbe capito le sue parole, l'aveva fatto forse anche perché pensava che magari non lo avrebbe più rivisto… e anche se gli aveva lasciato la traduzione non era la stessa cosa. 


Di riflesso Jude rimase in silenzio per qualche istante, limitandosi a guardarla di rimando mentre pensava a quando lui le aveva detto quelle esatte parole… solo che lei non lo sapeva. In effetti, quando aveva letto quelle parole su un foglio di pergamena era quasi caduto dalla sedia, ma non teneva a farglielo sapere. 

Una vocina nella sua testa gli disse che era finalmente arrivato il momento di dirlo di nuovo, solo questa volta davanti a lei… probabilmente se non l'avesse fatto la sua coscienza lo avrebbe preso a cazzotti mentali. 

Lei però non disse nulla, limitandosi a guardarlo con gli occhi verdi carichi di quella pazienza che sapeva di dover portare… ma non le dispiaceva, anzi. 

“Ti amo anche io.” 


La guardò sorridere, e mentre Isabelle si chinava per baciarlo Jude pensò a due cose: la prima era che, molto probabilmente, lei era la prima e unica persona a dirgli quelle parole. La seconda era che, di sicuro, lei era la prima e l'ultima a cui lui le avrebbe dette. 


                                                                                 *


“Perciò, ricapitoliamo… nel corso di sette mesi sono morti cinque studenti, un libro che non veniva preso in mano da decenni è stato trovato e non uno, ma ben due Mangiamorte si aggiravano per la scuola, confermando praticamente che Voi-Sapete-Chi è davvero tornato… e uno di questi è stato ucciso da una studentessa che, guarda caso, era sua nipote. Ho dimenticato qualcosa?” 

“Credo di no.” 

“Bene… e allora qualcuno mi spiega perché non ci hanno esonerato dagli esami? Ho sentito che ad Hogwarts spesso e volentieri lo fanno, non è giusto!” 

Faye Cassel sbuffò sonoramente, tamburellando la piuma che teneva in mano sul rotolo di pergamena, era dove avrebbe dovuto scrivere un saggio per Storia della Magia.

“La speranza è l'ultima a morire, ma a questo punto dubito che lo faranno…” 
“Che rottura. … e ci hanno persino fatto scrivere un tema infinito su quello che è successo e sul significato che ha avuto per noi! Ci scommetto il rossetto che l'idea è stata di Jefferson…” 

“Beh, se ci scommetti il rossetto allora deve essere proprio importante…” 

Sebastian annuì, restando perfettamente serio prima di sorridere, quando Faye si sporse per colpirlo sonoramente sul copino. 

“Cretino! Dammi una mano a finire i compiti invece di prendermi in giro.” 
“Perché io? Non mi sembra che Phoebe si stia impegnando più di me?” 
“Non mettermi in mezzo, sono impegnata…” 

Phoebe si strinse nelle spalle, parlando con un tono piuttosto neutro mentre si limava le unghie con nonchalance, ignorando deliberatamente i compiti che avrebbe dovuto fare. 


“Oh signore, mancano ancora due mesi… come faremo ad andare avanti così?” 
“Ho avuto un lampo di genio.” 
“Fammi indovinare, proporrai ad Hamilton uno scambio equo? Il tuo prezioso rossetto contro gli esami?” 
“Hai poco da ridere, sai quanto costa il mio rossetto? E comunque no… però potremmo rapire Hamilton e convincerlo a non farci fare gli esami! E se ci beccano diremo che se ci puniranno noi faremo trapelare i nomi che abbiamo letto nel libro… quelli della Orion.” 

Faye sfoggiò un sorriso quasi trionfante mentre Sebastian e Phoebe invece si scambiarono un’occhiata perplessa, chiedendosi reciprocamente se la ragazza fosse seria… in effetti la conoscevamo entrambi molto bene, quindi sapevano perfettamente quale fosse la risposta.

“Faye… Da quando sei un genio del crimine?” 
“Da sempre, che domande! Ti ricordo che quando avevamo 5 anni ho rovinato il vestito da cerimonia nuovo di tua madre e ho fatto ricadere la colpa su tuo fratello.” 


                                                                             *


“Cami?” 
“Mh?” 

“Andiamo a fare una passeggiata?” 
“Mh…” 

Mathieu sospirò, voltandosi verso l'amica che era ancora china sulla sua tazza di cappuccino, disegnando chissà cosa con il cucchiaino usando la schiuma.

“Smettila di mugugnare… è una bellissima giornata!” 
“Vero, ma sai che sono molto pigra… e stasera abbiamo anche l'incontro, faticherò abbastanza.” 

“Lo so che non ami l'attività, ma a me stare all'aria aperta piace… coraggio, andiamo.” 

Camila stava per finire la sua opera d'arte quando si sentì strattonare e il tavolo iniziò ad allontanarsi progressivamente da lei… strano, e pensare che era ancora seduta. 
L'americana si voltò verso l'amico, sbuffando e guardandolo male mentre Mathieu aveva afferrato lo schienale della sedia e la stava trascinando verso la porta:

“Mat! Ma che fai?” 
“Beh, ti costringo a venire fuori… con le buone non ci riesco mai, quindi ti ci porto di peso direttamente.” 


                                                                                     *


Domenica 14 Giugno 



“Maledizione, possibile che l'unica volta in vita mia in cui sono in orario disperdo le compagne di classe?” 

Phoebe Selwyn sbuffò sonoramente mentre, tenendo un lembo della sua tunica blu per evitare di inciampare e schiantarsi sul pavimento, trotterellava lungo il corridoio alla ricerca di Isabelle. 

“VAN ACKER! Dove caspiterina ti sei cacciata? Sono finalmente in orario, non ti permetterò di farmi arrivare in ritardo persino al nostro ultimo giorno alla Cimmeria!” 

Phoebe sbuffò, ma quando ebbe svoltato l'angolo si fermò, tirando quasi un sospiro di sollievo… sì, quasi: perché effettivamente aveva trovato la sua migliore amica, peccato però che fosse impegnata a slinguazzarsi con Jude Verrater.

“Ah, eccovi qua… c'era da aspettarselo. Ehm… scusate? Dovremmo andare a prendere i diplomi, sapete? Quella cosa per cui abbiamo sudato sette anni?” 

Phoebe alzò leggermente il tono di voce e roteò gli occhi mentre Isabelle si staccava dal ragazzo con una debole risata, mentre invece Jude sbuffò e si voltò verso la ragazza tenendo ancora le braccia strette intorno alla vita di Isabelle, fulminando Phoebe con lo sguardo:

“Ti ho mai detto che sei una gran guastafeste, Selwyn?” 
“Non so, forse sì… ma non ho tempo di pensarci, dobbiamo andare, quindi muovetevi, potrete amoreggiare quando saremo diplomati ufficialmente!” 


                                                                                   *


“Signore, ma non finisce più… ho fame, quando inizia il rinfresco?” 
“Immagino quando sarà finita questa tortura…” 

Adrianus sbuffò leggermente, continuando a tamburellare le dita sulla propria gamba mentre, accanto a lui, Camila stava praticamente sonnecchiando sulla sedia e Mathieu sembrava morire dalla voglia di alzarsi e uscire dalla stanza.

Le famiglie di praticamente tutti gli studenti dell'ultimo anno erano sedute alle loro spalle… anche se Adrianus non era particolarmente entusiasta dell’assenza di suo fratello, ma ad Hogwarts gli esami erano ancora in corso. 

“Cami! Svegliati, tra poco dobbiamo alzarci per prendere il diploma?” 
“Eh? Si, sono sveglissima…” 

Camila sbuffò, continuando a tenere gli occhi chiusi con ostinazione mentre Mathieu sbuffava, scrollandola leggermente: se la conosceva almeno un po’ la sera prima non aveva dormito dall’emozione, oppure era stata sveglia per ore per testare tutti i colori possibili ed immaginabili per il gran giorno. 


Adrianus invece teneva gli occhi fissi sulle cinque sedie lasciate vuote di proposito, in prima fila… come molti altri, in effetti.  Isabelle, seduta davanti a lui tra Jude e Phoebe, stava facendo esattamente lo stesso. 
Anzi, probabilmente Hamilton stava parlando anche a proposito dei cinque studenti disgraziatamente morti durante l'anno… ma non stava seguendo granché del discorso. 

Quasi non riusciva a credere che quel giorno fosse arrivato… era felice certo, ma anche stranito perché quei due ultimi mesi di scuola erano praticamente volati. E poi era anche amareggiato, perché continuava a non essere giusta l'assenza di quelle cinque persone. 

Pensò a Frankie e ad Alexa, ad Alastair e Jackson… due coppie di migliori amici, triste ma vero. 
Beh, almeno avevano, forse, trovato un po’ di felicità ovunque si trovassero. 


                                                                         *

“Mamma!” 
“Cami!” 

Camila partì praticamente in quarta non appena mise gli occhi su sua madre, correndo verso la donna che le stava sorridendo allegramente prima di abbracciarla.

“Sono felice di vederti, mi sei mancata.” 
“Anche tu tesoro… e sono molto orgogliosa di te.” 

“Grazie… ma per te non è strano essere qui?” 

Camila inarcò un sopracciglio, accennando silenziosamente ai genitori di Phoebe… certo, Elizabeth Selwyn sapeva da sempre della relazione che suo marito aveva avuto anni prima, ma probabilmente per Melanie non era comunque particolarmente piacevole visto che lei non aveva saputo, al tempo, del matrimonio di Nathaniel Selwyn. 

“Magari un po’, ma niente mi avrebbe impedito di venire qui, oggi…”
“Mi fa piacere. Dai, ti presento i ragazzi! Mat smettila di mangiare, ti presento mia madre! Steb, vieni qui anche tu!” 

    
                                                                                        *


“Perché ti stai nascondendo qui dietro?” 

Faye inarcò un sopracciglio mentre abbassava lo sguardo sul cugino, seduto in un angolo e con una bottiglia in mano.

“Secondo te? Non muoio dalla voglia di vedere mio padre…” 
“Lo immagino… ti faccio compagnia?” 
“Direi di si… tieni, condividiamo.” 

Faye sedette accanto al cugino, facendo tintinnare il calice che teneva in mano contro la bottiglia di Sebastian… si scambiarono un debole sorriso prima che gli occhi del ragazzo saettassero nuovamente sulle sedie rimaste vuote e intoccate, anche quando il discorso di commiato di Hamilton era finito. 

“Lo so, mancano anche a me… vorrei anche io che fossero qui, con Jackson ci saremmo di certo divertiti molto.” 
“Già… ma è andata così. E forse abbiamo già rimuginato abbastanza… oggi finiamo la scuola ufficialmente cuginetta, brindiamo alla porta che, spero, si aprirà da domani.” 

“Cin-cin.” 


                                                                                  *


“Sono davvero felice di vedervi qui.” 


Isabelle sorrise, gli occhi verdi quasi luccicanti mentre davanti a lei suo padre le sorrideva, guardandola con affetto e accennando all’uomo che gli stava accanto:

“In realtà Morgan si è auto-invitato.” 
“Taci Jakob, non sarei mancato per niente al mondo, Isabelle è la mia figlioccia… e il mio regalo per il diploma ti aspetta a casa.” 

“Che cos’è?”  Gli occhi verdi di Isabelle scintillarono, esattamente come quando aveva sei anni e lo zio le diceva più o meno la stessa cosa… ma come sempre Morgan non disse nient’altro, limitandosi a sorriderle e a strizzarle l’occhio prima di bere un altro sorso di vino bianco. Accanto a lui invece Jakob Van Acker si stava guardando intorno attentamente, scrutando la folla:

“Senti Morgan… non pensi che dovremmo andare a cercare il ragazzo di Isabelle e presentarci?” 
 “ZIO! Lo hai detto a papà?” 
“Ops… beccato. Comunque non preoccuparti Jake, te lo indico subito…” 



Poco distante, nel frattempo, Jude si era appena voltato per chiedere alla signora accanto a lui se poteva passargli un bicchiere quando rimase come pietrificato, esitando per qualche istante mentre i suoi occhi saettavano su un volto in un certo senso familiare. 


“Certo caro, tieni pure.”     La donna gli sorrise, porgendogli il bicchiere mentre Jude continuava ad osservarla, mentre la somiglianza con un viso piuttosto conosciuto si faceva sempre più lampante. Il ragazzo prese il calice e accennò un sorriso, sicuro di sapere chi avesse di fronte. 

“Grazie. Scusi, lei è la Signora Van Acker per caso?” 
“Sì… sei un amico di Isabelle?” 

“Mamma! … e Jude. Vi siete conosciuti senza di me?” 

Isabelle comparve accanto al ragazzo, prendendolo sottobraccio mentre Jude annuiva e sorrideva, porgendo la mano ad Amelie per tutta risposta:

“Salve signora Van Acker, sono Jude Verrater, uno dei ragazzi che ha aiutato sua figlia, e le ha salvato la vita, non ché il suo ragazzo, ma per comodità può sempre chiamarmi 'genero', se preferisce.”  (Cit. Phebe Nda)


                                                                                   *


“Scacco.” 

Isabelle Van Acker sorrise, muovendo la sua Regina bianca verso il Re nero di Alastair. 
Il ragazzo alzò lo sguardo dalla scacchiera e le sorrise di rimando, allungando una mano e fermando il tempo sull’orologio che, come sempre, era stato sistemato accanto alla scacchiera. 

“Brava Belle… ci hai messo un po’, ma i miei complimenti comunque.” 
“Sai che come si dice, no? Chi va piano va sano e va lontano… anche se ammetto che forse avrei potuto metterci meno tempo… Forse Francisca non sarebbe morta.” 

“Non puoi saperlo amica mia… Ormai è andata così, tanto vale farsene una ragione. L'importante è che alla fine tu abbia vinto… non importa quanto la partita sia durata.” 


Alastair sorrise e Isabelle annuì leggermente, continuando a tenere gli occhi fissi sul volto dell'amico prima di parlare a bassa voce:

“Immagino che ora dovrei salutarti una volta per tutte Al.” 
“Forse sarebbe meglio… credo che tu sia pronta, a questo punto.” 


Alastair le sorrise, allungando una mano per appoggiarla su quella dell'amica che annuì, sbattendo le palpebre per non piangere. Buffo, si poteva piangere nei sogni? 

“Mi mancherai Al. Mi manchi già ora, a dire il vero.” 
“Non c’è peggior vita se non quella passata nel rimpianto… Hai tutta la vita davanti a te Isabelle, goditela. Jude Verrater non mi è mai piaciuto, ma se ti renderà felice allora ben venga. Hai ancora tantissime partite da giocare e sono sicuro che le vincerai… anche se non contro di me, temo.” 






Poteva vedere chiaramente le persone che riempivano parte del giardino, da lassù. Le piaceva avere quella prospettiva, poter controllare tutto… le aveva sempre dato una sensazione di tranquillità, come se tutto stesse andando nel modo giusto. 

Aveva fatto le valige, il suo baule era chiuso nella sua camera e pronto per essere trasportato fuori dall’edificio… ma prima di andare aveva preferito dare un ultimo saluto alla Cimmeria. Come? Con una passeggiata sui tetti, ovviamente. 


Si alzò, sporgendosi ulteriormente e guardando giù, dritto al suolo. Una lieve sensazione di nausea la pervase ma si costrinse a non fare un passo indietro e a rimanere ferma… pensando a quando, due anni prima, Alastair Shafiq le aveva insegnato a combattere la sua paura.

Isabelle Van Acker soffriva di vertigini… ma aveva imparato a non pensare all'altezza e ormai riusciva a muoversi tranquillamente sui tetti, solo grazie a lui, al ragazzo che sosteneva di non sopportare i limiti. E la paura è uno di questi, diceva, quindi va superata. 

Aveva ragione? Odiava ammetterlo, ma ancora una volta sì… Al aveva ragione. 

Ripensò, per un attimo, a come fosse arrivata alla Cimmeria nove mesi prima… la paura era già in allerta, il sentore che quello non sarebbe stato un anno come tutti gli altri. 
Pensò poi a come se ne stesse andando… c'erano meno persone accanto a lei, si sentiva privata di qualcosa ma allo stesso tempo infinitamente più arricchita. 

Aveva sistemato la giacca di Alastair e il suo orologio in cima al baule… non se ne sarebbe mai andato del tutto, questo no, ma aveva comunque altro a cui aggrapparsi. 

“Che fai, la vedetta?” 

Si voltò sentendo la voce di Jude, e lo vide fare capolino dalla finestra della sua camera, guardandola con espressione accigliata. Lei gli sorrise e annuì prima di spostarsi, raggiungendolo in fretta e scavalcando la scrivania come ormai era abituata a fare. 

“Già… mi piace tenere tutto sotto controllo. Ci ho provato per tutto l'anno… che ci fai in camera mia?” 
“Ero sicuro che fossi o qui dentro o a gironzolare da qualche parte… e come sempre ho avuto ragione. Coraggio Van Acker, portiamo la tua roba di sotto.” 


Isabelle annuì, guardandolo far lievitare il suo baule a mezzo metro da terra prima di farlo planare fuori dalla sua camera. 
“Ok… vai pure, ti raggiungo.” 


Lo guardò uscire dalla porta aperta prima di voltarsi, trovandosi davanti alla scrivania ormai vuota e alla finestra bianca spalancata. Isabelle rimase immobile per un attimo ma poi si mosse, avvicinandosi alla finestra prima di chiuderla con un gesto secco. Sì, ora poteva andare. 













……………………………………….......................................................
Angolo Autrice in lacrime:

Non è possibile che io mi commuova al penultimo capitolo! Questa storia mi ha sempre fatto effetti strani… ad ogni modo, non pensavo di aggiornare così presto ma il capitolo si è proprio scritto da solo, quindi… eccolo qua, spero che vi sia piaciuto. 
Ci sentiamo presto con l'ultimo capitolo… vedremo quanti fazzoletti vi farò utilizzare. 


Buonanotte, 
Signorina Granger 









Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Epilogo ***


Epilogo

 
 
“Non eri obbligata ad accompagnarmi.”
“Lo so, ma non volevo che venissi qui da solo…. Non per la prima volta.”
 

Camila sorrise, sfiorando la spalla di Mathieu con una mano mentre era ferma, in piedi accanto a lui, davanti ad una lapide.
 
Aveva ragione, ma Mathieu non glielo aveva ancora detto… era la prima volta in cui andava davanti alla tomba di Etienne Lacroix, e anche se un paio di giorni prima avrebbe detto che avrebbe preferito farlo da solo, ora che era lì sapeva di essersi sbagliato.
Il ragazzo si voltò, spostando gli occhi dalla lapide per posarli sull’amica, ricambiando debolmente il sorriso:
 
“Mi sono fermato davanti alla sua lastra tante volte… pensavo che la sensazione sarebbe stata la stessa, invece è peggio.”
“Lo so… ecco perché sono voluta venire, testone che non sei altro.”
 
Camila sorrise appena, sperando di tirarlo su di morale e provando un moto di sollievo quando lo vide rilassarsi leggermente, annuendo prima di parlare di nuovo:
 
“Sai Cami… è stato senza dubbio un anno strano. Quando un anno fa sono riuscito ad ottenere la borsa di studio ero davvero fiero di me stesso, emozionato e soddisfatto… Poi Etienne è stato espulso, ma in un certo senso ne ero felice perché sarebbe venuto alla Cimmeria, in Inghilterra, insieme a me. Chi l’avrebbe mai detto, che sarebbe finita così?”
“Nessuno… io ero terrorizzata, probabilmente. Non solo perché avrei cambiato scuole e continente… ma anche per Phoebe, credo.”
“Beh, ma non è finita male, no? Alla fine siete riuscite a trovarvi, in qualche modo.”
 
Camila annuì alle parole dell’amico, appoggiando il capo sulla sua spalla mentre Mathieu spostava un braccio sulle sue spalle, sbuffando leggermente prima di suggerire di andare via dal cimitero.
 
“Credo che possa bastarmi… ma grazie per essere venuta. E’ stato un anno assurdo, e anche se ho perso il mio migliore amico sono felice di averti conosciuta Camila.”
 
                                                                                       *
 
 
Sembrava, improvvisamente, totalmente incapace di stare fermo: era in piedi e continuava a spostare il peso da un piede all’altro, spostando di continuo lo sguardo a destra e a sinistra.
 
Si era fermato qualche passo più indietro rispetto a lei, sentendo quasi di “disturbarla”... La guardò sistemare i fiori, un mazzo di tulipani bianchi, e si chiese perché gli avesse chiesto di accompagnarla proprio lì. Non era mai andata alla tomba di Alastair prima d’ora, aveva pensato che avrebbe preferito farlo da sola… e invece gli aveva chiesto se volesse accompagnarla in cimitero.
 
Non gli era mai piaciuto Alastair Shafiq… ma da qualche tempo si era reso conto che, se era stato tanto legato alla ragazza che amava, forse infondo non era nemmeno così male.
E proprio non se l’era sentita di rifiutare, nonostante lo stupore per quella richiesta.
 
Isabelle si alzò prima di voltarsi verso di lui, rivolgendogli un lieve sorriso prima di avvicinarglisi:
 
“Perché te nei stai lì?”
“Non lo so… è strano, mi sembra quasi di essere di troppo. Il peso di Shafiq si fa sentire anche ora, assurdo.”   Jude sbuffò leggermente mentre Isabelle invece sorrideva, raggiungendolo e prendendolo sottobraccio prima di parlare:
 
“Non sei di troppo idiota, o non ti avrei chiesto di accompagnarmi.”
“In effetti mi sono chiedo perché tu l’abbia fatto… sai che non mi piaceva, avresti potuto chiederlo a Sebastian.”
“Ci ho pensato, parecchio… ma poi ho realizzato che se l’avessi fatto tu avresti tenuto il muso per un bel po’ e mi avresti fatto anche l’interrogatorio. E poi, anche se tu e Al non vi piacevate, volevo comunque condividere questo momento con te… sai, un po’ mi dispiace che non siate mai stati amici, mi sarebbe piaciuto se tu lo avessi come lo vedevo io e viceversa. ”
“Ormai mi conosci, temo… E comunque Isabelle, non so se sarebbe successo. Le persone che mi abbiano mai apprezzato sul serio sono molto poche. Anzi, sono sicuro che se Shafiq ci avesse visto insieme mi avrebbe detestato ancora di più… guai a toccargli la sua Isabelle.”
 
Jude roteò gli occhi e Isabelle sorrise leggermente, colpendolo sul braccio mentre camminavano sul viale di ghiaia, allontanandosi dalla lapide di Alastair.
 
“Non sarai geloso di un morto, vero Jude?”
“Neanche per idea… sei tu che sei gelosa dell’altra donna della mia vita.”
“E chi sarebbe?”
“Ma come chi, Atropo!”
 
                                                                                  *
 
“Non lo trovi paradossale?”
“Che cosa?”
 
Phoebe si voltò verso Faye, che si strinse leggermente nelle spalle mentre camminava accanto all’amica, tenendo il mazzo di fiori rossi stretti in mano.
 
“Jackson diceva sempre di aver paura della morte… e che secondo lui bisogna godersi la vita il più possibile. Trovo di un’ironia quasi crudele che sia morto a soli 18 anni.”
“Già… ci ho pensato anche io, una volta. Credo che nessuno dovrebbe perdere la vita alla nostra età… a volte un po’ mi manca. La sua assenza si è sentita, durante l’anno.”
 
Phoebe annuì mentre insieme a Faye si avvicinava alla tomba dell’ex compagno di scuola, trovando già una persona in piedi davanti ad essa.
Sentendo i passi e le voci familiari però Sebastian si cvoltò, abbozzando un sorriso nel vederle mentre Faye ricambiò, affrettando il passo per abbracciarlo:
 
“Ciao Bas… sai, nei primi giorni di vacanza penso sempre che sia un sollievo non averti più intorno dopo tutti quei mesi passati insieme ogni giorno… ma quando passa una settimana un po’ cominci a mancarmi.”
“Oh, grazie cuginetta, credo che questa sia la massima dichiarazione d’affetto che tu sia in grado di fare…”
 
Sebastian sorrise, guardando la cugina con affetto mentre questa sbuffava, staccandosi da lui per lasciare i fiori sulla tomba di Jackson Wilkes.
Phoebe li raggiunse continuando a tenere le braccia conserte, fermandosi accanto a Bas e guardando la lapida lucida quasi scintillare sotto la luce del sole.
 
“Non è strano… aver finito la scuola, intendo.”
“Sì, parecchio… lo desideri infinite volte, poi ci arrivi e riesci a malapena a crederci… forse a volte mi manca persino Jefferson!”
“Beh, adesso non esageriamo!”
 
Phoebe emise uno sbuffo e Faye ridacchiò, ripensando con irritazione ma quasi con una nota di malinconia allo stesso tempo al loro ex insegnante di Trasfigurazione:
 
Ragazzi, un giro completo della tenuta… e vi voglio qui entro mezz’ora, sia chiaro! Grandina? Meglio ancora! Che gran bastardo…”
“Sì, forse un po’… ma non si può dire che non ci abbia temprati a sopportare praticamente qualunque cosa… lo diceva anche Jax. Mi è mancato, al Diploma.”
“Sì, penso che sia mancato a tutti… tranne forse a Jefferson stesso, non lo poteva sopportare.”
“Sai Bas, se non ricordo male il sentimento era reciproco… Magari il fantasma di Jax tormenterà il caro prof per l’eternità, chi può dirlo.”
 
Faye si strinse nelle spalle e Bas, nonostante fosse davanti alla tomba di uno dei suoi migliori amici, non riuscì a non ridacchiare: poteva quasi immaginarsi chiaramente quella scena… era il genere di cose su cui Jackson avrebbe scherzato da vivo, probabilmente.
 
“Allora a Settembre potremmo tornare a dare un’occhiata, giusto per assicurarci che lo stia facendo.”
“Sapete a cosa penso? I nuovi studenti, quelli dell’anno prossimo e quelli dopo ancora, arriveranno alla Cimmeria e incapperanno in quelle lastre... si porranno delle domande e in qualche modo, probabilmente, ascolteranno quella storia. Non vi fa strano? Diventeremo delle specie di leggende, specilamnete Jackson, Alastair, Alexandrine, Francisca ed Etienne.”
 
“E’ una storia comunque a lieto fine… ma ciò non vuol dire che non ci siano delle vittime, nel suo corso.”
Sebastian si strinse nelle spalle, continuando a tenere gli occhi sulla lapide prima di sospirare, mettendo entrambe le braccia sulle spalle delle due ragazze:
 
“Coraggio… andiamo da Al, ho voglia di salutare anche lui.”


                                                                               *
 
Sentiva distrattamente le loro voci, proprio alle sue spalle… ma continuava a non voltarsi.
Camila, Mathieu e suo fratello avevano insistito per accompagnarlo. In realtà lui non aveva mai detto i due amici che quel giorno aveva intenzione di andare a salutare Francisca per la prima volta, evidentemente ci aveva pensato suo fratello… e non poteva dire di non essere rimasto piacevolmente sorpreso quando era uscito di casa e se li era trovati davanti, entrambi sorridenti… e Camila era corsa ad abbracciarlo, sostenendo che gli fosse mancato molto in quelle due settimane di separazione.
 
Sentiva le loro voci alle sue spalle, ma si erano fermati qualche passo più indietro rispetto a lui, forse per volerlo lasciare per qualche minuto “da solo” con lei.
 
Era la prima volta in cui andava alla tomba di Francisca… era strano, in un certo senso gli sembrava di averlo già fatto dopo le visite che aveva fatto alla sua lastra… e gli dispiaceva di non averlo potuto fare prima di quel giorno, ma la Cimmeria non aveva voluto saperne di dargli il permesso… nemmeno di andare al funerale, cosa che ancora gli rodeva parecchio.
 
“Scusa se ci ho messo un po’… ma sono qui, finalmente. E… ci manchi tanto.”
 
Abbozzò un sorriso, leggendo il nome inciso sulla lapide e trovando, ancora una volta, che le date che segnavano l’inizio e la fine della vita di Francisca Lothbrock fossero fin troppo vicine.
 
Aveva pensato, qualche volta, che quando la scuola sarebbe finita avrebbe accompagnato Frankie a salutare Alexa alla sua tomba… Frankie aveva manifestato più volte quanto le fosse dispiaciut non poter prendere parte al funerale della sua migliore amica.
E invece non aveva avuto modo di farlo… aveva dovuto fare visita ad antrambe.
 
“Ragazzi?”
 
Adrianus si voltò e immediatamente tutti e tre smisero di parlare, gli occhi fissi sul ragazzo.
 
“Sì?”
“Vi va di accompagnarmi anche al cimitero dove hanno sepolto Alexa?”
“Certo… è molto lontano?”
 
“In realtà… è in Olanda, nei pressi di Amsterdam.”
 
“… Benediciamo la Smaterializzazione allora.”
 
Suo fratello non batté ciglio, sorridendo al fratello e facendogli cenno di avvicinarsi. Adrianus ricambiò e li raggiunse, lasciando che Camila prendesse a braccetto sia lui che Mathieu:
 
“Va bene, andiamo… ma già che ci siamo potremmo fermarci a mangiare qualche stroopwafel?”
“Cami, ma ti sembra il momento?”
“Che c’è? In memoria di Alexa!”
 
Camila sbuffò, guardando Mathieu come a dirgli di non fare commenti mentre Adrianus sorrise, annuendo prima di parlare nuovamente:
 
“Certo… perché no? Coraggio, andiamo, Alexa ci aspetta.”
 
 





.......................................................................................................
Angolo Autrice:


Ovviamente un enorme grazie alle pochissime persone che hanno seguito la storia fino alla fine... Grazie ad Hadley, Sesilia, vas_happening_girl e Shiori Lily Chiara, e naturalmente grazie anche a Mary, che è arrivata in un secondo momento con Bas e Faye, ma molto probabilmente senza di loro la storia non sarebbe andata nemmeno avanti. 

Un grazie speciale invece lo rivolgo a Phebe_Junivers, che anche se, maledizione a te, mi hai praticamente indovinato tutto, mi hai fatto sorridere per più di sei mesi con le tue recensioni... e grazie per Jude, perchè posso dire con assoluta certezza che senza di lui la storia non sarebbe andata assolutamente in questo modo. 

Ora... visto che praticamente tutte, eccetto Mary, mi conoscete da parecchio sapete che spesso scrivo una Raccolta di OS dedicate agli OC come piccolo "sequel" per le Interattive. Ci ho pensato e mi dispiace, ma questa volta non penso di farlo: sono arrivata alla fine con praticamente la metà degli OC con qui ero partita e tutte queste eliminazioni hanno anche inciso sulla trama, che non è quella che avevo pensato inizialmente, ma mi sono dovuta adeguare. Mi spiace ma finisco questa storia un po' esaurita dopo 38 capitoli, sei mesi e mezzo e cinque eliminazioni, anche se ho pensato che potrei pubblicare una singola OS dedicata ai Judelle visto che sono l'unica coppia della storia... 

Spero che la storia vi sia piaciuta, grazie anche a tutte le persone che l'hanno messa tra Preferite, Seguite e Ricordate e a chi l'ha soltanto letta. 
Suppongo che ci sentiremo a breve tra le altre Interattive che ho in corso e quelle che sicuramente inizierò... e anche con la OS, certo.

A presto,
Signorina Granger 

 
 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3556241