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di cin75
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** .1. ***
Capitolo 2: *** .2. ***
Capitolo 3: *** .3. ***
Capitolo 4: *** .4. ***
Capitolo 5: *** .5. ***
Capitolo 6: *** .6. ***



Capitolo 1
*** .1. ***


“ Ti rendi conto di che ora è, Jared?” esclamò onestamente contrariato Jensen, quando alle 11 e mezzo di sera, Jared si degnò di rientrare a casa loro.
Il giovane lo fissò scocciato da quella lamentela. Erano giorni , settimane, forse mesi, che andavano avanti così. Che lui andava avanti in quella maniera. A lavorare come un dannato per avere quella dannata promozione nel suo dannato settore.
E sentire Jensen che si lamentava dell’orario, beh!!, non ne aveva proprio voglia. Non quella sera!
“Smettila di rompere , Jensen. Ero al lavoro, sono stanco e non mi serve che tu mi faccia anche la paternale. Sei il mio fottuto ragazzo, non mio padre. Quindi vedi chiudere quella cazzo di bocca per stasera!!” sbottò gettando la giacca sulla prima sedia che trovò e la borsa in un angolo del divano.
“Come hai detto scusa?” replicò Jensen, alzandosi.

Il biondo sapeva che Jared stava dando tutto sé stesso, ne era orgoglioso, ma anche spaventato, perché aveva capito che era da un po’ di tempo che prendeva qualcosa per riuscire a seguire certi ritmi lavorativi. Prima era poca cosa, ma ormai aveva capito che l’assunzione di qualsiasi cosa fosse, era diventata una sorta di routine per il giovane compagno.
Aveva provato a parlargliene, a farlo ragionare. A fargli capire che non era quello il modo giusto per arrivare a ciò a cui aspirava. Che lo amava e che lo avrebbe amato, promozione o non promozione. Ma non era bastato, evidentemente!
E solo allora Jared lo guardò dritto negli occhi e Jensen potè vedere le sue pupille dilatate e gli occhi arrossati.
“Cristo, hai preso ancora quelle schifezze. Hai preso ancora quello  schifo che ti fa stare sveglio?!” lo accusò esasperato. “Ma non capisci che qualunque cosa sia, ti cambia, ti rende nervoso, intrattabile. Ti fa stare….”
“Quello schifo , come dici tu, mi permette di lavorare fino a quest’ora, mio caro!” lo fermò Jared.
“Sì e ti frigge il cervello dopo averti trasformato in uno stronzo completo….mio caro!” fece e indignato si lasciò alle spalle il compagno per andarsene a letto.
Era arrabbiato ed era stanco e almeno per quella sera, date le condizioni in cui era  Jared, sarebbe stato inutile intavolare una qualsiasi discussione.
 
Ma non appena varcò la porta della loro camera da letto, si sentì afferrare per le spalle dalle mani forti di Jared.
“Ma che….” esclamò Jensen preso di sorpresa cercando di liberarsi. Ma non riuscì a dire o a fare altro perchè Jared lo spinse con forza contro il letto facendolo finire con il busto sul materasso e le ginocchia a terra. “Jared , ma che fai!!??” inveì quando sentì il giovane sistemarsi alle sue spalle.
“Volevi la lite?? Beh!...avrai qualcosa di meglio!!” gli sibilò all’orecchio.
“Cosa?..no!!!..non azzardarti..non è aria. Levati….” fece infuriato mentre sentiva il giovane bloccarlo con il peso del suo corpo contro il materasso e intuendo cosa volesse fare. “Jared…non provarci…lasciami….non voglio…. Levati di dosso!!”
Ma il giovane non aveva nessuna intenzione di smettere quello che la sua mente annebbiata dagli effetti della droga che aveva preso, aveva intenzione di portare a termine.
“Io mi faccio in quattro….ora dopo ora….” e con modi rudi iniziò ad abbassare i pantaloni della tuta di Jensen, che però, bloccato in quella posizione di sottomissione, non riusciva a reagire più di tanto, anche se provava con foga a dimenarsi.
“Jared…sei confuso…non sei in te ….fermati….non fare stronzate….non…” provando a divincolarsi, poiché aveva sentito che anche i vestiti di Jared , con modi frenetici erano stati messi da parte. “Jared…Jared….no!!” ma un ennesimo tentativo di liberarsi spinse Jared a poggiare rudemente una mano sulla testa del compagno e spingerlo con forza contro il materasso, impedendogli ogni altro movimento.
Quella richiesta allarmata  non ebbe modo di essere ascoltata poiché Jared , subito dopo, con un gesto deciso e rude, lo penetrò facendolo gridare e il maggiore si ritrovò a battere un pugno sul cuscino e ad arpionarsi istintivamente al cotone della fodera per contrastare l’abuso e il dolore da esso causato.
“No!!!! Jared….ti prego…..noooo!! Fermati!!” gemeva Jensen cercando di controllare il dolore che stava provando. E mentre cercava di sopportare le fitte che sentiva ad ogni spinta furente a cui Jared lo costringeva , la sua mente si sconvolgeva sempre di più.
 
Jared gli stava facendo una cosa simile? Il suo Jared? Lo stesso ragazzo che non riuscì a trattenere le lacrime quando lo vide uscire dalla sala operatoria dopo una semplice appendicite?
Era davvero Jared la persona che stava infierendo in quel modo violento su di lui?
Jensen oltre alla dolorosa confusione di quel momento non potè che ritrovarsi ad odiare quello schifo chimico che aveva reso Jared ciò che era in quel momento.
 
E mentre lui era sopraffatto sia da quei pensieri che dal dolore sia fisico che psichico per quello che stava subendo, Jared gemeva raucamente su di lui, dopo aver trovato nel corpo del compagno una soddisfazione puramente fisica.
Uscì da Jensen senza usare alcuna delicatezza, esattamente nel modo in cui quel corpo se lo era preso. Si tirò su i pantaloni e si passò una mano sul viso per asciugarsi quella leggera patina di sudore e con aria assurdamente indifferente  vide Jensen scivolare lungo il bordo del letto e rimanere seduto a terra. La tuta abbassata a mezza coscia. Gli occhi spaesati. Una lacrima che gli rigava il bel viso sconvolto. Il verde dei suoi occhi offuscati da una marea silenziosa.
“Vado di là a prendermi da bere. Apro una birra anche te, ma non aspettare che te la porti di qua!” e andò via dalla camera.
Jensen non si mosse, non rispose. Forse nemmeno pensò in quel momento. O forse erano talmente tanti i pensieri che gli vorticavano nella mente che il loro peso lo schiacciavano e lo costringevano al pavimento.
 

Quando la mattina, Jared, sul divano, aprì pigramente gli occhi, si sentì come se fosse stato giorni  e giorni immerso in un rave di batteristi. La testa gli scoppiava.
Aveva la gola secca, la lingua impastata, gli occhi che gli bruciavano. Si guardò per un attimo le mani e tremò quando le vide tremare.
Con gesto esasperato se le passò tra i capelli e poi le fermò al lato delle tempie.
“Mio Dio!! devo smetterla! Devo smetterla o finirà male!” si disse non ricordando ancora che era già finita male.

Si mise seduto al centro del sofà, si guardò stancamente attorno. Il suo sguardo si posò sulle bottiglie di birra vuote sul tavolo della cucina. Aveva addosso i vestiti del giorno prima. La sua borsa da lavoro era abbandonata sul divano. La giacca su una sedia.
Jensen non c’era.
 
Com’era possibile? Jensen c’era sempre quando si svegliava.
 
Si strofinò con vigore le mani sul viso come se volesse fare mente locale e poi come un flash abbagliante alcune immagini assurde gli apparvero davanti agli occhi. Deglutì terrore, perché quelle immagini non potevano essere vere. Nel modo più assoluto eppure per uno strano groppo alla gola e una dolorosa morsa allo stomaco, Jared si ritrovò a chiamare il compagno.
“Jensen?!” senza avere risposta. “Jensen??” chiamò ancora e ancora niente.
Allora facendosi coraggio si alzò dal divano e con timore percorse il corridoio che portava alla loro camera da letto.
 

La porta era socchiusa. Le persiane della stanza la tenevano ancora nella penombra. Vi poggiò cautamente una mano al centro e lentamente spinse per aprire.
Fu solo quando vide Jensen seduto a terra, con le spalle appoggiate al letto, le gambe leggermente contratte e lo sguardo indecifrabile, che il panico assoluto prese il sopravvento.
Il giovane capì in quel momento che quelle immagini che gli erano esplose nel cervello non erano il frutto di un qualche incubo, ma solo le reminiscenze di un atto orribile che lui aveva compiuto ai danni della persona che più di tutto e tutti amava al mondo.
Si precipitò al suo fianco e sussultò allarmato quando anche Jensen sussultò spaventato alla sua vicinanza.
“Oddio…oddio che ho fatto…..che ti ho fatto…Mio Dio!…Mio Dio!!…perdonami…Jensen….Jensen ti prego…..perdonami, amore mio!!” fece cercando di accarezzarlo o solo sfiorarlo.
Ma Jensen si scostò con un gesto intimorito, quasi come se avesse timore che ciò che era accaduto potesse ripetersi. “Ti prego…ti prego…dì…dì qualcosa. Jensen…Jensen..Oddio che ho fatto!!” e ora Jared piangeva disperatamente perché più guardava Jensen in quelle condizioni più ricordava tutto quello che aveva fatto.
“Smettila!” disse ad un certo punto Jensen, anche se il suo era solo un fil di voce!!
“Jensen…Jensen….io….”
“Smettila!” ripetè ancora.
“Ti prego…ti prego…dimmi che cosa posso fare….io …io devo…”
“Io ho bisogno….ho bisogno di fare….una doccia!” tentennò Jensen.
“Sì…sì…io…ti aiuto…”
“NO!!” esclamò all’improvviso furioso Jensen. “Non voglio che tu mi tocchi!” e istericamente , come se si fosse reso conto solo allora di avere addosso ancora quella tuta, si poggiò al bordo del letto e si tirò su, alzandosi, barcollando appena.
Fece qualche passo lontano da Jared avviandosi verso la stanza del bagno. Poi si fermò a mezza strada. Senza voltarsi verso il ragazzo alle sue spalle che era ancora in ginocchio dove poco fa anche lui era. “Voglio che tu prepari la tua borsa.”
“Co…cosa?”
“ E voglio che mi aspetti di là!” ordinò atono.
“Ma Jensen…io…io…”
“Fa’ come dico Jared!” e il tono che Jensen usò era talmente carico di dolore , rancore e amarezza che Jared deglutì e non disse altro. Annuì mestamente e guardò Jensen avanzare lentamente, quasi con difficoltà verso il bagno e quando la porta fu chiusa, Jared si drizzò sulle gambe. Si guardò intorno. Si mise una mano sulla bocca ripensando all’assurdità di quel momento.

“Mio Dio che ho fatto…che ho fatto..che ho fatto…”

Guardò il letto sfatto solo su un punto. Vide il segno su un cuscino come se fosse stato stretto in un pugno e poi lentamente i suoi occhi scesero in quel punto dove Jensen era seduto e che ora era vuoto e delle piccole macchie rosse sul parquet lo sconvolsero definitivamente.
Solo allora comprese effettivamente in che modo brutale aveva aggredito Jensen. Solo allora capì la reale gravità di quello che era successo la sera prima. Come poteva biasimare Jensen se gli aveva chiesto di farsi la valigia?
Raccattò una sua maglietta da una sedia e odiandosi con tutto sè stesso si chinò per ripulire il pavimento. Lo fece per Jensen, perché non vedesse i segni dell’abuso fisico subito. Come se fosse bastato quello a cancellare tutto!!!

Si avvicinò alla porta del bagno. Voleva chiedere se aveva bisogno di aiuto , date le circostanze, ma quando stava per bussare, i singhiozzi a stento trattenuti che sentì provenire dall’altro lato della porta, gli spezzarono definitivamente il cuore in mille pezzi e Jared si sentì un mostro. Il peggiore di tutti, poiché aveva colpito la persona che più amava.
A stento trattenne di nuovo le lacrime. Strinse talmente forte i pugni che le unghie si conficcarono nella pelle a tal punto da farlo sanguinare. Ma fece, comunque, quello che gli aveva chiesto Jensen.

Prese un borsone e vi infilò dentro un paio di jeans, qualche maglietta e un po’ di vestiario intimo e in silenzio andò ad aspettare Jensen in soggiorno.

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Capitolo 2
*** .2. ***


Jared aspettò per ore, a volte seduto al divano, a volte appoggiato al bancone della cucina, a volte avvicinandosi solo di qualche passo alla porta della loro camera, a volte trattenendosi a forza nel bussare a quella porta.
Ma niente! Silenzio.
Ed era quasi doloroso il rumore del silenzio che c’era nella casa.

Così diversa da come quando c’era Jensen a cantare di stanza in stanza mentre metteva in ordine gli appunti per una qualche riunione per il giorno dopo. O delle sue risate ironiche mentre vedeva quegli assurdi telefilm polizieschi a cui faceva il verso. Sembrò di sentirlo mentre lo richiamava : “Ehi, Jay! E’ assurdo !!! quello sbirro ha davanti agli occhi un aereo precipitato e cosa dice ?? “Credo che sia successo qualcosa qui!!”….Dio!! ma come possono fargli dire una cosa del genere???!” e poi rideva di gusto. O Jensen che cantava per lui e poi lo baciava e gli sussurrava “Solo per  te riesco a farlo!” riferendosi alla sua innata timidezza.
Ma ora, lui aveva rovinato tutto. Aveva rovinato Jensen. E lo aveva fatto nel peggiore dei modi. Nel modo più crudele che un uomo potesse fare.
 
Quando ancora era immerso in quei pensieri, la voce di Jensen, finalmente, benchè soffusa dalla distanza,  lo raggiunse. Il compagno parlava con qualcuno. Di sicuro al telefono.
“No…non ci saranno problemi…..Sì, lo accompagno io stesso. D’accordo! Quando arriveremo firmerò i moduli necessari. La ringrazio! A dopo!”
 
Jared non poteva conoscere il senso della conversazione ma di certo poteva immaginarlo. Come poteva immaginare dove Jensen volesse portarlo.
E lui sapeva di meritarlo. Quindi , attese.
Un attimo dopo, Jensen lo raggiunse in soggiorno. Lo guardò appena e appena guardò il borsone accanto alla porta.
“Dove sono le chiavi della macchina!?” chiese solo.
Jared si smarrì un attimo. Non lo ricordava. Si guardò nervosamente attorno ma non riusciva davvero a ricordare dove le avesse posate quando era rientrato la scorsa notte.
“Io…io…non lo…ricordo. Non ricordo….dove le ho lasciate!” rispose imbarazzato. “Ieri sera io…io ero..”
“Lo so. So benissimo cosa eri ieri sera!” lo fermò con asprezza Jensen che sospirò piano e poi prese un altro mazzo di chiavi.
“Non importa. Andremo con la mia. Tanto dove stiamo andando la tua macchina non ti servirà!” e aprì la porta di casa.
Jared non rispose nulla, si limitò solo a seguirlo in silenzio fino alla macchina dove  vide Jensen sedersi, facendo fatica, al posto di guida. Non si azzardò a dire niente, ma andò a sedersi al lato passeggero.

Arrivati all’incrocio che li avrebbe portati alla centrale di polizia, Jensen non svoltò a destra ma tirò dritto, con somma sorpresa di Jared.
“Ma…dove stiamo andando? Io ..io pensavo che…” chiese guardando l’incrocio appena superato.
“Cosa, Jared?...Cosa pensavi?”, rispose mestamente Jensen. “Che ti stessi portando alla centrale di polizia?!”
“Sì. Infondo è il posto in cui merito di andare per quello che ti ho fatto!” replicò certo che quello era il posto che si meritava.
“Allora ancora non mi conosci!”
Jared sentì una fitta al cuore quando Jensen gli rispose così. Non seppe spiegarsi il perché. Ma sentirsi dire da Jensen che non lo conosceva era stato decisamente doloroso. Ma lasciò andare perché meritava anche questo.
Vide Jensen mettere la freccia e svoltare a sinistra, prendere una strada secondaria che portava alla periferia della città e poi direttamente fuori San Diego.
E poi vide la scritta: “Crossroad Rehab
 
Un centro di riabilitazione.
Jensen non voleva denunciarlo. Jensen voleva salvarlo facendolo disintossicare.
 
Guardò Jensen , stranito. Stupito.
Sentì la colpa divorargli  l’anima e davvero non riuscì a spiegarsi dove aveva trovato la forza per non abbracciarlo e gridargli disperatamente che gli dispiaceva per quello che gli aveva fatto. Che lo amava. Lo amava disperatamente e si sentiva un mostro per quello che gli aveva fatto. Che avrebbe prefirito farsi torturare all'Inferno per l'eternità invece di fare del male a lui.
Ma sapeva che Jensen, almeno per il momento, non voleva che lui lo toccasse. Che solo lo sfiorasse. Forse che solo lo guardasse come stava facendo e allora smise anche di guardarlo.

Scesero dalla macchina e nel frattempo che Jensen fece il giro dell’auto per affiancarsi a Jared, un medico con un infermiere li raggiunsero.
“Jensen?!” chiese il medico.
“Sono io.” si fece avanti il biondo. “Ci siamo sentiti per telefono circa mezz’ora fa. Lui è Jared!” fece indicando il giovane, imbarazzato e  confuso alle sue spalle.
“Salve, Jared!” si presentò l’altro porgendogli la mano. “Io sono il dott. Collins. Ma qui tutti mi chiamano Misha. È come se fossimo una grande famiglia, quindi se ti va anche tu sarai solo…Jared!”
“Sì…sì.” balbettò. “D’accordo.”
“Perfetto. Lui è Rich e almeno per i primi tempi sarà una sorta di tuo angelo custode.” fece indicando l’infermiere che si fece avanti e che, gentilmente, prese la valigia dalle mani del nuovo ospite.
Poi il medico si rivolse di nuovo a Jensen. “Ok! Ora, dovresti andare via Jensen!”
“Ma i documenti…i moduli..le carte che devo firmare?” chiese anche se sembrava più che altro non fosse pronto a lasciare Jared. Nonostante tutto.
Misha gli si avvicinò intuendo la titubanza del ragazzo. Così cercò di aiutarlo a fare la cosa giusta per il suo bene e per quello di Jared. “Ti arriverà tutto per posta, tranquillo. Ti avviseremo noi quando potrai telefonargli o quando sarà il caso che tu venga a trovarlo. Ma credimi, per adesso, Jared deve solo concentrarsi su di lui. Niente pensieri, niente visite. Niente…te!”

Erano anni che erano “loro”. E ora quel dottore diceva “Niente..te!” e sembrava dirlo ad entrambi. Era la cosa giusta. Lo sapeva sia Jared che Jensen, ma metterlo in pratica era assurdamente difficile. Nonostante il dolore.

I due , per un attimo , si lanciarono uno sguardo furtivo. Quasi disperato. Da quando stavano insieme non si erano mai separati. E farlo adesso, in quel modo, per quel motivo, era la cosa più assurda che potesse accadere loro.
Ma dovevano farlo. Per il bene di Jared. Per il suo. Per ciò che li legava.
Il maggiore annuì mestamente e fece per allontanarsi dal compagno che , in silenzio, accettò quella separazione.

Ma Jensen non resistette. Ciò che aveva dentro e che voleva dire, era troppo forte e troppo importante perchè Jared non lo sapesse. A dispetto dell’assurdità che era successa.
Si voltò di scatto e raggiunse con un paio di falcate il giovane compagno.
“Ritorna da me!!” disse mettendogli le mani intorno al viso e immediatamente vide gli occhi di Jared farsi infinitamente dolci, tristi e inondati di lacrime. “Ritorna ad essere il mio Jared. Quello di cui mi sono innamorato. Quello che mi abbracciava ogni notte con la scusa che se non lo avesse fatto non avrebbe chiuso occhio. Torna ad essere l’uomo che mi ha amato come nessun altro ha mai fatto.” parve quasi supplicarlo.
“Jensen…io…io …quello che ti ho fatto…Dio!! Non riesco nemmeno a crederci che io abbia potuto…”
“Non eri tu. E io odio quello schifo che ti ha fatto diventare un uomo che ho odiato ferocemente e che ancora odio.”confessò con rabbia.
“Anche io… anche io lo odio!”
“Allora mandalo a farsi fottere, Jay.  Seppelliscilo nel posto più remoto e sperduto di questa terra e lasciacelo marcire. Guarisci e ritorna da me. Ti prego!” gli disse con tutta la convinzione e la forza che riuscì a trovare in quel momento.
Jared non riuscì a dire niente tranne che un emozionato “Te lo giuro! Tornerò da te!” e poi lo aveva abbracciato.
Aveva abbracciato Jensen con tutte le sue forze, quasi come se volesse imprimersi sul suo corpo il calore di quello dell’altro e centellinarlo  per tutto il tempo che sarebbero stato distanti.
 
Il dott. Collins , poco distante da loro, li osservava e in cuor suo sapeva che se Jared aveva bisogno di quelle parole anche Jensen aveva bisogno di dirle.
Jensen , durante la loro telefonata,  anche se sommariamente, gli aveva detto che Jared aveva avuto un “violento scatto d’ira”, ma Misha, dall’imbarazzo e l’indecisione che aveva sentito nella sua voce, aveva intuito che cosa fosse realmente successo. Quel “Lui mi ha…” lasciato in sospeso era stato più che eloquente su ciò che era accaduto.
In modo diverso ma entrambi i ragazzi avevano bisogno di guarire e quello sembrava essere già il primo passo.
 

La riabilitazione di Jared iniziò così e andò avanti per settimane , mesi. I primi tempi furono i più duri perché furono quelli caratterizzati dall’astinenza dai farmaci. Il giovane passava da momenti di calma e lucidità a momenti in cui tutto sembrava dargli fastidio. Il suono dei passi degli altri ospiti, la voce di Misha, perfino l’odore della mensa. E poi ci fu il periodo della consapevolezza e della presa di coscienza. Quella più dura e palese. L’uso di droga, il cambio di personalità, Jensen.
 
“Ho fatto del male , un male orribile , alla persona che più amo al mondo. L’ho fatto soffrire in un modo che non meritava e l’ho fatto perché non ero lucido, perché quello schifo che prendevo mi rendeva un’altra persona. Una persona capace di essere violento, rabbioso, freddo. Una persona che è ben lontana da quella che sono io. Una persona che non voglio più essere. Io voglio tornare ad essere quello che ero, voglio tornare ad amare Jensen, voglio che lui possa amarmi come mi amava senza avere paura che io possa fargli di nuovo del male e so che l’unico modo per avere quello che voglio è guarire e questo posto me ne sta dando la possibilità!”
“Jared , sei consapevole allora di ciò che hai fatto?!”
“Pienamente, completamente e  me ne assumo ogni responsabilità. Ero convinto che Jensen , la mattina che mi ha portato qui, mi stesse portando alla stazione di polizia e invece non era così e quel suo gesto, quel suo non voler arrendersi con me, non voler rinunciare a noi e a quello che ci lega, me lo ha fatto amare ancora di più. Lo amo ancora di più.”
“Cosa faresti se alla fine di questo percorso, Jensen non fosse lì fuori ad aspettarti?!”
“Ne morirei. Ma lo accetterei perché non oso immaginare quale persona possa perdonare o solo accettare ciò che io ho fatto a Jensen. Ma le confesso che ho anche  paura.”
“Perché?!”
“Perché so che lui ci sarà e sarà pronto a perdonarmi.”
“E perché questo ti fa paura?”
“Perché sono io che non riesco a perdonarmi. A capacitarmi di come ho fatto ad arrivare al punto in cui sono arrivato!”
“Non pensi che già ammettere la propria colpa, aver capito la colpa che si è commesso e assumersene la responsabilità non sia un primo passo verso il perdono?!”
“Sei sposato Misha?”
“Sì.”
“Se un giorno tua moglie si trovasse a soffrire nel modo in cui io ho fatto soffrire Jensen, per causa tua, riusciresti a perdonarti senza sentirti come io mi sento?”
“No, mai. Ma se accadesse una cosa del genere e mia moglie avesse la forza e l’amore che Jensen mostra di avere, come tu dici, io proverei ad usare parte di quella forza per ricostruire quel mondo che ho distrutto con le mie mani. Perché quella forza e quell’amore lo meriterebbero!”
 

Così,  lentamente e con pazienza e tante tante parole ed emozioni e sì, anche lacrime, Jared sembrò riprendersi la sua vita, al punto che un giorno fu chiamato nell’ufficio del dott. Collins per alcune comunicazioni.
“Misha, mi hai fatto chiamare?!” fece affacciandosi discretamente all’uscio della porta dell’ufficio del medico.
“Sì, Jared! Vieni, accomodati!” rispose cordiale e sempre sorridente.
Jared doveva ammette che Misha era stato un vero miracolo. Non lo aveva mai abbandonato , nemmeno quando l’astinenza e le sue conseguenze lo facevano imprecare contro tutto e tutti. Misha era stato sempre lì, al suo fianco. Sempre capace di portargli un sorriso, un gesto pacato e rasserenante.
“Hai qualche incontro adesso?” chiese il medico.
“Uhm!!! Tra un’ora ho la seduta con il gruppo del dott. Morgan!” riferì Jared guardando l’ora.
“Perfetto! Allora hai tutto il tempo che ti serve!” asserì con l’aria compiaciuta.
“Il tempo per fare …cosa?”
“Per chiamare Jensen!” lo spiazzò il medico.

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Capitolo 3
*** .3. ***


“Per chiamare Jensen!” fece Misha con aria innocente e sorridendo soddisfatto quando vide l’espressione di sorpresa, felicità e commozione che si palesò nell’istante in cui aveva nominato Jensen.

“Cosa?...Io?....Lui?? Io…davvero…posso??”

“Ok! Ma se gli parli così non credo che lui capirà molto di quello che gli dirai.” e poi volendo scherzare , ma più che altro per riportare ad una sorta di calma il giovane paziente… “O magari possiamo rimandare e chiamarlo in un'altra occasione!”

“Noooo!!!” esclamò terrorizzato alla sola idea di dover aspettare ancora. Non poteva ancora vedere Jensen, ma già l’idea di risentire la sua voce…..non aveva prezzo!!!

“Era quello che pensavo!” sogghignò Misha. “Puoi chiamarlo da qui. Fa’ lo zero, comunica il numero e l’addetto al centralino inoltrerà la chiamata. Io devo vedere un nuovo arrivato. Fa’ con comodo ma….” disse serio, guardandolo dritto negli occhi. “…non saltare l’incontro con Morgan, intesi?!”

“Sarò il primo ad arrivare e l’ultimo ad uscire. Lo giuro!” disse mettendosi la mano sul cuore. “Eh….Misha?!”

“Sì?”

“Grazie. Davvero, grazie!” fece sinceramente portandosi la mano sul cuore e questa volta senza ironia.

“Te lo sei meritato.” ricambiò convinto il medico.


 

Quando Misha si chiuse la porta alle spalle per dare a Jared la sua giusta privacy, Jared guardò per infiniti momenti l’apparecchio telefonico.

Sembrava come se fosse il primo con cui aveva a che fare.

Le sue mani tremarono quando prese la cornetta ma si costrinse a respirare di nuovo piano e poi si apprestò a premere lo zero, come gli aveva detto Misha.

Era mercoledì. Erano le dieci e mezzo di un mercoledì.

Jensen di certo era in ufficio. Quindi era quello il numero che doveva comunicare. Sarebbe stato inutile chiamarlo a casa.

Così fece. Il numero richiesto dall’altra parte squillò.


 

Jensen era in riunione.

Era mercoledì. Erano le dieci e mezza di un mercoledì.

E Jensen doveva presiedere all’ennesima riunione del suo ufficio commerciale.

Era stato difficile riprendere la sua vita senza Jared. Dopo quello che era successo con Jared. Dare risposte sull’assenza del compagno. Giustificarsi della sua assenza dal suo reparto con chiunque lo incontrasse.

Motivi di famiglia!” era la giustificazione più gettonata e anche la più plausibile visto che i genitori e tutta la famiglia di Jared vivevano in Texas.

La casa era vuota. Terribilmente silenziosa. Paurosamente enorme. Non c’era Jared a riempirla con la sua esuberante presenza. Non c’era Jared a riempirla con la sua risata cristallina o a metterla sottosopra con il suo esasperante disordine.

Jensen si rese conto che perfino l’ordine, il suo stesso ordine, gli dava fastidio. Quell’ordine che tante volte voleva imporre a Jared, ora era il suo più acerrimo nemico.

E quella risposta che gli dava ogni volta il giovane compagno…”Jensen, l’ordine è sintomo di una mente vuota!”…beh!! ora non lo faceva andare più in bestia , ma gli provocava solo un enorme senso di malinconia e di assenza.

Molte sere, nonostante si sforzasse di non farlo, si ritrovava a piangere sommessamente con il viso nascosto tra le mani. Il più delle volte dormiva sul divano e la prima volta che ritornò nella camera da letto, istintivamente, si lasciava rotolare dalla parte di Jared, a nascondere il volto nel suo cuscino che sapeva ancora di lui.

Le notti erano lunghe, vuote, silenziose e buie. Dannatamente buie.

Di giorno cercava di lavorare il più possibile, così da stare poco tempo a casa. Cercava di tenere la mente impegnata con progetti, riunioni e qualunque cosa gli servisse per non pensare alla sua vita privata.

Perfino Ty, il suo migliore amico, o Felicia, quella che era per Jensen come una sorella, non riuscivano a capire cosa fosse successo.

Sì!, avevano, da amici, accettato la scusa “Problemi nella famiglia di Jared!”, ma ciò di cui non erano convinti era lo stato d’animo di Jensen.


 

Era perso in quei pensieri, quando il telefono sul grande tavolo della sala riunioni squillò.

“Scusate!” fece Jensen, alzando la cornetta.

Mi dispiace interrompere la riunione, Jensen…” fece la voce di Dany dall’altro capo del telefono.

“Tranquilla, Dany. Che succede?!”

Ho in linea…..non lo so…il centro Crossroad Rehab…

“Cosa??” esclamò Jensen, scattando in piedi e attirando su di lui, l’attenzione degli quattro che erano seduti al tavolo.

Dicono che c’è qualcuno che vuole parlare con te e chiedono se accetti la chiamata.” fece un tantino intimidita da come la voce del suo capo aveva squillato nel telefono.

Jensen deglutì riprendendo il controllo. Lo stomaco prese a contrarsi velocemente. In quel momento avrebbe voluto solo sparire ed essere da solo con quel telefono e con la persona che c’era dall’altro lato. Ma doveva mantenere un certo contegno.

“Sì…sì. Accetto la chiamata!” fece mostrando comunque un certo affanno nella risposta. Poi mise una mano sul microfono e con aria mortificata chiese ai suoi collaboratori di lasciarlo solo. Che era una telefonata di famiglia molto importante e che non poteva rimandare.

Naturalmente non ci fu nessuna replica a riguardo e tutti uscirono ordinatamente.


 

Jensen tenendo la cornetta cordless stretta tra le mani, seguì il gruppo che usciva e poi chiuse la porta a chiave. Non voleva che nessuno lo interrompesse.

E poi la sentì. Sentì quella voce che dal telefono lo richiamava incerto.

“Jensen..Jensen, ci sei?” chiamava Jared dal telefono.

“Jared?”

"Ciao, Jensen!” e quella voce suonò di nuovo amabile come la ricordava.

“Ciao…piccolo!” quel saluto venne fuori prima dal cuore e poi dalla bocca di Jensen e non poteva sapere che Jared, nello studio di Misha, aveva appoggiato la testa alla scrivania con un gesto esasperato e infinitamente riconoscente di poter sentire quell’appellativo dolcissimo di nuovo rivolto a lui dalla voce dolce di Jensen.

“Non sai da quanto tempo aspettavo di poterti risentire!”

“ Anche per me è lo stesso, credimi. Come…come stai, Jared?!”

“Misha dice che vado alla grande. Per questo mi ha permesso di telefonarti. È una sorta di premio, credo!!” disse orgoglioso il giovane.

“Magnifico e tu….tu ti senti meglio?!”

“Se intendi chiedermi se ho ancora bisogno di prendere delle droghe. No, Jensen. Non ne sento più il bisogno ormai!” lo rassicurò.

“Jared..io non…” e Jensen si sentì forse in imbarazzo. Erano mesi che non si sentivano e quella era stata l’unica cosa a cui, realmente , aveva pensato di chiedergli.

“Tranquillo. Ammettere la mia colpa è stato il primo passo verso la guarigione. Sarebbe da ipocriti non dire le cose come stanno e ammettere il motivo per cui sono qui, Jensen. Quindi , tranquillo.” e Jared sembrava davvero sereno mentre rassicurava Jensen.

“Ok!...Ok!!”

“ Ma dimmi di te. Stai….bene?” e lo chiese ancora sinceramente in colpa per quello che gli aveva fatto quella tremenda notte.

“Sì, Jared. Sto bene. E mi sei mancato. Mi sei mancato tanto e vorrei tanto poterti rivedere, poter parlare di tutto e di noi…non per telefono ma….”

“Lo vorrei anche io, credimi. Non sai quanto vorrei rivederti, amore mio!” e a quell’esclamazione, Jared , potè chiaramente sentire un ansito emozionato provenire dall’altro capo del telefono. “Jensen…”

“Ti amo, Jared. Ti prego…credimi. Ti amo e non ho mai smesso.”

Jensen non riuscì ad evitarlo.

Sapeva che Jared aveva sbagliato. Aveva commesso qualcosa di terribile, ma sapeva che una cosa del genere non sarebbe mai più accaduta e lui , nonostante quell’errore, non era mai riuscito a smettere di amarlo. Lo amava, lo amava infinitamente e se non fosse stato così, quella mattina lo avrebbe portato alla polizia invece che in un centro di riabilitazione.

“Oddio, quanto vorrei vederti, amore mio!! Parlarti , vedere di nuovo il tuo bellissimo viso, i tuoi occhi magnifici. Quanto vorrei stringere di nuovo le tue mani tra le mie. Abbracciarti e stringerti a me.” fu la riposta sospirata a quella dichiarazione sognata ogni notte, tra speranza di sentirla ancora e paura di non poterla più sentire.

“Anche io, Jared. Anche io. E vedrai che prima poi, potremo farlo. Potremo rivederci. Tu, nel frattempo, continua così. Continua ad impegnarti a stare meglio che puoi e vedrai che riavremo quello che stavamo per perdere.” lo incoraggiò Jensen, fiducioso che Jared non lo avrebbe deluso.

“A causa mia!” convenne il giovane.

“No, non dirlo. Basta. Non dirlo più. Ciò che è stato è stato. Dobbiamo pensare che possiamo superarlo.”

“Jensen , ma quello che ti ho fatto. So che qui sto guarendo , ma so anche che fin quando non potrò chiederti perdono di persona, non sarò mai guarito del tutto.” fece memore di tutti gli incontri fatti nella struttura.

“Jared , tu lo hai il mio perdono!” gli disse dolcemente ma deciso Jensen. “O non sarei al telefono con te!”

“Mi manchi…mio Dio…mi manchi così tanto!!” e questa volta fu Jensen a dover appoggiare la testa che sentiva pesante.

Poi , riprese il controllo. Si passò una mano sul viso e…

“Parlami di te. Di Misha. Di quel buffo infermiere…Rich?”

E Jared capì e l’assecondò.

“Sì…Rich. Lui…lui è uno spasso. Se ne va in giro sempre con qualche caramella infilata nelle tasche. È capace di sfilarti un sorriso anche mentre tu avresti solo bisogno di piangere e gridare!” e da quelle parole Jensen capì che Jared parlava per esperienza e questo gli fece male, anche se sapeva che quel piangere e gridare faceva parte del poter guarire.

“E il dottore? Misha?” si informò ancora, curioso.

“Lui è un tipo in gamba. Non mi ha mai lasciato solo. Nemmeno quando ero in astinenza ed ero decisamente intrattabile e insopportabile. Credo di dovergli molto. Anzi, so di dovergli molto.”

“Credimi, gli dobbiamo molto entrambi.” convenne Jensen. “E tu? Parlami di te? So che deve essere stata dura, ma parlamene, ti prego.”

Jared sospirò pesantemente. “I primi giorni sembrava facile. Niente di impegnativo. Poi la mancanza della droga ha iniziato a far sentire i suoi effetti e allora sono cominciati i dolori, il freddo, i tremori. Un classico, insomma.”

“Sei stato male?!”

“Sì, ma era tutto sotto controllo. Come ti ho detto, Misha non mi lasciava mai. Poi ho iniziato con le sedute, la terapia singola e quella di gruppo e lentamente, tutto ha cominciato a riprendere il posto giusto dentro di me. La mia vita, le mie priorità, le mie convinzioni.”

“Magnifico!” ne fu sinceramente felice Jensen.

“E soprattutto….tu!”

“Jared..” rispose emozionato.

“Eri il punto fermo, Jensen. Eri il fulcro su cui sapevo poter far conto per restare in equilibrio. Eri il pensiero fisso che mi permetteva di rimettere i piedi a terra la mattina e quello che mi consentiva di dormire la notte.”

“E’ la tua forza che ti ha fatto guarire, Jared. Non io!” gli fece presente Jensen anche se si sentiva molto emozionato e colpito dalle parole di Jared.


 

Quello era il suo Jared. Il ragazzo che era capace di emozionarlo con delle semplici parole. Quello era il suo Jared.


 

“E’ stata la promessa che ti ho fatto e che tu mi ha chiesto di mantenere che mi ha fatto guarire.”

“Ma…”

“.. “Torna da me”…è questo quello che mi hai chiesto Jensen, prima di lasciarmi qui.” gli ricordò Jared.

“Sì, è vero.”

“E credimi, ogni passo in avanti che ho fatto qui dentro è stato un passo verso di te. Sto ancora camminando!” disse sorridendo.

“Continua a farlo, allora. Tu continua a camminare verso di me, perché io sono qui e ti sto aspettando!” lo incoraggiò, commosso dalla forza che stava dimostrando Jared.

“Tornerò da te, Jensen. Tornerò da te!” e mentre i due si scambiavano quella solenne promessa un infermiera si affacciò allo studio di Misha.

“Jared? Il dott. Morgan ha anticipato la seduta. Ti stanno aspettando!”

“Sì…sì…arrivo!” fece cordiale. “Jensen?”

“Sì, ho sentito. Vai, tranquillo.” lo congedò gentilmente Jensen.

“Non so quando potrò chiamarti di nuovo!” sembrò già scusarsi.

“Mi farò bastare questa chiamata fino alla prossima. Vedrai che Misha te lo permetterà di nuovo!”disse speranzoso.

“Lo spero. Lo spero tanto. Ciao, Jensen!”

“Ciao, Jared.”

“Jensen?!”

“Sì?”

“Io ti amo!”

“Anche io. Anche io!!” e poi sentì la comunicazione chiudersi.

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Capitolo 4
*** .4. ***


Da quella telefonata passarono altre tre settimane e ogni volta che il telefono squillava , Jensen sperava che fosse Jared e ogni volta rimaneva deluso.
E ogni volta che Misha chiamava Jared per una qualche comunicazione, il giovane sperava in ben altro.

Tranne una volta!

 

Una mattina, Jared avrebbe dovuto fare da sostegno durante una seduta. Era ormai un veterano di quel posto e dopo un certo periodo di presenza nella struttura, era di prassi.

Prima che la seduta iniziasse, Misha lo richiamò nel suo ufficio.

“Ciao, Jared. Come va?!” chiese cordialmente.

“Benissimo, grazie. Oggi ho una seduta di sostegno con il nuovo gruppo!”

“Molto bene!!” fece orgogliosamente. “Sei nervoso?!”

“Abbastanza. Ho paura di non esserne in grado!” confessò il giovane infilando le mani in tasca come segno di nervosismo.

“Sii solo sincero e racconta la tua esperienza. Tutto il resto verrà da se!”

“Lo spero.”si augurò Jared. “Ma mi hai fatto chiamare…ti serve qualcosa?!”

“Sì, in effetti sì.” fece con aria colpevole il medico. “Ho dimenticato di comunicarti una cosa importante. Mea culpa!”

“Cosa hai dimentic…”


 

“Ciao, piccolo!” fece la voce dolce di Jensen alle sue spalle.


 

“Ho dimenticato di dirti che hai una visita!” disse il medico, soddisfatto della sorpresa che vedeva sul volto del suo paziente.


 

Jensen?”

Sì? Chi parla?!”

Sono Misha. Scusa, il dott. Collins. Del centro di riabilitazione!”

Sì! Certo!...Oddio, è successo qualcosa a Jared?!”

No!no!, tranquillo. E’ tutto a posto. Jared sta benissimo ed è per questo che ti chiamo.”

Di cosa ha bisogno?!”

Ho bisogno che tu venga qui. A trovarlo!”

Sul serio?..davvero? Io posso...”

Non ti avrei chiamato, altrimenti!”

Ma lei crede che sia una buona idea? Che lui sia pronto a ...”

Jared ha fatto passi da gigante nel percorso di riabilitazione e tu, sei stato e sei ancora uno dei maggiori incoraggiamenti a continuare in quel percorso nel modo in cui sta facendo!”

Mi dica solo quando posso venire e io ci sarò. Non chiedo altro!”

Ti va bene dopo domani verso le dieci e mezza?!”

Sarò lì alle dieci!”

Perfetto. Ma non dirò niente a Jared nel caso tu...”

Cosa? Possa ripensarci?”

Nessuno ti biasimerebbe!”

Io lo farei.”

Jensen devi capire che rivedere Jared dopo quello che ha fatto, che ti ha fatto, può scatenare sensazioni ed emozioni che sono ancora dentro di te. In questa situazione non è solo Jared a dover guarire, ma anche tu. E forse, rivederlo , potrebbe riportare a galla ciò che hai provato e subito quella notte!”

Comprendo il suo timore, Misha. Davvero, lo capisco. Ma mi creda, se avessi voluto Jared fuori dalla mia vita, dopo quella notte, Jared ora sarebbe in una cella di una qualche prigione e non in un centro di riabilitazione. Ciò che provo per lui è ancora forte e so che dovremmo comunque affrontare ciò che è successo, ma lo faremo insieme, ora che Jared è fuori da quello schifo che prendeva.”

Jensen...”

Non lo abbandonerò, Misha. Lo amo e tutto ciò che voglio è stargli accanto. Stare con lui. Quindi dopo domani alle dieci io sarò nel suo studio.”

D’accordo. Ti aspetto.”


 

Jared si era voltato immediatamente verso quella voce così familiare e che tanto gli era mancata. Gli occhi brillavano. La mente diceva di muoversi, il corpo si rifiutava di farlo per paura che fosse un sogno.

“Jensen..”

“Ciao, Jared!” fece ancora il biondo avanzando appena.

“Jensen..” ripetè ancora, come se non fosse sicuro che Jensen fosse davvero lì.

“Sorpresa!” esclamò dolcemente il biondo.

“Jensen..” ancora!!!

“Ok! Ora che ne dici di abbracciarlo e salutarlo? Che il suo nome è Jensen, lo abbiamo capito!” lo spronò a darsi una mossa, Misha.

Sembrò che non servisse altro.

Jared volò praticamente tra le braccia di Jensen. Un abbraccio forte, quasi disperato. Nemmeno l’aria ebbe la possibilità di restare tra i loro corpi uniti in quella stretta esasperata di felicità.

Le braccia strette intorno alle spalle. Le mani aperte contro la schiena per rendere più forte e decisa la presa.

I volti entrambi nascosti nella curve decise del collo.

I loro nomi appena sussurrati, come per rendere reale la presenza di uno tra le braccia dell’altro.

“Vado a controllare il gruppo nella stanza accanto. Prendetevi il tempo che vi serve. Ci vediamo tra un’ora, qui, nel mio ufficio.”

Jared si scostò appena da Jensen e guardò, riconoscente, il medico che stava per uscire.

“Ma il gruppo di sostegno!?”

“Tranquillo, avevo già avvisato Morgan. Farai da sostegno al prossimo incontro. Ora, credo che voi abbiate bisogno di questo… di incontro!”

“Grazie!” si ritrovarono a dire all’unisono i due ragazzi.


 

Quando si ritrovarono soli, Jensen sorrise dolcemente al ragazzo che ancora lo fissava enormemente felice. Jared lo stringeva ancora e delicatamente, quasi come se Jensen potesse rompersi da un momento all’altro, gli carezzava il petto con la mano.

Jensen emozionato anche lui, cercò di riprendersi e di approfittare di ogni minuto che potevano stare insieme.

“Possiamo ….andare in giardino?!” chiese, allora.

“Sì..sì..certo. Vieni!” rispose ansioso Jared, guidandolo verso l’atrio, ma non appena il giovane gli fece strada, l’altro lo fermò per un polso, costringendolo a farsi guardare ancora.

“Ti metto nei guai se adesso..io.. ti…insomma…se noi…”

Jared parve leggergli nella mente e fu un bellissimo pensiero quello che riuscì a scorgere anche nel verde degli occhi di Jensen.

“No…no…affatto!” gli assicurò.


 

Un attimo dopo, le loro labbra era unite in un bacio lento, dolcissimo. Un bacio che rinasceva dove un male assurdo lo aveva ucciso. Come una splendida fenice che voleva esplodere nel suo fuoco più ardente e sfavillante.

Le mani incorniciavano delicatamente i volti. Le labbra che si cercavano cautamente, alla ricerca di altro fiato da condividere. Sfiorandosi, mordendosi dolcemente, assaporandosi lentamente. Le bocche che si univano per respirare insieme. Ancora. Di nuovo.

Poi, piano, il baciò lasciò il posto a piccole invisibili carezze. I due , fronte contro fronte, non riuscivano a dirsi altro. Ciò che sentivano in quel momento, la marea di emozioni che li stava facendo respirare con quel dolce affanno, parlò per loro.

E sembrò dire la cosa più importante:si amavano ancora!

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Capitolo 5
*** .5. ***


Raggiunsero il giardino interno alla struttura e cercando un posto più in disparte, decisero per una panchina all’ombra di un grande acero rosso.

Per un po’, una sorta di silenzio imbarazzato la fece da padrone. Entrambi si sentirono quasi come se fossero tornati indietro di anni, quando al loro primo appuntamento non sapevano cosa fare o dire.

“Sei dimagrito!” disse sorridendo Jared e Jensen di ricambio convenne.

“Anche tu!”

“Beh! io la scusa ce l’ho. Qui , per quanto si mangi bene, non hanno Jensen Ackles ai fornelli e soprattutto non hanno i suoi assurdi panini… “Elvis”…come piatto principale per una cena!!” scherzò.

“Ehi!! quei panini farebbero resuscitare i morti!”

“O forse uccidere qualcuno per infarto!!” replicò Jared.
 

Dio!!, da quanto non scherzavano in maniera così tranquilla.
 

Poi, però, Jared notò una lieve amarezza sul volto di Jensen.
“Dimmi che è successo dopo!” azzardò anche se voleva davvero sapere.

“Dopo, che ?”

“Dopo che mi hai portato qui.” specificò.

“ Jared..” sussurrò Jensen. Il ragazzo non voleva rovinare quel momento con assurdi ricordi che ormai facevano parte del passato. Sapeva che comunque ne avrebbero dovuto parlare, ma non voleva farlo in quel momento.

Ma Jared non era della stessa opinione.

“Dimmi che non hai affrontato quello che era successo, quello che ti avevo fatto..da solo. Dimmi che hai avuto qualcuno vicino con cui potevi sfogarti, parlare…. odiarmi.” e anche se quella parola era forte, Jared sapeva che non avrebbe potuto biasimare Jensen se avesse provato anche quel sentimento.

“Non serve che tu debba ..” cercò di rassicurarlo. Forse proteggerlo.

“Sapere?...certo che serve!!” rispose invece Jared, voltandosi di più verso il compagno così da poterlo guardare meglio. “In questa storia, in maniera diversa, ci siamo finiti entrambi, Jensen. Per colpa mia!”

“No!!” e fu come un rimprovero.

“Sì, invece e se me ne sono reso conto io, devi farlo anche tu. Perciò , ti prego…dimmi che non sei stato tutto questo tempo da solo.”

Jensen scosse il capo in segno di sconfitta. Jared era tornato davvero ad essere il suo Jared. Testardaggine compresa.

“Ty!” rivelò , infine.

“Ty?”

“Ty sa tutto. Lui sa tutto quello che è successo e dove sei!” gli confessò, guardando prima il giovane e poi il grande spiazzo davanti a loro.

“Ok !, anche se…credevo che fosse Felicia il tuo prete confessore.” asserì sorpreso e poi, in effetti ci penso meglio.


Jensen e Felicia sarebbero state anime gemelle se la natura non avesse voluto altro per loro!

Quindi, perché rivolgersi a Ty, per quanto l’amico fosse legato a Jensen.


“Jensen, perché sei andato da Ty?” chiese con una punta di preoccupazione.

“Per nessun motivo in particolare!” rispose evitando lo sguardo del giovane al suo fianco.

“Non mentirmi. Perché sei andato da Ty?” chiese ancora prendendogli le mani.

Jensen sentì il tocco di Jared e sospirando , decise di dire tutta la verità. “Io…insomma….”

“Sei stato male?!” chiese improvvisamente allarmato dato che Ty era un medico. “Per favore…per favore…parlami!”

“Quella mattina , quando dopo averti lasciato qui, tornai a casa, io…insomma…io ero ancora abbastanza…. dolorante. Pensai che un bagno caldo e un po’ di riposo avrebbe portato via tutto. Ma il giorno dopo, quel…quel disagio era ancora lì, presente.” confessò sapendo che Jared si sarebbe di nuovo accusato di tutto.

“Mio Dio, Jensen. Io….”, si colpevolizzò, infatti, l’altro. “Così sei andato da Ty!?”

“Sì. Gli dissi cosa sentivo, senza spiegargli troppo e quando lui mi visitò…non lo so, forse gli anni passati al pronto soccorso a contatto con ogni tipo di situazione, gli ha fatto scattare una molla. Lui… lui ha capito tutto. L’ho visto andare alla porta e chiuderla a chiave e poi è tornato come una furia da me e mi ha messo spalle al muro. Mi diceva che aveva capito, che dalla ferita che avevo non c’era altra spiegazione. E quando cominciò a stancarsi della mia reticenza ha tirato in ballo te, chiedendomi dove fossi, perché non eri con me in quel momento, perché eri sparito nel nulla e….e sono crollato. Mi dispiace , ma sono crollato.” sembrò chiedere scusa Jensen, per quella sua debolezza.

“Mi dispiace…mi dispiace…” fece abbracciandolo, cercando di portare via quell’insensato senso di colpa che provava Jensen.

“Gli dissi tutto e lui andò fuori di testa. Voleva uccidere te per quello che avevi fatto. Voleva prendere a pugni me per aver taciuto la cosa ed era davvero intenzionato a chiamare la polizia e l’ho dovuto implorare e mostrargli i documenti della tua riabilitazione per farlo desistere. Era davvero infuriato. Non mi ha parlato per giorni, fin quando non me lo sono ritrovato dietro la porta di casa con la scusa che avevo dimenticato di ritirare l’antibiotico dalla farmacia dell’ospedale.” continuò a raccontargli passando dall’amarezza alla riconoscenza verso il gesto dell’amico dottore.

“Era ancora arrabbiato?!”

“Sì, ma almeno restò con me per tutta la notte. Mi fece parlare. Dio!! mi fece parlare tanto e ascoltava ogni mia parola. Ma quella volta, quella notte non mi giudicò e non giudicò più te.” fece sorridendo appena.


 

Ty?! Che ci fai qui?!”

Hai già preso gli antibiotici che ti ho segnato l’altra mattina al mio ambulatorio?!”

Io no...non ancora! Non erano disponibili e solo oggi me li ha consegnati la farmacia.”

Ok! Meglio così. Non farlo. Prendi questi, sono più forti , ma anche più efficaci!”

Grazie. Ma potevi chiamare, sarei venuto io al...”

Ora cosa? Non posso venire nemmeno a trovare un amico?!”

Siamo ancora amici?!”

Non dovrei ma tu sei talmente idiota che non so cosa faresti senza di me. Ora spostati , fammi entrare e offrimi una birra.”

Ok!”

Una volta che i due furono sul divano del soggiorno….

Ora dimmi che è successo quella sera o meglio come siete arrivati a quella sera!? E dimmi la verità perché lo capirò se mi prendi per il culo!”

Jared stava attraversando un momento di forte impegno nel suo settore lavorativo. C’era in ballo una bella promozione e lui ci si era tuffato anima e corpo, ma i responsabili del suo ramo sembravano non accontentarsi mai e credo che forse è stato allora che iniziato a prendere qualcosa che lo aiutasse a stare sveglio , più attivo, più….non so cosa!”

E tu cosa gli hai detto quando te ne sei reso conto?!”

Ho provato a parlargli , a fargli capire che non era un bene quello che stava facendo, che si stava facendo. Ma lui mi ripeteva che non c’era pericolo, che non erano altro che pillole per stare più...in carica.”

Jensen...”

Lo so, lo so. Come vedi la colpa non è solo sua. Lui ha sbagliato nel prendere quella roba, ma io ho sbagliato nel non capire quello che realmente gli stava succedendo. Quella sera, quello che è successo è stato solo la palesazione più ...tragica, del modo in cui potevamo capirlo.”

Jensen, ascoltami. Sei come un fratello per me e sai che voglio un bene dell’anima anche a Jared.”

Lo so.”

Non voglio giudicarti e non voglio giudicare lui, ma non voglio nemmeno essere un ipocrita.”

Che stai cercando di dirmi, Ty?!”

Quello che voglio dire è che sei certo che quando Jared sarà fuori di lì, per voi riprenderà tutto come nelle favole della buonanotte? Come se niente fosse successo?”

Non sono un ingenuo Ty. So che quando Jared sarà di nuovo a casa, la riabilitazione non sarà finita, ma inizierà di nuovo qui, tra queste pareti, tra di noi. Questo lo so. Ma ...”

Ma?”

Non giudicarmi male per quello che sto per dire..”

Non lo farò. Parla con me!”

Anche dopo che lui mi ha...insomma, anche dopo quella sera, io non sono mai riuscito ad odiarlo. Avrei potuto denunciarlo, avrei potuto semplicemente sbatterlo fuori di casa, ma non l’ho fatto. L’unica cosa che riuscivo a pensare era che la persona che mi aveva ferito in quel modo non era la persona che io amavo. Che quella persona non esisteva e che Jared , il Jared che si sarebbe fatto ammazzare per me, invece sì. E io dovevo fare qualsiasi cosa per riaverlo.”

Ed è per questo che...”

Che ho chiamato la clinica del dott. Collins.”

Jensen, io vorrei tanto...”

Ascoltami Ty. Jared fa parte della mia vita. Jared è la mia vita. Ed è nella natura umana fare di tutto per proteggere la propria vita con tutte le forze. Io sto proteggendo Jared e di conseguenza sto proteggendo me.”

Lo ami fino a questo punto?!”

No. Anche di più!”


 

“Così è rimasto a casa nostra per quasi una settimana. Si è preso cura di me, sia fisicamente che psicologicamente. Non mi ha mai lasciato solo.” fece poi con tono più pacato e tranquillo, sperando che anche Jared potesse beneficiarne.

“Gliene sarò sempre immensamente grato di questo.”

“Era un po’ come se ci fossi anche io in riabilitazione.”

Jared lo abbracciò ancora. Gli carezzò le spalle. Se lo strinse vicino come se niente potesse mai dividerli. E Jensen si abbandonò a quell’abbraccio. Era lì per essere quello forte e invece fu Jared a mostrare la sua forza, sostenendolo. “Mi dispiace che tu abbia dovuto subire una simile assurdità, Jensen. Da me!” fece con più amara convinzione.

“Ne se venuto fuori, Jared. Ed è questo l’importante. E anche Ty lo ha capito!”

“Quindi non vuole più uccidermi?!” scherzò il giovane.

“No, non credo. Anche se penso che covi ancora l’idea di prendere a pugni entrambi!!”

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Capitolo 6
*** .6. ***


Un ora dopo, Jensen e Jared erano nello studio di Misha. Il medico aveva bisogno di capire alcune cose. Capirle parlando con la coppia e non solo con il singolo interessato.

“Allora come è andata ?!”

“Avevamo bisogno di parlarci e di dirci ciò che ci siamo detti!” rispose Jensen.

“E cosa vi siete detti?!” ed era normale che il medico dovesse sapere.

“Avevo bisogno di sapere di lui. Di ciò che aveva fatto dopo che io sono rimasto qui, di cosa ha pensato, chi gli era stato vicino. Se qualcuno si prendeva cura di lui, come qui si sono presi cura di me.” rispose Jared, guardando il compagno seduto al suo fianco.

“E hai avuto le tue risposte!?!”

“Sì e hanno fatto male!” disse ancora.

“Jared…” sussurrò sorpreso Jensen.

“Perché?!” chiese pacatamente Misha.

“Perché per quanto so di stare bene adesso, di aver cancellato quello che ero diventato, so che non potrò mai cancellare quello che ho fatto a Jensen. Ciò a cui l’ho costretto. Sia fisicamente che psicologicamente. Lui mi amava e io l’ho ferito in una maniera che non meritava. Lui può anche aver trovato la forza di perdonarmi, ma io non credo di essere ancora così forte da perdonare me stesso.” confessò e per la prima volta da quando si erano rivisti, non riuscì a guardare Jensen negli occhi.

Ma quello che gli disse il compagno, risanò l’ennesima ferita.

“Posso aiutarti io a trovare quella forza. Anzi, no. Sarò io quella forza. E poi hai torto su una cosa!”

“Su cosa?!” domandò il medico.

“Io non ti amavo, Jared.” lo spiazzò Jensen.

“Ma…io…” balbettò il giovane sorpreso da quell’affermazione.

“Io ti amo.” dichiarò con quella stessa forza che aveva appena promesso di essere.

Jared , emozionato e colpito da quelle tre semplici parole che credeva di non meritare ancora, non riuscì a rispondere. Ma la sua mano istintivamente volò sulle sue labbra per coprirle in un gesto di commozione e forse per affievolire alcuni timidi singhiozzi.


“Va bene. Va bene così.” fece compiaciuto Misha. “ Ora…” disse , poi, dando un ultimo sguardo alle carte che aveva davanti. “..se vi dicessi che mi sono consultato e confrontato con alcuni miei colleghi e che riteniamo che Jared possa lasciare la struttura, quale sarebbe la vostra reazione?!”

Jared spalancò la bocca, completamente sopraffatto dalla sorpresa e non sapeva cosa dire perché preso decisamente di sorpresa. Jensen , invece, reagì in maniera assolutamente diversa.

Il biondo scattò in piedi e a grandi passi si affrettò a raggiungere la porta dell’ufficio del medico, pronto ad uscire.

“Jensen….dove vai?!” chiese il medico stupito , mentre anche Jared lo guardava completamente basito da quella reazione.

“Vado a prendere le sue cose dalla sua stanza!” fu la risposta.


 

Un paio di giorni dopo, il giusto tempo burocratico e Jared lasciava , con piena soddisfazione di Misha, il Crossroad Rehab.

Un ora dopo, era di nuovo a casa sua , con Jensen.

“Sei a casa, Jared. Sei di nuovo a casa e stai di nuovo bene!” fu il benvenuto del maggiore.

“Io non so cosa dire, Jensen. Non che non sia felice. Ma sto provando talmente tante emozioni in questo momento che faccio fatica a …” e sul serio non riuscì a dire altro.

“Ok! Va’ tutto bene, piccolo. Ci riprenderemo la nostra vita. Giorno dopo giorno. Emozione dopo emozione. Verità dopo verità. Piccoli passi, ok?” lo incoraggiò sorridente, Jensen, mentre gli accarezzava il viso emozionato.

“Ok!” fece con la voce tremante , il giovane.

Quando arrivò la sera, Jensen si appisolò sul divano e quando Jared lo carezzò, svegliandolo, per invitarlo ad andare a letto, l’altro non si oppose.

“Sono sfinito. Vieni anche tu?!” chiese assonnato.

“Tra un po’. Ho voglia di godermi ancora ….questo!”

“Ok!” comprese. “Ma non fare tardi. Anche tu sembri stanco!” si raccomandò il maggiore.


Ma Jared non era stanco. Jared era spaventato.

 

Qualcosa allo stomaco aveva iniziato a fargli male , quel pomeriggio stesso, quando era entrato in camera da letto per sistemare le sue cose tolte dal borsone.

Quel letto…il cuscino…quella parte di parquet…quel corpo abusato…quello sguardo ferito…quella lacrima ignorata.

Un nodo alla gola sembrò quasi soffocarlo e fu talmente forte la sensazione di malessere che non riuscì nemmeno a finire quello che stava facendo. Era scappato da quella stanza.

E quando in quella fuga aveva quasi travolto Jensen, lo aveva abbracciato.


 

Ehi!! tutto ok?!”

Mi sei mancato!” si giustificò. Mentendo. “Mi sei mancato immensamente.”

Mi sei mancato anche tu. Ma adesso sei qui. Hai mantenuto la tua promessa e sei tornato da me. E d’ora in poi tutto andrò bene. Te lo giuro. Tutto andrà bene!” lo rassicurava Jensen, mentre ricambiava con forza quell’abbraccio con cui Jared lo teneva stretto a lui.


 

Jared, davvero voleva stare bene. Ancora. Di nuovo. Ma quando , quella sera, Jensen se ne andò a letto , il giovane , più tardi, lo aveva seguito e non appena aveva messo piede nella stanza, in penombra come quella maledetta sera, quelle immagini tornarono furiose davanti ai suoi occhi e ci rinunciò, andando di nuovo verso il divano.

Lì, si sedette e abbandonò la testa tra le mani.

Forse non era pronto. Forse aveva ancora bisogno di stare alla Crossroad. Forse….


“Jared?!”

 

Il giovane sussultò.

“Sei ancora qui?! Non riesci a dormire?!” chiese dolcemente preoccupato, Jensen.

“Mi dispiace ….non volevo svegliarti!” si scusò.

“Non mi hai svegliato tu. Avevo sete.”, rispose. “Perché non vieni a letto? Hai l’aria stanca, piccolo!” fece Jensen sedendosi accanto a lui e accarezzandogli dolcemente la testa.

“Non posso..” sussurrò Jared.

Una cosa che Misha gli aveva sempre detto era: “Sii sempre sincero. Con gli altri. Con te stesso. Nascondere ciò che si prova e si sente, non fa che distruggere ciò che si ama. E’ per nascondere… che sei finito qui, Jared!

“Non puoi cosa, Jared? Parla con me, ti prego.” fece con calma, Jensen.

“Non posso entrare nella stanza. “

“La nostra camera da letto?” chiese perplesso, guardando appena la stanza nominata.

“Io…io l’ho fatto nel pomeriggio ed è stato come tornare a quella sera. Ho provato a dirmi che era il passato. Ho guardato te che mi sorridevi e speravo che potesse bastarmi. Ma stasera , quando volevo venire a letto e sono entrato, è stato di nuovo come un pugno nello stomaco.”

“Jared…”

“Ogni volta che entro lì dentro ti vedo a terra, rivedo quello che ti ho fatto. Penso al male che ti fatto e non riesco a perdonarmelo, a sopportarlo e non riesco a capire come fai tu a sopportare di avermi ancora vicino. Toccarmi…Dio!! dove hai trovato il coraggio di baciarmi??!” fece disgustato da se stesso.


Un attimo dopo, Jensen lo stava baciando. Ancora!!


Gli teneva le mani intorno al viso. Le sue labbra lo possedevano dolcemente, esercitando una dolcissima supremazia.

Jared, in un primo momento aveva cercato di sottrarsi. Nella sua mente addolorata , non voleva sporcare ancora Jensen. Ma poi il compagno, lo strinse ancora a se. Lo baciò ancora. Con più dolcezza, con più passione e il giovane si abbandonò e lasciò che Jensen e le sue labbra vincessero su tutta la linea.

Quando vide che non c’era più lotta, Jensen si allontanò piano dalle labbra di Jared e poi dal suo viso, così da potersi di nuovo guardare.

“Ti sopporto ancora perché ti amo. Ti tocco ancora perché ti amo. Ti bacio ancora perché ti amo. E faccio tutto questo perché so che la persona di cui mi sono innamorato cinque anni fa è qui e si lascia baciare da me. Ricordi cosa ti dissi quando ti portai al centro di recupero?!” gli chiese senza astio e sempre con infinita dolcezza.

Jared annuì, perso nel verde brillante che luccicava negli occhi del compagno.

“Ti dissi che odiavo la persona che mi aveva fatto del male. E sapevo che non eri tu, perché, il mio Jared, il Jared che mi amava e che spero ancora mi ama…”

“Sì…sì…ti amo!” sussurrò appena ma con decisione.

“Il Jared che mi ama doveva tornare da me. Doveva tornare ad amarmi come solo lui sapeva fare. E lui è tornato. Tu sei tornato e io non ti lascerò mai più andare via. Mai più!!”

“Ma io non…”

“Se è solo quella stanza che può fermare ciò che meritiamo, allora venderemo questa casa.” affermò con una innocenza disarmante.

“Cosa?...No!!! tu…tu adori questa casa, Jensen!”

“Io adoro l’idea di dividere una casa con te, amore mio. Non mi interessa che sia questa o un'altra o che sia questa città e dall’altro capo del mondo. Ciò che voglio è stare con te. Ed è quello che vorrei ancora, se è quello che ancora vuoi tu!” disse sperando in una risposta altrettante decisa.

Jared lo abbracciò, forte, quasi da farlo male. Anche se questo male era un dolore completamente diverso.

“Io non ho mai voluto altro dalla vita. Stare con te, amare te.” gli disse stretto in quell’abbraccio.

“Possiamo farlo, Jared. Possiamo farlo di nuovo e per sempre.”

“Per sempre!!” poi con il viso ancora nascosto nell’accogliente incavo del collo di Jensen, Jared sussurrò un sincero: “Perdonami!”

Jensen , udendo quella timida richiesta, si scostò dal compagno. “Io ti amo e non devo perdonarti più nulla.”

“Jensen, ma..”

“Quello che è successo è anche colpa mia, Jared e anche io devo prendermene la responsabilità!”

“Jensen , ma cosa dici? Non è…”

“Sì, che lo è.” Ribadì con dolce fermezza il maggiore, accarezzando il viso di Jared che sembrava preoccupato. Che era preoccupato. “Se quando ho capito che prendevi quelle schifezze, invece di fare la parte di quello saggio e paternalista, di fare il broncio come un moccioso viziato, ti avessi preso a pugni fino a fartele sputare una per una, non saremmo arrivati al punto in cui siamo arrivati.” Confessò.

“Jensen tu non potevi immaginare che io sarei potuto… che avrei potuto...”

“No, non potevo immaginarlo. Ma questo non doveva impedirmi di agire invece di sperare che tu te ne rendessi conto da solo. Perché nessuno se ne rende conto da solo, Jared.” e poi stringendoselo di nuovo forte a sé, il maggiore sorrise quando sentì Jared ricambiare con forza il suo abbraccio. “Ricominciamo Jared. Perdoniamoci ogni errore e riprendiamoci tutto quello che stavamo per perdere. Io ti amo e ti amerò per sempre.”

Jared a quelle parole lo strinse con più forza, non riuscì ad impedirselo e in quel tenero entusiasmo non potè che confermare ogni parola detta da Jensen.

“Sì. Ricominciamo dall’inizio, Jensen. Riprendiamoci la nostra vita, il nostro amore come solo noi possiamo fare. Amandoci completamente. Ti amo anche io e ti amerò per sempre!”


 


 

Circa un mese dopo, Jared e Jensen, dormirono per la prima volta nella loro nuova casa. Fino a quel momento, il divano della loro vecchia abitazione era stato il loro talamo d’amore.

Anche l’amore, quello fisico, era gradatamente ritornato a ristabilire il loro equilibrio. Amarsi , anche in quella maniera, era stato come riscoprirsi. Riconoscersi. Riappartenersi. Raggiungere insieme quell’appagamento così intimo, li aveva , di nuovo, resi uno parte dell’altro, ristabilendo quel loro legame così speciale fin dentro le loro anime.

Avvicinarsi di nuovo fisicamente era stato quasi un ballo timido, impacciato, teneramente innocente.

Poi le mani, carezzevoli, avevano ricordato ogni punto delicato. Le labbra avevano riassaporato ogni sapore, ogni brivido della pelle. Fin quando, tutto ritornò ad essere naturale. Meravigliosamente naturale tra loro.

Jensen si muoveva piano sul corpo di Jared, come per assaporare ogni movimento, ogni respiro. Ogni ansito e ogni fiato spezzato dal piacere che entrambi stavano provando. Poi fece qualcosa che Jared non si sarebbe aspettato.

Non in quel momento. Non in quella loro “prima volta”.

Jensen si fermò e piano abbandonò il corpo del compagno.

“Jensen? Cosa….” ma non finì perché vide Jensen che con movimenti delicati e sensualmente lenti, si spostava da lui, lo invitava a socchiudere leggermente le gambe e con pochi gesti si poneva cavalcioni sul suo bacino.

Jared provò un improvviso panico. Erano bastati pochi gesti per invertire le loro situazioni, ma dopo quello che era successo tra loro, non avrebbe mai immaginato che Jensen gli concedesse un tale privilegio.

Jensen lo guardò e il suo volto era incredibilmente dolce.

“Stiamo ripartendo da zero. La fiducia tra di noi fa parte di questo nuovo inizio.”

“Jensen, io…”

“Amami Jared. Amami come mi amavi, come mi hai sempre amato. Io ne ho bisogno. Tu ne hai bisogno!” e lentamente spostandosi impercettibilmente verso il basso, lasciò che la virilità di Jared lo completasse, facendoli gemere entrambi.

“Oddio!!” si ritrovò ad esclamare il più giovane mentre Jensen con movimenti ritmici e lenti completava dolcemente quella loro unione.

Jared gli portò le mani prima sulle cosce contratte accanto ai suoi fianchi in tensione, risalì fino ai fianchi di Jensen, accarezzandoli con dolce forza. Proseguì carezzando il ventre del compagno, i pettorali, il torace affannato, le spalle contratte. Una carezza leggera seguì il profilo del collo del compagno e poi le sue mani scesero lungo le braccia di Jensen fino a raggiungere le mani poggiate sul suo stesso torace.

Con un movimento rapido, Jared, si tirò su. Aiutò Jensen a spostare le gambe in modo che il biondo potesse incrociarle dietro la sua schiena, così da ritrovarsi completamente seduto sul suo bacino di Jared. Completamente riempito della sua mascolina presenza.

Non ci furono movimenti bruschi fra i due, o ansia, o passionale frenesia ma solo un lento e dolcissimo dondolarsi. Le mani che carezzavano le schiene contratte alla ricerca di maggior contatto possibile. I bacini che si contraevano sensualmente uno contro l’altro, uno verso l’altro. I respiri affannati. I loro nomi ripetuti a fior di labbra. Sorrisi appena accennati. Il piacere che incombeva su di loro, impaziente di esplodere e donare di nuovo quella pace che da tempo non regnava più tra loro.

Erano di nuovo insieme. Erano di nuovo tornati uno dall’altro.

La promessa era stata mantenuta e non avrebbero permesso a niente e nessuno di spezzare quel giuramento.


 

 

“Ti salverò da ogni malinconia, 
perché sei un essere speciale ed io avrò cura di te... 
io sì, che avrò cura di te.”

(La cura, F. Battiato)
 





N.d.A: Un immenso grazie a chi ha letto e seguito l'intera storia. Uno ancora più grande a chi ha avuto la meravigliosa cortesia di recensirlo.
Baci, Cin.

 


 

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