Memorie di un Capitano

di Leila 95
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Data stellare ABY 3:9:27 ***
Capitolo 2: *** Data stellare ABY 3:9:28 ***
Capitolo 3: *** Data stellare ABY 3:9:30 ***
Capitolo 4: *** Data stellare ABY 3:9:34 ***
Capitolo 5: *** Data stellare ABY 3:10:03 ***
Capitolo 6: *** Data stellare ABY 3:10:08 ***
Capitolo 7: *** Data stellare ABY 3:10:09 ***
Capitolo 8: *** Data stellare ABY 3:10:10 ***
Capitolo 9: *** Data stellare ABY 3:10:16 ***
Capitolo 10: *** Data stellare ABY 3:10:20 ***
Capitolo 11: *** Data stellare ABY 3:10:29 ***
Capitolo 12: *** Data stellare ABY 3:10:30 ***
Capitolo 13: *** Data stellare ABY 3:10:31 ***



Capitolo 1
*** Data stellare ABY 3:9:27 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:9:27
Per evitare la cattura per mano delle truppe Imperiali ed impossibilitato al salto nell’iperspazio a causa di un’avaria al motore, mi sono addentrato in un campo di asteroidi, nel tentativo di seminare i caccia nemici. Ho trovato rifugio all’interno di un asteroide di grosse dimensioni e qui mi accingo ad effettuare alcune riparazioni di fortuna al motore e ad altre parti danneggiate nella fuga dalla base ribelle di Hoth.

 
E ora, vado a recuperare Sua Altezza Reale, che dopo il nostro ultimo alterco si è rifugiata chissà dove nella pancia del Falcon, pur di sfuggire alle mie grinfie.
La trovo alle prese con una manetta che non vuole saperne di chiudersi, probabilmente si è data da fare con quella saldatura difettosa di cui le avevo parlato prima. Non è la prima volta che mi capita di restare a guardarla indisturbato, senza che lei se ne accorga, anzi mi sta capitando parecchio spesso negli ultimi tempi.
Una personcina su cui non puoi posare lo sguardo con tanta facilità, un caratterino spesso intollerabile, soprattutto per me, eppure è bella da paura, una vera bambola. Ormai non riesco più a staccarle gli occhi di dosso…anche se indossa la castigatissima tuta da combattimento che si è portata dietro da Hoth, non posso fare a meno di notare quanto sia bella e sexy.
Il mio corpo si muove prima del mio cervello e, prima che me ne renda conto, sono già dietro di lei e, con la scusa di aiutarla, le sfioro le mani strette sulla valvola. Ovviamente mi scaccia subito, gelida come il pianeta che abbiamo appena lasciato. Si scrolla di dosso la mia presenza ed indietreggia nel corridoio.
Ma stavolta non me la voglio far scappare, non mi do per vinto ed inizio a stuzzicarla. Le prendo le mani, gliele accarezzo dolcemente, lentamente la imprigiono con le mie parole e con la mia stretta. Sta tremando come una foglia, ha gli occhi spalancati per la meraviglia e per la paura, ma io non sono intenzionato a lasciarla andare. Del resto, non sto facendo nulla di male!
Secondo me le piaccio – e anche parecchio – solo che lei è troppo orgogliosa per ammetterlo.
“A me piacciono gli uomini perbene” mi rimbrotta in un sussurro.
“E io sono un uomo perbene” mormoro contro le sue labbra semiaperte. Siamo ormai a pochi centimetri di distanza, posso sentire il suo profumo ed il calore del suo respiro sulla mia pelle.
“No, non lo sei…”
La metto a tacere premendo le labbra contro le sue, per un attimo lungo come l’eternità. Con mia grande sorpresa, Sua Altezza non mi molla un ceffone seduta stante, anzi sembra apprezzare questo bacio. Mi stacco da lei per osservare la sua reazione, per vedere se posso spingermi un po’ oltre.
Mi sta guardando ad occhi sgranati, troppo stupita per spiccicare parola o per fare qualsiasi altra cosa. Le sorrido come al solito, non sapendo davvero come comportarmi.
Anche lei mi sorride. “D’accordo testa calda” dice, acconsentendo di fatto ad un bacio più sostanzioso. O almeno è quello che capisco io.
Le prendo il volto fra le mani e stavolta la bacio con più convinzione. All’inizio non sembra reagire molto, ma poi si scioglie e inizia a rispondere a tono, intrecciando le dita fra i miei capelli per attirarmi più vicino.
Potrei quasi dire che le stia piacendo, da come sospira contro le mie labbra…
“Signore, signore!” Una mano metallica mi tocca sulla spalla e una vocina odiosa si insinua nei miei pensieri.
C3-PO.
Sbuffo con violenza, nel tentativo di mantenere la calma. Si può essere più idioti di così?! Interrompere senza alcuna delicatezza proprio quando le cose iniziavano a farsi interessanti. Ma, del resto, cosa si può pretendere da un droide protocollare così sottosviluppato?
Sta blaterando qualcosa in merito al flusso di potenza che è riuscito ad isolare. Bravo, si merita proprio una medaglia!
“Grazie tante 3PO!” sbotto rabbioso.
Il droide risponde con qualche idiozia delle sue, a cui non faccio assolutamente caso, perché voltandomi mi accorgo di una significativa assenza: la Principessina ha approfittato del diversivo per squagliarsela, lasciandomi con un’espressione inebetita stampata sul volto.
Frustrato, mi appoggio con la schiena alla parete, passandomi una mano fra i capelli. Cosa diavolo mi è saltato in mente!? Cosa speravo di ottenere, baciandola così? È ovvio che l’ho spaventata e che sia fuggita…ora le mie possibilità di conquistarla si riducono quasi a zero.
Mi domando solo se questo bacio è stato sufficiente a farla eccitare.
Almeno un pochino.

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Capitolo 2
*** Data stellare ABY 3:9:28 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:9:28
Con il mio equipaggio ho dovuto abbandonare il rifugio di fortuna sull’asteroide a causa della presenza di un non ben identificato essere animale dalle intenzioni nient’affatto amichevoli. Per questo motivo ho simulato un attacco frontale allo Star Destroyer riuscendo così a sparire dal campo d’azione del suo radar.
Impostazione nuova rotta – BESPIN
Tempo stimato di arrivo a destinazione – 34 giorni solari

 
E adesso chi glielo dice a Sua Altezza, che siamo costretti ad una convivenza forzata per tutto questo tempo?
Già non credo che abbia gradito il fatto che sia io a scortarla fino al prossimo rendez-vous su Sullust, figuriamoci quanto può allettarla l’idea di un così lungo viaggio lontano dalla sua amata Ribellione e soprattutto in mia compagnia.
Sospirando e prendendo un bel po’ di coraggio, mi alzo dalla poltroncina di pilotaggio e mi dirigo alla ricerca della Principessa.
“Senti Leia…” inizio in sordina “Io ho un amico che è proprietario di alcune miniere di gas su Bespin…le ha vinte al gioco – o almeno così dice lui. Insomma, potremmo arrivare da lui per far riparare il Falcon, così poi potrei accompagnarti al rendez-vous e poi…” E poi sparirò per sempre dalla tua vita, Altezza.
Lei annuisce, anche se i suoi occhi mostrano che sta pensando ad altro, che non sta prestando attenzione alle mie parole. Che cos’è che l’affligge? Il tempo perso? La mancanza di fiducia nei miei confronti? Il fatto che sto per andare via? Su quest’ultima ipotesi avrei seri dubbi, non le è mai importato nulla di me…ha sempre avuto occhi solo per il ragazzino – Luke. Eppure quando mi ha baciato sembrava coinvolta, pareva che le importasse un po’ di me. Probabilmente mi sono illuso, a giudicare da come mi ha accuratamente evitato da allora, limitandosi a rispondermi solo con monosillabi.
“Ti fidi…di lui?” mi chiede con un filo di voce.
“Di chi?”
“Di questo tuo amico, quello su Bespin” risponde.
“Abbastanza” le dico. “Perché?”
“Perché siamo disperati e andremo ad implorare il suo aiuto, no?” replica inarcando un sopracciglio e incrociando le braccia sul petto.
In effetti sì, siamo disperati, ma non la metterei troppo sul tragico. Mi fido abbastanza di Lando da potergli affidare il Falcon, del resto questa è stata anche la sua nave.
“E tu ti fidi di me?” le chiedo con tono di sfida.
Ci mette un po’ a rispondere, studiandomi con attenzione come se dal mio aspetto dipendesse la sua risposta. “Non lo so ancora, Capitano.”
Non è un sì, ma non è nemmeno un no. Avrò speranza di guadagnarmi la sua fiducia un giorno.
“Quanto tempo credi che ci vorrà per raggiungere il pianeta?” mi chiede dopo qualche istante.
Ecco la fatidica domanda. Non ho intenzione di mentirle. “34 giorni solari…più o meno.”
“Ma è quasi un mese!” esclama piccata.
“Lo so bambola, e la cosa non piace neanche a me. Ma non abbiamo altra scelta, questo è il porto sicuro più vicino.”
Sbuffa contrariata, poi solleva lo sguardo per fissarmi negli occhi. “Vorrà dire che dovremo stare insieme per tutto questo tempo?”
“Ebbene sì. Ti dispiace?”
Ci pensa un attimo, poi scuote la testa sorridendo. “No. Non tanto almeno.” Fa un passo indietro. “Spero solo che tu sappia tenere le mani a posto durante questo viaggio.”
Questo è il chiaro segnale che il bacio le ha fatto più fastidio che piacere.
“Non temere Altezza. La mia condotta sarà impeccabile.”
“Molto bene allora” risponde. “Patti chiari…amicizia lunga.”
Tiro un sospiro di sollievo. Almeno in apparenza, ha preso la notizia meglio di quanto speravo.
Bene, è già un buon inizio. 

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Capitolo 3
*** Data stellare ABY 3:9:30 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:9:30
Secondo giorno di viaggio verso Bespin.
Ho rilevato un’anomalia allo scudo deflettore anteriore destro che necessita di riparazioni urgenti. Le condizioni della nave – per il resto – sono stabili e le risorse idriche ed alimentari ancora abbondanti.

 
Il tempo sulla nave sta trascorrendo abbastanza tranquillamente. Non mi sono azzardato più a toccare la Principessa, né a pensare neanche lontanamente di farle altre avances.
Io me ne sto per i fatti miei, con le mani a posto, continuando a fare riparazioni al Falcon, e lei se ne va esplorando la nave in lungo ed in largo. Ognuno per la sua strada.
Eppure non riesco a darmi per vinto, né voglio farlo in realtà. So che potrei avere qualsiasi altra donna, che anzi farei meglio a cercare una preda più abbordabile e meno preziosa da catturare, ma non riesco a togliermela più dalla testa. Soprattutto, mi alletta da morire l’idea di poterle strappare un altro bacio, solo per poter sentire ancora una volta il dolcissimo sapore delle sue morbide labbra.
Per tutti questi pensieri che mi frullano nel cervello sono diventato distratto, maldestro, sfuggente: non riesco più a concentrarmi sul lavoro e Chewie non fa altro che riprendermi in continuazione, cercando di riportarmi coi piedi per terra.
Chissà se lei si accorge di causare tanto scombussolamento in me…forse no, non mi sembra molto esperta di rapporti di coppia. In tre anni che la conosco, non l’ho mai vista insieme ad un uomo né ha mai dato l’impressione di essere cotta di qualcuno. Ovviamente, potrebbe semplicemente essermi sfuggito, del resto non abbiamo mai parlato di questi argomenti.
“Senti Han. Io me ne vado a letto” la sua soave voce si fa strada fra le mie riflessioni senza fine. Riemergo dallo scompartimento in cui mi ero cacciato alla ricerca del guasto al deflettore per guardarla.
È davvero molto carina con i miei vestiti addosso, che le stanno larghissimi. Stanno meglio a lei che a me.
“Sono stanca morta ed ho pure mal di testa” continua.
Annuisco lentamente, rimettendomi in piedi e pulendomi le mani sporche di grasso sul tessuto dei pantaloni. “Hai bisogno di qualcosa?”
“Non mi serve nulla, grazie” risponde asciutta.
Annuisco ancora e lei si volta per andarsene.
“Leia” la chiamo, pentendomene nell’istante in cui ascolto la mia voce pronunciare il suo nome.
Si ferma e si volta verso di me, fissandomi con aria interrogativa.
Mi avvicino a lei e le sfioro le labbra con un bacio. “Buonanotte” dico.
Le sue pupille si dilatano all’istante ed il suo volto si infiamma. Ispira profondamente e sembra voler dire qualcosa ma si trattiene e io non posso fare a meno di sorriderne divertito.
Gira i tacchi ed esce svelta dalla cabina, mentre io resto come un cretino a guardarla andare via.
 
L’ho baciata di nuovo, contravvenendo al nostro patto. Era una tentazione troppo forte per poter resistere.
L’unico modo per liberarsi di una tentazione è cedervi. 

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Capitolo 4
*** Data stellare ABY 3:9:34 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:9:34
Sesto giorno di viaggio verso Bespin.
L’anomalia allo scudo deflettore anteriore destro è stata riparata con successo, anche se restano ancora piccoli problemi al reattore energetico e al flusso dell’areazione nell’ala nord della nave. Il sistema di iperguida è ancora totalmente fuori uso.
 

È finita un’altra giornata.
Completata la mia solita routine, mi accingo ad andarmene a letto. Non mi disturba affatto trascorrere tutto questo tempo sul Falcon – in fondo è l’unico posto che consideri davvero come casa mia – ma mi rendo conto che può essere alienante e frustrante per qualcuno che non ci è abituato, come la Principessa.
Più passano i giorni, e più sembra diventare tesa ed irritabile, come un Tauntaun sui cuscinetti a sfera. Per non parlare poi del suo imbarazzo, così denso che si può tagliare a fette, ogni volta che stiamo insieme, ogni volta che le mie labbra sfiorano le sue anche se per un brevissimo istante, o che poso lo sguardo su di lei.
Vorrei proprio sapere che cosa frulla in quella sua bella testolina quando mi guarda con gli occhi sgranati ed impauriti…se ha più paura di me o di lasciarsi andare e di perdere il controllo. Vorrei capire se sto sbagliando tutto con lei, se sto correndo troppo e la sto forzando, o se semplicemente questo è il suo modo di affrontare la cosa.
Il problema è che non l’ho mai vista così turbata, così agitata…da che la conosco, non ha mai mostrato il suo lato debole, mai dato segni di cedimento, mai espresso sentimenti ed emozioni. Per quanto ne sapessi, sarebbe potuta benissimo essere un droide meccanico vestito da principessa. E invece adesso mostra tutto il suo smarrimento, tutta la sua insicurezza di ragazzina impacciata e alle prime armi. Non l’ho mai vista così piccola.
L’età inizia davvero a pesarti sulle spalle, Solo.
Sono quasi tentato di andare nella sua cabina, sperando in un bacio della buonanotte…o in qualcosa di ancora meglio.
La porta della sua cabina è aperta, la luce ancora accesa. Mi sta forse aspettando?
Ma perché non la smetto di illudermi che ormai penda irrimediabilmente dalle mie labbra e mi capacito del fatto che ci sono forse anche altre “priorità” nella sua vita?!
 
Ad ogni modo, faccio capolino nella cabina. Sua Altezza è di spalle alla porta, fissa lo spazio attraverso il piccolo oblò.
“Ehi” dico sottovoce.
Per qualche istante non risponde, né si muove. Lo interpreto come un classico segnale di gelo nei miei confronti. Siamo tornati al frigido odio degli inizi?
Lentamente però si volta verso di me e mi guarda con gli occhi gonfi di pianto.
“Ehi, cos’hai?” mormoro avvicinandomi a lei.
Di nuovo non risponde, scuote solo leggermente la testa ed accenna ad un sorriso triste.
“Posso entrare?” chiedo.
Annuisce, così mi siedo sul suo letto senza smettere di guardarla. Dopo qualche momento sospira e si siede accanto a me. Con molta cautela le circondo le spalle con un braccio e la attiro vicino a me, invitandola a poggiare la testa sulla mia spalla.
Non mi prendo troppe licenze, anzi non faccio assolutamente nulla e attendo che sia lei a fare il primo passo, a spiegarmi il motivo delle sue lacrime e del suo turbamento.
Restiamo così, abbracciati sul lettino, per moltissimo tempo prima che lei smetta di piangere.
“Oggi era il compleanno di mio padre” inizia. “Avrebbe compiuto 57 anni.”
Tace di nuovo e io non so davvero cosa dirle.
La Principessa è cresciuta davvero troppo presto: troppo presto ha dovuto fare i conti con la distruzione del suo pianeta e la morte di tutte le persone che aveva nel cuore. Ognuno di noi in questa guerra ha perso qualcuno di caro, un amico o un familiare, ma la perdita che ha subito lei non ha termini di paragone. E soprattutto, troppo presto ha dovuto mettere da parte la tristezza e il dolore, perché la guerra è andata avanti e ci sono state altre battaglie in cui lei ha dovuto mostrarsi forte e determinata. In realtà il tempo delle lacrime per lei non c’è mai stato.
Le sfioro la fronte con un bacio che la fa sorridere. “Non credo che gli saresti piaciuto, Capitano.”
“Perché no?”
Sospira. “Non sei affatto una persona affidabile e responsabile. Sei anzi il tipo di uomo da cui mi avrebbe messo in guardia.”
Si rabbuia di nuovo. “A volte mi manca tanto. Mi mancano i suoi consigli, i suoi giudizi, addirittura le sue partacce.”
Annuisco debolmente.
“Mi manca la mia casa Han” dice semplicemente, senza ira, senza rimorso, solo con tanta tristezza nello sguardo e nella voce.
La abbraccio forte, non sapendo cosa fare o dire per poterla consolare.
Non l’ho mai stretta così. Così forte. Così a lungo.
Dopo un po’ inizio a sentire le sue lacrime bagnarmi la camicia, ma non la allontano, non potrei farlo.
 
Dopo qualche momento sembra riprendersi. Si scosta un po’ dal mio corpo appoggiando le mani sul mio petto, e mi fissa intensamente negli occhi.
“Puoi capirmi, Han?” mi chiede. “Non hai anche tu nostalgia della tua famiglia a volte?”
La mia famiglia?
“Io non ho mai avuto una famiglia, Principessa” le rispondo acido. “Nulla di cui sentire mai la mancanza.”
Non risponde, resta a fissarmi con occhi sbalorditi.
“Perché credi che mi chiami SOLO? Sai cosa significa il mio nome? Mio padre non sa neppure di essere padre, e mia madre era solo una povera sgualdrina che forse non aveva neppure i soldi per pagarsi da mangiare, figuriamoci per occuparsi di un marmocchio. Solo è stato il nome affibbiatomi dal primo pirata che mi ha preso nel suo equipaggio, quando avevo più o meno sei anni.”
 
Mi abbraccia di nuovo, più forte di prima. Non era mia intenzione fare del vittimismo o piangermi addosso, di solito non lo faccio mai. In effetti, non so cosa mi abbia preso: dovevo confortarla, non deprimerla ancora di più di quanto non fosse già.
“Mi dispiace Han” dice fra le lacrime, il viso schiacciato contro il mio petto e la voce attutita dalla stoffa della mia camicia. “Mi dispiace davvero tanto. Io almeno ho avuto una famiglia, un infanzia felice…delle persone che si sono prese cura di me. Tu neanche questo.”
“Non è colpa tua Leia. Non devi vergognarti, se sei stata felice.” La vita è stata fin troppo crudele anche con te, tesoro.
“Resta a dormire con me stanotte” dice ad un tratto. Mi guarda intensamente negli occhi. “Non voglio restare da sola.”
 
Non ci posso credere. Le asciugo la guancia umida con il dorso delle dita. “Sei sicura?”
Annuisce convinta.
Non riesco a credere che quella che un tempo consideravo la “Frigida Principessa dal Cuore di Ghiaccio” mi abbia chiesto di dormire con lei. Sono troppo scioccato dalla sua proposta per riuscire a parlare.
“Ho i vestiti tutti sporchi di grasso” è l’unica scusa che mi viene in mente per rifiutare ilo suo invito, la stessa patetica scusa usata anche da lei qualche tempo fa.
E sappiamo entrambi com’è andata a finire.
“Non mi importa” dice. Lascia scorrere le dita sulla mia camicia, là dove è bagnata per le sue lacrime.
“Va bene” le rispondo. Appoggio la mano sulla sua. “D’accordo.”
Mi rivolge uno sguardo d’intesa e un sorrisetto malizioso che vorrebbe dire molte più cose di quante di fatto non dica, e mi bacia sulla guancia. “Grazie. Per tutto.”
Sorrido anch’io. “A volte so essere un uomo perbene, Principessa.”

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Capitolo 5
*** Data stellare ABY 3:10:03 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:03
Decimo giorno di viaggio verso Bespin.
Un piccolo campo di asteroidi – non segnalato sulle carte di bordo – ha rallentato il nostro viaggio. I danni rilevati allo scafo e ai deflettori non sono gravi.

 
Sono passati quattro giorni da quando io e Leia abbiamo passato a notte insieme. L’episodio non è stato commentato, né è stato ripetuto. E a me va bene così.
Se ho dormito nella sua cabina e stato perché me lo ha chiesto lei. Non voglio forzarla in niente che lei non voglia almeno quanto lo voglia io.
È ovvio che io la desideri, che voglia portarmela a letto. Sono un uomo con dei bisogni e sarei stupido a negarlo. Lei, poi, è una tentazione troppo forte.
Credevo che la promiscuità mi avrebbe reso più disinibito, più spavaldo. E invece mi sento solo più insicuro e titubante.
Forse non è il caso che continui a torturarmi così, ne va della mia salute fisica e mentale. Tutto quello che devo fare e ignorarla, come lei fa con me.
Per auto-conservarmi, se non altro.
 
“Cosa preferisci mangiare stasera?” urlo dalla cucina.
Leia è qui fuori, seduta al tavolo da gioco, con gli occhi fissi sul datapad.
Sono io che mi occupo della cucina sul Falcon. Anche se il viaggio si preannuncia ancora abbastanza lungo, per fortuna abbiamo scorte alimentari più che abbondanti: le dispense contengono un po’ di tutto, il che ci permette anche di variare. Dopotutto sono un contrabbandiere e questo significa avere accesso a canali non proprio legali per ottenere carni pregiare e spezie illegali in molti sistemi.
La Principessa, tuttavia, non sembra apprezzare troppo la vasta scelta di pietanze che sono in grado di offrirle, né la mia cucina – che a detta di molti e più che discreta. Per lei ogni cosa è indifferente, tutte le alternative che le propongo non sembrano allettarla neanche un po’ e non scatenano alcuna reazione da parte sua. Come se non le importasse nulla, se la cosa non la riguardasse.
Anche adesso, per esempio.
Solleva appena lo sguardo dal datapad che ha in mano per fissarmi, inarcando un sopracciglio.
“Non ho preferenze, lo sai” mi dice “Quello che vuoi tu.”
Stavolta ho deciso che devo andare in fondo alla cosa e scoprire il perché di questo suo atteggiamento così menefreghista. “Si può sapere che ti prende? Perché non vuoi decidere mai niente?”
“Sei tu il Capitano qui” risponde semplicemente. “La nave è tua. Devi decidere tu.”
Ho capito. Si sente a disagio. “Leia, lo sai che il Falcon è anche casa tua. Non devi sentirti un’ospite. Quante volte devo ripetertelo? Il viaggio è ancora lungo, riuscirai ad ambientarti…prima o poi?”
Sospira. “Non lo so, Han. Ci sto provando, ma è…difficile.”
Le sorrido e tendo una mano verso di lei, a mo’ di invito. “Vieni qui e dimmi cosa vuoi.”
Avverto un attimo di smarrimento nei suoi occhi, tuttavia si alza e mi viene incontro nella cucina.
Mi sfiora le labbra con la punta dell’indice. “Vorrei che tu mi baciassi.”
Non era esattamente il tipo di richiesta che mi aspettavo, ma non posso fare a meno di esserne felice. Sta finalmente abbassando le sue difese glaciali? Si è aperto uno spiraglio, e devo vedere fin dove posso spingermi.
La bacio a fior di labbra. “Così?” chiedo – non senza una punta di sarcasmo.
Stavolta non pare accorgersene. I suoi occhioni sono spalancati e fissi nei miei. “Ancora” sussurra.
Le prendo il volto fra le mani e la bacio di nuovo, ubriacandomi del suo sapore. Per qualche istante la galassia intera si riduce solo a noi due – alle nostre labbra che si assaporano, alle nostre lingue che si incontrano per la prima volta.
Ancora.
La sua voce mi rimbomba nella testa come un mantra, e mi impedisce di fermarmi. Per non parlare poi della mia capacità razionale, che è praticamente ridotta a zero.
Quando ci stacchiamo, col fiato corto e rossi in viso entrambi, la guardo intensamente negli occhi. Le mie mani sono ancora sulle sue guance, mentre le sue mi accarezzano dolcemente i capelli.
Cerco di recuperare la mia spavalderia e di abbozzare un sorriso impudente, ma mi risulta molto difficile.
“Sei soddisfatta adesso, Principessa?” le chiedo con tono di sfida.
Se possibile avvampa ancora di più. “Un’altra cosa, Capitano.”
“Quello che vuoi bambola.”
“Vorrei che la smettessi di prenderti gioco di me in continuazione” ammette frustrata. “Non ce la faccio più a sentirmi sempre sotto lo schiaffo delle tue prese in giro. Come pretendi che posa fidarmi di te se non perdi occasione per deridermi?”
È evidente che si sente sotto pressione, e che non riesce più a reggere questo stress. Meglio che caliamo la maschera, entrambi.
Mi applico nella espressione più innocente che riesco a fare. “D’accordo. Cercherò di fare il bravo. Lo prometto.”
Alle mie parole sembra rilassarsi un po’, anche se resta ancora visibilmente turbata. A questo punto, decido di sfruttare la fortuna – che stasera sembra essere dalla mia parte – e la bacio di nuovo, causando un suo involontario sospiro. Le sue braccia mi attirano più vicino e sento quasi le campane del paradiso che iniziano a suonare, quando il ruggito infuriato di uno Wookie mi tira coi piedi per terra.
[Volete smetterla voi due?] ulula dall’esterno della cucina. [Sembrate due mynock in piena stagioni dell’amore!]
Mi allontano a fatica da Leia e mi giro verso la porta. “Che diavolo vuoi, Chewie?!” grido stizzito.
[Inizia a sentirsi puzza di bruciato, amico. Vuoi mandare all’aria l’intera cena?]
In effetti ha ragione. La conversazione con Leia mi ha distratto abbastanza e, anche se io non sento ancora odore di bruciato, dell’olfatto di un Wookie ci si può ciecamente fidare.
Torno a rivolgere la mia attenzione alla Principessa, che intanto sta ridacchiando sotto i baffi, vagamente imbarazzata.
“Che cosa ha detto?” mi chiede.
“Lascia stare.”
Si volta e fa per andarsene, ma la trattengo per un braccio e la costringo a voltarsi di nuovo verso di me.
“Continueremo questa chiacchierata più tardi, Altezza.”

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Capitolo 6
*** Data stellare ABY 3:10:08 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:08

Quindicesimo giorno di viaggio verso Bespin.
La nave è uscita indenne da una nebulosa che ha messo fuori uso i sistemi radar della nave per alcune ore. Non sono stati riscontrati altri danni gravi alla nave.

 

In questi ultimi giorni mi sono spesso incantato ad osservarla, perlopiù quando lei non si accorge di essere vista. Per esempio adesso che se ne sta rannicchiata sulla poltroncina girevole mentre stringe tra le mani quella che è diventata la sua tazza preferita. Le gambe snelle escono nude al di sotto della mia camicia; sotto non porta nulla, e non mi è difficile indovinare le curve perfette dei suoi fianchi e del suo seno attraverso la stoffa leggera. 
Non so se si rende conto di quanto sia bella. Forse no, altrimenti si sarebbe scelta un mestiere diverso da quello del militare. E non è soltanto bella, è anche intelligente, testarda, determinata, risoluta, profonda...è tutte queste cose insieme. 
Probabilmente mi sto innamorando di lei.
 
"Che hai da guardarmi così?" mi chiede imbarazzata, interrompendo la mia osservazione segreta.
Cerco di non tradirmi e di mostrarmi sicuro come al solito. “Niente” rispondo. “Cosa stai bevendo?” le chiedo, per cambiare argomento.
“Una tisana. Una di quelle che comprammo su Serricci.”
“Perché? Non ti senti bene?” Con la coda dell’occhio noto un piatto sul tavolino, e quelli che sembrano essere dei dolcetti. “E questi cosa sono?” chiedo.
“Mi sono permessa di usare un po’ la cucina. Spero che non ti dia fastidio. Comunque ho messo tutto a posto.”
“Nessun fastidio, Principessa” le rispondo con gli occhi fissi sul piatto, intento a capire di cosa si tratta. “Puoi fare quello che vuoi, lo sai. E puoi anche lasciare tutti i piatti sporchi in giro, altrimenti che abbiamo a fare la ferraglia dorata?”
La mia battuta la fa appena sorridere. “Sono dei dolcetti che facevo sempre quando ero piccola, a palazzo, giusto per vincere la noia. Sono davvero stupidi da fare, ma a me piacevano un sacco – soprattutto perché riuscivo a farli da sola. Ovviamente ho dovuto adattare la ricetta a quello che ho trovato qui, visto che alcuni ingredienti non li ho trovati.”
Ne prende uno con le dita. “Vuoi assaggiare?”
Sono curioso di scoprire le abilità culinarie di Sua Altezza, e sono anche contento che finalmente si stia sentendo sufficientemente a casa da voler fare quelle cose che faceva su Alderaan. “Certo che voglio. Che cosa ci hai messo?”
“Semi di Jogan, anche se io di solito mettevo le bacche di Orgon, che sono più dolci. E poi del Kathol sbriciolato, e del latte di Dish-Dok.”
Prendo la sua mano e la porto alla bocca, addentando il cubetto bluastro stretto fra le sue dita. Un brivido mi corre lungo la schiena a questo breve contatto delle sue dita con le mie labbra, e credo che anche lei abbia subito lo stesso effetto, visto quanto velocemente si dilatano le sue pupille.
“Non male” commento, riuscendo a stento a celare il mio imbarazzo. “Sei davvero brava.”
 
La sua mano è ancora stretta nella mia, e senza farci neanche caso inizio a disegnare piccoli cerchi con il pollice sul suo palmo.
So che è sbagliato, e che non dovrei avallare questo pensiero che mi sta consumando le viscere, ma la desidero come non mi è mai accaduto prima. Desidero le sue mani muoversi sul mio corpo, i suoi sospiri di piacere sulla mia pelle, la sua testa poggiata sul mio petto.
La voglio. Adesso.
Prima che il mio cervello abbia modo di registrare l’azione, mi avvicino al suo volto e annullo la distanza fra noi due. All’inizio la bacio delicatamente, testando le acque e sperimentando il suo sapore misto a quello del dolce, poi progressivamente prendo possesso della sua bocca con arroganza e quasi con violenza. Shavit! Da quanto tempo è che desideravo baciarla così, sulle labbra, sul collo – affondare le dita nei sui capelli intrecciati ed esplorare il suo corpo perfetto, divorarla come se fossi a digiuno da secoli.
Evidentemente l’ho presa così alla sprovvista che non ha neanche la capacità di reagire, anche se dopo qualche momento si irrigidisce fra le mie braccia e mi allontana, spingendo le mani contro il mio petto.
È paonazza.
“Cosa stai facendo, Han?” chiede, non appena ritrova la voce.
“Fidati di me.”
“Senti, Han, io penso che…”
“Shhh” la zittisco con un dito sulle labbra. “Non pensare, per una buona volta. Lasciati andare.”
Mi guarda allibita. Apre la bocca per formulare una obiezione, ma la metto a tacere baciandola di nuovo. Non ho voglia di litigare con lei stanotte. Ho decisamente altri piani.
La sollevo di peso dalla poltroncina e la porto in braccio nella mia cabina.
La poso sul letto, continuando a esplorarla con tutti i miei sensi. Sentire il suo corpo schiacciato contro il mio, così vicino, è una sensazione inebriante.
Lascio le mani scivolare al di sotto della camicia, bramando di toccare il suo seno, ma le sue dita improvvisamente serrate attorno ai miei polsi mi impediscono di salire più su. E poi – veloce come si era acceso – il fuoco della passione che mi aveva infiammato qualche istante fa si spegne.
Come se un cazzotto mi avesse colpito in piena faccia, mi rendo improvvisamente conto che ho oltrepassato un limite che non avrei dovuto oltrepassare: Leia sta tremando fra le mie braccia.
Non volevo che andasse così. Non volevo che lei vedesse che non sono in grado di controllarmi.
Resto fermo, immobile, con la fronte schiacciata contro la sua spalla e le mani ancora appoggiate ai suoi fianchi, nella vana speranza di riprendere possesso delle mie facoltà mentali. Posso sentirla ansimare sul mio collo come una bestiolina impaurita, mentre il suo cuore martella contro il mio.
“Vuoi…vuoi che mi fermi?” le chiedo in un sussurro.
La sento annuire debolmente.
“D'accordo.” Per alcuni interminabili istanti rimango immobilizzato dalla vergogna, ma più che altro dalla paura che questa mia totale mancanza di rispetto nei suoi confronti abbia compromesso per sempre il nostro rapporto.
Trovo la forza di alzarmi, ma non quella di guardarla in faccia e di incontrare il suo sguardo.
 
“Han!” mi chiama confusa.
“Scusami, dolcezza” inizio, dandole le spalle. Mi passo nervosamente una mano fra i capelli. “Non so cosa mi abbia preso.” O meglio, so esattamente cosa mi ha preso, purtroppo però non doveva accadere. Non così, almeno.
Si è alzata anche lei, sento la sua presenza a pochissima distanza.
Appoggia entrambe le mani sulle mie spalle. “Ci siamo fatti trasportare entrambi. Non devi fartene una colpa. In fondo, non è successo niente.”
Sono teso come uno Wookiee in trappola, più cerco di calmarmi e più mi agito.
“Ehi, Han. Guardami.”
Lentamente mi volto verso di lei. Ha le labbra gonfie e le trecce semi-disfatte, e i suoi occhi sembrano ancora più grandi del solito adesso.
Mi accarezza la guancia con calma e dolcezza, sfiorandomi appena con il dorso delle dita, mentre l’aria intorno a noi è ancora pregna dell’elettricità che ci ha percorsi fino ad adesso.
“Senti, non è colpa tua” prova a giustificarsi. “Sono io che…”
“È colpa mia invece” la interrompo. “Non avrei dovuto spingermi così oltre. Scusami.”
Le sfioro la fronte con un bacio. “Stai bene?”
“Sì.”
“Vuoi restare qui stanotte o preferisci tornare nella tua cabina?” azzardo impudentemente. “Giuro che farò il bravo.”
Leia mi guarda e scoppia a ridere, e io non so come interpretare questa cosa: non riesco a capire se mi sta prendendo sul serio o se è troppo divertita dall’assurdità della mia proposta. “Non sei una persona che sembra rispettare le proprie promesse.”
Si sta riferendo alla promessa che ho fatto all’inizio del viaggio, che avrei tenuto le mani a posto, e ha ragione a sostenere che non l’ho mantenuta. Prima però che possa elaborare una risposta, Leia aggiunge: “Sto scherzando, Han. Lo so che non mi faresti nulla di male. Certo che resto, se vuoi.” Si risiede sul lettino, come a sottolineare la sua intenzione. Se non altro, almeno sta iniziando a fidarsi di me.
“Sciogliti i capelli” le dico.
“Perché?”
“Non ti ho mai vista con i capelli sciolti.”
Scioglie i due nastrini che tengono legate le trecce e inizia a liberare le ciocche scure. Sa che non smetto di guardarla neanche un attimo, mentre mi tolgo di dosso i vestiti sporchi.
“Sei bellissima. Lo sai?”
Ride sommessamente e abbassa lo sguardo verso il pavimento, imbarazzata. “Non credevo che fossi capace di fare complimenti, Solo.”
Vorrei sapere quando finirà questa continua e reciproca presa in giro fra di noi. Forse mai.
“Ne sono capace eccome. Dovresti aver capito che sono un uomo dalle mille risorse.”
Mi siedo vicino a lei e la bacio sul collo, appena sotto l’orecchio, nel punto in cui le mie labbra hanno lasciato una chiazza violacea, e questo le provoca un involontario brivido.
I suoi lunghissimi capelli sono una cascata scura che scroscia sulle lenzuola quando mi si stende accanto.
 
Doveva andare a finire così fra noi due? Dopo tutto questo tempo passato a fingere di odiarci? Proprio ora che devo andare a morire?

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Capitolo 7
*** Data stellare ABY 3:10:09 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:09

Sedicesimo giorno di viaggio verso Bespin.
Iniziamo la riconversione del flusso di potenza del generatore ausiliario di energia della nave.
 

Aprire gli occhi e trovarmela qui, nel mio letto, è strano.
Leia è accanto a me, rannicchiata contro la parete metallica della cabina, raggomitolata fra le lenzuola. Mi sta dando le spalle, è vero, ma non è fuggita nella notte come ha fatto per tutto questo tempo e come una parte di me temeva che facesse.
È così pacifica quando dorme, non ha nulla della altezzosa principessina che è entrata nella mia vita e l’ha fatta a pezzi. Potrei restare a guardarla per ore, letteralmente rapito dal sereno sollevarsi ed abbassarsi del suo petto, ma un’altra bambina ha bisogno delle mie attenzioni: con Chewie devo riconvertire il flusso di potenza del generatore secondario di energia del Falcon, per risparmiare un po’ di risorse che stanno diventando sempre più preziose.
La Principessa, se vuole, può dormire ancora un po’.
Le lascio un bacio sulla spalla e mi alzo per andare in bagno.
 
Quando esco, la trovo stesa al mio posto, probabilmente perché ancora caldo. I suoi capelli se ne stanno sparpagliati un po’ dappertutto, in netto contrasto cromatico con il pallore della sua pelle. Sul collo il livido di ieri sera si vede chiaramente…spero che non se la prenda troppo quando lo vedrà.
 
Ormai non riesco a riconoscerla più: non è la glaciale e saccente Principessa di Alderaan, ma non è neppure una delle tante che in passato hanno occupato questo letto.
Chi è allora e cosa diavolo ci fa nella mia vita?
*****
La porta della cabina non si è nemmeno completamente chiusa alle mie spalle, che subito mi trovo di fronte uno Wookiee peloso che mi fissa con aria truce.
Questo è decisamente un buongiorno.
“Cosa vuoi, Chewie?” grugnisco. Faccio per andare verso la cabina di pilotaggio, ma mi trattiene con entrambe le braccia e mi sbatte contro la parete del corridoio.
[Ti è andato di volta il cervello, Solo?!]
“Potrei farti la stessa domanda, amico.” Cerco di liberarmi, ma ovviamente invano. Impossibile spuntarla con uno Wookiee arrabbiato.
[Mi avevi promesso che non avresti toccato la Principessa.]
“E infatti non le ho torto neanche un capello.”
Mi rimette giù, ma non accenna a darmi tregua. [Sta qui dentro, vero?] Indica la mia cabina.
Annuisco lentamente, mentre mi massaggio le braccia indolenzite. “Non mi ci sono accoppiato – come diresti tu – se è questo quello che vuoi sapere. È una Principessa, mica una sgualdrina!”
[Mi fa piacere che tu lo abbia capito.]
Certo che l’ho capito. Purtroppo fin troppo bene.
Mi allontano, e mi avvio verso la cabina di pilotaggio.
Chewie ovviamente mi segue. [Cosa pensi di fare adesso?]
“Cosa vuoi che faccia?”
[Te ne sei innamorato.] Non è una domanda.
Le sue parole mi colpiscono come una scarica di fulminatore per la loro semplicità e verità.
“Non doveva succedere, lo so. Che ci posso fare ora?”
[Perché non glielo dici?]
“Sei completamente ammattito, Chewie?! Cosa credi che otterrei se glielo dicessi?” Soltanto derisione, molto probabilmente.
[È una ragazza sveglia. Magari lo ha già capito da sola.]
“Questo è irrilevante, vecchio mio, perché la questione è un’altra.” Prendo un bel respiro prima di continuare. “Lei non ha bisogno di me, e io non me la merito.” Fa per interrompermi, ma lo ignoro. “E inoltre, tu sai che questo è il mio ultimo viaggio. Se mi consegno a Jabba, non tornerò vivo.”
 
Ho commesso errori su errori, dal momento in cui l’ho conosciuta. Ho speso i soldi guadagnati con la Ribellione in riparazioni e pezzi di ricambio, senza pensare ad estinguere il mio debito con il boss. Non ho voluto lasciare l’Alleanza, perché questo avrebbe significato lasciare lei, ma – del resto – non ho fatto granché per guadagnarmi la sua stima o il suo apprezzamento. E così l’ho seguita, missione dopo missione, mentre continuavo ad attaccarla ed aggredirla, credendo stupidamente di nascondere ciò che provavo veramente per lei e riuscendo invece a farmi solo del male.
Ormai non c’è più soluzione.
*****
Per tutto il giorno Leia non ha fatto altro che evitarmi: ha cercato in tutti i modi di sparire, per quanto le abbiano permesso i ristretti confini della nave. Se tento di sfiorarla si ritrae repentinamente, se provo a baciarla mi respinge, ogni volta che cerco di parlarle di qualcosa fugge via con una scusa qualsiasi.
Perché fa così?!
Sembrava che le cose stessero andando meglio fra di noi…perché mandare tutto in malora? Inutile dire che certe volte non la capisco proprio.
Decido di andare a cercarla e costringerla a parlare con me. La trovo nascosta nella sala macchine del livello inferiore – seduta a terra, con le ginocchia al petto e lo sguardo intento a fissare il vuoto.
Non c’è bisogno che mi annunci, il rimbombo dei miei passi sulla passerella idraulica è stato sufficiente a metterla in allarme.
“Possiamo parlare un attimo?” dico ad alta voce, tentando di sovrastare il rombo dei macchinari.
“Di cosa, Han?”
“Di cosa?!” Questa donna mi sta portando all’esasperazione. “Perché continui ad evitarmi? Che cosa ti ho fatto?”
“Non ti sto evitando” replica serafica.
“Posso essere molte cose, Leia, ma non credere che sia uno stupido” sbuffo, cercando in tutti i modi di mantenere la calma. “Ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare?”
Si alza dal suo giaciglio improvvisato, intenzionata a lasciar cadere la conversazione e a non rispondere alla mia domanda.
La afferro per un braccio, per fermarla. “Rispondimi, Leia!”
Mi fissa con uno sguardo infuocato, uno sguardo che non le ho mai visto. Si svincola dalla mia stretta e mi molla un ceffone sulla guancia. “Va’ al diavolo, Han.”

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Capitolo 8
*** Data stellare ABY 3:10:10 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:10

Diciassettesimo giorno di viaggio verso Bespin.
La riconversione del flusso di potenza del generatore ausiliario di energia della nave procede senza difficoltà. Le modifiche apportate hanno già consentito un risparmio energetico del 15.2%, in aumento.
 

Questa notte non ho chiuso occhio. Ho messo in atto tutti i rimedi che di solito adotto per scacciare via un brutto pensiero e sedare la mia rabbia: ho fatto una lunga doccia gelata, mi sono scolato una intera bottiglia di scotch andoriano e ho lavorato alla nave per tutta la notte senza sosta, ma niente è riuscito a distendermi i nervi. Non sono riuscito a dimenticare il bruciore del suo schiaffo sulla mia guancia, mentre le sue parole non smettono di rimbombarmi nella testa.
Va’ al diavolo, Han.
Nei nostri alterchi, mai era successo che mi avesse offeso fisicamente…per questo lo schiaffo mi fa ancora più male.
Non ho capito cosa è successo, cosa le ho fatto per agitarla così, ma a questo punto è del tutto irrilevante. Qualcosa si è rotto, e non credo che potrà più tornare come prima.  
 
Non mi sogno neanche lontanamente di andare a cercare un chiarimento. Visto quello che è già successo ieri, non so cosa aspettarmi di peggio. Se lei vuole parlarmi – del resto – sa dove trovarmi.
*****
Percepisco la sua presenza. So che è qui, fuori della porta. Nonostante il molto alcol nel corpo e la notte completamente insonne, i miei sensi sono allertatissimi.
So che è qui ma non mi muovo, non faccio nulla per invitarla ad entrare. È venuta di sua volontà, e deve essere lei a farsi avanti. Io ho già compiuto la mia mossa.
Lentamente di manifesta alla mia vista. Appare molto stanca e…arresa. Gli occhi sono gonfi e cerchiati, i capelli sono raccolti in modo disordinato dietro la nuca.
“Posso sedermi?” bisbiglia.
Con un gesto le indico il posto libero accanto al mio, sul divanetto del tavolo da Dejarik. Si raggomitola, sedendosi sui talloni, quanto più lontano è possibile da me, e si aggiusta una ciocca di capelli dietro l’orecchio con lo sguardo fisso sul tavolo da gioco.
Io non fiato né mi azzardo a muovere anche solo un muscolo. Non voglio metterla in imbarazzo più di quanto lei non lo sia già.
Sospira profondamente e finalmente solleva lo sguardo per incontrare il mio.
“Volevo chiederti scusa…per ieri. Mi sono fatta un po’ trasportare e alla fine ho perso la ragione.” Accenna ad un sorriso. “Non mi era mai successo prima, di andare così fuori controllo.”
Fa una pausa e mi guarda. Forse si aspetta che io dica qualcosa, che faccia magari una delle mie battutacce squallide per ravvivare l’atmosfera, ma sinceramente non mi viene in mente nulla da dire. Vorrei soltanto capire il motivo della sua rabbia contro di me.
Visto che non apro bocca, continua: “Ho riflettuto un po’, in questi giorni, e mi sono accorta di una cosa che non avevo previsto.” Ora evita accuratamente di guardarmi, tamburella con le dita sul tavolo seguendo l’alternanza del quadrati sulla scacchiera. “Più stiamo insieme, e più mi rendo conto di starmi affezionando a te e di non poter più sopportare l’idea che tu te ne vada per sempre…anche se per un certo periodo – almeno all’inizio – l’ho desiderato. Credo che ormai non sia più possibile evitarlo, o negare l’evidenza. Sarebbe ipocrita…e stupido.”
Resto in silenzio a guardarla torturarsi nervosamente le mani, allibito tanto dalle sue parole quanto dalla sua fredda e lucida capacità di analisi. Sembra quasi che il fatto non la riguardi personalmente, che non sia lei ad essere coinvolta.
Per lo meno, ha ammesso di esserci dentro tanto quanto me. Ha ammesso che le piaccio, e questo è sufficiente.
“Non sarebbe dovuto succedere. Innamorarsi, intendo” confessa all’improvviso. “È un inutile spreco di tempo ed energia, oltre che un indebolimento del mio equilibrio mentale. Mi è stato insegnato a mettere da parte i sentimenti e a nasconderli. Evitare il coinvolgimento emotivo aiuta a mantenere lo sguardo fisso sul proprio obiettivo, senza distrazioni. Le emozioni annebbiano la vista.”
Non riesco a credere a quello che sto sentendo. Perché continua a tormentarsi in questo modo, a frenare i suoi impulsi, a mantenersi così rigida di fronte all’evidenza di quello che prova per me?!
“Sai” prosegue “anche se Alderaan ormai non esiste più, io resto una principessa, erede di un mondo. Sono anche membro del Senato Galattico…tra l’altro.”
Tutto questo già lo so. Spero che non mi stia ricordando i suoi ruoli per giustificare il fatto che mi scaricherà, perché non mi ritiene alla sua altezza.
“Secondo i miei consiglieri, contrarre un matrimonio con un membro di spicco di un’aristocrazia di un altro sistema potrebbe ancora risultare vantaggioso per il bene della Nuova Repubblica che intendiamo creare dalle ceneri dell’Impero. Un matrimonio è un contratto come un altro, utile per placare conflitti e stringere nuove alleanze. Capisci cosa intendo, Han?”
Annuisco lentamente, cercando le parole adatte per esprimere tutto quello che in questo momento mi sta attraversando il cervello. La nobiltà, le classi sociali alte e ricche, mi hanno sempre disgustato per i loro modi melliflui ed ipocriti. Una parte di me credeva che Leia potesse rompere questi schemi, essere diversa come lo è in tutte le cose che fa, ma evidentemente mi sbagliavo. In fondo è pur sempre una principessa, anche se indossa una divisa da soldato. Non sono arrabbiato con lei, provo solo una grande pena al pensiero delle bassezze che sarebbe disposta a compiere pur di ottenere i suoi scopi.
“Capisco perfettamente, principessa. Certo! Focalizzarsi sull’obiettivo, evitare distrazioni, essere disposti a sacrificare tutto…anche te stessa.” Punto i gomiti sul tavolo, sporgendomi in avanti per avvicinarmi di più a lei. “Mi ero illuso di averti conosciuta davvero, e invece non avevo capito proprio niente. Potevi uscirtene pure un po’ prima con questi tuoi discorsi sulla morale però.” Sbuffo. “Ti sei almeno divertita ad illudermi e a prendermi in giro per tutto questo tempo?”
Mi fissa ancora per qualche istante, poi prorompe in una fragorosa risata. Un altro ceffone come quello di ieri mi avrebbe fatto meno male che vederla ridere di me.
“Sei proprio un idiota, Han.” Si appoggia anche lei con i gomiti sul tavolo e mi accarezza una guancia. “A me non importa niente di quello che dicono i consiglieri, o di quello che penserà la gente. Io voglio provare a stare con te, per quanto sarà possibile.”
Mi prende il volto fra le mani e mi bacia dolcemente, e io non riesco a trattenere un sospiro di sollievo – che la fa ridere di nuovo. “Sorpreso, capitano?”
Oramai ci avevo perso le speranze. “Beh…ammetto che non credevo che alla fine ti saresti arresa ed avresti ceduto al mio innegabile fascino.”
“Arrendersi non è mai stato così piacevole, credimi.”
Finalmente mi sono tolto un peso dal cuore. Questo continuo tira e molla, sempre in bilico fra il suo smisurato orgoglio e la mia sconfinata sfacciataggine stava iniziando veramente a stancarmi.
“Vieni qui” dico battendo la mano sul divanetto, accanto a me.
Si avvicina sempre di più – anche lei visibilmente sollevata – e si mette su di me, sedendosi sulle mie gambe ed intrecciando le dita fra i miei capelli.
“Perché abbiamo lottato così tanto, Han? Perché non abbiamo semplicemente lasciato che accadesse già molto tempo fa?”
Ottima domanda. “Potrei chiederti lo stesso.”
Sospira, scuotendo la testa. “Non mi sembra che tu abbia fatto grandi passi in tal senso. Ah, se non fossi stato così odioso…”
“Io, odioso?!” esclamo con il dito puntato contro il petto. “E se tu invece non avessi fatto tanto la difficile! Non ho mai nascosto il mio interesse per te, dolcezza. Perfino un cieco se ne sarebbe accorto.”
Non mi sta più ascoltando, immersa in qualche pensiero. Continua a giocherellare con i miei capelli, il suo sguardo perso nel vuoto.
“Ti ricordi cosa è successo su Ord Mantell?” mi chiede con un velo di tristezza nella voce.
Certo che me lo ricordo. Quella missione è incisa a fuoco nella mia memoria. L’unica sera che rimanemmo a dormire insieme, in quello squallido motel, provai stupidamente a baciarla – forte forse del fatto che ci trovavamo in una situazione diversa, lontano dall’Alleanza, lontano da tutti. Lei ovviamente mi respinse, e da allora l’episodio non si ripeté più, almeno fino a qualche giorno fa. “A cosa ti riferisci, in particolare?”
“Non ero pronta per una relazione all’epoca, e forse non lo eri nemmeno tu…quel bacio fu una debolezza. Ma adesso è diverso: sento di avere più consapevolezza di quello che sto facendo. E poi ho imparato a fidarmi di te.”
“Intendi dire che tutto questo tempo passato a farci la guerra era necessario?”
Annuisce. “Credo di sì. Credo che questo tempo sia servito per imparare a conoscerci, e per distruggere le nostre barriere. Adesso possiamo essere noi stessi, senza più maschere, e godere del tempo che ci resta insieme.”
Non so se ha ragione. Se questo viaggio così lungo non fosse mai avvenuto, avremmo avuto davvero la possibilità di mettere a nudo i nostri sentimenti?

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Capitolo 9
*** Data stellare ABY 3:10:16 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:16
Ventitreesimo giorno di viaggio verso Bespin.
La navigazione verso Bespin procede senza difficoltà. Non si segnalano anomalie o problemi alla nave.

 
La vita di strada mi ha insegnato ad avere il sonno estremamente leggero, per poter affrontare pericoli e nemici con i riflessi pronti – anche mentre dormo. Per questo mi sveglio immediatamente, appena Leia inizia ad agitarsi. Sta ancora dormendo profondamente, ma da come si muove immagino che stia facendo un incubo. Il suo respiro è affannoso e pesante, i suoi movimenti sono scatti violenti e convulsi.
“Lascialo” sibila a denti stretti.
Accendo la lucetta accanto al letto e mi stiracchio pigramente, ritornando pian piano al mondo dei vivi, mentre Leia si dimena sempre più violentemente.
“Ehi” dico piano al suo orecchio, nella speranza di evitarle un risveglio troppo brusco. “Leia…va tutto bene, stai tranquilla.”
“Lascialo, ti prego!” urla nel vuoto.
Le accarezzo piano il braccio, ma lei scaccia la mia mano con foga. “Brutto, lurido, verme schifoso! Come osi…”
Non c’è verso di svegliarla con le buone maniere, l’incubo è troppo vivido ed intenso. La prendo per entrambe le braccia e la scuoto più volte, chiamandola per nome e ripetendole che non c’è nessuno qui che vuole farle del male. Quando spalanca gli occhi, vi posso leggere il terrore più puro. Istintivamente si irrigidisce fra le mie braccia e assume una posizione di difesa, come se stesse ancora immersa nella dimensione del sogno, poi – dopo aver sbattuto ripetutamente le palpebre – sembra mettere a fuoco la realtà e rilassarsi un po’.
“Han” dice a mezza voce, ancora confusa.
“Ehi, piccola.” La accarezzo sulla guancia, spostandole indietro ciocche di capelli appiccicate dal sudore freddo. “Nottata difficile, eh?”
Si limita ad annuire, lo sguardo perso nel vuoto e la mente ancora a quelle terribili immagini.
“Vuoi raccontarmi cosa hai sognato?” Sfogarsi ed esternare le proprie paure con qualcuno può aiutare a superarle, ma la principessa è notoriamente ostinata a tenersi tutto dentro e a non lasciarsi aiutare da nessuno. Dubito quindi che mi lasci entrare così facilmente nella sfera del suo inconscio.
“È un sogno che mi capita di fare ogni tanto” mi dice. “Nulla che io non possa benissimo gestire da sola, grazie. Mi dispiace solo di averti svegliato.”
Appunto, proprio come pensavo. “Non devi affatto preoccuparti di questo, principessa. Piuttosto…c’è qualcosa che posso fare per te?”
“No, grazie. Come ti ho già detto, sono perfettamente in grado di gestire…”
“Lo so cosa mi hai detto!” la interrompo stizzito. Siamo nel cuore della notte, eppure lei trova la voglia e la forza di essere regalmente altezzosa e insopportabile. “So che devi mantenere la tua dignità non accettando aiuto da nessuno, ma io voglio aiutarti lo stesso. Devi solo dirmi cosa posso fare per te.” Mi alzo e mi rimetto la camicia e i pantaloni, ormai perfettamente sveglio. “Allora?”
Mi guarda un attimo senza proferire parola.
“Posso portarti almeno un bicchiere d’acqua?”
“Come vuoi, Han. Non voglio crearti altro fastidio.”
“Leia…” Chiamarla per nome – senza nomignoli volti a prenderla in giro – riesce sempre a catturare la sua attenzione.
“Va bene.”
“Lo vedi che a volte sai come collaborare?”
Appena esco dalla cabina sento che si stravacca a peso morto sul lettino, sbuffando rumorosamente. Non so se è più difficile sopportare me o i fantasmi che si porta dietro.
Ritorno dopo qualche momento con una tazza d’acqua fresca.
“Grazie” mi dice quando gliela porgo. Non ha fatto in tempo ad asciugare una lacrima solitaria che ancora le riga la guancia.
Non l’ho mai vista piangere tanto come durante questi ultimi giorni, in cui ha mostrato tutta la sua fragilità e la sua debolezza di fronte ad una persona che l’ha sempre vista inossidabile, algida, irreprensibile. Questa valvola di sfogo che si è aperta improvvisamente – lasciando fluire allo scoperto tutta questa emotività repressa – mi ha fatto rendere conto del fatto che io non la conosco, che non l’ho mai conosciuta davvero. “Va meglio?”
“Abbastanza.”
È evidente che c’è qualche altra cosa che la turba, oltre al sogno…qualcosa che non vuole dirmi.
“E allora che cos’hai?”
“Niente.”
“Avanti, dimmelo. Non devi vergognarti di niente con me.”
“E invece è proprio questo il problema!” sbotta. “E che io mi vergogno di farmi vedere così fragile ed emotiva. Soprattutto da te.”
“Non ti devi preoccupare” provo a rassicurarla. “Io non ti sto giudicando.”
“Non lo stai facendo a parole, ma so cosa stai pensando.”
“E cosa starei pensando, esattamente?”
“Che la glaciale, arrogante Principessa di Alderaan è in realtà una mocciosa che fa i capricci e che ha paura del buio” risponde, così a bassa voce che fatico a sentirla.
Quanta poca stima ha di sé questa donna. Proprio perché non si apprezza, si svaluta sempre di più e non riconosce tutte le sue innegabili qualità.
“Vieni qui” le dico, alzandomi di nuovo in piedi e tendendo la mano verso di lei.
“Dove?”
“Vieni. Devo mostrarti una cosa.”
La prendo per mano e la porto in bagno. Questo bagno è davvero un buco, tuttavia è dotato di uno specchio malconcio, inchiodato alla meno peggio sopra al lavandino. Credo sia stato Lando a montarlo: da che ricordi, è sempre stato terribilmente vanesio.
“Che cosa vedi?” chiedo fissando i suoi occhi nell’immagine riflessa.
Si passa subito una mano fra i capelli arruffati, per dare una sistemata alla chioma disordinata di cui si è appena resa conto. “Uno spettacolo pietoso.”
“Io invece vedo una donna forte, determinata, inarrestabile, che crede di essere un droide e non accetta di essere umana.” Le poggio entrambe le mani sulle spalle e lascio che appoggi la schiena sul mio petto. “Anche se fai finta di non provare nulla, Leia, tu hai un cuore, non sei una macchina. È normale che tu abbia paura, provi dolore, sia angosciata.” Mi guarda anche lei attraverso lo specchio, gli occhi di nuovo pieni di lacrime.
“È normale” ripeto, per sottolineare il concetto. “Non devi trattenere o reprimere quello che senti, perché finirà per distruggerti prima o poi.”
In qualche maniera lo sta già facendo adesso, visti i crolli emotivi a cui ho avuto modo di assistere in questi ultimi giorni. “Qual è stata l’ultima cosa che hai fatto perché volevi e non perché dovevi?” le chiedo.
“Che vuol dire Han?”
“Sai cosa intendo. Quand’è stata l’ultima volta che hai fatto qualcosa che non fosse un obbligo, una costrizione…persino questo bel viaggetto in mia compagnia ti è stato imposto!”
“Senti, Han, io non ti permetto di…”
“Piantala, Leia” la blocco. “Con me puoi gettare la maschera ed essere te stessa, lo sai. Non devi recitare la parte della senatrice o della diplomatica. Sii sincera, con te stessa innanzitutto, prima che con me.”
Resta un attimo immobile, poi sospira di malavoglia. “Vuoi davvero saperlo? Credi che basti questa blanda chiacchierata con te per liberarmi dei problemi che mi perseguitano ormai da anni?! Non posso permettermi di fare quello che mi piace e quando ne ho voglia. Sono ambasciatrice di un mondo che non esiste più, e porto sulle spalle il peso di tutti gli Alderaaniani morti a causa mia. C’è un nemico da combattere e io voglio essere in prima linea a fronteggiarlo con tutte le mie forze. E poi ho imparato che la vita di una principessa non è bella e felice come quella delle favole che mi raccontavano da piccola.”
Le lacrime le rigano copiose le guance, senza che lei faccia più nulla per impedirlo. “Io non posso ignorare tutto questo, non posso fare finta di niente, quando attorno a me ci sono solo disperazione e morte. Non ce la faccio.” Sbuffa sonoramente e reclina la testa all’indietro, schiacciandola contro la mia spalla.
Non ha mai chiesto niente, non si è mai lamentata, non si è mai sottratta alle sue responsabilità. Si merita tutto l’affetto e la stima possibili, e io invece ho passato gli ultimi tre anni a punzecchiarla in continuazione, incurante dei suoi problemi, cieco di fronte alla sua sofferenza.
 
Dopo qualche momento pare darsi un contegno e riprendere il controllo di sé. “Credo di aver preso troppo sul serio la tua domanda” mi dice. “Ti chiedo scusa.”
“Non devi scusarti, né giustificarti. Tutto ciò che hai detto è vero…purtroppo. E io non posso chiederti di ignorarlo.” La stringo dolcemente, prendendole i pugni serrati e cercando di aprirli con le dita. “Posso chiederti però di imparare a pensare a te stessa, una volta ogni tanto. Un po’ di sano egoismo non guasta mai.”
Mi rivolge un’occhiata scettica. “Senti chi parla! Un uomo che ha fatto dell’egoismo l’unica legge della propria vita. Il motivo per cui non puoi capirmi è perché ti ami troppo.”
“E tu invece non ti ami affatto, dolcezza” la rimbrotto. Il suo dannatissimo senso del dovere la sta rispedendo al Creatore.
“Ti invidio, sai, per la tua caparbietà nel continuare ad illuderti di aver fatto le scelte giuste, anche quando l’evidenza della realtà ti dice il contrario. Pur di non ammettere di aver sbagliato, ti ostini a vantarti di cose di cui tu stesso, col tempo, ti sei pentito.”
“Tu non mi conosci, Leia.”
“E invece sì” obietta. “Non sei l’unico a poter gettare la maschera qui e a non fingere di essere qualcuno che non sei.”
Non ho voglia di risponderle ancora, e di continuare questa conversazione che non porterebbe più a nulla. Non ne vale la pena.
Restiamo quindi ancora un po’ a fissare il nostro riflesso nello specchio, ognuno perso nelle proprie elucubrazioni. Non so dove la stiano portando le sue, ma gradualmente il suo volto si distende in un piccolo sorriso. “Non stiamo così male insieme, dopotutto” dice, rivolta probabilmente più a se stessa che a me.
Per tutta risposta la stringo un po’ più forte. “Decisamente no, tesoro.”
Rispetto a lei sono un gigante, e stanotte – così spaventata e turbata – appare ancora più minuta fra le mie braccia: a stento arriva allo specchio, e invece io per un pelo non lo supero tutto, eppure i nostri corpi sembrano andare perfettamente ad incastro l’uno con l’altro, come se fossero stati modellati per stare insieme.
 
“Ti va se ci rimettiamo a letto adesso?” le chiedo.
Annuisce debolmente, e senza fretta ci accoccoliamo nuovamente sotto le lenzuola, uno vicino all’altra.
Allungo un braccio fuori dal letto per spegnere la luce, poi lo faccio passare sotto il suo corpo per attirarla più vicino a me.
Non ho il coraggio di insistere a chiederle di rievocare il suo incubo. Ho una vaga idea di cosa la angosci tanto: Vader, la Morte Nera, la distruzione del suo pianeta, le torture che ha dovuto subire…solo il Creatore sa quante atrocità hanno visto i suoi bellissimi occhi, e quante cicatrici le hanno lasciato sull’anima.
Le bacio i capelli. “Sicura di stare bene?”
“Sono sicura.” Ridacchia. “Ci tieni parecchio a me, vero?”
Eccomi pizzicato come un giovane e inesperto ladruncolo al suo primo colpo. “Già.”
 
“Ho sognato di perderti” confessa all’improvviso. “E non è la prima volta che mi capita di fare questo incubo.”
La Principessa che sogna me? Sono tutt’orecchi.
“Ti torturano e ti uccidono davanti ai miei occhi, e io non posso fare niente per aiutarti. A volte c’è Vader, altre volte l’Imperatore…o quel cacciatore di taglie che incontrammo su Serricci.” Si stringe più vicino a me e schiaccia il viso nel cuscino.
“Lo sai che sono qui, vero?” le dico piano. “Nessuno mi farà del male.”
“Lo so. Ma questi sogni sono così reali…a volte mi sembra di impazzire.” La voce le si incrina per l’angoscia e la paura. “Io ho perso tutto, Han. La mia casa, la mia famiglia, i miei amici. Tutte le persone che amavo di più sono morte. Non voglio perderti.”
Non so cosa dirle, come consolarla. Non posso prometterle che avremo un futuro insieme, perché questo significherebbe solo illuderla. Probabilmente sarò morto prima ancora di mettere piede su Tatooine, vista la smania con cui Jabba mi sta cercando.
“Non posso più fare a meno di te” continua. “Più provo a lasciarti andare e più mi rendo conto che sei entrato troppo a fondo nella mia anima per uscirne senza lacerarla.”
Non provo a spiegarle le mie ragioni e a riempirla di false speranze, piuttosto tento di consolarla nel modo che conosco meglio, attirandola a me e baciandola con trasporto, asciugando con le mie labbra le sue lacrime salate, divorando la sua bocca piena e carnosa fino a toglierle il respiro. Voglio farle capire che sono ancora vivo e che anch’io morirei al pensiero di perderla.
Forse neanche io posso più fare a meno di lei, della sua passione e del suo coraggio, della sua intelligenza, del modo in cui si stringe a me adesso.
No. Non credo proprio di poter più vivere senza tutto questo.

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Capitolo 10
*** Data stellare ABY 3:10:20 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:20

Ventisettesimo giorno di viaggio verso Bespin.
Il passaggio di una pioggia di meteore lungo la rotta impostata ha rallentato il nostro viaggio verso Bespin. Non si segnalano comunque danni o problemi alla nave.

 
Ce ne stiamo sfatti e abbracciati sul letto, dopo aver trascorso la serata a giocare a Sabbac e a spartirci una bottiglia di ottimo scotch andoriano. Sta diventando sempre più difficile trovare qualcosa da fare per ammazzare il tempo, e quindi ho pensato bene di avviare la principessa ai misteri del gioco d’azzardo: se in un primo momento Leia stava miseramente perdendo, alla fine è stata capace di battere sia me che Chewie – c’era da aspettarselo, visto quanto è brava nello studiare strategie con cui sconfiggere i nemici.
Il suo corpo premuto sul mio non mi dà fastidio, anzi è un piacere poterla tenere così vicino, e la sua mano stringe la mia in una stretta debole ma decisa, come a dire che non è per nessun motivo intenzionata a lasciarmi andare. So che non sta dormendo, perché la sento fare le fusa come un cucciolo di Wentoc ogni volta che con la mano libera la accarezzo o la stringo un po’ più forte. Guardo le nostre dita intrecciate e mi stupisco ancora una volta per come sono andate a finire le cose.
Siamo stati entrambi molto bravi a farci del male, a dare ciascuno il peggio di sé per il gusto perverso di farci odiare dall’altro, mentre in realtà stavamo odiando noi stessi per essere così insopportabili e meschini. Non ci siamo risparmiati a offenderci, a ferirci, a lacerarci l’anima, quando avremmo potuto alzare bandiera bianca già parecchio tempo fa. La resa non è mai stata una cosa facile, né per me né per lei, eppure stavolta ci siamo dovuti arrendere entrambi: non l’uno all’altra, ma all’amore – un sentimento che non avrei immaginato di poter più provare, dopo tutto quello che mi è capitato, tutto quello che ho vissuto. Non avrei mai creduto che fra le braccia di questa piccola principessa, di questa ragazzina così giovane e al tempo stesso così incredibilmente forte, potesse esserci l’unico porto sicuro in cui io sia mai atterrato, l’unico posto in cui possa dire di sentirmi a casa – io che una casa vera non l’ho mai avuta. Vorrei che questo viaggio non finisse mai, perché arrivare significherebbe assumerci le nostre responsabilità e mettere una pietra sopra a questo sentimento che ha la potenza devastante di una tempesta di asteroidi e che ci sta distruggendo, entrambi…ma quando mai ho fatto qualcosa di saggio, di responsabile?
 
Una cosa che Chewie ha ululato prima, mentre stavamo giocando, mi tiene in agitazione e mi impedisce di cedere al sonno. Ha fatto un commento in riferimento a quello che è successo su Ord Mantell – durante quella nefasta missione in cui mi sono beccato una bella scarica di fulminatore in piena pancia che mi ha costretto per tre settimane a ingurgitare solo le razioni schifose dell’infermeria su Hoth, senza poter toccare neanche un goccio di alcol per risollevare un po’ lo spirito: ha accennato a quanto, in quella occasione, la principessa sia stata in pena per me e a quanto lui abbia dovuto farle continui rapporti sul mio stato di salute per tranquillizzarla del fatto che stessi bene. Eppure io non ricordo di averla mai vista al mio capezzale: non è mai venuta a trovarmi, né siamo più riusciti davvero a chiarirci dopo il nostro litigio avvenuto sul pianeta. Se io mi ero esposto così, se mi ero fatto sparare da quell’imperiale, era stato per salvarle la vita – mi sembrava che fosse chiaro – e invece per tutta risposta lei ha mostrato il gelo più glaciale nei miei confronti dopo quell’episodio, come se fosse successo qualcosa fra di noi, qualcosa che tuttavia non riesco a ricostruire. Ricordo molto poco di quei giorni, specie dei primi, nei quali sono stato praticamente sempre incosciente, quindi non ho davvero idea di cosa possa averla allontanata così tanto.
 
“Leia” la chiamo dolcemente.
Il solo fatto di averla chiamata per nome la mette in allarme, lo vedo nei suoi occhi e nel modo in cui prontamente si solleva a guardarmi. “Che c’è?”
“Posso farti una domanda?”
Annuisce, vagamente inquieta.
Non posso più resistere con questo dubbio. “Che cosa è successo su Ord Mantell?” le chiedo.
“Cosa?”
“Che cosa è successo…dopo che quel farabutto mi ha sparato?”
“Sei svenuto quasi immediatamente, appena toccato il suolo, e ho dovuto chiamare Chewie per riportarti a bordo. Si è occupato lui di spogliarti e di medicarti, e sei rimasto incosciente finché non abbiamo raggiunto la base su Hoth” racconta. Ecco che emerge il suo spirito militare un rapporto asettico e conciso, non quello che volevo sentirmi dire. “Come mai ti è venuto in mente adesso?”
“Chewie ha detto che tu volevi essere informata costantemente sulle mie condizioni, che gli hai chiesto continui aggiornamenti…”
La diplomatica che è in lei risponde prontamente. “È vero. Volevo accertarmi che stessi bene, come faccio sempre per i miei uomini migliori.” Mi stupisco ogni volta di quanto sia brava a difendersi dagli affronti personali, di quanto sia sempre pronta a non mostrare il suo lato debole. Stavolta però non sono disposto a bermi la sua diplomazia.
“Stai mentendo. Tu eri preoccupata per me, non volevi che mi accadesse niente di male. Non è vero?”
Sbuffa frustrata. “Perché mi stai torturando con questo interrogatorio, Han? Cosa vuoi che confessi, che ero angosciata dal pensiero che tu morissi?”
“Allora ci tieni davvero a me?” la schernisco. “Sei stata in pena per tutto quel tempo e…”
I suoi occhi fiammeggiano a sentire la mia presa in giro: ho toccato un tasto che non avrei dovuto toccare. Si allontana repentinamente, svincolandosi dal mio abbraccio. “Brutto bastardo! Tu non hai idea di quello che ha significato per me vederti accasciato lì a terra, al posto mio…se tu fossi morto, non avrei potuto sopportarlo e non me lo sarei perdonata mai.” È arrabbiata, furiosa, perché l’ultima cosa che desiderava era mostrarsi così fragile davanti a me, farmi vedere quanto fossi importante per lei. Stringe i pugni mentre ricaccia a forza le lacrime che già accennano a rigarle il viso.
Nonostante la sua ritrosia allungo una mano per accarezzarle la guancia arrossata. “Ascoltami bene, Leia. Lo avrei fatto altre mille volte, pur sicuro che sarei morto, per salvarti la vita” le dico. “Tu hai persone che ti stimano che ti vogliono bene, a cui importa qualcosa di te. Meriti di vivere, molto più di quanto lo meriti io.”
Mi guarda per un attimo senza dire nulla, assorbendo il significato delle mie parole. “Non è vero” sussurra. “A me importi.” Inaspettatamente mi prende il volto fra le mani e mi bacia con trasporto, con inusitata passione. Posso sentire la disperazione e l’angoscia che ha provato al pensiero di perdermi nel modo in cui la sua bocca mi divora senza pietà, con foga tale da tagliarmi un labbro coi suoi denti fino a farmi sanguinare. Quando se ne accorge, si allontana da me mormorando una debole scusa. Passa il pollice sul mio labbro per togliere la goccia di sangue e si mette a sedere, a distanza di sicurezza.
Mi passo la lingua sulle labbra che sanno ancora di lei, ansimando, mentre cerco qualcosa da dirle. Sono quasi spaventato dalla impulsività e dalla fierezza che ha mostrato questa sera. Senza sapere neppure io come ho liberato la belva che è in lei e che non immaginavo potesse davvero esistere: non la frigida e innocente principessa né la prudente senatrice, ma la donna indomabile il cui fuoco si nasconde sotto la cenere del garbo e della diplomazia.
Leia è incapace di mezze misure: o tutto o niente, l’ho sempre saputo. Nelle battaglie, nella strenua difesa dei suoi principi e degli ideali in cui crede, e ora in questa relazione che ci lega e ci avvinghia in modo quasi patologico.
“Scusami” dico a mezza voce. “Non volevo prenderti in giro.”
Scuote la testa, sorridendo debolmente, come a dire che non ha importanza, ma vedo che i suoi occhi sono ancora lucidi. Perché le parole fanno sempre così male? Perché le mie parole non fanno altro che farla soffrire? Non si merita di essere trattata così, non dopo che si è esposta fino a questo punto, aprendomi il suo cuore e mostrando i suoi sentimenti più profondi.
“Tienimi stretta” mi supplica. “Non voglio passare a litigare il poco tempo che ci resta insieme.”
La accolgo fra le mie braccia e la stringo più forte che posso, cercando di comunicare con questo abbraccio quanto anche io tenga a lei. “Ero lì per proteggerti, Leia. E lo avrei fatto, a qualunque costo.”
“Io...l'Alleanza ti è grata per quello che hai fatto.”
Odio quando si nasconde dietro questo plurale di circostanza, per non esprimere direttamente quello che pensa. “Smettila di tirare in ballo l'Alleanza” la interrompo spazientito. "Loro non c'entrano niente in questa faccenda. L’ho fatto solo per te – di loro non me ne frega niente, lo sai?”
Sorride. "Lo so."
“Tu sei troppo preziosa perché io possa permettermi il lusso di perderti" confesso. "Farò di tutto per tenerti al sicuro." Finché staremo insieme, finché non uscirò per sempre dalla tua vita. La bacio avidamente sulla guancia e sul collo, intossicato dai sentimenti che si agitano dentro di me. "Mi hai capito bene?"
Annuisce afferrando i miei capelli e tirandoli fino quasi a farmi male.  “Han, io…” Le sue parole le muoiono in gola, perché la metto a tacere baciandola di nuovo. So che vuole dire e so di non essere pronto ad ascoltarlo.
Ti amo anch’io, Leia.

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Capitolo 11
*** Data stellare ABY 3:10:29 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:29

Trentaquattresimo giorno di viaggio verso Bespin.
Secondo i calcoli del computer di bordo, dovremmo raggiungere lo spazioporto di Cloud City – Bespin – domani entro il tramonto.

 
Quando avevo qualcosa su cui riflettere, o qualche sgarro da metabolizzare, chi mi ha fatto compagnia è stata sempre una bottiglia di buon rum corelliano. Di solito andava così: io, la poltroncina da pilota del Falcon, una bottiglia e volendo anche un bicchiere. Un momento di totale solitudine e silenzio (tranne che per il rombo sommesso del motore) in cui poter fare un po’ di auto-analisi in santa pace.
E stasera ne ho davvero bisogno.
 
Entro nella cabina di pilotaggio e spengo tutte le luci, lasciando accese solo le spie luminose del quadro comandi. Mi stravacco sulla poltroncina – gambe accavallate sopra la consolle, come piace a me – e mi verso un primo bicchiere di liquore.
Se fino a poco tempo fa credevo che Jabba sarebbe stata la causa della mia morte, adesso sono costretto a ricredermi: la Principessa mi sta letteralmente uccidendo. Che io ricordi, mai in una storia ero stato preso così tanto, svuotato ma allo stesso tempo riempito così a fondo. E menomale che dopo il nostro chiarimento le cose stanno andando un po’ meglio…
Anche se non sono del tutto convinto che questo pacifico avvicinamento sia stato positivo. Lasciarsi finalmente andare potrebbe essere davvero la fine per la mia sanità mentale. Ormai di giorno i nostri momenti insieme stanno diventando sempre più piccanti: non avevo idea che sotto quella apparenza glaciale si nascondesse una bambina piuttosto vivace ed intraprendente. Mi piace come bacia – con un misto di curiosità ed inesperienza – e come dopo ogni bacio appassionato tenga ancora un momento le labbra premute sulle mie, come a voler suggellare il nostro contatto. Mi piace anche come si sta lasciando condurre in questo gioco: è sempre stata dominante nelle nostre schermaglie verbali, che lasci ad un esperto del settore la guida delle schermaglie amorose. Chewie dice che la nave si è trasformata in un campo di caccia…ma chi di noi due è la preda e chi il cacciatore?
 
Ad ogni modo, quello che l’esperienza mi ha insegnato fin troppo bene è stato di non affezionarsi alle persone, perché c’è la certezza di farsi molto male. Le persone ti abbandonano, ti lasciano, ti tradiscono, ti pugnalano alle spalle…oppure capita che debba essere tu a lasciare loro, come nel mio caso. Con Leia ho commesso lo sbaglio che avevo giurato a me stesso non avrei commesso mai più, dopo molte cocenti delusioni. Solo ora mi rendo conto che non avrei dovuto espormi così…soffro già al solo pensiero di dover soffrire maledettamente quando dovrò dirle addio.
Riempio una seconda volta il bicchiere e lo svuoto quasi all’istante.
“Non vieni a letto?” Leia è alle mie spalle, sull’uscio della cabina, intenta a fissarmi chissà da quanto tempo. L’avevo lasciata quasi un’ora fa, con la promessa che l’avrei raggiunta presto, e invece non l’ho fatto.
Lentamente mi volto verso di lei. “Non ancora. Volevo rimanere ancora un po’ qui.”
Si mordicchia il labbro inferiore. Ho imparato che lo fa sempre quando è nervosa o imbarazzata. “Allora ti lascio solo. Buonanotte, Han.”
“Aspetta” le dico. Anche se la mia intenzione era quella di una riflessione in solitudine, all’improvviso ho tremendamente voglia della sua compagnia. Mi metto seduto un po’ più composto e le indico la poltroncina di Chewie. “Puoi restare, se vuoi.”
Dopo qualche attimo di esitazione entra finalmente e si siede di fronte a me, accoccolandosi nell’enorme poltroncina. Se è grande per me, figuriamoci per lei!
“Ti va di fare un gioco?” le chiedo dopo qualche minuto passato ad osservarci.
“Un gioco?” ripete scettica.
Annuisco, prendendo in mano la bottiglia e riempiendo il bicchiere. “Il Gioco della Verità.”
Ride sommessamente. È chiaro che non mi sta prendendo sul serio.
“Vedi, dolcezza…dalle mie parti – su Corellia – si è soliti dire che l’alcol contenga una parte di felicità, una di malinconia, una di dimenticanza e una di verità. Più bevi, più sei sincero.”
Mi guarda con scetticismo ancora maggiore, nient’affatto affascinata dalla mia metafora. “In cosa consisterebbe questo gioco?”
“È molto semplice” le spiego. “Uno fa una domanda, e l’altro deve rispondere nel modo più sincero possibile. L’alcol dovrebbe aiutare a distendere gli animi e a rendere più disinibiti. È divertente, soprattutto quando si è in parecchi a giocare. Escono fuori parecchie cose interessanti, cose che non avresti mai immaginato. Allora…ci stai?”
Ci pensa su, così a lungo che credo stia per dirmi di no, quando mi sorprende facendo di sì con la testa.
“Ci sto” risponde. “Ma a una condizione.”
“Quale?”
“Risponderai davvero sinceramente a tutto quello che ti chiederò?”
So già che me ne pentirò. “Certamente. Se tu farai lo stesso con me, però.”
“D’accordo. Allora chi inizia?”
“Inizia tu a chiedermi qualcosa, chi risponde poi deve bere almeno un sorso di questo” aggiungo, accennando alla bottiglia di rum sulla consolle. “In corelliano lo chiamiamo Verità Liquida.”
“Che eufemismo! Io lo avrei definito piuttosto Veleno in Bottiglia.”
Caustica come al solito.
Ignorando il suo acido commento, prendo il bicchiere, ne bevo un sorso e le faccio cenno, affinché mi faccia la sua domanda.
“Perché ti sei arruolato nell’Impero…e poi nella Ribellione?”
Domanda lecita.
“Sono entrato nell’Impero perché mi piaceva volare. Volevo diventare un buon pilota” rispondo. “E in effetti buona parte di quello che so sulle navi lo devo al mio addestramento imperiale.” Lasciando stare come è finita la mia carriera nell’Impero Galattico su Carida, dopotutto è stata un’esperienza formativa.
“E poi?” mi incalza. Vuole sapere cosa mi ha spinto ad abbracciare la loro folle causa.
“Poi…ero in disperato bisogno di denaro quando il vecchio Obi Wan mi assoldò in quella bettola a Mos Eisley. Mi offrì un gigantesco mucchio di soldi e io non potei fare a meno che accettare.”
Annuisce. “Lo so questo. L’Alleanza ti pagò la cifra pattuita con il generale Kenobi. Perché poi sei rimasto lo stesso?”
Ecco che le cose iniziano a mettersi male per me. “Pagate bene.”
“Sono due mesi che non paghiamo i nostri soldati, eppure hai continuato a lavorare per noi. Per non parlare del fatto che hai accettato di prendere parte a missioni per cui non era previsto alcun compenso. Perché non sei andato via? Non c’era nulla a trattenerti…o no?”
Non riesco a capire quale sia il suo gioco. Vuole che ammetta la nobiltà della causa ribelle o il fatto che sono rimasto per lei? In entrambi i casi, mi ha messo in trappola.
“Non fingere che non ti importi nulla, Han. So che in fondo hai un cuore.”
“Tu dici?”
Annuisce convinta. “Io credo che tu sia rimasto perché – nonostante tu faccia l’impossibile per nasconderlo – in fondo ti trovi bene con noi. Hai trovato degli amici e…ti senti a casa.” Mi guarda dritto negli occhi. “Mi sbaglio?”
Non sbaglia, anzi come al solito la sua analisi precisa e puntuale ha messo a nudo qualcosa che neppure io avrei potuto ammettere così limpidamente. Famiglia, amici, affetti…anche un ideale per cui combattere. Tutte cose che non ho mai avuto e di cui ho percepito la mancanza solo quando le ho toccate con mano. Non mi ero mai reso conto di quanto la mia vita fosse vuota ed incompleta finché non sono entrato a far parte di loro.
Istintivamente riprendo il bicchiere in mano e lo svuoto. In po’ di verità liquida non può che aiutarmi. “Hai ragione, Leia. È bello sentirsi parte di qualcosa dopotutto…anche per me che ho sempre volato da solo.”
Sorride sorniona. Ho detto quello che voleva sentire. Anche se in fondo lo sapeva già, voleva che lo ammettessi davanti a lei.
“Tocca a te” dice, indicando con lo sguardo il bicchiere vuoto.
Riempio nuovamente il bicchiere e glielo porgo.
Lo prende in mano e lo osserva per qualche istante, facendovi roteare il liquido ambrato all’interno, poi fa un bel respiro e beve un grande sorso di liquore. “Chiedi.”
“Cosa pensi di me?” Finalmente ho l’opportunità di farle domande dirette, ed intendo cogliere l’occasione per togliermi qualche sassolino dalla scarpa.
Mi sorride beffarda ed impudente. “Ci sto ancora pensando.”
Non mi accontento di questo. “Non è una risposta, Principessa.”
Sbuffa, leggermente piccata, mentre si sistema meglio sulla poltroncina. Si mette seduta di lato, facendo cadere le gambe oltre il bracciolo, verso di me. I suoi piedini d’avorio iniziano a dondolare a pochissimi centimetri dal mio ginocchio e sarebbe così naturale allungare la mano e accarezzarli…devo riuscire a trattenermi, questa serata è solo per parlare. “Allora?” la incalzo.
“Allora…sei cocciuto, arrogante, sbruffone. Non ubbidisci agli ordini perché credi di essere più furbo di chi te li ha dati. Hai un ego grande quanto un sistema intero, cosa che – il più delle volte – ti rende davvero insopportabile.” Sorride mostrando i denti con aria innocente.
“Solo questo?” Voglio metterla un po’ sotto torchio, come lei ha fatto con me.
“Hai coraggio da vendere, e non ti risparmi mai, come quando sei andato a cercare Luke nella tormenta di neve su Hoth, oppure quando mi hai salvato da quella spia imperiale su Ord Mantell. Sei buono e leale, anche se fai di tutto per nasconderlo. Mi piaci…in fondo.”
Ho ottenuto anche io quello che volevo. “Hai uno strano modo di dimostrarlo però, a volte” sogghigno.
Restiamo in silenzio a guardarci. Non voglio dire nulla altro che possa rovinare questo momento di sincerità così raro fra di noi, perché immagino quanto le sia costato dire queste cose.
“Tocca a me la domanda, giusto?” mi chiede.
Annuisco e prendo il bicchiere dalle sue mani svuotandolo. “Chiedi pure, piccola.”
“Qual è stato il grande amore della tua vita?”
Dovevo aspettarmi una domanda del genere. Immagino voglia sapere quante e quali donne ci sono state prima di lei, e qual è il suo ruolo ora nella mia vita. “Nessun grande amore.”
“Non ti credo, Han.”
“Sul serio, nessuna donna in particolare…che io ricordi.” La domanda mi mette a disagio: non voglio parlare con lei delle altre donne con cui sono stato, soprattutto non adesso che siamo ad un passo dal lasciarci.
“Benissimo, allora ti riformulo la domanda. C’è stata una relazione con una donna che sia durata più di una notte?”
Domanda ancora peggiore, accidenti. “Potrei sorprenderti, ma ci sono state donne con cui sono stato per un po’ di tempo. Ti sembra strano che non voglia definire nessuna come grande amore?” Non lo sto dicendo perché non voglio ferirla, ma perché è vero. Al confronto con lei – e con quello che provo per lei – tutte le altre che ho conosciuto perdono di valore e significato.
“E tu?” le chiedo, spinto dalla sua stessa morbosa curiosità di sapere che posto occupo nella sua vita.
Si limita a scuotere la testa.
“No cosa, principessa? Non me lo vuoi dire o non c’è mai stato neanche per te?”
“Non sono mai stata con un uomo prima d’ora” ammette con una semplicità disarmante. Sospetto che l’alcol stia iniziando ad entrare in circolo. “Niente da raccontare, al contrario tuo.”
“Ascolta, Leia, il fatto che io…”
“No, Han, ascoltami tu. Non devi sentirti in colpa per quello che hai fatto nel passato. Ognuno vive la propria vita come vuole…non ti sto affatto giudicando. Vorrei solo capire meglio con chi ho a che fare.”
Sbadiglia, stropicciandosi gli occhi con aria stanca. “Non volevo metterti sotto pressione. In fondo era soltanto un gioco. Fai finta che non ti abbia chiesto niente.”
No, non posso fare finta di niente. Se voglio conquistarmi davvero la sua fiducia, devo essere sincero. Completamente.
“Cosa vuoi che ti dica, Leia…” non so proprio da dove iniziare. “Diciamo che prima ero un uomo diverso. Forse perché ero più giovane, o più ingenuo. O forse perché non avevo ancora visto tante cose. Sono stato innamorato davvero, una volta o due, ma poi non è andata a finire come avrei voluto…” Credo che questo sia una dei motivi che mi hanno portato a diventare il bastardo cinico e sbruffone che sono adesso.
“Basta così, Han” mi interrompe. “Non voglio più sapere.”
Sono felice che Leia abbia capito. Anche se è giusto che lei sappia, non sono pronto a raccontarle tutto di me, a mettermi completamente a nudo e a mostrarle le mie debolezze. Non ancora. Se le dicessi che lei è diversa da tutte le altre donne che ho conosciuto – anche se è vero – sarebbe scontato e banale. “Che c’è? Sei gelosa?”
“No” risponde, un po’ troppo velocemente. “Cioè sì. Un pochino…forse. E che quando penso alle donne che ci sono state nella tua vita…”
“Ora ci sei solo tu” taglio corto. “Non posso cancellare il mio passato, purtroppo. Devi fartene una ragione ed imparare ad accettarlo.”
“Hai ragione.” Si versa un altro bicchiere di liquore e inizia a sorseggiarlo lentamente.
“Non mi fai la tua domanda?” mi chiede.
Annuisco. “Perché porti i capelli così lunghi?” le chiedo, desideroso di cambiare argomento.
Mi guarda inarcando un sopracciglio. Non era il genere di domanda che si stava aspettando, ma avevo bisogno di stemperare un po’ l’atmosfera, che si era fatta decisamente troppo pesante da sopportare. E poi ho sempre avuto questa curiosità.
“Non lo so” dice, accarezzandosi distrattamente una ciocca di capelli. “Probabilmente per via di mia madre, credo.”
“La regina di Alderaan?”
“No, la mia vera madre. È morta quando io ero molto piccola, ma mi hanno detto che era solita portare i capelli lunghissimi. So che è una cosa stupida, ma è un modo per tenerla sempre con me, anche se praticamente non l’ho mai conosciuta.”
“Non sapevo che fossi stata adottata.” Sono un po’ risentito del fatto che lei non mi abbia mai confidato una cosa del genere, che non si sia fidata di me fino a questo punto. Ma – del resto – cosa potevo pretendere, continuando a trattarla in modo tanto arrogante?
“In realtà non sono in molti a saperlo. L’opinione pubblica non avrebbe gradito di sapere il regno affidato ad una principessa adottata, non nobile per nascita, e così i miei decisero di tenere la cosa quanto più segreta possibile.”
La sua espressione si addolcisce ai ricordi. “Padmé. Mia madre si chiamava Padmé – che nella lingua di Naboo è il nome di un fiore sacro. Il suo secondo nome era Amidala, che è anche il mio secondo nome. I miei genitori adottivi hanno voluto che io avessi un ricordo della mia vera madre, e perciò mi hanno chiamato così.”
Sono sempre più scioccato. Davvero non conosco la donna che ho davanti, e questo mi turba profondamente. “Non sapevo neppure che avessi un secondo nome, Leia Amidala Organa.”
Sorride. “Ci sono molte cose ancora che non sai di me, Capitano.”
“E dovrei preoccuparmi?”
Fa spallucce. “Potrei dire lo stesso di te. In fondo, io non ti conosco.”
“Posso diventare un libro aperto per te. Puoi chiedermi quello che vuoi.”
“La bottiglia è vuota” taglia corto, rifiutando la mia offerta. Forse ha paura di scoprire qualcosa che non le piacerà, facendo la domanda sbagliata. “Credo che sia meglio finire qui il gioco.”
Si alza lentamente e barcollando caracolla in avanti fra le mie braccia. È più che brilla. “Portami a letto, Han.” Non ce la fa neanche a reggersi in piedi, quindi la prendo in braccio e la porto di peso nella mia cabina, lasciando la bottiglia e il bicchiere ormai vuoti sopra la consolle.
Mi piace tenerla fra le braccia, sentire che si abbandona completamente a me. Non è la prima volta che mi capita di prenderla di peso: è un gesto molto intimo, che dimostra quanto abbia imparato a fidarsi. Non credevo che sarei mai riuscito a conquistarmi la sua fiducia eppure, dal modo in cui la sua testolina è appoggiata sulla mia spalla e le sue braccia sono strette attorno al mio collo, credo proprio di averlo fatto.
Il letto è disfatto, segno che si era già coricata prima di venirmi a cercare.
La metto stesa e faccio per alzarmi, ma Leia non è disposta a lasciarmi andare. Le sue braccia sono fermamente intrecciate dietro al mio collo, e mi attirano verso di lei. Il bacio che segue è goffo, lento e umido. Le sue labbra sanno di alcol: un sapore che mi è ben familiare, ma che stona associato a lei.
Non avrei dovuto farla bere così tanto.
“Dove hai intenzione di andare?” sussurra contro le mie labbra.
“Devo spogliarmi. Non vado da nessuna parte.”
Sbuffa imbronciata come una bambina, ma mi lascia andare. “Non ancora. Ma prima o poi te ne andrai e mi lascerai per sempre.”
Non fa altro che torturarmi, continuando a ricordarmelo.
Mi spoglio in tutta fretta, lasciando stivali e vestiti sparpagliati sul pavimento, poi mi stendo sul letto e la Principessa, che sembrava già addormentata, si rannicchia istintivamente contro il mio corpo, abbracciandomi stretto. Allungo una mano sotto la maglietta che indossa, per godere della sensazione della sua pelle nuda, forte della sua apparente docilità. Ma, non appena le mie dita iniziano a muoversi sulla sua pelle, emette un gemito. Mi fermo immediatamente.
“Non smettere” mormora, senza neppure aprire gli occhi.
“Come?”
“Continua a toccarmi.”
Incoraggiato dalle sue parole, lascio scorrere le dita seguendo le curve dei suoi fianchi e il tracciato delle sue vertebre, assaporando con il tatto ogni centimetro di pelle che riesco a conquistare.
“Mi piace farmi toccare da te” sospira dopo qualche istante.
“E a me piace toccarti” ammetto senza riflettere.
Ormai la mia mano ha raggiunto le sue scapole, e posso sentire la sua risata vibrare nella gabbia toracica. “Lo immaginavo.”
 
Non c’è niente di erotico o di sensuale in tutto questo. Non ho proprio voglia di fare sesso con lei ora. Mi accontento solo di poterla stringere e accarezzare, e di sentire il suo calore ed il suo profumo.
L’arrogante mercenario che ero qualche anno fa avrebbe giudicato il mio sentimentalismo assurdo e patetico, e considerato questa serata come un’occasione mancata per divertirsi un po’.
Ma non ho assolutamente intenzione di approfittare di Leia, per di più ora che è ubriaca.
Ancora mi chiedo cosa ho fatto meritarmi una donna del genere. 

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Capitolo 12
*** Data stellare ABY 3:10:30 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo – Data stellare ABY 3:10:30

La nave è atterrata allo spazioporto di Cloud City – Bespin – alle 0019.12 ora standard, come previsto dal computer di bordo. Secondo una prima analisi, la stima dei danni è la seguente: malfunzionamento dell’iperguida, perdite al condotto idrico dell’area sud e al serbatoio di carburante di secondo livello, diminuzione della potenza degli scudi deflettori anteriori del 25.30%.
 
La situazione del Falcon è migliore di quanto pensassi. In fin dei conti, il problema più grosso è – come pensavo – l’iperguida ma, con i tecnici che Lando mi ha messo a disposizione, può essere risolto entro stasera. Le perdite di carburante e il condotto idrico che fa i capricci sono danni lievi, che non dovrebbero richiedere molto impegno. Se tutto va bene, domani mattina possiamo anche ripartire e togliere il disturbo a Lando.
Leia ha ragione, c’è qualcosa che non quadra: non ricordavo che quel vecchio marpione avesse modi così gentili e melliflui e, soprattutto, non mi aspettavo un’accoglienza tanto cordiale da parte sua, visto cosa è successo nel nostro ultimo incontro. Neanche lo riconosco più…capisco che ora è un amministratore, un uomo di successo, e che ha delle grosse responsabilità, ma davvero non immaginavo fosse diventato così distinto.
 
Prima, quando siamo andati insieme a parlare con i suoi tecnici, mi ha chiesto di sottecchi se io fossi in foglia con la principessa. È una vecchia espressione che usavamo da giovani per dire che una certa ragazza era di nostro possesso, un’espressione che non sentivo da secoli. Dire di essere in foglia con una serviva ad escludere il rischio che gli altri ti fregassero la ragazza, secondo una specie di codice d’onore tutto nostro, che è stato sempre abbastanza rispettato.
Essere in foglia con Leia non è l’espressione che avrei scelto io. Innanzitutto perché la Principessa non è in mio possesso: mi guardo bene dal sostenere una cosa del genere…Sua Altezza non si è lasciata sottomettere neppure da Vader in persona, chi sono io per azzardare un pensiero così?! Poi perché questo gergo mi ricorda episodi del passato che avrei voluto cancellare per sempre. Mi sorprende invece che Lando, nonostante la sua evidente scalata sociale, abbia voluto usare questo codice che usavamo quando eravamo due teppistelli su Corellia, senza l’ombra di un credito nelle tasche.
“Siamo amanti” rispondo, per fugare ogni dubbio.
Lando accenna un sorrisetto dei suoi, lasciando intendere che non l’ha bevuta, e si accarezza distrattamente i baffetti. “Sul serio?”
“Sì, sul serio. Perciò toglitela immediatamente dalla testa, amico!”
“Non ti scaldare, Han. È indubbiamente molto carina, ma è anche una principessa. Non credi di aver passato un po’ il segno stavolta?”
Questa conversazione mi sta innervosendo sempre di più. “Non penso che questa faccenda ti riguardi. Leia è abbastanza grande e intelligente per decidere da sola con chi stare, no?”
O almeno, è quello che spero.
*****
La suite che Lando ci ha messo a disposizione è costituita da un salottino circolare, arredato con divanetti e poco altro, che dà accesso a quattro camere tutte uguali.
Quando io e Chewie arriviamo, non troviamo né Leia né il droide, ma non mi preoccupo: la principessa, stanca com’era, sarà sicuramente già a letto, e per quanto riguarda la ferraglia dorata…non ho idea di dove sia, ma sono contento di non averlo fra i piedi per un po’.
Saluto la mia controparte pelosa e me ne vado nella mia stanza. Lo stile è molto essenziale, ma sembra essere dotata di tutti i comfort e, soprattutto, di un bel letto comodo, sul quale mi stravacco subito dopo una doccia veloce e una cambio di vestiti puliti.  
 
Sono stanco morto, ma non riesco proprio a prendere sonno. Vorrei riflettere un po’ sul viaggio che è appena finito e sulle conseguenze che ne sono derivate. Che cos’è successo fra me e Leia? Mai come questa volta, tutte le definizioni risulterebbero inadeguate e insoddisfacenti. Qualunque cosa sia – in ogni caso – domani non esisterà più…lei tornerà alla sua cara Ribellione, ed io tornerò alla vita fecciosa che facevo prima.
Meglio così, in effetti. Insieme, non avremmo potuto avere nessun tipo di futuro. O meglio, io non avrei potuto darle un futuro. Trascinarla nel contrabbando con me? Non acconsentirebbe mai a fare qualcosa di illegale. Sposarla e farci magari anche dei figli? Che cosa assurda e ridicola! Sarei un pessimo marito, ed un padre ancora peggiore: questo tipo di vita non è per niente nella mia natura di animale solitario.
Lei si merita molto meglio: si merita stabilità, sicurezza, cose che io non posso garantirle.
Questo viaggio verso Bespin – tanto lungo da essere quasi allucinante – lontano dal resto della galassia, dalle nostre vite precedenti, ha offerto le condizioni ideali per scoprire quello che provavamo l’uno per l’altra. Come in una serra la pianta cresce in condizioni ottimali ma artificiali, così anche la nostra storia è nata in un ambiente ovattato, ma si guasterà irrimediabilmente non appena avrà contatto col mondo esterno. Anche questo faceva parte delle regole del gioco che ci siamo imposti a inizio partita.
Il suo profumo resterà ancora a lungo a bordo del Falcon, sui miei vestiti che ha indossato in queste settimane e fra le lenzuola della mia cabina, e la forma del suo corpo rimarrà impressa nelle mie mani forse per sempre, ma devo farmene una ragione e cercare di andare avanti. Non dimenticarla – questo non lo farei mai – quanto piuttosto abituarmi a vivere senza di lei.
 
Sono ancora immerso nei miei pensieri, quando qualcuno bussa alla porta. Forse è Leia: magari, anche lei si sente sola e ha voglia di stare ancora un po’ con me.
Sbadigliando mi alzo dal letto e apro la porta. Leia è una visione meravigliosa per i miei occhi, soprattutto perché indossa molto meno di quanto le abbia mai visto addosso. Ha un abitino bianco davvero minimale, che ha il potere di concentrare il mio sguardo sul suo decolté evidenziato dalla profonda scollatura e sulle cosce completamente scoperte, e che lascia ben poco alla mia già fervida immaginazione. Mi guarda con quei suoi occhioni color cioccolato e mi sorride.
Resto a fissarla sull’uscio della porta non in grado di proferire parola, immagino con un’espressione idiota stampata sul volto e magari anche con la bava alla bocca, ma non posso staccarle gli occhi di dosso. È un bocconcino irresistibile.
“Non mi fai entrare?”
“Certo” riesco a balbettare. “Vieni pure.”
Chiude la porta alle sue spalle e si siede sul bordo del letto, accavallando maliziosamente le gambe. Sa esattamente cosa sta facendo, come giocare col fuoco che mi sta consumando. Voglio solo vedere dove e come andrà a finire.
“Non sapevo che fossi tornato. Avresti potuto chiamarmi.”
“Credevo che fossi già addormentata” le rispondo, cercando in tutti i modi di mantenere la calma e la distanza di sicurezza da lei.
Scuote la testa. “Ero sveglia, ti stavo aspettando. Come procedono le riparazioni al Falcon?”
“Bene. Anzi…meglio di quanto avessi previsto. Se tutto procede secondo i piani, dovremmo riuscire a partire per domani.”
Annuisce, alzandosi in piedi ed avvicinandosi pericolosamente a me. Le sue braccia nude mi circondano il collo e le sue dita gelide iniziano a disegnarmi piccoli cerchi dietro la nuca, mentre i miei pugni serrati sprofondano sempre di più nelle tasche dei pantaloni. Sono sicuro che se iniziassi a toccarla adesso, non sarei in grado di fermarmi.
“Vuoi dire che questa è l’ultima notte che trascorreremo insieme…vero?” La sua voce è un soffio dolce e caldo vicino al mio orecchio.
“Esatto, Principessa.”
 “E poi dovremo lasciarci.”
“Già.”
Appare rattristata. “Mi mancherai molto, lo sai? In realtà…mi manchi già adesso, se ci penso. Vorrei che mi dessi qualcosa che mi ricordi di te, quando te ne sarai andato via.”
Non so proprio cosa potrei dare ad una donna speciale come lei. “Che cosa vuoi?”
Scioglie l’abbraccio in cui mi teneva prigioniero e fa scorrere le dita e lo sguardo lungo il mio corpo, fermandosi appena sotto la cintola, sulla mia eccitazione evidente al di sotto del tessuto dei pantaloni. “Voglio te.”
Immediatamente mi si gela il sangue nelle vene.
Se dovessi resisterle solo per questa notte, forse sarebbe una sofferenza, e per parecchi giorni poi mi pentirei di non aver ceduto, ma poi saprei come superare. Se invece cedessi a questa tentazione – accontentandola per stanotte – sarei soddisfatto ora ma non sono sicuro che riuscirei a lasciarla andare via o, se ci riuscissi, questo farebbe troppo male.
“C’è qualche problema?” sussurra al mio orecchio.
“Nessun problema” mento con difficoltà. “Perché?”
“Non lo so. Ti sei improvvisamente bloccato.” Ridacchia. “Non dovrei essere io quella in ansia?”
Come al solito, mi ha messo in trappola. “E lo sei?”
“No. Mi fido ciecamente di te.” Mi stringe la mano stranamente sudata, come ad assicurarmi che quello che sta dicendo è vero.
 
Ho paura.
Innanzitutto di farle male, di essere troppo impetuoso e di non riuscire a controllarmi, visto quanto ho atteso questo momento. Poi di non riuscire a far tremare la terra per lei, a farle provare il piacere che provo io anche solo sfiorandola con un dito. Il sesso è sempre un imperativo nella testa di ogni maschio – e io non faccio eccezione. Del resto, la soddisfazione di una donna non è il metro con cui si giudica la nostra virilità? Ovviamente, qui c’è in ballo molto di più: non voglio deluderla sotto ogni punto di vista, come amante ma soprattutto come uomo. Il suo giudizio è la cosa che mi sta a cuore di più ora. E al diavolo quello che si dice sulle prestazioni sessuali dei Corelliani…sono nel panico più totale.
Sarebbe tutto molto meno complicato se io non fossi irrimediabilmente innamorato di lei. Ci ho fatto così l’abitudine al sesso, a portarmi qualcuna a letto e divertirmici, che ho dimenticato cosa vuol dire fare l’amore. Forse c’è stato un tempo il cui lo sapevo, quando ero innamorato della vita e delle donne, quando ero più giovane. Ma poi l’esperienza mi ha reso cinico, disilluso, e ora mi trovo impreparato.
 
Inizia a baciarmi come ha già fatto tantissime volte, solo che ora è diverso, c’è la consapevolezza che non dovremo fermarci, che non abbiamo limiti.
Con calma le scosto i capelli dietro la spalla e la bacio sul collo e sotto l’orecchio, sentendo subito la pelle d’oca comparire sul suo braccio, e lascio che il vestito le scivoli addosso e cada a terra con un fruscio. È maestosa, di gran lunga più bella di quanto l’abbia mai immaginata.
 
Afferra le mie mani e mi porta sul letto.
Steso su di lei, con ogni centimetro del mio corpo che combacia perfettamente con il suo, mi sale il dubbio che forse non è quello che vuole, che lo sta facendo solo perché sa che non ci rivedremo mai più.
“Lo fai perché devi, o perché lo vuoi davvero?” le chiedo con l’ultimo briciolo di razionalità che ancora mi resta, ricordando la nostra conversazione avvenuta sul Falcon qualche giorno fa.
Sorride dolcemente. “Perché ne ho bisogno.”
Apro la bocca per tentare di dissuaderla, ma lei mi mette a tacere baciandomi di nuovo con una foga rinnovata, una passione bruciante.
Evidentemente, la decisione è presa e non vuole che provi a convincerla a farle cambiare idea.
 
Scegliamo di amarci così, senza dire una parola, lasciando che siano i nostri corpi a parlare. Troppe frasi vuote e offese senza senso sono volate fra di noi in questi anni, e paradossalmente il silenzio sembra l’unica cosa giusta da dire ora. Sappiamo entrambi che questa storia non ha futuro, e ciò ci costringe a vivere questi momenti con la follia cieca e disperata degli amanti stregati dall’oggi ed incuranti del domani.
Cerco di imprimere nella memoria ogni dettaglio, ogni particolare legato a questa notte: il suo respiro corto e irregolare; le sue dita conficcate fra le mie scapole; le nostre fronti schiacciate l’una contro l’altra; il mio nome sospeso sulle sue labbra e i suoi occhi fissi nei miei come a volervi leggere la mia anima.
 
Molto tempo dopo, quando ormai l’alba lattiginosa inizia a fare capolino dalle ampie vetrate della stanza, ce ne stiamo abbracciati stretti in mezzo al letto, immobili, ad ascoltare i nostri respiri. Il piacere che ho provato è stato intenso, sconvolgente, nuovo, e l’adrenalina scorre ancora veloce nelle mie vene e mi annebbia la mente e i sensi.
Tutto quello che dovevamo dirci e che non abbiamo mai avuto il coraggio di fare ce lo siamo detti stanotte. È stato il nostro addio, dolcissimo e struggente come non avrei mai creduto che un amplesso potesse essere…forse perché non avevo mai amato così tanto una donna come amo Leia. Mi aveva chiesto un regalo, qualcosa che le desse la possibilità di ricordarmi, e non si è resa conto che il regalo più grande me lo ha fatto lei: piacere, sì, godimento mai assaggiato prima, ma quello che mi ha sciolto davvero il cuore è stato provarlo con lei, essere dentro di lei e perdermi nei suoi meravigliosi occhi castani.
 
Una volta, parecchio tempo fa – avrò avuto sì e no vent’anni – capitai con Chewie su un pianeta desolato dell’Orlo Esterno, di cui non ricordo neppure il nome. In una squallida bettola, piena di vagabondi e di mascalzoni di tutte le specie, ricordo che c’era una vecchia. Si chiamava Maz, ed era una specie di megera o strega. Diceva di riuscire a predire il futuro semplicemente guardando una persona negli occhi. Non so se fosse vero, se lo dicesse perché aveva un potere o solo per spillare qualche credito ai clienti di passaggio: io non ho mai creduto nei poteri mistici, ma quella donna sembrava davvero convinta di quello che diceva.
Ad ogni modo, non appena entrammo quella si avvicinò e si sedette al nostro tavolo. Le era bastato un attimo per capire chi fossi – mi disse – aveva avuto come una sensazione prima ancora di vedermi. Voleva a tutti i costi predire il mio destino. Cercai di mandarla via, non mi importavano i suoi pronostici, ma lei fu più tenace di me. Non erano i soldi che le interessavano – ripeté più volte – ero io.
Mi disse che la Forza era molto potente in me: anche se non ero uno Jedi, avevo la capacità innata di attrarre a me persone dotate di questo potere. Avrei incontrato dei grandi cavalieri Jedi, ed il mio destino sarebbe stato irrimediabilmente legato al loro. Avrei toccato fortuna e gloria, conosciuto grandi soddisfazioni, ma anche brucianti delusioni e amari dispiaceri. Avrei conosciuto una donna fiera, una guerriera…la mia anima gemella nella Forza, che mi sarebbe stata accanto fino a che la morte non fosse venuta a prendermi.
Non credetti nemmeno ad una delle sue parole in quel momento. Un mucchio di idiozie senza senso, pensai.
Probabilmente le augurai di andare al diavolo, o qualcosa del genere. Non mi rammentai delle sue parole neppure quando incontrai il vecchio pazzo e il ragazzino a Mos Eisley, o quando ho iniziato a lavorare stabilmente per l’Alleanza Ribelle, dopo la distruzione della Morte Nera. Eppure stanotte mi è tornato alla mente questo episodio accaduto così tanto tempo fa e la profezia di quella vecchia. Perché? Non ne ho idea. Forse perché è successa una cosa davvero strana, quasi inquietante. Prima – mentre facevamo l’amore – mi sono sentito fuso con Leia, come se non riuscissi a capire dove finivo io e dove iniziava lei, quali fossero i miei pensieri e quali i suoi, se quelle sensazioni le stesse provando lei oppure erano frutto della mia percezione. Come se, per qualche istante, fossimo stati indistinti.
E se la vecchia megera avesse avuto ragione? Sembra assurdo, ma potrebbe essere vero. Oppure sto semplicemente impazzendo e ho le traveggole. Leia potrebbe essere davvero la mia anima gemella, un concetto di cui qualcuno – oltre alla vecchia – mi aveva già parlato ma a cui non avevo mai voluto credere. Di donne ne ho avute tante, e nessuna mi aveva coinvolto così tanto, stregandomi la mente e il cuore. Con Leia invece è stato tutto diverso, da subito, dal primo momento in cui l’ho vista al livello di detenzione sulla Morte Nera.
Non ho idea di cosa significhi tutto questo…noi, la nostra storia, questa notte incredibile in cui si è regalata a me anima e corpo.
 
La guardo dormire tranquilla fra le mie braccia e non riesco a reprimere un moto di commozione, che mi stringe il cuore in gola.
Prima o poi dovrò dirle che la amo. 

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Capitolo 13
*** Data stellare ABY 3:10:31 ***


Dal diario di bordo del capitano Solo - Data stellare ABY 3:10:31
Viviamo per morire.
Passiamo la vita in mille occupazioni, nella fretta, a combattere stupide battaglie, ma in fondo tutto non è altro che un’attesa che il nostro tempo finisca…nel nulla. Allora a che serve vivere? A che serve affannarsi tanto, se poi è tutto inutile?
Non mi ero mai perso in queste riflessioni, finché non ho guardato la Morte negli occhi.
 
La mia corsa finisce qui, in una camera di ibernazione su un minuscolo ed insignificante pianeta, tradito da quella che ritenevo una persona di cui potersi fidare. Non credevo che Lando si sarebbe abbassato a tanto…non mi ero reso conto di quanto fosse viscido e meschino. Ma oramai è inutile anche prendersela con lui. Mi fa solo pena per il modo in cui si è svenduto a Vader e a quella feccia di Boba Fett.
Vorrei non aver trascinato Leia in questa bolgia schifosa. Avrei voluto tenerla fuori dal mio mondo, dalle mie brutte frequentazioni, dai miei sbagli, ma non ci sono riuscito. Ecco cosa capita quando ti leghi troppo a qualcuno…lo trascini all’inferno con te.
 
Il puzzo di gas carbonio è terribile. Il fumo è così intenso che brucia agli occhi e quasi impedisce di vedere oltre il proprio naso.
Le guardie sono costrette ad ammanettare Chewie, quasi impazzito nello sforzo di adempiere al suo debito di vita nei miei confronti e di fare qualcosa per aiutarmi.
Non c’è più nulla da fare, ormai.
“Calmati, Chewie” grido, tentando di sovrastare i suoi ululati disperati. “Conserva le forze…ci sarà un’altra occasione.”
In realtà, so benissimo che questo è un addio, ma non voglio ammetterlo a parole.
Non ce la faccio.
“Devi aver cura della Principessa” dico invece.
Mi fido di Chewie, ciecamente, ed è l’unica persona a cui posso affidare la vita di Leia, se riusciranno a cavarsela e ad uscire vivi da qui dentro. “Mi hai capito?!”
[Certo. Ho capito, amico.]
Ci guardiamo ancora un attimo negli occhi, affidando al silenzio tutto quello che dobbiamo dirci, poi mi volto verso Leia. Non l’ho mai vista così distrutta emotivamente.
Se non fossi ammanettato l’abbraccerei, come ho fatto innumerevoli volte in queste ultime settimane in cui ho imparato ad amarla, invece mi chino su di lei e la bacio. Ho bisogno di sentire ancora una volta il suo dolcissimo sapore e voglio che questo sia il mio ultimo ricordo, le sue labbra premute forte contro le mie.
Mi stacco da lei solo perché vengo trascinato via di forza da assurdi esseri alti la metà di me, ma non smetto neanche per un istante di guardarla.
 
Mi fissa con uno sguardo pieno di angoscia e di tristezza, pieno di tutto quello che non c’è stato fra di noi.
“Ti amo” mi dice platealmente, davanti a tutti, vincendo la ritrosia, l’orgoglio e la timidezza che quest’ammissione comporta.
Sorrido. Lei è riuscita a esternare i suoi sentimenti. Ha sempre avuto coraggio – la ragazza – molto più di me. “Lo so” è tutto quello che riesco a dire, mentre tutto intorno è soltanto fumo.

SOLO OUT

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