Le voleur et l'enfant - Quando la dolcezza cattura il tuo cuore.

di SweetAinwen
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I. ***
Capitolo 2: *** Capitolo II. ***
Capitolo 3: *** Capitolo III. ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV. ***
Capitolo 5: *** Capitolo V. ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI. ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII. ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII. ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX. ***
Capitolo 10: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo I. ***








Capitolo I.






Chat Noir colpisce a Parigi.
 
Non si è ancora a conoscenza del perché delle sue azioni, resta il fatto che la polizia di ogni paese non è riuscita a scovare indizi che permettano di identificarlo e metterlo dietro le sbarre. 
I cittadini parigini sono in allerta ogni singolo attimo delle loro vite per il terrore di essere i prossimi bersagli del suo mirino. Questo ladro in nero, a quanto pare, rimarrà a piede libero, lasciando un semplice bigliettino con la sua firma dopo ogni oggetto rubato, svanendo nella notte.
Quanto durerà questa disgrazia? 






Potevi trovare quella notizia e altro materiale correlato dappertutto: sui giornali, in televisione, su Internet. Non solo a Parigi, persino in Italia, in America, in Russia... 
Esattamente. Di fama internazionale. Era esagerato? Nah! Ormai era un dovere carpire informazioni su quell'individuo per farlo uscire allo scoperto, anche qualcosa di banale. Sorrise sghembo. Peccato non avrebbero trovato nulla, era bravo a celare le sue tracce e non si sarebbe messo proprio adesso ad abbassare la guardia. La prudenza non era mai troppa. Però non avrebbero mai pensato che l'oramai ex modello, Adrien Agreste, figlio del famoso stilista Gabriel Agreste, fosse il volto dietro quella maschera e il corpo vestito di quella tuta aderente nera. Ridacchiò. Uno dei vantaggi di essere il discendente di suo padre. 
Alla fin fine era sparito dalla circolazione all'età di diciotto anni, dopo aver abbandonato la sua carriera di indossatore e aver deciso di vivere per conto proprio. Aveva viaggiato molto, certamente, imparando il mestiere di ladro anche. Quella professione lo aveva ispirato nell'adolescenza e lo ispirava tuttora, trasformandolo in ciò che era diventato. Infatti, dopo una serie di furti in case benestanti e non, stabilì di darsi un nome e lo scrisse su un fogliettino:

La sfortuna è passata di qui, Chat Noir è passato di qui. 

Da quel momento in poi, il furfante ebbe un nominativo perfetto per quel ruolo che persisteva da ben quattro anni. Parigi era l'unica a non essere finita tra le sue grinfie e aveva infatti agito quella notte, dopo aver fatto una visitina al Signor Agreste in mattinata. Si aspettava qualcosa di più da quello scontro.





Suonò il campanello e la porta fu aperta da... una cameriera? Alzò un sopracciglio, squadrandola da capo a piedi mentre lei fissava dritta davanti a sé. Da quando suo padre assumeva cameriere? Dov'era Nathalie?
Varcò la soglia e non poté far altro che provare un pizzico di nostalgia di quel luogo, non appena si osservò attorno. La donna chiuse la porta e si incamminò, lasciandolo da solo.
Lui fece spallucce e, infine, ecco l'entrata in scena dell'uomo che mal sopportava in piedi al centro delle scale. Impossibile dimenticare il suo continuo tenere le braccia dietro la schiena e il mento verso l'alto, come se fosse superiore a chiunque. 
- Bentornato, Adrien. - fece un leggero movimento col capo, il tono di voce atono.
- Ciao... papà. - lo salutò, ricambiando il gesto. 
La chiamata della sera precedente da parte di suo figlio che lo avvertiva della sua visita lo aveva lasciato sorpreso... e felice. Sembrava passata un'eternità dall'ultima volta che lo aveva visto e, ora, averlo a pochi passi... 
La sua partenza gli aveva causato un dolore che si era aggiunto a quello che già provava per la perdita della sua adorata moglie. Per l'uomo era come aver perso anche il suo amato figlio. Lo aveva capito che Adrien era scappato, letteralmente. I suoi occhi avevano espresso il suo disappunto, la sua delusione... proprio come in quel momento. Non si sarebbe mai perdonato per quello e voleva rimediare.
- Dopo dieci anni ti ricordi di avere un padre. - 
- Tu devi ancora ricordarti di avere un figlio. - mormorò, bloccandogli il respiro, per poi aggiustarsi un ciuffo ribelle. - Noto che l'età è avanzata. - constatò guardandolo - Dovresti cedere il tuo posto a qualcun altro. - 
- Finché avrò vita, rimarrà tutto nelle mie mani. - ribatté atono, scuotendo la testa in senso di diniego.
- Io credo, invece, che dovresti farlo. Andare in pensione. - alzò un sopracciglio, sorridendo sghembo. - È una grande opportunità per rilassarti. Le mie parole non intendono dirti che devo essere io, - chiarì all'istante, muovendo una mano a mezz'aria. - rifiuterei immediatamente. -
- Finché avrò vita. - ripeté.
Iniziò ad indietreggiare: - Come desideri. -
- Dove stai andando? -
- Nel mio appartamento. - voltò solo la testa - Così non ti faccio perdere tempo. - riprese a camminare - Quello che avresti dovuto sprecare con me. -
E uscì da quella casa che aveva assistito soltanto alla sua tristezza e all'assenza costante di Gabriel nella sua vita, che portò una mano sulla fronte, sospirando. Il suo carattere era cambiato... in peggio. 
Erano quelle le conseguenze delle sue azioni? Sembrava non avere nemmeno una seconda chance, il ragazzo gli aveva praticamente spiattellato che non voleva avere a che fare con lui in modo confidenziale.
- Che cosa ti ho fatto, Adrien? - mormorò, vergognandosi di sé stesso.






Un cliché. Alla fin fine erano quelli i discorsi che mettevano in atto quando viveva ancora con l'uomo e si era stancato della monotonia. Adesso sedeva su una panchina, con il cellulare tra le mani e osservava il parco giochi gremito di bambini con le loro mamme. Notò un bimbo cadere per terra, aiutato subito dalla genitrice che gli spazzolò la maglietta a mezze maniche e i pantaloncini, pulendo i piccoli raschietti sulle ginocchia con un fazzoletto imbevuto d'acqua presi dalla borsa. Ridacchiò. 
"Hai l'occorrente per ogni evenienza, vero, mamma?", pensò con un lieve sorriso, che diventò triste rammentando i bei momenti passati con la sua. 
Sospirò. Oh, quanto le mancava! Se fosse stato capace di viaggiare indietro nel tempo, avrebbe impedito il litigio avvenuto tra i suoi genitori e lei non avrebbe deciso di prendere la macchina e farsi un giro per non pensare, morendo sul colpo nel momento in cui uno stronzo ubriaco guidava ad altà velocità. Così il rapporto fra padre e figlio si era raffreddato, fino ad annullarsi. Fino a giungere a quel punto: l'uomo maniaco del lavoro e il ragazzo attratto dal crimine. La vita era maledettamente iniqua, vero? Improvvisamente avvertì una folata di vento e qualcuno sfrecciare come un fulmine, attirando la sua attenzione. Quel razzo altro non era che una bambina, vestita di una T-shirt e una gonna, con due buffi codini bassi dal colore tendente al blu. 
- Buginette, vieni subito qui! - 
La piccola si voltò e fu in quei pochi secondi che il suo viso, abbellito da un bellissimo sorriso a trentadue denti e due iridi oltremare, catturò il suo cuore. Quella dolcezza fatta persona gli buttò un'occhiata e le sue minuscole labbra si tirarono più all'insù, mozzandogli il respiro. Poteva esistere un essere così angelico o era solo una sua impressione? La vide correre e una signora occupò la sua visuale, probabilmente la madre che cercava di acchiapparla. 
- Buginette, ti prego! Non mi far preoccupare! - 
La sua risata gioiosa gli riempì le orecchie e un calore al petto che non provava da molto si impossessò di lui. Una bella sensazione. 
Ora aveva superato il marciapiede e sgranò gli occhi nel scorgere una macchina in lontananza avvicinarsi pian piano. Con uno scatto si alzò e si mosse velocemente.
- Marinette! -
La citata girò il capo, sentendo urlare il suo nome e sentì due braccia grandi avvolgerle lo stomaco e i fianchi, venendo trascinata indietro. L'individuo all'interno del veicolo suonò il clacson e continuò il suo percorso, mentre la piccina lo guardava con la fronte corrugata e fece la pernacchia al conducente, facendo ridacchiare Adrien. 
- Oh, la ringrazio tanto! - esclamò sollevata la donna, riprendendo fiato. 
- Di niente, signora. - 
- Quante volte ti ho detto di fare attenzione alla strada? - la rimproverò, prendendola per le spalle.
- Ma zia Nathalie... stavo solo giocando! - ribatté con il broncio e quella tenera voce innocente risvegliò nel giovane una voglia irrefrenabile di proteggerla. 
Sospirò: - Non in questo modo. - si rimise dritta - Grazie ancora, se le fosse successo qualcosa non me lo sarei perdonato. - 
- Si figuri. Ho solo fatto quello che avrebbero fatto tutti se avessero visto una bellissima signorina come lei. - disse sorridendo, inclinando il busto in avanti per arrivare alla sua altezza. 
Lei afferrò tra le dita le estremità della gonna e fece un inchino per ringraziarlo del complimento e la donna scosse la testa. Era una peste! Insegnarle quel tipo di galateo era stata una pessima idea! 
- Oh! Vedo anche che è molto educata. - si sorprese Adrien, dandole un buffetto affettuoso, facendola ridere.
Quella risata fu il medesimo colpo al suo muscolo cardiaco. Che cosa gli prendeva? Era soltanto una bambina!
Nathalie scrutò il giovane da dietro i suoi occhiali rettangolari, notando una somiglianza strabiliante con il piccolo ragazzino a cui aveva badato tempo addietro. E se fosse lui?
- Adrien? - 
Il ragazzo alzò lo sguardo, stupito: - Come sa il mio nome? - chiese con un'occhiata indagatrice.
- Adrien Agreste? - finì lei, spalancando gli occhi. 
- S... Sì. - rispose titubante, issandosi. 
- Oh! Sembrava solo ieri che ti vedevo andare a scuola sprizzando energia da tutti i pori! Non ti ricordi di me? - lui negò - Sono Nathalie. Nathalie Sancoeur. -
- Nathalie?! Sul serio? - lei annuì ridacchiando - Non ci credo! Fatti abbracciare! - la strinse tra la braccia, incredulo. - Ti trovo bene. - 
Come aveva fatto a non accorgersene? Era la stessa, soltanto con più rughe. 
Sorrise: - Grazie. - si staccarono.
- È il tuo amichetto, zia Nathalie? - domandò Marinette, indicandolo. 
- Sì, tesoro. È l'Adrien di cui ti parlo sempre. -
- Oooh! Che bello! - esultò lei, saltellando sul posto. - Sai, la zia-la zia Nathalie mi dice sempre che hai-hai fatto tante cose. Come me! - 
- Parli di me? - ridacchiò divertito.
- Non posso? - 
Mosse una mano a mezz'aria: - Nessun problema. -
Gli voleva così bene da raccontare le sue avventure? Sorrise. Almeno qualcuno si ricordava di lui.
- Lavori ancora per mio padre? -
- Oh, no. Ho mollato. -
Aggrottò la fronte: - Mollato? - 
- Sì. Quel lavoro mi aveva stancata e adesso mi occupo di questa - poggiò una mano sulla sua testolina - peste. - 
"Ecco perché non l'ho vista ieri.", rifletté lui.
- Io non sono u-una peste! - mise il broncio e le braccia incrociate. - Cattiva zia Nathalie! -
I due ridacchiarono, facendole emettere un mugugno stizzito.
- È un piacere rivederti. - 
- Il piacere è mio, Adrien. Sei cresciuto molto... - addolcì lo sguardo - diventando un uomo. A quanti anni sei arrivato? -
- Ventotto. - 
- Ventotto... - ripeté con una mano sul petto - come passa in fretta il tempo. -
- Zia Nathalie... - la chiamò la piccola, tirandola per la maglietta e attirando la loro attenzione. - si sta fa-facendo buio. - 
- Sì, cara. Ora torniamo a casa. - riportò gli occhi sulla figura del giovane: - Spero di incontrarti di nuovo. - 
- Certamente, Nathalie. Se vuoi posso darti il mio numero. - 
- Certamente! -
Dopo essersi scambiati i loro recapiti telefonici, si salutarono con un'alzata di mano. La fanciulla, invece, gli aveva lasciato un bacio sulla guancia e mostrato un sorriso a trentadue denti, migliorando maggiormente il suo umore.
Osservò il cielo che, ormai, dava spazio al buio. 



Si mise delle lenti colorate che coprivano l'intero occhio di verde, non alterando il colore naturale delle sue iridi. Portò verso l'alto la zip al centro del petto della sua tuta aderente, si aggiustò la coda finta, le orecchie poste sulla sua testa bionda e indossò la maschera. Poteva sembrare una presa in giro, tuttavia era un burlone a cui piaceva tremendamente giocare con i topolini. Sorrise sghembo, aprì la finestra della sua camera da letto e salì il tetto, cominciando il suo lavoro. Si fermò e diede un'occhiata all'orologio con display notturno che aveva al polso. 
L'una e mezza di notte. Orario perfetto per attaccare. Alzò lo sguardo. Aveva notato vari accessori di sicurezza fuori dalle case, probabilmente si trovavano anche all'interno. Ridacchiò. Pensavano di bloccarlo in quella maniera? 
Saltò su un comignolo e scrutò la sua meta in tutto il suo splendore. Era la casa ~ o villa? Era di dimensioni talmente grandi da non poter definirla in altro modo ~ dei Dupain-Cheng. Era la terza famiglia più ricca della città. 
La prima era la Bourgeois e la seconda era la sua... l'Agreste. Fece un balzo e si aggrappò agli infissi laterali della finestra, appoggiando i piedi sul davanzale. Osservò dentro e, grazie ai raggi lunari, notò delle bambole per terra. 
Forse i nipoti venivano a far loro visita e si portavano dei giocattoli per poi dimenticarli. Tipico dei bimbi viziati. Atterrò senza causare rumore e si incamminò. 
- Chi sei tu? - una voce femminile impastata dal sonno gli arrestò il passo e lentamente si voltò.
Era avvolta dalla penombra e per quello riusciva solo a vedere una mano che stropicciava un occhio, seduta sul letto. 
Lei allungò un braccio sull'abat-jour posta sul comodino e la accese, mostrandosi. 
Chat trattenne il respiro. No, non poteva essere! 
- Chi sei? - 
Ora stringeva tra le mani un pupazzo rosso con tanti puntini neri, delle antenne sul grande capo e un sorriso a trentadue denti, con gli occhi aperti che sembravano fissarti. 
Quella... era la piccina di cui Nathalie si prendeva cura!








*Angolino dell'autrice*
Ta-daaaan! xD Come state? ^--^ Ve la sareste aspettata la mia entrata in scena con questa storiella fresca fresca? ^__^ 
Girovagando su internet, alla ricerca di nuove fan art sui nostri protagonisti così da intasare il mio pc xD, ho trovato questa:


E mi sono detta: << Perché non farci una storia? Anche se non so cosa ci faccia Chat nella stanza di una piccola Marinette di notte. Ma sì! Lo faccio ladro! In una casa, di notte, con indosso qualcosa che non ti permette di essere riconosciuto... cioè... boh... se non è così! Io lo faccio ladro, poi, chi non è d'accordo, adieu! >> 
Ed ecco a voi "Le voleur et l'enfant - Quando la dolcezza ti cattura il cuore"! xD 
Che ve ne pare del primo capitolo? ^__^ Spero sia stato di vostro gradimento e che lo saranno anche i prossimi capitoli. ^--^
Alla prossima!
Da: SweetAinwen. 

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Capitolo 2
*** Capitolo II. ***









Capitolo II.






Che cosa doveva fare? Scappare? No, no. Poteva dirlo a qualcuno e si sapeva com'erano i bambini: curiosi, la bocca della verità, iperattivi. Allora... fare segno di tacere? Si morse il labbro inferiore. Maledizione!
Improvvisamente il volto della bimba si illuminò: - Sei l'amichetto che ho chiesto alla stella cadente? - chiese, scendendo dal letto e avvicinandosi in fretta a lui. - Giocherai con me? - saltellò sul posto, contenta.
Due giorni prima, la zia Nathalie le aveva raccontato che, se esprimevi un desiderio nel momento in cui la vedevi cadere, si sarebbe avverato. 
Lui alzò un sopracciglio. Inconsapevolmente gli aveva dato una scusa che dal punto di vista dell'infante era plausibile. Quindi avrebbe sfruttato quell'idea e sarebbe riuscito nel suo intento.
Si accovacciò,
 osservandola con un sorriso: - Certamente. La stella mi ha mandato qui proprio per questo. Giocheremo a nascondino. -
- Sììììì! - sussurrò contenta, battendo le mani. 
- Però... - issò l'indice della mano destra e lei lo seguì con lo sguardo che indicava con lentezza alle sue spalle. - devi andare di nuovo a letto. E contare. Fino a cinquanta. Lentamente. Sai contare fino a cinquanta? - lei annuì.
- Va bene! A me piace contare! - esclamò, arrancando velocemente verso il letto e mettendosi sopra. - Uuuno. Duuue. - 
Chat Noir si diresse alla porta e cominciò a riflettere su dove potevano aver messo gli oggetti di valore. Guardò nello studio, non facendosi scappare nemmeno un dettaglio insignificante. Niente. Il posto più comunemente usato era quello, a meno che... 
Si fermò sull'uscio della camera da letto, adocchiando ciò che aveva visto prima. Perché non dietro un quadro appeso al di sopra del letto della propria stanza? Sorrise sghembo. Luogo abbastanza strambo e... impensabile. Poggiò le mani sulla cornice e lo levò, trovandosi dinanzi la cassaforte. 
- Che cosa fai qui? - 
Sobbalzò e girò il capo: - Dovevi contare fino a cinquanta. - la rimproverò dolcemente.
Non ne conosceva il motivo, ma quando i suoi occhi incontravano quelli di lei... una dolcezza immensa e particolare lo catturava. Era come se quelle iridi turchesi risucchiassero ogni suo problema.
- Ho sentito dei rumori e così sono venuta a vedere. Sei fortunato. -
- Perché sarei fortunato? - domandò sospirando, sedendosi sul bordo del materasso.
Quella notte non avrebbe concluso niente.
- Perché la zia Nathalie dorme come un ghiro e - scosse la testa - non sente niente. - 
Si schiaffeggiò la fronte con una mano. Che idiota! Si era completamente dimenticato di Nathalie! Come aveva potuto commettere tale errore? Un attimo. Nathalie? Perché l'aveva tirata in ballo? La fanciulla prese tra le dita la coda finta che toccava terra, dopo essersi avvicinata e cominciò a fare su e giù, ridacchiando. Mugugnò.  
- Anche perché... - lo fissò e sorrise a trentadue denti. - tu sei mio amico e non ti lascerò mai andare. E se provi a scappare, lo dico a mamma e a papà. -
"Nathalie ha ragione: è una peste!", pensò con un tic all'occhio.
- Non posso rimanere qui. -
- Invece sì! Posso darti io da mangiare e un letto! - 
- Non pensi alla mia famiglia? -
- È vero. - mise il broncio, a braccia conserte. - Ma tu domani torni di nuovo. - sfiorò il petto del ragazzo con l'indice, con sguardo minaccioso. - E non si discute! - 
"Questo modo dispotico deve averlo imparato dai genitori.", rifletté con un sopracciglio alzato.
Sospirò: - Ci penserò. -
- Mmh. - annuì - Come ti chiami? - 
- Chat Noir. - la bimba trascinò le braccia a mezz'aria e sorrise a bocca aperta.
- Ciao, Chat Noir! - le incrociò dietro la schiena - Io sono Marinette. Marinette Dupain-Cheng! -






- Non ricordavo che i Dupain-Cheng avessero una figlia. - 
Nathalie lo guardò: - È nata due anni dopo la tua partenza. - riportò lo sguardo sulla piccola, che ora stava scendendo dallo scivolo, sospirando. - E le mie dimissioni come manager. - 
- Mmh. - 
Erano seduti su una panchina del parco, per rivangare un po' i vecchi tempi ed era riuscito ad inserire nel discorso quella sua confusione di quella notte. In seguito alle presentazioni, Adrien se n'era andato e la peste le aveva strappato una promessa che mai avrebbe fatto. Già... avrebbe spifferato tutto se non fossero rimasti amici e lui si era fatto fregare per bene! 
"È una peste.", pensò, osservandola mentre si avvicinava a loro di corsa.
- Adrien, Adrien, Adrien! - parlò a raffica Marinette, dopodiché gli schiaffeggiò le ginocchia, poggiandosi su di esse e facendolo sorridere.
"Una peste adorabile!", aggiunse intenerito.
- Dimmi. -
- Giochiamo, giochiamo! - 
- Ora arrivo. Va bene? - acconsentì con dolcezza, accarezzandole la testa e lei annuì, correndo verso l'altalena, dove si trovavano altri bambini.
- Ti ha preso in simpatia, a quanto vedo. - constatò stupita. 
- Già. - ridacchiò - Perché tanto stupore? - 
- No, è che... - sorrise triste - purtroppo Marinette non socializza molto. I suoi genitori hanno sempre un mucchio di lavoro e la casa è quasi ogni giorno vuota. La madre con il suo ruolo di modella e il padre con quello di avvocato. Due personaggi abbastanza conosciuti e, si sa, - sospirò a bocca chiusa - la fama ha un prezzo. - abbassò il capo - Ci sono molte critiche su di loro... e come di consueto... le conseguenze ricadono sempre sui figli delle celebrità. - alzò gli occhi al cielo - Ancora ricordo quel giorno in cui rimproverai una mamma per aver detto davanti al figlio e a Marinette cose che non doveva. - si toccò la radice del naso, chiudendo gli occhi e togliendosi gli occhiali. - E ora tutti i bambini ripetono a pappagallo ciò che sentono in giro e dai loro genitori. -
Il ragazzo strinse i pugni talmente forte da conficcarsi le unghie nella carne. Più si andava avanti e più la gente diventava... arrogante, presuntuosa, incivile, egoista, disprezzante, ignorante... inutile. Dannazione, aveva i nervi a fior di pelle! Il sangue gli ribolliva nelle vene come non rammentava da tempo! Si poteva essere così cattivi nei confronti di una bambina? Un'innocente bambina che stava muovendo i primi passi nel mondo? Con che coraggio!
Si sentiva in dovere di proteggerla, non ne capiva il motivo. 
Vide un furfantello parlarle in maniera arrogante e lei abbassare il capo, poi spingerla e farla cadere a terra. Nathalie si coprì la bocca con una mano e Adrien si alzò di scatto, incamminandosi nella loro direzione. La donna lo seguì con lo sguardo e si issò, cercando di capire le intenzioni del ragazzo, che si accovacciò al fianco della piccola aiutandola a mettersi in piedi. Marinette tirò su col naso e gli occhi si fecero lucidi. Lo osservò e poco dopo le tremò il labbro inferiore, inducendola ad abbracciarlo per trovare conforto. Lui la strinse forte a sé e portò l'attenzione sul moccioso, riducendo gli occhi a due fessure. 
- Nessuno ti ha detto che non si usano le mani?! - lo rimproverò, facendolo idietreggiare. - Gira a largo da Marinette, moccioso! - 
- Come si permette?! - si intromise una voce femminile, furibonda, prendendo per mano il bambino. - Si vergogni! -
Si rimise dritto, con in braccio Marinette: - Dovrebbe essere lei a vergognarsi. Prima di mandare in giro suo figlio dovrebbe insegnargli a rispettare il prossimo e a non usare la violenza! L'ha spinta con tale forza da lasciarmi sorpreso e furioso! - aggrottò la fronte, osservandola dalla testa ai piedi. 
Indossava una maglietta nera a bretelline, una gonna a jeans neanche a metà coscia, calze a rete nere e dei tacchi vertiginosi. Chi l'avrebbe considerata una mamma? Poteva benissimo essere scambiata per qualcos'altro.
Quanto odiava chi si credeva chissà chi! Sopratutto donne come lei. 
- Ma cosa posso aspettarmi da una donna del genere? - sospirò e la citata spalancò la bocca per protestare. - Donne come lei sono da evitare, prive di qualsiasi senso di responsabilità. - aggiunse, bloccandola sul tempo e allontanandosi. - Si vergogni! - esclamò scuotendo la testa.
Alzò gli occhi al cielo, vedendolo scurirsi pian piano, dopodiché spostò lo sguardo su Nathalie, che ricambiava con un sorriso. 
Ridacchiò, arrancando nella sua direzione: - Marinette non è l'unica a provare simpatia. - constatò, facendolo sorridere. 
- Tutto bene? - domandò alla bimba, tentando di guardarla, e lei annuì continuando a tenere la testa poggiata sulla spalla di lui. - Vi accompagno, se non è un disturbo. - 
- Affatto, Adrien. Grazie. - 
- Di niente. - 


La poggiò a terra e si mise alla sua altezza, accarezzandole il capo: - Fai la brava e vai subito a nanna, capito? -
- Mmh! - annuì - Domani ti vedo di nuovo? - 
Quella domanda fece sorridere dolcemente Nathalie. Non l'aveva mai vista così vivace in presenza di qualcun altro ed era un bene che stesse cambiando.
- Certamente! Come posso non rivedere una peste adorabile come te? - 
- Ma perché tu e la zia Nathalie mi chiamate peste?! - mise il broncio, gonfiando le guance. - Io non sono una peste! - batté un piede per terra e Adrien rise.
- Sì, sì, va bene! - si raddrizzò - Ora, però, a casa! -



"Se lo sto facendo sul serio... è solo un sogno.", pensò camminando su un tetto.
Pochi passi mancavano alla meta. Poteva benissimo lasciar perdere, ma... non ci riusciva. 
Saltò all'interno della camera e si guardò attorno. Era come se... vedesse in lei una parte di lui. 
- Eccoti qui! - 
Sobbalzò sul posto, per poi voltarsi: - Marinette! Non farlo più. - sussurrò, accarezzandole la testa.
- Scusami. Volevo solo farti uno scherzetto. - si scusò, abbassandola e lui sorrise.
- Non fa niente, birbantella. A cosa vuoi giocare? -
Il voltò della piccola si illuminò e si diresse alla loro sinistra, dov'era situata una casa delle bambole. Ne prese due tra le dita e le mostrò, intenerendolo quando mise su un sorriso... dolcissimo. 
- Tu sei il maschio e io la femmina. Vieni, su! - lo invogliò con una barbie, facendola andare su e giù. - Devo venire a prenderti per le orecchie? -
Chat rise piano. Oh, era una peste!
- Arrivo, peste! -
Lei mise il broncio: - Non sono una peste! -
- Convinta tu. - enunciò, avvicinando la mano per prendere la bambola.
Marinette rafforzò la presa, facendogli alzare un sopracciglio e la piccola lo fissò come se fosse un intruso in quell'ambiente. Probabilmente lo era. 
- Non devo più giocare? -
- Tu non dirmi più che sono una peste e io non dico niente a mamma e a papà. - 
"Mi sta ricattando?", si domandò, sbattendo più volte volte le palpebre.
- Va bene? - 
- Tu... sei davvero...! - cercò di formulare, ma il suo sguardo tenero, anche con quell'espressione offesa, lo fece cadere nella trappola e sospirò. - Va bene, va bene. - Marinette ritornò allegra, sedendosi a gambe incrociate e mettendogli sotto il naso il giocattolo, che prese senza fare storie. 
"Peste. Nient'altro che peste."
Tuttavia lo pensò con un sorriso, talmente le labbra erano all'insù che avvertiva le guance cedere. Ciò nonostante non gli importava, era da quando ne aveva memoria che non si sentiva così sereno con qualcuno e non voleva sprecare quell'occasione. 
- No, no, no! Lui deve dire ti amo a lei! Non che è un'amica! - lo rimproverò, dandogli uno schiaffetto sul dorso della mano, sorprendendolo.
"Crescita precoce. Troppo precoce!"
- Peste, pensi già a queste cose? -
Marinette spalancò la bocca e infine si alzò: - Ora dico tutto a mamma e a papà. -
Prima di poter muovere un solo passo, fu bloccata da un braccio di Chat Noir e sorrise vittoriosa. 
- Non lo farò più. -
- Promesso? -
Alzò gli occhi al cielo: - Promesso. -
Quella semplice parola fece tornare tutto alla normalità e il ragazzo rise. Diamine! Aveva perso completamente la testa, il suo ruolo di ladro era meno pericoloso!



Da quel momento passarono altri giorni insieme. Sia nei panni di Adrien, il pomeriggio e a volte la mattina, che in quelli di Chat Noir, la notte. Ovviamente si presentava dalla piccola ad un orario più decente, ma sempre quando era sicuro di trovare chi ci abitava a dormire. Senza rendersene conto avevano stretto un legame che agli occhi di Nathalie era un dono meraviglioso. 
Vedere Marinette ridere e scherzare come dovrebbe fare una bambina della sua età era la gioia che più desiderava avere. Gli altri bambini era come se non riuscissero più a sfiorarla con le loro battutine e spinte quotidiane. La vicinanza di Adrien era un toccasana e... valeva anche per lui. Nathalie aveva capito all'istante che Adrien, quel piccolo ragazzo timido che ormai era cresciuto, aveva totalmente perso la testa per Marinette e non sembrava volerlo nascondere. Per lui era l'uscita in fondo al tunnel, la luce dopo anni di oscurità, la libertà...
Quel raggio di sole lo riempiva di quella gioia che aveva tanto anelato e nessuno glielo avrebbe portato via. 
- Più forte, Adrien, ancora! - esclamò Marinette, mentre l'altalena andava verso l'alto.
Adrien la fermò, afferrandola per le catenelle e ridacchiò: - Sicura? -
- Siiiicurissimaaa! - rispose, muovendosi in avanti e indietro.
- Vaaa bene. - iniziò a fare piccoli movimenti - E uno e due... e treeee! - nel momento in cui pronunciò l'ultima parola, spinse in avanti la giostra e Marinette urlò contenta.
Nathalie rise. Oh, quanto era divertente vedere quei due! Improvvisamente il suo sorriso si spense, trasformando il viso in una maschera di terrore.
Lo stesso valeva per Adrien, che vide la scena a rallentatore. 
La presa di Marinette sulle catene era venuta meno, cadendo nel vuoto all'indietro. Il giovane, con uno scatto felino, protese le braccia verso di lei e la strinse forte a sé. Batté la schiena contro il terreno e fece uno smorfia di dolore. Marinette drizzò il busto, seduta sullo stomaco di lui e lo guardò, cercando di capire cosa fosse successo. Adrien sorrise, scompigliandole i capelli e Nathalie tirò un sospiro di sollievo con una mano sul petto.
Accidenti! Entrambi avevano perso dieci anni di vita. 
La piccola schiaffeggiò leggermente la sua mano con le sue, mettendo il broncio: - I capelli no! - mostrò l'indice, scuotendolo da un lato e dall'altro, insieme alla testa. - Non si fa. No, no! -
La donna e il ragazzo scoppiarono a ridere a crepapelle. 
- Sei-una-peste. - disse, facendole il solletico e mettendosi seduto.
- No, smettila, dai, no! -
Quella era l'atmosfera che gli piaceva. Così gioiosa e priva di qualsiasi emozione negativa. Gli sembrava di essere in paradiso! 







*Angolino dell'autrice*
Allooora ^--^ Come state? Tutto bene? Ecco il secondo capitolo. Che ve ne pare? Marinette è davvero una peste xD non credete anche voi? xD Però mi dispiace molto, i suoi genitori sempre fuori per lavoro... >.> povera...
E povero Adrien! xD Avere a che fare con una bimba così esasperante, ma dolce allo stesso tempo... *--* Aw! xD
Spero sia stato di vostro gradimento. ^--^
Alla prossima!
Da: SweetAinwen.

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Capitolo 3
*** Capitolo III. ***








Capitolo III.






Entrò in punta di piedi, osservandosi attorno. Il letto era vuoto, come la stanza. 
Aggrottò la fronte, poi ridacchiò: - Mmh. Dove sarà finita? - canticchiò sottovoce.
Marinette si tappò la bocca con le mani, cercando di trattenere le risate. Non l'avrebbe mai trovata, ne era sicura! 
Chat intravide, grazie alla luce lunare che filtrava nella camera, una chioma blu-corvina spuntare alle spalle della casa delle bambole. 
Sorrise sghembo: - Mmh. Vediamo... - si inginocchiò e fece finta di dare un'occhiata sotto al letto. - qui! -
Marinette sporse di poco il viso, vedendo in quella posizione e fece una linguaccia silenziosa.
"Ah-ha! Non sono lì-ì, non sono lì-ì.", cantilenò, dopo essere ritornata al suo posto, guardando il muro di fronte a sé. 
Chat si alzò e decise di trovare un altro metodo. 
Sospirò: - Una veeera peste. - la piccola mise il broncio.
"Ma io non sono una peste!"
- Non ho mai visto una peste così peste! - continuò, mettendosi a braccia conserte e allo stesso modo fece Marinette.
"Io non sono una peste!"
- Non riesco proprio a credere che devo giocare con una peste. - 
Marinette uscì allo scoperto, con le mani sui fianchi e il labbro inferiore all'infuori: - Io-non-sono-una-peste! - 
- Trovata. - sorrise innocente.
- Eh? Non vale. - batté un piede per terra e lo indicò. - Hai imbrogliato! - corse nella sua direzione e si diede uno slancio, venendo presa al volo dal ragazzo. - Monello! -
Lui rise. Essere chiamata in quella maniera la faceva arrabbiare parecchio, di conseguenza sarebbe uscita e gli avrebbe detto: << Non sono una peste! >>. Infatti era successo. 
Dei passi felpati si avvinarono velocemente alla porta, che fu aperta poco dopo. 
- Marinette? Sei ancora sveglia? - formulò sorpresa, dando uno sguardo all'interno.
Udiva soltanto il silenzio e la bimba era situata sotto le coperte. Scosse la testa, sbattendo più volte le palpebre. Se l'era immaginato? Giurava di averla sentita parlare con qualcuno. 
- Devo guardare meno film. - e richiuse la porta.
Certi che la donna se ne fosse del tutto andata, Marinette scese dal materasso e Chat ne fuoriuscì da sotto. 
La piccola saltellò sul posto, divertita: - Mi sto divertendo un mondo con te! - 
Sorrise. Quella volta non era Chat Noir a farlo, ma colui che c'era dietro la maschera: Adrien. Notò lo sguardo fisso di Marinette e i secondi che passarono lo insospettirono subito. 
- Quando mi fai vedere la tua faccia? - 
Ed eccola lì... 
Sbuffò. Da un po' di tempo gli chiedeva di togliersi la maschera e lui non sapeva come reagire. Doveva o no? Se si fosse lasciata sfuggire qualche cosa sulla sua doppia identità sarebbero stati guai. 

Chat Noir smascherato: il figlio del famoso stilista Gabriel Agreste, Adrien Agreste, in manette. L'incubo del ladro notturno è ormai giunto al termine.
Vent'anni di carcere. Il padre se ne tira fuori. 


Sarebbe comparsa sicuramente come notizia shock. Forse stava esagerando con i vent'anni, ma... quattro anni di rapine in case benestanti e non quanto valevano? Mettendo anche quante ne aveva visitate?
Era diviso in due: da una parte voleva e dall'altra no. Che strazio!
- Quando, quando? - mise il broncio, guardandolo male. - Non puoi sempre nasconderlo. Devi farlo vedere, no? - 
- Avrei dovuto lasciarti cadere dall'altalena, mi sarei levato una peste dalla vista! - alzò gli occhi al cielo, divertito. - Non sarei dovuto venire questo pomeriggio. -
Marinette sollevò l'indice: - Adrien! -
- Cosa?! - sgranò gli occhi, saettando le iridi da una parte all'altra.
Aveva parlato ad alta voce? 
- Lo sapevo! Lo sapevo che tu sei Adrien! - iniziò a trotterellare, avanzando verso di lui e acchiappando i suoi polsi, senza fermare i saltelli. - Che bello, che bello, che bello! -
Già, lo aveva fatto. Che idiota! 
- Non devi dirlo a nessuno. Intesi? -
- Sììì! - 
- Shh! - la zittì, l'indice posato sulle labbra. - Vuoi che tua madre venga di nuovo qui? -
- Ma prima non era mamma. -
Si stranì: - Ah, no? -
- Mmh-mmh. - assentì, andando a prendere le bambole poste vicine al comodino. - Era la zia Nathalie. - Chat si stupì. - Mamma e papà dormono al lavoro. Questo mi dice la zia Nathalie, così lei dorme qui. -
"Il loro lavoro è talmente importante da trascurare la loro figlia, che ha bisogno di affetto. Incredibile!", pensò disgustato. 
- Chat/Adrien, vieni qui! Che giochiamo! -
Adesso, però, c'era lui... e le avrebbe dato tutto ciò che desiderava. Tutto. Era una promessa.
Sorrise: - Arrivo, peste. -
- Non sono una peste! -



Marinette era seduta a tavola, mentre colorava il suo disegno e le gambe facevano su e giù per la felicità. Aveva sempre avuto dei sospetti, i capelli e gli occhi erano del medesimo colore, come quello stupido soprannome che ripeteva ogni volta che ne aveva occasione. Insomma! Persino un bambino se ne sarebbe reso conto! Non avevano di certo problemi di vista e di intelletto. I suoi due migliori amici erano la stessa persona, un colpo di fortuna!
Prese tra le dita il foglio e lo alzò, osservandolo con un sorriso a trentadue denti. Oggi suo padre andava più tardi al lavoro, rispetto alla mamma, e poteva farglielo vedere. 

<< Bravissima, Marinette! >>

Avrebbe detto certamente questo. Non stava più nella pelle! 
- Che cos'hai disegnato, Buginette? - le chiese Nathalie, sedendosi accanto a lei, che mostrò il suo capolavoro.
C'era il sole a destra, un prato verde chiaro, uno scivolo e un'altalena. Su quest'ultima c'era una bambina, che veniva spinta da una persona dalla chioma bionda e le iridi verdi e sorridevano entrambi. 
Ridacchiò e la osservò: - È Adrien? - Marinette annuì - È bellissimo, Buginette. - 
Nathalie era davvero contenta di scorgere quel luccichio negli occhi della piccola, non aveva mai assistito a quella sua spensieratezza e ora ne aveva la possibilità. 
Non avrebbe ringraziato abbastanza Adrien per tutto quello che stava facendo e scommetteva che nemmeno il ragazzo sapeva come sdebitarsi per aver ritrovato la serenità perduta da tempo. 





Adrien si sedette sulla panchina a peso morto, sotto le risate di Nathalie.
Sbuffò: - Non c'è niente di divertente. - la guardò male, mentre cercava di riprendere fiato. 
- È impossibile. Ti ha stracciato. - lo beffeggiò e il ragazzo drizzò il busto, poggiando gli avambracci sulle cosce.
- Grazie per avermelo ricordato. - mise il broncio, osservando Marinette che saliva gli scalini dello scivolo a casetta e sorrise. - Grazie. -
Nathalie corrugò la fronte: - E per cosa? -
- Per avermi permesso di conoscerla... di... - ridacchiò e la fissò - ritrovare la serenità che avevo ormai perso. -
Nathalie sorrise dolcemente. Eccolo... l'Adrien spensierato era venuto a galla!






Marinette sorrise a trentadue denti, finché non sentì i passi del padre farsi vicini e si issò di scatto. Doveva fare in fretta, prima che se ne andasse!
- Papà, papà, papà! - al richiamò della figlia si fermò e la guardò. - Guarda! Ti piace? - 
L'uomo spostò l'attenzione su quel disegno colorato in modo grossolano e alzò un sopracciglio. Doveva commentare quel... come doveva chiamarlo? Le sue iridi si mossero su Marinette, a cui iniziò a spegnersi il sorriso.
- Non... ti piace? - formulò titubante, era più una constatazione che una domanda.
- Devi soltanto... migliorare. - posò delicatamente il palmo sulla testa di lei, sorpassandola.
Marinette lo vide allontanarsi sempre di più, finché la porta non fu aperta e chiusa. Abbassò lo sguardo e mollò la presa sul foglio, facendolo cadere a terra.
Nathalie, dopo essersi avvicinata, lo raccolse e le toccò una spalla in segno di conforto. Marinette la agitò, liberandosi della mano della donna e arrancò velocemente verso la sua stanza, buttandosi sul letto a pancia in giù e il viso nascosto dalle braccia. Nathalie afferrò il suo cellulare e lo portò all'orecchio. 



Adrien sospirò di sollievo, mentre si frizionava i capelli bagnati con l'asciugamano e si dirigeva nel salone. Gli ci voleva proprio una bella doccia rilassante, dato che quella peste di Marinette lo aveva stressato non poco ieri sera. Ridacchiò. Eh, parlava in quella maniera... ciò nonostante gli piaceva molto. Scosse la testa. Che contraddizione la sua! Il cellulare iniziò a squillare sul tavolino rettangolare di fronte al sofà e lo prese, leggendo il nome sul display.
"Nathalie?", pensò confuso.
- Pronto, Adrien? - 
- Nathalie, che succede? - le domandò in ansia.
Non sapeva perché, ma aveva la sensazione che c'entrasse Marinette.
- Sei disponibile? Dovresti venire alla villa Dupain-Cheng. -
- Alla villa?! C'entra Marinette? -
- Sì. - 
"Lo sapevo. Le è successo qualcosa.", meditò preoccupato.
- Arrivo subito. - e chiuse la comunicazione.

Suonò il campanello e fu subito aperto da Nathalie, che lo invitò ad entrare. Si osservò attorno. Quella struttura poteva eguagliare perfettamente quella del padre.
- Ha disegnato questo. - glielo mostrò e lui lo prese tra le mani, sorridendo nel capire chi erano i due. - Voleva farlo vedere al padre, per avere un suo apprezzamento, ma... - sospirò - come al solito non gradisce ciò che la figlia crea, - alzò gli occhi al cielo - dicendo che deve migliorare. - guardò Adrien, che invece fissava le scale.
Voleva andare da lei e confortarla, abbracciandola e accarezzandole la testa per rassicurarla. Nathalie sorrise, capendo al volo le sue intenzioni. 
- A te darà più ascolto. - quelle parole attirarono la sua attenzione - Vai. - 
Adrien non se lo fece ripetere due volte e salì in fretta le scale, avvertendo il cuore restringersi nel trovarla in posizione fetale, mentre si strofinava un occhio con una mano e stringeva a sé il suo pupazzetto.
- Ehi, peste. -
Il suono della sua voce le fece alzare la testa e guardare davanti a sé. Adrien era sull'uscio, con un sorriso rassicurante e calmante. Abbassò il capo, distogliendo lo sguardo e lui si sedette sul bordo del letto. 
Sospirò: - Buginette, il tuo papà non l'ha fatto apposta. Ha tante cose per la testa e lo avrà detto senza pensarci. Non ci ha fatto caso. Su, fammi un sorriso. - tentò di rallegrarla, invano.
Osservò ancora il disegno e sorrise. Non era un capolavoro, certo, in fondo lo aveva disegnato una bambina di otto anni. Poteva comprendere, però, che c'era amore in quel disegno e quello bastava.
- Questo disegno è bellissimo, lo sai? Sei stava bravissima. -
Marinette si girò dalla sua parte, stringendo la presa sul pupazzo: - Davvero, Adrien? -
- Davvero. -
- Davvero, davvero? - chiese conferma, reggendosi con una mano sul materasso. 
Ridacchiò: - Davvero, davvero. -
- Che bello!! - urlò, saltandogli addosso e facendolo ridere. - Ti voglio tanto bene, Adrien. - lui ricambiò l'abbraccio. 
- Anche io, Marinette. -
- Ma stasera vieni? - sussurrò al suo orecchio, facendolo sorridere.
- Ovviamente, peste. -
- Sììì! E non sono una peste! - 
Nathalie assistette alla scena poggiata allo stipite della porta.
"Grazie. Grazie mille.", pensò, rivolta al cielo.
Già, ringraziava Dio per averlo messo sulla strada della piccola. Lui non era un ragazzo, era un Miracolo.

Un Miracolo divino.







*Angolino dell'autrice* 
Buon salve! ^--^ Come state? Siamo solo al terzo capitolo, ma c'è così tanta dolcezza! *--* Ok, vi svelo un mio piccolo pensiero: pedofilia portami via. xD 
Sul serio, ho pensato che questo legame, Adrien provasse troppo affetto... insomma... ehm... >.< Scusateee! xO Sono davvero cattiva ad avere un pensiero del genere! *si nasconde dietro un albero* Ho avuto solo io questa impressione...? xD Cioè... Mon Dieu ditemi che non l'ho pensato solo io! xD Ok, ok, ritiro tutto. È da maniaci dire cose del genere >.> smettila subito Ainwen! xO *si copre gli occhi con le mani* 
Adrien si rispecchia in lei, perché i suoi genitori sono sempre via e lei, ovviamente, prova la stessa solitudine e lo stesso abbandono... Sì, Ainwen, è così! Quindi... stop ai pensieri cattivi! xD
Spero sia stato di vostro gradimento ^--^ 
A presto!
Da: SweetAinwen

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Capitolo 4
*** Capitolo IV. ***






 

Capitolo IV.






- Buginette? Buginette? - la chiamò, guardando sotto il letto.
"Niente.", pensò alzandosi. "Non si sarà di nuovo nascosta?", ridacchiò divertito.
Appena entrato aveva visto la stanza vuota e si era messo a cercarla. Così arrancò verso la casa delle bambole e, lentamente, diede un'occhiata dietro essa, invano. 
Corrugò la fronte, confuso. Dov'era finita quella peste? 
- Bugineeeette? - canticchiò, avvicinandosi alla tenda aperta.
Poggiò la mano su di essa e la scostò, sbuffando. 
"Ma dove si sarà cacciata?!", si domandò, gesticolando con le mani. 
Certo che era diventata brava a nascondersi. Non sapeva in quali altri posti andarla a trovare. Non credeva che fosse uscita dalla camera, sapendo che sarebbe venuto. 
E lui non voleva nemmeno uscire, aveva paura di creare baccano e di svegliare Nathalie. 
- Buginette, su. - sorrise sghembo - Peeeesteee? - 
- Io non sono una peste! - 
Si girò di scatto, il cuore che batteva a mille e tirò un sospiro di sollievo. Diamine, pensava fosse Nathalie! 
Marinette lo guardò con il broncio, tra le mani una bottiglia di succo di frutta, due bicchieri e due panini con prosciutto cotto e sottiletta avvolti da un fazzoletto. Alzò il mento, con aria di superiorità e si sedette sul bordo del letto, posando la bottiglia e i bicchierini sul comodino e un panino sul materasso. 
- E io che ho portato cose buone. Tsk! - addentò il suo sandwich, masticando con lentezza. 
Adrien sbatté più volte le palpebre: - Mi hai spaventato, lo sai? - 
- Mmh? Mmh. - mugugnò, guardandolo e facendo spallucce.
Lui alzò un sopracciglio, dopodiché sorrise. Era impossibile rimanere seri, Marinette era una fonte di allegria e risate fenomenale.
- È per te. - disse, dopo aver ingoiato il boccone. - Anche se non lo meriti. - borbottò, sporgendo il labbro inferiore.
- Grazie mille, peste. - 
- Eh, no! - esclamò, togliendoglielo dalle mani e lasciandolo a bocca aperta. - Adesso niente. Mi hai chiamata peste. - ghignò - Così impari. Za! -
Ridacchiò, scompigliandosi i capelli. Era inutile, poteva solo ridere. Notò che Marinette, ora, lo stava fissando intensamente, come se volesse dirgli qualcosa. Ricambiò lo sguardo, smettendo di ridere e cercò di carpire le parole da quegli occhi oltremare che erano come due cristalli azzurri marini volevano trasmettergli. La vide appoggiare i sandwich alla sua destra e scendere dal letto.
- Abbassati. - lo invogliò con le braccia protese in avanti e lui inclinò leggermente la testa di lato. 
"Che cos'ha in mente?", si domandò stranito. 
- Abbassati, dai. - 
Non sapendo resistere al tono dolce che aveva utilizzato, eseguì l'ordine, ritrovandosi così alla sua altezza. Marinette lo abbracciò, stupendolo. Che cosa le prendeva ora? 
- Ehi, che c'è? Sei triste? - 
Non ottenne risposta, ma sentì degli strani movimenti dietro la sua testa e corrugò la fronte. Stava per portare le mani proprio nel punto in cui sentiva prurito e, improvvisamente, avvistò la sua maschera nera a pochi centimetri di distanza, facendogli sgranare gli occhi, finché Marinette non la portò vicina al petto. Si osservarono per dei secondi interi, poi Marinette sorrise a trentadue denti e Adrien schiuse la bocca.
Quella furfantella gli aveva tolto la maschera! 
- Non c'è bisogno di tenerla: so chi sei, Chat/Adrien. -
Più passava il tempo e più si stupiva del suo essere diventata maggiormente scaltra, intelligente e... matura. La gabbia toracica iniziò a bruciargli, come se avesse un fuoco dentro. 
Gli dava fastidio. Già, sapere che avrebbe raggiunto l'adolescenza, poi la maggiore età in fretta... gli stava facendo capire che aveva pochi momenti da poter vivere insieme a Marinette. Non voleva. Non voleva affatto vederla abbandonare quel suo carattere; perché, si sapeva, i bambini, molte volte, cambiavano completamente personalità e atteggiamento di fase in fase. Si rattristò, attirando ulteriormente l'attenzione della bambina.
- Cos'hai? -
Lui scosse la testa, sorridendo in modo forzato: - Niente, Buginette. -
- Non è vero. - Adrien la osservò - Mi chiami Buginette quando sei triste, o serio... o arrabbiato e fai quella faccia. - aggiunse seria, inclinando il capo di lato. - Sei triste, non è vero? - 
Il suo ragionamento confermò le sue idee. Stava crescendo... e lui non era pronto. Diamine! Sembrava un genitore! In quel caso, meglio dire fratello. Un fratello geloso della sua sorellina che stava divenendo grande.
Marinette si avvicinò, avvolgendogli il collo con le braccia, provando a confortarlo. Non sapeva che cosa gli fosse preso, ma non le piaceva vederlo triste. Per niente! 
- Non essere triste, ci sono qui io. - 
La strinse forte a sé, poggiando il mento sulla sua spalla. Fino a quando poteva... sarebbe rimasto. In fondo... aveva otto anni, no? Sorrise. Era inutile fasciarsi la testa prima ancora di essersela rotta.
- Stai meglio? - gli chiese, dopo essersi allontanata. 
- Sì, ora sì. - 
Marinette gli scompigliò i capelli dolcemente: - Meno male, adesso sei tu, Chat/Adrien. -



- Zia Nathalie, noi andiamo! - esclamò contenta Marinette, saltellando fino alla porta d'ingresso, con il suo pupazzetto tra le braccia.
Nathalie e Adrien ridacchiarono.
- Sicuro di volerla tenere tutta la giornata? - domandò la donna, incerta.
- Sicuro. - sorrise - Non c'è problema per me. - le poggiò una mano sulla spalla - Così avrai un po' di tempo per te. -
- Grazie, Adrien. - 
Le fece l'occhiolino: - Di nulla. Ne hai bisogno. - 
Nathalie lo vide allontanarsi e il sorriso svanì pian piano. Un attimo! Aveva sentito male? 
"Ne hai bisogno?", si domandò a bocca aperta.
- Ehi, che intendi dire? Che sembro una vecchia? -
Adrien rise, prendendo per mano Marinette e scappando a gambe levate.
- Quando torni facciamo i conti, mascalzone! - lo minacciò, dopo essersi messa sull'uscio con le mani sui fianchi.
Il ragazzo chiuse la portiera del lato guida, mise la cintura alla piccola e inclinò il busto in avanti, abbassando il finestrino del passeggero. Nathalie era uno spasso totale! 
Si alterava talmente tanto da lasciarti senza fiato per le risate, quando toccavi il suo tasto dolente: l'età. Ormai era avanzata e se qualcuno glielo faceva notare, lo linciava ~ esattamente ~ con lo sguardo.
- Sto già tremando. - la prese in giro, facendo corrugare la fronte a Marinette. 
Accese il motore e partì, mentre Nathalie seguiva con gli occhi la macchina farsi sempre più piccola. Sbuffò una risata. Adrien era diventato un gran burlone!



- Perché stavi prendendo in giro zia Nathalie? - gli domandò, la mano intrecciata alla sua, mentre passeggiavano per il parco.
- Perché è divertente. -
- Per niente! Poi ti tira l'orecchio! - lo contraddisse, toccandosi quello destro con l'indice e il pollice. - E fa male. - 
Lui rise, facendole mettere il broncio. Marinette lasciò la presa sulla sua mano e strinse a sé il suo pupazzetto, accelerando il passo. 
- Dove vai, peste! Stavo scherzando! - 
Lei si girò e gli fece la linguaccia, poi gli diede le spalle. Adrien alzò gli occhi al cielo, divertito. Faceva di tutto per vincere e ci riusciva! Cadeva ogni volta nella sua trappola, era inevitabile. Meglio dire che voleva cadere nella sua trappola, lo faceva sentire vivo e ritornava bambino.
- Sei troppo grande per portare a spasso il tuo pupazzo, lo sai? - disse seguendola.
- Non si chiama pupazzo, - enunciò, camminando all'indietro per guardarlo. - si chiama Tikki! - la mostrò - Ha i puntini neri, le antenne ed è rossa. - si fermò, bloccando anche Adrien. - Ha un bellissimo sorriso e degli occhi bellissimi! Guarda. - 
Adrien lo fece e non sapeva perché, tuttavia... lo metteva solo a disagio. Era come se ti fissasse sul serio ed era abbastanza...
- Può essere bella quanto vuoi, ma... - fece una smorfia - è inquietante. -
- Che significa? - 
- Che ti mette a disagio. -
- E cosa vuol dire? -
- Che ti senti strano. - 
Marinette guardò Tikki con la fronte corrugata e cercò di capire il senso delle sue parole. La sua cara amica non aveva niente di strano, come diceva lui. Non sarà per il suo colore? Lei lo trovava spettacolare, tutto di Tikki lo era. C'era sempre stata, in ogni momento: quando era sola, era triste, felice... 
Considerarla strana era un insulto! 
- Non è vero! - gli diede le spalle - Sei solo geloso. -
- Geloso? - ripeté con un sorriso.
- Sì! -
- Perché? -
- Perché lei è sempre con me! - esclamò, girandosi e sorridendo sghemba. 
Rise: - Continuiamo la passeggiata, su. -
- Adrien è geloso, - canticchiò seguendolo - Adrien è ge-lo-so! -
- E anche se fosse? - chiese, acchiappandola e facendole il solletico. 
Marinette rise e sgusciò via dalla sua presa, cominciando a correre. Adrien le andò dietro, il cuore leggero. A volte, stare in compagnia dei bambini, era un vero toccasana, anzi, era meglio dire sempre. 

Ora camminavano per le strade mano nella mano, la piccola che si osservava attorno incuriosita e il giovane che sorrideva nel vedere il suo volto adorabile anche in quel frangente.
- Che bello... - mormorò Marinette, gli occhi puntati su una pasticceria. 
- Non sei mai stata da queste parti? -
- No. Mamma e papà non vogliono che sto fuori lontano, dicono che è pericoloso. -
- Ma c'è la zia Nathalie, no? -
- Sì, però non ha la macchina per tornare veloce a casa. - lo guardò - Tu invece sì. -
- Mmh. Capisco. - 
"È come rinchiuderla in una gabbia dorata.", rifletté tristemente.
Gli occhi di Marinette si illuminarono e sfrecciò nella direzione interessata, poggiando il palmo sul vetro: - Guarda!! - 
Adrien si avvicinò, notando in vetrina un pupazzetto nero, con dei baffetti lunghi, una coda, delle orecchie da gatto e due occhi verdi con un sorriso a trentadue denti.
"Inquietante persino questo.", si disse alzando un sopracciglio. "Come fanno a piacere ai bambini?"
- È il fidanzato di Tikki! -
Ridacchiò divertito, ricevendo la sua attenzione: - Come? -
- È il fi-dan-za-to di Tik-ki! -
- Davvero? -
- Davvero. - riportò lo sguardo sul pupazzo - Ti prego, compralo. -
- Vuoi che compri sul serio quel cosetto? - lo indicò, facendole gonfiare le guance. 
- Non è un cosetto. E sì, compralo! - 
Adrien scosse la testa, sospirando.
"Quando sono viziati...", lasciò la frase in sospeso, entrando nel negozio. 
- Ecco a te. -
- E chi ha detto che è per me. - lo fermò con una mano a mezz'aria, sorridendo birichina e Adrien sbatté più volte le palpebre. - Questo - lo indicò - è per te. -
- Per... me? - ripeté titubante, osservandolo. 
- Mmh-mmh. È il fidanzato di Tikki, quindi lo vuole vedere ogni giorno. Come facciamo noi! - saltellò sul posto - Vuol dire che anche noi siamo fidanzati! - Adrien issò entrambe le sopracciglia, colpito da quella dichiarazione. - Tu sei mio! Non devi vedere nessuna ragazza, chiaro? - lo ammonì, gli occhi a due fessure, il dito che faceva su e giù. 
Adrien inclinò il busto in avanti, reggendosi lo stomaco e preoccupando Marinette, che gli poggiò un palmo sulla spalla. Un mal di pancia improvviso? Mal di testa, vomito? 
- Adrien, cos'hai? - 
Si coprì la bocca con una mano, le spalle che tremavano. Non ce la faceva più, doveva! Scoppiò in una fragorosa risata, una di cuore e sincera. Non rammentava di aver mai riso così apertamente.
Molte persone attorno a loro si voltarono, guardandolo come se fosse pazzo e iniziarono a bisbigliare, allontanandosi quanto potevano. 
Marinette corrugò la fronte e mise il broncio: - Stupido! - lo colpì in testa con il pupazzo nero, dopo averglielo strappato dai palmi e in seguito lo strinse a sé. - Non si scherza così! -
- Scu-Scusami, ma-ma... - si resse il capo con una mano, non riuscendo a smettere. - Allora sa-sarei il tuo-il tuo fida-fidanzato? - provò a parlare.
- Sì. - mise i pugni sui fianchi - Problemi? -
Il ragazzo scosse la testa, in senso di diniego. La prese di slancio tra le braccia e lei rafforzò la presa sul suo collo, facendole spuntare un sorriso. 
- No, nessuuun problema. - lei sfregò una guancia con quella di lui.
- Come lo chiami? - domandò, mostrando il peluche.
Adrien l'osservò, pensandoci su: - Che ne dici di... Plagg. -
- Mi piace! - esclamò, dandogli un bacio sulla gota. - Stasera portalo con te, così Tikki e Plagg parlano. -
- Va bene, peste. - 
- Non sono una pesteeee! -







*Angolino dell'autrice*
Ma aw! *--* Quanta dolcezza e tenerezza... quanta! xD Oi, oi, Marinette... hai solo otto anni eh... calma calmina xD e Adrien ne hai ventotto oh... Cioè... calmo calmino anche tu xD ahahahah
Che qui scappa la chiamata xD ahahah La gente lo avrà preso per un cattivo ragazzo xD eheheh Meglio smettere o qui non la finiamo più >.< ahahah xD
Spero vi sia piaciuto ^--^ come è piaciuto a me xD
Alla prossima!
Da: SweetAinwen
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Capitolo 5
*** Capitolo V. ***







 

Capitolo V. 






- Sei in ritardo! - 
La voce di Marinette gli fece avere un tuffo al cuore e si girò, trovandola con le braccia conserte e il broncio. Ridacchiò, poggiando a terra l'altro piede e lasciando aperta la finestra. 
- Non è divertente. Il fidanzato non deve mai - batté un piede sul pavimento - far aspettare la fidanzata. - 
Chat sorrise: - Mi dispiace tanto, Buginette. - le afferrò le mani tra le sue, accovacciandosi. - Mi perdoni? -
Marinette lo guardò, assottigliando gli occhi per capire quanto era dispiaciuto. Quando la chiamava in quella maniera era perché era serio, arrabbiato o triste, tuttavia dipendeva dall'espressione facciale che metteva su. Solo così poteva scovare le sfumature della sua veridicità. Non sapeva come, ma riusciva perfettamente a cogliere ogni stato d'animo di Adrien, era una specie di... legame emotivo. 
- Gli occhi da cucciolo non attaccano con me, è inutile che li fai. - replicò sorridente, lasciandolo di sasso. 
Chat rimaneva sempre più... sorpreso. Aveva compreso che stava tentando di convincerla in quel modo e lo aveva messo al suo posto con poche e semplici parole. 
Marinette gli fece la linguaccia, vittoriosa. Aveva utilizzato il medesimo discorso che la zia Nathalie aveva con lei quando provava a persuaderla per ottenere ciò che desiderava e, infatti, faceva gli occhi da cucciolo come Adrien ora. Peccato che era difficile ingannare l'ingannatore.
- Sei proprio una peste! - 
Marinette si spostò in tempo per non essere presa e ridacchiò, alzando l'indice e il medio in segno di vittoria. Poco dopo osservò dietro le spalle del ragazzo, che inizialmente corrugò la fronte al suo cambio improvviso e in seguito sorrise. 
"Sta cercando il pupazzo.", rifletté issandosi e avvicinandosi.
Marinette continuò la sua ricerca, intenerendolo e decise di godersi la scena come se niente fosse.
- Cosa stai cercando? -
- Non c'è. - constatò, girandogli attorno. -  Dov'è? - 
- Cosa? -
- Plagg! - 
- Ohhh! Il pupazzo? - 
- Il fidanzato di Tikki! Ti avevo detto di portarlo! Ora Tikki si sente sola! - lo rimproverò, indicando la sua amica. 
- Oh, davvero? - sorrise sghembo - E adesso chi c'è accanto a Tikki? - 
Marinette vide Chat muovere il capo alla sua destra e seguì la traiettoria, spalancando la bocca nel trovare il gattino nero vicino alla sua coccinella sul letto. Ma...? 
- Prima non stava lì, - lo fissò - come hai fatto? - 
Le fece l'occhiolino: - Segreto. - 
- Ehh? Segreto?! Ma no! Voglio saperlo! - Chat si levò la maschera, sorridendo divertito. - E dai, dimmelo, Chat/Adrien. Dimmelo, dimmelo, dimmelo... - lo acchiappò per gli avambracci, scuotendolo. - dim-me-lo! -
Lui rise, facendole mettere il broncio.
Si mise a braccia conserte: - Pff! Odioso. -



Marinette posò il succo di frutta in bottiglia sulla panchina, accanto a Nathalie, dopo aver bevuto e improvvisamente qualcuno l'afferrò da dietro per i fianchi, finendo sulle sue spalle. 
- Adrieeen! - lo chiamò, reggendosi con le mani sotto il mento di lui, incurvando la schiena e incrociando le gambe tra loro per non cadere, mentre il ragazzo sorrideva a trentadue denti e saltellava sul posto. 
Nathalie scoppiò in una risata, una braccio ad avvolgersi lo stomaco. Ogni giorno era un continuo divertimento! Sarebbe sicuramente morta per mancanza d'aria a causa delle troppe risa. 
- Stupido Chat Noir! - 
Sia Adrien che Nathalie si bloccarono, il primo ad occhi sgranati, deglutendo, e la seconda a bocca aperta, sorpresa. 
- Chat Noir? - 
Il quesito della donna provocò un tic all'occhio destro del giovane, che cominciò a sudare freddo. Dannazione, se l'era lasciato sfuggire! 
Nathalie corrugò la fronte. Cosa c'entrava Chat Noir? Guardò Adrien, che sorrise in modo forzato. Qual era in nesso? Notò il suo disagio e dei sospetti si insidiarono in lei. 
- C'è qualcosa che devo sapere? - 
Marinette la osservò e annuì: - Sì! - Adrien sobbalzò - Tanto tempo fa mi ha strappato la maglietta, mi ha sporcato i capelli con l'acqua sporca e le scarpe si sono rotte! - trascinò le braccia a mezz'aria, per enfatizzare la gravità della situazione. - È come un gatto nero che porta sfortuna, ecco cosa devi sapere. - lo picchiettò con le nocche sulla testa, facendo sospirare di sollievo Adrien e sorridere Nathalie. 
Nell'esatto momento in cui aveva pronunciato Sì! il cuore era scoppiato letteralmente nel petto. Credeva avrebbe spifferato tutto e invece... era riuscita a creare una storiella abbastanza credibile. Era un portento! 
Marinette si era accorta della gaffe che aveva fatto e aveva cercato di rimediare in quel modo, ottenendo successo. Ora sorrideva vittoriosa e sfregava le nocche con forza sul capo di Adrien, che fece una smorfia di lieve dolore.
- Sei una peste senza esclusione di colpi! - 
Si girò e corse, facendola ridere a crepapelle. 
- Zia Naaaathaaaalieeee!!! - urlò, le braccia che rafforzavano la presa sul mento di lui. - Aaaaiiiiuuutooo! - 
La donna si coprì la fronte con una mano, scuotendo la testa. Erano incorreggibili! Uno più bambino dell'altra!



- Allora, Buginette, hai preparato la cartella? - 
Si trovavano seduti ad un tavolo, in uno spazio del parco dedicato ai picnic. Marinette si bloccò con la bocca aperta, pronta a tirare l'ennesimo morso al suo gelato al cioccolato e vaniglia.
La guardò: - Ops... - 
- Ops? - corrugò la fronte - Come sarebbe? Non l'hai fatto? - 
- Ehm... no? - 
Nathalie sorrise, scuotendo il capo.
- Sei una peste! -
Marinette gonfiò le guance e le fece la linguaccia, ritornando al suo gelato. 
- Non sono una peste. - borbottò, la bocca sporca di cioccolato.
- La cartella? - domandò Adrien, confuso. 
- Esatto. Domani è il suo primo giorno di scuola. - 
Il ragazzo sgranò gli occhi, sorpreso: - Siamo già a Settembre? - 
- Non te n'eri accorto? - ridacchiò la donna, poggiando un gomito sul tavolo circolare.
- N... No. - 
Osservò la piccola, che si puliva la bocca con il fazzoletto datole ora da Nathalie. Com'era passato in fretta... il tempo. Non riusciva a credere che erano solo...
- Due mesi. - mormorò, sorridendo. 
- Cosa? - 
- Dicevo... sono solo due mesi che la conosco, però mi sembra un'eternità. - 
Sorrise: - Quando sei sempre in compagnia di certe persone è normale sentirsi così. Pensa: per me non sono otto anni, ma tutta la vita! - 
Fissò Marinette con tenerezza, seguita da Adrien. 
- Già. -
- Zia Nathalie? - attirò l'attenzione di entrambi - Adrien può accompagnarmi a scuola, domani? -
- Domani? - ripeté, le dita sotto il mento, indecisa. - Non so... -
- Va bene. - 
- Adrien, hai fatto abbastanza per noi. - disse, una mano poggiata sulla sua spalla. - Non voglio disturbarti con quest'altro carico. -
- Nathalie, credi sul serio che voi, per me, siete un carico? - sorrise dolcemente - Affatto. Vi voglio un bene dell'anima, siete come una famiglia. -
- Oh, Adrien... - sussurrò commossa.
- Anche io ti voglio taaaanto bene, - enunciò Marinette, il volto incorniciato da un'espressione dolce. - però sei il mio fidanzato. - si mise a braccia conserte, facendo attenzione al gelato. - Non scordarlo. - I due ridacchiarono. 
- Cos'è questa storia del fidanzato? - si coprì la fronte con una mano, divertita. - Oh, mon Dieu! - 
- Non sono colpevole, vostro onore. - se ne tirò fuori il giovane, le mani a mezz'aria. 
- Lo sei sempre, invece. - 
- Mi ferisci, così. - commentò plateale, un palmo sul petto, facendola ridere.
- Quindi mi accompagnerà tutti i giorni! - si intromise Marinette, sorridendo a trentadue denti.
- Addirittura! - esclamò Nathalie.
- Aucun problème. -
- Adrien, non devi darle corda per ogni cosa. - lo rimproverò bonariamente - Diventerà viziata. -
- Non è vero! - borbottò l'interessata, ingoiando l'ultimo boccone.
- Può essere anche un vantaggio per te: scendi di fronte alla scuola e ti avvii nel luogo prestabilito. Avrai sicuramente delle cose da fare e poi... - spiegò e sorrise. - mi piace viziarla. - 
La guardò e Marinette ricambiò il suo dolce sorriso. Nathalie osservò attentamente quel cambio di sguardi intensi e profondi, rimanendo con la bocca dischiusa. Si notava... si notava tanto la loro intesa da... esserne sopraffatti. 
Frugò nella borsa e afferrò la macchina fotografica, per poi mostrarla ad ambedue: - Che ne dite di una foto ricordo? - Alla piccola si illuminarono gli occhi e Adrien rise. 
- Allora è vero che nella borsa di una donna c'è di tutto. - 
- Lo dicono in molti. - 
Marinette scese dalla sedia e si avvicinò a Nathalie, saltellando emozionata e acchiappando il suo polso. 
- Ho capito, ho capito. - ridacchiò - Ora mi alzo e ve la faccio. -
- No, ci devi essere anche tu! Che credevi? -
Adrien e Nathalie annuirono. Era inutile, Marinette stava crescendo e più andava avanti... più sembrava un'adulta in un corpo da bambina. Era possibile?
- Dite cheese. - disse Adrien, con in mano la fotocamera.
- Cheese! -
Il dispositivo scattò e diedero un'occhiata, sorridendo per com'era venuta. Adrien mostrava i denti, stringendo le spalle di Nathalie, che aveva un'espressione felice e teneva tra le braccia Marinette, cui avvolgeva a sua volta sia il ragazzo che la donna. 
Nathalie sorrise: - È bellissima. - 
Marinette annuì contenta, stringendo la presa sulla donna.
- Già. - 
Sembravano davvero una famiglia, in quella foto. Adrien sfiorò delicatamente la superficie, con un velo di malinconia.



Erano sdraiati sul letto, uno di fronte all'altra, il primo con un braccio piegato sotto la testa e la seconda con le mani unite che reggevano la maschera tolta al ragazzo, dopo essersi svagati con tutti i giochi esistenti senza far rumore.
- Cosa c'è, Chat/Adrien? - 
L'interessato la guardò, sorridendo con tristezza. Quella birbantella si accorgeva di qualsiasi cosa, era un'azione inefficace quella di celare il proprio stato d'animo. Come ci riusciva?
- Niente, Bugi... -
- Sei triste? - lo interruppe, stupendolo.
- ... Mmh. -
- E perché? -
- Mmh. - scosse la testa - Niente di grave. -
- Se lo dici tu. Però tu puoi dirmi tutto, - gli accarezzò la chioma bionda - lo sai. -
Chat aveva gli occhi sgranati. La sua figura sembrava illuminata sotto la luce lunare e dell'abat-jour, il suo sorriso dolce e confortante e i bulbi che trasmettevano dolcezza e voglia di vivere. Un angelo caduto dal cielo. Un Miracolo divino. Ecco cos'era! Dio gli voleva dare una chance per... redimersi? 
- ... me lo prometti? -
- Eh? -
Incantato com'era, non aveva ascoltato il discorso della piccola, che ridacchiò per la sua disattenzione. Marinette lo sapeva che aveva qualcosa che non andava, per questo gli aveva posto quella domanda. Dopo essersi scattati quella foto era diventato taciturno, assente, triste... 
- Mi prometti che staremo sempre insieme? -
Chat le carezzò una guancia: - Promesso, Buginette. -
- Ti è tornato il sorriso felice! - esultò in un mormorio.
- Grazie a te. - 
Marinette gli lanciò un'occhiata intensa, per poi avvicinarsi e circondare il fianco del ragazzo, che l'abbracciò. Pochi minuti più tardi udì il suo respiro regolare, segno che si era addormentata e sbuffò una lieve risatina.
Improvvisamente il suo cuore si restrinse, come pressato da un avvenimento sgradevole. Senza spostarsi troppo, portò la mano destra all'altezza di esso.
"Cos'è... questa brutta sensazione?", si domandò, rafforzando la presa sulla tuta nera. 








*Angolino dell'autrice*
Ed eccoci qua! xD Come state? Spero bene. ^__^
Altra tenerezza, altra dolcezza... e si è avvicinato il primo giorno di scuola della nostra Marinette! xD Sono passati solo due mesi? Possibile? xO ahahah Sembra di sì. Ahahah! 
Che ve ne pare del finale? Una brutta sensazione, eh? Chissà cosa sarà? u.u Andiamo avanti e lo scopriremo! xD
Spero vi sia piaciuto ^__^
Alla prossima!
Da: SweetAinwen. 

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Capitolo 6
*** Capitolo VI. ***








 

Capitolo VI. 






Marinette osservava l'edificio, gremito di genitori e bambini all'esterno, con sguardo scocciato.
Spostò l'attenzione su Adrien, seduto al volante, poi su Nathalie, dietro di loro. 
- Marinette... - 
La citata sbuffò. Quando la zia Nathalie la chiamava per nome era seria, ma lei non aveva proprio voglia di andarci. 
- Dai, non è così terribile. - disse Adrien, sorridendo. 
- Invece sì! C'è quella tipa! - indicò una bambina vicina al cancello, la chioma bionda e le iridi azzurre. - Mi prende sempre in giro, è una strega. -
- Una strega? - ripeté il giovane divertito, con Nathalie che ridacchiava.
- Sì! Una strega viziata! -
- Tu, però, sei la fatina buona. - 
- No! Io sono una guerriera! - esclamò fiera, un pugno sul petto. - Io la batto. E lei si arrabbia perché la batto e corre via. - alzò il mento, vittoriosa. - Io sono una - issò le braccia - guerriera! - I due risero.
- Va bene, allora, guerriera. - le scompigliò i capelli - Ti accompagno all'ingresso. - 
Gli occhi della piccola si illuminarono: - Sììììì! - si girò, piegando le gambe e poggiando le mani sul poggiatesta del sedile, nel momento in cui Adrien scendeva dalla macchina: - Ciao, zia Nathalie! - si allungò e le diede un bacio sulla guancia, facendola sorridere.
- A dopo, Buginette. - la salutò, mentre la vedeva aprire lo sportello e uscire. - E fai la brava! -
Marinette chiuse la portiera e le fece la linguaccia, successivamente raggiunse Adrien, fermo ad attenderla, e gli strinse la mano. Nathalie si intenerì. Ah, l'amicizia non aveva età, vero?
Marinette vide quella strega viziata indicarla e ridere insieme alle sue amichette. Lei tirò fuori la lingua e portò un dito al di sotto dell'occhio, mettendo su una faccia buffa, che fece rimanere a bocca aperta quelle tipe. Non aveva mai reagito in quella maniera, quindi non credevano possibile potesse accadere. Marinette proseguì a testa alta, soddisfatta del suo operato e Adrien ridacchiò.
Nathalie, appoggiata all'auto dopo essere uscita, scosse la testa. 
Marinette aveva trascinato a galla il suo caratterino! 
Il giovane si inginocchiò, aggiustandole una ciocca fuori posto: - Cerca di non metterti nei guai. Lasciale perdere. -
- Però loro mi si avvicinano! - mise il broncio. 
- E tu affrontale. - sorrise - Sei una guerriera, giusto? Quindi - mostrò un pugno - combatti! - 
La piccola fece scontrare il suo con quello di lui, per poi saltellare sul posto. Gli voleva bene sempre di più! Non riusciva proprio ad immaginare un giorno senza il suo migliore amico, avrebbe vissuto di nuovo in solitudine... anche se aveva accanto la zia Nathalie. Adrien la capiva, possedeva un certo feeling, lo sentiva vicino. 
Lo abbracciò dolcemente: - Ti adoro, Chat/Adrien. - sussurrò - Sei la cosa più bella che ho. - 
Il giovane si emozionò. Non si sarebbe mai aspettato che qualcuno gli dicesse ciò, che fosse considerato prezioso. 
- Tu un angelo, un Miracolo. -
- Davvero? - chiese conferma, staccandosi. 
- Se lo dico, vuol dire che è vero. - 
- Grazie! - La campanella trillò, facendola sbuffare. - Uffi! Io voglio stare con te. -
- Questo pomeriggio verrò e staremo insieme, va bene? - 
- Va bene! - lo ammonì con l'indice - Promettilo! -
- Promesso. -
Marinette annuì soddisfatta e salutò con la mano Nathalie, che fece lo stesso. 
- Ci vediamo più tardi. - 
Si voltò, incamminandosi e Adrien si raddrizzò, facendo dietro front. 
Si toccò il petto con una mano. Il cuore batteva forte. Sospirò.
"Com'è fastidiosa questa brutta sensazione!" 
- Qualcosa non quadra? - gli chiese Nathalie e lui scosse la testa in senso di diniego.
- Tutto a posto. - la rassicurò, dirigendosi verso lo sportello. - Non ti preoccupare. - 
- Mmh, va bene. Allora ci vediamo questo pomeriggio. - 
Il giovane la fissò, trovandola sorridente e ricambiò il sorriso. Nathalie aveva capito i loro scambi di battute, eh?
- Certamente. - aprì la portiera - A dopo! - e la chiuse, accendendo il motore e partendo.



Chiuse il getto d'acqua ed uscì dalla doccia, avvolgendosi il bacino con un asciugamano e frizionandosi i capelli con un altro, di fronte allo specchio. 
Era annoiato... La mattina la trascorreva in compagnia della piccola e, ora, con lei occupata con la scuola... 
Fece un lungo sospiro. Ora avevano meno tempo ~ non tanto, però, dato che si vedevano anche di notte, sempre in modo limitato. ~ e si sentiva... solo. Sì, esatto. Solo. Di nuovo. 
- Ahh, quanto avrei voluto che le vacanze estive non fossero finite! - borbottò, per poi alzare gli occhi al cielo nel notare che non aveva preso il cambio che, di solito, poggiava sul coperchio del WC. - Seriamente... - si coprì metà viso con un palmo - sono senza speranza. -
Arrancò lentamente e, improvvisamente, il suo cellulare, posto sul tavolino rettangolare basso, iniziò a squillare, bloccandolo sul soggiorno. Allungò il passo e lo acchiappò: - Pronto? - per un paio di secondi si udì soltanto la quiete.
- Adrien? -
Quella voce gli fermò il respiro e gli fece sgranare gli occhi, rafforzando la presa sul dispositivo. Aveva risposto senza dare un'occhiata al numero sul display e se ne stava pentendo. 
Faceva ancora... troppo male. 
- Adrien, sono io... - 
- Scusami, papà... - lo interruppe - ma sono... impegnato... al momento. - 
- Oh, capisco. Allora... - 
- Mmh. Un'altra volta. - e chiuse la comunicazione.
Si prese la testa tra le mani, sedendosi a peso morto sul divano. Dopo due mesi, per quale motivo l'aveva chiamato? Cosa voleva ora? Che fosse questo il brutto presentimento?
- Dannazione! - 



Gabriel osservò lo schermo, su cui c'era scritto Chiamata terminata, e chiuse i bulbi. Che cosa si aspettava? Era logico che avrebbe reagito in quella maniera! Erano passati due mesi e aveva l'ardire solamente adesso di mettere in atto ciò? Sicuramente pensava a questo, Adrien. Si lasciò andare sullo schienale della sedia, fissando il soffitto del suo ufficio. Voleva rimediare ai suoi errori, cercare un modo per... mettere da parte i conflitti e... tornare a quel rapporto confidenziale, affettuoso...
Sospirò. Facile a dirsi...
La morte di Annie era stata come un fulmine a ciel sereno: ombrosa, terribile, devastante. Perdendo lei... aveva perso tutta la sua vita. 
La rabbia, la tristezza, la disperazione, lo avevano intrappolato e rinchiuso in una bolla insonorizzata. Tuttavia si era anche riversato su Adrien, che all'epoca aveva solo quattordici anni. 
Quel lasso di tempo era fondamentale, per lui, una fase di crescita in cui avrebbe dovuto essere presente, trattarlo da figlio... non da oggetto per il suo lavoro. Si toccò la radice del naso, poggiando i gomiti sulla scrivania.
Lo aveva allontanato, aveva reso il loro legame superficiale, e solamente adesso si rendeva conto che... lo aveva rovinato. Non si sarebbe mai perdonato, per questo voleva fare ammenda. Aveva cercato il suo appartamento, senza successo.
Probabilmente aveva reso privata ogni sua informazione. Non era un problema: lo avrebbe chiamato tutti i giorni, anche se vanamente.



- Adrieeeeen! - 
Un piccolo tornado gli corse incontro e la prese al volo, facendosi stringere forte dalle sue esili braccia. 
Nathalie chiuse la porta d'ingresso, ridacchiando divertita. Appena suonato il campanello, Marinette l'aveva guardata con un sorriso a trentadue denti e gli occhi luccicanti, scendendo dalla sedia e dicendole di aprire in fretta. Dopodiché aveva atteso impaziente l'entrata in scena del ragazzo e si era messa a correre agitata. Ora gli stava dando un bacio sulla guancia e lui rafforzava la presa, sorridendo con dolcezza. Più li guardava e più erano inseparabili. 
- Zia Nathalie? -
- Dimmi, Buginette. -
- Può dormire qui Adrien? - 
I due rimasero spiazzati. Chi se lo aspettava che avrebbe proposto una cosa di quel tipo? 
- Mari... - 
- Ti prego. C'è la camera degli ospiti e può mettersi il pigiama di papà. - la supplicò, interrompendola e sporgendo il labbro inferiore. - Ti prego, ti prego, ti prego, ti preeeegooo! - 
Guardò entrambi con occhi da cucciolo, mugugnando. Adrien e Nathalie non resistettero e sorrisero, facendola gioire e stringere il ragazzo.
- Allora, hai avuto i compiti? -
Gonfiò le guance, infastidita: - Sì! Che seccatura! -
- Averli il primo giorno di scuola? - ipotizzò Adrien, mettendola giù e Marinette annuì. 
- Però ora ci sei tu. - gli disse, guardandolo con un sorrisetto sghembo.
Il giovane capì al volo dove voleva andare a parare e ridacchiò. Voleva che li facesse al posto suo. 
- Ohh! Niente da fare. - negò incamminandosi e la piccola spalancò la bocca, seguendolo.
- Ehh?! Dai! Cattivo! - 
Nathalie cercò di trattenere le risate, senza successo.



- Devi risolvere il problema con questo metodo, - spiegò ancora una volta, indicando la formula scritta sul foglio accanto all'esercizio. - capito? - la vide grattarsi la testa con fare dubbioso - Non è difficile. -
- Per te non lo è. - lo corresse, guardandolo male. - Uffa! Lo faccio domani a scuola! - borbottò, lasciandosi andare sullo schienale della sedia e mettendosi a braccia conserte.
- Allora continuerai domani, Buginette. - si intromise Nathalie, con tra le mani il pigiama della piccola. - È ora di andare a dormire. - 
- Zia Nathalie... - 
- Niente da fare. Su! - 
Marinette mise il broncio e mugugnò contrariata, facendoli ridere: - Che pizza! - 



Si girava e rigirava nel letto, stringendo Tikki tra le braccia. Non riusciva a dormire, non era più abituata a farlo da sola. Se non c'era Adrien... non dormiva. Si mise seduto sul bordo, toccò delicatamente il pavimento con i piedi nudi e si diresse verso la porta, socchiudendola. Fece sbucare solo la testa e diede un'occhiata in giro. Quelle di Nathalie, in fondo, e di Adrien, al suo fianco, erano chiuse e da esse non proveniva alcun suono. 
Fissò Tikki, che ricambiava con un sorriso a trentadue denti e gli occhi spalancati: - Andiamo da Adrien? - le sussurrò, per poi sorridere come se le avesse dato una risposta affermativa e si incamminò. - Dobbiamo fare piano... o la zia Nathalie ci scopre. -
Posò la mano sulla maniglia e aprì lentamente, trovandolo su un fianco. Si diresse verso il letto di fronte a lei, dopodiché si posizionò su un lato di esso, in modo tale da poter vedere il suo viso. Si accovacciò, appoggiando i gomiti sul bordo e l'osservò, indecisa se svegliarlo o meno. 
- Non riesci a dormire? - 
Il quesito non la spaventò affatto. Sapeva che certe volte Adrien faceva quelle sue entrate in scena solo per farle prendere un colpo, ma ci era talmente abituata da esserne ormai immune. 
- Ci hai provato, Adrien. -
Lui aprì un occhio solo: - A fare cosa? - sorrise sghembo. 
- Sei proprio un bambino. - scosse la testa - Non cambi mai. -
- Oh, grazie. - sorrise divertito, reggendosi la testa con il palmo. - Allora? Non riesci a dormire, giusto? - lei annuì - Per quale motivo? -
- Non ci sei tu che mi aiuti a dormire. - 
Quel responso lo intenerì e non seppe che dire, così batté con la mano libera sul posto accanto a lui e Marinette non se lo fece ripetere due volte, salendo e abbracciandolo forte. Adrien gli diede un bacio sulla fronte e lei lo guardò.
- Cosa c'è? -
- Mmh. È la prima volta che dormi qui e non sei Chat Noir di notte. - 
- Già. - 
- Ed è bellissimo! Così non sembri un ladro. - gli fece la linguaccia e lui le fece il solletico.
Marinette cercò di trattenersi per non farsi sentire dalla zia Nathalie, anche se aveva il sonno abbastanza pesante. Non tanto da non udire gli schiamazzi, però.
- Ora chiudi gli occhi, peste. Domani hai scuola. -
Lei mise il broncio: - Non sono una peste. Stupido Chat/Adrien. -
Adrien ridacchiò e le accarezzò la fronte, facendola rilassare. 

Controllò la piccola, che si trovava nel mondo dei sogni con un sorriso dolce ad abbellirle il volto, Tikki tra le braccia e le mani che acchiappavano la sua maglietta del pigiama. Sbuffò una risatina. Eh, come si poteva reistere ad un angelo del genere? 

<< È la prima volta che dormi qui e non sei Chat Noir di notte. >>

Aveva ragione. Non era mai capitato in quei due mesi di essere sé stesso per tutta la giornata e di questo ne era felice. Non doveva indossare una maschera per nascondersi, celare la sua identità.
Era una bellissima sensazione, quella! Si portò una mano all'altezza del petto. D'altro canto, tuttavia, ce n'era una brutta: quella che avvertiva da ieri sera.








*Angolino dell'autrice*
E qui il primo giorno di scuola di Marinette! xD 
Buon salve, come state? ^--^ Anche questo capitolo è dolce e tenero, eh? Allora è vero che possiedo questi lati! xD Oltre a quello sadico *sguardo di chi la sa lunga*
Che ve ne pare? Dopo due mesi Gabriel Agreste fa la sua comparsa e lo telefona, eh? Vuole rimediare, ma Adrien ancora soffre quella vita di solitudine e priva di affetto. Si può capire, no? Come si può capire il ragionamento del padre, giusto? Ok, basta xD mi sono stancata xD ahahah!
E qui la prima volta che dormono insieme! *--* Ainwen... Ainwen... Ainwen... niente pensieri, no, niente pensier... non ce l'ho fatta... ci ho pensato... >.< come si può non farlo? Andiamo! Su! xD
Si fanno, si fanno. xD ahahah Spero vi sia piaciuto ^--^ e che vi piaceranno anche gli altri.
Alla prossima!
Da: SweetAinwen.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo VII. ***







 

Capitolo VII.






- Ehi, è successo qualcosa? - domandò Adrien al volante, ricevendo soltanto come risposta il suo viso girato dall'altra parte.
Si trovavano in macchina per accompagnarla a scuola. Come ogni mattina alle sette e mezza accostava di fronte alla villa e aspettava che Nathalie e Marinette aprissero la porta ed entrassero nell'auto.
La piccola, però, seduta accanto a lui, aveva aperto e chiuso la portiera in silenzio e con il volto triste, per poi sospirare. Lui l'aveva salutata con un sorriso e lei l'aveva guardato per un paio di secondi, dopodiché aveva spostato l'attenzione davanti a sé, lasciando cadere la schiena sullo schienale del sedile, facendogli corrugare la fronte e mancare un battito. Che gli avesse fatto qualcosa involontariamente? 
- Non ti preoccupare, Adrien. - lo rassicurò Nathalie, dietro di loro. - È così tutte le volte. Sabine e Tom rimangono solo per bere il caffè, parlando poco e niente. La trovo con la testa bassa quando varco la soglia. Ci siamo abituate, ormai. - spiegò con amarezza, il mento retto da una mano. 
Adrien diede una breve occhiata alla donna dallo specchietto retrovisore interno, in seguito osservò Marinette, con il capo poggiato sulla sua spalla, e riportò lo sguardo sulla strada.
Poteva essere una causa, sapeva benissimo cosa si provava nel vedere il proprio genitore non degnarti nemmeno di un saluto. Tuttavia non credeva affatto fosse solo quello. 



- Arrivati. - canticchiò sorridendo.
- Lo vedo. - commentò Marinette, fissando i bambini fuori dalla scuola.
- Grazie mille, Adrien. - cercò di sorridere Nathalie, in difficoltà per il comportamento di Marinette, scendendo dal veicolo.
Anche Nathalie credeva ci fosse qualcosa di più sotto. La bambina si rattristava, certo, ma la sua tristezza svaniva in fretta. Era una specie di pane quotidiano, di conseguenza non ci badava molto.
Le dispiaceva, non sapeva che fare. Aveva provato di tutto prima di uscire dalla villa, ciò nonostante era rimasta con quell'espressione. Faceva male vederla in quello stato. Perché doveva soffrire una creatura innocente?
- Di niente, Nathalie. Non devi ringraziarmi. -
Marinette aprì la portiera e scese, senza proferire parola.
- Ehi, peste, non saluti? -
Lei mosse solo la mano, voltandosi e incamminandosi, lasciando di sasso Adrien e facendo scuotere la testa a Nathalie, che si scusò con il giovane con un cenno del capo.



- Sta ancora così? - 
La donna sospirò, seduta a tavola: - Già. -
Adrien fece lo stesso. Aveva preso il cellulare e aveva chiamato Nathalie per sapere come stava, rimanendo deluso dal fatto che il suo stato d'animo era rimasto lo stesso. 
- Ho provato a parlarle, ma... - si toccò la radice del naso - sono riuscita solo a strapparle un mugugno. -
- Capisco. - abbassò lo sguardo, appoggiando la schiena sullo schienale del divano. - Tenterò io. -
- Ormai la vostra intesa ha sorpassato quella mia e di Marinette. - ridacchiò divertita, facendolo ridere. 
- Gelosa? - 
- È perché riesci a capirla, non è vero? - la risata di Adrien, a quelle parole, si smorzò. - Il tuo passato è il suo presente. Esso, però, non ti ha ancora abbandonato, giusto? Per questo le stai vicino, non vuoi che patisca le conseguenze delle azioni di Tom e Sabine. -
Sorrise. Nathalie aveva centrato il bersaglio in pieno. Si rispecchiava in Marinette, in quella dolce e tenere bambina che vedeva a stento i suoi genitori. Ferita, triste e lasciata da sola da loro. Sicuramente provava questo, per il semplice motivo che anche lui si era sentito in quella maniera. Anzi, si sentiva. 
- Già, Nathalie. - sussurrò, afono. 



La posò sul bordo del materasso, dopo averla presa sulle spalle per farla ridere, non ottenendo risultati.
Si accovacciò per vederle il volto abbassato: - Cosa c'è? È da questa mattina che sei triste. Me ne vuoi parlare? - parlò con dolcezza, appoggiando i palmi ai lati delle cosce di lei, che fece spallucce e prese il suo pupazzetto preferito rosso e dai puntini neri, stringendolo.





Marinette si trovava a tavola, con una bella tazza di latte e dei cereali integrali. Ogni volta che li mangiava tirava in fuori la lingua per il sapore amarognolo. Come facevano le altre persone a mangiare cibo del genere? Non sapeva proprio spiegarselo. A lei non piacevano proprio, preferiva più quelli al cioccolato. Un giorno la madre la vide con quella scatola tra le mani e glieli strappò senza indugi, facendole mettere il broncio.

<< No, no. Contengono troppe calorie. Devi mangiare sano se vuoi diventare un'attrice bellissima. >>
<< Ma io non voglio essere un'attrice! >>
<< Lo diventerai! Quindi niente lamentele e prendi i cereali integrali! >>


Sbuffò. Sua madre non gliela faceva passare liscia nemmeno una volta! Era così... così...
- Uffi. -   
Il suo sguardo fu attratto dall'entrata nella sala da pranzo del padre, che si sedette e afferrò il telecomando, accendendo la TV e bevendo un sorso del suo caffè.
- Buongiorno, papà. - 
- Mmh. Buongiorno. - salutò senza davvero farlo, cambiando canale e non degnandola di un'occhiata.
Marinette notò all'istante che era già vestito, pronto per andarsene. Si rattristò e inzuppò i cereali di latte. Non avevano mai tempo per lei, sempre fuori casa e nemmeno un abbraccio. Cominciava a pensare che non le volessero bene.
Lei voleva essere coccolata, ascoltata, divertirsi... voleva la sua mamma e il suo papà. Perché non lo capivano? Il lavoro era migliore di lei? Della loro figlia? 
- Chat Noir, il famoso ladro difficile da catturare, sembra abbia deciso di andare in vacanza e di dare tregua ai poveri cittadini parigini. -
Mentre la cronista parlava, Marinette ascoltava con attenzione le sue parole. Le sue orecchie si erano rizzare nel sentire in nome del suo amico e poco dopo si stranì.
"Ladro?", si domandò, osservando la TV che trasmetteva un'immagine del ragazzo, con la donna che continuava a comunicare la notizia.
Era stata scattata probabilmente da un elicottero durante la notte, la luce di esso era puntata su di lui, che sorrideva sghembo e mostrava l'indice e il medio alzati e lui in piedi su un tetto, come segno di vittoria. 
Aveva anche una faccia buffa che fece ridere Marinette. Il padre la osservò come se fosse impazzita e si coprì la bocca con una mano, ritornando a mangiare.
- Che si sia finalmente ritirato dal suo mestiere? -
- Altro che mestiere! - fece irruzione la donna, surclassando la voce della cronista. - Quello è ricavare con i viveri altrui! - si sedette, poggiando la tazza di caffè sul tavolo. - Mascalzone. - ne bevve un goccio.
- Buongiorno, mamma. - sorrise Marinette.
- Mmh. Ah, sì. Buongiorno, Marinette, buongiorno. -
Quel tono sbrigativo fece spegnere il suo sorriso. Persino la mamma... 
- Non ti alterare, Sabine. Rovini la tua pelle liscia con le rughe. -
Si toccò una guancia: - Oh! Non sia mai, Tom! Comunque... quel farabutto dovrebbe finire dietro le sbarre. Una persona sciacquetta come lui non merita di avere libertà. -
- Perché? - domandò, anche se non aveva capito l'intero discorso.
- Perché è la bugia, Marinette. - rispose Tom, guardandola e ricevendo la sua attenzione. 
- La bugia? Il ladro è la bugia? - 
- Esattamente, tesoro. - replicò Sabine questa volta, finendo il caffè insieme al marito e alzandosi, lasciandola senza parole.
"Non è vero. Chat non è la bugia. Non è vero."






Chat sospirò, si sedette accanto a lei e l'abbracciò.
- Tu lavori? - il giovane corrugò la fronte, confuso.
- Sì. Certo che lavoro. - 
- Fai il ladro? - 
Adrien l'allontanò quanto bastava per guardarla, volendo capire che cosa frullava in quella piccola testolina. Che cosa stava succedendo? Perché era così seria?
- Chi te l'ha detto questo? -
- Il telegiornale. Fa vedere la tua foto. Lo sai che non si fa? Che puoi finire in prigione? -
- Lo so, Buginette. - disse, con un senso di pesantezza improvviso al centro del petto, mentre inclinava il busto in avanti e poggiava i gomiti sulle ginocchia.
- Allora smettila! - gli ordinò, incrociando le braccia. - Devi avere un lavoro buono e non da stupido. Così sei solo scemo e non-non hai que-quello che vuoi. - scese dal letto, dandogli le spalle. - Mi deludi. Mi deludi tanto! - si girò - Sei per caso scemo? -
Chat la osservò a bocca aperta, colpito da quella lingua lunga. Però... aveva detto la verità. Quel tipo di mestiere era pericoloso, si poteva benissimo finire sparato o altro. Ci voleva una bambina per farglielo capire? Quella sua solitudine lo aveva trascinato su quella via? 
Sbuffò una risatina lieve: - Certo che... la verità, in certi casi, fa male. - 
- Non è vero che fa male. - scosse la testa Marinette, le mani sui fianchi. - Mamma e papà dicono che la verità è buona e che la bugia è cattiva. Io non voglio essere la bugia, non mi piace! - espose, il mento all'insù, fiera delle sue parole. 
"Forse... non sono poi così male come genitori.", rifletté il ragazzo, sorridendo intenerito. 
- E tu? - Adrien si ritrovò il viso della piccola a pochi centimetri di distanza. - Tu sei la verità o la bugia? -
Restò dei secondi in silenzio, fissando le sue iridi oltremare che lo avevano catturato dal primo istante e sorrise. Ah, ormai era stato stregato! 
Sorrise: - Adesso... sono la verità. - vide lentamente le labbra di lei andare verso l'alto e mostrare i denti, per poi trovarsi avvolto il collo dalle sue esili braccia.
- Lo sapevo! Sì! - gioì, successivamente gli diede un bacio sulla guancia e nascose il volto nell'incavo del suo collo.
Lui la strinse forte a sé, il cuore colmo di felicità. Quella bambina era diventata speciale per lui, e lo sarebbe stata per sempre. Se lo sentiva.
Anche se... la brutta sensazione che qualcosa sarebbe accaduto... non lo voleva lasciare.







*Angolino dell'autrice*
Aw! *--* Più si va avanti e più... aw! *--* 
Come state? ^--^ Io, dopo questo capitolo puccioso *--*, sto benone! xD Che ve ne pare? ^--^ La nostra Marinette ha tanto a cuore il nostro Adrien da imporgli di smetterla.
Che dolce! *--* E Adrien? Già... che dolce anche lui... Magari me lo trovo io davanti uno così >.< Sogna e spera, Ainwen! Sogna e spera! >.> 
Mmh... Adrien ha ancora quella brutta sensazione. *sguardo pensieroso* Mmh... bah... chissà... xD
Spero sia stato di vostro gradimento Miraculousaniani ^--^
Alla prossima!
Da: SweetAinwen.

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII. ***









 

Capitolo VIII.






Il cellulare che squillava disturbò Adrien e Marinette, seduti a tavola mentre il primo cercava di aiutarla con i compiti e Nathalie lavava i piatti. Il ragazzo osservò il display e digrignò i denti. Lo afferrò e rimase per un paio di secondi immobile, indeciso come sempre se rispondere o meno. Alla fine seguì la seconda opzione: rifiutò e lo ripoggiò sulla superficie piana, sospirando e chiudendo gli occhi. 
Marinette inclinò la testa di lato, cercando di comprendere il suo stato d'animo. Non era la prima volta che capitava, ma respingeva sempre la chiamata e rimaneva con le labbra all'ingiù, gli occhi spenti. Questo a Marinette faceva male. Scorgeva varie emozioni: tristezza, indecisione, solitudine e... attesa. Sì, aspettava impaziente che accadesse qualcosa, o che volesse fare qualcosa. Aveva bisogno solamente di un incentivo.
- È di nuovo il tuo papà? -
Nathalie si fermò sulla soglia, poggiandosi allo stipite e osservò Adrien con i bulbi puntati sulla piccola.
- Mmh. - mugugnò, prendendo tra le dita il libro di storia e sfogliandolo.
Marinette si resse il mento con una mano, facendo sorridere Nathalie per quanto fosse concetrata sul ragazzo. Ora sbucava una delle sue frasi ad effetto, ne era certa! 
La bambina non si spiegava il comportamento del suo migliore amico. Insomma, il suo papà lo telefonava per parlare, conversare come solo un padre e un figlio potevano fare e lui...! Erano passati altri tre mesi, Dicembre, e lo aveva visto in continuazione atteggiarsi in quella maniera, in seguito a quel colpo di telefono. Non lo sopportava più! C'era un limite persino alla stupidaggine, no?
- Sei uno stupido. - 
Nathalie ridacchiò, coprendosi la bocca con un palmo. Eccola, Professour Marinette a rapporto!
Adrien fu colto alla sprovvista: - Come? - 
- Il tuo papà ti chiama, fa tanto per sentirti, ma tu non gli rispondi! - girò il capo dall'altro lato - Non pensavo che tu eri così stupido! -
- S... Stupido, eh? -
Lo guardò male: - Il mio papà lavora ogni giorno, non torna sempre a casa e io lo vedo pochissimo. Il tuo papà, invece... - abbassò lo sguardo, perdendo veemenza. - Il tuo papà... ti vuole sentire... e vedere. - riportò l'attenzione su di lui - Io voglio fare di tutto - issò un pugno - per poter vedere il mio papà anche per cinque minuti! - urlò, battendolo sul tavolo e quel gesto rieccheggiò per l'intera casa.
Nathalie si rattristò, chiudendo gli occhi, mentre Adrien la fissava senza saper cosa dire. 
- Tu gli vuoi bene, ma qualcosa ti blocca e non ti fa andare da lui. - si drizzò, facendo stridere la sedia sul pavimento. - Scommetto che avete litigato. Dovete fare subito pace! Io... lo facevo. - le ultime parole furono un sussurro, tuttavia i due lo udirono forte e chiaro. 
Marinette aveva espresso il suo pensiero in modo abbastanza eloquente e non era nemmeno sbagliato secondo Nathalie, che guardò Adrien. Stava ancora soffrendo, eh? Sospirò.
Adrien non aveva la forza di parlare, probabilmente per la veridicità del suo discorso. Non le stava dando torto, tuttavia non era facile metterci una pietra sopra di punto in bianco e far finta che non fosse successo niente. Lui non ci riusciva. 
- Nevica! - l'urlo gioioso della bambina li fece voltare verso la finestra alla loro destra, dove aveva poggiato le mani sul vetro. - Che bello, che bello! - esclamò, saltellando sul posto.
Le strade e i marciapiedi erano completamente ricoperti di bianco e ne stava scendendo altra. Uno spettacolo meraviglioso!
- Zia Nathalie, zia Nathalie, zia Nathalie! -
La citata ridacchiò, avvicinandosi: - Dimmi. -
- Possiamo andare a giocare con la neve? - le domandò, guardandola. - Ti prego, ti prego, ti prego! -
La donna chiese il consenso con lo sguardo ad Adrien, che annuì sorridendo: - Va bene. -
- Sìììì! - 
- Fai attenzione e copriti bene. Non vorrai prendere un malanno! -
- Sì, sì! - rispose sbrigativa, nel momento in cui indossava cappotto, sciarpa e cappello. - Adrien, andiamo! -
- Arrivo, arrivo. -
Nathalie scosse la testa, mentre li vedeva uscire e chiudere la porta, divertita. 

- Guarda, guarda! - corse verso il centro del parco, per poi voltarsi nella sua direzione. - C'è tanta neve! -
- L'ho notato. -
Marinette sorrise a trentadue denti e si diresse verso lo scivolo, dov'era depositata una bella quantità. Incise con l'indice il suo nome e quello del ragazzo, che si avvicinò e le accarezzò la testa. La bambina lo guardò, ridendo contenta, dopodiché arrancò verso l'altalena e levò la neve, sedendosi e iniziando a dondolarsi. Adrien tirò fuori il cellulare e diede un'occhiata ai numeri salvati, fermandosi sulla scritta Gabriel Agreste. Salvare il suo numero in quel modo come se fosse un estraneo... e non con Papà. Tutti lo avrebbero fatto, lui no. Sospirò. Forse... doveva seguire il consiglio di Marinette. Strinse la presa sul cellulare. 

<< Tu gli vuoi bene, ma qualcosa ti blocca e non ti fa andare da lui. >>

Aveva ragione, gli voleva bene, però... che qualcosa lo bloccasse... non lo credeva affatto. 
Marinette era rimasta ad osservarlo e si rattristò. Ecco, di nuovo quella tristezza! Mise il broncio.
"Non ce la faccio più! Uffa!", si stufò, alzando gli occhi al cielo. 
Improvvisamente sorrise, attratta dal candido che occupava il terreno. Inclinò il busto, rimanendo seduta sull'altalena e ridacchiò. 
- Adrien! - canticchiò, attirando la sua attenzione. 
- Sì? -

Pam!

Marinette rise, mentre Adrien si ripuliva il volto dalla palla di neve che lei gli aveva lanciato. 
Ripose l'apparecchio telefonico in tasca e si accovacciò: - Vuoi la guerra? - si rimise in piedi, con tra le mani una palla di neve. - E che guerra sia! -
Dopo il suo urlo battagliero, lanciò ciò che aveva tra le dita e Marinette si abbassò. 
Gli fece la linguaccia: - Guerra con le palle di neve! - 
Scoppiarono a ridere, dando inizio alla battaglia. 





La porta si aprì e Nathalie smise di leggere la rivista che teneva poggiata sul tavolo della sala da pranzo. 
Si issò e andò a controllare, rimanendo sorpresa: - Oh, Sabine! Sei tornata presto, oggi. -
- Buon pomeriggio, Nathalie. - la salutò, arrancando verso di lei. - Devo prendere solo un paio di cose. -
- Oh, capisco. - sorrise, cercando di non farlo sembrare forzato, venendo ricambiata.
- Va tutto bene? -
- Sì. Tutto perfetto. - rispose, capendo che si riferiva anche alla piccola Marinette.
Annuì sollevata: - Sono felice di sentirlo. - e si incamminò verso le scale per accedere al secondo piano.
Nathalie sospirò, abbassando il capo. 

Sabine si era osservata attorno da un bel po', corrugando la fronte per il silenzio di tomba che circondava la casa. Che stesse studiando?
- Nathalie? - la chiamò Sabine, mentre si rifaceva il trucco.
La citata si diresse verso il bagno, fermandosi sulla soglia: - Dimmi, Sabine. - 
- Dov'è Marinette? - chiese, prendendo il rossetto. - Non la vedo gironzolare per casa. -  
- È in compagnia del figlio dell'Agreste. -
- Agreste? - ripeté, osservandola e fermando a mezz'aria la mano.
- Sì, mi dà una mano ad aiutarla con i compiti e tutto il resto. Spero di non aver sbagliato. -
- No, affatto. - enunciò, mettendo al suo posto la trousse. - Gli Agreste sono brave persone e tu puoi disporre di aiuti esterni, se servono a qualcosa, non ti preoccupare. - si fermò davanti a lei, inclinando il capo di lato: - Quindi il piccino è tornato. - disse, riferendosi ad Adrien e Nathalie annuì. - Mmh. Sarà cresciuto parecchio. - aggiunse sorpassandola e Nathalie la seguì.
- Molto. È quasi irriconoscibile. -
- Immagino. Sono passati dieci anni. Comunque, devo rivelarti una cosa. - invogliò con una mano a sedersi a tavola e la donna lo fece, insieme a Sabine. - Forse sarà improvviso. - congiunse le dita tra loro, poggiando i gomiti sulla superficie piana. - Ma... - sospirò.
Nathalie corrugò la fronte. Aveva una brutta sensazione. Erano poche le volte in cui Sabine, che conosceva da parecchio tempo, indugiava su un argomento e se accadeva voleva dire che poteva influire sulle loro vite.
Sabine la guardò, finalmente preparata a... sputare quel rospo ingombrante.



- Ti sei divertita? -
- Tantissimo! - esclamò euforica, abbracciandolo.
Adrien ridacchiò, accarezzandole la stessa. Gli piaceva vederla così felice, i suoi tentativi di farle vivere al meglio quei giorni anche senza l'affetto dei genitori stava funzionando. Sarebbe cresciuta priva di tristezza e solitudine.
Questo voleva e avrebbe continuato a farlo. Decise di mettere da parte quella sensazione sgradevole e di badare alla piccola, che in quel caso si stava arrampicando come una scimmia facendolo ridere a crepapelle. 
La prese e fece un giro su sé stesso: - Sei una peste! -
- Noooon sono una peeesteeee! - negò, parlando lentamente. 
Marinette adorava quando Adrien la faceva volare, le sembrava di essere proprio come un volatile: libera. 
- Oggi rimani di nuovo a dormire? - gli domandò, dopo aver poggiato i piedi per terra e averlo preso per mano. 
- Purtroppo no. -
Si rattristò: - E perché? -
- Guarda lì. - indicò di fronte a sé - È la macchina di tua madre. - 
- Quindi mamma è tornata! - gli occhi della piccola si illuminarono e il giovane sorrise. - Corriamo, corriamo! - 
Marinette alzò il passo, trascinandolo con sé e trovandosi di fronte all'entrata principale.
- Bene, ci vediamo stasera. - disse, accovacciandosi. -  Ti aiuterò con i compiti di matematica. -
Marinette fece una smorfia: - Odio la matematica! - Adrien ridacchiò e le diede un bacio sulla guancia.
- A stasera. -
- Mmh-mmh. - dopodiché spinse con il palmo la porta ed entrò.
Adrien aspettò che la chiudesse e fece dietro front, sfregando le mani tra loro per il freddo, anche se... la dolcezza gli aveva riscaldato il corpo.

Marinette arrancò con velocità verso la sala da pranzo, contenta di poter rivedere la mamma.
- Non dirai sul serio, spero, Sabine! - la voce alterata della zia Nathalie e la sedia che strideva sul pavimento la bloccarono. - È portarle via tutto quello che ha qui! Sabine, non va bene! -
Marinette si avvicinò lentamente, corrugando la fronte.
- Credi non ci abbia pensato? Ma non posso lasciarla sempre a te, Nathalie. In fondo anche tu hai una vita e devi viverla. -
- La sto vivendo, infatti: Occupandomi di una bambina dolce e forte, che non si fa abbattere facilmente dalla solitudine che la accompagna fin dalla nascita! - 
Ora si trovava sulla soglia e sentì la madre sospirare e la vide abbassare la testa. Nathalie, invece, aveva le mani sul tavolo e la osservava con cipiglio.
- Mamma? Zia Nathalie? - le due spostarono la loro attenzione su di lei - Che succede? -
 - Oh, sei tornata, tesoro. - sorrise forzatamente la madre, alzandosi. 
- Mmh. È pericolosa la sera, no? -
- Giusto, tesoro. - le carezzò la testa, rendendola felice. - È ora di cena. Ora Nathalie - e fissò la donna, eloquente. - ti prepara qualcosa di buono, - riportò l'attenzione sulla figlia - va bene? -
- Vaaa beneee! - 
- Così mi piaci. - 
- Dove vai, mami? - le chiese, mentre la vedeva incamminarsi verso l'uscita. 
- Ho un piccolo servizio da fare. - 
Abbassò il capo: - Ancora? - 
- Tornerò più tardi, - sorrise dolcemente - non ti preoccupare. -
- Ciii conto! - enfatizzò, il braccio allungato verso l'alto. 
Sabine ridacchiò e aprì la porta: - A dopo! - 
- Ciao! - si girò, dopo averla vista uscire e sorrise: - Cosa prepari, zia Nathalie? - 
- Il tuo piatto preferito. -
- Sìììì! - esultò, saltellando sul posto. 
Nathalie si mise ai forni, tentando di sorridere, ma non ci riusciva. Lo sguardo di Sabine era chiaro: non doveva dire nulla a Marinette. Sospirò. Come poteva non farlo? Domani... Domani...
- Sei triste, zia Nathalie? - 
La citata si riscosse e le diede un buffetto sul naso, facendole mettere il broncio: - Affatto, Buginette. Su, vai in sala pranzo e aspetta! - 
Marinette fece come le era stato detto e si resse la testa con una mano, seduta al tavolo. Non era molto convinta della sua risposta, ciò nonostante decise di metterci una pietra sopra. Niente e nessuno poteva rovinare il suo buon umore! Tra poco sarebbe arrivato anche Chat/Adrien e non vedeva l'ora! Improvvisamente si ricordò della sua materia più odiata e alzò gli occhi al cielo.
"Che... piiizza!", sbuffò, mettendosi a braccia conserte.






*Angolino dell'autrice*
Un piccolo avviso: Se notate degli errori quando Marinette parla, non vi preoccupate: non sono sviste, ma semplicemente il suo modo di parlare. ^--^ Essendo una bambina di otto anni, è improbabile che conosca perfettamente i tempi verbali xD quindi ho voluto renderlo il più... ehm, realistico(?) possibile. xD

Ma quanto è dolce Marinette? *--* Ha capito che un padre è sempre un padre anche se fa cose brutte! *--* Molto intelligente per avere solo otto anni, ma si sa... xD ormai i bambini sono più geni di noi xD ahahahah
Sabine e Nathalie hanno molta confidenza, come potete notare xD e cosa le avrà mai detto la prima per far arrabbiare così tanto la seconda? Ragazzuole, ormai manca poco... xD Ve lo aspettavate? xD 
Spero non mi lincerete >-< vi scongiuro! xD Ok, basta! xD ahahah Spero vi sia piaciuto ^--^ e... ehm, alla prossima? 
Alla prossima. xD (Se non mi lincerete.) xD
Da: SweetAinwen.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX. ***







 

Capitolo IX.






"Non sei tornata, mamma.", constatò la piccola, sospirando. "Tanto ho capito come fanno."
Marinette batté la fronte contro il quaderno, seduta alla scrivania.
- Avanti, Buginette. - la invogliò, accanto a lei, il mento retto da un mano.
- Ma non ce la faccio. Odio la matematica! - si rimise dritta, sbuffando. 
- È un tuo dovere studiare. -
- Ma io non voglio. -
- Devi. -
- No. -
Alzò gli occhi al cielo: - Fallo. -
- No-o. - replicò di nuovo, mettendosi a braccia conserte.
- Va bene. - si alzò - Allora me ne vado. -
- No, no, no! - sussurrò a raffica, bloccandolo per la mano. - Li faccio. Però tu rimani, va bene? - 
Lui sorrise vittorioso, per poi voltarsi e guardarla: - Va bene, peste. - si rimise seduto, mentre veniva osservato male e ridacchiò. 
- Non sono una peste. - borbottò, prendendo la penna. - Antipatico. -
- Io, - si indicò - antipatico? - 
- Sì, tu! - gli fece la linguaccia, girando la testa per non far vedere il suo sorriso birbante.
- Ti aiuto con i compiti... e sarei antipatico? - sorrise sghembo - Questa è bella, peste. -
Gli puntò contro la penna: - Dillo di nuovo e ti pungo. - 
- Sto già tremando. - ridacchiò divertito. 
I suoi occhi ebbero una specie di guizzo, ghignando furba: - Fai bene, Chat Noir. -
Aprì la bocca, prendendo un bel respiro e Adrien corrugò la fronte. Che aveva intenzione di fare? 
- Zia Na... - venne interrotta dalle mani del ragazzo, una a coprirle la bocca e l'altra dietro la nuca.
Capito ciò che voleva fare, aveva sgranando gli occhi ed era scattato come una molla. Avvertì gli angoli delle labbra di Marinette tirarsi all'insù e ridusse i bulbi a due fessure. 
Marinette ridacchiò, alzando e abbassando le sopracciglia, vittoriosa. Gli aveva fatto prendere un bello spavento, eh? Ecco cosa succedeva a provocarla! Così imparava, quello stupido. 
- Sei-una-peste! -
Marinette gli leccò il palmo e lui levò all'istante la mano, pulendosela. Ricevette una linguaccia e sbuffò una risatina. Era incorreggibile! 



Adrien le accarezzò la fronte e sorrise teneramente. Si era addormentata dopo averle raccontato per l'ennesima volta quella storia inventata da lui del cavaliere e della guerriera. 
Le piaceva molto, a quanto pareva. Si alzò dal bordo del letto e arrancò verso la finestra, poggiando un piede sul davanzale. Si voltò e rimase ad osservarla per un po'. Era davvero di una dolcezza infinita quando dormiva.
E gli venne spontaneo, qualcosa che proveniva da dentro e che non vedeva l'ora di uscire. 
- Grazie, piccola Marinette. - sussurrò, mentre lei si muoveva nel sonno, dandogli le spalle.
Sì, era grazie a lei se non aveva raggiunto davvero l'orlo del baratro, che il cuore aveva ripreso a battere ed era capace di provare calore, affetto... 
Lei non era una bambina, ma un Miracolo. Un Miracolo divino. Forse doveva essere grato anche a Dio per averla messa sulla sua strada. No, doveva essergli grato. Gli sarebbe rimasto sempre vicino, non l'avrebbe mai lasciata sola.
Non voleva più vedere il suo volto pervaso dalla tristezza.
Sorrise di nuovo e si diede uno slancio, venendo avvolto dalla notte. 
Nessuno li avrebbe separati. 

<< Mi prometti che staremo sempre insieme? >>
<< Promesso, Buginette. >>


Glielo aveva promesso. Si bloccò di colpo su un comignolo, osservando la mezza luna alta in cielo.
Però... perché quella brutta sensazione non voleva andarsene?



- Cosa? No! - negò con forza, le braccia tese lungo i fianchi.
Aveva sentito male? La sua mamma voleva davvero che...? Mai! Lei non voleva! 
- Non si discute, Marinette. - enunciò Sabine, mentre si truccava davanti allo specchio.
- Ma io non voglio! -
La donna la guardò, il rossetto poco distante dal labbro inferiore: - È un capriccio, questo? - ritornò a guardarsi sulla superficie riflettente - Sei troppo grande per fare i capricci. -
- Non è un capriccio. - incrociò le braccia - Qui c'è Adrien! - 
- Adrien? - ripeté, prendendo il mascara. - Troverai altri amici e ti dimenticherai in fretta di lui, non ti preoccupare. -
- NO! -
- Adesso basta! - la osservò attraverso lo specchio, irritata. - Vai a prendere le tue cose. - 
- No. -
- Nathalie, per favore, - alzò gli occhi al cielo, scocciata. - potresti accompagnarla in camera sua? -
- Certamente, Sabine. - 
La citata prese per mano Marinette e la condusse nella sua stanza, dove la piccola si sedette sul letto, la testa bassa. Da un giorno all'altro l'aveva praticamente ordinato, senza chiedere il suo parere. 
- Perché, zia Nathalie? - le chiese tristemente, nel momento in cui trainava la valigia della piccola.
- È il lavoro, Buginette. Lo sai. - mormorò affranta.
Nemmeno a lei piaceva quella decisione, ma loro erano i genitori... e non ci si poteva opporre.
- Mi mancherai tantissimo. - le rivelò, mentre scendeva dal materasso e le dava la mano. 
Alzò lo sguardo: - Anche tu. Tanto. -



Come ogni domenica mattina, Adrien stava aspettando seduto su quella panchina da mezz'ora, non vedendo né Marinette né Nathalie all'orizzonte. Che fosse successo qualcosa? Il tic alla gamba non voleva smettere e, quando capitava, aveva un brutto presentimento.
Tirò fuori il cellulare e compose il numero della donna, che rispose subito: - Nathalie, dove siete? -
- Qui. - sentì la voce sia attraverso l'apparecchio elettronico che accanto a lui.
Si alzò e chiuse la telefonata, avvicinandolesi. Appena lo fece si accorse dell'espressione infelice che le delineava il volto e corrugò la fronte. La sua brutta sensazione stava aumentando. 
- Come mai così tardi? - diede un'occhiata alle sue spalle - Dov'è la peste? Vuole farmi uno scherzetto? - ridacchiò divertito, già immaginandosi la sua entrata in scena.
Nathalie strinse la presa sul telefonino. Come doveva dirglielo? Il suo legame con Marinette si era rafforzato in modo tale da... paralizzarla. Avrebbe sofferto. Molto.
- Non so come dirtelo, per me è difficilissimo. -
- Dimmi tutto. - la invogliò impaziente, il cuore pesante.
- Tu e Marinette siete diventati importanti l'uno per l'altra, sembrate far parte della medesima famiglia, un fratello e una sorella. Quindi, mi chiedo... come si può... -
- Arriva al dunque, Nathalie, per favore. - la supplicò interrompendola, i battiti che, pian piano, acceleravano.
- Se n'è andata. - vuotò il sacco, dopo un paio di secondi, lasciandolo di stucco.
- Cosa? - la parola gli uscì strozzata.
- I Dupain-Cheng hanno ricevuto un'offerta di lavoro abbastanza proficua e oggi sono partiti. Se n'è andata, Adrien. - abbassò lo sguardo - Mi dispiace tanto. -
Non riusciva più ad aprire bocca. Aveva capito male, sicuramente! Ora l'avrebbe vista sbucare fuori dietro di lui come suo solito, credendo di spaventarlo. Quel gioco stava durando troppo!
- Stai mentendo. -
- Affatto! - lo guardò male - Non potrei mai scherzare su questo. Anche per me è importante! -
- Sai... dove si trovano? - lei negò con la testa.
- Conosco Sabine e Tom: non si fermano solo in un posto. Viaggiano parecchio e questa volta hanno deciso di trascinare la loro figlia. - Adrien portò la testa di lato, la mente vuota. - Marinette... prima di andarsene... mi ha detto di riferirti una cosa. - sorrise tristemente - Una cosa che ti farà certamente sorridere. - 

<< Devi dire ad Adrien che non deve essere triste, perché gli voglio tanto, tanto bene. Io tornerò qui, per lui, perché gli voglio tanto, tanto, tanto bene. >>

Le braccia caddero a peso morto lungo i fianchi, le labbra tirate in maniera lieve all'insù. Il brutto presentimento che aveva avuto era riferito a... quello? Se n'era... andata... per sempre? E non l'aveva nemmeno... salutata.
La luminosità delle sue iridi si spense all'istante, il corpo diventò pesante... e il cuore smise di battere.
- Adrien. La rivedrai, non ti preoccupare. - cercò di consolarlo, poggiando una mano sulla sua spalla. 
Sbuffò una risatina amara: - Stai tentando di convincere te stessa? - 
Nathalie levò la mano, come scottata, e se la portò al petto. Già, aveva ragione. Non era sicura di rivederla e provava a sperare autoconvincendosi che sarebbe stato il contrario. 
- Io... vado a fare due passi. - sussurrò afono, sorpassandola e lasciandola in balia della sua tristezza.

Vagava senza una meta da un bel po', la mente che ripeteva a macchinetta la stessa domanda.

Perché? Perché?

Parigi era perfetta, non c'era bisogno di trasferirsi in un'altra città. Qui ricavavano un sacco di soldi e possedevano una villa bellissima, priva di qualsiasi pecca. Parecchie persone li adoravano. Sabine veniva fermata per gli autografi e recitava in varie fiction e in vari film, mentre Tom veniva chiamato per essere l'avvocato di coniugi in procinto di separarsi, difesa, attacco... 

Perché allora?

Improvvisamente si rese conto che stava salendo delle scale e alzò lo sguardo. Villa... Agreste? Come c'era finito lì? L'indice si mosse senza preavviso e la cameriera di quel giorno aprì la porta, sgranando gli occhi nel vederlo così giù di morale. 
- Signor Adrien, prego, - si mise di lato - entri. -
- Grazie. - mormorò flebile, la voce sembrava non voler uscire. 
- Chi è, Adeline? - domandò Gabriel, uscendo dalla sala da pranzo e bloccandosi nel capire chi era l'ospite. - Adrien... -
- Ciao... papà. -
L'uomo, a quella parola, trattenne il respiro. Non l'aveva pronunciata con disprezzo, ma con rassegnazione, amarezza. 
"Che cosa gli è successo?", si chiese preoccupato. 
- Scusami. - 
- Come? - 
- Scusami. - abbassò lo sguardo - Non sapevo da chi altro andare e... - sospirò - Sono un pessimo figlio. - sussurrò, rendendosi conto solo ora della figuraccia fatta.
Doveva andarsene Marinette per decidersi finalmente a fare il primo passo e capire che un padre era sempre un padre e che il figlio sarebbe comunque ritornato da lui, come gli aveva detto la bambina giorni prima? Anche contro il proprio volere? Sospirò. Dunque quei suoi anni colmi di rancore e rabbia erano stati insensati? Un tocco leggero sulla propria spalla lo risvegliò e issò la testa, trovandosi il volto del padre a pochi centimetri, con un lieve sorriso. Quando si era spostato? 
- Adrien, sono io che ho sbagliato. Fin dall'inizio. Tu hai soltanto reagito alle mie azioni. Sono io a dover chiedere scusa. - lo abbracciò, non uno qualunque, qui c'era affetto. - Scusami. Per tutto. -
Adrien rimase senza parole, per poi ricambiare, stringendolo forte. E solo ora si rese conto che... quel momento... era ciò che da tempo aveva desiderato.







*Angolino dell'autrice*
Dunque, dunque... cosa abbiamo qui? Un assaggio del mio sadismo? xD Mmh...
Come state? ^--^ Inutile chiederlo dopo quello che ho scritto, eh? xD Sono davvero cattiva u.u xD 
Però domando lo stesso: Che ve ne pare? xD Spero vi sia piaciuto, almeno la prima parte xD  
Non vi preoccupate... u.u risolverò tutto. xD Non mi linciate! xD Con questo passo e chiudo, penso sia meglio. xD 
Alla prossima!
Da: SweetAinwen.

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Capitolo 10
*** Epilogo. ***







 

 

Epilogo.






Il mento era retto dalla mano sotto di esso, nel momento in cui Marinette fissava fuori dal finestrino dell'aereo. Sospirò a bocca chiusa, con la tristezza che prendeva il sopravvento. 
Si girò a guardare i suoi attaccati al cellulare e ai computer, senza preoccuparsi della loro figlia che, invece, voleva rimanere nella sua città Natìa per sempre. 
Acchiappò la foto scattata con il suo migliore amico e la guardò con rassegnazione. 

<< Aspetta, Marinette. >>
<< Cosa, zia Nathalie? >>
<< Ti stavi dimenticando questa. >>
<< Grazie, zia Nathalie. >>
<< Ci mancherai molto. >>
<< Mmh. Anche voi, tanto, tanto. >>


Gli occhi le si fecero lucidi, stringendo leggermente la presa su quella fotografia. Il suo tesoro più prezioso. 
"Tanto tanto", pensò, mentre una lacrima rigava la sua gota e sfiorava delicatamente il volto del giovane.
Non aveva potuto nemmeno salutarlo.
- Addio... Adrien. - 



Adrien arrancò verso la sua camera, prendendo dall'armadio la sua tuta nera con la coda, le orecchie da gatto, la maschera e il pupazzetto Plagg. Tirò fuori un sacchetto scuro, portò a mezz'aria gli indumenti, l'oggetto e, dopo un momento di esitazione... li gettò all'interno. Quelle cose gli ricordavano troppo lei e l'amara verità tornava prepotente davanti ai suoi occhi. 

Era finita. Finita del tutto. 

<< Mi prometti che staremo sempre insieme? >>
<< Promesso,
Buginette. >>


Osservò la foto che aveva incorniciato sul suo comodino e il cuore si restrinse fino ad accartocciarsi. Aveva chiesto a Nathalie di farne una copia e ora, averla lì...
Gli faceva male, enormemente male, ma era andata così e doveva digerirla.
- Addio... Marinette. - 

Quando il destino aveva in mano le redini delle vite delle persone... era impossibile cambiare direzione.

Potevano solo... sperare






*Angolino dell'autrice*
E siamo giunti all'epilogo di quest'altra storia, eh? ^--^ Come state? 
Vi prego, vi prego, vi prego! Niente pensieri negativi sulla mia persona! >.< Non me ne vogliate a male, non è colpa mia. >.<
Non sono io a scrivere la storia, ma è essa stessa a decidere come si devono svolgere gli eventi. Io metto solo mani su tastiera *si copre il viso con le mani* Vi voglio bene, dai, su xD
Ok, ok, non rido. ^--^''' 
Spero vi sia piaciuta... e che non cercherete di linciarmi. xD Ringrazio chi l'ha messa tra i preferiti, seguiti, ricordati e chi l'ha solo letta. Mi ha reso immensamente felice. ^--^
Allora alla prossima!
Da: SweetAinwen.

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