With or Without you.

di xhimmelx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1. ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2. ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3. ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4. ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5. ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6. ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7. ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8. ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9. ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10. ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11. ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12. ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13. ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14. ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15. ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16. ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17. ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18. ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19. ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20. ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21. ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22. ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23. ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24. ***
Capitolo 25: *** Epilogo. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1. ***




With or Without you.


 
Capitolo 1.
 
 
 
Ti ho visto andare via sotto i miei stessi occhi, tu te ne andavi e io non potevo fare più niente per impedirlo. Perché, cazzo, sembrava che io e te ci volessimo ancora bene, sembrava proprio che io per te fossi importante. Ero dell'idea che io e te ci saremmo bastati e non ci saremmo stancati mai; io, te e nessun altro. Poi è arrivata lei e non so, pian piano io sono sparita. Me ne sono accorta troppo tardi che lei era man mano diventata più importante di me, o forse lo è stata sin dall'inizio, ma cosa posso farci? Perché io, porca puttana, ci piango ancora quando ti penso. E ti penso davvero spesso, forse tutte le sere, quando mi ritrovo sola in camera. Dicevi sempre che la nostra amicizia sarebbe stata al primo posto, mai rimpiazzata, ed ora eccoci qua, tu che hai occhi e tempo solo per lei e io che dico che non rincorro più nessuno. In fin dei conti è vero, io la voglia di rincorrerti e chiederti di tornare non ce l'ho più, perché in passato ti ho dato tutta me stessa, ci ho messo troppo di me nel nostro rapporto, e vedere adesso a che punto siamo finiti mi fa venire quella matta voglia di mandarti al diavolo. E vorrei farlo, lo sai? Ma non ci riesco, cazzo, non ci riesco perché la forza di perderti per sempre non ce l'ho, perché in cuor mio preferisco questa dannata situazione di silenzio, per poi magari ritrovarci un giorno, anziché non averti mai più. Diamine, quanto sono codarda. Mi sto solo facendo del male a desiderare di averti ancora qua, mentre tu cosa hai fatto? Sei partito, te ne sei andato senza dire niente. Perché io per te non esisto più, vero?
Anche oggi, come tante altre notti, sono sola in camera e ti sto pensando. Penso al male che, forse inconsapevolmente, mi hai provocato e mi stai provocando. Dici che è per colpa sua se noi non possiamo più stare insieme, ma dici anche che per lei ne vale la pena, buttando al vento sei anni di amicizia che io ancora tengo dentro. Spero solo che un giorno tu riapra gli occhi e ti renda conto che a causa di quella ragazza hai perso un'amica come me che ti ha voluto bene come MAI nessun altro ha fatto, perché tu per me eri tutto. Eri la mia via di uscita dai problemi, eri la mia risata, eri la mia giornata e la mia serata, eri il mio migliore amico mentre adesso sembriamo due estranei. Se non ho te non ho più nessuno. Gli amici ce li ho, è vero, ma nessuno prenderà mai il tuo posto. E poi come farei a fidarmi di nuovo di qualcun altro? Come farei ad affidare tutto il mio cuore ad un altro ragazzo che non sei tu? No, i veri amici non si rimpiazzano. Questa è un po’ la cosa che tu hai fatto con me, ma io non cadrò così in basso. Ti porterò con me a tua insaputa, qualsiasi cosa io faccia. 

Forse un giorno deciderai che sì, per me varrebbe la pena anche mandarla al diavolo, ma io non ti aspetto. Io non ti rincorro, perché mi sono stancata.
 
◊◊◊
 
Mi sveglio ripensando al casino di ieri sera, facendomi immediatamente aumentare il mal di testa. Non so da dove sia arrivata, di preciso, l’idea di rileggere le vecchie note del mio diario per fare un tuffo nel passato, fatto sta che tutto ciò che tempo fa ho scritto su quelle pagine, oramai stropicciate e consumate dalle lacrime, è quello che in realtà avrei voluto sputare in faccia a Grayson, unica e sola causa del mio malessere.
Tante volte, in questi lunghissimi due anni, mi sono ripetuta che non ne vale la pena, non per una persona che si ricorda il tuo nome solo nel momento dell'estremo bisogno, ma altrettante volte mi sono resa conto che io, senza di lui, non ci so stare. O meglio, a stare senza di lui mi ci sono ormai abituata, per questo mi limito a rimpiangere il passato. Sempre, specialmente la notte, quando mi ritrovo sola con tutti i miei fantasmi e nessuno sembra essere all'altezza di potermi consolare. Tante volte ho cercato di non pensare più a quanto stavamo bene insieme, sapendo che quella sensazione di stabilità non potrebbe mai più tornare. Ma non è da me mollare, non è da me lasciar andare ciò che è "vecchio" e gettarlo nell'oblio. È questo, sicuramente, il mio più grande difetto.
Al solo pensarci, il mal di testa mi è salito alle stelle, perciò decido che sia meglio alzarmi e prepararmi subito un'aspirina dall'effetto immediato. Dieci minuti più tardi, già lavata e vestita, sto fortunatamente meglio. È questa la parte della giornata che preferisco, il mattino: quando tutto sembra essere al suo posto e niente è così cupo da poterti abbattere. Basta camminare a testa alta, con gli occhi rivolti verso il sole, e trovi una soluzione a tutto.
Persino la folla che riempie la metro, non lasciandomi alcun posto a sedere, pare essere insignificante ai miei occhi. Anzi, vedere così tanta gente alle otto di sabato mattina mi mette quasi di buon umore. I miei pensieri mutano leggermente quando mi accorgo di essere schiacciata come una sardina, circondata da un minimo di quattro persone tutte rigorosamente alte, molto più di me. Una di queste, probabilmente ignara della mia presenza, mi finisce addosso urtandomi col suo braccio. Sento un lieve dolore alla spalla, perciò decido di voltarmi e, adesso di fronte a me, trovo un ragazzo confuso e mortificato.
-Sta più attento.-  Gli consiglio infatti, non volendo tuttavia risultare acida o nervosa. Come ho già detto, alla luce del sole riesco a sfoggiare la migliore parte di me.
-Scusa, non ti avevo vista.-   Ribatte prontamente lui, abbassando lo sguardo a causa della mia piccola statura. Poi mi rivolge un piccolissimo sorriso, come se questo possa bastare a farmi cessare il dolore alla spalla.
Mi dico sia meglio lasciar perdere, sentendo un attimo dopo il mio telefono vibrare nella tasca dei jeans. Lo prendo svelta e, non appena leggo il nome di Violet sullo schermo, rispondo immediatamente alla telefonata.
-Hey Khloe, passo da casa tua fra dieci minuti per uscire, va bene?-   Mi propone quest'ultima tutto d'un fiato, non lasciandomi neanche il tempo di salutarla.
-Ciao anche a te!-   Esclamo quindi con tono ironico, ridendo finalmente per la prima volta oggi.   -E comunque, sto andando al bar, devo lavorare.-  Le ricordo poi, ottenendo in cambio una risposta delusa.
Stacco la chiamata poco dopo, notando di essere quasi arrivata a destinazione ma, prima ancora che le porte possano aprirsi, il veicolo frena ancora una volta in modo brusco e lo stesso ragazzo di prima sbatte, di nuovo, contro di me.
Questa volta è lui il primo a farsi avanti.   -Giuro che non lo sto facendo di proposito.-  Scherza appunto, passandosi una mano fra i capelli in segno di imbarazzo.
-Ti credo, non preoccuparti.-   Rido quindi, per poi dargli le spalle e scendere dalla metro.
Il traffico, oggi, è eccessivo, ma questo non mi impedisce di arrivare a lavoro in tempo: alle otto e trenta in punto mi ritrovo davanti al Kings Road Cafe, uno dei locali più popolari di Beverly Hills, così da aprire con le chiavi consegnatemi la sera precedente. Ripensando al modo in cui ho ottenuto un posto qui, sul mio viso spunta un altro sorriso di puro divertimento.
Ero disperatamente alla ricerca di un lavoretto estivo, non potendomi permettere nulla di più a causa del liceo. Ero già stata rifiutata da ben dieci negozi, essendo ritenuta ogni volta priva di esperienza e "troppo occupata con la scuola". Dopo tutte quelle porte sbattute in faccia, mi ero quasi arresa all'idea di trascorrere ancora un'altra estate a spesa dei miei genitori. "Che peccato". Per questo mi ero recata a Beverly Hills, là dove anche solo camminando lungo i marciapiedi pullulanti ti sembra di vivere in un sogno. Avevo sempre amato quell'atmosfera lì, fatta per chi non ha il tempo di essere triste. Ero entrata, senza neanche accorgermene, al Kings Road Cafe, e mi ero automaticamente seduta ad uno dei pochissimi tavoli liberi. Rimasi lì per più di un'ora, a godermi quel magnifico cappuccino circondata da gente di tutti i tipi, quando all'improvviso un rumore assordante catturò la mia attenzione. Un cameriere, forse il più giovane, aveva fatto cadere il vassoio dalle sue mani e, con esso, il resto delle tazze colme di bevande.
-Tu!-   Lo richiamò severamente quello che doveva essere il suo datore, puntandogli intanto il dito contro.  -Sei licenziato!-   Gli comunicò poi, senza un minimo di pietà.
Il biondino, decisamente incazzato, si levò il grembiule e qualche minuto dopo abbandonò definitivamente il locale.
-Cazzo, è domenica e questo posto sputa gente dappertutto! Odio i nuovi arrivati.-   Sentii la donna lamentarsi ancora a lungo, in preda all'ira e alla confusione dovuta all'immensa fila che pian piano si affollava alla cassa.
Fu in quel momento che l'idea balenò nella mia mente, portandomi ad immaginarmi dietro al bancone del Kings Road Cafe. Mi dissi che sì, sarebbe stato decisamente difficile lavorare con un datore del genere, ma quella era pur sempre Beverly Hills. Ed io ero pur sempre disperata e in cerca di soldi. Con una botta di coraggio, mi alzai quindi dal mio tavolino e mi diressi verso il bancone, sentendomi dire più volte di rispettare la fila. Ma me ne infischiai ed arrivai a destinazione, trovandomi di fronte alla donna dai capelli rossi.
-Potrei darvi una mano.-   Proposi dunque, con uno sguardo ricco di speranza. La donna mi guardò con fare indeciso, desiderando palesemente una spiegazione migliore.   -Sto cercando lavoro e... Ho visto che avete bisogno di qualcuno.-  
I suoi occhi verdi mi squadrarono dalla testa ai piedi, come se questo bastasse a capire qualcosa di me. Ad ogni modo, pochi secondo dopo, forse a causa dell'eccessiva confusione, ottenni il posto. O, perlomeno, una possibilità.
-È un'eccezione! E questa è solo una prova, non ti pagherò.-   Aveva detto la “Signora Flores”.
Ed ora eccomi qui, cameriera al Kings Road da poco più di nove mesi, il che è un vero traguardo considerando l’attitudine parecchio “difficile” del mio datore. Tornando alla realtà, comunque, sistemo le mie cose nel piccolo stanzino dietro al bancone prima ancora che anche Nate, il mio collega, possa arrivare, ma, posando la mia borsa e cercando al suo interno il pettine che porto sempre con me, mi accorgo che qualcosa non va.
La mia agenda è sparita.
 



 
XHIMMELX.

Eh sì, proprio così. Per vostra sfortuna –o fortuna, se siete buoni e vi piacciono almeno un po’ le mie storie-, sono tornata, ed ho parecchie cose da dire su questa storia!
1) È la prima ff che scrivo su Cameron Dallas, ma spero di essere riuscita nel mio tentativo. Mi auguro davvero che vi piaccia perché, ad essere onesta, sono abbastanza soddisfatta del risultato.
2) Questa ff si concentra sul percorso di crescita della protagonista, Khloé, che ne ha viste tante e chi sa quante altre ne vedrà. Beh, questo misterioso Grayson di cui parla è naturalmente una persona che fa parte del suo passato ma che non riesce a cancellare al 100%, ma tranquilli: strada facendo si scopriranno più cose su di lui, nonostante non sia il protagonista.
3) I pezzi in corsivo che troverete all’inizio di alcuni capitoli sono, come avrete capito, pezzi del diario di Khloe. Ad ogni modo, dimenticando per un attimo questa ff, sono delle cose che ho scritto io tempo fa e che ho dedicato ad una persona. Quindi sì, diciamo che in Khloe c’è molto di me e questa è forse la ff che più mi appartiene.
Detto questo, spero di avervi convinti!
Alla prossima, xhimmelx.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2. ***




Capitolo 2.

 

 
 
 
Io non lo so cosa c’ho in questi giorni. Non mi sento motivata da nulla, mi sento spenta, mi sento persa. La mancanza delle persone che sono andate via si fa sentire sempre di più, ogni giorno più forte di quello precedente, e questo mi fa stare davvero di merda. Da quando Grayson ha deciso di buttarmi via, qualcosa in me è cambiato. A dire il vero, tante cose non sono più come un tempo. Non ho più qualcuno con cui sfogarmi sul serio, mi tengo i miei segreti e i miei sentimenti per me, e sono più distaccata dal farmi nuovi amici. A dire la verità, non ne voglio di amici nuovi, dopo lui.
Qualche giorno fa, ad esempio, ho rincontrato una persona che non vedevo da tempo, da parecchi mesi ormai. Una persona che è rimasta a lungo nella mia testa, ed io nella sua. Nonostante ciò noi due non siamo mai stati tanto coraggiosi da sbatterci in faccia ciò che provavamo, così lui fingeva di essere felice con un’altra, ed io fingevo di essere felice da sola. Ma non lo ero, né lo sono. Non lo sono perché, in questo periodo più che mai, sento la mancanza di qualcuno che mi stia accanto. Sento di avere bisogno di qualcuno che ci tenga a me, che magari mi ami, e che non mi lasci sola. Qualcuno per cui valga la pena soffrire e secondo cui io ne valga la pena. Perché io ho parecchio amore da dare, e voglio darlo a lui. Di nuovo. 

 
◊◊◊
 
 Dal secondo esatto in cui mi sono resa conto che la mia agenda fosse sparita, non ho fatto altro che disperarmi silenziosamente e in tutti i modi possibili. L’ho cercata dappertutto, sul pavimento, sotto il bancone, negli angoli più remoti dello stanzino del personale, con la certezza di averla vista, un’ora prima, dentro la mia borsa. Era sempre lì, costantemente!
Ad ogni modo, tutti i miei sforzi sono stati inutili in quanto non sono riuscita a trovarla da nessuna parte, vedendomi costretta a fermarmi non appena Nate è arrivato al locale, e con lui il resto del personale. D’altronde, la vocina nella mia testa mi ricorda che devo necessariamente mantenere un profilo alto in un posto come questo, dove non c’è spazio per gli stupidi capricci di una liceale.
Durante tutta la mattinata, comunque, non ho fatto altro che pensare a dove diamine possa essere finita, accompagnando i miei frustranti pensieri ai movimenti svelti delle mie braccia che, oramai abituate, preparano bevande e servono clienti in maniera del tutto meccanica. C’è tutto, troppo di me in quell’agenda, e il solo pensiero di aver perso per sempre quelle pagine, quei pezzi di anima, mi distrugge.
Vado avanti così per il resto del mio turno che, grazie al cielo, alle cinque del pomeriggio sta per finire. Ho solo gli ultimi tavoli da servire, dopodiché potrò concentrarmi nuovamente sulla mia ricerca non appena Meredith verrà a sostituirmi.
-Ecco a lei il suo tacos…-   Esordisco quindi quasi soddisfatta all’uomo al tavolo cinque, insieme a quello che deve essere un suo amico.   –E il suo sandwich!-
Dopodiché, mi incammino nuovamente dietro al bancone e mi sciacquo le mani con dell’acqua fresca, per poi battere il cinque a Nate che, insieme a me, è il più giovane qui dentro. Faccio finalmente per togliermi il grembiule, ma il campanellino posto all’ingresso suona e, alzando gli occhi al cielo, capisco immediatamente che no, il mio lavoro non è ancora finito.
-Te lo concedo.-   Dice infatti Nate al mio fianco, lavandosene subito le mani.
-Solo perché hai quell’appuntamento e hai fretta di andare via!-   Gli concedo io, per sua immensa fortuna.    –Ciao, dimmi.-   Faccio poi al mio cliente, senza nemmeno guardarlo in faccia, con carta e penna già in mano.
-A dire la verità stavo solo cercando una persona.-   Mi informa lui, lasciandomi inizialmente interdetta.
-Beh, qui serviamo cibo.-   Lo prendo in giro quindi, ridendo piano prima ancora di poter sollevare lo sguardo e trovarmi davanti un viso un tantino familiare.
Rimango a fissarlo per qualche lungo secondo, cercando di ricordare dove possa aver visto questa persona prima. Poi, ad un tratto, la sua voce mi rimanda al ragazzo che, stamattina, mi ha urtata in metro per ben due volte.
-E ti ho trovata.-   Esclama appunto lui, non impiegandoci troppo, a differenza mia, nel riconoscermi.
Mi domando perché possa aver bisogno di me, per questo lo guardo confusa e curiosa e incurvo le sopracciglia in cerca di una risposta. Lui, comprendendo al volo la mia richiesta, esce qualcosa dal suo zaino prima di parlare.
-Stamattina, quando stavi per scendere dalla metro, ti è caduta questa.-   Dice poi, muovendo di fronte a me la sua mano.
E lì la vedo, la mia agenda. A causa dell’immenso sollievo che provo in questo momento potrei persino offrirgli un pranzo completo, se non fosse che questo posto non è mio. Ma, sul serio, nessuna delle parole che affiorano la mia mente sarebbe in grado di mostrargli tutta la gratitudine che, in questo momento, provo nei suoi confronti. Insomma, non lo conosco nemmeno e, per quello che so, avrebbe potuto infischiarsene e lasciare l’agenda a terra, o persino calpestarla scendendo dal veicolo.
-Grazie, sul serio.-   Gli rispondo quindi in tutta onestà, nella maniera più semplice possibile.
Intanto, con le mani incrociate sul petto in segno di sorpresa, emetto un grosso sospiro e lascio andare via tutta la frustrazione e l’ansia che in quelle interminabili ore avevo accumulato. Dopodiché, non perdo un secondo in più per strappare –letteralmente- la mia agenda dalle mani del ragazzo, oserei dire sconvolto dal mio singolare comportamento.
-Non puoi immaginare quanto sia importante per me.-   Sussurro poi, riferendomi più a me stessa che al mio interlocutore. Qualche istante dopo, infatti, spero con tutta me stessa che il ragazzo non mi abbia sentita.
-Allora non è stato tempo sprecato!-   Esclama però lui, manifestandomi il contrario.
A questo punto, però, una domanda balena nella mia mente.   –Ma… come mi hai trovata?-   Gli chiedo infatti, non del tutto sicura sulla risposta da aspettarmi. Voglio dire, e se mi avesse seguita come fa un maniaco?
Il castano, però, mi tranquillizza subito, come leggendomi nel pensiero.   –Ti ho sentita parlare al telefono e ho capito che lavoravi in uno dei locali in zona e… Oddio, detta così sembra che io stessi origliando volontariamente, non è così, giuro!-  
Il suo modo di fare un po’ goffo ed imbarazzato è la cosa più divertente del secolo, mi fa decisamente ridere. Non a caso un sorriso derisorio spunta svelto sul mio viso, ma decido sia meglio trattenermi così da non far imbarazzare ulteriormente il ragazzo.  
-Non preoccuparti.-   Cerco infatti di farlo rilassare, indicandogli con un gesto della mano di proseguire.
-Dicevo… Ho capito che lavoravi in zona e ti ho cercata in quasi tutti i locali vicini alla fermata e… adesso eccoti qui!-   Mi spiega finalmente lui, rivolgendomi un ampio sorriso soddisfatto non appena si zittisce.
-Beh, grazie ancora. Non tutti l'avrebbero fatto.-   Ribadisco dunque, sentendomi eccessivamente "lusingata" dal suo gesto di pura gentilezza.  
-Io sono Khloe, comunque.-   Mi presento poi, dopo averci pensato su per un po'. Non che io abbia secondi fini, ma ritengo che quel ragazzo meriti almeno di sapere il mio nome dopo tutto il tempo impiegato a cercarmi.
-Oh, lo so. C'è scritto sulla copertina.-   Dice con tono ovvio ed ironico, come se volesse prendermi in giro.   -Io sono Cameron.-  Aggiunge fortunatamente poi, non facendomi sentire una totale sbadata.
A questo punto, porgo la mia mano in avanti e la stringo con la sua, decisamente più grande. Nel momento in cui il contatto svanisce, Cameron fa subito spallucce e  -Adesso puoi anche farmi un frappè.-   mi informa.
Gli lancio un'occhiata d'intesa, come a volerlo rassicurare del fatto che questo sarà il frappè migliore della sua vita, per poi dargli le spalle e mettermi all'opera. Appena due minuti più tardi, gli servo la bevanda in un ampio e lungo bicchiere in plastica, con tanto di panna e cubetti di fragola in superficie.
-Lo offre la casa.-   Gli comunico all'istante, decidendo per una volta di trasgredire alle regole. O, perlomeno, sarò io a pagarlo per lui a sua insaputa.
Cameron si gusta il suo frullato in tutta tranquillità, seduto comodamente su uno degli sgabelli posti davanti al bancone, tenendomi compagnia mentre io aspetto ancora che Meredith mi dia il cambio.
-Allora... Khloe.-   Il ragazzo cattura nuovamente la mia attenzione, mettendoci tuttavia qualche secondo prima di ricordarsi correttamente il mio nome.   -Sono io quello che deve ringraziarti, a dire la verità.-
Lo osservo stranita per l'ennesima volta, ma adesso non ci penso due volte a dar voce ai miei pensieri.   -E perché mai?-   Gli domando infatti, alzando in aria una mano in segno di incomprensione.
-Mi hai fatto scoprire uno dei migliori locali di Los Angeles!-   Ammette poi scherzoso, lanciando un'ultima occhiata al suo frullato prima di poterlo consumare del tutto.
Non posso far altro che ridere a causa della sua buffa espressione golosa, chiudendo gli occhi nel tentativo di trattenere le lacrime. Sul serio, sto pian piano scoprendo quanto esilarante sia questo ragazzo.
-Non c'è di che.-  Rispondo quindi, ricambiando con un'altrettanta risata di pura allegria. Beh, chi l'avrebbe mai detto che una giornata iniziata nel peggiore dei modi, con tanto di mal di testa e ricordi che sarebbe meglio dimenticare, si sarebbe trasformata in questo?
Ad ogni modo, qualche minuto più tardi sento Meredith fare il suo ingresso nel locale e la sua voce attirare subito l'attenzione di tutti. Quindi, dopo aver ascoltato le sue banali scuse, mi levo il grembiule di dosso e mi sciacquo ancora una volta le mai.
Dopodiché   -Io qui ho finito.-   Comunico a Cameron.  -È stato un piacere conoscerti.-  E mi congedo, una volta per tutte, volgendogli le spalle e dirigendomi verso lo stanzino del personale.
Afferro immediatamente la mia borsa e la prima cosa che faccio è mettere dentro l'agenda, ma mi blocco non appena mi accorgo di un piccolo dettaglio che cade subito all'occhio. Avrei preferito non notarlo, in tutta onestà. Sulla primissima pagina del diario vi è una minuscola orecchia e, come se non bastasse, il segnalibro è stato spostato. Non è più dove lo avevo lasciato. Un orribile dubbio assale in men che non si dica la mia mente, portandomi a farmi numerosissime domande delle quali, in realtà, ho paura di scoprire le risposte. Infilo comunque l'agenda nella borsa e mi incammino verso la sala principale del locale, non ancora pronta a tornare a casa. Cerco infatti Cameron con lo sguardo e, non appena lo trovo vicino alla porta d'ingresso, lo fermo chiamando ad alta voce il suo nome. Gli corro subito incontro e, del tutto chiara e schietta, mi rivolgo a lui con un tono forse fin troppo allarmato.
-Hai per caso letto la mia agenda?-  Gli domando quindi.
Adesso, il mio volto non è coronato da nessun sorriso di simpatia, proprio come quello del ragazzo di fronte a me. Potrei percepire la sua preoccupazione a miglia di distanza, il che mi basta a confermare i miei dubbi. Tuttavia attendo pazientemente finché non sia lui a darmi una risposta.
-No...-   Dice del tutto incerto, non sapendo evidentemente come altro comportarsi. Dal mio sguardo ancora serio e severo, però, capisce quanto inutile possa essere prendermi in giro e, tutto d'un fiato, fa uscire la verità dalla sua bocca.   -E va bene, sono stato costretto a farlo per cercare delle informazioni sul tuo conto.-
-Andiamo, poco fa hai persino detto che il mio nome è scritto sulla copertina e che, fra l'altro, avevi capito dove trovarmi grazie a quella telefonata!-   Esclamo a questo punto io, non avendo la minima intenzione di sottostare al suo giochetto bugiardo.  
-Come ti sei permesso?-   Gli domando poi retoricamente, non aspettandomi comunque alcuna risposta da parte del ragazzo che ora, senza ombra di dubbio, si sente umiliato.
-Scusa, io...-   Balbetta infatti, non trovando nient'altro da dire.
-Vaffanculo.-   Lo interrompo quindi velocemente, fulminandolo con un'occhiata davvero furiosa e sorpassandolo, prima di poter finalmente uscire da questo posto.
I miei pensieri più tristi e malinconici, quelli che non ho il coraggio di raccontare nemmeno alla mia migliore amica, sono racchiusi in quella dannatissima agenda, e il solo pensiero che qualcun'altro li abbia letti mi mette i brividi. Brividi di terrore. Una delle mie più grandi ed incurabili paure è che qualcuno venga a conoscenza del mio lato più oscuro, che qualcuno mi conosca per quella che sono durante la notte, quando il sole cala ed ogni cosa sembra disgregarsi e andare a pezzi. Cosa potrebbe pensare la gente di me? Che sono una sociopatica depressa del cazzo, ecco cosa.
Un piccolo bagliore di luce si propaga nel mio petto non appena realizzo che quel Cameron, per me, non è altro che uno sconosciuto e che per questo non lo vedrò mai più. Nonostante ciò, questo non basta per far sì che io arrivi a casa tranquilla e leggera. Al contrario, sento un enorme macigno sul mio petto: mi sento esposta.
 
 


 
XHIMMELX.
Ciao a tutti, eccomi di nuovo qui con il nuovo capitolo!
Allora, che mi dite? Cosa ne pensate fin ora di questa mia nuova storia? Io, onestamente, spero di interessarvi pian piano di più, perché ci tengo davvero tanto. E poi è la prima ff che scrivo su Cameron, che tesoro.
In ogni caso, come vi avevo promesso si scopriranno pian piano sempre più cose su questo misterioso Grayson: chi è per Khloe, che fine ha fatto, cosa ha fatto. Vi siete già fatti un parere su di lui?
E finalmente è arrivato il pezzo forte, è entrato in scena Cam! Beh, vi dico solo che da questo primo incontro fra Khloe e Cam (Che ha trovato la sua agenda, omg) scaturiranno moltissime cose…
Spero solo di avervi incuriosita abbastanza da invogliarvi a proseguire con la lettura, fatemi sapere ciò che ne pensate.
Alla prossima, xhimmelx. 


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Capitolo 3
*** Capitolo 3. ***




Capitolo 3.


 
 
 
 
Oggi ho visto uno di quei film strappalacrime. Sorprendentemente, mi sono resa conto che la nostra situazione non è poi tanto diversa. 
Grayson è andato avanti con la sua ragazza ai piedi e io sono ancora qui, bloccata in una situazione che detesto con tutta me stessa. Eppure lo so, so che Gray, proprio come Alex, il protagonista del film, si renderebbe immediatamente conto di quanto ciò che ha non è il meglio che potrebbe ottenere nella sua vita, se solo ci riflettesse su un attimo. Ed io, come Rosie, la protagonista, faccio finta di andare avanti senza mai farlo davvero perché non ci riesco, non ci riesco per qualche ragione che non voglio ammettere nemmeno a me stessa.
Non so dove tutto questo ci porterà, ma non credo nei lieto fine. Quelli li lascio ai film. Noi, io ed Grayson, finiremo ancora più distanti di adesso, se possibile, finiremo per non ricordare nemmeno tutto ciò che ci siamo lasciati alle spalle e fingeremo di vivere una vita felice senza mai pensare l'uno all'altro. 
Io non lo so se lui ci pensa qualche volta a me, ma io lo faccio. Lo faccio sempre e semplicemente non riesco a dimenticarlo.

 
◊◊◊

 
A scuola, con Violet, tutto sembra andare per il verso giusto. È sempre così con lei, sto talmente bene che non rovinerei i nostri momenti per nulla al mondo. Forse per questo non ho mai trovato il coraggio di parlarle di Grayson, almeno non nel modo in cui avrei desiderato farlo.
Violet, naturalmente, sa: conosce per filo e per segno i trascorsi fra me e Gray, conosce la forte amicizia che un tempo ci legava ed il modo –a sua detta insolito- in cui noi la vivevamo. Era stata la prima a riconoscere ed ammettere che quella fosse più che una semplice amicizia, che secondo le sue “teorie” io e Grayson, prima o poi, saremo finiti insieme. Ma è stata anche la prima a cercare di farmelo dimenticare nel momento esatto in cui lui mi ha voltato le spalle, altro motivo per cui sono stata sempre restia nell’esprimerle i miei sentimenti in continuo cambiamento.
Quindi, adesso che ci stiamo incamminando insieme verso l’ingresso dell’istituto, cerco di scacciare dalla mia mente ogni sorta di pensiero che abbia a che fare con lui.
-Khlò, ho il test di storia a prima ora, devi aiutarmi.-  
Le suppliche di Violet mi aiutano, appunto, a tornare con i piedi per terra, facendomi ridere per l’assurdità di quelle parole.
-Ma se sei quella che prende sempre il punteggio massimo!-   La buffoneggio infatti, prendendomi gioco del suo caratterino insicuro ma poco modesto al tempo stesso.
-In ogni caso, tieni il cellulare pronto. Ti prego.-   A questo punto, le sue mani sono unite in segno di preghiera e le sue labbra imitano quelle di un cucciolo in cerca di coccole, il che, naturalmente, mi porta ad accettare.
-Tanto prenderai una bella A anche stavolta.-   La rassicuro poi, prendendola sotto il mio braccio e proseguendo in questa posizione finché non arriviamo agli armadietti.
Nonostante siamo in anticipo di dieci minuti, il corridoio è già leggermente affollato e si possono vedere dappertutto studenti che, più che normali ragazzi, sembrano quasi dei veri e propri zombie. Devo essere anch’io una di loro, dal momento in cui la mano di Violet si muove velocemente davanti al mio viso facendomi comprendere di essere totalmente assente.
-Hai capito quello che ti ho detto?-   Mi domanda infatti la bionda, aspettandosi già una risposta negativa da parte mia.
-No…-   Ammetto infatti, e stavolta sono io a sfoggiare gli occhi da cucciolo.
Per fortuna, Violet mi ripete una seconda volta la domanda.   –Io vado in classe per ripassare, è un problema?-   Mi chiede dunque, parlando stavolta con un tono di voce fin troppo alto.
-Va pure.-   Le rispondo, lasciandole un piccolo bacio sulla guancia prima di farla andare via.
Poi, rimasta completamente sola, apro il mio armadietto per prendere i libri necessari, li infilo nel mio zaino e mi incammino verso il bagno. Attraverso quindi l’ampio corridoio principale e, non appena svolto a destra, faccio per raggiungere la toilette delle ragazze ma vengo interrotta da qualcosa. O meglio, qualcuno. È una voce oramai parecchio familiare, quella che sento poco distante da me, che mi porta a voltarmi leggermente nella sua direzione. Dopo aver scrutato per filo e per segno il gruppo di ragazzi alla mia sinistra, infatti, mi rendo conto di non avere affatto torto: quella è la voce di Cameron. Quel Cameron.
Farei di tutto, in questo preciso istante, pur di diventare improvvisamente invisibile o scomparire sottoterra, ma l’unica cosa che sono in grado di fare starmene lì immobile, come congelata, ad origliare la conversazione di quel gruppo di ragazzi.
-Venerdì c’è la partita, Nash, dovrai spostare il tuo appuntamento ad un’altra sera.-  
Quella che, senza ombra di dubbio, è la voce di Cameron, sta adesso scherzando nel modo più spensierato possibile con uno dei suoi amici, un modo che a me da palesemente fastidio. In realtà, però, non ho ancora realizzato il fatto che lui possa davvero trovarsi qui, nella mia stessa scuola. Non posso accettare il fatto che lui, che sa così tanto di me a causa di quell’agenda, sia a pochi metri da me e che, per assurdo, frequenta il mio stesso liceo. È incredibile.
“Perlomeno non frequentate gli stessi corsi” sussurra sollevata la mia vocina interiore, ricordandomi di non averlo mai avuto come compagno di classe nel corso di questi anni. Questa consolazione, se così la si può chiamare, mi dà la forza di scollare i miei piedi dal pavimento ed allontanarmi finalmente dalla zona contaminata: in pochissimi secondi, avendo fatto di tutto pur di non essere notata dal diretto interessato, mi ritrovo infatti all’interno del bagno delle ragazze. Esalo un lunghissimo sospiro di sollievo e mi chiudo la porta alle spalle, già desiderosa di tornare a casa.
Rimango là dentro finché non sento la campanella suonare e dare inizio alle lezioni. Non pensavo ne sarei mai stata tanto entusiasta. Dopo essermi assicurata che il corridoio fosse vuoto, quindi, esco dal wc e mi incammino tranquillamente verso la classe di geografia, dove il professor Lerman sta parlando di chi sa quale stato da ancora pochi minuti. Mi scuso comunque per il ritardo e, pur se con un’occhiataccia, l’uomo di mezza età mi lascia sedere senza molti problemi al mio banco, in seconda fila.
Dopodiché, continua a parlare per chi sa quanto altro tempo ancora della conformazione del Canada, del territorio, del clima e chi più ne ha più ne metta. Cose poco interessanti per una studentessa più incline alle lingue e alle lettere come me. Quando manca ormai un quarto d’ora al termine della lezione, però, smetto di scarabocchiare sul mio foglio bianco a causa della voce del professore che, con un tono falsamente curioso, chiama il mio nome.
-Signorina Sanchéz, dato che ho chiuso un occhio sul suo ritardo, mi saprebbe almeno dire qual è…-
Prima ancora che Lerman possa finire, io sono già nel panico. Cerco di pensare ad un modo razionale per salvarmi da questa pessima situazione, data la mia poca attenzione durante i tre quarti d’ora precedenti, ma sono a corto di idee. Tuttavia, l’uomo si ammutolisce di colpo non appena sente qualcuno bussare alla porta, qualcuno che è sicuramente arrivato per salvarmi. Ringrazio mentalmente il cielo e tutti quelli che mi stanno attorno, ma me ne pento subito non appena mi rendo conto che, quando la porta si apre, quel Cameron fa il suo ingresso nella classe.
Diamine, da quando ho conosciuto questo ragazzo –soli tre giorni fa- le cose non sembrano andare mai come desidero. Faccio di tutto pur di nascondermi e passare inosservata, cosa altamente improbabile dal momento in cui mi trovo fra le prime file. Cerco perfino di coprire parte del mio volto con il foglio che avevo, fino a pochi secondi prima, sotto le mani, ma mi rendo subito conto di star ottenendo l’effetto opposto. Anzi, in questo modo sembro solo una stupida. Sento Cameron parlare con il professore riguardo qualche tipo di comunicazione, ma non mi importa più di tanto: l’unica cosa alla quale riesco a pensare è la mia improvvisa voglia di fuggire in bagno.
-Signor Lerman, la preside la vuole nel suo ufficio fra cinque minuti.-    Comunica Cameron al professore, nonostante per tutto il tempo se ne stia con lo sguardo fisso sul mio. Uno sguardo ricco di incredulità.
I suoi occhi castani puntati fissi sui miei mi fanno sentire qualcosa, mi smuovono qualcosa dentro. Non è niente di bello o anche solo lontanamente positivo, però: è un insieme di paura, imbarazzo e fragilità che dipende dalla consapevolezza di essere stata esposta. Mi sento nuda davanti a lui. Tutto ciò che ho sempre voluto evitare è diventato realtà senza che io potessi neanche rendermene conto, ed è una sensazione orribile. Per questo motivo, non ci penso due volte ad interrompere quel contatto visivo che mi ha indebolita nel giro di pochi secondi e fingo di interessarmi alle scritte insensate sul mio foglio.
Poco dopo, grazie al cielo, Cameron esce dall’aula chiudendosi la porta alle spalle. Cerco di calmarmi ripetendomi che è tutto finito, ma quella sensazione di pura negatività non si arrende alla mia volontà e appesantisce il mio petto per i restanti quindici minuti e, probabilmente, per il resto della giornata. Perciò, appena la lezione di geografia giunge al termine e ci è permesso lasciare la classe, mi affretto ad alzarmi dal banco, raccogliere le mie cose e dirigermi alla volta del bagno, sentendo la necessità di rinfrescarmi la faccia e, con essa, le mie idee. Varcando la soglia della classe, però, capisco che non sarà facile quanto sembra.
Vedo Cameron, infatti, appoggiato al muro di fronte alla porta mentre scruta, uno per uno, gli alunni che pian piano affollano il corridoio. Quando i suoi occhi si poggiano nuovamente su di me, quindi, comincia quasi a correre per venirmi appresso. Tento in tutti i modi di ignorarlo, fingendo di non sentire il mio nome chiamato dalla sua voce, né le sue suppliche apparentemente insensate. Mi domando cosa diamine possa volere da me uno come lui, che prima di pochi minuti fa non si era mai reso conto della mia presenza in questa scuola, ma la risposta arriva concisa poco dopo.
-Senti, voglio solo chiederti scusa.-   Esclama esausto il ragazzo, nello stesso momento in cui mi ferma afferrandomi per la spalla.
Lo vedo zittirsi subito dopo a causa del fiatone, non sentendomi però affatto in colpa per l’essermi fatta inseguire lungo tutto il corridoio. Comunque, non mi è mai piaciuto dare nell’occhio e stare al centro dell’attenzione, per questo capisco sia inutile continuare a scappare sapendo che Cameron non si sarebbe probabilmente fermato. Mi giro quindi verso di lui ed apro gli occhi dopo un profondo sospiro, dovuto più che altro alla pazienza che cercavo di far venir fuori.
Poi   -Non mi interessa.-   dico, con lo sguardo serio ed apparentemente menefreghista.
Incrocio le braccia al petto, scostandomi subito dalla sua presa, mentre Cameron di fronte a me mette in mostra un’espressione esausta. Alza infatti le mani in aria in segno di resa e, dopo qualche secondo di silenzio, alza leggermente il tono di voce rischiando di catturare l’attenzione dei presenti.
-Andiamo, Khloe!-   Sbotta quindi, fermandosi un attimo per cercare di riottenere la calma. Mi fa quasi sentire in torto, anche se so che non è così.   –Senti, non me ne frega niente di quello che ho letto su quel diario, quindi è inutile che ti comporti in questo modo.-  
Le sue parole mi lasciano inizialmente spiazzata, a tal punto da chiedermi se possa essere vero quello che dice o meno. E se davvero non gli interessasse nulla di me? E se non si fosse mai fermato a pensare, nemmeno per un secondo, che quelle sono le parole di una pazza? Per un attimo, pensare ad una simile possibilità mi fa sentire stranamente spensierata, tant’è vero che mi fermo a fissare Cameron con uno sguardo tranquillo e rilassato.
Ma ricordo quanto impossibile sia una tale tranquillità non appena sento qualcuno, vicino a me, pronunciare piano il mio nome. Mentre Cameron se ne sta infatti in attesa di una risposta da parte mia, io non posso far altro che voltarmi verso quella voce tanto desiderata quanto odiata: alla mia destra, vicinissimo a me, c’è Grayson. Rimango a fissarlo a lungo immobile, come se il mio corpo non avesse più la capacità di compiere il minimo movimento, mentre lui continua a salutarmi con la mano in aria. Il sorriso sul suo volto è, oserei dire, allegro, a differenza del mio. Sul mio, di viso, ci sono solo due labbra che si incurvano appena in un sorriso falso e forzato, colmo di malinconia, rancore e nostalgia. E la lista potrebbe andare avanti all’infinito.
-Ciao, Grayson.-   Ricambio comunque il saluto, osservandolo a lungo finché il mio sguardo non si posa sulla sua ragazza, Grace, in disparte con il suo gruppetto di amiche.
-Come stai?-   Mi domanda il moro, catturando nuovamente la mia attenzione.
È incredibile, penso, come Grayson sia in grado di comportarsi come se nulla fosse successo fra di noi. So che in realtà ne soffre anche lui, lo so perché me lo ha chiaramente detto in un momento di debolezza e sfogo, una delle poche volte in cui ci siamo ritrovati a parlare. È inconcepibile, ma sono stanca di continuare a pormi delle domande alle quali non saprei mai rispondere.
-Tutto bene.-   Gli rispondo perciò in modo abbastanza distaccato.
Grayson fa per ribattere, ma viene interrotto dalla voce della sua ragazza che, con un tono alquanto infastidito, lo incenerisce con lo sguardo.
-Amore, faremo tardi a lezione. Muoviti.-   Lo richiama infatti, facendo suonare la sua frase come un rimprovero e facendo sentire quel povero ragazzo umiliato davanti a tutti.
Dio, mi domando cosa ci provi di appagante nel farsi trattare come un burattino da una ragazza che dice di “amare”. Beh, se è questo l’amore io posso dirmi felice di averlo perso, felice di non avere più la forza di ritrovarlo. Ad ogni modo, Grayson mi riporta alla realtà dicendomi di “dover scappare”, dandomi poi le spalle subito dopo avermi salutato. Era da tanto che non succedeva, che non lo vedevo così vicino a me, talmente tanto da averci ormai perso l’abitudine. Per questo, probabilmente, mi ritrovo piena di brividi e strane sensazioni nonostante l’alta temperatura di Los Angeles. Lo guardo andare via finché i miei occhi non rimangono fissi nel vuoto, su un punto a caso, dove lui non c’è più, ricapitolando a mente ciò che è successo nei precedenti tre minuti. È stato tanto veloce quanto doloroso, così tanto che mi sento quasi felice di avere Cameron al mio fianco. Felice si fa per dire, non ho ancora dimenticato la nostra questione in sospeso, né ho intenzione di farlo. Mi volto quindi verso di lui, che per tutto il tempo non ha fatto altro che fare da spettatore silenzioso a quella situazione sicuramente strana per lui. Chi sa se ha capito.
Per risolvere i miei dubbi   -Quanto hai letto?-   gli domando, sperando in una risposta poco dolorosa.
Cameron ci mette un po’ a rispondermi, cercando le parole giuste da dire mentre si morde il labbro in segno di ansia.    –Circa metà.-   Mi informa poi, ed è come se mi avesse scagliato un coltello contro.
Sa troppo, decisamente troppo. Sa chi è Grayson, sa quello che è successo fra di noi, sa di come sono passata dal volergli un immenso bene all’amarlo senza che neanche me ne rendessi conto, e sa di come mi sono fatta mettere i piedi in testa da quel sentimento fuori dalla mia portata. Non mi sono mai sentita tanto umiliata in tutta la mia vita. Questa è la ragione per cui non mi sono mai liberamente aperta con Violet, perché l’ultima cosa che desidero è sentirmi a disagio con lei, e adesso che sta succedendo con un semisconosciuto sembra quasi peggio.
-Io…-    Balbetto quindi, ancora troppo frastornata dall’accumulo di informazioni che il mio cervello ha elaborato in così poco tempo.   –Devo andare.-   Affermo poi, voltandomi nella direzione opposta a quella di Cameron nella speranza di non incontrarlo più.
Questa volta, per mia fortuna, non perde tempo a chiamarmi o a rincorrermi, sapendo sicuramente che sarebbe una battaglia persa in partenza. Quindi cammino lungo il corridoio a testa bassa, sentendo comunque i suoi occhi puntati su di me che mi fanno sentire come se mi stessero sottoponendo ad una radiografia. Non appena ne trovo l’occasione, dunque, apro la porta del bagno e mi ci fiondo dentro. Emetto un sospiro di sollievo nel constatare che sia vuoto e mi dirigo immediatamente verso il lavandino, dove finalmente posso sciacquarmi la faccia con così tanta acqua fresca da congelarmi quasi i muscoli.
E mentre le mie mani bagnate toccano meccanicamente il mio viso, ad ogni spruzzo di acqua un pensiero in più si accumula nella mia testa. Mi dico di stare tranquilla, che tutto si sistemerà, che al più presto quel Cameron si dimenticherà della mia esistenza ed io potrò tornare a soffrire per i miei problemi senza vergognarmene.
“È solo una fase, passerà.”  Mi consola la mia voce interiore, sicuramente più ottimista di me.
“Lui non è davvero interessato alle tue parole.”
“Tu non sei davvero interessata a quello che lui potrebbe pensare”.
“Presto vi dimenticherete l’un l’altra.”
 
 
 






XHIMMELX.
Holaaa, rieccomi qui con un nuovo capitolo!
Che ve ne pare? Io, come al solito, spero di avervi accontentate. Ammetto che mi piacerebbe ricevere qualche recensione in più proprio perché sono interessata ai vostri pareri, ma so bene che quella degli Youtuber o di Cameron Dallas non attira molto come categoria, qui su EFP. Ad ogni modo, sappiate che apprezzo ugualmente anche i lettori silenziosi.
Quindi, in questo capitolo ci avviciniamo un po’ di più ai sentimenti di Khloe e… RULLO DI TAMBURI… GRAYSON HA FATTO LA SUA COMPARSA. Ammetto che il suo personaggio non sarà molto presente nella storia se non nei ricordi o nei pensieri di Khloe, ma ho trovato utile inserirlo in almeno questo capitolo per far capire meglio la loro situazione momentanea.
E poi c’è Cameron, che vi pare se non doveva frequentare la stessa scuola di Khloe. Cliché a parte, io adoro il fatto che ci tenga a scusarsi con lei, nonostante lei non ne voglia saper nulla. E voi che ne pensate?
Vi prego, fatemi sapere nelle recensioni!
PS: Mi scuso immensamente per il ritardo ma purtroppo sono momentaneamente senza Wi-Fi e ce n’è voluto per trovare un modo alternativo per aggiornare!
Un bacio, xhimmelx.

 



-Senti, voglio solo chiederti scusa.-

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Capitolo 4
*** Capitolo 4. ***


 
 


 
Capitolo 4.


 
 
 
Ci sono tante cose che vorrei dirgli, che vorrei raccontargli. Cose che mi hanno cambiata durante il suo anno di assenza, cose che mi hanno fatta crescere, altre che mi hanno abbattuta e lasciata marcire al suolo, da sola. Cose per le quali potrei perderlo di nuovo, dunque sto zitta.
Sto zitta mentre lui mi parla di tutti i suoi problemi e delle sue paure. Mi dice che con lei non è più come prima e che per questo vorrebbe farla finita con quella stronza, ma anche che ha una folle paura di rimanere solo. Lei non c’è, lei non lo appoggia né gli sta vicino, ma io sì. Sempre. 
Ci sono per incoraggiarlo e consigliarlo nelle sue scelte, ci sono nei momenti felici ma soprattutto in quelli brutti, e ci sono quando gli dico che non rimarrà mai da solo. Ma lui sembra non crederci. “Tu non ci sarai per tutta la vita”, mi dice. “Troverai il ragazzo per te e ci perderai la testa”.
E a questo punto vorrei urlargli contro perché ha completamente torto, perché io non sbaglierò come ha fatto lui. Lui mi ha lasciata sola per un anno intero, nonostante ciò io sono stata così buona e debole da consentirgli di ritornare. L’ho fatto perché senza di lui non ce la facevo più, tutto era più buio e io non ero più la stessa senza il mio migliore amico. L’ho fatto nella speranza che tutto sarebbe tornato come una vola, e pian piano ci stiamo riuscendo.
E’ probabilmente per questo che no, non posso urlargli contro ed espormi perché altrimenti tutto andrebbe in fumo. Questi mesi di consigli, aiuti e “mi manchi” svanirebbero in un secondo, e non sono disposta a rischiare.
Voglio così tanto bene a Grayson che, in condizioni normali, sarei pronta a mettere in ballo tutto, ma non questa volta. Adesso le cose sono cambiate, la situazione è fin troppo delicata. Gli voglio bene, sì, ma non so più se questo è tutto. Non so se c’è dell’altro dietro i miei sentimenti, ma per ora me ne sto semplicemente in silenzio e lascio che la cosa si evolva a modo suo.
Non voglio perderlo di nuovo e questo è in grado di chiudermi la bocca. 
 
◊◊◊
 
Dopo quella giornata fin troppo intensa di scuola, sono tornata a casa senza nemmeno aspettare Violet. L’unica cosa della quale avevo bisogno era rinchiudermi in camera, coccolata dalle lenzuola, e ripetermi che tutto sarebbe andato per il verso giusto. E per un po’ ha funzionato, ci ho creduto davvero. Ma poi la notte è arrivata e, con essa, tutti quei fantasmi che durante il giorno cerco di reprimere e rinchiudere nell’angolo più remoto della mia testa.
Mi sono svegliata alle quattro del mattino a causa di un sogno, un sogno che ritraeva me e Grayson insieme, al mare. Come quella volta in cui, nel vano tentativo di risolvere la situazione, ci incontrammo nel nostro piccolo rifugio e parlammo per circa un’ora, come se le cose fra di noi non fossero mai cambiate. Parlammo di me, di lui, persino di Grace, e parlammo delle cose più stupide e prive di senso che potessimo immaginare. Per un’ora o poco più, mi illusi di avere ancora qualche speranza.
Comunque, ho fatto fatica a riprendere sonno dopo quel sogno, trovando eccessivamente arduo smettere di pensare al passato e fingere che fosse ancora tutto rose e fiori. Piuttosto, ho passato il resto delle tre successive ore a maledire Grayson e Grace, a ricordarmi che io, tutto il male che ho ricevuto da parte sua, non lo merito affatto. “E allora perché” mi sono chiesta “non faccio altro che desiderare di riaverlo indietro? Ma indietro davvero, come un tempo. Non voglio solo il suo stupidissimo saluto di tanto in tanto, né le sue stupide scuse che non valgono niente. Rivoglio noi”. Ho sentito, come quasi tutte le notti, la mancanza di un vero amico accanto. Perché sì, ho Violet ed ho anche il resto della nostra comitiva, ma niente è lontanamente paragonabile all’amicizia che io e Grayson condividevamo.  
Ho ripreso sonno solo quando il sole stana già sorgendo, per cui sono stata costretta a svegliarmi appena mezz’ora dopo con tanto di occhiaie in viso. La prima cosa che ho fatto, quindi, è stata spalmare una sufficiente quantità di trucco sul mio volto, così da evitare di ricevere domande indesiderate. Dopodiché, mi sono vestita e sono uscita di casa come se niente fosse, dopo aver salutato mamma e papà con un quotidiano bacio sulla guancia.
Il che mi ha portata qui, nel cortile della scuola. Sono le undici del mattino e, insieme a Violet e gli altri ragazzi del gruppo, sto mangiando il sandwich preconfezionato comprato ai distributori mentre sento i miei amici parlare di qualche partita che a me, di certo, non interessa. Tuttavia posso benissimo percepire l’euforia di Elizabeth che, testuali parole, “non vede l’ora di veder il suo ragazzo in campo”. Al contrario, io e Violet, che siamo le più disinteressate fra tutti, stiamo già programmando una serata fra sole ragazze.
-Psyco!-   Urla infatti quest’ultima, pensando già ad una lunga lista di film horror che potremmo vedere venerdì sera.
La guardo sconvolta per qualche secondo, ma scoppio a ridere non appena realizzo che da parte sua non mi sarei potuta aspettare nulla di diverso. Siamo sempre state così, io quella da film strappalacrime, lei quella da horror per psicopatici.
-E va bene.-   Accetto infine, alzando gli occhi al cielo.   –Solo perché l’ultima volta ho scelto io.-   Aggiungo poi, riferendomi al nostro ultimo “pigiama party”. Violet non ha fatto altro che lamentarsi di quanto poco veritiero “Colpa delle stelle” potesse essere.
I ragazzi hanno continuato a parlare della partita per tutto il resto dell’intervallo, facendo quasi scappare me e Violet che non ne potevamo più.
-E dai, non siete venute nemmeno ad una partita in tutti questi anni! Che razza di amiche siete!-   Ci rimprovera infatti Brent che, insieme ad Aaron, fa parte della squadra di football del liceo.
-Se in quella squadra non ci fossero elementi tipo Taylor, verrei con piacere. Ma sai che odio questi stereotipi del cazzo.-   Risponde schietta Violet, mettendo subito in mostra un sorriso che possa comprare la simpatia di Brent.
-Già, non so che cosa ci fate tu e Aaron in quella squadra. Potevate scegliere il basket, oltretutto…-   Li prendo in giro io, tirando un piccolo pugno nel petto dei due ragazzi.
-Non sono poi così male.-   Ribatte Aaron facendo spallucce, massaggiandosi intanto il muscolo in maniera esagerata.
-E io non so perché quel tipo lì ti sta fissando così insistentemente da venti minuti.-   Sussurra inaspettatamente Violet al mio orecchio, cercando di non farsi sentire da nessun altro.
Non ho idea di che cosa stia parlando, per questo cerco di seguire il suo sguardo per capire meglio a chi si riferisca. Quando i miei occhi finiscono su di lui, digrigno i denti per la rabbia. Cameron, ancora una volta. La mia illusione di potermi presto dimenticare di lui, è forse tanto impossibile da realizzare? E comunque, come dice Violet, che accidenti vuole da me? Distolgo subito il mio sguardo dal suo, sentendomi in soggezione nonostante lui sia parecchio lontano da me. Ma il mio silenzio non è una risposta che Violet sembra accettare.
-Allora?-   Mi sprona infatti, tirandomi una gomitata.
-Non l’ho mai visto prima!-   Esclamo io, mettendomi sulla difensiva. Bugiarda.
La ragazza, apparentemente non credendomi o non accontentandosi, sbuffa alzando gli occhi al cielo e distoglie la sua attenzione da Cameron. A questo punto emetto un sospiro di sollievo. Tento di distrarmi anch’io, tornando a concentrarmi sui ragazzi al mio fianco che hanno, finalmente, cambiato argomento. American Horror Story è decisamente più interessante del calcio.
-Avete visto l’ultima puntata?-   Chiede entusiasta Elizabeth, battendo le mani in segno di approvazione.
Faccio per rispondere, ma qualcosa me lo impedisce. Sento come un blocco dentro di me, dovuto, me ne rendo conto poco dopo, allo sguardo di Cameron ancora puntato su di me. Questo ragazzo comincia a darmi sui nervi. Come se l’aver invaso la mia privacy non gli bastasse, si ostina a non lasciarmi in pace persino a scuola. Desidererei non essere andata mai a lavoro quel giorno. Se solo avessi inventato un’influenza, tutto questo non sarebbe successo. Ad ogni modo, sono davvero stufa degli occhi di quel ragazzo che non mi danno tregua, mi fanno sentire in soggezione e, come ho già detto, è una cosa che disprezzo.
Senza avvertire né Violet né gli altri, dunque, prendo una botta di coraggio e abbandono la mia postazione, incamminandomi a passo svelto verso il muretto occupato da Cameron e dai suoi amici, tutti con la stessa giacca da football addosso. “Ridicoli”. Anche stavolta, ho le braccia incrociate al petto e zero voglia di scherzare, per questo tento di raggiungere il gruppo il più velocemente possibile e, una volta fatto, attiro con un colpo di tosse l’attenzione di Cameron. Anche se, in realtà, lui non mi ha tolto gli occhi di dosso nemmeno per un secondo, probabilmente felice di aver ottenuto il risultato desiderato.
-Che vuoi?-   Gli chiedo svelta, facendo zittire di conseguenza anche i suoi amici che, all’unisono, si voltano tutti verso di me.
Cameron fa qualche passo in avanti, così da lasciare gli altri fuori dalla nostra discussione, dopodiché in un sussurro   -Sai cosa voglio.-   afferma, come se la sua fosse una richiesta ovvia.
Reputo il suo comportamento nei miei confronti alquanto singolare, a tal punto da non sapere chi è il più strano tra i due.
-No che non lo so.-   Gli comunico infatti, corrucciando la fronte e le sopracciglia.
-Te l’ho detto ieri, voglio che tu accetti le mie scuse.-   Mi ripete poi, facendomi tornare in mente il discorso del giorno precedente.
-Senti…-   Comincio però io, non permettendogli di continuare.   –Non so perché tu ti stia comportando così con me, né perché sei così interessato al mio perdono. Hai letto le mie cose personali, ma vaffanculo, posso passarci sopra. Adesso puoi anche smetterla di provare compassione per me, perché non sono una vittima del tuo stupido giochetto. Smettila di vedermi come un cucciolo bastonato.-
Cameron rimane sorpreso dalle mie parole, dall'espressione sul suo volto posso facilmente capire che non si sarebbe mai aspettato una risposta del genere. Ed io, al contrario, sono sorpresa dalla sua ingenuità: credeva forse di potermi comprare o calmare con delle stupide scuse? Impossibile, per questo ho deciso sia meglio fingere che va bene, che il fatto che lui sia a conoscenza della mie guerra interiore mi sia indifferente. Naturalmente questo non è neanche lontanamente vicino alla realtà, ma lui non lo verrà mai a sapere dal momento in cui, fingendo di esserci passata sopra, potrei averlo convinto a lasciarmi finalmente in pace.
Le mie speranze vengono però demolite non appena il castano, ora più vicino a me, mi osserva contrariato e posso capire che è pronto a sbottare da un momento all'altro.
-Cristo, si può sapere cos'hai che non va?!-   Esordisce in un urlo trattenuto, sputandomi contro tutto ciò che non avrei mai voluto sentire uscire dalla sua bocca, né da quella di nessun altro.
-Oh, ora sono io la pazza?-  Domando retoricamente, fingendomi forte e alzando di conseguenza la voce. Dall'espressione sicura sul mio volto, sembrerebbe quasi che le sue parole non mi abbiano toccata minimamente.
-Io non capisco perché ti ostini così tanto a non accettare le mie scuse. Che ti costa? Ho sbagliato e l'ho capito, per questo è da ieri che cerco di parlarti in tutti i modi, per recuperare al danno fatto! Non di certo perché mi sembri un "cucciolo bastonato".- 
-Senti-  Lo interrompo ad un tratto, stufa di sentire sempre le stesse parole ripetersi all'infinito.  -Quello che ho scritto sulla mia agenda è strettamente personale, e non mi sta bene il fatto che qualcuno ne sia a conoscenza. Per questo non voglio avere nulla a che fare con te! E va bene, accetto le tue scuse, adesso potresti, per piacere, dimenticare di avermi conosciuta?-  
Finalmente trovo il coraggio di svuotarmi e dirgli tutto quello che realmente penso e, non appena lo faccio, mi sento un tantino più leggera. Non molto è cambiato, naturalmente, almeno non il punto di vista di Cameron, che adesso ha intensificato del triplo il suo sguardo.
-E pensare che mi era pure piaciuto conoscerti, al bar.-  Sussurra quasi fra se e se, mandandomi quasi al diavolo con un gesto non curante della mano.
Mentre poi, finalmente, fa per girarsi e tornare di nuovo dal suo gruppo di amici, io me ne sto immobile a pensare a ciò che ho appena udito. Ha forse detto che gli è piaciuto conoscermi... al bar? Com'è possibile? Allora aveva già letto il mio diario, era già a conoscenza dei miei tormenti interiori, di tutti i mie problemi. Mi domando per un breve istante se sia possibile che Cameron fosse stato sincero nel dire che non glie ne importava nulla di quello che aveva letto, ma un secondo dopo mi prendo in giro constatando che sarebbe altamente improbabile. Voglio dire, quale ragazzo vorrebbe avvicinarsi ad una come me, dopo aver conosciuto persino il mio lato più oscuro?
Mi autoconvinco quindi della conclusione alla quale sono appena giunta e, con Cameron che oramai mi dà le spalle, faccio per tornare dai miei amici con un peso in meno sul mio petto. Sono già vicinissima a Violet e gli altri, che dal canto loro mi guardano interrogativi, ma a un solo metro di distanza da questi ultimi è come se il mio corpo venga spostato automaticamente da una forza esterna, una forza che io non riesco a controllare. Mi domando cosa diamine stia succedendo, ma senza che io possa neanche gestire i miei movimenti mi ritrovo di nuovo catapultata di fronte a Cameron. E allora capisco, capisco che una piccola parte di me, forse la più remota, ha creduto alle sue parole, pur contro la mia volontà.
-Accetto davvero le tue scuse.-   Affermo quindi, gridando leggermente per farmi sentire dal diretto interessato.
Cameron, che stava parlando con i suoi amici come poco prima, si volta verso di me non appena sente la mia voce e fa di nuovo qualche passo avanti. Sembra uno strano déjà-vu. Mi osserva poi in modo confuso, come se gli risultasse difficile affidarsi alle mie parole. Dunque decido di spiegarli meglio il perché io abbia cambiato idea. D'altronde, riconosco di essere un incomprensibile enigma.
-Ti credo, credo che ti sei pentito di quello che hai fatto e che non hai dato molto peso a ciò che hai letto, quindi va bene.-   Gli comunico quindi, rivolgendogli una volta per tutte un sorriso, pur se imbarazzato e poco visibile.
Il ragazzo pare essere inizialmente spiazzato ma, dopo aver realizzato appieno le mie parole, ricambia anche lui con un sorriso -decisamente più ampio del mio.
-Ok, adesso vado.-   Dico infine, questa volta decisa a tornare definitivamente nella mia zona.
Non ho nemmeno il tempo di dare le spalle a Cameron, però, che il ragazzo mi blocca e mi prega di aspettare.
-Ti devo un favore.-  Gli sento dire appunto, prima che possa farsi venire qualche idea in mente.  -Oggi lavori?-  Mi chiede poi.
Non capisco le sue intenzioni, dove vuole arrivare?   -Si, perché?-  Gli domando infatti, quasi preoccupata di ciò che potrebbe uscire dalla sua bocca.
Ciò che gli sento dire, però, è meglio di quanto mi aspettassi e mi fa addirittura ridere.
-Ho voglia di un altro di quei frappè, e potrei darti un passaggio lì.-   Propone dunque, facendo spallucce subito dopo.
Sono già pronta a rifiutare la sua offerta perché questo è ciò che mi ero riproposta di fare: non avere nulla a che vedere con lui, mai più. Ma per quante volte abbia provato ad evitarlo, in questi due giorni, fallendo miseramente, mi accorgo che forse non è necessario. E poi, è solo un insignificante passaggio.
-Va bene, ma non tardare!-   Gli ordino dunque scherzando, per poi aggiungere  -Devo andare subito dopo scuola.-
-A dopo, allora.-  
A questo punto, dopo avermi salutata con la mano, Cameron si allontana da me ed io faccio lo stesso. Mentre cammino per andare da Violet, mi chiedo come tutto questo sia potuto accadere nel giro di pochi minuti sapendo che, se solo avessi avuto controllo della mia mente, non lo avrei mai permesso. Ma la voce stridula di Violet mi impedisce di risolvere i miei dubbi, dato che non perde un secondo per sottopormi al suo interrogatorio.
-Allora lo conosci, quello!-   Esclama infatti, non appena sono abbastanza vicina da poterla sentire.   -Che voleva?-
Ed io, davanti alla sua domanda, non so che dire. Non posso di certo raccontarle ogni cosa, poiché ciò implicherebbe parlarle dell'agenda e questa è l'unica cosa che devo assolutamente evitare.
-L'altro giorno mi era caduta una cosa dalla borsa e lui, accorgendosene, me l'ha restituita, tutto qui.-   Dico solamente, cercando di evitare i dettagli.
Per fortuna, l'attenzione di Violet viene rubata da Aaron, che  -Menomale che detestavi "quegli stereotipi lì".-  ridacchia, prendendola in giro.
Rido alla sua battuta, mentre interiormente cerco di trovare una spiegazione a tutto quello che mi sta succedendo.
 
 
 
 
 
XHIMMELX.
Buona domenica a tutti, è arrivato il quarto capitolo!
Allora, qui avrei diverse cose da dire, credo.
Numero uno: non so se all’inizio della storia sono stata abbastanza chiara, comunque: il rapporto fra Khloe e Grayson è totalmente basato su delle mie esperienze personali e tutte quelle parti in corsivo che trovate le ho scritte io dedicandole a quella persona, tempo fa. Poi ho trovato carino inserirle in questa storia per metterci qualcosa di veramente mio. E niente, anche quella parte in cui Khloe parla del pomeriggio passato al mare, “nel loro rifugio”, era vera.
Numero due: Finalmente Khloe ha accettato le scuse di Cam! Sapevamo tutti che sarebbe successo, ma il lato carino è il fatto che nemmeno Khloe sa perché l’ha fatto. Credo che la frase di Cam “Eppure mi era piaciuto conoscerti, al bar” abbia fatto scattare qualcosa in lei, inconsapevolmente.
Adesso bisogna vedere in che modo si svilupperà il loro rapporto, se ancora in maniera ostinata o con più leggerezza. Voi da che parte siete?
Numero tre: ho presentato dei nuovi personaggi, che non sono protagonisti ma saranno presenti fino alla fine: Aaron (Aaron Carpenter), Brent (Brent Rivera perché bho sembra il tipico nerd-buffone del gruppo), ed Elizabeth (persona random).
Più avanti conosceremo meglio anche il gruppo di Cam, eh eh.
Numero quattro: ammirate questa gif di Cameron, che anche se è piccoletto non gli si può resistere.
Detto questo, mi sono dilungata anche troppo. Fatemi sapere che pensate del capitolo, vi prego!
Alla prossima, xhimmelx.  

 
 


-Ho voglia di un altro di quei frappè, e potrei darti un passaggio lì.-

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Capitolo 5
*** Capitolo 5. ***




Capitolo 5.


 
 
 
Le successive tre ore di lezione sarebbero passate molto più lentamente, se non ci fosse stata Violet a stuzzicarmi per tutto il tempo riguardo Cameron. Le ho ripetuto infinite volte che si tratta solo di uno stupido passaggio, di un comune favore, non di certo di un flirt o roba simile, eppure lei sembra divertirsi talmente tanto nel fare le sue costatazioni.
Comunque, grazie al cielo l'ultima campanella della giornata è appena suonata ed io non perdo neanche un secondo per uscire dalla classe e abbandonare quest'edificio. Non appena arrivo al cancello d'ingresso, però, saluto Violet e gli altri e mi apposto ad aspettare Cameron.
Il ragazzo arriva pochi minuti dopo, con un ampio sorriso in viso ed un invito a seguirlo. Faccio quindi quello che mi ha detto, finché non arriviamo alla sua macchina. È decisamente strano, per me, trovarmi in auto con un semisconosciuto. Insomma, è quello che i genitori ti dicono di evitare. Eppure eccomi qui, Dio solo sa perché.
-Non siamo in ritardo, vero?-   Si accerta il ragazzo prima ancora di mettere in moto, lanciandomi una veloce occhiata.
-No.-  Lo rassicuro io, tranquillizzandolo.
Il viaggio dura parecchio, dal momento in cui dobbiamo pur sempre arrivare a Beverly Hills, ma per fortuna il traffico a quest'ora non è eccessivo. Cameron ha acceso la radio e per tutto il tragitto non ha fatto altro che cantare, esaltandosi particolarmente non appena hanno trasmetto One Dance di Drake, mentre io, trovandolo molto divertente, non ho potuto fare a meno di chiedermi che fine avesse fatto la mia ostilità nello stargli lontano.
-Siamo arrivati.-  Mi avvisa ad un certo punto, parcheggiando vicino al Kings Road Cafe.
Scendiamo quindi dalla macchina e in pochi secondi ci ritroviamo all'interno del locale, sfortunatamente affollato a causa di tutti quei grossi imprenditori che decidono di passare qui la loro pausa pranzo. Mi dirigo comunque dietro al bancone e, dopo aver posato come di consueto le mie cose, metto addosso il grembiule e do il cambio a Wanda. Cameron, come qualche giorno prima, si è seduto su uno degli sgabelli posti di fronte al bancone, nonostante ci fosse ancora qualche tavolo libero. Gli servo dunque la sua bevanda senza bisogno di ricevere il suo ordine ma, stavolta, decido di sostituire il cioccolato alla vaniglia.
 
La confusione diminuisce solo un'ora più tardi, un'ora durante la quale ho avuto a malapena il tempo di respirare. Eppure sono sorpresa nel trovare Cameron ancora qua, chiedendomi cosa altro possa volere.
-Il frappè non ti ha soddisfatto?-  Gli domando infatti con tono ironico, conoscendo già la sua risposta.
-Era ottimo!-   Mi rassicura lui, proprio come mi aspettavo.  -È solo che non ho voglia di andare a casa a studiare.-  Si giustifica poi, mettendo in mostra un'espressione affranta.
-Comunque i clienti sono andati tutti via, quindi puoi riposarti.-   Mi fa notare poi, e solo grazie a lui mi rendo conto che è vero, vi è solo un tavolo occupato e posso finalmente fermarmi un attimo.
Appoggio quindi i gomiti sul bancone ed emetto un sospiro, segno della mia stanchezza.
-E pensare che ho ancora altre tre ore di lavoro davanti.-  Sbuffo quasi fra me e me, sentendomi priva di forze.
-È strano che tu lavori...-   Constata Cameron, catturando la mia curiosità.  -Voglio dire, in inverno i ragazzi pensano solo alla scuola e in estate alla spiaggia.-
Cameron ha ragione, quasi nessuno dei miei amici ha un lavoro e ogni tanto una sorta di pentimento mi attraversa la mente, pensando a tutte le feste e alle giornate di sole che mi perdo.
-Beh, non mi piace dipendere totalmente dai miei genitori e in questo modo posso fare ciò che voglio con i miei soldi.-   Gli spiego però, facendomi quasi tornare, in questo modo, la volontà di mettermi in moto.
Cameron mi fissa per un po’ con uno sguardo d’ammirazione, socchiudendo gli occhi mentre pensa a qualcosa. Poi   -Posso chiederti una cosa?-   si fa avanti, facendo scomparire improvvisamente il sorriso dal suo volto.
Il suo cambiamento d’umore mi preoccupa parecchio, poiché posso già facilmente sospettare quale sia la sua domanda. Ed io, a quella domanda, non ho la minima intenzione di rispondere. Me ne sto quindi zitta, voltandomi verso la macchina del caffè mentre comincio a pulirla con l’intento di distrarmi.
-Chi è il ragazzo di cui parli nel tuo diario?-    Domanda comunque Cameron, con un tono ora molto più insicuro e delicato.
Non mi giro, anzi, continuo a dargli le spalle perché la forza di guardarlo negli occhi non ce l’ho. Tuttavia lo percepisco dall’atmosfera, che anche Cameron ha capito di aver scatenato l’uragano dentro di me. Potrei urlargli contro da un momento all’altro, dirgli che non sono affari suoi, cacciarlo persino dal locale dal momento in cui se ne sta seduto qui da più di un’ora, eppure non faccio nessuna di queste cose. Nella mia testa, mi ricordo di voler apparire il più normale possibile, non come la triste ragazza oppressa dai suoi stessi sentimenti quale sono.
-Voglio dire… chi è per te?-
-Non ha importanza.-   Dichiaro quindi, poggiando in malo modo una tazza appena lavata al suo posto e provocando un rumore quasi assordante. Persino Nate, poco distante da me, si gira per controllare che sia tutto apposto.
-Ma…-   Insiste Cameron, ma stavolta non perdo tempo ad interromperlo.
-Hai detto che non te ne frega di quello che hai letto, non farmi pentire di aver accettato le tue scuse.-   Lo avverto quindi, sapendo che da un momento all’altro potrei esplodere.
Il ragazzo, però, come al suo solito pare non volersi arrendere, ed è questa la cosa che odio di lui. Letteralmente. Non pensavo si potesse odiare uno sconosciuto prima di incontrare lui.
-Tu hai un dono, Khloe, ma è un peccato sprecarlo per qualcuno che non ti merita.-   Dice, in quello che a suo parere dovrebbe essere un incoraggiamento.
Al contrario, però, non fa altro che farmi infuriare ulteriormente. Una volta per tutte, infatti, mi volto verso di lui e poggio pesantemente le mani sul bancone, lasciandole ben spalancate. Cameron, dal canto suo, sembra intimorito dal mio atteggiamento, tuttavia continua ad osservarmi imperterrito in attesa della mia reazione.
-Non sarai di certo tu a dirmi chi si merita le mie parole e chi no.-   Lo ammonisco io, comprendendo a questo punto di essere arrivata al culmine.
-Senti, io non lo dico di certo per cattiveria!-   Stavolta, comunque, è lui ad interrompermi, lasciandomi di soppiatto. Non è assolutamente nella posizione in cui si può permettere di farlo.   –Voglio solo aiutarti.-   Prosegue poi, raddolcendo leggermente il suo tono.
Mi sento stranita a causa di questo suo improvviso cambiamento, non riuscendo a capire perché mai voglia aiutarmi. Anzi, quelle sue parole fanno ribollire ancor di più la rabbia dentro di me.
-Non ho bisogno di aiuto! Ancora una volta, mi stai trattando come un cucciolo indifeso.-   Gli faccio notare, non riuscendo più a trattenere  l’ira.
-Dio mio, sei impossibile.-   Sbuffa Cameron, passandosi la mano sui capelli per accumulare tempo.
Nate, intanto, si è girato un paio di volte nella nostra direzione, lanciandomi al tempo stesso delle occhiatine furtive nel tentativo di comprendere la situazione, ma ogni volta gli ho impedito di intervenire sussurrandogli che andasse tutto bene. Altra ragione per cui volevo che Cameron la smettesse.
-Quando dico che voglio aiutarti, non lo dico perché ti ritengo debole. Voglio solo…-   La voce di Cameron mi riporta nuovamente alla realtà.
-Vuoi cosa?!-   Gli domando infatti, ormai spazientita.
-E se ti dicessi che posso aiutarti a smettere di amare quello stronzo?-
Per un attimo, non credo di aver sentito bene. Ma pian piano che i secondi passano, scanditi dalle lancette rumorose dell’orologio, le parole di Cameron rimbombano sempre più forti nella mia testa finché non mi rendo conto di quanto vere possano essere state. La sua proposta, se così la si può chiamare, mi sembra tanto irrazionale quanto stupida. Come può pretendere, una persona che nemmeno mi conosce, di cambiare dei sentimenti che mi tormentano da troppi anni a questa parte? Se neanche io ci sono riuscita, mi chiedo come possa pensare di riuscirci lui. Gli rido infatti in faccia, sbattendogli addosso, con una risata fragorosa, la realtà dei fatti: è solo un illuso che, dopo aver fatto un errore, vuole rimediare e fare il buon samaritano.
-Non potresti farlo.-   Gli chiarisco subito le idee, sostituendo un sorrisetto derisorio alla rabbia di poco prima.   –E comunque, non chiamarlo stronzo.-   Aggiungo poi.
-Beh, è quello che è.-   Mi corregge Cameron con tono calmo, come se le cose appena dette non pesassero affatto.
Decido comunque di ignorare le sue parole perché, davvero, lui non sa assolutamente nulla di Grayson. Conosce la storia solamente dal mio punto di vista, e questo non gli permette di giudicarlo. Perciò, mentre tento invano di giustificare il mio voler proteggere Grayson, non do alcuna risposta alla sua proposta singolare, trovando inopportuno anche solo pensarci su. Naturalmente, però, il ragazzo non si accontenta del mio silenzio e continua imperterrito.
-D’accordo, puoi avere una scelta. Perché non vieni alla partita di baseball, venerdì sera? Ho visto che conosci Aaron e Brent.-   Propone dal nulla, pienamente convinto.
-E perché dovrei?-   Gli domando però io, non comprendendo in che modo quella stupida partita possa centrare con il discorso precedente.
-Se vinciamo, sarò autorizzato ad aiutarti e non potrai in alcun modo, alcun modo, importi. Se perdiamo, mi dimenticherò dell’intera faccenda.-
Tutto questo non ha alcun senso, eppure, dagli occhi illuminati di Cameron, posso capire quanto logico e giusto possa essere secondo lui. Ma, in tutta onestà, sono stufa: è da quattro ore circa che lotto contro la volontà di questo ragazzo, per cui non ho più le forze di oppormi. Farò ciò che dice, pur di farlo ammutolire una volta per tutte. Grazie a Brent, d’altronde, so che lo scorso mese la partita è stata vinta dalla squadra avversaria, per cui non è stata ancora detta l’ultima parola.
Dunque, con fare adesso più deciso e fiducioso, avanzo la mia mano verso quella di Cameron e la chiudo in una stretta forte. Cameron, proprio come me, pare non credere a ciò che è appena successo, mentre io sto già pensando a quale scusa inventare per convincere Violet ad accompagnarmi.
 
 


 
 
 
 
XHIMMELX.
Eh già, tutti sapevamo sarebbe successo!
In questo capitolo vediamo finalmente Khloe arrendersi alla volontà di Cameron, ma in un modo un po’ insolito. Diciamo semplicemente che, quando ho cominciato a pensare a come scrivere questa storia, mi sono categoricamente rifiutata di proporre il solito cliché del “Scommettiamo che farò innamorarti di me?”. Questo non è quello che accadrà.
Cameron è un personaggio diverso dagli altri: non vuole aiutare Khloe per flirtare con lei, anzi. È sincero quando dice che vuole aiutarla, perché le parole lette in quel diario lo hanno colpito in una maniera strana. Ma questo lo scopriremo più avanti. In poche parole, vi prego, non giudicate Cameron come il solito playboy di turno.
Khloe, per ora, diciamo che lo sta accontentando solo per farlo stare zitto e fargli smettere di insistere e insistere. Ma, chi sa, cambierà idea su di lui?
Beh, io spero solo che questi piccoli dettagli possano rendere la storia almeno un po’ diversa dalle altre, nonostante non sia chi sa quale capolavoro.
E mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate perché ne ho davvero bisogno!
Alla prossima, xhimmelx.




 
 

-Se vinciamo, sarò autorizzato ad aiutarti e non potrai in alcun modo, alcun modo, importi.-

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Capitolo 6
*** Capitolo 6. ***




Capitolo 6.




 
 -Ti prego, è solo un’eccezione!-
È da questa mattina che cerco di convincere Violet, ripetendole infinite volte che si tratta solo di una stupida partita e che questa sarà la prima e l’ultima volta. Inutile dire che, non appena le ho rivelato che è stato Cameron ad “invitarmi”, è andata su di giri.
-Allora avevo ragione!-   Ha esaltato infatti, abbandonando il suo letto in un salto che quasi mi ha fatta spaventare.
-Non ho nemmeno voglia di discuterne, tanto non potrei mai convincerti.-   Sbuffo subito io, sapendo che farle cambiare idea sarebbe una battaglia già persa in partenza.
Non so neanche perché lo sto facendo. Insomma, potrei benissimo starmene a casa con Violet proprio come avevamo programmato senza far sapere nulla a Cameron ma, in tutta onestà, non ho la benché minima voglia di apparire scortese. “In fin dei conti”, mi sono ripetuta più volte, “si tratta solo di starsene seduta sugli spalti a fingere di fare il tifo”. Ed è questo ciò che dico, di nuovo, a Violet, nel tentativo di convincerla.
-Dai, non costringermi a lasciarti sola in casa con i tuoi film strambi.-   La supplico infatti, immaginandola già tutta sola, in camera, con una ciotola di pop-corn davanti e il dvd di Psyco in tv.
-Ma non avevi un lavoro, tu?-   Mi domanda esausta, sicuramente stufa delle mie suppliche.
-È da due mesi, ormai, che ho il venerdì sera libero!-   La correggo però io, sapendo che la sua è solo una messa in scena.   
-E va bene.-   Si arrende alla fine Violet, pur se con una smorfia di contraddizione in viso.
-Grazie.-   Le dico quindi, raddolcendo finalmente il tono, mentre le do un piccolo bacio sulla guancia.
Dopodiché, constatando che sono già le sei del pomeriggio, la saluto e le do appuntamento a casa mia per le sette.
 
Ho passato un’ora intera a prepararmi per la partita di stasera, non tanto per Cameron –naturalmente- quanto per Brant ed Aaron. Hanno ragione quando dicono che non siamo mai andate a supportarli, e questo mi fa sentire un tantino una pessima amica. Per questo, stasera, è meglio che io mi tolga questo broncio di dosso e mi goda la serata per loro. Tuttavia, spero segretamente che la nostra squadra perda, altrimenti le conseguenze saranno pessime.
Comunque, dopo essermi finalmente preparata, do un'occhiata all'orologio e mi accorgo che sono quasi le sette. Violet dovrebbe essere qui a momenti, perciò scendo di corsa le scale, saluto frettolosamente i miei genitori ed esco di casa, aspettando la bionda nel vialetto.
Cinque minuti dopo, si presenta con il resto dei ragazzi al seguito che, per fortuna, ci daranno un passaggio con la loro auto. Aaron e Brent sono piuttosto agitati, lo si nota dalla loro parlantina piuttosto nervosa e frenetica, tant'è vero che a breve faranno aumentare persino la mia, di ansia. Ripassano ad alta voce gli schemi del coach, pensando già a come agire contro i loro avversari che, a quanto pare, conoscono abbastanza bene.
-Se quel coglione di Matt non si farà rubare la palla ogni due per tre, come la scorsa volta, potremmo farcela.-   Esordisce Aaron, tamburellando rumorosamente le dita contro il volante mentre io, in cuor mio, non posso far altro che sperare il contrario.
Dio, solo ora che mi avvicino sempre di più al campo da baseball mi rendo conto della serietà della situazione: e se sul serio dovessero vincere? Non voglio che le conseguenze si ripercuotano su di me. Mi domando perché mai io abbia insistito così tanto con Violet, non avrei potuto semplicemente accettare il suo rifiuto e decidere di farle compagnia a casa? Detesto immensamente il mio buon senso e quella mia assurda voglia di voler essere gentile nei confronti di Cameron. Il perché, poi, non lo so.
Decido sia meglio interrompere i miei pensieri non appena Aaron parcheggia la sua auto, ma mi accorgo che la mia pelle si è improvvisamente riempita di brividi. Cammino infatti a passo lento, come se i miei piedi fossero ancorati al suolo, mentre sento Violet ed Elizabeth farmi fretta. Il pensiero di chiedere a Violet di andare alla pizzeria qui vicino, anziché assistere alla partita, sfiora furtivo la mia mente, ma ci rinuncio subito. Conosco fin troppo bene Violet e, dopo averla portata qui con la forza, non tornerebbe indietro per nessuna ragione al mondo.
Io e il gruppo entriamo nel campo pochi minuti più tardi, dopo aver esibito a degli uomini in divisa i nostri biglietti. Cerchiamo dunque i nostri posti e metto su un sorriso falso non appena mi accorgo che siamo tra le prime file. Maledico mentalmente Aaron e Brent, che hanno comprato i biglietti per noi.
 
La partita inizia giusto dieci minuti dopo e, in tutta onestà, per tutto il tempo non faccio altro che desiderare che non finisca mai. Non che io mi stia divertendo, anzi, non capisco assolutamente nulla di baseball e perciò mi limito ad esultare solo quando lo fanno anche gli altri. È solo che… più la resa dei conti è lontana, meglio è.
Purtroppo, siamo già arrivati al punto in cui ogni minuto è importante. La partita è stata uno strazio, la squadra avversaria ha segnato punti uno dietro l’altro nonostante io non ne abbia mai compreso il meccanismo ma, per quello che ho capito, abbiamo ancora una minima possibilità di vittoria. Vedo Brent correre da una parte del campo all’altra, con il guanto in aria, mentre rincorre la palla il più velocemente possibile. Rischia persino di scivolare a causa del terreno polveroso, ma all’ultimo minuto riesce “fortunatamente” a rimanere in equilibrio e catturare la palla, arrivando in tempo al traguardo. In poche parole, è riuscito a portare un punto a casa: nonostante io non stessi prestando molta attenzione, infatti, lo capisco subito dalle urla della nostra platea che, come una mandria, si alza in piedi ed emette urla di tutti i tipi. Persino Elizabeth applaude per incoraggiare Thomas, il suo ragazzo. Io, invece, non posso fare a meno di starmene seduta e alzare gli occhi al cielo, nella speranza che sia tutto un incubo.
La stessa identica scenetta si ripete, pochi minuti più tardi, quando Cameron si ritrova al posto di Brent. Non c’è la minima possibilità che io riesca a comprendere l’andamento di questo gioco, tuttavia, anche stavolta, vedo il punteggio nel tabellone aumentare. Ancora e ancora. Il mio cuore si blocca per qualche secondo nel constatare che il rischio di una sconfitta diventa sempre più remoto, secondo dopo secondo.
Non a caso, quando il timer giunge alla fine, tutti esordiscono allegramente in segno di vittoria. Sono sicura, al cento per cento, che questo è uno dei momenti più brutti della mia vita. Nella mia testa comincio a realizzare, infatti, che di qui a poco le parole di Cameron potrebbero diventare realtà e, al contrario di ciò che crede lui, questo mi farebbe sentire solo mortificata. Voglio dire, non ho la minima intenzione di mettere a nudo –più di così- i miei sentimenti ottenendo assolutamente nulla di positivo in cambio.
La mano di Violet, comunque, mi obbliga a mettere di lato le mie paranoie, poiché stringe il mio braccio facendomi quasi alzare con forza. In men che non si dica, infatti, mi ritrovo in piedi al suo fianco mentre Elizabeth cerca di guidarci al di fuori delle platee: non ho idea di dove ci stia conducendo ma, finché mi porta fuori da questo posto, accetterei di tutto. Qualche minuto dopo, quindi, io e le due ragazze abbiamo finalmente raggiunto il parcheggio, dove aspettiamo soddisfatte i ragazzi. O, meglio, loro sono soddisfatte, mentre io vorrei solo scomparire dalla faccia della terra.
Aaron, Brent e Thomas ci raggiungono dopo circa quindici minuti, scusandosi in quanto sono stati trattenuti dal coach.
-Ottimo lavoro ragazzi, adesso andiamo a casa?-   Li interrompo però io, rivolgendogli intanto un sorriso forzato e facendo del mio meglio per congratularmi con loro.
-Niente fretta!-   Mi rimprovera però uno di loro, Brent, mentre vedo Thomas ed Elizabeth scambiarsi, dietro di lui, qualche bacio.   
Brent ed Aaron continuano a parlare con Violet, ma io smetto di prestargli attenzione nell’esatto momento in cui, poco distanti da noi, Cameron e i suoi amici escono dal campo e si appostano vicino la loro macchina. Vedo Cameron scambiarsi qualche battuta con una ragazza mai vista prima, mentre lei, in cambio, lo riempie di complimenti come se la vittoria fosse stata tutta merito suo. Questa ridicola scenetta, però, fa nascere una scintilla in me, portandomi a credere che magari, essendo circondato da ragazze del genere, uno come Cameron non abbia il tempo di pensare ai problemi di una povera ragazza come me, né di mantenere le “promesse” fatte.
Per questo comincio a tranquillizzarmi un po’, mentre torno a prestare la mia attenzione verso il mio gruppo di amici che, dal canto loro, stanno ancora parlando della partita. Due minuti più tardi, decidono finalmente di cacciare fuori le chiavi dell’auto così da poter tornare a casa. Facciamo quindi per salire, ma veniamo fermati da qualcuno. So perfettamente di chi si tratta, per questo non tardo a digrignare i denti e sbuffare in malo modo.
-Hey, ragazzi!-    Cameron infatti, adesso decisamente troppo vicino a noi, ha richiamato l’attenzione di Brent, Aaron e Thomas che, dal canto loro, si sono voltati subito.   –Nash sta dando una festa a casa sua per la vittoria, vi va di venire?-   Gli domanda subito dopo, indicando con la mano i suoi amici dietro di lui.
Per qualche assurda ragione, i tre non ci pensano due volte ad accettare, senza neanche chiedere il nostro parere prima. Ringrazio il cielo di aver portato Violet con me: so già che non ha la minima intenzione di andare a questa stupida festa, dato il suo odio per gli sportivi della scuola e, anche se dovremo farcela a piedi, è pur sempre un ottima soluzione.
La voce di Cameron, però, si rivolge stavolta a me mentre   -Siete invitate anche voi, ovviamente.-   dice, facendo spallucce.
Cameron mi rivolge un leggero sorriso e, Dio, so a cosa sta pensando, per questo vengo percorsa ancora una volta da una scarica infinita di brividi. Tuttavia, rispondo prontamente con un altrettanto sorriso sul volto.
-No, grazie, io e Violet preferiamo tornare a casa.-   Gli comunico, ottenendo disapprovazione da parte dei nostri amici.
A questo punto, però, vedo Violet avvicinarsi di più al mio orecchio in modo tale da potermi sussurrare qualcosa.   –In realtà voglio andare. Quel Grier è molto carino.-   Mi avvisa quindi, senza farsi sentire da nessun’altro.
Sto per urlarle contro qualcosa perché, in questo istante, odio più lei che Cameron e le sue stupide scommesse. Ma, non appena vedo tutti attorno a noi sorridere soddisfatti, non mi resta far altro che accettare.
-D’accordo, veniamo anche noi.-    Mi arrendo infine, salendo in macchina con la consapevolezza di essere sempre più vicina alla fine.

Più o meno venti minuti dopo, la macchina di Aaron si ferma di fronte a quella che dovrebbe essere la casa di Nash. Non ho mai visto Violet così eccitata. Anzi sì, e mi riferisco a quella volta in cui mi ha fatto vedere uno dei suoi horror preferiti. Io, al contrario suo, sono l’esatto opposto: per tutto il tempo non ho fatto altro che fingere un sorriso felice ed accontentarmi al volere degli altri.
Adesso che mi trovo in questa casa gremita di gente, però, non ho più voglia di forzare i muscoli della mia faccia. Non a caso, mi faccio largo tra i presenti con un’espressione di pura serietà in volto, mentre Violet ed Elizabeth al mio fianco sembrano essere pronte a scatenarsi. La prima ora, infatti, trascorre proprio così: Elizabeth ha occhi solo per Thomas e Violet, dopo qualche bicchiere di birra in più, ha stranamente deciso di andare da Nash e “complimentarsi per la sua bella casa”. Mentre Brent ed Aaron… beh, loro saranno da qualche parte insieme ai loro compagni di squadra. Dunque sì, sono rimasta sola. O meglio, sono seduta su un divano accanto ad Effy e Tom, ma sono decisamente stufa di sentirli pomiciare al mio fianco. Prendo dunque il mio bicchiere di birra, il secondo della serata, e lo porto fuori con me. Non c’è niente di più bello dell’aria fresca che mi carezza la pelle scoperta, e me ne rendo conto non appena giungo al giardino della casa e mi faccio investire dal leggero venticello di Los Angeles. Questo posto, per fortuna, è quasi vuoto o, perlomeno, privo di ubriaconi. Mi appoggio quindi al muro della casa, rimanendo comunque in piedi, mentre rivolgo il mio sguardo in alto, verso il cielo stellato.
Un ricordo riaffiora la mia mente in modo automatico, non lasciandomi neanche un secondo di tregua. Le immagini sono talmente limpide che riesco a malapena a distinguerlo dalla realtà.
Ci siamo io e Grayson, insieme, in spiaggia. Capisco subito che si tratta dell’estate di tre anni fa quando, durante qualche festa, abbiamo deciso di fare un bagno insieme in piena notte. L’acqua era talmente gelida che i nostri corpi si sono congelati all’istante, ma non ci interessava affatto. Sbronzi come eravamo, volevamo solo divertirci. Siamo rimasti in acqua per un quarto d’ora pieno, finché la nostra attenzione non è stata catturata dai fuochi d’artificio che, a mezzanotte in punto, hanno illuminato il cielo in un insieme di colori ed esplosioni. Il silenzio è calato, abbiamo smesso di urlare come pazzi mentre ci siamo semplicemente sdraiati in acqua, con lo sguardo rivolto verso l’alto.
Rischio quasi di piangere al solo ricordo, ma mi impedisco di farlo perché so che, se verso qualche lacrima per Grayson, questa si trasforma subito in un oceano immenso. E mi chiedo perché, perché per un solo istante della mia vita non posso dimenticare tutto e tornare ad essere spensierata come tre anni fa. Come prima che Grayson se ne andasse. Mi chiedo perché il giorno debba essere qualcuno, e la notte mi trasformi in qualcun altro, qualcun altro che con tutti i suoi rimpianti mi terrorizza a morte. Asciugo però la lacrima che sta per uscire dai miei occhi e, nella speranza che ciò possa aiutare, continuo a sorseggiare la mia birra fino a svuotare il bicchiere.
Vengo interrotta quando, purtroppo, la voce di Cameron mi riporta alla realtà, facendomi quasi saltare per lo spavento. Ero talmente assorta nei miei pensieri da non essermi accorta immediatamente della sua presenza. Sto per imprecare perché avere Cameron qui è la sola cosa che avrei voluto evitare, soprattutto dopo aver fatto un tuffo nel passato come quello di pochi minuti fa. Tutti quei ricordi legati a Grayson, infatti, mi portano ad essere più scortese del solito nei suoi confronti.
-Che vuoi?-   Gli domando scocciata, senza neanche guardarlo in faccia.
Al contrario, il mio sguardo è ancora fisso sul cielo scuro della notte ma perso nel vuoto. Il ragazzo al mio fianco sembra non importarsene, anzi, fa lo stesso anche lui: poggia la schiena al muro, proprio vicino a me, e solleva il capo verso l'alto.
-Tranquilla.-   Comincia poi, facendosi seguire da una risatina ironica sicuramente inappropriata.   -Non ho intenzione di iniziare da oggi.-   Mi avvisa poi, parlando come se mi stesse facendo un favore.
Rimango silenziosa per un bel po' poiché, nonostante io sia innervosita dalla presenza di Cameron, non riesco a pensare ad altro se non Grayson e quella fantastica notte in spiaggia che condividemmo. Sento il bisogno di sfogarmi con qualcuno, vorrei una volta per tutte parlare a cuore aperto senza vergogna e censure. Vorrei smascherare i miei sentimenti perché sento che il peso di questo segreto comincia a farsi troppo pesante per me. Eppure, nonostante conosca già parte della storia, Cameron non è la persona giusta. Nessuno lo è. Io non lo sono.
-Senti, falla finita con questa buffonata del "farmi dimenticare il ragazzo che amo", sarebbe solo una perdita di tempo.-   Sbotto quindi all'improvviso, alzando le mani in aria a mo’ di protesta.
Io e Cameron ci stiamo guardando l'un l'altra, adesso, mentre lo vedo contrarre la sua mascella in segno di opposizione e nervosismo. L'immagine di lui e quella ragazza insieme, al parcheggio, mi torna automaticamente in mente, perciò non posso far a meno di domandarmi perché lui sia qui con me, in piena notte, anziché divertirsi con qualcuno che ne abbia voglia. Dopo pochi secondi, comunque, trova finalmente la forza di aprire bocca.
-Io non la trovo affatto una perdita di tempo.-   Mi corregge infatti, mantenendo comunque un'espressione di massima serietà.  -E so a cosa stai pensando, ma la risposta è no: non ti sto trattando come una vittima da salvare, voglio farlo e basta.-
-Perché?-   Gli chiedo dunque istintivamente, non trovando alcun senso logico nelle sue parole. 
-Beh... Forse perché semplicemente ho voglia di conoscerti?-   Si fa avanti a questo punto, perdendo inaspettatamente la pazienza e alzando la sua voce.
Un tocco di amarezza impregna il suo tono ovvio. Ma io non ci riesco, non ci riesco proprio a capire dove voglia arrivare. Se è vero che vuole solo conoscermi, perché non la pianta e si fa avanti come qualsiasi altro ragazzo farebbe? Pare che Cameron nasconda qualcosa di profondo, dentro di lui, e me ne rendo conto solo ora che ricordo di non aver mai conosciuto persona più indistinta e determinata di lui. Sono però dei dubbi che non voglio risolvere, perlomeno non ora. Adesso che siamo tutti e due qui e che, finalmente, lui ha deciso di mettere momentaneamente da parte la sua "missione", voglio solamente fingere che tutto sia normale. Che lo sia sempre stato.
-Ti è piaciuta la partita?-   Mi chiede Cameron, come se fosse stato in grado di leggermi nel pensiero. 
-No, dato il risultato.-   Rispondo dunque prontamente, riferendomi palesemente alla sua scommessa. Ma mi rendo conto di essere stata, forse, un po' troppo acida, per questo   -E comunque non ci ho capito molto.-   aggiungo, adesso con un tono leggermente più divertito.
Cameron ride insieme a me, facendo spallucce e   -Il baseball non è poi così complicato, una volta che lo capisci.-  assicurandomi.
-Comunque, prima non sapevo fossi amica di Brent, Aaron e Thomas.-   Prosegue subito dopo, volendo sicuramente evitare un altro imbarazzante silenzio.
-E io non sapevo che tu fossi in questa scuola, fino a qualche giorno fa!-   Esclamo ironica.  -Li conosci bene? Voglio dire... oltre che essere compagni di squadra...-   Gli domando poi, curiosa, nonostante io non riesca ancora ad abituarmi all'idea di parlare così tranquillamente con lui.
-Siamo in ottimi rapporti in realtà, ma non ci siamo mai frequentati fuori dalla scuola. È solo che abbiamo gruppi diversi.-   Mi spiega Cameron dopo averci riflettuto su per qualche secondo, infilandosi poi le mani nelle tasche della giacca.  
-A proposito di quei tre, si stanno proprio divertendo stasera.-  Rido subito dopo io, interrompendo il ragazzo al mio fianco, mentre indico con l'indice il soggiorno al di là della finestra. Da qui fuori posso benissimo vedere i miei amici divertirsi, chi con la propria ragazza, chi ballando semplicemente a ritmo della musica assordante.
-Lo vedo!-   Esclama Cameron, voltandosi insieme a me verso la finestra.   -E tu, ti stai divertendo?-   Si accerta quindi, risultando quasi premuroso nei miei confronti.
E vorrei dirgli che no, non mi sto divertendo per niente perché, a quest'ora, preferirei essere sotto le coperte a dormire, e perché Grayson ha riaffiorato la mia mente come tutte le notti e ciò non ha fatto altro che peggiorare le cose. Ma adesso che sto riuscendo ad instaurare un rapporto civile con Cameron, pur se passeggero, non ho voglia di riportare a galla i miei problemi. Dunque mi sforzo ancora una volta di reprimerli e gli rispondo nel più semplice dei modi.
-Si, abbastanza.-  
Inizialmente, Cameron non sembra credere alle mie parole, tuttavia poco dopo lo vedo grattarsi nervosamente la nuca e rivolgermi un sorriso fiducioso. In un millesimo di secondo, un minuscolo particolare cattura il mio interesse: vedo qualcosa luccicare al buio sul suo polso sinistro, e mi chiedo di cosa possa trattarsi. Pochi secondi più tardi riesco a riconoscere la piastrina metallizzata di un braccialetto, sulla quale vi è un’incisione ben chiara: God has a plan. Mi fa uno strano effetto leggere quella frase. Insomma, conosco poco Cameron e per quello che so rientra nella categoria degli “stereotipi”, così come li definisce Violet, vale a dire che è il solito ragazzo palestrato, con ottimi voti a scuola ed una posizione ammirevole nella squadra della scuola. Per questo, scoprire qualcosa di più personale ed intimo riguardo lui mi lascia leggermente stranita.
-Credi in Dio?-    Gli domando quindi, incapace di frenare la mia curiosità, mentre con gli occhi indico silenziosamente il suo bracciale.
Cameron solleva il suo polso e lo osserva per un po’, cominciando inoltre a giocherellare con il metallo del braccialetto. Poi   -Sì.-   afferma prontamente.
Dal suo sguardo, posso capire all’istante quanto sicuro e fiero sia della sua risposta. Non a caso, i suoi occhi si illuminano di una luce che, fino a pochi secondi prima, era inesistente, e sul suo viso viene messo in mostra un sorriso soddisfatto.
-Io…-    Comincio a questo punto, dopo aver notato il suo improvviso silenzio.   –Credo in qualcosa, ma non ho idea di cosa sia. Voglio dire, sento che c’è una forza che regola tutto, che pianifica le nostre vite proprio come dice il tuo braccialetto. Potrebbe anche essere una sorta di consolazione perché, in fin dei conti, non mi piace pensare che la vita sia… tutto qua, forse voglio credere che prima o poi qualcuno sistemerà tutto. Non lo so…-
Cameron mi interrompe all’improvviso, portandomi a voltarmi istintivamente verso di lui.   –Sai Khloe, c’è stato un periodo della mia vita in cui ho creduto di aver toccato il fondo. I miei stavano lottando contro qualcosa di più forte di loro, e uno di quei giorni mi sono svegliato e mi sono semplicemente sentito diverso, come se qualche parte di me si fosse perduta durante la notte. Non sapevo cosa fosse ma, di qualunque cosa si trattasse, ho pianto per tre giorni interi. Cercavo di distrarmi con della musica, ma mi accorgevo di ascoltare solo canzoni tristi, parlavo con dei vecchi amici, e mi rendevo conto di essere troppo nostalgico. Non credevo di essere mai stato peggio di così. Poi mi sono ricordato di questo braccialetto che per un sacco di tempo avevo tenuto nascosto in fondo al cassetto, e lì ho capito. Tutto si sistemerà, Khloe, e prima o poi ti renderai conto di aver sempre fatto la cosa giusta. Anche se adesso sembra difficile da credere, in futuro ringrazierai te stessa per aver fatto sempre le scelte giuste.-
Quasi col fiatone, Cameron si zittisce subito dopo aver terminato il suo discorso. Nonostante inizialmente stesse parlando di lui, ho capito immediatamente che quelle ultime frasi fossero rivolte a me, ma questa volta voglio smettere di chiedermi il perché. Magari non c’è una ragione precisa per la quale Cameron è così gentile con me, nonostante mi conosca poco e niente, magari è semplicemente nella sua natura essere una persona buona. E io devo sicuramente smetterla di pormi tutte queste domande. L’unica cosa che dovrei fare, in questo momento, sarebbe ringraziarlo. Lo ringrazierei per essersi aperto con me e per avermi incoraggiata con le sue parole, senza forse essersene reso conto. Voglio dire, la speranza che le cose potessero migliorare e che io potessi smettere di soffrire è sempre stata rinchiusa in un angolino remoto della mia anima, ma adesso che sento pronunciare queste parole sembra tutto un po’ diverso.
-Grazie, Cameron.-   Gli dico infatti in piena sincerità, rivolgendogli un sorriso dolce e più sollevato.
Lo vedo ricambiare il sorriso in modo incoraggiante, ma la situazione comincia a farsi un po’ troppo seria. Come mi sono riproposta poco fa, almeno per questa sera voglio mettere da parte i miei problemi.
-Potrei cominciare ad apprezzare quello che fai per me.-   Ammetto quindi con un tono ironico e allegro, nonostante io sia più seria che mai.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
XHIMMELX.
Buona domenica a tutti voi che ancora sopportate le mie storie, come state?
Ho moltissimo da dire su questo capitolo, ma partiamo dalla cosa più importante! Khloe.
La nostra cara Khloe è passata (almeno per un po’) dall’essere scontrosa e ostinata verso Cameron al parlare civilmente con lui. Chi l’avrebbe mai detto?
E poi in questo capitolo scopriamo un lato tutto nuovo e diverso di Cameron! Naturalmente c’è ancora molto da sapere su di lui, ma chi va piano va sano e va lontano. Io so solo che lo amo.
Adesso bisogna aprire le scommesse: quanto durerà questo rapporto civile fra di loro? Una sera, un minuto, una settimana? Fatemi sapere eheh.
Ultimo punto, Violet: non è una delle protagoniste della storia, lo so, ma non mi andava di parlare solo ed esclusivamente di Khloe e Cameron in questa ff, bensì anche di ciò che gli sta intorno. Beh, diciamo solo che si formeranno altri legami molto belli.
Detto questo, vi supplico come al solito di non essere sempre silenziose e lasciarmi qualche parere, vi prego!
Alla prossima, xhimmelx. 
 


 

-Ringrazierai te stessa per aver fatto sempre le scelte giuste.-

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Capitolo 7
*** Capitolo 7. ***




Capitolo 7.

 
 
 
 
Mi manca. Me ne sto sdraiata come qualsiasi altra notte sul mio letto e, dannazione, mi manca. Mi manca vederlo, mi manca sentire la sua voce da vicino, mi manca uscire con lui, abbracciarlo, stringerlo a me, dormire l’uno accanto a l’altra. Andare al mare insieme, fare il bagno, scherzare, ridere delle nostre disgrazie. Mi mancano i suoi consigli, confessargli ogni singola cosa che mi passa per la testa, che si tratti di cose belle o brutte non importa. Questi particolari non hanno mai avuto importanza nella nostra amicizia, si parlava e ci si ascoltava a vicenda senza fare troppe domande o senza lanciare pregiudizi. Da un anno a questa parte, mi manca tutto di lui, ogni minimo dettaglio. I suoi occhi color caramello, il suo corpo alto e slanciato, pelle ed ossa, le sue braccia. 
Mi manca così tanto che non ho idea di come reagirò non appena lo vedrò dopo questa lunga eternità. Forse piangerò, forse riderò a crepapelle oppure lo prenderò a schiaffi. Non lo so, ma ho paura di scoprirlo. “E se anche questa volta dovesse andare male?” mi chiedo. Cazzo no, non accetterei l’ennesima sconfitta, l’ennesimo “non ho tempo per te”. Non ne sarei in grado, più che altro. 
Ma mi manca così tanto che, Dio, sarei persino pronta a sbattergli in faccia i miei sentimenti pur di farlo restare. In un modo o nell’altro. 
 
◊◊◊

Ho passato l’intero fine settimana a pensare e ripensare a ciò che è successo alla festa con Cameron. Quello che per lui potrebbe non aver avuto importanza, infatti, ha avuto per me un peso enorme. Non ho ben capito come sia stato possibile, da parte mia, aprirmi quel poco con Cameron o ascoltarlo con così tanto interesse, se fino a poco tempo prima sarei stata pronta ad urlargli contro un mucchio di cattiverie. “Sarà stata colpa della birra” mi sono detta più volte ma, se proprio dovesse essere così, perché non mi sento pentita?
Adesso, dopo due lunghi giorni, mi ritrovo infatti seduta alla mensa della scuola mentre penso che, se fosse sempre così bello parlare con Cameron, lo rifarei ancora e ancora. Ma so cosa può significare l’inizio di una nuova settimana, e il pensiero non mi piace affatto: quello stupido, dannatissimo piano.
Grazie al cielo, vengo distratta dalla voce allegra di Violet che si avvicina a me come un fulmine.
-Khlo, sai che Nash ha detto che gli è piaciuto parlare con me?-   Mi comunica lei, con gli occhi sognanti e la voce esaltata.
-Sì, me l’hai detto almeno cinque volte!-   Le ricordo io, ridendo a causa della sua goffaggine. Poi   -Ma tu non eri quella che odiava gli “stereotipi”?-   le domando ironica.
Conosco la sua risposta ancor prima di sentirla.   –Sì, beh… mi sbagliavo, ok?-   Dice infatti imbarazzata, soddisfacendo assolutamente le mie aspettative.
Subito dopo, appunto, cerca di cambiare argomento, parlando ad Elizabeth di qualcosa che non ho ben capito. Non mi interessa più di tanto, a dire la verità, piuttosto mi perdo ancora una volta nei miei pensieri.
Dopo quattro anni trascorsi in questa scuola, posso dire di conoscere alla perfezione la mensa. Non è nient’altro che una gigantesca stanza dalle pareti palesemente bianche, arricchite però con i colori del nostro liceo, il giallo e lo scarlatto; nient’altro che un mucchio di cibo scadente, donne anziane che non amano particolarmente il proprio mestiere e alunni psicologicamente stressati che rispettano dei precisi canoni. C’è una sorta di gerarchia, qui: i freshmen, ancora un po’ isolati ed intimiditi, occupano la zona est, i sophomores ed i juniors quella ovest e sud e, infine, i seniors quella nord. Io faccio parte di quest’ultimo gruppo, dove ogni singolo studente è un mix di stress, a causa dello studio intenso dell’ultimo anno, e di euforia, dovuta invece alla fine sempre più vicina di questo inferno. All’interno di ogni gruppo, però, vi sono delle altre suddivisioni: gli atleti, ad esempio, sono quelli su cui è concentrata la maggior parte dell’attenzione, soprattutto da parte delle ragazzine più piccole. È disgustoso.
Grazie a questa gerarchia “ben organizzata”, comunque, mi è possibile individuare in meno di dieci secondi il tavolo di Cameron: se ne sta lì, seduto insieme agli altri compagni di squadra e qualche ragazza al seguito, mentre ride a chi sa quale tipo di battuta. Ride talmente forte da far quasi propagare la sua risata per tutta la stanza. Lo fisso per un po’, chiedendomi quando e come il momento della verità arriverà, tentando di immaginare la resa dei conti.
Brent, Aaron e Thomas, invece, se ne stanno al nostro tavolo, poco distante da quello degli atleti, poiché, a loro detta, “Il baseball è interessante solo in campo”. Ritorno al presente quando mi accorgo che i tre ragazzi stanno parlando della festa di venerdì e mi domandano che fine avessi fatto io per la gran parte della serata.
-Eravate troppo impegnati a divertirvi per accorgervi di me!-    Esclamo dunque divertita, riferendomi in particolar modo a Thomas ed Elizabeth che non hanno fatto altro che pomiciare finché non è arrivata l’ora di andare a casa.
-Comunque sono stata un po’ fuori.-    Aggiungo poi, decidendo di non voler destare strani sospetti.   –Ero con Cameron.-
A questo punto sento un brusio arrivare dalla mia destra, dove Violet ed Effy stanno parlando sicuramente a sproposito.
-Te l’avevo detto io.-   Sento infatti Violet sussurrare all’orecchio dell’altra che, dal canto suo, sorride sbalordita.
-Smettetela, voi due.-   Le fulmino immediatamente con lo sguardo, esausta delle assurde costatazioni di Violet. Ma, notando che le due vanno avanti ancora per molto, decido di imporre una volta per tutte il mio parere.   –Sul serio, non è uno di quei cliché in cui “chi disprezza compra”. Non mi interessa Cameron, non in quel senso almeno. Non posso semplicemente parlargli come una banalissima conoscente?-
Quella che per me non è affatto una novità, lascia leggermente spiazzate le due ragazze. Deve essere per lo sguardo deciso e acceso nei miei occhi, immagino.
-Dicevi?-   Sento Brent intervenire, tossendo subito dopo per camuffare la sua voce.
Non capisco a cosa si riferisca, non fin quando dalle labbra di Elizabeth e Violet fuoriescono delle risatine sospettose. Le parole del ragazzo si fanno finalmente chiare nella mia testa, non appena vedo Cameron camminare a passo sicuro verso il nostro tavolo. Insisto dicendo agli altri che vorrà sicuramente parlare con Aaron e Brent, ma mi accorgo di essere nel torto non appena si blocca vicino a me.
Dopo aver dunque salutato il resto dei miei amici,   -Khloe, vieni un attimo fuori?-   mi propone, lanciandomi un’occhiatina fugace.
So cosa sta passando per la mente di Violet ed Effy in questo momento, ma le intenzioni ben chiare di Cameron mi preoccupano decisamente di più. Eccolo qui, il momento che speravo non sarebbe mai arrivato. Mi faccio prendere subito dal panico ma, per fortuna, non lo do a vedere. Se fossi sola, in questo momento, lascerei gambe e braccia tremare liberamente.
-Certo.-   Annuisco però, infondendomi quanta più forza io riesca a racimolare.
Dopodiché, mi alzo velocemente dalla sedia e seguo Cameron fino al cortile esterno, dove riusciamo a trovare una zona un po’ meno affollata. C’è un muretto sul quale Cameron si siede prontamente e, mentre io decido di fare lo stesso, lascio penzolare in aria i piedi.
-Il momento è arrivato!-   Esclama entusiasta lui, apparendo quasi divertito dalla situazione. Anche se, devo ammetterlo, quel sorriso spontaneo rilassa leggermente i miei nervi.
Mi porto comunque le mani sul viso in un gesto spontaneo, sentendomi, come previsto, imbarazzata al solo pensiero di ciò che sta per accadere. Cerco quindi di convincermi a non dare molta importanza a tutto ciò, ricordandomi di quel giorno in cui Cameron mi disse che non gli importava delle mie paranoie. Per dei lunghissimi secondi che sembrano infiniti, però, tutti e due stiamo in silenzio. Cameron in attesa di una mia risposta, io in attesa che lui sganci la bomba. Alla fine, per fortuna, è lui a fare il primo passo.
-D’accordo Khloe, non c’è bisogno che io ti ricordi che non lo sto facendo per pietà, vero?-   Mi chiede quindi a mo’ di incoraggiamento, come se questo potesse essere in grado di farmi parlare.
Notando infatti che dalla mia bocca non fuoriesce il minimo respiro, il ragazzo sospira profondamente e sfrega lentamente le sue mani.
-Senti, Khloe, ti va di parlarmi di questo Grayson?-    Domanda poi velocemente e, in questo istante, dentro di me è come se si fosse scatenata una guerra che da tempo minacciava di esplodere. Come se fosse stata spalancata una grossa finestra e la potenza del vento mi avesse travolta. Appurando forse il mio improvviso cambiamento d’umore, adesso rigorosamente cupo, Cameron continua.   -Non devi presentarmelo nei minimi dettagli, naturalmente, voglio solo capire cos’è che ti rende così malinconica. Nel tuo diario non hai mai parlato con chiarezza, e lo so che parlarne ora, con me, potrebbe farti incazzare. Ma ricorda che voglio solo raggiungere il mio scopo. Quindi… cosa è successo di preciso fra di voi?-
Sono palesemente sconvolta dalla velocità con la quale la situazione si è rivoltata, dal coraggio con cui Cameron tira in ballo la mia agenda senza farsi troppi scrupoli, come se avesse la consapevolezza che io non rivolti di nuovo la mia ira su di lui. E forse, stavolta, ha ragione. Il mio primo istinto, infatti, non è quello di urlargli contro o tirargli un altro schiaffo, e questo mi lascia parecchio stranita. È probabilmente per questo che, dopo aver abbassato gli occhi verso il basso, trovo il coraggio di farmi avanti. Di parlare a Cameron della mia storia, senza filtri né censure. In realtà, non riesco nemmeno a controllare le mie parole, tantomeno le mie emozioni.
-Grayson l’ho conosciuto più o meno sette anni fa, quando ancora eravamo entrambi dei bambini che si divertivano a giocare a super-mario insieme o ad andare in giro con le bici. La nostra amicizia, però, si è rafforzata un anno dopo, e da quel momento le cose sono andate sempre di bene in meglio. Non credo sia qualcosa che né tu né gli altri potreste capire perché era… diverso. Non c’erano segreti fra di noi, nemmeno uno, né limiti: mi sentivo libera di raccontargli tutto quello che mi passava per la testa, bello o brutto che fosse, e lo stesso valeva per lui. Voglio dire… quando suo fratello è finito in ospedale sono stata l’unica con la quale si sia sfogato. Questo, però, insospettiva tutti i nostri amici, che non facevano altro che ripetere che un giorno uno dei due si sarebbe innamorato o che, addirittura, saremmo finiti insieme. Ma chi ci credeva? Insomma, mi chiedevo cosa ci fosse di così assurdo in un’amicizia sincera come la nostra. Beh, vuoi sapere com’è andata a finire? Quella ad essersi innamorata sono io. Io, cazzo, che per tutti quegli anni non ho fatto altro che riempirlo di “ti voglio bene” sinceri, un giorno mi sono svegliata realizzando di amarlo. Anzi, è stata una cosa graduale. Me ne sono pian piano resa conto quando l’ho visto piombarsi a capofitto nella sua primissima relazione fissa. All’inizio ero persino contenta che Grayson uscisse con Grace, ma col passare dei mesi ho cominciato a pormi un sacco di domande che mi hanno seriamente preoccupata. Ho deciso di lasciar perdere, comunque, perché mai avrei potuto rovinare la nostra amicizia per un sentimento che probabilmente sarebbe stato solo passeggero. E quindi mi sono accontentata di lasciar fare tutto a lui, di lasciare che fosse lui a rovinare ogni cosa. Col tempo, Grayson è infatti pian piano scomparso. Mi ha messa da parte, mi ha completamente accantonata per una ragazza che era appena arrivata nella sua vita. E, quelle poche volte che mi degnava della sua presenza, mi accorgevo che fosse diverso. Era fottutamente cambiato, come due facce della stessa medaglia: da una parte c’era il solito Grayson che, di tanto in tanto, riusciva a ritagliarmi qualche angolino del suo tempo e si comportava come se non ci fossimo mai salutati, dall’altro c’era un Grayson del tutto nuovo, pronto a sminuire la nostra amicizia. Ho capito subito che fosse cambiato a causa di Grace e della sua eccessiva gelosia, che lo aveva gradualmente trasformato in qualcosa di irriconoscibile. Amavo Grayson per questo, perché metteva sempre al primo posto i suoi valori e i suoi sentimenti, non quelli di qualcun altro. Tanto meno quelli di una ragazza conosciuta solo da qualche mese. A me, naturalmente, questo non andava bene. E ho sopportato, ho sopportato finché ne sono stata in grado. Poi, ad un certo punto, soprattutto grazie alle mia amiche, ho aperto gli occhi ed ho capito di non meritare di essere trattata in quel modo, come qualcosa da usare a proprio piacimento. È stato a quel punto che ho cominciato a non cercarlo né chiamarlo più, a meno che non era lui a farlo per primo. Cosa che, ovviamente, accadeva di rado. E questo è ciò che siamo diventati adesso: siamo passati dall’essere così intimi da raccontarci persino le cose che non raccontavo nemmeno a Violet, al non considerarci neanche più. Succede davvero poche volte, come l’altro giorno, ad esempio, quando parlavo con te e lui si è avvicinato a salutarmi come se fosse tutto a posto.
Il vero problema, però, è un altro: come ti ho già detto, ho compreso tempo fa di meritare qualcosa di migliore, qualcuno che sia pronto a starmi accanto nel bene e nel male, ma… la sola idea che qualcun altro prenda il suo posto mi mette i brividi, e questo mi fa capire quanto sia impossibile. Insomma, perché mai dovrei fidarmi di qualcun altro, per poi essere trattata allo stesso modo? Nonostante ciò, io continuo ad amarlo. Giorno e notte. Soprattutto la notte, quando non riesco più a tenermi tutto questo inferno dentro e apro il mio diario. È una sorta di liberazione, sai, scrivere su quelle pagine, come se mi liberassi da un peso immane. È un peso talmente grande da avermi consumata, distrutta. Davvero, Cameron, so che queste potrebbero sembrare delle stupidaggini, ma non credo di aver mai amato nessuno tanto quanto amo lui. Non lo vedi? Sono persino disposta a soffrire e farmi trattare di merda, per lui; sono messa talmente male da farmi bastare il suo stupido saluto che arriva solo quando la sua ragazza glie lo permette! Mi sento spenta, sciupata, come se non fossi più in grado di amare qualcuno a causa sua, o semplicemente volergli bene. È da secoli che non conosco qualcuno e penso “diamine, questa persona mi piace davvero, voglio essere sua amica”. Al contrario, specialmente durante l’ultimo anno, mi sono sentita così sola da chiedermi che cosa ci facessi ancora in questo posto. C’è stato un periodo in cui ho persino cominciato a dubitare della mia amicizia con Violet ed Elizabeth, solo perché mi sentivo talmente sola da credere che a nessuno importasse di me. Allora perché cazzo non posso dimenticarlo e basta? Perché non posso chiudere in un cassetto ogni ricordo legato a lui o, perlomeno, ricordarlo senza rimpianti con la forza di poter andare avanti?
È per questo che reputo inutile la tua “missione”, Cameron. Adesso lo capisci anche tu?- 
Le parole sono uscite talmente veloci dalla mia bocca da lasciarmi sconvolta. Non mi sono mai esposta così tanto con qualcuno, mai nella mia vita. Dopo Grayson, Cameron è la prima persona con la quale riesco finalmente ad essere me stessa. Ed è una sensazione così bella che quasi mi travolge, che fa illuminare un piccolo spiraglio di luce dentro di me. Ho parlato così tanto che ho il fiatone e le labbra talmente asciutte da non poterle neanche chiudere, eppure non mi importa. È vero, esprimere i miei sentimenti ad alta voce sembra essere più efficace dello scriverli su un diario.
Ho quasi paura ad alzare la testa e guardare negli occhi Cameron, dopo tutto questo tempo. Dopo aver lanciato un’occhiata al mio orologio, mi sono infatti accorta che sono passati ben dieci minuti da quando ci siamo seduti su questo muretto. Non appena il mio sguardo incontra il suo, però, non riscontro né rabbia, né timore, pregiudizio o derisione. Vedo semplicemente… Cameron. Non che sia rimasto totalmente indifferente, anzi, sembra che le mie parole lo abbiano catturato conducendolo quasi all’ipnosi, eppure la prima cosa che fa è quella che meno mi aspetto: mi sorride. Un sorriso diverso dal precedente e simile, invece, a quello della festa. Un sorriso incoraggiante, un sorriso con il quale sembra dirmi che ogni cosa si sistemerà… grazie a lui.
-Ci penso io.-   Dice soltanto, spezzando finalmente quel silenzio pesante che era nato.
-No, non ci pensi tu, non puoi. Dimmelo, cosa avresti intenzione di fare?-   Lo interrompo però prontamente, a mo’ di sfida.
Ed è in questo momento che sento che la rabbia sta di nuovo nascendo dentro di me e, in tutta onestà, è una cosa che voglio evitare. Non voglio avere un attacco di panico o di ansia proprio qui, davanti a Cameron, che per tutto il tempo non ha fatto altro che ascoltarmi in silenzio. Non se lo merita. Decido quindi di calmarmi, traendo un profondo sospiro e attendendo con ansia una risposta.
-Prima di tutto devi stare tranquilla.-   Mi suggerisce quindi, con un tono di voce così calmo che è in grado di rilassarmi in pochissimi secondi.   –Poi, ecco la prima cosa che ho intenzione di fare per toglierti dalla mente questo stronzo: dovrai affrontarlo.-
-Cosa?!-   Domando istintivamente a Cameron perché, inizialmente, temo di averlo frainteso.
Poi però, dalla sua espressione più che seria, capisco di aver sentito bene. Ed improvvisamente il mio corpo si congela.
 
 
 






 
XHIMMELX.
Salve a tutti e buona domenica!
Finalmente il momento è arrivato: Khloe non può più sfuggire da Cameron! Guardate, non vedevo l’ora.
Va be, innanzitutto anche se non ve ne può fregar di meno vi dico che mi stava per scappare la lacrimuccia scrivendo il pezzo in cui Khloe racconta a Cam di Grayson, perché mi ha fatto ricordare quella personcina. Ma tralasciamo. Parliamo di Khloe, non di me: Khloe non può più tornare indietro, ciò che è fatto è fatto e non potrà più scollarsi Cameron di dosso. CHE BELLO.
L’avergli confessato tutto con così tanta “libertà” non è stata una cosa da poco per lei, quindi non sottovalutate questo aspetto.
E niente, Cameron adesso è più pronto che mai a farle rispuntare un sorriso sincero. Ci fosse nella mia vita uno così… Anche se il suo piano inizia in maniera un po’ brusca. Secondo voi Khloe sarà in grado di affrontare Grayson, o manderà a fanculo Cam per l’ennesima volta?
Le scommesse sono aperte, fatemi sapere la vostra.
Alla prossima, xhimmelx!

 

-Ci penso io.-   

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Capitolo 8
*** Capitolo 8. ***




Capitolo 8.


 
 
 
 
-Dovrai affrontarlo.-   Sento dire a Cameron, mentre non riesco a trattenermi dall’interromperlo e chiedergli cosa gli sia passato per la testa.  
Cameron nota sicuramente il mio sguardo sconvolto ed esausto, quindi poggia le sue mani sulle mie spalle nel tentativo di infondermi forza.  
-Khloe, tu stessa hai detto che vuoi smettere di pensare a lui con rancore, e potrai farlo solo se gli parlerai faccia a faccia. Credo che tu debba confessargli i tuoi sentimenti e poi mandarlo ad diavolo, così potrai sicuramente lasciartelo alle spalle.-
La mia risposta risiede al mio interno già da tempo.   –Non posso farlo.-   Stabilisco infatti, irrigidendomi sotto al tocco di Cameron.    –Senti, instauriamo dei limiti: niente di tutto quello che mi chiederai di fare dovrà coinvolgere Grayson in prima persona. Potremo parlare di lui, insultarlo e tutto quello che vuoi, ma io non ho le forze per affrontarlo.-
-O forse non hai il coraggio?-   Mi interrompe improvvisamente il ragazzo, lasciandomi inizialmente pensierosa.   –Ce le hai le forze, Khloe, eccome. Sono sicuro che avresti così tante cose da dirgli che potresti incenerirlo solo con le tue parole, eppure non hai il coraggio di farlo.-  
-Beh…-   Intervengo a questo punto, esitando in cerca di una spiegazione.
E se Cameron avesse ragione? Se per tutto questo tempo non avessi fatto altro che infliggermi dolore inutilmente, con la consapevolezza di celare e nascondere tutte le mie forze? Tutto questo, naturalmente, solo per paura di perdere completamente Grayson. Mi sono ormai abituata alla nostra amicizia trasformatasi in una semplice conoscenza, ma il non vederlo mai più, né poterlo mai più salutare anche solo una volta al mese, sarebbe tutta un’altra storia.
-Non lo so…-   Dico quindi, ancora esitante sul da farsi.
-Khloe, la mia non era una proposta. Ti ricordi la scommessa? Ecco, non l’ho vinta inutilmente. Quindi adesso ti alzi e vai a cercare Grayson per tutta la scuola.-
Diamine, Cameron è così sicuro di se da poter abbattere persino un gigante di pietra. Vorrei avercela io, la sua stessa forza di volontà.
-Ti accompagno, se ne hai bisogno.-   Aggiunge poi, togliendo solamente adesso le mani dalle mie spalle.
-No, è una cosa che devo fare da sola.-   Gli rispondo a questo punto, stupita dopo aver realizzato le mie parole.
È forse proprio questo a rendermi improvvisamente più sicura di me, questa mia improvvisa presa di posizione. È vero, è qualcosa che devo fare da sola, ma che devo pur sempre fare. Mi alzo quindi dal muretto il più velocemente possibile, anche perché mi rendo conto che l’intervallo è finito da cinque minuti e io sono già in ritardo per la lezione di inglese. Faccio quindi per incamminarmi verso l’edificio, ma mi blocco immediatamente prima di voltarmi nuovamente verso Cameron, ancora seduto.
-Grazie, per avermi ascoltata e tutto il resto.-   Dico infine, rivolgendogli un piccolo sorriso riconoscente che lui ricambia.
Dopodiché, mi incammino finalmente lungo il corridoio principale della scuola per raggiungere l’aula di inglese. Nel fare ciò, però, ne approfitto per prendere il mio telefono e cercare nella rubrica il numero di Grayson. Non appena lo trovo, digito velocemente un messaggio dove gli chiedo di incontrarci il prima possibile perché “dobbiamo parlare”. Sono molto esitante nel mandarlo ma, pochi secondi dopo, il tasto “invio” si preme prima che io possa pentirmene.
 
Ho passato tutta l’ora di inglese ad aspettare una risposta da parte di Grayson, un semplicissimo “si” o “no”, ma quando questa è arrivata avrei preferito non aver mai mandato quello stupido messaggio. Eppure me lo potevo aspettare, potevo benissimo immaginare che Grayson se ne venisse fuori con una delle sue solite scusanti.
“Scusami Khloe, ma oggi la famiglia di Grace mi ha invitato a pranzo e ho pochissimo tempo a disposizione. Facciamo un altro giorno?”
Questo era ciò che era comparso sullo schermo del mio telefono, sotto il nome di “Gray”. Aveva persino avuto il coraggio di accompagnare quel rifiuto con una faccina sorridente, e la mia tentazione di mandarlo al diavolo era stata talmente forte da farmi addirittura prudere le mani. Eppure, come al solito, mi sono tenuta tutto dentro. Non gli ho risposto finché non è suonata la campanella.
Adesso, a distanza di due minuti, mi trovo nel bagno delle ragazze più vicino, con l’intenzione di “affrontarlo”, come aveva detto Cameron. Qualcosa dentro di me mi ha spinta a farmi avanti, così, senza aspettare i suoi comodi e accontentarlo come al solito, afferro con violenza il mio telefono e comincio a scrivere.
 
No, Grayson, non possiamo fare un altro giorno. Quindi, se proprio non riesci a trovare nemmeno cinque minuti per me, mi accontenterò di questo stupido messaggio. Ti avverto che sarà molto lungo, perciò dovrai probabilmente sprecare più di cinque minuti del tuo preziosissimo tempo per leggerlo.
Odio quello che siamo diventati. Odio vederti continuamente appiccicato a Grace e non avere l’opportunità di abbracciarti solo perché c’è lei che poi si ingelosisce; odio il fatto che non ti fai vivo per secoli e poi, di punto in bianco, risbuchi nella mia vita con un messaggino in cui mi chiedi come sto, e il più delle volte succede perché hai bisogno di sfogarti riguardo i tuoi problemi senza mai interessarti ai miei; odio che quando mi incontri a scuola mi saluti come se niente fosse, con un bel sorriso in faccia, e poi te ne vai senza sapere se mi rivedrai più.
Perché sì, ho deciso di voltare pagina. Anche se non voglio, sono costretta a farlo per il mio bene. Per mesi e mesi non ho fatto altro che correrti dietro fingendomi “l’amica dal cuore duro che non soffre della tua mancanza”, ma non è così, e tu lo sai. Per mesi non ho fatto altro che mettere la tua felicità prima della mia, pensando che fosse giusto che tu ti dedicassi alla tua ragazza. Ed è giusto, certo che lo è, ma non per questo sono obbligata ad accettare questa situazione di merda in cui tu, da uomo senza palle, non hai mai avuto il coraggio di ribadire l’importanza della nostra amicizia.
Ti voglio bene, Grayson, e te ne vorrò sempre. E spero che un giorno smetterò di amarti perché, davvero, tutto questo mi sta facendo fin troppo male. Ma tu sei cambiato: Ti amo, ma non mi piaci più. Non mi piace la persona che sei diventato, sapendo che anni fa non avresti mai messo da parte i tuoi amici per una stupida storiella. E ti odio anche per questo, perché mi hai lasciata sola. Sai quanto importante fosse per me, anzi per noi, sfogarci l’un l’altra riguardo cose che non potevamo raccontare a nessun altro, ma adesso che tu non ci sei io non ho più nessuno con cui parlare.
Non voglio di certo impietosirti con le mie parole. Desidero solo che tu capisca che, se non risolvi i problemi di gelosia fra te e Grace, la situazione non potrà mai risolversi. Naturalmente, conosco di già la tua risposta.
Per questo ho deciso di scriverti questo messaggio, con la consapevolezza che tutto finisce qua, oggi. In questo modo. E spero che tu possa un giorno sentirti in colpa.
Ciao, Grayson. 
 
Trattengo a stento le lacrime, mentre invio il messaggio con un coraggio che mai avrei pensato d’avere, prima di oggi. Mi sento più vuota, non perché io mi sia liberata da questo peso, bensì per l’assenza di Grayson che si fa già sentire, più forte del solito. È la consapevolezza di non parlargli mai più che fa già sembrare tutto più scuro e triste. Spero che Cameron abbia ragione nel dire che, dopo questo grande passo, sarò finalmente in grado di dimenticarlo.
Aspetto la sua risposta per un totale di due ore, fino alla fine delle lezioni. Ma questa risposta tanto desiderata non arriva. Non appena l’ultima campanella suona, infatti, prendo per l’ennesima volta il cellulare e ne ricevo la prova. Più di trenta minuti fa Grayson ha visualizzato il mio messaggio, senza però reagire. E allora mi chiedo se per lui tutto questo abbia alcuna importanza o meno, se per tutti questi anni la nostra amicizia sia stata solo un’illusione creata dalla mia mente. Se così non fosse, Grayson sprecherebbe due minuti a digitare una cazzo di risposta, no? Mi accontenterei persino di un “Hai ragione, finiamola qua”.
Ho trattenuto le lacrime per tutto il giorno nel tentativo di arrivare intatta fino a sera: a quel punto avrei potuto sfogarmi in qualsiasi modo. Tuttavia, sento un tumulto talmente grande di emozioni dentro di me che potrei esplodere da un momento all’altro. Non appena tutti gli alunni escono dall’aula al seguito del professore, dunque, mi ritrovo completamente sola, tormentata dai miei pensieri.
“Non c’è niente che non va in te” sussurra la voce nella mia testa, a mo’ di incoraggiamento. “Grayson non ti ha dimenticata, e se ne renderà conto quando sarà troppo tardi. Peggio per lui”. Vorrei poterci credere, ma c’è qualcosa dentro di me che mi porta a credere l’opposto, che io non ne valgo la pena. Ed è a questo punto che non riesco più a trattenermi. Le lacrime, insieme ad una miriade di emozioni confuse, traboccano senza sosta, aumentando sempre più. Dei singhiozzi fuoriescono poco dopo dalle mie labbra, singhiozzi che mi impediscono di respirare ad un ritmo stabile e regolare.
Piangere non mi ha mai fatto bene: ogni volta, infatti, insieme alle lacrime arrivano così tante paranoie e problemi che mi sembra impossibile poterli affrontare. Dunque finisco col piangere persino per le cose più stupide ed insignificanti che, in momenti come questo, sembrano di grande rilevanza. Non so cosa ci sia in questo istante nella mia testa, so solo che tutto comincia a farsi sempre più confuso ed incomprensibile.
Senza che io possa neanche rendermene conto, mi ritrovo con il volto coperto da entrambe le mani e le dita che quasi tirano i capelli. Sono triste, frustrata, disperata. Vorrei solamente sentirmi desiderata, anche per un solo secondo. “È così difficile” mi chiedo, “volere bene ad una persona come me?”.
Ripenso istintivamente a Cameron, che ha voluto aiutarmi di sua spontanea volontà con il solo scopo di eliminare la malinconia dal mio volto. In fondo, è stato lui a portarmi qui, in lacrime.
Parlando di Cameron, sono costretta a rimettermi in sesto non appena percepisco la sua presenza. Mi basta girarmi verso la porta, infatti, per vederlo lì, immobile sulla soglia. E vedo anche la sua espressione preoccupata e indecisa, come quella di chi si sente palesemente a disagio e non sa quale sia la cosa più giusta da fare. Glie lo leggo negli occhi, che prova pena per me. Sbuca un piccolo sorriso derisorio sul mio volto, non appena realizzo di aver avuto ragione sin dall’inizio: agli occhi di Cameron, non sono altro che un cane bastonato.
In un millesimo di secondo, quindi, mi volto nella direzione opposta, verso le finestre, e caccio dalla mia borsa dei fazzoletti. Dopodiché, mi asciugo gli occhi e le guance il più velocemente possibile e aspetto finché la vista non diventa ben chiara. Mi fingo completamente risanata quando mi giro verso Cameron, come se fra queste quattro mura non fosse mai successo nulla. Come se questo posto non avesse mai conosciuto le mie lacrime.
Con un sorriso falso e forzato, quindi, saluto il ragazzo, che dal canto suo se ne sta ancora in piedi.   –Ciao, Cameron.-
Lui se ne sta zitto, cercando forse di comprendere meglio la situazione, ma lo capisco immediatamente che non si fida di me, né del mio sorriso. Tuttavia non parla, perciò ne approfitto per tentare di distogliere l’attenzione da me.
-Che ci fai qua? Dovresti essere a casa.-   Gli dico infatti, alzando le spalle in un gesto banale.
-Lo stesso vale per te.-   Mi interrompe però lui, adesso decisamente più sospettoso.
-Sono stata trattenuta dal professore.-    Spiego, in una menzogna bella e buona.
Abbasso immediatamente gli occhi verso il pavimento, poiché non ho la benché minima forza di reggere lo sguardo di Cameron. Mi ha scrutata per tutto il tempo dalla testa ai piedi, studiandomi come si fa con un’equazione irrisolvibile. Ma è proprio in questo momento che decide di lasciar perdere, di mettere da parte tutta la sua insicurezza ed il suo timore e farsi avanti. Con dei movimenti più che svelti, infatti, si allontana subito dalla porta per avvicinarsi a me, inginocchiandosi ai piedi del banco. Non posso far altro che giocherellare con le mie dita, fingendomi interessata ad esse: la presenza di Cameron, adesso così vicino a me, mi mette in soggezione. Decisamente troppo.
-Hey.-   Attira la mia attenzione lui, che si fa avanti con una voce delicata e preoccupata al tempo stesso.
Non gli do attenzione, anzi, continuo a fissare lo smalto bianco sulle mie unghie rovinandolo pian piano. Ed è a questo punto che Cameron, stufo del mio silenzio e delle mie menzogne, poggia una mano sul mio mento e lo solleva pian piano, fino a portare i miei occhi sui suoi.
-Tutto bene?-   Si accerta poi, mantenendo fermo e stabile il contatto visivo.
-Certo, perché non dovrebbe?-   Ribatto subito, facendo ancora una volta spallucce e rivolgendogli l’ennesimo sorriso falso, stavolta ricco di ironia.
Cameron continua a guardarmi incerto, con la consapevolezza che ogni parola che fuoriesce dalla mia bocca non sia altro che una bugia messa in piedi per difendere il mio orgoglio. A causa di questo suo sguardo, però, non riesco più a trattenermi. Tutta la mia riservatezza crolla e viene spazzata via, come cenere al vento.
-Ho solo realizzato di aver sprecato sette anni della mia vita a correre dietro qualcuno che non si è mai minimamente interessato a me; che tutto quello in cui credevo, probabilmente, non è mai esistito; e che sono solo un fottuto fallimento, perché non faccio altro che aggrapparmi al passato senza alcuna misera speranza per il futuro. Ma va tutto magnificamente bene.-
È uno sfogo inaspettato per entrambi, sia per me che per Cameron, che adesso mi guarda negli occhi ancora più intensamente. Non so nemmeno perché l’ho fatto, in realtà: le parole sono uscite dalla mia bocca fluide e spontanee. Fatto sta che, come una stupida, sono stata ancora una volta incapace di tenere strette le mie sofferenze: le lacrime hanno ricominciato a sgorgare a dirotto ed i miei occhi si sono arrossati, causandomi una vista molto sfocata. Si sentono solo i miei singhiozzi, qua dentro, ed è una cosa che mi fa sentire a disagio. Nonostante ciò, mi viene assolutamente naturale poggiare la mia testa sulla spalla del ragazzo nella speranza di poterci trovare un rifugio sicuro.
In effetti, questo è ciò che accade: mi sento improvvisamente diversa. Non bene, certo, ma comunque diversa. Con la maglietta di Cameron che assorbe le mie lacrime, non mi sento più sola. Un attimo dopo, inoltre, sento la sua mano posarsi delicatamente sulla mia testa così da poterne carezzare i capelli, in dei movimenti lenti e rilassanti. Percepisco poi il volto di Cameron girarsi verso le finestre, rimanendo nella stessa posizione per diversi minuti.
Poi, ancora distratto dagli alberi verdi del cortile,    -Devi smetterla di sottovalutarti.-   Dice.   –Il problema qui non sei tu, è lui.-
E per la prima volta, una domanda sorpassa la mia mente: “E se Cameron avesse ragione?”.
 





 
 
 
 
XHIMMELX.
Heilà, buona domenica a tutti!
Veniamo subito al dunque: se qualcuno di voi pensava che affrontare Grayson sarebbe stata una passeggiata, per Khloe, vi siete sbagliati. Se pensavate il contrario, complimenti.
Povera Khloe, tutte a lei oh. Non ci vuole molto per capire quanto stronzo e stupido possa essere Grayson, così tanto da ignorare quel chilometrico messaggio e andare a pranzo dai genitori di Grace e blah blah blah. Se solo lei capisse che mandarlo al diavolo sarebbe la cosa giusta da fare…
Ad ogni modo, è proprio questo stronzo la ragione delle sue lacrime. Beh, vi avverto che il “percorso” di Khloe sarà tutto una montagna russa di salite e discese, ma non per questo ogni speranza è persa.
E Cameron, mamma mia, si fa sempre più dolce ai miei occhi. Bho, io lo amo. Vediamo se questa sua ultima affermazione farà riflettere e cambiare idea a Khloe.
Detto questo,
attenzione: non sono il tipo di persona che supplica di avere mille recensioni in ogni capitolo perché la “visibilità” su efp o su wattpad è l’ultima cosa che mi interessa. Ma siccome ho impiegato molto tempo a scrivere questa ff, a cui fra l’altro tengo molto, non nego che qualche parere sincero mi farebbe piacere. Vedo circa 150 visualizzazioni in ogni capitolo, ma oltre quel paio di recensioni contate vorrei sapere cosa pensate voi altri 148 lettori. Voglio dire, andando sempre più avanti ho paura che questa storia non stia piacendo proprio a nessuno e ho paura che questo mi faccia venir voglia di eliminarla. Voi che ne pensate, dovrei andare avanti? Guardate, mi basta anche un sì o un no.
Alla prossima, xhimmelx.


–Il problema qui non sei tu, è lui.-

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Capitolo 9
*** Capitolo 9. ***


 

Capitolo 9.

 
 
 
È come se tutto ciò per cui lottavo si fosse disgregato in mille piccoli pezzettini. Ogni mia speranza è stata tradita: è finita male anche questa volta. Ho speso nottate intere a decidere quale fosse la cosa migliore da fare, migliore per me stessa, e alla fine mi sono convinta a dargli un’altra possibilità. E, cazzo, Grayson sembrava esserne così felice. Per i primi giorni non ha fatto altro che scrivermi, scrivermi e ancora scrivermi. Mi ha raccontato di tutto ciò che gli era successo, di quello che mi ero persa, dei suoi problemi con Grace, ed io, come una stupida, non ho saputo fare altro che inginocchiarmi e disinfettargli le ferite perché, a costo di accantonare le mie sofferenze, avrei fatto di tutto per fare stare bene lui.
Poi, all’improvviso, tutto è cambiato. O meglio, tutto è tornato esattamente come prima: silenzio. Non ho avuto alcun bisogno di chiedere a Grayson che fine avesse fatto, perché sapevo che, ancora una volta, avesse scelto lei anziché me. E la consapevolezza mi ha distrutta, così sono crollata. Ho pianto per tutta la notte, per quattro giorni consecutivi. Sono riuscita, pian piano, a convincermi del fatto che lui non meriti le mie lacrime, eppure non riesco a capire perché, nei miei sogni, continuo a vedere sempre e solo lui.

Sono stufa, stufa di questa vita che sembra essermisi rivoltata contro.
 
◊◊◊

Lo ripeto: adoro da impazzire Beverly Hills, ma niente è più stancante di lavorare al Kings Road per cinque ore consecutive. È una routine alla quale sono abituata, ormai, uscire da scuola alle due del pomeriggio, dirigermi immediatamente al locale per poi staccare quando ormai fuori è sera. È per questo che, spesso e volentieri, mi vedo costretta a portarmi dietro i compiti, nella speranza di avere almeno quindici minuti liberi.
Allo stesso modo, oggi, sono riuscita a trovare un po’ di tempo per eseguire degli odiosi esercizi di matematica, mentre la clientela sembrava scarseggiare un po’. A causa dello studio e, probabilmente, del fatto che sono fuori casa da ben undici ore, non vedo l’ora di uscire da questo posto. Dunque, subito dopo che l’orologio segna le otto di sera ed un collega arriva a darmi il cambio, mi affretto ad infilare tutte le mie cose nella borsa e ad uscire dal Kings Road, dopo aver salutato tutti quanti.
La sola cosa di cui ho bisogno, in questo momento, è del sano e puro relax. So dove andare.
 
Dopo un tragitto lungo trenta minuti pieni ed una telefonata a mia madre, sono riuscita ad arrivare, con la mia auto, al Griffith Park. È uno dei posti a cui tengo di più, questo, uno dei più belli di tutta Los Angeles. È l’ideale per chi, come me, necessita di un po’ di tranquillità e solitudine e non desidera nient’altro che perdersi fra il verde della natura.
Ci venivo spesso, da piccola, insieme a mamma e papà. Allora avevamo molto più tempo a disposizione da dedicare alla famiglia, soprattutto nel fine settimana; poi, però, mamma ha cambiato lavoro e si è vista costretta a dire addio alle nostre belle uscite. Si sente spesso la mancanza di quei tempi spensierati, per questo non ho mai smesso di venire qui non appena ne trovo l’occasione. Insomma, come non si può amare un posto come questo, dove ogni pensiero e preoccupazione si sminuisce in confronto alla sua maestosità?
Non mi sono mai considerata una persona sportiva, eppure persino fare jogging diventa interessante, qui. Quindi, non appena parcheggio la macchina nella posizione per me più comoda, mi munisco di acqua e comincio il mio percorso. Corro per più di quaranta minuti, corro lungo quel viale che ormai conosco bene e corro attraverso il verde degli alberi, sotto il cielo già scuro. Corro finché non mi sento troppo stanca da fermarmi. Dopo essere arrivata al mio traguardo ed aver fatto una piccola pausa, infatti, mi decido a tornare indietro. Ed è proprio in questo momento, mentre cammino a passo lento e stanco, che la mia mente non riesce più a respingere i miei pensieri. Adesso che sono molto più concentrata su tutto quello che mi circonda, mi tornano in mente i problemi che avrei dovuto lasciarmi alle spalle venendo qui. E in parte ci sono riuscita, credo. Ripenso infatti a Grayson e al mio messaggio chilometrico e, forse grazie a questa lunga ed intensa corsa, non mi trovo affranta dal ricordo; per la prima volta, credo che non mi interessi più di tanto dovergli dire un addio definitivo. È come se questo suo silenzio stia pian piano sciupando i sentimenti che provo nei suoi confronti, dei sentimenti troppo forti ma decisamente estenuanti. Come se mi stessi lasciando andare, esausta, al volere del destino.
Perciò mi scopro stranamente sollevata non appena arrivo nuovamente alla mia auto, venendo immediatamente distratta dal brontolio del mio stomaco che, certamente, ha bisogno di un po’ di cibo. Salgo quindi in macchina il più velocemente possibile e, dopo aver messo da parte la bottiglietta d’acqua ormai vuota, sono pronta a partire. La macchina, però, non si accende. Provo una, due, tre volte, provo all’infinito finché l’occhio non cade sull’indicatore di carburante e mi maledico acidamente, costatando di aver dimenticato di fare il pieno a causa della mia deviazione al parco.
Appoggio la testa sul sedile, mentre cerco di trovare una soluzione che non includa nessuno dei miei genitori: passo in rassegna ognuno dei miei amici e, dopo aver ricordato che Violet è impegnata con lo studio per il test di domani e che Brent usa solo la macchina di suo padre, non mi resta che provare con Aaron. Mi affretto quindi a comporre il suo numero sul telefono e lo chiamo, aspettando con ansia che risponda. Il cielo, intanto, si fa più buio e stellato man mano che i minuti passano.
-Hey, Khloe! Dimmi!-  
Non appena sento la voce del ragazzo dall’altro lato del cellulare, mi affretto ad informarlo della mia situazione.
-Ciao, Aaron! Dovresti farmi un immenso favore: sono al Griffith Park e la macchina è a corto di benzina, potresti venirmi a prendere?-   Lo supplico con una voce dolce, sperando di non causargli problemi.
Aaron sembra pensarci un po’ su, prima di darmi una risposta.   –Ho appena finito gli allenamenti ma il coach vuole trattenermi ancora un po’. Manderò qualcuno dei miei amici, va bene? Ti faccio sapere il prima possibile.-
-Va bene.-   Acconsento, nonostante poco dopo un piccolo sbuffo fuoriesce dalle mie labbra.
In tutta onestà, non mi interessa neanche sapere chi manderà, né risultare un peso per gli altri. Sono le dieci di sera e voglio solo tornare a casa. Stacco quindi la telefonata, dopo aver ringraziato e salutato Aaron, e aspetto in macchina in attesa di ricevere notizie. Ne approfitto, nel frattempo, per mandare un messaggio a mia madre e farle sapere che va tutto bene, dicendole che ho cenato insieme a Violet e fingendo che tutto ciò non stia davvero succedendo. L’ultima cosa che voglio è starmene qui, in mezzo alla foresta, a sentire le sue lamentele via telefono.
Pochi minuti dopo, comunque, il mio telefono si illumina di nuovo ed Aaron mi fa sapere che “è tutto risolto”, perciò non mi resta che aspettare. Aspetto per altri lunghi minuti, maledicendomi nella mia testa per aver avuto l’idea di arrivare fin qui a tramonto inoltrato. Poi, insieme ai miei alleluia, un’auto nera si avvicina alla mia e si accosta poco lontano. Deve essere sicuramente l’amico di Aaron e, nonostante io non abbia idea di chi o cosa aspettarmi, rimango ancora più stupita nello scoprire Cameron al suo interno. Quando questo scende poi dalla macchina, mi accorgo di aver ragione. Accidenti, fino a poco fa non avrei nemmeno ritenuto Aaron e Cameron “amici”.
“Beh, sempre meglio di un completo sconosciuto” mi consolo immediatamente, cercando di eliminare l’imbarazzo che mi assale al solo ricordo del nostro ultimo incontro.
Scendo quindi dalla mia auto e gli vado incontro, salutandolo sorridente a mo’ di ringraziamento. Faccio poi per salire nella sua auto, ma mi fermo non appena il ragazzo estrae qualcosa dal cofano.
-Ho preso della benzina.-   Mi comunica quindi, sollevando un recipiente con la mano destra.
-Grazie mille.-   Sospiro dunque, molto più sollevata. Ciò significa che non dovrò fare un tragitto di trenta minuti nella stessa macchina con Cameron.
Dopo aver messo il carburante nella mia auto, perciò, lo ringrazio ancora una volta per essere venuto fin qui e faccio per aprire lo sportello, ma lui mi interrompe.
-Che ci facevi qui a quest’ora, comunque?-   Mi domanda, guardandosi intorno come per cercare di capire.
Mi avvicino di nuovo a lui e   -Ho corso un po’.-   spiego, ricordandomi inoltre di essere parecchio sudata e, con il fresco che c’è a quest’ora, potrei benissimo prendermi un raffreddore.
Cameron mi osserva inizialmente sbalordito, pensando sicuramente che solo un pazzo potrebbe spostarsi da scuola a lavoro e da lavoro a fare jogging senza tregua. Nei suoi occhi, che sembrano prendermi in giro, riesco a scorgere subito un’espressione stranita e curiosa.
Così   -Vengo qui ogni volta che posso.-   mi giustifico, nel tentativo di togliermi il suo sguardo di dosso.    –Mi è sempre piaciuto.-
-Come mai? È solo un… parco.-    Mi chiede Cameron. E non intende sminuire questo posto, con la sua domanda. Lo capisco dalla luce che brilla nei suoi occhi: vuole solo saperne di più.
-Lo conosco da quando ero piccola. Voglio dire, tutti lo conoscono, ma per me è diverso. È il mio posto preferito in tutta Los Angeles, e ne ho visti di posti belli! Ci sono dei bei ricordi, qui… è come se correndo in mezzo a questi alberi riuscissi a sfuggire per un attimo dalla realtà.-
Cameron pare essere stato rapito dalle mie parole, eppure non credo di aver detto chi sa cosa. È la semplice verità, questa: in una città affollata e confusionaria come la nostra, sono riuscita a trovare un rifugio.
Una volta ci ho persino portato Grayson. “Ti do l’onore di entrare in casa mia” gli avevo detto, conducendolo fin qui con la sua auto, e lo avevo fatto camminare finché non arrivammo al traguardo, laddove mi fermo ogni volta che vengo a correre. È la cima di una collinetta, circondata interamente dal verde e, giuro, ci si sente come il re del mondo lassù. Dicevo, ci portai Grayson e, col fiatone, gli rivelai quanto gli volessi bene. Ricordo perfettamente che sentii qualcosa di sbagliato, in quel momento, qualcosa di sbagliato in quelle parole e dentro di me. “Cosa c’è che non va?” mi domandai fra me e me, cercando di comprendere dove fosse l’errore nonostante, a giudicare dall’espressione compiaciuta e felice di Grayson, sembrasse tutto perfetto. Due mesi dopo cominciai a capire, capii che quello che provavo per Grayson non fosse più solo semplice affetto.
A causa di tali ricordi, nel giro di un secondo mi ritrovo con il telefono fra le mani mentre, con Cameron ancora di fronte a me, non mi trattengo dall’aprire la chat con Grayson. Nonostante poco prima mi fossi illusa del contrario, in cuor mio so che potrei aspettare in eterno una sua risposta. Cerco comunque di ignorare la fitta al cuore che sento all’improvviso e sollevo di nuovo il mio sguardo, rivolgendo a Cameron un sorriso leggermente forzato. Il ragazzo pare rendersi conto del mio umore inspiegabilmente più cupo e, lanciando un’occhiata furtiva verso le mie mani, capisce. Mi basta cogliere l’espressione contrariata nei suoi occhi per constatare che sì, ha capito tutto. Ed eccomi ancora una volta qui, debole di fronte a Cameron.
Stavolta, però, non comincia con una delle sue solite prediche, né insiste sul farmi cambiare idea. Al contrario, afferra in modo insolito la mia mano e comincia a camminare frettolosamente.
-Seguimi.-   Mi istruisce, mentre io faccio fatica a stargli dietro.
È in momenti come questi che detesto la mia statura, decisamente più bassa rispetto a quella di chiunque altro. Abbandono questi stupidi pensieri, comunque, non appena riesco ad intravedere la meta e, a questo punto, mi ci vuole un secondo per capire dove Cameron voglia arrivare.
-Stiamo andando all’osservatorio, per caso?-   Gli domando infatti, notando di fronte a noi un palazzo bianco talmente grande da mozzare il fiato.
Sormontato da tre enormi cupole ed arricchito da una miriade di luci che provengono dall’interno, è uno dei principali punti di forza di questo posto.
-Sì, ed è meglio muoversi dato che sta per chiudere!-   Esclama Cameron davanti a me, quasi esausto.
Vorrei chiedergli perché diamine mi ha condotta fin qui ma, per una buona volta, mi costringo a tenere la bocca chiusa e a vivere il momento per quello che è. A distanza di pochi minuti, infatti, arriviamo alle porte dell’osservatorio e, nonostante dobbiamo supplicare gli addetti a causa del tardo orario, riusciamo comunque ad entrare. Cameron mi guida verso l’ascensore, facendomi capire subito di voler arrivare al terrazzo. Una volta arrivati a destinazione, una vista panoramica di Los Angeles si apre davanti ai nostri occhi.
È una delle cose più belle che abbia mai visto: sotto di noi, la città è ricca di luci, suoni, veicoli e persone che, viste da qui, non sono altro che dei puntini quasi invisibili. Ho sempre saputo quanto grande e popolato questo posto fosse, ma è come se riuscissi a realizzarlo solo venendo qua su. Ed era da troppo tempo che non accadeva. Trattengo il fiato per un po’, colpita dalla bellezza di questo istante: Cameron ha lasciato la mia mano pochi secondi fa e non posso fare a meno di sentirmi libera, libera come mai prima. Se mi concentro per bene, posso sentire qualche uccello cantare sopra di noi, il vento soffiare piano e le foglie degli alberi spostarsi, provocando un fruscio rilassante. Chiudo gli occhi, quindi, e mi lascio andare: inalo l’aria fresca, che ci investe come se fosse tempesta.
Non appena riapro gli occhi noto un sorriso soddisfatto sul viso di Cameron, che sta ancora osservando il panorama.
-Che c’è?-   Gli chiedo infatti, spronandolo con una risata spontanea.
Il ragazzo emette un piccolo sospiro, prima ancora di potermi rispondere.  –Quanti abitanti credi che ci siano, a Los Angeles?-   Mi domanda poi a sua volta, girandosi finalmente verso di me.
-Circa dodici milioni.-   Rispondo prontamente, ricordo di averlo letto su chi sa quale statistica. Ma sono un po’ confusa.   –Perché?-
-È possibile, Khloe, che fra tutte queste persone tu non riesca a sostituire quell’idiota?-
 
 



 
 
 
 
XHIMMELX.
Salve a tutti, ragazze! Come state?
Khloe, in questo capitolo, sta decisamente bene ahahah.
Beh, nonostante ci sia ancora una piccola parte di lei che pensa a Grayson nei momenti meno opportuni (come è ovvio che sia), dall’altro lato c’è anche il suo istinto che la sta portando piano piano ad aprirsi con Cameron, perlomeno a non mandarlo più a fanculo.
Bho, questo episodio al Griffith Park e all’osservatorio io lo trovo carinissimo, per non parlare della frase finale di Cam che, come al solito, sa sempre come chiudere col botto eheh.
Cameron sa che fra tutte quelle persone qualcuno che merita le attenzioni di Khloe c’è, vuole solo che lo capisca anche lei. Vediamo quando questo succederà…
Intanto vi saluto con questo capitolo, ci si rivede la prossima settimana!
PS: Per evitare che qualcuno faccia confusione, preciso che il pezzo di diario (quello scritto in corsivo) è un episodio del passato, non è una pagina che Khloe ha scritto adesso che Cameron le ha chiesto di affrontare Grayson. Come ho detto all'inizio della storia, mi piaceva l'idea di mettere questi riferimenti al passato per presentare meglio il rapporto fra Khloe e Grayson.
Un bacio, xhimmelx. 



-È possibile, Khloe, che fra tutte queste persone tu non riesca a sostituire quell’idiota?-

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Capitolo 10
*** Capitolo 10. ***




Capitolo 10.


 
 
 
-Non sei l’unica al mondo che rimpiange il passato, Khloe.-    Sussurra piano Cameron, mentre io non riesco a non pensare alle sue precedenti parole.
“È possibile, Khloe, che fra tutte queste persone tu non riesca a trovare nessuno?”
Mi chiedo come abbia fatto a capire così tanto di me in così pochi giorni, mentre da parte mia non c’è stato altro che astio. Una cosa, almeno, l’ho afferrata: Cameron è bravo a studiare le persone. La cosa mi dovrebbe certamente spaventare, eppure, in un momento delicato come questo, non sembra farlo. Piuttosto, tento di dargli ascolto e cerco la risposta dentro di me.
Non so di certo perché io non riesca a superare Grayson, anzi, per tutto questo tempo non ho fatto altro che rivolgermi la stessa domanda anch’io. Nonostante ciò, provo ad immaginarmi per un solo secondo al fianco di qualcun altro. “Come sarebbe?” mi domando fra me e me, sforzandomi di mantenere silenziosi i miei pensieri. Sarebbe bello, credo, bello ma sbagliato. Non so perché c’ho questa morsa allo stomaco che mi attanaglia ogniqualvolta io tenti di accantonare Grayson. Perché non riesco a ripagarlo semplicemente con la stessa moneta? E chi mai potrei trovare, poi, da amare più di lui? Il solo pensiero mi sembra impossibile, per questo mi metto improvvisamente a ridere.
Nonostante i dodici milioni di abitanti di Los Angeles, inoltre, sono sicura che, escludendo le donne, gli amici, gli adulti e quant’altro, la cerchia si restringerebbe parecchio. Ma che diamine di discorsi sto facendo? Mi sento quasi una pazza, per questo ringrazio il cielo non appena mi accorgo di essere stata zitta per tutto il tempo.
Accanto a me, infatti, Cameron mi osserva ancora in attesa di una risposta, ma io me ne rendo conto solo ora. Mi ritorna subito in mente la sua ultima frase, il che mi rende molto curiosa.
-Perché, cosa rimpiangi tu?-   Gli domando quindi, nella speranza di non sembrare troppo inopportuna.
Cameron sembra esitare un po’ e ciò non fa altro che farmi sentire stupida e nervosa, fin quando non lo sento sospirare piano e sbuffare.    –Non importa.-   Mi dice dunque, facendo spallucce e facendo comparire sul suo volto un sorriso tipico di chi non si sente a proprio agio.
Dovrei essere molto più insistente al riguardo, dato il suo comportamento nei miei confronti. Insomma, se si fosse deciso a mollare la presa sin dall’inizio non saremmo qui adesso, eppure, ancora una volta, non riesco ad essere come lui. Lui è più forte, più coraggioso, più determinato, ed io non sono nulla in confronto. Quindi mi limito ad annuire ed assecondo il suo silenzio. Pochi secondi più tardi, comunque, Cameron riprende parola nel tentativo di cambiare discorso.
-Senti, ti va di andare a mangiare qualcosa?-   Mi propone infatti, staccando solamente in questo momento gli occhi dal panorama di fronte a noi.   –Non credo tu abbia avuto tempo di cenare, ed io sono venuto qui subito dopo gli allenamenti.-
-Certo.-   Acconsento dunque, poiché sento di nuovo il mio stomaco brontolare.    –E qui stanno per chiudere, dovremmo sbrigarci!-   Esclamo poi, non appena controllo l’orario sul mio cellulare.
Devo ammetterlo, stando qui con Cameron sono riuscita, anche solo per qualche minuto, ad isolarmi dalla realtà: quasi mi pento di averlo trattato con ostinazione fino a qualche giorno fa, se non di meno. Con un sorrisetto in faccia dovuto alle mie costatazioni, perciò, sprono di nuovo il ragazzo e mi dirigo insieme a lui verso l’uscita del parco.
Una volta arrivati alle macchine   -Ti faccio strada, seguimi.-   mi indica, salutandomi con un gesto della mano prima di salire a bordo della sua auto.
Faccio quindi la stessa cosa e mi imbuco nel traffico al suo seguito. Non ho idea di dove mi stia portando, e so che da parte mia è un gesto del tutto irresponsabile. Ma, andiamo, “è solo Cameron” mi ripeto fra me e me. Quando la sua macchina si ferma, però, non riesco a capire dove mi trovo. Non è una zona molto distante dalla mia, eppure non credo di esserci mai stata prima. Attorno a me, fra l’altro, non vedo fast-food, né bar o pizzerie: vedo solo un mucchio di villette a schiera accompagnate da alcune case decisamente più grandi –e lussuose-. Mi chiedo dunque che ne è stato del nostro cibo, mentre scendo dall’auto e mi avvicino a Cameron.
-Dove siamo?-   Gli domando immediatamente, con un’espressione accigliata e confusa.
Lui, come se nulla fosse,   -Da Taylor, un mio amico. Le nostre pizze arriveranno direttamente qui.-   mi rassicura, indicandomi con l’indice una delle numerose case.
Quella su cui si rivolge la mia attenzione è, probabilmente, una delle più appariscenti: è talmente grande che potrebbe persino viverci un esercito, con un minimo di tre auto parcheggiate al di là del vialetto e diverse porte in vetro. Tuttavia, ancora fuori, non riesco a capire perché Cameron mi abbia portata qui pur sapendo che io non abbia nulla a che fare con i suoi amici. Lo guardo infatti indecisa, con i piedi incollati al terreno.
-Ricordati che devi fidarti di me.-   Dice semplicemente lui, fissandomi adesso serio.   –Voglio farti conoscere degli amici degni di essere chiamati tali!-   Esclama poi, e so perfettamente a cosa si riferisce.
Beh, se la loro amicizia è tanto meglio di quella mia e di Grayson, non vedo l’ora di mettere piede lì dentro. Alzo prima gli occhi al cielo, fingendomi annoiata, ma alla fine rido e glie la do vinta. Lo lascio entrare per primo, sorpassando subito dopo di lui un cancello di ferro e ritrovandomi, pochi metri dopo, all’ingresso della casa. Cameron entra come se niente fosse, come se questa fosse pure casa sua, ma decido di non farmi domande e gli vado appresso. Non appena varco la soglia, però, rimango stupita da un piccolo particolare.
-Violet?-   Chiedo, osservando stranita la mia amica per poi passare a Brent, Aaron e tutti gli altri.    –Che ci fate voi qui?-
I ragazzi si voltano subito verso di me, alzando le braccia in aria come se aspettassero da secoli questo momento.
-Finalmente siete arrivati, voi due!-   Esclama, dall’altro lato del salotto, quello che dovrebbe essere Taylor.
-Già, abbiamo avuto da fare.-   Lo informa poi Cameron che, al mio fianco, si rivolge all’amico in modo parecchio vago.
In tutto ciò, io, non posso fare altro che chiedermi cosa diamine stia succedendo. Infatti, mentre mi sento dire “fa come se fossi a casa tua, tanto i miei non ci sono”, non mi trattengo dall’avvicinarmi ai miei amici con fare sospettoso.
-Ripeto, che ci fate voi qui?-   Domando loro di nuovo, con un tono più entusiasta che altro.
-Dopo che abbiamo mandato Cam a prenderti, gli altri ragazzi ci hanno invitati.-    Annuncia Brent che, con una lattina di coca in mano, lancia un’occhiata veloce a Taylor, Nash, e qualcun altro di cui non conosco il nome.
-E comunque, vorrei sapere cosa vi ha trattenuti così tanto!-   Sussurra poi Violet al mio orecchio, non smentendosi come al solito.
La guardo infatti annoiata e mi limito a non risponderle, sapendo che, qualunque cosa io dica, non mi darà mai ascolto. Preferisco che lei vada avanti con le sue strambe teorie, piuttosto che raccontarle della storia del diario e del perché conosco Cameron. Ad ogni modo, sono stranamente contenta di vederli tutti qui. Mi accomodo quindi in una delle poltrone libere, mentre vedo Cameron sedersi rassegnato sul pavimento.
-Ah, Khloe!-   Mi richiama quest’ultimo, esattamente di fronte a me.   –Loro sono Chris e Matt.-   Annuncia dunque, indicandomi con la mano coloro che non avevo ancora avuto modo di conoscere.
Dunque mi presento, mentre loro mi salutano alzando le cinque dita in aria.
-Quindi voi tre siete amiche di Aaron, Brent e Thomas da molto tempo?-   Chiede poi uno di loro, Chris, riferendosi a me, Violet ed Elizabeth.
Quest’ultima mi precede, rivolgendosi al moro con tono entusiasta.   –Sì, dall’inizio del liceo.-   Conferma quindi, stringendosi fra le braccia di Tom.
-Strano non avervi mai viste prima, allora.-    Sentenzia Nash, di cui mi ricordo dal giorno della partita.
Dopodiché, un piccolo sorriso che non riesco a decifrare spunta sul suo volto. Vengo comunque distratta dal suono improvviso del campanello, che annuncia l’arrivo delle nostre pizze. Insieme a Cameron, infatti, mi alzo dalla poltrona e mi dirigo verso la porta, dove il fattorino ci consegna prontamente la cena.
Ho così tanta fame che poco mi importa, in questo momento, l’essere scortese in casa altrui. Mi metto infatti nella mia precedente postazione ed appoggio il cartone della pizza sulle mie stesse gambe, aprendolo e cominciando a mangiare senza farmi troppi problemi.
 
La serata trascorre molto velocemente, a differenza di quanto mi sarei aspettata. Nonostante io fossi molto dubitosa all’inizio, devo ammettere che il tentativo di Cameron è andato a buon fine. Sì, mi sto divertendo, e per farlo mi basta semplicemente una piccola cerchia di persone, delle battute squallide e una chitarra. Niente di più. Uno dei ragazzi infatti, Chris, ha tirato fuori dalla sua macchina una chitarra, e da quel momento abbiamo passato un’intera ora a cantare stupide canzoni commerciali che sembravamo amare alla follia. Adesso, ad esempio, stiamo tutti intonando Nothing But Trouble di Lil Wayne, e mi sorprendo nello scoprire che Chris ha delle ottime doti canore: la sua voce, infatti, è quella che risalta maggiormente, facendo ovviamente sfigurare quelle di tutti noi. Gli faccio quindi i miei complimenti non appena la canzone termina, ma vengo immediatamente distratta poiché, sul divano di fronte a me, Nash e Violet si lanciano un’occhiatina complice. Me ne accorgo subito: lei lo osserva per qualche secondo, mentre lui regge il contatto visivo con tanto di sorrisetto. Mi domando cosa stia succedendo fra quei due, ma non ho bisogno di dar voce ai miei dubbi per capire che Violet è felice. Basta infatti fissare il mio sguardo sul suo, puntato sempre verso il moro dai capelli un po’ lunghi e gli occhi color del ghiaccio. Lo ammetto, quegli occhi mozzerebbero il fiato a chiunque, talmente sono accecanti.
-Ho avuto un’idea!-   Esclama tutto d’un tratto Matt, facendo così ricadere la mia attenzione su di lui.
Proprio come me, anche gli altri si voltano a guardarlo in attesa della sua proposta.
-Perché non giochiamo a beerpong?-   Propone quindi il biondo, mettendo in mostra un’espressione più che entusiasta.
Lo guardiamo tutti stranito poiché, dopo aver lanciato un’occhiata all’orologio, ci rendiamo conto che è già mezzanotte. Taylor, infatti, gli ride in faccia senza pudore.
-Amico!-   Esclama poi, lanciandogli una pacca fraterna sulla spalla.   –I miei torneranno domattina presto, e noi dovremo andare a scuola.-    Gli fa notare, osservandolo con fare ovvio.
-Già, non credo che andare a lezione sbronzi sia l’ideale.-    Constata Aaron, assecondando il padrone di casa che, a sua volta, gli fa l’occhiolino.
Matt sembra mettere su il broncio e la sua espressione delusa e contrariata fa ridere tutti. D’altronde, mi è bastata una sola serata per capire che Matt è il classico burlone del gruppo, quello che prende sempre l’iniziativa per primo, che lancia sfide a mai finire e che fa ridere tutti qualsiasi cosa dica. Forse proprio per questo Taylor decide di consolarlo.
-Lo faremo alla prossima festa che organizzeremo, dai.-   Lo rassicura infatti, parlando come se per lui organizzare feste fosse all’ordine del giorno.
A questo punto, il biondo si rassegna ed annuisce, tornando ad appoggiare comodamente il suo collo sullo schienale del lungo divano beige. Nash lo importuna all’istante, dandogli qualche pizzicotto qua e là e sussurrandogli qualcosa come “Sei sempre il solito”, il che fa nuovamente ridere tutti. Ma l’atmosfera cambia improvvisamente nel momento in cui Taylor si abbassa all’altezza di Cameron, ancora seduto sul pavimento, e gli domanda qualcosa a bassa voce.
-Hai saputo qualcosa di tuo fratello?-   Gli chiede infatti, attirando l’attenzione di tutti i presenti con una semplice domanda.
Persino la mia, nonostante io non abbia la più pallida idea di che cosa stia dicendo. Gli occhi di tutti sono però puntati su di Cameron, mentre lo scrutano con attenzione e sospetto al tempo stesso, e questo basta a far nascere in me molta curiosità. Perché l’atmosfera è diventata inaspettatamente così tesa? E perché il fratello di Cameron sembra quasi essere un argomento tabù? Ho moltissime domande nella mia testa e muoio dalla voglia di saperne di più, ma il silenzio che è nato in questa stanza mi tronca la voce, togliendomi il coraggio di proferir parola. Mi limito quindi a lanciare un’occhiata furtiva ai miei amici, ma comprendo dai loro sguardi confusi che nemmeno loro sanno cosa sta succedendo. Mi riconcentro quindi su Cameron, che adesso fissa il pavimento con lo sguardo perso nel vuoto.
Dopodiché, dando finalmente un segno di vita, delle parole fuoriescono dalle sue labbra.   –Non è davvero mio fratello, quello lì.-   Sentenzia infatti, correggendo Taylor con tono fermo e duro.   –E comunque no, non ne so niente.-
La prima cosa che fa dopo essere tornato in silenzio, è passare in rassegna gli sguardi di tutti, soffermandosi sul mio per qualche secondo in più del dovuto. E mi osserva con fare teso e imbarazzato, come se in questa situazione si sentisse estremamente a disagio. Come se non mi volesse in questa stanza, ad udire ciò che ha appena detto. Per questo distolgo immediatamente i miei occhi dai suoi, che mi fanno sentire decisamente fuori luogo, e mi rivolgo di nuovo ai miei amici.
-Si è fatto tardi, andiamo?-   Domando infatti ad Aaron, che è arrivato qui con la sua auto e dovrà quindi darci un passaggio.
Il ragazzo osserva gli altri alla ricerca di una risposta e, non appena tutti acconsentono, si decide ad alzarsi dal divano. Faccio quindi lo stesso e, dopo aver salutato tutti allo stesso modo, seguo i miei amici all’esterno della casa.
È stata una bella serata, in tutta onestà, ma sembra che questi ultimi minuti abbiano cambiato ogni cosa. Difatti, non posso fare a meno di domandarmi cosa sia questa storia fra Cameron e il suo presunto “fratello”. Mi tornano subito in mente le parole del ragazzo di questo pomeriggio, quando mi ha fatto palesemente capire che anche lui rimpiange in qualche modo e per qualche ragione sconosciuta il suo passato. Beh, che a Cameron piaccia o meno, sono determinata a scoprirlo.
 
 
 
 
 


 
 
XHIMMELX.
Buona domenica a tutti, come state?
Non vedevo l’ora di pubblicare questo capitolo, sapete?
Tralasciando il fatto che questo è un po' un capitolo di passaggio, uno di quelli che servono ad alleggerire la situazione o rallentare un po' le cose. Ma non per questo va sottovalutato, a parere mio.
Diciamo che qui viene un po’ a galla un altro lato di Cameron, che finora è stato sempre e solo il ragazzo ostinato ad approcciarsi a Khloe e ad aiutarla. Un lato, però, che si mostrerà lentamente, molto lentamente.
Ha qualche segreto anche lui, ma a differenza di Khloe o ne parla apertamente con i suoi amici più stretti o tiene la bocca serrata. E secondo voi cosa farà con lei? Le farà capire qualcosa?
Ah, fra l’altro Khloe  sta facendo dei passi avanti, piccoli passi che per lei sono passi da gigante. Anche solo l’aver conosciuto e l’essersi divertita con gli amici di Cam è qualcosa.
Ultimo punto: ho introdotto tutta la Cam-squad ahahah. Lui, Nash, Chris, Matt e Taylor  si amano così tanto che non li vedremo quasi mai separati. Vedremo quanto vicini diventeranno i due gruppi col tempo…
Detto questo, mi dileguo. Alla prossima settimana x.
xhimmelx!



–Non è davvero mio fratello, quello lì. E comunque no, non ne so niente.-

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Capitolo 11
*** Capitolo 11. ***




Capitolo 11.


 
 
 
Il giovedì è forse il giorno più faticoso, a scuola: un ammasso di materie che detesto e, come se non bastasse, un pranzo più disgustoso del solito a mensa. Mi rifiuto di assaggiare ciò che servono oggi, piuttosto preferisco dirigermi verso i distributori ed accontentarmi di qualche barretta di cioccolato.
Non a caso ho lasciato poco prima i miei amici a mensa e mi sono diretta verso la palestra, là dove, nel corridoio adiacente, posso trovare tutto ciò che mi serve. Mi munisco dunque di una bottiglietta d’acqua e dei miei amati Oreo e, dopo aver preso il resto, faccio per tornare indietro. Vengo però fermata da qualcosa che cattura la mia attenzione. Dalla mia postazione, vicinissima all’ingresso della palestra, posso benissimo notare grazie alle finestre una figura solitaria: mi basta poco per rendermi conto che si tratta di Cameron, che sta facendo qualche tiro al canestro mentre la palestra è completamente vuota. Penso subito che sia strano, da parte sua, rinunciare alla mensa e a quei pochi minuti da trascorrere con i suoi amici, ed è proprio questo a spronarmi a raggiungerlo.
Con ancora i miei acquisti in mano, quindi, spingo in avanti la pesante porta che, dal canto suo, fa un fracasso enorme e mi incammino verso il ragazzo. A causa del forte baccano, appunto, Cameron si volta all’istante e si accorge subito della mia presenza ma, per qualche assurda ragione, agisce come se nulla fosse appena successo. Al contrario, continua a palleggiare con la palla e a tirarla, poi, nel tentativo di fare centro. Mi sento un po’ intimidita da questo suo strano comportamento, tuttavia decido di essere la prima a rompere il ghiaccio.
Mi avvicino infatti completamente a lui e   -Non credevo fosse questo il tuo campo!-   esclamo con tono ironico, mentre mi guardo attorno confusa.
Ancora una volta, il moro non si ferma: va avanti passandosi la palla da una mano all’altra e alterna un sospiro pesante all’altro. Quando finisce, dopo una breve serie di canestri segnati, blocca finalmente la palla con una presa salda per poi incastrarla fra il braccio ed il fianco.
Lo ammetto, ho pensato più e più volte di andare via durante questi infiniti minuti di silenzio ma, alla fine, Cameron sembra essersi arreso all’idea di avermi qui e mi rivolge finalmente la sua attenzione. È completamente sudato ed ha il fiatone, non a caso lo vedo improvvisamente accasciarsi per prendere fiato, prima di potersi dirigere alle panchine. Quindi lo seguo e mi siedo al suo fianco.
-Ho giocato a basket per un anno, quando ero più piccolo.-   Dice poi Cameron, interrompendo una volta per tutte il silenzio fra di noi.
Al che annuisco, ancora un po’ imbarazzata, prima di trovare il coraggio di fare ciò che sono davvero venuta a fare. Ho pensato per gran parte della nottata a ciò che Taylor ha chiesto ieri a Cam, e la reazione di quest’ultimo mi ha insospettita fin troppo. Non che io voglia farmi gli affari suoi, penso solo che debba per forza esserci una spiegazione al suo improvviso cambiamento di umore. Quindi, una volta raccolta la sfacciataggine, butto fuori tutte le domande che mi ronzano per la testa in una sola, piccola frase.
-Cam, chi è tuo fratello?-   Gli chiedo tutto d’un fiato, quasi terrorizzata da ciò che si potrebbe scatenare.
Al contrario di ciò che io mi aspetto, però, gli occhi di Cameron si illuminano di sorpresa e gioia.   -Wow, non mi hai mai chiamato Cam.-   Constata infatti pochi secondi più tardi, facendo spuntare un piccolo sorriso sul suo volto.
-E dai!-   Lo interrompo a questo punto, sapendo quanto poco importante questo nomignolo possa essere per lui.   –Non cercare di cambiare argomento.-
Tutto d’un tratto, infatti, la sua espressione diventa più seria e decisamente cupa, il che non fa altro che confermare le mie ipotesi: per lui è come un tabù.
-Come ho detto ieri, non è davvero mio fratello. E poi non importa.-   Mi ammutolisce prontamente, irrigidendo nel frattempo la sua mascella.
-Perché no?-   Insisto, con fare quasi disperato.
-Perché non sono affari tuoi, Khloe.-   Sentenzia lui, alzandosi poi dalla panchina e dirigendosi a passo svelto verso l’uscita della palestra.
Naturalmente, non mi resta altro che seguirlo. Cerco dunque di stargli al passo mentre, con la mia voce adesso alta, tento di fermarlo.
-Non sono affari miei?!-   Ribatto infatti, mentre sento la rabbia ribollire dentro di me.   –Credo che dopo tutto quello che ti ho raccontato io mi meriti delle risposte a delle semplici domande!-  
Stranamente, ottengo l’effetto desiderato: Cameron si blocca e si gira nuovamente verso di me, e guardando i suoi occhi so che persino lui ha capito che no, non si tratta più di curiosità ma di principio. Voglio che lui risponda alla mia domanda, dopo tutto quello che è uscito dalla mia bocca. Lui, però, sembra non accettarlo e per questo poggia le sue mani sulle mie spalle ed avvicina il suo viso al mio.
-Non è la stessa cosa.-   Mi intima dunque, in un misto di egoismo e di cattiveria.
Rimango palesemente incredula da questo suo comportamento, mi sento infuriata dall’acidità con cui mi ha rivolto queste sue ultime parole. È un Cameron completamente diverso e sconosciuto rispetto a quello che tanto ha insistito per “aiutarmi a dimenticare Grayson”, talmente tanto da farmi subito pentire di essermi aperta con lui. Lo guardo infatti indignata e delusa ma, nonostante sono sicura che lui abbia capito di aver sbagliato, ricambia con della semplice indifferenza. Non saprei dire se sta mentendo o meno, so solo che questo Cameron scontroso non mi piace affatto. Potrei schiaffeggiarlo da un momento all’altro, se non fosse che vengo interrotta dall’inaspettato arrivo di Matt che, ignaro di tutto, ci raggiunge entrambi con fare festoso. Appoggia infatti un braccio sulle spalle dell’amico e mi saluta sorridente, mentre io e Cameron non possiamo far altro che rispondere con dei sorrisi più che forzati.
-Cam, ti ho cercato ovunque! Senti, stasera io e gli altri andiamo a vedere quell’ultimo film della Marvel, preparati per le sette!-   Esclama perciò Matt, allegro come al solito.
Cameron sembra pensarci un po’ su, prima di accettare e   -Potresti venire anche tu.-   dire, rivolgendosi di nuovo a me.
È incredibile il modo in cui mi ha appena parlato, come se pochi secondi fa non sia successo assolutamente nulla. Questo, però, mi fa innervosire ulteriormente, quindi gli lancio un’occhiata vitrea prima di rispondere.
-Ho da fare stasera.-   Ribatto quindi, più fredda che mai.
Matt, intanto, ci guarda confuso nella speranza di capire cosa stia succedendo, finché non capisce che sia meglio lasciarci soli e andare via.
 -Allora ci sentiamo dopo…-   Sussurra quindi, lanciando una pacca al suo amico per poi fuggire.
Dopo essermi accertata che quest’ultimo sia definitivamente scomparso, mi rivolgo ancora una volta al ragazzo di fronte a me.
-Tu sei fuori.-   Gli faccio notare quindi, corrucciando la fronte a causa del suo comportamento inspiegabile.   –Un momento prima stai per mandarmi al diavolo, quello dopo mi inviti al cinema.-
-Andiamo Khloe, perché insisti così tanto?-   Mi chiede però lui, alzando le braccia in aria in un gesto di confusione.
-Stai scherzando?!-   Ribatto dunque, mentre non riesco più a trattenere la rabbia che mi fa persino prudere i pugni.    –Ti ho fatto la stessa domanda giorni fa, quando insistevi sulla storia di Grayson, e alla fine ti ho accontentato! Ti ho raccontato tutto perché… perché mi sono fidata di te, cazzo!-
Le mie parole atterriscono Cameron che, senza la minima capacità di reagire, chiude la bocca e cade in un silenzio tombale. Lo vedo deglutire mentre riesco benissimo a cogliere la sua tensione, prima di lasciarlo andare via senza avermi dato la benché minima risposta.
 
Tre ore più tardi, quando le lezioni stanno ormai per terminare, mi ritrovo nella stessa classe di Violet. Seguiamo più o meno gli stessi corsi, ma quelle poche volte in cui ci ritroviamo in aule differenti è come essere all’inferno. Perlomeno, adesso, Violet mi sta facendo ridere mentre prende in giro la professoressa di scienze. Grazie alle sue facce strane fatte in segreto dalla professoressa, infatti, ho smesso fortunatamente di pensare a Cameron e al modo in cui si è comportato con me. L’unica conclusione alla quale sono arrivata, comunque, è che non dovrei affatto essere la sola a sentirmi strana, dal momento in cui lui non si è rivelato tanto meglio.
I miei pensieri vengono però interrotti dall’ultima campanella della giornata, che suona talmente forte da farmi innervosire ancora di più, se possibile. Mi affretto perciò ad uscire dalla classe e, una volta nel corridoio, aspetto che pure Violet mi raggiunga. Dopodiché, ci incamminiamo entrambe verso l’esterno dell’edificio così da poter immediatamente dirigerci verso casa. Sarebbe una tranquilla passeggiata, la nostra, se non fosse per Violet che rovina di colpo l’atmosfera di relax che si era venuta a creare.
-Stasera Nash mi ha chiesto di andare al cinema!-   Esclama infatti soddisfatta ed estasiata, cominciando a fissarmi in attesa di una reazione da parte mia.
Dal canto mio, quindi, le lancio un ampio sorriso perché sì, sono davvero contenta per lei, ma non riesco a fare i salti di gioia poiché, nella mia testa, immagino già cos’ha in mente.
-Vieni anche tu, vero?-   Mi domanda infatti un attimo dopo, con fare ovvio.
-No, non sono dell’umore.-   Le rispondo io schietta, facendole ben comprendere che sia meglio non insistere.
-Oh… Ho saputo da Matt che c’era una strana tensione fra te e Cameron, oggi.-   Sentenzia Violet, con un tono vago che per me risulta essere fin troppo invadente.
Non a caso, già scocciata,    -Perché ormai passate tutto questo tempo insieme a quei ragazzi?-   le chiedo, pur realizzando poco dopo quanto stupida sia stata la mia domanda.
Violet mi osserva infatti stranita, aggiungendo subito dopo un   -Non pensavo fosse un problema. Comunque, abbiamo semplicemente incontrato Matt, Nash e Taylor durante l’intervallo.- 
-D’accordo…-   Sbuffo io, rendendomi conto di essere stata forse fin troppo scontrosa con la mia amica.   –Scusami.-
-Quindi vieni?-   Insiste però lei, sapendo probabilmente che con questa tattica finirà per convincermi.  
La guardo storto prima di alzare gli occhi al cielo ma, quando mi volto nuovamente verso di lei, vedo un’espressione dolce e disperata al tempo stesso sul suo viso. Violet ha le mani unite in segno di supplica e mi sta osservando come un cucciolo bastonato. 
-Ti prego, devi aiutarmi nel caso in cui con Nash andrà tutto storto.-
-Violet…-    Sussurro a mo’ di supplica, abbassando lo sguardo in modo tale da distoglierlo dal suo.
Lei, però, mi interrompe prontamente.   –È una specie di primo appuntamento!-  
A questo punto, non posso fare a meno di ridere a causa della sua goffaggine. So benissimo quanto tesa ed ansiosa Violet possa essere quando si tratta di ragazzi, ma credo che questo sia sempre stato uno dei suoi punti di forza: grazie alla sua timidezza nel fare il primo passo, sa farsi desiderare e rispettare da un ragazzo. E so anche quanto “importante” questa serata possa essere per lei, che vuole solamente approfondire la sua conoscenza con Nash.
-Dio, Violet, odio quando fai così!-   Esclamo dunque esasperata, prima di potermi arrendere.   –Va bene, verrò.-
 
 
 
 


 
 
XHIMMELX.
E anche oggi, buona domenica! Come state? (Va be, tanto chi se le caga ste domande qui).
Alloooooora, oggi parto dicendo che ho dei dubbi su questo capitolo, non tanto sul contenuto quanto sulla scrittura. Bho, non mi piace molto il modo in cui l’ho reso, diciamo che non mi sento soddisfatta al massimo. Quindi, vi prego, abbiate pietà di me e ditemi se vi siete annoiate leggendolo o se avete trovato errori di vario tipo.
Poi, numero due, cosa diamine è appena successo fra Cam e Khloe? Erano finalmente riusciti ad andare d’accordo e ora, tutto d’un tratto, litigano manco fossero una coppia? Beh, sappiate solo che Cam ha le sue ragioni per cui non vuole parlare di suo fratello, a questo punto si sta svelando essere umano anche lui, con le sue paure e le sue insicurezze. Ma è ovvio che Khloe non lo accetti, dopo tutto quello che gli ha raccontato di lei.
E poi niente, per un attimo è tornato il solito Cameron scherzoso e bla bla bla ed ha chiesto a Khloe di uscire fra amici. Bah, strano eh?
Numero tre, Khloe ha detto che si fida di Cameron!!!  Chi l’avrebbe mai detto, dopo così poco tempo? Aiai, qui le cose si complicano.
Numero quattro, menomale che c’è Violet a far ridere un po’ Khloe. Credo che questa sua palese cotta per Nash, in qualche modo, impedirà a Khloe e Cam di stare lontani.
Per oggi ho finito, vi aspetto nelle recensioni!
Fatemi sapere che ne pensate, alla prossima, xhimmelx. 



-Andiamo Khloe, perché insisti così tanto?-

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Capitolo 12
*** Capitolo 12. ***




Capitolo 12.


 
 
 
La sua assenza si sente sempre, forte ed insistente come un colpo di martello. Da un anno a questa parte, ormai. 
Però nei miei sogni lo vedo sempre. Nei miei sogni ci siamo noi, insieme. C’è lui che sbuca dal nulla e ci sono io che gli corro incontro e lo abbraccio come una bambina fa con il proprio padre. E non lo lascio mai andare perché, giuro, in quel momento esplodo di felicità. In quel momento sento un eccessivo bisogno di tenerlo stretto a me perché ho paura, una folle paura di perderlo di nuovo. Quindi salto e circondo la sua vita con le mie gambe, così come il suo collo con le mie braccia. E’ un momento che vorrei sempre immortalare e sognare ogni fottuta notte perché quando accade non c’è niente di più bello e pacifico di quel posto. Niente di più calmo delle sue braccia che mi carezzano i capelli o mi sfiorano la schiena. Non lo bacio mai, né gli rivelo quello che provo, però lo abbraccio e questo sembra bastare ad entrambi. Ah, e piango sempre perché in fondo lo so che è solo l’ennesimo sogno del cazzo, dal quale presto mi sveglierò per ritrovarmi da sola distesa sul mio monotono letto. Però non mi lascio abbattere, fingo che quelle siano lacrime di gioia e non più di nostalgia, fingo che per una volta tutto vada come deve andare, che noi siamo di nuovo insieme e questa volta sarà per sempre. Io non lo so cosa significano questi sogni, né perché li faccio così frequentemente. Forse è per la semplice ma dannata mancanza che sento nei suoi confronti o forse perché, se fosse per me, affiderei a lui la mia stessa vita e mi sentirei ugualmente al sicuro, se non di più. Però una cosa la so: mi manca da far schifo, così tanto che a volte non riesco nemmeno a godermi le belle cose che mi scrive per messaggio. E tutto questo mi fa paura.  

 
 
 ◊◊◊

Alle sette di sera, mi trovo pronta per andare al cinema con i ragazzi. Sono riuscita, per fortuna o per sfortuna, a far conciliare l’orario di lavoro con quello della nostra uscita, così mi faccio trovare già fuori casa non appena Aaron passa a prendermi. Salgo sulla sua macchina lanciando un’occhiata truce a Violet, ricordandole silenziosamente che sono qui solo ed esclusivamente per lei. Dal canto suo, però, lei non potrebbe essere più contenta di quanto lo è adesso, e questo forse mi mette un po’ di buon umore.
Buon umore che, dopo delle risate insensate, svanisce non appena metto piede dentro il cinema. Lì, infatti, troviamo già Cameron ed il resto dei suoi amici ad aspettarci vicino la biglietteria. Saluto tutti con un falso sorriso in mostra, soprattutto quando mi rivolgo a Cameron a cui, ovviamente, non risparmio lo sguardo infuriato che si merita. Probabilmente intimorito da ciò, lui ricambia con un banale ed apatico “Ciao”.
-Alla fine sei venuta!-   Esclama Matt, che cattura la mia attenzione con il suo tono frivolo e scherzoso che, dopo soli due giorni, posso dire di conoscere bene.
-Sì…-   Annuisco leggermente imbarazzata, sentendomi subito al centro dell’attenzione. 
Quando però noto una sorta di scintilla comparire negli occhi di Cameron, improvvisamente colmo di speranza, la rabbia torna a premere dentro di me e mi correggo all’istante.
-Solo perché Violet mi ha costretta.-   Puntualizzo infatti, facendo seguire le mie parole da una risata ironica nel tentativo di sdrammatizzare la situazione.
Il silenzio si propaga fra di noi per i successivi secondi, facendomi desiderare di non essere mai venuta. Proprio per rompere il ghiaccio, Cameron decide di intervenire alzando la voce.
-Va bene, datemi i soldi così compro i biglietti.-   Si offre dunque, sporgendo le mani in avanti.
Subito dopo aver ricevuto le nostre banconote, insieme alle lamentele di Matt che temeva che il film stesse per cominciare, si avvicina alla casa e, una volta arrivato all’inizio della fila, fa il suo dovere. Quando torna, infatti, ha in mano nove biglietti che distribuisce ai ragazzi. Una volta arrivato il mio turno, però, lo vedo ritirare improvvisamente la sua mano. Gli lancio una strana occhiataccia e corrugo la fronte, nel tentativo di comprendere cosa stia succedendo. Lui non si degna neanche di darmi una risposta, ma, quando il resto del gruppo si incammina verso la sala 3, percepisco immediatamente la sua mano stringere delicatamente il mio braccio e trascinarmi nella direzione opposta.
-Cosa fai?!-   Gli domando prontamente, con un’espressione accusatoria in viso.
Solo adesso Cameron mi fornisce il mio biglietto e, non appena lo leggo, capisco subito che non andremo a vedere lo stesso film che gli altri guarderanno. Il titolo che mi si para davanti, infatti, non ha nulla a che vedere con supereroi che combattono contro il male, bensì qualcosa di totalmente diverso. Senza darmi spiegazioni, Cameron mi guida verso la sala 4 e, una volta dentro, sceglie per noi delle postazioni abbastanza isolate. Quando finalmente riesco a sedermi, trovandomi parecchio a disagio qui, accanto a lui, trovo il coraggio di farmi avanti senza, spero, sfogare tutto il mio nervosismo su di lui. Nonostante, in realtà, lo meriti.
-Cosa credi di fare?-   Gli domando infatti, sforzandomi per mantenere il mio tono calmo e pacato.
Una volta per tutte, il ragazzo si volta a guardarmi e mi lancia un’occhiata d’intesa che, pur mettendoci tutta la mia forza, non riesco a decifrare.
-Vedere un film insieme a te.-   Risponde con fare ovvio, apparendo in questo istante come il ragazzo più stupido dell’universo.
Lo osservo infatti confusa e disperata, mentre   -Credevo dovessimo vederlo insieme agli altri!-   gli faccio notare.    –Questo è un dannatissimo film romantico! Cos’è, uno scherzo?-
Cameron pare colpito dalle mie parole, sembra quasi che se la sia presa, che ne sia rimasto offeso.
Quindi,   -Se stai cercando di farti perdonare per oggi, puoi scordartelo.-   chiarisco, immaginando già dove voglia andare a parare con questo squallido tentativo.
-Khloe…-   Sussurra però lui, facendomi improvvisamente ricordare che siamo all’interno di una sala completamente silenziosa.   –Non sto cercando di farmi perdonare, perché non credo di aver fatto nulla di sbagliato. Se mi chiederai di nuovo di mio fratello, infatti, continuerò a non risponderti. E se continuerai a chiederti il senso di tutto ciò, lo scoprirai a fine serata, va bene?-
-No, non va bene.-   Ribadisco dopo aver elaborato, con molta difficoltà, le sue parole.
A meno che io non abbia frainteso, Cameron non si è affatto pentito di come si è comportato a scuola, né sta cercando di chiedermi scusa o, tanto meno, provarci spudoratamente con me. Per questo mi arrendo all’idea di non comprendere appieno le sue intenzioni, e mi volto così verso il grande schermo, con un broncio in viso e le braccia incrociate al petto.
Per tutta la durata del film, nessuno dei due osa proferire parola. Cameron sembra essere fin troppo pensieroso, stasera, mentre io sono ancora infuriata con lui e totalmente confusa del perché mi trovo qui. Mi chiedo più volte che fine abbia fatto Violet, se fra lei e Nash stia succedendo qualcosa, ma capisco che è meglio tenermi queste domande per me e, quindi, me ne sto zitta per tutto il tempo.
L’unica ragione che mi ha trattenuta dall’abbandonare questo posto è che, come tutti forse sanno, ho un debole per le storie d’amore, persino se il mio accompagnatore è Cameron Dallas. Questa, però, non è come tutte le altre infinite storie che sono solita ammirare, quelle tristi e strappalacrime e, spesso e volentieri, con un finale ben lontano dal lieto fine e ricco, al contrario, di drammaticità e colpi di scena negativi. Che sia la morte o il rifiuto di uno dei protagonisti, tutti questi elementi “macabri” mi hanno sempre tenuta incollata allo schermo. Non ne conosco nemmeno il motivo, so solo che le storie mi piace viverle: mi piace immedesimarmi nella tristezza di una relazione andata male o nelle lacrime fatte di solitudine, proprio perché questo è ciò che rappresenta al meglio la realtà. Non credo nelle storie a lieto fine, quelle dove i due protagonisti si ritrovano dopo tutto e tutti, perché so che non si tratta di nient’altro che di una stupida illusione. Questo, almeno, non è mai accaduto nella mia vita. Se un giorno Grayson avesse aperto gli occhi e si fosse reso conto che tutto l’amore che cercava avrebbe potuto trovarlo in me, di certo parlerei diversamente. Ma questo non è un fottuto film.
Infatti, quando lo schermo di fronte a me diventa nuovamente bianco e le luci si accendono, mi rendo conto di aver assistito ad una ridicola storia d’amore di quelle che si raccontano ai bambini quando hanno solo cinque anni, di quelle che ti fanno credere che un giorno il principe azzurro arriverà a salvarti dalla solitudine e ti renderà la persona più amata del mondo. Insomma, quante probabilità ci sono che, nella vita reale, una ragazza incontri l’amore della sua vita nel bel mezzo di una catastrofe e ci finirà persino insieme?
Ciò che è ancora più ridicolo, però, è che è stato Cameron a portarmi qui, a costringermi a vedere questo stupido film, ed io non ne capisco il perché.
-Adesso mi dai delle spiegazioni?-   Gli chiedo infatti, mentre le poche persone presenti in sala cominciano già ad uscire.
-Non ti è piaciuto?-   Lui ribatte però con un’altra domanda e questo, forse, mi fa innervosire ancora di più.
-Certo che no.-   Sentenzio dunque, accontentando apparentemente le aspettative di Cameron.   –Non ci trovo niente di realistico nei lieto fine.-  
-Come immaginavo.-   Sbuffa infatti lui, facendo spallucce.   –Ed è per questo che ti ho portata qui, per farti capire che è possibile.-
-Cameron, ma che stai dicendo?-   Lo blocco all’istante, rimanendo incredula dalle sue parole.
-Khloe, ti sei per caso scordata del perché ci conosciamo?-
-Beh, vorrei dimenticarlo dopo quello che è successo oggi!-
-Ma non capisci? Non si tratta di fiducia, la storia di mio fratello non ha nulla a che vedere con questo! Non voglio parlartene perché… perché è meglio così.-
A questo punto, capisco che con Cameron non potrò mai averla vinta. Potrei insistere per ore ed ore, chiuderlo dentro il bagno di questo cinema finché non si decida a confessare, ma so che non servirebbe a nulla. Non una parola uscirà dalla sua bocca, non fin quando lui lo vorrà. E in questo istante lo detesto tantissimo per il modo in cui mi sta facendo sentire, per l’avermi convinta a raccontargli delle cose per me importanti e non aver ricevuto niente in cambio. Beh, Cameron mi assicura che mi farà dimenticare di Grayson e questo dovrebbe essere il mio guadagno, nonostante io senta in cuor mio che ciò non accadrà mai. “Allora perché”, mi chiedo, “non riesco a dirgli di no?”. La verità è che, forse anche solo un pochino, voglio credere alle sue parole, voglio illudermi che il lieto fine possa esistere anche per me. Non il classico lieto fine in cui io finisco di nuovo fra le braccia di Grayson, bensì uno in cui riesco a riprendere in mano la mia vita e a condurla dove mi pare e piace, in un posto lontano dal passato.
-Khloe…-   La voce del ragazzo cattura di nuovo la mia attenzione, che era andata perduta per qualche secondo.   –Puoi anche smettere di fidarti di me per questa stupida storia, voglio solo che tu sappia che quell’idiota di Grayson non era destinato ad essere il tuo lieto fine. E sai cosa? Meglio così, ti sei sicuramente risparmiata il doppio del dolore che hai sofferto. Un giorno capirai che c’è qualcuno per te, così come c’è qualcuno per me e per tutti noi.-
Onestamente, non so se credere o meno alle sue parole. Insomma, per tutto questo tempo non ho fatto altro che ripetere a me stessa che l’amore e la felicità non possono camminare a braccetto, e sarebbe incoerente da parte mia cominciare a credere al contrario proprio adesso. Voglio semplicemente che sia il tempo a parlare e a dimostrami la veridicità di tutto ciò. Mi arrendo quindi alla volontà di Cameron e, senza pronunciare più una parola, mi incammino al di fuori della sala. Per mostrarmi meno debole e vulnerabile di quanto io non sia, però, preferisco tenere in mostra la mia espressione contrariata ed offesa, nel tentativo di far comprendere a Cameron che non può abbindolarmi ogni volta che vuole.
Quando entrambi usciamo dalla sala, comunque, troviamo il resto del gruppo già fuori ad aspettarci.
-Dove cazzo eravate finiti?!-   Ci domanda infatti Chris, alzando le braccia in aria rassegnato.
Senza bisogno di ottenere una risposta, lui e gli altri ragazzi alzano lo sguardo verso l’alto e realizzano in pochi secondi la verità. Mi basta guardare i loro sguardi perplessi per capire che hanno assolutamente frainteso la situazione, facendo ridere vivacemente Cameron ma provocando l’effetto opposto in me.
-Non è affatto come sembra, ma non ho intenzione di perdere tempo a spiegarvi tutto.-   Puntualizzo, rendendomi però conto di essere stata fin troppo acida nei loro confronti.
D’altronde, per quanto li conosca, sembrano delle persone apposto e non possono di certo pagare per il comportamento di Cameron.
-Andiamo via?-   Propongo quindi con un tono adesso più rilassato e sollevato, cercando di far dimenticare a tutti ciò che è appena successo.   
I ragazzi acconsentono e, ricordandoci che domani c’è di nuovo scuola, decidiamo di tornare direttamente a casa. Una volta accomodatami nei sedili posteriori dell’auto di Aaron, sono pronta ad appoggiare il collo sullo schienale così da riposarmi un po’, ma vengo ovviamente interrotta da Violet ed Elizabeth. Le due, infatti, si affrettano subito a stuzzicarmi.
-Non sapevo che anche a Cameron piacessero i film romantici.-   Esclama appunto Violet, lanciandomi un’inaspettata gomitata.
-Nemmeno io, infatti.-   La rassicuro subito, sperando di far morire immediatamente tutte le sue speranze.
A questo punto, però, interviene Effy che   -Quindi voi due vi state frequentando o cosa?-  chiede spudoratamente.
Le rido immediatamente in faccia, senza alcun contegno. Il punto è che le sue parole sono talmente ridicole da farmi finalmente tornare di buon umore.
-Niente di tutto ciò, Effy!-   Correggo quindi la ragazza, continuando a ridere fragorosamente.
-Allora perché è da un po’ che passate parecchio tempo insieme?-   Insiste però Violet.
-Perché…- 
La verità è che non ho la benché minima idea di come risponderle. Devo immediatamente mettere su una bugia bella e buona che possa risultare credibile agli occhi dei miei amici, ma la mia mente sembra come spenta.
-In realtà mi ha semplicemente chiesto delle ripetizioni in letteratura, dal momento in cui nessuno dei suoi amici se la cava come me. Mi limito ad aiutarlo quando abbiamo un po’ di tempo libero a scuola.-   Mento quindi, vergognandomi persino di me stessa, per poi proseguire.   –E, se proprio volete saperlo, ci sono molte cose che non mi vanno a genio di lui.-
-Tipo?-   Cerca di informarsi dunque Elizabeth, venendo subito accontentata.
–Ad esempio il suo essere sempre impertinente ed insistente, e la sua scarsissima capacità nell’accettare un no come risposta.-
In questo, almeno, non devo mentire.  
 
 
 
 
 
 

 
XHIMMELX.
Ciao a tutte!
In questo capitolo abbiamo un Cameron un po’ strano e diverso dal solito, forse un po’ troppo sdolcinato per i miei gusti ahahah. Ma, come si dice? Gli opposti si attraggono, giusto?
Diciamo che Khloe ha bisogno di qualcuno che le dimostri che è possibile ricominciare, anche quando lei non fa altro che ribadire il contrario. Altrimenti che ci sarebbe a fare lui? E forse pian piano si renderà conto che lui ha ragione.
Beh, con questa cosa improvvisata del cinema e del film romantico l’ha spiazzata di sicuro, ma non per forza negativamente. Si, lo ha trovato ridicolo, ma a fine serata probabilmente le sue speranze si sono un po’ alzate grazie alle parole di Cam.
E poi, dall’altro lato, ci sono sempre Effy e Violet che non fanno altro che far esasperare Khloe e far ridere me ahahah. Vedremo dove questa bugia delle ripetizioni la porterà eheh.
Mi volevo scusare per l’enorme ritardo, ma se non ho aggiornato settimana scorsa è stato solo per dei problemi con il Wi-Fi.
Detto questo, fatemi sapere vi prego che ne pensate.
Un bacio, xhimmelx.

 

-Voglio solo che tu sappia che quell’idiota di Grayson non era destinato ad essere il tuo lieto fine.-

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Capitolo 13
*** Capitolo 13. ***




Capitolo 13.


 
 
 
-Qualcuno di voi ha letto ciò che vi ho assegnato il mese scorso?-
Questa è forse la terza volta che la professoressa Myers ci pone la stessa domanda, rendendo l’ora di letteratura più lunga e noiosa del solito. A dire la verità, la adorerei se non fosse per lei. Mi piace molto leggere, infatti, e sì, ho persino fatto il mio dovere ed ho letto il libro che ci è stato assegnato quasi un mese fa. Tuttavia, a causa dell’attitudine severa ed antipatica di questa donna, preferisco starmene in silenzio come, d’altronde, il resto della classe.
-Beh, vi conviene sbrigarvi.-   Ci riprende prontamente lei che, lo si vede dalla sua espressione, ha perso probabilmente ogni speranza.  
–La prossima settimana potrei chiedere qualcosa al riguardo ad ognuno di voi, o potrei persino fissare un test.-     Sentenzia poi a mo’ di minaccia, ottenendo degli sbuffi e delle imprecazioni da parte dei suoi alunni.
Questo, naturalmente, non sembra andarle a genio, perciò ci bacchetta con un’occhiataccia atroce e fa per incamminarsi lungo i banchi, con un passo talmente lento da incutere terrore. Pochi secondi dopo, si ferma vicino ad un banco poco lontano dal mio e poggia la sua mano su di esso.
-Signorino Dallas…-   Richiama dunque Cameron che, naturalmente distratto, viene beccato mentre scarabocchia qualcosa su un foglio bianco. Io, dal canto mio, me la rido sotto i baffi sperando di non essere notata.   –Immagino che lei non abbia neanche iniziato il libro, vero?-
Solo adesso, Cameron si sveglia dal suo stato di trance e si rende conto della professoressa Myer al suo fianco. Tossisce quindi per schiarirsi la voce, ma viene colto ovviamente impreparato.
Questo è, per la donna, un chiaro no, dunque   -Sa dirmi perlomeno il titolo?-   gli chiede.
Il ragazzo sembra pensarci un po’ su, attirando all’istante la curiosità di tutti. Capisco che sta facendo del suo meglio per ricordare, lo capisco dalla sua espressione sforzata e corrucciata, ma l’intera situazione mi fa così ridere che non ho la minima intenzione di suggerire.
-Cime… nevose?-   Balbetta poi in un primo tentativo, mentre tutti intorno a lui cominciano a ridere fragorosamente.
Tutti tranne la professoressa Myer che, al contrario, si irrita ulteriormente.   –È meglio per lei muoversi, se non vorrà prendere una F. Lo stesso vale per tutti voi.-   Ci avverte poi critica, venendo interrotta solo dal suono della campanella.
Grazie al cielo è finita, per almeno quindici minuti. Non perdo neanche un secondo per afferrare il mio zaino ed uscire dalla classe, arrestandomi poco dopo. Dopo che anche Elizabeth e Violet mi hanno raggiunta, ci incamminiamo insieme verso gli armadietti per poter posare i libri di cui non abbiamo più bisogno.
-Hai visto la figuraccia di Cameron?-   Domanda retoricamente Effy, una volta arrivate a destinazione.
Al che non trattengo la mia risata, venendo naturalmente seguita da Violet che, però, trova sempre la cosa sbagliata da dire.
-Khloe, non credo tu stia facendo un buon lavoro con le tue ripetizioni.-   Mi rimprovera infatti, tuttavia non troppo seria.
Già, le ripetizioni. Non ho idea di come uscire viva da questa pessima situazione, se non con un’altra bugia.   –Beh, l’ultima volta gli ho solo accennato qualcosa.-
Le ragazze sembrano per fortuna crederci, o forse per una buona volta non stanno dando troppo peso alle mie parole, eppure le loro espressioni mutano improvvisamente. Vedo dei leggeri sorrisini apparire sui loro visi, rivolti verso qualcosa alle mie spalle. I miei dubbi ottengono una risposta solo quando sento qualcuno pronunciare il mio nome e, in tutta onestà, non ho bisogno di voltarmi per capire di chi si tratti.
-Hey, Khloe. Possiamo parlare un attimo?-   Cameron, infatti, è alla disperata ricerca della mia attenzione mentre poggia una mano sulla mia spalla.
Mi giro dunque verso di lui, ma rimango sorpresa non appena noto qualcosa di diverso: a differenza del giorno prima, il suo sguardo è completamente spento e serio. Sono davvero curiosa di scoprire quale sia il problema, ma voglio farlo senza destare inutili sospetti.
-Già, per le ripetizioni di letteratura.-   Balbetto dunque fingendomi sicura, ottenendo solo incomprensione da parte di Cameron.
Una volta aver liquidato le ragazze con questa scusa, comunque, invito Cameron ad allontanarci un po’, così lui mi conduce verso il suo armadietto.
-Qualcosa non va?-   Gli domando a questo punto, poggiando la mia spalla sull’acciaio giallo al mio fianco.
-Senti…-   Sbuffa lui, chiudendo gli occhi per un attimo alla ricerca, forse, delle parole da dire.   –Voglio chiederti scusa.-   Si fa avanti poi, sollevando in aria le mani in segno di resa.
Lo osservo immediatamente stupita, ancor più di prima, mentre nella mia testa rimbombano le parole ieri sera.   –Vedo che hai cambiato idea.-   Sussurro infatti, rivolgendomi a lui con un tono ancora un tantino freddo e distaccato.
-Avevi ragione, ok? Non avrei dovuto risponderti in quel modo e capisco di essere stato troppo duro nei tuoi confronti, quindi scusa. Adesso possiamo, per favore, dimenticare?-
La proposta di Cameron mi sembra tanto assurda quanto sorprendente. So che questo non equivale ad ottenere delle risposte alle mie domande, ma è pur sempre un passo avanti. Perlomeno, Cameron sembra aver capito ciò che davvero mi ha fatta irritare durante la nostra conversazione.
-Chi mi dice che non mi tratterai più in quel modo, come se non meritassi di sapere nulla su di te?-   Gli domando però, non ancora completamente convinta.
Cameron risponde svelto, con un’espressione ovvia in volto.   –Io, te lo dico io. Hai detto che ti fidi di me, no?-  
-Non ti allargare troppo.-   Lo avverto però, facendomi scappare subito dopo una lieve risata.
Devo ammetterlo: desidero lasciarmi questa storia alle spalle. D’altronde, non ho tempo di pensare persino ai problemi degli altri. Per questo, annuisco con fin troppa facilità alla richiesta di Cameron e gli lancio un’occhiata d’intesa, ricca di sollievo. L’atmosfera fra di noi è finalmente tornata leggera e tranquilla.
-Comunque, di che ripetizioni parlavi prima?-   Chiede infatti Cameron, arricchendo il suo volto di confusione e divertimento insieme.
Mi sento improvvisamente imbarazzata, perché so che a questo punto non mi resta che spiegargli la verità. E ciò potrebbe comportare delle conseguenze da me indesiderate: insomma, voglio davvero svelare a Cameron di aver riposto in lui più fiducia di quanta ne abbia data alle mie migliori amiche? Beh, a quanto pare… sì. Le parole escono infatti spontanee dalla mia bocca.
-Sai… non ho voluto raccontare la verità a Violet ed Effy perché nessuna di loro è a conoscenza di ciò che è scritto nella mia agenda. E, poiché hanno cominciato a “sospettare” della nostra conoscenza, ho dovuto inventare questa messinscena.-    Confesso quindi, abbassando lo sguardo a causa dell’improvviso disagio che percepisco.
-Lo so, sono pessima. Scusami.-   Aggiungo poi, credendo di aver messo Cameron in una situazione del tutto ridicola.
-Sai che c’è?-   Mi interrompe però lui, con un tono stranamente allegro.   –Ho davvero bisogno di ripetizioni di letteratura. Voglio dire… c’eri anche tu in classe.-   Mi fa notare quindi, mettendosi a ridere al solo ricordo.
Comprendo subito dove vuole arrivare, e la cosa mi insospettisce un po’.
-Aiutami, sul serio!-   Mi sprona infatti, “accontentando” le mie aspettative.
Mi affretto a lanciargli un’occhiata di dissenso, ma Cameron non mi dà neanche la minima possibilità di ribattere.
-Oggi pomeriggio, alle cinque, a casa mia. Ci vediamo più tardi!-   Esclama infatti, prendendo lui tutte le decisioni necessarie.
Gli urlerei in faccia che no, non va bene perché questo è il mio giorno libero da lavoro e desidererei tanto godermelo ma, prima ancora di poterlo fare, Cameron si affretta a scomparire dalla mia vista.
 
Violet ed Elizabeth mi hanno proposto più volte di andare al centro commerciale insieme, nel pomeriggio, ma ho dovuto disdire a causa dell’iniziativa di Cameron. Grazie al cielo, non ho dovuto inventare nessuna scusa al riguardo. Ho detto la pura verità. Forse per questo, o forse per la loro stupida soddisfazione nel vedermi in un buon rapporto con Cameron, mi lasciano andare senza nessun problema.
Poco dopo le cinque, quindi, mi ritrovo già a parcheggiare la mia auto vicino casa di Cam. Non avevo idea di dove si trovasse fino ad un’ora fa, quando ho ricevuto l’indirizzo tramite messaggio, e mi stupisco nel constatare che non è poi così lontana da casa di Taylor. Non a caso, noto anche qui le stesse villette a schiera poco umili e le stesse enormi case che potrebbero quasi essere comparate a delle tenute.
“È Los Angeles” ricordo fra me e me, mentre mi incammino lungo il vialetto ed alzo la mano per suonare il campanello. Ci vogliono pochi secondi prima che la porta in legno chiaro di fronte a me si apra, rivelandomi un Cameron parecchio assonnato e scombussolato. Si affretta infatti a strofinarsi gli occhi con una mano, per poi passarsela sui capelli scompigliati e sbadigliare apertamente. Subito dopo però, con una semplice canottiera bianca ed una tuta addosso, appoggia la spalla allo stipite della porta.
-Ti eri dimenticato…-    Constato io a bassa voce, alzando gli occhi al cielo in segno di protesta. Se solo avessi saputo, avrei scelto di andare al centro commerciale. 
-No.-   Blatera lentamente, con una voce ancora biascicante.   –Mi ero solo addormentato e la sveglia non è suonata.-    Dice dunque, a mo’ di consolazione.
Poi, una volta per tutte, si decide ad allontanarsi dalla porta e ad accogliermi all’interno della casa. È un posto che mi colpisce all’istante, caratterizzato da uno stile piuttosto minimalista in cui gli unici colori dominanti sono il bianco, il nero e qualche tocco di marrone. Tuttavia, ciò non sottrae bellezza a questa casa: trovandomi solo all’ingresso, posso già notare quanto grande e spaziosa sia, con i suoi due piani ed una mansarda in cima. È proprio qui che Cameron mi sta portando, dopo avermi comunicato che lo studio è occupato dalla madre impegnata con il lavoro. Non appena metto piede nella mansarda, capisco immediatamente che si tratta della sua camera. Proprio come nei piani inferiori, anche qui c’è una forte presenza di bianco con dei dettagli, però, in legno: la semplicità di questo posto mi mette quasi a mio agio.  Il letto, a due piazze, è sormontato da un’ampia finestra posta in cima al tetto, che rende luminosa l’intera stanza senza alcun bisogno di luce artificiale, mentre un’altra piccola finestra rotonda è situata nella parete alla destra del letto.
-Wow, quindi è qui che vivi.-   Dico non appena torno alla realtà, accorgendomi di essere stata pensierosa per fin troppo tempo.
-Già…-   Sussurra Cameron, non volendo probabilmente mettere in mostra la sua ricchezza.
Noto infatti dalla sua espressione imbarazzata che si sente un po’ a disagio, così lo precedo e mi avvicino al letto, dove poggio il mio zaino. Mentre Cameron si siede tranquillamente sul materasso, rimbalzando un paio di volte, mi affretto a prendere il materiale per la nostra “sessione di studio”. Non saprei ben dire se andrà a buon fine o meno, ma me lo auguro: non è l’unico ad avere bisogno di una sufficienza e, nonostante io sia più avanti di lui nella lettura, non ho tempo da perdere.
Dopo aver posato lo zaino sul pavimento, comunque, mi siedo accanto a Cameron e mi stupisco nel vedere il suo libro già aperto.
-Da dove cominciamo?-    Mi domanda perciò, all’apparenza più frettoloso di me.
-Vediamo… sai almeno di cosa parla?-   Gli chiedo io, spaventata dalla sua risposta.
-No.-   Afferma infatti schietto, facendo spallucce.
Mi lascio scappare subito uno sbuffo, ma decido sia meglio cominciare subito con il nostro lavoro e   -Iniziamo a leggere.-   gli ordino.
 
Rimaniamo in quella stanza per almeno due ore, durante le quali Cameron ha cambiato dieci volte posizione ed io sono finita, come lui, sdraiata a pancia in giù su quel letto. Non ci siamo scambiati una sola parola per tutto il tempo, se non durante quella piccola pausa di cinque minuti che abbiamo fatto per bere dell’acqua e sgranocchiare qualcosa. La verità è che, molto stranamente, siamo rimasti entrambi concentrati nella nostra lettura. Non avrei immaginato che sarebbe stato così facile studiare con Cameron: al contrario, avevo previsto che dopo una breve mezz’oretta lui si sarebbe stufato e mi avrebbe costretta a chiudere il libro.
Con un’andatura abbastanza rilassata, abbiamo letto più o meno le prime ottanta pagine di Cime Tempestose, nulla in confronto alle trecentoventi totali, ma pur sempre qualcosa. Alle sette e un quarto, comunque, ci scopriamo entrambi stanchi: lo si capisce dai nostri occhi che si chiudono più e più volte e dagli sbuffi che colmano il silenzio.
-Va bene, per oggi può bastare.-   Sentenzio dunque, segnando la pagina con un segnalibro e chiudendo il libro fra le mie mani.
Cameron mi imita velocemente senza troppi problemi, cambiando ancora una volta posizione e mettendosi a pancia in su.
-Allora, cosa ne pensi?-    Gli chiedo a questo punto, dopo aver fatto peso sui gomiti per sollevarmi leggermente.
-Beh, non è di certo il mio tipo di lettura ma…-   Comincia Cameron, ma lo interrompo subito.
-E quale sarebbe il tuo “tipo di lettura”?-   Domando scettica, in seguito ad una piccola risata ironica.
-Dicevo…-   Fa però lui schiarendosi la voce, non volendo naturalmente darmi ragione.      -Ma mi aspettavo di peggio.-
Perlomeno, mi sento soddisfatta in seguito alle sue parole. Sorrido infatti compiaciuta e lo osservo leggermente stupita poiché, ripeto, non me lo sarei mai aspettato da parte sua.
-Adesso non dovresti farmi qualche domanda per vedere cosa ho capito?-   Mi sprona Cameron, superando totalmente le mie aspettative.
-Ve bene, vediamo…-   Comincio quindi, puntandomi il dito sul mento in un gesto pensieroso.    –Cosa cambia nella prospettiva della donna, con questo libro?-
Noto subito lo sguardo perso e confuso del ragazzo, che mi osserva come se fossi un alieno. E noto anche la disperazione nei suoi occhi, la convinzione di aver già fallito il test.
-Forse è un po’ difficile da sapere se non hai mai letto libri del genere, te lo concedo. Ma devi saperlo se vuoi superare il compito della Myers!-   Lo ammonisco quindi, mettendolo sull’attenti.    –Ecco, la donna è finalmente in grado di avere una propria educazione e una propria cultura, non è più vista come un semplice oggetto utile solo a procreare… capisci? Comincia ad emanciparsi.-
-Chiaro.-   Ribatte Cameron, dopo aver sostituito la precedente espressione pensierosa con una più comprensiva.
-Ok, altra domanda.-   Lo avverto poi, questa volta più speranzosa.   –Che mi dici del rapporto fra Heathcliff e Catherine?-
-Ma siamo ancora alle prime ottanta pagine!-   Si oppone però lui, alzando le mani in aria.
-Andiamo, so che puoi farcela.-   Lo sprono perciò, osservandolo minacciosa.
-Dunque… sono due fratelli non di sangue che instaurano pian piano un ottimo rapporto ma… Ma sai cosa? Sì, lui è chiaramente innamorato di lei ma non ha le palle per dirglielo, o forse non ha nemmeno le palle per rendersene conto. E lei è fin troppo altezzosa e scontrosa.-
-Cameron!-   Lo riprendo immediatamente, contrariata.  
-Che c’è?-   Si difende però lui, che non si fa problemi ad andare avanti con la sua tesi.   –Andiamo, lei si sta avvicinando sempre di più a quell’altro tizio e lui non fa niente al riguardo.-
Non mi resta che sbuffare, mentre cerco le parole giuste per ribattere.   –Cameron, non è sempre così facile rivelare i propri sentimenti alla persona che ami. E poi hai visto quanto Heathcliff sia cambiato nel tempo. Insomma, vedere Cathy insieme a “quell’altro” gli ha tolto ogni speranza e lo ha riempito di rabbia e odio verso il mondo esterno. Non sopporta più nessuno, ha persino smesso di interessarsi a se stesso ed è diventato rozzo e maleducato.-
-Già…-   Mi interrompe inaspettatamente Cameron, che   -Se la desideri, prenditela.-   afferma, fiero di se.
-La donna non è un oggetto. Sei senza speranze!-   Mi arrendo infine, lanciandogli un lieve schiaffo sul petto.
-Va bene, per oggi può bastare.-   Mi avvisa quindi lui, alzandosi definitivamente dal letto.
Faccio la stessa cosa anch’io e, in un sospiro colmo di sollievo e stanchezza al tempo stesso, mi dirigo verso a piccola finestra circolare che avevo notato poco prima. La luce nella stanza si è pian piano fatta più fioca, segno che sta arrivando il tramonto. Mi basta infatti lanciare un’occhiata fuori per scorgere il sole sbucare minuto dopo minuto dall’orizzonte, riempendo la stanza, così come il resto del panorama, di una luce arancione e di piccoli riflessi qua e là. È una vista meravigliosa, quella di Los Angeles all’ora del tramonto. Tutto sembra più calmo e rilassante poco prima dell’arrivo della sera, quando le cose si fanno più caotiche e folli.
-Ti invidio, puoi goderti questa vista ogni giorno.-   Dico quindi a Cameron, adesso al mio fianco, per poi tornare concentrata sul panorama.
-Vorrà dire che ti inviterò di nuovo.-
Questo è tutto quello che dice.
 
 



 
 
XHIMMELX.
Buona domenica a tutti, come state?
Alloooora, questo capitolo credo sia un po’ più lungo dei precedenti e mi piace parecchio. Abbiamo un improvviso riavvicinamento fra Khloe e Cameron che, diciamocela tutta, avviene in modo completamente naturale. Lo ha detto lei stessa, è stufa di pensare alla storia del misterioso fratello di Cam, ha già troppo a cui pensare e perdonare Cam non è una cosa che le pesa così tanto.
E poi non è detto che questa cosa del segreto finirà qua eheh.
Comunque, come vi avevo fatto intuire alla fine la bugia delle lezioni le è tornata utile, bello no? ahahah. Che poi Cam accanto a Khloe, riesce a studiare benissimo, quindi mi sa che mi tocca farli stare appiccicati per un po’.
Ad ogni modo, si spera che da questo punto in poi la loro relazione non farà altro che migliorare, ma staremo a vedere.
Alla prossima, xhimmelx!
PS:Prendetevi un momento -anche due- per ammirare Cameron in questa gif.


 

-Vorrà dire che ti inviterò di nuovo.-

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Capitolo 14
*** Capitolo 14. ***




Capitolo 14.
 


 
 
Pur essendo sabato, anche oggi sono stata costretta a svegliarmi alle sei del mattino per poter andare a lavorare. Non ho avuto notizie di Violet o gli altri, ma immagino che, come al solito, siano usciti insieme a godersi le meravigliose strade di Los Angeles che, io, adesso, posso osservare solo attraverso le vetrine di un bar. Per questo sono immensamente felice non appena mi viene concesso di tornare a casa, alle quattro esatte del pomeriggio. 
Non so cos’è, ma c’è qualcosa di strano oggi nell’aria. O forse in me. Mi sento diversa, ho una strana sensazione dentro di me che mi induce a sdraiarmi sul letto e ad aprire la mia agenda, nonostante fuori ci sia ancora la luce del sole. Di solito non lo faccio mai, prima della sera inoltrata. In realtà, non è perché io abbia bisogno di scrivere o di sfogarmi, ho solo questa insensata voglia di rileggere tutto quello che ci ho buttato dentro. E così trascorro le successive ore a fare un amaro resoconto della mia vita, mentre nella mia testa riaffiorano tutti quei piccoli dettagli che col tempo avevo tentato di dimenticare. Mi viene naturale, allora, domandarmi se qualcosa sia effettivamente cambiato da quando ho conosciuto Cameron. Lui, che mi ha promesso sin dal primo giorno di aiutarmi ad andare avanti, sta davvero ottenendo qualche risultato?
Beh, la risposta è proprio davanti a me, nel riflesso di quello specchio che mi ritrae, come molte altre volte in passato, con le lacrime agli occhi e il mio diario sulle gambe. Non saprei dire di preciso perché io stia piangendo, credo sia semplicemente l’accumularsi di tante e tante cose che, dopo un po’, mi portano al punto di rottura. Ed io ho tentato di rimandare così tante volte questo momento, specialmente da quando conosco Cameron, che adesso mi sento fin troppo piena. Sono stracolma.
Una cosa, però, è cambiata: è da tempo che non scrivo nella mia agenda, né sento il bisogno di farlo. È che, insieme a Cameron, ho trovato anche qualcuno con cui sfogare i miei sentimenti e la mia frustrazione, pur se indirettamente. In altre parole, ho solamente trasferito altrove le mie sofferenze, sulle spalle di qualcuno che può giudicarmi e consigliarmi. Per questo, in realtà, un po’ fiduciosa lo sono: cerco di autoconvincermi del fatto che, se Cameron continuerà a stremarmi con i suoi vari tentativi, potrei davvero stancarmi del mio passato, potrei davvero cominciare a guardare Grayson con occhio più critico. In attesa di questo mutamento, non mi resta altro che aspettare. Oggi voglio però gettare tutto nel dimenticatoio, anche se solo per qualche breve istante.
Ed è con questo scopo che comincio a prepararmi per la festa che si terrà stasera a casa di Taylor, della quale sono stata avvisata già stamattina. Ho accettato soprattutto perché ero consapevole di dovermi distrarre un po’ e adesso, a distanza di diverse ore, sono convinta di aver fatto la cosa giusta. Mi alzo quindi dal letto, palesemente insoddisfatta delle mie pessime condizioni, e mi fiondo in bagno per lavarmi il viso.
Dopo aver scelto un outfit abbastanza semplice, con un top verde militare ed un rossetto parecchio scuro, contorno il tutto con le mie scarpe preferite e mi ritengo pronta per la serata. Come diceva quella canzone? “No broken hearts in the club”.
 
 
Arrivo a casa di Taylor un’ora più tardi, stavolta con la mia auto. Insieme a me c’è solo Violet e, non appena entrambe entriamo dentro, ci accorgiamo che gli altri sono già tutti qui. Non è una grande festa, questo Taylor me lo aveva detto: oltre al solito gruppo di amici, infatti, vi sono solo un po’ di sconosciuti, un paio di ragazzi e ragazze mai visti prima. Mi affretto quindi a salutare e presentarmi, fiondandomi poi verso la cucina senza farmi troppi problemi, ed è qui che trovo Cameron e Nash. Li sento parlare di qualcosa, ma non riesco a comprendere ciò che dicono dal momento in cui, dopo avermi vista, si concentrano subito su di me e mi salutano allegri.
-Ciao, Khloe!-   Esulta infatti Nash, guardandomi entusiasta. Poi, senza troppi giri di parole,    -Violet è già qui?-   si informa.
Posso leggere nei suoi occhi che non vede l’ora di incontrarla e per un piccolo istante, dovuto probabilmente al mio malessere di poco prima, desidero che quello sguardo illuminato fosse rivolto a me. Insomma, penso subito alla facilità con cui lui e Violet si siano conosciuti e frequentati e a come le cose sembrano procedere veloci fra di loro: se fino a poche settimane fa lei dichiarava di detestare i tipi come lui, adesso non fa altro che parlarne ed esserne felice al riguardo. Mentre io, dall’altro lato, rincorro la stessa persona da anni ed anni ormai. Mi sento uno straccio, al solo pensare a come in basso sono caduta per Grayson. Ma “sono qui per dimenticarlo” mi consolo, mentre vedo Nash dare una pacca all’amico ed uscire dalla cucina alla ricerca di Violet.
-C’è della birra?-   Domando immediatamente a Cameron, non sapendo dove esattamente cercare.
Lui mi guarda contrariato ma divertito al tempo stesso, per poi    -Sei appena arrivata!-   farmi notare.
Beh, l’ultima cosa di cui ho bisogno sono le sue prediche o le sue raccomandazioni, per questo lo osservo torva e mi faccio avanti senza peli sulla lingua.
-È una giornata di merda, questa, e sono venuta qui per cercare di cambiarla.-   Gli confesso quindi, stranamente senza vergogna o timore nella voce.
Grazie al cielo, Cameron non sembra fare troppe storie e si decide ad estrarre una birra dal frigo e, dopo averla aperta, me la passa. È congelata e la mia pelle si riempie quasi di brividi al solo tatto, ma è proprio quello che mi serve. Così chiudo gli occhi, piego leggermente la testa all’indietro e bevo a grandi sorsi, fermandomi solo quando sento di non poter continuare. Non appena ritorno alla realtà, Cameron è ancora lì, di fronte a me, ad osservarmi stupito. Faccio spallucce perché, davvero, non potrebbe importarmene di meno del suo parere, e mi volto per dargli le spalle. La sua voce, però, mi ferma.
-Senti, so a cosa stai pensando.-   Mi comunica infatti Cam che, dall’altro lato del tavolo, fa un chiaro riferimento a Grayson.   –Perché non conosci qualcuno dei miei amici? È tutta gente a posto.-   Mi sprona poi, sorprendendomi con le sue parole.
Mi scopro in un primo momento contrariata perché, mi dico, se solo avessi la capacità di conoscere nuove persone non sarei ancora qui a rimpiangere un vecchio amico. Eppure, osservando la bottiglia di birra nelle mie mani, comincio a credere che questa possa essere un’eccezione, uno strappo alla regola con un finale inaspettato. Prima ancora di poter abbandonare la cucina, lancio quindi un occhiolino a Cameron, a mo’ di ringraziamento, e raggiungo svelta gli altri.
Una volta in salotto mi guardo lentamente attorno, prestando attenzione ad ogni singola persona e dettaglio che mi capita sott’occhio. Mi concentro in particolar modo su quel gruppo di persone che non conosco, accorgendomi che, oltre a due coppie che manifestano davanti a tutti la loro intimità, vi è un ragazzo tutto solo. O, meglio, con nessuna ragazza al seguito. Lo vedo infatti limitarsi a qualche battuta con Chris e Matt, mentre se ne sta seduto sul divano semivuoto con un bicchiere in mano. Rimango ad osservarlo ancora per un po’, scrutando la sua corporatura magra, i capelli di un castano scuro così come gli occhi ed uno stile abbastanza semplice, scoprendo poi uno strano interesse per il suo piercing sul naso. In pochi minuti, mi convinco ad avvicinarmi a lui e, così, mi siedo al suo fianco.
È vero, non ci so fare con le persone, e lo si nota sin dal primo secondo: mentre il ragazzo alterna infatti una chiacchierata con qualche amico attorno a lui ad un sorso di birra, io non faccio altro che starmene in silenzio, con lo sguardo che si sposta ininterrottamente dappertutto. Pochi minuti più tardi, però, la situazione si ribalta.
-Hey, Khloe!-   
Sento Matt chiamare ad alta voce il mio nome, interrompendo la sua discussione con il moro, prima di domandarmi cosa ci faccia qui, tutta sola. Non rispondo, perché in realtà non lo so nemmeno io, piuttosto mi limito a sorridere fingendo di non aver capito. È a questo punto che lo sconosciuto si volta completamente verso di me e si avvicina al mio orecchio.
-Ha chiesto come mai sei qui sola.-   Mi comunica, indicando Matt con l’indice della mano.
-Oh…-   Balbetto io, non avendo idea di quale scusante inventare. Prima ancora che io possa rispondere, però, Matt scompare dalla mia vista ed esce dal salotto.
Torno quindi zitta, proprio come poco prima, e lo stesso fa il ragazzo al mio fianco.
-Io sono Kian.-  
Poco dopo, però, forse imbarazzato da questo nostro silenzio in contrasto con tutto ciò che ci circonda, decide di rivolgermi la sua attenzione e presentarsi a me.
-Khloe…-   Ricambio dunque, mentre lo vedo finire una volta per tutte la sua birra.
Lo stesso faccio con la mia, che ho tenuto in mano per un bel po’ di tempo ormai.
-Allora…-    Sento poi cominciare il ragazzo, che mi rivolge un’occhiata singolarmente curiosa.   –Ti rifaccio la stessa domanda: che ci fai qui tutta sola?-
-In realtà… non lo so.-   Mi arrendo infine, lasciando trapelare il mio improvviso imbarazzo con una risatina ironica.    –Le mie amiche sono troppo impegnate con i loro ragazzi, gli altri parlano di baseball ed io non voglio far parte né dell’uno né dell’altro gruppo.-
Kian mi guarda come se fossi un alieno ma, fortunatamente, la sua espressione si raddolcisce poco dopo. Percepisco infatti il rossore sulle mie guance sparire pian piano, facendomi finalmente sentire a mio agio.
-Tu, invece?-   Dico poi, porgendo la stessa domanda al ragazzo.
-Beh, tieniti pronta per delle risate…-   Mi avverte lui, ancor prima di rispondere. E, lo ammetto, basta solamente il suo sguardo allegro ed esilarante a far spuntare un piccolo sorriso spontaneo sul mio volto.   –Ero venuto a Los Angeles per visitare la mia ragazza, oltre che i miei amici, ma ci siamo lasciati.-
Ed ecco che mi ritrovo costretta a far scomparire quella risata. Nonostante quella di Kian sia un’espressione buffa ed incredula, infatti, il suo tono di voce ricco di amarezza e disprezzo tradisce le sue emozioni.
-Mi dispiace.-   Ribatto dunque, divenendo improvvisamente seria.   –Di dove sei, allora?-   Gli chiedo subito dopo, nel forse vano tentativo di cambiare discorso e rilassare l’atmosfera.
-Di San Diego, sono venuto per il fine settimana.-  
-Ci sono stata una sola volta, ma mi è piaciuta un sacco!-   Lo interrompo non appena ascolto la sua risposta, suonando forse fin troppo entusiasta.
-Si, è…-  
Kian sta per dire qualcosa, ma si blocca non appena un’ulteriore voce sovrasta la sua. Mi basta voltarmi a sinistra per rendermi conto che si tratta di Matt che, con ben due bottiglie in mano, alza le braccia in aria in segno di vittoria.
-Il gioco del dragone!-    Esulta al tempo stesso, facendosi largo tra la piccola folla di gente.
Seguito da delle urla collettive, quindi, sbarazza il piccolo tavolino del salotto e ci poggia sopra quello che dovrebbe essere un gioco da tavola.
 
In seguito all’intervento di Matt, il resto della serata è trascorso fra uno shot di tequila e l’altro. Senza ombra di dubbio, io sono il peggior concorrente: non a caso numerose volte sono stata così sfortunata da dover ricominciare il percorso da capo, ed altrettante volte ho dovuto bere facendo infiammare la mia gola.
Per tutto il tempo Cameron, seduto di fronte a me, non ha fatto altro che prendermi in giro per le mie espressioni buffe e contrariate ma, onestamente, ho cominciato a perdere la cognizione della realtà circa mezz’ora fa. Per questo mi sono limitata a ribattere con un semplice dito medio e delle occhiatacce fulminanti, ottenendo in cambio solo una risata ancor più fragorosa. Persino Kian ha cominciato a prendersi gioco di me, notando sicuramente la mia scarsa capacità nel reggere l’alcol. “Perlomeno” mi incoraggio, “sto riuscendo a mettere i problemi da parte”. Se fosse ogni giorno così, senza la minima traccia di Grayson nella mia mente, potrei dire di essere la persona più felice dell’intero pianeta.
Adesso, comunque, è il turno di Matt che, come tutti forse si aspettavano, sta per vincere. Lancia quindi il dado abbastanza sicuro di sé, esplodendo in una risata divertita nel constatare il risultato. Arrivato nella terzultima casella, il gioco gli chiede esplicitamente di scegliere due persone fra i presenti da far baciare, se non vorranno bere. Sono davvero curiosa di scoprire chi saranno i prescelti, mentre con la testa appesantita mi poggio allo schienale del divano, ma bastano pochi secondi per far sì che la mia curiosità svanisca tutta d’un colpo.
-Kian e Khloe.-   Esordisce inaspettatamente il biondo, indicando me ed il ragazzo con un indice severo.
Nonostante io abbia bevuto un bel po’ e sia leggermente andata, mi scopro fortunatamente abbastanza in forze da far valere la mia opinione su quella di Matt.
-Io bevo.-   Affermo quindi, biascicando non poco le mie parole, facendo intendere di non voler baciare Kian.
Lui, grazie a Dio, mi regge il gioco e si limita ad afferrare con prontezza lo shot di tequila posto sul tavolino.
-Andiamo, sei un caga sotto!-   Lo umiliano alcuni dei suoi amici, con dei toni scherzosi che non sembrano offenderlo nemmeno un po’.
Quindi lo imito e, chiudendo con forza gli occhi, butto giù quel liquido trasparente che col tempo ho quasi cominciato ad apprezzare. Sento provenire uno sbuffo di dissenso da parte della folla che, chiaramente, avrebbe desiderato uno spettacolo diverso, tuttavia decido di non darci peso ed osservo Matt a mo’ di sfida. Cameron, a differenza degli altri, ha un sorriso compiaciuto sul suo viso e cercherei di capirne la ragione, se solo ne avessi le forze. Ma non le ho.
Il gioco va avanti solo per un altro turno ancora, fin quando Matt soddisfa le nostre previsioni ed arriva vincente all’ultima casella. Dopo numerosi giri di alcol sembriamo un po’ tutti sofferenti o fin troppo allegri, eppure io continuo a sentirmi in delle condizioni persino peggiori. Non ho idea di che ore siano, né mi importa saperlo, non so perché la mia testa mi abbia detto di bere così tanto stasera, né quali saranno le conseguenze domattina. La sola cosa alla quale presto attenzione, invece, è il mio improvviso buonumore: era da tempo che non mi sentivo così, talmente tanto tempo che l’idea di fare un salto a casa di Taylor ogni fine settimana mi allieta molto.
Adesso che il gioco è finito, comunque, ognuno ha cominciato a farsi i fatti propri, la musica è ripartita ad un alto volume e si sono formati i precedenti “gruppi di conversazione”. Per fortuna, stavolta al mio fianco c’è Kian. Lo sento blaterare cose insensate in un modo insensato, eppure qualcosa mi dice che non è l’effetto dell’alcol, qualcosa mi dice che gli piace semplicemente divertire e far ridere la gente. E con me ci sta riuscendo, dal momento in cui lo sto osservando con un sorriso addosso, un sorriso stanco ma pur sempre spontaneo ed euforico, mentre tento disperatamente di arrivare con la mano ad uno dei tanti bicchieri poggiati sul tavolino. Quando Kian si accorge del mio vano tentativo e della mia espressione esageratamente spensierata, si avvicina ulteriormente a me e blocca il mio braccio con una presa ferrea.
-Non credi di aver bevuto troppo?-   Mi domanda retoricamente, ma il suo viso è talmente vicino al mio che riesco a malapena a distinguere i suoi lineamenti.
A tratti, infatti, il suo volto mi appare sfocato e poco lucido a causa degli occhi che cominciano ad affaticarsi, mentre un piccolo fastidio comincia a farsi largo nel mio stomaco. Solo per questo decido di dar ragione al ragazzo, sottraendo le mie mani dalla bottiglia ed arrendendomi alla sua volontà per il mio bene.
-Come vuoi.-   Balbetto dunque, pronunciando con lentezza e fatica tali parole.
Con un gesto naturale della mano mi strofino gli occhi, che quasi bruciano, ma la mia attenzione viene catturata all’improvviso da Violet e Nash che, poco lontani da me, si stanno baciando. Vorrei esultare ma, nonostante io non abbia nemmeno la forza di urlare, mi sento davvero felice per lei.
Lei che, mi ripeto per l’ennesima volta, era ostinata a non avere nulla a che fare con gli “sportivi della scuola”. Ma se persino Violet può permettersi di superare le sue assurde convinzioni, perché non posso farlo anch’io?
-Senti, Kian…- 
All’improvviso, senza che io possa neanche controllarmi, sollevo leggermente la mia schiena in modo tale da essere più vicina al ragazzo e, poggiando una mano sulla sua spalla, lo faccio voltare nuovamente verso di me.
Una volta ottenuta la sua massima attenzione,   -Il bacio di prima, che ne dici di darmelo ora?-   lo stuzzico.
So per certo che, se non fosse per l’alcol e per il suo potere di mandarmi in estasi, non starei facendo o dicendo niente di tutto ciò. Anche se lo volessi, mi riterrei troppo incapace. Adesso che il mio buonsenso è andato via, però, non ho più alcuna vocina interiore che mi suggerisce ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e a migliorare il tutto vi è il sorriso che spunta malizioso sul volto di Kian.
Kian non risponde, si limita a sorridere e ad accertarsi che io non sia completamente andata. D’altronde, è solo un bacio. Afferra così il mio capo e, prendendo pieno controllo della situazione, poggia le sue labbra sulle mie. Non è per niente un bacio casto, dolce o delicato: al contrario, tutto ciò che ci si potrebbe aspettare da due ragazzini mezzi ubriachi che si sono appena conosciuti. Kian non aspetta un attimo prima di poter solleticare le mie labbra con la sua lingua, facendola subito dopo incontrare con la mia in dei movimenti lenti ma passionali. E a questo punto non ho più controllo di me stessa: non c’è più la mia coscienza a giudicarmi una poco di buono o quant’altro, e questo mi incita a volerne di più. Senza pensarci troppo, infatti, poggio entrambe le mani sulle spalle di Kian e, facendo peso su di esse, salgo a cavalcioni su di lui.  
A questo punto sento di nuovo le sue labbra allargarsi in un altro sorriso orgoglioso e fiero, mentre io mi limito a continuare quel bacio ormai parecchio spinto. La verità è che era da così tanto tempo che non mi lasciavo andare con qualcuno, anche solamente attraverso un bacio, che tutto questo mi travolge e non poco.
La piccola fiamma che si è pian piano accesa dentro di me viene purtroppo spenta dal mondo esterno, laddove un paio di voci si alzano in coro così da poter stuzzicare me e Kian. Capisco al volo di chi si tratta: Taylor e, ancora una volta, Matt. Tutti gli altri, però, continuano ad essere ignari della situazione e a proseguire con le loro conversazioni, il che mi solleva.
Mi stacco per un attimo dalle labbra del ragazzo e vorrei dirgli qualcosa, non so di preciso cosa, ma le forze che secondo dopo secondo mi abbandonano mi costringono a starmene zitta. Mi accontento quindi di sorridere maliziosamente -e fiaccamente- finché, senza che io possa davvero evitarlo, non cado a peso morto poggiando la testa sul petto di Kian.
Non so cosa mi sia preso, capisco solo di essere troppo debole per poter reagire. Non mi sento di certo male, almeno non per ora, ed è forse questo a mantenermi tranquilla. Sento Kian, ancora sotto di me, staccare le mani dal mio corpo e, probabilmente sorpreso, sollevarmi leggermente così da farmi sedere sul divano. Tengo gli occhi socchiusi per tutto il tempo che segue e la musica assordante non aiuta di certo a tenermi concentrata, tuttavia riesco a vedere il ragazzo raggiungere Cameron e dirgli qualcosa.
-Ti ha...baciato?-   Urla Cameron nel tentativo di farsi sentire, apparentemente contrariato.
Credo sia solo un'illusione che avviene nella mia testa: perché mai dovrebbe reagire negativamente, se qualche ora fa è stato lui stesso a conoscere i suoi amici? Decido quindi di non pensarci, venendo distratta inoltre dall'arrivo dei due ragazzi ai piedi del divano.
-Va bene, ci penso io.-   Dice poi Cameron.
Capisco le sue intenzioni solo quando percepisco le sue mani sotto il mio corpo debole e le dita stringere la mia pelle. In pochi secondi mi ritrovo in aria, stretta fra le braccia di Cameron che mi reggono con forza. E sento le sue gambe muoversi con fatica sempre maggiore, poiché mi sta portando su per le scale. E sento una porta aprirsi ed un comodissimo materasso fiondarsi sotto di me. Ci metto un po' a rendermi conto di essere distesa su di un letto, e solo quando lo faccio decido di riaprire gli occhi. È una stanza che non conosco affatto, di certo non la mia. Mi ricordo con fatica di essere ancora a casa di Taylor, e che al piano di sotto vi è probabilmente ancora un sacco di gente. Ma i miei amici dove sono? E, diamine, perché sembra sia passata un’eternità da quando Cameron mi ha sollevata dal divano fino ad...ora? Niente sembra più avere un senso, tuttavia questo non mi ferma dal fare peso sulle mie stesse braccia e mettermi seduta sul letto.
-Hey, ti conviene stare sdraiata.-   Mi consiglia Cameron.
E lo apprezzo molto, nonostante ciò vorrei dirgli di starsene zitto perché la sua voce rimbomba nella mia testa come una serie di martellate.
-Sai che cos'è divertente?-   Dico ad un tratto dal nulla, contraddicendo la mia stessa volontà.
A causa del mal di testa, infatti, mi porto subito una mano alle tempie. Cameron, intanto, mi osserva confuso. Come biasimarlo? In questo momento si starà probabilmente chiedendo che fine abbia fatto la cara buona Khloe.
-Che non faccio sesso da troppo tempo, dillo a Kian.-   Blatero dunque, trascinando a lungo le mie parole.
Sto decisamente parlando a vanvera e, Dio, se solo potessi controllare me stessa per un solo secondo me ne starei di certo zitta. Ma non ci riesco: c'è qualcosa, dentro di me, che mi spinge a parlare e parlare, facendo uscire le assurdità più umilianti dalla mia bocca. Cameron, di fronte a me, scoppierebbe a ridere se solo potesse, ma la sua risata viene sostituita da un'espressione di disagio ed imbarazzo. Un'espressione che lo fa apparire, ai miei occhi, fin troppo ingenuo.
Mi alzo di scatto dal materasso, per poi mettermi a gattoni ed avvicinarmi pian piano al ragazzo. Mi fermo ad un centimetro di distanza dal suo viso mentre, su quest'ultimo, posso scorgere le sue labbra socchiuse e gli occhi rivolti verso il basso, così da potermi guardare meglio. Cameron è totalmente immobile, non un singolo tremolio tradisce la sua rigidità, ed io non posso fare a meno di percepire tutto ciò come una sfida.
-Che ne dici di rimediare?-   Domando infatti, in un sussurro che vorrebbe risultare sensuale.
Sto per eliminare ogni tipo di distanza fra di noi, mentre capisco che non c'è più niente che potrebbe fermarmi. Cameron è ancora lì, del tutto bloccato, in attesa di Dio solo sa cosa. Decido quindi di fare la prima mossa e di cominciare con un semplice e delicato bacio sulla guancia ma, proprio quando le mie labbra si posano finalmente sulla sua pelle, arriva il vuoto.
Un improvviso giramento di testa mi porta a chiudere gli occhi e cadere all'indietro. Non appena poggio nuovamente la testa sul materasso, crollo in un profondissimo sonno buio.
 
 
 



 
 
 
XHIMMELX.
Heilà, salve a tutte!
D’accordo, lo ammetto, con questo capitolo mi sono concessa di andare un po’ fuori di testa o, meglio, di far andare la nostra Khloe fuori di testa.
Beh, come abbiamo capito nella prima parte, non ha ancora affatto superato la storia di Grayson e Grace, anzi, l’esatto opposto… Ha semplicemente cominciato a sfogarsi con qualcuno di reale anziché con delle semplici pagine bianche. Questo ovviamente la aiuterà, prima o poi, ma non ora, non ancora, ed è per questo che mi sono detta che sì, un po’ di divertimento se lo merita anche lei.
E quindi l’ho accoppiata –si fa per dire- con questo Kian, amico di Cameron (ovviamente si parla di Kian Lawley pff). Ecco, qui è uscita una parte del tutto sconosciuta di Khloe, quella che le ha dato il coraggio di provarci con uno sconosciuto, di baciarlo e di blaterare cose strane e imbarazzanti a Cameron. Insomma, io ho sempre voluto immaginare Khloe come una ragazza intraprendente, poco timida e audace proprio perché la volevo rendere diversa dalle altre protagoniste che in genere si incontrano nelle ff e finalmente mi sono decisa a sfruttare al meglio queste sue qualità.
Ma per quanto riguarda l’ultima parte, che è la più importante, prestate attenzione. KHLOE STAVA PER BACIARLO. Gli ha solo sfiorato la guancia, ok, ma chi sa cosa sarebbe successo se non fosse collassata. Chi sa se Cameron l’avrebbe respinta se non fosse collassata.
Beh, dato che non lo scopriremo mai, io vi lascio così.
Alla prossima, xhimmelx!

 
 
-Ti ha...baciato?-   

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Capitolo 15
*** Capitolo 15. ***




Capitolo 15.
 


 
Quando riapro gli occhi, ci metto un bel po’ prima di mettere a fuoco la vista. Mi trovo in una stanza a me poco familiare, sovrastata da un soffitto color pesca e con delle enormi finestre, fortunatamente coperte da delle tende che non lasciano trapelare i raggi del sole. Percepisco subito un intenso mal di testa che mi fa desiderare di non essermi mai svegliata, accompagnato da un orribile senso di nausea.
Delle domande sorgono nella mia mente, ma non ho risposte a nessuna di esse: perché sono ancora a casa di Taylor? Sempre se questa è casa di Taylor... E perché sto così male? O per quale ragione non ricordo molto della festa di ieri? Mi viene quasi naturale lasciarmi prendere dal panico, ma, non appena la mia mente tenta di sforzarsi anche solo un po’, decido sia meglio lasciar stare.
La luce fioca che trapassa dalle tende, inoltre, mi causa fastidio agli occhi, per cui faccio peso sul mio corpo con le poche forze rimastemi e mi volto verso il lato opposto, laddove vi è la porta di ingresso. Non appena lo faccio, però, mi viene quasi spontaneo saltare sul letto a causa dello spavento: la prima cosa che vedo è Cameron, che, a differenza mia, dorme sdraiato sopra le lenzuola. Il mio istinto mi porta subito a sbirciare al di sotto delle coperte, facendomi scoprire con grande sollievo di avere ancora tutti i vestiti addosso.
Mi sento improvvisamente più tranquilla ed il sospiro che fuoriesce dalle mie labbra sembra manifestarlo appieno, eppure non riesco ancora a spiegarmi cosa ci faccia qui Cameron. I miei pensieri vengono interrotti ancora una volta dalla nausea, che stavolta non vuole darmi alcuna tregua. Mi vedo infatti costretta ad abbandonare in un istante il calore delle coperte e correre verso il bagno, fortunatamente interno alla stanza, senza preoccuparmi minimamente di svegliare il ragazzo al mio fianco.   
Apro la porta con una forza che non credevo nemmeno di possedere e, non appena me la richiudo alle spalle, mi affretto ad abbassarmi all’altezza del water. Rimango nella stessa posizione per diversi minuti, durante i quali, con i capelli all’indietro e la fronte ormai impregnata di sudore, lo stomaco non smette di bruciare. Butto fuori tutto quello che il mio corpo può contenere, a tal punto da sentirmi completamente vuota non appena questa tortura giunge ad una fine. Dopodiché, constatando quanto deboli siano le mie gambe in questo momento, appoggio la testa sulle braccia nel tentativo di riposarmi per qualche secondo.
Vengo interrotta da un tonfo alla porta: è probabilmente Cameron che, essendosi accorto della mia assenza, ha cominciato a bussare con insistenza. Balbetto fiaccamente qualcosa nella speranza che possa sentirmi e, per fortuna, lo fa ed entra spalancando la porta. Scorgo sul suo viso un’espressione leggermente preoccupata che, però, viene sostituita subito dopo da un’occhiata ovvia, il che mi fa comprendere che per lui non è una sorpresa trovarmi qui, in queste condizioni. Senza dire una parola, dunque, si avvicina a me e mi lega premurosamente i capelli in una coda di cavallo, aiutandomi poi ad alzarmi con la sua presa salda. La prima cosa che faccio, non appena riesco ad ottenere un equilibrio stabile, è avvicinarmi al lavandino e sciacquarmi il viso e la bocca. La sensazione dell’acqua fredda mi procura un po’ di energia in più, per questo ripeto lo stesso gesto per altre tre volte.
Solo quando mi asciugo la faccia con una tovaglia, Cameron toglie le sue mani dalla mia schiena e si rivolge a me.
-Meglio?-   Mi domanda con tono calmo e comprensivo, mentre io, al contrario, non posso fare a meno di sentirmi ridicola.
Mi limito ad annuire con la testa e faccio per tornare in camera da letto, dove rimetto ai piedi le mie scomode scarpe dopo averle cercate qua e là.
-Andiamo giù a fare colazione, devi riempirti lo stomaco.-   Mi suggerisce poi il ragazzo che, ponendosi davanti a me, si affretta ad aprire la porta.
Poco gli importa del mio sguardo contrariato, quindi dico a me stessa che sarebbe inutile contraddirlo e lo seguo lungo le scale.
-Dov’è Taylor?-   Gli chiedo poi, una volta giunti al piano di sotto.
Il salotto, così come la cucina, è infatti desolato nonostante vi sia ancora qualche traccia della festa di ieri: bicchieri sparsi per i tavoli, qualche bottiglia e delle piccole casse che, al solo guardarle, mi fanno tornare il mal di testa.
-Sta ancora dormendo e, fidati, non ci conviene svegliarlo.-   Mi informa Cameron, con una risata ancora un po’ assonnata.
Mi guida poi verso la cucina, dove mi limito a sedermi su una delle sedie mentre osservo il ragazzo aprire il frigo e vari scaffali. Pochi minuti dopo, si volta verso di me con in mano una tazza di latte riempita per metà e dei cereali.
-Tu non mangi?-   Gli chiedo allora, nel vano tentativo di oppormi alla sua volontà.
Gli rivolgo dunque un’occhiata supplichevole, ma Cameron non sembra importarsene e    -Non ho fame.-   dichiara.    –Non sono io quello malato.-
Non avendo più alcun modo per ribellarmi, decido una volta per tutte di afferrare il cucchiaio e riempire il mio stomaco con quanto più latte possibile, nonostante io non ne abbia la minima voglia.
-Senti…-   Comincio nel frattempo, con la bocca già piena. Capisco sia arrivato il momento di porgergli quella domanda che, in realtà, tanto temo.   –Cos’è successo precisamente ieri sera?-
Sul volto di Cameron, non un pizzico di sorpresa: è chiaro che si aspettava pure questo. Prima ancora di potermi rispondere, però, mette in mostra un sorriso divertito e in parte rassegnato, per me senza senso.
-Cosa ricordi?-   Mi chiede poi, come a volermi sfidare.
Rimango inizialmente spiazzata ma, a giudicare dal suo sguardo, decido di mettermi alla prova e racimolare tutto quello che è rimasto nella mia memoria.
-Beh, ricordo che… che ho conosciuto uno dei tuoi amici, così come mi avevi consigliato di fare, e che abbiamo parlato per un po’ e poi abbiamo fatto un gioco tutti insieme, credo…-   Balbetto dunque, parecchio insicura. Per quello che ne so, queste cose potrebbero anche essere un semplice frutto della mia immaginazione.
Non appena trovo l’assenso di Cameron, però, capisco di non essermi sbagliata. Per quanto io mi sforzi, comunque, non riesco a ricordare nulla di più. Supplico quindi con gli occhi il ragazzo, che si arrende e sbuffa rumorosamente.
-Vediamo… quindi non ricordi di esserti ubriacata durante quel gioco, né di aver baciato il mio amico subito dopo saltandogli praticamente addosso?-  
La mia bocca si spalanca improvvisamente, facendo quasi fuoriuscire i cereali che stavo prima masticando, il che non deve essere una visione piacevole per Cameron. Forse per questo, ride fragorosamente per poi coprirsi il volto con una mano. Nel frattempo, cerco di raccogliere i pezzi della mia serata sparsi nella più remota parte del mio cervello. Adesso che Cameron mi ha spiegato meglio ciò che è successo, delle immagini poco nitide cominciano ad apparire nella mia testa, immagini che mi ritraggono prima accanto a Kian –credo fosse questo il suo nome-, poi a cavalcioni su di lui e con le labbra praticamente incollate alle sue. Da quel momento in poi, è tutto buio. Le mie guance devono essersi colorate di rosso senza che io abbia potuto controllarmi, non a caso vedo il ragazzo di fronte a me osservarmi con uno sguardo derisorio.
-Che c’è, hai ricordato?-   Mi stuzzica infatti, togliendomi di mano la tazza ormai vuota.
-Sì, in parte. Ma può bastare, almeno per oggi.-   Lo rassicuro quindi io, obbligandolo a starsene zitto e non andare avanti con il racconto.
-Ma…-   Continuo poi, non del tutto sicura sul come porgli la prossima domanda.   –Perché eri nel letto con me?-   Riesco infine a farmi coraggio e butto tutto fuori con un enorme sospiro.
-Oh, non… non è successo niente.-   Mi rassicura improvvisamente, facendo quasi tremare la sua voce per l’improvviso disagio.
-Lo so!-   Lo precedo però, arrossendo ancora una volta a causa della sua allusione.   –L’ho capito dai miei vestiti. Ma perché sei rimasto tutta la notte?-
-Avrei voluto dormire nella camera dei genitori di Taylor, in realtà, ma qualcuno continuava a svegliarsi nel sonno a causa della nausea.-   Mi informa perciò lui, a mo’ di rimprovero.
-Beh… grazie Cam.-    Gli dico quindi sinceramente, cercando di immaginare quanto fastidioso possa essere stato per lui tentare di dormire con una malata accanto.  
-Cazzo!-   Esclamo poi, schiaffeggiando con violenza la mia fronte e sgranando gli occhi.   –I miei genitori!-
-Tranquilla.-   Mi interrompe però lui, non prestando tanta importanza alla mia preoccupazione.   –Violet ha mandato un messaggio dal tuo telefono dicendo che avresti dormito da lei.-   Mi spiega quindi, provocandomi sollievo.
Dopo un rumoroso “Grazie al cielo!”, infatti,   -Devo comunque tornare a casa.-   lo avviso, alzandomi di fretta dalla sedia.   –Sono stanca e devo riposare.-
Cameron si mette in piedi al mio seguito ed annuisce.   –Va bene, guiderò io la tua macchina.-   Aggiunge poi, non ritenendomi chiaramente in grado di procedere da sola fino a casa.
Dopo aver accettato la sua proposta, mi accomodo quindi al sedile del passeggero e, con Cameron alla mia sinistra, controllo velocemente il mio cellulare. Cameron è un ottimo guidatore, o, perlomeno, riesce a non farmi tornare la nausea per tutto il tragitto. Una volta arrivati a destinazione, sono quindi pronta a ringraziarlo ancora una volta per poi salutarlo, tuttavia si accende nella mia testa una piccola lampadina che mi fa esitare un attimo.  
-Mhh… Ho una cosa da darti, vuoi fermarti un attimo?-   Gli chiedo infatti, subito dopo essere scesa dalla macchina.
Il ragazzo fa quindi lo stesso e mi segue fin dentro casa, dove trovo mia madre comodamente seduta in cucina. Dopo averle detto che Cameron è il cugino di Violet e che mi ha accompagnata al posto suo, riusciamo finalmente a raggiungere camera mia.
-Di che si tratta?-   Mi chiede svelto lui, curioso, mentre si guarda intorno apparentemente interessato alle numerose cose appese alle pareti.
-Sono delle cose che devi sapere per il compito.-   Lo avverto dunque, porgendogli subito dopo un piccolo fascicolo di fogli da poco usciti dalla stampante.
Cameron li afferra un po’ deluso, poi   -A proposito, ho letto un po’ del libro ieri.-   mi avvisa, con un’espressione fiera in viso.
Mi mostro infatti sorpresa dalla sua iniziativa e gli faccio i miei complimenti, in modo del tutto ironico, mentre decido improvvisamente di mettere alla prova il suo lavoro.
-Allora che mi dici del ritorno di Heathcliff?-   Gli domando infatti, inarcando le sopracciglia in un gesto provocatorio.
-Oh, beh…-   Balbetta lui, cominciando a sbattere nervosamente le mani. Poco dopo, tuttavia, si tranquillizza e prende la situazione in mano.   –Numero uno: avevi ragione, Heathcliff è praticamente diverso ad ogni capitolo del libro; numero due: credo che il suo ritorno abbia cambiato anche Catherine che, da brava moglie qual è, se ne infischia della scontentezza del marito.-  
Lo guardo inizialmente torva, non apprezzando come al solito le sue parole poco “consone”, tuttavia devo ammettere di aver notato dei passi in più da parte di Cameron, che fino a qualche giorno fa non sapeva neanche cosa fosse un libro.
-Comunque, sono davvero curioso di scoprire se i due finiranno insieme, prima o poi. Insomma, sono degli idioti: sanno che sarebbe sbagliato, probabilmente, ma chi se ne frega? Io credo sia assolutamente inutile e dannoso nascondere i propri sentimenti.-
Detto ciò, Cameron si zittisce e chiede silenziosamente la mia opinione, che non tarda ad arrivare.
-Te lo dico da buona intenditrice, può essere dannoso anche rivelare i propri sentimenti.-   Ribatto dunque, cercando di celare il mio solito rancore con una leggera risata ironica.
-Vedremo.-   Sussurra il ragazzo, riferendosi, suppongo, al finale del libro.
Ad un certo punto, però, i suoi occhi cadono su qualcosa alla sua destra, verso la mia scrivania. Mi basta seguire il suo sguardo per capire quale sia l’oggetto di così tanto interesse: il mio diario. Lo prende in mano senza alcuna esitazione, come se fosse completamente solo in questa stanza e non gli importasse affatto della mia reazione, che non è certo delle migliori. Fa per aprirlo lentamente ma, lanciandomi prima un’occhiata di assenso, nota il mio corpo di già irrigidito e la mia mascella serrata. Con gli occhi puntati fermamente sull’agenda, infatti, non posso far altro che sperare che la posi al più presto. Vorrei urlargli di farsi gli affari suoi, vorrei ordinargli di posarla all’istante, eppure non una parola fuoriesce dalla mia bocca. Mi chiedo perché, incredula e sorpresa dal mio stesso comportamento. Sarà per le forze che non sono ancora riuscita a riconquistare, sarà per qualche altra ragione a me sconosciuta… Fatto sta che Cameron percepisce al volo la mia contrarietà e decide di rispettarla. Prima di rimettere via il diario, però, si sofferma attentamente sulle mie gambe che quasi tremano e le mie mani che si torturano a vicenda.
-Ho un’idea.-   Sentenzia quindi, dopo aver posato il piccolo taccuino marrone parecchio consumato.
C’è gran parte della mia vita, là dentro, e la sola vista di Cameron con esso fra le mani mi ha fatto provare qualcosa di strano, di indecifrabile.
-Voglio mettere fine al mio “piano”.-   Continua comunque il ragazzo, con un tono del tutto calmo.
-Cosa? Perché?-   Esclamo però io, negativamente sorpresa dalle sue parole.
Ha forse intenzione di mettere fine a tutta questa storia, dopo averci messo così tanto a convincermi? Dopo aver saputo praticamente tutto quello che mi affliggeva? Non credo di meritarlo, diamine, né questo né tutta la tranquillità con cui afferma una sciocchezza del genere. Mi rivolgo infatti a lui del tutto mortificata, sgranando gli occhi per lo stupore. E sarei persino pronta a lanciargli contro una serie di insulti poco gradevoli, se non fosse che vengo immediatamente interrotta da lui.
-Prima promettimi che non ti arrabbierai e che cercherai almeno di ragionarci su.-   Dice infatti, poggiando saldamente le sue mani sulle mie spalle come a voler intensificare le sue intenzioni.
Mi sottraggo subito dalla sua presa, non di certo pronta a ciò che sta per dirmi.    –Va avanti.-   Gli ordino comunque, ignorando le mie molteplici e confuse emozioni.
-Credo sia arrivato il momento di chiudere definitivamente questo diario e nascondere la chiave, non trovi?-
Non appena riesco ad elaborare le sue parole, però, tutta la frustrazione che si era accumulata dentro di me in pochissimi secondi svanisce in un istante. Mi do della stupida per aver reagito in modo talmente esagerato, constatando solo ora che, da parte di Cameron, non potrei mai aspettarmi un gesto simile. Non ne ho la certezza, ma ne sono ugualmente convinta. Per questo lancio un sospiro di sollievo, che viene accompagnato dallo sguardo incoraggiante che compare sul suo viso. Ed è forse proprio questo, proprio i suoi occhi speranzosi puntati fissi sui miei, che mi porta ad accettare la sua proposta senza neanche pensarci due volte. Una cosa che, di certo, un mese fa non avrei mai pensato di fare e che mi fa notare che sì, qualche buon risultato Cameron è riuscito ad ottenerlo. Dovrei fargli i miei complimenti, poiché è riuscito a compiere in qualche settimana metà del lavoro che io non sono stata capace di svolgere in anni ed anni.
-Hai ragione.-   Affermo quindi, annuendo con la testa così da autoconvincermi ulteriormente.
Cameron è sconvolto forse più di me, lo si legge nel suo volto che viene improvvisamente attraversato da un sorriso ricco di sincerità. Cerco quindi di riflettere meglio sulle sue parole, sforzandomi di pensare ad un posto, in questa stanza, in cui tenere la chiave lontana dalla mia vista. Inutile dirlo: mi accorgo immediatamente che, consapevole della sua presenza qui, non esiterei a riaprire l’agenda non appena ne sentirei l’esigenza. Ed è proprio questo ciò che Cameron vuole evitare. La risposta arriva quindi spontanea ed improvvisa nella mia testa: con dei movimenti veloci, acchiappo il diario e chiudo il piccolo lucchetto, dopodiché porgo la chiave a Cameron. Il ragazzo mi osserva a lungo confuso ed incerto, per niente sicuro circa le mie intenzioni. Quindi, prima che io possa cambiare idea, decido di pronunciarmi.
-Tienila tu, non posso averla qui intorno e non essere tentata dal tirarla fuori.-    Spiego, chiedendogli questo favore in un’enorme supplica.
-Sul serio vuoi darla a me?-   Si accerta però lui, ancora palesemente incredulo.   –Cavolo, Khloe, sto davvero riuscendo a cambiarti.-   Esclama poi entusiasta, osservandomi soddisfatto del il mio gesto.
-Dai, non è niente di che!-   Lo zittisco io, tirandogli una piccola pacca sul braccio e cercando di sminuire il più possibile questo momento.
In realtà, sappiamo tutti e due quanto significativo possa essere: se qualche tempo prima qualcuno mi avrebbe detto che sarei finita per riporre così tanta fiducia in qualcuno, lo avrei semplicemente deriso. Adesso, invece, mi trovo in una situazione del tutto differente. Senza alcuna indignazione, osservo infatti Cameron mettersi la chiave dentro la tasca dei jeans mentre mi promette che la custodirà per bene.
Mi sento più libera.
 
 
 



 
 
 
XHIMMELX.
Buona domenica e buon Natale a tutti! So che probabilmente, essendo Natale, nessuno si prenderà la briga di entrare su efp e leggere la mia storia, ma non mi va di ritardare con l’aggiornamento ed eccomi qui!
Duuuunque, in questo capitolo vi ho voluto proporre un Cameron un po’ più premuroso del solito, della serie “Se non ci fossi io saresti persa”, un Cameron che a me piace mooolto, fin troppo eheh. Chi sa perché. Fatto sta che ha fatto il possibile per stare accanto a Khloe durante la sua sbronza, per quanto schifoso possa essere stato ahahah.
Certo, è un peccato che Khloe non ricordi nulla di quello che è successo in quel letto… Non fraintendetemi, parlo solo del bacio sulla guancia lol.
E comunque, KHLOE HA DATO A CAM LA CHIAVE, CI RENDIAMO CONTO?! Sul serio, scrivendo il primo capitolo di questa storia mai l’avrei ritenuta capace di un gesto tale, quindi non sottovalutatelo. Ormai lo possiamo confermare, Khloe si fida di lui e non vuole rinunciare al suo aiuto.
Bah, vedremo cosa succederà adesso che gli ha concesso questa enorme dimostrazione d’affetto.
Intanto vi lascio. Alla prossima, xhimmelx!

 

-Credo sia arrivato il momento di chiudere definitivamente questo diario e nascondere la chiave, non trovi?- 

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Capitolo 16
*** Capitolo 16. ***




Capitolo 16.


 
 
Non sono trascorse nemmeno ventiquattro ore da quando ho messo da parte il mio diario e, con esso, tutto ciò che di me vi era dentro, e non potrei sentirmi meglio di così. Stamattina mi sono svegliata con una forza interiore mai provata prima, una spinta ad impegnarmi di più. Nonostante io debba fare ancora parecchia strada per dimenticarmi del tutto di Grayson, infatti, per la prima volta in assoluto sono completamente convinta di potercela fare. Prima o poi. E se penso che è solo grazie a Cameron che sono qui, il mio cuore si riempie immediatamente di gratitudine nei suoi confronti. Non credo lo potrò mai ringraziare abbastanza per ciò che ha fatto.
Persino lavorare al Kings Road dopo uno stremante lunedì mattina sembra non abbattermi, e mi sento quasi come Jack Dawson in cima alla prua del Titanic, quando urla al mondo intero di essere il re del mondo. Per questo, forse, dopo cinque intense ore di lavoro, non mi sento affatto stanca: penso di poter benissimo scalare una montagna con tutta la forza di volontà che mi ritrovo.
Ad ogni modo, ho appena terminato il mio turno e sto per mettere finalmente piede fuori, alla ricerca della mia auto, ma vengo purtroppo bloccata dallo squillo del mio cellulare. Camminando quindi a passo lento, lo estraggo dalla tasca posteriore dei jeans ed apro il messaggio appena ricevuto.
 
Da: Cameron D.
Puoi raggiungermi alla spiaggia di Santa Monica? È urgente, ti spiegherò dopo. Ti prego.
 
Non ho idea del perché Cameron si trovi lì a quest’ora e, come se non bastasse, tutto solo, tuttavia, con un viaggio di trenta minuti davanti, preferisco non farmi domande e partire il prima possibile. Dopo avergli dato conferma, dunque, mi mischio nel traffico e cerco di procedere quanto più velocemente posso.
Ci impiego un po’ più del previsto ad arrivare, senza contare i dieci lunghi minuti durante i quali cerco disperatamente Cameron lungo quest’immensa spiaggia. Alla fine, lo trovo in un punto del tutto casuale: lo intravedo, seduto sulla sabbia, le mani fra la testa e gli occhi rivolti verso l’alto ad osservare il cielo ormai scuro. Il sole è infatti da poco tramontato, lasciando spazio ad un’infinita distesa di stelle che, per fortuna, illuminano la spiaggia. Mi avvicino a Cameron a passo svelto e silenzioso, mentre lui balza in piedi non appena si accorge della mia presenza.
-Qualcosa non va?-   Gli domando frettolosamente, ancor prima di poterlo salutare. Insomma, è strano che sia qui senza alcuna compagnia.
Cameron, che stava sicuramente per salutarmi, si zittisce all’istante come colto alla sprovvista. Poi trae un profondo sospiro e si passa una mano fra i capelli, scompigliati a causa del leggero vento che soffia. 
-In realtà, volevo solo parlarti.-   Mi comunica quindi, ancora evidentemente indeciso.
Non so di cosa stia parlando, ed il suo fare teso rende decisamente ansiosa anche me. Forse per questo, stupidamente, mi viene spontaneo sdrammatizzare con una futile risata.
-Non potevi aspettare domani mattina?-   Chiedo ironica ma, a giudicare dal suo sguardo costantemente serio, capisco che non si tratta di uno scherzo.  
-Va bene, scusa.-   Mi correggo quindi, facendo subito svanire il sorriso dalla mia faccia.   –Dimmi.-
Cameron impiega un po’ di tempo prima di rispondere, probabilmente pensando e ripensando al modo migliore per esprimersi. Non appena si convince, poi, esce le mani dalle tasche dei jeans e lascia pendolare le braccia verso il basso.
-Mi sono reso conto che hai ragione.-   Comincia dunque, facendo subito una piccola pausa.
Non ho la più pallida idea di ciò che sta cercando di dire, quindi mi limito ad invogliarlo a proseguire e rimango in ascolto.
-È vero che a volte può essere pericoloso dichiarare i propri sentimenti a qualcuno e, date le circostanze, credo che questo sia il mio caso.-
-Cam, cosa…?-   Lo interrompo all’istante, improvvisamente allarmata dalle sue parole, in seguito alle quali mi irrigidisco inaspettatamente.
-Aspetta, Khloe. Stammi ad ascoltare, poi potrai contraddirmi in tutto quello che vuoi.-   Mi supplica però lui, con uno sguardo disperato negli occhi.
Non mi piace per niente, questa situazione, perciò cerco di convincermi di essere fin troppo esagerata e precipitosa e continuo ad ascoltarlo silenziosa, nella speranza che non sia davvero ciò che sembra. Da questo momento in poi, come in seguito ad una spinta interna, Cameron da inizio ad uno sfogo tanto lungo quanto intenso.
-All’inizio mi sono proposto di aiutarti perché, avendo trovato per caso quell’agenda, era come se avessi letto di nascosto nella tua anima. Ho rivisto in te la malinconia e la sofferenza che mi torturavano diversi anni fa e mi sono detto che nessuno meritasse una cosa del genere. Mi sono detto che, se ci ero riuscito io a superarlo, avresti potuto farcela anche tu, e se serviva il mio intervento per farlo non sarebbe stato un problema. Così mi sono fatto avanti, ti ho fatto quella proposta, ma ti giuro, Khloe… ti giuro che non c’erano secondi fini nella mia testa. Ti prego, non pensare che io abbia fatto tutto questo con il solo scopo di arrivare qui, ad oggi. Il fatto è che pian piano ho scoperto che tu fossi più incasinata del previsto ma, per qualche inspiegabile ragione, a me piaceva il tuo casino. Volevo essere io a risolverlo! Tuttavia ho preferito non farmi domande perché, diamine, eri ancora una semisconosciuta per me e non potevo di certo giungere a conclusioni affrettate. Mi sono detto che forse mi stavo lasciando semplicemente coinvolgere dalle emozioni che tu stessa mi davi, ogni volta che mi raccontavi qualcosa in più su di te, e così è stato. Ho cominciato a vivere in prima persona le tue sofferenze, a pensare che, se in quel modo avessi potuto farti soffrire di meno, mi sarei sacrificato. Ho pensato che, se fossi stato nei panni di Grayson, non ti avrei mai causato così tanto dolore e non ti avrei lasciata fuggire sotto i miei stessi occhi. Ma, ancora una volta, non mi sono chiesto il perché. E quella sera al Griffith Park ha intensificato il tutto. Ti ricordi, quando ti ho portata all’osservatorio e ti ho detto che, in mezzo a tutta quella gente ai nostri piedi, c’era qualcuno che prima o poi ti avrebbe presa per ciò che sei? Di certo non desideravo essere io, quella persona, o perlomeno non lo sapevo ancora. Ma poi è arrivata la festa a casa di Taylor e, poiché ti ho vista stare male ancora una volta per quello stronzo, ti ho consigliato di conoscere uno dei miei amici. E sono stato praticamente io a buttarti fra le braccia di Kian, e all’inizio credevo di poter essere felice nel vederti finalmente così spensierata. Ma, cazzo, è stato solo in quel momento che mi sono reso conto del danno che avevo fatto. Starmene lì seduto su quel pavimento mentre tu lo baciavi mi ha fatto andare in bestia, e solo allora ho cominciato a chiedermi il perché. Non l’ho nemmeno cercata, la risposta. Voglio dire… quale altra spiegazione potrebbe esserci, se non che mi sono fottutamente innamorato di te? E lo so, so anche quanto ridicolo possa sembrare perché non ci conosciamo di certo da sette anni, ma io non ti sto mica chiedendo di stare con me per il resto della nostra vita. Ti giuro Khloe, non c’è cosa che voglio di più se non allontanarti del tutto da quel poco di dolore che si cela ancora dentro di te, e voglio farlo stando al tuo fianco. Hai detto che ti fidi di me: beh, fidati di me anche stavolta, anche mentre ti prometto che sarò io stesso a renderti felice.-
Dei lunghissimi istanti di puro silenzio, colmati solo dal fruscio del vento e delle onde del mare, seguono il discorso di Cameron. Non una parola fuoriesce dalla mia bocca, né un pensiero osa attraversare la mia mente. All’inizio mi scopro persino incapace di elaborare e riflettere su tutto quello che ho appena sentito ma, quando lo faccio, mi rendo conto che non si può più tornare indietro. E non ho la minima idea di cosa pensare, né di come reagire. Lascio semplicemente che siano le emozioni a parlare per me e, per quello che in questo preciso momento posso sentire, so con certezza che si tratta solo di belle emozioni. Non so cosa sia in particolare, so solo che le parole di Cameron mi hanno fatta sentire al sicuro, apprezzata insieme ai miei problemi per la prima volta in tutta la mia vita. Dei problemi che nessuno, prima di lui, aveva mai conosciuto.
Ma cosa significa questo? Che, forse, sono anch’io innamorata di lui? È troppo difficile a dirsi, qui su due piedi. Insomma, non sono mai stata brava in queste cose e questi ultimi anni fatti di rancore e malinconia rendono quasi impossibile, per me, cogliere il bello delle cose. Tuttavia riesco a percepire la sincerità di Cameron e la bellezza dei suoi sentimenti che, per ora, riempiono il mio cuore facendo pian piano svanire ciò che di triste era rimasto in esso. Quindi non lo so, non so se sono innamorata di Cameron, ma una semplice parola, la semplice definizione di amore, sembra essere così futile in questo momento che molte altre cose prendono il sopravvento.
-Dì qualcosa, Khloe.-   Mi sprona improvvisamente il ragazzo, essendo rimasto in attesa per chi sa quanto tempo.
-Non… non so che dire.-   Gli confesso quindi, senza provare timore o timidezza. Voglio semplicemente lasciarmi andare, voglio smetterla di programmare la mia vita come un copione e prendere le cose per come accadono.
Lo sguardo di Cameron si raddolcisce all’istante ed è come se mi avesse letto nel pensiero, poiché lui fa un passo in più verso di me ed elimina quasi completamente le distanze. Dopodiché, poggia entrambe le mani ai lati del mio volto e mi sorride dolcemente, unendo la sua fronte alla mia. È uno dei momenti più belli della mia vita, questo: le onde rumorose del mare, che si scontrano lievemente con la costa, sembrano essere nulla in confronto al turbine di emozioni che circonda me e Cameron in questo momento, un momento in cui il mondo esterno appare come immobile, congelato. Niente si muove, niente vive se non noi. Piuttosto che rispondergli, dunque, mi limito a puntare i miei occhi fissi sui suoi in un misto di sollievo, contentezza, serenità e tanta, tanta felicità. Urlo in silenzio che sì, mi fido ciecamente di lui.
Proprio come mi aspettavo, Cameron coglie appieno le mie emozioni e pare rilassarsi una volta per tutte, dopo aver incontrato il mio assenso. Dopodiché, in un gesto che aspettava da chi sa quanto tempo, si avvicina con la massima lentezza al mio viso, facendo prima toccare i nostri nasi. Rimaniamo così per degli infiniti secondi, come delle calamite che si attraggono ma che non hanno la forza necessaria per scontrarsi: le sue labbra che sfiorano a malapena le mie, i miei occhi ancora fissi sui suoi, le sue mani che carezzano la mia pelle con la massima delicatezza. Tutto ciò fa in modo che nessuno dei due possa più resistere. Come rassegnato, Cameron si catapulta lentamente e delicatamente sulle mie labbra e le coinvolge con così tanta passione che, per un attimo, mi sembra di sentire le gambe tremare per la debolezza. C’è una tempesta che si scatena immediatamente dentro di me e che, se potesse, esploderebbe in un insieme di colori ed emozioni, perché non credo di poter resistere ancora a lungo. Tutto quello che sto provando… sembra essere troppo perfino per me. Ripenso a tutti i baci della mia vita e mi rendo conto che niente potrebbe essere paragonato a questo, niente mi ha mai fatta sentire così viva come lo sono questa sera. Non è più come in passato, quando mi ritrovavo a baciare qualcuno nel vano tentativo di sostituire Grayson, no: questa non è un’illusione, questa è pura e sincera felicità.
Ma… un momento: Perché mi ritrovo a pensare a Grayson, mentre la sola cosa alla quale dovrei prestare attenzione è Cameron? Perché nella mia testa c’è una voce che mi dice che, se solo Grayson mi avesse amata così come mi ama Cameron, io sarei stata la persona più felice e completa dell’intero pianeta? Tutto d’un tratto, le sensazioni che Cameron è riuscito a darmi svaniscono e vengono sostituite dalla paura, paura di non essere all’altezza di questa situazione.
E la risposta arriva immediata dentro di me, sussurrandomi a bassa voce che Cameron non merita niente di tutto ciò. Realizzare di non poter rendere felice Cameron tanto quanto lui può rendere felice me è come una pugnalata al cuore, che mi fa staccare di scatto dalle sue labbra soffici e mi catapulta nella cruda realtà dei fatti. È fin troppo buono, lui, per poter sopportare una cosa del genere, per poter sopportare di ricevere in cambio solo la metà di ciò che lui dà a me.
-No, è sbagliato.-   Affermo dunque, completamente sconvolta dalla piega che ha presto questa situazione.
Cameron, ancora vicinissimo a me, mi osserva del tutto stralunato ed incomprensivo, finché la confusione non abbandona il suo volto per lasciar spazio alla delusione. E mi sento davvero una persona di merda, la peggiore di tutte, per averlo illuso anche solo per qualche secondo. È colpa mia, tutto questo è colpa mia. Ho pensato di poter accettare l’amore di Cameron senza difficoltà ed ho finito per coinvolgerlo nel mio dramma pieno di incoerenza.
-Cosa…?-    Balbetta lui, comprensivamente nervoso.
Ha gli occhi di chi crede di aver sbagliato, e vorrei dirgli con tutta la voce che mi ritrovo che, in queste intense settimane, non c’è stato nulla di più giusto che avrebbe potuto fare. Eppure le parole mi muoiono in gola e mi lasciano inerme, incapace di fare qualsiasi cosa.
Per questo, lasciando che il panico abbia la meglio su di me, faccio lentamente qualche passo indietro, sprofondando i piedi nella sabbia ormai fresca. Sotto lo sguardo deluso di Cameron, quindi, comincio a correre con tutta la forza che possiedo fino ad arrivare alla macchina. Non mi guardo mai indietro, neanche per un secondo: non ho idea di come abbia reagito Cameron, né di come si sia trasformata la sua espressione nel realizzare ciò che sta davvero succedendo.
Perché, ancora una volta, la sola cosa che riesco a fare è scappare, correre fino a perdere il fiato e fingere di poter ignorare i miei problemi.
 
 
 
 
 


XHIMMELX.
Oh mamma!
No, davvero, non potete capire da quanto tempo aspettavo di poter pubblicare questo capitolo! Quando l’ho scritto, parecchio tempo fa, ero così immersa nel personaggio di Khloe che l’ho reso totalmente personale e sincero (Anche se a differenza di Khloe io non ho nessun Cam nella mia vita, nessuno che gli si avvicina anche solo da lontano) e perlomeno spero di suscitare qualche bella emozione in voi.
Dunque……………………… CHE DIRE. Sapevamo tutti che prima o poi Cameron avrebbe confessato di provare qualcosa per Khloe, qualcosa che va ben oltre il volerla aiutare e farsi perdonare per quel “peccato originale”. E FINALMENTE E’ SUCCESSO. Vi giuro, mi è piaciuto troppo cercare di entrare nella sua testa (l’ho creato io, d’altronde lol) e trovare le parole che Cam avrebbe usato per dire a Khloe che LA AMA. LA AMA.
Ok, è ovvio che Khloe non è ancora innamorata di lui, ma che c’è di male? Ciò non significa che non prova qualcosa di forte per lui. E per un attimo Khloe ha creduto di poter baciare Cameron e diventare qualcosa di più per lui, ma poi ecco che quel puntino minuscolo di Grayson si rifà vivo (nel momento meno inopportuno, ovviamente) e lei si spaventa.
Ha ragione però, che senso avrebbe illudere Cameron se non potrebbe mai ricambiare la felicità che lui le da? Beh, vi dico solo che Khloe si è lasciata completamente travolgere dal panico e questo potrebbe avere diverse conseguenze.
Ma secondo voi cosa accadrà? Dove cavolo sta correndo Khloe? E Cam la inseguirà o si arrenderà e non si parleranno più?
ODDIO.
Va be, alla prossima! Un bacio, xhimmelx.   

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Capitolo 17
*** Capitolo 17. ***




Capitolo 17.


 
 
 
Guido con la mia auto fino al Griffith Park, lasciandomi alle spalle Cameron ed accelerando con il solo desiderio di arrivare il prima possibile. Non mi importa quanto ci metterò, né se ormai è troppo buio per inoltrarmi in mezzo agli alberi, voglio solo arrivare lì e sentirmi meglio.
Ho una forte sensazione di ansia che mi attanaglia il petto e che mi fa preoccupare ogni secondo sempre di più, per cui, non appena parcheggio, mi affretto a scendere dall’auto e a respirare quanta più aria fresca possibile. Dopodiché, senza il bisogno di pensarci due volte, comincio a correre. Seguo il mio solito percorso e corro, corro talmente veloce da rimanere ben presto senza fiato. Tuttavia non mi fermo neanche per una breve pausa, mentre continuo a sforzare le mie gambe fino ad arrivare alla meta. Non appena mi guardo intorno, dall’alto di questa collinetta oramai desolata, vedo un’infinità di alberi e luci sotto di me. Solo a questo punto decido di riprendere fiato, poggiando le mani sulle gambe fin troppo indolenzite ed inalando più aria possibile.
C’è qualcosa di strano in me: nonostante i minuti passino inesorabili, la stanchezza non sembra abbandonarmi e, al contrario, comincio a sudare freddo e tremare leggermente. Lo vedo nelle mie mani, fin troppo sudice ed in continuo movimento. Me le porto quindi davanti agli occhi ma, in questo modo, non faccio altro che allarmarmi ulteriormente. Tutto questo è come un déjà-vu, so cosa sta per succedere. Il fiato si fa sempre più corto e mi sembra quasi di star per soffocare, un fastidioso formicolio mi investe le mani e lo stomaco ed io non riesco a trovare alcuna via di uscita da questa situazione di momentaneo panico. Voglio solo che finisca, ma tale desiderio cresce in me insieme alla sempre maggiore paura di perdere il controllo.
Non mi resta far altro che stendermi a peso morto sul terreno polveroso di questa collinetta e, con braccia e gambe spalancate, chiudere gli occhi per un tempo indeterminato. È come se la mia anima si stesse distaccando totalmente dalla realtà, come se non riuscissi più ad avere alcuna coscienza del mondo esterno. Ci sono solo io ed il mio malessere. Poi, all’improvviso, inizio a piangere a dirotto, come fa un neonato disperato perché nessuno può comprenderlo. Come non succedeva da tempo, piango a tal punto da riempire il silenzio di questa notte con il rumore dei miei singhiozzi, mentre i miei occhi si arrossano sempre più e non vi è nemmeno uno spiraglio di aria nella mia gola.  
Trascorro un minimo di due ore in questo modo, nella stessa posizione fetale e con il viso coperto dalle mani ormai completamente bagnate dalle lacrime. Ho buttato fuori, con queste lacrime, tutta la sofferenza accumulata nel corso di questi anni a causa di Grayson e dell’eccessiva mancanza di sfogo. Ho perso la cognizione del tempo ormai da un pezzo, ignorando i numerosi squilli del mio telefono e non curandomi della preoccupazione causata presso i miei genitori, Cameron ed il resto dei miei amici. Ho come la sensazione di aver dormito a lungo, eppure so che non è così: me ne sono stata, per tutto il tempo, sdraiata in attesa di qualcuno che venisse a salvarmi.
Poi finalmente, come se Dio avesse deciso una volta per tutte di esaudire i miei desideri, sento il rumore di passi frettolosi e pesanti avanzare verso di me. Quando il rumore cessa, mi ci vuole poco prima di percepire il tocco di una mano sulla mia spalla. Non do alcuna risposta, né alcun segno di vita, eppure quella mano dal tocco gentile si sposta senza indignazione verso la mia testa e comincia a carezzarne i capelli. Non ho bisogno di porgermi alcuna domanda per comprendere di chi si tratta, per questo, non appena decido di scoprire il mio volto e di rivelarmi, scopro Cameron inginocchiato davanti a me.
Senza alcuna sorpresa, mi affretto ad asciugarmi gli occhi decisamente affaticati e mi metto seduta, facendo peso sulle mie stesse deboli mani. Osservo a lungo Cameron, sorridendogli lievemente perché infondo vorrei solamente ringraziarlo, ringraziarlo per aver saputo esattamente dove trovarmi e per essere venuto a salvarmi. Tuttavia, di fronte al suo viso comprensivo e quasi pietoso, qualcosa cambia: il mio sorriso diventa uno di quei sorrisi che fai quando sei triste ma non vuoi smascherarti, uno di quelli che si deformano in un’espressione di pura disperazione non appena capisci di non poterti trattenere ancora a lungo. E questo è quello che succede a me, proprio in questo momento. Non mi interessa di quello che potrebbe pensare il ragazzo, né di apparire per quella che veramente sono. Al contrario, voglio solo piangere e, spero per l’ultima volta, lasciare andare tutto.
Continuo ad aprire e richiudere gli occhi ad un ritmo poco regolare, ma che mi permette comunque di intravedere il viso di Cameron ricco di dispiacere. Forse per questo, mi viene quasi naturale gettarmi fra le sue braccia senza neanche chiedergli il permesso. E lo so, so di non meritarlo affatto dato quello che è successo un paio d’ore prima, eppure lui non sembra darci peso. Come al solito, Cameron si rivela troppo buono per me. Così finisco di piangere, gettando tutte le mie lacrime sulla sua t-shirt chiara e stringendo il tessuto fra due pugni saldi e violenti.
Quando finalmente mi svuoto e comincio a sentirmi più leggera, realizzo che senza Cameron tutto questo non sarebbe mai successo. Senza di lui, avrei persino potuto rischiare di trascorrere l’intera nottata in questo parco, in attesa che la luce del sole pensasse a sistemare le cose. Mi strofino quindi gli occhi nel tentativo di asciugarli una volta per tutte e, solo dopo, osservo intensamente il ragazzo. La mia presa stringe ancora saldamente la sua maglietta e la pelle sottostante, mentre lui sposta delle ciocche sudate dalla mia fronte e le sistema all’indietro.
Credo ci sia qualcosa di particolare nel suo tocco, poiché mi scopro essere improvvisamente più tranquilla: ho finalmente trovato una via d’uscita e sono determinata a non tornare indietro.
-Grazie, Cam.-   Sussurro dunque timidamente, con la consapevolezza di avere moltissime altre cose da dirgli pur non trovando le parole per farlo.
Lui comunque non risponde e, invece, si limita a porgermi la sua mano. Incastro quindi le mie dita fra le sue e, facendo peso su di esse, mi alzo pian piano. Non appena mi ritrovo in piedi, con qualche forza in più nel mio corpo, mi precipito fra le sue braccia e lo stringo forte, sapendo che, qualsiasi cosa io abbia da dirgli, non potrebbe essere espressa in modo migliore. Cameron ricambia immediatamente intensificando la stretta, mentre io non posso far altro che sentirmi protetta.
Quando poi si allontana da me, distaccandosi molto delicatamente,   -Ascoltami.-   dice, voltandosi poi verso l’estremità della collina.
Afferra velocemente la mia mano, mentre con l’altra indica il paesaggio attorno a noi: ancora una volta, ci troviamo ad osservare insieme l’immensità di Los Angeles sotto ai nostri piedi.
-Non starò qui a ripeterti per l’ennesima volta quello che penso, perché lo sai già. Sai già che per una sola, stupida persona non vale la pena soffrire talmente tanto. Tu, invece… tu sì che ne vali la pena, e questa volta non sono qui per vederti scappare di nuovo. Conosco la ragione per cui l’hai fatto, Khloe, so che il pensiero di tradire Grayson ti ha costretta ad allontanarti da me, ma pensaci un attimo… fatti una semplice domanda: ami ancora quel ragazzo, o è solo la consapevolezza di essere stata abbandonata a torturarti in questo modo? Khloe, c’è tutto un mondo che devi ancora scoprire, che non hai mai visto prima d’ora perché avevi gli occhi coperti dal dolore, ed io voglio aiutarti ad esplorarlo. So di aver cambiato qualcosa dentro di te, nel corso di queste settimane, e… Ti amo, va bene? Non era questo ciò che hai sempre voluto? Qualcuno che ti amasse per quella che sei? Insomma, nessuno, oltre te stessa, ti conosce meglio di quanto ti abbia conosciuta io, e adesso sono qui a dirti che ti amo con tutti i tuoi complessi, i tuoi difetti e le tue sofferenze. Io… non so più cos’altro dire o fare se…-
-Va bene.-   
Succede qualcosa che mai avrei ritenuto possibile: per la prima volta in assoluto, penso che “chi se ne frega di Grayson”, se l’unica cosa che lui è stato in grado di darmi è stato un mucchio di illusioni e sofferenze. Sono davvero convinta di potergli finalmente voltare le spalle e smettere di aspettarlo, realizzando una volta per tutte che non tornerà mai più indietro da me. All’improvviso, senza che nessuno dei due se lo aspettasse, interrompo Cameron e lo zittisco ponendo una mano sulla sua bocca. Lui mi guarda interrogativo per un attimo, temendo nuovamente un secondo rifiuto.
-Ho detto che va bene.-   Lo tranquillizzo perciò, stavolta seria.   –Hai ragione, io ne valgo la pena e non merito di essere trattata in questo modo, non merito tutta la merda che ho dovuto attraversare da qualche anno a questa parte, ed è solo grazie a te se me ne sto finalmente rendendo conto. Mi hai aperto gli occhi, Cam, e nessuno ci era mai riuscito prima. Voglio imparare ad amarti così com’è giusto che sia, ad amarti così tanto da rimanerne quasi sconfitta, perché è questo ciò che meriti. E, Dio, no… non è uno stupido tentativo di dirti grazie, voglio farlo perché ne sono davvero convinta.-
Finisco di parlare pochi minuti più tardi, quando sia io che Cameron ci stiamo già guardando negli occhi ormai da un pezzo. E, a differenza di diverse ore prima in spiaggia, sono determinata a godermi questo momento con tutto ciò che comporta. Così, senza chiedergli il permesso o senza attendere una sua risposta, mi faccio avanti per prima ed incollo le mie labbra sulle sue. Stavolta, assaporo ogni singola sfumatura di questo bacio, non lasciandomi distrarre da nient’altro poiché nient’altro esiste nella mia testa. Assaporo la consapevolezza di sentirmi finalmente amata ed in grado di poter ricominciare ad amare, l’ebrezza che le labbra di Cameron trasmettono sulle mie e la scossa che mi attraversa il corpo intero. E, in cambio, faccio del mio meglio per poter dare a lui tanta felicità quanta ne sto provando io adesso. Trasformo il bacio in qualcosa di pian piano sempre più movimentato e passionale, una passione fatta di veri sentimenti e non di semplice attrazione. Questo è tutto quello che ho dentro, tutto quello che da mesi avrei voluto comunicare. E, adesso, lo sto facendo nel miglior modo possibile. Senza rimpianti né rancore.
C’è ancora un pezzo mancante, però, una cosa che ho bisogno di fare per dichiarare finita la storia di Grayson. Mi stacco perciò da Cameron e, mantenendo le mie braccia strette attorno al suo collo, lo osservo con tanta decisione ed un sorriso fiero sul mio volto.
-Hai ancora qui la chiave del mio diario?-   Gli domando quindi.
Lui mi osserva improvvisamente più turbato ed intimorito e, dallo sguardo nei suoi occhi, capisco che ha totalmente frainteso ciò che sto cercando di dirgli.
-Si…-   Sussurra comunque, non del tutto sicuro delle sue stesse parole.
Dopodiché, esce il piccolo aggeggio dorato dalla tasca dei suoi jeans e, mentre ammette di averla dimenticata lì per sbaglio, me la porge.
-Cosa vuoi farci?-   Si accerta dunque, osservandomi leggermente torvo.
Dal sorriso ancora permanente sul mio viso, però, capisce subito quanto buone possano essere le mie intenzioni, perciò si scioglie e si rilassa immediatamente. A questo punto, estraggo l’agenda dalla mia borsa e l’apro con la chiave appena ottenuta. Sempre sotto lo sguardo attento di Cameron, tiro fuori la mia solita penna e la poggio delicatamente su un foglio nuovo, ancora immacolato.
 
“Tienimi ancora più stretta quando le mie paranoie mi uccidono piano”.
 
 Quando finisco di scrivere, chiudo la penna e mostro a Cameron la pagina. È l’inizio di un nuovo capitolo.
 
 


 
 
 
 
XHIMMELX.
Heilààà, come state?
Sono felicissima di questo capitolo, sia per come è venuto fuori che per la piega che ha fatto prendere alle cose.
Allora, non avevamo mai visto una Khloe così disperata prima. Sì, sapevamo quanto la rattristasse il pensieri di Grayson, ma mai l’avevamo vista in preda ad un vero e proprio attacco di panico. Ancora una volta, ci siamo accorti che il suo amore per Grayson non è qualcosa che può essere dimenticato velocemente.
E poi arriva Cameron. Amore mio. Il solo fatto che sia stato in grado di far tranquillizzare Khloe significa moltissimo. E poi, povero, c’aveva quasi perso le speranze.
E INVECE KHLOE PER UNA BUONA VOLTA HA FATTO LA COSA GIUSTA.
Ha ragione, questo sarà l’inizio di un capitolo tutto nuovo per lei. Staremo a vedere cosa combineranno tutti e due insieme. Voi come li vedete?
Alla prossima, xhimmelx.



-Tu, invece… tu sì che ne vali la pena, e questa volta non sono qui per vederti scappare di nuovo.-

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Capitolo 18
*** Capitolo 18. ***




Capitolo 18.


 
 
Nonostante siano solo le otto del mattino, Violet non ha perso tempo per avvicinarsi a me, stamattina, e riempirmi di domande circa la mia “scomparsa” della sera precedente.
-Si può sapere che fine avevi fatto? Hai finito di lavorare alle otto e non ho avuto tue notizie per le successive tre o quattro ore, e ho dovuto persino mentire a tua madre!-   Mi ha chiesto infatti, parlando a bassa voce poiché le avevo chiaramente chiesto di rimanere indiscreta.
Così, a circa dieci minuti dall’inizio delle lezioni, mi vedo costretta a dirle la verità. Non che non avrei voluto farlo, è solo che… che non so come gestire una situazione così nuova per me. Né Violet né Elizabeth mi hanno vista davvero interessata a qualcuno dopo Grayson e, nonostante nessuna delle due sapesse quanto fossi innamorata di lui, potevano benissimo immaginare che qualcosa non andasse. Escludendo quelle poche volte in cui mi sono ritrovata a frequentare dei ragazzi senza essere davvero presa da loro, dunque, non mi è mai capitato di aprire l’argomento con loro. Insomma, le tipiche “chiacchierate tra ragazze” non sono il mio forte.
-Prima tu.-   Affermo quindi rivolta a Violet, puntandole l’indice contro e costringendola a confessare per prima.
-Già…-   Continua Elizabeth, reggendo fortunatamente il mio gioco.   –Che ci devi dire riguardo Nash?-
Possiamo immediatamente notare le guance della ragazza arrossire senza pudore e, nonostante lei sia tentata dal coprirsi il volto con le mani a causa dell’imbarazzo, io ed Effy le blocchiamo le braccia e la osserviamo insistentemente, finché non riusciamo a convincerla.
-Ci siamo baciati, alla festa di Taylor.-    Confessa finalmente, mentre un sorriso timido ma felice al tempo stesso fa capolino sul suo viso.
È adorabile e vorrei tanto dirglielo, se non fosse che vengo inaspettatamente distratta da un pensiero improvviso. Subito dopo aver ascoltato le parole di Violet, infatti, delle immagini di qualche sera prima che avevo completamente rimosso tornano a farsi pian piano più limpide e chiare. Certo, adesso ricordo: è stato questo a spingermi a fare il primo passo con Kian, il bacio fra Violet e Nash.
-È vero, adesso lo ricordo!-   Esclamo dunque, alzando le mani in aria in segno di vittoria e facendo imbarazzare ancor di più, se possibile, la ragazza al mio fianco.
-Quindi adesso voi…?-   Effy avanza poi i suoi dubbi, alla ricerca, chiaramente, di qualche conferma in più.
-Non stiamo insieme, ci stiamo frequentando.-   Spiega quindi Violet, mettendo in mostra uno sguardo fiero di sé.
-Tanto sappiamo tutte che non passerà molto prima di finire insieme.-   La stuzzico, lanciandole una leggera gomitata.
-Non tentare di cambiare discorso!-   Mi interrompe però Effy, con un’occhiata minacciosa in viso, per poi   -Adesso è il tuo turno.-    avvisarmi.
“E va bene” mi dico, “non può essere poi così imbarazzante”. Fornendomi di coraggio e sicurezza, quindi, punto gli occhi verso il pavimento bianco del corridoio ed accontento le mie amiche.
-Ero con Cameron, ieri sera.-   Confesso finalmente mentre, devo ammetterlo, sento il mio petto istantaneamente più leggero.
Sia Violet che Elizabeth sgranano gli occhi, ma la loro espressione sconvolta viene sostituita subito dopo da dei sorrisi soddisfatti ed entusiasti, come a dire “Te l’avevo detto”. So che Violet prevedeva questo momento da chi sa quanto, e so anche cosa sta pensando in questo istante, per questo voglio affrettarmi a smentire le sue folli costatazioni. Ancor prima di poterlo fare, però, vengo interrotta dalla sua vocina acuta.
-Mi stai dicendo che era una “fuga d’amore”, quella di ieri?-   Domanda ad alta voce, rischiando di essere sentita da tutti.
In un gesto veloce, tappo il prima possibile la sua bocca con una mano e la prego di non attirare l’attenzione di tutti. Solo quando riesco a calmarla, le rispondo.
-Dio, no.-   Rinnego dunque, in una risata incredula ed ironica.   –È un po’ più complicato di quello. Ad ogni modo, abbiamo parlato a lungo e…-
-E, proprio come avevo previsto io, sei caduta ai suoi piedi.-   Mi interrompe Violet, prendendomi quasi in giro.
Se non si trattasse di Violet, scapperei di certo per la vergogna. Ma è la mia migliore amica, e non ho più intenzione di tenerla all’oscuro di quello che succede nella mia vita. Da questo momento in poi.
-Smettila.-   La rimprovero comunque, ammonendola con una piccola pacca sul braccio.
-Quindi state insieme?-   Domanda però Elizabeth, non permettendo all’altra di ribattere.
Voltandomi verso di lei, rido di gusto a causa di quella che potrebbe sembrare una strana fissa. Dopodiché,   -Si, suppongo…-   affermo, con un pizzico di indecisione nella voce.
Stiamo insieme? Oserei dire che è molto più complicato di questo. Ma, in fin dei conti, non mi è mai importato delle etichette: io e Cameron stiamo bene insieme, abbiamo imparato a conoscerci man mano sempre di più e, nonostante ci siano ancora molte cose da scoprire l’uno dell’altra, non potremmo darci più di questo. È una relazione particolare, la nostra, ed è questo ciò che mi soddisfa.
-Bene, benvenute nel club, ragazze!-   Esclama comunque Elizabeth, riportandomi alla realtà.
Poi, provocando una risata sia a me che a Violet, poggia le sue braccia attorno al nostro collo. Sta per dirci qualcos’altro, ma tossisce all’improvviso e si ammutolisce per qualche strana ragione. Mi basta sollevare lo sguardo per poter incontrare quello di Cameron che, insieme ai suoi amici, si dirige verso di me a passo svelto. Un sorriso a trentadue denti arricchisce il mio volto, un sorriso che fino a pochi giorni prima non avrei mai pensato di rivolgergli. Non appena si ferma di fronte a me, quindi, non perdo neanche un secondo prima di spalancare le mie braccia e andargli incontro. Non mi interessa dell’imbarazzo che questo potrebbe provocarmi, né delle battutine che, senza ombra di dubbio, stanno uscendo dalla bocca delle mie amiche. Al contrario, stringo forte la sua t-shirt e, qualche secondo dopo, sollevo la testa così da poter incontrare le sue labbra. Cameron, però, mi precede e si affretta a lasciarmi un piccolo bacio a stampo, sorridendo nel frattempo.
Non appena mi distacco da lui, mi accorgo che Nash ha fatto più o meno la stessa cosa: lo trovo infatti accanto a Violet e, mentre mette un braccio attorno alle sue spalle, le lascia un bacio delicato sulla fronte. La mia attenzione viene però catturata da Matt che, proprio come gli altri, sbuffa rumorosamente e si prepara ad una delle sue solite battute.
-È meraviglioso ricordare di non avere una ragazza, grazie ragazzi!-   Esclama infatti ironico, mettendo in mostra un sorrisetto forzato ed annuendo falsamente.
-Va bene, sbrighiamoci! Abbiamo il test in prima ora!-    Lo interrompe però Brent che, a malincuore, ci riporta alla cruda realtà.   
Una serie di sospiri pesanti e lamentele seguono al suo avvertimento, in seguito al quale ci affrettiamo tutti a dirigerci verso la classe di letteratura. Spero che il mio studio con Cameron sia stato sufficiente a fargli prendere, almeno, una B. Insomma, alla fine ha persino letto il libro di sua spontanea volontà.
Quando entriamo in classe, quindi, non perdiamo tempo ad accomodarci ognuno nei nostri banchi e a salutare con dei sorrisi falsi la professoressa Myer, la quale non tarda a distribuire svelta i fogli. È un’ora di puro terrore, quella che abbiamo davanti. Lo si capisce dagli sguardi terrorizzati della maggior parte degli alunni e dalle penne che picchiettano fastidiosamente sui banchi.
Grazie al cielo, però, trascorre molto velocemente, forse anche troppo. Credo di aver fatto un buon lavoro, tutto sommato, ed è per questo che, subito dopo aver consegnato il test alla professoressa, esco dalla classe ed attendo i miei amici nel corridoio. Pochi minuti dopo vengo infatti raggiunta dagli altri e sono decisamente sollevata nello scorgere positività nei loro volti.
Non a caso,   -Brent, mi hai salvato il culo.-   sento dire a Matt, che trova subito l’assenso di Chris.  
-Già, amico!-   Esclama quest’ultimo, lasciando una pacca al moro.   –Se non fosse stato per i tuoi bigliettini avrei potuto consegnare in bianco.- 
L’atmosfera si alleggerisce all’istante, in quanto ci sentiamo tutti molto più rilassati. Persino Violet, che è la solita pessimista insicura, è convinta di aver superato il test. Mi concentro poi su Cameron che, mi accorgo, osserva gli altri con una finta ed ironica aria di superiorità che mi fa ridere immediatamente. Ripenso infatti alla prima volta in cui sono andata a casa sua e al pomeriggio che abbiamo trascorso, in puro silenzio, con i libri fra le mani. Beh, è stato produttivo. Leggendomi forse nella mente, Cameron fa qualche passo verso di me ed unisce le nostre mani, all’altezza del mio bacino.
-Grazie.-   Dice poi a bassa voce, come se il nostro fosse un segreto che non deve essere svelato.
Dopodiché, veloce come un lampo, mi lascia un piccolo bacio sulla fronte per poi voltarsi verso il resto del gruppo. In men che non si dica, comunque, siamo costretti a separarci. Salutando velocemente Cameron e gli altri, infatti, mi dirigo insieme ad Elizabeth ed Aaron verso la classe di storia, tentando di motivarmi ad arrivare a fine giornata più sveglia di uno zombie.
 
Quando finalmente la campanella che segna l’inizio dell’intervallo suona, mi affretto a dirigermi di fretta e furia verso il cortile esterno della scuola. Sarà per il recente arrivo della primavera e per il caldo che si fa sempre più intenso, da un po’ di giorni io ed i ragazzi abbiamo ripreso l’abitudine di ritrovarci qui, anziché a mensa. Non appena esco dall’edificio, infatti, non mi ci vuole molto prima di adocchiare il mio solito gruppo, in piedi all’ombra di uno dei tanti alberi.
-Sul serio, non vedo l’ora che arrivino le vacanze!-  
Sento immediatamente un lamento uscire dalla bocca di Thomas che, con un braccio attorno ai fianchi di Elizabeth, si dispera poiché, si sa, non è il tipico studente modello. E come biasimarlo.
-Ci saranno le vacanze di primavera, fra poco.-   Lo incoraggio quindi non appena mi inserisco nella cerchia, infilandomi quasi furtivamente sotto il braccio di Cameron.
Senza neanche ascoltare la risposta di Thomas, poi, sollevo lo sguardo verso quello del ragazzo e gli sorrido dolcemente, rimanendo nella stessa posizione per qualche secondo come a chiedergli un bacio. Non appena lo ricevo, sotto le espressioni divertite di tutti, mi sento decisamente meglio. È incredibile, vorrei quasi prendermi in giro per questo comportamento insensato ma, non avendo altro da fare, mi limito a riderci su.
-Oh, abbiamo dimenticato di dirglielo!-   Esordisce ad un certo punto Matt, che richiama l’attenzione di Cam, Chris e Nash con dei veloci pugni sulle spalle.
Vorrei proprio sapere di cosa sta parlando ma, per fortuna, trova subito il consenso dei suoi amici e svela a tutti la sua misteriosa proposta.
-Noi quattro partiamo in Messico la prossima settimana, per lo Spring Break, ma altri nostri amici si sono ritirati all’ultimo momento e… insomma, più siamo meglio è. Vi unite a noi?-
Sembriamo tutti istintivamente stupefatti dal suo invito, più di tutti Thomas che, fino a poco prima, avrebbe desiderato sentirsi dire una cosa del genere. Comincio ad immaginare, nella mia mente, come sarebbe partire insieme ad alcuni dei miei migliori amici e degli altri che… beh, potrebbero diventarlo. Non ho mai fatto molte vacanze al di fuori di quelle con mamma e papà, per questo mi riscopro totalmente entusiasta al solo pensiero di staccare per un po’ la spina da tutto. Dalla scuola, da casa, dal lavoro. Ne avrei davvero bisogno.
-È un’idea grandiosa!-   Esclamo quindi a distanza di pochi secondi, dando per prima il mio parere.
Dopodiché, osservo velocemente gli altri ed incontro assenso nei loro sguardi.
-Spero solo che il Kings Road me lo conceda.-   Aggiungo poi, tornando seria solo per un attimo.
Vedo contrariazione nel viso di Cameron, perciò mi preoccupo di tranquillizzarlo, almeno momentaneamente, carezzandogli lievemente la mano e rivolgendogli un sorriso incoraggiante. E, mentre mi guarda, riscontro nei suoi occhi il mio stesso desiderio.
È per questo che   -Li convincerò.-   lo rassicuro, sussurrando piano vicino al suo orecchio.
-Va bene, vi faremo sapere al più presto.-   Interviene a questo punto Aaron, eccitato tanto quanto Tom.
-Lo Spring Break è fra una settimana!-   Ci raccomanda tutti Nash, che osserva attentamente Violet a mo’ di minaccia.
Posso solo immaginare quanto vorrebbe fare questo viaggio insieme a lei. Accidenti, solo qualche giorno fa desideravo che qualcuno mi prestasse le stesse attenzioni che Nash rivolge alla mia migliore amica, ed il solo pensiero di poter dire che ad oggi non mi manca niente mi rende talmente felice, che potrei scappare anche adesso insieme a Cameron. Potremmo fare le valige e fuggire in Messico senza preavviso, guidando con l’auto per circa due giorni senza però mai stancarci del tragitto. Sarebbe così bello, ma credo di starmi dilungando fin troppo.
Le mie assurde fantasie vengono frenate dal suono della campanella, che segna la fine dell’intervallo e ci obbliga a tornare dentro. Improvvisamente più annoiati, infatti, ci dirigiamo all’interno dell’edificio a passo lento e pacato. Io e Cameron, però, rimaniamo indietro. O meglio, mentre io faccio per andare accanto a Violet ed Elizabeth, lui mi ferma afferrandomi la mano e mi trattiene al suo fianco.
-Sai quante cose potremmo fare insieme, in Messico?-   Sussurra piano al mio orecchio, tentando ancora una volta di non farsi sentire dagli altri.
Lo guardo improvvisamente torva, non sapendo bene come interpretare le sue parole. Per questo arrossisco un po’, sorridendogli imbarazzata e lanciandogli un piccolo schiaffo sul petto.
-Hey, mi riferisco alla città!-   Mi rimprovera però lui, facendomi subito ridere fragorosamente. Poi   -Sul serio, ti prometto che se vieni ti farò dimenticare di tutto per una settimana.-  aggiunge.
Le sue parole suonano più come una supplica fatta così da convincermi, ma io ci credo. Ci credo davvero. Perciò, senza pensarci su due volte, afferro il cellulare e compongo il numero della mia datrice di lavoro. So esattamente come convincerla.
 
 
 
 
 
XHIMMELX.
Buona domenica a tutti con un nuovo capitolo!
Allora, ho voluto scrivere una volta ogni tanto un capitolo di passaggio che, lo capisco, può risultare un po’ noioso e deludente (spero di no), ma da un po’ la prospettiva di come sono (o saranno) Cameron e Khloe insieme, nella loro quotidianità.
Sono ancora agli inizi, certo, però in Khloe è cambiato qualcosa. Aver ammesso a sé stessa di poter lasciarsi Grayson alle spalle per qualcun altro le ha dato una nuova prospettiva, ed è indubbiamente più felice adesso che ha Cameron (non solo più come aiutante anti-depressione lol).
Che poi ho voluto dare spazio qua e là a delle piccole cose, dei piccoli gesti come i sussurri all'orecchio o un bacio in fronte che per Khloe non sono di certo solo “piccoli gesti”.
Cooomunque, dopo questo capitolo di passaggio avremmo un cambiamento totale. I nostri personaggi andranno in trasferta in Messico! Ok, sì, sono innamorata del Messico e siccome non posso andarci perché sono povera ho pensato di farlo così, abbiate pietà di me.
Beh, spero di avervi incuriosite.
Ah, per tutti voi lettori silenziosi (ho capito che supplicarvi di recensire è inutile)… se vi va, potete trovarmi su Wattpad, il mio nick è sempre xhimmelx (https://www.wattpad.com/user/xhimmelx)
Alla prossima, xhimmelx!

 

-Sul serio, ti prometto che se vieni ti farò dimenticare di tutto per una settimana.-

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Capitolo 19
*** Capitolo 19. ***




Capitolo 19.


 
 
 
A distanza di una settimana, mi ritrovo insieme al resto del gruppo su un aereo diretto a Cancun, Messico, grazie a dei biglietti last-minute trovati online. È stato facile convincere mamma e papà, e persino la mia datrice di lavoro, alla quale ho dovuto naturalmente ricordare tutti quei mesi di lavoro in cui non ho mai chiesto delle vacanze. Un punto a mio favore che, forse, più che me ha reso felice Cameron.
Sono seduta al suo fianco, infatti, ed è da gran parte del volo che mi parla di tutto quello che Cancun ha da offrire, mandando al diavolo la mia intenzione di dormire. Ad ogni modo, mi ha incuriosita talmente tanto che, nel corso dei giorni precedenti, non ho fatto altro che cercare immagini di Cancun su Google e, devo dirlo, capisco benissimo perché sia una delle principali mete durante lo Spring Break. Per questo ho delle enormi aspettative da questa vacanza e, grazie a quelli che posso finalmente definire i miei nuovi amici, sono sicura di non rimanerne delusa.
 
Non appena l’aereo atterra, decidiamo di chiamare un taxi che ci porti dall’aeroporto all’hotel che, me ne accorgo già vedendolo da lontano, è decisamente oltre gli standard. Mi basta metterci piede dentro per desiderare di non andar più via: è un edificio gigantesco, dalla forma stranamente piramidale e con delle immense pareti bianche piene di finestre a vetro. Si affaccia naturalmente alla spiaggia ma, ancor prima di questa, presenta un mucchio di alberi, ombrelloni e diverse piscine, grandi e piccole. È da mozzare il fiato.
Una volta dentro, una coppia di addetti ci dà il benvenuto all’hotel e ci augura una buona permanenza, dandoci poi le chiavi delle nostre stanze. Per quanto riguarda la mia, con due letti matrimoniali, la condividerò con Cam, Nash e Violet, poiché né lei né Elizabeth hanno voluto rinunciare ai propri ragazzi.
-Non siamo ancora arrivati a quel punto!-   Rimprovero comunque Cameron ancor prima di aprire la porta, sussurrandogli all’orecchio con tono divertito e severo al tempo stesso.
-Tranquilla, non saremo mica soli.-   Ribatte lui, prendendo fortunatamente con leggerezza questa storia e lasciandomi un bacio sulla guancia a mo’ di rassicurazione.
Vengo però subito distratta da ciò che mi si para davanti, poiché questa stanza, come il resto dell’hotel, è magnifica. Decisamente fin troppo accogliente, ma credo che mesi e mesi di lavoro e guadagni messi da parte ne siano valsi la pena. Le pareti, così come il pavimento, sono di un beige chiarissimo e si aprono in una grande porta vetrata che si affaccia al mare. I letti, in legno e con delle lenzuola bianche e azzurre, mi sembrano così morbidi che vorrei immediatamente saltarci su. Il mobilio, comunque, è anch’esso tutto in legno, in contrasto con la tv a schermo piatto sicuramente più moderna. Ma non è finita qua: al di là della porta vetrata si apre un piccolo balcone, nel quale intravedo un tavolino e delle sedie messe apposta per godersi la vista.
Lancio un’occhiata soddisfatta ed entusiasta a Cameron, Nash e Violet e mi lascio subito scappare un sorriso perché, in quelle poche vacanze che mi sono ritrovata a fare, non ho mai visto nulla di così bello. Mi affretto poi a raggiungere il balcone e, dopo aver ammirato a lungo il mare di un azzurro acceso e la spiaggia che sembra infinita, mi accorgo che, in una parte leggermente più riparata, vi è letteralmente una vasca da bagno in marmo. Non posso fare a meno di immaginarmi immersa in quella vasca, col corpo interamente coperto di acqua ed il cielo stellato al di sopra di me.
Vengo però risvegliata dalla mano di Cameron che mi cinge inaspettatamente i fianchi, facendomi quasi sussultare. In men che non si dica, ci ritroviamo tutti e quattro affacciati dal balcone, con le braccia poggiate sulla ringhiera mentre osserviamo ancora una volta il panorama.
-Ragazzi…-    Dice poi Nash, in un sospiro ricco di sollievo.   –Godiamoci questo Spring Break!-    Esclama poi a mo’ di invito, trovando naturalmente l’assenso di tutti attraverso delle urla di felicità.
 
Senza perdere tempo, nel pomeriggio raduniamo l’intero gruppo, svegliando pesantemente gli altri che si erano già addormentati, e ci mettiamo d’accordo sul da farsi. Abbiamo un listino che Matt ha preso all’ingresso dell’hotel che riporta tutti gli eventi che si svolgeranno nel corso dello Spring Break e alla fine, indecisi fra l’una e l’altra cosa, optiamo per quella che dovrebbe essere una discoteca all’aperto. Si tratta di un dj set al quale, evidentemente, Chris e Matt non vedono l’ora di andare, così ci dichiariamo d’accordo e lasciamo l’hotel alle cinque del pomeriggio.
Non appena scendiamo per strada, sentiamo già da lontano una musica assordante che rende tutti ancora più entusiasti. Ci avviciniamo così alla spiaggia e, guardandoci per un po’ attorno, troviamo con non molte difficoltà la nostra meta: vi è un piccolo palco innalzato sulla sabbia, sormontato da enormi casse e circondato da centinaia di persone. Sul palco, inoltre, il dj ha già iniziato a suonare e fa muovere tutti al ritmo della sua musica. Non amo questo tipo di cose, in genere, né le feste strapiene di persone né il fastidio di questo tipo di musica. Tuttavia, qui a Cancun dà tutto un altro effetto: qui, osservando così tanta gente con le mani in aria sotto la luce del sole cocente, chi in costume chi con dei vestiti che lasciano scoperta più della metà del corpo, non posso fare a meno di divertirmi anch’io. E, a quanto pare, tutto il resto del gruppo si trova d’accordo con me, dal momento in cui i miei amici non perdono neanche un secondo per inoltrarsi fra la folla. Cameron mi afferra infatti la mano a causa della troppa confusione e segue a passo svelto gli altri, finché non arriviamo all’esatto centro del pubblico.  
Senza neanche pensarci su due volte, cominciamo una danza che di usuale non ha proprio nulla. Alziamo tutti le mani in aria a ritmo di musica e, venendo spronati dal dj, urliamo più forte che possiamo. Bastano quindi pochi minuti prima che l’atmosfera si faccia ancora più festaiola e carica di energia, a tal punto da non farmi prestare attenzione neanche a quegli idioti che non fanno altro che spingermi a destra e a sinistra.
Al contrario, osservando prima Violet e Nash, Tom ed Elizabeth e poi gli altri ragazzi che sono già andati alla ricerca di qualche compagna, decido di concentrarmi a mia volta su Cameron. Poggio dunque le mia braccia sulle sue spalle, accerchiandogli il collo e portando le mani sui suoi capelli, mentre lui posiziona le sue sui miei fianchi con una presa decisamente salda, come se avesse paura di perdermi tra la folla. Il mix del dj muta pian piano, trasformandosi in un’altra canzone che riconosciamo all’istante. Non appena la voce di Drake esce dalle casse, infatti, lancio a Cameron un’occhiata d’intesa e lui fa lo stesso. Mi ricordo immediatamente di quella volta in cui, in macchina insieme, la stessa canzone è passata alla radio e Cam ha cominciato a cantare a squarciagola, dalla prima all’ultima nota, mentre io mi sono limitata a guardarlo divertita.
Vengo riportata alla realtà dal braccio del ragazzo che accerchia velocemente il mio busto, nel tentativo di portarmi ancora più vicina a sé e, quando ci riesce, elimina quasi del tutto le distanze fra di noi. Fa dunque sfiorare le nostre labbra e, ancor prima di baciarmi, allarga le sue in un ampio sorriso, quello di chi non chiede nient’altro dalla vita. Poi mi bacia, ed è un momento magnifico: mentre tutti attorno a noi continuano a ballare scatenati, ignorando la nostra presenza attraverso le loro urla ed i loro spintoni, io e Cam rimaniamo qui, completamente immobili, muovendo solo ed esclusivamente le nostre labbra che si scontrano pian piano. È come se il tempo si fosse improvvisamente fermato, non facendoci più comprendere se tutto ciò fosse reale o meno, tant’è vero che mi sembra di essere finita senza preavviso in una specie di sogno. Quando però mi rendo conto che sì, siamo davvero in questa spiaggia circondati da così tanta gente, una sensazione di pienezza si impadronisce del mio corpo e mi porta ad allontanarmi un po’ da Cameron: sotto lo sguardo incuriosito di lui, poi, aggancio la mia mano alla sua e lo trascino con qualche piccola difficoltà al di fuori della folla. Prova a domandarmi qualcosa avvicinandosi al mio orecchio, ma non riesco a comprenderlo a causa della forte musica ancora troppo vicina a noi. Quando finalmente ci troviamo al di fuori di quella massa irrefrenabile di persone, lo osservo per un solo breve secondo.
-Ti sei stancata?-    Mi chiede lui, parlando ancora ad alta voce.
Il sorriso sul mio volto gli dice però il contrario, per questo non ho assolutamente bisogno di rispondergli. Al contrario, intreccio ancora più forte le mie dita fra le sue e comincio a correre più velocemente che posso. Mi faccio largo fra una persona e l’altra, trovando adesso una folla decisamente meno caotica di quella precedente, e porto insieme a me Cameron senza alcuna precisa meta. Lui, però, sta al mio passo senza fare alcuna domanda, ed è proprio questo quello che più apprezzo di lui: in questo istante, così come in molti altri, asseconda le mie follie senza chiedersi perché, senza guardarmi come se fossi pazza o come se stessi parlando a vanvera. Cercando invece di capirmi ed essendo comprensivo non appena ci riesce. Percepisco l’aria fresca colpirmi quasi con violenza a causa della mia andatura troppo veloce, i raggi quasi bollenti del sole poggiarsi sulla mia pelle e provocarmi una forte sensazione di caldo ed il rumore del mare raggiungere rilassato le mie orecchie. Assaporo tutto questo con la massima concentrazione, trovandola la cosa più bella di sempre.
Comincio a rallentare la mia corsa non appena mi trovo man mano più vicina alla riva, in una zona della spiaggia un po’ più isolata. Qui vedo infatti solo dei piccoli gruppi di persone che passeggiano tranquillamente, senza fretta o confusione, e stacco quindi la mia mano da quella di Cameron. Non appena sono libera, faccio qualche altro passo per allontanarmi ulteriormente dal ragazzo e, mentre mi volto verso di lui, spalanco le braccia e finalmente mi fermo. Ho gli occhi chiusi perché voglio godermi al massimo questo istante, voglio continuare ad ascoltare la musica che proviene da lontano e lasciarmi andare. Quando poi li riapro, scorgo uno sguardo curioso sul viso di Cameron che, a dirla tutta, mi guarda come se fossi la creatura più bella di questo mondo. Ed è un po’ così che mi sento, per la prima volta in assoluto: mi sento talmente bella e semplice che mi chiedo come sia stato possibile, in precedenza, credere di non essere all’altezza di un altro qualsiasi ragazzo. Capisco comunque che Cameron non oserà farmi alcuna domanda finché non sarò io a concederglielo, così mi decido una volta per tutte a dargli le dovute spiegazioni.
-Non la senti?-   Chiedo dapprima, alzando lentamente la testa in aria, verso il cielo che si fa pian piano arancione.
-Cosa?-   Mi domanda però lui confuso, avvicinandosi di nuovo a me.
Rido liberamente per la sua ingenuità, per poi rispondere.   –Questo… questa sensazione che la vita ti stia scorrendo dentro, la consapevolezza di star vivendo appieno e sentirsi appagati. Non è fantastico?-
Gli occhi di Cameron si illuminano all’improvviso, e so che non avrei potuto ottenere la stessa reazione da qualsiasi altro ragazzo. È come se mi avesse capita al volo, come se in seguito alle mie parole anche lui si fosse scoperto soddisfatto di tutto ciò. So che non mi ritiene una pazza, né tantomeno una lagna che con i suoi discorsi filosofici è pronta ad annoiarti da un momento all’altro. So che per lui questo ha la stessa importanza, lo stesso valore che gli attribuisco io, e lo leggo proprio sul suo viso, un viso arricchito di compiacimento ed entusiasmo. Senza dire niente, infatti, fa qualche altro passo verso di me e mi abbraccia, stringendomi con quanta più forza possibile. Non ci siamo mai veramente abbracciati io e lui, non come stiamo facendo adesso perlomeno: stavolta non c’è tristezza nel nostro contatto, né lacrime o timore. È un abbraccio fatto solo di cose belle, le più belle di questo mondo. Quando Cameron mi ha promesso che mi avrebbe fatta sentire meglio, in pace con me stessa, non ci avevo davvero creduto. Avevo semplicemente riposto le mie speranze nelle sue parole, senza però crederci davvero. Adesso, però, mi sta dando prova di essere stato sincero sin dal primo giorno, sin da quando è venuto a cercarmi in tutti i bar vicini alla mia fermata, finché non mi ha trovata e mi ha restituito l’agenda.
A distanza di qualche minuto, mi ritrovo ancora stretta fra le sue braccia. Sento la sua pelle calda attorno al mio collo nudo, il suo naso e le sue labbra schiacciati contro di esso ed il suo respiro lento e calmo che incontra la mia pelle. Io, al contrario, stringo forte il tessuto della canottiera con una mano, mentre con l’altra gli carezzo la schiena. È lui il primo a staccarsi, allontanando di poco il suo viso e fissando gli occhi sui miei. Poi, senza prima proferir parola, lascia dei piccoli baci a stampo sulle mie labbra. Uno, due, tre, quattro svelti ed innocenti baci che lasciano trasparire tutta la dolcezza che cela al suo interno. Poi, finalmente, dice qualcosa.
-Ti ho promesso che ti avrei fatto dimenticare ogni tuo problema, ma sul serio Khloe… Sei tu che stai aiutando me a farlo, senza neanche rendertene conto.-    Sussurra, facendo incontrare le nostre fronti.
Non posso fare a meno di sorridere alla sua affermazione, scoprendomi ancora più soddisfatta di qualche secondo prima. Non ho idea di che tipo di problemi stia parlando Cameron, ma so che non ho bisogno di insistere ancora una volta, so che sarà lui a parlarmene quando e se vorrà. In questo momento, mi basta quello che già abbiamo.
-Dimmi quanto mi ami, Cam.-   Lo prego quindi a mo’ di supplica, senza neanche poter controllare le mie parole.
Cameron sorride dal canto suo e la sua espressione si raddolcisce all’istante, consapevole che non ci sia alcuna forma di egocentrismo nella mia preghiera.
-Troppo, Khloe.-   Afferma dunque accontentandomi, aggiungendo poi   -Abbastanza da non averlo potuto evitare.-
Mi sento subito piena di felicità, come se rischiassi di esplodere da un momento all’altro a causa dei troppi sentimenti che si stanno accumulando dentro di me.
-Ti prometto che un giorno ti amerò anch’io in questo modo, tanto quanto meriti.-   Lo rassicuro poi, trovando nella mia voce più sicurezza di quanto mi aspettassi.   –Ho solo bisogno di tempo.-
Cameron annuisce dolcemente, sapendo che questo non significa assolutamente che i suoi sentimenti non sono ricambiati. Poi, molto velocemente, la sua espressione di tranquillità diventa molto più sospettosa, un enorme sorriso compare sul suo volto e gli occhi si spostano furtivi sul mio corpo.
-Nel frattempo, divertiamoci.-   Esordisce dunque, lanciandomi uno sveltissimo bacio sulla guancia e prendendomi in braccio subito dopo.
Senza che neanche me ne renda conto, mi ritrovo infatti a pochi metri dalla sabbia e, con le braccia attorno al collo di Cameron, vedo quest’ultimo correre ed avvicinarsi sempre di più al mare. Siamo vicinissimi alla riva, tant’è vero che in pochi secondi i suoi piedi toccano violentemente l’acqua e fanno finire gli schizzi sul mio corpo. Siamo entrambi ancora vestiti ma, nonostante avremmo potuto spogliarci per lasciarci addosso solo i costumi, nessuno di noi presta importanza a questo dettaglio, né io mi ribello alla sua forte presa su di me. So che sarebbe una battaglia persa in partenza. Così, volgendo lo sguardo verso l’orizzonte, mi ritrovo in breve con l’intero corpo sommerso sott’acqua, poiché Cameron si è tuffato senza preavviso. Quando esce la testa dall’acqua, poi, stringe di nuovo le braccia attorno al mio bacino e fa incrociare le mie gambe attorno al suo usto, così da farmi completamente dipendere da lui. Tutto d’un tratto, però, inizia un inspiegabile conto alla rovescia, al termine del quale fa sprofondare la mia testa nel fondale. Per fortuna ho accumulato fiato a sufficienza per poter resistere per diversi secondi ma, non appena ritorno a galla, non perdo un attimo prima di potergli schizzare contro quanta più acqua riesca a sollevare. Inizia così una sorta di guerra fra di noi, fatta di talmente tante risate che quasi mi manca il respiro. Alla fine, però, vado di nuovo sott’acqua e, scomparendo dalla vista di Cameron, nuoto finché non mi avvicino del tutto al suo corpo. Quando sono dunque abbastanza vicina alla sua schiena, sbuco senza preavviso dalla superficie del mare e, facendolo sicuramente spaventare, mi aggrappo velocemente alle sue spalle, per poi lasciargli un rumoroso bacio al lato del collo.
Vorrei rimanere qui per sempre.
 
 





 
 
XHIMMELX.
Salve a tutti e buona domenica!
Allora, capitolo parecchio importante questo. In caso non l’aveste notato, qualcosa è decisamente cambiato in Khloe, naturalmente grazie a Cameron. Non è solo perché stanno insieme -da solo una settimana, eh- piuttosto per quello che lui scatena in lei.
Prendete la scena in spiaggia, ad esempio: Khloe si sente viva e soprattutto bella, non solo fuori ma anche dentro. Sente che finalmente lei ne vale la pena, cosa che aveva completamente escluso da quando Grayson l’aveva delusa.
E poi quanto può essere dolce Cameron? Ci sta mettendo tutto se stesso in questa relazione.
Insomma, questo viaggio in Messico non è solo divertimento ma anche una piccola rinascita. E poi il gruppo si unirà sempre di più, eheh.
Ah, fra l’altro siamo sempre più vicini alla fine, in quanto la storia ha 26 capitoli in totale. Quindi potrebbe succedere di tutto durante questo viaggio.
Beh, staremo a vedere.
Alla prossima, xhimmelx.



-Ti ho promesso che ti avrei fatto dimenticare ogni tuo problema, ma sul serio Khloe… Sei tu che stai aiutando me a farlo, senza neanche rendertene conto.-  

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Capitolo 20
*** Capitolo 20. ***




Capitolo 20.


 
 
 
La seconda sera a Cancun si rivela essere migliore della precedente. Mentre ieri abbiamo deciso di tornare in hotel subito dopo cena per la troppa stanchezza, limitandoci a starcene per un po’ in piscina, oggi abbiamo in programma una festa organizzata proprio per coloro che partecipano allo Spring Break. È stato Taylor a decidere per tutti, a dire la verità, ma non abbiamo pensato neanche per un secondo di rifiutare.
Si tratta di una festa a tema “Olimpo”, inizialmente un po’ bizzarro e fuori luogo ma, dopo averci pensato su, ci siamo detti che non sarebbe stato poi così male. Proprio per questo, ho lasciato la stanza d’hotel con addosso un semplice e lungo abito bianco che fortunatamente possedevo già, arricchito con qualche accessorio color oro ed una treccia ai capelli, nel tentativo di avvicinarmi almeno lontanamente ad una dea greca. I ragazzi, invece, si sono limitati ad utilizzare i primi abiti bianchi trovati nella valigia.
Alle dieci di sera, quindi, mi trovo insieme al resto del gruppo in un minivan che ci conduce al piccolo resort in cui si terrà la festa. Si ferma infatti dieci minuti più tardi e, dopo aver ricevuto il denaro da parte nostra, corre via lasciandoci davanti quello che all’apparenza sembra solo un piccolo complesso di case dai tetti rigorosamente rossi. Non appena raggiungiamo il retro, però, scopriamo che è qui che sta la magia: ogni singolo appartamento circonda quella che dovrebbe essere la piscina centrale, lasciando spazio anche ad un grande prato verde arricchito con decine di tavolini, un paio di chioschi in stile hawaiano ed un enorme scivolo acquatico. Poiché il tema è l’Olimpo, però, l’atmosfera è abbellita da un insieme di luci gialle soffuse, che corrono lungo i tetti, lungo il bordo piscina e sul prato, da dei fiori di loto che galleggiano in acqua ed una musica che, almeno per ora, sembra essere rilassante. La gente, inoltre, è vestita tutta come noi e molti dei maschi hanno deciso di rispettare il codice di abbigliamento più di quanto abbiano fatto Cameron, Nash e gli altri.
A proposito, non perdiamo nemmeno un secondo prima di dirigerci laddove è concentrata la maggior parte della folla, in una zona del giardino in cui, lo scopriamo dopo, dei ragazzi si stanno già divertendo ad ingozzarsi di birra in delle strane posizioni. Mi chiedo come facciano a non strangolarsi, messi a testa in giù, ma poiché non voglio scoprire la risposta seguo gli altri e mi allontano anch’io. Al contrario, ci avviciniamo al chiosco nella speranza che qui ci sia qualcosa di più tranquillo. Nonostante ci troviamo costretti a fare una fila parecchio lunga, infatti, non vi è nessuno di così scatenato a differenza di poco prima. Il nostro turno arriva, finalmente, dopo circa quindici minuti, così da permetterci di ordinare i nostri cocktail ed allontanarci poi dal chiosco. Con in mano la mia cara dose di Jegermeister e redbull che sorseggio pian piano con la cannuccia, mi posiziono insieme agli altri vicino alla piscina e formiamo in pochi secondi un piccolo cerchio.
-Ragazzi!-  
La voce di Aaron richiama l’attenzione di tutti e, non appena alza in aria il suo bicchiere, comprendiamo al volo le sue intenzioni.  
–A questa vacanza!-   Esordisce infatti non appena ottiene il risultato desiderato, ascoltandoci poi mentre ripetiamo a squarciagola le sue stesse parole.
Dopodiché, cominciamo a bere come se non ci fosse un domani. O meglio, io alterno dei sorsi dal mio bicchiere di plastica a dei baci a stampo lasciati sulle labbra di Cameron, il quale spesso e volentieri mi cerca con lo sguardo fra tutti i nostri amici. Dopo qualche minuto, perciò, mi metto al suo fianco e accerchio il suo busto con il mio braccio, mentre lui fa lo stesso con le mie spalle.
Passiamo gran parte della serata in questo modo, stretti l’un l’altro ma senza naturalmente vietarci il divertimento. Non appena la musica si trasforma infatti in qualcosa di più movimentato, ottenendo come risultato un urlo collettivo da parte di tutti i presenti, io e Cameron ci inoltriamo tra la folla insieme al resto del gruppo. Con il terzo drink fra le mani, proprio come gli altri, comincio a ballare alzando in aria la mano libera e sorseggiando pian piano il liquido arancione nel bicchiere, facendo attenzione a non farlo cadere. Quando poi finalmente me ne sbarazzo, lo butto via e mi concentro completamente su Cameron. Riproducendo quasi la stessa scena del pomeriggio precedente, metto le braccia attorno al suo collo e lascio che il mio corpo si muova al ritmo della musica. Sarà forse per i tre cocktail bevuti nel giro di poco più di un’ora che dò inizio a dei movimenti forse troppo sensuali per me, mentre avvicino ancora di più il mio corpo a quello di Cameron ed unisco i nostri bacini. Tuttavia non provo neanche un briciolo di imbarazzo e, forse per questo, procedo strusciandomi quasi contro di lui, facendo comunque attenzione a non risultare troppo volgare. Tutto questo a lui sembra piacere e quindi, ritenendomi soddisfatta di me stessa, gli lancio un’occhiata un po’ maliziosa e lo stuzzico, portando le sue mani sul mio fondoschiena. Lascio che sia Cameron a scendere man mano sempre di più, e quando arriva al mio sedere, gli do il permesso di rimanere nella stessa posizione per quanto tempo desidera. Continuiamo infatti a ballare senza scollarci l’uno dall’altro, scoprendo poi che non siamo di certo l’unica coppia affiatata in mezzo a tutta questa gente e procedendo quindi senza imbarazzo. Anzi, gli rivolgo un piccolo sorriso prima di lasciargli un bacio sulla bocca, un bacio che a distanza di pochi secondi si fa già più movimentato. Le sue labbra si muovono infatti contro le mie ad una velocità lenta ma decisamente intensa, lasciando poi entrare la mia lingua facendola scontrare con la sua, fredda a causa del ghiaccio nei cocktail. Forse proprio per questa sensazione di freddo, il mio corpo si riempie immediatamente di brividi e mi vedo sempre più sciolta nei confronti di Cameron. Quando le sue labbra si allontanano quindi da me, avvicino le mie al suo collo e, comprendendo all’istante quanto sensibile sia per lui quel punto, non mi fermo finché non faccio comparire una piccola macchia violacea sulla sua pelle. Sento Cameron gemere leggermente mentre lascia trasparire tutta la sua goduria e, quando termino, lo guardo finalmente negli occhi. Lui mi osserva inizialmente stupito, ma si lascia andare subito dopo e sul suo viso compare un’espressione di assenso.
-Piccola, non credevo fossimo arrivati già a quel punto.-   Mi stuzzica dunque, prendendomi chiaramente in giro nel ripetere le mie stesse parole. Tuttavia, nella sua voce non vi è nessun tocco di superiorità o presunzione.
-Beh, starò attenta a non esagerare.-   Lo rassicuro io, facendogli l’occhiolino.
Dopo avermi osservata soddisfatto, poi, Cameron mi afferra la mano e mi porta al di fuori della folla.  
–Prendo qualcos’altro da bere, ho la gola asciutta.-   Mi informa, una volta abbandonata la confusione.    –Tu che vuoi?-
-Un Long Island.-   Rispondo prontamente, nonostante la mia vocina interiore mi stia consigliando di non mischiare troppi drink diversi.
Cameron si dirige immediatamente al chiosco con meno gente ed io rimango sola, in una zona del giardino fortunatamente meno affollata. Mi avvicino quindi ad uno dei tavolini bianchi vuoti e poggio in esso la mia pochette, che per tutto il tempo ho tenuto con me per la troppa paura che me la rubassero. Per ammazzare il tempo, esco fuori il mio telefono e, trovando diversi messaggi che solo più tardi leggerò, mi accorgo che sono già quasi le due di notte. Non appena lo ripongo nella borsetta e sollevo lo sguardo, noto però uno sconosciuto avvicinarsi a passo felpato verso di me con un’espressione furtiva. Immagino già nella mia testa il tipico cliché di un flirt mal riuscito e mi preparo quindi a rifiutarlo a dovere.
Non a caso, non appena si avvicina al mio tavolo,   -Come mai sola?-   mi domanda, volendo forse risultare gentile e premuroso.
-Sto aspettando il mio ragazzo.-   Lo rassicuro all’istante, nel tentativo di far crollare ogni sua singola speranza.
A questo punto, mi aspetto chiaramente che lui insista e mi inviti a ballare. Eppure non sento parole simili fuoriuscire dalle sue labbra. Al contrario, mi ritengo parecchio stupita.
-Beh, forse tu e il tuo ragazzo volete divertirvi un po’.-   Mi punzecchia infatti, ottenendo solo confusione da parte mia.
Lo osservo infatti con un’espressione insicura e leggermente curiosa, vedendolo estrarre qualcosa dalla tasca dei suoi pantaloni. Una volta fatto ciò, mi para davanti una piccola bustina trasparente contenente quelle che di certo non sono delle semplici sigarette, bensì tre canne già preparate. La mia espressione si arricchisce immediatamente di disgusto e contrarietà perché, nonostante io sia stata sempre circondata da persone che fumano, non ho mai avuto la voglia o la curiosità di farlo anch’io.
-No, grazie.-   Rifiuto immediatamente l’offerta del ragazzo, aggiungendo inoltre di non avere soldi per pagarlo.
-Sei proprio sicura?-   Insiste però lui, incitandomi con il suo sguardo determinato.
A questo punto, non mi resta che sbuffare spazientita e smettere di prestargli attenzione, con la consapevolezza che prima o poi andrà via. Incrocio quindi le braccia al petto e scosto lo sguardo da lui alla piscina di fronte a me, sicuramente più interessante.
-Va bene, come non detto.-   Gli sento dire dopo meno di un minuto, sorpresa che si sia arreso così facilmente.
Appena un attimo dopo, mentre vedo il ragazzo andar via, Cameron torna da me con due bicchieri in mano ed uno sguardo stranito.
-Chi era quello?-   Mi domanda con la fronte aggrottata, mentre mi porge il mio drink.
-Solo uno che tentava di vendermi dell’erba, ma è andato subito via.-   Lo tranquillizzo quindi, facendo già un primo sorso dal cocktail.
È molto forte, e l’effetto si sente immediatamente nella mia gola che comincia subito a bruciare contrariata. Il piccolo dettaglio che questo sia l’ennesimo di una “lunga” serie, poi, non aiuta di certo ad ingerirlo meglio. Eppure non sembro prestare attenzione a questi piccoli particolari e, sapendo di poter resistere ancora per un po’ prima di ridurmi come alla festa di Taylor, continuo a bere all’apparenza indisturbata.
Nel frattempo, io e Cameron abbiamo deciso di sederci almeno per un po’ al tavolo, io con la necessità di far riposare i piedi, lui con il desiderio di accontentarmi. Anziché sedermi sull’altra sedia libera, però, vengo incitata da lui ad accomodarmi sulle sue gambe e così, in men che non si dica, mi ritrovo sulle sue cosce, con le sue mani a cingermi la vita ed il suo viso poggiato sulla mia spalla.
-Ti stai divertendo?-   Gli domando a questo punto, voltandomi il più che posso verso di lui.
-Certo.-   Conferma lui di rimando, lasciandomi subito dopo un delicato bacio sulla guancia e facendomi nascere le farfalle sullo stomaco, come se questa fosse la nostra prima volta insieme.
Quando, poco dopo, finisco il mio Long Island con qualche leggero giramento di testa in più, ignoro lo stomaco che mi brucia giusto un po’ e chiedo a Cameron un altro drink.
-Credo che tu abbia bevuto abbastanza.-   Mi corregge però lui, togliendomi di mano il bicchiere ormai vuoto.
Nonostante io mi voglia dimostrare contrariata, so che ha ragione e mi arrendo alla sua volontà, limitandomi a rivolgergli un sorriso raddolcito.
-Come vuoi.-   Sussurro infatti, per poi   -E tu?-  stuzzicarlo.
-Lo stesso vale per me, a meno che tu non voglia vedermi baciare qualche ragazza a caso.-   Risponde prontamente, facendo palesemente riferimento a me e quel suo amico alla festa di Taylor. Kian, credo si chiamasse così.
Mi affretto quindi a lanciargli un leggero schiaffo sul petto e, sapendo di non averlo colpito con violenza, lo osservo a mo’ di sfida. O, per meglio dire, lo avverto di non fare i miei stessi errori. Come a voler smentire i miei stupidi dubbi, Cameron non perde un secondo prima di afferrarmi velocemente il viso e darmi un bacio a fior di labbra, facendomi immediatamente ridere.
Pochi minuti dopo, veniamo raggiunti dal resto del gruppo che si para davanti a noi.
-Ragazzi, stiamo andando via. Voi venite?-    Ci informa Brent, con al seguito una ragazza mai vista prima.
Mi congratulo mentalmente con lui, lanciandogli un’occhiata furtiva, poi mi rendo conto che anche tutti gli altri ragazzi sono in piacevole compagnia.
-Si, arriviamo.-   Dice comunque Cameron fra una risata e l’altra, facendomi alzare dalla sedia e tornando subito dopo a stringermi la mano.
Ci dirigiamo tutti verso l’esterno del resort, dove vi è già il taxi ad attenderci. Chris ci fa sapere infatti di averlo chiamato poco prima di averci avvisati, ottenendo dei ringraziamenti da parte mia.
A dieci minuti di distanza, ci ritroviamo quindi di fronte all’ingresso dell’hotel, già pronti a raggiungere la hall. Veniamo però bloccati dalla voce di Violet che, forse più allegra del solito, richiama la nostra attenzione.
-Noi andiamo a fare una passeggiata in spiaggia, volete venire?-   Ci propone quindi, indicando con l’indice Nash al suo fianco.
La risposta, naturalmente negativa, arriva spontanea da parte di tutti, sia perché è palese che i due piccioncini vogliano rimanere un po’ soli, sia perché i ragazzi hanno altro da fare con le loro nuove amiche. Ridendo, dunque, mi incammino verso l’ingresso e, entrando insieme a Cam e qualcun altro in ascensore, raggiungo il mio piano.
Non appena mi richiudo alle spalle la porta della mia stanza, mi ritrovo completamente sola con Cameron. La testa mi gira ancora un bel po’ a causa dell’alcol, per questo non perdo tempo per togliermi i tacchi e gli accessori di dosso. Poi, notando il ragazzo chiudersi in bagno, ne approfitto per spogliarmi del tutto, togliendomi con qualche piccola difficoltà il lungo abito bianco e rimanendo in intimo. Prendo di fretta una maglietta parecchio larga dalla mia valigia, in modo tale da avere il sedere coperto, e mi sdraio subito dopo sul letto, rimbalzando a causa della forte caduta. Pochi secondi dopo, Cameron esce dal bagno e mi raggiunge a passo lento.
-Tu vai nell’altro letto.-   Lo avverto all’istante, indicando con la mano l’altro materasso vuoto.
Cameron mi rivolge subito un’occhiata stralunata e confusa e il solo pensiero che possa avermi davvero presa sul serio mi fa ridere a crepapelle. Poco dopo, però, torno seria e lo prego di prendere la mia pochette, posta vicino la tv, e, non appena me la passa, la svuoto estraendone telefono, rossetto, soldi e tutto il resto. Quando credo che questo sia tutto, però, un piccolo particolare cade sotto i miei occhi: passando una mano all’interno della borsetta, infatti, tocco un qualcosa di irriconoscibile, qualcosa di plastificato. Lo afferro velocemente e, non appena lo tiro fuori, noto nelle mie mani la dannatissima bustina di canne che quello stupido ragazzo aveva cercato di vendermi alla festa. Cameron mi osserva stupito, finendo già a chi sa quale conclusione, per questo decido di rassicurarlo subito e togliere ogni dubbio dalla sua mente.
-Ti ricordi quel tipo strano alla festa? Deve avermela messa di nascosto nella borsa.-   Gli spiego quindi, risultando confusa proprio come lui.
-Beh, evidentemente ha solo voluto sbarazzarsene senza importarsene dei soldi.-   Mi fa notare Cameron, facendo spallucce.
E, ripromettendomi di gettarla via non appena mi allontanerò da questo hotel, ne approfitto della bizzarra situazione per continuare a stuzzicare il ragazzo, proprio come alla festa.
-Aveva detto che avremmo potuto divertirci, con questa.-    Gli riferisco, lanciandogli un sorriso malizioso poco modesto.
Cameron si scopre immediatamente contrariato alla mia proposta, soddisfacendo naturalmente le mie aspettative. Non avevo di certo intenzione di fumare per la prima volta stasera, coinvolgendo persino lui.
Senza fare scomparire il sorriso dal mio volto,   -Possiamo divertirci anche senza.-   dico, in un invito per niente casto.
Dopodiché, afferro con delicatezza la mano di Cameron, ancora in piedi vicino al letto, e lo faccio avvicinare a me finché non è in grado di sdraiarsi. Senza farsi troppi problemi né troppe domande, si posiziona sopra di me e, facendo peso sulle sue stesse mani poggiate sul materasso, avvicina le nostre labbra. Dà così inizio ad un bacio poco puro e decisamente molto, molto passionale, che mi porta automaticamente a portare le mani sulla sua schiena e a stringere di più la presa. Il bacio diventa pian piano sempre più spinto e violento, mentre fa incontrare con insistenza le nostre lingue e le porta a compiere dei movimenti svelti e provocatori.
Forse grazie alla quantità leggermente elevata di alcol ingerito, sono io a fare il primo passo, mandando al diavolo le mie buone intenzioni. Faccio quindi scendere le mie mani all’altezza del bacino di Cameron, afferrando poi i lembi della sua canottiera e togliendola velocemente di dosso. Cam pare inizialmente colto alla sprovvista, tuttavia non se lo fa ripetere due volte ed asseconda le mie azioni, aiutandomi nella mia impresa. In pochi secondi lo trovo a petto nudo sopra di me, e posso facilmente notare il suo petto alzarsi ed abbassarsi al ritmo del suo battito cardiaco. Decide comunque di imitarmi e, portando anche lui le mani sulla mia enorme t-shirt, la solleva pian piano finché non riesce a gettarla via, al di là del letto. Mi ritrovo quindi seminuda ai suoi occhi, come non accadeva da molto tempo ormai. Per questo vengo inizialmente pervasa da una sensazione di pura stranezza, una sensazione che mi porta quasi a coprirmi con le mie stesse braccia per l’improvviso imbarazzo al quale vengo sottoposta. La verità è che, nelle simili situazioni in cui mi sono ritrovata in passato, è stato il mio desiderio di dimenticare Grayson a convincermi. Non c’era alcun tipo di sentimento in mezzo, a differenza di questa sera. È probabilmente per questa ragione che mi sembra tutto più vero, più reale di quanto mi sarei aspettata, ma, proprio a causa di questa nuova consapevolezza, prendo nuovamente coscienza di me e mi scopro nuovamente piena di potere.
Lascio che la timidezza scompaia pian piano, mentre continuo ad osservare Cameron con uno sguardo un po’ raddolcito, un po’ malizioso. Non appena mi riapproprio di tutta la mia precedente sicurezza, quindi, acchiappo l’elastico della sua tuta e, slacciando il nodo, abbasso velocemente quest’ultima, venendo fortunatamente aiutata da Cameron.
Ci ritroviamo nudi in pochissimi secondi, durante i quali la stanza si arricchisce di così tanta voglia e desiderio che è impossibile, per noi, fermarsi. E non abbiamo intenzione di farlo.
Più di un’ora dopo, Nash e Violet non hanno ancora fatto ritorno nella loro stanza ed io e Cameron ci troviamo ancora sdraiati sul letto, adesso nuovamente vestiti. È stata una nottata magnifica, che se dovessi descriverla in breve mi sarebbe a dir poco impossibile. Siamo ancora abbracciati l’un l’altra, stesi di profilo in modo tale da trovarci faccia a faccia e, mentre la mano di Cameron carezza delicatamente la mia guancia, io faccio lo stesso con il suo fianco, toccandogli i muscoli abbastanza prosperosi. Come a concludere in bellezza la serata, poi, lui si avvicina ulteriormente al mio viso e mi lascia un semplicissimo bacio a fior di labbra, talmente innocente da sopraffarmi con la sua semplicità.
È solo a questo punto che mi tornano in mente tutti i messaggi che avevo ricevuto diverse ore prima, così, staccandomi un po’ da Cameron, allungo il braccio fino ad arrivare al comodino e afferro lentamente il cellulare, ottenendo qualche sbuffo contraddittorio da parte del ragazzo. Gli do però le spalle, ridendolo e prendendolo un po’ in giro, mentre mi concentro sulle diverse chiamate e messaggi ricevuti dai miei genitori e da qualcuno dei miei amici, lì a Los Angeles.
Ciò che più di tutti cattura la mia attenzione, facendomi spalancare apertamente la bocca, è un messaggio non letto da parte di Grayson. La voce nella mia testa mi suggerisce che si tratta di un malinteso, uno stupido errore nell’invio, ma non appena lo apro e noto la lunghezza del testo capisco che non è così. Quel messaggio doveva essere mandato proprio a me. Perciò, sperando di nascondere a sufficienza il telefono dagli occhi di Cameron, comincio a leggere silenziosa.
 
Da: Grayson.
Ciao Khloe, come stai? Non ho idea di ciò che sia successo in tutto questo tempo nella tua vita, né pretendo di saperlo adesso, sbucando dal nulla da un momento all’altro. So di aver sbagliato scomparendo in quel modo dalla tua vita, agendo come se non mi importasse niente di te e come se la nostra amicizia non fosse tanto importante quanto la mia relazione con Grace. E so che non crederai mai alle mie parole, ma voglio a tutti i costi che tu sappia che ti ho voluto davvero bene, che niente di tutto quello che mi lega a te è stato mai superficiale.
È inspiegabile ed inammissibile il mio comportamento, e non mi aspetto di certo che tu lo comprenda o, tantomeno, lo giustifichi, ma voglio comunque spiegarti un po’ delle cose che sono successe nel corso degli ultimi anni. Ho visto alcune delle persone più importanti della mia vita scomparire a causa di Grace e della sua gelosia ma, fra tutte, tu sei stata quella per la quale ho sofferto maggiormente, nonostante non lo dessi a vedere. Ho finto che ti avessi ancora a portata di mano, rivelandomi poi un totale stronzo ed egoista. Per questo ho deciso finalmente di prendere in mano la mia vita e mettere Grace alle strette, obbligandola a scegliere fra me e la sua aspra gelosia. Le ho detto che così non può andare avanti, che ho bisogno dei miei spazi e delle mie persone, e sembra aver capito, almeno per ora, che né tu né gli altri possiate mai essere una minaccia per la nostra relazione. O, almeno, questo è quello che le lascerò credere.
Quando mi hai detto che mi ami, è stata una delle sorprese più inaspettate della mia vita. Non credevo tu potessi mai amare una persona come me, quello che una volta era il tuo migliore amico, specialmente dopo ciò che io ho causato. Ma adesso sono qui a prendermi le mie responsabilità e ad addossarmi ogni mia colpa. Sì, sono stato un totale stupido a non riconoscere prima il vuoto che la tua assenza mi ha causato, o a fingere di poter andare avanti anche senza di te. Non mi aspetto di certo che tu mi perdoni seduta stante, oggi o fra una settimana, ma voglio comunque essere in grado di convincerti pian piano con le mie parole e, soprattutto, con i miei gesti. Ti prego, se mi vuoi ancora bene o se… se mi ami ancora, dimmelo. Farò di tutto per cambiare le cose e porre fine a questa situazione di silenzio, anche se questo dovesse comportare perdere Grace.
Te lo prometto.
 
Ci metto qualche minuto a leggere l’intero messaggio, ma questi pochi minuti mi bastano a colmare i miei occhi rossi di lacrime, che tento disperatamente di coprire. Mi risulta essere tuttavia impossibile, poiché Cameron richiama delicatamente la mia attenzione e mi costringe a voltarmi verso di lui. Così come lui si rende subito conto del mio improvviso cambio d’umore, io mi accorgo con la stessa facilità di come abbia capito la situazione e, probabilmente, letto il messaggio a mia insaputa. A differenza di tutte le precedenti volte, però, stavolta non vi è alcun pizzico di comprensione o rassicurazione sul suo volto o nel suo tono di voce: al contrario, la sua espressione è colma di delusione e amarezza. E come biasimarlo?
Senza dire una parola, mimo un inutile “scusa” con le mie labbra, poiché mi riscopro incapace di proferir parola, e mi alzo il più velocemente possibile dal letto così da dirigermi in bagno. Mi chiudo la porta di quest’ultimo alle spalle e, poggiando la schiena al legno scuro, comincio a piangere a dirotto. Ero finalmente riuscita a lasciarmi Grayson alle spalle e ad acquisire sicurezza nei miei confronti ma, proprio quando credevo di essere al massimo della felicità, è Cameron che comincia a dubitare di me. Glie l’ho letto in faccia, non serviva che facessi domande.
Non appena le lacrime smettono di rigare le mie guance, però, decido di prendere in mano la situazione e, asciugandomi completamente gli occhi, mi convinco ad affrontare Cameron. Quando apro la porta del bagno, però, lui non c’è: la stanza è vuota, così come il balcone e il resto dell’hotel.
 
 
 








 
XHIMMELX.
Buona domenica a tutti, se ci siete!
Allora, in questo capitolo abbiamo un grande ritorno, quello di Grayson.
Ma, un momento, prima di questo vorrei dedicare un piccolo angolo a Cameron e sottolineare quanto lui e Khloe siano dolci insieme. Lo so che le cose possono risultare un po’ affrettate fra di loro, ma…
La sessualità è una parte importante di una relazione e volevo semplicemente far capire quanto Khloe sia presa da Cameron che, a differenza degli altri ragazzi con cui è andata a letto, è uno per cui ne vale la pena mostrarsi “disarmata”. Si fida completamente di lui.
E poi però arriva Grayson, che alla buon’ora decide di rispondere al vecchio messaggio di Khloe, cosa che a lei non è piaciuta per niente. Non possiamo sapere cosa le sia passato per la testa leggendolo -sicuramente troppe cose- eppure la reazione di Cameron è stata decisamente inaspettata.
Probabilmente Cameron non accetta più che Grayson -o anche solo il suo ricordo- faccia parte della sua storia con Khloe, e magari ha semplicemente paura che Khloe possa cambiare idea e pentirsi.
Quindi quello che potrebbe succedere nel prossimo capitolo rimane per ora un mistero.
Ah, voglio aprire una piccola parentesi: mi dispiace che nessuno abbia recensito l’ultimo capitolo, davvero, come sapete vi invito sempre a dirmi che ne pensate ma non posso costringervi.
Come al solito, alla prossima, xhimmelx.


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Capitolo 21
*** Capitolo 21. ***




Capitolo 22
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Ieri sera la frittata si è ribaltata da un momento all’altro, portandomi dal godere sotto le mani di Cameron al piangere a causa di Grayson senza preavviso. Ho cercato Cam in giro per l’hotel per almeno mezz’ora, non trovandolo né nelle stanze degli altri, né in piscina o alla hall, così mi sono detta che se proprio non voleva essere trovato mi sarei subito arresa. E questo è ciò che ho fatto, me ne sono tornata in camera, adesso finalmente in compagnia di Nash e Violet, e mi sono addormentata non rispondendo a nessuna delle loro domande, lasciando scoperta l’altra metà del letto nel caso in cui Cameron avesse deciso di tornare.
Quando poi la mattina mi sono svegliata, ho immediatamente sentito la sua presenza al mio fianco. Dopo essermi svegliata per bene ed essermi fatta coraggio, mi sono voltata nella sua direzione con la convinzione che fosse tutto passato, ma ogni mia speranza è crollata non appena, fissando i miei occhi sui suoi e sorridendogli appena, lui ha distolto lo sguardo e si è alzato frettolosamente dal letto. Ho chiuso quindi gli occhi ed è stato come ricevere una pugnalata in pieno petto, poiché avevo come la sensazione che la vacanza si stesse pian piano rovinando a causa di quel fottutissimo messaggio.
Non abbiamo parlato per gran parte della giornata, escludendo quelle poche volte in cui lui si è degnato di farmi qualche monotona domanda e io di dargli qualche monotona risposta, accorgendomi di essere minuto dopo minuto sempre più incazzata nei suoi confronti. Non gli chiedevo di certo comprensione, ma il peso delle parole di Grayson era già troppo grosso da sopportare per aggiungerne un altro. Per questo, nonostante morissi dal desiderio di spiegare i miei sentimenti a Cameron, ho preferito rimandare quel momento il più possibile, riscontrando inoltre troppa ostinazione da parte sua.
 
Alle sei del pomeriggio, Violet ed Elizabeth hanno proposto di distaccarci per un po’ dalle attività dello Spring Break ed organizzare invece un nostro falò, decisamente più intimo e tranquillo. Sono stata tentata più volte dal desiderio di rifiutare e starmene in hotel tutta sola ma, sapendo che ciò non avrebbe portato ad alcuna soluzione, ho accettato la loro proposta così come hanno fatto tutti gli altri. Un’ora più tardi quindi, in seguito all’acquisto delle tende e di qualche bottiglia di alcol e all’aver raccolto un po’ di legna, ci siamo diretti in spiaggia e abbiamo cercato la zona meno affollata, quella che più facesse il caso nostro.
Ci troviamo dunque vicino al confine della spiaggia, con un’enorme scogliera da un lato e degli ombrelloni che si vedono solo in lontananza dall’altro. I ragazzi si sono offerti di appiccare il fuoco, ottenendo degli ottimi risultati dopo parecchio tempo, mentre io, Violet ed Elizabeth abbiamo fatto del nostro meglio per montare le tende, impiegandoci una buona mezz’ora. Perlomeno, la goffaggine nei nostri movimenti ha aiutato a farmi ridere e distrarre un po’. Come se un po’ di pace non mi possa essere concessa, però, Effy non perde tempo prima di ricavare qualche informazione in più, portando me e Violet ad isolarci ulteriormente dal gruppo dei ragazzi.
-Khlò, è da stamattina che tu e Cameron siete distanti. Che è successo?-   Mi chiede infatti la bionda, tentando di risultare meno inopportuna con la sua voce delicata.
Violet, che sa sicuramente più di lei poiché condividiamo la stanza, mi osserva un attimo intimorita, come se avesse paura della mia inaspettata reazione. Abbassa poi lo sguardo e si concentra sulla sabbia, lasciando che mi sfoghi a modo mio. Stavolta ho intenzione di dire la verità. Non nei minimi dettagli, magari, ma questo è ciò che le mie due migliori amiche meritano.
-È a causa di Grayson.-   Rispondo quindi, dando solo un piccolo indizio.
I volti delle due si colmano improvvisamente di stupore e confusione, non comprendendo evidentemente come Grayson possa aver a che fare con la mia nuova relazione.
-Cameron sa chi è Grayson o, almeno, conosce i nostri trascorsi.-   Spiego dunque, nel tentativo di render loro tutto più comprensibile.   –Dopo un’eternità, ieri ha deciso di farsi vivo con un messaggio in cui mi spiegava quanto fosse pentito e… Cameron teme che io possa provare qualcosa per lui.-
Qualche secondo di silenzio segue il mio breve racconto, ma esso stesso viene immediatamente interrotto dalla voce acuta ed infuriata di Violet che si dimostra già contrariata.
-Mi stai dicendo che sta agendo da coglione perché è geloso di quell’altro coglione?-   Mi domanda retoricamente con la bocca spalancata, non sapendo che in realtà la situazione è decisamente più complicata di così.
-Già, dovresti smetterla di circondarti di coglioni.-   Mi rimprovera perciò Effy, alleggerendo subito l’atmosfera e facendo ridere sia me che la rossa.
Fingo di dargli ragione e mi mostro più forte del dovuto, ma Violet interrompe la mia messa in scena e decide di tornare seria ancora per un po’.
-A parte gli scherzi, credo dobbiate risolvere al più presto.-   Mi suggerisce infatti, poggiandomi una mano sulla spalla a mo’ di consolazione.   –Vacci e parlagli, adesso.-
-Esatto, così possiamo tutti goderci questo falò.-   Aggiunge poi Elizabeth, decisamente esaltata.
Almeno per ora, le do ragione e mi avvicino insieme alle ragazze al resto del gruppo. Vedo Cameron messo un po’ in disparte mentre smuove con un legnetto la legna che costituisce il falò, ignorando le battute che Matt gli sta rivolgendo. Ha gli occhi persi nel vuoto, puntati verso un punto indeterminato fra le fiamme ardenti, ed una lattina di birra in mano che di tanto in tanto si porta alle labbra. In seguito ad un lungo sospiro, quindi, mi avvicino lentamente a lui come se avessi paura di essere nuovamente aggredita dalla sua indifferenza, mentre Matt, al contrario, fa per allontanarsi comprensivo.
Rimango in piedi alle sue spalle, mentre invece lui è abbassato all’altezza del fuoco ed è totalmente ed esclusivamente interessato ad esso.
-Cam, possiamo parlare?-   Lo supplico dunque, trattenendomi con difficoltà dal posizionare le mani a mo’ di preghiera.
Cameron fa solamente spallucce, come se la questione non lo toccasse minimamente, ma decido di essere almeno per una volta più matura di lui e mi mostro pian piano sempre più determinata.
-Risolviamo quello che è rimasto in sospeso.-   Lo sprono, rivolgendomi a lui con un tono quasi disperato.    –Non voglio rovinare la serata, né a noi né agli altri.-
Finalmente, la voce di Cameron raggiunge le mie orecchie, pur se con qualche difficoltà. 
-Non farlo allora.-   Mi suggerisce semplicemente, continuando a rivolgermi le spalle e facendomi addirittura sentire umiliata.
Comincio a stufarmi di questa situazione, dei suoi inutili capricci e del mio coraggio che si nasconde sempre nei momenti meno opportuni. Non a caso, sembro quasi approfittare della sua ostilità per ritirarmi nuovamente nel mio guscio e non uscirne più, non dovendo dare alcuna spiegazione a nessuno.
-Al diavolo.-   Sussurro quindi nervosa, non tanto con Cameron quanto con Grayson ed il suo tempismo perfetto.
Dopodiché, mi allontano dal ragazzo e mi incammino verso la borsa frigo, posizionata vicino alle tende. Ne esco fuori una lattina di birra e la apro, determinata a finirla nel minor tempo possibile, per poi raggiungere il piccolo cerchio di persone che si è formato attorno al falò e sedermi accanto a Violet, abbastanza lontana da Cameron.
 
Il sole è tramontato già da moltissimo tempo, lasciando spazio ad un velo scuro colmo di stelle ed arricchito da una magnifica mezzaluna. Subito dopo aver mangiato, dando inizio ad una cena improvvisata fatta di hamburger, hot dog e patatine, siamo tornati a sederci attorno al falò come poco prima. Mi scopro essere ancora una volta lontana da Cameron, il che non è di certo una casualità. Al contrario di quanto mi aspettassi, comunque, ci siamo entrambi impegnati a non rovinare la festa agli altri, piuttosto abbiamo fatto di tutto per ignorarci e non iniziare delle inutili discussioni davanti ai nostri amici.
Ad un certo punto della serata, Chris ha tirato fuori la sua chitarra, che ha naturalmente portato con sé da Los Angeles, ed ha pian piano riscaldato l’atmosfera con delle canzoni fortunatamente calme e rilassanti. Wonderwall ha rappresentato il picco della serata, poiché ognuno di noi ha cominciato a cantare a squarciagola, senza vergogna né insicurezza. Una delle mie canzoni preferite aggiunta ad un magnifico falò in spiaggia a Cancun, durante lo Spring Break, ha dato vita ad un ricordo che di certo non eliminerò mai dalla mia mente. Poi, invece, la musica degli Oasis è svanita per dare spazio a canzoni più movimentate, di quelle che si sentono di continuo alla radio e, nonostante spesso e volentieri le detesti, non puoi fare niente per far sì che escano dalla tua testa. Ci siamo tutti improvvisati Rihanna, Charlie Puth, Drake e chi più ne ha più ne metta per gran parte della serata, finché le nostre voci non sono quasi scomparse.
Dopodiché, Chris ha chiuso nella custodia la sua chitarra e, ottenendo degli sbuffi in cambio, qualcuno di noi ha persino cominciato a sbadigliare. Cameron più di tutti, non a caso si è alzato per primo e ha annunciato a tutti il suo abbandono.
-Io vado in tenda, sono stanco.-   Ci informa infatti, mettendo in scena uno sbadiglio palesemente finto sul suo viso che, però, è sinceramente cupo.
Ci guardiamo tutti in faccia in cerca di opinioni, lasciando intanto che il ragazzo compiesse la sua volontà e andasse ad isolarsi dalla festa. Cerco silenziosamente pareri nei volti di Violet ed Effy, che dal canto loro mi ribadiscono ancora una volta di andare da lui. Forse per facilitarmi il compito, invitano poi Tom, Nash e tutti gli altri a ritirarsi e andare a dormire.
Non appena ognuno raggiunge la propria tenda, dunque, rimango completamente sola e, dopo aver lanciato una veloce occhiata al fuoco ancora acceso, alzo lentamente la zip della tenda che Cameron, a dir la verità, dovrebbe condividere con me. Lo trovo ancora sveglio, con il mano il suo cellulare e gli occhi inespressivi e fissi sullo schermo, mentre le sue dita digitano qualcosa in maniera troppo veloce.
La tenda, fatta per sole due persone, risulta essere fin troppo stretta per me e Cameron, che in questo momento non abbiamo intenzione di rivolgerci la parola. Mentre lui continua a mostrarsi indifferente nei miei confronti, infatti, con chi sa quale pensiero per la testa, io non trovo ancora una volta il coraggio sufficiente a tirare fuori le palle e prendere in mano la situazione. Al contrario, mi sbrigo a raggiungere il lato vuoto della tenda e mi sdraio delicatamente, cercando in tutti i modi possibili di non disturbare o anche solo sfiorare Cameron. Non ho idea del perché si stia comportando così, né del perché si sia ostinato a non voler sentire le mie spiegazioni, nonostante io non abbia fatto proprio nulla di sbagliato. Credo però che tutte le mie rivelazioni ed i miei sfoghi su Grayson accumulati col passare del tempo abbiano portato a questo, ad una situazione di pura negazione da parte di Cam. Per la seconda volta in due giorni, mi ripeto quindi di non essere nella posizione adatta ad incolparlo.
-Cam…-   Sussurro dunque, con l’improvviso bisogno di una sua reazione ed il desiderio di sentire la sua voce calda e dolce.
Nessuna risposta arriva però alle mie orecchie e, non appena mi volto verso di lui, noto con dispiacere che mi ha già dato le spalle e si è probabilmente addormentato da chi sa quanto tempo.
L’ora successiva trascorre allo stesso modo, con il respiro lento di Cameron che riempie il silenzio ed i miei pensieri che non fanno altro che confondermi ulteriormente le idee. Non faccio altro che girarmi e rigirarmi nella mia postazione, sempre tentando di non fare troppo rumore, ma tutti i miei sforzi sono vani poiché il sonno non vuole impadronirsi del mio corpo. Mi guardo attorno per l’ennesima volta e il mio sguardo si posa per caso sul mio zaino, messo nell’angolo della tenda. Mi ricordo allora della bustina di erba che mi ero portata dall’hotel con la speranza di gettarla via al più presto ma, sfortunatamente, ho completamente dimenticato di sbarazzarmene a causa di tutta questa storia con Cam. Ed è a questo punto che un pensiero provocatorio e decisamente spaventoso attraversa la mia mente, un pensiero che mi fa alzare su due piedi senza che io possa davvero controllare i miei movimenti. “Dicono tutti che dà un effetto rilassante” constato tra me e me, cercando forse di autoconvincermi del fatto che quella che sto per fare non è poi una cazzata così grossa. “Si tratta solo di un attimo di divertimento e distrazione”.
Muovendomi con passo felpato, mi avvicino allo zaino e ne tiro fuori la bustina di plastica, prima di poter sollevare la zip della tenda ed uscire fuori con la massima delicatezza. Esaudisco quindi i desideri di Cameron e lo lascio tutto solo, senza avvertire né lui né gli altri del mio allontanamento e, dopo aver rubato un accendino dallo zaino di Aaron, abbandono il falò. Mi incammino verso una meta a me sconosciuta, un posto abbastanza lontano dal resto del gruppo ma non abbastanza vicino alla confusione che vi è ancora dall’altro lato della spiaggia. Quando trovo il rifugio adatto a me, dunque, mi avvicino alla riva e mi siedo, bagnandomi un po’ il sedere a causa della sabbia fresca. Estraggo dalla bustina una delle tre canne che mi sono state concesse da quel ragazzo e, ringraziandolo adesso mentalmente, la accendo molto lentamente con l’accendino. Non sono per niente sicura di ciò che sto per fare, ma non voglio assolutamente farmi domande e pensarci su a lungo: sarà un solo e semplice strappo alla regola, un’eccezione che non sarà mai più ripetuta.
Chiudo quindi quella che fingo sia una sigaretta fra le mie labbra e aspiro leggermente, ma questo primo tentativo fallisce e mi porta a tossire rumorosamente. Faccio un secondo tiro, un terzo e degli altri ancora, non mi fermo e tento di ignorare il più possibile il bruciore alla gola che mi ha assalita dal primo secondo, riscontrando però non poche difficoltà.
Comincio a sentirne l’effetto parecchi minuti più tardi quando, con anche un’altra lattina di birra al fianco, mi rendo conto di essere parecchio frastornata e confusa. Mettendo da parte il “malessere” fisico che ne consegue, mi abbandono a dei viaggi mentali di quelli mai fatti prima. Osservo le stelle sopra di me e noto persino una stella cadente, oppure un meteorite, attraversare il cielo nero che mi sovrasta. Se solo potessi scomparire per qualche minuto con la stessa facilità di quella stella, che viaggiava alla velocità della luce, tutto sarebbe sicuramente più semplice. Non sarei qui, tutta sola, con gli occhi e la gola quasi in fiamme e delle tentazioni strane per la testa.
Ed è proprio a causa di una di queste tentazioni che l’istinto mi dice di prendere il telefono e, con più determinazione del previsto, rispondere al messaggio di Grayson. Con tutto quello che è successo con Cameron, a dire la verità, non ho avuto neanche il tempo di pensare a cosa sarebbe stato giusto dirgli nel caso in cui avessi voluto rispondergli, ma adesso che mi trovo in delle condizioni poco lucide la soluzione appare più semplice ai miei occhi. Vorrei dirgli che dovrebbe andare al diavolo per essersi reso conto della verità troppo tardi, vorrei dirgli che non merito tutto ciò che mi ha fatto passare così come lui non merita il mio perdono, né oggi né fra un mese. Avrei così tante cose da scrivergli, eppure so che sarebbero delle parole sprecate, parole che lui non capirebbe. Perciò, sbloccando lo schermo del cellulare, mi ritrovo con una sola, semplice cosa da dirgli.
 
A: Grayson.
Non cercarmi più.
 
Al contrario di quanto mi aspettavo, non una lacrima esce dai miei occhi già fin troppo irritati, bensì vengo immediatamente pervasa da un senso di immensa liberazione. Le mie tre semplici parole segnano la fine di una lunghissima serie di pianti e disperazioni, lamentele e rancore, ma mai avrei potuto pensare che sarebbe stato così piacevole pronunciarle. Ho chiuso con Grayson, con il nostro passato condiviso e con tutto ciò che di sbagliato ho scritto nella mia agenda. Tempo fa mi ero ripromessa che un giorno ce l’avrei fatta, con o senza di lui. Oggi, invece, posso confermare con fermezza che sì, andrò avanti solo ed esclusivamente senza di lui. Senza altre scelte. Ed è una realizzazione magnifica, un passo da gigante che fino a qualche settimana fa ritenevo impossibile, nonostante le promesse di Cameron.
Ma vengo distratta da una voce che chiama il mio nome, una voce apparentemente lontana da me ed ignota, che mi rimbomba ovattata nelle orecchie. Eppure, la sola cosa che sento la necessità di fare, è allontanarmi ulteriormente da essa, dalla realtà e dalle conseguenze della mia scelta riguardo Grayson. Mi sento stanca e spazientita, per questo, senza neanche pensarci su due volte, mi alzo e mi incammino verso l’oceano di fronte a me. Mi immergo in acqua con la necessità di rinfrescarmi la mente ed isolarmi ancora per un po’ e, per la stessa ragione, non appena raggiungo l’altezza giusta sprofondo per qualche secondo nel fondale, con gli occhi chiusi e le labbra serrate.
Passano uno, due, dieci secondi e per un po’ il mio tentativo sembra raggiungere l’effetto desiderato. La voce, però, si fa sempre più vicina a me, secondo dopo secondo, fino a che non vengo tirata di peso fuori dall’acqua. E, in meno di un secondo, mi rendo conto che non si trattava di nient’altro se non della voce di Cameron che, insieme a Violet e Nash, mi cercava in lungo e in largo. Cam, infatti, mi trascina per le braccia verso la riva e, una volta fattami sedere nel bagnasciuga, completamente fradicia, mi mette una tovaglia sulle spalle.
-Khloe, che diamine ti è saltato in mente?!-   Urla a mo’ di rimprovero, subito dopo avermi asciugata così da far scomparire i miei brividi di freddo.
-Oh, “Dio ha un piano”.-   Lo richiamo però io, imitando in malo modo le parole incise sul suo bracciale, quello che tempo fa mi ha fatto cambiare idea su di lui.
Del tutto confuso, Cameron si sta sicuramente chiedendo cosa ci faccia io qui ma, non appena il suo sguardo cade sulle due canne rimaste intatte, pare comprendere ogni cosa. Mi osserva infatti in un misto di preoccupazione e disgusto, spostando gli occhi da me alla bustina e viceversa ed allontanando le sue mani dal mio corpo. Dopo aver chiesto ai nostri amici di lasciarci soli, poi, si riconcentra severo su di me.
-È così che hai deciso di scappare dai problemi? Facendo queste stronzate?-   Mi rimprovera determinato, mentre lo osservo serrare la mascella per trattenere chi sa quale altro tipo di insulto.
-Ne riparleremo domani, ora non ne sei chiaramente in grado.-   Aggiunge dopo, mettendosi in piedi e facendo per voltarmi le spalle.
A questo punto, però, stufa dei suoi richiami, mi alzo anch’io e lo fermo afferrandogli il braccio.
-Che c’è, sei preoccupato per me solo perché ho fumato una cazzo di canna?!-   Lo provoco non appena si gira verso di me, guardandolo a mo’ di sfida.   –È da ieri notte che mi ignori!-
Cameron torna quindi indietro, avvicinandosi ulteriormente a me, e fa in modo che la mia mano si stacchi dal suo braccio.
-Non dire cazzate, Khloe. Sai perché l’ho fatto.-   Ribadisce dunque, inarcando le sopracciglia.
-Oh, quindi credi che ci siano delle giustificazioni al tuo comportamento immaturo?-   Lo stuzzico io, mettendocela chiaramente tutta per ricevere una reazione da parte sua, la prima dopo ventiquattro lunghe ore.
-Hai letto il messaggio di Grayson e sei cambiata all’istante, come il giorno e la notte! Non venirmi a dire che non pensi ancora a lui. Te l’ho letto negli occhi, Khloe, per questo non ho avuto bisogno che tu mi spiegassi niente.-   Replica lui, dandomi finalmente delle dovute spiegazioni.
Spiegazioni che comunque non accetto, poiché sono semplicemente affrettate ed errate. Cameron è giunto alle sue fottutissime conclusioni senza prima chiedere il mio parere, finendo per convincersi di una cosa del tutto incorretta e che, quasi, mi offende. Decido però di mostrare un po’ di comprensione nei suoi confronti poiché, per tutto questo tempo, lui non ha fatto altro che fare lo stesso con me. Così, rilassando notevolmente il mio viso ed alleggerendo la mia espressione, riprendo la sua mano fra la mia e punto gli occhi sulle nostre dita intrecciate, nonostante Cameron sia ancora molto rigido.
-Ascolta, posso capire perché tu sia giunto a delle simili conclusioni, eppure avrei preferito che mi dicessi apertamente tutto quello che ti passava per la testa.-   Lo informo quindi, mentre con la mano libera sistemo meglio il telo sulle mie spalle.
-Per sentirmi dire che ho ragione? Non lo avrei accettato.-
-No, il contrario: ti avrei detto che hai completamente torto. Giusto poco fa ho risposto al suo messaggio chiedendogli di non cercarmi mai più! Sai che se avessi provato ancora qualcosa per lui non lo avrei mai fatto.-
All’udire questa mia ultima dichiarazione, il volto di Cameron si fa meno rigido e severo ed i suoi occhi si puntano svelti su di me, spalancati a causa della sorpresa. Posso benissimo capire che non si aspettasse una cosa del genere, non a caso le sue iridi castane sono adesso ricche di sollievo e stupore. Per questo gli sorrido apertamente dopo aver fissato il mio sguardo sul suo, un sorriso attraverso il quale tento di incoraggiarlo e convincerlo più che posso.
-Devi fidarti di me, Cam.-    Aggiungo quindi, stringendo ancora di più la mia presa.
Ed è come se in un solo secondo il mio malumore fosse scomparso, senza preavviso. Tutta la rabbia che provavo nei confronti del ragazzo o, meglio, del suo comportamento poco opportuno, svanisce insieme alla mia angoscia. Sono sincera con lui, lo so: non ci sono né sotterfugi né menzogne nelle mie parole, niente che possa anche solo lontanamente nascondere dei sentimenti verso Grayson. Guardandomi intensamente negli occhi, Cameron sembra afferrare al volo tutto ciò che mi passa per la testa e, così, decide di accontentarmi. Decide di fidarsi di me, così come io ho fatto con lui sin dal primo giorno. O quasi.
-Mi dispiace se ho così tante cicatrici, mi dispiace se non riesco a resistere neanche un giorno senza piangere e mi dispiace se mi odio, se parlo sempre dei miei problemi e se risulto noiosa. Mi dispiace se non sono così perfetta ma, soprattutto, mi dispiace se non potrò mai essere abbastanza per te. Mi dispiace se per tutto questo tempo non ho fatto altro che riempirti la testa con le mie stronzate, ma voglio rimediare, okay?-    Aggiungo poi tutto d’un fiato, a tal punto da non riuscire quasi più a respirare.
Noto Cameron sbuffare subito dopo stufo e   -Scusa.-   sussurrare, come imbarazzato di sé stesso.   –Non so perché ho agito in quel modo, in un attimo ho subito creduto che sarebbe stato impossibile farti dimenticare di Grayson, di nuovo.-  
-Beh, non ce n’è bisogno.-    Lo correggo all’istante, lanciandogli un sorriso d’intesa.   –Me lo sono già lasciato alle spalle, non dobbiamo più pensarci.-
Cameron porta le sue mani ai lati del mio viso e posiziona i pollici vicino alla mia bocca, per poi attrarmi maggiormente a sé e stringermi in un abbraccio forte e caloroso, così da non farmi più sentire freddo. Cam, comunque, si allontana leggermente dal mio corpo e mi dà un lungo bacio a fior di labbra, un fantastico gesto di riappacificazione. Dopodiché si abbassa sulle ginocchia e raccoglie da terra la bustina di plastica, promettendomi che sarà lui a buttarla via nel giro di pochi minuti.
Poi    -Che diceva il messaggio, comunque?-    chiede, mentre accerchia le mie spalle con un braccio e insieme ci incamminiamo verso il falò.
-Un mucchio di stronzate.-   Ammetto, rifiutandomi di tirare ancora una volta in ballo Grayson.
 
 
 
 
 



XHIMMELX.
Buona domenica a tutti, se ancora c’è qualcuno che si fila la mia storia!
Beh, io l’avevo detto che non tutto poteva andare a meraviglia fra Cameron e Khloe, e così è stato. Ma semplicemente perché Cameron ha così tanta paura di perdere Khloe che, dopo quel messaggio di Grayson, ha quasi perso le speranze e si è finto scontroso ed indifferente.
Per fortuna, però, a Khloe è bastato riflettere sulla reazione di Cam per capire che lui vale molto più di Grayson e delle sue scuse.
Finalmente ce l’ha fatta, è riuscita a voltare pagina.
Quindi sì, possiamo dire che da questa lite è nato qualcosa di positivo e Cameron è riuscito a mantenere la sua promessa iniziale.
Quanto sono belli.
Detto questo, mi dileguo e se qualcuno legge ancora con interesse la mia ff lo pregherei di farmi sapere che ne pensa.
Alla prossima, xhimmelx.

 

-Che diceva il messaggio, comunque?-
-Un mucchio di stronzate.-

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Capitolo 22
*** Capitolo 22. ***




Capitolo 22.
 


 
L’ultimo giorno a Cancun ci risvegliamo tutti che sembriamo dei mostri, in parte per la festa della sera prima, in parte per la malinconia che comincia già a farsi sentire. Nessuno di noi vuole lasciare questo posto perché, proprio come ci eravamo ripromessi di fare, siamo riusciti a rendere magica questa vacanza. È stato come rimanere in paradiso per una settimana. Ma proprio per questo abbiamo impedito al nostro malumore di rovinare quest’ultima giornata e abbiamo deciso di scatenarci già dalle nove del mattino, partecipando ad una delle ultime feste organizzate per lo Spring Break.
La cosa è andata avanti per ore ed ore, tant’è vero che alle cinque del pomeriggio ci siamo dichiarati tutti decisamente sfiniti e abbiamo preferito fare ritorno in hotel, così da prepararci al meglio per la nostra ultima cena in Messico. Adesso stiamo dunque lasciando il resort dello Spring Break, ancora naturalmente colmo di gente festaiola, e ci stiamo incamminando a piedi nudi verso il nostro hotel, abbastanza vicino.
È attraversando le strade e l’immensa spiaggia di Cancun, però, che una lampadina si accende inaspettatamente nella mia testa, facendomi ricordare di qualcosa che nel giro di questi giorni avevo completamente, e sfortunatamente, messo da parte. Fermo infatti Cameron afferrandogli il braccio e, mentre con la mano libera mi schiaffeggio la fronte, sgrano gli occhi stupita.
-Cameron, c’è una cosa che devo fare della quale mi ero dimenticata!-   Informo subito il ragazzo, e noto che anche gli altri si arrestano.
-Si tratta di un posto che volevo visitare a tutti i costi, è magnifico, fidatevi di me!-   Supplico tutti con degli occhi ricchi di pietà, nella speranza di convincerli ad accompagnarmi.
La maggior parte del gruppo si mostra però contrariata, non a caso posso facilmente cogliere la stanchezza nei loro sguardi e gli sbuffi che provengono dalle loro labbra.
-Faremo tardi a cena…-   Interviene Elizabeth, osservando poi interrogativa gli altri che, per mia sfortuna, si trovano d’accordo con lei.
Mi arrendo all’istante, incolpandomi mentalmente di non averci pensato prima, e fisso arresa lo sguardo verso l’asfalto. Non potendo forse sopportare il mio malumore, però, è stavolta Cameron ad afferrarmi per il braccio e far rallentare il mio passo.
-Andremo noi due, se vuoi.-   Propone quindi, già consapevole di non poter ricevere una risposta negativa da parte mia.
Gli lancio un’ultima occhiata per accertarmi che ne sia sicuro, sperando di non essere un peso di troppo con le mie improvvise proposte.
-Dai, mi fido di te. So che questo posto mi stupirà.-   Esclama Cam, ridendo forse ironico ma riuscendo comunque a convincermi.
Eccome se lo stupirà.
 
Mezz’ora più tardi, dopo aver preso un taxi ed esserci fatti lasciare nelle vicinanze della nostra meta, ci troviamo quindi presso il così detto “Ik Kil”, uno dei posti più belli al mondo. Talmente tanto da avermi intrigata solo attraverso delle foto trovate a caso su internet. Essendoci ancora la luce del sole, il posto è parecchio affollato e ricco di turisti ma, nonostante mi sarebbe piaciuto godermi il panorama da sola con Cameron, me ne faccio una ragione.
E così, davanti a me, si apre una vista meravigliosa: con i piedi poggiati su una distesa di rocce e verde, mi basta fare qualche passo avanti verso il margine e, con lo sguardo sbalordito di Cam accanto, punto gli occhi verso la grotta che si trova sotto i nostri piedi. La roccia si apre infatti in maniera circolare, lasciandoci così vedere un’infinità di acqua pulita e cristallina, decisamente migliore della spiaggia. È come una bolla di paradiso, un luogo totalmente lontano dalla realtà, e questo è ciò che io cerco.
Cameron si mostra meravigliato quanto me e   -È bellissimo qui.-   dice, senza mai staccare gli occhi dalla grotta inferiore.
-Già.-   Acconsento, mentre mi lascio trasportare ancora un po’ dalla tranquillità che questo mosto invoca.
Ed è vero, mi sento improvvisamente più calma, rilassata, non ricordo neanche più quali siano i miei problemi, né capisco come sia possibile averne se il massimo che bisogna fare è trovare un posto come questo. Vorrei fosse sempre così, come quando sei la persona più felice del mondo e ti chiedi perché mai, fino ad allora, ti sei lasciata abbattere dalle disgrazie oramai irrilevanti. È così che mi sento adesso e, Dio, condividere questo momento con Cameron mi soddisfa appieno. So che anche lui si sente allo stesso modo, lo capisco dai suoi occhi persi nel panorama e dal suo sorriso un po’ vago ma altrettanto compiaciuto. Così, con l’intenzione di rendere il tutto molto più intenso, appoggio una mano sulla sua spalla così da farlo girare e gli lascio un bacio sulle labbra, un bacio delicato e sentito.
Non appena ci distacchiamo l’uno dall’altra,   -Allora, che aspettiamo?-   mi esorta lui, mettendo in mostra un sorriso mille volte più ampio di poco prima.
-Di che parli?-   Gli domando però confusa, trovando la sua espressione parecchio sospetta.
-Dobbiamo tuffarci, no?-   Si spiega dunque lui, facendo spallucce ed osservandomi in maniera sicura.
-A dire la verità non sono venuta qui per questo.-   Lo rassicuro, trovando la sua proposta già parecchio preoccupante.
L’unica ragione per la quale mi trovo qui è questo splendido panorama, è l’aria fresca che si respira e l’atmosfera di estrema tranquillità, accentuata dai pochi turisti qui presenti lanciano in aria esclamazioni di ammirazione. Voglio solamente sedermi qui, stendermi e vedere gli uccelli volare al di sopra di me, sentire il caldo toccarmi la pelle e le urla di gioia di chi, come me, vede questo posto per la prima volta.
-Mi hai portato fin qui e non hai intenzione di tuffarti?!-   Si sorprende però Cameron, guardandomi come se fossi una pazza mentre indica con la mano l’acqua al di sotto di noi.
-Beh… sì.-   Affermo, del tutto sicura della mia risposta.   –Diciamo che… ho un po’ di paura.-
Cameron mi lancia un’improvvisa occhiata comprensiva che, però, subito dopo si trasforma in un’espressione di piena contrarietà e rimprovero. So già che non si arrenderà presto, e questo non mi piace.
-Non è nemmeno così alto!-    Esclama infatti nel tentativo di convincermi, quasi disperato per la mia disapprovazione.
-Va bene, puoi farlo da solo! Io ti aspetterò qui.-   Lo rassicuro all’istante, mentre uno spiraglio di speranza si accende dentro di me.
-Certo, però non hai avuto paura a fumare dell’erba per la prima volta da sola e tuffarti in acqua con il rischio di finire chi sa dove.-   Mi richiama Cam, non appoggiandomi affatto.
Non è l’ennesimo rimprovero il suo, lo noto dalla risata che minaccia di uscire dalle sue labbra da un momento all’altro. Più che altro, mi sta solo prendendo in giro.
-Hai ragione…-    mi arrendo subito.   –Ma non ero in me quella sera, ero prima incazzata e poi fuori di testa. Adesso non c’è niente che possa aiutarmi a non pensare al tuffo.-  
-Ci sono io!-   Dichiara lui, mostrandosi quasi offeso.   –Non sottovalutarmi.-   Mi avverte poi, con un finto broncio in viso.
Mi guardo ancora per un po’ attorno e punto di nuovo lo sguardo verso l’acqua cristallina che, a dirla tutta, non è poi così distante da me. E non sembra neanche essere così profonda, ma…
-E va bene, facciamolo.-    Sussurro inaspettatamente, sorprendendo più me stessa che Cameron.
Senza che io me ne sia resa conto, mi sono consigliata di vivere il momento, con la consapevolezza che non tornerò probabilmente mai più in questo posto. È un’occasione che si presenta una sola volta nella vita e, più che fare la fifona, voglio per una buona volta approfittarne ed afferrarla al volo. Senza alcun preavviso, quindi, mi tolgo di dosso i miei indumenti e rimango in costume, per poi mettere da parte le scarpe e lo zainetto. Cameron è così entusiasta che mi ricorda quasi un bambino che ha ricevuto il regalo tanto desiderato, perciò stavolta sono io a prendermi gioco di lui. Lo guardo divertita e gli faccio una linguaccia derisoria, prima di afferrare saldamente la sua mano e dichiararmi pronta al lancio, nonostante io non lo sia davvero. Sono convinta che Cameron mi trascinerà giù con se da un momento all’altro e, con questa consapevolezza, chiudo gli occhi ed intreccio meglio le mie dita fra le sue. Quando però piego le mie gambe così da buttarmi meglio, Cameron mi fa voltare lentamente verso di lui e, riaprendo gli occhi, mi ritrovo di fronte al suo corpo mezzo nudo. Dopodiché, senza alcuna spiegazione, mi abbraccia stringendo le sue braccia attorno al mio busto.
-Tieniti forte.-   Mi istruisce poi, facendomi subito capire le sue intenzioni.
In men che non si dica, infatti, si avvicina ulteriormente al precipizio e, dopo essersi assicurato che sotto non ci fosse nessuno, stringe ancora di più i miei fianchi e salta. Sono pochissimi secondi, ma passano così lentamente che posso benissimo godermi l’aria che mi colpisce quasi violentemente ed i capelli al vento, mentre mi trovo stretta fra le braccia di Cameron. È come se stessimo volando verso qualche luogo sconosciuto, come due angeli caduti che vengono catapultati sulla Terra. È una sensazione piacevole che vorrei non finisse mai.  
Finisco di contare i secondi, però, non appena il mio corpo tocca con ferocia la superficie dell’acqua e, come risultato, si generano degli enormi spruzzi non appena io e Cameron ci troviamo sotto il fondale. Vado giù, sempre più giù, e lascio la mano del ragazzo così da nuotare meglio verso l’alto. Non appena torno alla realtà e riapro gli occhi, rimango immobile per un brevissimo tempo e rivivo nella mia mente ciò che è appena successo ma, senza rifletterci su troppo a lungo, nuoto verso Cameron e mi catapulto su di lui, circondando il suo collo con le mie braccia ben strette.
-Lo ammetto, mi è piaciuto.-   Confesso poi a bassa voce, alzando gli occhi al cielo mentre mi fingo indignata.
-Te l’avevo detto.-   Ribatte lui prontamente, mentre si sposta dalla fronte i capelli bagnati con un movimento veloce.
Dopodiché, si guarda attorno in silenzio per qualche minuto e, afferrando nuovamente la mia mano,   -Vieni.-   mi dice.
Nuoto quindi al suo seguito, finché non si ferma in un angolino della grotta meno affollato, coperto dall’ombra della roccia, e si sdraia galleggiante. Quindi lo imito e lascio che il mio corpo si distenda accanto al suo, spalancando braccia e gambe.
-Sai…-   Sussurra poi Cam, con il palese intento di non farsi sentire da nessun altro.
Oserei dire che vi è un tocco di amarezza ed imbarazzo nel suo tono, ma non ne sono certa. Volto quindi la testa verso di lui e lo osservo in silenzio, aspettando che sia lui stesso a continuare.
-Ti ricordi di quando mi chiedevi continuamente di mio fratello ed io non volevo parlartene?-    Mi domanda poi, come se stesse cercando di darmi qualche indizio.
Capisco immediatamente a cosa si sta riferendo e, al solo pensiero di quel Cameron tanto arrogante quanto lontano, mi colmo quasi di rabbia, così tanto che desidererei spingerlo sott’acqua.
Mi limito però a spruzzarne solo un po’ sul suo viso e, dopo aver ricevuto un’occhiataccia confusa,   -Mi ricordo.-   sentenzio.
Non ho idea, tuttavia, del perché ne stia parlando qui e adesso, perciò rimango in ascolto e metto su un’espressione del tutto curiosa. Sto per chiedergli cosa c’entri quel discorso ora, ma lui mi precede.
-Perché non dirtelo?-   Chiede retoricamente, forse più a sé stesso che a me.   –Insomma, con tutto quello che mi hai raccontato di te… è come se io ti conoscessi meglio delle mie tasche, ma tu sapessi il minimo indispensabile su di me.-   Spiega poi, apparendo improvvisamente rammaricato.
-Hey…-   Cerco dunque di consolarlo e gli carezzo piano una guancia con la mano bagnata.
Vorrei tanto dirgli che non è affatto così, che in tutto questo tempo ho imparato davvero tanto su di lui, e che questo è stato possibile anche e soprattutto grazie ai suoi silenzi, al suo aiuto, alla sua disponibilità e genuinità. Vorrei dirgli che, quella notte alla festa di Nash dopo la partita, ho capito subito quanto fosse una persona buona e spontanea, di quelle che difficilmente si trovano in giro di questi tempi, ma che viene spesso sottovalutata. Una di quelle persone che all’apparenza non si distingue fra la massa, uno dei tanti giocatori del liceo circondato da amici alla sua altezza e definiti “popolari”, quando in realtà quello che lo definisce non è niente di tutto ciò. Vorrei davvero dirgli ogni singola cosa, a partire dal fatto che la sua persona non si riduce alla sua bellezza carismatica accentuata dai muscoli, dalle labbra carnose o dall’alto ciuffo castano, ma vengo preceduta da lui stesso che, finalmente, si volta a guardarmi negli occhi.
-Davvero, Khloe, sento che è così e non è giusto.-   Afferma ancora in un sussurro, apparendo quasi addirittura straziato da questa consapevolezza.
-Il fratello di cui Taylor e gli altri parlavano… non è proprio mio fratello.-   Comincia poi, mentre realizzo pian piano che sto finalmente ottenendo delle risposte a quelle vecchie domande.     -È un fratellastro. Mia madre ha sposato suo padre molti anni fa. Lo considero come il mio vero padre, come sai, perché avevo solo tre anni quando è entrato a far parte della nostra famiglia ed ovviamente ha ricoperto quel ruolo mancante per me. Mi ha insegnato ad andare in bicicletta, sui pattini, a suonare la chitarra nonostante poi io abbia smesso… Ad ogni modo, Blake, suo figlio, è sempre stato un tipo un po’ strano. Una volta sentii parlare mamma e papà in cucina e dicevano cose assurde, del tipo che avesse bisogno di un medico perché era mentalmente instabile, ed io, essendo davvero piccolo, ho cominciato ad avere paura di lui. Non glielo dimostravo, tuttavia. Poi, col tempo, siamo entrambi cresciuti ed ho imparato ad ignorare ciò che avevo origliato tempo prima. Ad un certo punto, però, circa un anno fa, Blake ha cominciato a prendere una strada sbagliata ed ha solo peggiorato la situazione: usciva con tizi poco raccomandabili, tornava a casa all’alba dopo una lunga nottata e parlava a mia madre e suo padre con l’alito che puzzava di alcol e, peggio ancora, faceva uso di droghe. Papà si è inizialmente rifiutato di mandarlo in qualche clinica perché sapeva che sarebbe stato un crollo per lui, ma poi la situazione è degenerata e, quando i vicini hanno minacciato di denunciarlo perché aveva fatto irruzione in casa loro sotto uso di stupefacenti, si è dato una mossa. Così lo ha mandato in questa clinica di recupero, se così vogliamo chiamarla, dove avrebbe dovuto solo migliorare e disintossicarsi. È tornato a casa qualche mese più tardi e, all’inizio, sembrava esserci qualche miglioramento in lui, finché nostro padre non è partito per l’Europa per lavoro e lo ha lasciato solo con me e mia madre. Ecco, lì è rientrato nel suo circolo vizioso e ha cominciato a mancare di rispetto a mamma, ed io non potevo affatto sopportarlo. Quando mia madre, ormai stanca e stufa, lo ha cacciato di casa, non ho mosso un dito in sua difesa ed ho lasciato che ne se andasse per strada. Da quel momento, un paio di mesi fa, non ho più avuto notizie di lui. Papà è ancora in Europa, ha cercato di convincerlo a darci un taglio con quella vita ma, non riscontrando alcun risultato, gli ha categoricamente impedito di tornare a casa nostra. Morale della storia, Blake è infuriato a morte con me, in parte perché geloso del bel rapporto che ho con il padre, in parte perché ho contribuito a mandarlo via. Che poi si sa, per persone instabili come lui non si ha mai davvero bisogno di una ragione per odiare qualcuno, lo si fa e basta. Ed è proprio questo ciò che mi spaventa di più, il fatto di non poterlo dissuaderlo in alcun modo.-
Rimango ad ascoltarlo per tutto il tempo in silenzio, ancora sdraiata al suo fianco e con ogni muscolo del mio corpo immobile. Sono catturata dalle parole di Cameron, in un modo del tutto strano, ma sono anche e soprattutto preoccupata ed intimorita. Mi sto infatti chiedendo come ciò possa influenzare la sua vita e, quando immagino la risposta, non è delle più felici. Provo un’improvvisa pena per lui, ma so benissimo che l’ultima cosa che vuole è essere compiaciuto.
Perciò   -Perché non me lo hai detto subito?-   mi informo, stringendogli la mano come a fargli sentire meglio la mia presenza.
Cameron lancia in aria uno sbuffo confuso e frastornato, prima di rispondermi.    –Perché avevo paura. Avevo l’assurda sensazione che, rivelandolo a te, ti avrei messa in pericolo.-
-In pericolo?-   Domando all’istante, ora decisamente allarmata.
-Sì, Khloe. Fino a poco tempo fa vivevo con il terrore che Blake ritornasse da un momento all’altro pieno di vendetta e rabbia nei miei confronti. Insomma, sa che sono più piccolo e più vulnerabile di lui e, ripeto, non sai quanto subdola possa essere la sua mente delle volte. Ma erano solo delle sensazioni errate. Sono passati due mesi, ormai, non credo tornerà più, e se lo farà chiederà probabilmente scusa a suo padre.-
Rifletto per un po’ sulle sue parole e per qualche secondo riesco a sentire anch’io la sua stessa paura, tuttavia capisco che ha ragione. La sua paura era generata solo da una stupida fantasia di terrore, ma non rispecchiava affatto la realtà. Insomma, non siamo di certo in un film, Blake non tornerà con un’assurda vendetta al seguito e nessuno sarà in pericolo. Dunque smetto di galleggiare sulla superficie ed immergo quasi completamente il mio corpo in acqua, portando Cameron a fare lo stesso. Mi ritrovo così faccia a faccia con lui, perciò mi aggrappo al suo petto e poggio la testa su di esso, sentendo pian piano il suo battito cardiaco.
-Senti Cameron… di qualunque cosa tu voglia parlare, puoi farlo con me. Non ho paura, e se devo correre un rischio lo faccio insieme a te.-   Lo rassicuro poi con una voce calma e pacata, mentre sento le sue mani carezzarmi la schiena.
-Va bene.-   Conferma quindi lui, afferrando poi il mio viso fra le mani e portandomi a guardarlo negli occhi.
Dopodiché, sono io a muovermi per prima e lo bacio, mentre il mondo attorno a noi scorre veloce come sempre.
 
 
 
 
XHIMMELX.
Salve a tutti, se ancora qualcuno c’è!
Allora, in questo capitolo FINALMENTE vediamo il vero Cameron. Se prima avevamo avuto solo qualche accenno alla sua famiglia e al suo passato, adesso abbiamo solo certezze e confessioni.
Beh, il fatto che si sia aperto con Khloe non è di certo da sottovalutare: come lui stesso ha detto, prima aveva paura di coinvolgerla in questa storia e per questo è rimasto zitto, possiamo dire per il suo bene.
Adesso, forse perché ha Khloe al suo fianco, non teme più niente di tutto ciò, è molto più sicuro di se.
Insomma, questa “unione” non ha beneficato solo Khloe!
Detto questo, alla prossima settimana! Staremo a vedere cosa c’entra sto Blake in tutto questo.
xhimmelx.

 
 
-Andremo noi due, se vuoi.-   

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Capitolo 23
*** Capitolo 23. ***




Capitolo 23.


 
 
 
Tornare a casa è stato davvero devastante, soprattutto perché nessuno di noi voleva lasciare Cancun e lo Spring Break per rientrare a scuola. Ma, a modo nostro, ce ne siamo fatti una ragione e ci siamo detti che perdere l’aereo a causa della nostra già sentita nostalgia non sarebbe stata la migliore delle idee, per quanto avremmo desiderato rimanere lì.
Sono passati già due giorni dal nostro rientro in California e, a dire la verità, è stato più pesante del previsto. Ho dovuto subito cominciare a lavorare, in parte perché è stata la mia datrice a chiederlo, in parte perché dovevo recuperare al più presto i soldi spesi per la vacanza. Ma è stato proprio lì, a Beverly Hills, che mi sono resa conto di alcune cose.
Mentre questo pomeriggio mi trovavo come al solito al Kings Road, durante uno dei momenti meno affollati, mi sono concessa qualche minuto di relax poiché non avevo più clienti da servire. Sono rimasta a fissare fuori dalla vetrina per un bel po’ di tempo, scrutando attentamente ciò che accadeva fuori. Come sempre, le strade di Beverly Hills erano affollate da gente che non sembrava aver tregua: vi erano quei soliti imprenditori con la valigetta in una mano e il cellulare nell’altra, vi erano delle mamme che portavano a passeggio i propri figlioletti e dei ragazzini che portavano a spasso il cane e si lamentavano al telefono con qualche amico a causa della scuola; vi erano un paio di senzatetto che chiedevano l’elemosina appostati in un angolino e che a volte venivano trattati come delle pezze, ma anche delle persone apparentemente così importanti da essere circondate da un minimo di tre guardie del corpo. Tutto questo accadeva praticamente ogni giorno sotto il sole cocente di questa città e, restandomene lì immobile dietro al bancone del bar, non ho potuto fare a meno di notare dei cambiamenti. Più in me stessa che nell’esterno.
Fino a qualche tempo fa, prima ancora di conoscere Cameron, la mia vita era ben diversa da quello che è diventata adesso. O, perlomeno, la mia mente lo era. Mi ricordo di quanto adoravo abbandonare il mio letto dopo una nottata di pianti per poi camminare sotto il caldo e la frenesia di Los Angeles. Mi piaceva così tanto perché ritenevo fosse una magnifica via di fuga dai problemi perché, sotto la luce del sole di una città che non si ferma mai, non si aveva di certo tempo per le preoccupazioni. A differenza della notte, durante il giorno era come vivere una vita priva di sentimenti, una vita in cui non c’è spazio per la negatività e, delle volte, nemmeno per la positività, perché eri sempre così confusa e frettolosa che avevi a mala pena il tempo di respirare. Pensandoci adesso, mi viene quasi da ridere e mi è impossibile non chiedermi come abbia fatto, tutto questo tempo, a vivere in quel modo.
L’ho capito subito dopo essere tornata da Cancun, che non era più lo stesso. Nell’ultimo periodo sono successe così tante cose che ho finalmente imparato ad abbandonare l’apatia della mia vita precedente e ad accogliere i sentimenti. Ho capito che non vi è nulla di sbagliato nel piangere anche sotto la luce del sole, agli occhi di tutti, o nello sfogarsi con qualcuno che, a differenza del proprio diario, può darti consigli e raccomandazioni. Ho imparato che la cosa giusta da fare è fidarsi del proprio istinto, anche se questo comporta l’abbandono di persone che ritenevi importanti. Ho imparato tutto questo soprattutto grazie a Cameron e, in un modo o nell’altro, il nostro viaggio ha contribuito ad aprirmi gli occhi. È stata come una sorta di rivelazione e, devo dirlo, ne sono davvero entusiasta. Come essere tornata cosciente dopo un lungo periodo di coma, e non c’è niente di più soddisfacente.
 
-Papà, sto uscendo!-  
-Non fare troppo tardi.-   Mi raccomanda fortunatamente l’uomo, facendomi un bizzarro occhiolino divertito.
Sono le nove e trenta di sera e, nonostante io sia sfinita a causa del poco sono, ho promesso a Cameron di passare da lui poiché è solo. Sua madre fa il turno di notte e, come mi ha spiegato qualche giorno fa, in quella casa abitano solo loro due. Mi affretto dunque a rassicurare mio padre e mi munisco subito di giacca e borsa.
Il tragitto per fortuna non è molto lungo, per questo ho deciso di andare a piedi e approfittarne per passeggiare un po’. Non appena arrivo, busso senza esitazione alla porta di casa e, dopo aver sentito un forte “Entra” da parte di Cameron, la apro lentamente.
Ricordo ancora bene questo posto, nonostante io ci sia stata una sola volta. Ricordo perlomeno che vi è un enorme divano subito dopo l’ingresso, circondato da televisore, librerie e quant’altro. Ed è proprio qui che trovo il ragazzo, seduto in una posizione sicuramente stanca e pigra con le gambe spalancate e la schiena mezza storta. Mi avvicino quindi al divano e faccio per baciarlo, ma mi fermo non appena noto un’espressione malinconica sul suo volto, espressione che si trasforma in disagio mentre lui si affretta a mettere via ciò che aveva in mano. Seguo attentamente ogni suo movimento e mi ci vuole poco a capire che quello che ha appena riposto nella libreria è un album fotografico. Cameron torna a sedersi subito dopo sul divano, accarezzandomi la coscia con una mano e mettendo in mostra un ampio sorriso, palesemente falso.
-Tutto bene?-   Mi accerto dunque, non sapendo proprio che risposta aspettarmi.
Si limita infatti ad annuire silenzioso e prosegue come se nulla fosse, cercando di ignorare quel pensiero negativo che, me ne rendo conto pure io, gli attanaglia lo stomaco. Dopo quello che Cameron mi ha rivelato a Cancun, però, so che non è facile fargli uscire le cose di bocca, ma stavolta decido di non lasciar correre e, poggiando la mia mano sulla sua, cerco di spronarlo.
-Cam…-   Sussurro dapprima, molto piano. Poi, spostando con l’indice il suo viso su di me, proseguo.   –Ti ricordi quello che ti ho detto? Che avresti potuto parlarmi di qualsiasi cosa? Non erano parole buttate al vento.-  
Sento uno sbuffo provenire dalle sue labbra ed accompagnare il suo sguardo stanco e quasi deluso, ma capisco per fortuna che si è quasi arreso alle mie richieste.
-Ti manca così tanto Cancun?!-    Scherzo quindi, tentando così di spronarlo ulteriormente ad aprirsi con me, senza imbarazzo o disagio.
-Stavo guardando delle vecchie foto.-   Confessa finalmente, affranto.
-Posso vederle anch’io?-   Gli propongo dunque, con un tono delicato e dolce per non sembrare troppo invasiva.
Cameron sembra pensarci un po' su, ma non lo biasimo e gli do tutto il tempo che gli serve. Dopo qualche lungo secondi, infatti, emette l'ennesimo sbuffo e si convince, sbattendo giocosamente le mani sul divano prima di alzarsi. Raggiunge poi la libreria di fronte a lui e, poggiando delicatamente una mano sull'album fotografico, lo estrae con estrema insicurezza, come se quest'ultimo potesse rivelare chi sa quali oscuri segreti. Torna quindi a sedersi al mio fianco e me lo porge, così lo afferro immediatamente e non perdo tempo prima di aprirlo. Sono davvero molto curiosa ed eccitata all'idea di scoprire qualcosa in più sul passato di Cameron, anche se si tratta solo did semplici fotografie.
Nelle prime due pagine che mi si pongono sotto gli occhi, vedo quattro foto scattate quando Cameron era davvero piccolo. Nella prima era addirittura un neonato di solo qualche mese ed era talmente carino che, senza indugio, mi volto verso il ragazzo e lo osservo dolcemente.
-Oh, sei adorabile.-   Commento dunque, trattenendomi dal saltargli addosso ed abbracciarlo.
Cameron, invece, arrossisce all'istante e ride timidamente, cercando intanto di zittirmi con dei commenti stupidi. La scena si ripete per circa altre dieci fotografie, le quali ritraevano il castano durante la sua infanzia, prima con l'apparecchio ai denti, poi con un'acconciatura davvero bizzarra che mi rende più facile prenderlo in giro. Non faccio altro, infatti, che stuzzicarlo e ridergli in faccia, indicando un attimo lui e un attimo le foto.
-Perché eri così malinconico nel vedere queste foto? Non c'è niente di più divertente.-   Commento ad un certo punto, del tutto ironica.
Mi rendo conto di aver sbagliato non appena noto lo sguardo improvvisamente serio di Cam, che si è incupito d'improvviso. Le mie guance si arrossiscono all'istante a causa dell'imbarazzo e della pessima figura appena fatta e, giuro, in questo momento preferire seppellirmi.
-Scusa...-   Sussurro però, biascicando lentamente le parole per via della mia improvvisa insicurezza.
-Non preoccuparti...-   Mi rassicura Cameron, il quale non perde tempo per voltarsi verso di me e guardarmi negli occhi in modo completamente tranquillo.
-D'altronde hai ragione.-   Aggiunge poi in una risata, stavolta finalmente spontanea.
Capisco tuttavia che, dentro di sé, freme dalla voglia di parlarne e sfogarsi, lo leggo nella sua espressione indecisa e tintinnante. Mi avvicino quindi al suo corpo e mi accomodo meglio posizionando le mie gambe sulle sue e le braccia attorno al suo busto, così da rompere ulteriormente il ghiaccio. Dopodiché, gli carezzo piano i capelli e poggio la testa sul suo letto, come se stessi per addormentarmi.
-Non c'è nemmeno una foto di Blake.-     Dico poi, togliendomi un peso dallo stomaco.
Non me ne pento, stavolta, perché so che Cameron non voleva sentirsi dire altro se non questo. Non a caso, abbassa subito lo sguardo per indirizzarlo verso il mio e mi sorride lievemente prima di parlare.
-Ce n'è una sola, in realtà.-   Afferma a bassa voce.
Detto ciò riafferra con più sicurezza l'album e fa scorrere le pagine fra le sue dita, per poi fermarsi oltre la metà. Mi indica quindi una delle tante fotografia e mi accorgo subito che vi è un componente in più. Non ci sono più solo Cameron, sua madre e suo padre, ma anche quello che presumo sia il suo fratellastro. Non sembra cosi male come immaginavo, anzi: nonostante i suoi capelli di un nero corvino e gli occhi altrettanto scuri, ha un leggerissimo sorriso che alleggerisce la sua espressione e lo fa apparire... normale. Tuttavia, prestando più attenzione ai piccoli dettagli, noto che i suoi occhi sono spenti ed apatici.
-Sembra apposto.-   Dico con la massima cautela, sapendo già di ottenere disapprovazione da parte di Cameron.
-Già, sembra.-   Mi corregge infatti lui il più velocemente possibile, prima di continuare.  
-È l'unica foto che abbiamo con lui, in genere si è sempre rifiutato. Quel giorno, però, chi sa che gli è passato per la testa e ha deciso di mettere su un sorrisetto e fingere che fosse tutto okay.-   Spiega perciò, facendo spallucce nel probabile tentativo di fingersi indifferente.
-Magari quel giorno era veramente tutto okay.-   Gli suggerisco io, cercando nel mentre di tirarlo su di morale.
-Beh, ad ogni modo non è durato molto.-    Rinnega lui, e pare quasi volermi zittire.
Capisco subito sia arrivato il momento di alleggerire la situazione, perciò  -Di quanto vi differite?-   gli domando, adesso con un tono calmo.
-Circa cinque anni.-   Risponde prontamente, apprezzando a quanto pare il mio piccolo tentativo.
-Sai...-   Aggiunge poi, cominciando a respirare più lentamente.   -È proprio questo ciò che mi piace delle foto, che i soggetti rimangono immutati. Persone ritratte per sempre in quella determinata posa, o con quella determinata espressione. Era raro vedere Blake sorridere, e se lo faceva era per scherzo o malizia. Ma vedere questa foto è come illudersi che vada tutto bene, sempre, come se fosse davvero un ragazzo normale, non problematico, n'è fuori di testa o... Pazzo.-  
C'è amarezza e disprezzo in queste sue ultime parole, ed è solo a questo punto che capisco quanto odio possa provare nei confronti di questo misterioso ragazzo. Mi sento quasi una stupida per aver preso con leggerezza e aver quasi sottovalutato questo argomento, così mi riprometto di far di tutto per rimediare.
-Hey... Ti ricordi quello che mi hai detto tempo fa?-   Comincio quindi, alzandomi adesso all'altezza del suo viso e mettendomi seduta per bene.   -Che è inutile rimpiangere il passato e provare rancore? Beh, se non ho capito male, Blake è ormai scomparso dalla tua vita e da quella dei tuoi genitori, quindi non pensarci più, va bene? O, perlomeno, fallo senza rammarico.-
Spero di rendermi utile con i miei consigli altamente prevedibili, poiché in realtà sono i suoi. Ma Cameron li apprezza ugualmente e con molto entusiasmo, non a caso afferra con soddisfazione il mio viso e mi stampa un piccolo bacio sulle labbra, un bacio che si impadronisce sempre di più di noi.
-Forse hai ragione.-    Ammette poi Cameron, staccandosi solo per un attimo da me.
Riprendendo subito dopo il bacio, avvicina ancora di più il mio corpo al suo grazie alla sua presa ferrea. Questo mi sprona a mettere da parte la mia poca timidezza e a sedermi a cavalcioni sulle sue gambe, ponendo le mie ai lati dei suoi fianchi. Cameron smette di baciarmi solo per qualche secondo, nel tentativo di osservarmi intensamente e totalmente preso dalla situazione, dopodiché riaggancia nuovamente le sue labbra sulle mie e dà il via ad un bacio tutto nuovo. Sento la sua lingua sfiorarmi a mala pena la bocca, così decido di darle il permesso di entrare e la accolgo con poca pazienza mentre la intreccio alla mia.
In pochi minuti, sia io che Cameron ci lasciamo completamente trasportare dall'atmosfera improvvisamente più calda, mentre sembra che nessuno di noi riesca a trattenersi. Non a caso, decido di fare per prima il passo in avanti e afferro con determinazione il colletto della camicia a fantasia militare di Cameron, attraendolo verso di me. Non perdo neanche un secondo prima di sbottonare l'indumento, bottone dopo bottone in maniera quasi sensuale, per sfilarglielo poi di dosso. Cameron si ritrova in pochi secondi a petto nudo davanti a me e, esortata da tutto ciò, mi catapulto di nuovo sulle sue labbra carnose. Intensifico nuovamente il bacio mentre una sensazione di pura soddisfazione si impossessa di me non appena realizzo di essere a capo di questa situazione.
Cameron, però, mi ferma senza alcuna spiegazione e mi osserva con il respiro affannato.
-È meglio andare di sopra.-   Mi suggerisce quindi, accontentando per fortuna le mie aspettative.
 
 
 

 
 
 
 
XHIMMELX.

Salve a chiunque stia leggendo questo spazio! So di essere in ritardo, ma scorsa settimana sono stata in gita e mi sono dedicata un po’ a me stessa.
Passando al capitolo, sin dall’inizio stavolta è chiaro il cambiamento di Khloe: anziché inserire una delle tante pagine di diario da lei scritte in una fase di depressione, ho messo una piccola riflessione.
Si è resa conto anche lei di essere cambiata, di aver cambiato il suo modo di vedere e pensare le cose grazie a Cameron. La sua vita sarebbe sicuramente diversa senza di lui, non tanto fuori quanto dentro di sé.
E quindi, non appena trova il ragazzo in una fase di rimpianti e tristezza, fa il possibile per tirarlo su di morale e aiutarlo. A Cam non piace parlare o ricordare suo fratello, ma con Khloe sembra tutto essere un po’ più facile.
Detto questo, mi dileguo. Alla prossima, xhimmel!



-Vedere questa foto è come illudersi che vada tutto bene, sempre…-

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Capitolo 24
*** Capitolo 24. ***




Capitolo 24.



 
 
 
Mi sembra di star vivendo un déjà-vu e forse, in effetti, è proprio così. È la seconda volta, questa, che mi ritrovo in braccio a Cameron mentre lui mi conduce su per le scale, diretto verso una camera da letto. A differenza di quanto è accaduto alla festa di Taylor, però, nessuno dei due sta per sentirsi male. Anzi, potrei farlo io se Cameron non si affretta a raggiungere la dannata mansarda.
Siamo entrambi così affiatati e attratti l'un l'altra che potrebbe persino cadere un meteorite sulla terra: non ce ne accorgeremmo. Quando finalmente il ragazzo apre la porta della sua stanza, che riconosco all'istante, rido soddisfatta e lo guardo maliziosa, cercando di avvertirlo riguardo ciò che lo aspetta.
Non credo di essermi mai sentita così prima d'ora: come ho già detto, con Cameron è diverso che con tutti gli altri ragazzi con cui sono stata. Ragazzi usati a mio piacimento solo per illudermi di poter dimenticare Grayson, ragazzi per cui sono stata disposta a mettere da parte la mia dignità, pur di fare uno sforzo e finirci a letto. Stasera, con lui, è tutta un'altra storia. L'attrazione fisica è accentuata dai sentimenti, dei veri sentimenti che provo nei suoi confronti, e non potrebbe andare meglio data la felicità che provo al riguardo. È meraviglioso realizzare di avercela finalmente fatta, di essere riuscita a dire addio ai miei errori e alla Khloe del passato, così tanto che non riesco ad aspettare un istante in più.
Ancora in braccio a Cameron, lo sento avvicinarsi passo dopo passo al letto e fermarsi poi ai piedi di esso. È a questo punto che smette di baciarmi e mi osserva premuroso, come se volesse chiedermi se ciò che sta facendo è la cosa giusta. Vorrei dirgli che non c'è cosa che desidero di più al mondo, adesso, se non noi due insieme, ma preferisco tenere da parte le parole e mi limito ad annuire silenziosa. Dopodiché mi catapulto nuovamente sulle sue labbra, nel tentativo di dargli un'ulteriore conferma. Forse per questo Cameron decide di andare avanti e mi fa stendere ad agio sul materasso, facendomi poggiare delicatamente come se fossi una piuma. Indietreggio pian piano in moto tale da arrivare ai cuscini e, non appena riesco nel mio intento, vedo il ragazzo mettersi a gattoni sul letto ed avanzare nella mia direzione. I nostri volti si ritrovano in men che non si dica a poca distanza l'uno dall'altro, dunque Cam fa toccare le nostre fronti mentre lo stesso accade ai nostri nasi. Rimarrei ad osservare il suo torso nudo per il resto della nottata, ma sono talmente impaziente che preferisco aver fretta. Mi convinco dunque a ribaltare le posizioni ed in pochissimi secondi mi ritrovo seduta a cavalcioni sul corpo di Cameron, a sua volta poggiato alla spalliera del letto. Poi, mentre lui non fa altro che guardarmi stupito e mangiarmi con gli occhi, guido le sue mani verso il mio corpo e gli consento di spogliarmi. Comprendendomi al volo, infatti, lui non perde neanche un secondo per togliermi di dosso la semplice maglietta rossa e fa poi lo stesso con il mio reggiseno, lasciandomi seminuda proprio come lui. Non si lascia scappare nemmeno un attimo di tempo e, apparendo più impaziente che mai, lascia qualche bacio sulla mia pelle, a partire dalla spalla sino ad arrivare al seno. Inclino leggermente la testa a causa del lieve piacere che ne deriva ma, poco dopo, acchiappo il suo viso con entrambe le mani e faccio incontrare le nostre labbra in un bacio adesso più spinto, del quale entrambi abbiamo bisogno. Dopo aver quindi fatto incontrare le nostre lingue con dei movimenti svelti e passionali, mi allontano leggermente e abbasso lo sguardo quanto basta per poter sbottonare con attenzione i suoi jeans ed abbassare la zip. Li abbasso poi con calma e, con lo stesso aiuto di Cameron, lo spoglio di ogni suo indumento, scoprendolo infine completamente nudo sotto di me. Il ragazzo dunque mi imita e mi sottrae all'impaccio degli shorts e degli slip, che vengono immediatamente gettati al di là del letto in un punto indeterminato. Il desiderio, nel frattempo, è cresciuto così tanto in noi che non aspettiamo un secondo in più prima di passare ai fatti.
Solo adesso che sta succedendo, mi rendo realmente conto di quanto a lungo abbia aspettato e desiderato questo momento senza mai ammetterlo davvero. Per questo, non appena il mio corpo entra in pieno contatto con il suo, vengo subito investita da una sensazione di puro piacere e soddisfazione, una sensazione di appagamento che di certo non dipende soltanto dall’eccitazione del momento. Mi muovo dunque con lentezza e cautela su di lui, aumentando poi il ritmo e la velocità man mano che vengo assalita dalla goduria. Tuttavia, non riesco a trovare nulla di volgare o disgustoso in tutto ciò, anzi: le mie braccia agganciate saldamente attorno al collo di Cameron, le sue mani che stringono con dolcezza i miei fianchi e, di tanto in tanto, la mia schiena, le nostre labbra che si rincorrono col respiro affannato finché non si trovano, senza più lasciarsi andare… tutto ciò mi ricorda quasi un’opera d’arte, un qualcosa che di più vero non potrebbe esistere.
Ed è forse questo pensiero che mi aiuta a raggiungere l’apice, facendomi prima inarcare la schiena e piegare la testa all’indietro, e poggiare poi quest’ultima sul petto sudato di Cam attraverso dei movimenti stanchi e sfiniti. Lui, a sua volta, fa aderire il suo capo all’incavo del mio collo e mi stringe ancora di più a lui, mentre l’improvviso silenzio della stanza viene colmato con i nostri respiri affaticati e trascinati, segno di fatica.
Dopo aver racimolato abbastanza forze, poi, mi distacco dal corpo nudo di Cameron e, sollevando piano le gambe, mi sdraio con soddisfazione sul materasso, al fianco di lui che mi imita. Mi affretto ad afferrare le lenzuola e, con esse, copro i nostri corpi spogli e sudati, per poi avvinghiarmi in maniera dolce a Cameron. Mi metto infatti di profilo, verso la sua direzione, e poggio un braccio sul suo petto, laddove posso benissimo percepire il suo battito cardiaco rilassarsi sempre di più e tornare pian piano alla normalità. Faccio poi incrociare le nostre gambe e comincio a giocherellare tranquillamente con le mie dita, tracciando un piccolo percorso immaginario sulla sua pelle calda. Cameron fa lo stesso con i miei capelli, afferrando di tanto in tanto qualche ciocca ed attorcigliandola attorno al suo indice, aiutandomi a rilassarmi ulteriormente. In poco tempo, senza dire neanche una parola, caschiamo entrambi in un sonno profondo.
 
Quando riapro gli occhi, deve essere passata almeno un’ora piena. Ci metto un po’ a ritornare alla realtà, poiché inizialmente non riesco a capire se le immagini nella mia testa siano un semplice frutto dell’immaginazione o pura realtà. Trovo le mie risposte non appena mi volto a destra, dopo essermi strofinata con forza gli occhi, e scruto Cameron in piedi di fronte all’armadio.
Ha i jeans addosso e sta cercando una maglietta pulita da mettere. Si accorge di me solo dopo essersi completamente vestito e, sentendosi forse osservato, si volta in direzione del letto. A questo punto mi scruta silenzioso per qualche secondo mentre mi lancia un sorriso dolce e premuroso, per poi abbassarsi all’altezza del letto e lasciarmi un delicato bacio sulla fronte. Lo lascio fare tranquillamente, poiché la serenità che mi scorre dentro è talmente piacevole che congelerei questo momento e lo chiuderei in una scatola. Poi, però, mi accorgo di sentire già la mancanza delle sue labbra e per questo sollevo il mio sguardo e lo bacio, prontamente ma con cautela. Cameron ricambia all’istante e, carezzandomi la guancia, mi regala un bacio breve ma intenso.
Dopo aver riportato le distanze fra di noi, lancia un’occhiata furtiva alle lenzuola e mi fa notare come io sia ancora nuda, comoda sul suo letto. Mi metto infatti a ridere poiché avevo completamente messo da parte questo dettaglio ma, non appena trovo le forze per farlo, mi alzo dal letto e, continuando a coprirmi con le coperte, raccolgo da terra i miei vestiti.
Dopodiché, ordino a Cameron di darmi le spalle così da potermi rivestire tranquillamente. Mi fulmina con lo sguardo, dal momento in cui “Abbiamo appena fatto l’amore”, sentenzia divertito. Il tono dolce in cui lo dice, tuttavia, lo fa apparire come l’uomo più felice sulla Terra. Perlomeno, so di aver fatto la cosa giusta con lui. Ad ogni modo, dopo qualche secondo acconsente a voltarsi e ne approfitto per sfilarmi di dosso le lenzuola ed indossare i miei vestiti poco alla volta.
-Fatto.-   Annuncio non appena finisco, dando al ragazzo il permesso di girarsi.
In meno di un secondo, Cam si volta e si incammina verso di me, poggiando poi le mani sulle mie spalle. 
-Hey.-    Sussurra non appena incastra i suoi occhi sui miei, attirando la mia massima attenzione.
Sta per aprire bocca e dire qualcosa, ma viene interrotto da un improvviso rumore che proviene dal piano di sotto, un rumore di vetro infranto. Sussulto immediatamente per lo spavento a causa del boato, non riuscendo a giustificare in alcun modo ciò che ho appena sentito.
-Cosa è stato?-   Domando infatti a Cameron, subito più stranita e decisamente impaurita.   –Avevi detto che eravamo soli in casa.-
-È così.-   Mi rassicura lui, cercando di calmarmi col suo sguardo stranamente tranquillo.  
–Sarà stato il cane, prima o poi distruggerà questa casa.-   Aggiunge poi con una risata ironica.
Non sapevo neanche che avesse un cane, ad essere onesta, ma non mi sorprendo poiché questa è solo la mia seconda volta in questa casa.
-Ne sei sicuro?-   Insisto comunque ancora una volta, non del tutto convinta della sua affermazione.
È come se avessi una strana sensazione addosso, come se percepissi la presenza di qualcuno. Ma, inutile dirlo, probabilmente sto soltanto esagerando, così come ho fatto moltissime altre volte in precedenza.
-Sì, Khloe. Ascolta, fra un minuto andrò a controllare e ti dimostrerò di aver ragione…-   Acconsente infine Cam, notando finalmente la mia leggera ansia arrivata in meno di un secondo.   –Ma prima… Stavo per dirti qualcosa.-
-Cosa?-   Mi informo immediatamente, curiosa, ricordandomi di averlo interrotto con le mie stupide paranoie.
-Niente, solo che ti amo.-    Risponde, con la massima calma e sincerità.
Non è la prima volta che sento uscire queste parole dalla sua bocca, eppure stasera c’è qualcosa di diverso in me. Anzi, stasera è proprio tutto diverso in me. Stasera, la risposta arriva concisa e diretta nella mia testa.
-Ti amo anch’io, Cam.-   Sussurro piano e lentamente, per poi ripeterlo una seconda volta a voce più alta.
Vorrei essere in grado di farmi sentire da tutto il mondo, vorrei che tutti sapessero che non mi sarebbe potuta capitare cosa migliore di questo ragazzo. Noto immediatamente stupore ed entusiasmo nel suo sguardo, arricchito da due occhioni illuminati e colmi di gioia e da un sorriso a trentadue denti. È un’immensa soddisfazione sapere di essere la causa della sua felicità, per questo non esito neanche un attimo e ricambio il sorriso.
-Mi sbagliavo, non avevo bisogno di tempo per amarti.-   Gli spiego poi, pronunciando tali parole senza neanche avere la minima possibilità di pensarci su. Escono semplicemente spontanee dalla mia bocca.
-Credo che… Ti amavo già quando mi hai chiesto di parlare in quella spiaggia, ma allora ero troppo spaventata per ammetterlo persino a me stessa, figuriamoci a te. E così ti ho promesso che prima o poi ci sarei riuscita. Beh, Cam, ti amo già da un pezzo ormai e… dovevo solo trovare il coraggio di abbassare la guardia e cominciare a vivere appieno la mia vita. È solo grazie a te se ci sono riuscita, lo sai questo?-
Aspetto a lungo una risposta da parte del ragazzo, ma questa non arriva mai. Credo che Cameron sia troppo euforico in questo momento per potermi degnare di una sua risposta, e al solo pensiero mi viene da ridere. È come quando sei così felice che non riesci più a controllare i battiti del tuo cuore ed hai paura che esso esploda da un momento all’altro ma, nonostante la paura di poter morire, è una bella sensazione. A dire la verità, non ho neanche bisogno delle sue parole in questo istante. Preferisco il silenzio, preferisco i nostri respiri lenti che si miscelano e i nostri occhi che non si lasciano mai andare. E tutto questo va oltre ogni mia aspettativa perché, diamine, mai avrei potuto immaginare di amare una persona più di quanto io abbia amato Grayson in passato.
So che, se pronunciassi queste parole ad alta voce, Cameron probabilmente non ci crederebbe nemmeno, perché fino a poco tempo fa ero talmente in fissa con Grayson che avrei persino desiderato rinchiudermi per sempre nella mia camera ed isolarmi dal resto del mondo. Così faccio quello che mi riesce meglio e mi limito ad abbracciarlo, a stringerlo talmente forte da non farlo quasi più respirare. Cam ride all’improvviso a causa del mio gesto inaspettato e avventato, ma non perde tempo e ricambia l’abbraccio anche lui. E mi godo tutto ciò che ne consegue: mi godo la sintonia e la chimica che scorre fra i nostri corpi, un legame che mai avrei pensato di stringere con qualcuno, mi godo la luce fioca di questa stanza mentre fuori è tutto buio, e mi godo le sue dita che pressano contro la mia pelle come a non volermi più lasciare.
Appena un minuto più tardi, però, decido che sia ora di tornare alla realtà e, facendo cadere il mio sguardo sull’orologio, mi accorgo che si è fatto molto tardi. Mi ritrovo quindi costretta a sciogliere l’abbraccio e, allontanandomi di qualche passo, annuncio a Cam di dover tornare a casa.
-Adesso quindi va’ a controllare cos’è successo di sotto.-   Lo prego dunque per l’ultima volta, sperando che nel peggiore dei casi io venga assalita dal suo cane.
-Va bene.-   Acconsente finalmente lui, dandomi un ultimo bacio a stampo prima di avviarsi.
Lo vedo aprire la porta della sua stanza e fare qualche passo giù per le scale, ma il silenzio che segue appena qualche secondo dopo è più forte di qualsiasi altra cosa. E mi insospettisce un po’.
-Cam?-   Lo chiamo infatti, immaginandolo immobile nel bel mezzo degli scalini.
Le sole parole che sento provenire da fuori, dopo un silenzio che era sembrato infinito e insostenibile, furono come trascinate e prive di forza.
-Che ci fai tu qui?-
 
 




 
 
 
XHIMMELX.
Hey, salve!
Beh, che dire, questo capitolo è l’apice della relazione fra Cam e Khloe. Non potrei esprimere meglio di così quello che c’è fra di loro, quindi spero di averlo fatto bene.
Khloe ha finalmente ammesso a sé stessa e a Cam di amarlo, cosa che sentiva già da un po’ ma che era sempre stata spaventata di realizzare, per vari motivi.
E adesso che ha capito che meglio di così non potrebbe andare e che “
Grayson? Grayson chi?”, non poteva che abbassare le guardie.
Beh, detto questo, annuncio solo che il prossimo capitolo sarà l’epilogo.
So che a lungo andare sono diventate pochissime le persone che seguono questa storia, ma io rimango comunque felice di ciò che ho scritto -
anche se non sarà mai un capolavoro- e di aver pubblicato tutto fino alla fine, più per me stessa che per altro.
Un bacio, alla prossima!
xhimmelx. 




-Ti amo anch’io, Cam.-   

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Capitolo 25
*** Epilogo. ***




Epilogo.


 
 
 
-Cosa ci fai tu qui?-
Sento la voce di Cameron pronunciare queste parole con così tanta fermezza e crudeltà che capisco subito non possa trattarsi di Nash, né di sua madre. Dentro di me la consapevolezza di dovermene stare in disparte fa la lotta con la curiosità –e in parte il timore-, ma alla fine è quest’ultima a vincere. Aiutata, forse, da una stretta al cuore che in questo momento trovo infondata.
Così mi decido, una volta per tutte, ad uscire da questa stanza silenziosa e riempita solo dai miei pensieri e spalancare completamente la porta che mi separa da Cameron –e dal suo misterioso interlocutore. Tuttavia lo faccio a passi lenti ed insicuri, prestando attenzione a fare il meno rumore possibile.
Quando uno scricchiolio quasi spaventoso mi suggerisce che la porta si è di nuovo chiusa, questa volta alle mie spalle, mi ci vogliono pochi minuti prima di poter notare Cam a qualche passo da me, pochi gradini più in basso. Seguendo attentamente il suo sguardo, punto gli occhi su una figura a me sconosciuta: un ragazzo dai capelli quasi corvini e la corporatura a prima vista muscolosa e forzuta sta immobile in salotto, vicino alle scale.
-Cam, lui chi è?-    Domando con cautela, temendo di risultare inopportuna e fuori luogo. A giudicare dalla tensione che si percepisce, lo sono sicuramente.
È come se lui si accorgesse solo ora della mia presenza, non a caso impiega meno di due secondi per voltarsi nella mia direzione ed osservarmi in modo strano, come se si sentisse a disagio. Allo stesso modo, anche il ragazzo mi punta per la prima volta gli occhi addosso e mi accorgo subito di quanto sia rimasto spiazzato nel vedermi lì. Non ci vuole di certo un genio per constatare che l’aria, qui dentro, è decisamente pesante e fredda come il ghiaccio, lo sento persino nella mia pelle che d’improvviso viene percorsa da una strana, stranissima sensazione. Come se mi fossi raggelata alla vista di quegli occhi. Poco dopo capisco perché.
“Un momento”.
“Io questi occhi li ho già visti”.

In un attimo si fa tutto più chiaro. Forse perché ancora indebolita dal sonno, solo ora nella mia mente riappaiono le immagini vissute qualche ora prima: il mio cervello mi riporta direttamente a quando io e Cameron eravamo seduti sul divano di questa casa a guardare e sfogliare quel vecchio album fotografico. A parlare di Blake. Non ho bisogno di fare due più due per capire che lo stesso Blake si trova adesso a pochi metri da me e, forse perché Cameron non ha fatto altro che parlarne negativamente, vengo assalita dalla paura.
La voce di Cam rimbomba nei miei ricordi mentre mi spiega di non avermi raccontato tutto prima per paura di mettermi in pericolo, mentre dice con rammarico quanto pazzo Blake possa essere e mi rassicura che non tornerà più. “Le persone pazze non hanno bisogno di un vero motivo per odiare qualcuno” aveva ammesso. E adesso eccolo qui, di fronte a lui, immobile come se fosse stato scoperto con le mani nel sacco.
-Questa chi è?-   Chiede al fratello con un tono allarmato e curioso, spostando lo sguardo da me a lui e viceversa alla massima velocità.
Percepisco subito qualcosa cambiare in Cameron, che si volta con la massima lentezza verso di me e, con la bocca ora serrata, mi osserva a mo’ di supplica.
-Torna in camera.-    mi indica infatti, facendolo sembrare quasi un rimprovero rivolto ad una bambina di dieci anni.
Gli lancio immediatamente un’occhiata stranita poiché, nonostante io sappia come si senta nei confronti del suo fratellastro, non ho di certo intenzione di lasciarlo solo con lui. Perlomeno non finché non mi conferma che va tutto bene.
-Cos’è, ti vergogni a presentarmi alla tua ragazza?-   Blake pare prendersi gioco di lui in quella che è senza ombra di dubbio una provocazione, prima di fare qualche passo in più verso le scale.
-Sul serio, Khloe, va’ in camera. Io e Blake dobbiamo parlare.-   Insiste ancora una volta Cam, ostinato a non togliermi gli occhi di dosso.
Quando percepisco il suo sguardo farsi di volta in volta più insistente, capisco di non avere altra scelta e lo accontento. Sempre molto lentamente, gli do le spalle e mi incammino verso la camera mentre   -Ciao ciao Khloe.-   sento dire da Blake, in maniera del tutto derisoria.
Tuttavia faccio attenzione a lasciare una fessura alla porta, nella speranza di poter subito capire se qualcosa non va. Non a caso, al silenzio che ne è risultato segue un sospiro pesante da parte di Cameron e riesco a comprendere dal rumore dei suoi passi che si sta dirigendo al piano di sotto.
-Te lo chiedo di nuovo.-   Avverte Blake quasi ammonendolo.   –Che ci fai qua?-  
-Sono appena arrivato e vuoi già che me ne vada?-   Ride il ragazzo, o dovrei dire l’uomo.
Sembra non faccia altro che prendersi gioco dell’intera situazione, e probabilmente è proprio così. Poiché non arriva nessuna risposta da parte di Cameron, posso benissimo immaginare quanto sia innervosito e frustrato dall’atteggiamento del “fratello”. Come biasimarlo?
Quest’ultimo, comunque, continua a fingere che sia tutto normale e   -Sono cambiate tante cose, qui.-    sentenzia duramente, mentre io mi sporgo giusto un po’ dalla porta per poter sbirciare, per quanto mi sia possibile.
Lo vedo vagare per il salotto, a volte scomparendo e poi ricomparendo dalla mia visuale, fermandosi infine vicino al divano.
-Questo televisore bello e grosso, ad esempio, non c’era due mesi fa.-
Indica con l’indice destro la tv posta sul mobile di fronte a lui e l’ammira con sorpresa, come se fosse la cosa più costosa mai vista.
-A quanto pare vi siete dati alla pazza gioia, da quando me ne sono andato!-    Questa volta ride fragorosamente strizzando addirittura gli occhi per lo sforzo.
-Dove sei stato tutto questo tempo?-   Cerca di informarsi Cameron ma, nonostante io non riesca a guardarlo in faccia, so quanto difficile gli risulti ignorare le provocazioni del fratello.
-Oh…-   Interviene quest’ultimo.    –Ti ricordo che hai contribuito a cacciarmi via.-
Poi, mentre sbuffa ormai stufo, prende un piccolo oggetto decorativo posto sulla libreria e lo scruta nei minimi dettagli, come un diamante appena trovato in una vecchia miniera.
-Dallo scintillio di questo aggeggio deduco sia costato un occhio della testa.-   Afferma Blake, passandoselo da una mano all’altra.
-Sei per caso ubriaco?-   Si accerta a questo punto Cam, la voce adesso più dura.
-Forse.-   Gli concede l’altro.    –Bho.-
Dopodiché, apre il pugno e lascia cadere a terra l’oggetto in vetro che, al tocco con il pavimento, si rompe in mille pezzi. Mi basta il leggero suono dello schianto per sussultare e saltare su me stessa, mentre comincio a temere che la situazione stia per degenerare.
-Allora va via, non ha senso che tu stia qua.-   Lo avverte Cameron, avanzando nel frattempo verso di lui.
-Ragazzetto, mi stai minacciando?-
A queste parole, noto immediatamente le mani di Cam chiudersi in pugno ed i muscoli delle spalle contrarsi, tuttavia non si muove di un altro centimetro. “Grazie al cielo” sussurro. Eppure so che non sarà così ancora a lungo, so che non sarà in grado di trattenersi dal mandarlo al diavolo –o peggio- per sempre.
Capisco che sia arrivato il momento di intervenire quando, nel giro di pochissimi secondi, Blake corre minacciosamente verso Cameron e, ormai faccia a faccia, sbattere un pugno contro il muro alla sua sinistra. Per un attimo ho temuto che quel pugno potesse atterrare sul viso di Cam, per questo senza quasi rendermene conto spalanco la porta –facendola sbattere violentemente- e mi dirigo subito giù per le scale, trattenendo inconsapevolmente il respiro. Una volta arrivata al piano di sotto, però, mi sforzo di alleggerire i muscoli della mia faccia e mi rivolgo ai due con un’espressione spaesata.
-Tutto ok?-   Domando con un lieve sorriso di cortesia.
Per una ragione o per un’altra, sento che mantenere la calma e fingermi gentile possa essermi d’aiuto. Cameron si volta verso di me e chiude gli occhi in un sospiro, maledicendo chi sa quale Dio, mentre Blake fa qualche passo indietro e si mostra sollevato dalla mia presenza.
-Grazie al cielo ci sei tu, piccola. Cameron non conosce le buone maniere.-   Mi informa svelto, per poi avvicinarsi pian piano a me.
Non conosco le sue intenzioni né voglio giungere a conclusioni affrettate, dunque mi sussurro a mente che sarebbe inutile andare nel panico e faccio un respiro profondo per cacciare dentro tutte le emozioni che si susseguono in me. al contrario, non ci metto molto a notare gli occhi di Cameron riempirsi di ansia.
-Tranquilla, lo capisco. So cosa ti ha detto Cam di me, è ovvio che tu abbia paura.-   Sogghigna però Blake accanto al mio orecchio, in una risata spaventosa.
Ma   -Io non ho paura, perché dovrei averne?-   ribatto, sperando che la mia non suoni come una provocazione, bensì come un segno di pace. Come se fosse tutto normale.
Questo però lui non sembra percepirlo, anzi, si sente immediatamente tirato in causa con l’incarico di smentire le mie parole. Ride di nuovo.
-Perché dovresti?-   Si oppone infatti, digrignando i denti.     –Potrei darti un esempio.- 
Arretro all’istante e cerco di allargare il più possibile le distanze tra di noi, cominciando già a tradire il mio atteggiamento forte e spavaldo.
-Non preoccuparti, non ho intenzione di farti niente.-   Mi rassicura quindi lui, avendo sicuramente fiutato l’insicurezza che traspare adesso dai miei occhi.  
–Non a te, almeno.-    Aggiunge però inaspettatamente, lasciando di stucco non solo me ma anche Cameron.
Non mi piace. Quello che ho appena ascoltato non ha un suono piacevole, per niente. E come a voler confermare i miei pensieri, Blake mi rivolge velocemente le spalle e si lancia contro il fratello, per poi sferrargli un cazzotto in piena guancia. Quelli che seguono sono dei lunghi secondi di infinita agonia poiché, nel vedere Cam gettarsi a terra per la sorpresa e per il dolore, non posso fare a meno di incolparmi e rimproverarmi che se fossi stata zitta tutto ciò non starebbe succedendo. Ma non posso più esitare, non in un momento come questo. Così, senza conoscere con precisione le mie intenzioni, raggiungo i due e mi abbasso all’altezza di Cameron, ormai quasi del tutto sdraiato, e cerco di controllare le sue condizioni. Il colpo appena ricevuto nell’occhio mi fa capire che a breve spunterà un livido violaceo nella medesima zona, mentre dalle labbra posso già vedere delle piccole gocce di sangue fuoriuscire ed arrivare a sporcare persino la maglietta. Cameron, tuttavia, tenta di nascondere il dolore mascherandolo con un’espressione colma di ira, che se potesse ucciderebbe Blake con il potere di un solo sguardo, mentre quest’ultimo è già pronto a portare a termine ciò che ha appena iniziato. Proprio per questo capisco sia arrivato il momento di darci un taglio o, perlomeno, provare a fermare i due. La rabbia che provo nei confronti di Blake, di certo, mi aiuta a mettermi in piedi e scagliarmi contro di lui ignorandone le possibili conseguenze, con così tanta forza che quasi rischio di stremarmi per l’energia che ci sto mettendo. Afferro la sua felpa con i miei pugni ferrei e la stringo come se ciò bastasse a prosciugare tutta la sua cattiveria, poi proseguo spingendolo sino ad arrivare alla cucina, contraendo i muscoli delle braccia finché il suo corpo non arriva a sbattere contro il bancone di marmo. Blake non oppone ovviamente alcuna resistenza, probabilmente per questo riesco a mobilizzarlo e pressare la sua testa contro i mobili in alto, mentre vedo sbucare sul suo volto un sorriso sbalordito e quasi compassionevole.
-Oh, Cam, te la sei scelta bene.-   Acconsentea infatti in una risata, aggiungendo poi un viscido ed orrido “Mi piaci” rivolto dritto al mio orecchio.
Non mi lascio intimidire dalla sua malizia, anzi, aumento la dose di aggressività e rabbia nei miei occhi e digrigno i denti per poi stringere ulteriormente i miei pugni.
-Io non ti conosco, non ho idea di chi tu possa essere o di che cosa tu sia capace. Ciò che mi ha raccontato Cameron non basta a farmi avere paura di te, intesi?-    Sussurro poi sempre più vicina al suo viso con fare minaccioso, nonostante questa sia una mezza bugia. O meglio, una bugia bella grossa.
A Blake pare piacere la mia intraprendenza, quindi continua a fissarmi con quel sorrisetto spaventoso addosso e raggiunge il culmine leccandosi le labbra, portando all’estremo il mio livello di sopportazione. Non sapendo più dove altro aggrapparmi pur di salvare questa situazione, mi lasciò trascinare ancora una volta dall’istinto e tiro uno schiaffo bello e buono al ragazzo, afferrandogli poi i capelli e sforzandomi di farlo cadere a terra. Ci riesco, ancora una volta perché Blake non oppone alcuna resistenza.
-Vedi di andartene e non tornare più.-   Gli intimo dopo essermi abbassata sulle ginocchia, tenendo ancora il suo corpo pressato verso il pavimento.
Blake ride di nuovo. Stavolta, però, per mascherare la sua sconfitta. È un pazzo, vero, ma glie lo leggo negli occhi che non oserebbe mai picchiare una donna. Non me. Ed ha probabilmente capito che non ho intenzione di farlo avvicinare a Cameron. Così alza le mani in segno di resa e, con uno sbuffo apparentemente divertito, si alza lentamente e si mette su due piedi.
-Non finisce qua.-   Ammette però, tentando miseramente di salvare quel briciolo di dignità rimastagli.
Dopodiché, si sistema i vestiti e si incammina a passo furtivo verso il salotto. Solo adesso mi rendo conto che Cam non si trova più steso a terra in cucina e quando alzo lo sguardo lo incontro proprio davanti la porta di ingresso, ad accogliere il fratellastro. Quando quest’ultimo lo raggiunge, però, lui sbatte violentemente la porta e la chiude a chiave, facendo poi la stessa cosa con le finestre e la porta secondaria.
-Cam…-   Lo osservo interrogativa, non riuscendo a capire cosa abbia intenzione di fare.    -Che fai?-
-Non andrà da nessuna parte.-    Afferma furioso, parlando a me nonostante si riferisca a Blake.    -Ho già chiamato la polizia.-
Il volto di Blake sbianca inaspettatamente. Sa che questo non è più uno scherzo.
 
Quando le volanti arrivano con le loro sirene blu e rosse ad illuminare l’ambiente oscuro, sia io che Cameron tiriamo un sospiro di sollievo ed apriamo finalmente la porta, non dovendoci più preoccupare di tenere prigioniero Blake. È stato difficile: nonostante avesse capito di non avere più scampo, ha cercato invano di impietosirci e convincerci a lasciarlo andare, comportandosi come se soffrisse di bipolarismo. Sapevamo entrambi, però, che quel Blake implorante e supplichevole non è mai esistito né mai esisterà.
Quando due agenti in uniforme raggiungono l’ingresso di casa con le mani pronte ad afferrare le pistole -in caso di necessità-, gli occhi di Blake si abbassano una volta per tutte e, nonostante spruzzi rabbia da tutti i pori, si lascia ammanettare e portare via. Il secondo poliziotto, poi, invita me e Cam a salire sull’altra auto poiché avranno bisogno delle nostre confessioni. Vogliono semplicemente capire bene ciò che è successo e conoscere i trascorsi fra i due fratellastri.
 
È stato un processo lungo e faticoso, più per Cameron che per me. Io ho solo dovuto raccontare ciò che è successo questa sera, mentre il lavoro duro è toccato a Cam. È stato lui a dover spiegare tutto ciò che in passato era successo fra Blake e la sua famiglia. E credevamo fosse finita quando gli agenti di polizia ci hanno licenziati assicurandoci di essere stati molto utili, quando invece hanno insistito per accompagnarci sino all’ospedale.
-Il ragazzo ha bisogno di alcuni punti e delle cure.-   Hanno affermato, osservando il suo volto attraversato da lividi ora più visibili ed un taglio vicino al labbro.
La madre di Cameron -che si è presa un colpo dopo averci visto arrivare all’ospedale, ed un altro dopo aver appreso ciò che era successo- ha fatto tutto ciò che poteva pur di poter avere il figlio come suo paziente. Ci ha portati fin qui, in questa stanza bianca e azzurrina del pronto soccorso dove, seduta su uno sgabello abbastanza altro, tengo stretta la mano di Cam che, dal suo canto, se ne sta seduto sul lettino d’ospedale, con i piedi penzolanti ed un’espressione di dolore addosso. La signora Dallas sta ricucendo la ferita al labbro con la massima attenzione e con due occhi sofferenti, come se il dolore del figlio si riflettesse direttamente su di lei. Per questo faccio del mio meglio pur di tranquillizzarlo, accarezzando con la mano libera la sua schiena e stringendogli le spalle come a volerlo avvicinare a me il più possibile.
Odio vederlo così, ma questo non è niente dopo i pugni ricevuti da Blake. Così, quando l’intero processo finalmente giunge al termine, Cameron abbraccia la madre e le promette di riposare un po’ prima di tornare a casa.
-D’accordo, io chiamo tuo padre.-   Sussurra lei ancora affranta, facendomi sorridere per la naturalezza con cui chiama suo marito il “padre” di Cameron.
-Adesso vi lascio soli.-   Aggiunge infine, dileguandosi poi verso il corridoio e chiudendo le tende bianche che separano un lettino dall’altro.
Adesso ci siamo solo io e lui, dopo un tempo che sembra essere stato più che infinito, e non potrei chiedere di meglio. Con qualche sforzo dovuto alla mia statura mi siedo anch’io sul lettino, proprio di fianco a Cameron, e passo una mano delicatamente fra i suoi capelli nel tentativo di farlo finalmente rilassare. Vado avanti per qualche minuto, con la testa poggiata sulla sua spalla e l’altra mano ancora stretta alla sua. Quando poi ricevo l’effetto desiderato e noto il suo respiro farsi di nuovo regolare, sollevo la testa e fisso i miei occhi nei suoi. Leggo così tante cose in quelle iridi castane, tante emozioni contrastanti, tante paure che si fanno la guerra, tanti dubbi inspiegabili, ma c’è anche tanto amore ed io sono convinta che Cameron sia la cosa migliore che avesse potuto incrociare il mio cammino. Non so dove sarei senza di lui, probabilmente ancora rinchiusa fra le quattro mura della mia cameretta a piangere a dirotto e bagnare le pagine del mio diario, aspettando che esse si asciughino per poter ricominciare ancora e ancora.
È solo con le parole di Cameron, però, che mi rendo conto che il nostro è un legame reciproco, che non va a senso unico come io invece ho sempre creduto. Così come lui ha aiutato me, io ho provato ad aiutare lui.
-Sei stata fondamentale stasera.-    Ammette infatti, facendo scontrare delicatamente le nostre fronti.    -Se non ci fossi stata tu, Blake non avrebbe esitato a mettermi le mani addosso fino a provocarmi dei seri danni.-
A questo punto lo bacio. Mi allontano il giusto da lui, afferro il suo viso con entrambe le mani e mi catapulto sulle sue labbra carnose e soffici. Nonostante debba fare attenzione a non danneggiare la ferita oramai chiusa, lo bacio e vado avanti fino a che non riesco ad estirpare tutta la sua ansia e il suo timore.
-Cameron, ti ho solo restituito il favore.-
 
 
 
 
FINE.
 
 



 
 
XHIMMELX.
E finalmente eccoci qua! Finalmente… o sfortunatamente.
Beh, finire una storia è sempre piacevole, certo, però ti lascia anche quel senso di amarezza al pensiero di dover abbandonare i tuoi personaggi in un angolino remoto della tua mente.
Ma va be, basta con le cose smielate. Parliamo di cose serie.
Questo epilogo l’ho scritto cercando di metterci dentro tutto quello che avevo bisogno di dire, nel miglior modo possibile. Tutto il percorso fatto da Khloe, tutto quello che Cameron significa per lei, tutti i sentimenti reciproci di entrami in un solo capitolo.
Spero vivamente di esserci riuscita e di aver concluso al meglio la storia.
La frase finale diciamo che mi è proprio venuta spontanea, ed è proprio essa che racchiude ogni singola parola di questa fanfiction in una piccola battuta.
In poche parole, Khloe si è finalmente resa conto che ricambia l’amore che Cameron prova per lei e che questo è più forte di quanto lei si sarebbe aspettata. E si è resa conto del fatto che non è solo Cameron il “pilastro” di questa relazione, perché anche lui può avere i suoi problemi, le sue paure, i suoi ostacoli da superare, e anche lui può mostrarsi debole e chiedere aiuto.
E lei l’ha fatto, lo ha aiutato. Quale modo migliore per finire questa storia?
Non so, io mi sento abbastanza soddisfatta.
Certo, mi sono ritrovata un po’ delusa nello scoprire il poco interesse che c’è stato nei confronti di With or Without you, ma chi se ne… Nonostante questo ho continuato a pubblicare, un po’ perché non mi piace lasciare le cose incomplete, un po’ perché me ne sbattevo se non se la filava nessuno.
Detto questo, direi sia ora di darci un taglio. Quindi grazie a chi ha letto pur se in silenzio, grazie a quei pochi che mi hanno sempre espresso il loro parere, l’ho apprezzato davvero tantissimo”



Alla mia prossima storia, chi sa quando! Un bacio, xhimmelx.
 

-Cameron, ti ho solo restituito il favore.- 

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