Annabeth Chase e il mondo nascosto

di Vale03
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La lettera ***
Capitolo 2: *** la partenza ***



Capitolo 1
*** La lettera ***


Quel giorno, al Campo Mezzosangue, dopo aver cenato, decisi di andare a fare qualche tiro con l’arco, da sola, per pensare.
Scoccai la prima freccia, centro. Ormai era troppo facile, quel campo aveva ogni cosa che, prima mi sembrava una sfida e ora un’azione comune. Qualcosa doveva cambiare, mi ero stancata, volevo un’avventura.
Sentii dei passi rapidi e pesanti avvicinarsi a me, presa dal panico, impugnai l’arco, misi una freccia in posizione e iniziai a tendere l’arco, forse sarebbe cominciata da lì la mia avventura.
Da dietro un cespuglio sbucò Chirone con una busta tra le mani, abbassai l’arco e sospirai.
-Qual è il problema Annabeth? -
- Nulla, ma questo campo sta perdendo il suo fascino…-
-Annabeth, il campo è un luogo dove tutti i semidei possono stare al sicuro ed essere loro stessi, non un parco giochi-
-lo so ma…-
-comunque ti stavo cercando… è arrivata questa. -
Mi porse la busta che avevo notato poco fa, la presi con disprezzo e la misi nella tasca dei jeans, sarà stata qualche lettera di mio padre, non avevo intenzione di leggere neanche una parola scritta da lui.
-Non la apri? - mi chiese Chirone con aria sorpresa.
- No, le darò un’occhiata più tardi.
Chirone si allontanò e io ripresi con i miei soliti allenamenti, ma dopo qualche minuto iniziai ad annoiarmi e tornai nella casa di Atena.
Appena entrai buttai la lettera nel cestino e mi sdraiai sul letto, lasciando ai sogni il controllo di tutto.
Era successo ancora, ragni ovunque e Talia, la sentivo piangere mentre il mio respiro affannato era ostacolato da una ragnatela, sentii i passi in lontananza muoversi verso di me, a gruppi di otto, la testa iniziò a girarmi, prima piano piano, e poi forte, come avessi perso la coscienza da un momento all’altro, iniziai a non sentirmi più i piedi e poi le mani, non riuscivo più a muovermi, i passi si fecero sempre più vicini e il pianto di Talia sempre più forte.
-Vuoi…U-uccidermi? –balbettai con la voce rauca e stanca
-No- rispose una voce sottile e fredda –Voglio solo vendicarmi! -
La mia vista si fece appannata mentre in lontananza intravidi una creatura dalle otto zampe, scura, gli occhi era tanti e minuscoli non so dire precisamente quanti, ma riconobbi subito chi fosse: Aracne.
-Una Dea è difficile da uccidere, quasi impossibile, bisogna colpire al suo punto debole. – disse Aracne.
- Qualsiasi esso sia io non centro con questo…- dissi terrorizzata.
-E invece si…- disse con tono dolce.
- Tu mi aiuterai a trovare il punto debole di Atena e io…- a quel punto dall’alto scese una ragnatela alla quale era intrappolata una ragazza in lacrime, non ci misi molto a riconoscerla: era Talia.
- Cosa vuoi farle? - le chiesi ancora più terrorizzata di quanto già non lo fossi, il mostro sorrise- io non posso farle nulla, lei è già morta, ma conosco qualcuno che può rimediare…Che ne pensi di… Ade?- disse Aracne
Rimasi paralizzata, Talia viva, ancora, tornare insieme al campo, come è sempre stato, a un solo costo: Atena; no, questo vorrebbe dire altre guerre, altri uomini morti…
-Pensaci, io e Talia torneremo da te il prima possibile e mi aspetto un sì come risposta-
La ragnatela che mi teneva iniziò a stringermi fino a soffocarmi, fino a che non vidi il vuoto, fino a che non mi svegliai.
Avevo il respiro affannato come se avessi appena vissuto tutto questo, il cuore mi batteva forte, mi alzai dal letto e mi misi la maglia del campo e un paio di jeans, presi poi il pugnale e il flauto di pan che Grover mi aveva prestato e li misi in un borsone giallo impermeabile.
Uscii dalla casa di Atena e mi diressi verso la porta, ma mentre presi il sacchetto per svuotare il cestino ormai colmo notai una cosa davvero bizzarra: la lettera era svanita, ma non ci feci molto caso e lo buttai nel cesto comune, poi corsi verso la casa grande.
Mi sedetti vicino a Luke che mi sorrise.
-Tutto okay? - mi chiese sorridendo – Sei in ritardo. –
- Ritardo? Ancora? –
- Si, sei sicura vada tutto bene non è da te arrivare in ritardo per quattro giorni di fila…-
- è quel sogno… Non mi fa prender sonno e quando mi addormento mi sveglio tardi…-
Il signor D entrò nella stanza con aria severa quasi arrabbiata, ci squadrò tutti uno a uno come se fosse la prima volta che ci vede, si soffermò su Luke per un secondo poi spostò lo sguardo su di me.
-Allora- annunciò – oggi Chirone non c’è, è dovuto partire per questioni private…- intanto prese un calice e una bottiglia di vino pregiato da un mobile che ornava la stanza - Quindi oggi si fa come dico io: tra mezzora vi voglio tutti nel padiglione da pranzo per far colazione…poi avrete tre scelte di attività: tiro con l’arco, combattimento leggero oppure una arrampicata a passo svelto. Alle 11 in punto ci sarà ...- ci ragionò su e si versò del vino nel calice che si tramutò in acqua, fece un’espressione innervosita. Luke mi guardò e ci scappò un sorriso come per dire “non lo capirà mai” e Dionisio lo notò: - Signorina Chase ha qualcosa di divertente da comunicare a gli altri? - feci no con la testa e ritornai seria mentre Luke continuò a ridere, io gli feci cenno di smetterla e lui si nascose il viso sorridente con una mano.
- Comunque dicevo… alle 11 in punto ci sarà il famigerato gioco di “Caccia alla bandiera, spero che arriverete in orario poiché se ritarderete…non potrete partecipare. Potete andare…-
Ci alzammo tutti per dirigerci vero l’uscio quando Dionisio mi fermò: - Non tu Chase. – mi girai verso di lui e mi avvicinai
– Chirone mi ha detto di darti questa- e porse una busta, rimasi perplessa: era la stessa busta che mi aveva già consegnato Chirone il giorno prima.
-Stupita? - mi chiese il signor D con aria di disprezzo.
- Si…- risposi io perplessa –Chirone mi aveva già consegnato questa lettera ieri…-
-Già…- rispose con superiorità il signor D – Mi detto di dirti di non provare a sbarazzartene… Non è così facile-
Uscii dalla casa grande e cercai Luke, nel mentre trovai un cestino e senza pensarci buttai la lettera, come ho già detto non voglio sapere cosa ha da dire mio padre.
Attraversai di fretta il campo da pallavolo, Luke non poteva essere molto lontano, chiesi ad alcuni ragazzi se l’avevano visto e mi indicarono verso il lago, iniziai a correre senza farmi notare troppo.
-Annabeth?!-
Mi girai e vidi Luke.
-Tutto okay? Che ti ha detto il Signor D? -
Non volevo dirgli della lettera anche perché ormai l’avevo buttata, quindi cercai di dirottare il discorso per chiuderlo in fretta e andare così alla mensa:
- Nulla di che, le solite cose. Sai già cosa farai dopo? –
-Combattimento leggero, ho deciso di sfidarti, sempre che tu sia d’accordo. –
- Ovvio non si rifiuta mai una sfida, soprattutto se con te, basta che poi accetti la sconfitta.-
-Non ce ne sarà bisogno, io vincerò. –
Sorrisi mentre iniziammo a incamminarci –Certo, come al solito. –
Lui sorrise accennando una risata –Va bene, ve bene…Ma questa volta vincerò davvero. Quindi? –
-Cosa? -
-Cos’è che ti ha detto seriamente il Signor D? –
Tornai seria: - Nulla...- lui mi fissò riproponendomi la domanda.
-sono seria…-
-anche io-
Cedetti: - Mi ha solo consegnato una lettera- Luke rimase sorpreso –Ma tanto l’ho buttata…era solo una lettera di mio padre-
Luke si fermò e mi abbracciò dicendomi – Annabeth lo so che tu odi tuo padre per averti lasciato al campo ma secondo me dovevi almeno leggerla…-
Alzai gli occhi al cielo e li dissi di non preoccuparsi e che avevo tutto sotto controllo.
-Siamo arrivati- mi disse indicando la mensa davanti a noi.
Entrammo e ci sedemmo dopo aver preso qualcosa da mangiare.
 Grover si sedette vicino a noi.
-ecco qui il tuo satiro preferito- disse sorridendo.
- mancavi solo tu- aggiunse Luke.
Iniziammo a sorridere e a dire battute, parlammo un po’ di tutto, quando Grover mi chiese se avevo io il suo flauto di pan, a quel punto presi il borsone, che mi sembrava stracolmo pur sapendo che dentro c’era solo il pugnale, il flauto e qualche oggetto secondario, e lo aprii, ciò che c’era al suo interno mi sbalordì: era colmo di lettere le stesse che mi avevano dato Chirone e Dionisio.
Mi paralizzai per un attimo: come poteva essere successo?
Feci segno a Grover di aspettare e aprii una busta a caso fra tutte e a mia grande sorpresa non era da parte di mio padre:
“Cara signorina Annabeth Chase
Siamo lieti di informarla che Lei ha diritto a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Qui accluso troverà l'elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.
L'anno scolastico avrà inizio il 1° settembre. Restiamo in attesa del Suo gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.
Distinti saluti,
Minerva McGonagall
Vicepreside”
Cosa? Hogwarts? Scuola di Magia? Stregoneria? IO?
Sono una semidea, non una strega!
Volevo spiegazioni, ma sapevo che il Signor D non me le avrebbe date, tirai fuori dallo zaino tutte le lettere facendole cadere a terra, presi il flauto di Pan di Grover e glielo diedi, poi colsi il pugnale anch’esso caduto dallo zaino e mi misi a cercare qualche Dracma d’oro, quando ne trovai una cercai un arcobaleno per contattare Chirone tramite messaggio Iride.
Corsi alla casa di Atena andai in bagno e riempii un bicchiere di acqua fredda e lo misi di fronte alla finestra, poi con un panno bagnato da acqua calda inumidii la finestra.
Presi tra le mani la mia dracma e…per terra comparve un arcobaleno!
Enunciai: - Oh Iride, dea dell’arcobaleno vi prego di accettare la mia offerta e di mettermi in contatto con Chirone- poi gettai sull’arcobaleno la dracma.
La dea mi ascoltò e di fronte a me comparve Chirone, che notò il messaggio iride appena esso comparve
-Annabeth? - mi disse –cosa succede sono a una riunione importante! -
  -Ho letto la lettera e... Scuola di magia? io?!-
-si Annabeth, tu. Io l’ho saputo da poco, tua madre si è messa in contatto con me...-
-Atena si è messa in contatto con te? -
-si… mi ha detto che quando tu nascesti capirono subito che tu non eri come tutti gli altri…-
- infatti sono una semidea…-
-non solo, anche una strega. Le probabilità erano una su un milione…-
-quindi che devo fare? -
-andare a Hogwarts, in Inghilterra e studiare magia. -
-Inghilterra? Non c’è una scuola più vicina? –
- sì, ma è popolata da molti mostri in cerca di semidei...-
Ci pensai su…Cosa ci può essere di male? Ho sempre vissuto qui, ho bisogno di cambiare aria e quella di Hogwarts non mi farà di certo male…
Chiusi il messaggio iride subito dopo aver detto a Chirone che sarei partita e andai da Luke e Grover per comunicarli la notizia.
Sapevo esattamente dov’erano: nell’arena.
Appena li trovai gli comunicai la notizia, purtroppo loro non erano felici quanto me.
-E quindi te ne vai? – mi chiese Luke.
- Non per sempre. Questa è casa mia e voi siete i miei migliori amici, ma è da una vita che vivo qui e voglio cambiare aria, cambiare luogo, imparare cose che non avevo idea che esistessero. Ma tornerò, non abbandonerò casa mia, non abbandonerò i miei amici –
Li abbracciai entrambi con sorriso.
-non andare. - mi disse Luke con gli occhi rossi.
-Luke? Stai piangendo? -
 - No, ma non voglio perderti. –
-Saremo per sempre amici, e comunque tornerò…–
-quando partirai? – mi chiese Grover.
-domani. - risposi con tono fermo e deciso.
- e quando tornerai? -
-A Natale, per le vacanze suppongo. Mi mancherete! -
Ci abbracciammo poi io cercai il Signor D per avvisarlo della mia partenza e che oggi non parteciperò agli allenamenti per preparare le valige.
Portai il minimo indispensabile, anche perché molte cose le avrei dovute acquistare a un paese chiamato Diagon Alley, dopo aver controllato che non mancasse nulla lasciai la valigia in un angolo della stanza e visto l’orario, 12:30, andai alla mensa per mangiare qualcosa.
Come al solito mi sedetti al tavolo con Luke e Grover, erano silenziosi, non mi dissero nulla, neanche una parola, decisi di rimuovere quel silenzio imbarazzante.
-Com’è andata la caccia alla bandiera? –
Luke alzò lo sguardo verso di me solo per un attimo poi tornò a mangiare.
-sei ancora arrabbiato? - gli chiesi.
Lui non parlò, ma iniziò a fissare Grover, quasi come una richiesta di aiuto.
-Senti: se sei davvero arrabbiato con me spiegami il motivo! Non è che partirò senza più tornare, anzi tornerò il prima possibile! E se sei seriamente arrabbiato sappi che non so più cosa tu sia per me! Un amico non si comporterebbe così. –
Mi alzai dal tavolo senza pensarci e corsi verso la spiaggia, li sarei riuscita a stare da sola.
Non capii perché facesse così, io e lui siamo sempre stati molto legati, fin da bambini, posso capire il fatto che non ci vedremo per molto, ma non il fatto che sia arrabbiato solo per quello.
Mi ricordo quando io e lui stavamo ancora imparando a combattere, io lo battevo due o tre volte poi lui si immagonava e io lo facevo vincere.
Che bei tempi che erano, nessuna preoccupazione sulle spalle, se litigavamo ci mettevamo un nulla a far pace…davvero bei tempi…
D’improvviso mi venne l’illuminazione, ecco perché era arrabbiato, ecco perché non mi parlava, gli avevo promesso che avremmo combattuto assieme, ma io mi ero completamente dimenticata e mi ero lasciata distrarre da Hogwarts e da tutto il resto.
Andai da lui correndo, cercandolo ovunque, in mensa non c’era più, andai allora al campo da pallavolo, niente, andai a casa di Hermes, niente, andai all’arena, niente, decisi allora di chiamarlo sperando che nessuno noti me o lui.
-pronto? -mi rispose Luke.
-Luke? SCUSA! Mi ero dimenticata del combattimento, ti va di trovarci all’arena? –
-Quando? Prima o dopo che tu parta? -
-ORA! - risposi con sicurezza.
-d’accordo io sono già qui. -
-dove non ti vedo? -
-allora girati-
Mi girai c’era lui già pronto e già riscaldato.
-vogliamo iniziare? - mi disse con aria di sfida –sono pronto a lasciarti col ricordo di una vittoria da parte mia, ma non provare a farmi vincere come al solito, mi sono allenato e so di poterti battere da solo, con le mie forze. –
Si era accorto che lo facevo vincere apposta? E non me lo ha mai detto?
No, questa volta non lo farò vincere.
Ci avvicinammo entrambi con aria di sfida, io volevo vincere e lo voleva anche lui.
Lui sferrò un colpo che per fortuna riuscii a schivare, colsi quindi l’occasione per controbattere con un pugno, lui lo schivò.
Improvvisamente mi catturò le braccia girandomi attorno e cercò di immobilizzarmi.
Non potevo lasciarlo vincere con mossa così da principiante, per fortuna le mie gambe non erano paralizzate: gli diedi un calcio all’indietro in modo da farlo scivolare, non troppo forte, stiamo comunque parlando di uno scontro amichevole.
Lui cadde a terra con le gambe indolenzite, forse il colpo era comunque troppo forte.
Mi avvicinai dolcemente, chiedendoli se stesse bene.
-si tutto ok…- mi rispose con aria –ma forse mi sono rotto qualcosa. -
Mi avvicino ancora di più a lui preoccupata, e gli afferro la mano per vedere se riusciva ad alzarsi.
A quel ero vulnerabile e per niente tesa, Luke mi afferrò il braccio scaraventandomi a terra, e facendomi atterrare sul braccio.
-Ehi! Hai giocato sporco! -
- no, ho semplicemente vinto. -
-ero preoccupata per te! –
- mai fidarsi del nemico! –
- stai scherzando vero? -
A quel punto vidi in lui un senso di sicurezza tramutato in ostilità, che non avevo mai notato… Probabile che ci sia qualcosa di oscuro in lui?
Finito lo scontro parlammo un po’ del campo e della mia decisione, poi tornammo ognuno nella propria casa.
La giornata si era conclusa per il meglio…
Mi addormentai sul mio letto ignorando Malcom e tutti gli altri miei quasi fratelli.
E di nuovo buio.
Poi luce.
E ancora buio.
Questa volta però Talia si trovava di fronte a me.
-Buona sera...- disse la irriconoscibile voce di Aracne.
Talia non stava piangendo, ma sorridendo come un burattino.
-Che le hai fatto? -
-io? Nulla…è morta, non posso torturarla o altro…-, i suoi occhi mi squadrarono
Improvvisamente una ragnatela mi catturò stingendomi alla vita. Il mio respiro si fece affannato e la mia voce sempre più rauca.
-diciamo solo che è felice perché sa che accetterai…- continuò il mostro.
- bhe…io invece la mia risposta è no! Mai fare un patto col diavolo! –
Aracne iniziò a ridere sempre più forte con una risata sadica e dolorosa…-
-a si? – disse avvicinandosi con le sue otto zampe –Allora forse non hai capito! –
Lei si avvicinò a tal punto che mi accarezzò dolcemente il viso con le sue zampe pelose, mi veniva da vomitare, il suo orribile muso da ragno era di fronte a me, a qualche centimetro dal mio viso, i suoi occhi mi squadrarono.
-piccola…- mi disse –se questo accordo non ti piace…cambiamolo! Vediamo se questo ti può piacere se tu non scopri il punto debole di Atena…io ucciderò Luke…-
- Perché non uccide me direttamente?!- le chiesi
le scappò una risata: - perché in un modo o nell’altro sei tu quella che mi deve servire Atena su un piatto d’argento…-
-Quindi io ti servo? -
  - Diciamo che… sei la prima figlia di Atena che mi è capitata vulnerabile…ma non pensare di sacrificarti per “il bene dell’umanità” … posticiperai solo la guerra che io creerò. Quindi? Accetti? -
Io non dissi nulla, rimasi muta, senza parole, non volevo accettare, ma sarei stata meglio a sapere in prima persona che tutto fosse sotto controllo.
Rimasi passiva.
Aracne si allontanò e con colpo liberò Talia dalla ragnatela che la intrappolava; la sua anima si librò al cielo per qualche istante poi cadde a terra e attraversò il suolo finendo negl’inferi.
-Allora? - mi disse –Accetti? - iniziò a innervosirsi, rimase in silenzio per qualche secondo poi scoppiò in una risata malvagia.
Mi iniziò a girare la testa, sempre più forte, non riuscii più vedere bene e pian piano tutto scomparve…
Mi ritrovai sul mio letto e la prima cosa che feci appena aprii gli occhi fu prendere il cellulare e chiamare Luke, dovevo assicurarmi che stesse bene.
Digitai il numero ed aspettai una risposta.
-pronto? - rispose Luke, aveva la voce stanca e debole come se stesse per svenire.
- Luke? Sono io! Come stai? – gli chiesi preoccupata
- Bene…ancor meglio se non mi svegliavi all’una di notte…Non dirmi che hai ripensato al fatto di partire…-
-cosa? No! È solo che ho sognato che Aracne…-
- Era un sogno Annabeth, solo un sogno. -
-Luke ero preoccupata per te! Aveva minacciato di farti del male! –
- oh… eri preoccupata per me, tesoro…- rispose con aria ironica, forse non aveva capito la gravità della cosa.
Riattaccai, non volevo sentirmi presa nuovamente in giro.
Cercai di riaddormentami rigirandomi da una parte all’altra del letto.
-Annabeth? Sei sveglia? – disse una voce familiare, mi girai, era Malcom, anche lui non riusciva a dormire.
-come mai ancora sveglio? – gli chiesi.
Lui sollevò gli occhi al cielo: -incubi…-
Lo guardai stupita: -che tipo di incubi? -
-Aracne e…-
Lo fermai: -Anche tu sogni Aracne? Cosa ti dice? Ti minaccia? –
-Si ma…è solo un incubo…giusto? –
-ho paura che non sia solo un incubo… -
Aracne si stava mettendo in contatto con tutti i figli di Atena, vuole una guerra e non ricorrerà solo a me e a Malcom.
Devo fermarla.
E devo farlo io.
-Malcom credo che Aracne voglia uccidere Atena. -
 - Ma gli dei sono immortali! -
-Nessuno è immortale se si colpisce il suo punto debole…-
- Devo salvare l’umanità? –
- No, lo farò io…oggi partirò per Hogwarts, lì imparerò nuove tecniche…fino ad allora trattieni il mostro, dillo anche agli altri nostri fratellastri…-
-lo farò. -

 

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Capitolo 2
*** la partenza ***


Dopo qualche ora passata a riflettere, mi alzai per prendere le mie cose e preparami per partenza, andai all’ingresso del campo dove c’era Chirone che mi aspettava assieme a un uomo.
L’uomo era alto circa due volte un uomo normale e almeno cinque volte più grasso. Sembrava semplicemente troppo per essere vero, e aveva un aspetto terribilmente selvaggio: lunghe ciocche di ispidi capelli neri e una folta barba gli nascondevano gran parte del volto; ogni mano era grande come il coperchio di un bidone dei rifiuti e i piedi, che calzavano stivali di cuoio, sembravano due piccoli delfini.
Chirone mi guardò con un sorriso facendomi segno di avvicinarmi, lo feci e quando fui abbastanza vicina da sentire l’odore dell’uomo anche lui mi sorrise.
-Il mio nome è Rebus Hagrid, insegno a Hogwarts, sono guardiacaccia e custode delle chiavi di Hogwarts. -
-il suo compito sarà quello di portarti a comprare tutto il necessario per la tua istruzione…- disse Chirone
Alle loro spalle notai una motocicletta, rimasi a bocca aperta sperando di non dover andare in Inghilterra con quella.
Hagrid capì la mia preoccupazione e mi disse: -è una motocicletta babbana modificata, è in grado di volare.-
-Che significa… babbana? -
Lui mi guardò, si gratto la fronte poi diede uno sguardo a Chirone e mi disse: -I babbani sono persone…senza poteri magici. –
-ok ma…devo seriamente volare su… Quella?- non volevo offendere Hagrid,ma l’idea di volare sopra una motocicletta non era il massimo, l’ultima volta che salii su una motocicletta fu con Luke e Talia, l’anno scorso e non è stata una bella idea.
Luke cercò di azionare la motocicletta ma appena accesa essa cadde in una buca e si ruppe.
Era di suo zio…non credo che gli abbia mai più prestato qualcosa da quel giorno.
Hagrid mi rassicurò, forse un po’ offeso dal mio tono di voce e dalle mie parole –No useremo una passaporta…-
Rimasi stranita, l’ennesima parola che non conoscevo, non volevo fare altre domande.
Seguì Hagrid fino a una piccola radura con al centro una piccola statuina, molto probabilmente era un soprammobile comune con un incantesimo.
Hagrid mi disse di avvicinarmi alla statuina e prenderla quando lui me lo avrebbe detto.
-tre… due… uno…ora! -
Entrambi prendemmo la statuina.
Mi sentii come un gancio appeso all’ombelico strattonarmi e vortificando violentemente, nel giro di qualche secondo mi ritrovai a terra, non più nella raduna ma per terra, ai piedi una donna, in pieno paese.
Avrà avuto su una sessantina d’anni, aveva i capelli crespi e ricci che non le arrivavano alle spalle, distinti da ciocche marroni e bionde, mi scrutava coi suoi piccoli occhi neri e teneva rigidamente le mani serrate in due pugni, le sue labbra sottili e rosse erano chiuse in una smorfia di disprezzo.
Io e Hagrid ci alzammo in piedi e ci allontanammo piano piano dalla donna.
-Chi era quella? –Chiesi incuriosita a Hagrid.
 Prima di rispondermi, si girò per controllare se fossimo abbastanza distanti da lei, non prometteva nulla di buono, poi mi disse: -È Madame Spark, non è una persona molto socievole, meglio non mettersela contro. –
Mi guardai attorno e solo allora mi resi conto di dove ero finita: il paese era pieno di negozi, alcuni vendevano abiti, altri telescopi e bizzarri strumenti d'argento che io non avevo mai visto prima; c'erano vetrine stipate di barili, contenenti milze di pipistrello e pupille di anguilla, pile traballanti di libri di incantesimi, penne d'oca e rotoli di pergamena, boccette di pozioni e globi lunari, sembrava quel tipo di luogo strano dove nella sua pazzia ti sembrava di nella normalità.
Non riuscivo più a capire nulla, volevo scoprire di più di quel mondo.
Tirai fuori la busta dove al suo interno vi erano le cose che dovevo comprare, andai con ordine, per prima cosa serviva una divisa e dove potevo acquistarla?
Chiesi ad Hagrid e lui mi porto di fronte a un negozio con l’insegna “Madame Malkin: Abiti per tutte le occasioni”, mi disse di entrare da sola poiché lui doveva ritirare i soldi che mia madre mi aveva riservato alla Gringott, una banca per i maghi.
Entrai nel negozio e dissi a Madame Malkin, suppongo fosse lei visto che il negozio si chiamava così, cosa mi servisse, lei mi guardò con lo sguardo illuminato, mi prese per un braccio e mi portò davanti a uno specchio, agitò una bacchetta e un metro da sarta prese vita e iniziò a prendermi le misure.
Successe tutto in un secondo, avevo quasi paura di non riuscire a pagare dal momento che Hagrid non era ancora arrivato, sospirai era fuori dalla porta che stava per entrare.
Mi diede delle monete e mi disse: - prelevato alcuni galeoni che tua madre aveva riservato per te, mi disse personalmente di darteli il giorno in cui saresti andata a Hogwarts. -
Rimasi stupefatta, aspettai ad uscire prima di farli la domanda fatidica: -Hai conosciuto mia madre?-
lui sorrise, poi mi disse che mia madre spesso veniva sulla terra per fare accertamenti che il mio soggiorno ad Hogwarts possa essere organizzato, fu così che la conobbe.
Sospirai, è venuta sulla terra per organizzare il futuro senza mai pensare che io volessi vederla, avere anche solo un rapporto madre figlia a distanza, vederla anche solo una volta, capire se avevo preso da lei, guardarla negli occhi e dirle come andavano le cose al campo, con Luke e Grover, anche se sapeva già tutto.
Non mi aspettavo gran che, ha fatto quello che sul momento poteva fare, ma mi piacerebbe conoscere colei che mi ha dato il titolo di mezzosangue.
Tirai nuovamente fuori la lettera e scorsi sul prossimo oggetto: una bacchetta.
Chiesi nuovamente a Hagrid dove potevo trovarla e mi indicò un negozio con l’insegna “Olivander”, poi mi disse che si sarebbe dovuto allontanare per comprare i libri di testo e il resto.
Entrai nel negozio: rimasi a bocca aperta, una serie di scatole impilate una sopra l’altra, in una piccolissima stanza.
Entrò un signore dai capelli grigi e occhi castani dicendo di essere Garrick Ollivander, gli dissi che avevo bisogno di una bacchetta, mi squadrò attentamente poi prese una scatola da una pila dietro di lui, la aprii al suo interno vi era una bacchetta, mi disse di agitarla, lo feci ma non successe nulla di disse di riprovare con una che aveva preso da una scatola situata sotto la scrivania, riprovai, ma non successe nulla.
Un po’ perplesso mi squadrò nuovamente e prese una bacchetta custodita nella zona più alta del negozio, mi guardò teso dicendomi di riprovare con quella.
La agitai e un oggetto si spostò delicatamente.
Mi guardò dicendomi di stare attenta.
Dopo aver pagato mi incamminai verso la porta ma mi fermò: -Quella bacchetta è fatta di legno di Carpino con un nucleo di cuore di drago e una punta cuore di aracnide, una rarità. Nessuna bacchetta è mai stata forgiata con questa combinazione. Simboleggia l’unicità di una persona, e non come mago né come babbano. –
Uscii dalla porta riflettendo su quelle parole.
Semidea e strega.
Vidi Hagrid fuori dal negozio che mi stava aspettando, disse che doveva andare a prendere un'altra persona il giorno seguente e che il treno per Hogwarts sarebbe partito fra due giorni.
-Ti accompagno in un luogo- mi disse –dormirai lì per sta notte…-
Annuì e mi feci accompagnare, non sapevo dove, ma ciò che importava era avere quattro muri e un letto.
Mi accompagnò in una zona composta da sole case, i colori dei muri si ripetevano a ritmo di blu, rosso, verde e giallo, ma in fondo alla via vi era una villa interamente costituta da marmo chiaro e muri rosa, il che non mi faceva impazzire come stile, la osservai a lungo poiché era impossibile non notarla con tutta quella spudorata ricchezza, Hagrid lo notò: -Quella villa appartiene ai Dixon una popolare famiglia inglese di purosangue, hanno una figlia della tua età, non è il massimo: viziata e ossessionata dal colore rosa.  Non mi ricordo il nome ma è meglio starle alla larga, tutti i suoi familiari sono appartenuti alla casa dei serpeverde e odiano i babbani.-
Lo guardai un po’ stranita scossa da alcune sue parole, quali purosangue, serpeverde e babbani.
Gli chiesi cosa significassero e lui mi rispose: -I purosangue sono persone con nati con entrambi i genitori maghi, i babbani sono coloro che non hanno poteri magici. Per quanto riguarda i serpeverde…-
Una voce lo interruppe: -Hagrid? Già qui? – mi girai e vidi una ragazza a qualche metro da noi, dimostrava la mia età, aveva i capelli lisci e corti, biondo platino, i suoi occhi chiari e verdi riflettevano la mia immagine, le lentiggini coprivano gran parte del volto.
Si avvicinò a me scrutando ogni mio dettaglio, poi chiese ad Hagrid chi fossi, lui un po’ titubante le disse il mio nome poi, rivolgendosi a me mi disse che lei si chiamava Jennifer e avrebbe frequentato il primo anno come me.
-Jennifer- disse Hagrid –tu che sai già dove alloggerete questa notte, perché non la accompagni tu? Così posso già andare a prendere Harry… –
Lei acconsentì e mi portò di fronte a una casetta in pietra, mentre Hagrid si allontanava.
La casetta era piccola quasi minuscola non poteva contenere più di due stanze, il legno che componeva il tetto era rovinato e consumato, la porta invece sembrava nuova, senza nessun difetto.
Entrammo, mi ero sbagliata la casa internamente era enorme, piena di stanze l’ingresso era un lungo corridoio che portava in varie camere da letto.
-Come mai ci sono così tante camere? - chiesi mentre lei mi faceva strada.
-Molti ragazzi, quando i genitori non possono portarli ad Hogwarts il giorno stesso, vengono affidati qui…passano uno o due giorni e poi si parte per Hogwarts. Tu da dove vieni? Non dall’Inghilterra vero? –
-No, vengo da New York. Si capisce molto?-
-Si, il tuo accento è strano, ma ancor più strano è il fatto che tu sia stata accettata ad Hogwarts pur essendo americana, normalmente sono molto rigidi su questo. -
-Davvero? Non pensavo ci fossero distinzioni di questo tipo…-
Mi indicò una stanza e mi disse che sarebbe stata la stanza che avremmo condiviso per quella notte.
Non era molto grande ma riusciva a contenere due letti, un armadio, due comodini e la porta verso il bagno.
Mi indicò il mio letto e misi subito la mia valigia sotto di esso.
Ci sedemmo e iniziammo a parlare…
-Allora tu da dove vieni?- le chiesi.
-Io vengo da Edimburgo-mi disse timidamente- sono un po’ in ansia-
-Per domani? –
-Si, non voglio essere smistata nei “Serpeverde”.-
-Scusa… ma cosa sarebbero?-
-Quando entriamo a Hogwarts veniamo smistati in casate in base al nostro carattere: i coraggiosi nei Grifondoro ; pazienti e leali nei Tassorosso ; intelligenti nei Corvonero e…per me i più temuti…coloro che hanno un lato oscuro…coloro che vengono smistati nei Serpeverde.-
Fra me e me pensai che, visto che ero figlia di Atena, dea della saggezza, sarebbe stato ovvio che io venissi smistata nei Corvonero.
-Perché dovresti avere paura? - le chiesi –Non mi sembri cattiva e poi non penso che sia così grave essere smistati lì…-
Lei mi interruppe alzando la voce:- E invece sì! Tutti coloro che sono stati smistati nei Serpeverde non solo avevano un lato oscuro ma anche un futuro oscuro! Non voglio questo! Voglio essere come la mia famiglia: leale fino alla fine, come mia madre! Lei è rimasta leale con mio padre fino alla fine, fino alla sua morte…Sarà anche stata senza poteri ma se fosse stata una strega sarebbe stata smistata nei Tassorosso…ed è questo che voglio per me! – una lacrima le scese pian piano sul viso –Fu un Serpeverde a uccidere mia madre…-
Mi avvicinai a lei e la abbracciai.
“i Serpeverde sono davvero così cattivi?” pensai.
La guardai e poi mi staccai da lei, lei voleva parlarne, anche solo per sfogarsi e lei mi disse: - Mia madre faceva parte di una associazione dei maghi, mi raccontava poco niente di ciò che faceva in quella associazione, solo che trattava di magia, ma lei non era una strega…solo dopo la sua morte scoprii che lei aiutava a smascherare i maghi…ma era un’infiltrata. Lavorava per maghi leali pur essendo lei una babbana, era leale con loro. Ma un giorno un mago Serpeverde credendo che lei lo volesse smascherare la uccise senza pietà. – scoppiò in lacrime e ma volle continuare a parlare riversando l’argomento su di me:- E i tuoi genitori? – mi chiese.
-Non lo so…- gli dissi – Non ho mai conosciuto mia madre, mio padre non ha proprio accettato il mio arrivo…-
- Mi spiace… anche tua madre se ne andata?-
-Non proprio…è stata costretta a lasciarmi…-
-È terribile! Ma l’avrai vista almeno una volta!–
-No…ma spero di conoscerla… da lei ho ereditato parte di me…-
-Hai dei fratelli?-
-Si due fratellastri da parte di mio padre e…- ci riflettei un attimo, non era il caso di dire che ne avevo molti anche da parte di mia madre-Tu invece? –
-Si uno più piccolo e uno più grande…Ma con il maggiore non vado molto d’accordo…-
-Come mai? -
- Lui è un…- si guardò attorno, come per controllare che nessuno la potesse ascoltare poi bisbigliò: -È…un…maganò… e mi odia per il fatto che io non lo sono…-
Ci pensai un attimo e provai a collegare le due cose…si doveva trattare di un tipo di mago o un babbano? Vidi che l’argomento non era tra i migliori e lo cambiai: -Tu sai già fare qualche incantesimo?-
Lei mi guardò con un sorriso e tirò fuori dal suo zaino la sua bacchetta e puntò verso di me :-ne vuoi vedere alcuni?-
Annuì.
Lei spostò la bacchetta verso un libro sul suo comodino e pronunciò: -ACCIO!-   il libro magicamente si spostò verso di lei.
-So solo questo…ma mi riesce piuttosto bene-mi disse appoggiando il libro sul comodino.
Parlammo ancora per qualche oretta poi ci addormentammo.
Quella notte andò tutto bene.
Niente incubi.
Niente ragni.
Niente Aracne.

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