When we saw each other.

di Heartspowl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The first time I looked at you. ***
Capitolo 2: *** The first time You looked at Me ***
Capitolo 3: *** Deep in Her Thoughts. ***
Capitolo 4: *** Deep in His Thoughts. ***
Capitolo 5: *** I want to know You better. ***
Capitolo 6: *** I Thought I was Strong Enough. ***
Capitolo 7: *** I Know You are Strong Enough. ***
Capitolo 8: *** You'll be Fine, Little Butterfly. ***
Capitolo 9: *** Thoughts of Love and Happiness. ***
Capitolo 10: *** I'm happy, and I love you. ***



Capitolo 1
*** The first time I looked at you. ***


Note dell'Autrice:
Okay, questo è imbarazzante xD Ma! Grazie a Alexis093, ho deciso di dare un'intera storia dedicata alla mia OC Hitomi e al suo fidanzamento con Kuroko, dell'anime Kurono no Basket :3 La loro storia è fresca di qualche mese ma, stranamente, mi sta già molto a cuore e ho notato con piacere che piace ad un po' di persone, quindi... Perché non condividerla qui? u_u
Spero che questo inizio vi intrighi e cercherò di aggiornarla il più in fretta possibile... tutto dipende dall'ispirazione, che in questi giorni sgorga a fiumi! Buon segno, no? xD
Buona lettura e non esitate a lasciarmi una recensione :)
P.s: Teppei Kiyoshi è il migliore amico per la pelle della mia Hitomi. Se siete curiosi, potete leggere alcuni loro momenti nelle Slice of Life presenti sul mio profilo!
Per i curiosi dell'aspetto di Hitomi, vi consiglio un giro sulla mia pagina facebook "Heartspowl's art" (facilissima da trovare, nonché unica a portare quel nick), piena di miei disegni suoi :)

 
The first Time I looked at You.

Senza nemmeno rendersene conto, Hitomi aveva iniziato a notare uno sconosciuto, piuttosto basso e dalla strana capigliatura azzurrina, fare un pezzo del suo stesso percorso per raggiungere l'istituto scolastico. 
Non sapeva come né perché, ma aveva la sensazione che il loro sguardo di tanto in tanto si incrociasse, timidamente, per poi staccarsi e proseguire ognuno per la propria strada, separandosi ad un incrocio piuttosto trafficato.
Nel giro di qualche giorno per la violetta diventò una specie di rituale. 
Cercava di tenere allenato il suo spirito d'osservazione analizzando quel ragazzo, i suoi gesti, il suo modo di camminare; un timido, forse maleducato, ma efficace modo per squadrarlo e conoscerlo meglio senza sapere né chi fosse né cosa facesse. 
Le uniche cose che aveva scoperto su di lui era che andava alla Seirin, (data la sua divisa), che aveva un cagnolino che gli assomigliava in modo sbalorditivo e che - ma questa era più una supposizione che una certezza-  giocava a basket, dettaglio scoperto in uno di quei brevi ma intensi incontri, grazie alla graziosa maglietta indossata dal cucciolo, identica alla divisa della squadra della Seirin, ovvero a quella indossata da Teppei.
Questo le era bastato per sentire un leggero batticuore, quel giorno e ogni volta che se ne poneva la domanda: 
E se quel ragazzo fosse in squadra con Teppei?
Tuttavia, l'azzurrino non sembrava averla mai notata veramente, se non come uno si può notare uno sconosciuto di tanto in tanto; sì, il loro sguardo si incrociava, ma lui lo distoglieva all'istante, riposandolo freddo sul libro che leggeva, o sulla strada, o sull'eventuale milkshake alla vaniglia che teneva stretto in una mano. Oppure sull'allegro cagnolino che richiedeva evidenti attenzioni.
"Mi faccio sicuramente tante seghe mentali inutili" si ripeteva lei, camminando, di tanto in tanto facendo schioccare le unghie o roteare il lungo ciuffo viola che le ricadeva dolcemente sul volto. 
E le loro strade si separavano, di nuovo.
E la ragazza, ogni giorno che passava, non vedeva l'ora che arrivasse la mattina successiva solo portandosi con sé la speranza di re-incrocrociare il cammino di quel tipo.
Dopo ormai un mesetto, in cui nessuno dei due aveva mai mancato un giorno di scuola, la violetta poté trarre una conclusione piuttosto sconcertante, che, per la stranezza che le infondeva, ricontrollava ogni mattina. Come fosse diventato un suo dovere primario, un'abitudine alla quale si era, inconsciamente, strettamente legata:
Nessuno notava quel ragazzo. 
Lo si leggeva negli sguardi sconvolti della gente che per sbaglio lo urtava, e, non vedendo lo scatto felino del ragazzo allontanarsi nella mischia, si voltava e non vedeva nessuno. 
Lo aveva notato quella volta che si era fermato ad una bancarella a comprar qualcosa e il commerciante lo aveva letteralmente saltato, servendo il cliente successivo che, a quanto sembrava, nemmeno si era accorto di averlo davanti a lui.
Inizialmente la ragazza si fece i peggiori film mentali; forse era un criminale e la gente lo evitava per ripudio, oppure era veramente un fantasma che vagava per le strade e si faceva vedere solo da lei. 
Ma ambe le conclusioni furono scartate in fretta, con un minimo di razionalità. 
Insomma, più ci pensava, meno ci capiva. 
L'unica cosa di cui era sicura era che si dovevano vedere tutte le mattine, e magari anche a qualche ritorno da scuola. Era deciso, scritto da qualche parte. Forse il destino, forse un eventuale Dio, forse delle semplici coincidenze. Ma era così. 
Si era legata così strettamente a quei piccoli "appuntamenti galanti" che nemmeno ne aveva parlato a Teppei.
Un po' per paura che lo conoscesse e gliene parlasse, un po' perché non sapeva veramente descrivere quel che sentiva... ma a lei andava bene così. 
Finché non si chiese, un pomeriggio, in tutta serietà, da dove era spuntato fuori.
Da un giorno all'altro era apparso in mezzo alla folla, con il suo zaino in spalla, diretto alla Seirin.
Hitomi ricominciò a far muovere il cervello, togliendosi di dosso il sonno mentale che l'aveva cullata per quasi tutto il mese precedente, facendola vivere in una favola, alla ricerca di quello sguardo sfuggente. 
Da dove era apparso? Forse si era appena trasferito nei dintorni? 
Le sembrava la risposta più razionale.
Ma sì, era sicuramente così. Lo aveva notato perché era un volto nuovo e la curiosità l'aveva guidata in quello studio introspettivo di un ragazzo dall'apparenza così fredda e misteriosa.

E poi.

E poi, un giorno, in una delle loro interminabili chiacchierate post-allenamento, Teppei le raccontò di essersi innamorato di una ragazza nella sua scuola. 
Di quanto cercasse il suo sguardo, di quanto sperasse di esser guardato dai suoi occhi in ogni istante. Di quanto la notasse, inconsciamente, in mezzo alla marmaglia di gente che si addentrava e girovagava nell'istituto ad ogni ora.
E lì, Hitomi capì. 
Quel ragazzo non era appena arrivato, non era un novellino del posto.
E probabilmente, forse lui non ricambiava nemmeno i suoi sguardi; probabilmente guardava solo distrattamente verso la sua parte. Chi può dirlo.
Tutte le domande che si era posta in quei mesi, tutti i batticuore, tutte le strane speranze, finalmente avevano trovato la loro risposta.
Si stava innamorando.

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Capitolo 2
*** The first time You looked at Me ***


Note dell'Autrice:
Eccomi! 
Questo capitolo mi piace particolarmente. Forse non è lo stesso Kuroko al quale siamo abituati, ma non me la sento di ritenerlo OOC perché sono sicura che il Kuroko dell'anime saprebbe tirar fuori questo lato caratteriale. 
Non so quando potrò aggiornare il terzo capitolo, perché l'ho scritto ma non mi convince affatto... Spero di riuscire a terminarlo in fretta come vorrei xD
Come sempre, non esitate a lasciarmi un pensierino, positivo o negativo che sia ;w; 
E se siete curiosi dell'aspetto di Hitomi, potete trovarne il design sulla mia pagina Facebook Heartspowl's Art!

Alla prossima :3

The first time You looked at Me


Tetsuya Kuroko, 16 anni, capelli azzurri e presenza... nulla. Inesistente. Un fantasma. 
Si stava incamminando verso scuola, col suo libro in mano, il suo solito passo lento e tranquillo, dando rapide occhiate di tanto in tanto a ciò che lo circondava, giusto per non andare a sbattere contro qualcuno. 
Fu proprio in una di quelle occhiate che la vide;
Una ragazza non molto alta, dai capelli viola mediamente lunghi, la frangia legata all'indietro con un solo ciuffo che scivolava indisturbato sul volto, e gli occhi freddi, freddissimi dato il loro color ghiaccio prossimo al grigio/bianco, aveva appena incrociato il suo sguardo.
Quegli occhi ghiacciati lo avevano guardato per qualche secondo: poi la proprietaria sembrò svegliarsi da una specie di trance nella quale pareva esser caduta, gli sorrise dolcemente e continuò per la sua strada frettolosamente. 
L'azzurrino non si chiese perché la ragazza lo fissava. O perlomeno, non nel senso abituale. Non gli era passato per la testa un solo secondo se i suoi capelli fossero disordinati, se la ragazza cercasse il titolo del libro stava leggendo⁠⁠⁠o che avesse la divisa macchiata, no. La prima cosa che si chiese, invece, fu se la ragazza stesse VERAMENTE fissando lui.
Possibile che in tutta quella folla, quella ragazza l'avesse notato?

Kuroko realizzò la risposta a tal domanda quando, per il terzo giorno consecutivo, quelle iridi glaciali si erano posate sulle sue.
Non c'erano dubbi, quella sconosciuta lo aveva notato. La domanda successiva era: Come?
Stranamente, senza farlo apposta, aveva cominciato a ricambiare le occhiate fuggenti. Sembrava quasi un gioco: giorno dopo giorno, usciva di casa cercando di farsi conoscere un po' di più, sicuro che la ragazza avrebbe analizzato e raccolto le informazioni.
Un giorno leggeva, quello dopo indossava la giacca della seirin, quello dopo ancora aveva con sé #2, e il successivo si beveva un adorato milkshake alla vaniglia. 
Ci aveva preso gusto, quel gioco lo aveva intrigato, quella ragazza aveva qualcosa di particolare. Il semplice fatto che l'avesse visto aveva fatto scattare qualcosa, aveva innescato quella nota timida mista a malizia nel ragazzo; voleva vedere fino a che punto potevano arrivare. Due settimane, tre, un mese, senza mai saltare un giorno di scuola, giusto per vederla, farsi scoprire e scoprirla.
Andava alla Shutoku, sicuro, data la divisa. Aveva l'abitudine di schioccare le unghie e giocare col ciuffo. Beveva milkshake al cioccolato. 
Ma, ciò che più lo lasciava perplesso, tanto quanto incuriosito, era il fatto che la ragazza non incrociava mai lo sguardo di nessuno. Quando doveva passare da qualche parte, in mezzo a qualcuno, chiedeva sempre scusa e abbassava lo sguardo. 
Inizialmente Kuroko pensò fosse semplice timidezza; fino a quando, un giorno, quegli occhi ghiacciati incontrarono per sbaglio quelli di un passante. Questo tremò, balbettò qualche cosa e accellerò il passo allontanandosi.
Trarre le conclusioni, a quel punto, era abbastanza semplice. 
Non c'era alcuna timidezza particolare nella ragazza. Al contrario, era il suo particolare colore delle iridi che incuteva timore, e sembrava avere la gentile accortezza di non voler spaventare nessuno.
Una bella violetta allontanata da tutti.
Parallelamente a lui, ignorato da tutti.

In quel momento il ragazzo sentì un tuffo al cuore, vedendo l'espressione dispiaciuta che si stava impadronendo del volto della giovane. 
Poteva capire come ci si sentiva, quando qualcuno non comprendeva a pieno.
Lo capiva perfettamente, e si sentì impotente, iniziando a chiedersi come potessero incutere paura degli occhi così belli. Occhi che in alcun momento lo avevano spaventato, anzi, lo avevano sempre incuriosito, intrigato. 
Lo avevano spinto a giocare sporco come non aveva mai avuto voglia di fare. 

In un solo mese aveva imparato a custodire quel segreto. 
Non aveva osato dire a nessuno di quegli sguardi curiosi che scambiava con una perfetta sconosciuta, di quel sorriso accennato che, dal giorno in cui capii perché la violetta non guardava nessuno direttamente negli occhi, avrebbe voluto vedere tutti i giorni.
Si rese realmente conto di tutto ciò però, solo un pomeriggio, mentre si allenava da solo. La sua mente aveva iniziato a ripercorrere i ricordi di quelle mattinate (e di qualche rientro) e quando sorrise al pensiero di rivederla la mattina successiva, quasi se ne spaventò:
non si stava per caso innamorando?

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Capitolo 3
*** Deep in Her Thoughts. ***


Note dell'autrice:
Ed ecco anche il terzo capitolo! :3 
E' importantissimo leggere la mia fic "Finalmente la Seirin" (che trovate qui: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3632751&i=1)  al fine di comprendere appieno questo capitolo ed il successivo. Dato che il loro primo "incontro" l'avevo già scritto, mi pareva insensato riscriverlo :'3 Spero abbiate cinque minuti del vostro tempo per leggerla e poi tornare qui. 
Questo capitolo non mi ha soddisfatta pienamente, ma ripensandoci non doveva capitare nulla di particolare, se non aprire qualche parentesi sulla vita di Hitomi. Quindi spero che lo leggiate lo stesso e vi do appuntamento per il quarto! 
 
Deep in Her Thoughts.
 
 
Kuroko.

Kuroko Tetsuya. Era dunque quello il nome del ragazzo dai capelli azzurri con il quale aveva scambiato timidi sguardi per oltre un mese.
Lo aveva scoperto quella stessa mattina grazie a Teppei Kiyoshi, il suo migliore amico, che glielo aveva rivelato con un ampio e malizioso sorriso. 
L'espressione di chi aveva capito tutto, forse più del necessario, ed era disposto ad aspettare - seppur impazientemente - che le cose si evolvessero in un qualsiasi modo. Possibilmente il migliore.
Non che fosse così difficile capire ciò passava per la testa di Hitomi, dopo che quest'ultima glielo aveva esplicitamente confidato, con un velo di imbarazzo sul viso.
In ogni caso, la violetta non poteva per niente ritenersi delusa da quell'intensa mattinata; Teppei si era deciso a presentarle, finalmente, la sua squadra. La Seirin.
La medesima squadra della quale aveva parlato sempre più che bene. Un gruppo unito, forte, sincero, leale. Una seconda famiglia per il gigante buono, una famiglia del quale si sentiva fiero ed onorato, entusiasta al pensiero di esser stato proprio lui, col suo solito carisma, ad aver fatto il primo passo per arrivare a quel punto.
Ma, seppur quest'ultimo non le avesse mai rivelato l'identità dei suoi compagni di gioco, la ragazza non si era mai né ingelosita né sentita rimpiazzata.
Al contrario.
Aveva piacevolmente constatato che Teppei era sempre il solito, il suo cavaliere, il suo confidente e la sua spalla emotiva, sempre premuroso e attento nei suoi confronti. Erano riusciti a mantenere quella promessa fattasi ormai quasi due anni prima, dopo quell'errore.
Quella promessa in cui si dicevano che sarebbero stati migliori amici sempre e comunque, a discapito del resto. Migliori amici e nulla più.
Quel bacio era stato un pessimo errore. 
Una cosa che lei aveva talmente ben superato che non ci dava più nemmeno tanto peso, tanto da riuscire a parlarne tranquillamente con un gruppo di sconosciuti, mettendo in totale imbarazzo il suo amico d'infanzia. 
Seppur, inconsciamente (o forse non voleva crederci nemmeno lei), c'era un secondo, flebile, motivo per il quale aveva parlato subito di quel bacio. 
Ed era la speranza di una reazione in Kuroko.

Hitomi si tuffò nel letto, abbracciando le coperte, esausta. Aveva passato l'intero pomeriggio con il secchio e lo straccio in mano, a lucidare ogni angolo della casa. O perlomeno era quello che avrebbe dovuto fare. Non era sicura di averlo fatto bene, ma poco le importava.
Anzi, non le importava affatto. Semplicemente perché aveva passato tutto il tempo ripensando al viso dell'azzurrino, ai suoi occhi che continuavano a lanciarle veloci sguardi rapìti. 
"È la prima volta in vita mia che mi fisso in questo modo su un ragazzo."
Sbuffò, affondando il volto sul cuscino, sentendosi le guance andare in fiamme. 
La sua mente continuava a mostrarle i ricordi ancora freschi. 
Tipo quello in cui si accorse che il ragazzo manteneva la forza del suo sguardo. La guardava negli occhi, come se non si soffermasse sul loro colore ghiacciato, ma ci si perdeva dentro, esplorandone l'interno, cercando il profondo della sua anima.  
Eppure, eppure. Per tutto il mese precedente era stata sicura che, se mai fosse riuscita a conoscerlo, lui non sarebbe riuscito a sopportare quelle iridi. Da lontano era facile, ma trovarsi faccia a faccia era sicuramente diverso... pensava. E invece no.
Sorrise, al pensiero. 
Si ricordò distintamente anche della sua frase. "Io invece li trovo molto belli.".
Le sue guance ritornarono a quel colorito rosso vivo, allargandosi a macchia d'olio fino al naso e le orecchie. Si morse le labbra e strinse il cuscino a sé, sospirando rumorosamente. 
Aprì gli occhi dopo qualche istante, rivedendo nella sua mente l'immagine di Kuroko mentre pronunciava quella frase, in totale contrasto con l'espressione fredda e distaccata che gli padroneggiava il viso, apparentemente privo di emozioni.
Quando invece lei di emozioni ne aveva avute eccome. Aveva aperto di pochi millimetri le labbra, sconvolta. Ma felice.
Li trovava davvero così belli? O era semplice gentilezza? 
Hitomi si autoconvinse a credere alla prima comoda ed accogliente opzione. Conoscendosi, se iniziava a pensare male non ne sarebbe più uscita.  
Ma da quella morsa di scarsa autostima non si sfuggiva facilmente. E infatti non tardò ad arrivare un altro pensiero, un piatto d'argento servito con il semplice scopo di creare una sega mentale inutile.
"Cosa ne avrà pensato Kuroko del rapporto così unito tra me e Teppei-san? Se ne sarà un po' ingelosito? Ma no. Ma no. Che scema. Però magari... oddio... e se pensasse che provo ancora qualcosa per Teppei-san? Oh no! Che stupida! Ma perché ho parlato di quel bacio??"
Scese dal letto a malincuore, con lo sguardo cupo, scrollando la testa. Doveva pensare ad altro, o si sarebbe rovinata la giornata arroventandosi il cervello di domande che probabilmente non avrebbero mai nemmeno ottenuto risposta. 
Prese il telefono, poggiato sul mobile in legno davanti all'entrata della camera, e aprì i messaggi.
"Meglio se chiedo a Teppei-san di allenarci assieme domani, ne ho bisogno." 
La ragazza si fermò un secondo, corrugò la fronte. Strinse il dispositivo tra le mani, e un sorriso le si stampò sul volto: un piacevole ricordo era tornato a farle visita.

 "Ci vedremo ancora, vero Kuroko?"
"Anche domani, se ti va."

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Capitolo 4
*** Deep in His Thoughts. ***


Note dell'Autrice
Siamo già al quarto :') me felice! E non vedo l'ora di mostrarvi il prossimo!
Come per il precedente, per comprendere appieno questo capitolo è necessario leggere la fic "Finalmente, la Seirin!" che trovate nel mio profilo (o nelle note del capitolo precedente).
Questo capitoletto è più corto degli altri, ma spero possa piacervi comunque... e di riuscire a mostrare una parte di Kuroko che SO C'E' MA NELL'ANIME NON MOSTRANO ABBASTANZA. ECCO.
Appuntamento al prossimo capitolo, domani!

Deep in His Thoughts.


Hitomi. 
Suzuya Hitomi.

Il ragazzo palleggiava lentamente, nel campo della scuola, dopo le lezioni.
Aveva rifiutato l'invito di Kagami ad andare a pranzare assieme a lui e Alex, e si era rinchiuso lì, a giocare di nuovo la parte del "fantasma". Come ai vecchi tempi.
Non poteva accertarsi del fatto che la cosa funzionasse ancora o meno; di certo al momento il ragazzo era più conosciuto rispetto ai tempi della Teiko, tutti lo identificavano come "l'ombra della Seirin", quindi era probabile che se qualcuno fosse entrato nel campo avrebbe attirato la sua attenzione. Ma era sempre così silenzioso e tranquillo che, forse, stando in un angolino per un certo quantitativo di tempo, sarebbe riuscito a ri-ottenere l'abilità di un tempo.

Aveva piacevolmente scoperto, qualche giorno prima, che quella ragazza dagli occhi speciali giocava a basket da anni. Oltretutto proprio grazie al loro amico in comune, Teppei Kiyoshi. Ed era in egual modo da qualche giorno che il ragazzo ripensava al giorno del loro "incontro", dal quale aveva finalmente potuto trarre qualche risposta alle sue domande. 

Era ben lieto di quella mattina, nella quale aveva studiato silenziosamente la giovane. Era intenzionato a farlo in silenzio, di nascosto, sperando che l'egocentrismo di Kagami e degli altri membri della squadra attirassero l'attenzione della violetta. Ma per un motivo ancora nascosto, tanto evidente quanto incerto, questa aveva continuato ad incrociare il suo sguardo per tutta la durata del pranzo, come potesse sentire i pensieri che si facevano spazio della mente del giocatore.
Nel suo subconscio erano iniziate a formarsi delle domande, del genere "ho perso le mie capacità?" o "ho fatto qualcosa per la quale farmi notare così?", ma più ci pensava più si rendeva conto che no, non aveva fatto nulla di particolare e che tutto il resto della gente continuava a "non vederlo" come al solito. 
Scacciatosi certi pensieri dalla mente, senza più porsi domande sull'argomento, aveva ricominciato ad allenarsi sui tiri che ancora non riusciva a fare con maestria. Si chiedeva perché Kiyoshi non aveva mai raccontato loro di quella violetta, perché non aveva mai detto loro che andava alla Shutoku per vederla giocare, perché non aveva mai accennato al fatto che si fossero baciati. Già. Baciati.
Sentì un peso al petto che si estese a tutto il diaframma, come se qualcuno avesse iniziato a schiacchiarglielo. Il pallone cadde a terra, rimbalzando, e Kuroko rimase a fissarlo, immobile.
Possibile che fosse geloso?
Sul momento, giorni prima, quando Hitomi aveva raccontato le circostanze di quel gesto, l'azzurrino era rimasto più sconvolto che altro. Non sapeva e non avrebbe mai immaginato che Kiyoshi avesse già baciato una ragazza; l'argomento non era mai uscito dalla bocca di nessuno, e pure quando Alex aveva baciato Kagami, il Re senza Corona non aveva mosso ciglio. Sarebbe stato difficile credere alle parole della Suzuya, se non fosse saltato in piedi arrossendo e non avesse cominciato a discutere con lei. 
Ma ora si trovava lì, alle 16 di un pomeriggio d'autunno, in mezzo ad un campo da basket chiuso e dalle luci un po' offuscate, a fissare un pallone ormai fermo e chiedersi se fosse possibile esser così geloso di una ragazza con la quale aveva scambiato due parole in croce.
" Ci vedremo ancora, Kuroko?"
" Anche domani, se ti va."

Ed effettivamente si erano visti. Di sfuggita, alla lontana, al solito modo, in mezzo alla strada durante il tragitto verso scuola. La ragazza aveva accennato un sorriso, aveva abbassato lo sguardo, ed entrambi avevano continuato a scrutarsi da lontano, cercando di non perdersi di vista. Vegliando che andasse tutto bene, fino all'incrocio che li separava.
Incrocio in cui, raggiunto, l'azzurrino aveva alzato lo sguardo al cielo con un sospiro, vergognandosi pure di quel gesto con la mano fatto per salutarla. 
Ed avevano continuato fino a quel giorno, alla stessa maniera di sempre, con l'aggiunta di quel timido saluto. Senza aver il coraggio, evidentemente nessuno dei due, di avvicinarsi e decidersi a fare il tragitto assieme.
Cosa che comunque, a Kuroko non sarebbe dispiaciuta.

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Capitolo 5
*** I want to know You better. ***


I want to know You better.


"Un milkshake al cioccolato, grazie."
E poi la pioggia.
"Piuttosto inusuale come abbinamento", pensò.

La gelateria era praticamente vuota, se non per un'allegra famigliola a qualche tavolo di distanza ed una coppietta un po' più in fondo. Erano entrambi arrivati prima di lei, quando il cielo ancora ospitava qualche macchiolina azzurra, in quella triste domenica autunnale. 
Per Hitomi era stressante. A parer suo, quelle nuvole formavano una cappa di infelicità, era tutto più scuro nonostante l'orario pomeridiano e faceva relativamente freddo. Lei amava tutto l'opposto. Il sole, il caldo, i vestiti corti e poco ingombranti. Amava stare all'aperto e, possibilmente, passare il tempo ad allenarsi a basket. 
Ma quella giornata uggiosa non lo permetteva. Si sentiva odore di pioggia già una decina di minuti prima che iniziasse a piovere davvero, quindi ne aveva approfittato per rinchiudersi in gelateria e godersi la sua bevanda preferita, nell'attesa smettesse. 
Di certo non aveva alcuna intenzione di muoversi da lì per un po'.
Finalmente il suo milkshake le fu servito.
Iniziò a sorseggiare guardando distrattamente fuori dalla vetrina, notando con la coda dell'occhio una capigliatura azzurra entrare nel locale. 
Il cuore ebbe un sussulto, quasi si strozzò con la bevanda; si fece scappare un colpo di tosse, volse la testa alla parte opposta del bancone dove Kuroko si era diretto, e trattenne a forza ulteriori colpi di tosse, bevendo ancora per autoconvincersi aiutasse a qualcosa, forse smettere.
"Un milkshake alla vaniglia, per favore." 
L'azzurrino ordinò e si avvicinò ad Hitomi, che sentì un'improvvisa banfata di caldo e la necessità di levarsi la giacca, comoda fino a pochi secondi prima.
"Posso sedermi qua?"
"Eh? Ah, sisi certo, prego. Son sola. Un po' di compagnia fa bene ahahah"
"Già. Tutto ok? Ti ho sentita tossire." 
Kuroko si levò la veste, accaldato pure lui. Ma era evidentemente più bravo di lei a nascondere le emozioni, dato che notò la difficoltà della ragazza a star calma. Un imbarazzo disumano si era impossessato di lei, ed aveva iniziato a giocare con il ciuffo, guardando distrattamente le gocce di pioggia che scendevano sulla vetrina. Stava cercando in ogni modo di sembrare il più naturale possibile, ma non si poteva elogiare un suo successo nell'impresa. Alla domanda posta, si voltò verso di lui e sfoggiò un sorriso imbarazzato, ridendo nervosamente.
"No io non..." allontanò di qualche centimetro la bevanda "Mi era andato di traverso un po' di questo, tutto qua. Grazie della preoccupazione."
Il ragazzo fece un cenno col capo, e restò qualche secondo a fissarla. Aveva le guance un po' più rosa del solito e sembrava nervosa. Per un attimo pensò che aveva tutti i comportamenti di una ragazza innamorata. 
Ma poi arrivò la cameriera col suo milkshake e lo distolse dai suoi pensieri, facendogli perdere il filo.
"Oh, bevi anche tu milkshake?"
"Già. Non resisto a quello alla vaniglia. Seppure faccia un po' strano bere una bevanda ghiacciata con questa pioggia e questo fresco."
"Mh, questo fresco..." ops. Un pensiero ad alta voce era scappato ad Hitomi, che di fresco non sentiva proprio niente. Iniziò a sorseggiare il milkshake, mordendone la cannuccia, cercando di rinfrescarsi almeno un poco. Doveva sembrare proprio stupida conciata in quel modo, mentre Kuroko era lì, tranquillo e pacato. Come sempre.  
Il ragazzo si porse improvvisamente in avanti, spostando la propria bevanda, poggiando i gomiti sul tavolo. 
Aprì la bocca, poi la richiuse. La ragazza lo guardò, accennando un "sì?". Kuroko sorrise.
 "Quindi giochi a basket anche tu, Hitomi?"

A partire da quella domanda, i due avevano iniziato a chiacchierare tranquillamente. Il nervosismo iniziale di entrambi si era dissolto nell'aria, per il semplice motivo che l'azzurrino aveva toccato uno degli argomenti che stava più a cuore ad entrambi. 
Da lì in poi, la conversazione aveva preso altre pieghe; dalle spiegazioni delle loro squadre, i pettegolezzi dei compagni, le amicizie più care. Principalmente di Kiyoshi, dove Hitomi raccontò all'azzurrino il loro passato. La loro infanzia unita, la loro complicità fin da piccoli, il loro bacio nato da delle grosse incomprensioni adolescenziali. Hitomi ci teneva a mettere in chiaro che non c'era alcun sentimento tra lei ed il gigante buono, se non che lo riteneva un fratello maggiore e che era sicura sarebbe sempre stato lì per lei quando ne avrebbe avuto bisogno, come lei per lui. Kuroko era felice di ciò, il peso al petto gli svanì d'un tratto e si sentì leggero. Ma dopo ciò, gli fu inevitabile chiedere perché Kiyoshi non avesse mai parlato di lei, e la spiegazione non tardò ad arrivare: erano talmente uniti da sembrar fidanzati, ed entrambi volevano evitare malelingue presenti già alle scuole medie. L'azzurro annuì, comprensivo. 
La loro conversazione si allargò poi ad altri orizzonti. Il passato di Kuroko nella Teiko, la Generazione dei Miracoli, la nascita delle sue abilità da prestigiatore. 
Fino alla domanda che più istigava l'azzurrino.
"Hitomi, non vorrei esser scortese, ma... perché non incroci mai lo sguardo di nessuno?"
La violetta lo guardò, stupita. Si era veramente posto quella domanda? O meglio... L'aveva scrutata abbastanza da notarlo? Ambe le volte che si incontrarono - ovvero quando Kiyoshi le fece conoscere la Seirin, un paio di settimane prima, e quello stesso giorno - lei lo aveva sempre fissato negli occhi. Aveva sempre sentito dentro di sé che poteva farlo senza preoccuparsi di spaventarlo. Se ora glielo chiedeva... è perché si era accorto della sua presenza. 
Sorrise, al pensiero. Fece schioccare debolmente qualche unghia.
"Beh sai... Da lontano paiono degli occhi un po' più freddi del solito, ma normali. Da vicino invece fanno un po' senso.
Kuroko corrugò la fronte. Si alzò e si spostò, sedendosi affianco a lei, sul medesimo divanetto. Si poggiò al tavolino con un gomito e, avvicinando pericolosamente il viso a quello della violetta, iniziò a fissarla.
"Vicino quanto, così?"
Hitomi poté sentire il respiro del ragazzo atterrare delicatamente sulle proprie labbra. Si sforzò a tenerle ben chiuse, paralizzata, mentre il suo viso diventava sempre più caldo e rosso d'imbarazzo. Notò quanto gli occhi di Kuroko fossero azzurri, azzurri come il cielo che amava tanto. 
Aprì la bocca di qualche millimetro, guardando poi altrove, e la richiude. 
Che dirgli? Che facevano senso proprio così vicino o anche un po' più lontano? 
Il ragazzo, vedendola in difficoltà, indietreggiò un poco. Che diamine gli era preso? Quando mai si sarebbe comportato così sfacciatamente? 
Deglutì, enspirando rumorosamente per non arrossire. Si apprestò a scusarsi, quando una dolce risata uscì dal volto imbarazzato della violetta.
"Sì, proprio così."
Il tempo, per loro, era passato così velocemente... che non si erano accorti aveva smesso di piovere.

Nessuno dei due se ne capacitiva. Lei in camera sua, lui seduto su una panchina, per strada. Cosa era successo? Perché si era comportato così? 
Nemmeno il diretto interessato lo sapeva, il che era alquanto imbarazzante. 
Si passò la mano sul volto.
La pura, semplice realtà era che gli occhi di Hitomi erano così belli che avrebbe voluto perdercisi dentro per sempre.


Note dell'autrice: siamo già al cinque :') Me felice!
Questo capitolo mi piace particolarmente xD Spero possa piacere anche a voi!
Causa ciclone non sono anora riuscita a scrivere il prossimo, ma l'idea c'è quindi spero di riuscire ad esser presente all'appuntamento, domani. :D

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Capitolo 6
*** I Thought I was Strong Enough. ***


I Thought I was Strong Enough.


"HITOMI-CHAAAN!!!" 
Fu l'unico suono che la ragazza sentì, prima dell'impatto e della caduta.
Erano passati ormai due mesi da quel loro incontro, e il rapporto tra lei e Kuroko si era sviluppato molto velocemente.
Nel giro di poco tempo, la ragazza aveva iniziato ad integrare il gruppo della Seirin, accompagnando spesso Kiyoshi e andando a guardare i loro allenamenti, i loro match e ogni tanto uscendo con loro a pranzo. Aveva legato un buon rapporto d'amicizia con praticamente tutti i membri della squadra, trovandoli veramente simpatici, calorosi ed accoglienti come il migliore amico glieli aveva descritti in precedenza. E stava iniziando a vederli come una seconda famiglia, seppur in cuor suo sapeva era ancora un po' presto per avere quel genere di pensieri.
Con Kuroko, con lui non era successo nulla di troppo rilevante. Chiacchieravano beatamente, erano in sintonia perfetta e non avevano mai smesso di lanciarsi quegli sguardi rubati che intrigavano profondamente entrambi. 
Sebbene non avessero mai avuto il coraggio, nessuno dei due, di restar soli allontanandosi dal gruppo o di allenarsi assieme - e la voglia era tanta, soprattutto da parte del ragazzo, curioso di conoscere le abilità della violetta -, il resto della squadra aveva ben notato che tra i due c'era una scintilla particolare, e Kiyoshi non poteva che gioirne. 
Non mancavano mai, ai loro rientri abituali verso casa, le battute dell'amico ed i suoi incoraggiamenti a buttarsi. 
 Era entusiasta dell'andazzo della situazione; la sua migliore amica con un suo più caro amico. Soprattutto perché aveva la certezza che quest'ultimo era un ragazzo d'oro, e che non avrebbe dovuto preoccuparsi. Non avrebbe potuto sperar di meglio, seppur aleggiava nella sua mente la paura di esser rimpiazzato.
Paura che svaniva ogniqualvolta la violetta si buttava tra le sue braccia per un qualsiasi motivo, anche in presenza dell'azzurrino, che sorrideva pacato. 

Per Hitomi, quel giorno era molto importante. La sua squadra, la femminile della Shutoku, avrebbe dovuto affrontare la femminile della Kaijou. Quest'ultima era riconosciuta per essere forte, quasi al pari della maschile, la cui pupilla era il bel Ryouta Kise, ex giocatore della Generazione dei Miracoli.
Ma il motivo principale della sua ansia non era la presenza di quest'ultimo sugli spalti, pronto a tifare la squadra avversaria. Né la presenza dei suoi più cari amici, Takao e Midorima, giocatori della Shutoku maschile (e il verdino stesso ex membro della Generazione dei Miracoli) che avrebbero tifato per lei. 
La sua ansia era data dalla presenza di Kuroko. Era là, con Teppei-san, sugli spalti. E avrebbe tifato per lei fino alla fine.
Aveva finalmente l'occasione di mostrargli di che pasta era fatta, mostrargli che era lei la causa del 90% delle vittorie della sua squadra. Lei, con le sue iridi glaciali, in grado di paralizzare chiunque le si fosse parato davanti. 
Le sue compagne di squadra la incoraggiarono; Hitomi si legò i capelli in una sontuosa coda di cavallo, sfoggiò il suo miglior sorriso ed entrarono in campo.

Quella mattina, l'azzurrino ricevette il seguente messaggio:
" Ehi, Kuroko! Sto preparandomi per andare a vedere la partita di Hitomi. Ti va di accompagnarmi?"
Sorrise, sconcertato ma felice di quella insolita richiesta.
D'altronde se avesse saputo che la ragazza aveva giocato e lui non fosse riuscito ad osservarla, se ne sarebbe pentito. La curiosità di vederla in azione lo divorava, e il compagno di squadra sembrava aver percepito questo bisogno.
"Volentieri. Appuntamento al campo sportivo."

La partità iniziò, dopo le presentazioni di ogni giocatrice.
Presentazione nella quale Hitomi aveva tremato come una foglia senza riuscire veramente a capirne il motivo.
L'allenatore l'aveva sgridata, e, per una volta, la ragazza non poteva dargli torto.
Il suo punto forte erano gli occhi, il terrore che incutevano. Se non era sicura di sé stessa mai sarebbe riuscita a spaventare, anzi. Le avversarie ne avrebbero tratto vantaggio.
Si tirò due sberle e inspirò profondamente, prima di piazzarsi in campo, alla sua posizione: libero.

La partita andava più che bene: era Hitomi quella con maggior possesso di palla.
Kuroko aveva constatato - e Kiyoshi gli aveva dato ragione - che, affinché le abilità della violetta funzionassero, erano fondamentali due fattori:
- Il primo era il suo protagonismo in campo. Avendo tutti gli occhi puntati addosso, l'avversario aveva l'impressione di trovarsi un colosso imbattibile di fronte. In questo modo si sentiva piccolo piccolo, e lo sguardo della ragazza appariva più spaventoso. Si sentiva paralizzato per qualche istante, in preda al terrore, e Hitomi (o qualche compagna di squadra) aveva il tempo di smarcarlo;
- ll secondo, forse il più importante, era che l'avversario doveva essere uno sconosciuto o, perlomeno, conoscerla poco. Una persona abituata a fissare quegli occhi, una persona che sa bene il vero "io" di Hitomi, non avrebbe mai potuto restarne spaventato. L' "Eyes Fear" sfruttava la più effimera nota di paura, ma se questa era inesistente, non aveva modo di funzionare.
Per la seconda abilità, l'"Eyes Deceiver", Kuroko non era veramente riuscito a trovare una spiegazione. 
Hitomi sfruttava le sue abilità copiative, simili a quelle di Kise, ma invece che copiare le mosse degli altri, imitava i movimenti delle compagne di squadra.
L'attenzione si spostava sui suoi occhi, sempre sfruttando il fattore paura, e poi agiva come un difensore o un attaccante per distrarre l'avversario, tanto da fargli credere di avere un'altra persona davanti. Di certo le era possibile per gli occhi; concentrando la visuale sulle iridi della ragazza, il resto del suo corpo risultava sfocato e il cervello poteva esser tratto in inganno.  
Ma era anche sicuramente frutto di un allenamento costante con le compagne di squadra.
L'aveva studiata insomma. Ogni sua mossa, ogni suo gesto; Kuroko non aveva distolto lo sguardo da lei.
Un po' si sentiva deluso perché mancava una cosa: gli sguardi reciproci. Di certo lei non poteva mettersi a guardarlo, nemmeno quando a metà partita si era seduta in panchina a riprender fiato. 

Lo score era a 96-70 per la Shutoku.
Hitomi aveva esplicitamente chiesto al coach di restare in campo per tutta la durata del match, per superare i suoi limiti. Come voleva fare sempre.
Ma iniziava a pentirsene; a circa dieci minuti dalla fine le gambe iniziavano a cedere, facendole male. 
Bastò poco: una avversaria le andò a sbattere contro, all'apparenza distrattamente, e Hitomi cadde a terra sbattendo il gomito. La compagna della violetta era ormai troppo vicina con il pallone in mano, cercò di fermarsi ma era troppo tardi. Inciampò, cadendo rovinosamente sul suo braccio. 
Una smorfia di dolore si fece ampio spazio sul suo viso, che aderiva al terreno di gioco, per giusto un millisecondo.
Aprì la bocca, tremando terrorizzata, e un urlo di dolore fuoriscì dalle sue labbra.
"HITOMI-CHAN!!"
"HITOMI!"


Il dolore era lancinante.
Aveva fatto il possibile per non piangere, per non chiedere a Kiyoshi di abbracciarla e stringerla come faceva da bambino, per risollevarla. 
Non voleva versare una sola lacrima perché sapeva di esser forte, doveva esserlo, e nessuno avrebbe mai visto le sue lacrime.
La caricarono in barella, con la coda dell'occhio vide il suo migliore amico e Kuroko alzarsi e dirigersi verso i corridoi. Anche Takao si stava avviando, impanicato, ma Midorima lo aveva fermato indicandogli i due giocatori della Seirin. 
L'urlo di Teppei, "Hitomi-chan", aveva rimbombato per tutto lo stadio. Dovevano essersi girati tutti verso di lui, pensò. Anche Kuroko aveva urlato il suo nome, preoccupato.
Provò a sorridere, ma appena la caricarono sull'ambulanza le lacrime iniziarono a sgorgare a fiumi.



Note Dell'Autrice:

Questo capitolo mi ha ferita profondamente, mentre lo scrivevo. Mi dispiace sempre tantissimo ferire i miei OCs, ma prima o poi va fatto, fa parte della vita. :') 
Hitomi, e penso di poterlo dire senza problemi, è la mia OC meglio sviluppata, psicologicamente parlando. 
Spero di riuscire pian piano a descriverla sempre meglio <3 
Comunque, in questo periodo sono ai limiti del nervosismo, a quanto pare il karma mi si è messo contro. Va tutto storto. Quindi non posso assicurarvi di riuscire ad aggiornare, domani... spero! 

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Capitolo 7
*** I Know You are Strong Enough. ***


I Know You are Strong Enough.



Suono di macchinari elettronici.
Era in ospedale.


Hitomi si svegliò, gli occhi gonfi e la bocca impastata. Appena la sua visuale si mise a fuoco, si scontrò contro il soffitto bianco della stanza.
Sospirò, mordendosi le labbra.
Stava per ripensare alle ore antecedenti, al dolore, a Teppei che le diceva di star tranquilla, a Kuroko che la guardava preoccupato, ai dottori che le ingessavano il braccio rotto, dicendole che non doveva muoverlo per alcun motivo, che i tendini erano stati stirati.
Si era addormentata come un sacco, emozionalmente e psicologicamente stanca.
Gli occhi rossi che bruciavano, così come era bruciata via la sua speranza di mostrar la propria forza al ragazzo che amava. 
L'aveva vista, mentre piangeva e tremava, mentre i singhiozzi si facevano strada nella sua gola. 
Ed era l'ultima cosa che avrebbe mai voluto Kuroko vedesse.
Stava per ripensare a tutto questo, quando udì un debole mugulio provenire dal suo lato destro, quello ferito, all'altezza della mano.
Abbassò lo sguardo, a fatica, con gli occhi ancora pesanti e la testa che iniziava a far male.
Quando lo vide, si pietrificò un istante, non riuscendo a formare nella sua mente una frase di senso compiuto.
Una chioma azzurra, scompigliata.
Kuroko dormiva, seduto affianco al letto, con la testa poggiata sul materasso, affianco al corpo di Hitomi. Le dita di una sua mano sfioravano quasi impercettibilmente quelle della violetta, che non riusciva a muovere le falangi in questione. 
Poteva vedere il suo diaframma muoversi lentamente, il suo respiro regolare che si scontrava contro la propria pelle. 
Per un po', si calmò pure lei, seguendo il ritmo del suo respiro. 
"Questa, poi..." pensò, "avrei scommesso tutto l'oro del mondo che al mio risveglio avrei trovato Teppei.".
Dopo quasi 4 ore di dolore e pianti, finalmente Hitomi era riuscita a sorridere.


Kuroko aprì gli occhi. Se li stropicciò con una mano, lasciandosi andare ad uno sbadiglio, e si voltò verso la ragazza, che si era anch'essa girata verso di lui.
"Buongiorno dormiglione!"
L'azzurrino la guardò, leggermente scosso. Come poteva sorridere in una situazione simile? Chissà che dolore al braccio aveva. Eppure...
"Che hai, Kuroko?"
... quello che sembrava più scosso era lui. Si passò le mani sul volto, per dar l'impressione di essere ancora addormentato. 
"Buongiorno... Come stai?"
"Normale. Fa male. E ho mal di testa. Ma passerà!" 
La ragazza sfoggiò un altro sorriso raggiante. Kuroko cercò di ricambiare, ma la preoccupazione che gli girovagava nella testa era palpabile. La avvisò che Kiyoshi era super preoccupato, che i suoi genitori sarebbero venuta a trovarla nel pomeriggio a causa dei loro lavori, e che Takao e Midorima erano passati a chiedere come stava.
La violetta rispose a tutto con un debole "ok", un okay che suonava amaro e decisamente troppo, troppo triste. 
Kuroko sospirò, ri-appoggiandosi al letto. Non ci voleva proprio. Hitomi sembrava così entusiasta di quella partita e si era ridotto tutto in frantumi. Eppure qualcosa non lo convinceva in quella caduta.
Prese tra le mani la mano destra della violetta, affinché potesse sentirne il calore.
Lei lo guardò con aria interrogativa, arrossendo visibilmente.
"Hitomi" disse lui, fissandola negli occhi, "ho paura che la tua caduta non sia stata un incidente."
La ragazza lo guardò, mordendosi il labbro.
"Ah... Lo hai capito pure tu, vero? Insomma... è stato strano. L'avversaria non aveva motivo di venirmi addosso."
I due si guardarono, capendo entrambi che erano arrivati alla medesima conclusione. Avevano avuto modo di mettere a posto i pezzi del puzzle, e uno di questi non si incastrava nel senso giusto.
L'avversaria che percosse Hitomi non aveva motivo di star dov'era. Dalla sua posizione, Kuroko aveva visto che questa poteva intuire le intenzioni della giocatrice della Shutoku e, sbattendo contro la violetta, si poteva predire che la ragazza sarebbe caduta addosso a lei.
L'azzurrino sospirò, sconfortato. 
"Teppei-san... mi aveva avvisata."
Hitomi si asciugò un occhio, ormai umido, con il palmo della mano sinistra, mentre il suo volto si girò verso l'unica finestra della stanza.
"Me l'aveva detto che il basket è sleale. Che se un giocatore è forte faranno il possibile per buttarlo giù. Me ne ero resa conto quando Murasakibara gli ruppe il ginocchio. Ma mai avrei pensato... che in una partita così insulsa..."
Le lacrime tornarono a segnare le guance della violetta. Si coprì il volto col braccio libero, invano. 
Si vergognava profondamente, di nuovo, di essere in quelle condizioni davanti a lui. Ma ormai non riusciva più a trattenersi; il dolore psicologico era più forte di quello fisico. Avrebbe dovuto fermare il basket per qualche mese e non poteva sopportarlo.
Kuroko si avvicinò lentamente a lei, che si copriva gli occhi rossi e si mordeva le labbra nel vano tentativo di calmarsi.
Si mise a sedere sul letto, che per fortuna non aveva sbarre ai lati, e le prese il braccio, spostandoglielo delicatamente. 
Si allungò una manica della felpa e le asciugò le lacrime, lentamente, facendo attenzione a non irritarle ancora di più la pelle del viso.
"Hitomi-chan."
La violetta arrossì, chiudendo gli occhi al contatto del tessuto sul volto. 
"Fa male, hai mal di testa. Ma passerà. E vorrò aiutarti a recuperare ed allenarti con te."
Le sorrise, rimettendosi a posto la manica ed aspettando pazientemente una risposta.
Che sadico, pensò lei, rossa in viso. Vedermi così imbarazzata e voler pure una risposta. 
Sorrise, genuinamente divertita. 
"Sì. Grazie."
Kuroko si sporse su di lei, segnandole la fronte con un bacio, prima di congedarsi.

Note dell'autrice:
Ri-eccomi! Non sono molto in vena, ma ci tenevo a continuarla. Questa scena mi girava nella testa da mesi (ho i testimoni ewe) e non vedevo l'ora di scriverla! xD Spero di averla resa bene. E spero di aver reso bene anche la compatibilità di questi due ^^
Mi rimetterò subito al lavoro per il prossimo capitolo, anche se ci avviciniamo alla fine xD E giusto per avvisarvi, sto lavorando a dei disegnini per ogni capitolo. Non sono sicura di riuscire a farli tutti ma ci proviamo dai uwu 
Alla prossima ;3

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Capitolo 8
*** You'll be Fine, Little Butterfly. ***


Premessa:
Questo capitolo è cortissimo perché è un po' una pausa d'introspezione nel corso della storia (e anche un po' perché questo è proprio un periodaccio e non riesco a scrivere xD). Ma mi dispiaceva lasciarla ferma, quindi! Ve lo pubblico lo stesso, sperando possa piacervi!
A presto con l'ultimo capitolo!

You'll be fine, little butterfly.


Era passata circa una settimana dall'accaduto.

Era rimasta in ospedale per tre lunghi, interminabili giorni. Teppei si era lasciato allo stress un paio di volte, piangendo, sia quando era da solo con lei, sia quando tutta la Seirin lo aveva accompagnato.
Ambo le volte si era accasciato sul letto, abbracciandola e ricoprendola di teneri insulti, dandole della scema ed esternando la sua preoccupazione. 
Quanto stava male dentro per non essersi seduto più vicino al campo, quanto si sentisse colpevole per non aver urlato subito alla sua compagna di fermarsi.
La volta in cui restarono soli le aveva detto pure, tra un singhiozzo e l'altro, che si sentiva in colpa per averla avvicinata al basket.
Si era beccato una veloce sberla, anche piuttosto forte, una di quelle sberle che Hitomi mai avrebbe pensato di dare, mai proprio a lui.
Per la prima volta da quell'incidente la violetta aveva iniziato a piangere davanti al suo migliore amico. Dopo quell'affermazione si era sentita talmente tanto ferita dentro, nell'anima, nel profondo. 
Teppei era rimasto a guardarla, incredulo, massaggiandosi la guancia colpita.
Aveva abbassato lo sguardo, gli occhi gonfi e rossi, beccandosi i silenziosi singhiozzi dell'amica, che solo dopo una pausa di qualche secondo in cui aveva sussurrato delle parole dispiaciute di scuse, gli disse che mai e poi mai avrebbe più voluto sentire quelle parole uscire dalla sua bocca.
"Possibile che non lo hai ancora capito, Teppei?", gli aveva detto.
"Il basket è la miglior cosa che mi sia mai capitata, ed è solo grazie a te! Un ginocchio ferito non ti ha fermato. E io non mi farò fermare da un braccio rotto!"
Prese ad accarezzargli la guancia, chiedendogli scusa, mentre il ragazzo annuiva comprensivo.
Il gigante buono aveva poi poggiato la testa a fianco a lei, e la violetta aveva preso ad accarezzargli i capelli, come una sorellina fa con il fratellone triste. 
Ed il gigante buono aveva finito per addormentarsi, sotto gli occhi increduli degli infermieri che passavano di tanto in tanto a vedere se andasse tutto bene.

Mai avrebbe voluto mostrare le sue lacrime a lui.

Colui che l'aveva cresciuta, che le aveva insegnato ad essere forte, l'aveva forgiata.
Le aveva insegnato che il basket è un gioco e che la priorità in campo era divertirsi. Le aveva insegnato che gli sforzi ripagavano sempre, che le donne potevano essere forti tanto quanto gli uomini.
Mai avrebbe voluto esternare il suo dolore al suo fratellone, perché lui era sempre iper protettivo e super preoccupato per lei.
Farsi vedere in lacrime era sinonimo di preoccupazione ai massimi livelli per lui, che era sempre così legato a quella ragazzina che stava iniziando a volare. 
E lei non voleva farlo preoccupare.
Se stava male lei, stava male lui. E viceversa. 

Era un po' la resa dei conti, quella. Prima il ginocchio lui, ora il braccio lei. 
Ed era rimasta ad accarezzargli la testa per decine e decine di minuti, mentre pensava a quanto fosse stava stupida a piangere davanti a lui e come avrebbe mai potuto fargli capire che stava bene.
Ma probabilmente non ci sarebbe mai riuscita, perché bene non stava, e Teppei lo sapeva.

La volta successiva, quando lui si presentò in ospedale con la Seirin, questi le avevano portato talmente tanti dolci e regali che, quella volta, le lacrime versate dalla ragazza furono di gioia. 
Erano rimasti tutti lì, per un paio d'ore, a chiacchierare allegramente del più e del meno, dei match e della scuola.
Kuroko le aveva portato Nigou, col permesso dei dottori, e aveva potuto giocare con lui e farlo dormire sulla propria pancia. Era felice. 
Era felice anche perché l'azzurrino si era seduto sul letto affianco a lei e, ogni tanto, le sue dita sfioravano quelle della ragazza. Per un istante sembrava volerla tenere per mano, quando aveva iniziato a carezzarle le dita una ad una, tenendo le loro mani nascoste dietro la propria schiena.
La violetta aveva sorriso, tentando di non arrossire per non destare sospetti che, lo sapeva, Kiyoshi già aveva. 

E poi era finalmente uscita dall'ospedale, col braccio fasciato, impossibilitata ad usarlo.
Teppei era passata a prenderla, come volevasi dimostrare. Lei si era scusata ancora per la sberla datagli due giorni prima, e lui le aveva scompigliato i capelli dicendole di star tranquilla, che aveva ragione.
Che era felice di averla avvicinata al basket, di averla aiutata a trovare la sua strada. 
Nonostante il dolore sempre presente, Hitomi sentiva che i giorni a seguire sarebbero stati gioiosi.

 

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Capitolo 9
*** Thoughts of Love and Happiness. ***


Thoughts of Love and Happiness.


"Tu sei forte, Hitomi-chan. Lo so."

Tetsuya Kuroko. 
L'azzurrino si trovava seduto su una panchina, sotto ad un sontuoso albero di ciliegio, purtroppo spoglio data la stagione autunnale. 
Tamburellava con una gamba, indeciso, fissando il marciapiedi, noncurante della gente che gli passava davanti. Che, ad ogni modo, non faceva caso a lui come al solito.
Aveva scambiato qualche messaggio con Kiyoshi riguardo alla salute di Hitomi.
In cuor suo, ne aveva risentito di quei giorni di riabilitazione; la ragazza non era andata a scuola, quindi i loro sguardi mattutini non si erano prodotti. Non era nemmeno riuscito ad andarla a trovare, sia perché sapeva di non aver la confidenza necessaria per palesarsi di fronte alla sua porta di casa (o almeno è quel che pensava lui), sia perché gli allenamenti della Seirin si stavano facendo sempre più intensi in vista della Winter Cup, e il tempo scarseggiava.
Il gigante buono era l'unico intermediario che potesse tenerlo aggiornato, cercando di passare per un semplice amico preoccupato.
Conscio che non voleva più mantenere quella situazione ancora per molto. 
Alzò lo sguardo al cielo, fissando le poche nuvole che avevano preso ampio spazio in quel cielo dalle sfumature grigiastre. 
Hitomi aveva ancora il braccio fasciato, ed iniziava da pochi giorni a muoverlo lentamente di nuovo.
Pareva che la madre, Sawako, si fosse confidata con Kiyoshi sul fatto che la violetta aveva pianto, e parecchio, per non essere riuscita a sollevare un bicchiere. 
Quanto dolore, fisico e psicologico, stava provando?
Quanto poteva esser stremante non avere il controllo del proprio corpo, non poter esercitare la propria passione?
Chissà quanta voglia aveva di prendere il pallone da basket e lanciar dei canestri, cercando di imitare Midorima.
Perché si sa, ci si rende di quanto sia bello esser sani solo quando non lo si è. 
Tirò un sospiro, sentendosi nervoso lui per lei, e palpandosi il braccio destro in un gesto istintivo e comprensivo. 
Il grido che lei aveva lanciato in campo era stato straziante. 
Non era un semplice urlo di dolore, no. In quell'urlo c'era nervoso, tristezza, amarezza, insoddisfazione, disperazione. 
C'era tutto ciò di più negativo che potesse esserci.
E lui l'aveva percepito. 

Qualche nuvola si era spostata, nascondendosi dietro i rami ormai spogli di quell'albero simbolo di rinascita.
L'ambiente era triste, i colori erano spenti, la luce del sole sembrava offuscata.
Hitomi odiava tutto ciò. Hitomi amava i colori.
Fu pensando a questo particolare che un sorrisetto entusiasta si impossessò del suo viso e lo fece alzare.
Attraversò il quartiere con una calma epocale, un viso che non faceva trasparire alcuna emozione, lasciandosi trasportale dalla prima brezza freddina che anticipava l'imminente inverno. Il rumore dei suoi passi che si mescolava a quelli altrui, su un marciapiede di cemento grigio. 
Nella sua mente la cosa da fare era chiara e limpida; Hitomi amava i colori, il caldo, i profumi.
 
Si fermò davanti all'entrata del fiorista più attrezzato del paese. 
Un imponente immobile caloroso, contornato da dolci profumi di fiori di ogni tipo che si mescolavano l'un l'altro.
Maestose piante che decoravano la prima stanza tra palme e piccoli baobab. 
La scrivania addobbata di fiori di ogni colore, con la proprietaria dietro al bancone, vestita da un completo a maniche lunghe rosso e giallo, che scribacchiava su dei fogli. Sembrava non essersi accorta di lui.
Si avvicinò al banco, le guance un po' rosse dal venticello pungente, e solo quando si schiarì un po' la voce la donna si accorse di lui, spaventandosi.
Con una veloce frase di scuse, si porse verso di lui e il suo volto si riempì di un veloce sorriso gioioso.
"Come posso aiutarla, giovane innamorato?"
Kuroko sgranò leggermente gli occhi, totalmente preso alla sprovvista da cotanto entusiasmo e, sul momento, da come la donna aveva azzeccato il motivo per il quale si trovava lì. 
Non fece nemmeno in tempo a reagire che la trentenne cominciò a ridere dolcemente, rimettendosi al proprio posto.
"Sai, ce ne son pochi di motivi per i quali un uomo si reca nel mio negozio. E un ragazzino carino e giovane come te, non può che aver una ragione sola! E sono sicura di non sbagliarmi."
L'azzurrino dapprima la guardò, poi mugugnò un timido "mh", e abbassò lo sguardo.
"È appena uscita dall'ospedale per una rottura ad un arto, e volevo farle un regalo."
Si tirò giù le maniche, coprendosi bene le mani, nel vano tentativo di nascondere l'imbarazzo che lo stava corrodendo.
Il sorriso della donna si trasformò in una smorfia di compassione; si lasciò sfuggire un "aw" dispiaciuto e fece il giro del bancone, dirigendosi verso la serra, posta alla destra dell'immobile, con un deciso "so cosa fa al caso tuo.".
Lasciando dietro di sé una scia di profumo, probabilmente di lavanda, aprì con forza la porta della serra, inebriando il salone con piacevoli fragranze di ogni tipo. Il suo profumo venne quasi scaraventato via da quello che lo sovrastava nella stanza; file e file di fiori, piante, fisse e rampicanti, tutte perfettamente in ordine per luogo d'origine, tempo necessario per sbocciare, e colore. 
Si diresse nel corridoio centrale, facendogli segno di seguirla, parlicchiando tra sé e sé.
"Girasoli... Rose... è presto per queste, vero? Gliele offrirai un'altra volta. Uhm... Orchidee... Dalie... ah, ecco!"
Con una forbice da giardinaggio, dopo essersi infilata dei guanti beige, prese un paio di maestosi fiori rosso vivo e li posò in un sacchettino di carta.
"Amaryllis. Sono sicura che li adorerà. Ama il rosso?"
"...Si, e i colori che tendono al viola..."
La donna si poggiò la mano sotto al mento, assumendo un'espressione pensierosa. Chiuse gli occhi, come se stesse creando nella sua mente un'immagine, poi aprì gli occhi e con un "ah!" si diresse di fretta verso il fondo della serra, facendogli segno di sedersi da una parte. 
Kuroko eseguì gli ordini, vedendola allontanarsi. 
Doveva proprio amare i fiori, pensò. Sicuramente conosceva il significato di ognuno di essi, dal più al meno famoso. 
In pochi minuti la donna tornò, con in mano altri tre tipi di fiori. 
"Fatto! Vieni, ti preparo il bouquet."

Le mani si erano mosse abili, evidentemente allenate, per fare quel nastrino viola che legava i gambi dei fiori in un sacchettino bianco, creando un meraviglioso bouquet.
"Ti ho messo Amaryllis1, Ibisco2, Peonie3 e del Mughetto. Ho pensato fossero i più adatti alla tua situazione. Sai, qui vengono uomini di ogni tipo ed età in cerca di qualsiasi tipo di messaggio. Chi vuole farsi perdonare, chi vuole organizzare un matrimonio, o chi ancora vuole dichiararsi. Mi diverto a giocare con le combinazioni per far passare il messaggio desiderato. Ad esempio, il mughetto, è per esprimere gioia riguardo la sua guarigione in corso."
La donna sorrise, porgendogli il bouquet. 
"Ora vai, vai. In questo periodo durano poco all'aria aperta, soprattutto l'amaryllis. Ricorda di metterli in acqua!"



Note dell'Autrice:
Che periodaccio! Il Madagascar si mostra nelle migliori note, staccandomi la corrente per due giorni di fila. Meh. 
Comunque, a fatica, son riuscita ad andare avanti <3 Siamo quasi arrivati alla fine! AEEEE!
Chissà cosa combinerà adesso il nostro cucciolotto? ;333333
A prestissiiiimo con l'ultimo capitolo!


1: Amaryllis: un fiore africano dal colore rosso acceso. Esprime un elegante corteggiamento ed un timido amore.
2: Ibisco: Simbolo della Malesia, un bellissimo e delicatissimo fiore rosa acceso. Data la sua corta vita di un giorno, esprime un colpo di fulmine per una bellezza affascinante. 
(Non è il fiore perfetto per Hitomi e Kuroko? :3)
3: Peonia: Fiore dai molteplici petali che gli donano un aspetto sontuoso. Offre una gamma di colori ampia che varia dal bianco al porpora. E' perfetto per i doni speciali di un amante timido.

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Capitolo 10
*** I'm happy, and I love you. ***


I'm Happy, and I Love You.



Quel giorno, Hitomi si trovava a casa da sola.
Non ne era particolarmente entusiasta, anzi.
Con un braccio fuori uso, si chiedeva con quale faccia tosta i suoi l'avessero lasciata a casa, abbandonata a sé stessa.
Con tutto quel che avrebbe potuto fare... in condizioni normali, stare a casa da sola sarebbe stata un'occasione idilliaca.
Avrebbe potuto ascoltare musica a tutto volume, passare il pomeriggio sul divano a giocare alla wii, o ancora meglio chiamare qualcuno, andar fuori e giocare a basket.
Certo, la madre le aveva lasciato dei biscotti e del latte per sgranocchiare qualcosa senza dover far salti mortali e le aveva detto di star in camera a riposare.
"Non posso non andare, è una riunione di lavoro importante" le aveva detto, "torno per cena". 
Ma era partita a mezzogiorno ed erano le 15. 
Era comprensibile che la violetta si fosse stufata di star stesa a letto.
Coi nervi a mille, le unghie segnate a causa degli schiocchi che Hitomi faceva loro fare, e i capelli scompigliati perché con una mano sola pettinarsi era parecchio difficile, si diresse verso la cucina per accendere la tv. Nemmeno Teppei si presentava quel giorno, aveva da fare. 
Era veramente una giornata pessima.
Si autoconvinse presto che nulla avrebbe potuto farle cambiare idea, nemmeno il latte e cacao che si era a fatica preparata, tra smorfie e morsi alle labbra.
Stava per sedersi sul divano, col telecomando in mano, quando suonò il campanello. Presa alla sprovvista, la ragazza poggiò il peso del proprio corpo sul braccio indolenzito per alzarsi; si lasciò scappare un grido, poi un "diamine", a seguirsi un "che giornata orribile" e un gemito di dolore, poi un sospiro, ed arrivò alla soglia di casa.
"Un attimo!" 
Girò la chiave ed aprì la serratura.

"Tutto bene, Hitomi-chan?"
La violetta spalancò gli occhi, le labbra di aprirono ed un balbettio si impossessò delle sue corde vocali, mentre il viso le si arrossiva.
"Ku-Kuroko-kun?!"
D'istinto alzò le braccia per mettersi un poco a posto i capelli, ma il braccio destro si ribellò e le diede una fitta di dolore. 
La seconda smorfia della giornata si estese sul suo volto, un "ahia!" uscì dalla sua gola, e arrossì ancora di più pensando a quanto dovesse sembrare stupida, mentre il cuore iniziava a battere più forte e pesarle nel petto. Senza voler notare l'espressione preoccupata stampata sul viso dell'azzurrino, abbassò lo sguardo e gli fece cenno di entrare in casa.
"Hitomi-chan..."
Il ragazzo si protese verso il lei, guardandola negli occhi. Le iridi azzurro cielo si posarono dolcemente su quelle color ghiaccio, come per rassicurarla che non aveva nulla di cui preoccuparsi. Era normale agire d'istinto, era normale che la sua mente avesse voglia di muovere il braccio. 
"Ho un regalo per te, sai." 
La violetta, in effetti, aveva notato che il ragazzo teneva le mani dietro alla schiena. Ma il panico del momento non le aveva lasciato il tempo di carburare, quindi, all'affermazione dell'amato, piegò un po' la testa aggrottando le sopracciglia, come fa un cucciolo di cane che non capisce il funzionamento di qualcosa. 
Kuroko mosse lentamente un braccio, abbassando lo sguardo, e le porse il bouquet acquistato qualche minuto prima.
"Ho pensato avrebbe potuto piacerti."
Hitomi rimase un attimo a fissare quel mazzo di fiori, che già riteneva bellissimi. 
Con il braccio sano lo prese, poggiando la mano su quella di Kuroko, e si piegò in avanti per annusarne il profumo, chiudendo gli occhi.
Ancora con il viso in mezzo ai fiori, li aprì, fissando l'azzurrino, e rise.
"Sono davvero bellissimi, grazie." 
Tetsuya sorrise, sollevato, e felice per quel contatto tra le loro mani. Che fosse riuscito a risollevarle l'animo? Lasciò un po' la presa, e la ragazza portò i fiori in cucina, mettendoli in una boccia d'acqua, facendogli segno di entrar in casa. 
Si sedette sul divano, chiedendole se fosse sola in casa. Alla risposta affermativa della ragazza, accompagnata fa un leggero sbuffo stizzito, l'azzurrino assunse un'espressione, preoccupata, per poi alzare impercettibilmente le spalle. Non poteva dire che quella situazione non gli andasse bene, anzi. 
Gli facilitava parecchio le cose.  
Si alzò, e si diresse verso la ragazza, ancora intenta a mettere i fiori nell'acqua.
"Hai bisogno?"
"No, no! Grazie!" 

Hitomi gli sorrise, lo sguardo deciso. Non voleva in alcun modo farsi vedere debole o bisognosa di aiuto. Voleva sapersi rendere indipendente, seppur ne avesse avuto prova poche ore prima, che un aiutino sarebbe stato alquanto gradito.
Kuroko la guardò, non convinto.
"Lasciami fare, stai tranquilla." 
Le prese i fiori dalle mani, lentamente, e cominciò a metterli in acqua silenziosamente. 
Gli occhi di Hitomi iniziarono ad inumidirsi, vedendolo così gentile e preoccupato.
"Davvero, Kuroko-kun... non ti devi preoccupare." 
La frase risultò leggermente spezzettata, mentre cercava di non piangere. Si era già ridicolizzata abbastanza, pensava. 
L'imbarazzo che provava, il caldo che iniziava a pervederle il corpo, il peso al petto che continuava a farsi spazio nel diaframma. Tutte quelle sensazioni assieme, miste al nervoso delle ore precedenti, stava scoppiando nel peggiore dei momenti.
L'azzurrino si voltò verso di lei, osservandola mentre faticava a respirare. 
Le si avvicinò, senza farle capire che anche il suo cuore stava accellerando il passo, e cominciò ad accarezzarle una ciocca di capelli. 
"Perché fai questo, Hitomi-chan?" 
"... Eh?"
La ragazza lo guardò, confusa. Gli occhi che si riempivano di lacrime, quest'ultime che pulsavano a voler uscire.
"Perché cerchi sempre di mostrarti forte? Anche quando non ne hai bisogno... ti sforzi in continuazione per dimostrare che non hai bisogno di niente e nessuno. E, non fraintendermi, so che è così. Ma... ogni tanto, lasciati aiutare, Hitomi-chan. Non hai bisogno di questa corazza. Lascia che ti aiuti."
La violetta si morse le labbra, abbassando lo sguardo. In una semplice frase, il ragazzo che amava aveva centrato il punto. 
L'aveva capita, come probabilmente l'aveva capita sempre da qualche mese a quella parte. 
Chiuse gli occhi, lasciando scorrere qualche lacrima, e si lasciò andare ad un respiro profondo, mentre il fresco palmo di Kuroko scivolava sulla sua guancia bollente e ne spazzava via il dolore.
L'azzurrino si era avvicinato, lo sentiva. Si era avvicinato parecchio perché ne sentiva il respiro sulle proprie labbra, come quella volta in gelateria, quando la fissó negli occhi.
Ma questa volta il suo respiro tremava. Che avesse paura anche lui? 
Non aveva il coraggio di aprire gli occhi, era troppo imbarazzante. Troppo. 
Tremava, impaurita, spaventata da quello che poteva accadere da lì a poco se Kuroko si fosse avvicinato un poco di più.
Non ebbe il tempo di pensare ad altro, anche avesse voluto. 
Sentì un contatto caldo e morbido sulle sue labbra, il ragazzo che inspirava lentamente, e l'imbarazzo che prese possesso di lei. 
Tremò leggermente, mentre Kuroko la strinse a sé poggiandole una mano dietro alla testa, tra i capelli. 
Poggiò la mano sana sul suo petto, stringendola alla felpa della Seirin che indossava, e si lasciò andare a quel bacio, aprendo lentamente le labbra per dargli il via libera.   
Si separarono dopo qualche istante, in cui si presero il tempo di socchiudere gli occhi e rendersi conto di ciò che era appena successo.
Hitomi allentò la presa della mano e si staccò con un leggero scatto, guardando altrove ed abbassando lo sguardo, sentendosi il viso andare a fuoco.
"S-scusami."
Kuroko si passò una mano sul volto, girandosi verso il tavolo ed accarezzando i fiori per nascondere l'evidente vergogna.
La violetta si grattò le unghie della mano sana, poi sorrise e si lasciò scappare una risata nervosa, che nonostante tutto faceva trasparire della felicità.
Si avvicinò a lui, e poggiando il viso contro la sua spalla, lo cinse in un abbraccio con l'unico braccio sano. 
Kuroko chiuse gli occhi, poggiando il viso tra i suoi capelli viola, e iniziò a massaggiarle lentamente l'arto ferito. 
"Va tutto bene." 
La ragazza sorrise.
"Anche più che bene, Kuroko-kun."

Come un uragano era entrata nella sua vita. Nel momento meno aspettato, quando nemmeno ci pensava; un semplice sguardo in una soleggiata mattina di settembre era bastato per inebriarlo di un amore che mai avrebbe pensato di provare.
Un paio di occhi freddissimi, all'apparenza privi di emozioni, che in realtà nascondevano un tumulto di sentimenti, e che aspettavano solo di essere amati.
Una corazza fatta di carta velina.

 
Una ragazza che aspettava solo di essere guardata.
Un ragazzo che aspettava solo di esser notato.

 
"Come ti vidi m’innamorai, e tu sorridi perchè lo sai."
(Arrigo Boito)


 

Note dell'autrice:
Non ci posso credere. HO FINITO! Non posso esprimere quel che provo in questo momento. Non ne sono mai stata capace, e un po' si è notato nella ff, sicuramente xD ma sono felicissima. Finalmente Hitomi ha la sua storia d'amore, ben delineata <3 Certo nella mia testa è pieno di immagini e momenti, ma non credo riuscirò mai a dar vita a tutti. Per ora, questo basta xD 
Spero vi sia piaciuta e vi abbia avvicinato un pochettino alla mia OC <3 Alla prossima!

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