Artemis

di Mama Holy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 0. Prologo ***
Capitolo 2: *** I. L'ombra. ***



Capitolo 1
*** 0. Prologo ***


0.prologo
Prologo


"Attacco alla torre dell'Artemis
La maggior parte delle ombre riesce a scappare."



Questo era il titolo in prima pagina sul grande giornale che un uomo sulla sessantina stringeva fra le dita. Leggeva e rileggeva, in un angolino della strada, l'articolo di cui in quei giorni si era tanto parlato. La fronte corrugata e l'espressione contratta incidevano sul suo viso anche più rughe di quelle che già avesse, sia causate dall'età che dalla durezza della vita che viveva. Si passava le dita fra la barba inspida e sporca mentre accanto a lui un grosso cane, una volta di pelo bianco latte, sbadigliava.
A un metro da lui un gruppo di altri uomini, che gli erano più o meno simili, parlavano e ridevano insieme; nel loro tono la tipica felicità indotta dall'alcool che continuavano a ingurgitare senza sosta sotto la fredda luce di un lampione.

Ma l'uomo ignorava quel baccano, rimanendo in disparte e stando abbastanza vicino per poter evitare il completo buio della notte, cosa che non gli avrebbe permesso di leggere il fitto articolo.

« E dai Sten, molla quel giornale e vieni a bere con noi! »
« Vero! In ogni caso quello è già vecchio di una settimana! »
Così lo richiamarono i suoi compagni di vita, con cadenza sbronza accompagnata da una risata di gruppo, che interruppe quel breve scambio di suoni altalenanti.

Stavano seduti su delle scalinate posto solito di riunione dei barboni della zona, specialmente quando avevano un certo tipo di visitatori.
Questo era il caso di quella notte. Un ragazzo sulla ventina dai capelli biondo cenere e la pelle sedeva fra di loro. Indossava il lungo giaccone blu bordato d'oro tipico della divisa dei cacciatori, con, sul petto a sinistra, una luna crescente, simbolo dell'Artemis.
Era forse l'unico sobrio in quel gruppetto.
« Fate silenzio! » borbottò di risposta l'uomo col giornale tenendo un tono stizzito e girando di scatto la testa coperta da un cappello di lana da cui usciva una folta capigliatura bruna. « Un fatto così non invecchia certo in una settimana. Chiedetelo pure al nostro amico qui. I dubbi della gente sul lavoro dell'Artemis sono solo che alimentati.»con un gesto deciso fece tornare dritto il giornale tutto spiegazzato. Si ricompose, tornando con gli occhi alle letterine nere. «Non si sentono al sicuro, sono spaventati e la paura li sta portando alla diffidenza. Non tanto per l'attacco in sé, ma per come si siano fatti scappare così tanti di quei bastardi da sotto il naso.»riprese il discorso stentando un tono calmo per poi rifomentarsi nel mezzo. Lasciò che il giornale si afflosciasse nuovamente, e con gesti si impegnò a dare più forza alle proprie parole.

Il ventenne si girò a guardarlo, ma non aprì bocca. Sapeva bene che in parte aveva ragione e non era certo la prima volta che sentiva discorsi simili.
Non si parlava di altro.
«Oh, oh! Non è affatto carino dire certe cose proprio davanti al nostro ospite!»Uno dei barboni più vicini al ragazzo borbottò queste parole con un leggero pizzico di rabbia nella voce altalenante per via della troppa birra bevuta. Era nettamente più giovane e sembrava che quella vita non avesse ancora avuto il tempo di rovinare i lineamenti del suo viso.
«I cacciatori dell'Artemis stanno facendo un ottimo lavoro, e noi, che non abbiamo un tetto sopra la testa a proteggerci, lo sappiamo molto meglio, rispetto a quegli sbruffoni con la puzza sotto al naso che dubitano di loro.»sputò queste parole con fierezza, per quanto fosse quasi completamente ubriaco, e ricevette l'immediata approvazione del resto del gruppo.
A quel discorso, un immediato sorriso appena accennato si dipinse sulle labbra pallide del cacciatore che se ne stava lì in mezzo. Quelle persone, per quanto fossero spesso fastidiose, erano sempre state molto grate a tutti loro per il lavoro che facevano.
In effetti dormire all'aperto con l'icremento di ombre era la cosa più pericolosa da fare. Se non fosse per l'esistenza dell'Artemis, o dei cacciatori suoi dipendenti, probabilmente molti sarebbero morti da tempo.
« Derian mi senti? Abbiamo trovato un ombra nella zona di ***. È urgente. Abbiamo già inviato qualcuno dei nostri soldati ma serve la presenza di un cacciatore. Occupatene tu. »
La familiare e ferma voce femminile risuonò nel suo orecchio uscendo dal solito auricolare. Tirò fuori dalla tasca il cellulare su cui gli era stata inviata la posizione del suo obbiettivo.
Non c'era tempo da perdere, dei soldati non potevano competere con un ombra.
« Ricevuto. » rispose con voce sicura e si alzò per mettersi in cammino facendo giusto un lieve cenno di saluto ai barboni.

« Oh, avete trovato uno di quei cosi? Fallo a pezzi ragazzo, mi raccomando! » E con incoraggiamenti di questo tipo, pronunciati con tono fomentato, si allontanò velocemente dal gruppetto.




-Angolo autrice-
Ed eccomi qui a scrivere di nuovo sotto un capitolo. Mi mancava un po' :')
Ma in ogni caso, sono nuova in questa sezione, quindi piacere di conoscervi, e spero che la storia vi sia piaciuta.
Vi invito a recensire sia positivamente che negativamente, perché anche le critiche fanno più che bene se giuste.

E, sperando che non mi perda in dubbi, ci vediamo al prossimo capitolo ^^,
Holyland.
PS: Il capitolo è un po' corto perché è un prologo, i prossimi dovrebbero essere più lunghi. Questo è solo per ambientarsi.

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Capitolo 2
*** I. L'ombra. ***


ombre 2
I. L'ombra


Nel cielo la luna stava ancora alta, nascosta dalle sparodiche nuvole che si vedevano appena su quella distesa blu. La sua era la sola luce di molti dei vicoletti di quella zona della città. E, anche se la cosa stava probabilmente accadendo in modo simile da molte altre parti, noi parleremo di un ombra in particolare.
Usando il corpo gentilmente preso in prestito dal suo carissimo medium, sotto quella lieve luce, essa spargeva il sangue degli sfortunati soldati che erano stati mandati a fermarla.
Indossava un cappotto lungo su un tono rosa pastello, ormai sporco di polvere e sangue per via della lotta che aveva appena sostenuto. Il corpicino del suo medium era di piccola statura, con dei capelli color marrone scuro che arrivavano fino alle spalle. Un cerchietto candido, con un fiocco dello stesso colore del soprabito, portava indietro la frangia.
I quattro sventurati stavano a terra, chi più lontano e chi più vicino a lei, ma ognuno di loro aveva più di un arto in una posizione del tutto innaturale. La pelle distrutta lasciava talora vedere il bianco latteo delle loro ossa.
L'ombra sorrideva soddisfatta, trascinandosi dietro l'arma colpevole di quel misfatto: un grande martello dal lungo manico che quasi sembrava troppo pesante da portare per quel fisico magrolino, quasi scheletrico.
« Mandare da me voi. Certo che quelli dell'Artemis stanno messi proprio male. » Rideva divertita, mentre lentamente camminava verso uno dei poveri uomini. I piccoli tacchi neri che portava ai piedi scandivano ogni suo passo sull'asfalto ancora perfettamente liscio. I suoi bulbi oculari completamente bianchi si fissarono sul malcapitato, mentre il suo sorriso si allargava in modo sempre più innaturale per quel visino delicato.
« N-no! Ti prego, risparmiami! » La voce di quella povera vittima tremò mentre alcune lacrime gli si creavano ai lati degli occhi. Sembrava ancora giovane e, chissà, forse non si sarebbe mai immaginato che proprio oggi sarebbe stato il giorno della sua morte.
Tutta quella disperazione non fece che divertire quell'insieme di odio e follia che aveva davanti. Alle sue spalle iniziarono a uscire delle lunghe ombre nere, alcune più grosse e altre più piccole. I loro occhi tondi e le loro bocche sorridenti si illuminarono in modo sinistro in quella notte.
Il pover uomo sapeva bene cosa fossero, e che cosa volessero dire. Oh, sì che lo sapeva.
Lo aveva imparato durante i suoi studi all'Artemis.
Stava per morire. Solo questo pensiero lo fece rabbrividire completamente e prese a trascinarsi con il solo braccio sano che gli era rimasto.
L'ombra, a cui aveva dato le spalle, scoppiò in una risata agghiacciante.
« Quando vi rendete conto che la vostra vita è finita siete così dannatamente interessanti. » esclamò posandosi una mano sul petto, per poi sospirare calmando le risate.
« Ah… è davvero un peccato che io non abbia tempo oggi… »
Parlando, alzò la sua arma per poterla far subito ricadere sulla sua vittima senza alcuna esitazione, puntando al braccio con cui si trascinava.
Ma fu uno sparo a bloccarla. Uno sparo inaspettato.

La pallottola le attraversò il braccio facendole allentare la presa sull'arma, mancando così il bersaglio. Dalla ferita uscì il sangue cremisi che ricadde in goccioline sull'asfalto scuro.

Dalle sue labbra non uscì nessun urlo, nessun gemito. Il suo sorriso scomparve completamente in un istante e le ombre dietro di lei si raggrupparono confusionariamente intorno alla ferita. Gli occhi vuoti passarono a studiare l'uomo che le aveva appena sparato.
Aveva i capelli di uno scuro biondo cenere e due iridi marroni. Indossava la tipica divisa dell'Artemis dal suo colore blu notte. Era giovane, sulla ventina probabilmente.

La ragazza si allontanò velocemente dalla sua vittima, che intanto si trascinava verso il suo salvatore nella direzione opposta.
Quest'ultimo però non lo guardò, e invece tenne lo sguardo ben fisso sul suo obbiettivo.
Le ombre sul braccio della ragazza si diradarono, lasciando la pelle lattea ora guarita senza alcun segno; il buco nel cappotto rimase l'unica traccia di quella che era la ferita.
I suoi occhi lo squadravano pieni di puro odio.
Fissarono in particolare la piccola placca dorata, a forma di luna crescente, che aveva sul petto della divisa per poi spostare la propria attenzione sul suo viso.
Solo allora il sorriso di prima tornò sulle sue labbra, distorcendo nuovamente i dolci lineamenti di quel viso.
« Ma tu guarda. Chi non muore si rivede! » sputò con un tono pieno di un ilarità rabbiosa.
L'espressione del ragazzo prese una nota di confusione ma non perse la generale freddezza professionale. Fece un passo portando la mano libera sotto al cappotto, e sfiorando con le dita il manico della sua arma prediletta.
« Mi dispiace però, non ho tempo per te, al momento. » La ragazzina proseguì a parlare con un tono appena più basso, e il cacciatore non fece in tempo a fermarla, che la sua preda si girò e prese a correre via, portandosi con lei il grande martello quasi fosse fatto di cartapesta.
« Hey! Ferma! » le gridò dietro, sorpreso, e afferrò definitivamente la mannaia sfilandola dal giaccone, per poi iniziare a correrle appresso. Catturarla aveva la priorità su tutto il resto e se sé la lasciava sfuggire poteva solo immaginare la lavata di capo che si sarebbe dovuto subire. Mormorò un imprecazione fra sé e sé cercano di non perderla di vista fra tutti quei vicoletti che si facevano sempre più stretti.
La vide svoltare diversi angoli, se fosse stata più veloce, l'avrebbe persa di sicuro in quel labirinto di stradine. Era proprio per quello che era il luogo dove succedevano più spesso casini.
E non a caso quel bastardo del capitano affidava sempre a lui quella seccatura.

Si stancò presto di quel giocare al gatto e al topo e accelerò. Stava iniziando ad ansimare, ma questo non voleva dire che non avesse ancora molte energie. Sorprese la ragazza, che si girò a guardarlo, giusto in tempo per evitare di ritrovarsi una mannaia fra capo e collo.
In quel momento rincrociò lo sguardo con il cacciatore e i suoi occhi si spalancarono di più. Le pupille dell'altro si erano fatte stranamente sottili, tendendo a un colore giallognolo.
"Ma cosa-?"
Si distrasse, e fu quell'istante a esserle fatale. La pistola, che l'altro impugnava ancora nell'altra mano, sparò a qualche centimetro dal suo petto colpendola giusto all'altezza del cuore. Da così vicino era impossibile sbagliare. Il ragazzo non esitò nemmeno un istante, come allo stesso modo non aveva esitato lei nei confronti di quei soldati.
Il colpo le attraversò il cuore e, com'è ovvio, questo smise di battere. Flutti cremisi guizzarono fuori dalla ferita imbrattando la canna della pistola e il cappotto roseo. Il corpo cadde a terra mentre uno sciame di ombre le si affollavano intorno sempre più numerose, nascondendo completamente alla vista lo squarcio. Il cacciatore si chinò su di lei e assorbi, con calma assoluta, diverse delle ombre che la circondavano.
Vennero risucchiate senza pietà sparendo fra le sue labbra quasi fossero semplice aria mentre intorno a quel corpicino si formava un vero e proprio lago di sangue.
Frugò nella propria tasca e dopo qualche secondo tirò fuori un cerchio metallico grande quanto il suo polso, con un pulsante rotondo al centro.
Tranquillamente, lo poggiò sulla pancia e, pigiato il cerchietto, il piccolo corpo venne circondato da delle corde luminose, illuminate dalla stessa luce che ora faceva brillare il pulsantino.
Solo allora notò sorpreso che il foro, che le aveva aperto nel petto, si era già rimarginato quasi del tutto. Una così alta velocità di rigenerazione non era certo da tutti, e da un certo punto di vista rassicurò il cacciatore.
 Lottando se lo lasciava spesso passare di mente, ma era contro le regole uccidere il medium di un'ombra.
Alzò lo sguardo sul suo volto per trovarsi i suoi due occhi lattescenti fissi su di lui. Dalle sue labbra usciva un respiro rotto dalla fatica e dalla rabbia.
« Hans… sei proprio sfortunato… » liberò una risata agghiacciante seguita da un forte colpo di tosse che le fece sputare sangue.
« Hans? » disse l'altro confuso sentendo un leggero brivido a quel nome.
Nel frattempo le sue iridi erano tornate di un comunissimo color nocciola.

« O forse è il contrario… » pronunciate queste ultime parole, l'ombra svenne, rilassando ogni muscolo del volto.

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