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di Songbird97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Fonte di stress ***
Capitolo 2: *** Perché l'hai fatto? ***
Capitolo 3: *** Occhi turchesi ***
Capitolo 4: *** Sei bellissima ***
Capitolo 5: *** La differenza ***
Capitolo 6: *** Sola ***
Capitolo 7: *** Occhi malvagi ***
Capitolo 8: *** In fumo ***
Capitolo 9: *** Tu chi ami? ***
Capitolo 10: *** Disperazione e solitudine ***



Capitolo 1
*** Fonte di stress ***


Charleene non ce la faceva più. Una situazione del genere non era più tollerabile. Troppe decisioni, missioni, favori per gli altri compagni, e in così poco tempo, senza contare ovviamente Corypheus e l’enorme squarcio nel cielo che permaneva lì, indisturbato e minaccioso. Charleene era stanca, anche per il dolore lancinante e pungente che il marchio sulla mano sinistra le causava, e l’elfa ormai aveva la netta certezza che stesse peggiorando, espandendosi verso il polso. Tuttavia, era sconvolta anche per ragioni sentimentali in quanto, lungo la strada per diventare Inquisitore, era nato in lei un certo interesse verso quel Custode Grigio Blackwall dal passato misterioso, il quale sembrava che ricambiasse tale interesse, seppur con qualche difficoltà ad ammetterlo. Egli, però, non era il solo che l’avesse intrigata, in quanto l’elfa si sentiva terribilmente attratta anche dal comandante dell’esercito dell’Inquisizione, Cullen Rutherford, con quella cicatrice che sensualmente gli attraversava la parte destra del labbro superiore. Oltre all’affascinante presenza, Charleene trovava dolce il suo carattere così timido, ma che allo stesso tempo nascondeva - ne era certa – virilità e sicurezza che avrebbero saputo possederla e dominarla.                                                                                                                                            
Ciononostante l’occasione si presentò prima con il Custode. Charleene, infatti, ricordava ancora la prima volta che avevano toccato l’argomento, mentre insieme controllavano i bastioni di Skyhold. Quella volta lui aveva provato a respingerla, ma lei non volle cedere e insistette finché lui decise, il giorno seguente, di darle una spiegazione sul proprio passato, prima di accettare completamente quella relazione. La condusse, perciò, ad un accampamento abbandonato, dove cercò di spiegarle vagamente chi fosse prima di incontrarla e dove trovarono il suo perduto stemma dei Custodi Grigi. Quella sera stessa, Charleene si era ritirata nelle sue stanze, piuttosto delusa da quella scampagnata che non aveva portato novità nel suo rapporto con Blackwall. Quest’ultimo, tuttavia, si presentò senza preavviso sul suo balcone, con un viso tormentato, segnato dalle troppe preoccupazioni che lo attanagliavano riguardo a loro due. Charleene ricordava ancora la dolce sensazione delle labbra di lui che sfioravano appena le sue, ma lei aveva comunque percepito la fame di passione che lui tentava di reprimere. Dopo quel bacio, infatti, lui per l’ennesima volta si tirò indietro, pretendendo anche che fosse lei a porre fine a quella pseudo relazione che per soli due giorni li aveva coinvolti. Un’altra decisione da prendere, un’altra responsabilità che andava a pesare insieme a tutto il resto.
Era troppo!
Charleene lo spinse lontano da sé e ricordava ancora le parole che gli urlò contro:

“Come è possibile che tu non riesca a deciderti a fare una scelta, e tantomeno non riesci neppure a chiudere tu questa specie di storia tra noi due?! Speravo di trovare in te la persona con cui avrei potuto affrontare meglio tutto questo, la persona con cui avrei potuto condividere un po’ della mia sofferenza e delle mie responsabilità. Si vede che non lo sei affatto. Vattene, allora. Esci dalle mie stanze e vai all’Inferno!”

Lo sguardo del Custode rivelò il suo essere ferito da quelle taglienti e perfide parole; egli rimase lì, fermo per un momento a guardarla, ma lei gli aveva già voltato le spalle, decisa più che mai a non farsi vedere crollare in lacrime. Non doveva cedere. Non ancora. Aspettò che Blackwall finalmente decidesse di andarsene per lasciarsi scivolare in terra in lacrime e singhiozzi. Non ce la faceva più. L’Inquisizione si era rivelata solo una fonte di stress e dispiaceri in tutti i sensi. Come poteva perdurare in quell’angoscia e dolore? Restò lì, a terra, in preda al pianto per tutta la notte finché non vide spuntare l’alba dalle montagne, osservando dal balcone. Un altro giorno di doveri, decisioni e responsabilità le si stava prospettando davanti. No, non riusciva. Non era nella condizione emotiva per poter svolgere il suo ruolo di Inquisitore efficientemente quel giorno. Forse le potevano concedere un giorno di pace senza che le venisse affidata nessuna missione in giro per il Thedas e che la lasciassero restare nelle sue stanze per tutto il giorno. Le lacrime continuavano a scenderle lungo le guance, portatrici del Vallaslin di colore lilla che le disegnavano dei rami intrecciati. Fu in quel momento che sentì bussare alla porta e, a quell’ora così mattiniera, poteva essere una sola persona, che stranamente quella volta non aspettò il permesso per entrare e aprì la porta dicendo:

“Lady Lavellan, ho qui dei doc-“, Josephine la vide, stravolta dal pianto e dal mancato riposo. “Che succede? Non piangete, vi prego, parlatemi e spiegatemi tutto.”

Si avvicinò, cercando di consolarla, ma ella si irrigidì, da un lato non abituata a certe dimostrazioni di attenzione, dall’altro non si sentiva così in confidenza da rivelarle cosa fosse accaduto in quella brutta nottata. L’unica persona che in quel momento le si proiettò nella mente con la quale voleva e si sentiva di parlare, anche se effettivamente la confidenza non era tanto maggiore, era Cullen.

“Chiamatemi Cullen, per favore. Voglio parlare solo con lui.”

Josephine la guardò allibita da quella strana richiesta, ma vedendola così disperata, decise di non porle ulteriori domande e di assecondare la sua richiesta. Perciò, annuendo, se ne andò a chiamare il comandante, il quale, anch’egli stupito da quella inaspettata convocazione, si precipitò alle stanze dell’Inquisitore, trovandola ancora in terra singhiozzante. La osservò non sapendo cosa dire né cosa fare e, soprattutto, come comportarsi in una situazione così peculiare, tanto che arrossì in volto e si sentì alquanto in imbarazzo. Lei alzò lo sguardo e se lo trovò davanti alla porta, fermo e perplesso, pentendosi di averlo fatto chiamare, ma ormai decise di rivelargli ogni cosa, iniziando dal dolore che il marchio le provocava, dal peso che si sentiva sulle spalle e di come Blackwall l’avesse abbandonata perché troppo indeciso ed egoista per affrontare una relazione. Espose il tutto senza mai fermarsi e senza mai guardarlo una sola volta, mentre Cullen, inizialmente, se ne restò in piedi ad ascoltarla, poi, capendo che la faccenda era seria, le si avvicinò fino a sedervisi accanto. Aspettò che finisse il discorso e, quando finalmente lei alzò lo sguardo e lo rivolse verso di lui, gli venne in mente una sola e unica domanda da rivolgerle, sentendosi nonostante tutto intenerito e persino terribilmente attratto dall’elfa.

“Perché dici tutto questo a me?”

“Perché tu mi infondi un senso di protezione e, ad essere sincera, volevo anche confessarti che, in realtà, Blackwall non è stato il solo che mi abbia colpito emotivamente. Il problema è che mi sono trovata in un momento di indecisione, ma ero ormai arrivata alla conclusione di concentrarmi su di te, se Blackwall non mi avesse proposto quella passeggiata sui bastioni.”

“Quindi mi stai dicendo che tu eri interessata a me, ma Blackwall è arrivato prima, perciò io non conto più nulla?”

“No, al contrario! Mi interessi ancora, ma, data la situazione, ho paura che tu ti possa ritenere un ripiego e che io sia una persona insensibile e superficiale.”

“Non lo penserei mai questo, ma la faccenda del ripiego mentirei se non fosse vero, o almeno in parte. Tuttavia, penso che tu sia la persona più sensibile di tutto il Thedas. Guardati, sei qui in lacrime e, nonostante questo, ti preoccupi di non ferire il mio essere uomo… E comunque, anche io provo dell’interesse per te, ma mi sono frenato perché siamo in guerra e.. non pensavo fosse possibile.”

Cullen sentì crescere dentro di sé una calda felicità che si infuse in ogni propria parte del corpo, inclusa la sua zona più intima, ormai visivamente presente e alle strette nei suoi pantaloni. Non poteva crederci che, in un periodo di guerra e di minaccia come quello, avesse trovato finalmente, dopo tanti anni, una persona che avesse riacceso in lui quella passione famelica, assopita da tempo, e, soprattutto, quella persona era proprio la bellissima Lady Lavellan, l’Araldo dell’Inquisizione. Il suo desiderio continuava a crescere e, non appena i loro sguardi si incrociarono per la prima volta, non poté resistere alla voglia di avvicinare le sue labbra a quelle di lei, arrivando a pochi centimetri l’uno dall’altra, quando…

“Comandante, ho qui una copia del rapporto della Sorella Leliana”, era la voce di un soldato dall’altra parte della porta, che nessuno dei due aveva sentito bussare, troppo persi l’uno negli occhi dell’altra.

“Portala nel mio ufficio, immediatamente.”

“Agli ordini, comandante!”, si sentirono passi che si allontanarono.

Charleene fu delusa da quella interruzione, ma allo stesso tempo era consapevole che nell’Inquisizione e specialmente in un tempo di conflitto come quello, il dovere era la priorità, perciò capì che Cullen aveva altro da fare in quel momento.

“Cullen, se devi tor-“, le labbra di lui catturarono le sue in un appassionato bacio, cogliendola di sorpresa in un turbinio di emozioni e sensazioni piacevoli. Capì quanto il comandante l’avesse bramata dalla fervente impazienza della lingua di lui che premeva sulle sue labbra, che socchiuse decidendo di ricambiare appieno quel meraviglioso bacio. Lui l’aveva iniziato, e fu lui che lo interruppe, staccandosi da lei e guardandola dritto nei suoi occhi turchesi.

“Perdonami, ma non ho saputo resistere. È stato alquanto piacevole.”

“Sì, andava bene, ma avrei bisogno di più tentativi per esserne certa, sai, è stato tutto così rapido”, scrutò con passione quei bellissimi occhi dorati, che la volevano ardentemente.
Charleene prese l’iniziativa di alzarsi, prendendogli le mani e conducendolo verso il letto, dove lei si sdraiò, offrendosi a lui. Lui si lasciò trasportare, mai distogliendo lo sguardo da quell’anima così perfetta, che aveva deciso di darsi a lui, e a lui soltanto. Almeno, era questo che credeva il comandante: lui la desiderava più di ogni altra cosa al mondo, tanto che avrebbe voluto che non fossero lì in quel momento, che non fossero a Skyhold e stessero lavorando per costruire l’Inquisizione e per trovare un modo per sconfiggere Corypheus. La bramava talmente tanto che, improvvisamente, si bloccò pensando che forse per lei sarebbe stato solo un mero momento di svago per appagare il suo stress e l’attrazione sessuale che vi era tra i due. No, non poteva essere così, non voleva che fosse così. Era da tempo che non provava interesse verso una donna e non voleva che tutto si riducesse a quello, ma che si potesse costruire un qualcosa. Inoltre, si conoscevano appena, avendo avuto modo di chiacchierare del più e del meno solo una volta quando giocarono a scacchi in giardino. Non voleva violare il suo corpo troppo presto, ma voleva che lei lo desiderasse perché sarebbe stato con lui e nessun altro, incluso quel Custode Grigio, che aveva avuto la sfacciataggine di voltare le spalle ad una così splendida creatura come Charleene. Cullen auspicava ad un qualcosa di più, ma lei aveva la stessa sua opinione in merito?
Le lasciò la mano, arretrando di qualche passo verso la porta. Non era pronto. Sentiva che non era una mera attrazione fisica, ma vi era di più. Non voleva rovinare tutto e temeva che per lei non fosse lo stesso.

“Perdonami..”, e se ne andò.

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Capitolo 2
*** Perché l'hai fatto? ***


Il cinguettio degli uccelli era l’unico suono che infondeva la stanza, dopo che la porta si era chiusa alle spalle del comandante Cullen. Charleene si trovava ancora sul letto, allibita dall’ennesimo abbandono. Le lacrime minacciavano ancora di percorrerle le guance, stranamente in modo più insistente di prima: lo sguardo che aveva visto negli occhi dorati di Cullen nel momento in cui indietreggiò verso la porta l’aveva ferita più nel profondo. Era la rinnovata prova che nessuno avesse la forza di starle accanto e di condividere con lei quell’enorme peso che l’Inquisizione comportava. Pensava che almeno il comandante non l’avrebbe lasciata da sola perché credeva che avesse un carattere sensibilmente maggiore rispetto al resto dell’entourage dell’Inquisizione, ma, a quanto pare, non era altro che un’illusione. Il sole era ormai alto nel cielo quando, finalmente, Charleene si alzò dal letto, decisa ad affrontare comunque quella nuova e, molto probabilmente, pesante giornata: si sistemò i capelli in una lunga e trasandata treccia nera che, tuttavia, le ricadeva dolcemente lungo la spalla sinistra; si lavò il volto presso la brocca e la bacinella accanto al letto, osservandosi poi allo specchio che aveva fatto portare nelle sue stanze una settimana prima perché raffigurava dei simboli del suo amato popolo dei Dalish; recuperò i propri vestiti lasciati sul letto la sera prima e, una volta indossati, si recò verso la porta, preparandosi a qualsiasi compito, decisione o missione che avrebbe dovuto affrontare quel giorno, presupponendo di incontrare sicuramente uno dei suoi consiglieri non appena avesse messo piede nel salone principale di Skyhold. Ormai sapeva bene che di tempo libero per se stessa non ne era rimasto quasi più e, infatti, non appena aprì la porta, si ritrovò davanti Sorella Leliana con in mano un documento che, dallo sguardo serio, sembrava alquanto importante.

“Buongiorno, Inquisitore, spero che la notte sia trascorsa bene”, frase innocua che comunque colpì nel profondo l’animo dell’elfa, ma il capo-spia come poteva sapere ciò che fosse successo proprio quella notte. “Ho finalmente qui l’invito al ballo ad Halamshiral come accompagnatori del Granduca Gaspard. A quanto pare ora siamo abbastanza influenti da essere degni di parteciparvi. La data è fissata per il prossimo equinozio d’autunno, il che ci lascia ancora diversi mesi per acquisire ancora più influenza e presenza nell’Orlais”, un sorriso di compiacimento apparve sul volto di Leliana, non condiviso tuttavia da Charleene, la quale si limitò ad un mero accenno di approvazione.

“Molto bene, c’è altro?”, ormai era diventato uno scambio di botta e risposta automatico per lei; quasi non badava più all’argomento delle missive o dei messaggi da inviare o ricevere: se vedeva volti soddisfatti, erano buone notizie, perciò bastava che approvasse e lodasse chi di dovere, non si preoccupava di nient’altro.                

Quella mattina, in particolare, le risultava difficile rimanere concentrata: finito il breve colloquio con Sorella Leliana, aveva l’impegno di recarsi all’Accesso Occidentale per chiudere tutti gli squarci là presenti. Per tale missione aveva deciso di coinvolgere Cassandra, Il Toro di Ferro e Dorian: la sua strategia di gruppo, essendo lei un arciere, era suddivisa in due guerrieri che attaccavano in prima linea e due che coprivano le spalle dalla distanza, lei con le frecce e il mago offriva anche barriere e scudi di ogni genere. La riteneva un’ottima strategia, che negli ultimi tempi aveva dimostrato una diminuzione di ferite del gruppo. Nel frattempo si diresse verso la fucina dove l’arcanista Dagna le aveva migliorato l’arco con una runa speciale che causava danni superiori ai demoni degli squarci: perfetta per quella missione. Ritirò l’arma, per poi indossare l’armatura da cacciatrice Dalish e dirigersi verso il cancello di Skyhold, dove l’aspettava il gruppo da lei scelto. Tuttavia, non appena uscì dalla fortezza il suo sguardo si voltò in automatico verso l’ufficio del comandante Cullen: si sentiva ancora ferita dal suo rifiuto, ma allo stesso tempo voleva saperne il motivo. Perché l’aveva fatto? Perché anche lui non aveva avuto il coraggio di intraprendere una relazione che non fosse solamente professionale con lei? Perché? Troppe domande le riempivano la testa alle quali capì che pretendeva una risposta, perciò indicò agli altri di attendere e si diresse dal comandante.                              
Egli, nel frattempo, dopo aver lasciato le stanze dell’Inquisitore quella mattina si era rinchiuso nel suo ufficio, dove, teoricamente, lo aspettavano documenti su documenti riguardanti problemi logistici dell’esercito e dell’intera Inquisizione, oltre che a richieste e favori con vari nobili, affidategli dallo stesso Inquisitore durante le svariate convocazione al tavolo di guerra. Tuttavia, di quella montagna di carte ne aveva risolta ben poca parte, poiché non riusciva a non pensare all’incontro e, soprattutto, al bacio di quella mattina, seguito dalle incertezze che lo avevano portato ad andarsene. Una parte di lui si era pentita di quel gesto, ma l’altra parte sapeva che era stata la cosa giusta da fare, in rispetto dei suoi sentimenti e specialmente in rispetto di Charleene, il cui corpo non voleva profanare a meno che non fosse certo che lei provasse lo stesso. Inoltre, gli era tornato il solito mal di testa dovuto alla mancanza di lyrium che perdurava ormai da mesi: il dolore stava diventando sempre più lancinante ad ogni nuovo mal di testa e la sua resistenza veniva messa a dura prova ogni volta. Forse doveva ricominciare a prenderlo sia per far passare quella sofferenza ormai insopportabile sia perché temeva che ciò avrebbe diminuito la sua efficienza ed impegno per l’Inquisizione. Perso in tutti questi pensieri non si accorse che avevano bussato e che la porta era stata aperta; si voltò per trovarsi davanti quegli occhi turchesi che tanto adorava, ma che in quel momento erano gli ultimi che voleva che lo vedessero in quello stato di sofferenza e insicurezza.

“Perdonatemi, non vi ho sentito bussare.. Ehm… Sono alquanto impegnato al momento, Inquisitore. C’è qualcosa di urgente di cui devo essere informato?”
Charleene notò che Cullen non era tranquillo, ma che qualcosa lo turbava e molto probabilmente il motivo le era chiaro. Forse era troppo presto per parlargli dopo ciò che era successo, ma ormai non poteva, né voleva, rinunciarvi.

“No, non credo che quello che sto per chiederti sia da considerare urgente, ma sicuramente per me è molto importante”, gli andò incontro, avvicinandosi alla scrivania, come se volesse rendere la conversazione più privata, anche se erano soli nella stanza, ma fu un gesto inconscio, “Voglio chiedertelo chiaramente: perché te ne sei andato? O meglio: perché mi hai baciata, illudendomi, e poi mi hai lasciato come un’ebete lì sul letto?”

Cullen aveva sospettato che fosse venuta a chiedergli proprio quello, d’altronde era naturale che se lo chiedesse, ma ciononostante aveva paura a rivelarle il motivo. Chi gli assicurava che, dopo che le avesse raccontato tutto, lei sarebbe stata della stessa opinione? Si sentiva in difficoltà perché non sapeva un modo gentile per deviare la domanda, perciò non gli restò altro che provare a rispondere vagamente, non rivelando completamente le sue insicurezze. Proprio nel momento in cui stava per rispondere, gli venne in mente, tuttavia, che la colpa della sua indecisione non era solamente sua, ma anche l’elfa aveva contribuito in un certo senso perché aveva rivelato il suo interesse per lui dopo che il Custode Blackwall l’aveva lasciata. Aveva la sensazione che quell’interesse, in realtà, fosse soltanto una voglia di conforto e di svago, priva di sentimenti seri verso di lui, perciò decise di affrontare la faccenda con lei, dato che ormai era lì in quel momento.

“Inquisitore, non voglio essere un mero svago per voi. Il bacio è stata una tentazione a cui non ho saputo resistere, ma il mio interesse per voi va oltre la sola attrazione fisica e, se invece per voi non è lo stesso, come presumo, non voglio portare avanti una relazione del genere.”  

Charleene si sentì spiazzata da quelle parole: pensava che Cullen non fosse sicuro dei suoi sentimenti per lei, ma in realtà li rispettava talmente tanto che, a meno che lei non provasse lo stesso, preferiva rinunciare ora piuttosto che pentirsene dopo. Charleene riconobbe che ciò gli faceva onore: la rispettava e allo stesso tempo voleva evitare che uno dei due, o entrambi, rimanesse deluso e con il cuore spezzato in futuro. Le sue parole la fecero pensare: lei provava altro oltre all’attrazione sessuale? Il comandante era un uomo stupendo, dal corpo muscoloso e prestante, e l’elfa non aveva di certo non accennato lo sguardo alla notevole presenza che quella mattina si era rivelata nei suoi pantaloni. Il solo ricordo di quella visione le infuse un calore in tutto il corpo, eccitandola parecchio, persino in un momento così poco opportuno come quello. Tuttavia, le interessava anche come persona? Non avevano avuto modo di conoscersi o parlare di altro oltre che a faccende di lavoro per l’Inquisizione, questo era vero, ma era anche vero che non le era dispiaciuto quel carattere a tratti timido e impacciato e a tratti deciso e sicuro. Tuttavia, ciò che le aveva detto la fece tentennare sul continuare quella conversazione in quel preciso momento, dato che era la prima volta che voleva seriamente capire ciò che provava. Non riuscì, così, a trovare parole per rispondergli perciò si limitò ad un semplice:

“Capisco. Ne riparleremo quando sarò tornata dalla missione,” e uscì, raggiungendo gli altri e lasciando Cullen senza rivolgergli neanche uno sguardo.

La porta si chiuse alle sue spalle e il comandante cadde vittima del dolore, accasciandosi a terra per il grave mal di testa che lo attanagliava. Si sentì mancare e perse i sensi.   

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Capitolo 3
*** Occhi turchesi ***


Note:
Chiedo scusa per il lunghissimo ritardo nel proseguire la storia! E chiedo scusa  già in aticipo per il fatto che questo nuovo capitolo sarà piuttosto breve, ma ho intenzione di essere più veloce nello scrivere gli altri capitoli. Sono alle prime armi, per cui recensioni e critiche, anche negative, sono bene accette: non posso fare altro che imparare. Buona lettura!



“Secondo voi, cosa sta trattenendo l'Inquisitore per così tanto nello studio del Comandante?”, Cassandra diede voce alla domanda che in quel momento occupava anche le menti del Toro di Ferro e di Dorian. Erano ormai trascorsi parecchi minuti da quando Lavellan si era diretta dal comandante Cullen e il gruppo stava iniziando a preoccuparsi: cosa poteva essere di così urgente da far attendere la loro missione all'Accesso Occidentale?

“Andiamo, Cercatrice, non ditemi che non siete al corrente dell'intimo colloquio che l'Inquisitore e il Comandante hanno avuto ai primi istanti dell'alba”, rispose Dorian con un ghigno malizioso, al fine di lasciar bene intendere ciò a cui alludeva. Cassandra sgranò gli occhi alle sue parole e lo guardò perplessa ed incredula.                                
“Non direte sul serio? Ciò che dite è impossibile ed alquanto assurdo!”
“E perché mai?”, intervenne il Toro, “non vedo come possa essere una notizia così sconvolgente. Io avevo puntato sul Custode, però”, rivolse quest'ultima frase al mago.
“Oh, dici davvero? Io sul comandante. E sembra che sia in vantaggio, non ti pare? D'altronde io non sbaglio mai, eheh!”. Dorian si accarezzò i baffi ed il mento con fare sicuro e quasi arrogante.
“Si può sapere di cosa state parlando?! Puntato su cosa? E cosa c'entra il Custode Blackwall con il colloquio tra l'Inquisitore ed il comandante?”, Cassandra sembrava non cogliere affatto il senso del discorso tra gli altri due agenti dell'Inquisizione.

Il qunari ed il mago del Tevinter la guardarono increduli del fatto che lei seriamente non avesse mai colto l'intesa e l'interesse che Lavellan aveva mostrato sia nei confronti di Cullen che di Blackwall: era ormai il triangolo più conosciuto tra le mura di Skyhold, tanto che si era iniziato anche a scommettere su chi l'Inquisitore avesse infine scelto come partner; c'era, inoltre, chi addirittura tra i più audaci aveva puntato i propri soldi sul triangolo stesso. Era diventato, insomma, un ottimo espediente per trascorrere il tempo e per capire che ci si poteva divertire nonostante la minaccia persistente di Corypheus e dello Squarcio nel cielo.
Fu Dorian a tentare di spiegare alla Cercatrice l'intera faccenda e, non appena ebbe finito, quest'ultima rimase ancora più perplessa, non sapendo nemmeno come reagire e rispondere. Nel frattempo il mago si rivolse nuovamente al qunari:
“Ora avresti la cortesia di spiegarmi cosa ti ha convito a puntare sul Custode? É palese che il Comandante è sicuramente un'opzione migliore per l'Inquisitore, con quel suo essere così sexy e tormentato.”
“Punti validi i tuoi, Tev, ma l'alone di mistero del Custode è senza dubbio più eccitante per l'elfa, senza parlare poi del prestigio di cui godono i Custodi: sono degli eroi pronti a sacrificare la propria vita per salvare l'intero Thedas dai Flagelli, pronti ad affrontare un'orda infinita di Prole Oscura e l'Arcidemone che ti ricordo essere un drago assai potente. Questo eccita le donne e l'Inquisitore è comunque una donna, dico bene?”

I due continuarono la loro botta e risposta dirigendosi verso il grande cancello di Skyhold, lasciando la Cercatrice nel cortile che ancora stava metabolizzando tutte quelle informazioni. Fu allora che venne raggiunta da Charleene, finalmente pronta a partire.

“Inquisitore, spero che ora sia tutto in ordine per l'inizio della nostra missione?”

Chaleene non sembrò sentire le parole di Cassandra, tantè che si limitò a sistemarsi arco e faretra in spalla, dirigersi verso il Toro di Ferro e Dorian, i quali, vedendola arrivare, avevano prontamente smesso di parlare della scommessa, e dire senza distogliere lo sguardo dalla strada: “Andiamo a chiudere qualche dannato squarcio!”
“Mmm, sembra che il colloquio non sia andato poi così bene. Non ricordo di aver mai visto l'Inquisitore così scossa”, Dorian sussurrò questo al Toro prima che anche il resto del gruppo si mettesse in marcia dietro a Lavellan.

In lontananza, e più precisamente dalle stalle di Skyhold, il Custode Blackwall osservò l'intera scena, specialmente da quando vide giungere l'Inquisitore, notando chiaramente da dove lei fosse arrivata: non gli era infatti sfuggito il fatto che l'elfa si fosse diretta nello studio del Comandante per chissà quale ragione, ma ciò gli causò comunque un senso di fastidio. Tuttavia non poté che allontanare tale sensazione poiché ben sapeva cosa avesse detto all'Inquisitore la sera prima, di come lui l'avesse rifiutata, pur riconoscendo la bramosia di averla sua e sua soltanto, e della reazione brutale di lei. Blackwall si ricordava ancora molto bene di come gli occhi turchesi di lei si sentirono feriti dalle sue parole e di come divennero lucidi, nonostante i tentativi di Charleene nel nasconderlo. Il Custode odiava averle provocato una simile reazione e per questo si sentì attanagliare dal rimorso e dal pentimento di averla ferita così, ma sapeva che era stata la scelta migliore e l'Inquisitore, col tempo, lo avrebbe capito. Se si fosse lasciato prendere dalla passione, le cose non avrebbero fatto altro che peggiorare, farsi più complicate, e di certo Blackwall non poteva distogliere Charleene dal suo dovere di Inquisitore e dal suo cruciale ruolo nello sconfiggere Corypheus.
Sì, lei lo avrebbe capito prima o poi, ne era certo: lei era abbastanza saggia ed arguta. Tuttavia, il dover rinunciare a quel magnifico corpo, così sinuoso ed elegante, seppur segnato da qualche cicatrice, reduce di molti scontri, a quel bellissimo volto, dai lineamenti morbidi e decorato così bene come solo i Dalish erano in grado di fare, a quegli occhi stupendi che avevano la capacità di attrarlo come non mai, intristiva non poco il Custode. Ecco a cosa dovette dire di no, o meglio, ecco cosa il suo orrendo passato l'aveva costretto a dire di no. Blackwall credette di aver trovato una fonte di riscatto e un espediente per dimostrarsi migliore nell'Inquisizione, ma non era così.
Perché non l'avevano informato dell'estrema bellezza e sensualità dell'Inquisitore?

Perché?!

Il Custode continuava a rimuginare su questo, mentre uno scatto d'ira prese il sopravvento ed egli colpì con forza i pugni sul tavolo, facendo quasi cadere il bellissimo grifone di legno che stava minuziosamente intagliando. Una brezza di vento mattutina gli accarezzò i capelli e molto probabilmente fu la stessa che fece scivolare delicatamente un foglio di carta che si spostò dal restante mucchio per andare a posarsi accanto al volto di Cullen.

Egli si trovava ancora disteso a terra per colpa dello svenimento che quell'incessante mal di testa gli aveva causato. Pian piano riuscì a riaprire gli occhi e, lentamente e con fatica, riuscì a rialzarsi, cercando di ricordare cosa gli fosse successo. Non passò molto tempo prima che gli tornasse alla mente tutto quanto: la sua convocazione agli alloggi dell'Inquisitore, la confessione di lei, il loro breve scambio di effusioni, il suo rinuncio, un ulteriore colloquio con lei nel suo studio e, infine, il suo malessere. Ebbe giusto il tempo di ripensare a tutto questo ed a riprendersi quasi completamente, quando entrò un agente dell'Inquisizione con in mano un altro mucchio di rapporti:

“Ecco il resto dei rapporti delle pattuglie di ieri e degli approvvigionamenti di cui necessita l'esercito, Comandante.”
“Come? Oh, sì giusto. Bene. Appoggiali sulla scrivania e chiamami la Cercatrice Pentaghast.”
“Comandante, la Cercatrice è partita con l'Inquisitore per la missione all'Accesso Occidentale. Credo che non tornerà prima di una settimana o due.”
“Ah, sì certo, ne ero stato anche informato. Non importa, non è nulla di così urgente” - non ce la faccio solo più a sopportare questo dolore infernale - “Puoi andare.”
“Comandante”, si portò il pugno al petto e abbassò il capo, prima di andarsene.

Non appena fu nuovamente solo, Cullen si appoggiò alla scrivania, colpito ancora una volta da un fortissimo mal di testa. Il dolore era ormai insostenibile, ma doveva resistere!
Ancora una settimana o due, che sarà mai? Posso farcela. Devo farcela! Cassandra, una volta tornata, mi aiuterà.
Forse è meglio che lo riprenda di nuovo, altrimenti le chiederò di sostituirmi, non vi è altra soluzione.
Non lascerò che questo interferisca nell'importante compito dell'Inquisizione e Lady Lavellan non mi vedrà mai in questo stato.

“Lei potrebbe aiutarti. So che lo farebbe.”
Cullen sussultò nell'udire quelle parole inaspettate e nel vedere che Cole era comparso vicino alla libreria accanto alla scrivania del suo studio.
“Detesto quando fai così”, solo questo riuscì a dire, prima di distogliere nuovamente lo sguardo con l'intento di ignorare il ragazzo.
“Agonia. Dolore. É insopportabile. Non resisterò a lungo. Dovrei riprenderlo, ma sarebbe sbagliato. Aiuto. Salvezza. Conforto. Vorrei tenerla stretta a me per sentire il suo calore. Accarezzarla. Baciarla. Lei è mia. La voglio mia. Lei è-”
“Smettila di leggermi la mente! Ho già sopportato torture simili e non permetterò che anche qui, nell'Inquisizione, esse si ripetano! Lasciami in pace! Non ho bisogno che tu mi esponga i miei stessi pensieri. Pensi che non li sappia già? Va' ad “aiutare” qualcun altro!”

Cole si avvicinò al Comandante per sussurragli un'ultima cosa prima di andarsene:
“Quando torna, parlale. Lei sa cosa prova. Non lo sa dire, ma lo sa.”
“Come puoi tu-”, Cole era sparito e Cullen ebbe come la sensazione di star parlando con qualcuno, ma non ricordava chi esattamente. Ciononostante, percepì che il mal di testa si era fatto molto più lieve e si sentì la mente e il corpo più rilassati, permettendogli così di riprendere il proprio lavoro. Inoltre, finalmente si era convinto su una cosa: avrebbe discusso del proprio malessere con la Cercatrice, anche se sentiva in cuor suo che non era la persona più indicata per offrirgli aiuto. No, solo una poteva davvero farlo stare meglio e profondi occhi turchesi apparvero nella mente di Cullen.  

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Capitolo 4
*** Sei bellissima ***


“Gradirei un piccolo aiuto qui!”, questo riuscì ad urlare Dorian nel bel mezzo di un'affannosa lotta con un demone dell'ira, che incombeva sempre più sul mago, togliendogli ogni via di fuga. Trovatosi bloccato, egli stava quasi per dare farfeit quando in una frazione di secondo una freccia andò a colpire il demone dritto nell'occhio, provocandogli un'istantanea morte. Dorian si voltò e vide l'Inquisitore ancora in posizione di tiro e le rivolse un semplice cenno del capo in segno di ringraziamento, ricambiato dall'elfa.
“Tocca a te, Inquisitore!”, gridò Cassandra, facendo capire a Charleene che ora era il momento di chiudere una volta per tutte lo squarcio, e così fece: si portò alla giusta distanza ed estese la mano “maledetta” a palmo aperto dalla quale scattò l'incantesimo con il quale ella aveva già chiuso numerosi squarci.
Conclusa l'impresa, il gruppo si guardò per assicurarsi che nessuno fosse ferito gravemente e tornò verso l'accampamento vicino.
Non appena vi giunsero, un soldato approcciò Charleene: “Inquisitore, abbiamo ricevuto conferma sulla posizione dei Custodi qui all'Accesso Occidentale. Il Custode Stroud e il Campione vi incontreranno là.”
“Molto bene. Una volta riprese le forze, ci recheremo al punto segnato sulla mappa, grazie.”
“Dovere, signora!”
L'elfa, senza dire altro e senza rivolgere parola a nessun altro, entrò nella sua tenda, lasciando ben intendere di non voler essere disturbata o almeno così intuirono il mago, il qunari e la Cercatrice. Finalmente sola, Charleene si tolse l'armatura in cuoio dal colore come la notte più buia, rimanendo con il semplice abito di seta azzurra; si sciolse i lunghi capelli corvini e si lavò mani e viso con una brocca d'acqua fresca. Tuttavia, la mente dell'elfa, per quasi tutto il tempo della loro missione nell'Accesso Occidentale, aveva continuato a tornare a quella conversazione avuta ormai una settimana prima con Cullen poiché lei continuava a pentirsi di come si era conclusa. Il Comandante, però, non era il solo ad occupare i pensieri di Charleene: il giorno prima, infatti, durante l'esplorazione della zona, al fine di chiudere tutti gli squarci, il gruppo era riuscito a trovare i documenti dispersi dei Custodi Grigi che Blackwall aveva segnalato all'Inquisizione. Ciò aveva ricondotto la mente dell'elfa a quell'indimenticabile notte in cui il Custode l'aveva rifiutata, momento che ancora bruciava nei ricordi dell'Inquisitore.
Perché deve essere tutto così complicato?!
Una singola lacrima percorse indisturbata lungo la guancia dell'elfa, a breve seguita da molte altre e Charleene decise di abbandonarsi all'ormai travolgente disperazione. Fu proprio in quel momento che entrò nella tenda un esploratore che doveva consegnare il suo rapporto giornaliero. Vedendo l'Inquisitore in quello stato non seppe bene come comportarsi, al punto che rimase lì fermo, né facendo né dicendo nulla. Charleene era ben consapevole di non essere sola, ma poco le importava e continuava a singhiozzare, coprendosi il volto con le mani e lasciandosi cadere a terra. Di lì a poco arrivò Dorian che capendo subito la situazione, ritirò egli stesso il rapporto dell'esploratore e lo congedò, ritrovandosi così solo con l'elfa. Aspettò qualche minuto prima di parlare perché sapeva che lei necessitava di quel momento di sfogo, dopodiché si avvicinò, sedendosi accanto a lei sulla tiepida sabbia, le appoggiò una mano sulla schiena e dopo pochi secondi parlò:
“Non preoccuparti, molto probabilmente anche loro sono in questo stato, anche se magari non lo danno a vedere.”
Charleene gli rivolse uno sguardo pieno di stupore. Come faceva a saperlo? E soprattutto come poteva sapere che si trattasse di un “loro” e non di un semplice “lui”? Era così facile da intuire? Lei che credeva di saper nascondere bene le proprie emozioni quando si era in una situazione di dovere, era stata scoperta in pieno dal mago. Lui di risposta la guardò con un lieve sorriso che sfiorava il malizioso e senza che lei dicesse nulla le disse:
“Eh sì, pensavi che non avessi capito il motivo del tuo muso lungo che hai tenuto per tutta la settimana ormai? Credi che non abbia notato gli sguardi che hai lanciato sia al bel Comandante che al tenebroso Custode? Sai bene che a me non sfugge mai nulla e il fatto che tu non me ne abbia mai parlato, mi ferisce nel profondo!”, nel pronunciare queste ultime parole, il mago si portò una mano al petto ed enfatizzò il gesto con una teatralità che solo a lui apparteneva.
Lei si trovò spiazzata e, non sapendo come rispondere, si limitò a sussurargli un “mi dispiace” per poi cercare conforto in un suo abbraccio, conforto che Dorian era ben lieto di darle nonostante i suoi sforzi di nascondere quel suo lato sensibile, ma che in presenza di Charleene non poteva non uscire, come se con lei finalmente potesse essere se stesso, in ogni senso. Lei, infatti, era stata l'unica a non avere mai avuto giudizi sul fatto che lui fosse del Tevinter e solamente con lei si era creata una sintonia tale che erano arrivati al punto di comprendersi anche con semplici sguardi o con poche parole.
“Ti perdono solo perché si vede quanto tu stia soffrendo perciò, ora come ora, il farti tornare a sorridere è più importante del mio povero animo ferito.”
Già solo questa semplice frase provocò una sottile e breve risata all'elfa che in tale modo si sentì pronta a parlare di nuovo.
“Sicuramente ci puoi provare, ma ti avverto: la faccenda è molto complicata, credimi.”
“Parlamene allora, no?”

Dopo più di un'ora di spiegazioni, Dorian si limitò a guardarla per un breve istante, ragionando bene sullo scegliere le parole che ritenesse più appropriate.
Charleene rimase sbalordita dal fatto che nemmeno il “grande” Dorian, colui che aveva sempre un'argomentazione per ogni cosa, in quell'istante non sapeva come agire o che consiglio darle; infatti, era questo che lei sperava di trovare nel mago, data la sua capacità di avere sempre l'ultima parola o comunque una sorta di soluzione per tutto.
“Hai ragione: la faccenda è alquanto complicata e sai quale penso che sia la scelta migliore da fare? Risolvere la questione con i Custodi il più in fretta possibile così possiamo tornare prima a Skyhold.”
“Ma Dorian, io non-”
“Niente ma, tesoro: solo andando a chiarire le cose, potrai capire quale dei due scegliere e, credimi, tu devi scegliere! Per quanto trovi eccitante l'idea di un triangolo amoroso, se mai ne avessi uno, credo che non sia quello di cui tu abbia bisogno ora; tu necessiti di qualcuno al tuo fianco che ti aiuti a sopportare il peso di tutta questa Inquisizione. Io sarò sempre qui a sostenerti e a farmi rovinare l'acconciatura e gli abiti in battaglia, ma non è come avere una persona per cui valga davvero la pena tutto questo. Se avessi anche io una persona speciale, avrei un motivo ancora più forte di quello che già ho per combattere questo Corypheus.”
Ci vollero un paio di minuti prima che Charleene potesse assorbire e capire le parole del mago, ma alla fine comprese perfettamente tutto e, anche se il suo cuore non aveva ancora ben deciso chi volesse davvero, si sentiva già più tranquilla.
“Grazie, Dorian... davvero! Ti porterò sempre in ogni missione d'ora in poi.”
“Per quanto apprezzi la fiducia, cara, qualche volta piacerebbe anche a me rimanere al sicuro a Skyhold!”
L'elfa scoppiò a ridere a sentire tali parole, finalmente una risata sana e genuina che le alleggerì l'animo e che le fece ritornare la forza di volontà per portare a termine quella missione in modo da poter lasciare quel posto così caldo e sabbioso.
“Andiamo a trovare i Custodi, allora!”

Il gruppo si riunì e si diresse nel punto prestabilito per incontrare il Custode Stroud e Hawke, prima di poter definitivamente scoprire dove fossero svaniti i Custodi Grigi. Una volta arrivati vennero diligentemente informati: i Custodi stavano realizzando degli incantesimi di possessione di demoni attraverso la magia del sangue, sotto la guida di un certo Livius Erimond, proveniente dal Tevinter e alleato dei Venatori. Dopo un breve scambio di opinioni e minacce, l'Inquisitore con il suo gruppo riuscì a sconfiggere il manipolo di Custodi e demoni, a mettere in fuga Livius e a sapere che tutti gli altri Custodi erano riuniti alla fortezza di Adamant. Era quello che bastava per tornare a Skyhold e progettare la prossima mossa dell'Inquisizione.
Per cui l'elfa diede l'ordine e il gruppo fece ritorno, viaggiando per quello che sembrò un'eternità: Charleene, infatti, desiderava più di ogni altra cosa tornare sia perché la sua missione era finalmente compiuta, ma soprattutto perché aveva la possibilità di appianare una volta per tutte i suoi sentimenti. Credeva, infatti, che, nel tornare, sarebbe riuscita a capire chi dei due uomini che l'avevano stregata fosse quello che amava di più. Tuttavia, non ce la fece e, mentre varcava le soglie del grande ponte levatoio di Skyhold, era più dubbiosa che mai, tanto che si diresse verso le sue stanze, lasciando ben intendere di non voler avere alcuna udienza.

Sbatté la massiccia porta che conduceva alle sua ala privata della fortezza, si spogliò e si sistemò finché non sentì bussare.
Un momento di pace mai?
“Inquisitore, vorrei discutere con voi di alcune missive politiche a noi giunte durante la vostra assenza. Posso entrare?”, era l'inconfondibile voce di Josephine. Inizialmente indecisa, Charleene decise di lasciarla comunque entrare, per cui si diresse verso la porta, quando sentì dietro di lei qualcuno pronunciare in tono chiaro ma dolce tali parole: “Non farlo. Ti vorrei tutta per me per un momento.”
L'elfa si voltò e riconobbe il volto segnato dalla preoccupazione e probabilmente dal mancato riposo di Blackwall, che la guardava con occhi pieni di desiderio, appoggiato al muro vicino al balcone.
“Perché non dovrei?”, gli sussurrò, in modo che Josephine non sentisse.
“Tu fallo e basta. Ti prego”
L'osservò per un breve istante: era lì da lei, nelle sue stanze, ed era quello che lei aveva desiderato nel tragitto di ritorno, ma ora che effettivamente se lo trovava di fronte, non era più sicura che fosse quello che volesse veramente. Tuttavia, in cuor suo sapeva che non avrebbe mai potuto resistere a quei suoi occhi, a quel suo essere tormentato che l'attirava a sé più che mai.
“Ora non è un buon momento, Josephine, sono appena tornata da un lungo viaggio e non avrei la mente abbastanza lucida per la politica. Rimandiamo il tutto a domani.”
“Come desiderate, Inquisitore”, si sentirono i passi allontanarsi.

“Contento? Ora, che vuoi? Mi era sembrato di capire che non volessi avere niente a che fare con me, che non mi volessi distrarre dal mio ruolo, o sbaglio?”
Lo guardò in modo provocatorio, quasi insultandolo con gli occhi perché, per quanto lui la eccitasse e la facesse fremere interiormente, era ancora ferita dalla loro ultima conversazione.
“Mi dispiace, d'accordo? Credevo fosse la scelta migliore per entrambi. Pensavo che col tempo le cose sarebbero tornate come prima.”
“E ora, invece?”
“E ora... io... non riesco a stare senza di te. Ho sbagliato e, in realtà, non so bene perché sono qua. Hanno annunciato il tuo ritorno e, in un baleno, sono corso qui ad aspettarti, ma ora che ti ho davvero davanti a me, non so cosa dire.”
“Sai, la tua perenne insicurezza sta davvero iniziando a farmi incazzare, Blackwall! Ti presenti qui, facendomi gli occhi dolci e dicendomi che non sai stare senza di me, ma allo stesso tempo non sei sicuro delle tue azioni. Si può sapere che cazzo vuoi da me?!”
Charleene non si preoccupò di nascondere sul proprio volto l'esasperazione che provava mentre attendeva quasi con ansia la reazione di lui: lo desiderava, ora più che mai, ma non era più quella forte e intensa bramosia che aveva avuto inizialmente. Qualcosa era cambiato, qualcosa si era spento in lei, probabilmente perché ne aveva davvero avuto abbastanza della costante incertezza di lui, un'incertezza che non aveva fatto altro che accendere e spegnere di continuo la speranza in lei di un possibile e sano rapporto.
Lui non disse nulla e si avvicinò a lei lentamente, fino a quando si trovò a pochi centimetri, i loro corpi quasi si sfioravano. Si guardarono intensamente negli occhi per un istante che pareva infinito, quelli turchesi di lei che iniziavano a farsi lucidi per la frustrante attesa. Le accarezzò una guancia dolcemente, ma con fermezza e poi le sussurò: ”Sei bellissima.”
Le loro labbra si incontrarono quasi automaticamente in un bacio fin da subito passionale e colmo di anelito, le loro lingue che si cercavano con foga, come se si fossero desiderate a lungo, ma mai incontrate. Le mani di lui andarono a cercare, a trovare e ad accarezzare i fianchi e il fondo schiena di lei, mentre l'elfa ricambiò intricando le proprie mani nei lunghi capelli brizzolati, afferrandoli con passione. Lui la prese in braccio, lei gli mise le gambe intorno alla vita mentre veniva trasportata verso il letto. Interruppero il bacio solo per un breve istante per riprendere fiato e guardarsi ancora una volta negli occhi. Lui per una frazione di secondo lasciò trasparire un senso di esitazione, tanto che si sentì in dovere di chiedere: “Poss-?”
“Non ti azzardare a parlare o a tirarti indietro!”
Lei colmò di nuovo lo spazio tra loro con un altro bacio altrettanto passionale, incominciando a togliergli i guanti e la verde giacca, così da poter finalmente ammirare il suo corpo che trovò sorprendentemente ancora ben scolpito. Assaporò tale visione poco prima di spogliarlo del tutto e togliendosi anche lei i suoi abiti, in modo che tra loro non vi fossero altri ostacoli.
Completamente nudi, lei sentì su di sé la forte e dura presenza di lui che fremeva contro di lei. Rotolarono sul letto finché lei non fu sopra di lui e, dopo aver unito definitivamente i loro corpi in uno solo, iniziò a muoversi, prima lentamente poi con sempre più brama ed eccitazione, mentre le mani callose di lui le accarezzavano i seni ormai turgidi, in uno scambio di gemiti di piacere intensi. Lui affondava sempre più dentro di lei ad ogni spinta finché vennero nello stesso istante, il seme di lui che colava caldo dalle sue cosce, dopodiché si sdraiarono uno accanto all'altro, cercando di riprendere fiato dopo quel lungo e passionale amplesso.
Lui l'avvicinò a sé, accogliendola in un dolce abbraccio e baciandola ripetutamente sulla fronte, prima di assopirsi accanto a lei.
Tuttavia, Charleene era allo stesso tempo soddisfatta ma anche stranamente triste, tanto che una singola lacrima le scese lungo la guancia.

É stato fantastico, ma perché pensavo a Cullen mentre lo facevo?

 

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Capitolo 5
*** La differenza ***


Dopo un'intensa giornata di lavoro, passata a visionare e a compilare numerosi, quasi infiniti, rapporti, il Comandante poté finalmente rilassarsi, ma la pausa non durò a lungo in quanto sapeva che, ora che il gruppo era ritornato dalla missione nell'Accesso Occidentale, doveva affrontare ciò che l'aveva tormentato per tutte le due settimane di attesa: doveva parlare con la Cercatrice.
Per cui si alzò e uscì dal suo studio, dirigendosi all'armeria, dove era quasi certo di trovarla, e così fu: era tornata da poche ore e si era già messa al lavoro, pulendo, affilando e riparando armatura, spada e scudo. Non appena egli entrò, la Cercatrice immaginava già di cosa avrebbero discusso a breve perché tra lei e il Comandante vi erano pochi argomenti di conversazione, date le loro divergenze quasi su ogni cosa.

“Ugh.. Dimmi che non è per quello che penso”, gli disse senza rivolgergli lo sguardo.

“Devi farmi sostituire! Sappiamo entrambi che sarebbe la soluzione migliore!”, gli occhi di lui non esitarono a far trasparire la disperazione e la sofferenza che provavano ormai da un tempo che era diventato insopportabile.

“Non è necessario e tu lo sai bene.”

“Tu non capisci come mi sento! Avevamo un accordo, accidenti! Finché me la fossi sentita, avrei mantenuto il ruolo di Comandante, ma non appena avessi ritenuto opportuno farmi sostituire tu avresti consentito.”

“Solo se, però, io l'avessi ritenuto necessario, Cullen, e non lo ritengo ora come ora. Tu dici di non farcela più, ma sappiamo entrambi che è solo un'altra delle tue solite fasi in cui vorresti mollare tutto, sebbene so che te ne pentiresti in seguito, non appena l'attimo di sofferenza passerà. Per cui, no: manterrai il tuo ruolo. Vedrai che finirà anche questa volta.”

Il sole era ormai prossimo a tramontare e Charleene si trovava ancora tra le solide, ma confortevoli braccia di Blackwall, il quale riposava sereno, probabilmente per la prima volta da quando si era unito all'Inquisizione, come se in quella stanza tutti i suoi problemi fossero svaniti. Lei lo osservava, combattuta tra il provare affetto e dolcezza per quel viso che in qualche modo l'aveva attirata a sé o il sentirsi a disagio e pentita di ciò che aveva fatto. Quello che era successo non aveva fatto altro che complicare ulteriormente le cose, o così lei credeva: le stringeva il cuore sapere di aver pensato ad un altro uomo mentre Blackwall l'aveva posseduta passionalmente pochi istanti prima, ma l'esperienza per l'elfa era stata un qualcosa di indimenticabile, che l'aveva quasi fatta scordare del proprio ruolo di Inquisitore e di Corypheus che poteva essere pronto ad attaccare da un momento all'altro. Eppure, se era stata così bene, perché ora non si sentiva per niente soddisfatta? Sì, un po' di tensione se n'era andata, ma non passò molto prima che altra ansia e altri pensieri iniziassero a riempirle la mente e il cuore. Cosa doveva fare ora? Ma, soprattutto, cosa voleva fare?
Gli scostò gentilmente una ciocca di capelli dal viso, prima che lui aprisse gli occhi e la guardò, gli occhi che si illuminarono all'istante, pieni di ciò che sembrava essere gioia e affetto.

“Sembri così rilassato mentre dormi, sai?”, non le venne in mente altro, anche perché non poteva certo fargli sapere tutto il disagio interiore che provava; per cui si limitò a queste parole, sforzando anche di indossare un sorriso che fosse il più dolce e naturale possibile, con la speranza che lui non se ne accorgesse.

“Forse perché so che al mio risveglio non mi ritrovo solo”, rispose lui ammiccando e accennando un sorriso malizioso, “che ne dici di fare un altro giro?”

Ci fu un momento di esitazione da parte di Charleene, facilmente leggibile sul suo volto, tanto che lui lo intuì e si alzò dal letto con una faccia preoccupata, anche se non sapeva bene se tale preoccupazione fosse per lei o per le proprie stesse azioni, motivo di pentimento. Si vestì in un baleno e andò verso la porta.

“Blackwall, aspet--”

“No, è stato uno sbaglio a quanto pare. Vediamolo come un modo per allentare la tensione e nient'altro, visto che mi pare di aver capito che tu – che voi – preferiate così. I miei ossequi, Lady Inquisitore.”

“Ti tiri indietro di nuovo! Perché per una volta nella tua vita non puoi essere coerente, Blackwall?!”, ma lui se n'era già andato, lasciando che le parole dell'elfa venissero urlate più al vento che a lui.
Cazzo... cazzo!”, si ritrovò per l'ennesima volta da sola con la sua frustrazione. Presa dal nervosismo, si alzò repentinamente dal letto lanciando lenzuola e cuscini, buttando a terra gli ornamenti sui vari mobili delle sue stanze, mentre altre lacrime le rigavano le guance e le bagnavano il Vallaslin lilla. Una volta che non ci fu più nulla da lanciare o rompere, Charleene si ritrovò in terra appoggiata al muro, guardando fuori dalle proprie stanze verso l'orizzonte che si era ormai tinto di un bellissimo, quasi rilassante, colore arancione tendente al rosso, segno che anche quel giorno era giunto a termine.
Dopo qualche minuto di riflessione e silenzio che le servì per riprendersi e calmarsi, l'elfa decise che non voleva lasciarsi deprimere nuovamente come la prima volta che il Custode l'aveva lasciata da sola. Perciò si alzò, si sistemò lavandosi il viso e decise di andare a trovare il Toro di Ferro alla Taverna di Skyhold, con la praticamente assoluta certezza di trovare un compagno di bevute per quella sera.

Tuttavia, poco prima di entrare nella Taverna, sentì delle grida di una discussione in corso che proveniva dall'armeria: capì quasi all'istante che le voci appartenevano a Cassandra e al Comandante e fu quest'ultimo particolare che la trascinò verso l'entrata dell'armeria. Non appena varcò la soglia, dopo aver scostato la porta massiccia, le parole scemarono fino a scomparire del tutto, in quanto sia la Cercatrice che il Comandante si girarono verso di lei. Vedendo per la prima volta, dopo molti giorni, il suo bel viso così dolcemente delineato e sensualmente truccato, Cullen non riuscì a sopportare l'idea di stare nella stessa stanza con l'elfa, anche perché non avevano ancora avuto la possibilità di chiarirsi dall'ultima volta che avevano parlato e perché lui non voleva farsi vedere in quel suo stato di sofferenza, specialmente non da lei. Per cui si diresse verso la porta e, nel momento in cui le passò accanto, le sussurrò un morbido e caldo:”Perdonatemi”, e uscì dall'armeria.
Lasciate sole, Charleene si avvicinò alla Cercatrice con l'aria perplessa, ignara di cosa fosse successo.

“Va tutto bene?”, domandò a Cassandra.

“Immagino che tu sappia che Cullen non assume più lyrium da ormai molto tempo.”

“Me ne aveva accennato perché aveva ritenuto che fosse giusto per me saperlo. Immagino che stia soffrendo, ma appoggio comunque la sua decisione.”
“Anche io: il suo gesto funge da esempio per tutti quelli che affermano che una volta iniziato a prendere lyrium, non si riesca più a farne a meno. Cullen dimostra quanto queste persone abbiano torto: è un'esperienza dolorosa, ma giusta e deve continuare ad essere così. Lui ha la forza per farlo, è solo che ogni tanto ha bisogno che qualcuno glielo ricordi. Sai anche dell'accordo tra noi, no?”

“Sì, sei tu la persona che, in caso le cose diventassero troppo insostenibili, lo scioglierebbe dall'incarico.”

“Già, tuttavia non ne ho intenzione perché non è necessario. Perché non lo convinci tu?”
“Io? Perché proprio io?”

“Se c'è una persona a cui sicuramente darebbe ascolto sei tu, Inquisitore. Non sopporterebbe l'idea di deluderti. Se mai decidessi di farlo, sai bene dove trovarlo.”

Detto questo, Cassandra riprese a sistemare la propria attrezzatura, dando completamente le spalle all'elfa, in segno che la conversazione era ormai finita e non voleva essere disturbata oltre.
Charleene, rimase ferma davanti al camino dell'armeria per qualche minuto, pensando a cosa fare: desiderava certo incontrare e parlare di nuovo con il Comandante, ma temeva che sarebbe stato alquanto imbarazzante, date le ultime cose che si sono dette. Tuttavia, odiava vederlo soffrire così e se c'era qualcosa che poteva fare per farlo stare meglio, doveva farlo assolutamente: era troppo importante per lei!
Una volta decisa, uscì dall'armeria a passo spedito verso lo studio del Comandante; sicuramente non avrebbe aspettato oltre.
Come si dice? Tolto il dente, tolto il dolore? Andiamo, allora...

A pochi metri dallo studio, Charleene vide che la porta era già aperta, il che le parve strano perché generalmente il Comandante era una persona molto riservata, che difficilmente voleva essere disturbato durante il suo lavoro. L'elfa decise di non perderci ancora altro tempo e pensieri per cui varcò la soglia, solo per essere quasi colpita da una scatola contenente fiale di lyrium che le era volata molto vicino, andando poi a frantumarsi contro il muro.

“Per il Creatore! Non vi avevo vista entrare. Perdonatemi.”

“Cullen, cos'è che ti turba in questo modo?”

“Non vi dovete preocc-”, un colpo lancinante di dolore lo fece barcollare, rischiando di perdere l'equilibrio se non si fosse appoggiato tempestivamente alla scrivania.
Vedendo la scena, le si strinse il cuore: lui stava soffrendo terribilmente, ma nonostante ciò continuava a cercare di nasconderlo agli altri e, soprattutto, a lei.

“Lo sai che con me puoi parlare, anche se magari al momento non sono la persona che vorresti vedere”, lo guardò con fare titubante perché sapeva bene che la situazione tra loro era da considerare tutto fuorché idilliaca. Tuttavia, lui, nel sentire queste ultime parole, alzò lo sguardo verso di lei e capì che il tutto era imbarazzante per sé quanto lo era per Charleene, per cui decise che per lui era giunto il momento di essere totalmente sincero. D'altronde, lei se lo meritava: aveva sopportato e visto anche troppo.

“Questa faccenda di non assumere più lyrium sta diventando insopportabile.”

“Soffri così tanto?”, gli andò più vicina raggiungendolo alla scrivania.

“Il dolore viene e va. Questa pena riguarda più la mia forza di volontà: ho attraversato un terrificante periodo al Circolo dei Maghi di Calenhad quando essi decisero di liberarsi dal controllo dei Templari. Ho assistito a gente che si servì della magia del sangue e che si trasformò in abomini; sono stato intrappolato e torturato, voci che continuavano a parlarmi in testa cercando di piegare la mia volontà, ma io non ho mai ceduto. Poi, venni liberato e mandato a Kirkwall, dove divenni il secondo in comando della Comandante dei Templari Meredith, la quale condannava e perseguitava in maghi in maniera esemplare e io seguì le sue idee, eseguendo ogni suo ordine, ma per cosa? Mmh? Solo per scoprire che anche lei era una pazza che si era lasciata sopraffare dalla sua megalomania e assuefare dal lyrium rosso. Capite perché non voglio più avere a che fare con una vita del genere, dipendendo da una sostanza che alla fine non fa altro che rovinarti?”

“Ma certo che capisco e immagino non sia stato facile per te.”

“No! Non dovreste assecondarmi così velocemente, accidenti!”, esasperato le si avvicinò solo per trovare ancora più confusione negli occhi di lei, la quale non sapeva bene come rispondergli. Per cui prese di nuovo lui la parola:”Io, rinunciando al lyrium, ho abbandonato la vita da Templare, la vita per la quale sono stato addestrato, la vita per la quale io ho combattuto e nella quale io ho creduto con tutto me stesso. É stata una mia scelta, lo so, e ora faccio parte dell'Inquisizione, nella quale ho la mia completa fiducia e lealtà e per la quale non ho intenzione di dare meno di quanto ho dato ai Templari. É per questo che dovrei ricominciare a prenderlo, cazzo!”, nel dire questo colpì con un pugno la libreria lì vicino, facendo cadere un paio di libri, “dovrei riprenderlo...”

Lei assistette in silenzio a tale sfogo che molto probabilmente Cullen si teneva dentro da troppo tempo: aveva visto, infatti, non appena ebbe esternato il tutto, come lo stress e la frustrazione stessero già abbandonando i suoi nervi, tanto che le sembrò che si fosse quasi rilassato. Con calma e cautela gli si avvicinò, portandosi a pochi centimetri dal suo viso e facendo in modo che i loro occhi si incontrassero, perdendosi gli uni negli altri.

“Puoi farcela, invece, perché sei abbastanza forte e io credo ciecamente in te”, gli appoggiò una mano sul petto, sentendo la fredda armatura che lui indossava, con l'intento di confortarlo e fargli capire che gli dava tutto il suo appoggio e sostegno, e sperava anche che potesse percepire quanto lei lo desiderasse: teneva a lui, ormai l'aveva capito e questo andava ben l'oltre il mero desiderio sessuale.

Ecco la differenza!

Ora le era chiaro perché poche ore prima si era pentita del rapporto avuto con Blackwall: per quanto il Custode fosse un uomo affascinante ed eccitante sessualmente, le cose tra loro non avrebbero mai funzionato dal punto di vista sentimentale perché lei, sotto quell'aspetto, non sentiva nulla. Era solo con Cullen che i due piani, sessuale ed emotivo, si fondevano in uno solo, al quale Charleene non poteva che dare un unico epiteto: amore.
Sì, era questo che mancava tra lei e il Custode.
Io non amo Blackwall. Io amo... Ciò che le occupò la mente furono capelli color dell'oro, che s'intonavano perfettamente con occhi color nocciola, che adornavano un viso dall'aspetto vissuto, ma che restava comunque giovanile e affascinante; il tutto completato da una cicatrice sul labbro così sexy ed eccitante. Tutto questo l'era davanti proprio in quell'istante e l'unico gesto che il suo corpo si mosse a fare autonomamente fu quello di avvicinarsi sempre di più a quello di lui, finché non si toccarono, la mano di lei, che fino ad allora riposava sul petto di lui, si spostò sulla guancia ruvida e segnata da una leggera ed incolta barba bionda. Le loro labbra erano ormai prossime al tocco, i loro sospiri sempre più veloci e corti erano già mischiati l'uno con l'altro data la loro vicinanza. In un attimo di frenesia lui chiuse del tutto la brevissima distanza, dando così inizio ad un bacio violento e passionale, che bramava da ormai troppo tempo e che l'elfa ricambiò con altrettanto desiderio ed estasi. Lui l'abbracciò mettendo una mano sulla sua nuca e l'altra sul basso della sua schiena, avvicinandola ancora di più a sé; lei fece lo stesso, entrambi consapevoli di come l'uno fosse mancato all'altra e viceversa. Si fermarono solo per riprendere fiato e per guardarsi e vedere che sia lui che lei avevano le pupille dilatate per il sempre più ardente desiderio ed eccitazione; quanto, troppo tempo era passato dall'ultima volta che si erano lasciati trasportare dalla passione nelle stanze dell'Inquisitore.
Questa volta a lui non importava il fatto se lei provasse altro oltre all'attrazione fisica perché la desiderava troppo e anche se alla fine si sarebbe rivelato ciò che temeva e lei l'avrebbe allontanato, non era più importante: lui la voleva ora e lei era lì ora.
Il bacio riprese facendosi sempre più caldo e bramoso, tanto che lui istintivamente spostò una sua mano sotto la maglia di lei, andandole ad accarezzare un seno, che provocò in lei un dolce gemito, segnale che il gesto le piaceva e molto. Lei si staccò da lui, solamente per prendergli la mano e condurlo verso la scala che c'era lì nello studio e che conduceva al letto di lui, situato al piano superiore: di certo non voleva essere interrotta da nessun soldato o esploratore che potesse giungere in cerca del Comandante. Lui la seguì silenziosamente e lanciandole un sorriso malizioso in quanto aveva intuito perfettamente dove lei lo volesse condurre. Una volta saliti, lei lo liberò del poderoso mantello, dell'armatura e della maglia, lasciando che il suo petto perfettamente scolpito e con un accenno di peluria occupò la sua vista e fece aumentare di più il suo desiderio. Quasi involontariamente gli appoggiò le mani sui suoi così stupendi pettorali, andando ad accarezzare poi i ben definiti addominali, mentre lui la osservava accennando un sorriso colmo di tenerezza e al tempo stesso di bramosia. Non riuscì più ad attendere, per quanto adorasse il calore che quel semplice gesto gli aveva infuso per tutto il corpo, facendo eccitare ogni singola parte, e la avvicinò ulteriormente a sé baciandola di nuovo e facendo in modo che lei potesse avvertire la ormai dura presenza che spingeva nel tessuto dei suoi pantaloni. Dopodiché la spogliò completamente, riuscendo in questo modo ad assaporare la bellezza del suo corpo così come il Creatore o le Divinità in cui lei credeva l'avevano creata. Le pupille gli si dilatarono ancora di più: come faceva un essere così meraviglioso a trovarsi lì di fronte a lui? Non si sentiva degno di tale onore, ma ciononostante decise di togliersi anche lui i pochi abiti che ancora indossava, cosicché ora fosse lei a poterlo ammirare.
Gli occhi dell'elfa si allargarono alla vista del suo così poderoso membro che era più che pronto per lei; uno stupore che non fece altro che aumentare notevolmente il suo ardore e la sua smania di volerlo possedere lì e in quel momento. Charleene si avvicinò con fare sensuale al Comandante, lanciandogli occhiate e sorrisi maliziosi, e lo spinse sul letto, per poi iniziare a baciargli ogni parte del corpo, fino ad arrivare alla zona che più le interessava. Di risposta ottenne una lunga serie di gemiti di piacere, tanto che i fianchi di lui accennarono a muoversi a ritmo con la bocca di lei. Tuttavia, per la paura di concludere troppo in fretta, data l'elevata eccitazione del momento, Cullen la fece staccare solo per poterla baciare di nuovo, mentre capovolgeva la situazione in modo che ora fosse lui a farla gemere di piacere. Iniziò dal collo, poi passò all'incavo della clavicola, poi al seno accompagnandosi con sensuali carezze, poi al ventre, fino ad arrivare alla sua zona più privata, che stimolò alternando la lingua alle dita.

“Cullen, ti voglio. Adesso!”

“No no, ora comando io, Inquisitore.”

Non le diede ascolto e proseguì nel procurale piacere con la sua lingua, mentre con le mani andava ad accarezzarle le cosce, i fianchi e il ventre, provocandole una sorta di formicolio che la fece ansimare e gemere ancora di più. Lui capì che ormai era prossima a venire perciò aumentò il ritmo, finché lei strinse la sua testa con le proprie cosce, lasciandosi completamente trasportare dall'orgasmo.
Cullen la guardò soddisfatto per alcuni istanti per poi riprendere a baciarla, questa volta partendo dal basso ventre fino ad arrivare al suo collo; infine le sussurrò nell'orecchio:

“Sei pronta per me?”

Lei lo strinse a sé posandogli le braccia intorno al collo in segno di assenso. Lui non aspettò oltre e si inserì in lei, muovendosi con un ritmo inizialmente lento e sensuale, che man mano diventò sempre più rapido e profondo. Lei, nel mentre, cercò di scambiare le posizioni, ma lui le prese i polsi e glieli bloccò sopra la testa con una mano sola, facendole intuire che non avrebbe assunto il controllo. La guardò con fare deciso, mentre continuava a procurarle piacere con le sue spinte, e lei di rimando avvicinò le proprie labbra alle sue in un bacio che in quel momento significava il mondo per lei, ma anche per lui: erano divenuti un unico corpo e una sola anima, in un'unione che superava qualsiasi dimensione e che li aveva trasportati in un'altra realtà dove esistevano solo loro e la loro passione.
Vennero nello stesso istante e lui si lasciò cadere sopra di lei, sospirando beatamente. Successivamente si spostò in modo che lei potesse accoccolarsi dolcemente sul suo petto mentre lui l'abbracciava e la stringeva a sé. Le diede un bacio sulla fronte e si addormentarono così, fregandosene di chi fossero, dove fossero, dell'Inquisizione, del resto del mondo.

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Capitolo 6
*** Sola ***


I primi raggi di sole incominciarono ad illuminare la stanza attraverso le alte vetrate. Cullen, indossando solamente i pantaloni, era fermo ad ammirare il panorama, pensieroso, ma stranamente sereno, forse per la prima volta in molti anni: era stata una notte indimenticabile, che gli aveva fatto scordare del suo ruolo all'Inquisizione. L'unica cosa, o meglio persona, a cui aveva potuto pensare dormiva ancora beatamente nel suo letto, con le lenzuola che coprivano appena quel suo bellissimo corpo, lasciando scoperto il suo lato sinistro. Lui l'ammirò e non poté che sentirsi estremamente fortunato: una creatura così aveva scelto uno come lui, un uomo dall'animo tormentato, impacciato nell'esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri a meno che non si trattasse di questioni riguardanti l'Inquisizione.
Si abbassò a raccogliere la pelliccia che costituiva la parte superiore del mantello che era solito indossare e, non appena si rialzò, la vide seduta sul letto che lo guardava, lanciandogli il più dolce dei sorrisi.

“Buongiorno, Comandante,” si stiracchiò sentendosi completamente soddisfatta e rilassata come non mai prima d'ora, nemmeno Blackwall l'aveva fatta sentire così ed ora che le era chiaro il motivo, non poteva di certo lamentarsi. Vedendo ormai che il giorno era giunto e che lui stava già iniziando a prepararsi, scese dal letto per fare lo stesso, ma, non appena fu in piedi, lo sentì dietro di lei che l'avvolgeva in un abbraccio. La baciò sul collo, le sussurrò un flebile “Buongiorno”, accarezzandole con una mano un seno, mentre nell'altra teneva ancora la pelliccia, la quale a suo modo lambiva il ventre dell'elfa. Lei si abbandonò a quelle tenere attenzioni mattutine e gli chiese: “Da quanto sei sveglio? Fatica a dormire?”

“I soliti incubi, senza lyrium sono peggio, ma non volevo disturbarti: sei così bella quando dormi.”

Lei, a tali parole, si voltò e lo baciò appassionatamente posandogli le braccia sul collo. Fu un'effusione lunga ed intensa, ma per quanto entrambi volessero continuare, sapevano bene che il dovere chiamava, per cui si staccarono l'uno dall'altro e finirono di vestirsi. Una volta pronti, lei scherzosamente domandò:”Secondo te riesco a raggiungere le mie stanze per sistemarmi un po' senza che nessuno mi veda?”

“Mmm... probabilmente molti saranno già a conoscenza del fatto che non hai dormito là stanotte.”

La faccia del comandante si fece per una frazione di secondo cupa, ma ciò non sfuggì a Charleene, che preoccupata non poté non dire qualcosa.

“La cosa ti disturba?”

“No, anche se preferirei che i miei – i nostri – affari rimanessero tali, almeno per il momento, dato che non sappiamo bene ancora cosa siamo, o sbaglio?”

“Perché? Secondo te, cosa siamo?”

All'elfa non piaceva la piega che quel discorso stava prendendo: il timore che il Comandante non provasse lo stesso iniziava ad insinuarsi nella sua mente, anche se si ricordava bene le parole che Cullen le aveva rivolto come scusa quella volta nelle sue stanze, quando già lì lei era disposta a donarsi a lui, seppur non fosse ancora consapevole dei propri sentimenti. Quindi non poteva credere che lui non provasse lo stesso, ma dato che ne stavano già parlando, tanto valeva scoprirlo in quel momento.

“Cosa siamo, Cullen?”

Lui la osservò, vedendo il conflitto di emozioni che attraversava il volto stupendo di lei, non sapendo come esternare ciò che pensava: lui voleva di più di semplici notti passate insieme a dimenticarsi della situazione che stavano vivendo, ma lei era della stessa opinione? La guardò impacciato, non convinto di dirle ciò che voleva dirle da tempo, e tale incertezza alla fine gli proibì di parlare, le parole bloccate in gola. Aprì e chiuse la bocca diverse volte, tentando di incominciare il discorso, ma a quanto pare, l'elfa non ebbe abbastanza pazienza per cui gli disse freddamente:

“É tardi. Abbiamo un incontro al tavolo da guerra. Dovremmo andare. Vai prima tu visto che di solito sono sempre l'ultima ad arrivare.”

Finirono di vestirsi, Cullen era deluso di se stesso, ma allo stesso tempo sentiva una sorta di indignazione nei confronti dell'Inquisitore: credeva che ormai lei sapesse quanto fosse difficile per lui l'esprimersi in situazioni che non riguardassero il suo ruolo di Comandante, ma da come erano andate le cose, non ne era più così convinto. Ciò che tuttavia non sapeva era che lei era perfettamente a conoscenza di questo suo “problema”, ma quello che le aveva fatto dire quelle parole così glaciali era la ormai sempre più convincente paura che lui non provasse gli stessi sentimenti.
Una parte di lui voleva provare a chiarire la situazione, ma il suo lato di Comandante e Consigliere dell'Inquisizione ebbe la meglio, perciò si limitò ad un semplice:

“D'accordo, datemi qualche momento di anticipo.”

Il cambio di persona che le aveva rivolto – dal tu al voi – non sfuggì a Charleene e questo non fece che confermare ciò che temeva: lui non provava lo stesso e il fatto che non aveva risposto alla domanda ne era la prova. Ma allora perché aveva iniziato lui quel discorso? Si sentiva estremamente confusa, ma sapeva che il tempo delle chiacchiere era finito e il lavoro li attendeva.
Così Cullen fu il primo a scendere la scale e ad uscire dallo studio, la tensione così palpabile tra i due, anche nelle ore seguenti, durante l'incontro con le altre due Consigliere.

I raggi del primo sole del mattino avevano dato luce anche alle stalle di Skyhold, dove aveva trovato abitazione il Custode Blackwall. Un altro giorno era iniziato e i tormenti che segnavano il suo animo non aspettarono molto ad arrivare. Tanti, troppi pensieri attanagliavano la sua mente: voleva dare tutto se stesso alla causa dell'Inquisizione, ma al tempo stesso si sentiva un totale bugiardo e per questo non si sentiva in merito di appartenere quel posto. In più, anche il suo cuore gli doleva in petto perché non poteva non palpitare per quegli occhi turchesi che tanto bramava. L'esperienza del giorno prima l'aveva fatto sentire l'uomo più felice del mondo anche se solo per un breve istante, prima di aver visto l'esitazione in quegli occhi. Da un lato era meglio così, almeno si era risparmiato il dovere di dirle ciò chi fosse lui in realtà, ma dall'altro lui avrebbe voluto confessarglielo, dato che una parte di lui si sentiva pronta a farlo. Voleva vederla ancora, magari potevano trovare una soluzione a tutto, ma, come sempre, non aveva la forza di volontà per andare da lei: probabilmente era piena di impegni e riunioni che richiedevano la sua presenza da Inquisitore e chi era lui per distoglierla dal quel ruolo così fondamentale?
Per cui, decise di limitarsi a ciò che faceva di solito durante le sue giornate a Skyhold: tagliare legna se necessario, ovvero quasi ogni giorno, oppure continuare il suo lavoro di intaglio che costituiva l'unico espediente per staccare la mente dalle perenni preoccupazioni e ansie.
Tuttavia, non si sarebbe mai aspettato di ricevere una visita nel pomeriggio che sicuramente gli avrebbe illuminato la giornata: sentì qualcuno entrare nelle stalle e ciò che vide fu un bellissimo esile corpo che si muoveva lentamente verso di lui, la treccia corvina che delicatamente cadeva sulla spalla destra e gli occhi così azzurri che potevano essere un'eredità della stessa Andraste, o almeno questa era l'opinione del Custode. Forse anche Charleene voleva parlare di cosa era successo tra i due. Purtroppo, però, lei si trovava lì per motivazioni molto differenti:

“Custode Blackwall, sono venuta a dirti che farai parte del mio entourage quando andremo al ballo dell'imperatrice Celene.”

“Oh... d'accordo. Sarò lieto di accompagnarvi, anche se potevate mandare un semplice messaggero.”

“Preferisco avvisare di persona, per quanto io possa immaginare che la mia presenza ti disturbi.”

“Non potrebbe mai e lo sapete bene.”

“No, in realtà non lo so affatto, ma ora non ha più importanza, o sbaglio?”

Non ricevendo risposta da parte del Custode, lei non esitò a dargli le spalle, decisa ad andarsene, ma non appena fece qualche passo...

“Lady Inquisitore, aspettate, vi prego!”

“Spero ne valga la pena, perché oggi non si è ancora rilevata una bella giornata, per cui non sono in vena di chiacchiere inutili.”

La frustrazione e l'indisposizione era ben visibile sul suo volto e lei non aveva davvero intenzione di nasconderla: il suo dovere si stava rivelando sempre più pesante, il dolore del marchio sempre più lancinante e le faccende di cuore così travagliate non erano d'aiuto al suo umore.
Notando questo, al Custode venne un'idea che forse avrebbe potuto confortare entrambi:

“Vi andrebbe di bere qualcosa alla taverna? Penso che vi farà bene un momento di relax e lì parleremo.”

Lei non rispose immediatamente, un po' spiazzata da quella proposta così inusuale, anche per uno come Blackwall, ma alla fine pensò “Perché no?” e accettò l'offerta.


Una volta ordinato il bere, fu lei a rompere il silenzio tra loro:

“Parliamo, dunque.”

“Vi devo delle spiegazioni che probabilmente non vi piaceranno, ma ho bisogno di togliermi questo peso dall'animo.”

“Inizi a preoccuparmi, Blackwall. Che succede?”

Lui prese tempo bevendo un sorso della sua bevanda dal bicchiere di terracotta e poi finalmente iniziò a parlare:

“Quando ero piccolo, una volta dei ragazzi catturarono un cane e lo legarono, con l'intenzione di maltrattarlo, e sapete cosa feci io?”

“Conoscendo la persona che sei, li fermasti, no?”

“No... scappai. Non ho avuto il coraggio né di assistere e prendere parte a quella mostruosità né di chiamare aiuto correndo da mio padre. Fui un codardo che non seppe assumersi alcuna responsabilità. Il cane ovviamente morì e io non feci nulla per evitarlo.”

“Eri un bambino, è comprensibile.”

“No, non lo è! Scappai da ciò che erano le mie responsabilità!”, sbatté il boccale sul bancone della taverna con violenza, tant'è che attirò l'attenzione di altre persone. Charleene, notando il disagio creatosi, gli mise la propria mano sulla sua col fine di calmarlo e il gesto funzionò.

“Blackwall, vedo che questo ti ha segnato particolarmente, ma non capisco cosa tu voglia intendere. Sarebbero queste le tue spiegazioni?”

Lui la guardò fisso negli occhi, vedendo in essi una genuina preoccupazione nei suoi confronti, ma anche una lieve impazienza, causata dall'incomprensione. Avrebbe voluto rivelarle tutto quanto, ma il coraggio gli mancò, perciò l'unica cosa che fu in grado di fare fu stringere forte la mano di lei ancora appoggiata sulla sua e poi andarsene.
L'elfa rimase impietrita da quella sua repentina azione, ma quello stupore venne velocemente sostituito dall'indignazione:

“Seriamente, Blackwall?!?! Te ne vai? Di nuovo?!”

Ma lui ormai aveva già varcato la porta della taverna ed era ormai lontano per sentirla. Basta! Quella era l'ultima volta che avrebbe tentato di capirlo e che avrebbe cercato di rompere quel muro invisibile che lui stesso si era costruito intorno al suo animo. Da un lato le dispiaceva perché in cuor suo sapeva benissimo che Blackwall era un uomo tormentato e che avrebbe tanto avuto bisogno di qualcuno che lo ascoltasse e cercasse di mitigare tali sue frustrazioni. Tuttavia dall'altro lato si sentiva quasi soddisfatta perché, rinunciando a lui, si sarebbe potuta concentrare sul Comandante, verso il quale era ormai consapevole di provare dei sentimenti molto forti, ma che non era ancora certa se fossero ricambiati. La soluzione sarebbe stata un confronto diretto, ma quel giorno era stato già abbastanza lungo e pesante, per cui, vedendo che ormai il sole era prossimo al tramontare, decise di dirigersi verso le proprie stanze con il solo intento di dormire in modo da debellare almeno per una notte tutti questi insidiosi pensieri.

L'enorme portone che conduceva alle stanze private dell'Inquisitore si chiuse, rimbombando fortemente e Charleene salì le scale con lo scopo di raggiungere il proprio letto e dimenticarsi del mondo. Si mise le vesti da notte e si sdraiò, ma il sonno non sopraggiunse: troppi pensieri le occupavano la mente, il principale dei quali era l'imminente ballo tenuto in Orlais dall'imperatrice Celene. L'idea di dover partecipare ad un evento di corte così importante la metteva in soggezione sia perché il dovervi partecipare era principalmente una scusa per poter svelare chi fosse l'attentatore alla vita dell'imperatrice, ma anche per tutti i perfidi occhi nobiliari che l'avrebbero giudicata senza ritegno. D'altronde, prima di essere l'Inquisitore, lei era un'elfa e sapeva bene di che reputazione vivesse la sua razza tra la nobiltà umana dell'Orlais. Era ben consapevole che avrebbe dovuto fare un doppio lavoro quella sera, un incarico che l'avrebbe fatta faticare e non poco, ma non poteva tirarsi indietro.
In quel momento avrebbe tanto voluto che qualcuno la stringesse tra le braccia e le offrisse conforto. Ma che pensava? Qualcuno? Era solo una la persona che avrebbe voluto lì con lei, quell'unica persona che l'aveva fatta sentire realmente amata, desiderata e protetta. Per un attimo, le venne l'istinto di alzarsi e recarsi da lui, ma la sua parte razionale la tratteneva, sussurrandole che era impossibile che la stesse pensando anche lui e che la volesse nel proprio letto, per cui, per quello che sembrò un tempo infinito, Charleene non si mosse. Tuttavia, dato che il sonno non si era ancora deciso a trasportarla nel mondo dei sogni e che la sempre più stretta morsa della solitudine le turbava l'animo, l'elfa non ce la faceva più. Perciò finalmente si alzò, prese una mantella per coprirsi e uscì dalle proprie stanze. Si mosse nell'ombra, grata per il fatto che la sua razza fosse dotata di una vista notturna leggermente superiore a quella delle altre, molto utile per quando si doveva andare a caccia, e in pochi istanti fu dove voleva essere, e a quanto pare non l'aveva vista nessuno. Da un lato era contenta per questo, ma dall'altro era lievemente delusa perché ciò voleva dire che Skyhold, di notte, era meno sorvegliata del previsto.

Un altro punto di cui discutere al prossimo incontro, presumo.

Aprì lievemente la porta, assicurandosi di non fare troppo rumore. Tutto era spento, il che voleva dire che era già andato a dormire, per cui con cautela salì la scala e, quando finalmente fu in cima, lo vide sdraiato. Gli si avvicinò, la luce della luna che faceva risplendere la sua bellissima pelle attraverso le vetrate, e lo osservò, mentre riposava serenamente. Charleene non riuscì a reprimere l'istinto di scostare una ciocca di capelli dorati dal suo volto, ma questo fu sufficiente a far sì che il Comandante si svegliò di soprassalto, afferrandole di riflesso la mano.

“Per il Creatore! Siete voi... cosa ci fate qui? É successo qualcosa?”

Lei notò la crescente preoccupazione che iniziava ad oscurare il bellissimo viso di Cullen e questo la spinse a rassicurarlo, posandogli una mano sulla guancia.

“No, tranquillo.. avevo solo bisogno di vederti. Mi sentivo sola e, anche se stamattina non ci siamo lasciati nel migliore dei modi, speravo che potessi passare la notte qui, con te. Se non vuoi, mandami pure via e non ti disturberò più, ma non riesco a non pensare a te e l'idea di sapere che sei a poca distanza da me, ma non con me, mi fa impazzire. Voglio di più di semplici nottate occasionali di passione. Io voglio di più! Io voglio..-” lo fissò intensamente in quei suoi così attraenti occhi color nocciola - “...te.”

Il Comandante non riuscì a proferire parola, data l'immensa gioia che gli riempì il cuore: i suoi sentimenti erano ricambiati. Finalmente una donna di cui si era innamorato, l'amava a sua volta o comunque desiderava non avere accanto nessun altro se non lui.

L'unica cosa che riuscì a fare fu rivolgerle il più dolce e rassicurante dei sorrisi, prima di accoglierla e stringerla forte a sé.
E fu così che, sdraiati sul fianco, la schiena di lei che appoggiava sul petto di lui e avvolta da quelle poderose e calde braccia, i pensieri che l'avevano preoccuapata svanirono perché ora non era più sola e sentiva che, con Cullen accanto, poteva affrontare tutto, anche la nobiltà orlesiana. Tuttavia, volle una piccola conferma:

“Cullen?”

“Mmh?”

“Verrai con me al ballo dell'imperatrice?”

“Ovviamente, sono uno dei Consiglieri dell'Inquisizione, non posso mancare.”

“Ma ci sarai anche come più di quello? Ci sarai per me?”

“Ogni volta che mi vorrai io ci sarò, Charleene.”

Probabilmente quella fu la prima volta che l'elfa sentì il proprio nome venire pronunciato dalle labbra del Comandante e quel semplice atto la riempì di felicità, tant'è che si girò, in modo da potergli dare un ultimo soffice bacio prima di addormentarsi dolcemente.

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Capitolo 7
*** Occhi malvagi ***


Il fatidico giorno era arrivato: era il momento di dirigersi nell'Orlais per il tanto atteso ballo al Palazzo d'Inverno ad Halamshiral. Il piano era già stabilito: l'Inquisizione sarebbe stata una degli ospiti d'onore, per conto del cugino dell'imperatrice Gaspard, e avrebbe colto quell'occasione per scoprire chi Corypheus avesse mandato ad assassinare l'imperatrice e, in caso, avvertirla. Charleene, oltre ai Consiglieri si era portata appresso il Custode Blackwall, come già deciso, la Cercatrice Cassandra e il mago Dorian, quest'ultimo principalmente per sostegno morale e anche perché sapeva che si sarebbe divertito molto ad un evento simile.
Tuttavia, dopo il breve colloquio tenutosi con Gaspard, che aveva esposto le sue preoccupazioni riguardo all'Ambasciatrice Briala per conto degli elfi di palazzo, la quale poteva interferire con le discussioni di pace tra i due cugini, e dopo aver ricevuto i saggi consigli d'etichetta da Josephine, non appena Charleene si trovò nei giardini del palazzo, già numerosi perfidi occhi la squadrarono da capo a piedi, iniziando a mormorare critiche e giudizi tra loro. L'elfa avvertì i loro sguardi come coltelli che le ferivano l'anima, ma non si lasciò scoraggiare: era lì per un compito davvero importante e, in più, non era sola, non più. Infatti, come se l'avesse percepito, il Comandante Cullen le si avvicinò, posandole dolcemente una mano sul braccio e, con un lieve sorriso, le sussurrò:

“Sono qui.. sempre”

Ammiccò velocemente e si diresse verso l'immensa scalinata che precedeva l'ingresso; l'Inquisitore con quelle semplici tre parole sentì le proprie insicurezze scivolare via e immediatamente si rasserenò, intanto che seguiva con gli occhi colmi d'ammirazione e d'affetto quella silhouette così mascolina. Nel frattempo non si era accorta che le si era accostato lì vicino Dorian, il quale colse lo sfuggente incontro tra i due, per cui, tronfio, non poté non dire:

“A quanto pare ho vinto.”

Solo allora, Charleene si accorse della sua presenza.

“Vinto cosa?”

“Mmh? Oh, niente cara, sappi solo che il bellissimo Dorian non sbaglia mai!”

Le fece l'occhiolino e anch'egli si avviò all'entrata. Vedendo che lei non lo seguiva le lanciò un'occhiata per farle capire di muoversi e così lei fece, tanto ormai era inutile tentare di capire quel mago, ma a lei andava bene così: un amico come lui non l'aveva mai trovato e mai più lo ritroverà, per cui lo accettava in tutte le sue sfaccettature.
Una volta entrata, Charleene non riuscì a non fermarsi un attimo per ammirare la maestosità di quel palazzo: il soffitto era alto sopra ogni misura, con delle enormi arcate che facevano da cornice alla lunga navata precedente alla sala principale, il tutto in oro e avorio, decorato con immensi dipinti che coprivano le intere pareti. Tuttavia, non poté soffermarsi a lungo: il dovere chiamava, in quanto a breve sarebbe stata annunciata all'imperatrice in persona davanti a moltissimi alti esponenti della nobiltà orlesiana. Prima di fare il suo ingresso, le si avvicinò la Consigliera Josephine ad avvertirla con queste solenni parole:

“Inquisitore, ricordatevi perché siamo qui, ma, soprattutto, quando si tratta del Gioco, non svelate mai le vostre carte. Potrebbe finire molto male.”

Questo non fece che aumentare l'ansia nel cuore dell'elfa, ma ormai non poteva più tirarsi indietro, poiché il ciambellano di corte annunciò il suo nome:

“In rappresentanza dell'Inquisizione e ospite del Granduca Gaspard, vostra maestà, vi presento Lady Lavellan dell'omonimo clan.”

Fu in quel momento che tutti gli occhi si volsero verso di lei e la squadrarono da capo a piedi: per l'occasione le avevano proposto un competo ufficiale composto di giacca rossa dall'aspetto principesco, pantaloni marroni e stivali dello stesso colore, ma con una tonalità più scura. Questa sarebbe stata la divisa di ogni componente dell'Inquisizione per quella serata, ma Charleene, forse un po' per il suo orgoglio elfico o per il fatto che non le era mai piaciuta l'idea di sottostare alle regole della nobiltà umana, decise di stupire tutti con un abito mai visto prima a corte: dati i suoi capelli corvini, raccolti in un adorabile chignon con piccoli cristalli azzurri e violetto, i suoi occhi turchesi e il Vallaslin lilla, aveva optato per un lungo vestito con sfumature degli stessi colori che richiamava delle foglie della bellissima flora nella quale era cresciuta. Esso le lasciava scoperte le spalle, cadendole dolcemente lungo il corpo, finendo in una gonna più lunga sul lato posteriore, andando così a formare un bellissimo strascico leggero, quasi trasparente. Ai piedi aveva scelto di calzare dei semplici sandali fatti di cuoio tinto d'argento che le circondavano piedi e gambe fino alle ginocchia ricordando le radici di un albero. Infine, come tocco finale, al collo portava una delicatissima collana con un mero amuleto a goccia turchese, come i suoi occhi. Quasi tutti le avevano sconsigliato tale scelta, sia perché avrebbe istigato inutilmente critiche negative verso l'Inquisizione, ma anche perché era un abbigliamento alquanto scomodo in caso si avesse dovuto indagare o persino combattere.
Ciononostante lei non se ne preoccupò e, in un modo quasi fiero, scese le scale e attraversò la lunga navata, che l'avrebbe portata al cospetto dell'imperatrice, camminando lentamente, come le avevano suggerito di fare. Nel mentre, si udiva ancora la voce del castellano che annunciava il seguito dell'Inquisizione, ma Charleene non distolse mai lo sguardo dal volto di Celene, che, con grazia, attese che l'elfa le si avvicinasse.

“Lady Inquisitore, vi do il benvenuto nel mio palazzo ed è un onore per me avervi come ospite a questo ballo. Spero che l'Orlais sia di vostro gradimento.”

Charleene fece un cortese inchino prima di replicare:

“L'onore è mio, imperatrice. Non ho mai visto nulla di così stupendo e maestoso del vostro palazzo e il trovarmi qui mi lascia senza parole per la gratitudine e la gioia.”

L'imperatrice apparve soddisfatta da tali parole, tant'è che accennò con fare soddisfacente un lieve sorriso, prima che potesse proseguire:

“Sono lieta di udire tali vostre parole. Permettetemi di presentarvi mia cugina, la Granduchessa Florianne. Se non fosse stato per lei, questo ricevimento non avrebbe avuto luogo in un modo così elegantemente presentato.”

Charleene scambiò un breve saluto anche con lei, prima di essere raggiunta dal Granduca Gaspard che con fare sbrigativo e quasi insistente disse all'imperatrice:

“Cara cugina, abbiamo molto di cui discutere.”

“Non ora, Gaspard, per le faccende importanti avremo tempo più tardi, se non vi dispiace.”

Detto questo, Celene non sembrò avere alcuna intenzione di proseguire il discorso, per cui il Granduca non poté fare altro, se non aspettare.
Finita quella breve conversazione, l'Inquisitore fu approcciata da Leliana, la quale desiderava scambiare due parole in privato:

“Ho delle informazioni importanti riguardo alla nostra Celene: gira voce che abbia un debole per l'occulto, tant'è che ha un consigliere a corte, esperto in materia.”

“Mi stai dicendo che l'imperatrice ha tra il suo entourage un mago?”

“Esattamente. E credo che non nuocerebbe avere un colloquio anche con lui o lei, chiunque sia. Per cui vi suggerirei di incominciare le vostre indagini nell'ala degli ospiti, ma state attenta. La Corte noterà se mancherete per troppo tempo, perciò siate rapida.”

“Va bene, grazie per le informazioni, Leliana, lasciate fare a me.”

E così, Charleene per tutto il tempo del ballo dovette giostrarsi tra il dover parlare con diversi nobili, mantenendo la sua regale e giusta immagine di Inquisitore, e l'indagare nelle varie ali del palazzo interdette agli ospiti.
Tra una ricerca e l'altra ebbe comunque il tempo di chiacchierare brevemente con tutti i suoi membri dell'Inquisizione, meno che uno: non le fu difficile notare che il Comandante Cullen, per tutta la sera, era sempre circondato da diversi nobili, sia donne che uomini, che mostravano un peculiare interesse verso di lui. Solo per un breve istante l'elfa riuscì a incrociare il suo sguardo, che le implorava aiuto, ma Charleene non si sentiva così sicura e fiduciosa di entrare in conversazione con altri nobili umani, per cui non poté che ricambiare quei suoi occhi dorati e proseguire con la sua missione.
Dopo diverse ore, l'Inquisitore era riuscita a raccogliere indizi che infangavano la reputazione sia del Granduca che dell'Ambasciatrice degli elfi, per cui si trovava di fronte ad un dilemma: come avrebbe aiutato a risolvere quel garbuglio politico? Tuttavia, non era ancora il momento di pensarci perché il vero attentatore alla vita dell'imperatrice era ancora ignoto. Fu solo quando l'elfa e il suo gruppo si trovarono in uno dei giardini interni del palazzo che si svelò tutta la verità: la persona responsabile altri non era che la Granduchessa Florianne, la quale si era lasciata traviare dall'ambizione e dal prestigio che Corypheus le avrebbe fatto ottenere se avesse assassinato sua cugina. Dopo una lunga e sanguinosa battaglia, la colpevole venne arrestata, per cui la vita di Celene era salva. Inoltre, Charleene propose una riappacificazione tra i tre esponenti politici: l'imperatrice, Gaspard e Briala, i quali sembrarono disposti a tale accordo, almeno per il momento.
Tutto si era risolto per il meglio e l'elfa ebbe finalmente un momento per riprendere fiato, sulla balconata del Palazzo. Tuttavia, a breve venne raggiunta dal tanto misterioso consigliere mago di Corte:

“Bene, bene, cosa abbiamo qui? L'eroe della serata.”

Charleene alzò lo sguardo e vide una bellissima donna dai capelli neri come la pece, occhi di un oro molto acceso ed elegantemente vestita.

“Immagino che voi siate la maga, consigliera di Corte dell'imperatrice, o sbaglio?”

“Molto perspicace, vedo. Ebbene sì, potete chiamarmi Morrigan e l'imperatrice ha offerto i miei servigi all'Inquisizione come segno di gratitudine e come aiuto per la causa.”

“E di che utilità potreste mai essermi? Siete un'esperta dell'occulto: ciò vuol dire che siete una maga del sangue?”

“Bah, magia del sangue, sempre vista sotto una cattiva luce. Comunque no, non lo sono. Diciamo che sono esperta di un tipo di magia molto antica, difficile da spiegare, ma che vi tornerà molto utile, se volete sconfiggere questo Corypheus.”

Dopo un breve momento di riflessione, l'elfa semplicemente disse:

“Benvenuta nell'Inquisizione.”

“Grazie, Inquisitore. Ora vogliate scusarmi, ma sono richiesta altrove. Ci rivedremo a Skyhold”, e se ne andò, lasciando nuovamente sola Charleene.

Proprio mentre Morrigan rientrava nel palazzo, due figure erano interessate a parlare con l'Inquisitore: da una parte c'era il Comandante e dall'altra il Custode Blackwall. Tuttavia, fu quest'ultimo ad avere la meglio, in quanto il primo venne nuovamente fermato da un altro gruppo di nobildonne.

“Come mai siete qua fuori, quando dentro non aspettano altro che congratularsi con voi per aver salvato l'imperatrice?”

L'elfa si voltò, vedendo la preoccupazione sul volto vissuto del Custode, prima di ritornare a squadrare l'orizzonte, persa nei propri pensieri: sentiva un senso di delusione perché non era lui la persona che avrebbe voluto lì con lei in quell'istante, ma ben sapeva quale fosse il motivo per cui ora c'era Blackwall e non Cullen.

“Sto solo riprendendo fiato. Serata lunga e difficile.”

Il Custode le si avvicinò, appoggiandosi alla marmorea ringhiera accanto a lei, e, involontariamente, le accarezzò la schiena, in segno di conforto. Lei, a quel contatto, si irrigidì, facendolo capire anche a lui che, immediatamente, si staccò.

“Perdonatemi, non intendevo--”

“Sì, lo so, Blackwall, tu non intendi mai nulla.”

Furono parole amare quelle che uscirono dalla bocca dell'elfa, ma non se ne pentì: ormai ne aveva avuto abbastanza di quel suo carattere altalenante e poi ora aveva ben capito che lui non era l'uomo che voleva con sé.
Preso da un improvviso coraggio, lui le prese le mani nelle sue e la guardò intensamente negli occhi, prima di rivolgersi a lei. Ciò che entrambi non sapevano, però, era che erano ascoltati da un'altra figura che, finalmente, si era liberata di ogni ostacolo nobiliare e si trovava all'entrata del balcone, ma che, vedendo che era stata preceduta, ora si era fermata sia per rispetto sia per una strana curiosità, mista a gelosia, non appena vide le loro mani incontrarsi.

“Mi dispiace di essere stato uno stronzo nei vostri confronti, ma il motivo è che vi amo immensamente, Lady Inquisitore. Il problema, però, è che non sono la persona che credete e voi meritate molto di più di uno come me. L'unica cosa che vi vorrei chiedere è un ultimo bacio prima che il nostro rapporto ritorni esclusivamente professionale.”

Detto questo lui iniziò a chiudere la distanza che li separava, ma all'ultimo istante lei distolse lo sguardo e si allontanò da lui.

“Non posso. Ormai è tardi Blackwall, da parte mia il nostro rapporto è già professionale da diverso tempo, per cui non posso adempiere alla tua richiesta, mi dispiace.”

Lei gli voltò le spalle, in modo che lui capisse che se ne doveva andare, senza aggiungere altro, e così lui fece, dopo essere stato immobile per qualche secondo in modo che potesse metabolizzare quel rifiuto così freddo. Rientrando a palazzo non poté non incrociare la strada con il Comandante che si trovava ancora nel punto di prima: si scambiarono un brevissimo sguardo, ma che fece capire loro chi era il vincitore e chi invece aveva subito la sconfitta.
Ora fu il turno di Cullen di avvicinarsi all'Inquisitore:

“Non pensavo di non essere l'unico a cui hai rubato il cuore, ma non dovrei stupirmi: sei una persona così incantevole.”

Lei si girò, riuscendo finalmente a vedere e a parlare con l'unica persona che era davvero importante per lei, tant'è che non poté sopprimere un flebile sorriso, subito sostituito da una forte preoccupazione:

“Hai sentito tutto?”, il panico iniziava già ad avere la meglio, ma lui la guardò serenamente, prendendola tra le braccia.

“Tranquilla, la mia parte preferita è stata il tuo rifiuto, perché mi hai ulteriormente convinto dei tuoi sentimenti e questo è sufficiente. Anche perché se ti avesse anche solo sfiorato le labbra, l'avrei riempito di botte.”

Charleene rise a quelle sue parole, contenta per il fatto che Cullen fosse geloso: significava che ci teneva davvero e questo la fece sentire al settimo cielo.

“Anche da parte tua, spero che nessuna di quei nobili ti abbia convinto con una proposta di matrimonio conveniente o quant'altro; non lo potrei mai permettere.”

“Ah ah, no mai. Se mai mi sposerò sarà per amore e nient'altro.”

I loro occhi si intrecciarono gli uni negli altri, prima che i loro volti si unirono in un dolce e delicato bacio, che suggellava il loro sempre più crescente amore e affetto.

“Che ne dici di trovare un luogo appartato? É tutta la sera che desidero averti tutta per me.”

“Ma come facciamo? Molti nobili vorranno parlare con noi.”

“Che vadano al diavolo, mi hanno tenuto lontano da te anche troppo!”

Ciò la convinse e, mano nella mano, sgattaiolarono in una delle stanze degli ospiti, nella quale si trovava un enorme, regale e, molto probabilmente, costoso letto. Chiusa a chiave la porta, non passò un secondo che i due iniziarono a baciarsi appassionatamente, colmin di bramosia uno per il corpo dell'altra e viceversa.

“Per quanto vorrei che questo durasse per sempre, dobbiamo fare alla svelta: potrebbero scoprirci.”

“Andiamo, Charleene, un po' di senso d'avventura. E poi, il rischio rende il tutto più eccitante.”

“Questo è un lato di te che non avevo mai visto, Cullen.”

“È l'effetto che hai su di me.”

Le riempì il collo di delicatissimi baci mentre iniziava a sollevarle il vestito, accarezzandole le cosce, posandola sul letto. Nel frattempo, lei gli slacciò i pantaloni, dove il membro di lui era già pronto per farla godere di passione. In un attimo furono un corpo solo, i movimenti perfettamente armonizzati, in un ritmo sempre più incalzante, ricco di gemiti di piacere da parte di entrambi. Ogni tanto si scambiarono dei violenti baci, lei che intrecciava le dita nei capelli di lui, stringendolo a sé. Lui, di rimando, era riuscito a liberarle il seno dal vestito e aveva iniziato ad accarezzarglielo e a stimolarlo con la lingua, aumentando così l'eccitazione di lei. L'amplesso culminò con l'orgasmo da parte di entrambi, il seme di lui si mischiava ai fluidi di lei, scaldando il suo interno coscia. Restarono ancora abbracciati per alcuni istanti, gli ultimi sospiri di piacere che uscivano dalle loro labbra. Successivamente si alzarono, risistemandosi, pronti per ritornare al ricevimento.
Tuttavia, prima di uscire dalla stanza lei gli sussurrò:

“Hai ragione, il rischio è eccitante.”

Lui le sorrise, fiero e soddisfatto, offrendole il braccio:

“Mylady, andiamo?”

“Con piacere”, lo prese sottobraccio e insieme tornarono ad affrontare gli occhi malvagi della nobiltà, ma questa volta Charleene non li vide come giudicatori: erano semplicemente occhi come tutti gli altri e, in più, l'uomo più ardito tra le nobildonne era lì al suo fianco ed era solo suo.

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Capitolo 8
*** In fumo ***


..Ormai è tardi, Blackwall... non posso adempiere alla tua richiesta, mi dispiace..”, le parole di Charleene risuonavano ancora nella mente del Custode, come se gliele ripetesse all'infinito e ogni volta era una sofferenza che ricominciava in un circolo perenne di infelicità e sconforto. La sua costante insicurezza e la sua vincolante indecisione gli avevano impedito di possedere la creatura più bella di tutto il Thedas. Aveva aspettato troppo a lungo e, ora, lei gli aveva voltato le spalle, forse per sempre.
Mentre l'Inquisizione compiva il suo viaggio di ritorno verso Skyhold, egli non poté più in un certo senso capire perché facesse ancora parte di essa: certo, la causa per cui si combatteva era degna di rispetto ed onore, quanto basta per seguirla, anche con orgoglio, ma ormai Blackwall aveva perso quella convinzione. I sentimenti che sentiva nei confronti dell'Inquisitore, ora non più corrisposti, lo avevano deviato dal motivo originario per il quale aveva deciso di aiutare a sconfiggere il male che Corypheus stava recando a tutto il mondo. Era sempre più convinto che l'Inquisizione potesse fare a meno di lui, ma d'altro canto non se la sentiva ancora di mollare ogni cosa: voleva comunque combattere, il suo essere un guerriero, alla fine, glielo comandava! No, non era ancora il momento di andarsene e, anche se il probabile amore della sua vita lo aveva rifiutato definitivamente, lui doveva rimanere concentrato e professionale.

Non devo lasciare che i miei sentimenti mi offuschino la mente! Non lo permetterò!

E così riuscì a fare, almeno per un po' di giorni, giorni durante i quali tutta Skyhold era in fermento, dato che ognuno si stava preparando per andare in battaglia: era quasi giunto il momento di assediare la Fortezza dei Custodi di Adamant, nella quale l'ordine era sospettato di ricorrere alla magia del sangue per creare un esercito di demoni al seguito di Corypheus.
L'Inquisitore aveva richiesto nuovamente la sua presenza, in quanto fosse egli stesso un Custode, ma anche perché lui l'aveva pregata di portarla con sé: desiderava più che mai fermare quell'oscenità, quasi incredulo che l'onore del suo amato ordine fosse andato in malora a causa delle lusinghe dell'Antico.
Il giorno della partenza arrivò: il sole era stranamente coperto da nuvole alquanto scure, che di certo non promettevano un clima piacevole, come se la stessa Andraste fosse in subbuglio per ciò che si stava per compiere a pochi giorni di cammino. Blackwall stava per unirsi al resto del gruppo, che in questo caso comprendeva, oltre a lui, il nano Varric, il quale insistette per venire, data la presenza del mago Hawke, e il mago Dorian, ovviamente: ormai egli era una presenza fissa al fianco dell'Inquisitore. Certamente, logisticamente parlando, tale gruppo non era una delle formazioni migliori visto che Blackwall si sarebbe trovato solo in prima linea a dover combattere, ma comunque sentiva che avrebbe avuto sempre ed in ogni momento le spalle coperte. Il Custode si sentiva carico, pronto alla battaglia, ma non poteva mai essere preparato a ciò che vide poco prima che l'Inquisizione si mettesse in marcia: probabilmente pensando di non essere visti, Charleene e il Comandante Cullen si erano defilati dal resto dell'esercito per parlare privatamente. Colto dalla curiosità e, lo dovette ammettere, anche da un pizzico di gelosia, Blackwall non riuscì a trattenersi e volette origliare il loro breve colloquio.

“Sei certa che tale strategia funzionerà? La fortezza di Adamant ha resistito per secoli a numerosi assedi ed attacchi; è praticamente inespugnabile.”

Le permette di darle del tu.. proprio come temevo... Lo sconforto stava già prendendo piede nell'animo del Custode.

“Quali altre alternative abbiamo? Questo è l'unico modo!”

“NO! Ci deve essere qualcos'altro a cui possiamo pensare, un altro metodo di attacco che non ti veda in prima linea, non appena riusciremo a sfondare le porte della fortezza.”

“Cullen..”, l'elfa non aggiunse altro e, semplicemente, lo strinse a sé, “apprezzo la tua preoccupazione, ma stai tranquillo, non ho intenzione di morire in questa battaglia. Starò attenta, promesso.”

Lo guardò direttamente negli occhi, cercando di rassicurarlo e lui, come conferma di questo suo intento, la baciò in fronte, prima di dire: “Per favore, stai attenta.”

“Anche tu.”

Si scambiarono un lieve e veloce bacio prima di ricongiungersi al resto dell'esercito e dare inizio al viaggio.
Blackwall assistette a tutta la scena e, man mano che ascoltava e vedeva, sentì il proprio cuore sgretolarsi sempre più in mille pezzi: a causa delle sue continue insicurezze, un altro uomo era arrivato a catturare le attenzioni e gli affetti di Charleene. Insieme alla disperazione, egli sentì anche ribollire dentro di sé una rabbia che rischiava di divenire incontrollabile.

Sono un IDIOTA! É tutta colpa mia!

Sbattè più volte i pugni contro la trave di legno dietro la quale si era nascosto per udire la conversazione appena avvenuta, dopodiché ebbe come un'illuminazione, come se finalmente le due parti che combattevano al suo interno fossero giunte ad un accordo: non poteva accettare di perderla!

La amo troppo per lasciarla andare. La riconquisterò! Posso ancora riuscirci!

Inoltre, non poteva esserci occasione migliore del combattere fianco a fianco in un'ardua impresa come l'assedio ad Adamant: standole accanto in battaglia, magari anche cercando di salvarla e coprirle le spalle a sua volta, l'elfa si sarebbe ricreduta sui propri sentimenti.

Una cosa è certa: il suo bel Comandante non potrà stare con lei, visto che deve dirigere le altre truppe. É la mia occasione!

L'Inquisizione si mise finalmente in viaggio, ovviamente Charleene era in testa insieme ai propri consiglieri: questo includeva anche Cullen e al Custode, marciando poco dietro di loro, non sfuggì i continui sguardi che i due si lanciavano e i brevi sfioramenti delle loro mani. Ciò non fece che aumentare la frustrazione e la gelosia in Blackwall, tant'è che non riuscì ad attendere la battaglia per poter dimostrare quanto tenesse all'elfa: decise piuttosto di cercare di parlarle di nuovo una sera, nel momento in cui si sarebbero accampati per la notte.
Per sua fortuna, riuscì a cogliere l'Inquisitore in un attimo di tranquillità, dove lei si trovava sola ad ammirare la steppa sconfinata che li circondava. Con cautela le si avvicinò, annunciandosi in modo da non spaventarla.

“Potrei scambiare due parole con voi, Lady Inquisitore?”

Lui vide che nello sguardo di quei grandi occhi turchesi vi era ancora qualche traccia di freddezza e risentimento: lei non sopportava ancora del tutto l'idea di trovarsi sola con lui, per cui Blackwall capì che doveva scegliere con massima attenzione le sue prossime parole, nel caso lei avesse acconsentito.

“D'accordo, ma sii rapido.”

Phew.. poteva andare peggio.

“Vorrei, tuttavia, premettere che non è una questione riguardante l'Inquisizione.”

“Pensavo avessimo chiarito tutto al Palazzo d'Inverno.”

“É quello che credevo anche io, ma..”, esitò, prendendo tempo al fine di trovare le parole giuste che non la facessero allontanare nuovamente da lui, “..non riesco a non pensare a voi. Ogni secondo di ogni giorno rimprovero me stesso per aver lasciato che le mie insicurezze mi abbiano portato via da voi. Non immaginate quanto io me ne penta e vorrei rimediare perché, ora più che mai, sono sicuro di quello che provo per voi e non rinuncerò facilmente.”
Un profondo sospiro lasciò le sue labbra, come se finalmente un enorme peso se ne fosse andato. Tuttavia, lei si limitò a guardarlo per un tempo che sembrò infinito, gli occhi che incominciarono a farsi lucidi.

Ecco, mi sono espresso male di nuovo: riesco solo a farla soffrire.

Lei gli diede le spalle, presumibilmente perché non voleva che lui la vedesse crollare in lacrime, sebbene lei fu in grado di formulare una semplice domanda, senza voltarsi:

“Perché arrivi sempre nei momenti sbagliati?”

Lui non seppe come replicare, per cui lei si girò, portandosi a pochi centimetri da lui, gli occhi così furenti, ma allo stesso che minacciavano di sgorgare lacrime da un momento all'altro, e prosegì il discorso:

“Perché mi dici questo ora? Dove nascondevi tali parole quando io ero disposta a tutto per stare con te?! Ho avuto molta pazienza con te, Blackwall, ma ormai l'ho esaurita. Sono andata avanti, sia perché ho un dovere da svolgere per conto di questa dannata Inquisizione, per colpa di questo stupido marchio, sia perché io voglio un vero uomo accanto a me, che mi aiuti nei momenti difficili e che mi sostenga; un uomo che sappia essere deciso quando vede che io dubito di me stessa e del mio ruolo. Ora ho capito che quell'uomo non sei tu! Hai tirato troppo la corda mentre giocavi <>, <>. Sono stanca di tutto questo, Blackwall! Sono stanca di te!”

Charleene fece per andarsene, ma lui l'afferrò per il polso e la tirò a sé, unendo le loro labbra in un bacio duro e forzato. Ciò colse l'elfa di sorpresa, ma non passò molto prima che si staccasse da lui e gli diede un forte schiaffo sulla guancia.

“Amo un altro, probabilmente da ancor prima di provare attrazione per te. Non osare più toccarmi!”

“Cos'ha il Comandante che io non ho?”, vide gli occhi lei sbarrarsi per un breve istante, “Oh sì, so che è lui <>, vi ho visti due giorni fa a Skyhold prima di partire.”

“Quindi mi spii pure adesso? Lasciami in pace, Blackwall.”

“Non mi hai risposto!! Cos'ha lui più di me? RISPONDIMI!”

“Non rivolgerti a me con questa confidenza e, per tua informazione, anche lui ha i suoi tormenti, ma non ha esitato a parlarmene e insieme stiamo cercando di risolverli. Inoltre, lui ci tiene veramente e capisce quando non devo stare sola con il mio dolore e con i miei pensieri.”

“Bah! É questo è bastato perché tu scegliessi lui? Sembra quasi che tu ti sia accollata un altro peso.”

“Non potrei mai esserle un peso, è l'ultima cosa che vorrei.”, una terza voce entrò nel discorso ed essa apparteneva al Comandante, il quale aveva sentito la ormai animata discussione tra i due e non resistette a non intervenire, dato che era stato tirato in causa e comunque visto che un altro uomo stava infastidendo la propria amata. Cullen si mise tra lui e Charleene, offrendole il proprio sostegno e protezione e, infatti, lei si avvinghiò al suo braccio, in segno di aiuto e supporto, un senso di tranquillità che iniziava già a diffondersi in lei, ora che il suo uomo, il suo eroe era lì.

“Se non vi dispiace, Comandante, questa è una conversazione privata”, affermò il Custode, un ghigno d'indignazione che gli segnava il volto.

“Non credo, visto che avete pronunciato il mio nome e voglio essere franco con voi: se sfiorerete anche solo un capello alla mia Charleene, non esiterò a farvi molto del male.”

“Io non rinuncerò così facilmente a lei: io l'amo!”

“Ma mi sembra di capire che lei non vi ricambi, per cui non vedo altra soluzione se non quella in cui voi la – anzi, ci – lasciate in pace.”

“Ho scelto lui, Blackwall, perché mi rende felice, nonostante la situazione nella quale ci troviamo. Per cui, se dici davvero di amarmi, lasciami essere felice, ti prego! Vedrai che troverai anche tu qualcu--”

“IO VOGLIO VOI E NESSUN ALTRO!”

Accecato ormai dalla rabbia, il Custode sfoderò la sua spada, imitato all'istante dal Comandante.

“Stai indietro, Charleene!”, Cullen spinse lontano da sé l'elfa, in modo da avere agio di prepararsi all'imminente duello.

“Non dovremmo combattere tra di noi, non sono io il vostro nemico, Custode Blackwall.”

“Oh, sì che lo siete, magari non nell'Inquisizione, ma siete il mio rivale in amore e questo mi è sufficiente!”

Detto questo, fu il primo ad attaccare, ma il Comandante parò senza problemi, intuendo perfettamente la mossa dell'altro e rispose con un'ulteriore serie di fendenti che fecero indietreggiare il Custode. Tuttavia, quest'ultimo non si perse d'animo e non permise che nessuno degli attacchi di Cullen andassero a segno. Finalmente vide uno spazio nella difesa del suo avversario e ne approfittò, graffiandogli il fianco; il Comandante barcollò per un breve istante, ma si ricompose quasi immediatamente e non si arrese ancora. Fu un duello ricco di tensione, mai una volta ci fu un attimo di stallo tra i due: era un continuo scambio di attacco-difesa che non sembrava giungere a nessuna conclusione.
Charleene rimase pietrificata ad osservare la scena, gli occhi sbarrati e le gambe che non avevano intenzione di muoversi; ormai entrambi gli uomini respiravano pesantemente per lo sforzo ed erano pieni di piccoli tagli per tutto il corpo. Doveva porre fine a tutto questo e, finalmente ripresasi da quel momento di immobilità, le venne in mente un unico modo per risolvere la faccenda: si accorse che teneva nella tasca del suo mantello ancora una bomba fumogena che decise di scagliare in mezzo ai due duellanti, in modo che la loro vista si offuscasse quanto bastava affinché lei potesse disarmali, grazie alle sue notevoli velocità e furtività da elfo. Non appena il fumo si dissipò nell'aria, sia Blackwall che Cullen la osservarono stupiti.

“Ora basta! Vi prego, di problemi ce ne sono già abbastanza. Ora, in quanto Inquisitore, vi dico io come sistemare una volta per tutte questa storia, e ve lo dico come un ordine, intesi?”

Li guardò aspettandosi una risposta o comunque un segno di assenso da parte d entrambi, il quale da parte del Comandante non tardò ad arrivare, mentre richiese più tempo da parte del Custode, anche se alla fin fine cedette anch'egli.

“Custode Blackwall, dato il vostro coinvolgimento troppo emotivo, vi ordino di fare ritorno a Skyhold con un messaggero e un piccolo gruppo di soldati, e al vostro posto voglio che venga mandata la Cercatrice Cassandra. Forse, nel frattempo che noi compiremo la nostra missione ad Adamant, voi avrete il tempo per schiarirvi le idee. Infine, se al rientro da questa battaglia, voi tenterete nuovamente di approcciarmi per motivi che non concernano esclusivamente l'Inquisizione, non esiterò a bandirvi da essa, per quanto mi dispiacerebbe perdere un valoroso alleato come voi. É tutto chiaro?”

Il Custode stentò a credere che lei intendesse davvero tutto quello che aveva appena detto, ma non volle peggiorare ulteriormente la situazione, per cui fece un cenno col capo per far capire che aveva inteso perfettamente gli ordini impartitigli.

“Come Lady Inquisitore desidera.”

Non aggiunse altro e si mise subito in viaggio di ritorno: ciò che aveva pianificato era andato già in fumo prima ancora che lo mettesse in atto e tutto perché non ebbe abbastanza pazienza.

Stupido! Si sa che i fatti parlano più delle parole stesse. Perché non ho aspettato? Ora l'ho davvero persa.

Ma, nonostante tutto, non voleva ancora cedere, come se ormai l'amore che provava per l'elfa lo avesse posseduto completamente.

Lei sarà mia.


N/A: chiedo scusa se questo capitolo è leggermente più corto di altri, ma sono nel bel mezzo della sessione d'esami e in più sto avendo una sorta di "blocco dello scrittore" su come continuare. Quindi se qualcuno avesse idee, proposte, consigli, me lo faccia sapere con una recensione, grazie mille e spero vi sia piaciuto il capitolo!!
 

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Capitolo 9
*** Tu chi ami? ***


“Stai bene?”, Charleene avvolse le proprie braccia intorno al Comandante, preoccupata e dispiaciuta per tutto quello che era accaduto poco prima.

“Dovrei portela io tale domanda.”

Lui era ricoperto da piccoli tagli che il Custode gli aveva provocato in duello, il peggiore e più profondo dei quali si trovava sul fianco sinistro: il Comandante cercava di contenere la propria sofferenza, al fine di non agitare ulteriormente l'elfa o comunque per non farla sentire in colpa. Tuttavia, il dolore era lancinante e lei lo intuì, nonostante i suoi sforzi.

“Lascia che guardi quel taglio, per favore. Almeno ti posso mostrare la mia gratitudine per avermi difeso e combattuto per me.”

“Non devi mostrarmi niente, Charleene, era il minimo. Farei qualunque cosa, anche morire.”

“No! Non dirlo mai più!”

“Cosa?”

“Che moriresti! Non dirlo: è l'ultima cosa che vorrei. Rimani al mio fianco, d'accordo?”

Lui non riuscì a non sorriderle, seppur lei avesse gli occhi lucidi, ormai prossimi alle lacrime, completamente prigioniera della propria frustrazione. Era così bella anche in quello stato e l'affetto che sentiva per lei crebbe ancora di più, dopo aver assistito ad una serie di espressioni che solo la sua elfa era in grado di fare.

“Va bene, ehi, ehi..”, la prese tra le sue braccia, “tranquilla, sono qui e ci rimarrò sempre.”

Lei non resse oltre: lasciò che tutto l'insieme di nervosismo, disperazione e sofferenza la travolgessero in un fiume di lacrime e singhiozzando disse:

“È colpa mia.. è tutta colpa mia, scusami!”

E si allontanò immediatamente, gli occhi ancora colmi di lacrime; non sopportando più l'idea di essere stata la causa di quei tagli, scappò verso la sua tenda, lasciando il Comandante solo e impietrito da questa sua improvvisa azione.

I giorni passarono, la marcia verso Adamant era ormai finita, tanto che la fortezza era già in bella vista a pochi chilometri di cammino, e per tutto il tempo Charleene si era rifiutata di parlare con tutti, a meno che non fosse per motivi strettamente logistici o riguardanti l'Inquisizione, come la notizia che finalmente la Cercatrice Cassandra li aveva raggiunti, sostituendo il ruolo del Custode. Quest'ultima aveva tentato di sapere la motivazione di tale cambio di idea, ma non ricevette risposta, per cui si rassegnò pensando al proprio imminente dovere. D'altra parte, invece, il Comandante non riusciva ancora a trovare una ragione per il comportamento dell'elfa: certo, era comprensibile il fatto che lei in parte si sentisse in colpa per quanto accaduto, ma ciò non giustificava i giorni di totale silenzio verso di lui. Svariate volte egli aveva cercato di approcciarla per chiarire la situazione, ma lei trovava sempre una scusa o semplicemente lo evitava; era a causa di questo che Cullen non riusciva a darsi pace! Voleva sapere, aveva bisogno di sapere, perché pensieri tenebrosi offuscavano la sua mente, pensieri che instillavano in lui la paurosa certezza che lei lo stesse allontanando di proposito, che non volesse più che la loro relazione continuasse, e questo non lo poteva accettare. Non poteva e non voleva: l'amava troppo per sopportare l'idea di non averla. Solo una volta gli era capitato di provare sentimenti simili, ma risalivano a parecchi anni prima, quando era ancora un templare nel Circolo di Calendhal, dove una maga aveva catturato il suo cuore e sembrava ricambiarlo. Tuttavia sarebbe stata una relazione proibita, che avrebbe portato entrambi alla morte – lei sicuramente, per cui, quella volta, aveva soppresso ciò che provava e aveva proseguito con la propria vita, seppur il ricordo di quella donna aleggiasse ancora nella sua mente, tra i più reconditi pensieri. Con Charleene, però, anche se sempre di attrazione si parlava, fu diverso in un certo senso, perché ora lui non si sentiva e non era in grado di rinunciare. Quell'elfa aveva lasciato un'impronta sul suo cuore impossibile da cancellare e, comunque, Cullen non aveva alcuna intenzione di farlo.
In ogni caso, il suo animo turbato doveva attendere: il momento della battaglia era giunto e doveva concentrarsi, in quanto l'assedio sarebbe stato arduo, impegnativo e di non breve durata.
E così si rivelò: quello ad Adamant fu un conflitto a dir poco sanguinoso, che causò numerose perdite sia tra le file dei Custodi che tra quelle dell'Inquisizione. A questo si aggiunse anche il fatto che la temporanea alleanza formataasi tra il Comandante dei Custodi, la maga Clarel, e il malefico Livius Erimond, noto servitore di Corypheus, aveva fatto sì che il drago-arcidemone personale dell'Antico si aggiungesse alla battaglia. Tuttavia, la Comandante si era ricreduta sulle proprie convinzione e, alla fine, aveva aperto gli occhi su ciò che aveva causato al proprio ordine, verso il quale provava un onore ed uno orgoglio smisurati. Fu lei, per questo, la prima ad attaccare il proprio alleato e la mostruosa creatura, seppur questo le diede la morte in battaglia, nonostante l'ultimo suo attacco avesse ferito l'animale, che, tuttavia, aveva fatto crollare la fortezza, facendo in modo che l'Inquisitore e il suo gruppo venissero risucchiati nell'Oblio.
Questa fu un'esperienza unica e quasi impossibile da raccontare con certezza perché a tutti è noto quanto tale “regno” fosse un'incognita, quanto fosse peculiare e diverso per ciascuno che vi entri. Ciononostante, il gruppo riuscì ad uscirne, anche se con una persona in meno: il Custode Stroud si era sacrificato al fine che gli altri potessero sopravvivere.
Una volta ritornati nel mondo dei vivi, a Charleene toccò l'incarico di informare i Custodi su quanto successo e di decidere se condannarli all'esilio o meno: riflettendoci mentre parlava, in conclusione decise che l'Inquisizione aveva comunque bisogno di tutto l'aiuto possibile, per cui, anche se la sua scelta avesse poi dato luogo a disaccordi e divergenze interni, formò un'alleanza con l'ordine e, in seguito, iniziò il viaggio di ritorno a Skyhold.

Una notte, mentre tutti riprendevano fiato dalla marcia riposando tranquillamente nelle proprie tende, Charleene si trovava ancora in una situazione di totale insonnia, la quale l'aveva spinta a recarsi verso una roccia che si affacciava sul mondo che aveva intorno e sulla quale si sedette, osservando e in un certo senso ammirando l'orizzonte illuminato da una lattea luna piena e da infinite stelle. Non ebbe un pensiero o una preoccupazione in particolare, dati comunque tutti gli eventi che erano accaduti, ma ciononostante vi era un qualcosa nella sua mente che le impediva di essere tranquilla. Le Divinità elfiche vollero che lei, in quel momento, venisse raggiunta da un'altra persona, l'unica che probabilmente sarebbe stata in grado di risollevare e di consolare l'animo dell'elfa: il mago Dorian.

“Ehi, fatica a dormire?”

Lei si voltò, accorgendosi della sua presenza e, la sola vista del suo più caro amico dell'Inquisizione la fece sospirare, come se il fatto che lui fosse lì con lei le avesse già tolto un peso.

“Dorian.. non solo a dormire, purtroppo.”

“Oh, adoro quando sei confusa dai tuoi stessi pensieri, mia cara: fai uscire il lato di me che preferisco.”

“E sarebbe?”

“Quello curioso, ma anche confortante, ovviamente. Quale, se no?”

Charleene era grata dell'atteggiamento che Dorian riservava solo nei suoi confronti e ciò le provocò un sorriso, colmo di serenità e di sicurezza perché sapeva bene che Dorian ci sarebbe stato nel momento del bisogno, ci sarebbe stato sempre per lei. Notando questa reazione, lui le si avvicinò, accomodandosi accanto a lei sulla roccia, per quanto essa lo fosse, e dolcemente le chiese:

“Me ne vuoi parlare?”

Lei lo guardò, gli occhi già lucidi ancor prima di aprir bocca, e semplicemente annuì, appoggiando la sua testa sulla spalla di lui.

Passarono insieme quasi tutta la notte a parlare e,quando ormai il sole iniziava a spuntare tra le lontane montagne, Dorian trasse le proprie conclusioni:

“Per quanto trovi intrigante ed eccitante il fatto che tu ti sia infilata in un triangolo amoroso che sembra non avere uscita, voglio porti una semplice domanda, in modo da farti capire e convincere di ciò che provi. Posso?”

“Devi, se pensi che questo possa aiutarmi.”

Tu chi ami?”

Charleene distolse lo sguardo dall'amico per osservare come il sole avesse ormai tinto il cielo di un arancio spettacolare, lasciando che potesse digerire tale domanda e tentare di trovare una risposta dentro di sé: l'avesse posta tempo fa, lei sarebbe stata certa della risposta, ma ora aveva paura, paura che i suoi sentimenti portassero solo dolore e sofferenza sia a lei che alle persone più care, per cui una parte del suo animo voleva reprimere tali emozioni, per il bene di tutti. Riflettendo profondamente su questo, non si accorse che Dorian non era più accanto a lei; preoccupata, lo cercò nei dintorni, ma poi capì che l'aveva lasciata sola di proprosito.

Tipico di Dorian.

Tuttavia, le sue parole risuonavano ancora nella sua testa, e perseverarono anche quando finalmente l'Inquisizione fu di ritorno a Skyhold: in realtà, lei sapeva perfettamente chi amava; ciò che le causava incertezza e ciò che comunque l'aveva isolata da tutti gli altri, compreso il Comandante, fu il timore che, lasciandosi andare ai propri sentimenti, lei non avrebbe portato felicità né a se stessa né tanto meno a chi era certa di amare.
Al fine di schiarirsi le idee in modo tale da trovare una soluzione, Charleene passava le poche ore libere a disposizione a passeggiare lungo i bastioni di Skyhold: l'aria fresca e la possibilità di ammirare la natura intorno a sé e verso l'orizzonte l'aveva sempre aiutata in tal senso. Tuttavia, un giorno, ebbe la calamità di incrociare la strada con l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto vedere: il Comandante era accompagnato da due guardie, probabilmente mentre si stava dirigendo a consegnare un rapporto ad una delle altre due Consigliere. Quando i loro occhi si incontrarono, il mondo sembrò fermarsi, come se non esistesse altro in quell'istante se non loro due e tutto ciò che non si erano potuti dire, per colpa del muro che l'elfa aveva eretto tra di loro.

Cullen fu il primo a ricomporsi e, rivolgendosi alle guardie, disse:

“Andate avanti anche senza di me, tanto avete ben chiaro cosa fare e dire, giusto?”

“Sissignore, Comandante”, risposero in coro e se ne andarono immediatamente, lasciandoli finalmente soli.

Fu sempre lui ad interrompere il silenzio, sebbene non sapesse cosa dire con esattezza:

“Hai tempo per parlare?”, fu semplicemente questo che uscì dalle sue labbra.

Lei esitò per un attimo, incerta e non rivolgendogli lo sguardo, ma alla fine annuì e, insieme, si accostarono alle mura, in modo da rendere ancora più privata la loro imminente conversazione.

“Di cosa desidereresti parlare?”, gli chiese lei, anche se era ben consapevole di quale sarebbe stato l'argomento.

“Ecco, so che magari ti suonerò insistente o pressante, ma vorrei tanto sapere perché mi stai evitando?”

“Non ti sto evitando, Cullen.”

“Charleene, sarò un po' ingenuo e inesperto in fatto di relazioni amorose, ma non sono così stupido da non capire che non mi vuoi rivolgere la parola, almeno non dalla sera del duello con il Custode Blackwall.”

Trovandosi con le spalle al muro, lei capì che era giunto il momento di affrontare la questione in totale sincerità.

“Forse sarebbe meglio che non stessimo insieme. Ho già causato troppa sofferenza e questo non mi dà pace.”

Queste parole provocarono una crepa nel cuore del Comandante, ma lui non si diede per vinto, anche perché una parte di lui si era già preparata a tale esito.

“Senti, Charleene, io ti amo, follemente”, vide che questo portò l'elfa a guardarlo con occhi stupefatti, ma lui continuò, “e non intendo rinunciare a te: ho già commesso l'errore di non ascoltare il mio cuore e non ho intenzione di rifarlo. Anche se, come ti ho già detto, non ne so molto di amore, una cosa posso dirtela, per esperienza personale: in amore ci sarà sempre qualcuno che soffre, ma tu ti devi preoccupare solo di cosa provi tu. Tu, mentre stai con me, soffri?”

“No”, fu una risposta istantanea e sincera, “no, anzi, mi sento la persona più felice del mondo.”

“E allora perché mi eviti?”

“Perché ho paura!”

“Di cosa?”

“La sera del duello, ogni colpo che ti infliggeva Blackwall era come se lo sentissi anche sulla mia carne, come se anche io stessi provando il tuo stesso dolore e questo mi ha fatto soffrire. Il pensiero che tu lo stessi provando realmente, mi ha fatto stare anche peggio, perché mi sentivo in colpa, ero io la causa di tutto quel dolore. Perciò ho pensato che, se fossi stata lontana da te, non l'avresti più sentito.”

“È qui che ti sbagli: stare lontano da te è la sensazione più dolorosa che mi puoi provocare.”, le accarezzò la guancia dolcemente, guardandola con altrettanto amore e tenerezza, “se stare con me ti rende felice, allora resta con me. Ti amo e io voglio solo la tua felicità.”

“Ti amo anch'io, Cullen, e mi dispiace di averti fatto soffrire.”

“Ora sei qui tra le mie braccia ed è tutto quello che desidero.”

Le loro labbra si fusero in un bacio da tanto tempo atteso e bramato, i loro corpi che non vedevano l'ora di fondersi anch'essi.
Era stata così stupida a lasciare che le sue preoccupazioni la tenessero lontana da ciò che le era più caro al mondo. Era così ovvio e lui aveva avuto ragione su un particolare: in amore c'è sempre sofferenza, ma in quel momento, con Cullen che la trasportava verso il proprio letto, le uniche emozioni che sentiva erano la passione e l'affetto per quell'uomo che l'amava come nessun altro.

In realtà, un'altra persona che l'amava c'era, e per tutto il tempo si trovava fuori dalle scuderie, ma in un punto tale che gli aveva permesso di vedere tutto, facendogli crescere internamente rabbia e gelosia: Blackwall non si era ancora arreso e, finalmente, sapeva come avrebbe riconquistato Charleene, anche a costo di commettere atti a dir poco infimi e terribili.

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Capitolo 10
*** Disperazione e solitudine ***


Notte fonda. La luna brillava bianca come il latte nell'immenso cielo nero. Blackwall era in attesa del momento giusto per mettere in atto il suo piano, scaturito dalla profonda gelosia che provava verso il suo rivale in amore. Aveva pensato a tutto: quando avrebbe agito e come avrebbe portato a termine la sua missione. La sua pazienza era terminata già da parecchio ed ora era il momento di passare all'azione; non avrebbe più permesso che un altro uomo gli toccasse e portasse via la sua adorata elfa dagli occhi turchesi e, siccome le sue parole non erano riuscite a convincerla, credeva che eliminando la concorrenza l'avrebbe finalmente avuta tutta per sé.
Si allontanò dalle stalle, ormai il suo rifugio personale, con ben nascosto un pugnale rinvenuto durante un'escursione, in modo che non potesse essere collegato a lui, per dirigersi verso il suo obiettivo: lo studio del Comandante. Sapeva che avrebbe dovuto aggirare le guardie che pattugliavano le mura di Skyhold ed era un'impresa non facile da quando l'Inquisitore aveva fatto raddoppiare le guardie dato che aveva ritenuto la sorveglianza non ben organizzata come avrebbe voluto.
Attraversò il cortile delle stalle per salire le scale di pietra che l'avrebbero portato sulle cinta, tenendo ben controllato che la via fosse libera: infatti, dovette aspettare qualche minuto, accucciandosi vicino al muro, in quanto un gruppo di guardie stava facendo la ronda proprio in quel momento e sfortuna volle che si fermarono proprio sopra di lui per controllare che non vi fossero minacce all'orizzonte. Blackwall era in fremente attesa, l'agitazione e il nervoso stavano quasi per prendere il sopravvento, gocce di sudore iniziarono a scivolargli lungo le tempie.
Dopo un tempo che sembrò infinito, finalmente le guardie se ne andarono e il Custode riuscì a raggiungere le mura. Con passo lento e lieve arrivò alla porta dello studio Del Comandante, il pugnale era pronto: l'avrebbe colpito dritto al cuore e il pugnale di provenienza sconosciuta avrebbe fatto pensare ad un attentato messo in atto da un mandante di Corypheus. La notte era ben inoltrata, per cui, quasi sicuramente, il Comandante era andato a dormire, seppur Blackwall era venuto a sapere che Cullen aveva la tendenza a dormire poco e con un sonno molto leggero o a non dormire affatto. Di conseguenza, il Custode avrebbe dovuto essere estremamente cauto al fine di compiere il suo atroce piano di vendetta; giunse al portone e accostò l'orecchio, ma non sentì nulla: non si udivano voci o fogli che venivano spostati e non si intravedeva neanche la luce flebile di una possibile torcia o candela accesa, per cui Blackwall fu certo che il suo obiettivo fosse a dormire. Decise di entrare, aprendo molto lentamente il grande portone di legno e ferro, si guardò intorno per essere sicuro che non vi fosse nessun altro e salì la scala di legno che lo avrebbe condotto al letto del Comandante. Lo trovò lì, addormentato sebbene in preda agli incubi in quanto stava borbottando qualcosa sottovoce ed era alquanto agitato. Gli si avvicinò, giungendo al lato del letto e lo osservò per un tempo interminabile.
Era rimorso quello che sentiva? Era così sicuro di compiere un atto del genere? E se poi, anche se l'avesse fatto, Charleene non l'avrebbe comunque ricambiato perché in preda al dolore del suo amore perduto?
Eppure, doveva essere lui il suo amore, lui e soltanto lui! Ma allora perchè stava esitando? Era riuscito ad arrivare dove aveva pianificato, la sua vittima lì servitagli su un piatto d'argento, tuttavia non riusciva ad infliggergli il colpo della morte. Non gli era ben chiaro cosa lo stesse frenando: la sua solita mancanza di coraggio o la paura di far soffrire ulteriormente e in un modo irreparabile la sua dolce elfa?
L'immagine di lei, soggiogata dal dolore che sicuramente avrebbe provato a causa di ciò che stava per fare Blackwall, lo mise in seria difficoltà e incertezza. Non poteva farle questo, anche se l'amava con tutto se stesso, non sarebbe mai riuscito ad essere causa di un dolore così immenso.
Nonostante ciò, però, un'altra parte di lui, quella più impulsiva e in preda alla gelosia, voleva ammazzare quello stronzo: le aveva portato via la donna che amava e non lo riteneva giusto, in quanto l'elfa aveva scelto il Custode inizialmente, ma poi lui si era intromesso e l'aveva stregata.

Doveva eliminarlo!

Estrasse il pugnale, alzò il braccio, pronto per colpire...

Il sole salutò il nuovo giorno, spuntando tra le alte montagne innevate che facevano da cornice all'immensa fortezza di Skyhold, illuminando le mura, annunciando il cambio della guardia ai soldati e l'inizio dei vari incarichi delle centinaia di seguaci e collaboratori dell'Inquisizione. Charleene era nelle sue stanze, sdraiata nel letto: quella notte non era riuscita a prendere sonno a causa di un'agitazione di cui non era riuscita a trovare la motivazione. Notando che ormai la notte era passata, si alzò e andò a prepararsi, le profonde occhiaie che le contornavano gli occhi, ma il dovere l'attendeva: quel giorno doveva consultarsi con i suoi Consiglieri e la maga Morrigan, unitasi all'Inquisizione come aiuto e supporto per la prossima missione. Bisognava pianificare il prossimo attacco a Corypheus e come la maga aveva già accennato era necessario l'aiuto di una Divinità elfica, Mythal. I dettagli su come avrebbero messo in atto un tale piano erano ancora da definire ed era il punto principale della riunione di quel giorno.
Lavata e vestita, Charleene lasciò le sue stanze per andare nella sala principale di Skyhold, nella quale, oltre al suo “trono”, vi erano delle tavole imbandite per i vari ospiti e pellegrini dell'Inquisizione. Sebbene teoricamente lei, in quanto Inquisitore, aveva diritto a mangiare separatamente dagli altri nelle sue stanze, aveva sempre preferito nutrirsi insieme agli altri perché detestava l'idea di essere più importante o superiore agli altri e anche perché voleva far percepire che lei sì era l'Inquisitore e portatrice del Marchio, ma restava comunque una comune elfa, con niente di diverso da nessuno dal punto di vista “umano”.
Venne accolta per prima dal suo carissimo amico Varric, che era solito stare vicino al camino, seduto ad un tavolo separato dagli altri dove teneva tutte le sue carte e appunti per i suoi prossimi libri. Ormai il fatto di fare colazione insieme era diventata un'abitudine per loro e all'elfa faceva davvero molto piacere perché il nano, insieme a Dorian e Cullen, era una delle poche persone di cui si fidava ciecamente.

“Buongiorno, dolcezza. Dormito bene?”

Charleene riconobbe il tono sarcastico di Varric perché lui era sempre stato in grado di capire se lei fosse preoccupata o meno, nonostante tentasse sempre di nasconderlo.
“Sai bene che non è così, vero?”

“Ma certo, ma voglio comunque sentire la tua risposta”, le fece l'occhiolino in segno di complicità e affetto.

“Ho avuto una brutta sensazione per tutta la notte che non mi ha lasciato chiudere occhio, ma non so per cosa. Ce l'ho ancora e non sono per niente serena.”

“Probabilmente è solo lo stress del tuo incarico: la missione a Palazzo non è stata semplice, adesso devi pensare al prossimo attacco da infliggere e probabilmente questo ti mette in preoccupazione, ma non sei l'unica, credimi.”

“No, sento che non riguarda l'Inquisizione perché da quel punto di vista sono abbastanza certa che riusciremo a portare a termine quello che abbiamo pianificato, seppur manchino ancora i dettagli da definire. No, sento che è per qualcos'altro.”

“Magari qualcosa che riguarda il tuo cuore?”

L'elfa distolse lo sguardo per qualche secondo, riflettendo sulla domanda del nano: e se fosse così? Eppure lei e Cullen si erano chiariti e dichiarati amore reciproco, per cui teoricamente non doveva sentirsi così insicura e poco tranquilla sotto quell'aspetto. Tuttavia, quella domanda l'aveva messa in guardia, come se avese colpito nel segno: la sua brutta sensazione riguardava Cullen?

“Varric, posso farti una domanda?”

“Ma certo.”

“Come puoi essere certo che la relazione con una persona a te davvero cara sia serena e senza problemi?”

“Semplice: non puoi.”

Charleene rimase stupita da quella risposta che ovviamente la mise ancor più in agitazione, ma il suo amico proseguì per farsi intendere meglio.
“Non hai mai certezze da quel lato, ma se tu tieni veramente a quella persona e lei tiene a te, qualsiasi ostacolo è facilmente superabile. Sotto questo aspetto cosa mi puoi dire?”

“Io amo Cullen e lui ama me.”

“Allora non ti devi preoccupare.”

Nonostante tale discorso, la brutta sensazione persisteva nell'animo dell'elfa e il non saperne il motivo iniziava a frustrarla.
Finito di mangiare si congedò dal nano e si diresse da Josephine, pronta per la riunione, ma la Consigliera le suggerì di parlare privatamente con la maga prima, in modo che potesse essere certa se il piano da lei proposto fosse plausibile da mettere in atto. Charleene accettò tale consiglio e andò nel giardino interno, dove Morrigan disse che sarebbe stata quando non era chiamata a rapporto.
Una volta arrivata la cercò, ma venne accolta da un bambino: l'elfa percepì immediatamente che era portatore di un'aura davvero unica e peculiare; infatti, non appena il bambino la vide, le corse incontro e le rivolse la parola.

“Tu sei l'Inquisitore, non è vero? Sei la portatrice del Marchio?”

Charleene non rispose all'istante, studiando il dolce volto di lui e i suoi occhi, di un profondo oro che la incantava e la ipnotizzava in uno strano modo. Alla fine riuscì a rispondere con un semplice: “Sì.”

“La mamma mi ha parlato di te, ma non ti ha descritto. Ha detto solo che eri un'elfa e questo mi ha incuriosito: come può un'elfa essere a capo dell'Inquisizione?”

Erano domande facilmente prevedibili per un bambino, eppure non le erano mai state rivolte, per cui lei non seppe bene come rispondere e spiegare tale fatto. La verità era che nemmeno lei lo sapeva. Perché era lei l'Inquisitore? Perché era portatrice del Marchio per cui era una risorsa davvero fondamentale per l'Inquisizione dato che era l'unica a riuscire a chiudere i vari Squarci nel Thedas ed era il principale obiettivo che Corypheus voleva sconfiggere. Tuttavia, perché proprio lei era stata nominata? Poteva tranquillamente restare quella risorsa, senza andare al comando di un'organizzazione così vasta e importante. In più, il bambino aveva detto un'altra verità: come poteva un'elfa essere Inquisitore? Quelli della sua razza erano sempre destinati a lavori di seconda categoria, se non addirittura infami, ma lei, al contrario, ricopriva una carica così vitale ed autoritaria, quasi al pari di un generale di un grande esercito se non di un sovrano.
Tutti questi dubbi la fecero riflettere e, alla fine, al bambino rispose con tre brevi parole: “Non lo so.”

“L'hai scelto tu di avere il Marchio?”

“No.”

“Hai deciso tu di essere il capo di tutto?”

“No,”

“Eppure sei la persona più adatta, credimi.”

“Come fai a saperlo?”

“Io lo so e basta. Questo mi è sufficiente per credere che tu riuscirai nel tuo intento. Sei preoccupata?”

“Sì, molto.”

“É comprensibile, ma fidati che tutto andrà bene. Sento che il tuo cuore, per quanto turbato, è puro e buono. Ce la farai.”
Le fece un dolce sorriso che, stranamente, la rassicurò molto: quel bambino era davvero un qualcosa di unico e speciale, che con semplici domande e parole era riuscito ad acquietarle l'animo.

“Come ti chiami?”, gli domandò.

Fu allora che una terza voce, femminile, si unì al discorso, interrompendoli.

“Kieran, non stai importunando l'Inquisitore, vero?”
Morrigan approcciò i due, ponendosi al centro, come se volesse in un qualche modo proteggere il ragazzo.

“Certo che no. Hai visto cosa porta sulla sua mano, madre?”

“Sì, l'ho visto. È ora di tornare ai tuoi studi, piccolo uomo.”

Il bambino emise un breve lamento di disaprovazione, ma notando lo sguardo perentorio, tuttavia gentile di sua madre, se ne andò, lasciando le due donne da sole, anche se l'elfa non riuscì a distogliere lo sguardo da quella così piccola e giovane creatura che racchiudeva in sé una tale saggezza da lasciare Charleene senza parole. Morrigan notò questo pseudo stato di shock, per cui intervenne, come se ormai fosse diventata una consuetudine.

“Mio figlio. Non è mai dove ti aspetti che sia, ovviamente.”

“Non sapevo avessi un figlio.”

“E come potresti? Faccio tutto ciò che è necessario per non lasciare che la mia reputazione lo influenzi in qualche modo. Per la maggior parte della Corte Imperiale, lui è semplicemente un ragazzo tranquillo e ben educato. Probabilmente l'erede di una famiglia lontana. Tuttavia, lui mi segue ovunque io vada. Non preoccupatevi, Inquisitore, è un ragazzo curioso, ma crea raramente problemi.”

“Si unirà a noi anche suo padre?”

“É da parecchio tempo che allevo Kiearn per conto mio, come in effetti ho deciso fin dall'inizio. Per cui, siamo solo io e lui e Skyhold è una fortezza così immensa che noterai a malapena la nostra presenza.”

Charleene non poté reprimere la propria curiosità riguardo a quel bambino e la seguente domanda le sorse spontanea, senza che lei riuscisse a far qualcosa per fermarsi:

“C'è un qualcosa di... particolare in lui.”

“Sì, c'è. É davvero un ragazzo speciale”, sul volto della maga comparì immediatamente un lieve sorriso di orgoglio e soddisfazione, “É compito mio proteggerlo da qualsiasi cosa o qualunque persona che intenda fargli del male, ma soprattutto lui va protetto da me: nessuno potrebbe ferirlo più di me.”
Percependo che il discorso stava prendendo una piega per niente piacevole per lei, Morrigan decise di condurre l'attenzione dell'Inquisitore su un altro argomento:
“A pensarci bene, questo posto è rimasto abbandonato per molto tempo, abitato solo dalla disperazione e dalla solitudine. Ora, tuttavia, è luogo di azioni che minacciano di modificare il mondo intero. Mi domando se tale posto ne è felice.”

“Sembra che tu abbia già sentito parlare di Skyhold.”

“Questa fortezza è stata costruita su ciò che restava di un luogo antico e sacro agli Elfi; lo chiamavano Tarasyl'an: 'il luogo dove è contenuto il cielo.' Si dice che da qui fossero in grado di raggiungere i Cieli in modo da sentirsi in pace. Poi l'hanno abbandonato, così come gli Umani che vennero in seguito. Ossa sepolte su altre ossa, perenne silenzio prima del vostro arrivo.”

“Siamo stati fortunati a trovarlo.”

“Il Destino è spesso confuso con la Fortuna, come dice sempre mia madre. La magia presente in questo posto è penetrata nella roccia, proteggendolo dall'oscurità. Coloro che lo lasciarono decadere in rovina non erano a conoscenza di ciò che possedevano, ma voi potreste rendergli giustizia. Siete stata gentile ad accettare la mia collaborazione, Inquisitore, nonostante quel poco che sapete su di me. Farò del mio meglio per aiutarvi con tutta la conoscenza a mia disposizione. Posso giurarlo.”

“Apprezzerò molto qualsiasi consiglio o aiuto tu possa darci. Sarà meglio che mi diriga alla sala riunioni, ora. Ti faremo chiamare per discutere sul da farsi non appena avremmo discusso tra di noi.”

“Certamente, Inquisitore. Io sarò sempre qui.”

Con queste ultime parole, Morrigan si congedò, probabilmente per raggiungere il proprio figlio, mentre Charleene rimase ad osservarla per un istante: sfiorava l'assurdo la sensazione che quei due erano riusciti ad infonderle per tutto il corpo e per un momento si era completamente dimenticata delle preoccupazioni che la stavano tormentando per tutta la mattina.

Era ormai arrivata al portone della sala riunioni, quando un soldato l'approcciò, quasi senza fiato per la fretta con cui l'aveva raggiunta.

“Lady Inquisitore, il Custode Blackwall se n'è andato.”

“Cosa??”, l'elfa sgranò gli occhi all'istante e tutta l'agitazione che le sembrava scomparsa riapparì immediatamente, ancora più forte di prima: il suo istinto non l'aveva ingannata. Se lo sentiva che quel giorno sarebbe successo un qualcosa di inaspettato e forse era proprio questo.

“Lo abbiamo cercato ovunque a Skyhold, ma non ve n'è traccia. Siamo riusciti a trovare solo questa lettera indirizzata a voi, Lady Inuisitore.”

Le consegnò la lettera e con un cenno si congedò. Charleene la tenne in mano ad osservarla per un lungo momento: aveva paura di cosa potesse avere scritto di così importante o sconvolgente da spingerlo ad abbandonare l'Inquisizione. Tuttavia, trovò la forza di aprirla e si mise a leggere:

Mia amata Charleene Lady Inquisitore,
ho deciso di lasciare Skyhold, forse per sempre. Troppi rimorsi del mio passato attanagliano il mio animo e ora si sono aggiunte anche una profonda gelosa e un'immensa rabbia a causa del vostro amore non ricambiato, ma che avete scelto di dare al Comandante. Lo capisco. Sicuramente lui avrà molti più pregi di me e saprà trattarvi come meglio meritate.
Vi ho riflettuto molto a riguardo la scorsa notte, quando mi sono intrufolato nel suo studio con le peggiori intenzioni. Vi dico solo che avevo con me un coltello.
É tempo che io dica la verità in modo che il mio animo possa tornare sereno.

Addio, Lady Inquisitore

Vostro per sempre, Custode Blackwall

Nel leggere l'ultima parte, l'elfa accartocciò la lettera nella propria mano e si diresse da Cullen: Blackwall non poteva aver fatto ciò a cui alludeva nella lettera; non era un uomo così malvagio e senza scrupoli. Inoltre, l'idea che il suo adorato Comandante non fosse più vivo le provocò un'intensa paura che la fece correre ancora più veloce e la lasciò indifferente agli sguardi degli altri membri dell'Inquisizione.
Giunta alla porta la spalancò, salì la scala di legno, la tensione ormai aveva preso il sopravvento. Ciò che vide la fece crollare in terra colta dalle lacrime...

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