TWO SHOTS

di cristalskies
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** FIRST SHOT ***
Capitolo 2: *** SECOND SHOT ***



Capitolo 1
*** FIRST SHOT ***


Non poteva lasciare che Slaughter chiudesse così il caso. Era evidente che il vero assassino era ancora libero ed impunito ma il detective non ne voleva sentire parlare. Per quanto l’attuale indiziato meritasse ogni singolo giorno di una possibile condanna, Castle non poteva permettere che il vero omicida restasse impunito. Aveva bisogno di aiuto ed era arrivato il momento di superare lo scoglio dell’orgoglio.

Si affrettò a raggiungere il piano della omicidi, sperando che almeno uno degli amici lo stesse ad ascoltare. Da quando aveva sentito per caso la confessione di Beckett, su come il giorno del funerale avesse sentito e ricordasse tutto, le cose erano andate di male in peggio ed anche il suo rapporto con Ryan ed Esposito era andato inasprendosi dopo che si era presentato sulla scena di un omicidio in Ferrari e con al braccio Jacinda, l’assistente di volo.

Appena uscito dall’ascensore pensò ad un colpo di fortuna, vedendo i due detective che gli venivano incontro.

-Ehi, ragazzi, mi serve il vostro aiuto- Disse rivolgendosi per primo a Ryan.

-Scusa, Castle. Abbiamo una scena del crimine- Tagliò corto Ryan superandolo senza prestargli troppa attenzione.

-Chiedi a Beckett- Chiuse il discorso Espo, sempre senza fermarsi.

Castle alzò gli occhi verso la sala riunioni, vedendo Beckett immersa tra i fascicoli del caso che stava preparando per il tribunale.

Era da giorni che non si sentivano.

Dopo aver ascoltato per sbaglio la sua confessione aveva accampato la scusa che aveva bisogno di tempo per scrivere, poi non aveva nemmeno dovuto inventarsi una nuova scusa per giustificarsi perché gli aveva fatto sapere che sarebbe stata occupata con il processo a cui stava lavorando tuttora.

Era stata una telefonata breve, quasi neanche il tempo di salutarlo e comunicargli la notizia e lui subito aveva trovato un motivo per riattaccare. Gli era sembrato che lei avesse voglia di chiacchierare un po’ con lui ma lui non era in vena di chiacchiere. Sicuramente non con lei, almeno.

Ormai da qualche settimana cercava un nuovo equilibrio nella loro collaborazione ma non riusciva a venirne a capo. Anche solo l’averla sentita al telefono l’aveva rigettato in un limbo di amarezza e delusione.

Era stato praticamente scaricato senza neanche ottenere una risposta alla sua dichiarazione d’amore e passava attraverso una baraonda emotiva ogni volta che la vedeva.

Eppure, nonostante tutto, lei continuava a far finta di niente.

Com’era possibile che non avesse il coraggio quantomeno di dargli il due di picche di persona? Si divertiva forse ad illuderlo?

O trovava comodo averlo al distretto e per questo non lo voleva silurare definitivamente?

Gli dispiaceva farsi domande simili su Beckett. Sapeva bene, dentro di lui, che lei non era quel genere di persona. Era una donna corretta, leale, straordinaria.

Era la donna che amava, ma tutto questo sarebbe dovuto cambiare.

Se lei credeva di avere dei muri a proteggerle il cuore non aveva ancora visto come si poteva proteggere bene lui, in quel caso.

I precedenti giorni di autoimposta solitudine beckettiana lo avevano convinto a non farsi prendere in giro, ma doveva ancora trovare il modo per affrontarla.

Di certo trascinare con lui sulla scena di un omicidio la prima bionda che aveva trovato non si era rivelata una soluzione efficace.

Doveva riuscire a tornare ad un livello di sola amicizia. Ma era possibile mettere a tacere quello che provava per lei ormai da anni solo con la forza di volontà?

Quando ci ragionava da solo sembrava una cosa più che sensata ma quando se la trovava davanti ogni ragionamento precedente andava nel dimenticatoio.

 

Pensò al caso che aveva seguito con Slaughter e decise che, anche se era imbarazzante, doveva provare a spiegarle come stava agendo l’altro detective.

Di sicuro lei avrebbe potuto capire quello che aveva provato vedendo Slaughter insabbiare un caso per incastrare Vales.

-Hey, come stai?- La salutò dopo esser entrato nella sala riunioni.

Lei alzò lo sguardo per appena un attimo e continuò a smistare i documenti su cui stava lavorando.

-Vai dritto al punto, Castle. Che cosa vuoi?-

Anche se il suo tono fu duro e tagliente, decise di non farci caso.

-Slaughter ha esagerato- Le rispose.

-Non è forse quello che fa sempre?- Lo provocò Kate.

-Ha costretto un ragazzino a testimoniare il falso per incastrare Vales, ma sono abbastanza sicuro non sia lui l’assassino!-

-Il distretto ha una politica molto severa sulle interferenze da parte di altri poliziotti in un caso, Castle. Che cosa pretendi che faccia? Non mi intrometterò in un caso solo per farti fare bella figura con Slaughter.-

Se l’inizio della conversazione non era stato dei più promettenti ora per Castle erano ai livelli di una doccia gelata.

-Credi che lo faccia per vantarmi con Slaughter?- Le chiese, sorpreso che lei non capisse quanto fosse importante trovare il vero assassino.

-Per cos’altro dovresti farlo?-

-Credevo mi conoscessi meglio di così, Beckett- Gli rispose, profondamente deluso dalla considerazione che gli stava dimostrando.

-Lo credevo anche io, Castle- Gli rispose dopo aver alzato il viso ed essersi interrotta nel suo smistare frenetico, quasi a volerlo sfidare apertamente con lo sguardo.

-E con questo cosa vorresti dire?- Ora, oltre che deluso, era profondamente amareggiato e quella scintilla di rabbia che nelle ultime settimane non era mai riuscito a sopire del tutto iniziava di nuovo a infuocarlo.

-Dimmelo tu, Castle. Ci conosciamo così bene? Per me sei stato un completo estraneo nelle ultime settimane- Si interruppe per prendere fiato prima di lanciargli un’ultima frecciata -Non so che problemi tu abbia con me ma non mi farò usare solo per fartela aver vinta con Slaughter!-

Era chiaro che non si era resa conto di cosa fosse successo dopo il caso della bomba, non aveva capito che lui sapeva, che aveva sentito tutto. Eppure a lui era sembrato lampante.

Si prese un breve momento di pausa per valutare come procedere, poi la rabbia prese il sopravvento.

-Farti usare, Beckett?- Le chiese enfatizzando quella doppia T finale nel suo cognome. -Sarei io ad usare te? Casomai è il contrario!-

Era il momento di mettere le carte in tavola. Non era da lui mantenere un atteggiamento passivo aggressivo e non sopportava più lo stallo che si era imposto da poco più di un mese a questa parte.

-Ero dietro il vetro quando hai parlato parlato con Bobby Lopez, durante il caso della bomba a Boylan Plaza.- Le disse -So che ricordi tutto. So che mi menti da mesi, fin dal tuo risveglio in ospedale, immagino. Forse l’avevo anche sospettato ma non ho voluto crederci fino a quando non ne ho avuto conferma direttamente dalla tua bocca.- A quel punto gli venne a mancare anche la rabbia. Si sentiva solo patetico nel dover gestire quella situazione.

-Castle, io…- Beckett provò ad interromperlo ma lui non le permise di finire la frase.

-Per quanto mi riguarda è evidente che credevo di conoscerti, ma mi sbagliavo- continuò lui -Ho cercato di darmi tempo e spazio per tornare ad esserti amico ma se questa è la considerazione che hai di me… Me ne chiamo fuori. Abbiamo chiuso.-

Le voltò le spalle e uscì dal distretto, alla ricerca di un posto tranquillo dove cercare di rimettere insieme i cocci del suo cuore.

 

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Capitolo 2
*** SECOND SHOT ***


Quando all’inizio Castle aveva cominciato a tirarsi indietro, Kate Beckett non ci aveva fatto caso.

Le era sembrato tutto nella norma quando le aveva detto che aveva bisogno di più tempo per scrivere ma, dopo quasi una settimana senza che lui si facesse vivo, aveva iniziato a preoccuparsi. Da quando aveva iniziato a seguirla non erano mai stati per più di qualche giorno senza sentirsi, escludendo le due “pause” estive ed i tre mesi dopo il suo ferimento.

Aveva la sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato ma non riusciva a capire di cosa si trattasse.

Dopo l’ennesima chiamata dirottata alla segreteria, a cui lui aveva risposto con un messaggio dicendo di essere molto impegnato, aveva capito che il problema era reale ma ancora non capiva quale fosse.

Il fatto che lui fosse entrato in modalità silenzio radio non la aiutava a sbrogliare la matassa.

Era rientrata operativa al distretto da molti mesi ormai e, grazie anche all’aiuto del dott. Burke, sentiva che stavano diventando sempre più vicini.

Lei stava cercando con tutte le sue forze di trovare un compromesso tra le sue difese, i suoi muri, e quello che provava per Rick. Quando si erano parlati, alle altalene, credeva si fossero capiti e che lui avesse deciso di aspettarla. Invece ora, di punto in bianco, era sparito dalla circolazione e sembrava anche evitarla il più possibile quando lo chiamava al cellulare.

Quando, con sua grande gioia, era riuscita finalmente a parlarci, per avvisarlo che sarebbe stata impegnata per settimane con un processo importante, lui aveva tagliato corto e le aveva attaccato il telefono in faccia dopo pochi minuti.

 

Non avevano avuto altri contatti, poi era venuta a sapere di Slaughter.

 

Il codardo non doveva essere così impegnato a scrivere se aveva deciso di trovarsi una nuova musa.

Quello che l’aveva fatta più soffrire era che non capiva come mai non ne avesse parlato con lei. Credeva di essere arrivata a conoscerlo bene, dopo tante esperienze fatte assieme, invece in poco più di un mese l’aveva visto regredire al Rick Castle di pagina 6, pronto ad apparire in copertina con la Jacinda di turno sotto braccio.

La conclusione era stata facile ed ovvia. Non aveva più voglia di aspettarla ed era tornato a dedicarsi ad attività più... effimere.

Da diversi giorni, ormai, si interrogava su come avesse fatto a farsi imbrogliare in quel modo. Quando aveva iniziato a conoscerlo meglio gli era sembrato di vedere una persona diversa, sotto a quella che sembrava essere la sua maschera da uomo di copertina. Credeva di aver scoperto una persona leale, corretta, dedicata alla giustizia quasi quanto lei.

Invece sembrava si fosse sbagliata e che tutto quello fosse stato solo una breve parentesi che ora aveva deciso di chiudere.

Quel giorno, quando se l’era visto spuntare davanti, aveva deciso di trattarlo anche lei con freddezza. Quando poi aveva richiesto il suo aiuto non ci aveva visto più e aveva ben pensato di chiarirgli come stavano le cose.

Non poteva permettersi di usarla come e quando voleva.

La comprensione di quanto fossero stati sbagliati tutti i suoi ragionamenti precedenti era arrivata in un lampo quando lui le aveva rigirato le sue stesse accuse, con un bagliore di rabbia che mai prima gli aveva visto luccicare negli occhi.

-So che ricordi tutto. So che mi menti da mesi, fin dal tuo risveglio in ospedale, immagino. Forse l’avevo anche sospettato ma non ho voluto crederci fino a quando non ne ho avuto conferma direttamente dalla tua bocca.- Aveva continuato poi, perdendo tutta la rabbia e lasciando solo filtrare delusione e tristezza.

Kate Beckett aveva sentito il mondo crollarle sotto i piedi in quel momento. Non aveva previsto che lui lo venisse a sapere così.

Credeva che prima o poi glielo avrebbe detto lei. Più poi che prima. Sicuramente non in quel momento.

Tutti gli strani comportamenti che lui aveva avuto nel corso delle ultime settimane avevano trovato motivazione, ed era tutta colpa sua. Castle aveva avuto lo sguardo di un uomo distrutto e provato dagli eventi e le era stato estremamente chiaro che a ridurlo così era stata lei, con la sua omissione ed i suoi silenzi.

Voleva rimediare, trovare le parole giuste per risolvere quella situazione. Voleva chiedergli perché non era venuto prima da lei, a chiederle spiegazioni, ma lui non l’aveva lasciata parlare.

-Abbiamo chiuso.-

Con quelle due parole l’aveva zittita definitivamente. Era rimasta quasi pietrificata a pensare alle conseguenze di tutto quello che non si erano detti e non aveva potuto fare nulla per fermarlo, quando aveva lasciato il distretto. Col senno di poi, avrebbe solo voluto implorarlo di rimanere e darle un’altra possibilità per sistemare le cose tra loro.

 

Non poteva accettare che quel loro strano rapporto finisse cosí. Avevano sofferto e combattuto troppo per arrivare al punto in cui erano e lasciare che tutto morisse così.

Con la coda dell’occhio vide Gates che rientrava nel suo ufficio e, senza nemmeno sapere cosa le avrebbe detto, la raggiunse e bussò al suo ufficio.

-Signore, avrei bisogno di avere una giornata di permesso.-

-Suppongo abbia a che fare con il fatto che il signor Castle è appena uscito di qui con la faccia di uno destinato al patibolo?- Le chiese Gates.

-Io… Si, le due cose potrebbero essere legate, Signore.- Inutile nasconderlo. Non nè il tempo nè la voglia, in quella situazione.

-Vada, si prenda anche il weekend. Dall’ufficio personale mi stressano perchè il suo team ha troppi arretrati di ferie da usare. Non la voglio rivedere in ufficio prima di Lunedì prossimo.-

-Grazie, Signore- Le rispose, accomiatandosi.

 

Prese il primo taxi che trovò e gli diede subito l’indirizzo del loft. Dopo appena 5 minuti di marcia cambio idea e chiese di fare prima una pausa all’Old Haunt, nel dubbio che Castle si fosse rifugiato là.

Il locale era aperto da diverse ore quando Kate arrivò, ed il barista le confermò che non vedeva il titolare da diversi giorni. Le sembrò sincero e si affrettò quindi a risalire in taxi continuando il tragitto verso casa Castle e pregando di riuscire a trovarlo.

Raggiunta la destinazione e pagato il tassista, non ebbe problemi ad entrare visto che non era la prima volta che andava al loft. Il portiere, molto gentilmente, le confermò che Castle era rientrato poco prima.

Dopo pochi attimi di indecisione bussò alla porta ma nessuno venne ad aprirle. Ci riprovò con più convinzione fino a che non sentì il rumore della serratura che veniva schiusa e Castle apparve sulla soglia, un bicchiere di scotch in mano.

-Beckett, che cosa vuoi?- Le chiese guardandola con occhi inespressivi, il caldo blu dei suoi occhi trasformato in azzurro ghiaccio per l’occasione.

Castle si stava ritirando in sé stesso, escludendola completamente. Non era mai stato così, da quando lo conosceva. La consapevolezza che lei fino ad oggi si era comportata nello stesso modo con lui la fece stare ancora peggio.

-Non voglio chiuderla. Qualunque cosa ci sia tra di noi, non voglio finisca- Gli rispose, con voce quasi spezzata.

Era andata dritta al punto così Castle decise di ricambiarle la cortesia. -Non ho voglia di farmi prendere in giro, Kate. Avresti potuto dirmelo, sai? Avrei accettato la cosa da uomo adulto. Invece hai preferito mentirmi. Per cosa? Per risparmiare il mio orgoglio? Evitare la fatica di dirmi che non provi lo stesso?-

-Tu davvero credi di sapere cosa provo?- Gli chiese stupita.

Castle venne preso in contropiede dalla domanda. Non che si aspettasse un secco due di picche ma non capiva come mai volesse insistere nel lasciarlo nel dubbio. Non bastava che lo avesse lasciato in sospeso per mesi e mesi?

-Credo sia abbastanza ovvio, no? Ci conosciamo da 4 anni e, se già non fosse stato chiaro fin da prima, ho confessato di amarti. Tu non solo hai fatto finta di non avermi sentito, ma hai continuato ad ignorare la cosa fino ad oggi. Perchè Beckett? Per risparmiarmi la ferita all’orgoglio?-

-Non hai capito nulla, Castle- Gli rispose Kate, avanzando di un passo verso di lui -Non ti ho mentito perchè non provo gli stessi sentimenti, ma perchè ti amo!-

 

Era la prima volta che verbalizzava la cosa. Lo sapeva da mesi, inconsciamente da anni, forse, ma non si era mai permessa di dare un nome a quello che sentiva per Castle.

Lui era entrato in modo subdolo nella sua vita e poi in tutti i suoi pensieri fino ad arrivare al punto che ora era inconcepibile allontanarsi da lui.

Non era mai stata sua intenzione tergiversare fino a quel punto. Dopo la sparatoria, si era convinta di non esser pronta per affrontare quello che c’era tra loro ma si rendeva conto solo ora che in realtà era sempre stato tutto alla luce del sole e che lei era l’unica a combatterlo, nonostante credesse di fare proprio il contrario.

Aveva voluto migliorarsi, essere di più. Non si era resa conto che lui già la conosceva per com’era?

Castle abbandonò la postura fredda e distaccata che aveva avuto fino a quel momento e le permise quanto meno di mettere piede oltre la soglia.

-Cosa?- Alzò lo sguardo a incrociare gli occhi con lei, per vedere se aveva capito male. -Perchè mi avresti mentito allora?- Le chiese.

-Quando mi sono risvegliata, in ospedale…- Fece una pausa, Ancora le risultava estremamente difficile parlare di quei momenti -Era tutto troppo. Mi avevano sparato e allo stesso tempo mi avevi detto di amarmi, ma le due cose continuavano a mescolarsi, nella mia testa. Credevo di avere bisogno di spazio, di tempo. Così sono scappata e mi sono rifugiata nella casa di montagna di mio padre.-

-Tre mesi, Kate. Tre mesi senza mai avere segni di vita da te. Posso accettare e capire che tu non sia riuscita a dirmi nulla prima, ma ma perchè non me ne hai parlato quando sei tornata? Come faccio a crederti, ora? A non pensare che tu lo faccia solo per tenermi buono al distretto?- Cercava un appiglio per crederle ma gli risultava terribilmente difficile.

-Quando sono tornata…- Deglutì per farsi coraggio. -Credevo di non essere abbastanza per te. Di non meritarti.- Rialzò gli occhi lucidi e si accorse che lui la stava studiando con attenzione, alla ricerca di qualsiasi dettaglio che gli confermasse la verità. -Dopo quanto ci siamo detti quel giorno alle altalene ho iniziato a vedere una persona- Gli spiegò.

-Uno strizzacervelli.- Precisò quando si accorse dell’incomprensione che già stava nascendo dentro di lui. -Speravo di poter essere di più, per noi. Ma non arrivava mai il momento giusto. Poi c’è stato il caso della bomba a Boylan Plaza…-

Un velo di consapevolezza calò sui lineamenti di Rick, che stranamento continuava ad ascoltare le sue spiegazioni senza interromperla.

-Quando hai iniziato a comportarti in modo strano non capivo cosa stesse succedendo. Mi ero convinta non fosse vero, Castle. Nonostante quello che ci eravamo detti quel giorno alle altalene ho pensato che forse non lo intendevi davvero. Che magari era una cosa che avevi detto solo per la situazione critica in cui ci eravamo trovati.

Il giorno in cui ti sei presentato sulla scena del crimine con l’assistente di volo ho creduto di averne conferma. Non capivo quale fosse il problema e ti vedevo allontanarti sempre più da me. Non volevo venissi a saperlo così-

Fece l’ennesimo e tentennante passo verso di lui e, finalmente, riuscì a portare la mano ad accarezzargli il viso. Era un gesto allo stesso tempo romantico e rassicurante.

L’effetto della loro pelle a contatto era elettrizzante. L’aveva sempre saputo e forse addirittura temuto e ne aveva avuto conferma quando l’anno prima si erano baciati, sotto copertura.

Era come se tra di loro scorresse una vena di elettricità.

Castle sembrava aver perso la rabbia che gli si era accumulata dentro ed era tornato a guardarla con più dolcezza.

Le prese la mano nella sua per prolungare il contatto con la sua guancia.

-Sono io a non essere abbastanza per te. Sei una donna straordinaria, Kate Beckett. E quando ho sentito che ammettevi di ricordare non ho capito più nulla. Ho pensato che se non mi avevi detto nulla  voleva dire che non mi amavi ed ho agito di conseguenza. Mi dispiace, Kate, io…-

-Shhh…- Alzò anche l’altra mano ad accarezzargli il viso, zittendo le sue scuse. -Non ti devi scusare. Dispiace anche a me. Ma non possiamo tornare indietro, solo andare avanti-

Essendo ormai praticamente abbracciata a lui, le basto alzarsi in punta di piedi per appoggiare le labbra alle sue.


Ci sarebbe stato tempo per chiarirsi meglio e per scusarsi ancora. Ora l’unica cosa importante era che i loro sentimenti erano reciproci.









Questa storia è nata un po' così, come un impulso del momento e non so se son riuscita a rendere giustizia all'idea che avevo in testa. Non ne sono convinta al 100% ma il risultato è stato questo.
Prima o poi mi piacerebbe tornare a scrivere storie più lunghe e ricche di capitoli interessanti, come altre scrittrici attualmente stanno facendo in questo momento (con ottimi risultati!), ma purtroppo a causa della "vita vera" ora come ora non ne ho la concentrazione necessaria, oltre ad avere il problema di essere una scrittrice abbastanza lenta.
Spero che tutto sommato la storia vi sia piaciuta. In attesa di nuove idee mando un caloroso abbraccio a tutte/tutti!
CDR

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