Esame

di Alba_Mountrel
(/viewuser.php?uid=1013018)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Esame ***
Capitolo 2: *** Incomprensioni, Piani, Vecchie conoscenze ***
Capitolo 3: *** Drammi ***



Capitolo 1
*** Esame ***


"Eccomi arrivata. Scommetto che gli aspiranti miei simili non sono meno di 400, forse saranno addirittura 500, non è detto che ci sia proprio il mio numero, il 399, tra gli ultimi" pensò Ebane nel profondo dei suoi pensieri. Si trovava in un luogo sinistro, ma una persona del suo calibro era obbligata a sostenere la pressione del tetro e del minaccioso. D'altro canto l'animo poetico e limpido non le permetteva di provare oppressione e terrore nelle occasioni ‘ordinarie’.
Si voltò più volte per sondare la zona e in men che non si dica creò nel proprio pensatoio un quadro approssimativo della situazione. Sennonché venne all'improvviso interrotta e riportata alla realtà.
"Ehi ciao!" si sentì chiamare da una voce infantile sconosciuta. "Come stai? Ti abbiamo vista qui tutta sola e…"
Lasciò in sospeso la frase per farne intendere il significato. Ebane non seppe realizzare da subito cosa era successo e la sua reazione risultò un po’ impacciata, ma si era allenata anni per dissimulare in caso di pericolo, perciò preferì restar cauta.
"Ehm... Tutto bene piccolo, te come stai?"
"Ho conosciuto dei ragazzi. Ti andrebbe di unirti a noi? Hehe, tra l'altro c'è quello in giacca e cravatta che è interessato a te, sai?!".
Ebane si lasciò scorrere addosso quel fiume di parole del piccolo sconosciuto e intanto volse lo sguardo verso quello interessato a lei. Rimase qualche attimo a fissarlo, non era del tutto sicura di collegare perfettamente gli occhi al cervello, non era interessata a quello che le aveva detto il bimbo. Di fronte a lei a qualche metro di distanza si parava un ragazzo in completo color blu notte formale che sbraitava dietro a un altro ragazzo biondo, indossante una tunica dallo stile sicuramente non comune ma di una cosa la ragazza era certa, era fuori moda.
"Piccolino, se non sbaglio vuoi presentarmi ai tuoi amici, non è così? Beh se non ti dispiace, vorrei concentrarmi solo ed esclusivamente sull'esame" volse nuovamente lo sguardo verso quella coppia di ‘tizi’ e notò un particolare insolito che poco prima le era sfuggito e pensò anche che si sentiva particolarmente fortunata a essere stata trovata da quel bimbetto.
"Ah, va bene! Se cambi idea sai dove trovarci, tanto bene o male saremo sempre insieme, ciao ciao" rispose il ragazzetto con occhi da furbetto.
"Leorio, Kurapika, Killua, arrivo!" si fermò e si ricordò che da perfetto ebete non aveva nemmeno chiesto il nome alla signorina
"Oh no! Nella fretta non le ho nemmeno chiesto come si chiama" si disse tra sé il ragazzino.
"Salve bella signorina, che audace sei a presentarti davanti a un tipo bello e importante come me. Come ti chiami? Hai l'aria di essere giovane e nuova da queste parti".
L’uomo l’aveva raggiunta senza porsi troppe remore, facendo la prima mossa e seguito anche dal compagno biondo. Ebane sopportò fino alla fine la frase di quel pomposo ragazzo e si presentò all'altro stringendogli la mano.
"Piacere, sono appena arrivata in questo luogo, è vero! E sono giovane, anche questo è vero! Ho una voglia matta di cominciare, voi no?".
In quanto donna era ben in grado di sfruttare le sue armi di seduzione ma non doveva dare troppa confidenza a chiunque, per esempio dicendo a cuor leggero il motivo per cui era lì. Dopo tutto era all'esame per diventare Hunter, non a una paninoteca.
"Capisco, capisco, quindi sei smaniosa anche tu di vincere il premio finale, come ti capisco. Anch'io aspiro a guadagnare un sacco di soldi con la licenza, la quale di sicuro mi apparterrà in men che non si dica" ed emise una risata soddisfatta.
Ebane a quella frase non ebbe più dubbi e le venne l'istinto di controbattere in modo impeccabile. Sennonché ebbe una strana voglia di stringere amicizia, perché infondo il gusto dell'essere la migliore non è sempre fine a se stesso, può avere anche il suo scopo.
"Tranquillo aspiro certamente a continuare fino alla fine. Sì sì!" rise, incerta su come rispondere a quel mezzo australopiteco.
Ebane pensò di aver dissimulato in modo impeccabile la sua voglia di mettere a tacere l'altro, che pur apparendo un bonaccione sempliciotto in realtà poteva benissimo essere il peggior killer del mondo. Era sicura che intorno a lei quel giorno si muovessero i più spietati assassini del mondo, ma d'altronde era plausibile se pensava al luogo in cui si trovava.
"Non mi avete ancora detto il vostro nome, posso saperlo?" sorrise quasi amichevolmente.
"Aspiro alla consapevolezza dei miei poteri, lascio a te l'immaginazione del resto".
Fu l'altro ragazzo a parlare, quello più basso dai capelli biondi e gli occhi azzurri profondi e intellettuali, i quali le sorridevano apparentemente ingenui. Il suo era il tipico sguardo d'intesa ed Ebane prese la palla al balzo.
"Scusa, come ti chiami?"
Ma Ebane, è tutto qui quello che sai esprimere dinnanzi a un figo del genere?”  pensò la fanciulla.
"Hm, potrei anticiparti in ritardo e porti la stessa domanda?".
Sorrise amichevolmente il ragazzo. Per Ebane il gioco stava diventando più intrigante ma non era disposta a cedere subito.
All'improvviso l'uomo vestito elegante si stufò e decise di presentarsi.
"Scusami se sono stato così maleducato ma se nessuno lo fa per primo, vorrà dire che mi dovrò presentare io! Piacere, mi chiamo Leorio e questo è il mio compagno K…" non riuscì a terminare la parola perché il compagno la bloccò alzando la voce.
"Scusa Leorio, nessuno ha chiesto il tuo intervento! Ti vorrei ricordare la mia facoltà di cavarmela da solo, quindi cerca di tenere calma la tua frenesia da venditore!" si impose e venne ascoltato, il che piacque ancor più a Ebane, che stava per presentarsi decidendo di cedere solo per quella volta.
"A questo punto mi vedo costretta a seguire il suo esempio, perciò…" la formulazione della frase venne interrotta dal biondo che si scusò.
"Oh devi scusare i modi ineducati del mio amico, a volte non sa riconoscere il momento di trattenersi, non ti voglio far sentire in dovere di nulla, anzi sono io che devo farmi avanti per primo.. giacché gentiluomo. Piacere, il mio nome è Kurapika e credo che tu riesca a immaginare già la nostra età, no?! Dal canto mio, io riesco perfettamente a valutare la tua" era palese che la frase non racchiudesse arroganza, però il giovane pensò ugualmente che avrebbe potuto esprimersi meglio.
Ebane si accorse del cambiamento della sua espressione da decisa a preoccupata e pensò che si fosse accorto della gaffe compiuta: peccare di arroganza è un grosso sbaglio, solo che ricordò tutte le volte in cui vi era cascata anche lei e lasciò correre.
"Ah ho capito. Vediamo, tu stai per compiere vent'anni e invece tu..." indicò il biondo e gli sorrise benevola
"Tu credo ne abbia 19 perché anch'io ho la stessa età".
"Ammesso che sia una motivazione valida, chi ti potrà confermare quello che hai scoperto su di noi? Potremmo essere anziani assassini mascherati, con l'intento di portarti tra l'oscurità e lì ammazzarti" “Non è proprio il metodo migliore per cominciare, eh Kurapika?! Magari… potevi dirle semplicemente che ha indovinato” pensò il ragazzo biondo dai profondi occhi azzurri.
Ebane notò altri segni di preoccupazione sul suo viso ma al sentire la parola assassini, perse l'entusiasmo iniziale. Abbassò lo sguardo per non mostrar loro odio
"Io - tacque un secondo - non giurerei che vi convenga!" il tono si era ridotto a un fil di voce
"Ti prego perdonami, non so cosa mi sia preso. Volevo solo testare la tua reazione ma dovevo capirlo che non eri pericolosa. Ci potresti dire il tuo nome?".
In realtà il lui aveva davvero testato la sua reazione e questo lei lo aveva capito.
Il giovane si dimostrò dolce e sensibile, con modi molto umani per riparare a quell’inevitabile sgarbo ed Ebane si destò dal suo mutismo. Caricò il sorriso più radioso e accattivante che conosceva e rispose col proprio nome.
"EH? EBANE? E che razza di nome è per una bella e simpatica ragazza come te?" s’intromise bruscamente Leorio.
"Leorio, ti prego di non aprire più bocca per altre tre ore, finché non avrai ragionato su quello che hai appena detto! É chiaro? Adesso va dagli altri, subito!" lo ammonì Kurapika senza scomporsi, più che altro per impedire all’amico di peggiorare la già pessima figura.
Leorio ci ripensò: pur avendole fatto anche dei complimenti capì che in ogni caso aveva rovinato quelle poche chance che gli rimanevano con la giovane.
Sbuffò “Va beh ho capito, me ne starò con Gon e Killua dall'altra parte della sala, così non ti potrò disturbare… miss perfettina!" a Kurapika si accapponò la pelle e trattenne un insulto per miracolo.
"Hm scusalo, non voleva ferirti, ti ha fatto anche dei complimenti dentro alla frase in effetti, solo che... Beh, come avrai compreso, non conosce le buone maniere, quello che pensa dice e non c'è nessuno che lo possa fermare! Ti ha offesa?" chiese sorridendo.
Ebane si sentiva sicuramente offesa ma non voleva sembrare infantile e in secondo luogo voleva fare colpo sull'interlocutore.
"Tutto a posto, con un nome particolare come il mio è normale sai! Ci ho fatto il callo!".
In realtà era la prima volta ma cercò ugualmente di sorridere lievemente per rendere credibili le proprie parole. Però, tra simili si dice che non ci si possa mentire. Kurapika, il biondo con la tunica fuori moda, aveva capito tutto e apprezzò il comportamento sportivo di lei.
"Ehm, perdonami.. Prima da lontano ho notato che viaggiate assieme a un tipo dai capelli albini, potrei conoscere anche lui?" ricevette una risposta positiva e nel contempo la loro prova iniziò.
Correre, correre, correre. Non dovevano far altro che correre senza sosta e dopo tre ore Leorio dette segni di cedimento.
 Urlò esageratamente, come suo solito, come a esalare il suo ultimo respiro “Non ce la faccio più, ho sottovalutato questo esame e i suoi partecipanti! Non sono degno del nome di hunter!" ansimò alla fine accasciandosi a terra.
"Oh, Leorio è stanco e non riesce a continuare, che facciamo?" chiese allarmato Gon, il bambino dai capelli neri striati di verde, che poco prima aveva invitato Ebane a conoscerli.
"Che domande, lo lasciamo li, tanto quello ormai è finito" pronunciò il ragazzino albino che doveva essere alto pressoché come Gon, con gli occhi profondi, la pelle chiarissima, lo sguardo serio e, a quanto sembrava, della stessa età di Gon.
"No Killua, io sono Gon Freecs e non permetterò che resti indietro mentre noi corriamo avanti avvalendoci del suo svantaggio!" ribatté il bambino indispettito.
"Ma... Hm e va bene, sbrigatevi!" Killua dovette dare ragione al coetaneo ma corse avanti da solo, era molto orgoglioso.
"Beh ragazzi io direi di mandargli aria nei polmoni, solo così potrà continuare!" fece il bimbetto e Leorio capì subito di cosa si trattava, rianimandosi all'istante.
"Oh se si tratta di un bacio, voglio che a riempirmi i polmoni sia tu Ebane – fece una pausa per cambiare discorso - Scusami per quello che ti ho urlato contro poco fa, in maniera burbera e maleducata! Potrai mai perdonarmi?"
Però, si è ricordato dell'inconveniente di prima... Ma sì, diamoglielo questo bacio rivitalizzante” convenne Ebane dentro di sé.
"Leorio, sei un bel furbo sai, non ti vedo più così stanco!" lo rimbeccò scherzosamente ma divenne accattivante e sensuale per attirare l'attenzione di tutti, entrò nella mente del ventenne un po’ palestrato e pieno di gel nei capelli, che fin dal primo momento le aveva messo gli occhi addosso, così in quel modo non glieli avrebbe più staccati.
"Ma sì, non vedi come sto faticando? Non riesco nemmeno a reggermi in piedi!".
Leorio guardò in basso, poi in alto per simulare un vero e proprio malore, però Ebane fin da piccola era abituata a questo genere di recitazione e a dispetto di essa agì comunque. Si avvicinò al "moribondo" e delicatamente abbracciò le sue labbra con le proprie.
Questa ragazza non era ancora conosciuta da quelle parti ma sicuramente era molto brava a farsi notare, con la sua folta chioma tinta di verde e le ciocche naturali del color dell'ebano, la pelle color avorio chiaro e gli occhi blu zaffiro, non passava inosservata.
Dopo il bacio Ebane espresse un finto imbarazzo, che portò Leorio a correre avanti per l'emozione mentre lei era rimasta alquanto delusa; in quel bacio non aveva percepito niente, eppure era sicura che lui sarebbe stato più passionale visto quanto era preso da lei.
Correre, correre, correre, quel correre continuo e il pensiero del bacio con quell'ebete la fecero scemare, quindi si fermò un attimo. Poco più indietro stava correndo Kurapika che ne approfittò per fermarsi anche lui e parlarle.
"Ebane... Tutto a posto? Vuoi aiuto o sei diffidente nei miei confronti?" disse così ma le sorrise benevolo, per incoraggiarla a dargli ascolto. Lei per tutta risposta rise solare.
"Ti sei storta una caviglia per caso o hai il morbo del non posso andare avanti perché devo aspettare una persona importante?".
I due risero lievemente ma negli occhi di Ebane albergava incertezza e ne conseguì che decise di correre avanti lasciando Kurapika interdetto, il quale pensò
Ma... Che il bacio con Leorio non fosse del tutto finto? Che mi fossi sbagliato? No, c'è dell'altro, sì dev’essere così. Chissà cos'ha pensato pochi secondi fa. Potrebbe essersi spaventata, non credo nemmeno… avrà deciso di far passare del tempo? Beh, lo scoprirò solo raggiungendola e dimostrandomi interessato”.
Ebane stava correndo, correva correva e oltre alla corsa e al bacio con il lavoratore aveva anche Kurapika in mente, già: proprio quell’interessante ragazzo la guardava con interesse, cosa molto insolita per lei. Doveva abbandonare temporaneamente tutti quei pensieri, per il buon esito del suo esame e cominciò a correre all'impazzata, ciò le permise di fuggire per poco tempo dai problemi che le occupavano la mente. Intanto il suo correre all'impazzata l'aveva portata al livello di Leorio, Gon e Killua: finalmente Ebane lo vide da vicino.
"Ciao, non avevo notato ci fossi! Da dove vieni?" chiese in tono annoiato con un velo di sarcasmo il ragazzino dai capelli albini.
"Sì ti posso capire, sono una che non ama dare spettacolo di se stessa e quindi a volte non ti accorgerai che ci sono!" rispose mentendo Ebane e provò a sorridergli ma nella mente aveva altro e sul suo viso si formò una leggera smorfia.
"Va bene come vuoi! Io mi chiamo Killua e loro ho visto che li conosci già, anche molto bene!".
Killua, con la sua frase accompagnata da uno sguardo malizioso, alluse al bacio tra lei e Leorio ma Ebane non stette al gioco.
"Oh oh, non farci caso, ho voluto donargli un po’ del mio soffio vitale per rimetterlo in forze, sai io sono magica e posso creare energia dai buoni desideri degli altri" Ebane aspettò che la battuta facesse il suo effetto.
"In che senso? Che cosa sai fare signorina Ebane?".
Chiese Gon ingenuo, tutto entusiasta. Chiaramente Killua aveva afferrato la battuta perché sorrise sarcastico.
"Ma Gon, stavo solo scherzando... Sei proprio un bel furbetto! Leorio, come va con il fiato? Ce la fai?" chiese Ebane premurosa.
"Ma certo Ebane, dopo il tuo dolce bacio non conosco persona che non si sarebbe rimessa all'istante! Sai, sono in testa solo grazie a te!" la elogiò il ventenne con l'intento di colpirla.
Nello stesso tempo, dietro ai tre amici, Kurapika aveva osservato tutta la scena e tra una risata e l'altra, tra sé e sé aveva continuato a fissare la figura della giovane che lo aveva letteralmente stregato, però si ricordò che era in un posto sinistro e per nulla rassicurante e che doveva rimanere costantemente all’erta, non doveva certamente innamorarsi; avrebbe lasciato i sentimenti per dopo la fine dell’esame, quando le acque fossero state meno burrascose e quando si fossero conosciuti meglio ma intanto un po’ di sostegno e amicizia reciproci non avrebbero guastato.
“Ehi Ebane, come hai fatto ad arrivare fin qui così velocemente e avere ancora tanto fiato?”
“Beh, quando ho troppi pensieri comincio a correre o a fare qualcosa che mi dia adrenalina, tanto per scaricare la tensione e il nervosismo. In concreto, faccio un reset dei pensieri che mi mettono in ansia e questo mi permette di migliorare le mie prestazioni, divento come un automa... beh, in parte. È per questo che sono riuscita a superarti, nel senso..” ora la mezza gaffe l’aveva detta lei ma non sapeva come spiegarsi meglio.
“… Tranquilla ho capito, del resto quando sei ‘scappata’, sono rimasto lì come un pero e non ho nemmeno pensato di starti dietro” sorrise.
Ebane tirò un sospiro di sollievo e lo ringraziò con gli occhi.
Finalmente arrivarono alla fine del tunnel buio e sinistro, e il gruppo si precipitò fuori urlando all’unisono un fragoroso “Evviva, siamo arrivati!”; invece, c’era uno dei partecipanti un po’ inviperito perché avrebbe tanto voluto eliminare anche il numero 403, cioè Leorio, nel momento in cui era lì lì per cedere alla fatica.
All’improvviso dal nulla comparve dietro di loro una figura.. molto simile all’esaminatore, colui che fino ad allora li aveva condotti attraverso i corridoi e fatti correre come forsennati. Quest’ultimo aveva dei lunghi baffi da gatto che si attorcigliavano su se stessi, degli occhi da gatto molto seriosi, beffardi e della bocca non c’era traccia. A quella vista pareva di osservare più un essere indefinito che un uomo ma la fatica della corsa non permise a tutti di prendere in considerazione la cosa. Intanto il gruppo di giovani si era messo in allerta e cominciò a fare domande. Ebane fu la prima, non le piacevano quelli che s’intromettevano nel suo cammino per disturbarla.
“Chi sei e che cosa vuoi? Sopporto a mala pena i ficcanaso!”.
E Leorio bisbigliò a Kurapika
“Quelle parole mi ricordano qualcuno di saccente e presuntuoso, vero Kurapika…? Siete fatti veramente l’uno per l’altra” lo prese in giro il moro.
“Stai zitto Leorio, se proprio lo vuoi sapere, sembrava un pappone.. Idiota” Kurapika capì che doveva arrendersi all’ignoranza delle battute dell’amico.
“Non sono idiota, anche te parli così”. L’uomo rispose ansante per il dolore al torace ma in maniera lucida.
“Sono quello che avrebbe dovuto dare vita alla vostra prova e accompagnarvi, ore fa mi è stata tolta la possibilità da quella scimmia muta forma … Quella specie è maledetta! Mi ha sottratto la licenza e si è spacciato per me tutto il tempo!” spiegò la creatura appena arrivata
“Ah sì! come mai arrivi solo ora? Ti sei riposato e hai aspettato.. “pazientemente”
che arrivassimo per non dover venirci incontro?” ribatté spazientita la giovane ‘magica’.
 
La persona o creatura sconosciuta che fosse, esitò lievemente e la ragazza propose all’esaminatore che li aveva condotti fino ad allora, di scagliare un attacco semplice all’altro presunto esaminatore ma di farlo all’improvviso quando meno se lo sarebbe aspettato. Così sarebbe dovuto accadere, però l’essere si spazientì all’idea di dover aspettare e azzardò la prima mossa. Nel farlo rimase inevitabilmente ucciso senza possibilità di scampo.
“E infatti! Immaginavo che non fosse nient’altro che un essere originario di queste paludi sinistre e maledette” i partecipanti però s’indispettirono ritenendola arrogante e sapientona.
“En beh, questo che cosa dimostra infondo? Che c’era un essere più forte dell’altro ma non dimostra affatto che quello morto non fosse quello vero! Anzi, probabilmente è vero il contrario! L’altro essendo più forte potrebbe essere un serial killer assoldato per ingannarci e dopo un estenuante sforzo fisico e mentale, portarci alla morte, cosa ne possiamo sapere noi?”.
Imprecò uno dei tanti, che probabilmente non controllava nemmeno lo scorrere delle parole che stava dicendo, lo stress aveva messo a dura prova la mente sua e di quasi tutti, ed era crollato non riuscendo più a ragionare obiettivamente.
“Ah signore, che gente.. Signore come ti chiami, non lo so.. è vero il contrario invece. Se quello che è morto fosse davvero stato un esaminatore, non sarebbe finito K.O. ma si sarebbe difeso egregiamente e lo scontro andrebbe ancora avanti ore. Io lo vedo già concluso e in pochi secondi. A tutti gli effetti questo dimostra che l’altro era solo un incapace e quello in piedi davanti a noi è quello che sostiene la verità. Inoltre, il signor Satotsu non ha mai mostrato interesse nel convincerci che era lui quello vero, al contrario di quello morto che pur inventandosi balle gigantesche, senza prove concrete ha cercato in tutti i modi di portare tutti verso di lui... E voi ci siete cascati come delle pere cotte. Non ho ragione.. Signor Esaminatore?” replicò Ebane sicura di sé.
Gli esaminandi sollevarono un polverone di chiacchiericcio e la fissarono in malo modo, compreso un uomo alto e prestante con i capelli blu, lo sguardo da maniaco e delle carte da poker in mano, che da come continuava a fissare Ebane evidentemente voleva essere lui a mettere fine alla faccenda. Per tutta risposta alle lamentele Kurapika…
“Fatevi gli affari vostri.. Lei è riuscita a sistemare la situazione, quindi piuttosto ringraziatela e non comportatevi da bambinetti mossi dallo spirito di gruppo!” si animò quasi senza motivo, così: automaticamente, come per difenderla.
Tutti si fermarono a pensare un attimo alle parole del ragazzo, dopo qualche attimo ne convennero insieme che era sciocco continuare quella conversazione inutile e tornarono a pensare alla prova. Quest’ultima si stava rivelando più intricata del previsto, tra l’estrema fatica per arrivare fin lì e la pericolosa pressione psicologica condita con un bel po’ di dubbi su dubbi,  stava diventando una situazione non da tutti. Però, Kurapika non era ancora soddisfatto e continuò..
“Adesso vedete di non farci perde tempo, vi ricordo che stiamo sottoponendoci ad una prova al livello dell’addestramento di un ninja professionista o di un mercenario” concluse fissando quegli uomini inferiori con finta sufficienza: lui non disprezzava ne sottovalutava mai nessuno solitamente.
“Abbiamo capito, promettiamo che non toccheremo la tua ragazza” rispose a tono uno con voce arrogante piena di volgarità. A Ebane si drizzarono i peli sulle braccia dalla rabbia ma si ricompose e si girò per non farsi scoprire arrabbiata. Kurapika ovviamente se ne accorse e la difese “Ma senti questo con la pancia da birra, però almeno una cosa l’hai detta giusta, statele alla larga” (Kurapika non direbbe una frase così, come posso sostituirla?) e con questo chiuse, rivolgendo lo sguardo all’esaminatore.
Senza che nessuno se ne accorgesse passarono altre tre ore e metà dei partecipanti furono brutalmente squalificati a causa di forze maggiori, alcuni finirono in pasto a belve giganti e affamate, altri furono avvelenati inconsapevolmente da oggetti sparsi per il bosco che stavano attraversando, altri ancora vennero fatti fuori dall’uomo che fissava in cagnesco Ebane, il quale sorprendentemente non dovette muovere nemmeno un dito perché si limitò a far muovere le proprie carte, affilate come lame; a vederlo in quei momenti più che un uomo sembrava un demonio con sembianze umane.
“Ebane stammi vicina e anche voi, stiamo insieme perché non vorrei mai che ci imbattessimo in quel mostro, come si chiama!”.
Kurapika era seriamente preoccupato e lo si notava dal tono di voce, solitamente pacato, infatti gli ubbidirono tutti e si portarono vicini a lui per non perdersi in mezzo ai pericoli della foresta e alla calca.
“Comunque sono contenta di essere con persone come voi.. perché.. conoscendomi..” rifletté un attimo se fosse il caso di aggiungere altro alla frase… in effetti sì, soprattutto alla presenza di Kurapika. Ebane guardò i suoi compagni intensamente, sospesa tra la paura e l’adrenalina. Sentiva di non poter dire che aveva un disperato bisogno di compagnia, e che nel tempo si era abituata a quello che trovava. Voleva confidarsi ma preferì non denudarsi del proprio orgoglio proprio in una situazione come quella; era proprio in una situazione pessima.  A quel punto la guardarono tutti straniti e Leorio non si fece precedere nel commentare.
“Eh? Scusa Ebane ma potevi dircelo che tenevi l’erba da qualche parte, così mi caricavo un po’ prima di fare questa enorme faticaccia!”.
Ebane stava per ribattere con una battuta solo che non era sicura l’avrebbero capita..
“Leorio..”.
Kurapika per salvarla dall’imbarazzo continuò la frase per lei.
“Leorio taci!”
“Biondina fammi il favore di restare al tuo posto, vai un po’ a fare la maglia a casa, va!” scherzò l’amico spintonando Kurapika, il che fece sorridere la ragazza che continuò il proprio discorso in una maniera che sembrasse sensato.
“Comunque una cosa è sicura: adesso che ho incontrato voi mi frenerò dal picchiare senza motivo: prestigiatori o.. bastardi imbroglioni!” marcò le ultime parole per sottolineare il proprio disprezzo ma in realtà di quella conversazione non gliene importava nulla e non vedeva l’ora di troncarla perché l’essersi avvicinata al gruppetto non era stato casuale, aveva uno scopo ben preciso, non poteva mandare tutto in fumo. In suo aiuto venne Kurapika: capita la situazione si affrettò a rassicurarla.
“Ah, tranquilla Ebane, non ti lasceremo di certo nelle mani di questi mostri che abbiamo intorno” le sorrise benevolo ed Ebane pensò che pur avendo davanti dei ragazzi d’oro, non aveva poi tanto bisogno d’aiuto, infondo non si trattava di combattere contro Dio in persona, erano solo un prestigiatore e qualche assassino professionista.
Tutti e cinque si sorrisero complici a vicenda. Quei ragazzi l’esame per diventare hunter l’avevano iniziato alla grande e il futuro prospettava performance sempre migliori; nel frattempo i due diciannovenni continuavano a scambiarsi sguardi provocatori con un misto di imbarazzo e adrenalina data dalla estenuante corsa e i vari pericoli superati.
Nella penombra il prestigiatore li stava osservando assiduamente, come lo stava facendo per quelli che aveva intorno, quelli lontani, vivi, morti e perfino l’esaminatore, solo con meno interesse, e si chiese il motivo di quel soprannome: mostro.
"Perché sarei un mostro, non ho mica la faccia di un ragno o di una formica?" pensò. Poi ‘stranamente’ gli tornarono alla mente le cose orribili commesse, ritenute terribili almeno dagli altri perché lui non ci pensava proprio a criticare quello che faceva, piuttosto sarebbe morto. Senza prestare troppa attenzione alle proprie azioni e agli “agenti esterni”, intanto che rifletteva, teneva saldamente ancorata la propria concentrazione su quell'innaturale ma interessante gruppetto di ragazzini: la presenza di una femmina rendeva la cosa ancor più provocante per i suoi gusti e affrettò il passo, senza preoccuparsi se l’avrebbero visto oppure no. Voleva conoscere quella strana e accattivante ragazzina. Come si suole dire la coincidenza, i ragazzi si accorsero delle intenzioni dell’uomo e senza perdere la calma si affrettarono anche loro. Leorio emetteva versi inconsulti di cedimento ma non si poteva fermare proprio in quel momento, o sicuramente sarebbe morto e si aggrappò alla tunica di Kurapika, il quale dentro di sé lo insultò pesantemente perché quella bella tunica era stata fatta a mano da sua madre e i tessuti erano originari della sua tribù, la tribù dei Kuruta. Una tribù di cui quel biondo serio e tormentato voleva tanto raccontare a qualcuno.. o qualcuna di cui si potesse fidare, a cui confidare le sofferenze patite per se stesso e per i suoi compagni: familiari, amici, conoscenti, lavoratori, madri, padri, bambini, e così via. Ripensandoci ancora non si capacitava di quanto fossero stati spietati e orribili gli artefici di quell’azione così riprovevole e impronunciabile anche solo a bassa voce, gli venivano i brividi solo a pensarci e gli spasmi di rabbia si facevano prontamente sentire: se non fosse stato per il suo enorme autocontrollo, sarebbe esploso lì davanti a tutti, diventando più spaventoso addirittura del prestigiatore o di quell’essere che aveva avvistato poche ore prima in un angolo buio della galleria dove avevano cominciato la lunga corsa. Continuava a correre, ma con lo sguardo.. o più che altro con l’anima, era in un’altra dimensione: la sua e dei suoi compagni. Continuò a essere cupo in volto per un’oretta buona, tanto che non si accorse del piccolo complimento rivoltogli da Ebane. Non se ne accorse, semplicemente. Non ne aveva la voglia o la forza, anche se solitamente si sarebbe accorto dell’avvicinamento anche di una farfalla, cioè di ogni accenno o sussulto o cambiamento dell’umore.
“Ma perché Kurapika non mi risponde? Che gli è successo tutto a un tratto? Leorio che hai combinato stavolta? – lo rimbeccò Ebane bonariamente – Guarda che solo perché ti ho baciato non vuol dire che puoi avere la testa tra le nuvole, sai?!”.
E l’altro per tutta risposta fece gli occhi cosiddetti ‘a cuore’ al pensiero del bacio ma ripiombò nella realtà con la fine della frase. Ci rifletté un attimo ma proprio non gli veniva in mente cosa potesse aver fatto e chiese aiuto agli altri.
“Che, per caso ci siete già arrivati voi, perché io proprio non riesco a venirne a capo!” sospirò rumorosamente. Dietro di lui il bambino albino aveva ascoltato tutto e in quanto creatura scaltra e attenta ai dettagli era certo di aver colto il punto e alzò gli occhi al cielo.
“Leorio non voglio fare l’avvocato del diavolo ma sei un bel citrullo.. Ti sei attaccato a una tunica di seta ricamata a mano, rara praticamente quanto il DNA di Sara, una principessa molto famosa e non dirmi che non te ne eri reso conto perché non me la dai a bere, e comunque.. Sicuramente il punto non è questo. Quando gli hai tirato la tunica avrà pensato a quanto ci tiene e… perché. Quindi ora non vorrei proprio essere nei suoi pensieri – fece una pausa e cambiò espressione da seria ma meccanica a ironica e divertita – e nei tuoi panni quando ti avvicinerai per scusarti” e rise di gusto.
Rise sguaiatamente, cosa molto insolita per lui e si fece notare da tutti. Intanto continuavano a correre ma l’avere accanto gente solare e divertente non glielo faceva notare o pesare e di conseguenza superarono un’altra ora in allegria in quelle strane paludi, tra rane giganti e falene velenose. Gon poi era nel suo habitat naturale, perché da dove veniva lui i pericoli, le avventure e la natura incontaminata erano l’ordine del giorno. Ebane volle allora riprendere il discorso lasciato in sospeso.
“Comunque Leorio, tornando al discorso di prima, probabilmente ha ragione lui, sai? Ha un senso non ti pare? Conosco bene la storia di quella piccola etnia di agricoltori e artigiani e… non auguro a nessuno di viverla” si fece cupa anche lei ma tornò subito in sé grazie all’esuberanza e l’immenso ottimismo dell’uomo in giacca e cravatta.
“Ma adesso basta con i pensieri da funerale, cara Ebane non ci hai ancora detto niente di te. Per Esempio..”
“Leorio – s’interruppe per un secondo in modo da calibrare bene le parole – se vuoi, non parlo più in negativo ma.. ti spiace se non parliamo di me? Almeno finché non passa questa situazione” forse dirgli: non mi sento a mio agio a parlare prima con te che con il tuo amico Kurapika, non era per nulla saggiò per far nascere un’amicizia e quindi preferì pronunciarsi così, infatti Leorio non fece domande. Chissà come mai ma quando si trattava di lei diventava leggermente mansueto.
Ormai era passata un’ora e un quarto ma del compagno biondo ancora nessun segno di ripresa. Ormai in lontananza si vedeva una piccola struttura non ben definita, quindi al gruppo fu ovvio che fossero in procinto di raggiungere la seconda prova d’esame. Soprattutto a Ebane fu chiaro che se non faceva la sua mossa in quel preciso istante non avrebbe più avuto l’occasione di parlare col ragazzo. Si avvicinò sempre correndo ma senza farsi troppo notare così da non invadere il suo ‘silenzio’.
“Ciao – ebbe una certa esitazione, non sapeva se avrebbe fatto bene a parlargli – ho visto che prima te ne sei andato e mi hanno detto cos’è successo, o che almeno pensano sia successo” lo guardava in attesa di un accenno, una parola o anche un sorriso, una lacrima; in modo da capire lo stato d’animo dell’altro e agire di conseguenza.
“Ehi! Ciao Ebane… Grazie che mi sei venuta incontro”.
Fece una mezza smorfia tra lo stupore e il disgusto, non esprimeva certi sentimenti così personali a cuor leggero.
“Ah.. Beh adesso che lo so, non ti lascerò solo la prossima volta.. Io invece..”.
Non concluse la frase, si incasinò la mente con le solite pare da ragazzina: pensò che era meglio non ammorbarlo con i suoi gusti proprio in quel momento, e che se fosse capitato a lei di essere offesa, l’avrebbero sperimentato… cosa preferiva, cioè stare un po’ da sola, in quanto persona orgogliosa.
“Tu? Che stavi per dire di così strano che ti sei interrotta?” le chiese con un sorriso incoraggiante e la voce vellutata.
“Ahhh… niente Kurapika, non preoccuparti. Piuttosto ora stai un po’ meglio? Poco poco?” sorrise Ebane a sua volta con fare infantile.
Intanto il resto del gruppo stava per raggiungerli correndo a più non posso, si erano accorti di essere stati raggiunti dal prestigiatore, quel benedetto essere non li perdeva di vista neanche un secondo e Leorio non ne poteva più, era anche la pressione psicologica. Erano tutti sudati con i vestiti brombi e la fatica negli occhi ma allo stesso tempo anche la soddisfazione per quell’impresa titanica compiuta. Tutti intorno a loro erano evidentemente più esausti e debilitati, a parte qualche caso speciale, come appunto il mago, un uomo di colore con un cappello retrò, un ninja, due anziani molto muscolosi e in forma, e un essere con la faccia mascherata con degli aghi che gliela infilzavano (strano e macabro travestimento, sicuramente nessuno l’avrebbe riconosciuto). L’atmosfera era densa di coraggioso e di fatica e i più forti erano sia fieri di se stessi sia ironici nei confronti dei ‘più deboli’.
“Ehilà… Senti Kurapika…” pronunciò Leorio, però l’amico quasi coetaneo lo stoppò
“Lascia stare Leorio, non potevi pensare a una cosa del genere in un momento simile, solo che nella mia testa sono sempre presenti il dolore e il ricordo”.
Si guardarono intensamente e quella fu la loro riappacificazione, il che impressionò la giovane dai capelli verde petrolio, la quale non amava affatto i convenevoli, li scambiava solo con appunto gli sconosciuti o i nemici e loro non erano nessuno dei due; per fortuna… quelli potevano essere suoi amici e lei poteva esserlo a sua volta.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Incomprensioni, Piani, Vecchie conoscenze ***


“Ah!” un lieve suono gli uscì dalle labbra, quasi impercettibile
“Non dovresti pensare nemmeno un secondo a me e... – non riuscirò mai a dirle queste parole, sono troppo personali ma allo stesso tempo devo farlo perché ho creato io questo equivoco – e questo non perché non voglia star vicino a te ma... perché non conviene a te” esitò solo un attimo e lei lo bloccò dal dire qualche altra sciocchezza o parola fredda.
“Kurapika! L’amore, l’amicizia e la famiglia non centrano nulla con la convenienza, e non rendono la vita più facile o più difficile. Una cosa di certo è sicura... bisogna esserne convinti perché altrimenti non è reale, si rischia di far solo un gran macello. Non solo con gli altri... soprattutto con te stesso!” “Oddio, chissà che sta pensando ora, che sono una pazzoide sentimentale visto che nel corso delle prove potremmo diventare nemici per ottenere la vittoria, sicuro” pensò la ragazza dalla verde chioma, con quelle strane striature di nero, così profonde da ricordare le tenebre.
Si fissarono a lungo, molto a lungo: nessuno dei due accennava a capir come continuare la discussione, un altro paio di minuti e sarebbero finiti a parlare di psicologia, data la loro vasta erudizione e la testardaggine di entrambi. Continuarono a fissarsi un minuto buono ma per fortuna Kurapika trovò le parole e il coraggio di dirle.
“Hai parlato d’amore perché... provi qualcosa per me?” “Questa è una domanda da un milione di dollari, non mi risponderà mai finché non ci potremo veramente fidare l’uno dell’altra”. Come a leggergli nel pensiero, Ebane assunse un sorriso a metà tra il malizioso e il comprensivo:
“Scusami Kurapika... ma questo non posso dirtelo ora” lo guardò come a volerlo baciare, ma... dovette limitarsi a scappare letteralmente da quella stanza ‘infernale’, giusto per non entrare nel più totale panico tipico delle ragazzine fan girl, cosa che lei non era e per questo fuggì, correndo a perdifiato in direzione della propria camera. Ritornò alla stessa modalità che aveva assunto durante la corsa della prima prova d’esame, spense totalmente i pensieri e corse all’impazzata, tanto che attirò l’attenzione di tutti, persino del prestigiatore e del mostro, l’essere con gli enormi aghi impiantati nel ‘viso’. Ebane non si curò nemmeno di loro, la modalità ‘Macchina da guerra’, così la chiamava lei, non le permetteva di provare, vedere o sentire nulla di inutile all’obiettivo, o quasi. Il prestigiatore, o mostro oppure ancora ‘insulso pagliaccio troppo forte’ avvertì questo particolare stato in cui era entrata la ragazza e se ne compiacque, comprese che in lei albergava qualcosa di molto più profondo, difficile, avanzato e invitante, rispetto alle apparenze. Inoltre, sulla pelle avvertì una sensazione che inizialmente non riuscì a spiegarsi, e vista la sua mentalità per un certo verso semplice, perse quasi del tutto interesse quando vide arrivare il suo compagno di viaggio: l’‘uomo’ con gli aghi in faccia, a cui rivolse un semplice e distaccato
“Ah... sei qui”, dopo di che si alzò e andò per i fatti suoi.
 
Il viaggio di lì in avanti fu calmo e silenzioso, tutti risparmiavano le energie per la terza prova.
Una volta arrivati a destinazione, i cinque amici salutarono la signorina Anita e il Presidente
“Siamo contenti che sia andato tutto bene, alla fine”. Killua restituì l’orecchino alla partecipante 111 che glielo strappò dalle mani, in quanto prezioso ricordo del suo defunto padre, secondo lei ucciso da Killua stesso
“È un regalo che mi ha fatto mio padre!” urlò disperata ma Killua avendo ritrovato se stesso mantenne la calma, spiegò che anche quello stesso regalo innocuo: uno specchio di minerale spezie a forma d’orecchino, era formato da una sostanza che se lavorata in un certo modo creava subito dipendenza, e quindi pur avendo un felice ricordo del padre, lei e tutti quelli intorno a lei avevano costruito la propria felicità alle spalle di altri; così lei in un pianto liberatorio si rassegnò a dover andare avanti con la propria vita, sotto consiglio del piccolo Gon l’anno successivo avrebbe ripetuto l’esame e presa la licenza.
Il presidente fece ritorno al proprio alloggio sul velivolo e il suo assistente spiegò le regole caratterizzanti la successiva prova d’esame.
“Le regole della terza prova sono molto semplici: arrivare alla base della torre incolumi! Il tempo che vi è concesso è di settantadue ore!” Gridò a gran voce per farsi sentire da tutti. La maggior parte di loro rimase a bocca aperta per lo stupore e si chiese il motivo di tutto quel tempo per scendere una semplice torre, poi ripensarono al nome: Torre Trabocchetto, allora capirono che li avrebbero aspettati una miriade di fatiche, tali da impedire loro di impiegare poco tempo per superare la prova. Questi ragionamenti erano invece ovvi e naturali per quella piccola minoranza di partecipanti che comprendeva per esempio il Prestigiatore o il suo ‘amico’, e chiaramente anche i cinque amici. Ebane e Killua non badarono nemmeno a quel piccolo dettaglio, poco gli importava quanto tempo avevano, l’importante era arrivare alla fine. Gon come sempre espresse il suo innocente stupore ma con entusiasmo e voglia di cominciare, Kurapika disse solo che si preannunciava una prova più complicata del solito e lì si intromise Leorio, il quale si chiese anche lui il perché di tutto quel tempo ma come una domanda retorica, solo per dar voce ai propri pensieri.
Superato l’iniziale impatto, tutti si diedero da fare per cominciare il percorso. I ragazzi si affacciarono al bordo constatando che sarebbe stato inutile provare a scendere lungo la parete esterna, però arrivò alle loro spalle un uomo palestrato con lo sguardo fiero e sicuro di sé
“Magari per un uomo comune è impossibile scendere da questa torre! Ma per un free climber professionista come me, con queste sporgenze sarà uno scherzo arrivare fino in fondo senza problemi!” Ammise in tono spavaldo. In effetti, Gon e Killua lo videro arrivare in pochi secondi a un terzo della torre. Quando, dal nulla spuntarono fuori delle creature rosa alate, molto minacciose e con denti che sembravano rubati direttamente a uno squalo bianco. Inutile spiegare che il tentativo di aggirare le regole scendendo all’esterno, era impraticabile. Tutti si misero a cercare dei passaggi nascosti nel pavimento, cosa in cui Ebane era già riuscita perché aveva già intuito che non era così semplice vincere. Ricordava perfettamente ciò che le era stato detto una volta da un saggio:
“A questo mondo, spesso e volentieri… Tutto quello che appare, semplice e a portata di tutti, è in realtà infido e impossibile! O difficilissimo e alla portata di un uomo su un milione”. Infatti, aveva proprio ragione quell’uomo di cui la giovane non ricordava il nome, forse solo il mostro prestigiatore e lei sarebbero riusciti a superare la torre in quel modo.
“Ehi ragazzi! Perché non venite a dare un’occhiata?! Qua ci sono sei passaggi - già, sei… Quindi dovremo trovare un altro concorrente? Ma chi? Chi è che farebbe a meno di ammazzarci con le proprie mani da subito? Mah, nessun… Ah già, il grassone – Eccovi, però visto che noi siamo solo in cinque secondo me dobbiamo aspettare un'altra persona. Però non possiamo aspettare chiunque… se arrivasse il mago?! Guardatelo la che non aspetta altro… é ancora qui apposta, non c’è motivo per cui non dovrebbe aver già trovato un passaggio per lui e il suo ‘amichetto’” spiegò inviperita per la presenza di quell’essere.
“Potrei portare qui a forza il grassone, lui sembra il più innocuo, sarà anche un pelo furbo ma… Potremmo farcelo andare bene per stavolta, che dite? Lo porto a sacco di patate o con le buone?” chiese divertita la ragazza dai purissimi occhi blu zaffiro, facendo ridere tutti. Tutti meno il biondo, il quale si sentiva lievemente in imbarazzo per la situazione creatasi tra loro due sull’aereo.
“Nah… Vada per il sacco di patate” risero quasi tutti di nuovo. Ebane si accorse dell’ingiustificata insicurezza di Kurapika ma decise che doveva tornare sui suoi passi da solo, dove capire lui cosa voleva, per questo lei non poteva e non doveva fare niente.
Si diresse verso Tompa con uno sguardo malizioso e divertito. Quando l’altro se ne accorse la guardò insospettito, incerto sul da farsi e provò a difendersi, inutilmente.
“Perché sei venuta qui? Vuoi forse scusarti per il calcio che mi ha quasi spaccato la schiena mentre dormivo?” lo disse con un tono molto più indeciso e tremolante che altro, il che venne percepito da Ebane che lo canzonò
“Si, spaccato la schiena, come no! Avanti grassone, vieni con me… Lo sai che non posso continuare la partita senza la tua presenza” sbatté le ciglia con finto interesse nei confronti dell’uomo basso, molto in carne, di 48 anni, con gli occhi da ladro e i peli ovunque sul corpo.
Visto che ovviamente Tompa non capiva ma stava ugualmente sulla difensiva, lei esegui una mossa fulminea: lo colpì dietro al ginocchio per piegarlo e gli passo davanti per caricarselo in spalla. Lei era forte ma la sua stazza non le permetteva di trattenerlo sulle spalle, così chiese aiuto a Leorio che era il più prestante dei cinque
“Leorio, apri il suo passaggio, e anche voi… Nel momento in cui lo lancio e cade nel buco, saltate dentro!” Urlò da lontano, distraendo tutti gli altri compreso il più forte dei partecipanti, il ‘mostro’. A Gon venne un dubbio
“Ma signorina Ebane, il tuo passaggio si richiuderà e lo perderai perché sarai troppo lontana”
“Non preoccuparti Gon… E chiamami pure Eba”. Così avvenne: Leorio aprì la porticina nel pavimento e il povero mal capitato ci finì dentro come un sacco dell’immondizia, anche gli amici si tuffarono a loro volta. Erano sicuri che ognuno avrebbe dovuto prendere una strada a sé mentre Ebane aveva già previsto che ci fosse uno spazio unico da cui partire insieme, non aveva molto senso ed era fisicamente impossibile che ben sei passaggi così vicini l’uno all’altro, portassero ognuno in percorsi diversi. Tutto intorno a loro era buio pesto ma dopo qualche secondo si accesero le luci e a turno si sorrisero per la così breve separazione. Una volta fatta mente locale, Ebane tornò a usare il suo charme e le sue doti di seduttrice per costringere il signor Tompa a non far scherzi per rallentarli: visto e considerato che era una prova a tempo.
“Signor Tompa… Come va? Se la sente di affrontare questa avventura con me? Non le darò alcun fastidio, glielo posso assicurare” parlava con voce suadente e melodiosa, infatti era sicura che presto quell’uomo infido ma limitato avrebbe ceduto alla sua bellezza.
“Per non farmi riconoscere ho fatto ben cinque corsi di estetica e speso soldi che non ho per raggiungere questa bellezza, per altro molto rara dalle parti mie e di…” venne assalita dai ricordi: tumultuosi, rivoltanti, da far svenire alla prima occasione e per questo pensò anche a… Meglio non pensarci proprio. Scacciò tutto dalla mente e tornò a quello che stava facendo… Persuadere il grassone… Ecco, quello doveva fare; un compito simile non ammetteva distrazioni. Tompa provò a difendersi, ripetendosi che non doveva badare alla chiacchiere di quella sciocca, impudente mocciosa ma la sua reazione non esprimeva affatto questo concetto. Gon interruppe fortunatamente quel malizioso gioco mentale
“Guardate, là c’è qualcosa” si riferiva a un ripiano su cui erano poggiati sei bracciali molto spessi che sicuramente non erano per essere alla moda: sul dorso avevano un display, e appena sotto i pulsanti per selezionare una delle due opzioni: cerchio o croce. Gon non capiva molto. Intuito ciò, Kurapika si accorse che c’era un enorme schermo sulla parete e lesse quello che vi era scritto.
“La via della decisione a maggioranza. Voi sei dovrete ultimare il percorso che vi condurrà alla meta, procedendo per scelte stabilite dal voto espresso dalla maggioranza”. Tutti rimasero molto perplessi, finché una voce maschile non interruppe i loro pensieri.
“La decisione a maggioranza è un arduo percorso in cui la collaborazione è fondamentale! E con questo… vi auguro di avere successo!” Spiegò in modo chiaro e conciso l’uomo dall’altra parte della schermo. Leorio però come al solito, ebbe da ridire.
“Ehi, Tompa! Scordati che mi metta a discutere amichevolmente con te sulle scelte da fare!”. Quel uomo proprio non gli andava giù. Visto come aveva ridotto uno dei partecipanti durante la prima prova, non voleva averci niente a che fare. Ora che se lo ritrovava a fianco dovendo anche decidere insieme dell’esito della prova, stava per perdere la pazienza. Ebane, dal canto suo era più calma e concentrata ma soprattutto determinata a finire la prova senza arrivare in fondo solo all’ultimo secondo. Cercò di far capire a Leorio che aveva una strategia. Lo trasse a sé per la camicia e lo porto dall’altra parte della stanza, iniziò urlandogli contro per finta
“Leorio perché parli così a una persona più grande di te? Te lo devo spiegare io che non sono cose che puoi fare?” dopo di che, sussurrando gli disse velocemente senza farsi vedere, di stare al gioco: facendo finta di accettare il signor Tompa come membro del gruppo.
“Giusto… Ebane. Hai ragione, farò più attenzione al mio comportamento in futuro” disse Leorio ancora girato verso Ebane, con una risata trattenuta a stento.
“Ok Leorio, così mi piaci. Adesso tutti insieme, senza litigare procediamo un passo alla volta. Un passo alla volta. Siete d’accordo?!” la frase era rivolta in effetti a tutti quanti ma il suo sguardo era fisso sul biondo. Quel ragazzo tormentato e un po’ infantile ma soprattutto frettoloso. Lui comprese il messaggio ma non riuscì a mantenere il contatto visivo e distolse lo sguardo. Anche lei lo distolse, soddisfatta però di esser riuscita in qualche modo a comunicare al ragazzo quello che pensava. Pensò inoltre che quella messa in scena con il grassone fosse per il momento andata a buon fine ma che non sarebbe durata a lungo, vista l’esperienza della persona e la sua propensione all’inganno. Decise che avrebbe proceduto per gradi, aveva già provato a persuaderlo facendo breccia nella sua parte maschile, lato in teoria vulnerabile. Successivamente avrebbe finto di essergli amica per quanto la situazione nel gruppo lo avrebbe permesso. Per il resto, beh… avrebbe deciso.
Procedettero nel loro cammino. ‘Il gioco comincia’ pensarono all’unisono. Fecero cento metri e si imbatterono in una strada con due diramazioni, nella quale bisognava premere croce per andare a sinistra e cerchio per andare a destra, tutti premettero il cerchio tranne Gon e Leorio: menti semplici e pure. Kurapika spiegò che quella scelta era dovuta alle statistiche: era noto che la maggior parte delle volte, le persone poste davanti a due strade, scegliessero sempre quella di sinistra. Seguendo questa logica si doveva obbligatoriamente optare per la strada di destra perché l’altra sarebbe stata sicuramente molto più pericolosa, se non fatale. Percorsero un altro grande corridoio semi buio, anche quello così lungo da far quasi venire l’ansia a Leorio. Dopo un po’ si intravvide una forte luce e arrivarono alla fine di quel tunnel. Di fronte a loro si parava una gigantesca stanza: in profondità era decisamente più grande della prima, in altezza presumibilmente comprendeva l’intera torre, perché si estendeva pure sotto di loro con il vuoto più totale; cosa alquanto inquietante. Passata la sorpresa si accorsero che dall’altra parte della piattaforma su cui avrebbero combattuto, c’era un altro corridoio in cui delle persone stavano placidamente aspettando il loro arrivo. I loro sguardi si posarono inquietanti sui cinque ragazzi e l’uomo di mezza età, i quali si misero subito sulla difensiva. Ebane al contrario cercò di non pensare a niente per concentrarsi sugli avversari, pur essendo ancora lontana riusciva a distinguere dei piccoli particolari che le potevano essere utili per capire con che esseri avrebbero dovuto scontrarsi: sicuramente non erano dei santi ma nemmeno demoni saliti dalle viscere della terra, quindi dei punti deboli avrebbe potuto tranquillamente trovarli e sfruttarli per vincere, soprattutto per aiutare i propri amici e… Kurapika. Già, Kurapika. Meglio non distrarsi proprio in quel momento e tornò ad osservare dall’altra parte della stanza.
Allora. Vedo chiaramente che hanno tutti quanti delle manette ai polsi e non manette comuni, quindi sono detenuti della peggior specie. Se dall’altra parte non fosse così dannatamente buio o nella stanza non ci fosse proprio luce mi potrei anche abituare al buio e i miei occhi dopo un po’ riuscirebbero a distinguere tutti i dettagli possibili, però non potevo sperare di essere così fortunata. Ok, quindi allora proviamo con… - ampliò la vista con un metodo che ancora non le riusciva del tutto alla perfezione – Ma… uno di loro lo conosco. No, impossibile. Sarebbe una coincidenza troppo grossa ma soprattutto strana, anche se devo ammettere di aver capito che le coincidenze strane esistono, esistono eccome” notò con suo grande sgomento che tra i sei detenuti c’era un uomo a lei noto ed esclamò un preoccupato e nervoso: “Dannazione!”
“Che ti prende Ebane? Ti senti male? O hai notato qualcosa che ti preoccupa?”. Nonostante le dessero fastidio le domande scontate fatte da persone intelligenti, per Kurapika poteva fare tutte le eccezioni che voleva, Ebane comprendeva che se una cosa la diceva Kurapika, doveva per forza avere una motivazione valida. Inoltre, aveva capito che il biondo non si lasciava andare a inutili dimostrazioni di affetto molto spesso, ergo quella sua domanda era seria e rispose altrettanto seriamente.
“No Kurapika, non è niente te lo assicuro, mi sembrava di aver visto un uomo che conosco, cosa alquanto improbabile in questo luogo sperduto e malfamato, tra l’altro l’uomo che conosco io è speciale… di certo non è un detenuto di alto livello” mentì spudoratamente per destare anche solo un po’ di gelosia e sensibilità nel biondo, sentendosi subito in colpa. Non poteva però permettere, che tutti ma soprattutto il grassone conoscesse simili segreti riguardanti il suo passato.
“Detenuti hai detto? Ah già, hai ragione… guarda lì che manette enormi, mi verrebbero gli ematomi solo a toccarle” espresse Leorio come sempre ad alta voce, sorpreso per l’esagerato spessore delle catene, più che del motivo: la pericolosità di quegli uomini. Ebane pensò che avrebbe di sicuro perso al gioco del silenzio. Preferì comunque non farglielo notare perché aveva capito che il dottore, in un certo senso era preso di mira dagli altri del gruppo, essendo lui il meno scaltro e capace di tutti. In particolar modo lo vedeva succube della malignità del grassone, il quale si approfittava bellamente della sua spontaneità e ancora di più della sua ingenuità tipica dell’uomo comune.
“Lasciamo perdere Leorio. Devo capire se lui è veramente lui oppure è solo uno qualunque. Se ricordo bene Luis prima che ci lasciassimo aveva un piccolo tatuaggio con l’immagine di un organo non bene definito, accoltellato da un’arma molto particolare giapponese di cui non ricordo il nome. Se l’era fatta così strana apposta perché non voleva miseri copiatori in giro per il mondo. Misere false sue copie, come se le persone fossero dei semplici disegni o delle parti di pelle da scarabocchiare con inchiostro e schifezze varie. Sempre se non sbaglio, quel tatuaggio l’aveva fatto sul posteriore verso la schiena, appena visibile con una maglia normale e ben in mostra d’estate, con un top per andare a correre. Frasi agghiaccianti che non dimenticherò mai. Quelle che probabilmente mi hanno portato via la speranza negli uomini, anzi no… è stato tutto il resto. Ora come ora, è improbabile che si giri proprio per mostrarmi il fondo schiena, aspetterò di avercelo avversario. Insisterò con le buone per non lasciarlo a nessun altro. È un tipo troppo pericoloso, anche se gli altri non ispirano niente di buono. Per esempio, la donna sembra una persona riflessiva e attenta ai particolari. E nel caso di una detenuta incallita non è mai una cosa positiva. Questo potrebbe significare che solo osservandoti potrebbe capire tutto di te… anzi, senza condizionale. Quella donna… capisce tutto… di una persona che osserva. Se finirà a sfidare il più debole di noi potrebbe distruggerlo senza muovere un solo muscolo. Anzi… no. Non glielo permetterò. A nessuno di loro”.
L’infinita rete di pensieri che l’attanagliavano sembrava non poter essere interrotto da nulla, nemmeno dalle ovvie spiegazioni che uno dei detenuti stava dando loro. Era decisa a carpire più particolari possibile su quegli individui, così da raggiungere la vittoria nel più breve tempo possibile. Anche Kurapika si accorse che Ebane sembrava come assorta nei propri pensieri però il suo sguardo ero serio e vigile, quindi immaginò che stesse elaborando, cosa non lo sapeva però si fidava del suo modo di pensare e agire: molto simile al suo. Fece cenno a tutti gli altri di non distrarre l’amica perché stava elaborando una strategia. Intanto Ebane tentava di trovare ogni minimo dettaglio.
“Quello che si è avvicinato e ha spiegato le ovvie regole della sfida ha una cicatrice reale molto in evidenza e profonda sulla fronte, però le mani pulite e sane, ha un fisico molto prestante ma lo sguardo non sembra quello di un serial killer o di una persona disturbata, può essere solo un tipo che amava le gang e si è ritrovato in situazioni troppo pericolose per poterne uscire, ed eccolo qui. Lo capisco anche dalla voce, calda e profonda, istintiva, un po’ raschiata ma questo suppongo sia per il fumo o… per l’eccessivo testosterone, o per gli steroidi, o tutto assieme. Quei muscoli devono per forza avere qualcosa di innaturale, altrimenti non me li spiego. Poi… C’è un altro armadio a due ante, solo che stavolta si tratta di tutt’altro personaggio: vene in rilievo su mani e tempie, mascella che più squadrata non si può: sarà di origine tedesca, espressione fredda ma non vuota, quasi piena di passione, e se a questo aggiungiamo il contesto… Mi vengono i brividi solo a pensarci. Passiamo agli altri. Uno ha la prestanza fisica praticamente di un invertebrato. Terrorista di merda, però dallo sguardo si vede che un po’ di coscienza la possiede, quindi o si è ripreso stando qui in esilio, oppure non è così tanto condizionabile da farsi saltare in aria, ma piuttosto predilige… far… saltare in aria. Per proprio divertimento sicuramente. Ovviamente non ci sarà nessuna bomba però sicuramente chiederà una sfida inerente. Per la miseria, e quello che faccia ha? Madonna, certi imbecilli non hanno veramente nessun ritegno con la chirurgia, cosa sperava di ottenere? Di apparire il più forte del mondo senza alzare un dito… Chiaro. Idiota. E sulla mano destra? Non dirmi che si è piantato un rinforzo. Che scemo, rischiare di morire avvelenato per rimanere in vita e mantenere le stesse abitudini deleterie, da criminale. Di solito sono gli spacciatori che si vogliono mettere in mostra e scelgono la teatralità. E quelle cicatrici? Sembrano disegnate. Va beh lasciamo stare. Con lui ho finito, meglio tornare alla realtà va”.
“Ragazzi… Questi tizi sono tutti molto temibili, a parte uno che lascerei a Tompa perché avranno bene o male lo stesso livello di incapacità” espresse dopo un minuto che stilava quella miriade di riflessioni. Il signor Tompa la guardò torvo e sospettoso
“Come ti permetti ragazzina?”
“Ma signor Tompa… stavo scherzando. Non mi permetterei mai di trattarla così” fece una risata finta di imbarazzo, però pienamente credibile anche per quella serpe del signor Tompa, il quale infondo infondo era solo un comune essere umano, per di più maschio.
“E va bene! Per questa volta ti perdono ma che non capiti mai più, capito mocciosa? Voglio un poco di rispetto alla mia età e dopo tutto quello che ho passato per essere qui!” Sbraitò fiero. Nel frattempo Ebane stava pensando alla propria strategia di combattimento, sia psicologico che fisico, contro il suo nemico: Luis Morialler. Ebane sapeva che aveva modificato il suo cognome con quelle lettere finali perché adorava con tutto se stesso la parola inglese Killer, che in giapponese significa assassino, il motivo era che voleva sembrare una persona internazionale, anche se alla fine lei era sicurissima che nessuno lo conoscesse.
“Morialler… maledetto. Che cazzo ci fa qui? Da dove spunta fuori? Ah, basta. Stiamo perdendo un sacco di tempo. Basta pensare Ebane. Agire in questo caso è fondamentale. Lo attaccherò con le mosse di pattinaggio che ho imparato appunto nella palestra della mia… città”. Il ricordo della sua città era come una ferita per il lebbroso, non si rimarginava e mai lo avrebbe fatto.
“Ragazzi… Chi si batterà per primo di noi? Io forse ho già capito con chi sarei in grado di battermi. E forse ho trovato anche gli avversari adatti a voi. Se vorrete ascoltarmi ve lo rivelerò volentieri, ovviamente sotto voce”. Anche questa frase la stava sussurrando e con la mano davanti alla bocca, in modo che gli avversari non potessero nemmeno leggere il labiale, così da lasciarli completamente all’oscuro di questo particolare. Ebane dopo averlo detto si rivolse al ripugnante e maleducato grassone e si finse suadente e mansueta.
“Signor Tompa… è disposto a fidarsi del mio modesto parere? Le va di seguire il mio schema di avanzamento così da permettere a tutti i miei amici di avere più possibilità di vittoria?”. Nel frattempo che con un’espressione dolce e conciliante gli faceva la proposta, Ebane dentro di sé ribolliva di rabbia e non pensava ad altro se non farla pagare a quell’uomo tutto lardo e niente altro.
“Se proverai anche solo a pensare di far qualcosa per spingere uno dei miei compagni a fare un gesto di cui si pentirebbero… giuro che ti farò soffrire inesorabilmente… grassone”.
“Ma certo Eba… io di te mi fido ciecamente. Dimmi pure che avversario dovrei affrontare… Ragazzi dobbiamo fidarci di lei, siete d’accordo? Leorio… così non ti troverai eccessivamente in difficoltà” esclamò entusiasta Gon.
“Ma certo Ebane cara, figurati se mi posso fidare della mia testa calda… Dicci pure tutto quello che vuoi!” Mise un po’ troppo entusiasmo nelle sue parole, quindi cercò poi di darsi un contegno. A quel punto Tompa si finse interessato e si propose come primo sfidante, così da non essere l’ultimo e quello che avrebbe dovuto decidere della loro sconfitta o della loro vittoria, trucco molto astuto e semplice al solo scopo di togliersi dalle scatole il proprio turno e non avere responsabilità di nessun tipo. Un trucco semplice da attuare ma complicato da riconoscere, tranne per Ebane che non si aspettava nient’altro che inganni da quell’uomo. Ugualmente fece finta di nulla e dette il suo parere ai propri amici.
“Allora, prima che passino tutte le 72 ore di tempo, vi dico come secondo me dovrebbe marciare il gioco. Kurapika secondo me te la caverai benissimo con quella brutta faccia da pagliaccio. Leorio purtroppo dovrai passare qualche guaio, perché secondo me l’avversario meno pericoloso per le tue capacità è una dottoressa o un’esperta non di arti marziali, sicuramente. Parlo della donna” Ebane fece una pausa perché sapeva benissimo che Leorio non l’avrebbe presa molto bene e invece…
“Che cosa intendi dire?” Chiese pacato
“Intendo dire che è improbabile che ti proponga uno scontro fisico, non emana quel tipo d’intenzioni. Perciò il confronto sarà mentale. Ecco. Ora… osserva il suo sguardo, come ci guarda. Il suo sorriso beffardo e… troppo sicuro e consapevole di sé. Sono solo supposizioni ma una cosa è sicura anche ai tuoi occhi: non preavvisa nulla di buono”
“Capisco. Beh, in quanto donna nemmeno io avrei optato per uno scontro fisico”
“Lo immaginavo Leorio. Ascoltami bene, noi qui siamo in battaglia. Siamo dei soldati. Non possiamo lasciare spazio alla carità, alla compassione, ai sentimenti e soprattutto… tutto è lecito… ora come ora”. La ragazza sperò che il messaggio fosse passato e che il suo amico trovasse un piano per affrontare un arduo scontro mentale, nel quale era nettamente in svantaggio.
“Poi… Gon… per te l’unico a cui potresti tenere testa è quella specie di nanetto ossuto con i capelli castano chiari. Ha l’aria di essere un bel furbastro ma… fidati quando dico che per te non sarà un enorme problema. Per te Killua… Immagino non avrai alcun tipo di problema, quindi ti avrei affibbiato il più pericoloso. Quel…”. L’altro non la lasciò nemmeno finire perché aveva già capito.
“Lo so. Tranquilla ho già capito di chi parli. Il più grosso di tutti con le mani enormi e piene di vene”. Loro due sì che erano uguali.
“Ah! Grande Killua. Sei sicuro che ce la farai? Cioè… va bene anche se ti arrenderai, non voglio che ti accada nulla e non lo dico solo perché sono più grande…” era seriamente preoccupata per tutti i suoi compagni, oltre che per se stessa.
“No no. Scherzi? Non mi arrenderò. Non proprio ora… che il gioco… si fa interessante” rispose eccitato Killua
“Questo ragazzo deve aver subito qualcosa di terribile per ritenere uno combattimento contro quell’essere spaventoso perfino per me… un gioco. Come diavolo fa a essere ancora vivo” pensò allibita Ebane. D’altro canto cosa poteva fare per il passato del ragazzino? Niente. Poteva però fare qualcosa per il suo futuro, anche se spettava a lui cambiare la propria vita.
“Va bene Killua. Mi fido del tuo giudizio. Signor Tompa, ho cambiato idea… Per lei andrà benissimo quello che ha spiegato le regole. È alquanto temibile ma sono sicura che lei andrà benissimo” “Non lo penso affatto ma tant’è. Che tu perda o muoia… ma che vado a pensare? Smettila di fingerti sociopatica Ebane. Non lo sei e non lo vuoi diventare” cercò di abbandonare definitivamente quei pensieri freddi e meschini.
“E può benissimo cominciare per primo, così a decidere delle sorti del nostro esame potrà essere Killua che di certo non avrà nemmeno bisogno di tempo per ottenere la vittoria, o io. Beh, dipende in che ordine verranno quei sei personaggi. È per questo che si era proposto di andare per primo poco fa, giusto?”. Lui rimase lievemente interdetto, non si aspettava una deduzione così arguta da una appena maggiorenne ragazzina come lei. La riteneva solamente una gatta morta di cui non ci si poteva fidare, ma con cui al contrario si poteva benissimo giocare, un giocattolo da manipolare e poi scartare come la carta della caramella.
“Il suo silenzio lo prendo per un sì, per questo le sono molto grata. Non è da tutti offrirsi per primo in situazioni drammatiche. Grazie infinite” la voce di Ebane era fredda e mono tono ma solo lievemente così, non se ne sarebbe accorto. Infatti il signor Tompa pensò
“Ma certo, come no. Ecco la conferma che cercavo. Sono proprio degli ingenui questi mocciosi. La ragazza non so ancora se mente oppure è seria, certo che se mente lo fa anche troppo bene, quindi visto che avrà a occhio e croce 17 o 18 anni devo pensare più alla seconda opzione. Sì, dev’essere così”
“Certo, è per questo che mi sono candidato per primo. Voi non riponete la benché minima fiducia in me, dico bene? E allora è per voi più conveniente che il primo o anche l’unico a perdere sia io”. “Ma si, state al mio gioco, utilizzerò ogni vostro futuro errore da rinfacciarvi, in caso tentaste di accusarmi di… cattiva condotta”
“Perfetto. Adesso abbiamo la situazione sotto controllo ragazzi, così riusciremo a passare senza troppi problemi”. Non era vero. Leorio avrebbe passato un brutto momento, Ebane non era affatto dubbiosa sulle capacità della donna e prevedeva già che avrebbe massacrato il pover uomo con chissà quante tecniche di persuasione e condizionamento mentale. L’addossamento della colpa per qualcosa che in realtà lui non ha fatto, lo svilimento, la distorsione della realtà. Stava pensando a così tante cose che era certa d perdere la testa molto prima del solito, e il suo essere donna non l’aiutava affatto; anzi.
Grazie a una pedana scorrevole, il primo dei detenuti salì sul quadrato in mezzo alla stanza e chiamò il suo sfidante. Una volta che fu salito anche Tompa, si decise che si sarebbe disputato uno scontro, il quale sarebbe terminato con la morte o la resa di uno dei due e non era ammessa la parità. Nel momento in cui l’assassino si lanciò all’attacco tutto carico all’idea di far fuori qualcuno, il signor Tompa arretrò di qualche passo e piegandosi a terra dichiarò la resa, lasciando tutti a bocca spalancata. Non si poteva dire la stessa cosa per Ebane: l’aveva mandato avanti apposta, così poi i problemi nel vincere le sfide sarebbero stati minimi, se non addirittura inesistenti. Ci avrebbe pensato lei in quattro e quattro otto, a risolvere eventuali distrazioni create da lui. Leorio si arrabbiò all’inverosimile ma anche gli altri non furono da meno, però Tompa sapeva già come difendersi. Rivelò che di ricevere la licenza a lui non importava niente e che non si sarebbe fatto in quattro se non per se stesso quindi non dovevano contare che sul voto della maggioranza, inoltre ammise perfino con fierezza di aver trovato nell’eliminare i partecipanti all’esame più deboli, una ‘magnifica’ ragione d’essere, facendo ammutolire tutti.
“Sei un uomo crudele” cominciò Kurapika.
“Ehi vecchio, tu sei paragonabile a un bug… e io detesto i giochi con i bug” disse Killua scuro in volto, avvicinandosi pericolosamente all’uomo. Lui tentò di fermarlo ricordandogli che sarebbe stato squalificato se gli avesse fatto qualcosa ma al ragazzino non interessava, quindi intervenne Gon con la sua spontaneità d’animo
“Ma certo! Il signor Tompa ha ragione, con cinque voti contro uno vinciamo sicuramente!”
“Gon, tu… sei ancora più ingenuo di me” fece sconsolato Leorio.
“È esatto, però…” provò a formulare Kurapika provando a modificare la sua rabbia in qualcos’altro di più produttivo.
“Però niente! Gon, preparati che si sta avvicinando il tuo sfidante. Ah… senti piccolo ce la fai a fingere di aver scelto tu da solo sul momento di voler combattere quello lì? Così non sembrerà premeditato”. Si vedeva che anche lei era stizzita per quel vile comportamento di Tompa ma non avevano tempo, e volle tagliare corto.
“Va bene. Vado!” Si mise a correre e prima di salire sulla piattaforma urlò che il prossimo sfidante sarebbe stato lui, come gli aveva chiesto Ebane, la quale si compiacque della prontezza del bimbo. Nel frattempo Killua si mise a parlare con Kurapika spostandosi davanti a Tompa, in modo che lo sentisse bene
“Se vogliono farci perdere tempo, il vecchio ha agito bene. L’uomo pelato come un bonzo era sicuramente un ex soldato o un mercenario. Se avesse potuto combattere come prima cosa lo avrebbe colpito alla gola… per impedirgli di dire ‘mi arrendo’. Dopo di che lo avrebbe torturato tenendolo in vita… Finché gli fosse stato possibile farlo” a quelle parole il signor Tompa sbiancò visibilmente e tutti risero sotto i baffi.
“Però è strano, anche quell’uomo ha gravi crimini alle spalle ma non percepisco nessun intento omicida in lui” ipotizzò Kurapika ma Ebane non era affatto d’accordo.
“Diciamo che ci sono modi diversi di rivelare il proprio scopo, e poi c’è scopo e scopo, sei d’accordo con me Kurapika? – lo guardò sorridendo per invogliarlo a rilassarsi nei suoi confronti – quell’uomo… Hai visto il fisico che ha? Solitamente si può pensare che con un fisico così non possa essere granché pericoloso. Nel nostro caso però, dubito fortemente che abbiano inserito un pecorella smarrita all’interno di un gruppo di demoni. Perciò deve avere qualche altra capacità che forse è anche più pericolosa. Sappiamo benissimo che a volte il confronto mentale è ben peggiore. Infatti spero non abbia intenzioni eccessivamente distruttive. Comunque sono arrivata alla conclusione che quell’uomo dev’essere un terrorista. Uno di quelli ‘freelance’. Il suo sguardo non denota un assoggettamento”
“Quella che emana è una pericolosità differente” concordò Killua. Evidentemente era abituato come Ebane a valutare le persone, il pericolo e il comportamento da tenere di conseguenza.
Gon pensò bellamente di tralasciare tutti i ragionamenti possibili sul suo avversario e chiese allegramente come si sarebbe svolta la sfida, perché non aveva proprio nessuna idea. A quelle parole a Ebane cascarono le braccia ma conosceva le capacità di Gon e quindi momentaneamente si tranquillizzò.
A quel punto il criminale ammise di non amare il ‘banale’ prendersi a pugni e propose di fare un ‘gioco’. Disse a Gon che era un gioco molto semplice e nel quale non c’era molto da pensare. Spiegò che il tutto consisteva nel far spegnere per ultimo la propria candela. Mostrò al gruppo le due candele, dapprima coprendole in parte e poi mostrandole interamente, rivelando che una delle due era più corta, quindi instaurando il dubbio in tutti quanti.

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Drammi ***


Passarono due giorni e anche la seconda prova giunse al termine, con la buona riuscita di soli poco più di 40 partecipanti. I vincitori furono portati al dirigibile del presidente dell'esame, il Signor Netero. Una volta a bordo, tutti tirarono un sospiro di sollievo e l'atmosfera che si respirava diventò nettamente più rilassata che durante le prove, ma era anche carica di energia, molto carismatica.
Ai due ragazzini venne voglia di impiegare le loro illimitate energie esplorando ogni centimetro di quel luogo sconosciuto, e partirono all'avventura. Intanto Kurapika, Leorio ed Ebane si sedettero appoggiati al muro per riposarsi, ricaricare le energie e la mente. All'improvviso Ebane vide avvicinarsi l'uomo che aveva soprannominato palla di lardo e provò a intuirne il motivo
"Signor Tompa... detto anche Tomba... – sottolineò con voce suadente molto ironica - a cosa dobbiamo l'onore della sua presenza? Per caso vuole generosamente avvertirci che secondo lei non dovremmo distrarci?" lo fulminò con lo sguardo, aveva visto il suo ignobile comportamento ingiustificato con gli altri partecipanti e non voleva averci niente a che fare. Lui per tutta risposta la fissò colto in flagrante ma per salvare la faccia rispose
"Ma che dici? Cosa vai a pensare? Volevo solo congratularmi per la vittoria" emise una smorfia di finto imbarazzo per la paura, che però faceva trasparire la più pura falsità e se la filò con la coda tra le gambe. Leorio a quel punto esclamò con troppa enfasi, ridendo alle spalle dell’uomo
"Hai visto? Si capiva benissimo che aveva intenzione di ingannarci ma siamo stati più furbi stavolta"
E la ragazza pensò leggermente indispettita
“Siamo? forse volevi dire: sono stata furba” cercò di non darlo a vedere, discutere per una causa simile non le sembrava il caso davanti al loro nemico, ma nemmeno in un altro momento, se Leorio l'avesse rifatto glielo avrebbe fatto notare.
Nel frattempo Killua e Gon arrivarono alla sala macchine e aprirono la porta, anche se ovviamente c'era apposta un cartello con scritto: vietato entrare. Furono immediatamente attratti dai comandi ma a Killua venne la brillante idea di farsi notare prendendo in giro di pilota, quindi vennero letteralmente buttati fuori entrambi, poi la loro corsa alla scoperta continuò per un bel po’ e arrivarono a scoprire anche dov'era il bagno, insomma visitarono ogni centimetro del velivolo. Una volta soddisfatti si concessero un attimo di pausa e cominciarono a parlare della propria vita. Killua fece capire a Gon che la sua famiglia era interamente composta da assassini mercenari, con un po’ di paura nelle parole, paura di spaventare l'altro, il quale al contrario non si stupì quasi per nulla e banalmente rispose che in qualche modo lo immaginava, senza trasmettere paura o altre emozioni se non la calma tipica di una persona che non si stupisce più di niente. Notato il disinteresse verso quell’informazione, Killua continuò a raccontare di sé e affermò con decisione che un giorno avrebbe battuto suo padre per vendicarsi del fatto che tutta la famiglia aveva deciso fin da quando era in pancia che sarebbe dovuto essere un mercenario proprio come loro e non avrebbe potuto scegliere.
“Sai, ti ammiro molto Killua, io non ho mai pensato di superare il mio papà” Killua rimase stupito da quell’insolita affermazione e rispose
“Quindi catturare mio padre sarebbe come superarlo?! Capisco, comunque adesso basta fare i sentimentali e andiamo a berci un buon tè” l'albino terminò bruscamente la frase perché ebbe una lieve sensazione, si sentiva osservato e si girò, però come già immaginava non trovò nessuno, trovò qualcosa però: un orecchino d'argento colorato di bianco, a cerchio con tre pendenti; ma fece finta di nulla, non voleva allarmare inutilmente il coetaneo, infondo poteva anche esser solo una sua paranoia e quell’orecchino poteva essere stato perso da una o ancor peggio uno dei partecipanti, quindi allontanò il pensiero e corsero alla zona rinfresco per un buonissimo tè YoGancia.
Nel frattempo nella sala d’aspetto Tompa come al solito stava a suo modo disturbando i tre amici, il suo russare era talmente pesante e rumoroso che faceva saltare i nervi perfino a Kurapika, quindi la signorina Ebane con un calcio ben assestato scaraventò l’uomo, il quale nemmeno si svegliò, fuori dalla porta e fece sorridere tutti i presenti e guardò con un’espressione divertita il biondo, che ricambiò con un altrettanto grande sorriso, rimasero come incantati per ben trenta secondi, a fissarsi complici come non esistesse più nulla, solo che Leorio s’intromise rovinando l’idillio
“Ehi ragazzi che avete da fissarvi tutti e due, c’è qualcosa che non va?” a Kurapika caddero le braccia ma si contenne e rispose leggermente seccato
“No Leorio, non c’è niente che non va” “Come no, hai solo rovinato un bel momento” si ritrovò a pensare il Kurutariano “Cosa? Ma che vado a pensare? Non è mica male? Ma sono uscito di testa? Voglio veramente innamorarmi di una sconosciuta? No, no, no qua devo prendere misure di sicurezza, ma…”. Il giovane era deciso a lasciare fuori dalla sua vita ogni sentimento che non fosse la determinazione per raggiungere i suoi obiettivi ma c’era una parte di lui al contrario, che non poteva fare a meno della presenza di quella strana e misteriosa ragazza; era ufficialmente confuso e questo per la prima volta in tutta la sua vita: l’amore era il suo tallone d’Achille perché in passato l’aveva perso completamente, e comunque non aveva avuto il tempo di viverlo e di capirlo, gli era stato portato via prematuramente e ne risentiva, di una cosa però era certo: era attratto dalla ragazza, da Ebane, già il nome per lui risuonava particolare e interessante.
 
Arrivati al bar, la sensazione di Killua si fece più intensa e capì che si trattava di qualcosa di più: odio, ma era possibile che pur non conoscendo nessuno, lì dentro ci fosse qualcuno che lo odiava? E nemmeno farlo apposta si avvicinò una ragazza dai corti capelli neri che indossava proprio lo stesso orecchino ritrovato poco prima, nel contempo gli esaminatori venivano avvertiti che dopo la fine della seconda prova, al monte Tagliato a Metà un partecipante che non era riuscito a superare la prova, non era nel furgone dei bocciati quindi doveva essersi infiltrato a bordo. La ragazza chiese se poteva sedersi con fare gioviale ma Killua la guardò più sospettoso che mai. Lei disse di chiamarsi Anita e che aveva l’aspirazione di divenire una Black list Hunter: Cacciatore della lista Nera, cioè di ladri incalliti e famosi assassini. Il suo obiettivo era quello di trovare l’assassino di suo padre, il quale essendo diventato esportatore della pietra speziata, aveva attirato molti nemici, uno tra i quali aveva assoldato un membro della famiglia Zaoldyeck per toglierlo di mezzo e avere l’esclusiva sul commercio della famosa e meravigliosa pietra. Leorio si intromise come al solito nella conversazione per provarci con lei ma fu respinto, lei ce l’aveva Killua e lo attaccò con il suo fedele coltello, solo che ogni fendente andò a vuoto e all’improvviso la lama venne bloccata massicciamente da due sole dita, quelle del presidente.
“Adesso basta, le liti tra i sostenitori dell’esame esulano da quelle che sono le competenze degli esaminatori… Però il numero 111 non è riuscito a classificarsi nella ripetizione della seconda prova! Quali che siano le tue ragioni non hai alcun diritto di competere con questo avversario” la ragazza incassò il colpo ma cadde nello sconforto capendo di non poter fare nulla e si lasciò momentaneamente portare in cella. Leorio e Kurapika discussero dell’accaduto e il più giovane dei due ammise che avrebbe commesso le stesse azioni perché quelle ‘Cose’ non erano razionali. Ebane dal canto suo la pensava le stesse cose e anzi, non si sarebbe arresa così facilmente e avrebbe continuato a dimenarsi anche nel modo più inutile ma avrebbe comunque tentato. I due ragazzi si fissarono con intesa velata dalla tristezza della situazione, soprattutto perché non potevano fare niente per alleviare il dolore della giovane o per risolverle i problemi. Questa volta il loro sguardo non venne interrotto ma lei si scostò, era triste per quella faccenda e si allontanò lanciando una lieve occhiata a Kurapika il quale capì e la seguì verso le stanze, invece Leorio rimase ancora un po’ per bere il suo tè in santa pace.
Kurapika segui la coetanea per il corridoio principale, quello che portava alle stanze da letto e la vide fermarsi davanti a una stanza senza numero e pensò che fosse molto strana una mancanza simile, considerata la serietà del luogo in cui si trovavano quindi l’organizzazione che c’era dietro, ma provò a non darci peso... Infondo era una porta senza il numero, molte porte in quel velivolo erano senza numero, no?! Notò solo che in un momento come quello non ebbe il coraggio di chiedere a Ebane il perché di quella ‘intrusione’, al contrario di quello che faceva di solito spinto dal suo carattere schietto e dall’istinto di sopravvivenza. Semplicemente non gli venne l’impulso irrefrenabile di dover avere tutto sotto controllo (cosa giustissima in molti casi ma controproducente in rare occasioni).
In quel luogo buio che sembrava immenso e vuoto, si prestava davanti ai loro occhi una struttura molto appariscente che sembrava brillare di luce propria: un acquario circolare che andava dal pavimento al soffitto, illuminato da luci led di un bellissimo azzurro oltremare smeraldo e con le pareti di vetro ben trasparenti ma evidentemente spesse e resistenti, adornate da una bellissima decorazione formata da rampicanti anch’essi del colore dell’acqua, una tipica decorazione giapponese. Al suo interno creature dai vibranti colori volteggiavano e li fissavano ignari.
“Dove siamo?” chiese Kurapika sorpreso di quella magnifica vista, doveva essere una sorpresa Ebane, altrimenti non se lo spiegava.
“Non so perché ma ti confesso che sentivo di dover venire qui, mi ha attirata come sotto ipnosi, forse c’è qualcosa che voglio conoscere” sorrise imbarazzata. Quell’espressione infuse in Kurapika un senso di casa e amore…
“Ancora… amore? Ma Ebane è un’estranea… devo assolutamente darmi una controllata, forse la devo solo evitare per un po’ e poi la testa mi tornerà a posto” pensò il biondo con un lieve disagio.
“Quindi non sapevi dove stavamo andando, beh poco male. Se non ti dispiace vorrei raggiungere Leorio per parlargli e anche per bere anche io il tè della giornata, mi piace molto e visto che ne ho la possibilità meglio approfittarne” fece con mala voglia un sorriso di convenienza e aspetto l’assenso dell’altra, che arrivò subito ma con evidente senso di tristezza. A Kurapika si fermò un attimo il cuore, pensò che forse stava sbagliando ma la sua missione non comprendeva quell’aspetto della vita e provò a convincersi che non doveva ricredersi.
 
“Ah, lo sapevo Killua è formidabile… Ha - a!” urlò Gon trionfante perché si vedeva già la palla della scommessa in mano, ma il signor Netero fu più astuto e guizzante, quindi scansò l’avversario senza problemi. Poco prima Gon e il suo amico Killua, avevano scommesso con il Presidente che se fossero riusciti a rubargli la palla prima di atterrare, lui avrebbe consentito alla signorina Anita di provare nuovamente l’esame Hunter. Tutti e due i ragazzi avevano provato per una mezzora buona ma una volta arrivati allo stremo videro che l’anziano non aveva nemmeno il fiatone, quindi Killua s’innervosì e accadde che, sul punto di afferrare la palla finita dall’altra parte della stanza Netero, con uno slancio da far paura, arrivò per primo. Quello scatto così potente e improvviso risvegliò in Killua l’istinto omicida, proprio quello che voleva tenere al sicuro e ben rinchiuso dentro di sé, quindi rinunciò alla sfida e corse in corridoio per stare un po’ da solo. Gon invece preferì continuare a provare nell’intento, anche se gli venne fatto notare che l’altro per evitarli, fino a quel momento non aveva nemmeno usato la mano destra e il piede sinistro.
Killua siccome aveva dentro di sé una bestia che non vedeva l’ora di uscire a devastare sia lui che tutti i presenti, si mise a fissare il paesaggio fuori dalla finestra provando a calmarsi, e intanto senza essere del tutto cosciente cominciò a parlare da solo, come avesse un altro se stesso a fianco.
“Se avessi continuato avrei finito per fare sul serio… Ovvero l’avrei ucciso pur di prendergli la palla”
“Ma questo è naturale, sono stato cresciuto per essere così. Sono un membro della famiglia Zaoldyeck. Una macchina per uccidere, ecco quello che sono” rispose a se stesso con veemenza ma poi la sua parte buona controbatté
“Si però… Come ho detto anche a lui non sono stato certo io a volerlo!”
“Lo credi davvero?”
“Quando gli ho rivelato di essere un assassino lui non si è meravigliato per niente, anzi ha persino detto che ci teneva a conoscermi meglio!” urlò disperato Killua ma ancora il lui mostro cercò di sfotterlo e sminuire i suoi pensieri puri
“Ehi, ehi vuoi forse farmi ridere?! Non penserai che possa esistere qualcuno che voglia stringere la mano a uno che odora di morte?!”. All’improvviso il suo inquietante soliloquio venne interrotto da un altro partecipante che a detta sua cercava di dormire e voleva che stesse zitto ma il povero ragazzino non stava passando una semplice crisi adolescenziale…
“Se il problema è questo, ti do volentieri io una mano ad addormentarti” la sua parte peggiore aveva temporaneamente preso il sopravvento e tramortì in un solo gesto il mal capitato.
Subito dopo vide arrivare la ragazza di nome Anita, non riuscì a distinguere bene chi fosse, percepiva solo un aura debole e spaventata, qualcuno insomma che poteva tranquillamente uccidere. Lei osò pure insultarlo e sfidarlo, dandogli del demonio.
“Esatto. Io sono un assassino professionista… Questo è il mio vero io. Far assaporare alle vittime la paura della morte che si approssima, guardandosi bene dal far perdere loro conoscenza per il dolore. A coloro che desiderano la morte io dono paura e disperazione” pensò con lo sguardo vuoto e oscuro. E così la ragazza lo attaccò ma lui subdolo scomparve nell’ombra per sopraffarla con la paura e l’incertezza.
“Lo stato psicologico in cui cade chi non sa da dove giungerà l’attacco. Il modo migliore per logorare i nervi dell’avversario. Posso ucciderla, sarebbe più semplice che tagliare la gola a un coniglio” pensò spietato, e a quel punto uscì di scatto dall’ombra impedendogli qualsiasi movimento e disarmandola, le puntò la mano fendente alla gola e stava per ucciderla...
“MORTE, morte assoluta” pensò nuovamente… Quando… All’improvviso si ricordò, come riemerso con le ultime forze dalle profondità oscure della sua anima, di aver conosciuto una persona che voleva essere sua amica, quindi dopo aver fatto svenire la signorina che non accennava ad accettare la sconfitta, corse da Gon per accertarsi del suo stato, preoccupato di non ritrovarlo più. Lo vide ancora intento a correre dietro a quel vecchietto con le ossa di ferro, che durante la seconda prova d’esame era sceso dal dirigibile atterrando in piedi, da un’altezza di almeno 50 metri. Lo raggiunse e riacquistò pian piano se stesso, rallegrandosi nel sapere che almeno il suo amico era riuscito a concludere qualcosa. Li raggiunsero anche Leorio e Kurapika che furono a loro volta felici di vedere che la situazione si era risolta nel migliore dei modi, nessun ferito, tutti soddisfatti e Gon addormentato come un neonato dopo aver affrontato la sua prima avventura.
Sollevato dal peso di quel piccolo problema Kurapika improvvisamente ebbe un dubbio, uno di quelli che attanagliano la mente ma non ti fanno capire perché sono lì...
“Ebane!” esclamò di scatto, lo fissarono tutti interrogativi ma lui si era già defilato per correre dalla ragazza.
“Come un ‘vero’ amico l’ho lasciata da sola per non so quanto… solo perché ho paura delle conseguenze delle emozioni, quindi di una possibile distrazione. Che vigliacco, voglio distruggere tutti i membri della brigata dell’illusione e non riesco a comportarmi come un normale essere umano con un’amica dell’altro sesso”. In quel momento capì di dover fare un piccolo passo avanti e prendere una decisione
“Andrò con il poco coraggio che mi rimane da lei e deciderò se restare suo amico e controllare le mie emozioni, o permettere in qualche modo all’amore di permeare, in ogni caso rinunciare a lei non è assolutamente un’opzione da considerare. Anzi, meglio se tutto questo lo decido prima di arrivare da lei, così non dovrà pure stare sospesa ad aspettare che mi decida a diventare adulto”. Gli sorse l’ennesimo dubbio, i rapporti non erano affatto facili ma forse ne valeva la pena
“Ammesso che la trovi vorrà davvero ancora parlarmi? Mah, lo spero tanto” pensò. Oltrepassò due o tre partecipanti nei corridoi che percorse e la stanza dell’esaminatrice della seconda prova: una ragazza di 21 anni con i capelli rosa legati in tanti codini, molto bella ma vestita molto provocante, comunque per niente in linea con la rigorosità del paese, con una maglia a rete con una coprenza inesistente e dei pantaloncini aderenti inguinali, per il biondo diciannovenne era attraente ma un po’ penosa, niente a che vedere con… Ebane. Che questo fosse un segno per la decisione che doveva prendere? Era troppo presto e cercò di accantonare il pensiero di lei e della sua figura. La sua figura alta sul metro e sessanta, formosa ma atletica, i piedi dovevano essere pressoché un 37 da quanto erano piccoli e bellissimi
“Me lo sarò inventato che ha dei piedi belli” pensò sconcertato di se stesso. Quello che più l’aveva attirato era la purezza del blu dei suoi occhi, un’altra cosa che stranamente gli infondeva un senso materno ma forse era per la sua natura femminile. Anche le ciocche nere scurissime tra il verde dei capelli non erano male, sicuramente non passava inosservata
“Per farmi perdonare le dirò questo, anzi… no, no, queste sono le cose che si dicono quelli già fidanzati immagino e non sono pronto per superare il livello di amico, forse la cederò a Leorio che ne va pazzo”. A questo sfuggente pensiero mentre stava letteralmente correndo per cercarla, Kurapika fu attraversato da una violenta scarica di adrenalina e senza volerlo provò un lieve senso di gelosia, cosa che non era affatto da lui: un altro pensiero che cominciò a tormentarlo... con quella ragazza non ci si annoiava mai, se non altro.
Corse altri due minuti buoni e alla fine si dette del cretino da solo per non aver cercato prima di tutto nella stanza della ragazza, quindi tornò indietro e imboccò il corridoio che portava a destra. Arrivato alla sua stanza, la numero 100, bussò con molta timidezza e aspettò, ma non ricevendo risposta riprovò, ancora nessun segno di vita quindi pensò di aprire con cautela, in caso si stesse cambiando, poi aprendo del tutto scoprì che non c’era nessuno e si preoccupò più di prima.
“Se non è nella sua stanza dov’è? E cosa sta facendo a quest’ora?” pensò lievemente preoccupato per non averla trovata.
Era ormai mezza notte passata e in giro per i corridoi, persino nella hall si sentivano solo i respiri, alcuni leggeri appena percettibili, altri affannosi e rantolati, tipo quello di Tompa, ne era sicuro ma purtroppo era anche sicuro di non percepire quello leggero di Ebane. Che dramma, dove poteva essere? Avrebbe tanto voluto essere in possesso di un qualsiasi apparecchio per comunicare a distanza, come un telefono mobile. Certo, averlo sarebbe stato utile ma in assenza di esso dovette dar peso alle proprie capacità intellettive, quindi cercò di capire dove fosse invece di continuare a cercarla come ‘i topi col formaggio’. Pensò ai vari posti dove non l’aveva trovata, facendo un po’ fatica a ricollegare tutti i corridoi percorsi visto che quel dirigibile era quasi un labirinto ma alla fine capì una cosa al quanto strana: l’unica zona mancante era quella della camera sua e di Leorio, cosa non molto sensata dato che era la zona maschile, aveva cercato in tutte le stanze delle ragazze e non l’aveva trovata e non gli era proprio venuto in mente di cercare anche nell’ala maschile. La mente vacillò per un attimo.
“Mi sento uno sciocco... forse se raggiungo la mia stanza e mi siedo un secondo mi verrà l’idea giusta. Così... non andrò da nessuna parte, magari mi farò aiutare anche da Leorio, avrà un sesto senso visto che è pazzo di lei...” si disse fra sé e sé e si avviò verso la propria stanza.
Arrivò dopo altri due o tre minuti all’uscio della porta sua e di Leorio, ci pensò per una cosa come 10 anni e dopo un altro minuto abbondante decise di bussare delicatamente e gli passarono in testa le situazioni più imbarazzanti e sconvenienti possibile.
“Mi sento sempre di più uno sciocco… e pensare che prima d’incontrare questa ragazza, avevo per lo meno mente e corpo sotto controllo, ma anche la mia vita procedeva secondo i piani. Spero non risponda nessuno così non avrò nulla da temere e continuerò a cercare” pensò ingenuamente (dopo aver cercato da tutte le parti dove vuoi trovarla, per aria?). Dopo qualche secondo e molti battiti persi, la porta si aprì e il giovane biondo si trovò di fronte al suo prestante amico abbigliato in modo molto singolare rispetto alle sue abitudini: pantaloni stropicciati, cintura aperta e torso bellamente in mostra. Non erano proprio da lui. Poi dal fondo della stanza, dalla direzione del letto provenne un suono sommesso. Kurapika non ci capiva più niente, come fosse naturale per lui reagire senza riflettere guardò all’interno della stanza e comprese che quello strano suono era per lui segno di vergogna o più che altro sconfitta, Ebane era nel letto suo e di Leorio con un pigiama poco identificabile come tale, in poche parole quei secondi interminabili che Leorio ci aveva impiegato ad aprirgli erano serviti per vestirsi come meglio poteva… Erano stati a letto insieme? Possibile? In quel poco tempo che lui si era dannato per cercarla, poteva davvero aver fatto una cosa del genere? Sembrava essere più interessata a lui che al suo amico corvino e per di più non era tipa da andare con chiunque ‘per un poco di compagnia’.
“Leorio mi spieghi come ti sei conciato? Ti sembra il modo di farti vedere in giro?!” “Sono stato anche troppo buono a mettertela giù così, bastardo”.  
“Ah sì scusa, dimenticavo che la prima volta che mi vedrai completamente nudo dovrà essere magica…” alluse in tono sarcastico con l’intento di farlo ridere ma il biondo si inalberò solamente, portò fuori dalla stanza il compare finché ancora la ragazza dormiva e lo trattenne in disparte con la forza.
“Che diavolo ci fa l’unica donna che io abbia mai conosciuto così a fondo, nel letto insieme a te? Non era forse chiaro che avevamo un’intesa? Tu con il tuo aspetto e la tua bravura con le donne, le puoi avere tutte, devi proprio fissarti su quella a cui tengo io? Bell’amico, veramente!” ringhiò adirato con la sua voce melodiosa ma profonda.
“Veramente? Veramente cosa? Guarda che se mai sei te che devi cambiare per rimediare a qualcosa… Mio caro quella ragazza per me è troppo piccola, primo e secondo è lì nel letto che dorme da più di un’ora… in attesa che tu ritornassi” stava per inviperirsi anche Leorio ma cercò di mantenere la calma per l’amico.
“Si può sapere tu cosa hai fatto per tutto questo tempo che io mi guardavo con calma le belle pollastrelle al bar, tornavo in camera e mi accorgevo che c’era Ebane che dormiva e mi addormentavo anche io, per restare così per quasi un’ora?” lo guardò con un misto di risentimento e sconcertamento.
“Com’è possibile, in poche parole, che non sei riuscito in tutto questo tempo a capire che lei era qui? Dove pensavi che andasse? Tra le mie braccia? Tra quelle di Hisoka?” al solo sentir quel nome riferito a quel discorso, a Kurapika venne la pelle d’oca e lo rimproverò
“Leorio?!”
“No! Kurapika! Dovrai fare di meglio di così con lei per giustificare questo tuo comportamento” gli disse il più grande con un’espressione divertita ma mantenendo la voce seria. Kurapika a quel punto capì il gioco dell’amico e si addolcì
“Mi stai prendendo in giro, non è così? Beh potevi dirlo subito, non ero molto in vena di scherzi. Comunque… sai… non la conosco così bene ma so come sono di solito le ragazze e quindi ho temuto che si fosse nascosta per non farsi trovare e stare da sola a piangere, per poi rispuntare tutta sorridente come niente fosse”. Leorio lo guardò come avesse visto un asino volare.
“Ma che donne conosci? Guarda che non avete mica più 10 anni”
“Leorio io… - non mi devo infuriare, infondo non ha fatto nulla di male – io non le conosco le donne, era per dire, uno stereotipo a cui ho fatto riferimento per riuscire a riordinare i pensieri. Altrimenti cosa avrei dovuto pensare? Si era suicidata? Era andata a… Questo non lo voglio nemmeno dire”
“A letto con Hisoka?” la fragorosa ma benevola risata di Leorio si sentì in tutta l’ala maschile e svegliò quasi tutti con tanto di lamenti e insulti.
Anche Ebane fece capolino dalla stanza, con i capelli davanti agli occhi e una mano a strofinarseli per la stanchezza.
“Mmm… Leorio che succede, perché ridi così forte?” biascicò Ebane. Seguì un mormorio alquanto fastidioso e pessimi versi di ‘approvazione’. La ragazza sulle prime non capì ma poi si guardò… e si ricordò di essere ancora in intimo, così arrossita come un pomodoro e sprofondata nella vergogna più totale, si precipitò nella stanza dei due. Al che Kurapika guardò incerto Leorio che gli fece cenno di raggiungerla e così fece.
“Andate via brutti cani rognosi, solo noi abbiamo l’esclusiva su quella bellissima donzella!” esclamò divertito e tutto fiero della sua battuta riuscita alla perfezione, solo che dalla stanza arrivò una delle peggiori parolacce che lo convinsero ad andarsene a farsi un giro.
“Va bene, va bene, io me la filo… nonnetta” Kurapika trasalì nuovamente ma non perse di vista quello per cui era lì: consolare la sua ‘amica’. Bussò alla porta del bagno. Nessuna risposta, però i singhiozzi leggeri si percepivano perfettamente e questo lo fece stare malissimo.
“Ebane, è tutta colpa mia, se sei rimasta da sola, se hai dovuto dormire con Leorio e ti hanno vista tutti in quel modo, ti prego non star male per me… non me lo merito, non credi?! E poi vedere il mio sconforto in viso penso ti farà stare meglio” pensò di aver trovato la strategia giusta per convincerla a uscire. Infatti dopo qualche secondo interminabile la giovane donna uscì dal bagno con la testa bassa e l’asciugamano avvolto intorno al corpo, per mantenere quella parvenza di dignità. Kurapika si caricò del suo più bel sorriso, poi con l’indice piegato e il pollice sul mento le sollevò il mento per guardarla negli occhi e rassicurarla. Lo sguardo della ragazza quasi gli bucò l’anima quanto era penetrante e triste, non era vergogna quanto delusione.
Quindi è tutta colpa mia lo stato in cui è ora, perfetto. Forse era meglio se mi prendevo anche io un bel tè e non la cercavo proprio, mi avrebbe odiato e non soffrirebbe così tanto”.
“Ehi…”
“Ehi” un ehi secco ma debole, magnifico.
“Avessi saputo che eri qui, il tempo che ho impiegato per cercarti l’avrei usato per andare a prenderti una bellissima orchidea” la vide farsi attenta ma per un attimo appena, aveva sentito dire quella frase a un uomo per strada alla sua innamorata, sembrava appropriata anche se non stavano insieme.
“Sai Kurapika, sto continuando a pensare a oggi... é stato buffo. O forse no, forse sono io in quanto donna che esagero nel modo di esprimere le mie emozioni”
“A cosa ti riferisci?” non c’è niente di peggio delle domande di proforma...
“Mi riferisco a qualcosa che è iniziato tutto per uno sguardo sbagliato. Forse sono davvero io che ho esagerato... Comunque intendo che prima mi hai lasciata sola in un luogo qualunque e sembrava che non vedessi l’ora di andartene” “Se gli dicessi il vero motivo per cui ho avuto questa esageratissima reazione, altro che non rivederlo mai più mi toccherebbe, i miei obiettivi andrebbero in fumo, quindi anche l’utilità della mia stessa vita”. Pensò Ebane ancora alquanto indecisa sul da farsi, almeno di essere nervosa era sicurissima.
“In più – dire questa frase mi farà sembrare un povera opportunista – vedi, in quel momento stavo... pensando a delle cose che mi fanno soffrire ma... soprattutto a te” sottolineò apposta quella parola con la voce, forse così avrebbe capito finalmente. Il ragazzo notò che aveva ancora lo sguardo leggermente assente.
“Adesso ho la conferma di tutto, anche se in effetti non mi serviva. Magari Ebane avrà voluto giustificare quella che secondo lei è stata una reazione troppo infantile o da illusa ma non è affatto così, sono io che non so rapportarmi amorevolmente, non ne ho la minima idea perché nessuno è stato amorevole con me dalla morte dei miei genitori, cioè dai miei 4 anni, non ricordo bene. Dovrò seguire più che posso l’istinto” pensò Kurapika tra sé e sé, però il suo istinto in quel genere di situazioni non era affatto sviluppato: forse a questo era meglio se ci arrivava prima. Provò in ogni caso ad abbozzare frasi di senso compiuto.

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3656359