That's what love is

di Hidemeplz
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** When I met him ***
Capitolo 2: *** When I met her ***
Capitolo 3: *** Fight ***
Capitolo 4: *** Me ***
Capitolo 5: *** Save ***
Capitolo 6: *** You ***
Capitolo 7: *** Have ***
Capitolo 8: *** Fun ***
Capitolo 9: *** Live ***
Capitolo 10: *** Life ***



Capitolo 1
*** When I met him ***


James

Ero già sveglia quando Jessie venne nella mia stanza per chiedermi se potesse usare il mio bagno. -Chi c'é nel tuo?- chiesi, mentre si sistemava davanti allo specchio. -Mamma- rispose, mentre mi stiracchiavo. -E chi c'é nel suo?- chiesi, lei sospiro'. -Papà...sai che non gli piace che si faccia la cacca mentre lui si fa la doccia. Giuro che faccio in fretta..

-Tranquilla, era solo per sapere- replicai, apri' l'armadio e presi una t-shirt e dei pantaloncini. -Siamo all'ultimo anno, non sei eccitata?- chiese Jessie, sorrisi e annui'. -Non lo sembri- ribatté. -Devo dare del mio meglio quest'anno. Sono stata avanzata, ho cambiato scuole e tutti hanno grandi aspettative...non posso deludere nessuno- risposi, lei scosse la testa e sorrise. -Dovresti goderti i piccoli piaceri della vita, Jey- disse, sorrisi. -Non ora- ribattei, infilando i pantaloncini. Quando Jessie fini' di truccarsi mi infilai in bagno a pettinare i miei corti capelli neri e lavarmi il viso e i denti. Lei rimase seduta sul mio letto a parlare del suo ragazzo, Chris. -Quest'anno potro' essere considerata una ragazza impegnata- disse fiera, spruzzai qualche goccia di profumo e infilai le vans nere. Io e Jessie pur essendo sorelle eravamo una l'opposto dell'altra. Lei aveva lunghi capelli color mogano, occhi nocciola chiari, era piccola e adorabile. Faceva molta attenzione al suo aspetto fisico e sembrava superficiale vista da fuori ma chi la conosceva sapeva bene quanto dolce e spontanea lei fosse. Io ero molto più semplice, avevo corti capelli neri, occhi grigi, avevo preso i tratti africani dalla famiglia di mia madre quindi ero più scura e più alta di Jessie e Sam. Mia mamma era di origini marocchine e io ero quella che le somigliava di più in famiglia.

-Buongiorno- dissi entrando in cucina, mamma era a faccia in giù sul tavolo. -Che cos'ha?- chiesi a papà, lui bevette un sorso d'acqua per mandare giù la pillola e mi guardo'. -Oh...ieri era il vostro anniversario e siete stati in quel ristorante marocchino dove il cibo é scaduto da almeno sette anni?- chiesi, annuirono entrambi e io scoppiai a ridere. -Perché?- chiese Samuel versandosi una tazza di caffé, i miei genitori si guardarono e vidi quanto si amassero. -Sei contenta di andare allo stesso liceo dei tuoi fratelli?- chiese papà, mentre versavo il latte nei cerali. -Certo ! Sarà divertente- dissi, nonostante non ne fossi davvero convinta. Samuel era il capitano della squadra di basket e Jessie era la ragazza più amata della scuola, non avevano bisogno di un'altra Stevenson in quel posto. -Ti devo fare un discorsetto prima di andare a scuola, ti do un passaggio io. Ti va?- chiese Sam, sorrisi e annui'. Notai lo sguardo che lui e mamma si scambiarono, l'unica ragione per la quale mi aveva offerto un passaggio era lei.

-Quelli della squadra di basket sono strani e tu devi stare lontana dai tipi strani. Se ti parlano tu non ascoltarli e se ti infastidiscono fammelo sapere.

-Sam, nessuno farà caso a me- replicai, lui scosse la testa e sospiro'. -Sei una Stevenson.

-Sono la Stevenson noisa- replicai, mentre parcheggiava davanti alla scuola. Jessie e Chris si saltarono addosso e Sam scappo' via perché odiava vederli amoreggiare. Lui non approvava la relazione di Jes perché Chris era un bugiardo manipolatore e lei si meritava di meglio. Lo pensavo anche io ma lei era sicura che fosse cambiato quindi le credevo. Una volta suonata la campanella andai dritta in classe, avevo letteratura inglese con il professor Depont e Jessie mi aveva avvertita sul suo conto. Avevo gli occhi di tutti in classe quando mi sedetti accanto a mio fratello Sam. -Volto nuovo, chi sei?- chiese il professore indicandomi. -Jey Stevenson- risposi, il professore guardo' la lista e scosse la testa. -James Stevenson...

-Da dove vieni, James?- chiese mentre gli occhi di tutti erano puntati su di me. -Dal liceo Jefferson..

-Come mai il cambiamento ?

-Volevo stare nella stessa scuola dei miei fratelli- risposi, Sam scoppio' a ridere guardandomi imbarazzata e nervosa. -Samuel Stevenson é tuo fratello ?- chiese, guardai Sam e lui noto' quanto quella situazione mi facesse arrabbiare. -Condividiamo lo stesso cognome e lo stesso DNA- risposi. -Spero che i tuoi voti siano alti quanto i suoi. Ti terro' d'occhio James.

-Faccia pure- dissi, tornando a sedermi. Sam non riusciva a smettere di ridere mentre io ero davvero imbarazzata. Essere al centro dell'attenzione non era una cosa per me, ancora meno a scuola dove preferisco non essere vista.

Uscendo dalla classe di letteratura ci imbattemmo in gruppo di ragazzi, salutarono Sam e gli chiesero chi fossi. -Ragazzi lei é mia sorella, Jey- disse Sam, controvoglia. Si presentarono uno ad uno ma non ricordai i loro nomi come loro dimenticarono il mio. Andai verso la classe di biologia avanzata e mi sedetti davanti, Jessie si sedette accanto a me e inizio' a parlarmi di un ragazzo nuovo. -E' fottutamente attraente, tipo davvero davvero sexy. Sembra il figlio di Channing Tatum, ha occhi verdi, é alto, atletico e ha una mascella da esposizione.

-Dovresti concentrarti sul corso di biologia o sul tuo ragazzo, Jes- dissi, lei rise e scosse la testa. -E' lui, é lui, é lui- ripeté, mentre un ragazzo entrava in classe. Notai quanto fosse attraente, era quasi impossibile non vederlo. Era alto un metro e novanta, aveva capelli neri, carnagione mulatta, occhi chiari, barba di un paio di giorni e aveva la mascella ben pronunciata. Si sedette dietro di noi e Jes divenne la ragazza carismatica che era. -Sei nuovo, non é vero?- chiese, voltandosi verso di lui. -Si vede cosi' tanto?- replico' lui, Jes sorrise e inizio' a giocare con i capelli. -Dovresti provare ad entrare nella squadra di basket, sei davvero alto.

-Si..ci pensero'- ribatté lui. -Io sono Jessica- disse, progendogli la mano. -Nate- rispose lui. -Benvenuto alla Redorg, Nate- disse Jes . -E lei é tua amica?- chiese, mi voltai e incrociai il suo sguardo. Sorrise e io ricambiai timidamente. -Mia sorella, Jey- disse Jes. -Piacere- dissi, mi girai quando vidi l'insegnante entrare. -Jey, cosa ci fai qui?- chiese la professoressa Guillies. Ho seguito i corsi di biologia extra che dava per anni in quella scuola, era un insegnante incredibile. -Ho cambiato scuola- risposi, timidamente. L'attenzione della classe era di nuovo rivolta verso di me e sentivo l'aria diminuire. -Ti hanno avanzata di un anno?- chiese, scossi la testa. -Ho fatto i corsi estivi per diplomarmi prima- risposi. -Sfigata- disse, qualcuno alle mie spalle. Roteai gli occhi e sorrisi all'insegnante. La lezione inizio' e io mi concentrai al massimo.

Nella scuola in cui andavo prima l'ora di pranzo era sacra per me, non avevo molti amici quindi passavo il tempo in biblioteca a registrare nozioni generali. Sapevo che andando a scuola con Sam e Jes non avrei potuto farlo, lei mi trascino' in mensa e mi fece sedere al tavolo con la squadra di basket e quella delle cheerleader. Il suo ragazzo, Chris, si sedette di fronte a lei.

-Che ne pensate di quello nuovo?- chiese Sam, era il capitano della squadra e lo rispettavano tutti. -Sembra ok- rispose Mark, il suo migliore amico dall'età di dieci anni. -Come ti trovi qui, Jey?- chiese Mark, sorrisi e annui'. -Bene- dissi. Jes filirtava con il suo ragazzo, aveva l'aria cosi' felice e beata mentre lui giocava con i suoi capelli. Una ragazza passo' e si scambiarono un occhiata, non mi piaque come lui la guardo' e ancora meno quando si alzo' con la scusa di andare in bagno. Dissi a Jes che sarei tornata subito e segui' Chris. Lo vidi entrare nei bagni delle ragazze, aspettai un po' prima di entrare. Sentivo dei gemiti provenire dall'ultimo bagno, presi il telefono e sospirai. Tirai un calcio alla porta che si apri' mettendomi davanti ad un immagine ripugnante. La ragazza di prima era seduta sul pene di Chris, avevano entrambi l'aria scioccata ma solo quando il flash del mio telefono gli acceco decisero di alzarsi. Usci' dal bagno e andai verso la mensa ma prima che potessi arrivarci venni spinta contro agli armadietti. -Cosa hai intenzione di fare, Jey?- chiese Chris, tenendomi ferma contro l'armadietto. Gli sputai dritto in faccia e lo spinsi. Lui si infurio' e venne verso di me con l'intenzione di sferrarmi un pugno dritto in faccia. Un ragazzo incappucciato venne appena prima che il mio naso e il pugno di Chris si potessero incontrare. Quei due iniziarono a prendersi a pugni finché un professore non li separo' e porto' tutti e tre in presidenza. Stavo davvero per perdere la testa, non potevano mettere una cosa come quella nel mio file. Non mi ero accorta che era il ragazzo nuovo quello ad aver preso le mie difese in modo eroico e stupido. Ero troppo occupata ad essere nervosa, la gamba non riusciva a smettere di tremare e avevo le mani sudate. -Andrà bene- disse quello nuovo. -Non parlare con me, non voglio che si pensi che siamo amici- dissi, Chris mi fissava con odio. Era ridotto davvero male. -Prima volta nell'ufficio del preside?- chiese. -Non mi sorprende- disse, quando si accorse che non avrei risposto. -Io sono Ace.

-Ci siamo già conosciuti...ti chiami Nate.

-Nate é il nome che do alla gente comune, tu puoi chiamarmi Ace- ribatté, roteai gli occhi e sospirai. -Tu sei James giusto?- chiese, lo guardai e annui'. -Goldberg, nel mio ufficio- disse il preside, Nate si alzo' e prima di entrare mi fece l'occhiolino. Usci' un quarto d'ora dopo insieme al preside che venne verso di me e mi diede una giustificazione per il ritardo dicendomi di tornare in classe. Nate ed io seguivamo gli stessi corsi quindi dovettimo andare insieme in classe. -Prego- disse, lo guardai. -Ho detto io al preside che tu non c'entravi niente...ti ho salvato il culo.

-Grazie di aver detto la verità- replicai. -Ti ho salvato la vita e non mi degni nemmeno di uno sguardo ?

-Sei un eroe...il principe azzurro dalla scintillante armatura- dissi, in tono sarcastico. Entrai nella classe di fisica e diedi il foglietto all'insegnante prima di andare a sedermi. Ace si sedette accanto a me. Jes mi aveva mandato una ventina di messaggi chiedendomi dove fossi finita, non volevo spiegarle l'accaduto per telefono cosi' aspettai la fine delle lezioni.

Aspettai Jessie seduta sulla sua auto, quando mi vide capi' subito che non avevo buone notizie da darle. Si sedette sul cruscotto accanto a me e le raccontai tutto. Non sembrava cosi' affranta come credevo sarebbe stata. -Ho avuto tutto il pomeriggio per farmene un idea...

-Lo sapevi già ?
-In questa scuola i pettegolezzi girano più veloci della luce. Si diceva che fossi tu la ragazza con lui- rispose Jes, scoppiai a ridere. -Non ci avrai mica creduto- dissi, lei scosse la testa. -Non é durato nemmeno un giorno in questa scuola senza tradirmi. Pensavo fosse davvero cambiato..ora passero' per la stupida della situazione.
-E' lui il coglione che merita una circoncisione- ribattei. -Il ragazzo nuovo mi ha parlato- dissi, cercando di distrarla. -Il ragazzo nuovo é il tuo principe azzurro. E' arrivato giusto in tempo per salvarti dalle grinfie del bastardo di Chris.
-Si aspettava un grazie..

-Si chiama educazione, Jey- replico', sorrisi e scossi la testa. Sam venne verso di noi, sembrava furioso e sapevo il perché. -Che cosa ti ha fatto Chris?- chiese Sam, scesi dall'auto e lo guardai cercando di calmarlo. -Niente, sto bene...tu come lo sai ?

-Se stai bene significa che non é successo niente con Chris e che non ha cercato di picchiarti- rispose, guardai Jes e lei roteo' gli occhi per la mia stupidità. -Non é riuscito a toccarmi- mentii, sembrava sapesse che non era la verità. -Jey, se ti ha fatto del male dimmelo.

-Sto bene, chi te lo ha detto?- chiesi, lui si sedette sull'auto e sospiro'. -Durante gli allenamenti negli spogliatoi abbiamo visto che Ace, quello nuovo, era malmesso e gli abbiamo chiesto cosa fosse successo. Ha detto che Chris stava per picchiare una certa James e che gli aveva spaccato la faccia prima che potesse toccarti- rispose. -Non é successo nient'alto, Sam. Non devi spaccare la faccia di nessuno. Ora pero' devo andare, ci vediamo a cena- dissi, presi la borsa e andai verso la fermata dell'autobus. Un bambino venne verso di me correndo, guardava alle sua spalle e non mi vide. Cademmo entrambi a terra, lui cadde su di me fortunatamente. -Cazzo...- alzai lo sguardo e vidi Ace torreggiare su di me. -Tutto bene?- chiese, annui' mentre aiutavo il bambino a rialzarsi. -Ti sei fatto male?- chiesi, pulendogli i vestiti. Lui scosse la testa in modo molto dolce e innocente. Era un bimbo adorabile, aveva occhi verde scuro, delle piccole fossette sulle guance. -Non dovresti parlare in quel modo davanti ad un bambino- dissi, mi porse la mano per aiutarmi a rialzarmi ma la rifiutai. -Mi dispiace- disse, lo guardai confusa e sorrisi al bimbo. -Per cosa ?

-Per la caduta.

-E' stato un incidente, non gira tutto attorno a te Ace- dissi, mi maledissi per averlo chiamato in quel modo. -Sai dove sono i tuoi genitori, piccolo?- chiesi, il bimbo guardo' Ace e lui li sorrise. -Aspetta..- dissi, mentre Ace lo prendeva in braccio e il bimbo si poggiava a lui. -E' tuo figlio?- chiesi, scioccata. Lui scoppio' a ridere e scosse la testa. -E' mio fratello- disse, mettendolo giù.

-Quindi Samuel Stevenson é tuo fratello...- disse, annui' e mi sedetti alla fermata dell'autobus. -Ho saputo che gli hai raccontato cos'é successo con Chris.
-Volevo evitare i pettegolezzi.

-Non girano pettegolezzi su di me- replicai, lui scosse la testa. Arrivo' l'autobus e salimmo, andai a sedermi lontana da lui. Non ero brava con le persone e sapevo di non essere stata gentile con lui.
Scesi all'indirizzo che avevo trovato su internet e Ace scese con me. Camminavo per le strade di West LA e sentivo i passi di Ace e il suo fratellino alle mie spalle. Iniziai a credere che mi stesse seguendo, che volesse attirarmi con il fratellino e volesse uccidermi. Arrivata all'indirizzo della donna da cui avevo il colloquio di lavoro mi girai e lo guardai. -Mi stai seguendo?- chiesi, si mise a ridere e ando' verso la porta. -Salve, sono qui per il colloquio da tutor- disse Ace, quando la donna apri' la porta. -Si, anche io- dissi. -James e Nate, suppongo- disse. -Io sono Veronica, piacere- disse, stringendoci la mano. Ci fece entrare nella lussosa casa in cui viveva insieme a due figli adolescenti.

Era davvero grande e di classe, ci porto in salotto e ci propose un thé. -Siete venuti insieme quindi vi conoscete- disse Veronica, scossi la testa mentre Ace faceva sedere il fratellino. -Andiamo alla stessa scuola- disse Ace. -Entrambi avete scritto nella vostra lettere di aver bisogno di attività extracurriculari per la domanda all'università- disse Veronica, guardai Ace sorpresa. -Ho due figli, Roger e Louise, entrambi hanno voti mediocri e odiano la scuola. Non riescono a sopportare i professori che gli porto a casa e ho pensato che dei giovani come voi avrebbero potuto fare la differenza. Non voglio rischiare che i miei figli si innamorino dei loro tutor per questo siete in due. Avete curriculum eccezzionali ma voglio farvi qualche domanda prima di darvi il lavoro- spiego', avevo un disperato bisogno di quel lavoro. Non avevo abbastanza attività nel mio curriculum e Harvard non mi avrebbe mai presa. -Iniziamo da te, James- disse, la guardai cercando di prestarle tutta l'attenzione possibile e dimenticare che Ace fosse seduto accanto a me e che fossimo in competizione. -Hai un nome particolare, James- disse, mi schiari' la voce e annui'. -E' il nome di mio padre, mi chiamano tutti Jey per renderlo più femminile- dissi, sorridendo timidamente. -Hai sedici anni ma sei all'ultimo anno, come mai ?
-Ho seguito i corsi estivi per diplomarmi prima.

-Eri alla Larson prima, come mai questo cambiamento?- chiese, degluti'. -Ho avuto dei problemi con alcuni studenti in quella scuola- dissi, lei annui'. -I tuoi genitori ?

-Entrambi avvocati- risposi. -Ho sentito parlare di tuo padre ma tua mamma..
-Non ha preso il cognome di mio padre, Diha- dissi. -Conosco Naira Diha, grande donna- replico', sorrisi e annui'. -Nate- disse Veronica, rivoglendosi a lui. -Spiegami perché tuo fratello é con te.

-Non c'era nessuno che potesse tenerlo questo pomeriggio.

-I tuoi genitori?- chiese, sembrava infastidito dalla domanda. -Mia madre non poteva occuparsi di lui.

-Tuo padre ?

-Non fa più parte della mia vita- rispose, nonostante si vedesse quanto la domanda lo mettesse a disagio. -Come mai ?

-Queste domande sulle nostre vite private sono davvero necessarie?- chiesi, Veronica e Ace posarono gli occhi su di me. -Ha detto che abbiamo curriculum eccezzionali ed é questo che conta per un tutor. In media gli studenti con voti alti sono responsabili e diligenti quindi non dovrebbe preoccuparsi della disciplina. Non vedo come delle domande sulle nostre famiglia possano aiutarla a scegliere- dissi. Pensavo che Veronica mi avrebbe cacciata di casa e avrei perso l'occasione di fare de tutor a l'impreditrice più famosa dello stato. -Iniziate oggi, devo andare al lavoro e i ragazzi devono studiare. Sono nelle loro stanze di sopra, alle sei potrete andarvene- disse.

Mentre salivamo le scale verso le stanze dei ragazzi ci fu un silenzio piuttosto imbarazzante. Fortunatamente raggiugemmo subito le loro stanze e la sofferenza duro' poco, mentre bussavo alla porta di Louise Ace mi guardo'. -Grazie per prima, Jam- disse, sorrisi e annui'.

Ci misi un po' a legare con Louise, era una ragazzina ingenua e immatura perfino per la sua età. Non le importava niente della scuola perché aspirava a sposare un uomo ricco. La aiutai con i compiti di matematica e fisica ma ero certa che non sarei riuscita a colmare le sue lacune quella stessa sera. Ace era nella stanza accanto con il suo fratellino e Roger, mi chiedevo cosa avrebbe fatto con il piccolino. Mi chiedevo se avesse fame cosi' andai a bussare alla porta della sua stanza e presi dalla borsa le merendine che tenevo sempre in caso di fame improvvisa. -Hai bisogno di una mano con i compiti ?- chiese, lo guardai disgustata dalla sua insinuazione. -Ho delle merendine e pensavo che tuo fratello potesse avere fame- dissi, gliele diedi e andai verso la porta di Louise. -Chiama se hai bisogno di una mano- dissi, lui rise e scosse la testa. -Non ne avro' bisogno, tranquilla.

-Non mi aspettero' una tua chiamata allora- dissi, suonando maliziosa senza volerlo. -Se vuoi che ti chiami...- disse, ma decisi di interromperlo. -Mea culpa, te l'ho data su un piatto d'argento- ribattei, lui sorrise.

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Capitolo 2
*** When I met her ***


Ace

Mi svegliai con un mal di testa atroce, presi un aspirina e scesi in cucina per vedere se ci fosse qualcosa da mangiare. Mamma dormiva sul divano, era tornata di nuovo tardi dal lavoro. Sarah stava preparando il caffé quindi toccava a me vestire Luffy. -Com'é andato il colloquio?- chiese, porgendomi una tazza. -Bene- risposi, andando verso la stanza di Sarah e Luffy. Dormiva ancora, teneva il pollice in bocca e stringeva a se il peluche che gli avevo regalato. -Sveglia, i pirati si svegliano presto- dissi, lui apri' gli occhi e si fece prendere in braccio. Resto' poggiato sulla mia spalla mentre facevo colazione. Quando si sveglio' completamente lo vesti' e pettinai, gli diedi il latte e i biscotti e andai a prepararmi per la scuola. -Ti piace la nuova scuola?- chiese Sarah, annui' mentre infilavo le scarpe. -Sta sera dobbiamo organizzarci per Luffy, non potro' andarlo a prendere tutti i giorni con il lavoro- dissi, lei annui' e sospiro'. -A sta sera- dissi.

Sali' sull'auto che mamma mi aveva comprato sperando di farmi dimenticare il passato. Credeva che con una vecchia macchina sarebbe riuscita a farmi dimenticare papà. Parcheggiai accanto ad una grossa moto nera, era una ragazza a guidarla il che mi sembrava piuttosto sexy. Quando tolse il casco riconobbi James, mi rivolse un occhiata e un sorriso cordiale poi raggiunse sua sorella. Era davvero difficile per me staccarle gli occhi di dosso. Era il mio tipo ideale, capelli corti, lentigini, occhi particolari, alta.

Ero seduto dietro di lei a biologia avanzata, aveva un buon profumo e arricciava il naso quando non capiva qualcosa. -Guidi una moto, eh?- dissi, sperando di attirare la sua attenzione. Si volto' a guardarmi e sapevo che non avrebbe risposto alla mia domanda. Sarebbe stato troppo facile. -Dovresti concentrarti sulla lezione, Ace.
-Pensavo fossi decisa a chiamarmi Nate.

-Preferisco non chiamarti- replico', sorrisi guardandola. -Sei proprio decisa a resistermi, eh?- chiesi, sua sorella ci guardava incuriosita. -Non proprio...te l'ho detto non sei il centro del mio mondo, Nate- rispose. -Ti trovi bene nella squadra di basket, Ace?- chiese Jessica, annui'. -Sii più gentile con lui, Jey, gli piaci- disse Jessica, credendo che non le sentissi. -Gli piace darmi fastidio, l'hai visto ? Non sono io il suo tipo- replico' Jam, abbasso' lo sguardo e sospiro'.

Durante l'ora di pranzo parlai con quelli della squadra, per quello che avevo capito erano loro a conoscere meglio la famiglia Stevenson. James era una distrazione piacevole dai mille pensieri che avevo. -Quindi non ha un ragazzo?- chiesi a Mark. Era il migliore amico di Sam e la persona più vicina alla famiglia Stevenson.

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Capitolo 3
*** Fight ***


James

Jes non smetteva di parlarmi di Ace, continuava a ripetermi che io gli piacevo e che avrei dovuto starci perché ragazzi come lui sono rari. A me non interessava molto, in realtà avevo paura di lui. Avevo paura di tutti gli adolescenti, non ero in grado di socializzare o fare amicizia e non volevo avere altri problemi con gli studenti. Certo, Ace, era un tipo attraente e interessante ma avevo altro a cui pensare. -Mi ha chiesto di te- disse Sam, lo guardai confusa. Io e Jes parlavamo di Ace quando Sam lo disse. -Ha chiesto di lei a te???- chiese Jes, scioccata ed eccitata. -Non a me, a Mark.

-Cosa gli ha chiesto?- chiese Jes. Dovevo ammettere a me stessa di essere anche io curiosa ma non potevo ammetterlo davanti a Jes. -Se aveva un ragazzo- rispose Sam, seccato. -Devo andare- dissi alzandomi. -Dove vai?- chiese Sam, sorrisi e gli scompigliai i capelli. -Tranquillo non vado da Ace, ho il colloquio per lo studio fotografico.

-Dovresti rilassarti un po' Jey, hai sedici anni...vivi come noi normali esseri umani- disse Sam, mentre mettevo la giacca, annui' e presi il casco. Sali' sulla moto e guidai da Westchester a Hawthorne e parcheggiai davanti allo studio. Presi la macchina fotografica dalla borsa e misi attorno alla spalla prima di entrare. -Salve, sono qui per il colloquio- dissi alla segretaria, mi sorrise e mi indico' l'ufficio davanti a me. Bussai ed entrai, vidi una donna alta, capelli corti e occhi scuri. -James, giusto ?- chiese, annui' e le porsi la mano. -Rebecca- disse.

-Ho amato le foto che mi hai mandato, davvero artistiche, hai talento. Mi hai detto che non hai alcuna esperienza nella sviluppo pero'- disse, annui'. -So come modificare le foto con fotoshop, me la cavo con la roba digitale ma non ho mai avuto l'occasione di sviluppare foto.

-Avrai tutto il tempo di imparare quando farai parte del nostro staff.
-Davvero?- chiesi, sorpresa, lei annui'. -Hai un curriculum eccellente e sei brava con la fotocamera. Puoi iniziare domani, ho alcuni incarichi per te- disse, sorrisi entusiasta e le strinsi la mano.

-Stevenson!- esclamo', qualcuno mentre uscivo dallo studio. Mi voltai e vidi un ragazzo in una macchina sportiva, aveva capelli ricci, occhi scuri e labbra carnose. -Hey, parlo con te Stevenson!- esclamo' di nuovo mentre infilavo il casco. -Ci conosciamo?- chiesi, lui sorrise e mi fece l'occhiolino. -Ci conosceremo molto presto.

-E' una minaccia ?

-E' una promessa, tesoro- rispose, misi in moto e sfrecciai via dal parcheggio. In venti minuti ero di nuovo a casa, raccontai alla mia famiglia che avevo ottenuto il lavoro e dopo cena andai a letto.

 

Uscivo dalla mensa quando vidi Ace e Mark prendersi a pugni, Ace era seduto su Mark e lo stava colpendo. Corsi verso di loro ma venni fermata da Sam prima che potessi farli smettere. Samuel spinse Ace via da Mark e il ragazzo della sera prima lo fermo' prima che potesse colpire anche mio fratello. Lo trascino' nei bagni dei ragazzi e li segui' senza farmi vedere da Samuel. Bloccai la porta e vidi Ace. Era ridotto male, aveva sangue sui vestiti e sul volto. Mi sfilai il maglione e lo bagnai prima di tamponarci il viso di Ace. -Non devi..- disse, prima che potessi toccarli li viso. -Zitto- dissi, interrompendolo. -Cosa siete, una coppia?- chiese il ragazzo dell'auto sportiva. -Tu chi cazzo sei?- chiesi, arrabbiata mentre cercavo di vedere in che stato fosse la sua faccia. -L'uomo della tua vita- rispose, Ace si volto' a guardarlo e ebbi l'impressione che volesse ucciderlo. -Spencer- disse, impaurito probabilmente. -E' il migliore amico di mio fratello- dissi, tra me e me. Era come se stessi cercando di risolvere la situazione per non penalizzare Ace. -Lo so- disse. -Che cosa ti é preso?- chiesi, prima che la porta del bagno si aprisse e vedessi Sam. -James esci !- esclamo', lo guardai e continuai a ripulire il viso di Ace. -Fuori!- ripeté, Ace mi guardo' negli occhi per qualche secondo e mi sorrise. -Devi vedere un medico...- dissi, prima di allontanarmi. Sam mi afferro' per il braccio e mi fece uscire. Mark era seduto a terra con il viso tumefatto e Jes lo stava medicando. Nessuno voleva che quella storia arrivasse alle orecchie del coach o del preside. -Che cazzo facevi con lui?- chiese Sam, roteai gli occhi e sospirai. -Gli davo una mano- risposi, Sam era furioso. -Quel bastardo ha preso a pugni Mark e tu gli dai una mano ?- chiese Sam, non l'avevo mai visto cosi' infuriato. Ace e Spencer uscirono dal bagno, Ace teneva il mio maglione pieno di sangue tra le mani. -Vattene prima che io ti spacchi la faccia- minaccio' Sam. -Stai lontano da mia sorella o sei davvero morto, Goldberg- aggiunse, Ace sorrise e guardo' Mark. -Grandi amici eh, ma pur di passare per il buono della situazione sei pronto a mentirgli- disse Ace, lo guardai e cercai di farli capire che non era una buona idea continuare a rispondere.

Dopo le lezioni, mentre mi preparavo per andare da Veronica, Mark venne verso di me. -Hey, Jey- disse, sorrisi e mi sedetti sulla moto. -So che posso contare sulla tua discrezione per quanto riguarda la storia di Ace...volevo dirti quello che é successo prima.

-Quindi hai davvero mentito a mio fratello..
-E' iperprotettivo nei tuoi confronti e non volevo rovinare il nostro rapporto.

-Cosa c'entro io?- chiesi. La storia che mi racconto' Mark aveva dell'inverosimile. Dopo gli allenamenti, quando Samuel faceva la doccia, Mark e gli altri della squadra parlavano di ragazze e in qualche modo il mio nome era saltato fuori e Mark ammise di aver detto cose poco carine sul mio conto e su cio' che voleva farmi. Ace l'aveva sentito e aveva deciso di difendere il mio onore. -Quindi preferisci che Ace abbia dei problemi con la squadra piuttosto di ammettere a Sam di essere un coglione- replicai, lui sospiro' e mi guardo'. -Non pensavo davvero cio' che ho detto.

-L'hai detto, non importa se lo pensassi o meno.

-Si invece...tu mi piaci Jey. Da quando mi hai messo quel cerotto tre anni fa quando sono caduto dall'albero dietro casa tua. Ho detto quelle cose perché sono un coglione e perché quando penso a te...divento..- disse. Ero davvero sorpresa di quella confessione, il modo in cui mi guardavano i ragazzi in quella scuola era cento volte diverso dal modo in cui mi guardavano prima. Non ero mai stata cosi' confusa in vita mia. -So che sei arrabbiata e che forse non é il momento giusto per chiedertelo ma...vorresti uscire con me?- chiese, risi e scossi la testa. -Non ci sai fare...dovresti provare un'altra volta, non dopo avermi confessato di aver detto cose disgustose sul mio conto- dissi, salendo sulla moto, infilai il casco e sfrecciai via. Passando davanti alla fermata dell'autobus vidi Ace, seduto con un cerotto sulla guancia e una mano bendata. Tornai indietro e mi fermai davanti a lui. -Serve un passaggio?- chiesi, lui mi guardo' e scosse la testa. Scesi dalla moto e apri' il vano porta oggetti per prendere il casco di riserva. -Dai, sali- dissi, sorridendogli. -Tuo fratello?- chiese, scossi la testa. -Non ti preoccupare per lui...risolvero' la situazione- risposi, lui mi guardo' confuso. -Che situazione ? Ti ho vista parlare con quel coglione.....so che non ci conosciamo ma niente di cio' che puo' averti detto é successo.

-Sali- dissi, lui infilo' il casco e io gli sorrisi. -Grazie...ma dovresti smettere di infilarti in risse per colpa mia- aggiunsi.

Avevo ricevuto una chiamata da Veronica ed ero uscita dalla stanza di Louise per rispondere. Mi aveva chiesto di restare fino a tardi perché lei non sarebbe potuta tornare prima delle nove e non aveva il tempo di avvertire la babysitter. Mi propose di ordinare una pizza e di fare come se fossi a casa mia ma di mantenere la disciplina in casa. Bussai alla porta di Roger e ne usci' Ace. -Ha chiamato anche te?- chiese, io annui'. -Ordino della pizza, hai qualche preferenza?- chiesi. -Peperoni- rispose, andai a chiedere a Lousie e Roger prima di chiamare. -Quindi dovro' ordinare una pizza ai peperoni- dissi, mentre digitavo il numero e pensavo alla cena che non avrei potuto gustare a causa delle mie restrizioni alimentari. -Non ti piacciono i peperoni?- chiese Ace. -Sono allergica.

-Non lo sapevo, mi dispiace- disse, sembrava sinceramente dispiaciuto, come se mi avesse costretto a mangiarli e si stesse scusando. -Non potevi saperlo, non siamo amici.

-Non potrei mai essere tuo amico- disse, stavo per entrare ma mi voltai e lo guardai. Scrollai le spalle, ero abituata ad essere trattata come la lebbra. Anche se non me lo aspettavo da lui, non fece più male delle altre volte. -Non potrei resistere alla tentazione di baciarti- disse, quando stavo per entrare. Chiusi la porta della stanza di Louise e mi avvicinai a quella di Roger. -C-cosa?- chiesi, lui sorrise ma cambio' espressione subito dopo. -Che c'é ? Pensavo ti piacesse la sincerità.

-No, non puoi dire cose come questa. Non a me- replicai, ero confusa, cioé io ero...Non so come mi sentivo. Non ero me. -Non posso dirti in tutta sincerità di essere fisicamente attratto da te? Perché lo sono- chiese, nella mia testa senti' un'esplosione di emozioni. -Fisicamente attratto da me ? Perché dovresti essere fisicamente attratto da me...

-Cavolo Jam, non fai altro che peggiorare la situazione cosi'- disse, lo guardai perplessa e lui sospiro'. -Sei in imbarazzo ? Davvero ?

-Certo che lo sono- dissi, toccandomi le guance, lui sorrise. -Non dovresti dirmi cose del genere, insomma io non sono il tipo a cui si dicono queste cose. Io sono quella a cui si chiedono i compiti, non quella ''attraente''.

-Sei abbastanza intelligente da capire i meccanismi della biologia, Jam...devo davvero spiegarti come funziona?- chiese, scossi la testa. -Sei venuta nel momento giusto ma nelle circostanze sbagliate- disse, poggiandosi al muro. -Che vuoi dire?- chiesi. -Che se ti avessi incontrata un anno fa a Boston, la prima cosa che avrei fatto sarebbe stata chiederti di uscire e la seconda baciarti- disse, arrossi' senza nemmeno volerlo, nascosi' il volto con i capelli nonostante sapessi che non avrebbe funzionato. -Sei vergine?- chiese, lo guardai letteralmente scioccata. -Non-non sono affari tuoi- balbettai, lui sorrise. -Lo prendero' per un si..

-Forse é meglio che vada a chiamare la pizzeria- dissi, scendendo in salotto. Lui mi segui'. -Posso andarci da sola...

-Mi piace camminare alle tue spalle- replico', mi girai e lo guardai con espressione disgustata. -Sto scherzando...non proprio ma mi piace provocarti.
-Potrei arrabbiarmi.
-Oh, non vedo l'ora.

-Niente di quello che mi dirai farà di me la ragazza facile con cui vorresti finire a letto. Io non sono quel tipo di ragazza e scommetto che cose come questa ti hanno permesso molte volte di provare piacere fisico ma con me non funzionerà. Non so niente di ragazzi, lo so, ma so chi sono io e so che non cadro' nella tua trappola. I ragazzi come te sono dei veri bastardi- dissi, anche se non credevo totalmente al cento per cento all'ultima frase. Lui non era uno dei tanti non secondo la mia mente, forse il cuore o il mio apparato genitale sarebbero stati in disaccordo con il mio cervello. -I ragazzi come me?- chiese, infastidito. -Guardati allo specchio e capirai cosa intendo dire- replicai, digitai il numero della pizzeria e chiamai. -Tu non mi conosci.

-Non voglio farlo- mentii.Apri' il frigo e cercai qualche bibita ma trovai solo acqua e limone cosi' richiamai la pizzeria e gli chiesi di portare una bottiglia di coca cola. La pizza arrivo' alle sette e mezza, stavo per pagare quando Ace mi raggiunse ed allungo' venti dollari al fattorino. -Non c'era bisogno- dissi, lui mi sorrise e prese le pizze. -Offro io- replico'. Chiamammo i ragazzi e gli facemmo sedere a tavola, quando scoprirono che avrebbero mangiato pizza furono davvero eccitati. -Come va con biologia, Roger?- chiesi, lui guardo Ace e poi guardo' me che guardavo Ace che sorrideva imbarazzato. -Ehm, bene- disse esitante, Ace chiuse gli occhi e sospiro'. -In realtà non vado molto d'accordo con biologia..Insomma ho dei buonissimi voti ma...

-Non ti ho chiesto la storia della tua vita, Ace. Parlavo con Roger- dissi fredda, lui serro' le labbra. -A dire il vero non capisco molto bene...Ace spiega in modo strano..- confesso', guardai Ace e risi. -Davvero ?- chiesi, Fred annui' inquieto, Ace sospiro'. -Quindi avresti dovuto chiamarmi..

-Si, avrei dovuto- disse, sorrisi compiaciuta e orgogliosa. -Domani se ti va passo di pomeriggio e ti aiuto un po'.

-Si, sarebbe grandioso. Grazie Jam- replico'.

Erano le nove e Veronica non era ancora tornata, dissi ad Ace che poteva andarsene ma lui insisté per restare cosi' ci sedemmo in salotto avvolti da un silenzio imbarazzante. -Qual'é il tuo colore preferito?- chiese, rompendo il silenzio. Lo guardai perplessa, perché avrebbe voluto saperlo?

-Tenti ancora di porta...

-Dovresti smettere di fare congetture e credere di sapere cose che in realtà non sai- ribatté, annui'..avevo annuito. Annui' come un cane obbediente. In quell'istante sentivo di essere un aborto del femminismo. -Ora dimmi qual'é il tuo colore preferito per favore...

-Mi piacciono i colori spenti e il nero- dissi, lui annui' e si tolse la felpa. Mentre se la sfilava gli vidi gli addominali, Dio sembravano duri come la roccia. Indossava una maglietta nera sotto, si vedeva solo una parte del tatuaggio che aveva sul braccio sinistro. -Ti senti più a tuo agio ora?- chiese, scoppiai a ridere e lui si mise a fissarmi sorridente. -Se avessi detto che il mio colore preferito era il rosa pallido dei cigliegi giapponesi ?- chiesi, lui si strinse nelle spalle. -Avrei fatto in modo di trovarlo- replico', sorrisi e lui ricambio' il sorriso. -Quindi Sam é tuo fratello?- chiese, io annui' e mi sistemai gli occhiali sul naso. -Sa che lavoriamo insieme ?

-Jes ha una grande immaginazione ed é da settimane che parla di te quindi ho pensato fosse meglio evitare di dirgli che lavoriamo nello stesso luogo.
-Sarebbe fuori di se se sapesse che sei con me ora- disse con leggera esitazione e sogghigno. -Non se potessi raccontarli la verità.

-Non vuoi che sappia che il suo Leporello é un bastardo?- chiese, scossi la testa. -Mi spieghi perché hai sentito il bisogno di difendere il mio onore ?

-Devo proprio darti una ragione ?

-Non dovresti fare a botte con cosi' tanta superficialità.

-Tu non hai sentito cos'ha detto..

-Resto dell'idea che non dovresti comunque fare a botte, insomma guardati- dissi, sfiorai la ferita nascosta dal cerotto e lui fece una smorfia di dolore. I nostri sguardi si incrociarono, il suo viso era vicino al mio, abbasso' lo sguardo e lo poso' sulle mie labbra.

 

 

 

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Capitolo 4
*** Me ***


Ace

La tentazione era forte, volevo davvero davvero baciarla. Aveva labbra perfette, il suo profumo riempiva la stanza e le sua mani delicate sul mio viso non facevano altro che peggiorare le cose. Sapevo di non poterla baciare ma volevo davvero farlo. -Si, non possiamo proprio essere amici- dissi, allotanandomi. Veronica rientro' e ci ringrazio' di essere rimasti, ci diede trenta dollari ciascuno e ci lascio' il weekend libero. Infilai la giacca e uscimmo dalla villa. -Hai bisogno che ti riaccompagni a casa?- chiese, era in imbarazzo per quello che le avevo detto, lo era sempre. -Puoi accompagnarmi a casa tua- dissi, lei arrossi' e mi fece sorridere. -Abbiamo una riunione a casa tua...non era una avance- aggiunsi, quando notai quanto si sentisse a disagio. Mi passo' il casco e sali' sulla moto. -Ti sembra l'ora di arrivare?- chiese una donna che somigliava molto a James, non ebbe nemmeno il tempo di togliere il casco che entrambi i suoi genitori la stavano sgridando. -Mi sono dimenticata di chiamare ma ho mandato un messaggio a Sam- disse, lasciai il casco sulla moto e aspettai che finisse di parlare con i suoi genitori. -Tutto okey?- chiesi, quando vidi quanto fosse arrabbiata. -Ora dovro' sentirle anche da Sam...- mormoro'. -Sei venuta con lui?- esclamo' Sam, lei annui' e mi sorrise. -Ti avevo detto di..- esordi' Sam, avvicinandosi pericolosamente a me. Jam si mise tra me e lui dandomi le spalle. -Ho offerto io un passaggio ad Ace....siete qui per risolvere la questione di oggi non per creare altri problemi. Vuoi fare legge alla Columbia quindi la prima cosa che dovresti imparare é che una persona é innocente fino a prova contraria- disse, sorrisi sotto ai baffi. -Entra- disse Sam, guardandomi. -Credo che debba entrare anche io..- disse Jam, Sam la fulmino' con lo sguardo. Entro' prima che Samuel potesse dirle qualcosa, Jessica era già seduta con gli altri della squadra e al nostro ingresso ci fu un silenzio inquietante. -Siamo famosi per il nostro lavoro di squadra e non posso permettere che uno qualunque ci rovini la reputazione- disse Sam, guardandomi, sorrisi e guardai Mark. Era seduto accanto a Jam e le aveva messo il braccio attorno alle spalle. -Ho sentito la versione di Mark e devo sentire anche la tua per essere imparziale.

-Imparziale ? E' il tuo migliore amico e vuoi farmi credere che resterai imparziale?- chiesi. -Hai messo in mezzo mia sorella...- ribatté Sam, sospirai e la guardai. -Vedi..io non ho messo in mezzo nessuno. Ho fatto cio' che andava fatto ma non credo di essere io a doverti dire com'é andata. Vi conoscete da anni e siete grandi amici..vi guardate le spalle a vicenda e io non ho nessuno che possa guardarmi le spalle quindi visto che in ogni caso passero' per il cattivo della situazione preferisco andarmene ora- dissi, mi alzai e andai verso la porta. -Ace- disse Jam, mi voltai e la guardai. Si alzo' e venne verso di me. -Ti guardo io le spalle- sussurro', sorrisi. -Visto che i tuoi amici, Sam, sono tutti dei codardi e preferiscono far addossare la colpa ad un perfetto sconosciuto piuttosto che affrontare te...ti diro' io com'é andata.
-Jey, non farlo- ribatté Mark, lei mi guardo' e sorrise. Racconto tutto, racconto di Mark e di quello che le aveva detto e spiego' che io ero li' solo per fare quello che Samuel avrebbe fatto. Sam si infurio' e inizio' a rimproverare tutti quelli della squadra per aver tentato di far incolpare me. Poi si scuso' e ci fece un discorsetto su quanto dovremmo essere uniti per vincere il campionato. -Grazie- dissi a Jam, quando mi porto' una coca cola. -Vuoi del ghiaccio?- chiese, scossi la testa e sorrisi. -Parlavo di prima.

-Te lo dovevo- replico', Mark venne verso di noi. -Ace, mi dispiace per come sono andate le cose..spero che potremmo diventare amici con il tempo- disse, mi porse la mano e mi limitai a stringerla e poi prese James in disparte.

 

 

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Capitolo 5
*** Save ***


James

Ero certa di sapere che cosa Mark volesse da me, l'homecoming si avvicinava e a quanto pare a lui piacevo da tempo ormai. Non avevo mai pensato a Mark in quel modo, anzi non avevo mai pensato a nessuno in quel modo. Pensavo solo ai miei studi e alla mia cariera e forse era quello a rendermi cosi' diversa dagli altri. Non sopportavo i drammi, non mi importava la mia reputazione, non mi interessava piacere a nessuno e consideravo la verità l'unica protezione che avessi. Avevo fatto una promessa a me stessa, fino alla laurea non sarei diventata la ragazza di nessuno e non mi sarei permessa di divertirmi. Niente feste, niente alcol, niente stupidaggini. Non era poi cosi' difficile per me, sono sempre stata determinata a realizzare i miei sogni e non sarebbe stato Mark o Ace a farmi cambiare idea. -Sam é ancora arrabbiato- disse Mark, degluti' e annui'. -Ma tu mi hai perdonato giusto?- chiese, annui' di nuovo. -Vorrei davvero uscire con te Jey, io e te siamo fatti per...
-Mark...non dire niente del genere, per favore.

-Vieni con me al homecoming- disse, guardai Ace che si avvicinava a noi. -Ci verro'- dissi, alzandomi e passandogli davanti. I nostri sguardi si incrociarono e vidi il disappunto. Mark aveva parlato in quel modo irrispettoso di me e io uscivo con lui, a Ace non piaqque. -Ma non con te...ci vediamo li'- dissi, guardando entrambi.

Quella sera ci fu una riunione di famiglia nella mia stanza, eravamo solo io, Jessica e Sam.
-Sai che cos'ha detto?- chiese Sam, strinsi il mio peluche preferito e poggiai la testa sulla spalla di Jes. -No- risposi, Jes e Sam mi guardarono. -Davvero, non lo so.

-Il tuo nuovo migliore amico, Ace non te l'ha detto?- chiese Jes, era arrabbiata perché non le avevo raccontato tutto di lui. -Non voleva ripetere quelle procherie...é un tipo apposto- dissi, guardando Sam, sperando di riuscire a rassicurarlo.

-Lo sembra. Mark é il problema, giuro che non posso più sopportare la sua faccia- disse Sam, sorrisi e scossi la testa. -E' un ragazzo, é stupido e io ci sono passata sopra. Non fare come se non avessi mai parlato di ragazze con quelli della squadra. Questa volta é capitatoche parlassero di tua sorella e non puoi smettere di parlare con lui solo perché ha fatto quello che fate di solito.

-Odio quando fai la grande saggia- disse Sam, sorrisi e gli strinsi la mano sorridendogli. -Come mai eravate insieme tu e Ace?- chiese Jes. -Lavoriamo entrambi come tutor da Veronica Astrid.

-E perché ce lo dici solo ora?- esclamo' Jes, eccitata e arrabbiata. -Non volevo che iniziaste a farvi filmini mentali. Siamo solo colleghi di lavoro.

-Colleghi ? Tu li piaci.
-Lo so- replicai, entrambi sembravano sconvolti. -Te lo ha detto ?

-Più o meno- risposi. -A quanto pare alla Redorg sono piuttosto famosa, anche Mark mi ha confessato i suoi sentimenti- dissi, arrossendo. -Mark, il mio Mark?- chiese Sam, io annui'. -Dai lo sapevi, si vedeva lontano un miglio, Sam- disse Jes, Samuel era sconvolto. -Non vorrai mica metterti con il mio Mark..

-Ho fatto una promessa, tranquillo- ribattei, Jes mi guardo' e sospiro'. -Si é giovani una volta sola, Jey. Ti pentirai di non aver approffitato di questi anni quando sarai all'università.

-Voi non capite.

-Voglio entrare a Yale, Jey, lavoro sodo quanto te ma non dimentico mai di avere solo diciasette anni. Potresti morire domani senza esserti goduta nemmeno un attimo della tua vita . Pensaci- disse Jes, alzandosi e uscendo dalla mia stanza. -Notte, Jey- disse Sam, dandomi un bacio sulla fronte.
 

Il mattino dopo mentre parcheggiavo la moto davanti alla scuola l'auto sportiva di qualche sera prima parcheggio' accanto a me. Sapevo chi si trovava all'interno di quell'auto e sapevo quanto fastidioso fosse. -James, sempre un piacere vederti- disse Spencer, scendendo dalla ferrari nera. Misi il casco nel vano portaoggetti e bloccai il manubrio prima di andare verso l'entrata. -Ho davvero voglia di sapere come stai..

-La mia salute raggiunge l'apice nel momento in cui tu non ci sei- dissi, camminando verso il mio armadietto. Vidi Ace in piedi accanto ad esso e inziai a preoccuparmi anche se mi faceva piacere vederlo. -Dovresti essere più gentile con me- disse Spencer, lo guardai e poi rivolsi un occhiata a Ace. -Come va?- chiesi, guardandolo, lui annui' e guardo' Spencer. -Siete amici ora?- chiese Ace, io scossi la testa. -Saremo più che amici- disse Spencer, prima di uscire di scena. -Tipo interessante- disse Ace, scossi la testa. -Tipo palloso- ribattei, infilai i libri nell'armadietto e presi solo guerra e pace che avremmo dovuto leggere a letteratura. -Dovevi dirmi qualcosa?- chiesi, Ace abbasso' lo sguardo e sorrise. -Verrai al homecoming?- chiese, in quel momento ci raggiunse Jes. -Verrà sicuramente- disse abbracciandomi. -Ci vediamo sta sera quindi..- disse Ace, senza staccarmi gli occhi di dosso. -Ci vediamo sta sera- dissi.

 

 

Era venerdi' sera ed ero appena tornata dal lavoro, Jessie mi porto' in camera sua e mi trucco' e sistemo' i capelli senza nemmeno chiedermi se lo volessi. Poi tiro' fuori dal mio armadio dei vestiti e me li fece provare senza ovviamente darmi voce in capitolo. Infine decise per un corsetto in pelle nero, un paio di jeans a vita alta neri e un cardigan di lana bianco con dei teschi neri. Voleva che mettessi dei tacchi ma non volevo sembrare una giraffa cosi' indossai dei semplici stivali.

La mamma prima di uscire ci spruzzo' di profumo e papà mi bacio' sulla fronte e mi diede cinquanta dollari. -Dove credete che vada ?- chiesi, loro guardarono Jessie e io alzai gli occhi al cielo. -Non é un appuntamento, esco con degli amici..tutto qua- dissi, loro annuirono e ci salutarono. Sali' sull'auto di Jessie e le pizzicai il braccio. -Perché glielo hai detto ?

-Mi é scappato- rispose, accendendo la radio. C'era una canzone del mio cantante preferito, James Bay. -You don't have to wear a best fake smile- cantai, -Oh,oh,oh- continuo' Jessie, -don't lie kid- in coro. -Sei eccitata ?

-No- risposi.

La scuola era piena zeppa di gente e il falo' era già acceso, eravamo in ritardo perché finivo di lavorare alle sei e Jessie resto' per potermi preparare. Raggiungemmo l'auto di mio fratello dove c'era tutta la squadra di basket. Mark non appena mi vide mi abbraccio' e io senza volerlo guardai Ace. Mark indossava una camicia bianca e un paio di jeans mentre Ace indossava una semplice felpa bianca piuttosto larga, dei jeans e si era coperto la testa con il cappuccio della felpa come faceva sempre. Era la prima volta che lo vedevo fumare. Andai a salutare Ace che mi sorrise. -Sei bellissima, sta sera- disse Mark, eravamo tutti seduti accanto all'auto di Sam e i ragazzi ci raccontavano dell'accensione del falo'. Mark ando' a prenderci da bere e Ace si sedette accanto a me quando il posto si libero'. -Ti preferisco senza trucco- bisbiglio' al mio orecchio, provai un dolce brivido di piacere nel sentire il suo fiato sul collo. -Mi piace la tua felpa- dissi, toccandogli la manica quando si allontano' dal mio orecchio. Lui sorrise ma cambio' espressione quando arrivo' Mark con due bicchieri rossi, ne stava passando uno a me ma Ace lo intercetto' e inizio' a berla. Quando svuoto' il bicchiere lo accartoccio' e lo butto' alle sue spalle. -Ah non era per me?- disse Ace, Mark alzo' gli occhi al cielo e diede il secondo bicchiere a Jessie. -Vado a prenderetene un'altro- disse Mark fulmino' Ace con lo sguardo poi mi sorrise cordialmente. -Non ce n'é bisogno, non bevo- dissi rivolgendomi a Mark. -Facciamo un giro allora- propose, guardai Ace. -Ti raggiungo tra poco- dissi, Mark ando' via con l'aria un po' dispiaciuta.

-Sei uno stronzo- affermai, lui mi fece l'occhiolino e poggio' le mani per terra dietro di se. -Questo ed altro per altri cinque minuti con te- disse, Jessie era alla mia destra e sentivo che mi pizzicava la gamba ogni tanto mentre Sam mi fissava incuriosito e forse arrabbiato. -Quindi tu e Mark uscite insieme...- disse, lo vidi affondare le mani nella terra dietro di se ma lo ignorai. -Non esattamente...se uscissimo insieme sarei venuta con lui e sarei seduta con lui e non con te- dissi, me ne penti' nell'istante in cui lo dissi. -Oh, quindi noi due usciamo insieme- disse, sorrisi e scossi la testa. -Hai frainteso- replicai, lui annui'. -Scherzavo, non ti preoccupare- disse, mi leccai le labbra e mi alzai quando vidi Mark tornare e mi alzai per accontentare anche lui. Lo segui' nel bosco, mi parlava della prossima partita di basket e della squadra contro cui avrebbero giocato. Io ero assente ma continuavo ad annuire e a dire ''certo''. -Che c'é tra te e Ace?- chiese, attirando la mia attenzione, avevo sentito solo il suo nome e nient'altro. -Come scusa ?

-Che c'é tra te ed Ace?- ripeté, tossi e mi schiari' la voce per assicurarmi di suonare credibile. -Niente, siamo solo amici- dissi, ''solo amici'', non eravamo ''solo amici'' ma mi piaceva pensarlo.

-Jey- disse, con il tono di chi sapeva più di quanto diceva. -Credo che tu gli piaccia
-No, te l'ho detto siamo solo amici- ripetei, lui non sembrava convinto ma cambio' argomento. Inizio' a parlarmi della composizione della sua famiglia che conoscevo già e mi venne in mente il bellissimo fratellino di Ace. -Torniamo dagli altri ? Jessie si arrabbierà se la lascio da sola in mezzo ai testosteroni- dissi, lui sembro' affranto ma girai i tacchi e ripercorsi la nostra strada. -Pensavo fosse un'appuntamento..

-Non lo era- risposi, continuando a camminare, lui era alle mie spalle, sentivo il suo passo accellerare. Mi tiro' per il braccio facendomi girare e infuriare. -Non continuare a giocare con i miei sentimenti- disse, alzai gli occhi al cielo e lui mi strinse di più facendomi male. -Dimmi se ti piaccio o no- esclamo', feci un respiro profondo e stavo prioprio per parlare quando vidi Ace dietro a Mark con sguardo minaccioso. -Lasciala andare prima che ti spacchi di nuovo la faccia- disse, Mark si volto' lo guardo e mi lascio' andare. -Vattene Jam- disse Ace, io scossi la testa e lui lo ripeté. Sospirai e lo presi per il braccio trascinandolo fuori dal bosco e lontano da Mark. -Jam- disse, mentre camminavo con passo deciso. -Jam- ripeté. -Fermati- disse, poi si fermo' e io non riusci' a tirarlo. -Che c'é?- chiesi, non mi accorsi di essere in lacrime fino a che non lo guardai. Lui mi sorrise e mi puli' il viso con la sua felpa, poi mi guardo' dritto negli occhi. -Hai avuto paura...- disse, senti' una fitta al cuore perché era vero, avevo avuto paura. Paura che potesse farmi del male, anche se lo conoscevo e sapevo che non l'avrebbe mai fatto ma avevo comunque paura. -Io...- singhiozzai, lui strinse i pugni e fece per tornare indietro ma non lo lasciai andare. -Ti prego, Ace- dissi, sentivo la voce spezzarsi dopo ogni singola parola. -Nessuno puo' farti questo..- disse, guardandomi, io scossi la testa. -Ti...prego- ripetei, lui sospiro' e mi attiro' a se. Mi strinse forte tra le sue braccia e mi accarezzo' i capelli. -Non é finita qui..- disse, riusci' a calmarmi e smisi di piangere. Mi puli' il viso e tolsi il mascara che era colato. -Ace- dissi, lui si tolse il cappuccio e mi guardo'. -Grazie- dissi, lui sorrise e mi bacio' sulla fronte. -Ringraziami quando l'avro' picchiato come si deve.

-Non farlo, ti prego, non farlo. Era solo arrabbiato e forse geloso e non mi avrebbe mai fatto del male.

-Ti sei spaventata a morte.

-E questo deve rimanere tra...
-Non lo direi a nessuno e anche se dovessi dirlo...bé é normale, é normale avere paura okey ?

-No, non per me...mi trattattano già come se fossi fatta di cristallo se loro lo scoprissero penserebbermo che mi sono rotta e in più....Mark é il migliore amico di Sam. Sono già ai ferri corti per quello che é successo con te, se tu...per favore Ace- dissi, mi mancava l'aria. -Ehi, va tutto bene- disse, ma non funziono', stavo avendo l'ennesimo attacco di panico. Avevano smesso da quando avevo cambiato scuola, le situazioni di stress come quella mi facevano mancare l'aria, sudare le mani e mi facevano avere le palpitazioni. -Non posso tornare da loro cosi'- dissi, dopo aver ripreso il controllo del mio corpo. Utilizzai il telefono come specchio e vidi lo stato penoso del mio viso. Ace prese un fazzoletto e lo bagno' con l'acqua del laghetto, lo uso' per ripulirmi il viso dal trucco colato a causa delle mie lacrime facili. -Se non ti fossi truccata tutto questo non sarebbe successo.

-Tu credi ?

-Deve essersi eccitato pensando che ti fossi truccata e fatta bella solo per lui. Ai ragazzi piacciono queste cose, ci fa sentire potenti.

-Non l'ho fatto per lui.

-Si, lo so, sappiamo entrambi che l'hai fatto per me- replico', facendomi sorridere. -Non l'ho fatto nemmeno per te.

-Facciamo finta che sia cosi'- disse, sorrisi di nuovo. Lui mi asciugo' di nuovo il viso con la sua felpa e mi guardo'. -Ecco, ora sei perfetta- disse, sistemandomi i capelli dietro alle orecchie.

Tornammo alla macchina di Sam dove Mark era già li ad aspettarci. Sembravano tutti curiosi, mi avevano vista entrare nel bosco con Mark e uscirne con Ace. Lui non sembrava volermi lasciare sola dopo aver avuto quel diverbio con Mark. Non avevo intenzione di raccontarlo a Sam per ovvie ragioni, non ero arrabbiata con Mark ma volevo davvero stare lontana da lui e non volevo che mi parlasse. Mi sedetti accanto a Jes e le sorrisi. Lei mi afferro' il viso tra le mani e mi guardo' dritto negli occhi. -Hai pianto- disse, lentamente inizo' ad assumere un'espressione preoccupata e arrabbiata. Guardo verso Ace e poi guardo' me. -Cosa ti ha fatto?- chiese, scossi la testa. -Non é stato Ace.

-Mark?- chiese, degluti'. -Cosa ti ha fatto ?
-Non é importante...ti raccontero' a casa. Ora divertiamoci- dissi, sorridendole. Lei non sembrava convinta ma rispetto' la mia decisione. Senti' il bisogno di stare sola cosi' andai a sedermi davanti al falo' e ammirai il fuoco e il cielo stellato. -Stai bene?- chiese Ace, sedendosi accanto a me. -Certo- risposi. -L'hai raccontato a tua sorella?- chiese, scossi la testa. -Non voglio dirglielo qui, é piuttosto impulsiva e potrebbe fare una stupidaggine.

-Il bastardo se lo merita.
-Non posso sopportare altra violenza..- dissi, lui mi guardo' e inclino' la testa come se volesse chiedermi qualcosa. -Bullismo?- chiese, senti' il cuore fermarsi e trattenni il respiro per qualche secondo prima di relaizzare quello che aveva detto. -Non lo sa nessuno, come...

-Ho solo fatto due più due, gli attacchi di panico, i problemi che hai con la violenza e il cambiamento di scuola- disse, degluti' e sospirai. -Il tuo segreto é al sicuro, Jam, puoi stare tranquilla- disse, prendendomi la mano per non farmi mordicchiare le unghie come stavo già facendo. Mi voltai e vidi una ragazza con un bambino tra le braccia guardarsi intorno. Si aggirava attorno all'auto di Sam, vidi Jessie indicarli dove ci trovavamo. Mi voltai verso Ace e lo vidi pallido e furioso, stringeva i pugni e serrava la mascella. Lo vedevo anche se tentava di nascondersi sotto al cappuccio. La ragazza si avvicinava e quando fu a pochi passi da noi riconobbi il fratellino di Ace, supposi che la ragazza fosse la sorella maggiore visto i tratti simili tra lei e Ace. Aveva cortissimi capelli neri, era mulatta come Ace e aveva un pircing sul naso e dei tatuaggi sul collo. Sembrava stanca e soprafatta. -Che ci fai qui?- chiese Ace, digrignava i denti e la sua voce era cambiata. -Mi dispiace, Ace, devi occuparti di Trent...io devo andare- disse, la ragazza praticamente lanciandogli il bambino. -Tracy- disse Ace, mentre lei se ne andava, la chiamava ma lei non rispondeva. Si era messa a correre e si era presa la testa fra le mani esasperata. Ace strinse a se il piccolo che tremava, poi si guardo' intorno e il suo sguardo incorcio' il mio per qualche secondo. In quel momento lo vidi, vidi quanto era distrutto, quanto la sua famiglia lo agnentasse fisicamente e mentalemente. -Puoi..- disse con un filo di voce, passandomi il bambino, lo presi in braccio e cercai di stringerlo e farlo sentire a suo agio mentre Ace si sfilava la felpa. Avvolse il piccolo Trent nella sua grande ed enorme felpa e mi guardo'. -Mi dispiace che tu abbia dovuto vederla...

-Perché ? E' tua sorella- dissi, avevo capito che cosa voleva dire ma non volevo che lui sapesse che avevo capito. Sua sorella non sembrava stare bene e Ace ne era consapevole. -Devo prendere l'autobus..

-Ti accompagno io a casa- dissi, lui scosse la testa. -Ace, non é un problema davvero..tanto volevo andarmene- dissi, lui sospiro' e accetto'. Presi la macchina di Jessie e le dissi che sarebbe dovuta tornare con Sam, Ace mise Trent nei sedili posteriori e lo copri' con la felpa mentre lui congelava. Misi il riscaladamento al massimo e mi tolsi il cardigan, mi sentivo un po' in imbarazzo a restare con le braccia nude ma avevo caldo. -Trent ti somiglia molto..- dissi, lui strinse i pugni e poggio' la testa contro il finestrino. -Non..non lo chiamo mai Trent. Lo chiamo Luffy e a lui piace.

-Ace e Luffy...divertente- dissi, ridendo. -Appena potro' cambiero' ufficialmente il mio nome in Ace Re dei pirati- scherzo', nonostante non sembrava dell'umore.

-Quindi tua sorella ha preso la custodia di Luffy...

-Non proprio, siamo ancora di proprietà di mia madre.

-Pensavo che i tuoi genitori fossero morti.

-E' più facile dire che non ci sono più che dire la verità- ribatté, ci fermammo ad un semaforo e mi voltai a guardarlo. I suoi occhi erano fissi nei miei e vidi di nuovo quanto avesse bisogno d'aiuto. Era come se stesse soffocando.

-Mio padre é in prigione per duplice omicidio, mia madre lavora come infermiera e la vedo solo dici minuti prima che esca di casa per lavorare, mia sorella é un ex eroinomane.

-Perché ti ha portato Luffy?- chiesi, lui guardo' suo fratello e sorrise quando noto' che dormiva profondamente. Non rispose, probabilmente si sentiva vulnerabile dopo avermi raccontato quelle cose. Arrivammo a casa sua, era piccola, in periferia ma sembrava accogliente. Lui scese dall'auto e prese suo fratello tra le braccia. Scesi con lui e prima che potesse entrare in casa lo chiamai. -Stai bene, Ace?- chiesi, lui mi guardo' e guardo' Trent, scosse la testa.

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Capitolo 6
*** You ***


Ace

Non mi aspettavo quella domanda, non mi aspettavo che le importasse, non mi aspettavo di provare qualcosa. Perché era da cosi' tanto tempo che qualcuno non si chiedeva come stessi, che qualcuno non si chiedesse se stessi bene. Era da tanto tempo che non provavo emozioni, era da tanto tempo che provavo quel vuoto immenso nel petto. Mi sorrise quando scossi la testa, venne verso di me e mi abbraccio'. Il mio corpo venne ricoperto del suo odore, cosi' delicato. -Starai bene- disse, allotnandosi e sorridendomi.

 

Ero al tavolo da pranzo più isolato della mensa, non mi andava di pranzare con il resto della squadra. Jam non aveva detto niente di Mark a suo fratello e guardarlo comportarsi come niente fosse mi faceva arrabbiare. Mi poggiai al muro e mangiai il mio panino in estrama solitudine e tranquillità. Ascoltavo musica, tenevo la testa nascosta dal cappuccio e aspettavo la campanella. Non mi accorsi quando Jam si sedette accanto a me, solo quando mi sfilo' le cuffie mi accorsi di lei. -Hey- disse, con un sorriso. -Hey- ripetei, abbassando il cappuccio. Indossava un maglione chiaro e un paio di pantaloncini. -Ho una proposta da farti..

-Più indecente é meglio é- ribattei, lei roteo' gli occhi e sorrise. -C'é un open mic di slam poetry sta sera alla Blue House, ti va di venirci con me?- chiese, ero piuttosto sorpreso che me lo chiedesse. -Finalmente mi chiedi di uscire con te...iniziavo a dubitare del mio charm.

-Non é un appuntamento- replico', sorrisi. -Quindi vuoi trascinarmi a questo evento e non posso nemmeno ottenere i benefici di un appuntamento ?

-Non ho molti amici...

-Mi stai mettendo nella friendzone, questo fa anche più male- scherzai, lei sorrise e scosse la testa. -Voglio andare a questo fottutissimo open mic e tu sei l'unico che verrebbe con me.

-Davvero ? Scommetto che se lo chiedessi a un ragazzo qualunque della scuola ti direbbe di si- replicai, lei abbasso' lo sguardo e arrossi'. -Devo proprio dirti che voglio andarci con te per farti accettare?- chiese, sorrisi e annui'. -Quindi ci vediamo sta sera e non é un appuntamento- dissi, lei si alzo' e sorrise, un vero sorriso, luminoso. -Un uscita tra colleghi- aggiunse, mettendo i capelli dietro all'orecchio. -Perché non siamo amici- disse, io annui' e le feci un cenno con il capo prima di rimettere il cappuccio.

A biologia lei era seduta accanto a Mark, non era stata lei a volerlo. Era fin troppo dedicata alla scuola per arrivare tardi in classe, era sempre la prima e Mark ne aveva approffittato. -Devi solo ascoltarmi, Jey. Sai anche tu che siamo fatti per...

-Ti ho detto di non dirlo, é stupido- replico' lei, giocava con l'anello e sembrava nervosa. -Lascia che ti porti fuori sta sera, per scusarmi.

-Ha già un impegno sta sera- dissi, senza degnarlo di uno sguardo. -Uscite insieme?- chiese Mark, alzando il tono. L'insegnante ci rivolse un'occhiataccia e il resto della classe voleva sapere cosa stesse succedendo. -Esci con questo tizio ? Sei seria?- chiese, sembrava arrabbiarsi sempre di più e Jam sembrava davvero spaventata. -Siamo in classe, Mark, calmati- dissi. -Ci conosciamo da anni ed é lui che vuoi farti ? Sei solo una troia, James- disse, alzandosi e uscendo fuori dalla classe. Guardavano tutti James e ridevano, lei arrossi' e inizio' a respirare affannosamente. Mi alzai e mi sedetti accanto a lei. -Tutto okey?- chiesi, lei non riusciva a guardarmi in faccia. -Jam, va tutto bene?- ripetei, le presi il viso tra le mani e la costrinsi a guardarmi. Aveva gli occhi lucidi e il viso umido, teneva la testa bassa per non essere vista in lacrime dagli altri. Mi sfilai la felpa e gliela porsi. -Mettila- bisbigliai, lei obbedi' e usai il cappuccio per nasconderle il viso. I sussurri e le risatine le davano estremamente fastidio. Aveva le mani sudate e il cuore a mille, cercava di respirare ma non sembrava ci riuscisse. -Non si sente bene, la accompagno in infermeria- dissi, alzandomi, la aiutai ad alzarsi e tenendole la testa coperta dal cappuccio della mia felpa la portai fuori da li.

 

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Capitolo 7
*** Have ***


James

-Ora posso ucciderlo?- chiese Ace, eravamo seduti a qualche metro dalla stanza di biologia, poggiati agli armadietti e seduti sul pavimento freddo della scuola. Indossavo la sua felpa, lui mi stringeva forte la mano mentre cercavo di riprendere fiato. Non volevo andare in infermeria, sapevo che cosa avevo. -Non avresti dovuto uscire dalla classe....- dissi, lui mi guardo' e sorrise. -Una lezione persa non farà abbassare la mia media, tranquilla- disse, facendomi l'occhiolino. -Parleranno di noi ora...parlavano già di noi ma ora sarà peggio.

-E quindi?- chiese. -Parleranno di noi- dissi in un sospiro ripensando al passato. La campanella suono' e Ace mi diede una mano ad alzarmi. -Vuoi che ti accompagni in classe?- chiese, lo guardai e sorrisi scuotendo la testa. -Posso farcela- dissi, mi porse lo zaino e mi fece l'occhiolino allontandosi.

 

Raccontai tutto a Jes, era piuttosto arrabbiata e voleva parlarne a Sam. Diceva che valevo di più della sua amicizia con Mark, che lui meritava di essere rimesso al suo posto. Secondo lei Mark credeva di essere invincibile per il semplice fatto di essere il migliore amico di mio fratello. Mi buttai sul letto di Sam, strinsi a me il cuscino e lui capi' immediatamente che avevo qualcosa da dirgli. Non mi sentivo in grado di ferirlo, grazie a Dio Jes era con me. Racconto' tutto a Sam e più Jes gli spiegava la situazione più lui si avvicinava a me fino a ritrovarmi tra le sue braccia in lacrime. -Non avresti dovuto nascondermelo.

-E' il tuo migliore amico.

-E tu sei la mia sorellina, venite prima voi due. Hai avuto paura?- chiese, io annui'. -Ti prometto, Jey, che in questa scuola non ti succederà come ti é successo in passato. Nessuno, ne i miei amici ne gli altri studenti potranno farti del male- disse, sorrisi e lui mi diede un bacio sulla fronte. Era l'unico ragazzo capace di farmi sentire protetta tra le sue braccia.

Guidai fino alla villa di Veronica, sfrecciare su quelle strade mi aiutava a rilassarmi. -Quindi sei venuta con la tua moto- disse Ace, venendo verso di me. -Come sempre- dissi, lui abbasso' il cappuccio della felpa e mi sorrise. A Veronica non piaceva che Ace tenesse il suo cappuccio, in realtà non gli piaceva nemmeno che lo chiamassimo Ace. -Salve- dissi con un sorriso. -James, Nate, bentornati- disse, sorridendoci. -Il vostro lavoro inizia a mostrare i suoi frutti- disse, mentre ci accompagnava nelle stanze dei suoi figlio. -Roger e Louise iniziano ad avere voti piuttosto alti, ho aggiunto un extra di cinquanta dollari sulla vostra paga visto che entrambi hanno avuto delle A negli ultimi test- disse, guardai Ace e lui mi sorrise. Mi ero quasi dimenticata del suo vero nome.

Passai il pomeriggio a fare problemi di algebra con Louise, non le piaceva molto la matematica, il che rendeva le cose piuttosto difficili per me. In qualche modo ero riuscita a spiegarle le basi, nonostante non smettesse di guardare il suo telefono e di giocare con i suoi capelli.

Alle sei uscivamo dalla villa Astrid. -Quindi che si fa?- chiese Ace, arrossi' all'idea di avere una sorta di appuntamento non appuntamento con Ace Goldberg. -Non-non lo so- balbettai, lui rise e mi scompiglio' i capelli come faresti con il tuo dolce cagnolino. -Non l'ho mai fatto prima- dissi, mentre lui andava verso la moto. -Fatto cosa?- chiese, fermandosi. -Questo...

-Uscire con un ragazzo ?

-No...uscire in generale- risposi, sentendomi patetica. -Non sei mai uscita con degli amici per divertirti per il semplice piacere di passare una serata fuori casa e vivere?- chiese, scossi la testa e lui si avvicino'. -Come mai ?
-Ehm....sono sempre stata fin troppo timida per interagire con gli altri quindi non ho mai avuto amici oltre ai miei fratelli. Il liceo non é stato un bel periodo e piuttosto che cercare di farmi notare, passavo ogni secondo libero con il naso fra i libri- risposi, infilando le mani nelle tasche della giacca. Lui ando' di nuovo verso la moto e io lo segui'. -Abbiamo tutti delle ambizioni Jam, ma non devono farti smettere di vivere. Sei giovane, bella, attraente e intelligente, ci sono un miglioni di cose che potresti fare al posto di spendere il tempo a studiare. Non dico che non sia importante ma nemmeno che sia più importante della vita..

-Forse é perché non ho mai creduto di vivere cosi' allungo...- dissi, in sussurro, speravo che non l'avesse sentito. -Cosa?- chiese, girandosi. -Niente.

-La vita é bella, Stevenson e io te lo dimostrero'- disse, sorrisi.

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Capitolo 8
*** Fun ***


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Ace

-Forse é perché non ho mai creduto di vivere cosi' allungo- disse, in un sussurro, come se volesse dirmelo ma non ne fosse sicura. Quella frase fu la risposta ad alcune domande che mi ponevo su quella misteriosa dolce ragazza. Aveva passato tre anni in una scuola dove non aveva amici perché erano tutti gelosi di quanto brillante e geniale lei fosse, probabilmente le altre ragazze la insultavano, i ragazzi si prendevano gioco di lei, veniva umiliata, sminuita e forse non ne poteva più e aveva provato a mettere fine a tutto. La capivo, chi di noi non ha mai pensato di mettere fine a tutto ? Al dolore, al vuoto nel petto, al disprezzo, alla delusione. Io ci avevo pensato.

-Ti dispiace se guido io?- chiesi, strinse qualcosa nella tasca sinistra della giacca. -Prometto che non distruggero' la tua moto.
-Sai come guidarla almeno?- chiese, preoccupata prendendo le chiavi. -Fidati di me- dissi, lei mi porse le chiavi e mise i capelli dietro alle orecchie. Mi porse il casco di riserva, lo infilai e mi assicurai che il suo fosse ben messo. Sali' sulla moto e lei sali' dietro di me, era fin troppo timida per stringersi a me ma sapevo che prima o poi avrebbe avuto troppo paura di stringere la barra alle sue spalle e si sarebbe stretta a me.

Mantenni una velocità moderata all'inizio, ma nel momento in cui iniziai ad imboccare strade vuote iniziai ad accellerare. Mi chiese di rallentare un paio di volte ma feci finta di non averla sentita e aspettai che le sue braccia mi avvolgessero. Non ci volle molto. All'inizio teneva solo le braccia strette attorno ai miei fianchi ma quando divenne troppo scomodo per lei si lascio' andare. Poggio' la testa contro alla mia schiena e incrocio' le dieta sul mio ventre. Quando arrivammo non se ne accorse, mi stringeva ancora e a me non dispiaceva per niente. -Dove siamo?- chiese.

-Leo Carillo State Beach- risposi. -Cosa ci facciamo qui?- chiese, mentre mi slacciavo le scarpe. -Se dico che faremo sesso in acqua arro...- esordi' e mi interruppi quando vidi le sue guance prendere colore. -Non ho mai visto una ragazza di origini africane arrossire quanto arrossisci tu- dissi, facendola arrossire di nuovo. Adorabile. -Come conosci le mie origini?- chiese, sfilando le converse. Iniziammo a camminare verso la spiaggia e la sabbia ci riempi' i piedi, era tardi quindi era piuttosto fredda ma era piacevole. -Ho parlato con Sam e mi ha detto che tua madre é di origini marocchine- dissi, lei annui'. -E tu ?- chiese, pensai a mio padre. Da lui venivano i miei geni arabi. -Mio padre era libanese...- risposi, sperando di non prolungare la conversazione. Quando arrivammo a un paio di metri dalla spiaggia lei si fermo'. -Cosa fai ?

-Possiamo sederci qui, no ? Siamo abbastanza vicini alla spiaggia e il tramonto si vede benissimo- disse, sorrisi. -Non sono venuto per guardare il tramonto con te- dissi, lei sembro' confusa. Sfilai la felpa e la t-shirt, lei arrossi' e si volto' prima che potessi abbassare i jeans. -Che fai?- chiese, sorpresa. -Vado a farmi un bagno e tu vieni con me- risposi, lei scosse la testa. Le sfilai lo zaino dalle spalle e lo buttai sulla spiaggia. -Ace cosa stai facendo?- chiese, la guardai e lei sembrava cosi' in imbarazzo e a disagio. -Non ti devi spogliare se non ti senti a tuo agio ma se non vieni in acqua con me ti ci portero' di peso- dissi. -Fidati di me- aggiunsi, lei mi guardo' un ultima volta prima di lasciar cadere la giacca per terra. Sorrisi e le afferrai il braccio.

Una volta in acqua sembrava molto più a suo agio, era fredda ma non sembrava le importasse. -Oh cazzo- disse, la guarda preoccupato. -Ti ha punto una medusa?- chiesi, nuotando verso di lei il più in fretta possibile. -No...dovro' andare allo spettacolo di slam poetry con i vestiti bagnati.
-Ti avevo detto di toglierli...

-Si e darti il piacere di vedermi semi nuda?- chiese, sorrisi e mi allontanai. Sapevo quanto la imbarazzasse e volevo che si sentisse a suo agio. -E' questo che mi piace di questa città- dissi, lei nuoto' verso di me e si sdraio' sulla sua schiena. -Ci sono spiagge a Boston- disse, chiudendo lentamente gli occhi. -Ma non con questo tempo.

-E' da cosi' tanto che non lo facevo.
-Nuotare?- chiesi, lei annui'. -Come mai?- chiesi, sospiro' e guardo' il cielo. -Ho passato un periodo difficile, non uscivo di casa se non per andare a scuola.

-Di cosa avevi paura ?

-Di tutti, sentivo che se fossi uscita di casa a divertirmi....loro mi avrebbero perseguitata anche fuori. Cosi' mi chiudevo nella mia stanza e speravo che qualcuno mi spiegasse dove avessi sbagliato- disse, mi guardo' e scosse la testa. -Non l'ho mai detto a nessuno e nemmeno tu avresti dovuto saperlo..

-Anche io ho passato qualche anno rinchiuso in casa. I giornalisti erano sempre sul nostro vialetto, volevano avere l'esclusiva dalla famiglia dell'assassino di Boston- ribattei, lei sembrava sentirsi meglio. -Meglio andare, prima che ti ammali- dissi, guardai la riva e notai quanto ci fossimo allontanati. -Ci vorrà molta energia per arrivare fino a là.

-Siamo cosi' lontani?- chiese, spaventata. -Hey, va tutto bene, sai nuotare- replicai, non sembrava essersi rassicurata. Afferrai le sue mani e le poggiai sulle mie spalle e nuotai verso la riva.

 

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Capitolo 9
*** Live ***


James
 

Odiavo le mie paure, odiavo aver paura di tutto e di tutti. Ero davvero imbarazzata in quel momento ma lui non sembrava importargliene. Sembrava pronto ad essere la soluzione ad ogni mio problema. Nuotava per entrambi senza dire niente, era piuttosto atletico quindi aveva abbastanza forza per trascinarmi fino alla riva ma gli ero comunque grata. Una volta arrivati arrossi' nel vedere il suo corpo perfetto bagnato dall'acqua, i suoi capelli gli cadevano sul viso e il suo braccio tatuato brillava sotto alla luce del sole che tramontava. Era la prima volta che vedevo le ali d'angelo disegnate sulla sua schiena. Era la prima volta che mi accorgevo quanto bello lui fosse. Fu la prima volta che pensai alla possibilità di dimenticare la promessa, solo per vedere come sarebbe stare con un ragazzo come lui.

Anche lui mi stava guardando e per un attimo ebbi l'impulso di baciarlo. I suoi occhi sembravano volere esattamente la stessa cosa. Ma non potevo. -Sai che il fatto che tu porti ancora i vestiti non mi impedisce di vederti semi nuda?- chiese, facendomi arrossire per l'ennesima volta, sorrideva sempre quando mi succedeva. -Sei un pervertito lo sai?- chiesi, lui rise e scosse la testa. -Sei tu a provocare me...

-E' stata una pessima idea- dissi, guardandomi completamente fradicia. -Ti sei divertita ?

-Si ma é stata comunque una pessima idea, guardami sono bagnata- dissi, accorgendomi solo dopo del modo in cui si potrebbe interpretare la mia frase. -Mi fa piacere che tu lo sia- replico', sorridendomi e facendomi di nuovo l'occhiolino. -Sei davvero un pervertito.

-E sei sempre tu quella che mi provoca.

-Non posso andare allo spettacolo cosi'- dissi, lui sospiro'. -Perché no?- chiese. -Inanzi' tutto salire in moto in queste condizioni mi potrebbe far venire la bronchite- dissi, non appena quella frase usci' dalla mia bocca lui mi lancio' la sua felpa. -Mettila- disse. -Tendi a prestare troppo spesso la tua felpa alle ragazze.

-Togli i vestiti bagnati e metti la felpa, altrimenti rischi davvero di ammalrti.
-E tu ?
-Ho una giacca, non ti preoccupare..
-Non mi preoccupo, tu dove vai mentre io mi cambio?- chiesi, mentii perché in realtà volevo sapere che cosa avrebbe messo lui. -Voltati e io faro' lo stesso, non voglio che tu veda le parti più nascoste di me- scherzo', sorrisi e mi girai. Tolsi in fretta la t-shirt e i pantaloncini per infilare la felpa nera di Ace, era davvero lunga, sembrava quasi un vestito. Infilai i calzini e le scarpe mentre lui faceva lo stesso.

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Capitolo 10
*** Life ***


Ace

Ero davvero sorpreso di vedere quanto fosse bella, era come se le lentigini sul suo viso fossero stato posizionate accuratamente da Da Vinci. I suoi occhi castani brillavano di luce propria, aveva delle eccezionali curve, il suo sedere era quasi perfetto ma sembrava cosi' insicura di se. Avrei voluto dirle quanto la trovassi bella, avrei voluto che sapesse che da quel giorno qualcune altra ragazza avrebbe incrociato il mio cammino sarebbe stata solo un'altro essere umano in confronto a lei. Avrei voluto dirle che in quel momento era riuscita a cambiarmi completamente. Non si era accorta che la guardavo. La mia felpa le faceva da vestito, aveva i capelli spettinati e bagnati ma la rendevano solo più bella se mai fosse possibile. Mi avvicinai a lei e feci appello a tutta la mia forza di volontà per non baciarla. Le copri' la testa con il cappuccio. -Vuoi farmi diventare come te?- chiese, sorrisi e scossi la testa. -Hai i capelli ancora bagnati- dissi, sorrise e abbasso' lo sguardo.

Tornammo in moto e la portaI alla pub dove facevano lo spettacolo di slam poetry. -E' la prima volta che assisto ad un live di slam poetry- disse, sembrava davvero eccitata all'idea. Pagai i biglietti e lei da femminista quale era si offri di pagare da bere. Ordinammo un paio di drink con la mia carta d'indentità falsa e il mio fascino. Lei prese un analcolico perché era cosi' innocente, ordino' dei nachos e si mise a fissare il palco. -Sei davvero eccitata- dissi, lei sorrise guardandomi. -Ci sarà Niel Hailborn, non vedo l'ora di sentirlo.

-E' un grande poeta- dissi, lei mi guardo' sorpresa. -Non é un appuntamento non devi fingere di sapere di chi parlo..
-Che ne sai che cosa si fa agli appuntamenti se non ne hai mai avuto uno?- chiesi, sapevo di essere stato un po' brusco ma ero quasi certo che lei avrebbe riso. Mi piaceva il suono della sua risata. -Touché- disse, bevendo un sorso del suo martini analcolico. -Vorresti dirmi che sai davvero chi é Neil Heilborn?- chiese. -Ha scritto una poesia sul disturbo ossessivo complusivo e la mia preferita é quella sul futuro. Mi piace come scrive e mi piace la visione ottimistica del mondo dal punto di vista di un bipolare- disse, sembro' sorpresa della mia risposta accurata. -Quindi é questa la tua passione ? La poesia ? Scrivi ?- chiesi, lei scosse la testa. -Non scrivo ma leggo molto e amo il modo in cui questo tipo di poesia cattura le anime di chi la sa ascoltare.

-Hai un qualche interesse al di fuori della scuola?- chiesi, lei guardo' il braccialetto che teneva al polso. Era una cosa semplice e banale, il simbolo dell'infinito ma sapevo che per lei era qualcosa di più. -Mi piaceva la fotografia, prima...

-Prima di cosa?- chiesi, lei guardo' di nuovo il braccialetto. -Sta cominciando- disse, guardando il palco, non distolsi gli occhi da lei perché ero cosi' curioso di sapere che cosa nascondesse. Non volevo perdere niente di lei, volevo conoscere ogni suo lato oscuro. Lei mi rivolse un occhiata e poi torno' a guardare davanti a se.

 

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