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di rocchi68
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cap 1 ***
Capitolo 2: *** Cap 2 ***
Capitolo 3: *** Cap 3 ***
Capitolo 4: *** Cap 4 ***
Capitolo 5: *** Cap 5 ***
Capitolo 6: *** Cap 6 ***
Capitolo 7: *** Cap 7 ***
Capitolo 8: *** Cap 8 ***
Capitolo 9: *** Cap 9 ***



Capitolo 1
*** Cap 1 ***


E così era passato anche il terzo anno universitario.
Un periodo alquanto dolce e intenso per Scott che si era fidanzato e che aveva passato un’estate alternativa.
Troppo brevi erano stati quei mesi e come di consueto era giunto al primo giorno di settembre con un po’ di tristezza.
Sapere d’essersi dato alla pazza gioia per poi scontrarsi con un altro anno di scuola, avrebbe steso chiunque, lui compreso.
Tuttavia, fino a quando vi sarebbe stata la sua ragazza, cosa mai poteva andare storto?
In compagnia della sua Courtney era uscito dall’appartamento che aveva comprato con il suo umiliante lavoro da cameriere.
Non era un qualcosa di eccezionale, ma almeno poteva affermare di non dover contare troppo sugli aiuti della sua famiglia.
“Quest’anno sarà dura.” Iniziò lei, stringendosi al braccio del rosso.
“Già.”
“Ho sentito che gli esami saranno ancora più difficili.”
“Lo so.”
“Mi sembri preoccupato.” Tentò Courtney, sperando di fare un minimo di conversazione.
Era da quando erano usciti che era monosillabico e forse aveva intuito ciò che lo disturbava.
Non era la fine delle vacanze e nemmeno l’inizio della scuola, ma era soltanto per come l’aveva costretto a vestirsi per la cerimonia d’apertura.
Tutto sembrava, tranne che andasse all’Università.
Sembrava più diretto a un matrimonio e lo stesso Scott si era chiesto il perché era stato costretto a sottostare a quella regola insulsa.
Bastava guardarsi in giro per accorgersi che tutti indossavano la tipica divisa scolastica e loro invece no.
Proprio non riusciva a capire cosa dovessero dimostrare con dei vestiti così ridicoli.
“Sto pensando.”
“Credi di non farcela?”
“No.”
“Allora cosa c’è?” Domandò lei, fissandolo con attenzione.
“Non ho ancora fatto colazione.”
“Possiamo sempre fermarci al baretto della scuola.” Borbottò la giovane, stizzita per quel discorso insulso.
“Già.”
“Io credo che tu abbia qualcosa di strano.”
“Tipo?” Domandò, cercando di scorgere tra i vari ragazzi che gli passavano accanto, qualcuno di sua conoscenza.
Sperava sempre nella figura allampanata del compagno di banco cui attaccarsi e che gli permettesse di staccarsi da Courtney.
A suo avviso, la ragazza, stava diventando troppo appiccicosa e onnipresente.
“Sei sempre silenzioso.”
“Non noti nulla di strano tra noi e gli altri?”
“Non sarà ancora per la storia del primo giorno?” Sbuffò Courtney, avendo intuito cosa lo disturbava.
“Per fortuna che mancano ancora 2 anni e poi questo strazio avrà fine.”
“Ti secca tanto farlo per me?” Chiese la giovane, fermandosi di colpo e costringendo Scott a fare lo stesso.
Voleva leggere nei suoi occhi grigi.
Nell’apatia che essi trasmettevano.
Non erano più quelli di un tempo.
Lei che era stata abituata alla sfrontatezza e alla spavalderia del fidanzato, quasi non riconosceva quella calma.
Sembrava essersi trasformato in qualcosa che non le garbava particolarmente.
Forse perché anche lei era leggermente sopra le righe e amava il lato folle delle persone.
E Scott si era parecchio impigrito sotto questo punto di vista.
“No.”
“Potresti dirlo con un po’ più di allegria.”
“L’allegria ci farà arrivare in ritardo se non ti muovi.” Ribatté sprezzante, mentre lei riprendeva a camminare.
 
Per il resto del tempo restarono in silenzio.
Ognuno perso nei propri pensieri, anche se Scott riusciva a percepire le risatine dei ragazzi più giovani, riguardo al loro strano abbigliamento.
E come poteva dargli torto.
Quei dannati vestiti gli prudevano da morire e per ogni movimento, anche il più semplice, gli sembrava d’essere al rallentatore.
Fu così che, per fortuna, giunsero al baretto della scuola e dopo aver ordinato due bicchieroni di caffè, si avviarono con lentezza verso le loro classi.
Scott, seppur annoiato, ascoltava le parole di Courtney.
Parole vuote, prive di ogni significato.
Non rispecchiavano alcun ideale in cui lui credeva ciecamente.
Borbottava qualcosa sul fatto che Heather l’aveva aiutata l’anno prima a superare gli esami.
Su quanto gliene fosse riconoscente, senza sapere che l’altra la considerava utile solo per distrarre i prof.
Inoltre affermava che quell’anno lei si sarebbe impegnata per passare senza l’aiuto di nessuno, facendo sollevare lo sguardo di Scott verso il soffitto.
Lui sapeva bene che quella promessa non sarebbe stata mantenuta e che anzi Heather o qualcun’altra l’avrebbe dovuta aiutare ancora di più.
Nel caso miracoloso che lei fosse riuscita a connettere il cervello con la sua lingua, ecco che ci sarebbe stata una spiegazione logica per il suo risveglio: bigliettini.
Pensando a ciò, Scott quasi rimpiangeva il passato.
Quando si era avvicinato a lei, credendo chissà cosa, ma scontrandosi più tardi con una realtà orribile.
Courtney era solo una bambola con il dono della parola e che sputava sentenze su tutto e tutti.
La stava osservando, cercando di convincersi che quella teoria aveva un fondamento, quando andò a sbattere contro qualcosa.
Anzi, a essere precisi, contro qualcuno.
Subito alzò lo sguardo, mentre sentiva che la camicia e i pantaloni avevano ricevuto un bel bagno di caffè e cioccolato caldo.
Il suo sguardo rabbioso, stranamente si addolcì, vedendo una ragazza più giovane che cercava affannosamente di sistemare la situazione.
“Mi dispiace.” Piagnucolò lei, cercando disperatamente dei fazzolettini nella borsa, mentre Scott continuava a fissarla stralunato.
“Non è sufficiente.” Ribatté acida Courtney che voleva rimarcare la sua posizione di superiorità rispetto alla vittima.
“Ma io…”
“Dovrai pagare la lavanderia per ciò che hai fatto.”
“Ma io…”
“Non ci senti per caso? Ho detto che le tue scuse non sono sufficienti.” Continuò la castana, afferrandole con rabbia la mano che si stava avvicinando alla camicia di Scott per sistemare la situazione.
“Non l’ho fatto apposta.”
Non serviva un genio per accorgersi che era parecchio in difficoltà.
Sembrava ancora più piccola, mentre Courtney la stava sbranando viva.
Lui, mentre si asciugava, aveva ascoltato i loro discorsi e non aveva abbandonato il suo sorriso.
In fin dei conti lei non l’aveva mica fatto di proposito.
“Non importa Courtney, lascia stare.” Tentò, alzando una mano e sperando di non ricevere qualche cazzotto dalla sua fidanzata.
“No…lei ha sbagliato e deve pagare.”
“Ma io…”
“È stata colpa mia Courtney…stavo guardando altrove e non mi sono accorto di lei.” Provò Scott, ben sapendo che sarebbe stato difficile uscirne vivo.
Stava prendendo le difese di una sconosciuta e sapeva cosa frullava nella testolina della sua fidanzata.
Non appena sarebbero rimasti soli, quella gli avrebbe fatto una scenata da tapparsi le orecchie per almeno una settimana.
“Lei deve pagare comunque.”
“Io non l’ho fatto apposta.”
“Osi anche mentire? Questa punizione te la ricorderai a vita.” Alzò la voce Courtney.
Scott di certo non credeva che lei s’infuriasse così tanto e non credeva nemmeno che avesse il coraggio di rovesciarle addosso ciò che rimaneva del suo caffè.
Quell’azione non gli era andata giù.
Già sgridarla, gli era sembrato troppo, ma che senso aveva umiliarla in quel modo?
Era proprio questo che iniziava a detestare di Courtney.
Lei esagerava sempre, in situazioni, dove non ce n’era bisogno.
Mai che ricevesse una qualche lezione di buone maniere, ma se non era cambiata in quegli anni, nulla poteva farla crescere.
Scott spostò la sua completa attenzione verso la sconosciuta, ignorando volutamente la sua fidanzata.
Sperava che capisse che certi comportamenti non erano da persone mature, anche se in lei tutto urlava l’esatto opposto.
La bevanda fortunatamente si era raffreddata molto, ma il gesto era stato quanto di più perfido ci si potesse aspettare.
Infatti, la giovane si ritrovò a piangere, mentre Courtney la fissava con un ghigno malvagio che la faceva sembrare una vecchia strega.
“Non credi d’aver esagerato?” Domandò il rosso, osservando con rabbia la sua fidanzata.
“Io…”
“Se non te ne vai, arriverai in ritardo.”
La castana osservò quindi l’orologio e subito scappò in classe, lasciando Scott in un bel guaio.
Lui senza volerlo aveva fatto piangere qualcuno e di certo non si sentiva in grado di lasciarla così.
Sarebbe stato da stupidi e i sensi di colpa non gli avrebbero dato tregua.
Anche se lui non aveva fatto nulla, stava male per lei.
Subito cercò nelle tasche dello zaino qualcosa che potesse tornargli utile, mentre la sconosciuta si stava defilando verso il bagno più vicino.
Quando Scott rialzò lo sguardo e non la vide, intuì dov’era andata.
Percorse i pochi metri che lo separavano dai servizi delle donne e bussò alla porta.
Mentre si avvicinava, aveva sentito chiaramente i singhiozzi della giovane, facendogli intuire che non era l’unico a pensare che Courtney avesse esagerato.
“Tieni.” Borbottò lui, porgendole un pacchetto di fazzoletti.
Lei lo fissò per un breve istante, quasi non si fidasse della sua gentilezza.
In quei pochi minuti gliene erano capitate di tutti i colori e logicamente temeva che anche lui si sfogasse in qualche modo.
“Non li vuoi?”
“Io…”
“Ti chiedo perdono per ciò che è successo. Courtney ha esagerato e spero tu possa accettare le mie scuse.”
“Però…”
“Non devi avere paura di me. Io non sono come lei.” Borbottò, accennando a un sorriso.
“Sì.”
“Inoltre ti devo ringraziare. Tu non lo sai, ma detesto questi vestiti e l’anno prossimo avrò una scusa per non indossarli.” Ridacchiò lui, contagiando anche la ragazza.
“Mi perdoni?” Domandò lei.
“Non dovrei?”
“Ti ho rovinato la giornata.”
“Non dovresti ascoltare la mia ragazza, tanto non l’ascolto nemmeno io.” Borbottò Scott, facendola sorridere nuovamente.
“Però…”
“Pensa ad asciugarti che poi andiamo a fare colazione.”
“Con me?” Chiese la ragazza.
“Non vedo nessun’altra.”
“Ma io non ti conosco nemmeno.” Sussurrò, mentre prendeva i fazzoletti che lui le porgeva.
Subito si asciugò la testa, poi il volto pieno di lacrime e in ultima i vestiti.
“Io sì.”
“Davvero?” Domandò sorpresa per ciò che aveva sentito.
Lei era certa di non averlo mai visto prima e ad essere sinceri in grande Università era la prima volta che si scontrava con qualcuno dall’insolita chioma rossa.
“Tu sei solo una vittima della mia ragazza e poi possiamo conoscerci meglio davanti ad una tazza di cioccolato.”
“Posso fidarmi di te?” Domandò la giovane, temendo di ricevere una nuova lezione.
Non voleva fare doppietta in poco tempo, anche se lui sembrava diverso.
Non era come gli altri.
Emanava fiducia e non era arrabbiato come la iena con cui aveva discusso.
“Questo devi deciderlo da sola.”
“E se lei ci vedesse insieme?” Chiese di nuovo, facendolo sorridere.
“Non succederà, ma se dovesse accadere, vedrò di calmarla.”
“Come prima?”
“Meglio di prima.” La corresse Scott, uscendo dal bagno.
Il giovane aveva ancora alcune ore libere e aspettò con pazienza che la sconosciuta prendesse una decisione.
Tanto alla fine doveva pur uscire e lei l’avrebbe reso partecipe della sua scelta.
 
Il ragazzo non dovette aspettare molto.
La sconosciuta era uscita dopo pochi minuti e aveva accettato, seppur con timore, di prendere qualcosa con lui.
“Cosa ti ha convinto?” Chiese Scott, assaggiando la bevanda che aveva ordinato.
“Le tue parole.”
“Non sapevo d’essere tanto convincente.”
“Dovevo farmi perdonare. È stata anche colpa mia.” Borbottò la giovane, mescolando la cioccolata in attesa che si raffreddasse un po’.
“Senza nomi però è un po’ difficile, non credi?”
“Senza nomi?” Domandò confusa.
“Del tipo…io mi chiamo Scott, ho 24 anni e seguo il corso di Ingegneria.”
“Scusa.”
“E di cosa?”
“Non mi sono ancora presentata come si deve. Mi chiamo Dawn, ho 23 anni e sto seguendo il corso di Veterinaria.”
“Sei più piccola di me.” Borbottò il rosso, facendola arrossire appena.
“Di un anno.”
“Ma di testa sei più grande della mia ragazza.”
“Perché dici questo?” Domandò Dawn, incuriosita da quelle parole.
“Basta vedere come ti ha trattato.”
“Ma lei…”
“Non dirmi che si è comportata bene perché è stata stronza.” La rimproverò appena il giovane, mantenendo tuttavia un sorriso che potesse tenerla tranquilla.
“Forse…”
“Cosa ne dici se poi ti riaccompagno a casa?”
“Perché dovresti?” Chiese la giovane, fissandolo negli occhi.
In essi riusciva a leggere qualcosa di strano.
Una sensazione particolare che non aveva mai incontrato prima.
Un desiderio di pace che si scontrava con la volontà pungente della fidanzata.
“Perché se arrivi a casa ridotta così…non voglio pensare a cosa potrebbero dirti i tuoi genitori.”
“A essere sinceri…sono ospite.”
“Vivi con le tue compagne di classe?” Domandò lui.
“Un’amica di mia madre ha trovato una signora che cercava un po’ di compagnia e i miei genitori, essendo sempre in viaggio, mi hanno lasciato lì.”
“Comunque sia…devo scusarmi anche con lei.”
“Non è necessario.”
“Insisto.” Ribatté Scott, bevendo un sorso del suo caffè.
“E con la tua ragazza?”
“Tanto ha il corso di Moda e uscirà per negozi con le sue amiche.” Rispose il giovane, pensando ai soldi che sarebbero spariti per abiti che lei mai avrebbe indossato, facendola sorridere, poco prima di riprendere a parlare.
“E poi sei così fragile che non mi fido a lasciarti andare da sola.”
“Che gentile.” Ridacchiò Dawn, facendolo sorridere.
Prima che fosse tardi, i due si salutarono e si avviarono verso le rispettive classi.
 
Scott per tutto il tempo avrebbe avuto modo di pensare su quello strano incontro.
Di quanto esso fosse stato fortuito.
Non sapeva cosa pensare.
Sapeva soltanto che quella sera Courtney sarebbe stata arrabbiata con lui.
Del resto non l’aveva difesa, anche se lei sapeva farsi valere senza il suo sostegno.
E ancora peggio aveva preso le difese di una sconosciuta.
Poco importava se ora lui conosceva il suo nome, la sua età e il percorso di studio.
Lui non sapeva quasi nulla di Dawn.
Da fuori sembrava fragile e non credeva fosse capace di dimostrarsi forte.
Come poteva?
Si era messa a piangere per del semplice caffè sulla testa.
Lui avrebbe cercato di sdebitarsi, sperando che Courtney non rompesse troppo le scatole con quella strana storia.
Quelle poche ore erano volate via in un lampo.
Si erano ritrovati alle 14 vicino al cancello e dopo aver parlato di quella prima giornata scolastica, lui aveva iniziato a seguirla.
“Sono capace di tornare a casa anche da sola.”
“Lo so.”
“E allora perché mi segui?”
“Perché mi sento in colpa.”
Era vero.
Scott si sentiva malissimo per quella mattinata.
Aveva rovinato non solo la sua giornata, ma anche quella di una povera ragazza che non aveva alcuna colpa, se non quella d’essere capitata nel luogo sbagliato, al momento sbagliato, con la persona sbagliata.
“Non manca molto.”
“Bene.”
Non era solo Dawn a essere strana, ma anche la via che stavano percorrendo.
Erano terribilmente vicini a un posto che lui non visitava da tanto tempo.
Se l’avesse saputo, non sarebbero bastate le migliori scuse di questo mondo.
Del resto come poteva risolvere una simile mancanza, se erano quasi 6 mesi che non li vedeva?
Perso in questi pensieri, non si era nemmeno quasi accorto del cancello che lei stava aprendo.
“Abiti qui?”
“Mi ospitano qui.” Lo corresse Dawn.
“Forse prima di entrare dovrei dirti una cosa.”
Lei non aveva nemmeno badato a quest’ultimo bisbiglio e aveva aperto la porta.
Da dietro di essa comparve una figura che Scott temeva e di cui avrebbe sempre avuto molta paura.



Angolo autore:

Come scritto all'inizio questa storia assomiglia ad una che avevo già pubblicato e che non mi è mai piaciuta troppo.
Ryuk ha avuto l'insana idea di migliorarla e ora spera nel vostro giudizio.

Ryuk: Quella storia faceva ridere.

Ero ancora all'inizio della mia vita d'autore e, quindi, toppare era possibile.
Ovviamente rispetterò la canonica uscita bisettimanale (lunedì-giovedì).

Ryuk: Ringrazio per chi ha letto e recensito Gelosia.

Il massimo sforzo partorito dalla mia mente desiderosa solo di dormire e di mangiare.

Ryuk: Beh vi salutiamo e se notate errori, sapete già cosa fare.

Per consigli, spiegazioni o altro una semplice recensione è sufficiente.
Grazie.
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** Cap 2 ***


La strana signora in vestaglia aveva fatto la sua comparsa e li aveva invitati a entrare.
Scott sapeva a cosa andava incontro.
Temeva i suoi rimproveri e le sue reazioni spesso esagerate.
Per fortuna che il consorte non c’era, altrimenti quello sarebbe stato un pomeriggio da dimenticare.
“Sei tornata finalmente.” Borbottò la donna, sedendosi sulla poltrona, mentre Dawn e il rosso avanzavano.
“Sì signora.”
“E come si è comportato il mio nipotino?” Chiese, raggelando il rosso.
La ragazza istintivamente si voltò verso Scott, il quale fissava l’anziana con sguardo impaurito e sorpreso.
“Nonna.”
“E così sai ancora chi sono.” Ribatté acida.
“Voi due vi conoscete?” Domandò Dawn con un pizzico di timore.
“Lei è mia nonna.” Rispose il rosso, anticipando la vecchietta che era tornata a lavorare a maglia.
“Ma voi…”
“Questo sciagurato doveva venirmi a trovare almeno una volta al mese e invece è la seconda volta che lo vedo in questo anno.” Borbottò la vecchietta, piantando i suoi occhi minacciosi sul povero Scott.
“Scusa nonna.”
“Non dire scusa, sapendo che tanto ti comporti come uno sconsiderato.”
“E nonno?” Domandò il giovane, cambiando discorso e sperando di evitare i rimproveri della nonna materna.
“Se fossi stato presente, avresti saputo che è in ospedale per la riabilitazione all’anca.”
“Il vecchio me l’aveva detto.” Sbuffò Scott, ricordandosi solo all’ultimo che il padre nell’ultima chiamata lo aveva messo in guardia.
“Primo è tuo padre e secondo…vedrò di perdonarti.”
“A tal proposito, sarei venuto per scusarmi per ciò che ho fatto a Dawn.”
La donna spostò lo sguardo verso la giovane e notò alcune macchie sulla camicetta bianca che aveva indossato per quella giornata.
Inoltre non era allegra come quando era uscita.
Doveva esserci qualcosa che le aveva scombussolato un po’ la giornata.
“E cosa le avresti fatto?”
“Nulla d’importante signora.” Intervenne Dawn, riuscendo dopo qualche attimo a tornare presente in quel dialogo.
Per un po’ era rimasta confusa.
Aveva ascoltato le parole tra nonna e nipote e aveva intuito alcune cose.
Primo che Scott non aveva un buon rapporto con i suoi genitori.
Secondo che la signora voleva molto bene al nipote.
E terzo che per qualche strano motivo, Scott era rimasto lontano da quella casa e forse il motivo era da ricercare nella iena che il rosso aveva come fidanzata.
“Quella scema della mia ragazza le ha rovesciato addosso un bicchiere di caffè.”
“E tu dov’eri?”
“Io ero presente, ma non sono riuscito a fare nulla.” Borbottò dispiaciuto Scott.
“Come sempre sei pronto a prenderti la colpa di un altro.”
“Sai che sono fatto così.” Ridacchiò il ragazzo, facendo annuire la nonna.
“Signora…allora?” Intervenne la biondina, appoggiando la borsa su una sedia libera.
“Su Dawn vai a cambiarti. Non vorrai restare così per sempre.” Rispose il giovane, anticipando la donna che si ritrovò a sorridere.
Dawn seguendo il consiglio del ragazzo, si ritrovò a salire le scale, mentre lo lasciava in compagnia di sua nonna.
 
Dawn si era cambiata in tempi record ed era subito scesa e aveva trovato Scott intento ad abbracciare la signora che la ospitava.
Quella semplice visione la fece sorridere e riflettere.
Aveva sbagliato fin dall’inizio con lui.
Scott non era freddo come aveva pensato.
C’era un qualcosa che lo rendeva veramente interessante, nonostante all’inizio lo considerasse solo un teppista.
“Eccomi.” Alzò la voce Dawn, facendoli voltare verso di sé.
Aveva abbandonato la divisa femminile, si era messa qualcosa di più leggero e si era sciolta i capelli.
Così, almeno per il rosso, lei stava benissimo.
“Credo di aver risolto ogni danno.” Ghignò Scott, continuando a fissare la ragazza che aveva appena sceso le scale.
“Non proprio.” Borbottò la donna.
“Cosa intende dire signora?”
“Solo questo…domani mio nipote ti accompagnerà per negozi, così impara a non tenere al guinzaglio quella Courtney.”
Scott si ritrovò a sorridere come un idiota.
Per la prima volta in vita sua sarebbe stato costretto a fare shopping con una ragazza.
Di solito aveva sempre evitato.
Nemmeno le preghiere della fidanzata erano mai riuscite a schiodarlo dal divano e invece ora doveva sottostare agli ordini di sua nonna.
Perché non poteva rifiutare?
Semplicemente perché lei, dall’alto dei suoi 80 e passa anni, era ancora, come tutte le donne che conosceva, una sergente in gonnella.
Sua madre era tirannica con suo padre.
Sua zia era della stessa pasta, se non peggio.
Le fidanzate dei suoi compagni di corso sembravano dei vampiri succhia sangue con manie di protagonismo e narcisismo, contro cui spesso si scontrava il carattere impossibile delle eventuali future suocere.
In tutta la sua vita Scott aveva incontrato solo un tipo di donna: le megere violente.
Perfino quella vecchietta che aveva davanti non era esclusa dal discorso.
Sembrava una di quelle che donava i dolciumi ai bambini, salvo poi lamentarsi del pallone che aveva spaccato la finestra del bagno.
Era sopra le parti e, quindi, insospettabile.
Fonti sicure tra i suoi parenti affermavano che nonno Anselmo era all’ospedale, con l’anca malconcia, dopo una ripassata dell’adorabile vecchietta.
“Ma io…”
“Niente ma, se non vuoi che dica a tua madre che sei venuto oggi a distanza di tanti mesi.” Lo minacciò la nonna.
“Forse ha qualche impegno.” Tentò Dawn.
“Qualche impegno? Lui? Ma se non esce di casa nemmeno per fare la spesa.” Ribatté la vecchia, imbarazzando il nipote.
“Come lo sai?”
“Visto, Dawn? Lui è troppo pigro per muoversi.” Brontolò nuovamente l’anziana, facendo sorridere la ragazza.
“Ma non serve.”
“Dawn non vorrai continuare a fare compagnia a una povera vecchia, quando puoi uscire e divertirti.”
“Nonna.” La rimproverò il nipote che non voleva sentirle fare simili discorsi melodrammatici.
“Niente storie, zucconi.”
“E se avessi da studiare?” Chiese Scott.
“Sarai anche pigro, ma sei molto intelligente.”
“E va bene.” Brontolò il giovane, mentre la ragazza volgeva la sua attenzione verso l’anziana, in attesa di capire se era un rifiuto o che altro.
“Io però non voglio che sia costretto.” Riprovò Dawn.
“Lascia perdere Dawn, convincerla è inutile.”
“Dovresti averlo capito, Scott.” Ribatté la vecchia, facendo ghignare il nipote.
Il rosso sapeva bene d’essere con le spalle al muro e si ritrovò ad annuire, sperando che l’indomani fosse una giornata leggera.
 
Tornato a casa, Scott passò una pessima serata.
Prima dovette ascoltare la giornata della iena con cui viveva.
Poi tutte le spiegazioni del corso che stava frequentando.
Quindi le descrizioni delle sue compagne di classe.
Poi ciò che aveva visto per negozi.
Già dopo questa mezzora, lui era pronto a suicidarsi.
Non riusciva più a starla a sentire e ad essere sinceri era stato propenso a chiudere gli occhi per mettersi a dormire.
Tanto non si sarebbe perso nulla.
Però decise di sopportare quella punizione assurda.
Terminata la parte bella di quella giornata, fu costretto a scontrarsi con quella brutta.
Lei non aveva dimenticato cosa aveva fatto.
Non aveva dimenticato che aveva difeso una sconosciuta a scapito proprio del legame bizzarro che li univa.
In ultima, come punizione finale ricevette le sue minacce.
Non voleva più vederlo in compagnia di nessuna ragazza.
Lui non doveva avvicinarsi per alcun motivo e non doveva nemmeno rivolgergli la parola.
In poche parole doveva fingere di non esistere.
Peccato che il suo bel discorsetto si fosse scontrato con la descrizione breve che Scott aveva preparato della sua di giornata.
Le spiegò, con tutta la calma di cui era capace, cosa aveva fatto e come si erano divisi i vari programmi di studio.
In 5 minuti era stato capace di farsi odiare.
Da qui volarono nuovi insulti che lui, tuttavia, ignorò bellamente.
Poi aveva tirato in ballo la nonna e l’impegno che si era preso.
In quel caso non furono sufficienti le migliori preghiere di quel pomeriggio.
Prima un pugno su una mensola che non era crollata per miracolo.
Poi a letto senza cena e quindi con la pancia che brontolava.
E infine il letto era diventato un divano.
Un divano che gli avrebbe distrutto la schiena.
La prima domanda che gli venne fu il perché doveva restare lì a fissare il soffitto se quell’appartamento era tutto suo.
Nelle bollette c’era scritto il suo nome.
Anche sul campanello esisteva solo la sua presenza.
Eppure non era padrone di niente in quella baracca.
Un po’ come tutto il genere femminile di sua conoscenza.
Loro avevano tutto e le rispettive metà erano zerbini striscianti.
E come se non bastasse oltre a rimetterci la schiena, era stato costretto a rimetterci anche dal punto di vista psicologico.
Non sapeva nemmeno il perché si fosse meritato quella punizione, anche se sospettava qualcosa.
In parte era dovuto a come aveva osato difendere Dawn e dall’altro per la promessa che aveva fatto d’accompagnarla per negozi.
“Tu non mi porti mai per negozi.”
Quelle poche parole, mentre lei scappava in camera per dormire, erano riuscite a farlo sentire in colpa.
Tuttavia era colpa di Courtney, se lui era costretto a perdere un pomeriggio gironzolando senza meta e senza avere idea di cosa comprare.
Ridotto come uno straccio per pavimenti, quella mattina si era svegliato ed era andato a scuola.
Come se lo avessero organizzato da una vita, quel pomeriggio, Scott e Dawn si ritrovarono davanti al cancello, mentre Courtney li fissava, in preda alla collera, allontanarsi sempre più.
 
Per Scott tanto valeva rispettare subito quella parte, ma se avesse immaginato che sarebbe stato complicato trovare qualcosa di buono, probabilmente avrebbe chiesto una proroga per sabato mattina.
“Sicuro che Courtney non sia arrabbiata?”
“È da quando siamo usciti che mi fai la stessa domanda.”
“Io ho paura di lei.” Sussurrò Dawn, facendo annuire il ragazzo.
“Dawn…”
“Sì?”
“A volte anche io ho paura di lei, ma basta ignorarla.”
“Sapevo che avresti detto una cosa simile.” Brontolò lei, facendolo annuire.
“Courtney mi ricorda un vecchio cane: abbaia, ma spesso non morde.”
“Non pensi d’esagerare?”
“Forse hai ragione, povero cane.” Sbuffò il rosso, stiracchiandosi un po’, riuscendo a restituirle un sorriso.
“Non ho mai conosciuto qualcuno capace di prendere in giro la propria ragazza.”
“La mia è una dote naturale.”
“Non molto carina direi.” Ribatté, facendolo sorridere.
“Se posso, vorrei farti una domanda.”
“Ti ascolto.”
“Noi due siamo amici?” Domandò il rosso, bloccando per un attimo la giovane.
“Dopo quello che hai fatto per me credo sia il minimo.”
“Allora perché continui a preoccuparti?”
“Perché ho paura di Courtney.”
“Di Courtney me ne occupo io.”
“Se lo dici tu, ci credo.”
“Prima d’iniziare la ricerca del vestito, mangiamo qualcosa?” Chiese Scott, sentendosi leggermente in imbarazzo per aver rovinato quel dialogo.
Era la prima volta che passeggiava con qualcuno che non fosse Courtney e si sentiva bene.
Con la fidanzata intorno invece si sentiva oppresso.
Gli pareva di vivere in un Inferno.
Sempre sotto controllo e protetto da ogni ragazza che osava avvinarsi.
Capiva la gelosia, ma alcune volte, lei esagerava un po’ troppo.
“Un gelato?”
“Perché no.” Rispose Scott, avvicinandosi alla rivendita e scegliendo i gusti che più gli piacevano.
E anche qui fu difficile per lui.
Non voleva far pagare Dawn, ma gli fu particolarmente difficile convincerla di quella gentilezza.
Lo faceva soltanto perché era giusto così.
“Non serviva che pagassi anche per me.”
“Suvvia Dawn, non ti sarai offesa.”
“Non è questo.”
“L’ho fatto con piacere e questo è sufficiente.”
“Se Courtney ti vedesse.”
“Di quello che faccio con i miei amici, non le deve importare nulla.” Ribatté acido il giovane, facendo sorridere comunque la sua ospite.
Quei pochi minuti di pace passarono lentamente.
Sembrava che il tempo si fosse fermato e Scott aveva sempre fissato la ragazza con attenzione.
Da quel poco che aveva fatto trasparire il gusto alla fragola e fior di latte era quello perfetto per una ragazza così delicata.
Già da come si vestiva, da cosa mangiava e da come parlava agli altri, aveva intuito che era molto fragile e insicura.
Non avrebbe mai pestato i piedi a nessuno, né tantomeno l’avrebbe mai vista invischiata in qualche situazione pericolosa.
“C’è qualcosa che non va?” Domandò lei, riportandolo alla realtà.
Era stato così sfacciato da fissarla intensamente.
Aveva quasi dimenticato il gelato che si scioglieva sempre più e nonostante sentisse le mani appiccicose, non aveva smesso di fissarla.
Lei si era sentita fuori posto e in imbarazzo, dinanzi ad uno sguardo così intenso.
Uno sguardo che sembrava capace di leggerle l’anima.
“Stavo pensando.”
“Pensavi, fissando il mio volto?”
“Sì.” Rispose sinceramente, facendola arrossire appena.
“E a cosa?”
“Mi stavo chiedendo se tu avessi qualche amico.”
“Certo che ne ho.” Borbottò la giovane, continuando a mangiare il gelato che Scott le aveva gentilmente offerto.
“E c’è qualcuno che consideri speciale?”
“Speciale?”
“Sì…qualcuno che può interessarti.” Si corresse il rosso, assaggiando ciò che era rimasto del suo gelato e asciugandosi subito dopo le mani.
“Mi stai chiedendo se sono fidanzata?”
“Volevo solo sapere qualcosa sul tuo conto. Per ora so solo che vivi da mia nonna e poco altro.”
“Di solito sono le donne a essere curiose.” Riprese Dawn, ridendo appena e facendo sorridere anche il suo interlocutore.
“Non sei obbligata.”
“Lo so, ma tu sei sempre stato onesto con me e quindi te lo dirò. Per il momento non c’è nessuno che mi piaccia, ma in futuro potrebbe comparire qualcuno.”
“Il vostro principe azzurro.” Ghignò Scott.
“Comunque credo sia ora di andare prima che sia tardi.”
“Mi sembra strano che nessuno ti faccia il filo.” Sussurrò, alzandosi dal suo posto e facendola arrossire nuovamente.
 
Quello di Scott non voleva essere un tentativo d’imbarazzare la ragazza.
Voleva solo avere la sua fiducia.
Sarebbe stata l’unica su cui poteva contare dopo molto tempo.
Del resto non poteva pretendere troppo.
Con la scusa d’essere insieme a Courtney quasi nessuno si avvicinava a lui.
Era per questo che si sentiva solo.
L’unico contatto con il mondo era attraverso alla sua fidanzata, ma per il resto non sapeva nulla.
Era estraneo a tutto.
Nemmeno con i suoi compagni di classe riusciva a sbilanciarsi troppo e non aveva nemmeno la forza per ribellarsi.
Sperava, trovando un amico, di riuscire a spezzare quella catena che per troppo tempo lo stava tenendo imprigionato.
Scott aveva sperato che Dawn non gli facesse la domanda inversa.
Che non gli chiedesse se fosse lui ad avere amici.
Che cosa poteva rispondere?
Doveva mentire anche con lei?
E cosa avrebbe ottenuto?
Tanto sapeva che la verità veniva sempre a galla, ma per fortuna lei non aveva osato porre quel quesito.
“Hai qualche idea su cosa comprare?”
“Certo.”
“La nonna non ti ha detto nulla?”
“Mi ha consigliato di comprare tutto ciò che desidero e di chiederti consiglio.”
“Lo immaginavo.” Borbottò il giovane, entrando nel primo negozio.
Scott non avrebbe mai immaginato che lei si trasformasse in quel modo.
Aveva raccattato più vestiti possibili, portandoli nel camerino, per poi mostrare come stava.
Lui la osservava con attenzione.
Era sorpreso da quanto stesse bene con ogni cosa che indossasse.
“E questo come mi sta?” Chiese, uscendo per la quarta volta e costringendo Scott a rialzare lo sguardo.
Quella semplice camicetta le stava meravigliosamente.
Le dava un look più sbarazzino, ma anche più armonioso.
“Benissimo.”
“Potresti essere un po’ più critico?” Domandò lei, rientrando nel camerino e passando i vestiti al ragazzo.
“Mi è un po’ difficile.”
“Perché?”
“Perché sei troppo carina e staresti bene con qualsiasi cosa indosso.” Rispose Scott, facendola arrossire violentemente.
Solo la tendina che si frapponeva tra i due aveva evitato a Dawn di farsi vedere in quelle condizioni.
“Non sono così bella come credi.”
“Sono sincero…non sto mentendo.”
“Se la tua ragazza ti sentisse, saresti morto.” Borbottò lei, facendolo ridacchiare.
Il rosso raccolse quindi il quinto vestito di quella giornata e glielo passò.
Mentre lei provava anche la nuova maglietta che aveva scelto, lui non poteva che osservare il cumulo di roba ancora da provare.
Di tutti quei vestiti non sapeva quanti sarebbero stati comprati e a essere sinceri non è che gli importasse molto.
Gli bastava passare quel pomeriggio con il sorriso e non con il solito muso lungo degli ultimi mesi.
 


Angolo autore:

Chissà perchè sono sempre dell'idea che questa storia farà la stessa fine dell'altra.

Ryuk: Pessimista.

No.
Realista.
Che poi non siamo capaci nemmeno di strutturare una storia normale e proviamo con qualcosa di così complesso?
Mi sembra una mossa avventata.
Felice di ricredermi.

Ryuk: Ovviamente ringraziamo chi ha recensito.

Questo mi sembra superfluo ripeterlo di nuovo.
Perchè quando parlo con te, Ryuk, mi sembra di essere vittima di una gag comica e di dubbio gusto?

Ryuk: Forse perchè è così?

Credo che la mia pazienza non si estinguerà mai.
Detto questo vi saluto.
Alla prossima.

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Capitolo 3
*** Cap 3 ***


La pila di vestiti che Dawn voleva provare, diminuiva sempre più.
All’inizio sembrava destinata a rimanere intatta, cosa che a Scott non sarebbe dispiaciuta più di tanto.
Insomma quale uomo avrebbe avuto da ridire se avesse visto una ragazza cambiarsi d’abito e chiedere un’opinione?
Lui di certo non avrebbe mai disdegnato un compito così particolare.
Purtroppo però anche quel bizzarro passatempo avrebbe avuto una fine.
Mentre lei continuava a cambiarsi d’abito, Scott si era alzato e si era aggirato per quelle file alla ricerca di un qualcosa di unico solo per lei.
Trovò quello che desiderava nei vestiti da sera.
Si trattava di un qualcosa di semplice, di non troppo scollato e di un celeste molto delicato.
Quando ritornò al suo posto, Dawn aveva finito di provarsi anche l’ultima maglietta ed era propensa a uscire.
“Credo d’aver finito.” Borbottò, scostando appena la tenda, prima che Scott le passasse un nuovo vestito.
“Provalo.”
“Ma questo…”
“Voglio vedere come ti sta.” Ridacchiò il giovane, facendola arrossire.
Con tutto il tempo che avevano passato insieme non voleva deluderlo.
Seppur in imbarazzo avrebbe provato anche quel nuovo vestito.
Nel frattempo Scott si torturava le mani.
Fissava la tendina con impazienza e dopo qualche secondo si rialzò.
Non appena scorse le persone che si aggiravano per quel negozio, iniziò a sudare freddo.
E come lui l’aveva notata, allo stesso modo lei si era accorta della sua presenza.
Infatti si avvicinò come se niente fosse e si volse verso il suo ragazzo.
“Scott…che sorpresa.”
“Perché sei qui, Courtney?”
“Forse perché questo è il mio negozio preferito e lo sapresti se ogni tanto mi accompagnassi in giro.” Sorrise lei.
“Non credevo fossi sempre fedele allo stesso negozio.”
“Offrono grandi marche a prezzi vantaggiosi.” Ribatté, sfiorando una maglietta.
“Devo pensare che tu sia qui per caso?”
“Per caso non direi proprio.”
“Se hai da dire qualcosa, ti ascolto.” Borbottò Scott, mentre Dawn ascoltava con attenzione il dialogo tra i 2.
Di certo non aveva intenzione di uscire allo scoperto e di rovinare quel momento.
Anche perché aveva imparato che mettersi in mezzo non era mai la soluzione migliore.
“Perché non ricominciamo daccapo Scott?”
“È una cosa che ho già visto fare diverse volte.”
“Quella di chiedere una seconda possibilità?” Domandò Courtney, mentre il rosso si allontanava leggermente.
“Anche se ti concedessi una possibilità, non è detto che io possa essere felice.”
“Ti aiuterò io.”
“Courtney…io non sarò mai felice.”
“Ma…”
“Puoi essere tu o qualunque altra ragazza: alla fine vi renderò infelici.” Sbuffò Scott, appoggiandosi a uno scaffale.
“E la ragazza che hai portato oggi?” Chiese la castana.
“È improbabile che lei riesca in qualcosa in cui molti hanno fallito.”
“A volte sei impossibile.”
“Non è mia intenzione illudervi, ma non sono un tipo che s’innamora facilmente.” Ghignò, facendo sobbalzare le due.
“E poi tu non sei veramente interessato a quella, vero?”
“Come l’hai capito?” Chiese il rosso, mentre Dawn iniziava a singhiozzare.
“Semplice intuizione femminile.”
“Non nego che lei sia carina, ma non è sufficiente.”
“Vorrei sapere cosa stai cercando in realtà.” Ricominciò Courtney, sperando che lui si esponesse in qualche modo.
“È inutile che cerchiate di capire ciò che voglio, in quanto non lo so nemmeno io.”
“Non hai ancora risposto alla mia domanda.” Si spazientì la castana, mentre Dawn, nascosta ancora nel camerino, era in una valle di lacrime.
Di certo se si fosse immaginata che da lì a breve avrebbe ricevuto un ulteriore mazzata, lei sarebbe scappata di corsa e non avrebbe più messo piede in quel negozio.
Poco, ma sicuro si sarebbe rinchiusa nella casa dei suoi benefattori fino alla prossima primavera per evitare di ritrovarselo davanti.
“Non ti garantisco nulla, Courtney.”
“Credevo che volessi scappare con quella.” Sbuffò lei, abbracciando il fidanzato e cercando un suo bacio.
“Ma che dici? Era solo un preconcetto che la tua gelosia ha creato.”
“Non hai intenzione di fare nulla in proposito?”
“E dovrei perdermi i suoi tentativi?” Chiese lui con un semplice ghigno e baciando delicatamente la sua ragazza.
“L’hai ingannata per tutto il tempo.”
“Era così lampante.”
“Lo sai? Per un momento ho creduto che…”
“Che io tenessi a lei? A quella stupida ragazzina? Sciocchezze.”
“E ora come pensi di sbrogliartela?” Domandò Courtney, incrociando lo sguardo freddo e calcolatore del suo fidanzato.
“Nel modo migliore.” Sussurrò, facendola sorridere.
Nel vederla felice il rosso si sentì soddisfatto.
Sapere d’avere ora il coltello dalla parte del manico lo portava in una posizione di netto vantaggio.
Tuttavia sentiva di non potersi arrischiare troppo sul terreno della gelosia.
La sua Courtney non era una ragazza semplice e poi c’era qualcun altro di cui liberarsi.
Qualcuno che doveva aver ascoltato tutto il discorso e che, nascosta dalla tenda, continuava a piangere.
Scott nel salutare la sua fidanzata tornò al suo posto, aspettando che Dawn uscisse dalla sua tana.
Prima o poi doveva uscire e confrontarsi con l’orribile verità: Scott l’aveva sempre e solo presa in giro.
Non era mai stato veramente interessato alla sua salute o alla sua felicità.
Lui si era mosso solo per l’iniziale senso di colpa e per l’obbligo che sua nonna gli aveva imposto.
 
Lentamente la ragazza scostò la tendina, mantenendo lo sguardo basso e ferito e avviandosi verso le casse.
Non incrociò mai lo sguardo dell’accompagnatore che, comunque, la seguiva a qualche passo di distanza.
Dawn, per un attimo, aveva creduto d’aver trovato un ottimo amico.
Un qualcuno che avesse a cuore la sua felicità e che potesse custodire i suoi segreti, ma non era così.
In confronto al bagno con il caffè questa era una pugnalata alla schiena.
Ora lei non poteva che desiderare di nascondersi nella sua casa con la speranza che nulla la riportasse sulla retta via.
Di Scott e Courtney, lei non voleva più saperne nulla.
Lei voleva solo essere lasciata in pace e, infatti, uscita dal centro, alzò gli occhi e si girò rabbiosa verso il rosso.
“Vattene!” Ordinò, facendolo sussultare.
“Immagino che tu abbia ascoltato quello che ho detto a Courtney.”
“Già.”
“Non è colpa tua, Dawn.” Sorrise il rosso, facendo aumentare la rabbia della giovane.
“Perché sarebbe colpa mia?”
“Non dovevi ascoltare quelle parole.”
“Scusami tanto se non sono ancora così vecchia dall’essere sorda.”
“Non ho detto questo.”
“Allora cosa?”
“Quello che ho detto a Courtney non è del tutto esatto.”
“Ah già…dimenticavo che tu sei già felice, ma con lei.” Riprese Dawn, dandogli le spalle e riprendendo a camminare.
“Si può sapere qual è il problema?”
“Io non ho problemi, ma ti chiederei di non usarmi come un mezzo per farla ingelosire.”
“Ti sembra che fosse questo il mio intento?”
“Scott…lasciami in pace.” Ribatté Dawn, mentre il rosso si avvicinava e la faceva girare verso di sé.
“No.”
“Ti ho detto di lasciarmi.”
“Ed io ti ho detto che non lo farò.”
“Non ho intenzione di diventare un tuo giocattolo.” Sbottò lei, spaventandolo appena.
“Io volevo solo…”
“Lasciami!” Gli ordinò, colpendolo con uno schiaffo e scappando lontana.
Nel vedere la sua figura correre lontana con le borse cariche di magliette e nel sentire la guancia pulsare, Scott intuì in quale guaio si era cacciato.
Quando aveva parlato con Courtney, si era convinto che lei non meritasse d’essere lasciata solo per qualche difetto e si era messo a ferire Dawn come se fosse la cosa migliore da fare.
Poi era capitato solo con Dawn e stava per ripetere lo stesso gioco.
Era questo che non riusciva a capire.
Lui amava Courtney, nonostante i problemi che si portavano dietro.
Incomprensioni, gelosie e vendette sarebbero sempre state all’ordine del giorno con lei, ma c’era qualcosa che lo attirava.
E questo non sapeva ancora cosa fosse.
Dall’altra parte della barricata vi era Dawn.
Da quel poco che aveva capito sul suo conto, lei aveva un carattere insolito.
Gentilezza, comprensione e allegria potevano essere elementi utili per ricucire il suo problema.
Ma la sua gentilezza quel pomeriggio aveva lasciato posto a rabbia e odio.
E Scott sapeva bene che non esisteva cattivo più cattivo di un buono quando diventava cattivo.
Lei avrebbe sempre trovato qualcosa con cui ferirlo, magari rinfacciandogli quell’orribile pomeriggio.
Qualsiasi cosa avesse fatto si sarebbe sempre scontrato con quella verità.
Inoltre, per lui, Dawn sarebbe diventata ancora più distante e irraggiungibile.
Con la testa piena di dubbi si avviò verso il vecchio parco.
Per un po’ la casa dei suoi nonni sarebbe stata off-limits.
Non perché temesse i sensi di colpa, ma solo per la vendetta che avrebbe accumunato Dawn e sua nonna.
Di certo non voleva andare a fare compagnia a suo nonno che probabilmente ne avrebbe avuto ancora per molto con la sua povera anca.
E nell’appartamento con Courtney rischiava seriamente di capitolare.
Sotto questo punto di vista era molto meglio evitare con la speranza d’incontrare, spaparanzato su una delle panchine, una sua vecchia conoscenza.
 
Infatti seduto a crogiolarsi al sole un tizio con i capelli grigi, probabilmente tinti, uno sguardo perennemente aggressivo e un sorriso forzato, stava fissando la natura tutt’intorno.
Era evitato come la peste e questo anche a causa del suo abbigliamento.
Sembrava un teppista con tanto di maglietta e jeans lacerati e con un tatuaggio sulla spalla a forma di squalo.
Fu quando il sole che tanto amava scomparve e una piccola ombra occupò il suo volto che lui riaprì gli occhi.
“Zanna.” Ghignò il rosso.
“Grrr…”
“Come stai?”
“Ti ha mai detto nessuno che svegliarmi mentre dormo, non è una scelta saggia?” Chiese, estraendo un piccolo coltello.
“Ho un problema e devo parlarne con qualcuno.”
“Courtney?” Domandò Zanna, voltandosi verso l’amico.
“Non solo.”
“Mai una visita di cortesia.”
“Ho appena comprato le tue sigarette preferite.” Ribatté il rosso, sedendosi vicino.
“Benvenuto allora.”
“Se mi dai un ottimo consiglio, ti regalerò l’intero pacchetto.” Ridacchiò Scott, facendo annuire Zanna che già pregustava il tabacco.
“Farò del mio meglio.”
“Non so, però, da dove cominciare.”
“Scott il mio tempo è prezioso.” Borbottò l’amico, stiracchiandosi appena.
“Ho combinato un casino.”
“Peggio di quella volta che hai rotto la vetrata della nonna di Harold?”
“Abbiamo rotto.” Lo corresse Scott.
“Non rigirare le mie domande e rispondi.”
“Temo di sì.”
“Quale vetrata hai rotto stavolta?” Chiese Zanna, abbassando lo sguardo e scrutando con i suoi occhiacci i bambini che si dondolavano sull’altalena.
“Le cose con Courtney vanno bene, ma credo d’aver ferito un’altra ragazza.”
“2 ragazze insieme? Non perdi tempo, amico mio.” Ghignò, demoralizzando appena il compagno di tante avventure.
“Tu sai com’è Courtney e con Dawn ho esagerato.”
“Frena un attimo: mi sono perso qualcosa.”
“Ho conosciuto una ragazza a casa dei miei nonni e ho iniziato a uscire con lei. Courtney, ovviamente, si è ingelosita e sono finito con l’offendere Dawn.”
“Hai rischiato di perdere entrambe al prezzo di una.” Borbottò annoiato Zanna, accendendosi l’ultima sigaretta del suo pacchetto.
“E ora non so come sistemare le cose con Dawn.”
“Hai provato a chiederle scusa?”
“Sarei qui, secondo te, se fossi riuscito a convincerla?” Chiese il rosso, mentre l’amico ispirava l’aroma intenso.
“Cosa vuoi sapere infine?”
“Non so come comportarmi.”
“Tutto dipende da cosa vuoi ottenere.” Sbuffò Zanna, fissando il vuoto.
“Come?”
“Le persone fanno le domande in base a ciò che vogliono sentirsi dire.” Spiegò il grigio, facendo uscire una piccola nuvoletta di fumo.
“Mi chiedo perché tu non abbia completato il corso di strizzacervelli.”
“Forse perché sono troppo alternativo per seguire certi schemi.” Borbottò, sbadigliando e facendo annuire l’amico.
“Io vorrei sapere quali scelte mi restano.”
“Se vuoi che le cose con Courtney si sistemino, lascia perdere la ragazza che hai conosciuto.”
“Però…”
“Se invece vuoi sistemare le cose, devi essere più aperto e confidare a tutti quel segreto che nascondi.”
“Io…”
“Non muoverti con troppa fretta Scott: stai giocando su un terreno scivoloso e con una mossa sbagliata cadi in mare con gli squali.”
“Sei sempre molto ottimista.”
“Io ti ho avvertito.” Borbottò il grigio, gettando a terra la sigaretta ormai conclusa e calpestandola appena.
“Mi consigli di affrontarla subito o di farla sbollire?” Chiese il rosso, facendo riflettere l’amico.
“Dipende da cosa vuoi ottenere.”
“Cioè?”
“Se vuoi che stia lontana, non devi mai affrontarla.”
“Ti sembro il tipo che desidera questo?” Domandò Scott, facendo negare il grigio.
“Se la vuoi come amica devi pazientare un po’.”
“Bene.”
“Se invece volessi qualcosa in più…beh è già tardi.” Ghignò Zanna, tornando a fissare il panorama che si stendeva dinanzi a loro.
“Qualcosa in più?”
“Sei ancora troppo giovane e inesperto per capire.” Nicchiò il grigio, ricevendo il pacchetto che Scott gli aveva promesso.
“Le promesse vanno mantenute.” Borbottò il rosso, mentre l’amico si apprestava a consumare un’altra sigaretta.
“Ovviamente.”
“Ci penserò con calma, grazie Zanna.”
“E di cosa, vecchio mio?” Chiese con calma glaciale, facendo scattare l’accendino e aspirando con calma l’aroma che avrebbe azzerato ogni suo pensiero.
 
Angolo autore:

Ryuk è leggermente in ritardo.

Ryuk: Et voilà.

Non si è mica accorto di cosa ho fatto.

Ryuk: Che? Io non ricordo d'aver scritto sta roba.

Era tutto troppo zuccheroso.
Non ti dispiace se metto un po' di zizzania giusto per non rendere il tutto troppo scontato?
E poi la forma umana di Zanna meritava una comparsata.

Ryuk: Io ti...

Zitto o ti licenzio.
E detto questo vi saluto.
Alla prossima.

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Capitolo 4
*** Cap 4 ***


Tornato a casa, Scott venne accolto da Courtney nel migliore dei modi.
Lei era propensa a farsi perdonare per ogni cosa, mentre quest’ultimo pensava a come comportarsi.
Non voleva vivere con i sensi di colpa, ma non voleva nemmeno ferire la sua ragazza.
Non credeva che il piano che aveva ideato con l’inconsapevole Zanna fosse destinato a cadere così in fretta.
Stringendo a sé la fidanzata, lui aveva cambiato di nuovo idea.
Dawn probabilmente l’aveva già dimenticato e l’aveva dipinto come un disgraziato pur d’aver ragione.
In minima parte poteva capirla.
Lei non aveva fatto nulla per meritarsi quella storia, eppure si era ritrovata lo stesso in mezzo ai guai.
C’era solo un’arma che poteva usare per vincere.
Amore e odio erano simboli di quanto una persona tenesse a qualcuno, ma l’indifferenza era qualcosa di molto peggio.
Questo sentimento non avrebbe mai fatto capire a nessuno cosa provava veramente.
Courtney si sarebbe sempre fatta ingannare.
Lo stesso Zanna, troppo impegnato a fumare, non si sarebbe accorto di quella tecnica.
Nessuno nella scuola e nel suo corso avrebbe notato grossi cambiamenti.
Lui era pronto a tornare a essere il solito Scott.
Quello che per un po’ avrebbe avuto il controllo sulla sua ragazza, salvo poi fare la fine di un umile servitore.
Colui che sfidava tutti con aria di sufficienza.
Colui che avrebbe fatto visita ai suoi nonni non appena la tempesta avesse perso d’intensità.
O almeno era questo ciò che pensava prima che qualche mese più tardi il telefono suonasse nuovamente.
Normalmente avrebbe delegato Courtney a rispondere, ma quel pomeriggio era uscita con le sue amiche e lui, rilassato sul divano, era l’unico che poteva afferrare il cordless.
Erano ben pochi ad avere quel numero, anche se il tizio all’altro capo era quanto di peggio potesse capitare.
Una voce che lui odiava e che non sopportava, ma che doveva seguire per evitare le minacce di morte di sua nonna.
Infatti, suo nonno, era di nuovo in riabilitazione e necessitava di qualcuno che gli facesse compagnia per qualche ora.
Scott, sapendo cosa aveva causato e in quale terreno sarebbe entrato, non trovò alcuna scusa valida per rifiutare.
Fu così che quel sabato mattina andò a trovare nonno Anselmo.
Per un po’ gironzolò senza meta, fermandosi in edicola a comprare qualche quotidiano che potesse sollevare l’umore del vecchio e poi si avviò verso l’ospedale.
Dopo aver fatto ammattire una povera infermiera alle prime armi, riuscì a trovare la stanza in questione e con calma bussò alla sua porta.
Udendo risposta, entrò e si mise a studiare l’ambiente circostante.
“Nonno.” Borbottò, avvicinandosi al letto, mentre quest’ultimo lo fissava con sguardo severo.
Ben sapeva cosa gli avrebbe detto.
“Sei ancora vivo, allora.”
“Così sembra.”
“Tua nonna sa che sei qui?”
“Credo sia stata lei, attraverso mio padre, a chiedermi di venire qui.”
“E lei avrà pensato a rimproverarti.” Sbuffò l’anziano, invitando il nipote ad accomodarsi sulla sedia libera.
“Come al solito.” Ridacchiò Scott.
“Sei sconsiderato come i tuoi genitori.”
“Preferirei non essere paragonato a quelli.” Sbuffò il rosso.
“Ah già, dimenticavo quanto siano odiosi.”
“Infatti.”
“Comunque vorrei sapere il motivo per cui non sei più passato a trovarci.”
“Ho avuto i miei pensieri.” Riprese con apatia il giovane.
“Donne o scuola?”
“Donne.”
“Lo immaginavo.” Rise l’uomo, chiedendo al ragazzo un bicchiere d’acqua.
“Scusa se te lo chiedo nonno, ma lo zio ha detto che sei qui per colpa della nonna.”
“È vero.” Bisbigliò, facendo promettere al nipote di non dire niente a nessuno.
Non voleva che la consorte si vendicasse e che lo rispedisse nuovamente in ospedale per una nuova operazione e riabilitazione.
“Almeno viene a trovarmi spesso, a differenza tua.” Lo rimproverò l’uomo.
“Spero di riuscire a farmi perdonare.”
“E poi c’è una ragazza tanto carina a farle compagnia.”
“Una ragazza?” Chiese, fingendo d’ignorare ogni cosa.
“Fai il finto tonto, Scott?”
“Non so di cosa parli.”
“Ti ho visto spesso usare questa tecnica quando eri bambino e non sei cambiato più di tanto da quando hai distrutto quella vetrata.”
“Ancora con questa storia?” Domandò il rosso, facendo tossicchiare l’anziano.
“Non sei mai stato in grado di mentire e poi tu e Zanna eravate gli unici a poter far qualcosa del genere.” Sorrise, ripensando alle bugie che avevano inventato pur di non ammettere che erano loro i responsabili.
“Possibile.”
“Inoltre la nonna mi ha raccontato cosa le hai fatto.”
“Come immaginavo.”
“Sai che non è una cosa di cui andare fieri.”
“Sarebbe stato più grave se l’avessi illusa e poi fossi scappato via.” Borbottò il rosso, torturandosi le mani.
“Però l’hai ferita.”
“Non era mia intenzione.”
“Mi chiedo perché tu sia così sconsiderato.”
“Ho agito senza pensare.”
“E tu vai in giro a offendere, senza pensare a ciò che dici?” Domandò l’uomo, cercando di rimettersi seduto.
“Ho solo cercato di proteggerla.”
“Da cosa Scott?”
“Io…”
“Non dirmi che hai cercato di proteggerla da Courtney perché non me la bevo.” Borbottò l’anziano.
“Courtney non è così buona come sembra.”
“Questo lo sappiamo, ma spesso basta una parola per risolvere la situazione.”
“Lo so.”
“Però non sai quanto è stata male in questi mesi di silenzio.”
“So bene cosa ho combinato, ma non ho trovato il coraggio di tornare.”
“Perché?”
“Se io fossi tornato e poi lei mi avesse tenuto fuori, ne avremmo sofferto entrambi.”
“Lo sai, vero?”
“Avrei riaperto una vecchia ferita che lei ha cercato di rimarginare.”
“Già.”
“E avrei passato i prossimi mesi a sentirmi un infame.”
“L’hai fatta piangere.”
“È stato un errore imperdonabile, ma non ho trovato altro modo per proteggerla.” Borbottò il rosso, fissando il pavimento.
“Come?”
“Io non volevo rovinarle la vita, ma la verità è che stando con me non sarebbe mai stata veramente felice.”
“Nemmeno come amico?”
“Sarebbe stato anche peggio.” Sospirò il giovane.
“Non ti capirò mai Scott.”
“Fino a quando non si racconta la verità, allora è impossibile avere qualche amico.”
“Ancora con questa storia?”
“Quale?”
“È da anni che ti ripeto che quello che nascondi disperatamente non è un vero segreto.” Soffiò l’anziano, facendo negare il nipote.
“Come può non esserlo?” Chiese il rosso.
“Lo conosco io, tua nonna, Zanna e un paio di vicini.”
“Non cambia la sostanza.”
“Un segreto è tale solo quando tutti sono all’oscuro.” Spiegò l’anziano, poggiando i suoi occhi sul nipote.
“Io avrei ascoltato i suoi sogni e i suoi segreti, ma non sarei mai riuscito a fare il contrario e questo l’avrebbe portata a chiedersi se siamo amici e sarebbe finita con il soffrire.”
“Che testone.”
“Io, però, voglio farmi perdonare.”
“E come?”
“Non voglio illuderla, ma desidero soltanto che lei sappia che per me non era un giocattolo.” Sbuffò il rosso, facendo annuire il nonno.
“Quella ragazza è così carina e dolce.”
“Lo so.”
“Tu sai che se è riuscita a farsi benvolere dalla nonna, allora vuol dire che è speciale.”
“Io credo d’aver abusato della sua bontà.” Riprese il giovane, abbassando la testa.
“Non tutto è perduto, Scott.”
“Ammiro il tuo ottimismo nonno, ma è così.”
“Devo, quindi, pensare che tu non sia interessato a lei?” Chiese il nonno, facendolo sorridere.
“Preferisco non parlarne.”
“Almeno non hai negato.” Ghignò il vecchietto.
“Già.”
“E dimmi la tua fidanzata com’è?”
“Come tutte le altre ragazze.” Rispose velocemente il ragazzo.
“Siamo sicuri che ti piaccia?”
“Non dovrebbe?”
“Quando un uomo parla della donna che ama, i pregi si sprecano.”
“Mi stai prendendo in un momento delicato.” Borbottò il giovane, facendo annuire il nonno.
“Lo vedo.”
“Sono troppo impegnato per pensare.”
“Sei convinto d’amarla?”
Scott non si sarebbe mai aspettato una domanda così schietta.
Una domanda così inaspettata.
Dinanzi a tanta curiosità non sapeva che rispondere.
Una volta avrebbe risposto subito, come se fosse la cosa più normale del mondo, e avrebbe detto che amava molto Courtney.
In quel periodo però non ne era così certo.
Ripensava alle incomprensioni e ai litigi che avevano avuto.
Ripensava al fatto di sopportarla a fatica.
Forse avevano fatto davvero il passo più lungo della gamba.
Scott non aveva mai pensato che fossero troppo giovani per vivere insieme e si era convinto con le sue belle parole.
Lei considerava l’amore come il sentimento superiore a ogni cosa e affermava che avrebbe alleggerito la situazione.
Che li avrebbe spinti a superare ogni contrasto.
Purtroppo quell’ottimismo si stava sbriciolando sempre di più.
Lui si era fatto abbindolare convinto che fosse meraviglioso, ma solo ora capiva quanto fossero stati stupidi e avventati.
“Sì.”
“Non sembra, ma forse è meglio cambiare discorso.”
“Prima che la nonna arrivi a infastidirci.” Borbottò il giovane.
“Vedrai fra 5 minuti varcherà quella porta e non ci lascerà in pace.” Continuò l’uomo, fissando l’orologio alla parete.
Scott immaginava che fosse normale.
Forse era questo il vero amore che aveva sempre ammirato.
Il non poter vivere separati dalla propria metà e il non sapere cosa fare senza quella persona sembravano elementi abbastanza normali.
Anche se doveva ammettere che nel legame che lo univa a Courtney, non c’era nulla di tutto ciò.
“Tra quanto dovresti uscire, nonno?”
“Il prossimo lunedì.”
“Ancora una settimana di supplizio.” Gli fece notare il nipote.
“Con la nonna non sarà mai un supplizio.”
“Se lo dici tu.”
“Lo dico perché è vero.”
“Anche se le donne sono quasi tutte uguali?” Chiese Scott, facendo ghignare l’anziano.
“Non ne sono così sicuro.”
“Di cosa non sei sicuro, vecchio brontolone?” Intervenne una figura che era appena entrata e che era andata incontro all’anziano.
Prima di occupare la sedia che il rosso aveva usato, fissò gelida il nipote e gli fece un cenno del capo.
Scott sapeva che lei non era felice di vederlo e che l’avrebbe strangolato se ne avesse avuto l’opportunità, ma quel segno era la sua unica scappatoia.
Credeva che, rimanendo lì, avrebbe rischiato la sua pellaccia e pertanto decise di arretrare e di avvicinarsi a Dawn.
Lei solo nell’alzare lo sguardo e nell’incrociare gli occhi del rosso si era subito ritratta, senza tuttavia avere la forza di uscire dalla stanza.
Si sentiva osservata dal ragazzo che odiava e che l’aveva usata solo come uno strumento per i suoi scopi.
Tuttavia nel sollevare nuovamente gli occhi, si ritrovò a naufragare nel vuoto della sua espressione, chiedendosi cosa fosse quella sensazione.
Da una parte aveva il folle desiderio di picchiarlo e di vendicarsi, mentre dall’altra sembrava impaziente di sapere cosa avrebbe fatto per cavarsi dagli impicci.
“Non credevo che Scott venisse a trovarti.” Continuò la donna, mentre il nipote si avvicinava alla ragazza che era appena entrata.
Dopo aver fatto compagnia al nonno, ora poteva lasciarlo con la consorte.
Infatti invitò una pensierosa e silenziosa Dawn ad uscire e da lì si avviarono verso il baretto dell’ospedale.
 


Angolo autore:

Ryuk: Ora che sono tornato in possesso della tastiera niente più cambi di programma.

Intanto ti ho incasinato e devi sbrogliartela.

Ryuk: Già fatto.

Io posso solo ringraziare chi legge e recensisce sta roba: dovete avere un bel fegato.

Ryuk: Ehi!

Detto questo vi saluto: alla prossima.

Ryuk: Lunedì...ad essere precisi.

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Capitolo 5
*** Cap 5 ***


Il tragitto, nonostante fosse assai breve, aveva fatto notare a Scott qualcosa di strano.
Normalmente Dawn avrebbe detto qualcosa, ma il silenzio che l’aveva accompagnata non era di buon auspicio.
Probabilmente era ancora furiosa per la questione di qualche mese prima e non poteva darle torto.
Si era comportato come un disgraziato, anche se credeva che lei dovesse avere una qualche reazione.
Doveva esserci qualcosa che la preoccupava e che non riusciva a confidare a nessuno.
Un qualcosa che Scott aveva notato, fissandola negli occhi chiari e studiandone il volto contratto.
Diversamente dall’ultima volta non si era imbarazzata e forse non si era nemmeno accorta di quello sguardo fisso su di lei.
“Scusa.” Cominciò il rosso.
“Scott…”
“So quanto deve essere stato orribile sentirsi dire certe cose.”
“Tu…”
“E so che meritarmi il tuo perdono, così di punto in bianco, è pretendere troppo.”
“Perché?”
“Mi sono comportato così male con te solo perché avevo paura d’illuderti.”
“Io non so se riesco a perdonarti.” Borbottò lei.
“Forse me lo merito.”
“Non mi hai più parlato e credevo fossi convinto delle tue parole.”
“Non sei mai stata un giocattolo per me.”
“Lo so.”
“Non ho mai avuto il coraggio d’affrontarti solo perché credevo di ferirti ancor di più.”
“Tua nonna mi ha detto anche questo.” Soffiò lei, sedendosi al tavolo del bar.
“Mia nonna sparla in continuazione.”
“Già.” Sospirò, rattristandosi appena e abbassando il viso.
“Per quanto ancora hai intenzione di tenere quel muso lungo?” Domandò, appoggiando la tazzina di caffè sul tavolo.
“Io…”
“Cosa c’è che non va, Dawn?”
“Non lo so.”
“So che parlare con me, dopo quello che ti ho fatto, non dev’essere facile e che le mie scuse non saranno mai sufficienti.”
“Non è questo.”
“Prova a spiegarmi cosa ti preoccupa.” Tentò il rosso con un lieve sorriso contro cui Dawn non seppe resistere.
“E va bene.”
“Almeno è un inizio.”
“Un inizio?”
“Non ti dispiace se ricominciamo daccapo, vero?” Chiese il rosso, facendole sgranare gli occhi dalla sorpresa.
“Non capisco.”
“Io sono Scott, ho 24 anni e sono un idiota…piacere di conoscerti.” Tentò, allungando una mano verso di lei e ghignando divertito.
“Lasciamo stare, Scott.” Sorrise amara, facendolo annuire.
“Cosa ti preoccupa?”
“Tua nonna mi ha raccontato il tuo segreto.”
“Come temevo.”
“E di questo ti chiedo scusa, Scott.” Riprese, facendolo negare appena.
“Se un segreto è conosciuto da molti, non è più un segreto.”
“Io…”
“Non ci pensare: non è poi così importante.”
“Lei diceva che non hai una buona opinione della tua famiglia.”
“La mia famiglia.” Ripeté il giovane con un ghigno sprezzante e carico di disprezzo.
Quella era una trasformazione imprevista.
Un qualcosa che Dawn non aveva mai visto in lui, anche se non conoscendolo da molto poteva essere normale.
Tuttavia l’aveva spaventata molto.
“Che cosa dovrei dire della mia famiglia?” Chiese Scott, fissando intensamente il caffè che era rimasto nella tazzina.
Il suo era uno sguardo così intenso che sembrava voler sbriciolare la preziosa ceramica.
A essere sinceri era solo pieno di rabbia verso quella che era stata la sua vita.
“Io…”
“Vuoi forse sapere se è vero che sono stato abbandonato? Vuoi forse sapere se li vedevo solo a Natale? Sì è vero. La mia famiglia non ha mai voluto il mio bene e sono grato solo ai miei nonni che mi hanno accudito in questi anni.”
“Ma questo…”
“Sono sempre stati lontani, assenti dalla mia vita. Un giorno erano in Canada per questioni d’affari, quello successivo erano in Brasile per una bella vacanza ed io rimanevo da solo…giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno.”
Senza volerlo Dawn era riuscito a farlo arrabbiare.
Lo poteva capire dal suo sguardo spiritato e dal tono alterato della voce.
“Scusami.”
“Di cosa, Dawn? Non è colpa tua, se la mia vita ha sempre fatto schifo.” Riprese acido il giovane, bevendo un altro goccio di caffè.
“Non lo sapevo.”
“Dopo un po’, però, ignori il fatto d’essere solo e ti abitui.”
“Davvero?”
“Comunque non ho intenzione di perdonarli.” Continuò Scott, bevendo un altro goccio del suo caffè.
“Non credi d’esagerare?”
“Tu forse puoi capirmi, dato che siamo nella stessa situazione.”
“Loro lo fanno per il mio bene.” Borbottò la giovane.
“Lo credevo anch’io, fino a quando non sono diventato maturo e non ho imparato a cavarmela da solo.”
“Come?”
“Non sono stati loro a comprare la casa dove vivo con Courtney e di certo non è merito loro se lavoro in un bar durante il periodo estivo.” Rispose, chiudendo il cellulare.
“Io…”
“Non ho intenzione, Dawn, di farti cambiare idea, ma ti prego di rispettare la mia scelta.”
“Allontanarti da loro non è la soluzione.”
“Probabilmente mia nonna non ti ha raccontato l’ultima parte della bella storiella che mio padre usa di solito.” Ghignò il rosso, facendola sussultare.
“Di cosa parli?”
“Sono molti anni che non tornano a casa.” Rispose il rosso, abbassando lo sguardo furioso e concentrandosi su quello che rimaneva dell’intruglio nerastro che aveva ordinato.
“Tu…”
“L’ultima notizia certa di mio zio li descrive come rilassati su una calda spiaggia delle Maldive, intenti a parlare con qualche stupido miliardario.” Riprese Scott, imitando la voce profonda del fratello di sua madre.
“Non lo sapevo.”
“La nonna non conosce questa parte.”
“Forse dovrebbe…” Tentò, interrompendosi con la sua voce abbattuta.
“Non voglio dare questi dispiaceri a una povera vecchia.”
“Ti chiedo scusa, Scott.”
“Se i tuoi genitori tornano spesso a casa, sei molto fortunata.” Sorrise il rosso, sperando di allontanare quell’argomento.
Non che fosse troppo triste, ma solo per evitare d’incavolarsi senza motivo.
Ormai per lui, i suoi genitori, appartenevano a una pagina nera che avrebbe tanto voluto strappare.
Non sarebbe cambiato nulla se loro fossero tornati indietro.
Restavano tutti quegli anni di sano menefreghismo.
Troppi per essere cancellati con un abbraccio o con una stretta di mano.
Scott, da piccolo, credeva che sarebbero tornati indietro come accade agli eroi.
Solo al momento del bisogno e con qualcosa di speciale.
Sognava di vederli scendere dall’aereo e di correre loro incontro, ma tutti i voli segnavano, puntualmente, la loro assenza.
Non erano mai tornati per lui.
Solo qualche stupida cartolina da qualche paese esotico e qualche lettera che lo invitava a comportarsi come un bravo bambino.
A 18 anni nessuno è un bravo bambino.
Al massimo può essere definito come un bravo ragazzo, non come un moccioso che aspetta impazientemente il girare della chiave nella serratura.
Se non si erano degnati di presentarsi alle sue conquiste, mai sarebbero tornati indietro.
Avevano perso il primo giorno di scuola.
Avevano perso la festa del diploma.
Tutti i suoi compleanni.
Perfino le prime cotte e la frattura al polso.
Solo i nonni erano rimasti al suo fianco, asciugando le sue lacrime e continuando a fargli credere che sarebbero tornati.
Scott era cresciuto così: per i primi 15 anni si era illuso, poi li aveva cancellati.
 

Angolo autore:

Ryuk: Scusate per questo mini capitolo, ma rocchi con il casino che ha causato, ha scombinato anche la lunghezza dei capitoli.

Sì certo.
Incolpami anche dell'assassinio di Kennedy dato che ci siamo.
Incolpami anche del surriscaldamento globale già che ci sei.
Diciamo la verità: sei un idiota.

Ryuk: Come ti permetti?

Mi permetto perchè sono il tuo padrone.

Ryuk: Cosa stai scrivendo?

Le mie memorie.

Ryuk: Con un titolo?

Ogni tanto scrivo anche da solo.
Lo faccio solo quando gli astri sono allineati secondo una regola precisa e quando non sono troppo affamato, annoiato e stanco.

Ryuk: Io ringrazio chi legge la storia.

Bel fegato.
Continuerò a ripetermi, ma è così.
Ora scappo: devo ancora sterminare i numeri di un esercizio di matematica.

Ryuk: Dato che rocchi è troppo impegnato sarò io a salutarvi. Ringrazio chi legge, segue e recensisce la storia.
Alla prossima miei carissimi lettori.

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Capitolo 6
*** Cap 6 ***


Quel pomeriggio era, quindi, scivolato via.
Dawn non aveva più osato aprir bocca, perdendosi a riflettere nella pessima infanzia dell’amico.
Temeva di ferirlo e di ridurlo uno straccio e per questo aveva preferito, farlo cuocere nel suo brodo.
Il rosso, vedendo avanzare la nonna, le era andata incontro, salutandola e promettendole di farle visita l’indomani.
Con un cenno aveva salutato anche Dawn e si era avviato verso casa.
Avrebbe tanto voluto chiudersi nel suo appartamento e stare tranquillo, anche se con Courtney gli risultava quasi impossibile.
Lei avrebbe trovato qualsiasi cosa per farlo imbestialire e quindi per scatenare un nuovo litigio che sarebbe finito con l’aumentare i suoi sensi di colpa.
Per evitare tutto ciò, aveva imparato una tecnica abbastanza spregevole.
Non l’aveva mai usata per troppo tempo, ma l’ignorarla era l’unica soluzione per stare tranquilli.
O almeno così credeva.
“Scott, tu cosa ne pensi?” Domandò lei, smuovendolo dallo stato di trance in cui era caduto dopo essersi sistemato sul divano.
“Di cosa?”
“Ma hai dormito tutto il tempo?”
“Stavo pensando.”
“Non starai ripensando a quella ragazzina, vero?” Chiese, bloccandolo con uno sguardo da pazza che riuscì a spaventarlo.
In minima parte il rosso non se la sentiva di rimproverarla.
“Ma ti ascolti, Courtney? Non credi di esagerare?”
“Stavi pensando a quella ragazzina.” Borbottò sconsolata, intuendo che anche lei doveva essersi presentata in ospedale.
“Ti sbagli e poi stavi sparlando di Lindsay.” Soffiò Scott, tirando in ballo la bionda svampita che ogni tanto incrociava per i corridoi della sua scuola.
“Mezzora fa, forse.”
“Allora ti riferivi a Dakota.”
“Dakota si è trasferita 2 settimane fa con la sua famiglia.”
“Non resta che Heather.” Sbuffò, afferrando il telecomando che stava vicino a lui e cercando, quindi, d’accendere la televisione.
“Heather è impegnata con il suo ragazzo.”
“Impegnata?”
“Loro due fanno sul serio, non come te che pensi a un’altra e che continui a ignorarmi.” Brontolò Courtney, sgraffignando il telecomando al fidanzato.
“Io e Dawn siamo solo amici.”
“Da quando conosci il suo nome?”
“Quanti divieti.” Borbottò il rosso.
“Non ti accorgi che lei sta cercando di dividerci?”
“Ma se abbiamo parlato oggi a distanza di quasi 5 mesi.”
“La stai difendendo?” Chiese Courtney, squadrando il suo ragazzo.
“Sei tu che esageri su tutto.”
“Ti sbagli.”
“Non c’è nulla di male nell’essere gelosi di qualcuno.” Sbadigliò, stiracchiandosi appena, mentre lei gli puntava addosso uno sguardo spiritato.
“Io? Gelosa di quella? Credo che tu sia fuori strada.”
“Le rovesci il caffè addosso, ti metti a pedinarci al centro commerciale e poi neghi un fatto tanto evidente.” Elencò Scott, battendola sul suo terreno.
“Tu…”
“Lei abita dai miei nonni e mi sembra normale fare amicizia con una persona che potrei incontrare spesso.”
“Non lo è.”
“Vuoi che parliamo di tutti i ragazzi che hai come amici?” Chiese sarcastico il rosso, pronto a mettere in campo una lista da brividi.
“Lasciali fuori da questa storia.”
“Tu per una mia amica fai delle sceneggiate incredibili, mentre io devo stare in silenzio davanti a quei polli che ti sbavano dietro.”
“Ma tu non sembri geloso.”
“Solo perché mi fido di te.” Riprese Scott, facendola annuire.
“Comunque non finirà così.” Lo minacciò Courtney, facendolo sospirare e chiudere gli occhi.
 
Quel semplice dialogo aveva convinto il rosso a prestare attenzione.
Non temeva d’essere ucciso dalla sua fidanzata, ma una strana sensazione lo attanagliava.
Erano scivolati alcuni giorni da quel bizzarro confronto e lui non aveva notato niente di strano.
Continuavano come se nulla fosse successo.
Andava a scuola, era tornato a far visita ai nonni, dove puntualmente poteva chiacchierare, sistemare le cose e far ridere Dawn, tornava a casa e ascoltava la giornata di Courtney.
Per quasi una settimana non aveva notato grossi cambiamenti.
Gli sembrava d’essere capitato nel momento migliore della sua vita, anche se sapeva che nulla poteva durare per sempre.
Spesso, durante la notte, girandosi verso Courtney e vedendola, tendeva ad agitarsi e a considerarla come una sconosciuta.
Sembravano passati secoli da quando si sentiva in perfetta sintonia con lei.
Eppure quella strana empatia.
Quei pensieri che confluivano verso una direzione, erano catturati da una presenza che si avvicinava sempre più.
E questa figura tendeva ad alimentare la gelosia della sua fidanzata che spesso si lanciava in discorsi deliranti.
Erano proprio questi discorsi e la sensazione di conflitto, instauratasi tra loro, a fargli desiderare che lei fosse lontana.
Scott sapeva soltanto che da quando visitava i suoi anziani nonni, c’era qualcuno che occupava buona parte dei suoi pensieri.
E il suo timore era che Courtney si accorgesse di ciò e che potesse in qualche modo vendicarsi su Dawn.
Non avrebbe mai voluto che lei pagasse nuovamente per una sua scelta.
E non voleva nemmeno che fosse allontanata bruscamente da quella iena che prima aveva perdonato e che dopo molti mesi gli evocava solo spavento.
Passato ancora qualche giorno Scott si era quasi convinto che la minaccia della sua fidanzata fosse solo un fuoco di paglia.
Tanto minaccioso, quanto inutile.
Una minaccia che però si sarebbe scontrata ben presto con l’unica persona veramente esime da ogni colpa.
 
Di certo quella mattina, Dawn non credeva di trovare appoggiata al suo armadietto Courtney.
Già da lontano aveva intuito che lei era in qualche modo arrabbiata, anche se ne ignorava il motivo.
Non ricordava di averle fatto nulla di male.
Se non si fosse trattato delle prime ore scolastiche probabilmente avrebbe evitato d’avvicinarsi per prendere i libri, ma ora non poteva sottrarsi.
Fu quando si trovò abbastanza vicino a lei che Courtney alzò lo sguardo spiritato dal suo cellulare che era stato percosso fino a un attimo prima.
E lei mise subito in chiaro il perché volesse accoglierla in quel modo.
“Stai lontana dal mio ragazzo.”
“Courtney.”
“Non pronunciare il mio nome e stagli lontana.”
“Io…”
“Se osi ancora stargli vicino, potrei non rispondere più delle mie azioni.” Riprese la castana, cercando di mantenere la calma.
“Noi due siamo solo amici.”
“Quale parte di stargli lontana, il tuo stupido cervello non ha elaborato?”
“Ma io…”
“Se ti avvicini a lui, farò in modo di rendere la tua vita miserabile.”
“Cosa…cosa dovrei fare?” Domandò Dawn, abbassando lo sguardo.
“Ora sì che mi piaci.”
“Non possiamo essere…”
“No. Non potete essere amici.”
“Perché?”
“Ascolta stupida ragazzina. Io sono la sua fidanzata e non mi va che sprechi la sua felicità con una sciacquetta come te.”
“Noi…”
“Ma allora sei sorda. Non esiste nessun noi, sempre che tu non voglia sapere la verità sul suo conto.”
“Quale verità?”
“Scott è malato e ama giocare con una che, come te, gli dedica molte attenzioni.”
“Giocare?” Chiese, cercando d’inserire la combinazione nell’armadietto, nonostante Courtney non si fosse mossa di un millimetro.
“Perché uno sconosciuto dovrebbe interessarsi a una ragazzina brutta come te?”
“Lui si sentiva…”
“In colpa?” Chiese sprezzante.
“Sì.”
“Scott si diverte un mondo con questi stupidi giochi.”
“Non ti credo.” Borbottò Dawn, incrociando le braccia e sfidando il suo sguardo.
“Libera di fare come meglio credi, ma sappi che non sei la prima a cadere nei suoi tranelli.”
“Stai mentendo.”
“Perché dovrei? Tu non puoi competere con me e questo lo sai bene.”
“Lui non è fatto così.”
“Non lo conosci così bene.”
“E tu lo conosci?” Tentò Dawn, sfidandola apertamente.
“Meglio di quanto non sembri.”
“Io…”
“Scott farebbe di tutto per farmi ingelosire e per portarsi a letto qualche ragazzina come te, anche raccontare qualche storia assurda.”
“Lui è un mio amico.”
“Io volevo solo evitarti brutte sorprese, ma se non ascolti i miei consigli, è affar tuo.”
“Stai mentendo su Scott solo perché hai paura che preferisca me a te?” Domandò Dawn, facendola infuriare.
“Non sfidare la sorte, ragazzina.” Rispose la castana con un ghigno.
“Io…”
“Se vuoi continuare a farti ingannare non è un problema mio.”
“Cosa vuoi infine?” Chiese Dawn al limite della pazienza.
“Ti piace questa scuola?” Ribatté Courtney, facendola riflettere per un istante.
“Sì.”
“Se vuoi rimanere e seguire le lezioni, ti consiglio di stare al tuo posto e di non intrometterti tra me e Scott, altrimenti sarebbe un vero peccato vedere il tuo bel visetto oltre il cancello.” Ridacchiò Courtney, staccandosi dall’armadietto e lasciando, quella che considerava la sua rivale, in preda ad una marea di dubbi.
La biondina, rimasta sola, non poté far altro che prendere i libri di cui aveva bisogno e riflettere, mentre si avviava verso la sua aula, della minaccia che incombeva sulla sua testa.
Subito si chiese se quelle parole potessero avere un seguito.
Temeva che la fidanzata di Scott potesse mantenere la sua promessa e non voleva rinunciare al suo sogno.
Se per questo non voleva nemmeno rinunciare all’amicizia di Scott solo perché una ragazza troppo gelosa glielo ordinava.
Eppure doveva fare una scelta.
Continuare sulla via che aveva percorso in quelle ultime settimane oppure virare con decisione ed evitare di creare dissidi tra i 2 ragazzi.
Se non avesse ascoltato Courtney, temeva di cacciarsi nei guai e di rimpiangere quella scelta per tutta la vita.
Non sapeva se fosse il caso di giocarsi tutto in quel modo, basando la propria fiducia su qualcuno che non conosceva poi così bene.
Nulla le vietava di considerare anche una possibilità estrema.
Poteva accettare le conseguenze della sua scelta per poi accorgersi che Scott non era quello che pensava.
Così si sarebbe ritrovata nei guai fino al collo.
Ripensando alle possibilità che poteva sfruttare, capì che il gioco non valeva la candela e che forse era meglio rinunciare.
Dawn aveva deciso che era meglio stare agli ordini di Courtney e pertanto era molto meglio evitare Scott per non intaccare la loro felicità.
Così, credeva, avrebbero vinto tutti.
Lei non si sarebbe ficcata nei guai e avrebbe continuato a seguire il suo sogno.
Courtney non avrebbe portato avanti le sue minacce e si sarebbe riavvicinata a Scott.
E quest’ultimo non sarebbe stato costretto a scegliere e avrebbe potuto sistemare le cose con la sua fidanzata.






Angolo autore:

Ryuk: Rieccomi con l'aggiornamento.

Tu guarda.
L'ultimo capitolo non ha beccato neanche una misera recensione.
Continuate così...vi prego.

Ryuk: È solo un caso.

Sì come no.

Ryuk: Vuoi fare una scommessa con me?

Sentiamo.

Ryuk: A 20 recensioni totali sulla storia ti scriverò nel mio Death Note.

Non abbiamo nemmeno riletto il capitolo: contento te.

Ryuk: Sarà divertente.

Divertente o meno...ricorda che la prossima storia è la mia.

Ryuk: rocchi riprenderà in mano il pc e pubblicherà? Era anche ora.

È da quasi un anno che non scrivo poi molto.
Sono leggermente arrugginito.

Ryuk: Tanto sarà un fallimento.

Io preferisco non ribattere.

Ryuk: Aiutatemi a raggiungere le 20 recensioni e rocchi finirà nel Death Note.

Sì aiutatelo in questa campagna patetica.
Ancora 6 recensioni e renderete felice uno shinigami senza gioie.
Con 21 recensioni vi regalerò uno shinigami personale al modico prezzo di...2 mele.
Alla prossima (se sarò ancora vivo...cosa di cui dubito fortemente).

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Capitolo 7
*** Cap 7 ***


Dawn, durante quelle poche ore di lezione, aveva capito che c’era solo un modo per portare avanti quel progetto.
Doveva necessariamente allontanarsi da lui.
Essere assente durante le visite ai suoi nonni e poi allontanare ogni forma di contatto.
In seguito avrebbe cercato di dimenticarlo e quindi avrebbe accettato le avances del cugino del rosso.
Non era corretto, ma era necessario.
Non lo faceva per amore, ma solo per accontentare i suoi sensi di colpa.
Di certo non si aspettava di stare peggio e che quel ragazzino, di ben 3 anni più giovane, non fosse per nulla uguale a Scott.
Nel paragonarlo a lui si rattristò ancora di più.
Il rosso era sempre stato un ottimo amico, ma quel Beverly non aveva nulla di tutto ciò.
Nella sua strategia non aveva considerato l’unico che era ignaro di quella situazione.
Colui che non aveva intenzione di rinunciare a lei.
E, infatti, come ogni pomeriggio, si era avviato verso casa dei nonni, scontrandosi con la sua ennesima assenza.
Era quasi 2 settimane che non riusciva ad incrociarla.
Quando credeva di notarla a scuola, ecco che lei svaniva nel nulla.
Sembrava lo facesse apposta e lui non capiva cosa avesse fatto di male per meritarsi quella terribile punizione.
E anche quel pomeriggio, sedendosi pigramente sul divano, si scontrò con lo sguardo deluso di sua nonna.
“Credevo non avessi più voglia di venire a trovarci.”
“È sempre bello parlare con te, nonna.”
“Non è che speri d’incontrare qualcun altro, venendo qui?” Chiese l’anziana, incrociando lo sguardo innervosito del nipote.
Umpf.”
“Capisco che per voi giovani ci siano cose più importanti di noi poveri vecchi.”
“Cosa vuoi sapere?” Domandò il rosso.
“Ho notato che Dawn, da qualche giorno, si comporta in modo strano.”
“Dawn.” Borbottò il giovane, sforzandosi di trovare il motivo per cui lei era sempre lontana e assente.
“Ne sai niente, Scott?”
“Io non so che cosa le prende.”
“È colpa tua?”
“L’ultima volta che ci siamo parlati, non ricordo di aver fatto nulla di sbagliato.”
“Voi uomini non ricordate mai i vostri sbagli.” Sbottò l’anziana, facendolo negare.
“Non questa volta.”
“Ah sì?”
“Come posso averla offesa se abbiamo parlato di quali città abbiamo visitato e se ci siamo salutati come al solito?”
“Non hai detto nulla che possa averla fatta arrabbiare?”
“Se si è arrabbiata solo perché le ho consigliato di prepararsi agli esami, non è colpa mia.”
“Abbiamo capito che non centri.” Riprese la vecchia, fissando il nipote che aveva rinchiuso la testa tra le mani, torturandosi in cerca di una soluzione.
“Dawn è una brava ragazza e non mi dispiace.” Soffiò Scott.
“E Courtney come sta?”
“Anche lei mi sembra strana.”
“Come tutte le ragazze che conosci.”
“Dawn non mi è mai sembrata strana.” Ammise, scrocchiando le dita.
“Infatti non lo è.”
“Io non capisco cosa abbia fatto per meritarmi questo.”
“Non mi hai risposto.” Le fece notare l’anziana.
“Courtney sembra più felice del solito.” Borbottò il rosso.
“Dopo tutto questo tempo torna felice?”
“Già.”
“Forse il suo cagnolino è tornato con la coda tra le gambe.” Ribatté l’anziana, risvegliando il nipote.
“Non sono il suo cagnolino.”
“Però non fai nulla per farle cambiare opinione.”
“Non ci capisco più nulla.” Sbuffò, mettendosi a fissare il soffitto.
“Non ti sembra strano che la sua felicità sia dovuta alla lontananza di Dawn?”
“Non posso credere che lei centri qualcosa.”
“So che non dovrei parlartene, ma Dawn ha cominciato a uscire con Beverly in questi pomeriggi.”
“Cosa centra mio cugino in tutta questa faccenda?” Chiese il rosso, raccogliendo la tazzina contenente il tè amaro che la nonna gli aveva offerto.
“Cosa vuoi che ne sappia?”
“Sono confuso.”
“E?”
“Devo parlare assolutamente con Dawn.” Riprese risoluto, facendo annuire la nonna.
“Io potrei anche consigliarti di restare fino all’ora di cena, ma non credo sia la scelta migliore.”
“Potrebbe innervosirsi.”
“E una ragazza nervosa non reagisce mai bene.”
“Domani ho 2 ore libere, vedrò di sfruttare la scuola a mio vantaggio.” Ghignò, svuotando l’intero contenuto della tazzina.
“Ricorda Scott…spesso le cose più ovvie sono anche le peggiori da conoscere.”
“Grazie.”
 
Per il rosso era inutile negare che tutto fosse dovuto al caso.
Doveva esserci pur un motivo per aver spinto Dawn a compiere quella scelta.
Tuttavia non sapeva quale fosse.
L’avrebbe capita se avesse commesso qualche sbaglio o se avesse esagerato in qualcosa.
Invece non c’era nessun errore degno di nota.
E poi non capiva il ragionamento di sua nonna.
Cosa centrava la sua ragazza in quella faccenda?
Credeva di essere stato chiaro quando le aveva chiesto di non intromettersi nei suoi affari e si fidava della sua parola.
Nonostante non volesse passare la notte in bianco, si ritrovò a non chiudere occhio.
Per tutto il tempo era rimasto a pensare a Dawn.
A cosa dirle.
A come comportarsi.
A come risultare delicato e ignaro della faccenda che la legava a Beverly.
E poi si voltò verso Courtney.
Nemmeno quando dormiva, sembrava tranquilla.
Quel suo viso falso e malvagio non la abbandonava mai e Scott una volta di più aveva l’intenzione di liberarsene.
Non ce la vedeva al suo fianco per una vita intera.
L’avrebbe fatto ammattire di sicuro e l’avrebbe rincoglionito a suon di chiacchiere.
Solo il diventare sordo poteva salvarlo da una punizione come quella.
Oppure troncare di netto il rapporto che li legava da qualche anno.
Stanco di quei pensieri e ben sapendo che non avrebbe ottenuto nulla, si avviò verso il salotto e si mise a studiare ciò che aveva scopiazzato qualche giorno prima.
Normalmente si sarebbe ridotto all’ultimo minuto, ma quando era stressato, solo uno studio matto e disperato lo calmava appena.
E fu così fino alle 7, quando anche Courtney si fu rimessa in piedi e quando, dopo una rapida colazione e una sistemata, si avviarono verso la loro scuola.
Solo il tempo di varcare il cancello e la sua megera era già sparita, mentre lui cercava con lo sguardo il suo obiettivo di quella giornata.
Non notandola, s’incamminò verso il suo armadietto e si nascose nelle vicinanze, sperando che la fortuna fosse dalla sua parte.
Per quasi 10 minuti restò acquattato e in silenzio dietro la porta di un’aula deserta e poi la vide avanzare.
Si guardava freneticamente intorno, mentre inseriva la combinazione dell’armadietto.
Tempo di raccogliere 2 volumi e aveva richiuso il tutto, tornando sui suoi passi.
E fu in quel momento che agì.
Senza che lei se lo aspettasse, afferrò il suo polso, la trascinò dentro l’aula deserta e richiuse la porta alle sue spalle.
Accese, quindi, la luce e lei si girò, agitandosi nel notare chi era la persona che l’aveva disturbata.
“Scott.”
“Sai ancora chi sono, incredibile.” Ridacchiò appena, appoggiando lo zaino al suolo.
“Lasciami andare, ti prego.” Borbottò lei, cercando di superarlo, senza considerare la differenza di statura più che evidente.
“Perché mi stai evitando?”
“Scott.”
“Ho fatto qualcosa di sbagliato?”
“Io…”
“Qualsiasi cosa ti abbia fatto, ti chiedo scusa.”
“Non devi.” Soffiò Dawn, facendogli incrociare le braccia.
“Sei arrabbiata per gli esami?”
“No.”
“Hai qualche problema con i tuoi genitori?” Tentò, sperando di fare centro e di risolverla in breve tempo.
“Nessuno.”
“Allora perché mi stai evitando?”
“Ho paura.”
“Di cosa? Io non ti farei mai del male.”
“Sicuro?” Chiese la giovane, sedendosi su un banco.
“Mia nonna mi ucciderebbe se dovesse accadere.”
“Esagerato.”
“Mio nonno è all’ospedale solo perché lei gli ha fracassato l’anca.”
“Sei divertente.” Rise, facendolo annuire.
“Non mi hai ancora spiegato il motivo per cui mi eviti.”
“Non posso.”
“Di cosa hai paura?” Domandò Scott, avvicinandosi e alzando il suo viso.
“Io…”
“Sei molto carina, Dawn, e se qualcuno ti disturba, non ti resta che dirmelo.”
“Davvero credi che io sia carina?”
“Inoltre sai darmi ottimi consigli e non rinuncio a una ragazza speciale come te.” Ammise, facendola arrossire.
“Io…”
“Va tutto bene, ma devi dirmi chi ti disturba.” Borbottò, accarezzandole il volto.
“Non vorrei complicare le cose.”
“Non accadrà.”
“Lei ha detto che potrebbe mandarmi via se viene a sapere che ti resto attaccata.”
“Di chi parli? E come potrebbe mandarti via?” Chiese risoluto, fissandola negli occhi.
“Ha detto che lei conta molto in questa scuola e che basta poco per espellermi.”
“Chi?” Domandò il rosso.
“Io…”
“Di chi parli, Dawn?”
“Courtney.”
“Non riesco a crederci.” Borbottò, sedendosi vicino alla ragazza, mentre questa si girava a fissare le sue intenzioni.
“Sapevo che non dovevo dirtelo: ora non mi credi.” Sbuffò lei.
“Non ho detto questo.”
“Tu…”
“Non mi sembra d’aver detto che dubito della tua parola.”
“Però non ne sembri convinto.” Borbottò la giovane.
“Per un attimo ho sospettato che Courtney fosse responsabile di questa cosa, ma non riesco ancora a crederci.”
“Mi odi, vero?”
“Non è colpa tua se lei si comporta così.”
“E se invece fosse colpa mia?”
“In che modo sarebbe colpa tua?” Chiese Scott, fissandola negli occhi.
“Non lo so.”
“Se non lo sai, significa che non centri nulla.”
“Però…”
“Io non ho intenzione di accettare il suo stupido giochetto perché so come finiscono queste cose. Se la faccio vincere, allora sarà sempre convinta d’ottenere ottimi risultati facendo la vittima.” Riprese, voltandosi verso la ragazza che si ritrovò ad annuire appena.
“Io…”
“Qualche idea a riguardo di come risolvere la cosa?” Ghignò Scott.
“Non so.”
“È per questo che mi stavi lontano?” Chiese il rosso.
“Sì.”
“Ed è sempre per questo motivo che hai iniziato a uscire con Beverly?”
“Pensavo fosse meglio per entrambi.”
“Non lo è.”
“Come?”
“Io ho pensato e ripensato in queste settimane a questa faccenda e nessuna risposta mi piaceva troppo.”
“Non volevo rovinare la tua felicità.”
“È da un pezzo che tra me e Courtney le cose non vanno molto bene.”
“Ti chiedo scusa.”
“Le cose andavano già male prima del nostro incontro.” Ammise il rosso.
“Ma allora…”
“Lei crede di proteggere il nostro rapporto in questo modo, ma in verità lo sta distruggendo ancora di più.”
“E pensare che io e Beverly…”
“Tu lo ami?” Chiese Scott, facendola sobbalzare.
“No.”
“Courtney ha sempre provato a farmi ingelosire e non ci è mai riuscita e tu invece ci riesci così bene? Sei davvero brava.” Sorrise, mentre lei arrossiva e fissava il pavimento.
“Io…”
“Stai calma, Dawn. Sistemerò le cose e tutto tornerà come prima.”
“Come?”
“Fidati di me.” Rispose, rimettendosi in piedi e porgendo una mano anche alla ragazza.
“Ricorda che non voglio andarmene.” Lo mise in guardia, accettando il suo aiuto e facendolo annuire con decisione.
“Tu devi restare qui con me.”
“Scott?” Tentò, mentre lui si avviava verso la porta.
“Dimmi.”
“Grazie per quello che fai.”
“Dovere.”
 
Giunto in classe, il rosso si ritrovò a pensare a quella faccenda.
Non era un qualcosa di semplice da risolvere.
La prima possibilità gli diceva di affrontare Courtney senza paura, mettendo però in serio rischio il futuro di Dawn.
Inoltre non poteva permettersi di minacciare la sua ragazza: dopotutto sarebbe venuto meno il loro legame.
E di certo non poteva nemmeno far affogare Dawn.
Sarebbe passato per un bastardo insensibile e lei non gli avrebbe più rivolto la parola.
Così facendo l’avrebbe data vinta a Courtney e non avrebbe più avuto il coraggio di parlare con i suoi parenti.
Qualsiasi idea sembrava rovinare qualcosa.
O la sua felicità.
O quella di Dawn.
E in tutto questo aveva perso un’intera, noiosa, giornata di lezioni.
Uscito dall’aula, rivolse un’occhiata al panorama che si stendeva dalle finestre del corridoio e si mise a studiare la situazione.
Appurato che doveva pur rinunciare a qualcosa, doveva scegliere la possibilità con il danno minore.
Ma per uno stanco e confuso come lui qualsiasi danno si equivaleva.
Aveva bisogno di riflettere con calma e imparzialità.
Tornare a casa avrebbe pregiudicato la sua analisi.
Visitare l’abitazione dei nonni sarebbe stato, allo stesso modo, controproducente.
Solo qualche ora di relax e di silenzio era la medicina per quella situazione spinosa che, per ogni passo verso il parco, gli sembrava sempre più problematica.



Angolo autore:

Ryuk: Sono leggermente in ritardo.

Ce ne siamo accorti.

Ryuk: Non fare il sarcastico.

Francamente la tua storia mi fa schifo, ma almeno siamo già arrivati a più della metà.

Ryuk: 20 recensioni e finisci nel Death Note, ricordi?

Non aspetto altro.

Ryuk: Non raccolgo la tua provocazione e al massimo saluto i miei affezionati lettori.

Sì: si rivolge a voi che leggete sta roba e che vomitate ogni singola volta.

Ryuk: Alla prossima.

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Capitolo 8
*** Cap 8 ***


E finalmente era giunto a una risposta.
Solo verso le 17 aveva trovato una soluzione, anche se essa gli provocava ancora ribrezzo.
Normalmente a quell’ora avrebbe fatto ritorno verso casa, ma non quel giorno.
Seppur fosse tardi, dovevano sistemare quella faccenda quella sera stessa.
Niente proroghe.
Niente attese.
Se l’avesse fatto, sarebbe caduto nell’inganno di trovare una soluzione diversa e migliore.
Ci avrebbe ripensato e poi avrebbe rimandato all’indomani.
E questo all’infinito.
O almeno fino a quando la stessa Dawn non si fosse rotta d’aspettare una sua proposta.
E per questo aveva deciso d’andare subito dai nonni.
“Cosa c’è Scott?” Gli chiese subito sua nonna, vedendolo di corsa e affannato come non mai.
“Dawn.”
“In salotto.”
“Bene.” Borbottò, entrando e sedendosi per qualche attimo vicino alla ragazza.
La stessa giovane, ritrovandoselo così attaccato, richiuse il libro che stava sfogliando e volse la sua attenzione verso l’amico.
“Stai bene, Scott?”
“Vieni con me.”
“Dove?” Chiese intimorita, fissandolo negli occhi.
“Io non rinuncio a te e quindi devo perdere qualcos’altro.”
“Come?”
“Se accontento Courtney, ti perderei per sempre e questo non mi va.”
“Io…”
“Preferisco perdere qualcuno che detesto e restare vicino a qualcuno che devo ancora imparare a conoscere.”
“Che significa?” Domandò la giovane, rialzandosi in piedi.
“Seguimi e lo scoprirai.” Borbottò, prendendo la sua mano e avviandosi verso la strada che aveva percorso tante volte.
Nonostante tutto, accettò di seguirlo.
Voleva capire cosa volesse ottenere e quando giunse davanti al suo condominio, sgranò gli occhi dalla sorpresa.
Lui non badò troppo a quel momento e aprì la porta, stupendo Courtney che era seduta sul divano.
“Cosa ci fa lei qui?” Chiese subito, notando Dawn.
“Io…”
“Sono stato io a portarla qui.”
“Perché Scott?”
“Non sono mai stato felice di ogni cosa del mio passato e credevo che tu potessi correggere i miei sbagli.”
“Io…”
“Però ho sempre sbagliato.” Sbuffò il rosso.
“Cosa stai blaterando?”
“Tra noi Courtney è tutto finito.”
“Finito?” Chiese, sbiancando.
“È inutile tirare per le lunghe questa pagliacciata.”
“Maledetto.”
“Se vuoi offendermi, sei libera di farlo, ma dovresti sapere che una storia forzata non è destinata a funzionare.” Spiegò Scott, incrociando le braccia.
“E lei cosa centra?” Domandò, additando Dawn.
“Lei è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.”
“Io le ho…”
“Tu l’hai minacciata e questo è sufficiente per farti capire che non può durare per sempre.”
“Possiamo ricominciare.” Tentò, versando qualche lacrima che riuscì a commuovere Dawn, ma non il rosso.
Scott sapeva che per un qualche risultato doveva essere freddo.
E non avrebbe gettato quella maschera d’indifferenza, nemmeno se lei si fosse prostrata ai suoi piedi e se si fosse messa a baciare il pavimento.
Aveva superato ogni limite tollerabile e lui non voleva più concedere una possibilità a una ragazza del genere.
“Credi che non sappia qual è il motivo che ti spinge a volermi?” Chiese Scott con un ghigno perfido e spaventoso.
“Quale?”
“Non ti è mai importato nulla della mia felicità o dei miei risultati.”
“Non è vero.”
“Stai negando forse che quello che ti ha spinto a stare con me è la cospicua eredità dei miei stupidi genitori?” Domandò il rosso.
“Ti sbagli.”
“Nessuno mi ha mai voluto vicino, fino a quando non raccontavo questa storia.”
“Io…” Borbottò Courtney, salvo arrestarsi subito dopo.
“Dawn invece non sapeva nulla di questa faccenda e mi è sembrata stata vicino, nonostante il mio pessimo carattere.”
“Io non volevo il denaro.” Tentò nuovamente, facendo negare Scott.
“Inoltre tu, Courtney, non sei parte del mio piano.”
“Quale piano?”
“Dawn invece è perfetta ai miei occhi.”
“Tu e lei…”
“Non hai ancora capito, Courtney? Tra noi è tutto finito.” Ribadì, indicandole la porta, senza tuttavia schiodarla dalla sua posizione.
“Io…”
“Io e Dawn ci amiamo e desideriamo vivere insieme.” Riprese il rosso, avvicinando a sé la ragazza di cui parlava.
“Non puoi.”
“La casa è di mia proprietà e noi vogliamo essere felici.”
“Tu…”
“Non sarò cattivo. Ti darò una settimana di tempo per raccogliere le tue cose e per andartene da questa casa.” Ringhiò Scott, facendola annuire.
“Noi…”
“Non c’è nessun noi, Courtney. Ci siamo solo io e Dawn, in questa casa, per sempre e senza la tua presenza.” Riprese il rosso, esasperato da quella cocciutaggine.
Dallo sguardo della sua, ormai, ex fidanzata aveva capito che era un osso troppo duro da abbattere da solo.
Aveva bisogno dell’aiuto di Dawn, anche se esso non sarebbe stato per niente desiderato.
Doveva forzare la mano per vincere.
Infatti tirò a sé la ragazza e la baciò con passione, mentre lei si scioglieva con quel contatto inaspettato e inizialmente irruento.
Fu nel vedere quella scena che Courtney perse un battito e si sentì quasi svenire.
Nel vederli così avvinghiati e affiatati, si mise a piangere e uscì dall’appartamento, sbattendo dietro di sé la porta.
 
Nonostante il frastuono i 2 restarono attaccati ancora per qualche secondo, quasi temessero di rovinare quel momento.
Inoltre Scott temeva che Courtney tornasse sui suoi passi.
“Scott.” Soffiò Dawn dopo essersi staccata, sfiorandosi le labbra.
“Sì?”
“Io non capisco.”
“Nemmeno io capisco molte cose, ma con pazienza le capirò.”
“Io faccio parte del tuo piano?” Chiese la biondina, studiando gli occhi del rosso.
“Sì.”
Quella semplice risposta però fu capace di far arrabbiare Dawn che, come Courtney, si ritrovò a scappare dall’appartamento quasi avesse a che fare con un mostro.
Lei era fuggita solo per un motivo.
Quel bacio, tanto bello quanto inaspettato, era solo parte del suo piano.
E lei c’era cascata.
Sentiva d’aver sollevato quel teatrino solo per riprendersi la baracca e lei non voleva essere considerata come una sua aiutante.
Sperava di non essere solo una parte del suo piano.
Lei voleva essere tutto il suo piano.
Non metà.
Non una minima parte.
Tutto l’insieme.
E come se ne era andata furibonda, allo stesso modo aveva fatto irruzione alla casa dei nonni di Scott.
Sbattendo la porta, chiudendosi nella sua camera e pregando i suoi anziani benefattori di non chiederle nulla.
Inutile comunque porle qualche domanda, dato che entrambi, nonostante la veneranda età, sapevano chi era il responsabile di quel comportamento.
Inutile fare tanti pensieri su chi l’avesse scombussolata.
Alla fine solo Scott poteva essere in grado di portarla in Paradiso, per poi farla precipitare all’Inferno.
Una telefonata comunque con sua nonna non gliela toglieva nessuno.
Dopotutto Dawn aveva rinunciato a Beverly per lui.
Aveva aspettato che si liberasse di Courtney e ora la faceva soffrire come un’idiota.
Tuttavia, quando lei telefonò all’appartamento del nipote, lo sentì piuttosto distante.
E la vecchia gli fornì una sola possibilità per riabilitarsi.
Se avesse fallito, in barba anche al loro grado di parentela, lei avrebbe fatto qualcosa per risolvere la situazione.
Sarebbe stata capace anche di sfruttare una carta che lui detestava da una vita.
Di certo veder scendere dall’aereo quell’idiota di suo padre e quella sconsiderata di sua madre non gli sarebbe mai andato giù.
Pertanto l’aveva pregato di non abusare della sua fiducia.
 



Angolo autore:

Ryuk: Manca un solo capitolo alla fine...

Non essere triste Ryuk.
Io sono così allegro.

Ryuk: Tu allegro? Che hai combinato?

Una sola parolina come indizio: ZIZZANIA!

Ryuk: Tu...

Credevate di giungere ad un bel lieto fine?
Non è ancora ora.
Dovete soffrire ancora.
E ancora.
E ancora.
E...fino a quando Ryuk non mi stenderà con il martello.

Ryuk: Ma che...

Capitolo corto?
Parlatene con lo shinigami.
È tutta colpa sua.

Ryuk: Questa me la paghi...beh almeno le 20 recensioni non sono così lontane.

Sarà uno spasso.
Ora io vado a rovinare altre storie.
All'ultimo capitolo gente.
E mi raccomando: offendete pure Ryuk se lo desiderate.

Ryuk: Muori!

Un giorno...forse.
Vi saluto gente.
Alla prossima!

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Capitolo 9
*** Cap 9 ***


Scott per oltre 3 mesi aveva provato, anche con l’aiuto dei nonni, a riavvicinarsi a Dawn, fallendo puntualmente.
Quando era scappata dal suo appartamento, aveva intuito che non sarebbe mai tornata indietro e che sarebbe stato costretto a lottare per ottenere il suo perdono.
Tuttavia in questo periodo aveva collezionato solo fallimenti.
A scuola veniva ignorato o evitato il più possibile, senza mai riuscire a superare quella situazione orribile.
Aveva pure provato con la stessa tecnica della volta precedente, ma Dawn, immaginandosi una simile mossa, si faceva sempre accompagnare da qualcuno.
Non andava meglio nemmeno andava a visitare ogni pomeriggio la casa dove era ospitata.
Puntualmente si scontrava con la sua assenza e usciva poco dopo con testa bassa e coda tra le gambe.
E ogni volta le scuse erano le solite.
Non aveva mai tempo per un saluto.
Era sempre fuori con i suoi amici, oppure troppo impegnata nello studio per uscire dalla sua stanza.
Talvolta faceva intendere ai nonni di Scott che non voleva vedere nessuno e che in cima alla lista delle esclusioni vi era proprio il loro nipote.
L’unica cosa che consolava il rosso era sapere che non stava con Beverly, anche se la gelosia che provava, lo spingeva a credere che ogni ragazzo della scuola che frequentavano fosse, in realtà, un suo rivale in amore.
Stanca di quella situazione la nonna del rosso aveva deciso di risolvere la situazione.
Anche perché Scott non era l’unico a soffrire.
La stessa Dawn era distante, infelice e scostante.
E per questo la donna aveva deciso di metterci lo zampino.
Tutto si sarebbe risolto durante la festa che la ragazza avrebbe organizzato e poco le importava che suo nipote non fosse stato invitato.
Tanto alla fine, anche sotto minacce della loro ospite, lei aveva rivelato la verità a Scott, come se non sapesse che lui si sarebbe presentato comunque.
Il rosso era pronto a tutto per risolvere le cose con Dawn.
Se poi lei si fosse offesa e l’avesse messa sul piano delle chiacchiere, lui avrebbe ribattuto, affermando che era passato solo per caso.
Era una stupida fatalità se lui aveva scelto di far visita ai suoi nonni proprio nel giorno della festa che lei aveva organizzato.
Solo una sciocca fatalità che lui fosse vestito decentemente.
E solo una sciocca fatalità che lui si presentasse proprio alle 16 in punto.
Non lo faceva di certo per essere minacciato o che altro.
Lui non era diventato masochista in questo.
Lui voleva farsi perdonare.
Perché in quello stupido pomeriggio di qualche settimana prima, lui aveva sbagliato in pieno.
Aveva frainteso la sua domanda, aspettandosi altro e la sua risposta, vincolata alla sua sensazione iniziale, l’aveva fatta infuriare.
E lei era tornata a utilizzare quella stramaledetta tecnica che aveva sfruttato quando Courtney l’aveva minacciata.
Per un po’ Scott aveva creduto che cercasse di farsi desiderare, ma poi aveva notato che lei non si avvicinava in alcun modo per stuzzicarlo.
E quando cercava di parlarle e di scusarsi, lei se la svignava spaventata.
Il rosso però non avrebbe rinunciato a farle sapere la verità.
Se poi non fosse riuscito a convincerla, avrebbe lasciato perdere e avrebbe cercato altrove la felicità di cui aveva bisogno.
Si presentò quel pomeriggio, salutando i suoi anziani parenti e cercando con lo sguardo la festeggiata.
La torta era già stata mangiata e i regali tutti aperti.
Quelli ancora presenti stavano parlando tra loro, ma lei era assente.
Scott intuì che quello era il momento adatto per sistemare le cose e, infatti, salì le scale, avviandosi verso la sua stanza.
Silenzioso e inesorabile giunse sul pianerottolo e vide suo cugino Beverly alzare la mano verso qualcosa.
Nascosta dal fisico possente del ragazzo, vi era Dawn, che tremava come una foglia.
Probabilmente era stata notata da Beverly, che l’aveva seguita e che voleva approfittarsi di quel momento per rovinarle la vita.
Era quasi sul punto di colpirla che Scott bloccò le sue intenzioni, torcendogli il braccio e frapponendosi tra loro.
Con sguardo demoniaco rivolse la sua attenzione verso il cugino che tanto detestava.
“Vattene.” Gli ordinò con decisione, facendolo trasalire.
Beverly, dinanzi a quel cambiamento repentino, ritornò sui suoi passi e si dileguò.
Il rosso non aveva la certezza che tutto si fosse risolto, ma qualora quell’idiota avesse avuto intenzione di picchiare Dawn, allora lui avrebbe svuotato il sacco.
E se lui non sembrava capace di picchiare qualcuno, allora avrebbe delegato sua nonna che avrebbe agito a modo suo.
Nel pensare a ciò, si ritrovò a sorridere come uno stupido e si voltò verso la ragazza.
“Stai bene?” Le chiese.
“Scott.”
“Sono un vero idiota.” Borbottò il rosso, stringendola a sé, cercando di calmarla e di rallentare il suo tremolio.
“Ti avevo detto di non venire.”
“Tu hai sempre sperato il contrario.”
“Io…”
“So che sei ancora arrabbiata per quello che ti ho detto, ma ti giuro che ho frainteso ciò che volevi chiedermi.”
“Come?” Chiese, riuscendo a staccarsi da lui e invitandolo a entrare nella sua camera.
Quella era la prima volta che metteva piede nella sua ex stanza.
Conoscendo la casa dei nonni sapeva bene che Dawn era destinata alla sua vecchia tana e in fin dei conti ci sperava davvero tanto.
Dopotutto, da quando aveva chiuso quella porta erano passati alcuni anni, prima che qualcuno ne varcasse l’uscio con l’intento di farci qualcosa.
Aveva notato che i suoi pochi poster erano stati staccati e che alcuni suoi dvd erano stati spostati su un’altra mensola.
Inoltre i pochi libri delle superiori erano stati tolti dalla scrivania, anche se per il resto tutto era ancora al suo posto.
La foto sul comodino era rimasta lì, nonostante la ragazza potesse toglierla.
Perfino parte del suo disordine nel mobiletto dei libri era rimasto intatto.
In tutto ciò Scott sentì d’essere tornato indietro nel tempo, quando da bambino si rinchiudeva nel suo mondo.
Ora però quel suo mondo apparteneva a Dawn e mai scelta poteva essere più adatta, secondo la sua modesta opinione.
Dopo aver studiato la sua vecchia stanza per quasi un minuto, si adagiò pigramente sull’unica sedia presente, mentre Dawn si sistemò sopra il letto.
“Sembra più grande rispetto a quando ci vivevo.”
“Mi dispiace, Scott.”
“Non è mai stata colpa tua, Dawn.” Soffiò il giovane, stiracchiandosi appena.
“Non è vero.”
“Io sono un incapace che non sa riconoscere ciò che possiede, fino a quando non perde tutto.”
“Tu…”
“Quella sera, quando ti ho pregato di accompagnarmi, mi hai chiesto se quel bacio facesse parte di un mio piano.”
“Non lo era?” Domandò lei, studiandone la reazione.
“Certo che no.”
“Tu però hai detto…”
“Ho detto il contrario, come solo un idiota potrebbe fare.”
“Perché?”
“Non ho ascoltato con attenzione la tua domanda e di questa cosa me ne sono pentito amaramente in queste settimane.”
“Mi hai ignorato?” Chiese, facendolo negare appena.
“Credevo, senza volerlo, che mi chiedessi se ero felice d’essermi liberato di Courtney e invece ci sono cascato.”
“Tu non eri felice della realizzazione del tuo piano.” Si stupì la giovane, facendolo ridacchiare.
“Come potevo?”
“Tu…”
“Dawn tu non sei mai stata una parte del mio piano.”
“Però…”
“Credevo saresti stata tutto il mio piano, ma sei scappata prima che potessi dirtelo.”
“Scusami.”
“Ero così felice d’essere libero che non ho nemmeno ascoltato la tua domanda.”
“Credevo mi avessi preso in giro.”
“Come potrei ingannarti?” Chiese, rialzandosi e avvicinandosi a lei.
“Sono una stupida.”
“Sono passato oggi solo con l’intento di chiederti scusa.”
“E ti ho mostrato una volta di più d’essere incapace di farmi valere.” Sbuffò lei, sconsolata, ripensando a Beverly.
“Mio cugino è un disgraziato.”
“Io…”
“Tu lo ami?” Chiese nuovamente il rosso, risvegliandola e facendola sussultare.
“Me l’hai già chiesto.”
“Eri ancora una ragazzina e le persone cambiano spesso idea.” Ghignò, cercando di risollevarle il morale.
“Ora siamo pari come età.”
“Sei alla pari di un 24enne scapestrato.” Sorrise, facendola ridere nuovamente.
“E sconsiderato.” Aggiunse lei.
“Comunque non mi hai risposto.”
“Mi dispiace per te, ma io non sono mai stata interessata a Beverly.”
“Perché dovrebbe dispiacermi?”
“Non lo so, ma mi sembrava divertente dirlo.”
“Comunque non ti ho ancora dato il mio regalo.” Sbuffò il rosso, invitandola a rimettersi in piedi.
“Non importa.”
“Se mi segui, ti piacerà.” Riprese Scott, uscendo dalla sua stanza e sperando che lei facesse come aveva consigliato.
 
Fu nel scendere lentamente le scale che ebbe la sicurezza d’averla incuriosita.
Ora però veniva la parte difficile.
Dovevano sgusciare fuori da quella casa circondata da matti senza farsi notare da nessuno.
Sarebbe stato semplice se non si fosse trattato della festeggiata e di uno che sfociava una zazzera rossa.
Tuttavia con fatica e con l’aiuto di suo nonno, Scott e Dawn erano riusciti a svignarsela.
I due per i primi minuti restarono vicini e in silenzio.
Entrambi si chiedevano a cosa pensasse l’altro, senza sapere la verità.
Scott non vedeva l’ora di rendere felice la giovane, mentre quest’ultima si chiedeva cosa cercasse di nascondere.
“Spero ti piaccia.” Borbottò lui a un certo punto, sfiorando con la sua mano quella della ragazza.
“Ti sei impegnato tanto?”
“Abbastanza.”
“Spero solo non sia uno scherzo.”
“Affatto.” Riprese, giungendo davanti alla porta del suo condominio.
“Che ci facciamo a casa tua?” Chiese lei, salendo le scale.
“Ho dimenticato il tuo regalo.”
“Non raccontare bugie.”
“Puoi aspettare qualche secondo?” Domandò lui, cercando di calmare la sua curiosità.
“Io…”
“Non è una cosa tanto semplice.” Sbuffò, facendola entrare e chiudendo la porta alle loro spalle.
“Mi vuoi spiegare cosa nascondi?”
“Io non sono mai stato bravo con le parole.”
“Provaci comunque.”
“Io sono pieno di difetti e non riuscirò mai a risolverli da solo.”
“Non dire così.”
“Per quanto mi sforzi, non sono così bravo a rendere felice una persona, anche se spesso m’impegno al massimo.”
“Non ti stai descrivendo molto bene.” Lo punzecchiò, facendolo sorridere.
“Dawn io…”
“Che cos’hai?” Le chiese la giovane con sguardo amorevole, avvicinandosi appena.
“Io…”
“Mi stai facendo preoccupare.”
“Dawn, io ti darò metà della mia felicità, se tu mi darai metà della tua.” Tentò, arrossendo vistosamente.
Fu nel sentire quella strana promessa che Dawn sorrise.
Per un attimo aveva creduto che lui stesse scherzando, ma vedendolo serio si era convinta della bontà delle sue parole.
“Io non voglio la metà perché sono pronta a darti tutta la mia felicità.” Ribatté, arrossendo e stringendosi a lui.
“Vuoi venire a vivere qui con me?” Chiese il rosso, facendosi coraggio.
“E me lo chiedi?”
“Non sono un tipo semplice e potrei farti arrabbiare spesso.”
“Ed io potrei farti preoccupare senza motivo.”
“Se non mi preoccupo della ragazza che amo, sarei un idiota.” Riprese, baciandola delicatamente.
“Comunque…” Ricominciò la giovane, dopo essersi staccata dal suo ragazzo.
“Sì?”
“Sto ancora aspettando il mio regalo.” Sorrise, facendo ghignare il rosso che non sapendo come rispondere, la baciò nuovamente.
“È questo il tuo regalo.”
“Il migliore che abbia mai ricevuto.” Ammise, abbracciandolo e sentendosi finalmente in pace.
Con quello che avevano vissuto, il convivere era l’unica possibilità per crearsi una vita tranquilla e senza fraintendimenti.
Dopotutto entrambi avevano qualcosa di cui essere gelosi.
Scott, nemmeno con Courtney, aveva mai conosciuto la gelosia, ma da quando era comparsa Dawn e non stavano ancora insieme, lui non aveva passato giorno senza chiedersi come potesse stare senza di lei.
Allo stesso modo Dawn non l’avrebbe abbandonato.
Aveva sofferto tantissimo in quelle settimane e non avrebbe più abusato della poca felicità che gli era rimasta.
Avrebbero cercato di alimentare i sentimenti della rispettiva metà con la massima attenzione e senza dare più nulla per scontato.



Angolo autore:

La fine finalmente.
Non sono riuscito a seminare zizzania anche qui e Ryuk ha vinto.

Ryuk: Ricorda che la prossima volta tocca a te.

Giovedì.
Se ho voglia.

Ryuk: io sono davvero euforico.

Peggio delle pubblicità su pc.

Ryuk: Ringrazio quelli che hanno letto, recensito e che hanno lasciato consigli.
Alla prossima!

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