Se la vita ti da limoni, fatti un limoncello.

di Whatshername
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1) Dilemmi esistenziali ***
Capitolo 2: *** Un subconscio proprio scemo ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: Evidenziatori e biblioteche ***



Capitolo 1
*** 1) Dilemmi esistenziali ***


Capitolo uno: Dilemmi esistenziali

 

 

Andare a lezione o non andare a lezione, questo è il dilemma.

Amleto, dai retta a me, questi sono i veri quesiti della vita, soprattutto quando la professoressa di linguistica generale manda alla lavagna a fare esercizi incomprensibili e tu non sai fare una mazza. 

Diciamo anche che c’è del marcio in quella classe, e forse anche in quella donna. 

Essere o non essere, tsk. Pezzente.

La caffetteria cominciava finalmente a svuotarsi e io appoggiai la borsa sul tavolo con un tonfo che rimbombò sonoramente, facendomi guadagnare un'occhiataccia dalla segretaria dall'altra parte del corridoio; levai le mani in segno di discolpa e lei si aggiustò gli occhiali sul naso usando il dito medio.

Che ambiente simpatico e incoraggiante, che personale cortese…

Guardai l'ora: avevo più o meno tre minuti per prendere una decisione. Insomma, avevo così tanti esercizi di tedesco da fare… Se avessi saltato linguistica sarei riuscita a farne almeno la metà entro l'ora di pranzo e forse non avrei dovuto improvvisare a lezione diventando paonazza nel tentativo di dare la risposta giusta…

« Non dovresti essere a lezione? »

Per poco non saltai su dalla sedia a schiena inarcata come i gatti. Sicuramente soffiai un po' però mentre mi giravo verso Elena con il cuore in gola.

« Ele, ansia. Sto per avere un infarto, chiama un’ambulanza. E smettila di ricordarti l'orario dei miei corsi, insomma… Anche tu dovresti essere a lezione, comunque! » ribattei trionfante con una mano sul cuore, pronta ad acchiapparlo se avesse tentato di scapparmi dal petto come mi sembrava intenzionato a fare visto quanto batteva forte. 

« Annullata, la Banchi non può venire causa sciopero dei treni. » disse Elena con un’alzata di spalle. Si tolse il cappotto pesante e si tirò fuori capelli biondo cenere dal colletto del maglione mentre io rimuginavo sull’ingiustizia dell’esistenza umana; perché a quella mummia della prof di linguistica non succedeva mai niente? Mai un'influenza, mai una malattia gravissima e possibilmente incurabile… Non che le augurassi la muerte, solo un lungo periodo di assenza. Qualcosa tipo dieci-quindici anni, così che io facessi in tempo a laurearmi prima del suo ritorno.

« Senti facciamo così allora… Ti do dieci euro e vai tu a linguistica a prendere appunti. Ci stai? » domandai speranzosa, cominciando a frugare nella borsa per prendere il portafogli.

Elena schiaffò poco elegantemente il cappotto sul tavolo « Neanche per cinquecento euro ci andrei, che orrida materia. E comunque devo studiare psicologia. Tu invece non hai scuse, hai già saltato martedì scorso » mi ricordò con una certa severità « e sospetto che tu non sia andata neanche il martedì precedente e che tu mi abbia mentito. »

In effetti le avevo mentito e invece di andare a lezione mi ero rintanata in un bar a studiare come una pazza visto che avevo avuto la folle idea di chiedere un fuori appello di letteratura francese e quando l’esame si era fatto sotto io mi ero ritrovata in alto mare. In altissimo mare. Jack Dawson in confronto era in una piscina.
Alla fine avevo preso un onesto e dignitoso ventitrè e me l’ero squagliata il più velocemente possibile dall’ufficio del professore prima che ci ripensasse.
Affranta e con un senso di colpa crescente sospirai « Non so se tornerò viva da questa lezione, Ele… In ogni caso lascio a te tutti i miei averi, col cazzo che mia sorella si prende i miei cd. »

Lei ignorò il mio melodrammatico congedo e sventolò il suo mastodontico manuale di psicologia a mò di saluto.

Con la morte nel cuore salii due rampe di scale e arrivai in cima con il fiatone del lupo de “La spada nella roccia”, quindi entrai in aula.

Il piano era sgattaiolare dentro il più silenziosamente possibile, mimetizzandomi con la parete come neanche i migliori camaleonti della giungla per poi prendere il posto più strategico possibile ma…

« Un po' in ritardo, non credi? »

Abbattuta e colta in flagrante guardai la donna più simile ad un T-Rex che avessi mai visto.

Non crede sia ora di togliersi quella scopa dal c-

« Scusi… » bofonchiai rossa di vergogna mentre chiudevo la porta e andavo a piazzarmi in una strategica penultima fila, un po' in mezzo così che non potesse vedermi troppo bene; scivolai anche un po' con il sedere sulla sedia in modo da sembrare alta più o meno quanto un puffo affetto da nanismo, e anche se era una posizione particolarmente scomoda la mantenni per tutte e due le ore prendendo appunti con una calligrafia anche peggiore del solito.

La Malvagia stavolta non chiamò nessuno alla lavagna bianca, si limitò a disegnare qualche schema comprensibile solo a lei e una manciata di altri esseri umani, poi ci congedò e io scappai fuori con uno scatto che neanche Bolt nei suoi anni migliori.

Libertà!

« Ele! » urlai entrando in caffetteria per poi abbracciarla mentre lei era ancora china sul suo libro « Non credevo ti avrei rivista, sono commossa. Offrimi un caffè dai, che hai rischiato di perdere la tua migliore amica. Ma secondo te si può morire di noia? Perché credo di esserci andata vicina oggi, la vista mi si è appannata, ho sentito cori di angeli e ho intravisto una luce… »

Lei levò gli occhi al soffitto polveroso cercando di non ridere « Era un lampione, probabilmente. »

Stavo per accasciarmi sul tavolo e lanciarmi in una dormita di quelle potenti fino alla prossima lezione quando Daniele entrò dalla porta a vetri -sporchi- e mi lanciò il suo cappello umido di pioggia dritto in faccia.

« Dov'è il tritarifiuti quando serve? » domandai guardandomi intorno, pronta a disintegrare il suddetto cappellino. 

« Che si dice di bello? » chiese Daniele sedendosi direttamente sul tavolo.

« Serena stava raccontando di come è sopravvissuta a linguistica. » spiegò Elena rinunciando finalmente a psicologia e chiudendo il libro con un tonfo tetro.

« Confiderò nella prossima volta per liberarmi di lei, allora. » commentò lui, stiracchiandosi.

Agitai il dito medio in sua direzione.

« Ma tu non hai mai lezione? » domandai con aria inquisitoria « Sei sempre qui a bighellonare… »

« Bighellonare? » ripetè lui, divertito « Neanche mia nonna lo dice più. Che termine atavico. »

Io sbuffai « Mi correggo, non hai qualcosa su cui filosofeggiare in silenzio? »

« Nah, non oggi. Devo consegnare un saggio tra un paio d'ore, quindi tra un'ora comincerò a lavorarci. »

Non so per quale strana ragione Daniele non avesse mai corsi da seguire. O meglio, aveva lezione quando pareva a lui, cioè una volta ogni morte di Silente. 

Ciononostante passava comunque la maggior parte del tempo a studiare per i suoi strambi esami di cui io coglievo solo vagamente il fascino; filosofia non era per niente la mia strada ma ogni tanto lui aveva cercato di parlarmi dei suoi filosofi preferiti ed ero rimasta affascinata. Non abbastanza da mollare le lingue, ma comunque affascinata.

Solo che forse non erano stati i filosofi ad affascinarmi ma semplicemente Daniele.

 

 

 

 

Angolino di Sara
Bonsoir, Madames e Monsieurs!
Approdo qua, tra le originali, sperando che questa storiella non troppo originale ma sicuramente scema vi possa far sorridere. Non ho idea di quanti capitoli ci saranno in tutto, nè se riuscirò ad aggiornare con una certa regolarità… Sono assai brava a procrastinare, ma farò del mio meglio. Una cosa è certa, pubblicherò ad orari improbabili perché sono un esserino notturno e insonne.
Che altro dire, c’è un che di autobiografico in questa storia quindi potete aspettarvi solo idiozie da parte mia. Ordunque bando alle ciance, fatemi sapere se a qualcuno interessa o se dovrò continuare in totale solitudine!
A presto! :D

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Capitolo 2
*** Un subconscio proprio scemo ***


Capitolo due: Un subconscio proprio scemo

 

Seduta a gambe incrociate sul letto di Elena fissavo il mio ventaglio di carte con aria sconsolata. Avevo già perso le due partite precedenti e la prospettiva di essere sconfitta di nuovo mi rendeva particolarmente irritata.

« Ma il detto non dovrebbe essere “sfortunata al gioco fortunata in amore” o una cosa così? » domandai scartando un inutile due « perché io sono sfigata in entrambi? »

« Vuoi che ti lasci vincere? » propose Elena allegramente attaccando carte qua e là.

Stupida scala quaranta.

« No, ma se vinci tu vorrei che ti lasciassi picchiare, sarebbe piuttosto liberatorio. »

E fu a quel punto che il mio cervello fece bip e si spense.
Non so cosa accadde, forse andò in cortocircuito o in sovraccarico. Forse semplicemente non ho mai avuto un cervello. Fatto sta che commisi un grosso, enorme errore.

« Elena, credo… forse… insomma magari potrebbe quasi piacermi Daniele » buttai lì piuttosto atterrita dal fatto che lei avesse solo due carte in mano. Due carte che appena ebbi finito di parlare si ritrovarono a svolazzare per la stanza perché la Ele, presa da un attimo di follia pura, le aveva lanciate via.

I suoi occhi erano diventati enormi, così sgranati che temevo le sgusciassero via dalle orbite.

« Lo sapevo! Ll'ho sempre pensato che stareste troppo bene insieme… » e io vedevo il suo cervello riempirsi di immagini di me e Daniele in abiti da matrimonio. 

Con un certo orrore cercai di placarla mentre lei ciarlava a macchinetta « Elena, santo cielo- »

« I vostri sguardi! Il modo in cui scherzate sempre… »

Mentre lei saltellava sul posto io mi accasciai sul letto aspettando che qualche calamità naturale ponesse fine alle mie sofferenze; un fulmine magari, o un pezzo di intonaco dritto sul cervelletto…

« Elena. Basta. Smettila o ti lancio giù dal letto di testa. »

Una vita passata a guardare serie tv su omicidi vari e ora che dovevo far fuori qualcuno l'unica arma che avevo era un mazzo di carte. Forse avrei potuto tentare di decapitarla, ma sarebbe stato troppo impegnativo… non erano particolarmente taglienti quelle carte.
« Okay, hai ragione, scusa. Quindi? Cosa si fa? » chiese con un sorriso terrificante, come quello del clown di American Horror Story.
« Quindi cosa? Cosa vuoi fare, andiamo avanti a giocare e via. Tanto stai per vincere. »
Lei mi fulminò « Intendo con Daniele. Glielo dirai? »
Io roteai gli occhi « Certo, poi andrò ad affogarmi in bagno. No che non glielo dirò, sei matta? Sai come reagirebbe? Entrando in modalità Spedii Gonzales e scappando via a gambe levate urlando “andale andale”. »
Di questo ero abbastanza sicura, e non ero per niente pronta a dire addio ad un amico per una cosa stupida come una cotta. Che poi più che cotta mi sentivo carbonizzata ma questo è un altro paio di maniche.
« Non è detto. Ho sempre pensato che tra voi fosse tutto un po' ambiguo, sarebbe dovuto scattare qualcosa all'inizio però non è mai troppo tardi... »
« Certo che lo è, guarda l'orologio: segna le è troppo tardi e un quarto, quindi possiamo andare avanti come se io non avessi mai aperto bocca? »
« No, taci. Devo riflettere. Escogitare un piano d'attacco. »

« Capitano Ele, giuro che se non la smetti ti spoilero tutto il Trono di Spade. Faccio sul serio. »
Ma lei ormai stava entrando nella versione “Elena psicologa” e quando questo accadeva c'era ben poco da fare « Senti, se me l'hai detto è perché tu a livello conscio o subconscio vuoi che io ti aiuti in questa cosa. E questa cosa si chiama Daniele. Quindi smettila di essere disfattista e dimmi cosa vuoi veramente. »
« A parte Tom Hiddleston nudo nel mio letto, intendi? Non voglio niente, Ele, che ansia… volevo solo togliermi questo peso, dirlo ad alta voce, metabolizzare la cosa e andare oltre. »
Elena inarcò un sopracciglio spettinato « Non credo funzioni esattamente così, sai? »

Mugugnai qualcosa di incomprensibile anche a me stessa, cercando di cacciare via l'immagine del sorriso di Daniele dalla mia testa. Chi gli aveva dato il permesso di entrare nella mia testa poi...

La Ele rimase in silenzio per più di dieci secondi, quindi la guardai per accertarmi che stesse ancora respirando.
Mi stava guardando fin troppo seriamente.
« Che c'è? »
« Ora capisco un sacco di cose » disse con intensità « I tuoi sbalzi di umore quando c'è lui. O meglio, quando non c'è lui. Le lezioni saltate… »
Non sapendo cosa dire a mia discolpa bevvi un sorso di coca cola direttamente dalla lattina.
Non ero mai stata abile a nascondere le mie emozioni quindi era ovvio che qualcuno si accorgesse dell' improvviso malumore che ogni tanto mi prendeva quando Daniele si congedava troppo presto dalle nostre sessioni di studio o dalle serate al bar.
« Mi passerà » fu tutto ciò che riuscii a tirare fuori.

Elena mi guardò come se fossi una cicca masticata spatasciata sul marciapiede.
« Senti, parliamone un attimo. Perché sei così convinta di non avere neanche una chance? »

« Perché conosco Daniele, e lo dovresti sapere anche tu. Non vuole una relazione, e sicuramente non la vuole con me. Gli serve una ragazza che lo faccia capitolare dal primo incontro e con me non è successo. Non credo nemmeno mi veda in quel senso. »
« Io credo di sì, invece. O almeno, credo ci abbia pensato. Magari se tu facessi la prima mossa... »

« No. Non voglio rovinare la nostra amicizia per questo, e sono sicura che se glielo dicessi nessuno dei due riuscirebbe più a comportarsi con naturalezza. »

« Quindi il tuo piano è soffrire in silenzio? »

« Sto ancora limando i dettagli ma sì, a grandi linee sì. » borbottai testardamente.
« In qualità di tua migliore amica e consigliera universale non posso permettertelo. »
« In qualità di persona che sta per essere fatta a pezzi e infilata in un congelatore però puoi smettere di parlarne? Voglio solo distrarmi un po', dimenticarmi della sua esistenza e tornare ad essere felice e spensierata. »

*

Felice e spensierata un cazzo.
Sessione di esami. Bocciature imminenti. Laurea irraggiungibile.
Avevo così tanti appunti sparsi sul tavolo davanti a me che avrei potuto costruirci un castello. Se solo spiaccicarci la fronte sopra permettesse di apprendere per osmosi...
« Daniele, fallo di nuovo e ti lancio giu dalla finestra. » minacciai mentre lui avvicinava pericolosamente l'evidenziatore azzurro al mio braccio.
Ormai ero già tutta evidenziata visto che aveva passato le ultime due ore a scarabocchiarmi allegramente ogni punto raggiungibile, ma c'è un limite a tutto.

« Shh, non distrarre l'artista. » mi zittì lui, facendomi qualche altra linea azzurra addosso.
« Artista un cavolo... » borbottai prendendo il libro di filosofia medievale e colpendogli il braccio.
« Ahia! Non ce n'era affatto bisogno! » si indignò lui, scarabocchiando furiosamente con l'evidenziatore sui miei appunti.

« Ma io ti squarto, cretino! » sbottai alla fine, dopo che lui mi ebbe macchiata anche una guancia, al feci scattare la vendetta.
Quando Elena ci raggiunse, dopo il termine della sua lezione di psicologia, ci trovò esausti. Io ero più simile ad un puffo radioattivo e Daniele era più rosa neon che altro.
« Insomma avete studiato tanto. » commentò con un sospiro rassegnato.

« Lo studio è sopravvalutato, ho deciso di mollare tutto e andare in miniera. » dichiarai con una certa convinzione, visto che non sarei mai riuscita a passare l'esame di linguistica e sarei rimasta bloccata al primo anno per sempre.

« Io pensavo di prostituirmi invece. » annuì Daniele, sfogliando le pagine del suo libro totalmente a caso.

« Ma sono l'unica qui che conta di laurearsi? »
« Sì, Ele, e probabilmente sarai anche l'unica a riuscirci. » mugugnai stanca e abbacchiata.

Faceva così freddo che stavamo con i giubbotti addosso, ma ogni volta che Daniele sorrideva il mio cuore prendeva fuoco e l'inverno era solo là fuori.

Da quando avevo confessato la mia stupida cotta ad Elena mi sembrava di non riuscire a pensare ad altro, era come se si fossero rotti gli argini del fiume Daniele e questi avesse inondato il mio cervello sommergendo qualunque altro pensiero.
Non mi ero mai sentita così frustrata in vita mia, soprattutto quando -come in quel momento- Daniele si metteva a messaggiare senza sosta con chissà chi e una totalmente irrazionale e piuttosto patetica gelosia prendeva il sopravvento su di me.
« Possiamo smettere di far finta di studiare e andare a casa? » domandai più che altro perché ormai mi stavo immaginando una trentina di scenari in cui io mi dichiaravo e lui mi diceva che anche lui mi aveva sempre amata e avremmo vissuto felici e contenti per sempre.

« Non so, penso ci sentiremmo in colpa per il resto del weekend senza riuscire a godercelo. »
« E allora studiamo... » suggerii, in un momento molto poco da me.
Così poco da me che Daniele smise addirittura di scarabocchiare e mi fissò con aria molto sorpresa.
« Potrei quasi offendermi per questa reazione esagerata, lo sai? »
« Scusa, ero semplicemente scioccato. Non ti ho mai sentito dire quella parola che inizia per “s” e finisce per “tudiare”. »
Per l'ennesima volta nella mia vita levai alto il dito medio « Se hai finito di distrarmi, ho un esame da preparare. » sbottai in un altro scatto poco da me riprendendomi il libro in un gesto irritato.
Lui si limitò a borbottare un “lunatica” e tirare fuori il suo ipod, conficcandosi le cuffie nelle orecchie.


Angolino di Sara
E anche il secondo capitolo è andato, spero vi abbia strappato almeno un sorriso. A presto!

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Capitolo 3
*** Capitolo tre: Evidenziatori e biblioteche ***


Capitolo tre: Evidenziatori e biblioteche


Felice e spensierata un cazzo.
Sessione di esami. Bocciature imminenti. Laurea irraggiungibile.
Avevo così tanti appunti sparsi sul tavolo davanti a me che avrei potuto costruirci un castello. Se solo spiaccicarci la fronte sopra permettesse di apprendere per osmosi...
« Daniele, fallo di nuovo e ti lancio giu dalla finestra. » minacciai mentre lui avvicinava pericolosamente l'evidenziatore azzurro al mio braccio.
Ormai ero già tutta evidenziata visto che aveva passato le ultime due ore a scarabocchiarmi allegramente ogni punto raggiungibile, ma c'è un limite a tutto.

« Shh, non distrarre l'artista. » mi zittì lui, facendomi qualche altra linea azzurra addosso.
« Artista un cavolo... » borbottai prendendo il libro di filosofia medievale e colpendogli il braccio.
« Ahia! Non ce n'era affatto bisogno! » si indignò lui, scarabocchiando furiosamente con l'evidenziatore sui miei appunti.

« Ma io ti squarto, cretino! » sbottai alla fine, dopo che lui mi ebbe macchiata anche una guancia, al feci scattare la vendetta.
Quando Elena ci raggiunse, dopo il termine della sua lezione di psicologia, ci trovò esausti. Io ero più simile ad un puffo radioattivo e Daniele era più rosa neon che altro.
« Insomma avete studiato tanto. » commentò con un sospiro rassegnato.

« Lo studio è sopravvalutato, ho deciso di mollare tutto e andare in miniera. » dichiarai con una certa convinzione, visto che non sarei mai riuscita a passare l'esame di linguistica e sarei rimasta bloccata al primo anno per sempre.

« Io pensavo di prostituirmi invece. » annuì Daniele, sfogliando le pagine del suo libro totalmente a caso.

« Ma sono l'unica qui che conta di laurearsi? »
« Sì, Ele, e probabilmente sarai anche l'unica a riuscirci. » mugugnai stanca e abbacchiata.

Faceva così freddo che stavamo con i giubbotti addosso, ma ogni volta che Daniele sorrideva il mio cuore prendeva fuoco e l'inverno era solo là fuori.

Da quando avevo confessato la mia stupida cotta ad Elena mi sembrava di non riuscire a pensare ad altro, era come se si fossero rotti gli argini del fiume Daniele e questi avesse inondato il mio cervello sommergendo qualunque altro pensiero.
Non mi ero mai sentita così frustrata in vita mia, soprattutto quando -come in quel momento- Daniele si metteva a messaggiare senza sosta con chissà chi e una totalmente irrazionale e piuttosto patetica gelosia prendeva il sopravvento su di me.

« Possiamo smettere di far finta di studiare e andare a casa? » domandai più che altro perché ormai mi stavo immaginando una trentina di scenari in cui io mi dichiaravo e lui mi diceva che anche lui mi aveva sempre amata e avremmo vissuto felici e contenti per sempre.

« Non so, penso ci sentiremmo in colpa per il resto del weekend senza riuscire a godercelo. »
« E allora studiamo... » suggerii, in un momento molto poco da me.
Così poco da me che Daniele smise addirittura di scarabocchiare e mi fissò con aria molto sorpresa.
« Potrei quasi offendermi per questa reazione esagerata, lo sai? »
« Scusa, ero semplicemente scioccato. Non ti ho mai sentito dire quella parola che inizia per “s” e finisce per “tudiare”. »
Per l'ennesima volta nella mia vita levai alto il dito medio « Se hai finito di distrarmi, ho un esame da preparare. » sbottai in un altro scatto poco da me riprendendomi il libro in un gesto irritato.
Lui si limitò a borbottare un “lunatica” e tirare fuori il suo ipod, conficcandosi le cuffie nelle orecchie.

*

« Secondo me devi dirglielo » 

« Secondo me Putin dovrebbe darsi agli uomini » dissi io scarabocchiando un tardis sul bordo della pagina.
A quel punto Elena quasi si soffocò con il thè caldo che stava sorseggiando « Che cavolo c'entra? »

« Credevo stessimo dicendo opinioni random, perdonami. Temo che filologia romanza mi stia dando alla testa. »

Eravamo in biblioteca da due ore e io non avevo recepito nulla di tutto quello che avevo letto e sottolineato con tanto amore, quindi il mio umore era piuttosto tetro; poi se ci si metteva la Ele a dire assurdità…

« Io ero seria e ora non riesco a togliermi dalla testa orrende immagini del caro Vladimir. »
Eh, il caro Vlad. Il simpatico russo si stava dando da fare in quel periodo con minacce a destra e a manca e quella sua piccola mania dell'arrestare gli omosessuali e invadere piccoli paesi limitrofi…

« E' la punizione divina. Ti ho detto mille volte di piantarla con questa storia di Daniele, se non la smetti di insistere la prossima volta verrai fulminata. »

« Ma è così stupido che voi due non- » si bloccò di colpo e abbassò la voce « si parla del diavolo… »

Daniele scaraventò il suo zaino sul tavolo a fianco a me « Non mi laureerò mai e diventerò un senzatetto » annunciò buttandosi sulla sedia scricchiolante per poi affondare la testa tra le braccia.

Che melodrammatico.

« Ti ha bocciato l'idea? »

Lui fece una smorfia e parlò con una voce stridula e fastidiosa « “Il suo progetto non rientra nelle mie competenze, bla, bla, bla...”. Ora posso ripartire da zero seguendo i suoi suggerimenti banali e fare una tesi sul Decadentismo oppure cercare un altro relatore… Non so cosa fare. »
Lo vidi sgonfiarsi sotto i miei occhi, avvilito. Era un maledetto egocentrico con un evidente problema di narcisismo, ma si buttava già piuttosto facilmente.

Io roteai gli occhi facendomi girare la testa « Ma smettila, lo so persino io cosa vuoi fare. Sei troppo testardo e superbo per mollare la tua idea, è ovvio che devi cercare un altro relatore… Possibilmente uno meno noioso. »

Daniele mi guardò per un lungo momento « Mi fai proprio paura a volte, mi conosci più di mia mamma. Merda, più di me stesso forse. Hai proprio ragione però, sto progettando la tesi dal primo anno, la Morandi può anche fottersi! » esclamò con rinnovato entusiasmo.

L'attimo dopo la biblitecaria, un'insopportabile donnona enorme con i capelli corti e crespi, ci fu addosso come un condor« Fuori di qui, tutti quanti! State disturbando tutti! La gente qui vuole studiare, non sentire questo qua dire amenità! »

Far notare la rima e che la biblioteca era vuota e in più promettere di diventare muti come pesci non servì a nulla, l'arpia continuò a strillare finché non raccattammo le nostre cose a velocità super e ce la demmo a gambe levate prima che ci sputacchiasse addosso un altro po'.

« Certo che se la parola “fottere” per lei è un'amenità… Si spiegano tante cose sul suo umore » commentò Daniele ridendo da solo.

« Potresti immolarti alla causa » suggerii « Offri il tuo corpo a quell'arpia per renderla più umana, tutto lo studentato ti onorerebbe. »

L'espressione di puro orrore che si dipinse sul suo volto mi fece scoppiare a ridere e anche lui rise. E la giornata si illuminò, il sole si fece più caldo, il mio cuore più leggero, come un palloncino ad elio.

« Mi è passato l'appetito, grazie tante. Credo non riuscirò a mangiare mai più. »

« Ma ora dove andiamo? Ele che propo- che c'è? » chiesi voltandomi verso di lei, per poi fermarmi confusa dalla sua aria di chi la sa lunga. 

Fin troppo lunga.

Lei lanciò un'occhiatina svelta a Daniele e poi a me e io diventai color porpora.

« Sei diventata viola, lo sai? » domandò quel cretino a fianco a me « Come mai? »

Non sapendo come rispondere sventolai il mio fidato dito medio e Daniele non disse più nulla sul mio colorito poco probabile, così ci dirigemmo in aula studio e passammo lì l’intero pomeriggio.


Angolino di Sara
Buonasera miei prodi! Terzo capitolo, un po' difficile da scrivere, ancora non sono soddisfatta ma se continuo a cancellare divento pazza. Insomma, o così o niente quindi meglio così. Spero. Fatemi sapere! 
Ps: grazie a chi ha messo la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite <3 

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