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di njaalls
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Eva bites back ***
Capitolo 2: *** Fights ***
Capitolo 3: *** Birthday boy ***
Capitolo 4: *** Selfish ***
Capitolo 5: *** Missing ***
Capitolo 6: *** What love does? ***
Capitolo 7: *** Hiding ***



Capitolo 1
*** Eva bites back ***


Non so se sia la one shot (o flash fic? è abbastanza breve rispetto ai miei soliti standard) più corretta per inizare questa raccolta di os sulla coppia Chriseva/Mohnstad, se possa incentivare a leggere ancora di più, o se invece sia stata una idea pessima e ne avrei dovuta scegliere un'altra. Sinceramente, non so proprio se sia stata una mossa appropriata, oppure no, ma ormai ho deciso di pubblicare e basta, quindi spero che sia gradita e che piaccia.
L'intera raccolta si basa sui prompt che trovo su internet e che catturano la mia attenzione (e la mia fantasia), la maggior parte li prendo da tumblr, ma dei suggerimenti non saranno respinti.
Non ho idea di quante ne scriverò, o se mi stuferò presto, ma, comunque sia, fino ad adesso ne ho tre e mezza pronte per essere pubblicate e penso che proverò a rallentare, postandone una a settimana, in modo da darmi il tempo di trovare l'ispirazione e scrivere durante i ritagli di tempo.
Qualsisi feedback è gradito, sia qui come recensione, che sulla pagina che gestisco su Herman (
link), dove potrete mandare messaggi diretti o commenti, per farmi sapere cosa ne pensate.
L'ambientazione di questa os è la s2, dopo lo scontro con la Yazuka.

Buona lettura. <3

 


Prompt: “It’s cute that you tried to protect me and all, but you’re like a foot* shorter than me, you know?”
* un piede sarebbe 30 centimetri, ma per attinenza ai personaggi ho ridotto a 10.

 

Le luci delle vetture della polizia cominciano a dare un po' fastidio ad Eva, che le fissa, quasi sentendosi obbligata a farlo, pur di non prestare troppa attenzione all'ufficiale che sta prendendo i suoi nominativi.
Si stringe nel cappotto rosso e fa così freddo che non si sente più le mani, mentre risponde non troppo spaventata alle domande che le vengono poste. Più che altro scocciata. Sua madre non si arrabbierà troppo, o almeno così spera.
«Mi sa dire cosa è successo tra i due gruppi?» chiede il poliziotto di mezza età, lanciandole un'occhiata lunga, quasi volesse studiare la sua reazione ad ogni domanda e ad ogni risposta. Eva deglutisce e si stringe nelle spalle.
«Quello che le ho già detto»
«Sì, ma—»
«È minorenne, non potrebbe farle tutte queste domande» è la voce che si staglia tra le altre e cattura l'attenzione della rossa, intervenendo al posto suo.
I capelli ramati di Eva svolazzano sul cappotto dello stesso colore, mentre gli orecchini a forma di cerchio si agitano avanti e indietro, sbattendo più volte contro la mascella. Si morde un labbro, quando Christoffer la affianca, nella sua uniforme da Russ rossa e la felpa grigia dei Riot. Le mani in tasca cercando di ostentare più sicurezza di quanta ne abbia, in quella situazione caotica e confusionaria: William ha appena rotto una bottiglia in testa ad una persona ed Eva si sente a disagio, mentre la polizia la torchia, come se potesse ricavare dalla sua bocca ogni singolo instante dello scontro. Forse potrebbe, ma non lo farà, perché ha visto tutto, ma continua a ripetere che, no, non era presente al momento dello scontro e che, , era arrivata quando i due gruppi avevano già iniziato a picchiarsi. Non vuole mettere nessuno nei guai, specialmente William, per quanto il suo gesto sia stato avventato, violento, sconsiderato.
«Sto solo prendendo i nominativi» insiste l'ufficiale, alzando un sopracciglio in direzione di Chris, quando automaticamente Eva gli rivolge un'occhiata quasi felice. «E poi ha detto di non aver visto nulla, quindi nessun problema, no?»
«Qualsiasi cosa abbia o non abbia visto, ha solo diciassette anni. Non può chiederle più di poche domande di rito» fa presente Chris, mordendosi il labbro inferiore con gli occhi socchiusi e l'aria annoiata.
«Sto facendo il mio lavoro, ragazzino» lo rimprovera l'ufficiale, accarezzandosi un istante in baffi folti. «E nessuno di voi sembra voler collaborare. Senza contare che non potrebbe bere e sono certo che se le facessi un test, risulterebbe—»
«Giuro che non ho visto nulla» ribatte Eva di slancio, portandosi una ciocca dietro i capelli e forzando un sorriso. L'idea che le possano fare un test per scoprire se abbia bevuto non la spaventa, quanto l'idea che sua madre venga a scoprire delle sue feste sfrenate e violente con i ragazzi del terzo anno. Non essendo mai presente in casa, non è una di quelle mamme severe, o rigide, ma Eva è piuttosto certa di volerla tenere fuori dalla sua vita. Almeno in quel contesto. «Ora posso avere indietro i miei documenti?»
Una lunga occhiata e il poliziotto annuisce rassegnato, lanciando uno sguardo sospettoso e infastidito a Chris, come se gli avesse appena mandato all'aria i piani. «Va bene. Ma torna a casa, ragazzina»
Quando fa segno che possono andare, scribacchiando qualcosa su un foglio di carta, Eva e Chris si voltano contemporaneamente e si allontano fianco a fianco. Il passo è lento, ma non troppo, perché vogliono andare via di lì, ma sono anche curiosi e spaventati da tutta quella gente che lì intorno sta parlando con più agenti della polizia. Copriranno le spalle a William, come hanno appena fatto loro? E i ragazzi della Yazuka?
Eva cerca le sue amiche con lo sguardo e manca solo Noora, andata via subito dopo l'inizio della rissa: Sana è poggiata con Chris Berg contro una macchina della polizia, l'aria arrabbiata e le braccia incrociate al petto, mentre poco distante Vilde risponde palesemente terrorizzata alle domande di un poliziotto. Teoricamente, non potrebbero fare troppe pressioni sul suo gruppo di amiche, in quanto minorenni, ma Sana e Chris sembrano essersela cavata alla grande, quindi crede che Vilde sarà la prossima ad essere lasciata andare.
«Grazie per essere venuto in mio soccorso» dice distrattamente a Christoffer, prima di voltarsi a guardarlo. Gli sorride, ma lui si guarda intorno curioso, forse un po' preoccupato. Eva lo nota dalla vena sulla fronte, oltre che dalle sopracciglia aggrottate.
«Avevamo iniziato qualcosa che ora vorrei finire» è la risposta che riceve comunque, prima che scuota le testa e si concentri sulla ragazza che la affianca. Fino ad un'ora prima erano appiccicati, le bocce una sull'altra e gli occhi chiusi, mentre lei gli si sedeva sulle gambe, con l'intento di usarlo e, sì, divertirsi un po'. «Il mio è stato un gesto istintivo»
Eva sorride, guardandolo con la coda dell'occhio, mentre il passo si abitua automaticamente a quello di lui. «Siamo nel bel mezzo di un interrogatorio e tu pensi che ci apparterremo da qualche parte a continuare la nostra pomiciata che, vorrei precisare, tu hai interrotto?» domanda, franca, ammiccando con un altro sorriso e un'alzata di sopracciglio.
Lui si sfiora la guancia con le punte gelate delle dita, prima di fermarsi e guardarla stretta nel suo cappotto rosso.
«No» ammette, allungando una mano verso il viso di Eva. Le scosta in maniera gentile una ciocca di capelli dal viso e lei sa che è una tattica. Lo capisce dallo sguardo che è troppo morbido e gli occhi troppo languidi. Poi poggia il palmo sulla guancia della rossa e non glielo dice, di essere perfettamente cosciente di ciò che crede di poter fare, ma piega appena il capo, facilitandogli il gesto. «Potrei accompagnarti a casa però» 
«Se la tua idea è quella di entrare prima in casa—» mormora Eva, trattenendo una risata e parlando con voce calcolatamente bassa. Spera risulti sensuale. «Poi nel mio letto e infine nelle mie mutande, allora scordatelo»
Chris si arresta, non sorpreso che Eva possegga così tanta schiettezza, ma basito che la stia cacciando fuori adesso, nel bel mezzo di una festa andata a rotoli, dopo un quasi interrogatorio con la polizia e sopratutto quando lui è completamente impreparato. Rimpiazza velocemente la sorpresa e le sorride, lasciando scivolare lentamente le dita tra i capelli rossi. «Hai davvero questa idea di me?»
È una spallata quella che li distrae dalle loro occhiate misuratamente languide e dai loro corpi che, non lo vogliono ammettere, sono attratti come calamite. 
Christoffer si volta e «Oh, scusa, non ti avevo visto» è il commento volutamente calmo, ma con un filo di giusto sarcasmo, di un ragazzo che non ha nulla di familiare, mentre si porta indietro un ciuffo di capelli. È della Yazuka.
Eva lo osserva, da dietro le spalle di Chris, allungandosi quando basta per scorgere la sua figura alta, ma non troppo. La rossa alza un sopracciglio, forse un po' infastidita: non sa se per l'interruzione, o se per le cattive maniere dell'ultimo arrivato. Forse per entrambe le cose. 
«Schistad, il tuo amico potrebbe passare così tanti guai, cazzo» continua il ragazzo, circondato da un paio di amici silenziosamente divertiti. Nessuno li guarda, nemmeno un poliziotto, quindi è bene mantenere tutto ben avvolto nel silenzio e in parole pronunciate con tono basso, ma mirato. «Sarebbe un peccato non averlo più tra i piedi»
Chris si tende, le sue spalle si tendono, così come il resto del corpo, la vena sul collo che improvvisamente si rende visibile e le labbra che si schiudono per prendere dei respiri profondi. La mano di Eva scivola sul braccio di Christoffer Schistad coperto dalla felpa grigia del Riot Club, mentre lo appoggia come farebbe un'amica. No, lascia fare a me.
«È una minaccia?» chiede allora atona. Quando tutti gli occhi si spostano su di lei, alza un sopracciglio, cercando tutta la sicurezza che è certa ci sia da qualche parte dentro di sé. Prova ad imitare le spalle dritte e la faccia tosta di Noora, quando tempo prima aveva ammutolito William con due frasi e qualche occhiata glaciale, di superiorità. Lui era rimasto un po' sconvolto, sorpreso e senza parole da tanta spavalderia. Ora, Eva spera di fare lo stesso effetto, anche senza un rossetto rosso, provocante ed adulto a coprile le labbra. «Siamo in un campo pieno di poliziotti pronti a vederci sbagliare e tu che fai? Ci minacci?» domanda ancora, superando di un passo e poi un altro Christoffer. Lui la segue, più che altro per evitare che finisca in guai da cui è meglio tenersi lontani, anche se Eva non ne sembra convinta nemmeno un po'. «Se voi parlate, noi parliamo. Se William finisce nei guai, voi finite nei guai. Non sarà difficile costruire una storia in cui io ero presente in giorno in cui avete attaccato briga e pestato a sangue Chris. Voi direste la vostra su ciò che è successo oggi e io sarei la prima a testimoniare contro di voi, che siete piombati qui, durante la nostra festa, fino a prima del vostro arrivo assolutamente tranquilla. Noi perderemmo William, sí, ma voi perdereste un bel gruppetto di ragazzi codardi che in realtà ne hanno seguiti tre, di sorpresa, pestandoli a sangue. Ora, non me ne intendo, ma sono piuttosto certa che anche il vostro possa essere considerato reato. Devo sperare anche che sia punibile dalla legge?»
È silenzio. La sincerità di Eva lascia tutti senza parole e Christoffer con un sorrisino compiaciuto, che non sfugge ai ragazzi della Yazuka. Si ficca le mani in tasca e aspetta che parli, ma quando crede che Eva mantenga il contatto visivo con il terzo ragazzo, la vede perdere rigidità e la spavalderia mostrata fino a pochi secondi prima. Eva è una forza della natura in ogni caso, ma per essere cattiva, deve volerlo e anche lo sconosciuto della Yazuka sembra notarlo, perché abbozza un sorriso.
«Tienila a bada, Schistad» è il commento di quello che crede si chiami Erik, ma non potrebbe giurarlo. Sinceramente, meno ha a che fare con la Yazuka, meglio è.
«È proprio qui davanti a te. Puoi dirlo direttamente a lei» risponde Chris, facendo un cenno con il mento ai capelli ramati di Eva e al suo cappotto rosso. Se c'è una cosa che non lascerà succeda, è che la ragazzina non si prende la sua dose di sicurezza e spavalderia che le appartengono e sono sepolte lì, da qualche parte sotto i suoi inutili complessi di inferiorità e i sorrisi gentili, anche quando non dovrebbero. «Che c'è, hai paura che ti smonti come ha fatto cinque secondi fa? Può rifarlo se vuoi, meglio di me»
Ancora silenzio e poi ci sono i ragazzi della Yakuza che danno loro le spalle, le espressioni contrariate e le suole delle scarpe che scricchiolano sulla ghiaia. Quando Eva fronteggia Chris, ha le guance più rosee del solito, il labbro inferiore incastrato tra i denti e gli occhi bassi.
Christoffer ride, grattandosi la nuca. «È stato carino che tu abbia cercato di proteggermi e tutto» dice vispo, alzando un sopracciglio e avvicinandosi quanto basta darle una spallata amichevole. «Ma sei dieci centimetri più bassa di me, lo sai, vero?»
Eva non può evitare di roteare gli occhi, prima di rispondere con divertimento, tutt'assieme meno spavalda, ma più rilassata. «I comuni mortali dicono grazie, ma immagino che per sia un passo troppo in basso per te»
Lui trattiene una risata, ma quando poi è troppo, le scoppia a ridere in faccia senza scrupoli e con una fila di denti bianchi in mostra solo per lei. Le passa un braccio intorno alle spalle e «Cazzo, sì che ti accompagno a casa, stalker» e nel raggio di dieci metri, tutti si voltano a guardarli.
Il viso di Eva va in fiamme.

 

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Capitolo 2
*** Fights ***


 

Più lunghetta della scorsa os, è ambientata dopo la s3: compaono quasi tutti i personaggi e c'è un principio di Sana x Jonas sullo sfondo della vicenda narrata. Non hanno mai avuto vere e proprie interazioni nello show, ma mi piacciono troppo, scusate hahah
Spero vi piaccia, comunque :)
njaalls


Prompt: “Why he's bleeding?”
“Because he's an idiot”
“I didn't know that idiocy caused people to just start spontaneously bleeding from the noise”
“I think it's a new phenomenon


È giovedì, il sole è scomparso in cielo già da un po' e Vilde sta mangiando l'ultimo antipasto rimasto nel vassoio, un bicchiere di vino tra le mani e il solito sguardo elettrizzato che la caratterizza durante le riunioni del bus. Parla da una decina di minuti, solo poche volte è stata interrotta da Chris o Eva, mentre Sana si esprime a smorfie e Noora resta in silenzio, evidentemente assorbita da altro.
L'orologio segna le sei del pomeriggio e alla fine stanno parlando di tutto e di niente, perché ogni interruzione è superflua e le risate sono più frequenti delle parole bus o Russ.
C'è la musica in sottofondo e le bottiglie di vino che si dimezzano con parsimonia, il piatto di stuzzichini che Eva riempirà finché non resterà più nulla in dispensa e Sana che di tanto in tanto guarda il telefono, forse in attesa di qualcosa.
Sono le sei e diciotto quando il campanello di casa Mohn suona all'improvviso, facendole balzare sulle loro sedie. La schiena di Eva si raddrizza nello stesso istante in cui Vilde spalanca gli occhi e Noora aggrotta le sopracciglia: improvvisamente, sono tutte attente. Si scambiano una serie di occhiate, quasi si aspettassero che una di loro ammettesse di aver invitato qualcuno alla riunione, ma restano tutte in silenzio, in attesa. È Eva a spezzare quella situazione.
«Avete detto a qualcuno di venire?» domanda, cercando gli occhi di tutti e soffermandosi su Vilde più a lungo.
«No, non guardami così» è la risposta che riceve in cambio, mentre scuotono la testa. «Te lo avrei detto, se avessi invitato qualcun altro a casa tua»
Eva si stringe nelle spalla e si alza dal divano, i piedi coperti dai collant e la gonna di jeans che si affretta a tirare giù. È automatico per le altre fare lo stesso ed aspettare che lei si muova per prima verso l'ingresso e seguirla di conseguenza. Restano qualche secondo a contemplare la porta, prima che dall'altro lato del legno, la persona spinga di nuovo con impazienza il dito sul campanello.
«Chiedi chi sia» suggerisce Sana, dopo un secondo di confusione all'ennesimo suono squillante per richiamare la padrona di casa alla porta.
«Sì, chiedi chi sia» conferma Chris, annuendo. Ha i capelli legati con uno chignon morbido e quando agita la testa, le si spettinano ancora di più. «Potrebbe essere un molestatore e a quel punto non apriremmo»
«Non sei d'aiuto, Chris» le fa notare Vilde con tono gelido e uno sguardo che se potesse uccidere, avrebbe già messo l'amica al tappeto. 
Noora sospira e alzando gli occhi al cielo, chiede: «Chi è?»
«Noora? Sono William» risponde immediatamente la voce dall'altro lato, con tono alto ed impaziente. Quando Noora spalanca gli occhi e scuote la testa, Eva la guarda dubbiosa, in cerca di una risposta: deve aprire o no? Non che lei non si senta di lasciarlo entrare in casa propria, ma dell'espressione della sua migliore amica, comprende improvvisamente cosa l'abbia turbata tutto il pomeriggio. Sta per chiederle di darle un suggerimento, quando la voce dall'altro lato torna a farsi sentire. «Ragazze? Ho bisogno di una mano... Con Chris»
Eva apre la porta di slancio.
Lo fa senza nemmeno pensarci, senza dare troppo peso all'umore di Noora o ai sospiri più tranquilli delle altre. Lo fa senza pensare troppo al fatto che sono passati due giorni dall'ultima volta che si sono visti, lei e Chris, e in cui aveva giurato che non gli avrebbe più parlato, anche se adesso ricordarsi il motivo le viene difficile: Eva apre la porta, ricordando a se stessa di mantenersi tutta d'un pezzo, anche se per una questione personale deve lasciarli entrare. Forse affetto. Anzi, sicuramente affetto.
Quando spalanca la porta, la prima cosa che vede è William, più alto e più slanciato rispetto alla figura che gli sta accanto e che sembra stia cercando di far tutto, tranne che guardare all'interno della casa. Il suo migliore amico lo regge dalle braccia, cercando di tenerlo il più possibile in piedi, mentre Chris non lo aiuta, voltando lo sguardo verso la strada. Eva incrocia le braccia al petto e attende una spiegazione, prima che le altre la supportino dall'interno, alle sue spalle. Gli occhi di William si soffermano su Noora, con un'espressione forse infastidita, prima di spostarsi inevitabile su Eva, i suoi capelli più corti di quando l'ha conosciuta e il suo sguardo altrettanto accigliato.
«Non voleva venissi qui, ma sei l'unica persona che mi è venuta in mente» inizia, stringendosi nel cappotto nero. Poggia una mano allo stipite della porta dell'ingresso per reggersi in piedi e con l'altro braccio dà una scossa a Chris, il quale finalmente volta la testa. È involontario per Eva piegare il capo all'indietro, assottigliare lo sguardo e cercare di ignorare la preoccupazione, mentre sul suo viso compare una smorfia di incredulità e dolore. Poi William continua a parlare. «Io non ho più il mio appartamento e andare a casa sua avrebbe preoccupato sua madre. Eri la nostra migliore opzione»
Eva distoglie lo sguardo dagli occhi gonfi e arrossati di Chris, il sangue che gli cola dal naso e le sue mani sporche di rosso, prima di lanciare un'occhiata al ragazzo — o ex?— di Noora e stringere ancora di più le braccia al petto, quasi come quel gesto potesse portarla altrove.
«Oh mio dio» è il commento che Eva sente e che sia sicura provenga da Vilde, anche se dubita che le altre siano meno impressionate dal sangue quasi esagerato che cola dal naso di Chris e dal suo occhio di nuovo pestato e colorato di rosso. Presto diventerà violaceo, questione di giorni.
A quel punto Eva si fa da parte e le altre seguono il suo esempio, scostandosi per creare un varco all'interno della casa. William e Chris mettono insieme in paio di passi malfermi ed Eva abbassa gli occhi, le mani strette alla maniglia, mentre è certa che un paio di occhi verdi non smetta di guardala, quasi volessero studiarla in maniera disperata e volessero capire cosa stia pensando. Non si stupirebbe, se ci riuscisse.
Quando la ragazza alza lo sguardo dal tappeto dell'ingresso sul quale sono tutti più o meno fermi, ottiene una conferma: Chris la sta osservando, il dorso di una mano tenuta contro il naso e questa sporca di sangue. Eva regge la situazione con tutta la forza e la durezza che possiede, quando decide di superare le sue occhiate calcolatrici e di dire a William di portarlo in bagno, indicando una porta alla fine del corridoio. È Noora a condurli lì, mentre Eva si allontana, senza parlare con nessuno.
Improvvisamente la cucina la sembra il posto più sicuro al mondo, eppure ci si ritrova dentro, i pugni chiusi e la testa che la porta davanti al frigo. Con le mani bollenti prende del ghiaccio e quasi quel contatto la infastidisce, bruciandole i palmi che fino a prima erano piacevolmente caldi. Lancia il pacco gelato sul tavolo che divide la cucina-soggiorno in due zone e questo produce un tonfo secco che Eva ignora, ma che vede far sobbalzare Sana, in un angolo del proprio campo visivo.
«Hai bisogni di aiuto?» è la voce di Chris, la quale si avvicina ad Eva, seguita da Vilde. Entrambe si mantengono ad una certa di stanza di sicurezza, quasi avessero paura che avvicinandosi le loro sorti possano essere uguali, o peggiori, rispetto a quelle del ghiaccio. 
«Ad ucciderlo?» chiede di rimando, aprendo un cassetto e rovistando dentro in cerca di qualche strofinaccio pulito. Quando ne trova una manciata, li afferra tutti, sbattendoli sul tavolo. Questa volta non procurano nessun rumore.
«Ho imparato a nascondere cadaveri. Nessuno dubiterà di noi» è l'unico commento di Sana, il viso impassibile, prima di voltarsi verso Vilde, la quale le lancia un'occhiata che è un misto tra confusione e stupore. «L'ho imparato guardando Desperate Housewives» spiega, tirandosi distrattamente l'hijab sulla fronte. Chris annuisce, afferrando la referenza.
Eva invece sospira, prima di agguantare tutto l'occorrente ed allontanarsi con le braccia piene: se la seguono verso il bagno, non lo sa, perché non presta loro attenzione. Percorre il corridoio in maniera sgraziata, con i talloni che producono rumore contro il pavimento freddo e duro, e si ferma appena prima della porta. Noora è poggiata a questa, le braccia incrociate e le labbra serrate: quando Eva si arresta, si volta verso di lei e con tanto impegno, le riserva un sorriso che dovrebbe essere incoraggiante, prima di stringersi e farle spazio sulla porta. Un passo avanti ed Eva è allo scoperto.
Chris è seduto sul tavoletta chiusa del gabinetto, i vestiti impregnati di sangue, mentre guarda le proprie mani che tentano di trattenere la fuoriuscita del liquido, invano.
«Testa avanti» è la prima cosa che gli  dice, attirando l'attenzione del ragazzo, il quale le lancia un'occhiata, prima di fare dondolare più e più volte la testa. 
«Sì, lo so» risponde, il tono sfacciato che userebbe un bambino che, dopo essere stato rimproverato tante volte, è stufo di sentirsi dire la stessa cosa. L'idea di cacciarlo via tenta Eva come mai prima d'ora, così prende un profondo respiro e distoglie lo sguardo, concentrandosi con tutte le proprie forze su William.
«Perché sanguina?» domanda, parecchio certa di conoscere la risposta. Per una volta, vorrebbe solo che la risposta fosse un'altra: non ha idea, Eva, di cosa potrebbe causare una perdita di sangue così copiosa dal naso, oltre una rissa, ma lei ci spera, inutilmente, con tutta se stessa. 
«Perché è un idiota» è la risposta che fa battere più volte le palpebre di Noora, quasi non potesse credere che quelle parole vengano da William Magnusson in carne ed ossa. 
«Non pensavo che l'idiozia potesse far sanguinare spontaneamente la gente dal naso» è l'unico commento atono di Eva, prima che pieghi la testa di lato e guardi William aprire le braccia, in maniera spontanea.
«Penso sia un nuovo fenomeno» ammette e Noora per tutta risposta, scuote il capo, allontanandosi. William sospira e cercando una dose di affetto in Eva, si avvicina quanto basta per non dover urlare e poter essere comunque sentito. «Quanto ci vorrà prima che smetta di essere arrabbiata con me?»
Eva fa una smorfia e si stringe nelle spalle, indecisa su cosa dire. Non crede di avere abbastanza confidenza con William per essere totalmente sincera, ma non vuole nemmeno abbatterlo, perché tutti sbagliano e Noora è solo orgogliosa. Eva è piuttosto certa che qualsiasi persona, dopo essere stata trascurata dal proprio partner, nello stesso modo in cui William l'ha gradualmente messa da parte durante il loro soggiorno a Londra, sarebbe restia al perdono nei suoi confronti. Questo Eva, però, se lo tiene per sé e si limita a fare una smorfia, prima di rassicurarlo con impaccio. «Dalle tempo» e forse, se è amore, potranno aggiustare le cose tra loro.
In risposta riceve solo un sospiro, prima che entrambi si voltino verso Chris, ancora seduto, che sentendo improvvisamente l'attenzione su di sé, alza lo sguardo dalle proprie dita sporche.
«Che facciamo con lui?» domanda il suo migliore amico, togliendosi il cappotto e lasciandolo sulla lavatrice in un angolo del bagno. 
«Posso ucciderlo?» chiede Eva retoricamente per la seconda volta quella sera, causando una risatina da parte di entrambi. Ma quando lancia un'occhiata risentita a Chris, questo sa che è meglio tacere e la guarda fare qualche passo, lasciando ciò che tiene tra le braccia sul bordo del lavandino. Quindi lo raggiunge, le dita di Eva lo sfiorano sotto al mento e lo colgono di sorpresa. Il ragazzo cerca di aggrottare le sopracciglia, ma con scarsi risultati e grandi difficoltà date dai continui dolori su tutto il viso. Eva lo studia qualche altro istante. «Dovrebbe andare in ospedale, William» mormora solo, prima di prendere completamente il suo viso tra i palmi. Si sporca le mani di un sangue non suo, ma al momento non le importa e involontariamente passa il pollice su un taglio aperto sullo zigomo. Chris si agita, quanto basta per allontanarsi appena da quel tocco, e all'istante una zaffata di uno strano e familiare odore arriva al naso di Eva: fa una smorfia e prova ad ignoralo con tutta la propria volontà.
«Non voglio andare in ospedale» dice Chris rivolgendosi ad Eva, socchiude poi gli occhi quando lei le tasta un punto più doloroso. «Troppe domande e poi—» si interrompe, portandosi una mano sul naso, non facendo altro che è aumentare il sangue sulla propria pelle. «Non posso» continua a ripete.
«Ma io qui non posso fare molto»
«Non può andare in ospedale, Eva» la interrompe William, mordendosi un labbro e iniziando a camminare nel bagno di modeste dimensioni. Chris allarga le braccia, come a voler confermare le parole del suo migliore amico, nella speranza anche che lo aiuti. «Dio solo sa quanta erba abbia fumato»
«Sapevo che era erba» esclama per tutta risposta Eva, allontanando il viso di Chris dalle proprie dita. «Odio questa puzza e tu ne sei impregnato»
Christoffer si sforza di alzare un sopracciglio in segno di sfida, come se volesse chiedere ad Eva, se abbia davvero il coraggio di rimproverarlo anche per quello. Lui di solito non fuma erba, limitandosi ad un drink di troppo o una sigaretta in più quando ha bisogno di staccare la spina, semplicemente divertirsi, eppure quella volta aveva accettato la compagnia di una canna senza rimuginarci troppo. «È solo erba»
«La marijuana è una droga» risponde infastidita Eva che subito dopo afferra una mano di William, ancora intento a camminare avanti e indietro per il bagno, e la poggia non troppo delicatamente sul setto nasale di Chris. Entrambi protestano, per due motivi differenti. «Tu tieni la testa bassa e metti il ghiaccio sull'occhio» impartisce ad uno, avvolgendo l'oggetto freddo intorno ad un panno caldo e porgendoglielo. «E tu tienigli premuto questo punto. Non troppo forte, solo quanto basta per far fermare il sangue che fluisce»
Eva si allontana di un paio di centimetri, facendo largo all'interno del lavandino tra tutti gli strofinacci puliti e il kit del primo soccorso, per poi aprire il rubinetto e iniziare a lavare le mani. Entrambi la guardano con la coda dell'occhio pulire via tutto il sangue, anche se con difficoltà: impiega diversi minuti per toglierlo anche dalle cuticole e dalle pieghe delle dita, poi torna a insaponarle, per tornare a sciacquare ancora. Chris è tentato di mollare in ghiaccio che tiene con la destra sullo stesso occhio, per prendere le sue mani e dirle con non c'è bisogno di pulirle un'altra volta, in maniera quasi compulsiva: quando lancia un'occhiata alla propria libera e la vede sporca dello stesso sangue che Eva sta cercando di rimuovere completamente dal proprio corpo, sa però che peggiorerebbe solo la situazione e non vuole. Sa che non è ancora arrabbiata dal loro ultimo litigio, così come non lo è lui, ma in realtà sono solo orgogliosi e un po' testardi e a Chris dispiace, alla fine, riuscire sempre peggiorate le situazioni che riescono a creare. Ingarbugliate, complicate, solo loro.
È William a prendere la parola, dopo dei lunghi istanti di silenzio in cui gli unici rumori udibili erano il getto dell'acqua, le voci alte delle ragazze in soggiorno e il turbinio di pensieri che si sta aggrovigliando intorno alla testa di Chris.
«Per quanto ancora dovrò tenere premuto il naso?» chiede l'amico, catturando l'attenzione di Eva di nuovo su di loro. Lei si asciuga velocemente le mani e si avvicina cauta, facendo attenzione a non incontrare lo sguardo socchiuso del secondo ragazzo, ancora seduto sulla tavoletta chiusa del gabinetto. «Finché non smette di fluire, te l'ho detto» poi gli fa cenno di spostare un attimo le dita e con delicatezza inclina piano il capo di Chris all'indietro, spingendolo da un punto quasi del tutto pulito del viso. Si abbassa alla sua altezza e sono così vicini che possono sentire l'alito di uno sulla pelle dell'altro. Eva sente ancora la puzza di erba che odia tanto, mentre aspetta di veder scendere giù dal naso altro sangue su quello già incrostato;  Chris è piuttosto certo che lei abbia bevuto del vino, prima della loro comparsa a casa Mohn.
«Potrei baciarti» è il suo unico commento, quando toglie anche l'impacco di ghiaccio dall'occhio rosso e non sorride. La guarda. Ed Eva fa lo stesso, immobile per una frazione di secondo, prima di allontanarsi bruscamente e rivolgersi a William, con le labbra serrate. 
«Non dovrebbe più sanguinare» gli comunica, afferrando del disinfettante dal kit del primo soccorso e poi una tovaglia pulita da un piccolo mobile posto sotto al lavandino. «Per sicurezza, aspetta qualche minuto. Quando ti sembra che vada meglio, prendi questi—» e gli passa il panno morbido e il flacone pieno di liquido trasparente, spingendoli contro il suo addome. «E puliscigli il viso finché non sarà riconoscibile. A quel punto prendi un'altra tovaglia tra quelle pulite e disinfetta meglio i tagli» 
«Devo—» inizia William, spiazzato, ma accettando lo stesso ciò che Eva gli sta spingendo contro. «Devo farlo io?» chiede titubante.
La ragazza alza un sopracciglio, prima di lanciare un'occhiata a Chris che li osserva in silenzio, in attesa di comprendere a pieno cosa stia succedendo lì dentro. Quando Eva torna a William, annuisce con furore. «Sì. È il tuo migliore amico, quindi è tuo il compito di togliergli quello schifo dalla faccia»
«Eva—» inizia, quasi cantilenando Chris, con un sospiro. Lei corre via dal bagno prima che possa continuare e sente William dire qualcosa, ma non vi presta nemmeno attenzione. 
I capelli le svolazzano sulle spalle e i talloni battono nervosi sul pavimento freddo, quando torna in cucina: al suo arrivo, tutto tace e le occhiate delle amiche sono abbastanza eloquenti. Come sta?
La risposta non tarda ad arrivare: Eva adocchia un bicchiere di vino sul tavolo e poi, proprio accanto, la bottiglia quasi piena.
Ovviamente afferra il collo dell'ultima.
 
 
 
 
«Posso restare qui?»
«Uhm?»
«Per la notte. Posso restare?»
I capelli lunghi di Chris sono scombinati, il suo viso è più pulito, ma rovinato dai segni della rissa, mentre l'occhio sinistro, quello meno gonfio, comincia ad essere meno rosso e più naturale. Eva prende un'altra cucchiaiata dal barattolo di gelato e lancia una lunga occhiata al viso sciupato che attende una sua risposta, le labbra spaccate e dei vestiti puliti che lo fanno sembrare più... Chris. Quello che piace a lei,  per il quale non deve preoccuparsi o spaventarsi, quello che non ha problemi a presentare ai nuovi conoscenti e con cui litiga per le stronzate più assurde.
Eva lo osserva agitare appena e nervosamente le mani poggiate sul tavolo della cucina, dall'altro lato del piano rispetto a dove lei è appollaiata da qualche minuto, le gambe incrociate sotto il sedere e la seduta dello sgabello che ruota ad ogni minimo movimento. Alle spalle di Chris, le ragazze stanno raccogliendo le loro borse, qualche trucco abbandonato sul tavolino del soggiorno e c'è Vilde che prende un ultimo boccone di crostata. Eva lancia loro uno sguardo distratto, prima di concentrarsi di nuovo sui vestiti puliti che Chris ha addosso e che aveva lasciato da Eva tempo prima. Osserva attenta la maglia bianca un po' gualcita, come il sorriso che ha sulle labbra più rosse del solito e che vanno d'accordo con il grosso cerchio intorno all'occhio, e poi guarda distrattamente il ciuffo di capelli lunghi che gli solletica il viso pallido, provando a ricordare come sono al tatto, sotto le dita e contro i polpastrelli.
«Posso dormire sul divano» afferma Chris, di nuovo, cercando di alzare un sopracciglio in direzione di Eva. Fa una smorfia quando ci riesce, ma con difficoltà: sembra che ogni parte dei suoi tessuti soffra, quando prova anche solo a pensare di compiere un determinato gesto. Vorrebbe lamentarsi un po', ma stringe le labbra ed è abbastanza intelligente da tacere al riguardo. «Vorrei non dover tornare a casa stanotte»
Eva si stringe nelle spalle e prende un altro boccone di gelato alla vaniglia, leccando poi il cucchiaio con gusto. «Divano» ribadisce, mettendo in chiaro quel aspetto, puntandogli la posata contro, come fosse un'arma.
Chris alza le mani e abbozza un sorriso tirato, stanco. «Lo giuro»
Vengono interrotti dalle voci alte di Noora e William, appartati in un angolo del soggiorno rispetto alle altre ragazze e i cappotti già addosso. Sia Eva che Chris lanciano loro una lunga occhiata, cercando di capire cosa stia succedendo, mentre le altre amiche di Eva, pretendono che loro non siano nemmeno lì. È Sana ad avvicinarsi al tavolo, facendo sì che entrambi dirottino la loro attenzione sul suo viso tondo e macchiato da un rossetto acceso sulle labbra.
«William ha detto che ci accompagnerà a casa» annuncia ad Eva con un sorriso tirato, prima di voltarsi verso Chris e riservagli invece uno sguardo serio. Quando piega la testa di lato e sostiene lo sguardo confuso del ragazzo, l'amica dai capelli rossi che li guarda dall'esterno, ha un vago sentore di conoscere il perché di quell'espressione autorevole e quasi di sfida. Isak le ha mandato il messaggio già da un po', ma Eva ha visualizzato e non ha risposto. Ora l'iPhone le brucia nella tasca posteriore della gonna. «Tu?» chiede Sana, prima di sorridere in maniera sfacciata anche a Chris. «Non entreremmo in auto, quindi dice che, se vuoi, può tornare a prenderti»
«No» è la risposta incerta di Chris, prima di sedersi sulla sedia più vicina a dove si trova. Cancella subito il dubbio che è evidente quella conversazione abbia creato in lui, abbozzando un sorriso forzato come e contro quello di Sana. «Resterò a dormire qui»
«Bene» e si guardano per quelli che Eva crede siano degli istanti lunghissimi, durante i quali si gode lo spettacolo e continua a mangiare gelato con noncuranza e un pizzico di divertimento inappropriato.
È Chris a spezzare la tensione, di cui anche gli altri quattro amici alla loro spalle si sono accorti. «C'è qualcosa che mi devi dire, Sana?» chiede, incrociando le braccia sul piano di marmo e attendendo. Eva di fronte a loro, affonda per l'ennesima volta il cucchiaio nel barattolo di vaniglia, prima di portarlo di nuovo alla bocca.
«No» mormora Sana, picchiettando le dita laccate di nero sul tavolo. «Chris» rimarca.
«Fantastico, allora» è il commento del ragazzo, prima di agitarsi sulla sedia e voltarsi verso Eva con un gran sorriso, che sembra più una smorfia. Lei alza le sopracciglia in risposta, impreparata a quel gesto rivolto a lei nello specifico. «Sana non ha niente da dirmi, anche se sembra il contrario. Ti pare?»
Tutti gli occhi si spostano inevitabile su Eva, le sue guance diventano appena più rosse e non può fare altro, se non deglutire il gelato freddo che le è rimasto sulla lingua. Si stringe nelle spalle. «Lasciatemi fuori da tutti questi drammi»
«Tu sei sempre coinvolta, vuoi o non vuoi» insiste Sana. Si allontana e afferra la borsa nera con furore, prima di mettersela su un braccio piegato all'altezza del petto e di salutare velocemente con un «A domani» glaciale.
Quando sfila accanto a William e Noora, dice loro che li aspetterà in strada.
All'interno del soggiorno cala un silenzio imbarazzante, Vilde si morde un labbro ed Chris Berg a chiedere «Andiamo?», quando tutti annuiscono.
Eva li accompagna alla porta, non dopo aver notato uno sguardo muto tra William e Christoffer, seguito da un cenno positivo del capo.
«Le passerà» è il saluto di Vilde, quando le sfiora un braccio, prima di scomparire oltre l'uscio.
«Ci vediamo» mormora Chris, sorridendo timidamente.
«Sei sicura vada tutto bene?» alla domanda di una Noora preoccupata, Eva annuisce e forza un sorriso. 
Quando la sua amica si convince a lasciar perdere, le labbra serrate e gli occhi stanchi, William le raggiunge e fa un cenno alla rossa. La ringrazia in silenzio e «Se succede qualcosa, o ti crea qualche problema—» si ferma, indicando l'interno della casa e Chris seduto al tavolo con un cenno del capo. «Chiama Noora. Sarò da lei e verrò a prenderlo»
Eva annuisce, lasciandosi sfuggire un sorriso. «Lo terrò a mente. Ma non penso sarà necessario disturbarvi» ed è genuinamente felice che litighino e poi facciano pace, che forse non hanno nemmeno risolto i loro scherzi e superato le loro crepe, ma che ci provano almeno. «Buona notte»
Eva lancia un solo sguardo alla strada, vede Sana poggiata alla macchina scura di William con le braccia incrociate e il capo chino sul proprio telefono. Sospira, prima di chiudere la porta di casa.
All'interno c'è silenzio, quasi troppo, mentre le luci soffuse di una piantana illuminano in modo tenue il soggiorno e Eva percepisce la figura di Chris, che si muove leggera da un punto ad un altro della stanza. Sta ordinando al posto suo, ha impilato i piatti sporchi e buttato già gli avanzi di questi nella spazzatura. Lascia la ceramica colorata dentro il lavandino e si ferma solo quando nota Eva che lo studia, una spalla poggiata al muro e i capelli che le cadono intorno al viso. Restano in silenzio solo qualche secondo.
«Dovevi per forza tirarmi in ballo?» domanda atona, cercando di non risultare né arrabbiata, né ferita, o altro.
«Scusa» è la risposta di Chris, che si ferma ad un lato del tavolo e la guarda, con una mano calda poggiata sul marmo freddo. «Ci ho pensato dopo, quando il danno era stato fatto»
Eva annuisce piano, le labbra arricciate in una smorfia e il corpo che lentamente si allontana dal muro. «È questo il problema. Non ci pensi mai» Agli altri, vorrebbe aggiungere, ma non lo fa e quel pensiero se lo tiene per sé.
«Eva—»
«Ti vado a prendere delle coperte» annuncia, interrompendolo. Si dirige verso la porta che divide il soggiorno alle scale che conducono al pianterreno, dove Eva conserva la sua stanza sempre nel disordine perenne in cui lei, però, riesce a trovarsi bene, quasi fosse tutto al posto giusto, in quello palesemente sbagliato. 
Accende la luce della camera e vedere il letto sfatto le fa percepire molta più stanchezza di quanta credeva di possedere. Combatte uno sbadiglio silenzioso e raggiunge l'armadio: quando lo apre si allunga quanto basta per prendere sul ripiano più alto una coperta pulita e uno dei cuscini che di solito usano le ragazze. Chiude le ante e un altro sbadiglio trattenuto la obbliga a distogliere lo sguardo dal letto che, ancora lì, la vorrebbe catturare e tenerla stretta fino alla mattina dopo. 
Sale le scale a due a due per mantenersi attiva, un piumone sotto braccio e il cuscino tra le dita lunghe, prima di arrivare all'ultimo gradino e ritrovarsi in soggiorno. Chris sta pulendo al posto suo la sporcizia intorno al divano e il tavolo basso ai piedi di questo. Quando la vede, la lancia uno sguardo, prima di raggiungere la pattumiera e buttare dei bicchieri di plastica ormai vuoti.
«Grazie» dice Eva, dopo aver riflettuto un istante se fosse in caso di dirlo, oppure no. In risposta, riceve uno sguardo quasi incredulo e un po' felice, che si mischia al viso deturpato di Chris. Prima che possa parlare e dire qualsiasi cosa al riguardo, iniziando da una delle sue solite battute, lei lascia quello che ha preso per lui sul divano. «Qui c'è quello che ti serve per la notte»
Chris fa una smorfia. «Ti ringrazio»
Eva finge un inchino stanco e svogliato, quando si guarda intorno e «Hai buttato via tutto, quindi posso andare a letto. Laverò i piatti domani»
«Posso farli io» propone Chris, facendo un passo avanti, mentre Eva si avvicina per raggiungere il corridoio che la condurrà al bagno.
«Non c'è bisogno che tu faccia tutto quello che spetterebbe a me, solo per farti perdonare» mormora, affiancandolo e lanciandogli un lungo sguardo, che lui coglie con sicurezza perché è Christoffer Schistad e nemmeno Eva Mohn potrà tenerlo a bada per sempre. La segue fino al bagno.
«Non mi devo fare perdonare» precisa. Lei alza in risposta un sopracciglio, dopo aver afferrato il proprio spazzolino e aver spremuto sulle setole una buona dose di dentifricio. Forse troppa, perché quando lo mette in bocca, ogni parte di questa brucia, quasi andasse in fiamme. «Era il mio modo per ringraziarti»
Eva spazzola i denti più e più volte, sotto lo sguardo attento di Chris, il cui fianco è ora poggiato allo stipite e le braccia sono incrociate al petto, finché lei non sputa il dentifricio nel lavandino e pulisce via ciò rimane con l'acqua. Chris le passa un'asciugamani, provando ad ignorare quelle sporche di sangue che Eva ha messo da parte, insieme ai suoi altri vestiti impregnati dello stesso liquido corporeo. Si era premurata di metterli subito in lavatrice, ma nonostante il colore scuro, le macchie erano ancora evidenti alla fine del lavaggio ed erano rimasti entrambi a contemplarli per un po', indecisi se buttarli via subito, oppure aspettare. Eva aveva suggerito di farli asciugare e lavarli di nuovo il giorno dopo, ma entrambi sapevano e sanno quali saranno le loro sorti.
«Sei davvero una testa di cazzo» annuncia Eva, legando in una coda i capelli rossi. Spegne la luce della bagno e, nel modo di uscire, non si preoccupa di dare una spallata a Chris, ancora fermo contro lo stipite. Se la merita.
Eva lo sente subito dietro di lei, il passo leggero ma insistente, mentre cerca di non voltarsi e proseguire fino alla propria camera. Dopo aver sceso i gradini, prova a chiudere la porta, usufruendo del vantaggio di essere avanti a Chris, ma questo intercetta le sue intenzioni e la blocca, battendola sul tempo.
«Eva» la chiama cantilenando, mentre lei spinge la porta, senza grande successo. Quando si lascia fuggire dalle labbra piene un sospiro arrabbiato, abbandona la presa sulla maniglia e Chris fa un passo all'interno della camera da letto disordinata. «Possiamo parlare?»
«Di cosa?» chiede retorica Eva, prima di aprire l'armadio e cercare il pigiama in qualche scompartimento. Quando non lo trova e si guarda intorno con la fronte aggrottata: nota Chris raccogliere l'indumento da sotto il piumone, che pende da un lato del materasso, prima che glielo porga. Si siede sul letto e la guarda. «Devo cambiarmi, puoi—»
«Seriamente?!» domanda confuso, cercando di capire, ora, dove sia il problema. Non c'è niente del corpo di Eva che non abbia già visto, o apprezzato, lo sanno entrambi, eppure lei incrocia le braccia sotto al seno e gli lancia un'occhiata chiara e inequivocabile: Va’ via. Per tutta risposta, Chris si lascia cadere all'indietro sul materasso e chiude gli occhi, coprendoli con entrambe le mani. «Contenta?»
«Sì»
«Bene» risponde, prima di continuare. «Possiamo parlare, Eva? Posso chiederti... Scusa?» domanda, mentre la sua vista è totalmente scura. Potrebbe spostare le mani, o semplicemente sbirciare, ma decide saggiamente che non è il caso di spingersi oltre per quella sera, se vuole davvero risolvere ogni screzio con Eva e tornare di nuovo tra le sue braccia, e nelle sue grazie. Non crede di poter rinunciare più a quei capelli rossi ormai corti, ma che gli sembrano sempre troppo lunghi mentre si baciano e gli solleticano il viso; o alle mani di Eva che si poggiano sulla sua nuca, per poi risalire fino ai propri capelli corti alla base della testa e scendere sulle spalle large. Non crede di voler vivere in un mondo in cui anche Eva Mohn lo detesti. «Mi dispiace davvero»
C'è silenzio, il respiro di entrambi che è impercettibile ed Eva che non si muove più, forse ormai completamente vestita. Chris aspetta qualche istante ancora, prima di togliere via le mani dagli occhi e vederla in piedi, con il pigiama addosso e il reggiseno che si è sfilata tra le dita. Lo lancia sulla sedia alla scrivania con noncuranza.
«Per cosa?» è la voce che lo obbliga a mettersi seduto e sbattere più volte le palpebre, prima di tornare ad abituarsi alla luce artificiale della camera da letto. «Per il litigio di qualche giorno fa? O perché sei piombato in casa mia coperto ancora di sangue, mandando anche a monte la serata con le mie amiche? O forse perché hai attaccato briga con con una persona a cui sia io che Sana teniamo, mettendoci una contro l'altra?»
«Quindi lo sai»
«Certo che lo so!» esclama Eva, allargando le braccia. «Certo che so che te le sei date di nuovo con Jonas. Isak mi ha mandato un messaggio. E sono incazzata con entrambi, ma di più con te. E sai perché? Perché lui non è più un mio pensiero, mentre tu sì e non lo capisci. Lui ora lo è per un'altra persona e odio dover essere in cattivi rapporti con entrambi. Sono sicura che a Sana passerà e che Jonas fosse strafatto quanto te, ma—» Eva prende un profondo respiro. Prima di sedersi affranta accanto a Chris, sul bordo del materasso. Sotto al suo peso, questo si piega, facendo scivolare un po' di più il ragazzo verso il corpo morbido di Eva. «Non sono arrabbiata per questo, Chris. Almeno, non così tanto» spiega, abbassando la voce è concentrandosi sulle proprie mani intrecciate tra loro e adagiate sulle cosce. «Sono arrabbiata sopratutto perché sono stanca di sapere che, sobrio o no, fatto o lucido, tu sia sempre sul piede di guerra. Non sei un cattivo ragazzo, ma prendi ogni offesa troppo sul personale. Che sia da parte di uno sconosciuto, o da un tuo amico. Hai idea di che vuol dire aprire la porta di casa, e trovarsi davanti la persona a cui si tiene completamente sporca di sangue?»
«No» mastica Chris, colpito sul vivo.
«Io sì» rincara Eva. «E ne sono stanca. Marcia»
Cala il silenzio, gli sguardi concentrati ognuno sulle proprie mani e il ticchettio appena accennato dell'orologio di Eva sul comodino. Di solito, non si nota nemmeno anonimo com'è e del tutto inutilizzato, ma ora sembra quasi un elefante in un negozio di cristalli: rumoroso, graziato, fastidioso.
«Mi dispiace» è la risposta di Chris, che fa rimpicciolire istantaneamente il ticchettio dell'orologio. «Mi dispiace e sono sincero. Non lo sto dicendo solo perché sei arrabbiata con me, ma perché non volevo che William mi portasse qui, che dovessi riparare quello che ho rotto e che dovessi essere costretta a pulirti le mani dal mio sangue. Domani parlerò con Jonas, te lo prometto, e con Sana. Mi scuserò con entrambi e aggiusterò le cose al posto tuo. Per una volta» prende un profondo respiro e arriccia le labbra in una smorfia che fa parte di quel pacchetto completo che è Christoffer Schistad. «Non abbiamo litigato per te, sono state solo una serie di frasi che hanno fatto precipitare la situazione. Forse ti abbiamo citata un paio di volte, ma nulla di cui Sana debba preoccuparsi» spiega, prima allungare titubante una mano verso Eva e intrecciarla a quelle della ragazza, quando nota che non accenna ad allontanarlo. La loro pelle si sfiora, poi i loro polpastrelli sono premuti l'uno contro il dorso della mano dell'altro. «Penso che, a Jonas, Sana piaccia davvero»
Eva annuisce. «Lo so»
«E lei stasera era solo preoccupata. Non pensa che tu sia un problema nella loro relazione, lo sai, vero?»
Si stringe nelle spalle. «Lo spero»
«Io lo so» la rassicura, prima di allungarsi e darle un bacio. È leggero, delicato, le tocca la guancia come se premendo appena più forte, potesse frantumarla. Chris sa essere gentile e non ha nemmeno bisogno sforzarsi, ma è sempre troppo occupato a prestare attenzione all'approvazione degli altri, per accorgersi che poche persone, ma buone, lo amerebbero anche per ciò che è realmente. Eva sa che lo deve accettare così, che Chris fa parte della vita e che lo si prende come viene, quindi chiude gli occhi quando le preme le labbra sulla sua pelle. «So che non sono una fonte affidabile, ma non sono così stupido come sembro. Vedo come ogni pezzo sia al suo posto, al momento. Come William cerchi il perdono di Noora, o come Sana provi a proteggere contemporanea i suoi rapporti con Jonas e te, senza rinunciare a nessuno dei due. E vedo come mi guardi. Mi guardi con la stessa forza con cui Noora prova a dimenticare William, ma senza riuscirci, e Isak che arrossisce non appena si nomina Even, cercando di non darlo a vedere» 
Eva alza lo sguardo, trovando dolcezza in quelli verdi di Chris. Schiude le labbra e il suo cuore batte. Batte forte e spera solo che non lo senta. Si riferisce a quello? Al modo in cui ogni cosa sembra prendere senso quando sono insieme, anche se hanno litigato, o agli occhi che si illuminano quando le dice che è bella. Forse, si riferisce anche al ritmo incalzante del suo cuore quando la bacia, o alla passione che sente montarle dentro ogni volta che la spinge contro un muro e non presta attenzione a nessun altro, se non a lei. Eva si chiede, se Chris veda tutte quelle cose. Se si riferisca proprio a questo.
Le dà un altro bacio e si alza, interrompendo il flusso ingarbugliato di pensieri e troncando ogni possibile tentativo di Eva per replicare. La tira gentilmente per una mano e lei si alza dal materasso, con i piedi scalzi sul pavimento freddo. Quando Chris scosta le coperte su cui erano seduti, la invita a mettersi sotto al piumone e le dà un bacio. Le sue labbra sottili e rovinate dalle botte, premono su quelle di Eva e in silenzio, indugiando un secondo in più, scusandosi ancora. Sono forse le più sincere.
«Tu dove—» mormora Eva, a qualche centimetro dal suo viso, mentre l'occhio gonfio di Chris retrocede. 
«Divano» risponde senza esitazione e le sorride, baciandole il labbro inferiore. «Per stanotte il divano andrà bene»
«Se vuoi—»
«Immagino che il divano sia ciò che mi merito» sussurra, quasi non volesse disturbare nessuno, con una risatina che fa sorridere anche Eva. «Ora vado, prima che ci ripensi»
E si allontana. 
Nessuno dice buona notte, nessuno fiata più, ma semplicemente Chris spegne la luce ed Eva guarda le sue spalle fasciate dalla maglia che si muovono attraenti, stagliarsi nella controluce che proviene dal piano di sopra. Chris lascia la porta della camera da letto aperta, senza nemmeno che Eva debba ricordaglielo, e poi sale le scale, scomparendo dalla visuale della ragazza.
Ad Eva, Chris piace con la stessa intensità con cui Noora è innamorata di William? E può paragonare i propri sentimenti a quelli di Isak ed Even? 
Ci pensa per quelli che sembrano minuti lunghissimi, forse delle ore, e Chris ha spento le luci da un po', ma Eva si agita senza sosta tra le coperte, non trovando pace, ma solo più interrogativi.
Meritano di provare quei sentimenti?
Meritano di paragonare la loro storia e i loro baci, incasinati e superficiali, a quelli di un amore apparentemente forte come quello dei loro amici? Eva si sente quasi sporca a pensare che il loro interesse nato in maniera puramente carnale e superficiale, possa essere paragonato a qualcosa di così grande quanto lo è la devozione di Even per Isak. Non crede di poter competere, o forse è solo lei che dovrebbe smettere di credersi inferiore agli altri, che può permettersi di pensare che a lei Chris piaccia quanto —magari di più— a Noora piaccia vedere William struggersi per lei, o con la stessa forza vitale con cui Isak dica di aver trovato l'uomo della sua vita.
Eva getta i piedi fuori dal materasso e, facendo il minor rumore possibile, ignora il pavimento gelato che la tenta. Torna a letto, sembra dirle.
Sale le scale lentamente e facendo meno rumore possibile, nonostante il passo successivo sia quello di raggiungere Chris nel buio del soggiorno. Lo intravede nella semioscurità e lo guarda respirare con la bacca schiusa per un paio di secondi, prima di scuoterlo delicatamente. Si sistema in ginocchio sul pavimento di marmo e aspetta che smetta di muoversi infastidito da quella interruzione, come stesse ancora dormendo. Gli dà un'altra scossa e finalmente apre gli occhi, alzando istintivamente il busto dal divano.
«Che succede?» chiede, lasciando tutto il peso sul gomito impuntato contro i cuscini. Si passa una mano sul viso, prima di ricordarsi che ha un occhio gonfio e il setto nasale fragile, finché i capillari non si riprenderanno completamente dallo scontro. «Che ore sono?»
«Posso dormire qui?» Con te? domanda piano Eva, quasi sussurrando, come se potesse svegliare qualcun altro, se parlasse appena più forte. 
Sente una risatina appena accennata, accompagnata dal rumore del corpo di Chris che si sposta verso la spalliera del divano, lasciando una buona porzione della seduta libera per Eva. «Non mi rendi le cose facili, se mi ero impuntato di dormire da solo» poi poggia di nuovo la testa sul cuscino e scosta la coperta, facendole segno di raggiungerlo. «Ma fai pure»
C'è il braccio di Chris che stende il piumone su entrambi, coprendoli dal freddo, prima che i loro corpo si incastrino nel divano di casa Mohn. Il respiro di Christoffer contro la sua nuca, i capelli di Eva che gli solleticano il mento e che lui cerca di spostare via. La stringe e lei si aggrappa alle sue braccia che la cingono, ma mentre Chris chiude gli occhi, dopo un paio di minuti per abituarsi e trovare una posizione abbastanza comoda, Eva ha ancora i propri aperti, vispi, come se fosse pieno giorno.
«Pensi mai di non meritare di essere amato?» è la sua domanda nel silenzio della notte, che è ormai mattina da un po'. Aggrotta le sopracciglia confuso da quella domanda, ma non accenna ad aprire gli occhi e di lasciarsi scoraggiare dalla parlantina della ragazza.
«Tutti meritano di essere amati, Eva» risponde, la voce impastata dal sonno. La stringe di più, per farle capire che, nonostante tutto, la sta ascoltando davvero e che non sta per addormentarsi, anche se vorrebbe. «Perché lo chiedi?» le sussurra comunque contro l'orecchio, incastrando alla fine il viso contro il collo di Eva. «C'è qualcosa che devi dirmi?»
Forse siamo sbagliati. Noi, io e te, che abbiamo creato una storia su —cosa?— superficialità, tradimenti, carnalità, lussuria.
«No, nulla di cui non possiamo parlare domani» 
Chris le dà un bacio e le sue labbra spaccate bruciano, quando «Non vali meno di nessun altro, Eva Mohn» la rassicura con voce gentile.
Non vede il sorriso che le nasce spontaneo sulle labbra, ma la sente raggomitolassi tra le sue braccia e dovrebbero tornare decisamente a dormire. Le risse alle spalle (forse).

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Capitolo 3
*** Birthday boy ***


Ho scritto questa cosa micragnosa in tipo venti minuti e per come è uscita fuori, forse sono anche troppi.
Anyway, volevo postare una di quelle già pronte, ma cogliendo l'occasione compleanno di Chris, mi sono detta che avrei potuto provare a fare qualcosa che vertesse su questa ricorrenza. Quindi eccola qui!
E' davvero davvero davvero davvero davvero (potrei continuare all'infinito) piccola e breve, senza nessuna grande pretesa.
Spero vi piaccia, e ringrazio le persone che hanno inserito la raccolta tra le preferite/seguite/ricordate e l'unica che abbia sprecato del tempo a recensire: GRAZIE MILLE!!
Prima che me ne scordi: è ambientata proprio nel ventesimo compleanno di Chris (non uno random), quindi non so, considerando la cronologia che segue lo show, se ho affrettato troppo il rapporto tra i Mohnstad (sempre che durante il periodo di pausa tra la s3 e la s4, non abbiano combinato qualcosa e non si frequentino più...... Meglio non pensarci). Di solito le mie os sono ambientate in lassi di tempo e non in date specifiche, quindi non ho mai avuto il problema di chiedermi se abbia in qualche modo affrettato le cose tra i due, facendo affidamento sul non dover specificare il quando in un anno o mese. Non so se mi sono spiegata, ma in caso la risposta sia no, ignoratemi hahah
Buona lettura, e buon compleanno Christoffer Schistad?

- njaalls
 
 


Prompt: starter sentence - "That is the ugliest thing I have ever saw!“
 

«Questa è la cosa più brutta che abbia mai visto!» esclama Chris con una risata che mette in mostra i suoi denti bianchi e le rughe d'espressione intorno agli occhi. Osserva però felice la torta sconquassata che si presenta davanti a lui e non riesce a fissare altro che Eva e poi di nuovo il dolce ricoperto di glassa, che sembra pronto al collasso. Ammette che non sia la torta più invitante che abbia mai visto e che un bambino avrebbe probabilmente fatto di meglio, ma tutto sommato, guardala lo rende contento, euforico. Qualcuno si è ricordato di lui, qualcuno ha impiegato del tempo per lui e dovrebbe solo dire grazie, mentre si limita a sorridere e a scuotere la testa, rosso per l'imbarazzo, ma troppo orgoglioso per ammetterlo. Si nasconde dietro occhiate spavalde e frecciatine mirate, come sempre.
«Sei un tale stronzo!» è la risposta della rossa, che gli tira un calcio affettuoso contro la gamba con la punta delle proprie scarpe, ma ridendo a sua volta. 
È la torta più brutta che abbia mai fatto, lo sa, e ha esagerato con la glassa e le decorazioni di zucchero, ma poi guarda Chris e la sua espressione felice e paonazza e sa che ogni sforzo è ricompensato. Tutt'intorno i loro amici sorridono, o invitano il festeggiato a spegnere le venti candeline: ci sono le amiche di Eva, Jonas, Isak ed Even, Magnus e Mahdi e c'è anche Eskild con Linn, poi Kasper che parla con uno dei vecchi componenti dei Penetrators —successivamente Riot Club—, mentre altri sono sparsi per il soggiorno di casa Schistad. Per un po', anche i genitori di Chris sono rimasti a godersi la festa a sorpresa organizzata da Eva, ma poi hanno deciso di andar via, mettendo in imbarazzo il figlio con mille baci e altrettanto ti vogliamo bene, che lui avrebbe preferito evitassero di esternare in pubblico.
Ora prende Eva per i fianchi e la fa sedere sulle proprie ginocchia, mentre le sue mani sfilate reggono la torta davanti al viso sorridente di Chris. Si guarda intorno un'ultima volta e sa che tre quarti di quelle persone sono lì per quella rossa solare e sempre gentile, perché lui e Jonas non sono di certo amici, al massimo conoscenti, mentre con Isak e le ragazze ci stanno lavorando. Poi sorride alla donna che tiene tra le braccia e sulle gambe, i capelli corti che stanno crescendo e le labbra piene arricciate in un sorriso felice.
«Devi esprimere un desiderio prima di soffiare» gli ricorda, quando tutti intonano un'imbarazzante canzone d'auguri intorno a loro. Christoffer chiude gli occhi ed esprime la sua muta richiesta di altri compleanni come quello: pieno di gente, chiassoso e con una torta fatta male, ma almeno con il cuore. 
Quando li riapre, la prima cosa che ha sotto al naso è la scritta Buon compleanno Chris, traballante ed insicura, di un acceso e vivace colore rosso, che un po' gliela ricorda, Eva Mohn: bella, raggiante, ma anche da capire; intorno quelle candeline ora fumanti, che invece si stagliano dritte e sicure di loro, quasi volessero sottolineare la differenza con il resto del dolce che è chiaro stia crollando.
Ci sono le urla spensierate e gli applausi degli altri invitati, non appena l'ultima fiammella è spenta.
Poi le sussurra un «Grazie» contro l'orecchio e lei sa che vale più di qualsiasi complimento a quella torta, decisamente discutibile. 
In risposta scoppia a ridere e «Buon compleanno, Chris», ripete per l'ennesima volta in quel 21 marzo e chissà se smetterà entro fine giornata. 
 

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Capitolo 4
*** Selfish ***


Non ho parole per ringraziare tutte quelle persone che recensiscono o segnano la storia tra le preferite/ricordate/da recensire.
Sono felice quando qualcuno mi dice anche solo "mi piacciono le tue os!", o -meglio ancora- leggere che non siete così fan dei Chriseva ma che le storie vi stanno prendendo tanto lo stesso, che ve li stanno quasi facendo piacere di più. Penso non ci siano parole migliori, per qualcuno che fa tutto ciò per hobby e si ritrova circondata da bei commenti, gentili e assolutamente graditi. Davvero, grazie mille.
Ora vi lascio un piccolo regalo, dato che scrivere questo spazio autore mi sta costando una fatica immensa, causa sonno dovuto a dieci ore no stop (tranne per una piccola pausa alle quattro del pomeriggio) dalle lezioni dell'università. Ma come ci arrivo a fine semestre?!
Qualcuno mi aiuti.
Ah, prima che lo dimetichi: quando, come in questa os, un personaggio secondario rispetto alla coppia è messo in "cattiva luce", non pensate che lo detesti, perchè credo che Skam sia uno dei pochi show dove non provi antipatia o odio proprio per nessuno. Al massimo indifferenza (tipo Ingrid o Sara), ma non è il caso di questa brevissima one shot.
Ora, buona notte.
njaalls
 


 
Prompt: start sentence — "You’re wasting your time"
 
«Stai sprecando il tuo tempo»
Non ci vuole molto perché Eva accerti la fonte di quella voce familiare, vicina più di quanto si sarebbe aspettata e terribilmente accusatoria. Si allontana quanto basta dallo specchio del bagno del locale e si scosta dal lavandino, smettendo di sfregare l'eye-liner nero sbavato su entrambi gli occhi. È accaldata e vorrebbe solo uscire in strada, per prendere una boccata d'aria fresca, ma invece è incastrata in un bagno fetido con un paio di ragazze ubriache e un'Iben profondamente turbata. Le sue labbra sono strette un una smorfia e le sue guance gonfie, come se si stesse trattenendo: Eva incrocia le braccia sotto il seno, cercando di non risultare spaventata.
«Potresti spiegarti meglio» suggerisce, battendo più volte la punta della scarpa sul pavimento e scostando i capelli rossi da intorno al viso, con una scrollata di spalle sicura. Sa perfettamente a cosa Iben alluda e anche se non lo sapesse con così tanta certezza, avrebbe comunque un vago sentore del soggetto della —non così velata— accusa nei suo confronti. 
«Avevi detto che era il più grande coglione della scuola» dice, mimando falsamente la voce di Eva alla fine della frase e facendo una smorfia, come se fosse la normale attitudine della rossa. «Eppure ora siete sempre insieme. Com'è che funziona? Lui ti fa i complimenti e tu credi che vali qualcosa nella sua vita? Non è così che vanno le cose con Chris, lo sai, vero?»
Eva batte le palpebre e sposta lo sguardo altrove nel bagno, cercando di non risultare aggressiva nei confronti di Iben. Fa un'altra smorfia e si stringe nelle spalle con noncuranza. «Pensavo che non dovessimo più darci addosso per un ragazzo»
«Pensavo che fossimo amiche»
Eva ridacchia in maniera nervosa, quasi forzata, quando scuote la stesa. Non vuole drammi e non vuole che Iben, o chiunque altro, la odi, sopratutto per qualcosa che non hanno il diritto di reclamare. Nessuno ce l'ha, in effetti. Chris è solo di sé stesso e non é un oggetto, ha una testa che funziona anche troppo bene e una mente che galoppa veloce. Ha dei sentimenti perché è umano e con Eva è tutto una montagna russa, un pacchetto sorpresa, e piace ad entrambi. Ora, Iben e Chris stavano insieme e la rossa è piuttosto certa che non siano più affari dell'ex di Christoffer, sapere con chi si frequenta, con chi si scambia baci euforici contro i muri dei locali o chi decida possa passare la notte a casa sua. Iben ha perso quel diritto da un po', non è più la fidanzata gelosa, e per quanto Chris ed Eva abbiano sbagliato in passato nei suoi confronti, ora non può accusare la rossa di essere una pessima amica: in effetti, non lo sono mai davvero state; erano più due alleati che si erano trovati ad aiutarsi nel momento del bisogno. 
«Forse dovresti farti passare la cotta per lui» le suggerisce Eva, cercando di mantenere il proprio tono più gentile e pacato possibile, ma lottando contro la musica assordante che proviene dal resto del locale. 
Iben sembra punta sul vivo e si agita da un piede ad un altro, guardando lontano da Eva durante un solo istante di incertezza. «Sei una persona ipocrita, Eva, lo sai?» la accusa, mordendosi un labbro e arricciandole poi in una smorfia. 
L'altra fa lo stesso, dispiaciuta dalla piega che la conversazione sta assumendo e perfettamente cosciente che quella appena espressa da Iben sia la verità. Lei è un'ipocrita, perché ha detestato Chris e il suo carattere menefreghista, ha sperato che scomparisse dalla sua vita e che non vi fosse mai entrato, dopo aver mandato all'aria la sua relazione già precaria con Jonas: poi là vita ha scelto per lei chi iniziare a frequentare, come divertirsi e lei è felice per davvero, senza vincoli, o legami di nessun tipo. Non le importa che sia un'ipocrita, né che gli altri la accusino di ciò, perché, per una volta, non sta mettendo davanti a sé nessun altro. C'è solo lei, circondata dal suo gruppo di amiche, i conoscenti, Jonas ed Isak, e c'è Chris che fa parte della vita di Eva in quel momento e forse ancora per un po'. Le piace averlo intorno, sapere che c'è qualcuno con cui può parlare, ma se non lo fanno è anche meglio; qualcuno che non la squadri cercando di capire cosa non vada in lei, ma che la prenda così come viene e se ha bisogno di sfogarsi, lui è comunque lì per lei. 
In quel bagno, ora, Eva sorride e annuisce, lisciandosi il vestito verde che ha comprato pochi giorni prima. «Sì, so di esserlo. Ma non smetterò di frequentare Chris, solo perché questo fa di me un'ipocrita. O perché me lo stai chiedendo tu»
Le sopracciglia si Iben si alzano, mentre incrocia le braccia sotto al seno e scuote appena la testa, tra sé e sé. «Non pensavo fossi così arrogante, mi ero sbagliata su di te»
Voglio solo essere felice, vorrebbe rispondere Eva, ma si morde l'interno guancia, quando la porta del bagno si spalanca alle spalle della mora. La musica del locale si riversa all'interno del piccolo stanzino e tutti si voltano a guardare con curiosità l'ultima figura appena comparsa sulla soglia. 
Chris entra nel bagno fetido con noncuranza e gli occhi socchiusi per l'alcol e la stanchezza, ma un sorriso divertito sulle labbra quando annuncia  il suo arrivo con voce squillante: «Eva Mohn, giuro che trovo un'altra ragazza se non esci da quest—» i suoi occhi vagano senza soffermarsi su niente e su nessuno dall'istante in cui spalanca la porta con una spallata poco delicata. Poi il suo sguardo si poggia sulle figure di Iben ed Eva, le braccia incrociate sul petto di entrambe ed è costretto ad arrestarsi. Il suo cervello si attiva per cercare di capire se dovrebbe tornare da dove è appena venuto, evitando qualsiasi dramma capti dai loro visi seccati, oppure se dovrebbe almeno afferrare Eva per un braccio e trascinarla via con sé. Può gestirne solo una alla volte e sceglierebbe la rossa mille e mille volte, ma poi si ritrova a sorridere imbarazzato e tutti gli occhi sono su di lui. Si rivolge ad Iben, indeciso su come comportarsi, e le fa un cenno con il capo. «Hey» la saluta, pensando che un anno e mezzo prima, la baciava sulle labbra ogni volta che si incontravano. 
«Chris» ricambiai lei, mordendosi un labbro e distogliendo subito lo sguardo.
Gli occhi del ragazzo si spostano curiosi su Eva, la cui bretella del vestito verde le sta scivolando sulla spalla nuda e i capelli sono quasi castani, dentro quel bagno cupo e decisamente fetido. Quando si scambiano un'occhiata, la vede lanciare uno sguardo indeciso verso Iben, prima di abbassare la testa e superala.
«Devo andare» dice con tono dispiaciuto, evitando comunque gli occhi dell'altra ragazza. «Ci vediamo?» e raggiunge Chris, che non smette ora di studiare le macchie sporche sul pavimento, come se fossero la cosa più interessante del mondo.
«Ne dubito» è la risposta che riceve Eva in cambio, prima che annuisca e che l'altra ragazza si faccia largo tra i corpi dei due conoscenti, fermi sulla porta. Entrambi ricevono una spallata e restano a guardarsi negli occhi diversi istanti. Poi una sconosciuta urla loro di chiudere quella fottuta porta del bagno e loro obbediscono. Chris ride, ma Eva sembra turbata.
«Uhm. Mi dirai cosa stava succedendo?» chiede, afferrandola per la vita e camminandole appiccicato, mentre si fanno largo tra i corpi della persone. La musica è altissima e si deve sporgere verso l'orecchio di Eva, per riuscire a farsi sentire. La conduce verso il bancone e ordina due birre, che paga lasciando una banconota sulla superficie in legno prima ancora che gli siano servite.
«Nulla. Facevamo due chiacchiere» è la risposta di Eva, quando si siede sull'unico sgabello libero e la mano di Chris si poggia sulla sua coscia nuda. La rossa apre le gambe, per farlo avvicinare. 
«Tu ed Iben» continua Christoffer con un una risatina finale, che si trasforma in un bacio sulle labbra piene di Eva. «Una chiacchierata»
«Sì, io ed Iben» mormora lei, ricambiano il gesto. Ma Chris si scosta, facendole capire che non ne riceverà un altro, se non continuerà a spiegargli perché Iben la stesse guardo in maniera poco amichevole nel bagno del locale. Eva alza gli occhi al cielo, facendolo ridere. Le scosta una ciocca di capelli dalla fronte. «Crede che siamo una coppia. Dice che è felice per noi»
Ride ancora e questa volta si allontana appena dalla rossa, afferrando le birre che sono state appena servite. Una la allunga ad Eva, che la prende con un sorriso forzato, mentre «Questa è la stronzata più grande che mi abbia mai raccontato» le dice Chris. Poi beve un sorso.
«Perché devi sempre capire quando mento?» chiede la rossa, dandogli un colpetto leggero sulla spalla e aggrottando le sopracciglia in modo buffo. Tracanna quasi mezzo bicchiere di birra e poi si lecca le labbra, sotto lo sguardo curioso di Christoffer. 
«Per lo stesso motivo per il quale ora mi dai la mano e torniamo a ballare? Fancuno, Iben» dice allegro, e lo fa davvero. Intreccia le dita a quelle della ragazza e si trascinano insieme in mezzo alla massa, i loro bicchieri di alcol ancora tra le dita e ormai mezzi vuoti.
Lì, tra i corpi accaldati, la musica nel petto e gli occhi chiusi, stretta dalle mani di Christoffer Schistad, non è ipocrita, ma solo felice. È l'Eva migliore. Quella che vorrebbe essere egoisticamente più spesso.

 
  

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Capitolo 5
*** Missing ***


 
Questa os è proprio triste, no sense e scritta in tempo record perchè mi frullava in mente da un po': l'dea era quella di postarla prima dell'inizio della quarta, ma il preavviso di Julie è stato davvero minimo, quindi ieri -arrabbiata e alquanto confusa per la decisone riguardo la s4 come ultima stagione- ho inizato a buttare giù questo.
Non è il massimo e potrebbero esserci errori/ripetizioni/schifezze del genere, ma l'ho letta mille volte e non mi convince: la posto perchè sento di doverlo fare ora, in questo momento di ansia ed eccitazione per la s4 e per un probabile (non?) ritorno di Christoffer. Spero davvero di sì, come tutti.
Parlando brevemente della one shot, vi anticipo che non è ispirata a nessun prompt, ma nasce da un possibile percorso che avrebbero potuto/potrebbero (ma dubbito) far intraprendere a Chris: ovvero quello utilizzare la scelta Herman di entrare nel servizio militare per il personaggio, in caso non sia davvero presente in questa ultima stagione. 
Ve la lascio qui. Con taaaanto amore.

njaalls

 
 

Eva non comprende perché, ma lo accetta, deve farlo e sicuramente ci si abituerà. Gli accarezza ora le spalle, con le sue mani piccole e lisce, le unghie laccate tempo prima di rosso, ma che ora hanno solo dei rimasugli, di quello smalto. Lo stringe forte e i polpastrelli che prima seguivano la linea delle sue scapole, fino a scendere giù, lungo alla colonna vertebrale, risalgono alla nuca. 
Poi tocca quei capelli corti, troppo corti, che le mettono addosso una strana inquietudine. Vorrebbe aggrapparsi a loro, stringerli quanto basta per trasmettere la propria diffidenza nei confronti di quella decisione che non capisce del tutto, ma non può farlo, perché sono così piccoli al tatto che non riesce nemmeno ad afferrarli.
Eva abbraccia Chris, gli si stringe contro, corpo contro corpo ed è strano quando lo sente ricambiare. Affonda di più il viso contro il petto nudo del ragazzo, mentre le loro gambe si intrecciano tra le coperte.
«Quando te ne andrai?» sussurra Eva nella propria camera buia, ascoltando il rumore delle proprie parole, nel silenzio affettuoso che li circonda. Gli respira contro la pelle nuda, ma lui non si scosta infastidito dal calore che emana: al contrario, avvolge di più le proprie braccia intorno alle spalle e alla schiena liscia della ragazza, lasciando che si incastri meglio contro il suo petto.
«Domani» ed è un sussurro impercettibile quello di Chris, incerto, cosciente che non le piaccia quella decisione. Si sente strano a cercare l'approvazione di qualcuno, sopratutto la sua, perché, cosa sono loro? Chris non lo sa, e nemmeno Eva, anche se ora dividono lo stesso letto, si stringono l'uno all'altro e il fiato di entrambi è corto.
Ripensa al viso di quella rossa sempre allegra e gentile, nell'istante in cui l'ha messa al corrente delle proprie intenzioni e se la ricorda, l'espressione spaesata e confusa che aveva fatto capolino sulle sue labbra piene e gli occhi sgranati.
«Che vuol dire che entrerai nell'esercito?!» aveva quasi urlato, quando glielo aveva detto con tutta la nonchalance del mondo, una tazza di caffè tra le mani ed Eva seduta al suo fianco, al tavolino della caffetteria. Lei si era scostata bruscamente, senza nemmeno rendersene conto e Chris aveva notato tutto lo stupore, ma anche il disappunto. 
Sono trascorse due settimane da quel pomeriggio, ma nulla può cancellare dalla sua mente il viso di Eva contorto dall'incredulità, mentre lo stesso Christoffer Schistad non aveva creduto possibile, che qualcuno potesse dimostrarsi tanto in pena per lui. Le aveva assicurato che sarebbe stato un solo anno e che non sarebbe andato mica in guerra, ma quelle parole non avevano avuto l'effetto sperato: anziché rilassarsi, le spalle di Eva si erano tese come le corde di un violino e le sue labbra si erano increspate, come le onde del mare durante un tempesta.
Non devi, vorrebbe dirgli adesso lei, mentre lo stringe come mai prima d'ora e cerca di tenerselo stretto più a lungo possibile. È strano che a volte ci si ritrovi a voler una persona via dalla propria vita, e subito dopo a non volerla lasciare andare. Eva sa che la sua vita continuerà come è sempre andata, che ci sono le sue amiche e qualche bel ragazzo da abbordare in un locale, eppure la gola è secca e gli sono occhi umidi: non lo vuole dire ad alta voce ed evita di sbattere le palpebre, per non lasciare cadere nessuna lacrima di malinconia. 
Sono due settimane che gli mette il muso, anche se involontariamente, continua a giurare lei quando Chris glielo fa notare, poi la guarda e vede Eva sospirare, cosciente che sia la scelta giusta, se lui la ritiene tale. Non è nessuno per poter protestare, per afferrarlo tra le braccia e chiedergli di rifletterci meglio, anche se inutilmente.
Adesso Chris la prende in giro e «Ti mancherò» le dice, dandole un bacio sulle labbra, ma quelle parole sono meno divertenti di quanto desideri.
La verità per Eva Mohn è che Christoffer Schistad gli mancherà da morire, che anche se quella sera si saluteranno promettendosi di vedersi, magari durante uno dei suoi weekend liberi. Nessuno dei due ci crederà davvero, perché avranno le loro vite, le nuove conoscenze e se saranno fortunati —come lo sono stati quando si sono ritrovati ognuno sul percorso dell'altro— si incontreranno di nuovo. Forse.
È già successo dopo il loro primo incontro ed Eva chiude gli occhi, sperando che accada un'altra volta: una lacrima che ha cercato di trattenere, cade giù. 
Ha difficoltà a credere che quello sia lo stesso Christoffer delle feste sfrenate e del bus più in voga della Nissen.
Ora Eva chiude gli occhi e le sue mani  si poggiano sulle spalle di Chris, spingendolo delicatamente fino a farlo sdraiare con le spalle contro il materasso. Gli si siede a cavalcioni e gli da un bacio, nuda, piegandosi in avanti. Le dita di Christoffer Schistad, ex membro dei Penetrators e del Riot Club, la toccano con così tanto tatto che la pelle di Eva si elettrizza. La delicatezza non è il suo forte, ma c'è il modo sicuro e gentile in cui la sfiora, che fa desiderare ad Eva che non smettesse mai.
Lo bacia, piegandosi in avanti, i capelli contro il viso del ragazzo che intravede appena, nel buio della propria camera. Scende dalla guancia alla mascella e si ferma sotto l'orecchio. Gli da un bacio. Poi un altro.
«Mi mancherai» ammette allora e ogni emozione si scopre, rivelando per l'ennesima volta la vera Eva: quella che si affeziona troppo e impara ad amare incondizionatamente chiunque faccia lo stesso con lei. Quel vizio le rimane sempre e comunque sulla pelle, pronto a ferirla ogni volta che è costretta a allontanarsi a malincuore da qualcuno. Chris si allunga verso il suo viso e, non lo confessa ad alta voce, ma il bacio che dà dice che forse mancherà anche a lui. 
Finché, casualmente o no, non si incontreranno di nuovo. O così sperano.

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Capitolo 6
*** What love does? ***


SPOILER SE NON AVETE VISTO NESSUNA DELLE NUOVE CLIP.
Io ve l'ho detto, eh.
Allora, che dire? L'ho scritta tempo fa, prima dell'uscita della s4, ma ho temporeggiato a pubblicarla, dando la precedenza ad altre: la trovo un po' troppo zuccherosa/smielata, sopratutto per gli standard dei Mohnstad, buttt (c'è sempre un but) Eva ha detto quella frase nella prima clip e ho deciso che andava pubblicata.
"Chris told me" e io ho sclerato come una pazza, perchè si sentono/vedono/flirtano/vanno insime a letto ancora e non aspetto altro se non vedere Schistad di nuovo in giro: l'ho modificata per usufruire di questa situazione che hanno più o meno confermato nello show, ma la versione iniziale era pressochè simile.
Spero vi piaccia,
anche se io la tro un po' inutile haha
Buona lettura. <3
njaalls


Prompt: stars sentence — Love does not make me gentle or kind. 
 
«L'amore non mi rende gentile o buono. Su che rivista hai sentito questa cazzata?» 
«Seriamente? Frequenti la stessa ragazza da mesi, non hai mandato tutto a puttane e mi vuoi fare credere che tu sia ancora uno stronzo, che se la fa con tutti e non si preoccupa per nessuno?»
«Non ero uno stronzo»
«Hai tradito Iben con più di una ragazza»
«Okay, ma tutte, a parte Eva, erano consenzienti, se la guardiamo sotto un altro punto di vista»
«Perché non puoi semplicemente ammettere che lei ti piaccia?»
Chris resta a fissare un punto vago della propria camera senza interesse e lo sguardo duro, accigliato e turbato da ciò che gli è stato detto. Evita William per un paio di istanti, perplesso, prima di tornare a guardare lo schermo del computer che tiene sulle gambe.
Indossa una vecchia felpa gualcita e i primi pantaloni della tuta che ha trovato nell'armadio quella mattina, mentre i capelli sono scombinati sotto il cappuccio e il suo migliore amico resta in silenzio, a miliardi di chilometri di distanza. Ci sono solo due schermi tra loro e se li fanno bastare, anche se si sentono poco e vedono virtualmente ancora meno: quella videochiamata è quasi un miracolo.
Chris si accomoda meglio sul materasso e contro la testata del letto, intanto che William poggia il proprio computer su un ripiano di quella che all'altro ragazzo sembra una cucina. Ne ha la conferma, quando l'amico comincia a cucinare, lanciando al portatile solo qualche sguardo.
«Hai intenzione di restare in silenzio ancora per molto?» domanda William ad un certo punto, grattandosi distrattamente una guancia, prima di prendere un barattolo di qualcosa che ad Oslo, nella sua camera da letto, Chris non riconosce.
Questo scuote la testa e si stringe nelle spalle. «Non so che dire» ammette, giocando con i braccialetti che porta al polso, come un bambino che è appena stato messo con le spalle al muro per una monelleria non confessata.
«La verità» insiste William, alzando un sopracciglio nella sua direzione. Lancia qualcosa dentro una padella, prima di afferrare un coltello e affettare del cibo. «Che a te piace, che sei felice e che, anche se non lo vuoi ammettere, sei diventato più gentile con il mondo»
«È più complicato di così» risponde Chris, ridacchiando. «Sì, forse sono cambiato, ma non sono improvvisamente divento un santo, né lo voglio diventare»
«Perché sei sempre così melodrammatico?» scherza William con una risata, scuotendo la testa. Lancia ciò che ha appena tagliato nella padella, dove il tutto sfrigola a contatto con quello che deve essere olio caldo. «Per te non ci sono vie di mezzo: o è tutto bianco, o è tutto nero»
Chris non commenta, sapendo che ha ragione e che è inutile continuare ad arrampicarsi sugli specchi: è cosciente del fatto William lo conosca inevitabilmente meglio di chiunque altro e che, a lui, Eva piaccia davvero. Nonostante il tempo trascorso a ripetersi che mai più si sarebbe lasciato coinvolgere da una storia piena di sentimenti, emozioni e amore, Chris ora deve solo ammettere di essersi fatto prendere la mano da Eva e il suo essere solare, i capelli rossi che gli solleticano sempre il viso e il buon sesso, per il quale non sono mai stanchi e hanno sempre voglia. Eva Mohn lo intrigava prima e dopo il loro primo bacio, mentre frequentavano altri e pomiciavano con sconosciti e anche, adesso, che sono quasi qualcosa. A Christoffer Schistad quella rossa tutto pepe e ossa fragili interessa ancora, se non di più.
«Se ti dicessi che mi piace Eva, smetteremo di parlarne?» domanda sulla difensiva e in maniera anche un po' troppo schietta. «Mi sta dando alla testa»
«Forse» è il commento del suo amico, il quale scrolla le spalle con finta indifferenza.
«Bene» esclama, Chris, alzando la voce. «Eva mi piace, non bacio nessun altro da mesi e con lei sto bene. Soddisfatto? Che mi dici invece di te e della tua nuova fidanzata o qualunque-cosa-sia?»
William ride e rivolge un sorriso verso il computer, in direzione di Chris che invece, aggrotta le sopracciglia, prima di vagare con lo sguardo altrove, per la camera da letto ordinata, se non per i pochi vestiti impilati su una sedia. A Chris piace il caos e ci si trova anche bene, ma nella propria stanza raramente qualcosa è completamente fuori posto. Non è una di quelle persone maniacali, ma se ogni oggetto ha il suo posto, lui è lì che lo collocherà, sapendo di poterlo ritrovare quando lo cercherà la volta dopo. Alla fine, quel luogo è come se fosse l'unico al mondo, dove possa essere in pace e sereno, a differenza di fuori, tra la gente, dove non riesce mai a rilassarsi, sempre troppo occupato a pensare, capire e sentirsi accettato.
È quando William esclama un incerto «Va abbastanza bene» che la porta di casa Schistad si apre e tutta l'attenzione di Chris si volge verso l'ingresso, che intravede appena dal punto del letto in cui è seduto. Aggrotta le sopracciglia e si sporge, quando una voce squillante annuncia il suo arrivo. Il ragazzo sorride, sentendo la porta chiudersi con un tonfo.
«Sono io!» urla Eva, facendo un gran baccano nel modo di lasciare la chiave di scorta all'ingresso e togliersi le scarpe. C'è poi un rumore costante di sacchetti di carta che si agitano ed è quando la vede comparire alla porta della propria stanza, che vede i pacchi che tiene tra le dita. «Sono in anticipo, lo so!» esclama, lasciando tutto ai piedi del letto e lanciando il cappotto che deve essersi tolta durante il percorso dall'entrata, fino alla camera da letto. «Ma ho finito prima i compiti e mi avevi detto che i tuoi non c'erano tutto il pomeriggio, quindi—» fa un sorriso sornione e si abbassa a curiosare tra le buste, producendo una gran confusione. Chris e William si scambiano uno sguardo, il primo alza un sopracciglio divertito nel vedere il suo migliore amico nascondere un sorriso, prima di scuotere la testa. Nessuno dei due fiata e poi Christoffer torna ad osservare Eva, la quale gli mostra ciò che ha portato con tanta affanno. «Ho comprato del gelato. Sto morendo di fame, lo mangiamo ora? Non posso aspettare fino ad ora di cena»
«Okay» è l'unico commento di Chris, quando annuisce e piega la testa di lato, nell'esatto istante in cui Eva si siede sul suo letto e si allunga per dargli un bacio. Quando lui le va incontro, si perdono l'uno sulle labbra dell'altro: le ginocchia di Eva contro il materasso e il busto di Chris proteso verso la rossa. Dopo un paio di istanti, William dall'altro lato del computer tossisce ed lei si scosta, sorpresa.
«Oh, hey!» esclama, toccandosi le labbra con la mano non impegnata a tenere il gelato freddo, che le sta quasi facendo perdere il tatto ai polpastrelli. «Non sapevo fossì... Lì» tossisce e Chris trattiene una risata, poggiando la fronte contro la sua spalla. Lei lo caccia via, sorridendo gentile alla terza persona. «Come stai?»
«Abbastanza bene» è la risposta imbarazzata che riceve in cambio, quando si tocca la nuca e cerca di tenersi impegnato, cucinando. Non che William non sappia intrattenere una conversazione, ma parlare con Chris è un conto —perché lui c'è sempre stato, è come un prolungamento si se stesso—, mentre farlo con qualcun altro con cui non ha confidenza lo mette a disagio. Sopratutto se è Eva, la migliore amica di Noora e la ferita ancora un po' gli brucia, anche se non lo vuole ammettere. «Tu?» domanda comunque, lanciando una breve occhiata allo schermo del computer. «Come stai?»
Chris sposta il portatile dalle proprie gambe al materasso, avvicinandolo ad Eva quando annuncia di andare a prendere dei cucchiai per mangiare il gelato, lo guarda scomparire dentro la maglietta bianca che gli fascia le spalle e poi torna a fissare lo schermo del computer. Incrocia le gambe sul materasso. «Io sto bene» dice, annuendo imbarazzata più volte.
«Sì, vedo che tra te e Chris—»
«Noi non stiamo insieme» si affretta a dire Eva, lasciando andare sul letto il barattolo di gelato e scuotendo la testa più volte. William aggrotta le sopracciglia, impacciato, mentre mescola qualcosa in una padella. Intanto Eva che liscia i propri jeans, domandandosi quando mai lei e William si siano scambiati più di un saluto.
«Sì, lo so» dice con tono esausto, ma divertito, quasi avesse già dato quella risposta altre volte. «Ma lui sembra stare bene e anche tu»
«Sì, sto bene» mormora Eva, i cui polpastrelli si stanno irritando a forza di strisciarli in maniera quasi maniacale contro la trama dei propri pantaloni. Si sente nervosa, fuori posto, e lancia un'occhiata rapida alla porta, sperando di veder comparire Chris. Non vuole parlare dei propri sentimenti con nessuno, ma ancora meno con William e spera che lui lo comprenda dal tono incerto della sua voce. «Stiamo bene» taglia corto, abbozzando un sorriso forzato.
«È fantastico» commenta William, ammutolendosi l'istante dopo. «Invece—»
«Noora?» chiede Eva quasi speranzosa che la nuova conversazione non verta su lei, o Chris, o su entrambi. È quando vede comparire dal corridoio il secondo ragazzo, con due cucchiai tra le dita, che è felice di saperlo di nuovo lì, anche se l'idea di aver tirato in ballo Noora prima ancora che potesse davvero capire se era lì che William sarebbe andato parare, la mette in difficoltà. È involontario sentirsi una terribile amica, mentre Chris ficca il naso nei sacchetti che lei ha abbandonato sul pavimento. Lo vede sorridere, prima di prendere un pacco di caramelle e alzare un pollice nella sua direzione. Lo lascia andare però, allungandosi prima verso il gelato che la rossa ha poggiato sul letto.
«Sì, Noora» la distrae William, richiamandola alla sua reale conversazione su Skype. Dietro allo schermo del computer, Chris rotea gli occhi, probabilmente stufo di sentire il nome della bionda uscire dalle labbra del proprio migliore amico. Eva si domanda per quanto ne abbiano già abbondantemente parlato, ma non lo giudica: lei e Noora ne hanno discusso certamente un numero maggiore di volte. «Lei come sta?»
«Anche lei sta bene» è la risposta incerta di Eva, quando il materasso si inclina e si piega, nell'istante in cui il corpo di Chris si poggia su di esso. Le passa un cucchiaio, prima che forzi l'apertura del barattolo del sorbetto alla frutta, che la ragazza ha comprato sapendo fosse il suo preferito. L'istante dopo ne prende un boccone e glielo tende, quando lei fa lo stesso, lanciando un'occhiata nervosa a William: non è compito suo parlagli di Noora, dei suoi sentimenti, del modo in cui stia cercando di andare avanti. Oltre William.
«Oh, certo» è la risposta, quando a Londra il ragazzo sposta la padella dai fuochi e versa il contenuto in una ciotola.
«Potresti scriverle» gli suggerisce Eva, prendendo quel oh come una ferita ancora aperta. «Domandare a lei come stia»
«Eva, non lo fare—» mormora Chris, aggrottando le sopracciglia e lanciandole un'occhiata. Poi si rivolge al proprio migliore amico e punta il cucchiaio contro lo schermo del computer. «Non sono pronto a tornare nel loop Noora un'altra volta e poi le cose vanno bene, a Londra, no?» chiede retorico, alludendo alla nuova ragazza. Chris non ha idea di chi sia, se non per ciò che ha trovato sui social e per quel poco che William gli ha raccontato, o se sia la ragazza giusta per andare avanti, ma almeno ci sta provando ad svoltare e crede che sia così che debba finire. William Magnusson lontano da Noora Sætre e il passato alle spalle, per la loro felicità (e la tranquillità degli altri).
Ora il suo migliore amico ride forzatamente, ma prima che possa parlare, Eva tronca ogni sua intenzione sul nascere.
«Seriamente?» domanda con voce squillante, lanciando a sua volta un'occhiataccia a Christoffer, il quale si sta servendo di un'altra cucchiaiata di gelato. Lei fa lo stesso. «Io mi son sorbita il loop William esattamente come è stato per te, ma non vuol dire che ho il diritto di essere così egoista»
«Non sono egoista. Sono solo realista» le spiega pratico, arricciando le labbra. «Hanno bisogno di trovare le loro strade. Separati. E senza coinvolgerci personalmente, sopratutto»
«Non ci stanno coinvolgendo» sottolinea Eva, leccando un po' di gelato rimasto sul cucchiaio. «Si confidano con noi. Il che è diverso e dovresti supportare il tuo migliore amico»
«Io lo sto facendo, Eva» continua imperterrito. «Ci sono altre ragazze al mondo, oltre Noora» lancia uno sguardo rapido a William, che non sfugge alla rossa. Poi fissa il riflesso sul proprio cucchiaio. «E loro, vorrei precisare, ci stanno coinvolgendo in questo preciso istante» sottolinea, indicando con la posata loro due, ma intendendo il loro battibecco. Forse non ha tutti i torti, ma Eva non vuole che i loro amici soffrano ancora, se possono risolvere le loro questioni irrisolte e aggiustare qualsiasi cosa decidano di create tra loro, ora che forse non sono più una coppia. 
La rossa apre la bocca, per ribattere cosa non lo sa, ma comunque fa per protestare, quando William la anticipa.
«Ragazzi, non scriverò a Noora» annuncia, sedendosi al tavolo della cucina e voltando leggermente il computer in modo da non indirizzare la webcam ancora verso il punto in cui si trovava poco prima. «Volevo sapere solo come le andasse la vita, tutto qui»
La rossa annuisce e pesca un altro cucchiaio di gelato contemporaneamente a Chris che, gentilmente, scosta la propria posata, lasciando che lei si serva per prima. «Hai il suo numero, in ogni caso» risponde Eva, annuendo comunque. «Se non hai intenzione di spezzarle il cuore e vorrai fare ancora una chiacchierata con lei... Conosci Noora, sarà felice di farlo»
«Lo terrò a mente. Grazie, Eva» dice, sincero. È quando poi cala il silenzio tra loro e Chris che si agita accanto alla ragazza, che William fa una smorfia, guardandosi intorno. «Ora devo andare. Ci sentiamo?» domanda rivolgendosi a Chris, il quale annuisce.
«Certo» risponde atono, ma nelle parole che pronuncia dopo, si può cogliere un pizzico di tristezza, mischiato a dell'ironia. «Magari un po' più spesso»
L'altro fa un cenno positivo del capo, ripetendo un basso «Magari un po' più spesso» che non sembra lo convinca granché. Poi sorride e si rivolge ad Eva. «Bhe, grazie per i consigli. E, sì, state decisamente bene insieme»
Entrambi rispondono all'unisono che non stanno insieme, ma William ripete con un sorriso che deve andare e l'istante dopo restano soli, la videochiamata terminata.
Rimangono in silenzio per diverso tempo, mangiando gelato, con entrambe le schiene poggiate alla testata del letto. 
Ad un certo punto, è Eva a interrompere la situazione muta e fastidiosa che si sta costruendo sulle loro spalle. «Non sei arrabbiato, vero?»
«No. E tu?»
«No»
«Bene, allora» mormora, prima di accigliarsi. «Non lasciamo che si mettano... Tra noi?» dice indeciso, quando la sua affermazione si trasforma subito in una domanda, posta più a se stesso. Lei annuisce comunque ed è quando le sue stesse parole gli rimbalzano in mente, fastidiose e costanti che si ridesta. L'amore non mi rende gentile o buono, ma forse può provarci. «A proposito di questo, però, devo dirti una cosa»
Eva aggrotta le sopracciglia, trattenendo un sorrisetto. «Uhm?»
«Forse William ha una nuova ragazza» sbotta Chris abbassando lo sguardo, quasi si sentisse in colpa per qualche assurdo motivo. Cerca di scacciare quella sensazione.
«Cosa?!» esclama invece lei a gran voce. «Non è possibile... Noora mi ha detto che è una pausa, la loro... E poi che vuol dire forse?»
«Che si frequentano, non so quanto seriamente» 
«Non è possibile. Noora ci starà malissimo quando lo scoprirà»
«No!» esclama Chris, sporgendosi verso la ragazza seduta sul proprio letto. I suoi occhi cercano quelli più chiari di lei. «Non glielo puoi dire. Te l'ho raccontato perché volevo essere sincero con te, non perché andassi a riferire tutto a Noora»
«Ma lo deve sapere» cerca di convincerlo, aggrottando le sopracciglia.
«Sì, ma né da me, né da te» le risponde Chris. «Glielo dirà William. Adesso sappiamo entrambi lo stesso segreto e non lo diremo a Noora perché non lasceremo che si mettano tra noi, giusto?» chiede con il tono che si userebbe con una bambina. «Sono adulti e grandi abbastanza per litigare senza chiamarci in causa, ti pare?»
Eva annuisce dopo un paio di istanti di silenzio e quando prende l'ennesima cucchiaiata di gelato, lui lascia andare il proprio nel barattolo, prima di guardarla deglutire la crema fredda e toglierle la posata dalle mani. La rossa cerca di protestare, inutilmente, quando vede la confezione di cibo venire allontanata dalla sua presa, per finire sul comodino di Chris. Poi lui torna a concentrarsi su Eva e un paio di secondi dopo, la bacia. 
Si ritrova sdraiata sul materasso senza nemmeno accorgersene, nello stesso modo in cui non si rende conto di avere già le mani tra i capelli castani del ragazzo.
«Il gelato—» sussurra, sulle sue labbra. Lui aggrotta le sopracciglia, mentre lei continua a voler parlare, nonostante i loro corpi pressati l'uno contro quello dell'altro. «—si scioglierà» continua, ma cercando comunque un altro bacio. 
Chris mormora qualcosa, ridendo in maniera incredula: l'istante dopo sprofonda completamente contro il petto di Eva, nascondendo il viso contro il suo collo. «Non puoi semplicemente, accettare le attenzioni e farmi credere che ti piacciano?»
«Certo che mi piacciono» è la risposta divertita che riceve, mentre si rilassa tra le braccia della rossa che lo stringono e le mani che gli accarezzano i capelli, la nuca e le spalle. «Magari dopo dell'altro gelato, però? Sto morendo di fame, Chris» 
E lui vorrebbe non ridere, ma scoppia in una risata che solo Eva Mohn avrebbe potuto istigare, con una richiesta tanto ridicola. Annuisce, con il naso contro i suoi capelli, prima di sollevarsi sulle braccia e allungarsi verso il comodino. Le guance della ragazza si tingono di rosso, facendo a gara con la sua chioma ormai non più lunga, come la prima volta in cui si sono incontrati sulla pista di un locale. Quando prendono entrambi una cucchiaiata di gelato e si siedono a gambe incrociate sul materasso, Eva gli lancia un'occhiata imbarazzata e Chris sospira. Forse è questo che significa diventare più gentili e buoni in amore: dare quello che di solito non daresti mai, iniziando da un barattolo di gelato, anziché una buona sessione di sesso.
 

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Capitolo 7
*** Hiding ***


Sarò sincera, mi ero scordata di dover pubblicare, quindi avendo detto in pagina che lo avrei fatto oggi, ho messo in pausa Pretty Little Liars e sono corsa ha cercare la storia da condividere.
E' molto breve, è ambientata in un ipotetico post s3 (rispetto a quando l'ho scritta, quindi minimo un mese fa) e ora in un ipotetico post/durante la quarta stagione. Nello show, sappiamo che Eva e Chris si sentono e/o vedono ancora ("Così mi ha detto Chris" dalla prima clip della prima puntata), ma non sappiamo come le cose tra loro si siano evolute: per certo si sa che non sono una coppia, dato che Vilde ha messo in chiaro che lei è l'unica del gruppo a avere un ragazzo, ma questa è la mia storia, perciò qui non c'è nessun Adam, ma solo un'Eva e un Chris come li abbiamo lasciati nell'ultima puntata della terza stagione. Magari con qualcosa in più.
Se ci sono degli errori chiedo scusa, ma non ho il tempo di ricontrollare tutto. In caso pù tardi la leggo di nuovo dal cellulare e la aggiusto da lì.
Vi ricordo di passare in pagina, se vi va:
link.
E buona serata.
njaalls

 

 
Prompt: “You can’t stay here forever."
“No, but I can try.”

 
«Sto bene» pausa. «Voglio solo—» altra pausa. «Ho detto che sto bene, sono da... Un amico» ancora una pausa e «Non ti preoccupare, ho solo bisogno di qualche giorno, te lo giuro. Okay?» sorride. «Te ne voglio anche io. E... Scusa?»
Il telefono rimbalza quasi subito sui cuscini del divano, con un lancio stanco e distratto, quando Chris si tira su e si stropiccia gli occhi con i palmi delle mani. Eva lo guarda con la coda dell'occhio, mentre sta seduta al tavolo di marmo della cucina e aspetta che la cena si riscaldi, intanto che fa i compiti per il giorno successivo. Quando i loro sguardi si incontrano, i capelli della rossa le ricadono velocemente sul viso e lei torna a leggere un paragrafo di biologia, che non crede riuscirà mai a ricordare.
«Sei in punizione?» domanda distrattamente, battendo più volte la punta di un evidenziatore contro la pagina del libro aperto da una buona ora. Chris la raggiunge e aggira il tavolo, rubando una verdura tra quelle che Eva lo aveva obbligato a tagliare, mentre lei preparava la portata principale. «E smettila di mangiare la cena prima del previsto»
«Se sono in punizione? Tipo per sempre» è la risposta che riceve in cambio, quando Chris ignora volutamente il rimprovero appena ricevuto e ruba questa volta una carota dallo stesso piatto, una smorfia irridente si dipinge sul suo viso. Vede Eva alzare le sopracciglia esasperata e lui non può poi trattenere il sorriso involontario che gli nasce sulle labbra, se pensa a tutte le sue manie e ai mille complessi che si crea.
Restano in silenzio diversi istanti, in cui Chris la raggiunge e le si siede al fianco, incrociando le braccia davanti a sé sulla superficie di marmo freddo e sprofondandovi il viso contro.
«Non potrai restare qui per sempre» mormora Eva, affondando i polpastrelli tra i suoi capelli corti sulla nuca, fino a che le dita non scompaio quasi completamente nella zona in cui le ciocche sono più lunghe e morbide.
«No, ma posso provarci» è il commento soffocato di Chris che invece non accenna ad alzare il capo.
«Devi tornare a casa, Chris» lo rimprovera, smettendo all'istante di accarezzagli la testa in maniera affettuosa. Quando la sua mano si arresta, il ragazzo si volta a guardarla dal basso, gli occhi stanchi e le labbra arricciate con forza. «Ancora mi chiedo come i tuoi genitori non abbiano assunto una squadra di poliziotti per cercarti e riportarti a casa, anche con la forza. Mia madre sarebbe uscita di testa, se me ne fossi andata per giorni»
«È già successo. Sanno che so cavarmela»
«Ma sei loro figlio e—»
«Eva» la voce tutt'a d'un tratto squillante di Chris la interrompe, quando il ragazzo si mette a sedere con la schiena dritta e tesa. La guarda, gli occhi verdi spalancati per la frustrazione. «Non tutte le famiglie sono protettive. Sì, i miei mi vogliono bene e si preoccupano per me, ma non sono quel genere di genitori apprensivi che vanno nel panico se loro figlio li chiama per dire che dormirà da un amico»
«Non torni a casa da tre giorni, Chris» risponde Eva, come se fosse normale che un genitore metterebbe sottosopra il mondo, se il proprio bambino non tornasse a casa per così tanto. È vero che, in quel lasso di tempo, ha chiamato sua madre più volte al giorno per tranquillizzarla, ma Eva non si dà pace: se ci fosse stata lei al posto al posto di Christoffer, la signora Mohn non le avrebbe permesso di dormire fuori per più di una notte, ma avrebbe mobilitato chiunque per trovarla e una volta ricongiunte, l'avrebbe messa in punizione per l'eternità. La famiglia di Chris sembra invece tranquilla al riguardo, pronta a punire il figlio solo una volta tornato a casa di sua spontanea volontà. Eva lo abbraccia e poggia la testa sulla sua spalla. Lui non ricambia. «Dovrai affrontarli, prima o poi, lo sai, vero?» il ragazzo annuisce, silenzioso. «Non potrai ignorarli o stare qui per sempre, dovrete discuterne come farebbero degli adulti» 
Christoffer resta immobile, la schiena dritta e coperta dal corpo di Eva e lo sguardo che fissa un punto vago della cucina di casa Mohn. Sa che le deve mille grazie, che non era obbligata ad accoglierlo in casa propria o a non accettare i suoi soldi, quando aveva provato a sdebitarsi pagandole almeno la spesa che lo aveva trascinato a comperare due giorni prima. I mobili della cucina sono quasi sempre vuoti, quando Chris la va a trovare, e si domanda sempre come sopravviva da sola. Decide ogni volta di non chiederlo, perché Eva è una ragazza responsabile e che sa cosa deve e non deve fare, ed è evidente quanto le loro vite siano nonostante tutto simili: Chris è abituato ad avere la cucina sempre piena e dei genitori che non si preoccupano dei suoi desideri, ma solo delle sue necessità; mentre Eva vive nella solitudine di una casa troppo grande e sempre vuota, ma con una madre che cerca di riparare i danni accertandosi che tutte bollette siano pagate e che si dicano ad ogni conversazioni che si vogliono bene e che si mancano, anche se si vedono praticamente di rado. Chris ed Eva sanno che nessuno ha una famiglia perfetta, ma Eva sembra l'unica sempre positiva tra i due al riguardo. Per lei, sua madre è la persona migliore del mondo, che il lavoro la risucchia completamente perché sente la necessità di dare alla figlia la sicurezza economica che le serve (e sicuramente è vero), ma Chris non le dice mai che è comunque sbagliato, che dovrebbe esseri lì con lei, quando sta male, o quando festeggia il suo compleanno. Non glielo dice perché sa di non essere nella posizione migliore per farglielo presente, e perché non la vuole ferire con la verità, anche se è piuttosto certo che, in fondo, lo sappia anche lei: le loro famiglia cadono a pezzi, per un motivo o per un altro.
«Non me ne voglio andare» sussurra Chris, voltando appena la testa verso a quella di Eva, la quale ha preso ad accarezzargli la schiena in modo affettuoso. «Pensi che sia stupido?»
«Stupido?» domando la rossa, aggrottando le sopracciglia. «Perché dovrebbe esserlo? Sei nato qui e sei cresciuto qui, se vuoi restare non è stupido. Non siamo tutti destinati a fare le valigie e trasferirci altrove. Non siamo tutti così coraggiosi»
«Quindi sono un codardo» dice Chris, aprendo la bocca e mordendo un labbro, quando annuisce tra sé e sé.
«No» dichiara Eva, allontanandosi da lui quanto basta per tenere le braccia ancora intorno al suo corpo, ma potendo comunque guardare il suo viso stanco. Poggia entrambe le mani sulla sua nuca e lo obbliga ad affrontarla, faccia a faccia. «Non sei un codardo solo perché non vuoi lasciare casa tua. Se hai deciso di restare, allora sarai coraggioso perché farai quello che desideri. Sarai coraggioso, perché manderai tutti al diavolo e terrai insieme la tua vita da solo»
«Solo» ripete il ragazzo, abbassando lo sguardo. «È la cosa più triste che abbia mai sentito»
«Il fatto che non ti sia fatto dei nuovi amici all'università, non significa che sei letteralmente solo» è l'unico commento di Eva, che piega la testa di lato, con una smorfia sulle labbra, nello stesso istante in cui il timer del forno li avvisa che la loro cena è pronta. Si allontana da Chris, roteando gli occhi. «Si mangia»
«Da solo, a parte te? Eri scontata» mormora il ragazzo, saltando giù dallo sgabello e affrettandosi a prendere due piatti al posto di Eva, la quale non lo ringrazia nemmeno, quando estrae una teglia dal forno, troppo concentrata a non scottarsi. La lascia andare sul ripiano e si sfila i guanti da cucina, mentre Chris apparecchia alla rinfusa il tavolo di marmo, mettendo via i libri di scuola della rossa.
«A titolo informativo» gli sussurra lei, ad un certo punto. Si avvicina al suo viso, con i due piatti pieni di cibo tra le mani, quando lui resta a guardarla trafelato. «Non dire più a nessuno che è scontato»
«Sai cosa intendevo» ribatte l'altro, ridestandosi dai capelli rossi di Eva che con la luce di quella cucina tendono più all'arancio, che al mogano. E le donano. Quando poggia entrambi i piatti sul marmo con un rumore secco e si allontana, per afferrare il vassoio di verdure e portare anche questo a tavola, Christoffer la afferra per la vita e la trattiene. «Hey» Eva evita il suo sguardo a fatica, trattenendo un sorriso. «Non l'ho detto come se tu non—» fa una smorfia e ammettere a cuore aperto che tenga a qualcuno è uno sforzo disumano. Quindi la bacia, dopo un istante di esitazione, ed Eva non se lo aspettava.
Si sono baciati miliardi di volte, hanno fatto sesso e ormai vivono in simbiosi ad ogni party che frequentano, anche se non lo fanno di proposito e forse nemmeno se ne accorgono, ma Chris non l'ha mai baciata in quel modo. L'ha baciata sempre perché voleva farlo, perché l'eccitava, perché a lui Eva è piaciuta da primo istante, anche se è iniziato tutto perché lo intrigava. Ma ora preme le sue labbra su quelle piene della rossa, perché sente il bisogno di comunicarle qualcosa, iniziando da quello che sente nei suoi confronti e che non crede sia capace di riuscire ad ammettere ad alta voce. 
È lei ad approfondire il bacio che lento, si disperde come al vento, quando la stessa Eva si allontana. Poggia la fronte contro la guancia di Chris e aspetta. 
Aspetta che lui dica qualcosa, o che lo faccia lei, che non si allontani, ma che continui a stringerla, anche se non erano questi i patti: non sarebbero mai dovuti arrivare a quel punto, non se si erano ricordati più volte che non ci sarebbero stati sentimenti, oltre quelli di un'amicizia, che era ovvio si sarebbe venuta a creare. Ma l'amore? Eva associa l'amore a quello per Jonas, quello che l'ha resa felice e che non ha saputo controllare, portandola all'autodistruzione. Eva non vuole più soffrire in quel modo, perché sa che è lei il problema e non riesce a cambiare: se ama qualcuno lo fa fino allo sfinimento, trasformandosi in una persona che non vuole essere, perché si infligge da sola ogni singolo dolore di una relazione. L'amore dovrebbe essere solo felicità e lei dovrebbe imparare prima a controllare sé stessa, che i sentimenti degli altri.
«No» sussurra quindi, nella cucina silenziosa. Si scosta rapidamente da Chris ed evita il suo sguardo, concentrandosi sulle porzioni di cibo già sul tavolo. «Devi tornare a casa, Chris. Dovrai risolvere con i tuoi genitori, dire loro che è qui che vuoi restare e tornare a vivere la tua solita vita. Tornare a farti degli amici, quelli che eri abituato ad avere durante il periodo alla Nissen, frequentare nuove feste e—» trovare altre ragazze da baciare, ma questo se lo tiene per sé. «E poi non potrai nasconderti qui per molto. Mia madre tornerà questo fine settimana»
Eva prende posto a tavola e versa dell'acqua in entrambi i bicchieri con cui Chris ha apparecchiato, intanto che lui resta immobile, dove lo ha lasciato, con le labbra arricciate in una smorfia. 
«Si fredda» gli ricorda Eva, alludendo al cibo e lanciando al ragazzo uno sguardo nervoso, quando nota che i suoi occhi sono ora su di lei.
«Mi stai allontano?» chiedo pratico, con la solita smorfia con la quale vuole avvertire il mondo intero che è Christoffer Schistad e può affrontare qualsiasi situazione.
«Solo perché ti ho detto che non puoi reste qui per sempre, non significa che io ti stia allontanando—»
«Tu hai detto no»
«Ho detto anche che non vedo il Chris che ho conosciuto a scuola»
«Sì, ma prima hai detto no» 
«Chris»
«Eva» la chiama a sua volta, interrompendola. «Non sono una persona che va parlando dei propri sentimenti con chiunque, non puoi dirmi solo no» prende un respiro profondo, come se gli costasse il morbo. «Non puoi dirmi no e sederti a tavola come se nulla fosse»
«Posso, perché non c'è nulla di cui discutere» sentenzia Eva, fissando il proprio sguardo sulle unghia laccate di rosso. «Rispetto quello che mi hai detto, ma—»
«Non è lo stesso per te» conclude per lei Chris, con un sospiro. Eva chiude un istante le palpebre e vorrebbe che il mondo si arrestasse in quel istante, al buio, sola nel silenzio.
Certo che provo lo stesso, vorrebbe dire, ma si ritrova a scuotere la testa e «No» sussurra con la gola improvvisamente secca. «Non non provo ancora gli stessi sentimenti per te», mentre si convince che a lungo andare, quella bugia farà meno male di una relazione malata, come quelle che Eva è brava a rovinare. «È troppo presto»
Quando Chris annuisce, c'è un istante in cui la rossa si chiede cosa farà adesso, se la odierà, se assumerà quella facciata piena di indifferenza, come se non gli importasse davvero di lei, o se ne andrà sbattendo la porta di casa con forza. Trattiene il respiro e attende.
Attende finché non lo sente prendere posto accanto a lei ed Eva aggrotta le sopracciglia.
«Me ne andrò domani mattina e stanotte dormirò sul divano, parlerò con i miei e tornerò a frequentare nuove feste senza te, se è quello che intendevi» lei annuisce piano e il suo cuore perde un battito. 
«Bene»
Poi Chris inizia a mangiare ed Eva vorrebbe piangere per la frustrazione, ma si obbliga a mantenersi integra ed alza gli occhi al cielo per asciugarli dalle lacrime, che minacciano di abbattersi sulle sue guance piene.

 
Quella notte Chris dorme davvero sul divano, mentre Eva supplica in silenzio di riuscire ad addormentarsi e smettere di agitarsi tra le coperte. Lo fa solo quando l'alba è già sorta e, al suo risveglio, Chris le ha lasciato il piumone piegato sui cuscini del divano.
Con lui sono sparite anche le scarpe da ginnastica all'ingresso, le felpe e le magliette usate in quei giorni di fuga da casa propria, e lo spazzolino in bagno. 
Eva gira un po' per casa ed è solo quando trova la chiave di riserva sotto il vaso all'entrata, che si domanda quale grande errore abbia appena commesso.
 
 

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