La musica del cuore

di Fenice_blu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 (parte 1) ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 (parte 2) ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 
«Sono stufa della scuola!» sbuffai sull’orlo di una crisi di nervi.
«Anch’io non ne posso più» disse la mia amica e compagna di classe Jasmine, con un espressione imbronciata.
Eravamo sul pullman di linea per tornare a casa, dopo una giornata scolastica particolarmente lunga e pesante.
«Già siamo indietro con le interrogazioni, ci mancava solo il compito di latino nello stesso giorno di quello di scienze!» aggiunsi. Di solito cercavo di essere positiva, purtroppo al momento mi risultava difficile. Mancava meno di un mese all’arrivo delle vacanze, ma sembrava che i professori avessero intenzione di farci penare fino alla fine. Tra interrogazioni, compiti in classe, lavori di gruppo e voti da recuperare l’estate sembrava solo un fantastico miraggio!
La rossa seduta alla mia destra, con voce ansiosa si lamentò ancora «per non parlare del test di fisica di oggi! Sono certa che è andato malissimo… Non ci voglio pensare!»
Sospirai, pensando che avrei dovuto passare il fine settimana a studiare.
Dato che era inutile continuare a lamentarsi, cercai di distrarmi ascoltando un po’ di musica. Era una delle poche cose che riusciva sempre a ridarmi il buon umore, anche in giornate come quella.
Mi ero persa a guardare il susseguirsi di case, alberi e strade, con le mie canzone preferite per sottofondo, quando Jasmine richiamò la mia attenzione toccandomi la spalla.
«Ci vediamo lunedì» disse con un tono rassegnato.
 «D’accordo... resisti Jas! Qualche altra settimana e poi saremo libere!»
Mi rivolse un ultimo sorriso e si affrettò verso l’autista, il quale fermò l’autobus per farla scendere.
Dopo qualche altro minuto scesi anch’io alla mia fermata, che si trovava a un centinaio di metri da casa mia. Quest’ultima era una villetta a tre piani, con un piccolo giardino davanti, una stradina laterale che portava al garage sul retro e che separava la mia da un’altra abitazione, mentre a sinistra si affacciava su una piazzetta. Stavo per entrare, quando senti una voce «Ehi!»
Mi girai ma non vidi nessuno . Pensai di essermelo immaginato, quando qualcuno parlò di nuovo.
«Aspetta! Sono qua sopra!» mi girai in direzione della voce e vidi, affacciato alla finestra della casa affianco, un ragazzo dai capelli castani lisci e un po’ arruffati, un sorriso tra l’imbarazzato e il divertito e due occhi di uno stupefacente verde smeraldo: il mio vicino, Alessandro.
«Ah ciao Alessandro!» lo salutai, abbastanza confusa sul perché ci avesse tenuto tanto a chiamarmi, visto che da quando avevamo finito le elementari, di solito, ci limitavamo a salutarci in mezzo alla strada. Questo non perché non andassimo d’accordo, ma ci eravamo persi di vista, soprattutto quando avevamo iniziato il liceo, io scientifico e lui linguistico.
«Ciao Beatrice! Senti mi faresti un favore?» Sempre più sconcertata dalla piega della conversazione risposi con una domanda «E sarebbe?»
«Ecco… mi prenderesti quel foglio? L’avevo messo sul davanzale per un attimo, ma la finestra era aperta e il vento l’ha fatto cadere» così indicò la stradina di casa mia. Raggiunsi il pezzo di carta, mosso da una lieve brezza e lo presi, ma guardandolo notai che non era un foglio normale: era uno spartito.
Riflettendoci la cosa non avrebbe dovuto sorprendermi più di tanto. Sapevo che era un grande pianista. La mia camera era praticamente davanti alla sua e l’avevo sentito suonare tantissime volte, e spesso mi fermavo e rimanevo ad ascoltare la melodia del piano. Per alcune canzoni cantava anche, e bisognava ammetterlo: era proprio bravo! La sua voce era calda, solare, ma allo stesso tempo dolce, in più aveva la straordinaria capacità di trasmettere le sue emozioni e in qualche modo a calmare il mio spirito sempre inquieto. Ascoltarlo era un' esperienza incredibile.
Inutile dire che non l’avrei ammesso in faccia a nessuno, specialmente a lui!
Alzai lo sguardo e con fare scherzoso dissi «E adesso? Ci faccio un aereo di carta e te lo lancio? »
Lui ridacchiò e si sporse leggermente «No, mettilo nella cassetta della posta!»
Feci il giro e intanto riconobbi il titolo del brano sullo spartito: “All of me” di John Legend, una delle mie canzoni preferite.
Lo in filai nella cassetta e per farmi sentire gridai «FATTO!»
«Perfetto! Grazie!» urlò in risposta.
Tornado verso la porta lo salutai, ancora lievemente in imbarazzo per quella strana situazione «Ok… allora.. ci vediamo»
«Certo, ciao!» Così entrai e chiusi la porta.
 
 
Dopo pranzo salii in camera e mi chiusi dentro.
Sabato pomeriggio, bloccata a casa con una marea di compiti da fare… che bella prospettiva!
Mi sedetti pesantemente sul letto, pensando da cosa avrei dovuto iniziare a studiare. All’improvviso qualcosa mi sfiorò il braccio, facendomi sobbalzare sul letto dallo spavento!
Che cavolo era stato!?!
Sul pavimento individuai il colpevole: un aeroplanino di carta.
Per un attimo lo fissai stupita. Poteva essere entrato da un solo posto. Andai alla finestra e trovai Alessandro appoggiato al davanzale della sua camera.
«MI HAI FATTO VENIRE UN INFARTO! » gli urlai contro, ma con un tono più sconcertato che arrabbiato, col solo risultato di farlo scoppiare a ridere, facendo iniziare anche me.
«Scusa, non pensavo che ti spaventassi per così poco»
«Non mi sono spaventata, mi hai colto di sorpresa!» ribattei decisa, cercando di non fare la figura della fifona, ma probabilmente senza riuscirci troppo perché lui commentò in tono sarcastico con «Sì, certo!».
«Piuttosto come mai hai lanciato quell’aereo?»
«Ecco, volevo ringraziarti per prima »
«Non ce n’è bisogno, l’hai già fatto. A proposito… bel pezzo! Mi piace molto quella canzone! »
Sorrise e con uno sguardo divertito disse «Lo so, ti ho sentito cantarla!»
Rimasi del tutto sbigottita e risposi con qualcosa come «T-tu mi hai sentito?»
«In effetti, sì» A quel punto Arrossii, maledicendomi mentalmente, perché avrei dovuto saperlo che poteva sentirmi. Non mi piaceva cantare in pubblico, se non con i miei amici, ma solo facendo cori improvvisati, e in macchina (solo quando ero in giornata) davanti ai miei genitori e a mio fratello, tutto qui…
«Te la cavi davvero bene, sai?»
Il suo commento mi distolse dall’imbarazzo, lasciandomi di nuovo stupita.
«Lo pensi davvero?»
«Certo! Scommetto che non hai mai studiato canto. Vero?» mi chiese serio.
«No, ma mi sarebbe piaciuto tanto!»
«Allora il tuo è un vero talento! Forse ti manca un pochino di tecnica ma non è affatto un problema. Puoi sempre lavorarci sopra.» si spiegò sorridendo.
Arrossi ancora «Bé, ecco.. grazie davvero! È gentile da parte tua, ma non credo di essere così in gamba. Tu invece sei senza dubbio un grande artista!»
«Anche tu sei gentile.. io non ne sono così sicuro. È solo che mi piace la musica!» rispose con fare modesto.
Non potei fare a meno di sorridere. Le sue parole mi avevano lusingata, soprattutto perché sembravano davvero sincere e in più, nonostante la sua bravura non se ne vantava minimamente. Era proprio incredibile!
In quel momento cambiò discorso «Che fai oggi pomeriggio?»
«Studio!» dissi con una smorfia. «E tu?»
«No io no. La mia classe è in gita di più giorni, io non sono potuto andare, perciò per un po’ non dovrò studiare»
«Beato te!»
«E invece stasera?»
«Stasera? Mmm… sì sono libera»
Un po’ titubante mi chiese «Allora… che ne dici di uscire?»
Cercai di non sembrare troppo sorpresa. Mi stava chiedendo un appuntamento? Non riuscivo a crederci!
Poi scherzando aggiunse in fretta «Oppure ti nascondi nella tua stanza?»
«Non mi nascondo affatto!» ribattei subito.
«Davvero? Eppure ti vedo sempre lì…» proseguì lui, lanciandomi uno sguardo scherzoso.
Decisi di stare al gioco e con un mezzo sorriso replicai «Bè anche tu ti nascondi. Se mi vedi sempre, vuol dire che anche tu stai sempre in camera tua no?» Un po’ debole come difesa ma lui resse il gioco.
«Oooooh, touché!» e si mise a ridere, contagiando anche me.
«Allora… che ne dici Bea? Ti andrebbe di uscire con me?»
Ci riflettei un attimo e lo guardai.  I capelli un po’ scompigliati, gli occhi verde smeraldo che mi fissavano speranzosi in attesa di una risposta, il sorriso caldo e gentile…
Sorrisi e dissi «sì, mi piacerebbe molto Ale».
 
 
 
 
 
L'angolo di fenice blu  
 
  Salve a tutti! :) Volevo solo dire che questa è la mia prima storia e sono molto emozionata! Non pretendo di ricevere chissà quali apprezzamenti, ma se potete mettere un piccolo commento ne sarei felice, anche per una critica, mi aiuteranno a migliorare! Ancora grazie! E dedico questa storia a Francesca, Jas e soprattutto Miki, che mi ha convinto a pubblicare! :) vi voglio bene! Grazie ancora A presto, Fenice_blu

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Capitolo 2
*** capitolo 2 ***


Stavo andando in crisi.
Avevo fatto la doccia, mi ero asciugata i capelli e con l’accappatoio addosso guardavo sconsolata l’interno del mio armadio. Il mio primo appuntamento sarebbe stato tra una mezz’ora e stavo ancora scegliendo i vestiti! Cosa avrei dovuto indossare in quella occasione? Non ne avevo la più pallida idea.
Nel massimo momento di indecisione ero stata sul punto di chiamare Jasmine per un consiglio, ma alla fine mi ero decisa a cavarmela da sola.
Non ero assolutamente preparata a questa uscita e di conseguenza anche il mio armadio, che era  una confusione totale. Per di più avevo iniziato a farmi mille complessi mentali:
questo mi ingrassa? Quello mi fa sembrare troppo trasandata? Se mi metto una cosa troppo elegante sembrerà che mi sono agghindata per lui? E se qualunque cosa metto non gli piacessi comunque?
Alla fine decisi di darci un taglio e optare per qualcosa di semplice e che andasse bene per me. Se non gli andava bene come mi ero vestita, pazienza! E poi perchè mi doveva importare di quello che pensava? Perchè volevo fare buona impressione su di lui?
Visto che iniziava a far caldo scelsi dei vestiti leggeri: pantaloncini jeans, maglietta verde menta chiaro, sandali beige, una collana con un ciondolo argentato a forma di sole e due braccialetti ( uno blu e uno azzurro). Quando fui pronta mi diedi un’occhiata allo specchio. Non mi ero truccata (non lo facevo mai), ero semplicemente io…  gli occhi di un insolito blu scuro, le labbra sottili, il naso piccolo e i capelli neri e mossi sciolti sulle spalle. Tutto sommato potevo andare.
A quel punto sentii il campanello e subito dopo il rumore della porta che si apriva.
«Beatrice! C’è Alessandro alla porta!» gridò mia madre in fondo alle scale.
«Arrivo!» urlai di rimando. Afferrai il cellulare e corsi al piano di sotto, dove trovai mamma nell'ingresso e Alessandro sulla soglia.
«Caspita sei in orario! Credo che sia la prima volta che succede!» disse mia madre sorridendo con aria compiaciuta.
«È vero non sono puntualissima, ma che sono sempre in ritardo mi sembra un po’ esagerato» ribattei, anche se consapevole del fatto di essere una ritardataria cronica «Adesso scusa ma dobbiamo andare. Ciao ciao!»
«D’accordo, ciao ragazzi, divertitevi!»
«Arrivederci!» salutò all’ultimo Alessandro mentre chiudevo la porta uscendo.
«Allora, che si fa?» gli chiesi dopo un attimo, cercando di mettere da parte l'insicurezza e la timidezza.
Lui mi guarda sorridendo «Non so tu ma io ho voglia di un bel gelato. Che ne dici?»
 
 
 
«È incredibile! Hai finito quel gelato in meno di cinque minuti!»
«Che posso dire? Adoro il gelato! Specialmente quello alla stracciatella!»
Stavamo camminando da poco, e mentre lui aveva già finito il suo, io ero appena arrivata alla cialda del mio cono alla crema e al cioccolato. Era una bella serata, una leggera brezza rinfrescava l’aria e nel cielo notturno risplendevano migliaia di stelle. Sembrava già estate.
«Se vuoi ti do una mano a finirlo!»
«No grazie! Va a finire che ti mangi pure il mio» risposi ridendo.
«Hahaha non hai tutti i torti!»
Ci sedemmo su una panchina continuando a parlare, passando da un argomento all’altro. Scoprii che era facile parlare con lui, di poter essere me stessa.
«Non vedo l’ora che arrivi l’estate!» esclamò a un certo punto.
«Un po’ come tutti»
«Già, immagino di sì… ma dico sul serio, non so tu ma voglio staccare dalla scuola e dal conservatorio…»
«Fai il conservatorio?» chiesi sorpresa.
«Sì dall’anno scorso… davvero non lo sapevi?»
Arrossii «In realtà no»
«Capisco… non preoccuparti sono pochi a saperlo» sorrise cercando di rassicurarmi.
«E com’è? Ti piace studiare lì?»
«Sì, mi piace molto. Anche se è molto faticoso, sai com’è devo esercitarmi col piano, ma anche studiare e fare i compiti… non è semplice» spiegò.
«Lo credo…»
«Già, ma ne vale la pena per me… vivere di musica è il mio sogno»
Sorrisi… mentre parlava gli si leggeva in faccia la sua passione per la musica, gli brillavano gli occhi e non potevi restare indifferente.
«E tu?» mi chiede con uno sguardo curioso.
«Io? Cosa vuoi sapere?»
«Non so… come mai hai scelto lo scientifico? Sogni di diventare una matematica?» mi guardò con uno sguardo scherzoso.
«Certo come no! Una grande professoressa di matematica!» dissi ridendo.
Quando smisi mi spiegai «No… ho scelto lo scientifico perché non avevo idea di cosa fare in futuro… i miei insistono nel dire che dovrei studiare per trovare un buon lavoro all’estero… queste cose così insomma…»
«Capisco… anche per i miei… li ho convinti a farmi andare al conservatorio solo a patto che andassi bene al primo anno di liceo… anche per loro l’inglese è una priorità, infatti se devo essere sincero è anche per questo che sono andato al linguistico»
«Caspita!» ero sorpresa, ma poi continuai «Beh un lato positivo è che facendo il linguistico e studiando bene l’inglese, ti torna utile con le canzoni inglesi e con la pronuncia no?»
Mi guardò sorridendo «Sì, in effetti sì»
 

Parlammo per un bel po’, finchè non ci rendemmo conto che si era fatto tardi e che era ora di tornare.
Ci incamminammo, e alla fine arrivammo a casa mia dove Alessandro mi accompagnò alla porta.
«Mi sono divertita molto!» gli dissi guardandolo in quei luminosi occhi verdi.
«Anch’io»
«Ok.. allora buonanotte!» lo salutai, stavo per rientrare quando lui mi richiamò «Beatrice?»
«Si?»
Mi guardò dritto negli occhi ma sembrava un po’ imbarazzato «Ecco, senti.  Volevo chiederti… se…»
«BEAAAAA!!!!» Alessandro non riuscì a finire la frase che mio fratello Gabriele piombò fuori di casa tutto euforico.
«Bea! Che avete fatto? Dove siete andati? Mi hai portato il gelato? Vieni devo farti vedere una cosa!» parlò a raffica senza lasciarmi neanche il tempo di dire qualcosa.
«Gabrì dai torna dentro!» esclamai spazientita.
«E daiii!!!» piagnucolò il mio fratellino di otto anni, guardandomi con i suoi occhioni dolci.
Sbuffai, mentre il mio vicino si godeva la scena. Lo guardai con uno sguardo tra il disperato e il dispiaciuto «Mi dispiace credo che dovremo finire il discorso la prossima volta»
«Non c’è problema! Ci vediamo allora!»
«Certo! Buonanotte Ale»
«Buonanotte Bea!»
Si avviò verso casa sua e sparì nel buio della notte. «Bea…»
«Chiudi il becco! Hai già fatto abbastanza casini! Perché ci hai interrotto?»
«Ti volevo far vedere una cosa…» disse in tono dispiaciuto.
Sospirai, per quanti guai combinasse non riuscivo ad arrabbiarmi con lui, anche quando mi faceva restare con il dubbio su cosa volesse dirmi Alessandro. Sospirai ancora e decisi che glielo avrei chiesto il giorno dopo.
«Dai piccolo, torniamo dentro»
«Non sono piccolo!»


Angolo autrice
Salve! Dopo un secolo sono riuscita a pubblicare il secondo capitolo! :) Lo so qui non succede nulla di che ma non volevo far accadere le cose troppo in fretta! Spero solo che vi piaccia! :) Sarei felice se recensiste, si accettano anche critiche! :) Allora a presto! Fenice_blu

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


«NON CI CREDOOO!!!»
«Sshhhhh! Abbassa la voce! E già che ci sei datti una calmata! »
«Come faccio a calmarmi! Dai raccontami tutto! Quando te lo ha chiesto? E come? E dove siete andati?» sparò le domande a raffica un’ euforica Jasmine.
Avevo appena iniziato a dirle dell’appuntamento con Alessandro, ma non feci in tempo a completare la frase che lei stava già gridando dalla gioia!
«Se mi fai parlare te lo spiegherei anche!» risposi ridendo.
Così le raccontai tutto: lo spartito, l’aereoplanino di carta, l’uscita… tutto.
«Ma come! Non vi siete nemmeno baciati!!» fece una faccia delusa.
«Non essere ridicola! Era la prima volta che uscivamo da non so quanto tempo e già pretendi un bacio? Non ti pare di correre troppo?»
Lei fece un sorriso malizioso «Sarà stata anche la prima volta, ma secondo me ti avrebbe salutato così, se non fosse stato per tuo fratello!»
«Dici? A me sembra davvero improbabile!» dissi scettica.
 «Secondo me sì, ma ormai è andata… chissà cosa voleva dirti alla fine…»
«Già me lo sono chiesto anch’io… ieri poi non gliel’ho potuto chiedere… è andato a casa degli zii a Campobasso»
«Beh glielo chiederai quando torniamo da scuola… AHII!»
Uno scossone del pullman la fece sbattere la testa sul finestrino.
«Maledetto pullman!» si lamentò la rossa, mentre io scoppiai a ridere. Lei mi guardò con un sorriso furbo
«Ha ha molto divertente! Mi farò io un mucchio di risate quando avrai fame ed io mi terrò tutta la fetta della torta di nonna che ho portato! E’ quella che preferisci: al cioccolato!»
«Sei crudele!!»
«È quello che ti meriti!» disse stizzita.
«Ma dai! Lo sai che scherzo! Non ti sarai mica arrabbiata?» Lei mi guardò di sottecchi, poi fece un gran sorriso «Certo che no! Ma la torta me la tengo comunque! Ho bisogno di energie extra per la lezione di filosofia!»
«Va bene!» Feci una faccia di finta rassegnazione.
«Tu invece tieniti pronta per quando il tuo Romeo ti chiederà di…»
«Dacci un taglio!!!»
 
 
 
Erano più o meno le 5 quando un aeroplanino si schiantò sull’armadio. Lo presi e ci lessi sopra un “Affacciati”. Andai alla finestra dove c’era il mio vicino ad aspettarmi con i gomiti appoggiati al davanzale.
«Ho una proposta da farti!»
Sorrisi «E sentiamo, di che si tratta?»
«Vuoi venire con me dall’orefice? Vado a prendere un braccialetto di mia madre che si era rotto. Lo so è piuttosto noioso ma almeno cambiamo aria ti pare? E poi mi stufa andare da solo»
Ci riflettei un attimo e poi acconsentii «Ma sì. Perché no? Almeno mi allontano un attimo da questi schifo di compiti»
«Perfetto! Allora andiamo!» sorrise contento.
Poco dopo ci ritrovammo sulla strada a parlare del più e del meno, come due vecchi amici. Per strada non c’era un anima, alla fine arrivammo in oreficeria. Il vecchio proprietario, il signor Carmine, era dietro la cassa che leggeva un giornale mentre una donna curiosava tra le vetrine. Quando ci vide, il signore ci rivolse un sorriso gentile «Salve ragazzi! Cosa posso fare per voi?»
«Buonasera signore! Sono qui per il bracciale di mia madre. Lo ha mandato qui a riparare la settimana scorsa» spiegò Alessandro.
«Ah certo! Lo tengo sul retro. Vado a prenderlo!» e si avviò. Tornò poco dopo con una scatolina «Ecco qua! Come nuova! »
Alessandro prese il pacchetto e ringraziò «Grazie.. quanto le devo?»
«TUTTI A TERRA!!»
Improvvisamente irruppero due uomini coperti da dei passamontagna, uno con un borsone, mentre l’altro con una pistola puntata contro di noi. Sia io che Alessandro ci immobilizzamo all’istante, la donna per poco non svenne e il vecchio, dietro il bancone, rimase sbalordito.
«Avanti vecchio dacci tutto quello che hai in cassa!»
«S-sì… ma cerchiamo di mantenere la calma ragazzi..»
«Saremo calmi quando ci farai prendere ciò che vogliamo! E lascia passare il mio amico.. Muoviti!» ringhiò quello con la pistola.
Il signor Carmine si spostò intanto quello con la pistola si rivolse a noi «Voi due! Non fate i furboni e buttate a terra i cellulari! E anche tu!» disse rivolto alla donna sotto shock.
Sia io che Alessandro posammo a terra i rispettivi cellulari e così anche la donna, mentre il complice prendeva tutto quello che c’era nella cassa. Cercavo di sembrare calma, ma in realtà ero spaventata a morte: se non fosse stato per la cassa toracica il mio cuore sarebbe saltato fuori dal corpo già da un pezzo. Per di più le mie mani tremavano nonostante cercassi di fermarle, un ansia opprimente mi stringeva come in una morsa d’acciaio… sentivo che mi sarebbe venuto un attacco di cuore. A quel punto Alessandro, sembrò avvertire la mia paura, e mi strinse una mano. Era calda e aveva una stretta forte, era un modo per rassicurami, per dirmi che sarebbe andato tutto bene… un gesto semplice che riuscì a tranquillizzarmi un po’.
Intanto i due iniziarono a fare razzia anche dei gioielli del negozio. Quello disarmato disse «Hey che cos’hai lì?» Aveva notato la scatolina che aveva nell’altra mano Alessandro. «Daccela subito!»
All’improvviso mi salì una gran rabbia contro quei tizi: chi si credevano di essere?! Aggredire in quel modo il negozio di un anziano che non poteva nemmeno difendersi! Erano dei gran vigliacchi!
Bloccai Alessandro prima che glielo potesse dare «Questo non vi appartiene! Anzi niente di tutto quello che c’è qui! Adesso andatevene e lasciateci in pace!»
Non avevo idea da dove mi venisse quella rabbia ma di sicuro non era la cosa più furba o intelligente da dire.
«Mocciosa cerca di stare al tuo posto, o ti daremo una bella lezione!»
«Siete solo dei vigliacchi!»
Allora lui si avvicinò minaccioso ma Alessandro si mise in mezzo «Non provare ad avvicinarti » Parlò col tono più duro che gli avessi mai sentito, guardando minaccioso l’uomo.
«Lascia perdere! Sono solo ragazzini!» face il complice mentre arraffava un mucchio di collane.
Improvvisamente sentimmo delle sirene in lontananza, i ladri si bloccarono e si scambiarono uno sguardo
«Chi… diavolo… LI HA CHIAMATI! » urlò il tipo armato.
«Potrebbero essere stati i vicini…» suggerì il signor Carmine.
«Maledizione! Filiamocela!!» fece l’altro, chiudendo la refurtiva nel borsone.
Corsero fuori di fretta e furia, senza più badare a noi. Li sentimmo salire in macchina e schizzare via alla velocità della luce.
Né io, né Alessandro, né gli altri ci muovemmo, troppo scioccati per fare qualcosa, finchè il vecchio orefice non parlò «Ragazzi non preoccupatevi… andate a casa»
Non ce lo lasciammo dire due volte, così Alessandro mi trascinò fuori dal negozio.
Subito dopo aver fatto qualche metro, iniziammo a correre verso casa, con in testa solo il pensiero di allontanarci da lì. Proseguimmo così per metà strada, finchè non ci fermammo su una panchina, con il fiato grosso.
«Ehi Bea.. Stai bene?» mi chiese Ale.
«Credo di sì… tu?»
«Sì, sto bene...senti mi.. mi dispiace… se non ti avessi chiesto di venire..» sembrava davvero dispiaciuto di avermi coinvolto.
«Ale ma che dici? Non è stata colpa tua! Anzi ti devo ringraziare! Prima mi hai difeso contro quel ladro… È stato un gesto molto coraggioso» dissi.
Mi guardò stupito con i suoi occhi verdi «Non credo proprio.. tu sì che sei stata coraggiosa! Hai avuto davvero fegato a parlare in quel modo a  quel tizio!» disse con un sorriso stampato in faccia.
Io invece sorrisi imbarazzata «Non penso proprio… è stata solo la foga del momento… ah e grazie anche.. per.. sai la mano… ero davvero..» mentre parlavo sentivo la faccia andare a fuoco.
A quel punto Alessandro fece una cosa che mi spiazzò: mi abbracciò. Per un attimo rimasi rigida, sorpresa da quel contatto, ma poi ricambiai. Era dolce e spontaneo, come se non fosse stata la prima volta, ma qualcosa di familiare. Restammo così per un arco di tempo che sembrò quasi infinito.
Quando ci sciogliemmo dall’abbraccio, ci guardammo negli occhi, e non so come, avevo la sensazione che fosse cambiato qualcosa tra noi.
«È meglio andare» disse lui.
«Certo… andiamo»
Ci avviammo verso casa, fianco a fianco, e nonostante la nostra disavventura, mi sentivo più sicura di quanto non fossi mai stata.



Angolo Fenice blu :)
Salve a tutti! :)
Chiedo scusa per il ritardo madornale, ma per questioni di tempo non sono riuscita ad aggiornare! Spero che questo nuovo capitolo vi sia piaciuto, e se volete lasciare un commento ne sarei felice, anche per una critica. :)
Allora grazie a quelli che leggono e recensiscono!
A presto! ^^

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


«Forza, forza, forza, forza…. Muoviti, muoviti…»
«Beatrice è inutile che continui a pregare che la campanella suoni…»
«Senti Jas, è l’ultimo giorno di scuola, non puoi biasimarmi se voglio che la campanella si dia una mossa!» esclamai esasperata.
«E dillo che la vera ragione è che non vedi l’ora di vedere Alessandro» sogghignò la rossa.
Erano passate due settimane dalla rapina, e da quel giorno io e Ale ci eravamo avvicinati tanto: facevamo lunghe chiacchierate attraverso la finestra e quando uscivamo scherzavamo e parlavamo molto. Non facevamo nulla di straordinario alla fine, ma con lui qualsiasi cosa facessi diventava divertente.
«Sempre a fare insinuazioni! Andiamo ci pensi che finalmente inizia l’estate!» sorrisi raggiante alla mia amica.
«Sinceramente non riesco ancora a crederci»
«Uffa ma quanto ci vuole ancora….»
«Calmati… vedrai che…» fu interrotta dalla campanella, e appena realizzammo che era tutto vero, lanciammo un urlo insieme al resto della classe. L’intera scuola esplose in grida di gioia! Chi si dava il 5, chi si abbracciava, chi piangeva… sembrava che avessimo vinto le olimpiadi.
Uscimmo di corsa, dopo aver salutato tutti i nostri compagni, con un larghissimo sorriso stampato in faccia, con l’aria di chi stava per vivere una grande giornata.
 
 
«Non è possibile» dissi
«Questa non è sfortuna… di più!» concordò Jasmine.
Ero al telefono con Jas, con lo sguardo perso fuori di casa, ed entrambe eravamo incredule:
Stava piovendo.
«Il primo giorno di vacanza estiva e già piove! Non è possibile!» continuò la rossa.
«Mah… è davvero assurdo. Speriamo che sia una pioggia estiva e che passi subito, avevo davvero voglia di uscire» sospirai.
«Già… senti io vado, ci sentiamo dopo» mi salutò. «Ok, ciao ciao»
Attaccai il telefono e ripresi a guardare la pioggia cadere dalla fitta coltre di nubi scure sopra di noi, e ad ascoltare il suo ticchettio sui tetti e sulla strada, leggero e sotto certi punti di vista, rilassante. Alla fine non era così male.  A un certo punto mi arrivò un messaggio sul telefono.
“Affacciati”
Senza indugio aprii la finestra, non curante dell’acqua che poteva entrare dentro la stanza.
«Buongiorno! Che bella giornata non ti pare? » sorrise contento Alessandro, uno dei suoi sorrisi capace di illuminare anche quella giornata grigia.
Ricambiai il sorriso «Sì, davvero niente male. Anche se avrei preferito il sole… così saremmo potuti uscire»
«A me non dispiace la pioggia. E poi chi dice che non possiamo uscire? O hai paura di infangarti le scarpe?» mi fece l’occhiolino.
Non potei fare a meno di ridere «Bé se per te non è un problema, andiamo»
Sorrise ancora «Perfetto! Porto io l’ombrello!»
 
 
«Ci entri sotto l’ombrello?»
«Sì certo. Tranquillo» lo rassicurai.
«Ok»
Passeggiammo per un bel pezzo di strada sotto la pioggia, che anche se non era molto forte continuava a cadere in modo insistente. Arrivammo davanti ad una pizzeria d’asporto e nonostante fosse ancora pomeriggio sembrava che stessero già preparando la pizza, perché dal locale usciva un profumo caldo e invitante, da far venire l’acquolina.
«Che profumino!» esclamai. Vidi Alessandro storcere il naso, così lo guardai senza capire «Qualcosa non va?»
Si strinse nelle spalle «No nulla è solo… »
«Cosa?»
«È solo che non mi piace… la pizza… anzi, la detesto proprio» lo bloccai e lo guardai sbalordita «Sul serio??»
Lui annuì, allora indicai davanti a me dicendo «Fuori dall’ombrello» facendolo scoppiare a ridere.
Sorrisi «Come mai non ti piace?»
«Non lo so… so che è strano e che piace a tutti, ma davvero non la sopporto» disse ricominciando a camminare.
«Bé io detesto la coca cola per cui.. »
«Detesti la coca cola?!?»
Ridacchiai «Ecco appunto, e ti dirò di più: non mi piace qualsiasi bevanda che sia gassata»
«Tu non sei normale» disse scuotendo la testa.
«Ha parlato Mr Odio il cibo più buono del mondo!» a quel puntò esplodemmo entrambi in una grossa risata, che ruppe il silenzio di tomba che regnava sulla strada.
«Senti avrei una proposta da farti..» iniziò lui.
«Spara»
«Ecco… mio fratello fa 18 anni  e volevo chiederti se ti andava di venire»
«Ah… per lui non è un problema? » Con il fratello di Alessandro, Michele, non mi ero mai trovata troppo bene, anzi a dirla tutta mi era sempre sembrato uno sbruffone, al contrario di suo fratello.
«Certo che no. Dai vieni, io ne conosco pochi di quelli che verranno e comunque sono più amici di Michele per cui staranno con lui.. »
Ci riflettei un attimo, poi mi dissi che se c’era Alessandro con me, allora ci saremmo divertiti «Ehm.. va bene! » Sorrisi, pensando anche che mi sarei dovuta trovare qualcosa da mettere… un altro dramma in arrivo. Lui fece un sorriso a trentadue denti e in un attimo di euforia mi abbracciò sollevandomi in aria.
Io iniziai a ridere «Ok, ho capito che sei contento ma ora mettimi giù mi stai incrinando le costole!»
«Certo scusa! Solo che sono contento, vedrai ci divertiremo!» disse, aveva gli occhi che brillavano, il suo entusiasmo era contagioso e quando era così contento diventava anche più bello.
«Ne sono sicura!»
 





Angolo autrice


Salve a tutti!! Dopo non so più quanto tempo sono riuscita a pubblicare! Lo so in questo capitolo non succede nulla di interessante, ed è anche più corto degli altri, ma era necessario per passare al prossimo che parlerà della festa del fratello di Alessandro. Voglio anche ringraziare chi segue la storia e chi recensisce in particolare GreenWind che non sta mancando un capitolo! :) E grazie anche a chi legge, se volete scrivere qualcosa ne sarei felice! Vi ringrazio ancora tutti di cuore! Al prossimo capitolo!

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


« Mi raccomando chiamami quando stai per ritirarti ok? »
«Certo mamma »
«Cerca di non fare troppo tardi! E soprattutto non..»
«Scusa mamma ma… sto solo andando ad una festa. Sta tranquilla me la caverò!»
«Sì lo so, ma se non ti facessi mille raccomandazioni che madre sarei?» sorrise.
«Mi pare giusto. Allora ciao!»
«Divertiti!» mi salutò. Scesi dall’auto e mi voltai verso Villa Sant’Andrea, dove era in corso la festa di Michele. Un misto di nervosismo ed eccitazione mi attraversavano, sentivo letteralmente le farfalle nello stomaco. Mi chiesi perché mi sentivo così nervosa, era solo una festa in fondo. Mi dissi di darci un taglio e cercai di riflettere.
Alessandro mi aveva detto che suo fratello aveva scelto di fare un buffet invece della classica cena al ristorante, e che essendo all’inizio dell’estate voleva che fosse all’aperto. Così mi diressi verso il giardino.
C’era da dire che aveva scelto un posto stupendo. C’ero stata un paio di volte e Villa sant’Andrea era davvero spettacolare come location per le feste: un parco immenso, all’entrata un prato curatissimo attraversato da una stradina che portava alla zona della festa.  Alcuni ragazzi avevano già iniziato le danze sulla pista da ballo, che si trovava sul bordo di un’immensa ed invitante piscina, circondata da alcuni tavolini.  Subito dopo sotto una serie di gazebi ricoperti da un folto strato di edera altri ragazzi chiacchieravano e ridevano, mentre un cameriere portava loro da bere. Infine sotto un gazebo più grande era allestito il buffet, al momento, straripante di antipasti e stuzzichini di ogni tipo su un lato, mentre dall’altro un cameriere serviva le bevande agli ospiti che si avvicinavano.
Con lo sguardo continuavo a cercare Alessandro, purtroppo senza molti risultati.
«Ciao Beatrice!»
Una mia compagna di classe, Lucia, si avvicinò per salutarmi «Ciao, Lucia!»
«Non sapevo che fossi stata invitata» esclamò. «Come conosci Michele?»
«Beh lui è il mio vicino di casa, ma in realtà mi ha invitata suo fratello Alessandro. Tu invece?»
Alzo le spalle «Semplicemente abbiamo fatto catechismo assieme.»
Da lì iniziammo a chiacchierare per un po’, fino a quando una mano mi toccò la spalla cogliendomi di sorpresa «Buonasera principessa!».
Mi trovai davanti l’immancabile sorriso di Alessandro. Era vestito in modo molto elegante ma senza strafare: indossava una camicia bianca che gli stava a pennello, un paio di pantaloni neri e delle scarpe nere.
 «Ehi! Ti sei messo in tiro vedo! Stai benissimo!» gli sorrisi, contenta che fosse arrivato.
Mi sorrise in risposta «Beh senti chi parla! Stai alla grande!»
Il complimento mi fece arrossire «Grazie, ma il merito è di Jasmine se sto bene sta sera! Non sono un granché su queste cose» risposi lisciando la gonna del vestito color glicine che Jas aveva voluto che mettessi. Quel pomeriggio aveva insistito per aiutare a prepararmi per la serata.
 Il ragazzo davanti a me ridacchiò «Sì lo so bene. Comunque, ora che sei qui non ci resta che una cosa da fare!»
Alzai un sopracciglio «Cosa?»
«Beh è chiaro! Divertirci!!!»
 
 
 
 
«Non posso credere che mi hai convinto a ballare…» mi lamentai sottovoce.
Alessandro rise «Oh andiamo! Non sei così male! Stavamo per cadere solo due volte! Per i miei standard è un gran risultato!»
«Ti ricordo che ti ho anche pestato un piede… anzi ti chiedo ancora scusa» abbassai la testa mortificata.
«Ma dai non ti preoccupare! Per fortuna non te l’ho pestato io! Altrimenti ti avrei rotto un piede!»  Dopo questo non potei fare a meno di ridere. Avevamo ballato per un po’ma poi  ci eravamo un po’ allontanati, dato che il dj aveva iniziato dei giochi assurdi a cui né io né Alessandro avevamo intenzione di partecipare.
«Certo che tuo fratello ha fatto le cose in grande!» commentai.
«Sì.. non sai da quanto tempo si sta organizzando, ti dico solo che tre mesi fa aveva già scelto la torta! Aveva un’idea precisa su come sarebbe dovuta essere l’intera festa!»
«Beh direi che è un successo! Deve esserne molto felice!» dissi sentendo le urla degli invitati sulla pista.
«Sì direi che si sta divertendo un sacco» disse sorridendo, indicando la figura di Michele che ballava in mezzo alla folla.
Ci sedemmo su una panchina, in una piazzola più piccola e isolata, delle lucine pendevano da un albero ad un altro, dando al posto un aria romantica. Chiacchierammo per un po’, fino a quando non sentimmo la musica di una canzone lenta e dalle note dolci.
«Adoro questa canzone» dissi rivolta al castano seduto affianco a me.
Con mia sorpresa questo si alzò mi allungò una mano «Allora che ne dici se la balliamo? Magari riusciremo a stare in piedi senza inciampare!»
«Non ci penso nemmeno! Con una canzone lenta si vedrà anche di più quanto sono impedita!» scossi la testa terribilmente imbarazzata.
«Andiamo se non provi non potremo mai saperlo! E poi non è necessario andare andare dove stanno gli altri! Possiamo stare qui, non ci vedrà nessuno!» detto questo mi prese la mano e mi tirò leggermente dalla panchina. Lo guardai in quei suoi occhi color smeraldo, lanciai un sospiro esasperato, ma alla fine cedetti.
«Sento che me ne pentirò… e va bene! Ma solo perché sei tu!»
Alessandro sfoggiò un largo sorriso «Fantastico allora vieni!»
Ci mettemmo al centro della piazzola.
A quel punto si avvicinò all’orecchio e sussurrò «Segui me, d’accordo?» Io annuii incerta.
Gli misi la mano sinistra sulla spalla, mentre lui prese la mia destra e la sollevò leggermente, mentre l’altra la mise sul mio fianco. Per un attimo non potei fare a meno di arrossire. Abbassai lo sguardo cercando di capire come dovevo mettere i piedi. A quel punto il ragazzo iniziò a muoversi, facendo un passo alla volta, io tenendo lo sguardo fisso sui piedi cercando di non pestarglieli mentre mi muovevo, quando lui mi chiamò. Lo guardai, i nostri visi vicinissimi «Fidati di me» disse sottovoce. Lo fissai ancora, cercando di mettere da parte l’insicurezza «Va bene».
A quel punto mi lasciai andare, seguendo i passi di Alessandro e tenendo gli occhi sul suo viso. Senza accorgercene iniziammo a parlare, e quel punto tutto il nervosismo sparì. Dopo un po’ Alessandro sorridendo me lo fece notare  «Stai ballando davvero bene sai?».
Lo guardai dritto negli occhi e ricambiai il sorriso, sentendomi per la prima volta a mio agio mentre ballavo. «È grazie a te»
Lui mi strinse leggermente a sé, e ci ritrovammo ancora più vicini, tanto da riuscire a sentire il suo respiro. Il cuore, batteva all’impazzata,  sembrava quasi che volesse uscire dalla cassa toracica. Ci avvicinammo ancora e…
«ALEEEEE!!!!!» sobbalzai per la sorpresa, ed ebbi l’impressione che fosse stato lo stesso pure per il castano. Quando realizzò chi ci aveva interrotto lanciò uno sguardo truce, al diretto interessato, il suo adorato fratellone.
«Michele» salutò freddamente Alessandro.
«Ti stai divertendo fratellino? Ciao Beatrice!» lo salutai con un cenno.  Il diciottenne non sembrò far caso al tono del fratello minore.
La somiglianza tra i due era innegabile, avevano la stessa forma del viso, lo stesso sorriso divertito, ma mentre Alessandro aveva gli occhi verdi, il maggiore li teneva di un castano scurissimo, quasi nero, e anche i capelli erano più scuri. In più era più alto circa di una decina di centimetri rispetto al fratello più piccolo, quindi doveva stare sul 1,85 m.
Ale sospirò «Sì, certo Mike. Ci stavamo divertendo»
«Fantastico! Spero solo di non aver interrotto nulla» fece un occhiolino verso di me.
«No tranquillo. Adesso se non ti spiace non ce ne stavamo per …» fece il castano, visibilmente irritato.
«Stupendo allora venite! Stavo giusto andando dagli altri! Credo anche che stiano per servire l’altra portata!» rispose contento.
«Veramente noi…» tentai di prendere la parola, ma lui ci trascinò entrambi verso la pista.
«Su ragazzi! È una festaaa!!! Diamoci dentro!»
 
 
 
«Michele finiscila!» si lamentò Lucia, con la quale ci eravamo ritrovati, quando eravamo andati al buffet.
Era la seconda volta che il ragazzo tentava di buttarla in piscina. Io e Alessandro intanto ridevamo della scena.
«Uffa!! Ma insomma fa pure caldo! Un tuffo in piscina fa solo bene!»
«Vacci tu allora a farti un bagno!» rispose indispettita la mia compagna di classe, facendo ridere ancora di più noi altri. Scoprii che Michele non era così antipatico come pensavo, anzi era molto divertente.
Mentre i due continuavano la discussione Alessandro si rivolse a me «Beatrice, senti prima siamo stati interrotti..» iniziò imbarazzato. Sentii che le guance mi stavano andando a fuoco.
«Io volevo solo dire… che.. »
Sembrava proprio che Alessandro non sarebbe mai riuscito a completare le frasi con me quella sera. Non arrivo neanche a metà frase, che Michele lo spinse dritto dritto in piscina, con un sonoro “splash”.
Mentre il diciottenne si sbellicava dalle risate, il fratello minore riemerse dall’acqua.
«SEI UN IDIOTA!!» gli urlò furioso, ma la sua rabbia non fece altro che aumentare le risate dell’altro.
«Hahahaha è stato fantastico!» continuava tra le lacrime.
Era così vicino al bordo che, non potei resistere: lo spinsi con tutta la mia forza e riuscii a buttarlo in acqua.
A quel punto eravamo io e Alessandro a ridere come matti. Il povero Michele si ritrovò zuppo fino all’osso. «Te lo sei meritato!» disse sghignazzando Alessandro.
Lui mi lanciò uno sguardo assassino «Piccola strega!»A quel punto non fui abbastanza svelta a farmi indietro, infatti lui mi afferrò con uno scatto il braccio e mi trascinò giù con lui.
Ci ritrovammo tutti e tre in piscina, lo guardai per un attimo sbalordita, poi guardai anche Ale che sorrideva. Ci guardammo e scoppiammo a ridere, incapaci di trattenerci. Improvvisamente qualcuno sul bordo gridò  «Tutti in piscinaaa!!» prima di tuffarsi a bomba. Alla fine la festa si trasformò in un vero e proprio “pool party”, con tutti i ragazzi sul bordo o dentro la piscina a schizzarsi l’un l’altro. In mezzo alla confusione andai da Alessandro e lui mi disse euforico «Questa sì che è una festa memorabile!»
Risi di gusto «Non potrei essere più d’accordo!»
 
 
 
«Cielo ragazzi ma come vi siete ridotti!» fece una cameriera portandoci degli asciugamani.
A un certo punto avevo iniziato a battere i denti per il freddo, e Alessandro notandolo disse che era il momento di uscire a cambiarci.
Entrambi avevamo i vestiti fradici che si attaccavano al corpo, e per fortuna che il mio non era di quelli troppo leggeri, o sarebbe sembrato che stessi solo in intimo, cosa che tra l’altro era capitata ad altre ragazze.
Ricevuti gli asciugamani non esitammo a metterceli addosso, e per riscaldarci meglio decidemmo di farci portare anche un phon.
La cameriera se ne andò sbuffando e borbottando frasi sull’idiozia dei ragazzi.
«Credo che non le stiamo molto simpatici» sdrammatizzò il castano.
Risi piano «Probabilmente hai ragione.»
Ci guardammo per un lungo istante, in silenzio, finché non parlai «Senti… ti volevo ringraziare. Mi sono divertita tantissimo» gli sorrisi. Lui mi fece uno dei suoi sorrisi più caldi «È stato un vero piacere».
«Comunque c’è una cosa che sto cercando di dirti da tutta la sera…» cominciò per la terza volta «Spero solo di non essere interrotto ancora».
Lo guardai: anche se cercava di non mostrarlo era un po’ nervoso, si leggeva in faccia. Era un ragazzo davvero speciale, non mi ero mai sentita così felice insieme a qualcuno. Così decisi che dovevo fare quello che sentivo.
Cercai di distoglierlo dal suo imbarazzo «Ehi…».
Mi puntò addosso quegli occhi verdi che sentivo di non poter più dimenticare, che riuscivano a farmi sentire diversa… una persona speciale.  «Fidati di me» gli dissi in un sussurro, per un attimo mi fisso confuso, ma prima di lasciargli il tempo di dire qualcosa, mi avvicinai di scatto verso di lui e lo baciai.
Per un attimo rimase fermo, poi rispose al bacio, con una mano mi accarezzò il viso, mentre l’altra la sentii sulla schiena, per stare più vicini. Era un bacio inesperto e improvviso, ma lieve, delicato e allo stesso tempo intenso. Era un emozione indescrivibile e bellissima. Quando ci staccammo ci guardammo negli occhi e sorridemmo nello stesso istante. Mi abbracciò con una tenerezza infinita e ricambiai con la stessa intensità, e nonostante fossimo entrambi fradici, sentii il calore del suo corpo sotto la camicia bagnata. «Mi piaci molto Beatrice, e se tu vuoi, vorrei stare con te».
Gli sorrisi come no avevo mai sorriso a nessuno, ancora una volta: con una gioia indescrivibile.
«Anch’io voglio stare con te, Alessandro». Dopo questo ci scambiammo ancora un bacio.
Dopo quel momento, eravamo entrambi sicuri che quella era decisamente la festa più memorabile di sempre.




Angolo autrice

Salve a tutti!! Sì lo so sono troppo in ritardo, ma ultimamente tra scuola, impegni vari e blocchi dello scrittore, questo capitolo non riuscivo proprio a finirlo. Per farmi perdonare questo è più lungo rispetto agli altri, spero solo che vi piaccia. ^^ Ringrazio ancora una volta chi recensisce e chi ha messo la storia tra le seguite. Vi ringrazio davvero! <3 E ringrazio anche chi legge la storia, se vi va lasciate una recensione, anche critica, mi servirà per migliorare. Al prossimo capitolo allora! Un abbraccio e a presto! ( spero! ^^")

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Capitolo 6
*** capitolo 6 ***


«Ti prego mi dici come hai fatto a convincermi a venire con te?»
«È semplice: ho delle ottime capacità di persuasione!» risposi, gongolando leggermente.
«No non è vero, sono io che sono stata troppo stupida… andare in campeggio. Per tre giorni per giunta! Chissà cos’avevo nel cervello!» borbottava incessantemente Jasmine.
«Dai! Ci divertiremo! Non solo come sottolineava tua madre “prendere un po’ d’aria fresca ti fa bene”, ma conoscerai anche gente nuova!» le dissi, cercando di farle passare il nervosismo.
«Ammettilo che ti vergogni ad andare da sola!» mi guardò con fare accusatorio.
«Certo che ho vergogna! Sono comunque gli amici di Alessandro! Sono sicura che mi sentirei un intrusa andando da sola!» dissi con un velo di tristezza, perché davvero avevo paura di essere di troppo.
«Oh andiamo! Ormai voi due state insieme e prima o poi dovrai incontrarli.»
«Beh lo stesso vale per te! Tu e Alessandro non vi conoscete ancora! E questa è l’occasione giusta!» ribattei, decisa a non farle cambiare idea. Lei era la mia migliore amica e la volevo con me, e sarebbe anche stato più divertente andare insieme.
«Ce ne saranno altre, più vicine alla civiltà! Basta ho deciso… non ci vengo»
«Uffa!! Ma vedrai sarà un avventura!» esclamai alla fine. «Ti pregooo! Ti prometto che non te ne pentirai!»
La rossa sospirò «Sei tremenda… ma… suppongo che, nonostante tutto, potrei venire…»
L’abbracciai con slancio e gridai entusiasta «EVVIVA! Ti assicuro che non te ne pentirai!»
Lei borbottò «Lo spero.. e comunque ne approfitterò per esaminare il tuo ragazzo…» mi guardò infine con uno sguardo furbo. Capii subito cosa intendeva.
 Jas aveva una caratteristica straordinaria: riusciva subito a capire se un ragazzo era il tipo giusto per una ragazza. A scuola quando vedeva per esempio, una ragazza e un ragazzo insieme, a volte mi diceva “Gli dò due settimane e si mettono insieme”, o a volte quando due ragazzi stavano già insieme «Lui è troppo esibizionista, si lascieranno tra una settimana». Indovinava sempre. Quando si trattava di queste cose Jasmine era un vero asso.
Ero sicura che serebbe stata capace di dirmi di piantare Alessandro, se non gli fosse andato a genio e se avesse avuto la sensazione che non era il tipo giusto per me.
«Sta tranquilla! Non troverai nulla da ridire su di lui!»
La rossa sorrise «Vedremo»
«Piuttosto, adesso vai subito a prepararti! Non c’è un secondo da perdere!»
«Beatrice… mancano ancora due giorni! Datti una CALMATA!»
 
 
 
Due giorni dopo io, Jasmine e Alessandro ci ritrovammo, armati dei nostri zaini, al limitare di un bosco fuori città (ma molto fuori città), che si trovava vicino ad un piccolo lago.
«Forza seguitemi!» disse Alessandro, che era l’unico che conosceva la strada per l’accampamento dove ci aspettavano i suoi amici. Dovevamo attraversare il bosco e  mentre camminavamo, chiaccheravamo tranquillamente finchè Jas mi guardò con finta rassegnazione disse sotto voce. «Test superato»
Non potei fare a meno di sorridere. Dopo la conferma di Jas potevo davvero stare tranquilla.
«Che cosa?» chiese il castano.
«Niente!» rispondemmo in coro io e Jas. Lui scosse la testa esasperato, però vidi che sorrideva.
«Siamo quasi arrivati» ci informò la nostra guida. E infatti subito dopo scorgemmo un paio di tende e quattro ragazzi.
«Ehi ragazzi!» urlò Alessandro!
«EHI ALEEEE!» gridò in risposta qualcuno dall’accampamento, mentre le altre figure ci salutarono semplicemente con la mano.
Alla fine arrivammo e gli amici di Alessandro lo salutarono festosi.
«Ehi Alex! Alla fine siete arrivati, non ci speravamo più!» lo salutò dandogli il cinque un ragazzo con una bandana blu in testa e dalla pelle abbronzata.
«Beh era anche ora!» lo seguì a ruota un ragazzo dai capelli ricci, che quando sorrise mostrò due fossette agli angoli della bocca, e probabilmente era lui quello che aveva urlato.
«Grandioso non vi siete persi! Deve essere la prima volta!» disse un biondo alto con gli occhiali, intento a finire di montare una delle tende, aiutato da una ragazza minuta, che ci salutò con un sorriso timido.
«Pensa per te Andrew! Sei tu quello che ha il senso dell’orientamento di un ottantenne!» lo prese in giro Alessandro. Gli altri risero, segno che probabilmente era vero.
«Ragazzi, passando alle cose importanti, vi presento Beatrice e Jasmine» Alessandro indicò rispettivamente me e la mia amica e salutammo il gruppo.
«E così tu sei la famosa Beatrice! Abbiamo sentito tanto parlare di te!» disse rivolto a me il riccio.
«Beh ragazze è un piacere! Io sono Daniele ma potete chiamarmi Dan. Allora la cosa più importante da sapere è che qui in mezzo sono il più figo!» esclamò facendo l’occhiolino a Jas.
Jas inarcò un sopracciglio mentre io non riuscii a trattenermi dal ridacchiare.
«Smettila di dire stupidaggini!» lo fulminò con lo sguardo il ragazzo con la bandana.
«Io sono Lorenzo » ci allungò la mano e gliela stringemmo.
«Avete finito? Beatrice Jasmine lasciteli perdere, non fanno sul serio, sono solo un po’ idioti e credono di sembrare simpatici facendo così! Io invece sono Andrea e lei è Nicoletta!» disse indicando la ragazza, la quale ci salutò con la mano e sorrise ancora.
«Benvenute in questo campo di pazzi!» esclamò Alessandro tutto allegro. «Allora quella è la vostra tenda. Per ora iniziamo a sistemarci, poi ci metteremo ad aiutare gli altri.» ci indicò quella appena montata da Andrea.  «Forza diamoci da fare!» concluse Alessandro.
 
 
Sì. Quello era decisamente un campo di pazzi.
Piano piano, io e Jas iniziammo ad ambientarci e a conoscere gli altri ragazzi.
Andrea era probabilmente quello con più sale in zucca della brigata e cercava sempre, in qualche modo, di impedire agli altri di fare casini. Aveva i capelli biondi corti, e dietro gli occhiali erano nascosti due occhi verdi, non come quelli di Alessandro, ma più chiari e tendenti al grigio. Grazie al suo modo di fare più serio rispetto agli altri, e anche grazie alla sua altezza, era molto facile per lui sembrare più grande rispetto a tutti noi.
Daniele era il suo esatto contrario: non era alto (avevamo la stessa altezza e io ero 1,65 m), aveva i capelli castani e ricci, gli occhi color cioccolato ed era un soggetto. Non stava mai fermo, scherzava in continuazione e finiva spesso per creare un sacco di guai (accidentalmente, è chiaro). Ma, per quanto fosse casinista, era impossibile prendersela con lui.
Poi c’era Lorenzo. A primo impatto sembrava un motociclista, uno di quei tipi duri,  con lo sguardo minaccioso. Il corpo era abbronzato e leggermente muscoloso, i capelli bruni e gli occhi nocciola. Ma, come scoprimmo poi, in realtà aveva un gran cuore. Quando qualcuno aveva bisogno di lui, non si tirava mai indietro, di qualsiasi cosa si trattasse, anche se ovviamente cercava di non farlo vedere agli altri. Aveva anche un gran vizio: fumava quanto una ciminiera.
Infine c’era Nicoletta, l’unica ragazza del loro gruppo. Aveva un aspetto delicato, cosa che rispecchiava perfattamente il suo carattere. I lunghi capelli castani e lisci legati in una treccia le scoprivano il viso grazioso, e aveva degli incredibili occhi color ambra. Era una ragazza estremamente timida e gentile, e mentre gli altri trattavano me e Jas come se fossimo state con loro da sempre, lei era l’unica che teneva più le distanze.
 
 
Le prime ore le passammo a finire di montare il campo.
Insieme a Nicoletta e Andrea montammo le altre due tende, mentre Daniele controllava che avessimo portato tutto quello che ci serviva nel frigo portatile, e intanto Alessandro e Lorenzo andarono a cercare rami secchi per il fuoco, perché oltre a doverci arrostire i marshmallow come nei film, “che razza di campeggio sarebbe senza il fuoco!” aveva detto Daniele. Dopo che i ragazzi ebbero portato un po’ di rami, e dopo che Daniele ebbe quasi preso fuoco un paio di volte per colpa dei fiammiferi che non sapeva usare, finalmene riuscimmo a mangiare. 
Verso le otto eravamo tutti intorno al fuoco,ognuno sul proprio sacco a pelo, disposti a cerchio: io e Alessandro vicini, subito dopo c’era Lorenzo a gambe incrociate, affianco a lui era finita Jasmine che stava distesa a pancia in giù. Stare vicini non sembrò fare molto piacere a nessuno dei due dato che avevano capito che non andavano molto d’accordo. Al fianco della rossa c’era poi Nicoletta, Andrea e infine Daniele chiudeva il cerchio.
«Bene ragazzi è il momento del gioco della bottiglia!» esclamò entusiasta Daniele.
«NOOO!» gridammo noi altri in coro.
«Uffa che noia che siete! Allora… storie dell’orrore?» propose senza perdersi d’animo.
«Quest’idea mi piace di più…» disse Lorenzo con un ghigno furbo.
«Pff, ma figurati! Non riusciresti a spaventare nemmeno un coniglio!» lo provocò Jasmine.
«Perché tu vorresti spaventare qualcuno? Non farmi ridere!» ribattè a tono.
«Senti tu…» stava per dire Jasmine ma la interruppi prima che potesse dire qualcosa di cui si sarebbe pentita «Va bene niente storie dell’orrore perché qui finisce male!»
«Che ne dite se cantiamo qualcosa? Law hai portato la chitarra vero?» propose Andrea per calmare gli animi.
Lorenzo lo guardò serio «Sì l’ho portata.»
«Perfetto! Allora valla a prendere no? Questa sì che è una cosa da fare assolutamente in campeggio! E già che ci sei prendimi i bonghi!» disse sorridendo Daniele.
«Intanto… Andrea perché hai chiamato Lorenzo Law?» chiesi incuriosita.
Andrea mi accontentò «Certo! In pratica tra di noi ci chiamiamo con i nostri nomi, ma in inglese»
«Sì l’avevo notato»
«Bene! E quindi in pratica io sono Andrew. Daniele è Daniel, ma dato che così non cambia quasi niente lo chiamiamo solo Dan. Alessadro è Alexander, ma per noi è semplicemente Alex. Nicoletta è Niky. E infine Lorenzo in inglese è Lawrence, ma… a lui non piace.»
«Il mio nome in inglese è penoso!» gridò Lorenzo da dentro la tenda.
«Già… Così alla fine abbiamo optato per Law. È l’abbreviazione e gli piace di più» concluse Alessandro.
«Sì. Law invece suona molto meglio» sorrise il diretto interessato tornando con in una mano la chitarra e nell’altra i bongo.
Si sedette di nuovo al suo posto e mi sembrò che stesse accordando la chitarra, ma senza accordatore, il che mi sembrava strano.
Alessandro quasi leggendomi nel pensiero si rivolse a me e disse «Law viene al conservatorio con me. È un mago con la chitarra, ed ha un orecchio talmente buono che riesce ad accordare la chitarra senza accordatore»
«Caspita! Ma è incredibile!» esclamai ammirata.
Lorenzo mi guardò e mi rivolse un sorriso «Beh anche il tuo ragazzo lì con il pianoforte non scherza sai?»
Io ricambiai il sorriso «Sì lo so» A quel punto guardai Alessandro che mi sorrise e ci prendemmo per mano.
«Alex ci ha detto che anche tu sai cantare!» fece Daniele con un po’ troppo entusiasmo.
«Già ed è arrivato il momento di capire se è vero!» concluse Lorenzo con un sorriso furbo mentre si accendeva una sigaretta, cosa che infastidì ancora di più Jasmine.
Prima che potessi dire qualcosa il bruno aggiunse «Dai raga! Scegliete un pezzo!»
Non l’avesse mai detto. Un coro di urla si sovrastavano l’un l’altra, cercando di imporre la propria scelta.
«Bad! Di Micheal Jackson » gridò Jasmine.
«No! Facciamo Baila Morena! Anzi meglio L’Urlo!»
«La canzone del sole! » feci io.
«L’anno che verrà!!» cercò di imporsi Alessandro.
«We are the world!» si intromise Andrea.
«A questo punto allora facciamo “Domani” che almeno sappiamo le parole.» disse Jasmine.
«Bocca di rose» disse timidamente Nicoletta.
«Ragazzi! Basta che ci decidiamo! Le faremo tutte promesso!» fece con un lamento Lorenzo.
«Allora io propongo di iniziare con Bocca di rose» disse Andrea, guardando sorridendo Nicoletta, che ricambiò il sorriso, dopo essere visibilmente arrossita.
«Perfetto! Allora Facciamo prima quella di Niky. Poi andiamo con L’anno che verrà, poi quella della rossa qui affianco, continuiamo con L’Urlo, We are the world, e infine andiamo con Battisti, spero che non ti dispiace se sta alla fine.» disse rivolto a me. Io scossi la testa, contenta perché alla fine erano tutte belle canzoni, e che più o meno conoscevo tutte.
«Perfetto! Allora è deciso! Che il concerto abbia inizio!» gridò sorridendo entusiasta il chitarrista.
 
 
 
 
Fu bellissimo.
Cantammo tutti insieme e tutte le canzoni: dopo Bocca di rosa, cantammo la canzone di Dalla e a quel punto Lorenzo passò l’accendino ad Andrea per farglielo accendere come ad un concerto; non sapevo che si potesse fare Bad con la chitarra ma a quanto pare Lorenzo poteva e lì ci alzammo tutti a ballare con Alessandro e Jasmine come voci principali; Con L’Urlo di Zucchero ci scatenammo completamente, Lorenzo era in piedi anche lui e ci dava dentro come un matto, Daniele che batteva su quei Bonghi come se non ci fosse un domani, mentre noi altri gridavamo al cielo; a quel punto ci voleva We are the world per fare un “pausa”, e devo ammettere che sia io che Jas e Nicoletta non potemmo fare a meno di commuoverci ( e devo dire che anche Lorenzo sembrava che avesse gli occhi lucidi); quando arrivò la canzone di Battisti , mi lasciai così tanto trasportare che non mi resi conto che sul finale gli altri si erano tutti zittiti e che quindi avevo cantato solo io. Divenni rossa come un pomodoro, ma gli altri mi dissero che ero stata brava, persino Lorenzo stava sorridendo con aria di approvazione. Anche quando finirono le canzoni che avevamo scelto all’inizio non ci fermammo, ma anzi ognuno proponeva una canzone e Lorenzo ci dava il rimo con la chitarra, con Daniele che lo accompagnava con i bongo. Seguirono “Highway to hell” degli AC/DC, "Wake me up” di Avicii, “piccola stella senza cielo” e tante altre.
Alla fine Daniele era crollato chino sui tamburi, Nicoletta si era ritirata in tenda, Andrea stava steso sul sacco a pelo ma non si capiva se dormiva o meno. Lorenzo aveva le mani distrutte, Jasmine in un moto di gentilezza si offrì di prendergli un po’ di ghiaccio. Io e Alessandro stavamo stesi sui sacchi a pelo, il più vicino possibile. Avevamo i visi vicinissimi, e in quel momento mi sentivo davvero felice.
«Grazie per esserci» gli sussurrai guardandolo negli occhi.
«Sono io che devo ringraziarti» rispose a fil di voce, sorridendo dolcemente. E un istante dopo ci baciammo.
Ci addormentammo così. Abbracciati l’uno all’altra, sotto un bellissimo cielo stellato, con una gioia inesprimibile nel cuore.
 


 
 Angolo autrice



 Salve a tutti! Scusate il colossale ritardo ma ultimamente sono stata molto impegnata... ^^" Comunque lasciamo stare! Questo nuovo capitolo è più lungo rispetto agli altri, anche perchè ho aggiunto dei nuovi personaggi. Cosa ne pensate?
 Spero che vi sia piaciuto! Ringrazio tutti coloro che seguono la storia e chi l'ha messa tra le preferite! E un ringraziamento speciale a GreenWind che non perde un capitolo! :) Grazie davvero! Beh credo di aver detto tutto. Allora a presto! :) Fenice_blu

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 (parte 1) ***


Secondo giorno di campeggio.
Mi risvegliai stranamente presto, ancora vicino ad Alessandro che dormiva.
Andai a cambiarmi e a darmi una ripulita, visto che avevo ancora i vestiti della sera prima.
Quando ebbi fatto notai che l’unica ad essere già sveglia era Nicoletta. Quando mi vide sembrò piuttosto imbarazzata.
«Ciao» mi salutò a bassa voce.
«Buongiorno!» la salutai sorridendo.
Lei sembrò rilassarsi leggermente «Come mai già sveglia?»
Io la guardai confusa «Perché che ore sono?»
«Le 7 e mezza, più o meno» disse sorridendo leggermente
Non ci potevo credere «Stai scherzando!! È troppo presto! Adesso non riuscirò mai ad addormentarmi di nuovo!» mi lamentai. Lei sembrò divertita dalla scena.
«Guarda che è un problema serio! Come farò a resistere fino a tardi questa sera?»
Lei ridacchiò «Potresti riposarti oggi pomeriggio»
Io scossi la testa «Non penso proprio! Credi che riuscirei anche solo a chiudere occhio con il casino che faranno gli altri?»
«Credo di no»
Sospirai «Beh mi devo rassegnare… tu invece che fai già sveglia?» cercai di riprendermi subito.
Lei tornò seria «Sinceramente mi ha svegliato Daniele… è andato a fare un giro e ovviamente faceva un casino infernale…»
«Ah ecco!» a quel punto sentii una certa fame e chiesi a Nicoletta se c’era qualcosa che potevo mettere sotto i denti.
«Certo! Prendi quello che vuoi… è tutto in quelle borse laggiù» mi disse lei indicando alcuni borsoni affianco alla nostra tenda. Feci una buona colazione e nel frattempo chiacchierai con Nicoletta. Era decisamente timida, infatti quando provai a fare conversazione non sembrava molto a suo agio, ma piano piano sembrò sbloccarsi un po’. Finalmente verso le nove gli altri iniziarono a svegliarsi, e per le dieci eravamo tutti in piedi.
«Ehi ragazzi che facciamo ora?» chiesi io dopo che tutti ebbero finito di prepararsi.
«Beh non so voi ma io direi  di andare al lago... ci vediamo dopo!» fece Lorenzo avviandosi per conto suo, armato solo della sua inseparabile chitarra.
«Sapete che vi dico? Dico che è… una bella idea!» disse Andrea.
«Forte! Mi piace! Allora tutti al lago!» gridò Daniele, prima di iniziare a correre da Lorenzo.
«Ehi aspettate! Ma tu guarda un po’…» borbottò Jasmine scuotendo la testa.
«Beh dato che quei due avevano tanta fretta, penseremo noi altri a portare le cose che ci servono… »  disse Andrea.
Preparammo le cose da portare e Andrea incaricò me, Ale, e Jas di iniziare a portare il necessario, mentre lui e Nicoletta finivano di preparare il resto. Mentre ci allontanavamo Jasmine mi si affiancò
«La sai una cosa?» chiese con un sorrisetto furbo stampato in faccia.
Io alzai il sopracciglio «Cosa?»
Abbassò la voce «Te lo dico io: tre giorni e si mettono insieme.» sentenziò con convinzione.
«Davvero?» chiesi piuttosto sorpresa.
«Certo! Non hai visto come si cercano in continuazione?? Insomma è palese!»
Mi voltai un attimo indietro «Beh sì! Si vede che sono legati, ma… tre giorni? Non ti pare un po’ esagerato? Non avevi mai dato così poco tempo a qualcuno…»
Lei fece spallucce «Pensa quello che vuoi miscredente! Vedrai molto presto, che ho ragione!»
 
 
 
 
«Che cos’ha Lorenzo? Mi sembra un po’ giù…» chiesi ad Ale mentre ce ne stavamo seduti sul pontile.
Il lago era davvero un bel posto: c’era un piccolo pontile, una vecchia rimessa di barche abbandonata, e sull’acqua limpida del lago si specchiava la foresta circostante, creando un paesaggio magnifico. La maggior parte delle barche era piuttosto malconcia ma erano riusciti a trovare un paio ancora utilizzabile, e in quel momento, per qualche strana ragione, Daniele e Jasmine gareggiavano tra loro, avendo come passeggeri rispettivamente Andrea e Nicoletta. Io e Ale aspettavamo il nostro turno, mentre Lorenzo aveva detto che non aveva voglia ed era rimasto da solo a strimpellare la chitarra sulla riva.
Alessandro abbassò lo sguardo «Ecco… non credo di potertene parlare, ti basti sapere che l’hanno chiamato da casa e… beh non ha ricevuto buone notizie…» disse con tono triste.
«C’è qualcosa che possiamo fare per lui?» domandai preoccupata.
«Per ora temo proprio di no… spero solo che.. le cose si sistemino in qualche modo…» disse con un sospiro.
 Vedendo Alessandro così abbattuto gli strinsi una mano e lui ricambiò il gesto con un sorriso, anche se leggermente tirato. Non volendo insistere lasciai cadere l’argomento, anche se mi dispiaceva molto per Lorenzo.
All’improvviso un urlo mi riscosse dai miei pensieri.
Daniele era riuscito a ribaltarsi con la barca, facendo finire in acqua il povero Andrea, il quale appena riemerse iniziò a gridare come un pazzo «IO TI AMMAZZO! Avevo il telefono in tasca! Me lo hai rotto!» sbraitava il biondo, mentre Daniele cercava di scusarsi e Jasmine si faceva delle grandi risate.
«Ehi guarda» disse Ale indicandomi la riva.
Mi girai verso la direzione che mi aveva indicato e vidi Lorenzo che sorrideva divertito.
Sorrisi anch’io «Beh almeno possiamo provare a tirargli su il morale no?»
Alessandro annuì «Certo, direi proprio di sì»
A quel punto mi venne un idea «Ehi Jas! Forse avrai battuto Dani ma scommetto che Law non lo batti di sicuro!» gridai alla mia amica in tono di sfida.
Lei fece un sorriso strafottente «Ah sì? Ehi Law! Che ne dici? O hai paura di essere battuto da una ragazza?» urlò al ragazzo, per provocarlo.
Lui fece un mezzo sorriso «No, grazie… non voglio umiliarti, ne usciresti distrutta!»
«Vogliamo scommettere?» insistette lei, decisa a non accettare un no come risposta.
Alla fine il ragazzo cedette «Chi perde dovrà cucinare e mettere i tavoli a posto DA SOLO. Ci stai?»
La rossa sorrise «Ci sto»
 
 
 
 
 
«Beh poteva andare peggio» disse dopo la sfida Jasmine.
Aveva vinto Lorenzo, ma per scherzo Jas, non so come, lo aveva fatto cadere in acqua e lui si era vendicato, così in quel momento erano entrambi seduti sulla riva ad asciugarsi, con un asciugamano addosso, mentre noi altri stavamo semplicemente stesi al sole «Pff… in ogni caso tu devi preparare il pranzo per tutti, quindi ti consiglio di iniziare a metterti all’opera!» esclamò soddisfatto il bruno mentre si metteva gli occhiali da sole.
La mia amica sbuffò ma senza lamentarsi fece per avviarsi verso l’accampamento, e senza farsi vedere Daniele, diede una gomitata a Lorenzo «Si può sapere che fai ancora qua? Vai con lei!!» Lo incitò il riccio.
L’altro lo fissò scandalizzato «E perché mai?»
«Perché è  causa tua se sta andando da sola a lavorare per tutti, e poi potrebbe perdersi! Dai che ti costa?»
Lorenzo fece un gran sospiro «Uffa… va bene…»  si alzò e si avviò anche lui.
A quel punto Nicoletta si unì alla discussione «Siete sicuri che sia una buona idea? In fondo ieri non mi è sembrato che quei due andassero molto d’accordo»
Andrew, Dani e Ale si guardarono tra loro e in coro fecero “Nahhh”. 
Io risi, mentre Nicoletta scuoteva leggermente la testa, ma si vedeva che anche lei sorrideva.
«Non c’è nulla di cui preoccuparsi, tanto tra un po’ ci avviamo anche noi…» fece tranquillo Andrea.
«A proposito come sta il tuo telefono?» gli chiesi, cambiando discorso.
Lui fece una faccia contrariata «Sfortunatamente è andato» lanciò un occhiata significativa a Daniele.
Il riccio era mortificato «Mi spiace un sacco Andrew… se vuoi te lo ricompro»
Lo sguardo del biondo si addolcì un po’ «Non ti preoccupare… in fondo era già vecchio, e volevo cambiarlo… mi spiace solo per le foto…» disse sospirando.
«Dai non ci pensare, almeno adesso potrai prendertene uno nuovo più bello» cercò di consolarlo Nicoletta.
Restammo sulla spiaggia ancora un po’, finchè non ci venne fame e decidemmo di tornare al campo base.
Appena arrivati vedemmo che Law e Jas erano intenti a cuocere le salsicce per i panini.
«Ehi ragazzi! Come procede il pranzo?» chiese Daniele.
«Sono quasi pronti… potreste almeno aprire e apparecchiare i tavoli?» ribatté Jas sbuffando.
«Credo che si possa fare… ci penso io, chi vorrebbe darmi una mano?» domandò Andrea.
«Ci sono io!» mi offrii «E anch’io» sorrise Alessandro.
«Beh direi di muoverci» disse Nicoletta avviandosi verso i tavoli piegati vicino un albero.
«Aspetta ti aiuto!» corse da lei Andrea.
«Direi di muoverci anche noi» disse Alessandro prendendomi per mano.
Io gli sorrisi «Certo!»
In quel momento non potei fare a meno di notarlo: Andrea e Nicoletta si piacevano.
Quando per errore si sfioravano o anche solo si guardavano negli occhi distoglievano lo sguardo imbarazzati. Non si poteva continuare così.
«Senti ma Nicoletta e Andrea da quanto tempo si conoscono?» chiesi sottovoce ad Alessandro.
«Cinque anni» rispose piano Alessandro.
«E… per caso sai…» non volevo sembrare troppo impicciona e non sapevo come chiedergli quello che volevo ma lui mi lesse nel pensiero.
«Vuoi sapere da quanto si piacciono?» disse sorridendo il mio ragazzo.
«Beh ecco, sì…»
Lui abbassò ancora di più il tono «Andrew piace a Niky da 3 anni. Mentre lei piace a lui da due.»
Rimasi allibita «Stai scherzando?»
Lui sospirò «Mi piacerebbe io, Law e Dani abbiamo provato a convincere Andrew a farsi avanti, ma è veramente testardo… Non so cosa lo freni. Quanto a Niky… è troppo timida per prendere l’iniziativa…»
Era incredibile, quei due si piacevano da tutto quel tempo e nessuno faceva niente!
All’improvviso Alessandro si bloccò,  con un espressione che diceva che aveva avuto un’idea «Magari potresti provarci tu!»
 Lo fissai stranita «Stai scherzando? A fare cosa?»
Lui face spallucce «Non so, magari riusciresti a convincere Andrew a darsi una mossa!»
Io scossi la testa «Sei fuori di testa! Non saprei proprio da dove iniziare e…»
Lui non mi fece neanche finire «Ti inventerai qualcosa, coraggio so che puoi farcela! Te lo chiedo per favore!» disse sorridendomi.
Non volevo cedere ma non sopportavo come mi stava guardando Ale e per di più, era vero che qualcuno doveva parlarci. Feci una smorfia di disappunto «Mah.. non sono convinta, ma posso provarci…»
Lui mi diede un bacio sulla fronte, un gesto molto carino «Grazie! Sei grande!»
Io sorrisi «Non direi… e comunque non ti assicuro nulla»
«Va bene, certo! Quando gli parlerai?» mi chiese, guardando in direzione del ragazzo biondo.
«Beh io direi subito» dissi avviandomi.
 
 
 
 
Salve a tutti!!
Allora prima di tutto: scusatemi tanto! D:
A causa di compiti e interrogazioni non sono più riuscita a scrivere. Ma ora il quadrimestre è finito e quindi dovrei riuscire a pubblicare almeno una volta a settimana, anche se non assicuro niente perché sono indietro anche con un’altra mia storia. Comunque passando a questo capitolo, devo dire che è uscito piuttosto lungo per cui ho deciso di dividerlo a metà. Spero tanto che vi sia piaciuto. ^^ Credo di aver detto tutto e se volete lasciatemi un parere!
A presto! :)
Fenice blu

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 (parte 2) ***


«Bea mi passi i piatti?» chiese Andrea.
Glieli passai e tornai a riflettere su come iniziare il discorso, mentre sistemavo i bicchieri. Io e Andrea stavamo apparecchiando la tavola, mentre Ale teneva impegnata Nicoletta. Alla fine decisi di buttarmi, senza discorsi o altro.
«Senti Andrew… tu… che ne pensi di Niky?» iniziai titubante.
Lui mi guardò di sottecchi «In che senso?»
«Beh ecco… mi sembra simpatica, tu ti trovi bene con lei?»
Lui spostò lo sguardo sui piatti «Certo che mi trovo bene! So che può sembrare un po’ chiusa, ma è solo timida, ma ti posso assicurare che quando la conosci ti rendi conto che è una persona stupenda»
Io sorrisi «A quanto pare le conosci molto bene!»
«È solo che ci conosciamo da tanto..» disse passando a piegare i tovaglioli.
Io intanto presi le posate, dovevo prendere in mano il discorso «Già, si vede che avete un bel legame… senti posso farti una domanda?»
«Certo… dimmi pure»
Feci un respiro prima di sputare quello che volevo dire «L’hai mai invitata ad uscire?»
Il biondo sgranò gli occhi «Cosa?! Ecco io… no in realtà no ma…»
«E perchè? Non ti piace forse?» gli dissi, mettendolo alle strette.
Lui arrossì «No! Lei è fantastica! Non è questo… è che…»
«Cosa?» lo incalzai. Lui teneva gli occhi bassi, fino a quando non si girò a guardare sconsolato la ragazza.
All’improvviso un’ intuizione si fece largo nella mia mente «Aspetta.. è proprio questo!»
Lui spostò gli occhi grigio-verde su di me «Cosa?»
«Tu hai paura di rovinare la vostra amicizia non è vero?»
Lui sospirò «Ecco… sì… se le cose andassero male… Non solo la nostra amicizia, ma anche con il resto del gruppo… Ci conosciamo da così tanto e stiamo bene insieme, se le cose dovessero cambiare…» lasciò in sospeso la frase.
Finalmente capivo perché fino a quel momento non si erano mai dichiarati.
«Ehi senti» gli misi una mano sulla spalla «Io non so come andrà a finire, ma sono certa che per amore vale sempre la pena rischiare… se tra me e Ale dovesse finire…» mi fermai un attimo, perché anche il solo pensare a quella possibilità, mi spezzava il cuore.
«Beh… Anche se la nostra storia finisse… io soffrirei molto ma… quella sofferenza non sarebbe nulla in confronto alla felicità che mi ha dato stare con lui!» dissi con convinzione, mentre Andrea continuava ad ascoltarmi in silenzio.
«E poi se non ci provi non saprai mai come sarebbero potute andare le cose, magari non finirà male!» continuai, cercando di convincerlo. A quel punto mi zittii, aspettando una reazione.
«Ne varrebbe davvero la pena?» mi chiese ancora.
Io sorrisi «Senza ombra di dubbio»
Anche lui sorrise «Va bene… la inviterò ad uscire»
Io a stento trattenni un grido di esultanza «Davvero? Ma è fantastico!!»
Lui ridacchiò «Non ti entusiasmare troppo! Dovrà prima accettare l’invito ti pare?»
«Oh sono sicura che accetterà!» dissi riprendendo ad apparecchiare la tavola.
Quando finimmo stavo per andarmene quando Andrea mi richiamò «Ehi… ascolta ti volevo dire… grazie! Alessandro è un tipo fortunato»
Io sorrisi «No… io sono fortunata»
A quel punto tornai da Alessandro
«Allora come è andata?»
Io sorrisi «Qualcuno riceverà un invito ad uscire tra non molto!» dichiarai soddisfatta.
Alessandro fece un sorriso enorme «Stupendo! Ma come hai fatto?»
«Segreti del mestiere!» mi limitai a dire.
«Sei incredibile!» disse abbracciandomi.
Io risi «Dai non esagerate! Speriamo solo che adesso tutto vada bene…»
«Beh… ora tutto dipende da loro» concluse lui.
 
 
 
«Raga com’è possibile che sono già stanco a quest’ora?» disse Daniele dopo uno sbadiglio.
«Beh devi considerare che già ieri sera abbiamo fatto tardissimo, poi oggi tra il giro con le barche, il bagno imprevisto… ci siamo stancati parecchio. Ma sai, probabilmente la tua corsa lungo tutta la riva del lago con in spalle Niky potrebbe essere stato il vero problema!» fece in tono sarcastico Alessandro.
«Se non avesse iniziato a dimenarsi in quel modo avrei fatto molta meno fatica!» si lamentò il riccio, mentre la ragazza in questione nascondeva il viso arrossito tra le mani.
«Ma non ti preoccupare! Sarà solo un colpo di sonno dovuto a ieri sera, per non parlare del fatto che sta mattina ti sei pure alzato presto… tra poco ti passa» disse Lorenzo prima di aspirare un po’ di fumo dalla sua sigaretta.
Quando soffiò, per colpa del vento il fumo finì addosso a Jas che iniziò a sbuffare infastidita «Potresti di grazia evitare di fumare in faccia alle persone?»
«Altrimenti?» la stuzzicò lui con un ghigno.
La mia amica quasi lo fulminò «Altrimenti butto te insieme alle tue amate sigarette in fondo al lago!»
«Allora sarà meglio che stia in guardia non è vero?» domandò lui, per nulla impressionato dalla minaccia della rossa.
«Dateci un taglio per favore… perché non riuscite a stare cinque minuti senza punzecchiarvi?» sospirai rassegnata.
«Ha cominciato lui!» si lamentò Jas.
«Ha cominciato lei!» ribatté Law.
«Non so se sembrate più una vecchia coppia sposata o soltanto due mocciosi…» disse Andrea uscendo dalla tenda.
«Ehi allora?» chiese Niky.
«Allora ho buone notizie! Le pizze stanno arrivando!» disse con entusiasmo, e con altrettanto entusiasmo rispondemmo noi con un grido di gioia, a parte Alessandro.
«E il mio panino?» domandò infatti.
«Arriva anche quello, tranquillo… certo non avremmo avuto bisogno di ordinare nulla se QUALCUNO non avesse dimenticato di avvertire la propria madre di preparare i tramezzini!» disse lui fissando con uno sguardo inquisitorio il povero Daniele «Scusate! Colpa mia!»
«Dai non pensiamoci più! Però Dan, credo che tu abbia combinato abbastanza disastri per oggi!» dissi ridendo al ragazzo.
Mentre aspettavamo le pizze iniziammo a chiacchierare, parlando di noi, dei nostri gusti, passando da argomenti seri e non. Quella sera avevo l’impressione che stesse nascendo un legame forte, di quelli che si creano solo con persone speciali e sia io che Jas ci sentimmo davvero parte di quel gruppo.
Finalmente arrivarono le pizze ma prima che iniziassimo a mangiare richiamai ad alta voce la loro attenzione.
«Ragazzi» Gli altri si girarono verso di me «Volevo solo… ringraziarvi! Questi due giorni sono stati fantastici e avete accolto me e Jas senza farvi nessun problema, quindi… grazie!» 
Alessandro mi sorrise e così anche gli altri. Stranamente la prima persona a parlare fu Niky «Beh, penso di parlare a nome di tutti dicendo che… anche noi ci siamo divertiti e che ci siamo trovati bene con voi. Siete davvero delle brave ragazze!»
Io rimasi completamente sbigottita, mentre Jas che era vicino a lei le diede un abbraccio.
«Questo è sicuro! Altrimenti Niky non vi avrebbe mai neanche parlato!» disse scherzando Daniele, facendo arrossire la ragazza.
Andrea intervenne in suo aiuto «Se non lo fossero non avrebbero mai sopportato di stare nello stesso campo con te, Dan!» esclamò ridendo.
Lorenzo annuì «Beh… lo stesso vale per me, siete due tipe in gamba! Anche se… potresti essere un po’ più tollerante con il fatto che fumo, ti pare?» concluse rivolto a Jas.
«Forse potrei imparare a conviverci» disse sorridendo.
«Allora ragazzi proporrei un brindisi» sentenziò Alessandro alzandosi e sollevando il suo panino.
Noi lo imitammo,ma con i pezzi di pizza. Ale mi mise un braccio intorno alle spalle «A Bea e Jas!»
«A Bea e Jas!» gridarono gli altri in coro, prima di addentare il rispettivo pezzo.
 
 
 
Quando finimmo di cenare ricominciammo a parlare, con Law che suonava la chitarra come sottofondo.
«Domani è l’ultimo giorno!» disse un po’ imbronciato Daniele all’improvviso.
«Dai non fare così! Non è mica l’ultimo giorno che ci vediamo!» cercò di tirarlo su Niky.
«Infatti! Dobbiamo uscire tutti insieme! Ed in ogni caso non dimentichiamoci che tra due settimane è il compleanno di Bea!»disse allegra Jas.
«Già! Vi voglio tutti alla mia festa ragazzi!» annuii contenta.
«Tranquilla ci saremo!» esclamò Law, e vidi che anche Andrea e Niky annuivano.
«Certamente! Sarà da urlo!» sorrise Daniele.
«Fantastico! Allora in ogni caso ci vedremo quel giorno! Ma non sognatevi minimamente di sparire nel frattempo!» disse la mia amica rossa.
Io guardai Ale che era rimasto in silenzio.
Come risposta mi prese per mano e sorrise «Non potrei mancare per nulla al mondo!»
 
 
 
 
 
Salve a tutti! J
Alla fine sono riuscita ad aggiornare! Meno male! ^^”
Ma ora parliamo del capitolo… Credo sia un po’ più corto degli altri ma questo perché è la seconda parte del sette.
 In questo capitolo mi sono voluta soffermare un po’ di più su Andrea e Niky. Mi piacciono come coppia e spero che sia lo stesso per voi!
Chissà se riusciranno a mettersi insieme!
Comunque ho un annuncio da fare: la storia sta per finire.
Già, non so ancora quanti capitoli manchino precisamente, ma entro tre massimo quattro, dovrei riuscire a concludere.
Ringrazio vivamente tutti coloro che hanno messo tra le seguite e le preferite, e in particolar modo Greenwind, smile_tears e Cloud_Jas per aver recensito! <3
E anche grazie ai lettori silenziosi! Se volete fatemi sapere cosa pensate della storia! ^^
A presto! 

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


«Hai già pensato a come sarà la festa?» chiese Jasmine.
Mancava una settimana al mio diciassettesimo compleanno e avevo già detto ai miei amici che volevo festeggiare, ma il posto non era ancora stato deciso «Ho già una mezza idea…» mi limitai a dire.
«E hai preso in considerazione di anda…»
«Non andremo a “La lanterna” Jas» la interruppi.
«Perché no?!? Dai! Adoro quel posto! E non mentirmi, so che lo adori anche tu!» mi accusò la rossa.
«Non lo adoro… mi piace, ma è troppo formale… voglio fare una cosa semplice»
Lei sospirò «Ok… allora che avevi in mente?»
Io sorrisi «Che ne dici se andiamo al “Ritrovo”?»
 «La pizzeria affianco al cinema?»
«Sì! Niente di eccessivo! Una bella pizza tra amici.»
«Mmm… ma sì perché no! E quindi chi ci sarà? Tu, io, Ale… Gli altri che hanno detto?»
«Allora… Federica e Lucia sono al mare quindi non possono, Barbara ha detto che si dovrà operare…»
«Che peccato, poverina…» sospirò Jas.
«Già infatti che sfortuna! Però almeno ha detto che non è una cosa grave… Andrea e Nicoletta non li ho ancora sentiti, Daniele ha detto che deve trovare un passaggio, ma è quasi certo che viene, e infine Law ha detto che ci sarà
«Ah ok bene… senti ora devo scappare. Ci aggiorniamo più tardi, ciao ciao!»
«Ok. Ciao Jas!» salutai, prima di chiudere la telefonata.
«Quindi Jas ci sarà giusto?» domandò una voce fuori dalla finestra.
Io sorrisi «Non credi che sia scortese origliare le conversazioni altrui?»
Alessandro sorrise, mentre si sedeva sul davanzale «Scusa, ma ti assicuro che è stata l’unica volta ed ho ascoltato molto poco!»
Io risi «Va bene ho capito… Senti hai notizie di Niky e Andrew?»
«Se ce l’ho? Io ho ottime notizie riguardo a quei due!» sorrise tutto soddisfatto. «Sono fiero di annunciare che Nicoletta e Andrea stanno ufficialmente insieme!»
«SIII! MAGICO!» urlai in preda all’entusiasmo.
«E non è finita qui! Andrea mi ha detto di dirti che non smetterà mai di ringraziarti e che verranno entrambi alla tua festa molto volentieri! » disse allegro il ragazzo, seduto sul davanzale della finestra.
«Grandioso! Non vedo l’ora di vederli insieme!»
«Anch’io… Beh direi che era anche ora! Che diamine!» disse sorridendo.
«Comunque non so se hai sentito ma… purtroppo ho una brutta notizia per te…»
Lui tornò serio «Cioè?»
«Festeggio in pizzeria…»
«BEA! Ma come! Lo sai che la pizza non mi piace! Non hai proprio pensato a me?» mise il broncio, ma aveva un espressione talmente buffa che scoppiai a ridere.
Quando smisi di sbellicarmi, lo rassicurai «Tranquillo non mi sono dimenticata di te! Infatti la pizzeria dove andremo è anche un ristorante, per cui ognuno potrà ordinare quello che vuole, e quindi non necessariamente una pizza!»
Lui tirò un sospiro di sollievo «Grazie! E scusa se ti causo problemi per le mie “stranezze”» si scusò.
Io sorrisi «Guarda che non ti devi scusare, e poi è anche per le tue stranezze che mi piaci!»
Lui ricambiò il sorriso «Lo stesso vale per me»
«Beatriceee! Scendi giù!» mi chiamò mia madre, in fondo alle scale.
Sbuffai «Arrivo! Scusa ora devo proprio andare…»
«Tranquilla, tanto stavo per uscire, vado in giro con Michele. Ci vediamo dopo… ah ricordami che dopo ti devo dire una cosa!»
«Certo! A dopo!»
Un attimo dopo corsi al piano di sotto dove trovai mia madre in cucina «Beatrice aiutami, apparecchia la tavola, tra poco si cena»
«Va bene…» risposi, iniziando a prendere i bicchieri.
«Ah! Comunque ti devo informare di una novità…» disse all’improvviso mia madre.
 «Sarebbe?»
«Quest’anno andiamo al mare!» esclamò lei sorridendo.
Io sorrisi «Forte! Quando andiamo? E dove?»
«Staremo ad Amalfi, dai tuoi zii, l’intera prossima settimana!»
Io la guardai confusa «Cioè… intendi la settimana del…»
«Certo! Passerai il tuo compleanno ad Amalfi, non è fantastico?»
 In quel momento avrei voluto spaccare tutti i bicchieri e i piatti della cucina.
«MAMMA!» urlai in preda ad un attacco di isteria.
Lei mi fissò scandalizzata, come se non riuscisse a capire che mi prendesse «Cosa c’è?!»
«Io volevo festeggiare con i miei amici quest’anno! Te ne avevo già parlato!» esclamai furiosa.
«Oh ma andiamo sii ragionevole! Puoi festeggiare quando vuoi con i tuoi amici, ad Amalfi invece non ci andiamo tutti i giorni!» si scaldò lei.
«Col cavolo! Per me era importante festeggiare questo compleanno! Non vi è passato per la testa di chiedere il mio parere?! Non possiamo andare un’altra settimana??» gridai disperata.
«Adesso basta! Come ti permetti di urlare in faccia a tua madre?! I tuoi zii erano disponibili solo la prossima settimana, e sono stati già molto gentili! Non fare l’ingrata! Noi andremo tutti insieme ad Amalfi, che ti piaccia o no!»
Rimasi a bocca aperta, non avevo mai litigato con mamma così violentemente, ma ero talmente arrabbiata che girai i tacchi e andai in camera mia, sbattendo tutte le porte e ignorando mia madre che mi diceva di tornare indietro.



Rimasi a sbollire per non so quanto tempo, con la schiena appoggiata all’armadio, seduta per terra, talmente seccata che quando iniziò a farsi buio non accesi nemmeno la luce. A un certo punto venne a bussare mio padre, ma ignorai anche lui e restai in silenzio, sperando che credesse che ero andata a dormire.
 Sentivo la pancia brontolare, ma mi rifiutai di scendere a cena, a sentirmi dire dai miei genitori che dovevo essere contenta del viaggio. Una piccola parte di me lo era, perché avrei potuto vedere i miei cugini, Cecilia e Vincenzo, che adoravo e non vedevo da tanto tempo, ma quello era il primo compleanno che avrei passato con Alessandro.
A un certo punto, sentii il cellulare che vibrava, lo presi e lessi il messaggio che era arrivato
Ehi che dici? Stai mangiando?
Era di Alessandro.
Per un attimo pensai di ignorarlo, ma non me la sentii, così risposi.
No. Tu? Vieni alla finestra se puoi.
La risposa non si fece attendere: Già finito. Arrivo.
Attesi nell’oscurità, finché non sentii un rumore fuori dalla finestra.
«Bea!!»
«Arrivo» dissi andando alla finestra.
«Ehi che faccia triste, che succede?»
«Beh… ecco… ho una brutta notizia…»
«Coraggio, spara!»
«La prossima settimana i miei genitori hanno deciso di andare tutti quanti ad Amalfi dai miei zii…»
«Cioè… vuoi dire che…»
«Vuol dire che non ci sarò il giorno del mio compleanno e quindi la festa è annullata!»
Alessandro mi fissò «Ah…» rimanemmo in silenzio per un po’.
«Mi dispiace molto Bea» fece lui, triste.
Sospirai «Anche a me… ci tenevo davvero tanto…»
«Beh non ci pensare… pensa che ti farai una bella vacanza…»
«Non ti ci mettere pure tu!» sbottai seccata. Per una volta non mi andava proprio di essere positiva.
«Perché?! Che cosa ho fatto io?»
«Anche mia madre ha iniziato a dire che “dovrei essere contenta”! Quindi non ho bisogno che me lo dici anche tu!»
Appena mi uscirono di bocca quelle parole, me ne vergognai subito, vedendo la faccia di Alessandro, piuttosto ferito.
«Scusa…» mormorai.
«Non fa niente»
«No, non è vero! Sono stata ingiusta, non è certo colpa tua se partiamo. Mi dispiace…»
Lui sorrise «Tranquilla, è tutto a posto. È normale che tu sia arrabbiata...»
«Più che altro, ora sono triste… dovrò dirlo agli altri…»
«Se vuoi li avverto io!» si offrì.
«No no… ci penso io… sai che ore sono?»
«Le undici circa»
«Va bene… senti io… chiamo Jas e poi vado a dormire…»
«Certo… Allora ci vediamo domani»
«Sì, a domani»
Chiusi la finestra, accesi la lampada e mi stesi sul letto.
Prima che potessi selezionare il numero di Jas, il cellulare vibrò ancora una volta.
Bea, ti prometto che prima della tua partenza ci divertiremo! Non stare troppo giù, buonanotte principessa! <3
 Non potei fare a meno di sorridere, e mi resi conto di quanto fossi fortunata ad avere Ale. 


Angolo autrice
Salve a tutti! Finalmente sono tornata! Chiedo infinite volte scusa alle poche persone che mi stavano seguendo, ma l'ultimo periodo a scuola è stato parecchio pesante, e quindi tra una cosa e l'altra non sono riuscita proprio a scrivere! Spero solo di rifarmi! ^^
Cosa dire su questo capitolo? Beh è piuttosto breve ma è bastato a sconvolgere i piani di Bea! Nel prossimo capitolo cambieremo scenario e per la prima volta, andiamo in un luogo realmente esistente, spero di rendere giustizia alla bellezza di Amalfi e dintorni.
Credo di aver detto tutto, spero solo che vi sia piaciuto il capitolo, ah e vi chiedo scusa per eventuali errori ma non ho ricontrollato. :)
A presto
Fenice_blu

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Salve a tutti! Questa volta volevo fare una piccola premessa. Il capitolo è più lungo del solito, spero solo di non annoiarvi! In questo capitolo ho usato poche righe della canzone “Better man” di Paolo Nutini, un pezzo che adoro e che ho ascoltato spesso mentre scrivevo la storia, e un ulteriore riferimento è il nome della villa degli zii di Bea, che tutti i fan di Harry Potter riconosceranno. ;) Per il resto, scriverò ancora alla fine, vi lasciò al capitolo e scusate questa premessa! Buona lettura!

 

«Beatrice sei pronta?» gridò mio padre dal piano di sotto.

«Quasi…»

Piegai l’ultima maglietta e la misi nel mio piccolo trolley, ormai quasi pieno

Rifeci mentalmente l’elenco di tutte le cose da portare, cercando di non dimenticare nulla. Mentre recuperavo deodorante e spazzolino dal bagno ripensai agli ultimi giorni: Jasmine, che quando le dissi del viaggio espresse il suo disappunto con un linguaggio da far invidia ad un camionista, aveva cercato in tutti i modi di non farmi pensare alla vacanza e lo stesso Alessandro con il quale ero uscita il più spesso possibile, cercando solo di goderci il tempo insieme.

Proprio in quel momento mi arrivò un suo messaggio sul telefono:

Buongiorno principessa, mi dispiace di non poterti salutare questa mattina, ma sappi che ci terremo sempre in contatto in questi giorni! Fai buon viaggio e se puoi chiamami quando arrivi. Un bacio <3

Sorrisi, ma fu questione di un attimo, perché poi realizzai con amarezza che non era così che immaginavo sarebbero andate le cose, e in quel momento la partenza mi pesò più di un macigno. 

Sta tranquillo, lo so che avevi la visita dal dentista. Ci sentiamo appena arrivo, baci  <3

Infilai le ultime cose nella valigia, la chiusi e la portai in fondo alle scale, dove stava mio padre che portava la sua fuori di casa

«Hai fatto Beatrice? Noi siamo tutti pronti, devo prendere solo una busta con delle cose per gli zii e ce ne andiamo»

«Sì pa, recupero lo zaino e scendo.»

«Ok ti aspettiamo in macchina» 

Salii ancora una volta in camera mia, raccolsi le ultime cose nello zaino, diedi un ultimo sguardo alla finestra, quasi sperando che Alessandro fosse lì, pronto a fare due chiacchiere o a farmi ascoltare una nuova canzone. 

«Ci sono» dissi entrando in macchina un minuto dopo.

«Perfetto, siete tutti pronti? Avete preso tutto?» chiese mio padre prima di uscire dal vialetto di casa.

«Credo di sì, le chiavi ci sono, il cellulare c’è…» fece mia madre controllando febbrilmente la sua borsa, in preda al suo panico pre-partenza.

«Papà io sono prontissimo!» disse Gabriele entusiasta, saltellando sul sedile.

«Bene allora partiamo!» esclamò impazientemente mio padre. 

Mi voltai a guardare la mia casa e quella di Alessandro, e rimasi a fissarle finc non fu più possibile distinguerle.

 

 

 

«Siamo arrivati?»

«No»

«E ora siamo arrivati?»

«No!»

«… adesso siamo…»

«Gabriele piantala!» sbottò papà spazientito. 

«Ma io mi annoio! Quanto manca ancora?» disse imbronciato il mio fratellino. 

«Te l’ho già detto, se siamo partiti alle quattro arriveremo verso le otto, e mancano ancora tre ore»

«Possiamo fermarci a mangiare la pizza dove andiamo di solito?» chiese lui speranzoso.

«No mi dispiace Gabriele. Mangeremo direttamente dagli zii» rispose semplicemente mia madre.

Lui si afflosciò sul sedile, e non potei che dispiacermi per lui «Ehi che ne dici se giochiamo a contare le macchine?» proposi io per distrarlo.

«Va bene!»

Giocammo per un po’, Gabriele si rallegrò un po’, fino a che non si mise a sentire la radio, finendo per appisolarsi poco dopo, lasciando me a guardare fuori dal finestrino

«Beatrice senti ti volevo parlare di una cosa…» esordì mia madre.

«Ah sì?» feci io fingendo interesse, avendocela ancora con lei.

«Ascolta mi dispiace, capisco che tu sia ancora arrabbiata…»

«Ma davvero… ti dispiace? Beh questo sistema tutto!» risposi sarcastica.

«Fa attenzione a come ti rivolgi!» fece lei minacciosa. 

«Scusa, ma non mi va di parlarne…» 

Lei mi guardò a lungo attraverso lo specchietto retrovisore, fino a che non sospirò, lasciando cadere l’argomento. 

Si stava dimostrando un viaggio davvero lungo.

 

 

 

 

«Bea Guarda! Il mare!»

Gabriele aveva ragione: eravamo quasi a Castiglione, provincia di Ravello, quando raggiunta la fine di una strada tra le montagne, si spalancò davanti a noi in tutto il suo splendorelo spettacolo della costiera amalfitana: ormai era l’ora del tramonto il cielo si stava dipingendo di mille sfumature, passando da un azzurro chiaro a un arancione tenue accompagnato da sottili pennellate di rosa, e così anche il maresolitamente azzurro-turchese, risplendeva di un color oro sotto la luce del sole, mentre i suoi pochi raggi filtravano attraverso  i rami degli ulivi e le foglie dei vignetisulla terra ferma

Procedendo lungo la strada, arrivammo a ridosso della spiaggia, dove vedemmo i primi lidi che si stavano lentamente svuotando, mentre il cielo era ormai diventato di un arancione splendente, da togliere il fiato. 

«Sì ragazzi finalmente ci siamo!» esclamò mia madre.

Era vero. Finalmente eravamo ad Amalfi, ma mancava ancora un poco alla casa dei miei zii poiché dovevamo attraversare tutta la città, essendo una villetta situata in periferia. Infatti fu solo cinque minuti dopo che mio padre annunciò che eravamo arrivati. 

«Evviva!» urlò mio fratello precipitandosi fuori dalla macchina. 

«Gabriele aspetta!» fece esasperata mia madre.

«Lascialo fare! È stato buono fino ad ora, ha il diritto di muoversi un po’!» dissi tranquillamente a mia madre, scendendo dall’auto a mia volta, trovandomi davanti la casa dei miei zii.

Questa era una graziosa villetta, dalle mura di un rosa antico, in cui si entrava da un piccolo cancelletto in ferro che sapevo portava al giardino di dietroDa fuori sembrava molto piccola, schiacciata in mezzo ad altre due ville più grandi, anche se si vedeva che era a due piani, in realtà era abbastanza grande, il giardino sul retroera anche piuttosto spazioso.

Su una mattonella in ceramica incastonata nel muro c’era scritto il numero civico della casa e sotto un’altra mattonella diceva “Villa Conchiglia”. 

«Beaaa! Mi fai suonare il citofono?» chiese supplichevole mio fratello, che non arrivava al pulsante del campanello per pochissimi centimetri.

«Ma certo piccolo!» 

Lo presi in braccio e lui suonò con soddisfazione il pulsante.

Dal citofono uscì una voce meccanica «Chi è?»

«Sono Gabriele!» fece soddisfatto il mio fratellino.

«UHH! Siete arrivati! Entrate entrate!»

Il cancello si aprì e io feci scendere Gabriele che corse dentro. Mi sarebbe piaciuto seguirlo, ma sapevo di dover aiutare a scaricare i bagagli. Così mio padre mi passò uno dei borsoni e con lo zaino in spalla, seguii mia madre mentre entrava dentro con un altro paio di borsoni più piccoli. Da lontano sentii l’inconfondibile voce di mia zia che parlava con mio fratello. 

«Accipicchia come sei cresciuto! Quanto sei alto ora?»

«Sono un metro e venti!» disse lui tutto orgoglioso.

Quando raggiungemmo il giardino e ce li trovammo davanti, mia zia fece un larghissimo sorriso. 

Mia zia era una donna molto bella, da un certo punto di vista mi ricordava Robin di “How I met your mother”, per gli stessi capelli lunghi e bruni, la forma del viso,la carnagione chiaraanche il sorriso, ma quello di mia zia era molto più bello e vero.Inoltre al contrario dell’attrice di Robin, lei non era molto alta, era leggermente più alta di me, e i suoi occhi erano di un bel color cioccolato. Zia Eva era una delle persone più gentili che avessi mai conosciuto: non era molto estroversa, ma aveva un carattere mite ed era sempre ospitale, cercava di farti sentire come a casa tua. 

«RaffaellaSono così contenta di vederti!» esclamò.

«Eva! Anch’io sono felice di vederti!» disse mia madre abbracciandola.

Poi mia zia si focalizzò su di me «Beatrice! Oh mio Dio!» esclamò lei piena di entusiasmo.

«Ciao zia! Anch’io sono felice di vederti!» le dissi abbracciandola. 

Quando ci staccammo lei mi guardò dalla testa ai piedi.

«Lo so che ti da fastidio sentirtelo dire, ma sei diventata davvero una bella ragazza lo sai?»

«Dai zia smettila!» risposi infatti imbarazzata. 

«Piuttosto dov’è quel pazzo di mio fratello?» chiese mia madre riferendosi a mio zio Carmine. 

«Infatti! E Ceci? E Vincenzino?» chiesi io, impaziente di riabbracciare i miei cugini. 

«Lo sai questa è una bella domanda! Dovevano arrivare a casa dieci minuti fa! Ho provato a chiamarli ma non rispondono, mentre invece Carmine…»

«Dov’è il mio nipotino preferito?» disse mio zio uscendo fuori di casa. 

«Zioooo» urlò Gabriele correndogli in braccio.

Zio Carmine era l’opposto di mia zia: alto, con la pelle scura, ancora di più d’estate quando era abbronzato, i capelli neri come quelli di mia madre, i baffi , la barbacortagli occhi blu e un sorriso allegro. Aveva la voce grossa, e a una persona che non lo conosceva avrebbe potuto sembrare burbero, ma nascondeva un carattere spiritoso e allegro, ed era sempre pronto a raccontare delle storie. Lui e zia erano anche il mio padrino e madrina di battesimo, quindi ho sempre avuto un rapporto speciale con loro.

«Eccolo qua! Vieni dallo zio!» disse sollevando da terra Gabriele. 

Zio salutò il resto di noi, e quando fece la sua comparsa mio padre, finiti i saluti, ci sistemammo: come al solito i miei genitori sarebbero stati  nella camera degli ospiti, mio fratello si sarebbe “accampato” in camera di Vincenzino mentre io sarei stata nella stanza di Ceci. 

Mentre posavo il mio zaino in camera di Ceci, che era al secondo piano, mi ricordai del messaggio per Ale, così presi il cellulare. 

Ciao Ale! Siamo appena arrivati!Tra poco dovrebbero arrivare i miei cugini e poi ceneremo. Ci sentiamo presto  <3

Quando inviai il messaggio, sentii il rumore di una macchina, seguito da un urlo di zia dalla cucina di sotto «Scendi Bea! Sono arrivati!»

Scesi di corsa le scale, precipitandomi in giardino. 

«Ceciiii!» gridai appena vidi mia cugina.

«Beaaaa!» 

Corremmo l’una verso l’altra e ci abbracciammo. 

«Da quanto tempo!» esclamai. 

«Già veramente tanto!»

«Tanto che ti sei dimenticata pure di tuo cugino!» fece una voce alle spalle di Cecilia.

Vincenzo si sporse in avanti e io lo abbracciai con slancio «Come potrei dimenticarmi di te Vincenzino

Lui rispose all’abbraccio. Quando ci staccammo arrivò zia, furiosa.

«Dove diavolo siete stati?!?» poche volte vedevamo zia Eva tanto arrabbiata. 

«Scusa mamma! Ma io avevo il telefono scarico e questo genio non lo teneva!» fece mia cugina indicando il fratello.

«Ti ho già detto perché non l’ho portato… non mi serviva a nulla, pensavo che il tuo fosse…» 

«Consideratevi fortunati se non ve lo sequestro a entrambi il telefono!» sentenziò mia zia.

Fece un sospiro «Adesso andatevi a lavare le mani, tra poco si cena! Ceci, aiutami ad apparecchiare la tavola!»

«Zia posso aiutare anch’io!» mi offrii.

«Non c’è bisogno Bea, ma se ti fa piacere puoi aiutare Ceci mentre io finisco le ultime cose!» rispose gentilmente lei. 

Così ci ritrovammo ad apparecchiare la tavola fuori nel giardino per otto persone, sotto lo sguardo di Vincenzo, che stava comodamente seduto sull’amaca.

Vincenzo e Cecilia erano fratello e sorella, ma tra loro non c’era nessuna somiglianza.

Ceci aveva preso da mio zio la pelle scura, l’altezza (1,75m) e il sorriso, mentre aveva i capelli bruni di zia, i suoi occhi castani e i suoi tratti del viso. Era la tipica bellezza mediterranea, ma il carattere era tutto suo: in genere era tranquilla e responsabile, ma non quando c’eravamo io e Vincenzo insieme: anche se era lei la più grande, eravamo noi a influenzare lei, e quando ci mettevamo d’impegno, riuscivamo a farle perdere tutta la serietà, contagiandola con la nostra follia. 

Vincenzo al contrario aveva preso l’altezza di zia, infatti eravamo alti uguali, ma era sempre stato un po’ più basso della media e per questo l’abbiamo sempre chiamato Vincenzino. Da zia aveva preso anche la pelle chiara e il sorriso gentile, da zio invece aveva preso solo i capelli neri, ma anziché lisci erano mossi, mentre gli occhi erano di un grigio inedito. Ho sempre detto che mio cugino era un genio: era sempre pieno di idee e non riusciva mai a stare fermo. A modo suo era anche saggio, infatti, stranamente tra lui e Ceci, era da lui che andavo per avere un consiglio e con cui mi confidavo maggiormente. Tra di noi c’è sempre stato un legame speciale, infatti ci siamo sempre capiti al volo, forse il fatto che avevamo la stessa età ha anche aiutato. E in aggiunta, insieme ci facciamo un sacco di risate.

«Come sono andati gli esami?»

«Sai pensavo peggio! Invece credo di essere andata bene, adesso aspettiamo i risultati…»

«Certo è stato brutto farli così tardi!»

«Bea! Quest’anno toccherà a noi invece!» esclamò mio cugino.

«Ti prego non farmici pensare, già mi sale l’ansia!»

«Ragazzi avete fatto?» chiese mia madre. 

«Sì zia!» «Perfetto allora vado a chiamare gli altri intanto voi iniziate a sedervi»

Ci accomodammo tutti a tavola, e infine mia zia fece il suo ingresso trionfale

«Solo perché è la cena ho dovuto cucinare qualcosa di più “leggero”. Quindi insalata di polpo e frittura di calamari per tutti»

Mio fratello e mio padre esultarono. 

La frittura di zia Eva non aveva nulla da invidiare ai migliori ristoranti di Amalfi: croccante, non unta, dorata, e leggera. Spazzolammo tutto in pochi minuti. E lo stesso per l’insalata di polpo, che però non mangiai, perché non sopporto il polpo, nemmeno zia era riuscita a farmelo piacere. 

In più zio tirò fuori una torta ricotta e pere, che aveva preso in pasticceria. A fine serata eravamo tutti pienamente soddisfatti, e dopo un po’ di chiacchiere andammo tutti nelle rispettive stanze.

Dopo che Gabriele si fu addormentato, Vincenzo sgattaiolò fuori dalla sua camera per raggiungerci nella nostra, per fare quattro chiacchiere prima di dormire. Io mi stesi nel mio letto, il quale era estraibile dal letto di Cecilia, per cui ero a poca distanza da lei, che stava seduta sul bordo, mentre mio cugino si sistemò a gambe incrociate sul fondo del mio letto.

«Ragazzi vi devo dire una cosa» dissi mettendomi a sedere.

«Ti manderanno in collegio?» fece Vincenzo.

«No»

«Andrai a X Factor!»

«Hai finito di sparare a caso?»

«Sì, va bene. Procedi»

Così raccontai loro di Alessandro, poiché non sapevano ancora niente e volevo dirglielo di persona. 

Cecilia era contentissima «Siiii! Finalmente! Aspettavo da una vita questo momento!»

«Ma non si stanno mica per sposare! Rilassati!»

«Taci tu! Di queste cose non capisci un tubo!»

«Ragazzi calmatevi! Volevo solo farvelo sapere tutto qua»

«Volevi passare il compleanno con lui vero?» chiese Vincenzo, dimostrando ancora una volta di riuscire a capirmi subito.

«Beh certo! Ma sono contenta lo stesso perché lo passerò con voi!» sorrisi.

Lui mi lanciò una sguardo che diceva il discorso non finisce qui”. 

Continuammo a parlare fino all’una di notte, quando alla fine decidemmo che era il caso di andare a dormire e ci demmo quindi la buonanotte. 

All’improvviso sentii nell’oscurità una vibrazione. Era Ale.

Sei sveglia?

Come stai? Come è andato il viaggio? 

Bene bene. Tutto tranquillo. Tu come stai?

Sto bene. I tuoi cugini?

Stanno bene! Ti piacerebbero, sono molto simpatici.

Immagino di sì! Magari un giorno me li presenterai…

Sì certo! Perché no… Scrissi. Dopo un po’ non riuscii a trattenermi.

Mi manchi. Tanto.

Anche tu mi manchi...

Poi mi mandò un secondo messaggio.

Senti facciamo così. Ogni giorno ti manderò una canzone. Quando senti la mia mancanza, senti queste canzoni. D’accordo? :)

Rimasi per un attimo stranita dalla sua idea, poi pensai che era una cosa carina, e che mi faceva molto piacere. 

Certo! :D

Perfetto allora ti mando la prima! Ora vado a dormire! Buonanotte Bea! <3

Notte Ale! Un bacio <3

Un minuto dopo mi arrivò la canzone, e mentre caricava recuperai le cuffiette per non disturbare Cecilia.

Feci partire la canzone, e dopo pochi secondi la riconobbi: “Better man” di Paolo Nutini.

She makes me smile 
she thinks the way i think 
that girl makes me wanna be better

Sorrisi nell’oscurità., il pensiero di Ale era la cosa più dolce che qualcuno avesse fatto per me.

She’s fearless, she’s free 
she is a real life wire 
and that girl 
she’s got me feeling so much better 
oh you trade all the money in the world 
just to see this girl’s smile 
all the while, she’ll make you feel so much better

oh that girl, makes me wanna be a better 
sure she sees, gonna treat her like a real man can

Alla fine della canzone avevo le lacrime agli occhi. Avevo capito perché avesse detto di ascoltarle quando mi mancava, perché così avrei immaginato che fosse lui a parlarmi attraverso quelle canzoni, e in quel momento mi sentii felice come non mi succedeva da giorni. 

 

 

 

 

Angolo autrice

Salve a tuttiiii!!! Perdonate il mio colossale ritardo ma ho girato parecchio in questi giorni, e non ho potuto proprio pubblicare! In compenso ho scritto un capitolo più lungo del solito, anche se questo è più che altro un capitolo introduttivo del nuovo ambiente e dei nuovi personaggi! Fatemi sapere cosa ne pensate di queste nuove “aggiunte”! Ringrazio infinitamente GreenWind che recensisce sempre la mia storia e smile_tears per il suo sostegno! :)

Credo di aver detto tutto! Spero di riuscire a pubblicare prima la prossima volta ma non vi prometto nulla per non rischiare! ^^”

Spero che la storia vi stia piaciuta e se vi va fatemelo sapere! A presto e un abbraccio a tutti!

 

 

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Il giorno dopo dormimmo fino alle 9, poi zia venne a svegliarci ma mentre io mi alzai in piedi dopo qualche minuto (svogliatamente, ovvio), mia cugina nascose la testa sotto il lenzuolo, non avendo nessuna intenzione di lasciare il comodo letto.
«Perché diavolo dobbiamo alzarci così presto!? È estate!» brontolò.
«Dai Ceci non ci pensare… magari andremo al mare o a farci qualche giro interessante» dissi soffocando uno sbadiglio.
«Non mi interessa! Il pomeriggio esiste per questo! Di prima mattina non ho voglia di andare da nessuna parte!» fece lei contrariata.
«Va bene ho capito! Ti lascio in pace, io intanto scendo a fare colazione» dissi mettendo le infradito.
Presi il telefono e vidi un messaggio, inizialmente pensai che fosse di Ale, invece scoprii con gioia che era di Jasmine.
Ciao Beaaa! :D Come stai? Il viaggio è andato bene? Spero di sì! Ti ricordo che oggi non sarò reperibile per tutto il giorno: siamo appena partiti per l’acquapark! Ci sentiamo domani! Divertiti :*
Mi ero completamente dimenticata della gita di Jas all’acquapark con la sua famiglia, e rimasi un po’ dispiaciuta, perché avrei voluto tanto parlare con lei.
Va bene ci sentiamo domani! Il viaggio è andato bene! Tu piuttosto divertiti! Un bacione! ^^
Dopo aver risposto scesi le scale da dove si sentiva già il profumo del caffè e raggiunsi la cucina dove trovai zia Eva con la caffettiera in mano, mentre Vincenzo stava seduto davanti alla sua tazza di latte.
«’Giorno Bea!» mi salutò mio cugino.
«’Giorno Vincenzino»
«Vieni Bea! Accomodati, prendi tutto quello che vuoi! Vuoi che ti prepari il latte?» disse sorridente zia.
Ringraziai e mi sedetti a tavola. Mia zia aveva indetto un vero banchetto: oltre al latte e al caffè c’erano una caraffa di succo d’arancia e delle bustine per il tè, cereali, dei deliziosi biscotti, alcune brioche, una ciambella marmorizzata fatta da zia, crema di nocciole, miele, confettura alle pesche e alle ciliegie da spalmare sulle fette biscottate o sul pane fragrante che riempiva un piccolo cestino e infine un canestro di frutta fresca campeggiava trionfale al centro della tavola.
«Cha facciamo di bello oggi?» chiesi tagliando un pezzo di ciambella.
«Questa mattina andiamo tutti al mare. Poi torniamo a casa per pranzo, vi lavate e poi decideremo dove andare nel pomeriggio…» rispose mia zia, porgendomi una tazza gialla colma di latte.
«Stasera c’è la festa a Minori, potremmo andare lì!» le suggerì Vincenzino mentre spalmava la confettura di pesche su una delle fette biscottate che aveva nel piatto.
«Sì ci ho pensato, ma come ti ho detto ne parleremo oggi a pranzo»
Io e Vincenzino finimmo tranquillamente di mangiare quando finalmente Cecilia scese, con i  capelli tutti scompigliati e borbottando insulti.
«Sorellona che hai? Sembra che ti abbia investito un uragano!» la prese in giro con aria maliziosa il fratello.
«Vai a quel paese, cazzone» sbottò lei nervosa.
«Uhhh! Qualcuno è di cattivo umore sta mattina! Che c’è hai litigato con la spazzola?» la prese in giro.
Lei lo fulminò con uno sguardo che avrebbe pietrificato sul posto chiunque, ma non Vincenzino.
Lui la stuzzicò ancora, e prima che lei gli tirasse una sberla in faccia, lo tirai via verso il piano di sopra.
«Trovo sconcertante il fatto che non ti fai scrupoli a dare fastidio a Cecilia! Non pensi mai di essere davvero irritante?»
«Ma io non sono irritante… Sono una vera piaga! Non mi stancherò mai di farla arrabbiare di prima mattina!»
«Sei impossibile! Non capisco, sei tra le persone più intelligenti che conosco eppure non riesci a evitare di rompere le scatole a tua sorella come un idiota. Cosa ci trovi di divertente?»
«Ma dai! Hai visto la faccia che fa quando si innervosisce? Mi fa morire dal ridere! È più o meno così» disse imitando la faccia di Cecilia, facendomi scoppiare a ridere.
 
 
Ehi principessa! Come stai oggi? ;)
Benone! E il mio musicista preferito come sta? :)
Mi dispiace ma… Bach è morto
Mi ritrovai a ridere in faccia al telefono.
AHAHAHA non ti viene in mente nessuno di più recente?
Beh… anche Lucio Battisti è morto…
«Ehi! Cosa c’è da ridere?» chiese curiosa Cecilia.
«Oh niente… mi passi l’asciugamano? Sto bagnando tutto il telefono»
Avevo appena finito di fare il bagno, e l’acqua salata gocciolava dappertutto.
Cecilia si levò gli occhiali da sole, si mise seduta sulla sdraio e prese dalla borsa uno degli asciugamani.
«E Vincenzino?»
«È ancora in acqua a giocare con Gabriele» dissi con un sorriso.
Guardai ancora i due che si inseguivano in tra le onde, ridendo come pazzi. Io intanto mi stesi armata del telefono e di un libro, sullo sdraio sotto l’ombrellone, accanto allo sdraio di Cecilia, la quale era lì stesa da più di un’ora a prendere il sole.
Hahahaha sì ho ricevuto la notizia qualche tempo fa! E tu invece come stai allora?
«Sembri davvero presa da lui…» fece lei guardando il cielo da dietro le lenti degli occhiali da sole.
«Credo di sì… sai non sono un’esperta, non mi era mai capitato prima…»
«Capisco… vorrei proprio conoscerlo sai?»
«Per verificare che sia a posto? Sta tranquilla è passato alla verifica di Jas quindi…»
«No non è per quello»
La fissai un attimo «Davvero? Allora perché?»
Lei si girò a guardarmi sorridendo «Semplice: se l’hai scelto deve essere per forza un bravo ragazzo. Sei tra le ragazze più sveglie che conosco e sono certa che sai scegliere bene da sola con chi stare!»
La guardai, colpita dalle sue parole davvero inaspettate «Wow… grazie Ceci, io non so cosa dire!»
Lei si tolse gli occhiali, e con il sorriso malizioso di chi la sa lunga fece un occhiolino «Beh sai non potrebbe essere altrimenti! Sei mia cugina! E la mia cuginetta deve avere per forza buon gusto!»
 
 
«Ehi ragazze! Presto dateci gli asciugamani o moriremo di freddo!» esclamò Vincenzo seguito da Gabriele, entrambi naturalmente fradici.
«Io voglio qualcosa da mangiare!» esclamò Gabriele una volta che lo ebbi coperto con un telo mare troppo grande per lui.
«Ti va di prendere un gelato?» gli domandò Cecilia.
«Siiii che bello!» sorrise entusiasta lui.
«Noi due invece sai già cosa prenderemo vero?» mi chiese Vincenzo facendo l’occhiolino.
«Naturalmente! Tu Ceci vieni con noi?»
«No grazie! Questa volta passo! I soldi sono nella borsa; se volete prendete qualcosa per farvi una partita ai giochi al bar» disse lei, tornando a rilassarsi sulla sdraio.
«Sii! A biliardino! Dai andiamo!» gridò allegro Gabriele tirando per un braccio Vincenzo.
«Splendido! Allora andiamo!»
Andammo al bar del lido, il quale si chiamava “Lido Stella Cadente”, dove comprammo un gelato ai gusti crema e caffè, ricoperto di panna per Gabriele e due ghiaccioli alla menta per me e mio cugino. Quella del ghiacciolo era una vera e propria tradizione: tutte le volte che ci trovavamo dovevamo sempre andare a mangiare un ghiacciolo alla menta insieme (ovviamente d’inverno non potevamo farlo), e per noi era diventato un vero e proprio simbolo delle nostre vacanze e della nostra amicizia.
Ci sedemmo ad un tavolo a gustarcelo, mentre Gabriele che aveva già spazzolato il gelato giocava ad un vecchio flipper.
«Ma guardaci… dopo tutti questi anni siamo ancora qui, a prendere il nostro ghiacciolo alla menta, come se… il tempo non fosse mai passato, come se fossimo ancora quei due bambini che si rincorrevano sulla spiaggia per una formina colorata… quindici anni dopo e anche di più…» disse a un certo punto Vincenzino, con lo sguardo pensieroso.
«Parli come se avessi settanta anni, invece che diciassette!» dissi io ridendo «Però è vero… o anche come quei due ragazzini che si stavano sfracellando sugli scogli per catturare un granchio immenso!» dissi io, sorridendo al ricordo di quella giornata.
«Me lo ricordo! I nostri genitori si arrabbiarono tantissimo! Papà era talmente infuriato con me che mi vietò di entrare in acqua per un mese! Ma alla fine non andò troppo male! Tu ti scorticasti un braccio e io mi tagliai sulla gamba…»
«E alla fine tornammo trionfanti sulla spiaggia dai nostri genitori, con il granchio nel secchiello e un sorriso folle da vincitori!»
«Ho ancora la cicatrice sai?»
«Dillo che sei solo contento che ti sia rimasta la cicatrice»
Lui sorrise «È vero! È la prova della nostra grande impresa!»
A quel punto però mi balenò in mente un pensiero «Chissà se ce ne saranno altri di momenti così…»
Lui mi guardò perplesso «Perché non dovrebbero essercene più?»
«Perché quest’anno inizieremo il quarto anno di superiori, poi faremo diciotto anni… Poi Cecilia andrà all’università, e noi la seguiremo l’anno dopo e…»
«Ehi frena un secondo! Non credi di correre un po’ troppo? Non hai nemmeno compiuto diciassette anni e già pensi ai diciotto e all’università? In fondo tutto questo avverrà nell’arco di due anni!»
«Lo so, lo so… è solo che a volte non posso fare a meno di pensarci. Prima o poi, ognuno di noi prenderà la propria strada, non ci vedremo più spesso come adesso e finiremo per separarci del tutto» dissi intristita da quella possibilità.
Per un po’ Vincenzino rimase in silenzio finché non mi guardò dritto in faccia «Questo tuo noi a chi è riferito?»
Lo guardai, confusa «Che razza di domanda è?»
Lui alzò un sopracciglio «Scusa ma, a me sembra un discorso più riferito ai tuoi amici e anche ad Alessandro…»
Rimasi per un attimo interdetta «Ma questo che c’entra? Non ci stavo affatto pensando!»
Lui mi guardò scettico «Mmm… sì certo come vuoi tu!»
Restammo zitti per un po’ quando alla fine lui ruppe il silenzio «Comunque posso dirti una cosa! Io e Ceci non ti lasceremo mai! Siamo una famiglia e ci ritroveremo sempre!»
Gli sorrisi «Grazie cugino!»
 
 
 
Quel pomeriggio decidemmo di farci un giro tranquillo, solo io, Ceci e Vincenzino, poiché Gabriele aveva deciso di restare con mio padre e mio zio, per cui si sarebbe comunque divertito.
«Che ne dite di andarci a fare un giro in risciò?» suggerì Vincenzo.
«Questa sì che è una bella idea!» esclamò Cecilia.
Sapete più volte rinfacciai sia a Vincenzino la sua idea, sia a Cecilia la sua reazione entusiasta. Certamente nessuno di noi tre avrebbe mai immaginato cosa sarebbe successo quel pomeriggio.
«Ci vuole proprio! Cercate di stare al mio passo. Altrimenti, se volete, farò tutto io il lavoro»
«Buffo, detto da uno che di solito non si sforza nemmeno di raggiungere il telecomando dall’altra parte del divano!» ribatté Cecilia. Stranamente Vincenzino non rispose alle provocazioni della sorella, ignorandola totalmente.
«Io sono andata in risciò solo una volta, ed ero troppo piccola per pedalare… voi sapete guidare un risciò vero?» chiesi piuttosto dubbiosa.
«Ma certo! Io ci sono andata spesso con i miei amici, ma non ti so dire se questo decerebrato ci sia mai andato» disse mia cugina indicando il fratello.
«Quanta poca fiducia! Sì, ci sono andato, e ho anche guidato io, se proprio volete saperlo!»
Così arrivammo ad un noleggio, dove Cecilia pagò per due ore il noleggio di un risciò giallo a due posti, ma essendo abbastanza largo, potevamo stare tranquillamente anche in tre persone. Vincenzino insisté per stare al volante, così lo lasciammo fare. Per un po’ girammo tranquillamente, facendoci solo suonare ogni tanto da qualche auto. Poi finalmente raggiungemmo una zona residenziale poco trafficata dove potevamo girare senza dare fastidio a nessuno.
«Visto che sono capace? E voi che vi preoccupavate tanto! Ho tutto sotto controllo!»
Questa è un’altra delle frasi che gli avremmo rinfacciato a vita.
«Andiamo più veloce!» feci io presa dall’entusiasmo.
«Scherzi?! Non ci pensare nemmeno!» si lamentò Cecilia «Se andate più veloce, rischiamo di investire qualcuno, con Vincenzo alla guida!»
«Ti stai per caso offrendo volontaria per il cambio?»
«Certo che no!»
«E allora noi andiamo alla velocità che ci pare, acceleriamo un po’, però cerca di non stancarti troppo Bea!»
Così acquistammo di nuovo un’andatura abbastanza veloce. Vincenzo ci fece girare alcune zone in cui non ero mai stata, zone di Amalfi che sembrava distaccate dalla parte turistica della città, ma non meno caratteristiche e graziose.     
«Peccato che non sei venuta a giugno! Ti sei persa la regata più bella a cui abbia mai assistito!» esclamò dopo un po’ Vincenzino.
La regata a cui si riferiva mio cugino era la Regata delle Antiche Repubbliche Marinare. È una manifestazione sportiva, di rievocazione storica, in cui le vecchie repubbliche marinare, cioè Pisa, Genova, Venezia e Amalfi si sfidano in una gara tra barche a remi. Si svolge ogni anno, ma a rotazione è ospitato dalle quattro città, e quell’anno era toccata ad Amalfi. Per la città era un grande evento, e come ciliegina sulla torta “al culmine di una gara entusiasmante” come diceva sempre Vincenzino, l’equipaggio di Amalfi aveva vinto.
«Eh lo so, mi dispiace essermela persa!»
«La cosa più bella è che abbiamo vinto dopo tre anni di fila che vinceva Venezia! Per di più in casa! Ma la nostra squadra è formata da veri campioni, non potevamo perdere!»
«È vero, mezza città era in festa quel giorno… ma tu non ti distrarre e guarda la strada! Non vedi che dovevamo girare a destra?» disse Cecilia.
«Accidenti… non fa niente, prenderemo la prossima traversa…»
«Ceci mi dai un attimo il cambio? Mi serve un attimo di pausa, non sento più le gambe!»
«D’accordo però sappiate che sono totalmente fuori allenamento!» mi rispose lei.
Dopo esserci date il cambio e aver ritrovato il percorso da cui eravamo arrivati, ci ritrovammo alla fine di una strada che proseguiva verso una lunga discesa, non troppo ripida.
«Dobbiamo per forza rifare questa strada?» chiese dubbiosa mia cugina.
«Sì, altrimenti se facciamo un’altra via, allunghiamo troppo, e dovremo pagare il tempo extra!»
Così imboccammo la discesa, cercando di andare piano. Mentre parlavamo però notai che stavsamo iniziando ad andare un po’ troppo veloce, e non fui la sola.
«Piuttosto… vai piano, stiamo andando troppo veloci!» disse Ceci.
«Sta tranquilla! Mò freno!»
Niente, il risciò non accennava a rallentare.
«Vincè frena!»
«Vincenzo?» lo chiamai io.
«Raga, niente panico ma… il freno non funziona» rispose lui lentamente.
«COSA?!?» urlammo noi in coro.
«Non fare il cretino! Che diavolo vuol dire che non funziona?!»
«Significa che il dannatissimo freno non funziona!!!» gridò Vincenzo.
Cecilia iniziò ad andare in panico, mentre il risciò continuava ad acquistare velocità.
«Oh nooo! Che facciamo adesso?!» gridò Cecilia mentre i capelli le finivano in faccia per colpa del vento.
«Maledizione, un attimo sto pensando. Proviamo a frenare coi piedi!»
«Sei serio?!» lo guarda sconcertata io.
«Non ci costa nulla provare! Forza!»
Io e lui mettemmo una gamba fuori cercando di frenare la discesa, ma ormai andavamo troppo veloci.
«Non funziona! Così rischiamo solo di farci male!»
«Oltre a consumarvi le suole delle scarpe» fece Cecilia «E vi consiglio di guardare dove moriremo spiaccicati!»
Eravamo a metà della discesa, e si vedeva che la strada curvava violentemente a sinistra, mentre di fronte c’era una fila di alberi, dai tronchi terribilmente larghi e robusti. Se ci fossimo schiantati contro quegli alberi, dubitavo che il risciò avrebbe minimamente retto all’impatto.
Io e Vincenzo ci guardammo, ma ormai era chiaro che la soluzione era una sola.
«Dobbiamo saltare!» gridai, mentre il vento mi sferzava il viso.
«Sei impazzita?! Così ci faremo a davvero male!»
«Meno di quanto ci faremmo male se finissimo addosso a quegli alberi!»
«Non c’è altro modo! Cecilia salta prima tu!» disse Vincenzo sterzando leggermente, cercando di avvicinarsi il più possibile al marciapiede.
«Cerca di andare oltre il marciapiede, sull’erba!»
«Vuoi dire sulle sterpaglie!»
«ZITTA E SALTA!» gridammo insieme io e Vincenzo.
Cecilia si spinse fuori e cadde per fortuna sull’erba secca.
«Speriamo che non si sia rotta nulla!» esclamai.
«Ci penseremo dopo… adesso tocca a te!»
«Mi raccomando, salta subito dopo di me ok?»
«Non ti preoccupare! Ti seguo a ruota! Adesso và!»
Mi affacciai, e rimasi in bilico sul risciò e con i capelli che mi frustavano il viso, guardai il marciapiede correre sotto di me, mentre gli alberi continuavano ad avvicinarsi pericolosamente. “Qui se sbaglio mi sfracello” pensai. Sentivo che mi si era fermato il respiro in gola. Alla fine decisi che più esitavo e più sarebbe stato peggio, così, senza pensarci, senza esitare più, mi dissi “Al diavolo” , mi diedi la spinta e saltai.
Ora mi piacerebbe dirvi che atterrai senza alcun problema, magari facendo una capriola e finendo in una posa figa da film d’azione, con l’abilità di un ninja. Ovviamente non fu così.
La spinta fu sufficiente per arrivare sull’erba, ma appena posai il piede, mi accasciai al suolo con l’eleganza di un sacco di patate, rotolando leggermente e scorticandomi le braccia con i rametti di un cespuglio secco che schiacciai. Prima che potessi rimettermi in piedi, sentii uno schianto pazzesco, un assordante rumore di metallo accartocciato.
«Vincenzo!» gridai.
«Sono qui…» disse mio cugino nascosto dall’erba alta.
La voce veniva da  circa cinque metri più giù, così mi alzai e corsi da lui.
«Stai bene?» chiesi preoccupata. Tutto sommato era a posto, o quanto meno non sembrava avere nulla di rotto.
«Sì… solo un po’ ammaccato» disse guardandosi i palmi delle mani pieni di graffi.
«Beaaa!» sentii gridare.
«Cecilia! Tutto bene?» gridai correndo verso mia cugina.
«Nooo» fece lei, con un tono sofferente. Allungai il passo.
«Ti sei fatta male?» arrivata da lei la trovai mentre si teneva la caviglia sinistra.
«Sì, ho preso una storta assurda… fa un male cane!» piagnucolò lei.
«Dai stai tranquilla! Adesso ti trovo un po’ di ghiaccio…»
«Qualcosa di rotto?» chiese Vincenzo appena ci raggiunse.
«No ha preso solo una storta per fortuna!» dissi io.
«Meno male!» fece lui, tirando un sospiro di sollievo «Avete visto come si è ridotto il risciò?»
Ci affacciammo sulla strada, e alla fine della discesa un ammasso di ferraglia contorta gialla e grigia, da cui si distinguevano solo i sedili e tre delle quattro ruote, era praticamente spalmata contro uno dei tronchi più spessi mentre una delle ruote si era staccata ed era volata tra i rami.
«Ammetto che saltare era l’unica scelta…» disse Cecilia che si appoggiava a me per tenersi in piedi.
«Tu dici?» la guardò male Vincenzo. «Ringraziate che per fortuna non è passato nessuno mentre precipitavamo! O qualcuno si sarebbe fatto male davvero!»
Per un attimo nessuno disse nulla.
Poi dissi ai miei cugini «Beh prima di farci ammazzare dai nostri genitori per aver distrutto un risciò noleggiato, che ne dite se ci prendiamo un gelato?»
 
 
 
 
Angolo autrice
Salve a tutti!
Sono in colossale ritardo (ma che novità) e vi chiedo mille volte scusa, ma tra mancanza di tempo e blocco dello scrittore, finire questo capitolo è stato un calvario! Non voglio trattenervi ancora a lungo, spero soltanto che vi sia piaciuto questo capitolo. Ringrazio tutti i lettori silenziosi e coloro che sono arrivati fino a questo punto della storia! Se vi va, fatevi sentire! ^^
Al prossimo capitolo! E buona domenica a tutti! ^^
 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Salve a tutti! Innanzitutto buone feste passate e buon anno nuovo! Spedo che questo nuovo anno sia iniziato bene per voi! Qui voglio limitarmi a dire che ho preso alcuni versi della canzone "Talking to the moon" di Bruno Mars. Spero che il capitolo vi piaccia! Buona lettura!


Strano a dirsi ma non finimmo uccisi dai nostri genitori.
Ovviamente quella sera dopo cena, ci fecero una ramanzina di quelle che non si dimenticano. Noi ci difendemmo cercando di fargli capire che non era stata colpa nostra, perché il freno si era rotto all’improvviso, ma alla fine hanno deciso “solo” di vietarci di uscire per un giorno intero.
Per fortuna non dovemmo fare nulla per il risciò distrutto, perché alla fine zio riuscì a trovare, non so come, un accordo con il proprietario del noleggio.
«Ringraziate che zio sia riuscito a non farci pagare quel risciò altrimenti vi assicuro che avreste subito una punizione coi fiocchi!» ci guardò mamma con uno sguardo pieno di biasimo.
«Zia non è stato...» iniziò di nuovo mio cugino.
«Taci e ascolta Vincenzo! Avete rischiato di farvi male sul serio, quindi niente scuse!» disse con voce tonante mio zio.
«Inutile, non ascoltano» dissi a mio cugino.
«Stasera niente festa a Minori! E domani non metterete piede fuori di casa! Adesso filate tutti in camera vostra!» sentenziò mia madre.
«Ma papà!» si lamentò mia cugina.
«Niente ma! Io sono d’accordo con zia! Andate di sopra, senza discutere!»
Ci ritrovammo tutti in camera di Ceci, ognuno col proprio umore nero.
«Non ci posso credere… ci hanno trattato come dei mocciosi qualunque! Porca miseria, ho 18 anni!» esclamò indignata mia cugina.
«È inutile che ti scaldi tanto. Non gliene importa un fico secco di quanti anni abbiamo…» rispose Vincenzino con la sua calma.
«Beh per me non affatto giusto! Insomma il freno non l’abbiamo mica rotto noi!» feci io arrabbiata per la nostra punizione.
«Esattamente! Io non ho fatto niente non stavo nemmeno guidando! Sono io quella che si è fatta male!» piagnucolò Ceci massaggiandosi la caviglia.
«Con questo cosa vorresti dire?» la guardò torvo il fratello.
«Non intendeva dire che è colpa tua Vincenzino…»
«A me sembrava proprio di sì… Lasciamo perdere non ho voglia di litigare, anche perché domani dovremo convivere qui dentro tutto il giorno!»
«A me non sembra una punizione così brutta!» fece Cecilia.
Strabuzzai gli occhi «Tu scherzi vero?»
«Mi sa proprio che ti sei bevuta il cervello…» concordò mio cugino.
«Perché scusate?»
«Perché sembra una punizione piccola! Ma, tanto per iniziare, voglio vedere se troverai piacevole stare in casa, con il caldo che c’è in questi giorni, moriremo annegati nel sudore… insomma stare chiusi in casa, d’estate, tutto il giorno è un delitto!» iniziò Vincenzo.
«E poi non venirmi a dire che domani sera, non volevi uscire perché non ti credo!» dissi io.
«È vero! Domani poi volevo chiedere di uscire alle mie amiche!» si ricordò lei all’improvviso.
«Quanto meno è solo per domani…» sospirai, ormai rassegnata.
«Ormai non mi stupisco più delle punizioni subdole che escogitano i nostri genitori! Più di un giorno non sarebbe stato possibile comunque, non so voi, ma io mi sarei opposto in tutti i modi!» sentenziò Vincenzo.
«Mah, non ne voglio più parlare, sono troppo stanca! Vado a lavarmi i denti» disse lei avviandosi in bagno.
«Vengo anch’io» la seguì mio cugino.
In quello stesso momento vibrò il mio telefono sul letto. Era Alessandro, che puntuale come un orologio mi inviava la canzone del giorno (o meglio della sera).
Rimasta sola, presi le cuffie per sentire la canzone.
Le prime note del piano forte mi fecero identificare subito la canzone: “Talking to the moon” di Bruno Mars. Quando la riconobbi mi spostai vicino alla finestra, da dove potevo vedere la luna crescente illuminare la notte.
I know you’re somewhere out there
Somewhere far away
I want you back
I want you back
My neighbors think
I’m crazy
But they don’t understand
You’re all I have

Vincenzino tornò dentro la stanza e cercò di dirmi qualcosa poi si accorse che avevo le cuffie, gli feci segno di aspettare un attimo.
At night when the stars
light up my room
I sit by myself

 
Talking to the Moon
Try to get to You
In hopes you’re on
the other side
Talking to me too
Or am I a fool
who sits alone
Talking to the moon

L’ascoltai fino alla fine, trasportata dalle note, dalle parole e dalla voce del cantante hawaiano. Rimasi a guardare la luna  «Tranquillo Ale, sono dall’altra parte…» dissi sottovoce.
«Ehi ci sei?» chiese Vincenzo.
Io lo fissai, rendendomi conto di essermi completamente dimenticata della sua presenza «Oh sì! Certo dimmi pure!»
«Ti volevo solo dire che domani dovremo prepararci a sopportare Cecilia tutto il giorno, sono certo che dopo un po’ diventerà intrattabile» fece lui roteando gli occhi.
Stranamente, non mi sentivo più tanto seccata per la punizione. Come se avessi avuto il cuore più leggero «Dai non essere troppo negativo! Troveremo il mondo di non annoiarci, senza scannarci a vicenda.» sorrisi.
Lui mi guardò stranito «Fino a due minuti fa eri nervosa quanto me… devi essere proprio impazzita!»
Sorrisi «Lo credo anch’io»
Lui fece un sospiro. Si girò di spalle e prima di uscire si fermò sulla porta «Quanto meno, lui sembra avere un effetto positivo su di te»
«Sciocchezze!» gli gridai dietro, senza riuscire a togliermi un sorriso idiota dalla faccia.
 
 
 
Il giorno seguente, per fortuna, fu meno orribile di quanto aveva immaginato Vincenzino. La mattina la passammo ognuno in modo diverso: Ceci decise di restare in camera sua, a rifarsi lo smalto e a stare al cellulare, i miei genitori uscirono con gli zii e Gabriele chissà dove, mentre io e mio cugino, eravamo stesi sull’erba in giardino, decidendo cosa fare.
«Ho voglia di un ghiacciolo»
«Ma se abbiamo appena fatto colazione!»
«E quindi? Alla fine un ghiacciolo è solo ghiaccio, mi disseterebbe!»
«Se hai sete, vai a bere»
«Con questo caldo, credo che tra due ore mi sarò sciolto…» continuò Vincenzo imperterrito.
«Dai  pensiamo a qualcosa di divertente da fare! Basta lamentarsi!» cercai di incoraggiarlo.
«D’accordo, però se inizio a delirare per il caldo, non esitare a buttami nel congelatore»
Risi «Che soluzione drastica!»
Alla fine iniziammo a giocare a carte, dopo un po’ recuperammo da un armadio una vecchia scacchiera. Mancavano un paio di pezzi, così ci adattammo come potevamo: un tappo di bottiglia prese il posto di una delle torri bianche, e una nocciola che avevamo recuperato dalla cucina divenne un pedone nero. Vincenzino fece la prima mossa con i suoi pezzi bianchi, e la partita iniziò. Era incredibilmente divertente giocare con lui, oltre ad essere molto stimolante. Era bravissimo con gli scacchi, abile a trovare nuove tattiche di gioco, ed era estremamente attento a studiare la situazione sul campo e ad adottare la strategia giusta per battere il suo avversario. Zio lo chiamava scherzosamente “Lo stratega”.
«Scusa ma il mio tappo ha troppa voglia di mangiare quella nocciola» disse lui a un certo punto della partita spostando la sua torre e prendendomi il pedone-nocciola.
«Che spiritoso» dissi io ridendo, prima di prendergli uno dei pedoni con il cavallo.
Proseguimmo così per un po’ fino a quando mi resi conto di potergli fare scacco.
«Meglio se inizi a mettere al sicuro il tuo re, caro il mio stratega» lo avvisai io «Scacco» dissi spostando la mia torre.
Spostò il re, togliendolo dalla portata della mia torre «Non precipitarti all’attacco senza riflettere, potresti finire in trappola»
Io lo guardai di sottecchi, cercando di capire se voleva solo distrarmi, o se stava effettivamente cercando di darmi un consiglio «Sei stai cercando di spaventarmi posso assicurarti che non funziona»
«Non ne dubito» disse lui sorridendo.
Sicuramente aveva architettato qualcosa, ma decisi di concentrarmi sul campo. E poi notai che avevo la possibilità di fare scacco matto in un paio di mosse, così senza parlare portai avanti la mia regina mangiando il suo alfiere, e iniziando a chiudere il re.
Lui fece un mezzo sorriso «Beh senz’altro non è una brutta mossa… ma temo che tu ti sia distratta»
«Cosa vuoi dire?»
Continuando a sorridere prese la sua regina «Voglio dire che non hai fatto attenzione… Scacco matto»
 «Ma come? Non è possibile»
«Dici? La mia torre non è d’accordo!» mi prese in giro lui, indicando il suo pezzo, che avrebbe mangiato il mio re se si fosse mosso. «Ti sei concentrata solo sull’attacco, dimenticando la difesa. Nel momento esatto in cui hai mosso la regina, hai lasciato scoperto il tuo re firmandone la condanna. Inoltre ha anche il problema del mio alfiere qui, vedi?»
Era vero, se avessi mosso il re a destra il suo alfiere era pronto
«Maledizione» sospirai.
Lui intanto iniziò a mettere in ordine i pezzi«Io ti ho avvertito che stavi sbagliando strategia. Ma eri focalizzata solo su quello. Non dimenticare mai: non lasciarti distrarre, perché rischi di farti sfuggire le cose importanti sotto gli occhi»
«È solo una partita a scacchi, come mai tutta questa serietà?»
«Non sottovalutare ciò che ti ho detto… molte cose degli scacchi sono applicabili in altri campi, se così si può dire»
«Va bene, lo terrò a mente. Ce ne facciamo un’altra?»
Continuammo a giocare fino all’ora di pranzo, quando gli altri rientrarono. E per fortuna almeno alla seconda partita riuscii a batterlo.
Il resto del pomeriggio fu piuttosto tranquillo, e quando finalmente Cecilia uscì dalla sua camera, si unì a noi, per fortuna senza scannarsi con il fratello.
A un certo punto squillò il mio telefono e constatai con sorpresa che era Andrea.
«Pronto?»
«Ciao Bea! Mi senti?»
«Sì sì ti sento Andrew! Come stai?» dissi sorridendo felice.
«Bene! Aspetta ti metto in viva voce, ci sono anche gli altri che ti vogliono salutare!»
Dopo un attimo sentii la voce di Daniele «Ciao Bea! Come stai?»
«Benissimo Dani! Come ve la passate?»
«Bene! Qui c’è anche Lorenzo, però non ti vuole salutare!» quasi urlò nel telefono.
A quel punto intervenne anche Lorenzo «Ma sei cretino?! Che figure mi fai fare!? Non è vero Bea, è solo che adesso Andrew preferisce che ci teniamo il più lontano possibile dal suo telefono!»
«Sì esatto, però non tu Lorenzo, quindi fatti più indietro Daniele»
Io risi di gusto. Mi erano mancati «Ragazzi, vi prego non vi ammazzate! Piuttosto Nicoletta e Alessandro? Non sono lì con voi?»
«No, non sono venuti. Adesso siamo in giro, e Nicoletta aveva da fare con i suoi, mentre Alessandro, non so che doveva fare con suo fratello. Hanno detto che ci raggiungeranno dopo. Forse viene anche Jasmine!»
«Ah ecco, che bello! Voi invece? Che state facendo?»
«Stavamo facendo un giro insieme e abbiamo pensato di chiamarti!» rispose allegro Daniele.
«Ad Alessandro manchi tanto! E manchi anche a noi!» disse Andrea.
«Che carini! Ma non vi preoccupate, tanto tra qualche giorno torno e ci rivediamo di nuovo!»
«Puoi star certa che ci vediamo! Adesso scusa ma dobbiamo staccare! Altrimenti finisco tutti i soldi sul telefono» rispose Andrea.
«Ma perché non ti fai una promozione come tutta la gente normale?» lo rimproverò scherzosamente Lorenzo.
«E perché tu non ti porti appresso il telefono come tutta la gente nomale!»
«Ti ho detto che me lo sono dimenticato, va bene! Bea tranquilla, adesso ti lasciamo in pace, io intanto devo dare una lezione al nostro spilungone»
«Come no! Lasciamo perdere! Ciao Bea! Ci sentiamo presto!» mi salutò infine Andrew.
«Ciao ragazzi! Mi raccomando fate i bravi!»
«Ciao Beaa!» per ultimo sentii il saluto allegro di Daniele, poi chiusero la chiamata.
«Ehi, chi era?» chiese Vincenzino.
«Alcuni miei amici. Se venite ad agosto, te li faccio conoscere!»
«Perché no! Però mi raccomando, niente giri in risciò!»
 
 
 
 
I giorni successivi passarono veloci, e per fortuna riuscimmo a non metterci più nei guai. Così arrivammo a giovedì, il giorno prima del mio compleanno. Io, Ceci e Vincenzo eravamo il camera di quest’ultimo, e mentre loro due erano intenti a discutere, io scorrevo la mia nuova playlist, dove avevo messo tutte le canzoni che mi aveva mandato Alessandro. Dopo le prime due che mi aveva mandato, ne erano seguite altre, una più bella dell’altra: “You’ll be in my heart” Di Phil Collins, “Black is the color of my true love’s hair” cantata da Avi Kaplan e Peter Hollens, “Losing sleep” di John Newman.
«Ehi Bea? Tutto ok? Ti vedo pensierosa»
«Sì sì tutto ok.»
In realtà mia cugina aveva ragione. Avevo mandato diversi messaggi ad Alessandro, eppure continuava a non rispondermi.
«Ragazzi a tavola!» ci chiamò dal piano di sotto zia Eva.
«Arriviamo!» urlò di rimando Vincenzino.
Entrammo in cucina e fummo investiti da un profumo invitante, che mi fece venire l’acquolina in bocca.
«Vincenzo! Ti vieni a sedere vicino a me?» domandò Gabriele che era già seduto a tavola.
«Certo campione!» rispose sorridendo Vincenzino. Così andò vicino a mio fratello, a capotavola, io mi sedetti vicino a lui, e infine Cecilia affianco a me.
«Oggi sul menù abbiamo gnocchi alla sorrentina!» annunciò allegro mio zio.
«Mamma non li facevi da una vita! Finalmente ti sei decisa!» esclamò contenta Cecilia.
«Beh ho avuto il valido aiuto di tua zia! Quindi dovete ringraziare lei!» disse lei con modestia, sorridendo a mamma e portando quella prelibatezza  a tavola.
«Oh è stato divertente! Non c’è bisogno di ringraziare» sorrise lei di rimando.
«Beh io direi basta convenevoli, passami quegli gnocchi, sto morendo di fame!» si sporse Vincenzo per prendere da zia la teglia.
Ognuno ebbe la propria porzione, ed erano così buoni, con il basilico fresco e la mozzarella filante, che quasi mi fecero dimenticare la preoccupazione per Alessandro. Quasi.
«So che non ti ha ancora risposto…» mi disse sottovoce Vincenzo «Ma è inutile continuare a rimuginarci sopra»
«Lo so, ma non è mai successo prima…»
«Esattamente! È la prima volta che succede, quindi non stargli troppo addosso. Magari ha da fare e semplicemente non può dirtelo»
Aveva ragione, probabilmente mi stavo preoccupando per nulla. Non potevo sapere cosa stava facendo Alessandro, e mettergli pressione per messaggio non sarebbe servito a nulla «Hai ragione. Non mi devo preoccupare! Sicuramente appena potrà, mi risponderà» dissi io sorridendo.
«Ecco! Adesso sì che ti riconosco! Pensa a mangiare e non stressarti!»
 
 
 
 
 
«Uffa! Ma perché non si è fatto vivo!» dissi buttandomi sul letto di Ceci.
«Calmati, magari è stavo fuori tutto il giorno» cercò di tranquillizzarmi Vincenzo.
«A mio parere non è una giustificazione. Che ci vuole a mandare un messaggio alla sua ragazza, aveva di meglio da fare forse?» disse mia cugina.
«Non dare retta a quest’arpia, ama mettere zizzania» fece Vincenzino lanciandole un’occhiataccia.
«Questo non è vero! Dico solo che Bea avrebbe tutte le ragioni di essere arrabbiata!»
«Non sono arrabbiata… non ancora almeno. Mi chiedo soltanto dove sia finito»
«Io non lo so, ma non serve disperarti nel frattempo»
«Mi sono stufata di sentirti dire che devo stare calma!»
«Oh! Diglielo Bea! Vorrei vedere lui al posto tuo!»
«Io sarei calmissimo! E non inizierei di certo a farmi mille complessi mentali come voi!»
«Sì sì, e nel frattempo gli asini voleranno e io inizierò un tour per il mondo insieme a Taylor Swift!»
«Certo Taylor Swift non sarebbe la mia prima scelta per un tour» feci io, distraendomi per un attimo dal problema “Alessandro”.
«Non è questo il punto: il punto è che è impossibile restare calmi e fingere che vada tutto bene in una situazione simile»
«Questa è solo una tua opinione sorella» fece spallucce Vincenzo.
«Non vedo l’ora di rinfacciarti questa conversazione!» rispose Cecilia con un sorriso malefico stampato in faccia. Intanto mi vibrò il telefono e corsi a prenderlo per sbloccarlo.
Era Alessandro, ma non era un messaggio, ma era un’altra canzone. La feci partire per vedere qual’era, e constatai che era “I’m a mess” di Ed Sheeran.
«Chi è? Mica è lui?» chiese Cecilia, guardando il cellulare.
«Sì ma… mi ha mandato una canzone...» poi arrivò un altro messaggio. C’era ascritta una sola parola: fidati.
Iniziai a mandargli messaggi a raffica, chiedendogli dove fosse e perché non mi aveva risposto. Ma lui li ignorò come aveva fatto con i precedenti.
«Accidentaccio! Davvero non capisco!» esclamai frustrata, alzandomi di scatto dal letto.
«Mi sembri leggermente alterata Bea» notò mio cugino.
«Davvero? Invece sto benissimo!»
«Non credo proprio. Ma prova a…»
«Se dici ancora una volta che devo stare calma, ti butto giù dalla finestra» lo fulminai con lo sguardo.
«Va bene! Direi che si è fatto tardi! Buonanotte a tutte e due!» disse lui, uscendo in fretta dalla camera.
«Accidenti… forse sono stata troppo dura» dissi rivolta a Ceci.
«Non ci pensare, tanto lo sa che non ce l’hai davvero con lui.»
«Ok… Direi che è davvero il momento di andare a dormire»
Dopo che ci mettemmo a letto e ci augurammo la buonanotte, aspettai che Cecilia si fosse addormentata, poi mi alzai e andai alla finestra. Era una notte limpida, senza nuvole, con la luna che splendeva e rischiarava il paesaggio notturno.
Mi persi ad ammirarla, chiedendomi se in quel momento, anche Alessandro la stesse guardando.
 
 
 
Ancora una volta ciao a tutti!  
Non voglio tediarvi con un lungo discorso, voglio solo ringraziare chi è arrivato a leggere tutto il capitolo! Questo dovrebbe essere il penultimo capitolo di questa storia, e devo dire che mi sembra ancora impossibile! Ringrazio di cuore chi ha messo tra le preferite, seguite o ricordate la mia storia, e in particolare chi l'ha recensita! Vi auguro una buona giornata! A presto! ☺
 

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


«Ehi Bea… svegliati»
Riconobbi la voce di Cecilia ma non avevo voglia di alzarmi.
«Noo» sbuffai io affondando ancora di più il viso nel cuscino.
«Tanti auguri» riprovò lei, sempre sottovoce.
«Cosa?» dissi girandomi.
«È il tuo compleanno! Dai svegliati!» disse lei abbracciandomi e facendomi il solletico.
«Dai smettila!» dissi io ridendo. Mi strofinai gli occhi cercando di scacciare gli ultimi residui di sonno.
Solo in quel momento mi ricordai che era venerdì, il giorno del mio diciassettesimo compleanno.
«Bene, adesso che sei sveglia, ascoltami» disse mia cugina mettendosi seduta a gambe incrociate «Ti prometto che passerai una giornata fantastica e che ci divertiremo tantissimo!» sorrise lei.
«Sei consapevole che non puoi promettermi una cosa del genere?»
«E invece posso e lo faccio! Su, adesso è ora di alzarsi»
Guardai l’orologio appeso al muro «Sono le otto e mezzo del mattino! Perché diavolo mi hai svegliata adesso?!»
«Perché adesso scendiamo a fare colazione! Che ne dici?»
«Alla faccia della motivazione… va bene, andiamo» dissi io alzandomi un po’ imbrociata.
Appena uscita dalla stanza non ebbi nemmeno il tempo di fare un passo che fui investita in pieno.
«Auguri cuginaa!!!» urlò Vincenzino stringendomi in un grande abbraccio.
«Vincenzino così soffoco!»
«Scusa, ma sai non tutti i giorni compi gli anni! Scendiamo a mangiare?»
Tutti e tre ci avviammo al piano di sotto per fare colazione.
«Beaaaa! Buon compleanno sorellona!» urlò Gabriele saltandomi in braccio.
«Grazie mille Gabri!» disse stampandogli un bacio sulla fronte. Quando lo feci scendere, gli scompigliai i capelli, facendolo correre via ridendo.
Quando entrammo in cucina anche mia zia e mia madre vennero ad abbracciarmi.
«Per l’occasione abbiamo preparato una colazione speciale!» sorrise allegra mia madre.
«Esattamente! Sedetevi e mangiate»
Entrando in cucina fummo accolti da un profumo di…
«Cornetti!» disse Vincenzo estasiato, leggendomi nel pensiero.
«Che profumino!» esclamai io, con l’acquolina in bocca.
Al centro del tavolo campeggiava un cestino pieno di cornetti dalla sfoglia dorata e dall’aria invitante.  Affianco al cestino c’era anche un piatto pieno di succulenti muffin, ai mirtilli, al cioccolato e con gocce di cioccolato.
«Esattamente! Siamo uscite questa mattina, e siamo andate in un panificio fantastico che conosco e per fortuna proprio oggi avevano fatto una bella infornata di cornetti! Non li fanno spesso così li abbiamo presi al volo! » spiegò zia.
«E già che c’eravamo, abbiamo preso anche qualche muffin!»
«Fantastico! Pancia mia fatti capanna!» esclamò entusiasta Vincenzino prima di addentare un muffin ai mirtilli, mentre io e Ceci prendemmo un cornetto a testa, che riempimmo rispettivamente con Nutella e marmellata.
Trascorremmo la colazione in un clima spensierato, fra chiacchiere e risate.
«Ah mamma, dopo papà ci può accompagnare davanti la cattedrale? Ho una commissione da fare»
«E sarebbe?» chiese zia.
«Mah mi devo trovare con alcuni amici… già che ci siamo potremmo farci un giro no?» chiese Vincenzino rivolto a me e Ceci.
«Direi che è una buona idea… tu che ne dici?» chiesi a mia volta a Ceci.
«Se va bene a te, va bene anche a me!»
«Perfetto! Allora appena finito di fare colazione, ci prepariamo e andiamo subito!» concluse Vincenzo,
 
 
 
 
 
«Era da un po’ che non venivamo qui tutti insieme…» commentai mentre camminavamo per il centro di Amalfi.
«In effetti è vero… Vincenzo dove ti devi trovare con i tuoi amici?»
«Davanti al duomo, spero solo che siano in orario, così non dovrete aspettare troppo»
«Ma figurati, sta tranquillo. Io e Ceci riusciremo lo stesso a sopravvivere»
«Va bene, meglio così allora…»
Era una mattina calda e soleggiata, rinfrescata da una leggera brezza proveniente dal mare, che rinfrescava l’aria. Come sempre nel periodo estivo le vie del centro di Amalfi erano piene di gente: i turisti giravano per le strade armati di macchine fotografiche, fotografando qualsiasi cosa, altri vestiti da spiaggia, passavano a piedi o in bici per andare al mare, mentre alcuni bambini si assiepavano vicino alla vetrina di una gelateria.
«Eccoci qua! Cattedrale di Sant’Andrea, alias Duomo di Amalfi!» annunciò Vincenzino.
Ed infatti la strada che avevamo percorso a piedi sfociava in una piazza, circondata da diversi ristorantini suggestivi, qualche negozio di souvenir ed altri servizi commerciali. Infine sorvegliava la piazza dall’alto dell’imponente scalinata (62 gradini aveva detto Vincenzino) il magnifico Duomo di Amalfi, probabilmente la chiesa più importante e famosa di tutta la costiera.  Era sempre uno spettacolo.
«Fantastico! Che ne dite se mi aspettate sulle scale mentre io raggiungo gli altri?»
«Ok ti aspettiamo lì!» disse Ceci indicando un punto alla base della scalinata.
«Benissimo. Allora ci vediamo dopo!» ci salutò mio cugino
«Speriamo che ci metta poco!»
«Beh intanto andiamo a sederci»
Quando stavo per sedermi su uno dei primi cinque gradini mia cugina si fermò dicendo che “lì si siedono i turisti”. Non capendo la sua affermazione, la seguii e ci sedemmo sui gradini successivi un po’ più in alto, da dove si poteva avere una buona vista di tutta la piazza.
«Certo che potevi vestirti un po’ meglio…» mi osservò critica mia cugina.
Osservai i miei semplici pantaloncini jeans e la mia maglietta bianca con dei fiori neri disegnati sulle maniche corte, un po’ a sbuffo,  che mi lasciava le spalle scoperte e infine un paio di sandali neri.
«E perché? Non è mica sera, e poi non stiamo andando in nessun posto particolare… tra l’altro sei stata tu a insistere perché mi mettessi il costume. Se andiamo al mare perché mi sarei dovuta vestire meglio?» risposi io, togliendomi gli occhiali da sole.
«Sì però… lasciamo perdere» sospirò lei infine.
In quel momento iniziò a squillare il mio telefono. Lo tirai fuori dalla tasca e fissai lo schermo cercando di leggere chi fosse. Era Alessandro. Risposi in un attimo e scattai in piedi nello stesso momento.
«Pronto?» mi limitai a dire all’inizio.
«Ehi nocciolina!» sentii la sua voce, per la prima volta da molti giorni. Avevo dimenticato quanto mi piaceva.  Ma se credeva di passarla liscia si sbagliava.
«Mi devi qualche spiegazione»
«Hai ragione. Capisco che sei arrabbiata con me, ma ho una spiegazione…»
«Sono tutta orecchi»
«Ascolta mi dispiace, ho sbagliato. Avrei dovuto avvisarti. Dirti che non mi sarei fatto sentire e che non avrei potuto rispondere… È solo che ho avuto da fare con i ragazzi e con mio fratello…»
«Però loro hanno avuto il tempo di chiamarmi…» gli feci notare io.
«Lo so. Sono davvero dispiaciuto, scusami…»
Io sospirai, consapevole di non voler più tenere il muso con lui «Ascolta non dobbiamo parlare tutti i giorni. Non voglio certo pretendere questo da te… solo che… la prossima volta avvertimi, va bene?»
Il suo tono cambiò e sentii che era molto più sollevato «Certo. Adesso che mi sono scusato e che abbiamo chiarito… ho una sorpresa per te»
«Ah davvero?» dissi con tono scettico, ma sorridendo.
«Sì e scommetto che ti lascerà senza parole» fece lui continuando a fare l’enigmatico.
«Dai parla! Mi hai tenuto fin troppo sulle spine»
«Va bene allora… guarda davanti a te»
«Cosa?» chiesi, pensando di aver capito male.
«Fidati. Guarda dritto davanti a te»
Alzai lo sguardo. E rimasi pietrificata.
Esattamente di fronte a me, in fondo alla piazza, c’era lui.
Per un attimo pensai di starmelo immaginando. Non poteva essere lui.
Poi da lontano lo vidi sorridere, e allora realizzai. Avrei riconosciuto quel sorriso tra mille.
In un attimo scattai, feci gli scalini due a due. Con un salto arrivai in fondo alla scalinata, scansai i passanti davanti a me, e quando finalmente arrivai alla fine della piazza, gli saltai addosso.
Lo abbracciai più forte che potevo, come se qualcuno potesse portarmelo via da un momento all’altro.
«Buon compleanno» mi sussurrò lui all’orecchio, rispondendo al mio abbraccio.
Quando ci sciogliemmo dall’abbraccio lo guardai in preda ad una gioia incontenibile. Non ci pensai nemmeno un attimo. Lo tirai per la maglietta e lo baciai.
 L’intera piazza sparì, eravamo solo noi. Ed era fantastico.
Quando ci staccammo lui mi regalò uno dei suoi migliori sorrisi «Devo esserti mancato molto»
Feci un sorriso furbo «Ma se sei tu quello che non riesce a starmi lontano nemmeno per una settimana! Piuttosto cosa ci fai qui? Quando sei arrivato? Come?» gli domandai a raffica, facendolo ridere.
«Ma ti pare che il giorno del tuo compleanno non vengo a farti gli auguri? Per quanto riguarda il quando, sono arrivato circa una mezz’oretta fa»
«Sei incredibile! E come hai fatto?»
«Beh ho preso il pullman. Ovviamente, ho avuto l’aiuto di qualche amico…» disse lui indicando i tavoli del ristorante.
Quando indicò i tavoli un urlo di esultanza esplose dai tavoli «BEA TANTI AUGURI!!»
Per poco non mi cadde la mascella. Erano tutti lì: Jasmine, Lorenzo, Andrea, Nicoletta, Daniele e perfino Michele, il fratello di Alessandro.
«Non ci posso credere!» gridai per la felicità.
La prima a venirmi incontro fu Jas, con la quale ci stritolammo a vicenda. «Tanti auguri Bea! Mi sei mancata tanto! Ti voglio un bene dell’anima!»
«Te ne voglio anch’io Jas! Grazie davvero!» le dissi commossa.
«Auguri Bea! Benvenuta nel club dei diciassettenni!» esclamò Lorenzo venendomi a salutare.
A turno tutti loro vennero a salutarmi e a fare gli auguri.
Dopo aver salutato Michele non potei trattenermi «Scusa ma tu che ci fai qui?»
«La risposta è molto semplice stellina. Poiché siete tutti minorenni, i loro genitori si sentivano più tranquilli mandando qualcuno di responsabile ad accompagnarvi…»
«Alla faccia del responsabile» lo prese in giro Ale.
«Tu dovresti solo ringraziarmi fratellino, senza di me non vi avrebbero lasciati andare!»
«Hai ragione! Ti ringrazio infinitamente Michele!» lo ringraziai io.
«Visto fratello? Questa si chiama gratitudine!»
«A proposito, ci sono altre due persone che dovresti ringraziare» disse una voce dietro di me.
«No… Voi due lo sapevate?!» esclamai sconvolta, davanti alla faccia soddisfatta dei miei cugini.
«Ma è naturale! Altrimenti come avrebbero fatto a trovarti senza rovinare la sorpresa?» disse Vincenzo.
«No, non ci credo… avete fatto tutto questo per me! Grazie mille!» dissi abbracciandoli.
«Di nulla cugina!» rispose Cecilia.
«Beh ragazzi, ora che abbiamo fatto una figuraccia davanti a tutta la piazza e che ci siamo ritrovati… che ne dite di andare a fare un giro?» propose Lorenzo.
«Aspettate! C’è un ultima cosa! Se siete venuti in pullman, come fate a tornare?»
«C’è un altro pullman che parte alle dieci e mezza… siamo stati abbastanza fortunati, è un orario piuttosto improbabile ma a noi fa solo comodo» mi rispose Jasmine.
«Bene! Allora abbiamo tutto il giorno a disposizione!» esclamai.
«Esattamente! Quindi muoviamoci… rischiamo di fare tardi!» replicò Jasmine.
«Tardi? Tardi per cosa?» chiesi io confusa.
«Abbiamo una sorpresa per te!» esclamò euforico Daniel.
«Cosa?!» chiesi io.
«Su su non abbiamo tempo! Seguitemi!» disse Vincenzino trascinandomi via, facendosi ovviamente seguire da tutti gli altri, verso chissà dove.
 
 
 
 
«Mi raccomando non sbirciare»
«Va bene! Ma ti giuro che se mi fai inciampare puoi scordarti di arrivare alla fine della giornata»
«Non fare l’antipatica e fidati di me!»
«Non capisco a cosa serve questa pagliacciata della benda!»
«Uffa! Da quando sei così seccante? Siamo arrivati stai tranquilla. Rimarrai contenta!»
Camminavo alla cieca da un po’, quando finalmente Alessandro mi tolse la benda e mi ritrovai…
«Che ci facciamo al porto?» chiesi io.
«Non indovini?» chiese con un sorriso beffardo Andrea.
«E dai! Non mi avete fatto stare sulle spine abbastanza a lungo?»
«Va bene… allora, la vedi quella barca laggiù?» disse Jasmine indicando una barca per le gite in barca, di una decina di posti «Il signore che sta a terra è il proprietario, e ci porterà tutti quanti in giro: un tour per alcuni dei punti più belli della costiera amalfitana»
«State scherzando?! Ma è magnifico! Che cosa aspettiamo?» esclamai io, prendendo Ale per mano, e trascinandolo verso la barca.
Il proprietario era un signore che si chiamava Franco, un tipo gentile con un sorriso saggio sotto i folti baffi. Salimmo tutti a bordo e ci preparammo per quella gita in barca, che si rivelò fantastica.
Quando prendemmo velocità ci eravamo allontanati abbastanza dal porto e guardando indietro potevamo ammirare la costiera in tutto il suo splendore, con il sole copra di noi che si rifletteva sul mare e il vento che ci scompigliava i capelli, per la mia gioia e il fastidio di mia cugina. Avrei voluto sporgermi un po’ per accarezzare quelle onde, che correvano sul mare, ma Franco mi sconsigliò di farlo.
Ad un certo punto passammo accanto da un sub appena riemerso che ci salutò con una mano, e noi rispondemmo entusiasti. E lo stesso facemmo quando passammo ad una nave di turisti come la nostra e ad uno yacht «Ehi voi! Mi date un passaggioooo?» gridò Alessandro a quelli sullo yacht, che però si limitarono a salutare, probabilmente non avendo capito cosa aveva gridato Ale.
«Ci farai sembrare una massa di buzzurri!» disse Law dandogli uno scappellotto sulla nuca.
Finalmente avevo capito perché mia cugina aveva voluto che mi mettessi il costume.
Franco ci portò in alcuni degli angoli nascosti della costiera, dove fermò la barca così da permetterci di fare il bagno. Ci tuffammo tutti in acqua, anche Nicoletta che all’inizio non voleva, ma Daniele la ignorò e la buttò in acqua lo stesso. Inutile dire che Andrew gliela fece pagare con gli interessi. Andrea e Nicole  erano davvero carini, solo un cieco non l’avrebbe notato, e mai come in quel momento fui contenta di aver contribuito, anche se in minima parte, alla “formazione” di quella coppia.
Dopo un po’ tornammo a bordo, dirigendoci alla tappa successiva del tour. Quando si fece l’ora di pranzo mangiammo i panini che gli altri avevano portato da casa. Non potendo fare il bagno per un po’, c’era chi si ci stese a prendere il sole e chi chiacchierava, e nel frattempo, per sfortuna, Jasmine, che teneva le gambe nell’acqua, stando seduta sulla scaletta della piccola imbarcazione, fu punta da una medusa. Franco era attrezzato in caso di necessità,  e aveva un kit di pronto soccorso, dal quale tirò fuori una pomata contro le punture di medusa, che diede a Jasmine, ma non prima di dirle di sciacquare la gamba con l’acqua di mare, operazioni che effettuò con l’aiuto di Lorenzo.
A parte questa piccola “disavventura”, il resto del pomeriggio trascorse nel divertimento, tra le risate e bagni in mare. Verso le sei, il vecchio Franco ci riportò ad Amalfi, dove lo salutammo e ringraziammo per il bellissimo giro. Non potendo tornare a casa tutti insieme, andammo a farci una doccia in un lido nei paraggi (ovviamente pagando). Poco dopo mentre passeggiavamo ci ritrovammo davanti ad una gelateria, e decisi di offrire a tutti un bel gelato, che con il caldo che c’era, poteva solo fare bene. Il commesso del posto era un po’ scorbutico, e infatti Michele per poco non attaccò briga con lui, ma per fortuna lo tirammo via in tempo. Uscendo da lì, ognuno con i nostri gelati, affiancai Jasmine «Ehi, come va la gamba?»
«Oh molto meglio, non sento quasi più niente» disse lei sorridendo.
«Mi fa molto piacere sentirtelo dire!»
«Spero che non ti sia arrabbiata per il nostro piccolo complotto»
«Ma figurati! Mi avete reso davvero felice oggi, e tu sei un’amica straordinaria, non potrei nemmeno volendo arrabbiarmi con te!»
Lei rispose con un abbraccio, ma solo con un braccio mentre con l’altro reggeva il suo gelato, e lo stesso feci anch’io. Riprendemmo a camminare, ma con un braccio sulle spalle dell’altra.
«Ah e comunque, secondo me, qualcuno qui è interessato a qualcun altro…» dissi io con un sorriso malizioso stampato in faccia.
«Ma guarda! L’allieva sta superando la maestra! E chi sarebbero?»
«Mmm… non fare la finta tonta. Ti ho beccata sai? Lo vedo come guardi Law» dissi io abbassando la voce.
«Non essere ridicola! Hai dimenticato che non ci sopportiamo?» disse lei, con tono indifferente, ma con un lieve rossore sulle guance.
«Stai arrossendo» le feci notare.
«Mi sarò scottata la faccia, con questo sole!»
«Rossa mia, a chi vuoi darla a bere! E poi se proprio vuoi sapere la mia opinione, anche tu piaci a lui!»
«E come fai a saperlo?»
Decisi di non farle notare che era stato lui ad aiutarla quando la medusa l’aveva punta, né che ogni tanto si scambiavano degli sguardi che dicevano tutto.
«Istinto» mi limitai a dire.
 
 
 
Arrivò la sera, e dopo una cena veloce, riprendemmo a camminare e nel nostro girovagare eravamo arrivati in una spiaggia libera. Oltre a noi c’era solo il mare, solo il lieve suono delle onde accompagnava le nostre chiacchierate, la sabbia bianca sotto la luce della luna e la notte, illuminata dalla luna piena, dalla sua bellezza senza tempo, che sembrava cacciare via il buio. Le stelle tempestavano il cielo notturno, donando uno spettacolo di rara bellezza.
Nell’oscurità avevo notato la mano di Lorenzo sfiorare quella di Jas, che non si ritrasse, e poco dopo li vidi mano nella mano, semi nascosti dall’oscurità.
Nicole era appoggiata ad Andrew, che la abbracciava da dietro. Intanto Michele tentava di far colpo su mia cugina, senza tanti risultati, causando l’ilarità di Daniele e Vincenzino.
Intanto io e Ale eravamo stesi sulla sabbia, la mia testa appoggiata sul suo petto, il suo braccio intorno alle mie spalle, e le nostre mani intrecciate tra loro.
«Vorrei che questo momento non finisse mai…» sussurrai ad Alessandro.
«Anch’io» mi rispose, stringendomi più forte la mano.
In quel momento le parole mi uscirono senza preavviso, semplici, ma non superficiali. Forse erano le uniche che potessero esprimere quello che provavo: un sentimento semplice, puro e sincero. «Ti amo Ale»
Mi girai a guardarlo e lui sorrise, quel sorriso che mi aveva fatto innamorare senza che me ne accorgessi «Ti amo anch’io Bea»
Ci baciammo. Più volte. Sotto lo sguardo sorridente e sornione della luna.
 



 
Angolo autrice
Saaaalve a tutti!
Dopo mesi e mesi, finalmente sono tornata! Chiedo scusa per l’attesa ai pochi che seguivano questa storia, ma il blocco dello scrittore è micidiale alle volte! Senza contare l’aggiunta di mancanza di tempo, allora si spiega perché sono tornata solo ora!
Comunque volevo solo dire che siamo arrivati alla fine di questa storia. Questa è stata la mia prima storia su efp, era nata come una one shot e alla fine siamo arrivati a 12 capitoli. So perfettamente che non è perfetta, anzi mi scuso per gli errori che ci sono all’interno e per gli errori di trama e struttura, probabilmente è una storia come tante, ma io mi ci sono affezionata e spero che a qualcuno sia piaciuta e spero anche di essere migliorata nel corso della storia.
Voglio soprattutto ringraziare tutti coloro che hanno seguito la storia, messa tra le preferite o le ricordate e ringrazio coloro che hanno recensito: Clouds_Jas, smile_tears per aver sopportato la mia ansia e per avermi spronata a scrivere, alessandroago_94 che si è aggiunto dopo la mia battuta d’arresto con le sue magnifiche recensioni e GreenWind che mi ha seguito e supportato nel corso della storia. Un abbraccio a tutti voi! :*
E infine ringrazio tutti coloro che hanno speso un attimo del loro tempo per leggere questa storia, anche se in silenzio! Grazie a tutti voi!
Spero di ritrovarvi in qualche altra storia! :-D
Alla prossima e (già che ci sono) buona Pasqua a tutti!

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