Dicotomia dell'essere.

di Chiaroscura69
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La pioggia. ***
Capitolo 2: *** Il sogno. ***



Capitolo 1
*** La pioggia. ***


A Pontiggia non piove mai ad aprile.
Nonna Jostein dice sempre che quando piove ad aprile non è un buon segno, significa che qualcosa nella grande Matrice si sta muovendo troppo. D'altro canto nessuno da mai retta alla nonna, anche perchè spesso i suoi racconti sono molto inquietanti. Ricordo che quando ero ancora una bambina avevo il terrore di andare a dormire perchè ogni notte facevo terrificanti incubi e nonna Jo mi raccontò una storia:
''Non devi aver paura piccolina mia, ora ti racconterò una storia per addormentarti. All'origine dei tempi c'erano due divinità che reggevano il mondo: un demone-lupo chiamato Indro e una sacerdotessa-dea di nome Ingrid. Rappresentavano la giusta misura di bene e male e non c'erano atrocità. Entrambi custodivano una sfera cangiante che prendeva il colore delle loro emozioni, se una delle due sfere si fosse spezzata il mondo sarebbe finito nel caos.
Si diceva che fra le due divinità ci fossero state delle dicoscordie in passato che il tempo aveva trasformato in un sentimento amoroso molto potente, quasi più forte delle sfere stesse. Tuttavia i due erano costantemente bersaglio di attacchi da parte di tutti coloro che volevano impossessarsi delle sfere. Una mattina di Aprile Ingrid stava attravaersando la Foresta di Ghiaccio per incontrarsi con Indro ma lo trovò morto vicino al Lago Grigio. Sai Clara, con quell'espressione del viso sembri proprio lei in questo momento.
La cosa peggiore fu che la sfera era sparita. Il dolore straziò Ingrid che si uccise, conficcandosi la sfera nel cuore e nel mondo piombò il caos.''

Inutile dire che non mi rassicurò affatto.
Ricordare queste cose ora mi distrae un po' e per un attimo smetto di angustiarmi. Mi piace la pioggia, mi è sempre piaciuta, e poi si addice al mio umore. Alzo lentamente la tapparella e apro la finestra, ho proprio voglia di fumarmi una sigaretta.
E' notte ormai inoltrata e non vorrei svegliare nessuno, quindi cerco di fare il minor minore possibile. Dalla finestra della mia camera non ho un grande panorama in realtà, ma vedere la pioggia che scende è così rilassante che non riesco a resistere.
Sono a metà sigaretta e alla fine il carico dei miei problemi mi raggiunge. Sento gli occhi inumidirsi di lacrime e sospiro, non so proprio decidermi. All'improvviso lo schermo del mio cellulare si illumina e il mio sguardo saetta subito là.
''San: che fai? Sei in casa?''
Il cuore inizia a battermi senza ritegno e un singhiozzo mi scappa dalle labbra.

Non risponderò, non risponderò, non risponderò.

Me lo ripeto come un mantra, ma so già che non funzionerà.
Guardo il cielo sperando in un aiuto e un fulmine ne disegna tante venature argentate. Non ho mai avuto paura dei tuoni nè dei fulmini, mi hanno sempre affascinata, ma la pioggia spinta dal vento sta iniziando ad entrare verso la mia camera perciò chiudo la finestra.
Sospiro e prendo il cellulare, ma all'improvviso mi arriva un nuovo messaggio.
''Teo: mi manchi...''
Un nuovo singhiozzo mi scappa dalle labbra e stavolta mi sembra di morire.
Qualcosa di impercettibile mi attanaglia la gola facendosi sempre più doloroso, ma prima che possa fare qualsiasi cosa il cuore inizia a farmi sempre più male. Se non smette subito sverrò, lo so.
L'ultima cosa che vedo sono degli enormi occhi verdi che mi fissano sprezzanti, sembrano tanto i miei.
Poi solo buio.

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Capitolo 2
*** Il sogno. ***


Sto camminando in via Fratelli Cervi, e come al solito non c'è nessuno. Un lieve vento mi scompiglia i capelli, ma non mi disturba affatto.
Tutto è quiete, tutto è tranquillo.
Il sole riscalda senza dar fastidio, accarezzando la pelle. Adoro quando c'è questo genere di clima.
Nonna Jo dice sempre che anche la troppa tranquillità può essere pericolosa, ma io spesso non bado  a ciò che dice.
Sto camminando senza fretta e senza pensare chiudo gli occhi per farmi cullare da quella strana sensazione di tranquillità che mi gira intorno. Non penso a nulla e di per sè questo è già strano.

''Clara'' dice una voce estremamente familiare.

Apro gli occhi di scatto ma non vedo nessuno.

''Non c'è bisogno che tu mi veda, Clara. Ascoltami e basta'' continua la voce di donna.

Che bisogno c'è di vederla? Mi dico in modo quasi automatico.

''Guarda dietro di te''.

Mi volto incuriosita e quasi cado per lo sbigottimento. Ci sono io, circondata da ragazzini che mi urlano addosso e mi prendono in giro.
''M-ma q-quello è...''penso impietrita.

''Sì Clara, quello è il tuo passato, guarda meglio.''

Stringo gli occhi per mettere meglio a fuoco e lo scenario si trasforma. Ora ci sono io che piango nel mio letto mentre penso a tutte le bugie che ho detto a Jean e Ann pur di non ferirle ma che sono state la causa della nostra rottura. Questa visione mi sciocca e torno un po' in me.
''Chi diavolo sei tu? Dove siamo?'' chiedo in preda al panico.

''Non importa che tu lo sappia. Guarda ai tuoi lati, Clara.''

Mi volto di scatto e mi giro a sinistra. Istantaneamente vicino al bordo della strada si materializza un'immagine. Sono io che sto autografando dei libri, dei libri che portano il mio nome. Mio padre mi guarda, è fiero di me.
Sento crescermi il solito magone di ansia nella gola e mi volto a destra. Mi vedo dietro una scrivania con un registro in mano e un sorriso felice mentre insegno ad una classe di ragazzini.
''C-cosa significa questo?''chiedo completamente in agitazione.

''Questi sono i tuoi sogni, Clara. Stanno nel limbo, perchè ancora non si sa se si realizzeranno o se diverranno cadaveri di illusioni''.

''Perchè mi stai facendo vedere tutto questo? Chi sei?!''

''Non ho finito, Clara. Guarda dritto davanti a te''conclude perentoria la voce.

Intuisco che davanti avrò il futuro e il terrore si impadronisce di me.

''Clara guarda senza timore, ma sbrigati, il nostro tempo sta finendo''.

Non ci riesco, non ce la faccio. Sono troppo spaventata.

''Clara ti ho detto di guardare, non ti salverai così''.

E se non vedessi i miei sogni realizzati? Non importa, devo sapere.
Alzo lentamente la testa ma una luce accecante mi impedisce di vedere.

''Troppo tardi''sussurra la voce.

''Clara, hai dormito così stanotte?''mi chiede nonna Jo, trovandomi distesa sul pavimento.
Mugugno qualcosa di incomprensibile e cerco di tirarmi sù.
''Tesoro caro, la nonna capisce tutte le lingue degli spiriti ma ti giuro che questa mi è completamente nuova''continua grattandosi il mento con aria pensosa. Prima che riesca a rispondere esce dalla stanza rimurginando fra sè e sè.
Riesco infine ad alzarmi ma mi sento estremamente debole, come se fossi svuotata. La testa mi pulsa fortissimo e per un po' rimanere in equilibrio diventa molto difficile.
La sveglia inizia a suonare e all'improvviso mi rendo conto di essere già in ritardo. Sono le 6.35, ho solo un quarto d'ora per prepararmi. Decido che mangiare non è così importante e fuggo in bagno per levarmi il sudore della nottata. Esattamente diciassette minuti dopo sto correndo alla stazione della metro, posso farcela. Il semaforo a mio parere è uno dei peggiori nemici dell'uomo, senza contare quanto faccia sentire stupidi stare immobili a fissare un palo che cambia colore dopo mezz'ora. Per fortuna il verde scatta appena in tempo e riesco a salire sulla metro.
Appena le portine si chiudono mi rilasso e il mio sguardo diventa assente.

''... stanno nel limbo, perchè ancora non si sa se si realizzeranno se diverranno cadaveri di illusioni...''

La frase mi rimbomba in testa all'improvviso e mi fa riprendere coscienza. Alzo gli occhi e qualcosa di strano mi colpisce subito. Un lampo di colori mi sfreccia accanto appena la metro prende velocità:è un lampo di bianco e nero. E' il vestito di una ragazza che ha qualcosa di familiare.
''Clara vieni qui, c'è un posto anche per te!'' mi chiama Nessa, distogliendomi dai miei pensieri. Mi siedo accanto a lei e dimentico momentaneamente i miei problemi, del resto questo fanno gli amici.

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