jonathan, dancer in the shadow

di LittleBlueMoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** running to fame ***
Capitolo 2: *** alone but with a dream ***



Capitolo 1
*** running to fame ***


Era passato tanto tempo dall'ultima volta che aveva visto Katherine e Joey, sia per colpa del lavoro che dell'università e sopratutto per il fatto che Jon era più il tempo che passava a Chicago che a New York anche se forse ora ci avrebbe passato un po' più di tempo dato che era lì dove il suo sogno piano piano prendeva forma e si realizzava.

Il giorno prima era riuscito a perdersi per New York, la cosa fu davvero esilarante anche perchè Jonathanera tutto impanicato non sapendo dove andare, se non fosse stato per Joey molto probabilmente avrebbe girato per New York senza una meta e quindi, girando completamente a vuoto.

Si erano messi d'accordo, lui e Joey, di passare una serata insieme, Katherine aveva proposto di cenare tra amici a casa dei due e Jon non sarebbe potuto essere più felice dato che avrebbe anche rivisto la figlia dei due, Light, e avrebbe finalmente incontrato il piccolo Christopher.

La mattina seguente, come al solito, andò a lavorare... se così si poteva chiamare: il suo non era proprio un lavoro o almeno non era come tutti gli altri.

Il talento di Jonathan stava di certo nella danza, era sicuro su quello che voleva diventare e lo era solo grazie ai suoi compagni del liceo, senza loro quella mattina, molto probabilmente, non sarebbe mai stato in uno studio fotografico a dar vita a quel progetto che aveva tanto sognato e pianificato.

Di stancante a fare delle foto non c'era niente, la parte stancante veniva durante le prove il pomeriggio fino alle cinque dove tornava a casa stanco e con la voglia di buttarsi a letto ma non poteva, doveva studiare per gli esami all'università anche se non era del tutto sicuro che avrebbe superato dato che negli ultimi mesi era più il tempo che passava in treno o in aereo facendo avanti e indietro per New York e Chicago che il tempo in cui stava a lezione.

Quando disse ai suoi genitori che quella settimana sarebbe stato nuovamente a New York suo padre cominciò a dirgli di tutto riguardo al suo andamento scolastico tra cui la frase:

“Dopo tutto quello che ho fatto per te!” e la frase “Dopo tutti i soldi che ho speso per quella scuola d'arte!” ovviamente alludendo al fatto che non sarebbe stata utile per il futuro del figlio.

 

Per quello si perse quel lunedì, non è vero che voleva visitare New York, in realtà aveva bisogno di far sciogliere le parole del padre che ancora gli giravano per la testa e quindi si perse, quello fu un altro motivo per cui fu felice di accettare l'invito a cena, sarebbe stato un modo fantastico per dimenticare l'accaduto.

Erano circa le otto di sera quando, grazie alle indicazioni di Joey, riuscì a tornare nel suo appartamento a Brooklyn e, grazie a dio, ad aspettarlo c'era Charlie. Era sicuramente il suo migliore amico, riusciva a capire quando Jonathan era giù e quella sera lo sapeva sicuramente.

Quando entrò nel piccolo appartamento Charlie era lì ad aspettarlo e gli saltò letteralmente addosso anche se con poco successo dato che era uno scricciolo. Jon prese il suo cagnolino in braccio lasciandosi poi alla gioia di vederlo. Lo portò a fare un giro per Brooklyn e una volta tornato a casa non esitò un secondo a buttarsi a letto.

Il giorno dopo sarebbe stato molto impegnativo, si preparò al meglio per quella giornata nonostante fosse in ansia non sapendo con esattezza cosa ne sarebbe uscito alla fine.

A Jon, l'ansia, faceva davvero un brutto effetto, dovette tornare in casa due volta, una per il telefono e l'altra per il portafoglio, quando finalmente scese ricapitolando mentalmente tutto quello che non aveva dimenticato si accorse di non aver le chiavi della macchina e dovette davvero trattenersi dal non tirare una testata al muro del palazzo.

Fortunatamente non arrivò in ritardo e questo lo rassicurò molto, si guardò attorno e salutò la maggior parte della gente che era li, erano ormai un paio di mesi che lavorava con loro e aveva conosciuto davvero delle persone fantastiche tra cui Sarah.

Sarah era una donna sulla cinquantina e si occupava dell'abbigliamento, Jon la adorava, aveva sempre una storia nuova da raccontare e se ne usciva sempre con consigli fantastici, ne aveva uno per ogni tipo di situazione ed il consiglio di quella mattina fu:

“Ascolta la musica e balla, devi fare solo quello, a scattare le foto ci pensano loro.”

Chiuse gli occhi per un attimo e pensò che, anche quella volta, Sarah aveva ragione.

-Balla Jonathan, non devi fare altro che ballare, fa quello che ami e ignora il resto.-

Ora era convinto, completamente convinto del fatto che sarebbe andata bene così. Una volta che sentì chiamare il suo nome dal direttore non esitò ad andare a posizionarsi davanti alla fotocamera e fece quello che più amava fare.

Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dalla musica che invadeva quella stanza.

In realtà non aveva fatto niente di diverso dal giorno prima ma era comunque qualcosa di nuovo, stare davanti ad un obiettivo fotografico, essere vestito in un determinato modo... era qualcosa di nuovo ed emozionante, ci aveva sperato tanto e finalmente ci stava riuscendo, stava riuscendo a realizzare il suo sogno e ancora una volta pensò che era tutto grazie ai suoi compagni di liceo, se non avesse mai fatto parte di quel gruppo di studio ora sarebbe alla Harvard a studiare per diventare un chirurgo o per diventare un avvocato.

Anche lì passò davvero molto in fretta il tempo, gli fecero vedere le foto scattate poco prima e subito dopo dovette correre a Manhattan dove avrebbe ballato ancora, dove avrebbe studiato le coreografie e dove ne avrebbe inventate di altre fino allo scattare delle cinque del pomeriggio quando, con un po' di malinconia, avrebbe dovuto lasciare Manhattan e tornare a casa.

Solo che quella sera non avrebbe avuto tempo per fermarmi a riposare dopo la giornata stancante, dovette uscire di nuovo a fare un paio di compere e poi si sarebbe dovuto preparare per la serata che avrebbe passato in compagnia di Joey e Katherine.

Forse quella giornata non fu così terribile come si immaginò all'inizio.

 

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Capitolo 2
*** alone but with a dream ***


Fare avanti e indietro tra New York e Chicago era stremante, stancante e toglieva un sacco di tempo a tutto ciò che c'era di importante.

Jonathan aveva perso ancora il supporto del padre, la madre era delusa dall'andamento scolastico del figlio e Jonathan era letteralmente disperato.

Aveva provato con tutto se stesso a studiare per passare gli esami all'università e pensò davvero di esserci riuscito.

Avrebbe scoperto i risultati in pochi giorni e se non era ancora a studiare era in palestra ad allenarsi.. in realtà era un modo per sfogare l'ansia, la rabbia e tutte quelle emozioni negative che si sentiva dentro in quel momento.

Aveva provato a parlare di questo con Joey.. ma lui non aveva risposto. Provò a chiamare anche Sam, il suo migliore amico del liceo.. ma anche lui non aveva risposto. Fu così anche con Katherine, Amber e Maggie.

Ancora una volta si era ritrovato da solo in un momento molto buio.

Quell'ora buca alla Roosvelt serviva per i club o per i gruppi di studio. Jonathan faceva parte di questo gruppo da ormai due anni e sicuramente ci sarebbe rimasto anche durante l'anno Senior.

Lui, Amber, Joey, Katherine, Maggie, Sam, Dijhon, Lucy, Heather e Christine.

Oh, Christine. Era innamorato perso di Christine, lei era di un anno più piccola e a lui andava bene, spesso la aiutava con gli argomenti che lui aveva già studiato.

Jonathan arrivò nella classe, salutò tutti i suoi amici e poi andò a sedersi di fianco a Sam.

-Ho preso un voto orribile a chimica, mio padre mi ucciderà!- disse Jonathan sbattendo la testa sul banco. Non ricevette una risposta così alzò la testa verso il ragazzo concentrato sul telefono, lo dovette chiamare un paio di volte prima che lui capisse che doveva smetterla di ignorarlo.

La risposta del ragazzo fu vaga e davvero davvero incomprensibile. Lo vide alzarsi e andare a parlare con Maggie, non se lo sarebbe mai aspettato da Sam e questo gli fece male, molto male. Rimase in disparte per un paio di minuti fino a quando Joey non si avvicinò a lui per una pacca sulla spalla come saluto e poi si allontanò ancora.

Provò più volte a farsi notare ma ormai era tardi, avrebbero dovuto incominciare a fare quello per cui erano davvero li: Gruppo di studio.

Non venne considerato per tutta l'ora, Christine non era venuta a scuola e lui se ne stava da solo per i corridoi, facendo finta di niente.

Ora Jonathan era nel suo appartamento affacciato alla finestra della piccola camera dove per distrarsi si era messo a contare le gocce che cadevano sul vetro perdendo più volte il conto quindi dovette ricominciare.

Si alzò in piedi sbuffando pensando che così non poteva continuare, andò nel salotto, spostò il tavolino e con un po' di fatica anche il divano. Accese lo stereo e cominciò a ballare.

Se un giorno, durante un'intervista, qualcuno gli avesse chiesto “Cosa fai quando hai bisogno di sfogarti?” probabilmente la risposta sarebbe stata “Faccio un po' di casino a spostare i mobili e poi inizio a fare quello che più amo fare: ballare.”

Jonathan vedeva la danza come un'amica fedele su cui appoggiarsi, su cui volteggiare e creare vere e proprie storie con le varie coreografie che gli venivano al momento.

Jonathan studiava per diventare un coreografo e non avrebbe voluto fare altrimenti, le coreografie erano storie raccontate con i movimenti del corpo, ecco cosa significavano per lui e niente, niente, poteva fargli cambiare idea. Magari un giorno avrebbe raccontato la sua di storia con una coreografia, avrebbe girato il mondo e avrebbe raccontato la storie delle persone che in quel viaggio avrebbe conosciuto.

Per Jonathan girare il mondo sarebbe stato un sogno che si realizza, non esiste tanta gente che può vantarsi di una cosa simile anche se lo fanno ma quello è solo per attirare attenzione. Alla gente piace l'avventura ma preferiscono guardarla nei film piuttosto che viverla. Jonathan no, Jonathan voleva essere l'avventura, voleva che fosse la sua vita a diventare l'avventura, non voleva guardarla in televisione, che gusto ci sarebbe stato? Rimanere spaparanzato sul divano mentre i personaggi di un film fanno quello che tu non hai il coraggio di fare.

Jonathan avrebbe spaccato il mondo, sarebbe arrivato fino alla cima più alta se necessario ma avrebbe realizzato il suo sogno, avrebbe raggiunto tutti i suoi obbiettivi e avrebbe mandato a quel paese tutta la gente che diceva che non ci sarebbe riuscito.

“Al diavolo certe persone!”

Ballando si ricordò di ciò che aveva detto qualche tempo prima ai suoi amici: “Non avete idea di cosa si provi a sbattersi a destra e sinistra e avere tutti quanti, inclusi i vostri migliori amici che ti ignorano.”

Glie lo avrebbe detto ancora, lo avrebbe ripetuto tutto il tempo, lo avrebbe gridato, urlato talmente tante volte da perdere la voce. Che amici erano quelli che pensavano solo a loro stessi? Che non gli importava se un fratello, se un compagno rimaneva indietro?

Doveva farcela da solo, Jonathan non poteva contare più su di nessuno e non lo avrebbe fatto. Avrebbe vinto, sarebbe arrivato fino alla fine da solo. Aveva un sogno e doveva raggiungerlo.

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