Watching for Comets

di Mirajade_
(/viewuser.php?uid=518368)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I ***
Capitolo 3: *** Capitolo II ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
I can't sleep tonight
Wide awake and so confused
Everything's in line
But I am bruised
Nightngale - Demi Lovato


Un fiocco, qualche merletto dai toni caramellosi e il vestito fu pronto.
Marinette sorrise soddisfatta afferrando il disegno tra le mani e mostrandolo alla badante di casa impegnata nelle faccende. Aveva avuto sempre quell’aria di chi avrebbe voluto viaggiare il mondo, ma la signorina Amandine aveva dovuto accontentarsi della vita umile da cameriera nella casa di un nobile borghese e Marinette lo sapeva.
-È bellissimo mademoiselle- piegò un lenzuolo, Amandine, riponendolo poi nell’enorme cassettone di legno scuro.
-Vorrei poterlo farlo diventare reale- sospirò con tono triste la bambina, delineò col dito i contorni dell’abito appena disegnato, nella mente le immagini della madre intenta a spiegarle come riuscire nell’impresa.
-Ma voi potete-
-Sono un’imbranata, non riuscirò mai ad usare il potere della creazione- si strofinò gli occhi con la manina imponendosi di non piangere: “una donnina non piange, rimane sempre a testa alta”.
Una citazione della madre, un insegnamento di vita, sempre e comunque a testa alta, ma lei non era sua madre e non era forte, non riusciva a guardare in faccia in mondo con la fierezza negl’occhi e nell’animo e ne ebbe prova quando percorrendo con foga la scalinata che portava alla stanza dei genitori si era gettata ai piedi del letto piangendo lacrime amare come il veleno, lo stomaco in un subbuglio e una voglia disumana di urlare, di pregare qualunque dio per rivedere nuovamente il volto della madre roseo, sorridente… vivo.
Aveva solo quindici anni quando Sabine Cheng morì. Cardiopatia ischemica.
Quando aveva immerso per la prima volta le mani in un ritratto ad olio raffigurante la giovane donna dai capelli corvini aveva percepito chiaramente qualcosa, una sensazione soffice e fredda al tatto. Quando aveva riemerso il braccio, stretto tra le sue mani si trovava il corpo morto, in stato di decomposizione, della madre.
Urlò.
Non pensava che riuscire per la prima volta nell’uso della Creazione comportasse tale orrore.



Little Wonderland
Salve fandom di Miraculous ^-^ vorrei presentarvi questa mia long, che spero con tutto il cuore di riuscire a continuare, ambientata nel 1800 ma che tratta soprattuto di tematiche sovrannaturali.
Scusate il prologo molto criptico ma dal prossimo capitolo capirete meglio la storia.
Lasciate una recensione se in qualche modo vi ho incuriosito e sostenere gli aggiornamenti.
Un beso.

A_M.J

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo I ***


Capitolo I
 
I would rather be at home all by myself not in this room
With people who don't even care about my well-being
I don't dance, don't ask, I don't need a boyfriend
Here - Alessia Cara

La carrozza barcollò un istante, i cavalli trainati dal cocchiere sbuffarono fermandosi davanti all’enorme villa dall' arredamento esagerato che caratterizzava lo stile dei Bourgeois.
Panchine di marmo e roseti floridi, che incorniciavano un enorme fontana, accolsero la figura di Marinette, vestita di pizzo e merletti color pervinca, e di suo padre Thomas Dupain. Una targa di pietra posta al lato dell’enorme cancello recitava “Proprietà Bourgeois” capace di far rabbrividire la ragazza.
Aveva solo sentito delle voci riguardo i pessimi padroni di casa: egocentrici ed egoisti capaci di pensare solo al loro tornaconto personale non capendo perchè suo padre, uomo di valori e dall’animo nobile, lavorasse con persone così meschine.
I Miracolanti. Gruppo di rivoluzionari dedito alla caccia dei temibili akuma, demoni allo stato puro in grado di controllare la mente delle persone; demoni che a loro volta potevano essere controllati.
-Nervosa?- chiese Thomas Dupain porgendo un braccio alla primogenita con una luce d’orgoglio negl’occhi. Nonostante la stazza robusta e alta, un animo puro come il suo non poteva che  sciogliersi davanti alla visione della figlia che diveniva una vera donna.
Le sistemò una ciocca di capelli scappata via dalla crocchia rivolgendole un sorriso di incoraggiamento.
-Tua madre sarebbe fiera di te-
Marinette esibì un sorriso dal tono triste mentre ricordava i lineamenti asiatici e delicati della madre contorti poi nella smorfia di soffocamento che l’avevano portava via da lei.
-Vi voglio bene, padre- disse solamente afferrando il braccio di quest’ultimo per facilitare la camminata con il vestito ingombrante indossato per l’occasione: la sua prima riunione da Miracolante.
L’attraversata del giardino fu silenziosa, carica di tensione da parte della ragazza intenta a guardare la porta in mogano che man mano si avvicinava pronta per essere attraversata, e trasportarla così in un mondo dove mostri e demoni erano all’ordine del giorno.
Ne aveva visto una da piccola. Piccolo come una noce e dagl’occhi di un verde mela così vivace da illuminare la notte, era entrato dalla finestra di camera sua senza volerlo cominciando a sproloquiare alle sue spalle.
-Non capisco come mi abbia potuto perdere di vista quel ragazzino- aveva sibilato per poi accorgersi di una Marinette corredata di occhi spalancati e matita da disegno in mano –Ma guarda cosa abbiamo qui- aveva ghignato l’esserino volando sempre più vicino alla bambina, indecisa se urlare o rimanere in silenzio.
-Hai, per pura casualità, visto un bambino alto circa… quanto te, biondo, occhi verdi? Quell’idiota mi ha lasciato vagare alla ricerca di cibo. Potrebbe essere il tuo tipo sai? Certo non è una cima a mio parere ma un ottimo pretendente con cui avere tanti stupidi pargoli-
Marinette era scattata, la matita puntata verso l’esserino nero come fosse un arma sperando che quest’ultimo non notasse i suoi evidenti tremori –Cosa sei?!-
-Non si nota? Sono un akuma- si era atteggiato il demone – Con un intelligenza superiore alla norma ed una gran fame. Hai del Camembert?-
-Papà ha detto che gli akuma sono malvagi-
-Si… beh, non sono in vena in questo momento e non sono tipo da possessioni- era volato verso un vassoio di dolciumi soffermandosi su una  torta di zucca e qualche croissant esibendo poi un’espressione disgustata –Ragazzina dovresti provare il Camembert, soprattutto in questi mesi, la stagionatura è perfetta-
-Sono Marinette- la bambina aveva incrociato le braccia al petto con fare indignato – E non ho intenzione di sfamare un demone- aveva tolto il vassoio da sotto l’akuma guardandolo con occhi fiammeggianti: avrebbe dovuto cacciare via quel demone, anzi doveva chiamare il padre e giustiziarlo, ma uno strano calore a livello dello stomaco le diceva che quel demone dal muso felino non era maligno.
-Ma potrei fare un salto nelle cucine- continuò la bambina
-A quale prezzo?-
-Compagnia-
Quella volta l’akuma era rimasto: il tempo di divorare il formaggio e commentare i disegni di Marinette, poi era volato via dicendole solo –E’ stato un piacere cherì, se mai vorrai aiuto dall’inferno, io sono Plagg-
-Buona serata- Marinette si ritrovò spaesata, persa in quei ricordi dal retrogusto amaro; mise a fuoco la figura della cameriera di villa Bourgeois, dal viso giovane e delicato e gli occhi color miele lucenti. Il grembiule le cingeva i fianchi pieni e un ricciolo di capelli era scappato fuori dalla cuffietta di cotone –I signori vi stavano aspettando- chiuse il portone scuro, inchinandosi anche se impacciatamente con un sorriso sfacciato.
Poteva avere si e no l’età di Marinette eppure mostrava una fierezza che quest’ultima, donna di nobili origini, non aveva mai mostrato. Non seppe dire se provò invidia verso la cameriera che con fare poco interessato aveva dileguato padre e figlia con un ­–Salite le scale, dritto per il corridoio, non potete sbagliarvi-
L’atrio dei colori del marmo bianco e dai candelabri dorati sembrò immensamente vasto alla corvina. Un tappeto imponente dai disegni astratti tappezzava gran parte del pavimento, su di esso un enorme vaso ricolmo di rose rosse accoglieva gli ospiti verso la scalinata sul lato destro della dimora, addobbata con foglie di alloro, fiori e tulle.
Lo stile esagerato e frivolo dei padroni, si disse Marinette mentre ne attraversava gli scalini in marmo accarezzandone il passamano e stringendo la presa sul braccio del padre quando risate e chiacchiere si fecero più evidenti, riempiendole il campo uditivo.
-E se non vado bene per tutto questo?- pensò accorgendosi poco dopo dello sguardo verdastro del padre pieno di speranze, promesse e sicurezza, capace di scavarle l’animo e infonderle calore attraverso le vene come solo lui e sua madre sapevano fare; se anche lui se ne fosse andato ne sarebbe morta, non aveva altri al mondo a cui affidare il proprio cuore.
-Una donna così forte e pura- sospirò suo padre –Farai strada, figlia mia, con il tuo potere, la tua intelligenza, la tua bellezza riusciresti a solcare i mari dell’inferno e uscirne illesa- le baciò la fronte.
-Dopo tutti questi anni non sei cambiato per nulla, Thomas- i due si voltarono verso il fondo del corridoio dove da un enorme portone aperto verso una vistosa sala da pranzo  era uscito un uomo di mezza età, dal viso pulito e i capelli bianchi come la neve, solo quando si fece abbastanza vicino Marinette ne poté ammirarne gli occhi di un azzurro ghiaccio e gli zigomi alti. Doveva essere stato un uomo dalle tante donne in gioventù.
-Nathan Gerstae, come sempre un onore- Thomas tese una mano verso l’uomo che lo guardò come se avesse imprecato, in mano stringeva un bicchiere di vino, in viso uno sguardo sconcertato.
-Spero tu stia scherzando Tom. Cosa sono questi futili convenevoli?- e strinse la spalla dell’omone, finendo in un sorso la bevanda – Annata fantastica, dannazione, c’era da aspettarselo da parte di quel bastardo- ma non continuò lo sproloquio che riguardava sicuramente Andrè Bourgeois e le sua cantine piene di botti di vino; scostò lo sguardo verso Marinette come se non l’avesse vista precedentemente, e sicuramente era stato così, alzando le sopracciglia con fare interessato e indagatore.
La ragazza si sentì dannatamente a disagio. Doveva presentarsi come era di consuetudine per una vera signorina ma le parole sembravano essersi incastrate nella trachea, graffiandole la gola.
-Nate, lei è mia figlia Marinette, la Coccinella-
-Se la accetteranno, voglio ricordarti- disse l’uomo porgendo una mano alla corvina –Di una bellezza unica come la madre se posso permettermi- strinse con la mano guantata le dita fredde di quell’uomo. Sembrava morto dentro.
-Monsieur Gerstae, è un piacere fare la vostra conoscenza-
-Piacere unicamente mio, Marinette. La ragazza erede del potere della creazione- sussurrò l’ultima frase come a voler assicurarsene.
La corvina non seppe che dire: come aveva potuto scoprire del suo potere? Che suo padre avesse potuto raccontare qualcosa? Impossibile, teneva troppo alla sua incolumità per venderla come fenomeno da baraccone.
-Vi aspetto dentro- Nathan li lasciò nuovamente soli e prima che Marinette potesse chiedere spiegazioni al padre, quest’ultimo le rispose con poche parole.
-Non è umano-
***
“Ottima annata” le avevano detto eppure quel vino, Marinette, non riusciva a mandarlo giù. In quell’attimo avrebbe pregato per un bicchiere d’acqua fresca, ma in quella sala solo l’alcool e il cibo potevano riempire e dissetare il suo stomaco.
Nonostante le miriadi di pietanze poste sull’ enorme tavolata il suo stomaco era intenzionato a non sgrovigliarsi e suo padre aveva intrapreso una discussione di politica da cui lei era scappata via in un batter d’occhio.
Ormai era abituata a rimanere sola durante le feste: i figli degl’amici dei genitori erano molto più grandi di lei e a soli undici anni parlavano già di sport, arte e politica mentre quei pochi con cui poteva giocare o intraprendere un discorso traspiravano arroganza ed egocentrismo, preferendo così la solitudine tra le risa e il chiacchiericcio.
Aveva imparato a vedere il fascino nei gesti umani, ponendosi milioni di domande sull’argomento: Perché bisogna bere e mangiare per vivere? Perché donare il cuore a qualcuno quando si può essere padroni di se stessi? Perché le donne non potevano cimentarsi in argomenti trattati solo da uomini?
Domande a cui una bambina non trovava risposte, una bambina che le risposte preferiva inventarle.
-Non pensavo che la figlia di Dupain potesse avere gusti così orridi- si voltò quanto bastava per delineare la figura di una ragazza poco più alta di lei con un cappello appariscente rivestito di margherite e nastri verdi che ne illuminavano i boccoli biondi e le iridi cerulee. Tra le mani guantate di seta bianca stringeva un ventaglio chiuso che non sembrava usare per sventolarsi –Credo di aver pensato ad alta voce- disse quest’ultima esibendo un sorriso trionfante e fintamente innocente.
-E tu saresti?- chiese piccata la corvina cercando di non distogliere lo sguardo dalla ragazza che sembrava in procinto d’essere divorata dall’imponente abito di taffetà verde.
-Cosa siete una popolana? Dovreste conoscermi come la suola delle vostre scarpe. Sono Chloè Bourgeois, la padrona di casa e l’ape regina-
Marinette non rimase sbalordita: infondo era stata avvertita delle pessime persone che componevano quella famiglia di egocentrici, non poteva di certo aspettarsi un umile presentazione da parte della figlia del gran capo dei miracolanti.
-E tu saresti?-
-La Coccinella- rispose a testa alta Marinette, presentandosi col nome con cui il padre l’aveva presentata al gruppo.
“La coccinella è simbolo di fortuna, perseveranza e purezza” le aveva spiegato, quando il giorno del suo diciassettesimo compleanno, con gioia le aveva annunciato che il gran gruppo di rivoluzionari aveva intenzione di conoscerla.
-Mi sarei aspettata di meglio- commentò la giovane Bourgeois –Senza offesa, ovvio- afferrò un antipasto da un vassoio posto sul tavolo vicino assumendo un’espressione di puro disgusto –Avevo detto niente caviale, incapaci- e si dileguò diretta verso un maggiordomo con il compito di servire le portate, iniziando ad inveire contro il poveretto che non poteva far altro che abbassare la testa e prendersi colpe non sue.
-Che idiota- si disse non sapendo a chi rivolgere l’insulto, se a lei per non aver risposto a dovere a quella ragazzina viziata o a quest’ultima che sembrava incarnare gli atteggiamenti negativi del genere umano con una facilità strabiliante.
Un rumore assordante la ridestò, argento su marmo: accanto alla tavolata, dove sfilavano le migliori pietanze, la cameriera dai boccoli rossi era impegnata a raccogliere degl’antipasti caduti sul pavimento e riporli in un vassoio d’argento accanto ai suoi piedi. Marinette sentì chiaramente alcune risatine da parte degl’invitati; non si accorse di essersi avvicinata alla ragazza per offrirle aiuto nonostante l’ingombrante abito le impedisse alcuni movimenti.
-Non vi scomodate, mademoiselle- disse la cameriera, scostando i pizzi blu del vestito di Marinette dalla tartine riverse sul pavimento pronunciando quelle parole con un tale sforzo da far intenerire la corvina.
-Non preoccuparti, sempre meglio che intavolare un discorso con qualcuno qua dentro-
La mora rise sommessamente – In effetti – raccolsero le ultime cibarie e si issarono su per scambiarsi uno sguardo d’intesa –Sono Marinette- le disse semplicemente la ragazza.
-Alya- fece per inchinarsi in segno di rispetto , gesto che le riuscì molto difficIile –Perdonate la mia sbadataggine-
-Dammi del tu, ne ho fin sopra i capelli di tutte queste formalità-
-Va bene, Marinette- sorrise la rossa afferrando il vassoio d’argento pronta per tornare alle cucine –Volete portata dell’acqua?- rise benevola ricevendo un’espressione stranita da parte della ragazza –È da quando che porto cabarè che voi sbirciate nelle brocche alla ricerca di qualcosa che non sia vino-
-Non sai che enorme piacere mi faresti, Alya-
-Arrivo subito-
La corvina sorrise: almeno era riuscita a farsi qualcuno amico senza troppi giri di parole o discorsi di alta borghesia che l’avrebbero fatta solo annoiare.
***
Suo padre si era posizionato al centro della sala, accanto a lui Nathan Gerstae e altri due componenti, una donna e un uomo, si sussurravano qualcosa dall’aria poco importante.
Marinette era rimasta in disparte dopo aver avuto il secondo battibecco di parole con Chloè, fissando con cipiglio la donna che chiacchierava amichevolmente col padre. Di profilo i lunghi capelli neri ricordavano la seta lucente e la pelle così chiara da ricordare un cadavere, solo quando si voltò Marinette ne poté ammirare il viso terrificante. Denti acuminati come le zanne di un animale, occhi di sola pupilla sottilissima da ricordare una donna sotto possessione d’akuma, labbra color pece in grado di risaltare il biancore delle zanne.
Un brivido le percorse la schiena accorgendosi poi dello sguardo demoniaco puntato su di lei.
-Gli effetti della possessione- si voltò quanto bastava per visualizzare un uomo, anzi un ragazzo, così alto da superarla di molto nei suoi scarsi 1,68. Sembrava soffocare in un frac scuro fin troppo stretto per la corporatura muscolosa e lo sguardo annoiato quasi schifato fece intuire a Marinette quanto, anche lui, avesse voglia di scappare via da quel posto –È stata posseduta quando era giovanissima. Quando sono riusciti ad esorcizzarla le tracce di possessione erano troppo profonde per essere eliminate, ed è rimasta in questo stato- occhi rossi come rubino fissavano la figura della donna dai capelli neri; Marinette notò il colorito scuro della pelle del ragazzo, deve avere origini sud-americane pensò.
Fece per chiedere ma la figura del padrone di casa, in redingote grigia e capelli lattiginosi, aveva preso posto accanto agl’altri quattro miracolanti, armato di bicchiere semi vuoto e coltello d’argento.
-Compagni- cominciò dopo aver fatto tintinnare la posata sul vetro –È un piacere rivedervi dopo mesi di inattività da parte del nostro gruppo e informarvi che siamo riusciti a rintracciare un luogo di transizione tra questo mondo e l’inferno.-  si voltò verso la donna al suo fianco, invitandola a continuare il discorso.
Scrutò gli invitati con gli occhi da posseduta e parlò –Una villa appartenente ad un mio antenato – aveva detto –È diventato il covo di akuma. Si danno ai piaceri umani: alcool, sesso, gioco. Per rispetto alla mia famiglia ho intenzione di riprendermi Villa Agreste ed eliminare tutti gli akuma al suo interno, ma non eseguiremo mosse azzardate- fece una pausa girovagando tra gli invitati nell’abito violaceo –Io e i miei colleghi abbiamo pensato che tra quei demoni si potrebbero aggirare informazioni di vitale importanza e per questo motivo, abbiamo preso la decisione di mandare possibili miracolanti in missione  ma soprattutto puntiamo a formarli per un futuro migliore libero da demoni e dittatura.-
Riprese posto accanto a Nathan Gerstae lasciando nuovamente parola al padrone di casa.
-Colgo l’occasione per presentarvi il futuro della compagnia- sorrise –Mia figlia, Chloè Bourgeois, l’ape- indicò con un gesto della mano la bionda invitandola ad avvicinarsi. Quest’ultima aveva salutato con gesto di ventaglio e un sorriso da schiaffi –Sebastian Blanchard, il lupo- poco dopo Marinette si accorse che il giovane che si era fatto avanti non era altro che il ragazzo dagl’occhi rossi e la pelle scura che le aveva rivolto la parola – E, infine, Marinette Dupain-Cheng, la coccinella-
Inspirò pesantemente, passò in rassegna i volti degl’invitati, e con le mani intrecciate sull’addome aveva mosso i piedi per avvicinarsi alla figura altezzosa di Chloè.
Un applauso dai toni bassi si levò nell’aria, al termine Andrè Bourgeois riprese parola –Questo è tutto, continuate al meglio la serata, mi assicurerò che alla prossima riunione sarete entusiasti di sentire le ottime informazioni recapitate dai nostri giovani- Marinette strinse la presa delle mani sentendo il peso di quelle parole come acido corrosivo sulla pelle.
“Eliminare tutti gli akuma” aveva detto quella donna e per puro caso la mente aveva vagato fino al ricordo del piccolo akuma, Plagg, che non aveva chiesto altro che cibo e che le aveva regalato un attimo di compagnia in grado di scaldarle l’animo; ma era il compito di un miracolante distruggere gli esseri devoti all’inferno e lei non era nessuno per cambiare quella legge.
-Marinette- fu il padre a chiamarla, accanto a lui la donna dai tratti demoniaci – Vorrei presentarti Josee Agreste, è da tanto che vorrebbe fare la tua conoscenza-
-È un piacere Madame Agreste- la corvina esibì un breve inchino, trovando difficoltoso non osservarla con espressione stupita.
-Mademoiselle- la corresse la donna per poi rivolgerle un sorriso che per quanto innocuo con quella dentatura poteva risultare solo terrificante –In ogni caso, solo Josee, cher-  alzò le sopracciglia passando una mano bianca sulla guancia di Marinette in una lieve carezza –Sei così graziosa-
Nel frattempo Thomas Dupain si era allontanato intraprendendo un discorso con Monsieur Bourgeois  alle prese col vino.
-V.. vi ringrazio- balbettò la corvina.
-Imparerai l’arte del coraggio, e la esibirai come trofeo di vita- ritrasse la mano, arricciando le labbra nere -Hai l’aria di chi è destinato a fare grandi cose.
-Vorrei poterlo credere- sospirò osservando Josee afferrare uno stuzzichino dal vassoio di un maggiordomo e mangiarlo scoccando un’occhiata maliziosa ad un giovane uomo di passaggio impegnato a guardarla.
Così sfacciata, pensò Marinette divertita.
-Anche tua madre era insicura inizialmente eppure era diventata così coraggiosa da far invidia a Jeanne D’arc. Impara a non sottovalutarti mai- le sorrise nuovamente porgendole poi un braccio –Su, voglio sentire qualcosa su di te, ovviamente ricambierò come si deve- scoccò un occhiolino iniziando a sproloquiare qualcosa sulla pessima compagnia degl’invitati. 


Little Wonderland
Salve gentehh :3
Ecco a voi il primo capitolo di "Watching For Comets" spero che vi piaccia e chi vi abbia chiarito un po' la situazione; dal prossimo capitolo potremmo vedere il nostro amato Chat e.e
E chi sarai mai Josee Agreste?
Sebastian? Chloè?
Scopritelo nel prossimo capitolo ;)

A_M.J

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo II ***


Capitolo II
 
As your glance met my stare
But your heart drifted off
Like the land split by sea
Run to you - Pentatonix

-Il vostro parasole, mademoiselle- Amandine le porse l’utensile di stoffa bianca rivolgendole uno sguardo materno; i capelli castani ormai sbiaditi incorniciavano il viso stanco solcato da qualche ruga superficiale, segno del tempo che passava e Marinette sorrise tristemente quando ne ammirava i lineamenti saggi: il lavoro le aveva portato via la vita non potendo realizzare magari sogni nascosti.
-Amandine- prese tra le mani il parasole percependo il corpetto stretto comprimerle l’addome –Non hai mai  voluto qualcosa di meglio di… tutto questo?- le chiese.
La badante esibì un’espressione stranita –Che intendete, mademoiselle?-
-Una famiglia, dei figli, un marito… qualcuno su cui contare quando non avrai più le forze per farcela da sola-
-Marinette- Amandine le si era avvicinata accarezzandole un braccio lasciato scoperto dall’abito –Averti accudito e cresciuto come figlia mia, mi ripaga di tutto- il parasole cadde sul pavimento pulito della camera da letto emettendo l’unico suono percepibile nella stanza, quello della stoffa sulla pietra.
La corvina strinse forte la presa sulle spalle della badante, piegandosi quanto bastava per poterla abbracciare, percependo già lacrime di sale calde scivolare sulla pelle impallidita da una spolverata di cipria.
Pianse silenziosamente nascondendo il viso nell’incavo del collo della donna che con una dignità che confaceva a una donna della sua età cercava in tutti modi di frenare l’impulso delle lacrime –Non piangere, bambina mia- le accarezzò la chioma scura –Sei forte e riuscirai a fare strada, ed io ci sarò sempre fino al giorno in cui mi seppelliranno, lo prometto-
Si separarono quanto bastava per far si che la badante potesse accarezzare il viso di Marinette, umido di lacrime ma al contempo felice di sapere la devozione e l’amore che Amandine provava nei suoi confronti.
-Esibite un bel sorriso, mademoiselle o non riuscirete a far colpo su qualche bel giovine stasera-
-Sta sera incontrerò solo akuma, Amandine, non vedo su chi dovrei fare colpo-
La badante non rispose si limitò ad uno sguardo furbo di chi la sapeva lunga, riprendendo poi il parasole caduto sul pavimento e porgendolo nuovamente alla corvina guardandola uscire dalla stanza con la classica grazia di chi aveva passato una vita sotto regole di buona educazione e bon-ton.
Approfittò per afferrare lo spolverino che riponeva sempre su qualche mobile e iniziare a spolverare qualche cornice appesa al muro o statuetta di ceramica soffermandosi sul piccolo dipinto che raffigurava la donna dagl’occhi giocondi che era la madre di Marinette rimembrando il giorno dopo la morte di quest’ultima, quando Marinette aveva riportato alla luce il cadavere della madre.
-È una donna meravigliosa, madame- sospirò al quadro – Spero di star svolgendo adeguatamente il compito che mi avete affidato-
“Prenditi cura della mia bambina, Amandine, te ne prego”
***

L'aria era umida, satura di pioggia e fumo, il classico sentore di Parigi nelle giornate di primavera. Marinette ne percepii distrattamente l'aria fresca sulla pelle, impegnata nella solita passeggiata col padre intento a raccontarle qualcosa su una nuova cioccolateria aperta da poco.
-Vorresti andarci?- chiese facendo cenno ad un uomo e alla sua dama per salutarli.
La corvina roteò il manico del parasole nella mano, se l'avessero​ vista sua madre o Amandine sarebbero partite i rimproveri - Scusate padre, sono sovrappensiero per la missione e non riesco a pensare ad altro-
Tom sorrise dolce - Andrà tutto bene, Mari. Con la preparazione di Nathan riuscirai far fronte a qualunque problema-
-A proposito... penso sia meglio avviarci verso casa, voglio essere puntuale per l'incontro-
-Hai ragione- attraversarono la strada facendo attenzione alle pozzanghere ed ai bambini di strada intenti a rincorrersi e giocherellare tra le pozzanghere.
Tom rise sommessamente -Ricordo quando anche tu amavi uscire di casa per giocare per strada-
-E ritornavo a casa sporca di fango e terra-
-Tua madre non aspettava altro che infilarti nella vasca- risero, rimembrando ricordi felici, poi Marinette deviò discorso, quasi a scappare da quei stessi ricordi.
-Non mi avete ancora detto cosa nasconde monsieur Gerstae-
L'uomo assunse un espressione seria,fin troppo - Non mi sembra corretto nei confronti di Nathan, figlia mia.-
Marinette sbuffò.
-La sua é la storia di un uomo fuggito dalle ombre della sua famiglia- proseguì suo padre - Sua moglie e i suoi figli morirono durante un incendio-
-Pover uomo-
-Quando lo incontrai la prima volta fu durante una serata di gala. Si era presentato ubriaco come pochi, provando atteggiamenti troppo azzardati con tua madre- sorrise -Eppure dopo un battibecco di sguardi ci ridemmo sopra. Forse é cosí che si misura una possibile amicizia-
-Corteggiando la dama di altri e vedere la reazione del consorte, un po' rischioso, non credete?- 
Tom rise.
-E perché avete spezzato i rapporti? Non l'ho mai visto prima di una settimana fa- chiese Marinette
-Partí per Londra quando avevi pochi anni, é ritornato qualche mese fa; sfortunatamente non avevo avuto occasione di presentartelo-
Proseguirono per il marciapiede quando, proprio davanti casa loro, intravidero una vistosa carrozza parcheggiata. I cavalli bianchi sembravano usciti da una fiaba: lunga criniera bionda e struttura fiera.
La carrozza era di un legno chiarissimo, quasi bianco, dalle tendine color lavanda e gli intarsi dorati sulle ruote e sul bassofondo della cassa; sulla porticina un enorme intarsio rappresentante una C faceva sfoggio in tutta la sua ricchezza ed eleganza.
Il cocchiere, vestito egregiamente, si inchinò davanti a padre e figlia pronunciando in tono solenne e basso -Monsieur e Mademoiselle Dupain, mademoiselle Bourgeois ha voluto offrire un accompagnamento per l'invito di mounsieur Gerstae-
Marinette rimase stranita e perplessa: Chloé Bourgeois? La stessa egocentrica e viziata che non aveva fatto altro che deriderla?
-Ringrazia da parte nostra buon uomo. Marinette sarà subito da voi- il cocchiere annuì prima di congedarsi -È stato gentile da parte di Chloè venirti a prendere, no?-
“Gentilissima , se solo non avesse il carattere che si ritrova, potrei tollerarla” era quello che Marinette avrebbe voluto dire in tutta sincerità, ma non era né il momento né il luogo giusto per esternare certe opinioni, limitandosi quindi ad un –Molto, spero di riuscire a costruire un rapporto stabile con lei-
-Eh già- la assecondò Tom –Infondo sarete colleghe per tutta la durata della missione-
Dall'apertura di luce, Marinette intravide la figura seduta di Chloè. Ancora non riusciva a credere che le si fosse presentata davanti casa .
Chiuse il parasole porgendolo poi al padre, scoccandogli un bacio a livello della guancia –Porgo i vostri saluti a mounsier Gerstae?-
-Va bene, figliola. Buona giornata- e la vide dirigersi in postura perfettamente eretta verso la carrozza con l’abito dai toni biancastri capace di illuminarle la chioma bluastra.
Il cocchiere l’aiuto a salire ritrovandosi così faccia a faccia con la ragazza dai boccoli biondi tirati indietro in un acconciatura complessa e vistosa fatta di riccioli ammucchiati come un mazzo di rose.
All’interno della carrozza si respirava l’aria artificiale del profumo di quest’ultima impegnata a sventolarsi con un ventaglio dal pavese di tela color cioccolato, perfettamente in tono con l’abito sobrio, per quanto sobrio potesse essere un abito indossato da Chloè.
-Allora?- chiese indispettita –È educazione salutare e magari ringraziarmi per esserti venuta a prendere-
Marinette si morse la lingua: non la tollerava, non ci riusciva, ma si disse di provare a fare qualche sforzo.
-Grazie Chloè, è stato molto cortese da parte tua-
-Va già meglio- disse per poi lasciare cadere il ventaglio in un gesto puramente volontario  e ripescarlo con mano agile –Sentiti onorata-
-Per cosa, scusa?-
Chloè sgranò gli occhi sorpresa quasi indignata – Ti ho appena assicurato che potremmo diventare amiche; linguaggio del ventaglio, cara. Ti consiglio di impararlo se vuoi trovare un qualsivoglia marito o amico, e poi è altamente elegante e regale, degno di una regina-
Marinette alzò lo sguardo sulla tettoia della carrozza​ –Non pensavo di starti simpatica-
-Infatti no- chiuse l'apertura di luce alla sua sinistra con la tendina –Ma se voglio riuscire nella missione tanto vale far finta-
-E non pensi che adesso che me lo hai detto, non avrò più voglia di far parte del tuo gioco?- la corvina era stranita, fin troppo. Quella ragazza era una delle più perfide e ingenue che avesse mai conosciuto. Non era la prima che incontrava qualcuno dall'atteggiamento schietto quasi cattivo  ma Chloé lo era in modo sciocco.
-E perché mai non dovresti? Ci guadagni anche tu. È un enorme privilegio avermi come amica, sappilo-
Marinette non disse nulla semplicemente cambiò argomento non volendo far sfociare quella discussione nel ridicolo –Perché pensi ci abbia invitato monsieur Gerstae?-
-Nathan?- ripetè l’ape – Non so cosa la sua mente perversa possa pensare-
Marinette storse lo sguardo ripensando ai modi gioviali dell’uomo ma rispettosi al contempo, nulla che potesse sfociare in una strana perversione –Che intendi?-
-È l’informatore della compagnia. Conosce persone, akuma, gente in ogniddove. Come pensi che si acquisti la loro fiducia? Se sono uomini, molto raro, qualche bevuta e una giocata; se sono donne, beh… ti lascio immaginare. E non fa distinzione né di età né di razza-
-Strano non lo facevo così… sfrontato-
-Sfrontato è a dir poco, Ladybug. Fa di tutto per ottenere informazioni, ha persino adottato Josee quando non era altro che una marmocchia e noi non aleggiavamo neanche nel pensiero dei nostri genitori. Il perché é ovvio: con l'aspetto di quella donna aveva un passaggio tra gli akuma assicurato- iniziò a sventolarsi velocemente girovagando con lo sguardo sulle strade ciottolate di Parigi, dal profumo del pane e dell’erba bagnata.
Un luccichio aveva attraversato le iridi di Chloè -Ma mio padre si fida di lui affidandogli molti incarichi dal ceppo importante, quindi è abbastanza fiducioso e adeguato-
La carrozza si arrestò lasciando una Marinette con l’amaro in bocca e dalle infinite domande incastrare tra neuroni e sinapsi. 
La giovane Bourgeois scese aiutata dal cocchiere che si apprestò ad aiutare una Marinette ancora stordita dal viaggio.
La villa color pesco di monsieur Gerstae non aveva niente a che vedere con la sua sobria dimora o l’enorme e pomposa abitazione di Chloè.
Priva di giardino, la casa, si mostrava austera ed elegante dai tetti sporgenti color fumo in una via di soli lampioni e negozi di stoffe e profumi. In un spazio di ciottoli proprio dietro il cancello che dava sul giardino faceva sfoggio un alberò privo di foglie e dalla maestosità strabiliante.
Una casa spoglia, priva di buon gusto e triste per Chloè ma per Marinette era meravigliosa, un abitazione perfetta per passare giornate di calma senza il trambusto assordante delle carrozze o della gente.
-Sei rimasta pietrificata, Ladybug? Troppa sciatteria in una casa?- rise la bionda avviandosi senza indugio verso il cancello semi-aperto attraversandolo con grazia.
Ladybug, strano ma le piaceva quel nomignolo affibbiatole dalla Bourgeois. Ragazza viziata che aveva sempre fatto parte di quel mondo: forse era dovuto al fatto che fosse figlia del gran capo, non seppe dirlo, infondo era inusuale incontrare gente come Tom e Sabine Dupain-Cheng, genitori fin troppo protettivi nei confronti della figlia, che si erano sempre limitati a qualche racconto su akuma e miracolanti privo di dettagli e approfondimenti, come se avessero sempre mostrato a Marinette un' immagine sbiadita.
La ragazza raggiunse l’ape che non aveva perso tempo nel dare ordini ad una cameriera già indaffarata nel pulire un enorme vetrinetta che racchiudeva brillanti e gioielli, posta in un atrio piccolo da cui si diramavano altre due stanze.
-Zenzero e noce moscata- stava dicendo Chloè –E non aggiungere zucchero, lo sai che mi piace amaro, Rose- la cameriera annuì energicamente correndo subito per le cucine con in mano ancora lo spolverino grigio, rischiando di cadere sulla gonna del vestito più volte –Ho sempre detto che dovrebbero cambiare servitù- sibilò
-Non cambi mai, vero Chloè?- le due ragazze si voltarono verso quella che sembrava essere un salone dal grande camino acceso e dai mobili rustici color fondente; con andatura lenta e calcolata Josee si era avvicinata salutando Marinette con uno sguardo d’intesa. Un vestito sgonfiato color menta le risaltava la magrezza demoniaca ricordando una donna deperita da mesi.
-Perché dovrei? I miei sono solo ottimi consigli-
-Potresti risultare inopportuna, sai?- ghignò benevola la donna lasciando la giovane miracolante spiazzata con la gote arrossata; in un attimo aveva preso a sventolarsi freneticamente
 –Seguitemi, Nathan arriverà a minuti. È di sopra con… come aveva detto di chiamarsi?- si portò un dito artigliato alle labbra con espressione pensante –Ah, si. Sebastian-
-È stato invitato anche lui?- chiese Marinette prendendo posto in un divano dal tono bordeaux.
-Si. Prendete questa mattinata come una preparazione mentale di quello che incontrerete questa sera- sorrise divertita, prendendo un vassoio di porcellana con sopra un servizio da thè su cui spiccavano disegni di lavande
-Non ho bisogno di preparazione- si elogiò Chloè –Mio padre mi ha detto tutto quello che c’è da sapere sugl’akuma-
-Puoi anche andartene, se la metti così, non sentiremo la tua mancanza- esibì un sorriso pieno risultando alquanto inquietante causa le fauci. Marinette intuì che il rapporto tra le due, era sempre stato conflittuale nonostante la giovane miracolante, secondo una buona etichetta, doveva mostrarsi più rispettosa a chi mostrava più anni di lei –Tu Marinette?- la richiamò Josee –Sai qualcosa sugl’akuma? So che Tom è stato molto criptico riguardo quest’argomento-
-Poco se non nulla- rispose immaginando già le risatine della ragazza al suo fianco che stranamente non aveva aperto bocca.
-Con certi splendori in casa la gente non potrà che invidiarmi- Nathan entrò nella stanza seguito dalla figura alta e robusta di Sebastian con in mano quello che sembrava un scrigno.
-Il solito adulatore- commentò Josee; nel frattempo la cameriera Rose era ritornata con una teiera fumante tra le mani, affrettandosi a versare il contenuto nelle tazzine.
Nathan prese posto in una poltrona passando in rassegna i volti dei giovani con le iridi di ghiaccio soffermandosi su Marinette.
-Sai cosa sono gli akuma?- chiese serio e pacato, ricevendo un gesto di assenso.
-Esseri provenienti dall'inferno venuti per controllare e possedere le menti umane-
-Ma non sono tutti simili- continuò l'uomo -Conosciamo solo tre tipi di akuma: gli akuma, gli akuma-difetto e gli akuma-miraculous- spiegò, prese una tazzina di tè bollente e bevve un sorso - Come saprete gli akuma sono immortali, sono l'incarnazione del male, non possono avvicinarsi né alla luce né a luoghi sacri... beh... gli akuma-difetto sono l'esatto opposto di loro: solitamente predicano il bene, sono mortali e possono esistere alla luce del sole, semplici umani se non avessero il potere di possedere un uomo o creatura che sia-
Gli occhi gli si illuminarono , ma non era emozione o sentimento, no, Marinette li aveva visti illuminarsi come stelle nella notte ed erano stati bagliori puri.
Akuma-difetto? Mai sentiti, aveva sempre conosciuto i demoni come gruppi di esseri maligni, non conosceva quella "distinzione".
Sebastian porse lo scrigno inciso al miracolante che si apprestò ad aprirlo e mostrare il contenuto: anelli. Anelli dalle pietre preziose incastonate lungo l'oro; cinque anelli per la precisione. Marinette rimase strabiliata di uno con rubino incastonato, luminoso e vivace, sembrava avere vita propria come se pulsasse.
-Tra tutti, però, esistono sette demoni catastrofici, i sette principi dell' inferno, i sette peccati capitali, i sette akuma -miraculous- Nathan posò la tazzina su un piattino - Sono cosí potenti che questa dimensione non può contenere la loro vera forma; possono divenire qualunque cosa loro desiderano- indico con un gesto della mano lo scrigno aperto, alzando le sopracciglia -Sfortunatamente la compagnia é riuscita a recuperarne solo cinque-
-Papà mi ha tenuto all'oscuro di queste meraviglie?- quasi urlò Chloé afferrando scaltra un anello dalla gemma nera, fece per metterselo ma Sebastian afferrò prontamente l'anello.
-I miraculous vivono di sangue- disse - Se lo indossi rimarrai legata a lui per sempre- girò l'anello mostrandone un interno fatto di aghi e spuntoni -Rischi che la vita ti si accorci ma ottieni un immenso potere demoniaco- lo ripose nello scrigno, volse uno sguardo d'intesa a Nathan; i suoi occhi di ghiaccio vagarono per la stanza fino a fermarsi sulla figura slanciata di Josee.
-E nessuno li ha mai indossati?- chiese Marinette.
-Si, ma i portatori non raggiunsero mai i venticinque anni-
Chloé rise mestamente coprendosi le labbra colorate con il ventaglio.
***

Era successo velocemente e improvvisamente.
Marinette vestita di rosso scarlatto per la serata a Villa Agreste, aveva preso posto nella carrozza di Chloé occupata interamente dall'abito dozzinale di quest'ultima.
-Hai le mani così pallide e nude- aveva detto -Dovresti adonarle- un sorriso che nella penombra della carrozza sembrò cattivo -Una Miracolante rischierebbe qualsiasi cosa, sai? Ne sei consapevole?-
-Non ho paura del rischio- e qualcosa l'aveva morsa sul medio, le aveva azzannato la carne e non aveva intenzione di staccare via le fauci.
Sentí il sangue affluirle alle mani violentemente, il respiro mancarle.
-Scusami Marinette- aveva detto Chloé, un tono realmente dispiaciuto -Ma mia madre é stata condannata all'inferno e devo riprendermela- la corvina intravide l'anello, il rubino rosso -Ma sono troppo codarda ed egoista- 
Lacrime involontarie che solcarono le gote di Marinette.
Non pensarci, farà male per poco, il tempo di nutrirmi.
Un demone le stava parlando, un demone era nella sua testa, un demone stava bevendo il suo sangue attraverso quell'anello lasciandola senza parole e respiro. Chloé, ad ogni goccia bevuta dall'akuma, assumeva un'espressione sempre piú preoccupata -Marinette?-
La tua anima é pura; il tuo sangue delizioso.
-Marinette-
Marinette
-Marinette!- aveva iniziato a sventolarle il ventaglio sul volto  spingendole contro un' aria che non riusciva a respirare - Ti prego non svenire, è poco elegante e non sono pronta per queste situazioni-
la corvina sembrò annuire.
-Stai bene? Ti sei ripresa?- altro gesto d'assenso -Tolgo l'anello-
Non farglielo toccare, soffriresti solamente.
Marinette ascoltò la voce leggiadra nella sua mente, scostando infastidita la mano da quella della bionda.
-Sei completamente pazza!- urlò la corvina mandando al diavolo buone maniere e compostezza, avvertendo l'anello pulsare -Sei una stupida bambina viziata!- continuò.
Poi risentì le parole di Nathan "Non raggiunsero mai i venticinque anni".
La carrozza si fermò e lei non perse tempo: si catapultó fuori, un groviglio allo stomaco e un demone che cercava di tranquillizzarla; davanti a lei Villa Agreste acclamata da musica di violino e akuma sotto spoglie umane.
-Ladybug- 
-Non... parlarmi- aveva detto intimidatoria - Non farmi pensare a quello che hai appena fatto, devo pensare alla missione- si asciugò velocemente una lacrima.
Proseguí spedita sul ciottolato, tra le mani un invito accartocciato, non si accorse nemmeno di averlo dato al maggiordomo prima di entrare nell'enorme dimora, brulicante di akuma.
Un ragazzo con le corna rosse lucide e gli occhi da insetto le rivolse uno sguardo interessato insieme a lui altri invitati avevano ammirato la figura di Marinette.
Gente dalla pelle bluastra o dalle squame; corna che fiorivano da capelli morbidi; code o spuntoni che bucavano abiti pregiati e pomposi. Marinette era tentata alla fuga, furono forse quei pochi akuma dall'aspetto umano a rassicurarla.
Fiutano la paura, Marinette. Calma il tuo animo inquieto.
-Chi sei?- sussurrò -Qual è il tuo nome?-
Sono la quinta principessa infernale, l'avarizia. Il mio nome è Tikki.
Marinette inspirò: troppe informazioni in una sola volta e doveva cominciare ancora ad entrare nel vivo della missione, cosa che a Chloé era riuscita facile, intenta a sorridere e intavolare discorsi con un gruppo di giovani akuma dalle fattezze maschili.
-Una bellezza cosí particolare. Che fortuna trovare un cosí bel corpo da possedere- il ragazzo dalle corna rosse; da vicino Marinette ne sentí la puzza di zolfo. Quando prese coscienza delle sue parole si affrettò in una risposta dal retrogusto amaro -Beh, gli umani sono i nostri contenitori tanto vale che siano di bellezza particolare- ma Marinette sapeva che quelle parole erano frutto di un demone impiantato a forza nella sua mente.
Il demone rise e bevve un sorso da un calice che teneva saldo tra le mani -Siete nuova suppongo, non vi ho mai visto-
-Mi hanno informata su queste riunioni- un urlò di gioia si levò da un altra stanza; alcuni akuma sussurravano qualcosa che sembrava ricordare "Ha vinto una mano".
-Mi permettete di presentarvi la casa?-
Marinette esibì un classico sorriso sforzato; quasi ebbe ribrezzo quando tastò la pelle lucida e gelida dell'akuma.
-Sarebbe un onore- 
Marinette vagò tra oro e stoffe pregiate, abiti costosi e l'odore intenso e acre dell' inferno.
-Che ne pensate?-
-Ehm...- silenzio 
-Della casa- l'akuma sorrise rivelando canini neri, affilati come lame di rasoio -Sapete il proprietario gode di un certa fama nel regime e della fiducia di Napoleone III-
Il regime alleato con l'inferno, infondo c'era da aspettarselo: solo la malignità poteva sottomettere la mente e il cuore di milioni e piú francesi.
Doveva scoprire altro.
Intravide tra gli invitati un figura femminile, giovane e coperta di soli stracci; il viso deformato in una situazione di puro terrore.
Umani
Non seppe capire se la principessa infernale fosse disgustata o impietosita, ancora faceva fatica a comprendere di avere un akuma impiantato nella mente.
-Siete interessata al gioco?- chiese il demone ma non aspettò risposta -Mademoiselle lasciate che vi presenti mio cugino- poco dopo Marinette intravide tra le folla un ragazzo.
Statura alta, fisico atletico stretto in un completo nero, frac e pantaloni eleganti,e occhi capaci di sciogliere come acido, incorniciati da una semplice mascherina color pece. 
Un verde perfetto e luminoso.
-Nathaniel- una voce calda capace di entrare sottopelle, un sorriso appena accennato.
-Chat Noir, non sapevo di incontrarti sta sera-
-Nulla da fare- alzò le spalle spostando poi lo sguardo sulla figura della corvina che si ritrovò ad avvampare e scostare lo sguardo altrove, gesto altamente maleducato per una signorina come lei.
-Incantato- disse solamente lui quando l'akuma chiamato Nathaniel l'aveva presentata come la nuova arrivata.
Chat Noir afferrò saldamente la mano della ragazza, percependo attraverso un guanto di pelle nera una tale energia da eccitargli i nervi. Baciò delicatamente il dorso, perdendosi in un oceano soleggiato che erano le iridi della ragazza.
-É un piacere fare la vostra conoscenza Monsieur- squadrò il pavimento ai suoi piedi, si disse che stava risultando talmente stupida e impacciata e percepiva le risate genuine di Tikki.
É solo un ragazzo Marinette.
"Un akuma, a dirla tutta. Questa mia reazione é sbagliata, sconcertante se non volgare".
Tikki rise e Marinette fu certa che quelle parole pensate non erano altro che frutto di una rigorosa educazione dedita a raffigurare gli akuma come mostri. Eppure Chat Noir sapeva mostrare un sorriso con occhi e labbra che sapevano renderlo umano come pochi, capace di sciogliere la corazza di buone maniere della corvina.
-Cugino, non ti dispiace se chiedo un ballo a mademoiselle....-
-Mar... ehm Ladybug- forse Chloé non era stata poi così inutile: il soprannome affibbiatole la stava aiutando.
Nathaniel sorrise aspro, riversando con un solo sguardo un odio viscerale verso il cugino; si allontanò non emettendo parole mentre Marinette afferrava tremolante la mano, guantata di pelle, di Chat Noir.
La sala da ballo le sembrò lontana anni luce mentre percepiva il calore bollente del ragazzo attraverso l'arto.
-Non mi convincete, per nulla- disse l'akuma -Non avete nè l'aspetto né l'energia di un akuma. Chi e cosa siete mademoiselle?-
Marinette rimase pietrificata assimilando a pieno le parole.
Come aveva fatto? Era stata scoperta? L'avrebbero uccisa o peggio posseduta?
Balbettò parole incomprensibili. Chat Noir la guardava con certa intensità da lasciarla nuda se non scuoiata.
Poi un urlo.
E tra demoni e sangue, Marinette la vide: la ragazza vestita di stracci in ginocchio davanti ad un akuma da una decina di bulbi oculari sulla fronte. Rideva, sguainando le fauci rosse come il sangue.
Afferrò il collo della ragazza, sollevandola e imprimendole polpastrelli e unghie sulla guance. 
Dalla bocca spalancata del demone si levò un fumo denso e nero.
Marinette non crebbe ai suoi occhi.


Little Wonderland
Salve gentehh :3
Chiedo umilmente perdono per l'enorme ritardo con cui ho pubblicato il capitolo ma il mio PC mi ha letteralmente abbandonata e sono stata costretta a scrivere sul telefono e inserire il codice HTML a mano. In ogni caso, spero che il capitolo vi piaccia e perdonatemi per eventuali errori, mi assicurerò di sistemarli.

A_M.J

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3653887