Uno straordinario amore ordinario

di ilmareamezzanotte
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il ragazzo del terminal ***
Capitolo 2: *** Venerdì ***
Capitolo 3: *** Discoteca ***
Capitolo 4: *** Incontri più o meno casuali in biblioteca ***
Capitolo 5: *** Rock'n'Roll! ***
Capitolo 6: *** Confessioni ***
Capitolo 7: *** Ginnastica no! ***



Capitolo 1
*** Il ragazzo del terminal ***


1. IL RAGAZZO DEL TERMINAL
 
"Qual è il suo nome, già?"
"Miranda Grillo" biascicai per la terza volta.
Quella segretaria era proprio cretina, possibile che non notasse che l'intervallo era già finito da un pezzo e io avevo fretta di tornare in classe? Dio, ma chi me lo aveva fatto fare di assecondare mio padre e di lasciarmi convincere che no, non ci sarebbe stato nessun problema a consegnare dei documenti da parte sua alla segretaria della mia scuola, così che giungessero alla preside il prima possibile.
Mio padre era proprietario di un'associazione e, tra le altre cose, finanziava anche vari progetti scolastici, quindi non era raro che lo vedessi anche a scuola a discutere con la preside riguardo all'organizzazione di questi.
Quello che era raro era che mandasse me a fare le SUE commissioni e il fatto che la segretaria mi chiedesse duemila volte come mi chiamavo: era un liceo, cavolo, non un penitenziario!
"Ok, abbiamo scannerizzato tutti i documenti, li invieremo via e-mail alla preside, ringrazia tuo padre."
Con un sorriso tiratissimo e completamente fasullo, strappai i documenti dalla mano della segretaria e corsi in classe.
"Grillo, l'intervallo è finito un quarto d'ora fa."
"Ehm... Lo so, mi scusi professoressa, dovevo consegnare dei documenti in segreteria."
"Come no, d'ora in poi ti occupi anche delle faccende burocratiche? La prossima volta inventa una scusa migliore. Hai tre secondi per tornare al tuo banco prima di essere interrogata."
Digrignai i denti così forte che temetti di spaccarmi un molare. Era così difficile evitare di risponderle sgarbatamente come facevo di solito con le persone che osavano mettermi i piedi in testa.
Non ero altezzosa, ero combattiva.
Ma, ovviamente, non mi era permesso esserlo con la prof, almeno non con QUELLA prof. La Martini era il terrore del liceo scientifico Vittorio Emanuele, la professoressa di latino e italiano più odiosa della storia: sapeva umiliarti e farti sentire uno stupido insetto facilmente schiacciabile dal tacco dei suoi orrendi stivali in pelle di pitone sintetica. E di sicuro questo non faceva bene al mio ego e al mio autocontrollo, che era sempre più messo a dura prova da quella donna, che, sono sicura, non mi sopportava per nulla.
Il quarto anno di liceo, era appena Ottobre, e già non sopportavo l'idea che mancavano ancora quasi un anno e mezzo per liberarmi da quella strega. Sempre se non mi avesse bocciata, ovvio.
"Smettila di morderti la guancia per la rabbia e prendi almeno qualche appunto su Dante, scema, se no la Strega quest'anno ti boccia sul serio."
Ecco, appunto.
Girai la testa verso la mia compagna di banco, Angie, la mia salvezza nelle verifiche nonchè grande amica e vicina fissa del banco in terza fila vicino alla finestra.
"Ha solo da provarci, così potrò finalmente dirgliene quattro." ghignai.
Angie non si scompose, era abituata al mio caratteraccio, anzi adorava la mia acidità: in fondo anche lei, con quel sorriso angelico e il suo chignon perfetto, era una tipa sveglia e forte.
Dopo due interminabili ore di italiano, finalmente il suono della campanella: salvezza!
La solita corsa verso il terminal con Angie, che, con il suo metro e settanta di sole gambe, lasciava facilmente indietro il mio povero metro e sessanta scarso, che si affannava inutilmente a rincorrerla.
Dopo pochi minuti, eccoci finalmente al terminal: aprii la porta per entrare nella struttura dove le persone aspettavano che venisse annunciato l'arrivo del loro pullman in corsia.
Non facevo quasi mai caso alle persone che circolavano lì: erano così tante! E, come se non bastasse, facevano un casino infernale correndo tutti in direzioni diverse per raggiungere ognuno la propria corsia.
Non scontrarsi con qualcuno era praticamente impossibile!
E infatti...
"Ahia!" Non ero mai stata una che si limita a stringere i denti e andare avanti tranquilla quando veniva invaso il mio preziosissimo spazio personale.
"Ehi, che caratterino... Scusami dai, non l'ho fatto apposta!"
Avevo già sulla punta della lingua "Scusa, prego?! Ci mancherebbe che l'avessi fatto apposta!", ma le parole mi morirono in gola quando mi girai verso di lui e venni investita da due fasci verdi. I suoi occhi mi stregarono subito, i capelli biondo cenere seguirono a ruota e per finire il sorrisino beffardo -dovuto probabilmente alla mia faccia rossa di rabbia- mi diede il colpo di grazia: cavolo, era il ragazzo più bello che avessi mai visto!
"Vabbè, per sta volta passi." Ringraziai mentalmente la mia voce ferma e il fatto che probabilmente fossi già rossa per la corsa verso il terminal e per la rabbia causata dalla spallata, così non avrebbe notato l'arrossire delle mia guance dovuto a tutt'altri motivi.
"Oh, grazie per avermi concesso il suo perdono!" Il suo sorriso si trasformò in un ghigno.
Mi stava sfottendo? Ma chi si credeva di essere? Mi aveva quasi buttata per terra e pretendeva che non mi lamentassi? Ma guarda che tipo questo, oh...
Gli rivolsi una smorfia per nulla amichevole in tutta risposta, poi girai i tacchi e me ne andai decisa, seguita da Angie.
"Era carino quel tipo, eh?"
"Ma per favore Angie, era uno stronzo punto e basta."
"Ahahah, anche tu sei una stronza, Miri."
"Sì, ma io sono un'ADORABILE stronza e non dó spallate alla gente!"
Ecco, avevo finalmente ritrovato il buon umore grazie alla mia migliore amica, chi era quel bel visino per rovinarmi la giornata?
Mi sarei scordata in fretta di quegli occhi verdi, in fondo era solo un ragazzo a caso che passava per il terminal, uno come tanti che non avrei più rivisto.
Chi poteva immaginare che presto per me quel ragazzo sarebbe diventato IL ragazzo del terminal?

 
ANGOLO AUTRICE: Ciao a tutti i patati che leggeranno questa storia! Intanto, benvenuti! Questa è la mia prima storia in assoluto, sono nuovissima di questo mondo. Leggo tanto e scrivo da sempre ma non ho mai concesso a nessuno di leggere cose mie. Quindi questa è un'esperienza nuovissima che spero andrà a buon fine! Se vi è piaciuta la storia, se l'avete letta, se volete darmi qualche dritta o qualche critica costruttiva, se volete anche solo salutarmi, RECENSITE! Così vedo anche un po' come va, se vi piace, se vi incuriosisce... Mi rendereste veramente felicissima!! Progetto questa storia da un po', quindi una trama generale da seguire ce l'ho, ma è tutto molto libero e diciamo che scriverò un po' in base alle idee che mi vengono sul momento! Spero comunque che il risultato finale vi piaccia! Ho in progetto anche di inserire dei testi delle canzoni inerenti a ciò di cui parlo nel capitolo all'inizio o alla fine del capitolo. In questo non ci sono ancora perché sinceramente non sapevo veramente quale canzone mettere, ma nei prossimi ci saranno quasi sicuramente! Allora io vi saluto, spero vi piaccia e spero mi facciate sapere, bacioni!

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Capitolo 2
*** Venerdì ***


2.VENERDÌ!
Oh grazie a Dio, sì, era venerdì!
Venerdì nella lingua di tutti gli studenti voleva dire una sola cosa: fine settimana, weekend, uscite, alcool, fumo, divertimento. Magari avrei pure messo piede nella squallida e minuscola discoteca della città, chissà.
Ero così contenta! Non vedere più per due giorni la faccia perennemente arrabbiata e truce -peggio di un boia al patibolo,oh!- della Martini. Due bellissimi giorni senza interrogazioni di latino e italiano.
Dovevo ricordarmi di cercare chi aveva inventato il fine settimana e fargli dedicare un monumento: se lo meritava a pieno titolo.
Il venerdì aveva solo un problema: mezz'ora in più. Dovevamo passare a scuola mezz'ora in più, così invece di uscire alle 13 come al solito, noi studenti disgraziati del liceo scientifico Vittorio Emanuele dovevamo uscire alle 13:30, e questo valeva solo per gli studenti del nostro liceo in tutta la città! 
Che ci volete fare, in fondo il weekend bisognava sudarselo.
Purtroppo, però, ciò significava solo una cosa: non era possibile prendere il solito pullman alle 13:10(per il quale io e Angie dovevamo già affannarci a correre come due povere pazze), ma eravamo costrette a prendere il successivo, alle 14:00
Mezz'ora dopo la nostra uscita da scuola. 
Io e Angie le avevamo già sperimentate tutte per far passare in fretta quel tempo: andavamo al bar a prenderci un caffè se la giornata era stata particolarmente faticosa e avevamo bisogno di una carica, o in pizzeria così mangiavamo già pranzo e a casa avevamo più tempo per divertirci, uscire o cazzeggiare, ma ultimamente finivamo sempre in biblioteca per avvantaggiarci nello studio e poter avere il fine settimana più tranquillo e sereno.
Quel venerdì, però, Angie non c'era, probabilmente aveva di nuovo propinato a sua madre la scusa del mal di pancia. Insomma, non le bastava lasciarmi da sola ad affrontare la Martini per ben due ore e mezza, ora dovevo anche inventarmi un modo per non morire di noia in quella mezz'ora. Scartai subito bar e pizzeria: che senso aveva mangiare se non potevo nemmeno chiacchierare con qualcuno durante il pranzo? Avrei mangiato in fretta e sarei stata al punto di partenza. Di andare in biblioteca non se ne parlava proprio: la mia voglia di studiare si era esaurita con l'ultima ora di biologia di quella mattinata, che cavolo era pur sempre venerdì, potevo rilassarmi almeno quel pomeriggio!
Sospirai: l'unica soluzione era andare al terminal e aspettare lì che gli interminabili trenta minuti passassero.
Una volta giunta lì, mi sembró davvero strano, e non solo perché non avevo compiuto la mia solita corsa contro il tempo per arrivarci, ma soprattutto perché era quasi deserto: c'erano pochissime persone e regnava un silenzio quasi surreale, considerato che di solito appena un'ora prima nello stesso posto regnava il caos più assoluto e un'enorme quantità di gente urlante.
Non ero mai stata un'amante del silenzio, ma sentirlo proprio nel posto che io consideravo il più rumoroso al mondo mi tranquillizzó.
Forse mi sarei pure rilassata in quella mezz'ora, in fondo avevo pur sempre il mio iPod per far passare il tempo.
Misi le cuffiette e dalla riproduzione casuale uscì la canzone perfetta: Venerdì. Sorrisi: il caso era pazzesco a volte.

Cinque giorni che mi sbatto, 
di stress, di fatica,
grazie al cielo è venerdì per due giorni mò è finita, 
stasera si va in vita,
sei di pomeriggio e sembra che c'è il sole, aria primaverile, 
anche a Febbraio il venerdì a quest'ora rassomiglia ad Aprile equivale a magliettine e minigonne, che stile!
 
È venerdì, porta via lo stress di questa settimana, 
finalmente è venerdì, dimentica i problemi,
stasera non li tieni, 
siamo schegge di energia per la città, 
siamo il riflesso del colore che ti abbaglierà, 
e la musica che ci ha portato fino a qui, 
ti fa sembrare che ogni giorno sia un pò venerdì!

Mi trovavo in una saletta con sole sedie, tipica di qualunque stazione. Non avevo fatto molto caso alle altre persone, ma mentre ero totalmente immersa a oscillare la testa come una povera pazza al ritmo della canzone degli Articolo 31, mi capitò di dare una breve occhiata in giro, giusto per vedere quale povera creatura si trovasse come me alle 13:40 al terminal a morire di noia.
Appena alzai gli occhi, però, mi pentii istantaneamente: appoggiato al muro di fronte, a circa mezza stanza di distanza da me, c'era un ragazzo con i capelli biondo cenere, due stupendi occhi verdi magnetici puntati dritti verso di me e un sorrisetto sbruffone che poteva solo dire "ti sto prendendo per il culo da mezz'ora e tu te ne accorgi solo ora?". Oh mio dio! Il ragazzo del terminal! L'avrei riconosciuto tra mille: la spalla mi aveva fatto male all'inizio, ma in quei due giorni il dolore era passato veloce. Oh, ma non prendiamoci in giro! Non era certo per la spallata che lo riconoscevo! La verità, per quanto dura da ammettere, era che fosse un ragazzo proprio carino e quindi il suo viso mi era rimasto impresso.
Riabbassai gli occhi sull'iPod fingendo di non vederlo, in fondo magari nemmeno lui mi riconosceva. Ti prego Gesù, se esisti, fai in modo che non mi riconosca!
-Lo sai che sei proprio buffa quando ascolti la musica?-
Gesù mi hai deluso profondamente.
Mi sforzai di sostenere il suo sguardo e di prenderla sul ridere, per quanto il suo ghigno mi stesse mandando la rabbia alla testa.
-Me l'hanno detto.-
Era vero, Angie continuava a ripetermelo: avevo il vizio di scuotere la testa a ritmo della canzone, spesso con gli occhi chiusi e mimando le parole con le labbra, senza peró dire o cantare neanche una parola. Ok, effettivamente non penso fosse un magnifico spettacolo da vedere, ma io lo facevo inconsciamente, manco me ne rendevo conto!
-Immagino. Comunque anche io mimo le parole ogni tanto, a volte le canzoni ti piacciono così tanto che ti immedesimi.-
Strano, sembrava quasi che fosse sincero, mi stava forse aiutando ad essere meno in imbarazzo?
-Esatto, è quello che succede anche a me.-
Improvvisamente si avvicinò, per sedersi su una sedia di fronte a me. Oh tipo, non ci conosciamo neanche, tu mi tiri una spallata, mi sfotti un po' e ora siamo amiconi e devo passare la mia sacra mezz'ora di relax a parlare con te? Non credo proprio.
-Senti, volevo chiederti scusa alla fine per quella spallata, magari è stata eccessiva, in fondo tu sei piccolina e..-
-Piccolina??!-
-E beh, dai, quanti anni avrai? 15/16?-
-Ne ho quasi 18.- Il mio tono era freddo e risoluto. Mi sarei stretta la mano da sola. Ok, ero minuta di statura, ma questo non significa che volessi essere scambiata per una mocciosa, che cavolo! 
La mia rabbia raggiunse livelli estremi quando un sorrisetto di puro divertimento apparve sul suo volto.
-Ok, ok, scusa, in fondo ti ho detto che dimostri meno anni di quelli che hai, non è un complimento di solito per voi donne?-
-Sì, se vai a dirlo alle donne di 50 anni in piena crisi di mezza età ti adoreranno, ma mi hai praticamente detto che sembro una di quelle ochette del secondo anno!-
-Eddai, quanto la fai lunga, era per prenderti un po' in giro!-
-Si si certo, e allora vediamo, quanti anni avresti tu? 12? Perché intellettualmente li dimostri, Tesoro.- sibilai l'ultima parola con una tale acidità che sorprese quasi me stessa.
-19, Tesoro.- La mia ironia pungente non lo aveva colto minimamente. Anzi. Tutta la rabbia, l'acidità e il disprezzo con cui io avevo pronunciato "Tesoro", lui l'aveva tramutato in tranquillità e quasi... Dolcezza. Sì, aveva pronunciato quella parola con dolcezza: una dolcezza che vedevo riflessa nel suo sorriso. Non mi stava più prendendo in giro, aveva un sorriso così dolce e smielato che per un attimo pensai che fosse tenero. Mi aveva sorpreso. Ero in soggezione davanti a quel cambio radicale di atteggiamento. Non sapevo come comportarmi, non volevo essere stronza con un ragazzo dolce. Ma lui era davvero un ragazzo dolce o era uno dei suoi soliti trucchetti per farmi innervosire?
-Oh, hai perso la lingua?- Bye bye sorrisetto dolce, bentornato ghigno. Devo ammettere che mi eri mancato, almeno con te so come comportarmi! Cavolo, quel ragazzo mi spiazzava sempre di più. Per un attimo avevo creduto sul serio che potesse essere dolce e tenero.
Non attesi oltre, gli feci una linguaccia degna della bambina più viziata e capricciosa del mondo.
-Ah, ma allora ce l'hai...- Rise.
-Cosa ci fai al terminal a quest'ora?- Era da un po' che volevo chiederglielo in realtà, era strano trovare dei ragazzi al terminal a quell'ora, a parte quelli del Vittorio Emanuele, ovvio, ma ero quasi certa che lui non lo frequentasse: conoscevo bene i ragazzi dell'ultimo anno, eravamo amici e, beh, insomma, uno come lui l'avrei notato da un pezzo.
-Ho perso il bus.- Ma certo, la cosa più ovvia.
-Peccato, perché avevo anche corso per prenderlo ma non ce l'ho fatta.- Scrutó per un attimo la mia espressione praticamente disinteressata, che lo pregava solo di andarsene e lasciarmi in pace, e fu così che notai un luccichio nei suoi occhi. Un luccichio che non mi piacque per niente. E infatti... -Ho persino dato una spallata ad un paio di ragazze per la fretta, ma il pullman l'ho perso lo stesso.- 
Mi squadró con uno sguardo divertito, sapevo che il mio volto stava riflettendo chiaramente tutta la mia rabbia. Mi aveva fatto male quella spallata, che cavolo, e lui si permetteva pure di scherzarci sopra? Stavo per rispondergli per le rime, in preda al furore, ma poi ebbi un'illuminazione. Non sarei stata al suo gioco, non quella volta.
-Oh... Pensavo di essere io l'unica "ragazza della spallata"- la mia voce era triste, i miei occhi fissi nei suoi, leggermente socchiusi. La mia voce, il mio sguardo, il mio sorriso, tutto il mio corpo in quel momento trasudava tristezza e malizia, lo stavo sfidando a dirmi che ero l'unica, che quelle altre due spallate se le era inventate da capo a piedi. E ci stavo riuscendo. Avevo finalmente letto lo stupore in quelle iridi verdi, non poteva credere ai suoi occhi: non lo avevo respinto, lo avevo catturato. Avevo vinto. Avevo vinto finalmente un round di quella lotta che c'era sempre stata tra noi, fin dal primo momento in cui avevamo parlato. Una lotta fatta di parole pungenti, sguardi, gesti. Una lotta basata su chi indovinava prima l'emozione dell'altro. E qui la sua emozione era palese: stupore. Avevo vinto una gara di battute pungenti con la fragilità. 
Beh, una fragilità simulata, ma avevo comunque vinto. Questo round era mio.
Ero così felice di avergliela finalmente fatta pagare, che non potei fare a meno di controllare un ghigno divertito: l'angolo destro della mia bocca schizzó in su e si aprì in un sorrisetto beffardo, per prenderlo in giro.
Lo notó proprio nel momento in cui, credo, era sul punto di rivolgermi finalmente le sue scuse. Forse fu per questo, per la fretta e per la rabbia di essere stato preso in giro, che dalla sua bocca uscirono quelle parole:-Oh, no, cara, non sei l'unica! Tu non hai nemmeno idea di quante ragazze vogliano toccarmi, e non solo la spalla!-
Odiavo i ragazzi che se la tiravano. Odiavo anche le ragazze che se la tiravano, se è per questo. Erano due categorie di persone che proprio non sopportavo. Odiavo le persone che se la tiravano per i soldi, i vestiti, la bellezza, ma più di tutto odiavo le persone che se la tiravano per il successo in amore. Sempre se di amore si trattava. Avevo ottenuto tante delusioni da questi individui: li conoscevi per caso, ti dicevano tutte cose carine, così che tu ti concedevi a loro anche con troppa facilità, convinta che fosse il tuo principe azzurro, la tua anima gemella. Ed è così che si rimaneva fregate, perché lui ovviamente non era il principe azzurro, ma il primo decelebrato che semplicemente ti aggiungeva alla sua lunga lista di conquiste e magari metteva persino un voto vicino al tuo nome, prima di passare a farsene un'altra la sera successiva. Avevo ricevuto troppe delusioni, troppe storie simili a questa, non tolleravo più persone del genere. Erano semplicemente dei ragazzi senza cervello, interessati solo al primo buco o alla prima lingua che trovavano, fosse per me li avrei volentieri accoppiati tutti con quelle ochette senza cervello, che andavo in giro a raccontare quanti se ne erano fatti il sabato sera, come se la bellezza dipendesse da ciò. I decelebrati e le oche, che coppia perfetta! E invece no, i suddetti decelebrati dovevano venire a rompere il cazzo a me, a farmi sognare che l'amore esistesse anche per una come me, quando ovviamente non era così. Se ne tornassero a casa loro, i decelebrati, non avevo tempo per loro, soprattutto non avevo tempo nella mia sacra mezz'ora di relax.
Il problema era che, per quanto prepotente, ironico e irritante fosse il ragazzo che mi stava di fronte, non lo avevo mai considerato un decelebrato. Avevo colto una certa vena di ironia e di intelligenza nelle sue battute, in fondo, se ci fossimo conosciuti da tempo, alcuni suoi commenti pungenti mi avrebbero anche fatto ridere. Non mi sembrava il tipo che si vantasse del suo aspetto o del suo successo con le ragazze, mi sembrava un ragazzo che tendesse a far emergere di più la sua personalità. Beh, evidentemente mi sbagliavo. Era solo un insulso decelebrato, come tutti gli altri che avevo incontrato. Inutile. Ero davvero arrabbiata, forse più con me stessa per essermi sbagliata così tanto sul conto di una persona.
-Io non volevo assolutamente questo "onore", la tua spallata potevi pure tenertela, non sei irresistibile per tutte a quanto pare.-
Rabbia nei miei occhi.
Sorpresa nei suoi.
Disprezzo.
Consapevolezza.
Solo più rabbia. La mia.
Aveva abbassato gli occhi.
-Ti sto proprio antipatico, eh?- Una voce triste, un sorriso dolce, ma senza emozioni. Sembrava rassegnato.
Ma non mi sarei fatta più prendere in giro. Un sorriso dolce ogni tanto non cambiava il fatto che rimanesse uno stronzo. Uno a cui piaceva ostentare la sua bellezza e farsele tutte. Stava spendendo un po' più tempo con me, semplicemente perché mi considerava la "conquista difficile", ora era chiaro. No, così non andava proprio. Non mi sarei fatta abbindolare. Non più.
-Effettivamente preferirei parlare con  altre persone in questo momento. Ma che importanza ha? Tanto tra qualche giorno non mi ricorderò nemmeno più la tua faccia, grazie a Dio.- 
Ok, forse ero stata un po' troppo dura. Ma le parole erano uscite di impulso, dettate dalla rabbia, non dal mio cervello. Mi capitava spesso, di lasciare alle mie emozioni il controllo completo di me.
Non osavo quasi rialzare gli occhi verso di lui, avevo paura di ciò che avrei visto. Ma ormai il danno era fatto, non restava altro che salvare la dignità. 
Lo guardai. 
Ma lui, con mia immensa sorpresa, non mi stava guardando.
Aveva gli occhi puntati sulle All Star.
-Quando hai il pullman?-
Cosa??! Evitava di rispondermi per le rime? Lui??! Non aveva senso! Faceva finta di niente, quando aveva sentito benissimo tutte le cose cattive che gli avevo detto. Che si fosse offeso?
Subito mi venne una stretta al cuore e sentii la pelle d'oca risalire sulle mie spalle: senso di colpa. Ok, ero una stronza per natura, lo ero sempre stata, facevo battutine pungenti anche sulle mie amiche più strette, ero spesso acida con il genere maschile in generale, e non avevo alcun tipo di problema a riversare tutta la mia rabbia in faccia a persone che non mi andavano per nulla a genio. Lo facevo senza pensarci e senza curarmene più di tanto, a cuor leggero. Peró questa volta era diverso: in fondo, io non lo conoscevo nemmeno così bene, e se lo avessi giudicato in modo troppo affrettato? E se lui non fosse stato davvero lo stronzo che avevo creduto? E se quella rabbia fosse dovuta ad altro? Il senso di colpa significava solo una cosa: non credevo davvero a tutto ciò che gli avevo detto. Me ne ero pentita istantaneamente, volevo che lui lo sapesse.
Ma che potevo dirgli? "Ti ho trattato di merda così senza un reale motivo, ma in realtà non volevo"?!
No, niente di tutto questo. Lui mi aveva chiesto a che ora sarebbe arrivato il mio pullman, non rimaneva che rispondere e sperare che mi guardasse e leggesse dentro i miei occhi e capisse, come aveva fatto fino a quel momento.
-14:00-
Guardami, ti prego.
Niente, il verde delle sue iridi era fisso sullo schermo dell'iPhone.
-Allora dovresti andare, mancano 5 minuti alle 14.-
-Oh, ok.-
Presi lo zaino. Che altro potevo fare?
Guardami.
-Ciao.-
Ti prego.
Sospirai, il verde era ancora fisso sullo schermo.
Scrutai ancora una volta quel volto perfetto, anche senza il verde degli occhi a illuminarlo.
Poi mi girai.
Via.
-Ah, ragazza della spallata!-
Non penso di aver mai più fatto un sorriso tanto grande come quello.
Mi aveva chiamata. 
Con voce allegra.
Era tutto ok.
Tutto ok.
Mi girai verso di lui.
Occhi verdi. 
Occhi verdi fissi nei miei.
-Come ti chiami?-
-Miranda, e tu?-
Ero felice.
Lui non era arrabbiato con me e ne ero veramente sollevata.
-Oh, che importa? Tanto tra qualche giorno non ricorderai nemmeno più la mia faccia, no?-
Oh, quel ghigno sarcastico voleva dire solo una cosa per me: felicità, ironia. In due parole: era tornato.
Lo guardai un'ultima volta negli occhi, poi gli rivolsi a mia volta un sorriso sinceramente divertito.
Perché? Beh, perché era una cazzata. Era ovvio che l'avrei riconosciuto, sempre, e che lui si sarebbe fatto riconoscere in un modo o nell'altro. Ed era certo che quei due occhi verdi avrebbero presto avuto un nome, ma per ora non mi rimaneva che immaginarlo.
Lo sapevo io e lo sapeva anche lui.
Lo avevo letto nel verde.
 
 
ANGOLO AUTRICE:
Sciao patati!
Scusate il mega ritardo, lo so. Ho avuto un sacco da fare con la scuola e purtroppo ho dovuto abbandonare un po' la scrittura. 
Comunque ci sono, e, come promesso, c'è anche una canzone in questo capitolo! È una delle canzoni di un mio gruppo preferito: gli Articolo 31 (e si chiama Venerdì per chi non lo avesse intuito e volesse saperlo). È stato un capitolo molto lungo da scrivere anche perché l'ho dovuto scrivere due volte perché la prima volta per sbaglio non lo avevo salvato (la mia stupidità non ha limiti, ma accettatemi anche così) e quindi si è cancellato tutto e non ho potuto recuperarlo. 
Spero vi piacciano gli "amori litigarelli" perché questo sarà proprio così: un continuo scambio di battute e frecciatine. Due personaggi forti e determinati che ne dovranno ancora vivere delle belle prima di riconoscere i loro sentimenti. Miranda inizia a intuire una certa attrazione, ma non se la sa spiegare e trasforma questa sua confusione in rabbia. Del personaggio maschile sappiamo veramente poco, solo alcuni lati del carattere, appare un po' sbruffone ma a tratti sensibile. Avremo modo di approfondirlo nel corso della storia e, sì, gli darò un nome nel prossimo capitolo, mica puó rimanere "l'innominato con gli occhi verdi" per sempre!
Confido in voi, spero che continuerete a seguire la storia e a commentarla e recensirla, nel bene o nel male!
Vi voglio bene, un bacione grande ❤️
 
 
 

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Capitolo 3
*** Discoteca ***


3.DISCOTECA 
Giorno: Sabato, o meglio, ormai domenica. 
Ore3:30 del mattino. 
Stato d'animo: agitazione, confusione. 
Compagna di avventura: Angie. 
Colore preferito: verde, decisamente.
 
Ok, facciamo un passo indietro.
Ore18:30.
Stato: pessimo.
Ero appena uscita dalla doccia, mi ero scordata l'asciugamano e avevo battuto il mio bel fondoschiena su un altrettanto bello, liscio e soprattutto bagnato e scivolosissimo pavimento freddo. Oh, dannata me che mi riducevo all'ultimo a prepararmi per uscire! 
-Cos'è stato quel rumore, Miri?-
-Niente mamma, non preoccuparti!-
Riemersi dall'accappatoio che mi aveva seppellita nella caduta volandomi addosso e mi massaggiai le ossa del bacino, che male cavolo! 
Ma non potevo stare tanto a contemplare la salute del mio didietro, avevo cose ben più importanti da fare e appena venti minuti di tempo. 
Ma qualcuno sa spiegarmi perché a casa i capelli non vengono mai perfetti appena li asciughi, mentre dalla pettinatrice -dove potrebbero anche venire uno schifo tanto poi lei li aggiusta- vengono sempre stupendamente lisci e morbidi e "swish"?!
Vabbè, in un modo o nell'altro riuscii a truccarmi, pettinarmi e addirittura vestirmi in un modo più o meno decente con una gonna a tubino nero e una maglietta rossa leggermente scollata.
Non ero mai stata tipa da vestitini bonton con gonna a ruota e scollo a v. Quella era Angie.
Driiiiin!
Parli del diavolo e spuntano le corna! 
Angie, quando imparerà a suonare come una persona normale, invece di stare ore attaccata al campanello facendomi prendere un colpo?!
-Arrivo, e che cavolo!- urlai al vuoto, mentre, con una scarpa infilata e l'altra no, mi stavo trascinando in camera per chiudere le persiane.
Presi al volo la borsa e la giacca dall'appendiabiti, controllai per la diciassettesima volta se avevo preso le chiavi di casa e il cellulare e chiusi la porta, dirigendomi nel vialetto, dove Angie mi stava aspettando a bordo della sua macchina rossa. 
Cosa l'avesse spinta a comprare una macchina di un colore così improponibile era ancora un mistero per me. Ma in fondo, che importava? Angie era nata all'inizio dell'anno, aveva passato il test e ora poteva guidare felicemente la sua improponibile auto rossa e io potevo felicemente scroccarle un passaggio ogni volta che lo desiderassi. La vita non era mai stata così bella.
-Allora, com'è andata a scuola ieri senza di me?- Angie mi rivolse uno sguardo divertito di sfida, prima di ritornare a guardare la strada.
-Oh, benissimo, abbiamo fatto una verifica a sorpresa della Martini... Ah, ecco, fossi in te io inizierei a preoccuparmi: ha detto che avrebbe interrogato tutti gli assenti su tutte le regole della grammatica latina, dato che avevano saltato quella verifica!- dissi in tono perfettamente calmo e tranquillo.
-Cooosa??! Starai scherzando spero! E io adesso come faccio?! Non so più nulla della grammatica latina! Ma seriamente? E cos'ha detto d'altro?! Ma perché quella bastarda non si fa mai i cavoli suoi invece di fare verifiche a sorpresa?!-
Era troppo facile con Angie, non c'era gusto... Un'altra mia conoscenza non ci sarebbe cascato così facilmente... 
-Dai, Angie, calmati, era uno scherzo!- dissi ridendo, prima che le venisse un infarto, o peggio un attacco di panico alla guida.
-TU! Me la pagherai per questo!-
-E tu me la pagherai per avermi lasciata da sola ieri!-
-Ok, lo ammetto, siamo pari. Immagino che senza la mia fantastica, meravigliosa e insostituibile presenza tu ti sarai annoiata a morte!- Rise. Avevo una migliore amica molto modesta, a quanto pareva.
-Emm... In realtà no. O meglio, a scuola sì, è stata una noia mortale, soprattutto le ore della Martini... Ma poi diciamo che la situazione si è -ehm- risollevata.-
Non era normale che io fossi così impacciata a parlare, e Angie lo notó subito.
-Che è successo nella mezz'ora libera?-
Ecco perché era la mia migliore amica. Capiva al volo. 
Eravamo l'opposto: lei alta, io bassa. Lei lunghi capelli castani, io un caschetto nero di capelli scurissimi. Lei occhi verdi sfumati di marrone -fantastici-, io blu scuro uniforme. Lei timida e per bene, ispirava fiducia a tutti, solare e divertente. Io trasportata dalle emozioni, impulsiva, estroversa, pungente. 
Eppure, "lei era la mia persona", per dirla alla maniera del nostro telefilm preferito.
Lei capiva, c'era sempre per tutto, era la mia spalla su cui piangere, la ragione delle mie risate.
Aveva capito, anche questa volta.
Le raccontai del ragazzo del terminal, di quegli occhi verdi che mi parlavano in una lingua sconosciuta che riuscivo magicamente a decifrare, dell'ironia come arma di difesa, della rabbia, e, per quanto mi costasse ammetterlo, anche del senso di colpa che mi aveva colto quando pensavo di averlo offeso.
Angie ascoltó tutto col fiato sospeso, appena ebbi finito disse soltanto: -Sei una cretina a non aver insistito perché ti dicesse il suo nome, ora chissà quando ti ricapita di rivederlo!-
Non risposi, sapevo che aveva ragione. Mi limitai a scendere nel parcheggio, dove Angie aveva fermato la macchina.
-Senti, Miri, lo so che ti sembra tutto strano perché non hai una vera storia d'amore da un sacco di tempo, ma nasce tutto così, ti ricordi me e Mattia?-
Angie e Mattia erano la coppia del secolo. Lui era dolce, amorevole e smielato esattamente come lei. Si erano conosciuti per caso, alla festa di un nostro compagno di classe, che era un amico in comune di entrambi. Io ero rimasta a casa con la febbre quella sera e mi ricordo ancora la telefonata di Angie che mi aveva svegliata alle 2 di notte: aveva conosciuto un ragazzo fantastico, ed era successo proprio come nei film d'amore, durante i quali io mi addormentavo, ma che a lei piacevano tanto. Lui non l'aveva vista, le aveva rovesciato il cocktail addosso e per farsi perdonare le aveva offerto da bere. E da lì era partito tutto: avevano parlato tutta la sera e avevano un sacco di passioni in comune. Inutile dirlo: dopo appena un mesetto di uscite e frequentazione, si erano messi insieme e ora erano quasi due anni che la mia migliore amica era fidanzata con l'uomo dei suoi sogni.
-La vostra storia non ha niente a che fare con me e Mr. Occhi Verdi (in mancanza di un nome, dovevo pur inventare qualcosa, no?), lui non ci prova con me, gli piace solo stuzzicarmi, e io non lo sopporto, quindi no, non è una storia d'amore!-
-Sarà, a me sembravi presa dal suo carattere, a giudicare da come lo descrivevi.-
-Ti sembrava male.-
Diventavo parecchio scontrosa quando sapevo di aver ragione. Il discorso era chiuso e Angie non indagó oltre, anzi, come al solito capì di cosa avevo bisogno: una bella serata tra amiche.
Andammo a mangiare in un ristorantino/pizzeria in centro e, come spesso accadeva, ci divertimmo a fare le stupide. A volte capitava che io e Angie decidessimo di uscire solo noi due, senza alcun gruppo di amici o compagni di classe, e ogni tanto andavamo anche a mangiare insieme, come stasera. Sceglievamo sempre dei ristorantini in centro non troppo costosi, insomma i classici ristoranti che si trovano sulla via principale di qualunque città. Ci piaceva entrare per mano e dire al cameriere: "un tavolo per due, grazie" facendoci sentire da tutto il locale. Una volta al tavolo, continuavamo a tenerci per mano bene in vista, ci sussurravamo cose all'orecchio, oppure chiedevamo ai camerieri cose assurde tipo "può portarci una candela, per favore? Per rendere più romantica l'atmosfera!". Insomma, fingevamo di essere fidanzate. Lo facevamo soprattutto per notare le facce sconvolte delle altre persone in sala, e talvolta anche dei camerieri, e per riderne di gusto: possibile che nel 2015 ci fossero ancora persone scandalizzate o addirittura schifate dal fatto che due ragazze stessero insieme?! Non era il nostro caso, certo, noi lo facevamo solo per curiosità e divertimento, però era un interessante esperimento sociale per notare quante persone bigotte e quanta omofobia ci fossero ancora al mondo. Era una cosa inaccettabile e una bella lezioncina direi che se la meritavano. 
Stavo appunto osservando, cercando di non ridere, una signora sulla cinquantina che mi guardava con aria di rimprovero, quando Angie decise di smetterla un attimo con la nostra recita per parlare di cose più serie: -Sei sicura di voler andare a ballare stasera? Ti vedo un po' giù, sembri in un altro mondo, se non vuoi non c'è nessun problema, posso riaccompagnarti a casa prima.-
-No, tranquilla, TESORO- lanciai un'occhiata divertita alla signora, che spalancò la bocca e tentó di nascondere una smorfia di sdegno. -Sto bene.- dissi poi seria guardando Angie.
Era vero, andava tutto bene, non so perché Angie fosse così preoccupata per la mia salute, avevo solo bisogno di svago e la discoteca era un ottimo posto per non pensare a nulla.
La serata continuó piacevolmente, tra le risate e le chiacchiere.
Arrivó la mezzanotte e decidemmo di dirigerci verso la discoteca della città. Di solito io e Angie non frequentavamo le discoteche, ci piacevano di più le feste a casa degli amici o i locali con poca gente e musica dal vivo, li trovavamo più interessanti. Questo non perché non amassimo ballare, cosa che in realtà adoravamo, ma perché la musica della discoteca non ci aveva mai appassionato più di tanto e il clima che si creava all'interno -della serie "chi è più zoccola e si fa più esseri viventi in una sera allora è la più figa"- non era di sicuro nel nostro stile.
Ma, come ho detto, i nostri amici non c'erano e noi non avevamo voglia di pensare, quindi per una volta: discoteca sia.
La prima parte della serata andò bene: io e Angie non eravamo tipe da ballare sul cubo, ma ci divertimmo un sacco lo stesso a ballare in pista, scatenate come non mai a ritmo di canzoni hardstyle che non conoscevamo neanche lontanamente. Dopo quasi un'ora di ballo eravamo morte di sete: ci dirigemmo al bar, dove un barista davvero carino ci servì due drink di qualcosa di alcolico che aveva ordinato Angie. Non sarei mai riuscita a imparare i nomi dei cocktails, era più forte di me.
Alle 2:30, dopo due ore di ballo e due drink, di fianco a una Angie desiderosa di tornare in pista, i miei piedi decisero di ribellarsi e di imporre un categorico "basta" a qualunque forma di movimento a ritmo di una qualsiasi musica. Dissi a Angie che poteva tornare a ballare, ma che io sarei andata in bagno o a prendere una boccata d'aria perché ero davvero distrutta. Ci saremmo riviste tra mezz'oretta al guardaroba.
Ammirai Angie che si allontanava muovendosi a ritmo, e mi abbandonai sul primo divanetto in pelle che riuscii a trovare in quella discoteca. Mi tolsi subito le scarpe e con immenso dolore notai due bolle sul piede destro, ma perché le scarpe col tacco sono tanto belle quanto pericolose? Hanno inventato delle cazzo di sonde per andare su Marte, possibile che non riescano a inventare scarpe belle e comode?!
Dopo aver maledetto tutti gli stilisti del mondo, tentai di rimettermi in piedi per andare in bagno, ma venni bloccata da un ragazzo. Si parò davanti a me e soprattutto nel bel mezzo del mio tragitto divanetto-bagno. Che cosa inaccettabile! Andai quasi a sbattere contro una maglietta grigia e due pettorali degni di un dio greco. Alzai la testa e le mie iridi blu trovarono due occhioni azzurri che li fissavano. 
-Ehi.-
-Ehi.- Il mio tono di voce era chiaro: "chi ti conosce e, soprattutto, come ti permetti di ostacolare il cammino di una ragazza verso il bagno?!".
-Ti va di bere qualcosa insieme?-
Oh. Ok, valutiamo la situazione. Era tutto sommato un ragazzo carino: capelli biondi, occhi azzurri, fisico palestrato. Mi sarei potuta divertire, per una sera... Nella mia attenta analisi, però, notai un altro particolare: aveva già in mano un drink e sembrava qualcosa di forte a giudicare dall'odore di alcool che emanava il suo alito. Insomma, non mi sembrava perfettamente lucido. Già era squallido baciare uno sconosciuto in discoteca, se sarei finita a baciare uno sconosciuto ubriaco in discoteca non mi sarei più potuta guardare allo specchio. 
-No, grazie, non ho sete e credo che anche tu abbia già bevuto abbastanza.- Gli rivolsi un sorriso gentile.
-No, ma dai, perché? Resta un po' qui a farmi compagnia almeno!- Tentó di prendermi un braccio, ma riuscii a scansarmi: i miei riflessi non erano mai stati velocissimi, potevo giocarmela giusto con gli ubriachi.
-Devo proprio andare ora, scusa, ciao!-
Lo sentii borbottare qualcosa mentre mi allontanavo, probabilmente qualche insulto. Bah, non mi importava: il giorno dopo non si sarebbe sicuramente ricordato nulla.
Andai in bagno e poi decisi di uscire fuori a prendere una boccata d'aria: la discoteca aveva un piccolo terrazzino molto carino, con tanto di tavolini, dove i ragazzi di solito fumavano, dato che nel locale non era permesso.
Ero giusto appoggiata a uno di quei tavolini per fumare in santa pace l'ultima sigaretta del pacchetto, quando una persona mi afferró il braccio e mi trascinó in un angolo del terrazzino: era il ragazzo di prima, quello con gli occhi azzurri.
-Dai, dammi un bacio.- Insistette, tenendomi stretto il polso e avvicinando pericolosamente il suo viso al mio.
-Sentimi bene, non voglio baciare un ubriaco, quindi lasciami andare per favore.- Gli diedi una spinta e lo allontanai da me, ma la sua presa sul mio polso era ancora forte e la cosa inizió a preoccuparmi.
-Non sono ubriaco, dammi un bacio e giuro che poi ti lascio stare.-
-Io non ti do proprio niente!- Alzai la voce, sperando che qualche ragazzo sul terrazzino sentisse e mi liberasse da lui, ma a quanto pareva erano tutti nello stato poco lucido in cui si trovava il mio "amico" qui di fronte.
-Oh, perché fai tanto la difficile? Non sono forse bello?- Stavo per dirgliene quattro sul fatto che la bellezza non significasse tutto nella vita, ma una voce mi bloccó. Qualcuno aveva risposto al posto mio.
-Non ti bacia perché è fidanzata. Non vorrai mica baciare una ragazza fidanzata, amico? Potrebbero essere guai seri poi.-
Incredibilmente, questo sembró calmare il ragazzo, che molló la presa e mi guardó con uno sguardo mortificato dicendo soltanto: -Scusa, ti avevo vista da sola e... Pensavo fossi single.-
-Non preoccuparti.- Risposi brusca, massaggiandomi il polso.
Solo mentre il ragazzo si allontanava, rivolsi uno sguardo a colui che mi aveva "salvata" da un bacio indesiderato.
-TU???!-
-Oh-oh, mi hai riconosciuto allora.-
-Che ci fai qui?!-
Lo shock era palese. Provate a indovinare? Bingo! Il ragazzo del terminal. Di nuovo! Che stalker, ragazzi. Sbucava fuori da tutte le parti, era una cosa improponibile.
-Ballo, bevo, mi diverto. Pensavo si facesse questo in discoteca, tu non credi?-
-Ah-ah-ah, simpatico.-
-Ah, e poi salvo anche le ragazze dai maniaci, pensa un po'.- Il solito ghigno mi sfotteva e i soliti occhi verdi brillavano sotto la luna di quella serata.
-Mi sarei potuta salvare da sola, nessuno ti ha chiesto aiuto.-
-Sì, e ho visto come ti stavi salvando bene. Un grazie potresti dirmelo, o il tuo orgoglio ne risentirebbe troppo?-
-Credo che ne risentirebbe troppo, è già stato messo a dura prova quando hai detto pubblicamente di essere il mio ragazzo senza praticamente conoscermi.- Alzai un sopracciglio, lo stavo sfidando.
-Io non ho mai detto di essere il tuo ragazzo, ho detto solo che eri fidanzata, cosa che potrebbe anche essere vera, ma non ho mai specificato che fosse con me. Quindi, ragazza, non volare con la fantasia.- Sorrise.
Oh cazzo, che figura di merda! Era vero, lui non aveva mai detto di essere il mio ragazzo, ma solo che io ero impegnata! Cavolo, cavolo, cavolo! Divenni rossa in un momento e non trovai più una sola parola da dire.
-Dai, scherzavo. Scusa se ho dovuto dire quelle cose, ma era l'unico modo: Davide è un bravo ragazzo e non ti avrebbe mai fatto del male, lo conosco di vista. Solo che quando beve troppo a volte importuna le ragazze e so che può risultare pesante. Mi ha dato fastidio che lo facesse con te, ti ho vista un po' spaventata e allora sono intervenuto. Sapevo come fermarlo, tutto lì.-
Mi sorprese. Lui sapeva che avrei potuto fermarlo, ma era comunque voluto intervenire per sicurezza. Si era preoccupato per me, anche se praticamente non mi conosceva.
-Grazie.- mormorai.
Lui sorrise.
-Miranda, la regina dell'acidità, mi dice grazie? Me lo devo segnare sul calendario.-
Gli rivolsi a mia volta un ghigno divertito.
-Oh, strano! Ti ricordi ancora il mio nome?-
-È un nome particolare, tutto qui.- Sembró leggermente a disagio, ma non smise un attimo di fissare i miei occhi con i suoi due fasci verdi che, per fortuna, riuscivo a vedere anche al buio.
-Io invece non lo so ancora il tuo nome, pensa un po'.-
-Pensavo non ti servisse, invece a quanto pare mi hai riconosciuto, non presti fede alle tue parole.-
-Diciamo che ho esagerato un po' l'altro giorno, lo ammetto.- Sbuffai. Riconoscere i miei errori era sempre faticoso.
-Umm, mi accontento.-
-E allora?- Stavo davvero perdendo la pazienza con quel tipo lì.
-Allora cosa?- Ah, faceva pure il finto tonto ora?!
-Mi dici il tuo nome sì o no?!-
-No. Mi potresti solo passare il telefono, devo chiamare mia madre per farmi venire a prendere e il mio è scarico.-
Sbuffai e gli porsi il mio IPhone. All'inizio pensavo di non darglielo con una qualsiasi scusa perché aveva deciso di non rivelarmi il suo nome, ma alla fine glielo concedetti, dato che in fondo mi aveva liberata da quel certo Davide che mi stava stalkerizzando.
Giró l'angolo per telefonare e dopo pochi minuti tornó sorridente restituendomi il telefono. Fu in quel momento che notai l'ora: le 3:20! Angie mi stava aspettando da venti minuti al guardaroba e probabilmente stava impazzendo! Ecco, infatti: chiamata in entrata da Angie. 
-Scusami, devo proprio andare!- Urlai allontanandomi da lui. 
-Ehi, aspetta!-
-Non posso, devo andare, sono in ritardo!-
Mi urló dietro ancora qualcosa, ma sinceramente non stetti ad ascoltarlo più di tanto, ero troppo preoccupata per Angie e soprattutto per la mia vita appena l'avessi trovata: Angie mi avrebbe uccisa con le sue stesse mani! Non risposi alla chiamata, mi precipitai diretta al guardaroba, dove una Angie super preoccupata e super arrabbiata mi urló contro per dieci minuti buoni. Le chiesi scusa un centinaio di volte e finalmente, dopo un ultimo "mi hai fatta preoccupare a morte, non farlo mai più!", si calmò.
Uscimmo dal locale e andammo dirette alla macchina rossa al centro del parcheggio.
Erano le 3:30, ero in macchina con Angie che mi raccontava di come si fosse scatenata a ballare con sue due ex-compagne delle medie in cui si era imbattuta per caso in pista, e notai che dalla cover del mio cellulare sbucava un angolino di un foglio di carta. Tolsi la cover al telefono, sempre facendo finta di ascoltare Angie e mormorando un "Ah sì? Wow!" ogni tanto. Quello era l'angolo di un bigliettino di qualche centimetro, che recitava le testuali parole:
"GIORGIO. Credo che tu te lo sia meritato perché la tua bellezza di stasera ha superato l'acidità delle tue frecciatine. -Il ragazzo del terminal."
Ecco, come stavo dicendo: era la fine di un sabato sera e l'inizio di una domenica, erano le 3:30 del mattino, mi trovavo in macchina con Angie, in uno stato di completa confusione, sapevo a malapena che il mio colore preferito da quel momento sarebbe stato il verde. Il verde di quegli occhi, che ora avevano finalmente un nome.
 
Sometimes you feel insecure
Trust me babe I understand
Even with no manicure
Just know that I’ll still hold your hand
You look so good when you walking by
Sexy comes in every size
Keep wearing that, you ain’t playin’
You got yourself a new man
F Kanye’s Workout Plan
I call that baby fat
Cause you sure look good to me
I think
 
You’re so beautiful 
Give the world a show
You're so beautiful
I don't care who knows.
 
ANGOLO AUTRICEciao patati! ❤️
Sono tornata prestissimo stavolta, per non lasciarvi in sospeso, quindi me lo merito un premio, no?! Lasciate tante tante recensioni per aiutarmi a capire se la storia vi piace e cosa potrei migliorare! 
Intanto la storia tra Miranda e Occhi Verdi continua e finalmente abbiamo il tanto desiderato nome: Giorgio! Se avevate fatto teorie su un nome strano, che Occhi Verdi aveva vergogna di pronunciare, abbandonatele! Il nome è Giorgio ed è un nome comunissimo. Perché non l'ha pronunciato fino a questo momento e perché l'ha scritto? Semplicemente per fare un dispetto alla nostra Miri e per renderle la sua conoscenza più interessante. Giorgio sta cercando di capire cosa prova lui per lei prima ancora di voler scoprire cosa prova lei per lui. (Che pessimo gioco di parole!) Insomma, Giorgio, esattamente come Miranda, è confuso sui suoi sentimenti, sente il bisogno di proteggerla, ma allo stesso tempo adora stuzzicarla e provocarla, probabilmente non sa nemmeno lui se quel biglietto sia un altro modo per prenderla in giro o la pura e sincera verità. Sono entrambi molto confusi, incredibilmente sembrano ritrovare un equilibrio solo quando litigano o si scambiano frecciatine.
Scusate se in questo capitolo ci sono stati davvero pochi minuti in cui abbiamo visto i protagonisti insieme, ma ci tenevo a sottolineare il rapporto tra Angie e Miranda. Non sono solo compagne di classe, sono vere amiche: inseparabili, diverse ma complementari, come due pezzi di puzzle. Angie ha peró un altro pezzo di puzzle a cui legarsi: Mattia. Miranda non sembra gelosa di lui, ma certamente le pesa un po' il fatto che il fidanzamento della sua amica le faccia ancora di più pesare il fatto che lei non ha nessuno a proteggerla e a dedicarle attenzioni. Forse è per questo che il gesto di Giorgio le dona un po' di speranza, magari è quel ragazzo con gli occhi verdi il pezzo complementare del suo puzzle. Ma far volare la fantasia oltre i limiti non è mai una buona cosa, Miranda se la cava con una figuraccia, ma sa benissimo che non può affezionarsi troppo a quel ragazzo, che appare sfuggente e un po' misterioso.
Riusciranno a mettere da parte le battutine e ad aiutarsi a scoprire davvero i loro sentimenti? E soprattutto come faranno a ritrovarsi dato che quel genio di Giorgio non ha lasciato alla nostra Miri il numero di telefono? Io scommetto che in qualche modo ci riusciranno, e voi?
Ah, per chi fosse interessato, la citazione "lei è la mia persona" è tratta da Grey's Anatomy, che a quanto pare è il telefilm preferito di Miranda e Angie, mentre l'ultima canzone che chiude la storia è "You're so beautiful" di Jussie Smollett, tratta dal telefilm Empire.

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Capitolo 4
*** Incontri più o meno casuali in biblioteca ***


4. INCONTRI PIÙ O MENO CASUALI IN BIBLIOTECA
Era ormai quasi una settimana che Giorgio era scomparso. Sembrava tutto un sogno: un ragazzo carino con gli occhi verdissimi, che faceva battutine ed era acido quasi quanto me, con un ghigno strafottente sempre sul viso, che continuava a stalkerizzarmi per prendermi in giro. Beh, in effetti era più che altro un incubo. 
Eppure, dopo quel biglietto, ogni volta che passavo per il terminal il cuore mi batteva a mille. Avevo un'ansia assurda: rivederlo mi spaventava, specialmente perché non avevo capito perfettamente il significato di quel biglietto. Mi aveva rivelato il suo nome, ed era già un passo in avanti per una relazione da persone civili, ma quello stramaledetto biglietto doveva per forza continuare con qualcosa che riguardasse la mia bellezza?!
Non ero mai stata una ragazza che si piange addosso e non si accetta, mi trovavo due milioni di difetti ogni mattina guardandomi allo specchio, come tutte le ragazze credo, ma non è che mi vergognassi a indossare un costume o ad andare in giro in pubblico. Insomma, non mi consideravo una gran figa e sapevo di non rientrare nei canoni di bellezza tradizionali (infatti in un mondo basato su stangone alte, belle e bionde, io ero una nanetta minuta, con un caschetto di capelli neri ribelli e una personalità che avrebbe messo paura anche a un orco), ma non mi consideravo nemmeno da buttare! Una ragazza normale, dai. 
Per questo mi aveva insospettito quel complimento da parte di Giorgio. A questo si aggiungeva ovviamente il fatto che MAI, dico mai, mi sarei aspettata un complimento da lui! Non aveva fatto altro che prendermi in giro per tutto quel tempo e ora si metteva a elogiare la mia cosiddetta bellezza?! Se già prima ero confusa sul suo conto, ora ero proprio in alto mare: lo aveva scritto per prendermi in giro o lo pensava seriamente? Se lo aveva scritto per prendermi in giro, poteva almeno finire la frase con un "ahahah", sarebbe stato più chiaro. Se, invece, avesse voluto veramente farmi un complimento, che senso aveva prendermi sempre in giro e farsi odiare, invece di provarci semplicemente con me come tutte le persone normali?!
Risultato finale: era e rimaneva un cretino.
Comunque quel cretino una cosa l'aveva ottenuta: mi aveva confuso a tal punto le idee, che non facevo altro che rimuginare sulle sue parole, leggevo e rileggevo quel suo biglietto e ripensavo a tutte le nostre battutine, in cerca di un indizio che mi aiutasse a capire le sue vere intenzioni. 
Intanto era passata una settimana, e io continuavo a pensare a lui in ogni minimo ritaglio di tempo e questa cosa non si stava propriamente dimostrando vantaggiosa per la mia media scolastica: ormai era Novembre, eravamo a metà del primo quadrimestre e io in quella sola settimana avevo già rimediato un cinque e un cinque e mezzo dalla Martini. E dire che era stata clemente! Io stessa non mi sarei messa più di quattro e mezzo per quei disastri di interrogazioni. Come se non bastasse, ora avevo libri, quaderni e diario pieni di lettere e nomi, o meglio: una lettera e un nome. Indovinate quale?
Non sapevo nemmeno se fosse il suo vero nome, e già lo scrivevo ovunque!
-Miri, ci sei? Smettila di scarabocchiare, tra un po' tocca a te leggere la Divina Commedia!-
-Oh cazzo, Angie, a che verso siamo?- sussurrai, cancellando l'ennesima G dal mio banco.
-Qui: "Galeotto fu il libro e chi lo scrisse"-
"Ma che libro, piuttosto dannato fu il bigliettino e chi lo scrisse!" Pensai tra me e me. 
-Miranda, continui tu?-
-Ma certo, professoressa.-
**********
Poco dopo, in biblioteca io e Angie stavamo ripassando nella nostra sacra mezz'ora come ogni venerdì, quando lei chiuse di colpo il suo libro di storia, facendomi prendere un mezzo infarto.
La guardai spaventata, più per il suo stato mentale che per altro.
-Ora mi dici che succede.-
-Eeeh?! Angie sei paranoica.-
-No, e lo sai. Questa settimana sei stata... Assente.-
-Ok, non sei paranoica. Sei cieca. Guarda che sono nel banco di fianco a te, ci sono sempre stata questa settimana!-
-Scema, sono seria. Sei stata assente con la testa, ti vedi? Stai studiando Biologia, quando la prof oggi ci ha ripetuto quattro volte che la prossima settimana non ci sarebbe stata perché è in gita con le seconde! Quattro volte, Miri!-
-Oh. Me ne ero dimenticata, non farla tanto lunga.-
-La faccio lunga finchè non mi dici chi è Giorgio.-
Oh-oh. 
Sì, so cosa starete pensando tutti: ha parlato per mezz'ora della sua amicizia con questa Angie e alla fine manco le dice che Occhi Verdi ha un nome. Ok, è vero. 
Il fatto è che, per quanto adorassi Angie, era difficile per me parlarle di queste cose: da quando stava con Mattia cercava di accoppiarmi con ogni essere dotato di un apparato respiratorio, immaginatevi se le avessi fatto leggere il biglietto! Già aveva parlato di "storia d'amore" quando le avevo raccontato dei miei battibecchi con Giorgio al terminal, figuratevi cosa mi avrebbe detto adesso! Adoravo la mia migliore amica, sia chiaro, ma non avrei sopportato ulteriori pressioni e soprattutto non volevo illudermi, per non avere delusioni future.
-Senti non è nessuno, ok? È solo un amico e... Oh cazzo, nascondimi!-
L'ultima cosa che vidi prima di pararmi la faccia con il libro di Biologia fu l'espressione sconvolta di Angie.
-Miri, che cosa cavolo ti prende?- La voce di Angie era un misto di inquietudine, compassione e confusione, sembrava che stesse parlando con la paziente di un manicomio.
-Shh, magari non mi ha vista...-
Sentii una mano sulla spalla, abbassai il libro di biologia e mi girai di scatto.
-Tranquilla Angie, ti ho detto che sto...- la parola "bene" mi morì sulle labbra, non appena notai che quella non era la mano di Angie.
-C-ciao.- sussurrai alle sue iridi verdi che mi fissavano dall'alto in basso.
-Ah, ecco, non ero sicuro che fossi tu, che leggevi?-
-Biologia.-
Annuì.
Era una settimana che non lo vedevo, e sinceramente non volevo vederlo, che imbarazzo cavolo! E invece lui sembrava tranquillissimo, come se quel biglietto non fosse mai esistito. Come se potesse salutarmi tranquillamente in biblioteca, come se fossimo amici da tempo. Nessun imbarazzo, almeno da parte sua.
E se lui era a suo agio, che motivo avevo io di essere agitata?
Avrei verificato personalmente se tutta quella spavalderia fosse reale, avevo due o tre cose da chiedergli, giusto per chiarirmi qualche dubbio.
Ma lui mi anticipó.
-Oh, non mi presenti alla tua amica?-
Oh. Caspita, e ora? Che potevo fare? Nulla.
-Emm...- Sospirai. -Angie, lui è Giorgio. Giorgio, Angie, la mia migliore amica.-
Lei mi guardò ancora un attimo confusa, poi realizzó cosa io effettivamente avessi detto e vidi un guizzo nei suoi occhi. Scattó in piedi e prese la mano di Giorgio, stringendola con fin troppa foga.
-Oh, finalmente conosco il famoso Giorgio!- cinguettó, strizzandomi l'occhio. 
Giorgio, dopo un attimo di smarrimento dovuto alla poca sanità mentale della mia amica, si voltó verso di me con un ghigno divertito.
-Famoso?!- Il luccichio divertito in quel verde stupendo era qualcosa di meraviglioso. Meraviglioso, certo, a meno che non fossi tu il bersaglio della presa in giro.
-Ora l'hai conosciuta, quindi se non ti dispiace noi stavamo studiando...- Insomma, tu e i tuoi occhi verdi potreste anche levarvi dalla scatole se eravate qui per sfottere.
-Oh, no!- Angie, ma che cavolo stai dicendo?! -Miri stava studiando, io in realtà stavo per andare a prendere dell'acqua al bar qui di fronte, potreste chiacchierare un po' nel frattempo... Ciao ragazzi, torno... Tra un po'!-
Lanciai uno sguardo di puro odio a Angie, che ricambió con un'alzata di spalle e arricciando le labbra per mandarmi un bacio mentre si allontanava.
Giorgio si accomodó tranquillamente sulla sedia di fronte a me, dove pochi minuti prima era seduta Angie.
-Simpatica la tua amica Angie.-
-Già, e anche fortunata. Almeno lei ha potuto scoprire il tuo nome in un modo abbastanza normale.- 
Dato che tanto ormai il signorino aveva preso confidenza, tanto valeva provare a ottenere qualche risposta, no?
-Qualcosa mi dice che non hai gradito il mio biglietto, eh?- Sorrise.
Un sorriso vero, di quelli che ogni tanto gli uscivano spontaneamente, diverso dai soliti ghigni.
-Non è che non l'abbia gradito... Ma, boh, mi ha sorpresa e... Confusa.- 
Tanto valeva essere sinceri a 'sto punto.
-Perché ti avrebbe confusa? Era chiaro. Non dirmi che ho fatto errori di grammatica!- 
Sembrava abbastanza serio, nonostante la battuta.
-Vuoi dirmi che non eri ironico, che la storia della bellezza era vera?- Strabuzzai gli occhi, quasi non ci credevo.
-Certo, sarò anche stronzo, ma so riconoscere le cose oggettive. Stavi bene quella sera, perché credi che Davide ti abbia inseguita?- Sembrava più confuso lui di me. -Senti, mi spiace che ti abbia dato fastidio, era come una tregua, ti sembrerà strano, ma non amo litigare.-
Alzai un sopracciglio e lo scrutai con aria divertita.
-Che c'è? È vero! Non amo litigare... Ma tu con la tua acidità mi costringi a fare quelle battute, dai, è impossibile non prenderti il giro!-
Rise, e risi anche io.
Ero sollevata dal fatto che almeno nel biglietto era stato sincero, anche se non era una vera e propria "dichiarazione" -non che io pretendessi questo, per carità!- ma era un semplice modo di fare pace, una tregua.
D'un tratto si fece più serio, mi fissó per un attimo indeciso sul da farsi e poi esordì con: -Ti piace la musica rock?-
Lo fissai come si fissa un pazzo. Che senso aveva quella domanda?! Sembrava che l'avesse pescata a random da una vaschetta che conteneva le domande più ovvie della storia. La poteva superare solo "Ti piace la torta?". Era ovvio che mi piacesse la musica rock! A chi non piaceva?!
-Certo!-
Sembrava indeciso, non lo avevo mai visto così titubante.
-Allora, che c'è?! Perché te ne stai lì a fissarmi senza dire niente?- 
L'ho detto vero che sono impulsiva e non ho un minimo di pazienza?
-Oh, smettila! Stavo solo pensando a come dirti nel modo meno compromettente possibile di venire stasera al Silver perché suono con la mia band e magari sarebbe figo se ci fossi!- Lo sputó fuori tutto d'un fiato. Sì, tutto questo sproloquio in un fiato. A quanto pareva, non ero l'unica ad essere impulsiva. -Se ti va.- borbottó poi più calmo.
Mi guardava in silenzio in attesa della mia risposta.
-A che ora?- Risposi sorridendo. Lui era stato dolce con me e aveva provato ad avere un rapporto civile, ora mi sembrava più che giusto ricambiare la cortesia.
Il suo sorriso si allargò, contagiato dal mio.
-Alle 21, ci sarai?-
-Ci saró.-
Non so cosa mi avesse spinta a dirlo, lo avevo fatto di istinto, come qualunque cosa ormai. So solo che avevo osservato quegli occhi verdi imploranti e non ero stata capace di dirgli di no. Per quanto tentasse di nasconderlo, si vedeva che ci teneva che io ascoltassi la sua band e sinceramente ero curiosa anche io di vederlo su un palco.
-Mmm, io ora andrei, ho promesso a un mio amico che gli avrei portato "Il ritratto di Dorian Gray" e si starà chiedendo che fine ho fatto!-
-È nel secondo scaffale della categoria "Mistero", ho visto prima una ragazza che lo posava.-
-Oh, grazie mille.- Si alzó e mi alzai anche io. Era una scena strana, eravamo entrambi davanti al tavolo in piedi uno di fronte all'altra e cercavamo un modo per salutarci da persone civili. Feci la prima cosa che mi venne in mente e forse la più stupida: gli porsi la mano destra tesa, in attesa che la stringesse. Lui sembró scrutarla per qualche secondo, abbozzó uno dei soliti ghigni e la strinse. Ma non si limitó a ció: mi attiró verso di sè, mi diede un frettoloso bacio sulla guancia e mi intrappoló in un inaspettatissimo abbraccio che mi fece arrossire. Da quando era così espansivo?
Anche lui sembró accorgersene, tuttavia quando si staccó da me non era per niente impacciato come la sottoscritta. Anzi.
-Ci vediamo stasera allora, se farai il tifo per me puó darsi anche che questa fantastica rockstar ti conceda un autografo!-
Sbuffai, eccolo di nuovo lo sbruffoncello.
-Nessuno vuole il tuo autografo, rockstar da quattro soldi!- Gli urlai ridendo mentre si allontanava.
Non mi rispose, si limitó a continuare a camminare con il libro di Dorian Gray sotto braccio, la sua nuvola di capelli biondi al vento. Senza voltarsi, alzó soltanto una mano, formando con le dita una V, in segno di pace.
**********
-Dov'è finito Giorgio?-
-Se n'è andato cinque minuti fa.-
Angie, me l'avrebbe pagata per avermi lasciata sola in balia di quel pazzo psicopatico.
-È il ragazzo del terminal, vero?-
Sospirai, era inutile arrabbiarsi con Angie, non sarebbe servito a niente.
-Sì, è lui.-
-Devi raccontarmi tutto, Miri, che ti piaccia o no! Lo sai, vero?-
Nella sua voce percepivo ansia e emozione.
Alzai gli occhi dal libro.
-Non c'è molto da raccontare. È uno stronzo psicopatico che invita gente che manco conosce a sentire musica dal vivo.-
Angie mi guardó come se fossi io la pazza psicopatica.
-E questi?- Angie prese in mano i due biglietti rossi e gialli con la scritta "SILVER" stampata sopra a lettere cubitali, che Giorgio aveva lasciato sul tavolo.
-È quello che ti stavo dicendo. Stasera non hai impegni vero?-
-No, non mi pare.-
-Allora andiamo al Silver a sentire Giorgio suonare.-
-Waaaaa! Cioè, non solo è bello, ma ti sei presa pure una rockstar?- Angie ormai era persa.
-Io non ho preso proprio nessuno!- Urlai, seriamente arrabbiata. Se non fosse stata la mia migliore amica l'avrei strozzata seduta stante. Anzi no, mi correggo: se non fossimo state in un luogo pubblico, l'avrei strozzata seduta stante, migliore amica o no.
Ma tanto ormai lei era in un altro mondo, dove programmava già uscite a quattro, matrimoni a quattro, e altre cose impronunciabili ma sempre a quattro.
Che pazza! Aveva conosciuto Giorgio da appena dieci minuti e già lo considerava mio marito, quando in realtà non ci sopportavamo!
-Dici che posso portare anche Mattia stasera al Silver?-
-Non devi portarlo, Angie, non è un pacco postale! Se lui ti accompagna credo che non ci saranno problemi.-
-Perfetto!-
Davvero perfetto, mi aspettava una serata come candela tra i due piccioncini.
-Angie, che ore sono?-
-Oh cavolo! Le 14 meno cinque! Corri, che perdiamo il pullman!!-
Possibile che l'operazione Miri+Angie non desse mai come risultato un orario perfetto?!
 

She's a good girl
A straight A student
She's really into
All that self-improvement
I swear she lives in that library
But if you ask her she'll say
"That's where you'll find me!"

But if you look then you won't find her there
She may be clever but she just acts too square
'Cause in the back of the room where nobody looks
She'll be with her boyfriend
She's not reading books!

 

Lei è una brava ragazza
Una studentessa da voti migliori
Le piace il suo lavoro
Giurerei che vive in quella libreria
Ma se glielo domandi lei ti dirà
''Qui è dove mi troverai!''

Ma se guardi poi non la troverai lì
Potrebbe essere intelligente ma sta solo recitando
Perchè dietro la stanza dove nessuno guarda
Lei sarà col suo ragazzo
E non sta leggendo nessun libro!

 

 
ANGOLO AUTRICE: Saaaalve patati!❤️
Mi ucciderete per non aver ancora fatto accadere nulla, lo so! Volevo rendere la storia più verosimile possibile e quindi è necessario che i due protagonisti, per quanto indiscutibilmente attratti l'uno dall'altra (ormai è evidente, se non ve ne siete accorti levatevi quelle fette di prosciutto dagli occhi!), imparino prima a conoscersi. Insomma, Miranda non poteva baciare Giorgio così su due piedi sapendo a malapena il suo nome! E di Giorgio anche noi sappiamo ancora molto poco per fidarci totalmente di lui. 
A parte i complessi sulla bellezza di Miranda e il fatto che si comporti ancora come una dodicenne innamorata (cosa che non é da lei!), la vera protagonista di questo capitolo è Angie!
Date una medaglia a quella ragazza!
In questo capitolo abbandona la facciata di "ragazza perfetta" e la vediamo prendere in mano la situazione, cercando di far svegliare una Miranda in totale confusione post-trauma-hoscopertoilnomediunragazzosupercarino.
Angie, adorabile per tutti, meno che per la sua migliore amica che vorrebbe soltanto strozzarla. Ma doesn't matter, Angie è ancora viva e ci accompagnerà anche nel prossimo capitolo, dove finalmente conosceremo meglio anche Mattia e dove sentiremo se Giorgio è davvero la grande rockstar che dice di essere.
Su, mettete gli stivaletti di pelle, rispolverate la maglietta dei Nirvana e indossate quei jeans strappati che avete tenuto nascosti nel cassetto fino adesso, stasera si va con Miranda al Silver a sentire un po' di musica rock!
(Ma magari prima lasciate una piccola recensione, dai!❤️😂)
PCVS(Per Chi Volesse Saperlo): la storia del ragazzo che suona in una band è un po' un cliché, mi è venuta in mente già da tempo, sono stata ispirata dal fatto che molti miei amici/che suonano con la loro band in locali della mia città e quindi mi sembrava una storia abbastanza plausibile che anche Giorgio potesse far parte di un gruppo. All'inizio non sapevo se inserirla o meno, ma alla fine due storie che ho letto su questo sito("Disneyland after dark" e "Forse non ti odio", cercatele e leggetele, non sono ancora complete ma sono fantastiche!) mi hanno dato la spinta finale per inserire questo particolare, ci tenevo a precisarlo!
PCVS 2: Ho provato a cercare delle immagini che rispecchiassero i due personaggi, per aiutarvi a capire come li ho immaginati io, poi ovviamente ognuno di voi è libero di descriverli nella sua mente come vuole!
-Miranda (l'ho immaginata come la modella della pubblicità del profumo Black Opium, non so se avete presente): http://i.ytimg.com/vi/fz-8qNdfl4A/sddefault.jpg
-Giorgio (per me è sempre stato come Luke Mitchell, uno dei miei attori preferiti): http://vignette1.wikia.nocookie.net/h2o/images/b/b6/Luke-Mitchell-0269-resize.jpg/revision/latest?cb=20110806193907
PCVS 3: la canzone a fine capitolo è il testo e la traduzione di "Good Girls" dei 5 Seconds of Summer.

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Capitolo 5
*** Rock'n'Roll! ***


5. ROCK'N'ROLL!
-Dai, Gió, dobbiamo salire sul palco, tocca a noi!
-Aspetta un attimo, Lorè! Devo ancora controllare una cosa...
-Ma cosa? Sono dieci minuti che stai lì a fissare il pubblico...
-Eppure aveva detto che veniva...- Sussurró il ragazzo, non curandosi minimamente dello sguardo di rimprovero dell'amico. 
I suoi occhi verdi guizzavano nella sala, soffermandosi pochi secondi sul volto di ciascuno dei presenti in quella saletta buia.
-Ed ecco a voi i My Dreams!- 
La voce della presentatrice non era mai stata più odiosa.
-Gió, è davvero ora, vieni?-
-Certo.- 
Sfoderó un sorriso al suo amico, ma, prima di salire sul palco, lanció ancora una frettolosa occhiata al pubblico, nella speranza di scorgere la persona che stava cercando.
Non la trovó.
**********
-Miri, Angie, ci siete?-
Erano le 21:15, io ero ancora nel bagno di Mattia e i miei capelli proprio non ne volevano sapere di stare lisci. Di fianco a me, Angie era messa ancora peggio: le righe di eyeliner che aveva sugli occhi erano più storte della torre di Pisa.
-Io non so proprio come faró a sopportarvi per un'intera notte, ragazze, siete troppo lente!- Sbuffó un ragazzo, facendo capolino dalla porta del bagno con la sua testa di capelli rossi e le sue guance piene di lentiggini.
-Un attimo, amore, arriviamo subito, te lo giuro!-Trilló Angie, sorridendo al rosso.
Mattia sospiró e io sorrisi: una serata con quei due, ci sarebbe stato da divertirsi! Anche se mi preoccupava un po' rivedere una certa persona...
Con un clamoroso ritardo di 20 minuti, arrivammo finalmente davanti alla porta del Silver. Mi bloccai. Angie, sulla soglia, dietro a Mattia che era già entrato, si voltò verso di me: -Che fai, Miri, non entri?-
-S-sì.- Mormorai.
-Stai tranquilla, andrà tutto bene.-
Non so perché, ma quella frase mi rassicuró.
Presi un lungo respiro ed entrai.
Una sala buia, tavolini sparsi qua e là, il piano bar sulla destra e il palco di fronte. E sul palco, lui. Fu un attimo. Lo vidi. Era sulla sinistra, con in mano il basso e davanti un microfono, i capelli biondi scompigliati, gli occhi verdi fissi davanti a sè. Al centro del palco, di fianco a lui, un ragazzo con i capelli castani, una bandana rossa sulla fronte e il microfono in mano, cantava muovendosi a ritmo. Sulla destra, un ragazzo con i capelli lunghi fino alle spalle e gli occhi color nocciola impugnava una chitarra elettrica blu. Infine, alla batteria dietro di loro, con mia somma sorpresa, sbucava un volto femminile circondato da una nuvola di capelli di un rosso acceso, che incorniciavano perfettamente un viso dai lineamenti fini e due occhi azzurrissimi.
-Questa canzone è fantastica, Miri! Giorgio aveva ragione, lui e il suo gruppo sono proprio bravi!- 
Sorrisi ad Angie.
-Sì, dai, non sono male.- Dissi con aria di sufficienza, facendo ridere sia Angie sia Mattia.
Mi concentrai sulle note e sulle parole della canzone che stavano suonando:
 
We can have some more
Nature is a whore
Bruises on the fruit
Tender age in bloom
 
He’s the one 
Who likes all our pretty songs
And he likes to sing along
And he likes to shoot his gun
But he don’t know what it means
don't know what it means!
 
Amavo quella canzone, e ben presto mi accorsi di amare praticamente tutte le canzoni che suonavano. Era impossibile restare fermi! Subito io, Angie e Mattia ci buttammo in mezzo alle altre persone sotto il palco per ballare, urlare, cantare.
 
Who will fix me now? 
Dive in when I'm down?
Save me from myself, 
don't let me drown.
Who will make me fight? 
Drag me out alive?
Save me from myself, 
don't let me drown!
 
Avevo appena ripreso fiato, quando le prime note della canzone successiva giunsero alle mie orecchie. Mi girai immediatamente verso Angie, che ricambió il mio sguardo da pazzoide e corse con me verso il primo tavolino del locale che riuscimmo a trovare. Un povero Mattia ormai rassegnato ci inseguì nella nostra pazzia e salì sul tavolo con noi: -8 o'clock, Monday night and I'm waitin' to finally talk to a girl a little cooler than me.- Urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.
-Her name is Nona, she's a rocker with a nose ring- Mi urló di rimando Angie, ancora più entusiasmata di me.
-She wears a two way, but I'm not quite sure what that means!- Mattia aveva deciso di unirsi al nostro gruppo di matte urlatrici.
 
It's like a bad movie
She is lookin' through me
If you were me, then you'd be
Screamin' "Someone shoot me!"
As I fail miserably,
Tryin' to get the girl all the bad guys want.
She's the girl all the bad guys want!
 
La mia voce, quella di Angie, di Mattia, quella di Giorgio, del cantante della band e di tutte le persone in quel locale si alzó all'unisono: -She is the girl all the bad guys want!-
Waaa!
Quanta adrenalina, quel gruppo era davvero una forza!
Un forte applauso si alzó e in mezzo ai fischi di approvazione la presentatrice esclamò: -E questi erano i My Dreams, bravi ragazzi, ci avete fatto impazzire questa sera!-
Fissai il palco ancora per qualche secondo, vedendo i capelli biondi di Giorgio allontanarsi e sparire mentre scendeva dal palco. Chissà se mi aveva notata... Arrossii: beh, era quasi impossibile non notarmi, ero su un tavolino! 
Scesi in fretta e furia, seguita da Angie e Mattia.
-Allora, andiamo a fargli i complimenti?- Angie mi guardó, insicura quasi quanto me.
-Mmm... Direi di sì, per quanto mi scocci ammetterlo, quel decelebrato suona molto bene.-
Ci avviammo ai lati del palco, dove notai una certa affluenza femminile che mi fece arricciare il naso con disappunto. 
-Siete stati bravissimi!-
-Avete spaccato tutto stasera!-
I complimenti fioccavano da tutte le parti. Manco fossero i nuovi Nirvana, insomma erano bravi, ma datevi un contegno!
Io, Angie e Mattia ci tenevamo leggermente in disparte, aspettando che passassero. Quando, peró, il signorino mi passó davanti senza nemmeno degnarmi di uno sguardo, l'istinto fu più forte della ragione: allungai un piede e sentii il suo sbattere contro la mia caviglia. Si inciampó e mancó davvero poco che finisse dritto per terra, sfortunatamente riprese l'equilibrio all'ultimo e si salvó in corner da una clamorosa figuraccia in mezzo a tutte quelle persone.
-Ma che cazzo?!- Si giró di scatto verso di me. -Tu!- 
-Non essere tanto sorpreso, ti avevo detto che sarei venuta.-
-No, lo so, ti ho vista dal palco. Ma sei venuta fin qui solo per farmi un cazzo di sgambetto?!-
-Ok, ragazzi, che dite se ci calmiamo un attimo?- 
Angie, lasciami incenerire questo idiota e poi sarò molto più calma, vedrai.
Lui sembrava pensare la stessa cosa, a giudicare dal suo sguardo. Ma alla fine sospiró e disse soltanto: -Venite, andiamo nella saletta.-
-Non sapevo che il Silver avesse un'altra sala.- Sussurrai a Angie, che mi rispose prontamente: -Nemmeno io.-
-È solo per lo staff.- Ci informó Giorgio, aprendo la porta di una saletta con un tavolino e numerose poltroncine colorate, dove c'erano già tre persone, gli altri componenti della band.
Giorgio afferró una bottiglia di birra dal tavolo, mentre io, Angie e Mattia ci guardavano intorno un po' spaesati.
-Beh, allora, loro sono Lorenzo, Matteo e Giulia, suonano con me nel gruppo.-
Mattia fu il primo a presentarsi, senza il minimo imbarazzo, e poco a  poco anche io e Angie ci rilassammo e iniziammo a parlare con gli altri, accomodandoci su quelle invitanti poltroncine colorate.
Scoprii così che Lorenzo, il cantante, era amico di Giorgio praticamente da sempre e che condividevano tutto, a partire dalla passione per la musica rock, che li aveva spinti a formare quella band. La fidanzata di Lorenzo era Giulia, la ragazza che suonava la batteria, e, dopo appena poche parole, io e Angie scoprimmo di adorarla: avevamo davvero un sacco di cose in comune e lei era sincera, divertente e diretta esattamente come noi. Matteo, il chitarrista, era invece il clown del gruppo: continuava a farci ridere con battutine stupide e raccontava di tutte le figuracce che avevano fatto sul palco fino a quel momento, uno spasso assurdo!
-Gió, ti ricordi quando quella tipa è salita sul palco e ti è saltata addosso facendoti cadere lì davanti a tutti? Giulia ha dovuto tirarle una delle bacchette della batteria in testa per farla allontanare!-
Risero tutti di gusto, Matteo era proprio simpatico.
-Eh, Giorgio è sempre stato un gran rubacuori...- Il tono di Giulia era  vago, ma il sorriso malizioso che mi rivolse non lasciava spazio a molte interpretazioni. Scossi la testa, come a dirle di abbandonare quell'idea perché era completamente fuori strada.
D'un tratto, la musica nella sala di fianco riprese. 
-Chi sono?- Domandò Lorenzo.
-I Nineties, credo.- Rispose Giorgio, cercando di ascoltare la voce del cantante attraverso il muro.
-Che ne dite se andiamo tutti a ballare di là?- Propose Matteo.
Angie e Mattia esultarono, Lorenzo sorrise e guardó Giulia che annuì, e sinceramente anche a me sembrava una buona idea. Indovinate chi fu l'unico che sbuffó? 
Stavo per uscire insieme agli altri, quando mi girai e gli chiesi: -Giorgio, non vieni?- 
I suoi occhi verdi scrutarono i miei e per un attimo mi ricordai della prima volta che li avevo visti, di quanto mi avessero colpito quel giorno al terminal dopo la spallata.
-Come mai non c'eri a inizio concerto?-
Oh, se ne era accorto?
-Ero con Angie, sai noi siamo sempre...-
-Di corsa, sì.- Sorrise lievemente. -Senti, ti va di uscire fuori a prendere un po' d'aria? Non ne posso più di stare in questa stanzetta minuscola senza finestre.-
Esitai un attimo. In fondo, Angie e Mattia mi stavano ancora aspettando con gli altri in pista, non avrei mai voluto che tutte quelle persone pensassero altro non vedendo più nè me nè Giorgio, il sorrisetto di Giulia mi era bastato.
-Tranquilla i Nineties non sono bravi quanto noi, non ti perdi niente.- Un ghigno divertito si dipinse sul suo viso. -E poi, mica ti mangio tranquilla!- 
Con un luccichio per nulla rassicurante negli occhi mi accompagnó fuori e ci sedemmo su un muretto poco distante dal locale.
Non so perché, ma ero inquieta a stare da sola con lui, nonostante fosse già successo al terminal e in biblioteca. Era strano essere seduti lì fuori in silenzio, speravo soltanto che non sentisse troppo il battito accelerato del mio cuore dovuto all'agitazione. Se si aggiungeva poi il fatto che fosse Novembre e facesse un freddo polare, la situazione non migliorava.
-Come mai sei venuta?- 
Così, di punto in bianco, il mio muto compagno di muretto aveva deciso di rivolgermi la parola.
-Qui? Beh, ero curiosa di vederti suonare, di vedere se eri davvero la bravissima rockstar che dicevi di essere.- 
-E?- Sorrise, sicuro di sè.
-E, sì, sei bravino.- Ghignai.
-Bravino?! Ma hai visto come abbiamo suonato stasera? Siamo stati fortissimi!- 
Oh-oh, avevo ferito l'orgoglio di qualcuno.
Risi.
-Sì, sì, basta esserne convinti. -
Finse di non ascoltare la mia provocazione.
-Ti ho vista ballare su quel tavolo, sai muoverti, pensavo fossi una brava ragazza e invece...- Ammiccó.
Divenni rossa all'istante.
-E-era una delle mie canzoni preferite e... Non ci ho manco fatto caso a come mi muovevo! Seguivo la musica e basta! E guarda che io sono una brava ragazza!- Sbottai furiosa. 
-Sì, lo dicevo solo per dire, calmati! È che ti ho vista più sciolta stasera.-
Rise.
-Vuoi dire che di solito sono rigida?-
Quel ragazzo mi stava seriamente facendo venire i nervi. Riusciva a rovinare anche una bella serata come quella.
-Non rigida, solo... Chiusa. Penso semplicemente che tu non abbia il coraggio di fare molte cose, cose che potrebbero farti divertire. Ti ostini a volerti proteggere da non so che cosa.- 
Mi fissava negli occhi e in quel verde chiaro io riuscivo a leggere solo sincerità e curiosità di scoprire qualcosa, di scoprire me.
-Ho avuto molte delusioni dalle persone. Soltanto Angie non mi ha mai tradita, tutti gli altri sì. Ho avuto numerose "amiche" che mi hanno voltato le spalle e il mio ultimo ragazzo mi ha tradita con una di loro. Da allora faccio molta più attenzione a tutti i minimi particolari e valuto molto più attentamente le parole di ogni persona, per sapere se posso fidarmi o no.- 
Era strano raccontarlo a lui, solo Angie sapeva queste cose. So che avrei dovuto rispondere con una battuta, dicendo che non aveva capito nulla di me o qualcosa di simile. Ma i suoi occhi mi avevano stregata, ancora una volta. Non sapevo perché lo avessi fatto, sapevo solo che era giusto dirglielo.
-Non ha senso.-
Come non detto, non aveva capito nulla.
-Come scusa?!-
-Non ha senso quello che hai detto. È questa l'età per sbagliare, per fidarsi delle persone sbagliate, per fare cose di cui ti pentirai per il resto della vita! Se non le fai ora, quando? Se non rischi mai nella vita, non otterrai mai nulla che valga la pena, mai nulla che ti sorprenda davvero!-
-Se ciò per cui rischierò sarà una brutta sorpresa, non so quanto ne valga la pena.- Sussurrai.
A quelle parole, Giorgio scattó in piedi facendomi rabbrividire e fece qualche passo deciso verso la porta del Silver.
-Che fai?- Gli urlai dietro.
-Non ha senso discutere con una vigliacca.- Mi urló in risposta, senza nemmeno girarsi, continuando a camminare.
La rabbia prese il possesso di ogni singola cellula del mio corpo. Scattai in piedi come una molla e urlai: -Rimangiatelo!-
-No.- Fu la sua secca risposta, dopo essersi fermato e voltato con un sorrisino sadico dipinto sul volto.
Lo fissai negli occhi da lontano.
Occhi negli occhi, ancora una volta lasciavamo che fossero il verde e il blu delle iridi a parlare.
Mi avvicinai puntandogli contro l'indice: -Io non sono una vigliacca, non dirlo mai più.-
Avevo sempre detto le cose in faccia, avevo il coraggio di dire ciò che pensavo, avevo risposto colpo su colpo a tutte le sue battutine, mi sembrava di avergli fatto capire che non fossi una codarda, no? Poi ognuno aveva le sue debolezze, la mia era non fidarmi delle persone, e allora? A lui che importava?
-Dimostramelo. Dimostrami che non sei una vigliacca. Fai qualcosa di sbagliato, di cui potresti pentirtene.-
Socchiusi gli occhi. Voleva una dimostrazione? Va bene, l'avrebbe avuta. Con una lentezza esasperante mi avvicinai sempre di più a lui, finchè non vi furono pochi centimetri a separare i nostri volti. Ma non mi fermai qua. Guardandolo fisso negli occhi mi avvicinai ancora e ancora, fino a quando non lo sentii trattenere il respiro. Appena le mie labbra sfiorarono le sue, sorrisi. Sussurrai sulle sue labbra "Non sono una vigliacca" e mi allontanai da lui con un ghigno soddisfatto. La sorpresa nei suoi occhi era indescrivibile. Le iridi verdi in cui pochi secondi prima avevo letto desiderio e brama di me, ora riflettevano soltanto stupore e sorpresa. Sorpresa che presto si trasformó in rabbia, alla vista del mio sorrisetto beffardo.
-Direi che possiamo anche rientrare, che dici?- Risi e mi incamminai verso la porta del locale.
Feci appena due passi.
Con un semplice gesto mi aveva afferrato il polso. Un gesto deciso ma delicato, niente a che vedere con il ragazzo della discoteca.
Mi attiró verso di sè, e prima che potessi rendermene conto ero già tra le sue braccia.
-Non credo sia ancora ora di rientrare.- Sussurró troppo vicino al mio viso.
Guardai i suoi occhi in un istante e lessi lo stesso desiderio di prima: lui desiderava me, e io desideravo lui, era inutile negarlo. Sembró capirlo anche lui in quel momento, poiché aumentó la stretta del suo abbraccio sulla mia schiena e in un attimo, grazie a quel movimento, le mie labbra finirono sulle sue. 
Dopo un eterno momento di esitazione, mi lasciai andare: non sapevo chi fosse realmente lui, lo conoscevo da davvero troppo poco tempo, non avevo idea delle sue intenzioni, non sapevo se potevo fidarmi o meno... Eppure lo volevo, desideravo con tutto il cuore quel bacio.
"Se non rischi mai nella vita, non otterrai mai nulla che valga la pena, mai nulla che ti sorprenda davvero", aveva detto questo poco prima. Pregai con tutta me stessa che avesse ragione, mentre mi abbandonavo completamente a lui.
La sua lingua giocava con la mia, rincorrendola, desiderosa di scoprire il mio sapore tanto quanto io ero desiderosa di scoprire il suo. 
Le sue mani correvano veloci sulla mia schiena, causandomi piccoli brividi. Le mie erano intente a scompigliargli i capelli, quando il mio telefono suonó, interrompendo quel bacio meraviglioso. Quando mi staccai da lui, mugugnó qualcosa e fece un sorriso sghembo che ricambiai. 
Era Angie, voleva dirmi che lei e Mattia erano tornati a casa, convinti che fossi già lì. Dissi ad Angie che sarei arrivata in un attimo, avrei chiamato un taxi e li avrei raggiunti a casa di Mattia.
Appena attaccai, Giorgio mi bloccó: -Non chiamare un taxi, ti accompagno io in moto.-
-Cosa?! In moto con te? Neanche morta!- 
Scossi più volte il capo con enfasi.
-Dai, una seconda dimostrazione di coraggio!- Tentó di convincermi.
-Troppe dimostrazioni in una sera.-
Sorrisi, salendo su quell'aggeggio infernale a due ruote.
Andava troppo forte, dovevo stringermi a lui con tutta la forza che avevo, ma dovevo ammettere che non mi dispiaceva nemmeno così tanto abbracciarlo da dietro.
-È questa?-
-Sì, è questa casa gialla.-
Scesi dalla moto e lo ringraziai, ma prima di salire le scale per entrare in casa di Mattia, mi voltai verso di lui. 
I nostri occhi parlarono ancora una volta, nella loro incomprensibile lingua.
-Buonanotte Giorgio.-
-Buonanotte Miri.-
Chiusi la porta di casa, con il cuore in gola e l'anima in subbuglio.
 
ANGOLO AUTRICE: Come al solito, ciao patati! ❤️
Sono sfinita dopo aver scritto questo capitolo! Era prevedibile, ok, ma non volevo che fosse banale.
Ho fatto di tutto per descriverlo al meglio, non scendendo troppo nei particolari ma nemmeno cadendo troppo nel generico. Ci sono riuscita? Ditemelo voi!
Se qualcuno ancora si chiede di cosa io stia parlando: del bacio, ovviamente! *.*
Come dicevo, era molto prevedibile perché ormai l'attrazione tra la nostra Miri e Giorgino era palese, ma non volevo che fosse troppo banale, volevo lasciarvi in sospeso fino all'ultimo, farvi dire "ecco è ora" e subito dopo "no, non era ora". Sono crudele? Puó darsi muahahahah :* ❤️❤️❤️
Anyway, spero vi sia piaciuto e se avete qualche dritta da darmi, ora più che mai sono aperta davvero a tutto, quindi non esitate a recensire! Ho davvero bisogno della vostra approvazione/disapprovazione e dei vostri consigli :)
A parte il bacio, che era la parte clou, scusate se ho tralasciato la figura di Angie in questo capitolo (anche se non totalmente, come potrei rinunciare a lei?!), ma volevo permettervi di conoscere anche un minimo Mattia, Lorenzo, Giulia e Matteo! Ditemi che ne pensate di loro e della band, ovviamente! A proposito, il nome della band (My Dreams) è il nome di una band reale che ho iniziato a seguire molto in questo periodo, magari provate a cercarli su YouTube e su Facebook, se vi interessa, io li trovo molto simpatici e talentuosi! :)
Restando in tema "musica", le canzoni in questo capitolo sono: "In Bloom" dei Nirvana, "Drown" dei Bring Me The Horizon e "Girl all The bad guys want" dei Bowling For Soup. ❤️
Che dire d'altro? Mi auguro davvero che abbiate gradito questo capitolo, e spero che anche i prossimi saranno all'altezza delle vostre aspettative!
Come evolverà il rapporto tra Miranda e Giorgio?
Continueranno a litigare per sempre e sarà sempre un rapporto odio-amore o impareranno a conoscersi e accettarsi?
Hanno già imparato un po' di cose l'uno dell'altra in questo capitolo, Miranda si è confidata e Giorgio l'ha spronata a reagire, come si sosterranno a vicenda? 
E Miri riuscirà davvero a sconfiggere tutte le sue insicurezze o queste prenderanno il sopravvento e l'allontaneranno da Giorgio?
Lo scopriremo solo vivendooooo (e leggendo!)
Bacioni ❤️❤️❤️

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Capitolo 6
*** Confessioni ***


6. CONFESSIONI
-Che. Cosa. Diavolo. È. Successo.-
-Angie, fai un bel respiro e stai calma, mi dai sui nervi!- sbuffai, togliendomi quelle odiose scarpe col tacco e buttandomi a pancia in giù sul divano rosso.
Appena la mia testa riemerse dai cuscini cercando ossigeno, gli occhi di Angie mi scrutavano indagatori a meno di due centimetri dal mio naso.
Con uno sbuffo, mi rintanai di nuovo nella sicura montagna di cuscini.
-Miri, dai, voglio sapere!-
Angie, come potevo darle torto? Ero sparita con Giorgio per più di un'ora!
-Ok, però non deve saperlo nessuno, neanche Mattia.-
-C'è bisogno di dirlo? Dai, sto morendo di curiosità!-
Sospirai. Poi iniziai a raccontarle tutto nei minimi dettagli, non avevo segreti con lei.
-Wow! Mi sembra una storia da film! E ora, cosa hai intenzione di fare?- Angie sembrava preoccupata, e, effettivamente, lo ero anche io.
-Non lo so! Non mi è mai successa una cosa simile... Lo sai come sono, non mi piacciono le relazioni libere, a caso, però non so nemmeno se voglio qualcosa con lui, è stato un errore, un momento di debolezza, mi sta pure antipatico!- Abbassai lo sguardo. Quando lo rialzai, Angie aveva un'espressione enigmatica.
-Che c'è?-
-Niente... È solo che... Sei rossa come un semaforo e non hai preso fiato per un secondo!- La fissai con sguardo truce. -S-Sicura che non ti piaccia?- domandó poi Angie con tono timoroso, come se avesse paura che da un momento all'altro potessi saltarle addosso e mangiarla perché aveva anche solo osato pensare una cosa del genere. E in effetti era proprio così.
Ma un altro istinto prese il sopravvento sulla follia omicida. Iniziai a ridere a crepapelle.
-Ma ti pare? Hai visto come litighiamo ogni volta che ci vediamo? Non riusciremmo a convivere per più di tre secondi nella stessa stanza, finiremmo per sbranarci a vicenda!- dissi a fatica tra una risata e l'altra.
L'espressione di Angie si fece più rilassata dopo questa reazione.
-Bene! Perché prima al locale ho incrociato Sammi e mi ha chiesto se sapessi il nome e il numero del bassista del gruppo, perché l'aveva trovato davvero carino! Spero non ti dispiaccia allora...- 
Smisi di ridere all'istante.
Quel nome.
Sammi.
Ovvero Samanta Carelli, una stangona altissima, magrissima, biondissima e bellissima, ma con il cervello di un'oca, faceva il quinto anno del Vittorio Emanuele. 
Ed era anche la mia ex-amica del cuore, insieme ad Angie, fin dalle medie.
Ex, ovviamente. Non volevo più averci niente a che fare. Almeno non dopo che si era mostrata per quello che era, andando a letto con il mio ex-fidanzato Federico, proprio quello del quale avevo casualmente parlato a Giorgio quella sera.
Mandai giù il groppo che avevo in gola.
-Spero tu stia scherzando.- dissi con tono irremovibile a Angie.
-No, perché?- disse Angie, cadendo dalle nuvole. 
-Ma... Come hai potuto! Sapevi che in quel momento io ero con Giorgio, avresti potuto immaginare!- Non potevo credere che Angie avesse fatto una cosa del genere, era molto più intelligente di così, la rabbia mi stava annebbiando il cervello e sapevo che non era per niente un bene.
-Come avrei potuto? E poi cosa importa, mi hai appena detto che a te non frega niente di Giorgio!-
Non potevo crederci. 
-Ma certo che me ne frega!- Le parole uscirono fuori senza che io riuscissi a fermarle.
Angie alzò rapida un sopracciglio e mezzo sorriso le si disegnò automaticamente sul volto.
-I-Intedevo dire... Che sì... Cioè... Non si tratta di Giorgio, è Samanta che non mi sta simpatica e tu sai tutto quello che mi ha fatto e non avresti dovuto!- Blaterai ormai senza ritegno, cercando di rimediare al casino che avevo appena fatto.
-Non fare la vittima, e ammetti una buona volta che Giorgio ti piace!- Angie sembrava quasi rassegnata, era il suo ultimo tentativo.
-Mai.- dissi alzandomi e avviandomi verso la porta della cucina, dove c'era un altro divano, che, almeno per quella notte, sarebbe stato il mio letto.
Era stata una serata davvero stancante.
************
*Driiiiiin*
-Ma che cazz?- Una nuvola capelli biondi arruffati emerse da sotto il piumone. Sotto quella nuvola, il viso truce di Giorgio si rivolse verso destra, dove Matteo dormiva profondamente.
Fu un attimo.
Con uno scatto felino, il ragazzo afferró il proprio cuscino e lo scagliò contro l'amico, che continuó beatamente a dormire.
-Io non ci posso credere...- borbottò Giorgio.
Poi un dubbio balenó nella sua mente.
Si avvicinò all'orecchio dell'amico addormentato e iniziò ad urlare: -MAAAATT!! SEI VIVO? RIESCI A SENTIRMI??-
Un mugolio di disapprovazione si levó dalle coperte.
-Controllare il polso era troppo difficile?- borbottó Matteo alzandosi faticosamente dal letto.
Giorgio sorrise, un vero sorriso, di quelli che raramente riservava alle persone.
-Sì.- disse soltanto, prima di avviarsi in cucina.
Ai fornelli, i due piccioncini, che ormai aveva imparato a sopportare senza farsi venire il diabete, stavano preparando una vera e propria colazione in stile americano.
Giorgio si sedette al tavolo in cucina, proprio dietro di loro, al suo solito posto.
-Giulia, Loré, riuscireste a staccarvi per un momento e a darmi il mio uovo con bacon?- disse allegro ai suoi due amici, che si voltarono perplessi a fissarlo.
-Che c'è? Che ho detto?- Il biondo alzó un sopracciglio.
-N-Niente, è solo che di solito ci ordini di smetterla di limonare e ci imponi di passarti il tuo piatto.- disse Lorenzo, ancora evidentemente sotto shock, mentre Giulia posava sul tavolo il piatto di Giorgio.
Dal canto suo, il biondo non degnó il suo uovo di uno sguardo: sembrava voler ribattere alle parole dell'amico, e in modo anche piuttosto brusco, ma una voce lo precedette.
-Eh, sì, oggi il signorino è particolarmente felice... Chissà perché!- esordì Matteo, entrando in quel momento nella stanza e riempiendola tutta con la sua fragorosa risata.
-Che intendi dire? Dai, rendimi partecipe del significato della grande battuta che hai fatto.- Giorgio, per non smentirsi mai, ritornó al solito tono brusco di ogni giorno.
-Oh, smettila di fare il macho, Giò, lo sai benissimo!- Giulia gli strizzó un occhio. Ma siccome il suo amico biondo sembrava non cogliere l'allusione, con un sospiro spiegò: -Miranda... ti abbiamo visto uscire con lei e siete stati via per più di un'ora, non è nel tuo stile non fare accadere nulla...-
L'angolo della bocca del biondo schizzó all'insù formando un perfetto ghigno compiaciuto. Ma poi disse solo: -Ma come vi viene in mente? L'avete almeno vista? E poi appena apre bocca è insopportabile, parla troppo ed ha la capacità di darmi sui nervi con ogni singola parola che dice!-
-Ma infatti qui nessuno accennava al fatto che aveste parlato...- rise Matteo rivolgendo all'amico uno sguardo malizioso.
Giorgio lo fulminò con lo sguardo e, riprendendo il solito tono scontroso e che non ammetteva repliche, disse soltanto: -Non è successo nulla, non tornate più sull'argomento, non ne vale la pena.- e tornò a concentrarsi sul suo uovo con bacon.
La vita nella casa dei ragazzi era abbastanza semplice e monotona: si dividevano le faccende di casa e avevano una buona organizzazione e un buon feeling, cosa estremamente importante per i membri di una band, ma anche non così indifferente in un gruppo di coinquilini come il loro.
Avevano deciso di trasferirsi tutti insieme appena avevano compiuto 18 anni, ormai era quasi un annetto che vivevano insieme. I genitori avevano tentato di farli ragionare, ma la verità era che quando quei quattro si mettevano in testa qualcosa era impossibile fermarli. Era stato così anche per la storia della band: all'inizio nessuno voleva che perdessero il loro tempo a provare nel garage di Matteo, ma alla fine avevano rinunciato e assecondato il sogno dei ragazzi, soprattutto quando questo aveva iniziato a fruttare loro qualche soldo, dato che venivano ingaggiati in numerosi locali.
E così avevano deciso che non si sarebbero mai lasciati, che avrebbero continuato a seguire il loro sogno: e vivere insieme ne faceva sicuramente parte. Appena Giulia aveva trovato quell'appartamento spazioso al terzo piano di un palazzo un po' fuori città che proponeva un affitto mensile decisamente vantaggioso, non ci potevano credere: il loro sogno stava diventando realtà. E così, pochi mesi dopo, dopo i lavori di ristrutturazione e i vari trasferimenti, eccoli lì, nella loro nuova casa, pronti ad aggiungere quel nuovo pezzo del puzzle al loro sogno e elettrizzati per quella nuova avventura.
Avevano una certa confidenza l'uno con l'altro, ognuno conosceva per filo e per segno le piccole manie e stranezze degli altri. Si conoscevano a memoria, come quando ti ricordi una data di storia o una formula di chimica: quella data e quella formula, rimangono lì per sempre, per istinto, e sai esattamente a cosa si riferiscono e quando è o non è utile usarle. 
E in quel momento non era utile parlare con Giorgio: si era chiuso nel suo mondo, e probabilmente si sarebbe fermato lì per molto tempo, e nessuno poteva tirarlo fuori. Quando Giorgio si chiudeva così, poteva anche scoppiare la terza guerra mondiale, lui non ci avrebbe fatto caso: esistevano solo più lui e i suoi pensieri, non troppo rosei di solito. 
La giornata trascorse così, come una normale routine di domenica mattina: colazione, faccende domestiche, spesa, pranzo, siesta, prove per la band e infine compiti.
Giorgio stava sempre un po' sulle sue, ma gli altri lo lasciarono perdere, Matteo fece le sue solite battute, Lorenzo ruppe un microfono nella foga di cantare l'ultimo pezzo e Giulia borbottó qualcosa sulla sfortuna di vivere con quei maschi cavernicoli. 
Arrivó presto la sera e, come al solito, prima di andare a dormire, il gruppo si divise: Lorenzo e Matteo si fiondarono in salotto per guardare la TV, mentre Giulia e Giorgio si avviarono a malincuore verso lo studio.
Definirlo "studio", in realtà, era un'esagerazione: si trattava di una stanzetta minuscola, usata come sgabuzzino dai vecchi proprietari dell'appartamento, che i ragazzi avevano ripulito e attrezzato con una scrivania, una poltrone e una libreria, riuscendo a far entrare magicamente tutto in quello spazio angusto. E così era diventato lo studio di Giorgio e Giulia, dove i due si dedicavano ai compiti la sera. Erano gli unici ad andare ancora a scuola: Lorenzo aveva fatto una scuola professionale, che durava solo tre anni e che aveva concluso con gran facilità, mentre Matteo, essendo un po' più grande, aveva preso il diploma l'anno passato e non aveva avuto intenzione di andare all'università. Giorgio e Giulia, invece, erano purtroppo ancora costretti a recarsi in quel "carcere" ogni mattina: nel loro caso il "carcere" si chiamava Liceo Linguistico Gabriele D'Annunzio. Per di più, erano all'ultimo anno e la maturità li attendeva a Giugno, silenziosa e inevitabile come la morte. Almeno, questo era quello che pensavano.
Giulia chiuse la porta dello studio e si sedette sulla poltrona aprendo il proprio libro di inglese, mentre Giorgio si accomodava alla scrivania.
-Uff, non riesco a studiare.- borbottó il biondo, dopo appena dieci minuti passati a fissare invano una pagina di letteratura inglese.
La risposta di Giulia non si fece attendere: -Avrai in testa qualcos'altro..- buttó lì la rossa, con indifferenza.
-Evita.- secca e decisa, la risposta di Giorgio non si fece attendere.
-Cosa ti costa ammetterlo? Quella ragazza ti piace, me ne sono accorta subito, dal primo momento in cui ce l'hai presentata! Non c'è nulla di male!-
-Stai zitta Giulia, non sai quel che dici, non la conosci neppure. Ed è evidente che se pensi queste cose non conosci così bene neanche me e i miei gusti!-
-Però è successo qualcosa, se no non saresti così sulla difensiva ogni volta che te la nominiamo.- Giulia alzó un sopracciglio, scettica, ansiosa di vedere la risposta dell'amico.
Giorgio deglutì, e disse soltanto, quasi sussurrando: -Non sono affari tuoi.-
-Lo sapevo!- trilló trionfante Giulia, con un gran sorriso.
-Tu non sai nulla!- Giorgio scattó in piedi. -Cosa vuoi sapere? Se me la sono fatta? Certo, non dico mai di no a una ragazza che mi striscia ai piedi, lo sai. Ma non me ne frega nulla di lei, è una delle tante, smettila di fare storie, non é di certo la prima che mi faccio a una serata!-
-Non mi sembrava una delle tante che ti sbavano dietro, ha carattere quella ragazza. Mi sembrava una tosta.- Giulia abbassó gli occhi: la reazione di Giorgio non era stata delle migliori.
-Ti sei sbagliata.-
-Mi sbaglio su molte cose ultimamente.- Giulia alzó gli occhi su Giorgio. -Scusa.-
In quel momento qualcosa scattò in Giorgio, e il muro che aveva innalzato per tutta la giornata sembró finalmente creparsi.
-No scusami tu, ti ho trattato davvero male, non so cosa mi succede.- Giorgio si fiondò ad abbracciare la sua amica.
Giulia, con le lacrime agli occhi e la testa appoggiata al petto di Giorgio, provó un ultimo, estremo tentativo: -Lo so io cosa ti succede, ti sta iniziando a piacere Miranda, devi solo ammettere che non sei di pietra e che provi anche tu dei sentimenti.-
Giorgio, inaspettatamente, non sciolse l'abbraccio, ma continuó a tenere ben stretta Giulia e, da sopra la sua spalla, sussurro soltanto: -Mai.-
 
This is my last confession
You are my one obsession
You see through me
Why can't you see?
We both know that we're meant to be
 
It's so hard
When lives collide
You try your best to hold on tight
It's all gone
 
ANGOLO AUTRICE:
finalmente sono risorta e porto avanti, piano piano, questa storia!
Miri e Gió proprio non ne vogliono sapere di stare insieme, mentre gli altri personaggi sembrano saperla un po' più lunga!
cosa ne pensate?
ci sono mancata?
me la lasciate una piccola recensione vero? ❤️
vi voglio bene patati! 
alla prossima. 
 
ps: la canzone, per chi fosse interessato, è "Last confession" dei The Dirty Youth.

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Capitolo 7
*** Ginnastica no! ***


7.GINNASTICA NO!

Da piccolino ero complicato,
considerato uno sfigato,
tu ben inserito,
il favorito
a ginnastica ero un impedito,
tu un mito,
io sgualcito
tu ben vestito,
io tentavo di copiare
tu "Maestra ho finito!"
io solo canzoni nelle orecchie
"Suo figlio non s'impegna ma potrebbe"
e l'unico sette è nella condotta,
tu pa
gella bella,
io cartella rotta
(Nato Sbagliato
-Articolo31)

Passarono i giorni, poi le settimane.
La scuola era sempre lo stesso grandissimo inferno.
La Martini continuava ad essere la stessa insopportabile stronza.
Angie ed io eravamo ancora costantemente e irrimediabilmente in ritardo.
Non era, peró, del tutto colpa nostra: a fine quadrimestre, i nostri ritmi erano diventati impossibili: verifiche, interrogazioni ed esami di recupero ci lasciavano a malapena il tempo di respirare, dormire, spiluccare qualcosina e farci una doccia di dieci minuti cronometrati.
Io e la mia amica stavamo lentamente affogando in un mare di impegni scolastici e l'unica ancora di salvezza in quei giorni era diventata la casa di Mattia.
La bella casetta gialla poco fuori dal centro della città assisteva spesso a serate entusiasmanti tanto quanto quelle dei vecchietti della Casa di Riposo all'angolo. Anzi, sospetto che in quel periodo anche i vecchietti fossero più festaioli di noi.
Io ed Angie suonavamo al campanello vestite direttamente con il pigiama sotto alla giacca e, appena il rosso apriva la porta, ci fiondavamo sul suo divano blu mangiando popcorn e vedendo qualche puntata di Game of Thrones fino a quando le palpebre non si abbassavano concedendoci finalmente il tanto agognato riposo.
Mattia scuoteva la testa: ci conosceva da troppo tempo per stupirsi ancora del nostro comportamento bizzarro.
E Giorgio, dite?
Sparito.
Volatilizzato.
Nei rari momenti di quei giorni in cui lo studio non mi perseguitava, un pensiero volava a lui e a quell'attimo tanto strano e intenso che avevamo vissuto.
Era uno stronzo e avevo capito sin da subito che non era proprio una persona facile nè affabile, sembrava nascondere mille cose non dette dietro le sue iridi verdi, aveva pochi amici e stava spesso sulla difensiva, eppure non mi era proprio andata giù che dopo quel che era successo mi avesse ignorata così, per settimane.
E stava continuando a farlo!
Ok, ammetto che in effetti non è che mi stesse proprio ignorando volontariamente: diciamo che, siccome io ed Angie non uscivamo praticamente più a causa dello studio, a meno che non si fosse presentato a casa di Mattia con una scusa improbabile, le occasioni in cui avremmo potuto vederci sfioravano lo zero.
D'altronde, era la fine del quadrimestre anche per lui e poi non era il mio ragazzo, anzi, non era assolutamente nulla per me: molto meglio fare finta che quella sera al Silver non fosse mai accaduta e smettere di pensare a quell'idiota presuntuoso.
Anzi, era ora di pensare a tutti i preparativi per Natale: le vacanze, piano piano, si stavano avvicinando. Ancora una settimana di soffocanti verifiche e poi... libertà, riposo e regali!
Non vedevo l'ora: adoravo il clima natalizio.
Quell'ultimo Mercoledì mattina, mentre mi trascinavo con Angie fino al portone del Vittorio Emanuele, non potevo fare altro che pensare a quei tre lunghissimi, infiniti giorni schifosi.
"Ancora tre giorni e poi sarai libera, Miranda, ancora tre giorni e poi fanculo la scuola, almeno fino al prossimo anno!"
Cercavo di farmi forza, insomma.
Eppure era difficile rimanere positivi quando alle otto del mattino di Mercoledì avevi due ore con quella pazza della prof di Ginnastica! 
Ma quella una camomilla non se la prendeva mai?!
"Giuro che se ci fa correre ancora un giro, le rovescio tutta la confezione di Xanax nel caffè!" mi sussurró all'orecchio Angie col fiatone.
Accennai un sorriso: ridere di gusto come avrei voluto fare avrebbe causato il collasso dei miei poveri polmoni. E dire che io e Angie eravamo abituate a correre per prendere il pullman!
Scrutai dietro di me i miei compagni: le ragazze erano davvero sfinite, anche Sonia, la più sportiva, mentre i ragazzi cercavano di darsi un contegno, ma anche loro mostravano i primi segni della fatica fisica.
Finalmente la prof. Lucilli ci ordinó, al pari di un generale con le sue truppe, di fermarci e di fare stretching.
Seguirono parecchi esercizi di resistenza e, dopo un'oretta, un'altra classe arrivó in palestra: la nostra scuola, infatti, aveva una palestra parecchio grande e non era raro che altre classi di altre scuole in città, che magari non avevano una palestra così attrezzata, venissero da noi ad allenarsi nella loro ora di Ginnastica.
Di solito erano le classi dell'Ungaretti, del Bernini e del D'Annunzio.
Ecco, era una classe del D'Annunzio, il liceo linguistico: ormai riconoscevo le prof di Ginnastica e sapevo associarle all'esatta scuola di provenienza.
Stavo passando la palla ad Angie, nel tentativo di riuscire a fare almeno un esercizio di riscaldamento dei mille che la Lucilli ci aveva assegnato, quando la palla sbatté malamente sulla spalla della mia amica.
"Ahia! Miri!!"
Angie si giró di scatto con un'occhiata di fuoco.
Alzai le braccia in segno di resa: "Potevi almeno fare un po' di attenzione. Che guardavi?"
Angie inclinó la testa, indicandomi la prof e la classe del D'Annunzio, poi alzó le spalle: "Stavo guardando la prof, speravo fosse una classe dell'Ungaretti."
L'Ungaretti era la scuola di Mattia, uno degli istituti tecnici per geometri più validi della città.
Scossi la testa, confermando i dubbi della mia amica: "No, quelli dell'Ungaretti hanno quella con i capelli corti di mezza età, quella lì con quegli orribili calzettoni fucsia è sicuramente quella mezza matta che urla sempre del D'Annunzio."
Angie annuì e mi rilanciò la palla.
Andammo avanti così per un po', non curandoci dell'altra classe e nemmeno della nostra in realtà: era mattina, stavamo facendo "sport" e nessuno aveva voglia di parlare, giustamente oserei dire.
Poi, all'improvviso, la prof ebbe questa strana, assurda idea: ci fece fermare e ritirare tutti i palloni e le attrezzature venti minuti prima della fine della lezione; noi già invocavamo tutti i santi, convinti che per una volta quella sottospecie di generale di trincea della Lucilli mostrasse un po' di cuore e ci lasciasse tornare in classe prima, ma lei, invece, se ne uscì con: "Ho parlato con la professoressa Alpini del liceo linguistico D'Annunzio e abbiamo deciso che, siccome c'è solo un anno di differenza tra voi e la sua classe e ci sembrate abbastanza equilibrati, possiamo provare a organizzare una sfida di pallavolo in questi ultimi venti minuti. Siete contenti? Non fatemi fare brutta figura eh!"
" 'NON-FATEMI-FARE-BRUTTA-FIGURA'?! L'HA DETTO SUL SERIO??!"
Ero davvero furiosa. Ma perché avremmo dovuto fare questa cosa?
'A ognuno il suo spazio', era questo il patto non scritto nella nostra palestra: no alle interazioni con le altre scuole, perché ognuno era già troppo impegnato a far schifo per conto proprio.
Perché ora la Lucilli e la sua amica idiota con i calzettoni fluo si permettevano di rivoluzionare tutto?!
Una sfida contro un'altra scuola e un'umiliazione pubblica? Non se ne parlava proprio.
Angie, il mio insopportabile angelo custode, era però già pronta a sussurrarmi all'orecchio: "Anche a me non va, Miri, ma ci serve anche il voto della Lucilli per superare il primo quadrimestre. Fai uno sforzo."
Facile a dirsi per lei, era un asso a pallavolo!
Fu Sonia a formare la squadra, ovviamente.
Scelse prima i due ragazzi più atletici, cioè Simone e Michele, poi Angie e Samanta. Sí, proprio la mia ex-migliore amica -che gioia averla in classe dopo che mi aveva soffiato da sotto il naso il mio ormai ex-ragazzo Federico, voi non potete capire- che, per quanto mi scocci ammetterlo, era veramente brava in ricezione a pallavolo.
A Sonia mancava ancora un membro, ma io mi stavo già avvicinando lentamente alla panchina, convinta che sarebbe stato il mio posto sicuro per tutti quegli infernali venti minuti.
Ma improvvisamente...
"Miranda."
Angie impallidì, mentre io mi bloccai con il sedere a tre centimetri dal freddo ferro della panchina balbettando: "C-cosa?!"
"Sei brava col palleggio. Stai sottorete."
Sonia lo disse come se fosse la cosa più naturale del mondo, la prof annuí e io quasi collassai per l'incredulità.
Ma uffa!! Avrebbe potuto scegliere chiunque!
Mascherai malamente uno sbuffo e mi posizionai sottorete, non smettendo mai di guardare Sonia con tutto l'odio che avevo in corpo, sperando di incenerirla seduta stante o almeno di convincerla a scegliere qualcun altro al mio posto. Ma Sonia, incurante delle mie occhiate malevole, aveva già preso posizione alla battuta.
Ok, dato che ormai eravamo in campo, tanto valeva giocare.
Feci un bel respiro, mi girai verso le rete e...
"Buongiorno, principessa."
Oh mio Dio, quel ghigno lo conoscevo fin troppo bene!
Alzai gli occhi e due iridi verdi si specchiarono nelle mie.
-PALLAAAA!" urlò Sonia da fondo campo.
Il ghigno non spariva dalla faccia di Giorgio e io finalmente mi ripresi dalla sorpresa: quella partita cominciava a farsi interessante.
"Ti farò a pezzi." Sussurrai assottigliando gli occhi.
"Provaci, se ci riesci." Il suo ghigno si aprì in un sorriso mozzafiato.
Poi Giorgio spostò i suoi occhi da me, Sonia lanciò la palla e il mio inferno personale ebbe inizio.

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