Il Giornalista

di AlexDico
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Una giornata con Gregory, parte 1. ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Prologo ***


Jack Sawyer si svegliò di soprassalto, alcune gocce di sudore gli scorrevano sulla fronte, aveva fatto un brutto sogno: un gruppo consistente di ribelli anarchici era entrato a Chicago appiccando incendi e devastando la città. Lui osservava, dal sesto piano del palazzo in cui abitava, quella orrenda scena vedendo, inoltre, centinaia di cadaveri e una quantità di sangue mai vista prima a terra e aveva paura che qualcuno andasse a prenderlo.
Guardò di scatto fuori dalla finestra. Fortunatamente nulla di tutto ciò era vero. Erano le nove di mattina, il sole splendeva in alto nel cielo, il traffico era regolare e molte persone stavano andando a lavoro.

"Meno male." disse dopo un respiro di sollievo.

Erano ormai passati due lunghissimi anni dallo scoppio della guerra e Jack faceva ricorrentemente questo sogno. Una volta erano i governativi ad entrare, un'altra gli anarchici. Non sapeva più nulla della guerra, tutti canali d'informazione erano veicolati dai tre uomini più ricchi e potenti della città che, di comune accordo, avevano blindato i confini corrompendo degli alti ufficiali dell'esercito proprio nei primi periodi di guerra. Jack si alzò dal letto, si mise un paio di Jeans, una camicia a quadri rossa e bianca, un paio di scarpe da tennis e andò verso il suo computer. Come tutte le mattine, sperava di trovare notizie riguardanti la guerra, ma era tutto inutile. Un paio di articoli di cronaca locale e, per il resto, articoli che elogiavano Chicago, dipingendola come l'unica città a non essere caduta nell'orribile teatro di guerra, l'unica città in cui era sicuro vivere. Questa cosa lo faceva andare fuori di testa: un giornalista costretto a leggere articoli faziosi che parlano esclusivamente della città in cui vive, senza accennare minimamente alla situazione nel resto degli Stati Uniti d'America. Jack guardò l'orologio, erano le nove e venti, tra dieci minuti sarebbe dovuto andare a lavoro, ma non era un problema, perché abitava a qualche centinaio di metri dall'ufficio dove lavorava. Prese le chiavi, uscì di casa e chiamò l'ascensore. Nonostante Jack fosse piuttosto atletico, prendeva sempre l'ascensore perché diceva che fare tutte quelle scale la mattina dopo essersi svegliato e il pomeriggio dopo il lavoro era troppo faticoso, d'altronde c'era l'ascensore, perché scomodarsi? Arrivato al terzo piano, l'ascensore si fermò e le porte si spalancarono: una donna dai capelli rossi entrò e salutò con un cenno Jack. Lui la conosceva, era Kate Lee, impiegata bancaria con una carriera in rapida ascesa, rallentata di molto proprio a causa dell'isolazionismo di Chicago. Kate, nonostante l'età, era una già piuttosto indipendente: laureata in economia, viveva già per conto suo.

Jack la guardò per un istante, si inumidì le labbra con la lingua ed esordì: "Una bella giornata oggi, eh?"

"Beh... sì. Stai andando a lavoro, Jack?" replicò Kate colta di sorpresa.

"Esattamente" disse Jack mentre la porta dell'ascensore si apriva, i due arrivarono insieme al portone del palazzo, Sawyer lo aprì facendo cenno a Kate di passare e, appena dopo essere uscito, disse: "Ora le nostre strade si dividono... buona giornata!"

La ragazza fece un cenno e andò nella direzione opposta di Jack che, dando una rapida occhiata in giro, si avviò in direzione dell'ufficio. La città era sempre la stessa di tutte le mattine: cittadini con lo sguardo spensierato, qualche poliziotto quà e là e tante, tante macchine. L'aria era piuttosto sgradevole, ma era il prezzo da pagare per abitare al centro di Chicago. Jack aveva voluto fortemente un appartamento al centro della città, per avere tutte le attrazioni principali vicine.
Dopo circa cinque minuti, Jack arrivò davanti il palazzo che ospitava il suo ufficio. L'edificio si trovava poco prima di un ponte sulla quale vi si trovavano sempre dei poliziotti a controllare chiunque volesse accedere dall'altra parte della città. Tutto questo perché dopo quel ponte iniziava la parte di città appartenente Micheal Clark, uno dei tre uomini più ricchi di Chicago. La porzione di città centrale, quella dove abitava Jack, era controllata da Frank Moore, mentre quella a sud era controllata da Tom Philips. Le zone di confine erano presidiate giorno e notte da delle polizie private. Ognuna di queste obbediva soltanto ad uno dei tre padroni. Se non si avevano motivi validi, nessuno poteva frequentare un'altra parte della città, neanche per fare una passeggiata. Se abitavi nella zona sud di Chicago non potevi andare in quella centrale, o in quella nord, semplicemente per cenare in un ristorante o per incontrare un amico. Gli unici motivi validi erano i motivi di lavoro e quelli di famiglia. Se venivi pizzicato a fare altro in una zona che non era quella della tua residenza venivi sbattuto in carcere.

Jack entrò nel palazzo, prese l'ascensore, salì fino ad arrivare al quarto piano e la prima stanza a destra era quella del suo ufficio. Su questa porta c'era una targhetta con su scritto "K&J News". Le due lettere venivano dal cognome dei due fondatori: King e Johnson. Jack aprì la porta salutando i suoi colleghi, che non erano molti: solo quattro, compresi i due fondatori. D'altronde la "K&J News" era una testata giornalistica con una tiratura abbastanza limitata.

Al suo ingresso, Jack venne accolto da Thomas King, uno dei due proprietari: "Ehi, Jack, tutto ok questa mattina? Abbiamo un caso da affidarti"

Jack era piuttosto sorpreso, erano ormai tre anni che lavorava alla K&J e nessuno gli aveva mai parlato esplicitamente di caso: "Cosa? Un caso? Che intendi?"

"Lascia che te ne parli questo signore quì!" disse Thomas accompagnandolo alla sua scrivana e indicandogli con un cenno un uomo.

Quest'uomo era piuttosto alto, Jack lo fissò per qualche istante e i primi particolari che saltarono all'occhio furono i vestiti, completamente neri, i capelli brizzolati e un pizzetto. Nell'insieme queste cose gli davano l'idea di un uomo dal cuore di pietra, molto duro con gli altri. Il signore si sedette e i due iniziarono la conversazione.

"Lei è il signor..." disse Jack tendendogli la mano.

"Gregory... Gregory Anderson."

La stretta di mano era molto vigorosa, segno che Gregory era un uomo decisamente sicuro di se.

"Dunque... Gregory... Thomas mi ha detto che c'è un caso per me... ma cosa intende per la precisione? Cosa mi hai portato?"

"Thomas ha ragione. È un caso vero e proprio: c'è stato un omicidio un paio di giorni fa. Un agente della Blackwater è stato assassinato con un'arma da fuoco e nessuno sembra riuscire a capire chi sia stato il colpevole."

"Cosa? Un agente della Blackwater! Ma è la polizia privata di Moore! Quale idiota potrebbe mai aver avuto un'idea così malata? Se dovessero trovarlo lo torturerebbero per settimane e poi lo sbatterebbero a marcire in carcere!" Jack riprese fiato, alzò lo sguardo fissando dritto negli occhi Gregory, spalancò la bocca con il terrore nei propri occhi e, dopo essersi ripreso, proseguì: "Non vorrà insinuare che sono stato io? Non so neanche come diavolo si maneggia una pistola!" esclamò Jack allargando le braccia.

Gregory, dopo aver fatto un cenno con la mano, come per fermare Jack, continuò: "No, Jack. Calmo. Nessuno ti sta incolpando e, se la cosa ti può rassicurare, non sei neanche tra i sospettati. Sono venuto quì semplicemente per dirti che sono un investigatore privato, sono quasi sicuro di aver capito chi è il colpevole e in tempi come questi..." accennò un sorriso "un po' di pubblicità non farebbe affatto male."

"Cosa vuole che io faccia, signor Anderson?"

"Semplice: lei verrà con me, mi seguirà in ciò che farò e poi scriverà un articolo parlando di come ho fatto ad intuire chi è l'assassino. Ho già discusso con Thomas di un bonus una tantum, che pagherò direttamente io, nel suo stipendio. D'accordo?" disse Gregory porgendo in avanti la mano destra.

Sul volto di Jack apparve un lieve sorriso, e, stringendo la mano a Gregory disse: "D'accordo!"

L'investigatore si alzò, andò a prendere il suo cappello, rigorosamente nero e, aprendo la porta, disse: "Andiamo Jack, l'articolo non si scriverà certo da solo!"

Jack diede una rapida occhiata al tavolo, prese una penna e il suo taccuino e si alzò di corsa per seguire Gregory: "Aspetti, sto arrivando!".

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Una giornata con Gregory, parte 1. ***


Appena usciti dall'ascensore, Jack e Gregory si incamminarono verso l'uscita. L'investigatore andava per primo, sembrava molto sicuro di ciò che stava facendo, mentre Jack lo seguiva, ansioso di avere altre news.

"Dunque... dove stiamo andando?" chiese Jack accelerando il passo per affiancarlo.

"Non ora. Sali in macchina."

Gregory aprì lo sportello della sua auto, una Berlina nera con i vetri posteriori oscurati, gettò il cappello sui sedili retrostanti, prese le chiavi che teneva nei pantaloni e mise in moto la macchina.

Jack lo guardava con fare curioso. Voleva sapere dove si sarebbe diretto, quindi tentò di richiederglielo nuovamente: "Gregory... Dove stiamo andando?"

Gregory sospirò piuttosto scocciato: "Andiamo a fare colazione, Jack. Non possiamo mica risolvere questo crimine con lo stomaco vuoto! Ti porto in un posto speciale."

"Cosa? Non potevi fare colazione prima di venire in ufficio?"

"No. Devo spiegarti alcune cose e volevo farlo il prima possibile, perché non c'è tempo da perdere." replicò Gregory immettendosi nel traffico "Ho delle ottime ragioni per credere che la guerra stia arrivando anche a Chicago."

"Quali sono queste ottime ragioni?" chiese Jack incuriosito ma con un tono di voce sprezzante.

"L'omicidio... è stato compiuto da un guerrigliero anarchico. Come lo so? Beh, semplice: sulla gengiva superiore è stata incisa una lettera, una A. Fuori da Chicago è ormai risaputo che quando c'è quella lettera sulla gengiva di un cadavere l'omicidio è stato compiuto dagli anarchici. Quì però non lo sa nessuno perché nessun giornale ne parla. I tre padroni non vogliono che queste cose si sappiano in giro, altrimenti la città cadrebbe nel caos più totale e le forze militari e paramilitari ne approfitterebbero per impossessarsene! Sono in pochi a sapere che l'omicidio dell'agente della Blackwater è stato compiuto da un anarchico: il padrone di questa zona, cioè Frank Moore e i suoi due consiglieri più fidati, ovvero coloro che hanno anche esaminato il corpo."

"Ehi, ehi, rallenta!" disse Jack scuotendo la testa "se sono stati i due consiglieri di Moore a visionare il corpo... tu come fai a sapere della lettera incisa sulle gengive?"


"Ho le mie fonti" concluse in maniera piuttosto enigmatica Gregory che, per il resto del tempo, non parlò.

Il viaggio in macchina durò all'incirca quindici minuti a causa del forte traffico: poco prima della zona lungomare di Chicago c'era stato un incidente e i soccorsi erano impegnati ad aiutare le persone coinvolte. Jack si muoveva in continuazione e ansiosamente per controllare che, nell'incidente, non fosse stato coinvolto qualche suo conoscente, mentre Gregory era rimasto impassibile, dando soltanto una rapida occhiata e sbuffando per via della lunga coda di automobili.


"Siamo in perfetto orario..." disse Gregory dando una rapida occhiata al cellulare.

Jack lo guardava alquanto stranito: non capiva di cosa stesse parlando, ma sapeva che se avesse provato a chiedergli informazioni lui avrebbe detto di aspettare. Gregory accostò di fianco un Diner e, senza proferir parola, scese avviandosi verso l'entrata del locale, seguito da Jack.
Aprì la porta e si sentì suonare il campanellino che avvisa dell'arrivo di un cliente.

"Ehi, dolcezza, preparami due pancake con lo sciroppo d'acero!" disse alla ragazza, sulla trentina, che si trovava aldilà del bancone. Poi, girandosi verso Jack, continuò: "devi assolutamente assaggiarli questi pancake. I più buoni che abbia mai assaggiato in vita mia!" poi, notando lo sguardo piuttosto smarrito di Jack, sorrise: "Non ti preoccupare: offro io."

I due si sedettero: il locale era un classico Diner, arredamento in stile anni cinquanta tutto rigorosamente rosso e bianco. C'erano all'incirca dieci persone all'interno del locale, molte delle quali erano probabilmente camionisti che si erano fermati semplicemente per una rapida colazione. Non vi erano poliziotti all'interno e la musica Rock'n Roll anni cinquanta rendeva l'atmosfera decisamente godibile.

La cameriera, tirandosi indietro i capelli biondi, servì i pancake ai due. Visivamente non avevano nulla di più e nulla di meno rispetto a quelli che Jack aveva già mangiato in altri locali. Prese un coltello e una forchettà e iniziò a mangiare: erano davvero degli ottimi pancake e, nel giro di pochi minuti, entrambi avevano già finito.

"Questo lo offre la casa!" disse la cameriera poggiando due caffè americani bollenti sul bancone.

"Grazie, tesoro." replicò Gregory estraendo dalla tasca una banconota da dieci dollari "dov'è il bagno?"

Jack notò qualcosa di strano: alla parola "bagno" Gregory ammiccò strizzando l'occhio, la cameriera annuì, prese delle chiavi che si trovavano sotto una pila di fazzoletti e le diede all'investigatore. Gregory si alzò con il caffè in mano e invitò Jack a seguirlo: "Andiamo Jack, devo mostrarti una cosa."

Jack continuava a non capire, era sempre più confuso e questa situazione iniziava a puzzargli: perché si stava portando il caffè in bagno? E soprattutto perché avrebbe dovuto seguirlo? Decise però di non fare domande, perché qualcuno avrebbe potuto avere dei sospetti.

Gregory aprì la porta invitando con un cenno Jack ad entrare e quello che vide era effettivamente un bagno. In un angolo, però, c'era una specie di tombino chiuso con un lucchetto. Gregory si piegò sulle ginocchia e, usando la chiave ottenuta dalla cameriera, sbloccò il lucchetto.

"Vai, Jack, prima tu."

Era evidente che l'investigatore celasse qualche segreto lì dentro. Aperto il tombino c'erano delle scale molto piccole: i due scesero fino ad arrivare in una stanza con le pareti grigie, priva di qualunque arredamento, a parte una sedia al centro. Sulla sedia c'era un uomo legato e con del nastro adesivo sulla bocca. Alla vista di Gregory, l'uomo legato iniziò ad emettere dei gemiti: stava cercando di dire qualcosa ma, ovviamente, non ci riusciva.

"Gregory... cosa diavolo significa tutto questo?" chiese Jack che stava iniziando a perdere la pazienza.

"Caro Jack... lui si chiama John. Uno dei due consiglieri di Frank Moore."

Jack spalancò la bocca, poi si girò verso Gregory: "Sei forse impazzito? Come diavolo ti salta in mente un'idea del genere? Legare ad una sedia un consigliere di Frank Moore? Vuoi forse morire? Ora lui ci ha visti in faccia!" Jack iniziò a camminare gesticolando nervosamente: "Dannazione! Siamo morti! È la fine! Se Moore viene a saperlo siamo finiti!" si fermò un attimo, si girò versò Gregory digrignando i denti: "Questa è tutta colpa tua!"

Si fiondò verso il detective con l'intento di colpirlo, ma non ci riuscì perché Gregory, con un'ottima agilità, evitò il colpo e lo fece cadere a terra. Anche il caffè di Anderson cadde a terra e quest'ultimo, con uno sguardo piuttosto scocciato, sbuffò.

"Jack... mi credi così stupido? Ho già pensato a tutto. Il mio è un piano studiato nei minimi dettagli: solo io, tu e la cameriera sappiamo che John è quì! Nessun altro, non lo sa la polizia e non lo sa Frank Moore. Il suo cellulare" continuò indicando John "l'ho gettato in mare lasciando una barca lì nei dintorni e, se mai dovessero rintracciarlo, penseranno che è caduto in mare ed è affogato. Nessun pericolo."

"Tu sei uno psicopatico!" replicò furioso Jack "io me ne tiro fuori, basta!" disse avviandosi verso le scale.

Qualcosa però lo bloccò: era proprio Gregory che lo stava trattenendo. Lo tirò a sè e, quando i loro due visi furono a pochi centimetri l'uno dall'altro, disse: "Jack... ormai ci sei dentro. Non puoi tirarti fuori così. Se dovessi scegliere di tirarti fuori, sappì che la pagherai cara... non posso lasciare viva una persona che conosce questo mio segreto... chiaro?"

Gregory lo fissò intensamente negli occhi, aspettava una conferma da parte di Jack che, dopo aver guardato John per qualche secondo, spostò i suoi occhi su Gregory e, con uno sguardo deciso, disse: "D'accordo. Ma finita questa storia noi due non avremo mai più altri contatti! Dopo che avremo sbrigato questa faccenda, dovrai stare lontano da me! Intesi?"

Gregory sorrise compiaciuto e lasciò il braccio di Jack.

"Benissimo, iniziamo questo interrogatorio..." disse infine il detective avvicinandosi a John...

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