Il Solito

di GabrielTrish
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Solo tre sterline ***
Capitolo 2: *** Anche io un giorno li avrò, Athair. ***
Capitolo 3: *** Di padre in figlio ***
Capitolo 4: *** July 1335 - Perth ***
Capitolo 5: *** Foglie ***
Capitolo 6: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo - Solo tre sterline ***


Dedico questa storia a Cristina -che mi ha gentilmente permesso di inserire il suo Glasgow nella storia- e Valeria, la mia partner di role. Con lei ruolo Scozia x Inghilterra da più di due anni e ovviamente spero di aver reso bene Arthur dato che, per me, lei è davvero bravissima nel caratterizzarlo. Detto questo, spero che la storia vi piaccia. E' un susseguirsi di flashback che attraversano vari momenti, partendo dal presente e giungendo alla fine nuovamente al presente, nel prologo e nell'epilogo.
Buona lettura!
 

PROLOGO


-Ian! E' un po' che non ti si vede.-
-Si, la scorsa volta ho preferito accorciarmeli da solo.-
-Come se venire qui ti costasse chissà quanto. A quanto ho capito, sono l'unico barbiere da cui non ti fai problemi ad andare...-
-Perchè sei onesto e lavori in nero.-
-...lo sai che questi due attributi sono terribilmente discordanti?-
-Chiunque mi faccia pagare tre sterline per un taglio lo considero onesto.-
-Tch, aha! Ogni volta taglio talmente poco... Lascia perdere, dai siediti. Allora. Come vogliamo farli?-
-Lo sai, sempre il solito. E porca puttana, giuro che se stavolta me li tagli troppo corti come due mesi fa ti eviro.-
-Diamine, non capirò mai questa fissa.-
-Non un centimetro in meno, Samuel.-
-Ma se dovesse scappare-..--
-NON un centimetro.-
-E va bene, va bene. Un giorno però mi spiegherai questa cosa.-
-Zitto e taglia, o nemmeno quelle tre sterline.-
-...despota.-

 

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Capitolo 2
*** Anche io un giorno li avrò, Athair. ***



-Athaìr! Athaìr!! Bentornato!-

E' un bambino dai folti capelli fulvi che corre a piedi nudi, inciampando ogni tanto nei suoi stessi piedi e in qualche sporgenza del terreno. E' di fretta, molto di fretta.
La veste si impiglia in qualche pianta, ma nulla sembra fermare la corsa forsennata di quel piccolo celta alto poco più di un metro. E continua ad urlare felice, un grido di un piccolo uccello fiero, mentre il suo obiettivo, la figura imponente a pochi metri di distanza, diventa sempre più grande.
Più grande, più grande, fino a quando i piedi del bambino sporchi di terra, erba, fango e una vitalità gioiosa non decidono di fermare la loro avanzata, passando alle braccia il compito di raggiungere e circondare l'addome del padre. Ma questo non lascia in tempo a quei rami ancora sottili di arrivare primi.
L'uomo sorride e le Highlands sembrano ritrovare un vigore da giorni perduto, striato di tenerezza e odore di pino. Il bambino se ne accorge, sa che suo padre sta bene, sa che ce l'ha fatta e ha respinto ancora una volta tutto da solo intere armate di uomini, con corazze e armi paurose, facce cattive e dalla lingua incomprensibile.

-Alba!-

I piedi sporchi di felicità lasciano il suolo, si sollevano e la voce dell'uomo riempie quell'aria tiepida, viva, ubriaca di vittoria e bisognosa di innocenza. Sono mani capaci di impugnare armi, di lottare, di spellarsi e di soffrire, di picchiare e di sanguinare. Sono ruvide, i tagli e le ferite su di esse creano mille incroci e disegni, e ad Alba quelle mani non sono mai sembrate cattive.
Sono grandi, sono forti.
Sono mani capaci di difendere, di accarezzare una guancia e di sfiorare la terra, capaci di bearsi ancora del velluto che il viso del bambino gli restituisce, capaci di amare una donna con l'affetto di un marito e sorreggere un figlio con la severità accudente di un padre.
Alba affonda le sue mani -oh, dio, sono così piccole- tra i capelli del padre, perdendosi in quei fili ramati che riflettono le fiamme delle battaglie e il calore del focolare. Anche lui un giorno ce li avrà come suo padre, anche lui potrà far vedere a tutti la propria forza e anche lui farà riflettere le guerre tra le proprie ciocche di fuoco, sarà forte come lui, proprio come lui, e i suoi capelli saranno bellissimi e lunghi e anche lui avrà una persona come la mamma vicino, bella come lei, bionda come lei.
Non lascerà che nessuno si avvicini, perchè tutti scapperanno non appena vedranno l'Alba fiammeggiare all'orizzonte.
Risoluto, intreccia le dita ancora sottili tra i capelli del padre, tirandoli con uno strattone e ridendo subito allo sguardo divertito e severo del celta.

-Anche io un giorno li avrò, athaìr. Ci penso io a proteggere insieme a te mamma e gli altri, non devi preoccuparti. Ruaargh!-

Un ruggito orgoglioso di una fiera incosciente e giovane e straripante di speranze.
Muove la testa e si scompiglia i capelli, già pieni di foglie, terra e polvere, rendendoli più simili ad un nido aggrovigliato e fiammeggiante che alla criniera di un leone.
Non li taglierà mai, mai mai. Papà ce li ha lunghi ed è fortissimo, quindi anche lui per essere fortissimo deve averli lunghi. Lunghissimi, così potrà proteggere tutti.
 

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Capitolo 3
*** Di padre in figlio ***


-Glaschu---...che stai facendo?-

Il piccolo bruno è chino sulla riva del Loch, un'espressione concentratissima sul viso e le manine tra i capelli. Si sta tirando i riccioli ai lati del viso, tentando disperatamente di renderli più lunghi spiaccicandoli con acqua e dita sporche di terra lungo le guance.

-Ma perchè non crescono? Athaìr, p-perchè non crescono lunghi come i tuoi ma fanno tutti così?-

E' quasi un pigolio, quello che abbandona le labbra contratte del bambino, mentre quello che è evidentemente un capriccio che si ripete spesso viene sottolineato dalle manine che si agitano in aria ad imitare -a quanto pare- i ricci. Si sta trattenendo a stento dal piangere per la frustrazione, Alba se ne è accorto e come ogni volta, dopo aver alzato lo sguardo al cielo per qualche attimo desiderando di prendere di peso il bambino e buttarlo in acqua (approfittando dell'occasione per insegnargli finalmente a nuotare), decide di chinarsi accanto a lui, contrariato e rassegnato per l'ennesimo errore di pronuncia che lo fa tendere come una corda di violino. Non è mai stato pronto ad ammettere a se stesso e ai riccioli in lacrime di fronte a sè di essere suo padre.

-E' Brathaìr, moccioso. B r a t h a ì r.-

Il bambino annuisce, gonfia le guance e si preme ancora le mani sui capelli, rendendoli piatti sulle tempie. Ovviamente non serve a nulla, perchè un paio di piccole spirali ribelli sfuggono dalle sue dita saltellando indomite verso l'alto.
Alba non riesce a trattenere il ghigno divertito che gli spunta sulle labbra poco dopo, ma il figlio della Scozia non è il tipo da farsi prendere in giro così facilmente, neanche dal suo presunto fratello e modello, quindi mena un calcetto offeso alle gambe del maggiore sentendo subito il terrificante senso di colpa prendere possesso del suo corpicino, facendogli stringere ancora di più le labbra tra loro per non versare nemmeno mezza lacrima.
E a questo punto Alba proprio non ce la fa, si sporge verso il bambino e lo prende di peso, portandoselo sulle gambe. Glaschu sgrana gli occhi e, ancora con le mani tra i ricci scuri, lo fissa in attesa. Lo sguardo ammirato e anche un po' invidioso subito scappa nella chioma del maggiore, osservando incantato i riflessi di ogni raggio di sole su ogni ciocca di fuoco, e come vorrebbe anche lui averli così belli, così lunghi, oltre le spalle e pieni di trecce, come vorrebbe vedere i raggi del sole anche nei propri. Eppure, quando guarda il proprio riflesso i suoi capelli sembrano inghiottire ogni luce.
Demoralizzato e sconfitto si mordicchia l'interno delle guance, mentre le mani grandi e calde della Nazione di cui fa parte gli prendono lentamente le dita artigliate a quei piccoli tornadi indomiti liberandoli dal giogo.
Subito i capelli del più piccolo balzano verso l'alto, mentre Alba si perde ad osservare il visetto ancora un po' rattristato ma curioso del bambino.

-Sai, Glaschu... non dovresti odiare in questo modo i tuoi capelli. Sono belli, dovresti andarne fiero. Sono cresciuti molto dall'ultima volta che li hai misurati, non te ne sei accorto?-

Le dita un po' callose ma gentili del maggiore passano in quella foresta di boccoli, delicate ma orgogliose.

-Non devono per forza essere rossi o lisci come i miei.
I tuoi sono ancora più belli, pericolosi e forti, fanno ancora più paura alle persone cattive.
E sai perchè?-

Ovviamente il bambino scuote la testa in segno di dissenso, ormai rapitissimo dalle parole dello scozzese che, come ogni volta, sono per lui dati di fatto e verità assolute ed incontestabili.

-Perchè i tuoi capelli sono imprevedibili, tortuosi ed indomabili come una foresta che nessuno vuole attraversare. Tutti ne hanno paura ma tutti ne sono affascinati ed attratti, e solo pochi eletti sanno quante meraviglie e quanta vita ci sia in quella foresta, tra quegli alberi.-

Alba sorride, gli porta entrambe le mani tra i ricci bruni e li scompiglia un po' mentre il bambino, perso ancora nelle parole del maggiore, è evidentemente sul punto di piangere dalla contentezza. All'improvviso un forte senso di orgoglio prende possesso del suo petto scosso ancora dalla delusione, e non ci pensa due volte a scaraventarsi letteralmente al collo del più grande buttando il viso nella chioma rossa che si ritrova davanti. Una foresta indomabile ed un fuoco imprevedibile. Gli piace già la definizione e già pregusta il momento in cui andrà da ogni soldato, donna o bambino a vantarsi come un piccolo pavone della propria chioma, che improvvisamente adora con tutto se stesso.


==============


Ian ama i propri capelli.
Li ama come amava quelli del padre, e sono diventati proprio come desiderava, uguali alle ciocche ribelli che adorava da bambino. Probabilmente per lui valgono più di quanto si possa credere. In un certo modo portano avanti l'immagine meravigliosa che suo padre aveva quando camminava sotto il sole o correva con i suoi uomini verso il nemico, in battaglia. Rigorosamente sciolti, decorati da qualche treccia e sempre pronti a schermargli lo sguardo come le feritoie di un elmo in ferro. Certo, Ian non è stupido, sa bene che non danno la minima protezione. Ma combattere i nemici vedendoli cadere tra lingue di fuoco lo fa sentire sicuro, forte, invincibile.
E non esitano a diventare parte della sua terra, dell'aria e della natura quando vengono attraversati e mossi dal vento, sembrano avere vita propria, bellissimi e pericolosi e liberi come le fiamme.
 

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Capitolo 4
*** July 1335 - Perth ***


July 1335 - Perth

Non vede niente.
Non vede assolutamente niente se non il rosso del sangue sulle ciglia e dei propri capelli davanti al viso. Ostinato, continua a tenersi sulle proprie gambe tese, e sente i muscoli lacerarsi dallo sforzo ma non gli importa, non cadrà, non davanti a /lui/.
Apre meglio gli occhi, deve alzare la testa, non può continuare a guardarsi i piedi.  Il respiro è pesante ed entra a fatica nei polmoni, facendosi largo a gomitate tra fatica e ferite, e a stento di rende conto delle mani inglesi e sudicie e schifose che lo tengono fermo per le braccia. Uno di queste è evidentemente rotto, a giudicare dalle fitte di dolore che l'avambraccio destro gli invia prepotentemente alla testa. Stringe i denti, quasi li frantuma per riuscire a sollevare il viso e percorrere gli stivali e i parastinchi sporchi di fango che incontra con gli occhi.
Merda.
Non si aspettava un'incursione di questa portata dopo l'attacco fallito di pochi mesi prima, Edward III,  /quella persona/ e il loro esercito di maiali avidi non hanno avuto scrupoli, i danni sono incalcolabili. Tuttavia, non riesce a non provare un forte senso di sollievo al pensiero di aver nascosto bene Glashu nell'accampamento vicino a Cardowan prima di partire. Non sono riusciti a trovarlo, nemmeno dopo giorni di ricerche.  
Non si trattiene nello snudare un sorriso feroce mentre lo sguardo percorre l'armatura fino a raggiungere un viso magro ma ancora giovane, attraversato da scintille di soddisfazione e disgusto, che si tingono di rabbia non appena il proprietario di quel viso dai lineamenti sottili intravede il sorriso dello scozzese, seminascosto tra quelle lingue rosso fuoco che non si spengono. Non si spengono mai.
Un improvviso dolore costringe Ian a sollevare ancora di più la testa, fino a sentire il collo scricchiolare inquietantemente ed il fiato spezzarsi in gola improvvisamente. Le dita di suo /fratello/ sono artigliate ai suoi capelli. Glieli ha sollevati dal viso liberandolo da quella protezione che sentiva necessaria, tirandoglieli indietro con violenza  fino ad esporre del tutto il viso tumefatto.
Ed è adesso che due paia di occhi gemelli si incontrano senza barriere, e Arthur sembra voler prosciugare fino all'ultima goccia la profondità delle lagune che gli ricambiano lo sguardo con arroganza, come se fosse nella posizione di guardarlo in quel modo, come se la sconfitta non gli pesasse più di tanto.
Ma la cosa peggiore è che sa bene che è così. Lo conosce fin troppo bene.
La Scozia non si arrende mai, mai, mai, è la sua dannazione e lo fa impazzire e disperare e c'è sempre un'altra dannatissima Alba dopo la notte.
Invincibile anche se vinto, anche se distrutto, sanguinante e /schiacciato/. Il suo corpo non cade mai, non si spezza, non si arrende.
Quelle spalle, quello sguardo, quei /capelli/.
Quei capelli dietro i quali si protegge e con i quali ti distrae. Lingue di fuoco pericolose ed imprevedibili che ondeggiano sul suo collo e guidano un esercito intero e ti incantano per poi bruciarti vivo.
L'inglese lascia la presa disgustato e quasi spaventato, come se si fosse scottato all'improvviso. O come se avesse paura di prendere fuoco.

-Sei diventato un vero selvaggio, fratello. Se ti cresceranno un altro pò, con quella gonna che portate voi, finirai per somigliare ad un'adorabile donzella.-

L'ilarità dei soldati attorno a lui lo deconcentra, Ian aggrotta le sopracciglia, incassa l'insulto ma non riesce a capire. Si, certo, non si aspettava rose e fiori, ma quella frase lo mette in allerta. Non sa perchè, non ha capito ancora e fa per rispondergli -o magari, per risparmiare fiato, sputargli un grumo di sangue in faccia- ma una mano dell'inglese ferma i suoi propositi afferrandogli di nuovo una ciocca di capelli con violenza.
Alba stringe i denti senza emettere un fiato, mentre con lo sguardo segue i movimenti dell'altro per capire cosa diavolo gli sia venuto in mente. La realizzazione lo colpisce come un fulmine, letteralmente. Il corpo si tende fino a fargli desiderare di non averlo più, gli occhi si spalancano e dopo decine di minuti di silenzio totale, dalle labbra schiuse sfugge un ringhio.
Tra le dita del minore un coltello fa brillare la sua lama sotto un sole gelido, e all'improvviso anche la terra sotto i suoi piedi diventa gelida, e le mani dei soldati che gli stringono gli avambracci e il vento e l'aria e il sangue e il proprio respiro.

-Arthur... No.-

La voce è bassa, roca e rotta in mille pezzi, ma è certo che l'inglese l'abbia sentita.
Non sta pregando, non sta supplicando, sta solo dicendo di no.
Non può farlo. Non può perchè sarebbe troppo, non può perchè Arthur /sa/ ma fa finta di nulla, lui /sa/ e per questo ha deciso di farlo.
Deve fermarsi. Deve fermarsi prima che-

Una ciocca di capelli rossi cade a terra, scivolando dalla mano dell'inglese e raggiungendo il suolo. Si impastriccia di fango, ed Ian la guarda come ipnotizzato perchè quelli sono i suoi capelli e non c'è dubbio, non c'è dubbio perchè sente la fronte libera -troppo libera- e fredda e scoperta.
Il corpo teso si irrigidisce fino a potersi frantumare, Ian inizia a tirare con violenza le braccia per liberarsi dalla presa, non riesce a pensare, non riesce a guardare, non riesce a respirare, sembra una fiera ferita e folle, ringhia, e servono altri due soldati per tenerlo fermo dopo averlo fatto crollare in ginocchio nella terra. Dio, è così gelida.
Nessuno capisce.
Lo guardano, ridono, due mani gli afferrano la testa per tenerla immobile e solo allora l'Inghilterra si avvicina ed è tutto terribilmente soffocante.
Il coltello taglia un'altra ciocca, ed un'altra, poi un'altra ancora ed inizia ad odiare il suono tagliente e fastidioso della lama che lacera ogni filo ramato. Ne vede piovere sempre di più davanti ai suoi occhi e dura tutto troppo, troppo, troppo.
Non sa quanto tempo sia passato, quando le mani del fratello si allontanano dalla propria testa - una landa di desolate fiammelle irregolari, pronte a spegnersi con il soffio di un bambino - non si accorge nemmeno dei soldati che si allontanano da lui per lasciargli libere le braccia. D'altronde non serviva più, non riesce a muoversi. Il suo sguardo è fermo a terra, percorre quelle ciocche e quelle trecce galleggianti in quella pozzanghera di fango e non respira.
E' il piede di suo fratello a risvegliarlo, il tallone affonda nella pozzanghera, la pianta soffoca le ultime scintille ramate facendole affondare nella terra e nell'acqua, e ora altro non fanno se non schifo.
Fanno schifo.
E' disgustoso.

-Domattina il sole dell'Alba avrà i raggi spezzati... Ian.-

Nessuna risposta.
 

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Capitolo 5
*** Foglie ***



-Athaìr! Bentornat--...-


Una frase familiare che sa di buono, di innocenza e di felicità, che si spegne come una flebile fiammella sulle labbra del bambino.
L'uomo entrato proprio adesso nella tenda somiglia ad Alba, ma non è Alba.
Alba ha una bellissima chioma rossa, intrecciata con il sole e con il vento.

-Un giorno di questi mi farai venire davvero una crisi, Glashu. E' brathaìr, quante altre volte devo ripeterlo prima che ti entri in quella testa riccia?-

...è davvero Alba.
E' davvero Alba, ma proprio non riesce a capire cosa sia successo. Le ferite che ha addosso lo preoccupano e questo è ovvio, ma ha visto di peggio sul corpo del fratello e sa quanto sia forte, capace di guarire da qualsiasi ferita, un guerriero instancabile e sempre fiero che non mostra mai la sofferenza che prova, a costo di mentire e spergiurare.
Rimane immobile mentre Ian entra nella tenda, gli passa accanto e gli sfiora i capelli con la punta delle dita, in una carezza talmente delicata da non sembrare affatto proveniente dalle mani rudi dello scozzese. Lo vede sedersi sulla brandina mentre una donna accorre allarmata per medicargli le ferite più gravi.
Ian ha lo sguardo un po' vacuo, che ogni tanto si accende e brilla di una furia che il bambino non vedeva da qualche tempo. Suo fratello non gli permette ancora di venire in battaglia con lui, ma dopo suppliche e preghiere è riuscito a convincerlo a portarlo almeno all'accampamento, sorvegliato a vista da soldati e curatrici. Ormai è da un po' di anni a questa parte che Ian viene accolto, ogni volta che ritorna, da quei ricci scuri e quel sorriso sincero, entusiasta e sollevato.
Gli fa bene. Si sente meglio ogni volta che guarda quel visetto a metà tra il preoccupato ed il felice, ed è così felice di essere riuscito a proteggerlo ancora, che per un attimo si dimentica dei propri capelli spenti nel fango come le braci di un falò di prima mattina.
Ci pensa la piccola valle verde di fianco a lui a ricordarglieli, mentre con attenzione e cautela gli passa le dita pulite e chiare accarezzando i pochi ciuffi lunghi rimasti, come alberi secchi in una foresta bruciata.

-...stavano iniziando a diventare scomodi, tutti quei capelli. Ora non devo più preoccuparmi di sistemarmeli, e... ed erano anche fastidiosi, il vento me li sbatteva in continuazione davanti agli occhi. Ci farò l'abitud-....-

Le parole si bloccano in gola e si stringono tra loro, non hanno più la forza di uscire, ogni sforzo dello scozzese è concentrato nel guardare quel bambino, coltello alla mano, tagliarsi uno ad uno tutti i suoi riccioli, con la risolutezza ed il coraggio di uno scozzese in battaglia, la serietà di un adulto che comprende ed il sorriso di un bambino che ama.
Nella tenda è calato il silenzio, ed ogni sguardo è calamitato da quelle mani piccole e sottili che recidono a pochi centimetri dalla cute -e anche in modo un po' disordinato- tutte le morbide spirali che riesce a raggiungere.

-...mi si incastravano sempre le foglie, e poi non riuscivo mai a toglierle, eh.-

Un sorriso immenso, luminoso come mille soli, spazza via con gentile decisione quel velo vacuo dallo sguardo dello scozzese.



Ian ancora oggi non ricorda quanto tempo durò l'abbraccio che venne poco dopo.
 

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Capitolo 6
*** Epilogo ***



-Allora, che ne dici?-
-...mmmh, perfetto. Questa volta te le meriti proprio, quelle tre sterline.-
-Non so davvero come diavolo mi sono lasciato convincere a farmi pagare così poco. Allora, me lo dici perchè non vuoi che ti accorci i capelli in quel punto? Ti vanno sempre davanti agli occhi, rischi di diventare cieco entro pochi anni, sai?-
-Ma cazzo, quanto sei esagerato. Comunque, sono perfetti così. Abbastanza lunghi e abbastanza corti.-
-...per cosa?-
- Per le foglie. Così non si incastrano le foglie.-
-Credo di aver capito male-...-
- Pffft--...io vado Samuel, ci vediamo il mese prossimo.-







Angolino dei ringraziamenti
Ringrazio caldamente chiunque abbia letto questa storia, non è nulla di speciale ma avevo una voglia pazzesca di scrivere della chioma di Ian, ed ipotizzare un passato ed una storia che potessero trasmettere dolcezza, dolore, fierezza ed innocenza.

Quindi nulla, grazie mille e alla prossima  <3 <3 <3
Saoghal__

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