La regina baciata dal fuoco e il re baciato dal ghiaccio

di __Lily
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO. ***
Capitolo 2: *** UNO ***
Capitolo 3: *** DUE ***
Capitolo 4: *** TRE ***
Capitolo 5: *** QUATTRO ***
Capitolo 6: *** CINQUE ***
Capitolo 7: *** SEI ***
Capitolo 8: *** SETTE ***
Capitolo 9: *** OTTO ***
Capitolo 10: *** NOVE ***
Capitolo 11: *** DIECI ***
Capitolo 12: *** UNDICI ***
Capitolo 13: *** DODICI ***
Capitolo 14: *** TREDICI ***
Capitolo 15: *** QUATTORDICI ***
Capitolo 16: *** QUINDICI ***
Capitolo 17: *** SEDICI ***
Capitolo 18: *** DICIASSETTE ***
Capitolo 19: *** DICIOTTO ***
Capitolo 20: *** DICIANNOVE ***
Capitolo 21: *** VENTI ***
Capitolo 22: *** VENTUNO ***
Capitolo 23: *** VENTIDUE ***
Capitolo 24: *** VENTITRE ***
Capitolo 25: *** VENTIQUATTRO ***
Capitolo 26: *** VENTICINQUE ***
Capitolo 27: *** VENTISEI ***
Capitolo 28: *** VENTISETTE ***
Capitolo 29: *** VENTOTTO ***
Capitolo 30: *** VENTINOVE ***
Capitolo 31: *** TRENTA ***
Capitolo 32: *** TRENTUNO ***
Capitolo 33: *** TRENTADUE ***
Capitolo 34: *** TRENTATRE ***
Capitolo 35: *** TRENTAQUATTRO ***
Capitolo 36: *** TRENTACINQUE ***
Capitolo 37: *** TRENTASEI ***
Capitolo 38: *** TRENTASETTE ***
Capitolo 39: *** TRENTOTTO ***
Capitolo 40: *** TRENTANOVE ***
Capitolo 41: *** QUARANTA ***
Capitolo 43: *** QUARANTUNO ***
Capitolo 43: *** QUARANTADUE ***
Capitolo 44: *** QUARANTATRE ***
Capitolo 45: *** QUARANTAQUATTRO ***
Capitolo 46: *** QUARANTACINQUE ***
Capitolo 47: *** QUARANTASEI ***
Capitolo 48: *** QUARANTASETTE ***
Capitolo 49: *** QUARANTOTTO ***
Capitolo 50: *** QUARANTANOVE ***
Capitolo 51: *** CINQUANTA ***
Capitolo 52: *** CINQUANTUNO ***
Capitolo 53: *** CINQUANTADUE ***
Capitolo 54: *** CINQUANTATRE ***
Capitolo 55: *** CINQUANTAQUATTRO ***
Capitolo 56: *** CINQUANTACINQUE ***
Capitolo 57: *** CINQUANTASEI ***
Capitolo 58: *** CINQUANTASETTE ***
Capitolo 59: *** CINQUANTOTTO ***
Capitolo 60: *** CINQUANTANOVE ***
Capitolo 61: *** SESSANTA ***
Capitolo 62: *** SESSANTUNO ***
Capitolo 63: *** SESSANTADUE ***
Capitolo 64: *** SESSANTATRE ***
Capitolo 65: *** SESSANTAQUATTRO ***
Capitolo 66: *** SESSANTACINQUE ***
Capitolo 67: *** SESSANTASEI ***
Capitolo 68: *** SESSANTASETTE ***



Capitolo 1
*** PROLOGO. ***


  PROLOGO





 

La battaglia era finita, quella stessa battaglia che già veniva chiamata ‘La battaglia dei bastardi’, sarebbe passata alla storia come un tempo era accaduto per ‘la Ribellione di Robert Baratheon', che lo aveva portato a diventare il re.
Sansa Stark si sentiva sporca, nessuno più dell’uomo che aveva lasciato ai cani meritava quella fine, eppure lei si sentiva sporca; indegna.
Indegna di essere guardata da chiunque, soprattutto da suo fratello Jon.
Ricordava di come Jon si fosse avventato su Ramsay Bolton, dei suoi pugni che si abbattevano su di lui come una tempesta feroce, Sansa era rimasta a guardare.
Non aveva mai visto Jon pervaso da tanta rabbia, lei tremava guardandolo ma poi il fratello aveva spostato i suoi occhi su di lei e la sua mano stretta a pugno si era fermata a mezz’aria, e il pugno si era nuovamente abbassato ma questa volta non per colpire Ramsay.
Si era alzato, ancora tutto sporco di sangue e di fango, non aveva detto  nulla a Sansa solo uno sguardo che però valeva più di mille parole, poi se ne era andato mentre i suoi uomini portavano via Ramsay, dando così a Sansa tutto il margine d’azione possibile.
Jon sapeva; Jon aveva capito.
Sapeva che doveva essere lei a finirlo, eppure non voleva che le mani di sua sorella si macchiassero come le sue, aveva giurato di proteggerla non di farle uccidere un uomo, anche se Bolton non era possibile definirlo uomo.
Nonostante tutto Jon rimase nell’ombra mentre Sansa Stark fece un passo verso l’oscurità.
Era la prima volta che si concedeva di cedere al male, di varcare quella porta ormai socchiusa da anni, da i tempi di Approdo del Re, da quando aveva tentato di uccidere Joffrey e il Mastino l’aveva fermata.
Così si era accomiatata da suo marito giurandogli che tutto ciò che lo riguardava - inclusa la sua casata - sarebbe scomparso.
Aveva lasciato il padrone ai suoi cari mastini, ma non era rimasta a guardare no, si era voltata verso l’uscita mentre Ramsay urlava di dolore e ogni suo grido, ogni suo lamento erano una rivalsa per lei, per il male che notte dopo notte e giorno dopo giorno lui le aveva fatto.
Avrebbe voluto che anche Joffrey fosse morto in quel modo atroce, il veleno era stato troppo poco per lui.
Jon aveva osservato la sorella andare verso il canile con la veste smossa dal vento, il metalupo degli Stark ricamato nel suo vestito e i suoi occhi blu come quelli della madre si erano fatti freddi - quasi glaciali - come il vento del Nord.
I suoi capelli rossi come le fiamme del fuoco illuminavano l’oscurità nella quale si stava addentrando.
«Fai ciò che devi Sansa» aveva sussurrato guardando la sorella scomparire dentro quel canile.
Era giusto così, giusto che fosse stata lei a finirlo e lui lo sapeva. 





 

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Capitolo 2
*** UNO ***


UNO. 

 

 


Quella sera Sansa aveva bussato alla sua porta, una servitrice le aveva aperto mentre Jon era avvolto in un telo.
Non c’erano più fango e sangue a sporcare il suo corpo e il volto, i capelli da molli erano ancora più scuri se possibile e Sansa non poté fare a meno di osservarlo in tutta la sua bellezza.
Le sue spalle erano larghe, le braccia muscolose come il suo torace, ma poi il suo sguardo era andato oltre: sulle cicatrici che i suoi confratelli gli avevano lasciato, e provò rabbia e odio per coloro che lo avevano tradito.
Ma avevano pagato, Jon li aveva giustiziati e Sansa lo sapeva.
Jon iniziò a sentirsi in imbarazzo, non avrebbe voluto che lei vedesse, ma alla fine aveva visto di peggio di quelle cicatrici sul suo corpo, c’erano altre ferite che dovevano essere pulite e ricucite ed era per quello che Sansa si trovava lì.
«Sansa…»
«Perdonami, avrei dovuto bussare.»
«Non preoccuparti» rispose Jon prendendo un altro telo per asciugare i capelli.
«Anne, portami ago, filo, acqua calda e unguenti per favore.»
Faticava a mantenere la concentrazione, Jon era bellissimo, forte e coraggioso.
Jon era stato per lei il cavaliere di quelle stupide canzoni in cui credeva prima di lasciare il Nord, prima di assistere alla decapitazione di suo padre, prima di vedere la sua testa su una picca; allora aveva capito di quanto fosse stata sciocca, di quanto i suoi sogni e desideri lo fossero stati.
Una sciocca bambina che viveva di ballate. Ecco cosa era stata Sansa Stark.
La vita le aveva mostrato duramente quanto fosse stata futile, piccola, stupida.
La ragazza rammaricata uscì dalla stanza lanciando un’ultima occhiata al fratello che fece ribollire il sangue a Sansa. Cosa le prendeva?
«Non serve che lo faccia tu.»
«Ma voglio farlo Jon.»
Sansa si era avvicinata a lui, aveva preso la sua mano e lo aveva condotto fino al letto dove entrambi si erano seduti.
Lei temeva il giudizio di Jon, cosa pensava ora di lei?
Cosa pensava di quella bambina che aveva lasciato Grande Inverno insieme al padre e alla sorella e che ora era diventata un’assassina?
E come se gli avesse letto nella mente, Jon si era sporto verso di lei e le aveva dato un bacio sulla fronte.
«Va tutto bene Sansa.»
Lei non aveva risposto, la paura non l’aveva ancora lasciata del tutto.
Si Ramsay era morto ma sapeva che ci sarebbero stati altri nemici, altre battaglie e non era pronta, non voleva più guerre, voleva solo il suo amato Nord, la sua casa e vivere in pace insieme a Jon che era tutto ciò che restava della sua famiglia.
Lui era la sua famiglia.
Il fratello bastardo che per anni aveva disprezzato ora era diventato la sua ancora di salvezza.
Anne entrò insieme ad un’altra ragazza con ciò che Sansa le aveva chiesto e poi le ragazze si erano congedate dai due fratelli, lasciandoli soli.
La giovane lady versò dell’acqua in una bacinella, prese un panno e ce lo immerse, poi lo passò sul corpo di Jon, sulle sue ferite.
Sansa avrebbe voluto occuparsi anche di Rickon ma Jon non glielo aveva permesso, le sue parole erano state: «Troppo dolore.»
E come dargli torto?
Jon la osservava in silenzio, osservava le sue mani muovere quel panno bagnato sul suo corpo, mani fragili eppure Sansa non era così fragile come lui credeva.
Avrebbe pagato qualsiasi prezzo per sapere a cosa la sorella stesse pensando in quel momento, poi il tocco di lei le aveva fatto dimenticare tutto.
Non si era sentito più così da quando Ygritte era viva, dal giorno in cui era stato suo in quella caverna, la loro caverna e allora si odiò.
Pensare a lei era doloroso, ma desiderare Sansa lo era ancora di più.

 

 

 

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Capitolo 3
*** DUE ***


DUE

 

 

 

La notte era trascorsa come tutte le altre notti, colme di incubi, di lacrime versate durante gli incubi, che le sembravano sempre infiniti e così si avvolgeva stretta nella coperta di quello che era stato il suo letto anni prima, prima di lasciare il Nord.
La stringeva finché le nocche delle mani non diventano bianche e riusciva a calmare il suo spirito e le sue paure, le era capitato di urlare nel sonno, il suo sonno troppo agitato e tormentato e quella notte Jon si era precipitato nella sua stanza, la sua spada sguainata e nel volto il terrore per ciò che avrebbe potuto trovare.
Aveva spalancato la pesante porta di legno con un calcio, Spettro era al suo fianco, il bianco metalupo dagli occhi fiammeggianti come i capelli di Sansa.
Lei si era tirata su, tremante e sudata, impaurita e Jon aveva abbassato Lungo artiglio e si era avvicinato al suo letto insieme a Spettro.
Non voleva mostrarsi così, debole, impaurita, non con Jon, ma era stanca di essere forte lo era stata per troppo tempo, costretta ad esserlo per non essere divorata dai leoni, un lupo ammaestrato per compiacere gli altri.
Si coprì il volto con le mani mentre Jon si sedeva sul letto accanto a lei e la avvolgeva nel suo caldo abbraccio, era da tanto che non si sentiva a casa, anche se Grande Inverno era tornata degli Stark, era la prima volta che si sentiva davvero a casa, tra le braccia di Jon.
«E’ stato solo un brutto sogno Sansa» sussurrò Jon al suo orecchio senza smettere di cullarla, così il suo respiro era tornato regolare, il suo corpo scosso dai tremiti aveva smesso di tremare e lei si era lasciata andare contro di lui, nelle sue braccia forti che solo quel pomeriggio si erano scontrate contro Ramsay.
«Jon, resti con me?» disse lei, guardando suo fratello con gli occhi colmi di lacrime.
«Si, resto con te» rispose lui.
Poi rimise Sansa nel letto, lei si spostò per fargli posto e poi si raggomitolò contro il suo petto, come aveva già fatto da bambina, ma con un altro fratello.
Con Robb.
Robb.
Il dolore per la sua morte bruciò in lei più che mai, da piccola Robb era stato il suo cavaliere e Jon… Jon era solo un bastardo nato dal tradimento di suo padre; ma quante cose erano cambiate da allora, troppe, pensò Sansa Stark mentre si stringeva al fratello che per anni aveva disprezzato senza un vero motivo.
«Gli incubi finiranno, te lo prometto» disse suo fratello, stringendola contro il suo petto.
Sansa, pensò Jon, vorrei poterti risparmiare altro male.
Vederla in quello stato non era ciò che voleva, ciò che desiderava per lei.
Voleva un uomo degno, un uomo che un giorno potesse colmare tutte le ferite di Sansa, riparare ciò che in lei era stato rotto, ma si chiese se un uomo simile esistesse davvero in tutti i Sette Regni, ma lui sapeva già la risposta: No.
Nessuno sarebbe stato degno di lei, anche se lei credeva che nessuno avrebbe mai più potuta amarla.
Entrambi erano stati feriti negli stessi punti, spezzati come spezzato lo era stato Bran, il loro fratellino, disperso chissà dove e chissà se mai lo avrebbero ritrovato.
Era sopravvissuta a Joffrey, a Cersei Lannister, a Ditocorto, a sua zia Lysa che aveva tentato di ucciderla, era sopravvissuta a Ramsay Bolton e alla fuga da Grande Inverno per raggiunger lui.
Sansa era una guerriera per quanto lo negasse, lo era, era spezzata ma non del tutto, con amore e pazienza forse sarebbe potuta guarire almeno in parte.
Il suo respiro si fece più regolare, Jon la osservò e vide che finalmente si era addormentata, il suo volto era sereno ma ancora bagnato dalle lacrime e così lui le passò una mano sul volto per asciugarle e continuò a guardarla dormire, come faceva da bambino nonostante lady Stark non volesse, lui l’aveva osservata dormire, così come aveva osservato Arya, Bran, Rickon.
Rickon, la risata del fratello più piccolo colmò Jon di tristezza e rabbia, aver quasi ucciso Bolton non era bastato a cancellare il dolore che sentiva.
Era stato spezzato ancora una volta.
«Dormi Sansa, sogna il mondo che amavi un tempo, il tuo mondo fatto di cavalieri nobili e principesse in pericolo. La realtà domani sarà qui ad aspettarti, sii felice almeno nei tuoi sogni.»
Spettro salì sul letto e si acciambellò ai loro piedi pronto ad attaccare chiunque avesse fatto del male al suo padrone e a sua sorella, Jon guardò il suo metalupo poi chiuse gli occhi e una lacrima silenziosa cadde sul suo volto finendo poi in quello di Sansa.

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Capitolo 4
*** TRE ***


TRE.
 

 

Quel pomeriggio si era rintanata nel Parco degli Dei, ma non ci era andata per pregare ma per stare sola, quel luogo era l’unico dove nessuno andava a disturbarla, lì poteva pensare quanto voleva, piangere senza essere vista e raramente pregare per i suoi cari che ormai non erano più al suo fianco.
Ditocorto l’aveva raggiunta fin lì, nel luogo in cui fuggiva da tutti, anche da Jon.
Si era presentato silenzioso, tanto che Sansa non si era accorta di lui finché lui non le aveva rivolto la parola.
Conosceva Petyr Baelish da molto tempo, anni, Sansa aveva imparato da lui, lo aveva osservato e dopo essere stata per troppo tempo un burattino era giunto il momento di diventare burattinaia.
Finalmente aveva avuto la conferma di ciò che quell’uomo voleva, non le importava davvero di lei, lei era solo il mezzo per poter regnare sul Nord e poi su tutti i Sette Regni, regni ormai allo sbando ma che di certo non appartenevano a lui.
Poi Baelish aveva tentato di metterla contro Jon, ricordandole le sue origini, il tradimento del padre nei confronti della madre.
«Il Nord chi sceglierà di seguire? La vera figlia di Ned e Catelyn Stark nata a Grande Inverno, o un bastardo senza madre nato nel Sud?»
Sansa non aveva risposto nulla, non lo aveva nemmeno degnato di uno sguardo, lui aveva giurato di proteggerla e di riportarla a casa ma tutto ciò che aveva fatto era stato venderla ai Bolton, a coloro che avevano tradito Robb e sua madre, e ora tentava di metterla contro l’unico membro della famiglia che aveva vicino, Jon, ma non ci sarebbe riuscito; i tempi in cui Ditocorto aveva potere su Sansa Stark erano finiti.
Fece un respiro profondo e poi se ne andò dal suo rifugio, tornando alle pareti grigie di Grande Inverno, quella sera ci sarebbe stata una riunione con tutti coloro che avevano giurato fedeltà agli Stark, anche se non tutti avevano onorato quella promessa.
Sansa aveva cucito un nuovo vestito e ricamato anche in esso il metalupo, simbolo della sua casa, aveva aggiustato quello di suo padre per Jon, ricamando anche li un metalupo, solo che quello di Jon era bianco e con gli occhi rossi come rubini, era il suo lupo, era Spettro.
Poter affondare le mani nella pelliccia di Spettro per Sansa era come tornare indietro nel tempo, a quando Lady era in vita e la seguiva ovunque, le piaceva accarezzarla, giocare con lei, sentire la sua presenza infondo al letto, la faceva sentire sicura.
Lady era stata solo la prima perdita, dopo di lei ce ne erano state altre, ancora più dolorose, e in quel momento, mentre lei pensava alla sua lupa, Spettro comparve da lei, come se avesse sentito i suoi pensieri da lontano.
«Manca anche a te vero?» sussurrò Sansa, mentre accarezzava il lupo bianco di Jon.
Nemmeno un secondo dopo Jon era sulla porta ad attenderla, lei diede un bacio a Spettro e poi prese il braccio che il fratello le offriva.
Quell’abito la rendeva bellissima, era scuro e il metalupo spiccava su tutto, i capelli ancora raccolti in una treccia e il suo volto che non voleva accennare ad un sorriso.
«E’ venuto bene» disse Jon, indicando il suo nuovo corpetto.
«Si, anche il tuo» rispose lei, toccando con le dita il ricamo che aveva fatto, quel tocco fece tremare il cuore di Jon, bramava quegli incontri in cui poteva sfiorarla o lei sfiorava lui.
Jon era agitato, non aveva idea di come avrebbe convinto tutti di ciò che stava per arrivare, qualcosa che gli uomini non erano pronti ad affrontare, qualcosa che non si vedeva da migliaia di anni, qualcosa che Jon avrebbe preferito rimanesse solo una delle storie spaventose che raccontava la Vecchia Nan.
«Jon, andrà tutto bene.»
Insieme entrarono nella Sala Grande che era stata sistemata per quella sera.
Tormund avrebbe rappresentato i bruti, era l’unico con cui fosse possibile conversare senza finire con il naso rotto.
Quando gli alleati arrivarono la situazione si fece complicata, Sansa osservava in silenzio non voleva intervenire perché sapeva che l’unico in grado di convincere tutti era Jon e non lei, ma lui non la pensava così, Sansa era più diplomatica.
Poi Lyanna Mormont aveva rimproverato tutti, una bambina di dieci anni ma che aveva più fegato di dieci bruti messi assieme.
«La Casa Mormont non dimentica, il Nord non dimentica. Noi non conosciamo altre re se non il re del Nord il cui nome è Stark. Non mi interessa se è un bastardo il sangue di Ned Stark scorre nelle sue vene, e sarà il mio re da questo giorno fino al suo ultimo giorno!»
Jon era rimasto stupito, gli alfieri erano rimasti stupiti, li aveva rimproverati uno ad uno per non aver sostenuto gli Stark, Sansa ascoltava orgogliosa quella ragazza parlare, se qualcuno meritava il titolo di Re del Nord dopo Robb, quel qualcuno era Jon Snow.
Ma Jon non trovava giusto quel merito, era stata Sansa a salvarli, se lei non fosse intervenuta chiedendo aiuto a Baelish, lui e i suoi uomini sarebbero morti tutti e Bolton avrebbe vinto, riprendendo anche sua sorella.
Si voltò verso di lei senza sapere cosa fare, cosa dire, ma lei gli sorrise e lui si alzò in piedi mentre il resto degli uomini lo soprannominava il lupo bianco, sarebbe stato lui a guidarli durante la lunga notte che li attendeva.

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Capitolo 5
*** QUATTRO ***


QUATTRO

 

 

 


Quando tutti i lord si furono ritirati Jon e Sansa si trovarono in quello che un tempo era stato lo studio di Eddard Stark, era notte fonda ma nessuno dei due sembrava aver voglia di dormire e Jon si sentiva in colpa per il titolo che gli era stato dato, lui non era uno Stark, anni fa aveva detto quelle identiche parole a Bran, il suo fratellino.
Bran, cosa ne era stato di lui?
C’erano dei pensieri che lo tormentavano sempre, notte e giorno indistintamente.
Jon si massaggiò le tempie con le dita, era veramente stanco.
«Il lupo bianco, il nuovo Re del Nord» disse Sansa sedendosi difronte al fratello.
«Non avrei dovuto accettare.»
«Jon…»
«Io non sono uno Stark, tu lo sei. Sei tu il motivo per cui siamo ancora vivi e se ti avessi ascoltata prima della battaglia forse lo sarebbe anche Rickon.»
La morte di Rickon aleggiava su di loro, il ricordo del corpo del loro fratello li addolorava troppo, per Sansa era la seconda volta che vedeva morto un membro della sua famiglia, prima di Rickon aveva visto suo padre venire decapitato, la sua testa essere sollevata in aria dalla giustizia del re.
Chiuse gli occhi solo un istante e ciò che era successo tornò vivido nella sua mente.
Gli dei le avevano risparmiato di vedere i corpi di Robb e della madre, anche se i modi atroci in cui erano stati uccisi e ciò che era stato fatto loro dopo la morte erano giunti alle sue orecchie, quando ancora era nel Sud, ad Approdo del Re.
«Qualsiasi cosa avessimo fatto, Rickon sarebbe morto, inutile tormentarsi.»
«E cosa dovrei fare ora? Ho un titolo che non mi appartiene.»
«Guidarli, che ti piaccia o no sei il re ora.»
«Avrebbero dovuto incoronare te regina.»
Sansa sorrise a quel pensiero, non le sarebbe dispiaciuto certo e Ditocorto non l’aveva aiutata quel giorno, ma Jon avrebbe saputo aiutare il Nord molto meglio di lei.
«Non ha importanza, io voglio solo che tutto finisca. Voglio vivere in pace e senza sangue. Il Nord ha sanguinato abbastanza, ha sanguinato in passato e continua a sanguinare ora. Tu puoi mettere fine a tutto questo Jon. Fallo.»
Jon aveva guardato Sansa, faticava a vedere la bambina che era stata con la donna che era ora, ma alla fine nemmeno lui era il ragazzino che aveva lasciato Grande Inverno per prendere il Nero, tutto era cambiato, anche Grande Inverno.
Sansa allungò la mano sul tavolo dove si trovavano le mappe e Jon senza esitazione la prese e la strinse nella sua.
«Soltanto oggi mi hai detto che dobbiamo fidarci l’uno dell’altra. Io lo sto facendo, mi sto fidando di te Jon, ma anche tu devi farlo, devi fidarti di te stesso. E di me.»
Quelle parole colpirono Jon come una pietra, era vero, quel pomeriggio lui e Sansa avevano discusso della battaglia che c’era stata e lui le aveva detto di restare uniti perché solo uniti avrebbero vinto contro i nemici che erano troppi per due ragazzi come loro.
«Hai ragione Sansa… dovrai ricordamelo più spesso temo.»
«Te lo ricorderò tutte le volte che sarà necessario, tutte le volte che smetterai di credere in te stesso. Tu sei la nostra possibilità di salvezza, solo…»
«Solo?» domandò lui, mentre gli occhi di Sansa si fecero lucidi.
«Non morire Jon, non di nuovo. Se dovesse accadere non ci sarà nessuna sacerdotessa rossa a riportarti indietro e se tu dovessi morire…»
Jon si alzò dalla sedia, fece il giro del tavolo e si mise in ginocchio in modo da essere alla stessa altezza di sua sorella, le fece una carezza sulla testa e poi la strinse forte a se, come la notte in cui aveva avuto gli incubi.
Il profumo di Sansa era dolce come le rose che crescevano nei giardini coperti, inspirò a fondo per non dimenticarlo.
«Non ho intenzione di morire tanto presto.»
«Sarà meglio per te, lupo bianco» aveva sussurrato lei, cercando di trattenere le lacrime e la paura che sempre più andava impadronendosi di lei.
Sansa era forte, Sansa doveva essere forte.
Non voleva che Jon la vedesse piangere ancora, non voleva mostrare ancora una volta la sua debolezza, voleva essere forte e che lui la vedesse forte.
Forte come Catelyn Stark le aveva insegnato ad essere, composta come la lady che era stata sua madre.
«Ti prometto che quando tutto sarà finito cercherò Arya e Bran, li riporterò a casa Sansa.»
Arya, quanti anni erano passati da quando aveva visto Arya?
La sua sorellina ribelle, quella che faceva di tutto per indispettirla eppure quei dispetti le erano mancati così tanto in quegli anni, e Bran, l’ultima volta che lo aveva visto era ancora incosciente e nessuno sapeva se sarebbe sopravvissuto.
«Non promettere.»
«Perché?»
«Non posso concedermi di credere che torneranno, che un giorno saremo di nuovo una famiglia. Non posso concedermi di crederlo Jon. Non voglio vederli come ho visto Rickon o nostro padre.»
«Non fallirò un’altra volta.»
«Non l’ho mai pensato… sapevo già che era impossibile salvarlo da lui.»
Sansa chiuse gli occhi per evitare di piangere, Jon le accarezzò il volto e poi la abbracciò di nuovo, tenendo tra le sue braccia la sorella che le era rimasta, ma anche la donna per cui stava iniziando a provare sentimenti che sapeva essere sbagliati.
Perchè? Chiese in silenzio a dei che sapeva non esistere, mentre le sue mani accarezzavano i capelli rossi di lei. Perché mi state facendo questo?!

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Capitolo 6
*** CINQUE ***


CINQUE

 

 

 


All’alba si era alzato dal letto della stanza padronale dove dormiva Sansa, con lui al suo fianco gli incubi se n'erano andati anche se a volte durante la notte vedeva il viso della sorella contrarsi in delle smorfie di dolore, difficilmente avrebbe dimenticato ciò che gli aveva fatto Ramsay e ciò che era accaduto quando viveva nel Sud.
Jon si alzò cercando di non fare rumore non voleva svegliarla così fece molto piano, Spettro che ancora dormiva in fondo al letto si mosse e fissò il suo padrone con i suoi grandi occhi rossi.
«Resta con lei Spettro» sussurrò al metalupo bianco accarezzandolo dietro alle orecchie, il suo punto preferito.
Si avvicinò alla porta indugiando solo per qualche istante ad osservarla.
I capelli di Sansa erano sciolti e arruffati la luce tenue dell'alba illuminava la stanza, Jon cercò di ricordare quando aveva visto per l'ultima volta una cosa così bella e il ricordo di Ygritte tornò a infilzare il suo cuore, come la feccia che l'aveva uccisa.
L'aveva amata, dei quanto l'aveva amata!
Ma ora quell'amore era solo un ricordo doloroso del passato mentre Sansa era il futuro, o meglio avrebbe potuto esserlo se solo non fossero stati legati da un vincolo di sangue.
Fece un respiro profondo e chiuse piano la possente porta, andò nelle sue stanze e si preparò mentre Grande Inverno iniziava a svegliarsi.
Si fece forza e scese nelle cripte dove riposavano tutti gli Stark, ma spesso nei suoi sogni le statue dei suoi antenati prendeva vita e gli dicevano: "Vattene, tu non sei uno Stark."
Prese una torcia e accese le altre, quel luogo era freddo e grigio, molto più grigio di quanto Grande Inverno non fosse mai stato, con le sue grandi pareti calde.
Quel luogo apparteneva ai lord e a coloro che erano stati re, soltanto una donna riposava la sotto, Lyanna Stark che era stata la sorella di suo padre.
Jon si mise difronte alla sua statua ad osservarla, le ballate raccontavano che fosse bellissima anche troppo per la sua giovane età, una donna bambina di rara bellezza e che i Sette Regni avevano bruciato e sanguinato per lei e per il principe Rhaegar Targaryen, l’ultimo dei draghi.
Osservare Lyanna ricordò a Jon le parole che Sansa le aveva rivolto solo la sera prima: «Non ha importanza, io voglio solo che tutto finisca. Voglio vivere in pace e senza sangue. Il Nord ha sanguinato abbastanza, ha sanguinato in passato e continua a sanguinare ora. Tu puoi mettere fine a tutto questo Jon. Fallo.»
Dicevano che Arya, la sua sorellina ribelle fosse molto simile a quella ragazza bellissima che era stata Lyanna Stark, indomabile come il suo Nord.
Quante disgrazie avevano colpito la loro famiglia? Lyanna, Brandon, il padre di suo padre, suo padre, sua moglie e due dei suoi fratelli erano morti troppo presto e per cosa?
Chiuse gli occhi e respirò profondamente, sapeva quanto suo padre avesse amato la sorella, tanto da scatenare una guerra per riaverla e infine dopo non essere riuscito a salvarla l’aveva fatta tumulare lì sotto.
«Sansa ha ragione» disse fissando quella statua «il Nord ha sanguinato fin troppo.»
Lui non poteva permettere che sanguinasse oltre e amare Sansa - anche se era sbagliato e contro ogni suo principio - avrebbe significato farlo sanguinare ulteriormente.
«Non commetterò gli stessi errori» promise a chi lo aveva preceduto.
Proseguì e si fermò davanti alla statua del padre, Jon ricordò il loro ultimo incontro prima che prendesse il Nero, lui lo aveva supplicato di parlargli di sua madre, non sapeva nulla di lei e ora che Eddard Stark era morto quel segreto era morto con lui.
Le sue parole erano state: «Tu sei uno Stark, non hai il mio nome ma hai il mio sangue.»
Il volto del padre era severo e austero proprio come quello che aveva in vita, lo scultore era stato bravo nel riprendere i suoi tratti, probabilmente lo aveva conosciuto.
«Padre» sussurrò toccando la statua fredda «non so se sono all’altezza del compito che mi aspetta, non so se potrò farcela.»
Il peso delle responsabilità lo stavano schiacciando e nemmeno parlarne con Sansa lo aiutava, era lui e doveva essere lui a guidare i suoi uomini contro gli Estranei.
Accanto a quella di Ned Stark si trovava un’altra statua ma le sue ossa non si trovano lì, il corpo di Robb era stato usato da i Frey come presa in giro e il corpo della moglie di suo padre… Jon sapeva bene cosa ne era stato, gettato in acqua e probabilmente divorato dai pesci.
Non aveva mai amato quella donna e lei non aveva mai amato lui o provato ad amarlo, però Catelyn Stark non meritava quella fine, nonostante tutto non meritava di morire in quel modo.
E poi Rickon, Rickon era accanto a Robb, un bambino così piccolo che non aveva mai davvero imparato a combattere o a difendersi e infatti era stato vittima di un tradimento e poi di una morte che tormentava Jon ogni minuto di ogni giorno.
Quel silenzio era opprimente, avrebbe voluto urlare tutta la rabbia che sentiva, il dolore che lo divorava giorno dopo giorno per l’impotenza nel non poter amare Sansa, nel non poter andare a cercare Arya e Bran.
Jon Snow aveva conosciuto la morte e aveva visto ciò che c’era dopo di essa; il nulla; il buio.
Non li avrebbe mai più rivisti, non avrebbe trovato suo padre ad attenderlo o Robb, l’unica luce che aveva in quei giorni cupi era l’affetto che Sansa gli dava, tutti quei piccoli gesti che faceva inconsciamente che riuscivano ad illuminare la sua vita. 

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Capitolo 7
*** SEI ***


SEI

 

 

 

Quando Sansa si svegliò allungò le mani sul letto alla ricerca di Jon, ma lui non era lì, fuori c'era un debole sole ma il vento ululava e faceva sbattere le imposte della stanza padronale, Spettro era ancora in fondo al suo letto ultimamente Jon voleva che il metalupo restasse con lei per proteggerla, ma non trovarlo lì le dispiacque molto.
Era abituata alla sua presenza al suo corpo caldo, le braccia forti che la stringevano la notte, quella stretta che riusciva a tranquillizzarla durante i suoi incubi, le sue mani che accarezzavano i capelli rossi come le fiamme del fuoco, la barba scura che le punzecchiava la pelle nuda.
Jon era il suo riparo dalla tempesta e ancora non riusciva a capacitarsi di come i suoi sentimenti fossero cambiati tanto.
Si alzò dal letto e fece una carezza Spettro, poi fece chiamare una delle ragazze per farsi vestire.
Intrecciò i capelli nella sua solita treccia, forse era un'acconciatura fin troppo povera ma le altre acconciature le ricordavo troppo il Sud e i momenti vissuti ad Approdo del re.
Uscì dalla stanza insieme a Spettro che camminava sempre al suo fianco e si recò nella Sala Grande dove trovò riuniti Jon, Ser Davos, Brienne e il bruto Tormund.
Le espressioni di tutti e quattro non erano affatto delle migliori, il primo pensiero che passò nella mente di Sansa fu che Ditocorto ne avesse combinata un'altra delle sue.
«Cosa sono queste facce scure?» domandò lei, avvicinandosi al fratello.
Jon la guardò ma il suo sguardo era cupo, più del solito, come quando Rickon…
No! Non Arya o Bran, dei no!
Il suo sguardo cadde su una lettera che Ser Davos stringeva nella mano ancora integra.
Con la mano strinse il braccio di Jon, nei suoi occhi una supplica muta.
«Cosa è successo Jon? Cosa c’è scritto in quella lettera?»
Fu Ser Davos a farsi avanti.
«Mia signora non vorrei darti questa notizia, soprattutto sapendo l’affetto che ti univa alla giovane Tyrell.»
«Margaery?» chiese Sansa, e per quanto la notizia fosse terribile il suo cuore fece un sospiro di sollievo.
Certo voleva bene a Margery, lei era stata sua amica, sua confidente, ma era felice che quel pezzo di carta non recasse notizie spiacevole riguardo ai suoi fratelli.
«Si, è giunto questa mattina un corvo.»
«Mia madre diceva sempre: ali oscure, oscure parole» ricordò Sansa.
«Mai detto è stato più vero di oggi.»
«Che cosa le è accaduto Ser Davos?»
«E’ morta principessa.»
Per un instante a Sansa Stark mancò il terreno sotto ai piedi, le gambe le cedettero ma Jon la prese in tempo.
«Come?» domandò reggendosi a suo fratello e con una voce che non sembrava nemmeno la sua.
«La nuova regina, Cersei Lannister. Non ha ucciso solo Margaery Tyrell, ma anche suo fratello e moltissime altre persone.»
«Ser Loras è…»
«Si, ha fatto esplodere il tempio di Baelor il Benedetto con l’Altofuoco.»
Sansa si voltò verso la sua spada giurata, Brienne di Tarth, una lacrima silenziosa cadde dai suoi occhi, mentre il suo cavaliere divenne bianco come uno straccio, Sansa si sorprese ancora, non credeva che dopo la morte di Rickon avrebbe provato un dolore tanto forte.
«Pagherà, giuro che lo farà. Pagherà per tutto il male che ha fatto.»
«Non possiamo permetterci una guerra contro i Lannister, non ora» replicò Jon.
Gli occhi di sua sorella bruciavano di rabbia, non li aveva mai visti ardere tanto nemmeno per Ramsay, e per un momento il suo sguardo le ricordò quello di Arya la minore degli Stark.
«E’ giunto il momento che i Lannister paghino i loro debiti» rispose lei senza smettere di fissare un punto indistinto.
«Pagheranno Sansa, ma prima…»
«Quella donna mi ha torturata per anni Jon! Non ha mosso un dito per salvare nostro padre, ha gioito della morte di Robb e di mia madre. E ora ha ucciso Margery, l’unica amica che ho avuto quando ero sua prigioniera e molte altre persone innocenti sono morte solo perché lei potesse essere regina! E tu mi stai dicendo di pazientare?»
«La lotta contro gli Estranei non può essere rimandata! I nostri alfieri non appoggeranno mai una guerra contro il Sud!»
«Se non agiamo ora lei ci ucciderà tutti Jon e sarà la fine di casa Stark, per sempre.»
«Sansa…»
«Ti avevo messo in guardia su Ramsay Bolton ma tu non hai voluto ascoltarmi, lo farai almeno questa volta? Oppure aspetteremo che uccida anche noi? Cersei Lannister mi vuole morta crede che abbia ucciso io Joffrey e magari lo avessi fatto. Non si fermerà finché la mia testa non sarà su una picca!»
«Non lo permetterò, mai!» rispose Jon cercando di mantenere la calma, allontanando quel pensiero cupo che stava prendendo forma sempre di più nella sua mente.
Giuro che non lo permetterò, morirò di nuovo se sarà necessario Sansa.
«Ci ucciderà tutti e sorriderà guardando le nostre teste adornare la Fortezza Rossa!»
Se ne andò mentre il vestito sfregava sul pavimento di pietra levigata.
Jon si lasciò cadere sulla sedia, odiava discutere con Sansa quando l’unica cosa che desiderava davvero era poterla stringere tra le sue braccia.
«Brienne, vai con lei.»
«Si maestà» rispose la donna bionda in armatura, mentre la sua mano tormentava il pomo della sua spada, la spada di Jaime Lannister.

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Capitolo 8
*** SETTE ***


SETTE

 

 

 


Come ordinato dal giovane re, Brienne aveva seguito la sua principessa.
Non lo aveva fatto solo per Jon ma anche e soprattutto perché aveva giurato la sua fedeltà a Sansa Stark, mantenendo infine la promessa fatta a sua madre.
Sansa sapeva di essere stata seguita, se lo aspettava in fin dei conti.
Durante la fuga per raggiungere la sua stanza si scontrò con Lord Baelish.
«Mia signora» disse lui facendo un inchino.
I suoi occhi potevano sembrare freddi ma stavano ardendo dalla rabbia, rabbia per tutte le persone perse fino ad allora.
«Lord Baelish, se vuoi scusarmi…» disse Sansa cercando di andarsene, uno scontro con lui era l’ultima cosa che desiderava in quel momento.
«Immagino che tu abbia saputo.»
Nulla poteva stupirla, nulla che uscisse dalla bocca di quell’uomo, non più ormai.
«Vorrei andare nelle mie stanze.»
Lui si spostò per farla passare, il suo mantello portava i colori della casata degli Arryn, la spilla appuntata al suo colletto, Sansa bruciò ancora di più di rabbia nel vedere di come si fosse impossessato della Valle, non gli spettava.
Proseguì la sua fuga, ma lui non se ne andò, restò a guardarla.
«La vendetta… non esiste niente di meglio Sansa, credo che tu lo abbia imparato ormai.»
L’allusione a Ramsay era palese ormai tutti sapevano ciò che lei aveva fatto, ma era forse più terribile di ciò che le aveva fatto lui?
Più terribile di tutte le persone che Ramsay aveva torturato, deturpato e scuoiato?
L’immagine di quella donna scuoiata e inchiodata ad una croce la fece rabbrividire.
«Ho avuto un buon maestro lord Baelish.»
«Si, lo credevo anch’io, tuttavia hai lasciato che il Nord ti sfuggisse dalle mani.»
Bienne stava assistendo a quello scontro, la sua mano pronta a scattare se fosse stato necessario, ma Ditocorto non era un nemico da poter sconfiggere con una spada e Sansa era l’unica a poterlo battere in astuzia.
«Cosa avrei dovuto fare? Impormi con gli alfieri? Far scoppiare una lotta intestina… per cosa? Per cederlo poi a te? Io sono una Stark di Grande Invero lord Baelish e farò sempre ciò che è meglio per il Nord. Jon è un buon re.»
«Ma dimmi Sansa, dove sarebbe ora il lupo bianco se io non fossi venuto in soccorso con gli uomini della Valle? Cosa pensi che gli avrebbe fatto tuo marito?»
Sansa si avvicinò ancora di più a lui, Baelish non aveva mai visto tanta rabbia nei suoi occhi e capì allora che non era più lui ad avere potere su di lei.
«E io devo forse ricordati chi mi ha data in sposa a Ramsay Bolton?»
«Non potrò mai cancellare quell’errore…»
«Errore?» urlò lei furiosa, no quello non era stato un semplice errore.
«Sansa…»
«Vattene. Ora.»
Lui non poté fare altro se non abbassare lo sguardo e accettare di aver perso quel confronto, si inchinò nuovamente alla principessa Stark e se ne andò, Sansa si assicurò di ciò.
«Brienne.»
«Si mia signora.»
«Voglio restare sola, di a Jon che non voglio nessuno.»
«Ma lady Sansa…»
«Per favore Brinne, vai pure tu» disse alla donna con un tono che non ammetteva repliche, Brienne si congedò dalla sua lady e tornò dal suo nuovo re.
Jon sedeva al tavolo ora coperto di mappe e scrutava la situazione insieme a Tormund veleno dei giganti, quel bruto metteva Brienne in soggezione, non le piaceva nulla di lui e meno che mai il modo in cui lui la guardava, solo un uomo poteva guardarla in quel modo e non si trattava di Tormund.
«Maestà, lady Sansa ha chiesto di rimanere sola e non ho potuto fare altrimenti se non andarmene» riferì lei, omettendo lo scontro che la sua lady e Ditocorto avevano appena avuto, non voleva dare altri problemi al giovane re.
Il bruto cercò di sorriderle e Brienne si incupì ancora di più, in quei giorni si era ritrovata spesso a pensare a Jaime Lannister, ai momenti che aveva condiviso con lui, era stato il primo uomo a vederla nuda e poi ricordò anche la confessione che lui le aveva fatto poco prima di svenire tra le sue braccia per via delle febbre.
«Allora lasciamola sola, dopo andrò da lei» rispose Jon con un filo di amarezza, avrebbe voluto andare subito ma sapeva che Sansa non gli avrebbe aperto e poi doveva confrontarsi con Tormund e Davos per cercare di impedire agli Estranei di oltrepassare la Barriera e per difendere le terre più a Nord.


Il consiglio si sciolse quando ormai il sole stava tramontando, Jon si fece coraggio e andò da lei, sapeva che era nella sua stanza o altrimenti le sentinelle di guardia gli avrebbero fatto sapere dei suoi spostamenti.
Quando arrivò trovò Spettro accucciato davanti alla porta chiusa, non era da Sansa tenere fuori Spettro, soprattutto perché lui le ricordava molto Lady e Jon sapeva quanto la lupa le mancasse.
Bussò alla porta chiamando il nome della sorella più volte ma lei non rispose, il suo lupo iniziò a lamentarsi e Jon a preoccuparsi sempre più per lei.
Sansa, che cosa stai facendo?
Alla fine spazientito e preoccupato diede dei colpi alla porta che si aprì facendolo entrare.
La stanza era fredda, il camino non era stato acceso e nemmeno le candele, per lo più era immersa nell’oscurità la stessa che stava divorando anche la sorella.
La vide a terra, le gambe contro il petto e strette dalle braccia, una cascata di capelli rossi, profumati e morbidi le coprivano il volto.
Si inginocchiò accanto a sua sorella, le scostò i capelli dal viso e piano piano le sue mani lasciarono le gambe.
«Sansa.»
Il suo volto era rigato dalle lacrime, doveva aver pianto molto quel giorno.
Credeva che lo avrebbe respinto, che gli avrebbe urlato contro invece lei si gettò tra le sue braccia proprio come accadeva durante gli incubi.
Lui la strinse forte su quel pavimento di pietra freddo provando a calmarla, il corpo scosso dai singhiozzi, come i lamenti che aveva emesso Spettro.
«Piangi, sfogati» le sussurrò Jon, solo lui era il testimone del suo dolore, dei tormenti che soffriva, dei sensi di colpa che la attanagliavano notte e giorno.
Poi i lamenti divennero sempre più forti finché non emise un vero e proprio urlo, finalmente Sansa Stark per la prima volta da quando suo padre era stato decapitato ad Approdo del Re, stava urlando il suo dolore e la sua rabbia.
Il suo dolore per la madre, per Robb, per Rickon, per Margaery, per Arya, per Bran.
Per ciò che le avevano fatto Joffrey, Cersei, sua zia, Baelish e Ramsay.
La paura che provava da quando Jon era stato acclamato re del Nord.
Se anche lui fosse morto cosa sarebbe stato di lei? Cosa sarebbe stata Sansa senza di lui?
«Non lasciarmi anche tu Jon» disse lei tra le lacrime, lo scontro con Ditocorto l’aveva davvero spaventata, non aveva paura solo per se stessa, le sue minacce erano state velate, ma restavano pure sempre minacce.
«Mai, non ti lascerò mai più» rispose Jon stringendola ancora più forte, poi le sue labbra le baciarono la fronte e le guance, i loro visi erano così vicini che Sansa si sentì avvampare, bramava le labbra di Jon così come lui bramava quelle di lei.
E poi successe, il desiderio che sentivano era grande e quel bisogno non poteva più essere contenuto.
Nessuno si mosse per primo, lo fecero insieme e basta, le loro labbra si unirono solo per pochi istanti, ma per Sansa furono i più belli della sua vita. 




 

NOTA AUTRICE: Ho visto che questa storia è molto seguita, sono molto puntuale nell'aggiornare come avrete notato, tuttavia non so cosa pensare, ha più di 300 visualizzazioni a capitolo ma un solo parere... la mia domanda è: è così orribile e non recensite perchè non piace, oppure è bella ma non avete voglia o tempo?
Solo una mia curiosità.
Saluti a tutti e grazie.
Lils

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Capitolo 9
*** OTTO ***


OTTO




Sansa avrebbe voluto dire tante cose a Jon ma in quel momento la sua gola era secca e la voce sembrava proprio non volere uscire, rimase accoccolata a lui senza smettere di pensare al bacio che si erano scambiati.
Dal canto suo Jon si sentiva in colpa e in imbarazzo, cosa aveva fatto?!
Si aveva desiderato Sansa, ma era pur sempre sua sorella come aveva potuto fare una cosa simile?
Però il bacio era stato ricambiato da lei, perché?
Quelle domande lo assillavano, ma nonostante tutto sapeva di non poterla lasciare sola, di andarsene proprio in quel momento, no non poteva farlo, le aveva promesso di starle vicino e di proteggerla da chiunque avesse voluto farle del male e ora Cersei Lannister si era autoproclamata regina di tutti e sette i regni e non avrebbe impiegato molto a cercare vendetta nei confronti di Sansa; ma questa volta ci sarebbe stato lui a proteggerla dalle sue angherie, questa volta né Cersei Lannister né nessun’altro uomo o donna avrebbero fatto del male a sua sorella, tutto ciò che restava della sua famiglia.



La notte Sansa la passò da sola, Jon non era andato da lei, si erano salutati dopo la cena con un certo imbarazzo che non sembrava essere sfuggito quasi a nessuno, aveva cercato di incrociarlo in corridoio ma tutto ciò che aveva ricevuto da lui era stato uno sguardo, nulla di più, non le si era nemmeno avvicinato.
Che cosa ho fatto? Quel bacio… Jon non lasciarmi.
La sua mente andava sempre a quel momento, alle labbra di lui che si posavano sulle sue, al bacio che anche lei aveva ricambiato.
Restò a guardare quella porta chiudersi e Spettro entrare con il suo padrone, quella sera nemmeno il metalupo sarebbe andato a farle compagnia.
Senza suo fratello i suoi incubi tornarono, strinse forte le coperte che erano tutte un groviglio, stava sudando e piangendo e gridando.
Jon era fermo dietro alla sua porta, solo un passo, uno solo e sarebbe entrato nella stanza di lei.
Solo un passo e saremo tutti dannai.
Voleva consolarla, stringerla tra le braccia e placare i suoi incubi, vedere il suo volto tornare sereno e accarezzare i suoi capelli, strinse forti i pugni perché non poteva farlo, da quel momento sarebbe rimasto lontano da Sansa Stark il più possibile.
La porta era semiaperta, forse Sansa l’aveva lasciata aperta per lui?
No, si disse Jon, non dopo ciò che ho fatto.
Spettro guardò il suo padrone e poi entrò nella stanza di Sansa, le si mise vicino e pian piano smise di agitarsi, Jon guardò il suo lupo con gratitudine stava facendo quello che lui non poteva fare, proteggere Sansa dai suoi incubi.
Lei allungò una mano dall’altra parte e sentì qualcosa di soffice, aprì gli occhi bagnati dalle lacrime e vide che Spettro era lì, insieme a lei, dalla porta filtrava una tenue luce, quella delle candele e nonostante il sonno e le lacrime lo vide sulla soglia della porta, i pugni serrati e la testa bassa.
Non disse nulla, non chiamò il suo nome e nemmeno gli corse incontro anche se non avrebbe voluto altro, restò distesa nel letto con la mano affondata nella pelliccia di Spettro, così simile a quella di Lady.
Jon restò qualche secondo e poi se ne andò, ma non tornò nella sua stanza tanto non sarebbe riuscito a dormire, andò nello studio del padre a studiare ancora le sue carte, l'avanzata degli Estranei lo preoccupava tanto quanto i suoi sentimenti per Sansa.
Doveva essere pronto e doveva preparare gli altri a ciò che sarebbe arrivato, una tempesta terribile, una tempesta che avrebbe investito il Nord come non capiva da migliaia di anni.
Quando il sole sorse Jon era ancora affaccendato a studiare le mappe, quello riusciva a distrarlo da Sansa e inoltre cercava i punti deboli del Nord, così avrebbe potuto aiutare e proteggere la sua gente al meglio.
Subito dopo all'alba Tormund andò da lui, come suo solito non bussò alla porta.
«Tormund, già sveglio?»
«Anche tu» disse il bruto.
«Non ho dormito.»
Jon mostrò a Tormund i suoi progressi, i punti che aveva segnato nelle mappe sparse sul tavolo.
«Basta mappe re lupo.»
«Re lupo?»
«Preferisci re corvo?»
«Preferirei non aver alcun titolo e non sono più un corvo.»
«Dubito che tu lo sia davvero mai stato.»
Quell'affermazione colpì Jon in pieno, portandolo a domandarsi cosa effettivamente fosse e chi.
Era uno Snow, era stato un corvo come aveva detto a Tormund, era stato un uomo del popolo libero, il compagno di Ygritte, il Lord comandante e ora il re del Nord; eppure Jon ancora non sapevo davvero chi fosse.
«Ho voglia di allenarmi.»
Tormund sorrise a quel ragazzo, nonostante tutto aveva imparato a volergli bene.
«Bene, mostriamo a quelle femminucce che compongono il tuo esercito come combatte veramente la gente del Nord.»
«Anche loro sono uomini del Nord.»
«No Jon Snow, chi è dall'altro lato della barriera é a Nord. Noi ora siamo nel Sud. Credevo l'avessi imparato» disse il bruto dandogli una pacca sulla schiena.
Jon lo guardò con gratitudine nonostante tutto e poi insieme scesero nel cortile coperto dalla neve ad allenarsi. 






 

Nota autrice: Grazie a chi sta leggendo questa FF su Jon/Sansa, a me la coppia non dispiace anche se lo vedo bene pure con Daenerys, ovviamente dubito che ci potrà mai essere una storia così tra loro, anche se Jon dovesse scopire la verità sulle sue origini ha sempre pensato a Sansa come a una sorella, quindi... be' spero che anche questo capitolo passa piacervi!
A presto.
Lils

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Capitolo 10
*** NOVE ***


NOVE




Con Spettro al suo fianco la notte per Sansa passò meglio, meno incubi, meno pianti, il lupo le era di molto conforto certo ma non era come avere Jon, sentire le sue braccia stringerla e le mani accarezzarle i capelli, il battito del suo cuore che l’aiutava a calmarsi e a prendere sonno.
Fu il rumore delle spade a svegliarla quella fredda mattina, era poco più dell’alba e il cielo si stava schiarendo, la neve era caduta per tutta la notte creando un soffice tappeto bianco che faceva quasi risplendere Grande Inverno, contraddistinto sempre dal suo grigio.
Sansa ricordò quando aveva giocato per l’ultima volta con i suoi fratelli e nei capelli  ricci di Robb Stark c’era qualche fiocco di neve, mentre Arya aveva preparato una palla per colpirla.
Si allontanò dalla finestra e dai ricordi felici del passato che non facevano altro che far sanguinare le cicatrici che portava dentro di se, cicatrici non visibili sulla pelle ma che divoravano la sua anima, o almeno ciò che ne restava.
Si fece preparare da una delle sue ancelle mentre Spettro allungava il suo corpo nel grande letto che aveva condiviso con la sorella del suo padrone.
Indossò l’abito scuro con il metalupo che aveva ricamato quando ancora si trovava alla barriera, quando aveva ricamato il simbolo della casa Stark in quello che aveva dato a Jon… uscì fuori e l’aria fredda le pizzicò la pelle, facendola arrossare come i suoi capelli.
Non aveva avvisato Brienne, era giusto che almeno lei riposasse, ma comunque un soldato l’aveva seguita, probabilmente era un ordine di suo fratello.
Jon, pensò, ti importa ancora di me dunque?
Proseguì e si ritrovò nel ballatoio lo stesso da cui i suoi genitori osservavano i suoi fratelli allenarsi, mentre lei ricamava con le altre ragazze e la sua septa, e Arya…
Dei quanto aveva odiato quei ricami Arya.
E come se fosse uscito dai suoi pensieri vide Jon in mezzo alla neve ad allenarsi con Tormund veleno dei giganti, anche se stava combattendo i suoi movimenti erano aggraziati, forse un po’ meno di quelli che aveva avuto nella battaglia contro Ramsay e sicuramente era più pulito di allora, ma sembrava quasi che i due stessero danzando si scontravano ma senza ferirsi; anche se quando Tormund fece un affondo Sansa strinse forte il cornicione in legno, avrebbe voluto urlare il suo nome e per un attimo pensò che al posto del bruto avrebbe potuto esserci un sicario di Baelish, rimase al suo posto senza fare nulla, senza chiamarlo.
Il fratello parò il colpo, ma lei rimase comunque rigida e in attesa che quell’allenamento terminasse.
Jon non si era reso conto che lei fosse li a guardarli, solo a fine allenamento Tormund gli disse che la sorella era lì e così automaticamente alzò lo sguardo verso di lei, quel momento gli ricordò quando era Catelyn Stark ad osservarlo con gli stessi occhi blu di Sansa, solo che quelli della moglie del padre erano colmi di odio, mentre quelli di sua sorella lo guardavano con affetto e amore.
«La principessa del Nord è troppo bella per rimanere a lungo sola. Se fosse una donna del popolo libero a migliaia lotterebbero per averla.»
Tormund aveva ragione, dannato di un bruto, pensò Jon; Sansa era ancora troppo giovane e bella restare sola per sempre.
Ma dopo ciò che le aveva fatto Bolton… il pensiero di lei stretta dalle mani di un altro uomo - soprattutto quelle di Baelish - riempì Jon di rabbia e anche Tormund sembrò notare il mutamento del lupo bianco, solo che non poteva capire, nessuno avrebbe potuto.
Desiderava una cosa che era proibita e già baciandola si era spinto troppo oltre.
Pensò alla faccia che avrebbe fatto Catelyn Stark se fosse stata in vita.
«Sarà Sansa a decidere, quando sarà il momento…» rispose Jon osservando sua sorella in piedi su quel ballatoio, circondata dalla neve e dal nascere di un nuovo giorno.
«E cosa mi dici di te? Non credi che sia il momento di andare oltre?»
Jon capì perfettamente le parole del bruto e anche cosa intendesse.
«Aye, sono già andato oltre Tormund.»
«Bene. Lei non vorrebbe vederti vivere di fantasmi Jon Snow.»
Lo sapeva, aveva conosciuto e amato Ygritte, era anche stato suo in quella caverna e se solo ci fossero rimasti…
«I fantasmi sono sempre con me. Non se ne andranno mai. Mio padre, i miei fratelli, Ygritte…»
Tormund posò una mano sulla spalla di quel giovane re, forse troppo giovane per le responsabilità che si era assunto.
«Non permettere che i tuoi fantasmi ti impediscano di vivere. Per gli Dei sei tornato dalla morte! Vivi. Vivi Jon Snow, lupo bianco o in qualunque modo tu voglia farti chiamare. Per me sarai sempre un fottuto corvo.»
Fece per andarsene ma poi si voltò nuovamente verso Jon.
«Nel popolo libero non saresti giudicato duramente come farebbero gli altri o come stai facendo tu stesso. Se è la lupa del Nord che vuoi, prendila.»
Jon non trovò nulla dire, avrebbe tanto voluto che la realtà fosse stata semplice come la descriveva Tormund, ma per lui e Sansa non era così semplice.
Sansa fece un segno di saluto a Jon con la mano coperta da un morbido guanto scuro quanto il vestito, lui ricambiò e osservò la sua figura minuta sempre più illuminata dal sole che stava salendo in alto verso il cielo ad oscurare la luna e le stelle.
Poi se ne andò dal cortile d’armi scomparendo alla sua vista, aveva bisogno di stare solo, di pensare, di pregare, di chiedere perdono a suo padre per il bacio che aveva dato a Sansa, lui non l’avrebbe mai perdonato se fosse stato vivo, Jon immaginò lo sguardo di delusione che avrebbe avuto Eddard Stark e il cuore gli si strinse in una morsa di puro dolore, aveva sempre cercato di essere degno agli occhi del lord suo padre; degno quanto Robb o forse più di lui.
Ho fallito padre, non sarò mai come te, non sarò mai degno come avrebbe potuto esserlo Robb. Sarò anche il re del Nord, il lupo bianco, ma sono comunque un bastardo senza un vero nome.
Dopo molto tempo da quando era tornato in vita e a casa si inginocchiò sulla neve fredda nel parco degli Dei di Grande Inverno e pregò. 





 

Mi raccomando non smettete di leggere che presto entreranno in scena altri personaggi, il bello sta per venire, ci saranno buone notizie per questa coppia e riunioni.... non vi anticipo altro. 
A presto. 
Lils

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Capitolo 11
*** DIECI ***


DIECI

 

 

 

Sansa aveva fatto di tutto per parlargli o per restare sola con lui, ma Jon riusciva sempre a trovare un modo per sfuggirle: devo studiare le mappe Sansa, oppure: devo allenarmi e molte altre parole che lei sapeva bene essere solo delle scuse.
Quel bacio che si erano scambiati era stato la rovina del loro rapporto, e adesso che Jon la evitava come se avesse una malattia contagiosa, Sansa Stark non riusciva a trovare il suo posto dentro quel castello, bensì Grande Inverno fosse casa sua.
Passava le giornate chiusa nella sua stanza a ricamare, andava nel parco degli Dei a godere della pace e del silenzio anche della sua mente, raramente pregava, cercava di sfuggire alle attenzioni soffocanti di Baelish, ma nonostante tutto Jon le mancava quanto l’aria che respirava.
Ogni mattina si svegliava, si faceva aiutare a prepararsi, si intrecciava i capelli e indossava la sua maschera e viveva al meglio un’altra giornata, che senza suo fratello sembravano sempre infinite.
Quel giorno Baelish la raggiunse nuovamente nel parco degli Dei, non aveva voluto Brienne ma se ne stava pentendo, se solo lo avesse infilzato con Giuramento…
«Mia signora, vengo in pace» disse lui avvicinandosi a Sansa Stark.
Nel viso la stessa espressione del gatto che aveva appena mangiato un uccellino.
«Cosa vuoi lord Baelish?»
«Sapere come stai, ho notato che sei turbata mia signora.»
Sansa sorrise, non poté evitarlo, tutti avevano visto il cambiamento sia in lei che nel re del Nord.
«Sto bene, non occorre che tu ti dia tanta pena per me.»
«Ho giurato di proteggerti.»
«Hai infranto quel giuramento tempo fa, se ben ricordi. Lasciandomi con i mostri che avevano ucciso mia madre e mio fratello Robb.»
«Sansa… se solo tu mi permettessi di…»
«Cosa? Non voglio nulla, solo restare da sola.»
«Chiuderti in te stessa non ti sarà di aiuto per prendere il Nord.»
Io non voglio essere la regina, la Sansa di un tempo lo voleva ma lei è morta.
«Non sono più la ragazzina sciocca che hai conosciuto ad Approdo del re mio signore.»
«No, non lo sei. Sei una donna ora, una donna astuta, forte e bella come lo era tua madre, forse anche di più.»
Baelish le si avvicinò e tentò di farle una carezza ma lei si scansò.
Il viso di Ditocorto non era lontano dal suo, ricordò l’ultimo bacio che le aveva dato, proprio lì, prima dell’incoronazione di suo fratello.
Quel momento era davvero imbarazzante, aveva cercato di evitarlo in tutti i modi ma evidentemente non era possibile sfuggire a Ditocorto, nemmeno a casa sua.
Dei passi risuonarono nella neve, e in pochi istanti Jon comparve nel parco degli Dei, Ditocorto si spostò da Sansa e si voltò verso colui che ora era il suo re.
Gli occhi di Jon bruciavano di rabbia, come osava quell’uomo avvicinarsi ancora a lei? Con quel diritto?
«Lord Baelish» disse freddamente Jon.
«Maestà, lieto di vederti.»
I suoi occhi si spostarono su Sansa, sulle sue iridi blu che sembravano quasi supplicarlo con lo sguardo.
«Vorrei parlare da solo con mia sorella.»
«Certamente» rispose lui ossequioso, fece un inchino al lupo bianco e se ne andò.
Ne ho fatto uccidere già uno di Stark, sarà facile uccidere anche te bastardo, pensò il nuovo lord della Valle mentre si allontanava da quel luogo.
Sansa strinse le mani attorno alle braccia, senza smettere di guardare suo fratello.
«Dovevo trovarmi in sua compagnia per farti degnare di parlarmi?» gli disse furiosa lei.
«Volevo solo assicurarmi che stessi bene.»
«Sto bene come vedi.»
Jon la guardò un’ultima volta, la sua fierezza, la sua compostezza di lady che non voleva accennare a scomparire, quella maschera che si ostinava a portare anche con lui; si voltò per andarsene ma Sansa lo fermò per un braccio, la sua stretta sembrava bruciare la sua pelle nonostante fosse coperta da strati e strati di vestiti.
«Jon tu ed io dobbiamo parlare, non permetterò che tu te ne vada senza prima averlo fatto. Sono stata chiara?»
«Non c’è nulla da dire.»
«Si invece, guardami Jon.»
Strinse forte i pugni e si voltò verso di lei, le costava guardare i suoi occhi, il suo volto sapendo che non poteva averla come voleva.
Sansa si avvicinò a lui e dopo giorni di lontananza poté finalmente prenderlo per mano e insieme si sedettero in quella panca fatta di pietra e coperta dalla neve, ma non le importava, lui era lì finalmente, con lei.
«Che cosa ho fatto per meritare un simile trattamento da parte tua?»
Sansa… non sei tu ad aver fatto qualcosa di sbagliato, ma io.
«Nulla» rispose lui cercando di evitare di guardare il suo volto.
«Smettila di trattarmi come una sciocca, sai bene che non lo sono. Jon, dimmi la verità.»
«Non c’è nulla da dire Sansa.»
«Tu pensi che sia ancora la ragazzina sciocca che viveva in un mondo fatto di cavalieri e dame indifese? Credi che sia ancora la bambina di cui Arya si veniva a lamentare? E’ per come mi sono comportata in passato? E’ questo? Il mio comportamento altezzoso e…»
Jon le posò un dito sulle labbra, non le avrebbe permesso di incolparsi di una cosa che era solo sua.
Smise di parlare e Jon tolse il dito.
«No, so bene che non sei più la bambina che lasciò Grande Inverno, che il tuo sogno si è trasformato in un terribile incubo. Non è per il passato Sansa, mi hai chiesto di scusarti e io l’ho fatto. Non sei tu il problema, ma io.»
«Io non capisco Jon…»
«E’ meglio così, per entrambi. Non potrei mai fare qualcosa per ferirti, lo sai vero?»
«Si, ma ogni volta che ti allontani, che mi eviti… mi ferisci.»
Avrebbe voluto urlare tutta la frustrazione che sentiva dentro, ma non lo fece, rimase composto a guardare sua sorella. 
Sei mia sorella Sansa… è meglio così.
Jon si alzò da quella panca, si osservò in torno, l’albero diga con la sua faccia rossa, il laghetto ghiacciato, quella era casa sua.
«Mi dispiace Sansa.»
«Jon!» lo chiamò lei mentre si stava già allontanando.
Se ne andò senza dire nulla, qualunque altra cosa sarebbe stata superflua e lui lo sapeva; così chinò la testa e tornò verso il castello lasciando Sansa sola nel parco degli Dei.






 

Ebbene ci stiamo avvicinando sempre più!
Vi è piaciuto questo "scontro"? Ormai la storia si sta infittendo e come promesso a breve compariraranno altri personaggi a renderla più interessante... cosa pensate che accadrà tra questi due? Be' scopritelo leggendo ;)
Lils

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Capitolo 12
*** UNDICI ***


UNDICI

 

 

 

 

Evitare Sansa non era facile, sapendo soprattutto che la stava solo ferendo di più con il suo comportamento schivo.
La sera ci fu un banchetto con tutti i Lord più importanti, Jon e Sansa sedevano vicini, volevano sfiorarsi ma semplicemente non potevano.
Alla sinistra del lupo bianco sedeva la giovane lady dell'isola dell’Isola dell’Orso: Lyanna Mormont nipote del suo vecchio Lord comandante e colei che lo aveva fatto diventare il re del Nord.
C'era un gran vociare in quella stanza, gli uomini gridavano, bevevano, inveivano contro il nemico che stava per arrivare ma nessuno di loro lo aveva davvero visto, nessuno oltre a Jon, Tormund, i bruti e alcuni dei suoi fratelli in nero sopravvissuti al loro attacco ad Aspra Dimora.
Tentò di non pensarci almeno per la cena, poteva essere una delle ultime e lo sapeva bene.
In breve si trovò ad osservare Baelish, non smetteva di fissare Sansa con quei suoi occhi da volpe, Jon strinse forte il coltello con la mano - forse troppo forte - perché iniziò a sanguinare.
«Jon, la tua mano» disse Sansa che al contrario di lui non riusciva a prestare attenzione ad altro, lui lasciò andare il coltello imprecando.
Sansa tirò fuori dalla manica del suo vestito il fazzoletto che aveva ricamato con le sue iniziali e un piccolo metalupo circondato da rose azzurre, le stesse che crescevano ancora nei giardini coperti di Grande Inverno.
Iniziò a bendare la mano al suo re, lo fece con amore e senza che nessuno glielo avesse chiesto.
«Ti fa male?»
«Non è nulla, solo un graffio. Grazie Sansa.»
Lei le sorrise e quel sorriso riscaldò il suo cuore.
La serata e l’atmosfera di festa le ricordarono quando Robert Baratheon giunse a Grande Inverno con la moglie e i figli e Joffrey, ripensò alle suppliche rivolte alla madre per poter finalmente lasciare il Nord ignorando quanto avrebbe poi lottato per poterci ritornare, voleva diventare una regina.
Il suo sguardo si incupì e Jon anche se avrebbe voluto non le chiese nulla, anche a lui quell’atmosfera ricordava i banchetti degli Stark.
Non poté fare a meno di stringere delicatamente la sua mano così piccola rispetto alla sua, ma nulla di più, non poteva.
Jon perché mi stai facendo questo? Per cosa stai punendo entrambi?
Fuori dalla Sala Grande, mentre i lord e il re banchettavano Tormund e Brienne facevano la guardia, e il bruto aveva appena separato uno dei suoi da uno dei cavalieri della Valle, quella situazione stava davvero diventando insostenibile.
Brienne lo vide tornare sorridendo e così spostò il suo sguardo, quell’uomo proprio non si voleva arrendere!
Era freddo, molto, Brienne ricordava appena l’ultimo inverno, ma l’estate… quella la ricordava molto bene.
Il suo giuramento a Renly, a Catelyn e infine a Sansa, no con lei non avrebbe fallito.
Tormund la osservava, nel popolo libero le donne guerriere non mancavano ma lei aveva attirato la sua attenzione più di tutte le altre.
«Sei mai stata al Nord?» domandò lui.
«Siamo nel Nord» fece notare Brienne.
«Ahh, voi del Sud siete tutti uguali. Questo non è il vero Nord, il vero Nord è oltre la barriera.»
«Non mi sono mai spinta più in la di Grande Inverno.»
Avrebbe voluto che la conversazione terminasse, Tormund la irritava tanto quanto in passato l’aveva irritata Jaime Lannister, eppure era ancora lui a far battere il suo cuore.
Dove sei ora ser Jaime? Sei con la tua amante, con la donna che ha fatto morire centinai di persone innocenti come avrebbe fatto il re Folle? Lo stesso re che tu hai ucciso?
«Un giorno ti ci porterò.»
«Non mi porterai da nessuna parte, il mio posto è al fianco della mia signora, Sansa Stark.»
«E il mio a fianco del re lupo, almeno finché la guerra contro quegli esseri non sarà finita.»
«Li hai visti?» domandò lei, più curiosa di sapere di più su loro che riguardo al bruto.
«Si, li ho visti e ho visto anche la mia gente diventare uno di loro. Tu non c’eri ad Aspra Dimora, solo i sopravvissuti e Jon Snow sanno cosa sta davvero arrivando da Nord.»
«Non vinceremo questa guerra.»
«Non ho intenzione di diventare un fottuto estraneo dagli occhi azzurri e la pelle pallida. Io sono Tormund Veleno dei Giganti, un uomo del popolo libero, non mi trasformeranno in uno di loro.»
«Prego che nessuno di noi lo diventi.»
«Le preghiere non li fermeranno, i tuoi dei non li fermeranno.»
«Cosa li fermerà allora?»
«Quel fottuto di un corvo potrebbe riuscirci.»
«Jon Snow è…»
«Il re del Nord, ma non è il mio re. Aye voglio bene a quel ragazzo ma non sono un suo suddito.»
Il vento iniziò a tirare più forte e portò altra neve, Brienne non ne aveva mai vista così tanta in vita sua, lei come molti altri era una figlia dell’estate e il freddo… lo temeva, temeva il freddo, temeva il Nord o il vero Nord come diceva Tormund e temeva ciò che per tutta la vita aveva creduto solo storie per spaventare i bambini capricciosi, gli Estranei.
Uno spicchio di luna risplendeva in cielo, una pallida luce per una sera troppo gelida.
Aveva quasi finito il suo turno quando vide arrivare la sua signora, Sansa Stark era coperta da una pesante pelliccia e le stava venendo incontro con passo deciso.
«Mia signora» le disse lei chinando la testa.
«Brienne, ho bisogno che tu faccia una cosa per me» le disse la giovane principessa dai capelli come il fuoco.
«Sono al tuo servizio lady Sansa.»
«Non potrei chiederlo a nessun’altro, seguimi.»
Bienne smontò la guardia e se ne andò con la sua signora.
«Tormund» disse Sansa salutando il bruto.
Aye sarai anche un fottuto corvo Jon Snow, ma non sei del tutto idiota.
Tormund restò ad osservare quella donna in armatura andarsene con la sua principessa e si chiese se mai avrebbe avuto un’occasione simile per poterle riparlare. 








 

Cosa ne pensate di questo capitolo? Vi piace il fatto che pian piano stia introducendo anche i pensieri di altri personaggi? Sappiate che nel capitolo 12 vi aspetta una cosa bella, vi lascio un pezzettino per incuriosirvi, ma breve!
 

[...] «Non allontanarti di nuovo da me ti prego.»
«Sei mia sorella.»
«I Targaryen si sono sposati per generazioni tra fratello e sorella per mantenere il sangue puro» gli ricordò lei.
«Si, ma noi non siamo Targaryen, i draghi sono morti da tempo.»

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Capitolo 13
*** DODICI ***


DODICI

 

 

 

«Mia signora…» cercò di dirle Brienne, ma Sansa Stark proprio non voleva demordere.
«Aiutami, Jon non vuole nemmeno incrociarmi e se busso alla sua porta si fa negare anche se in realtà non è impegnato con i suoi consiglieri. Devo parlargli Brienne.»
«Non so cosa sia accaduto al re per comportarsi così, ma non trovo giusto…»
«Non mi lascia altra scelta, devo parlare con Jon e devo farlo ora. Mi aiuterai?»
Brienne fece un respiro profondo, aveva giurato fedeltà a quella ragazza, come poteva tirarsi indietro?
Solo che… non le sembrava giusto, certo il giovane re non si stava comportando come avrebbe dovuto nei riguardi di Sansa Stark, ma Sansa non poteva pretendere di essere ricevuta comunque anche se lui non voleva.
«Dovrai solo bussare e dire che devi parlargli di una cosa urgente e poi una volta entrata nella stanza io ti seguirò. Brienne…»
«Lo farò mia signora, anche se non lo trovo molto corretto.»
«Grazie» le disse Sansa stringendo la sua mano.
In quel momento il giovane viso di Sansa nella mente di Brienne si confuse con quello di sua madre Catelyn, erano così simili eppure… nella giovane lady che ora serviva vedeva molta più fermezza di quanta non ne avesse vista nella moglie di Eddard Stark.
Le due si incamminarono verso lo studio occupato dal re del Nord, Brienne avanti e lei dietro, si sentiva nervosa e agitata, sapeva che Jon non l’avrebbe presa bene ma non poteva resistere oltre senza sapere cosa stesse pensando davvero lui.
Quei corridoi sembravano sempre infiniti soprattutto quando aveva fretta, passò davanti alle stanze che un tempo avevano occupato i suoi fratelli: Robb, Arya, Bran e Rickon… non era più scesa nelle cripte da quando Rickon era stato messo lì, non riusciva a farlo, non poteva.
Scacciò quei pensieri come si fa con una mosca fastidiosa e riprese il controllo di se stessa, proseguì finché non arrivarono alla porta dello studio e Brienne si fermò.
Stava per bussare quando si fermò e si voltò verso Sansa.
«Se desideri tornare indietro…»
«No» rispose risoluta.
A quel punto la donna bionda non poté far altro che eseguire la richiesta e così bussò due volte alla porta in legno, dietro di essa sentì delle voci, il re non era solo.
«Chi è?» rispose Jon mentre ancora stava discutendo con Ser Davos.
«Brienne di Tarth maestà.»
«Entra.»
Brienne aprì la porta ed entrò dopo il consenso del re, solo che qualche istante dopo lo fece anche Sansa e l’espressione di Jon mutò come dal giorno alla notte.
«Non prendertela con lei, le ho chiesto io di farlo.»
«Me lo immaginavo» disse Jon posando una mappa e poi si voltò verso il suo consigliere, «Ser Davos per ora abbiamo finito, puoi andare.»
Lui si alzò dalla sedia e Sansa fece un segno a Brienne, ringraziandola ancora una volta con i suoi occhi blu.
Lei e il cavaliere se ne andarono insieme richiudendo la pesante porta in legno.
«Hai usato Brienne…»
«Se mi fossi annunciata non mi avresti ricevuta, non mi hai lasciato scelta Jon.»
Jon si massaggiò le tempie con le dita.
Gli Estranei, i bruti che discutevano con i cavalieri, Baelish, Cersei Lannister e Sansa… era davvero troppo.
«Che cosa vuoi Sansa?»
«La verità e non te la caverai tanto facilmente questa volta» rispose lei senza mettersi a sedere, restando in piedi, fiera come un lupo.
Jon si alzò e la raggiunse, no sapeva che non si sarebbe arresa.
«Credevo che ci fossimo detti tutto nel parco degli Dei.»
«Non hai detto nulla, basta scuse. Per cosa stai punendo entrambi?»
Quella domanda fu a bruciapelo, Sansa non avrebbe usato tanti giri di parole.
«Sansa…»
«Dimmelo!» urlò lei stringendo forte il suo braccio.
«Devi starmi lontana!»
«Perché? Che cosa ho fatto?!»
Jon si liberò dalla sua presa e le diede le spalle, non riusciva a guardarla negli occhi, non avrebbe potuto allontanarla se lo avesse fatto.
«E’ meglio così credimi.»
«No, io non ti credo. Jon…»
Si spostò e si misi difronte a lui, prese la mano che prima gli aveva fasciato con il suo fazzoletto ricamato, le lacrime stavano per uscirle dagli occhi ma non avrebbe pianto ancora davanti a lui.
«E’ per il tuo bene che ti allontano.»
«Per il mio bene? Così mi fai soltanto del male. Guardami ti prego.»
Finalmente trovò il coraggio di alzare lo sguardo e fissare quei suoi grandi occhi blu che non chiedevano altro se non amore, quell’amore che lui non avrebbe mai potuto davvero darle.
«Non posso, io…»
«Cosa? Cosa non puoi Jon?!»
«Averti vicina, non posso Sansa finirei con il ferirti, allontanarti da me è meglio per entrambi.»
«No, non lo è! Tu non puoi…»
Sansa non resisteva più, il bisogno che aveva di Jon era troppo grande, essere stata lontana da lui per tutti quei giorni era stato troppo, così si avvicinò ancora di più a lui e lo baciò.
Al principio Jon non fece nulla colto alla sprovvista, ma poi sentì qualcosa, tutta la tensione svanì, strinse forte a se Sansa e la baciò intensamente, non voleva fermarsi, non voleva altro se non lei, ma poi la realtà tornò bruscamente.
«No, questo è sbagliato» le disse ansimando, stava facendo molta fatica a controllarsi, non ci sarebbe riuscito a lungo se lei fosse rimasta ancora.
«Non mi importa.»
«A me si e non sto pensando solamente a me. Sansa…» disse accarezzandole il volto arrossato, la sua treccia era abbastanza sfatta.
«Non allontanarti di nuovo da me ti prego.»
«Sei mia sorella.»
«I Targaryen si sono sposati per generazioni tra fratello e sorella per mantenere il sangue puro» gli ricordò lei.
«Si, ma noi non siamo Targaryen, i draghi sono morti da tempo.»
«Jon so che non sono la donna che vorresti. Mi hanno spezzata, picchiata, umiliata, hanno usato il mio corpo… so che meriteresti qualcuno migliore di me, ma non posso lasciarti andare.»
La rabbia si impossessò di lui, Bolton l’aveva ferita troppo e quelle ferite avrebbero sanguinato per sempre.
«Nessuno potrebbe essere migliore di te Sansa Stark.»
«Allora non punirci, non farlo Jon.»
«Nessuno approverebbe, gli alfieri e…»
«Non mi importa di loro, di cosa penserebbero. A me importa solo cosa pensi tu.»
A quelle parole Jon non riuscì più a resistere e baciò nuovamente Sansa, con una passione ancora più grande, le accarezzò i capelli inebriandosi del loro profumo, sentì la sua pelle sotto quelle pesanti vesti ricamate, avrebbe voluto farla sua come era accaduto con Ygritte, ma Sansa non era lei e lui non era più il ragazzino ingenuo di un tempo.
Se era quello il loro destino, se era quello ciò che gli Dei avevano in serbo per loro allora sarebbe accaduto ma solo al momento giusto, non prima.
«Non provare a lasciarmi ancora.»
«Non lo farò» rispose lui.
Restarono abbracciati a lungo, finché non si fece troppo tardi e allora quella notte Jon tornò nella stanza padronale a vegliare sul sonno di Sansa Stark.






 

Ebbene nel tredicesimo capitolo compariranno due nuovi personaggi e poi da lì ne compariranno molti altri ancora... 
Se vi lascio questo estratto capirete di chi si tratta vero? 


«Chi sei? Perché mi stai seguendo?!» urlò lei sfoderando Ago.

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Capitolo 14
*** TREDICI ***


TREDICI


 

 

 

Quella mattina faceva davvero freddo, se non si fosse coperta bene prima di intraprendere il viaggio forse sarebbe morta per il freddo e non poteva permetterselo, non ora.
Cavalcava da giorni passando per strade secondarie, non era prudente circolare per la Strada del re, certo probabilmente facendolo sarebbe arrivata prima, ma non voleva correre rischi era meglio allungare un po’ ma arrivare sana e salva a Grande Inverno.
Erano giorni che aveva la sensazione di essere spiata eppure era stata attenta e nulla l’aveva tradita, non faceva fare molte soste al suo cavallo tutto ciò che desiderava era Grande Inverno e mancava così poco.
Presto… presto sarò di  nuovo a Grande Inverno.
Dei quanto le era mancato!
Si fermò per una breve sosta, aveva fame, non mangiava dal giorno prima, non aveva quasi più cibo ma ormai c’era quasi.
Teneva sempre gli occhi ben aperti, quella sensazione di essere controllata non l’aveva abbandonata nemmeno per un istante.
Fu soltanto quando stava per riprendere il viaggio che una figura incappucciata uscì dal bosco.
Se ne accorse subito, i suoi sensi si erano fatti più acuti negli ultimi tempi, specie l’udito, l’uomo indossava un cappuccio, era più alto di lei e le venne incontro con le mani in alto.
«Chi sei? Perché mi stai seguendo?!» urlò lei sfoderando Ago.
Ago… quanto tempo era trascorso da quando suo fratello le aveva dato quello spada?
Jon, sto tornando a casa.
Non smise di tenere puntata la sua spada verso di lui, l’uomo abbassò il cappuccio con una mano e Arya non poté credere ai suoi occhi.
«Non volevo spaventarti» le disse lui.
Gendry si era alzato, i suoi muscoli erano aumentati ma nonostante la crescita restava sempre lui, i capelli sbarazzini, gli occhi scuri.
Arya lasciò cadere Ago a terra e corse verso di lui, le sue braccia non tardarono a stringerla, era proprio lui.
«Gendry!»
Lui le sorrise felice, era passato troppo tempo dall’ultima volta che si erano visti, ricordò quella donna vestita di rosso che lo portava via.
«Mia signora.»
Arya tornò subito quella di sempre, allentò un ceffone a Gendry, ma si fece molto più male lei di lui, i suoi muscoli sembravano acciaio.
«Perché non ti sei fatto vivo prima? Sono giorni che mi segui.»
«Avrei voluto, ma non rimanevi mai troppo a lungo ferma e inoltre… non sapevo che accoglienza aspettarmi.»
«Cosa ti aspettavi?»
«Non lo so» ammise il ragazzo.
Arya riprese Ago e se lo mise nuovamente alla cintura, non avrebbe perso il regalo di Jon, era troppo prezioso per lei.
Divise il poco che aveva con lui, sembrava affamato.
«Dove sei stato tutto questo tempo?»
«E’ una lunga storia. E tu? Dove sei stata tutto questo tempo?»
Arya inghiottì il boccone e fissò Gendry, cosa poteva dirgli? Cosa era diventata? E cosa avrebbe detto suo fratello rivedendola e scoprendo tutto ciò che aveva fatto? E Sansa?
«E’ una lunga storia Gendry ma è finita. Arya Stark sta tornando a casa.»
«Lo sospettavo… questa strada può portare solo a Nord almeno che tu non voglia invertirla e fare ritorno ad Approdo del re.»
«No, non metterò mai più piede laggiù. Mio fratello è stato acclamato re del Nord, lo chiamano il lupo bianco ora. Sto tornando da lui, da Jon.»
«Nemmeno io voglio tornare a Sud.»
«Vieni con me allora, a Grande Inverno.»
Gendry le fece un debole sorriso, come dirle tutto ciò che aveva scoperto sulle sue origini?
«Ora so chi sono Arya, so perché le Cappe Dorate erano sulle mie tracce. Per via di mio padre.»
«Tuo padre?»
«Si, è stata la donna rossa a dirmi di lui, delle mie origini e poi ha tentato di uccidermi ma… un uomo mi ha aiutato a fuggire e così eccomi qui.»
«Doveva essere un uomo importante.»
«Lo era. Robert della casa Baratheon, primo del suo nome, re degli andali e dei primi uomini, signore dei Sette Regni e protettore del reame. Probabilmente ho dimenticato qualche titolo.»
«Robert Baratheon era tuo padre? Gendry…»
«Non dirlo ti prego.»
«Ma…»
«Sono solo un bastardo, nulla di più.»
Arya guardò in basso, per tutta la vita aveva sentito suo fratello Jon essere chiamato così, bastardo, anche sua madre a volte ce lo chiamava e ogni volta si sentiva in colpa anche se non era stata lei a dirlo, spesso anche Jon ci si era definito, eppure ora era il re del Nord.
«Vieni con me Gendry.»
«Vuoi un bastardo come compagnia?»
«Smettila, non dirlo mai più. Jon ora è il re del Nord, farò in modo che tu possa avere ciò che ti spetta.»
«Ma non mi spetta niente Arya.»
«Si invece. Capo Tempesta per iniziare e poi…»
«Non sarò mai un lord, uno di quei signorini perfetti.»
«E io non sarò mai una lady, ma sono comunque una figlia di Grande Inverno. Vieni con me a Nord.»
Arya presa la sua mano, era grande e callosa, ma per la prima volta sentì qualcosa di diverso stringendola nella sua, qualcosa che non aveva mai provato prima di allora e si ritrovò a guardare Gendry con occhi diversi.
Non era più una bambina, non lo era più da tempo, ciò che era accaduto, ciò che aveva visto e ciò che aveva fatto l’avevano cambiata per sempre.
Frey era morto, Robb e sua madre erano stati vendicati, ora doveva solo tornare a casa da Jon e anche da Sansa, ma non lo avrebbe fatto senza Gendry al suo fianco.
«Verrai con me Gendry?»
Anche lui guardava Arya Stark con occhi diversi, era davvero cresciuta e l’aurea che la circondava era diversa, il suo sguardo era diverso, eppure sembrava ancora la ragazzina che viaggiava travestita da uomo, era ancora la sua lady.
«Verrò con te» rispose.
Da quando l’aveva vista nei boschi aveva iniziato a seguirla per proteggerla, ma la verità era che quella ragazzina le era mancata e ora non era più una ragazzina, ma una bellissima donna stava prendendo il suo posto, una giovane donna di cui Gendry stava iniziando ad innamorarsi perdutamente.
Guardò gli occhi grigi e tempestosi di Arya, certo che l’avrebbe seguita, Nord, Sud, la Valle… che importanza aveva per lui la destinazione? Non era nessuno, ma finalmente Arya Stark poteva tornare ad essere qualcuno.







 

E come promesso nuovi personaggi stanno entrando in scena, per ora Arya e Gendry ma in futuro.... be' come pensate che reagiranno Sansa e Jon?
Per scoprire il resto continuate a seguirmi!

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Capitolo 15
*** QUATTORDICI ***


QUATTORDICI

 

 

 

 

Erano soli e Bran non aveva idea di come sarebbero riusciti a sopravvivere.
Estate e Hodor erano morti per permettere a lui di fuggire, aveva perso anche loro.
Dopo la visione in cui aveva visto il padre e Jon si era chiuso in se stesso non poteva essere vero, Jon non era suo fratello!
Poco prima che calasse la notte suo zio Benjen era tornato e aveva trovato per loro un posto sicuro dove riposare e partire poi l’indomani.
Meera aveva procurato il cibo e osservava Bran che non era mai stato tanto silenzioso come dopo l’ultima visione.
«Devi mangiare qualcosa» disse la sua compagna di viaggio.
«Non ho fame Meera.»
Si voltò verso ciò che restava di Benjen Stark, non poteva più trattenersi.
«Dimmi la verità zio Benjen.»
Benjen Stark posò la sua cena e fissò suo nipote, in lui rivide il bambino che scalava le torri e i tetti, ma anche l’uomo che stava diventando.
«Che cosa ti hanno mostrato?»
Bran deglutì, per lui dirlo ad alata voce era terribile.
«Jon.»
«Cosa vuoi sapere esattamente?» chiese accigliato, una parte di lui sapeva che quel momento prima o poi sarebbe arrivato, era giunta l’ora di dire la verità almeno a uno dei suoi nipoti.
Lo aveva temuto? Si, Benjen Stark lo aveva temuto con tutta la sua anima.
«Ho visto mio padre battersi contro Ser Arthur Dayne e sconfiggerlo, ma non è andata come mi era stato raccontato» rispose evitando di nominare il padre Meera, «e poi ho sentito una donna urlare, lui ha iniziato a salire le scale di una torre e…»
«E ha trovato Lyanna morente» concluse Benjen, ricordando il racconto di suo fratello, la sua confessione dopo anni di silenzi forzati.
«Tu lo sapevi. Lo hai sempre saputo.»
La voce di Bran era colma di amarezza, come avevano potuto mentirgli per tutti quegli anni?!
«No Bran. Quando Ned tornò dalla guerra portando Jon con se mi mentì… lo scoprii anni dopo, un giorno Jon si ammalò e il maestro disse che sarebbe morto. Mio fratello era distrutto dal dolore e la promessa fatta Lyanna lo stava consumando. Avevo preso da poco il nero, sfiancai il cavallo per tornare a Grande Inverno e stare vicino a Ned. Quella sera crollò e mi raccontò tutta la verità. Jon non era suo figlio, ma il figlio di nostra sorella Lyanna e del principe Rhaegar.»
«La mia visione…»
«Ti hanno mostrato il vero. Mio fratello ha cercato di proteggerlo al meglio delle sue possibilità.»
Meera posò delicatamente la mano sulla spalla di Brandon Stark, quel contatto lo fece quasi trasalire.
«Ha mentito a tutti. Deve saperlo.»
«Spetta a te deciderlo, sei il corvo con tre occhi ora.»
Rievocare quella storia faceva male, il ricordo di sua sorella faceva male, aveva amato i suoi fratelli e li aveva persi tutti ora restava solo lui.
«Domani vi aiuterò a raggiungere la Barriera, dopodiché sarete al sicuro per quanto possibile.»
«Non posso oltrepassare la Barriera zio Benjen.»
Bran mostrò a suo zio il marchio che il Re della Notte gli aveva fatto.
«Bran, lui la oltrepasserà lo stesso ma tu devi tornare a Grande Inverno.»



Arrivarono a Grande Inverno all’alba, il cavallo stava arrancando nella neve, portare sia lei che Gendry era faticoso per quel'animale già provato dal freddo e dalla neve  ghiacciata che ricopriva il terreno, ma a breve una sagoma grigia comparve all'orizzonte e gli occhi di Arya Stark si riempirono di lacrime.
Sono a casa, si disse, a Grande Inverno.
Quando il cavallo non riuscì più a proseguire con loro in groppa i due scesero e iniziarono a camminare nella neve fredda trascinando il cavallo.
Il sole stava timidamente facendo capolino da dietro le nuvole bianche cariche di neve, Arya respirò a pieni polmoni il profumo di casa.
Erano sei anni che non vedeva quel luogo a lei tanto caro, la sua casa, il parco degli Dei con gli alberi diga, tutto le era mancato.
All'entrata c'erano dei soldati, Jon era diventato molto più prudente, gli uomini di  guardia avevano un corno come alla Barriera.
Un suono erano alleati, due suoni nemici e tre suoni… Jon aveva pregato di udire quei tre suoni il più tardi possibile, gli uomini non erano ancora pronti per quella guerra.
Era ancora nel letto di Sansa ma entrambi erano già svegli da tempo.
«Dormi un po’, è ancora presto» disse Jon facendole una carezza, tra loro nulla di irrimediabile era ancora accaduto.
«Se è presto resta qui con me, maestà.»
«Sai che devo allenarmi.»
«Preferisci davvero allenarti?» chiese lei accarezzando il suo torace muscoloso e coperto dalle cicatrici.
Jon dovette fare un grande sforzo per trattenersi, ma la verità era che Sansa non voleva che si trattenesse, lei lo desiderava ed era pronta ad accoglierlo se solo lui lo avesse voluto.
«Devo andare ora» disse, poi le diede un baciò e si alzò dal letto, Spettro scattò in piedi e seguì il suo padrone fuori dalla stanza padronale. 




Erano quasi arrivati quando Arya si fermò improvvisamente colta dalla paura.
«Arya?» la chiamò Gendry preoccupato.
«Non posso. Io…»
Gendry si mise difronte a quella ragazza indomita e coraggiosa che conosceva ormai da tempo.
«Si che puoi. Tu sei Arya Stark di Grande Inverno e non sei più sola.»
Da quando per la prima volta si erano ritrovati Gendry fece ciò che più desiderava; baciò Arya Stark.
Lei rimase sorpresa da quel gesto non era una di quelle lady, non lo era mai stata, ma il modo in cui aveva iniziato a pensare a Gendry… si ritrovò stretta a lui, le sue mani erano forti e gentili, non aveva mai provato niente di simile in tutta la sua vita, come era possibile che Gendry potesse provare qualcosa per lei?
Dopo il bacio le sorrise, poi la prese per mano e in breve furono difronte ai soldati del lupo bianco.
«Chi siete? Fatevi riconoscere» disse uno dei due.
«Sono Arya Stark di Grande Inverno, la sorella del vostro re.»
I due si osservarono in silenzio, come potevano crederle?
Nessuno l'aveva più vista da Approdo del re.
L'uomo che aveva parlato portò il corno alla bocca ed emise un solo suono.
Jon era nel cortile con Tormund quando lo udì, rinfoderò Lungo Artiglio e seguito dal bruto si avvicinò all’entrata del castello; quando la vide non poté credere ai suoi occhi e rimase immobile ad osservarla, come già era accaduto quando si era ritrovato con Sansa.
Lei fece qualche passo incerto, non era mai stato così con Jon, era suo fratello!
«Jon» disse, il giovane re spalancò le braccia mentre Arya percorreva il piccolo tratto che li separava, poi la strinse forte a se con gli occhi colmi di lacrime, come il giorno in cui le aveva regalato Ago.
«Arya!» disse stringendo forte a se la sorella dopo più di sei anni, mentre i soldati, Tormund e Gendry osservavano i due fratelli ritrovarsi. 






 

Come promesso stanno entrando in scena altri personaggi, ieri avete letto di Arya e Gendry e oggi anche di Bran e Meera, abbiate pazienza e arriveranno ancora altri, tra cui Daenerys!
Spero che questa FF vi stia piacendo, io sto adroando scriverla. 
Fatemi sapere cosa ne pensate ;)
Lils

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Capitolo 16
*** QUINDICI ***


QUINDICI





Arya e Gendry erano infreddoliti e affamati, Jon non riusciva a smettere di osservare la sua sorellina, che ormai era davvero cresciuta, della bambina che ricordava restava davvero poco, era una donna ormai.
Camminò tenendola stretta a se, come se temesse che quel momento fosse solo frutto della sua immaginazione che Arya… no Arya era davvero lì, con lui.
Ordinò che venisse preparato qualcosa di caldo e fece preparare le stanze, dopo aver mangiato avrebbero avuto bisogno di riposo.
Una volta dentro le mura di Grande Inverno la ragazza iniziò a guardarsi intorno, era davvero a casa.
Sono tornata.
Erano seduti al grande tavolo dei banchetti, Jon aveva chiesto ogni sorta di pietanza e in breve vide gli occhi della sorella illuminarsi alla vista di tutto quel cibo.
Dove sei stata Arya?
Aveva così tante domande da farle, ma doveva dirlo a Sansa.
«Jon, lui è Gendry.»
Gendry si sentiva davvero in imbarazzo, insomma aveva appena baciato sua sorella!
«Maestà.»
«Jon andrà più che bene, benvenuto a Grande Inverno Gendry.»
«Grazie mio signore.»
«E’ inutile, non smetterà mai di chiamarti così» disse Arya dandogli una sorta di cazzotto sulla spalla.
«Questione di abitudine, mi sono sempre rivolto così a chi conta. Ovviamente tu sei il re del Nord non un Lord…»
«E tu sei figlio di un re» gli ricordò Arya. 
«Arya…»
«E’ la verità!»
Jon osservò la sorella discutere con quel ragazzo, da quanto tempo si conoscevano quei due? Sembrava abbastanza dalla confidenza che avevano.
«Jon, Sansa sa che sono qui?» domandò lei tornando seria.
«Non ancora» le rispose, «le faremo una sorpresa.»
Arya era agitata al pensiero di rivedere Sansa, era passato così tanto tempo e l’ultima volta che si erano viste…
«Ora finite di mangiare, vi ho fatto preparare delle stanze. Quando vi sarete sistemati e riposati andremo da Sansa.»
Jon restò con loro finché non salirono nelle loro stanze, quanto tempo Arya aveva sognato la sua camera con le imposte che facevano rumore scosse dal vento impetuoso del Nord, era tutto come ricordava eppure tutto era cambiato, lei soprattutto era cambiata.
Sul letto vide un bel vestito, Jon era stata premuroso come al solito.
Si fece un bagno caldo lasciando che l'acqua la coccolasse e portasse via con se tutti i brutti ricordi del passato, il sangue delle persone uccise, i suoi peccati.
Poi si vestì, era un bell’abito ma non era adatto per lei, non si era mai sentita una lady e di certo non ci si sentiva ora; osservò il suo riflesso nello specchio opaco, era davvero cambiata così tanto?
Quando fu pronta trovò Jon ad attenderla fuori dalla porta, sorridente come non lo aveva mai visto.
«Vieni» le disse porgendole il braccio.
Arya lo afferrò e camminò a braccetto con lui, ora era più alta di quando si erano separati e notò che anche Jon era diverso, quel cipiglio che lo rendeva triste sembrava essere scomparso.
Era spaventata all’idea di rivedere Sansa, cosa le avrebbe detto?
Jon se ne accorse e le fece una carezza, era cresciuta ma infondo era ancora la bambina che ricordava, la stessa che si vestiva da maschio e umiliava Bran al tiro con l’arco.
Si fermarono davanti ad una stanza che a lei era molto familiare, la stanza padronale, quella dove un tempo dormivano i suoi genitori, il cuore di Arya si riempì di tristezza al solo pensarci.
Eddard e Catelyn Stark erano morti.
Robb era morto.
E sapeva anche di Rickon.

«Andrà bene, vedrai.»
«L’ultima volta che ci siamo parlate…»
«Arya eravate entrambe piccole ora non lo siete più e sono cambiate molte cose da allora. Sia tu che Sansa ne avete passate molte.»
«Non so cosa dirle Jon.»
«Allora non dirle nulla, ma deve sapere che sei qui. Ci siamo chiesti molte volte cosa ne fosse stato di te, anche se Brienne mi aveva detto di averti vista con un uomo.»
«Il Mastino» ricordò Arya, nonostante tutto lui le aveva insegnato molto e a volte le mancava, quando faceva il suo nome prima di dormire... non desiderava più la sua morte come un tempo, ma comunque era morto lo stesso, come sua madre, suo padre e i suoi fratelli. 
«Ti fidi ancora di me sorellina?» disse Jon scompigliandole i capelli come faceva un tempo, ad Arya quel gesto era mancato forse più di tutto il resto.
«Si» rispose guardando negli occhi Jon Snow.
Jon sorrise ad Arya poi bussò alla porta di Sansa e poco dopo entrò lasciandola accostata.
«Credevo che ti stessi allenando» disse lei mettendosi una vestaglia blu scura che faceva risaltare la sua carnagione chiara.
Aveva i capelli sciolti che le ricadevano sopra le spalle, il letto dove avevano passato la notte ancora sfatto.
«Si, mi stavo allenando con Tormund ma…»
«Ho sentito il corno, per un momento ho temuto che ci sarebbero stati altri suoni» disse guardando gli occhi scuri di lui, Jon le si avvicinò e le fece una carezza, avrebbe voluto baciarla ma non poteva, non con Arya dietro quella porta.
«Anche io, ma non questa volta Sansa.»
Jon le sorrise, quel sorriso era così bello lo faceva sembrare quasi un altro.
«Sei di buon umore oggi.»
«Si. Ho una sorpresa per te» disse, poi si voltò verso la porta semiaperta, «entra.»
Arya mosse i piedi e scostò la porta che la separava da sua sorella, quando Sansa la vide per poco non svenne.
Si portò le mani alla bocca per non urlare, il suo cuore prese a battere velocemente, forse troppo, sua sorella era lì a pochi passi da li e stava bene.
Era come l’aveva descritta Brienne a parte per il vestito quello era stata opera di Jon.
«Arya!» la chiamò Sansa Stark poi le corse incontro, finalmente dopo sei anni di separazione le due sorelle Stark si riunirono.
Per la prima volta dopo molto tempo Arya pianse stringendosi a Sansa, le ricordava così tanto la loro madre; stessi occhi blu, stessi capelli, stesso affetto materno.
Nessuna delle due parlò, le parole erano inutili e superflue, si erano fatte così tanto male in passato che ora era il momento di guardare al futuro.
«Sansa» disse Arya Stark tra le lacrime.
Non avrebbe voluto più smettere di abbracciare sua sorella. 







 

E finalmente Arya e Sansa si sono riunite!
Personalmente Arya è il personaggio che meno mi piace e anche Bran quindi spero sinceramente nonostante i miei gusti di essere stata oggettiva nel descrivere la storia e i sentimenti di Arya e Brandon Stark.
Con la speranza che anche questo capitolo vi piaccia vi saluto e vi aspetto per il prossimo!
Lils

 

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Capitolo 17
*** SEDICI ***


SEDICI

 


 

 

Ritrovare Arya aveva ridato vigore a Sansa Stark, quei sei anni le avevano cambiate entrambe, le avevano fatte crescere in fretta e in fretta avevano scoperto quanto crudele fosse la vita.
Erano rimaste abbracciate a lungo senza dirsi nulla, ora era il momento di parlare.
«Lui è Gendry» disse Arya per spezzare il silenzio, anche se Jon aveva già conosciuto il ragazzo.
«Piacere di conoscerti Gendry»
«Anche per me mia signora» rispose lui imbarazzato.
«Dove sei stata Arya?» le chiese, anche Jon voleva saperlo disperatamente.
Molte volte quando era alla Barriera aveva pensato a lei.
«Ho viaggiato molto, per molto tempo sono stata con il Mastino e poi Braavos.»
«Il Mastino… Brienne me lo aveva detto.»
«Avrei dovuto seguirla, sarei tornata molto tempo prima a Grande Inverno.»
«Non sei la sola ad aver commesso questo errore» rispose Sansa ripensando a quando aveva rifiutato i servizi di Brienne, credendo ciecamente in Ditocorto come una sciocca.
«Nostro padre diceva che quando i venti gelidi dell'inverno soffiano il branco sopravvive mentre lupo solitario muore; ho scoperto che invece è vero il contrario.»
Jon si avvicinò alla sua sorellina e le fece una carezza.
«Nessuno vi farà più del male Arya.»
Arya Stark guardò negli occhi scuri del fratello, le ricordavano così tanto quelli del padre, era Jon per ironia della sorte il figlio che più assomigliava a Eddard Stark.
«Sei a casa ora, questo è ciò che conta» disse Sansa.
Qualcosa in lei era cambiato, non sapeva cosa, ma Sansa non sembrava più la ragazzina sciocca di un tempo, nei suoi occhi brillava la determinazione non che prima non ne avesse certo, ma era diversa.
«E tu Sansa? Dove sei stata?»
«Ad Approdo del re torturata da Joffrey e umiliata da Cersei Lannister. Nella Valle, dove zia Lysa ha tentato di uccidermi gettandomi dalla Porta della Luna. A Grande Inverno nelle grinfie di Ramsay Bolton. Se non fosse stato per Theon, Brienne e Podrick non sarei mai arrivata alla Barriera.»
Arya notò Jon irrigidirsi e stringere i pugni, il suo sguardo era colmo di rabbia e odio, non lo aveva mai visto così prima di allora. 

 

 

Quando sentì suonare il corno il cuore di Edd l’addolorato - diventato nuovo Lord Comandante - perse un colpo.
Un suono era per i ranger ma tutti i Guardiani della Notte erano al Castello Nero, fortunatamente fu un solo suono, tirò un sospiro di sollievo e ordinò di aprire le porte.
Benjen Stark li aveva portati il più vicino possibile, ma lui non poteva oltrepassare la Barriera non più.
Il muro di ghiaccio era stato creato per difendersi dagli Estranei e anche se era stato salvato lo era comunque per metà.
«Buona fortuna Bran» sussurrò prima di voltare il suo cavallo, poi lo spronò e partì al galoppo allontanassi da quella che per anni era stata la sua casa.
Edd riconobbe subito Brandon Stark e aiutò la ragazza con cui viaggiava a portarlo dentro, al sicuro.
Fece portare ad entrambi cibo caldo, da bere e coperte per riscaldarsi, sapeva bene quanto fosse freddo oltre la Barriera, erano fortunati ad essere ancora vivi.
Bran ripensò alle volte in cui Jon gli aveva promesso che avrebbero visto insieme la barriera, Robb aveva promesso a Bran la stessa cosa e ora lui era morto e Jon…
Dove sei ora Jon?
«Grazie» disse Bran bevendo la zuppa calda offertagli da Edd, era molto che non mangiava un piatto quasi decente.
Meera era molto stanca trasportarlo non era facile, ma Jojen era morto per lui e aveva promesso a Osha di proteggerlo, anche se ora Brandon Stark non era più un bambino.
Era cresciuto e il bambino aveva lasciato il posto all’uomo, un giovane uomo di cui Meera si sentiva attratta ogni giorno di più.
Si costrinse a distogliere lo sguardo da lui.
«Non devi, Jon è stato mio fratello per anni. Come potevo non aiutarti?»
Jon… il cuore di Bran si riempì di tristezza, come glielo avrebbe detto? Lo avrebbe odiato poi?
«Dobbiamo raggiunger Grande Inverno. Ci serve un cavallo e un po’ di cibo.»
«Avrai ciò che ti serve, ma prima… non credo che tu lo sappia e non vorrei essere io a dirtelo, mi dispiace molto.»
Sempre a Edd i compiti meno grati, pensò il Lord Comandante.
«Di cosa si tratta?»
«Di tuo fratello Rickon. E’ morto.»
Edd raccontò tutto ciò che era riuscito a scoprire e ciò che Jon aveva scritto nella lettera che aveva ricevuto.
Raccontò dall’arrivo di sua sorella Sansa alla Barriera fino alla battaglia per riprendere il Nord e soprattutto il modo in cui Rickon era stato tradito e ucciso.
Jon aveva vinto la battaglia e Bolton era morto e con lui suo fratello.
Non era il primo familiare che perdeva, aveva già perso suo padre, sua madre, suo fratello maggiore.
Ma Rickon…
Era stato Bran a mandarlo a Ultimo Focolare, lo credeva al sicuro lì, credeva che con gli Umber sarebbe stato protetto e invece lo avevano tradito e venduto, lui e Osha.
Che cosa ho fatto?!
Era stato consegnato a Ramsay Bolton e infine ucciso come un animale.
Avrei dovuto proteggerlo, e Osha…
Ricordava ancora la donna bruta che lo aveva prima aggredito e poi servito, Bran era diventato tutto per lei e lui l’aveva lasciata andare con Rickon ed entrambi ora erano morti.
Ricordava ancora cosa aveva detto Osha a Meera poco prima della loro separazione, le lacrime del suo fratellino che avrebbe voluto proteggerlo.
Meera strinse forte la mano di quel giovane ragazzo colmo di responsabilità che ancora non era pronto ad assumersi, capiva il dolore di Bran, lo capiva meglio di chiunque altro nonostante lui lo avesse già provato in passato.
«Non è stata colpa tua Bran» disse lei guardandolo negli occhi.
«Sono stato io ad allontanarlo Meera, lui e Osha. E ora sono morti entrambi.»
«Non potevi saperlo.»
«Invece avrei dovuto, sono il Corvo con tre occhi! A cosa serve questo dono se non sono in grado di proteggere coloro che amo? A cosa servono le mie visioni?!»
«Bran…»
«Vorrei restare solo.»
Meera gli diede un bacio sulla guancia e se ne andò seguita dal nuovo Lord Comandante.
Una volta rimasto solo Brandon Stark diede sfogo al suo dolore e alla sua rabbia, pianse come il giorno in cui vide Grande Inverno distrutta, la sua casa, la casa della sua famiglia, la torre dalla quale era caduto stava bruciando e il fumo saliva alto verso il cielo, distruggendo ciò che ne restava, lasciando solo cenere.
Hodor, Osha, Rickon ed Estate erano morti; lui sarebbe stato l’unico tra loro cinque a fare ritorno a Grande Inverno. 









 

Ci siamo, Bran sta per fare il suo ritorno a Grande Inverno, come pensate che riuscirà a dire la verità a Jon? Lo farà? Be' vi aspetto per il seguito.
Cosa ne pensate di questa storia? Vi ha presi?
Lils

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Capitolo 18
*** DICIASSETTE ***


DICIASSETTE

 

 


 

Erano tutti riuniti a fare colazione, quella notte Sansa l'aveva passata assieme ad Arya, le due sorelle avevano parlato quasi fino all'alba cercando di recuperare tutti gli anni persi, ma Arya voleva sapere anche di Jon e soprattutto cosa era accaduto tra lui e Sansa.
Per quanto fossero stati discreti gli sguardi che i due si lanciavano come se necessitassero di quel contatto visivo quanto all’ossigeno non erano sfuggiti ad Arya; erano gli stessi sguardi che si lanciavano lei e Gendry.
Sguardi d'amore, di un amore impossibile da reprimere e allo stesso tempo impossibile da vivere, sguardi di complicità e di fiducia.
Cosa era accaduto tra loro?
Un pensiero passò per la mente di Arya ma era così ridicolo e assurdo che lo accantonò quasi subito, eppure…
Il filo dei suoi pensieri venne interrotto dall’entrata di Baelish, non lo vedeva dai tempi di Harrenhall, quando era la coppiera di Tywin Lannister.
«Chiedo perdono per l’interruzione ma ho qualcosa di importante da riferire.»
«Lord Baelish… di cosa si tratta?» chiese freddamente il lupo bianco.
«Prima di informarvi vorrei dare il bentornato alla principessa Arya.»
«Grazie, ma non sono una principessa.»
Ditocorto sorrise, tanti anni erano passati eppure Arya Stark era ancora la bambina ribelle che ricordava da i tempi di Approdo del re, in lei non vedeva nulla della sua amata Catelyn Tully ma al contrario vedeva molto di Eddard Stark.
«Mi sono giunte voci, sussurri come avrebbe detto un tempo Lord Varys. A quanto pare Daenerys Targaryen sta solcando il Mare Stretto assieme ai suoi alleati: Olenna Tyrell con Alto Giardino, i due Greyjoy delle Isole di Ferro, Ellaria Sand con l’intera Dorne. Dicono che abbia un Khalasar ai suoi ordini, gli Immacolati e tre draghi. E’ diretta a Roccia del Drago.»
La notizia sconvolse Jon Sonw.
Cosa saranno per il Nord, nemici o amici?
Suo padre aveva combattuto con Robert Baratheon contro i Targaryen, l’intero Nord si era sollevato contro i draghi dell’antica Valyria, lo aveva aiutato a diventare re.
Che cosa avrebbe fatto l’ultima della dinastia dei draghi ora? Si sarebbe vendicata?
«Chi altri lo sa?» domandò Sansa fissando intensamente Baelish.
«Nessun’altro mia signora.»
«Cersei Lannister?»
«Immagino che presto lo scoprirà, ma non da me. Non amo particolarmente la mia testa ma non per questo vorrei saperla su una picca.»
Sansa, ti ho insegnato troppo bene.
No, non lo avrebbe detto a Cersei, doveva stare lontano il più possibile da Approdo del re.
«Ho detto quanto dovevo, con il tuo permesso maestà…»
Fece un inchino al re del Nord, a colui che gli stava portando via Sansa Stark, e poi se ne andò.
«Non fidarti di lui Jon, mai» disse lei prendendo la mano del fratello, i suoi occhi blu sembravano elettrici.
«Non lo farò, non temere.»


Quel pomeriggio Arya chiese ai suoi fratelli di accompagnarla nelle Cripte, ma Sansa si rifiutò e così lei e Jon scesero la sotto da soli, con una torcia ad illuminare quell’oscurità che tanto la spaventava.
«Non mi hai ancora raccontato nulla» gli fece notare Arya, era curiosa di sapere cosa fosse accaduto a suo fratello.
«Perdonami, nemmeno io me la sono passata bene Arya» la sua voce risuonò più amara di quanto avrebbe voluto.
«Cosa ti è successo?» chiese lei mentre proseguivano in quei corridoi freddi e scuri, illuminati solo dal fuoco della loro torcia, erano anni che non scendeva lì sotto.
Il freddo le stava penetrando nella pelle, dentro alla ossa, sembrava come se le pareti non ci fossero, che fosse ancora nei boschi, sola.
Alzò lo sguardo e Jon era ancora lì, non doveva temere, lei era Arya Stark di Grande Inverno e quella era casa sua!
Il buio li avvolgeva come una coperta, li teneva stretti nel suo abbraccio freddo e minaccioso.
Jon accese alcune candele e in quel posto buio e freddo brillò la luce del fuoco, si stagliavano nelle pareti fredde, le loro e quelle delle statue.
«La Barriera non era il luogo che credevo e solo Tyrion Lannister ha avuto il coraggio di dirmelo» ricordò Jon, «sono stato molte cose. Un Guardiano della Notte, un uomo del popolo libero, il Lord Comandante e ho ucciso molte persone e molte altre le ho viste morire. Ho dato fuoco alla pira della donna che amavo; si chiamava Ygritte e a volte mi ricordava te.»
Anche Arya aveva visto morire persone e altre le aveva uccise lei stessa.
Si fermò d’avanti alla statua del padre, accanto alla sua c'era quella di Robb e di Rickon.
«L’ho visto morire, ho visto Ilyn Payne decapitarlo» disse lei ricordando Approdo del re, la folla che chiedeva la testa di Ned Stark, le grida e le suppliche di sua sorella Sansa.
«Ho quasi disertato per andare ad uccidere Joffrey.»
«Ti avrebbero ucciso se lo avessi fatto.»
Arya tremò al solo pensiero di suo fratello morto.
«Mi hanno ucciso comunque.»
Jon raccontò del tradimento, delle pugnalate e di come la sacerdotessa rossa lo avesse riportato indietro.
Arya lo abbraccio forte, aveva desiderato così tanto ritrovare Jon, mentre era abbracciata a lui il suo sguardo si posò sulla statua di Robb ma i suoi resti non erano lì a riposare con i loro antenati.
«Ero alle Torri Gemelle quando sono morti, ho visto cosa hanno fatto a Robb. Ho visto il suo corpo legato ad un cavallo e sopra la sua testa quella di Vento Grigio. Deriso e umiliato dai Frey» la sua voce era calma ma ancora colma di rabbia e di odio.
«Pagheranno anche loro.»
«Hanno già pagato» rispose con voce fredda sua sorella.
Arya, che cosa hai fatto?
Non lo chiese, Jon decise di non sapere perché qualunque cosa avesse fatto Arya Stark ormai apparteneva al passato.
«Abbiamo sofferto troppo, è ora di di provare a essere felici.»
«Tu lo sei Jon?»
Jon notò che la sorella lo scrutava con i suoi occhi grigi come le nubi foriere di tempesta, che avesse intuito qualcosa?
«Sono a casa e tu e Sansa siete qui, questo è ciò che conta.»
«E Sansa? Lei quanto conta per te?»
Il pensiero che tra loro due ci fosse qualcosa… era dal suo arrivo che ci stava pensando.
Nessuno dei due incrociava lo sguardo per troppo tempo, Sansa a volte sospirava guardandolo e lui quando era distratta la osservava sorridendo come faceva lei con Gendry.
«Jon non abbiamo mai avuto segreti l’una per l’altro. Puoi dirmi la verità» disse prendendo la sua mano.
«Arya…»
Oh se avrebbe voluto dirglielo!
«Ho visto come vi guardate, come cerchi sempre di restare solo con lei, di sfiorarla, e anche di come lei ti osserva quando non te ne accorgi.»
«Vorrei poterti dire che mi dispiace, ma non è così. So che nessuno approverà mai e forse nemmeno tu lo farai.»
Gli occhi di suo fratello si riempirono di tristezza, non sopportava di vederlo in quello stato.
«Ammetto che è strano per me sapervi innamorati, ma non potrei mai ostacolarvi. Come hai detto tu è il momento di provare a essere felici e se lo sei con Sansa per me va bene.»
«Ho lottato contro me stesso per reprimere ciò che sento per lei, ma è stato tutto inutile.»
«Capisco» rispose Arya, anche lei stava tentando in parte di resistere a Gendry, all’amore che gli stava offrendo da quando si erano ritrovati in quel bosco.
«Quando tutto sarà finito vorrei sposarla. Una cerimonia semplice, nel Parco degli Dei.»
Arya sorrise a Jon e quel sorriso scaldò il suo corpo infreddolito e scacciò la paura che sentiva, i suoi sensi di colpa.
«Se è la mia benedizione che stai chiedendo, ce l’hai.»
Jon Snow diede un bacio sulla guancia alla sorella e poi la strinse a se mentre la luce tenue delle candele ingigantiva le ombre degli antenati.
Il giovane re si voltò verso la statua austera del padre, non avrebbe potuto deluderlo di più
Perdonami padre, disse dentro di se, anche se sapeva che Eddard Stark non avrebbe mai udito quel perdono. 







 

Ebbene presto anche Daenerys Targaryen farà il suo ingresso assieme a molti altri personaggi... ma per ora dovrete accontentarvi di loro ;)
Ancora grazie a chi legge questa FF, solo qualche parere non guasterebbe.... vorreste un altro sviluppo? Altri punti di vista?
Lils

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Capitolo 19
*** DICIOTTO ***


DICIOTTO 

 

 


 

 

Erano in viaggio da ore ormai, all’alba Meera aveva aiutato Bran a prepararsi, Edd l’addolorato aveva fatto preparare qualcosa per il viaggio e poi aveva aiutato la ragazza a mettere Brandon Stark su di un cavallo, le aveva dato un pugnale fatto con vetro di drago, per ogni evenienza, aveva detto.
Poi le porte del Castello Nero si erano aperte e Meera assieme a Bran era partita al galoppo alla vota di Grande Inverno, avrebbero viaggiato nei boschi del Nord, forse meno selvaggi di quelli oltre la Barriera ma non per questo meno pericolosi.
Il cavallo correva veloce per quanto possibile, nonostante la neve e il peso che stava portando.
Ti prego, fa presto.
Meera aveva paura, non avrebbero avuto alcun aiuto da lì fino alla casa di Bran.
«Presto ritroverai i tuoi fratelli» gli disse Meera.
Sentirla così vicina lo metteva a disagio, Meera era una ragazza molto bella, intelligente e soprattutto in grado di cavarsela in ogni situazione, a volte sembrava selvaggia quanto Arya, non era la classica lady.
«Cosa dirò a Jon?» domandò Bran guardando dritto, avrebbe tanto voluto guardare gli occhi marroni di Meera Reed, ma sembravano quasi essere diventati una calamita per lui.
«La verità, è comunque tuo fratello.»
«Lo è, lo sarà sempre.»
«Allora non hai nulla da temere.»
«Mi odierà Meera» disse con voce tremante, come quella di un bambino.
«No, non sarà te che odierà.»
«Non voglio nemmeno che debba odiare nostro padre.»
«Gli servirà del tempo per accettarlo, ma lo farà e te ne sarà grato.»
La neve iniziò a cadere, stava facendo veramente freddo, ma non potevano fermarsi, non mancava molto ormai a Grande Inverno.
Avevano deciso di non fare pause, ogni sosta poteva essere un pericolo e poi lei da sola non sarebbe stata in grado di rimettere Bran sul cavallo, ci era riuscita a malapena con Edd.
Il sole per quanto pallido e debole si stava alzando oltre l’orizzonte, Meera allungò una mano e prese un pezzo di carne essiccata e la porse a Bran.
«Devi mangiare qualcosa, ci vorrà ancora del tempo prima di arrivare.»
«Anche tu devi mangiare.»
Prese un altro pezzo di carne e senza smettere di cavalcare consumarono quel misero pasto, molto diverso e decisamente meno buono di quello alla Barriera.
Bran si era ritrovato spesso a pensare a lei, a come sarebbe stato se non fosse diventato uno storpio, se avesse continuato ad essere solo Brandon Stark.
Avrebbe potuto renderla felice, ma cosa era ora?
Un ragazzino storpio con delle visioni, cosa poteva offrire a una ragazza giovane e bella come lo era Meera Reed?
«Bran?»
«Scusami stavo pensando.»
«Non preoccuparti, volevo essere certa che stessi bene.»
«Sono cinque anni che non vedo Grande Inverno, l’ultima volta era distrutta e stava bruciando.»
«Deve essere stato terribile, ma ora è nuovamente degli Stark e nessuno la distruggerà più.»
«Si è di nuovo degli Stark, ma non di tutti gli Stark» disse Bran, inevitabilmente pensò al padre e al sogno che aveva fatto dopo la sua morte, ricordò di averlo visto nelle cripte, camminava in silenzio avvicinandosi al padre e ai fratelli.
Robb e sua madre erano stati uccisi dai Frey e Rickon da Ramsay Bolton, restava poco della famiglia che erano stati un tempo; Solo Jon e Sansa e Arya.
E lui.
Meera posò delicatamente la mano sulla spalla di Brandon, nonostante il dolore che li accomunava non sapeva come confortarlo, per lei perdere Jojen era stato terribile, la cosa più terribile che le fosse mai accaduta, per Bran era diverso, il dolore che lei aveva provato per la perdita di suo fratello per lui valeva quattro volte tanto.
Lei non sarebbe riuscita a sopportare un dolore simile, solo perdere Jojen l’aveva distrutta, ma Bran aveva perso troppe persone e avrebbe fatto di tutto perché non perdesse anche le poche che gli restavano.
«Saranno felici di rivederti.»
«Finché non dirò loro la verità.»
«Lo saranno anche dopo, non sari solo.»
«Una volta a Grande Inverno sarai libera di andare ovunque vorrai Meera» disse Bran, e il suo cuore si spezzò ancora di più a quelle parole, non voleva separarsi da lei ma sapeva di doverlo fare.
Meera fermò il cavallo, incredula per ciò che aveva appena sentito.
«Vuoi che me ne vada?»
«Devi tornare a casa, tuo padre ti starà aspettando ed è giusto che almeno tu faccia ritorno da lui.»
«No Bran, non intendo andarmene. Abbiamo iniziato questa cosa insieme e insieme la finiremo. Jojen avrebbe voluto così ne sono certa e ho promesso a Osha di proteggerti.»
«Lo hai fatto, hai mantenuto la tua promessa, sei libera Meera, nessuno ti obbliga a rimanere accanto ad un ragazzo storpio.»
«Guardami Brandon Stark» disse lei, con la voce tagliente quanto il freddo.
Bran tentò di voltarsi al meglio verso di lei, i suoi occhi erano lucidi, era stanca di essere forte e l’idea di lasciare quel ragazzo la stava ferendo davvero molto.
«Non ti libererai tanto facilmente di me.»
«Lo dico per il tuo bene.»
«No, lo dici perché hai paura Bran.»
«Paura?»
«Si, paura di ciò che senti e di ciò che potrei sentire io per te.»
«Meera…»
«Non ti lascerò solo» disse poi lo baciò, mentre la neve cadeva fitta a torno a loro impigliandosi nei loro capelli scuri, quel bacio entrambi lo avevano desiderato da tempo.
«No.»
«Bran… non avere paura dei tuoi sentimenti.»
«Meera, sono uno storpio.»
«Non mi importa.»
«Un giorno potrebbe importarti.»
«No, so ciò che voglio e intendo lottare per non perderlo ma non posso farlo da sola. Lotterai con me Bran?»
«Non voglio condannati a una vita che… Meera non potrò mai renderti felice, sei giovane e sei bella, meriti un vero uomo.»
«E tu non lo sei? Non tirare nuovamente in ballo la tua disabilità Bran, ti ho visto lottare ogni giorno, ti ho visto diventare ciò che eri destinato ad essere e sono felice di averti aiutato, di essere stata lì con te. Jojen credeva in te, io credo in te.»
Fu Bran a baciarla, lo desiderava molto e lei ne fu felice, Bran stava lottando per il loro futuro, stava lottando per una nuova vita.
«E’ ora di proseguire» disse lei con voce decisa, spronò il cavallo partirono nuovamente alla volta di Grande Inverno.





Il corno aveva suonato già due volte in pochi giorni, un uomo era giunto nel Nord dalle sue terre, molto lontane dalle lande fredde nelle quali vivevano gli Stark.
Howland Reed aveva lottato al fianco di Eddard Stark, lo aveva seguito fino a Dorne, lo aveva separato da sua sorella Lyanna ormai priva di vita e stretta a lui in quell’abbraccio di morte.
Osservava quel giovane uomo che lui stesso aveva accudito anche se per poco, il bambino a cui assieme a Ned Stark aveva salvato la vita portandolo via da quella torre ormai solo terreno di sangue e morte.
Non aveva nulla dei Targaryen, non gli occhi o i capelli, nulla; Jon Snow assomigliava in modo impressionante al suo amico Ned ma più di tutti assomigliava a sua madre: Lyanna Stark.
Erano stati gentili nell’accoglienza, ma Howland non aveva ancora trovato il coraggio di dire a colui che ora era il re del Nord ciò che doveva e soprattutto non sapeva come consegnargli la lettera scritta dal principe Rhaegar, anche se il sigillo era stato spezzato era ancora visibile il drago a tre teste, il simbolo dei Targaryen.
Sapeva di doverlo fare e al più presto, aveva letto e riletto più volte la lettera del principe Rhaegar, Jon Snow doveva sapere di essere Jeaherys Targaryen.
Era pomeriggio inoltrato quando il corno suonò nuovamente, sempre e solo un suono come già era accaduto per Arya e Gendry, per Howland Reed.
Un cavallo stanco si era fermato difronte ai soldati di guardia, una giovane ragazza era scesa saltando dalla groppa del cavallo dal manto bianco come la neve che aveva ricoperto il Nord.
«Il mio nome è Meera Reed e devo vedere il re del Nord» disse senza smettere di guardare i due soldati di guardia.
Uno dei due si sporse e osservò il ragazzo che cercava di tenersi dritto sul dorso dell’animale aiutato dalla ragazza.
Il soldato quasi non riuscì a credere ai suoi occhi, lo ricordava, ricordava ancora Brandon Stark, era cresciuto si ma in lui c'era ancora parte del bambino che aveva visto in passato.
«Mio signore» disse avvicinandosi a lui, «bentornato a Grande Inverno.»










 

Ecco cosa vi attende nel prossimo capitolo:

Spero che potrai perdonarmi un giorno.
«Allora, che cosa devi dirmi di così importante?»
«La verità sulle tue origini, so chi sei davvero.»
«Di cosa stai parlando Bran?»

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Capitolo 20
*** DICIANNOVE ***


DICIANNOVE


 


 

 

 

Fu Sansa la prima ad abbracciare Brandon Stark, scompigliò i suoi capelli scuri e gli diede un bacio sulla guancia, Bran rimase colpito da quanto sua sorella fosse cambiata e soprattutto dalla somiglianza con la loro madre; avevano gli stessi occhi blu e il colore dei capelli era simile, solo che quello di Sansa era più chiaro.
Poi fu la volta di Arya, anche lei era cresciuta, portava i capelli scuri legati come un tempo li portava il loro padre, infine toccò a Jon che quasi con le lacrime agli occhi strinse forte a se Brandon Stark.
«Bran» disse scompigliandogli i capelli.
Grande Inverno era stata in parte ricostruita, ma la sua torre era ancora spezzata proprio come lui.
Jon osservò la ragazza con cui suo fratello era tornato a casa, era alta i suoi capelli ricci e scuri e gli occhi marroni; sotto a quei pesanti abiti da maschio si nascondeva una ragazza forte e determinata.
«Lei è Meera, la figlia di Howland Reed» disse Bran.
«Meera, benvenuta a Grande Inverno» rispose Jon.
«Grazie maestà.»
«Chiamami Jon.»
Bran vide Sansa fare un cenno al loro fratello, lui annuì e subito lei uscì dalla Sala Grande sorridendo.
Quei due non si erano mai sopportati e ora invece comunicavano con lo sguardo, con una complicità tale che Bran un po’ li invidiò.
«Dov’è andata Sansa?»
«Lo vedrete presto.»
«Jon c’è una cosa che devi sapere. Una cosa molto importante.»
Suo fratello gli si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla.
«Parleremo dopo che vi sarete riposati e cambiati.»
«Ma…»
«Avete affrontato un lungo viaggio, tutti e due. Riposate, fate un bagno caldo e mangiate, dopo parleremo.»
In quel momento Sansa tornò accompagnata da un uomo che a Bran sembrava familiare ma non capiva dove lo avesse visto, finché non sentì Meera piangere e capì.
«Padre!» disse lei correndogli incontro, incurante dei presenti, erano anni che non lo vedeva, dalla mattina in cui lei e Jojen se ne erano andati per trovare Brandon Stark e aiutarlo a compiere il suo destino.
«Meera» disse stringendo la figlia accarezzando i suoi capelli, era così cresciuta e lui era così orgoglioso di lei.
«Perdonami, io, Jojen…»
«Va tutto bene» la rassicurò lui.
Bran tirò un sospiro di sollievo, non era solo, Howland Reed lo avrebbe aiutato a dire la verità a Jon.
«Lord Reed, sono felice di conoscerti.»
«Anche io principe, anche io» rispose senza smettere di abbracciare la figlia.
«Jon forse è meglio se aiutiamo Bran a sistemarsi» disse Sansa con fare materno.
«Si.»
Jon stava per aiutarlo quando Meera fece un passo verso di lui con fare protettivo.
Si era sempre occupata lei di Bran e anche se loro erano la sua famiglia avrebbe voluto continuare a farlo.
«Posso aiutarlo io se volete.»
«Grazie Meera, ma anche tu hai bisogno di riposare» le rispose il re del Nord.
«Avanti figlia mia, vieni con me.»
Lanciò uno sguardo a Bran per capire se fosse d’accordo e lui le sorrise e così se ne andò con suo padre, mentre lui aiutato da Jon e seguito da Sansa tornò in quella che per tutta la vita era stata la sua stanza.
La vasca venne riempita con acqua calda e Jon lo aiutò a lavarsi, era molto tempo che non faceva un bagno decente, poi entrò Sansa, un po’ si vergognò che lei lo vedesse in quel modo ma era sua sorella era lì solo per aiutarlo.
Sansa si mise in ginocchio e tagliò i suoi capelli, erano cresciuti troppo da quando Meera glieli aveva tagliati.
«Così va molto meglio» disse lei alzandosi, poi porse un asciugamano a Jon e lo aiutò a tirare Bran fuori dall’acqua.
Una volta vestito lo adagiarono sul letto e prima ancora di rendersene conto Bran si addormentò come un bambino.
Sansa gli diede un bacio sulla fronte, lo coprì con una soffice coperta e poi si avvicinò a Jon, lo abbracciò e si accoccolò contro il suo petto come faceva durante la notte.
«Siamo di nuovo una famiglia» sussurrò Jon all’orecchio di lei accarezzandole i lunghi capelli ramati.
«Si. Gli Stark sono davvero tornati» disse, poi diede un bacio a Jon che lui ricambiò.
Sapeva da sempre di non essere uno Stark ma loro erano comunque la sua famiglia, o almeno ciò che ne restava.
Tenere Sansa tre la sue braccia era una delle cose che più gli piaceva; il suo profumo delicato, la sua pelle calda, il sorriso che gli rivolgeva, i suoi occhi blu.
Non c’era nulla che non amasse di lei, per tutta la vita era fuggito dall’amore ma con Ygritte aveva avuto il primo assaggio di cosa fosse realmente e con Sansa aveva capito cosa significasse davvero amare.
Da quando si erano ritrovati al Castello Nero era cambiato tutto, per entrambi.
«Lasciamolo dormire.»
Sansa lo prese per mano e insieme uscirono dalla stanza di Bran per recarsi in quella padronale.
Nonostante le pareti riscaldate il camino era stato acceso.
«Non dovrei trovarmi qui, non ora.»
«Sono giorni che non riusciamo a stare soli, voglio solo passare del tempo da sola con te Jon.»
«Sai che non desidero altro» rispose accarezzandole i capelli.
«Allora è qui che devi essere» disse mettendo le braccia intorno al collo di lui.
Jon la baciò come non aveva mai fatto prima, la desiderava con ardore, i loro volti si allontanarono solo per alcuni istanti.
«Jon…»
Sansa iniziò a slacciare le sue vesti, in breve il pesante vestito scuro cadde a terra lasciandola con solo una corta sottana bianca, come quella che usava per dormire.
Jon rimase a fissare il corpo, la sua pelle simile alla seta, lo aveva toccato tante volte senza mai però spingersi troppo oltre, Sansa si avvicinò a lui e iniziò a togliere i suoi vestiti.
«Sansa, non possiamo…»
«Perché no? Non voglio più aspettare Jon.»
Lo baciò nuovamente, le labbra, il collo, il petto, la mano, voleva tutto di lui e lui voleva tutto di lei.
La prese in braccio e la mise sul letto, era così bella forse troppo per uno come lui, un bastardo senza nome, figlio di un peccato.
«Non voglio farti del male.»
«Non mi farai del male.»
Tolse ciò che resta dei suoi vestiti e piano piano tirò su la veste bianca di lei, le accarezzò le gambe, le baciò le spalle, in breve divennero finalmente un tutt’uno, finalmente Jon si sentì completo, come mai prima di allora.
Il corpo dei lei sembrava bruciare contro il suo, più volte sussurrò il suo nome, detto da lei sembrava la parola più bella che l’uomo avesse creato.
Jon, sono tua, solo tua.
I loro respiri irregolari si fusero nell’aria fredda di Grande Inverno, il lenzuolo si attorcigliò intorno ai loro corpi sudati e caldi, non avrebbero voluto smettere di baciarsi.
Rimasero così, uno nelle braccia dell’altro a guardarsi, per la prima volta in vita sua Sansa Stark capì cosa significasse davvero amare qualcuno.
Era lui, era sempre stato lui eppure lei era stata così cieca da non accorgersene, così stupida da allontanarlo da lei ogni volta che aveva provato a tenderle la mano, si era pentita così tanto del suo comportamento passato.
«Ti amo Jon» disse piano, tenendo la testa sul suo petto, sentiva il suo cuore battere veloce, erano settimane che quel suono la calmava, era ascoltando quel suono che riusciva ad addormentarsi ogni sera e quando Jon non era con lei le notti sembravano non avere mai fine.
«Ti amo anch’io Sansa» rispose lui accarezzandole i capelli sciolti.
Restarono lì per un po’ finché il sole non iniziò a calare e allora si alzarono da quel letto, si rivestirono e insieme uscirono dalla stanza padronale.
Sansa non riusciva a non sorridergli, con Ramsay aveva conosciuto solo il dolore con Jon invece aveva scoperto quanto fosse bello essere amati e poter amare.
Bran era già lì assieme a tutti gli altri, stava quasi ridendo con Gendry, Arya li osservava sorridente e Meera sedeva vicina a suo padre.
Smisero di tenersi per mano poco prima di entrare, anche se Arya sapeva gli altri non ne erano al corrente.
«Jon, ti stavo aspettando» disse suo fratello.
«Ti sei riposato un po’?»
«Si, non credevo di averne bisogno ma mi sbagliavo.»
Jon gli sorrise, Bran non ricordava più l’ultima volta che Jon Snow aveva sorriso.
Spero che potrai perdonarmi un giorno.
«Allora, che cosa devi dirmi di così importante?»
Sansa e Jon si sedettero vicini agli altri ma i pensieri di Bran erano solo per colui che sarebbe stato per sempre suo fratello, nonostante tutto.
«La verità sulle tue origini, so chi sei davvero.»
«Di cosa stai parlando Bran?»
«Da quando sono caduto ho iniziato ad avere delle visioni, Jojen e Meera mi hanno aiutato a raggiungere il corvo con tre occhi ma lui è morto e sono io ora il nuovo corvo con tre occhi. Ho visto chi sei in una visione, ho seguito nostro padre in una torre.»
Howland Reed si pietrificò, era davvero giunto il momento?
«Una torre?» chiese Jon.
«Forse non mi crederai, ma c’è qualcuno che potrà confermare ciò che sto dicendo» disse Bran voltandosi verso il padre di Meera.
«Si, ero lì quel giorno. Ho aiutato io Ned Stark a metterti in salvo, non credevo che questo giorno sarebbe arrivato anche se mio figlio me lo aveva detto, non potevo crederlo.»
«Di cosa state parlando?»
Sansa prese la sua mano, qualunque cosa stesse per dire Bran era certa che avrebbe fatto a pezzi il cuore di Jon.
«Ti chiedo perdono per ciò che devo dirti, non spettava a me farlo ma nostro padre è morto ed è ora che tu sappia la verità. E’ ora che tu sappia chi sei davvero.»
Tutti i presenti trattennero il fiato, Arya guardava Jon senza sapere cosa fare o dire, ma non poteva fare nulla per lui.
«Chi sono Bran?» chiese con voce tremante.
«Eddard Stark non era tuo padre Jon.»
«Questo è assurdo, Jon è nostro fratello!» disse Arya voltandosi verso Jon.
«Per me lo sarà sempre, ma tuo padre era un altro uomo… tu sei il figlio del principe Rhaeagar Targaryen e di Lyanna Stark.»









 

 E finalmente Jon ha scoperto la verità! Come pensate che la prenderà? 
Vi anticipo solo questa piccola cosa, per il resto dovrete continuare a leggere la storia ;)

[...] Non sono uno Stark e non sono nemmeno un Targaryen. Non sono nessuno.
«Perché?!» urlò furioso contro la statua di Eddard Stark, «Perché?!» [...]
 

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Capitolo 21
*** VENTI ***


VENTI

 

 


 

 

Quelle parole arrivarono come una pugnalata, come quelle che i suoi confratelli gli avevano dato, come una tempesta improvvisa e Jon era rimasto senza un riparo.
Bran guardò suo fratello colmo di dispiacere, non avrebbe voluto dirglielo ma come poteva mentirgli? Suo padre lo aveva fatto per tutta la vita, era ora che lui sapesse.
«Quando ho toccato l’albero mi sono ritrovato a Dorne, ho visto nostro padre e altri uomini tra cui il padre di Meera, poco dopo ha affrontato in duello Ser Arthur Dayne.»
«Ricordo la storia» rispose Jon.
«Si, ma non è andata come ci è stato raccontato…»
Howland Reed chinò il capo, si era comportato male, molto male.
«Fui io a colpire Arthur Dayne alle spalle, quella guerra era costata troppe vite. Tutti coloro che avevo conosciuto erano morti combattendo contro i Targaryen non volevo perdere un altro amico.»
Meera posò una mano sulla spalla del padre, improvvisamente gli sembrò più vecchio di quanto non fosse.
«Dopo lo scontro l’ho visto salire in una torre e l’ho seguito. Non credevo che avrei visto ciò che mi è stato mostrato.»
«Cosa hai visto Bran?» chiese Sansa, Jon non riusciva a parlare e teneva la testa bassa, i pugni stretti.
«Nostra zia Lyanna in un letto allagato di sangue, lui le è corso in contro ma non c’era molto che potesse fare. Voleva andare a cercare un maestro ma era troppo tardi e lei non voleva restare sola, c’era qualcosa di più importante che doveva fare» rispose Bran guardando Jon, «ti ha affidato a lui, lo ha supplicato di proteggerti, non voleva che Robert Baratheon ti uccidesse. Era certa che lo avrebbe fatto se avesse saputo la verità. La mia visione si è interrotta poco dopo, quando nostro padre ti ha preso in braccio.»
«Ho seguito Ned in quella torre, li sciolsi dall’abbraccio e lo aiutai a portarti via da lì. Il tuo vero padre era morto combattendo nella battaglia del Tridente, tua madre era morta in quella torre. Trovai un posto dove stare, ti cercai una balia e poi accompagnai il mio amico a parlare con Doran Martell, voleva che sua sorella venisse preparata per il viaggio di ritorno a Grande Inverno, non so cosa convinse il principe di Dorne. Forse fu il dolore che li accomunava, anche lui aveva perso sua sorella e suo fratello.»
«Mi ha mentito» disse Jon con voce fredda.
«Si, ti ha mentito e lo ha fatto per salvare la tua vita. Se avesse detto la verità Robert Baratheon avrebbe preteso la tua morte e lui non lo avrebbe mai permesso. Sarebbe scoppiata un’altra guerra, Nord contro Sud e sarebbe stata la fine degli Stark o dei Baratheon, troppo sangue era stato versato, troppe vite spezzate. Non serviva un’altra guerra. Ned ha fatto l’unica cosa sensata, ti ha portato a Grande Inverno, ha cambiato il tuo nome, ti ha dato un’altra famiglia, una nuova vita. Saresti dovuto crescere ad Approdo del re come un principe ma l’ultimo dei draghi era morto, sua moglie e i suoi figli erano stati uccisi nel modo più crudele e tua madre… cos’altro avrebbe potuto fare per proteggerti?»
«Io l’ho supplicato più e più volte di dirmi chi fosse mia madre…»
«Non poteva dirtelo, non eri pronto e non lo sei nemmeno ora. Ned ti ha mentito si, ma se non lo avesse fatto saresti morto come sono morti i tuoi veri fratelli, la principessa Rhaenys e il principe Aegon. Sai come sono morti?»
Jon annuì, certo che lo sapeva, tutti lo sapevano.
«Basta così per ora» disse Sansa, aveva sentito fin troppo.
«Si, credo che per ora possa bastare così.»
«Il mio nome» disse Jon voltandosi verso Howland Redd.
«Jeaherys, Jeaherys Targaryen.»
Jon abbassò nuovamente la testa poi si alzò dalla sedia e se ne andò da quella sala.
«Jon!» lo chiamò Arya, fece per alzarsi e raggiungerlo ma Gendry la fermò, «non possiamo lasciarlo solo! Gendry, lasciami andare!»
«Lasciamolo stare per un po’» disse Sansa.
«Ma Sansa…»
«Arya, ne ha bisogno.»
Per quanto doloroso sapeva che era la verità, avrebbe voluto rincorrerlo proprio come sua sorella, ma non lo fece, Jon doveva stare solo per riordinare le sue idee.
Per un attimo non seppe dove andare o cosa fare, tutto iniziò a vorticare intorno a lui, nulla di ciò che aveva sempre creduto era vero.
Poi prese una torcia e si avviò verso le cripte, il suo sogno, quello degli antichi Stark che gli dicevano di andarsene perché lui non lo era, alla fine si era dimostrato vero.
Non sono uno Stark e non sono nemmeno un Targaryen. Non sono nessuno.
Accese delle candele come aveva fatto solo qualche giorno fa insieme ad Arya, ma quella volta era solo con una verità che gli aveva appena distrutto il cuore.
Si fermò difronte alla statua dell’uomo che per tutta la vita aveva creduto suo padre, l’uomo che gli aveva insegnato tutto, l’uomo che lo aveva fatto diventare ciò che era diventato, lo stesso uomo per il quale avrebbe disertato; era stata tutta una finzione, aveva cercato per tutta la vita di essere degno ai suoi occhi e alla fine scoprire di non essere suo figlio lo aveva distrutto.
«Perché?!» urlò furioso contro la statua di Eddard Stark, «Perché?!»
Nessuno rispose, la sua voce riecheggiò nelle cripte, in quelle pareti fredde e scure, umide, poi si voltò verso la statua di sua madre, lei era sempre stata lì a Grande Inverno e lui per tutta la vita l’aveva ignorata.
I suoi occhi si riempirono di lacrime, era dalla morte di Rickon che non piangeva, voleva essere forte, voleva esserlo per Sansa.
Sansa…
La sua mano sfiorò la statua di Lyanna Stark, della ragazza indomita e bella di cui tanto aveva sentito parlare, del lupo che aveva fatto innamorare il drago.
«Madre» disse accarezzando il marmo freddo, era sempre stata lì, vicino a lui.
Sansa lasciò passare del tempo, alla fine però andò da lui, sapeva già dove era perché quello era l’unico posto dove Jon avrebbe potuto vedere il volto di sua madre.
Tante cose erano state dette sul principe Targaryen e sua zia Lyanna, talmente tante che Sansa iniziò a domandarsi se fossero davvero vere le storie raccontate.
Aveva giurato a se stessa di non scendere lì sotto ma Jon si trovava lì ora e aveva bisogno di lei, così si fece coraggio e anche lei scese nelle cripte di Grande Inverno, lo fece per Jon.
Da quando Bran aveva detto loro la verità una parte di lei si era sollevata, ciò che aveva fatto con Jon non era stato un errore dopo tutto, ma ora non poteva fare a meno di pensare che se suo padre avesse detto la verità alla moglie tutto sarebbe stato diverso per loro.
Jon avrebbe potuto avere una figura materna accanto a se anche se non era la sua vera madre e Sansa non lo avrebbe trattato con tanta superbia e sdegno.
Lo trovò con la testa china, difronte alla statua di Lyanna Stark.
Si avvicinò piano per non spaventarlo, poi prese la sua mano e la strinse nella sua.
«Dicevano che l’avesse rapita e che era tenuta in quella torre come prigioniera.»
«Io non lo credo.»
«Se fosse vero?»
«No non lo è. Dicono anche che Arya le somigli molto e conoscendo lei e se ciò che dicono è vero, dubito che Lyanna Stark potesse essere prigioniera. Jon, guardami.»
Lui alzò lo sguardo, il volto rigato di lacrime, era la prima volta che Sansa lo vedeva piangere; passò la sua mano sul suo viso asciugando le sue lacrime.
«Tu sei Jon, non importa il resto. Targaryen o Stark. Drago o lupo.»
«Non sono nessuno dei due e quando sapranno la verità gli alfieri… non accetteranno di essere guidati da me.»
«Lo faranno, un altro al tuo posto li avrebbe fatti uccidere tutti, ci hanno già voltato le spalle una volta non lo faranno ancora. Avrai anche sangue di drago nelle vene ma sei stato cresciuto da un lupo, non dimenticarlo.»
«Per tutta la vita ho cercato di essere degno ai suoi occhi.»
«Sapeva che lo eri e lo sei ancora.»
«E’ stata colpa mia Sansa.»
«No!»
«Se non fosse stato per me sarebbe ancora viva» disse Jon guardando la donna che amava.
«Smettila, non dirlo mai più. Lei non vorrebbe sentirti dire questo.»
«Non puoi saperlo.»
«Invece lo so, lo so perché sono una donna. Ha fatto ciò che qualsiasi altra madre avrebbe fatto, la tua vita era più preziosa della sua.»
«No…»
«Si invece, eri suo figlio ed era suo compito proteggerti e lo ha fatto. Ora sai chi era e sai anche quanto ti ha amato e se ho ragione non è stata l’unica a farlo.»
«Credi che si amassero?»
«Si, lo credo. E credo che Rhaegar Targaryen amasse anche te, eri suo figlio proprio come i due principini uccisi.»
«Non lo sapremo mai. Ho così tante domande Sansa.»
«Ti prometto che troveremo tutte le risposte, insieme. Non sei solo Jon.»
«Jeaherys.»
«Non so se riuscirò a chiamarti in un altro modo.»
«Non farlo allora.»
Restarono nelle cripte per un po’, solo loro due, Sansa lo abbracciò forte a se e lo baciò ora erano liberi di potersi amare.
Grazie - disse dentro di se guardando la statua di Lyanna Stark - grazie per ciò che hai fatto per lui.

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Capitolo 22
*** VENTUNO ***


VENTUNO

 

 



 

 

Era la prima volta dalla sua nascita che metteva piede nel Continente Occidentale.
Tutta la sua vita era trascorsa oltre il Mare Stretto, con Viserys, la sua casa era quella con la porta rossa che tanto le piaceva da bambina.
Lei era nata lì, nello stesso posto del quale si era riappropriata: Roccia del drago.
Viserys le aveva parlato così tanto di quel posto, di Approdo del re.
Sono tornata eppure non è ancora casa mia.
Pensò al suo orso, avrebbe voluto che Jorah fosse lì con lei, entrambi avevano tanto desiderato fare ritorno, e ora che finalmente era tornata lui non c’era.
Ricordò il morbo grigio che andava allargandosi nel suo braccio, si strinse nelle spalle e pregò che potesse trovare una cura, pregò che nel momento della battaglia lui potesse essere insieme a lei.
Si osservava attorno, il grande tavolo con la mappa del continente era ancora pieno di pedine, sapeva che quello era stato il punto strategico di Stannis Baratheon, il fratello dell’Usurpatore.
«Che effetto ti fa essere qui?» le domandò Tyrion Lannister.
«E’ strano, sono nata qui eppure non ho nemmeno un ricordo.»
«Come potresti? Eri ancora in fasce quando tuo fratello ti portò via.»
«Volevo bene a Viserys, al Viserys di quando ero bambina. Mi raccontava sempre le storie del continente, le storie della nostra famiglia, ma negli ultimi tempi non era più lui.»
«Non deve essere stato semplice trovare sempre un posto sicuro, dormire sapendo che avrebbero potuto tradirvi ogni secondo di ogni giorno.»
«No, probabilmente sarei impazzita anche io al suo posto» rispose guardando l’uomo che era diventato il suo Primo Cavaliere.
«Adesso hai un grande esercito, un Khalasar, molti alleati; presto riprenderai ciò che per tanto tempo è appartenuto ai Targaryen.»
«Il popolo mi seguirà? Mio fratello credeva che aspettassero il ritorno del drago, che pregassero per lui ma Jorah mi disse che non era così. Il popolo prega solo per la salute, il cibo e la pioggia.»
«Ti disse il vero, nonostante tutto ti ha sempre consigliata per il meglio.»
«Ci ha provato. Cosa ritieni che sia più opportuno fare? Da quello che so Approdo del re fu costruita in modo da resistere a qualunque assedio.»
«In parte si, ma tu hai tre draghi. Hai ancora bisogno di alleati.»
«Abbiamo Alto Giardino, Dorne e parte delle Isole di Ferro.»
«Si ed è un bene, prima avevamo solo gli Immacolati e i tuoi draghi e ora gran parte dei potenti ti appoggia, ma non è sufficiente, non contro mia sorella.»
«Cosa mi consigli dunque?»
«Ho parlato con Varys, i suoi uccelletti hanno portato delle notizie.»
«Di che genere?»
«Gli Stark sono tornati a Grande Inverno e i Bolton sono stati sconfitti, Jon Snow ora è il re del Nord.»
«Jon Snow?»
«Il bastardo di Eddard Stark, l’ho conosciuto anni fa, non so come abbia fatto da Guardiano della Notte a diventare re del Nord ma…»
«Ci sono re ovunque.»
«Vero. Il Nord è il territorio più esteso di tutti, ci serve il loro aiuto.»
«Eddard Stark aiutò Robert Baratheon a diventar re e a uccidere mio fratello e vorresti che chiedessi aiuto a suo figlio?»
«Ned Stark era un brav’uomo, un uomo leale. E’ stata la sua lealtà ad ucciderlo e Jon Snow è come lui, forse a volte un po’ impetuoso ma non è cattivo, sarebbe un ottimo alleato.»
«Alleato?»
«O marito, non esiste modo migliore di stringere alleanze.»
«Vorresti che lo sposassi?» domandò Daenerys sdegnata.
Non era per il fatto che fosse un bastardo, non le importava, ma suo padre aveva combattuto contro la sua famiglia, l’Usurpatore aveva ucciso suo fratello al Tridente e infine lo aveva aiutato a diventare re, come poteva accettare o prendere in considerazione un matrimonio con il figlio di Eddard Stark?
«La vostra unione sarebbe un bene per tutti, soprattutto per la guerra che stiamo per affrontare, abbiamo bisogno dell’esercito del Nord e Jon Snow è il re del Nord ora così come in passato lo fu suo fratello Robb. Sono stati gli alfieri a volerlo.»
Daenerys posò le mani sul tavolo con la mappa e ne ripassò i bordi, si il Nord era il territorio più grande e si aveva bisogno di Jon Snow per vincere quella guerra ma come poteva accettare di sposarlo?
Suo marito era Drogo, nonostante fosse morto, nonostante gli anni, nonostante Daario, c’era sempre stato Drogo.
Sapeva che doveva farlo soprattutto se voleva regnare un giorno come regina, vendicare la sua famiglia, ma sposarsi con un altro uomo?
Il suo sole-e-stelle le mancava, le mancavano i suoi capelli con le campanelle che tintinnavano nel vento mentre cavalcava, le mani forti che la stringevano.
Drogo, potrai mai perdonarmi?
«Fai mandare un messaggio, incontrerò il re del Nord.»
«Ti stai comportando come una vera regina. Sarà fatto al più presto» rispose Tyrion Lannister osservando quella giovane donna.
Era minuta e a volte poteva sembrare debole, aveva il volto di una bambina eppure sapeva essere anche crudele e giusta, era certo che con i suoi consigli sarebbe stata una grande regina, forse la più grande dai tempi di Aegon il Conquistatore.
Tyrion aveva sentito dire spesso che ‘gli Dei lanciano una moneta quando nasce un Targaryen’; pregò che quella volta fosse caduta dal lato giusto.





Howland Reed si recò nello studio del giovane re portando con se la lettera con il sigillo del drago a tre teste, bussò e attese di poter entrare.
Jon era con Sansa ma non stava studiando mappe, stavano solo parlando, cercando risposte a domande alle quali nessuno avrebbe più potuto rispondere.
«Avanti» rispose lui.
Spettro che era accucciato ai piedi del suo padrone tirò su la testa per osservare chi fosse il nuovo visitatore.
«Mi dispiace disturbare e immagino che sono l’ultima persona che vorresti vedere.»
«Niente affatto lord Reed.»
«Ho una cosa per te, avrei voluto dartela al mio arrivo ma non potevo.»
Howland porse a Jon la lettera arrotolata, lui la prese e quasi subito notò il drago a tre teste, alzò gli occhi scuri e osservò prima Sansa Stark e poi lui.
«La scrisse il principe Rhaegar, l’ho conservata per tutti questi anni in attesa di potertela un giorno dare, quel giorno è arrivato.»
«Perché ce l’avevi tu?» domandò Sansa.
«Fu tuo padre a chiedermi di tenerla, se qualcuno l’avesse scoperta qui a Grande Inverno, non saresti stato più al sicuro e così la tenni io.»
Jon la osservò, ecco tutto ciò che restava del suo vero padre.
Aveva sentito così tante storie sull’ultimo dei draghi e soprattutto come era morto al Tridente.
«Non posso» disse posandola sul tavolo.
«Non posso costringerti a leggerla, ma dovresti farlo.»
Howland Reed guardò ancora una volta Jon e poi si congedò lasciandolo solo con Sansa.
Lei allungò la mano sul tavolo e lui la prese.
«Ha ragione, dovresti leggerla Jon.»
«Non ci riesco Sansa. Fallo tu.»
«Io?»
«Si.»
Sansa tolse la sua mano da quella di Jon e prese la lettera, scostò il sigillo di cerca lacca con il drago e la srotolò.
«E’ per te Jon» disse, accarezzando quei caratteri delicati, «vuoi sapere cosa dice?»
Lui annuì.
«Non so se leggerai mai questa lettera o se sarà Lyanna a farlo per te, ma se dovesse accadere io allora non sarò al vostro fianco. Tua madre sta dormendo in questo momento, la osservo per non dimenticare il suo volto anche se so che non potrei dimenticarlo nemmeno in mille vite» Sansa si fermò e osservò Jon, non riuscì a decifrare la sua espressione, «voglio che tu sappia Jeaherys che non avrei mai voluto lasciarvi. Avrei voluto portarvi ad Approdo del re, sposare Lyanna al cospetto dei Sette Dei, rinnovare il giuramento che ci siamo fatti al cospetto degli antichi Dei, nel parco di Grande Inverno.»
Una fitta di dolore colpì Jon, Sansa aveva ragione sua madre non era mai stata prigioniera.
«Continua.»
«Avrei voluto insegnarti a combattere, a te e a Aegon. Avrei voluto vedervi giocare insieme, correre nei giardini della Fortezza Rossa, avrei voluto riabbracciare la mia principessa e il suo piccolo drago, ma so già che non mi sarà permesso farlo. Ho voluto qualcosa che non mi apparteneva e ora ne dovrò pagare il prezzo. Tu sei mio figlio Jeaherys, così come lo sono Rhaenys e Aegon, nell’altro foglio c’è il tuo riconoscimento, tu sei un drago, sei un Targaryen e in pochi invidieranno il compito che ti attende. Sei tu il principe che venne promesso e tua è la canzone del ghiaccio e del fuoco. Non temere figlio mio, non sarai solo nella lotta che ti attende, non dimenticare mai che il drago ha tre teste tu sei una delle tre Jeaherys. So che tua madre avrà cura di te e ti preparerà per ciò che ti aspetta. Tu sei figlio del ghiaccio e del fuoco e avari bisogno di entrambi quando la lunga notte arriverà.»
Rhaegar Targaryen lo sapeva, l’aveva sempre saputo.
Sansa prese in mano l’altro foglio, quello in cui Rhaeagar Targaryen aveva riconosciuto il figlio.
Si alzò e si avvicinò a lui, Jon si abbandonò contro il suo petto caldo, Sansa lo strinse forte a se e gli accarezzò i capelli scuri, mentre nell’atra mano reggeva la legittimazione di Jon Snow.








 

E ci siamoooo!
Daenerys ha fatto la sua comparsa, presto oltre a lei troverte altri personaggi ;)

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Capitolo 23
*** VENTIDUE ***


VENTIDUE

 

 

 


 

Tyrion Lannister aveva personalmente scritto il messaggio da recapitare a Jon Snow.
Ricordava quel ragazzo, sempre corrucciato, arrabbiato, a volte quasi impacciato, era ferito come un tempo lo era stato lui, nano o bastardo, quale differenza c’era?
Entrambi erano disprezzati per ciò che erano, ma nonostante tutto Jon era stato fortunato ad avere Eddard Stark come padre, ma non altrettanto ad avere lady Catelyn come matrigna.
Legò il messaggio alla piccola zampa del corvo e lo lanciò in aria verso il cielo grigio, presto avrebbe raggiunto il Nord.





Jon e Sansa erano sdraiati nel grande letto, lei dormiva beata tra le sue braccia e ancora non riusciva a capacitarsi di ciò che era nato tra loro, all’inizio sembrava qualcosa di così sbagliato ma ora… erano liberi di amarsi.
Per quanto dolorosa la verità che gli era stata detta per ironia della sorte lo aveva liberato e ora poteva amare Sansa come desiderava, poteva davvero sposarla nel Parco degli Dei, avrebbero davvero unito le loro mani e le loro vite per sempre.
I capelli ricadevano arruffati, le sue labbra erano rosa chiaro, Jon si domandò cosa stesse sognando, ultimamente non aveva avuto incubi e ciò lo rendeva felice.
Piano piano, con pazienza gli orrori che aveva dovuto subire sarebbero scomparsi dalla sua memoria e anche dai suoi sogni.
Non poté fare a meno di accarezzarla, di sentire la sua pelle a contatto con la sua, sembrava quasi seta, per gran parte delle loro vite si erano ignorati e ora il desiderio che provavano l’uno per l’altra li stava consumando.
Jon aveva avuto un assaggio, ma stava desiderano sempre più, bramava poterla toccare, bramava poter tornare ad essere un tutt’uno con lei, voleva di nuovo sentirla contro la sua pelle, sussurrare il suo nome all’orecchio, i suoi respiri sul collo; bramava le sue labbra come un pellegrino l’acqua, Sansa era diventata la sua luce in quell’oscurità che spesso, troppo spesso lo circondava.
Si alzò dal letto, si vestì e richiuse piano la porta dietro di se per non svegliarla.
Voleva che continuasse a dormire e a sognare, qualunque cosa stesse sognando purché non la facesse soffrire.
Si recò nello studio di Eddard Stark, si sedette e tornò ad osservare le mappe sparse, i segni su di esse, ogni punto debole del Nord, ma i suoi pensieri non erano solo per la lunga notte e gli Estranei, Jon era pieno di domande che però non avevano risposte.
Non passò molto tempo che qualcuno bussò alla sua porta, lui era l’ultima persona che Jon volesse vedere.
«Maestà» disse Petyr Baelish con il suo sorriso più falso.
«Lord Baelish, cosa posso fare per te?»
«Nulla, è arrivato questo poco fa» disse consegnandogli una lettera ancora intatta.
Jon la prese e quando vide il sigillo con il drago a tre teste il suo cuore quasi si fermò.
«Chi la manda?» domandò tornando vigile.
«Daenerys Targaryen, è il suo sigillo quello.»
Jon ruppe il sigillo e aprì la lettera, era lo stemma dei Targaryen, quello del suo vero padre eppure… aveva paura.
«Cosa dice, se mi è concesso saperlo?»
Ci pensò bene prima di rispondere, Sansa gli aveva raccomandato prudenza con lui, tuttavia se avesse dovuto lasciare il Nord prima o poi Ditocorto lo avrebbe comunque saputo, la sua assenza sarebbe stata notata.
«Daenerys Targaryen mi convoca a Roccia del Drago.»
«Andrai?» domandò Baelish.
«Non lo so ancora lord Baelish, dovrò parlarne con… con gli altri» stava per dire fratelli, e anche se lo erano fu difficile dirlo a voce alta, soprattutto dopo gli ultimi eventi.
«Perdonami maestà, ma non ho potuto fare a meno di notare che ultimamente tu e Sansa passate molto tempo insieme.»
«Si è così, Sansa e io abbiamo riscoperto un affetto che prima non avevamo. Qualche problema mio lord?»
«Non spetta a me ricordati che Sansa Stark è tua sorella, mio re.»
Era sul punto di dirgli tutto, di dirgli chi era e che Sansa non era sua sorella, di mandarlo al diavolo ma non lo fece, tentò di restare calmo.
«So perfettamente chi è Sansa e chi sono io.»
«Tua sorella merita di avere un uomo al suo fianco che possa renderla felice, non credi?»
Jon sorrise, certo, era quello che Baelish desiderava, avere Sansa per avere il Nord, a lui non importava della sua felicità.
«E credi di essere tu quell’uomo?»
«Perché no? Che tu mi creda o no tengo molto a lei.»
«A lei o al potere che avresti sposandola?»
Ditocorto per un momento rimase quasi senza parole, era lui che si trovava sempre un passo avanti agli altri, era lui che prevedeva le loro mosse prima ancora che loro muovessero le pedine.
«A lei.»
«Deciderà Sansa, non io, non tu. Solamente lei.»
«E tu? Credi di essere quell’uomo, maestà? Penso che i Sette Regni abbiano già sofferto abbastanza, già una volta in passato si scatenò una guerra per una ragazza del Nord, i regni bruciarono, sanguinarono, gli uomini morirono a centinaia, una potente casata come quella dei Targaryen fu quasi annientata. Ma infondo tu conosci questa storia, non è vero?»
Lo stomaco di Jon si strinse, certo che la conosceva, fin da bambino, ignorava solamente di essere stato il risultato di quell’amore che aveva creato tanta morte e distruzione, avrebbe portato via Sansa, sarebbero fuggiti insieme lontani da tutto e da tutti come in passato avevano fatto Rhaenagar Targaryen e Lyanna Stark, tutto pur di non saperla nelle mani di Petyr Baelish.
«Che cosa vuoi?»
«Ti ho aiutato contro Bolton, ho mandato la Valle in tuo soccorso, se non fosse stato per me ora saresti morto, di nuovo.»
«Cosa vuoi lord Baelish?»
Ditocorto gli fece un sorriso, il sorriso da volpe, il fatto che lo avesse aiutato non significava che ora potesse avanzare pretese su Sansa, non lo avrebbe mai permesso, Baelish si avvicinò alla porta, stava per andarsene quando Jon lo fermò.
«Non importa cosa pensi di dover avere per ciò che hai fatto, se non fosse stato per te Sansa non sarebbe mai finita nelle mani di quel mostro. Ti dirò una cosa lord Baelish, sono disposto a far sanguinare nuovamente tutti e Sette i regni, a farli bruciare come accadde in passato, piuttosto di vedere ancora Sansa soffrire per mano tua.»
Jon lasciò andare quell’uomo e chiuse la porta dietro di lui.
Nessuno avrebbe fatto ancora del male alla donna che amava. 




Sansa scese nel cortile d’armi, vide Arya che si stava allenando con la sua spada insieme a Gendry, così si avvicinò piano per non interromperli, c’era una tale complicità tra loro due, era certa che tra loro ci fosse più che della semplice amicizia anche se Arya faceva di tutto per negarlo.
«Sansa.»
«Non volevo interrompervi.»
«E’ successo qualcosa?» domandò Arya preoccupata.
«No, tranquilla.»
«Jon come sta? Bran è preoccupato per lui e anch’io.»
«Sta meglio ora, dovrà solo abituarsi alla notizia come noi del resto. Sono qui per un altro motivo…»
«Dimmi» rispose rinfoderando Ago.
«Voglio imparare» disse Sansa indicando la spada della sorella.
Arya sgranò gli occhi, che fine aveva fatto sua sorella? Dov’era la ragazzina che passava ore a ricamare e a pettinare i lunghi capelli ramati?
«Vuoi imparare a combattere?»
«A difendermi, penso che presto ne avrò bisogno» rispose, poi alzò gli occhi e vide che nel ballatoio si trovava Petyr Baelish.
Presto ne avrò davvero bisogno.
«Non so nulla di spade lo so, ma vorrei imparare. Se non vuoi aiutarmi lo chiederò a Brienne.»
«Certo che ti aiuterò, ma prima dovrai cambiarti d’abito.»
Sansa osservò il suo vestito di lana scura, si non era adatto per combattere.
«Va bene, mi cambierò d’abito e poi chiederò a Jon di insegnarmi a tirare con l’arco.»
«Sansa Stark una guerriera? Chi l’avrebbe mai detto.»
«Guarda lassù Arya, con discrezione però.»
Arya cercò di osservare con discrezione e vide Ditocorto sul ballatoio dove un tempo si trovavano i suoi genitori.
«E’ per lui che vuoi imparare? Ti ha fatto qualcosa?»
«A parte vendermi a Ramsay Bolton? No, ma prima o poi lo farà e voglio essere pronta.»
Arya si avvicinò a sua sorella, nonostante tutto anche Sansa aveva sofferto, tanto quanto lei.
«Andiamo a trovare qualcosa di più adatto da metterti, poi inizieremo ad allenarci.» 







 

Jon Snow vs Ditocorto....
Ehhh, che battaglia freghi che ci aspetta!
Un bacione,
Lils

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Capitolo 24
*** VENTITRE ***


VENTITRE

 


 

 

 

Fu strano prendere in mano una spada, era la prima volta che la usava e non sapeva bene come maneggiarla.
Erano sempre stati altri ad usarla per lei sia nel bene che nel male, le tornò vivido nella mente il ricordo del Mastino che la salvava quando la folla inferocita l’aveva aggredita.
Arya le spiegò pazientemente ricordando gli insegnamenti di Syrio, il suo maestro di danza.
In breve Sansa riuscì a maneggiarla e tenerla nel modo giusto.
Fin da bambina al contrario di sua sorella era stata la lady perfetta, ora era una giovane e bella donna con cui molti avevano giocato, un uomo in particolare e sarebbe stato lui a pagare i suoi debiti prima di Cersei Lannister.
Dallo studio Jon osservava Sansa e Arya, quando l'aveva vista la prima volta in abiti maschili e con una spada in mano il ricordo di Ygritte era riemerso e per un solo istante i loro volti si erano fusi, e le sue cicatrici invisibili avevano sanguinato di nuovo.
Come poteva lasciarle sole a Grande Inverno? Come poteva impedire a Petyr Baelish di fare altro male a Sansa?
Avrebbe davvero fatto di tutto per lei, anche scatenare una nuova guerra, anche mettersi contro la Valle.
Chiuse gli occhi e cercò di calmarsi ricordando le parole di Sansa, lei non voleva nessuna guerra, desiderava solo poter vivere in tranquillità a Grande Inverno con lui e con ciò che restava della loro famiglia.
Jon non era Rhaegar e Sansa non era Lyanna.
«Jon?» fu la voce di Bran a riportarlo con i piedi per terra, accompagnato da Meera si era recato da lui.
«Bran, Meera entrate.»
Meera adagiò Bran sulla sedia dall’altro lato del tavolo poi lasciò soli i due fratelli.
«Scusami se non sono venuto da te prima Bran, ma avevo bisogno di pensare.»
«Lo so, spero che tu non mi odi per ciò che ti ho detto.»
Anche se era quasi un uomo per lui sarebbe stato sempre il suo fratellino, gli si avvicinò e si mise alla sua altezza.
«Non potrei mai odiarti Bran, sei mio fratello. Ho pensato a molte cose in questi giorni. Ora che sei tornato e dopo aver scoperto la verità, intendo rinunciare al titolo di re del Nord.»
«No, non puoi!»
«E’ la cosa più giusta da fare. Io non sono uno Stark e per quanto mi sforzi non riesco ancora ad accettare di essere un Targaryen. Questo titolo dovrebbe essere tuo. Sei tu il signore di Grande Inverno.»
Bran guardò suo fratello, se le cose fossero state diverse, se solo non fosse diventato il Corvo con tre occhi…
«Non sarò io il re del Nord, non è il mio destino. E’ il tuo Jon, sarai tu a guidarci nella lunga notte che verrà.»
«Sai bene quanto me che nessuno accetterà di essere guidato da un Targaryen.»
«Ti hanno voluto come loro re, hanno giurato di combattere al tuo fianco.»
«Lo avevano giurato anche a Robb e a cosa è servito? Quando sapranno la verità, quanto pensi che durerà il loro giuramento?»
«Jon, tu sei nato per questo. E’ il tuo destino, lo è sempre stato.»
«E tu sei dovuto cadere da una torre per scoprirlo.»
Bran abbassò gli occhi a terra, nonostante tutto ciò che ora sapeva la sua caduta restava ancora avvolta nel mistero.
«Portami nel Parco degli Dei, voglio mostrarti una cosa.»
Jon si alzò e prese in braccio Bran, poi scese le scale e uscireono dal castello, fuori era tutto bianco e con molte probabilità quella notte avrebbe nevicato ancora.
«Vicino all’albero» disse Bran, così suo fratello lo adagiò nelle neve bianca e fredda, «Ti fidi ancora di me?»
«Sei mio fratello, questo non cambierà mai.»
«Nemmeno per me. Non so se funzionerà, non ho mai provato a portare qualcuno nelle mie visioni. Dammi la mano.»
Jon colto da un misto di paura ed eccitazione diede la mano a Bran, poi suo fratello allungò l'altra e toccò il ruvido legno con la faccia scolpita, sentì qualcosa di strano, una luce bianca lo avvolse e quando riaprì gli occhi era ancora nel Parco degli Dei ma c’era qualcosa di diverso.
Meno neve, altri colori, il cielo non prometteva neve ed era notte, e suo fratello era in piedi accanto a lui.
«Bran!» esclamò Jon osservando suo fratello, avevano quasi la stessa altezza.
«Nelle mie visioni posso ancora camminare e correre. Non credevo che avrebbe funzionato, che ci sarei riuscito.»
«Siamo ancora a Grande Inverno» constatò Jon.
«Guarda» disse Bran indicando un uomo in piedi poco più in la di loro, la schiena poggiata contro un tronco ruvido, la luna faceva risplendere i suoi capelli argentei quanto lei, i suoi occhi erano viola, a Jon mancò il respiro anche se per poco.
«Padre» sussurrò, era la prima volta che chiamava così Rhaegar Targaryen, si sentì strano a dirlo ad alta voce, era come un tradimento nei confronti di chi lo aveva cresciuto, un tradimento nei confronti di Eddard Stark.
Indossava un mantello rosso con l’emblema di un drago e aveva una spilla sempre con un drago solo che nella spilla c’erano tre teste.
Fuoco e sangue, pensò ricordando il motto dei Targaryen.
Iniziò a camminare verso di lui, ma i suoi passi non facevano rumore, vedeva, sentiva, toccava ma non era lì, quello era solo il passato, un ricordo perso ormai nel tempo.
«Non può vederci né sentirci Jon, mi dispiace.»
«Non dispiacerti Bran, è più di quanto avessi mai sperato.»
Jon sentì un fruscio leggero, qualcuno stava arrivando dietro di loro, passò loro d’avanti senza nemmeno rendersene conto.
«Rhaegar!» urlò la voce di una giovane donna, il principe si voltò e sorrise alla ragazza dai capelli scuri e l’abito azzurro come una giornata d’estate.
Lyanna Stark corse incontro al suo principe d’argento, si teneva il vestito per correre e non inciampare, aveva il volto arrossato e anche gli occhi probabilmente aveva pianto.
Lui le andò incontro e la abbracciò, la tenne stretta a se, poi la baciò.
«Sei venuta» rispose sorridendole e facendole una carezza.
«Non posso sposare Robert, io… non posso farlo, non è lui che amo.»
Rhaegar Targaryen le sorrise nuovamente, l’espressione corrucciata di prima se ne era andata, era la stessa che Jon aveva avuto per gran parte della sua vita.
«Vieni con me allora, sposami.»
«Ma tu hai già una moglie.»
«Sai che non amo Elia, le voglio bene ma non la amo. I miei antenati avevano più mogli perché io non posso farlo? I miei genitori erano fratelli e si sono sposati lo stesso. Ti porterò ad Approdo del re, farò reintegrare il matrimonio poligamo. Sarai mia moglie, la mia regina un giorno.»
«Non mi importa del tuo titolo, non mi è mai importato.»
«Lo so Lyanna. Accetti?»
Per tutta risposta Lyanna Stark lo baciò, ancora una volta Jon diede ragione a Sansa, non era mai stata sua prigioniera, aveva scelto liberamente di seguirlo.
Era così vicino a loro, studiava i loro volti, ascoltava le loro voci così da poterle ricordare.
Sua madre assomigliava davvero ad Arya, stessi occhi, stessa ribellione innata.
Aveva i capelli scuri come i suoi e ricci, gli occhi grigi.
Bran posò una mano sulla spalla di Jon, sapeva quanto fosse triste per lui vedere tutto quello e non poter fare nulla.
«Verrò con te Rhaegar, ovunque vorrai andare io ti seguirò.»
Le loro teste erano una contro l’altra, le scostò una ciocca di capelli scuri e le fece una carezza sul volto.
«Voglio che tu sia sicura di questa decisione.»
«Non sono mai stata così sicura di qualcosa in vita mia, se la tua proposta è ancora valida verrò con te, altrimenti resterò a Grande Inverno e sposerò Robert, e un giorno ti guarderò diventare il re che i Sette Regni meritano di avere.»
«Lyanna, sono disposto a tutto, anche a rinunciare a diventare re pur di averti.»
«No, non lo permetterò è il tuo destino Rhaegar e sarà lo stesso per Aegon. Sei un buon padre, non voglio separarti dai tuoi figli.»
«Sarà solo per poco tempo, li rivedrò presto e impareranno a volerti bene. Rhaenys già te ne vuole, non vede l’ora di venire al Nord per giocare con la neve.»
Gli occhi del principe si illuminarono non appena pronunciò quel nome, Rhaenys sarebbe dovuta essere sua sorella come lo erano state Arya e Sansa e Aegon suo fratello, come Robb e Bran e Rickon; ma erano morti entrambi.
«Non voglio prendere il posto di Elia, hanno già una madre.»
«Quando saranno abbastanza grandi da capire spiegherò loro che è possibile amare più persone e in modo diverso.»
Lei prese la mano di lui e la baciò.
«Verrai con me lady Stark?»
«Ovunque.»
«Saremo felici insieme, ricordi ciò che ti dissi ad Harrenhall?»
«Mi hai detto molte cose ad Harrenhall.»
«E’ vero, molte cose sono state dette. Saremo felici insieme, i nostri figli lo saranno.»
«Lo pensi davvero?»
«Si. Il drago ha tre teste. Prepara qualcosa per il viaggio, ti aspetto qui, domani. Ci sposeremo al cospetto degli antichi Dei del Nord e faremo lo stesso ad Approdo del re al cospetto dei Sette Dei.»
«Aspetterò domani con impazienza.»
Lyanna gli diede un ultimo bacio assaporando tutto di lui, era così bello, l’uomo più bello che avesse mai visto, era il suo drago.
«Madre» disse Jon, in quel momento Lyanna si voltò verso di lui come se lo avesse sentito ma non vide nessuno, Bran conosceva quella sensazione perché l'aveva provata nella visione di Dorne.
«Lyanna?»
«E’ meglio che vada ora, fa attenzione.»
«Anche tu mia signora.»
Lyanna Stark si incamminò di nuovo verso il castello lasciando Rhaegar solo nel Parco degli Dei, il vento soffiò scompigliando i suoi capelli chiari, gonfiò il suo mantello rosso, rimase ad osservare la donna che amava finché non scomparve dietro agli alberi diga.
«A domani Lyanna» sussurrò lui, nonostante fosse rimasto solo.
Bran prese la mano di Jon e nuovamente una luce bianca lo avvolse, quando riaprì gli occhi era ancora nel Parco degli Dei, ma Bran non era in piedi e i suoi genitori non erano lì.
Per la prima volta Jon Snow aveva visto i loro volti e sentito le loro voci.
In quel momento prese una decisione, sarebbe andato a incontrare la madre dei draghi.

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Capitolo 25
*** VENTIQUATTRO ***


VENTIQUATTRO

 


 

 

 

«Chi sei? Qual è il tuo nome?» domandò Daenerys Targaryen seduta alla testa del tavolo dalla grande mappa.
Quanto tempo aveva trascorso a Roccia del Drago?
Ma era stata un altro tempo, un altro re.
Tyrion Lannister osservava quella donna vestita di rosso, ne aveva già conosciuta una a Meereen, molto simile alla donna che aveva d’avanti in quel momento.
«Melisandre.»
«E cosa vuoi da me, Melisandre?»
«Sei la donna rossa, la sacerdotessa di Stannis Baratheon» disse Tyrion, a quel nome Daenerys si irrigidì.
«Si, ho servito Stannis in passato, il Dio della luce non è facile da servire, le sue visioni sono difficili da interpretare.»
«Ho sentito parlare di te.»
«E io di te, respingesti la sua armata nella baia delle Acque Nere, usasti l’Altofuoco. Sono qui perché hai bisogno del mio aiuto per vincere la guerra che ti attende.»
«Presto riconquisterò i Sette Regni.»
«Non quella guerra, ce n’è un’altra alle porte, una molto più importante. Ero al servizio di Jon Snow, lui è il principe che venne promesso, ho visto la sua vittoria nelle fiamme ma questa vittoria non potrà esserci senza di te, senza i tuoi draghi. Loro sono fuoco fatto carne.»
«Stai parlando alla tua regina, Jon Snow è il figlio bastardo di Eddard Stark.»
«Jon Snow è molto più di questo, sarà lui a guidare gli uomini nella lunga notte. Potrai anche vincere e sedere sul Trono di Spade, ma il Trono di Spade non esisterà se lui non vincerà quella guerra e lui non potrà vincerla senza il tuo aiuto.»
«E’ stato lui a mandarti?» chiese Tyrion.
«No, sono stata bandita dal Nord. Sarei dovuta morire ma il nuovo re ha avuto pietà di me e ora eccomi qui.»
«Che cosa hai fatto per essere condannata a morte?»
«Qualcosa che non avrei dovuto, io l’ho riportato indietro dalla morte e lui mi ha risparmiata per questo, se dovessi tornare a Grande Inverno mi farà uccidere ma io non ho paura della morte, mi sono preparata a morire da molto tempo.»
«Cosa vuoi dunque?»
«Il tuo aiuto. Sei la madre dei draghi, solo tu puoi aiutarlo a sconfiggere il Re della Notte, presto la bufera arriverà e lui con essa.»
«Sono solo storie per spaventare i bambini.»
«Dopo tutto ciò che hai visto mio signore, lo credi ancora? No, non sono storie, gli Estranei arriveranno presto, la Barriera cadrà e solamente la vostra unione potrà impedirlo. Solamente combattendo insieme potrete vincere la vera guerra. Lo hai visto anche tu, Daenerys nata dalla tempesta
«Di cosa sta parlando?»
Si, lo aveva visto, nella casa degli Eterni, aveva visto la neve cadere e ricoprire ciò che restava della Fortezza Rossa e del Trono di Spade, aveva visto la Barriera e oltre essa aveva trovato Drogo e il suo bambino.
«Come fai a sapere ciò che ho visto?»
«E’ stato il Dio della luce a mostrarmelo, molto presto Jon Snow arriverà a Roccia del Drago a chiedere il tuo aiuto. Dalla tua risposta dipenderà la vita di tutti.»
«Io voglio solo riprendere ciò che mi appartiene di diritto.»
«Non potrai farlo se prima loro non saranno sconfitti, non ci sarà nessun trono, nessun regno e nessun popolo se la vera guerra sarà persa. I draghi sono tornati per una ragione.»

 

 

 

«Tornerò presto» sussurrò a Sansa mentre erano sdraiati nel grande letto.
«So che devi andare, ma non mi piace l’idea di separarmi da te.»
«Nemmeno a me Sansa, e ancor meno mi piace l’idea di lasciarti a Grande Inverno con Petyr Baelish.»
«So come comportarmi con lui Jon, è stato un buon maestro. Mi ha insegnato come si gioca al gioco del trono.»
«Se dovesse farti del male giuro che gli strapperò il cuore dal petto.»
Sansa gli sorrise e gli fece una carezza, la sua mano era tiepida e morbida, bianca e molto più piccola della sua, quel gesto gli ricordò ciò che Bran gli aveva mostrato.
«Li ho visti Sansa.»
«Chi?»
«I miei genitori, Bran è riuscito a portarmi in una delle sue visioni.»
Lei si tirò su poggiando un gomito sul materasso e guardando Jon con i suoi occhi blu, quanto gli sarebbe mancato quello sguardo.
«Com’erano?» domandò curiosa, aveva sentito così tanto parlare di Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark.
«Avevi ragione non è mai stata sua prigioniera. Mia madre assomiglia molto ad Arya, solo aveva i capelli più scuri e ricci e… il mio vero padre, i suoi capelli erano argentei e gli occhi viola. Non ho preso poi molto dai Targaryen.»
«Bene» disse lei arricciando i suoi capelli scuri, «perché se fosse stato il contrario saresti morto e non sopporto l’idea che possa accadere ancora.»
«Non ho intenzione di morire tanto presto. Sansa…»
Subito dopo la baciò, la prese di nuovo, i loro corpi si unirono come già era accaduto, la sua pelle morbida, i suoi lunghi capelli ramati arruffati, i seni perfetti.
La mano di Sansa percorse l’addome di Jon, ne ripassò gli addominali, le cicatrici, le spalle, non avrebbe potuto condividere la sua vita con nessun’altro.
Lo amava, lo desiderava, voleva sentirlo contro di lei, Jon era diventato la cosa più importante della sua vita.
La strinse di nuovo forte a se, l’idea di lasciarla lì sola con Ditocorto lo faceva impazzire.
«Sposami» disse con voce bassa.
«Jon…»
«Sposami. Voglio andare via e tornare come tuo marito.»
«Sai che non desidero altro, ma prima andrai a Roccia del Drago e prima tornerai a Grande Inverno, e da me.»
«Sarà un lungo viaggio.»
«E’ per questo che devi partire il prima possibile e poi…»
«Cosa?» domandò lui scostando una ciocca di capelli ribelli dal suo volto.
«Jon… cosa vorrà in cambio del suo aiuto?»
«Non so cosa chiederà, ma non avrà me.»
«E se accettasse di aiutarti in cambio della vostra unione?»
«Le offrirò tutto ciò che vorrà. Alleanza, uomini, rinuncerò a essere il re del Nord. Tutto, ma non intendo rinunciare a te Sansa.»
«Guardami, farai ciò che devi per il Nord. Non importa il prezzo, accetterai le sue richieste.»
«Le accetterò ma non accetterò mai di sposarla. Al mio ritorno diventerai mia moglie?»
«Al tuo ritorno, vedremo se sarai ancora un uomo libero.»
«Lo sarò Sansa, io voglio te, nessun’altra.»
Quelle parole fecero battere forte il suo cuore, una lacrima cadde dai suoi grandi occhi blu come il mare, come poteva lasciarlo andare via sapendo che sarebbe potuto diventare di un’altra donna?
«Dicono che sia bellissima.»
«Non dubito che lo sia, ma non voglio lei. Mi aspetterai?»
«Ne dubiti?»
«Cerca di stare il più lontana possibile da Ditocorto.»
«So come comportarmi con lui e c’è una ragione se mi sto allenando con Arya e Brienne. Saprò difendermi e quando la guerra contro di loro sarà finita Petyr Baelish sarà il primo a pagare i suoi debiti.»
All’alba Jon e Sansa si alzarono, si lavarono e si vestirono, gli alfieri degli Stark erano stati convocati, il lupo bianco avrebbe detto loro della sua partenza per Roccia del Drago.
«Vuoi andare a chiedere aiuto alla giovane Targaryen?» domandò lord Glover.
«Non vinceremo questa guerra da soli. Daenerys Targaryen ha molti alleati: Dorne, Alto Giardino, un Khalasar, gli Immacolati e soprattutto tre draghi. A Roccia del Drago si trova l’ossidiana, l’unica cosa che può ucciderli.»
«Ci siamo già piegati una volta ai draghi, non lo faremo ancora.»
Gli uomini parlottavano dando ragione al lord, certo nessuno di loro avrebbe più accettato il dominio di un Targaryen, eppure pur non sapendolo lo avevano già fatto.
«Non sto chiedendo di piegarvi ai suoi ordini, non intendo farlo. Ma senza di lei e senza i draghi non potremo vincere. Mentre sarò via Bran si occuperà di Grande Inverno.»
«Ti abbiamo scelto come nostro re, sono stato il primo a chiamarti il lupo bianco» disse lord Manderly, «abbiamo riposto la nostra fiducia in te, Jon Snow.»
«Se non fosse stato per Jon ora saresti tutti morti» disse Sansa con sguardo fiero alzandosi in piedi e difendendo l’uomo che amava come un vero lupo, «voi ci avete voltato le spalle quando più avevamo bisogno.»
«Ho chiesto perdono per il mio errore, principessa Sansa. Ho giurato di combattere al fianco di Jon Snow e lo farò, ma non voglio che i Targaryen tornino a comandare sul Nord.»
Un urlo si levò dagli uomini riuniti in quella Sala.
Jon si voltò verso Sansa, Bran e Arya osservavano il loro fratello, nessun lord avrebbe accettato la verità.
Preferiranno morire piuttosto che essere guidati da me.
«Allora miei signori, dubito che vorrete essere guidati dall’erede di Rhaegar Targaryen» disse Ditocorto avvicinandosi al centro della Salsa Grande e fermandosi d’avanti a Jon. 










 

Littlefinger ha sgamato il nostro lupo bianco.... le cose non si mettono bene nel Nord, cosa pensate che succederà ora? 
Vi lascio un piccolissimo estratto del capitolo 25:


«Anche i Bolton avevano dato la loro a Robb, si inchinavano a lui. Lo chiamavano re, il giovane lupo e poi lo hanno tradito e ucciso.»

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Capitolo 26
*** VENTICINQUE ***


VENTICINQUE

 

 


 

 

Jon si pietrificò, i mormorii aumentarono mentre Ditocorto godeva della sua piccola vittoria su Jon Snow.
Sansa prese la sua mano e lo strinse forte, se non fosse stata lì con lui… ma lei era lì, lei era sua.
«Di cosa stai parlando lord Baelish? Jon Snow è il figlio di Eddard Stark.»
«E’ ciò che tutti abbiamo creduto, ciò che lord Stark ci ha fatto credere, ma non è così.»
L’odio che Sansa provava per quell’uomo aumentò ancora di più se possibile.
L’aveva venduta a Bolton e ora stava per distruggere Jon, no non lo avrebbe permesso.
Io sono Sansa Stark e Grande Inverno è casa mia.
Si alzò e si avvicinò a Petyr Baelish guardandolo con rabbia, i suoi occhi stavano bruciando di nuovo.
Pagherai. Presto pagherai anche tu.
Tutti gli occhi erano puntati su di lei, quelli di Ditocorto più di chiunque altro, si fece coraggio e si mise difronte a lui, alla persona che le aveva insegnato il gioco del trono, avrebbe protetto Jon, ora a differenza del passato era a conoscenza delle regole del gioco; giocare o morire.
E Jon non sarebbe morto, non di nuovo, lo avrebbe impedito con ogni mezzo a sua disposizione.
«Petyr Baelish ha detto il vero miei signori. Jon Snow è l’erede legittimo del principe Rhaegar Targaryen, l’ultimo dei draghi.»
Lord Manderly sbiancò, ma rimase in piedi a sostenere lo sguardo di Sansa Stark.
«E’ lo stesso uomo che avete scelto come re del Nord, lo stesso che tu mio signore hai chiamato il lupo bianco. Sarà anche un drago ma è stato un lupo a crescerlo e tutti voi lo sapete bene. Jon conosce il Nord meglio di chiunque altro, è stato un buon re, ha risparmiato le vostre vite quando avrebbe potuto uccidervi per il vostro tradimento. E’ disposto a rischiare la sua vita per sconfiggere ciò che sta per arrivare» disse voltandosi verso di lui, guardandolo con i suoi occhi blu, gli occhi dei Tully, «io mi fido di lui. I miei fratelli si fidano di lui. Farà ciò che deve per il Nord e per casa Stark. E tu mio signore? Manterrai il tuo giuramento? Lotterai ancora al suo fianco?»
Si avvicinò a lord Manderly e si mise difronte a lui, quell’uomo non era più giovane, i capelli erano bianchi, i muscoli si erano afflosciati come la sua pelle, Sansa era quasi alta quanto lui.
Arya guardò con ammirazione sua sorella, non l’aveva mai guardata così e non credeva nemmeno che un giorno avrebbe provato tanta stima per lei.
No, non era più la ragazzina che ricordava, quella stupida che viveva nelle canzoni dei menestrelli.
«Ho dato la mia parola principessa Sansa.»
«Anche i Bolton avevano dato la loro a Robb, si inchinavano a lui. Lo chiamavano re, il giovane lupo e poi lo hanno tradito e ucciso» disse Sansa mentre le lacrime le punzecchiavano gli occhi, aveva voluto molto bene a Robb, al suo fratellone.
«Un terribile crimine, ammiravo tuo fratello Robb, così come ammiravo il lord tuo padre.»
«Sarebbe stato un buon re ma è morto. Ora è Jon il nostro re. Lo servirete ancora?» domandò a voce alta a tutti i lord riuniti.
Lyanna Mormont si agitò sulla sua sedia, era stata lei ad acclamarlo re del Nord.
Lyanna Stark gli aveva dato la vita, pensò Sansa, Lyanna Mormont lo aveva fatto diventare un re.
«Noi non conosciamo altro re se non il re del Nord il cui nome è Stark»
ripeté lei «Jon Snow è il nostro re. Sansa ha ragione, è stato un lupo a crescerlo. Conosce le regole del Nord, conosce il Nord. I Mormont continueranno a seguirti, maestà.»
«Robb lo aveva nominato suo erede» disse la voce di Bran, «l’ho visto in una delle mie visioni. Jon ha tutto il diritto di essere uno Stark e di essere il re del Nord.»
«Una visione?» domandò scettico Petyr Baelish.
«Si, io sono il Corvo con tre occhi, lord Baelish. Mi sono state mostrate molte cose. E’ vero Jon è il figlio del principe Rhaegar e di mia zia Lyanna, è un Targaryen ma è anche uno Stark.»
«Perdonami principe Brandon, ora che sei tornato non dovresti essere tu il re?» continuò Baelish.
«No, non è nel mio destino. Sono e sarò sempre Brandon Stark, ma è Jon il nostro re.»
Jon guardò con gratitudine Sansa e Bran, non avrebbe saputo cosa dire.
«Se sei davvero l’erede del principe Targaryen il Trono di Spade ti spetta di diritto.»
«Non voglio il Trono di Spade, non voglio essere il re. Avrei rinunciato e lasciato il mio posto a Bran, ma come avete sentito voi stessi non vuole sedere sul trono del Nord. Lascerò che sia Daenerys a regnare se mai vinceremo la guerra che ci aspetta, ma non possiamo vincerla senza di lei.»
«Avresti dovuto dircelo ragazzo» disse lord Glover affiancando lord Manderly.
«Non sono un ragazzo, non più lord Glover. L’ho scoperto poco dopo l’arrivo di Bran, ve lo avrei detto a tempo debito miei lord. Eddard Stark era e sarà sempre mio padre, a lui devo chi sono diventato, mi ha insegnato a combattere, a essere leale e giusto o almeno è ciò che cerco di essere.»
«Lo sei stato Jon Snow, ma forse dovremmo chiamarti in un altro modo.»
«Sono stato Jon Snow per tutta la vita mio lord, non so se riuscirei a sentirmi chiamare in altro modo.»
«Re Robb ti aveva nominato suo erede e altrettanto il principe Rhaegar. Sta a te scegliere ora se essere uno Stark o un Targaryen. Per me sei ancora il lupo bianco. Va da questa madre dei draghi, senza di lei saremo perduti.»
Gli alfieri se ne andarono poco dopo, ma Jon prima che la giovane lady si ritirasse andò a parlare con lei.
«Grazie lady Mormont.»
«Non devi ringraziarmi, mi fido di te maestà. Non deludermi.»
«Farò il possibile affinché ciò non accada.»
«Lo so» rispose la nipote del suo vecchio lord comandante.
Sembravano passati anni da quando se ne era andato dal Castello Nero, ma in realtà era poco più di un mese, Lyanna Mormont si congedò lasciandolo solo.
Si avvicinò a Sansa che ancora era con Baelish.
«Andiamo Sansa.»
«Tu vai, io ti raggiungo presto» rispose lei stringendo la sua mano.
«Non ti lascio sola con lui.»
«Jon… vai.»
Jon guadò prima Baelish e poi Sansa, non voleva lasciarla sola con quell’uomo ma doveva farlo, così lasciò la sua mano e uscì dalla Sala Grande lasciando alle sue spalle Sansa e Ditocorto.
«Come facevi a sapere di Jon?»
«Ho i miei uccelletti, come Varys.»
«Basta giochetti, dimmi cosa vuoi una volta per tutte.»
«Sai già cosa voglio.»
«Non sarai tu a sedere sul Trono di Spade, spetta a Jon. E’ suo di diritto.»
«Sansa… credevo avessi imparato di più da me.»
«Hai ucciso Joffrey, non ti permetterò di uccidere Jon.»
Joffrey non è stato il primo, tuo padre era così leale e Jon Snow finirà come lui, pensò dentro di se Petyr Baelish, e allora tu sarai mia.
«Lui non vuole il Trono, quindi non sarà un ostacolo.»
«Per te lo è e lo sarà finché avrà vita. Se non sarà lui a comandare i Sette Regni allora lo farà Daenerys Targaryen. Ma non sarai mai tu il re né tanto meno io la tua regina.»
Sansa fece per andarsene quando Ditocorto la afferrò per un braccio, la sua espressione le ricordò la stessa che aveva quando aveva gettato sua zia Lysa dalla Porta della Luna.
La Valle, troppo tempo era passato, troppo tempo era stata lì.
«Vedremo Sansa, vedremo.»
«Io appartengo a Jon, non mi avrai mai. E’ finito il tempo in cui credevo ciecamente in te lord Baelish, ho finalmente aperto gli occhi, ho finalmente capito chi sei. Avrei dovuto lasciare che gli altri lord Valle ti giustiziassero» disse quasi con le lacrime agli occhi.
«No Sansa, nemmeno se potessi tornare indietro cambieresti la tua versione e sai perché?» disse, mentre Sansa tentava di liberarsi dalla sua stretta, dal suo alito caldo e profumato, mentre i suoi occhi la fissavano quasi penetrandole la pelle chiara, «perché c’è una parte di te che ama il potere, una parte di te che ama me.»
«Ti sbagli, io amo Jon.»
In quel momento Spettro entrò silenzioso nella Sala Grande ormai deserta, fatta eccezione per loro due, si avvicinò con i denti in fuori e ringhiando.
«Sei come tua madre» disse guardando i suoi occhi, gli stessi della sua Cat.
«Io non sono lei. Lasciami o ordinerò a Spettro di sbranarti.»
Per tutta risposta il Metalupo ringhiò più forte, Petyr lasciò andare il braccio di Sansa e Spettro le si avvicinò, rimase lì ad osservare quell’uomo andarsene, mentre la sua mano era stretta nella pelliccia bianca del lupo.
Solo su una cosa Ditocorto aveva ragione, constatò amaramente Sansa Stark, lei amava terribilmente il potere.







Era distesa sul grande letto che un tempo aveva occupato Stannis Baratheon, era notte e non riusciva a dormire.
Si mise una vestaglia bianca e uscì nel terrazzo che dava sul mare, faceva freddo ormai l’inverno era arrivato - proprio come dicevano gli Stark - ma lei era figlia dell’estate e del fuoco.
Le stelle erano alte in cielo e brillavano nonostante il colore tetro della notte.
Ripensò alle notti trascorse a Meeren, ripensò a tutto ciò che aveva dovuto affrontare e superare e ripensò a chi era stato al suo fianco ogni volta.
Jorah.
Dove sei ora mio fedele orso?
Improvvisamente le tornarono in mente le sue parole, quelle che lui le aveva detto a proposito di suo fratello Rhaegar.
«Sul Tridente, Rhaegar ha perso. Perse la battaglia, la guerra, il regno… e la vita. Il suo sangue vorticò nella corrente, assieme ai rubini della sua corazza e Robert l'Usurpatore cavalcò sul suo cadavere per andare a rubare il Trono di Spade. Rhaegar combatté con coraggio, Rhaegar combatté con nobiltà e con onore. E Rhaegar morì.»
No
, pensò Daenerys stringendosi le braccia al petto, io non morirò, mi riprenderò ciò che mi appartiene di diritto col fuoco e col sangue. Io Sono Daenerys Targaryen.
Chiuse gli occhi e il volto di Drogo tornò vivido nella sua mente e accanto a lui quello di Rhaego, suo figlio.
«Un giorno mio-sole-e-stelle cavalcheremo insieme nelle Terre della Notte. Un giorno Drogo sarò con te e con Rhaego» disse a voce alta osservando per la prima volta le stelle dall’altro lato del Mare Stretto.

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Capitolo 27
*** VENTISEI ***


VENTISEI

 

 

 

 

Era l’ultima notte che avrebbero passato insieme a Grande Inverno.
Jon dormiva sereno, gli occhi chiusi, le lunghe ciglia scure che contrastavano con la sua carnagione chiara.
Mancava poco all’alba, fuori era più buio che mai, passò le dita nei suoi capelli ricci e scuri, osservò il suo corpo abbassarsi e alzarsi ad ogni suo respiro, il suono del suo cuore che placava ogni notte le sue paure e i suoi incubi.
La discussione con Petyr Baelish le aveva lasciato dell’amaro in bocca, amava Jon non Ditocorto, ma aveva imparato anche a capire e ad amare il potere.
Chiuse gli occhi qualche istante e quando li riaprì trovò quelli scuri di Jon che la osservavano, gli sorrise ma era un sorriso triste, tremava al pensiero di lasciarlo andare, tremava al pensiero di perderlo per mano dei loro nemici, ma più di tutto tremava al pensiero di perderlo per Daenerys Targaryen.
Jon la baciò e accarezzò i suoi capelli rossi, le sarebbe mancata così tanto, i suoi occhi blu come zaffiri gli sarebbero mancati.
«Promettimi che farai attenzione» disse a voce bassa, erano soli si ma aveva paura a dirlo a voce alta.
Quando temi qualcosa e lo dici ad alta voce gli Dei trasformano le paure in realtà - pensò lei accarezzando il suo volto, la barba scura che le solleticava il palmo della mano.
«Anche tu devi promettermelo. Se ti accadesse qualcosa e non fossi qui…»
«Non mi accadrà nulla Jon, è per te che ho paura. Baelish vuole il Trono di Spade e per lui, tu, sei solo un ostacolo che intralcia il suo cammino, lo sarai finché avrai vita e lo stesso vale per Daenerys Targaryen. Non si fermerà finché non sederà sul Trono di Spade.»
«So difendermi» tentò di rassicurarla lui.
«Si ma da spade, frecce e lance. Non dalle sue macchinazioni. Jon, non voglio rovinare gli ultimi momenti che ci restano pensando a lui.»
«Non saranno gli ultimi momenti che passeremo insieme Sansa.»
Si strinse contro Jon, le loro braccia e le loro gambe erano unite come le radici più profonde degli alberi.
Jon annegò nel suo profumo, nei suoi occhi blu come l’acqua più pura, continuavano ad amarsi in quel grande letto come un tempo si erano amati suo padre e Catelyn Stark.
Suo padre… non sapeva nemmeno più come chiamarlo.
Non si fermò, non poteva, non voleva.
C’era solo lei, solo lui, la sua mano alzò la veste di raso bianco, sempre più su, le toccò le cosce, salì fino al petto, Sansa bramava i suoi tocchi delicati, era come fuoco su ghiaccio.
Gli accarezzò il viso arrossato, gli scansò i capelli ramati, lei prese la sua mano e la portò sul suo petto, dove batteva il cuore.
Era di nuovo sua, non avrebbe voluto altro che restare in quel grande letto e fare l’amore con lei, invece c’erano guerre da combattere, nemici da sconfiggere, alleanze da stringere; non poteva rimanere con lei.
Le parole di Maestro Aemon rimbombarono nella mente di Jon: «L’amore è la morte del dovere.»
Restò ancora sdraiato sopra di lei, abbondò la testa sul suo corpo sudato e caldo.
«L’amore è la morte del dovere» ripeté piano, era vero.
Aemon Targaryen aveva sempre avuto ragione, suo zio Benjen aveva ragione.
Li stavano aspettando ai cancelli di Grande Inverno.
Davos e Tormund avevano già preparato i cavalli e le provviste per il lungo viaggio che li attendeva.
Arya guardò Jon e Sansa arrivare mano nella mano, avrebbe voluto riuscire a comportarsi così con Gendry, ma la verità era che aveva paura di amarlo, paura dell’amore che sentiva crescere ogni giorno di più per lui.
Aveva amato suo padre, sua madre, Robb e Rickon e tutti loro gli erano stati portati via; non capiva come Sansa riuscisse ad amare e a non avere paura dell’amore.
«E’ tutto pronto maestà» disse Davos avvicinandosi a Jon.
«Grazie Ser Davos.»
Jon lasciò la mano di Sansa e andò ad abbracciare Arya.
«Ci rivedremo presto» le disse scompigliandole i capelli come faceva sempre, «mi raccomando cerca di non far impazzire Sansa.»
«Ci proverò Jon.»
«Gendry, sorvegliala.»
«Sarà fatto.»
«Al mio ritorno parleremo di Capo Tempesta, è troppo tempo che non ha un vero lord.»
Bran era poco distante, vicino a Meera Reed.
«Sarai tu ad occuparti di tutto ora e se quando tornerò avrai cambiato idea…»
«No Jon, non cambierò idea. Sta attento, tieni gli occhi aperti.»
«Anche tu» disse Jon abbracciando suo fratello, «Meera, abbi cura di lui.»
«Lo farò.»
Sansa era vicino al suo cavallo, la sua mano accarezzava quel manto morbido, mentre la neve stava cadendo, era la visione più bella che avesse mai avuto, si avvicinò di nuovo a lei e incurante degli sguardi degli altri la baciò e la tenne stretta a se.
«Prima del tuo arrivo alla Barriera non c’era nulla per me che avesse un senso. Non più un posto dove stare o qualcosa per cui lottare, tu mi hai ridato uno scopo Sansa. Quando tornerò da Roccia del Drago mi sposerai?»
«Al tuo ritorno… vedremo.»
La baciò ancora ma solo per qualche istante.
«Sei la mia regina, non potrei dividere la mia vita con nessun’altra.»
«Non cambierà nulla mentre sarai via e quando tornerai organizzeremo la festa più bella che il Nord abbia mai visto, se mi vorrai ancora.»
La neve continuava a fioccare attorno a loro, impigliandosi nei capelli, giocando con i colori e creando dei contrasti.
Le loro mani erano intrecciate, si stringevano con forza, si parlavano, si giuravano tutto.
Giuramenti muti, una mano che Sansa aveva rifiutato per tanti anni, una mano persa tanto tempo fa e che ora stava stringendo con forza e amore la sua, molto più piccola e fragile.
Asciugò una lacrima ancora attaccata all’occhio con un gesto piccolo e quasi invisibile.
«Devo andare ora.»
«Lo so. Ti amo Jon.»
Jon lasciò la sua mano, afferrò le redini del cavallo e ci salì sopra, agile come un falco, guardò la sua famiglia - o almeno ciò che ne resta - riunita d’avanti ai cancelli di Grande Inverno, vide Arya avvicinarsi a Sansa e prenderla per mano.
Spronò il suo cavallo e Davos e Tormund fecero lo stesso, guardò indietro una sola vota, vide Sansa in piedi accanto ad Arya, la neve stava ricoprendo tutto.
Se non vinco questa guerra non resterà altro che neve.
Aveva solo varcato l’uscita eppure il suo cuore sembrava già spezzarsi, aveva appena ritrovato Bran e Arya e già doveva lasciarli, e doveva lasciare Sansa.

 





Un uomo era arrivato in una tarda sera alla Cittadella, poche forze, molta fame, troppo freddo e soprattutto il Morbo Grigio.
Il suo braccio sinistro era ricoperto fino alla spalla, tremava per il freddo, aveva cercato riparo ma appena avevano capito cosa lo affliggesse era stato cacciato via, solo il pensiero di lei lo aveva aiutato a sopravvivere, ad arrivare alla Cittadella in cerca di aiuto.
«Io ti ordino di guarire ser Jorah e di tornare da me. Quando conquisterò i Sette Regni, voglio vederti al mio fianco.»
Ci sarò Khaleesi, sarò al tuo fianco
- pensò mentre un uomo cercava di aiutarlo.
Un uomo troppo grasso, forte abbastanza, ma grasso.
«Aiutatemi!» gridava, non sapeva come fare per non essere contagiato.
Jorah l’Andalo ricordava voci distorte, mani che si affannavano, una pezza fredda sulla sua fronte, una coperta calda a coprire il suo corpo tremante di freddo, persone sfocate e nient’altro.
Si era risvegliato in un letto, in una stanza accogliente ma a lui sconosciuta.
«Daenerys» era certo di averla chiamata, di aver invocato la sua Khaleesi, la regina d’argento e dagli occhi viola, l’unica donna che davvero il suo vecchio cuore aveva amato.
Le tornò alla mente il fuoco della pira di Drogo, lei che entrava dentro quell’inferno, le sue urla di disperazione e poi la mattina il fuoco della pira funebre si era spento e lei era lì, viva, con tre piccoli draghi attorcigliati attorno al suo giovane corpo.
«Va tutto bene» rispose una voce, Jorah tentò di mettere a fuoco e rivide l’uomo grasso che lo aveva aiuto al suo arrivo.
«Chi sei?»
«Sam, sono un Maestro.»
«Ho sete.»
Sam portò la coppa con l’acqua alla bocca di quell’uomo, aveva dormito per giorni mentre tutti loro si erano affannati a trovare una cura per salvare la sua vita.
«Sai dove ti trovi?»
«Si, se posso sopravvivere questo è il posto giusto.»
«Vivrai ser, siamo riusciti a fermare il Morbo Grigio
«Quanto tempo… quanto tempo ho dormito?»
«Qualche giorno, ne avevi bisogno. Qual è il tuo nome ser?»
«Jorah Mormont dell’Isola dell’Orso.»
«Jorah Mormont?» domandò Sam incredulo, era il figlio del suo vecchio Lord Comandante, ucciso e tradito dai suoi uomini.
«Si, perdonami ma non ricordo di averti mai incontrato prima.»
«No infatti. Conoscevo tuo padre, era il Lord Comandante alla Barriera.»
«E’ morto» rispose tristemente Jorah, ricordando il racconto di Tyrion Lannister
«Si, ero con lui quando…»
«Sei un Guardiano della Notte?»
«Un Maestro ora, Jon mi ha chiesto di venire qui e ho sempre amato i libri.»
«Jon?»
«Jon Snow.»
«Il bastardo di Stark. Hai detto che avete fermato la malattia?» chiese incredulo.
«Si, non è stato facile lord Mormont ma ci siamo riusciti.»
«Non sono più un lord. Grazie.»
Jorah fece per alzarsi ma non ci riuscì, era più debole di quanto avesse creduto, il suo copro in quei giorni aveva affrontato una dura battaglia.
«Hai ancora bisogno di riposare» disse Sam aiutandolo a sdraiarsi di nuovo.
«Devo andare da lei.»
«Dalla giovane Targaryen?»
«Si, ha bisogno di me.»
«Andrai da lei ser, ma solo quando sarai in grado di viaggiare. La Cittadella è lontana da Roccia del Drago.»
«Roccia del Drago?»
«Si, le voci corrono. Daenerys Targaryen ha ripreso possesso di Roccia del Drago.»







 

E per la gioia dei fan di Jorah l'Andalo ecco a voi!
Felici?
A presto spero,
Lils

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Capitolo 28
*** VENTISETTE ***


VENTISETTE




Jorah seguiva alla perfezione le cure di Sam, voleva guarire e voleva guarire in fretta, da troppo tempo non affiancava più Daenerys, la sua amata Khaleesi, voleva tornare da lei, doveva farlo, glielo aveva ordinato quando si erano salutati.
«Non puoi lasciare la tua regina Jorah l’Andalo, non sei stato congedato.»
Ogni giorno si sentiva meglio, le forze stavano tornando e anche se il suo braccio sarebbe rimasto per sempre in quel modo almeno era vivo, avrebbe potuto toccarla se lei glielo avesse permesso senza contagiarla.
Avrebbe potuto lottare al suo fianco per riprendere i Sette Regni, l’avrebbe vista sedere sul Trono di Spade, il trono dei suoi avi.
Erano passati quasi dieci giorni da quando si era svegliato, all’inizio si sentiva confuso come se non riuscisse a capire cosa stesse succedendo, ora invece era quasi pronto per il viaggio, presto sarebbe andato da lei a Roccia del Drago.
Presto Khaleesi, presto sarò di nuovo con te.



 

I giorni senza Jon erano trascorsi lenti, cupi e noiosi.
Spettro era rimasto con lei e con Arya e Bran, per proteggerli, così aveva detto Jon.
Era lì quando i suoi incubi tornavano a terrorizzarla, affondare la mano  nella pelliccia del Metalupo la riportava alla realtà, si svegliava sudata e tremante, ma ripeteva a se stessa che era solo un incubo, come faceva Jon quando gridava nel cuore della notte.
Ma lui non era lì a confortarla, le sue braccia non erano lì a stringerla, sapeva che doveva essere forte, sapeva che prima o poi sarebbe tornato da lei, ma Daenerys Targaryen la preoccupava più di quanto non avesse detto ad Arya.
Quel pomeriggio erano nel cortile d’armi, indossava i soliti pantaloni e ancora ci si sentiva un po’ strana, lei era sempre stata abituata agli abiti ricamati e colorati, tranne quelli che indossava ultimamente, scuri proprio come sentiva di essere diventata dentro di se, si sentiva scura e sporca, un’assassina.
«Basta così per oggi» le disse Arya prendendole l’arco.
«No, voglio continuare.»
«E’ inutile Sansa, non sei abbastanza concentrata.»
«Mi dispiace Arya.»
«E’ per Jon, vero?»
«Si, sono preoccupata per lui e per il suo incontro con Daenerys Targaryen.»
«Andrà bene, Jon saprà farsi ascoltare» disse Arya cercando di convincere anche se stessa oltre che la sorella, aveva paura che la nuova regina non avrebbe dato il suo aiuto.
«A quale prezzo ci darà il suo aiuto? Arya io non voglio perderlo.»
Gli occhi blu di Sansa si riempirono di lacrime, sembravano come il cielo durante una tempesta, una lacrima cadde dai suoi occhi e la sorella la asciugò, la prese per mano e la portò a sedere nel posto dove un tempo ricamavano, mentre i loro fratelli si allenavano con le spade e al tiro con l’arco, le sembrò quasi di sentire le risate di Robb e Jon mentre Bran sbagliava a tirare, e anche quella di Rickon.
Quel posto era una fonte infinita di ricordi dolorosi, nonostante fosse ancora casa sua.
La mano di Sansa tremava, non riusciva ad evitarlo, Jon le mancava ed era come se le avessero strappato un pezzo, il pezzo più importante, la parte migliore di lei, era questo Jon Snow.
Sansa riusciva a dare il meglio quando era con lui, era in grado di ritrovare la parte di se che credeva che Joffrey e Ramsay avessero ucciso, la bambina che credeva alle ballate e sognava di diventare una regina.
«Non lo perderai, nessuno di noi lo perderà. Quando tornerà vi sposerete, mi ha detto che avrebbe voluto sposarti nel Parco degli Dei.»
Sansa sollevò lo sguardo verso la sorella, i suoi occhi grigi come il mare in tempesta, non riusciva a credere che Arya la stesse consolando, non era mai stato così in passato tra loro.
«Te lo ha detto davvero?»
«Si. Nelle Cripte, prima ancora di sapere la verità.»
«Arya, tu saresti d’accordo?»
«Voglio solo che siate felici. Lo meritiamo tutti, no?»
«Si. E Bran? Lui accetterà il nostro matrimonio?» chiese con una voce che sembrava quella di una bambina spaventata.
«Lo farà, è nostro fratello. Quindi basta lacrime, tu sei Sansa Stark di Grande Inverno e Jon non accetterà mai di sposare un’altra donna.»
«E tu?»
«Io cosa?» domandò confusa Arya aggrottando le sopracciglia scure.
«Cosa pensi di fare con Gendry? Arya, quel ragazzo è pazzo di te.»
«Non esagerare Sansa…»
«Non sto esagerando, ti sto dicendo ciò che vedo. Cosa provi per lui?»
Arya abbassò lo sguardo e iniziò a mangiucchiarsi nervosamente un labbro, cosa provava per Gendry?
Amore.
«Ho paura di ciò che sento per lui.»
«Perché?»
«Guardati intorno Sansa. Tutto ciò che amavamo è stato distrutto, devastato e bruciato. Siamo rimaste solo noi, Bran e Jon. Non voglio amare Gendry perché non voglio perderlo di nuovo.»
«Arya non rinunciare ad amarlo per paura di perderlo. Senza di lui starai molto peggio. Non allontanarlo da te.»
«Non voglio più soffrire.»
«Nemmeno io, ma ho provato a non amare Jon e ti assicuro che è stato peggio il rimedio della malattia. Non lottare contro i tuoi sentimenti.»
«Approveresti Gendry? La Sansa di un tempo nemmeno gli avrebbe rivolto la parola.»
«E’ vero, ero solo una sciocca bambina che non voleva vedere la realtà finché un mosto non mi ha costretta a guardare la testa di nostro padre infilzata su una picca, allora ho capito quanto fossi stata stupida e cieca. Per tutta la vita non ho pensato ad altro che a me stessa e a lasciare Grande Inverno, non avrei mai dovuto farlo. E tutto il tempo che ho perso con Jon…»
«Quello che è accaduto ad Approdo del re non è stata colpa tua, Cersei Lannister pagherà per ciò che ha fatto, li vendicheremo una volta finita la guerra con gli Estranei. Forse è un bene che tu e Jon siate stati lontani per tanto tempo, altrimenti ora non riusciresti ad amarlo così, lo vedresti come me, come un fratello.»
«Sono stata terribile con lui e anche nostra madre.»
«Se solo avesse saputo la verità… Jon presto sarà di ritorno da Roccia del Drago e tu diventerai sua moglie e la regina del Nord.»
«Mi basta che ritorni sano e salvo, perché se lei dovesse fargli del male non basteranno i suoi draghi e proteggerla da me» disse Sansa, i suoi occhi - notò Arya - sembravano quasi bruciare, ardere da una rabbia che anche lei aveva provato e in parte continuava a provare
«E da me. Ma andrà tutto bene, vedrai» le rispose scostando una ciocca di capelli che era uscita dalla sua severa treccia.
«Promettimi che parlerai con Gendry» Sansa vide Arya indugiare sulla risposta, «Arya…»
«Lo farò, a tempo debito. Al ritorno di Jon.»
«Non allontanarlo da te, dammi ascolto almeno questa volta.»
Arya le sorrise, era vero, non aveva mai dato ascolto a Sansa prima di allora; la trovava noiosa, antiquata, troppo perfetta ma era così diversa, a volte le ricordava la loro madre, aveva il suo stesso comportamento materno nei suoi confronti e anche verso Bran e soprattutto sapeva che questa volta era lei ad avere ragione.
Mentre stavano parlando dal cielo iniziarono a cadere altri fiocchi di neve che si ammassarono su quella che già ricopriva la terra marrone e l’erba fresca e verde.
Nessuna delle due aveva mai visto tanta neve.
«E’ meglio rientrare» disse Arya alzandosi, Sansa la seguì e insieme tornarono dentro il loro caldo castello.





C’era quasi, Roccia del drago era lì, d’avanti a lui.
Ser Davos provò nostalgia per i tempi passati e sopratutto per la piccola principessa che Melisandre aveva fatto uccidere, nostalgia per l’uomo che lo aveva fatto diventare un cavaliere così da poter rendere migliore la vita di suo figlio e poi suo figlio era morto nella baia delle Acque Nere, ucciso dall’Altofuoco.
«Roccia del drago» disse Davos a voce alta guardando Jon Snow.
Era la prima volta che lo vedeva, sapeva che Rhaegar era chiamato anche il principe di roccia del drago, e ora era lì, difronte a quel grande castello circondato dall’acqua.
«Fermiamoci qui stanotte, domani andremo a parlare con Daenerys Targaryen.»
«Come ordini maestà.»
Davos preparò un fuoco per poter mangiare la selvaggina cacciata da Tormund.
Jon sedeva e fissava quel castello mentre la sua mano tormentava Lungo Artiglio.
Quante cose non sapeva di suo padre ancora, e quante di sua madre.
Non restava nulla di loro, nulla, a parte lui.
Si domandò quanto quella giovane ragazza potesse assomigliare a suo fratello, aveva sentito dire della sua bellezza, dei suoi capelli argentei e dei suoi occhi viola, tipici dei Targaryen, ma lui… Jon non aveva nulla di loro.
«Bene, perché se fosse stato il contrario saresti morto e non sopporto l’idea che possa accadere ancora.»
Sansa gli aveva detto quelle parole quando lui le aveva parlato della visione di Bran, delle differenze che c’erano tra lui e il suo vero padre.
Sansa presto tornerò a Grande Inverno e da te.
«Mangia qualcosa, devi essere in forze per domani» disse Tormund porgendogli un pezzo di carne.
Jon lo prese e lo addentò ma la verità era che non aveva fame, voleva solo che quell’incontro terminasse presto, voleva solo fare ritorno a casa e sposare Sansa.
In quel momento un’ombra scura oscurò la luna, in cielo riecheggiarono dei suoni che nessuno di loro aveva mai sentito.
Tormund mise subito mano alla spada lasciando cadere il pezzo di carne che aveva in mano, Davos lo imitò ma Jon rimase immobile ad osservare quella grande creatura volare sopra di loro, le sue ali erano giganti, era un drago.
Il drago atterrò difronte a loro senza smettere di emettere i suoi suoni.
«Merda!» esclamò Tormund senza sapere bene cosa fare, era la prima volta che vedeva un drago, oltre la Barriera di cose ne aveva viste ma un drago…
Jon aveva paura come loro, ma il suo istinto gli diceva di avvicinarsi a lui e così fece con passi incerti e con mano tremante, si avvicinò al grande drago rosso e nero che era difronte a lui, le sue squame risplendevano illuminate dal piccolo fuoco che i tre avevano acceso per la loro cena.
«Jon!» lo chiamò Tormund, lo sentiva ma non poteva e non voleva arretrare.
Il drago allungò la sua testa, Jon vide bene i suoi denti aguzzi e se avesse sputato fuoco probabilmente sarebbe morto all’istante.
«Buono» gli disse, mentre con la mano tentava di avvicinarsi, di toccarlo, era così tanta la voglia che aveva.
Il drago gli ricordò quello del suo sogno di bambino, lo aveva raccontato a suo padre e anche alla vecchia Nan, ma nessuno gli aveva creduto.
«Jon, i draghi si sono estinti da tempo» aveva risposto Ned Stark poco prima di dargli la buonanotte.
«Era vero padre, lo stavo cavalcando» ricordò di aver detto con voce entusiasta.
Si era appena ripreso dal vaiolo, ma il sogno che aveva fatto era vivido nella sua mente, era quasi più vero di lui sul letto e del padre accanto a lui.
«Devi riposare ora, non sai lo spavento che ci hai fatto prendere. Basta draghi» lo aveva ammonito Eddard Stark.
Poi gli aveva dato un bacio sulla fronte ed era rimasto al suo fianco finché non si era addormentato.

La sua mano riuscì ad arrivare alla pelle squamosa e ruvida quanto la corteccia degli Alberi Diga, si posò sopra e il drago restò fermo a fissarlo per un po’.
Daenerys era stata informata dell’arrivo dei tre, Verme Grigio era andato personalmente ad avvisarla mentre si trovava con Tyrion e Melisandre, la sacerdotessa rossa.
«E’ qui» disse Melisandre osservando il capo degli Immacolati.
Jon Snow sarai tu la nostra salvezza, sei tu il prescelto dal Signore della Luce.

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Capitolo 29
*** VENTOTTO ***


VENTOTTO

 

 


 

 

Sansa non riusciva a dormire, l’idea che potesse accadere qualcosa a Jon non la lasciava mai, l’idea che Ditocorto potesse fare qualcosa contro di lui.
Doveva impedirlo, fermarlo prima che fosse troppo tardi, ma come?
Alla fine si alzò dal letto e seguita da Spettro andò fuori, da Brienne di Tarth.
Nemmeno lei riusciva a dormire, era per questo che chiedeva di fare i turni notturni, preferiva restare sveglia a sorvegliare che tutto andasse bene, a vegliare sugli ultimi Stark che restavano.
La sua mano giocava con il leone, il pomo della sua spada, il pomo di Giuramento, forgiato con lo stesso acciaio della spada di Ned Stark, il regalo di Jaime Lannister.
Jaime - pensò lei - ti rivedrò mai?
In quel momento avvolta nella sua veste scura e pesa Sansa Stark fece la sua comparsa sulle mura di Grande Inverno, i suoi capelli risplendevano come il fuoco, sembravano essere loro la torcia che illuminava.
«Mia signora, qualcosa non va?» le domandò Brienne avvicinandosi a lei.
«No Brienne, non riesco a dormire» confessò la giovane ragazza dagli occhi come gli smeraldi.
«Prenderai freddo qui fuori.»
«Ho sopportato di peggio, un po’ di freddo non mi ucciderà.»
Era vero, nemmeno lei credeva che una ragazza come Sansa Stark potesse riuscire a sopravvivere nel mondo crudele in cui vivevano, eppure contro ogni previsione Sansa Stark era sopravvissuta, alcune parti di lei erano morte forse, ma non lei.
Sansa si avvicinò a Brienne, era alta e un po’ sgraziata, l’armatura sembrava perfetta per lei, i suoi occhi azzurri e i capelli biondi corti.
Spettro era al suo fianco come sempre da quando aveva ritrovato Jon al Castello Nero, ma avrebbe voluto che fosse con lui per proteggerlo.
«Come ci riesci?» domandò Sansa guardando quella donna in armatura.
«Non capisco mia signora» rispose Brienne aggrottando le sopracciglia, lei e Arya non erano mai davvero state delle lady, nonostante il loro rango.
«A stare lontana da Jaime Lannister.»
Quel nome detto da lei sembrava strano, troppo; i Lannister avevano causato così tanto male alla sua famiglia.
Sansa si avvicinò di più e posò la mano sul braccio di lei.
«Solo uno sciocco non lo capirebbe. So che lui per te è importante.»
«Principessa Sansa, io…»
«Non mi devi nessuna spiegazione.»
La sua mano tornò sul pomo di Giuramento, il suo regalo, ricordò ser Jaime che alzava una mano per salutarla, l’ultima volta che si erano incontrati a Delta delle Acque.
«Non so come tu ci riesca. Jon è partito da poco più di dieci giorni e… è così difficile stare qui senza di lui.»
«Il lupo bianco tornerà presto.»
«E’ quello che spero. Brienne quando la guerra sarà finita e se mai la vinceremo, potrai andare da lui, ti lascerò libera se lo vorrai.»
«No mia signora, ho giurato di proteggerti e…»
«E lo hai fatto. Grazie a te ho ritrovato Jon e ora sono a casa. Desidero che tu possa essere felice, con chiunque vorrai.»
«Anche se fossi libera, anche andassi da lui… nel suo cuore c’è un’altra donna.»
«Cersei Lannister?» domandò Sansa, quella ragazza era più intelligente di quanto si mostrasse, ciò poteva essere un bene e al tempo stesso un male, «Pensi che possa amarla ancora dopo ciò che ha fatto?»
Il vento si alzò impetuoso soffiando altra neve, portando sempre più vicina la bufera che presto li avrebbe colpiti, cercò di mantenere il controllo ma era così tanta la paura che provava, cresceva ogni giorno di più.
«Non lo so. Jaime Lannister non è il mostro che vuole far credere di essere, è un uomo buono infondo e per quanto se ne dica leale verso ciò in cui crede.»
Brienne vide un’ombra attraversare il volto della sua signora, le sua sopracciglia si aggrottarono, certo come poteva crederle?
Io so che non sei un mostro ser Jaime.
«Brienne…»
«Ha salvato tutta la popolazione di Approdo del re, se non fosse stato per lui non ci sarebbe stata altro che cenere ad attendere Robert Baratheon. E’ una lunga storia e se sapesse che l’ho raccontata a qualcuno non me lo perdonerebbe mai.»
«Non lo dirò a nessuno, ti do la mia parola, e dato che non riesco a dormire ho molto tempo.»
Restò ad ascoltare il racconto di Brienne, di come Jaime Lannister avesse salvato la vita di un’intera città uccidendo il suo re, un male minore per evitare un male peggiore; di come fosse rimasto in silenzio per anni mentre tutti lo deridevano e infangavano il suo nome e la sua reputazione chiamandolo spergiuro, uomo senza onore, sterminatore di re; tra quegli uomini c’era stato anche suo padre, Eddard Stark.
«Se ciò che mi hai raccontato è vero non resterà al fianco di sua sorella ancora per molto, e se sopravviveremo a ciò che sta arrivando allora andrai da lui.»
«Non posso farlo.»
«Lo farai o sarò io stessa a ordinartelo.»
Brienne di Tarth chinò la testa ringraziandola con i suoi occhi azzurri.
Rimasero lì in silenzio a vedere il sole sorgere e tingere di tenui colori il cielo scuro della notte, la luna e le stelle lasciarono il posto a un timido sole coperto da un cielo troppo bianco che prometteva altra neve.
Sansa avrebbe tanto voluto che Jon fosse lì con lei in quel momento ad osservare l’alba.
Verrò da te ser Jaime, mi aspetterai? - pensò Brienne stringendo forte con la mano il leone sopra la sua spada. 

 

 

 

All’alba Davos trovò una piccola barca a remi che per loro tre sarebbe stata più che perfetta.
C’era solo il mare a dividerlo da Roccia del Drago, da Daenerys Targaryen.
Era agitato, si tormentava le mani, avrebbe tanto voluto che Sansa fosse lì con lui perché con lei al suo fianco non avrebbe provato tutta la paura che sentiva.
«Ero certo che ti avrebbe arrostito quel fottuto drago» disse Tormund mentre dava un colpo di remi, mentre la barca sembrava quasi volare su quell’acqua limpida, si increspava come carta per poi tornare liscia.
«Anche io per un momento l’ho pensato» rispose Jon guardando il castello d’avanti a se.
«Manca poco» gli disse Davos cercando di calmare il suo giovane re.
«E’ la prima volta che vedo Roccia del Drago.»
«E’ solo un castello sul mare, niente di più.»
«Era il castello del mio vero padre» rispose Jon posando la mano su Lungo Artiglio.
«So che non è stato facile per te accettare tutto questo, ma sei stato fortunato nonostante tutto.»
«Lo so ser Davos, potrei essere morto e non per mano dei confratelli…»
«Robert Baratheon.»
«Non mi avrebbe permesso di vivere se avesse saputo o anche solo sospettato la verità. Sarò per sempre grato a chi mi ha protetto e cresciuto, ora capisco molte cose, cose che prima ignoravo.»
«Lord Stark era un brav’uomo e Stannis aveva grande stima di lui, tanta quanta ne aveva suo fratello Robert.»
Jon ricordò le parole di suo padre il giorno in cui si erano separati, la sua promessa che gli avrebbe raccontato di sua madre, ricordò di come aveva saputo della sua morte, ripensò alla sua fuga per andare a uccidere Joffrey, alla sua impotenza per non poter combattere al fianco di suo fratello Robb.
La barca proseguì la sua attraversata, ogni colpo di remo lo avvicinava a quel castello, e ogni volta che si avvicinava il suo cuore batteva più forte di prima.
Cosa dovrò dirle? Padre aiutami - pensò Jon chiedendo aiuto sia a Eddard Stark che a Rhaegar Targaryen.
Quando arrivarono a riva, Tormund tirò la barca sulla spiaggia e quel castello gli sembrò ancora più grande, alzò gli occhi verso il cielo e vide volteggiare su di esso altri due draghi, un po’ più piccoli rispetto a quello che aveva incontrato la notte prima ma non per questo meno pericolosi.
«Non vi faranno nulla» disse una voce maschile, Jon conosceva quella voce, l’aveva già sentita in passato, a Grande Inverno e alla Barriera, «ti stavamo aspettando re del Nord.»
«Tyrion Lannister.»
«Felice che ti sia ricordato di me. Sono il Primo Cavaliere della regina e sono qui per scortarti da lei.»
Davos fece un passo avanti, sapeva che Tyrion Lannister era responsabile dell’attacco alla Baia delle Acque Nere, lui aveva dato ordine di lanciare l’Altofuoco.
«Noi veniamo con lui» disse Tormund.
«No, la regina vuole incontrarlo da solo.»
«Jon Snow non andrà da solo, nano.»
«Nano? E’ la cosa più cattiva che ti è venuta in mente?»
«Lord Tyrion lui è Tormund Veleno dei Giganti e l’altro mio accompagnatore è ser Davos.»
«Non ho mai conosciuto lui, ma so chi sei tu ser Davos.»
«Anche io. Uccidesti mio figlio.»
«Non ricordi di averlo fatto» rispose Tyrion fissando il cavaliere delle cipolle.
«Lo hai fatto invece, con l’Altofuco.»
Tyrion abbassò lo sguardo, ricordava perfettamente quella notte, il fuoco verde che riusciva a bruciare persino nell’acqua, le grida degli uomini intrappolati sulle navi che ardevano, portava ancora una ferita di quel giorno.
«Sono addolorato ser Davos, dovevo proteggere Approdo del re. Non sono un criminale.»
Jon posò una mano sulla spalla del suo cavaliere, sapeva bene cosa significava perdere qualcuno di tanto importante, lui non aveva perso un figlio ma aveva perso gran parte della sua famiglia e due dei suoi fratelli.
«Tormund rimani qui con ser Davos. Portami da Daenerys Targaryen.»
«Dalla regina Daenerys Targaryen» lo corresse Tyrion.
Jon lo seguì, si voltò un’ultima volta per guardare i suoi uomini poi continuò a camminare seguendo il Primo Cavaliere.
Aveva paura a incontrarla, lei era sua zia, era comunque una parte di lui.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo.
Roccia del Drago era fredda, scura, e piena di ossidiana ciò che a Jon e al suo esercito e ai bruti serviva.
«Quanta ne avete di ossidiana?»
«Ossidiana?»
«Vetro di drago.»
«So cos’è, ciò che non so è perché vuoi saperlo.»
«Presto lo saprai» rispose Jon.
Salirono delle scale fino ad arrivare alle mura scoperte, lì, girata di spalle si trovava la madre dei draghi.
Aveva i capelli lunghi e argenti proprio come quelli di Rhaegar, suo fratello, erano intrecciati e legati quasi a formare una corona sulla sua testa.
Indossava un abito lungo e scuro e sopra un mantello rosso, simbolo del suo potere.
«Maestà, il re del Nord è qui.»
Daenerys tolse le mani dal muro e fece un respiro profondo, anche lei proprio come Jon Snow aveva paura.
Ci siamo, devo farlo per il mio regno.
Si voltò con le mani che ancora le tremavano per quanto tentasse di nasconderlo.
Jon rimase senza parole, era davvero bellissima e i suoi occhi erano viola come quelli di suo padre.
«Grazie mio Primo Cavaliere. E così sei tu il re del Nord. Ti stavo aspettando» disse con la sua voce cristallina, «benvenuto a Roccia del Drago, Jon Snow.»









 

Daenerys e Jon si sono incontrati, come reagirà la madre dei draghi?
Se siete curiosi vi aspetto per il prossimo capitlo!
-Lils

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Capitolo 30
*** VENTINOVE ***


VENTINOVE

 

 

 

 

Come dirglielo?
Come dirle chi era senza scatenare la sua ira?
Lo avrebbe ritenuto un pericolo? Un rivale per il Trono di Spade se avesse saputo la verità?
«Maestà, sono felice di poterti conoscere.»
«Mi hanno parlato molto di te, e sapevo che saresti venuto.»
«Mi hai chiesto di farlo.»
«Non ti sei presentato qui per il corvo che ti è stato spedito, sei qui per un altro motivo. Mi sbaglio forse?» domandò incrociando le braccia sul petto.
Daenerys era una donna bellissima e sapeva che anche con lei la vita non era stata affatto generosa, ma nonostante la sua bellezza, l’amore che sentiva per Sansa era più forte.
«No, non ti sbagli» rispose Jon sostenendo quello sguardo viola, lo stesso di Rhaegar Targaryen.
«Lord Tyrion mi ha detto che sei un uomo leale e giusto, mi ha detto queste parole anche riguardo a Eddard Stark nonostante abbia aiutato Robert Baratheon - l’Usurpatore - a rubare il trono a mio fratello Viserys e a uccidere mio fratello Rhaegar al Tridente e il resto della mia famiglia, a darci la caccia per tutta la vita.»
«Non è stato lui ad ucciderli, non era ad Approdo del re» ribatté Jon, non avrebbe mai permesso a nessuno di infangare il nome dell’uomo che lo aveva cresciuto facendolo diventare ciò che era.
«Però era al Tridente.»
«Era la guerra, non poteva tirarsi indietro.»
«E nemmeno io intendo farlo. Sono tornata qui dopo una vita passata oltre il Mare Stretto, ho perso tutto ciò che diritto doveva essere mio e intendo riprendermelo. Intendo vendicare la mia famiglia.»
«Non sono venuto fin qui per una guerra contro i Lannister, c’è un’altra guerra che incombe, una guerra più importante.»
«Tu hai bisogno di me Jon Snow, dei miei draghi, dei miei alleati. Io ho bisogno di te e del Nord per riprendere i Sette Regni. Sono stati distrutti, bruciati, insanguinati da falsi re e false regine. Aiutami a riprendere il Trono di Spade e io aiuterò te.»
«Ho accetto di venire perché ho bisogno del tuo aiuto è vero, aiutami a fermare ciò che sta venendo da Nord e io aiuterò te.»
«Mi hanno già parlato di cosa sta arrivando da Nord, ma non so se crederci.»
«Chi te lo ha detto?» domandò Jon avvicinandosi a lei, i suoi occhi erano una calamita, sembravano quasi due pietre preziose, ma gli unici occhi di cui aveva bisogno erano quelli blu come gli zaffiri, gli occhi di Sansa.
Aspettami Sansa.
«Sono stata io, Jon Snow» disse una voce che conosceva bene, Jon si voltò di scatto e dietro a lui comparve Melisandre, la donna rossa che gli aveva ridato la vita contro ogni previsione.
«Tu?»
«Sorpreso di vedermi? Sapevo che ci saremmo rincontrati, non puoi fuggire al tuo destino.»
«Ti avevo detto…»
«Di non tornare a Nord o mi avresti uccisa, ma qui non siamo nel Nord» rispose Melisandre guardandolo con i suoi occhi marroni scuro, era sempre lei, capelli rossi, veste rossa, collana rossa, restava sempre la sacerdotessa di un tempo.
«Perché sei venuta a Roccia del Drago?»
«Tu sei destinato a grandi cose, ma non puoi vincere senza la madre dei draghi e lei non può vincere senza di te. Siete come due facce della stessa moneta. Avrai bisogno di lei quando la lunga notte arriverà, avrai bisogno dei suoi draghi, loro sono fuoco fatto carne» disse Melisandre posando una mano sul braccio di quel giovane ragazzo, troppo giovane per un compito tanto grande.
Lui era Azor Ahai reincarnato.
Mio Signore, quanti errori ho commesso prima di vedere la luce.
«E’ arrivata da un paio di giorni, mi ha parlato di questa minaccia, di una bufera e di un Re della Notte. Quanto c’è di vero in questo?» domandò Danerys sospettosa e aggrottando le sopracciglia chiare quanto i suoi capelli, chiare quanto le nuvole.
«Io non mento.»
«Forse. Mi sono già fidata di una maegi in passato e lei mi ha portato via tutto quello che amavo» disse con rabbia la giovane regina d’argento.
«Io non sono Mirri Maz Duur.»
«Come puoi conoscere quel nome?» domandò Daenerys diventando più bianca, come se sentirlo pronunciare avesse rievocato spettri del suo passato, quel nome aveva smosso solo ricordi dolorosi, il volto di Drogo privo di quello spirito che lo aveva sempre contraddistinto e il volto di suo figlio comparvero nella sua mente.
«So molte cose, Daenerys nata dalla tempesta. Molte. Lei era una maegi, io sono una servitrice del Signore della Luce.»
«Non so ancora se fidarmi di te.»
«Presto lo farai.»
«Se Davos scopre che sei qui, ti ucciderà.»
«No, non lo farà. Mi odia si, ma non mi ucciderà e anche se dovesse farlo… io sono pronta, ho vissuto più a lungo di quanto tu possa immaginare, te l’ho già detto mi sono preparata a morire da molto tempo. Ma la vera domanda è: tu ti fidi ancora di me, maestà?» chiese Melisandre avvicinandosi ancora di più a lui.
«Sapevi che avrei vinto contro Ramsay Bolton, mi avevi visto combattere a Grande Inverno, avevi visto lo stemma degli Stark tornare a issarsi sul Nord.»
«Si, è stato il Signore della Luce a mostrarmelo così come mi ha mostrato molte altre cose. Ho commesso un terribile errore con Stannis, le fiamme non sono sempre facili da leggere, da interpretare. Avevo visto la neve e te in quelle fiamme. Tu sei il principe che è stato promesso, e tua è la canzone del ghiaccio e del fuoco poiché hai entrambi dentro di te» disse la donna rossa ripetendo ciò che c’era scritto nella lettera di Rhaegar Targaryen, Jon la guardò senza fiatare.
Melisandre lo guardò, sapeva, certo che lo sapeva, ma non lo aveva tradito con Daenerys.
«Cosa vuoi in cambio del tuo aiuto?» chiese Jon spostando il suo sguardo su quella figura minuta ma che trasmetteva regalità, come se fosse stata destinata ricoprire quel ruolo.
Daenerys si voltò, posò nuovamente le mani sul muro e osservò il mare, e oltre esso Approdo del re.
Casa mia - pensò lei.
«Un’alleanza duratura, ecco cosa voglio.»
«Hai la mia parola che il Nord combatterà al tuo fianco per riprendere i Sette Regni.»
«Non mi basta la tua parola» rispose lei voltandosi.
«Non ti fidi di me?»
«Non del tutto, non ancora. Ti conosco appena. Io sono la vera regina dei Sette Regni, l’ultima della mia casa, devo fare ciò che è giusto per il mio regno prima che per me stessa. E’ questo essere un sovrano, anteporre il bene degli altri al proprio.»
«Cosa vuoi allora?»
«Una solida alleanza, non quella che si stringe con una stretta di mano o firmando un pezzo di carta. Credo che l’unica soluzione per unire i Sette Regni sia il nostro matrimonio.»
Jon rimase senza parole, come poteva sposarla?
Come poteva anche solo prendere in considerazione quell’idea?
Abbassò lo sguardo, vinto dal dolore, un dolore che già in passato aveva provato, era come se un’enorme mano stesse frantumando ciò che restava del suo cuore in mille pezzi.
«Sai perché gli uomini si unisco ai Guardiani della Notte?» gli aveva chiesto Aemon Targaryen, «Lo fanno per non amare. L’amore è la morte del dovere.»
Aemon Targaryen aveva ragione, Jon aveva avuto paura dell’amore per tutta la sua vita finché non aveva amato Ygritte, finché non aveva amato Sansa.
«Farai ciò che devi per il Nord. Non importa il prezzo, accetterai le sue richieste.»
Sansa
- fu il suo unico pensiero.





Baelish osservava Sansa allenarsi quasi ogni giorno, era migliorata, i suoi movimenti erano più fluidi, sapeva maneggiare meglio la spada.
Ad un certo punto però si fermò, le energie le vennero meno e la spada sembrava pesare un quintale e se Arya non avesse avuto i riflessi tanto pronti avrebbe quasi infilzato Sansa.
Lasciò cadere Ago per afferrarla prima che toccasse terra, tutto ciò che ricordava prima di svenire era il volto di sua sorella e la sua voce terrorizzata che la chiamava.
Mentre dormiva sognò Jon, ma non era più lui.
I suoi occhi scuri erano blu e la sua pelle era ancora più pallida del solito, strinse forte le coperte, le sentiva, sapeva anche che era un sogno ma non riusciva a svegliarsi.
Arya rimase a vegliarla, ogni tanto le posava la mano sulla fronte per assicurarsi che non avesse la febbre, tanto dormire la insospettiva.
«Come sta?» chiese Gendry avvicinandosi ad Arya.
«Dorme ancora» rispose preoccupata.
«Si sveglierà vedrai.»
«Non sta sognando qualcosa di piacevole. Credevo che i suoi incubi fossero scomparsi, o almeno così mi aveva detto.»
Sansa si svegliò due ore più tardi, era quasi notte, il camino della stanza padronale era stato acceso e Spettro era sdraiato nel lato che di solito occupava Jon.
«Sansa» la chiamò Arya.
Ci mise un po’ per capire, l’ultima cosa che ricordava era che si stava allenando, cosa ci faceva lì?
«Arya. Cosa… cosa è successo?» chiese tirandosi un po’ più su.
«Dimmelo tu, sei svenuta.»
«Mi dispiace…»
«Ti stai scusando? Gendry, vai a chiamare il mastro di lady Mormont.»
«No» disse Sansa prendendo la mano di sua sorella.
«Sansa sei svenuta, una visita non ti farà male.»
«No Arya, niente maestro.»
«Non fare la bambina. Gendry, vai.»
«Gendry non farlo» lo supplicò Sansa.
Gendry osservò le due sorelle Stark senza sapere bene cosa fare.
«Perché non vuoi che ti visiti? Non capisco.»
«Perché non mi occorre un maestro. Arya, ti prego.»
«E va bene, per questa volta. Cosa c’è sotto?»
Sansa si tormentò le mani, come dirlo ad Arya?
Come dirlo a tutti?
Come dirlo a Jon?
Jon…
«Sansa, devo preoccuparmi?» chiese Arya guardandola con i suoi occhi grigi, dopo il tempo trascorso a Braavos aveva imparato a capire le bugie, e lo aveva imparato molto bene.
«No, va tutto bene.»
«Menti. Dimmi la verità o andrò io stessa a chiamare il maestro» la minacciò alzandosi dal letto.
«Va bene» acconsentì Sansa - mentre sua sorella tornava a sedersi senza smettere di guardarla - nonostante la paura la stesse divorando «ma quello che dirò non dovrà uscire da questa stanza. Non voglio che si sappia, non voglio che Baelish lo sappia.»
«Sei mia sorella. Non dirò nulla e nemmeno Gendry» rispose Arya voltandosi verso di lui.
Sansa fece un respiro profondo e cercò di calmare il tremito che andava impossessandosi di lei.
«Puoi fidarti di me Sansa. L’inverno è arrivato come diceva sempre nostro padre e ora che è davvero inverno dobbiamo fidarci l’una dell’altra.»
«Mi fido di te. Arya… aspetto un bambino» disse posando una mano sopra alla pancia ancora troppo piccola, ma che ben presto sarebbe cresciuta.






 

Eeeee sorpresa!!
Non ve lo aspettavate eh?

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Capitolo 31
*** TRENTA ***


TRENTA

 

 

 

 

Per la prima volta dopo tanto tempo Arya Stark era senza parole.
Sarebbe diventata zia!
«Ne sei certa?» domandò a sua sorella.
«Si. Ma non deve saperlo nessuno, non ancora almeno.»
«Non potrai nasconderlo per sempre.»
«Non intendo nasconderlo, ma non voglio che Ditocorto lo sappia né tanto meno che la voce giunga alle orecchie di Cersei Lannister. Crede che sia stata io ad avvelenare Joffrey e se sapesse…»
L’idea che Cersei o Ditocorto potessero fare del male al bambino che stava aspettando - al figlio di Jon - la terrorizzava.
«Tranquilla, non lo scoprirà» rispose Arya stringendo la mano della sorella.
«Vorrei che nostra madre fosse qui ora.»
«Se fosse qui ti ucciderebbe lei.»
«Forse. Non avrebbe mai accettato una cosa simile. Non me e Jon almeno.»
«Glielo dirai?»
«Si, al suo ritorno. Non affiderò questa notizia a un corvo.»
«Promettimi che lo farai Sansa.»
«Perché non dovrei? E’ Jon il padre.»
«Lo so, ora riposa un po’.»
Arya si alzò dal letto e le sistemò le coperte, stava per andarsene con Gendry quando Sansa la chiamò.
«Arya, Gendry, aspettate.»
«Ti serve altro?»
«No. Io risolverò presto la mia situazione, ma voi?»
«Sansa…»
«Gendry, se ti chiedessi una cosa tu mi diresti la verità?»
«Dico sempre la verità» rispose lui aggrottando le sopracciglia.
«Bene.»
«Non starla a sentire…»
«Oh invece mi sentirà e come, non permetterò che la tua paura ti faccia rovinare tutto Arya.»
«Questo non ti riguarda.»
«Sei mia sorella, mi riguarda. Gendry, tu la ami?» chiese Sansa Stark.
Sia lui che lei divennero rossi dalla punta dei piedi fino alle radici dei capelli scuri.
«Si» disse nonostante tutto, nonostante l’imbarazzo che sentiva.
«Ne ero certa, Arya…»
Arya si voltò verso Gendry, alzò i suoi occhi grigi verso di lui.
Io sono una Stark, io sono un lupo e i lupi non hanno paura.
Ma in realtà aveva molta paura, paura dell’amore, così come Jon infondo al suo cuore.
«Non sai quello dici» rispose Arya.
«So perfettamente quello che dico, non sei più la bambina che fuggiva travestita da maschio, sei cresciuta Arya e anche io e da quando ti ho vista nei boschi… tutto quello che volevo era proteggerti anche se non avevi bisogno del mio aiuto, così come non ne avevi in passato.»
«Ti sbagli, avevo bisogno di te e tu mi hai lasciata sola. Ti ho odiato quando te ne sei andato con quella donna vestita di rosso.»
«Non sarei dovuto andarmene con lei, ma non avevo scelta.»
«Ce l’avevi, ero io!»
«Eri ancora troppo piccola e io… non potevo essere quello che stavi cercando, eri la mia signora.»
«Cos’è cambiato ora?»
«Io. Tu.»
Sansa sorrise felice, finalmente Arya aveva trovato il coraggio di parlare con Gendry, di dirgli ciò che sentiva, anche di urlargli contro - non che in quello le sarebbe servito aiuto - le stava piacendo aiutare gli innamorati, anche Bran e Meera avrebbero avuto bisogno del suo aiuto, ma prima si sarebbe goduta questa piccola vittoria, Arya e Gendry.
Jon, saresti fiero di lei quanto lo sono io, e anche la mamma e papà e Robb lo sarebbero se fossero qui con noi. E Rickon. Anche Rickon.
Gendry le si avvicinò di più e la baciò un’altra volta, le sue braccia circondarono la vita sottile di Arya Stark.
Sansa tossì appena e per finta.
«Così farete diventare zia anche me» disse scherzosamente.
Arya la guardò e alzò gli occhi al cielo per tornare a sorridere a Gendry.
«Ora potete andare se volete, almeno che non vogliate restare con me, ma ne dubito.»
«Più tardi verrò a vedere come stai, riposati» le disse Arya tenendo per mano Gendry, la rabbia e la paura erano svanite per lasciare finalmente il posto all’amore.
Chiusero la porta dietro di loro e Sansa tornò a riposare con Spettro al suo fianco a vegliare sul suo sonno. 

 

 

 

Jon era rimasto a Roccia del Drago, Tormund e Davos lo avevano raggiunto poco dopo e quando riferì a Davos chi si trovava lì il cavaliere delle cipolle per poco non commise uno sproposito, avrebbe voluto uccidere Melisandre con le sue stesse mani, o almeno con la mano che gli restava.
Il lupo bianco ci mise un bel po’ a calmarlo, inoltre Daenerys stava aspettando una risposta, lui non la amava e non voleva sposarla, ma come poteva avere il suo aiuto senza quell’unione?
Si ritrovò nel luogo in cui aveva parlato con lei, e si chiese se il suo vero padre qualche volta fosse stato lì, proprio dove ora era lui.
Ma il volto che affollava la sua mente - oltre a quello di Sansa - era quello di Eddard Stark, cosa avrebbe fatto lui al suo posto?
Padre, cosa devo fare?
Eddard Stark avrebbe fatto ciò che era giusto a discapito di tutto e di tutti, si rispose amaramente.
«Alla fine, l’inverno è davvero arrivato» disse Tyrion Lannister avvicinandosi a Jon Snow.
«E’ così, l’inverno è arrivato.»
«E gli Stark sono tornati i signori e protettori del Nord.»
«Si, grazie a Sansa.»
«Ho sempre pensato che fosse molto intelligente e che sarebbe sopravvissuta a tutti noi, il tempo mi ha dato ragione» disse Tyrion osservando le stelle.
«Lord Tyrion so che ad Approdo del re ti sei comportato bene con lei, mi ha detto che sei stato uno dei pochi a parte la giovane Tyrell, ha pianto molto per la sua morte.»
«Mi è giunta voce, nonna Tyrell ha una gran sete di vendetta e come darle torto infondo. Ho solo fatto quello che potevo.»
«Eri suo marito…»
«Non cerco rivendicazioni, puoi stare tranquillo.»
Jon tirò un sospiro di sollievo, Sansa era finalmente libera e lui…
Perché gli dei continuano a punirci in questo modo? - pensò nonostante avesse quasi smesso di credere in loro.
«Grazie.»
«Non devi ringraziarmi, nessuno di noi aveva scelto quel matrimonio.»
«Già…»
«So a cosa stai pensando, ma è la scelta migliore per tutti.»
«No, non per tutti» rispose Jon pensando a Sansa, ai suoi capelli ramati lunghi e soffici, profumati; ai suoi occhi blu che chiedevano solo amore dopo tutte le cose terribili che avevano dovuto vedere.
«Essere re non è facile e il più delle volte non è piacevole.»
«Non posso sposarla.»
«Perché? Daenerys è una bella donna, giovane, di una nobile stirpe. Cosa te lo impedisce?»
«Sansa» rispose senza nemmeno pensarci, era lei.
«Credo di non aver capito bene.»
«Hai capito perfettamente. E’ Sansa il motivo per cui non posso sposare Daenerys. E’ una donna molto bella si, ma non è lei che amo.»
«Sansa è tua sorella» gli ricordò Tyrion.
«Il fatto che siano gemelli non ha impedito ai tuoi fratelli di amarsi, se non mi sbaglio.»
«Vuoi imitare il loro comportamento? Ti facevo più intelligente.»
«No, non voglio imitare nessuno e su una cosa ti sbagli mio signore. Sansa non è mia sorella.»
«Tecnicamente lo è per metà, ma…»
«No, non è così.»
«Forse l’aria di Roccia del Drago ti ha fatto perdere la memoria» rispose sarcastico Tyrion, ma la verità… era preoccupato per quel ragazzo.
«Ci sono cose che non sai, anche se a Nord ormai per via di Baelish non sono più un segreto. Mi domando cosa farà Daenerys Targaryen quando lo scoprirà.»
«Di cosa stai parlando?»
«Non credevo che lo avrei detto, ma mi occorre il tuo aiuto» disse Jon guardando negli occhi Tyrion Lannister, «mi hai aiutato in passato, sei stato l’unico a dirmi come fosse davvero la Barriera e mi hai aiutato anche con i miei confratelli.»
«A quanto pare non è servito a molto, da quanto so ti hanno ucciso, alla fine.»
«Si, alla fine ma sono tornato.»
«Cosa hai visto quando… quando eri morto?»
«Vuoi davvero saperlo?»
«Sono curioso per natura.»
«Nulla, non c’era nulla dopo. Solo il buio, finché Melisandre non mi ha riportato indietro ridandomi la vita.»
«Non era la risposta che speravo» affermò lui, «confidati con me, forse potrò aiutarti se sarai sincero.»
«So che lo farai, ma Daenerys non la prenderà bene…»
«Sono il suo primo cavaliere per una ragione.»
«Quando ti ho detto che Sansa non è mia sorella, non mentivo, è vero.»
«Avete lo stesso padre quindi questo fa di te suo fratello.»
«E’ questo il punto, Eddard Stark non era il mio vero padre, mi ha cresciuto come un figlio ma non lo ero.»
«Lord Stark non era tuo padre? Perché mai allora ti ha portato a Grande Inverno dicendo a tutti che eri suo figlio? Sei cresciuto con gli Stark, erano la tua famiglia.»
«E lo saranno sempre. Lo ha fatto per proteggermi, se Robert Baratheon avesse saputo la verità sarei morto ora.»
«Cosa c’entra Robert Baratheon in tutto questo?» domandò Tyrion, nonostante un vago sospetto avesse preso possesso di lui.
«Sei un uomo intelligente, hai sempre avuto una mente arguta. Perché avrebbe dovuto uccidermi? Perché ha dato la caccia alla donna che stai servendo in qualità di primo cavaliere?»
«No, non può essere.»
«Lo è, è stato Bran a dirmelo. Lui e lord Reed. Il mio vero padre era il principe Rhaegar Targaryen e mia madre…»
«Lyanna Stark» concluse Tyrion per lui «Ora si spiegano molte cose… ecco perché suo fratello ti ha portato a Grande Inverno, ecco perché ha detto a tutti che eri suo figlio.»
«Si, per tutta la vita mi sono chiesto chi fosse, dove si trovasse, perché mi aveva abbandonato, ignorando che in realtà lei era sempre stata a Grande Inverno. Devo la mia vita a Eddard Stark, sarà sempre mio padre.»
«Se Rhaegar Targaryen era il tuo vero padre questo significa che sei tu l’erede di diritto dei Sette Regni.»
«Non voglio il trono né i Sette Regni, tutto ciò che voglio è impedire agli Estranei di vincere e poter vivere in pace nel Nord insieme a Sansa e a ciò che resta della mia famiglia.»
«Anche Daenerys è parte della tua famiglia, ora.»
«La aiuterò, ma non rivendicherò il Trono di Spade. Il mio vero padre è morto per quel trono, l’uomo che mi ha cresciuto è morto per quel trono e anche mio fratello Robb. Il sud non ha mai portato bene agli Stark e io sono uno Stark di Grande Inverno.»
Jon Snow aveva finalmente deciso chi essere.

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Capitolo 32
*** TRENTUNO ***


TRENTUNO

 

 

 

 

La mattina Jon si trovava sulla spiaggia a osservare il mare che gli ricordava gli occhi della donna che amava, era azzurro nonostante il tempo, il suo moto lo aveva quasi ipnotizzato.
Dopo la conversazione con Tyrion Lannister non era riuscito a dormire, doveva dire tutto a Daenerys, loro due erano tutto ciò che restava della potente casa Targaryen, i possenti draghi, il sangue dell’antica Valyria.
Grande Inverno gli mancava, i suoi fratelli gli mancavano, Sansa gli mancava era come se l’aria entrasse per metà nei suoi polmoni, gli mancavano i suoi baci e le sue carezze, le sue mani delicate e piccole rispetto alle sue; gli mancava il suo corpo, i suoi respiri, il modo in cui aggrottava le sopracciglia, il suo sorriso.
Come poteva dividere la sua vita con un’altra donna?
«Jon» lo chiamò una voce a lui familiare.
Erano anni che non sentiva quella voce da quando aveva lasciato casa sua per prendere il nero, ma non aveva dimenticato la voce di Theon Greyjoy.
Il suo primo impulso fu quello di afferrarlo per il collo, dei quanto avrebbe voluto ucciderlo!
«Fermati!» tentò di dire Theon con le mani di Jon Snow strette intorno al suo collo.
Jon guardò i suoi occhi, Theon era cresciuto con lui, aveva giocato con lui, mangiato con lui, Theon era stato uno dei suoi fratelli nonostante non condividessero nemmeno una goccia di sangue.
Avevano imparato a combattere insieme, a tirare con l’arco insieme.
Avevano seguito le lezioni di Maestro Luwin insieme.
Con un urlo tolse le sue mani dal collo del principe delle Isole di Ferro, mentre Theon ci portò le sue per massaggiarselo.
«Grazie» disse lui fissandolo.
«Se non fosse per l’aiuto che hai dato a Sansa ti giuro che ti avrei ucciso.»
«Lo so, ho fatto cose terribili» rispose colmo di rimorso.
Ciò che aveva fatto lo aveva distrutto e poi Bolton aveva fatto il resto.
«Come hai potuto tradire Robb?! Come hai potuto prendere Grande Inverno e tradire la fiducia di mio padre!» gli urlò contro furioso il nuovo re del Nord.
«Non capiresti nemmeno se provassi a spiegartelo.»
«Provaci» rispose Jon, i suoi occhi bruciavano dalla rabbia, come aveva potuto tradire così la sua famiglia?
«Volevo rendermi degno agli occhi di mio padre, ma il mio vero padre… è stato ucciso ad Approdo del re. Ho dovuto fare una scelta Jon, ma ho fatto quella sbagliata. Amavo Eddard Stark tanto quanto te, tu non sai quello che mi ha fatto Ramsay Bolton.»
Theon tremava ancora al pensiero di quell’uomo, nonostante fosse morto, ne aveva ancora paura.
Ramsay lo aveva privato della sua virilità, lo aveva torturato, lo aveva fatto diventare un altro - Reek - lo aveva costretto a guardare mentre lui si divertiva con Sansa, il ricordo di quella notte era ancora vivido nella sua mente, i gemiti rochi di lei.
Chiuse gli occhi solo qualche istante ma tutto tornò, fu come se tutto stesse accadendo in quel momento.
Potrai mai perdonarmi? - domandò silenziosamente a Ned e Robb Stark.
«So cosa ti ha fatto e so ciò che ha fatto a Sansa.»
«Ho fatto quello che potevo, l’avrei portata alla Barriera proteggendola anche a costo della mia vita. Non c’era più nulla per me, non ero nemmeno più Theon Greyjoy ma Reek. Sono stato Reek per molto tempo, finché Sansa non mi ha ricordato chi sono davvero, finché non ho ritrovato Yara.»
«Robb credeva in te, si era fidato di te.»
«E io l’ho tradito. Ho ucciso ser Rodrik, ho ucciso dei bambini innocenti per far credere a tutti che fossero Bran e Rickon. Ho preso Grande Inverno e poi sono diventato Reek. L’ho meritato.»
Theon abbassò lo sguardo, Jon Snow aveva gli stessi occhi dell’uomo che ancora chiamava padre nonostante non lo fosse, gli stessi occhi di Eddard Stark.
Yara aveva assistito a tutto da lontano, sarebbe voluta intervenire quando quel ragazzo aveva afferrato per il collo suo fratello, ma non poteva, quella era la lotta di Theon.
Si avvicinò piano, i suoi stivali alzarono la sabbia della spiaggia.
«E così sei tu il famoso re del Nord» disse raggiungendo suo fratello.
«Si, sono io.»
«Lei è Yara, mia sorella e regina delle Isole di Ferro.»
«Ho sentito parlare di te» ammise Jon.
«E io di te, eri un Guardiano della Notte se non sbaglio e ora…»
«Sono il re del Nord» disse Jon, fiero del suo titolo «sono uno Stark di Grande Inverno.»
«Credevo che tu fossi uno Snow» rispose Yara incrociando le braccia.
C’era qualcosa in quella giovane donna, a Jon ricordò un po’ sua sorella Arya, sorrise tra se e se, quanto gli mancava casa sua.
«Non più, ora so chi sono.»
«Bene. Aiuterai la giovane Targaryen?» chiese Yara studiando bene il lupo del Nord.
«Si, se lei aiuterà me. Non è l’unica a combattere una guerra e la guerra è a Nord…»
«I Bolton sono stati sconfitti.»
«Sta arrivando una bufera, una bufera che ci travolgerà tutti e faremo meglio a essere pronti quando arriverà o sarà la fine. Non esisteranno più i Sette Regni o Grande Inverno o le Isole di Ferro se la vera guerra sarà persa.»
«Di cosa stai parlando Jon?»
«Ricordi le storie della vecchia Nan?»
«Si, le ricordo. Ci raccontava le più brutte quando non le davamo ascolto.»
«Non erano storie, l’inverno è arrivato davvero e con esso la lunga notte. Li ho visti, ho visto cosa sta arrivando e non posso batterli da solo, il Nord non può farcela da solo.»
«Sono solo favole» disse Yara.
«Lo credevo anch’io, finché non li ho visti e affrontati. Sono molti, più di quanti siamo noi, ogni persona che cade va a rafforzare il suo esercito. Tu mi conosci Theon, non mento.»
«Non lo hai mai fatto, nemmeno da bambini.»
«Gli credi?»
«Si Yara, conosco Jon da tutta la vita» rispose Theon Greyjoy guardando sua sorella.

 

 

 

I suoi incubi erano sempre gli stessi.
Jon, Arya, Bran, Gendry e Meera con gli azzurri e la pelle pallida.
Gridava i loro nomi ma loro non la sentivano, avevano lo sguardo perso nel vuoto, si muovevano ma non erano loro.
Sansa gridò nel sonno e subito Arya corse allarmata da lei.
«Sansa!» la chiamò, aveva Ago in mano e subito dietro a lei comparve Gendry.
Era sudata e respirava a fatica.
«Arya» chiamò sua sorella tra le lacrime.
Arya si sedette sul grande letto e abbracciò sua sorella, le asciugò le lacrime.
«Gendry versale un po’ d’acqua» disse mentre ancora la stringeva a se.
La aiuto a bere dato che le mani di Sansa tremavano come foglie.
Sembrava un pulcino bagnato.
«Era solo un incubo» le disse lei stringendola ancora.
«Ho paura che possa diventare realtà.»
«Cosa hai sognato di così spaventoso? E’ per il bambino? Sansa, nessuno gli farà del male.»
«No, non è per lui anche se… c’eri tu e Jon e Bran, Gendry, Meera, ma non eravate voi.»
«Non capisco…»
«Avevi gli occhi azzurri, la pelle pallida e fredda. Ti chiamavo ma non mi sentivi, Jon non mi sentiva e Bran…»
Sansa si asciugò le lacrime che ancora continuavano a cadere dai suoi occhi blu.
«Era un incubo, non si avvererà. Nessuno di noi… non moriremo né ci trasformeremo in quegli esseri.»
«Non puoi saperlo.»
«Jon non lo permetterà, sai quanto è testardo quando ci si mette no? Dubito che voglia diventare un estraneo e di certo non voglio diventarci io.»
«Vorrei che fosse qui.»
«Tornerà. Presto sarà di nuovo a casa, vedrai» le disse Arya.
Gendry osservava Sansa e ancora non si capacitava di come una ragazza come lei avesse fatto a sopravvivere, era quasi impossibile per lui crederlo, ma Sansa Stark era lì ed era viva.
«Avanti torna a dormire.»
«No, non voglio fare altri sogni così.»
«Rimango con te, non avrai altri incubi.»
«Da quando Jon è partito, sono tornati.»
«E presto se ne andranno, presto tornerà a casa da noi.»
Sansa si stese nuovamente facendo posto ad Arya, era grata che lei fosse lì, ne aveva bisogno.
Gendry le diede un bacio e poi uscì dalla stanza padronale.
«Mi dispiace, immagino che i vostri piani fossero altri.»
«Non importa.»
«Si invece, vi siete riavvicinati finalmente e io…»
«Sansa sei mia sorella, non ti lascerò sola ora.»
Sansa le sorrise poi provò nuovamente a chiudere gli occhi tenendo stretta la mano di Arya Stark.





«Non puoi! Sei ancora debole!»
«Devo andare Sam, il mio posto è accanto a lei.»
«Hai ancora bisogno di riposo e…»
«Hai fatto quello che potevi per salvarmi e un giorno mi sdebiterò lo prometto - per quanto possa valere la mia parola - ma il mio posto è al fianco di Daenerys. Sono lontano da lei da troppo tempo. Voglio esserci quando finalmente si riprenderà i Sette Regni, voglio esserci per vederla sedere sul Trono di Spade.»
Jorah l’Andalo prese quei pochi indumenti che aveva e li mise in una sacca che poi caricò in spalla.
Porse la mano a Sam, avrebbe voluto rivederlo un giorno, chissà dove le loro vite li avrebbero condotti.
«Grazie di tutto Maestro, spero di rivederti un giorno.»
«Anche io ser Jorah, tuo padre sarebbe fiero di te.»
«Ne dubito.»
«Lo conoscevo, so quello che dico. Va dalla tua regina d’argento.»
Jorah si incamminò quando all’improvviso si fermò e si voltò nuovamente verso Sam.
«Non sprecare altro tempo, quella ragazza ti ama. Io non potrò mai avere Daenerys come desidero ma la servirò fino alla fine dei miei giorni. Sam, amala tu che puoi.»
Sam rimase immobile a guardare quel grande uomo dal braccio grigio andarsene con una sacca con dentro più stracci che abiti.
Nemmeno io sono libero ser Jorah, nemmeno io - disse dentro di guardando Jorah l’Andalo lasciare la Cittadella. 

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Capitolo 33
*** TRENTADUE ***


TRENTADUE

 

 

 

 

Tyrion era seduto accanto a Daenerys che non smetteva di osservare quel grande tavolo ancora colmo di pedine, le pedine di Stannis Baratheon.
«Casa mia è così vicina, eppure…»
«Ci vorrà ancora un po’ prima che tu possa mettere piede nella Fortezza Rossa.»
«Si, ammesso che tua sorella non la faccia esplodere con l’Altofuoco» rispose preoccupata Daenerys, quanto ancora la sua gente avrebbe dovuto soffrire per le azioni di falsi re e false regine?
I Sette Regni non avevano già sofferto abbastanza?
«Jaime non lo permetterà.»
«Ha permesso che facesse esplodere il tempio di Baelor il Benedetto, o mi sbaglio?»
«Mia regina, ser Jaime non era ad Approdo del re» disse Varys che si trovava in piedi a osservare quella ragazza, la stessa che lui aveva fatto fuggire da neonata.
«Jon Snow non mi ha ancora dato una risposta, devo sapere se il Nord sarà con me o contro di me.»
«Ti aiuterà.»
«Non puoi saperlo.»
«Invece lo so» rispose Tyrion riempiendo la sua coppa con del vino, un pregiato vino di Dorne.
«Te lo ha detto lui?»
«In parte… so che ti darà il suo aiuto ma dubito che avrai altro, ho provato a convincerlo ma il re del Nord non sente ragioni.»
«Credi che io voglia sposare il figlio dell’uomo che aiutato l’Usurpatore a darmi la caccia per tutta la vita? No, ma so che è la cosa giusta da fare. Ho bisogno del Nord per vincere e il Nord ha bisogno di me.»
Tyrion guardò quegli occhi viola, occhi di una ragazza che infondo era molto spaventata, una ragazza che proprio come lui e molti altri non aveva chiesto nulla di ciò che ora doveva affrontare, era suo dovere in quanto Primo Cavaliere consigliarla per il meglio, infondo per Joffrey aveva fatto un ottimo lavoro nonostante suo nipote fosse abbastanza instabile.
«Eddard Stark era un brav’uomo.»
«E’ vero, lo era e la sua lealtà lo ha fatto ammazzare» affermò Varys avvicinandosi a loro, scostò una delle sedie e si sedette.
«Mi hai nominato tuo Primo Cavaliere, quindi farò ciò che devo al meglio, ovvero consigliarti.»
«E cosa mi consigli allora?» domandò la regina d’argento lasciandosi andare sulla sedia e togliendo le mani piccole e chiare dal grande tavolo con la mappa del Continente.
«Prima di darti un consiglio devi sapere una cosa, una cosa importane e che tutti ignoravamo, anche tu amico mio» disse Tyrion alzando la coppa verso Varys.
«Cosa?» chiese Daenerys senza smettere di guardare Lannister.
«Riguarda Jon Snow - o Stark - non so ancora come vuole farsi chiamare…»
«Tyrion…»
«Mi ha chiesto di aiutarlo, di accennarti quanto so, ciò che lui stesso mi ha detto. Vedi è complicato da spigare, ricorda che lui non è un tuo nemico e non lo sarà in futuro. Vuole aiutarti a riprendere i Sette Regni.»
«Cosa ti ha detto di tanto importante?» chiese Varys.
«E’ stato coraggioso - o stupido - dipende dai punti di vista. C’è una ragione se non vuole sposarti e non è per negarti l’aiuto che hai chiesto al Nord.»
«Allora perché?»
«E’ innamorato, il suo cuore appartiene a un’altra donna. A Sansa Stark.»
«E’ sua sorella.»
«Si, è quello che tutti abbiamo creduto, che Jon Snow fosse il figlio bastardo di Eddard Stark. Ma non è così.»
Varys aggrottò le sopracciglia mentre la regina rimase in silenzio a osservare il suo Primo Cavaliere.
«Spiegati meglio.»
«Ned Stark lo riportò a Grande Inverno finita la guerra e disse a tutti - inclusa la moglie - che il bambino era suo figlio ma tenne nascosto il nome della madre a tutti, anche a Jon Snow. E ora so il perché di tanto mistero, Eddard Stark non era suo padre anche se lo ha cresciuto come se fosse suo figlio, in realtà era suo zio.»
«Come?»
«E ora arriva la parte più interessante della storia, quella che meno ti piacerà maestà.»
«Perché?» chiese lei con un filo di voce.
«Non sei l’ultima dei Targaryen.»
«Si invece. Io e Viserys eravamo gli unici sopravvissuti. Mio padre fu ucciso da tuo fratello, mio fratello Rhaegar morì nella battaglia del Tridente e la sua famiglia fu uccisa durante il saccheggio di Approdo del re.»
«E’ vero, tutto quello che hai detto è vero… ma non sei l’ultima dei Targaryen, anche il re del Nord è un Targaryen per quanto stia rifiutando di esserlo, lo è.»
Tyrion si voltò verso Varys e vide una scintilla nei suoi occhi, finalmente aveva capito, ma Daenerys ancora no.
«Ora capisco molte cose.»
«Io no. Come può essere un Targaryen? Se lo fosse lo avrei saputo.»
«No. No perché lord Stark ha mentito a tutti per salvargli la vita, Robert Baratheon non gli avrebbe mai permesso di vivere altrimenti, non ha avuto scelta se non dire a tutti che fosse suo figlio. Era l’unico modo per salvarlo dal triste destino che era capitato alla principessa Rhaenys e al principe Aegon e a quello che sarebbe potuto capitare a te e al principe Viserys.»
«Basta giri di parole, parla chiaro.»
«Jon Snow è il figlio di tuo fratello, il principe Rhaegar Targaryen e di Lyanna Stark lady di Grande Inverno.»
«Il figlio di mio fratello?» domandò sconvolta.
Si sapeva che Rhaegar e Lyanna Stark erano fuggiti via, aveva sempre creduto che fosse stato per amore, Viserys spesso l’aveva quasi rimproverata di non essere nata prima, così Rhaegar avrebbe sposato lei e non sarebbe andato a cercare altro.
Rhaegar…
E poi all’improvviso la paura prese possesso di lei, se Jon Snow era il figlio di Rhaegar avrebbe potuto reclamare il Trono di Spade e i Sette Regni e lei aveva lottato così tanto per tornare a casa sua.
«Se è così i Sette Regni allora…»
«No, non vuole i Sette Regni. Quello che desidera è tornare a Grande Inverno e sposare Sansa Stark.»
«Che è ancora tua moglie» gli ricordò Varys.
«Sansa ha sofferto molto, non intendo obbligarla a stare legata a me, non sono mio padre né Joffrey.»
Daenerys si alzò dalla sedia che stridette sul pavimento di Roccia del Drago, strinse i pugni e se ne andò alla ricerca di Jon Snow.
Lo trovò fuori sulla spiaggia a parlare con i Greyjoy, lo osservò per un po’ restando in disparte, come poteva essere suo nipote?
Non aveva nulla dei Targaryen, ma poi si ricordò che anche Rhaenys e Aegon non avevano ereditato nulla dal sangue dell’antica Valyria, ma molto da quello dei principi di Dorne.
Yara Greyjoy le fece un segno di saluto e Jon e Theon si voltarono verso di lei.
Li raggiunse con passo svelto, Jon capì.
Lo sa, Tyrion Lannister glielo ha detto.
«Maestà» disse Yara.
«Buongiorno, devo parlare da sola con il re del Nord se non vi dispiace.»
«Certamente, andiamo Theon, parlerai con lui più tardi.»
Theon stava per andarsene quando si voltò un’ultima volta.
«Spero che Sansa stia bene e che un giorno possa perdonarmi per quello che ho fatto e anche tu e Robb, Rickon e nostro padre.»
«Non so se ci riuscirò è ancora presto Theon. Bran e Arya sono tornati a casa. Sansa sta meglio.»
«Proverò a ottenere il vostro perdono, lo prometto. So che mi hai risparmiato per l’aiuto che ho dato a Sansa, ma la verità è che stata lei a salvare me. A ricordarmi chi sono, Ramasay mi aveva ucciso e lei mi ha ridato una nuova vita.»
Theon guardò Jon un’ultima volta poi fece un inchino a Daenerys e se ne andò con Yara.
Daenerys si mise difronte a lui, le braccia incrociate, lo sguardo viola come pietre preziose.
«Voglio la verità e se oserai mentirmi Jon Snow - o qualunque sia il tuo nome - ordinerò ai miei draghi di ucciderti.»
«Te lo ha detto.»
«Si, perché non lo hai fatto tu? Perché non me lo hai detto al tuo arrivo?! Non mi piacciono le menzogne.»
«Cosa avresti fatto se te lo avessi detto? Avresti pensato a me come un nemico, non mi avresti ascoltato. Tyrion Lannister ti ha detto la verità, non ho mentito. Tuo fratello era il mio vero padre, c’è un foglio che reca il sigillo dei Targaryen e il mio riconoscimento in quanto suo figlio.»
«Ed erede» concluse lei per lui.
«Si. Ma puoi stare tranquilla, non voglio i Sette Regni.»
«Sono comunque tuoi, sei il suo erede.»
«No, non se scelgo di essere uno Stark. Mio fratello Robb mi aveva riconosciuto e nominato suo erede in caso fosse morto senza figli.»
«Allora cos’è che vuoi davvero?»
«Il tuo aiuto. Il tuo aiuto per fermare ciò che sta arrivando da oltre la Barriera, dal vero Nord come dice Tormund. Io non posso farcela da solo, ho bisogno di te, dei tuoi draghi e dei tuoi alleati. Voglio che la guerra finisca, sono così stanco di lottare non ho fatto altro da quando mi sono unito ai Guardiani della Notte, voglio vivere in pace, a Grande Inverno, con Sansa.»
Disse quel nome con un tale amore, un po’ come Jorah diceva il suo.
«Tu sei un Targaryen. Tu e io siamo gli ultimi Targaryen.»
«Ho scelto di essere uno Stark.»
«Non cambia chi sei davvero, ora più che mai serve la nostra unione. Non credere che a me faccia piacere questa idea, farei volentieri a meno di sposarti ma siamo gli ultimi rimasti e dobbiamo preservare la nostra casa» disse lei posando una mano sul suo braccio, il suo volto era così vicino, più di quanto non lo fosse mai stato, quegli occhi viola, gli stessi di suo padre, il principe Rhaegar.
«Io non posso…»
«Sei un re, i re fanno ciò che è giusto, non ciò che vogliono. Imparerai presto questa lezione.»
«Io amo Sansa.»
«Si e io amavo mio marito, Khal Drogo. E lo amo ancora anche se è morto. Io lo amo ancora» disse, i suoi occhi viola erano colmi di tristezza, di ricordi dolorosi, Jon poteva quasi vederli.
Una lacrima rotolò sulla sua pelle bianca, non poté fare a meno di asciugarla con la sua mano, come faceva con Sansa.
«Mi dispiace per tuo marito e per tuo figlio.»
«Allora aiutami, presto lascerò Roccia del Drago. Sarai con me o contro di me?»
«Con te, avrai il mio sostegno, il sostegno del Nord.»
«Farai ciò che devi per il Nord. Non importa il prezzo, accetterai le sue richieste.»
Sansa, potrai mai perdonarmi? -
disse, mentre il suo cuore si frantumava ancora una volta in migliaia di piccoli pezzi, pezzi che infilzavano la sua carne come vetro.
«Bene. Verrò con te a Grande Inverno, sconfiggeremo gli Estranei e ci riprenderemo ciò che è nostro per diritto di nascita. I draghi torneranno a sedere sul Trono di Spade e a essere i signori dei Sette Regni.»









 

Ho deciso di dedicare questo capitolo interamente a Jon e Daenerys, al loro confronto una volta scoperta la verità sulle sue origini, ovviamente è una Fanfiction.... voi cosa ne pensate? Mi piacerebbe avere altri pareri e confrontarmi con altri fans.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Lils

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Capitolo 34
*** TRENTATRE ***


TRENTATRE

 

 

 

 

Jorah l’Andalo arrivò all’alba, dopo cinque giorni di viaggio.
Roccia del Drago era lì, si stagliava alta e possente e lui si sentì tanto piccolo e inutile a confronto.
«Khaleesi» disse piano osservando con stupore quel luogo, il castello sul mare costruito dai primi Targaryen, gli antenati della donna che amava e che voleva vedere seduta sul Trono di Spade.
Daenerys era nella sala del trono con Jon Snow, stavano programmando il viaggio a Grande Inverno e l’imminente matrimonio.
Due soldati entrarono interrompendoli nonostante i suoi ordini, stavano scortando un uomo, quando Daenerys lo vide i fogli che teneva in mano caddero sul pavimento.
Guardò Jon poi si avvicinò a all’uomo che era appena entrato, quasi con le lacrime agli occhi, aveva temuto che il suo orso sarebbe morto, che non sarebbe sopravvissuto alla malattia contratta per tornare da lei.
«Khaleesi» disse la voce di lui.
Non aveva mai smesso di chiamarla così, Khaleesi, Daenerys si fermò poco prima di raggiungerlo.
«Ser Jorah» disse lei con voce bassa, temeva che quello fosse un sogno, un bel sogno, temeva di svegliarsi.
Jorah l’Andalo nonostante tutto le era mancato, le erano mancati i suoi consigli.
Lui la raggiunse e si inchinò alla sua regina, alla regina dei Sette Regni.
«Mi hai ordinato di guarire e di tornare da te e io ho obbedito. Sono qui Khaleesi, sarò con te quando conquisterai i Sette Regni, sarò con te quando finalmente sederai sul Trono di Spade.»
«Il mio orso, ho temuto che saresti morto» rispose lei aiutandolo a rialzarsi da terra.
«Non potevo morire, me lo avevi proibito.»
Daenerys gli sorrise e quel sorriso scaldò il cuore del cavaliere, tutte le sofferenze non contavano più, il sorriso di lei valeva tutto il dolore che aveva provato.
Allungò una mano per fargli una carezza, il suo volto era scavato, era più magro, stanco ma era lì, era tornato da lei.
«Grazie ser, per essere tornato da me. So che mi starai vicino e mi aiuterai come hai sempre fatto, nonostante tutto» disse, i suoi occhi viola si posarono sul suo braccio, era diverso, grigio, ma Jorah era vivo era ancora lui.
«Ser Jorah, posso presentarti il re del Nord?»
Jon si avvicinò a loro, scrutò quell’uomo, c’era qualcosa di familiare in lui e poi all’improvviso ricordò il nome.
«Sei Jorah Mormont?» chiese Jon, la sua mano finì involontariamente sul Lungo Artiglio.
«Si, sono io. Tu sei Jon Snow se non sbaglio.»
«Stark e no non ti sbagli.»
«Il tuo amico mi ha parlato di te.»
«Il mio amico?» domandò curioso Jon.
«Sam, è stato lui a curarmi.»
«Sam? Sta bene? Non ho sue notizie da molto tempo.»
«Sta bene, è diventato un Maestro ora. Anche la ragazza - Gilly - sta bene e il bambino.»
Jon sorrise, ne era felice, felice che Sam e Gilly e il piccolo Sam stessero bene.
Poi estrasse Lungo Artiglio e la mostrò a Jorah.
«Questa è tua» disse il re del Nord porgendogliela.
«Lungo Artiglio.»
Jorah la prese in mano, ricordava l’ultima volta che l’aveva vista, il giorno della sua fuga dall’Isola dell’Orso, non aveva potuto portarla via, non era giusto.
«Dove l’hai presa?»
«Me la diede tuo padre, il Lord Comandante Mormont. E’ tua.»
«No» disse Jorah dandola nuovamente a Jon.
«E’ la spada dei Mormont.»
«Si, ma mio padre l’ha data a te, doveva stimarti molto, più di quanto non stimasse me.»
«Ti prego lord Jorah.»
«Non sono più un lord.»
«Tornerai a esserlo, hai la mia parola.»
«No Khaleesi, ho perso questo onore molto tempo fa. Sai cosa ho fatto.»
«Hai commesso degli errori, ti ho perdonato per questo. Volevamo tornare a casa, ricordi ser Jorah? Tu hai creduto in me quando io stessa non ci riuscivo. Tornerai a casa.»
«Voglio stare al tuo fianco, è questo il mio posto. Non ti deluderò un’altra volta, lo prometto.»
«Lo so.»
«L’Isola dell’Orso ha una giovane lady, nonostante l’età mi è stato detto che svolge un buon lavoro.»
«Si, è grazie a lei se sono il re del Nord, ha rimesso in riga tutti i lord che non avevano dato il loro sostegno a casa Stark.»
Jorah sorrise, non era più il lord dell’Isola dell’Orso ma era felice che un’altra persone se ne stesse occupando.
«Sono lieto di sentire questo. Tienila, è tua ora.»
Jon riprese Lungo Artiglio e la rimise al suo posto.
«Sarai stanco dopo il viaggio» disse Daenerys, Jon capì che quell’uomo era importante per lei, molto importante.
«Lo sono ma ne è valsa la pena. Sam voleva che restassi alla Cittadella ancora un po’ ma il mio posto non era lì.»
«Sei guarito ser Jorah questo è tutto ciò che conta ora.»
«Con il vostro permesso io andrei, devo fare una cosa» disse Jon osservando la sua futura moglie.
Il pensiero di Sansa non lo aveva mai abbandonato, le avrebbe spezzato il cuore, l’avrebbe ferita anche più di Ramsay Bolton.
«Vai pure Jon, se ti serve qualcosa sai dove trovarmi.»
«Si, lo so.»
Jon salutò il nuovo arrivato e poi uscì da li per recarsi nella sua stanza.
Si mise a sedere e prese carta e inchiostro, doveva scrivere a Sansa, certo non le avrebbe detto una cosa simile per lettera ma doveva comunque avvisarla del loro arrivo a Grande Inverno, voleva che fosse pronta, che anche Arya e soprattutto Bran lo fossero, non sarebbe stato felice di rivedere Theon Greyjoy.




Il corvo nero arrivò a Grande Inverno un giorno più tardi, era pomeriggio e Sansa si trovava nella stanza padronale, osservava la neve cadere dal cielo grigio e posarsi ancora a terra, sopra alla altra che ormai era diventata sporca, andava a renderla di nuovo pura.
Vorrei poter tornare la ragazza di un tempo, un po’ meno stupida e superficiale - pensò osservando quei piccoli fiocchi volteggiare in aria come se stessero danzando.
Aveva avuto il piacere di incontrare Ditocorto altre volte durante l’assenza di Jon, sapeva di doverlo tenere buono ma era così difficile, l’odio che provava per lui cresceva ogni giorno di più.
Gendry bussò alla porta e Sansa gli diede il permesso di entrare.
«Come stai?» le domandò preoccupato.
Aveva notato che Sansa era sempre triste, malinconica, sorrideva poco e mangiava ancora meno.
«Al solito Gendry, cosa ti serve?» chiese forse troppo freddamente, non era in vena di visite.
«Nulla a dire il vero. E’ arrivato un corvo poco fa.»
Gli occhi blu di Sansa Stark si illuminarono, poteva essere solo una persona a mandare quel corvo.
Si avvicinò a Gendry e prese la lettera con il sigillo del metalupo ancora intatto, ci passò sopra le dita e poi guardò quel ragazzo che per quanto si sforzasse non le ricordava affatto suo padre, re Robert.
«E’ di Jon» disse con voce entusiasta.
«Cosa dice?» chiese curioso lui.
«Sta per tornare a Grande Inverno e non da solo a quanto dice.»
«Con la giovane Targaryen?»
«Si, lei e molte altre persone ed eserciti.»
«Allora è riuscito a convincerla!»
«A quanto pare si.»
Sansa strinse forte la lettera, c’era solo una ragione se lei aveva accettato di aiutarli.
Si avvicinò al suo letto e si mise a sedere.
«Sansa…» chiese Gendry preoccupato avvicinandosi a lei, si sedette sul grande letto accanto a quella fragile e caparbia ragazza, «cosa succede?»
«Nulla Gendry» rispose senza guardarlo.
Jon, a quale prezzo ci aiuterà?
«Non sarò molto istruito ma so riconoscere una bugia. Puoi fidarti di me.»
«Mi fido di te, altrimenti non ti avrei detto del bambino.»
«Allora lascia che ti aiuti.»
«Ma non puoi aiutarmi» disse lei, una lacrima cadde dai suoi occhi, quanto altro male sarebbe riuscita a sopportare? Non era stat abbastanza quello che aveva dovuto vedere e subire?
Suo padre, sua madre, due dei suoi fratelli erano morti; il male che le aveva fatto Joffrey, Baelish, Ramsay.
«Vediamo se è così.»
«Ho perso Jon» rispose con un filo di voce guardando gli occhi scuri di Gendry.
«Non puoi saperlo.»
«Lo so, ho vissuto abbastanza ad Approdo del re per sapere come vanno a finire certe cose.»
«Pensi che ti abbia dimenticata tanto facilmente?»
«No, non lo penso. Ma c’è solo una ragione se Daenerys Targaryen ci aiuterà, ho detto io stessa a Jon di accettare le sue richieste.»
«Forse ti stai sbagliando» cercò di consolarla Gendry, lui aveva vissuto tutta la sua vita a Fondo della pulci e Sansa aveva vissuto a corte, era più pratica di lui su certi aspetti e anche se aveva ignorato di essere figlio di Robert Baratheon, non era stupido, aveva capito perfettamente le parole di Sansa, Daenerys aveva chiesto qualcosa in cambio, qualcosa di duraturo e Jon… Jon doveva aver accettato la sua richiesta per un bene più grande.
«No, non mi sbaglio.»
«Cosa intendi fare?»
«Al suo ritorno deciderò, ma se ho ragione… Jon sposerà quella donna e un giorno governerà i Sette Regni al suo fianco. Io non potrei mai dargli tutto questo, ciò che è suo.»
«Hai qualcosa di più prezioso da dargli, qualcosa che vale più dei Sette Regni e del Trono di Spade» disse lui prendendo la sua mano.
Rimasero lì seduti sul letto in silenzio, Sansa apprezzò il suo gesto e il fatto che non avesse detto più nulla per confortarla, nessuno poteva confortarla, nessuno tranne Jon e lui non sarebbe mai più stato suo né sarebbe diventato suo marito un giorno come tanto desiderava.







 

Cosa farà la principessa del Nord? Parlerà con il suo re o tacerà la verità?
E come regalo di Pasqua vi lascio una piccola anticpazione:


«Ogni volta che ti sbarazzi di un nemico, ne spuntano tre e Tommen…»
«Non nominarlo! Tu non c’eri Jaime!» urlò furiosa lei posando la coppa sul tavolo.

 

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Capitolo 35
*** TRENTAQUATTRO ***


TRENTAQUATTRO

 

 

 

 

«Non avere paura di loro» disse Daenerys avvicinandosi ai tre draghi.
Jon aveva un po’ paura, ma infondo si era già misurato con Drogon - questo era il suo nome - e lui non lo aveva ucciso, forse l’aveva riconosciuto, aveva riconosciuto il sangue che scorreva nelle sue vene.
«Non ho paura» rispose avvicinandosi di più.
Drogon emise qualche nuvoletta di fumo quando tentò di raggiungere Daenerys ma non fece altro.
«Ti ricordi di me? Ci siamo già incontrati tu e io» disse Jon allungando la mano verso il drago rosso.
Viseryon e Rhaegal emisero dei suoni quando tentò di toccare il loro fratello.
«Buoni, sono anche vostro amico.»
Rhaegal - il drago verde - che portava il nome di suo padre allungò la testa verso Jon, la sua mano si posò su di lui, chiuse gli occhi solo per poco pregando che non emettessero fiamme e in caso che fosse stato immune come Daenerys.
«Non li ho mai visti tanto docili con degli sconosciuti.»
«Sanno che non sono uno sconosciuto» rispose Jon tenendo la mano sulla pelle squamosa del drago verde.
«Si, il sangue non mente» rispose Daenerys.
Drogon si alzò in volo subito imitato da Viseryon, ma Rhaegal rimase a terra con loro, Daenerys si avvicinò e gli fece una carezza, quanto erano cresciuti i suoi draghi?
Ricordava ancora il giorno in cui si erano schiuse le uova, lo aveva visto nei suoi sogni, quel giorno non l’avrebbe mai dimenticato era il giorno del funerale di Drogo.
«Dovresti provare a cavalcarlo.»
«A cavalcarlo?»
«Si, Drogon me lo lascia fare quindi penso che Rhaegal lo lascerà fare a te. Ti tornerà utile durante la battaglia.»
Gli occhi scuri di lui incrociarono quelli viola di lei, aveva bisogno di Daenerys e non solo dei draghi o degli alleati, ma in quei pochi giorni quella ragazza gli era entrata nel cuore, ma non era riuscita - né mai lo avrebbe fatto - a cancellare i sentimenti che nutriva per Sansa.
«Una volta da bambino sognai di cavalcare un drago. Lo raccontai a mio padre e alla vecchia Nan ma… non mi credettero. Infondo i draghi erano estinti prima che tu li riportassi in vita.»
«Chiamerai mai mio fratello padre?» chiese lei posando la mano sopra alla sua, era piccola, delicata quanto quella di Sansa.
«Ho bisogno di tempo, se lo chiamassi così disonorerei la memoria dell’uomo che mi ha cresciuto e protetto ma non facendolo disonoro la sua. Eddard Stark sarà sempre mio padre.»
«Credo che sia giusto… alla fine ti ha cresciuto lui.»
«Ricordi quando ti ho parlato della sua lettera?»
«Si.»
Rhaegal si scostò da loro, facendo finire le loro mani nel vuoto, una in quella dell’altro, Jon la lasciò subito, imbarazzato.
«C’è una frase che continuo a non capire.»
«Non so quanto potrò aiutarti, sai che non l’ho conosciuto.»
«Lo so, ci accomunano molte cose.»
Daenerys spostò lo sguardo in alto, nel cielo grigio nel quale volavano i suoi tre draghi, i suoi figli, gli unici figli che avrebbe mai avuto.
«Cosa diceva?» chiese senza smettere di guardarli volare, quasi danzare tra le nubi cariche di neve.
«Il drago ha tre teste. Sai cosa significa?»
Jon la osservava, era vero, avevano fin troppe cose in comune, Daenerys abbassò nuovamente lo sguardo su di lui.
«No Jon, mi dispiace. Non ho mai sentito questa frase nemmeno da Viserys anche se Viserys non mi diceva granché su Rhaegar, quel poco che so mi è stato detto da ser Barristan.»
«Cosa ti ha raccontato su di lui?» domandò curioso, i suoi occhi supplicavano risposte, Sansa gli aveva promesso che le avrebbero trovate insieme.
Sansa, quanto vorrei che fossi qui con me ora, vorrei sentire la tua mano nella mia, vedere i tuoi occhi grandi occhi blu.
«Che il popolo lo amava e lui amava il popolo che lo voleva come re. Che amava suonare e spesso si travestiva da menestrello, i soldi che otteneva li donava ai bambini degli orfanotrofi e hai più bisognosi e che qualche volta andava nelle taverne a bere con ser Barristan.»
«Si travestiva da menestrello?»
«Si, credo che la vita di corte fosse troppo soffocante per lui. Sarebbe stato un buon re, ne sono certa. Spero che il popolo possa amarmi un giorno tanto quanto amava lui.»
«Lo faranno, sarai una grande regina Daenerys.»
«E tu un grande re, il titolo ti spetta di diritto. Non combattere contro te stesso e ciò che sei Jon.»
«Ho scelto chi essere, voglio onorare la memoria di mio fratello Robb.»
«Lo so, ma resti comunque l’erede dei Sette Regni.»
«No, io non ho mai lottato per averli, ma tu lo hai fatto, sono tuoi. Ti prometto che vinceremo questa guerra, voglio che Cersei Lannister paghi per tutto il male che ha fatto a Sansa e alla mia famiglia.»
«Pagherà, non sei l’unico a volerlo. Anche Tyrion nonostante sia sua sorella lo desidera.»
«Finito l’inverno ho promesso a Sansa che i Lannister avrebbero pagato i loro debiti e con gli interessi e non soltanto loro.»
«Sarà così, puoi starne certo, ho fatto avverare ogni cosa che ho detto.»

 

 

 
Ad Approdo del re non tirava un’aria allegra, né la gente si sentiva al sicuro ora che Cersei Lannister sedeva sul trono ed era regina dei Sette Regni.
Jaime aveva discusso già con lei diverse volte, aveva chiesto spiegazioni, aveva chiesto cosa fosse accaduto a Tommen.
Aveva visto morire Joffrey senza poter fare nulla e poi la sua unica figlia, una ragazza bellissima e pura e innocente era morta tra le sue braccia, e ora anche Tommen…
Tutte quelle persone che lui aveva salvato dal re Folle erano morte per mano di sua sorella, la donna che aveva amato per tutta la vita, la sua metà.
Una parte di Jaime Lannister però nutriva un sentimento profondo per un’altra donna, una donna che aveva prima disprezzato e poi ammirato e che infine una parte di lui amava.
Jaime la osservava cupo, non c’era più nulla per lei che valesse, nemmeno la sua vita sembrava avere valore.
E’ forse questa la punizione per aver ucciso Aerys? - chiese a se stesso o agli dei, non aveva mai creduto granché, suo padre dopo la nascita di Tyrion la morte della lady di Castel Granito gli aveva detto che gli dei non esistevano, il popolino credeva in loro, Tywin Lannister non era mai stato un uomo credente o devoto.
Cersei aveva perso tutto quello che più contava per lei, i suoi figli, tutti e tre i suoi figli; non esisteva altro se non buio e dolore, non c’era più gioia, amore o voglia di vivere per loro ma solo la voglia di vendicarli.
«Smettila di guardarmi così» le disse mentre si versò del vino nella sua coppa d’orata.
«Come dovrei guardarti?» chiese lui con rabbia.
«Ho fatto ciò che dovevo per sbarazzarci dei nostri nemici.»
«Ogni volta che ti sbarazzi di un nemico, ne spuntano tre e Tommen…»
«Non nominarlo! Tu non c’eri Jaime!» urlò furiosa lei posando la coppa sul tavolo.
I suoi capelli erano ancora corti e gli occhi colmi di rabbia e odio.
«Se fossi stato qui non ti avrei permesso di fare una cosa simile. Ho ucciso l’uomo che avevo giurato di proteggere per ciò che tu hai fatto!»
«Vuoi uccidere anche me? Così ti chiameranno anche sterminatore di regine, oltre che di re» rispose Cersei con umorismo macabro.
«Hai ucciso degli innocenti.»
«E tu Jaime? Non hai mai ucciso degli innocenti? Devo ricordarti di Brandon Stark, o dei figli del principe Rhaegar Targaryen?»
«Non li ho uccisi io quei bambini, non sono un mostro. Ho fatto ciò che ho fatto per te, per impedire che le nostre teste andassero ad adornare la Fortezza Rossa, l’ho fatto per impedire che quelle di Joffrey, di Myrcella e di Tommen ci seguissero su delle picche!»
«E a cosa è servito? Sono morti lo stesso» disse lei alzandosi e raggiungendolo, «non mi hai creduta quando ti ho parlato della profezia della maegi, ma tutto ciò che ha detto si è avverato. Mi disse che non avrei sposato il principe ma il re e ho sposato Robert. Mi disse che io avrei avuto tre figli e Robert cinquanta. Mi disse che sarebbero morti e d’oro i loro capelli e d’oro i loro sudari, ed è stato così. Joffrey è stato ucciso da quella puttana di Sansa Stark, ti giuro che vedrò la sua testa così come ho visto quella di suo padre e che non gli basterà l’intero Nord per fuggire da me. La mia unica figlia è stata uccisa da quei maledetti Dorniani per colpa di Tyrion e Tommen…» non riuscì a finire la frase, il suo cuore era rotto, spezzato e impossibile da riparare, nemmeno Jaime ci sarebbe riuscito.
«Vattene.»
«Questa conversazione non finisce qui» disse Jaime avvicinandosi alla porta, poi guardò un’ultima volta sua sorella e uscì sbattendola forte dietro di lei.




Sansa bussò alla porta di Bran e fu Meera Reed ad aprirle, cosa che non la sorprese affatto.
«Non volevo disturbarvi ma devo parlare con te Bran» disse avvicinandosi al letto di suo fratello.
Bran afferrò la maniglia che pendeva dal soffitto e si tirò su aiutato da Meera.
«Bene, io vi lascio soli allora.»
«Grazie Meera» disse Sansa voltandosi verso la ragazza che ormai era quasi alla porta, lei fece un ultimo sorriso a Bran e poi se ne andò.
«E’ molto carina» disse Sansa sorridendo a suo fratello.
«Lo è» ammise lui.
«Glielo hai detto?»
«Dubito che tu sia venuta qui per parlare di Meera.»
Bran era cresciuto, era quasi un uomo ormai ma tutti i suoi sogni e i suoi desideri si erano frantumati quando era caduto da quella torre.
«E’ vero, non sono venuta per parlarti di Meera, ma di Jon.»
«Gli è successo qualcosa?» domandò Bran preoccupato.
«No, sta bene Bran. E’ arrivato questo ieri» disse porgendogli la lettera.
Bran la prese e ripassò il sigillo del metalupo, il sigillo degli Stark.
«Presto sarà di ritorno a Grande Inverno e non sarà solo.»
«Daenerys Targaryen ci aiuterà?»
«Si a quanto pare lo farà…»
«Non sembri contenta di questo.»
«Vorrei esserlo, ma avremo il suo aiuto a un caro prezzo Bran.»
«Jon.»
Sansa annuì, si, sarebbe stato lui il prezzo da pagare, l’uomo che amava sarebbe diventato il marito di un’altra donna.
«Non verrà solo… Daenerys ha degli alleati come già sai. Ha Alto Giardino, Dorne, e parte delle Isole di Ferro. Theon è un suo alleato e se lei verrà a Grande Inverno…»
«No» disse Bran con rabbia.
«Bran, Theon è un suo alleato.»
«Non mi importa Sansa. Ha ucciso ser Rodrik! Ha tradito Robb e ha preso Grande Inverno!»
«Theon ha commesso molti errori lo so bene, l’ho odiato per molto tempo, l’ho odiato per aver tradito nostro padre e Robb e Grande Inverno ma se non fosse stato per il suo aiuto, non sarei qui con te ora. Ramsay lo ha torturato fino a fargli dimenticare il suo stesso nome.»
«Non cambia ciò che ha fatto. Quei bambini che ha ucciso facendo credere a tutti che fossimo io e Rickon… li conoscevo Sansa, li avevo mandati io in quella fattoria e lui li ha uccisi per colpa mia.»
«No Bran, non è stata colpa tua» disse lei prendendo la mano del fratello, «fallo per me, per Jon. Avrà bisogno del nostro sostegno non possiamo discutere tra di noi, non ora Bran. Ti prego.»
«Ci proverò Sansa, non posso prometterti di più.»
«Grazie» rispose lei, poi gli diede un bacio sulla fronte e scompigliò i suoi capelli, quel gesto ricordò a Bran sua madre, anche Catelyn Tully faceva così con lui, sempre e Sansa era uguale a lei.
«Quando Jon tornerà, vi sposerete.»
«Non accadrà.»
«Accadrà, io l’ho visto. Ho visto il vostro matrimonio, il parco degli Dei e la neve.»
«Non è me che sposerà» disse e quelle parole furono come delle pugnalate.
«L’ho visto Sansa e non solo il vostro matrimonio» disse suo fratello posando una mano sulla sua pancia, con delicatezza.
«Perdonami, avrei voluto dirtelo ma… ho così tanta paura Bran.»
«Non devi, andrà tutto bene. Le visioni non mentono.»
«Vorrei tanto crederti» rispose Sansa, avrebbe voluto non piangere, mostrarsi forte con suo fratello ma non ci riusciva, era diventata più fragile, debole ed emotiva.
«Sarà un maschio» rispose Bran asciugandole una lacrima.
«Un maschio?» rispose lei quasi sorridendo e toccandosi la pancia.
«Si, il futuro re del Nord.»
Sansa abbracciò suo fratello e rimasero lì, su quel letto a piangere come non facevano da tempo.

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Capitolo 36
*** TRENTACINQUE ***


TRENTACINQUE

 

 

 

 

Dopo aver parlato con Bran era tornata nella sua stanza, aveva ordinato di accendere il camino e di farsi portare dell’acqua calda per il bagno.
Fuori nevicava, i vetri della camera erano appannati, tutto le ricordava Jon.
Due ancelle riempirono la vasca, lasciarono lì i teli bianchi e gli unguenti da massaggiare dopo il bagno sul suo corpo.
Immerse anche la testa, i suoi capelli lunghi e ramati divennero un po’ più scuri e le si incollarono al viso, li scostò con le mani e rimase nella vasca avvolta dal silenzio e dal caldo che proveniva dalla legna che bruciava nel grande camino, - illuminando le pallide cicatrici che Joffrey le aveva lasciato, le stesse cicatrici che l’uomo che amava tante volte aveva percorso con le sue dita, come lei faceva con lui - della stanza che era stata di Eddard e Catelyn Stark.
La sua pancia stava cambiando, ogni giorno Sansa notava qualcosa di diverso, minuscoli cambiamenti ma che la rendevano immensamente felice, le sembrò un pochino più grande, stava assumendo le rotondità proprie di una gravidanza e Arya aveva ragione non avrebbe potuto nasconderlo per sempre e non voleva.
Era certa che il bambino sarebbe assomigliato a Jon, avrebbe avuto i suoi capelli scuri e i suoi ricci e forse i suoi occhi blu, sarebbe stato perfetto, un misto di entrambi, aveva già scelto il nome e sapeva che Jon sarebbe stato d’accordo con lei.
Ma il suo ritorno la spaventava, sapeva già di averlo perso, ogni giorno che passava ne era certa.
In tutta la sua vita Sansa Stark non aveva mai davvero amato, nemmeno Joffrey; era stata una stupida ragazzina infatuata più del titolo di regina che del principe che avrebbe dovuto sposare.
Joffrey si era dimostrato un mostro crudele e Ramsay era stato anche peggio di Joffrey.
Sentiva ancora le sue mani percorrere il suo corpo, le sue unghie incidere la sua pelle, non avrebbe mai dimenticato quelle violenze.
E poi era arrivato Jon; Jon era stato la sua ancora di salvezza, la sua luce, Jon era la persona che amava davvero e ogni giorno ringraziava gli dei e il sacrificio che aveva fatto sua zia Lyanna, li ringraziava in silenzio per averlo al suo fianco.
Quando si alzò dalla vasca l’acqua cadde dal suo corpo come la rugiada dai fiori, acqua pura, non più calda, un po’ più scura forse, ma ancora acqua.
Si avvolse nel morbido telo bianco.
L’indomani si sarebbe occupata dei preparativi per ricevere al meglio Jon e i nuovi alleati del Nord tra cui Daenerys Targaryen e anche tre enormi draghi.
Fasciò i lunghi capelli ramati in un altro telo bianco, aprì la porta della camera e fece entrare Spettro che proprio come lei sentiva molto la mancanza del suo padrone.
«Tra qualche giorno sarà di nuovo a casa» disse accarezzando il suo pelo bianco, in Spettro spesso rivedeva Lady e Lady le era mancata davvero molto in quegli anni, poi si sdraiò nel grande letto che sembrava così vuoto senza Jon al suo fianco e Spettro saltò su e si mise accanto a lei.
La sua mano strinse la pelliccia del metalupo dagli occhi rossi come i rubini.
«Solo qualche altro giorno Spettro.»




Jon con Daenerys, il suo seguito e i tre draghi arrivarono a Grande Inverno una settimana più tardi, tutti erano fuori schierati, pronti a ricevere con tutti gli onori il re del Nord.
Sansa era in prima fila, i capelli acconciati in modo diverso dalla solita treccia austera, un vestito azzurro scuro con una manica decorata con delle rose, il suo cuore perse dei colpi quando finalmente la rivide, era ancora più bella di quando l’aveva lasciata, ricordava le loro mani unite che non volevano strecciarsi come un nodo impossibile da sciogliere.
I suoi occhi - i suoi grandi occhi - blu le erano mancati così tanto, lei le sorrise e Jon ricambiò anche se avrebbe voluto lasciare tutti indietro, correre da lei e baciarla; ma non lo fece, la guardò come se fosse la cosa più bella del mondo.
Sansa, non ho mai smesso di pensare a te.
Il sorriso di lei morì poco dopo quando Daenerys raggiunse il re, era davvero bella.
Capelli argentei, occhi viola, fisico perfetto.
Daenerys Targaryen sembrava nata per essere una regina, Sansa la invidiò, certo che Jon avrebbe preferito una donna perfetta come Daenerys a una donna usata come lei, nonostante tutto tentò di mantenere il sorriso e la compostezza propria di una lady, di una principessa, Sansa era questo ora, la principessa del Nord.
Daenerys si guardava intorno, non aveva mai visto la neve prima di allora, e mai tanta in quel modo, guardava tutto con meraviglia, come una bambina, era la prima volta che vedeva e metteva piede nel Nord.
I suoi occhi incrociarono subito quelli di Sansa Stark, era una ragazza molto bella proprio come l’aveva descritta Tyrion; alta, capelli ramati e profondi occhi blu, le sorrideva ma aveva capito che era solo un sorriso di circostanza ma lei ricambiò.
Jon si fermò d’avanti a lei.
«Maestà, ben tornato a casa» disse Sansa senza muoversi di un millimetro, senza fare nulla anche se avrebbe solo desiderato gettargli le braccia al collo, Arya la guardava scuotendo la testa mentre Gendry la fissava con i suoi grandi occhi scuri.
«Sansa» bastò il suo nome, il luccichio nei suoi occhi, Jon fece un passo e si avvicinò ancora di più a lei e finalmente lo abbracciò, non sopportava quella distanza era davvero troppo averla lì a due passi non poterla nemmeno abbracciare.
Si staccò da lei e abbracciò Arya scompigliandole i capelli, poi strinse la mano a Gendry, abbracciò Bran e Meera, ma i suoi occhi erano solo per la maggiore degli Stark.
Gli alfieri erano schierati ai lati di ciò che restava della sua famiglia, guardavano in modo torvo la giovane regina dei draghi, non si fidavano di lei ma di lui.
Baelish sorrideva tra se, era certo che quella sarebbe stata la fine per il re del Nord, che così si sarebbe sbarazzato di quei due, avrebbe preso Sansa e con lei avrebbe governato i Sette Regni, ma prima si sarebbe sbarazzato del futuro re del Nord.
«Lei è Daenerys Targaryen, la madre dei draghi e regina dei Sette Regni» disse Jon presentandola a tutti, Lyanna Mormont fece un passo in avanti, era una bambina ma l’ultima cosa che le mancava era il coraggio.
«Il Nord ti da il benvenuto, Daenerys Targaryen» disse lady Mormont senza smettere di osservarla.
«Grazie mia signora» rispose lei educatamente, aveva una voce cristallina come un ruscello di montagna - notò Sansa.
«Daenerys lei è lady Lyanna Mormont dell’Isola dell’Orso» disse Jon presentandogliela.
«Ho sentito parlare di te lady Mormont.»
«Anche io. Sappi che qui al Nord ci sono delle regole e sappi anche che il Nord non dimentica.»
«Lo ricorderò» le rispose prontamente Daenerys.
Jorah si avvicinò alla sua Khaleesi, non vedeva quella bambina da anni, l’ultima volta che l’aveva vista doveva avere all’incirca tre anni.
«Lady Lyanna, posso presentarti una persona?» chiese Daenerys voltandosi verso il suo cavaliere, il suo orso, «Probabilmente non lo ricorderai, ma lui è ser Jorah Mormont, mio cavaliere e consigliere. Gli devo molto» disse posando la mano sul suo braccio devastato dal Morbo Grigio.
«So chi è e so anche che non dovrebbe essere qui, lord Eddard Stark lo mandò in esilio.»
«E’ vero» rispose il cavaliere esiliato.
«Ser Jorah ha commesso degli errori, come tutti noi del resto ma io l’ho perdonato e ora il suo esilio è giunto al termine. E’ un mio consigliere e amico» ammise lei guardandolo.
«Khaleesi…»
«Voleva tornare a casa come me e ora finalmente entrambi stiamo per tornare a casa, vorrei che potesse avere anche il tuo perdono.»
«Io eseguo gli ordini del re del Nord» rispose la ragazzina fissando Jon intensamente, Daenerys alzò i suoi viola su i suoi scuri.
Lyanna Mormont era tosta, testarda e coraggiosa, non poteva avere un altro nome.
«Mia signora, ser Jorah è un nostro alleato ora, vorrei che potesse avere il tuo perdono» disse Jon.
«E sia, che il suo esilio si ritenga concluso ma non avrà altro da me. Sono io la lady dell’Isola dell’Orso» rispose con tono di sfida Lyanna.
«Puoi stare tranquilla, non desidero nulla solo servire la vera regina dei Sette Regni e poter rivedere la mia casa.»
Sansa si voltò verso su fratello, Bran aveva gli occhi fissi su una persona, avevano già parlato di ciò ma ritrovarsi Theon di fronte non era semplice.
«Non lo voglio a Grande Inverno» disse la voce di Bran, a Jon non servì altro, sapeva di chi stava parlando suo fratello.
Sansa guardò Jon, poi si spostò dal suo posto e lo raggiunse, posò la sua mano sopra alla spalla di lui.
«Bran, per favore…» provò lei.
«No, mi dispiace Sansa. Non posso» rispose lui quasi con le lacrime agli occhi.
«Bran, Theon è un nostro alleato ora» disse Jon raggiungendo i suoi fratelli.
«E’ un suo alleato, non nostro» obiettò lui.
«I miei alleati sono anche i vostri alleati, io e Jon abbiamo un accordo.»
«Non mi importa, non lo voglio a Grande Inverno. Ha ucciso ser Rodrik, Jon! Lo ricordi? Ricordi ser Rodrik?»
«Non potrei mai dimenticarlo, mi ha insegnato lui a combattere. Bran, Theon ha commesso molti sbagli e ti assicuro che anche io avrei voluto vendicarmi ma ha anche aiutato Sansa, è anche grazie a lui se lei è qui.»
«Mio fratello ha pagato un caro prezzo per i suoi errori» disse Yara Greyjoy.
«Non mi fido di lui.»
«Non hai molta scelta principe Brandon, i Greyjoy mi appoggiano e questo significa che appoggiano anche Jon e con Jon l’intero Nord. Non verrò meno al patto stretto con loro. Li aiuterò a riprendere le Isole di Ferro e loro aiuteranno me a riprendere i Sette Regni.»
«Mi dispiace Bran, per tutto.»
«Tu hai tradito Robb!» gli urlò furioso lui, «era tuo fratello Theon! Hai tradito mio padre e la sua fiducia prendendo Grande Inverno! Hai ucciso l’uomo che ti aveva insegnato a combattere e gli orfani che avevo mandato in quella fattoria!»
«Si! Si ho tradito Robb, e Eddard Stark, ho ucciso ser Rodrik e quei bambini. Ho fatto tutto questo Bran è vero. Spero solo che un giorno…»
«Scordatelo, non ti perdonerò mai Theon! Mai!»
Sansa tolse la mano dal braccio del fratello mentre un uomo lo sollevava per portarlo via dal cortile e Meera lo seguì subito, non conosceva Theon ma avrebbe sostenuto comunque Bran.
«Mi dispiace Jon, ero quasi riuscita a convincerlo.»
«Gli passerà, deve solo abituarsi all’idea.»
«Non gli passerà» disse Arya «e non puoi fidarti di lui. Bran ha ragione, ha tradito Robb cosa gli impedirà di fare lo stesso con te?» chiese indicando Theon.
«Ti vogliono bene qui, fratellino» rispose Yara.
«Non è stato l'unico a tradire Robb.»
«Si e chi lo ha tradito e ucciso ora è morto, me ne sono occupata personalmente» rispose Arya.
Gli alfieri rimasero in silenzio.
Sansa rimase in silenzio.
Come poteva giudicare Arya dopo ciò che aveva fatto a Ramsay?
Non ne aveva nessun diritto.
«Non vi tradirà, avete la mia parola» disse Daenerys cercando di dare sostegno a Jon, lui la ringraziò con lo sguardo e quel gesto non passò in osservato agli occhi di Sansa.
Un ringraziamento muto, un segno di complicità.
Jon, ti ho davvero perso, non è così?
Sansa chiuse gli occhi, si sentì mancare un'altra volta ma Gendry fu più veloce e la sostenne, Jon era preoccupato, cosa stava accadendo e cosa era accaduto durante la sua assenza?
«Non ti conosco, non mi fido ancora di te» rispose Arya.
«E di me?» chiese Jon.
«Sei mio fratello» rispose lei e il re del Nord le fece un debole sorriso.
«Sarà meglio rientrare ora» disse Jon, si avvicinò a Sansa e la aiutò a rientrare dentro il castello, la accompagnò nella stanza padronale e la fece sedere sul letto.
Si mise accanto a lei e le fece una carezza.
«Non sai quanto mi sei mancata Sansa» disse lui guardandola con i suoi occhi scuri.
«Anche tu, molto» rispose posando la testa sulla sua spalla, una lacrima cadde dai suoi occhi «so già tutto, so già di averti perso» disse stringendo la sua mano e con la voce che già sapeva di pianto, la saliva che le impastava la bocca.
«Non mi hai perso, non mi perderai mai.»
«Non mentirmi Jon, non ne sei capace» disse senza riuscire a guardare il suo volto, ancora con la testa poggiata sulla sua spalla.

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Capitolo 37
*** TRENTASEI ***


TRENTASEI

 

 

 

 

Sansa sapeva di avere ragione, sapeva già cosa aveva chiesto Daenerys Targaryen e sapeva la risposta di Jon.
«Dimmi la verità» disse lei stringendo la sua mano, accarezzando il suo volto, la barba che continuava a punzecchiargli il palmo, le era mancato così tanto quel gesto; gli occhi scuri di Jon le erano mancati e i suoi capelli, il suono della sua voce, il modo in cui pronunciava il suo nome, le sue labbra e soprattutto il battito del suo cuore che la calmava durante gli incubi.
«Sansa…»
«Cosa ha chiesto in cambio del suo aiuto?» chiese guardandolo dritto negli occhi, voleva mostrarsi forte e coraggiosa, fiera com un lupo ma era solo fragile e spaventata e triste.
Jon non trovava le parole, come poteva dirglielo?
La amava, la amava con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima, era Sansa che desiderava sposare nel Parco degli Dei di Grande Inverno, era con lei che voleva legare le mani, con lei voleva passare ogni giorno che gli restava, con lei desiderava avere dei figli; bambini che avrebbero portato nuova gioia in quel castello colmo di tristi ricordi, piedini che avrebbero corso nei lunghi corridoi del castello, risate, pianti, amore.
«Jon, ti prego…» lo supplicò lei, quel silenzio era già la risposta ma finché lui non lo avrebbe detto apertamente… come poteva arrendersi così?
«Ha proposto la nostra unione.»
«Hai accettato» disse lei, non era una domanda ma Jon le rispose lo stesso.
«Si» lo fece con voce flebile, fu poco più di un sussurro.
Il cuore di Sansa si frantumò ancora di più, piccoli pezzi, schegge simili a vetro le perforavano la pelle, altre cicatrici invisibili che avrebbero sanguinato per sempre.
Ti ho perso davvero allora.
«Sansa io…»
«Hai fatto quello che dovevi Jon, sei un re e come tale devi agire» disse accarezzando il suo viso, ma non poté impedire alla lacrime di rigarle le guance, guance simili a porcellana, Jon le asciugò con la sua mano e poi la baciò intensamente, aveva bramato le sue labbra così a lungo nelle settimane che erano stati separati.
«No» disse lei allontanandolo da se, anche se le stava costando molto.
«Non voglio rinunciare a te, a noi.»
«Devi farlo, solo così potrai salvare il Nord e il resto del mondo.»
«Non mi importa se non posso averti al mio fianco.»
«Sarò sempre al tuo fianco, ti sosterrò lo prometto, ma resterò in disparte e quando ti vedrò seduto sul Trono di Spade gioirò sapendo che finalmente i Sette Regni avranno un re buono e giusto.»
«Non voglio i Sette Regni, voglio te Sansa Stark» disse lui con una voce disperata.
«Io non potrei mai darti tutto questo, sei il figlio dell’ultimo dei draghi il trono è tuo di diritto, sarai un buon re Jon.»
«E tu una grande regina Sansa.»
Sansa avrebbe voluto dirgli del bambino, dirgli tutto, ma non poteva.
Jon e Daenerys si sarebbero sposati, avrebbero formato una loro famiglia, avuto dei figli, lei sarebbe stata solo un impedimento e non poteva e non doveva esserlo, Jon sarebbe rimasto con lei lo sapeva, ma Grande Inverno non era il suo posto, non più.
Lasciò andare la sua mano e si alzò, cercò di ricomporsi al meglio, Jon la osservò, era cambiata così tanto in pochi giorni e lui le aveva appena spezzato il cuore, proprio ora che stava nuovamente guarendo dopo tutto il male ricevuto, un male che Sansa non si meritava.
«Non smetterò mai di amarti Sansa» disse Jon poco prima di vederla sparire oltre la porta della stanza che per molte notti avevano condiviso.
Prese a pugni il materasso maledicendo se stesso per tutto ciò che stava accadendo, per il dolore che le stava causando.
Sansa scese e corse via fino al Parco degli Dei, fino alla panca di pietra accanto all’albero diga, la sua terribile faccia scolpita che la fissava e che sembrava giudicarla.
Sentì dei passi calpestare la neve fresca, passi che si avvicinavano sempre di più ma non guardò, rimase con la testa china a piangere, non desiderava altro.
«Mia signora» disse una voce che tante volte aveva sentito ad Approdo del re.
Tyrion le si mise difronte, Sansa alzò lo sguardo e si asciugò le lacrime cercando di ricordare a se stessa chi era, lei era una Stark di Grande Inverno e una principessa del Nord.
«Lord Tyrion» rispose con una voce che ancora sapeva di pianto.
«Sono lieto di rivederti, soprattutto sapendo che sei finalmente a casa.»
«Anche io sono felice di rivederti. Lord Tyrion, io… non ho ucciso Joffrey, lo giuro io…»
«Ti credo Sansa, so che non sei stata tu. Ciò che non so è perché sei fuggita se eri innocente?»
«Non volevo, mi hanno fatta fuggire» ammise guardando l’uomo che era stato suo marito, si erano incrociati al loro arrivo ma nessuno dei due aveva parlato, quello non era il momento per farlo ma ora erano soli.
«Posso immaginare anche chi… non preoccuparti. Volevo anche rassicurati in caso non lo abbia fatto Jon che per quanto mi riguarda puoi considerare nullo il nostro matrimonio. Non ti costringerò a restare con me, infondo nessuno di noi due aveva scelto quell’unione» disse Tyrion Lannister guardando quella giovane ragazza con cui la vita era stata davvero troppo crudele.
«Grazie mio signore, ma anche se sono libera dalla nostra unione…»
«Jon? Mi dispiace Sansa, ma il suo matrimonio con Daenerys è importante.»
«Lo so, Jon farò ciò che deve a discapito di tutto come avrebbe fatto nostro padre. Così potrà finalmente riprendere ciò che da sempre sarebbe dovuto essere suo.»
«Lo ami molto.»
«Si, molto» ammise Sansa, tutto era bianco intorno a loro, eppure era molto tempo che non si sentiva pura, solo Jon riusciva ancora a farla sentire così.
«Se può consolarti… si sta comportando come un vero re» disse Tyrion prendendo la sua mano; Sansa aveva dimenticato fino a quel momento quanto fosse strana e tozza la mano dell’uomo che era stato suo marito, molte volte gliela aveva offerta, «sei una donna ora, sei stata forte per molto tempo Sansa, resisti ancora.»
«Sono stanca di essere forte. Qualche anno fa non desideravo altro che lasciare il Nord per la capitale, sposare Joffrey e diventare regina e ora invece è tutto cambiato. Ero una ragazzina stupida con stupidi sogni.»
«E’ questo il bello di noi uomini» disse Tyrion guardando i suoi occhi blu, «i nostri sogni, giusti o sbagliati che siano. Altrimenti saremmo degli Dei.»
«Non credo più in loro, ho smesso di farlo quando ho visto la testa di mio padre su quella picca» rispose con gli occhi che andavano colmandosi di lacrime.
«Ammiravo tuo padre, era un uomo giusto, leale, non meritava quella fine. Ma sono certo che ora sarebbe fiero di te.»
«Ti sbagli lord Tyrion, nessuno della mia famiglia sarebbe fiero di me. Joffrey e Ramsay mi hanno spezzata, umiliata, picchiata, usata. Non sono più la ragazzina stupida che hai conosciuto ad Approdo del re.»
«Non ho mai pensato che tu fossi stupida, anzi… ho sempre creduto che saresti sopravvissuta a tutti noi, ti hanno insegnato a mentire molto bene Sansa.»
«E a giocare bene, non potrò avere Jon ma non per questo smetterò di proteggerlo. Non permetterò a nessuno di fargli del male.»
«E’ fortunato ad averti.»
«No, sono io fortunata ad avere lui. Joffrey e Ramsay non hanno ucciso tutto di me, con Jon riesco quasi a sentirmi come un tempo, ma meno sciocca e superficiale. Ho smesso di credere nei nobili cavalieri che salvano le dame in pericolo, ma Jon è l’eccezione. Jon è Jon e nessuno sarà mai come lui, non amerò mai nessun altro.»
«Non puoi saperlo.»
«Lo so invece, così come sapevo di averlo perso per lei.»
Sansa e Tyrion rimasero nel Parco degli Dei a conversare, mano nella mano, avvolti nei loro pesanti abiti, Sansa pensava a Jon e al loro bambino che ogni giorno cresceva dentro di lei, cosa sarebbe stato di lui? - si chiese terrorizzata.
Non poteva dirglielo, non se voleva che l’alleanza proseguisse, avrebbe dovuto cavarsela da sola.




«Le hai parlato?» chiese Daenerys raggiungendo Jon nel suo studio, aveva lasciato i draghi liberi assicurandosi però che non facessero danni.
Spettro sedeva ai piedi di Jon, gli era mancato il suo amico infondo ne avevano passate così tante insieme.
«Lo sapeva già» rispose Jon guardando quegli occhio violetti che nonostante tutto, nonostante i suoi sentimenti per Sansa erano quasi diventati indispensabili.
«Mi dispiace molto, davvero. Ma è l’unica soluzione.»
«Sai che la amo e che non smetterò di amarla.»
«Lo so, ci vorrà del tempo ma impareremo a essere felici insieme. Riprenderemo ciò che sarebbe sempre dovuto essere nostro.»
«Prima della guerra dovrò assicurarmi che la mia famiglia stia bene. Dopo riunirò tutti gli alfieri e i loro uomini e raggiungeremo la Barriera, i guardiani non possono farcela da soli.»
«Non saranno soli, noi combatteremo con loro» disse Daenerys facendo il giro e posando una mano sul braccio di Jon, non si era mai spinta tanto oltre.
Jon era così diverso da Drogo ma una parte di lei si sentiva attratta da quel giovane re e una parte di Jon si sentiva attratta dalla giovane regina d’argento.
«Devo andare a parlare con Bran» disse Jon scostando la sedia e alzandosi, Spettro si tirò su e lo seguì subito, trovò Bran nel cortile d’armi, lo vide dal ballatoio, Meera si stava allenando a tirare con l’arco era davvero brava.
«Bel colpo» disse Jon, Meera si voltò e fece un segno con il capo.
«Grazie Jon.»
«Meera potresti lasciarci da soli?»
«Meera può restare, non ho segreti con lei.»
«Va bene Bran. So che sei arrabbiato e hai tutte le ragioni per esserlo ma non potevo cacciare Theon, è un nostro alleato ora.»
«Come puoi averlo perdonato per ciò che ha fatto?» chiese suo fratello.
«Non l’ho perdonato per ciò che ha fatto a Robb, a nostro padre e a ser Rodrik. Non l’ho perdonato per aver preso Grande Inverno e averlo poi ceduto ai Bolton. Ma siamo in debito con lui per ciò che ha fatto per Sansa.»
«Sarà anche un alleato per il Nord ma non potrò perdonarlo Jon.»
«Bran ho bisogno del tuo sostegno ora, l’inverno è arrivato e non posso affrontarlo da solo.»
«Avrai sempre il mio sostegno, ti appoggerò sempre Jon. Ho visto molte cose mentre eri via.»
«Qualcuna bella?» chiese lui speranzoso, era stanco di brutte notizie.
«Si, due ma posso dirtene solo una.»
«Quale?»
«Il tuo matrimonio con Sansa.»
Jon abbassò lo sguardo, non avrebbe mai potuto sposare Sansa anche se lo desiderava, non sarebbe mai più stata sua né sarebbe diventata sua moglie.
«Allora credo che le tue visione siano sbagliate questa volta, ho accettato di sposare Daenerys.»
«Accadrà, l’ho visto. Sarà a Grande Inverno nel Parco degli Dei, sarò io a unirvi.»
«Bran… questo è impossibile.»
«Nulla è impossibile, non manca molto e non soltanto alle vostre nozze… presto partiremo per la Barriera, avverrà subito dopo.»
«Non credevo che ci avrei rimesso piede.»
«L’ho vista cadere Jon e ho visto il suo esercito.»
«L’ho visto anch’io, ma gli alleati di Daenerys non sono l’unica cosa che ho riportato da Roccia del Drago.»
«Hai trovato il vetro di drago?» chiese Meera che fino a poco fa era rimasta in silenzio.
«Si, ogni uomo avrà una spada e delle frecce di ossidiana.»
«Non basterà.»
«E’ per questo che abbiamo anche tre draghi. E’ per questo che sposerò Daenerys.»
«Credevo che ti fidassi delle mie visioni.»
«Mi fido di te Bran, ma questa volta le tue visioni…»
«Ho visto giusto, vedrai che ho ragione» disse risoluto, Bran aveva una scintilla negli occhi che prima Jon non aveva notato, credeva ciecamente in ciò che gli era stato mostrato, avrebbe voluto crederci così tanto anche lui. 






 

Chi avrà ragione?
Jon o Bran?

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Capitolo 38
*** TRENTASETTE ***


TRENTASETTE

 

 

 

 

Il Parco degli Dei era il suo posto preferito nonostante tutto.
Grande Inverno era stata invasa da fin troppe persone, persone che le ricordavano il suo passato, le sue perdite.
Tyrion, Theon, Olenna… tutti loro ricordavano a Sansa Stark un periodo della sua vita.
Posò la mano sulla corteccia ruvida e fredda, su quel terribile volto in rosso a cui suo padre - e spesso anche lei - rivolgeva le sue preghiere, gli stessi Dei che non avevano impedito la sua ingiusta esecuzione, né la morte di Robb, di sua madre e nemmeno quella di Rickon, il suo fratellino più piccolo.
A volte avrebbe voluto avere il dono di suo fratello Bran, viaggiare nel tempo, rivedere i volti di coloro che aveva perso, sentire nuovamente le loro voci, era una benedizione e anche una condanna; se avesse avuto quel dono non avrebbe fatto ritorno alla realtà, il passato era un luogo decisamente migliore in cui vivere.
Da un po’ di giorni era più emotiva, anche una semplice parola detta nel modo sbagliato la faceva rattristare, spesso evitava anche Arya perché le dava il tormento sul bambino, erano due giorni che Jon era tornato a casa e due giorni che Arya non smetteva di insistere e Sansa non riusciva più a sopportare le sue pressioni, quella situazione che la opprimeva, che pesava sul suo cuore ormai spezzato.
«Spero di non aver interrotto le tue preghiere» disse una voce cristallina, Sansa non l’aveva nemmeno sentita arrivare presa come era dai suoi pensieri.
Daenerys fece qualche altro passo sulla neve, ancora non si era abituata a quella sensazione, era la prima volta che la vedeva, la prima che la sentiva, scricchiolava sotto i suoi stivali pesi.
«No, ho smesso di pregare molto tempo fa» disse Sansa spostando i suoi occhi blu su quella minuta regina con i capelli argentei e gli occhi viola.
«Avrei bisogno di parlare con te, potremmo evitare i nostri titoli? Sarebbe più semplice per entrambe.»
«Siediti» disse la principessa del Nord facendole posto su quella panca di pietra fredda, quasi ghiacciata.
Danerys fece un debole sorriso e si sedette accanto a Sansa Stark.
«Come posso aiutarti?» le chiese nonostante il nodo che sentiva in gola, nonostante le parole risultassero pese come macigni, tentò di controllarsi, non voleva piangere difronte a lei, non lo avrebbe fatto.
Jon, capisco cosa tu abbia trovato in lei, è così diversa da me.
«Non ho bisogno di aiuto… Sansa mi dispiace molto» disse lei con voce sincera, ed era così, era dispiaciuta di fare del male a quella ragazza che come lei ne aveva viste davvero tante.
«Sei qui per Jon.»
«Per chiederti scusa, so che nutri dei sentimenti per lui e che te lo sto portando via. Non lo conosco abbastanza da potermi fidare solo della sua parola, ho bisogno di qualcosa di più.»
«Lo capisco» disse Sansa, «sei una regina e stai agendo come tale e Jon farà lo stesso, io non sarò un ostacolo per la vostra unione.»
Daenerys guardò quegli occhi blu come il cielo d’estate, era davvero molto bella anche se Sansa non sembrava notarlo.
«Si, sta agendo come farebbe un vero re.»
«Farà ciò che deve per casa Stark e per il Nord, Jon fa sempre la cosa giusta è leale e buono come lo era nostro padre, spero solo che la sua lealtà non lo faccia uccidere un’altra volta» disse con una voce che già sapeva di pianto.
«Non gli accadrà nulla.»
«Non puoi saperlo, non consoci i pericoli che si celano dietro a ciò che vuoi.»
«So che non sarà facile riprendere i Sette Regni ma ci riuscirò con il suo aiuto e con quello del Nord.»
«Ci sono persone di cui non puoi fidarti anche se sono tuoi alleati ora, non smetterà mai di ordire trame e complotti, desidera vedere Jon morto e anche te.»
«Chi Sansa?» chiese Daenerys prendendo la sua mano e stringendola forte.
«Petyr Baelish, non si fermerà finché non sarà re e finché…»
«Finché?»
«Finché io non sarò la sua regina. Ma non sarò mai la sua regina, preferirei morire piuttosto che sposarlo.»
«Era lui… ora capisco.»
«Cosa?» domandò Sansa posando la mano sulla sua pancia, lo fece senza nemmeno pensarci ma a Daenerys quel gesto non passò inosservato, nonostante tutto rimase in silenzio, forse si era sbagliata.
«Quando eravamo a Roccia del Drago, Jon mi disse che i Lannister avrebbero pagato i loro debiti e con gli interessi ma anche che non sarebbero stati i soli. Ora le sue parole hanno un senso.»
«Ditocorto è un uomo pericoloso, abile con le parole ma le sue parole sono avvelenate» la mise in guardia Sansa «non potrò più sposare Jon ma non smetterò di proteggerlo da lui, non gli permetterò di ucciderlo e nemmeno di uccidere te. Non sarà mai lui re, gli manca il cuore per esserlo. Voglio vedere Jon sedere sul Trono di Spade e riprendere ciò che per tutta la vita sarebbe dovuto essere suo, e tuo.»
«Ho desiderato tornare a casa per molto tempo, ho lottato molto per sopravvivere e per oltrepassare il Mare Stretto. Quell’uomo non avrà nulla di ciò che è mio e di Jon. Sarai una buona regina per il Nord, Sansa Stark.»
Daenerys era sincera, Sansa sapeva ciò che voleva e come lo voleva, la gente del Nord la amava, amava la sua famiglia, il Nord non aveva dimenticato gli Stark di Grande Inverno, i loro protettori.



Jon era nel cortile d’armi con Arya e Gendry, Arya aveva insistito affinché si allenassero insieme ma lui non aveva la testa per farlo.
Più il tempo passava più tutti gli altri gli sembravano strani e la sua sorellina più di tutti.
«Cosa c’è che non va Arya?» chiese Jon rinfoderando Lungo Artiglio.
«Niente» rispose lei.
«Arya…»
«Non è con me che dovresti parlare.»
«Sansa… ho già parlato con lei.»
«Davvero?» chiese sospettosa.
«Si.»
«Parlaci un’altra volta allora» disse lei prendendo nuovamente in mano Ago, «Gendry.»
Gendry prese la sua spada e fece un inchino.
«Non voglio farti male.»
«Forse sarai tu a farti male.»
Gendry le sorrise, Arya amava quel sorriso.
Jon rimase a osservarla, era cresciuta così tanto e nonostante tutto ciò che aveva dovuto subire era ancora la bambina a cui scompigliava i capelli, la stessa con cui prendeva in giro Sansa per essere una lady troppo perfetta.
Ma Arya le ricordava un’altra donna, una donna che Jon aveva amato molto e che avrebbe sempre fatto parte di lui; Ygritte.
«Saremmo dovuti restare in quella caverna» le aveva detto lei poco prima di morire tra le sue braccia, l’aveva amata così tanto, Ygritte del popolo libero era stata la prima donna, il suo primo amore.
L’aveva persa e ora stava perdendo anche Sansa, Bran si sbagliava - le sue visioni erano sbagliate - avrebbe sposato Daenerys per il bene di tutti, per il bene del Nord.
Restò finché Arya e Gendry non smisero di lottare, poi Gendry li lasciò soli.
«Mi sei mancata mentre ero via» disse Jon scompigliandole i capelli.
«Anche tu Jon.»
«Sei arrabbiata con me? Arya ho dovuto accettare…»
«Sono arrabbiata di più con Sansa, ma si anche con te» rispose risoluta guardando suo fratello.
«Cosa ha fatto?»
La sua espressione mutò, non poteva dirglielo, lo aveva promesso a sua sorella ma quel segreto stava diventando veramente un peso per entrambe.
«Ti dirò quello che ti ho detto poco fa, parla con Sansa, insisti.»
«Per fare cosa Arya? Per torturarla? No, non lo farò. La eviterò per quanto mi sarà possibile.»
«Ma tu non devi evitarla, devi parlare con lei!»
«Arya, io non posso!» urlò lui, poi guardò un’ultima volta sua sorella e se ne tornò dentro al castello, si asserragliò nel suo studio fino a tardi, non scese a cenare con gli ospiti, quella sera il re del Nord rimase in disparte lontano da occhi indiscreti, lontano dagli occhi viola di Daenerys Targaryen e da quelli blu di Sansa Stark.
«Tu non sai niente Jon Snow»
I ricordi lo tormentavano, non gli davano tregua.
Il suo volto mentre moriva, la sua pira, il fuoco che la divorava sempre più in mezzo alla neve fredda e poi Sansa, le sue suppliche quando la evitava, i suoi baci, il suo corpo caldo e accogliente.
Bran andò da lui  per assicurarsi che stesse bene, ma Jon non stava bene, tra un paio di giorni si sarebbe svolta la cerimonia e sarebbe diventato il marito di Daenerys, avrebbe lasciato il cognome Stark e preso quello dei Targaryen, nonostante Daenerys fosse l’unica Targaryen che Jon conoscesse.
«Si è sentita la tua assenza» disse Bran mentre un uomo lo adagiava sulla sedia, poi il fratello congedò ringraziandolo.
«Non ero dell’umore adatto Bran, mi dispiace.»
«Lo so Jon…»
Poi in quel momento ripensò alle parole di Daenerys mentre si trovavano a Roccia del Drago, lei non aveva conosciuto nessun altro familiare oltre a suo fratello Viserys che l’aveva venduta come merce di scambio.
«Bran, potresti fare una cosa per me?»
«Di che si tratta?»
«Ricordi quando mi hai portato nella tua visione?»
«Si, non lo credevo possibile.»
«Potresti farlo anche con Daenerys?» chiese Jon posando le mani sul tavolo.
«Penso di si. Vuoi che la porti nelle mie visioni?» chiese Bran osservando il re del Nord.
«Vorrei che potesse vedere gli altri membri della sua famiglia, almeno una volta.»
«Jon non so controllare ancora bene le mie visioni, non so se riuscirei a mostrargli ciò che mi chiedi.»
«Ma puoi provarci.»
«Si posso provarci. Jon?»
«Dimmi.»
«Hai parlato con Sansa?» chiese Bran preoccupato.
«Al mio ritorno, anche Arya mi ha fatto la stessa domanda e mi ha detto di parlarle di nuovo.»
«Dovresti.»
«Cosa mi state nascondendo?»
«Spetta a lei dirtelo, non a noi. Parlale.»
«Domani lo farò.»
Sansa. Padre perdonami per il male che le sto causando, gli dei sanno che non vorrei.




«Alla nostra alleanza» disse Euron Greyjoy bevendo un sorso di quel pregiato vino dalla sua coppa senza smettere di osservare la leonessa di Castel Granito.
«Alla nostra alleanza» rispose Cersei bevendo a sua volta.
«Questo cinghiale è veramente squisito.»
«Grazie. Da quando un cinghiale uccise Robert è diventato il mio piatto preferito» rispose alzando il sopracciglio destro.
«Davvero?» rispose sorridendo l’uomo con una benda sull’occhio.
«Già.»
Euron aveva una scintilla speciale, la stessa scintilla che una volta Cersei vedeva in Jaime, in suo fratello, il suo gemello, la sua metà, Jaime aveva visto la luce assieme a lei, Jaime era stato il padre dei suoi figli, il suo amante, Jaime era stato tutto per Cersei.
«Che tu possa regnare a lungo» disse Euron, ovvio che non lo desiderasse, lui desiderava il trono, desiderava i Sette Regni, desiderava elevare il nome dei Greyjoy, eppure quella donna…
«E che tu possa essere un grande re per le Isole di Ferro.»
Euron Greyjoy lasciò andare la coppa il cui vino cadde sul tavolo e sulla sontuosa tovaglia ricamata, si alzò e prese Cersei Lannister dalla sua sedia, la strinse contro di se, profumava di buono quella donna, gli uomini di ferro prendono senza nemmeno chiedere; scorribande, razzie, stupri, il ferro, quello era il loro modo di vivere; il suo modo di vivere.
Cersei ricambiò quel bacio appassionato e inaspettato, quella passione che con Jaime non c’era ormai più.

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Capitolo 39
*** TRENTOTTO ***


TRENTOTTO

 

 

 

 

Non appena la lettera era giunta alla Cittadella, Sam aveva parlato con Gilly e fatto i bagagli, non si sarebbe perso il matrimonio del suo migliore amico, dell’uomo che aveva scelto come suo fratello molto tempo prima; tuttavia era spaventato per Gilly e il piccolo Sam, Grande Inverno non era di certo il luogo più sicuro in cui portarli ma non potevano nemmeno restare lì.
«Ovunque andrai noi saremo con te» aveva detto Gilly accarezzandogli il volto, cosa aveva visto una ragazza bella come lei in un uomo come lui?
Sam era grasso, basso, non molto bravo con la spade e un pessimo tiratore, eppure ogni giorno ringraziava gli Dei - antichi e nuovi - per avergli fatto incontrare Gilly e quel bambino che ormai aveva davvero imparato ad amare come un figlio. 

 

 

Daenerys aveva raggiunto Bran nel Parco degli Dei così come Jon le aveva chiesto.
Lo trovò seduto sopra a delle coperte vicino a quell’albero con il volto scolpito in rosso, una faccia che la osservava, la scrutava, una faccia che sembrava vedere dentro di lei, le faceva paura come quando Viserys le diceva di non svegliare il drago ma lui non era mai stato un drago.
«Principe Brandon, tuo fratello ha detto che volevi vedermi.»
«Chiamai Bran, lo preferisco. Siediti accanto a me» disse lui allungando la mano verso Daenerys, era vero quella ragazza assomigliava in modo impressionate a suo fratello maggiore, il principe Rhaegar.
Daenerys guardò un’ultima volta quell’albero dalla corteggia ruvida e fredda e il volto scolpito in rosso e poi si sedette accanto a Brandon Stark.
Tutto era bianco intorno a loro e la neve non smetteva di cadere, presto li avrebbe sommersi o così temeva.
«Cosa ti ha detto Jon?» chiese Bran guardando quegli occhi viola.
«Non molto a dire il vero, solo che mi avresti mostrato una cosa.»
«Ci proverò non posso promettere nulla. Io ho dei poteri, riesco a vedere ciò che è stato e a volte ciò che sarà, prima che Jon partisse per Roccia del Drago lo portai in una delle mie visioni. Riuscii a fargli vedere i suoi veri genitori; mia zia Lyanna e tuo fratello il principe Rhaegar.»
Daenerys avrebbe voluto dire molte cose ma non riuscì, le corde vocali sembravano annodate tra di loro.
«Come puoi riuscirci?»
«Sono il Corvo con tre occhi, a volte è un dono e altre… non vorrei tornare dalle mie visioni, lì posso ancora camminare e correre, posso vedere la mia famiglia. Non è semplice fare ritorno qui» disse indicando la neve e Grande Inverno con la sua torre distrutta, la stessa torre dalla quale era caduto sei anni prima.
«Puoi mostrarmi Rhaegar?» chiese Daenerys speranzosa, desiderava così tanto vedere suo fratello.
«Posso provarci. Dammi la mano e non lasciarla.»
Daenerys fece come chiesto, prese la mano di Brandon Stark e la strinse nella sua, era quasi un uomo quel ragazzino e portava un peso molto grande sulle spalle, tanto quanto lei e Jon.
Bran la guardò un’ultima volta e poi toccò l’albero e la luce bianca tornò ad avvolgerli, quando aprirono gli occhi non erano più a Grande Inverno e non c’era più il bianco della neve a circondarli; il sole splendeva in alto nel cielo azzurro, un immenso prato verde era difronte a loro e poco più distante si stagliava la Fortezza Rossa.
«Balerion!» urlò una bambina dai capelli marroni scuro che subito dopo li oltrepassò tentando di afferrare un gatto nero.
«So chi è quella bambina» disse Daenerys, a volte Viserys le parlava della loro famiglia, aveva sentito poche cose ma abbastanza da sapere che la bambina che inseguiva il gatto era sua nipote, la principessa Rhaenys Targaryen.
«Rhaenys non farti male» gridò la voce di un uomo, Daenerys si voltò e li vide.
«E’ Rhaegar?» domandò voltandosi verso Bran.
«Si» rispose lui in automatico, aveva già visto quel volto molte volte nelle sue visioni.
«Seguila per favore» disse Rhaegar rivolto a uno dei cavalieri, Bran lo riconobbe subito, aveva molti meno anni ma il volto spavaldo era sempre quello.
«Jaime Lannister.»
«Il fratello di Tyrion? Non lo immaginavo così.»
Rhaegar camminava sottobraccio con una donna, bellissima, occhi viola, capelli argentei, un abito chiaro bordato in oro e con delle gemme preziose.
«Madre» la chiamò Daenerys avvicinandosi a loro.
«Non possono vederci.»
«Spero che ser Jaime arrivi prima che possa farsi male.»
«Quel ragazzo è un bravo cavaliere, giovane, ma sono certa che non ti deluderà hai scelto bene figlio mio» disse Rhaella facendo una carezza al suo primogenito.
«Ci farà impazzire tutti con quel gatto.»
«Drago» lo corresse la regina sorridendogli, «sai che non vuole sentire dire che è un gatto.»
«E’ vero, che lo creda per quanto vuole è ancora piccola, un giorno capirà che non è un drago, voglio che sia felice.»
«Lo è, non potrebbe esserlo di più.»
«Forse» rispose Rhaegar guardando il punto oltre il quale era scomparsa la figlia.
«Mi sembra ieri il giorno in cui correvi su questo prato come Rhaenys e ora sei il vincitore di un torneo. Cosa c’è di vero in ciò che mi hanno raccontato Rhaegar?»
«Non voglio parlare di Harrenhall madre, ma di ciò che è accaduto mentre ero via. Non ho ancora visto Viserys.»
«Nemmeno io, tuo padre non me lo permette.»
«Perché? Che cosa sta facendo?»
«Non intrometterti nelle sue questioni.»
«E’ mio fratello, è tuo figlio, abbiamo entrambi il diritto di vederlo. Cosa è accaduto mentre eravamo via?» domandò a sua madre fermandosi.
«Nulla di cui tu debba preoccuparti.»
«Non mentirmi, non sono più un bambino madre.»
«Conosci tuo padre quanto me, sono preoccupata per ciò che racconta a Viserys, molto preoccupata.»
«Gli parlerò e ti prometto che lo vedrai.»
«Non metterti contro di lui, non dargli motivi per farti del male.»
«E’ stato un buon re ma ora non lo è più, non mi farà del male.»
Daenerys ascoltava ogni parola, cercava di imprimersi le loro voci nella mente in modo da non dimenticarle più, ma ciò che stava sentendo su suo padre, sull’uomo chiamato da tutti il Re Folle… alla fine Robert Baratheon aveva detto qualcosa di vero.
«So che ti ha fatto e un giorno…»
«Taci, sai bene che qui tutto ha orecchie. Chi te lo ha detto?»
«Non ha importanza madre, ma ti giuro che è l’ultima volta che ti fa del male» disse Rhaegar mentre i suoi occhi viola si riempivano di rabbia.
Rhaella fece una carezza e passò le mani tra i capelli argentei di suo figlio, Daenerys avrebbe tanto voluto sentire la sua mano sul suo volto, non ricordava il tocco della madre e forse non lo aveva mai sentito.
Poi Bran mise la mano sulla sua spalla e la riportò alla realtà, il grande prato verde svanì, il cielo celeste e il sole caldo svanirono e con essi la Fortezza Rossa.
Il bianco tornò a circondarli.



Sansa era nel cortile d’armi, aveva bisogno di sfogarsi e così aveva scelto di tirare con l’arco, ne aveva davvero bisogno, Arya era lì che la fissava.
Indossava i suoi abiti da allenamento, i pantaloni ai quali ancora non si era abituata.
«Smettila o mi farai sbagliare.»
«Tanto sbaglieresti comunque, non si tiene così» le disse la sorella stando seduta su un ceppo.
Aveva fatto nuovamente la treccia, a Jon che si trovava lì senza che però loro lo avessero visto, Sansa sembrava una dea, una bellissima dea, anche più bella di Ygritte.
Sansa scoccò la freccia che non finì però nel bersaglio, in nessuna parte, ma oltre di lui e cadde sulla neve.
«Te lo avevo detto.»
«Arya…»
«Devi allinearlo con la bocca» disse la voce di Jon, Sansa trasalì e lasciò cadere l’arco sulla neve fredda, Jon  si avvicinò a lei, lo raccolse e glielo porse nuovamente.
Arya saltò giù dal ceppo, guardò Sansa in modo torvo e se ne andò da Gendry lasciandoli soli nella speranza che sua sorella si decidesse a parlare finalmente con Jon.
«Che ci fai qui?» chiese lei riprendendo l’arco, prese una freccia dalla sacca che era a terra e la incoccò.
Jon posò la sua mano sulla sua ignorando la domanda, l’altra la mise attorno alla sua vita e i loro corpi furono quasi percossi da una scossa, il respiro di Sansa si fece affannoso e perse quasi la concentrazione.
«Allinealo con la bocca» disse Jon mettendo l’arco nel giusto modo, era così vicino a lei, sentiva la sua pelle, il suo profumo, il suo calore che gli mancava terribilmente, bramava di nuovo di averla, di sentirla contro di se, desiderava che fosse ancora sua.
«Immagina la freccia, la sua traiettoria, devi essere un tutt’uno con l’arco Sansa. Scocca quando sei pronta.»
Sansa fece un bel respiro poi lasciò andare la freccia, udì il suo sibilo, aveva immaginato la traiettoria e anche se non la seguì alla perfezione almeno aveva preso il bersaglio fatto di paglia in un punto qualunque.
Jon la fece voltare verso di se, quegli occhi blu gli mancavano come l’aria, senza di lei non respirava bene, l’aria non arrivava ai polmoni come avrebbe dovuto, come accadeva in passato; non riuscì a resistere e la baciò, intensamente.
Le sue labbra carnose e calde, Sansa lo ricambiò non desiderava altro ma poi…
«No» disse ansimando scontandosi da lui, mettendoci tutta la sua forza.
«Sansa, sto impazzendo senza di te.»
I suoi occhi scuri erano colmi di dolore, di impotenza la stessa che era dipinta nei suoi.
Sansa non rispose, fece una carezza sul suo volto, sentì nuovamente la barba solleticarle il palmo chiaro della mano che passò poi tra i suoi capelli ricci e scuri, lo guardò un’ultima volta e poi se ne andò lasciandolo solo nel cortile d’armi.
Arya aveva visto tutto dal ballatoio, facendo attenzione però a non essere vista.
«Devo fare qualcosa Gendry.»
«Ma non puoi, Sansa ti ucciderebbe.»
«Sta commettendo un errore, non posso lasciarglielo fare e Jon… Gendry lui deve saperlo.»
«Si, ma deve essere Sansa a dirglielo non noi.»
«Non lo farà, la conosco. E’ disposta a sacrificare la sua felicità - e non solo - per l’alleanza con Daenerys Targaryen» disse colma di dispiacere, stava soffrendo per quella situazione, stava soffrendo per Sansa e stava soffrendo per Jon.

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Capitolo 40
*** TRENTANOVE ***


TRENTANOVE

 

 

 

 

«Devi dirglielo!» le urlò Arya mentre Sansa tentava di dare le disposizioni per l’imminente matrimonio dell’uomo che amava con un’altra donna.
«Arya per tutti gli dei - antichi e nuovi - smettila di darmi il tormento!»
«No! Non finché non dirai tutto a Jon, ha il diritto di sapere.»
«Adesso basta. Ho già molto a cui pensare o credi che un matrimonio si organizzi da solo?» disse, fissando gli occhi grigi della sorella.
«Ma come puoi farlo? Come puoi organizzare le sue nozze?» chiese lei.
Per quanto si sforzasse non riusciva a capire Sansa.
«Perché voglio che sia tutto perfetto per il suo matrimonio, anche se non sposerà me. Jon merita il meglio ed è lei il meglio» rispose con gli occhi lucidi, Sansa voleva davvero il meglio per Jon e volente o dolente attualmente il meglio era Daenerys Targaryen.
«Dovrebbe sposare te non lei. Sai che lo farebbe se solo tu…»
«Taci. Se non vuoi aiutarmi allora lasciami organizzare tutto, mancano pochi giorni.»
Il castello era stata invaso da troppe persone: alleati, gli alfieri, i soldati, un khalasar e soprattutto tre enormi draghi che volteggiavano sopra Grande Inverno e le loro teste ogni giorno e che un po’ la spaventavano.
«Me ne vado, ma sai che ho ragione io» disse Arya guardando storta sua sorella, Sansa chiuse gli occhi e fece un respiro profondo, c’erano troppe cose a cui pensare e anche se era stanca non poteva fermarsi.
Il Maestro di lady Lyanna Mormont si era messo a sua disposizione, in poco tempo la raggiunse.
«Principessa, hai chiesto di me?» domandò l’uomo.
Aveva il volto segnato dal tempo, capelli corti e per lo più bianchi, indossava una veste grigia e la collana creata alla Cittadella.
«Si Maestro, grazie di essere qui.»
«Come posso aiutarti?» domandò osservando la principessa del Nord, da un paio di giorni le sembrava diversa, più pallida e stanca.
«Vorrei che facessi una cosa per me, ma dovrà restare un segreto. Nessuno dovrà sapere, nemmeno lady Mormont.»
«Non dirò nulla, puoi stare tranquilla.»
Sansa lo prese per un braccio e lo condusse al piano superiore, nelle sue stanze.
Per i corridoi ragazzi e ragazze si davano da fare per far risplendere tutto, lo stemma degli Stark sventolava da ogni torre, finalmente aveva ripreso il posto tolto dai Bolton.
«Maestro hai… hai mai preparato il tè della luna?» chiese Sansa con voce tremante guardando fuori dalla finestra, la mano posata sulla piccola pancia; l’ultima cosa che voleva era perdere il figlio che stava aspettando da Jon - tutto ciò che le sarebbe rimasto di lui - ma non poteva dirglielo e non poteva nemmeno nasconderlo in eterno, una lacrima cadde dai suoi occhi blu, una lacrima colma di dolore per la decisione ormai presa, una lacrima che asciugò in fretta ma che il Maestro vide.
«Si mia signora» rispose lui con voce addolorata, molte altre volte lo aveva preparato in passato.
«Potresti prepararlo per me?» chiese con voce roca, quelle parole erano peggio di tutto il male che le avevano fatto nella sua breve vita.
«Principessa Sansa, sei certa di quello che mi stai chiedendo?» chiese lui avvicinandosi e prendendo le sue mani fredde tra le sue.
«Si Maestro, lo sono. Non ho altra scelta, preparalo prima del giorno delle nozze.»
«Mia signora, pensaci bene…»
«E’ la mia ultima parola, è l’unica scelta possibile per quanto mi addolori. Non dovrà mai saperlo nessuno.»
Il Maestro chinò la testa e strinse le mani della principessa del Nord.
«Sarà il nostro segreto. Avrai ciò che hai chiesto.»
Sansa lo ringraziò e una volta che l’uomo se ne fu andato si accasciò a terra e pianse, mentre fuori la neve cadeva e i draghi si libravano alti nel cielo grigio come gli occhi di Arya.


«L’ho visto, ho visto Rhaegar e anche mia madre.»
«Ero certo che Bran ci sarebbe riuscito» rispose Jon sorridendole.
Erano nel suo studio, il tavolo sempre sommerso dalle mappe e dai punti segnati sopra, punti che Jon continuava a studiare ogni giorno.
«Non credevo di somigliargli così tanto, ser Barristan mi ha detto il vero» disse con voce rammaricata, le mancava quell’uomo, in breve tempo era diventato importante e anche lui gli era stato portato via «avrebbe cantato una bella canzone.»
«Ho sentito molte storie su di lui.»
«Era un brav’uomo, mi ha servita bene anche se per poco tempo, ma se fosse qui ora sarebbe orgoglioso di noi e non soltanto Barristan…» disse mettendosi seduta.
«Lo credi davvero?» chiese Jon, come avrebbe potuto Rhaegar Targaryen essere orgoglioso di lui?
Come avrebbe potuto esserlo Eddard Stark, o sua madre, o Robb?
«Si. Nella visione di Bran non ho visto solo lui e mia madre, c’era anche una bambina. Rhaenys.»
«Non so nulla di lei a parte i dettagli di come fu uccisa.»
«Nemmeno io sapevo molto, ma ora conosco il suo aspetto e so che aveva un gatto nero di nome Balerion e che voleva credere fosse un drago.»
«Un drago… abbiamo perso molto.»
«Troppo. Jon non possiamo cambiare il passato ma possiamo migliorare il futuro e lo faremo, insieme. Te lo prometto.»
Daenerys si alzò da quella sedia e si avvicinò a quella di Jon, si abbassò e strinse la sua mano, lei capiva il suo dolore meglio di chiunque altro.
«A volte mi domando chi sarei oggi se le cose fossero andate diversamente? Che persona sarei? Devo tutto a mio padre a Eddard Stark, se non fosse stato per lui sarei morto in quella torre insieme a mia madre. Ma c’è una parte di me…»
«Lo so, provo lo stesso, mi pongo le stesse domande ogni giorno. Cosa sarebbe successo se Rhaeagar avesse vinto la guerra al Tridente? Chi sarei ora se mia madre non fosse morta a Roccia del Drago? Ho paura Jon, ho paura di diventare come mio padre. Credevo che le voci sul suo conto fossero solo bugie inventate dall’Usurpatore ma dopo ciò che ho visto e sentito… era davvero un folle e io, io non voglio diventare come lui.»
«Non diventerai mai come lui.»
«C’è chi dice che siamo pazzi, che tutti i Targaryen lo sono, chissà forse hanno ragione ed è così.»
Daenerys sapeva che il regno di Aerys II era iniziato bene, che il popolo lo amava e che alla fine era riuscito a distruggere tutto, anche il suo nome.
«Non lo permetterò» le disse Jon, ma i loro volti erano così vicini e i suoi occhi viola talmente colmi di tristezza come i suoi scuri, non riuscì a resistere, nonostante i sentimenti che provava per Sansa c’era dell’attrazione tra di loro, era palpabile, si spinse forse troppo oltre e la baciò.
Fu più di un bacio, le sue labbra erano morbide e inoltre aveva un buon profumo, la frustrazione per non poter più avere Sansa era molta, troppa.
«Non avrei dovuto, perdonami» disse ansimando dopo essersi staccato da lei.
«Non c’è niente da perdonare» rispose lei facendogli una carezza sul volto.
Era la prima volta dopo anni che permetteva a se stessa di provare dei sentimenti per qualcuno che non fosse Drogo, il suo sole-e-stelle, il padre di suo figlio Rhaego.
«Non è stato il primo ad amarti e non sarà nemmeno l’ultimo» le aveva detto Tyrion Lannister il giorno in cui lo aveva nominato suo primo cavaliere e aveva ragione, Drogo e Daario non sarebbero stati gli unici ad amarla.
Jon si alzò dalla sedia e uscì dalla stanza, aveva bisogno di stare solo, bisogno di pensare e c’era solo un luogo dove poterlo fare, le cripte.
Prese una torcia e la accese, percorse nuovamente i corridoi umidi, grigi fino ad arrivare nel luogo dove tutti gli Stark di Grande Inverno riposavano, ma lui non era davvero uno Stark, lo era per metà.
Metà Stark e metà Targaryen, metà lupo e metà drago.
Era tutto così confuso.
Mentre stava scendendo si scontrò con Sansa, era scesa nelle cripte da sola, era molto che non lo faceva.
«Sansa» disse Jon annegando nei suoi occhi blu, «stai bene?» chiese preoccupato cercando di farle una carezza sulla sua pelle chiara.
«Si, scusami» rispose poi raccolse la sua torcia che non si era spenta e se ne andò lasciando Jon ancora più confuso.
Era scesa per chiedere perdono a suo padre, a Robb, a Rickon, a sua zia Lyanna.
Lei era morta per permettere all’uomo che amava di vivere e lei… lei stava per uccidere suo figlio.
Non ho scelta - ripeté a se stessa.
Jon proseguì e raggiunse le statue, erano tutte schierate lungo le pareti, ognuna di loro ad accezione di quella di sua madre aveva una spada, che serviva per tenere imprigionate le loro anime in quel luogo, per impedire che tornassero a reclamare vendetta o giustizia.
Il volto di Ned Stark gli era mancato, si sentiva colpevole, un traditore.
«Padre, vorrei che fossi qui ora, vorrei il tuo consiglio, il tuo aiuto. So che agiresti come me, agiresti facendo la cosa giusta ma così… sto ferendo Sansa più di quanto non abbiano fatto Joffrey e Ramsay. Non sono migliore di loro.»
C’era un tale peso sulle sue spalle, troppo, anche condividerlo non era sufficiente.
Ma la statua rimase in silenzio, il volto austero che lo fissava, gli mancava quel volto.
Jon chiuse gli occhi, ascoltò il silenzio, le gocce dell’acqua che cadevano dalle pareti, poi sentì come una presenza, come una mano sulla spalla, ma quando aprì gli occhi non c’era nessuno a parte lui in quella cripta, lui, le statue e il rumore dell’acqua che toccava terra.
Si fermò d’avanti a quella della madre, Lyanna Stark, la ragazza per cui si era scatenata la guerra, il drago che l’aveva portata via al cervo.
«Madre vorrei poter scegliere chi amare, vorrei passare il resto della mia vita con Sansa - lunga o corta che sia - non avrei mai creduto possibile tutto questo, non avrei mai creduto possibile di meritarla un giorno e ora… ho rovinato tutto.»
Lyanna sembrava guardarlo con amore, ma era solo uno statua, solo pietra, non era rimasto più niente di lei o di Rhaegar Targryen, niente a parte lui.
«Ho bisogno di lei e mi odio perché la sto ferendo e sto ferendo anche Daenerys. Cosa devo fare?» chiese disperato alla statua muta della lady del Nord, l’unica donna a riposare nelle Cripte.



«Principessa Sansa» disse Ditocorto fermandola.
«Lord Baelish, ho molto da fare.»
«Si, un matrimonio è difficile da organizzare, ci vuole tempo.»
«Tempo che non ho, quindi…»
Baelish lasciò andare il braccio di Sansa che lo guardò con riluttanza, con odio.
«Sansa sai che puoi contare su di me.»
«Non mi occorre la tua protezione.»
«Davvero? Il re del Nord presto andrà in guerra e prego che vinca per il bene di tutti noi e se dovesse sopravvivere lo aspetterà un’altra guerra, ma contro il Sud…»
«Riprenderà ciò che è suo di diritto, sarà un buon re e lo ha già dimostrato» rispose Sansa difendendolo.
«Forse. Jon Snow potrà anche essere un buon re, ma tu amore mio… tu sarai una grande regina» disse Ditocorto accarezzandole una guancia.
Sansa provò ribrezzo, ogni fibra del suo corpo era in rivolta contro quell’uomo, contro i suoi tocchi, contro il suo alito profumato, erano le mani di un assassino - non che le sue non lo fossero - e odiava tutto di Petyr Baelish.
«Stark o Targaryen, Jon non è più un bastardo ed è il tuo re. Non dimenticarlo lord Baelish» disse Sansa, i suoi occhi blu colmi di disprezzo per quell’uomo.
«Per il momento, ma non sono qui per parlare di lui, ma di te Sansa.»
«Cosa vuoi da me?»
«Sai cosa desidero.»
«La mia risposta è no e non cambierà.»
«Ne sei così certa?»
«Non ho dimenticato cosa hai fatto.»
«Un errore che non potrò scontare nemmeno in mille vite. Se solo avessi saputo ti giuro che mai, mai, ti avrei lasciata con i Bolton.»
«Non puoi cambiare il passato, così come non posso farlo io. Voglio solo dimenticare Ramsay e Joffrey, Approdo del re.»
«Allora permettimi di aiutarti, di starti vicino, giuro che nessuno ti farà del male. Mai più Sansa.»
«Ti avrei creduto un tempo, ciecamente e lo sai, ma quel tempo è finito.»
Una delle ragazze li interruppe, dietro a lei c'erano tre persone.
«Principessa, mio signore chiedo perdono per avervi interrotti ma…»
«Infatti, ci hai interrotti» disse Baelish.
«Non preoccuparti, io e lord Baelish avevamo finito. Cosa succede?»
«Sono arrivati poco fa mia signora, chiedono del re ma non riesco a trovarlo.»
«Il re è sceso nelle Cripte, ci penso io, puoi andare.»
Erano un uomo un po’ in carne con capelli scuri e barba scura, al collo portava la collana dei Maestri e con lui c’era una ragazza dai capelli lunghi e scuri con in braccio un bambino.
«Chi siete? Perché cercate Jon?»
«Il mio nome è Samwell Tarly ma mi chiamano tutti Sam, sono un amico di Jon. Lei è Gilly e il bambino è il piccolo Sam» disse lui indicandoli, Gilly si guardava attorno e stringeva forte il figlio.
«Sam, ma certo, perdonami. Jon mi ha parlato di te, sei un guardano della notte.»
«Ora un Maestro» rispose fiero guardando la sua collana.
«Venite con me, Jon arriverà a breve.»
«Sansa…»
«L’argomento è chiuso mio signore e spero di non doverlo riaprire» rispose a denti stretti, poi fece segno a Same e Gilly di seguirla, li condusse dentro, fermò una delle ragazze e ordinò di far preparare due stanze.
«Una, andrà più che bene.»
«Come volete voi.»
Poi li portò nello studio di Jon e rimase lì con loro ad aspettarlo. 

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Capitolo 41
*** QUARANTA ***


QUARANTA

 

 

 

 

Jon arrivò poco dopo seguito da Spettro, il suo fedele amico era agitato forse anche più di lui, tutte quelle persone lo innervosivano per non parlare dei tre draghi che puntava ogni volta che si trovava all’aperto, era impossibile non vederli, volavano alti nel cielo, si nascondevano dietro le nubi colme di neve e scendevano in picchiata.
«E’ così grande» disse Gilly osservando tutto, senza smettere di cullare il figlio, Sansa la invidiò, provò una stretta forte al cuore, come se mille pugnali lo stessero trafiggendo assieme.
Io non potrò mai farlo, non vedrò mai i suoi occhi - penso tristemente.
«Si, Grande Inverno è molto grande, il Nord è il territorio più vasto dei Sette Regni» si costrinse a rispondere con un accenno di sorriso.
«Questo non è il vero Nord.»
«Mi sembra di sentir parlare Tormund, anche per lui questo non è il vero Nord.»
«Per noi bruti è diverso suppongo.»
Jon aprì la porta ignaro di chi ci avrebbe trovato, restò sulla soglia a fissarli.
Non poteva crederci.
«Sam?!» disse lui, chiuse la porta dietro di se e Spettro e poi Sam si alzò dalla sedia e lo abbracciò «sei qui.»
«Dove dovrei essere? Non potevo perdermi il tuo matrimonio» rispose.
«Sei un Maestro.»
«Si, ho forgiato la mia catena. Grazie a te.»
«Hai fatto tutto da solo, io non ho meriti in questo. Gilly sono felice di rivederti, di rivedervi entrambi» disse Jon stringendole la mano e facendo una carezza al piccolo Sam, Spettro uggiolò reclamando le attenzioni del nuovo Maestro.
«Si Spettro, sono felice di rivedere anche te» disse Sam accarezzando il metalupo albino dagli occhi rossi.
«Gilly sarai stanca dopo tanto viaggiare, vieni ti accompagno in camera così potrai rinfrescarti e riposare» disse Sansa avvicinandosi a lei.
«Grazie mille principessa» rispose lei incerta.
«Chiamami Sansa ti prego, gli amici di Jon sono i benvenuti, Sam è stato un piacere conoscerti.»
«Piacere mio. Vai Gilly, tu e il piccolo dovete riposare.»
«Posso?» chiese Sansa guardando quel bambino, era così bello e perfetto.
«Certo.»
Gilly glielo porse e lei lo prese, desiderava così tanto poterlo prendere in braccio anche solo per alcuni istanti, il piccolo Sam era tranquillo, non piangeva, giocava con i suoi capelli sciolti.
«E’ davvero bellissimo» disse osservandolo, le era venuto così naturale il modo di tenerlo, come se le sue braccia fossero state fatte apposta, ma il suo bambino…
Una lacrima cadde dai suoi occhi, non riuscì a evitarlo.
«Sansa…»
«Non è nulla» rispose prontamente, riconsegnò il bambino a Gilly e asciugò la lacrima, Jon la osservava ogni giorno più preoccupato.
Che cosa ti sta succedendo? Cos’è che ti tormenta in questo modo?
Ma non glielo chiese, tenne per se quelle domande, si limitò a guardarla con i suoi occhi colmi di preoccupazione, non mangiava quasi mai, trascorreva il suo tempo a piangere nel Parco degli Dei, stava allontanando tutti, anche Arya.
Prese la mano della nuova arrivata e la condusse via di lì.
Jon si lasciò cadere sulla sedia e a Sam non era passato nulla inosservato, era sempre stato bravo nel capire gli altri.
«Jon, che sta succedendo?» chiese lui, vedeva Jon triste, pensieroso, anche più di quando si trovavano alla Barriera.
«Vorrei saperlo anch’io Sam…» rispose massaggiandosi le tempie.
«Parlane con me, forse posso aiutarti.»
«Ti ringrazio ma… non puoi aiutarmi. Il mio destino è segnato.»
«Raccontami tutto ciò che è accaduto dalla mia partenza.»
Jon fissò Sam, era così cambiato con gli anni.
Ricordava ancora il ragazzo goffo e spaventato che era arrivato un pomeriggio come tanti alla Barriera, costretto dal padre a prendere il nero a cedere al fratello la sua eredità, aveva paura delle altezze, non sapeva combattere, ci vedeva poco e ora… ora era Sam il distruttore, un Maestro, il suo più caro amico.
Così gli raccontò tutto, della battaglia, la morte di Rickon, il suo avvicinamento a Sansa, l’impotenza che aveva provato, la scoperta delle sue origini, il viaggio a Roccia del Drago, il mancato matrimonio con la donna che amava e l’imminente matrimonio con Daenerys Targaryen.
«Però, ne sono successe di cose.»
«Già, fin troppe Sam. Sansa sta soffrendo a causa mia e non posso fare nulla per evitarlo. Ogni giorno che passa la vedo più stanca e provata.»
«Hai provato a parlarle?»
«Si, ma mi evita e la capisco… sta organizzando le nozze.»
«Deve amarti molto.»
«Più di quanto io meriti, non sono migliore di Bolton.»
«Ma cosa dici Jon?»
«La verità. Ero finalmente riuscito a guarire le sue ferite e ora… sono io a ferirla.»
«Non hai scelta.»
«Lo so, ma non per questo fa meno male Sam. E poi c’è Daenerys…»
«Provi qualcosa per lei?»
«Attrazione, perché negarlo?»
«Non è del tutto un male dato che la sposerai.»
«Avevo fatto un giuramento, di non prendere moglie, non avere figli né terre, e ora…»
«Ora stai per sposarti e diventare il re dei Sette Regni.»
«Il re dei Sette Regni» ripeté lui.
«Quando siamo arrivati l’ho vista discutere con un uomo, un certo Baelish ma potrei sbagliare il nome, non sembrava molto felice di parlarci.»
«No, non hai sbagliato nome. Non smetterà mai di darle il tormento e io non potrò più fare nulla per impedirgli di… vuole sposarla, ritiene che debba essere la sua ricompensa per averci aiutato contro i Bolton, magari non lo avesse mai fatto.»
«E dove saresti ora? Jon tu hai fatto una scelta per il bene di tutti, lascia scegliere lei ora, non puoi fare altro.»
«Io la amo Sam, non credevo che sarebbe mai accaduto, non dopo Ygritte. Sansa è sempre stata la lady perfetta, sempre sorridente, gentile, buona e io non l’ho mai meritata davvero. Non ero altro che un bastardo lo sai, anche se le cose non sono cambiate di molto, come poteva un bastardo meritarla? Non ero qui per proteggerla da Ramsay Bolton, non ero qui quando lui entrava nelle sue stanze e la violentava notte dopo notte, non ero qui quando la picchiava.»
Sam guardò Jon, tutto il dolore che sentiva, ma per quanto si sforzasse non poteva davvero capirlo non del tutto.
«Eri alla Barriera, stavi salvando delle vite non incolparti di questo.»
«E chi dovrei incolpare?»
«Non c’è nessuno da incolpare Jon, non più» disse Sam guardando preoccupato il suo amico.


Era notte, una notte fredda come le altre, le mancava Jon, le mancava sentir battere il suo cuore, passare le mani tra i suoi capelli ricci, ripassare le cicatrici sul suo petto.
Sansa si era svegliata dopo un incubo, sudata come sempre e spaventata, aveva allungato la mano per cercarlo ma poi si era ricordata che Jon era tornato nella sua vecchia stanza, che non condividevano più il letto da molto e che non lo avrebbero condiviso mai più.
Corse subito a vomitare, ultimamente le capitava spesso.
Si scostò i capelli e aspettò, poi si pulì, si sciacquò il volto e scalza e senza mettere nulla uscì dalla sua stanza nella quale si trovava appostato un soldato, era stato lui a volerlo, per la sua sicurezza, così le aveva detto.
«Principessa, è successo qualcosa?» chiese lui allarmato, il re del Nord gli aveva dato ordini specifici, erano in tre a proteggere Sansa, ogni notte ruotavano, lei lo guardò senza nemmeno sentirlo, le braccia strette attorno al corpo fragile e provato, gli occhi blu persi nel vuoto, era tutto silenzioso, l’intero Nord stava dormendo e lei invece era nei corridoi senza sapere cosa fare.
«Principessa Sansa» la chiamò il soldato, poi provò ad allungare la mano per aiutarla ma lei si ritrasse spaventata, quel tocco estraneo le ricordò Ramsay, la paura tornò, iniziò a piangere.
«Ti chiedo scusa mia signora, voglio solo aiutarti» disse il soldato cercando di capire qualcosa, voleva davvero aiutarla ma non poteva, Sansa era bloccata nel suo passato, il passato in cui Ramsay ogni notte andava da lei, la prendeva con la forza, la picchiava, tentava di metterla incinta senza riuscirci.
«Portami dal re» disse senza nemmeno guardare il soldato.
Lui obbedì, camminò al fianco di Sansa che ancora era scalza.
Il pavimento era freddo ma lei non lo sentiva, nemmeno la sua pelle sembrava sentire freddo.
Doveva vedere Jon, vedere i suoi occhi scuri, era ridicolo ma quel sogno… non le dava tregua; Jon e Arya e Bran e Gendry e Meera, tutti con gli occhi azzurri e la pelle pallida, sordi alle sue grida.
Chiuse gli occhi solo un istante per scacciare quel sogno.
Grande Inverno era pieno di tristi ricordi, i fantasmi della sua famiglia camminavano con lei, nel buio, avvolti dal silenzio e dalla neve che cadeva incessante.
Eddard Stark, Catelyn Tully, Robb Stark, Rickon Stark, ognuno di loro accompagnava Sansa, aspettava Sansa.
Perché loro sono morti e io no? - si domandò passando d’avanti alla stanza di Robb, il suo fratellone, il giovane lupo.
Non voleva far altro che piangere, piangere e maledire la sua sorte.
E poi quando pensava di aver finalmente trovato la felicità con Jon, la sua ancora di salvezza in quel mare in tempesta, la sua roccia, era arrivata Daenerys e glielo aveva portato via - non che lei avesse lottato - per sempre.
Si fermò di colpo, non aveva considerato l’idea che forse Jon non fosse solo in quelle notti fredde, che forse lei sarebbe stata lì a fargli compagnia.
«Aspetta» disse al soldato, lui si fermò e la osservò.
Non sapeva cosa fare, i suoi piedi volevano proseguire ma la sua mente la bloccava, se era con Daenerys cosa avrebbe detto per giustificare la sua presenza lì?
Ma doveva vederlo, doveva vedere i suoi occhi scuri come sempre, quelle grandi stelle che illuminavano la sua vita.
Si fece coraggio e proseguì sempre seguita dal soldato.
La porta era socchiusa, le candele spente, Sansa si fermò sulla porta indecisa se aprirla o andarsene.
Poi la sua mano tremate fece il resto, spinse la porta pesante quasi aperta, i piedi proseguirono senza indugio e lei entrò.
Il re del Nord era solo, dormiva beato nel grande letto e ai suoi piedi c’era Spettro a vegliare, a proteggerlo dai suoi nemici, Sansa pianse, in silenzio, lacrime amare, lacrime di amore e di dolore.
Jon le sembrava un bambino indifeso, ignaro di ciò che lo aspettava come re dei Sette Regni; intrighi e menzogne e pugnalate alle spalle, non sarebbe sopravvissuto nemmeno un giorno da solo in un luogo come Approdo del re.
Sembrava sereno, in pace con il mondo.
«Jon» disse lei, a voce bassa ma fu sufficiente per svegliarlo, aveva imparato a dormire tenendo le orecchie tese e gli occhi mezzi aperti.
Si stropicciò gli occhi e con il volto assonnato si tirò su e vide Sansa in piedi vicino alla porta illuminata dalla luce pallida della luna.
Si alzò dal letto senza nemmeno mettersi qualcosa sopra, indossava solo le mutande ma per Sansa non era nulla di insolito.
La vide tremante e spaventata come una bambina, una bambina che cercava riparo da una terribile tempesta.
«Sansa, che succede?» disse accarezzandole il volto.
Lei non riuscì a rispondere, solo lacrime, tante lacrime, i suoi occhi erano rossi come i suoi capelli, Jon si avvicinò a la strinse a se, era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Il suo petto caldo, le sue braccia forti, il suo fiato sul collo.
Posò le mani sul suo volto, lo scrutò bene, osservò più e più volte i suoi occhi.
«I tuoi occhi.»
«I miei occhi?» domandò confuso.
«Si, sono ancora scuri» disse asciugandosi le guance con il dorso della mano.
«Di che altro colore dovrebbero essere?»
«Erano azzurri, nei miei incubi. Dovevo vederti, controllare anche se sapevo… mi dispiace non dovrei essere qui.»
Fece per andarsene ma Jon non glielo permise, la prese per mano e poi la strinse di nuovo a se.
«Non andartene ti prego, ho bisogno di te Sansa… e per i miei occhi puoi stare tranquilla, non diventeranno mai azzurri.»
Tentò di farle un sorriso, ma Jon non era mai stato bravo con i sorrisi, anche se lei era l’unica persona che lo spingeva a sorridere, la prese per mano e la condusse al suo letto, la fece sdraiare e lui si sdraiò accanto a lei.
Il suo letto sembrava più morbido, ma era solo perché Jon era lì.
Si accoccolò contro il suo petto, il battito del suo cuore calmò nuovamente il suo corpo spaventato e tremante, in breve si addormentò tra le sue braccia e dormì serena come non accadeva dalla sua partenza, mente Jon rimase sveglio a osservarla come accadeva in passato, Sansa era diventata la cosa più importante della sua vita.

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Capitolo 43
*** QUARANTUNO ***


QUARANTUNO 

 

 

 

 

Assieme a Jon gli incubi erano scomparsi, il fantasma di Ramsay era scomparso così come le sue parole, con Jon il mondo le sembrava ancora meritevole, un posto giusto in cui vivere ma senza di lui l’oscurità la avvolgeva, non c’era nulla senza Jon Snow.
Jon non l’aveva svegliata, l’aveva lasciata nel suo letto a dormire.
Le aveva dato un bacio sulla fronte e tirato su le coperte, ordinato a Spettro di restare con lei e poi si era fermato sulla porta a osservare Sansa nel suo letto, quando la sera prima era andato da lui quasi non riusciva a crederci, doveva davvero essere a pezzi per mettere da parte l’orgoglio e tutti gli insegnamenti di lady perfetta per raggiungerlo nel cuore della notte.
Sorrise, chiuse la porta e se ne andò nel suo studio dove Sam lo stava aspettando.
Quando Sansa si svegliò trovò Spettro con lei, le era mancato svegliarsi con il lupo vicino, così come le era mancato il ritmo del cuore di lui che calmava il suo, le dava quella pace che le serviva.
Il re era stato attento e premuroso verso di lei, come sempre; aveva detto ad Arya di andare da lei e di portarle dei vestiti.
Così la sua sorellina era andata nella stanza di Jon certa di trovarci Sansa e così era stato.
Era affacciata alla finestra, la brace nel camino teneva ancora calda la stanza, lei osservava fuori, fuori da quella finestra dove il mondo continuava a girare, dove le persone vivevano la loro vita ignari del dolore che la loro principessa sentiva, se non fosse stato per Jon sarebbe andata alla torre spezzata dalla quale suo fratello Bran era caduto o stato spinto, e si sarebbe gettata nel vuoto, avrebbe volteggiato in cielo come i fiocchi di neve che cadevano, ma lei non sarebbe stata uno di loro, non bianca, ma scura, colpevole, colpevole di molte cose tra cui la morte di suo padre Eddard Stark il vero protettore del Nord e signore di Grande Inverno.
«Sansa» la chiamò Arya, alla voce della sorella si girò per osservarla.
Il volto era ancora quello di una donna che aveva pianto, gli occhi rossi c’erano ancora, nonostante la gravidanza Sansa sembrava essere dimagrita anche se si intravedeva già qualcosa, qualcosa che però Jon non aveva notato.
«Jon mi ha detto che eri qui e mi ha chiesto di portarti dei vestiti» disse posandoli sul letto sfatto, Sansa tornò a guardare fuori dalla finestra, era tutto così difficile, complicato, nessuno sembrava capirla.
«Grazie Arya» rispose, più per gentilezza che per altro.
Non se ne era nemmeno resa conto, ma Arya l’aveva raggiunta.
«Parla con me, ti prego.»
«Non c’è nulla da dire.»
«Mi stai ancora mentendo, basta bugie Sansa.»
«Allora non farmi domande» rispose tornando a osservare la neve.
Dalla stanza di Jon si vedeva il Parco degli Dei, era l’unico posto dove si sentisse un po’ meglio.
«Ti ho vista parlare con il Maestro, cosa gli hai chiesto?»
«Niente che ti riguardi.»
«Sei mia sorella» disse prendendola per un braccio e stringendola forte «mi riguarda.»
Sansa non le rispose, chiuse gli occhi e lasciò alle lacrime la libertà di rotolare sul suo volto, un volto che un tempo sembrava porcellana e ora… ora era porcellana rotta, messa insieme a caso, infine la porcellana si era trasformata in ferro quasi.
La sua era una corazza dura da abbattere e Arya non poteva abbatterla, solo Jon aveva quel potere.
Arya la guardò colma di rabbia e di preoccupazione.
Sansa, cosa stai facendo? Dillo a me.
Poi uscì dalla stanza sbattendo la porta e corse via da lì, andò nella stanza del Maestro e entrò senza bussare, lui era lì, stava preparando qualcosa.
«Principessa Arya, cosa succede?» domandò l’uomo allarmato.
Ma Arya era troppo furiosa.
Prese Ago in mano, aveva i capelli legati indietro come un tempo li portava suo padre, come li portava anche Jon, puntò la spada verso il Maestro, se Sansa non voleva parlare allora lo avrebbe fatto lui.
«Principessa…»
«Io non sono una principessa. Dimmi tutto quello che sai» disse con una voce che faceva quasi paura.
«Non so di cosa stai parlando!»
«Bene allora ti renderò le cose più facili. Dimmi cosa stai tramando con mia sorella o questa metterà fine alla tua vita, non sarebbe la prima che prenderei.»
Il Maestro la guardò allarmato, avrebbe voluto gridare, ma cosa avrebbe detto poi?
Aveva fatto un giuramento alla principessa del Nord, a una delle principesse almeno, ma quella ragazzina… si lo avrebbe decisamente ucciso.
«Parla!» disse Arya alzando Ago verso la sua gola.
«Va bene, va bene. Ti dirò tutto ma prima… metti via la spada.»
«Giuralo» disse la giovane ragazza dagli occhi come una tempesta.
«Lo giuro.»
Arya rinfoderò Ago e lasciò libero il Maestro che si massaggiò dolorante la schiena.
«Cosa ti ha chiesto Sansa?»
«Il tè della luna.»
«Cos’è?» domandò Arya, forse aveva sentito quel nome ma non ne conosceva l’uso.
«Per lo più lo usano le donne che fanno le prostitute, non che sia il caso della principessa Sansa. Serve per gravidanze indesiderate, qualche sorso del tè della luna e…»
«No! Lei non lo farebbe mai» rispose incredula guardando il Maestro di Lyanna Mormont, sconvolta da ciò che aveva appena udito.
Il Maestro la guardò con tristezza, nemmeno lui avrebbe voluto che Sansa Stark lo chiedesse.
«Invece lo ha fatto, mi ha chiesto di prepararlo per il giorno del matrimonio di re Jon.»
«Cosa? No, Sansa…»
«Mi dispiace ma è il suo volere, farò ciò che mi è stato ordinato.»
«Ma come puoi farlo? Stiamo parlando della vita di un innocente.»
«Credi che voglia prepararlo mia signora? Credi che vorrei consegnarlo a tua sorella? No, io sono un Maestro, il mio compito è ubbidire.»
Arya guardò quell’uomo un’ultima volta e poi se ne andò furiosa, furiosa con Sansa, furiosa con il Maestro e furiosa con Jon per non averlo capito.
Uomini - pensò.


Non aveva mangiato, non riusciva a tenere nulla nello stomaco e ogni sorta di cibo la faceva vomitare.
Era uscita dalla stanza di Jon solo nel pomeriggio e per terminare di dare ordini, aveva fatto chiamare i musicisti e anche Jon, sarebbe arrivato a momenti.
Infatti arrivò subito dopo, i capelli tirati indietro, la veste nera con il suo ricamo del metalupo degli Stark, la pelliccia.
Dovrò ricamarci un drago - pensò, ma poi si corresse - stupida, non potrai più ricamare nulla per lui, Jon non ti appartiene più.
«Mi hai fatto chiamare?» le disse avvicinandosi, Sansa lo preoccupava ogni giorno di più.
«Si, spero che non avessi nulla di importante da fare.»
«Nulla che non possa essere rimandato.»
«Bene» disse, poi si avvicinò ai musicisti.
«Che è successo qui?» chiese Jon guardando la Sala Grande con il tavolo e le sedie ammucchiate alle pareti.
«Serviva spazio e l’ho procurato.»
«Spazio per cosa Sansa?»
«Musica prego» disse, poi tornò da Jon e gli fece una carezza sul volto «per danzare, il re del Nord non può fare brutta figura il giorno delle sue nozze. Non sei mai stato bravo a danzare Jon, è ora di imparare almeno le basi.»
Poi posò le braccia sulle sue spalle, l’attrazione era così tanta, la voglia baciarlo era tanta, tornò in se e la musica iniziò.
«Sansa non so…»
«Lasciati guidare da me, ti insegnerò a danzare. Tu sei stato un buon maestro per quanto riguarda l’arco ora tocca a me.»
«Finirò per schiacciarti i piedi» disse con un pizzico di ironia e accennando un sorriso.
Tutto il suo mondo si illuminò come accadeva ogni volta che lui le sorrideva e la guardava in quel modo.
«E’ per questo che facciamo le prove, per evitare che tu possa schiacciare i piedi alla tua futura moglie» rispose guardando i suoi occhi, due pozze di oscurità ma che sembravano danzare quando incrociavano i suoi, quasi bruciare come le fiamme più ardenti.
«Non occorre che sia tu a farlo.»
«E chi altri allora? Arya? Ce la vedi a darti lezioni di danza?»
«No» rispose e quella volta però la risata fu vera, sincera.
Rimasero per un po’ in silenzio avvolti dalla musica, i loro piedi si muovevano, le sue mani la stringevano.
Sansa, vorrei che fosse sempre così.
La musica li cullava, regalava loro piccoli attimi che presto non avrebbero più avuto.
«Ti amo.»
Sansa portò la sua mano sulla bocca di lui, Jon non poté fare a meno di baciare le sue dita.
«Siamo esseri imperfetti» disse fissandolo con i suoi grandi occhi blu come pozze di acqua «amiamo in modo imperfetto.»
«Non tu, tu sei stata la cosa più bella che potesse capitare nella mia vita Sansa Stark e niente e nessuno potrà mai cancellare questo. Nemmeno Daenerys Targaryen.»
«Jon ti prego, non rendere tutto più difficile.»
«Non voglio renderti le cose più difficili solo… io non riesco a lasciarti andare, questa notte, passarla con te…»
«E’ stato un errore, non sarei mai dovuta venire da te.»
«Ho sperato che venissi da me così tante volte mentre ero via e anche dopo essere tornato e ieri è successo, eri lì, con me. E’ te che amo, è te che vorrei sposare, è con te che vorrei avere dei figli.»
Quelle parole ruppero l’argine, Sansa non riuscì più a controllarsi, lasciò andare Jon, tolse le mani dal suo corpo e con gli occhi appannati per via del pianto corse via senza riuscire a parlare, ma avrebbe voluto dirgli così tante cose.
Dirgli che i suoi desideri erano lì, tra le sue braccia, che sarebbe bastato sigillare il loro amore al cospetto degli Dei, antichi o nuovi, bastava solo un rito, delle risposte e tutto sarebbe andato bene.
Potrai mai perdonarmi Jon?
Corse nelle cripte, era diventato quello il suo rifugio, accese la torcia e corse a nascondersi lì sotto, nel buio, dove nessuno le avrebbe parlato e dove nessuno avrebbe visto il suo dolore, raggiunse la statua di suo padre e si sedette ai suoi piedi, era freddo il pavimento, un po’ mollo, l’acqua a volte colava delle pareti lì sotto.
«Padre» disse in lacrime accarezzando il marmo freddo e umido «sono stata io.»
Non riuscì a dire né pensare altro, strinse le ginocchia contro il petto e rimase nelle cripte, a piangere, mentre i suoi antenati osservavano muti il suo dolore. 







 

Grazie a tutti coloro che stanno leggendo questa Fanfiction, so che la coppia Jon/Sansa non è tra le più popolari non in Italia almeno, ma a me Jon piace sia con lei che con Daenerys (sicuro che nella serie tv finirà con Dany)
Quindi con la speranza che questo capitolo vi piaccia vi saluto.
Fatemi sapere cosa ne pensate ;)
Lils 

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Capitolo 43
*** QUARANTADUE ***


QUARANTADUE

 

 

 

 

Baelish era stato convocato da Jon quel pomeriggio, ma il re non era solo, con lui c’era anche Daenerys.
Ditocorto bussò alla porta e dopo aver ricevuto il permesso entrò.
«Maestà, mi hai fatto chiamare?»
«Si, siediti» disse Jon.
A Baelish non piaceva Jon Snow o qualunque altro nome avesse scelto, e soprattutto non gli piaceva prendere ordini da lui.
«Come posso aiutarti?» rispose ossequioso sedendosi.
Daenerys lo osservava, lo aveva visto spesso ma dopo ciò che Sansa le aveva raccontato aveva iniziato a guardarlo con occhi diversi, c’era già un signore dei sussurri, non ne occorreva un altro, soprattutto perché non sapeva dove quei sussurri sarebbero arrivati.
«Non mi occorre il tuo aiuto, mio signore.»
«Allora perché mi trovo qui?» chiese Baelish.
«Per Sansa, voglio che tu capisca che lei non è una tua proprietà» disse il re del Nord portando le man sul tavolo.
«Nemmeno tua, Sansa Stark è libra di pensare e fare ciò che vuole maestà, e io altrettanto.»
«Smettila di tormentarla, non fai altro che peggiorare la sua condizione. Ogni volta che discute con te gli incubi tornano, dubito che sia una coincidenza.»
«Vuoi impedirmi di parlarle?» domandò Baelish con aria sarcastica.
«Se fosse in mio potere lo farei» disse Jon avvicinandosi ancora di più a lui.
«Ma non lo è.»
«Non la sposerai» disse Daenerys, Sansa era stata chiara, sarebbe morta piuttosto che sposarlo.
«Questa scelta non è tua mia regina, ne sua, solo di Sansa e mia.»
«Lord Baelish lei non vuole sposarti, di questo ne sono certa.»
«Siete diventate amiche?»
«Alleate.»
«E davvero pensi che non ti odi?»
Daenerys rimase senza parole, certo qualche volta lo aveva pensato infondo le aveva portato via l’uomo che amava per via della guerra e delle alleanze.
«Sansa non la odia» rispose Jon guardando Daenerys, i suoi occhi viola erano diventati improvvisamente più tristi, Baelish era in grado di rattristare chiunque.
«Chi lo sa, bene se volete scusarmi ho una cosa importante da fare» rispose lui, guardò gli ultimi Targaryen rimasti in vita e si alzò dalla sedia.
«Con il permesso delle loro maestà…»
Si avvicinò alla porta e se ne andò, Jon sbattete i pugni sul tavolo, nessuno riusciva a irritarlo più di Ditocorto.
«Lo credi davvero Jon?» chiese lei con voce infinitamente triste, aveva imparato a volere bene a Sansa in quei giorni e anche al re del Nord, era diventato importante per lei, più di quanto avrebbe potuto immaginare.
Jon si alzò e le fece una carezza, la sua pelle era liscia e i suoi occhi…
«Si, lei non ti odia.»
«La capirei se fosse il contrario.»
«Non è così» disse lui prendendo le sue mani.
Daenerys tentava di mostrarsi forte, sempre, ma la verità era diversa; era solo una giovane donna spaventata che si trovava a fronteggiare cose che mai aveva chiesto, come lui.
Meera Reed stava cercando tutti gli Stark, Bran era solo nel Parco degli Dei e aveva chiesto dei suoi fratelli, le sue visioni erano un tale fardello che solo lei sembrava davvero comprendere, così come aveva compresso il suo fratellino, Jojen Reed.
La prima che trovò fu Arya.
«Menomale, ne ho trovata almeno una. Arya, Bran vi sta cercando tutti è nel Parco degli Dei.»
«Gli è successo qualcosa?» chiese preoccupata.
«Non lo so, mi ha chiesto di chiamarvi tutti. Sai dove sono i tuoi fratelli?»
«Jon è nel suo studio, Sansa… non lo so» rispose preoccupata guardando Gendry.
«D’accordo tu vai da Bran io cercherò gli altri.»
«Penso io a Sansa» disse Gendry stringendo la mano di Arya, era preoccupato per lei, Arya stava soffrendo e detestava vederla soffrire ancora, però era preoccupato anche per Sansa, si era creato un bel rapporto tra loro due.
Arya uscì dal castello e raggiunse Bran nel Parco degli Dei, Meera andò a chiamare Jon e Daenerys mentre Gendry si stava occupando di cercare Sansa, compito non facile dato che sembrava essere sparita nel nulla.
Non era nel Parco degli Dei questo lo sapeva, corse nelle sue stanze ma erano vuote, andò in quella di Jon ma non era nemmeno lì.
«Dove sei Sansa?» disse sbattendo il pugno sulla porta di legno.
Trovò Jon e Daenerys assieme a Meera Reed.
«L’hai trovata?» le domandò lei.
«No. Ho controllato ogni stanza ma non c’è.»
Gendry puntò lo sguardo su Jon, forse lui poteva saperlo.
«Sto cercando Sansa» gli disse.
A quelle parole Daenerys sentì Jon irrigidirsi.
«Non è in camera sua?» chiese preoccupato.
«No, ho controllato ovunque anche nella tua, ma forse avrei dovuto chiedere il tuo permesso.»
«Tranquillo Gendry. Se non è nelle stanze rimane solo un posto.»
«Quale?» chiese Gendry allargando le braccia.
«Le Cripte, scende spesso lì sotto ultimamente.»
«Le Cripte, ne sei certo? Non voleva nemmeno metterci piedi qualche mese fa.»
«Ne sono certo Gendry, vado a prenderla.»
«No, è meglio che vada io, con tutto il rispetto dubito che voglia vederti.»
Jon abbassò lo sguardo, certo che non voleva vederlo, le aveva distrutto il cuore, quella parte di cuore che era riuscito a far guarire con tanta fatica.
Daenerys strinse la sua mano, conscia del dolore che stavano entrambi provando e di cui si sentiva terribilmente in colpa.
«Vai tu Gendry» rispose il re del Nord, poi lo oltrepassò mano nella mano con Daenerys Targaryen e Meera.
Così accese una torcia e iniziò a scendere, era tutto così buio.
C’era stato solo una volta, con Arya, non voleva andarci da sola e lui l’aveva accompagnata, l’avrebbe accompagnata ovunque.
Faceva freddo lì nonostante il castello fosse per lo più riscaldato dalla sorgente di acqua calda, il buio era immenso, Gendry si sentì un bambino spaventato, ma poi ricordò a se stesso che ormai era un uomo.
Arrivò fino alle statue di pietra e vide una piccola luce, una torcia lasciata a terra che stava per spegnersi e accanto alla torcia Sansa Stark.
Gendry le si avvicinò e senza dire una parole si sedette al suo fianco, quella ragazza era a pezzi e non sapeva come aiutarla, ma alla fine l’unico che poteva aiutarla era colui per cui stava soffrendo.
Sansa si asciugò le lacrime, si voltò verso Gendry che aveva allungato la sua mano, una mano forte, callosa ma che la faceva sentire sicura.
«Da quanto tempo sei qui, hai le mani gelate.»
«Non sapevo dove altro andare, Grande Inverno non è più quello di una volta.»
«Grande Inverno è sempre lo stesso Sansa, è casa tua.»
«Una casa piena di spiriti, a volte li sento sussurrare il mio nome Gendry, li sento camminare con me» disse guardando le statue di pietra con le spade.
«Gli spiriti non esistono» disse asciugandole una lacrima.
«Perché sei qui? Ti ha detto Arya di venire?»
«No, Bran. Vuole vederti, vuole vedere tutti a dire il vero. Ci sta aspettando nel Parco degli Dei.»
«Perché?»
«Non lo so, ha chiesto a Meera di cercarci.»
«Meera… mi domando quando si sposeranno e anche quando lo farete tu e Arya.»
«Se fosse per me la sposerei anche domani.»
«Fallo allora Gendry, non lasciarla andare. Arya ha sofferto molto e io ho contribuito, ci siamo fatte male a vicenda in passato e ora che è di nuovo qui voglio solo che sia felice e sei tu a renderla felice. La mia vita senza Jon non ha quasi più senso» disse Sansa guardando la statua di sua zia Lyanna.
Ora posso capire il tuo gesto, perché fuggisti con il tuo drago.
«Ti sbagli Sansa, hai ancora qualcosa per cui lottare.»
Guardò Gendry, poi posò la mano sulla pancia.
Da quando si era resa conto di essere incinta aveva iniziato a pensare a suo figlio; a come sarebbe stato, a chi dei due avrebbe somigliato, di che colore sarebbero stati i suoi occhi; si era fatta un’idea di quel bambino, il suo bambino.
«Andiamo da Bran» disse Gendry alzandosi e porgendo la mano a Sansa, la aiutò a tirarsi su.
Era più pallida del solito, fredda, quasi assente.
Avrebbe dovuto essere felice, essere calda e piena di voglia di vivere e invece si stava lasciando andare.
Prese le sua torcia e portò Sansa via da lì, via dal buio che la stava inghiottendo ogni giorno di più, passava il suo tempo nelle Cripte perché sentiva di non appartenere più al mondo in cui lui e tutti gli altri vivevano.
Bran era seduto a terra sopra alle coperte, gli altri erano tutti arrivati ma Jon e Arya si guardavano attorno nervosi alla ricerca di Sansa, finché non comparve con Gendry; volto arrossato, occhi lucidi e stanchi.
Sansa, amore mio.
«Eccoci» disse Gendry.
«Va tutto bene?» chiese Arya prendendo la mano di sua sorella, era fredda, Sansa non aveva mai avuto le mani fredde.
«Si, vi chiedo scusa per il ritardo. Cosa succede?» domandò a Bran.
A Bran pesava dirlo, chi ne avrebbe sofferto di più sarebbe stata proprio Sansa.
«Devo parlarvi di una visione che ho avuto e non potevo farlo dentro alle mura, troppi orecchi, troppe spie.»
«Nessuno ci ascolterà qui Bran, parla tranquillamente» disse Jon.
Alzò lo sguardo su Sansa.
«Si tratta di Petyr Baelish.»
Jon strinse i pugni e il gesto non passò inosservato a Sansa né a nessun altro dei presenti.
«Che cosa farà?»
«Non si tratta di cosa farà Jon, ma di ciò che ha fatto.»
«Spiegati» disse Sansa.
«L’ho visto ad Approdo del re, con nostro padre. E’ stato lui a tradirlo, a consegnarlo ai Lannister» rispose con la voce colma di rabbia.
«Cosa?» urlò Arya.
«Lo ha tradito, ho visto mentre gli puntava un pugnale alla gola.»
A Sansa mancò l’equilibrio, si dovette appoggiare ad un albero lì vicino, il respiro divenne affannoso, se prima lo odiava adesso desiderava solo vederlo morto.
«Baelish» disse.
Jon tentò di avvicinarsi.
«Non toccarmi» rispose furiosa allontanandolo.
«Sansa…»
«Avrei dovuto lasciare che Brienne lo uccidesse» disse a denti stretti.
«Lo farò io.»
«No Arya.»
«Si invece, pagherà. Pagherà come hanno pagato i Frey» rispose sfoderando Ago, ma Sansa le posò la mano sulla sua.
«Lui non segue le tue regole, il suo gioco è diverso e noi faremo il suo gioco.»
«Non vuoi che paghi?» le domandò quasi sconvolta.
«Certo che lo voglio, ma io lo conosco meglio di chiunque altro. Pagherà Arya, ma non puoi ucciderlo.»
«Si che posso, chiunque può essere ucciso.»
«Fidati di me, e anche voi.»
«Dovrei giustiziarlo.»
«No. Dammi ascolto questa volta Jon» disse fissando i suoi occhi scuri, quelle pozze profonde che sembravano scavarle l’anima.
«Va bene, faremo a modo tuo, ma se dovesse farti del male non gli basteranno i Sette Regni per fuggire da me.»

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Capitolo 44
*** QUARANTATRE ***


QUARANTATRE

 

 

 


«Siamo solamente esseri umani Jon Snow, e gli dei ci hanno foggiato perché noi si possa amare.»
Jon Snow non riusciva a dormire, si rigirava nel grande letto, verso la parte dove sarebbe dovuta essere Sansa, era inquieto e confuso.
Confuso per il suo comportamento schivo.
Confuso per il comportamento di Daenerys.
Non sapeva più cosa fosse giusto e cosa sbagliato, i suoi sentimenti erano veri, erano profondi, era amore ciò che sentiva per Sansa ma c’era qualcosa, qualcosa di nuovo che stava crescendo giorno dopo giorno, il rispetto che aveva provato fin da subito per Daenerys con il tempo sarebbe potuto diventare altro; ma Jon Snow amava solo Sansa Stark.
Spettro si alzò dal fondo del letto e si sdraio accanto a Jon.
«Che succede amico mio? Manca anche a te vero?» disse accarezzando il suo pelo bianco, gli occhi rossi del metalupo riflettevano le fiamme del fuoco, Spettro era stata una delle cose migliori che potevano capitargli.
Uggiolò e posò la testa sulla spalla del suo padrone.
Tra due giorni si sarebbe svolto il suo matrimonio con Daenerys Targaryen nel Parco degli Dei.
Jon fece un respiro profondo; sposarla significava diventare re dei Sette Regni, sedere sul Trono di Spade un giorno e prendere il cognome Targaryen, il cognome che sarebbe da sempre dovuto essere suo.
«Padre, se fossi qui cosa faresti?» domandò a voce alta osservando il soffitto della stanza, il fuoco ardeva nel camino, le fiamme giocavano tra di loro, le sue parole si persero nel silenzio della stanza e nel crepitare del fuoco, nessuno avrebbe mai risposto alle sue domande.
In un’altra stanza anche Sansa era sveglia a osservare il soffitto, le coperte tirate fino alle spalle, il fuoco acceso nel camino; ma il suo re non era lì.
Provava nostalgia per i giorni passati, troppa nostalgia.
Una nostalgia che temeva le sarebbe rimasta addosso senza andarsene mai, e che ogni giorno le faceva ricordare chi non poteva continuare ad amare.
Durante il giorno cercava di evitarlo, per lo più stava nelle Cripte lontana da tutti i vivi, dove solo chi non c’era più le teneva compagnia con il silenzio, ma la notte… la notte era un altro discorso.
La sua mente vagava, sognava ancora come quando era una stupida bambina viziata e altezzosa.
Immaginava Jon, di dirgli del bambino, di chiedergli di sposarlo anche se avrebbe dovuto farlo lui; ma infondo era solo la notte, il giorno sarebbe stato un altro conto.
Sam dopo aver parlato con Jon aveva chiesto a Gilly di fare compagnia a Sansa e così era andata da lei con il piccolo Sam, a Sansa faceva bene quel bambino ma al tempo stesso la colmava di dolore e di rimpianto per le scelte prese.
Gli insegnò a ricamare, Gilly era brava ma poteva migliorare.
«Basta passare il filo qui» disse lei mostrandole come fare, ricordando gli insegnamenti della sua Septa.
«Sei molto brava» rispose Gilly imbarazzata, lei era una bruta, sapeva a mala pena cucire.
«E’ solo questione di tempo, anche tu sei molto brava Gilly.»
Il piccolo Sam stava giocando sul pavimento mentre loro due ricamavano.
«Chi ti ha insegnato?»
«La mia Septa.»
«Ti ha insegnato bene, mi piacerebbe conoscerla.»
Sansa lasciò perdere il ricamo, a dire il vero il ricamo scomparve e tornò ad Approdo del re, il giorno dopo l’esecuzione di suo padre, il giorno in cui Joffrey le aveva mostrato la sua testa su una picca e quella della sua Septa.
«E’ morta» rispose Sansa.
«Mi dispiace, non… non lo sapevo» tentò di scusarsi Gilly.
«Non potevi.»
«Sei stata fortunata, hai avuto una famiglia che ti ha amata molto e che continua ad amarti.»
«Non siamo più la famiglia di un tempo, però si credo di essere stata fortunata.»
«Craster ci picchiava, ci prendeva quando voleva e ai figli maschi… se non fosse stato per Sam mio figlio sarebbe morto ora, gli devo molto.»
Sansa posò la sua mano su quella di Gilly, sapeva perfettamente cosa volesse dire essere prese senza volerlo, sentire le sue mani nel corpo, sentirlo dentro di se.
«So cosa significa e credo che un mi dispiace non serva a molto.»
«No. Ma nonostante tutto amo mio figlio e anche tu.»
«Io?» chiese Sansa.
«Ti ho vista spesso toccarti la pancia, quel pallore.»
Sansa rimase senza parole, se Gilly se ne era accorta e se lo avesse detto a Sam…
«Ti prego non dirlo a nessuno Gilly.»
«Non lo farò, il tuo segreto è al sicuro con me.»
«Non sarà più un segreto tra molto.»
«Si, prima o poi si saprà.»
«No, nessuno lo saprà mai» rispose lei, poi le lacrime caddero nuovamente dai suoi occhi.
«Cosa vuoi dire?» domandò Gilly preoccupata.
«Nulla, dimentica ciò che ti ho detto.»
Riprese in mano il suo ricamo e continuò, stava ricamando un drago tricefalo, lo stemma dei Targaryen, il suo ultimo ricamo per Jon Snow.
Sansa sapeva cosa significava stare male fino a diventare il mostro che la divorava.
Lei e Jon sarebbero rimasti solo un ricordo, un ricordo che avrebbe accompagnato le sue notti fino alla fine della sua vita.
Mentre si trovava con Gilly il corno suonò, un solo suono, altri amici?
Grande Inverno stava accogliendo più persone di quante poteva in realtà permettersi.
Posò il ricamo sopra al letto e uscì dalla stanza dopo aver detto alla ragazza bruta di restare lì con il bambino, per sicurezza.
Arya e Gendry erano già fuori quando lei li raggiunse, anche Jon si trovava lì ad allenarsi con Tormund, senza maglietta nonostante il freddo che penetrava la pelle e le ossa.
Rinfoderò Lungo Artiglio e si vestì mentre i cancelli di Grande Inverno venivano spalancati a nuovi amici o alleati.
Entrarono degli uomini a cavallo, infreddoliti, i fiocchi di neve sopra ai loro vestiti ormai quasi molli.
Arya si votò verso Gendry spalancando gli occhi.
«Veniamo in pace» disse un uomo con la benda sull’occhio sinistro.
«Chi sei mio signore?»
«Beric Dondarrion» rispose Arya Stark con Ago in mano guardando quell'uomo.
«Ci rivediamo piccola lady, ero certo che prima o poi i nostri cammini si sarebbero incrociati e c’è anche il tuo amico.»
«Cosa fate qui?» disse Gendry avvicinandosi ad Arya con la spada in pugno.
«Posala» rispose Thoros di Myr.
«Non intendo farlo. Perché siete qui?» domandò di nuovo.
«Arya, Gendry come conoscete queste persone?» domandò Sansa voltandosi verso la sorella e il suo promesso.
«Volevano vendermi per dell’oro.»
«Era un riscatto ragazzina, tu saresti tornata a casa e noi avremmo avuto oro per aiutare i poveri e noi stessi.»
«Avete venduto Gendry!»
«Si e quell’oro ci è stato utile.»
«Andatevene da casa mia.»
«Mi dispiace deluderti Arya Stark, ma a meno che il re non lo ordinerà resteremo. Immagino che sia tu Jon Snow» disse Beric.
«Si, sono io. Rispondete alla domanda di Gendry, cosa fate qui?»
«Vogliamo aiutarti, uomini in più per il tuo esercito. Dobbiamo unirci per ciò che sta arrivando.»
«Come sapete cosa sta arrivando?» chiese Sansa raggiungendo Jon.
«Il signore della luce.»
«Sei un prete?»
«Si mia signora, Thoros di Myr per servirvi.»
«Abbiamo già una sacerdotessa rossa, non ne occorre un altro prete.»
«Lady Melisandre, si. Un prete forse no, ma un abile combattente? Siamo in molti qui a saper combattere, alcuni meglio di altri» rispose Thoros voltandosi verso Beric e poi verso un uomo che teneva il volto coperto.
Sansa ricordava quell’uomo, lo aveva conosciuto ad Approdo del re, le aveva salvato la vita quando il popolo inferocito l’aveva presa e Arya ci aveva viaggiato insieme per molto tempo e poi lo aveva lasciato a morire.
Le cicatrici sulla testa erano visibili, non aveva più l’elmo che in passato la spaventava ma era ancora lui.
«No, non può essere» disse Arya «stavi per morire!»
«Ti sarebbe piaciuto, ma sono ancora vivo. Ciao uccelletto» rispose voltandosi verso Sansa, il passato non l’avrebbe mai abbandonata, non le avrebbe mai dato tregua.
«Chi sei ser?» chiese il re del Nord.
«Il Mastino» rispose la sua sorellina senza smettere di fissare il suo vecchio compagno di viaggio.
«Sandor Clegane» disse lui guardando le due Stark «non credevo che sareste sopravvissute.»
«Allora Jon Snow, ti occorrono altri uomini?» chiese Dondarrion.
Jon osservò la sua famiglia e Gendry, forse loro non era d’accordo ma più uomini avrebbero aiutato.
«Si, mi occorrono.»
«Bene.»
Scesero da cavallo e posarono i piedi sulla neve fredda, ancora più fredda rispetto a quella nei vestiti.
Sansa lo osservava, avrebbe voluto distogliere lo sguardo ma non ci riusciva.
«Alla fine eccomi di nuovo al Nord.»
«Puoi sempre andartene» disse Arya
«Ti piacerebbe, vero? Ma non lo farò, non ora che ho qualcosa per cui lottare.»
«Sei fuggito dalla battaglia della Acque Nere e vuoi lottare contro gli Estranei?» gli domandò Sansa, decisamente non si sentiva più la ragazzina di Approdo del re.
«Si uccelletto» rispose avvicinandosi troppo, Jon teneva la mano su Lungo Artiglio pronto a sguainarla se quell’uomo avesse fatto del male ad Arya o a Sansa.
Non le piaceva il nome con cui la chiamava.
«Puoi togliere la mano da lì.»
«Allontanati e lo farò.»
«Credi che abbia paura di te perché sei il re del Nord? Ho ucciso uomini molto più grandi di te.»
«E ti sei fatto battere da una donna» gli ricordò Arya.
«Ti stavo proteggendo.»
«Non mi occorreva la tua protezione.»
«Davvero? E cosa sarebbe accaduto se non ti avessi portata via dal castello dei Frey mh?»
«Dovevi lasciarmi andare.»
«Si e farti morire, hai ragione avrei dovuto. Così come avrei dovuto lasciare che lei uccidesse Joffrey Baratheon gettandolo dal ponte levatoio, o che quegli uomini la violentassero.»
«Basta così» disse Beric posando la mano sulla spalla del Mastino.
«Siete amici ora? Volevi ucciderlo.»
«Di questi tempi giovane lady, ogni guerriero è un buon amico e Sandor Clegane è un buon guerriero.»
«Arya… entrate vi farò portare qualcosa di caldo da mangiare e della birra» Jon mise un freno a tutta quella discussione che sarebbe potuta durare anche tutta la notte.
«Grazie maestà. Sai, assomigli molto a lord Eddard» disse Beric, poi prese per un braccio il Mastino e lo portò via di lì, mente Sansa rimase a guardarlo persa nel suo passato.
No, io non gli somiglio affatto - pensò tristemente Jon, ma non era ciò che tutti gli altri pensavano di lui; lui era il degno figlio di Eddard Stark signore di Grande Inverno e protettore del Nord. 






 

Molti mi hanno chiesto del Mastino, ebbene eccolo qui!
Sandor Clegane e la Fratellanza senza vessilli!
Un bacio a tutti, Lils.

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Capitolo 45
*** QUARANTAQUATTRO ***


QUARANTAQUATTRO 

 

 

 

 

Sansa li osservava mangiare, erano davvero affamati e infreddoliti.
Il Mastino di tanto in tanto la osservava, quella ragazzina era davvero riuscita a sopravvivere, ancora non se ne capacitava.
Arya se ne era andata furiosa seguita da Gendry, ultimamente bastava poco per farla arrabbiare.
«A quando la guerra?» chiese Beric.
«A breve» rispose Jon bevendo la birra, gli occhi blu di Sansa si fermarono su di lui, sul suo volto, non voleva che Jon andasse in guerra.
Lui le prese la mano e la strinse, incurante degli sguardi degli altri.
«Hai molti uomini?»
«Abbastanza, ma uomini in più non fanno mai male. Mi sono già battuto contro di loro, per ogni uomo che abbiamo noi, il Re della Notte ne ha dieci.»
«Lo hai visto?» chiese Thoros di Myr appassionandosi alla conversazione.
«Si, l’ho visto e anche mio fratello Bran. Sappiamo che le uniche cose in grado di fermarli sono il fuoco e il vetro di drago. Fortunatamente abbiamo entrambi.»
«I draghi, la cometa rossa aveva annunciato il loro ritorno» rispose Thoros sorridendo.
«E i draghi sono tornati» disse Sansa guardando Jon.
Lui le sorrise appena, tristemente.
«Gli ultimi non erano più grandi di lucertole ma questi…»
«Appartengono a Daenerys Targaryen.»
«Ho sentito molte storie su di lei.»
«Non sempre le storie dicono il vero ser.»
«Non sono un ser, non più. Vostro padre mi aveva affidato una missione prima di morire e se sopravviverò alla guerra contro gli Estranei giuro che la porterò a termine.»
«Una missione?»
«Si mia signora, voleva che portassi giustizia e che Gregor Clegane pagasse per i suoi crimini. E’ sfuggito in passato alla giustizia ma prima o poi la giustizia lo raggiungerà.»
«Ti ha già ucciso una volta» disse il Mastino, «Gregor è mio, non sarai tu a ucciderlo Dondarrion.»
«Nemmeno tu, porterò a termine il mio compito.»
«Sei tornato indietro dalla morte?» chiese Jon.
«Si. sei volte se non sbaglio. Vero Thoros?»
«Sei volte il signore della luce ti ha fatto tornare.»
«Anche tu hai visto l’oscurità?»
«Sei stato riportato indietro?» domando Thoros.
«Una volta. E’ stata lady Melisandre, ma non avrebbe dovuto.»
«E cosa sarebbe accaduto se non l’avesse fatto? Dove sarei andata?» disse Sansa stringendo la mano di Jon.
«Era la mia ora Sansa.»
«No.»
«Ha ragione lei, se fosse stata davvero la tua ora il signore della luce non ti avrebbe permesso di tornare. Beric è qui per sua volontà, perché non ha finito con lui, così come non ha finito con te» rispose Thoros poi scolò la sua birra e posò la coppa sul tavolo.
«E cosa vuole il tuo dio da me?»
«Non è il mio dio, lui è l’unico e vero dio, Jon Snow.»
«Ho smesso di credere negli dei.»
«Fai male, ti ha ridato la vita.»
«Jon sai perché sei qui, è il tuo destino.»
«Non ho scelto io questo. Non ho scelto di diventare re e nemmeno di combatterli.»
«E’ stato lui a scegliere per te, che ti piaccia o no sei il prescelto. Ho visto la neve nelle fiamme, molta neve e te.»
«Perché io?»
«A questo non ho una risposta, ma saremo al tuo fianco.»
«Si ma se dovessi morire, bruciate il mio corpo. Non riportatemi indietro.»
«No!» urlò Sansa.
«Sansa…»
«Stammi a sentire e mettitelo bene in testa, tu non morirai. Non puoi farmi questo Jon. Ho accetto Daenerys, ho accettato la vostra unione, ho accettato che fossi il re del Nord ma non chiedermi di accettare la tua morte, non posso» rispose fissando gli occhi scuri dell’uomo che amava più della sua stessa vita, guardò un’ultima volta Jon Snow e poi andò via da quella stanza mentre gli occhi di tutti i presenti la osservavano, ma non le importava.
Aveva già rinunciato a lui e a alla parte di lui che cresceva dentro di lei, ma saperlo sposato con un’altra era preferibile al saperlo morto.
La morte sarebbe stata definitiva, le nozze con Daenerys lo avrebbero invece reso il re dei Sette Regni.
Il matrimonio si sarebbe svolto l’indomani, Jon avrebbe unito le sue mani a quelli di Daenerys per sempre.
Saprà renderti felice Jon, molto più di me e ti renderà un vero re.
Sansa tornò nella sua stanza e continuò il ricamo, il drago tricefalo rosso in sfondo nero, come quello del principe Rhaegar, il suo vero padre.
Gli dei sembravano farsi beffe di loro, ora che finalmente era a casa e Grande Inverno era degli Stark, ora che aveva scoperto cosa fosse davvero l’amore loro glielo avevano portato via.
Accarezzò i draghi sulla stoffa pesante, immaginò Jon davanti all’albero diga, il suo terribile volto rosso nella corteccia fredda e dura, quasi squamosa come le pelli di Drogon, Rhaegal e Viseryon.
I capelli legati indietro come li portava Eddard Stark, i suoi occhi scuri ma scintillanti e la mano che afferrava la sua senza lasciarla andare mai più.
Ma era un sogno, solo un bellissimo sogno.
La mano che avrebbe afferrato per non lasciare andare non sarebbe mai stata la sua ma quella di Daenerys.
Rivedere il Mastino era l’ultima cosa che si aspettava, lui le aveva portato alla mente tanti di quei ricordi, i ricordi di quando viveva ad Approdo del re.
Le liti con Arya, le suppliche a sua madre per lasciarla partire, quanto era stata stupida ad arrabbiarsi con suo padre, la sua testa sulla picca e quella della sua septa, Joffrey che le diceva che anche la testa di Robb sarebbe finita lì ad adornare la fortezza rossa e poi lui mentre moriva.
Sansa sbattete le palpebre veloci per cacciare quei ricordi.
Non si era resa conto che Arya aveva bussato e alla fine stanca di aspettare era entrata.
«Sansa.»
«Vieni» le disse posando una mano sul materasso.
«Come stai Arya?»
«Confusa. Tu?»
«Triste, il Mastino mi ha riportato alla mente molte cose che non avrei voluto ricordare.»
«Anche a me» rispose guardandola con i suoi occhi grigi che si posarono poi su ciò che la sorella teneva in mano.
«E’ per Jon, il mio ultimo ricamo per lui» rispose passando le dita sull’immagine che aveva creato.
«Non lo fermerai allora?»
«No, sposando Daenerys avrà ciò che gli occorre e riprenderà anche i Sette Regni. Con me non potrebbe avere tutto questo.»
«Ma avrebbe te e suo figlio.»
«Finirebbe per odiarmi» rispose guardando Arya.
«Ti ama, come potrebbe odiarti?»
«Arya, Jon è stato destinato a qualcosa che va oltre tutto quello che altri potranno mai fare; che sia un dono o una condanna, ma è il suo destino e io devo lasciarlo andare.»
«Sai che resterebbe.»
«Lo so, è per questo che non gli ho detto nulla, perché so che deve andare.»
«E lui?» chiese Arya posando la mano sulla pancia della sorella.
Sansa la osservò senza rispondere, gli occhi si colmarono di lacrime, scosse la testa senza aggiungere altro.
«So cosa vuoi fare, ripensaci ti prego.»
«Come lo sai?»
«Non ha importanza. Sansa non farlo io so che non vuoi.»
«Certo che non voglio Arya, ma quale scelta ho?»
«Jon, è lui la tua scelta! Parlagli.»
«Non posso, rovinerei tutto. Ha bisogno di Daenerys, anche se non lo ammetterebbe mai difronte a me, ma è così e lei senza questa unione non lo aiuterebbe. Devo farmi da parte e…»
«Non è giusto.»
«Niente è giusto, domani non verrò alle nozze e quando il Maestro mi porterà il tè della luna lo berrò» rispose tra le lacrime, il cuore stretto in un pugno, vetri che lo passavano da parte a parte.
Arya non continuò, strinse la sua mano ma giurò a se stessa che sua sorella non avrebbe commesso un tale errore.
Era notte quando uscì dalla sua stanza, non si era unita alla cena e nemmeno ai festeggiamenti, non aveva nulla per cui festeggiare, nulla per cui gioire.
Stava perdendo tutto, la sua gioia, la sua felicità si era trasformata in cenere.
Nei corridoi si incrociò con il Mastino, lui non fece nulla, rimase solo a guardarla per qualche istante, poi si mise da una parte e la lasciò proseguire.
Dei soldati erano appostati alla porta di Jon, ma non erano uomini del Nord, erano gli Immacolati di Daenerys.
Chinarono la testa quando si fermò difronte a loro.
«Devo vedere il re» disse.
Uno dei due bussò alla porta e poco dopo Jon aprì.
«Sansa, stavo per venire da te» le disse sorridendogli.
«Posso entrare Jon?»
«Certo che puoi.»
Sansa entrò nella stanza del re, Spettro era sdraiato sul grande letto ricoperto dalle pellicce, quel letto che solo una sera prima avevano condiviso.
Il re del Nord accostò la porta.
«Sono venuta a portarti questo, vorrei che lo indossassi domani. Il mio ultimo ricamo per te» disse porgendogli ciò che aveva ricamato per lui.
Jon lo guardò quasi senza parole, Sansa aveva davvero un dono per il ricamo.
«E’ bellissimo, grazie.»
Gli occhi blu di lei si riempirono di lacrime, ancora ne aveva, quasi non ci poteva credere.
Si avvicinò e le asciugò con la sua mano.
«Sansa.»
«Non verrò domani, non posso guardarti sposare Daenerys Targaryen» disse a voce bassa, quasi un sussurro, ma ormai era già tra le sue braccia, le lacrime bagnavano la sua pelle, erano calde, salate.
Jon le baciò la fronte, assaporando il profumo della sua pelle, il ricordo di quei momenti che non sarebbero tornati.
«Perdonami Sansa.»
«No, sei tu che devi perdonare me.»
«Non hai fatto nulla.»
Non ancora Jon, non ancora - pensò tristemente lei.
Alzò il volto, passò un’ultima volta le mani tra i suoi capelli ricci e scuri e lo baciò un’ultima volta sulle labbra.
«Sarai un grande re amore mio e quando arriverà il momento sarò lì e ti guarderò prendere ciò che è tuo di diritto, ti guarderò sedere sul Trono di Spade, il trono dei tuoi antenati. Sarai il re che i Sette Regni meritano di avere» disse accarezzando il suo volto, la barba scura che le punzecchiava la pelle.
Jon Snow aveva già sentito quelle parole, nella visione di Bran, sua madre le aveva dette a suo padre.
Gli dei si stavano davvero facendo beffe di loro. 







 

Vi assicuro che il prossimo capitolo vi farà stare con il fiato sospeso a ogni rigo, manca davvero poco alla "pace" (?) se vogliamo chiamarla così...
A presto e un bacio.
Lils

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Capitolo 46
*** QUARANTACINQUE ***


QUARANTACINQUE

 

 

 

 

Era accaduto tutto in fretta, il mattino era trascorso tranquillo, Sam e Davos lo avevano aiutato a prepararsi e a indossare la veste ricamata dalla principessa del Nord, Jon ricordò la sera prima, il bacio di lei, le sue carezze, le mani tra i capelli, il suo profumo e il suo calore.
Si era legato i capelli all’indietro come Eddard Stark, messo Lungo Artiglio alla vita e accettato nonostante tutto di compiere il suo dovere per il Nord.
Sansa invece si era chiusa in camera, non lasciava entrare nessuno, anche se Arya e Gendry avevano tentato.
Era Brienne a sorvegliare la porta e a cacciare via tutti, a eccezione del Maestro di lady Mormont; Sansa Stark la preoccupava e voleva aiutarla ma non sapeva come fare, l’unica cosa che la sua signora le aveva chiesto era di sorvegliare e ciò stava facendo la vergine di Tarth.


Jaime stava difronte al Trono di Spade, ci si era seduto una volta anche se per pochi istanti e lo aveva trovato scomodo, scivoloso.
«Bruciateli tutti!» urlava la voce del re folle nella sua mente «bruciateli tutti!»
Jaime Lannister udiva ancora la voce del primo re che aveva giurato di servire dare quel terribile e atroce ordine.
Lo aveva raccontato solo a una persona al di fuori della famiglia dei leoni; Brienne di Tarth.
Rivederla anche se per poco aveva nuovamente scatenato qualcosa in lui che non comprendeva bene; all’inizio della loro avventura provava disprezzo e ostilità, sfiducia, Brienne gli sembrava la donna più brutta che avesse mai visto.
Poi il disprezzo era diventato apprezzamento, la sfiducia si era trasformata in fiducia e infine era nato il rispetto e forse anche di più, lei era come lui: testarda e orgogliosa.
Brienne di Tarth, dove sei ora? Al Nord? Servi ancora Sansa Stark? - pensò Jaime posando la mano intatta sulla sua spada - Saremo davvero nemici alla fine? Ti batterai contro di me?.
Se si fosse battuta come durante il loro primo scontro, Jaime Lannister sarebbe sicuramente morto, la mano sinistra non era forte come la destra.
«Un giorno ci rivedremo» disse a voce alta guardando il trono dove ora sedeva sua sorella. 

 

 

Un fiocco di neve finì sulla sua finestra, tracciò una scia strisciando sul vetro opaco, era freddo anche se il fuoco era stato acceso, ma il freddo che sentiva veniva da dentro.
Mancava poco alle nozze, Jon sarebbe stato bellissimo questo lo sapeva; i capelli legato indietro, quei suoi ricci scuri, gli occhi avrebbero brillato nel vedere arrivare Daenerys avvolta nel suo abito ricamato finemente, un abito rosso come i draghi nello stemma Targaryen, rosso come i draghi che lei aveva ricamato per Jon.
Il Parco degli Dei era stato adornato, lanterne accese ai lati, come quando aveva sposato Ramsay Bolton, il bastardo dell’uomo che aveva ucciso suo fratello Robb.
Robb, cosa faresti se fossi qui? - si chiese Sansa, ma i suoi pensieri vennero interrotti dal Maestro, le aveva portato ciò che aveva chiesto.
Si era avvicinato in silenzio, il volto cupo e tirato, le aveva consegnato la coppa con dentro ciò che l’avrebbe privata per sempre di suo figlio, il figlio di Jon.
«Devi berlo prima che si freddi, una volta bevuto non potrai tornare indietro» disse l’uomo porgendogli la coppa.
«Lo so, Maestro» rispose come svuotata, come se la sua vita non avesse più senso, nessuno.
Aveva pensato a tutto, Sansa; bere il tè della luna, aspettare, piangere suo figlio e poi andare alla torre spezzata e volare, volare come facevano i tre draghi nel cielo, come i fiocchi di neve che vorticavano portati dal vento e trovare finalmente la pace, permettere al suo spirito tormentato di riposare, di chiedere perdono a suo padre, a sua madre, a Robb e al suo fratellino.
Era così tanto il peso che portava e la stava distruggendo; aveva lasciato una lettera per la sua famiglia, o meglio per ciò che ne rimaneva.
Brienne era entrata dopo che l’uomo se ne era andato, Sansa le si era avvicinata, l’aveva ringraziata per il suo aiuto.
«Dovrai darla a Jon, lo farai?» chiese con gli occhi gonfi di lacrime.
«Perché mia signora?» domandò Brienne mentre la paura prendeva possesso di lei.
«Dimmi solo che lo farai. E’ per lui, è per Arya ed è per Bran; non mi resta nessun altro Brienne. Non ti ho mai ringraziata abbastanza per ciò che hai fatto per me.»
«Perché mi parli in questo modo?»
«Ti parlo come sempre» mentì lei.
«No non è vero, mi stai parlando come se fosse un addio» disse la donna bionda in armatura.
«Prendi la lettera, dalla a Jon. Lui è stato la cosa più belle che potesse capitarmi, la più importante da quando lasciai il Nord, non avrei mai dovuto farlo.»
«Non è stata colpa tua.»
«Si invece, e ora ne devo pagare le conseguenze. Ho perso anche Jon» ammise tristemente, poi allungò la mano e Brienne di Tarth prese la lettera con mano tremante.
«Cosa vuoi fare mia signora?»
«Non preoccuparti per me.»
«Ho giurato di proteggerti.»
«E lo hai fatto. Tempo fa ti dissi che saresti stata libera dal tuo giuramento Brienne, ebbene quel momento è arrivato. Sei libera, libera di fare ciò che vuoi. Libera di andare da Jaime Lannister se lo desideri.»
«Principessa Sansa…»
«Sei il miglior cavaliere che esista, non dubitare mai di te stessa né di quanto vali.»
Sansa la guardò un’ultima volta, le diede un bacio sulla guancia e poi con il tè della luna in mano uscì dalla sua stanza, uscì dal castello, uscì sotto la neve, sotto il freddo che penetrava le sue ossa, sotto il cielo cupo dove i draghi volavano e dove presto avrebbe volato anche lei.
Brienne la osservò per un po’ dalla finestra, era preoccupata, molto preoccupata.
La morte era preferibile a ciò che sarebbe stato di lei una volta che Jon avesse sposato Daenerys; Petyr Baelish sarebbe tornato all’attacco e in un modo o in un altro avrebbe finito per averla e lei non lo voleva, lo aveva detto a Daenerys, meglio la morte.
Fece un respiro profondo, guardò verso il Parco degli Dei, era illuminato, un luogo di festa e di calore, le lacrime si congelarono sul suo volto, ghiaccio.
«Non ho altra scelta, perdonami Jon» disse guardando il luogo dove lui stava aspettando la madre dei draghi.
Si voltò e proseguì verso la torre spezzata, Bran era caduto da quella torre e aveva perso l’uso delle gambe, era spezzata come suo fratello; pregò di avere una morte veloce piuttosto che rimanere paralizzata come Bran.
La guardò dal basso, era un volto alto, sicuramente sarebbe morta.
Il tè della luna si stava freddando, così iniziò a salire quei gradini, uno dopo l’altro.
Jon e Daenerys stavano per unirsi in matrimonio, per sempre, fino alla fine dei loro giorni; ma Jon provava un senso di inquietudine come se qualcosa di terribile sarebbe accaduto, Arya sentiva lo stesso e anche Bran.
Daenerys era bellissima, i capelli argentei raccolti, gli occhi viola che lo osservavano, la sua pelle che sembrava risplendere alla luce delle lanterne; i suoi figli volteggiavano in alto sopra di loro, di tanto in tanto li osservava.
Tyrion Lannister l’aveva accompagnata, l’aveva consegnata a Jon affinché lui la amasse un giorno e la proteggesse.
Arya osservava la scena, osservava suo fratello prendere in moglie la donna sbagliata, fremeva dalla voglia di fare qualcosa, doveva fare qualcosa.
Bran stava per unirli in matrimonio, mancava solo la risposta di lei e sarebbe stata fatta, poi si voltò e vide Brienne, doveva essere con Sansa e invece era lì, nel Parco degli Dei.
«Gendry, guarda» disse indicando Brienne.
«Brienne?» chiese lui.
«Perché è qui? Doveva restare con Sansa, le aveva ordinato di non far passare nessuno.»
«Siamo tutti qui, probabilmente l’ha congedata per questo. Ora nessuno la disturberebbe.»
«Daenerys Targaryen, vuoi prendere quest’uomo?» chiese Bran osservandola, osservando suo fratello.
Arya guardò Gendry, gli chiese scusa con gli occhi, non poteva stare ferma, non poteva guardare senza agire; era Sansa la donna che Jon avrebbe dovuto sposare.
«Fermatevi!» gridò uscendo dalla folla, si mise difronte a loro.
Daenerys la guardò con i suoi grandi occhi viola, Arya non voleva ferirla ma doveva proteggere Sansa, lei era parte della sua famiglia e per troppo tempo si erano odiate.
«Arya…»
«Mi dispiace Jon, ma non puoi sposarla.»
«Sai che lo farò.»
«No! Tu non capisci…»
«Cosa?» chiese lui, sua sorella non era mai stata a brava a seguire le regole ma sapeva che l’alleanza era fondamentale.
Tutti i presenti la guardavano, il Mastino rideva di quella scena, di quella ragazzina che nonostante gli anni era sempre la stessa.
«Ci sono cose che non sai, che sono più importanti dell’alleanza che ci occorre.»
«Di cosa stai parlando?»
«Sansa.»
«Sansa sa che questo…» iniziò lui.
«Possibile che tu non te ne sia reso conto? Jon…»
Arya lo prese per mano e lo portò via di lì, da tutti quegli sguardi, Daenerys li seguì e anche Gendry che però prima prese Bran, Meera si unì a loro.
«Arya queste nozze sono fondamentali per noi, per il Nord.»
«Non sai il vero prezzo di queste nozze, avrei dovuto parlare prima, avrei dovuto venire da te, ma non potevo. Sansa non voleva e io…»
«Cosa c’entra Sansa?»
«Spero solo che non sia troppo tardi.»
«Tardi per cosa? Arya mi stai spaventando.»
«E’ incinta, Jon!» disse con le lacrime agli occhi, finalmente, finalmente si era tolta quel peso, finalmente aveva trovato la forza per dirlo a suo fratello.
«Cosa?»
«Aspetta un bambino, il tuo bambino.»
«Ma… perché non me l’ha detto? Perché?!»
«Perché non voleva obbligarti a sceglierla, perché ha pensato sempre e solo al bene del Nord invece che al suo.»
«Lo sapevate tutti?» chiese guardando la sua famiglia, «Bran?»
«Si, ti avevo detto di parlarle, di insistere.»
«Io… come potevo immaginarlo?»
«Si è comportata come una regina» disse Daenerys prendendo la mano di Jon e stringendola, alla fine i suoi sospetti erano veri, «va da lei.»
«E cosa ne sarà della nostra alleanza?»
«Al tuo arrivo a Roccia del Drago non ti conoscevo, non mi fidavo di te, del figlio dell’uomo che aveva aiuto l’Usurpatore; non conoscevo la verità. Ora so che posso fidarmi di te, che non occorre questo matrimonio, non posso separarti da tuo figlio, non sarebbe giusto e… non me lo perdonerei mai.»
Jon la guardò colmo di gratitudine, Daenerys pianse, gli asciugò una lacrima, gli diede un ultimo bacio.
«Sarai comunque una grande regina e avrai sempre il mio aiuto.»
«E tu un grande re. Corri da lei.»
Le sorrise e poi si voltò verso Arya.
«Dov’è Sansa?»
«Non lo so. Era nelle sue stanze ma… non sono tranquilla, ho un brutto presentimento.»
«Che tipo di presentimento?»
«Voleva bere il tè della luna, era decisa a farlo anche se ho provato di tutto per farle cambiare idea ma… non mi ascoltava, era come assente. E poi prima ho visto Brienne, doveva essere con Sansa, invece era qui a guardarsi intorno.»
Un brivido oltrepassò Jon, la sua schiena, le sue ossa.
Sansa dove sei?
«Fate rientrare tutti nel castello, io vado a cercarla.»
«Vengo con te» disse Arya.
Bran era appena tornato in se, bianco come un fantasma, bianco come Spettro.
Aveva poggiato le mani su un albero diga e ciò che aveva visto…
«La torre spezzata» disse, mentre tutti si voltarono verso di lui.
«La torre spezzata?»
«Sansa è lì, non resta molto tempo.»
Jon alzò la testa, puntò lo sguardo verso la torre, era buio non vedeva nulla.
Arya prese una lanterna e poi lo trascinò via, a corsa, fino alla torre.
I draghi continuavano a volare alti, la neve a cadere.
«Padre» disse Sansa guardando i fiocchi bianchi cadere a terra, cadere sul suo corpo, sul suo vestito, Jon le aveva detto che non c’era niente dopo, anche Beric Dondarrion lo aveva detto, eppure qualcosa doveva esserci, lei doveva chiedere il loro perdono.
Guardò verso il basso, vide una piccola luce, era lì per lei.
«Sansa!» Jon urlò il suo nome ma lei non rispose, credeva fosse la sua immaginazione, la sua mente che si divertiva a torturarla.
Chiuse gli occhi, le lacrime non cadevano più, si era davvero ghiacciate.
Fece un passo avanti, il vento tirava forte lassù, le scompigliò i capelli, smosse il suo vestito, le fece rizzare i peli delle braccia, ma non importava, presto ci sarebbe stata la pace, il silenzio e la fine dei tormenti.
Arya e Jon salirono le scale a perdifiato, lei era lì, sembrava una statua, una statua scura.
«Sansa» la chiamò di nuovo lui.
Sansa Stark non si voltò, rimase immobile ad osservare il vuoto e la neve e i draghi, sentiva le loro ali sbattere, la loro pelle a squame che non sentiva freddo, dicevano che l’alito di un drago riscaldasse il sottosuolo di Grande Inverno, le storie della vecchia Nan.
«Sansa» questa volta la chiamò Arya.
La mano si staccò dal muro, voleva solo lasciarsi andare, aveva gettato la coppa, aveva fatto cadere il tè della luna in quel pozzo scuro il cui fondo era bianco.
Continuò ad andare avanti, un altro passo e poi ci sarebbe stato solo il nulla. 

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Capitolo 47
*** QUARANTASEI ***


QUARANTASEI 

 

 

 

 

Non ricordava niente, solo il freddo pungente, la luna che veniva oscurata dalle nuvole scure trascinate dal vento, i capelli che le frustavano il volto, le voci di Jon e di Arya che dicevano il suo nome.
«Sansa.»
La sentì ancora, la voce di Jon, la sua voce calda e dolce, quella voce gentile pronunciata dalle sue labbra piene, carnose.
Era morta? Non lo sapeva, sentiva tutto ma non riusciva a svegliarsi, gli occhi chiusi ostinatamente.
Jon le passò una mano sulla fronte, scottava, aveva le guance rosse, non erano bastate le pezze bagnate, aveva preso troppo freddo, le era penetrato troppo dentro.
L’aveva afferrata come un aquila, l’aveva afferrata prima che si gettasse dalla torre spezzata, l’aveva stretta tra le braccia, baciata, cullata come una bambina, come non aveva mai fatto quando erano piccoli, aveva pianto chiamandola, ma lei non si era svegliata, non ancora.
Arya era lì, vicino a loro, posava le pezze sulla sua fronte, le bagnava i polsi.
Le avevano tolto il vestito ormai ghiacciato, le avevano cambiato la sottoveste, Jon l’aveva visto, aveva visto suo figlio, quel piccolo bambino che stava crescendo dentro di lei, dentro quella pancia piccola e perfetta, aveva posato una mano sopra, accarezzandolo; l’avevano rivestita e messa sotto le coperte pesanti.
E poi erano rimasti lì ad aspettare che si svegliasse.
Dopo due giorni Sansa si era svegliata, era pomeriggio - quasi sera - Jon stava dormendo, la testa posata sopra la sua pancia, passò la mano nei suoi capelli ricci, quel gesto le era mancato così tanto, così tanto.
Jon si svegliò, alzò la testa di scatto, osservò Sansa, i suoi occhi blu finalmente aperti e pianse stringendola nuovamente a se.
Avrebbe voluto urlarle contro, ma non ci riuscì, era solo grato che fosse ancora viva, che lo fossero entrambi.
«Credevo di essere morta» disse con voce debole.
«No, non morirai tanto presto» rispose baciandola.
«Mi hai salvata.»
«Se fossi morta anche tu… Sansa, perché hai fatto una cosa simile?» chiese disperato Jon.
«Perché sono stanca, Jon, troppo stanca» disse con gli occhi colmi di lacrime.
«Avresti dovuto parlarmi, ti avrei aiutata.»
«Non potevi aiutarmi, è mia la colpa.»
«Quale colpa? Non hai fatto nulla.»
«Ti sbagli» rispose voltando la testa dall’altro lato, lasciando le lacrime scavare altri solchi sul suo volto.
«Parlami.»
«Che ne è stato del matrimonio?»
«Tu che ne pensi?»
«Jon, cosa hai fatto? Il Nord…»
«Smetti di pensare al Nord, avremo comunque l’aiuto di Daenerys.»
«Sono stata troppo egoista, mi resta solo Grande Inverno ed è giusto che me ne occupi.»
«Non ti resta solo Grande Inverno, hai me. Hai Arya e anche Bran. Dimmi cos’è che ti tormenta, ti prego» disse stringendo la sua mano.
«Non voglio più essere egoista, lo sono stata per molti anni, una bambina egoista e stupida, il mio egoismo ha ucciso nostro padre» confessò in lacrime.
Jon le accarezzò i capelli, la lasciò sfogare, lasciò che urlasse fuori tutto quel dolore che stava consumando da dentro, «e ha ucciso mia madre e Robb e Rickon. Tutto questo è accaduto perché volevo andarmene da qui.»
«No.»
«E’ la verità, è stata colpa mia. Tu lo sai, Arya lo sa, Bran lo sa.»
«Sansa. Sarebbe accaduto comunque, re Robert voleva nostro padre ad Approdo del re, se ne sarebbe andato lo stesso da Grande Inverno, non è stata colpa tua.»
«Perché allora mi sento così colpevole?»
«Togliti questa idea dalla testa, non sei la responsabile della sua morte.»
Sansa si tirò su e si strinse forte a Jon, seppellì la testa nella sua spalla, lasciò nuovamente che le sue mani la abbracciassero, il corpo di Jon sembrava fatto per accoglierla, era sempre stato lì; sempre.
«Mi dispiace.»
«Va tutto bene» rispose stringendola ancora di più.
Quando si separarono, Jon posò la mano sulla sua pancia, sopra la veste bianca.
«E’ un maschio» disse lei.
«Non possiamo saperlo» rispose sorridendogli.
«Lo so invece, me l’ha detto Bran.»
Sorrise ancora di più, per la prima volta dopo tanto tempo aveva un motivo per sorridere.
«Forse avresti voluto una femmina.»
«No, mi importa solo che stia bene, maschio o femmina, non importa.»
«Sta bene.»
«Arya mi ha detto del tè della luna…»
«Non l’ho bevuto, non potevo fargli del male. Volevo dirtelo ma se lo avessi fatto…»
«Sarei rimasto con te.»
«Dovevi scegliere e non essere obbligato a restare.»
«Io ti amo, non è un obbligo, è ciò che voglio.»
«Sai cosa voglio?»
«Cosa?»
«Voglio sentire nuovamente risate in questo castello, voglio sentir correre nei corridoi, qualche pianto. Voglio darti molti bambini. So che vorresti una femmina, un giorno accadrà, avremo una bambina.»
«Ci saranno nuovamente risate, te lo prometto.»
«Onoreremo anche la sua memoria.»
Jon le diede un bacio in fronte, era ancora un po’ calda ma molto meno, la febbre si era abbassata.
«Sai cosa voglio io?»
«Cosa?» chiese lei.
«Voglio sposarti. Accetterai questa volta?»
«Si» rispose senza esitare.
«Bene, perché è ciò che volevo sentirti dire.»
«Se sei certo che Daenerys ci aiuterà lo stesso, accetterò.»
«E’ stata lei la prima a dirmi di venire da te e che l’alleanza non è rotta. Questo basta?» disse Jon.
«Mi basta. Sono certa che sarà un bambino bellissimo, con i capelli scuri come il padre e qualche riflesso rosso, gli occhi blu.»
«Allora farà impazzire molte ragazze, un giorno» rispose sorridendo.
«Ho pensato molto a lui, ho pensato anche a quale nome dargli se sarai d’accordo con me.»
«Quale?» chiese curioso stringendole la mano, le guance erano ancora un po’ rosse ma la febbre stava passando.
«Robb» disse guardando negli occhi il suo futuro marito.
«Robb» ripeté Jon.
«Ma solo se anche tu sei d’accordo, altrimenti…»
«Lo sono Sansa e nostro fratello ne sarebbe felice se fosse qui. Un nipote con il suo nome, un piccolo lupo.»
«E drago.»
Jon si alzò e si mise nel letto vicino a Sansa, la strinse forte a se, era tutto perfetto.
Loro due, quel piccolo bambino, il fuoco che ardeva nel camino, Spettro ai piedi del letto; sarebbe stato davvero tutto perfetto se solo la morte non avesse deciso di marciare sul Nord.
Sansa si addormentò poco dopo, la febbre salì un po’ la notte tanto che il Maestro venne avvisato, con le sue cure al mattino la futura regina del Nord stava decisamente meglio, la presenza di Jon Snow era l’unica cura che le serviva.
Tyrion Lannister era sempre più convinta di aver fatto la scelta giusta fidandosi di Daenerys, lei avrebbe costruito davvero un mondo migliore per tutti.
«So che avresti voluto quelle nozze, ma non potevo» disse lei sedendosi sul bordo del letto coperto da pesanti pellicce.
«Hai fatto la scelta giusta, in ogni caso il Nord sarà nostro alleato.»
«Si, Jon ci aiuterà. Non potevo, eppure…» disse guardando in basso, evitando gli occhi del folletto.
«Eppure una parte di te è attratta da lui» concluse Tyrion per lei.
«E’ così sbagliato?»
«No, siamo umani e siamo deboli.»
«Non voglio essere debole, non più.»
«Sei già più forte di quando ti ho conosciuta, più sicura di te e ogni giorno che passa sei ancora di più una regina.»
«Hai troppa fiducia in me.»
«O tu troppa poca in te stessa.»
«Più tardi andrò a trovare Sansa.»
«Porgile i miei saluti.»
«Lo farò» rispose sorridendo tristemente al suo Primo Cavaliere. 

 

 

 

«Quando se ne andrà?» chiese Jaime infastidito.
Era nella stanza di Cersei, l’aveva aspettata per tutto il giorno ma essere regina le occupava troppo tempo.
Giocava con il medaglione, quello con il leone, quello che aveva dato anche a sua figlia l’ultima volta che l’aveva vista, l’ultima volta che aveva accarezzato i suoi bellissimi e soffici capelli biondi e baciato quelle guance lisce e paffute ancora di bambina.
La sua piccola Myrcella, la sua bellissima Myrcella.
Jaime gliela ricordava, aveva mentito quando si era chiesta da chi avesse preso, aveva preso da lui, dalla parte migliore, Jaime faceva il forte, il gradasso ma era buono infondo e il parere delle persone lo feriva più di quanto mostrasse.
«Presto, ha dei conti in sospeso con i suoi nipoti.»
«Non mi piace quell’uomo.»
«E a me non piaceva quella puttana in abiti maschili.»
«Il suo nome è Brienne e non è una puttana» la difese lui, forse un po’ troppo perché l’espressione della sua gemella si fece ancora più turpe.
«Brienne» disse quel nome, lo sputò fuori con veleno.
«Cersei… non può continuare così» disse disperato sedendosi accanto a lei.
«Cosa vuoi da me, Jaime?» chiese abbassando le sue difese, cos’altro poteva offrirgli?
«Rivoglio la Cersei di un tempo» rispose con gli occhi lucidi.
Il leone di Lannister, il figlio maggiore del grande Tywin stava per piangere.
«Non lo capisci? Io sono morta con Joffrey, con Myrcella e con Tommen. La Cersei di cui parli non esiste più.»
«Si invece.»
«Smettila» urlò lei alzandosi, lasciando andare la mano d’oro di lui.
Jaime rimase a osservarla di spalle, quelle spalle che portavano tutto il peso del dolore che sentiva.
«Cersei…»
«La profezia si è avverata, ora devo solo aspettare che Tyrion venga a uccidere anche me» disse senza voltarsi, osservando in lontananza dal balcone il luogo dove si trovava il tempio che lei aveva fatto esplodere.
«Credi ancora che Tyrion abbia ucciso nostro figlio? Suo nipote?»
«Lo odiava.»
«Si, è vero. Ma era suo nipote.»
«Ha ucciso nostro padre, Jaime!»
«Di questo ne risponderà.»
«E’ morto per colpa tua, tu lo hai fatto fuggire. Ammettilo» disse voltandosi verso di lui, i suoi occhi scuri colmi di rabbia, odio e disperazione.
«Non potevo lasciarlo morire.»
«E così hai lasciato che a morire fosse nostro padre, invece di quel piccolo essere deforme.»
«Cersei…»
Lei si scostò da lui, lo guardò come mai prima di allora con repulsione, lui che era stato l’unico amore della sua vita, lui che era stato il padre dei suoi figli.
Se ne andò dalla stanza lasciandolo solo nel suo dolore.
Bronn entrò subito dopo, Jaime era ancora lì a fissare il buio.
«E’ andata bene.»
«Non sono dell’umore per le tue battute.»
«La regina è più pazza di quel ragazzino re.»
«Bronn.»
«Va bene, cosa vuoi che faccia?» domandò raggiungendolo.
«Fa preparare due cavalli e delle provviste.»
«Partiamo?» chiese confuso.
«Andiamo a Nord» disse, ormai sconfitto guardando il mercenario negli occhi, doveva raggiungere Grande Inverno e Brienne di Tarth. 

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Capitolo 48
*** QUARANTASETTE ***


QUARANTASETTE

 

 

 


«Sto bene Jorah» disse Daenerys, quando vide il cavaliere venirle incontro.
Era lì, difronte all’albero diga, dove solo tre giorni prima stava per sposare il re del Nord e legare così la sua vita a quella di Jon.
E poi Arya Stark aveva fermato le nozze.
Non ti biasimo per aver scelto lei, Jon, infondo io non ho nulla da offrirti.
Jorah rimase in piedi, difronte a lei.
«Davvero, Khaleesi?» chiese l’uomo dal braccio grigio.
«Vuoi la verità?» rispose la sua giovane regina dagli occhi viola come una pietra preziosa.
«Sempre.»
«Non lo so» ammise, sedendosi poi sulla panca di pietra fredda, «infondo era la cosa più giusta da fare. Non potevo privare un bambino di suo padre, so cosa significa crescere senza una famiglia.»
«E la tua felicità?»
«La mia felicità? Ho perso la mia felicità molti anni fa, lo sai.»
«Era la tua occasione per tornare a esserlo.»
«A quale prezzo? Jorah, cosa avrei potuto offrirgli io? Non avrei mai potuto dargli dei figli. C’eri quel giorno, hai sentito le parole della maegi» disse con voce stanca, ricordare il passato non solo era doloroso ma anche faticoso.
«Non avrei mai dovuto portarti da lei» disse l’uomo con rammarico.
«No. Sarebbe accaduto lo stesso, avevo stretto un patto con lei ma non sapevo a cosa avrei rinunciato» rispose la regina dai capelli argentei come la luna in una sera d’estate.
«Forse un giorno…»
«Non accadrà, non avrò mai dei figli oltre ai miei draghi.»
Si alzò dalla panca, osservò i suoi figli volare, erano cresciuti in quei sette anni; diede un bacio sulla guancia al suo cavaliere.
«Devo andare da Sansa, non mi sono ancora congratulata con lei.»
Si avviò, ma Jorah l’Andalo la fermò.
«Khaleesi.»
«Sto bene, non preoccuparti per me.»
«E per chi altri dovrei preoccuparmi? Ho solo te, Daenerys. Tu sei tutto quello che ho e Jon Snow non ha idea di ciò che ha perso.»
Lei gli fece un sorriso, vero ma triste e poi continuò a camminare verso il castello di Grande Inverno, Jorah rimase lì a fissare l’albero con il volto dipinto in rosso, i suoi dei, gli antichi dei del Nord.
«Non abbandonatela, chiedo solo questo. Io so che sarà una grande regina, un giorno. Lei è tutto ciò che ho a questo mondo» disse senza smettere di guardare la faccia rossa nella corteccia scura, la neve continuava a cadere, ad ammucchiarsi a terra assieme a quella che già c’era «voglio che sia felice, vorrei che la maledizione di quella strega scomparisse. Ha perso tutta la sua famiglia, ha perso un marito e un figlio, non voltatele le spalle. Proteggetela, proteggete la mia Khaleesi.»




«Jon, non trattarmi come se fossi malata.»
«Fino a stamani lo eri» obiettò lui.
«Ma ora no, sto bene» rispose Sansa stringendo la sua mano.
«Bene, perché abbiamo un matrimonio da celebrale.»
«Appena mi sarò rimessa del tutto ci sposeremo, te lo giuro.»
«Non vedo l’ora che arrivi quel giorno.»
Qualcuno bussò alla porta, un tocco leggero, Jon e Sansa diedero il permesso e Daenerys entrò.
Aveva una rosa blu in mano, era passata nei giardini coperti e l’aveva portata a Sansa.
«Come stai?» chiese porgendole la rosa.
«Meglio, grazie» rispose tirandosi su.
«Mi dispiace Sansa, sono stata egoista e avrei dovuto capire…»
«Non potevi, lo sapevano solo i miei fratelli e Gendry.»
«L’ho sospettato ma poi ho pensato di essermi sbagliata. Lord Tyrion ti manda i suoi saluti e ti augura una rapida guarigione.»
«Ringrazialo. E… grazie anche a te, per quello che hai fatto.»
«Non ho fatto nulla, a parte averti quasi uccisa.»
«Non è stata colpa tua, grazie per Jon» disse Sansa voltandosi verso di lui, ormai la vita senza Jon le sembrava una vita impossibile da vivere.
«Ho fatto ciò che era giusto fare e poi io non avrei mai potuto dargli dei figli» ammise, abbassò lo sguardo vinta dal dolore che provava per la perdita di Rhaego.
«Sono certa che avrai molti figli, un giorno, magari finita le guerra.»
«No, Sansa. Non ne avrò mai, una maegi anni fa mi ha maledetta, le sue parole le ricordo ogni notte prima di addormentarmi: Quando il sole sorgerà a occidente e morirà ad oriente, quando i mari si seccheranno e le montagne voleranno via nel vento come foglie morte. quando il tuo grembo sarà di nuovo fecondo e tu darai vita ad un figlio vivo. Allora, e solo allora, lui farà ritorno.» ripeté Daenerys come una sorta di ninnananna.
Jon le posò una mano sulla spalla, sapeva di Khal Drogo, suo marito e sapeva anche che aveva perso un figlio; un figlio a cui aveva dato in parte il nome del suo vero padre.
«Mio marito, Khal Drogo, non farà mai ritorno e io non avrò mai più dei figli.»
Sansa prese la sua mano, Daenerys nonostante tutto, nonostante il dolore che provava non pianse, rimase forte, impedì a se stessa di mostrarsi ancora più debole di quanto in realtà non fosse.
«Non puoi saperlo, forse questa maegi voleva solo spaventarti.»
«No, io ho visto le ombre danzare e sono stata toccata da esse come ser Jorah, Rhaego è morto prima ancora di nascere, ma io so che era vivo e che stava bene e ora avrebbe sei anni. Cerco di immaginarlo, mi domando se i suoi tratti sarebbero stati quelli di Drogo o quelli di un Targaryen. Avrei intrecciato i suoi capelli e sarebbe diventato un grande Khal un giorno, così come profetizzavano le anziane.»
«Non sei più sola, ora hai noi» disse Jon, la guardò con i suoi occhi scuri ma che vicini al fuoco risplendevano, era il suo elemento, così come lo era il ghiaccio.
«Jon ha ragione, fai parte della nostra famiglia ora e noi non abbandoniamo la famiglia, mh?»
«Nonostante quello che vi ho fatto?»
«Hai agito secondo ciò che era meglio per te e il tuo regno.»
«Si, ma ho sbagliato ed è giusto ammettere anche i propri errori. Voglio essere una buona regina e non una folle come mio padre.»
«Non diventerai come lui» le ripeté Jon.
«Lo spero.»
«Potrai sempre contare su di noi e sul Nord. Riprenderai i Sette Regni e sarai la regina più grande che si sia vista dai tempi di Aegon e le sue sorelle.»





«Spiegamelo di nuovo, perché andiamo a Nord?» chiese Bronn, erano ore che viaggiavano, avrebbero impiegato giorni per arrivare a Grande Inverno.
«Te l’ho già detto» rispose seccato Jaime.
«Capisco che la bionda ti piaccia ma ne vale davvero la pena?»
«Brienne? Ti sbagli» disse Jaime, fulminando Bronn con gli occhi.
«No, non mi sbaglio. Devo ammettere che è un tipo, un po’ sgraziata e…»
«Bronn.»
«Ammettilo e la finisco.»
«Basta. Non vado a Grande Inverno solo per Brienne.»
«Ah, dunque lo ammetti!»
«Ammetto che devo parlarle. Sai chi altri si trova a Grande Inverno?»
«Si. Senti, tu mi stai simpatico, davvero, ma non chiedermi di uccidere tuo fratello. Non lo farò, anche se un Lannister paga sempre i propri debiti. Sono stato io a salvare la sua vita nella Valle, ho combattuto con lui, lo avrei anche difeso al processo ma la Montagna… non ucciderò il nano.»
Faceva freddo, i vestiti erano molli per via della neve che cadeva incessante, Bronn non ci era abituato a quel gelo e più andavano avanti e più il freddo sembrava aumentare.
«Tyrion ha ucciso mio padre.»
«Lo so, ma prima di porre fine alla sua vita chiedigli perché.»
«No. Non ti chiederò di ucciderlo Bronn ma ti chiedo di non fare nulla per aiutarlo.»
«Dovrei voltarmi dall’altra parte?»
«Voltati pure dove preferisci, ma non intendo risparmiare la sua vita.»
«E’ tuo fratello. Ti ho già detto che sei stato la sua prima scelta, nella Valle?»
«Si, me lo hai detto» rispose Jaime ricordando quel giorno, aveva anche combattuto contro Ned Stark per riavere Tyrion ma poi la situazione era precipitata.
«So anche del giorno che decidesti di mandarlo a puttane e so anche cosa gli fece vostro padre.»
«Non fu una delle mie idee migliori, volevo che venisse trattato come chiunque altro. Cersei lo ha sempre disprezzato, colpevolizzato, così come nostro padre ma per me… era mio fratello e io lo amavo come tale.»
«E ora? Non lo ami più come un fratello? Stammi a sentire, tuo padre era un bastardo, avrà anche cacato oro, ma era un bastardo e con Tyrion…»
«Lo stai giustificando? Era comunque suo padre.»
«E lui suo figlio, eppure ha lasciato che la sua giovane moglie andasse con tutte le guardie e infine con lui, mentre il grande Tywin restava a guardare l’umiliazione di suo figlio.»
«Basta Bronn, non ho più voglia di discutere di Tyrion.»
«Ti dirò solo questo poi non dirò altro, almeno su di lui. Ricorda che è tuo fratello, che nonostante tutto lui ti ama ancora e che non ha cercato altro nella vita se non l’approvazione degli altri, anche se si sforzava di nasconderlo dietro la sua corazza. Sentirsi chiamare nano, scimmia demoniaca, folletto… non era facile.»
«Lo so, lo conosco bene. Non è facile nemmeno sentirsi chiamare spergiuro e sterminatore di re, te lo assicuro Bronn» disse Jaime, e poi spronò il cavallo, anche se la neve rallentava il passo lui voleva raggiungere al più presto Grande Inverno, Brienne di Tarth e Tyrion.
Perché lo hai fatto, fratello? - si domandò lo sterminatore di re mentre il cavallo arrancava nella neve gelida, mentre il suo pelo si congelava e i suoi vestiti si infradiciavano. 





Il freddo aumentava di giorno in giorno; Edd l’Addolorato teneva pronti i suoi uomini perché sapeva che a breve il corno avrebbe suonato tre volte e allora sarebbe stato l’inizio della fine.
Gli Estranei sarebbero arrivati e la Barriera prima o poi sarebbe caduta.
Loro erano tutto ciò che divideva quei mostri erranti dal resto dei Sette Regni, loro erano la spada nelle tenebre e le sentinelle sulla Barriera.
Li ricordava, aveva già combattuto contro di loro, erano arrivati come una valanga, inarrestabili e poi aveva visto molti bruti morire e confratelli, per poi rialzarsi e combattere per il Dio Estraneo.
«Se davvero esiste un Dio, che allora ci aiuti» mormorò il comandante dei Guardiani della Notte.
Edd era salito in alto.
Ricordò il giorno in cui aveva difeso il Castello Nero assieme a Jon, Sam, Pyp e Grenn.
Gli sembrava una vita fa, una vita non sua.
«Jon, non ci abbandonare» disse con gli occhi fissi oltre la Barriera, verso la terra che era stata dei bruti e ora degli uomini pallidi dagli occhi azzurri.
Esseri non più vivi ma nemmeno morti.
Mostri che vivevano solo nelle storie degli anziani, almeno così credeva.
Edd chiuse gli occhi, il vento soffiava incessante lassù, all’orizzonte si vedeva solo la neve, il bianco.
Era come un lungo lamento, come l'ululato di un lupo morente. 

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Capitolo 49
*** QUARANTOTTO ***


QUARANTOTTO

 

 

 

Sansa si era ripresa velocemente e ora il castello era nuovamente in subbuglio per un matrimonio, uno strano déjà vu, un matrimonio che questa volta si sarebbe celebrato.
Arya entrò nella stanza della sorella seguita da Meera, Gilly e anche Daenerys che aveva deciso di aiutare nonostante le mancate nozze l’avessero un po’ ferita.
Sansa si tirò su vedendole entrare, Arya sorrideva come non accadeva da tempo e in mano teneva un vestito color cremisi, la futura regina del Nord si commesse a quella vista.
Quando era bambina osservava spesso quell’abito sognando come sarebbe stato un giorno il suo matrimonio ma poi aveva dovuto sposare Tyrion Lannister e dopo di lui, Ramasay ed era stato proprio il figlio bastardo di Bolton il mostro che in principio lei credeva fosse Tyrion.
Le sue fantasie, i suoi sogni di bambina si erano infranti, erano morti tanto tempo fa, assieme a suo padre.
Ma poi aveva ritrovato Jon e con lui la fiducia e l’amore e la speranza che forse qualcosa di lei poteva essersi salvato nonostante tutto il male subito.
«Arya ma questo…»
«E’ l’abito di nostra madre. I Bolton non hanno distrutto tutto» rispose sorridente accarezzando quella stoffa cara che ancora conservava il profumo della madre e cercando di ricordare il suo volto che pian piano sbiadiva dalla sua memoria, erano passati quasi sette anni e sia lei che Sansa erano due bambine, i ricordi dei loro cari stavano scomparendo come il sole quando arriva la notte, una notte scura.
Non ricordava quasi più il sorriso di Catelyn Tully ma infondo per ricordarla le bastava guardare sua sorella, erano quasi identiche.
«Ma dove lo hai trovato?» chiese alzandosi dal letto e accarezzandolo con la mano, i suoi grandi occhi blu sembravano il cielo mentre piove, in estate.
Si asciugò una lacrima che non passò inosservata.
«Non ha importanza, prendilo» la incoraggiò Arya mentre lei tentennava.
Stava per afferrarlo ma la sua mano si fermò a metà.
«No, non posso» disse, guardando le altre.
«Certo che puoi, è l’abito per il tuo matrimonio.»
«Credi che lei vorrebbe che lo indossassi per sposare Jon?»
Arya adagiò l’abito sopra le pellicce che ricoprivano il grande letto che ormai Sansa e Jon condividevano da tempo, il loro nido d’amore, come lo era stato per Eddard e Catelyn Stark in passato, prese le mani di Sansa e le strinse nelle sue.
«Nostra madre vorrebbe che tu fossi felice e impazzirebbe di gioia nel vederti sposare l’uomo che ami indossando il suo abito.»
«Anche se quell’uomo è Jon?» chiese timorosa.
«Si, anche se quell’uomo è Jon» rispose Arya risoluta e poi la incoraggiò con i suoi occhi tempestosi «e ora dobbiamo prepararti per le nozze.»
Sansa sorrise alla sorella minore e poi iniziò a prepararsi e si fece portare acqua calda per lavarsi, si avvolse in un telo morbido e poi Daenerys si occupò dei suoi capelli una vola asciutti.
Erano fini e profumati come le rose dei giardini coperti di Grande Inverno e quel colore era un contrasto perfetto con la sua carnagione chiara e delicata.
«Non devi farlo se non vuoi.»
«Ma lo voglio» rispose sorridendole.
«Grazie» disse Sansa posando la mano sopra la sua.
«Tu e Jon sarete molto felici insieme e anche vostro figlio lo sarà.»
«Robb, abbiamo deciso di chiamarlo così» rispose posando delicatamente la mano su quel piccolo rigonfiamento che si intravedeva.
«Robb. Tuo figlio sarà molto fortunato, Sansa.»
«Spero ne abbia più di noi.»
«Sarà così. Un giorno i Sette Regni saranno suoi, è anche per lui che sto combattendo» disse Daenerys finendo un’altra treccia.
«Cosa vuoi dire?» domandò Sansa voltandosi verso di lei, Daenerys posò la spazzola.
«Sai che io non potrò mai avere dei figli e quando non ci sarò più… desidero lasciare i Sette Regni in buone mani, nelle mani di un altro Targaryen e tuo figlio lo è in parte, nelle sue vene scorre anche il sangue dei draghi. Li riconquisterò e li renderò migliori di ciò che sono stati e di ciò che sono oggi.»
«Vuoi che un giorno mio figlio…»
«Si, lui sarà l’erede di tutto» rispose posando una mano sulla sua pancia «farò in modo di costruire un nuovo mondo, un mondo migliore e di lasciarlo il più sicuro possibile per le future generazioni.»
Robb, non sei ancora nato eppure hai già così tante responsabilità - pensò Sansa.
Rimase in silenzio, onorata da ciò che aveva detto Daenerys ma al tempo stesso terrorizzata per il futuro che avrebbe atteso il suo bambino.
Gli intrighi e i giochi di potere, lei li conosceva bene, lei li aveva pagati e ne portava ancora i segni sulla pelle ma se Daenerys avesse vinto tutto ciò non sarebbe più esistito e Robb sarebbe stato al sicuro e non una pedina di altri.
Sarebbe diventato il re dei Sette Regni, ricoprendo il ruolo al quale Jon aveva rinunciato per lei e per il Nord.
Pregò di vivere abbastanza a lungo in modo da poter educare suo figlio per essere un giorno un re buono e giusto, amato dal popolo così come in passato lo era stato suo nonno, il principe Rhaegar.
«Credevo che saresti stata felice di questa notizia.»
«Lo sono, ma… ho vissuto abbastanza ad Approdo del re da imparare che nessuno è al sicuro e l’idea che a mio figlio possa accadere qualcosa, che possa morire come sono morti i miei familiari e i tuoi…»
«No Sansa, non accadrà. Mi assicurerò che tutto sia sicuro e prospero, e comunque ci vorranno molti anni. Anni in cui il tuo bambino si trasformerà in un giovane uomo e re.»
Jon si stava preparando un’altra volta, ancora un matrimonio ma questa volta sarebbe stato con la donna che amava e da cui presto avrebbe avuto un figlio.
Faticava ancora a crederci e provava un misto di felicità e terrore al tempo stesso.
Indossò l’abito con il ricamo di Sansa, quello con il drago tricefalo rosso in campo nero, lo stemma del suo vero padre.
«Direi che è perfetto» disse Sam facendo un passo indietro e scrutando il suo migliore amico.
«Chi lo avrebbe mai detto che un giorno mi sarei sposato. Credevo di passare tutta la mia vita alla Barriera, di dedicare tutta la mia vita ai Guardiani della Notte.»
«Lo hai fatto, Jon. Nessuno più di te si è prodigato per i Guardiani della Notte» gli ricordò Sam.
«Già, ne porto ancora i segni.»
«Dimentica, quello è il passato ora tu sei il re del Nord e stai per sposare una ragazza bellissima e presto sarai padre» rispose dandogli una pacca sulla spalla.
«Sempre se sopravviverò, non voglio che quel bambino cresca senza suo padre.»
«Non accadrà.»
«E’ ciò che ripeto a Sansa, che tornerò per loro ma la verità, Sam, è che sono terrorizzato.»
«Sappiamo cosa ci aspetta e sappiamo anche di non poterci tirare indietro ma io credo in te, Jon, e so che con te abbiamo una possibilità di vincere. Voglio tornare da Gilly e dal piccolo Sam, voglio lasciare il nero e sposarla.»
«Se davvero sopravviveremo a tutto questo ti renderò libero, ma se lo desideri posso farlo anche ora. Sono il re del Nord e la Barriera fa parte del mio regno. Ho visto eseguire molte sentenze e io stesso ne ho eseguite, ma tu sei il mio migliore amico e voglio solo la tua felicità. Sta a te scegliere, ora.»
«Ho già scelto, amo Gilly.»
«Dopo le nozze ti renderò libero, Sam.»
«Aspetterò con impazienza quel momento.»




Mancava poco a Grande Inverno, erano in viaggio da più di cinque giorni e il ritmo sostenuto era incalzante.
Spesso mangiavano cavalcando e se si fermavano lo facevano solo per tre ore al massimo, a Jaime importava solo di raggiungere il Nord, di raggiungere Brienne e Tyrion.
Doveva rivederla e chiarire una volta per tutte quel guazzabuglio di emozioni che provava e doveva chiarire con Tyrion, doveva trovare la pace che aveva perso da quando lo aveva fatto fuggire.
Quel viaggio gli sembrò infinito, come gli era sembrato infinito quello per andare a riprendere sua figlia, per proteggerla e poi alla fine a cosa era servito?
Myrcella, la sua bambina era morta tra le sue braccia.
Jaime aveva persino pensato che fosse una punizione per le sue promesse infrante; la promessa fatta al principe Rhaegar di proteggere la sua famiglia e l’uccisione di re Aerys e la promessa fatta a Catelyn Stark di riconsegnarle le sue figlie.
Una era dispersa e l’altra era finalmente ritornata a casa sua.
Sono davvero uno spergiuro - pensò tristemente dentro di se mentre il cavallo arrancava nelle neve sempre più alta che ricopriva il terreno e prima o poi avrebbe ricoperto tutta Westeros.
Il gelo e il viaggio non avevano fiaccato lo spirito di Bronn che continuava a cantare e parlare da solo per lo più, l’unico lato positivo era il fatto che non aveva più aperto bocca su Tyrion.
Jaime considerò di arrivare per il giorno successivo a Grande Inverno, muoversi in due e a quel ritmo era il massimo che potesse fare.
«Hai pensato a cosa dirai alla bionda?»
«Non ancora» ammise Jaime.
«Potresti anche non dire niente e agire.»
«Bronn… non ti ho portato con me perché tu mi dessi consigli.»
«Già mi hai portato perché vuoi che ti difenda dato che la tua mano è d’oro e forse sono qui per uccidere una persona che stimo e rispetto.»
«Ti ho già detto che non ti chiederò di farlo.»
«Vedremo cosa mi chiederai» rispose Bronn, infondo quel giovane soldato gli faceva pena, una famiglia disastrata, una sorella pazza, figli morti e in più aveva perso la mano della spada, lui probabilmente si sarebbe ucciso.

 


 

Jon aveva promesso che non avrebbe visto Sansa fino al momento delle nozze, ma non resisteva più e così seguito da Spettro era uscito dalla sua vecchia stanza e percorso il corridoio che li separava.
I ricordi lo assalirono come uno sciame d’api, pungendo nel profondo del suo dolore.
Gli tornarono alla mente le corse con Robb in quel corridoio che ora stava percorrendo per raggiungere la donna che amava, ricordò quando suo padre veniva a dargli la buona notte e a volte restava finché non si addormentava; in quel momento si chiese se in lui cercasse i tratti di quella sorella che tanto aveva amato, quella sorella per cui aveva scatenato una guerra, la stessa sorella che lui aveva ucciso.
Tutti coloro che aveva amato e perso erano come un masso e i ricordi lo trascinavano sempre più verso un fondo scuro, verso un abisso senza fine.
Capiva perfettamente il dolore che anche Sansa condivideva, la ragione che l’aveva portata alla torre spezzata ma se avesse perso anche lei, sarebbe morto.
Scrollò le spalle per liberarsi di quei massi che lo affondavano e raggiunse la stanza di Sansa.
La sentì ridere e poi riconobbe anche la risata di Arya, era la prima volta dopo tanto tempo che dentro quel castello si sentivano delle risate.
Mai più pianti e tragedie, avrebbe protetto ciò che rimaneva della sua famiglia anche a costo della sua stessa vita, come anche suo padre avrebbe fatto.
Le loro risate furono un balsamo per il suo spirito tormentato, tanto che si ritrovò a sorridere lui stesso.
In quel momento Arya aprì la porta.
«Jon, che ci fai qui?» chiese incrociando le braccia.
Arya indossava un vestito, dopo tanto discutere sua sorella aveva vinto e poi era il giorno del suo matrimonio avrebbe fatto di tutto per accontentarla e farle passare la giornata più bella della sua vita; per farle dimenticare il matrimonio con Ramsay e per vederla felice insieme a Jon.
Li amava entrambi poiché entrami erano i suoi fratelli e se al principio aveva trovato quasi assurdo il loro amore ora lo comprendeva meglio, per via di Gendry.
Le scompigliò i capelli come faceva un tempo, finalmente in quei mesi erano ricresciuti molto.
«Volevo vedere Sansa.»
«No, non puoi. Sai che porta sfortuna vedere la sposa prima delle nozze.»
«Non succederà niente, Arya.»
«Si, be’, è meglio non sfidare la sorte.»
Jon e Spettro stavano per andarsene quando Sansa aprì appena la porta, quel tanto che bastava affinché il lupo bianco potesse vedere i suoi bellissimi occhi blu, gli stessi - sperò - che un giorno avrebbe avuto anche suo figlio.
Suo figlio; ancora non riusciva a crederci.
«Arya ha ragione, non dovresti essere qui.»
«Vero, ma non ho resistito» disse e poi le diede un bacio.
«Bleh» esclamò Arya roteando gli occhi e guardando Spettro con una finta faccia disgustata.
«E’ meglio che vada ora» disse osservando la più piccola degli Stark.
«Si» rispose lei sorridendogli.
«Non mancare.»
«Per niente al mondo» rispose, poi Jon la guardò un’ultima volta e se ne andò.
Quando scomparve dietro l’angolo, Sansa aprì la porta e fece rientrare sua sorella.

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Capitolo 50
*** QUARANTANOVE ***


QUARANTANOVE

 

 

 


Jon non aveva visto creatura più bella della donna che ora stava camminando verso di lei accompagnata da Arya.
I suoi passi erano leggeri in quella neve candida e le lanterne le illuminarono il cammino e Jon che la aspettava con un sorriso sul volto.
L’abito di sua madre era stato adattato per lei e ormai la sua gravidanza non sarebbe stata più un segreto, quel piccolo bambino che stava crescendo era visibile abbastanza da far mormorare i lord e gli alleati presenti alle nozze.
Sansa non diede peso ai mormorii, che sparlassero pure, Robb sarebbe stato bene e Jon stava per diventare suo marito, Arya la stava accompagnando verso l’albero diga e Bran li avrebbe uniti per sempre come marito e moglie.
Stava davvero per sposarlo, era davvero li ad aspettare lei, dopo tutto il male subito, dopo le violenze di Joffrey e quelle di Ramsay, dopo essere stata venduta agli assassini della sua famiglia, stava davvero per ritrovare la pace con Jon.
Vide i muscoli di Jon irrigidirsi, era teso proprio come lei ma infondo sapevano già cosa li aspettava e avevano lottato così a lungo per poterlo avere, mesi, mesi che però sembravano essere anni.
Il crepitio del fuoco delle lanterne faceva risplendere la pelle del lupo bianco, infondo il fuoco è parte dei draghi e il suo futuro marito era un drago, un drago che la terrà calda la notte e protetta il giorno.
Il mio drago - pensò andandogli incontro - come il drago di zia Lyanna. Avrei voluto un destino migliore per tutti voi.
Per un attimo il passato si mischiò con il presente e Ramsay prese il posto di Jon, ma fu solo un istante.
Un altro tempo, un altro uomo.
«Che c’è?» chiese Arya, evidentemente se ne era accorta.
«Nulla, solo… brutti ricordi, Arya.»
«Non avrai cambiato idea, vero?» le domandò preoccupata.
«No, affatto» rispose decisa.
«Meglio per te.»
Ha i capelli ramati raccolti in più trecce unite tutte insieme, un abito cremisi dove ha ricamato in poche ore un metalupo e un drago come nel vestito che porta lui, i suoi occhi blu tradiscono l’emozione che sente, Jon li vede brillare, puri e candidi come la luna che quella sera li assiste, piena e pallida.
Sorride appena quando ancora è a pochi passi da lui, percorre quel che resta con passo sicuro e determinazione.
Non poté far a meno di chiedersi se anche il suo vero padre avesse provato così tanto amore e confusione dentro di se, il giorno in cui sua madre decise di abbandonare il Nord e l’uomo che era stato scelto per lei per seguire quel giovane principe in un posto tanto lontano e sconosciuto come Dorne.
Un altro Targaryen che sposa un’altra Stark, il destino si ripeteva, pregò solo che con loro il fato fosse più benevolo di quanto non lo era stato con Rhaegar Targaryen e Lyanna Stark.
Sansa era raggiante, abbassò appena lo sguardo quando si fermò a pochi passi da lui, ancora stretta al braccio di sua sorella.
Bran sorrise vedendoli tutti lì riuniti nel Parco degli Dei, finalmente a Grande Inverno stavano tornando la pace e la felicità.
«Chi concede questa donna a quest’uomo?» chiese guardando Arya, Meera era lì, tra gli invitati e osserva quel giovane uomo sempre più ammirata e si chiese se un giorno avrebbe potuto sposarlo proprio come Sansa stava sposando Jon.
«Io, Arya di casa Stark.»
Arya le diede un bacio sulla guancia e poi mise la sua mano in quella di Jon.
«So che sarete felici insieme ed è ciò che desidero per tutti noi» disse, poi si ritirò e raggiunse Gendry.
«Jon Stark, vuoi prendere questa donna?» disse Bran, era stato proprio lui a scegliere quel cognome, nel profondo del suo cuore sapeva di essere un Targaryen, un drago e sapeva anche che probabilmente il suo vero padre si sarebbe offeso se fosse stato vivo ma infondo se fosse stato vivo lui non sarebbe mai stato uno Snow e non sarebbe cresciuto con Eddard Stak.
Erano gli Stark a dover regnare nel Nord e non poteva voltare le spalle e tanto meno rinnegare l’uomo che gli aveva salvato la vita vivendo con un segreto che avrebbe potuto sterminare tutta la sua famiglia, e non poteva nemmeno dimenticare che Robb lo aveva nominato suo erede.
«Lo voglio» rispose perdendosi negli occhi blu di lei, chissà se gli spiriti di coloro che amava erano lì, chissà cosa avrebbe detto lady Stark se fosse stata viva.
«Sansa Stark, vuoi prendere quest’uomo?» chiese Bran rivolto a sua sorella.
«Si, lo voglio» rispose con gli occhi umidi, lacrime di gioia, erano anni che non piangeva dalla gioia.
Strinse forti le mani di Jon e poi lo baciò, lo tenne stretto forte a se ispirando a fondo il suo profumo, giocando con i suoi capelli come quando si trovavano nella loro stanza, quando nessuno poteva vederli, quando erano solo Jon e Sansa.
Nessuna responsabilità, nessuna guerra.
Jon gli asciugò una lacrima e le bacio la guancia.
«Ti amo» le disse, poi gli invitati applaudirono gli sposi.
Persino Brienne di Tarth si trovò a fantasticare, solo per pochi istanti.
Immaginò un tempio e un uomo con una mano d’oro ad aspettarla.
«Se tornerò dalla guerra, giuro che ti sposerò Arya Stark» disse Gendry guardando gli occhi di quella ragazzina che aveva conosciuto sei lunghi anni fa, quando era poco più di una bambina e girava travestita da maschio con quella spada alla cintura.
«Una promessa, è una promessa» rispose, si sentiva a disagio in quell’abito femminile, per troppo tempo aveva indossato abiti maschili dimenticando e rinnegando anche a se stessa di essere una giovane donna e una lady.
«E io intendo mantenerla.»
«Allora ti conviene tornare dalla guerra, Gendry» disse, stringendogli la mano, il terrore che potesse morire la assalì e le fece mancare il respiro.
«Allora credo di dover tornare.»
Poi la baciò incurante dei presenti, non gli importava, per lui c’erano solo gli occhi di Arya Stark e quel luogo sacro dove giurò che l’avrebbe sposata. 

 

 

 

Grande Inverno era illuminata, così si presentò a Jaime e Bronn, molte luci che illuminavano il Parco degli Dei, lui lo ricordava ci era stato sei anni prima con la corte al completo, quando ancora possedeva entrambe le mani.
Si ritrovò a fissare quell’inutile mano d’oro che Cersei aveva fatto fare per lui, dopo averlo rimproverato per essere arrivato tardi, dopo che era quasi morto per tornare da lei.
E poi ricordò le vasche con l’acqua calda, ricordò Brienne, non l’aveva mai vista come quella volta, fiera e orgogliosa, così testarda; nella sua bruttezza Jaime alla fine aveva visto la bellezza e la fragilità di una donna come le altre, l’aveva sentita l’attrazione per lei, i loro addii, non voleva più dirle addio.
«Cerchiamo di non farci notare troppo» disse Jaime tornando in se.
Camminarono nella neve fredda tentando di fare il meno rumore possibile, la spada nella mano buona mentre quella d’oro sembrava pesare una tonnellata.
Bronn era accanto a lui, una spada in mano e un’altra alla cintura, doveva tenersi pronto a difendere se stesso e il suo compagno di avventura.
Non sarebbe finta come a Dorne, non si sarebbe ritrovato chiuso in una prigione con del veleno in corpo per colpa di una stupida ragazzina che quasi lo aveva battuto.
Ma poi qualcosa andò storto, un uomo li sorprese, era un uomo robusto con una pesante pelliccia addosso eppure sembrava muoversi agilmente come uno scoiattolo.
Jaime cercò di difendersi ma la sinistra non era la mano destra e per quanto si fosse allenato non era più il cavaliere invincibile di un tempo.
Bronn andò in suo soccorso, facendo un fischio a quell’uomo comparso da nulla.
«Avanti femminuccia, battiti con Bronn» disse e prese in mano anche l’altra spada.
Lui era un mercenario e aveva vinto tante e tante volte, era arrivato in alto grazie a Tyrion e poi grazie a Jaime, non sarebbe caduto tanto in basso, non di nuovo.
L’uomo emise un suono gutturale e poi passò all’attacco, era forte ma non abbastanza riflessivo.
«Va!» gli urlò Bronn mentre tentava di tenerlo a bada.
«No, non ti lascio qui.»
«Muoviti, non sono quasi morto dal freddo per niente!» gli urlò parando un altro colpo, ma poi l’uomo lo disarmò e gli assestò un cazzotto che lo stese nella neve.
«Bronn!» urlò Jaime e poi conscio che sarebbe morto con molte probabilità attaccò lo sconosciuto.
Lo chiamavano già spergiuro e uomo senza onore, non avrebbe abbandonato un buon amico, perché per quanto potesse essere irritante Bronn era un buon amico.
Lo aveva seguito fino a Dorne e poi a Grande Inverno, anche se forse era venuto più per Tyrion, erano così simili quei due e forse era questo ciò che lo irritava di più, la loro somiglianza.
«Sei morto» disse l’uomo con la voce roca.
«Vedremo» rispose a denti stretti, ma era vero, era spacciato.
Iniziarono a duellare, parò dei colpi, uno, due, tre, però alla fine perse, la sinistra era troppo debole, parò un altro colpo con la mano d’oro, tanto ormai serviva solo a quello.
Riuscì a ferirlo, un po’ di sangue uscì dal labbro di quel guerriero.
Se solo fossi tutto intero saresti già morto - pensò tristemente.
La spada del nemico arrivò al suo collo.
«Tormund!» lo chiamò una voce a lui familiare.
«Che ci fai qui? Non sei di guardia.»
«Nemmeno tu» rispose Brienne di Tarth avvicinandosi a loro, «lascialo andare.»
«Cosa? Stava tentando di entrare di nascosto.»
«Lascialo andare» ripeté lei senza smettere di guardarlo.
«Lady Brienne. Vorrei salutarti come si deve, ma al momento sono impossibilitato» disse muovendo appena le braccia.
«Ser Jaime» disse, e il nome pronunciato da lei cambiò, quasi come per magia, «ti ho detto di lasciarlo andare.»
«Sarei curioso di sapere che cosa direbbe il re lupo.»
«Perché contini a chiamarlo così?»
«Mi diverte. Dammi una buona ragione per lasciarlo vivere» disse il bruto guardando quell’uomo strano.
«Perché ha aiutato Sansa Stark e anche perché è un Lannister.»
«Non sono molto bravo con queste cose ma i Lannister non sono i nemici?» chiese Tormund.
«Senti, Tormund giusto? Non sono tuo nemico né nemico del Nord, vengo in pace.»
«Chi viene in pace non entra come un ladro e non viene armato.»
«Sapevo che non sarei stato accolto bene e ho preso le mie precauzioni. Ora se sei tanto gentile da lasciarmi andare… ho delle questioni da discutere con il tuo re.»
«Jon Snow non è il mio re» rispose lui, poi lo lasciò andare e per poco il leone non perse l’equilibrio cadendo sulla neve, appena libero si assicurò che Bronn fosse vivo.
«Bronn, avanti svegliati» disse schiaffeggiandolo, ma il mercenario proprio non voleva saperne di svegliarsi.
«Come sta?» chiese Brienne.
«Credo che dormirà per un po’, ma almeno è vivo e questa volta nessuno lo ha avvelenato.»
Lo prese e lo tirò su.
«Cosa fai a Grande Inverno?»
«Te l’ho detto Brienne, devo parlare con Jon Snow. Puoi portarmi da lui?»
«Non stasera, sta festeggiando le sue nozze.»
«Le sue nozze?» domandò confuso.
«Jon Snow si è sposato con Sansa Stark» lo aggiornò Brienne.
«Ma sono fratelli.»
«Questo non mi sembra che ti abbia impedito di stare con tua sorella» gli ricordò lei.
«E credi che io sia un buon esempio da seguire?»
«Non sono fratelli, sono cugini. Ser Jaime…»
«Cugini? Credevo avessimo abbandonato certe formalità» rispose tentando di non far cadere nuovamente a terra Bronn.
«Ti dirò tutto ma non qui. E’ lei che ti manda?» chiese Brienne con il cuore in subbuglio, l’uomo di cui era innamorata era lì a pochi passi da lei ma non era davvero suo.
Lui appartiene a sua sorella, sei solo una stupida Brienne di Tarth.
«No, Cersei non sa che… non gliel’ho detto.»
«Perché sei qui?» chiese di nuovo, i suoi occhi tradivano il suo volto duro e impassibile, ma non era più la stessa donna di un tempo, qualcosa era cambiato in lei.
«Per Tyrion, ho un conto in sospeso con lui ma anche per te, dovevo rivederti Brienne» ammise finalmente a voce alta.







 

Eccomi tornata con un nuovo capitolo e spero che vi sia piaciuto, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate ma non posso obbligarvi.... 
Allora finalmente si è celebrato questo matrimonio e qualcuno è arrivato a Winterfell, felici che Jaime abbia ritrovato Brienne?
Alla prossima!

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Capitolo 51
*** CINQUANTA ***


CINQUANTA

 

 



Jon aveva proibito la messa al letto, nessuno avrebbe osato portare Sansa in quel modo e spogliarla senza il suo consenso, non più.
Ora lei era sua moglie, sorrise al solo pensiero.
Durante la cena mangiarono, festeggiarono, risero e danzarono.
Sansa prese Jon per mano e lo portò al centro, tutti i presenti avevano gli occhi fissi su di loro.
Sansa prese il suo volto tra le mani.
«Guardami, siamo solo noi. Soltanto noi due, Jon.»
A un suo cenno partì la musica e iniziarono a danzare.
«Non voglio acciaccarti i piedi.»
«Ma è già successo se non sbaglio» gli ricordò lei ridendo.
«Non ho fatto molta pratica, non mi è mai servito dover danzare.»
«Solo per questa sera.»
«Per tutte le sere che vorrai, moglie mia» disse e poi non riuscì a trattenersi dal baciarla.
Dopo di loro anche altri si unirono alle danze, Daenerys danzò con ser Jorah, Arya con Gendry e il che sorprese i novelli sposini, Tyrion chiese a lady Mormont di danzare con lui e dopo qualche riserba la giovane lady accettò.
«Sei davvero mio marito? Ho paura di svegliarmi e scoprire che è solo un sogno, un sogno bellissimo.»
«E’ la realtà, Sansa. Sei davvero mia moglie e io tuo marito» rispose lui, erano come dentro una spirale colorata, la musica, gli occhi di lei che brillavano, il suo sorriso, tutto era perfetto tanto ché si dimenticò della tormenta che stava arrivando e che presto si sarebbe abbattuta su di loro senza risparmiare nessuno.
Non perderò la guerra - ripeté a se stesso e guardando Sansa e con quella musica tutto gli sembrò possibile.
Padre, anche tu credevi di vincere la guerra e tornare da mia madre? - si domandò lui stringendo Sansa tra le braccia.
Quando la musica finì Petyr Baelish chiese di poter danzare con la sposa.
Sansa fece un segno a Jon per fargli capire che era d’accordo.
Malvolentieri la lasciò a lui e chiese ad Arya di danzare, non aveva mai ballato prima delle prove con Sansa e desiderava un ballo con la sua sorellina ribelle, un ricordo come molti altri che lo avrebbe riscaldato durante la guerra.
«Le mie congratulazioni, Sansa.»
«Suppongo che dovrei ringraziarti, come da protocollo mio signore» rispose freddamente lei.
«Dovresti, infondo alla fine hai ottenuto ciò che hai sempre desiderato. Una corona» disse avvicinandosi a lei, al suo collo perfetto e candido che sembrava essere una calamita per lui.
«Non rovinerai questo giorno, non te lo permetterò.»
«Andiamo Sansa, con me non devi fingere. Entrambi sappiamo perché hai accettato di sposare un bastardo e ora aspetti pure suo figlio.»
Avrebbe voluto trattenersi, ma fu davvero troppo.
Non solo aveva insultato lei e ciò avrebbe anche potuto tollerarlo ma si era permesso di insultare suo marito e peggio ancora suo figlio e così gli diede uno schiaffo che non passò inosservato dagli invitati.
«Tu pensi di conoscermi così bene lord Baelish ma non è così, non mi conosci affatto e le tue parole lo hanno appena dimostrato. Non ti consentirò di offendere mio marito e mio figlio, ti sei spinto troppo oltre questa volta» rispose e i suoi occhi sembravano essersi tramutati in ghiaccio, un ghiaccio che stava penetrando la pelle a Ditocorto, aveva già visto quegli occhi, quello sguardo, era lo stesso di Cat.
«Sei come tua madre.»
«Io non sono Catelyn Stark» gli disse furiosa, poi si allontanò da lui e se ne andò dalla stanza, Jon lasciò Arya e la rincorse fino alla loro stanza.
«Sansa!»
«Mi dispiace, non sono riuscita a trattenermi» disse e poi si buttò tra le braccia di suo marito.
«No, non devi scusarti. Basta lacrime, ne hai versate fin troppe e questo è il nostro giorno. Mostriamo a tutti chi è la regina del Nord.»
Jon asciugò le sue lacrime e poi le diede un bacio; quando si fu calmata la riportò indietro nella stanza dove gli invitati aspettavano il loro re e la loro regina.
«Musica, per favore» disse il re del Nord.
Tyrion si avvicinò alla sposa con uno sguardo orgoglioso.
«Mia regina, posso avere l’onore di questo ballo?» chiese porgendogli la sua mano un po’ deformata, ma un ballo glielo doveva, Tyrion era stato suo marito e l’aveva protetta da Joffrey per quanto possibile.
«Ne sarei onorata, mio signore» rispose e poi lei e Tyrion iniziarono a danzare mentre i presenti sparlavano della strana coppia.
«Non è poi così diverso dai commenti dei lord di Approdo del re» commentò Tyrion sentendosi un po’ a disagio.
«Perdonali, non ti conoscono come ti conosco io altrimenti si rimangerebbero le loro parole.»
«Spero che un giorno accada» rispose colpito dal commento della nuova regina del Nord.
«Sei un uomo migliore di ciò che pensano e meriti di essere felice.»
«Dubito che lo sarò mai, per il momento mi accontento di sopravvivere» rispose con un mezzo sorriso.
«Puoi abbassare la tua armatura con me, se lo desideri.»
«Non so se ci riuscirò, Sansa, ma ti ringrazio.»
Jon osservò sua moglie colmo di felicità e anche orgoglioso del fatto che fosse tornata indietro e che non avesse permesso a Baelish di rovinare i loro festeggiamenti.





Brienne li condusse nelle sue stanze sapendo che in quel momento tutti erano a festeggiare, si stava prendendo il banchetto ma non le importava non in quel momento.
Jaime e Tormund stavano trascinando Bronn che sembrava pesare quanto un cavallo.
«Ecco qui sarete al sicuro per il momento.»
«Grazie» rispose Jaime poi adagiò il suo amico sul letto coperto dalle pellicce.
«Più tardi vi porterò del cibo, ce ne sarà in abbondanza al banchetto.»
«Vai.»
«No.»
«E’ il matrimonio della tua signora» le ricordò il bruto
«Regina e no, non andrò.»
«Sei la solita testarda» la rimproverò Jaime.
Brienne fece una specie di sorriso che anche Tormund notò.
«Chi sei esattamente tu?» chiese curioso sedendosi accanto a Bronn e togliendosi gli stivali, aveva le dita dei piedi gelate, quasi non le sentiva più.
«Tormund Veleno dei Giganti, ero il braccio destro di Mance Rayder» rispose orgoglioso.
«Mance Rayder, il traditore, il re oltre la Barriera. Si ho sentito parlare di lui, ma non credo che qui a Nord sia così benvoluto.»
«Siete tutti uguali, questo non è il Nord e Mance è morto.»
«Mi dispiace, davvero. In ogni caso qui siamo a Grande Inverno e Grande Inverno si trova a Nord.»
«Il vero Nord è oltre la Barriera. Ci sei mai stato? Hai idea di cosa ci sia oltre la Barriera? Hai idea di ciò che sta per arrivare?»
«No, non sono mai stato oltre la Barriera. Il mio posto era a fianco del re ma i re che ho servito sono morti. Non c’è nulla oltre la Barriera, gli uomini pallidi, gli Estranei sono solo storie per spaventare i bambini. Così come le storie dei figli della foresta o dei giganti.»
«Non hai servito molto bene allora» rispose Tormund, l’aria si stava facendo testa tra loro e Brienne non aveva idea di che cosa fare «se credi che siano solo favole allora sei nel posto sbagliato. I mostri stanno arrivando e quando arriveranno sarà la fine per tutti.»
Jaime rise di quelle parole, non credeva a Tormund e tanto meno agli Estranei.
«Dice il vero, stanno arrivando.»
«Non dirmi che ci credi?»
«Perché non dovrebbe?»
«Perché gli Estranei non esistono» disse Jaime guardandoli entrambi.
«Quando arriveranno allora mi crederai, ammesso che tu riesca a sopravvivere.»
«Per allora me ne sarò andato.»
«E dove?» chiese Brienne.
«Non lo so Brienne. Cersei è impazzita, sai cosa ho fatto in passato per evitare che il re folle uccidesse tutte quelle persone e ora mia sorella ha fatto ciò per cui io uccisi Aerys Targaryen e Tyrion… lui ha ucciso nostro padre, dovrei ucciderlo per questo» disse furioso.
«Jaime, Tyrion è tuo fratello e tiene ancora molto a te.»
«Ho fallito, sono davvero l'uomo che tutti credono che sia. Uno sterminatore di re, uno spergiuro, un uomo senza onore» ripeté guardando le fiamme del fuoco crepitare nel camino e il ricordo di Aerys si fece più vivido che mai.
«Bruciateli tutti!»
Si prese la testa con le mani, stava forse impazzendo come lui?
«Jaime, guardami» disse Brienne inginocchiandosi difronte a lui, «non sei l’uomo che gli altri credono. Un uomo senza onore non mi avrebbe salvato la vita, non avrebbe pagato un prezzo tanto alto» rispose stringendo quella mano d’oro e le sue urla rimbombarono nella sua mente, «hai perso la mano della spada a causa mia.»
«No, a causa della mia stupidità. A Tyrion non l’avrebbero mai tagliata, ma lui non si sarebbe mai ritrovato in una tale situazione. Approdo del re era un inferno, dovevo fuggire da lì, da Cersei e le sue manie che la stanno facendo impazzire come fecero impazzire Aerys» ammise quasi con le lacrime agli occhi, «sono stato io a dirle dell’altofuoco, è come se li avessi uccisi io.»
«Non prenderti colpe che non hai, è stata lei a farlo non tu. Sei migliore di quello che pensi, di ciò che tutti pensano. Io lo so e anche tu lo sai.»
«Brienne… ho fallito in tutto. Ho ucciso l’uomo che avevo giurato di proteggere, non ho rispettato la promessa fatta a Rhaegar Targaryen di vegliare su sua moglie e i suoi figli, lui si fidava di me. Ho fallito con Joffrey, con Myrcella, con Tommen e ora anche con Cersei. E Tyrion, non so cosa fare con lui.»
«Ascoltami, tu sei Jaime Lannister, sei un leone e i leoni fanno sempre sentire il loro ruggito. Non hai fallito con il tuo re, eri impegnato a salvare tutta Approdo del re per impedire quelle morti ma ora puoi comunque fare ammenda se lo desideri.»
«Come? I morti non possono tornare.»
«No, ma puoi proteggere i vivi. Jon Snow per esempio e sua moglie.»
«Ferma, vuoi mettere il lupo nelle grinfie di un leone?» chiese Tormund.
«Un leone che non gli farà del male.»
«Perché dovrei servire il bastardo di Ned Stark?»
«Perché Jon Snow non è il bastardo di Eddard Stark.»
«Certo che lo è, era suo padre.»
«No, Jaime, il suo vero padre era un altro uomo, lo stesso uomo che ti ha reso una guardia reale» confessò Brienne e vide la confusione dipingersi sul suo volto.
«Rhaegar Targaryen? Questo è impossibile.»
«E’ la verità, l’ultimo dei draghi è il suo vero padre. Jon Snow è il figlio del principe Rhaegar e di Lyanna Stark. Lui è la tua occasione per fare ammenda e non soltanto lui. Daenerys Targaryen è qui, a Grande Inverno.»
«Mi farà divorare dai suoi draghi piuttosto che stare ad ascoltarmi.»
«Ti ascolterà, è una donna in gamba e giusta, inoltre tuo fratello è il suo primo cavaliere.»
«Tyrion?»
«Si. Fidati di me, Jaime» lo supplicò lei.
Il leone abbassò lo sguardo vinto dagli occhi di lei, non aveva più le forze per combattere oltre, non quella sera almeno.
«Riposati ora, domani parlerò con il re del Nord e con la regina dei Sette Regni, ti ascolteranno e non giudicheranno senza sapere i fatti.»
«Daenerys Targaryen mi vorrà morto, le ho ucciso il padre» le ricordò.
«Suo padre era un folle e un mostro, hai fatto ciò che era giusto fare per il popolo e questo lei lo capirà. Sii solo sincero, resterò al tuo fianco quando parlerai con loro.»
«No, potrebbe finire male e non voglio che ti accada qualcosa per causa mia.»
«Ha ragione» rispose Tormund.
«Credevo che mi conosceste ormai, tutti e due, io non ho paura e so difendermi. Lasciati aiutare, Jaime.»
Jaime accettò, le diede il consenso con la testa e poi si sdraiò nel letto di Brienne accanto a Bronn e pochi istanti dopo si addormentò in un letto vero e in una stanza calda, il suo ultimo pensiero furono gli occhi del colore degli zaffiri di Brienne di Tarth.






 

Jaime è finalmente arrivato a Grande Inverno e ha raggiunto Brienne, cosa ve ne pare? 
Jon e Sansa finalmente hanno coronato il loro sogno di diventare marito e moglie. 
Ho in mente un finale che non so a quanti piacerà, ma ho scelto questo finale per creare poi una storia nuova che avrà in parte sempre protagonisti Jon e Sansa, ma non solo loro... altri arriveranno e sono personaggi per lo più inventati da me, dato che la storia sarà incentrata sui loro figli.
Che ve ne pare? 

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Capitolo 52
*** CINQUANTUNO ***


CINQUANTUNO

 

 

 


Jon era inquieto e Sansa lo aveva notato.
Dopo i festeggiamenti si erano ritirati nella loro stanza mentre gli ospitavi ancora gridavano e bevevano, altri ancora stavano ballando ma Sansa voleva solo stare con Jon e così lo aveva trascinato via.
E dopo tanto tempo erano stati solo loro, nudi in quel letto.
Jon aveva sentito il loro piccolo Robb muoversi, sua moglie era più bella che mai, raggiante e felice; questo era tutto ciò che il re del Nord desiderava.
Voleva quella felicità anche per i suoi fratelli e per Daenerys, ognuno di loro aveva sofferto tanto, fin troppo e ora era il momento di essere felici e un po’ egoisti.
Quando si era addormentata lui era rimasto a guardarla, a guardare la sua pancia che ogni giorno cresceva un po’ di più.
«Robb» aveva detto posando la mano sopra, accarezzandola piano, sospirando.
Era certo che quel bambino sarebbe somigliato molto al loro fratello; anche lui aveva gli occhi azzurri dei Tully - ricordò tristemente Jon - e anche questo bambino li avrà e chissà se lo chiameranno un giorno giovane lupo.

Poi non riuscendo più a stare nel letto sdraiato, colto da mille paure si era alzato per non continuare a girarsi e svegliare Sansa.
Affacciato alla finestra della camera che era illuminata dalla flebile luce del fuoco che ancora crepitava nel camino osservava i fiocchi di nevi cadere, e quella neve irrimediabilmente gli ricordava il suo destino, ogni fiocco era come una riga scritta e impossibile da cancellare, inchiostro ormai secco su un foglio bianco.
Jon aveva paura, nonostante si sforzasse di non pensare al peggio non poteva evitarlo, sospirò chiudendo gli occhi e poi sentì l’abbraccio caldo di sua moglie coglierlo da dietro.
«Cosa preoccupa mio marito?» chiese lei mettendosi al suo fianco e osservando la neve bianca che cadeva da quel cielo scuro.
«Non è nulla» rispose accarezzandole una guancia.
«Una moneta per i tuoi pensieri.»
«I miei pensieri non valgono così tanto.»
«Per me si. Allora, cosa c’è che non va? Non sarai pentito…»
«No, questo mai. Sono felice che tu sia mia moglie e ti amo, Sansa.»
«Mi sembra ancora un sogno, Jon, e questa parola è così bella. Tanta felicità mi spaventa» ammise lei al suo posto, alla fine era ciò che anche il re del Nord pensava.
«Anche a me, mi spaventa perderla.»
«E’ questo dunque? Hai paura?»
«Si, non dovrei dirlo ma è così. Ho paura Sansa.»
«Jon» disse lei e poi lo baciò, quel bacio fu un balsamo e calmò le sue ansie e le sue paure, i suoi tormenti e i suoi demoni, «sarò sempre al tuo fianco. Parlami.»
«Ti agiterei e basta, questo non ti farebbe bene» rispose posando la mano sulla sua pancia.
«Sarò in grado di sopportarlo, sono sopravvissuta fino ad ora no?»
Prese per mano suo marito e lo portò fino al letto, si sedettero sopra alle coperte sfatte, dove poco prima erano intrecciati insieme in quella spirale di amore.
«Ciò che mi spaventa di più è perderti» confessò infine.
«Non mi perderai mai.»
«Ti ho promesso che non diventerò uno di loro ma se accadesse? Se morissi in battaglia? Non so nemmeno cosa devo fare, cosa ordinare al nostro esercito. Ho paura che non sarò in grado di vincere questa guerra.»
«Guardami, tu sei il re del Nord, quando sarà il momento saprai cosa fare e inoltre non sei solo. Hai degli alleati, un grande esercito, il vetro di drago e tre draghi. Se c’è qualcuno che può farcela quello sei tu, Jon.»
«Se morissi…»
«Non dirlo nemmeno» rispose Sansa freddamente, quell’idea era intollerabile per lei.
«Fammi finire. Se muoio ordinerò che il mio corpo venga bruciato, è l’unico modo per non diventare un Estraneo.»
«Tu non morirai, hai molti motivi per vivere» disse stringendo la sua mano.
Jon chinò il capo, il peso di ciò che stava per arrivare era troppo, lui non era pronto.
«Che altro? Ti conosco e so che non è solo questo a preoccuparti.»
«Ti ho angosciata abbastanza.»
«Jon, non posso aiutarti se non mi dici cosa ti preoccupa.»
«Te l’ho detto, non penso di poter vincere questa guerra.»
«Che altro?» insistette la regina del Nord dai capelli fiammeggianti.
«Sansa…»
«Che altro?»
«Non voglio che tu muoia» ammise alla fine, con i suoi occhi scuri lucidi, «sembra che gli dei si stiano prendendo gioco di noi. Un’altra guerra, un’altra nascita, un altro drago che si innamora di un lupo.»
«Sono una stupida, avrei dovuto capire che era questo in parte a preoccuparti. Jon, io non ho paura e non mi accadrà nulla. Starò bene, nostro figlio starà bene e per allora tu sarai tornato a Grande Inverno. Non accadrà di nuovo. Tu non sei Rhaegar e io non sono Lyanna. Siamo giovani e forti e non ci arrenderemo alla morte senza lottare. Quello era un altro tempo, un altra guerra e un altro drago con il suo lupo. Noi siamo noi.»
«Anche lei era giovane e forte, ed è morta per causa mia.»
«No, non fu colpa tua. La situazione era diversa… io non sarò sola.»
Se almeno lei fosse sopravvissuta ora tu non proveresti tanto dolore e capiresti che ciò che ha fatto è stato il dono più grande che potesse farti, Jon.
«Dovrei essere io a rassicurare te e non il contrario.»
«Una volta per uno. So che andrà tutto bene perché abbiamo perso fin troppo. Non ci perderemo e non perderemo Robb. Sarai un buon padre Jon» disse passando la mano tra i suoi ricci, lui chiuse gli occhi e si abbandonò a quella dolce carezza, alla sua mano delicata.
«E tu la miglior madre che questo bambino potrebbe avere.»
Poi la passione crebbe di nuovo, ma in quella passione c’era il dolore della separazione, di un addio che sembrava vicino.
Se cadrò, tu dovrai vivere per entrambi, per Robb. Dovrai raccontargli di me, Sansa, Robb mi conoscerà attraverso le tue parole e il tuo amore. Dovrai crescerlo per diventare ciò che è destinato a essere, così come avrebbe fatto il mio vero padre se non fosse caduto al Tridente - pensò Jon stringendo Sansa ancora più forte e nascondendo il volto nel suo corpo profumato.

 

 

Arya aveva percorso il breve tratto di corridoio che la separava di Gendry, la sua vestaglia era corta e sentiva freddo nonostante il castello fosse riscaldato dalle acque calde.
Voleva vederlo, stare con lui, era preoccupata, spaventata.
Sorrise pensando che ora finalmente almeno due delle persone che tanto amava erano felici insieme e che presto avrebbe aiutato Sansa ad accudire suo figlio, suo nipote, infondo amava già quel bambino e aveva già lottato per la sua vita.
Con la candela in mano che le proiettava la sua ombra scura e sporca del sangue delle vite che aveva preso giustamente e non, bussò alla porta di Gendry, timidamente; e lei non era mai timida.
Sei un lupo, Arya Stark, sei tu il predatore - ricordò a se stessa.
Gendry si alzò e andò ad aprire e rimase stupito nel vedere Arya difronte a lui, non era da lei.
Stropicciò gli occhi credendo che fosse solo un sogno, ma lei era ancora lì, tremante e con una candela quasi finita in mano.
«Arya.»
Lei non disse nulla, soffio sulla candela e si gettò tra le braccia di Gendry e lo strinse forte a se.
Sentì le sue braccia muscolose avvolgerla come una coperta, accarezzò i suoi capelli sfatti e gli diede un lungo bacio.
«Ora non ho più freddo» sussurrò al suo orecchio, una lacrima cadde dai suoi occhi e bagnò la guancia di quel giovane cervo.
Gendry chiuse la porta e fece sedere Arya sul letto, le accarezzò il volto e le scostò i capelli dal viso.
«Non dovresti essere qui, non è cosa da principessa» la rimproverò in parte lui, eppure ogni fibra del suo corpo vibrava dalla gioia nell’averla lì con lui in quella notte fredda.
«Non sarò mai una principessa, Gendry.»
«Lo so e non mi importa, io ti amo per ciò che sei, Arya.»
«E cosa sono?» domandò perdendosi nei suoi occhi.
«Sei la ragazza che amo. Quella testarda, orgogliosa e caparbia ragazzina che ho imparato ad apprezzare ogni giorno di più in questi anni, la stessa a cui pensavo quando non eri con me.»
«Potresti rimanere deluso, ho perso la purezza di un tempo. Sono diventata un’assassina, Gendry e so che una come me non merita uno come te» disse senza abbassare lo sguardo.
«No, sono io a non meritarti. Arya hai fatto ciò che hai fatto per sopravvivere e nessuno potrà mai ridire qualcosa a riguardo. Ti devo la vita.»
«Tu non mi devi nulla» rispose.
«Sposami.»
«Vuoi davvero sposarmi?» chiese spaventata.
«Si, è ciò che desidero di più.»
«Gendry…»
«Non mi importa ciò che hai fatto, non mi importa cosa pensi di meritare, io so solo che ti amo e che sei tutto ciò che desidero e so anche che non ho nulla da offrirti, infondo sono solo un bastardo» ammise tristemente Gendry.
«Basta, non voglio sentire mai più quella parola» disse stringendo la sua mano, «l’ho sentita per molto tempo. Mia madre chiamava Jon così, bastardo, e quando lo faceva io la odiavo e ora che è morta mi sento ancora più in colpa per questo.»
«No, non sentirti colpevole tu non hai fatto nulla.»
«Gendry, giurami che tornerai, giurami che non perderò anche te.»
«Farò del mio meglio per tornare, ti prometto questo, Arya. Ti prometto che lotterò fino alla fine per tornare da te» rispose e poi la baciò, sentì nuovamente le sue lacrime calde, le asciugò con le sue mani che erano così grandi rispetto al suo volto che in parte era ancora quello della bambina che aveva visto anni fa.
«Io ti amo» disse lei in un sussurro.
Poi le sue mani si posarono sul corpo muscoloso di Gendry, lo sentì sospirare, i suoi muscoli erano tesi e sapeva che doveva fermarla ma non voleva, almeno una volta nella vita desiderava conoscere l’amore e tutte le sue sfaccettature e poi un giorno, al suo ritorno, avrebbe sposato quella ragazza che lo stava accarezzando con le sue piccole mani.
«Arya, sei sicura?» chiese lui bloccandola, tremando un po’.
«Si» rispose, a quel punto Gendry le lasciò andare le mani e guardò nei suoi occhi tempestosi e vide quella scintilla che tanto amava in Arya Stark, quella scintilla che sempre l’aveva resa diversa dagli altri, resa speciale, almeno ai suoi occhi.
Arya si abbandonò al piacere, si abbandonò a Gendry, lasciò che le mani di lui toccassero il suo corpo ormai nudo, dopo che la veste era caduta sul pavimento, si abbandonò a lui completamente e saziò quella fame che sentiva crescere dentro e ogni istante si sentiva un po’ più sazia e felice nonostante sentisse un po’ di dolore, ma non le importava, non ora che Gendry era suo come mai lo era stato prima di allora.

 

 

Jaime si svegliò poco prima dell’alba e vide Brienne addormentata su di una sedia accanto a lui, il braccio destro che penzolava nel vuoto.
Il suo volto e i suoi occhi gli erano mancati, la sua cocciutaggine gli era mancata, incredibilmente Brienne di Tarth era diventata importante per lui, molto più di quanto non volesse ammettere a se stesso.
Per tutta la sua vita c’era stata solo Cersei.
Cersei era sua sorella, la sua gemella, la sua amante, la sua regina e la madre dei suoi figli, figli che Jaime non era riuscito a salvare, figli di cui spesso non si era curato; in parte per proteggerli da morte certa e in parte perché era un pessimo padre.
«Jaime» farfugliò Brienne nel sonno.
Che cosa stai sognando, Brienne? Spero che i noi dei tuoi sogni siano in un posto migliore e più felici di questa misera e patetica versione - pensò osservandola.
Si era un po’ sgraziata ma era quello il bello di lei, la loro somiglianza, la sua abilità con la spada, ricordava ancora il confronto avuto su quel ponte prima di essere catturati, prima che perdesse la mano destra.
Prese una delle pellicce che si trovavano sul letto e la mise sopra il suo corpo addormentato, la mano sinistra non riuscì a resistere all’impulso di accarezzarle i capelli biondi e corti, di sentirli tra le sue dita, Jaime desiderava quella donna come un tempo desiderava Cersei.
Sei solo un inutile uomo con una inutile mano d’oro.
Il fuoco si era quasi spento, ormai restavano solo le ceneri, ceneri che gli ricordarono l’altofuoco, Aerys, Cersei.
Tornò a fissare il voto di Brienne, rammentò le sue parole sull’essere un leone ma più che un leone, Jaime si sentiva un micio spelacchiato e debole.
«Sei tu il leone, non io. Tu hai tenuto fede al tuo giuramento, io li ho disonorati tutti invece. Brienne.»
Bronn si era svegliato, aveva sentito Jaime parlare a quella grande donna addormentata ma aveva fatto finta di nulla, che fosse se stesso almeno per un po’, presto avrebbe dovuto indossare nuovamente la sua maschera di sterminatore di re. 

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Capitolo 53
*** CINQUANTADUE ***


CINQUANTADUE

 

 



«Non so se sono pronto a incontrare Daenerys Targaryen e Jon Snow.»
«O forse è tuo fratello che non sei pronto a incontrare» rispose Bronn.
Erano ancora nella stanza di Brienne, lei era lì, aveva già chiesto udienza ai sovrani del Nord e alla regina dei Sette Regni, ovunque Jaime guardasse c’erano solo re.
Cersei ridurrà Approdo del re in cenere, piuttosto che consegnarla a Daenerys Targaryen.
«Andrà bene, resterò per assicurarmene.»
«Ti ho già detto che potrebbe essere pericoloso, Brienne.»
«E io ti ho già detto che so badare a me stessa, ser Jaime» disse lei, era così diversa da quella donna che dormiva sulla sedia sognando un futuro migliore, con lui, un uomo che di certo non lo meritava.
«Non riuscirò a farti cambiare idea, vero?»
«No, non ci riuscirai.»
«Lo immaginavo.»
La mano di Brienne finì su Giuramento, strinse forte il pomo e poi distolse lo sguardo dal leone.
Tormund bussò alla porta e poi entrò.
«Vi stanno aspettando.»
«E’ tutto apposto, Tormund?»
«Si, nessuno sa che un Lannister è a Grande Inverno.»
«Tecnicamente già ce n’era uno a Grande Inverno, Tyrion» gli fece notare Jaime.
«Lui è alleato con la regina d’argento, tu sei il nemico.»
«Tormund, ser Jaime non è nostro nemico» lo difese Brienne.
«Non mi fido di lui» rispose avvicinandosi al cavaliere arrivato da poco.
«E di me?»
«Si.»
«Do la mia parola per ser Jaime, non è venuto da nemico.»
«Brienne… non sappiamo come finirà, non esporti per me.»
«E’ anche merito tuo se Sansa Stark ora è in salvo, ho rispettato la promessa che feci a lady Catelyn e a te, re Jon ti ascolterà anche solo per questo, quanto è vero che sono Brienne di Tarth.»
Jaime sorrise di fronte a tanta cocciutaggine.
«Allora sarà meglio andare» disse Bronn aggiustandosi la sua veste.
Tormund fece strada verso la stanza del re del Nord, lui e Bronn seguivano mentre Brienne chiudeva quella bizzarra fila.
Ogni passo era una fitta di dolore, un ricordo del passato.
I giorni trascorsi come ospiti degli Stark, la torre dove Brandon Stark lo aveva visto con Cersei, la spinta che gli aveva dato affinché cadesse e morisse.
Ricordò Joffrey che si pavoneggiava con Sansa Stark sempre seguito dal Mastino, Myrcella che giocava con la sua bambola di porcellana come la principessa che era e Tommen che tentava di imitare i suoi fratelli, restando sempre un po’ nell’ombra.
Erano morti tutti e tre.
«Entrerò prima io» disse Brienne accostandosi a lui, lo sorpassò e bussò alla pesante porta chiusa dove lo attendeva la sua sentenza.
«Andrà bene» tentò di rassicurarlo Bronn.
«No, Bronn, non finirà bene.»
«Perdonatemi se vi ho disturbati questa mattina, ma ho urgente bisogno di parlare con voi» disse Brienne socchiudendo la porta.
«E’ così urgente?»
«Si mia regina, lo è. Ieri si sono introdotte a Grande Inverno delle persone, ma vi giuro sul mio onore che non sono venuti da nemici.»
«Di chi stai parlando?» chiese Jon Stark.
Sansa guardava Brienne preoccupata, vedeva la tensione aumentare in Jon e anche in Daenerys, Tyrion soppesava le parole della donna bionda in armatura traendo delle conclusioni.
«Maestà…»
«Lady Brienne, la mia famiglia ti deve molto e per questo crederò alla tua parola, non verrà fatto del male a questi “ospiti”. Falli entrare.»
Brienne tornò fuori e fece segno a Jaime e Bronn di entrare.
Jon rimase pietrificato alla loro vista, Tyrion sospirò felice nel rivedere il fratello che tanto amava, Daenerys dal canto suo guardò quello sconosciuto senza realmente capire chi fosse, nonostante avesse un aspetto conosciuto.
«Ser Jaime» disse Sansa Stark senza togliere la mano dalla spalla del marito.
«Mia regina, ne è passato di tempo. Tyrion.»
«Jaime, sapevo che ci saremmo rivisti prima o poi.»
«Tu sei Jaime Lannister?» domandò una donna dagli occhi viola, gli stessi occhi che aveva il principe Rhaegar, quel principe che tanto aveva stimato e che lo aveva reso ciò che era; assomigliava così tanto alla regina Rhaella, aveva il suo portamento e la sua fierezza e non poté evitare di chiedersi che cosa quella giovane donna avesse preso da suo padre, re Aerys.
«Si, sono io e tu devi essere Daenerys Targaryen. Mi sono chiesto spesso se un giorno ti avrei incontrata e ora eccoci qui, somigli così tanto alla regina Rhaella» disse Jaime avvicinandosi un po’ di più a lei, i suoi occhi erano catturati da quelli viola di lei e i ricordi affiorano come pugnalate.
Il giorno in cui era stato eletto guardia reale, la più giovane della storia.
«Che cosa fai a Grande Inverno?» chiese Jon Stark, il loro ultimo incontro non era stato dei migliori e Jaime aveva dato davvero il peggio di se.
Lo ricordava più piccolo, più insicuro e timido, facilmente provocabile; non c’era niente in lui del principe che aveva servito con affetto.
«L’ultima volta che ci siamo visti stavi per prendere il nero e ora sei il re del Nord. Sappiate che non vengo come nemico.»
«Ti manda Cersei?» chiese Sansa un po’ spaventata e la sua mano finì sulla sua pancia, un gesto istintivo e di protezione ma che Jaime notò.
«No, lei non sa che sono qui. Io e Bronn abbiamo viaggiato notte e giorno senza mai fermarci per raggiungervi.»
«Quando la guerra sarà finita, mi occuperò anche di te» disse Daenerys e i suoi occhi si riempirono un po’ di quella luce che illuminava quelli di Aerys.
«Tu mi credi un mostro, un assassino, uno sterminatore di re ma credimi non sai nulla. Non hai idea di chi fosse tuo padre e nemmeno di che cosa volesse fare.»
«So chi era mio padre.»
«No, non lo sai. Non c’eri, non sai come si divertisse a torturare chiunque gli facesse un torto, di come ridesse mentre l’altofuoco divorava le persone, non sai il male che ha fatto a tua madre, ai tuoi fratelli. Avrei voluto intervenire così tante volte, soprattutto quando la regina gridava, ma non mi era permesso» disse abbassando lo sguardo a terra, mentre Daenerys moriva un po’ a ogni sua parola. 
«Come posso crederti?»
«Jaime non mente» lo difese Tyrion, «almeno non su questo. Se non fosse stato per lui, Robert Baratheon avrebbe trovato solo cenere al suo arrivo ad Approdo del re e temo che questo sia anche il piano di Cersei, mi sbaglio?»
«No, temo di no» dovette ammettere lui «non sono qui solo per avvertirvi, tu e io abbiamo un conto in sospeso, fratellino.»
«So che sei arrabbiato, che mi odi, ma ho fatto ciò che andava fatto.»
«Hai ucciso nostro padre!»
«Si! E lui stava per uccidere me, o lo hai forse dimenticato?! Sai chi c’era nel suo letto, Jaime?»
«Shae.»
Sansa spalancò gli occhi a quel nome, come poteva essere stata tanto cieca?
«Shae. E sai come lo chiamava? Quando sono entrato non volevo ucciderlo, ma poi l’ho vista lì, non sapeva che fossi io, credeva che fosse il grande Tywin e così lo ha chiamato: mio leone. Lei. Shae. La donna per cui sarei morto, Jaime!»
«Era una puttana, dovevi aspettartelo. Ma Tywin Lannister era tuo padre.»
«Si e mi disprezzava, mi odiava e mi voleva morto tanto quanto Cersei, o non è per questo che mi hai fatto fuggire?»
L’impulso di prendere una spada e uccidere suo fratello era molto, faticava a trattenersi, lo odiava eppure lo amava ancora.
«Perché ci hai avvertiti?» chiese il re del Nord.
«Chiamala pure pazzia.»
«Cersei vuole la mia testa su una picca e non esiterebbe un istante se potesse uccidermi.»
«E’ vero, ti odia più di chiunque altro, Sansa, ma non sono qui per suo conto. Non sono il mostro che credi.»
«Non l’ho mai detto.»
«Ma lo hai pensato, come tutti del resto. Solo un codardo attaccherebbe una donna indifesa e incinta, e nonostante le mie azioni io non sono un codardo. Uccisi Aerys Targaryen per salvare gli abitanti di Approdo del re, venni meno alla promessa fatta al principe Rhaegar di proteggere sua moglie e i suoi figli perché stavo impedendo che l'altofuoco divorasse tutto, giurai a Catelyn Tully di riconsegnarle le sue figlie ma lei morì prima che io potessi farlo e così mandai Brienne a cercare te e a Arya Stark, affinché vi proteggesse.»
«E’ tutto vero» confermò Brienne di Tarth.
«Non sono un santo, ho commesso errori come tutti del resto, azioni di cui non vado fiero.»
«Come quella di spingere mio fratello giù da una torre?» chiese il lupo bianco con gli occhi fiammeggianti di rabbia.
«Si, anche quella di spingere Brandon Stark giù dalla torre.»
«Perché?» chiese Sansa.
«Perché mi aveva visto con Cersei e Robert ci avrebbe uccisi, avrebbe ucciso Joffrey, Tommen e Myrcella e io non potevo permetterlo.»
«Bran era solo un bambino e tu lo hai privato delle gambe.»
«Sai, la vita è ingiusta e tu dovresti saperlo meglio di chiunque altro.»
«Perché dovrei fidarmi di te? Tua sorella impalerebbe le nostre teste su una picca, se potesse.»
«Non posso costringerti a credermi, ma sono venuto qui con buone intenzioni.»
«A quale scopo?» chiese Daenerys.
«Ho dei conti in sospeso con il tuo Primo Cavaliere, ma anche per salvare nuovamente Approdo del re. Ho vissuto lì gran parte della mia vita da quando sono diventato una guardia reale e lo sono diventato grazie a tuo fratello. Si fidava di me e io gli avevo fatto una promessa, avevo supplicato re Aerys di non aprire le porte della città a mio padre, ma non mi diede ascolto. Avrei dovuto proteggere la principessa Elia e i principini ma ero troppo occupato a impedire a tuo padre di farci bruciare tutti vivi» ricordò tristemente Jaime.
Le urla del popolo, quelle del re folle, i corpi dei principini e quello di Elia Martell ai piedi del trono di spade, avvolti nei mantelli dei Lannister, «voglio fare ammenda, se dovrò morire non voglio essere ricordato come uno sterminatore di re.»
«Ser Jaime dice il vero.»
«Come puoi saperlo?»
«Regina Daenerys, mi fido di lui, gli affiderei la mia vita» rispose Brienne di Tarth guardando il leone negli occhi.
«E io mi fido di Brienne» rispose Sansa Stark, «ma ti avverto, ser Jaime, un passo falso e sarai morto.»
«Proverò la mia buona fede, maestà.»
«E non farai alcun male a lord Tyrion.»
«Questo non posso prometterlo.»
«Lui è il mio Primo Cavaliere, ser» ribatté Daenerys infuriata.
«Prima di essere il tuo consigliere, è mio fratello e risponderà di ciò che ha fatto» disse Jaime fissando Tyrion negli occhi.
«Hai fatto tanta strada solo per uccidermi, Jaime? Potevi risparmiartela, con un po’ di fortuna mi uccideranno gli Estranei.»
«Ti facevo più intelligente fratellino, gli Estranei sono solo storie per spaventare i bambini.»
«Lo credevo anch’io, finché non li ho combattuti. Stanno per arrivare e faremo meglio a essere pronti quando arriveranno.»
Jaime si sforzava di vedere in quel giovane uomo la somiglianza con Rhaegar Targaryen, ma non ne vedeva nessuna.
Jon Snow, o Stark, non era biondo e non aveva gli occhi viola, nessun tratto dei Targaryen.
Nemmeno la principessa Rhaenys e il principe Aegon avevano preso dai Targaryen; Jon è molto più lupo che drago.
«E i Sette Regni?» chiese.
«Dovranno aspettare, non possiamo combattere due guerre contemporaneamente. Tua sorella sarà la prossima, non temere. Le restituirò il favore moltiplicato.»
«Non c’è nulla che possa ferirla, non più ormai» ammise tristemente Jaime.
«Ho saputo di Tommen e Myrcella, mi è dispiaciuto molto Jaime.»
«Davvero? Ti è dispiaciuto davvero, Tyrion?»
«Certo che mi è dispiaciuto, gli volevo bene erano i miei nipoti. Jaime, so che ora mi odi ma lui mi voleva morto. Mio padre, mi voleva morto!»
«Perché diavolo credi che ti abbia aiutato a fuggire? Pensi che avrei voluto vedere la tua testa su una picca, forse? Ma perché?! Perché lo hai ucciso!»
Tyrion non rispose, sostenne lo sguardo furioso di Jaime.
«Farò preparare una stanza per voi» disse il re del Nord cercando l'approvazione della moglie e anche di Daenerys.
«Grazie infinite maestà» rispose Brienne chinando la testa.
«Brienne, se ser Jaime proverà a fare del male alla mia famiglia non lo risparmierò.»

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Capitolo 54
*** CINQUANTATRE ***


CINQUANTATRE

 

 

 

 

A Grande Inverno Jaime trovò vecchie conoscenze come Sandor Clegane, il temuto Mastino e lo sorprese trovarlo con Beric Dondarrion, quei due si erano sempre detestati.
Poi c’era Varys il sussurratore, il ragno, quell’uomo lo aveva sempre un po’ spaventato e ormai erano anni che lo conosceva, dai tempi di re Aerys.
E poi c’era lui, Petyr Baelish, quell’uomo non gli era mai piaciuto.
Si stava allenando con Brienne nel cortile d’armi, inutile dire che lei era più forte di lui, lo disarmò più e più volte.
«E’ inutile, questa stupida mano è inutile!» urlò furioso gettando la spada a terra.
«Raccogli la spada.»
«Lascia perdere, usa il tuo tempo in altro modo.»
Stava per andarsene quando sentì la lama fredda posarsi sul suo collo caldo.
«Raccogli la tua spada, ho detto.»
«Brienne.»
Quando si voltò si scontrò nuovamente con i suoi occhi azzurri, erano così belli, i più belli che lui avesse mai visto.
Si abbassò e prese nuovamente la spada.
«Sei decisa a perdere tempo?»
«Il tempo è mio e decido io cosa farne. Devi solo rendere la sinistra più forte, come lo era la destra.»
«Non ho fatto che allenarmi ed ecco il risultato, non sono più in grado di combattere come una volta. Avrei potuto ucciderne dieci di uomini come Tormund e ora…»
«E ora devi fare allenamento con la sinistra e forse un giorno riuscirai a battere Tormund» disse, il cuore aumentava i battiti ogni volta che lo fissava per più di dieci secondi.
Jon era nel ballatoio a osservarli, vedeva la complicità che c’era tra loro, era la stessa che lui aveva avuto con Ygritte.
Ygritte, chissà cosa sarebbe accaduto se non fosse morta quel giorno, alla Barriera.
Jaime si muoveva bene ma la mano sinistra non era forte, la spada continuava a cadergli a quasi ogni attacco mirato della giovane bionda in abiti maschili, la stessa donna che spesso gli ricordava Arya.
Si distrasse solo per qualche minuto e quando abbassò nuovamente gli occhi, lui non era più lì.
Sentì dei passi dietro di se, un’ombra che si allungava sul ballatoio.
«Hai deciso di spiarmi? Non sono in grado di uccidere nemmeno un coniglio con questa mano.»
«Ti stavo solo osservando. E’ un peccato, un buon guerriero come quello che eri un tempo avrebbe fatto comodo nella guerra che sta per arrivare.»
«Non credo agli Estranei.»
«Presto ci crederai» disse Jon, i suoi occhi erano così scuri mentre quelli del principe Rhaegar erano viola e un po’ screziati di indaco se li osservavi bene, uguali a quelli di sua sorella Daenerys.
Jaime si rese conto delle strane occhiate di Jon, lo aveva fissato troppo a lungo.
«Cercavo somiglianze» disse tranquillo.
«Somiglianze?»
«Si, fra te e il principe Targaryen.»
Jon si rabbuiò in po’, ed eccola lì, la somiglianza.
Lo sguardo, aveva lo stesso sguardo corrucciato e malinconico di suo padre, forse anche un po’ lo stesso spirito tormentato.
«Non sforzarti, non ho ereditato niente dai Targaryen.»
«Ti sbagli. Lo conoscevo, sai? Lui mi ha reso una guardia reale e io l’ho deluso. Non avrei potuto deluderlo di più.»
«Non gli somiglio, l’ho visto in una visione di Bran.»
«Si non hai gli occhi viola e nemmeno i capelli biondi platino ma hai il suo sguardo.»
«Quale sguardo?» chiese Jon curioso, abbassando un po’ le difese, non si fidava di Jaime Lannister ma era vero, lui aveva conosciuto il principe ereditario.
«Lo sguardo pensieroso e malinconico, è lo stesso. In questo siete identici. Quando seppi della sua morte piansi molto, per la prima volta dopo anni e poi non fui in grado di salvare la sua famiglia. Brienne mi ha detto che avevo ancora un’opportunità per fare ammenda, ora so che siete tu e Daenerys quell’opportunità» rispose.
Poi il suo sguardo si perse oltre le brughiere di Grande Inverno, oltre il Parco degli Dei con quel suo spaventoso albero diga, oltre leghe di terre innevate e ghiacciate, dove gli animali morivano di freddo e di fame, fino ad arrivare ad Approdo del re, a Cersei.
«Brienne di Tarth ci ha servito bene, ha protetto Sansa portandola da me alla Barriera e non se n’è andata nemmeno dopo, quando avrebbe potuto farlo.»
«Brienne è estremamente leale, è un bene che sia dalla vostra parte» disse con un mezzo sorriso.
«Non so cosa ci sia tra voi due e non voglio saperlo. Sansa tiene a lei, molto, non ferirla ser Jaime, non lo merita.»
«Lo so.»
Lei merita il meglio e un uomo molto migliore di quanto io potrò mai essere.
Jon fece per andarsene ma poi si fermò e si voltò nuovamente verso l’uomo con la mano d’oro.
«Grazie» gli disse a bassa voce, infondo dire quel “grazie” gli era costato molto.
Jaime Lannister restava comunque l’uomo che non si era fatto scrupoli a gettare un bambino da una torre; suo fratello, Bran.
Per tutto il giorno non Jon riuscì a smettere di pensare alle parole di Jaime Lannister, allo sguardo malinconico che sia lui che il suo vero padre condividevano.
Sorrise tristemente, allora aveva ereditato qualcosa anche da lui.
Aveva così tante domande da fargli ma non poteva, era morto, morto come Eddard Stark, come Lyanna e la sua morte ora lo tormentava e gli faceva temere per la vita di Sansa; il pensiero di perderla e di restare solo con un bambino lo terrorizzava, ma sarebbe anche potuto morire lui nella guerra che stava arrivando e a quel punto a restare sola sarebbe stata Sansa e Baelish ne avrebbe approfittato.
Farò radere al suolo la Valle, piuttosto che lasciarla a lui. Robb, quale sarà il tuo destino? - pensò Jon ricordando la sua infanzia a Grande Inverno con i suoi fratelli, con suo padre.
Non crescerai come uno Snow, non porterai anche tu questo peso.
Senza rendersene conto era arrivato alla sua stanza, aprì la porta semichiusa e trovò Sansa difronte al camino acceso intenta a ricamare, sorrise guardandola e pensando alla sua fortuna, a suo figlio, un figlio che presto sarebbe stato davvero reale e non più un’immagine della sua mente.
Lei sollevò la testa e sorrise a suo marito, ancora incredula che davvero lo fosse e felice come non lo era da anni, da prima di lasciare il Nord.
Ma ora la Sansa che aveva difronte non era più una bambina ma una donna, la sua donna, sua moglie, la madre di suo figlio.
Jon si avvicinò e la baciò dolcemente, si inginocchiò e posò la testa sul suo grembo rotondo e sospirò chiudendo gli occhi scuri.
Sansa gli accarezzò i capelli e giocò con i suoi ricci come faceva sempre; la pelle di suo marito risplendeva vicino alle fiamme del fuoco.
Si tirò su e si scontrò con i suoi occhi blu.
«Guarda» disse lei mostrandogli il ricamo.
Era una copertina bianca come la neve che cadeva incessante, la stava facendo per Robb.
«E’ bellissima.»
«Qui ci sarà un lupo e qui un drago a tre teste» disse indicandogli i punti con le dita, raggiante come non la vedeva da tempo.
Aveva già iniziato a ricamare il nome scelto per il figlio con il colore blu.
«E’ bello vederti ricamare, ti piaceva molto una volta.»
«Mi piace ancora, anche se mi fa pensare alla mia Septa e poi non posso allenarmi ora, avrei voluto ma non mi sentivo abbastanza in forze e così ho pensato di fare questo per nostro figlio.»
«Un giorno la apprezzerà molto.»
«Non solo Robb.»
«Direi di concentrarci su di lui, ora» rispose Jon sorridendogli.
«E’ sempre nei miei pensieri, come te. Ma sai ciò che voglio.»
«Lo so, Sansa e accadrà» disse suo marito accarezzandole una guancia.
«Accadrà, Grande Inverno tornerà come era un tempo, Robb avrà dei fratelli con cui giocare. Questo è solo l’inizio della nostra vita insieme, Jon» rispose a suo marito posando una mano sulla pancia che ogni giorno era un po’ più grande.




«So che probabilmente vorresti farmi uccidere dai tuoi draghi, non credevo che ne avrei mai visto uno a parte gli scheletri che un tempo erano ai lati della sala del trono» disse Jaime guardando quegli enormi draghi volare sopra le loro teste.
Daenerys era nel Parco degli Dei, capiva perché Sansa ci andasse così spesso, c’era una pace lì che la faceva stare meglio, che le permetteva di pensare.
Alzò lo sguardo viola sul cavaliere difronte a lei, Jaime Lannister, si probabilmente avrebbe dovuto ucciderlo.
«Ti consiglio di non sfidare la sorte, ser.»
«Ormai ci sono abituato» rispose Jaime mostrandogli la mano d’oro, fece un passo e poi un altro finché non si sedette di fianco a lei.
«Lo sapevo» disse lei.
«Sapevi cosa?»
«Di mio padre, del re folle, sapevo già tutto.»
«Tyrion.»
«Si» rispose anche se non era una domanda.
Il suo volto sembrava quello di un qualche dio, un po’ come tutti i volti dei Targaryen, ma in lei c'era così tanto della regina Rhaella e anche del principe Rhaegar.
«Ammiravo tuo fratello, lo rispettavo e se oggi sono chi sono è solo grazie a lui. Allo stesso modo rispettavo tua madre, la regina Rhaella, era una grande donna e ha sempre vissuto la sua vita con molta dignità.»
Sentiva di doverglielo dire, di dover raccontare ciò che lui aveva visto, vissuto.
«Avrei tanto voluto conoscerla e anche Rhaegar, invece ho conosciuto solo Viserys e la sua follia.»
«Il ricordo che ho del principe Viserys è quello di un bambino curioso e dolce, un bambino che adorava il padre con grande terrore della regina.»
«Perché sei qui?» domandò lei con gli occhi lucidi.
«Te lo dovevo. Lo dovevo a tuo fratello e a tua madre. Io voglio fare ammenda. La morte della tua famiglia mi ha tormentato per anni, lo spirito di tuo fratello non se n’è mai andato perché io sono venuto meno alla promessa di proteggere sua moglie e i suoi figli. Amava quei bambini più della sua vita e mio padre diede l’ordine di ucciderli» ammise tristemente.
«Hai salvato migliaia di vite quel giorno.»
«Ma non le vite di chi avevo giurato di proteggere e quando Eddard Stark mi trovò seduto sul Trono di Spade mi giudicò senza sapere i fatti, senza sapere che re Aerys voleva farci bruciare tutti per poter risorgere sotto forma di drago e uccidere così i suoi nemici; per questo gli tagliai la gola dopo averlo pugnalato.»
«Mio padre meritava quel nome, ma io non sono come lui. Intendo portare giustizia nei Sette Regni e la mia giustizia non sarà mai quella di un folle. So che il popolo amava Rhaeagr e che lo volevano come loro re e se fosse vissuto so che sarebbe stato un grande re, io proverò a essere alla sua altezza. Jon ha rifiutato il trono e i Sette Regni, ha scelto il Nord e Sansa Stark e non posso fargliene una colpa. E’ cresciuto qui con una famiglia che non sarebbe dovuta essere la sua, con un padre che non avrebbe dovuto avere ma che gli ha salvato la vita. Ha scelto di essere uno Stark invece che un Targaryen. Si è fidato di me. Ho lottato tanto per tornare e ora che sono qui…»
«Mio fratello non è uno sciocco, non riporrebbe mai la sua fiducia e la sua vita nelle mani di un folle. Tyrion crede in te perché evidentemente ha visto qualcosa, un barlume di speranza per questo mondo ormai allo sbando. Ovunque ti giri trovi un re.»
«E tua sorella è una di questi falsi re, non resterà impunita per ciò che ha fatto.»
«Lo so» rispose con voce stanca e colma di tristezza.
Cersei.





Nella grande sala dove si erano tenuti i festeggiamenti un mercenario stava mangiando e bevendo da solo, fuori si gelava e Bronn non aveva alcuna intenzione di mettere piede fuori da quel castello.
Un uomo di statura molto più bassa si avvicinò a lui e gli si sedette difronte, quel momento gli ricordò le colazioni di quando era ospite lì, quando arrivò con la sua famiglia e con re Robert, gli ricordò il sorriso di Myrcella e quello di Tommen.
«Felice di vederti vivo, vecchio mio.»
«Anche io, Bronn. Anche io.»
Tyrion gli riempì il bicchiere con del vino e poi ne prese un po’ anche lui.
«Ai vecchi tempi» disse alzando la coppa verso quella di Bronn.
«Spera che la tua testa rimanga ancora attaccata al tuo collo. Tuo fratello è molto infuriato con te.»
«Jaime non mi farà mai del male, per quanto possa essere infuriato. E’ mio fratello, non mi ucciderà.»
«Ne sembri convinto.»
«Perché lo sono. Conosco Jaime da molto tempo ormai, non farebbe mai del male a un membro della sua famiglia.»
«Lo spero» rispose Bronn osservando Tyrion Lannister un’ultima volta prima di scolarsi un'altra coppa di vino.







 

Cosa ne pensate di questo Jaime che tenta di ritrovare un po' di pace? Di cancellare il passato e di essere ricordato come eroe e non come sterminatore di re? 

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Capitolo 55
*** CINQUANTAQUATTRO ***


CINQUANTAQUATTRO

 

 

 

 

Sansa teneva ancora per mano Jon, mentre Bran era in piedi accanto a loro, le vennero le lacrime agli occhi nel vedere suo fratello camminare come un tempo, come quando era bambino e correva ovunque, come quando scalava le mura della loro fortezza dalle mura calde.
Erano nel Parco degli Dei, non era poi così diverso, solo era più caldo ed era notte.
Niente neve, ormai nel loro tempo la neve copriva ogni cosa, ma lì, lì era estate, e lei era una figlia dell’estate come i suoi fratelli, come suo marito, suo figlio, il suo piccolo Robb invece sarebbe stato un figlio dell’inverno.
Non c’erano luci a segnare il cammino, a parte quelle delle stelle e della luna, una luna piena che illuminava una donna vestita di azzurro con i capelli intrecciati e un uomo dal mantello rosso che svolazzava scosso dalla brezza estiva del Nord, i capelli più chiari della luna.
Sansa si voltò verso Jon, gli strinse la mano ancora più forte, sapeva quanto quei ricordi fossero importanti e strazianti al tempo stesso, era l’unico modo per vedere e conoscere i suoi genitori, e ora la stava rendendo partecipe.
«Grazie» disse a suo marito dandogli un bacio sulla guancia.
«No, grazie a te Sansa. Non so cosa farei senza di te» rispose senza smettere di osservare Lyanna Stark e Rhaegar Targaryen mentre sigillavano il loro amore al cospetto degli antichi dei del Nord, difronte all’albero diga, lo stesso albero a cui lei e Jon rivolgevano le preghiere fin da bambini, come Eddard Stark.
«Era bellissima e il principe Rhaegar è… è identico a Daenerys.»
«Si, sono identici» ammise tristemente.
«Jon, sono certa che siate simili in altro modo» tentò di consolarlo lei.
«Lo sguardo.»
«Cosa?»
«Jaime Lannister… mi ha parlato di lui, mi ha detto che abbiamo lo stesso sguardo.»
«Credevo che lo avresti ucciso.»
«Volevo farlo ma tu non saresti stata d’accordo e non potevo decidere da solo, sei mia moglie e la regina del Nord e poi… tieni a Brienne e Brienne tiene a Jaime Lannister» disse guardandola in quei bellissimi occhi blu.
«Si, credo che ne sia innamorata.»
«Per il suo bene, mi auguro che non commetta errori o non avrò pietà.»
«Brienne lo sa e lo sa anche ser Jaime.»
In quel momento Lyanna Stark si gettò tra le braccia del suo principe e lo baciò con trasporto, con amore, i suoi occhi si riempirono di lacrime.
«Vorrei che potessero vedermi almeno una volta» disse Jon con la voce colma di dolore.
«Non possono vedere nessuno di noi, mostrarti questi ricordi è tutto ciò che posso fare, mi dispiace Jon.»
«No Bran, non è colpa tua.»
«Non è colpa di nessuno» disse Sansa guardando entrambi, «ora sai che si amavano, che lei scelse di sua volontà di seguirlo fino a Dorne e che entrambi hanno lottato per te.»
«Per tutta la vita mi sono chiesto chi fosse mia madre, perché mi aveva abbandonato? Era viva? Era una nobile o una contadina? E ora che so la verità… sono qui a pochi passi da me ma non lo sanno.»
«Vorrei poter cambiare il passato, ma se lo facessi cambierei il nostro presente. Vorresti davvero perdere ciò che abbiamo ora dopo aver lottato tanto?»
«Non voglio perdere ciò che ho ora» rispose Jon guardando la pancia di Sansa, stringendo la sua mano calda.
Rhaegar e Lyanna passarono loro accanto e i due si fermarono anche se per pochi istanti, il volto di Jon e quello del principe Targaryen furono uno difronte all’altro.
«Jaime Lannister ha ragione» sussurrò Sansa a suo marito, osservò la zia e in lei rivide sua sorella Arya, poi i due sposini scomparvero e insieme a loro il parco degli dei senza la neve e la brezza estiva, si risvegliarono nel loro tempo, circondati dal bianco, sopra a una coperta stesa a terra per ripararli dal freddo e dal bagnato della neve.
Jon aveva gli occhi lucidi.
Vorrei che tu non provassi tutto questo dolore, vorrei aiutarti a sostenere questo peso Jon.
Jon aiutò Sansa ad alzarsi e poi mise Bran sulla sua sedia con le ruote, un’invenzione di Tyrion Lannister, come la sella per cavalcare.
Bran chiuse gli occhi, portare altri nelle sue visioni richiedeva molta forza, e lui era stanco, sapeva che mancava poco alla partenza e sapeva che non avrebbe mai più fatto ritorno a Grande Inverno e per questo evitava Meera ed era scostante con i suoi fratelli.
Sansa lo guardava sempre con occhi tristi, Arya tentava di leggergli il pensiero senza riuscita, Jon faceva domande silenziose alle quali Bran non poteva rispondere.
«Vorrei restare un po’ da solo» disse ai suoi fratelli, lo sguardo perso nelle sue visioni, quella della Barriera che crollava, gli Estranei, i draghi.
«Sei sicuro Bran?» chiese Jon posandogli una mano sulla spalla.
«Si, andate pure.»
Suo fratello si avviò ma Sansa rimase lì, dietro a lui, gli posò la mano sulla spalla.
«Non so cosa tu abbia visto, ma se vorrai parlarne sono qui e non solo io. Anche Meera vorrebbe aiutarti.»
«Nessuno può aiutarmi Sansa, è meglio per lei se inizia ad allontani da me. Non potrò mai offrirle nulla.»
«Questo non è vero» ribatté lei.
Bran scosse le spalle e Sansa lasciò cadere la sua mano, osservò il suo fratellino seduto su quella sedia, lo stesso Bran che andava in giro correndo e scalando le mura più alte del loro castello.
Bran, cosa hai visto di tanto terribile?
Guardò le sue spalle piccole cariche di tutto quel potere che ancora non era pronto a gestire, di visioni di un futuro che forse non si sarebbe mai avverato, o così sperava in cuor suo.
L’inverno è arrivato - pensò tristemente, ricordando le parole del padre - so che ce lo avevi promesso, ma avrei preferito che non arrivasse mai.
Poi raggiunse Jon che era rimasto ad aspettarla, gli tese la mano e lei la afferrò e insieme rientrarono dentro il loro castello.




«Nemici ovunque» disse Cersei al suo maestro, Qyburn, «anche Jaime ora è mio nemico. Come ha potuto tradirmi così?!» urlò gettando la coppa dove poco prima si trovava il vino.
«Maestà…»
«Lui doveva restare al mio fianco, è il sangue del mio sangue e dovrebbe aiutarmi a uccidere chi ha ucciso i nostri figli!»
Faceva avanti e indietro nel suo lungo vestito nero, non avrebbe mai indossato un abito colorato dopo la perdita di Tommen.
«Credo che ser Jaime…»
«Non difenderlo Qyburn! Jaime è un traditore, si è unito a quella puttana di Sansa Stark! Lei, lei e Tyrion hanno ucciso Joffrey e lui cosa fa? Va a Nord, da lei. E quella bastarda dorniana con le sue figlie, giuro che la Montagna le ucciderà come ha ucciso Oberyn Martell! Pagheranno per ciò che hanno fatto alla mia bambina. Myrcella era buona, dolce e gentile. Una vera principessa Qyburn, era pura e perfetta.»
«Non ho dubbi altezza.»
Euron Greyjoy entrò nella stanza spalancando la porta senza nemmeno bussare o chiedere il permesso.
Cersei lo fulminò con lo sguardo ma lo lasciò passare, infondo ora lui era il suo unico alleato in quella guerra.
«Lasciaci» ordino al maestro che si ritirò immediatamente.
«Maestà.»
«Cosa vuole da me, il re delle Isole di Ferro?» chiese Cersei sedendosi sul letto.
Euron le si avvicinò sorridendole, un sorriso spietato e freddo che lei conosceva bene, era uguale al suo.
«Il re delle Isole di Ferro vuole esattamente ciò che desidera la regina dei Sette Regni» rispose osservando quella donna minuta che era riuscita a far tremare quasi tutti i regni di Westeros.
«Ne dubito.»
«I tuoi nemici sono i miei nemici.»
«Si e tra loro ci sono i tuoi nipoti, o sbaglio?»
«No, non sbagli. Voglio dimostrarti la mia buona fede.»
Cersei rise, non si fidava di Euron ma che scelta aveva? Erano pochi i lord suoi alleati mentre i lord nemici erano a Est, a Ovest e soprattutto a Nord.
«Cosa vuoi in cambio? Conosco gli uomini come te, Euron Greyjoy.»
«Ora sono io a dubitarne.»
«Te lo sconsiglio. Cosa vuoi da me?»
«Semplice. Desidero sposarti, Cersei Lannister. Ucciderò ogni tuo nemico, o familiare che vorrai. Per esempio il tuo piccolo fratellino, Tyrion oppure l’altro, ser Jaime…»
«Prova a fare del male a Jaime e giuro…»
«Farò solo ciò che la regina comanderà.»
«Voglio che Sansa Stark, Ellaria Sand e le sue figlie bastarde e quel piccolo essere deforme di mio fratello muoiano. Puoi fare in modo che accada?» disse fissando il vuoto, oltre la terrazza, oltre la strada dove un tempo sorgeva il tempio di Baelor.
Euron prese la mano di quella donna che tanto terrorizzava il popolo e la baciò, dolcemente.
«E sia, ti porterò le loro teste come dono di nozze.»
il re delle Isole di Ferro uscì dalla stanza della regina Lannister, chiuse la porta e poi sorrise tra se e se consapevole che presto i Sette Regni sarebbero stati suoi e con essi tutta Westeros.
Se c’era qualcuno che lei temeva quello era il Valonqar, il suo fratello minore, Tyrion,
Le parole della profezia di Maggy la rana risuonarono nella sua mente, i figli che lei aveva predetto che avrebbe avuto erano morti, e d’oro erano stati i loro sudari.
E quando sarai annegata nelle tue stesse lacrime, il valonqar chiuderà le mani attorno alla tua gola bianca e stringerà finché non sopraggiungerà la morte.”
«Ti sei preso la vita di nostra madre, di nostro padre e quella di Joffrey insieme a quella sgualdrina del Nord, non ti permetterò di prendere anche la mia vita!»

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Capitolo 56
*** CINQUANTACINQUE ***


CINQUANTACINQUE

 

 

 

Il silenzio era calato nella sala grande, i lord tacevano, i nuovi arrivati anche e Sansa guardava disperata suo marito e suo fratello Brandon.
«Sono già in marcia, verso la Barriera» aveva detto Bran, e in un solo istante l’inverno sembrava ancora più reale di quanto già non fosse.
A Sansa venne in mente ciò che suo padre a volte le aveva detto.
«Quando l'Inverno arriverà non sentirai alcun leone ruggire; nessun cervo pascolerà i campi, e nemmeno una rosa crescerà nei prati; non ci saranno serpenti nascosti nella sabbia. I calamari congeleranno ovunque proveranno a nuotare, e i cadaveri essiccheranno sotto la neve; non ci saranno trote nei fiumi, né falchi in cielo. Nemmeno il fuoco di drago ti riscalderà nei tuoi saloni: ci saranno solo i lupi, che ululeranno nella notte. L'Inverno Sta Arrivando.»
«L’inverno è arrivato davvero, come diceva sempre nostro padre» rispose tristemente guardando suo marito, i suoi due fratelli.
«Dobbiamo partire.»
«No, non ti porterò in questa missione Bran.»
«Io sono il Corvo con tre occhi, solo io posso aiutarti a sconfiggerlo, non puoi lasciarmi indietro. Avrai bisogno di me, Jon.»
«Perdonami lord Brandon, ma abbiamo già i draghi e l’ossidiana…» intervenne Daenerys.
«Non sarà sufficiente a fermarli, tu non li hai visti, non sai contro cosa stai per combattere» ribatté Bran.
«Tu sei il futuro di Casa Stark!» disse Sansa alzandosi in piedi.
«No, non lo sono. Lui lo sarà e non solo per Casa Stark» rispose indicando la sua pancia, indicando Robb.
«Bran ti prego…»
«Meera, io devo andare, è il mio destino. Lo è sempre stato. Vattene da Grande Inverno, torna a casa.»
Meera aveva le lacrime agli occhi, Bran la stava cacciando via.
Dopo tutto quello avevano passato, dopo la morte di Jojen, di Hodor e di Estate e quasi dopo la sua morte, Bran la stava cacciando via.
«Non stai dicendo sul serio.»
«Meera, il Brandon Stark che conoscevi non esiste più, non può esistere. Io sono il Corvo con tre occhi ora, non Brandon Stark.»
Bran fece un segno ad Arya con la testa, lei si alzò guardando Meera Reed dispiaciuta e portò via Bran dalla sala del grande.
Sansa si avvicinò alla ragazza che ora tutti i lord guardavano e la portò via da lì, lei sapeva bene cosa significasse stare al centro di pettegolezzi.
«Parlerò con lui, lo dissuaderò dall’andare oltre la Barriera.»
«E’ inutile, non ci riuscirai» rispose lei guardando Sansa negli occhi.
«Lasciami provare.»
«Ho imparato a conoscere tuo fratello, ormai ha preso la sua decisione e non tornerà indietro.»
Meera tolse la sua mano da quella di Sansa e se ne andò, era stata appena scaricata difronte a tutti i lord del Nord e non solo, ora voleva stare sola.
Sansa rimase a guardarla mentre se ne andava, affranta.
Jon la raggiunse poco dopo e le posò una mano sulla spalla, riconobbe subito il suo tocco delicato nonostante fosse un abile guerriero, un forte guerriero.
Un guerriero che potrebbe morire, pensò tristemente.
Avrebbe voluto urlargli di non andare, di non fare l’eroe come sempre ma Jon non l’avrebbe ascoltata, Jon era sempre stato così, pronto a sacrificarsi per il bene degli altri, per un bene maggiore, non sarebbe mai rimasto al sicuro dentro le mura Grande Inverno mentre il nemico avanzava, con esso il buio e l’inverno.
La lunga notte.
«Bran non deve andare, nemmeno tu dovresti» disse, anche se sapeva benissimo che era tutto inutile.
«Dubito che cambierà idea e in quanto a me… Sansa non posso non fare nulla, io li ho visti e so di cosa sono capaci, che razza di re sarei se restassi barricato qui senza fare niente per fermarli?»
«Ma non sei più un Guardiano della Notte, sei un re ora.»
«Anche i re hanno responsabilità, la gente del Nord è una mia responsabilità, nostra responsabilità. Si fidano di noi.»
«Sapevo che non avresti cambiato idea, ma dovevo tentare, non potevo lasciarti partire senza avere tentato di dissuaderti.»
«Lo so» rispose Jon accarezzandole il viso, Sansa prese la sua mano e la portò alla bocca, dolcemente e gli baciò le dita, le stesse dita che tante volte nelle lunghe notti la accarezzavano e la confortavano.
«Quando?» chiese senza guardare suo marito.
«Due giorni, i fabbri hanno già iniziato a costruire le armi con l’ossidiana da tempo. Abbiamo i draghi, abbiamo degli alleati, è giunto il momento, alla fine.»
Sua moglie non disse altro, si limitò a osservarlo racchiusa nel suo silenzio, nelle sue paure più oscure, trattenne il suo dolore, la rabbia che cresceva perché gli Dei le stavano togliendo ancora una volta le persone che amava, annuì al suo re e poi lo prese per mano, non avrebbe sprecato quei pochi giorni rinchiusa nelle sue stanze a ricamare davanti al fuoco che scoppiettava nel camino della stanza padronale, o a piangere per ciò che sarebbe accaduto.
«Devo andare a parlare con Bran» disse.
«Non ti ascolterà lo sai.»
«Jon, tu sei un uomo d’armi, ma Bran non sa combattere non ha mai imparato davvero, la caduta lo ha distrutto. Non posso impedirti di partire ma forse posso impedirlo a Bran» rispose, ma nemmeno lei credeva in ciò che stava dicendo, certo era che suo fratello non sarebbe mai rimasto a Grande Inverno, si sarebbe fatto ammazzare come suo marito, ma se ne sarebbe andato a combattere quegli esseri che non si vedevano da oltre mille anni, e amaramente Sansa Stark pensò che avrebbero potuto aspettarne altri mille di anni, per tornare.
Diede un bacio al suo re e si recò nelle stanze di Bran, lo trovò rivolto verso la finestra, lo sguardo perso nel nulla, orbite bianche e vuote, non ci si era ancora abituata, al posto del fratello non sarebbe mai tornata alla realtà, il passato era caldo, la sua famiglia, tutta la sua famiglia era viva e l’inverno era lontano.
Suo padre, sua madre, Robb, Rickon, le mancavano ogni giorno di più e ogni giorno si sentiva colpevole dei respiri che faceva, del suo cuore che batteva mentre il loro si era fermato per sempre.
«Andrò» disse la voce di Bran, ancora girato di spalle, ciò riportò Sansa alla realtà.
«Non farlo, ti supplico» disse gettandosi in ginocchio ai suoi piedi, gli prese le mani nelle sue e lo fissò con i suoi penetranti occhi blu.
«Sansa… devo andare.»
«Questo non è vero, Bran tu non puoi…»
«Non posso camminare lo so, sono uno storpio, ma posso volare sorella e volerò» rispose guardandola, ma non era più il Brandon Stark che lei ricordava, non era più il bambino che desiderava diventare una Guardia Reale e che amava scalare le mura di Grande Inverno.
«Volare?» ripeté lei.
«E’ ciò che mi disse il vecchio Corvo con tre occhi, allora non capii, gli risposi che era impossibile che non potevo volare, ma ora ho capito.»
«Bran…»
«Non farò ritorno, questi sono i miei ultimi giorni a Grande Inverno.»
«Ti prego.»
«E’ il mio destino, è il destino di Jon e anche quello di Daenerys. Noi voleremo.»
Allora a che Sansa capì.
I draghi, è così che volerai Bran? - Pensò dentro di se mentre le lacrime le pungevano gli occhi.
«Siamo noi a scegliere il nostro destino, fratello.»
«Non questa volta, la guerra contro i non-morti finirà come ho visto, non c’è una via di fuga a questo» rispose lui, per la prima volta fissò Sansa con gli occhi del vecchio Brandon Stark e non con quelli del Corvo con tre occhi.
«Sei mio fratello, non intendo perdere anche te.»
Si tirò più su e lo abbracciò, Bran non reagì, non subito.
Sono il Corvo con tre occhi, non Brandon Stark.
Ma il calore di Sansa e il suo amore, il suo profumo gli ricordarono quella della lady loro madre, di Catelyn Tully, Sansa profumava come lei, Bran si lasciò andare solo per qualche istante, tornò il bambino che scalava le mura della fortezza, quello che si guardava le punte dei piedi quando mentiva e una sola lacrima solcò il suo volto, ma sua sorella la sentì e pianse con lui, quello fu il loro vero addio.
Il sonno di suo marito era agitato, si muoveva senza trovare pace, il suo volto si contraeva nel sonno inquieto, gli incubi lo tormentavano.
Era finita, i non-morti avevano vinto e avevano raggiunto Grande Inverno, avevano raggiunto la sua famiglia, la sua sorellina dai capelli arruffati, sua moglie dai capelli ramati come il fuoco, le vedeva terrorizzate, urlare, correre, Sansa che arrancava per via della gravidanza, Arya con Ago in mano pronta a battersi fino alla morte, Davos e Brienne di Tarth al loro fianco.
Ma era tutto inutile, voleva uccidere quei mostri, rispedirli dall’inferno dal quale erano venuti, voleva tenerli lontani da Arya, da Sansa e da suo figlio.
Robb, anche lui era destino a non conoscere suo padre.
Continuò ad agitarsi.
Vide l’estraneo grattarsi su Sansa, inconsapevolmente la strinse più forte, sempre più forte finché non la sentì, il suo corpo, il suo calore e si svegliò, tremante e sudato.
«Jon?» lo chiamò lei accarezzandogli i ricci scuri con le sue mani delicate fini, ma Jon tremava ancora, impaurito da ciò che aveva visto, perché sapeva bene che se avesse fallito quella sarebbe stata la sorte non solo della sua famiglia, ma di tutti gli abitanti di Westeros.
«Mi dispiace» disse guardandola, i capelli scompigliati le ricadevano sulle spalle come una cascata di fuoco.
«Era solo un incubo» disse lei baciandogli la fronte, ora era compito suo consolarlo, per tutte le notti che lui aveva consolato lei, per tutte le notti in cui Jon aveva vegliato sul suo sonno e fatto fuggire i suoi incubi, finalmente poteva ricambiare il favore con tutto l’amore che aveva, con tutta se stessa.
Jon si abbandonò contro il suo petto caldo, poggiò la testa sulla sua pancia e in quel momento sentì Robb scalciare, chiuse gli occhi per non piangere, se avesse guardato indietro sarebbe stato perduto, poteva guardare solo avanti non c’erano altre strade.
Farò di tutto per tornare da te, da tua madre - pensò restando ancora così, mentre la mano di Sansa lo accarezzava come se fosse stato lui il bambino.
Non gli avrebbe chiesto nulla, conosceva gli incubi di suo marito perché erano anche i suoi, le stesse paure a tormentarla, gli stessi atroci dubbi sul destino che avrebbe avuto Robb.
Pensò a sua madre, si chiese se anche lei avesse avuto paura il giorno in cui lei, Arya e il loro padre se ne erano andati ad Approdo del re, ma infondo la risposta la conosceva.
Jon tornò a sdraiarsi accanto a lei, le ripassò il volto con le dita cercando di imprimerlo nella sua mente, come un fuoco che sarebbe dovuto bruciare per l’eternità.
Non si dissero nulla, semplicemente annegarono l’uno nello sguardo tormentato dell’altra, rimanendo abbracciati fino all’alba nel loro letto colmo di amore, dove l’invero e i mostri erano lontani, in quel momento esistevano solo loro e Robb.
Nient’altro.

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Capitolo 57
*** CINQUANTASEI ***


CINQUANTASEI

 

 

Non si era più concesso di amare una donna, non dopo Ygritte, ma questo… questo era prima che Sansa Stark tornasse a far parte della sua vita, prima che varcasse il grande cancello della Barriera sul suo cavallo, affiancata dall’inarrestabile Brienne di Tarth e da Podrick Payne.
Ricordò quanto fosse bella e spaesata, con la neve che cadeva, i fiocchi impigliati nei suoi capelli rossi come il fuoco, rossi come li aveva avuti Ygritte.
Ora doverla lasciare era impensabile, doloroso tanto quanto morire ancora, proprio perché forse sarebbe morto e allora lei sarebbe stata la regina vedova del Nord, la madre del suo unico figlio.
Erano svegli, il mattino seguente avrebbe lasciato Grande Inverno per dirigersi al Forte Orientale, sarebbe salpato con la nave da Porto Bianco e poi dopo il Forte Orientale sarebbe tornato nuovamente alla Barriera, ancora una volta.
«Tornerai, io lo so» disse Sansa accarezzandogli la barba scura.
«Sansa… non potrò mai ringraziarti abbastanza.»
«Non ho fatto nulla» disse guardandolo negli occhi scuri ma che con il fuoco sembravano brillare come le stelle nelle notti più tetre.
Una luce pura e immensa come quella che emana un drago, il mio drago.
«Ti sbagli, tu hai fatto molto.»
«No, Jon, sei stato tu a fare la differenza per me.»
«Dopo la morte di Ygritte ho giurato a me stesso che non avrei mai più amato una donna, che era finito il tempo dell’amore e delle ballate» disse guardando sua moglie, non le aveva mai parlato così apertamente della ragazza bruta che aveva rubato il suo cuore e stregato il suo spirito, «avevo giurato che sarei stato leale solo al mio dovere.»
«So che la amavi molto e mi dispiace per la sua morte, Jon, davvero, ma al tempo stesso sono felice di ciò che abbiamo ora. Come vedi il tempo dell’amore e delle ballate non è finito del tutto e un giorno tu sarai un eroe di quelle ballate. Un giorno tra qualche anno sederemo accanto al fuoco circondati dai nostri figli e tu racconterai loro di come sei riuscito a salvare il mondo e loro ti chiederanno altre storie finché non crolleranno vinti dal sonno, come facevamo noi con nostro padre» disse la sua regina guardandolo con quei suoi occhi azzurri e tutto gli sembrò possibile, quel sogno meraviglioso che stava tessendo Sansa per loro due, colmo di amore e dei ricordi del loro passato.
Il fuoco acceso nel camino.
Loro due seduti accanto.
Bambini seduti ai loro piedi o in collo a loro.
Jon chiuse gli occhi e riuscì a immaginare quel sogno, era così bello e così reale da spezzargli il cuore.
Oh Sansa, se solo fosse vero, questo sogno meraviglioso.
Ma era appunto solo un sogno, un ipotetico futuro che entrambi desideravano ardentemente.
Risate, corse nei corridoi, pianti.
I loro figli felici e al sicuro.
«Domani è così vicino.»
«Abbiamo ancora tutto oggi e la notte che verrà da passare insieme, solo noi due Jon.»
Sansa che era sempre stata debole ora era la più forte, proprio perché lui non riusciva ad esserlo, almeno non in quel momento.
Jon prese le sue mani e le baciò.
Quando fu giorno del tutto il re e la regina si alzarono dal letto, si lavarono e si vestirono, quel giorno era il loro ultimo giorno e ormai i preparativi erano stati fatti, Jon desiderava solo trascorrerlo con Sansa e infine con i suoi fratelli, con la sua famiglia, voleva accomiatarsi da loro come si doveva, voleva lasciare a se stesso e a Sansa ricordi felici a cui pensare quando sarebbero stati divisi.
Se avesse vinto contro gli Estranei sarebbe rimasta poi Cersei Lannister con cui fare i conti, e presto anche i Lannister avrebbero pagato i propri debiti, si chiese solo cosa avrebbero fatto Tyrion e Jaime.
Tyrion Lannister era il Primo Cavaliere di Daenerys Targaryen ma restava sempre un leone di Castel Granito, il legittimo erede e ser Jaime aveva già violato un giuramento uccidendo il suo re, nonostante lo avesse fatto per salvare la vita delle persone che allora vivevano ad Approdo del re.
Lui e Sansa fecero colazione assieme ad Arya e Gendry, Bran non aveva voluto unirsi a loro e non era andato nemmeno a dire addio a Meera Reed, nonostante tutti si fossero resi conto dei sentimenti che univano i due giovani ragazzi.
Arya osservava Jon e Gendry con apprensione e tristezza ma mai sua sorella avrebbe pianto in presenza loro, ma il suo sguardo era di pura angoscia e disperazione, come quello che a volte aveva Sansa per quanto tentasse di controllarsi.
Jon allungò una mano verso Arya che lo fissò con i suoi occhi grigi, gli occhi degli Stark, lei allungò la sua e la prese, la strinse forte, non voleva lasciarla andare mai più.
Aveva già dovuto dire addio a Jon anni fa e ora dopo tante difficoltà e dopo tanto dolore doveva dirgli addio ancora una volta, con l’altra mano toccò Ago ben ancorato alla sua cintura, Ago era ancora il sorriso di Jon Snow.
Non si dissero nulla, tra loro non servivano parole, erano sempre state superflue.
Dopo la colazione Jon e Sansa andarono nel Parco degli Dei, era molto che Sansa non rivolgeva una preghiera gli Antichi dei del Nord, infondo tutte le volte che lo aveva fatto loro l’avevano ignorata ed era sempre accaduto l’opposto di ciò che lei desiderava.
Ad Approdo del re aveva smesso di pregare, andava nel parco solo perché lì nessuno le avrebbe fatto domande, lì il silenzio regnava sovrano e così la pace, una pace che però sembrava non esistere più né nei Sette Regni né tanto meno nel suo spirito tormentato e lacerato.
Pregò gli dei di avere cura di suo marito, supplicò suo padre di vegliare su Jon così come aveva fatto in vita, Sansa spesso aveva odiato Eddard Stark per il tradimento che aveva generato Jon, ma ora… ora che sapeva la verità, ora che sapeva il sacrificio che il lord suo padre aveva fatto si sentiva solo terribilmente in colpa e stupida come la ragazzina che era stata fino a sette anni fa.
Pregò anche i Sette di avere pietà di Jon e di Bran e di Gendry, ognuno di loro era importante per Sansa e anche per Arya, pregò anche al posto di Arya.
Jon le tese le mani per aiutarla ad alzarsi, la sua pancia era orami ingombrante, il bambino era cresciuto e avrebbe continuato a crescere ancora per un po’, dentro di lei.
Meglio così, potrò tenerti al sicuro Robb.
Ancora non era il momento ma nemmeno mancava più tanto, i mesi erano trascorsi veloci, e forse sarebbe nato durante la Lunga Notte, mentre suo marito sarebbe stato lontano a combattere contro le ombre pallide e minacciose.
Si accarezzò la pancia sperando che suo figlio potesse sentirlo, voleva che sentisse la sua carezza, che sapesse di essere al sicuro e amato.
Jon si inginocchiò sulla neve e le baciò la pancia coperta da strati di stoffe pesanti, la accarezzò e posò l’orecchio nella speranza di sentire il bambino, ma solo poco dopo Robb si mosse e Jon sorrise, ma era un sorriso triste, non avrebbe più visto la pancia di Sansa né tanto meno avrebbe visto suo figlio nascere.
Poi mano nella mano si diressero verso il giardino coperto di Grande Inverno.
Si fermarono difronte alle rose blu, le stesse rose che Rhaegar aveva donato a Lyanna Stark durante il torneo di Harrnehall.
Il lupo bianco ne prese una, la pulì e la sistemò dietro all’orecchio di sua moglie.
«Sei tu la mia regina di amore e di bellezza» le disse baciandola appassionatamente, posando la testa nell’incavo del suo collo profumato e armonioso.
Sansa Stark era nata per regnare e lui questo lo aveva sempre saputo fin da piccolo e ora avrebbe regnato, avrebbe dato prova delle sue capacità che Jon sapeva essere molte.
«E tu il mio re» rispose con gli occhi lucidi.
Alla fine un bastardo aveva conquistato una lady.
Alla fine un re aveva sposato una regina.
Sansa non poté evitare di pensare a sua zia Lyanna.
Un’altra guerra e un altro re che andava ad affrontarla lasciando una giovane donna ad aspettarlo in attesa di un bambino.
Io non morirà come zia Lyanna, non lascerò solo mio figlio e mio marito farà ritorno dalla guerra.
Cercò di convincersi mentre le braccia di Jon la stringevano, mentre i suoi sogni ardevano più che mai dentro di lei scaldandola mentre fuori il vento del Nord ululava impetuoso e incessante e la neve continuava a cadere ricoprendo tutto come le erbe pallide dei Dothraki di cui Daenerys le aveva parlato.

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Capitolo 58
*** CINQUANTASETTE ***


CINQUANTASETTE

 

 

 


«Non credo che sia una buona idea» disse Jon osservando i tre possenti draghi d’avanti a lui.
«Ce la farai» lo incoraggiò Daenerys.
«No, io… non posso.»
Daenerys si avvicinò verso Drogon, dei suoi figli lui era il più grande e senza alcun dubbio aveva lo stesso carattere del suo sole-e-stelle, ogni volta che lo cavalcava o si trovava in sua presenza, si sentiva protetta come era accaduto con Drogo.
«Drogon ti ha permesso già una volta di toccarlo e lo stesso faranno Rhaegal e Viserion. Tre draghi per tre cavalieri, così era ai tempi di Aegon il conquistatore e così sarà per noi. E’ vero, noi siamo in due, gli ultimi due Targaryen, gli unici a poterli controllare.»
«Sei tu la loro madre.»
«Si e questo non cambierà mai, ma non posso controllarli da sola. I nostri antenati erano in tre o anche di più, hanno commesso terribili atti, li hanno fatti estinguere ma noi non faremo questo errore, noi vinceremo questa guerra. Ti fidi di me?» chiese avvicinandosi a Jon.
Poi lo prese per mano e lo portò verso i suoi figli.
Drogon mostrò la sua bocca, i denti ben appuntiti, ma non fece altro, se non sibillare; quello che invece si fece avanti con stupore di Daenerys fu Rhaegal.
Anche lui mostrò i denti.
«Accarezzalo» disse lei.
Jon tolse il guanto e tremando avvicinò la sua mano al volto del drago, la sua pelle era squamosa e un po’ ruvida, sentì il suo fiato caldo, ma Rhaegal sembrava tranquillo, così si lasciò andare a un sorriso.
«Rhaegal ti ha scelto come suo cavaliere.»
Jon si voltò verso Daenerys, felice e al tempo stesso confuso, molto confuso.
«Come farò in battaglia a comunicare con lui?» chiese preoccupato.
«Ti insegnerò cosa dire, ma il più delle volte non occorre dire nulla. I draghi sono molto intelligenti, ma sopratutto ricorda che un drago non è uno schiavo.»
«Un drago non è uno schiavo» ripeté lui.
Daenerys salì su Drogon e Rhaegal si abbassò per permettere a Jon Snow di salire e cavalcarlo, per la prima volta avrebbe volato su di un drago, come nel suo sogno di bambino, era lui, era Rhaegal il drago che aveva visto, e ora era reale, ora avrebbe volato e toccato il cielo e le nuvole.
«Reggiti forte» gli urlò Daenerys dalla groppa di Drogon.
Poi la regina d’argento sussurrò qualcosa e il drago rosso si preparò a volare, e poi i suoi fratelli lo imitarono, in breve tempo Jon si trovò a volare su Rhaegal, tutto era così piccolo da lassù, il vento era ancora più freddo, quasi bruciava a contrasto con la sua pelle calda, si reggeva forte sul dorso del suo drago verde e oro, la neve vorticava in quella corrente e sembrava danzare assieme a loro in quell’inverno che sembrava essere senza fine.
Era felice, sentiva dentro di se una nuova forza, come se stare a contatto con Rhaegal gli desse più energia, più fiducia, soprattutto più forza che ormai sembrava essere scomparsa, ma con quel drago sembrava tutto possibile, vincere sembrava possibile.
«Jon, i draghi si sono estinti da tempo» aveva detto Eddard Stark.
Padre, cosa penseresti ora se potessi vedermi?
- si chiese tristemente Jon.
Forse sarebbe stato orgoglioso di lui? Forse spaventato?
No, non c’era nulla che spaventasse Lord Stark, se non il pensiero che accadesse qualcosa ai figli o alla moglie e solo ora, Jon comprendeva le sue paure.
Sansa e Arya stavano passeggiando nel cortile quando videro Jon e Daenerys cavalcare due dei tre enormi draghi.
«E’ Jon!» urlò Arya indicando il fratello che volava nel cielo grigio.
«Si, è lui» rispose Sansa, orgogliosa di suo marito.


Quella sera, mentre Jon e Sansa si trovavano nella loro stanza qualcuno bussò alla loro porta, era la loro ultima sera e non volevano dividerla con altri, forse sarebbe stata anche l’ultima.
Jon andò ad aprire e con sua enorme sorpresa trovò Jaime Lannister sul ciglio della porta, sguardo fiero e la sua mano d’oro.
«Ser Jaime.»
«Perdonatemi, vi ruberò solo qualche minuto.»
«Entra pure» disse Sansa.
Jaime chiuse la porta e entrò nella stanza padronale.
Era calda, il fuoco scoppiettava nel camino, le pellicce sul grande letto e il metalupo ai suoi piedi.
«Domani partirete per andare a Nord, mi sarebbe piaciuto seguirvi, combattere, un tempo forse lo avrei fatto, quando ancora avevo la mano della spada» disse tristemente osservando la mano in oro.
Ricordava ancora quel momento, la lama che arrivava, le sue urla, aveva urlato quasi fino a perdere la voce e poi… poi si era quasi lasciato morire e se non fosse stato per Brienne di Tarth lo avrebbe sicuramente fatto.
«So che saresti voluto venire, eri un abile combattente. Brienne dice che potresti tornare a esserlo.»
«Temo che lady Brienne sia in errore, la mano sinistra… non sarà mai come la destra, ma almeno è ancora al suo posto.»
«So cosa è accaduto, l’hai persa per salvare Brienne» disse Sansa Stark.
«Io… non volevo che quegli uomini la violentassero. E’ sempre stata irritante e scontrosa ma poi ho capito quanto fosse forte e determinata, aveva giurato a lady Catelyn di proteggerti e di proteggere tua sorella e ha mantenuto quel giuramento.»
«Ho sollevato Brienne dal suo giuramento, se lo desidera è libera di andarsene.»
«Non lo farà, la conosco fin troppo bene, resterà al tuo fianco fino alla morte. Ma non è per parlare di lei che sono venuto qui.»
«Per cosa allora?» chiese il re del Nord.
«Anni fa, quando nessuno credeva in me, quando tutti ridevano vedendomi con la cappa bianca per la mia età, una persona mi diede la sua fiducia, fiducia a cui io venni meno. Quella persona era Rhaegar Targaryen.»
Il volto di Jon si contrasse, sentire parlare di lui era doloroso, troppo doloroso, un padre che mai aveva conosciuto e che mai avrebbe potuto conoscere.
«Il principe mi chiese di vegliare su sua moglie e sui suoi figli ma quando arrivò il momento, quando avrei dovuto difendere la sua famiglia… non lo feci, non potei. Successe tutto troppo in fretta. Re Aerys che voleva distruggere Approdo del Re con l’altofuoco, i piromanti, l’arrivo di mio padre in città, il saccheggio, la morte di Elia Martell e dei principini… Non potei fare nulla, non potei mantenere il mio giuramento» disse Jaime Lannister quasi con le lacrime agli occhi.
Sansa strinse la mano del marito nella sua, con delicatezza.
«Sappiamo cosa accadde quel giorno, hai salvato tutta Approdo del Re» rispose Sansa.
«Si, ho salvato Approdo del Re, ma ho permesso che la mia principessa e i suoi bambini venissero massacrati dagli uomini di mio padre. Non permetterò che accada di nuovo. Non ho potuto fare nulla quel terribile giorno, ma ora, ora forse posso fare ammenda. Permettimi di servirti, di proteggerti e giuro che lo farò. Mi hanno chiamato in molti modi: sterminatore di re, uomo senza onore, spergiuro, e io li ho lasciati parlare. Ma ora, ora sono stanco di questo. Sarò la tua guardia se me lo concederai, Brienne è un ottimo cavaliere, molto più abile di me al momento, ma non posso vivere con questo peso.»
«Non ti incolpo per quanto avvenne, non fosti tu a ucciderli, dovevi decidere in fretta e hai preso la decisione più sensata in quel momento, hai salvato centinaia e centinaia di vite e non hai mai chiesto nulla in cambio» disse il re del Nord, «se Sansa acconsentirà io non mi opporrò.»
«Voglio rendermi utile e so che a Nord sarei solo un altro soldato per il Re della Notte, ma qui, a Grande Inverno, posso essere molto più utile a te e a lei.»
«Acconsento, ser Jaime» rispose Sansa, ancora più orgogliosa dell’uomo che era al suo fianco.
Jaime Lannister chinò il capo e se ne andò.
Jon e Sansa tornarono al letto, rimasero abbracciati l’uno all’altra finché il tenue colore del cielo non cambiò declamando a tutti che era ormai l’alba e che a breve suo marito se ne sarebbe andato e che forse non lo avrebbe rivisto mai più.
«Ho paura» disse Sansa stringendosi ancora più forte a lui.
«Ho paura anch’io» rispose il re del Nord sprofondando tra i suoi capelli rossi.
Sansa lo aiutò a vestirsi, poi mano nella mano scesero fuori dove l’esercito lo stava aspettando.
Daenerys Targaryen era lì ma a breve sarebbe salita nella groppa di Drogon e poi anche lei sarebbe scomparsa nel cielo grigio.
Bran era già a cavallo, la sella che Tyrion Lannister aveva disegnato per lui anni fa era stata costruita nuovamente, Sansa lasciò la mano di Jon e andò dal fratello.
«Bran, ti prego…»
«Devo andare, è anche il mio destino Sansa. Lo è sempre stato e ora lo so, lo capisco. Brandon Stark è morto.»
«No! Brandon Stark è ancora vivo, lo è.»
«Sansa… ci ho già provato» disse Arya arrivando da dietro, prese la sorella per mano e la portò via, vicino ai cancelli, Jon montò sul suo cavallo, Spettro invece rimase lì, con le ultime due Stark di Grande Inverno, per proteggerle.
«Abbi cura di loro amico mio» disse Jon rivolto al suo Metalupo.
Sansa corse da suo marito e lo baciò un’ultima volta.
«Devi tornare Jon e non solo per me» lo supplicò lei.
«Sai che ci proverò, sai che non desidero altro.»
Jon lasciò la sua mano e spronò il cavallo, tutti gli uomini lo seguirono tra cui Gendry.
Ma con loro c’era anche Melisandre, quale fosse il suo ruolo, pregò affinché riportasse i suoi cari in vita, come già aveva fatto una volta.
Sandor Clegane si voltò una sola volta verso le sorelle Stark, poi tornò a guardare avanti, Bran invece non si voltò mai, non si voltò verso le sue sorelle e nemmeno verso casa sua.
Arya e Sansa rimasero lì a vedere Grand Inverno svuotarsi, mano nella mano, facendosi forza a vicenda, cercando di impedire alle lacrime di cadere e di renderle più deboli.
Con loro erano rimasti in pochi, tra cui ser Davos.
«Dovremmo rientrare ora» disse il vecchio cavaliere delle cipolle.
Sansa lo guardò poi ordinò che i cancelli venissero chiusi e assieme a sua sorella rientrò nel castello della loro famiglia.

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Capitolo 59
*** CINQUANTOTTO ***


CINQUANTOTTO




Faceva freddo, ogni passo che faceva il freddo sembrava aumentare, sempre più, instancabile e senza paura, mentre il cuore di Jon tremava al pensiero che mai più avrebbe rivisto Grande Inverno, Sansa, Arya, suo figlio.
Bran cavalcava affianco a lui, silenzioso come uno spettro, perso in qualche sua visione, già sapeva che non sarebbe mai riuscito a salvarlo, Bran glielo aveva detto, lo aveva detto a tutti, ma infondo quel ragazzo su quel cavallo bianco come la neve non sembrava più suo fratello.
Si aveva le sue fattezze, la sua voce, le sue gambe spezzate, ma non era più suo fratello, non era più Brandon Stark, era solo il Corvo con tre occhi, lo aveva già perso.
Sentì un sibilo e alzò la testa, vide due draghi volteggiare sopra di lui, Daenerys stava sfidando il gelo di quello tempesta volando sul dorso di Drogon, forse era il suo sangue di Targaryen a impedirle di congelare, di cadere a terra stecchita per il troppo freddo.
Da terra lui e tutti gli altri erano solo dei puntini, questo Jon lo sapeva bene, ricordava ancora la sensazione che aveva provato volando con Rhaegal, una sensazione di libertà e di pace, per un istante era tornato bambino, aveva dimenticato i veri problemi, ma era stato solo un istante.
Cavalcarono per ore, finché non ordinò di fermarsi.
Erano così tanti, un vero esercito ma gli Estranei erano molti più di loro, infinitamente di più.
«Accendete dei fuochi, molti fuochi. Faremo la guardia a turni. Sono stato chiaro?»
Gli uomini annuirono, Gendry si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla.
In poco tempo le tende furono montate e i due entrarono insieme, si sedettero e bevvero un po’ di birra.
«Non saresti dovuto venire con me, Gendry.»
«Perché? E’ anche la mia guerra questa. Non sono un codardo.»
Jon gli sorrise, un sorriso stanco.
«No, so che non lo sei ma sai bene che in pochi torneremo a casa» rispose tristemente pensando a Sansa.
«Lo so, ma noi saremo tra quei pochi Jon. Non intendo morire, ho ancora tanto da vivere.»
«Arya ti aspetterà impaziente. Non credevo che un giorno qualcuno avrebbe potuto meritarla e soprattutto non credevo che si sarebbe davvero innamorata» disse ricordando la sorella, tutti i guai in cui si cacciava, le volte in cui l’aveva osservata di nascosto allenarsi al tiro con l’arco, l’applauso di Eddard Stark quando lei aveva centrato il bersaglio al cinquantesimo tiro o anche di più.
«Io voglio sposarla» disse Gendry fissando negli occhi Jon.
Quel ragazzo non assomigliava affatto al ricordo che Jon Snow aveva di Robert Baratheon, ricordò la delusione che aveva provato quando il re era giunto a Grande Inverno, non era come lord Stark raccontava, era tutto l’opposto: basso, grasso e con la barba incolta; Gendry invece era alto e magro e la barba ben curata.
Era forse era così un tempo re Robert? - si ritrovò a chiedersi.
Quell’uomo aveva ucciso il suo vero padre e preso i Sette Regni, si era seduto su un trono che non gli apparteneva.
Gendry stava ancora aspettando una risposta.
«Se la ami davvero, io non mi opporrò. Voglio molto bene ad Arya, gliene vorrò sempre ma più di ogni cosa decisero che sia felice. Ha sofferto troppo, come ognuno di noi, del resto.»
«Ti prometto che non la farò soffrire.»
«Allora vedi di tornare tutto intero da lei» rispose il re del Nord dandogli una pacca sulla spalla.





Il castello era grande e vuoto, sembrava anche più freddo da quando erano partiti tutti e Jon gli mancava, era come se il suo cuore fosse stato diviso in due parti e l’altra parte ora stava marciando oltre la barriera, verso morte certa.
Cerco di scansare quel terribile pensiero, posò la mano sulla pancia, era quello riusciva a tranquillizzarla di più, sentire che Robb stava bene e che era al sicuro, almeno lui.
Non poteva fare nulla per Jon, o per Gendry e tanto meno poteva fare qualcosa per Bran.
Si fermò difronte alla sua vecchia stanza, ricordò il giorno in cui Robert Baratheon era giunto al Nord con la sua famiglia.
Si rivide seduta su quella sedia mentre la madre le spazzolava i lunghi capelli ramati, le sue suppliche per farla partire, per lasciare quella desolazione, senza sapere quanto poi avrebbe lottato per fare ritorno a casa.
Non si era accorta di stare piangendo, la gravidanza la stava rendendo più sensibile, più incline al pianto.
Qualcuno le afferrò la mano e la strinse nella sua, era piccola e calda, sapeva che era la mano di Arya.
In passato si erano odiate così tanto e ora Arya era il suo più grande sostegno.
«Vorrei che la mamma fosse qui» disse Sansa asciugandosi quella lacrima calda che le aveva rigato il volto.
«Anch’io» rispose tristemente Arya.
«Mi spazzolava sempre i capelli, prima di andare a dormire.»
«Ci provava anche con me» disse Arya con un mezzo sorriso, odiava farsi spazzolare i capelli, al contrario di Sansa.
«Non conoscerà mai suo nipote.»
«No, ma lui conoscerà lei. E conoscerà i suoi nonni e i suoi zii. Li conoscerà attraverso i nostri racconti.»
Sansa si voltò verso la sorella, era più piccola ma in quel momento sembrava lei la più grande, la più saggia.
«Conoscerà anche suo padre attraverso i nostri racconti?» chiese Sansa con la voce spezzata dal troppo dolore del pensiero della morte di suo marito.
«Jon tornerà e anche Gendry.»
«Arya… lo pensi davvero?»
«Si» rispose senza nemmeno esitare e con voce ferma.
Sansa posò la mano sulla maniglia di quella pesante porta e la chiuse e così richiuse anche i ricordi del passato, belli e brutti.
«Andiamo a mangiare qualcosa di caldo, ci farà bene.»
Annuì senza rispondere, mangiare qualcosa di caldo avrebbe fatto sicuramente bene a entrambe.





«Cosa dicono i tuoi uccelletti Qyburn?» domandò Cersei Lannister seduta al suo tavolo, una coppa di vino stretta in mano.
«Ci sono delle novità, maestà» rispose il maestro rinnegato dalla Cittadella.
«Parla.»
«Ser Jaime è a Grande Inverno, e da quanto ho capito si è messo al servizio di Sansa Stark.»
«Sta servendo la puttana che ha ucciso nostro figlio?!» disse furiosa posando la coppa sul tavolo, facendo rovesciare un po’ di vino.
«Si mia regina.»
«Che altro?»
«Sansa Stark aspetta un bambino dal re del Nord.»
«E’ incinta?»
«Questo è quanto i miei uccelletti hanno riportato dal Nord.»
Cersei si lasciò andare contro lo schienale della sedia, poggiò la testa e strinse le mano attorno ai braccioli, poi riprese il vino e iniziò a berlo con più gusto.
Sansa Stark aveva ucciso il suo primogenito, lei, Cersei Lannister, prima del suo nome e regina dei Sette Regni avrebbe ucciso il suo.

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Capitolo 60
*** CINQUANTANOVE ***


CINQUANTANOVE

 

 

 

Cersei Lannister non riusciva a dormire, faceva molto freddo, tanto che non ricordava quasi più l’ultimo inverno.
Quanti inverni avevano visto lei e Jaime?
Tre, forse quattro?
E Jaime ora, l’unico uomo che aveva amato davvero, il padre dei suoi figli era lontano, nel Nord a proteggere l’assassina del loro primogenito.
Si alzò dal grande letto e andò fino alla terrazza, dei piccoli fiocchi di neve cadevano e vorticavano attorno a lei, ma la rabbia che sentiva la riscaldava, non le permetteva di congelare.
«Come puoi proteggere Sansa Stark?!» chiese mentre un fiocco di neve si posava delicatamente sulla sua mano, rimase a fissarlo con i suoi grandi occhi verdi finché del fiocco non rimase nulla, così, un bieco sorriso comparve sul suo volto.
«Non rimarrà nulla nemmeno di Sansa Stark e del bastardo che sta aspettando» mormorò guardando ancora la neve cadere, stringendosi nella sua lunga vestaglia finemente decorata, una stoffa preziosa adatta solo per una regina.
La strega dei boschi aveva avuto ragione su tutto, o almeno su quasi tutto, lei era ancora viva e nessuno l’avrebbe uccisa, non con la Montagna a proteggerla.
Il suo sogno di bambina di sposare il principe Rhaegar Targaryen era svanito con la sua morte e per questo non aveva mai perdonato Robert, ma infondo non aveva mai amato Robert Baratheon.




Il fiato sembrava congelarsi non appena usciva dalla bocca, le mani rigide anche se coperte dalla pelliccia, i piedi come cubetti di ghiaccio, andare avanti era sempre più difficile, ma non mancava molto per arrivare alla Barriera, Ed li stava aspettando, ora era lui il Lord Comandante e Jon sapeva che sarebbe stato un buon comandante, anche migliore di lui, forse.
«Presto saranno qui» disse Bran tornando se stesso, gli occhi bianchi scomparvero e apparve nuovamente Brando Stark.
«Che vuoi dire Bran?» chiese Jon.
«Gli Estranei, entro un giorno saranno qui, li ho visti Jon. Non arriveremo mai alla Barriera.»
«Non manca molto…»
«Non capisci? Entro questa notte sarà distrutta» rispose lui con convinzione.
«Questo non può essere Bran, la Barriera è lì da un migliaio di anni, non cadrà proprio stanotte!»
«Si invece, lui sta arrivando e poi la distruggerà.»
«Come?»
«Non lo so, ci sono cose che non… che non riesco a vedere è come se fossero oscurate» tentò di spiegargli lui.
«Bran? Quanto tempo ci resta prima che lui arrivi?»
«Qualche ora, tre al massimo.»
«Tre» ripeté Jon Snow con il cuore gonfio di paura.
Si spostò da Bran, prese il corno che aveva alla cintura e lo suonò, il silenzio calò all’improvviso, la neve cadeva sempre di più e incessante come se volesse divorare il mondo, ricoprirlo di bianco e di ghiaccio.
Un mondo per gli Estranei - pensò lui, ma poi si riprese, pensò a suo figlio - No, non sarà mai il loro mondo.
Pian piano gli uomini lasciarono le loro postazioni e si avvicinarono, alzò gli occhi al cielo scuro e vide una sagoma scendere in picchiata, Drogon stava portando a terra sua madre.
C’era un piccolo fuoco, Jon si scaldò le mani e lo fissò intensamente sperando che quel fuoco potesse dargli il coraggio di cui aveva bisogno.
Tormund gli si avvicinò, gli bastò uno sguardo per capire, per sapere ciò che Bran gli aveva rivelato, i suoi occhi si incupirono e poi si accesero di rabbia.
Un solo suono significava che il re doveva parlare con il suo esercito, due suoni di stare allerta, tre suoni Estranei; a breve avrebbe dovuto suonare davvero per tre volte il corno.
«Uomini, ho una cosa importante da dirvi. Questa notte tenetevi pronti, tenete strette le vostre armi di ossidiana perché gli dei sanno se davvero ne avremo bisogno!»
I mormorii salirono, Jon vide i loro fiati nell’aria gelida.
«Si, questa notte ci attaccheranno.»
Un soldato si fece avanti.
«Come puoi esserne certo?»
«Gliel’ho detto io» rispose Bran da terra, poco lontano da Jon.
«Con tutto il rispetto principe Brandon, non puoi saperlo.»
«Non sono un principe e ti assicuro che a breve loro saranno qui, a breve la Barriera cadrà. L’ho visto.»
L’uomo guardò gli altri soldati dietro di lui e poi si ritirò.
«Uomini del Nord, di Dorne, di Alto Giardino, delle Isole di Ferro, agli Immacolati e ai Dothraki; a tutti voi io dico di stare pronti e di combattere al meglio delle vostre possibilità, o non sopravviveremo a lungo.»
«Tra quanto saranno qui?» domandò Daenerys raggiungendolo.
Ogni volta che guardava quegli occhi viola aveva un tuffo al cuore, erano gli stessi occhi del suo vero padre e anche se amava Sansa, una parte di lui avrebbe amato sempre anche Daenerys Targaryen, sotto certi aspetti erano così simili loro due.
«Tre ore al massimo.»
«Bene, saremo pronti ad accoglierli» rispose lei.
Portava i capelli intrecciati e un abito chiaro quanto la neve, al posto dei vestiti aveva optato per un pantalone, toccò il braccio di Jon e lo strinse.
«Saremo noi a vincere, non loro» disse fissandolo negli occhi.
«Lo credi davvero? Credi davvero che vinceremo? Quanti di loro moriranno?»
«Potremmo morire pure noi, ma non per questo deve accadere, hanno le giuste armi per difendersi, ognuno di loro ha spade, frecce e lance di ossidiana. La maggior parte di loro sopravviverà. Jon, questa è una guerra e la guerra non può essere vinta senza subire delle perdite, questo lo sai.»
«Si, ma non per questo deve piacermi.»
«Non piace nemmeno a me, ecco perché non ho attaccato Approdo del re.»
«Sarai un grande regina, Daenerys Targaryen.»
«Se il popolo mi amerà almeno la metà di quanto amava Rhaegar allora mi riterrò soddisfatta.»




Sansa si trovava nel suo letto, ma il sonno la evitava, il vento aveva cessato di tirare e di far sbattere le imposte di legno, quel suono era comunque più rassicurante del silenzio che la avvolgeva.
Spettro salì sul grande letto, la guardò e poi si sdraiò accanto a lei.
Ancora una volta affondando la mano nella sua pelliccia bianca, ricordò Lady, il giorno in cui Robb gliel’aveva consegnata.
Era piccola, spaventata e piangeva, ma lei aveva saputo cosa fare fin da subito, come se Lady fosse stata destinata a lei fin dalla notte dei tempi, ora sarebbe stata grande e forte se suo padre non l’avesse uccisa.
Spettro mugolò.
«Lei sarebbe fiera di te, sai?» gli disse, inevitabilmente si chiese se anche Robb Stark lo sarebbe stato di lei e di Arya.
Il bambino si mosse e Sansa posò la mano sulla pancia, ormai era solo questione di settimane e suo figlio sarebbe nato.
Sarebbe stato un bambino sano e forte, bello, avrebbe avuto i suoi occhi azzurri e i capelli scuri con sfumature rosse, un misto perfetto di lei e di Jon.
«Oh Jon» disse, stringendo la coperta forte, quanto avrebbe voluto che lui fosse al suo fianco, ma doveva salvare il mondo, doveva renderlo sicuro per lui.
Qualcuno aprì la porta di legno ed entrò piano quasi senza fare rumore, Spettro alzò la testa ma non scese dal letto, non era un pericolo era solo Arya.
«Arya, che succede?» chiese Sansa tirandosi su, lei era ancora lì, ferma d’avanti alla porta aperta.
«Sansa…»
Sansa si alzò dal suo letto e andò incontro ad Arya, la strinse a se, restarono così per un po’, poi la regina del Nord chiuse la porta dietro di se e condusse Arya fino al suo letto, Spettro si fece da parte per farla entrare e poi si accucciò nuovamente ai loro piedi, Jaime Lannister montava la guardia dietro a quella porta assieme a Brienne di Tarth, che ancora non aveva rivelato a Jaime i suoi sentimenti.
Arya si arrotolò contro Sansa e in breve tempo si addormentò.
«Dormi, tu che ci riesci» le sussurrò, poi si sdraiò nuovamente e chiuse gli occhi nella speranza di dormire un po’.



E poi apparve la nebbia, il freddo aumentò ancora di più se possibile, in lontananza su una piccola collina ricoperta dalla neve Jon Snow lo vide, con la mano tremante mise mano al corno, lo portò alla bocca e suonò.
Un suono; i soldati si misero in posizione.
Due suoni.
Tre suoni.
In lontananza si sentì una specie di grido, Jon vide il re della notte alzare un braccio e puntarlo verso di loro, figure opache dagli occhi azzurri iniziarono a intravedersi nel buio del bosco, uscirono dal nulla come se la terra li avesse sputati fuori all’improvviso, rigettandoli.
Jon mise mano a lungo artiglio, la estrasse dal suo fodero, chiuse gli occhi e pensò a Sansa.
Prenditi cura di lei Spettro, veglia su di lei per me - pensò immaginando gli occhi rubino del suo Metalupo.

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Capitolo 61
*** SESSANTA ***


SESSANTA

 


 

 

In breve tempo gli uomini pallidi uscirono dal bosco innevato, Jon vide subito gli occhi azzurri e inconfondibili degli Estranei.
Il cuore perse dei colpi, li aveva già affrontati ad Aspra Dimora ed era sopravvissuto per puro miracolo o fortuna, quella volta il destino aveva deciso di sorridergli, forse lo avrebbe fatto ancora.
Guardo Gendry al suo fianco con la spada alla cintura e il martello in mano, come quello che in passato Robert Baratheon aveva usato contro Rhaegar Targaryen durante la guerra che era costata la vita del suo vero padre e quasi l’intera estinzione della casa Targaryen.
Era freddo ma l’adrenalina lo riscaldava, il pensiero di Sansa gli dava la forza per combattere, alzo gli occhi e vide Daenerys volare sopra di loro sul dorso di Drogon, pronta a fare fuoco non appena Bran avesse dato il segnale.
«Ora!» urlò Jon e tutti iniziarono a combattere, quel bosco divenne come il campo in cui aveva lottato contro Ramsey Bolton, ma questa volta i nemici erano peggiori di Ramsay Bolton, immortali, non avevano più nulla da perdere ormai a differenza sua e degli altri uomini.
Bran mosse il braccio verso l’alto e una palla di fuoco cadde dal cielo colpendo il nemico che in breve tempo si ridusse in cenere.
Jon tremava dalla paura e dalla rabbia, vide alcuni dei suoi uomini cadere, altri che uccidevano chi un tempo era stato vivo, ma la sua attenzione era puntata su altro.
In lontananza su una piccola collinetta si trovava il primo e vero Estraneo, Jon lo aveva già visto, lui era il loro re.
Anche Bran lo aveva visto e sapeva cosa doveva fare, era giunto il tempo di volare.
Si trascinò lontano dalla battaglia, poi con i suoi poteri chiamò uno dei draghi di Daenerys, Viserion, il drago emise un verso e calò in picchiata verso il suolo sputando fuoco e incenerendo altri nemici.
Jon era impegnato a combattere contro i suoi avversari che spuntavano come funghi dopo la pioggia.
«Viserion!» urlò Daenerys dal dorso di Drogon, ma suo figlio non la sentiva o anche se la sentiva la stava ignorando, era confusa e non capiva.
Bran si trascinò ancora fino a raggiungere il drago che si era inchinato il più possibile, e facendosi forza si era mezzo su di lui.
«Vola» aveva sussurrato a Viserion che orami era sotto il suo controllo.
Jon abbatté il nemico e si volto giusto in tempo per vedere il suo fratelli volare sul dorso di un drago.
«Bran! Bran! No, fermati!» urlò, ma Bran continuò a volare in alto.
«Mi dispiace Jon, è quello che devo fare, è ciò per cui sono nato.»
«Rhaegal!»
Il drago verde dagli occhi bronzei guardò sua madre e poi scese a terra emettendo un suono che sembrava un saluto per lei e il fratello, tra loro due si era instaurato un rapporto di fiducia come quello che aveva con Spettro.
Affrontando la tormenta e il vento che soffiava sempre più ghiacciato fino a quasi gelargli il cuore tentò di raggiungere suo fratello Bran.




Sansa si era alzata ed era salita sulle mura, aveva bisogno di prendere aria fresca e aveva lasciato la sorella a dormire nel suo letto assieme al metalupo, anche Arya aveva perso il suo, ma almeno Nymera non era morta come Lady ma solo fuggita.
«Vieni fuori ser Jaime» disse lei senza nemmeno voltarsi, aveva capito da subito di essere seguita, e sapeva che non era Baelish.
Il cavaliere con una mano sola uscì dall’ombra e raggiunse la regina a cui aveva giurato fedeltà.
«Maestà.»
«Maestà. E’ strano sentirmi chiamare così. Un tempo era tutto ciò che desideravo, ero così stupida.»
«Non eri stupida, eri solo più giovane e meno consapevole.»
«Forse.»
«Non è stata colpa tua ciò che è accaduto a tuo padre, lo sai vero?»
«Se non avessi detto tutto a tua sorella, Joffrey non lo avrebbe ucciso.»
«Ti sbagli, lo avrebbe fatto lo stesso. Era fatto così» rispose Jaime Lannister con amarezza e rimpianto.

Il rimpianto per non essere stato un buon padre tanto quanto Cersei era stata una buona madre, aveva fallito con Joffrey e poi con Marcella e infine con Tommen.
«Non è nemmeno colpa tua» disse lei.
«Avrei potuto insegnargli a comportarsi come un vero uomo e invece non l’ho fatto, non ero pronto per essere padre.»
«Posso capirlo e capisco anche perché non lo hai fatto e non era solo perché non eri pronto. Non volevi che re Robert facesse loro del male e sapevi che li avrebbe uccisi e che avrebbe ucciso anche te e Cersei.»
Jaime rimase a fissarla, ricordava la ragazzina che era un tempo prima che Joffrey e Cersei e molti altri la distruggessero, la ragazzina spensierata e infantile che era stata e ora al suo posto c’era una giovane donna forte e determinata tanto quanto lo era stata Catelyn Stark in passato, vedeva la sua forza di madre in lei ma anche l’onore che aveva sempre contraddistinto Eddard Stark.
«Sarai una buona madre, Sansa.»
«Ho tanta paura.»
«Non devi, ti giuro che non accadrà nulla a tuo figlio.»
Sansa si avvicinò e gli strinse la mano ancora intatta.
«Ciò che hai fatto per Brienne ti fa onore e se ora sono qui è solo perché l’hai mandata a cercarmi, è solo grazie a te e a lei se ho ritrovato Jon e poi Arya e Bran. Casa Stark non è ancora finita e nemmeno Casa Lannister. Ti basterebbe volerlo e potresti avere ciò che desideri davvero.»
«Io non desidero niente.»
«Mentimi pure se ti fa stare meglio ma non mentire a te stesso. Vorrei rientrare ora, inizio ad avere freddo.»
«Certo.»
Jaime prese la torcia che si trovava vicina al muro e fece strada a Sansa, la accompagnò per le scale illuminandole gradino per gradino e non se ne andò finché lei non entrò nella stanza e si mise al letto accanto alla sorella, così socchiuse la porta.
Spettro si spostò con il muso verso di lei e Sansa lo accarezzò come ormai faceva ogni notte prima di dormire, affondare la mano nella sua pelliccia la faceva calmare e le ricordava Lady e le notti che avevano passato insieme prima di lasciare il Nord.
«Va tutto bene Spettro» gli fece un’ultima carezza e lui uggiolò, «Jon tornerà. Torna sempre» disse, forse più a se stessa che al metalupo bianco come la neve che cadeva ogni giorno.
Arya si era svegliata ma non aveva detto nulla, era rimasta in silenzio ma una lacrima era caduta e le aveva rigato il viso.
Jaime Lannister richiuse la porta, sapeva che quel lupo le avrebbe protette entrambe anche a costo della vita se necessario, ricordava ancora l’incontro avuto con il metalupo di Robb Stark, Vento Grigio, ed era stato abbastanza terrificante, se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire il suo fiato caldo sul collo e la saliva che cadeva a terra, pure lui era morto tentando di aiutare il suo padrone.
Ma in realtà le parole di Sansa Stark lo avevano colpito più di quanto avrebbe voluto e non riusciva ad ammetterlo a se stesso, non ci era mai davvero riuscito.
Quell’odio e disprezzo che si era trasformato in fiducia e rispetto reciproco e poi in amicizia e forse per lui anche in qualcosa di più.
Brienne dormiva qualche stanza più in la di quella di Sansa, ma comunque vicina per poterla proteggere e i suoi piedi lo avevano condotto proprio d’avanti a quella porta socchiusa.
Si avvicinò piano cercando di non fare rumore anche se Brienne era un soldato e dormiva sempre con un occhio aperto e uno chiuso, la torcia vibrò un po’ nell’aria fredda della notte, la spense ed entrò nella stanza, piano.
Brienne dormiva tranquilla, si non era la tipica bellezza del sud e nemmeno aggraziata, forse con l’abito giusto e l’acconciatura giusta sarebbe stata pure gradevole ma per Jaime quello non contava.
Contava proprio che Brienne di Tarth fosse così diversa e proprio per questo speciale, a modo suo.
Brienne sentì un rumore, leggero quasi non udibile e prese la spada che teneva accanto a se nel letto, la afferrò con la mano e si alzò di scatto e per poco non uccise Jaime Lannister.
«Jaime? Che ci fai qui? E’ successo qualcosa a Sansa?» chiese preoccupata e ancora un po’ sconvolta da ciò che sarebbe potuto accadere se lui non avesse fermato la spada con la mano d’oro.
«Non è successo niente e Sansa sta bene, l’ho appena lasciata nelle sue stanze. Anche Arya sta bene, dormono entrambe insieme a quel metalupo.»
«Bene» rispose lei sollevata.
Jaime abbassò la mano che ancora teneva alzata, un riflesso che gli aveva salvato la vita.
«Allora perché sei qui?» chiese confusa.
«Io…» Jaime la guardò negli occhi ma non riuscì a proseguire.
«Jaime? Stai bene?» domandò preoccupata.
Posò la spada a terra e cercò di avvicinarsi a lui.
«Si, sto bene, non preoccuparti.»
«A me sembra il contrario.»
«Sto bene Brienne.»
Jaime si allontanò piano e si diresse verso la porta, Brienne di Tarth era in camicia da notte ancora accanto al letto ad osservarlo senza capire, ma nemmeno lui capiva fino in fondo, non voleva capire.
Per tutta la sua vita c’era stata Cersei, Cersei e solo Cersei, e ora da quando le aveva detto addio nella sua vita c’era Brienne di Tarth.
«No» disse fermandosi d’avanti alla porta.
Tornò indietro e questa volta senza esitare, si mise difronte a lei e poi la baciò.
Lo desiderava da molto ma non lo aveva mai ammesso con se stesso per via dell’amore cieco che provava per sua sorella, ma Cersei aveva distrutto ogni cosa lasciando al suo posto solo cenere.
Brienne non se lo aspettava ma infondo al suo cuore lo aveva sempre voluto, fin dal giorno in cui lui l’aveva salvata dall’orso e dagli uomini di Roose Bolton.
Aveva rinunciato ai sogni di lady, ma il suo cuore ogni tanto si risvegliava ricordandogli chi era davvero.
Una donna.
«Jaime» disse lei sottovoce.
«Non avrei dovuto, lo so.»
«No, non avresti dovuto» ripose e vide la delusione sul volto di Jaime Lannister, «ma sono felice che tu lo abbia fatto. Se non fossi venuto a Grande Inverno, sarei venuta io ad Approdo del re.»
«No, giurami che non metterai mai piede ad Approdo del re. Mai. Non finché Cersei sarà lì e sarà regina.»
«So difendermi.»
«Si, ma non da Cersei. Credimi.»
Bienne gli passò una mano tra i capelli dorati e Jaime la baciò di nuovo.
«Se vuoi che mi fermi e che me ne vada, dillo ora» rispose con il fiato corto.
Lei per tutta risposta lo baciò e poi lo condusse verso il suo letto.

 

 

 

 

Jon cercava di avvicinarsi a Bran, mentre Daenerys faceva fuoco sul nemico, sperò che Gendry e Tormund e gli altri fossero ancora vivi, non se lo sarebbe perdonato tanto facilmente.
«Bran! Torna giù!» urlò Jon tenendosi forte a Rhaegal.
Il drago gli dava forza e calore, sentiva il sangue più caldo e ora più che mai era unito al suo drago.
«Non posso! Vattene Jon!»
«No!»
«E’ il mio destino questo, non il tuo. Non sono più il tuo fratellino storpio, non sono più Brandon Stark! Non lo sono mai stato.»
«Tu sarai sempre mio fratello, ti prego!»
Bran sentì una stretta forte al cuore ma non rispose, fece allontanare ancora di più il suo drago tentando di raggiungere il suo obbiettivo: il re della notte.







 

Scusatemi se non ho più aggiornato, molti me lo hanno chiesto ma non avevo idee e non ne ho tutt'ora e anche il tempo scarseggia un po'. 
Vi auguro buona lettura, se vi piacerà questo capitolo, una recensione sarebbe gradita.
A presto!

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Capitolo 62
*** SESSANTUNO ***


SESSANTUNO





Lady Melisandre dal basso assisteva alla guerra che infuriava, convincere Jon Snow a portarla non era stato facile, ma lei doveva esserci, era così che doveva concludersi la sua vita.
Aveva sempre saputo che sarebbe arrivato quel momento, ora lo aveva riconosciuto.
Prese una spada che si trovava a terra sulla neve, la guardò per qualche istante, era fredda come il ghiaccio che li circondava, come gli estranei, la guerra sembrava non sfiorarla, il suo momento era giunto.
«Signore aiutalo, lui è il tuo prescelto, lui è il principe che venne promesso» disse, stringendo la lama, poi fece un profondo respiro e se la conficcò nel corpo, sempre più in profondità, gemette, il respiro era sempre più faticoso e sentiva il sapore del sangue in bocca, poi si accasciò consapevole che la sua morte avrebbe fermato la lunga notte e gli Estranei.
Jon stava tentando di raggiungere Bran per salvarlo, per impedire che commettesse quella follia, ma suo fratello era determinato, non c’era modo di raggiungerlo o di fermarlo, poi all’improvviso una profonda energia lo pervase, come una scossa, guardò in basso e vide Melisandre a terra, un puntino rosso sulla neve bianca, come una rosa.
«No!» urlò.
Infondo quella donna gli aveva ridato la vita, era quella la ragione per cui non l’aveva uccisa nonostante ciò che aveva fatto, nonostante i suoi errori.
Jon guardò verso Bran, consapevole di non poter fare nulla per impedire la sua fine, come non aveva potuto impedire quella di Rickon, e così avrebbe perso un altro fratello, colui che sarebbe dovuto succedere data la situazione a Eddard Stark.
«Padre» sussurrò Jon, ma Eddard Stark non avrebbe mai potuto udirlo, nessuno poteva, nemmeno Rhaegar Targaryen o Robb potevano.

 

 

 

 

«Il nostro uccellino è stato informato?» chiese Cersei Lannister sedendosi sul suo soffice letto.
«Si mia regina, il nostro uccellino farà ciò che hai chiesto.»
«Bene, molto bene» rispose compiaciuta.

 

 

 

Jaime era ancora con Brienne, quella notte era stata importante e bella come non accadeva da tempo, Brienne dormiva tranquilla tra le sue braccia, e Jaime non poter far altro che osservarla e accarezzarle il volto con la mano sinistra.
Aveva la sua bellezza nascosta e mai avrebbe creduto di poterla amare, di amare un’altra donna che non fosse Cersei.
Ma Cersei non era più lei ormai.
E mentre pensava tutto ciò, lei si svegliò e gli sorrise.
«Buongiorno mia signora» disse lui sorridendole.
«Buongiorno mio signore» rispose Brienne.
Poi la baciò di nuovo.
«Vorrei poter restare ancora, ma la mia guardia sta per iniziare.»
«Ho lasciato Sansa e sua sorella con il metalupo, stavano dormendo. Sono certo che stiano bene. Quindi, resta ancora un po’ lady Brienne.»
«Sai che non sono una lady.»
«Questo lo pensi tu. Hai dimostrato a tutti quanto si sbagliassero a deriderti, sei un buon guerriero, ma concediti di più, puoi.»
«Jaime…»
«Jaime? Direi che è un passo avanti, non mi chiami più Ser Jaime.»
«Cosa devo aspettarmi ora?» domandò con il cuore che batteva forte.
«Brienne io… non lo so. So solo che sono venuto al Nord per te, come so che prima o poi dovrò affrontare Cersei.»
«Non ci riuscirai Jaime, la ami troppo.»
«No, non più. Non dopo ciò che è accaduto ad Approdo del re, non dopo la morte di Tommen» disse tristemente.
Quella confessione la rese felice e triste allo stesso tempo.
«Mi dispiace per tuo figlio.»
«Mio figlio… non sono stato un padre per lui e per i suoi fratelli. Avrei dovuto ma non lo sono stato. Non ho salvato nessuno di loro, Myrcella è morta avvelenata tra le mie braccia.»
«Jaime…»
«Non ero destinato a essere padre, ho fallito miseramente.»
«Non essere così duro con te stesso, hai fatto ciò che potevi.»
«Si, ma non abbastanza Brienne.»
Brienne accarezzò il volto di Jaime Lannister e poi lo baciò.

 

 

 

 

Sansa e Arya erano uscite per andare nel Parco degli Dei, Spettro invece era rimasto dentro al castello.
«Non saremmo dovute uscire.»
«Sto bene Arya, voglio solo pregare è da tanto che non lo faccio. Non sei costretta a venire con me.»
«Non essere stupida, se ti sentissi male? No devo venire Sansa.»
«Ti preoccupi troppo.»
«E tu troppo poco, non manca molto e dovresti saperlo meglio di me.»
«Lo so» rispose tristemente.
Avrebbe voluto tanto che Jon fosse con lei durante il parto, avrebbe voluto suo marito a Grande Inverno, quella era la ragione per cui voleva pregare, per far si che Jon e Gendry e Daenerys e molti altri tornassero sani e salvi a Grande Inverno.
Si mise a sedere nella panca di pietra ricoperta ormai da strati e strati di neve, si chiese se quella neve un giorno se ne sarebbe andata.
Il freddo le pungeva il viso, era certa di avere il naso rosso come i suoi capelli ormai.
Aveva sempre creduto negli antichi dei, almeno fino alla morte di suo padre, e poi piano piano aveva smesso di credere negli dei, nei cavalieri e nelle dame in pericolo che venivano salavate.
Era stata usata, era stata una pedina ma ora non lo era più, era lei a comandare il gioco.
Arya al contrario non sapeva nulla di trame, di giochi di potere, per lei la spada risolveva tutto, eppure era lì pronta a difenderla, ad aiutarla.
«Ricordi quando nostro padre ci portava qui?»
«Si, ricordo la prima volta.»
«Era tutto così diverso un tempo» rispose Sansa, ma non pianse, aveva finito le lacrime, il ghiaccio sembrava averle congelate.
Si voltò verso Arya togliendo la mano dal tronco e dal nulla vide comparire un bambino, vestito troppo poco e troppo magro.
«Arya?»
Arya si voltò e lo vide anche lei, teneva un pugnale di riserva fatto di ossidiana, era stato Jon a darglielo, come le aveva dato Ago tanti anni prima.
Ma più il bambino si avvicinava e più era normale, non aveva gli occhi azzurri e le due sorelle tirarono un sospiro di sollievo.
Sansa si alzò e andò incontro al bambino seguita da Arya.
«Va tutto bene? Ti sei perso?» domandò gentilmente lei.
Il bambino tremava per il freddo, i suoi abiti erano logori, si chiese come avesse fatto ad arrivare fino a lì, nel Parco degli Dei.
Ma il bambino rimase muto.
«Hai un nome?»  chiese ancora.
Ma lui continuò a non rispondere, poi all’improvviso tirò fuori una lama e si avventò contro Sansa Stark.







 

[Chiedo scusa per il ritardo ma non avevo fantasia, ultimamente non riesco a scrivere, ma spero che questo capitolo vi sia piaciuto, con affetto Lils.]

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Capitolo 63
*** SESSANTADUE ***


SESSANTADUE





Il colpo del bambino mancò Sansa per un pelo, che attonita cadde a terra sulla neve tentando di proteggersi la pancia.
«Sansa!» urlò Arya, poi quando capì che la sorella stava bene, andò dal bambino che impaurito e infreddolito era rimasto immobile e gli puntò Ago alla gola.
Quel gesto le fece paura, lei non uccideva i bambini, lei non era come il Mastino o Cersei Lannister o tutti quei mostri che aveva conosciuto ad Approdo del re.
Ma nonostante tutto, nonostante avesse le lacrime agli occhi tenne la lama puntata contro il suo corpo scheletrico.
«Chi sei!» urlò Arya Stark, ma il bambino rimase immobile, mentre grandi lacrime rotolavano sulla sua pelle.
«Arya…» disse Sansa avvicinandosi, «abbassa la spada.»
«Sansa, ha cercato di ucciderti.»
«Lo so, ma così non otterremo nulla. Abbassa la spada» supplicò lei.
Arya guardò il bambino e poi sua sorella, alla fine anche se non avrebbe voluto abbassò Ago e la rinfoderò, ma avrebbe difeso Sansa nuovamente se fosse stato necessario.
Sansa si avvicinò di più a quella creatura pelle e ossa che tremava e piangeva, forse era il suo istinto di madre, ma non sopportava di vederlo in quello stato.
Gentilmente prese le mani del bambino e lo condusse fino alla panca, poi si tolse la pelliccia e la mise addosso a lui, ne aveva più bisogno di lei.
‘E’ questo ciò che farebbe una buona regina’ si disse.
Sentì Robb scalciare, suo figlio stava bene.
«Qual è il tuo nome?» domandò nuovamente Sansa, ma il bambino aveva troppa paura e freddo per rispondere e anche fame, Sansa ne era certa.
«Arya, rientriamo. Ha bisogno di cibo, un bagno caldo e vestiti.»
«Ma…»
«Non ho dubbi che qualcuno sia l’artefice di tutto questo, ma trattandolo male e minacciandolo non ci dirà nulla. Guardalo.»
«Il fatto che sia un bambino non vuol dire che debba restare impunito.»
«Cosa sappiamo noi per giudicarlo così duramente? Non lascerò morire un bambino di fame e di freddo, non importa cosa abbia cercato di fare. Verrà con noi e me ne occuperò io» disse risoluta Sansa.
E in quel momento pure Arya la vide come una regina e non come sua sorella.
Sansa prese le mano del bambino e lo fece alzare, poi con la pelliccia che strusciava sulla neve lasciando un segno lo condusse dentro al castello.
Andò dritta nelle cucine, tutti si voltarono nel vederla lì.
«Mia regina» esclamò una donna anziana.
«Preparate da mangiare per questo bambino, e poi vorrei che venisse preparato un bagno caldo e che trovaste dei vestiti adatti a lui, dovrebbero essercene ancora…» disse, avrebbe voluto dire che quelli che erano appartenuti a Rickon sarebbero stati perfetti, ma le parole le morirono in gola.
«Avete sentito? Muovetevi ragazze!»
«Grazie» rispose lei guardando le giovani ragazze e la donna più anziana.
«Non ci devi ringraziare, noi siamo ai vostri ordini.»
«Nostro padre ringraziava sempre e io continuerò a farlo come avrebbe fatto lui. Portate tutto nella mia stanza e chiedete a Jaime Lannister di raggiungermi.»
«Subito mia regina.»






Viserion era ormai lontano e Bran con lui, Jon era disperato, il suo cuore era a pezzi, sapeva già che suo fratello sarebbe morto ma non voleva e non poteva accettarlo, non dopo la morte di Eddard, Robb e Rickon Stark, e anche dopo quella di Catelyn Tully.
Lei lo aveva odiato dal momento in cui suo padre lo aveva portato a Grande Inverno, se solo lui avesse detto la verità a sua moglie magari le cose sarebbero potute andare diversamente.
Ma non era andata così e lady Stark non era mai stata una madre per Jon.
Mai.
Ma per suo figlio sarebbe stato tutto diverso, non sarebbe cresciuto come era cresciuto lui, avrebbe avuto al suo fianco sua madre, per molto tempo e con un po’ di fortuna anche suo padre e un giorno dei fratelli con i quali sarebbe cresciuto.
Tutti quei pensieri e ricordi vorticavano nella testa del re del Nord mentre calava in picchiata verso il suolo ricoperto di neve e ghiaccio, mentre il vento gelido gli scorticava la faccia e sentiva la sua pelle fumare.
Atterrò vicino a Melisandre, per un solo istante alzò la testa per osservare Daenerys, averla lì gli dava più forza, lo faceva sentire anche meno solo.
Per lei la vita era stata molto più dura che per lui, almeno Jon era cresciuto con parte della sua famiglia, con dei fratelli che aveva amato e che lo avevano amato, con uomo che lo aveva sempre trattato come un figlio anche se non lo era.
Daenerys era stata sola con Viserys e la sua follia crescente, braccata giorno e notte per quasi tutta la sua vita, due vite simili e così diverse allo stesso tempo.
Corse subito verso Melisandre, ma per un istante rimase sorpreso da ciò che vide.
Non era più la donna bella e giovane che aveva sempre conosciuto, al suo posto, nel suo vestito rosso come il sangue c’era il corpo di una vecchia morente.
«Mio re» sussurrò, Jon era convinto che fosse morta.
«Melisandre. Cosa hai fatto?»
«Ti ho permesso di vincere la guerra» rispose lei, il respiro che era ormai un rantolo.
«Non capisco…»
«Ti avevo detto che ti sarei servita un giorno, è così che deve concludersi la mia vita. Ho vissuto più a lungo di quanto tu possa mai immaginare Jon Snow. Raccogli la spada, con quella potrai sconfiggere il re della notte e mettere fine a questo inverno. Il tempo scorrerà come una vola, le stagioni verrano ripristinate e ogni cosa tornerà al suo posto. La neve si fermerà e i vivi vivranno. Almeno questo mio ultimo gesto sarà servito a qualcosa.»
Jon allungò la mano e impugnò la spada, aveva gli occhi lucidi.
Provava amore e odio per la sacerdotessa rossa di Asshai delle Ombre.
Chinò il capo.
«Va ora, ogni istante che passa lui è in vantaggio su di te. Ma il signore delle luce ti accompagnerà in questa impresa, fino alla fine, mio re.»
Melisandre chiuse gli occhi e smise per sempre di respirare, i capelli ormai grigi si erano quasi confusi con la neve.
Jon si promise che finita la battaglia le avrebbe dato degna sepoltura.







«Mi hai fatto chiamare?» disse Jaime dopo essere entrato.
«Entra» rispose Sansa.
Ma ser Jaime rimase fermo sulla soglia ad osservare la regina del Nord che aiutava un bambino a vestirsi.
«Ser Jaime… entra per favore e chiudi la porta.»
Jaime ubbidì, lo aveva giurato e almeno quel giuramento lo avrebbe rispettato a costo della vita.
«Chi è questo bambino?» domandò dopo qualche istante.
«E’ ciò che vorrei sapere anche io, ha tentato di uccidermi nel Parco degli Dei.»
«Cosa?» urlò.
«Sono certa che abbia agito per ordine di qualcuno e io intendo sapere per ordine di chi.»
«E lo hai portato nella tua stanza?»
«Guardalo. E’ denutrito ed era vestito con dei panni logori, sarebbe morto di fame e di freddo e sono certa che è questa la ragione che lo ha spinto ad accettare l’ordine» rispose lei finendo di mettergli la maglietta.
Era vero, dovette ammettere, quel bambino era quasi scheletrico, le costole spuntavano dalla sua pelle.
«Va bene… ci penso io» rispose poi si mise difronte al bambino.
«La regina Sansa è stata buona e gentile con te, vero?» disse, il bambino annuì, ma il cavaliere lo spaventava, sapeva esattamente chi fosse Jaime Lannister.
«Io ho giurato a re Jon di proteggerla, e intendo farlo. Sono sicuro che tu sia un bambino molto coraggioso e affamato, ma se mi aiuterai sarai tratto bene a Grande Inverno. Sarai nutrito e avrai abiti nuovi, come questi. Iniziamo con il tuo nome. Il mio è Jaime.»
Il bambino osservò il cavaliere poi Sansa, lei annuì e allora disse il suo nome.
«Nicholas» fu poco più di un sussurro.
«Nicholas, è un bellissimo nome. Perché volevi uccidere Sansa Stark?»
«Io… io non volevo farlo, ma loro mi avevano promesso cibo.»
«Capisco» rispose Jaime con tristezza, «chi sono loro, Nicholas? Da dove vieni?»
«Dal Nord. Mi hanno mandato un messaggio.»
«Da dove?»
«Dal Sud.»
«Dal Sud» rispose Jaime, e sentì un groppo alla gola, «chi ti ha chiesto di farlo?»
«Il maestro. Io non l’ho mai visto, me lo hanno detto altri bambini.»
«Ma sai il suo nome?»
«Si, è Qyburn.»
Jaime alzò gli occhi lì spostò su Sansa Stark e sulla sua pancia, ormai mancava poco alla nascita dell’erede del Nord e sapeva che Cersei avrebbe cercato di avere la sua vendetta per la morte di Joffrey e ciò che riteneva un suo tradimento.






 

QUESTO E' IL MIO REGALO DI NATALE PER VOI, PER CHI LEGGERA' LA MIA STORIA. SE VI E' PIACIUTA FINO A QUESTO MOMENTO, LASCIATEMI UN COMMENTO O DITEMI COSA NON VI E' PIACIUTO. 
UN BACIO!

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Capitolo 64
*** SESSANTATRE ***


SESSANTATRE


 

 

 

Jon corse verso Rhaegal che si trovava poco più lontano dal corpo di Melisandre, Daenerys ancora volava alla ricerca dei suoi figli ma orami era tardi, almeno per uno di loro.
Strinse forte la spada che gli aveva dato Melisandre e giurò che il suo sacrificio sarebbe servito a qualcosa, che la sua morte sarebbe stata la morte per il Re della Notte.
«Vola Rhaegal!» urlò Jon.
Voleva solo raggiungere suo fratello e salvarlo, in breve tempo Daenerys gli fu accanto, gli aveva insegnato a cavalcare Rhaegal, gli aveva insegnato le parole da dire per fare fuoco, bastò un suo sguardo e Jon capì, capì cosa volesse fare Daenerys, ma laggiù insieme ai morti c’erano anche i vivi.
«No! Non possiamo!» urlò, mentre la neve e il vento si abbattevano sul suo volto.
«Se non lo facciamo moriremo tutti Jon!»
Aveva ragione, Jon lo sapeva.
Qualche vita per le vite di molti, per le vite di tutto il mondo conosciuto non solo per il Nord.
«Dracarys» ordinò Daenerys e subito dopo Drogon sputò fuoco sui nemici e Jon ordinò lo stesso a Rhaegl.
Osservò Bran andare contro il Re della Notte, aveva qualcosa in mano l’Estraneo, qualcosa che lanciò nel cielo scuro come l’inchiostro, qualcosa che colpì il drago e lo fece gemere di dolore, un urlo stridulo e subito i suoi fratelli lo imitarono.
Urlarono e piansero mentre il drago cadeva sulla nere, mentre il sangue usciva dal suo corpo.
«NO!» urlò Daenerys e Drogon urlò assieme a lei.
Calò in picchiata proprio nel momento in cui Viserion con sopra Bran si schiantava al suolo.
«Bran!» urlò Jon.
Rhaegal come suo fratello si precipitò al suolo.
Daenerys corse da suo figlio, Jon invece raggiunse Bran, era ancora vivo.
«Che cosa credevi di fare Bran?!»
«La cosa giusta» rispose a fatica.
Daenerys era accucciata sul suo drago, piangeva e lo accarezzava.
Jon si alzò e la raggiunse e lei si lasciò andare contro la sua spalla, si lasciò confortare dal suo abbraccio e mentre il drago chiudeva i suoi grandi occhi, i suoi fratelli gemettero di dolore, specie Rhaegal.
«Khaleesi!» urlò Jorah Mormont correndo dalla sua regina.
«Jorah. Mio figlio…» ma lei non riuscì a continuare, il dolore era troppo, ma dovevano fare qualcosa i non-morti li stavano circondando.
Quando arrivarono pure Gendry e Tormund, Jon fu felice di vederli ancora vivi.
«Che cosa facciamo ora?» chiese Tormund guardandosi attorno.
«Combattiamo e vinciamo questa guerra» rispose Jon con voce stanca.
Il lord del Nord mise una mano sulla spalla di Daenerys.
«Dany, se ci fermiamo ora moriremo tutti. La morte di Viserion e dei nostri uomini sarà stata inutile.»
«Era mio figlio.»
«Lo so» rispose Jon asciugandole una lacrima «ma non possiamo fermarci, non ora, non se vogliamo vincere e tornare a casa.»
Drogon agitò le sue immense ali per richiamare l'attenzione di sua madre, cosa che sembrò funzionare.
Daenerys guardò Jorah e lui le fece un segno con la testa, così la giovane regina diede un bacio a suo figlio, si rialzò e tornò a combattere per il bene del mondo.
Il cuore di Jon ardeva di rabbia per il Re della Notte, desiderava ucciderlo ma sapeva che sarebbe stato impossibile da solo.

 

 

 

 

 

 

 

«Cersei ti vuole morta, ma non accadrà» disse Arya dopo essere stata informata dalla sorella.
«Vuole morto mio figlio oltre che me» precisò Sansa.
«Be’ non avrà nessuno dei due te lo assicuro.»
«Arya…»
«I Lannister ci hanno già portato via troppo» rispose Arya Stark, noncurante della presenza di Jaime.
«Sarei dovuta stare più attenta mia lady, ti chiedo perdono.»
«Non devi Brienne, nessun cavaliere mi ha mai servita tanto fedelmente.»
«Ho già permesso una volta che il principe che servivo morisse durante la mia guarda, non accadrà mai più» disse solennemente.
«Andrò ad Approdo del Re e metterò fine a tutto questo» disse Jaime Lannister.
Sansa si voltò verso di lui ma prima si soffermò ad osservare Brienne.
«Ser Jaime…»
«Sorella mia, mia responsabilità. Ho giurato a tuo marito di proteggerti e lo farò, come Brienne pure io ho fallito a un giuramento fatto a un altro principe. Non ho difeso sua moglie e non ho impedito che i suoi figli venissero uccisi e gettati ai piedi del trono di spade per ordine di mio padre. Cersie non avrà pietà di te o di tuo figlio, questo lo sai.»
«Lo so, conosco tua sorella.»
«Allora lasciami partire, lascia che io tenga fede almeno a questo giuramento.»
Sansa rimase senza parole, Brienne stava per piangere, Sansa vedeva il suo labbro tremare ma sapeva che non lo avrebbe fatto, non lì.
«Lascia andare me» rispose Arya.
«Arya…»
«Sansa, il suo nome è sulla mia lista da molto tempo e non posso restare qui ad aspettare senza sapere cosa sta accadendo. Finirò per impazzire.»
«No, non ti lascerò andare. Ho bisogno di te ora più che mai. Nostra madre è morta, Jon e Bran sono in guerra, ho solo te Arya» rispose Sansa Stark toccandosi la pancia.
Arya avrebbe voluto ribattere ma non lo fece, gli occhi di sua sorella erano così tristi.
Sansa aveva bisogno di lei e presto anche suo nipote ne avrebbe avuto, non poteva abbandonarla, il suo posto era a Grande Inverno almeno per un altro po’.
«Ho dunque il tuo permesso lady Stark?» domandò Jaime Lannister che era rimasto in silenzio ad aspettare.
«Non è a me che devi chiederlo ser Jaime» rispose Sansa osservando Brienne di Tarth, «Arya andiamo.»
«Mia signora…»
«Sarò al sicuro con mia sorella.»







E quando le due ragazze Stark se ne furono andate Jaime si ritrovò solo con Brienne di Tarth che avrebbe voluto essere ovunque pur di non affrontare quell’argomento.
«Devo farlo Brienne, è una mia responsabilità.»
«Ti farà uccidere non appena metterai piede in città.»
«Forse, ma non posso restare qui ad aspettare che uccida Sansa Stark» disse Jaime avvicinandosi a lei e prendendole la mano.
«Allora io verrò con te.»
«No, il tuo posto al fianco di Sansa e io so cavarmela. Sono lo Sterminatore di Re ricordi?»
«No, non più. Non per me Jaime.»
«Jaime… ricordo bene i tempi in cui mi chiamavi in altri modi» rispose sorridendole.
«Vuoi litigare?»
«Dipende da come faremo pace dopo.»
«Lasciami venire con te» lo supplicò lei.
«Brienne… non posso. Per quale motivo credi che ti abbia dato l’armatura e Giuramento? Cersie ti credeva una minaccia, lei aveva capito prima di me. Forse sono davvero il più stupido dei Lannister.»
Quella verità colpì Brienne con una potenza tale da farle mancare quasi l’ossigeno.
«Promettimi che tornerai da me.»
«Non posso promettertelo e non perché i miei sentimenti siano mutati, ma non so se sopravviverò alla mia missione. Ma posso prometterti il mio cuore, ecco quello è tuo ora e per sempre.»









 

Vi chiedo scusa per averci messo tanto a scrivere un nuovo capitolo ma ero senza fantasia e SPERAVO che lastagione 8 potesse aiutarmi e invece è stata una delusione immensa.... 

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Capitolo 65
*** SESSANTAQUATTRO ***


SETTANTAQUATTRO





E quando l’alba spuntò nonostante il bianco della neve Jaime Lannister preparò il suo cavallo, Sansa era sveglia e lo aveva visto dalla finestra della stanza padronale.
Da quando Jon se ne era andato assieme a Bran e a Gendry le sue notti trascorrevano lunghe e insonni.
Si mise le scarpe e indossò la vestaglia, ancora con i capelli sfatti scese le scale e uscì dalla fortezza.
Jon, torna presto da noi.
«Ser Jaime» lo chiamò lei.
Il cavaliere si voltò e la osservò per qualche istante.
«Dovresti essere nel tuo letto, fa troppo freddo.»
«Il freddo non mi disturba.»
«Perché sei uscita?» domandò lui osservandola.
«Sta attento, non per me o per la promessa che hai fatto a Jon. Te lo chiedo per Brienne.»
Jaime sorrise quando Sansa pronunciò il suo nome.
La ama davvero.
«Ci proverò, desidero fare ritorno da lei e un giorno mi piacerebbe farle vedere Castel Granito e a me piacerebbe vedere Tarth.»
«Sono certa che lo desideri anche lei, ma sarai in grado di uccidere Cersei?»
«Ne dubiti vero? Io stesso ne dubito ma so che se mia sorella vivrà l’intero reame morirà. Ho ucciso re Aerys per una ragione anche se tuo padre non si è mai preoccupato di chiedermela e Cersei… Cersei ora è come un tempo era Aerys.»
«Aspetta tuo figlio» gli ricordò Sansa.
«Lo so, due vite contro quelle di tutti e Sette i Regni. Tuo marito cosa farebbe?»
«La cosa giusta, Jon fa sempre la cosa giusta.»
«Spero di riuscirci anche io. Stalle vicina, so che quello è il suo compito ma…»
«Lo farò e tu cerca di ritornare da lei.»
«Giuro che ci proverò» rispose Jaime, poi si diede una spinta e salì sul suo cavallo.
«Buona fortuna ser Jaime» disse Sansa mentre Jaime Lannister si allontanava e mentre le impronte del suo cavallo venivano subito cancellate dalla neve che cadeva.
Sansa lasciò che il freddo pungente le entrasse sotto alla vestaglia e arrivasse fino alle ossa, quella era casa sua e anche il freddo ne faceva parte, lei era una Stark di Grande Inverno e per troppo tempo lo aveva dimenticato.
Stava per rientrare quando sentì una fitta talmente forte che la fece cadere in ginocchio sulla neve, respiro a fatica stringendo la vestaglia con le mani e cercando un modo per rialzarsi.
«No, non ora» disse toccandosi la pancia, ma sapeva che presto suo figlio sarebbe venuto al mondo.
Un uomo arrivò a soccorrerla, la aiutò ad alzarsi e la riportò dentro al suo castello, poco dopo Sansa incontrò Arya.
«Sansa!»
«Sto bene, non agitarti» rispose a sua sorella liberandosi dalla presa del suo aiutante.
«Cosa è successo?»
«L’ho trovata a terra mia lady, sulla neve.»
«Aiutami a portarla nella sua stanza.»
«Si» rispose l’uomo.
Sansa avrebbe voluto protestare e andare da sola fino alla sua stanza ma non ne aveva la forza, mentre stava salendo un’altra fitta la colpì e le sembrò che i polmoni fossero vuoti, che tutta l’aria se ne fosse andata e fu solo grazie all’aiuto di sua sorella e di quell’uomo che riuscì a restare in piedi ma fu impossibile trattenere il gemito di dolore.
«Appena sarai nella tua stanza andrò a chiamare il maestro.»
«Non serve» rispose lei.
«Si invece, Sansa il bambino sta per arrivare.»
«No! Non senza che Jon sia tornato a casa» rispose lei riprendendo a salire le scale.
La fecero sedere sul letto e l’uomo fu mandato a chiamare il maestro.
«Togliti la vestaglia» disse Arya, ma quando vide che sua sorella non si muoveva iniziò lei a togliergliela.
«Non può nascere ora.»
«So che vorresti Jon al tuo fianco ma lui sta combattendo ora e anche tu avrai la tua battaglia da combattere.»
Sansa le sorrise.
«Quando sei diventata tanto saggia?»
«Lo sono da sempre» rispose sua sorella sorridendogli.





 

 

Più non-morti uccidevano e più ne arrivavano erano come un fiume in piena che non cessava di aumentare fino a sfondare i suoi argini, argini che Jon non sapeva più come contenere.
Ogni uomo che cadeva diventava un nemico ogni volta che il Re della Notte alzava le braccia loro risorgevano.
Lo vide scendere dalla collina con passo calmo, Daenerys era tornata sul dorso di Drogon con il cuore a pezzi per la morte di Viserion, Rhaegal era ancora accanto a Jon, ormai era lui il suo padrone nonostante lei fosse sua madre.
Si avvicinò sempre più ma non per uccidere Jon e nemmeno per uccidere Danerys, il suo obiettivo era un altro.
«No!» urlò Jon, che ormai aveva capito le sue intenzioni.
Piano piano il Re della Notte raggiunse Viserion, posò una mano sul suo muso e mentre Jon cercò di avvicinarsi vide il drago riaprire gli occhi e i suoi occhi erano blu.
Jon rimase immobile difronte a quella scena, sconvolto per il ritorno del drago e per ciò che avrebbero dovuto affrontare.
Avere un drago dalla propria parte era un conto ma averne uno contro era un altro.
«Daenerys!» urlò Jon ma lei era troppo in alto per poterlo sentire, troppo in alto per poterlo vedere.
Dovrà combattere contro suo figlio.
Il drago si tirò su, dispiegò le ali un po’ bucate in alcuni punti e il suo corpo che mostrava ancora i segni della ferita causatagli dal suo nuovo padrone.
Il Re della Notte si voltò verso Jon e sorrise.







 

Scusate se non ho più aggiornato ma il fianle di questa serie tv che un tempo era a livelli altissimi mi ha veramente DELUSA e fatta arrabbiare per non dire di peggio. 
Inoltre ho iniziato una nuova ff su Jon e Dany appunto per il motivo sopra citato. A mio parere la stagione 8 di GOT non esiste. 

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Capitolo 66
*** SESSANTACINQUE ***


SESSANTASEI





«Che qualcuno si occupi del bambino» disse Arya, «Maestro tu rimani qui con Sansa, potrebbe avere bisogno di cure e non voglio che…»
«Non le accadrà nulla mia signora, tutto ciò che le occorre è riposo.»
«Non so per quanto potrà riposare ma fino ad allora non svegliarla, non finché io non tornerò. Quando lo farò dovremo fuggire.»
«E dove?»
«Le cripte, Sam ha detto che le cripte sono protette da degli incantesimi proprio come la Barriera, ricordo che anche mio padre era solito dirlo. Se la situazione dovesse peggiorare, se il castello dovesse cadere allora andremo lì.»
«E tu?»
«Robb è nato e Sansa ora ha bisogno di te e non di me, il mio posto è sul campo di battaglia maestro, io non sono una lady e non lo sono mai stata, ho sempre sognato di diventare un cavaliere.»
«Fa attenzione e che gli dei veglino su di te mia signora.»
«Riposa ora, ci rivedremo presto Sansa.»
Arya guardò un’ultima volta sua sorella che dormiva esausta dopo il parto, diede un ultimo saluto a suo nipote appena nato e poi uscì dalla stanza pronta ormai alla battaglia.
Gendry aveva forgiato per lei un’arma speciale, il suo cuore martellava nel petto ma non poteva restare nascosta non finché poteva battersi, altri si stavano battendo, Gendry e Jon si stavano battendo e Arya Stark non sarebbe di certo stata da meno.
Grande Inverno era la sua casa e già una volta era stata strappata agli Stark, non voleva e non poteva permettere che accadesse ancora.
«Per il bene dei miei fratelli e quello di mio nipote» disse tra se e se mentre maneggiava la lancia, dono di Gendry.
Per lei era perfetta non troppo pesante ma nemmeno leggera, i fuochi si fecero più vividi e intensi, la neve che cadeva era fredda e le bagnava il volto, i capelli e i vestiti.
Soldati combattevano i non-morti con le armi forgiate grazie all’ossidiana estratta da Roccia del drago dono di Daenerys Targaryen.
Arya sentì un rumore roco provenire da dietro di lei, fu veloce e con la lancia riuscì a parare una spada, spada che avrebbe anche potuta ucciderla seduta stante se la creatura non avesse emesso quel suono cupo quanto la notte.
Urlò e si scaraventò contro la creatura, il suo volto non era intero ne mancava una parte, un occhio non c’era più e la bocca sembrava un buco nero e pronto a risucchiarla.
Alla fine riuscì a piantargli la lancia nel petto e la creatura si sfece come neve al sole.







Jon salì immediatamente in groppa al suo drago che in breve si librò in aria mentre il Re della Notte osservava paziente, sembrava come un gatto che aspettasse il momento opportuno per uccidere il topo, o meglio tutti i topi.
La spada Melisandre aveva usato per sacrificarsi e che ancora era sporca del suo sangue era saldamente nel fodero appeso alla vita di Jon Snow.
Il corpo della sacerdotessa rossa spiccava nella neve, come un papavero, il freddo pervase il suo corpo mentre saliva sempre più su alla ricerca di Daenerys, doveva sapere cos’era accaduto.
Ma la notte era oscura e la luna non sembrava volersi mostrare, il mondo era eclissato e Jon temeva di fallire e se avesse fallito tutto ne avrebbero pagato le conseguenze incluso suo figlio.
Non poteva e non doveva fallire.
«Daenerys!» urlò volando alla ceca mentre Rhaegal emetteva suoni gutturali.
«Dannazzione! Dany!!»
Nulla, non c’era traccia di lei e di Drogon e mentre volava per cercarla Rhaegal di tanto in tanto sputava fuoco sui nemici o almeno Jon pregò che il drago non incenerisse nessuno dei suoi soldati ma proprio mentre pensava a loro Rhaegal si scontrò con suo fratello.
Viserion ormai era sotto il controllo del Re della Notte, i suoi occhi erano azzurri come il cielo in primavera, i due draghi iniziarono a combattere, a mordersi, a colpirsi con le zampe e con la possente coda, Jon cercava di tenersi a Rhaegal mentre il suo avversario non sembrava per niente in difficoltà come lui, tanto che poco dopo lo vide con la spada in mano e fu fortunato ad essere abbastanza rapido da parare il colpo.
La spada vibrò nell’aria della tenebrosa di quella notte, il suo avversario non si scoraggiò e poco dopo tornò all’attacco, Jon non era pronto per questo, non era pronto per combattere sul dorso di un drago che stava lottando esattamente come lui.
In lontananza vide un fiamma, Daenerys li aveva trovati alla fine.
Troverà la forza per combattere Visirion? - si domandò il lupo bianco.
Il drago non-morto percepì l’arrivo del fratello e si voltò verso di lui, una fiamma azzurra come i suoi occhi fuoriuscì dalla sua bocca, Dany lo schivò e urlando si avvicinò sempre più, finché i due draghi con i loro cavalieri non scomparvero dalla vista di Jon, precipitando insieme come stretti in un abbraccio, sembravano danzare, vorticare insieme ai fiocchi di neve.
«Daenerys!»
Jon pregò per lei, pregò per la sua vita.
«Sei stato bravo» disse a Rhaegal e poi anche lui scese fino a toccare terra ma non smontò dal drago, tenne lo sguardo fisso verso l’alto per vedere cosa accadeva tra i due draghi ormai non più fratelli come un tempo, sfoderò la spada in attesa che i quattro toccassero terra.







Arya correva e correva nei lunghi corridoi di Grande Inverno, era sudata nonostante il freddo e la neve che continuava a cadere, era sporca di sangue e di terra ma continuava a correre.
I fuochi ardevano come pira.
Una sola pira - pensò tristemente - una sola pira che sta distruggendo Grande Inverno.
Mentre correva si scontrò con Brienne di Tarth.
Brienne confusa la osservò per un po’.
«Mia signora non dovresti essere qui, tua sorella…»
«Robb è nato, e il mio posto ora è questo.»
«Non per molto temo, presto dovremo attuare il piano di tuo fratello.»
Arya si osservò in torno, i soldati morivano, cadevano ma si rialzavano diventando loro nemici.
«Brienne vai da Sansa, aiutala a vestirsi e portala nelle cripte.»
«E tu?»
«Cercherò di salvare i nostri soldati e i soldati di Daenerys, vi raggiungerò non temere.»
«Non posso lasciarti qui.»
«Vai io so difendermi, ma Sansa no. E’ debole e stanca, non so nemmeno se riuscirà a camminare fino alle cripte. Proteggila e proteggi Robb. Ti prego.»
«Ho fatto un giuramento a lady Stark e lo manterrò, porterò la regina Sansa al sicuro nelle cripte e poi tornerò da te.»
Arya annuì e osservò Brienne correre e poi scomparire nel buio.







Brienne entrò con la spada ancora sguainata e trovò il maestro accanto al letto di Sansa Stark.
«Lady Brienne…»
«Dobbiamo andare.»
«Ma la regina…»
«La regina morirà se non abbandoniamo subito Grande Inverno e non solo lei»
Sansa dormiva, stanca e sfinita dal parto.
«Mia signora» cercò di svegliarla Brienne di Tarth, il suo colorito era pallido e le mani fredde, «Maestà, sono Brienne. Svegliati ti supplico.»
Sansa Stark aprì gli occhi, occhi blu come il mare.
«Brienne.»
«Perdonami mia regina ma il momento è giunto, dobbiamo scendere nelle cripte.»
«Ma sua maestà è debole, non può camminare.»
«Mi dispiace ma non si può rimandare oltre.»
«Arya? Brienne, dov’è mia sorella?» chiese lei preoccupata.
«Sta combattendo, appena vi avrò scortati nelle cripte tornerò a prenderla.»
«Stiamo perdendo dunque?»
«Sì» ammise Brienne.
«Grande Inverno sta per cadere e io non posso evitarlo.»
«Grande Inverno può essere ricostruito mia regina, ma le vostre vite sono più importanti. Altri ci stanno aspettando nelle cripte, lì saremo al sicuro finché…»
Brienne smise di parlare, ma Sansa Stark sapeva benissimo cosa stesse per dire.
«Aiutami a vestirmi» le disse Sansa, «maestro copri bene Robb.»
«Certamente mia regina.»
Sansa guardò suo figlio, il bambino dormiva beato nonostante fuori infuriasse la guerra più grande che chiunque di loro avrebbe potuto immaginare.
Quando Sansa fu pronta Brienne la aiutò ad alzarsi, il maestro prese il bambino e facendo molta attenzione si incamminarono fino alle cripte.
La torcia che teneva Brienne illuminava il loro percorso, di tanto in tanto sentiva Sansa gemere, i dolori del parto erano ancora forti e pregò gli dei di proteggerla.












 

Chiedo umilmente il vostro perdono cari lettori/lettrici ma purtroppo ho avuto un periodo di secca, in realtà ce l'ho ancora... ho aggioranto solo una FF e non è mai stata questa.
MA finalmente sono tornata con un nuovo capitolo!
Fatemi sapere cosa ne pensate!!! 

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Capitolo 67
*** SESSANTASEI ***


SESSANTASETTE









Jaime aveva cavalcato a tappe forzate per arrivare ad Approdo del re il prima possibile.
La sua mente sapeva che la scelta presa era giusta ma nel suo cuore c’era ancora affetto per Cersei, non amore quello era svanito ormai da tempo ma Cersei Lannister restava pur sempre la sua gemella.
Con lei aveva visto la luce e con lei sarebbe morto, non avrebbe mai più rivisto Brienne e tanto meno Tarth ma quella era la cosa giusta da fare.
Le gambe dolevano per la marcia forzata e il freddo era quasi insopportabile, mai aveva sentito un freddo simile in tutta la sua vita, lui era un figlio dell’estate nonostante tutto.
Quando aveva fatto quella strada anni fa c’era anche Robert Baratheon e avevano impiegato un mese, Jaime era ormai in viaggio da oltre quindici giorni e mancava poco a raggiungere Approdo del re, casa sua per certi versi.
«Dei datemi la forza» pregò Jaime alzando gli occhi al cielo bianco da cui continuava a cadere neve.
La gambe erano intirizzite e pure il suo cavallo aveva freddo ma nonostante tutto si fece forza e continuò a cavalcare e a ogni passo il cavallo sembrava sprofondare nella neve che si era accumulata sulla strada del re.
Senza smettere di avanzare tirò fuori dalla sacca appesa al lato del cavallo un po’ di carne secca.
Ma la sua mente era divisa tra la sua missione e il suo addio a Brienne di Tarth.
Come prima cosa avrebbe cercato di entrare nella città senza essere riconosciuto era ancora il comandante ma non era certo dell’accoglienza che i suoi fratelli gli avrebbero rivolto.
Le cappe bianche un tempo erano formate da uomini che valevano mentre ora erano solo formate da uomini che tali non erano, Jaime aveva conosciuto il Toro Bianco, Arthur Dayne, il vecchio Barristan Selmy e da loro aveva imparato, aveva avuto tale fortuna.
Cersei era riuscita a rovinare anche quello e Jaime non riusciva ad accettarlo.
Ripensava alle parole di Sansa, sarebbe riuscito a ucciderla?
La verità è che ancora non lo sapeva.



 

 

Sansa si sentiva quasi svenire, il dolore del parto era ancora vivo e tutto il suo corpo sembrava bruciare, Brienne la prese in tempo prima che cadesse a terra.
«Mia signora manca poco» le disse Brienne ma Sansa era stanca e non riusciva a pensare ad altro che non fosse il dolore che provava.
«Maestro, la regina scotta» disse Brienne posandole una mano sulla fronte pallida come la neve che ricopriva Grande Inverno e tutto ciò che aveva conosciuto fin dalla sua nascita.
Oltre a bruciare Sansa si sentiva bagnata, emise un gemito e si toccò le cosce.
Stava perdendo sangue.
«Brienne, non ce la faccio» le sussurrò lei, così la donna cavaliere la prese in braccio gettando la torcia e aumentò il passo.
Quando finalmente scesero nelle cripte paradossalmente furono accolti da calore invece che dal freddo, la strada era illuminata poiché molte persone erano nascoste lì tra cui Gilly e il suo bambino.
Quando la vide arrivare Gilly si alzò e aiutò Brienne a mettere Sansa a terra, poi prese il piccolo principe appena nato e lo cullò.
«Maestà» le disse il maestro ma Sansa riusciva appena ad udire ciò che accadeva a stento riconosceva le persone attorno a lei.
«Robb» chiamò lei.
«E’ qui altezza, lui sta bene» rispose Gilly abbassandosi e Sansa gli fece una carezza.
«Non va bene» sentì dire al mastro «avevo detto a lady Arya che non dovevamo spostarla!»
«O questo o la morte maestro.»
«Sì ma così la nostra regina morirà lo stesso mia signora. Trema come una foglia e questo non è un bene e inoltre sta sanguinando troppo» rispose il maestro a Brienne.
«Cosa ti occorre?» domandò lei.
I suoni e le voci erano distorti come se lei si trovasse in una bolla e non potesse sentire e vedere bene, poi vide Jon o almeno così le parve e mentre stava per toccarlo la sua figura scomparve, si sgretolò tra le sue mani e il dolore che fino a poco fa aveva provato si fece più intenso, urlò di questo ne fu consapevole e poi il mondo divenne solo una massa scura e fredda.

 

 



 

La lotta continuava nel freddo del bosco, i resti della Barriera di quella che per anni era stata la sua casa giacevano nella neve fredda e bianca, le brache di Jon erano congelate così come il resto del suo corpo.
Jon attendeva che Daenerys e il Re della notte finalmente toccassero terra.
Rhaegal chiamava sua madre e i suoi fratelli anche se ormai Viserion non era più consapevole delle sue azioni, non più lui ma manovrato dal perfido re non-morto.
«Dany!» la chiamò Jon.
Nulla, ancora non la vedeva e nel suo cuore temeva che fosse morta, temeva di non rivederla mai più.
Amava Sansa certo ma in quei mesi aveva imparato a conoscere e ad amare anche Daenerys Targaryene e chissà se le cose fossero andate diversamente, se suo padre non fosse morto al Tridente forse oggi avrebbe amato solo lei, ma il pensiero di una vita senza Sansa Stark era ormai inconcepibile.
Pregò di rivederla e di vedere anche suo figlio, non mancava molto alla sua nascita e lui avrebbe voluto essere lì, essere la fianco della donna che amava e invece era lontano leghe a combattere per il bene del mondo che conosceva.
Proprio mentre pensava al suo piccolo principe un’ombra comparve e poi atterrò vicino a lui, era Daenerys.
«Dany!» urlò lui e le corse in contro, la abbracciò stretta e ringraziò silenziosamente gli dei di averla risparmiata.
«Jon, stai bene?»
«Sì, e tu?»
Dany annuì, poi si avvicinò a Rhaegal.
«Sta arrivando» disse lei, lo sguardo furioso come una tempesta che manda alla deriva ogni nave che osa cavalcare le sue onde, un mare viola che traboccava di odio, un odio che Jon Snow ben comprendeva.
Poco dopo anche il Re della Notte arrivò, non disse nulla e Jon si domandò se sapesse parlare, tirò fuori una spada da dietro la schiena e osservò il lupo bianco e la madre dei draghi.
«Perché ci combatti? Cosa abbiamo fatto di male?!» disse Jon mentre teneva Lungo Artiglio stretta in pugno.
«Jon non è un essere con cui poter ragionare.»
«Forse» rispose lui, poi abbassando Lungo Artiglio ancora intrisa del sangue di Melisandre fece un passo verso la creatura.
«Cosa vuoi davvero?» chiese ancora il re del Nord.
Il Re della Notte sorrise, aveva compreso le parole di Jon.
I suoi uomini erano caduti in molti così come quelli di Daenerys, lui stesso era esausto e si domandò se davvero sarebbe stato in grado di sconfiggerlo con le poche forze che gli erano rimaste.
«Ho visto cosa avete fatto ai figli di Craster e so il motivo per cui lui li donava a voi. So che mi capisci, possiamo trovare una soluzione.»
Il Re della Notte fece dei passi in avanti verso Jon senza abbassare la spada, ma Jon rimase fermo e attese che lui lo raggiungesse.
«Jon!»
«No, resta lì!»
Aveva paura e freddo, il pensiero di casa, di Sansa e di Robb non lo lasciavano mai ma se esisteva anche una sola remota possibilità di fermare quel massacro allora doveva farlo, anche a costo di morire.
«Possiamo fermare tutto questo, noi…»
«Noi?» rispose la creatura.
Jon sgranò gli occhi ma non ne fu del tutto sorpreso.
Era altero, distante e freddo ma era pur sempre un re e Jon lo stava trattando da re.
«Sì, noi. Tu ed io. Cosa vuoi per fermare questa guerra? Cosa abbiamo fatto per meritare tutto questo?» disse allargando le braccia.
Viserion riposava tranquillo non distante da Rhaegal e da Drogon.
«Avete violato i patti.»
«Quali patti?» chiese Jon.
«Non ha importanza, non più» rispose lui e poi la conversazione ebbe fine e il Re della Notte si scagliò contro Jon Snow.















 

Mi rendo conto che è un capitolo corto ma... è pur sempre un aggiornamento e dal momento che non riesco a scrivere quasi nulla direi che è molto lol. 
A parte questo spero che stiate bene dato il momento che stiamo vivendo e auguro a tutti i contagiati (se ce ne sono) di riprendersie e sopratutto vi ricordo di stare a casa per il bene di tutti!

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Capitolo 68
*** SESSANTASETTE ***


SESSANTOTTO










Jon parò ogni colpo e provò lui stesso ad attaccare anche se l’unica cosa che voleva era fermare quel massacro inutile, ora aveva la certezza che il Re della Notte lo comprendesse eppure… eppure aveva scelto di essere suo nemico, aveva scelto di continuare a combattere e di ingrandire le sue fila.
Teneva stretta la spada che Melisandre gli aveva dato, era morta per permettergli di vincere e di non far piombare il mondo nelle tenebre.
Nonostante la donna in passato avesse compiuto atti atroci alla fine aveva sacrificato la sua vita.
Il re del Nord urlò e si scaraventò contro il suo nemico che parava i suoi colpi e sorrideva.
«Ti prego, poniamo fine a tutto questo» disse Jon riprendendo fiato, per tutta risposta il nemico lo colpì con più forza e con più violenza, ogni parola di Jon sembrava far accrescere la sua ira.
«Non so cosa ti abbiano fatto o quali patti siano stati violati ma non è troppo tardi, non lo è.»
Il Re della Notte rimase a osservare Jon e la sua ostinazione, lo irritava di questo ne era certo.
«Possiamo fermare questo massacro, facciamolo allora» urlò mentre la neve stava vorticando e gelando ogni suo arto.
Daenerys era lì poco distante mentre Drogon e Rhaegla vegliavano su di lei.
«No» rispose l’altro e gli attacchi ripresero, incessanti e martorianti.
Dannazione, cosa potrebbe farlo desistere? - si chiese Jon.
La mano che un tempo si era bruciata sembrava più rigida del solito, più debole, ma del resto Jon Snow era esausto e tutto ciò che desiderava era ritrovare Bran e tornare a Grande Inverno assieme a lui e a Daenerys, baciare Sansa e sentire ancora una volta il suo profumo, scompigliare i capelli di Arya e abbracciare suo figlio per la prima volta.
Robb.
Solo il pensiero di lui gli ridiede la forza che era ormai venuta meno.

 

 

 

Brienne correva da una parte all’altra del castello o meglio delle rovine di quel castello, con una torcia in mano e la spada pronta per essere estratta al primo segnale di pericolo.
Era corsa a perdifiato fino allo studio del maestro per cercare le sue erbe e le sue polveri, a Sansa serviva anche del ghiaccio ma fortunatamente quello non mancava.
Gilly nel frattempo stava accudendo il piccolo principe che sembrava essere affamato ma in quel momento sua madre non era in grado di poterlo nutrire.
«Ho preso tutto» disse Brienne e poi corse nuovamente via schivando neve, rovine e la battaglia, aveva promesso ad Arya Stark che dopo aver scortato Sansa nelle cripte sarebbe andata da lei ma la situazione era precipitata e ora la regina del Nord aveva bisogno di lei e del maestro molto più di Arya.
I nemici e i soldati cadevano a terra e morivano ma per ogni sconfitto altri erano pronti a risorgere, Brienne chiuse gli occhi e chiese scusa ad Arya per non poter essere al suo fianco, per non poterla aiutare e assolvere così del tutto alla promessa fatta alla madre di lei.
Quando tornò nelle cripte qualcuno aveva già provveduto a prendere della neve così che il maestro aveva intanto iniziato a fare impacchi a Sansa Stark.
«Lady Brienne! Hai trovato tutto?»
«Credo di sì maestro, è tutto ciò che sono riuscita a trovare» rispose lei posando tutto a terra.
«Bene» rispose lui, poi si chinò e iniziò a mescolare alcune cose insieme alla neve sfatta ormai diventata acqua.
«Si salverà?» chiese Brienne preoccupata, il suo cuore era in pena per Sansa, per Arya ma soprattutto per Jaime Lannister ormai sicuramente giunto ad Approdo del Re.
«Io farò del mio meglio mia signora, ma la sua vita ora è nelle mai degli dei» rispose il maestro molto preoccupato per la sua giovane regina.

 

 

 

Jaime infine era ormai giunto ad Approdo del Re eppure quel luogo non era più lo stesso.
Dunque è vero, ha fatto esplodere il tempio.
Era stato uno sciocco a confidarsi con Cersei riguardo all’altofuoco, non avrebbe mai dovuto dirle le vere ragioni per cui aveva ucciso Aerys.
Lui aveva ucciso il suo re per ciò che intendeva fare e ora, sua sorella, la donna che più aveva amato nella sua vita era diventata come il re folle.
Era pericolosa non solo per se stessa ma soprattutto per il popolo.
Riuscirò a fare la cosa giusta? - si domandò ancora una volta - Ho già fallito in passato non posso fallire ancora.
La neve era giunta anche lì, mai Jaime aveva pensato di vedere la capitale così innevata, i suoi tetti rossi tutti ricoperti, la grande fortezza che si stagliava vero il cielo chiaro, ogni cosa era diversa, cupa, fredda.
Camminò sulla neve mentre i suoi stivali emettevano un rumore stridulo, aveva le gambe intorpidite dal freddo e dalla cavalcata fino al Sud.
Cercò di non farsi vedere, di essere discreto e di nascondere la sua mano d’oro.
Senza il mantello bianco e tenendo nascosta la finta mano, riuscì piano piano mischiandosi tra la folla ad entrare in città, ormai nessuno si preoccupava più dello Sterminatore di Re.

 

 

 

 

I nemici non finivano mai e Arya era esausta, per ogni nemico abbattuto altri cinque le piombavano addosso senza darle nemmeno il tempo di riprendere fiato.
La sua lancia, il dono di Gendry era facile da maneggiare e leggera, ma dopo tante ore sembrava pesare come un macigno.
«Maledetti!» urlò scagliandosi contro un altro non-morto, in principio la creatura parò il suo colpo e Arya si ritrovò spalle al muro, ma poi, alla fine, riuscì a liberarsi e lo infilzò e la creatura si sfece come la neve al sole.
Tutto attorno i morti aumentavano e i vivi diminuivano, la neve stava coprendo i corpi e gelando anche il suo, sentiva le ciglia umide ma non seppe dire se per le lacrime che avevano iniziato a cadere o per la neve fredda che invece cadeva incessante dal cielo.
«Jon, fai presto ti supplico» disse riprendendo per un istante fiato ma la pace non durò molto, altre creature apparvero, erano tre e lei era sola.
«Io non morirò, non oggi!» urlò ricordando ciò che il suo vecchio maestro di danza, Syrio il primo spadaccino di Braavos le aveva detto molti anni prima ad Approdo del Re.
Sembrava trascorsa una vita, quella era un’altra Arya ma nonostante tutto le sue parole erano impresse a fuoco nelle sua mente.
Mulinò la sua lancia e ne colpì uno ma gli altri non erano rimasti a guardare si erano scagliati anche loro, Arya chiuse gli occhi certa che ormai sarebbe morta quando improvvisamente qualcuno arrivò e la soccorse.
«Brienne!»
«Mia signora, sei ferita!» disse l’altra guerriera preoccupata.
Fino a poco prima Arya non lo aveva notato essendo troppo occupata a combattere.
«E’ meglio che tu vada nelle cripte.»
«No Brienne, posso ancora combattere.»
«Lo hai fatto e lady Catelyn sarebbe molto fiera di te ma ora è giunto il momento di riposare per te e di stare al fianco di tua sorella. Il maestro non sa se sarà in grado di sopravvivere.»
«Sansa!»
Tutte le sue forze improvvisamente sembravano averla abbandonata, la notizia del peggioramento della salute di sua sorella era stato il colpo di grazia, Brienne la guardò assimilare quell’orribile notizia pregando in cuor suo che gli dei potessero avere pietà di Sansa Stark e non privare il figlio appena nato sia della madre che del padre.
«Brienne, portami da lei» le chiese Arya, strinse più forte la sua lancia e poi si appoggiò alla Brienne di Tarth e piano piano discese nelle cripte ancora una volta.












 

Chiedo scusa in anticipo so che è un capitolo mooolto corto ma è ciò che sono riuscita a scrivere non per mancanza di tempo ma quanto di ""fantasia"", spero comunque di essere stata in grado di farvi distrarre anche se per un minuto o due. 
Bene fatemi sapere se vi piace!

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