Magic tricks

di Lamy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** A carte scoperte. ***
Capitolo 2: *** Illusioni, delusioni, risoluzioni. ***



Capitolo 1
*** A carte scoperte. ***


PARTE PRIMA: A CARTE SCOPERTE.
 
Prima regola del mago: essere sempre quello più intelligente.
(J. Daniel Atlas)
 
Nascondere. Questo verbo deriva dal latino ed é formato dalla particella abs- (che indica allontanamento), con- (che indica il mezzo), e -dere (che indica l'azione). Significa, dunque, allontanare un'azione da occhi indiscreti. Ed era proprio quello che stava facendo Daniel Atlas. Si stava nascondendo. Lo faceva sin dai tempi delle superiori, il ragazzo magro e con una cascata di capelli scuri che puntualmente gli coprivano gli occhi, che si rifugiava in un mazzo di carte e in qualsiasi altra illusione magica. Si nascondeva quando una mattina fu convocato in un appartamento disabitato insieme ad altre persone. Si nascondeva quando salì per la prima volta su un palcoscenico importante e diede spettacolo presentandosi come uno dei Cavalieri. Si nascondeva quando tenne per sé i sentimenti contrastanti per Henley. Si nascondeva da quando era svanito in un'esplosione di denaro e si teneva alla larga dall'FBI. Si nascondeva anche quando incontrò Norah White. Era una giornata fredda e piovosa, una di quelle che ti fa desiderare di restare a casa al caldo. Danny era stanco di aspettare una chiamata da parte di Dylan che, come sempre negli ultimi diciotto mesi, si era chiuso in un silenzio preoccupante. Esausto delle quattro mura del suo appartamento, decise di fare una passeggiata per schiarirsi le idee. In verità, aveva rintracciato il presunto covo dell'Occhio, così vi si era precipitato per confessare la sua intenzione di diventare il nuovo leader. Una voce, forse quella dell'uomo o della donna che muoveva i fili, gli disse che la sua attesa stava per finire. Sorpreso e curioso, abbandonò il tunnel per tornare a casa. Prima di imboccare la strada che lo riportasse al suo condominio, fece una fermata al Rose's per prendere un caffelatte e qualcosa di molto dolce da sgranocchiare.
"Una ciambella con ripieno di nutella e ricoperta di glassa." ordinò, poi tirò dal portafoglio una banconota e l'allungò sul bancone.
"I suoi valori di colesterolo e glicemia devono essere al massimo!" esclamò una voce alle sue spalle. Danny sbuffò, quel giorno non era in vena di scherzare. Aveva tutta l'intenzione di rispondere per le rime al ficcanaso ma, voltandosi, si bloccò. Una bellissima ragazza, capelli corti e neri, due enormi occhi castani, e un sorriso sornione lo salutarono.
"Mi scusi, sono stata maleducata. Non volevo infastidirla." adesso a Danny la voce della donna non dava più noia. Se ne stava elegantemente seduta a un tavolino, avvolta in un raffinato abito azzurro, un soprabito grigio sulle spalle, e una tazza di the tra le dita sottili. Danny scosse la testa energeticamente.
"Non mi ha affatto infastidito, si figuri. Io sono Daniel."
Si maledisse nel momento stesso in cui si presentò, perché non era una cosa che un fuggitivo doveva fare. Dylan lo avrebbe sgozzato.
"Io mi chiamo Norah White."
Il ragazzo ritirò la sua colazione e prese posto accanto alla nuova conoscenza dopo essere stato invitato. Non parlava con qualcuno che non fosse Dylan, Jack o McKinney da un anno e mezzo. Ed era anche da tempo che non aveva contatti con una donna, non dopo che Henley aveva lasciato il gruppo. Per quanto Norah sembrasse impeccabile e precisa, le sue mani erano coperte da graffi e macchine colorate. Ritrasse le braccia sotto la giacca quando notò gli occhi del ragazzo fissare le sue dita.
"Io dipingo. Insegno disegno all'Accademia delle Arti."
Se c'era una cosa che Danny ammirava oltre alla magia, era sicuramente l'arte. E, dettaglio più interessante, ammirava quella donna. La stessa donna che da quel giorno aveva cominciato a frequentare, che aveva baciato dopo una serata al cinema, la stessa donna che lo aveva fatto avvicinare al mondo della fotografia, la stessa di cui si era innamorato. Però, era anche la stessa donna a cui mentiva nascondendo la sua vera identità. Norah non aveva seguito la vicenda dei Cavalieri, conosceva solo i dettagli generali, ma non aveva idea dei nomi e dei volti dei quattro maghi, e a Danny andava bene così. Quel ventotto novembre festeggiavano il loro primo anniversario. Da un anno facevano coppia fissa. Da un anno Danny nascondeva Norah ai suoi amici. Da un anno nascondeva i suoi amici a Norah. Aveva perso le speranze che Dylan li richiamasse per una nuova missione e aveva deciso di godersi la vita.
"Pianeta terra chiama Danny. Amico, ti sei inceppato?" la mano di Jack svolazzava davanti agli occhi di Atlas da cinque minuti.
"No, Jack, ti ho sentito. Non volevo rispondere."
"Sei più irritante del solito. La mammina non ti ha dato la paghetta?" scherzò McKinney, stravaccato sul divano con il cappello sulla faccia. Danny lo ignorò.
"Sono due mesi che ci alleniamo per qualcosa di cui Dylan non ci fa ancora parola. Comincio a pensare che sia una scusa."
"Credi che ci stia fregando?" la domanda di Jack era più che lecita.
"Dico solo che tutta questa attesa mi ha stufato. Dylan come leader fa veramente schifo."
"Hai altro da fare oltre ad essere uno spilungone privo di utilità?" quelle di McKinney avevano tutta l'intenzione di essere battute divertenti ma ottenevano sempre l'effetto contrario. Danny controllò l'orario e si rese conto che doveva tornare a casa. Senza dire nulla, indossò la felpa e si immise in strada. Era una serata fresca, il che si sarebbe tramutato in freddo nel corso della notte, e non vedeva l'ora di una doccia calda. Norah aveva organizzato una cena per festeggiare il loro anniversario, il primo di una lunga serie, aveva detto la ragazza. Sperava che non lo trascinasse in ristoranti costosi che lui non poteva permettersi, e, infatti, era sempre lei a pagare il conto, e in cui doveva indossare abiti eleganti. Quando salì le due rampe di scale dell'edificio in cui abitava, gli saltò subito all'occhio che lo zerbino era stato spostato, quindi qualcuno aveva usato la chiave nascosta lì sotto per entrare in casa. Forse era Dylan. Oppure l'FBI lo aveva trovato. Con cautela e col cuore che gli batteva all'impazzata, spinse la porta ed entrò di soppiatto. La paura scemò quando udì una voce allegra provenire dalla cucina.
Norah stava canticchiando La Vie en Rose di Edith Piaf mentre tentava invano di aprire una bottiglia di vino.
"Hai intenzione di fissarmi o mi dai una mano?"
"Come hai capito che ero qui?"
Norah riusciva sempre a capire quando voleva coglierla di sorpresa. Si voltò verso di lui e gli sorrise.
"Il tuo profumo, Daniel. Lo riconoscerei tra mille."
Era l'unica a chiamarlo col nome completo, dopo sua madre, e lui la trovava una cosa adorabile. Le stampò un bacio sulla fronte e si mise al lavoro per aprire la bottiglia. Di sottecchi guardava la sua fidanzata affettare abilmente le carote e rosolare la carne. Se c'era una cosa che Danny ammirava oltre alla magia e all'arte, era sicuramente il cibo. E Norah cucinava benissimo. Era una donna brillante. Sebbene indossasse come suo solito un abbigliamento elegante, una gonna nera a tubino e una camicetta verde acqua di seta, i capelli sciolti, i piedi scalzi e le mani imbrattate di pittura la rendevano naturale e bella. A volte Danny si chiedeva se non fosse quella donna la vera magia.
"Stamattina un mio collega mi ha chiesto di uscire." esordì dal nulla Norah, un'altra sua abitudine.
"E da quando ai colleghi é permesso fare certe richieste?" Danny non era riuscito a mascherare la gelosia, e d'altronde non voleva farlo.
"Sta tranquillo, ho categoricamente rifiutato aggiungendo che sono impegnata."
"Come si chiama questo tipo?"
Norah scoppiò a ridere alla faccia da duro che aveva assunto Danny, perché lui non era il tipo. Lo raggiunse e gli circondò il collo con le braccia.
"Daniel, lascia perdere la gelosia e l'orgoglio maschile. Non mi hai salutata per bene quando sei tornato."
"Ti saluterò per bene quando i tuoi colleghi la smetteranno di fare i cascamorti." mormorò Danny con sguardo furbo, al che Norah ridacchiò e si strinse a lui di più.
"Dopo questa minaccia non ti farò mangiare la mia ottima carbonara e il mio coniglio rosolato. Ah, e neanche la torta al cioccolato che ti piace tanto!"
Prima che Norah si allontanasse, Danny la baciò dolcemente. In realtà non sapeva di essere un tipo romantico e un fan delle smancerie e lo aveva scoperto grazie a lei.
"Adesso possiamo mangiare? Sto morendo di fame."
"Rovini sempre l'atmosfera, Atlas. Parli troppo."
 
"Fallo di nuovo!" esclamò Norah battendo le mani e sorridendo come una bambina. Dopo cena, si erano seduti sul divano a parlare e Danny aveva deciso di mostrarle qualche trucco di magia. Aveva giocato con un foulard colorato, con un mazzo di carte e ora la stava intrattenendo con una monetina, tipico per un mago di primo ordine.
"D'accordo. Guarda attentamente la moneta e segui ogni mia mossa."
Norah annuì e puntò gli occhi sull'oggetto dorato. Danny mosse velocemente le dita e, sebbene lo sguardo di lei fosse concentrato al massimo, perse di vista il soldo.
"Dov'è finito? Un attimo fa era qui!" le lamentele infantili della ragazza facevano ridere il mago perché gli ricordava le espressioni meravigliate dei numerosi bambini che si fermavano a guardarlo quando era agli inizi della sua carriera.
"É proprio qui!" disse Danny, poi estrasse la moneta dai capelli di Norah.
"Sei un farabutto. Ti sto detestando in questo momento. Fallo di nuovo!"
"Norah..."
"Sta zitto. Questa volta posso indovinare!"
Il dischetto saltellò rapidamente tra le dita di Danny e Norah cercava, invano, di non perdere neanche un passaggio. Quando fu colta di nuovo di sorpresa, imprecò a bassa voce. Si portò una mano dietro l'orecchio e si toccò i capelli per controllare dove fosse la monetina.
"Hai detto che sei in grado di trovarla, quindi aspetto la tua mossa." la canzonò Danny con un sorriso divertito.
"Non essere così compiaciuto, Atlas, perché la pagherai cara!"
Norah teneva le gambe su quelle di Danny e la schiena poggiata contro i cuscini, la matita agli occhi si era sfumata dopo una giornata intera, e si era persino tolta i bracciali e l'orologio. Lui adorava avere i suoi oggetti in giro per casa, che fossero la borsa o le scarpe, oppure le matite e i taccuini. Adorava quella dolce e pregnante fragranza di camomilla che seminava nell'aria. Una delle sensazioni migliori che aveva provato da quando stavano insieme era svegliarsi al mattino, dopo aver trascorso la nottata a letto, abbracciato al suo cuscino che sapeva di lei.
"Mi arrendo. Dimmi dov'è la moneta." il tono spento di Norah lo destò dai suoi pensieri.
"É proprio sotto il tuo naso." Danny fece un cenno allo scollo del vestito ed era proprio lì che si nascondeva la moneta.
"Eccola! Aspetta, per finire lì vuol dire che tu ci hai messo mano." la ragazza incrociò le braccia e lo guardò di traverso. Il mago allungò la mano per sfilare l'oggetto e nel farlo le sfiorò la pelle. Norah fu scossa dai brividi, come succedeva ogni qualvolta fossero vicini.
"Avresti dovuto vedere la tua faccia. Sembrava avessi visto un fantasma!" Danny rise di gusto e dopo poco fu accompagnato da Norah. In quei momenti la vita sembrava così semplice e bella.
"É così che conquisti le fanciulle? Con qualche mossa da maghetto?"
Danny avrebbe voluto ribattere che in realtà le sue erano più di 'qualche mossa da maghetto', e di certo aveva fatto innamorare chissà quante ragazze prima di sparire insieme agli altri Cavalieri.
"No, in realtà conquisto le fanciulle con la mia straordinaria bellezza."
"E' impressionante la tua umiltà, devo ammetterlo."
Norah aveva subito avuto l'impressione che Danny fosse un tipo sicuro di sé, sempre a considerarsi il migliore, sempre a voler primeggiare, ma era un aspetto del suo carattere cui lei teneva testa. La sicurezza e la spavalderia erano una facciata per oscurare le debolezze che si portava dietro da bambino.
"La modestia non è una delle mie principali doti!" fece spallucce il ragazzo, che intanto aveva ripreso a giocare con la moneta.
"C'è una cosa che voglio dirti da mesi." Esordì  Norah, e il suo tono preoccupato allarmò il mago. Una bella serata poteva essere spazzata via da una brutta notizia.
"Okay, dimmi tutto."
Norah si alzò in piedi e camminò nervosamente avanti e indietro, lo sguardo pensieroso, le mani nervose che non smettevano di muoversi. Era bella anche il quel momento. Danny si sentiva uno stupido perché non faceva altro che elogiare di continuo quella donna, sia nella propria mente sia a parole.
"Forse ciò che sto per dirti potrebbe cambiare la nostra relazione o, peggio ancora, potrebbe mettervi fine, ma è necessario che tu sappia."
"Adesso sono ufficialmente preoccupato."
Nel frattempo anche lui si era alzato e adesso le stava di fronte con le mani in tasca, gesto che compiva quando era teso.
"Io ti amo, Daniel."
Tre parole, le più semplici e note del mondo, fecero guizzare il cuore del povero mago. Spalancò i suoi grandi blu e deglutì a fatica. Ripensò a quando Henley gli aveva detto le stesse identiche parole e a quando era rimasto muto per la paura. Anche Norah assunse l'espressione afflitta di Henley ma questa volta non poteva scappare.
"I-io…"
"No, non dirlo se non vuoi. Dimentichiamo tutto. Adesso è meglio che torni a casa."
"Aspetta!"
Norah si era già protesa a raccattare i suoi effetti personali e a lasciare quella casa al più presto. La vergogna aveva avuto la meglio su di lei. Quando fece per afferrare il taccuino che aveva lasciato sul tavolo, i fogli caddero a terra spargendosi a formare un enorme ventaglio. Danny ghiacciò sul posto. I disegni, studi ad acquerelli, a olio, studi di chiaro-scuro, linee marcate col carbone, lo raffiguravano. Capì in quel momento che Norah si ritagliava momenti della giornata per disegnare lui, e quella fu la prova evidente che lo amasse. Eppure quelle tre paroline gli restavano bloccate in gola.
"Sono mortificata, non avresti dovuto vederli."
"Norah, guardami. Ti prego, guardami."
Quando i loro occhi si incrociarono, e quelli meravigliosi di lei erano sul punto di piangere, Danny si sporse per baciarla. Certo, non le stava dicendo di amarla, ma era l'unica soluzione per farle capire a gesti cosa provasse.
Le strinse i fianchi mentre il bacio si infiamma sempre di più, entrambi volevano di più. Si accorse di una lacrima che rigava la guancia della ragazza, ma l'asciugò con un bacio facendola sorridere.
"Resta."
"Dovrei?"
Anziché rispondere, Danny la baciò una seconda volta sulla bocca, poi le guance, poi la fronte, e infine scese lungo il collo. Norah sospirò godendosi quelle attenzioni. Fece scattare le mani verso il bordo della camicetta e gliela sfilò.
"Sì. Dovresti decisamente restare." le sussurrò sulle labbra, dopodiché il loro amore si consumò tra quelle lenzuola che sapevano di loro e su quel letto che li aveva uniti ripetute volte.
 
 
 
Svegliarsi in un letto vuoto non era proprio il massimo che Norah aveva sperato dopo una notte trascorsa a fare l'amore. Danny non c'era, mancavano i suoi vestiti, il cellulare non era sulla scrivania, e dal soggiorno non proveniva nessun rumore. Si rivestì in fretta e andò in cucina per prepararsi un caffè. Sul tavolo giaceva un biglietto: sono stato chiamato con urgenza a lavoro. Tornerò tardi. Ti chiamo appena posso.
Norah non capì quale urgenza potesse mai spingere un tecnico informatico ad alzarsi alle 7 del mattino. Inoltre, non capiva nemmeno per quale assurdo motivo Danny, che utilizzava un PC vecchio, facesse l'informatico. Decise che glielo avrebbe chiesto non appena si fossero visti, ma quella mattina non le andava di pensare in negativo, perciò indossò la giacca e lasciò l'appartamento. Sulle scale, come ogni giorno, la signora Finn stava lucidando la targhetta che riporta il suo cognome e quello di suo marito.
"Buongiorno, signora Finn." la salutò cordialmente Norah.
"Oh, Norah, buongiorno a te. Sei tornata per cambiare vestito?"
Che l'anziana donna si confondesse a ottantaquattro anni era lecito.
"No, sono appena uscita. Ha visto Daniel?"
"Daniel? Certo che l'ho visto! Era insieme ad una bella signorina dalla chiacchiera facile, così ho sentito dove stavano andando."
Danny, quindi, le aveva mentito. Era uscito presto per incontrare una donna, forse la sua amante. Per evitare di giungere a conclusioni affrettate, Norah indagò.
"E dove erano diretti?"
"Il caro Daniel ha detto che questa sera hanno appuntamento con gli altri da Owen Lase. Anzi no, da Owen Case!"
"La ringrazio, signora Finn. Buona giornata."
 
 
 
Dopo una mattinata improduttiva e una ricerca mirata, Norah aveva scoperto che Owen Case quella sera avrebbe presentato al mercato e agli appassionati di tecnologia un nuovo software. Aveva così ipotizzato che Daniel si recasse all'evento con una sua collega e che lì avrebbero incontrato gli altri membri dell'ufficio. Aveva ipotizzato che quella fosse una sua amica. Aveva ipotizzato, e questa era la tesi più plausibile, che la donna misteriosa fosse la sua amante. Daniel non dava l'idea di uno che tradisce la propria fidanzata a primo acchito, ma nessun essere umano può sottrarsi alla tentazione, perciò la sua tesi poteva dimostrarsi corretta. Allora annullò la cena con sua sorella e prese nota del luogo e dell'ora in cui Case si sarebbe esibito. Attese a lungo che arrivasse sera, non mangiò nulla a causa dell'ansia, eccetto qualche caffè, e cercò di tenersi impegnata a disegnare. Quando fu il momento, raggiunse lo studio in cui si teneva la manifestazione. Si affrettò a entrare insieme alla calca di patiti dell'informatica e si ritrovò in uno stretto corridoio che portava agli spalti. Con circospezione si guardava attorno nell’amara prospettiva di cogliere Daniel in flagrante, questo perché alla fine aveva prevalso l'idea che lui la tradisse. Non sapeva neanche come avrebbe reagito alla scoperta, se avrebbe fatto una scenata, oppure se lo avrebbe abbandonato lì in dolce compagnia della sua nuova conquista. Le tornò in mente la sera precedente, a quando con dita abili e con fare aggraziato le aveva tolto la monetina dallo scollo, a quando le aveva sganciato il reggiseno, a quando i suoi intensi occhi blu l'avevano ammirata con adorazione per tutta la notte, a quando le sue labbra le avevano disseminato il corpo di baci e carezze amorevoli. Era davvero possibile fingere tutte quelle emozioni? Doveva anche ammettere che Daniel non aveva a sua volta confessato di amarla, dunque era quasi certo che avesse recitato tutto il tempo. All'improvviso, dopo che ebbe preso posto nelle prime file, le luce si spensero e si accesero. Sul palco del fumo bianco annunciò l'ingresso di tre figure. Il pubblico sembrava entusiasta fino a quando non apparve sugli schermi il viso di Owen Case. Quando la foschia si fu diramata, era ben visibile tutta la sala. Norah non credette ai suoi occhi. Daniel era sul palco, vestito di tutto punto, assieme ad un uomo che sulla testa portava un cappello e una donna dai capelli castani. Era precipitata nella confusione. L'impatto fu così devastante che a malapena capì che Owen Case stava pubblicamente ammettendo che il suo software era solo un dispositivo per eludere la privacy ed impossessarsi dei dati di qualunque aggeggio tecnologico.
"Salve pubblico, é un onore essere tornati qui da voi come i Cavalieri!" esclamò il tipo col cappello accanto a Daniel, che appariva talmente sicuro di sé sul palco. In quel momento Norah comprese che la vita modesta di Daniel, che modesto non lo era affatto, era dipesa dalla fuga. Sapeva che i Cavalieri due anni prima avevano rubato soldi a Tressler e che da allora si nascondevano, ma non aveva il minimo sospetto che fosse Daniel uno di quei maghi. Benché tutti i telegiornali e i media in generale fossero impazziti per i Cavalieri, lei non aveva mai dato peso ai loro volti. Il pubblico andò in visibilio. Mentre la donna stava dicendo qualcosa contro Case, le luci si oscurarono di nuovo. Una voce tuonò.
"Siete sicuri che i Cavalieri siano i vostri paladini? Se la risposta é sì, allora non sapete con chi avete a che fare. Io sono qui per far luce su questi individui abietti. Ricordate tutti la tragica morte di Jack Wilder? Ecco, era una messa in scena e Jack é vivo. Ma questa compagnia é comandata dall'agente Dylan Rhodes!"
I tre maghi andarono nel panico. Norah corse giù per avvicinarsi a Daniel e suggerirgli di scappare. Nonostante tutto, teneva a lui.
"Daniel!"
Danny sbarrò gli occhi in preda al terrore di essere stato scoperto dalla sua fidanzata. Il carico delle bugie che per mesi gli gravava sulle spalle adesso gli si riversava addosso.
"Atlas, dobbiamo andarcene. Non stare lì impalato!" gli gridò McKinney, che già si stava allontanando con Lula al seguito, ma lui restava fermo a guardare Norah. Senza pensare alle conseguenze, scese dal palco e afferrò la mano di Norah.
"Seguimi. Ti prego."
Era la seconda volta che la pregava in meno di ventiquattro ore e lei, che cedeva sempre davanti a quegli occhioni da cucciolo bastonato, si lasciò trascinare. Lo seguì su per le scale, per il tetto dell'edificio, finché non si riunirono agli altri. Jack, McKinney e Lula non fecero caso all'intrusa. Si infilarono in un tubo d'acciaio e scivolarono giù in strada.
"Adesso scendi, torni a casa, e ti chiudi a chiave. Nega di conoscermi se qualcuno ti viene a cercare." le disse Daniel, mentre le stringeva ancora la mano. Stranamente tremava, o per la paura o perché ormai la loro relazione era agli sgoccioli.
"Credimi, vorrei davvero non averti mai conosciuto."
 
 
 
 
Aprire gli occhi fu come tornare alla vita. Daniel ebbe un secondo prima di rammentare quello che era successo. Nella poca luce intravide il viso di Norah e credette che fosse una visione, ma una visione non poteva avere un'espressione infuriata.
"Alzati, imbecille."
"Norah? Che ci fai qui?"
"Mi avevi detto che sarei tornata a casa ed invece siamo bloccati qui insieme."
"Bloccati dove?"
"A Macao."
 
 
 
 
Salve a tutti! :)

Questo è un esperimento di due capitoli che spero possiate apprezzare.
I tempi del film e della storia non corrispondono, come si è notato durante la lettura, ed ho cercato di fare del mio meglio per adattarli.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.


 

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Capitolo 2
*** Illusioni, delusioni, risoluzioni. ***


PARTE SECONDA: ILLUSIONI, DELUSIONI, RISOLUZIONI.
 
"Guardate da vicino, perchè più vicini sarete, in realtà meno vedrete!"
(J. Daniel Atlas)
 
 
Il viaggio in macchina fu davvero imbarazzante. Dopo essersi trovati in un ristorante cinese e aver incontrato il fratello gemello di McKinney, Chase, erano stati catturati, bendati e caricati in auto. Norah era davvero esausta. Avvertì la mano di Daniel anche nel buio accarezzare la sua, ma lei si scostò.
"Prova a toccarmi di nuovo e ti tiro un pugno talmente forte da aver bisogno di un intervento chirurgico!"
"Uh, la micetta graffia." commentò Chase con una risatina.
"Un McKinney é difficile da sopportare, ma due sono davvero il colmo." mormorò Jack, al limite della pazienza.
"Non vi facevo così disperati. Mi avete deluso!" disse il gemello di McKinney e il tono canzonatorio era palese.
"Sta zitto, idiota." sbottò Norah, i tacchi che le stava morendo i talloni, la testa dolente, e una voglia di soffocare Daniel.
 
 
 
I Cavalieri non avevano idea di chi li avesse rapiti e, giunti presso un enorme casinò, non ebbero indizi in loro aiuto. Furono strattonati in ascensore senza benda. Mentre salivano su nell'attico, Danny si avvicinò a Norah per controllare che stesse bene, ma lei non lo degnò di uno sguardo.
"Norah, non allontanarmi. Non adesso che siamo in pericolo."
"Sono in pericolo per colpa tua, Atlas."
"Risolverò il problema. Torneremo a casa sani e salvi. Te lo prometto."
Norah gli lanciò un'occhiata agghiacciante trucidandolo sul posto.
"Io tornerò a casa sana e salva senza di te. Te lo prometto."
Prima che lui potesse rispondere, le porte dell'ascensore si aprirono e davanti ai loro occhi si materializzò un soggiorno grande quanto un unico piano di quell'edificio. L'arredamento era moderno, su di un tavolino vi era una vasta scelta di alcolici, e un televisore da sessanta pollici era appeso alla parete.
"Oh, eccovi qui, vi aspettavo con ansia!"
Un uomo raggiunse in centro della stanza con le braccia spalancate come a voler accogliere gli ospiti, sprizzava megalomania da tutti i pori. Norah lo riconobbe ed emise una mezza risatina.
"Walter Mabry, sei davvero tu? Ti credevo morto!"
"A essere sincera, anche noi." disse Lula dando voce ai pensieri dei suoi colleghi. Walter aveva dipinta sul viso una strana felicità.
"Norah White, mia splendida fanciulla!"
"Aspetta, tu lo conosci?" la domanda di Danny trasudava di gelosia e Norah ne fu compiaciuta. Lo avrebbe torturato.
"Sì, io e Walter frequentavamo la stessa Università ma in corsi diversi. Una volta mi diede dei soldi perché io partecipassi a miss maglietta bagnata."
"Come non fare una tale richiesta? Possiamo tutti ben notare le sinuose forme di Norah."
"Levati quello sguardo da pervertito quando parli della mia fidanzata." disse Atlas, ora più irritato di prima.
"Ex fidanzata." lo corresse Norah.
"Dal momento che abbiamo constatato problemi di coppia, vorrei che mi seguiste."
Walter li invitò ad accomodarsi sul divano, e Norah fece di tutto pur di capitare tra McKinney e Jack, ma questi la spinse vicino a Danny.
"Cos'è che vuoi da noi?" chiese McKinney con la solita aria disinteressata.
"Il mio vecchio amico Owen Case mi ha rubato la compagnia e il progetto, quindi voglio che rubiate il software per me. Viene custodito in una base segreta sotto un casino locale." spiegò Walter, gli occhi puntati sui cinque di fronte a lui, il dito indice che indicava la foto del software sullo schermo della TV. Atlas istintivamente poggiò la mano sul ginocchio di Norah e lei lo lasciò fare perché capiva la tensione che attanagliava tutti.
"Non lo faremo." esordì Lula, determinata e irremovibile.
"Io non ci sto." aggiunse Jack.
"Già, anche a me non interessa." concordò Merritt. Tutti guardarono Danny.
"Atlas, prima che tu possa prendere una decisione, devi sapere che non ho alcuna paura di trascorrere del tempo con Norah, magari nella mia camera da letto."
Il blu degli occhi di Atlas diventò più scuro. Quel farabutto aveva toccato i tasti giusti.
"Lasciala andare e noi accettiamo."
Walter rise e scosse la testa.
"No, lei resta con me mentre voi recuperate il software. So che é brava nel disegno, potrà ritrarmi nudo."
Danny si alzò di scatto e afferrò Walter per il bavero della giacca. I suoi amici rimasero stupiti nel vederlo così, proprio lui che era sempre stato inviso alla violenza.
"Se solo provi a farle del male ti infilo una carta in gola e ti guardo morire lentamente con agonia. Sono stato chiaro?"
 
 
Norah non era mai stata in un negozio di magia e rimase meravigliata di quanta vita pulsasse tra quegli scaffali. Quello di Macao era il negozio guru degli illusionisti, e a confermarlo vi erano numerosi mazzi di carte autografati, diversi teli avevano stampate a caratteri cubitali delle iniziali, e molte erano le locandine conservate nelle teche. La grafica dei manifesti era eccezionale, così colorata e così ipnotica. Una teca in particolare aguzzò il suo interesse: su uno sfondo nero, si libravano bellissime farfalle azzurre e sulle loro ali era appena visibile un volto. Due mani familiari si posarono sui suoi fianchi, e non fu necessario girarsi per capire chi fosse.
"Quello spettacolo è stato uno dei più belli." Disse Atlas, il naso che sfiorava la guancia di Norah, le dita che stringevano la stoffa della maglietta.
"Perché?" Norah fece fatica a parlare perché quella vicinanza, come sempre, la stava mandando in tilt, malgrado fosse furiosa con lui.
"Benjamin, il mago, fece levitare la sua assistente, nonché sua moglie, e poi il suo corpo svanì in una pioggia di cento farfalle azzurre. Tempo dopo si scoprì che la donna stava morendo e che quello era stato il loro modo di dirsi addio."  Una certa commozione animava le parole di Danny e ciò spinse la ragazza a chiedersi se fosse stato quello spettacolo a farlo avvicinare al mondo della magia.
"E' bellissimo. Dovevano amarsi molto."
"Beh, io sono sparito in una pioggia di soldi!"
Norah a quelle parole fu sopraffatta dall'amarezza e si allontanò con uno scatto improvviso. Incrociò le braccia e sospirò, sapeva di essere sul punto di piangere ma cercò di tenere duro.
"Sei un bugiardo. Mi hai mentito su tutto. Sei un bravo mago, la tua illusione era così realistica."
"Ti ho mentito soltanto sul mio lavoro dopo essermi accertato che tu non sapessi chi sono. Tutto il resto era vero. Ogni momento, ogni sguardo, ogni parola, ogni bacio, ogni notte a fare l'amore, era tutto vero. Non era nei miei piani intraprendere una storia, poi ti ho conosciuto ed è cambiato tutto. Dylan non si faceva sentire, i rapporti con gli altri non sono mai stati dei migliori, e così ho deciso di farmi avanti e di godermi la vita. Non è stato facile nasconderti la verità, ma ti saresti allontanata ed io ti volevo a tutti i costi."
"Daniel …"
Prima che Norah parlasse, Atlas si avvicinò e l'abbracciò.
"Shh. Ho solo bisogno che adesso sia tu a mentire. Ho bisogno di sapere che resterai ancora al mio fianco quando tutto sarà finito."
"Resterò con te."
Quella bugia consolò il mago per soli pochi secondi.
 
 
"Ricordatemi perché stiamo per intrufolarci in una base segreta per prendere un chip." Esordì sarcasticamente McKinney, stravaccato sul divano damascato nel soggiorno di Walter Mabry.
"Perché un miliardario ci ha rapiti." Disse Jack con nonchalance.
"E perché l'ex ragazza di Atlas è stata minacciata da quello stesso miliardario." Aggiunse Lula mangiando noccioline da una ciotola di cristallo.
Norah alzò gli occhi al cielo e sorvolò sui commenti dei tre maghi. Se ne stava seduta sulla scala a chioccia in mezzo all'attico e disegnava su di un taccuino che le avevano consegnato gli uomini di Mabry. Scarabocchiava alcune maschere africane che la settimana precedente aveva avuto modo di ammirare ad una mostra, evitò di ricordasse che ci fosse andata in compagnia di Danny.
"E' chiaro a tutti che sia colpa mia, ma non è che voi siate stati così illuminati da capire la fregatura del tubo. Idioti!" disse sprezzante Atlas, che guardava fuori dalla finestra e giocava nervosamente con un mazzo di carte.
"Non avremmo mai accettato se la principessina non fosse stata in pericolo."  Replicò Lula facendo spallucce, per lei sembrava tutto un gioco.
"In realtà, io non sarei in pericolo se Daniel mi avesse detto la verità e se con ci fossimo mai messi insieme, allora sì che saremmo tutti felici e sereni." Norah aveva a lungo trattenuto la rabbia ma era palese che altre tre persone erano in pericolo per colpa della sua relazione con Danny.
Atlas incassò il colpo, i suoi occhi si tinsero di tristezza, smise di fare pratica con le carte, e lasciò la stanza.
"Atlas, dai, non fare il bambino piagnone!" strillò Merritt con aria di scherno.
"Non abbiamo molto tempo per preparare il colpo, non può sparire adesso." Disse Jack, quello che si stava dimostrando il più maturo benché sembrasse il solito fighetto senza cervello.
"Ci parlo io. Noi vi abbiamo messo in questa situazione e noi la risolveremo." Detto ciò, Norah risalì la scalinata sgangherata che portava sul terrazzo dell'edificio. Era sicura che lui si trovasse lì perché tendeva a rifugiarsi in luoghi all'aperto quando era stressato.
"Non voglio parlare con nessuno."
"Sta zitto, Daniel, e dammi una mano!"
Atlas fece un mezzo sorriso quando riconobbe la voce di Norah. Le tese una mano che lei strinse per tirarsi su.
"I tacchi non sono proprio comodi per una missione in Cina." Scherzò Atlas, mentre se ne stava poggiato al parapetto.
"Beh, non le ho indossate con l'intenzione di una missione in Cina!"
"Perché eri alla Octa? Come sapevi che mi sarei esibito?" quelle due domande avevano più e più volte tormentato i pensieri di Atlas, per giunta era arrivato a credere che lei sapesse tutta la verità, ma sarebbe stato troppo facile così.
"La signora Finn mi ha detto che eri uscito assieme a una donna e che avreste preso parte alla presentazione di Owen Case, a quel punto ho cercato l'ora e il luogo dell'evento perché credevo che tu mi tradissi." l'ultima frase fu quasi sussurrata ma fu intercettata.
"Non sono il tipo che tradisce. Sai che se qualcosa non mi piace più semplicemente l'allontano. E poi come si può lasciare una donna come te? Sei meravigliosa, bellissima, intelligente, hai un grande cuore, metti tutti al primo posto, e sei brava a letto, il che non é da sottovalutare!"
Norah lo colpì al braccio con un pugno e arrossì mentre Danny ridacchiava e si difendeva.
"Non mi tradivi con una donna, ma mi tradivi con la magia. Era un obbligo essere sincero, io dovevo saperlo. Senti, lo so che la maggior parte delle ragazze sarebbero scappate a gambe levate, ma io non lo avrei fatto."
"Come posso esserne certo?"
"Perché anche io ti volevo a tutti i costi e avrei accettato la cosa se me lo avessi detto. Certo, sei considerato un criminale dalla polizia, ma smascherare un ladro e restituire i soldi a chi li aveva persi é un gesto magnanimo."
Atlas, che fino ad allora aveva tenuto gli occhi puntati sui grattacieli della città, si voltò e vide Norah poco dietro di lui. Si stringeva nella giacca, aveva i capelli corti leggermente spettinati, e si mordeva le labbra.
"Volevo essere soltanto Daniel e tu me ne hai dato la possibilità. Io pretendevo di condurre due vite, una alla luce del sole con una bella casa e una bella fidanzata, e l'altra di nascosto tra magie e fughe spettacolari. Alla fine in mano non ho più nulla."
Norah gli strinse la mano, si avvicinò e gli sorrise confortante. Dovevano risolvere quel disastro ed era necessario che lui fosse concentrato.
"Facciamo così: torna dagli altri e recupera quel maledetto cip, poi pensiamo a cosa fare con la nostra storia."
"Va bene."
Senza pensare alle conseguenze, Atlas baciò Norah. Un semplice tocco di labbra, casto e leggero, come una sorta di sigillo alla promessa che avrebbero risolto le cose.
 
 
 
"Come lo hai convinto a tornare?"
Norah sollevò gli occhi dai suoi disegni per rivolgerli a Lula, la quale si era concessa una pausa dalla preparazione e si era seduta accanto a lei.
"Gli ho promesso che avremmo rimesso le cose a posto tra di noi."
"Ma tu non hai alcuna intenzione di tornare con lui."
"Questo lui non lo sa. E non deve saperlo."
"Sei davvero crudele, principessina." commentò la maga, questa volta senza scherzare. Norah si perse ad ammirare Danny allenarsi con le carte. Ripensò a come le sue mani, scattanti e abili, l'avessero sempre accarezzata con dolcezza, a come la sera prima le avevano slacciato il reggiseno; a come i suoi enormi occhi blu la guardavano con adorazione e non la perdevano mai di vista, a come si illuminavano ogni qualvolta lei entrasse in una stanza; ripensò alle risate, ai litigi, alle nottate di passione, ai pomeriggi trascorsi a leggere o a scattare foto. Era sicura di amarlo, eppure mesi e mesi di bugie le erano piombati addosso senza alcuna pietà.
"Non sono crudele, Lula. Sto solo cercando di salvare il salvabile. Io non posso stare assieme a un fuggitivo, la mia vita andrebbe in mille pezzi e ci ho messo troppo per costruirla. Anche l'amore ha i suoi limiti."
"Lula, torna qui. Non abbiamo tutta la notte!" gridò Jack dal soggiorno. Lula si alzò e invitò Norah a fare lo stesso.
"Vieni ad allenarti con noi. Impara qualche trucco."
"Ci sto!"
I cinque si disposero in cerchio. Norah, per volontà della sorte, capitò di fronte a Danny, tra Lula e McKinney.
"Il trucco é far girare la carta in continuazione e nasconderla nei migliori dei modi. Dylan ci ha sempre incitato a lavorare come un corpo solo ed questo che dobbiamo imparare a fare." spiegò Jack giocherellando con un sei di cuori.
"I Tre Moschettieri sarebbero orgogliosi di questa bella omelia sull'unità!" disse Norah, sorrise e abbassò gli occhi per l'imbarazzo.
"Intelligente e colta. Adesso capisco perché il nostro spilungone si sia preso una cotta per la principessina!" ed ecco che McKinney rovinava tutto con la presunzione di risultare simpatico. Atlas guardò Norah, lo sguardo vacuo, la bocca una linea dura che sembrava non sorridere da molto tempo. Lei continuò a fissarsi le scarpe, consapevole che ormai era al limite. Probabilmente lui aveva capito tutto, aveva capito che ormai la loro relazione era finita. Lula si schiarì la voce e fece segno a Jack di dare inizio al gioco. La carta passò di mano in mano, saltellando tra le dita, muovendosi veloce come spinta dal vento, fino a quando Atlas non la fece scomparire.
"Non male, ragazzi!" si congratulò Jack, che sembrava il più entusiasta di tutti.
Le porte scorrevoli del soggiorno si spalancarono mostrando un Walter Mabry in collera. I suoi uomini entrarono dopo di lui.
"Noto con disappunto che vi state divertendo. Vi ricordo, gentili signori, che siete qui per lavorare e non per essere in vacanza!"
"Se fossimo in vacanza a questo punto saremmo in qualche locale ad ubriacarci." replicò McKinney con un tono di sfida.
"Il tuo gemello é molto meno idiota e più utile di te. Il tempo scorre e la mia pazienza sta vacillando. A questo proposito, ho deciso di assicurarmi un esito positivo: David, prendi la signorina White e accompagnala nelle mie stanze private."
Atlas scattò come una molla e bloccò il cammino all'uomo di Mabry. Norah indietreggiò, pervasa dalla paura e dalla tristezza.
"Non farlo, Mabry. Non toccarla."
"Oh, Atlas, sarebbe un piacere immenso poterla toccare, ma sono uno che rispetta i patti e vedi di fare lo stesso. Portami il software e alla tua ragazza non verrà fatto alcun male." il sorriso folle di Walter non era affatto rassicurante, ma dovevano stare al gioco e cercare di uscirne vivi.
"Vengo con te, Walter." esordì Norah, dopodiché si incamminò verso la guardia perché la scortassero al piano di sopra. Prima di abbandonare la stanza, abbracciò Danny e gli diede un bacio sulla guancia.
"Buona fortuna, Daniel."
"Andrà tutto bene, tesoro. Te lo prometto."
Norah annuì mestamente, poi Walter le afferrò un braccio e la portò via con sé.
 
 
 
Norah si affrettò ad aiutare l'uomo che era stato preso dagli uomini di Mabry. Lo sconosciuto aveva un viso vagamente familiare e in pochi attimi si ricordò di averlo visto alla Octa.
"Grazie." mormorò l'uomo dopo che lei gli ebbe offerto un bicchiere d'acqua; aveva la voce roca impastata dalla polvere.
"Prego. Ci conosciamo?"
In tale circostanza non poteva dar peso alla sensibilità e decise di andare dritta al punto.
"Tu sei Norah White, la fidanzata di Atlas. Io sono Dylan Rhodes."
"Dylan? Tu lavori con i Cavalieri!"
Dylan annuì e si sforzò di sorridere, anche se il dolore alle costole lo stava sfiancando. Norah fece il possibile per aiutarlo a  sedere in una posizione comoda.
"Sì, lavoro con loro. Ti hanno parlato di me?"
"Jack ti ha menzionato una volta e ti ho già visto alla presentazione di Owen Case, eri un agente di polizia."
"Era un impiego fittizio per assicurarmi che i Cavalieri fossero qualificati. Sei scappata insieme ad Atlas, un gesto coraggioso."
"Un gesto stupido." lo corresse Norah, poi gli si sedette accanto e sospirò.
"Atlas é davvero un bravo ragazzo, non devi essere arrabbiata con lui." l'affetto di Dylan nei confronti di Danny traspariva dalle sue parole, e Norah pensò che lui fosse come il padre che il mago non aveva mai avuto.
"A parte il narcisismo, la mania del controllo, la megalomania, sì, é una brava persona. Non possiamo funzionare, mi ha mentito e la mia vita é abbastanza complicata anche senza un latitante per fidanzato."
Scoppiarono a ridere insieme, era forse la paura a rendere la situazione comica in modo macabro.
"L'Occhio, per cui noi tutti lavoriamo, seleziona i maghi più capaci per aiutare le persone. Atlas é un cartomago eccezionale, forse il migliore. No ti ha mentito, ha solo evitato di farti invischiare in un mondo che non ti appartiene."
"Sembra un film: il migliore amico che intercede con l'ex ragazza."
"Non intercedo per lui. Voglio solo che tu sappia che non l'ho mai visto felice come lo era con te. Conosci la sua storia di famiglia e sai quanto essere solo lo abbia danneggiato, ma con te ha visto la speranza. Non abbandonarlo."
Norah stava per rispondere quando il portellone in metallo si aprì con un suono sordo. David, lo scagnozzo di Walter, tirò Dylan in piedi con uno strattone. Lei si alzò a sua volta, preoccupata per quello che stava per accadere.
"Dove lo state portando?"
David rise, un suono simile a un gorgoglio, e si caricò il corpo lasso di Dylan in spalla.
"Vieni, dolcezza, e goditi lo spettacolo."
Quando furono all'area aperta, Norah si rese conto che si trovavano su un peschereccio in mare aperto. Faceva freddo, il vento sferzava acqua gelida, e lei cercò invano di proteggersi con il soprabito.
"Dylan Shrike, quale onore!" Walter comparve alle loro spalle assieme ad un uomo, Tressler. Norah sapeva, grazie a Lula, che Tressler era stato il magnate dei Cavalieri e poi loro vittima. Dylan rimase impassibile, fiero nella postura, nonostante il dolore e il sangue che colava dal naso.
"Walter, lascia andare la ragazza."
"Era proprio della nostra deliziosa Norah che io e mio padre stavamo discutendo. Rivederla mi ha fatto rivivere il trauma dell'università: lei era assolutamente fantastica e ammirata da tutti mentre io ero invisibile. Lei e Atlas mi hanno ricordato le coppie dei popolari, perciò credo che sia arrivato il momento di cancellare quei brutti ricordi."
"Vuoi uccidermi?"
Norah cercò disperata lo sguardo di Dylan, che era scosso quanto lei, ma non vedevano vie d'uscita.
"Sarà il mare ad ucciderti. David, saresti così gentile da chiudere i nostri ospiti nella cassa di Lionel Shrike e gettarli in acqua?" l'eccitazione di Walter era spaventosa, era completamente folle.
I minuti successivi si rincorsero velocemente, mentre la paura, la speranza, la disperazione si mescolavano al cielo scuro privo di stelle sopra alle loro teste. Norah a malapena udì l'impatto generato dalla cassa sulla superficie marina.
 
 
"Norah, tesoro, svegliati. Apri gli occhi!"
Lula si staccò dagli altri per raggiungere Atlas e aiutarlo. Avevano recuperato la cassa, l'avevano aperta e avevano tirato fuori Dylan, che era ancora cosciente, e il corpo stremato di Norah. Danny non credeva che avrebbe pianto per una donna che non fosse sua madre, ma la possibilità che Norah non aprisse gli occhi lo stava massacrando. All'improvviso lei sbarrò gli occhi e sputò l'acqua che aveva ingerito. Atlas si tolse il giubbotto per coprirla e la strinse in un abbraccio.
"Va tutto bene, tesoro. É finita."
 
 
Un mese dopo:
Londra era più caotica del solito la notte del trentuno dicembre. La fiumana di persone riempiva ogni strada, ogni piazza, ogni locale, così come erano numerosi i colori che illuminavano i palazzi, e la musica risuonava in ogni quartiere. Tutto ciò che Norah aveva era un misero pezzo di carta, tra l’altro tagliato male, su cui vi era un indirizzo. Solo poche ore prima Dylan l’aveva chiamata e l’aveva convinta a raggiungere Atlas per dirgli la verità. La sincerità con cui Dylan le aveva sbattuto in faccia il fatto che loro fossero ancora innamorati era disarmante, allora Norah aveva deciso che sarebbe partita e che avrebbe confessato il segreto che da un mese custodiva gelosamente a Danny, sperando che lui non scappasse come sempre. Si erano detti addio nel negozio di magia a Macao, poi lei aveva preso il primo volo per tornare a casa senza di lui. Nonostante si fossero lasciati, Atlas continuava a riempirla di messaggi, chiamate, cartoline, e di mazzi floreali, i quali lei non aveva mai risposto, anzi gettava i fiori e cancellava i messaggi. Dopo il discorso molto convincente di Dylan riguardo a quanto Atlas soffrisse senza di lei e a quanto anche lei avesse bisogno di lei, era stata spronata ad abbattere le difese e a correre dall’uomo di cui era follemente innamorata. Il taxi la depose a qualche isolato dal Tamigi, da lì proseguì a piedi facendosi strada tra le persone per arrivare prima che i Cavalieri svanissero di nuovo. Era l’ultima occasione che aveva per aggiustare le cose. Da lontano vide il palco su cui i quattro maghi si stavano allenando, il pubblico applaudiva in visibilio, mentre la polizia ammanettava Walter Mabry e suo padre.  Dylan l’aveva messa al corrente del piano più o meno e per questo non fu sorpresa, quel pazzoide meritava la prigione per averli gettati in mare bloccati in una cassa. Riuscì a vedere Danny sulla pedana, accanto a Jack, che salutava e ringraziava gli spettatori. Non c’era modo di farsi notare, e Norah optò per un contatto diretto: tirò fuori il cellulare e lo chiamò. Dopo due squilli, una voce a metà tra l’emozione e lo stupore ripose.
“Daniel, sta zitto e ascoltami. Sono a Londra, a pochi metri dalla pedana, e ho bisogno di dirti una cosa. E’ urgente. Vieni da me, per favore.”
Atlas gettò un’occhiata sulla calca ma era difficile concentrarsi, tutti stavano urlando, tutti agitavano le mani, e non riusciva a localizzarla.
“Dimmi dove sei.”
“Siamo ad una decina di metri. Quante donne potrebbero indossare un paio di decolleté di vernice rossa?! Non passo inosservata, idiota!”
Cercò di nuovo, poi la vide: scarpe rosse, sciarpa bianca e una smorfia seccata dipinta sul viso. Era lei.
“Ti ho vista. Sto arrivando.”
Norah avanzò quanto più poté e fu facilitata dal fatto che la folla si stava diramando attorno alla pedana perché la polizia scortasse i due criminali, quelli veri, in prigione. Si fermò quando vide Danny a un metro da lei. Si guardarono per minuti interminabili e sorrisero come due ragazzini alle prese con la prima cotta. All’improvviso, come se anche l’universo volesse partecipare alla loro riunione, cominciò a piovere furiosamente. Norah sollevò reclinò la testa verso il cielo e lasciò che le gocce le bagnassero il viso, sorrise mentre si tirava indietro i capelli. Atlas non aveva mai visto, in trenta anni di vita, qualcosa di così puro e magico. Corse da lei e l’abbracciò forte come non aveva potuto fare da un mese a questa parte.
“Sei qui.” Mormorò Norah contro la sua spalla, felice come prima.
“Sarò sempre qui per te.”
La ragazza si scostò il giusto per guardarlo in faccia, i mille discorsi che si era preparata erano tutti sfumati.
“Ehm…ecco…io devo dirti una cosa.”
“Te la dico prima io una cosa. Ti amo così tanto, Norah White.”
Il mondo smise di girare, la pioggia e le persone attorno a loro smisero di esistere, c’erano solo loro due. Dopo un anno e un mese le aveva detto quelle tre parole che non credeva avrebbe mai pronunciato, ma una donna come lei valeva la pena.
“Sono incinta. Stiamo per diventare genitori!” esclamò Norah, il cuore che batteva veloce, l’adrenalina che scorreva nelle vene. Atlas si aprì in un sorriso raggiante, uno di quelli rari.
“Mi rendi l’uomo più felice del mondo.”
“Bando alle chiacchiere, baciala!” commentò una ragazzina di forse tredici anni che aveva assistito alla scena.
Atlas si chinò per baciare l’amore della sua vita e la madre di suo figlio, la donna che gli sarebbe rimasta accanto per sempre.
 
Sei mesi dopo:
Erano due ore che McKinney continuava a cantare e i suoi amici non ne potevano più. Dylan e i cavalieri erano stati invitati da Li, il proprietario del negozio di magia a Macao, presso l’osservatorio della città, però il motivo era ignoto.
“Baby, you’re an old man, poor man…”
“McKinney, chiudi quella boccaccia!” esordì Jack, ormai stremato da quella melodia distorta.
Norah avvertì una fitta e capì che il bambino aveva scalciato. Atlas le lanciò un’occhiata preoccupata e le strinse la mano, ma lei gli sorrise rassicurante.
“Credo che il baby Atlas si stia ribellando all’orribile voce di McKinney.”  Disse Lula facendo ridere tutti. Dylan spense la radio nella speranza che quella commedia finisse.
“Voi non comprendete il vero artista!”
Norah, esausta dal viaggio, poggiò la testa sulla spalla di Danny, che le posò un bacio sulla fronte.
“Sei stanca?”
“Sì, ho bisogno di alzarmi. Oggi tuo figlio è davvero irrequieto.”
“Le tue preghiere sono state esaudite, donna. Siamo arrivati.” Li avviso McKinney, il quale aveva insistito per sedere davanti.
Quando Dylan parcheggiò nel vialetto, Atlas e Jack aiutarono Norah a scendere.
“Va tutto bene, tesoro?” sussurrò il mago mentre entravano nello stabilimento. La gravidanza era qualcosa che Atlas aveva preso molto sul serio: dava sempre una mano in casa, si emozionava a ogni ecografia, era premuroso, nei primi mesi accompagnava Norah al lavoro e andava a riprenderla.
“Va tutto bene. Devo solo fare pipì.”
“Il bagno è al primo piano, la prima porta a destra.” Le disse Li indicandole la scala per il piano successivo.
“Perfetto. Grazie mille.”
 
 
 
Il giardino dell’osservatorio era bellissimo, verde e fiorito; il profumo di rose allietava la pausa di Norah. Si era seduta sul bordo della fontana a qualche passo dalle peonie per prendere una boccata d’aria. Due mani le coprirono gli occhi e lei ridacchiò.
“Indovina chi sono.”
“Mmm, un idiota di cui sono innamorata follemente.”
“Mi piace questa frase.” Disse Atlas, la fece voltare e le stampò un bacio sulle labbra.
“Che voleva Bradley?”
“Ha lavorato per l’Occhio tutto il tempo. Poi ha voluto parlare solo con Dylan. E tu perché sei qui?”
“Stavo pensando al nome della bambina. Vorrei chiamarla Isabelle, come tua madre.”
Da quando avevano saputo che la loro primogenita sarebbe stata una femminuccia Norah aveva pensato più volte di chiamarla come sua suocera sapendo quanto Danny fosse affezionato a sua madre e conoscendo la loro storia.
“Te ne sono infinitamente grato. Anche mia madre ne sarà felicissima.”
Norah gli prese il mento e lo baciò lentamente. Quei momenti, così intimi e teneri, erano il fulcro del loro rapporto.
“Cos’è questo?”
Atlas spostò i capelli di Norah dietro l’orecchio e ne tirò fuori un anello. Era un diamante.
“Daniel…” Norah aveva capito che da lì a poco le sarebbe stata posta la fatidica domanda.
“Fammi parlare. Mi sono sempre sentito solo e per questo mi sono nascosto nella magia, nell’illusione. Ho sempre preteso di essere il migliore. Sono egoista, narcisista, il mio ego è smisurato, ma tu ha scompaginato tutto. Non mi sento più solo da quando ci sei tu, mi tieni testa col tuo carattere equilibrato e positivo, e stai per darmi una figlia. Ti amo, Norah, ed è per questo che dovremmo fare un passo avanti nella nostra relazione. Vuoi sposarmi?”
“Sei un dannato megalomane, Daniel. Sì, certo che ti sposo!”
Atlas le mise l’anello al dito e la piccola Isabelle scalciò per avvertire i genitori che anche lei presiedeva alla proposta.
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco la seconda e ultima parte. Spero davvero che abbiate apprezzato questa storia.
GRAZIE per aver letto.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.


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