Mi basta un segno

di WhiteLight Girl
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il segreto della notte ***
Capitolo 2: *** Il segreto del giorno ***
Capitolo 3: *** Zucchero a velo ***
Capitolo 4: *** Centro perfetto ***
Capitolo 5: *** Nei suoi occhi ***
Capitolo 6: *** Prossimamente ***



Capitolo 1
*** Il segreto della notte ***


IL SEGRETO DELLA NOTTE

Dimmi, Adrien, cambierebbe qualcosa se tu conoscessi il nome della ragazza che si nasconde sotto la maschera?

Le luci di Parigi, i profumi dei dolci e del cibo giù in strada, gli schiamazzi di una vita tranquilla e normale che agli eroi, e ad uno in particolare, sono spesso negati. Il freddo, pungente ed intenso che spesso è l’unica cosa capace di farlo sentire vivo, mentre sente il calore di quella sciarpa che solo fino a pochi giorni prima credeva essere il primo regalo che suo padre gli avesse mai fatto dal cuore.
Immobile sul tetto, con il vento tra i capelli e la polvere negli occhi, non può che restare ad osservare una vita di cui probabilmente non potrà mai fare parte, sentendo l’eco di un calore che non potrà mai cullarlo davvero ma tanto vicino che gli pare di poterlo stringere tra le dita solo tendendo la mano.

Ti stuzzica il profumo del pane e delle leccornie di zucchero del forno che hai di fronte e che da ore osservi con tanta premura?

È come sentire il retrogusto di casa, dolce ed amaro allo stesso tempo, è qualcosa che da troppo tempo gli è stato negato, che a volte ha il dubbio di aver dimenticato e di cui ha solo ricordi appannati. Qualcosa che però sente vivo e presente ed in cui sente di poter ancora sperare solo quando guarda nei suoi occhi, quando vede il suo sorriso timido e imbarazzato che gli fa battere il cuore. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe finita così, che si sarebbe avvicinato così tanto al suo desiderio più grande solo per restare sospeso a metà strada in un oblio di dubbi e incertezze.
Se solo volesse potrebbe avere tutto, se solo fosse stato disposto a provare, se solo trovasse il coraggio.
E quando Marinette, Ladybug, è di fronte a lui e gli rivolge quello sguardo, Adrien pensa a cosa le potrebbe dire.
Ed alla fine non un solo sussurro sfugge alle sue labbra.

Dimmi, Adrien, sei pronto a rischiare tutto quello che è stato per inseguire il sogno di quel futuro incerto che potrebbe non andare come hai sempre sperato?

*** Il prossimo capitolo con Marinette.

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Capitolo 2
*** Il segreto del giorno ***


IL SEGRETO DEL GIORNO




Nel vedere gli occhi di Alya brillare sotto la luce del neon che pendeva dal soffitto dell’aula, Marinette temette di essere nei guai. Non c’era ragione per cui avrebbe dovuto essere preoccupata, poiché era certa di essere stata una buona amica per tutta la settimana – anzi, tutto l’anno ed anche di più –, una brava persona e di avere, assolutamente e senza riserve, la fortuna di ogni singola coccinella che vegliava su di lei.
Qualunque cosa cercasse di dirsi, però, non riusciva ad attenuare la sensazione di pericolo che lo sguardo di Alya le provocava.
Intrecciò le dita, si raddrizzò sulla sedia e sorrise sporgendosi verso di lei, mostrando tutto l’interesse che le riusciva mentre l’amica avvicinava il telefono al suo viso per permetterle di vedere che aveva girato la notte precedente.
Alya premette il dito sul piccolo schermo ed il video partì, mostrando uno scontro che Marinette non ebbe il tempo di inquadrare prima che l’amica muovesse il cursore per arrivare alla fine, al momento in cui Chat Noir scivolava giù dal tetto ed atterrava sul marciapiede con un tonfo.
Marinette ebbe un sussulto, incassò la testa nelle spalle e fece una smorfia. Rivivere la scena da quel punto di vista non era affatto piacevole e dovette trattenersi dal distogliere lo sguardo per non destare sospetti, mentre il respiro trattenuto amplificava il rumore del battito del suo cuore.
«Guarda il modo in cui è atterrato!» le fece notare Alya. «Guarda il modo in cui si è alzato.» aggiunse.
E Marinette osservò con dolorosa consapevolezza l’amico che si issava in piedi a fatica e zoppicava di nuovo verso la battaglia che, filmando, Alya doveva aver totalmente dimenticato.
Il dolore, lo sforzo e la stanchezza trapelavano da ogni suo passo, da ogni gemito trattenuto e da ogni smorfia sul viso del ragazzo, che sollevò il capo. Non aveva alcun dubbio su chi stesse cercando e perché.
Alya bloccò il video e la guardò, il sorriso sul suo volto non smetteva di inquietarla.
«Mi spaventa il modo in cui la sua sofferenza ti esalta.» ammise, e fu grata del fatto che il sorriso di Alya si spense, dimostrando che era tornata in sé.
«Non è questo. Non capisci?» le domandò.
Marinette si gratto la guancia e scosse il capo.
Alya sbuffò. «Avanti, sorella, rifletti. Se si è fatto male probabilmente sarà facile scoprire la sua identità. Quando se n’è andato zoppicava, e quindi è probabile che zoppichi ancora!»
«Sono sicura» ribatté Marinette scandendo le parole «che Ladybug abbia sistemato tutto come fa sempre. Anche la sua gamba.»
Sorrise, nel vedere l’espressione dell’amica rabbuiarsi all’istante, e non poté credere di essere riuscita a convincerla con così poco. Sollevò lo sguardo sui compagni di classe per controllare chi fosse già arrivato, e fece giusto in tempo a vedere Adrien e Nino che entravano in aula chiacchierando. Non voleva guardare troppo a lungo Adrien, ma la smorfia trattenuta del ragazzo ad ogni passo le causava una serie di stilettate dolorose al petto.
A quanto pare Ladybug non può sistemare tutto.

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Capitolo 3
*** Zucchero a velo ***


ZUCCHERO A VELO




La campanella che segnava l’inizio dell’intervallo risuonò per tutto l’edificio, risvegliando Adrien dal suo torpore. Aveva continuato a prendere appunti anche se sovrappensiero, ed ora le parole che riempivano l’ultima parte della pagina erano quasi scarabocchi che già sapeva sarebbero stati difficili da decifrare.
«Usciamo a fare merenda fuori o restiamo in classe?» gli domandò Nino.
Adrien lo guardò e ripensò alla fatica che aveva fatto nel salire le scale, sorridendo e tendendo leggermente la gamba dolorante. La fasciatura stretta attorno alla coscia era la sua unica sicurezza, in un mondo in cui Hawkmoth avrebbe potuto attaccare da un momento all’altro. Una parte di lui temeva ciò che sarebbe successo se un Akuma fosse stato avvistato troppo presto. Sbirciò verso Marinette e la vide riporre distrattamente i libri dentro il suo zaino, mentre al suo fianco Alya era già pronta a schizzar via fino alla prossima lezione.
«Penso che oggi preferirei restare in classe, ho l’impressione che mi stia venendo il raffreddore e non vorrei prendere freddo.» rispose. Ammucchiò i libri sul lato della scrivania e sollevò lo zaino, frugandovi dentro alla ricerca della merenda, ma una volta tirato fuori il panino dalla borsa sbuffò e lo rimise al suo posto.
Non aveva neanche voglia di controllare con cosa fosse, ed all’occhiata confusa di Nino si limitò a rispondere: «Non ho fame.»
Nino annuì, ma invece che passare oltre afferrò lo zaino e vi annusò dentro, facendo una smorfia.
«Altra roba dietetica?» domandò.
Adrien sorrise e scrollò le spalle. «È il mio mondo.»
Si abbandonò contro lo schienale della sedia ed incrociò le mani sulla pancia vuota, consapevole che una volta che gli amici avessero tirato fuori la loro merenda avrebbe iniziato a sentire almeno un leggero languorino, e sperò di riuscire a trattenersi fino al momento in cui avrebbe potuto frugare nella dispensa di casa fino a trovare qualcosa di più saporito, ma non aveva fatto caso alla discussione avvenuta alle sue spalle, dove Marinette ed Alya chiacchieravano sottovoce. Alle sue orecchie era arrivato solo un brusio indistinto, fino a quando la voce squillante di Alya non lo risvegliò dai suoi pensieri.
«È un vero peccato che tu non abbia fame.» gli disse.
Si voltò a guardarla, trovandola tesa verso di lui e con un sorriso che gli fece quasi rizzare i peli delle braccia. Alya portò una mano al petto e chiuse gli occhi, sollevando il mento. «Proprio il giorno in cui Marinette si era preoccupata di preparare un nuovo dolce da dividere con gli amici.»
Vide con la coda dell’occhio Marinette arrossire, trattenne un sorriso e si grattò la guancia distogliendo lo sguardo.
«Oh, beh, per i dolci c’è sempre posto.» disse. Si chiese se Marinette sapesse quanto li amava, poiché in qualche modo ogni volta che succedeva qualcosa di brutto nella sua vita o si sentiva giù lei si presentava con i dolci per tutto il gruppo.
«Non so come sia uscito, è un po’ un esperimento.» ammise Marinette. «Spero solo che sia buono.»
Adrien scattò in piedi, e prima di potersi rendere costo di quello che stava facendo la coscia gli urtò contro il bordo del tavolo e dovette trattenere un gemito. «Mi offro come volontario per fare da tester.» dichiarò con voce rotta premendo il palmo sulla gamba.
Marinette gli sorrise con le gote arrossate, stringeva tra le mani il piccolo vassoio con il dolce ancora coperto dal tovagliolo a fiori. «Non devi mangiarla per forza.» gli disse.
«Nessuna forzatura.» dichiarò Adrien. Tese la mano per afferrare il vassoio, ma ci ripensò e si sedette sul banco, rivolto verso le ragazze. La classe si stava svuotando in fretta, alcuni dei loro compagni facevano loro dei cenni di saluto prima di lasciare l’aula, altri correvano via senza dire nulla, ed in poco tempo rimasero solo loro quattro.
Adrien batté le dita sul bordo del proprio banco, Nino si poggiò a quello di Alya, e Marinette sollevò il tovagliolo rivelando una crostata dorata il cui profumo gli inondò le narici. Il leggero strato di zucchero a velo che la ricopriva le conferiva un’aria deliziosa.
«Chi vuole fare gli onori di casa?» domandò Alya. Estrasse un coltello dal sacchetto e lo guardò ammiccando. Nino sorrise. «Ah, se volete lo faccio io.»
Ma Alya guardava ancora Adrien e gli tese il coltello, lui scosse il capo. «È il dolce di Marinette, dovrebbe farlo lei.»
Marinette ebbe un sussulto, incrociò il suo sguardo e lo distolse con uno scatto. «Sì, va bene.» disse. Stinse il coltello tra le dita, ed Adrien si ritrovò a strofinare le mani una contro l’altra e pregustare il momento in cui avrebbe potuto assaggiare.
Il coltello affondò nella crostata lasciando un solco profondo, e qualcosa di cremoso emerse portandosi dietro il suo profumo appetitoso. Adrien non riusciva a capire di cosa si trattasse, ma già sapeva che se ne sarebbe innamorato. Alya dispose quattro piattini sul banco, e Marinette vi poggiò sopra le quattro fette, poi afferrò la prima porzione e la porse ad Adien, che constatò con malcelata soddisfazione che si trattava del pezzo più grande.
Afferrò la forchetta e prese il primo boccone senza aspettare che gli altri avessero il loro pezzo, e la crema gli si sciolse in bocca. «Oh, Marinette!» disse, sollevando gli occhi al soffitto. «Io non ho idea di cosa ci sia qui dentro, ma è assolutamente da leccarsi i baffi!»
Marinette tossicchiò e si sforzò di deglutire, con la forchettina stretta tra i denti, batté una mano sul petto per riprendere fiato.
Adrien trattenne un sorriso imbarazzato, e rendendosi conto di ciò che aveva detto sperò che Marinette non avesse notato il suo accenno ai baffi. Portò un altro boccone alla bocca e tenne gli occhi fissi sul resto della sua parte di dolce. Sentiva gli occhi della ragazza addosso, ignorò i complimenti di Alya e Nino e sperò che Marinette non dicesse nulla, anche se una voce dal fondo della testa bramava allo stesso tempo che lei dicesse qualcosa, qualunque cosa, che potesse fargli capire se sapeva o no.
Nino gli tirò una gomitata. «Buona davvero.» disse, il sorriso che gli andava da un orecchio all’altro.
«Amo i vantaggi che derivano dall’essere amica della figlia di un panettiere.» affermò Alya. Ripulì la crema dal piatto, leccò il retro della forchetta, ammiccò rivolta nella sua direzione e poi sorrise a Marinette, che rimase in silenzio a fissarla con le gote arrossate.
I suoi occhi riflettevano la luce del mattino che filtrava attraverso le finestre, e le erano rimaste alcune tracce dello zucchero a velo sulle labbra. Adrien sorrise, pensando che non poteva essere più bella.
Che lo sapesse o no, rifletté Adrien, Marinette era lo zucchero a velo che rendeva più dolci le sue giornate.

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Capitolo 4
*** Centro perfetto ***


CENTRO PERFETTO




Marinette tese le braccia verso l’alto fino a quando i muscoli non le iniziarono a dolere, prese un gran respiro e si chinò in avanti. Alya incrociò il suo sguardo in quel momento e le sorrise, aveva concentrato il peso su una gamba piegata, mentre l’altra era tesa verso il pavimento della palestra.
«Una volta finito il riscaldamento farete dieci giri di campo.» ordinò l’insegnante. Li fissava restando in disparte, fermo a braccia incrociate e la luce del mezzogiorno faceva apparire ancor più pronunciato il suo naso, gettando un’ombra netta su labbra e mento.
«Fare ginnastica prima di pranzo dovrebbe essere illegale.» disse Chloe. Marinette la guardò, vide Sabrina annuire, mentre Kim già era passato a fare le flessioni con una velocità ed un entusiasmo quasi esagerati. L’insegnante passò accanto a loro, ma non li degnò di uno sguardo. I suoi occhi erano puntati su Nino ed Adrien, impegnato a flettere e tendere a turno le braccia. «Coraggio, Agreste, più impegno, riscalda anche quelle gambe.»
Marinette vide il ragazzo deglutire, abbandonare le braccia contro i fianchi e sospirare a spalle basse. «Sì, signore.»
Quando, subito dopo, piegò le ginocchia, la sua mascella era serrata ed i suoi occhi stretti per il dolore.
«Adrien.» disse Marinette prima di rendersene conto. Lui la guardò e lei arrossì, stringendo le mani sul petto e scuotendo la testa. Ignorò il suo sguardo speranzoso, le sue labbra dischiuse ed in attesa e scosse il capo. «Non è nulla, cioè, io non… Scusa.»
Adrien tornò ai suoi esercizi senza commentare e Marinette rimase a fissare il pavimento chiedendosi perché aveva dovuto aprire la bocca e perché non avesse detto quello che realmente pensava, chiedendogli di darsi malato e rifugiarsi in infermeria per il resto della lezione.
Il professore fischiò. «Bene, ora i giri di campo.»
Kim ed Alix furono i primi a partire, gli altri si accodarono poco a poco, Chloe seguì Sabrina controvoglia e Alya precedette Marinette di pochi secondi.
«Allora, che cosa gli prende ad Adrien? È tutto il giorno che è fuori fase.» le chiese mentre saltellavano fianco a fianco.
Marinette sobbalzò. «Eh? Perché non lo chiedi direttamente a lui?»
Guardò indietro con la coda dell’occhio, Nino affiancava Adrien ed entrambi chiudevano la fila, Kim ed Alix avevano già fatto un giro completo, ed il volto teso di Adrien non riusciva a mascherare il dolore che stava provando.
Alya insisté. «So che l’hai notato anche tu e che sei preoccupata, magari puoi approfittarne per parlare con lui.»
«Mentre sta male? No, è una pessima idea.» rise, ostentando uno scetticismo esagerato ed un imbarazzo che non provava davvero.
L’amica sbuffò. «No, non lo è, tutti apprezzano quando qualcuno si preoccupa per loro, a maggior ragione se stanno poco bene.»
Le diede una gomitata, mandandola quasi a sbattere contro Nino, che intanto le aveva raggiunte. «Oh! Amica, vacci piano!» disse lui. «Posso parlarvi un secondo?»
Marinette lasciò che fosse Alya a rispondere, vide Adrien arrancare dietro di loro e si dovette sforzare per non fermarsi, voltarsi, abbracciarlo e assicurargli che sarebbe andato tutto bene e non aveva bisogno di dimostrarsi forte per forza.
«Si tratta di Adrien, è evidente che non si sente bene e non vuole andare a parlare con il professore.»
Marinette evitò il suo sguardo e chinò il capo, tenne gli occhi fissi sulla linea bianca che delimitava il campo per il timore che gli amici potessero intuire la sua preoccupazione, ma nessuno dei due parve farci caso, impegnati com’erano a lanciare occhiate di sbieco ad Adrien.
Kim, in capo alla fila, si era fermato e gli altri rallentarono dietro di lui fino a quando furono tutti di fronte al professore. Lui stringeva tra le mani il pallone, portò il fischietto alle labbra e fischiò anche se non aveva alcuna ragione di farlo, poi fece cenno di sistemarsi in campo ai due lati della reta.
«Pallavolo, a chi tocca fare il capitano?» domandò.
Marinette ignorò i bisticci che seguirono la domanda, le voci di Alix e Kim che superavano le altre nel tentativo di farsi valere e poter scegliere i membri della propria squadra anche se probabilmente erano passate solo poche settimane dall’ultima volta che era stato il loro tutno. A nessuno importava realmentea chi toccasse, poiché Kim ed Alix erano gli unici che non pensavano fosse una seccatura.
Intanto Adrien riprendeva fiato e ondeggiava sul posto senza pesare sulla gamba ferita, Marinette gli si avvicinò e lui si appoggiò a lei, per poi ritirarsi e allontanarsi con un saltello.
«Scusa.» esclamò. Le sorrise.
Marinette sentì il cuore stringersi in una morsa. «Ascolta, Adrien.» disse, ma la voce di Kim la interruppe.
«Marinette.» chiamò il ragazzo. Lei lo raggiunse dalla sua parte di campo, lasciando indietro agli amici che furono scelti poco dopo e quando scese in campo si ritrovò ad affiancare Nino ed a guardare in faccia Alya ed Adrien.
Alix fu la prima alla battuta, Rose ricevette la palla, ma esitò e quella rimbalzò di lato, dove Nino la colpì prima che toccasse terra e la rispedì oltre la rete. Alya la rispedì indietro con forza, e Marinette faticò a non mancarla.
Poco dopo, quando la palla volò dritta verso Adrien, il ragazzo saltò per colpirla e riatterrò con un gemito. Perse l’equilibrio e tutti si voltarono verso di lui, che si rialzò barcollando.
«Sto bene.» disse, premette disinvoltamente la mano sulla ferita ed inspirò sorridendo.
Marinette tratteneva ancora il fiato, ed era tanto concentrata su Adrien che non vide Alya che le tirava la palla.
«Marinette!» gridò lei. Marinette si riscosse appena in tempo per bloccare la palla tra le mani. «Sei tu alla battuta.»
Lei guardò la palla che stringeva tra le dita, sapendo che con un buon tiro avrebbe portato in vantaggio la sua squadra. Se l’avesse fatto sarebbe stata al centro dell’attenzione, i suoi amici avrebbero esultato per un po’ per poi passare oltre e tornare a giocare. Si sentiva come quando era Ladybug, con il portafortuna stretto tra le mani e le sorti della battaglia contro le Akuma che dipendevano totalmente da lei.
Effettivamente, rifletté, era esattamente così. Marinette seppe all’improvviso cosa avrebbe dovuto fare per far finire quella tortura, indietreggiò, si mise in posizione e portò avanti la palla, poi la colpì con il palmo con tanta forza che dovette reprimere un grido.
La palla disegnò un ampio arco sul campo, tagliando in due il cielo sul cortile, rimbalzò contro in corrimano del secondo piano, poi colpì le gradinate e rimbalzò ancora, arrivando contro la parete ed urtando contro il comando dell’allarme antincendio. Il trillo dell’allarme risuonò per tutta la scuola.
Marinette sorrise tra sé, il resto della classe trattenne il fiato e quando si voltò verso di loro li trovò tutti sbalorditi a fissarla.
«Oh! Ragazzi! Mi dispiace tanto, sono così imbranata!» si sbracciò, forzò una smorfia e si rivolse all’insegnante. «Mi dispiace.»
«Ok, la lezione è finita, io devo risolvere questo disastro.» disse lui. Si allontanò lasciandoli soli, e solo allora Marinette si permise di guardare Adrien.
Lui la fissava con gli occhi strabuzzati, le gote leggermente arrossate e le labbra dischiuse, Marinette deglutì e sentì il cuore balzarle in gola, il sorriso le si spense mentre leggeva la domanda silenziosa nello sguardo dell'amico.
Avrà capito? Si domandò, ma non ebbe il tempo di approfondire, perché Nino le batté una mano sulla spalla.
«Però! Sembrava quasi calcolato!»

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Capitolo 5
*** Nei suoi occhi ***


NEI SUOI OCCHI




L’occhiata della bibliotecaria costrinse Nino a soffocare la propria risata con il palmo della mano, ma il ragazzo non fu in grado di trattenere i singulti che lo scuotevano.
«Non riesco a smettere di pensare al giro assurdo che ha fatto quel pallone prima di colpire l’allarme antincendio.» spiegò lui sottovoce, poi tornò a piegarsi su sé stesso per nascondere il sogghigno.
Marinette sollevò il libro fino a coprirsi gli occhi e gemette, il calore sulle guance la avvertì di quanto doveva essere arrossita, per cui si riguardò bene dal tornare ad esporre il viso. Prese invece un gran respiro e serrò le palpebre, dicendo a sé stessa: Tutto ok, l’hai fatto per una buona causa ed è improbabile che la gente noti la somiglianza con quello che succede con il Portafortuna di Ladybug.
Ora anche Alya rideva, Marinette sperava che questo la distraesse abbastanza da non fare collegamenti. Adrien invece restava in silenzio, dritto di fronte a lei, fissava la pagina del suo libro evidenziata a metà con le mani immerse tra i capelli ed aveva le spalle chine che esprimevano il suo tormento interiore, ma Marinette aveva paura anche solo a domandarsi quale fosse il suo dilemma.
«Scommetto che tutta la scuola già lo sa.» disse Nino. «E che la maggior parte non ci crede affatto. Voglio dire, se avessi voluto farlo apposta non ci saresti riuscita.»
Marinette trattenne un sussulto, ne derivò uno squittio smorzato che le fece venire ancora più voglia di sprofondare, Alya scosse la testa e si drizzò sulla sedia al suo fianco, mentre Nino premeva la fronte sulla scrivania ancora in preda alle risate. Con il braccio teso riusciva quasi a sfiorare il gomito di Alya e Marinette lo vide premere i polpastrelli sulla pelle dell’amica come a voler controllare che fosse ancora lì. Trattenne un sorriso, ma l’imbarazzo ancora non si era sciolto.
«Non prendertela, Marinette.» disse Alya. Le sorrise ed intrecciò la mano con quella di Nino per impedirgli di solleticarla ancora, poi sollevò le spalle e spinse due dita contro il bordo superiore del quaderno con cui Marinette si stava riparando, spingendola allo scoperto.
«Ne rideranno fino al diploma, già lo so.» disse. Si guardò attorno, dove agli altri tavoli i loro compagni erano impegnati a svolgere le proprie ricerche, alcuni di loro le lanciarono occhiate divertite mentre altri, come Kim, le puntarono il dito contro con una smorfia per rinfacciarle il fatto di aver fatto saltare la loro lezione preferita. Adesso anche Adrien la guardava, le sue labbra tremavano nel tentativo di trattenere un sorriso. Allungò un braccio e strinse la mano attorno alla spalla di Nino. «Dai, hai riso abbastanza.» gli disse. «La stai mettendo in imbarazzo.»
Lui si raddrizzò e sistemò il colletto della maglia. «Scusatemi, ma proprio non ce la faccio.»
L’attacco di risate successive fu così intenso da far voltare verso di loro anche gli studenti più lontani. Rose, si affacciò da dietro uno degli scaffali per controllare cosa stesse succedendo, sorrise a Marinette e tornò a perdersi dai libri poco dopo, ma la Bibliotecaria non fu così clemente.
Marinette non l’aveva vista avvicinarsi, per cui sobbalzò quando la vide sbattere il palmo sulla scrivania e fissare Nino con biasimo. Lui smise di ridere all’istante, ricomponendosi e incassando la testa tra le spalle. «Forse dovresti andare a smaltire quest’attacco di risate qui fuori, non credi?» gli disse.
Nino arrossì. «Sì signora, ha ragione signora.» disse. Poi, grattandosi la nuca, aggiunse mortificato: «Sono desolato, signora.»
Quando la donna gli fece cenno di alzarsi e uscire lui scattò in piedi con tanto impeto da urtare la scrivania e far rotolare l’astuccio di Adrien per terra.
«Scusami, amico.» disse. Prima che riuscisse a chinarsi a raccogliere le penne, Alya si era alzata a sua volta e l’aveva afferrato per un polso. Presto lo trascinò verso la porta senza accettare repliche.
«Torneremo quando si sarà scaricato.» assicurò la ragazza.
Poco dopo Adrien e Marinette erano rimasti soli al tavolo, lei si chinò a raccogliere il portapenne prima che potesse farlo lui, recuperò un paio di matite che erano rotolate fino al suo piede e poggiò tutto accanto a lui. Adrien le sorrise, e Marinette sentì il cuore fermarsi per un secondo mentre si perdeva nei suoi occhi.
«Grazie» le disse. «E scusami, non è stato carino lasciartelo fare.»
Marinette scrollò le spalle e si sedette accanto a lui, occupando il posto che fino a poco prima era stato di Nino.
«Non è un problema, non sono il tipo di persona convinta che i ragazzi debbano essere sempre galanti, pagare agli appuntamenti e cose così.» gli disse. Incrociò le braccia ed arrossì. «Voglio dire, è una sciocchezza ma preferisco fare la mia parte, non che io debba fare la mia parte o che tu debba farla, non è che io abbia mai pensato che tu non dovessi pagare al cinema per me, né che dovessi farlo, né che dovremmo andare al cinema insieme, se non vuoi.»
«Marinette.» la interruppe lui.
Lei si zittì e chinò il capo, ma i suoi occhi cercarono quelli di Adrien come se fossero calamite. Lui sorrideva con le guance leggermente rosse, la frangia scompigliata ed impigliata alle ciglia, il velo di incertezza che aveva colto pochi minuti prima nel suo sguardo era svanito, lasciando quello scintillio di risoluzione che aveva visto centinaia di volte negli occhi di Chat Noir.
Quando il ragazzo parlò la voce gli tremava. «Sei proprio miracolosa, lo sa?» le disse. «Ti ringrazio per quello che hai fatto.»
Marinette sorrise; era il momento che aveva aspettato e temuto da quando aveva capito, il momento in cui tutti i dubbi sarebbero stati dissipati se entrambi avessero avuto abbastanza coraggio per arrivare fino in fondo e se fossero stati abbastanza bravi da leggere tra le righe senza incappare in malintesi. Marinette poteva percepire l’aspettativa e la speranza attraverso lo sguardo di Adrien, la gola le bruciò per la consapevolezza di quello che avrebbe significato per lui che aveva sempre desiderato sapere e condividere con lei anche la vita fuori dalla maschera, che aveva passato la vita in una gabbia dorata e poteva vivere davvero solo quando non era Adrien Agreste agli occhi del mondo. Ed ora le stava lasciando in qualche modo la scelta di lasciare le cose come stavano, di tornare a rifugiarsi nelle loro zone di comfort e fare finta di nulla. Marinette si domandò quanto tempo avrebbe potuto resistere prima di finire a pezzi, se lei l’avesse fatto, ma non aveva più alcun dubbio. Gli sorrise ed ammiccò.
«In effetti è stato proprio un lavoro ben fatto.» affermò.
Gli tese il pugno, deglutendo e sciogliendosi davanti al sorriso di Adrien che si apriva ed al suo sguardo che si illuminava, mentre colpiva con leggerezza le nocche con le proprie.
«Proprio ben fatto.» confermò lui.
Il cuore di Marinette si sciolse, le mani indugiarono una contro l’altra e la pelle formicolò nel punto in cui si sfioravano, incapaci di allontanarsi e sciogliere quel contatto speciale che per la prima volta non aveva barriere magiche.
Adrien dischiuse le dita e le impigliò con quelle di lei, intrecciandole in una stretta delicata che le fece mancare la terra sotto i piedi quando lui condusse la sua mano sotto il tavolo per premerla contro il proprio grembo e carezzarla con i pollici. Marinette poggiò il capo contro la sua spalla, chiudendo gli occhi e perdendosi nel tepore che la sua presenza le provocava, dimenticandosi del mondo e di quello che aveva fatto, ora certa che non avrebbe potuto fare scelta migliore.
La mano della bibliotecaria poggiata sulle spalle di entrambi li fece sussultare, Adrien lasciò andare Marinette, che dovette trattenersi per non squittire ancora.
«La finiamo con questo chiacchiericcio?» domandò la donna chinandosi su di loro.
I due si guardarono e si sorrisero.
«Ci scusi tanto.» disse Adrien.
Marinette si sporse a raccogliere i suoi libri e li posò sopra quelli di Nino, raccolse l’evidenziatore e lo stappò, ma anche dopo che la bibliotecaria si fu allontanata rimase a fissare il vuoto distrattamente. Le parole sulla pagina erano ombre indistinte, le immagini sfocate non riuscivano a catturare la sua attenzione, troppo concentrata sul profilo di Adrien al suo fianco, che non riusciva a nascondere il sorriso nonostante avesse sollevato il colletto della camicia fino a nascondere le labbra. Nino e Alya tornarono dentro, Adrien tornò a guardare il foglio e scrisse qualcosa per poi strappare un pezzo della pagina e passarlo di nascosto a Marinette.
Nino si fermò davanti a lei e dischiuse le labbra, sull’orlo di una nuova risata, Alya lo spinse di nuovo verso la porta e lui si allontanò mentre lei invece si sedeva.
Marinette le sorrise e l’amica la guardò confusa, l’espressione di palese curiosità che pareva domandare “Cosa mi sono persa?”.
Scrollò le spalle e dispiegò sotto la scrivania il foglietto che le aveva passato Adrien, improvvisamente il mondo sembrava meraviglioso.

*** Ed è finita, sul serio. Non saprete mai cosa c’era scritto nel biglietto a meno che non iniziate a seguirmi su Wattpad, mi recensite o mi inserite tra i preferiti su EFP.
XD Sto scherzando, quello che dice il biglietto resterà comunque un segreto.

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Capitolo 6
*** Prossimamente ***


Adrien sentì Plagg ridacchiare contro il suo fianco; il Kwami era uscito dalla borsa, se ne stava sospeso tra la sua coscia e la parete e, nonostante fosse al riparo da occhi indiscreti, il ragazzo non riusciva a non temere che qualcuno lo vedesse, quindi lo spinse giù con una manata proprio nel momento in cui lo sentì borbottare: «Magari non ha letto il tuo biglietto.»
Plagg sforzava di tenere la testa sollevata, si aggrappava con le zampette alle dita di Adrien per impedirgli di spingerlo dentro abbastanza da chiudere la zip dietro di lui, spasimava per poterlo prendere in giro ancora un po'.
«Certo che ha letto il mio biglietto.» disse Adrien a denti stretti.
Plagg rimbalzò contro il fondo della borsa e, arrampicandosi per risalire, stropicciò la copertina di uno dei libri. Il suo ghigno era una provocazione, ma Adrien non aveva alcuna voglia di coglierla, troppo preso dal pensiero del momento in cui avrebbe condiviso il dolce con la sua anima gemella.
«Magari allora l'ha letto e non l'ha capito, oppure ha deciso di ignorarlo. Non puoi mica pretendere che ogni volta che le lasci un post-it lei molli tutto e corra da te.»



***


Sto lavorando ad un possibile seguito di questa storia, di cui questo è un estratto.

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