I canti delle Immortali

di PeterPan_Sherlocked
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La maledizione del dio del sole ***
Capitolo 2: *** Il fascino della morte ***
Capitolo 3: *** Guerra contro Guerra ***
Capitolo 4: *** Sorgi Vendicatore dalle mie ossa ***
Capitolo 5: *** I lacci degli dèi ***
Capitolo 6: *** La più bella tra le donne ***
Capitolo 7: *** L'ultima sacerdotessa ***
Capitolo 8: *** L'antica regina ***



Capitolo 1
*** La maledizione del dio del sole ***


Cassandra.

 

La morte mi attende a questo varco, dietro questo velo.
Ho visto la mia città cadere, ho camminato tra le rovine delle mie mura, i miei veli hanno toccato il pavimento polveroso della rovina, ancora una volta la mia voce è rimbombata tra le pietre delle case abbattute e degli stanchi palazzi. Bella sono, ma non per la bellezza si sono girati verso di me. I miei occhi erano fuoco e lacrime, la mia bocca era vendetta e rovina, i miei gesti furia e dolore. Nulla c'era di composto mentre pregavo gli dei, mentre inveivo contro gli uomini e piangevo la mia casa. La mia veste era stracciata, i capelli sciolti in modo indegno sulle spalle. Apollo dono e maledizione mi fece, la mia bocca disse solo verità mentre gli uomini capirono solo menzogne.
Come può questa misera umanità capire il futuro se non guarda il passato, se non vive il presente? Ora la sento, vedo la beffa dei miei dei. Vedo la mia morte, io che ho sempre annunciato quella degli altri. Gli spiriti della vendetta aleggiano si questa sciagurata casa. Oh Agamennone! Clitemnestra sarà la tua rovina, la tua carne ti tradirà e io non sarò risparmiata, il tuo bottino di guerra ti seguirà dal dio sovrano dove nessuno vuole regnare.
Posso solo alzarmi e sistemarmi la veste, sorridere e acconciare i miei capelli, il mio vanto. Muovo un passo verso ciò che il Fato mi ha destinato, sapendo che la morte mi attende a questo varco.

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Capitolo 2
*** Il fascino della morte ***


Persefone. L'ancella che il signore mio marito ha messo al mio servizio porta l'abito della mia incoronazione. Mi spoglio dai fiori e indosso il nero fino a confondermi con il buio che pervade questo luogo. I miei capelli del colore del fuoco vengono raccolti per mettere in risalto il mio collo marmoreo e la mia bocca viene tinta di nero. Sono anche io uno spettro ora, una pallida imitazione di quello che ero. Ricordo il sole, ricordo il caldo mentre ora brividi scuotono le mie braccia scoperte; ricordo l'erba solleticare i miei piedi scalzi mentre ora scarpe battono su un terreno brullo. C'erano i fiori, il rumore del vento tra le foglie, il fiume che scorre verso il mare. Anche qui ci sono fiumi ma uno è fuoco, uno è dolore e l'altro è oblio. Quando mi guardo allo specchio per poi uscire dalla stanza qualcosa dentro di me si spezza. Sono una dea e da dea attraverserò il corridoio fino al trono. Prendo in mano lo strascico e cammino a testa alta verso il mio rapitore, il mio sposo, il mio signore. Imparerò ad amarlo, continuo a ripetermi mentre viene poggiata sulla mia testa una tiara di ombra pura e spettri e mostri mi acclamano. Lui è accanto a me, il volto pallido, gli zigomi pronunciati, la figura slanciata sotto la tunica. Bello. Bello mille volte più dei suoi regali fratelli. Bello più del cielo, bello più del mare. Non potrei mai negare la sua bellezza eppure il suo animo è oscuro. Quelle labbra sono cineree, le sue mani come pagine bianche e gli anelli sono l'inchiostro che macchia la perfezione di quel nulla. I capelli sono disordinati, ricci come quelli di un ragazzino, neri come la tentazione. Gli occhi, gli occhi sono sbagliati. Sono azzurri, cristallini e penetranti quanto il dolore stesso, chiari eppure spenti come l'oblio. E' la fine della luce, della vita, del cielo e del mare. Potrà mai una donna amare il dio dei morti, il signore degli Inferi?

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Capitolo 3
*** Guerra contro Guerra ***


Atena. Guardo vagamente soddisfatta la scena, poi l'uomo davanti a me. E' alto e muscoloso, i capelli rossi e gli occhi dello stesso colore, mentre la sua bocca è storta in un ghigno di disapprovazione. Una leggera risata esce fuori dalla mia bocca, misurata, delicata. Quel tanto che basta per farlo innervosire senza farlo arrabbiare. So perfettamente come trattare con la mia famiglia. Sono tutti così gonfiati, egocentrici, insoportabilmente saccenti, un disastro. Un eterno disastro. Non pensano mai. Eppure molte volte hanno dovuto abbassare la testa di fronte all'astuzia. Scuoto leggermente la testa, lisciando la veste, grigia come i miei vivacissimi occhi che mai si fermano, come la mia mente. L'uomo davanti a me sbatte un pugno sul tavolo e scende dal trono, probabilmente sta tornando dalla sua amante. Se ne va a testa china, muovendosi goffamente sotto il peso delle armi. Io invece rimango seduta sul mio trono, accavallo le gambe e raccolgo i miei capelli crorvini di lato, continuando a sorridere enigmatica al nulla davanti a me. A volte anche la forza deve abbassare il capo di fronte alla saggezza.

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Capitolo 4
*** Sorgi Vendicatore dalle mie ossa ***


"E sorgi, vendicatore, dalle mie ossa,
e perseguita col ferro e col fuoco i coloni dardanii,
ora, in seguito, o quando se ne presenteranno le forze.
Lidi opposti ai lidi, onde ai flutti
auguro, armi alle armi; combattano essi e i nipoti"

(Virgilio)

Didone

Sventurato il mio amore, sventurata la mia corona che non bastò a trattenerlo. Ah, gli dei lo richiamano, il grande padre volle la sua partenza, mandò il suo messaggero alato per farsi obbedire. Come un ladro in quella che avrebbe potuto essere casa sua, come un ladro sussurrava di notte preparando la sua fuga mentre la Fama vorace, dai mille occhi e dalle mille bocche parlava e parlava di noi ai pretendenti respinti. Ecco il mio castello mi cade addosso, le mura del mio palazzo mi opprimono: sarò ricordata come abbandonata, la mia casa come devastata. Solo una cosa mi rimane della stirpe della tessitrice di inganni che dalle acque è emersa. Non le promesse, non il suo viso ma la sua spada, la bella e terribile spada della stirpe iliaca. Mi ha ucciso l'eroe, ha ucciso il mio cuore, la mia anima, la mia città. Vedo come versano in abbandono le costruzioni mai finite, le strade mai iniziate. Sventurato il giorno in cui la sua nave arrivò nelle mie coste. Per mano tua morirò, così ha deciso il Fato. Per mano della tua spada, la bella e terribile spada della stirpe iliaca. Morirò, ma maledetta sia la tua stirpe. Io invoco la vendetta della mia stirpe sulla tua stirpe. Sempre inimicizia scorrerà tra le nostre città, nemici eterni le coste di Cartagine e la terra d'Italia dove il tuo sventurato piede si poserà. Sarà versato sangue e dolore ma il mio corpo non resterà invendicato, molte anime della le cui radici affondano a Troia se ne andranno all'Ade a causa dei guerrieri cartaginesi; le nostre stirpi rimarranno nemiche quanto due astri ugualmente splendidi, quanto due dei che si giurano guerra.

Ora il sangue macchia il mio petto e la candida veste da sposa che presto sarà cenere. Dov'è il mio sposo, dov'è? E' partito il mio sposo, è partito e non tornerà. Mi ha ucciso il mio sposo, mi ha ucciso e non se ne pentirà. E mentre la vita abbandona il mio corpo mortale per sottomettersi al signore degli Inferi, un tintinnio risuona. E' caduta per terra la spada, la bella e terribile spada della stirpe iliaca.


 

*Dolòplokos: tessitrice di inganni; Anadiomene: che nasce dal mare. Erano epiteti dati a Afrodite nel mondo greco (anche se per Virgilio lei è Venere, ho preferito mantenere gli epiteti greci visto che Roma non è ancora nata e parlo in prima persona.)

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Capitolo 5
*** I lacci degli dèi ***


Calipso. Io sono il bivio, io sono la possibilità, io sono il rimpianto. Io sono la punizione, la solitudine, il dolore. Io sono, sono stata, sarò per sempre. Immortale come la mia prigione. Gli dei non perdonano una scelta anche se persa per legami di sangue. Ora mio padre regge il peso del cielo e io, la figlia che si schierò dalla parte sbagliata, soffro la mia condanna. I signori dell'Olimpo non sono clementi, non lo sono mai stati. Mi hanno negato l'amore, il bene, il sorriso e io mi sono vendicata, con quello che mi hanno lasciato. Io sono il rimpianto di tutti gli uomini, il loro "cosa sarebbe successo se...". Sono il rimpianto, ma mai la scelta. Condannata ad amare ed a essere abbandonata, ridotta a piangere sulle rocce aspre della mia isola. Anche Odisseo mi ha abbandonata, preferì affrontare la rabbia dello Scuotitore della Terra che rimanere con me. Mi sono presa la mia vendettà però, lo faccio sempre. Io sono il rimpianto. Quello che ti prende quando sei da solo o in compagnia, sono quella sensazione al petto quando vorresti solo scappare. Sono io, sono il rimpianto di una vita, di quella che sarebbe potuta essere. Sono la figlia del titano, nobile e maledetta, sono la donna che tu scarti, la stessa donna che verrà a bussare negli anfratti della tua mente quando vedrai tutto nero, o tutto bianco. Sono il destino, sono quello che non è stato, sono l'angoscia di una possibilità. Sono l'abbandonata, la dannata, la vendicatrice. Il mio ricordo ti accompagnerà ogni secondo della tua vita, piangerai lacrime amare ricordandomi, le stesse lacrime che verso io sulle pietre e sugli arbusti della mia piccola isola, dove in eterno sono confinata. Vedrò generazioni, incontrerò eroi, amerò e mi strapperò il cuore dal petto ogni volta, però tu ti ricorderai di me. Perché io, io sarò il tuo rimpianto.

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Capitolo 6
*** La più bella tra le donne ***


Elena di Troia. Sono tornata, sono a casa. Riconosco le mura della mia città, le stanze, i volti della gente. Non c'è però sorriso nelle loro espressione, non dolcezza. Mi schivano, voltano il loro sguardo o lo sostengono con disprezzo, portano via i bambini e il silenzio mi accompagna fino a incontrare il mio sposo. Menelao, il mio Menelao che si è trascinato in guerra per me ora piange i suoi morti, nulla gli è rimasto se non le tombe di coloro che una volta gli erano cari. Ci sarò io per lui, la moglie per la quale ha combattuto. Sono cambiata, forse. Gli dèi mi hanno usata come merce di scambio, come regalo per un uomo pieno di sé e privo di onore, un uomo che io non ho mai voluto. La bellezza, quella mia bellezza che vorrei strapparmi dal corpo come un vestito rovinato, lei è stata la mia rovina. Lui non si volta a guardarmi e ora so che non si volterà mai più. Freddo il suo sguardo e di pietra la sua bocca, odio le sue parole e rancore e dolore, sale amaro il suo respiro, cenere le sue mani. Ora so che ho perso un marito, ho perso un amore. Le sue spalle mi fanno più male di mille parole, incidono nel mio cuore le parole della solitudine. Il mio popolo mi rigetta, mio marito non osa guardarmi e nemmeno io ci riesco più. Lo specchio è mio nemico e non importa se il mio sguardo è stanco e i capelli rovinati. Non importa, perché nulla è rimasta di Elena, nulla più della signora di Sparta. Solo dolore e lamenti e sogni infranti, solo le tombe silenziose di chi è morto per riportarmi in una casa che più non mi vuole.

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Capitolo 7
*** L'ultima sacerdotessa ***


Morgana*

Chiamami come desideri, cerca di trovare le parole giuste, ma non ci riuscirai. Corvi i miei occhi e corvi i miei capelli, la notte della Dea accompagnerà i miei riti. Non c'è odio, non c'è bontà: c'è solo la passione che mai avrà freni e c'è la libertà. La magia non può essere rinchiusa, si ribella alle gabbie e segue il suo corso, tutto è ciclico, tutto ha una fine. La donna è magia, quindi non può che correre a piedi nudi per le selve, gli occhi chiusi e i graffi sul volto finché non sente il cuore esploderle dal petto.

Io sono l'Ultima Sacerdotessa. Prima di me ce ne sono state e dopo di me non sarà più nessuna. Dopo di me nessuno si prostrerà alla Grande Madre, dopo di me il silenzio calerà, la magia sarà dimenticata, i riti arcani e potenti perderanno la loro forza. Sono la sorella, la madre, l'amante, io sono la libertà, sono gli occhi di fiamme e le mani alzate al cielo. Sono la natura. Io ho le chiavi dell'Isola di Avalon, lì dove i mondi si incontrano e la nebbia permette di vedere al di là del velo. Io porto l'equilibrio e l'ora è giunta. Arthur Pendragon morirà e in pace riposerà tra le braccia della Dea, a Samhain, con onore io lo porterò all'isola.

 

 

*i miti e le storie sono a volte discordi sulla figura di Morgana, io mi sono attenuta a quella che la vede sorella e amante di Artù, nonché causa della sua morte, perché madre di Mordred, che lo uccise a Camlan.

 

 

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Capitolo 8
*** L'antica regina ***


Nyx*

Mi specchio attraverso il volto di mio figlio, del mio dolce bambino pietoso, della morte che gentile accoglie, dell'ombra che silenziosa ti porta a casa quando l'ultimo respiro è stato esalato. Le stelle, la nebbia che copre la luna, la volta celeste nera quanto la casa di Ade, tutto questo mi appartiene. Oscurità scaturisce dalle mie spalle, andando a coprire la mia pelle, bianca come chi mai ha visto la luce del sole. Sono figlia di immortali prima ancora che gli uomini iniziassero a solcare la Terra, prima degli dèi, prima dei Titani. Da Caos sono stata generata all'alba di una nuova era e da allora mia è la notte e tutta l'oscurità, miei i segreti degli uomini quando sperano e fanno follie nell'ora più buia. Mi specchio nel buio e vedo il riflesso di Stige, la bella e rancorosa Stige**, l'odio che si fa perfezione, ma concentro la mia attenzione sull'uomo davanti a me, sul figlio che sorride leggermente verso tutto ciò che è effimero: egli è morte ed è fascino ed è amante, lo vedo partire per andare a reclamare un'altra anima, odiato per la sua oscurità, venerato per la sua bellezza.

La notte sta per calare e io mi appresto a risalire l'Averno per sedere sul trono del mio regno.

 

*Nyx è la personificazione della Notte, nonché madre di Thanatos, la personificazione greca della morte, ma non la morte violenta (nella mitologia romana è Mors).

** Stige è la personificazione del fiume infernale Stige, dea dell'odio.

 

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