When we were lovers

di With H
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Troubled soul ***
Capitolo 2: *** Wasted ***
Capitolo 3: *** We are bound ***
Capitolo 4: *** Home ***
Capitolo 5: *** The proposal ***
Capitolo 6: *** When we were lovers ***
Capitolo 7: *** Come shine a light ***
Capitolo 8: *** I'm yours ***



Capitolo 1
*** Troubled soul ***


La canzone che stava partendo fu interrotta bruscamente e cambiata con un’altra. Sebbene si ostinasse ad avere alcuni brani sulla playlist dell’iPhone, non riusciva comunque ad ascoltarli e quindi li cambiava appena sentiva le prime note: un gesto meccanico che ormai ripeteva da un po’, ma che a volte - come quella - rischiava di essere particolarmente irruente ed era un miracolo che non avesse ancora distrutto il suo smartphone.
Inspirò profondamente e si guardò allo specchio, solo un occhio particolarmente attento avrebbe notato l’espressione tirata ed indurita dalla mascella serrata ed il pulsare frenetico della carotide dovuto al battito accelerato del suo cuore; più evidenti invece erano gli occhi rossi a causa di un po’ di shampo - ma poi non troppo differenti da com’erano nell’ultimo periodo a prescindere se si fosse o meno lavata i capelli - ed i boccoli ancora leggermente umidi che le cadevano folti e con riflessi ramati sulle spalle arrivando fino al seno. Osservò i suoi capelli ricci con un moto di soddisfazione: quel giorno erano venuti proprio bene, quasi come a volerle dare man forte per il suo scopo.
Si spostò nella parte living/notte del suo piccolo monolocale indossando solo un completino bianco finemente ricamato, non che importasse qualcosa l’intimo che indossava perché nessuno l’avrebbe visto, ma era un altro piccolo dettaglio per il suo scopo.
Il suo scopo, aveva preso a definirlo così da qualche giorno. Quella sera sarebbe andata a fare aperitivo insieme alla sua ex collega e ad un ragazzo che aveva lavorato con loro nello stesso periodo e di cui lei era stata per sei mesi l’amante. Le si inumidirono un po’ gli occhi a pensare a lui, ma si impose di ritornare in sé.
Il loro rapporto, ancora prima che sfociasse in altro, era sempre stato bello sin da quando si erano conosciuti nelle mura grigie dell’ufficio in cui lei aveva fatto uno stage un anno prima e lui era un collaboratore esterno. Avevano sempre scherzato e lavorato bene insieme e poi, dopo l’estate precedente, lui aveva prima iniziato a punzecchiarla e poi a flirtare chiaramente con lei e, alla fine di Settembre, l’aveva baciata per la prima volta, al piano superiore di un Mc Donald’s nel primo pomeriggio come dei ragazzini e soprattutto incurante del fatto che fosse fidanzato da svariati anni.
Era stata tormentata dal senso di colpa e non aveva voluto vederlo per circa dieci giorni, poi l’aveva invitato a casa sua per parlare e si era resa conto che il suo corpo reagiva alla presenza di lui senza che lei potesse fare niente. Alla fine erano diventati amanti e, nei mesi successivi, non solo aveva constatato che ormai non era più una relazione esclusivamente fisica, ma anche che lui era diventato la prima persona a cui pensasse sempre, il primo a cui raccontasse le cose belle e quelle brutte e questo la spaventava perché aveva dato solo ad un altro uomo - il suo primo amore - tutto quel potere ed era finita male.
Il rapporto di lui con la sua ragazza, già incrinato da tempo, era stato ancora più precario nell’ultimo periodo, le aveva chiesto una pausa e si era levato la fedina che portava; questo l’aveva resa incredibilmente felice perché aveva iniziato a sperare che potessero finalmente avere una relazione normale insieme. Ma alla fine era stato restio a lasciare la fidanzata ancora per un po’, forse perché dopo anni passati insieme era comunque complicato lasciare una persona.
Poi il vuoto: da un momento all’altro lui aveva smesso di farsi sentire spesso, era diventato stranamente freddo e distaccato per telefono e lei, dopo quasi due mesi che non si erano più visti, iniziava a rendersi conto che tutto stesse finendo.
Infine lui aveva acconsentito a vederla ancora, nello stesso posto dove sei mesi prima l’aveva baciata e, appena si erano incontrati, aveva capito che c’era qualcosa che non andava: era teso e l’aveva salutata semplicemente sfiorando le guance contro le sue, come se fossero appena conoscenti; le si strinse lo stomaco e represse la sensazione di nausea e le lacrime che le bruciavano prepotentemente gli occhi.
Dopo mezz’ora in cui entrambi avevano parlato di quello che stavano facendo - lui lavorava moltissimo, lei invece ancora alla ricerca di un lavoro -, alla fine le aveva svelato di aver lasciato la ragazza. La fiamma di speranza che si accese nel suo petto durò il tempo di una piccola scintilla, poco dopo lui proseguì rivelandole che stava attraversando un periodo difficile, che la sua storia era finita peggio di come si aspettava e non aveva voglia di frequentare nessuna ragazza che non fosse solo un’amica di vecchia data o di cui non gli importava niente. Lei aveva annuito ed accettato senza dire niente perché sapeva che non poteva fare altro, l’aveva salutato con un sorriso forzato ed aveva aspettato di trovarsi da sola in un parco prima di dare sfogo a tutto il suo dolore. Aveva pianto a lungo e poi era tornata a casa intirizzita e devastata ed era andata a letto senza nemmeno cenare, restò sveglia al buio, con le braccia strette attorno a sé come se quel gesto potesse impedirle di cadere a pezzi mentre ripensava a tutti i momenti vissuti con lui: quando le rubava la penna in ufficio, quando la provocava per messaggio mentre lei ancora stava lavorando distraendola e facendole rischiare di essere sorpresa mentre sorrideva, quando l’aveva baciata la prima volta, tutte le volte che avevano fatto l’amore a casa sua che lui ormai conosceva a memoria; i momenti in cui avevano parlato dei loro progetti, l’unica volta che lei era andata a casa sua e come l’aveva baciata e guardata l’ultima volta che si erano visti prima di quel giorno, quando sembrava che lui provasse davvero qualcosa, che avessero ancora tanto tempo insieme.
I giorni successivi erano stati avvolti dalla nebbia: mangiava a stento e qualche volta doveva reprimere l’impulso di vomitare e faceva poco altro mentre il vuoto si impossessava di lei.
Dopo una settimana era tornata per un po’ nella sua città natale dove la sua più cara amica di vecchia data aveva fatto in modo che per sei giorni non avesse nemmeno la possibilità di pensare: la trascinava a fare shopping facendole provare abiti succinti che non erano affatto nel suo stile, o a mangiare pizze e qualsiasi altra squisitezza della loro città, ma soprattutto la sera c’era sempre una festa da qualche parte dove andavano insieme, indossando i loro vestiti più belli e facendosi fotografare sorridenti con drink in mano o mentre ballavano spensierate con qualcuno. Quell’anno la primavera era scoppiata presto ed era stata subito calda e, trascorrere le serate vicino al mare, rinfrescata dalla brezza leggera ed annebbiata dai fumi di vino bianco freddo e di altri alcolici, le fecero pensare che sarebbe andato tutto bene, che le stava passando e quasi le sembrava che fosse già estate e che ormai lui era solo un ricordo appartenente al passato.
Poi era arrivata Pasqua e, ancora una volta era facile accantonare i sogni della notte in cui rivedeva la sua faccia e si svegliava piangendo, quando era circondata dai suoi più cari amici ed aveva la mente impegnata. Ma non durò a lungo, dopo le feste rientrò nella città dove ormai viveva da due anni e allora il peso della solitudine, dell’assenza di un lavoro e della lontananza da lui, le piombò di nuovo addosso. Finché il martedì successivo alle vacanze di Pasqua non ebbe una telefonata da parte di un’azienda a cui tempo prima aveva inviato una candidatura spontanea senza sperare troppo, la ricevettero a colloquio due giorni dopo e quella sera Cristina, la sua ex collega, le scrisse per proporle un aperitivo tra ex colleghi nel fine settimana.
Le faceva piacere rivedere Cristina, con la quale era rimasta in buoni rapporti anche dopo che entrambe avevano finito il loro stage durante il quale si erano trovate inevitabilmente ad allearsi contro il capo dispotico; si erano viste altre volte nel corso di quei mesi, ma naturalmente Cristina non sapeva niente di quello che era successo tra lei e lui e l’ipotesi di rivederlo, dopo poco più di un mese da quando era finita la loro storia, era troppo pesante per accettare. Prima aveva provato ad inventare scuse, ma Cristina - che faceva da portavoce per lui - le garantì che avrebbero trovato un giorno in cui tutti e tre sarebbero stati disponibili e che lei non poteva affatto mancare.
Il giovedì, incredibilmente, l’azienda le comunicò che l’avrebbero assunta a tempo determinato e che la settimana prossima sarebbe andata a firmare il contratto; questo le diede un po’ di forza per accettare l’invito.
E così ecco che a poco meno di due ore dall’appuntamento, aveva lo stomaco contratto e le lacrime che minacciavano continuamente rigarle il viso. Si sentiva un’anima travagliata e non era certa che sarebbe riuscita a nasconderlo.
Si mise seduta sul letto davanti all’armadio aperto alla ricerca di qualcosa da mettere: optò per una maglia bianca a maniche lunghe ricamato finemente che le lasciava scoperta una spalla e sotto degli aderenti pantaloni color cipria che le fasciavano le curve e sotto un paio di scarpe di cuoio scamosciate con il tacco quadrato; non era solita indossare i tacchi, ma quelli erano abbastanza comodi e non troppo alti e, dopo alcune prove a casa, era certa che sarebbe riuscita a camminare con contegno. Indossò degli orecchini di ambra e poi si fece un trucco leggero sulla stessa tonalità che le metteva in risalto gli occhi a mandorla. Sapeva che se avesse indossato quelle tonalità così chiare fino ad un paio di settimane prima, sarebbe sembrata un cadavere per il suo incarnato pallido, ma aveva preso abbastanza sole da avere la pelle ambrata che risaltava su quei colori chiari. Sua madre le avrebbe detto che era bella come le piccole pietre d’ambra che portava ai lobi delle orecchie e questo le diede un po’ di forza.
Per arrivare al luogo dell’appuntamento doveva prendere due linee della metropolitana, ma l’aveva fatto così spesso da sapere che non ci avrebbe messo molto più di mezz’ora; in treno sentiva molti sguardi su di sé, non era la prima volta ma non si sarebbe mai abituata e non riuscì ad allontanare il disagio di sentirsi vestita in modo troppo appariscente, anche se sapeva che non era affatto così.
Quando uscì dalla metro aveva il cuore che le batteva così forte da farle quasi male e la luce ancora forte che precedeva il tramonto non avrebbe nascosto tanto facilmente le sue emozioni. Arrivò per prima, come al solito e poi la raggiunse Cristina, facendole tirare un sospiro di sollievo.
Lui, come al solito, era in ritardo, così restarono ad aspettarlo mentre si raccontavano le novità degli ultimi due mesi. Poi le tornò la tachicardia, inspiegabilmente, e un attimo dopo Cristina salutò qualcuno alle sue spalle.
Per un attimo pensò che nemmeno al colloquio di qualche giorno prima era stata così in ansia, poi inspirò e si girò pronta a fingere di stare bene.

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Capitolo 2
*** Wasted ***


Mentre guidava per raggiungere il luogo dell’appuntamento fu tentato di tornare indietro ed inventarsi un imprevisto, forse Cristina ci avrebbe creduto, ma Helen no e probabilmente avrebbe pensato che lui non volesse vederla, forse lo pensava a prescindere ed era una cosa che gli faceva male perché sapeva che era colpa sua.
Ripensò alla sua espressione l’ultima volta che si erano visti, allo sguardo circospetto appena si erano incontrati, al modo in cui si era sforzata di sorridere, fino alla sensazione di averla mandata in frantumi quando le aveva detto che non voleva stare con nessuno in quel periodo.
Al momento gli era sembrata una buona idea ed era certo che lei avrebbe preferito l’onestà, ma non immaginava che le avrebbe fatto così male anche se Helen era stata bravissima a nasconderlo e lui l’aveva capito semplicemente perché l’aveva già vista soffrire di recente, quando non l’avevano presa per un lavoro che lei sognava. Aveva provato a mandarle un messaggio quella sera, scusandosi per essere stato di poca compagnia e ringraziandola ancora per il regalo che gli aveva fatto per il compleanno passato due settimane prima, ma lei aveva risposto solo con uno smile e poi non si erano più sentiti.
La sua esperienza con Helen gli aveva fatto pensare, persino sperare, che a un certo punto lei avrebbe ceduto e lo avrebbe cercato, era successo in passato, ma più trascorrevano i giorni e più la consapevolezza che stavolta non l’avrebbe fatto si era dimostrata veritiera.
Poi tutte quelle foto in cui era stata taggata mentre era nella sua città, sorridente con gli amici, gli avevano fatto provare un moto di gelosia e lui era certo che era un sentimento che non avrebbe mai provato. In particolare in una, lei aveva i capelli lisci - lui la preferiva riccia, ma non aveva mai avuto il coraggio di dirglielo perché gli sembrava in qualche modo troppo intimo - ed una minigonna, era scalza ed aveva la schiena appoggiata ad un ragazzo biondo con il quale stava chiaramente ballando in modo particolarmente provocatorio, lui la teneva stretta a sé come un polipo, con una mano sulla pancia ed un’altra che le accarezzava il braccio piegato che portava il suo drink evidentemente molto alcolico alle labbra tinte di rosso; tutto attorno a loro c’era il mare ed il tramonto che infiammava il cielo sebbene fosse solo inizio Aprile. Helen era chiaramente brilla perché lui sapeva che non si sarebbe mai fatta toccare così da nessuno, lui stesso aveva sperimentato quanto fosse diffidente quando aveva iniziato a provarci con lei che solo dopo mesi si era abbandonata quasi completamente al contatto tra di loro.
Inconsciamente sapeva che quella era la reazione a ciò che era successo tra di loro, anche se non immaginava che ci tenesse così tanto a lui. Insomma, nell’ultimo periodo erano stati qualcosa di più che semplici amici che andavano a letto insieme e lui ancora poteva ricordare un pomeriggio a casa sua, mentre lei era seduta come al solito sulle sue gambe e gli rivolgeva uno sguardo così carico di affetto da lasciarlo quasi senza fiato, tanto da desiderare che non smettesse di guardarlo così e che il caffè che aveva messo a fare tardasse ad uscire solo per non interrompere quel momento.
Sapeva di essersi comportato male con lei, anche se la loro relazione era iniziata come “divertimento”, era consapevole che ad un certo punto entrambi avevano smesso di divertirsi e basta. Anche se lui ci aveva messo tempo a capirlo.
E poi le aveva detto che non voleva stare con nessuna in quel momento, anche se intuiva che una piccola parte di Helen sperava da un po’ che lui lasciasse la sua ex per poter stare insieme in modo più serio. Gli era sembrata una giusta decisione, aveva bisogno di un po’ di libertà dopo una storia che soprattutto alla fine era stata come un carcere, ma dopo svariate serate passate a bere con gli amici, si era reso conto che Helen negli ultimi mesi della sua relazione era stata l’unico motivo che rendesse le sue giornate meno pesanti tra lo stress del lavoro che non lo ricompensava mai quanto avrebbe voluto e la frustrazione che provava nei confronti della sua ex. Gli mancava.
Non aveva più provato a cercarla, non riusciva ad accettare l’idea che gli rivolgesse una risposta - giustamente - fredda e distaccata; in questo era bravissima: ci erano volute parecchie settimane prima che riuscisse a sciogliersi con lui e pochi secondi invece per tornare gelida.
Parcheggiò sapendo di essere già in ritardo di un quarto d’ora, in un altro momento probabilmente lei gli avrebbe lanciato una frecciatina al riguardo, ma adesso sapeva che non l’avrebbe fatto. In realtà, non sapeva come si sarebbe comportata quella sera, un conto erano loro due da soli che si erano creati un mondo tutto loro con un corrispettivo modo di comunicare, un altro era la presenza di un’altra persona ignara come tutti dei fatti.
Camminò a passo svelto, sentendosi agitato e poi girò l’angolo diretto al punto d’incontro dove le due ragazze lo stavano aspettando. Helen era di spalle, ma catturò comunque la sua attenzione: sembrava più slanciata nonostante i colori chiari che indossava, la maglia ricamata le lasciava scoperta sensualmente la spalla da cui si vedeva il tatuaggio che lui aveva spesso baciato mentre la spogliava, ed il pantalone aderente le metteva in risalto la forma a mandolino del suo fondoschiena che attirava le attenzioni di alcuni passanti. Cristina lo vide e lo salutò con la mano prima di avvicinarsi a lui, Helen si girò lentamente rivolgendogli solo uno sguardo, ma rimase indietro. Salutò Cristina distrattamente senza smettere di guardare Helen, senza curarsi che entrambe avrebbero potuto accorgersene. Il colore della pelle era più scuro del solito, segno che avesse passato molte ore al sole, la maglia bianca faceva risaltare ancora di più la sua abbronzatura ambrata ed i capelli che dovevano essere più lunghi ed anche leggermente più chiari con i riflessi dorati e ramati evidenziati dal sole che stava tramontando; le ossa della clavicola sembravano più sporgenti e le labbra screpolate, ma apparentemente non c’erano altri segni che potessero mostrare che non stesse bene, anzi, sembrava ancora più bella dell’ultima volta che l’aveva vista.
Si avvicinò piano a lei cercando un contatto con quegli occhi che da quasi un anno lo inchiodavano, lei tenne opportunamente lo sguardo altrove e sorrise semplicemente a beneficio di Cristina, ma senza illuminarsi come accadeva spesso quando lo vedeva. Nonostante i tacchi che era strano vederle ai piedi, era comunque parecchio più bassa di lui, per cui si abbassò leggermente per salutarla con degli innocenti baci sulle guance posandole con delicatezza la mano sul fianco ed avvertendo una sporgenza delle costole che prima non c’era, Helen restò rigida e non lo toccò in nessun modo, poi si allontanò in fretta rivolgendo uno sguardo a Cristina.
Avvertì una sensazione di amaro in bocca e di peso sullo stomaco, si era aspettato che fosse fredda o arrabbiata, ma quella era una Helen totalmente diversa che lui non sapeva come gestire, era una maschera d’indifferenza sotto uno strato di ghiaccio che non sarebbe riuscito a scalfire con una delle sue battute o con il più dolce dei baci come quando avevano avuto delle discussioni in passato.
Cercò di riprendersi e fare il giullare, almeno con Cristina, che era rimasta ancora facile da far ridere come sempre, lei gli camminava accanto, mentre Helen era un po’ più avanti perché non entravano tutti e tre sul marciapiede; era sempre stata bella in modo inconsapevole e quando lui glielo diceva, era spesso arrossita, in quel momento invece sembrava particolarmente conscia delle sue potenzialità, camminava dritta, con il vento leggero che le muoveva i capelli e lo sguardo fisso davanti a sé ed attirava moltissimi sguardi; naturalmente li aveva sempre attirati, ma in qualche modo sembrava nascondersi, in quel momento invece non lo faceva affatto.
Arrivarono in un locale e decisero di sedersi ad uno dei tavolini all’aperto, mentre il sole rifletteva sulla superficie del canale di fronte a loro; era vagamente consapevole che Cristina stava raccontando del suo nuovo lavoro e cercava di non spostare troppe volte lo sguardo su Helen che invece era concentrata sull’amica come se fossero da sole; ricordò una scena analoga, quasi otto mesi prima, quando dopo l’estate si erano incontrati per una serata simile tutti e tre insieme, allora aveva appena iniziato a flirtare con Helen che ancora non se n’era resa davvero conto, lei era molto più abbronzata dopo due settimane in Grecia e lui le si era seduto accanto, ogni tanto si sporgeva verso di lei sfiorandola per qualche secondo e ricevendo dei sorrisi da parte sua, quella sera dubitava che sarebbe successo. E lui amava il suo sorriso.
Il cameriere portò i menù ed indugiò un po’ troppo con lo sguardo sulla scollatura di Helen che era chiaramente la sua attrattiva maggiore, avrebbe voluto rivolgergli un’occhiataccia ma non ne aveva alcun diritto; lei invece gli sorrise con disinvoltura facendolo ammiccare mentre rientrava all’interno del locale.
«Ti trovo in gran forma, Helen.» ammise Cristina, lei dal canto suo poteva apparire simpatica, ma del tutto normale ed il confronto con Helen non reggeva nemmeno quando quest’ultima non faceva niente per attirare l’attenzione.
Sorrise ancora, era quasi uno dei suoi sorrisi pieni che le illuminavano gli occhi e le formavano un’adorabile fossetta sotto l’angolo delle labbra, ma quei sorrisi così aperti erano sempre rari e di solito li riservava a lui quando la baciava improvvisamente interrompendo ciò che lei diceva.
«Grazie!» esclamò «Ultimamente sto molto bene, sono molto più serena…»
Avrebbe potuto crederle, ma lui la conosceva meglio di Cristina e sapeva che c’era un velo di inquietudine che i suoi occhi non riuscivano a mascherare.
«Sì, rispetto all’ultima volta che ci siamo viste la differenza è palese. Cos’è, sei innamorata?»
Lui sbiancò mentre l’immagine del ragazzo che la stringeva a sé riaffiorava nella sua mente, ma Helen scosse la testa «Nah… gli ultimi ragazzi che ho frequentato si sono dimostrati una perdita di tempo e nemmeno troppo interessanti…» la frecciatina lo colpì con effetto, in questo Helen era la regina e lui non si era aspettato quel colpo.
«Ah no?» ribadì d’impulso, con una nota un po’ troppo acida perché suonasse indifferente.
Cristina gli rivolse uno sguardo perplesso, Helen invece lo guardò negli occhi per la prima volta da quando si erano incontrati, inarcò un sopracciglio e rispose con un pacato “no”; chiaramente più brava di lui a fingere distacco. O magari lo provava davvero, non ne era certo, ma quella non era la ragazza che si nascondeva tra le sue braccia ogni volta che arrossiva. Sentiva di averla sprecata.
«E tu, invece, Roberto?» domandò Cristina, curiosa di saperne di più soprattutto di lui che non vedeva da Settembre.
Fece spallucce con fare disinteressato «Il solito: lavoro tanto, sono stressato, faccio stronzate… e poco più di un mese fa ho lasciato la mia ragazza, cioè, adesso ex ragazza.» disse notando sott’occhio che Helen aveva abbassato lo sguardo, ma solo per pochi istanti.
Prima che Cristina potesse commentare sorpresa - d’altronde tutti avevano pensato che non sarebbe mai riuscito a lasciare la sua ex sebbene la loro relazione fosse diventata malsana da tempo -, il cameriere tornò con le ordinazioni prese poco prima: un cocktail a base di frutta tropicale per Cristina e vino bianco freddo per Helen e Roberto. Pagarono ed il cameriere andò via senza però esitare a fare l’occhiolino ad Helen.
«Quel tipo ti ha puntata.» ribadì Cristina per un attimo dimenticando dell’argomento precedente «È carino, magari può porre fine alla serie di ragazzi che sono stati una perdita di tempo.» per un attimo fu tentato di buttare in faccia all’amica il contenuto del suo calice, ma non era colpa sua e, in effetti, lui non poteva più avere pretese nei confronti di Helen, la quale sorrise tranquilla e suggerì loro di andare per primi a prendere qualcosa al buffet mentre lei restava lì a guardare le borse, a Roberto non andava di lasciarla da sola ma non poteva obiettare.
«Scusa Roberto, stavi dicendo? Hai lasciato la tua ragazza, come mai?»
Mentre si alzavano per andare all’interno, avvertì più che vedere Helen agitarsi impercettibilmente sulla sedia, era chiaro che non era un argomento di cui le piaceva si parlasse e poteva capirla, in effetti anche lui avrebbe preferito non parlarne, non perché fosse ancora scosso per com’era finita quella relazione, ma perché lo era stato ed aveva troncato in modo stupido ed incosciente anche quello che c’era - o poteva esserci - con lei.
«Ormai erano mesi che non andavamo più davvero d’accordo…»
«Hai sempre parlato abbastanza male di lei, in effetti.» aveva conosciuto Cristina qualche mese prima di Helen e già allora, ricordò, la sua relazione non era più felice.
«Già, ma ho continuato a portarla avanti, non so perché. E alla fine ero talmente saturo da precludermi la possibilità di stare con una persona migliore per me.»
Cristina non era abbastanza intuitiva da presupporre che in effetti una persona migliore per lui poteva non essere solo un’ipotesi.

Quando tornarono al tavolo, Helen stava parlando con il cameriere che Roberto constatò essere almeno quindici centimetri più basso del suo metro e novantasette ma comunque alto abbastanza rispetto a lei, inoltre era anche molto palestrato e lui aveva da sempre una certa invidia per i ragazzi che avevano un fisico così scolpito che lui per conformazione e per poca voglia di allenarsi in palestra, non aveva mai avuto. Constatò con piacere che Helen, nonostante stesse sorridendo, non lo guardava davvero con interesse o, almeno, non ricambiava lo stesso evidente interesse che lui mostrava per lei. Non per questo il desiderio di dargli un pugno era meno forte.

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Capitolo 3
*** We are bound ***


Helen si costrinse a riempirsi il piatto mentre era al buffet sebbene non avesse per niente fame. Scelse un po’ di patate e formaggio, una pizzetta e poco altro mentre il cameriere continuava a provarci chiaramente con lei; non immaginava che vestita così avrebbe attirato tanto l’attenzione, non ne era del tutto abituata. Anche Roberto l’aveva guardata in modo diverso e per un momento pensò con amara ironia che forse se si fosse vestita più spesso così, lui non avrebbe messo fine alla loro storia; ma in realtà a Roberto non era mai importato niente dei vestiti, delle scarpe, del modo in cui si truccasse o si facesse i capelli, a lui era interessato solo il sesso di tanto in tanto per distrarsi dalla sua ragazza.
Ritornò al tavolo liberandosi finalmente del cameriere e provò a prendere parte alla discussione cercando di ignorare le occhiate che Roberto gli lanciava di continuo. Lo trovava snervante, qualsiasi fosse il motivo per cui la guardava (ricordi dei mesi passati insieme? rimpianto? accertarsi che stesse bene? crudeltà?) a lei iniziava a dare fastidio, era già abbastanza difficile senza che lui la guardasse in quel modo, ricordandole quando la guardava con molta più dolcezza quando lei si sedeva sulle sue gambe lunghe ed intrecciava le dita in quelle di lui.
Mangiò poco cercando di sparpagliare il cibo rimasto nel piatto affinché sembrasse meno, Cristina le diceva sempre che mangiava come un uccellino anche quando lavoravano insieme, ma non voleva che lo dicesse davanti a Roberto che avrebbe potuto pensare che dipendesse da lui l’assenza di appetito. In realtà era più di un mese che mangiava poco o che saltava i pasti perché aveva lo stomaco serrato, anche se effettivamente era colpa sua, ma non voleva che lui lo sapesse. Gli aveva dato già troppo potere su di sé e a quel punto non voleva che ne avesse ancora.
Aveva finito il suo vino prima degli altri e sentiva che le sarebbe servita un’intera bottiglia per quella lunga serata, quasi leggendole nel pensiero il cameriere arrivò verso di lei con un bicchiere colmo di un cocktail colorato dal forte sentore di alcool e lo mise davanti a lei, con sorpresa anche dei suoi amici. Helen aggrottò la fronte perplessa a sua volta «Non ho ordinato un altro drink.» ed evitò di aggiungere che in effetti l’aveva desiderato.
«Questo te lo offre la casa.» rispose con voce un po’ troppo suadente per i gusti di Helen, rivolse uno sguardo veloce agli altri due constatando che Cristina sembrava lottare tra il bisogno di ridere e quello di scandalizzarsi, mentre Roberto aveva l’espressione tirata.
«La casa… ovvero tu.» commentò con uno malcelato sarcasmo.
Gli rivolse un’occhiata di sfida, prima di accettare l’offerta sorridendo compiaciuta al cameriere che non avrebbe potuto essere più pertinente nemmeno se l’avesse pagato per far ingelosire Roberto, cosa che non avrebbe mai fatto perché le aveva detto che lui non era mai geloso.
«Grazie!» disse sorridendo, consapevole che quel drink non sarebbe stato affatto una buona idea perché era decisamente forte e lei aveva già bevuto un bicchiere di vino bianco.
Dopo un po’, Cristina annunciò che sarebbe andata un attimo al bagno e per una volta Helen avrebbe voluto che entrambe fossero quel tipo di ragazza che andava alla toilette accompagnata da un’amica, ma purtroppo nessuna delle due era così o comunque non avevano mai raggiunto quel grado di intimità. Quando fu abbastanza lontana, Roberto si girò verso Helen cercando il suo sguardo «Ciao…» sussurrò sorridendo, osservò per un attimo le fossette sulle guance e i denti dritti e bianchi e con disappunto provò ancora il piacevole vuoto allo stomaco che le provocava sempre il suo sorriso «Come stai?»
Avvertì gli occhi bruciarle ed abbassò subito lo sguardo cacciando indietro le lacrime «Bene e tu?»
«Meglio rispetto all’ultima volta che ci siamo visti, ma non bene…» Helen fece spallucce ma avrebbe voluto dirgli che lei era certa di star peggio «A proposito di quel giorno…»
Deglutì tornando a guardarlo, molto più arrabbiata di un attimo prima «Hai già chiarito alla perfezione tutto, non c’è bisogno che tu lo ripeta, anche perché non mi pare di averti chiesto nulla, ora come un mese fa.»
«Helen.» pronunciò il suo nome con decisione e le provocò una fitta di dolore «Non ci siamo più sentiti, penso che tu sia arrabbiata con me e…»
Sospirò, avrebbe volentieri voluto tornare immediatamente a casa ed abbandonarsi al pianto «Non sono arrabbiata con te, ma non credo ci sia altro da aggiungere.» poi non disse altro perché era tornata Cristina che notò con una certa perplessità il silenzio che si era creato tra loro nel frattempo.
«Tutto bene?» chiese ad entrambi, Roberto annuì sorridendo e fece una delle sue battute alle quali Helen improvvisò una risata piuttosto testa; l’altra passò lo sguardo su entrambi «Si può sapere che cosa è successo tra voi?» la loro espressione sorpresa e colpevole aiutò Cristina a dedurre di aver intuito.
«In che senso?» domandò Roberto cauto.
«Non sono cieca, ragazzi. È tutta la serata che vi comportate in modo strano, come due che hanno un segreto insieme; è così palese: c’è qualcosa tra voi?»
«Stai scherzando?» domandò Helen cercando di infondere in quelle due parole tutta la sua perplessità.
«No Helen, affatto. Lo capisco da come vi guardate o non vi guardate. Per tutta la serata lui non ha fatto altro che cercare il tuo sguardo e tu non hai fatto altro che ignorarlo. È chiaro che le cose sono parecchio cambiate da quando ci siamo visti tutti e tre a Settembre ed è chiaro che nel frattempo tra di voi è successo qualcosa, avete l’aria di chi si è fatto male, di quel male che sono chi è innamorato può farsi.»
Roberto fece per rispondere, ma Helen gli poggiò con delicatezza una mano sul braccio avvertendo a quel contatto una sensazione quasi pungente che le si diffondeva su tutto il palmo, sentì anche i suoi muscoli irrigidirsi un po’ «Roberto ed io abbiamo sempre avuto un bel rapporto, già quando ci siamo incontrati la prima volta quasi un anno fa, ricordi anche tu che scherzavamo di continuo…» deglutì mantenendo però un’espressione calma, Roberto l’ascoltava con attenzione, forse più di Cristina che sembrava aver già deciso come stessero le cose «Ci siamo sentiti spesso in questi mesi e siamo diventati più amici, ma tra noi non c’è mai stato amore e dubito che possa esserci in futuro, siamo semplicemente amici. E io lo sto ignorando per una cosa che mi ha detto per messaggio per cui me la sono presa un po’, ma non c’è davvero nient’altro.» ammise e si sciolse in una risatina divertita che convinse persino Cristina.
Si girò a guardare Roberto con espressione raggiante, un riflesso di come lo aveva sempre guardato negli ultimi mesi e lui le sorrise a sua volta, anche se era pallido e sembrava avesse fatto indigestione di pizzette del buffet; ma Helen che lo conosceva sapeva che aveva quell’espressione quando era contrariato, ricordava che qualche tempo prima mentre erano da lei, aveva ricevuto una telefonata di lavoro che non gli era piaciuta ed aveva esattamente quella faccia. Se non avesse passato gli ultimi mesi ad osservarlo e studiare le sue espressioni non se ne sarebbe mai accorta; ma in fondo lui le aveva fatto capire chiaramente che tra loro non avrebbe potuto esserci niente, quindi non capiva perché stesse reagendo in quel modo.
«Sì, Helen è un tantino permalosa. E poi io non sono pronto per una relazione adesso né per altro: l’ultima ragazza che ho avuto mi ha fatto passare la voglia di provarci di nuovo, almeno per un po’.»
Non erano proprio le parole che le aveva detto settimane prima al Mc Donald’s, ma il senso era lo stesso e lei si sentì di nuovo come quel giorno, come se non potesse più essere felice mentre il peso di quella frase le piombava addosso e non poteva fare niente per far cambiare idea all’unico ragazzo di cui si fosse innamorata da più di due anni e solo il secondo in tutta la sua vita. E lei aveva davvero pensato per un certo periodo che loro fossero legati, avrebbe voluto prendersi a schiaffi da sola per averci creduto così tanto.
Cristina annuì più convinta e il resto della serata proseguì senza altre domande al riguardo, poi si avviarono verso l’auto di Roberto che non era poi distante dalla metro.
«Dobbiamo farle più spesso serate del genere, stiamo sempre molto bene insieme!»
«Fuori dall’ufficio.» ironizzò Helen ed entrambe ridacchiarono.
Roberto sorrise, in fondo anche lui non apprezzava troppo il modo di lavorare del loro ex capo, anche se per lui era quasi un amico «Appena sono un po’ più libero dal lavoro, ci organizziamo.» ribadì esattamente come l’ultima volta, ma da allora erano passati mesi «È stato un piacere ragazze!» disse chinandosi verso Cristina per salutarla.
Helen avrebbe voluto arrivare velocemente a casa, ma una parte di lei non voleva lasciare Roberto perché significava che molto probabilmente quella sarebbe stata l’ultima volta che lo vedeva; scacciò quei pensieri mentre si avvicinava a lei, alzò gli occhi verso di lui che la guardava con dolcezza «Ciao Helen.» disse per poi abbassarsi verso di lei mentre con le mani le stringeva delicatamente i fianchi «Ci vediamo…»

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Capitolo 4
*** Home ***


Era tornato più volte indietro quando si era messo in auto, sentiva ancora il profumo di Helen, il calore della sua guancia quando l’aveva sfiorata con la sua e tutto quello che voleva era guidare velocemente fino a casa sua sperando di essere più veloce di lei ed aspettarla fuori dal portone. Ma sapeva che lei si sarebbe potuta arrabbiare e non gli sembrava una grande idea litigare a tarda sera fuori ad un palazzo abitato da famiglie, quindi tornò a casa.
Impiegò molto tempo per addormentarsi, si girava irrequieto pensando alla serata appena trascorsa, a quanto Helen fosse bella, spigliata e chiaramente arrabbiata; poi ripensò a come Cristina si fosse accorta di tutto e a quello che Helen le aveva detto per farla ricredere su di loro. 
“Siamo semplicemente amici.”
No, non erano affatto semplicemente amici.
Tirò un pugno al cuscino e sobbalzò quando la porta si aprì leggermente facendo entrare la gatta di suo fratello che gli rivolse uno sguardo che gli sembrò canzonatorio mentre puntava i suoi occhi gialli su di lui, osservandolo bene anche nel buio della sua stanza. Di solito la gatta non andava mai da lui che era stato più volte vittima dei suoi agguati o del suo soffiare, mentre non faceva altro che fusa a suo fratello; quella sera invece sembrava in vena di coccole da lui - segno che nell’altra stanza suo fratello fosse impegnato con la sua ragazza -, salì sul letto senza farsi troppi scrupoli, gli si avvicinò un po’ per annusargli il viso e quando lui la spostò, si accucciolò accanto a lui osservandolo pigramente quasi a volerlo sfidare a mandarla via.
Ci rinunciò, tanto sapeva che avrebbe impiegato ancora molto tempo per addormentarsi e l’accarezzò distrattamente ripensando che l’unica volta che aveva avuto il coraggio di invitarla a casa sua, Helen era praticamente impazzita per la gatta, atteggiamento che in effetti l’aveva un po’ sorpreso dato che la sua ex la odiava; era rimasta svariati minuti accovacciata in una posizione scomoda ad accarezzarla dietro le orecchie e per tutta risposta quell’essere perfido le aveva subito fatto le fusa, lui dal canto suo avrebbe quasi gridato al miracolo se non fosse stato un tantino geloso di non ricevere le attenzioni che generalmente lei gli riservava. L’aveva dovuta distrarre dal felino attirandola a sé per un bacio appassionato, nella stanza di suo fratello.
Si erano rivisti anche il giorno dopo, Helen era raggiante sebbene il pomeriggio precedente, dopo essere stata da lui, avesse ricevuto la brutta notizia di non essere stata presa per il lavoro che sognava. Nonostante la rabbia e la depressione, il suo sguardo nei confronti di Roberto non si era mai alterato, nelle tre ore di auto che avevano fatto per raggiungere la città dove lui aveva un appuntamento di lavoro insieme ad altre due sue colleghe ed aveva chiesto ad Helen di accompagnarli, lei l’aveva guardato come se fosse un tramonto sul mare. E poi al ritorno, a sera inoltrata, erano stati soli in auto perché le altre due si erano fermate lì, ne era stato segretamente contento perché poté tranquillamente accarezzare e prendere per mano la bellissima ragazza mora seduta al suo fianco e baciarla di tanto in tanto se c’era un po’ di traffico. L’aveva accompagnata a casa ed erano rimasti a baciarsi a lungo in auto e quella era stata l’ultima volta che si erano visti prima che lui, quasi due mesi dopo, decidesse di interrompere la loro relazione.
«Cazzo!» sbottò a mezza voce e naturalmente la gatta lo graffiò perché l’aveva svegliata.
Rivedere Helen quella sera non aveva cambiato le cose, era ancora attratto da lei, dal suo sorriso, dal suo corpo formoso e, anche se pensava che dopo così tanto tempo che non l’aveva più toccata come se fosse sua avrebbe smesso di sentirsi attratto anche solo fisicamente, in realtà non era cambiato affatto. La voleva ancora, in un modo quasi doloroso che aveva poco a che fare con la sola attrazione fisica e la freddezza che lei aveva mostrato, lo faceva star male.
Si svegliò presto, dopo una notte quasi insonne ed in bagno constatò che aveva un aspetto orrendo, poi in cucina quasi urlò sorpreso di trovare suo fratello già sveglio che sorseggiava un caffè appollaiato su una delle sedie, gli rivolse uno sguardo scanzonato.
«Chi è Helen?» gli chiese.
Roberto lo fissò sconvolto «Che ne sai tu di Helen?»
Federico ridacchiò facendogli segno di prendersi del caffè e mettersi seduto «Prima la porta della tua camera era leggermente aperta, immagino che sta notte Nemi sia venuta ad allietarti della sua presenza e poi sia uscita... E ti ho sentito agitarti nel sonno mentre venivo a chiuderla, poi hai detto qualcosa che suonava come “Helen”.»
«È una ragazza.» rispose guardandolo con circospezione.
Federico inarcò un sopracciglio in un modo in cui Helen, che lo faceva di continuo, sarebbe stata fiera di lui «Ma pensa te, non l’avrei mai detto!» ironizzò «Per chiamare il suo nome con tanta disperazione sarei quasi pronto a giurare che non sia solo una semplice ragazza.» era passato molto tempo da quando si era confidato con suo fratello maggiore riguardo una ragazza, ma era stanco e pensò che forse parlarne gli avrebbe fatto bene, così fece un riassunto piuttosto breve di quella che altrimenti sarebbe stata una storia lunghissima. Federico si versò ancora altro caffè e lo guardò con interesse «In pratica Helen è il motivo principale per cui hai lasciato Marina.»
«Cosa? No!» suo fratello inarcò di nuovo un sopracciglio «Cioè, sì. Forse. Non lo so.»
«Te lo dico io: sì. E lasciati anche dire che fai tanto il Casanova, ma poi fai degli sbagli davvero da dilettante con le donne. Avresti dovuto lasciare quella pazza già mesi fa, non solo quando hai iniziato a sentirti attratto da Helen, ma ancora di più quando hai iniziato a provare qualcosa per lei. Poi finalmente lasci Marina e anziché correre tra le braccia di questa ragazza che chiaramente è innamorata di te, le dici che non sei pronto ad avere altre relazioni ed ora ti sorprende che questa poverina sia stata fredda quando non potevi proprio aspettarti che si comportasse come se non fosse successo nulla, anzi, sei stato fortunato che non ti abbia preso a pugni.»
«Sono un idiota.»
Federico non rispose, ma dalla sua espressione era chiaro che fosse d’accordo, invece gli chiese di vedere una foto di Helen e lui gli mostrò una che aveva salvato sul cellulare perché era particolarmente bella, poi gliene fece vedere altre aprendo il suo profilo Instagram, Federico aggrottò la fronte ed era chiaro che fosse particolarmente interessato. Guardò Roberto nello stesso modo in cui lo guardava quando lui lasciava i piatti sporchi del pranzo «Se una ragazza del genere, con un viso che potrebbe tranquillamente essere usato per una pubblicità, è innamorata di te e tu la respingi, sì, sei un idiota. Fatti una doccia, vestiti e vai da lei a cercare di rimediare!»
«Ma oggi dobbiamo tornare a casa per il ponte...»
Federico, che era solo pochi centimetri più basso di lui, si eresse in tutta la sua comunque notevole altezza e quasi fece alzare di peso Roberto «Silvia ed io prendiamo il primo treno possibile, tu vai da questa ragazza e rimedia ai tuoi errori, altrimenti giuro che dico a mamma di cambiare le serrature per non farti entrare.»
Non aveva mai visto suo fratello così determinato, forse era stata l’espressione autoritaria che usava raramente, ma Roberto aveva eseguito alla lettera il suo consiglio.
Guidò come un matto, ma era ancora molto presto perché non ci fosse il solito traffico del sabato mattina. A pochi metri da casa di Helen c'era un fioraio che aveva dei fiori bellissimi, si fece fare un bel mazzo e poi andò al bar a prendere delle brioche alla crema pasticcera.
Riuscì a trovare i due portoni aperti da altre persone che entravano o uscivano e così non bussò al citofono, consapevole che avrebbe avuto qualche chance in più se Helen gli avesse aperto direttamente la porta piuttosto che sentire prima la sua voce. Impiegò qualche minuto prima di trovare il coraggio di bussare, dall’interno si sentiva la musica soffusa di una canzone di Ed Sheeran, sorrise perché sapeva quando lei amasse quel cantante, poi prese un lungo respiro e bussò.
Sentì i passi di Helen avvicinarsi alla porta e si sentì incredibilmente agitato, seppe anche senza vederla che aveva esistito prima di aprire, poi la porta si socchiuse. Helen indossava ancora il pigiama – cosa che non lo sorprese dato che era mattina presto di un sabato -, la maglia blu con il disegno di un elefante bianco sul petto e dei pantaloni aderenti bianchi a fantasia etnica blu che richiamava il disegno della parte superiore, i capelli ricci che le cadevano sulla spalla e l’aria distrutta quasi quanto la sua.
«Roberto...» mormorò come se avesse visto un fantasma, poi cercò di riprendere un’espressione dura e fredda e solo in quel momento Roberto si rese conto di quanto stesse soffrendo e gli si strinse il cuore.
«Ciao!» rispose sfoderando un sorriso incerto, non aveva idea di cosa dire «Ho portato dei croissant alla crema, ti va di fare colazione insieme? Oh, e questi sarebbero per te...» le porse il mazzo di fiori che lei osservò con dolcezza.
«Perché sei qui, Roberto?»
«Perché ho bisogno di parlarti ed ero certo che se ti avessi chiesto di vederci, non avresti voluto e allora ho deciso di venire qui senza chiedertelo, anche se ora non mi sembra più un’idea tanto geniale. Per favore...»
Si spostò dalla porta per farlo entrare, ma aveva lo stesso sguardo diffidente della sua gatta quando c’erano degli estranei in casa. Entrò in quell’appartamento che gli era così familiare e constatò che c’erano delle novità: una cassettiera che prima non c’era, alcune nuove foto attaccate alle ante dell’armadio e soprattutto non c’era più il bigliettino su cui lui la prima volta che era stato lì, ancora prima che iniziasse la loro relazione, le aveva scritto un messaggio. Provò una fitta acuta di dolore, ma poi osservò Helen che si stringeva tra le braccia e decise che lui non aveva nessun diritto di star male.
Preparò il caffè in silenzio e lui decise di sedersi al tavolo e lasciarla da sola nella piccola parte della casa dove c’era la cucina, separata quasi completamente dal resto dell’ambiente da una parete che impediva ad entrambi di vedersi dalle rispettive postazioni.
L’aveva sempre presa in giro perché il caffè che faceva era molto più forte rispetto a quello a cui lui era abituato, ma in quel momento il profumo più intenso riuscì a schiarirgli le idee per ciò che voleva dire. Portò a tavola due tazzine rosse con dei cuori – che lui conosceva bene – e ne porse una a lui, poi si mise seduta al suo posto e fissò il fumo che saliva dal suo caffè mentre Roberto le porse una delle due brioche.
«Mi dispiace.» esordì serio notando che lei staccava piccoli pezzetti del croissant per mangiarli lentamente, capì che non aveva fame e che non avrebbe alzato lo sguardo verso di lui; forse sarebbe stato più facile perché essere inchiodato da quegli occhi scuri, così profondi, avrebbe reso tutto molto peggiore «So che sei arrabbiata con me e ne hai tutto il diritto e probabilmente non avresti voluto vedermi di nuovo qui in casa tua, perciò capirò se dopo quello che voglio dirti mi chiederai di andar via, però per favore, adesso lasciami parlare..» per l’interesse che gli stava riservando, Roberto poteva anche essere parte della tappezzeria, ma sapeva che anche se fissava la sua tazzina, in realtà Helen stava ascoltando con attenzione «La prima volta che ci siamo conosciuti, alla fermata dell’autobus fuori dall’ufficio di Gabriele, tu eri con Cristina ed entrambe stavate per andare a lavorare; entrambi mi avevano detto che c’era una nuova stagista e alla fine, dato che avevo una riunione con lui, ero passato in ufficio la mattina presto. Non ricordo cosa indossavi, ricordo solo che non pensavo minimamente che la nuova stagista avrebbe potuto colpirmi e invece sono rimasto incantato da te, dai tuoi occhi così espressivi, dai tuoi capelli ricci e dal sorriso dolce.» finalmente Helen alzò lo sguardo verso di lui, non c’era rabbia né freddezza nella sua espressione, solo una tristezza che gli fece desiderare di fare il giro del tavolo ed abbracciarla «Dopo aver parlato con quell’idiota che invece non ti teneva per niente in considerazione, lui suggerì a Cristina di spostarsi al posto accanto a lui per lavorare insieme affinché io potessi sedermi vicino a te dato che avremmo dovuto occuparci di molte cose in comune; all’inizio eri diffidente e forse un po' timida, poi hai iniziato a scioglierti e a rispondere alle mie battute, a scherzare con me, a sorridere ogni volta che ti inviavo una mail in cui prendevo in giro Gabriele e, senza accorgermene, ho iniziato a desiderare di farti ridere ancora. Lasciai quell’ufficio con una bella sensazione e continuai a trovare scuse per tornare anche se non ce n’era bisogno, solo per vedere te e quando non potevo, come ricorderai, allora cercavo qualsiasi motivo legato al lavoro per poterti inviare mail o chiamarti e sentire la tua voce, riuscivo a capire solo dalla tua intonazione se stavi sorridendo. E allora ho iniziato a pensare che sarebbe stato bello poterti vedere fuori dal lavoro per poter parlare con te, ma non potevo farlo perché gli altri sapevano che ero fidanzato ed avrei rischiato di mettere in difficoltà anche te; così ho iniziato a dirmi che volevo vederti perché eri brillante e simpatica e che non ci fosse nient’altro, ma mi stavo mentendo spudoratamente. Poi a fine agosto abbiamo fatto quel viaggio di lavoro insieme, gli altri due non c’erano e trascorrere un’intera giornata con te mi aveva fatto capire quanto fossi brava ed appassionata, spigliata è capace di attirare tutte le attenzioni su di te ed io avrei voluto baciarti davanti a tutti. Così poi quando siamo rientrati in città, dopo le vacanze estive, consapevole che a metà settembre il tuo stage sarebbe finito, ho iniziato ad essere meno cauto. Volevo frequentarti e continuare a vederti anche dopo lo stage e non me ne fregava niente di Marina con la quale le cose andavano già male da prima di incontrarti, non me ne fregava niente che qualcuno avrebbe potuto scoprirci e qualsiasi altro problema. Però continuavo a mentire a me stesso ed anche a te: mi dicevo che era solo una storia di sesso, ma già la nostra prima volta era stata così intensa che avrei dovuto capire che non era così e poi le cose sono andate avanti, so che tu hai capito molto prima di me che non ci stavamo affatto divertendo e basta e questo mi spaventava, non avevo il coraggio di lasciare Marina e sapevo che tu iniziavi a desiderare di più, anche se non lo chiedevi per non mettermi fretta e, forse, per non rischiare di perdermi e mi dispiace tanto perché ho precluso ad entrambi la possibilità di viverci la nostra storia in modo molto più libero. Quando alla fine mi sono allontanato, nell’ultimo periodo, volevo lasciare la mia ex perché ero ai limiti e in più c’era lo stress del lavoro e la paura di non poter soddisfare ciò che tu volevi… L’ho lasciata e, come ti ho detto, non mi aspettavo che finisse così male, che lei reagisse nel modo in cui ha reagito, diffamandomi, dicendo e facendo cose assurde e allora ero esausto, ma non avrei dovuto scaricare i miei problemi su di te, su noi...»
«Non esisteva nessun noi.» disse lei.
Roberto sospirò «Forse è vero, ed è stata colpa mia. Tu sei sempre stata la persona che in quei sei mesi rappresentava la mia ancora di salvezza, ogni volta che le cose andavano male con Marina o con il lavoro, o qualsiasi altra cosa, io pensavo a te e stavo meglio e la maggior parte dei momenti belli e felici di quei mesi, li ho vissuti con te. E sono stato un idiota ad allontanarti, sono stato male e ieri mi sono reso conto di aver fatto male anche a te, molto più di quanto immaginassi e mi dispiace davvero tanto e ti chiedo scusa.»
Helen posò la tazza sul tavolo e lui notò il tremito della sua mano, il modo in cui serrava forzatamente le mascelle e deglutiva «Ormai è acqua passata… mi fanno piacere le tue scuse, ma adesso non cambia niente… » mormorò alzandosi per portare le tazzine vuote nel lavello, Roberto si sentì sprofondare ma si alzò comunque per seguirla «Non provi più niente per me?» le chiese nell’angusto spazio della cucina, dove spesso si erano baciati a lungo.
«Mi piacerebbe poter dire che non provo più niente, ma non sono così brava a mentire. Però non capisco quello che vuoi dirmi con questo discorso…»
«Voglio dirti che nell’ultimo anno ci sei stata solamente tu, a prescindere dal fatto che fossi fidanzato e dalle tue paranoie che io me la spassassi anche con altre ragazze, cosa che tra l’altro non è vera. Non esisteva nessun’altra e vorrei che… Cioè…» balbettò «Insomma, farei qualsiasi cosa per far tornare le cose com’erano fino a tre mesi fa, perché mi sembra passata una vita e non voglio più passare un secondo senza di te.»
Se non altro Helen sembrò colpita da quella frase, deglutì e poi inspiro profondamente e lui si rese conto che non voleva sentire la sua risposta, le afferrò il viso con tutta la delicatezza possibile e si chinò su di lei per baciarla. Sentì la sua sorpresa, poi si lasciò andare mentre quel bacio diventava il più disperato che si fossero mai dati e lui si rese conto che qualcosa di caldo gli sta a lentamente bagnando le dita delle mani ancora sul viso di Helen. Lei stava piangendo.

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Capitolo 5
*** The proposal ***


Roberto si allontanò da lei «Helen…» mormorò e quella voce che lei amava tanto non fece altro che provocarle un pianto più forte. Si portò le mani sul viso per coprirsi mentre dei singhiozzi silenziosi le scuotevano le spalle, sentì Roberto fare un passo verso di lei e poi le avvolse le braccia attorno alle spalle stringendola a sé e lei si appoggiò contro il suo petto senza riuscire a smettere di piangere, trovando però un po’ di conforto in quelle braccia che l’avevano già stretta altre volte ma mai con quella dolcezza. Le diede dei baci dolci sui capelli spettinati senza allentare la presa «Mi dispiace tanto, non volevo farti del male.»
Alla fine grazie al movimento ritmico del petto di Roberto, unito al suo abbraccio e alla voce dolce, riuscì a calmarsi, si asciugò con forza le lacrime ma sapeva anche senza vederlo che il suo viso era rosso, probabilmente gonfio, con gli occhi arrossati e di una tonalità più chiara del solito; non avrebbe voluto che la vedesse in quelle condizioni.
Roberto invece le sorrise con dolcezza «Evidentemente devo baciare proprio male.» esordì e, nonostante tutto, riuscì a strapparle una risatina
«Scemo…» sussurrò lei contrariata, ma anche divertita «Ho bisogno di tempo, Roberto… E anche di una doccia.»
«Posso aspettare.» 
Gli rivolse uno sguardo serio «Io ti ho lasciato il tuo tempo senza oppormi, penso che il minimo che tu possa fare è lasciarmi il mio.»
«Non è quello che vuoi e non lo voglio nemmeno io. Quindi va’ a farti la doccia, io ti aspetto seduto al tavolo, l’unico modo per evitarlo sarebbe trascinarmi di peso fuori casa e sappiamo bene entrambi che non ne saresti capace.»
Helen fece spallucce trattenendo un sorriso e si diresse verso la parte più ampia del monolocale, prese dall’armadio dei vestiti e poi dal primo cassetto della nuova cassettiera un completino intimo, poi andò in bagno e si chiuse a chiave, non l’aveva mai fatto quando c'era lui, non che Roberto avesse mai avuto intenzione di entrare, ma era un livello di intimità e fiducia che avevano avuto già dalla prima volta che lui era stato lì.
Uscì dal bagno un quarto d’ora dopo, emanando una scia del profumo delicato del suo bagnoschiuma alla vaniglia, aveva indossato una maglia a righe bianche e blu ed un paio di skinny jeans. Roberto era seduto al solito posto e la guardava con un’espressione per lei indecifrabile «Vorrei portarti con me nella mia città per questi giorni di ponte.» esordì osservando la sua reazione; Helen, dal canto suo, inarcò un sopracciglio aspettandosi che lui scoppiasse a ridere, non lo fece «Voglio lasciarti il tuo tempo perché so che non posso chiederti di ricominciare di nuovo come prima. E in realtà non voglio che sia come prima. Ma non ho intenzione di allontanarmi ancora da te, vorrei che ti fidassi ancora di me anche se mi rendo conto di quanto sia difficile, non proverò a baciarti di nuovo a meno che non sia tu a volerlo, né farò nient’altro senza che il tuo consenso. Però vorrei davvero che tu venissi con me adesso, perché anche se le feste di Pasqua sono passate da poco, abbiamo entrambi bisogno di allontanarci da questa città e sarebbe carino stare insieme…»
Helen incrociò le braccia «Non mi stai davvero chiedendo di venire con te nella tua città, a casa dei tuoi genitori.»
«Invece sì.» ribadì lui determinato.
«Non mi va. Non mi va di conoscer la tua famiglia, non credo vedrebbero di buon occhio la ragazza che per mesi è stata la tua…» inspirò cercando di non far tremare la voce «amante. E non sono sicura di poter passare quattro giorni continui con te, non ora.»
Roberto si alzò e le si avvicinò, lei fece istintivamente un passo indietro anche se aveva promesso che non l’avrebbe baciata ancora «La mia famiglia non è mai entrata nelle mie questioni personali, anche se era da tempo che mi consigliavano di concludere la mia relazione con Marina perché notavano che io non stavo bene, mia madre mi ripeteva sempre che mi stavo precludendo la possibilità di stare con qualcuna che mi facesse stare davvero bene ed aveva ragione. Ma ti presenterò come un’amica, se per te va bene. Non sarebbe la prima volta che porto un’amica a casa e poi staremo lì solo stasera, da domani mattina andremmo nella nostra casa in montagna, dove forse verranno anche mio fratello e la fidanzata; lui già sa di te, è l’unico con cui posso parlare liberamente e stamattina mi ha minacciato di cambiare le serrature di casa se non avessi fatto di tutto per chiederti scusa e farti capire che sei importante per me. Stanotte puoi dormire nella mia camera, io dormirò volentieri sul divano in soggiorno e nella casa in montagna ci sono abbastanza stanze da non avere problemi a starmi lontana.»
«Mi stai chiedendo davvero tanto, come se fosse bastato quello che mi hai detto prima per far passare tutto, come se solo perché io provi qualcosa per te, possa tranquillamente dimenticare gli ultimi tre mesi, le tue risposte fredde, il tuo rimandare continuamente il momento di vedermi, il tuo sparire così all’improvviso dopo che tra noi sembrava andare bene, o il tuo discorso al Mc Donald’s.» rispose «Tu dici di essere stato male, ma per un mese non ti sei fatto sentire e, per quanto mi riguarda, non c’è stato giorno da allora in cui io non abbia pensato a te e pianto e, nonostante mi ripetessi che non avrei mai dovuto lasciarmi coinvolgere così da te e che dovevo dimenticarti, non ho mai spesso di sperare almeno in un tuo messaggio, che non è mai arrivato. E saresti così interessato a me se ieri non ci fossimo visti perché Cristina ha insistito?» sentiva di nuovo le lacrime bruciarle negli occhi, frementi di rigarle il viso; si diresse verso il tavolo e si mise seduta, lui la imitò triste «E oggi sei venuto qui da me, di mattina presto, imponendomi la tua presenza quando un mese fa sei stato molto chiaro a farmi capire che non dovevo importi la mia e pensi davvero che io verrei così a cuor leggero da te, fingendo che gli ultimi mesi non siano accaduti? E come pensi che possa fidarmi ancora di te? Come faccio a non essere certa che all’improvviso tu non smetta di nuovo di farti sentire e vedere senza parlarmi di quello che ti succede e lasciandomi da sola ad affrontare la tua essenza che è devastante?» non si preoccupò di asciugare le lacrime che le scorrevano lente, sentiva che non avrebbe avuto un’altra crisi come quella di prima, ma non poteva comunque impedirsi di piangere.
Roberto la guardò triste, non come quando lei era caduta mesi prima procurando sì una ferita sul ginocchio ed una distorsione al polso e alla caviglia e nemmeno come quando gli aveva detto che non l’avevano presa per il lavoro, sembrava un dolore vero come quello che stava provando Helen e lei avrebbe solo voluto credergli e farsi stringere ancora dalle sue braccia forti e dimenticare tutto con i suoi baci.
«Quindi la finiamo così?» le domandò con un filo di voce «So di non averti cercata in questo mese, forse per vigliaccheria: non avevo idea di come cercarti ancora dopo essere stato così stronzo, non sapevo come smettere di pensare al tuo sguardo distrutto quando ti ho detto che per il momento non volevo stare con te, vederti, continuare a frequentarti. Non avrei mai pensato di avere il potere di fare così male ad una persona e fino a quel momento non avevo capito quanto tu tenessi a me, ancora adesso non so come sia possibile, non sei il genere di ragazza che di solito vuole me
«Forse dovresti lasciar decidere agli altri se sono o meno il genere di persona che tu credi che siano.»
«Sì, forse, ma hai capito che intendo.» ribatté guardandola con serietà, un modo in cui non l’aveva mai guardata, nemmeno quando lavoravano insieme «Hai ragione: sono venuto qui stamattina senza pensare che avrei potuto farti ancora più male caricandoti sulle spalle il peso della consapevolezza che non solo ho sprecato sette mesi perché non mi decidevo a scegliere te completamente, ma che avremmo potuto già stare insieme seriamente da più di un mese e invece non è stato possibile perché io ero troppo preso a pensare che avevo bisogno di libertà, che con la mia ex era finita troppo male per pensare subito ad una nuova relazione… Ed era vero, ma non so come smettere di volere te, in tutti i modi possibili. So che non posso pretendere di dirti che mi dispiace e risolvere tutto e sono consapevole che è inutile fare promesse adesso, ma ti sto chiedendo di iniziare d’accapo e provarci seriamente. Non dico che sarà facile, ma se provi ancora qualcosa per me, per favore, riproviamoci.»
Restò ferma sulla sedia a guardarlo, con il tavolo come unica barriera tra di loro e nonostante tutto, sembrava una barriera insormontabile; il cuore le batteva forte ed ogni cellula del suo corpo le urlava di correre verso di lui e baciarlo, ma le guance ancora umide di lacrime le ricordavano dolorosamente gli ultimi mesi. Poi il resto di se stessa ebbe la meglio, si avvicinò lentamente a Roberto che alzò lo sguardo su di lei, carico di speranza e qualcos’altro che aveva visto solo nei momenti di maggiore intimità; gli passò una mano tra i capelli - gesto che permetteva solo a lei perché generalmente gli dava fastidio - e poi gli accarezzò il viso che lui inclinò per imprigionarle delicatamente la mano tra la sua guancia e la sua spalla «Non farmi ancora male, Roby.»
Sorrise tirandola piano verso di sé, tutti i nervi di Helen si irrigidirono aspettando il bacio che invece non arrivò, invece la fece semplicemente sedere sulle sue gambe come aveva fatto mille volte e poggiò la testa nell’incavo tra la spalla ed il collo «Non avrei mai voluto fartene.»
Restarono abbracciati per un tempo indefinito, lei seduta sulle sue gambe come una bambina e lui con la testa poggiata sul suo petto, inspirando il suo profumo ed ascoltando il battito accelerato del suo cuore.
«Sei proprio sicuro di volermi portare con te? Insomma, possiamo vederci tra quattro giorni…»
Roberto ridacchiò alzando lo sguardo verso di lei «Cosa ti preoccupa, precisamente, del conoscere i miei genitori che non sanno niente di te?»
«La madre dell’unico ragazzo che ho frequentato di cui ho conosciuto la famiglia non faceva altro che ripetere al figlio di sposarmi… Ho una specie di trauma.»
Sentì il suo petto muoversi veloce per una risata silenziosa e lei gli rivolse un’occhiataccia «Dopo che mia madre ti sentirà parlare in modo perfetto, come se avessi ingoiato un libro di grammatica o un dizionario della lingua italiana, al massimo sarà lei a volerti sposare dato che è professoressa di filosofia. Se poi ti viene in mente di parlare di filosofia o degli ultimi libri che hai letto, potrebbe addirittura costruirti una statua d’oro al centro della città.»
«Che esagerazione…» sussurrò alzando gli occhi dal cielo. Poi fece per alzarsi, ma lui la tenne stretta.
«Ferma.» ribadì con dolcezza «Non è un’esagerazione. Forse dall’alto del tuo italiano perfetto e del tuo essere una secchiona anche quando non devi studiare, a te sembri normale e non ti rendi conto di quanti ragazzini ignoranti capitino davanti a mia madre; probabilmente penserà che sei una specie di miracolo. Probabilmente se vedesse che hai libri di Hemingway, Dickens, Austen ed altra gente di cui a stento ho sentito parlare, sverrebbe.»
«Sei piuttosto iperbolico.» borbottò lei divertita.
Lui inarcò un sopracciglio «Visto?» le diede una leggera pacca sul fianco «Ti prometto che non sarà affatto imbarazzante. E adesso prepara la roba che ti devi portare.»

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Capitolo 6
*** When we were lovers ***


Erano in viaggio da quasi un’ora ed avrebbero dovuto viaggiare per almeno altre quattro; nonostante fosse arrivato a casa di Helen quasi all’alba riuscendo a convincerla nell’ora e mezza successiva, non poteva proprio sperare di riuscire a fare più presto e in realtà non gli interessava arrivare tardi a casa, non gli interessava niente finché lei era sul sedile accanto al suo.
Tuttavia non poteva fingere che lei stesse bene, aveva accettato di andare con lui alla fine, ma non era tranquilla come avrebbe potuto esserlo prima; avvertiva che era tesa non solo dalla postura o dal silenzio, ma anche dal modo adorabile in cui aveva la fronte corrugata, ma si rese conto con sorpresa che erano elementi che notava perché la conosceva.
Avrebbe voluto allungare una mano verso di lei, ma le sue erano congiunte in mezzo alle gambe quasi come se avesse freddo e, sebbene fosse freddolosa come lui, era impossibile che avesse freddo con la temperatura calda di quei giorni; per di più il suo finestrino era aperto a metà ed il vento le muoveva i capelli diffondendo il suo delizioso profumo nell’abitacolo. Era una tortura non poterla nemmeno sfiorare, si era più volte sorpreso di quanta voglia avesse di toccarla e non interrompere il contatto, ma non voleva che pensasse che tutto quello che le aveva detto fosse in realtà un modo per poterla solo portare a letto. 
Poi ricordò che quando lei aveva iniziato a fare lo stage grazie al quale si erano conosciuti, avevano più volte canticchiato insieme e si erano ripromessi che avrebbero fatto un viaggio-karaoke in occasione di uno spostamento a Roma per lavoro dove sarebbero stati soli in auto, ma poi il suo capo aveva deciso che lei restasse in ufficio e lui era andato da solo, senza la presenza di quella giovane donna che già allora lo attirava così tanto. 
Così collegò l’iPhone all’impianto stereo dell’auto e fece partire “Non Amarmi”, canzone che lui spesso canticchiava quando si annoiava e si era divertito molto ad avere lei che, inaspettatamente, gli facesse la parte femminile una delle prime volte che si erano conosciuti in ufficio. Quando partì la musica fu contento di vederla sott’occhio girarsi verso di lui con un mezzo sorriso divertito.
«Dimmi perché piangi?» iniziò lui con voce impostata, la sentì ridacchiare e sorrise di rimando, Helen aveva quel genere di risata contagiosa e lui adorava farla ridere.
«Di felicità.»
Passarono l’ora successiva a cantare insieme, anche se entrambi stavano scherzando, non poteva fare a meno di notare che lei avesse una bella voce, non che non se ne fosse già accorto, ma non l’aveva mai sentita cantare davvero, allora glielo disse.
Sentì i suoi occhi scuri su di sé anche se stava superando un camion e non poteva guardarla «Questa rientra nelle cose per ricominciare?» lo punzecchiò. 
Trattenne il sorriso e rientrò nella corsia precedente, poi con la mano destra le diede un pizzico affettuoso sulla coscia «No, questo fa parte delle cose per ricominciare.» scherzò «Che hai una bella voce è un dato di fatto.»
A metà strada si fermarono in un Autogrill, andarono in bagno e lui l’aspettò fuori quello delle donne che come al solito era sempre affollato e poi restarono a mangiare qualcosa; Helen rifiutò di farsi offrire il pranzo però si mise seduta accanto a lui piuttosto che di fronte e lui lo prese come un buon segno.
«Stasera c’è una festa sulla spiaggia, il mare dista circa mezz’ora dalla mia città… Fede e Silvia vanno e ci hanno chiesto se ci va di aggregarci, ci saranno un po’ di miei amici di giù. Pensavo che forse per te sarebbe meno imbarazzante piuttosto che cenare con i miei genitori, che dici?» era chiaro che nemmeno l’idea di essere presentata ai suoi amici fosse molto interessante per Helen, ma accettò rivolgendogli uno dei suoi sorrisi aperti.
Nel primo pomeriggio arrivarono a casa, naturalmente aveva già avvertito la sua famiglia che avrebbe portato con sé un’amica e solo Federico e Silvia sapevano chi fosse l’amica; sebbene era palese per lui che Helen detestasse avere tutte le attenzioni su di sé, constato quanto con gli altri riuscisse ad essere incredibilmente adorabile ed educata e, come aveva previsto, sua madre aveva impiegato dieci minuti prima di rivolgerle degli sguardi estremamente cordiali che era sicuro che qualsiasi suo allievo si guadagnasse solo se fosse riuscito a prendere almeno un otto durante un’interrogazione su Kant; anche suo padre - che per natura non trovava quasi mai una persona antipatica - non faceva altro che sorriderle cordiale e lanciare delle occhiate bonarie a lui quasi come a volerlo convincere con lo sguardo di far diventare Helen più di un’amica.
Quando mezz’ora più tardi Silvia, con il suo carattere capace di far subito amicizia con chiunque, convinse Helen ad andare insieme dal parrucchiere, Federico riuscì ad avvicinarsi a lui mentre i loro genitori erano distratti; li fissò per un po’ senza guardare Roberto e poi si girò verso di lui ed ammiccò.
«È bassina rispetto a te.» lo provocò sorridendo, Roberto aggrottò la fronte pronto a replicare che Helen era perfetta, ma suo fratello lo precedette «È molto bella, Roberto.» continuò poi, più pacato «Sono contento che tu abbia chiarito con lei.»
«Non abbiamo proprio chiarito del tutto, non mi sono reso conto che le ho fatto davvero del male nell’ultimo periodo ed Helen è quel tipo di persona che ci mette molto a sciogliersi e se poi viene delusa si chiude a riccio.»
Federico sospirò «Helen sembra il tipo di ragazza che va conquistata per bene. Non basta sorriderle e dirle due cose carine, devi impegnarti perché è chiaro che lei vuole e merita di più… Fai per lei cose che non hai mai fatto, non essere oppressivo e soprattutto sii paziente. Lei ti ama, questo è chiaro.»
Roberto lo guardò sorpreso «Cosa te lo fa pensare?»
«Ti guarda come se il mondo iniziasse e finisse con te.»
Quando tornarono dal parrucchiere, Helen e Silvia sembravano essere diventate se non proprio grandi amiche, almeno molto in sintonia, ma d'altronde era impossibile che la fidanzata di suo fratello non riuscisse a mettere a suo agio anche un carattere timido e riservato come quello di Helen che, con suo sollievo, sorrideva rilassata. Silvia non gli diede nemmeno il tempo di salutarla prima di trascinarla in camera a prepararsi per l’aperitivo sulla spiaggia, così lui poté solo scambiare uno sguardo intenso con Helen i cui capelli cadevano ondulati sulle spalle.
Poco dopo, mentre loro erano in giardino a parlare con i genitori, le ragazze li raggiunsero e Roberto non si rese nemmeno conto di aver interrotto una frase a metà quando vide Helen. Indossava un vestito color panna con una delicata fantasia che andava dal beige al rosso scuro; il vestito era senza maniche, aderente ma con la gonna lunga che si svasava un po’ e su un lato si apriva uno spacco molto profondo che metteva in mostra la sua gamba tonica, sotto indossava dei sandali in cuoio con un tacco quadrato. Aveva un trucco leggero e bronzato che metteva in risalto le sfumature ambrate degli occhi e i capelli erano ondulati come se li avesse asciugati al sole e, sebbene lui la preferisse riccia, doveva ammettere che in quel modo si vedevano di più i riflessi ramati; era bellissima.
Si rese solo vagamente conto che suo padre gli stava chiedendo come continuasse il resto della frase e che nel frattempo Federico e sua madre sorridevano complici avendo notato che lui non riusciva a spostare lo sguardo da Helen che, constatandolo a sua volta, era arrossita. Si alzò ignorando gli altri e le si avvicinò, si scambiarono uno dei loro sguardi in cui riuscivano a capirsi senza nemmeno parlare e poi lui si schiarì la voce «Stai molto bene…» sussurrò per non farlo sentire agli altri, anche se notò Silvia sorridere e poi avvicinarsi a Federico.
Helen guardò la camicia bianca leggermente sbottonata sul petto e i pantaloni blu che lui indossava, era uno sguardo intenso di quelli che gli rivolgeva solo quando erano da soli e di solito dopo quello sguardo finivano per fare l’amore o quantomeno baciarsi e dovette reprimere l’impulso di chinarsi verso di lei e baciarla davvero «Anche tu stai molto bene.»
«Che bella ragazza che è Helen.» intervenne sua madre andando verso di loro e passando un braccio sulle spalle della ragazza con fare materno «Bella e intelligente. Come Silvia… dovreste portarmi sempre ragazze così a casa.»
Helen sorrise leggermente imbarazzata e rivolse uno sguardo veloce a Roberto «Io te le porto sempre così.» intervenne Federico «Dillo a Federico che sceglie bene le amiche e male le fidanzate.» 
Roberto lo fulminò con lo sguardo, non gli sembrava il caso di tirare in ballo la sua ex con Helen presente, la quale si era sempre sentita in colpa nei confronti dell’altra che non aveva mai nemmeno visto, solo perché per mesi era stata la causa dei tradimenti di Roberto. Ma lei si limitò a sorridere educatamente alla battuta di suo fratello come se non avesse capito davvero a cosa si riferisse, a quel punto Roberto interruppe quel discorso ricordando a tutti che dovevano andare.
In auto Silvia cedette il posto davanti a Roberto affinché lei ed Helen restassero dietro insieme e ripresero a parlare di un locale in cui voleva portarla una volta rientrate da quella piccola vacanza; così riuscì a parlare di nuovo con Helen solo quando arrivarono al locale, una grande piattaforma in legno sulla sabbia, illuminata dal sole che stava lentamente tramontando dal lato opposto rispetto mare, ma creava comunque un effetto romantico diffondendo nel cielo colori che andavano dal rosa acceso all’arancione chiaro e lui sapeva che in mezz’ora sarebbe diventato uno spettacolo ancora più affascinante. L’aveva presentata ad alcuni amici di vecchia data e non aveva potuto far a meno di notare come loro l’avessero guardata, non erano mai usciti troppo insieme perché lui rischiava sempre di incontrare qualcuno che lo conoscesse e che potesse riferire alla sua ex che era con un’altra, quindi non aveva mai del tutto notato come Helen attirasse gli sguardi maschili su di sé. E se la sera prima ne aveva avuto una dimostrazione, in quel momento con il vestito che indossava che risaltava non solo la sua pelle ambrata ma anche le forme sensuali del suo corpo, si rese conto che avrebbe volentieri guardato malissimo chiunque le posava lo sguardo addosso.
«Ti piace qui?» le chiese dopo che entrambi presero da bere e si diressero verso un angolo più isolato della piattaforma.
Lei appoggiò la schiena contro il parapetto in legno rivolgendo le spalle al mare e lui le si mise davanti in parte per ripararla dal sole che calava lento dietro di lui e in parte per proteggerla dagli sguardi troppo insistenti degli altri ragazzi «Mi piace molto, adoro posti come questo, sul mare…»
«Stai bene?»
Fece spallucce «Se per “bene” intendi che non scoppierò di nuovo a piangere, allora sì. Ma devi ammettere che è quantomeno strano.»
Roberto ridacchiò «È molto strano, te lo concedo: non mi sono mai ritrovato a guardare male chiunque guardasse la ragazza che sta con me… Cioè, non in quel senso, ma che…»
Helen sorrise dolcemente «Lo so, ho capito in che senso. In effetti non c’è mai stato nessun altro senso, quindi è facile non fraintendere.» abbassò lo sguardo e lui temette che avrebbe pianto ancora; ma Helen era forte e se si era concessa quello sfogo con lui quella mattina era solo perché era esausta, in quel momento, davanti ad altre persone, non avrebbe mai pianto, infatti poi gli sfoderò il suo sguardo più fiero e diffidente «E comunque non mi guardano tutti, ci sono ragazze molto più carine.»
Alzò gli occhi al cielo «Ecco la mia Helen paranoica ed insicura. Tu non te ne rendi proprio conto di come ti guardano i maschi e stasera poi sei bella da far mancare il fiato.»
Prima aggrottò la fronte, quasi come se lui avesse parlato in un’altra lingua a lei sconosciuta, poi le si allargò un sorriso sul viso e la illuminò molto più del sole che tramontava «Anche tu sei molto bello.» ripeté con la sincerità disarmante che era solita avere, il petto che le si alzava ritmicamente come se avesse corso e le guance che si tinsero ancora di rosso. Roberto poggiò una mano sul parapetto, poco distante dal braccio di Helen e si sporse verso lei; erano abbastanza vicini da percepire che lei aveva trattenuto il fiato e da perdersi nelle infinite pagliuzze dorate che ricoprivano i suoi occhi altrimenti scuri come il caffè. Desiderava davvero tanto baciarla e sapeva che anche per lei era lo stesso, ma si rese anche conto che aveva paura e che in quel momento non sarebbe stata a suo agio se l’avesse baciata, perché c’erano ancora troppe cose da chiarire, quindi si allontanò provando a sorridere maliziosamente.
«Lo hai sempre detto con così tanta intensità e serietà che mi fai sempre sentire davvero bello quando mi guardi. Vorrei essere altrettanto bravo a farti entrare in questa testolina tanto intelligente quanto insicura che anche tu lo sei e che sei importante per me.»
«Ci sono stati dei momenti in cui l’ho creduto davvero…»
Le accarezzò il viso e sentì i brividi irradiarsi dal suo corpo «Perché è così. Helen, tu sei importante per me.» disse lentamente e guardandola negli occhi, avrebbe potuto dirle qualsiasi altra frase molto più impegnativa, ma aveva bisogno che prima di qualsiasi altra cosa, lei capisse che non l’aveva usata e basta, che per tutto quel tempo aveva sempre provato qualcosa per lei.
Tornarono a casa abbastanza tardi, Federico e Silvia sembravano intenzionati a raggiungere la stanza di lui il prima possibile, mentre Roberto avrebbe dovuto trascorrere la notte sul divano perché aveva promesso ad Helen che le sarebbe stato lontano. Non avevano mai dormito insieme, anche se una volta lei gliel’aveva chiesto, ma in quel momento era troppo intimo e lei aveva bisogno di riposarsi dopo una giornata lunga.
L’accompagnò in camera, le fece vedere dove poteva mettere in carica il cellulare e dove poteva prendere un plaid se aveva freddo, poi le diede un veloce bacio sulla guancia ed andò in salone. Solo dopo aver fatto la doccia e messo una logora maglia bordeaux che usava come pigiama, si rese conto di aver lasciato il cellulare nella sua camera, quindi dopo averci pensato un po’, decise di entrare silenziosamente per prenderlo ed andare subito via.
Ma Helen era ancora sveglia e puntò su di lui i suoi occhioni appena vide la porta aprirsi, poi scattò a sedersi e lui si sentì come un ladro in casa sua «Scusa…» sussurrò «Ho dimenticato qui il cellulare, non volevo disturbarti.»
Notò con un leggero divertimento che si era coperta per un attimo con il lenzuolo e che poi l’aveva lasciato ricadere attorno ai fianchi, probabilmente rendendosi conto che l’aveva vista in condizioni molto più intime rispetto al pigiama con la maglia grigio chiaro su cui erano raffigurate delle margherite che contornavano la scritta “He loves me? He loves me not?” ripetuta più volte.
«Non disturbi, insomma, questa è casa tua…» mormorò chiaramente imbarazzata, forse anche lei stava pensando che l’ultima volta che si erano trovati da soli in una camera da letto - fatta eccezione per quella mattina in casa sua - erano finiti a fare tutt’altro che parlare «E comunque non riuscivo a dormire.»
«Nemmeno io…» mentì, in realtà era stanchissimo «Vuoi uno spuntino di mezzanotte?»
Lei ridacchiò «Roberto, sono quasi le due…»
«Biscotti delle due?» ribadì speranzoso e alla fine lei annuì; corse in cucina a prendere la scatola in cui c’erano sempre dei biscotti con gocce di cioccolato e tornò da lei anche con una bottiglia d’acqua e due bicchieri, poi si chiuse la porta alle spalle e le porse la scatola facendo per sedersi per terra perché non c’erano sedie.
«Puoi sederti sul letto, in fondo è il tuo letto.» gli disse «Purché prometta di fare il bravo.»
Sorrise sedendosi ai piedi del letto, dal lato opposto rispetto a lei «Faccio sempre il bravo.» scherzò e si divertì a vederla alzare gli occhi al cielo «Come mai non riuscivi a dormire?»
«Pensavo…»
«A cosa?»
Lo guardò seria «A te.»
Restarono a soppesarsi per qualche secondo «Troppo a cui pensare?» le chiese, esattamente come la prima volta che l’aveva baciata e lei aveva vissuto un conflitto interiore perché lui era fidanzato; Helen annuì «Vuoi andare via?» scosse la testa e lui tirò un sospiro di sollievo «Prima hai detto che non c’è mai stato nessun altro senso tra di noi, ma non è vero.» continuò ed avrebbe voluto che lei non fosse così triste ed amareggiata «Helen, so che in tutti questi mesi hai avuto l’impressione di essere stata per me solo…» deglutì in cerca della parola giusta.
«Una ragazza che di tanto in tanto ti sei portato a letto per passare il tempo?» lo interruppe, nei suoi occhi c’era tutto il dolore che provava nel dire ad alta voce quella frase che probabilmente l’aveva tormentata per mesi.
«Sai che non è stato così. Forse la nostra relazione è iniziata come “divertimento”, ma io ho smesso di divertirmi e basta già dalla terza volta che abbiamo fatto l’amore. Era fine Novembre, faceva un freddo cane e tra noi quella volta era stata proprio bella, illuminati solo dalla luce della stufa per riscaldare ancora di più la tua casa e tu mi avevi detto per la prima volta “sono tua”, era stato così intenso… E poi dopo, ti eri seduta come al solito sulle mie gambe ed avevamo ascoltato il nuovo disco di Jack Savoretti e tu mi traducevi le sue canzoni; a me piaceva “When We Were Lovers” che, grazie a te, ho scoperto che significa quando eravamo amanti e lo so che mi hai spiegato che per loro amanti non è inteso necessariamente come lo intendiamo noi, ma non ho potuto fare a meno di pensare che un po’ parlasse di noi. Noi eravamo amanti, ma non solo in quel senso, anche se inizialmente pensavamo che fosse così, ma quel giorno, con te sulle mie gambe e poggiata al mio petto, gli occhi che ti brillavano dopo aver fatto l’amore con me e i baci che mi davi tra una traduzione di una frase e l’altra, io mi rendevo conto che non era più solo così, non era più solo in quel senso. Helen, io ti ho cercata ogni volta avessi voglia di parlare con qualcuno, tu sembravi sempre la persona giusta con cui parlare, con cui condividere le mie preoccupazioni sul lavoro, le mie ambizioni, le mie battute stupide che ti facevano alzare gli occhi al cielo in quel modo così adorabile che mi fa venire sempre voglia di baciarti. E io non vedevo l’ora di ascoltare i tuoi progetti, le aziende a cui avevi mandato i curricula e da cui non avevi ricevuto risposte e io pensavo che fossero dei pazzi ed erano loro ad andare a perderci. Non era più solo sesso e forse non lo è mai stato. So che non ho mai fatto in modo di fartelo capire davvero e che sono persino scappato due volte dopo aver capito che quello che provavo per te non era semplice attrazione fisica, ma per favore, credimi quando ti dico che sei importante.»
«Ci credo.» sentenziò dopo quasi un minuto di silenzio, gli occhi erano lucidi ma la voce ferma «E tu sei importante per me, lo sai. Ma ho paura. Se tu dovessi andartene ancora, io non sono sicura di riuscire ad andare avanti.»
«Non ho intenzione di andare in nessuna parte senza di te.»

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Capitolo 7
*** Come shine a light ***


Avevano parlato fino alle cinque del mattino, quando entrambi faticavano a restare con gli occhi aperti; Roberto le aveva rimboccato le coperte e dato un bacio sulla guancia, quasi all'angolo delle labbra, ma lei se n'era accorta appena e, quando lui aveva chiuso la porta per andare sul divano, lei già dormiva.
Dormirono entrambi tre ore, prima che i rumori della casa - e in particolare di Federico e Silvia che si preparavano per raggiungere la casa in montagna - non furono troppo forti da svegliarli nonostante il sonno.
Fecero colazione e poi si prepararono e, al momento dei saluti, la mamma di Roberto e Federico le disse che era stato un vero piacere conoscerla e, rivolgendo uno sguardo malizioso a suo figlio più piccolo, che avrebbe sperato di vederla più spesso.
Quando si avviarono all'auto, Roberto chiese a suo fratello di guidare e cedette il posto davanti a Silvia affinché lui potesse star dietro con Helen.
«Ci vorrà più di un'ora per arrivare alla nostra casa in montagna, hai dormito solo tre ore, se vuoi puoi dormire ancora un po' ora in auto...»
«Anche tu hai dormito solo tre ore.»
«Infatti perché pensi che abbia ceduto la guida a mio fratello?» allungò un braccio sullo schienale e la guardò, Helen era certa che anche se stessero parlando a voce bassa e davanti gli altri stavano parlando a loro volta, Federico li osservasse dallo specchietto retrovisore, però le sembrò così naturale appoggiarsi al petto di Roberto e lasciarsi abbracciare da lui.
Era in un piacevole dormiveglia, cullata dal battito del suo cuore e dal movimento dell'auto «Siete molto carini insieme, lei è fantastica!» a parlare era stata Silvia, ma a Helen la sua voce arrivava lontana «E tu sei incredibilmente preso. In tutto il tempo che ci conosciamo non sono sicura di averti visto guardare Marina con la stessa intensità.»
«E pensa che la frequenta da mezzo anno.» intervenne Federico «Pensa quanto è stupido mio fratello, pensa a quante volte nel corso di tutto questo tempo deve averla guardata così prima di salutarla e tornar da Marina...»
«Non è facile lasciare una persona con cui si è stati tanto tempo, anche se ormai non avevo più niente da dirle, a parte forse di quanto mi stessi innamorando di un'altra ragazza che è totalmente diversa da lei sotto ogni punto di vista. Naturalmente mi pento di non essermi dato una mossa tempo fa perché ora ho perso la fiducia di Helen, ma non posso farci niente.»
«Puoi farle ritrovare la fiducia in te, in fondo anche lei è molto presa.»
«Te l'ha detto lei?»
Helen avrebbe voluto sorridere, ma non era nemmeno certa che quella conversazione non stesse avvenendo solo nella sua testa.
«No, anzi è molto brava ad evitare con eleganza ogni argomento riferito a te. Ma è abbastanza chiaro anche senza che me l'abbia detto, guarda questa foto.»
Sentì il braccio libero di Roberto tendersi leggermente e il suo cuore accelerare un po', in qualche modo percepiva anche che stava sorridendo, ma aprire gli occhi le sembrava troppo faticoso e gli avrebbe chiesto di mostrargliela più tardi.
«Passamela, per favore... E adesso io dormirei un pochino, se non vi dispiace. Fate come se non ci fossimo.»
«Anche voi!» ironizzò Federico mentre Roberto stringeva Helen a sé con entrambe le braccia e posava delicatamente la testa sulla sua.
Le sembrava passato pochissimo tempo prima che Federico dicesse "svegliatevi piccioncini", Roberto sospirò e le diede un leggero bacio sulla fronte e buttò le sue gambe lunghe fuori dallo sportello aperto per poi sgranchirsi come un gatto; probabilmente una persona alta come lui non avrebbe mai dovuto stare nei sedili posteriori e trovò carino pensare che l'avesse fatto anche per lei.
La casa assomigliava ad una baita in montagna, di quelle dei film, era piccola anche se a due piani di cui il piano terra era riempito da un grande salone con angolo cottura e camino e il piano di sopra da quattro piccole camere da letto ed un bagno.
Federico e Silvia erano andati a fare una passeggiata, lasciandoli da soli ed imbarazzati, Helen detestava sentirsi in quel modo con lui con cui si era sempre sentita tranquilla e a suo agio; alla fine Roberto aveva optato per portarla a vedere un posto che riteneva bello, parcheggiarono l'auto e poi proseguirono a piedi verso un percorso contornato da alberi alti.
«Mi fai vedere la foto che ti ha passato Silvia?» gli chiese mentre camminavano.
Inarcò un sopracciglio, divertito «Eri sveglia?»
«Non proprio, ma sentivo qualcosa.» evitò di rivelargli che aveva sentito anche che era innamorato di lei e che, secondo Silvia, lei ricambiasse.
«Ah ecco perché non russavi!» la prese in giro.
«Io non russo e comunque tu non hai mai dormito con me per saperlo...»
Ridacchiò «Quando sono venuto a svegliarti, stamattina, russavi come un orso... Ed avevi anche la bavetta.»
Helen si accostò a lui che camminava con le mani nelle tasche e gli diede un affettuoso schiaffo sul braccio che lo fece ridere e gli fece brillare gli occhi «Scemo!»
Aveva sempre pensato che lui avesse un sorriso bellissimo, con i denti dritti e bianchi che affioravano dalle labbra sottili contornate de una leggera barba che ricopriva accuratamente parte del viso e poi gli si formavano quelle adorabili fossette sulle guance che lei trovava sexy e che spesso aveva baciato. Roberto tirò il cellulare dalla tasca dei jeans e così facendo scoprì leggermente la cintura che gli aveva regalato lei al compleanno, Helen arrossì ricordando che gliel'aveva data il giorno in cui l'aveva lasciata e che aveva comprato proprio una cintura perché con quella che lui usava di solito, aveva spesso avuto problemi a slacciarla. Ma interruppe i suoi pensieri quando le porse il suo cellulare senza sbloccarlo e lei inarcò un sopracciglio perplessa.
«Hai già avuto il mio cellulare in mano.» esordì «Ti ho lasciato aprire What's App per scrivere dei messaggi mentre io guidavo durante il viaggio di ritorno a Febbraio e conosci la password.»
«Non la ricordo...»
«La ricordi, a meno che, improvvisamente hai dimenticato la mia data di nascita dopo settimane dal tuo compleanno in cui mi hai quasi assillato che per i successivi due mesi avremmo avuto solo tre anni di differenza e non quattro.» ovviamente non l'aveva dimenticata. Compose i numeri e l'iPhone si sbloccò, gli rivolse un'altra occhiata interrogativa «Puoi fare quello che vuoi. Aprire ogni applicazione, ogni conversazione su What's App, ogni messaggio, chiamata, fotografia...»
«Non lo farei mai, questa è violazione della privacy.»
«No, se io ti do il permesso. Voglio che ti fidi di me e dato che tradendo la mia ex con te ti ho dato l'immagine di uno che alla prima occasione tradisce, vorrei che qualsiasi messaggio da parte di una ragazza non fosse per te fonte d'ansia.»
Bloccò di nuovo l'iPhone e glielo restituì scuotendo la testa «Sono quasi certa che lei controllasse il tuo cellulare e probabilmente anche i tuoi Social, l'hai definita più volte una prigione e io non voglio assolutamente essere così, anche perché se lei non ha mai scoperto di me, sappiamo entrambi che è perché tu sei bravissimo a nascondere, avrai cancellato i miei messaggi, ogni foto, qualsiasi cosa potesse crearle anche il più piccolo sospetto. Inoltre non staremo mai sempre insieme ed esattamente come è successo con lei, potresti liberamente tradire anche me e io potrei non scoprirlo mai. Per cui non voglio leggere quante ragazze ti scrivono messaggi provocanti, ti telefonano o quante ragazze incontri per lavoro o per altro. Non voglio dover indagare ed avere sempre il cuore in gola perché potrebbe esserci una Helen migliore. Voglio una relazione seria, basata sulla sincerità e soprattutto sulla promessa che se dovessi sentire il bisogno di tradirmi, mi lascerai e basta. Perché se inizi a provare attrazione per altre ragazze, significa che non provi più niente per me... che non proveresti...» non voleva dare per scontato che lui provasse qualcosa di serio per lei è fosse disposto ad avere una relazione sincera come lei gli stava chiedendo «E allora sarebbe inutile continuare la nostra eventuale storia, perché entrambi potremmo perdere qualcosa di migliore... Ma non voglio essere un'oppressione, un vincolo o un peso, vorrei essere la persona con cui hai voglia di parlare, di ridere, di passare del tempo insieme...»
«E lo sei, Helen! Non ho lasciato Marina solo perché ero stanco, per poi allontanare anche te e ricercarti dopo un mese provando a fare di tutto per riaverti per poi non impegnarmi seriamente in una relazione che invece voglio con tutto me stesso.» si fermò e per un attimo Helen pensò che l’avesse fatto solo perché così riuscisse a guardarla bene negli occhi, poi si rese conto che da dove si trovavano, riuscivano a vedere quasi nella sua interessa un lago ad alcuni chilometri sotto di loro la cui forma vista da quella angolazione sembrava un cuore.
Aprì la bocca ma non le uscì nessuna parola, Roberto non si era mai dimostrato molto romantico, anzi la prendeva in giro quando le piaceva una canzone troppo melensa. Osservò il lago davanti a loro e poi tornò a guardare lui «Vuoi con tutto te stesso una relazione con me?» mormorò incredula.
Le rivolse uno sguardo abbastanza sconvolto «Helen…» ribadì esasperato.
«No, aspetta…» lo interruppe, dal giorno precedente non aveva fatto altro che ripeterle che lei gli era mancata, che era importante per lui, che voleva riprovarci, ma non era mai stato così schietto, non aveva parlato di avere una relazione e che la volesse addirittura con tutto se stesso. Non si era resa conto di quanto avesse sperato che lui volesse ricominciare non solo a frequentarla ma anche ad avere una vera storia «Nonostante sia appena finita con la tua ex e sia finita così male? Nonostante conosci i miei difetti e tutto quello su cui non ho intenzione di trovare un compromesso?»
«Non conosco tutti i tuoi difetti e tu non conosci i miei perché anche se ci conosciamo da un anno e per sei mesi siamo stati amanti, non ci siamo concessi il tempo necessario per conoscere molte cose l’uno dell’altra. Io non l’ho concesso. Ma ora voglio stare con te e voglio sapere o dirti tutto quello che in questi mesi pensavo fosse meglio non sapere per non coinvolgerci troppo. Quindi sì Helen, voglio impegnarmi in una relazione seria e sincera con te, se me lo permetti.»
Si chiese per quale motivo non avesse ancora allungato le braccia verso di lui e baciato, si sentiva preoccupata ma provò a sorridere «Non correremo, vero?»
«Se con questa frase mi stai chiedendo di rinunciare al sesso, vorrei almeno ricordarti che abbiamo già fatto tutto quello che c’era da fare prima di avere una relazione e sarebbe veramente crudele torturarmi così, ma se è questo l’unico modo.»
Sentì le guance sollevarsi e scoppiò a ridere prima di riuscire a controllarsi, provò una sensazione di calore come se avesse fatto una doccia calda dopo aver passato molto tempo sotto la pioggia «Sempre a pensare al sesso, Mr. Saiano.» ironizzò avvicinandosi a lui che trattenne il respiro guardandolo quando infilò le dita nei due passanti frontali dei suoi jeans «Non era quello che intendevo…»
Improvvisamente il respiro di Roberto accelerò impercettibilmente ed Helen si rese conto che anche lui era agitato, era una novità «E allora cosa intendi?» 
Fece salire piano le mani lungo il suo corpo che conosceva così bene, avvertiva la sua tensione, gli accarezzò il viso e poi passò una mano dietro la sua nuca, si alzò sulle punte e lo attirò con dolcezza a sé. Rimase sorpreso solo per un secondo, poi l’avvolse con le braccia ricambiando finalmente il bacio.
Fu un bacio disperato quasi quanto quello che le aveva dato il giorno prima a casa sua, ma entrambi lo volevano in quel momento e si stringevano come se potessero colmare ogni centimetro di distanza tra di loro. Roberto poi fece scendere le braccia sulla sua schiena provocandole i brividi anche se era chiaro che non avesse un fine malizioso, l’avvolse con entrambe le braccia ed Helen percepì i muscoli irrigidirsi, poi si ritrovò sollevata da terra e allora smise di baciarlo emettendo un verso sorpreso.
«Roby!» mormorò senza fiato mentre lui la guardava divertito, gli occhi che gli brillavano «Ti fai male, sono pesante!»
Scosse la testa, l’espressione dei bambini quando sanno che non dovrebbero fare quello che stanno facendo ma lo fanno comunque «Baciami.»
Più tardi stese la sua giacca sul prato e fece stendere Helen su di essa e, dopo averla guardata per qualche secondo, si stese accanto a lei nel poco spazio che quell’indumento lasciasse ad entrambi.
«Mi hai baciato.» mormorò guardandola.
Helen ridacchiò accarezzandogli i capelli arruffati «Non è la prima volta che ti bacio…»
«Iniziavo a credere che non l’avresti più fatto.»
«Era come ricordavi?» lo provocò lei, vide una fiamma accendersi negli occhi scuri di Roberto e cercò di ignorare il formicolio che le correva lungo la schiena.
«Era meglio!» esclamò rotolando su di lei e puntellandosi sugli avambracci per non gravare completamente col suo peso su di lei «Però vorrei esserne sicuro, potresti riprovare?»

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Capitolo 8
*** I'm yours ***


Da quando si erano baciati era andato tutto molto meglio.
Erano rimasti quasi un’ora stesi sulla sua giacca a baciarsi e a parlare tranquillamente come avevano sempre fatto, Helen era rimasta affascinata da quel lago a forma di cuore e lui le aveva scattato un po’ di foto con il telefono con dietro quel panorama che l’aveva tanto ammaliata, anche se ovviamene non era il genere di ragazza che si lasciasse impressionare dai cuori.
La sera erano andati tutti e quattro a cena in uno dei ristoranti più carini di quel paesino di montagna, però si ripromise che appena sarebbero tornati a casa avrebbe portato Helen a cena fuori per un vero appuntamento, dato che non ne avevano mai avuti.
Il lunedì Federico e Silvia presero l’auto dato che il pomeriggio precedente era stato a disposizione di Roberto ed Helen ed andarono a fare una passeggiata, probabilmente in uno dei posti appartati che negli anni avevano scoperto. Ma era una bella giornata tiepida e né ad Helen né a Roberto dispiacque camminare a piedi respirando l’aria fresca di montagna.
«Quando torniamo ti prometto che non farò passare giorni interi prima di vederci di nuovo…»
Helen ridacchiò, molto più calma rispetto al giorno prima, lo sguardo felice che aveva sempre con lui «Adesso devi sopportarmi di più, hai deciso di avere una relazione seria, quindi…» si portò dietro di lei e le avvolse le braccia attorno al petto camminando per qualche metro così «E poi dovremo iniziare a vederci la sera…» la buttò lì vaga.
«Mi stai chiedendo un appuntamento?»
Il corpo di Helen era completamente poggiato al suo, posizione che in un altro momento sarebbe stata un po’ difficile da gestire, soprattutto quando lei si mise dritta continuando a restare attaccata a lui «No, ti sto dicendo che da mercoledì sarò impegnata durante il giorno.» Roberto la lasciò per guardarla bene negli occhi e lei sorrise, in un modo un po’ timido «Ho un nuovo lavoro.» ammise e lui sentì il sorriso allargarsi ancora prima che lei specificasse che erano mesi - come lui già sapeva - che aveva inviato curricula a varie aziende senza mai ottenere risposte ed iniziava a scoraggiarsi, poi l’avevano chiamata da una delle prime aziende che lei aveva contattato, praticamente una di quelle in cui sperava di più. Si era aperta una posizione ed avevano analizzato vari curricula ricevuti nel corso dell’ultimo anno e, dopo una scrematura iniziale, ne avevano selezionati alcuni più idonei, tra cui quello di Helen; l’avevano chiamata per un colloquio ed era piaciuta subito, infatti avevano scartato gli altri dopo aver intervistato anche loro ed avevano dato il posto ad Helen.
Sapeva che Helen valesse molto ed aveva sempre immaginato che prima o poi avrebbe avuto un lavoro importante, già riusciva a vederla da lì a qualche anno assumere un ruolo di rilievo all’interno di quell’azienda. L’abbracciò forte sorridendo ancora una volta nel constatare quanto piccola sembrasse rispetto a lui, le diede un bacio sui capelli che profumavano ancora dello shampo del parrucchiere e poi la guardò negli occhi orgoglioso «Non vedo l’ora che guarderai dall’alto in basso quell’idiota di Giuseppe.» mormorò.
«Quindi ci vedremo di sera?»
Alzò gli occhi al cielo perché Helen aveva di nuovo quell’espressione insicura «Ti ricordi che prima di andare in Liguria insieme alle mie colleghe ti dissi che se ti avessero presa a lavorare ci saremmo visti la sera? Ero fidanzato e l’avrei fatto, perché ora che sto con te non dovrei vederti la sera? Per me potresti venire direttamente a casa mia dopo il lavoro o potrei venire io da te, ogni sera. Lo sai che io lavoro da casa o in auto perché sono un freelance, potrei venirti a prendere a volte, se ti va che i tuoi nuovi colleghi super-fighi ti vedano con me.»
«Anche io sto con te e nessun collega super-figo potrebbe mai competere.»
La baciò con dolcezza e si rese conto che stava piovendo, alzò la testa osservando contrariato le nuvole che fino a poco prima non c’erano, ma Helen si strinse a lui incurante di qualche goccia di pioggia e riprese a baciarlo finché poche gocce di pioggia non si trasformarono velocemente in un’improvvisa acquazzone. 
Distavano circa mezz’ora a piedi da casa ed era inutile che si fermassero in attesa che smettesse perché avrebbe potuto continuare per delle ore «Ce la fai ad arrivare a casa sotto la pioggia?» le chiese e notò con orrore che la maglia bianca che Helen indossava e che fino a poco prima le stava benissimo, in quel momento era diventata trasparente «Oddio, Helen!» esclamò sentendo la gola seccarsi, si levò la giacca e gliela infilò addosso senza troppe cerimonie «Rischi di far diminuire troppo la popolazione anziana di questo paesino causa infarto.» Helen abbassò lo sguardo sulla maglia ormai completamente bagnata che non lasciava troppo spazio alla fantasia e si coprì con la sua giacca.
«Facciamo una corsa?» propose ridacchiando ancora perché lui non riusciva a staccare lo sguardo dal suo corpo «Così magari ti distrai…»
«Non terresti mai il passo con me.»
Gli rivolse uno sguardo di sfida mentre si abbottonava con spasmodica lentezza la giacca che le aveva dato, poi si mise la borsa a tracolla «Vediamo. Pronto?»
A Helen piacevano le sfide, sfidarla era il modo migliore per ottenere il massimo da lei anche a lavoro perché era molto competitiva; per qualche metro lui era stato leggermente in vantaggio, poi lei riprese strada e lo superò correndo sempre più veloce ed era chiaro che anche se non andasse a correre per tenersi in forma, lo faceva comunque bene e sembrava che si stesse persino trattenendo perché avrebbe potuto andare più veloce.
Arrivarono a casa completamente bagnati, lei si appoggiò contro la parete accanto alla porta per riprendere fiato e scoppiò a ridere mentre lui chiudeva a chiave respirando a fatica perché, nonostante fosse più alto di lei di circa trenta centimetri, aveva perso.
«Ero fuori allenamento.» boccheggiò rivolgendole un sorriso divertito, quando incontrò i suoi occhi, lei gli rivolse uno sguardo intenso; i capelli le gocciolavano bagnati sulla sua giacca anch’essa fradicia come tutto il resto ed il petto le si alzava ritmicamente perché ancora doveva riprendersi dalla corsa. Si mise davanti a lei ed appoggiò le mani sulla parete ai suoi lati, bloccandola e lei trattenne il respiro; la baciò prima piano, poi appassionatamente quando lei gli avvolse le braccia attorno al collo alzandosi sulle punte per provare ad essere quasi alla stessa altezza, lui la spinse con decisione contro la parete facendo aderire il corpo contro il suo, la sentì gemere piano per il colpo.
Portò le mani sotto la maglia e, nonostante gli indumenti bagnati, la sua pelle emanava un forte calore, sembrava quasi febbricitante ma sapeva che era una delle reazioni del suo corpo quando lo voleva «Andiamo di sopra…» sussurrò piano, la gola secca e sentì il respiro di Helen accelerare.
Non smise mai di baciarla finché non arrivarono alle scale, ma la tenne comunque girata verso di sé stringendo i suoi fianchi ed aiutandola a salire le scale da dietro, sorridendo per la sua paura di cadere «Aiuto!» mormorò ridacchiando e si aggrappò di nuovo a lui una volta finite le scale lasciandosi guidare senza guardare il corridoio alle sue spalle.
Roberto la stringeva a sé guardando dove entrambi mettevano i piedi ma senza smettere di baciarle le labbra o il collo; la portò in camera sua e chiuse la porta, poi le levò velocemente la sua giacca e la guardò, Helen era attenta ad ogni sua mossa, gli occhi scuri che lo scrutavano, le risate di poco prima erano sparite. Anche lui era agitato mentre la spogliava piano, chiedendole il consenso con lo sguardo per ogni indumento che le levava. Anche Helen iniziò a levargli i vestiti, prima la maglia fradicia e poi posò le mani sulla cintura che gli aveva regalato e sorrise incerta «È la mia…»
«Sì.» sussurrò sorridendo «Questa dovresti riuscire a slacciarla.»
Le sfuggì una risatina agitata «È uno dei motivi per cui te l’ho regalata.» ammise lasciandosi spingere sul letto quando entrambi restarono solo in biancheria. Le accarezzò il corpo notando quanto fosse dimagrita: la sporgenza della clavicola era più accentuata e da stesa le costole che prima si sentivano appena, si riuscivano a scorgere bene sotto la pelle; baciò ogni centimetro di quel corpo che a lui piaceva anche qualche chilo in più.
L’aveva vista già altre volte nuda, eppure in quel momento aveva paura a levarle gli ultimi due indumenti, Helen era stesa al centro del letto, i capelli che iniziavano ad arricciarsi ribelli, il respiro accelerato e tremava come una foglia «Hai freddo?» scosse la testa ma conosceva già la risposta, aveva paura «Posso fermarmi, se vuoi…»
«No Roberto… baciami.»
Avrebbe voluto prendersi a schiaffi per non aver fatto l’amore con Helen da Gennaio e per averla allontanata per così tanto tempo; per molto tempo aveva pensato che l’ultima volta, il giorno del compleanno di Helen, era stata la più intensa di tutte, ma in quel momento, mentre lei dormiva acciambellata contro la sua spalla con l’aria felice, si rese conto che poco prima era stata ancora più intensa, forse perché non lo facevano da tanto, forse perché erano stati lontani per molto tempo ed entrambi avevano sentito la mancanza dell’altro o perché erano entrambi un po’ spaventati. Le accarezzò con dolcezza la schiena e si addormentò anche lui.
Si svegliarono entrambi un’ora più tardi, lei spostò i ricci dal viso e gli rivolse uno sguardo complice «Non credevo di trovarti qui al mio risveglio…»
«Ero tentato di andare, russi così tanto che è impossibile restarti accanto.» Helen lo spinse «Ma mi sentivo particolarmente legato a te, sai… dopo quello che è successo.»
«Mi sa che non ricordo…» lo provocò compiacendosi del suo sorriso.
Si allontanò leggermente da lei perché adesso che erano entrambi svegli ed ancora nudi era più difficile starle vicino «Eppure per come gemevi avrei detto che non lo avresti dimenticato per un po’.»
Alzò gli occhi al cielo «Beh, anche a te è piaciuto.» borbottò sulla difensiva.
«Mi è piaciuto moltissimo
Sorrise «Moltissimo eh?» ribadì sorridente «Vado a farmi una doccia, tu fa’ il bravo.»
Tornò mezz’ora dopo, indossando una maglia a tre quarti rossa con la scollatura a barca ed un paio di jeans alla caviglia aderenti con un ricamo di papaveri rossi ai lati delle cosce; i capelli ricci e gonfi dallo shampo appena fatto, scalza e senza trucco, ma era così radiosa che non ne aveva bisogno.
Lui nel frattempo si era lavato nel piccolo bagno di servizio al piano terra, poi aveva acceso nel salone molte candele che erano l’unica fonte di illuminazione della stanza e allo stereo aveva collegato l’iPhone con una playlist di canzoni che gli facevano pensare ad Helen.
«Come sei bella…» sussurrò posando l’accendino ed andandole vicino.
Sorrise baciandogli il petto «Come mai tutte queste candele?»
«Perché se continua a piovere così rischiamo di restare senza luce e dato che Fede e Silvia resteranno in una SPA fino alle sei, ho preferito anticiparmi con le candele.» rispose «Hai fame?» Helen scosse la testa «Ma non abbiamo pranzato, Helen. E tu sei dimagrita troppo.»
Si lisciò la maglia evitando il suo sguardo e lui capì che altre persone dovevano averle fatto lo stesso discorso «Non ti piaccio?» quando lo provocava in quel modo era difficile resisterle, ma si impose di farlo.
«Mi fai impazzire, ma mi facevi impazzire anche prima.»
«Sai com’è, il ragazzo di cui sono… cioè, il ragazzo che frequento ha deciso di mollarmi per un mese e mangiare non era proprio tra le mie preoccupazioni.»
La guardò negli occhi consapevole che sotto quel tono leggero lei stesse dicendo la verità e quasi avrebbe voluto scuoterla «D’accordo, ma adesso se tu mangi o meno è anche una mia preoccupazione, quindi andiamo a mangiare qualcosa.»
«E se facessi un dolce?»
La osservò mentre preparava un ciambellone al cioccolato, muovendosi con sicurezza per la cucina anche se non era la sua e per un po’ lasciò che la fantasia vagasse, immaginando quella scena più in là nel tempo, magari Helen non sarebbe stata scalza come in quel momento e non avrebbe avuto un braccialetto di cotone colorato alla caviglia sinistra e sarebbe stata più adulta e lui avrebbe provato sentimenti ancora più forti nei suoi confronti. Ma non glielo disse, sapeva che era il genere di discorsi che la spaventavano.
Quando infornò il dolce, lui si alzò dalla sedia e le si avvicinò piano, guardandola con dolcezza «Prima stavi dicendo un’altra cosa. Il ragazzo di cui sei
Helen alzò lo sguardo verso di lui mentre le sue guance si coloravano di rosso «Lo sai benissimo.»
«No, invece.»
«Il ragazzo di cui sono innamorata, Roberto. Incondizionatamente.»
Sorrise abbracciandola e sollevandola da terra, contento come un bambino e lei ridacchiò sorpresa da quella reazione «Le stai ascoltando queste canzoni?» lei annuì perplessa e lui la mise seduta sul piano della cucina «Te le dedico tutte.» disse serio accarezzandole le gambe «Sono andato a cercarmi le traduzioni perché tu parli troppo bene l’inglese e non vorrei che capissi qualcosa che non vorrei dirti a parte che ti amo.» Helen spalanco gli occhi «Volevo trovare un momento romantico per dirtelo, ma nella mia casa in montagna, illuminata solo da candele, con un bel sottofondo musicale e il rumore della pioggia incessante, mi sembra abbastanza romantico.»
Ridacchiò senza fiato contornandogli il viso con le mani e guardandolo come se fosse la cosa più bella del mondo «È molto romantico!» mormorò «Sei serio?»
Sorrise portando le mani sui suoi fianchi «Sì Helen, ti amo.»
Lo baciò con passione «Ti amo anche io, Roberto.» sussurrò e non protestò quando lui la prese di nuovo in braccio e la portò verso l’ampio divano, rimettendola però a terra senza smettere di baciarla. Le alzò piano la maglia scoprendo la sua pancia e la sentì sorridere mentre si baciavano «Secondo round?» gli chiese guardandolo con una tale intensità che gli si seccò la gola.
«Ti va?»
Ridacchiò «Mi renderai dipendente da tutto questo.»
«Io lo sono già…»
Helen alzò le braccia in attesa che lui le sfilasse la maglia, lui lo fece e la osservò con amore, soffermandosi a guardare il reggiseno grigio velato che lei indossava «Sei incantato?» ironizzò divertita ma anche agitata come sempre quando stavano per fare l’amore.
Ammiccò «Mi piace quello che vedo.»
«Hai già visto altre volte quello che vedi.»
«Sì, ma è sempre un’esperienza incredibile spogliare la ragazza che amo.»
Rise ed era una risata così cristallina e felice che avrebbe voluto sentirla più spesso e si ripromise che avrebbe provato a farla ridere in quel modo sempre, non soltanto mentre stavano per fare l’amore.
Si stesero sul divano mentre i loro vestiti ricoprivano parte della stanza, la canzone che stava suonando in quel momento era “I’m Yours” di Jack Savoretti, il cantante che avevano amato insieme e in quel momento era davvero appropriata. Si mise su di lei consapevole che poi avrebbero cambiato posizione altre volte, ma voleva iniziare in quel modo, con Helen sotto di sé che lo guardava con così tanto amore che gli sembrò che il cuore gli si stesse allargando nel petto; le spostò il ciuffo che le cadeva sull’occhio destro ed entrò piano sorridendo con lei «Sono tua.» sussurrò lei, gli occhi da cerbiatta che lo guardavano seri; Roberto intrecciò la mano nella sua e prese a muoversi baciandola con tutto l’amore che provava per lei.





I'm yours, now I really get what love is for.
R.

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