Like in the best families

di _Lady di inchiostro_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Shower ***
Capitolo 2: *** Nightmare ***
Capitolo 3: *** Shopping ***
Capitolo 4: *** First day ***



Capitolo 1
*** Shower ***


Psst! A te che hai aperto questa storia senza conoscere, sappi che è ispirata a un'altra storia: se sai di cosa sto parlando puoi andare avanti, altrimenti ti avviso che potresti leggerla comunque, ma non so se riusciresti a capirci qualcosa; in caso, ecco a te la storia! ♥
Dedico, inoltre, questa piccola shot alla mia beta e amica Laura. Grazie di essermi ancora accanto nonostante io sia una pessima amica. E non sai quanto sia felice di averti fatto shippare sti due! 

 
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LIKE IN THE BEST FAMILIES
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SHOWER







Fare la doccia la mattina presto era una abitudine cui Oikawa Tooru non poteva proprio rinunciare, neanche quando non doveva recarsi alla sede del Consiglio e aveva la giornata libera. Si metteva sotto il getto caldo, canticchiando di tanto in tanto l’inno dei Ricercatori e altre canzoncine patriottiche a labbra chiuse.
Proprio come fece quella mattina, l’ambiente pregno di umidità e dell’odore del bagnoschiuma che utilizzava di solito, mentre sfregava con forza la capigliatura e stringeva le palpebre. Ebbe il tempo di finire l’ultima canzone, prima di chiudere il rubinetto, scuotendo la testa per far sgocciolare i capelli.
«Asimo, pensi tu a ripulire la doccia?» chiese, girandosi verso il panello elettronico e resistente all’acqua che era attaccato alla parete della doccia.
Si illuminò per pochi secondi, e poi una voce robotica uscì dal marchingegno. «Come desidera, padrone!»
Oikawa fece un mezzo sorriso, e scostò la tendina della doccia con l’intento di prendere l’accappatoio, trovandosi invece a spalancare gli occhi. Non era la prima volta che succedeva, anzi, era capitato diverse volte nell’ultimo periodo, ma ogni volta era sempre una sorpresa.
Haruka era seduta sul tappetino del bagno, i suoi grandi occhi verde acqua che lo fissavano, tutta contenta. Quella bambina era davvero eccezionale, contando che aveva appena due anni e mezzo, e già riusciva ad aprire le porte di casa nonostante il pulsante fosse a una certa altezza rispetto a lei. Sperava che si fosse tolta il vizio, visto che l’ultima volta era caduta dentro la doccia mentre lui si stava lavando, bagnandosi tutta e cominciando a piangere. A quanto pare, però, si sbagliava, quella bambina nutriva una strana fissazione nei suoi confronti.
«Ciao Kawa!» disse, distendendo le mani in avanti come a reclamare un abbraccio, e il giovane pilota di corse si passò una mano davanti agli occhi, perché non aveva seriamente la voglia di sgridarla. Non ce la faceva, non quando lo guardava così.
Si affrettò a prendere l’accappatoio, allacciandoselo poi alla vita. «Va bene, principessa» disse, prendendola in braccio, e sentì subito le braccine della bambina che gli andavano a stringere il collo. «Andiamo da quel brontolone di tuo padre, che dici?»
La bambina parve che non lo stesse ascoltando, mentre giochicchiava con i suoi capelli bagnati e ancora gocciolanti. Premette il pulsante col gomito e la porta si aprì, trovandosi nel piccolo corridoio del piano superiore. Si recò di gran carriera verso la stanza da letto, dove trovò Hajime con addosso solo i pantaloni, alla ricerca di qualcosa da mettersi per quella mattina.
Gonfiò le guance, e la bambina in braccio si mise a ridere, imitandolo, facendo sembrare le sue guance due enormi palloncini bianchi. «Iwa-chan» lo richiamò, e il ragazzo alzò lo sguardo, spostandolo da una Haruka tutta sorridente, a un Oikawa accigliato. «Non ti sei accorto che era sparita?»
Il ragazzo continuò a spostare lo sguardo, alzando un sopracciglio. «Come se non sapessi che stava venendo da te…» disse, tornando a scegliere tra le camicie che avrebbe potuto indossare; alla fine, optò per una semplice camicia bianca.
La stava ancora abbottonando, quando alzò gli occhi verso Oikawa e Haruka, quest’ultima che continuava a strofinare il naso su quello del genitore, ed entrambi ridevano. Iwaizumi richiamò tutta la sua forza di volontà per impedire alle sue gote di imporporarsi dinanzi a quella scena. Non l’avrebbe ammesso mai, ma Oikawa aveva un certo fascino quando faceva il padre.
«E poi lo sappiamo entrambi che sei tu il suo preferito…» brontolò, abbottonando l’ultimo bottone.
Sul momento, il ragazzo rimase un attimo sorpreso, poi sorrise mellifluo. «Sei invidioso, Iwa-chan?»
L’altro alzò le spalle. «Sto solo dicendo la verità…»
Ci fu un attimo di silenzio, poi la bambina si sporse verso l’altro genitore, richiamando la sua attenzione. «Zumi!»
La vide sventolare le braccia verso di lui, e Hajime si fece più vicino, prendendola poi in braccio.
«Hai visto, Iwa-chan? Lo sai benissimo quanto tu gli piaccia!» esclamò il giovane, sorridendo.
Tuttavia, lo sguardo dell’altro era tutto per la figlia, la quale gli aveva messo le mani sulle guance, stropicciandogliele e costringendolo a fare delle smorfie che la facevano ridere. Iwaizumi sorrise, uno di quei sorrisi sinceri e a cui non sempre si lasciava andare facilmente.
«Ecco, è quando ti vedo così – cominciò Tooru, ricevendo finalmente l’attenzione del suo amante – che sono felice di aver preso quella decisione, due mesi fa.»
Il castano sorrise, e l’altro lo sapeva benissimo a cosa stava pensando: a quello che era successo otto mesi fa, a come la loro vita era cambiata completamente; a come si erano riconciliati, pur abitando su due pianeti totalmente diversi. E se il loro rapporto si era costruito in appena sei mesi, la loro famiglia stava cominciando già a formarsi, piano, a piccoli passi. Eppure, nessuno dei due sembrava avesse cambiato idea sulla faccenda dell’adozione. Era chiaro come il sole che amassero Haruka quasi quanto si amavano l’un l’altro.
Sorrise anche lui, tornando a guardare sua figlia. «Siamo in due…» mormorò, e Oikawa gli fu accanto, stampando un bacio sulla testolina scura della bambina.
Poi, quelle labbra furono solo per il suo Iwa-chan.





Domande? 
Perché sei di nuovo tra i piedi? Non lo so. In realtà sta storia non doveva nascere, ma dopo aver scritto un documento con tutti i miei headcanon su quella storia (qui) e aver chiacchierato con la mia beta, alla fine mi sono decisa. E mi sono resa conto che potrei scrivere altre cose così... *la menano*
Come mai questo headcanon? Haruka, nella mia mente, é una bambina dolcissima e furbissima. Ogni tanto fa disperare i nostri piccioncini, ma non fa le classiche monellerie da bambini. L'unica cosa é che segue Oikawa praticamente ovunque, lo ama, e la cosa é reciproca. Però Haruka sa che Iwaizumi needs hugs e quindi ogni scusa é buona per abbracciarlo. Insomma, amateli! <3
Come mai Oikawa usa quel nomignolo? Siamo passati da mostriciattolo a principessa. Perché Haruka é la sua principessa *piange fortissimo* E Haruka continuerà a chiamare i genitori Kawa e Zumi, anche quando sarà più grande.
In conclusione, non illudetevi: più o meno nel periodo di Natale dovrebbe partire un'altra storia, e ci sarà dell'angst... Perché nelle famiglie non ci sono sempre rose e fiori *la lanciano in aria*
Oh, e ho il necessario bisogno di una art con Haruka che strofina il nasino su quello di Oikawa... *piange battendo sulla tastiera*
Che dire, fatemi sapere che cosa ne pensate! Vi romperò assai le scatole con sta nuova serie... *le danno fuoco*
Alla prossima, pirati spaziali! <3
_Lady di inchiostro_



P.S: se avete qualche scenario o fanart che potrebbero ispirarmi, passate dall'uccellino che cinguetta! ♥

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Capitolo 2
*** Nightmare ***


 
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NIGHTMARE





Iwaizumi aveva il sonno leggero: non che non dormisse con facilità, solo che bastava un minimo movimento per svegliarlo, e si accorgeva subito quando la gente lo fissava mentre riposava. Cosa che, di fatto, era capitata un sacco di volte con Oikawa.
Per questa ragione, era il primo a irrigidirsi quando sentiva Haruka piangere durante la notte. Come quella sera, in cui il pianto della bambina si era protratto per tutta la casa e Iwaizumi si era subito alzato a sedere, ruzzolando quasi per terra nel modo di scendere dal letto. Indossò di fretta i pantaloni, correndo il più velocemente possibile verso la stanza, il cuore che gli batteva a mille.
A volte, capitava che confondesse la realtà con i ricordi, e allora a piangere era un’altra Haruka, e quegli occhi diventavano blu e quella pelle diventava più chiara.

«Mi avevi promesso che non avresti più rubato!»
«Mi dispiace... Mi dispiace tanto...»


Aprì la stanza, avvicinandosi al lettino, e trovò la bambina che si agitava nel sonno, le guance rigate dalle lacrime.
«Shhh!» La prese in braccio, sentendo la testolina scura che si posava sulla sua spalla, e le urla scomparvero improvvisamente, sostituite da qualche singhiozzo. «L’incubo è passato, ci sono io adesso...»
La strinse forte, affondando il naso nella curva del collo, respirando quel profumo che sapeva di buono.
«Papà…» mormorò la bambina, e ogni volta che succedeva Iwaizumi sentiva il cuore stringersi in una morsa fortissima.
«Sì, c’è papà adesso» mormorò. «Lo sai? Anche io faccio un sacco di brutti sogni e mi sveglio spesso...»
Parlò come se la bambina potesse effettivamente capirlo, quest’ultima che si stava già riaddormentando.
Un altro motivo per cui Iwaizumi aveva il sonno leggero era che, il più delle volte, faceva degli incubi, ed era come se il suo inconscio gli facesse percepire anche il più piccolo rumore per permettergli di uscirne. Sognava sua madre, la piccola Haruka che correva verso di lui, le scarpe sporche di terra; e come quella volta, sognava Oikawa, gli occhi spenti e una striscia di sangue che colava dalla sua fronte...
«Iwa-chan?»
Si girò verso la fonte della voce, trovando Oikawa sulla soglia della porta che lo fissava. Come lui, indossava solo i pantaloni del suo pigiama, e sul corpo stavano già cominciando a comparire i segni del piacere che avevano consumato qualche ora prima.
Si avvicinò a lui, i piedi nudi contro il freddo pavimento, passando le dita sui capelli della bambina, per poi spostare lo sguardo sul suo ragazzo. Li conosceva perfettamente quegli occhi, gli era capitato più di una volta di vederli quando si svegliava la mattina. Era lo sguardo di una persona che cercava di capire se quello che stava vivendo fosse reale o solo il frutto della sua testa.
Sorrise, anche se faceva male vedere il suo Iwa-chan in quel modo.
«Che ne dici se la facciamo dormire con noi, per stanotte?»
Il ragazzo, sul momento, non riuscì a captare quello che aveva detto l’altro. In sequenza, aggrottò le sopracciglia e poi ne alzò solo uno, e Oikawa trovò la cosa abbastanza buffa. «Tu la vizi troppo» gli disse, alla fine, tornando ad essere il solito Iwaizumi Hajime che lo rimproverava per qualsiasi cosa.
«Sei ingiusto con me, Iwa-chan!» disse, gonfiando le guance, ma era felice di vederlo nuovamente accigliato, anche se non l’avrebbe detto mai a voce alta.
L’altro prese un bel respiro, guardando la creatura che teneva tra le sue braccia. E per la prima volta, prese in considerazione l’idea di combattere i suoi incubi con lei accanto. Forse ce l’avrebbe fatta a dormire bene, per questa volta, perché si sarebbero aiutati a vicenda: la figlia che aiutava il suo papà.
Accettò la proposta di Oikawa, non senza alzare prima gli occhi al cielo, e misero Haruka al centro del letto, entrambi tenendole le manine. E per quella sera, Iwaizumi dormì profondamente.




Domande?
Come mai questo tema? Da sempre, ho l'headcanon che Iwaizumi abbia il sonno leggero, e che quindi si accorga quando Tooru lo fissa mentre dorme. Diciamo che la maggior parte delle mie OTP sono combinate così :'D
Siccome non mi faccio mancare mai nulla, e vivo di angst, ho deciso di inserirci la questione degli incubi. Perché, diciamocelo, dopo quello che ha passato é normale che sia così. E mi piaceva l'idea di Iwaizumi che li combatte assieme alla sua figlioletta *w*
Ovviamente, Oikawa se ne accorge, e fate attenzione perché sta cosa ritornerà nella prossima storia... *le danno fuoco come Giovanna d'Arco*
In realtà, questo é tutto, non avevo molto da dire. Ho solo pianto mentre scrivevo di Haruka che chiama Iwa-chan "papà" *piange ancora*
E dalla regia mi fanno sapere che i due hanno cambiato le lenzuola dopo che hanno sco... Spazzato. Cosa avevate capito?
*la lanciano in aria*
Non so quanto ci rivedremo con la prossima shot, dipende tutto dall'ispirazione. Sperate che mi venga presto :')
Se, in caso, avete headcanon o qualche art, passate a trovarmi! <3
Bon, lo sclero finisce qui. Alla prossima pirati spaziali! 
_Lady di inchiostro_

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Capitolo 3
*** Shopping ***


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SHOPPING





Iwaizumi si era oramai abituato ad indossare quello che aveva; certo, prima dell’epidemia, quando era un bambino, la gente era ancora ossessionata dalla moda e dagli oggetti di marca, e già allora non capiva perché la gente fosse disposta a tutto pur di averli. Non riusciva proprio a capire perché sua madre si ostinasse ad andare nei centri commerciali, facendolo mettere ritto sul posto e facendogli provare tutti i capi possibili.
Era una cosa che odiava. Ma adesso che ci pensava, sarebbe stato disposto a subire ancora una volta quella tortura pur di rivedere il volto sorridente di sua madre.
«Che ne pensi?» A riscuoterlo dai suoi pensieri fu un vestitino che gli era stato appena sbattuto in faccia.
Lo scostò, in modo da poterlo vedere meglio, assieme alla faccia di Oikawa: sembrava un bambino che era appena entrato nel paese dei balocchi – ma anche se glielo avesse detto, probabilmente non avrebbe capito.
Spostò lo sguardo dal vestito color panna agli occhi color cioccolato del ragazzo. «Non è male...» mormorò.
Tooru storse il naso. «Non ne sembri convinto!»
Alzò le spalle. «Te l’ho detto, non ne capisco granché. Sei tu l’esperto.»
Nell’ultimo periodo aveva avuto modo di scoprire che Oikawa amava fare compere. Non solo per se stesso, ma anche per Haruka e per lui – aveva praticamente rifatto il guardaroba ad entrambi, che avevano a stento quattro capi ciascuno.
Sbuffò, tornando a controllare i vestiti. «Iwa-chan, guarda che è anche tua figlia! Ti voglio più partecipe!»
Stava per dirgli che, in realtà, non aveva ancora assimilato pienamente l’idea di essere padre – come anche lui, del resto – quando, voltandosi verso il carrello della spesa, si accorse che Haruka era sparita. Era riuscita a scendere e, adesso, si era volatilizzata nel nulla.
Artigliò la spalla del ragazzo, che trasalì, spaventato. «Che c’è...?»
Ci mise un paio di minuti a capire perché l’altro avesse avuto un improvviso attacco di panico. «Dov’è Haruka?» gli disse.
Si guardarono negli occhi, rispecchiandosi nella stessa medesima espressione di puro terrore, e probabilmente sarebbero crollati entrambi, se non avessero sentito una vocetta che rideva, allegra. La riconobbero subito, e si spostarono poco più avanti, trovando la bambina in piedi, a discutere animatamente con un gruppo di persone.
«Haruka!» dissero in coro in due genitori, e la bambina si girò subito.
Sorrise, mostrando di dentini. «Papà!» esclamò.
Fu Oikawa a prenderla in braccio. «Non farlo mai più...» mormorò, e la bambina sembrò capire, perché strinse la presa.
«Zumi!» disse poi, tenendo la manina, e il ragazzo la baciò, anche lui contento che non fosse successo nulla.
«Dunque è questa la famosa Haruka? Mi chiedevo quando ce l’avresti presentata!»
I due alzarono la testa, trovandosi davanti due dei membri della scuderia Fukurodani: Bokuto e Akaashi. Iwaizumi aveva avuto modo di conoscerli di recente, e non si aspettava di certo di vederli in un posto del genere.
«Boku-chan?» disse Oikawa, ancora frastornato.
Il ragazzo in questione sorrise. «Vedo che sei impegnato a fare il padre!» Si avvicinò alla bambina. «Abbiamo subito capito chi fosse... Sono queste le famose macchie?»
Iwaizumi annuì. Sapeva benissimo che la gente era a conoscenza della storia di Haruka, e non erano mancate le occhiatacce rivolte al suo indirizzo, quasi come se potesse contagiarli in qualche modo. Si era quasi stufato di dover spiegare che quella malattia non era qualcosa di grave o che non arrecava danno agli altri, era stanco di trovare gente che disprezzava sua figlia. Se fosse stato per lui, li avrebbe presi tutti a calci; e Oikawa non era da meno.
Bokuto e Akaashi, però, non parevano avessero chissà quale problema, anzi, le sorridevano tranquillamente.
«Ciao Haruka!» esclamò Bokuto. «Lo sai, hai delle macchie fighissime!» 
La bambina abbassò la testa, in leggero imbarazzo. «Grazie» e poi si nascose nella curva del collo del padre.
«Abbiamo sentito delle donne parlare male di lei... Ci sembrava giusto dirvelo» disse Akaashi, facendo scattare sul posto i due genitori.
«Chi sono?» disse Oikawa, assottigliando lo sguardo.
«Due commesse. Ma state tranquilli, c’è già chi se ne sta occupando!»
Indicò alle sue spalle, e i due si sporsero per poter vedere meglio, intravedendo la sagoma di una ragazzo che stava rimproverando due ragazze, che potevano avere al massimo una ventina d’anni ciascuno.
Oikawa lo riconobbe subito, era un altro dei piloti della Fukurodani, Konoha.
«Eravamo venuti per sfotterlo» ammise Bokuto, ridacchiando. «Il negozio è di sua madre, ma ogni tanto gli chiede di aiutarla. Stavamo parlando con lui quando Haruka è apparsa all’improvviso.»
Il ragazzo si avvicinò poco dopo, stupendosi di trovarsi davanti i due genitori, salutandoli. «Mi spiace per l'inconveniente...» aggiunse.
«Tranquillo» Hajime fece un segno con la mano, come a dire di non preoccuparsi. «É stato un bene che abbiano avuto a che fare con te e non con noi due!»
«Concordo!» asserì Oikawa, e il ragazzo sorrise, spostando poi lo sguardo su un Haruka tutta sorridente e felice di essere circondata da tanta gente.
Sapevano che quelle donne non erano le uniche che avessero un problema con la malattia di Haruka. C’era chi ne era incuriosito, ma la maggior parte della gente ne aveva paura. E sia Oikawa sia Iwaizumi si erano ripromessi che avrebbero fatto di tutto pur di non far pesare nulla ad Haruka, quando sarebbe stata più grande. Oikawa, insieme ad altri membri del Consiglio che lo appoggiavano, stava facendo approvare delle leggi contro ogni forma di razzismo, sperando che atteggiamenti del genere avessero fine.
Intanto, erano felici di sapere che c’erano persone che, invece, adoravano Haruka almeno la metà di quanto facessero loro.
«Lasciate perdere certa gentaglia!» disse Konoha, dando voce ai loro pensieri e giochicchiando con la manina della bambina. «É una bambina bellissima.»
«Grazie, lo sappiamo già!»
Lo dissero in coro, e quando successe i due si voltarono, guardandosi negli occhi e con un mezzo sorriso stampato in faccia. Alla fine, scoppiarono tutti a ridere, compresa Haruka.
«Lo sapevo io!» disse poi Bokuto, circondando con un braccio Iwaizumi, che trasalì. «Te lo sei scelto proprio bene, Oikawa!»
Il ragazzo abbassò lo sguardo, cercando di non arrossire, ma i suoi occhi incontrarono quelli di Oikawa. E dal suo sguardo capì che anche lui la pensava esattamente allo stesso modo.





Delucidazioni:
Come mai questo tema? È nato in un pomeriggio di noia con la mia beta, così, all’improvviso. In verità, la versione originale doveva essere ben diversa, ma avendo avuto un problema col telefono – dove avevo già scritto la fic –, si è cancellato tutto e ho dovuto ricominciare da capo. E insomma, non sono molto soddisfatta del risultato finale…,
Senza volerlo, ho inserito Bokuto e Akaashi, tanto perché io amo poco il nostro capitano dei gufi… *finge di non aver cambiato avatar*
E Konoha, perché he deserves better! <3
Vi assicuro che Oikawa e Iwaizumi sono dei genitori modello, questa cosa prende solo spunto da mia sorella che, quando era piccola, ci faceva venire gli infarti perché si nascondeva tra i vestiti :’D
Oh, e quando Haruka dice “papà” si riferisce a entrambi i genitori *ha le convulsioni per la troppa dolcezza e muore*
Altro da dire? No, a parte che molte delle cose che sono citate qua si rivedranno nella prossima storia (al solito), che non so quando l’ispirazione arriverà e mi permetterà di scrivere un’altra shot, e che Oikawa amante dello shopping selvaggio è un must!
Bon, miei cari pirati spaziali, ci si vede presto allora! <3 
Grazie a chiunque sia arrivato fin qui! <3 
_Lady di inchiostro_ 

l'uccellino cinguetta ♥

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Capitolo 4
*** First day ***


Delucidazioni iniziali:
Come mai sto mettendo le note a inizio storia? Perché ci sono un paio di cose che vi devo spiegare, e non voglio confondervi troppo le idee.
A te che hai aperto questa storia senza avere la minima idea di cosa sia Sibun o di cosa sia successo ai miei due malcapitati preferiti, sappi che questa raccolta prende spunto dalla storia “Like an Astronaut”.
Detto questo, passiamo alle spiegazioni:
-Durante la storia, si accenna a una tempesta (chiamata Jack, come Jack Frost, MA COME SONO SIMPATICA). Sarà una cosa che tratterò in una prossima storia che, se gli esami me lo permetteranno, dovrebbe arrivare a Natale, altrimenti ve la beccate più tardi. Tutto quello che viene citato in queste poche righe, accadrà in quella storia, ma non voglio farvi troppi spoiler;
-Si accenna a una bambina di nome “Selene”, il cui nome significa Luna, poiché era il nome della dea Luna (STORIA GRECA, IO TI INVOCO);
-Avrei voluto scrivere questa storia per l’altro contest di Fanwriter (questo qui), ma gli esami non me l’hanno permesso… *si spara*
-Sappiate che le storie della raccolta, da adesso in poi, non seguiranno un ordine cronologico preciso, per cui potreste trovare storie in cui Haruka è più grande o più piccola;
-Per il Sci-Fic Fest, ho già in mente una storia con i fiocchi… *ride con fare malvagio*
Che dire, faccio tanti auguri alla mia Ayumu, che oggi compie gli anni: spero che questa cosina insulsa ti piaccia ♥
Prometto che tornerò a dedicarmi più spesso alla mia famiglia spaziale, non mi sono mica dimenticata di loro, eh!
Grazie a tutte le persone che hanno recensito, che continuano a seguire questa serie, o che si limitano semplicemente a leggere e a sclerare con me su Twitter! 
Vi lascio alla lettura,
_Lady di inchiostro_



 



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FIRST DAY





«Hai preso tutto?»
La bambina davanti a sé, sul momento, non rispose, troppo impegnata a fissare il pavimento bianco sotto le sue scarpette nuove, annuendo in un secondo momento. Il genitore che le aveva posto la domanda non disse niente limitandosi solo a sistemarle la giacchetta a vento e a guardarla da sopra le lenti che indossava.
«C’è qualcosa che non va, Haruka?» chiese poi, e la bambina scosse la testa, tenendo sempre il mento contro lo sterno, gli occhi appena lucidi.
Neanche si accorse delle dita del genitore che si posavano sui suoi fianchi, facendole di conseguenza il solletico. La bambina si mise a ridere, cercando di liberarsi dalla presa del genitore, inutilmente.
«Kawa! Smettila!» disse, ridendo, lo zainetto che aveva sulle spalle che sbatteva contro la schiena. Oikawa smise di muovere le dita, un piccolo sorriso che si formò sulle sue labbra.
Erano già passati quattro anni da quando quella bambina era entrata nella sua vita, ma non si era ancora abituato al suono di quella risata cristallina, a quel sorriso sul suo viso, alla sua voce che lo chiamava in quel modo. Erano delle emozioni che il suo cuore non riusciva a reggere ancora adesso.
«Mi dici perché sei così triste?» disse, notando che il visino della bambina si era rabbuiato di nuovo. Inclinò la testa di lato. «Ieri eri così entusiasta di andare a scuola!»
Già, anche per Haruka era arrivato il momento di cominciare i suoi studi, e proprio come sul pianeta Terra, anche su Sibun c’erano le strutture adatte, con insegnanti specializzati per studenti di ogni età, fino al raggiungimento dei quattordici anni, ovvero il momento in cui i giovani avrebbero scelto che cosa fare della propria vita e avrebbero seguito quella strada. Ma era ancora troppo presto, e se Oikawa ci pensava gli veniva già la pelle d’oca. Non riusciva proprio ad immaginarsi Haruka all’età di quattordici anni.
La bambina evitò il suo sguardo. «E se si spaventano…?» mormorò.
Tooru alzò un sopracciglio verso l’alto. «Si spaventano… di cosa, scusa?»
«Di queste!» E nel dirlo premette gli indici sulle sue guance bianche come la neve.
«Perché le tue guance dovrebbero spaventare qualcuno?»
«Non parlo delle guance! Parlo di queste brutte macchie!»
Oikawa le prese il viso tra le mani, passando i pollici sugli zigomi, anch’essi bianchi, e notando che gli occhi verdi di sua figlia si erano fatti ancora più lucidi. Una stilettata al petto lo colse di sorpresa, come se un stalattite di ghiaccio gli avesse perforato il cuore, ricordando quello che era successo soltanto due anni prima, quando credeva di averla persa per sempre. Quando sua figlia era uscita fuori, in mezzo a una tormenta, solo perché i bambini più grandi le avevano detto che quello era l’unico modo per poter giocare con loro, perché lei era solo un mostro e non meritava la loro amicizia.
Era stato il momento più brutto della sua vita, assieme a quello in cui aveva creduto di perdere la persona che amava. Ricordava ancora la pelle fredda di Haruka contro le sue dita. Non l’aveva ancora superata. Nessuno l’aveva superata, sebbene la popolazione di Sibun fosse andata avanti, avesse cominciato ad apprezzare sempre più la presenza dei terrestri, e tutto grazie alle leggi antirazziali che lui stesso aveva fatto in modo di varare.
Non c’era più l’odio che c’era due anni fa, eppure Haruka aveva ancora paura di non essere accettata, e tutto per via della sua malattia.
«Le tue macchie sono bellissime! Io e Iwa-chan non facciamo che dirtelo!»
«Sì, ma voi siete i miei papà…» disse, con uno sbuffo.
«Anche Boku-chan dice sempre che hai delle macchie fighissime!» esclamò.
«Sì… Boku-san è sempre così gentile con me…» sospirò. «Papà, ho paura che nessuno voglia essere mio amico…»
Tooru la fissò per un attimo, serio, prima di posare delicatamente la fronte contro la sua, facendola sobbalzare. «Haruka… Guardami…» La bambina obbedì, e due occhi verdi come un prato in primavera incontrarono i suoi. Erano smarriti, preoccupati, e Oikawa si ritrovò a deglutire per mandare giù il groppo che aveva in gola. «Le tue macchie non hanno niente che non va. Sono perfette così… Tu sei perfetta così. E sono sicuro che ci sarà qualcun altro che te lo dimostrerà meglio di quanto facciamo io e Iwa-chan!»
«Parla per te, Oikawa!» La voce di Iwaizumi arrivò dalle scale, e la bambina si girò indietro, trovando il genitore in piedi sui gradini che le sorrideva.
Haruka strinse un lembo della sua giacchetta, le guance che si erano leggermente gonfiate. «Tu la pensi come Kawa, Zumi?»
Iwaizumi scese gli ultimi gradini che gli erano rimasti, abbassandosi poi al livello della bambina e posandole una mano sul capo, gesto che la fece trasalire. «Sì… Per una volta, sono d’accordo con quell’idiota di tuo padre.»
«Rude, Iwa-chan!» lo sentì bofonchiare da dietro le spalle della bambina, che continuava a tenere la testa china, le punte delle scarpe che sbattevano tra di loro.
«E poi, vuoi sapere una cosa?» continuò, facendo alzare lo sguardo alla figlia. «Sei nella stessa classe con Selene.»
«Davvero?» Non fu soltanto la bambina a esclamare quella frase, con gli occhi che brillavano dalla gioia, ma anche Oikawa, gli occhiali da vista che scivolarono leggermente sul suo naso lucido.
«Che c’è, Tooru, ti dispiace che tua figlia faccia amicizia con la figlia del tuo kohai?» disse Hajime, alzando le sopracciglia verso l’alto.
Il castano incrociò le braccia. «Io? Pff, figurati, non mi importa se Haruka diventa amica con la figlia di un mio acerrimo rivale, che vuoi che sia!»
Selene era la bambina che Kageyama e Hinata avevano adottato esattamente due anni dopo che loro due avevano adottato Haruka. Era partita dalla Terra con la madre, che purtroppo era già malata e non era riuscita a superare il viaggio: da quel momento, Selene si era chiusa in se stessa e non era riuscita a parlare con nessuno, nemmeno con quelle famiglie di Sibun che volevano adottarla, le prime famiglie che avevano superato fin da subito i pregiudizi.
L’unica persona con cui era riuscita a parlare era stata Hinata. La madre del ragazzo lavorava come infermiera, e Iwaizumi l’aveva intravista spesso quando era ricoverato in ospedale, accompagnata dal figlio, che quando non si allenava le dava una mano. E fu in quel periodo che conobbe Selene. Furono due anni difficili, per lei, sebbene l’allegria di Hinata avesse finito per contagiarla, al punto da farla parlare, e ci volle del tempo prima che riuscisse a sbloccarsi anche con Kageyama, che sulle prime l’aveva terrorizzata a morte.
L’adottarono solo quando fu lei a chiederlo, esplicitamente, perché era stanca di incontrare famiglie sempre nuove, volti sempre diversi e tutti sorridenti, perché lei sapeva che cosa voleva: voleva stare con Hinata e Kageyama. Voleva che fossero loro i suoi genitori.
Hajime alzò gli occhi al cielo, Haruka che si era girata verso il castano, le mani giunte. «Oh, ti prego Kawa, lo so che a te Kageyama-san non sta tanto simpatico, ma ci tengo tantissimo ad essere amica di Selene!» Haruka aveva sempre avuto un’attrazione particolare per quella bambina, quasi come una sorella maggiore con la sorellina più piccola, sebbene avessero la stessa età. Era come se volesse proteggerla. «Lei è molto timida, ma sono sicura che questa volta posso farcela a diventare sua amica!»
Oikawa rimase a fissare la figlia, gli occhi verdi che brillavano, le mani strette a pugno, e si rivide in quel corridoio d’ospedale, quando per la prima volta quella creaturina si era attaccata alle sue gambe, ostinandosi a non mollare la presa. Proprio come allora, aveva rivisto la stessa determinazione negli suoi piccoli occhi, lo stesso medesimo affetto. Era impossibile non volere bene ad Haruka, com’era impossibile che lei provasse odio nei confronti degli altri. A volte pensava di non meritarsi il suo amore.
Sospirò, sistemandosi gli occhiali sul viso. «Va bene, se è per fare felice la mia principessa, allora cercherò di fare buon visto a cattivo gioco…»
Realizzò solo dopo che la bambina era letteralmente saltata addosso a lui, ricambiando poi l’abbraccio. «Grazie! Nessun altro nell’universo ha dei papà tanto bravi e buoni come i miei!» disse, le braccia allacciate attorno al collo di Oikawa.
«Vedi di non fare esaltare troppo tuo padre…» mormorò poi Iwaizumi, passando le dita tra quei capelli scuri e prendendo la giacca dall’attaccapanni.
«Rude, Iwa-chan! Sei sempre così rude!»
Si alzò anche Oikawa, e entrambi gli adulti presero una mano della bambina, stringendola senza troppa forza. «Sei pronta…?» chiese Iwaizumi.
Haruka prese un bel respiro. «Sono pronta!»





Molte cose erano cambiate in quegli anni. Oikawa continuava a correre, anche se il suo ruolo nel Consiglio aveva finito per occupare la maggior parte del suo tempo, per cui era probabile che tra qualche anno avrebbe smesso per questioni di forza maggiore; e poi, voleva godersi sua figlia appieno. Iwaizumi, invece, era stato eletto Mediatore, un nuovo ruolo che era stato approvato assieme alle leggi antirazziali: a quanto pare, quasi tutti i terrestri che erano stati trasferiti sapevano il suo nome e cosa aveva fatto per loro, per questa ragione avevano deciso di eleggerlo. In parole povere, anche lui faceva parte del Consiglio, seppure il suo ruolo non avesse la stessa rilevanza di quello che aveva Oikawa.
Avevano avuto qualche problema con Haruka, quando divenne un po’ più grande, perché aveva cominciato a chiedersi come mai lei non avesse una mamma, ma alla fine le cose si erano risolte per il meglio. Anche se c’era voluta una tempesta di neve e una settimana passata nel palazzo Zima per risolvere un impaccio che, in un’altra famiglia, sarebbe stato risolto diversamente.
Ma loro non erano una famiglia normale, no?
«Dite che il signor Jack tornerà quest’anno…?» disse, riferendosi alla tempesta che si era abbattuta su Sibun due anni prima e che aveva costretto tutti a rifugiarsi al palazzo Zima, costruito su un’isola poco distante dalla costa settentrionale proprio per una tale evenienza. Certo, Haruka aveva finito per rimanere in mezzo alla tormenta perché glielo avevano imposto un paio di ragazzini bigotti e cattivi, costringendo i genitori a cercarla, ma quella era un’altra storia.
«Tranquilla, Haruka, ti ho già detto che è un evento molto raro, non ricapiterà prima di cent’anni, come minimo!» disse Oikawa, la mano ancora stretta a quella della figlia.
«Cento anni? Ma è un sacco di tempo!» disse, gli occhi che quasi brillavano, e a Tooru venne quasi da ridere davanti a quell’espressione così buffa, facendo sorridere anche Iwaizumi.
Arrivarono davanti alla scuola giusto in quel momento, un imponente struttura bianca, circondata da un piccolo praticello verde e decorata con un paio di rampicanti che pendevano dall’enorme terrazzo, come in un qualsiasi altro edificio presente su Sibun. Fecero un paio di passi oltre la bassa recinzione, abbassandosi poi all’altezza della figlia.
«Hai già visto Selene?» chiese Iwaizumi.
Haruka annuì. «È seduta da sola, ora vado a parlarci!» esclamò, facendo poi un sorriso a trentadue denti, cui entrambi i genitori ricambiarono.
«Bene, allora noi ci vediamo più tardi» disse Oikawa, flebilmente, e la bambina annuì ancora, prima di abbracciare entrambi i genitori.
«Vi voglio bene» sussurrò, e i due le stamparono un bacio sulla guancia e sulla tempia.
Haruka sorrise, fece due passi indietro, e poi si voltò, dirigendosi in tutta fretta verso una bambina seduta sul prato, un giocattolo stretto in mano. Aveva i capelli biondi legati in una coda un po’ storta – un pessimo tentativo da parte di Hinata di provare a farla? –, e gli occhietti azzurri si posarono subito su Haruka, la quale le stava porgendo la manina; probabilmente, si era presentata con la sua solita esuberanza e allegria.
I due genitori sorrisero, mentre osservavano come Haruka avesse subito preso in mano la situazione e stesse coinvolgendo Selene in qualche gioco particolare, magari utilizzando il giocattolo che la bambina aveva in mano, questa che la fissava con curiosità e meraviglia.
«Te lo ricordi?» Hajime si girò verso la persona che, due anni prima, aveva avuto la sfortuna – o la fortuna, dipende dai punti di vista – di sposare, un lieve sorriso malinconico che gli incurvava le labbra. «Te lo ricordi la prima volta che l’abbiamo portata a casa nostra?»
Tornò a guardare la figlia, sorridendo a sua volta. «Certo che me lo ricordo… Non dimenticherò mai quella mezz’ora in cui siamo stati a cercarla per tutta la casa senza trovarla, mentre tu urlavi che una bambina non può volatilizzarsi nel nulla!»
Oikawa scoppiò a ridere. «Ancora mi chiedo come diavolo ci sia finita dentro il cestino della biancheria sporca!» 
Avvertì la mano di Iwaizumi che andava a stringere la sua, e sapeva che non c’era bisogno di dire altro, perché stavano pensando entrambi alla stessa cosa: stavano pensando a come Haruka fosse cresciuta in quel lasso di tempo, a come il suo visino fosse cambiato, rimanendo sempre sorridente; pensavano alla prima volta che avevano festeggiato un compleanno assieme, alle volte in cui la facevano dormire nel letto con loro per via di un incubo, al fatto che continuasse ad aspettare che Oikawa finisse di farsi la doccia per parlare con lui. E poi, stavano ripensando a quella terribile esperienza che gli aveva lasciato una brutta cicatrice addosso, simile a una bruciatura causata dal freddo dell’inverno.
Da allora, si erano ripromessi che avrebbero fatto di tutto per far sì che ad Haruka non accadesse più qualcosa di simile: nessuno l’avrebbe più ferita, nessuno le avrebbe mai più fatto del male.
Haruka era come la stella che forniva luce su un sistema, senza quella i pianeti rischiavano di essere aridi e privi di vita.
Le loro dita si allacciarono con più forza, mentre Iwaizumi gli faceva notare che il suo kohai lo stava guardando, dall’altra parte del parco, e il castano sbuffò. «Se ci tiene a salutarmi, può sempre avvicinarsi lui!» disse, ma alla fine il ragazzo riuscì a persuaderlo e si diressero verso un Hinata sorridente e un Kageyama un po’ più accigliato. E non allentarono mai la presa sulle loro dita.




Tornata a casa, Haruka raccontò con estremo entusiasmo il suo primo giorno di scuola, alzandosi più volte sulla sedia per dare enfasi al racconto, mentre stavano cenando. Raccontò di come Selene le avesse sorriso, più di una volta, e di come altri bambini si fossero avvicinati a loro e si fossero divertiti assieme. Raccontò della maestra, dell’ambiente scolastico, il tutto con una luce nello sguardo che fece sospirare di sollievo i due papà.
Nessuno l’aveva giudicata per le sue macchie.

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