Niente è per sempre. di _Qwerty_ (/viewuser.php?uid=136557)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo settembre ***
Capitolo 2: *** Grandi e piccole aspettative ***
Capitolo 3: *** Quaderni malandrini ***
Capitolo 4: *** Primi appuntamenti ***
Capitolo 5: *** Prime domande ***
Capitolo 6: *** Per ora, solo Schiantesimi ***
Capitolo 7: *** Prove di fuga ***
Capitolo 8: *** Trasformazioni inattese ***
Capitolo 9: *** Aspettando il matrimonio del secolo ***
Capitolo 10: *** Natale a Grimmauld Place ***
Capitolo 11: *** G.U.F.O. ***
Capitolo 12: *** Il matrimonio del secolo ***
Capitolo 13: *** Con le piume e con le bacchette ***
Capitolo 14: *** Direzioni diverse ***
Capitolo 15: *** Minacce, progetti e dubbi ***
Capitolo 16: *** L'altro matrimonio ***
Capitolo 17: *** Parole d'inverno ***
Capitolo 18: *** La magia immaginifica ***
Capitolo 19: *** Dal passato e verso il futuro ***
Capitolo 20: *** L'amore altrui ***
Capitolo 21: *** Incidenti e coincidenze ***
Capitolo 22: *** Un inizio e una fine ***
Capitolo 23: *** Fuoco nella notte - epilogo ***
Capitolo 1 *** Primo settembre ***
1. primo settembre
I.
Alla fine ci sono riuscita anch'io dopo un paio di tentativi! Non vedo
l'ora di essere là così potremo provare insieme quanto
vogliamo. Volevo usare il camino per raccontarti tutto a voce, ma Bella
ha fatto la spia alla mamma e allora mi sono chiusa in camera per
evitare che si arrabbiasse a meno di una settimana dalla partenza.
Ci vediamo il primo settembre!
Andromeda.
Andromeda Black sigillò
accuratamente la pergamena e la affidò alla sua civetta
personale. Mancavano pochi giorni all'inizio del suo primo attesissimo
anno a Hogwarts e nei giorni precedenti non aveva fatto altro che
provare incantesimi con la sua nuova bacchetta in compagnia della sua
migliore amica, Demetra Lestrange. Non stava più nella pelle di
partire per Hogwarts e vedere cosa c'era fuori.
Fuori dall'enorme dimora londinese di Grimmauld Place dove viveva da
sempre con la sua famiglia, fuori dall'altra enorme villa dei Black in
Galles, fuori dalle altre residenze patrizie dove vivevano i Lestrange,
altra nobile famiglia purosangue di cui i suoi genitori vantavano
essere fra i più stretti conoscenti. Già andare a Diagon
Alley a comprare la bacchetta era stato fino ad allora il giorno
più bello ed elettrizzante della sua vita, per cui stare nel
leggendario castello di Hogwarts a imparare ogni sorta di magia non
poteva che essere fantastico.
***
“Sì, starò attenta, non farò esplodere nulla!”
Demetra Lestrange stava cercando di rassicurare la madre sul suo futuro di studentessa modello a Hogwarts.
“Guardiamo bene che sia
così. Sarebbe a dir poco sconveniente che una Lestrange
mostrasse così poco autocontrollo della sua magia.”
Demetra stava giusto
considerando quanta poca fiducia avesse in lei sua madre, quando
individuò Andromeda insieme a tutta la famiglia e la
salutò con un entusiasmo che sua madre giudicò
sconveniente tanto quanto far esplodere vetri. Intanto anche i signori
Black avevano visto i Lestrange.
“Druella cara, ogni volta rimango stupita della bellezza delle tue ragazze!”
Andromeda dovette resistere
alla tentazione di scoppiare a ridere di fronte alle smorfie che
Demetra stava facendo alle spalle della madre.
“Sei sempre troppo
gentile, Isabella! Davvero non potevo chiedere di meglio che tua figlia
per la mia ad Hogwarts, con questi tempi in cui siamo sempre più
circondati da certa feccia.”
Druella Rosier in Black
lanciò uno sguardo di disprezzo a due famiglie visibilmente
Babbane che, un po' titubanti, si stavano avvicinando al treno.
Finiti i convenevoli, per la
gioia delle due amiche, era il momento di salire. Andromeda si
voltò un'ultima volta anche per salutare la sorella più
piccola, che sembrava molto contrariata all'idea di non poter andare
anche lei.
“Ti scriverò un
sacco di lettere! Vedrai, Cissy, ti sembrerà di esserci stata
anche tu da quante lettere ti manderò!”
Ricordava benissimo quando due
anni prima si era sentita nello stesso modo quando sua sorella
Bellatrix era partita per la prima volta per Hogwarts. E pensare che le
aveva scritto sì e no due o tre volte in tutto l'anno.
***
“Che ansia!”
“Ma no, vedrai...”
“Black, Andromeda!”
Andromeda sedette elegantemente sullo sgabello e si lasciò toccare i morbidi capelli castani dal vecchio Cappello.
Vediamo...Una testolina niente male, spirito di indipendenza e...fegato anche! Magari Grifondoro! No, no, mandami a Serpeverde! I miei si arrabbieranno! E perché mai? Grifondoro è la casa dei cuori pieni d'ardimento e onore! Ti prego, ti prego, è importante! Serpeverde tu dici? Ah beh, in fondo le qualità non mancano... Sì, sì, per favore! Se proprio insisti...
“Serpeverde!”
Il tavolo verde-argento
applaudì compostamente e Andromeda andò a sedersi nel
posto che la sorella le aveva tenuto.
“Chissà
perché ci ha messo tanto a decidersi con te –
osservò Bellatrix – Quando smistò me, fu un
lampo!”
“Non lo so...”
Non era il caso di dire alla
sorella che il cappello avrebbe voluto mandarla a Grifondoro, o presto
gli artigli di Druella Rosier in Black si sarebbero precipitati a
Hogwarts per fare a brandelli quel povero vecchio cappello.
***
“Ti devo raccontare una cosa” disse Andromeda all’amica una volta in dormitorio.
Demetra smise di sistemare tutti i libri che si era portata da casa per andare a sedere sul letto dell'amica.
“Vai, spara!”
“Ho quasi rischiato di
finire a Grifondoro! Ho dovuto implorare il Cappello! Non l'ho detto a
Bella perché sennò ti immagini che storie a casa!”
“Caspita! Hai fatto bene!
Però che strano, anche con me il Cappello ha preso in
considerazione l'idea di mandarmi a Corvonero! Ma gliel'ho impedito:
non avrei potuto accettare che non fossimo insieme! Certo, se fossi
stata a Corvonero anche tu, avrei accettato.”
“Me lo immaginavo!”
“Cosa?”
“Che avresti rischiato di finire a Corvonero, Dem! Tu sei quella che sa già a memoria Manuale degli Incantesimi, volume primo!”
***
NdA:
cucù! Ecco la mia nuova storia! Andromeda è uno dei
personaggi di cui scrivo più volentieri, così come delle
sorelle Black in generale, e mi è sempre ronzata nella mente
l'idea di un personaggio come Demetra Lestrange, sorella dei celebri
Mangiamorte, una Serpeverde purosangue a tutti gli effetti, nata dalla
parte dei "cattivi", ma a suo modo incerta e combattuta.
Questo primo capitolo è stato scritto eoni fa e spero che
lo stile sia adeguato per dei personaggi che, anche se diventeranno
qualcuno, per ora hanno solo undici anni.
Inutile dire che mi aspetto una valanga di recensioni, quindi non mi deludete!
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Capitolo 2 *** Grandi e piccole aspettative ***
2. grandi e piccole aspettative
II.
Andromeda Black andava bene a scuola, in tutte le materie, ma non era
certo la prima della classe. A dire la verità, con
l’impegno che metteva nei compiti e negli esercizi, riusciva a
prendere più della sufficienza, ma non smaniava per avere il
massimo dei voti, perché semplicemente pensava che
l’obiettivo era padroneggiare gli incantesimi. Ovviamente era ben
consapevole delle aspettative che c’erano su di lei: figlia di
una delle più antiche e prestigiose famiglie di maghi
purosangue, con decine di pagine dedicate ai Black in Nobiltà di natura: genealogia magica,
tutti in famiglia e non solo si aspettavano che fosse una strega dotata
e abile, come sua sorella e la sua miglior amica Demetra non mancavano
di ricordarle. Sua sorella Bellatrix andava bene quanto lei nelle cose
di scuola, con la differenza che sembrava doversi impegnare meno per
raggiungere il suo obiettivo, che fosse imparare una fattura o
trasfigurare un pollo, ma aveva anche una costanza e un senso della
disciplina che lasciavano alquanto a desiderare: Andromeda si era
presto resa conto che sua sorella maggiore studiava solo quello che le
interessava e soprattutto che riteneva utile, come aveva di fatto
ammesso al momento di scegliere le materie opzionali dal terzo anno.
Non potendo non seguire Aritmanzia, a cui loro padre teneva molto, e
Rune, che sua madre aveva tanto amato ai suoi tempi, aveva aggiunto
Cura delle Creature magiche, immaginando che avrebbe imparato a domare
creature pericolose e rare, e Divinazione, attirata dall’idea di
prevedere il futuro. Una volta scoperto di essere perfettamente negata
per la Divinazione e che avere a che fare con le creature magiche
implicava faticare e sporcarsi, Bellatrix aveva mollato le due materie,
sentenziando che i veggenti sono tutti ciarlatani perché
prevedere il futuro è impossibile e che le creature magiche sono
roba per Mezzosangue o comunque maghi svitati, dato che
Trasfigurazione, Incantesimi e Difesa sono tutto quello che basta per
farsi rispettare. Andromeda non sapeva bene come, ma i suoi genitori
non le avevano mosso alcun rimprovero e anche il fatto che avesse preso
solo Accettabile in Aritmanzia e Rune era passato inosservato.
All’opposto del pressappochismo di sua sorella c’era la sua
miglior amica, Demetra Lestrange, che invece sembrava aver fatto suo
fino al midollo l’imperativo di essere all’altezza delle
aspettative delle loro famiglie purosangue. Demetra sembrava dotata di
un’abnegazione allo studio senza confine: già da bambine,
prima di Hogwarts, leggeva tutto il possibile dalla biblioteca di
famiglia e studiava già come preparare pozioni; una volta a
scuola, si preparava in anticipo alle lezioni e nel giro di pochi
tentativi padroneggiava gli incantesimi, ottenendo così le lodi
trasversali dei professori e punti per la loro Casa, ed essere
costantemente la più brava e la prima a fare le cose sembrava
essere davvero quello che la spingeva ogni giorno. Andromeda pensava
che lo zelo scolastico dell’amica era decisamente eccessivo:
Demetra era semplicemente già brava di suo, molto più di
lei o di Bellatrix e degli altri compagni, e non c’era ragione
sensata per quest’eccesso di studio.
“Questo è il prezzo dei risultati, perché la
conoscenza è potere” aveva detto una volta quando erano in
biblioteca a fare i compiti e Andromeda aveva proposto, non senza un
po’ di senso di colpa, di copiare un vecchio tema di sua sorella
per Storia della Magia.
La conoscenza è potere!,
a tredici anni neanche. Se lo avesse detto sua sorella, sarebbe stato
sgradevole ma perfettamente coerente; detto da Demetra invece suonava
come una di quelle frasi dei grandi che senti ripetere da quando hai
memoria e alla fine diventano tue senza che te ne accorga, e a un certo
punto non ti chiedi neanche più perché ci credi. Non ne
avevano mai parlato esplicitamente, ma Andromeda in un certo senso
capiva bene l’ansia da prestazione della sua amica. I fratelli
maggiori di Demetra, Rabastan e Rodolphus, avevano finito Hogwarts
giusto prima che loro iniziassero, erano stati entrambi Prefetti e
nella squadra di Quidditch ed erano considerati due studenti molto in
gamba, sebbene non i primi della classe. Demetra voleva dimostrare di
essere in primo luogo altrettanto abile dei fratelli, e se possibile
ancora di più. Non erano mancate le volte in cui le aveva
confidato di quanto le faceva rabbia sua madre che aveva sempre da dire
quanto erano speciali i suoi fratelli e quanto lei invece non doveva
montarsi la testa. Andromeda non aveva mai provato nulla del genere:
c’erano sì dei litigi con sua sorella maggiore, ma sapeva
che le voleva bene e crescendo insieme aveva imparato a prendersi i
suoi spazi e a non farsi mettere i piedi in testa. A volte suo padre
aveva fatto notare alle due sorelle quando fossero simili di carattere,
con la stessa determinazione e lo stesso spirito di indipendenza,
mentre vedeva in Narcissa una delicatezza nei modi e nelle parole che
necessitava di protezione, e tutte le volte tutte e tre avevano
protestato sonoramente a quell’affermazione, dichiarandosi loro
due diverse e Narcissa insistendo di non avere bisogno di alcuna
protezione, a undici anni neanche. Inoltre, il confronto con le sorelle
sfumava nel momento in cui stavano insieme ad altri maghi della loro
età, figli di altre famiglie purosangue come loro, che talvolta
si vedevano nei ricevimenti organizzati una volta da una famiglia una
volta da un’altra, e a cui potevano prendere parte una volta
compiuti i dieci anni e dimostrato di sapersi comportare in pubblico.
In quelle occasioni, a fare a gara per ricevere attenzioni e
complimenti erano Bellatrix e Demetra, con la prima che cercava di
sembrare più grande della sua età per abilità con
gli incantesimi (di cui non poteva dare dimostrazione fuori da scuola,
tuttavia) e la seconda che cercava di essere coinvolta nelle
discussioni di politica e legislazione di cui suo padre era spesso al
centro, essendo un membro del Wizengamot. Ciliegina sulla torta, poi,
Bellatrix aveva da sempre una cotta per uno dei fratelli di Demetra,
cosa per cui non mancavano mai di prenderla in giro a dovere,
nonostante Demetra a volte lasciasse trasparire un certo fastidio
all’idea di ritrovarsi Bellatrix in famiglia.
***
Demetra Lestrange aveva sempre preso tutto molto sul serio. Il primo
ricordo ben definito che aveva di se stessa era di quando, a tre anni
esatti, aveva fatto esplodere in sequenza tutti i bicchieri presenti
sulla tavola perfettamente addobbata per uno degli innumerevoli
ricevimenti che sua madre era solita organizzare e a cui erano invitate
solo le più prestigiose famiglie purosangue. Ricordava
perfettamente anche come suo padre fosse stato entusiasta della sua
poderosa magia infantile e come invece sua madre l’avesse
rimproverata per i bicchieri rotti, ricordandole che
l’autocontrollo della propria magia è tutto, ed era
alquanto disdicevole che una strega del suo lignaggio non riuscisse a
controllarsi. Naturalmente c’era rimasta male, aveva pianto e
solo l’abbraccio del papà aveva evitato un altro scoppio
di cristalleria, ma Demetra Lestrange aveva preso molto sul serio
quelle parole e negli anni seguenti non aveva più permesso alla
magia di manifestarsi senza controllo, se non in rare occasioni, che
guarda caso coincidevano spesso con litigi con i suoi fratelli. A
questo proposito, nutriva una certa invidia, sebbene mai cattiva, nei
confronti della sua miglior amica Andromeda Black, la quale non aveva
mai dovuto confrontarsi con fratelli e sorelle più grandi, che
hanno già fatto tutto benissimo, e dei quali devi essere
all’altezza: sì, Bellatrix aveva due anni di più ed
era una forza della natura, ma aveva anche un’irruenza e una
sfacciataggine che non sarebbero sempre state tollerate nella buona
società purosangue a cui appartenevano, nella quale
l’abilità politica contava tanto quanto
l’abilità con la bacchetta, e quanto alle cose di scuola,
non era così brava come voleva far credere. Rabastan e Rodolphus
invece erano stati entrambi Prefetti a Hogwarts, entrambi nella squadra
di Quidditch e nonostante non si atteggiassero a primi della classe
conoscevano incantesimi e fatture ben aldilà degli insegnamenti
scolastici, si interessavano di magia oscura, come già alcuni
membri della famiglia in passato, e sembravano i perfetti eredi della
nobile e antica casata Lestrange. E poi c’era lei, Demetra, nata
sette anni dopo i fratelli.
“Non eri in programma – aveva detto una volta sua madre
– e quando sei nata sembravi una piccola civetta
dispettosa.”
Questa storia del somigliare a una civetta l’aveva fatta sua
più di quanto si sarebbe aspettata e non solo perché, in
effetti, tra il naso aquilino e i capelli mori arruffati, quando era
concentrata ricordava vagamente un rapace guardingo, come una volta
aveva detto Andromeda mentre facevano i compiti. A lei piaceva un sacco
occuparsi dei gufi portalettere di casa e il suo preferito era Emmon,
il vecchio barbagianni di suo padre che era con loro da un tempo
indefinito. Una notte aveva perfino sognato di essere diventata una
civetta ed essere uscita con Emmon dalla voliera e di aver
chiacchierato con lui tutta la notte volando per i cieli di Londra. E
quello era l’unico modo che aveva per volare, dal momento che per
la scopa era decisamente negata, non essendo mai riuscita ad alzarsi da
terra per più di due metri nel cortile di casa e con uno scarso
controllo della scopa, come i suoi fratelli, Rodolphus in particolare,
non avevano mancato di notare sghignazzando.
Ma Demetra non si era mai arresa e aveva preso sul serio ogni minima
osservazione, impegnandosi a ribaltarla a suo vantaggio. Se i suoi
fratelli erano bravi a scuola, lei sarebbe stata la più brava
del suo anno; se loro erano stati Prefetti, lei sarebbe diventata
Caposcuola; se loro adesso, finita la scuola, mostravano scarso
interesse per la Magisprudenza e la carriera politica al Ministero che
tanto impegnava suo padre, sarebbe stata lei a tenere alto
l’onore dei Lestrange come membri legislatori e politici della
comunità magica, quale la sua famiglia era da generazioni.
Anche per questo si era opposta all’idea del Cappello Parlante di
mandarla a Corvonero: sebbene sapesse di svariati membri della famiglia
delle generazioni passate che erano stati smistati in Corvonero e
avevano avuto una fulgida carriera politica, la maggior parte era
sempre stata Serpeverde, la casa dei puri di sangue e degli ambiziosi,
l’unica via per la grandezza che voleva raggiungere. E poi
Andromeda era già in Serpeverde e lei non poteva immaginarsi
sette anni a scuola non insieme a lei. Si conoscevano praticamente da
sempre, grazie al fatto che le loro famiglie si conoscevano e
frequentavano lo stesso ambiente. Demetra a volte immaginava Andromeda
come la sorella che non aveva, invece dei fratelli maggiori cocchi di
mamma, e considerava sue amiche anche le sue sorelle, nonostante
Narcissa fosse più piccola e apparentemente disinteressata a
qualsiasi cosa e Bellatrix fosse sempre in competizione per apparire
più grande e più brava, compresa la fastidiosa
infatuazione per suo fratello Rodolphus. Sentiva alquanto la differenza
di età e sapeva che avrebbe dovuto aspettare del tempo, crescere
e acquisire credibilità agli occhi degli adulti della
generazione di suo padre, prima di potersi imporre anche ai fratelli,
per cui per il momento cercava di farsi rispettare dai suoi pari,
cioè i propri compagni a Hogwarts. Prendeva molto sul serio
l’opinione che avevano le persone di lei, fossero suoi pari o
adulti allo stesso modo, perché, come diceva a volte suo padre,
è attraverso il filtro dell’opinione pubblica che un mago
diventa autorevole. Ne parlavano talvolta con Andromeda e ogni volta
lei si stupiva dell’amica: ad Andromeda sembrava sempre non
importare nulla dell’opinione che avevano gli altri,
perché diceva soltanto che se uno è gentile, educato e
rispettoso non conta quanto è bravo a scuola, quante cose sa
già fare, o se ha idee bizzarre o dorme col gatto. Per lei
invece era inconcepibile non fare i conti ogni giorno con
l’immagine che dava di sé, ma sapeva che, proprio per la
diversità di Andromeda da tutti gli altri compagni purosangue,
qualunque cosa fosse successa, non avrebbe smesso di essere sua amica,
e quella era la cosa più importante.
***
Di solito le due amiche Serpeverde studiavano nella Sala Comune e anche
nei primi due anni non avevano mai avuto problemi a trovare i posti
più comodi o i tavoli più spaziosi, poiché erano
sempre state in compagnia di Bellatrix che, pur non essendo all'epoca
ancora una delle studentesse più anziane, aveva lo straordinario
dono di far sloggiare senza proteste evidenti chiunque occupasse
qualunque poltrona o tavolo di suo interesse, ragion per cui non
sarebbe certo stato un problema ora che era al quinto anno.
“Togliti biondino, qui ci stiamo noi che abbiamo da
studiare!” intimò Bellatrix a un ragazzino del secondo
anno che sedeva da solo a un largo tavolo in marmo vicino alle vetrate.
“Io non me ne vado, perché sono arrivato prima e sto
aspettando i miei compagni” rispose il biondino senza scomporsi
minimamente all'aggressività di Bellatrix.
“Come osi, marmocchio?” ed estrasse la bacchetta. Anche il biondino estrasse la bacchetta, per nulla intimorito.
“Bella, lascia fare, non vorrai duellare con uno del secondo anno
per il tavolo...” si inserì Andromeda per riportare la
sorella al senso della ragione.
“Se vuole un duello per il tavolo io non mi tiro indietro” rispose il biondino gelido.
Il suo coraggio fu ammirevole, ma per Bellatrix alzare la bacchetta e gridare Stupeficium!
fu tutt'uno. Il biondino finì a pochi metri di distanza con un
tonfo sonoro contro una lampada che riparò prontamente una volta
rialzatosi.
“Bella! Ma insomma! – esclamò Andromeda
avvicinandosi al ragazzino – Come ti senti? Vuoi che andiamo in
infermeria?”
“No” sibilò il biondino, lanciando occhiate d'odio a
Bellatrix, e se ne andò ancora rosso in volto e più
scosso di quanto non volesse far credere.
“E che cazzo!” fu l'unico commento di Bellatrix.
Andromeda non poté non lanciare uno sguardo di rimprovero anche
a Demetra che intanto si era seduta e aveva cominciato ad aprire i
libri, evidentemente convinta che fosse tutto normale.
Per ultima sedette Narcissa, che non riusciva a togliersi dalla mente
il volto dell'unico ragazzo che avesse mai osato tenere testa a sua
sorella.
***
NdA: ecco
che finalmente le protagoniste parlano un po' di loro e si intravede
qualcosa della vita in comune a scuola... Che dite? Lo so che in
questo capitolo non succede nulla, ma presto si metteranno in moto gli
eventi. Commentate!
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Capitolo 3 *** Quaderni malandrini ***
3. quaderni malandrini
III
“Merda!”
“Cosa è successo?”
“Ho perso il quaderno
piccolo con tutti gli schemi di Trasfigurazione di Bellatrix! Per
l'esame! Mi schianterà per tutta la Sala Comune!”
“E Accio non funziona?”
“No, l'ha stregato
perché nessuno potesse appellarlo. Tra l'altro, è tuo
fratello che le ha insegnato come si fa.”
“Non dirlo come se fosse colpa mia!”
Andromeda rise.
Se c'era una cosa che amava nella sua miglior amica era che riusciva a farla ridere in ogni situazione.
“Ma dove ti sembra di
averlo perso? Così andiamo subito a cercare prima che si accorga
che l'hai perso, prima che te lo richieda” disse Demetra con un
insolito senso pratico.
“Sì, l'ho
consultato ad Aritmanzia quando il professore faceva gli esempi sulle
Equivalenze Magiche applicabili agli Incantesimi Intraspecie, poi... Me
ne sono accorta ora, e siamo stati solo ad Antiche Rune... A meno che,
hai visto che quando siamo uscite dall’aula ci sono venuti
addosso quei buffoni del quinto di Tassorosso per entrare, forse mi
è caduto allora!”
Nell'aula di Rune non c'era
nessun quaderno di appunti, ma l'angoscia di Andromeda per il quaderno
durò solo fino alle dieci della mattina seguente. Mentre si
dirigevano veloci verso la lezione di Trasfigurazione, Andromeda si
sentì chiamare a metà corridoio da una voce che non aveva
mai udito.
“Scusami, perché mi cerchi? Tu sei...?”
“Ted Tonks. E questo è di tua sorella, credo.”
Il quaderno di Trasfigurazione!, quel benedetto Tassorosso dalle spalle larghe aveva ritrovato il quaderno di Trasfigurazione!
Andromeda sorrise raggiante.
“Grazie mille!”
“Potevo restituirlo
direttamente a lei a lezione, ma l'ultima volta che le ho rivolto la
parola due anni fa mi ha rotto il naso, per cui ho pensato che era
meglio darlo a te.”
Ted sorrise.
“In fondo, mi sono detto,
la Black di mezzo sarà più innocua della Black grande, se
non altro perché è ancora al terzo anno.”
In condizioni normali Andromeda
avrebbe obiettato che l'idea che lei fosse più innocua solo
perché più piccola era alquanto opinabile, ma in quel
momento era come incantata dal sorriso del Tassorosso.
“No, hai fatto bene.
Glielo do io. Grazie mille” rispose macchinalmente e si
avviò come in trance verso Trasfigurazione.
Il quaderno di appunti di Trasfigurazione non poteva sapere di aver dato il via a un’inarrestabile catena di conseguenze.
Dopo quel fugace incontro, ad
Andromeda Black sembrava che il Tassorosso Ted Tonks spuntasse ad ogni
angolo durante il suo percorso verso le aule, sentiva la sua voce in
ogni gruppo che incrociava e dietro ogni scaffale della biblioteca, e
quando non era un'illusione ottica o un'allucinazione uditiva lui
ricambiava il suo sguardo e le sorrideva.
Andromeda non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine del ragazzo
e, sebbene trovasse inaccettabile l'idea di aver preso una banale cotta
per qualcuno, quello che le bruciava in maniera altrettanto intensa era
che aveva fatto la figura della stupida di fronte a qualcuno. E i Black
non fanno la figura degli stupidi, con nessuno, mai, tanto meno con un
Nato Babbano. Tuttavia, il destino volle che ad Andromeda Black fosse
data una seconda opportunità. Un pomeriggio era salita in
Guferia per spedire una lettera a casa, quando sulla porta che dava
sulle scale apparve proprio Ted Tonks.
“Ciao! Non mi dire che mi hai pedinato anche fin quassù!” disse lui in maniera scherzosa.
“Certo che no!” ribatté Andromeda con stizza.
Stupido Nato Babbano, stava per aggiungere, ma qualcosa la trattenne.
“Sono qui per inviare una lettera a qualcuno che sa come ricevere la posta via gufo” concluse con alterigia.
Anche perché, appunto, a chi manda gufi un Nato Babbano?
“E cosa ti fa pensare che
a casa mia non sappiano come ricevere un gufo?” ribatté
lui, Andromeda notò, senza mostrare alcuna espressione di offesa.
“Beh, è evidente che...”
“Che i Babbani non sanno
trattare con i gufi? Forse, ma in questo caso sbagli, perché mio
padre è un veterinario e una volta ha perfino curato la zampa di
una civetta di un mio compagno, quindi, sa benissimo trattare i gufi e
ricevere la posta.”
Andromeda era senza parole.
Eppure, non voleva ammetterlo, ma quel ragazzo la incuriosiva un sacco.
“Oh, allora... Solo, che cosa vuol dire un veterinario?”
“Non segui Babbanologia,
immagino! Fra i Babbani un veterinario è uno che di professione
studia e cura gli animali.”
“Come il professor Kettleburn di Cura delle Creature Magiche allora?”
“Sì, più o meno.”
Andromeda non poté fare
a meno di osservare quanto fosse gentile, con quegli occhi castani
così dolci e quella voce così calda.
Ted Tonks andò verso una voliera e scelse un gufo della scuola per la sua lettera.
“Ho capito. Ecco, fatto,
lettera spedita – disse guardando il gufo prendere il volo
– Ci si vede in giro allora” e infilò la porta.
Non c'era scampo. Andromeda Black era innamorata.
***
“Dem, devo raccontarti una cosa. Una cosa importante.”
Demetra Lestrange staccò gli occhi dagli appunti di Aritmanzia.
“Sì, dimmi.”
“Mi piace un ragazzo. E
credo che mi piaccia sul serio. Si chiama Ted Tonks, è nello
stesso anno di Bellatrix, ed è...”
“Un Nato Babbano.”
Andromeda si irrigidì.
“Sì, e allora?”
Demetra Lestrange rimase un
attimo in silenzio e guardò l'amica con lo stesso sguardo
perplesso con cui era solita guardare un Logogramma particolarmente
complesso.
“Allora forse avrai bisogno di questo” ed estrasse dalla borsa un libriccino consunto dalla copertina tutta nera.
“L'arte dell'Occlumanzia, fondamenti – lesse Andromeda – E cosa c'entra?”
“L'Occlumanzia è
l'arte di chiudere la mente, di nascondere il turbinio dei propri
pensieri ai maghi che tentino di forzarne i lucchetti con l'arte
compagna della Legilimanzia, è...” cominciò Demetra
con passione.
“...è magia oscura!” la interruppe Andromeda.
“Oh, no, tutt'altro.
L'Occlumanzia è magia prettamente difensiva, e a mio modesto
parere il professor Silente potrebbe benissimo riservare alcune lezioni
di Difesa a farci acquisire almeno i fondamenti, dato che, per inciso,
lui è un abilissimo Legilimens. Il che ci riporta al punto: devi
chiudere la mente se non vuoi che qualcuno scopra che ti vedi con un Nato Babbano.”
Qualcuno suonava molto come tua sorella e tua madre, pensò Andromeda. Sì, forse era il caso di dare un'occhiata al libretto.
***
Nei mesi che
seguirono Ted Tonks continuò a sorriderle e dopo un po' anche
Andromeda cominciò a restituire il sorriso. Si ritrovava molto
spesso a pensare a come sarebbe stato stare un po' da sola con lui, per
più di due minuti in Guferia o di dieci secondi in corridoio
all'uscita delle lezioni. Chissà come sarebbe stato uscire con lui...
Ma questo non sarebbe mai
potuto accadere. Punto primo, perché sicuramente lui non era
interessato a lei: in fondo, aveva solo dimostrato di trovarla
più simpatica di sua sorella e si era comportato in ogni
occasione in maniera gentile, cosa che senza dubbio faceva parte del
suo carattere e non era certo dovuta ad un particolare interesse per
lei. Punto secondo, era un Nato Babbano, ed era chiaro come il sole che
un Nato Babbano non avrebbe mai potuto far parte della vita privata di
un Black.
“Dromeda, il Parphillinium! La polvere di Parphillinuim va messa quando la pozione è ancora celeste!”
“Oh, sì, hai ragione, che sbadata!”
Menomale che c'era Demetra, altrimenti chissà quante volte avrebbe fatto dei danni a Pozioni, da quanto era distratta.
Già, Demetra: si era
mostrata se non del tutto comprensiva quanto meno dalla sua parte
quando le aveva detto di Ted, eppure aveva la percezione che la sua
miglior amica non riuscisse a comprendere del tutto i suoi sentimenti
così contrastanti e ingarbugliati. Non che anche lei ci vedesse
del tutto chiaro, ma sicuramente Demetra avrebbe potuto mostrare un po'
più di sensibilità e risparmiarsi commenti dissacranti ad
ogni suo riferimento a Ted. E poi, se mai un giorno lei avesse deciso
di stare con un ragazzo che non fosse un Purosangue, avrebbe dovuto
piegarsi alle regole non scritte che da secoli vigevano nella sua
famiglia? In fondo, rifletteva Andromeda, lei sapeva di avere una
marcia in più rispetto a tanti compagni di scuola perché
perlopiù gli incantesimi le riuscivano bene dopo pochi
tentativi, ma questo era davvero dovuto al fatto che era una
Purosangue? C'erano perlomeno un paio di compagni di sua sorella che
avevano i genitori Babbani eppure erano noti a scuola per essere fra i
più dotati. I Mezzosangue sono inferiori, questo le era stato
insegnato. Sì, ma come faceva a ritenere inferiore un ragazzo
così gentile e così carino? Alla fine, non è come
uno si comporta che qualifica una persona? Avrebbe voluto parlarne con
Demetra, come facevano sempre da quando erano piccole tutte le volte
che le veniva in mente qualche pensiero insolito e la sua migliore
amica aveva sempre una soluzione più o meno convincente, eppure
stavolta non riusciva a non sentirla così lontana.
No, Demetra stavolta non avrebbe capito.
Con uno strano senso di
solitudine che non ricordava di aver mai provato prima di allora,
Andromeda Black versò delicatamente la sua polvere di
Parphillinium nel calderone.
NdA:
ecco finalmente il primo incontro fra Ted e Andromeda! E vediamo anche
come Andromeda si mostri riflessiva e critica, in senso buono,
verso quelle convinzioni che la famiglia le ha trasmesso fin da bambina
e cominci così quello che io immagino come il suo percorso
adolescenziale di ribellione e crescita. Che ne dite? Troppo banale? Il
capitolo è troppo corto? Farei meglio ad andare a piantare
pomodori? Altro? Recensite!
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Capitolo 4 *** Primi appuntamenti ***
4. primi appuntamenti
IV
La mattina di Natale Andromeda Black fu svegliata da un fastidioso
grattare ai vetri della finestra di camera. Stizzita, si alzò
per raggiungere la finestra assediata da un grosso gufo bruno. Ci
mancava solo una lettera di prima mattina dopo l'estenuante cenone
più ricevimento della sera precedente. Staccò la piccola
pergamena ripiegata dalla zampa del gufo, che volò via
soddisfatto.
Buon Natale alla più simpatica e alla più carina delle sorelle Black.
So
già che forse stai per incenerire il biglietto, ma mi sembrava
carino farti almeno gli auguri dato che a scuola non ce ne è
stata la possibilità.
Non voglio metterti in imbarazzo, per cui non sentirti obbligata a rispondere.
Ci vediamo a Hogwarts allora!
Ted
P.S. Preferirei che tua sorella non vedesse il biglietto, sai, il mio naso non voleva nemmeno che ti scrivessi.
Andromeda arrossì, e sorrise.
Com'era carino! E poi si ricordava di lei! Chissà, un giorno...
“Dromeda, vieni a
scartare i regali! Siamo già tutti alzati!” la
chiamò dalla porta Narcissa facendole prendere uno spavento.
“Sì, arrivo!”
Si sistemò un po' e
infilò la vestaglia per scendere a fare colazione. Di sotto si
sentiva già il chiasso dei suoi cuginetti, Sirius e Regulus. Era
una bella giornata, fredda e un po' grigia, ma non troppo. Sì,
sarebbe stata una bella mattina di Natale.
***
Al rientro dalle
vacanze di Natale Andromeda si fece coraggio e un giorno si
avvicinò a Ted che con alcuni compagni stava aspettando fuori
dall'aula di Incantesimi.
“Ciao! Ti volevo
ringraziare di persona per gli auguri di Natale. Il tuo biglietto mi ha
fatto molto piacere! Ah, sei al sicuro da mia sorella, non sa
nulla!”
“Bene, sono contento!
Allora, che dici, una volta di queste ci troviamo a Hogsmeade per
parlare un po' in santa pace invece che a pezzetti in corridoio?”
Andromeda era senza parole. Le
stava chiedendo di uscire! Come avrebbe dovuto rispondere? Come faceva
a uscire con lui? E se l'avessero vista? Ma lei ci sarebbe uscita tanto
volentieri, perché, porco Merlino, com'era carino e com'era
gentile!
“Oh...io...non so, nel senso, perché...”
Dai, Andromeda!
“Non è che devi
chiedere l'autorizzazione per uscire con qualcuno che non siano le tue
sorelle o la tua amica, vero?” fece Ted divertito ma per nulla
ironico.
“No, certo che no!
– si riprese subito Andromeda – Per me va bene vederci il
prossimo finesettimana a Hogsmeade”
“Bene! Allora è deciso!”
Le ore successive Andromeda
Black le passò in un'altra dimensione dove la parlantina
convulsa di Demetra sulla difficoltà dei nuovi esercizi di
Aritmanzia e le spiegazioni complesse della professoressa McGranitt non
potevano giungere se non come vocio confuso e indistinto, e dove al
contrario un sole primaverile già caldo splendeva sulla via
principale di Hogsmeade e sui capelli castani di un giovane Tassorosso.
***
Andromeda si era
preparata a dovere per l’appuntamento, e non solo per quello che
riguardava quello che avrebbe indossato. Quello era soltanto un
dettaglio ansiogeno in più, che avrebbe però gestito con
relativa facilità, perché invece la cosa fondamentale era
non farsi vedere dalle sue sorelle e dalle compagne di dormitorio. La
mattina del sabato avrebbe fatto i compiti in sala comune come al
solito con Demetra e le sorelle, ma avrebbe insistito per pranzare
presto: in questo modo, finendo di mangiare prima, Demetra avrebbe
voluto andare prima del solito in biblioteca e le sue sorelle forse
avrebbero fatto altrettanto, o comunque si sarebbero riunite prima con
le proprie compagne di classe, Bellatrix per studiare per gli esami,
almeno nelle intenzioni, e Narcissa per spettegolare. Lei avrebbe detto
che andava a riposare una mezz’oretta, così quando tutte
si fossero rimesse all’opera per fare qualcosa il pomeriggio lei
sarebbe potuta sgattaiolare fuori dal dormitorio e dirigersi fuori alle
carrozze che portavano a Hogsmeade, dove Ted la aspettava nella
piazzetta centrale dove appunto andavano e venivano le carrozze della
scuola. Era ben consapevole della precarietà del piano, ma
sorprendentemente andò tutto liscio.
“Pensavo non venissi più!” disse Ted vedendola arrivare e guardarsi intorno incerta.
“Perché pensavi
questo? Guarda che io mantengo la parola data, anche se non sono una
Tassorosso!” ribatté lei, non sapendo se offendersi o
essere divertita.
“Lo so, era solo una battuta. Che ne dici, mangiamo qualcosa? O vuoi solo passeggiare?”
“Non so, è lo stesso. Cioè, sarebbe meglio se non…”
Voleva evitare di essere vista
da qualche compagna Serpeverde che potesse essere in giro, ma non
sapeva come dirlo a Ted, e la cosa era alquanto mortificante, ma Ted
capì al volo.
“Immagino che le tue
sorelle non sappiano che sei qui. Non ti preoccupare, faremo un giro
largo e non incroceremo troppi altri studenti, se questo ti preoccupa.
Ma credimi, dovresti preoccuparti meno di quello che pensa la gente,
perché di sicuro hanno tutti di meglio da fare che spiare te o
chiunque altro.”
Andromeda sorrise. Sembrava così rassicurante sentirglielo dire, ma non era ancora del tutto convinta.
“Sarà così
nella tua Casa, ma da me, fidati, c’è sempre una vipera in
agguato con gli occhi e la bocca spalancati!”
Ted rise di gusto.
“Non sapevo che il senso dell’umorismo prosperasse anche a Serpeverde!”
Quel pomeriggio camminarono a
lungo, a caso, lungo le vie di Hogsmeade, commentando ogni tanto le
vetrine e scoprendo che a entrambi piacevano molte cose simili, tipo
Incantesimi e Cura delle Creature magiche fra le cose di scuola, gli
zuccotti di zucca col miele e i fiocchi d’avena, che il quadro
coi troll che ballano in tutù era il più spassoso del
castello, ma nessuno dei due conosceva l’autore del dipinto, che
nessuno dei due amava troppo Pozioni, ma forse più a causa del
professor Lumacorno che della materia in sé, che la primavera
era la stagione preferita di entrambi, anche se Andromeda teneva per le
Holyhead Harpies e Ted per il Puddlemere, e che Ted era un totale
disastro negli incantesimi domestici e culinari, mentre Andromeda ogni
tanto si sarebbe messa volentieri a preparare torte, ma a casa non
poteva farlo perché facevano tutto gli elfi domestici.
Parlarono anche dei loro
compagni di classe e quello che si dissero poteva forse sembrare uno
spettegolare, ma Andromeda percepiva nelle parole di Ted che le
raccontava dei deliri per l’esame di Jeffrey Abbott, di Franz
Macmillan che voleva sempre avere ragione, di Theresa Diggory che
spronava il fratello a farsi avanti con le ragazze e soprattutto dei
loro ragionamenti sul futuro una bontà di fondo e un senso di
partecipazione l’uno alla vita dell’altro che nella sua
Casa non aveva mai provato.
Era stato un pomeriggio
fantastico, ma una domanda premeva nella mente di Andromeda e solo al
momento di prendere una carrozza trovò il coraggio di parlare.
“Ted, devo però
chiederti una cosa – disse con voce gentile ma ferma –
Perché mi hai chiesto di uscire?”
“Perché ti ho
visto tante volte in biblioteca con le tue sorelle e la tua amica, mi
sei piaciuta, e ho pensato che tu fossi diversa. Ho fatto male?”
rispose lui, arrossendo un po’.
“No” rispose lei incerta.
“No, hai fatto bene
– riprese Andromeda più sicura – Solo, allora, il
quaderno che mi hai restituito era…”
“Vuoi dire se qualcuno di noi ha preso il quaderno per creare l’occasione?”
Andromeda annuì.
“No, quel quaderno tu
l’avevi perso davvero! Nessuno di noi, nemmeno quella serpe
mancata di Theresa, avrebbe potuto immaginare una simile
macchinazione!” rispose Ted con una risata.
“Beh, allora vuol dire
che è stato davvero il destino a farci incontrare! Tu credi nel
destino?” rispose Andromeda sciogliendosi in un sorriso.
“Boh, forse. Io credo che
ogni tanto il destino dà una mano anche agli sfigati come
me!” ribatté il ragazzo con una punta di malinconia.
“No, tu non sei uno
sfigato – disse Andromeda – Sei speciale!” e con
tutto il coraggio che non sapeva di avere si alzò in punta di
piedi e lo baciò sulla labbra, per poi scappare di corsa e
salire su una carrozza diretta al castello.
***
“Immagino che tu mi debba delle spiegazioni.”
Andromeda aveva passato un
pomeriggio splendido, ma anche pieno di emozioni e doveva un attimo
mettere ordine anche nella propria testa. Una volta rientrata al
castello era salita in dormitorio a cambiarsi per cena, cercando di
calmare l’adrenalina a mille scendendo un po' più tardi
dell'ora solita, aveva quindi cenato seduta in disparte in uno dei
posti che rimanevano e poi era tornata in dormitorio con l'intenzione
di evitare ogni domanda, ma una volta entrata e avvicinatasi al baule
percepì con insolita chiarezza di essere stata seguita e beccata.
“Dem, non fare come mia madre! Ti avrei raccontato tutto domani mattina!”
“Certo, le malefatte si dicono solo quando ormai è tardi per prendere provvedimenti!”
“Dem, ma quali malefatte!
Sono solo uscita con un ragazzo e non volevo che giungesse alle
orecchie di Bellatrix e Narcissa!”
“Appunto.”
Andromeda sapeva che dalle labbra dell’amica stava per uscire la battuta a effetto, ma non provò a fermarla.
“È evidente che non ti fidi di me.”
“Questo non è
vero! Tu sai che Ted non è il tipo di ragazzo che piacerebbe
alla mia famiglia, ho solo cercato di evitarmi un putiferio per
nulla!”
“Ritenendo che io avrei spifferato tutto. Sì, ha senso.”
“No! Non hai capito...”
“Ho capito benissimo.”
“Dove vai?” disse mentre Demetra apriva la porta del dormitorio.
“A fare quello che ho fatto tutto il pomeriggio: studiare da sola” e sbatté la porta.
Andromeda rimase seduta sul
letto, non riuscendo a capacitarsi di come tutto fosse precipitato
così rapidamente e all'improvviso. Immersa nei suoi pensieri
contrastanti, sentì appena che giù in sala comune
qualcosa di vetro esplose.
***
Demetra Lestrange
era arrabbiata e, come succedeva tutte le volte in cui era arrabbiata,
qualcosa di vetro doveva andare in frantumi. A farne le spese quella
sera fu l’oculare del telescopio di Laura Flint, primo anno, che
rimase a bocca aperta qualche secondo prima di iniziare a frignare.
“Reparo!
– disse Demetra, facendo tornare a posto l’oggetto con un
colpo di bacchetta – Dai, stai zitta che è già
aggiustato” sbuffò in malo modo rivolta alla ragazzina.
In un altro contesto, Demetra
sarebbe stata fiera di sé per aver mostrato siffatta padronanza
di un incantesimo che forse la ragazzina del primo anno si stava
impegnando a padroneggiare, ma in quel momento notò al tavolo a
fianco alcuni ragazzi del quarto e quinto anno che sembravano
osservarla e la sua rabbia crebbe ulteriormente, al pensiero che sua
madre aveva ragione: non sapeva controllare sempre la sua magia e le
reazioni emotive.
Per fortuna scorse fra i tavoli
Nicholas Nott, il suo unico amico maschio fra tutti i figli degli amici
dei suoi genitori. Suo padre e il signor Nott si conoscevano dai tempi
di Hogwarts e avevano studiato e praticato Magisprudenza insieme ed era
venuto naturale far conoscere i figli fin dalla prima infanzia. Si
conoscevano da sempre, esattamente come con Andromeda, e anche prima di
iniziare la scuola facevano gruppo fisso nelle occasioni in cui i
genitori si incontravano. Nicholas era un ragazzo intelligente, posato,
che studiava volentieri con lei e Andromeda e anche se adesso a scuola
si era fatto un gruppetto di amici maschi non aveva smesso di passare
del tempo con loro, e per Demetra il suo unico difetto era quello di
avere troppa ammirazione per i suoi fratelli più grandi.
Demetra sedette al tavolo
davanti a Nicholas e pescò un libro a caso fra quelli che il
ragazzo aveva ammucchiato da una parte, evidentemente dopo aver finito
i compiti dopo cena.
“Rune. Ripetiamo i fenomeni agglutinanti irregolari.”
“Dem, li abbiamo già ripetuti oggi.”
“Sì, hai ragione. Allora mettiamoci avanti con Trasfigurazione, ancora.”
“Veramente sto aspettando Lucius per gli scacchi” rispose il ragazzo in tono neutro.
“Mi stai scacciando?”
“No!”
“Allora voi giocate e io leggo Trasfigurazione.”
“Ma non puoi studiare con noi che facciamo rumore…”
“Io posso studiare in qualsiasi posto e in qualsiasi stato d’animo.”
“Certo che sei proprio convinta…” disse la voce strascicata e ironica di Lucius Malfoy.
Demetra gli rispose con un ghigno rigido.
“Sì, e sono anche
convinta di potermi già esercitare con gli Schiantesimi. Che
dici, proviamo?” rispose beffarda, ricordandogli
l’increscioso episodio con Bellatrix qualche mese prima.
Il ragazzino arrossì appena e decise di non cogliere la provocazione.
“Nick, stasera ti do anche una partita di vantaggio, perché ho una buona notizia!”
“Ti hanno preso? – Malfoy annuì – Cercatore? Grande! Dammi il cinque!”
Demetra alzò gli occhi
al cielo da sopra il libro di Trasfigurazione. Perché tra i
maschi era tutto così semplice e il Quidditch finiva sempre per
risolvere tutto? La sua migliore amica aveva deciso di tenerle nascosto
che usciva con quel Tonks, ma non solo: aveva pianificato tutto in modo
che lei non si accorgesse di nulla fino alla sera, lasciandole pensare
che fosse solo stanca e fosse rimasta a leggere in dormitorio, per poi
farsi vedere a cena fingendo che nulla fosse successo. E lei non
avrebbe saputo che era uscita se non avesse sentito per caso in
biblioteca le chiacchiere di alcuni Tassorosso dell’anno di
Bellatrix, che commentavano come “finalmente Ted le ha chiesto di
uscire oggi”, tra cui i Prefetti Macmillan e Diggory, con
quest’ultima che sosteneva che il fratello Amos, del suo anno,
“poteva andare bene per la sua amica”, cioè lei. Era
schizzata sulla sedia, cercando di coinvolgere Nicholas nel suo
sconvolgimento, ma Nicholas, per quanto intelligente, era pur sempre un
maschio e di queste cose non capiva nulla. Poi l’aveva vista
rientrare al castello e dirigersi nei sotterranei, mentre lei e gli
altri Serpeverde andavano a cena, sicura che nessuno l’avesse
vista, diretta ai dormitori dove avrebbe sostenuto di essere stata
tutto il tempo. Come aveva potuto nasconderle una cosa del genere, a
lei, alla sua migliore amica? L’unica spiegazione era che non si
fidava davvero di lei, che pensava che avrebbe raccontato tutto alle
sorelle, e che quindi tutto quello che riguardava quel ragazzo doveva
rimanere segreto. Quello che più le bruciava era proprio questa
mancanza di fiducia: avevano sempre condiviso tutto, e anche quando
parlavano di ragazzi e fantasticavano su alcuni più grandi si
erano sempre dette che si sarebbero raccontate tutto. Ma se ora
Andromeda decideva di non dirle nemmeno che era uscita con quel Tonks
voleva dire che per Andromeda c’era qualcosa che non voleva
condividere con lei. E magari quel Tonks avrebbe occupato così
tanto i pensieri di Andromeda che avrebbe finito poco a poco per
trascurarla, pensando sempre a lui e a come fare per vedersi senza
farsi scoprire.
Demetra alzò un attimo gli occhi su Nicholas, concentrato nella partita a scacchi contro Malfoy.
Nicholas aveva da sempre una
cotta per Andromeda, anche se non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente,
anche se Andromeda lo sapeva benissimo, ma molto elegantemente non lo
prendeva in giro e non si approfittava. Perché non poteva
piacergli Nicholas? Se si fossero messi insieme non ci sarebbe stato
nessun problema, non ci sarebbe stato bisogno di nascondere nulla e lei
non avrebbe dovuto preoccuparsi che uno dei due la trascurasse.
Demetra chiuse con un colpo il libro di Trasfigurazione, distraendo un attimo i due scacchisti.
Se solo avesse già saputo eseguire uno Schiantesimo come Bellatrix…
***
La mattina seguente
Andromeda era indecisa sul da farsi. Doveva chiedere scusa a Demetra,
raccontarle tutto del pomeriggio precedente e far tornare tutto come
prima? Beh, un po' avrebbe voluto che le cose tornassero come prima, se
non altro, pensò molto concretamente, perché le sue
sorelle avrebbero notato il cambiamento di umore di entrambe e, anche
senza la Legilimanzia, avrebbero scoperto presto la ragione di tutta la
faccenda. Tuttavia, rifletteva Andromeda, non era molto giusto nemmeno
che lei corresse a chiedere scusa a Demetra come se fosse solo lei in
torto: infatti aveva cercato di spiegarle che le avrebbe confidato di
Ted più tardi, quando fosse stata pronta, e quanto al fatto
della fiducia, notò amaramente di non essere poi così
sicura che l'amica non si sarebbe fatta scappare qualcosa.
La situazione non
migliorò nei giorni successivi, ma Demetra non disse nulla a
nessuno riguardo a Ted, e Andromeda poté smettere di stare
sempre sulla difensiva. A dare una smossa alla situazione ci
pensò l'imminente partita di Quidditch Serpeverde-Tassorosso il
finesettimana successivo.
“Non vieni alla partita?” domandò timidamente Andromeda.
Più che temere una
qualunque rispostaccia temeva che se ne sarebbe uscita con qualcosa
tipo “dipende da che squadra tifi” o “sì ma
gli spalti non sono tutti uguali” proprio davanti alle sue
sorelle, ma Demetra rispose soltanto:
“No, voglio mettermi avanti con i compiti, e anche tu dovresti – Eccoci! – Per la verità, anche Bellatrix dovrebbe, dato che ha i G.U.F.O.”
“Ma io devo andare alla
partita – si inserì la Black grande – Devo vedere
all'opera il nuovo Cercatore!”
Andromeda non capì il
senso della battuta, vide solo Narcissa arrossire violentemente e
Demetra e Bellatrix scambiarsi un improbabile cenno d'intesa.
“Beh, allora vengo anch'io” disse incerta.
***
Demetra in
realtà non avrebbe avuto tutta questa voglia di mettersi avanti
con i compiti. Non che il Quidditch le interessasse più di
tanto, ma ogni tanto piaceva anche a lei stare un po’
all’aria aperta, salire sugli spalti e passare un’oretta
senza pensieri a guardare quei matti dei giocatori schizzare da una
parte all’altra del campo e a parlare di stupidaggini con
Andromeda e le altre compagne Serpeverde. Ma in quell’occasione
l’orgoglio doveva vincere, assolutamente.
Così lasciò che
le sorelle Black andassero alla partita e cercò di concentrarsi
sui compiti. Tempo pochi minuti, la sala come di Serpeverde si
svuotò quasi completamente. Prima di aprire i libri, Demetra si
guardò un attimo intorno. Erano rimasti solo alcuni ragazzi del
settimo anno, evidentemente davvero sotto pressione per i M.A.G.O, e un
paio del quinto da cui Bellatrix ogni tanto copiava i compiti.
Concentrarsi su Trasfigurazione fu molto difficile, nonostante fosse
una delle sue materie preferite, forse anche più di Pozioni,
anche se non lo avrebbe mai detto a nessuno perché non arrivasse
alle orecchie del professor Lumacorno, e solo quando iniziò ad
esercitarsi con gli incantesimi iniziò a rilassarsi. Gli
incantesimi Intraspecie erano uno degli argomenti più vasti e
importanti del programma del terzo anno, la base di gran parte delle
trasfigurazioni complesse, e non poteva negare di essere molto
soddisfatta di essere riuscita a trasformare un porcospino in un rospo
dopo così pochi tentativi. Si era fatta anche degli appunti
propri su quello che sbagliava e quello in cui trovava
difficoltà di volta in volta e questo metodo le era servito
moltissimo a velocizzare l’apprendimento degli incantesimi. Erano
già un paio di volte che tentava gli incantesimi prima della
lezione in cui li avrebbero provati sotto gli occhi severi della
McGranitt ed esserci riuscita da sola, senza le istruzioni e le
correzioni dell’insegnante, la riempiva di gioia. Doveva
raccontarlo e farlo vedere ad Andromeda quella sera stessa. Il pensiero
che in quei giorni con Andromeda non si erano praticamente mai parlate
davvero fu più pungente della Pozione Urticante che avevano
preparato quella mattina stessa.
Mi ha dimostrato di non fidarsi di me, però!, pensò.
Ripose con cura il libro e gli appunti di Trasfiurazione, per tirare a sé Compendio Illustratissimo della Flora Magica Europea, un testo di Erbologia più vecchio del didattico Mille Erbe e Funghi Magici
che usavano a lezione, ma che a lei piaceva molto. Anche Erbologia le
piaceva come materia, anche se avere lezione in comune con i Grifondoro
non era il massimo e si finiva sempre per sporcarsi le divise, ma alla
fine si imparavano un sacco di cose che tornavano utili anche in
Pozioni e a volte ci si divertiva anche. Ecco, quella era
un’altra cosa che aveva in come con Andromeda, mentre le sue
sorelle non impazzivano affatto per la materia, con Bellatrix che la
trovava abbastanza inutile e Narcissa che la detestava addirittura,
forse proprio perché spesso c’era da sporcarsi.
Senza accorgersene, Demetra sorrise, aprendo il libro.
Quella sera avrebbe parlato con
Andromeda e le avrebbe detto che le dispiaceva, assolutamente.
Rinfrancata dalla propria decisione, si mise a schematizzare di buon
passo il capitolo sulla flora arborea magica della Francia meridionale.
***
Neanche
mezz’ora dopo l'inizio della partita, Serpeverde era già
in vantaggio e Andromeda si stava annoiando. Cosa ci faceva lì a
vedere una partita in cui doveva stare lontana dal ragazzo che le
piaceva? Se non poteva stare con lui, poteva almeno sfruttare
l'occasione che le sorelle erano distratte per cercare di riconciliarsi
con la sua miglior amica.
In sala comune c'era
praticamente solo Demetra, i lunghi capelli castano scuro legati a
treccia e appuntati sulla testa, china su quello che sembrava un libro
molto vecchio e molto corposo di Erbologia.
Tra un po' può farli lei i G.U.F.O. al posto di Bellatrix, pensò Andromeda.
“La partita è già finita?”
“No, ma mi stavo annoiando.”
“Immagino.”
“Senti, mi dispiace...”
Demetra alzò gli occhi dal libro. Sembrava sempre molto arrabbiata.
“Anche a me.”
Ci risiamo.
“Dem, ascolta...”
ma si interruppe subito, perché l'ultima cosa che immaginava
possibile era che la sua amica le stesse sorridendo di nuovo.
***
Finalmente
Ted e Andromeda escono insieme e finalmente c'è un primo
confronto fra le due amiche, che ne dite? Non ho messo in risalto
eccessivamente cose come la purezza del sangue, i maghi oscuri
eccetera, perché immagino che durante gli anni di scuola dei
nostri personaggi se ne parlasse ancora poco e sottovoce, non come
durante gli anni dei malandrini, e anche e soprattuto
perché stiamo parlando di adolescenti, che quindi ragionano un
po' diversamente dai maghi adulti che poi diventeranno... Insomma,
datemi un feedback!
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Capitolo 5 *** Prime domande ***
5. prime domande
V
“Dai, non stare impalata, Andromeda, dai carte!”
Andromeda tornò immediatamente attenta alle parole dell’amica e distribuì le carte.
Una leggera brezza estiva le scompigliò i capelli castani,
seduta com’era sul prato all’ombra, nello spazio del
giardino di villa Lestrange in Wiltshire riservato ai ragazzi durante
l’ennesimo interminabile ricevimento estivo per ricche famiglie
purosangue organizzato dalla mamma di Demetra.
In quel momento si era ritrovata incastrata in una partita a quattro di
Sparaschiocco, lei e Demetra contro Nicholas Nott, loro compagno di
classe Serpeverde e figlio di un amico di vecchia data del padre di
Demetra, e Lucius Malfoy, di un anno più piccolo, sempre
Serpeverde, che Andromeda aveva riconosciuto a suo tempo come il
biondino che Bellatrix aveva schiantato in sala comune l’anno
precedente.
Non che non le piacesse giocare a carte, anzi, con Demetra giocavano
spesso fin da piccole ed era un’occasione per chiacchierare e
parlare delle cose che sentivano dagli adulti, ma dover giocare anche
con Nott e tutti gli altri le sembrava ogni volta un peso, e adesso che
aveva la mente rivolta a tutt’altro, o meglio, a qualcun altro lo
era ancora di più.
Si sentiva come isolata a volte, perché si ritrovava a pensare
che aveva sempre meno in comune con i propri compagni e davvero non
riusciva a capire come invece Demetra si sentisse così a suo
agio in quelle occasioni.
La tornata di carte finì con i due ragazzi in vantaggio e Demetra sbuffò impercettibilmente.
“Mio padre ha detto che sei stata ad assistere ad una seduta del
Wizengamot – esordì a un tratto Lucius Malfoy rivolto a
Demetra – Era la prima volta? Franz Macmillan è già
stato alcune volte” commentò alla fine.
“Sì, era la prima volta, ma mio padre voleva che fosse una
discussione da cui potevo trarre qualcosa, in cui potessi seguire
l’argomentare delle parti. E comunque Franz Macmillan ha appena
fatto i G.U.F.O., con Bellatrix” puntualizzò Demetra.
Franz Macmillan era il Prefetto Tassorosso dell’anno di Bellatrix
e sua sorella Patricia era in classe con Narcissa, ma a Grifondoro, si
rammentò Andromeda.
“Sarei dovuto andare anche io con mio padre una volta subito dopo
la scuola – disse Nicholas – Ma c’era il Quidditch
proprio allo stadio di Nottingham e…”
“Oh, certo, il Quidditch! Come se non fosse più importante
prepararci al più presto al nostro futuro al Ministero!”
esclamò Demetra.
“Ma dai, noi non abbiamo bisogno di lavorare al Ministero…” iniziò Nicholas.
“Non sto dicendo di lavorare, ma di essere ben inseriti nella
macchina politica e giudiziaria del Ministero sì,
Nicholas!” ribatté lei.
“Beh, io non ho bisogno di andare adesso alle udienze al
Ministero. Ho tutta la vita per fare i miei interessi là dentro,
adesso voglio solo imparare quanti più incantesimi potenti
riesca” disse Lucius.
Andromeda si ritrovò a pensare che erano davvero tutti uguali,
in fondo. Sia Lucius che Nicholas si sentivano già palesemente
destinati ad una vita di agio e prestigio, in virtù del loro
sangue puro e della ricchezza delle loro famiglie, tanto quanto
Demetra, che a differenza loro aveva almeno l’onestà
intellettuale di riconoscere esplicitamente la pressione che sentiva su
di sé da parte degli adulti della famiglia. Lei invece era un
pesce fuor d’acqua e lo era sempre stata, solo che ci pensava
seriamente solo adesso. Non riusciva ad immaginarsi come i suoi
compagni in futuro al posto dei genitori, nella parte della padrona di
casa ad un ricevimento formale come quello o a discutere nelle udienze
al Ministero per far vincere la posizione più favorevole alla
parte dei maghi purosangue o a influenzare il Ministro o i vari pezzi
grossi del Ministero. Non sapeva bene neanche come immaginarsi in alcun
modo, in realtà: le donne della sua famiglia non lavoravano, per
il semplice fatto che economicamente non ne avevano bisogno, ma erano
loro l’eccezione e non la regola, perché nella
comunità magica la maggioranza dei maghi lavorava per vivere ed
era quella la normalità. Avrebbe tanto voluto poter condividere
questi pensieri con qualcuno, ma sapeva bene che nessuno di tutti
quelli che conosceva e con cui aveva una sufficiente confidenza avrebbe
mai potuto capire le sue parole. Nemmeno Demetra, non perché
fosse in malafede o egoista, ma perché semplicemente Demetra si
sentiva perfettamente integrata nel loro gruppo di giovani rampolli
purosangue e non sentiva il bisogno di porsi domande, di mettersi a
confronto con altre situazioni e di prendere in considerazione che le
cose potevano essere diverse.
Ad un certo punto Demetra si era alzata, i due maschi erano andati in
cerca delle scope per giocare a Quidditch e lei aveva seguito
passivamente l’amica che ora si era avvicinata al gruppo degli
adulti per prendere la parola su chissà cosa e non lasciare
tutto lo spazio a Bellatrix, che stava commentando come i risultati
accademici avessero un’importanza relativa in un mondo in cui
presto i Sanguesporco sarebbero stati rimessi al loro posto. Andromeda
era sicurissima di aver sentito tale ragionamento uscire identico
parola per parola dalla bocca di Rodolphus, il quale adesso si
pavoneggiava raccontando di magie oscure apprese durante un viaggio in
Europa centrale da non si sa bene che potentissimo mago inglese in
viaggio per arricchire ancora di più il suo straordinario
talento.
Andromeda vedeva Bellatrix ascoltare rapita il fratello di Demetra,
palesemente cotta, mentre gli altri ascoltavano con interesse ma anche
con adeguato distacco. Si era chiesta a volte cosa ci trovasse
Bellatrix in Rodolphus, che a lei non sembrava particolarmente bello,
con lo stesso naso aquilino di Demetra e i capelli mori lunghi, con
quell’aria finto trasandata e invece curata
all’inverosimile. Aveva degli occhi scuri vivaci e penetranti e
di sicuro una parlantina capace di tenere l’attenzione, ma se lei
avesse dovuto scegliere avrebbe preferito l’altro fratello,
Rabastan, più robusto, con gli occhi chiari e i capelli castani
corti, dall’aria seria e rassicurante. Ma al cuore non si
comanda: come a Bellatrix piaceva Rodolphus, lei aveva Ted nei suoi
pensieri. E nel momento stesso in cui lo pensò, capì che
Ted era l’unica persona diversa nel suo mondo, l’unica
persona a cui avrebbe potuto confidare i dubbi che non poteva confidare
né a Demetra né a nessun altro.
Sì, avrebbe scritto una lettera a Ted.
***
Caro Ted,
per iniziare ti dico che mi fa strano
scriverti e forse anche tu sarai sorpreso di ricevere una mia lettera,
ma mi sono resa conto che avevo bisogno di parlare con te e non posso
aspettare l’inizio della scuola.
Innanzitutto, come stai? Come sono
andati gli esami? È stato difficile parlarsi a scuola dopo gli
esami e io devo stare attenta che Bellatrix non sappia niente. Spero
che tu sia riuscito ad ottenere i voti che ti servono per poter
diventare Auror come mi dicevi.
Io non vedo l’ora di tornare a
scuola perché a casa non mi sto divertendo per niente. Anzi,
ogni volta che mi ritrovo ai ricevimenti degli amici dei miei genitori
mi annoio terribilmente e non riesco più a passare il tempo con
leggerezza con Demetra e gli altri. Un po’ mi sento in colpa a
dire questo, ma non ho davvero nessuno con cui parlarne. Ti ho sempre
raccontato della mia migliore amica, ma sento che adesso di alcune cose
non posso parlare nemmeno con lei. Qui tutti pensano al futuro come a
un copione già scritto, dove si sa già cosa andremo a
fare e con chi, e nessuno pensa a situazioni alternative, come ad
esempio a lavorare come Auror, come progetti tu. Non so, forse le mie
ti sembrano parole senza senso e pensi che io sia pazza come tutti i
Black, ma non vedo l’ora di vederti di nuovo.
Ti voglio bene.
Andromeda
Rilesse a lungo la lettera, dopo averla già scritta e
cancellata almeno una mezza dozzina di volte, e alla fine si decise a
inviarla, confidando che la sua civetta avrebbe trovato Ted come
l’anno prima per Natale.
***
Cara Andromeda,
sono stato sì sorpreso di ricevere la tua lettera, ma anche molto felice.
Gli esami sono andati bene: non ho
avuto molti “Eccezionale” come altri, ma sono riuscito a
ottenere quanto basta per continuare con le materie che servono per
l’accademia degli Auror, quindi sono contento.
Mi dispiace che tu non sia serena a
casa e vorrei esserti d’aiuto, anche se temo di poter fare
pochissimo da qui a casa mia. Se ti può consolare un poco, anche
io mi sentivo solo e incompreso i primi tempi a scuola: ero un Nato
Babbano, non sapevo nulla della comunità magica, del Quidditch e
di tutto il resto, e tutti i miei compagni mi sembravano più
svegli e più bravi di me, ma alla fine ho scoperto che siamo
tutti uguali, cerchiamo le stesse cose e abbiamo paura delle stesse
cose. Franz e Theresa sono due purosangue come te, ma non mi hanno mai
fatto sentire escluso, anzi, erano incuriositi dal mondo Babbano ed
è sempre stato divertente confrontarci. Lo so che certi maghi
purosangue, soprattutto a Serpeverde, la pensano assai diversamente, ma
proprio questa diversità di comportamento a parità di
famiglia di origine dimostra che sono le singole persone e come si
comportano che conta, non dove e come sono nate. Sono sicuro che tu hai
tanto da condividere con la tua amica e le tue sorelle e non ci credo
che tu non possa più parlare con loro. Prova a dar loro fiducia,
mettile alla prova: come io ero diffidente verso i miei compagni e ho
dovuto ricredermi, potresti scoprire che anche loro hanno le tue stesse
paure, solo che non hanno il coraggio di ammetterle, che invece tu hai.
Anche io non vedo l’ora che ci rivediamo a scuola e adesso so che avevo ragione: tu sei diversa, e io sono fortunato.
Un bacio,
Ted.
***
Calava la sera e l’ultima luce del giorno filtrava dalla corte
interna di casa Lestrange, a Londra. Il ricevimento era finito da un
bel pezzo e presto tutti i membri della famiglia sarebbero andati a
letto. Il signor Lestrange era nel suo studio, intento a leggere carte
per l’indomani al Wizengamot, quando sentì bussare alla
porta.
Demetra si affacciò timidamente.
“Papà, ti disturbo?”
“No, Demetra, entra e siediti.”
Demetra amava lo studio di suo padre, ma lo amava davvero,
perché rappresentava tutto quello a cui la sua famiglia aspirava
da sempre: l’ordine, lo studio di ogni branca magica, anche la
più arcana, la devozione alla memoria storica della famiglia,
con il libro con la storia di ogni generazione, e sopra tutto questo la
dedizione alla politica e alla legislazione del mondo magico, a cui
casa Lestrange aveva dato nei secoli molti membri di spicco del
Ministero, giudici, legislatori, innovatori e promotori di leggi
fondamentali, un Ministro della Magia e svariati inventori di pozioni e
strumenti. Ad un lato della stanza un’alta libreria ricca di
tomi, dall’altra una consolle a muro e una vetrinetta che
conteneva un antico Pensatoio, oggetto raro che poche famiglie potevano
vantare di possedere, e altri oggetti di pregio che la famiglia aveva
collezionato lungo le generazioni. Al centro, la scrivania in legno
scuro dietro cui sedeva suo padre, autorevole e serio, ma non rigido o
freddo.
“Ieri ho riletto alcuni passi delle orazioni della discussione
storica sulla riforma della giustizia del 1798 e ho pensato alcune cose
riguardo all’udienza di pochi giorni fa, quando sono stata con te
ad assistere” cominciò Demetra.
“In effetti non ne abbiamo parlato tantissimo dopo. Dimmi tutto quello che pensi.”
“È stato un po’ diverso da come me lo aspettavo, per
come mi ero preparata studiando” disse Demetra, cercando di
scegliere bene le parole.
“E cioè? Come te lo aspettavi?”
“Non so come dire, forse non è nemmeno giusto, padre
– trasse un lungo respiro, per darsi coraggio – Me lo
aspettavo più entusiasmante” disse alla fine.
Il signor Lestrange non si scompose affatto.
“E perché secondo te un’udienza del Wizengamot su un
caso di furto e ricettazione di calderoni doveva essere
entusiasmante?” chiese senza ironia.
“Perché… Beh, è comunque la
giustizia!” rispose Demetra, non riuscendo a trovare parole
migliori.
Il signor Lestrange inarcò un sopracciglio.
“Nel senso, la giustizia discerne il vero dal falso, rimette
ordine laddove la prevaricazione di uno ha creato disarmonia…
Questo è per la mente entusiasmante, a pensarci,
ma…”
“Ma?” disse il signor Lestrange invitandola a continuare.
“Ma oggi ho pensato che erano più entusiasmanti i racconti
di Rodolphus, di quello che lui e Rabastan hanno fatto e scoperto
grazie al mago che hanno conosciuto durante il loro ultimo viaggio in
Europa continentale. Egli non si fa chiamare per nome da nessuno,
pratica ad alto livello la Legilimanzia e ama gli oggetti magici
antichi, che recano con sé la storia e il potere arcano di
coloro che li hanno fabbricati. Rabastan ha detto che adesso lui stesso
può insegnarmi Occlumanzia in maniera pratica, senza stare
troppo sul libro! Questo è entusiasmante!”
Subito dopo aver parlato così, Demetra pensò di aver esagerato, e che suo padre si sarebbe arrabbiato.
“Immagino. Ma dimmi, cosa contrasta fra le due cose? Tu puoi
apprendere e praticare l’Occlumanzia e la Legilimanzia e
appassionarti al collezionismo, come molti hanno fatto nella storia
della nostra famiglia, e al contempo restare fedele alla legge, e alla
ricerca della giustizia, anche quando sembra meno entusiasmante”
sottolineò suo padre.
Demetra ebbe la fugace impressione che suo padre volesse significare
anche qualcos’altro con quelle parole, magari suggerire che non
approvava del tutto la vita avventurosa dei fratelli in giro per
l’Europa col loro nuovo maestro di arti oscure, e che forse per
lui stavano disattendendo al loro compito di eredi della tradizione
politica di casa Lestrange.
Il pensiero le diede un improvviso compiacimento e parlò con sicurezza.
“È vero, padre: sono stata superficiale. È proprio
così, posso coltivare l’una e l’altra cosa.
Rifletterò e studierò ancora. Grazie di avermi
ascoltato.”
***
NdA:
eccoci qua, con Andromeda che inizia a porsi delle domande, mentre la
sua amica per il momento non tanto, sentendo invece la fascinazione del
mondo delle arti oscure cui si stanno avvicinando i fratelli. Ho
immaginato che in quel periodo Voldemort fosse ancora un personaggio
non conosciuto e temuto da tutti e che appunto si stesse
conquistando consenso fra le famiglie purosangue con le sue teroie sul
sangue puro, senza far vedere proprio tutto ciò di cui
sarà capace. Ho voluto immaginare anche dei compagni Tassorosso
di Ted, per mostrare come appunto tutte le famiglie purosangue si
conoscano ma ci siano anche approcci diversi al tema del sangue magico,
e chissà che non tornino anche come protagonisti di una storia
tutta loro.
L'ultimo episodio, infine, è una citazione dal film The reader,
con Kate Winslet, del 2009, in cui il protagonista, che da ragazzo
aveva avuto una sorta di relazione ambigua con la donna ora a processo,
e che all'epoca era studente di giurisprudenza durante i processi ai
collaborazionisti col regime nazista, al ritorno da un'udienza dice al
professore che appunto si aspettava il dibattimento "più
entusiasmante" perché, appunto, "è la giustizia!".
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Capitolo 6 *** Per ora, solo Schiantesimi ***
6. per ora, solo schiantesimi
VI
Andromeda Black apparentemente non poteva chiedere di meglio dalla
sorte. Al quarto anno ad Hogwarts, era una delle studentesse più
in gamba del suo anno, una delle più carine a detta di molti, e
proveniva da una delle più ricche e prestigiose famiglie di
maghi. Questo era ciò che avrebbe attirato l’invidia della
maggior parte delle ragazze della scuola, ma in realtà per lei
erano dettagli del tutto insignificanti. Da quasi un anno era fidanzata
con Ted, un ragazzo meraviglioso, l'unica persona che fosse capace di
farle dimenticare tutto quello che la sua famiglia, i compagni
Serpeverde e il mondo intero si aspettavano da lei, l'unica persona con
cui poteva dire di essere se stessa in una maniera che mai aveva
sperimentato. Con Ted avevano continuato a vedersi le prime settimane
di scuola, rigorosamente di nascosto, e avevano parlato a lungo di
quello che per lettera poteva solo essere accennato. Ogni volta prima
di raggiungere Ted era euforica e piena di adrenalina e quando
finalmente erano insieme si sentiva serena, rilassata, libera dal
pensiero di dover rispondere ad un’aspettativa.
Ovviamente tutto all'oscuro delle sue sorelle e della sua
famiglia, dato che Ted era la summa di ciò che un purosangue coi
fiocchi come lei era per nascita deve detestare e, com'era noto, i
Black non erano certo conosciuti per essere dei progressisti in fatto
di relazioni umane. Ma di questo ad Andromeda non importava. Da molti
mesi ormai uno stato di leggerezza e spensieratezza aveva invaso i suoi
pensieri e, forte di questa sensazione mai provata prima con tanta
intensità, non si era affatto preoccupata di prendere ulteriori
precauzioni per mantenere segreta la sua relazione che non fossero i
semplici suggerimenti pratici che Demetra le dava di continuo,
rimarcando ogni tanto con ironia e turpiloquio studiato il suo contributo alla causa.
Sì, perché alla fine aveva in parte seguito il
consiglio di Ted e si era confidata con Demetra, stando attenta
naturalmente alle parole usate, ma scoprendo che, ancora una volta, Ted
in parte aveva ragione: anche Demetra si sentiva in un certo senso
imbrigliata dalle aspettative che la famiglia aveva su di lei e non si
era mostrata affatto egoista. Le ragioni erano diverse, ma si erano
confidate e sostenute a vicenda: Demetra le aveva promesso che
l’avrebbe aiutata a proteggere la sua storia segreta con Ted e
sembrava felice che lei le avesse dato fiducia per questo, e al
contempo lei aveva ascoltato le preoccupazioni di Demetra, che per la
prima volta le aveva raccontato esplicitamente del suo rapporto
conflittuale coi fratelli e con la madre e di quanto ci tenesse ad
essere lei a rendere orgoglioso suo padre.
“Però sappiamo entrambe che non può
durare per sempre” aveva detto Demetra riguardo alla segretezza
della storia con Ted.
“Lo so, infatti prima o poi risolveremo anche questo” aveva risposto Andromeda, con molta determinazione.
***
Un sabato Andromeda si era vista con Ted ed era
d'accordo con Demetra che sarebbe rientrata giusto in tempo per far
credere di essere stata tutto il tempo a studiare con lei, ma
dimenticò che l'amica le aveva detto di trovarsi la sera in
biblioteca nell'ala di Storia e non in sala comune. Quando Andromeda
entrò in sala comune non trovò infatti l'amica, ma le sue
sorelle schierate di fronte al tavolo dove sarebbe dovuta essere a
studiare.
“Dobbiamo parlare. Prima di cena” intimò Bellatrix.
Andromeda capì che qualcosa era andato storto e fece per rientrare subito nel corridoio dietro il portone della sala.
“Dove credi di andare?”
Per la prima volta Bellatrix le stava puntando contro la
bacchetta e a giudicare da com'era cambiata nel corso dell'ultima
estate non stava facendo per scherzo.
Bellatrix e Rodolphus alla fine si erano messi insieme
davvero e verso la fine dell’estate la sera Bellatrix non faceva
altro che raccontare loro tutto quello che lui le insegnava di arti
oscure, che a sua volta aveva imparato da questo misterioso mago oscuro
che si faceva chiamare Voldemort e che sosteneva con forza la
supremazia dei maghi dal sangue puro, fino a immaginare un mondo ideale
senza Mezzosangue e con il predominio dei purosangue.
Lei non aveva mai preso la parola contro Bellatrix, sapendo
che avrebbero solo litigato, limitandosi ad ascoltare a volte con un
vago senso di orrore, cercando di convincersi che la sorella stava solo
esagerando, che molto di quello che raccontava dovevano essere solo
vanterie per farsi grande e che quella per Rodolphus era solo
un’infatuazione da ridimensionare.
Ma evidentemente non era così, e adesso glielo stava dimostrando.
“Da nessuna parte” e anche Andromeda sfoderò la bacchetta.
“Come hai osato? Come hai osato disonorare il nome
della tua famiglia in questo modo? Tu commetti crimini contro il tuo
sangue!”
Andromeda sentì mancare la terra sotto i piedi a quelle parole, ma non indietreggiò.
“Ma quali crimini! Faccio quello che fanno tutte le ragazze se uno...”
“Trascorrere il proprio tempo con un Sanguesporco non
è fare quello che fanno tutte le ragazze, è un'onta sul
nome di tutte noi!”
“Non è vero! Non è un'onta stare con chi
ti fa stare bene, e Ted è una persona meravigliosa, e a questo
punto sono convinta che non ci sia dubbio che mi vuole più bene
lui di voi!”
Non lo pensava davvero, non fino in fondo, ma adesso non
poteva e non voleva più evitare a tutti i costi il confronto con
le sorelle.
“Stronzate, Andromeda! Lui è un Sanguesporco,
non solo non è degno di te, ma nemmeno ti ama, perché
è chiaro che quelli come lui non hanno le qualità per
stare accanto ad una come te!”
“Ti sbagli, Ted mi ama ed è molto migliore di te! Non è il sangue che fa una persona, Bellatrix!”
Bellatrix era senza parole, inorridita.
“Magari ci vuole solo uscire un po' e divertirsi, non
ha mica detto che lo sposerà!” si inserì Narcissa.
Bellatrix sembrava ancora più infuriata, ma in quel momento Andromeda capì che non le importava più nulla.
“No, io non ci esco per divertirmi, lui mi piace e mi
fa stare bene! Quanto a sposarlo, perché no?” concluse con
tono di sfida, senza considerare minimamente gli sguardi d'odio della
sorella maggiore.
“Tu... Come osi... Stupeficium!”
“Protego!”
Nel lampo di luce che seguì il rimbalzo dello
Schiantesimo sullo scudo, Andromeda trovò con la mano la
maniglia del portone e uscì dalla sala comune, correndo a
cercare l'unica persona che l'avrebbe fatta sentire al sicuro.
***
Quella sera Andromeda non si fece vedere
né a cena né dopocena in sala comune. Demetra aveva
intuito che era successo qualcosa, poiché non l'aveva vista
arrivare in biblioteca all'ora stabilita, ma una volta rientrata in
sala comune non l'aveva trovata. A cena aveva avuto la conferma che
Bellatrix sapeva tutto e aveva dato in escandescenze contro la sorella.
“Ce n'è anche per te, sapientina! Sappi che sei
sua complice se non ci fornirai informazioni su come e da quanto va
avanti quest’abominio!”
“Non ti hanno insegnato che non si fanno scenate in pubblico?” rispose Demetra piccata.
Poi aveva mangiato di corsa in maniera non troppo elegante
per togliere il disturbo il prima possibile ed evitare domande anche da
parte di Nicholas.
Tuttavia, poté avere notizie dell'amica solo in tarda serata, quando erano già tutte in dormitorio.
“Ehi! Ma dove diavolo ti eri cacciata?”
“Poi ti racconto – sussurrò Andromeda,
appena rientrata nella camera – Bella ti ha trattato male?”
“No, ha solo detto che sarei tua complice se non fornissi informazioni.”
“E tu che le hai detto?”
“Che tu non mi racconti tutto della tua vita
sentimentale e che sei libera di uscire con chi ti pare. E che ha
scatenato una tempesta per nulla, dato che tu non hai nemmeno
contravvenuto a nessuna legge o regolamento scritto inerente la
moralità nei luoghi pubblici del nostro mondo.”
“Te l’hanno mai detto che dovresti fare Magisprudenza?”
“Non di recente.”
Andromeda sorrise.
“Domattina ti racconto tutto. Ora sono troppo stanca.”
***
La mattina seguente, durante la lezione di
Incantesimi, come sempre rumorosa per gli oggetti volanti e i piccoli
incidenti, Andromeda stava raccontando a Demetra cosa era successo la
sera precedente. Non ce l'aveva fatta a ripresentarsi in sala comune e
nemmeno a cena, perché aveva la netta sensazione che tutta
Serpeverde sapesse ormai che aveva osato uscire insieme ad un Nato
Babbano.
“E così sei stata nella loro sala comune?” fece Demetra sgranando gli occhi.
“Sì, Ted è stato con me tutto il tempo e
alla fine anche il nuovo Prefetto di Tassorosso ha fatto finta di
niente.”
“Accidenti! E nessuno ha detto nulla?”
“No, anch'io sono rimasta sorpresa: sono stati tutti più gentili di quanto pensassi!”
“Beh, almeno non ti sei messa nei guai più del dovuto... Ero preoccupata, ma ora capisco.”
“Piuttosto, come ha fatto Bellatrix a scoprirmi?
Perché è vero che sarei dovuta venire in biblioteca, ma
lei lo sapeva già!”
Demetra fece un cenno verso una loro compagna di dormitorio seduta pochi posti più avanti.
“Clementina Higgs ha sentito che ti avevo detto in
biblioteca, ma poi ti ha vista da sola ad Hogsmeade, ti ha seguito e
poi ti ha vista con Ted, così ha colto l'occasione per fare la
spia.”
“Che rabbia! Se solo potessi...” ma Andromeda si
interruppe all'arrivo del professor Vitious, ricomponendosi e mostrando
all'insegnante di aver ben acquisito l'incantesimo di quella lezione.
***
Non mancavano molti mesi alla fine della scuola e
Andromeda non sapeva se era un bene o un male. Poteva essere un bene
perché così d’estate non avrebbe dovuto sopportare
le risatine e gli sguardi perfidi delle ragazze Serpeverde di tutti gli
anni, dato che la notizia della sua storia con Ted si era diffusa in un
baleno. D’altra parte una volta finita la scuola non avrebbe
potuto più vedersi con Ted e di sicuro avrebbe dovuto affrontare
la reazione dei suoi genitori, già informati per lettera da
Bellatrix con tanto di dettagli e imprecazioni.
In tutto questo, doveva ringraziare Demetra per il suo
sostegno costante. Demetra non aveva mai mancato di difenderla quando
qualche compagna di dormitorio le aveva fatto qualche commento
sgradevole ed era sempre stata in mezzo fra lei e Bellatrix, evitando
altre scenate. Andromeda osservò nel corso delle settimane che
in effetti Demetra godeva di una certa autorità fra le compagne
Serpeverde, sia tra le più piccole, che sembravano temerla e
ammirarla, che fra le più grandi, che forse erano in soggezione
di fronte al nobile e purissimo cognome Lestrange. L’unica volta
in cui Nicholas Nott si era cimentato in un maldestro tentativo di
proporsi come alternativa sentimentale per lei, era bastata
un’occhiata tagliente di Demetra per farlo desistere ed evitare
altri approcci indesiderati.
Dopo la prima sera, aveva temuto altri attacchi da parte di
Bellatrix, ma inaspettatamente la sorella maggiore non aveva fatto
né detto più niente. La cosa la insospettiva alquanto,
perché Bellatrix era impulsiva e irruenta e questa calma
apparente doveva per forza nascondere qualcosa. Qualcosa di malvagio,
pensava spesso. Demetra invece aveva liquidato la cosa col fatto che
evidentemente anche Bellatrix sapeva che non doveva fare scenate per il
buon nome della famiglia e se la lasciava in pace era tutto di
guadagnato. Narcissa invece non si era mai schierata apertamente, ma
c’era da dire che nemmeno lei aveva mai cercato di parlare con la
sorella minore e cercare di portarla dalla sua parte o almeno fa
sì che comprendesse i suoi sentimenti e le sue ragioni.
Menomale c’era Ted. E con lui c’erano anche
ragazze Tassorosso che per la prima volta da quando aveva iniziato
Hogwarts la salutavano quando si incrociavano in corridoio,
l’inizio di un possibile cambiamento in quello che gli altri
vedevano in lei, non più un’altera Serpeverde purosangue
con la puzza sotto il naso ma una ragazza come loro.
La fine della scuola era decisamente un male.
***
NdA:
rieccoci qua! Finalmente Andromeda e Ted escono allo scoperto e
iniziano anche a venir fuori i primi conflitti con Bellatrix e il tema
della purezza del sangue così cara ai Black. Che ne dite della
mia Bellatrix, è sufficientemente IC? Andromeda invece? In
questo capitolo Demetra appare poco, ma almeno è interamente
dalla parte della sua amica. Questo capitolo è tutto dal punto
di vista di Andromeda, ma presto anche Demetra avrà molto spazio
tutto per sé. inutile dire che aspetto un feedback e molte
recensioni!
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Capitolo 7 *** Prove di fuga ***
7. prove di fuga
VII
Era una bella giornata di inizio luglio e Andromeda stava aspettando
sulla poltroncina di camera l'arrivo di Demetra per andare a fare un
giretto a Diagon Alley, per una volta da sole, senza sorelle e genitori
a guardia. Dopo quello che era successo a scuola, la famiglia aveva
saputo quasi in tempo reale delle sue "ignobili frequentazioni", come
aveva detto Bellatrix, e se aveva evitato ripercussioni immediate a
scuola l'aveva dovuto solo all'intervento persuasivo di suo zio
Alphard, che aveva convinto suo fratello Cygnus che si trattava solo di
una questione da adolescenti gelosi. Questo tuttavia non le aveva
risparmiato una sonora ramanzina la sera stessa del suo ritorno da
Hogwarts il trenta giugno, l'ennesima lezione sull'importanza del
sangue condita dalle esclamazioni isteriche della zia Walburga, la cui
somiglianza con Bellatrix Andromeda non aveva mai notato così
bene, e ovviamente una valanga di discorsi inutili e insopportabili su
come mai non trovasse nessun ragazzo che le piacesse fra i molti
compagni Serpeverde di buona famiglia, su come dovesse prendere ad
esempio sua sorella che, ormai praticamente fidanzata col fratello di
Demetra, sapeva bene quale fossero le cose importanti nel loro mondo
tanto da aver deciso di unirsi al Signore Oscuro, l'ultimo vero rivoluzionario del nostro mondo,
come l'aveva definito sua zia, e poi ancora parole e parole vomitevoli.
Sfinita da quella sorta di ingiusto processo, aveva risposto che si
sentiva confusa e voleva un po' di tempo per distrarsi e stare meglio.
La risposta non aveva convinto molto sua madre e sua zia, ma suo padre
si era mostrato più comprensivo e, sempre grazie allo zio
Alphard, aveva ottenuto di non dover passare l'estate chiusa in casa
per punizione ma di poter uscire comunque con la sua amica, di cui, per
una strana legge del contrappasso, Druella Rosier in Black sembrava
fidarsi incondizionatamente.
Quando sentì al piano di sotto la voce di sua madre spendersi in rumorose smancerie capì che Demetra era arrivata.
“Menomale che ad Andromeda ci pensi tu, è importante avere delle buone amiche quando si è giovani e confusi!
– stava chiacchierando sua madre – Sono convinta che
Demetra non dà a sua madre tutti questi pensieri!”
concluse rivolta alla figlia appena scesa.
“Ma no, signora Black, sono convinta che mia madre direbbe il contrario!”
“Ah, a questo proprio non ci credo, cara!”
Andromeda lanciò uno sguardo a Demetra perché non si
perdesse in chiacchiere e la portasse al più presto fuori da
lì.
“Possiamo usare il vostro camino al ritorno, signora Black? Sa,
va bene che è giorno fino a tardi ma a certe ore del giorno
anche qui a Grimmauld Place deve girare della gente...”
Certo, perché un Babbano
vedrebbe due streghe che rientrano in una casa nascosta dai più
efficaci incantesimi anti-posizionamento!, pensò Andromeda.
Ma la sviolinata di Demetra a sua madre era perfettamente riuscita.
“Ma certo cara, ci mancherebbe! È sempre bene non esporsi troppo a certi soggetti!”
Una volta fuori, risero come matte.
“Sai cosa dovremmo fare appena tornate a Hogwarts? Facciamo una
bella scorta di Pozione Polisucco e poi a giugno ci scambiamo e tu stai
qui al posto mio, ci cascherebbero alla grande e la smetterebbero di
rompermi!”
“Sì, ma tu dovresti fare me e non so se ti riuscirebbe!”
“E che ci vuole a fare te? Basta parlare fino allo sfinimento di
qualunque cosa e ogni tanto fare commenti sprezzanti sulla gente!”
“Io non parlo fino allo sfinimento! E non faccio commenti sprezzanti sulla gente!”
“Sì, come no!”
“Ok, forse a volte.”
Intanto erano arrivate in quello che per i Babbani doveva essere solo
un giardinetto pubblico ormai dimenticato e lasciato all'incuria, ma
che in realtà celava dietro una finta fontana in pietra
l'ingresso ai Camini Pubblici, camini sparsi in tutto il paese e
collegati dalla Metropolvere per permettere ai maghi che non potessero
Smaterializzarsi o che fossero lontani dal proprio camino di casa di
muoversi nel mondo magico.
Il programma era di prendere un gelato da Florian Fortebraccio e
sedersi su una tranquilla panchina per parlare del piano di Andromeda,
ma una volta a Diagon Alley non seppero resistere ad un po’ di
shopping fra la sartoria di Madama McClan e un nuovo negozio
specializzato in pozioni per capelli.
“Via, ci siamo trattenute! Anche perché io ho pochi
galeoni con me e mi fa fatica andare alla Gringott!” disse
Demetra una volta che avevano raggiunto l'agognata panchina cariche di
borse.
“Già... Tra l'altro, beata te che hai il permesso di
andare da sola alla Gringott! Io senza i miei non ho mai potuto
prendere nemmeno uno zellino!”
Demetra stava per rispondere qualcosa che negasse l'evidenza che i suoi
erano decisamente più permissivi dei signori Black, ma si
interruppe quando vide che Andromeda si era improvvisamente fatta seria.
“Ehi, che succede? Tra l'altro, non mi hai ancora detto nulla di quello che volevi fare riguardo a Ted Tonks!”
Un nuovo bagliore comparve negli occhi di Andromeda.
“Infatti. Il fatto è questo: Ted mi ha chiesto se mi
andava di andarlo a trovare quest'estate, a casa sua a Birmingham, e io
ho intenzione di andarci.”
Demetra quasi si soffocò col gelato al gusto di Menta Incendiaria.
“Ma ti rendi conto di quello che hai appena detto? Va bene che ti piace, ma a tutto c'è un limite e poi...”
“Perché? Qual è il problema? Ted adesso è
maggiorenne, mi Materializzerei con lui e mi riaccompagnerebbe vicino a
casa, nessuno ci vedrebbe!”
“Ho capito, ma, voglio dire, ti sei già scontrata con i
tuoi pochi giorni fa, pensi che un ragazzo Nato Babbano meriti il
rischio di venire scoperta e dare scandalo e litigare ancora di
più con tutta la famiglia e...”
“Ted non è un ragazzo Nato Babbano,
Ted è il mio ragazzo e non mi importa un accidente se i miei non
lo capiscono! Non pensi che io abbia il diritto di stare con chi
voglio?”
“Certo che sì, ma mettiti un po' nei loro panni, pensa se
tutta la gente che i nostri genitori conoscono venisse a sapere che tu
sei stata a casa di un Nato Babbano!”
“Ma scusa Dem, tu da che parte stai? Sei con me o con mia madre
che vorrebbe già che sposassi quella testa di cazzo di
Nott?”
Era infuriata, e molto somigliante a sua sorella maggiore in quel momento.
“Certo che sono dalla tua parte! Solo, ecco, ci sono tanti modi
per vedersi, ma andare a casa sua... In fondo, non siamo mai state fra
i Babbani, e se succedesse qualcosa? Non possiamo nemmeno usare la
magia ancora! Potete sempre sentirvi via gufo, ci sono tanti modi per
camuffare le lettere e sappiamo come fare, invece, andare proprio a
casa sua...”
“Ma se tu uscissi con qualcuno e lui ti invitasse tu non andresti?”
Demetra si sentì punta sul vivo ma non esitò.
“Non è questo il punto, è che vive fra i Babbani!”
“E allora? Io mi fido di lui, sa come muoversi, non sarei
né in pericolo né niente! Oppure anche a te in fondo in
fondo in realtà non va giù che non sia un
Purosangue?”
Demetra sostenne lo sguardo dell’amica.
“Non è una questione di fiducia, certo che non ti
accadrebbe nulla, ma, in tutta onestà, Andromeda, quanto pensi
che possa andare avanti questa storia?”
Andromeda sgranò gli occhi.
“Non ho detto che tu debba lasciarlo, – si riprese subito
Demetra – ci credo che tu ci stia bene insieme, ma,
oggettivamente, alla lunga non può funzionare! E non può
funzionare, che ti piaccia o no, perché è un Nato
Babbano! Con questo non voglio dire che è inferiore a noi o che
non ti voglia bene, ma sai benissimo che è la ragione per cui
alla lunga non può funzionare. A meno di non rompere con la tua
famiglia, e alla fine...”
“E invece noi faremo in modo che funzioni! Che discorsi sono? Ai
miei non piace adesso, ma lo accetteranno se noi continueremo a stare
insieme! – ribatté Andromeda con ardore – Se mi
vogliono bene alla fine lo accetteranno!”
Demetra per la prima volta si lasciò sfuggire un'occhiata di commiserazione.
“Perché mi guardi in quel modo?”
“Somigli a Bellatrix più di quanto tu voglia far credere.”
“Questo che c'entra? E poi non è vero!”
“Invece sì, perché anche tu stai mettendo la tua
personale e unica volontà davanti a tutto, anche quando la
realtà dovrebbe farti capire che non è possibile.”
“E questa trovata esistenziale da dove viene?”
“Viene dalla considerazione che noi, tutte e due, sebbene capaci,
rispettate, fortunate e con disponibilità economiche di cospicua
entità, dobbiamo comunque scontrarci col fatto che non possiamo
avere tutto quello che vogliamo. Tu vuoi Ted e l'accettazione da parte
della tua famiglia, ma entrambe le cose insieme non sono possibili e tu
lo sai, come sai che è sulle scelte e sulle loro conseguenze che
si fonda quello che le nostre famiglie sono potute diventare lungo i
secoli.”
“No, non ci credo, non voglio crederci. Ragioni come tutti quelli
che frequentiamo da sempre, ma io credo che non sia solo questo il modo
di vedere le cose. Anche una cugina di mio nonno, mi sembra, ha sposato
un uomo che non piaceva ai suoi e l'hanno cancellata dal nostro albero
genealogico, ma lei era convinta della sua scelta, e non ho motivo di
credere che se ne sia pentita, per cui...”
“E tu vorresti fare lo stesso? Farti cancellare dall'albero e perdere tutti i diritti di erede?”
“Io voglio dire che quello che ci hanno sempre insegnato non
necessariamente è la cosa giusta, io credo che le cose possano
cambiare se le persone agiscono anche col cuore invece che sempre
secondo la convenienza e la paura di essere puniti. E questo mi riporta
al punto – proseguì Andromeda – Tu mi coprirai se ne
avrò bisogno?”
Evidentemente aveva colpito nel segno, perché Demetra si
irrigidì visibilmente, ma presto recuperò il consueto
tono brillante.
“Certo che ti coprirò. Io ti copro sempre, per definizione.”
***
Così tutto fu programmato: Andromeda avrebbe passato la giornata
del 26 luglio a Birmingham con Ted, mentre tutti a casa sua avrebbero
creduto che si trovasse in Cornovaglia in compagnia di Demetra nella
residenza estiva dei Lestrange. Il tutto si fondava sul fatto che
nessuno avrebbe potuto verificare la sua presenza là
poiché i signori Lestrange erano in Francia per affari e i
fratelli di Demetra erano via per conto del Signore Oscuro, in
più il camino della residenza estiva era momentaneamente
scollegato dalla Metropolvere e Andromeda sarebbe tornata con una
Passaporta istituita proprio per far tornare a Londra le due ragazze
dopo la giornata di mare. Andromeda aveva spiegato tutto per filo e per
segno a Ted via gufo e lui aveva trovato il modo di Materializzarsi
là, proprio per evitare di essere visto nelle vicinanze di
Grimmauld Place.
“Questa è la Passaporta, ci riporta a Londra da me alle
18.17 in punto, per cui devi assolutamente essere qui alle sei!”
“Sì, Dem, ho capito!”
Ma Demetra sembrava parlare più che altro a Ted.
Andromeda li aveva presentati ufficialmente l’uno all’altra
ma era evidente che non si piacevano più di tanto: secondo
Andromeda Ted aveva cercato di essere gentile e non prevenuto, ma si
vedeva lontano un miglio che riteneva la sua amica tale e quale a tutti
i Serpeverde altezzosi che conosceva a scuola e se non glielo aveva
detto era solo perché sapeva della loro amicizia. Quanto a
Demetra, anche lei non aveva cercato di nascondere troppo le sue
riserve riguardo al fatto che la portasse nel mondo dei Babbani e anche
lei si era trattenuta dal fare commenti potenzialmente offensivi solo
perché era il suo ragazzo.
I pensieri di Andromeda tuttavia si rasserenarono presto una volta
Smaterializzatasi con Ted. Si trovavano in edificio abbandonato, un
posto assai poco frequentato adatto per la Materializzazione lontano da
occhi indiscreti.
“Vieni, ora vediamo di uscire senza che nessuno ci veda.
Sarà un po' lunga arrivare a piedi a casa mia e purtroppo
è un posto troppo affollato per Materializzarsi lì...
Pronta a provare il brivido di un autobus Babbano?”
Sinceramente no, pensò Andromeda, ma Ted era così rassicurante e insieme a lui ogni ansia e preoccupazione spariva.
Una volta sopra, Ted pensò ai biglietti.
“Non è come il Nottetempo, non è gratis!” disse lui sedendosi accanto a lei.
Al pensiero di quello che avrebbe detto la sua famiglia sapendola sola
con un Nato Babbano nel lurido mondo Babbano, per la prima volta,
dentro di sé, rise di gusto.
***
“E così tu sei l'amica di Ted! Che bella ragazza che sei! Vieni, siediti, ora è pronto il tè!”
La signora Tonks fu molto gentile quando i due ragazzi il pomeriggio
andarono a casa di Ted. Avevano passato tutta la mattina a passeggio
nel centro storico e Ted aveva mostrato ad Andromeda la parte migliore
della sua città, oltre a rispondere a tutte le sue domande sui
Babbani, dalle automobili – che Andromeda tuttavia
continuò a reputare più pericolose che utili – ai
giornali, al denaro di carta, all'elettricità per accendere i
lampioni e alla manifestazione pacifista che si stava svolgendo.
“Ma perché i Babbani si fanno la guerra fra loro, fra
nazioni lontane? Non ha alcun senso, questo fra i maghi non può
avvenire perché siamo tutti uguali!” osservò
Andromeda.
“Davvero siamo tutti uguali, fra maghi? – Andromeda stava
per replicare, ma Ted continuò – Comunque è vero, i
maghi di nazioni diverse tuttavia si riconoscono uguali in quanto
maghi, mentre fra i Babbani questo non avviene quasi mai. Noi viviamo
in un paese democratico, ma ci sono uomini che vivono sotto governi
autoritari e soffrono la mancanza delle libertà fondamentali.
Coloro che ci governano oppongono l’un l’altro le loro
visioni del mondo e arrivano allo scontro, a volte. È giusto
abbattere un regime autoritario, ma le cose si complicano quando nel
farlo si scatena una guerra e vengono coinvolti degli innocenti.
Sì, almeno a noi maghi la guerra è risparmiata.”
Poi Ted le chiese se le andava di conoscere la sua famiglia e Andromeda
non poté non provare una punta di amarezza nel sapere che lei
non avrebbe mai potuto fargli la stessa domanda con la naturalezza che
lui aveva usato. Già, perché stavano insieme da
più di un anno ormai e anche a lei sembrava naturale quantomeno
presentarsi ai rispettivi genitori, peccato che a casa sua avessero
un'idea tutta loro della normalità.
“Ecco il tuo tè, cara. Vuoi anche del limone o del latte?”
Andromeda era ancora un po' spiazzata, non riusciva a smettere di
guardarsi intorno. Il salotto della casa di Ted era così diverso
da quello di casa sua, e non solo ovviamente perché lo stile del
mobilio Babbano era alquanto diverso da quello magico, ma era diversa
proprio l'atmosfera: nulla in casa di Ted faceva pensare
all'austerità e all'opulenza che era solita vedere nelle
residenze dei Black, niente colori scuri e cornici pesanti, niente
argenteria in mostra, ma tende chiare e fantasie floreali dai toni
pastello, che mettevano tranquillità proprio come la voce di Ted.
“Allora latte o limone? Il tè sarà uguale anche fra i maghi o...”
“Mamma!”
“Oh, sì, mi scusi signora, limone, grazie!”
“Non ti scusare, tesoro, mi immagino che ti sembri tutto un po'
strano! Ted mi ha detto che praticamente prima di lui non conoscevi
nessuno non-magico! Che buffo, e a noi sembrò una cosa assurda
quando lui ricevette la lettera! E io che pensavo che quella volta si
fosse salvato da quella terribile caduta dal secondo piano solo per
miracolo! Poi quel professore piccoletto che venne per il suo
compleanno ci spiegò che era Ted un mago! Ah, a
ripensarci!”
“Immagino...”
Anche se per la verità Andromeda non riusciva a immaginare come
fosse scoprire di essere magici senza averlo mai saputo prima.
“Disse che sperava di rivederlo nella sua Classe, Casa? Come le
chiamate? Casa sì, nella Casa dei più studiosi,
perché era il direttore, e ovviamente Ted non è finito
fra i più studiosi, e questo perché è un gran
pasticcione disordinato!”
“Mamma, per favore!”
“Scommetto che Andromeda è fra i più studiosi e che
non perde le sue cose nel disordine del dormitorio!”
“No, signora, neanch'io sono fra i più studiosi e anche mia madre dice che sono un po' troppo disordinata!”
Per la verità, sua madre si limitava a contestare il fatto che
lei puntualmente spostasse tutte le sue cose non appena Kreacher le
aveva rimesse a posto, ma il senso più o meno poteva essere lo
stesso.
“Ah, non ci credo! Che poi, con quelle bacchette deve essere un volo rimettere a posto!”
Chiacchierarono un po', ma presto si fece l'ora di andare e la signora
Tonks salutò Andromeda invitandola a tornare, dopodiché
si smaterializzarono proprio lì in salotto.
Una volta apparsi nel punto di ritrovo, ovvero una finta rimessa con
funzione anti-Babbani sulla spiaggia della proprietà in
Cornovaglia dei Lestrange, i due ragazzi si salutarono alquanto
calorosamente, e sarebbero anche andati oltre se non fosse comparsa
Demetra a rompere le uova nel paniere con il suo consueto tatto.
“Se avevate anche altri programmi dovevate pensarci prima e
metterli nella tabella di marcia” fece con una smorfia dondolando
una bottiglia di birra vuota che doveva essere la Passaporta.
Ted stava per estrarre la bacchetta, ma Andromeda lo trattenne con delicatezza per poi salutarlo con un bacio appassionato.
Fece appena in tempo a vederlo smaterializzarsi che la bottiglia si
illuminò e cominciò a vibrare, così
l'afferrò anche lei e in un attimo fu nell'ingresso di casa di
Demetra, a Londra.
“Allora, com'è andata?”
“Benissimo, beh, per forza, Ted è fantastico! –
sorvolò sull'occhiata sarcastica dell'amica – Mi ha fatto
vedere un po' la sua città e dove vanno i Babbani della nostra
età, poi sono stata a casa sua e sua madre è stata
carinissima e...”
“Ti ha presentato a casa sua?”
“Sì, alla fine è normale, stiamo insieme da oltre un anno! È da me che non sono normali!”
“Ma come puoi pensare...”
“E invece sì, perché se c'è una cosa che ho
capito stando con Ted, e non solo per la giornata di oggi, è che
alla fine maghi e Babbani ragioniamo allo stesso modo e che se certo io
sono fiera e felice di essere una strega non per questo mi sento di
considerare diversi i non-maghi!”
Demetra Lestrange era allibita.
Va bene essere innamorati ma qui si passa la misura! Qui siamo del tutto partiti di cervello, porco Merlino!
“Forse è il caso che prendi subito il camino, non si abbiano a insospettire a casa tua” disse evasiva.
Posò la bottiglia su un mobiletto e si avviò verso il camino nel salone.
Quando Andromeda la raggiunse le fiamme verdi erano già alte.
Nessuna delle due sembrava avere altro da aggiungere, così
Andromeda saltò nel camino e raggiunse Grimmauld Place.
Demetra rimase seduta accanto al camino, immersa nei suoi pensieri, arrabbiata e frustrata come non mai.
“Binky ha spazzato i cocci di vetro che erano nell'ingresso,
padroncina” disse l’elfa domestica all’improvviso.
Demetra alzò gli occhi sull'elfa domestica e la guardò come se la vedesse per la prima volta.
“Brava, Binky, grazie.”
***
NdA:
beh, che vi sembra di questa Andromeda adolescente ribelle? Ho
immaginato che inizialmente la storia con Ted potesse essere stata
considerata appunto solo una banale ribellione adolescenziale, quando
invece si rivelerà qualcosa di più profondo, che
cambierà decisamente la vita della protagonista e di riflesso
della sua famiglia. Poi mi è piaciuto anche immaginare Ted come
un ragazzo calmo e riflessivo, che sa essere presente in entrambi i
mondi, magico e non, e che non fosse per forza goffo e pasticcione come
si vede in tante fanfic. Insomma, attendo un feedback!
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Capitolo 8 *** Trasformazioni inattese ***
8. trasformazioni inattese
VIII
Apparentemente, anche Demetra Lestrange non poteva chiedere di meglio dalla sorte.
Era una delle migliori studentesse del suo anno, anzi la
migliore, giacché se molti possono aver ricevuto in dono dalla
natura un qualsivoglia talento, esso è nulla senza che venga
coltivato con studio e dedizione, come era solito ripetere suo padre e
come lei aveva perfettamente dimostrato già dal primo anno a
Hogwarts. Forse solo in Difesa poteva riconoscere che c'erano diversi
più capaci di lei, non certo nel resto e tanto meno in Pozioni o
in Trasfigurazione: non per nulla era da sempre l'allieva prediletta
del professor Lumacorno, che spesso rammentava in pubblico quanto fosse
versata nel preparare antidoti, e anche la rigida e inflessibile
professoressa McGranitt, direttrice di Grifondoro, aveva dovuto fare i
conti col fatto che ad eccellere nella sua materia fosse una Serpeverde.
Per il nome che portava, per
l’educazione che aveva ricevuto, per l’autorevolezza che
andava ogni giorno costruendosi fra i suoi pari a scuola, Demetra
sapeva bene di essere non solo destinata ma anche nata per essere una
persona cui il prossimo, nel bene e nel male, fa riferimento. Sebbene
dunque il riconoscimento pubblico non le fosse mai mancato, sia per
l'incontestabile bravura accademica sia naturalmente per la sua
posizione sociale, a Demetra Lestrange mancava qualcosa.
Eccome se le mancava qualcosa, e lo capiva adesso con più chiarezza di quanta ne avesse mai avuta.
Mai come allora infatti aveva
realizzato che non avrebbe mai potuto avere ciò che la sua
miglior amica Andromeda aveva ricevuto senza il minimo sforzo. Lei
sarebbe sempre stata Demetra Lestrange la responsabile del gruppo su
cui fare affidamento, la persona che sa come muoversi e come parlare in
ogni situazione, il nuovo Prefetto di Serpeverde che
giustificherà le scappatelle dei compagni di Casa e
punirà quelle degli altri guadagnandosi ancora più
simpatia nella sua Casa, la studentessa popolare a scuola solo e
soltanto in virtù dell'aura di prestigio e nobiltà
intorno al suo nome e alla sua bravura con la bacchetta e con le
parole, e mai sarebbe stata, mai, semplicemente Demetra, una ragazza da
invitare a uscire a Hogsmeade.
Non c'è nulla che il biondo metallo non possa comprare, questo era l'adagio che sentiva ripetere a sua madre da sempre.
Ma i fatti le stavano
dimostrando che non era vero, anzi, era tutto il contrario. Tutto il
denaro nelle camere segrete della Gringott non avrebbe mai potuto darle
quello che aveva la sua miglior amica: un ragazzo che le volesse bene,
che mostrasse un interesse sincero e disinteressato per lei, per lei
come persona, come ragazza,
non come potenziale fonte di galeoni in un matrimonio vantaggioso fra
purosangue. Si era già resa conto da tempo che chiunque le
avesse mai rivolto un complimento o avesse mostrato interesse per lei
lo aveva fatto solo in virtù della sua situazione economica e
non certo perché la apprezzasse sinceramente come persona. In
fondo, era quello che aveva detto anche sua madre dopo aver saputo che
Rodolphus e Bellatrix si erano messi insieme.
“Diffida sempre degli
uomini, Demetra! Come puoi pensare che chi ti lusinga così tanto
lo faccia per amore e non per il tuo futuro conto alla Gringott?”
Non che fosse così
ingenua da non rendersi conto che gran parte dei maghi purosangue della
generazione dei suoi genitori si erano sposati più per
convenienza che per amore, ma alla fine era nell’ordine naturale
delle cose: nessuno di loro si sarebbe mai abbassato a sposare un
Mezzosangue e frequentando sempre le stesse cerchie di persone veniva
da sé trovarsi un compagno o una compagna dello stesso ambiente.
Poi veniva la questione economica, per cui nella stessa comunità
purosangue alcune famiglie erano di gran lunga più in vista di
altre, con i Malfoy e i Lestrange della cui ricchezza non si conosceva
la misura e i Selwyn che erano appena meno poveri dei Weasley e
cercavano di non darlo a vedere.
Più ci pensava e
più si convinceva che anche sua madre aveva sposato suo padre
solo per i soldi. Sapeva da pettegolezzi e aneddoti raccontati a mezza
voce e spesso origliati da bambina che tutti pensavano che sua madre
avesse manipolato psicologicamente suo padre da giovane, sfruttando il
fatto che lui, all’epoca timido e solitario nella vita privata
quanto abile e studioso in Magisprudenza, si era ritrovato senza una
compagna e senza la prospettiva di poter assicurare eredi alla famiglia
ad un età in cui i coetanei già parlavano di Hogwarts per
i propri pargoli. Così Isabella Rookwood, spregiudicata
purosangue non bella ma molto determinata, si era aggiudicata uno dei
migliori partiti della società purosangue del tempo. Tuttavia,
nessuno si era stupito più di tanto e solo la sorella maggiore
di suo padre aveva avuto l’ardire di mettere in guardia il
fratello.
“Non conta che sia una
ragazza purosangue, Armin, se è una donnaccia” avrebbe
commentato all’epoca sua zia Augusta, che già si faceva
notare per i cappelli decorati con rapaci impagliati.
Inutile dire che con sua zia e
il suo unico cugino londinese Demetra aveva rapporti solo sporadici e
formali, dovuti alla distanza che sua madre aveva sempre tenuto,
nonostante suo padre continuasse a ricevere lettere dalla sorella.
Così quella era la
prospettiva: un matrimonio con qualcuno dei suoi compagni purosangue,
qualcuno che avrebbe visto in lei soltanto una fonte di galeoni e che
magari, sì, l’avrebbe trovata intelligente, divertente e
piacevole, ma nulla di più, senza uno slancio di
qualcos’altro, di più intimo, di più profondo.
Quella sera dopo che Andromeda
se ne era andata Demetra salì sulla terrazza più alta
della casa, da cui si vedeva quasi tutta Londra.
Quell'estate faceva più
caldo dell'anno precedente e la città sembrava piena di vita
quasi quanto il giorno. Lassù in cima una miriade di luci
Babbane si perdevano in lontananza, forse fino alla foce del Tamigi, e
sembravano comunicare fra loro in una loro lingua segreta, bisbigliando
con i bagliori tremolanti racconti di avventure possibili, di mondi
lontani dove era possibile tutto e il contrario di tutto.
I suoi erano in Francia per
affari di suo padre, che si occupava degli antichi possedimenti in
Bretagna della famiglia Lestrange, la cui origine si perdeva
nell’alto medioevo, quando maghi francesi dal sangue purissimo e
dall’ambizione smisurata erano sbarcati in Gran Bretagna. Lei non
era andata, nonostante si fosse impegnata per imparare il francese fin
da piccola e avesse seguito il padre alcune estati precedenti, solo per
aiutare la sua amica.
Non se ne era pentita, ma
quella sera, appoggiata alla terrazza, mentre la brezza notturna ancora
gentile le scompigliava i capelli, pensava a come sarebbe stato
andarsene, per un po', in altri luoghi, dove nessuno l'avrebbe trovata,
dove nessuno le avrebbe chiesto di essere sempre impeccabile e
incrollabile.
Si ritrovò a pensare
alla Cornovaglia, alle scogliere alte, ai gabbiani che scendevano in
picchiata e poi planavano a pelo dell'acqua; pensava al vecchio gufo
Emmon, che in quel momento era a caccia di piccoli roditori per una
gustosa e avventurosa cena notturna. Chissà come sarebbe stato
poter prendere e volare via, senza dover seguire i cammini prefissati
per gli uomini, i camini tutti collegati fra loro o le Passaporte per
usare le quali devi sempre rendere conto a qualcuno...
Certo, poteva Smaterializzarsi,
ma era ancora troppo giovane per farlo bene: nonostante avesse
già leggiucchiato un po' di teoria, non era certo una cosa da
provare così alla leggera. Poteva prendere la scopa: sì,
perché ne aveva una ma non la usava mai. Il fatto era che non
era mai riuscita a volare più in alto di due metri da terra:
dopo un po' che era in aria la paura del vuoto prendeva il sopravvento
sul desiderio di spiccare il volo e così rinunciava sempre, e i
commenti sprezzanti di Rodolphus non aiutavano certo la sua scarsa
sicurezza.
Demetra si sporse dal balcone.
Volare... Volare via...
Chiuse gli occhi inspirando a
pieni polmoni l'aria della notte e quando li riaprì era tutto
diverso. Cioè, era tutto uguale ma diverso. Vedeva davvero tutto
quello che stava vedendo? Strizzò gli occhi come per mettere
ancora più a fuoco l'orizzonte.
Ma ci vedeva sempre così? No!
E quei fischi che sentiva cos'erano?
Demetra si voltò e osservò il pavimento in pietra chiara della terrazza.
Non vedeva più la sua
ombra per terra. Si girò di nuovo verso la città e
guardò in basso. Era in piedi sul parapetto.
E, cosa più significativa, non aveva i piedi, ma degli artigli.
Terrorizzata in un primo
momento, cercò un appiglio con le mani, ma non trovò
né l'appiglio né le mani, perché non aveva fatto
altro che spalancare le ali.
E Demetra realizzò.
Era una civetta. Era lei, ma era una civetta. Si era trasformata. Come, non riusciva a spiegarselo.
Tra l'altro, le sembrava anche più difficile del solito mantenere la concentrazione sulla magia e sul ragionamento.
Dunque, era una civetta.
E la seconda cosa che realizzò fu che voleva volare.
Oh sì, volare! Ma come? Non pensare da Demetra, pensa da civetta, si disse in un angolo sempre più lontano della sua mente.
E l'istinto le fece spalancare
le ali e tendere i muscoli, che le obbedirono come da umana non le
avrebbero mai obbedito, e spiccò il volo, come fosse la cosa
più naturale del mondo.
Volò giù in
picchiata fino in strada, poi riprese quota, e solo molto confusamente
aveva la percezione di quello che stava facendo, ma non aveva alcuna
paura.
Si allontanò verso un
parco pubblico e si inoltrò fra gli alberi, assaporando il buio
in cui vedeva meglio che alla luce, ascoltando i suoni della natura che
si sorprese a conoscere, poi uscì di nuovo all'aria aperta e
puntò in alto in direzione delle cime più alte, e poi
ancora giù e più lontano. Volare era meraviglioso e
altrettanto lo era sentire l'aria calda che la sosteneva in quota senza
sforzo, e com'era la notte, com'era l'aria della notte! Profumava di
libertà, una libertà che gli uomini non conoscono...
***
La mattina dopo,
quando si svegliò in tarda mattinata, Demetra trovò
l'elfa Binky ai piedi del letto in religiosa attesa del suo risveglio.
“Che c'è, maledetta? Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Binky chiede perdono
alla padroncina di averla spaventata, Binky non lo farà
più...” e cominciò a picchiare la testa nel muro.
“Ma no, cretina! Smetti! Dimmi cosa c'è da aspettare che mi fossi svegliata!”
“La padroncina ha ricevuto una lettera! C'è scritto IMPORTANTE!” squittì l'elfa.
Oh merda! Al Ministero hanno rilevato che ho fatto magie fuori da scuola!
Aveva un ricordo piuttosto vago
di come era finita la notte precedente. Dopo aver volato a lungo in
molte direzioni che ora da sveglia non avrebbe saputo ricostruire, in
un angolo della sua mente si era affacciato il pensiero di casa, del
letto, dei genitori, della scuola e di tutto il resto. Ritrovare la
strada aerea per la terrazza di casa era stato incredibilmente
semplice, quasi istintivo, ma ogni sforzo per razionalizzare quello che
stava facendo era faticosissimo quando era in volo.
Una volta atterrata sulla
terrazza, si era posto il problema di ritrasformarsi in forma umana e
lì era stato il panico. Se non ci fosse riuscita? Anche
perché non aveva mai fatto una cosa del genere e la teoria che
aveva letto nei libri sembrava in quel momento solo un mucchio di
lettere allineate a caso e c’era il rischio di farsi del male.
E di nuovo, inaspettatamente,
involontariamente, mentre i pensieri tornavano a prendere il
sopravvento e a vorticare nella sua testa, aveva sbattuto gli occhi e
aveva realizzato di avere di nuovo gambe e braccia.
Poi non ricordava altro, ma di
sicuro doveva essere scesa di sotto ed essersi infilata macchinalmente
nel letto, crollando nel sonno stanca morta, fino a quella mattina.
Adesso, ben sveglia, strappò la lettera di mano all'elfa e l'aprì.
Era da Hogwarts.
Demetra tirò un sospiro di sollievo.
Sia ringraziato Salazar!
“Binky! Sono diventata Prefetto!”
L'elfa la guardò con gli occhi stralunati.
“Oh, lascia perdere, tu
non sai nemmeno che vuol dire! Piuttosto, non è che nella notte
e in mattinata sono arrivate in casa altre lettere?”
“No, padroncina!”
“Sei sicura?”
“Sì, padroncina, sicurissima!”
Il sorriso di Demetra si allargò ancora.
Non era arrivata nessuna
lettera dal Ministero per dire che aveva infranto le regole sull'uso
della magia minorile e questo perché il Ministero non aveva
rilevato la sua magia, nonostante lei l'avesse compiuta eccome la
trasformazione in rapace. Questo significava una cosa sola: lei,
Demetra Lestrange, era un Animagus. Nessuno nella sua famiglia era mai
stato un Animagus, né i suoi genitori né i suoi fratelli
potevano vantare una tale abilità.
Con una risata che avrebbe
gelato il sangue a qualunque persona sana di mente, Demetra Lestrange
cominciò la sua giornata.
***
Arrivata a
Grimmauld Place, Andromeda si diresse di corsa in camera sua. Nulla
faceva pensare che l'avessero scoperta, ma non se la sentiva di
fronteggiare la sua famiglia: non era da lei fingere così
spudoratamente e al contempo mantenere la calma. Tanto per fare
qualcosa, tirò fuori i libri di scuola per vedere quali compiti
le restavano da fare.
“Ehi, ti disturbo?”
Andromeda saltò sulla sedia.
“Cissy, un giorno di questi tu mi manderai al San Mungo per infarto! Cammini come un fantasma!”
“Scusa! Ho visto che eri tornata e ti volevo chiedere se mi potevi dare una mano con un tema dei compiti.”
“Sì, vediamo.”
“È Storia della
Magia. Pare che Rüf dia tutti gli anni gli stessi temi, se hai
ancora il tuo da qualche parte posso ricopiarlo” spiegò
candidamente la Black più piccola.
“Un tema di due anni fa? Magari Kreacher non ha buttato via le pergamene di scuola...”
“Sedetevi, sorelle, ho da dirvi una cosa importante!”
Si sente quando entra Bellatrix, altro che fantasma!, pensò Andromeda.
Si sedettero.
“L'anno prossimo, a luglio, dopo i M.A.G.O., io e Rodolphus ci sposeremo!”
“Che bello! Ci speravo!” fece Narcissa sorridendo alla sorella.
Anche Andromeda pensò che era ovvio che sarebbe finita in quel modo.
“Tu non dici niente?” le disse Bellatrix,.
“Oh, sì, sono contenta anch'io! E anch'io me lo immaginavo! Chissà poi che ha detto la mamma...”
“La mamma non lo sa
perché Rodolphus verrà a fare la proposta formale ad
Halloween, ma noi abbiamo già deciso tutto. E dopo il matrimonio
finalmente anch'io potrò unirmi ai Mangiamorte da strega
adulta!”
Andromeda intervenne.
“Secondo me non dovresti!”
“E perché mai? Ma certo, tu simpatizzi per la feccia del nostro mondo! Che orrore! Tu non sai...”
“No, che orrore quelli
che cercano di uccidere i Babbani senza motivo, come se fosse una
caccia alla volpe! Se è questo che fate, siete dei criminali,
altroché!”
“Ti avverto, Andromeda,
se continuerai a frequentare quel Tonks e a sostenere certe posizioni
il nostro rapporto potrebbe essere in pericolo!”
“Se per farmi accettare
devo sostenere dei criminali retrogradi allora non mi interessa
né la tua approvazione né quella di nessun altro!”
Bellatrix stava per sfoderare la bacchetta, ma Narcissa fu più veloce e si mise fra le due.
“No, non litigate! Pensate a come sarà bello il matrimonio invece!”
“Se crede di venirci con certe idee, non ce la voglio!” ringhiò Bellatrix.
“Se è quello che
vuoi nemmeno ci vengo” fece di rimando Andromeda, ma la sorella
era già uscita dalla stanza.
“Comunque, secondo me
dovresti ascoltarla e smettere di dire certe cose” disse Narcissa
improvvisamente, in tono neutro.
“Io non mi rimangio le mie idee solo perché a voi non piacciono!” ribatté Andromeda con durezza.
Narcissa non mostrò di essersi offesa, non urlò e non fece smorfie.
“Ricorda che ti copro solo perché sei mia sorella.”
NdA: ecco finalmente un capitolo
dedicato a Demetra, che finalmente riflette onestamente su sé
stessa e su quello che vorrebbe davvero... Penso siamo passati tutti
nella fase in cui, nonostante l'impegno, mancava sempre qualcosa o
peggio qualcuno ci faceva credere che non eravamo mai abbastanza e da
questo ho preso spunto per la mia giovane Lestrange. Diciamo poi che
essere un Animagus sarà abbastanza marginale nei prossimi
capitoli, ma rappresenta per la protagonista qualcosa di importante che
la rende - almeno nella sua percezione di sé - finalmente
"più speciale" dei fratelli e che gioverà molto alla sua
autostima.
Andromeda qui invece inizia a non nascondere più le sue opinioni
con le sorelle e forse inizia anche a intuire che ciò può
avere delle conseguenze pesanti.
That's all, recensite!
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Capitolo 9 *** Aspettando il matrimonio del secolo ***
9. aspettando il matrimonio del secolo
IX
“E così hai deciso?”
“Sì, padre. Io e
Bellatrix ci sposeremo il prossimo luglio e intendiamo sostenere
insieme la causa del Signore Oscuro per la riforma profonda del nostro
mondo. Ho intenzione di fare la proposta ufficiale alla sua famiglia il
giorno di Halloween.”
Il signor Lestrange sorrise appena.
“Bene, allora.”
“Sono felice per te, Rodolphus. Non potrei desiderare un'altra strega al fianco di mio figlio.”
Demetra non poté trattenere una smorfia di disapprovazione, che fu subito colta dalla madre.
“Demetra!”
“No, no, anch'io sono felice, l'importante è che non mi facciate fare la damigella!”
Suo padre e suo fratello Rabastan risero allegramente, ma non Rodolphus e la signora Lestrange.
“Questa è una questione irrilevante.”
Merlino, quanto la odio!,
pensò Demetra. E in quel momento odiava anche Rodolphus, che
aveva preso tutta la rigidità e la durezza di sua madre, nel
carattere e nell'aspetto: non c'era da stupirsi che fosse lui il figlio
prediletto di Isabella Rookwood in Lestrange. Lo dimostrava anche il
fatto che sua madre, a suo tempo, non aveva fatto altro che ripetere
quanto fosse orgogliosa che suo figlio fosse stato scelto come Prefetto
a Hogwarts, e ora che anche lei aveva ricevuto la spilla con la lettera
della scuola essere un Prefetto non era più così
fondamentale. Anche Rabastan aveva sempre ricevuto le stesse attenzioni
materne, ma era diverso: fisicamente simile a suo padre, posato e
cortese, da bambini non aveva mai fatto a gara per ricevere attenzioni
e non era mai stato geloso della sorellina, verso la quale invece si
mostrava serio e protettivo. Fra i due fratelli maggiori c’era
appena un anno di differenza, eppure il primo a suo tempo aveva baciato
la sorellina appena nata, mentre il secondo aveva giurato che avrebbe
messo il veleno nella culla. Quale fosse la ragione di tanta
diversità, Demetra non aveva mai saputo spiegarselo.
Tuttavia, da quando i suoi
fratelli avevano finito Hogwarts e avevano sposato la causa di colui
che si faceva chiamare Lord Voldemort, era stato come diventare figlia
unica: erano sempre in giro per conto del loro capo e si erano
addentrati nelle Arti Oscure quanto nessuno prima nella famiglia, e non
si poteva certo dire che nei secoli passati i Lestrange non avessero
mostrato interesse verso un certo tipo di magia, come dire, estrema.
Sapeva benissimo che alto livello di abilità e conoscenze
fossero richieste ad una strega della sua stirpe, e non aveva mai
mancato di onorare il suo compito, innanzitutto diventando una delle
migliori a Hogwarts, oltre che ovviamente praticando incantesimi e
acquisendo conoscenze che non avrebbero mai sfiorato l'esperienza di un
comune mago Mezzosangue. Anche l'Occlumanzia rientrava fra queste:
Rabastan nell’ultimo anno le aveva insegnato e le permetteva di
esercitarsi con lui a casa, così lei era diventata abile quasi
quanto una strega adulta, cosa che non aveva mancato di incontrare la
disapprovazione di Rodolphus e di sua madre. Sempre Rabastan le
raccontava talvolta degli straordinari poteri del Signore Oscuro e di
quanto da lui si potesse imparare delle magie più profonde e
arcane, le aveva spiegato anche un sacco di difficili incantesimi per
stregare gli oggetti che mai e poi mai i professori avrebbero spiegato
a Hogwarts e tutto questo non faceva che farle nutrire sempre
più curiosità e attrazione verso la ristretta cerchia di
maghi a cui era permesso attingere a tali conoscenze. Non sapeva se
dopo Hogwarts si sarebbe unita ai suoi fratelli e al Signore Oscuro,
perché il suo primo desiderio era quello di seguire le orme del
padre al Ministero, eppure il mondo dei suoi fratelli la tentava
così tanto, tanto da sorvolare anche sul profondo e indicibile
senso di angoscia che la invadeva ogni volta che si esercitava in
Occlumanzia con Rabastan.
***
“Per Morgana, sapientina, ma non smetti mai di studiare?” fece Bellatrix.
Era una sera come tante nella
sala comune di Serpeverde e Demetra e le sorelle Black erano sedute ad
un tavolo per finire i compiti e, secondo le intenzioni di Demetra
scarsamente condivise dalle altre, per mettersi un po' avanti.
“Domani ci sono i
colloqui di orientamento del quinto anno col professor Lumacorno, per
cui devo recuperare l'ora che perderò” rispose Demetra
senza staccare gli occhi da Trasfigurazione.
Effettivamente il pensiero dei G.U.F.O. la rende un po' troppo maniacale, pensò Andromeda.
“Non mi dire che hai intenzione di lavorare dopo Hogwarts!”
“Non lo so, ma ovviamente
studierò Magisprudenza come mio padre, anche se prima vorrei
poter viaggiare un po’ in Europa centrale e approfondire le mie
conoscenze sulle creature magiche e sui luoghi. Per esempio, per
acquisire un’esperienza di valore, fare lo Spezzaincantesimi per
qualche tempo non sarebbe male.”
“Lo Spezzaincantesimi è un lavoro per sfigati e Mezzosangue.”
Demetra si decise a staccare gli occhi dalla pergamena.
“Ti faccio notare che il
mio prozio Adalbert era uno Spezzaincantesimi di talento e non era
né sfigato né Mezzosangue, dato che era diretto
discendente dell'onorata preside di Hogwarts Dilys Derwent.”
“Sì, ma resta il
fatto che streghe della nostra stirpe non hanno bisogno di lavorare!
Piuttosto, quelle come noi dovrebbero contribuire attivamente alla
pulizia del nostro mondo e al ristabilimento di un ordine più
consono al nostro stato di sangue!”
“Sì, ma nulla toglie che prima per la mia formazione io voglia...”
Demetra si interruppe al
passaggio vicino al loro tavolo di un ragazzo alto e magro del sesto
anno che, Andromeda sapeva, stava puntando da un po'.
Narcissa fu la più veloce a cogliere l'espressione dell'amica.
“Non sembra molto più simpatico di suo fratello che è del mio anno.”
“È una pertica con i capelli color topo” sentenziò Bellatrix.
Andromeda si risvegliò
dalla noia mortale che le aveva tenuto compagnia tutto il pomeriggio.
Stranamente, era d'accordo con sua sorella e accennò un
sorrisetto.
“Ma almeno non è un Sanguesporco!” aggiunse subito Bellatrix.
Andromeda si alzò di scatto.
“Ora basta!” e senza darle il tempo di rispondere uscì dalla sala comune.
“Potevi evitare” disse Demetra dopo un po' chiudendo Trasfigurazione.
“Evitare? Va bene che tu
la difendi sempre, ma cazzo, non posso accettare quello che fa! Mi
domando, tu non hai intenzione di fare nulla?”
“Senti, nemmeno a me
piace l'idea che esca con un Nato Babbano, ma non vedo come possa far
cambiare la situazione! E poi ognuno della sua vita fa quello che
vuole, quindi cerca di fartene una ragione, quantomeno perché
è tua sorella!”
“Io non me ne devo fare
una ragione, è lei che deve cambiare atteggiamento! E se non lo
farà in tempi ragionevoli, non sarà più nemmeno
una sorella!”
“Tu non lo pensi davvero, Bella, e comunque...” ma la Black grande si era già alzata.
Demetra sospirò.
Che incresciosa situazione.
“Narcissa, tu almeno
resti a studiare?” disse alla fine, ma vide la ragazzina puntare
un gruppetto di ragazzi più grandi.
“Capisco.”
***
Nonostante
l'attenzione mostrata in passato per la segretezza della loro
relazione, il fatto che la Serpeverde Andromeda Black stesse insieme al
Tassorosso Ted Tonks era ormai cosa risaputa, complici forse le
chiacchiere avventate di alcune compagne Tassorosso e di quella
boccaccia di Clementina Higgs, così come, nonostante la
proverbiale riservatezza dei Black sulle proprie vicende familiari, la
notizia del matrimonio di Bellatrix e Rodolphus era un altro dei
più gettonati argomenti di conversazione fuori dall'orario di
lezione e non solo, dato che, per le famiglie di maghi purosangue,
essere invitati sarebbe stato un'inequivocabile prova del proprio
status sociale e, per altro verso, un'altrettanto inequivocabile prova
del proprio orientamento politico.
In mezzo a tutta questa baraonda di pubbliche relazioni si trovava Demetra Lestrange.
Non che la cosa la toccasse
più di tanto: alla fine, erano le due future consuocere a
stilare la lista degli invitati, la disposizione dei tavoli, la scelta
dell'arredamento, la definizione del cerimoniale e altre cose inutili;
tuttavia, la sua posizione le imponeva di prendere in considerazione in
modo adeguato tutte le domande e opinioni che le venivano rivolte in
merito al matrimonio. Per questo aveva risposto con elegante sdegno a
Molly Prewett, rissoso Prefetto Grifondoro dell’ultimo anno come
Bellatrix, che aveva detto – in maniera poco elegante, secondo la
sua opinione – che non le importava affatto che la sua famiglia
non fosse invitata da quella cricca di pazzi retrogradi dei Black,
mentre i suoi amici Paciock e Macmillan sì; così come
aveva gentilmente ascoltato l'inaudita richiesta di Christopher
Edgecombe di essere invitato solo perché suo fratello aveva la
stessa età di Rodolphus e avevano familiarizzato in infermeria
al terzo anno dopo una memorabile partita di Quidditch
Serpeverde-Corvonero. Oltre a tali episodi, doveva fare i conti con
Nicholas Nott, il suo miglior amico, che sembrava avere tutta
l’intenzione di tornare alla carica con Andromeda e si affidava a
lei per avere consigli su come entrare nelle grazie della Black di
mezzo.
Con l'attenzione a queste
faccende che mettevano a rischio la concentrazione per gli esami,
Demetra stava riconsegnando a Madama Pince alcuni tomi presi in
prestito, offrendosi di rimetterne un paio a posto dato che doveva
comunque prenderne altri. Teneva in mano i libri da rimettere a posto,
cercando di memorizzare la collocazione di quello da prendere, e
svoltò dietro uno scaffale dietro cui non si aspettava di
trovare nessuno, per cui, quando per un pelo non cadde rovinosamente
sull'unico studente di Hogwarts che lei avrebbe volentieri invitato al
matrimonio, trasalì in maniera inelegante tanto quanto la
richiesta di Christopher Edgecombe.
“Vedo che non ti distrae dallo studio nemmeno il matrimonio del secolo!” fece il ragazzo, ironico.
“Il matrimonio del secolo? Sì, già, lasciamo perdere...”
Demetra di’ qualcosa di sensato.
“Chissà chi
saranno i fortunati degni dell'invito! Tutta Hogwarts ne parla
e...” cominciò canzonatorio il ragazzo.
Bellatrix e le altre non
avevano tutti i torti: Corban Yaxley era molto magro, forse troppo,
decisamente lontano dalla bellezza e dalla popolarità che
avevano altri tipo Edward Greengrass, in classe con Lucius, Rufus
Scrimgeour di Grifondoro del suo anno o anche il Nato Babbano sempre di
Grifondoro Henry Warren, che aveva osato dire a Bellatrix che era
frigida.
Ma era intelligente, studioso,
di poche parole, misterioso e sempre con quel sorrisetto beffardo di
chi sa qualcosa che a te sta sfuggendo.
Come diceva Andromeda, al cuore non si comanda.
“Se vuoi posso metterci una parola con mia madre!”
No, Demetra, questo non è sensato, è idiota. Molto, troppo idiota.
“No, non posso accettare
l'offerta, l'orgoglio me lo impedisce! Staremo a vedere se i Black ci
degneranno della loro considerazione o considereranno nulla la nostra
lontana parentela!” disse il ragazzo fingendosi offeso.
“Oh, non sapevo che foste imparentati coi Black!”
“Molto alla lontana,
tramite una prozia, mi sembra. Ma come sai i Black nuotano nei galeoni
e non so se il nostro sangue puro basterà ad ammetterci alla
loro compagnia! Sebbene si dica meglio un Purosangue povero in canna che...”
“...un Mezzosangue coperto di galeoni! Sì, anche i miei nonni di Edimburgo lo dicono!”
“Non sapevo che tu fossi scozzese da parte di tua madre!”
Demetra ebbe non l'impressione
ma la certezza che lui sapesse benissimo che i Rookwood erano scozzesi
da generazioni, ma sorvolò.
“Ah, cosa non si farebbe
oggi per il biondo metallo! – continuò il Serpeverde
– Via, ti lascio ai libri! Ci si vede in sala comune!”
Demetra di’ qualcosa, anche non sensato.
“Sì... Ma, ti
posso chiedere, sai, sto chiedendo un po’ a tutti, per avere un
quadro più completo, per gli esami… Come sono stati i
G.U.F.O.? Tu li hai fatti l'anno scorso e mi chiedevo...”
“Oh, nulla di trascendentale, qualcosa molto facile, qualcosa più impegnativo... Ma tu non avrai problemi!”
Perché diamine pensano tutti che io non avrò mai problemi in nulla?
“Ma, insomma, ci sono tante cose...”
“No, ti assicuro, tu non
avrai problemi. Sei l'ultima persona del quinto di Serpeverde che
dovrebbe preoccuparsi degli esami!”
Senza sapere perché, Demetra ebbe di nuovo la certezza che si riferisse ad Andromeda.
Poi il ragazzo svoltò l’angolo e sparì.
Demetra rimase alcuni lunghissimi secondi in contemplazione di un ripiano tarlato dello scaffale N12.
Non c'era scampo, anche Demetra Lestrange era innamorata.
***
NdA:
eccoci qua, siamo al quinto anno e finalmente le protagoniste parlano
un po' di futuro. Ho immaginato il matrimonio di Bellatrix come uno di
quegli eventii in un certo senso preordinati , quelle occasioni sociali
insomma dove certi gruppi si ritrovano e ribadiscono la loro
appartenenza, marcando al differenza con i "comuni mortali", in questo
caso maghi dal sangue non abbastanza puro per i loro standard. E poi
anche Demetra finalmente si accorge che c'è altro oltre lo
studio e il cercare di essere sempre impeccabile...
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Capitolo 10 *** Natale a Grimmauld Place ***
10. natale dai black
X
Quella sera, Andromeda e Demetra erano scese a cena un po' più
tardi e non avevano raggiunto né Narcissa, impegnata a sostenere
conversazioni intelligenti con ragazzi più grandi all'altro capo
del tavolo, né Bellatrix, che aveva mangiato di corsa ed era
scappata chissà dove a fare chissà cosa. Davanti a loro
erano seduti Nicholas Nott, l'altro Prefetto di Serpeverde, e Gordon
Warrington, un altro del loro anno che di solito aveva bisogno di
ripetizioni di qualunque cosa.
“...sinceramente spero che il Puddlemere perda la prossima,
così al rinvio...” stava appunto disquisendo Warrington.
“Non ho voglia di sentir parlare di Quidditch!” disse Demetra secca.
“E se noi volessimo parlare di Quidditch? Non mi risulta che tu
decida l'ordine del giorno delle nostre conversazioni!”
ribatté Nott.
“Nemmeno io voglio sentir parlare di Quidditch” si intromise Andromeda.
“...insomma, se il Puddlemere arrivasse a centoventi...”
“Basta, Gordon, neanch'io ho più voglia di parlare di Quidditch!” tagliò corto Nott.
Demetra sorrise fra sé. Nicholas Nott era da sempre cotto di
Andromeda, che da quando stava con Ted Tonks non aveva mancato di
trattarlo male in pubblico e disdegnarne le attenzioni, ma il ragazzo
non si dava per vinto e, in particolar modo da quando era noto a tutti
che il suo rivale era un Sanguesporco, aveva cambiato tattica e aveva
cominciato a seguire i consigli di Demetra, il cui succo era
sostanzialmente quello di essere il più possibile gentile.
Per questo era ormai abituata a simili scenette.
“Allora, che dite, come procedono i preparativi per il
matrimonio?” tentò il giovane Serpeverde ormai a
metà della cena.
Demetra infilò in bocca un grosso pezzo di bistecchina di cervo
per non rispondere e costringere l'amica a farlo. Evitò
volontariamente lo sguardo della Black di mezzo.
“Mmh, procedono. Da quello che so, le damigelle saranno Narcissa e Demetra.”
Una Black non si fa mettere nel sacco nemmeno dalla sua migliore amica.
Nott guardò Demetra, disapprovando decisamente la scelta. Fu il
turno di Demetra a inghiottire velocemente il boccone per rispondere
subito.
“Non me lo dire! Guarda, cedo volentieri il posto! Anche a te, Nicholas!”
Nott ghignò.
“Non fare quella faccia! Tua mamma approverebbe, vero, Dromeda?”
“Mia madre approva qualunque cosa dici tu, Dem! – rispose
Andromeda – Chissà, se tu sostenessi in sua presenza che
Ted è un bravo ragazzo forse funzionerebbe!” concluse
rivolta più a se stessa che altro.
“Mi permetto di dissentire, perché...” cominciò Nott ma un'occhiata di Demetra lo zittì.
“Mah, io vado, già non ho più fame. Ti aspetto
giù, Dem, magari mi fai ricontrollare la versione di Rune?
– disse all'amica alzandosi – Ah, non ti preoccupare, tu
sei invitato al matrimonio” concluse freddamente rivolta a Nott.
Demetra sorrise appena e non aggiunse nulla, continuando a mangiare in silenzio.
“...appunto, il Puddlemere e le Vespe, se al turno...”
ricominciò dopo poco Warrington, ma Nott non lo stava certo a
sentire e Demetra continuò a mangiare la sua bistecchina con
somma calma.
“Dovresti fartene una ragione” disse alla fine quando Warrington si fu alzato.
“Di cosa? Che Andromeda preferisce un Mezzosangue a me? Che non le piaccio? Eh no, io non credo...”
“Io me ne sono fatta una ragione ormai” commentò Demetra, rivolta più a se stessa che al compagno.
“Che non io non piaccio ad Andromeda?” fece lui perplesso.
Merlino, ma perché qui nessuno capisce alla prima?
“No, Nicholas! Per la testa di Salazar, e io che ti facevo
più intelligente perché settimane fa hai risolto l'unico
esercizio di Aritmanzia che non mi tornava!”
Demetra scosse il capo e si allungò a prendere una ciocca d'uva
dalla cesta sul tavolo, mentre Nott sembrava riflettere su ciò
che gli era sfuggito; alla fine, mentre Demetra finiva di mangiare
l’uva, parve realizzare.
“Io non sapevo, ti giuro, io non lo sapevo, insomma, davvero non
pensavo che tu... Insomma, che ero io e... Una volta Graham mi disse
che tu e io...” ma come sempre Demetra fu più veloce.
“Nicholas, che hai capito? Che tu piacevi a me e che secondo le
mie compagne di dormitorio dovremmo stare insieme? No, guarda, non
è affatto così!”
Non era esasperata, anzi, sembrava manifestare un'insolita pazienza,
come quando si spiega qualcosa di ovvio ma importante a un bambino.
“Oh, io credevo... Pensavo... Allora non ho capito… Graham disse...”
Demetra gli mise la mano sul braccio come per tenere su di lei l'attenzione.
“No, questo è quello che pensano tutti quelli che ci
vedono da fuori, ma che non ci conoscono e che quindi non possono certo
sapere come stanno le cose davvero. Tranquillo, non ce l'ho con te per
una ragione del genere!”
Gli sorrise rassicurante e Nott si convinse di aver capito male davvero.
“Ma allora che volevi dire? Non c'entra Andromeda?”
Demetra pensò che era sul punto di dire all'amico quella che era
la semplice verità, e cioè che lei poteva pure
innamorarsi di qualcuno, ma riteneva che nessuno potesse sinceramente
innamorasi di lei, ma improvvisamente ebbe la sensazione di essere
osservata, per cui ritrasse la mano dal braccio di Nott.
“Nulla, lascia perdere. E comunque, no, non c'entra Andromeda.”
Si guardò intorno, ma nessuno li stava osservando.
“Comunque sappi che non ho intenzione di rinunciare. Il
matrimonio sarà l'occasione migliore: saremo fuori da scuola e
di sicuro quel Tonks non sarà invitato. Poi immagino ci
sarà dell'alcol e con un po' di fortuna, anche senza
magia...”
“Io continuo a credere che dovresti fartene una ragione.
Perché se non te ne farai una ragione, quando saremo vecchi
saremo di nuovo io e te, se non qui, in una taverna di Londra o da te a
Nottingham, a discutere di Andromeda con in mano non un calice di succo
di zucca ma di brandy o di whisky, e...”
“Sembra che per te non ci sia nessun problema se sta con quel
Sanguesporco! È solo un’infatuazione, non può
davvero voler stare con qualcuno del genere. Cos’ha che io non
ho? Anzi, mi sembra palese che io ho molto che quello là non ha!
– proseguì Nott infervorato – L’hai sempre
detto tu stessa da quando ci conosciamo che sarebbe fantastico se
stessimo insieme, saremmo ancora di più un gruppo
e…”
“Certo che preferirei te, Nicholas, ma purtroppo quello che
preferiamo noi non conta. Andromeda è libera di scegliere quello
che vuole, fino a un certo punto. So che non ti va giù, ma devi
fartene una ragione e guardarti intorno, guardare altre ragazze…
Narcissa per esempio, oppure…”
“L’ho beccata avvinghiata a Lucius qualche sera fa in
un’aula a pian terreno, dove facevamo Aritmanzia l’anno
scorso. Non ho tolto punti a Serpeverde, comunque” rispose
Nicholas con un ghigno perfido.
“Semmai era lui avvinghiato a lei – rispose Demetra con un
lampo di perfidia – Fino a qualche mese fa la nostra piccola
Black si faceva fare i temi di Erbologia da Greengrass, e quello
lì se ne intende di cespugli.”
Nott rise di gusto.
“Almeno la Black bionda però ha più buon gusto in fatto di ragazzi. Tu invece?”
Demetra arrossì appena e cercò di svicolare.
“Io finirò per impagliare un gufo e metterlo sul cappello.”
***
Anche quell'anno venne Natale e, per festeggiare il fidanzamento
ufficiale fra Bellatrix e Rodolphus e l'unione delle due famiglie, i
Lestrange erano invitati per il cenone dai Black.
La serata stava procedendo esattamente come Andromeda si aspettava:
cibo a volontà, vino e idromele in quantità decisamente
superiori al necessario, formalità alternate a eccessiva
confidenza e, soprattutto, discorsi di politica anti-Mezzosangue e
apologie dell'operato del Signore Oscuro.
Andromeda era nauseata. L'unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe
stata alzarsi e urlare loro che erano tutti dei folli a fare quei
ragionamenti. Aveva cercato anche di intervenire, ma con uno sguardo
che non lasciava dubbi sul significato Demetra le aveva evitato di
mettersi nei guai. Doveva fare quello che le aveva detto a scuola il
giorno del ritorno a casa per le vacanze: non mettersi contro di loro
apertamente, non dar loro la scusa per rovesciarle addosso parole
cattive. Non aveva forse già deciso di rovinarsi con le proprie mani,
secondo le testuali parole dell'amica? Tanto valeva cercare di far
passare il tempo nella maniera più silenziosa possibile e non
dar loro alcun genere di occasione per colpirla. Ed era quello che
stava facendo a quel cenone: far finta di nulla, sorridere, parlare di
scuola, degli esami, del bel matrimonio che si sarebbe celebrato,
scherzare coi cugini, annuire se richiesto. In una parola, fingere. A
Demetra riusciva senza sforzo apparente, notò Andromeda. Anche
se aveva idee e convinzioni diverse – o almeno questo le aveva
sempre detto – Demetra sapeva esattamente come comportarsi in
mezzo ai loro familiari, sapeva disquisire di politica e di tutto il
resto dando sempre soddisfazione all'interlocutore, tanto che a volte
sembrava persino indovinare quello che l'interlocutore voleva sentirsi
dire, senza mai farsi trovare impreparata su qualcosa o imbarazzata
personalmente e in difficoltà.
Ma a lei non riusciva, per niente. Una volta Demetra aveva detto che
per questo genere di situazioni, a certi livelli, l'Occlumanzia aiuta
molto. Ma Andromeda era convinta che se anche avesse padroneggiato
tutti gli insegnamenti di L'Arte dell'Occlumanzia, fondamenti
non sarebbe mai stata capace di fingersi a suo agio in quel momento.
Non ne sarebbe stata capace perché dentro di sé sentiva
che quando offendevano e deridevano i Nati Babbani offendevano e
deridevano anche Ted e, di conseguenza, anche lei, perché si
scagliavano contro una persona che era importantissima nella sua vita e
lei questo non poteva permetterlo. No, non era da lei ingoiare rospi
senza protestare.
Andromeda si riscosse dalle sue amare riflessioni quando sentì
la zia sbraitare all'altro capo del tavolo mentre tentava di mandare a
letto Sirius e Regulus, dato che erano ancora troppo piccoli per stare
alzati tutta la sera. Cogliendo l'occasione per alzarsi un po' da
quell'odiosa tavolata, si offrì di portarli a letto lei. Fu una
mossa alquanto insolita, ma il fatto che Sirius smettesse
immediatamente di protestare convinse la zia a lasciare i figli in mano
alla nipote.
“Ci vogliono a letto perché pensano che siamo imbecilli e
non possiamo capire le cose di cui parlano!” disse Sirius una
volta saliti al piano di sopra.
“Io credo che se tu non ti fossi messo a fare casino la mamma ci
avrebbe fatto stare dell'altro!” ribatté Regulus.
“Ma povero fratello scemo!”
“Io non sono scemo! È sempre colpa tua, di tutto!”
“Ragazzi, ora basta!” li riprese Andromeda, che in cuor suo pensava che Sirius avesse proprio ragione.
“Allora, fate i bravi e dormite o volete che prima facciamo
qualcosa insieme? Volete che vi racconti di Hogwarts come l'altra
sera?” propose Andromeda.
“Perché non ci racconti delle macchine Babbane? E di quelle a due ruote, come si chiamano? Motoclette, vero?” propose Sirius.
“Si chiamano motociclette, Sirius! Non credevo ti ricordassi tutte queste cose!” rispose Andromeda ridendo.
Il cugino era l'unico a cui avesse detto della sua giornata Babbana con
Ted e il bambino era rimasto estasiato dai mezzi di trasporto.
“No, io vado in camera – disse Regulus con aria ostile
– E domattina dirò alla mamma che a te piacciono le cose
dei Babbani che ti ha raccontato lei!” concluse rivolto al
fratello come sfidandolo.
“E io se lo fai ti riempio di pugni” rispose Sirius tutto tranquillo.
Andromeda assunse un'aria preoccupata.
“Non lo stare a sentire, non farà la spia – disse
Sirius cogliendo lo sguardo della cugina – E se lo fa, lo riempio
di pugni, ovviamente, così poi non potrà più
parlare.”
Andromeda sorrise mestamente.
“Vieni qui, fatti abbracciare. Lo sai che sei il mio cugino
preferito? Ora però bada di non metterti tu nei guai per me, che
io già ci penso da sola!”
“Ma io lo faccio per proteggerti!”
“Lo so, e per questo ti voglio tanto bene!” e lo lasciò andare con un bacio sulla testa arruffata.
Una volta di sotto, trovò lo zio Alphard nell'ingresso intento a riordinare delle pergamene.
“Hai perso qualcosa zio?”
“No, ma mi era venuta in mente una cosa di lavoro, prima, e dovevo assolutamente venire a controllare”
Andromeda rimase alcuni istanti ferma in mezzo all'ingresso non sapendo
se tornare in cucina o starne un altro po' alla larga con la scusa di
aiutare lo zio.
Alphard Black colse immediatamente il dilemma della nipote.
“Anche tu dovevi assolutamente convincere i tuoi cugini ad andare a letto?”
“Sì, in effetti... Insomma, io non sono un granché portata per le cose ufficiali...”
“Sì, lo vedo. Neanch'io, tra l'altro. Allora, a scuola come va?”
“Non male, in fondo è ancora presto per gli esami e a parte Pozioni non mi sembra...”
“No, non intendevo le cose di scuola.”
“Oh. Beh, va. Vorrei che andasse diversamente, meglio, ma ormai non ho intenzione di tornare indietro.”
“Mmh, immagino. Vedi, Andromeda, non sei la prima in famiglia a
voler essere, diciamo, indipendente. Quello che ti consiglio è
di fare le cose sempre con discrezione.
Voglio dire, il fatto che tu non avrai un matrimonio applaudito come
quello di Bellatrix non significa che dovrai rinunciare alla persona a
cui tieni. L'importante, ti ripeto, è agire sempre con discrezione. Altrimenti come pensi che sarei sopravvissuto anch'io qui dentro?” e le fece l'occhiolino con aria complice.
Andromeda avrebbe voluto rispondergli e chiedergli di più. Anche
lo zio amava una donna dal sangue non abbastanza puro per i Black? E
cosa aveva fatto? Era successo qualcosa in passato? Ma sentì la
porta di cucina aprirsi e vide Kreacher comparire carico di vassoi
vuoti. L'elfo li guardò con aria inquisitoria e Andromeda
tornò in cucina, seguita dallo zio. Ancora confusa, si vide
apparire nel piatto una fetta corposa di dessert.
“Ti sei persa quello prima di dolci” le spiegò
Demetra prima di tornare a esporre le sue idee in merito alla politica
del San Mungo riguardo alla sperimentazione degli antiveleni sugli elfi
domestici.
Poco più in là, anche lo zio Alphard sembrava di nuovo
intonarsi perfettamente all'atmosfera della tavolata. Andromeda
cominciò a mangiare il dolce. Lo zio voleva dire che poteva
continuare a stare assieme a Ted purché facesse con discrezione.
E, nell'ipotesi che anche lo zio stesse insieme ad una strega
Mezzosangue, con discrezione voleva dire senza sposarsi, senza vivere
insieme, senza formare una famiglia. Se era questo che voleva dire, a
lei non andava bene. Nella sua famiglia con discrezione era solo un modo per dire di nascosto.
E lei e Ted non meritavano di vivere di nascosto, come avevano dovuto
fare a scuola per tanto tempo, no, loro meritavano di vivere alla luce
del sole.
***
NdA:
finalmente ho aggiornato! Cosa ne pensate di questo Natale dai Black?
Attendo feedback e ringrazio coloro che hanno continuato a seguire la
storia!
|
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Capitolo 11 *** G.U.F.O. ***
11. G.U.F.O.
XI
I
mesi di scuola dopo le vacanze natalizie furono molto impegnativi per
gli studenti del quinto e del settimo anno. Gli esami si avvicinavano e
tutti, anche i più scanzonati fra gli studenti, sapevano che
erano un passaggio importante a cui arrivare se non preparatissimi,
almeno in maniera dignitosa.
Tuttavia, per Bellatrix ogni
occasione era buona per lo scontro con Andromeda: pochi giorni dopo il
rientro a Hogwarts suo cugino Regulus aveva fatto la spia sulla
passione di Sirius per i mezzi di trasporto Babbani e da lì
scoprire che Andromeda gli aveva raccontato tutte quelle cose
perché era stata a casa di Ted era stato tutt'uno. Se non le era
arrivata una lettera stregata era solo perché i suoi volevano
evitare scandali per preservare la reputazione per il matrimonio. Come
se tutto ruotasse intorno a quello. Anche sua sorella non perdeva
occasione per darle addosso e dirle le cose peggiori. Diceva che per
colpa sua tutto poteva andare a monte, che lei agli occhi di tutti
sarebbe sempre stata quella che avrebbe rovinato l'onore dei Black;
l'aveva addirittura minacciata velatamente di morte dicendole che
quando sarebbe stata finalmente una Mangiamorte non ci sarebbero
più stati legami di parentela a trattenerla e che il primo
Mezzosangue che avrebbe ucciso sarebbe stato Ted. Quella frase a
Bellatrix costò il miglior Schiantesimo che si fosse mai
eseguito nella sala comune dei Serpeverde, ma quando si rialzò
non pronunciò un incantesimo qualunque: Bellatrix tentò
di cruciarla. Per fortuna ad interrompere la magia ci fu uno scudo
invisibile invocato da Demetra, che mostrò un'insolita prontezza
di riflessi. Nei mesi successivi, infatti, Demetra fu l'unica capace di
impedire che sua sorella le facesse del male fisico, mentre il resto
dei suoi compagni praticamente le voltò le spalle. Per fortuna
Bellatrix presto trovò altro da fare, tanto che spesso spariva
per ore e quasi certamente studiava cose illecite di magia oscura
nell’ala proibita della biblioteca, e l'ultimo vero scontro lo
ebbero alla partenza per le vacanze di Pasqua, quando Bellatrix
scoprì che Andromeda aveva intenzione di restare a Hogwarts per
le vacanze. Lo scontro avvenne nel dormitorio e sarebbe finito come la
volta precedente se anche in questo caso Demetra non fosse intervenuta.
“Non ci sono regole che
ci obbligano a tornare a casa per pochi giorni se non ne abbiamo
voglia. E se Andromeda vuole restare non sarai tu a trascinarla sul
treno a forza!”
“Non permetterò
che resti qui a scuola da sola con quel Mezzosangue a disonorarci
ancora di più di quanto non abbia già fatto!”
“No, infatti, Andromeda
non resta qui per Tonks ma perché anch'io resto, per
approfittare della calma per studiare di più per gli
esami.”
“Stronzate, Demetra!
Questa non me la bevo! Lo so che tu torni a Londra perché
durante le vacanze vuoi andare alla Fiera degli Arcani a Edimburgo per
acquistare qualche bell'oggetto oscuro!” e rise soddisfatta.
Demetra effettivamente arrossì appena, ma non perse il controllo.
“Puoi dimostrarlo? – rispose fredda – No, ovviamente. Dunque, noi restiamo a Hogwarts.”
Bellatrix era livida.
“Fuori di qui le tue parole non ti salveranno sempre, sapientina.”
Fu quella la prima volta che Andromeda vide l'inattaccabile Demetra Lestrange scossa da un brivido di paura.
Restò a Hogwarts, mentre
Demetra in effetti tornò a Londra per qualche giorno, e fu in
quei giorni che maturò la decisione di andare a vivere con Ted
dopo la scuola.
Andromeda e Ted riuscivano a
vedersi ormai soltanto in biblioteca e in Sala Grande e potevano
contare soprattutto sulla disponibilità dei compagni Tassorosso
per poter stare un po’ lontano da occhi indiscreti a parlare.
“Mi sembra assurdo che le tue sorelle siano così arrabbiate con te a causa mia” aveva detto Ted una sera.
“Non è a causa tua, Ted, sono loro che sbagliano, punto.”
“Ormai alcuni non si
nascondono più, sono apertamente sostenitori delle teorie folli
di quello che si fa chiamare Signore Oscuro e so già che una
volta fuori da qui si scateneranno contro tutti gli altri, contro i
“non puri”. Ma spero che i sentimenti familiari prevalgano
su questa follia!”
“Lo spero anch’io
– disse Andromeda tetra – Ma ho paura che a casa si
irrigidiranno ancora di più e tu non sai di cosa sono capaci i
Black. Nella mia famiglia, ogni decisione è per sempre.”
***
Alla fine gli esami arrivarono davvero.
Andromeda non era molto
ansiosa: era consapevole di cosa sapeva e di cosa non sapeva, e ormai
erano altre le cose a cui dava importanza.
A Bellatrix importava pochissimo degli esami e non mancò di dimostrarlo, stando spesso per conto suo.
Demetra studiava intensamente
con Nott e era entrata più in confidenza con altri Serpeverde
dell’ultimo anno che condividevano la stessa preoccupazione per
gli esami.
Le prove si svolsero tutto
sommato in un’atmosfera tranquilla e ordinata e Andromeda fu ben
felice di lasciare a Demetra il palcoscenico della sala comune, per
commentare ogni sera le prove del giorno.
Tutte le prove avevano una
parte teorica la mattina, con una pergamena di domande a risposta
aperta, e una parte pratica il pomeriggio, a gruppi di quattro studenti
per volta, quanti erano gli esaminatori.
Solo Aritmanzia, Rune, Storia
della Magia, Divinazione, Babbanologia e Astronomia si svolsero in una
sola sessione, solo teorica o solo pratica.
L’ultima sera erano tutti
molto stanchi e nessuno aveva molta voglia di parlare, nemmeno Demetra,
che tuttavia alle nove di sera si era messa a scrivere al padre una
dettagliata pergamena con la sua impressione su tutte le prove
d’esame.
“Menomale io ho ancora
due anni prima degli esami” disse Narcissa venendo a sedersi al
tavolo dov’erano Demetra e Andromeda.
“Non hai ancora due anni davanti, hai solo due anni davanti” osservò Demetra senza smettere di scrivere.
“Non vedo l’ora che
arrivino i risultati – proseguì Narcissa – Io e
Lucius abbiamo scommesso sui voti che prenderete tutti voi.”
Andromeda le scoccò uno sguardo severo, che la sorella minore non colse.
“Piccola serpe bionda
– ghignò Demetra alzando gli occhi – Salazar mi
è testimone, il prossimo anno quando sarà lui sotto esame
lo tormenterò fino alla disperazione, oh sì che lo
tormenterò!” e si alzò, arrotolando la lettera.
“Quindi, state
insieme?” domandò Andromeda dopo che Demetra fu uscita
dalla sala comune, diretta in Guferia a spedire la lettera.
Narcissa si accomodò meglio sulla poltroncina e si sistemò i capelli con civetteria.
“Dipende cosa definisce
stare insieme e cosa no. Di sicuro sono io che decido
dov’è il limite di cosa lui può fare e cosa non
può fare.”
“Mi sembra una cosa
responsabile” rispose Andromeda, cauta, non sapendo dove la
sorella volesse andare a parare, perché Narcissa stava imparando
ad essere incisiva con le parole quanto Bellatrix era potente con la
bacchetta.
“Tuttavia, io so che non
devo avere paura di nessun eventuale imprevisto, perché so cosa
è degno per il mio nome e cosa è infame.”
“E cosa è infame
per il tuo nome? Su, dillo” ribatté Andromeda, puntando i
suoi occhi scuri e profondi in quelli pallidi della sorella.
“Sai benissimo quello che
è infame per noi” ribatté Narcissa, alzandosi di
scatto e cercando di far passare per un’uscita teatrale quella
che era soltanto una fuga dal confronto.
***
Demetra in Guferia
aveva trovato solo un gufo della scuola disponibile a spedire la
lettera, perché Sylla, la sua civetta personale, era già
uscita a caccia di roditori, con suo sommo disappunto. Mentre il gufo
si allontanava dalla torre nell’ultima luce della sera, Demetra
pensava alla sua natura di Animagus. In mezzo a tutti quei rapaci, una
sera in cui nessuno avrebbe notato la sua assenza, sembrava
l’occasione propizia per riprovare a trasformarsi. Dopo la prima
volta, l’estate precedente, aveva riprovato solo una volta, sul
finire delle vacanze, rigorosamente di nascosto a tutta la famiglia,
dopo aver letto tutto quello che aveva trovato sull’argomento
nella biblioteca di casa. Era stato forse più difficile
lasciarsi andare e trasformarsi in civetta che non l’inverso,
perché all’andata bisognava abbandonare non solo la forma,
ma anche la razionalità umana, mentre al ritorno quel briciolo
di funzione cognitiva avanzata propria dell’essere umano era
sufficiente a dare la spinta per eseguire la trasformazione.
Semplicemente, come tutti gli incantesimi complessi, aveva concluso
Demetra, serviva esercizio. Ma a scuola era stata assorbita dallo
studio e non se l’era mai sentita di provare in pieno giorno a
Hogsmeade. Così contava sull’estate che stava iniziando,
dopo il matrimonio, quando, libera da compiti e preoccupazioni
immediate, avrebbe potuto sfruttare molte sere per esercitarsi.
“Pensavo tu fossi
già crollata fra le braccia di Morfeo come buona parte dei
candidati ai G.U.F.O. giù di sotto” disse una voce
familiare.
Demetra si voltò di scatto.
“Tu che ci fai qui?” disse rivolta a Corban Yaxley.
“Non ti ho pedinato, se
è quello che ti interessa” rispose lui, lanciandole
un’occhiata divertita prima di uscire dal cono di luce della
porta e raggiungere una gabbia sul fondo della stanza.
Demetra non seppe cosa rispondere, cosa che le accadeva raramente.
Mentre il ragazzo armeggiava
col gufo, Demetra fece appena in tempo a considerare in che stato
pietoso fosse il suo aspetto. Di sicuro aveva i capelli in disordine,
legati e appuntati alla meglio, le occhiaie scure fino in fondo al
viso, la divisa spiegazzata e molto probabilmente il gioco di luci fra
la porta e le colonne stava mettendo in risalto che aveva messo su un
paio di chili per lo stress per gli esami.
Maledisse silenziosamente Merlino, Morgana e i Fondatori.
“Allora, racconta
qualcosa. Cosa ti è sembrato degli esami? Non è stato
come dicevo io?” disse Yaxley rientrando nel cono di luce.
“Sì, in effetti
– cominciò lei, cercando di darsi un tono – Pozioni
mi è sembrato fin troppo facile, non vorrei che mi fosse
sfuggito qualcosa. Incantesimi e Trasfigurazione ho saputo fare tutto,
penso siano andate bene. Il compito di Aritmanzia era tosto, solo
Nicholas lo ha trovato abbordabile. Difesa… Beh, lasciamo
perdere. Posso solo confidare nella teoria.”
Difesa contro le Arti Oscure
era infatti la materia in cui aveva più difficoltà nella
parte pratica e poteva dire di saper padroneggiare solo il Sortilegio
Scudo e poche altre controfatture. Di sicuro, non avrebbe mai vinto un
duello contro Bellatrix, ma neanche contro Andromeda o Nicholas.
“Beh, dai, non ti buttare
giù – riprese lui col solito tono divertito – Se fra
le prove ci fosse stata Occlumanzia, avresti messo in mutande tutti gli
altri, esaminatori compresi.”
Demetra arrossì appena.
Ecco, quello era il genere di
complimenti da cui doveva guardarsi le spalle, ma effettivamente era
piuttosto abile in Occlumanzia e ormai si preoccupava di chiudere la
mente quasi sempre, nelle occasioni pubbliche, quando sapeva che
qualcuno poteva metterla in difficoltà o farle domande
personali. Anche in quel momento, a dire il vero, stava chiudendo la
mente e pensò che forse a sua volta Yaxley voleva vedere se
riusciva a esercitare su di lei la Legilimanzia.
“Stai per caso provando ad usare la Legilimanzia contro di me?” chiese brusca.
“Ho desistito cinque minuti fa – rispose lui, solo leggermente più serio – Aprire una mente è più difficile che chiudere,
in generale, e per adesso riesco a leggere con sicurezza solo i
più deboli e disattenti. Tu hai mai provato la Legilimanzia su
qualcuno?”
“No, conosco solo la teoria. Mi è sempre sembrato più naturale chiudere invece di aprire.”
“Io devo lavorare anche su quello. Potremmo esercitarci qualche volta” disse lui, forzatamente neutro.
Demetra sentì le
ginocchia cedere lievemente e sperò che il pensiero fugace delle
occhiaie e dei capelli malmessi non fosse scappato dal filtro della sua
mente nel momento sbagliato.
“Ormai la scuola è finita” fu la sola cosa che riuscì a dire.
Il ragazzo si avvicinò
ancora di più e in quel momento si stavano guardando negli occhi
come mai era successo, dato che tutti i contatti che avevano avuto nei
mesi precedenti si erano limitati a pochi scambi di parole formali in
mezzo agli altri compagni e a svariati scambi di sguardi da un capo
all’altro del tavolo.
Sembrava sul punto di fare qualcosa.
Però Corban se vuoi fare qualcosa fallo tu, non posso fare io,
pensò Demetra, sperando che in quel momento lui leggesse solo
quel pensiero, e infine distolse lo sguardo, sicura che altrimenti non
sarebbe più riuscita a tenere la mente chiusa.
Yaxley invece si allontanò a sua volta, rigido.
“Ci vediamo comunque al
matrimonio – disse recuperando il solito tono beffardo –
Alla fine la mia famiglia è stata invitata, siamo stati
considerati degni parenti dai Black.”
“Hai ragione, eravate nell’ultima lista invitati” rispose lei, recuperando il solito tono pratico.
“Allora ci vediamo al matrimonio del secolo! Buonanotte Demetra!” e infilò la porta e le scale.
Demetra rimase ferma, coi nervi fior di pelle.
“Reparo!” fece con stizza, muovendo la bacchetta per riparare il vetro della lampada ad olio della Guferia.
***
NdA:
capitoletto in cui non succede praticamente niente, in attesa del
matrimonio del secolo, con le nostre protagoniste alle prese, per ora,
solo con gli esami. Attendo feedback!
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Capitolo 12 *** Il matrimonio del secolo ***
12. il matrimonio del secolo
XII
“Non hai da dire nulla a riguardo, Andromeda?” disse Cygnus
Black alla figlia seduta di fronte a lui nel piccolo studio.
Andromeda stava riflettendo.
Negli anni suo padre era sempre stato più accondiscendente di
sua madre e già l'anno precedente non aveva insistito molto
sulla sua storia con Ted Tonks. Eppure questa volta sarebbe stato
diverso. Era davvero arrivata alla resa dei conti e quella sera era
lì, nello studio di suo padre, ad affrontare la sua famiglia e
il suo destino.
“No, non ho nulla da dire al riguardo, perché so che non sto facendo nulla di sbagliato.”
“Ascoltami, siamo stati tutti giovani e desiderosi di libertà, ma in questo caso..”
“Non è un capriccio passeggero da adolescente ribelle, padre! Nessuno capisce...”
“Non interrompermi, Andromeda!” disse suo padre alzando la voce.
“Stavo dicendo, una cosa
è volersi sentire liberi, una cosa è intraprendere scelte
sapendo che non possono che portare alla rovina. Tu sai che non sei una
strega qualunque e come tale devi essere consapevole dei tuoi doveri.
Tu provieni da una delle più antiche famiglie di maghi della
Gran Bretagna e devi accettare che questo comporta insieme ai privilegi
anche degli oneri e delle responsabilità. Non puoi buttare al
vento tutto quello che la nostra famiglia ha coltivato e rappresentato
nei secoli solo per un capriccio. Sia pure...”
“Non è un capriccio! Io amo Ted!”
Cygnus Black scosse il capo.
“Dimmi, Andromeda, ti
è mai mancato nulla? C'è mai stato desiderio che non si
stato esaudito da quando sei nata ad oggi? Dico io, con tutti i ragazzi
che hai conosciuto a scuola e che potrai conoscere in futuro,
com'è possibile che i tuoi pensieri si posino su un
Sanguesporco?”
“Ted è l'unica
persona che mi vuole bene per quello che sono, l'unica persona che non
mi chiede di essere in un modo o in un altro a seconda della
convenienza, a differenza vostra!”
“Questo non te lo
permetto! Sei un'ingrata! La tua famiglia ti ha sempre dato tutto e tu
sputi di essa, sputi sulle tue origini e sul tuo nome!”
“Non mi rimangerò mai una parola!”
“Ti avverto, Andromeda,
stai imboccando una strada da cui non si torna indietro: se continuerai
a offendere così la tua famiglia non ci sarà più
spazio per te qui! Pensaci, Andromeda: se tu volti le spalle alla tua
famiglia, la tua famiglia non potrà più
proteggerti!”
“E da cosa mi
proteggereste? Io ormai so badare a me stessa perché so cosa
è giusto e cosa non lo è!”
“Andromeda, tu non sai
niente! Se tu esci da questa casa e decidi di stare con quel Tonks non
basteranno più il tuo sangue puro e il tuo nome a proteggerti! I
filo-Babbani non saranno per sempre al comando nel nostro mondo e
potresti rimpiangere di non aver ascoltato la tua famiglia un
giorno!”
“Io non ho paura,
né dei Mangiamorte né di nessun altro! Non saranno la
paura e l'ipocrisia a farmi decidere cosa fare della mia vita! Quando
avrò finito Hogwarts me ne andrò da qui e finalmente
sarò libera!”
Cygnus Black sospirò.
“Quando avrai finito Hogwarts... Due anni sono abbastanza per cambiare, non trovi?”
“Io non cambierò!”
Cygnus Black sorrise
mestamente. Andromeda somigliava molto alla sorella maggiore e
somigliava molto a lui e a suo padre prima di lui. Una vera Black, se
non fosse stato per l'inconveniente. In cuor suo comprendeva ogni
singola parola della figlia, ma questo non poteva cambiare le cose.
Ogni scelta porta con sé delle conseguenze e lui non poteva
certo fare un'eccezione, perché nel mondo mai agli uomini
vengono concesse certe eccezioni, e ogni famiglia deve preservare e
disciplinare se stessa attraverso le proprie leggi, a prescindere da
quello che vogliono le leggi per gli altri uomini.
***
“Mi auguro
che tu non abbia in mente di rovinare la cerimonia, o sarà
l'ultima cosa che farai” disse Bellatrix ad Andromeda subito
prima di prendere il camino per Lestrange Manor.
“Tranquilla, sarà
come se non ci fossi. Tanto non mi importa nulla delle vostre stronzate
da purosangue” rispose Andromeda gelida.
Ed era la verità. Dopo
quello che era successo a Natale, la litigata furiosa con la sua
famiglia, l'ultimatum di suo padre e tutte le chiacchiere a scuola
Andromeda viveva in una sorta di fastidiosa attesa di una
possibilità di dare una svolta alla sua vita. Ormai si era
chiamata fuori dalle convinzioni della sua famiglia e anche dei suoi
compagni Serpeverde con cui fino ad un paio di anni prima aveva avuto
un rapporto se non di amicizia quantomeno sereno. Eccezion fatta per
Demetra, passava quasi più tempo con le ragazze Tassorosso che
aveva conosciuto grazie a Ted che con le sue sorelle, con le quali
ormai parlava solo per necessità in sala comune, con una
freddezza che non lasciava adito a dubbi anche all'osservatore
più distratto. Aveva sostenuto i G.U.F.O. da quasi un mese,
mentre Ted aveva passato i M.A.G.O. e si apprestava a cominciare
l'accademia per Auror. Le aveva detto che sarebbero potuti andare a
vivere insieme dopo che lei avesse finito gli ultimi due anni a
Hogwarts, ma se fosse stato per lei sarebbe andata via anche subito,
quell'estate stessa. La sua famiglia non la accettava, e aveva
dimostrato di non volerle bene: perché restare ancora in quella
casa? Alla fine tuttavia Ted l'aveva convinta a non buttare via la
possibilità di finire gli studi, magari impiegando quei due
lunghissimi anni a cercare di migliorare la situazione e a recuperare
il rapporto con i suoi. Ted. Era così buono, così sereno,
così convinto che le cose si risolvano parlandosi sinceramente e
lavorando per fare sempre la cosa giusta. Non conosceva i Black,
nonostante tutto quello che lei gli aveva raccontato. Alla fine si era
rassegnata a passare gli ultimi due anni di scuola in una sorta di
arresti domiciliari, circondata a scuola da persone che non capivano le
sue scelte e a casa da familiari che non le volevano bene. Si sentiva
come un carcerato che sa la data esatta in cui finirà la sua
pena e che, adesso che è vicina, non sta più nella pelle
di riconquistare la libertà. Doveva cercare ogni giorno un
motivo anche piccolo piccolo che le desse la forza di non scappare via
all'improvviso e di resistere fino all'agognata indipendenza. Il
matrimonio di Bellatrix non aveva fatto altro che riacutizzare il
dissidio con i suoi ed era riuscita a non peggiorare la situazione
forte soltanto della promessa di Ted di materializzarsi fuori dei
cancelli di Lestrange Manor per portarla via dopo la cerimonia, mentre
tutta la famiglia sarebbe stata impegnata in futili convenevoli con i
vari invitati. Che la scoprissero, non le importava più nulla da
tempo.
***
Demetra Lestrange
stava cercando di sembrare a suo agio in quell'orribile abito verde
oliva con finiture argentate che le consuocere avevano scelto per le
due damigelle. Sapeva benissimo che Narcissa sarebbe stata molto meglio
di lei, non solo con quell'abito verde ma con qualunque cosa, e anche
Andromeda. Per questo aveva insistito tanto perché fossero le
due sorelle a fare le damigelle, ma, come aveva detto con affettata
convinzione la signora Black, lei era la sorella dello sposo e sarebbe
stato ingiusto privarla di una parte così importante nella
cerimonia. Non potendo dunque scampare al suo destino, cercava almeno
di sembrare il più possibile carina dato che sarebbe stato
presente al matrimonio anche un Serpeverde ben preciso.
La cerimonia e il successivo
banchetto più ballo fino a tarda notte si sarebbero svolti a
Lestrange Manor, la proprietà di famiglia in Wiltshire che
sorgeva sulla collina proprio di fronte a Malfoy Manor. La signora
Black e sua madre – più quest'ultima, per la
verità, che le aveva trasmesso uno spiccato talento
nell'organizzare le cose per gli altri – avevano organizzato
tutto con incredibile attenzione ai dettagli, dalle decorazioni in
stile molto Serpeverde della tenda dove si sarebbe svolta la cerimonia
alla perfetta coordinazione degli incantesimi che avrebbero fatto
comparire i tavoli per il banchetto, dal menù cui avrebbero
provveduto ben cinque elfi domestici alla scelta della musica e dei
posti per gli invitati. Alla fine della serata poi ai novelli sposi
sarebbero state consegnate le chiavi del Manor che sarebbe diventato la
loro residenza ufficiale. Era forse la residenza più bella fra
le proprietà dei Lestrange: luminosa, là sulla collina,
tutta decorata in pietra serena e marmi chiari, molto elegante. Per la
verità, le aveva dato un po' fastidio il fatto che alla
richiesta di Rodolphus della piena proprietà di quella villa suo
padre avesse detto subito di sì, così come aveva fatto
per una delle tre camere di famiglia alla Gringott. Chissà, se
presto si fosse sposato anche Rabastan a lei sarebbero rimaste le
briciole. Ma aveva preso provvedimenti: la settimana seguente il
matrimonio avrebbe mostrato ai genitori i risultati dei G.U.F.O., che
aveva tenuto nascosti resistendo alla tentazione di sventolarli a cena
la sera stessa, oltre alla lettera di encomio del professor Lumacorno
per il risultato conseguito – il migliore dell’anno corrente,
aveva scritto il professore – e suo padre già da tempo le
aveva promesso un regalo dopo gli esami. Si aggiunga una reputazione
ottima presso chiunque delle conoscenze dei suoi genitori che avrebbe
rinsaldato quel giorno stesso, mostrandosi impeccabile per tutto il
tempo che avesse dovuto, e avrebbe potuto formulare al padre la sua
richiesta: un contratto che le assicurasse al compimento dei
diciassette anni l’eredità della casa di Londra con tutti
i beni antichi raccolti dalla famiglia nei secoli e della camera
storica di famiglia alla Gringott. Qualche sciocco mago dal sangue
annacquato si sarebbe chiesto il perché della necessità
di tale contratto, ma quello che Demetra Lestrange avrebbe chiesto non
era un contratto qualsiasi, ma un contratto magico vincolante fin da
subito in virtù della sua stessa magia, di quelli che da sempre
si fanno nelle famiglie che contano. Con questo pensiero nel cuore,
Demetra Lestrange accolse i primi invitati.
***
Arrivata a
Lestrange Manor, Andromeda salutò Demetra che sembrava molto
rigida nel suo abito verde da damigella e riuscì a non abbassare
lo sguardo di fronte alla signora Lestrange che, ovviamente al corrente
delle sue posizioni in merito al sangue magico, non nascose una smorfia
di disprezzo, subito seguita da un cenno di compatimento per la signora
Black, colpita dalla sciagura di avere una figlia traditrice del
sangue.
Arrivavano gli invitati e prima
che fossero arrivati tutti per cominciare la cerimonia occorreva fare
un po' di conversazione, cosa che Andromeda avrebbe volentieri evitato.
“Perché sei triste, cugina?” fece all'improvviso il suo cuginetto Sirius.
“No, non sono triste!” mentì.
Lo aveva visto poco prima che
cercava di liberarsi il collo dal colletto rigido del vestito da
cerimonia che la zia Walburga aveva fatto mettere sia a lui che a
Regulus, tanto che sembravano due gemelli, con l'unica differenza che
Regulus non si lamentava del colletto ed era rimasto seduto dove la
madre gli aveva ordinato di sedere.
“Non è vero, si
vede che sei triste! Anch'io lo sarei se papà mi avesse detto
tutte quelle cose!” rispose il bambino serio.
“No, non è...” provò a ribattere Andromeda, ma le parole le rimasero in gola.
“So che non ti può
importare molto, ma io penso che tu abbia ragione a difendere il tuo
fidanzato! Se lo sposerai dopo la scuola penso che ci verrò
volentieri al matrimonio, anche con questo vestito di merda!”
disse Sirius con convinzione.
“Invece mi importa eccome! E sono tanto contenta che tu la pensi così!”
Andromeda aveva le lacrime agli
occhi, perché non si aspettava una simile manifestazione
d'affetto e perché questo non dimostrava altro che quanto fosse
crudele la sua famiglia, se i suoi sentimenti venivano in un certo
senso compresi da un bambino di nove anni e non dai suoi genitori.
“Sirius! Torna qui da tuo fratello!” urlò la zia pochi metri più in là.
Come se dovesse andare al
patibolo, Sirius si voltò per raggiungere controvoglia il
fratello. Andromeda li guardava da lontano, pochi minuti dopo vide
Sirius rispondere qualcosa a sua madre e lei mollargli un ceffone.
Sarebbe voluta intervenire, ma questo avrebbe rovinato il matrimonio
prima che cominciasse e non poteva permettersi passi falsi.
Sospirò.
Povero
Sirius, ancora non sa, ma presto, quando sarà a Hogwarts e
sperimenterà che c'è altro nel mondo oltre a Grimmauld
Place, capirà in che prigione gli è toccato nascere.
***
Dopo la cerimonia e
il banchetto erano cominciate le danze e, per i meno portati per il
ballo, le conversazioni più o meno serie sugli affari dentro al
Ministero e fuori. Demetra sapeva delle intenzioni di Andromeda e aveva
cercato fino all'ultimo di dissuaderla, ma senza risultato, com'era
prevedibile data la testardaggine dell'amica. Così non aveva
tentato di tenerla d'occhio più di quanto non avrebbe fatto
normalmente e si era concentrata sulle pubbliche relazioni
indispensabili per la riuscita del proprio piano. Era già sera
inoltrata ma, data la qualità del cibo e l'abbondanza e la
varietà degli alcolici, gli invitati avevano iniziato solo
allora ad andarsene. Per tutto il pomeriggio aveva tenuto impeccabili
conversazioni con tutti gli amici di suo padre, discutendo già
da strega adulta di affari e di politica, proprio come tutti si
aspettavano che facesse e forse anche meglio. Si era intrattenuta con
sua madre con i parenti di vario grado, dispensando gentilezze e
futilità in grado appropriato a ciascuno di loro, proprio come
sua madre si aspettava che facesse e forse anche meglio. Aveva in quel
momento terminato di salutare i cugini Rookwood e sua madre le aveva
concesso mezz'ora di tregua dato che anche lei aveva un mal di testa da
scoppiare e necessitava immediatamente di una Pozione Ricaricatesta,
che sarebbe andata a procurarsi a casa a Londra Smaterializzandosi con molta discrezione.
Per questo Demetra, dopo aver
accompagnato la madre dentro casa per Smaterializzarsi, si era seduta
ad un tavolino defilato per concedersi finalmente il meritato riposo e
un bicchierino di scotch. Ma i suoi progetti di riposo alcolico furono
subito interrotti da un preoccupato Nicholas Nott.
“Demetra! Cosa stai facendo?”
“Che il Tranello del Diavolo ti porti, Nicholas! Ora non posso più nemmeno ubriacarmi in pace?”
“Sto cercando Andromeda! È sparita! Dov'è?”
“Non lo so.”
Certo, come no.
“Come non lo sai? Siete sempre insieme! Tu sai dov'è!”
“No, non lo so. Sono
stata tutto il tempo con gli invitati e fino ad ora ero con i miei
cugini, l'ho persa di vista anch'io!”
“Ho capito” e fece dietrofront con stizza.
Subito dopo vide Narcissa
passare accanto al tavolo dove era seduta, mano nella mano con il
biondo Lucius Malfoy, ridacchiando e sbattendo le ciglia.
E
pensare che sembra così furbo e intelligente! E invece anche lui
è caduto nella trappola della Black più giovane!
Scuotendo il capo, Demetra bevve un altro sorso di scotch.
“Scusami.”
Demetra alzò gli occhi e vide un ragazzino, che subito riconobbe per il fratello minore del ragazzo che le interessava.
“Hai mica visto Narcissa?” chiese il ragazzino impettito.
Una volta Narcissa aveva
accennato al fatto che Yaxley piccolo era visibilmente innamorato di
lei e le faceva una corte tanto dichiarata quanto fastidiosa.
“Cosa ti fa credere che io l'abbia vista?” rispose mentre un ghigno perfido già le compariva in volto.
“Oh, io... Mi sembrava fosse venuta in qua, ma ho visto te qui e...”
“Sì, è
passata di qui per andare sul retro del giardino, da quella
parte” e indicò con la mano il giardino alle sue spalle.
“Oh, grazie!” fece lui tutto sorridente.
Ma Demetra non rinunciò a una punta di perfidia gratuita.
“Tuttavia, non credo che avrà voglia di parlare con te” e tornò al suo drink con fare teatrale.
Il ragazzino fece un'espressione sorpresa, ma si allontanò subito nella direzione che gli era stata indicata.
“Non dovresti essere così crudele col mio povero fratellino.”
Yaxley grande si era avvicinato
al tavolo e la stava guardando con la consueta espressione ironica con
cui era solito guardare chiunque. Demetra si sentì arrossire.
Molte volte, molto lucidamente, aveva ammesso che Yaxley non fosse
certo un bel ragazzo, come dicevano appunto le sorelle Black, eppure
quel ragazzo aveva un che di intelligenza malvagia che l'attraeva un
sacco. Ma aveva anche paura di mettersi in ridicolo, per cui aveva
ridotto al minimo il contatto visivo e verbale, limitandosi a pochi
scambi di sguardi e battute in sala comune e in biblioteca. Tuttavia,
stavolta Demetra non evitò il suo sguardo. Chissà, magari
l'alcol stava facendo il suo lavoro.
“Gli ho solo detto la verità. Quello che gli altri in genere non fanno.”
Yaxley parve ponderare una risposta, ma un bicchiere apparve sul tavolino appena si fu seduto.
“Funziona anche qui?” chiese con un leggero stupore.
Si riferiva al fatto che cibo e
bevande si materializzavano nei piatti e bicchieri dei convitati alla
loro richiesta, come a Hogwarts, grazie all'impiego di più elfi
domestici nelle cucine della proprietà.
“Certo che funziona anche qui” rispose Demetra con superiorità.
Yaxley lasciò che lo scotch comparisse anche nel suo bicchiere.
“Ah, quando si dice che i ricchi non si fanno mancare nulla!” commentò in maniera leggermente provocatoria.
Demetra non raccolse la provocazione.
“Nulla da dire, è
stato davvero il matrimonio del secolo! – continuò il
ragazzo – Anche se a questo punto non oso immaginare cos'altro
verrà organizzato per il tuo di matrimoni!”
“Niente, perché io non mi sposerò” rispose Demetra secca.
“E perché mai non dovresti?”
Demetra si voltò appena verso di lui.
“Perché nessuno mi sposerà per prendersi i miei galeoni.”
Yaxley sorrise appena.
“Sì, è comprensibile.”
Silenzio.
Demetra finì il suo scotch e indugiò un poco, aspettando che il bicchiere fosse riempito di nuovo.
Silenzio.
“Senti, che dici, facciamo come tutti gli altri, balliamo un po'?”
In condizioni normali Demetra
si sarebbe voltata di scatto con gli occhi sgranati in un'espressione
di assoluta incredulità, ma l'alcol stava effettivamente
svolgendo il suo lavoro, regalandole uno strano senso di indifferenza e
crescente malumore.
“No, io odio ballare. Come tutto quello che fanno tutti gli altri” rispose senza voltarsi.
Sempre in condizioni normali,
avrebbe percepito una nota di inusuale insicurezza nella domanda di
Yaxley, ma, si sa, l'alcol affievolisce certi dettagli e ne esalta
altri.
“Sì, anch'io. Allora, che dici, facciamo qualcos'altro? Tipo, ci esercitiamo…”
A farla voltare stavolta non fu il senso letterale della domanda, ma l'inequivocabile tono malizioso che l’accompagnava.
Guardò il ragazzo, che aspettava sornione seppure un po’ rigido una risposta dello stesso tono.
“Sì, facciamo qualcos'altro. Esercitiamoci” disse Demetra alzandosi e facendo strada verso la villa.
***
NdA:
finalmente è arrivato il matrimonio del secolo! Spero che non
sia stata una scelta sbagliata concentrarmi su Demetra e Andromeda,
lasciando da parte Bellatrix e la cerimonia in sé, in ogni caso
mi farebbe piacere ricevere un feedback! :)
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Capitolo 13 *** Con le piume e con le bacchette ***
13. con le piume e con le bacchette
XIII
Era il primo giorno del sesto anno a Hogwarts e per la prima volta
Andromeda passò il viaggio sull'Espresso da sola. Demetra era un
Prefetto e dunque aveva una carrozza riservata con gli altri Prefetti,
ma fino all'anno prima c'erano state le sue sorelle con lei. Questa
volta invece era da sola: Bellatrix aveva finito il settimo anno in
giugno e Narcissa si era subito allontanata con Lucius e alcuni ragazzi
più grandi appena salite sul treno. In più, non si era
nemmeno preoccupata di cercare le altre compagne Serpeverde che
l'avrebbero guardata tutto il tempo con scherno, dal momento che la sua
storia con Ted era sulla bocca di tutti, e avrebbe finito per litigare
subito con qualcuna di loro e peggiorare la situazione. Così
sedette vicino al finestrino in uno scompartimento vuoto, decisa a
limitare al massimo i contatti con chiunque. Per ingannare il tempo, si
mise a leggere la Gazzetta del Profeta che si era portata con
sé. Da un po' di tempo, infatti, su consiglio di Ted, si era
abbonata al Profeta e ogni mattina leggeva il giornale per intero,
cercando di mantenersi informata su quello che accadeva fuori da casa e
da scuola, in particolare sugli sviluppi della lotta del Ministero
contro i Mangiamorte, come si facevano chiamare adesso i sostenitori
del Signore Oscuro. Nel corso dell'anno precedente gli attacchi dei
fedeli al Signore Oscuro contro Babbani indifesi e contro famiglie di
maghi noti per l'avversione alle Arti Oscure erano molto aumentati e il
clima nel mondo magico non era più tranquillo come era stato
fino a pochi anni prima. A lei, come a tutti i suoi compagni di scuola,
gran parte di questo clima era stata risparmiata perché Hogwarts
era un luogo sicuro, dove certe cose non sarebbero mai arrivate, mentre
fuori lo sgomento e il senso di precarietà iniziavano a farsi
strada con maggiore insistenza. Ogni giorno avvenivano incidenti
riconducibili ai crimini commessi dai Mangiamorte e nessuno poteva
dirsi davvero al sicuro. Le minacce di Bellatrix dei mesi passati non
erano solo parole cattive, ma corrispondevano ad una terribile
verità: i maghi Mezzosangue e i Nati Babbani erano davvero i
più a rischio di violenze e con loro anche tutti coloro che
prendessero apertamente posizione contro i Mangiamorte e
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, come avevano cominciato a chiamarlo
tutti, tanto il nome di quel mago così potente e crudele faceva
paura. Sul Profeta si rincorrevano cronache di omicidi e controffensive
del Ministero, che cercava di rassicurare la popolazione mostrando di
intervenire con decisione contro i criminali e di avere sotto controllo
la situazione. Eppure, nei discorsi del Ministro e dei massimi
esponenti del Ministero Andromeda avvertiva la sensazione che le cose
fossero tutt'altro che sotto controllo e che, al contrario, la
situazione sarebbe potuta precipitare da un momento all'altro.
***
Non solo Andromeda
pensava spesso a quello che succedeva fuori da Hogwarts: molti studenti
erano ben informati e preoccupati, non tanto per se stessi, quanto per
le proprie famiglie, come Andromeda ebbe modo di constatare parlando
con alcune ragazze Tassorosso con cui aveva mantenuto i rapporti. Molti
che erano all'ultimo anno si apprestavano a fare delle scelte che
avrebbero condizionato il loro futuro, esattamente come lei, e le
posizioni andavano dalla netta decisione di schierarsi contro
Colui-Che-Non-Deve-essere-Nominato a una più timida speranza di
non trovarsi troppo in difficoltà cercando di non essere
coinvolti nelle violenze. Ci furono fin dalle prime settimane anche
alcuni duelli fra studenti, perlopiù di Grifondoro e di
Serpeverde, con i primi che cercavano di far uscire allo scoperto i
Serpeverde che avevano senza alcun dubbio contatti diretti
all’esterno con i Mangiamorte ma che ovviamente avrebbero negato
fino all'ultimo e sostenuto l'assurdità di tale accusa formulata senza uno straccio di prova,
come aveva sostenuto Lucius Malfoy nella sua difesa di fronte al
professor Silente dopo un duello con Matthew Goldstein durante una
riunione dei Prefetti. A Serpeverde, infatti, al contrario delle altre
Case, regnava una tranquillità irreale, con la stragrande
maggioranza degli studenti che faceva di tutto per dare l'impressione
che fosse tutto come sempre. Soprattutto nei rapporti con gli altri
studenti, cercavano sempre di evitare certi argomenti, con il risultato
di poter validamente sostenere che i duelli e le accuse erano sempre
provocate dagli altri. Tutti nella sua Casa, notò Andromeda,
sembravano aver sottoscritto un accordo non verbale di assoluta
segretezza riguardo a compagni che erano in certa misura coinvolti
realmente con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e a fatti di cronaca
che non potevano certo essere smentiti. Di queste cose, infatti, veniva
parlato solo e soltanto in sala comune in piccoli gruppi dai quali
Andromeda era di solito esclusa, eccetto quando era in compagnia di
Demetra, che già dall'anno precedente sembrava godere di
un'accresciuta considerazione.
“Finalmente otterremo
quello che fino ad oggi è mancato: faremo fuori dal nostro mondo
tutti i Mezzosangue e i filo-Babbani!” disse Macnair concludendo
il suo folle discorso.
“Quello è
l'obiettivo, ma sembra che non tutti lo condividano con la tua stessa
passione, vero Parkinson?” fece Lucius Malfoy all'indirizzo di
Parkinson, che, imbarazzato, stava facendo finta di non seguire la
discussione.
“Beh, io... Una cosa
è certa, non possiamo mica dire certe cose davanti a tutti, o
finiremo tutti accusati e invece dobbiamo mantenere la discrezione!
È quello che ha detto anche Demetra!” disse Parkinson come
per cercare un appoggio autorevole ai suoi tentennamenti.
Con riluttanza, Demetra distolse lo sguardo da Trasfigurare l'Essenza e Animare l'Inanimato
e si schiarì la voce. I Serpeverde stavano aspettando che
rispondesse alla provocazione di Malfoy che involontariamente Parkinson
aveva rivolto su di lei. Anche Andromeda doveva ammettere che la sua
miglior amica non aveva mai fatto discorsi folli come gli altri
Serpeverde e non si lasciava andare ad offese gratuite verso i maghi
Mezzosangue: al contrario, aveva sempre difeso le sue scelte e la sua
libertà di stare con Ted di fronte alle sue sorelle; tuttavia,
non poteva certo negare che anche lei nutrisse un certo interesse per
quello che facevano i Mangiamorte, poiché da qualche tempo
parlava sempre più spesso di quello che facevano i suoi fratelli
e di che tipo di magia avanzata avessero imparato dal Signore Oscuro,
passando ormai buona parte del suo tempo a cercare di imparare
incantesimi oscuri dai libri della sezione proibita della biblioteca,
che grazie al professor Lumacorno aveva il permesso di visitare da
tempo. Per questo anche lei aspettava con interesse che Demetra
esponesse le sue idee per una volta in maniera meno elusiva.
“Quello che ho detto io
è diverso, Parkinson. Io ritengo che la necessità di
riordinare il nostro mondo con la separazione dai Mezzosangue con la
forza possa in certa misura rappresentare un fallimento della
precedente generazione di maghi purosangue. Intendo dire che, dal
momento che le famiglie di maghi purosangue sono inserite da secoli in
più livelli della classe dirigente del Ministero, avremmo dovuto
e dovremmo tuttora adoperarci per consolidare le prerogative dei maghi
dal sangue puro attraverso la via legislativa, per sancire cioè
con le leggi una reale e migliore posizione, cercando perciò di
non cadere nella tentazione della forza, e incorrere così nel
rischio di essere accusati di gravi crimini e quindi di rinforzare il
fronte di quella parte di opinione pubblica, molto larga peraltro, che
vorrebbe invece i Mezzosangue al governo.”
Le parole di Demetra furono accolte da mormorii di assenso e per un attimo nessuno sembrò voler ribattere.
Andromeda era disgustata.
Non che si aspettasse qualcosa
di molto diverso da quella lingua serpentina di Demetra, ma ogni volta
era sempre più difficile accettare che sì, era la sua
amica e l'aveva sempre difesa dalle cattiverie delle altre, ma al
contempo era perfettamente integrata nella cerchia di Serpeverde
purosangue e che non avrebbe mai messo in discussione la sua posizione
in pubblico. Andromeda sapeva che Demetra in fondo non era affatto
cattiva come stavano mostrando di essere gli altri e che non avrebbe
mai fatto gratuitamente del male a nessuno, né mago né
Babbano; sapeva di essere per lei davvero una vera amica,
checché pensassero tutti, e voleva che questo rimanesse vero
anche se lei ora aveva rotto con la sua famiglia e i suoi compagni dal
sangue puro, ma ogni giorno sembrava approfondirsi sempre di più
la loro distanza, perché, per quanto avessero cercato di
rimanere vicine, lei sarebbe sempre stata la traditrice del sangue e
Demetra non avrebbe mai rinnegato le idee della sua famiglia,
così, quando un giorno avrebbe dovuto scegliere davvero, avrebbe
scelto senza incertezza alcuna quello che la sua posizione richiedeva.
“Quello che dici è
condivisibile – intervenne mellifluo Lucius Malfoy – ma non
tieni conto del fatto che è impossibile da realizzare. Se anche
venissero approvate leggi più restrittive per i Mezzosangue,
presto avremmo folle di maghi a gridare alla rivoluzione e a pretendere
che siano abolite, senza considerare che purtroppo i Mezzosangue sono
numericamente superiori e, grazie a certi personaggi come Silente,
controllano buona parte dell'opinione pubblica. Per questo è
impossibile instaurare il nostro dominio con le piume e senza le bacchette
ed è necessario invece che ci riuniamo sotto la guida di un mago
potente come l'Oscuro Signore che cambi profondamente e con forza
l'ordine del nostro mondo.”
Altri mormorii di assenso, un po' più convinti.
I ragazzi sembravano aspettare
che Demetra dicesse qualcosa per confutare Malfoy, come accadeva di
solito, e desse il via a una squisita gara di oratoria come succedeva
spesso a metà di una discussione di gruppo, ma a prendere
inaspettatamente la parola fu Narcissa.
“Per quello che mi
riguarda, non so se sarò mai capace di affrontare a duello gli
Auror, ma se c'è qualcuno che si adopererà per cacciare
finalmente i Mezzosangue e impedire a certa gente di venire qui a
sporcare Hogwarts e tutto il nostro mondo, beh, allora avrà
tutto il mio sostegno!”
L'ardore con cui disse le ultime parole non lasciava dubbi su chi realmente avrebbe avuto tutto il suo sostegno.
E non solo quello,
pensò Demetra a cui sfuggì un sorrisetto malizioso,
mentre Narcissa raggiungeva Malfoy sul divano accoccolandoglisi accanto
con tanto di fusa da gattamorta.
“Ma vi sentite? Discutete
dell'opportunità di diventare dei delinquenti e di uccidere
persone innocenti! Sapete una cosa? Spero che vi prendano e vi mandino
tutti ad Azkaban!” disse Andromeda cogliendo tutti di sorpresa.
Demetra alzò gli occhi
al cielo, come se si aspettasse una reazione del genere, consapevole
dell'inutilità dei propri sforzi di tenere Andromeda fuori da
certe situazioni. Tutti si aspettavano che fossero lei o Malfoy a
ribattere qualcosa, ma Nott fu più veloce.
“Mi dispiace che tu
continui a mostrare tanta ostilità, Andromeda, ma è
chiaro che certe posizioni non sono più conciliabili e non puoi
certo pretendere di incontrare la nostra comprensione, né tanto
meno Demetra è tenuta a difenderti ogni volta.”
Un sorriso amaro comparve sul volto rigido di Demetra.
Nott aveva detto quello che
tutti pensavano da tempo ma che nessuno aveva mai detto così
esplicitamente e con così tanta freddezza.
“Infatti io so difendermi
da sola e non ho certo bisogno di comprensione!” ribatté
Andromeda senza guardare l'amica. Poi si alzò e, dopo aver
spedito in perfetto ordine libri e pergamene nella borsa con un solo
colpo di bacchetta, si spostò al tavolo più lontano della
sala comune.
***
La sera seguente
sarebbe potuta passare nello stesso modo, ma Demetra, forse sotto la
spinta di qualcosa di simile al senso di colpa, non si unì al
gruppo dei Serpeverde più grandi ma rimase con Andromeda ad un
tavolo più defilato a finire i compiti e parlare. Avevano finito
il tema di Difesa sui Dissennatori e da quello era iniziata una
discussione.
“Non mi dire che questa
roba ti affascina? Sono la cosa più terribile di cui abbiamo mai
parlato qui, a me fanno venire i brividi!” disse Andromeda.
“Certo che sono
terribili, però, guarda, da un punto di vista, come dire,
penale, ha senso che stiano ad Azkaban a sorvegliare i criminali
più violenti, nel senso che il terrore che suscitano fa parte
della pena oltre alla detenzione. E poi, prescindiamo da quanto
è terribile ciò che fanno, pensa a quanto è, come
dire, profonda la loro magia:
sono capaci di risvegliare nell'anima i peggiori ricordi di una
persona, senza un incantesimo diretto, ma è una magia intrinseca
alla loro natura! Pensa a quello che l'uomo potrebbe fare se riuscisse
a gestire una simile sorgente di magia, pensa all'uso di parti della
veste o di una fibra del corpo di un Dissennatore come elemento di una
pozione! Nella storia ci sono maghi che hanno tentato una cosa simile:
a fine Cinquecento un fabbricante di bacchette italiano riuscì a
creare una bacchetta con un tendine di un Dissennatore, anche se ne
pagò le conseguenze, ovviamente!”
“E la bacchetta che fine ha fatto?”
“Non si sa, perché
non ci sono notizie di qualcuno che l'abbia posseduta, certo è
che è una bacchetta per la quale ancora oggi molti maghi
ucciderebbero!” rispose Demetra con un sinistro bagliore negli
occhi che non sfuggì ad Andromeda.
“Te compresa?”
Demetra cambiò espressione, svanito l'entusiasmo iniziale.
“Certo che no! Io non sono un'assassina e mi offende che tu possa pensare una cosa del genere!”
“Io non ti voglio
offendere, ma ammetterai anche tu che ti interessano un certo tipo di
cose che a me non interessano. E poi con due fratelli Mangiamorte,
insomma, a volte penso che una volta fuori di qui, tu...”
Ma stavolta fu Demetra a scaldarsi.
“Che io diventerò
come loro, eh? È questo che pensi? Tu non sai nulla!” e
tirò fuori da sotto il mucchio di pergamene una copia del
Profeta.
“Guarda!” e le piazzò davanti proprio la prima pagina.
Due arresti e una vittima nell'ultimo scontro fra Auror e Mangiamorte
Lo scontro
è avvenuto poco lontano da Manchester, nella notte fra
giovedì e venerdì: dopo un lungo combattimento, gli Auror
hanno avuto la meglio e i due Mangiamorte catturati attendono ora ad
Azkaban l'inizio del processo, il primo a carico di affiliati a
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. “Siamo soddisfatti di questo
risultato e il fatto che presto si celebrerà un processo a
carico di questi criminali ci fa essere fiduciosi sulla capacità
del Ministero di riportare l'ordine nella comunità magica”
ha detto Bartemius Crouch, capo dell'Ufficio Auror.
Tutto l'articolo a pagina due.
Andromeda la guardò con aria interrogativa.
“Cosa credi? Che io
voglia diventare una criminale? Che io possa prendere in considerazione
l’idea di uccidere su ordine di qualcuno? No, no, mai. Non oso
pensare... I miei fratelli si stanno allontanando sempre di più
dalla famiglia. Se Rabastan e Rodolphus finissero ad Azkaban
papà morirebbe di dolore! – concluse rivolta più a
se stessa che ad Andromeda, gli occhi fissi sul tavolo – No, no,
mai.”
Andromeda guardò l'amica
più intensamente, ripensando a quanto erano cambiate le cose, ma
anche a quanto alcune di esse non fossero cambiate.
“Ho capito. Scusami. Ma
per me è tutto così complicato e non so più
cosa...” ma si interruppe vedendo che si stava dirigendo verso il
loro tavolo Corban Yaxley, il ragazzo che interessava a Demetra fin
dall’anno prima.
Yaxley non risparmiò ad Andromeda un cenno di puro disprezzo e si rivolse a Demetra.
“Non hai finito con i
compiti? Là si discute di creature su cui sperimentare
antiveleni e senza il tuo contributo non è certo la stessa
cosa!”
Andromeda si aspettava che la
sua ironia canzonatoria non sarebbe passata senza conseguenze, dato che
Demetra aveva sfoderato in passato un eccellente Sortilegio Soffocante
per molto meno, e che da lì a pochi secondi Yaxley si sarebbe
ritrovato letteralmente senza respiro sul pavimento, ma non fu
così. Demetra arrossì appena e, cosa decisamente
insolita, sembrò davvero senza parole.
“Abbiamo finito, ma
stavamo parlando di Dissennatori” disse alla fine in tono neutro,
evitando di guardarlo negli occhi.
Yaxley stava per rispondere qualcosa, ma Demetra fu presa dall'ispirazione.
“Stavamo ragionando su
come potrebbero essere usate parti di Dissennatore nelle Pozioni e
della famosa bacchetta con l'anima in tendine di Dissennatore che non
fu mai ritrovata dopo la dipartita del suo fabbricante. Chissà,
magari un giorno, seguendo la traccia giusta...” e lasciò
cadere il discorso con lo stesso bagliore sinistro che Andromeda aveva
scorto poco prima.
Andromeda fece in tempo a
notare la fugace espressione di Yaxley che tradiva la sua bramosia di
saperne di più. Da quello che sapeva Andromeda, anche Yaxley era
un tipo molto interessato alle Arti Oscure e stava benissimo insieme a
tutti gli altri odiosi Serpeverde, nonostante non facesse il gradasso
come Malfoy e compagnia bella; tuttavia non poteva certo vantare le
disponibilità economiche di Demetra, che dall'anno precedente si
era data al collezionismo di oggetti oscuri e già la passata
primavera aveva messo le mani su un corsetto stregato del diciottesimo
secolo che aveva suscitato un'invidia diffusa fra le ragazze Serpeverde
e persino fra alcuni ragazzi.
“Ah, quella bacchetta!
Che oggetto interessante! Appunto, un giorno, seguendo la traccia
giusta, chissà... In fondo, perché chiudersi e non aprirsi invece a nuove possibilità?”
Sembravano parlare per enigmi, pensò Andromeda, senza capire cosa volesse dire veramente il ragazzo.
Ma Demetra non sembrava intenzionata ad aggiungere nulla e Yaxley dovette battere in ritirata.
“Mi sono persa qualcosa?” domandò poco dopo Andromeda.
Da quello che sapeva, i due non si erano mai parlati fuori dell'ordinario né tanto meno erano mai usciti insieme.
“Ci siamo baciati al matrimonio” rispose Demetra in tono piatto, senza guardare l'amica negli occhi.
Andromeda non nascose un moto di sorpresa, ma non disse nulla.
“E non solo” aggiunse Demetra arrossendo molto più del solito e fissando intensamente il tavolo.
Andromeda restò a bocca aperta.
La sorpresa era tale da farla
sorvolare persino sull'assurdità del passare da parlare di
Dissennatori a chiacchierare di ragazzi.
“Beh, è...una novità! E...”
“Ma eravamo entrambi al secondo scotch, quindi non so se conta.”
Superata la sorpresa, Andromeda stava per commentare lo squallore dell'ultima affermazione.
“A giudicare da quanto ci siamo parlati di recente, direi di no” disse Demetra guardandola finalmente negli occhi.
“Beh, se ho ben capito... Ecco, allora sì, dovreste parlare e chiarire, insomma...”
“Ma neanche per idea! Non ho intenzione di cedere e dargliela vinta!”
“Non si tratta di cedere,
è che non si costruisce una relazione in questo modo… Non
sto giudicando il fatto che ad alcuni piaccia avere relazioni
occasionali, ma se a te importa è giusto che lui lo sappia e che
tu possa valutare il suo comportamento nei tuoi confronti senza
ambiguità da parte tua, senza scappare come stai facendo
adesso.”
Demetra sorrise, comprendendo quanto Andromeda volesse esserle d'aiuto nonostante tutto.
“Dromeda, tu hai ragione,
ma in questo caso la differenza è che non è come per te e
Ted. Assolutamente no. Lo sai anche tu che io non posso avere quello
che avete tu e Ted e devo difendermi a tutti i costi.”
***
In realtà,
Demetra pensava molto a quello che era successo al matrimonio e a
quello che aveva detto Andromeda e a quello che avrebbe voluto o dovuto
fare, ma non sapeva da dove cominciare.
“Comunque non è
giusto, perché io non posso ancora usare la bacchetta fuori da
scuola” aveva detto entrando a Lestrange Manor da un ingresso sul
retro.
“Per l’Occlumanzia non serve la bacchetta, o no?” aveva risposto lui.
Così avevano iniziato davvero a esercitarsi, ma presto la cosa era sfuggita di mano.
“Sei davvero brava, anche se comunque il vestito non fa schifo.”
Aveva provato a mollargli un pugno, senza successo.
Alla fine non era stato male,
anche se non all’altezza dei racconti osceni di Bellatrix sulla
propria vita intima. E lui sembrava improvvisamente meno sicuro di
sé, meno sfuggente e più normale.
“Sul serio, sai davvero
chiudere la mente. Non ho visto altro che paesaggi notturni e rumori di
gufi, molto confondente.”
“Non dirmi che hai provato a leggermi in testa proprio mentre… Sei proprio una testa di cazzo!”
Però poi era scoppiata a ridere, e anche lui.
Insomma, poteva essere tutto
meglio ma in fondo non era stato così male. Solo che dopo non si
erano più visti né sentiti e al rientro a Hogwarts lui
non aveva fatto nessun cenno di avvicinamento e si comportava come se
tutto fosse come l’anno prima, come sempre.
Forse aveva bisogno di un
consiglio diverso da quello di Andromeda, qualcuno che sapesse vedere
la cosa da una prospettiva più simile e suggerirle una
strategia. Aveva pensato così di chiedere consiglio a Nicholas,
risparmiandogli i dettagli ma marcando l’importanza
dell’opinione maschile, solo che Nicholas adesso stava con
Miranda Selwyn, la Prefetto Serpeverde del quinto anno, e le stava
praticamente sempre incollato. E dire che era stata lei
l’artefice del loro incontro ravvicinato, mettendoli sempre di
turno insieme quando i Prefetti dovevano pattugliare i corridoi e
sacrificando se stessa a fare i turni con Lucius.
Un pomeriggio in biblioteca
stava per avvicinarsi al loro tavolo e chiedergli se potevano parlare
qualche minuto da soli, ma vedendolo con gli occhi a pesce lesso
annuire a tutto quello che Miranda diceva non tentò nemmeno.
Si allontanò con la
borsa e pochi libri verso l’ala di Erbologia e Pozioni della
biblioteca fino a individuare un tavolo vuoto e considerò con
amarezza che magari in quei libri c’era la ricetta
dell’Elisir di Lunga Vita, ma di sicuro non c’era la
soluzione al suo dilemma, e anche i compiti di Lumacorno sembravano
beffarla, con quei quaranta centimetri di pergamena da scrivere
sull’Amortentia.
Verso l’ora di cena, proprio mentre si stava alzando per tornare in Sala Grande, comparve Yaxley.
“Cosa vuoi?” disse, sulla difensiva.
“Niente.”
“Non cercare di leggermi
in testa, è molto scorretto da parte tua” esclamò
d’impulso, senza riuscire a frenarsi.
“Non ci sto nemmeno provando adesso, perché so che non ci riuscirei.”
“Tu non ci riuscirai mai più” sibilò di rimando.
“Come vuoi. Pensavo ti
andasse di esercitarci altre volte, ma sembra che tu sappia solo
svicolare” ribatté lui.
“Io non svicolo un accidente! Sei tu che sei falso, sei tu che fai finta che…”
Ma Demetra sapeva che la
situazione stava precipitando, sentiva la propria voce incrinarsi e
istintivamente strinse la bacchetta nella mano.
“Prova a leggere adesso, Corban Yaxley” disse, non nascondendo più la bacchetta.
Ma quella volta lì lesse
eccome, anche senza la Legilimanzia, e quel bacio da perfettamente
sobri ne era una prova spettacolare.
***
Le vacanze di
Natale Andromeda le passò a Hogwarts, anche se Demetra aveva
cercato di convincerla a tornare a casa, per evitare di mostrare con
ulteriore evidenza quanto fosse profonda la rottura con la sua
famiglia. Ovviamente Demetra non capiva che per lei le apparenze non
contavano più nulla e non sarebbe certo stata più sola a
scuola che a casa, anzi, forse qualche ragazza di Tassorosso sarebbe
rimasta e di sicuro sarebbe stata una compagnia più piacevole.
Aveva deciso che sarebbe rimasta anche se fosse stata l'unica
studentessa di Hogwarts a rimanere nel castello per le vacanze: alla
fine, sarebbe stata l'occasione per passare qualche giorno senza
sentire di continuo le cattiverie delle compagne Serpeverde e senza
dover essere sempre pronta a rispondere ad attacchi e offese.
Così aveva fatto e non se ne era pentita: Ted era venuto un
sacco di volte a trovarla ed avevano potuto anche stare insieme
più del previsto, dal momento che, come le aveva detto
sorridendo il professor Silente quando era andata a chiedere il
permesso di allontanarsi dal castello, erano giorni di vacanza e gli
studenti non erano tenuti a permanere nel castello secondo gli orari
che vigevano durante i periodi di lezione. Il nuovo inizio delle
lezioni fu perciò più traumatico di quanto si aspettasse
e la sensazione di vita in gabbia tornò più acuta che
mai. A peggiorare la situazione ci si mise anche il professor
Lumacorno, che durante un giorno delle vacanze le disse che era
invitata alla prossima serata del suo club e che questa volta non le
avrebbe permesso di declinare l'invito. In passato Andromeda aveva
spesso disertato le serate del professore adducendo stanchezza e
improbabili maldipancia, dato che non le andava affatto di sottoporsi
ad altre occasioni pubbliche in cui avrebbe dovuto mantenere la calma e
non cedere all'istinto di schiantare chiunque alludesse anche solo
velatamente alla sua storia con Ted. Per la verità, le prime
volte che era stata invitata si era sentita onorata di essere
considerata fra gli studenti più interessanti e meritevoli, ma
alla lunga aveva cominciato a considerare le serate del professore
decisamente noiose e fin troppo simili ai ricevimenti formali che
organizzava d'estate la mamma di Demetra. Si aspettava poi che, una
volta scoperto che stava con Ted e che per questo aveva rotto con la
sua famiglia, il professore avrebbe smesso di invitarla, giudicando il
suo comportamento scandaloso, come facevano tutti gli altri Serpeverde.
Il professor Lumacorno, invece, non aveva smesso di invitarla e nemmeno
non frequentare più le sue lezioni dato che aveva ottenuto solo
Accettabile al G.U.F.O. in Pozioni aveva fatto desistere l'insegnante.
Di persona, quel giorno di inizio gennaio, le disse addirittura che la
sua determinazione e la coerenza delle sue scelte avevano molto da
insegnare a moltissimi studenti. Sul momento era rimasta senza parole:
non riusciva a capire come quello che lei aveva deciso potesse
interessare al professore, ma il fatto che qualcuno dopo tanto tempo le
avesse detto qualcosa di simile ad un complimento le fece lo stesso
piacere e per questo decise che, sebbene non entusiasta, quella volta
avrebbe accettato l'invito, se non altro per non passare da maleducata.
Anche Demetra aveva approvato la sua decisione, anche fin troppo, dato
che cercava di convincerla ad esserne anche entusiasta, rammentando
quanta gente conoscesse il professor Lumacorno e quanto avere un
rapporto di stima con lui potesse esserle d'aiuto anche in futuro,
fuori da Hogwarts, visto che non poteva più contare sulla sua
famiglia. Se non fosse stata la sua miglior amica praticamente dalla
nascita, avrebbe pensato che Demetra era solo una cinica calcolatrice
senza un minimo di sentimenti e di senso della giustizia, ma la
conosceva troppo bene e sapeva dare il giusto peso a tutte le sue
affermazioni. Demetra era davvero l'unica persona del suo mondo che non
le aveva voltato le spalle e questo significava molto per lei. Poi,
essere entusiasti per le serate di Lumacorno era un altro discorso.
***
Per il sollievo di
Andromeda, la serata del professor Lumacorno era filata liscia, anche
più di quanto si aspettasse, poiché nessuno la
importunò con discorsi a sproposito o domande indiscrete sulle
sue scelte personali. Fu educata e cortese col professore ma si
guardò bene dal mettersi troppo in vista, restando quasi tutto
il tempo con alcune ragazze e ragazzi delle altre Case a parlare di
cose che certamente Lumacorno non avrebbe giudicato molto intelligenti
e interessanti, ma almeno aveva riso un po' e si era quasi rilassata
davvero, cosa che non accadeva più da molto tempo se non c'era
Ted con lei. Ciliegina sulla torta, anche quel rompiscatole di Nott si
era tenuto alla larga da lei, forse perché aveva addirittura
un'accompagnatrice. La serata non aveva nemmeno alimentato le
chiacchiere su di lei, visto che anche nei giorni successivi
poté sperimentare la piacevole sensazione di essere finalmente
lasciata in pace.
L'unico cambiamento, per
così dire, sgradevole, fu che, a quanto pareva, Demetra aveva
chiarito con Yaxley e ora, in teoria, stavano insieme. La novità
era sgradevole per Andromeda perché i due si comportavano come
se non stessero insieme, come facevano tutte le altre coppie note della
sua Casa, tranne la sera in sala comune, quando, ad un’ora in cui
avevano già finito i compiti del giorno ed era il caso di
pensare di andare a letto, puntualmente Yaxley arrivava e si sedeva
accanto a Demetra, al tavolo dove era anche lei.
“Cosa vuoi?” chiedeva Demetra ogni volta.
“Niente” rispondeva
lui, appoggiando la mano ossuta sul ginocchio di lei e significando
tutt’altro che “niente”.
La prima volta Andromeda si era
alzata di scatto, inorridita e sorpresa, e aveva tolto il disturbo,
senza voler sapere cosa si sarebbero detti in seguito, e così
aveva continuato a fare tutte le sere che la scena si ripeteva. Non
aveva chiesto nulla all’amica esplicitamente e da quel poco che
aveva carpito dalle compagne di dormitorio i due un po’ parlavano
e un po’ si esercitavano con incantesimi non verbali l’uno
sull’altro, di Legilimanzia probabilmente, e Narcissa aveva detto
che però non si erano mai baciati in pubblico. Andromeda non
sapeva spiegarsi perché, ma quei due insieme per lei emanavano
un che di oscuro e morboso che le faceva venire i brividi e che le
ricordò con disgusto certi racconti di Bellatrix su quello che
sapeva fare Rodolphus. Non erano normali, non erano come lei e Ted.
Quello che lei condivideva con Ted era quanto di più prezioso e
speciale ci potesse essere al mondo e spesso era difficile anche per
lei far capire agli altri cosa volesse dire. Una delle cose che
più erano importanti e più erano difficili da spiegare
era come con Ted si sentisse libera e serena, come con lui fosse
davvero se stessa, nel senso non solo di non sentirsi in imbarazzo o in
difficoltà, ma proprio come se finalmente potesse abbassare
tutte le sue difese e lasciarsi andare. Stando insieme a Ted aveva
capito quanto fosse stata condizionata e impaurita durante tutta la sua
infanzia e i primi anni di scuola, quanto tutta la sicurezza e la calma
che credeva di avere fossero soltanto un'elaborata costruzione che la
sua famiglia le aveva insegnato a tener su senza porsi domande, senza
mai discuterne il merito e il valore reale. Tutto era da sempre deciso
e semplice: lei era una Black, destinata a essere considerata in un
certo modo e ad agire di conseguenza, secondo poche certezze
assiomatiche che non potevano essere messe in discussione. Ecco, Ted
era entrato nella sua vita e aveva infranto questo enorme castello di
certezze insensate e lei, invece di sentirsi sconvolta, distrutta e
persa, si era sentita improvvisamente libera e serena, in una maniera
così profonda e irrazionale che non sapeva spiegarsi. E ancora
di più si era sentita improvvisamente consapevole che non tutte
le cose stavano come le era sempre stato raccontato, ma, nonostante non
potesse negare di provare anche spavento all'idea, questo l'aveva anche
fatta sentire più forte, come se aver scoperto che tutto poteva
frantumarsi e precipitare le desse una marcia in più. A pensarci
bene, forse non si sentiva così sola e spaventata proprio
perché Ted le dava quello che nessuno avrebbe mai saputo darle:
l'amore e l'affetto di Ted non erano quello che aveva sempre visto
nella sua buona società magica, non erano l'abitudine e la
confidenza cortese fra i suoi genitori o la passione sguaiata e
irresponsabile di Bellatrix e Rodolphus, non erano le sceneggiate
sdolcinate degli adolescenti di Hogwarts che nemmeno sapevano cosa
c'era fuori o le affettate carinerie fra giovani Purosangue interessati
solo a concludere accordi d'affari e di prestigio con vantaggio di
entrambi, senza che oltre la bella superficie di felicità e
piacere ci fosse qualcosa di più profondo e più forte.
Fra lei e Ted c'era stato forse il cosiddetto colpo di fulmine, ma poi
erano stati loro a far sì che da un'iniziale interesse e
attrazione nascesse qualcosa di più, qualcosa di destinato a
funzionare nel tempo. Ted l'ascoltava quando gli raccontava di quanto
la sua famiglia la facesse soffrire e di quanto per lei fosse difficile
gestire tutti quei cambiamenti, le dava consigli sempre pieni di
ottimismo, le accarezzava i capelli con dolcezza quando lei non ce la
faceva più e scoppiava in lacrime, dato che solo con lui si
sentiva libera di lasciarsi andare anche alle lacrime. Ted era un
ragazzo più grande della sua età, a cui non interessavano
le sciocchezze che interessano a tutti i ragazzi, a lui non importava
niente se quando uscivano lei non era ben vestita come le altre ragazze
della sua età: Ted le diceva che era la cosa più bella
che gli fosse capitata e che a volte si stupiva che di stare con una
tale ragazza fosse capitato a lui. Chissà con quante insicurezze
si era dovuto confrontare Ted durante gli anni di scuola e con quanta
maturità aveva saputo superarle per diventare il ragazzo dolce e
generoso che a lei invece dava tanta sicurezza! Se qualche volta aveva
dubitato di se stessa, se qualche volta aveva pensato di non farcela ed
era stata tentata di riprendere la strada già tracciata per lei,
adesso non aveva più dubbi: era Ted la sua strada.
***
NdA:
eccomi qua ol nuovo capitolo, in cui in realtà non succede
granché, ma si parla molto: Andromeda pensa al futuro e a
Hogwarts la cronaca con le azioni dei Mangiamorte entra prepotentemente
nei pensieri degli studenti, soprattutto dei più grandi che si
apprestano a finire. Ma non mi dilungherò a parlare del
capitolo, quanto a ringraziare tutte coloro che hanno recensito:
BellaRiddle51, che non manca un capitolo,
Ginevra1988, che mi ha inondato
di recensioni negli ultmi giorni e che sta scrivendo una FF molto bella
e delicata su uno dei momenti meno ben caratterizzati nel fandom,
quello del periodo immediatamente dopo la battaglia di Hogwarts, "A passi incerti", passateci!
inzaghina, con le sue recensioni attente e gentili
Circe, che mi ha dato un grosso incoraggiamento e che è un'esperta di Bellatrix e Voldemort, passate dalla sua pagina!
Grazie ancora a tutt* coloro che leggeranno!
|
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Capitolo 14 *** Direzioni diverse ***
14. direzioni diverse
XIV
Arrivò la fine di febbraio e con essa una nuova prova per gli
studenti del sesto anno: le date delle prove d'esame di
Materializzazione. Durante tutto il mese di dicembre e di gennaio si
erano svolte le ore di lezione per gli studenti e ora era giunto il
momento di sostenere l'esame. Andromeda non era particolarmente
preoccupata: aveva seguito tutte le lezioni, si era esercitata a dovere
– anche con Ted, a Hogsmeade, di nascosto – e confidava nel
fatto che se ce l'avevano fatta tutti i diciassettenni prima di lei non
c'era ragione per cui lei non dovesse farcela.
Chi invece era molto
preoccupata, come al solito quando si trattava di esami, era Demetra,
che sembrava aver sviluppato una sorta di avversione verso gli
esaminatori della Materializzazione, visto che durante le esercitazioni
riusciva a eseguire tutte le prove quando gli istruttori non erano nei
paraggi, ma andava nel pallone quando si avvicinavano troppo alla sua
postazione, con il risultato che per ben tre volte era finita addosso
ad altri compagni con suo sommo fastidio.
“Devi darmi un consiglio
su una cosa” esordì una sera Demetra rivolta a Yaxley dopo
che Andromeda si fu alzata.
“Sentiamo.”
“Temo di non passare
l’esame di Materializzazione. Nel senso, io so già
materializzarmi benissimo, ma quando i maledetti esaminatori si
avvicinano sbaglio qualcosa. È particolarmente irritante
perché io non ho mai e dico mai toppato ad un esame.”
“C’è sempre
una prima volta per tutto – ridacchiò lui, guadagnandosi
una leggera pedata sotto il tavolo – Però non saprei cosa
dirti, se non che devi convincerti da sola che lo passerai, dato che
sai già materializzarti e la presenza dell’esaminatore
è solo un ostacolo formale. Ma se non ne sei convinta tu,
è inutile.”
“Ma un sabato che siamo a
Hogsmeade non potrei fare qualche prova con te? Andromeda si è
esercitata con Tonks di nascosto…” suggerì,
arrossendo appena.
“Se hai voglia di
infrangere qualche regola basta dirlo! Sai cosa facciamo sabato, ci
materializziamo a Edimburgo, da me, così ti faccio vedere
qualche posto interessante.”
Demetra a volte trovava i
regolamenti di Hogwarts un po’ opprimenti, ma non si sarebbe mai
sognata di infrangere le regole, fra cui quella di non allontanarsi da
Hogsmeade senza autorizzazione, così deliberatamente.
Yaxley parve intercettare la sua indecisione.
“Come non detto.”
“Cosa hai capito? Stavo
solo soppesando pro e contro, perché nessuno sappia nulla e
possa dirci nulla – ribatté lei dandosi un tono – Va
bene, sabato ci materializziamo a Edimburgo.”
***
Da diverso tempo
ormai Andromeda aveva rinunciato a saper qualcosa di più sulla
relazione fra Demetra e Yaxley, ma il sesto senso le diceva che quella
storia non portava nulla di buono e solo dopo averci rimuginato qualche
sera giunse a dare un nome alla sua preoccupazione: era quel ragazzo,
più che i suoi fratelli già Mangiamorte o le continue
provocazioni e discussioni di Lucius e Nicholas, che avrebbe potuto far
pendere Demetra verso quel mondo oscuro, perché Andromeda sapeva
che Demetra era fondamentalmente buona, sebbene ambiziosa e
determinata, ma anche che aveva sempre avuto un segreto e mai risolto
complesso di inferiorità nei confronti dei fratelli. Magari
adesso Demetra non lo dava più a vedere, dopo i successi
scolastici e gli elogi e i regali ricevuti dal padre e tutta
l’autorevolezza di cui godeva a Serpeverde, ma dentro di lei
c’era ancora quel pungolo, Andromeda ne era certa, e quel Yaxley
con tutte le sua chiacchiere sul potere di dominare la mente e la brama
di andare a caccia di oggetti d’arte oscuri non potevano che
influenzare Demetra facendo leva proprio su quello che ancora aveva
dentro di sé. Andromeda ne aveva parlato una volta anche con
Ted, e sorprendentemente lui quella volta si era mostrato scettico,
sostenendo che se Demetra non diventava Mangiamorte tanto meglio,
ma anche che le parole avevano un peso e per lui era chiarissimo da che
parte stava la sua amica. Sulle prime Andromeda si era opposta alla
visione di Ted, ma a ben vedere Ted parlava così perché
non la conosceva personalmente e l’aveva sempre vista
dall’esterno, tale e quale a tutti i Serpeverde purosangue che si
comportavano allo stesso modo da sempre. No, pensava Andromeda, doveva
parlare lei sola con Demetra e cercare di metterla in guardia, senza
forzarla, ma anche cercando di fare appello alla sua bontà di
fondo e ragionevolezza.
Una sera decise di affrontare la questione di petto, appena prima che arrivasse Yaxley al tavolo.
“Quest’anno la
scuola è meno stancante direi, almeno non abbiamo esami da
delirio come anno scorso, abbiamo solo la Materializzazione!”
iniziò Andromeda, partendo da lontano.
“Sì, è
vero, le lezioni sono meno impegnative, ma un esame è sempre un
esame! E a me Materializzazione un po’ preoccupa.”
“Dai, Dem, sai
materializzarti senza problemi! Hai solo l’ansia da prestazione
come sempre, devi solo convincerti che ci riesci anche davanti agli
esaminatori.”
“Hai ragione, tra l’altro, è la stessa cosa che ha detto Corban.”
Perfetto, pensò Andromeda.
“Già, come sta andando? Se non sono indiscreta…”
“Oh, macché
indiscreta. No, tutto tranquillo, lui non è Ted ma
d’altronde io non sono te, quindi…” e fece spallucce
per far cadere il discorso.
Ma Andromeda non volle rinunciare, punta sul vivo.
“Cosa vorresti dire, scusa?”
“Oh, andiamo, lo sai, no?
Lui non è certo innamorato come Ted, ma almeno noi abbiamo
abbastanza in comune da poter fare qualcosa insieme. Per il futuro,
chissà, di sicuro io non mi metterò a fare bravate di
alcun genere, perché devo restare con le mani libere”
rispose Demetra scaldandosi un po’.
“E allora vorresti dire che io ho fatto una bravata quindi?” ribatté Andromeda sgranando gli occhi.
“Dai, non cercare di giustificarti, Dromeda, ormai…”
“Ah beh, certo io non ho nulla di cui giustificarmi!” la interruppe subito Andromeda.
“Lo sai benissimo di aver
montato su un casino per il tuo fidanzato e aver rotto con la tua
famiglia, che ti piaccia o no, certe cose non si riparano. Te
l’ho sempre detto, per il tuo bene, di fare attenzione,
eppure…”
“Ah quindi tu sostieni di esserti sempre preoccupata per me?”
“Non lo sostengo, è un fatto!”
“Dem, io lo so che tu mi
hai aiutato, ma a volte penso che tu abbia molto più prosciutto
sugli occhi e sulle orecchie di quanto vuoi far credere! E io mi
rifiuto di pensare che non ti stia accorgendo anche tu di che soggetto
è quello lì e cosa finirà per fare, come tutti
quegli altri!”
Demetra si infuriò.
“Ah, davvero? Allora, aprimi gli occhi, sentiamo!”
“Quello diventerà
un Mangiamorte come i tuoi fratelli! Non fate altro che studiare roba
oscura e tu non puoi far finta che nulla succeda là fuori!”
“So benissimo cosa succede là fuori!”
“E ti sta bene?”
“Non ho mai detto che mi sta bene!”
“Ma assecondi i discorsi di Lucius e tutti gli altri! Se non ti stanno bene, fai qualcosa!”
“Come al solito tu non
cogli le sfumature, Andromeda, e vedi tutto bianco o nero come i tuoi
amici Grifondoro e Tassorosso. Uccidere è sbagliato, ma non
venirmi a dire che il nostro stato di sangue non conta niente e tutti
quei Nati Babbani sono esattamente come noi!”
“No, infatti. Alcuni sono migliori” e si alzò, proprio mentre Yaxley si avvicinava.
***
La discussione con
Andromeda aveva lasciato Demetra in preda ad un’evidente
irritazione, ma era già giovedì e tutto sommato non fu
difficile far passare la giornata di venerdì, con la testa
rivolta al sabato, quando sarebbe finalmente uscita dal castello e per
la prima volta avrebbe addirittura disobbedito al regolamento che
imponeva di non allontanarsi da Hogsmeade.
Quando quella sera, il primo
sabato di marzo, Demetra rientrò in dormitorio per darsi una
sistemata prima di scendere a cena c’era solo Clementina Higgs
che si stava asciugando i ricci scuri facendo uscire aria calda dalla
bacchetta.
“State bene insieme, comunque” fece a un tratto la compagna Serpeverde.
“Grazie, Clem, la tua
opinione è importantissima a riguardo” ribatté
Demetra sarcastica, anche se era tornata di buon umore e tutto sommato
la battuta non le aveva dato fastidio.
“Invece non so Nicholas
cosa ci trovi in Miranda Selwyn – proseguì Clementina
Higgs – Cioè, in un certo senso lo so: lei è
praticamente come te, ma non è te e per lui è
sufficiente.”
Demetra si voltò verso la compagna, con interesse.
“Cosa vorresti dire?”
“Beh, lui aveva
un’infatuazione per Andromeda, ma dentro di sé è
sempre stato fedele a te, alla sua miglior amica, solo che non
l’ha mai ammesso con se stesso, e ora proietta su una persona dal
carattere simile il suo desiderio. Nulla di male, per carità, ma
avrebbe anche potuto guardarsi intorno e vedere che c’erano altre
che potevano renderlo felice.”
“Tu leggi troppo la posta del cuore del Settimanale delle Streghe, Clem.”
“Forse. Di sicuro una volta fuori di qui cercherò di farmi assumere al giornale, non vedo l’ora!”
“Di cosa non vedi l’ora?” chiese Andromeda, entrata improvvisamente in dormitorio.
“Di spiegare ai lettori quanto siano indegni i Nati Babbani, per esempio” rispose la Serpeverde con un ghigno.
Andromeda aveva già estratto la bacchetta, ma Demetra evocò uno scudo con un incantesimo non verbale fra le due.
“Clementina, fuori di qui prima che come Prefetto debba intervenire!”
La ragazza rise di gusto e uscì.
“Avresti dovuto lasciare
che la schiantassi – cominciò Andromeda – Anche se
ormai anche a te delle regole non importa più molto a quanto
pare.”
“Cosa vorresti
dire?” chiese Demetra, irrigidendosi e ritornando istantaneamente
alla discussione di poche sere prima.
“So cosa avete fatto
oggi. Vi siete smaterializzati fuori da Hogsmeade, contro tutti i tuoi
cari regolamenti. Potevi metterti nei guai! – cantilenò
Andromeda con lo stesso tono che di solito usava Demetra per
disapprovare il fatto che con Ted si allontanasse dal villaggio –
Le regole non sono a senso unico, anche se sembra che tu stia iniziando
a fare un sacco di eccezioni per i tuoi simili.”
Demetra era livida.
“Senti chi parla! Come
Prefetto ho sempre sorvolato sul fatto di sapere che ti allontanavi con
Tonks e ora tu sei qui a farmi la morale! Il mondo si capovolge! Sono
io che ti ho coperto e difeso decine e decine di volte dopo tutto
quello che hai combinato con quel Tonks, un po’ di
elasticità e di riconoscenza da parte tua sarebbe il
minimo!”
Demetra un po’ lo pensava
davvero, un po’ sapeva che era il tasto giusto da toccare per
colpire Andromeda, un po’ era solo arrabbiata anche per la sera
precedente.
“Certo. Adesso ho capito che tu sei come tutti gli altri, in fondo.”
Demetra non rispose nulla,
perché sapeva che le parole di Andromeda suonavano un po’
troppo vere per essere smentite con una battuta, così
infilò la porta e si diresse di corsa a cena.
***
Nei giorni seguenti
non si parlarono molto e presto divenne evidente anche agli altri
compagni Serpeverde che tra le due amiche per la pelle era successo
qualcosa, nonostante i ripetuti tentativi di Demetra di riavvicinarsi,
che però Andromeda aveva respinto, liquidando le intenzioni
dell’amica come un mero tentativo di salvare le apparenze, privo
di sincerità.
Demetra sapeva che Andromeda
non aveva tutti i torti: salvare le apparenze era necessario, ma non si
trattava solo di quello, perché lei voleva davvero avere di
nuovo Andromeda dalla sua parte e l’orgoglio dell’amica non
faceva che peggiorare la situazione.
Alla fine, dopo qualche
settimana, Andromeda non si faceva più scrupoli nel sedere
accanto alle compagne delle altre Case durante le lezioni in comune e
Demetra doveva accontentarsi della compagnia di Nicholas durante le
lezioni e di quella di Yaxley la sera in sala comune, il quale sembrava
trovare la situazione molto divertente.
Erano usciti altre volte,
smaterializzandosi da Hogsmeade, come avevano saputo che molti altri
facevano, e andavano ogni volta a Edimburgo, a volte in un pub del
quartiere magico della città, a volte proprio a casa di lui.
La prima volta Yaxley aveva
ironizzato abbondantemente sul fatto che casa sua non fosse grande e
ricca e nobiliare come la casa dei Lestrange a Londra o il pallido e
maestoso Manor dei Malfoy. In effetti, la dimora della famiglia Yaxley
era tutta costruita in verticale e si sviluppava tutta in una torretta
antica del centro storico della città, con l’entrata
nascosta ai Babbani su di una parete coperta di edera in un rudere
privo di insegne per i turisti. Nell’insieme l’ambiente era
caldo e accogliente, ma le stanze erano strette e di gran lunga lontane
dagli ampi spazi e dai soffitti alti in cui Demetra aveva sempre
vissuto.
“Lo so cosa stai pensando, anche senza Legilimanzia. Tu non ti abbasseresti mai a venire a vivere qui.”
Demetra arrossì appena.
“Che ne sai?
Finché non me lo chiedi non saprai la risposta – rispose
senza pensare troppo – Intanto potremmo unire le collezioni di
oggetti oscuri” continuò, avvicinandosi a uno strano
soprammobile, una sorta di calamaio da cui una piuma nera legata alla
base si intingeva da sola per poi scrivere sulla pergamena sottostante
parole in una lingua sconosciuta, che si cancellavano da sole
immediatamente.
“Mi sembra un’ottima idea.”
Poi non è che tutte le
volte parlassero molto, e in quelle occasioni Demetra cercava di
prendere spunto dai vecchi racconti di Bellatrix, con risultati alterni.
Insomma, alla fine le cose non
andavano così male: adesso aveva anche lei qualcuno, aveva
passato l’esame di Materializzazione e si godeva la sua posizione
di prestigio a scuola e fuori come mai le era capitato prima, compiuti
ormai diciassette anni, da strega adulta.
Solo che, ogni volta che ci
pensava, doveva ricacciare lontano il pensiero di Andromeda, il
pensiero che ormai la stesse perdendo o che l’avesse già
persa, e la frustrazione del sentirsi in colpa e non poter fare niente.
Arrivò la fine della
scuola, gli esami furono particolarmente facili e nessuna delle due
aggiunse nulla al momento di separarsi sul treno.
***
Il nove luglio 1970
ricorreva il primo anniversario del matrimonio di Bellatrix e Rodolphus
e la signora Lestrange, d’accordo con la consuocera, aveva
organizzato un ricevimento per le due famiglie e per le poche altre
famiglie purosangue ammesse alla loro compagnia.
C’era stato un pranzo
leggero e raffinato sotto i tendoni in tulle nel giardino di Lestrange
Manor e ora le due consuocere stavano commentando la possibilità
di avere presto dei nipotini, possibilità che Bellatrix aveva
liquidato senza troppa grazia dicendo che prima voleva lavorare alla
causa del Signore Oscuro.
Demetra si era presto
allontanata da quelle chiacchiere e aveva seguito il padre nelle
conversazioni con alcuni funzionari del Ministero. Uno in particolare
catturava la sua attenzione, per quello che diceva e per come lo
diceva: Bartemius Crouch, il capo dell’Ufficio Auror, che stava
affrontando da un anno circa il problema delle violenze causate dai
Mangiamorte. Non che a Demetra sfuggisse la contraddizione nella
presenza di Crouch in casa di Bellatrix e Rodolphus, ma la
verità era che nessuno poteva provare che chi era sospettato di
essere un affiliato a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato lo fosse
davvero, perché quelli che erano stati catturati fino ad allora
non avevano fatto nomi, o avevano fatto nomi che si erano rivelati
falsi, o addirittura alcuni si erano lasciati uccidere dagli Auror, di
cui si discuteva l’opportunità di poter usare
l’Anatema che Uccide sui criminali durante gli scontri. Suo padre
era membro del Wizengamot e diverse leggi degli anni recenti portavano
il suo nome, nel campo della regolamentazione delle creature magiche,
nel diritto privato fra maghi e nei rapporti coi Goblin della Gringott
– che pure non amavano molto suo padre, visto che la legge da lui
proposta e approvata solo in parte prevedeva la perdita del diritto dei
Goblin sull’oro di un mago e sui manufatti da loro fabbricati in
assenza di un erede umano diretto. Inoltre esercitava come avvocato e
si era trovato diverse volte a difendere maghi accusati di essere
sostenitori del Signore Oscuro, trovandosi spesso di fronte a Crouch,
che sosteneva l’accusa, dato che, pur essendo un Auror, aveva una
formazione in Magisprudenza e un credito tale al Ministero da
consentirgli di vestire anche quel ruolo. Nonostante ciò, suo
padre stimava Crouch e, per quel che poteva capire, anche Crouch
stimava suo padre, perché, come diceva, il fine ultimo era la
giustizia, discernere il vero dal falso, riportare l’equilibrio
laddove la prevaricazione di uno aveva causato una disuguaglianza. Su
una questione però erano in disaccordo: Crouch sosteneva la
necessità di autorizzare ufficialmente gli Auror a usare
l’Avada Kedavra sui Mangiamorte, suo padre era contrario
perché riteneva che in quanto espressione dello Stato gli Auror
non potevano fare proprio uno strumento il cui uso era punito dalla
legge stessa che dicevano di difendere. Demetra era d’accordo col
padre, sia nella sostanza dell’argomentazione, ma anche per una
ragione privata, sebbene né lei né suo padre
l’avrebbero mai ammesso: ad essere colpiti in uno scontro con gli
Auror potevano essere Rabastan e Rodolphus.
Una sera infatti c’era
stata un’accesa discussione fra i fratelli e suo padre, di cui
Demetra aveva origliato solo alcuni stralci, prima che l’elfa
Binky la scoprisse. Suo padre aveva detto che non aveva nulla in
contrario che i due si interessassero di magia oscura, per interesse
accademico, per accrescere la collezione di famiglia, come altri membri
in passato, e sapeva bene della frustrazione dei maghi purosangue,
ridotti numericamente a poche famiglie, schiacciati da
un’opinione pubblica e un Ministero chiaramente filo-Babbani, ma
fra quello e diventare assassini c’era un abisso che i due non
dovevano oltrepassare. Rabastan si era profuso in una difesa sperticata
del Signore Oscuro, l’unico che capiva, l’unico che aveva una visione e il potere per tramutarla in realtà,
mentre Rodolphus si era limitato a ricordare al padre che ormai erano
maghi adulti e sapevano cosa fare della loro vita. Poi si erano
entrambi smaterializzati a casa di Rodolphus, dove ormai viveva da
ospite fisso anche Rabastan, circostanza sulla quale Demetra aveva
sentito anche qualche pettegolezzo circa la natura della relazione di
Bellatrix con entrambi i fratelli. Ma la cosa più importante fu
che quella sera suo padre si chiuse nello studio ed eseguì un
complesso incantesimo che solo lui poteva eseguire in qualità di
capofamiglia e padrone della dimora che impediva ai fratelli la
materializzazione dentro le mura di casa senza che lui fosse avvertito
e li ammettesse. Era la prova che le cose si stavano mettendo male,
pensava Demetra, e ancora non sapeva tutto, probabilmente.
***
Il ricevimento
finì poco prima dell’ora di cena e tutti gli ospiti se ne
erano andati. Le consuocere rientrarono in casa e si salutarono con le
solite smancerie che Demetra aveva imparato a sopportare fin da
piccolissima, finché finalmente la signora Black, il marito e
Narcissa sparirono nel camino. Andromeda non era stata presente, sia
perché sua madre non avrebbe permesso a una traditrice del
sangue di rovinare la giornata, sia perché Andromeda non sarebbe
venuta nemmeno se trascinata a forza.
“Comunque, non te lo
avevo ancora detto, Demetra, ma hai fatto bene a prendere le distanze
da quella sciagurata – disse sua madre quando i Black se ne erano
andati e Bellatrix era già salita al piano di sopra – Con
discrezione, senza scenate, ma in maniera inequivocabile. Non si
può offendere il sangue così.”
Demetra sapeva cosa doveva
rispondere per far cadere lì la conversazione, teneva la mente
chiusa e tutto il resto, ma in quel momento un sussulto di ribellione
fu più forte di tutto.
“Andromeda ha preso una
strada da cui non si torna indietro, ha sputato in faccia a tutto
quello che la sua famiglia rappresenta e ha rinnegato il suo sangue, e
le conseguenze di ciò sono nell’ordine naturale delle cose
per me e per tutti, ma non rinnegherò mai il mio affetto per
lei, e se mi cercherà io per lei ci sarò.”
Sua madre la guardò con quello sguardo di sufficienza e alterigia che odiava tanto.
“Sei intelligente e
dotata come tuo padre, Demetra, ma sei ancora molto ingenua”
disse sprezzante, entrando nel camino prima di lei per tornare a Londra.
***
NdA:
ancora un capitolo dove non accade molto, ma si parla molto,
e finalmente le due amiche giungono allo scontro, anche se come
sempre è la coerente Andromeda a prendere l'iniziativa, mentre
Demetra è ancora combattuta fra quello che la lega all'amica e
quello che la lega al mondo purosangue da cui proviene... E ce ne
vorrà un po' prima che l'affetto privato che ha per Andromeda si
tramuti in una scelta di campo, ammesso che la nostra Serpeverde ne sia
capace.
Ho visto che il personaggio di Demetra ha riscosso l'interesse di chi ha recensito lo scorso capitolo, inzaghina, Ginevra1988 e Circe,
che colgo l'occasione di ringraziare di nuovo, oltre che invitare i
lettori silenziosi a passare sulle loro pagine!, per cui sono curiosa
del feedback su questo nuovo scontro fra le protagoniste.
Il titolo del capitolo, mi si perdoni l'hipsteria, è da una canzone del Teatro degli Orrori,
che non ci incastra granché con la storia, ma forse ci sta un
po' di più con la sensazione di inconciliabilità fra le
strade che due persone hanno preso, un po' per responsabilità
propria, un po' per colpa degli eventi, e la consapevolezza che le cose
potevano andare diversamente.
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Capitolo 15 *** Minacce, progetti e dubbi ***
15. minacce, progetti e dubbi
XV
“Siamo stati avventati a Leicester, due notti fa. Gli Auror erano
praticamente già sul posto e nel giro di pochissimo hanno
rimesso a posto il villaggio” commentò un mago con accento
irlandese.
“Si sono fatti beccare
perché non avete seguito le istruzioni e avete voluto fare di
testa vostra, come sempre.”
“Ehi, Lestrange numero
uno, sei troppo giovane per dirmi come si compie un massacro di
Mezzosangue coi fiocchi” ribatté un mago dal volto
butterato, con lo stesso accento.
“E tu non sei abbastanza vecchio da darmi ordini, Lepricauno numero due.”
Qualche risata catarrosa.
“Silenzio.”
La voce che aveva parlato era appena udibile lungo la tavolata, ma impose il silenzio in un istante.
“Non ho intenzione di
perdere tempo in una disamina tediosa di cosa ci ha portato al
fallimento due notti fa, perché il punto è uno solo ed
è che purtroppo gli Auror si stanno rivelando molto ben
addestrati e organizzati, oltre le nostre aspettative. Non sto
addossando la colpa di quello che è successo a nessuno di voi,
tuttavia… Ho notato anch’io che, effettivamente, i
più giovani fra voi non hanno mai fallito nelle missioni che ho
loro assegnato e si sono rivelati spesso molto più affidabili ed
efficienti dei più anziani del gruppo – nella pausa che
seguì, tutti trattennero il fiato, eccetto i fratelli Lestrange
e Bellatrix, esplicitamente compiaciuti – Questo è un
fatto. Tuttavia, le battaglie non si vincono soltanto con lo slancio
della giovinezza e occorre prendersi a volte del tempo, per maturare
esperienza strategica, in silenzio.”
Nessuno sapeva cosa l’Oscuro Signore volesse fare, ma tutti avevano capito che si stava preparando un cambio di piani.
“Nel volgere di pochi
anni, avremo nuove leve fresche di Hogwarts per la nostra causa,
giovani maghi dal sangue puro che hanno maturato proprio durante la
loro vita comunitaria a scuola la scelta di difendere il sangue e
nettare l’amata Hogwarts dagli indegni che la calpestano. Quelli
fra voi che dentro di sé sogghignano al pensiero che maghi e
streghe così giovani possano unirsi con successo a noi non
comprendono come la loro forza stia proprio nel fatto che essi hanno
deciso di sposare la causa proprio dentro le mura di Hogwarts, il luogo
da dove un giorno ripartirà la formazione per i maghi dal sangue
degno. Inutile dire quale esempio mirabile di ciò sia la nostra
Bellatrix.”
Bellatrix Lestrange sorrise compiaciuta e si azzardò a guardare il Signore Oscuro direttamente.
“Tali parole mi riempiono di gioia, mio signore. E non so se ne sono interamente degna.”
“Avrai tempo per
dimostrarlo ancora, non temere. Tornando alla questione della
controffensiva degli Auror, dobbiamo agire diversamente. Da oggi non ci
saranno più spedizioni punitive di gruppo, che se possono
portare grande risultato possono anche esporci in gran numero, ma
ognuno di voi, in coppia o in tre al massimo, si preoccuperà di
stanare singole famiglie di filo-Babbani e Babbani di accompagnamento,
dando il via a uno stillicidio di episodi a cui il Ministero non
saprà far fronte compattamente. Il capo Auror Crouch pensa e fa
agire i suoi uomini secondo lo schema degli scontri di massa, noi
colpiremo in maniera diffusa e capillare fino a far perdere loro il
controllo della situazione, finché lo stesso Crouch non si
renderà preda. Chi di voi riporterà il maggior numero di
successi avrà l’onore di levare la bacchetta contro il
capo Auror, assieme a me.”
***
Era il primo
settembre del 1970 e la Caposcuola Demetra Lestrange aveva appena
finito di dare istruzioni ai nuovi Prefetti, nella carrozza a loro
riservata dell’Espresso di Hogwarts appena partito. Era stata
un’estate abbastanza intensa. Aveva iniziato a studiare
Magisprudenza per conto proprio. Le notizie sugli scontri fra Auror e
Mangiamorte avevano iniziato a diradarsi, sempre da metà agosto,
e gli esponenti del Ministero, Crouch in primis, mostravano un cauto
ottimismo circa la distruzione dell’associazione criminale.
Tuttavia, non c’erano progressi nella ricerca al capo di tutto,
colui che si faceva chiamare Voldemort, e qualche giornalista, presto
allontanato dal Profeta, aveva cominciato a suggerire tra le righe che
in realtà il Ministero stesse cercando sottobanco un accordo con
i criminali per far cessare le violenze. In più, si rincorrevano
notizie di attacchi isolati e sparsi a famiglie Babbane e Mezzosangue
in tutto il paese, ma erano episodi scollegati l’uno
dall’altro e solo rare volte gli assassini erano stati catturati,
ma avevano negato fino all’ultimo un’affiliazione ai
Mangiamorte.
Demetra aveva sfruttato gli
episodi giudiziari per fare pratica forense, per il momento solo come
uditore, e non aveva trascurato gli altri esercizi, in primis quello di
padroneggiare sempre meglio la sua natura di Animagus. Sapeva che
c’era un registro a cui avrebbe dovuto iscriversi, ma fino ad
allora non aveva rivelato a nessuno questa sua capacità,
inizialmente per il gusto di avere un segreto che nessuno avrebbe
svelato, più tardi perché il sesto senso le suggeriva che
non era prudente che qualcuno lo sapesse. Si diceva che si sarebbe
registrata una volta sicura di saper ben gestire tale magia, ma dentro
di sé sapeva che non l’avrebbe fatto, nonostante questo in
effetti si configurasse come una disobbedienza alla legge. Ma la legge
si può interpretare in più modi, aveva letto da qualche
parte.
Arrivati a Hogwarts si
preoccupò come gli anni precedenti degli orari e dei turni dei
Prefetti e raggiunse presto dopo la cena il dormitorio. Il baule era
già lì, come sempre, quando un dettaglio del lucchetto
attirò la sua attenzione. Nello spazio fra i passanti del
lucchetto era stato inserito un pezzo di pergamena ripiegato alla
meglio.
“Incantum revelio!”
L’assenza di reazioni la indusse a prendere il biglietto e leggere.
Mi ha detto
un uccellino che in realtà mi vuoi ancora bene. Avrei voluto
scriverti subito, quest’estate dopo l’anniversario, ma ora
a casa sorvegliano la mia posta, e anche qui Narcissa mi tiene
d’occhio. Troviamo il modo di parlare, in un momento in cui anche
in dormitorio non c’è nessuno.
Demetra sorrise appena, gli occhi scuri vagamente lucidi.
Apprezzava l’importanza
che ora Andromeda dava alla discrezione e capì subito che se ora
addirittura i Black sorvegliavano la posta della figlia la situazione
era sul punto di precipitare, ma lei era Demetra Lestrange, la
Caposcuola, la più autorevole della sua Casa e sul suo nome
nessuno avrebbe osato critiche aperte.
Era il momento di passare dalle parole ai fatti.
Incenerì il biglietto e si diresse in sala comune, in cerca di Andromeda.
***
“So che te l’ho già chiesto, ma sei davvero sicura di restare qui, per tutte le vacanze?”
“Certo che sono sicura.
Hogwarts è di gran lunga meglio di Grimmauld Place per me
adesso, e nessuno può dirmi niente dato che ho già
diciassette anni da un bel pezzo – ripose Andromeda, aiutando
l’amica a sistemare il baule per le vacanze natalizie – Ted
e gli altri verranno a trovarmi e sarà il momento giusto anche
per cominciare a organizzare una sistemazione per dopo.”
“Già, per dopo.
Sappi che puoi contare sul mio aiuto: dall’anno scorso ho la
piena disponibilità della camera storica alla Gringott e mia
madre non può dire nulla su come impiego il denaro adesso, per
cui non esitare…”
“Dem, non ho intenzione di chiederti soldi, né ora né mai, e ti prego di non dirlo più.”
Andromeda sapeva che Demetra
voleva aiutarla veramente e anche quel continuo parlare di denaro non
nascondeva nessuna carità, ma un interesse sincero.
Parlarsi di nuovo dopo molti
mesi non era stato facile, ma quando d’estate aveva saputo,
tramite Narcissa a cui a sua volta aveva parlato Bellatrix, che Demetra
aveva difeso la loro amicizia davanti a sua madre, aveva sentito il
cuore riempirsi di gioia e il desiderio di far tornare indietro i mesi
e far tornare tutto come prima. Solo che a casa avevano cominciato a
sorvegliare la sua posta, convinti com’erano tutti nella loro
follia che se non avesse avuto più contatti con Ted prima o poi
si sarebbe rassegnata a rinunciare a lui e avrebbe cominciato a pensare
a qualcos’altro. Ricominciare la scuola era stato una
liberazione, perché significava quantomeno che nei fine
settimana avrebbe potuto vedere Ted liberamente, senza farsi seguire da
Narcissa o da nessun altro. Sapeva che smaterializzarsi dal villaggio
non solo era vietato dai regolamenti, ma anche pericoloso, vista la
situazione, ma aveva sempre avuto la sensazione che Silente stesso
sapesse che alcuni studenti maggiorenni, per ragioni diverse, a volte
si allontanavano e forse non era un caso che non le fosse mai arrivato
un richiamo da nessuno.
Così il primo settembre
era riuscita a lasciare il biglietto sul baule e Demetra non
l’aveva delusa. Una delle cose che più le aveva fatto
piacere era stato che Demetra non si faceva nessun problema a farsi
vedere con lei, esattamente come prima che si allontanassero, e, per la
prima volta in vita sua, sembrava fregarsene di quello che i compagni
bisbigliavano dietro. Una volta Parkinson le aveva addirittura detto
che era matta a stare ancora con una tale traditrice del sangue.
“Puoi ripeterlo?” gli aveva detto Demetra.
Parkinson aveva aperto bocca di nuovo ma si accorse con orrore di non riuscire più ad emettere suoni.
Non si era accorto della fattura non verbale con cui era stato colpito.
“Io sono una Lestrange e posso fare quello che voglio. Mentre tu, Parkinson, devi imparare a tacere.”
Andromeda non aveva trattenuto
un brivido. Ovviamente era contenta che Demetra fosse di nuovo dalla
sua parte, e quell’episodio aveva ammutolito tutte le chiacchiere
su di loro, ma quei metodi erano fin troppo simili a quelli che avrebbe
usato Bellatrix. Inoltre Demetra era molto cambiata nei mesi in cui non
si erano parlate, e non solo perché adesso non perdeva occasione
per vestirsi in maniera elegante, sempre in nero, da strega adulta,
come da sempre vedeva fare a sua madre e da anni faceva Bellatrix. Non
nascondeva di interessarsi di magia oscura, soprattutto di pozioni e
trasfigurazioni che potevano confondere e manipolare la mente in
maniera meno esplicita della Maledizione Imperius oppure simulare
luoghi e oggetti falsi nella percezione sensoriale del nemico. Stava
sempre con quel Yaxley e non si sarebbe stupita se presto si fosse
parlato di un fidanzamento ufficiale, anche se le volte che ne avevano
parlato Demetra aveva sempre escluso categoricamente la
possibilità di sposarsi.
A sposarsi invece ci avrebbe
pensato lei, quell’estate stessa. Con Ted avevano deciso
sull’onda del matrimonio durante l’estate precedente di
Molly Prewett, i cui fratelli Fabian e Gideon stavano ultimando con Ted
l’accademia per Auror ed erano impegnatissimi nella lotta contro
i Mangiamorte. Altri amici di Ted non erano Auror ma erano apertamente
contro i seguaci del Signore Oscuro e mostravano quello che Ted le
aveva detto tanto tempo prima: non tutti i purosangue sono dei fanatici
razzisti. Le prime volte alcuni erano stati un po’ diffidenti
verso di lei, a causa del nome che portava, ma presto la freddezza si
era tramutata in interesse e premura nei suoi confronti e adesso poteva
ben dire di aver trovato un’altra famiglia.
Quello che mancava erano i
dettagli pratici: trovare una sistemazione per lei e Ted una volta che
se ne fosse andata di casa, un posto tranquillo ma non troppo remoto,
con un po’ di spazio per fare una tranquilla festa di matrimonio
e poi, chissà, per allargare la famiglia.
Un finesettimana in cui era
potuta andare ad Hogsmeade Ted l’aveva portata a vedere quella
che secondo lui poteva essere la casa giusta, una piccola casa con un
giardino abbastanza grande, vicino alle abitazioni di altre famiglie
magiche, al limitare di un piccolo villaggio Babbano in Suffolk. Era
tutto un altro mondo rispetto a Grimmauld Place, ma con le dovute
modifiche poteva diventare davvero un bel posto per costruire il futuro.
“Allora, che ne dici? Ho
anche indagato un po’ sui vicini di casa, sai, in qualità
di Auror, e mi sembrano persone a posto” disse Ted.
“Non è male. È diverso, ecco, da come…”
“Da villa Black? Beh,
certo, ma potrai portare qui tutto quello che vuoi da casa tua,
arredare come più ti piace e rendere questo posto tuo come
più desideri. Io ti voglio vedere felice e farò di tutto
per far sì che tu lo sia.”
“Ted, non dire così! Io sono già felice quando sono con te!”
“Ma io so che tu stai
lasciando la tua famiglia per me, ci penso ogni giorno e so quanto
questo passo è difficile per te.”
“Lo so. Ma adesso non
parliamone più, parliamo della nostra nuova casa e delle piante
che pianteremo in giardino e di tutte le foto di noi che appenderemo
alle pareti!”
Si baciarono a lungo e poi
risero del fatto che nessuno dei due era stato in grado di evocare una
macchina fotografica per farsi una foto per immortalare quel momento.
Tornarono altre volte, nei
finesettimana, a sistemare casa, e Andromeda scoprì non solo di
essere molto dotata negli incantesimi domestici e di piccole
riparazioni, ma anche che Ted, con ottimi voti a scuola, promettente
Auror e con un ottimo senso dell’orientamento, non lo era per
niente, al punto che, al terzo vaso di terracotta rotto con spandimento
massivo di concime di drago, Andromeda aveva impedito a Ted di
aiutarla, tra le risate di entrambi.
“Non sapevo che tu fossi
così disadatto nei lavori domestici! Come fai a inseguire maghi
oscuri se inciampi in ogni vaso del giardino? Mi devo
preoccupare?” chiese Andromeda un pomeriggio tenendosi la pancia
dal ridere mentre Ted si rialzava tutto impolverato dopo
l’ennesimo incidente.
“Non è la stessa
cosa! Una cosa è il lavoro, una cosa è fuori! E comunque
le esercitazioni di pedinamento per me sono state un tormento!”
ribatté lui imbronciato.
Stesi sul letto, in mezzo al
disordine della camera ancora da sistemare, quel pomeriggio di aprile
già caldo e promettente, Andromeda pensava che nonostante tutto
la vita era proprio bella e che non aveva paura di dirlo, così
come non aveva paura del futuro.
“Non abbiamo ancora
deciso la data esatta per il matrimonio, però – disse ad
un certo punto Andromeda – Sai quando potremmo farlo: il nove
luglio.”
“Pensavo volessi fare a giugno. Perché il nove luglio?”
“Perché è
il giorno in cui si è sposata mia sorella. Ho odiato con tutta
me stessa quel giorno, ne ho un ricordo orribile, e adesso vorrei
trasformare quella data in una data felice. La notte io me ne
andrò di casa, verrò da te e la mattina ci sposeremo.
Faremo una piccola festa il pomeriggio e tutti si ricorderanno che il
nove luglio Andromeda Black ha sposato Ted Tonks. Sarebbe
perfetto.”
“E allora sarà perfetto, proprio così.”
***
“Ti vedo pensierosa, Demetra. Qualcosa non va? Sei già in pensiero per gli esami?” chiese Arminius Lestrange.
“Sì, gli esami,
insomma, sono i M.A.G.O., so che devo impegnarmi, solo che a volte sono
distratta… Penso a Rabastan e Rodolphus, penso che…
– Demetra fece una pausa, temendo di parlare di un argomento non
consentito – Insomma, ho come l’impressione che le cose fra
te e la mamma non stiano andando bene come un po’ di tempo
fa.”
“Sì, le cose non
stanno andando bene come un po’ di tempo fa, ma io cerco di fare
del mio meglio per non peggiorare la situazione. Non devi sentirti
assolutamente in colpa per questo, tu non c’entri niente e devi
essere orgogliosa di te stessa, perché io lo sono. Quanto ai
tuoi fratelli, beh, io personalmente avrei voluto che a suo tempo
scegliessero la strada nobile della tradizione della nostra famiglia,
come tu stai facendo… Ma hanno scelto di servire una causa
leggermente diversa, e io non posso fare nulla.”
Demetra si trattenne dal
cercare di abbracciare suo padre, poiché da tempo le era stato
insegnato a non manifestare così apertamente i suoi sentimenti,
ma il suo sorriso non lasciava dubbi.
Per il giorno di Pasqua,
quell’anno, sua madre aveva invitato a pranzo Rodolphus e
Bellatrix, circostanza che Demetra avrebbe volentieri evitato. Seduta
accanto a suo padre, dalla parte opposta di Bellatrix che continuava a
tessere le lodi del Signore Oscuro a sua madre, Demetra era quasi
riuscita ad estraniarsi dalla conversazione, notando che anche suo
padre sembrava fare lo stesso.
“Però non sento
ancora parlare di nipotini, Bellatrix – stava appunto dicendo sua
madre – Se Rabastan non si decide a trovare una brava strega
degna di lui, c’è il rischio che Demetra vi batta sul
tempo, se come mi dici ha davvero un amichetto.”
Demetra si volse subito verso
le due, con aria truce. I suoi non sapevano di Yaxley e non voleva
certo che arrivassero loro cose malevole e false da parte di Bellatrix.
“Con Corban Yaxley ci frequentiamo, ma non ho nessuna intenzione di sposarlo” ribatté subito.
“Yaxley? Sono scozzesi, mi sa che il nonno su a Edimburgo li conosce” commentò Rabastan, interessato.
“Non conta che tu non
vuoi sposarlo, ma che lui forse non vuole sposare te. Poverino, bisogna
capirlo, se lo facesse, con te diventerebbe il signor Lestrange, e non
tu la signora Yaxley” commentò sarcastico Rodolphus,
guadagnandosi le risate delle due donne.
Demetra era livida e dovette
impegnarsi molto per non permettere che tutte le finestre e tutta la
cristalleria della stanza esplodessero.
“Non so cosa pensi lui a
riguardo, ma il matrimonio è solo un errore e di sicuro non
sarò io a farlo” ribatté Demetra.
“Il matrimonio fra maghi
dal sangue puro non è mai un errore! Stavamo solo
scherzando!” disse sua madre risentita.
“Magari Demetra ha solo intuito che talvolta, nella vita, il matrimonio può essere un errore” intervenne suo padre, a voce bassa, ma riportando il silenzio fra i commensali.
“Vorresti dire allora che anche il nostro matrimonio è sbagliato?” disse Rodolphus, rigido.
“No, figliolo, quello fra
te e Bellatrix è di sicuro il matrimonio più azzeccato
che io e tua madre possiamo ricordare di aver mai visto” rispose
suo padre, guardando negli occhi la moglie, gelido.
Nessuno disse nient’altro e nel silenzio che era calato apparve il dessert preparato dall’elfa Binky.
Quella sera, dopo che i
fratelli e Bellatrix se ne furono andati, Demetra si trovò di
nuovo faccia a faccia con suo padre.
“Avrei voluto però sapere da te personalmente di questo ragazzo” disse in tono neutro.
Demetra si sentì in colpa e non riuscì a non abbassare lo sguardo.
“Come ho detto, con
Corban ci frequentiamo e non c’è nulla di ufficiale
all’orizzonte. Abbiamo interessi in comune, andiamo
d’accordo, ma, ripeto, non c’è un fidanzamento
ufficiale e tutte quelle robe lì all’orizzonte.
D'altronde, già sapevate che uscivo con qualcuno, ma proprio
perché non c’è nulla di ufficiale non ritenevo
fosse il caso di parlarne ulteriormente.”
Suo padre non disse nulla e lei si sentì in diritto di proseguire.
“Mi è stato fatto capire da tempo che io rappresento per tutti i miei coetanei purosangue soltanto un enorme sacco di galeoni
– disse citando parole testuali di sua madre – E non
farò l’errore di illudermi che qualcuno tenga a me solo
perché temo il disonore di rimanere sola.”
In quell’istante, un lampo d’ira parve passare sul volto si suo padre.
“Come ho fatto io.”
Demetra indietreggiò di un passo, mordendosi il labbro.
“Non volevo dire questo” ribatté subito.
“No, infatti l’ho
detto io. Tu non farai il mio stesso errore, o almeno, io te lo auguro.
Anche se, vedi, se io non l’avessi fatto, adesso non saremmo qui
a parlarne.”
Demetra non seppe cosa dire, ancora una volta.
“Pensaci su, ma pensaci con la tua testa. È la cosa più importante, sempre.”
***
NdA:
nuovo capitolo! Anche qua non succede molto, ma ho provato
intanto a immaginare una riunione di Mangiamorte, quando ancora una
parte consistente del gruppo era formata da maghi più "old"
rispetto a quelli che conosciamo e forse Voldemort stesso non era molto
certo della strategia migliore.
E poi Andromeda e Demetra si riavvicinano, ma la domanda è:
quanto durerà? Devo ammettere che non sono convintissima del
capitolo, perché in parte mi sembra un po' affrettato, e non so
se sono riuscita a rendere l'idea di una Demetra che pensa e si illude
di poter fare entrambe le cose, stare accanto alla sua amica e
continuare ad essere temuta e rispettata fra i compagni purosangue.
Attendo un feedback e ringrazio ancora tutt+ coloro che leggono e
recensiscono!
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Capitolo 16 *** L'altro matrimonio ***
16. l'altro matrimonio
XVI
Andromeda aveva preparato e ripassato nella sua testa tutti i passi
della sua fuga. Si era esercitata molto con l’incantesimo per
espandere lo spazio del baule in modo che contenesse tutto ciò
che aveva intenzione di portare con sé: i suoi abiti sia da
inverno che da estate, diversi libri, tutto quanto aveva avuto con
sé a Hogwarts. Ogni sera, dal rientro a casa dopo gli esami,
quando tutti dormivano, riprovava l’incantesimo e ripassava il
piano. Sapeva che le sue mosse erano sotto osservazione, poiché
non aveva mai nascosto l’intenzione di andarsene, ma aveva
cercato di confondere tutti quanti in casa proprio non facendo niente,
non dando l’impressione di voler partire subito, lasciando le
cose in disordine come sempre le era stato rimproverato che faceva.
Adesso l’ora era giunta: un paio d’ore prima
dell’alba del nove luglio 1971 si sarebbe alzata, vestita,
avrebbe raccolto tutto quanto nel baule con un colpo di bacchetta e
sarebbe uscita dalla porta principale, dall’ingresso di casa, per
raggiungere Ted che l’aspettava immediatamente fuori. In quella
notte chiara e senza un filo di vento, Andromeda pronta a partire si
guardò per l’ultima volta allo specchio, in
quell’antico specchio dalla cornice pesante che sempre aveva
avuto in camera, dono della prozia Cassiopea di tanti anni fa, e vide
la donna che era diventata. Una donna che stava consumando uno strappo
irreparabile con le sue radici, ma che sapeva di stare facendo la cosa
giusta, pronta ad assumersene tutti i rischi e le conseguenze.
Non c’era più tempo per fare le cose con molta discrezione.
***
Il matrimonio di Andromeda Black fu diverso da come chiunque, lei
compresa, se lo era immaginato. Dopo essersi materializzata con Ted
nella nuova casa, non aveva potuto trattenersi dallo scoppiare in un
pianto liberatorio.
“Iniziamo bene!” aveva detto Ted tenendola tra le braccia e accarezzandole dolcemente i capelli.
Poi si era ripresa ed avevano iniziato i preparativi.
Erano arrivati alcuni ex-compagni di Ted e alcune ragazze Tassorosso
del suo anno e insieme avevano sistemato un tendone nel giardino, un
bel tavolo col cibo che la madre di Ted aveva fatto arrivare per
l’occasione e poi Andromeda era salita in camera a prepararsi.
Era tutto molto strano, tutto diversissimo da come da bambina aveva
immaginato il suo matrimonio, ma anche tutto molto elettrizzante e
avventuroso. Aveva un abito semplice, poco costoso, che aveva comprato
durante una delle ultime uscite a Hogsmeade, nulla di paragonabile allo
sfarzo su misura che aveva visto due anni prima al matrimonio di
Bellatrix. I suoi unici gioielli erano i regali che aveva ricevuto per
i compleanni prima dei sedici anni e dai quali non si era sentita di
separarsi. Il giardino era addobbato in maniera altrettanto semplice e
doveva ricordarsi di ringraziare ancora una volta la mamma di Ted per
l’aiuto col cibo per gli ospiti. Anche gli ospiti erano pochi ma
buoni: i genitori di Ted, i suoi compagni di accademia Auror, alcuni
ex-compagni di scuola. Lei aveva invitato alcune compagne Tassorosso e
Demetra, ma non sapeva se la sua amica sarebbe venuta. Le aveva parlato
una delle ultime sere a scuola, subito dopo gli esami, dandole tutte le
spiegazioni per arrivare alla casa in Suffolk.
“Sarebbe importante che tu ci fossi” aveva detto, senza
tanti giri di parole, perché era la verità. Nonostante
tutto, Demetra, in fondo, era diversa da tutti gli altri compagni
purosangue, ma in quell’occasione aveva cercato di svicolare,
come faceva sempre più spesso.
“Potrei però risultare ospite sgradita a Ted e a tutti gli altri ospiti” aveva commentato.
“Non conta. Tu vieni per me, non per tutti gli altri che ci possono essere.”
Ma Demetra non le aveva risposto nulla e Andromeda sapeva che quello
era un momento decisivo, il momento in cui Demetra avrebbe dovuto
prendere una posizione e assumersene le conseguenze.
Verso mezzogiorno erano arrivati tutti, compreso l’officiante. La
cerimonia iniziò e fu tutto sommato molto veloce. Pochi secondi
prima di dirigersi all’altare, Andromeda si guardò
intorno.
Di Demetra nemmeno l’ombra, ma si impose di non far trasparire nulla sul suo volto.
Dopo la cerimonia tutti si avventarono sul cibo e lei e Ted iniziarono
il giro dei ringraziamenti e delle chiacchiere con gli ospiti. I
più festosi di tutti con loro furono Arthur e Molly Weasley, che
aspettava un bambino ed era a dir poco radiosa, molto più di
come la ricordasse a scuola.
Verso l’ora di cena, i più se ne stavano andando ed era il
momento di iniziare a mettere a posto, quando un fruscio al limitare
del giardino attirò la sua attenzione. Andromeda estrasse la
bacchetta e si avvicinò, ma vide soltanto un gufo spiccare il
volo con un topo nel becco.
“Mi dispiace essere arrivata un po’ tardi” disse la voce di Demetra alle sue spalle.
Andromeda si voltò di scatto.
“Tu? Ma quando sei arrivata?”
“Tardi, ti ho detto, ma non così tanto da perdermi il discorso dell’officiante Tipps.”
“No, tu non c’eri durante la funzione, ti ho cercata, ti avrei visto!”
“Oh, beh, ero nascosta bene in mezzo ai gufi che portavano
messaggi di auguri” ribatté Demetra col solito tono
brillante.
Andromeda rifletté un attimo su quella bizzarra risposta e
pensò che era soltanto una delle solite risposte sibilline che
l’amica tirava fuori quando non voleva davvero rispondere ad una
domanda, ma alla fine era venuta ed era quello che contava.
“Cosa ci fa lei qui?” intervenne Ted.
“Sono venuta al matrimonio della mia migliore amica, Tonks,
perché lei mi ha invitato – ribatté Demetra prima
che Andromeda potesse intervenire – E, come presentivo, questa
è l’accoglienza che mi aspettavo” concluse ironica.
“Dem, dopo tutto quello che è successo è naturale
che Ted e gli altri abbiano delle riserve, ma se qualcuno è
stato maleducato con te ha sbagliato, perché, come hai detto, tu
sei venuta per me” disse Andromeda, rivolta sia a lei che a Ted,
come a mettere un punto alla discussione.
Ted annuì e Demetra inarcò con superiorità le sopracciglia.
“Ho anche portato un regalino, una cosa utile – e
così dicendo tirò fuori dalle pieghe della veste un
piccolo scrigno, apparentemente senza chiave – Questo portagioie
è incantato affinché non solo possa contenere molti
più oggetti dello spazio che occupa, ma soprattutto
affinché solo il legittimo proprietario lo apra, con adeguati
sistemi di dissuasione per gli eventuali ladri.”
“Di sicuro è un oggetto oscuro, con sistemi di dissuasione
tutt’altro che leciti! Non terremo in casa una cosa del
genere!” disse Ted.
Demetra si decise a guardare Ted in faccia, per la prima volta, come a
considerare suo malgrado la sua presenza. Aveva sempre avuto questo
modo e ad Andromeda non era mai andato giù del tutto.
“Il regalo è per Andromeda, un pensiero per la protezione
del suo futuro e di chi lei deciderà che ne farà parte,
ed è lei che deciderà se accettarlo. Quanto
all’essere un oggetto oscuro, vorrei ricordare all’Auror
Tonks che si possono sostenere certe accuse solo se si ritiene di avere
le prove, altrimenti si incorre nel reato di diffamazione. Se non
sbaglio, i fondamenti del diritto penale sono al primo anno
dell’accademia” rispose Demetra gelida.
Ted stava per replicare, bacchetta alla mano, ma Andromeda intervenne.
“Ora basta – disse con durezza, rivolta a entrambi –
Io mi fido che Demetra non mi ha regalato un oggetto oscuro e Ted non
rimarcherà più cose che non sono vere.”
Demetra guardò Ted con aria di sfida, soddisfatta, e si diresse ad abbracciare l’amica.
Alla fine era venuta, si ripeté Andromeda, ed era quello che contava.
***
Demetra era stata a lungo combattuta se andare o meno al matrimonio di
Andromeda. Ovviamente dentro di sé voleva andare, voleva essere
presente a quello che per la sua migliore amica era un momento
importante, e dimostrarle di esserci, oltre le parole. Ma lo slancio
affettivo doveva sempre confrontarsi con le esigenze della
realtà: andare alla festa di Andromeda avrebbe significato agli
occhi di tutta la comunità purosangue, agli occhi di sua madre,
dei suoi fratelli, di Nicholas e di tutti gli altri tollerare,
accettare e in certa misura approvare la scelta deleteria di Andromeda,
ammettere insomma che una purosangue di rango come lei tutto sommato
considerava concepibile e praticabile mescolarsi così
strettamente con i Sanguesporco e i loro sostenitori filo-Babbani.
Magari agli occhi di molti interlocutori al Ministero non sarebbe stato
uno scandalo, forse addirittura una posizione interessante, ma presto i
filo-Babbani non sarebbero stati al governo in maniera così
netta, poi c’erano i discorsi ambigui e velati dei suoi fratelli
e di Bellatrix, ma anche di Nicholas e di Corban sul predominio che il
Signore Oscuro avrebbe instaurato presto e sulla posizione di coloro
che non avevano preso una posizione consona e infine, nonostante
l’affetto per Andromeda, lei stessa non immaginava possibile
decidere di condividere così tanto con un Nato Babbano. Il fatto
era che per Andromeda aveva sempre fatto un’eccezione,
sostenendola perché era sua amica, non perché stimasse
né Ted né nessuno dei suoi compagni filo-Babbani, anche
se non si sarebbe mai sognata di partecipare a quelle che i suoi
fratelli a suo tempo chiamavano “spedizioni punitive”
contro i Babbani.
Che fare quindi? Il pensiero la arrovellava così tanto che
trovava difficile anche concentrarsi sui testi di Magisprudenza che
stava studiando per prepararsi al suo primo dibattimento pubblico. Le
cose non possono essere o bianche o nere e basta, pensava. Doveva
esserci una via di mezzo, un modo per essere accanto ad Andromeda e
salvare le apparenze.
E infatti la via di mezzo c’era e Demetra la trovò pochi
giorni prima del fatidico nove luglio, una sera in cui era di nuovo
salita in terrazza ad esercitarsi come Animagus.
Poteva trasformarsi in civetta appena materializzatasi nei pressi della
nuova casa di Andromeda, assistere in forma di rapace a tutta la
cerimonia, senza dare nell’occhio, da un ramo di un albero del
giardino, e solo alla fine, quando gran parte degli invitati se ne
fossero andati, palesarsi all’amica e parlarle.
Così fece, infatti, e il suo piano andò più o meno
come aveva previsto. L’ultimo giorno di scuola Andromeda le aveva
spiegato come trovare il villaggio in Suffolk e quale era il punto di
ritrovo per le materializzazioni degli ospiti, in una vecchia cabina
elettrica ormai dismessa, al limitare dell’abitato.
“Binky, se qualcuno mi cerca, sono uscita e non tornerò prima di sera” disse all’elfa di casa.
“Dove vai? Oggi c’è l’anniversario a villa
Black in Galles” fece sua madre sorprendendola sulle scale.
“A farmi un giro” ribatté senza voltarsi.
“Col tuo amichetto scozzese?”
“Con Emmon e Sylla magari” e si smaterializzò.
Sua madre avrebbe scoperto poche ore dopo dalla madre di Andromeda cosa era successo.
A pensarci bene, Andromeda aveva avuto una grande idea ad andarsene di
casa e sposarsi proprio il giorno dell’anniversario di Bellatrix.
C’era un senso di vendetta agrodolce in quella scelta e Demetra
sentì di stare facendo la cosa giusta ad andare al matrimonio.
Una volta là, si era trasformata senza problemi e si era
appollaiata al limitare del giardino, mescolandosi a qualche altro gufo
che recava messaggi di auguri e qualche pacco regalo. Assisté
sonnacchiosamente alla cerimonia dell’officiante Tipps, un
vecchio impiegato amministrativo del Ministero, e scroccò un
po’ di cibo dai tavoli, nei momenti in cui nessuno guardava e in
cui nessuno avrebbe fatto caso ad una civetta che planava a caso sul
buffet.
A dire il vero era stato un po’ stancante aspettare che i
più se ne fossero andati, ma alla fine aveva trovato un momento
propizio per ritornare in forma umana e presentarsi. Andromeda sembrava
radiosa ed era una perfetta padrona di casa, nonostante dicesse di
odiare quelle formalità. Sembrava anche molto in confidenza con
gli amici di Ted, alcuni dei quali Demetra non conosceva nemmeno, e con
personaggi come i Weasley – che, se non aveva capito male,
aspettavano un figlio.
Si sarebbe diretta subito da Andromeda, che aveva tenuto d’occhio
tutto il tempo, ma una volta tornata in forma umana si era trovata di
fronte a due amici di Ted, che riconobbe come due Tassorosso di un anno
più grandi.
“Cosa ci fai qui, Lestrange?”
Demetra estrasse la bacchetta, istintivamente.
“Andromeda mi ha invitata, sono arrivata solo adesso. Volevo evitare certe compagnie inadeguate” rispose fredda.
“Non è possibile che Andromeda ti abbia voluto qui!”
“Tu non sai niente, Collins. E ora spostati, che devo salutare la sposa.”
Collins estrasse la bacchetta.
“Vuoi attaccarmi, Collins? Sei proprio sicuro? Colpire una
persona che ha appena abbassato la bacchetta? A chi credi che
crederanno ad un’udienza al Ministero…”
Collins strinse i denti e la lasciò passare.
Poi aveva trovato Andromeda e prima che potesse parlare in pace con lei
era arrivato Tonks. Così non riuscì a dirle tutto quello
che le voleva dire, tutte le parole che si era preparata, e dirle che
le dispiaceva che ora fosse tutto così difficile, ma Tonks si
era messo in mezzo e così le aveva lasciato il regalo, un
prezioso cofanetto appositamente stregato per proteggere ori e
documenti, un oggetto degno del sangue che tuttavia scorreva ancora
nelle vene di Andromeda, e se ne era andata, avviandosi a piedi verso
il punto dove smaterializzarsi.
Una volta a Londra, salì in terrazza e si trasformò
ancora. Fu una cosa istintiva, l’unico modo per impedire alle
lacrime di scorrere.
Pur in forma di rapace, con la coscienza lievemente annebbiata, Demetra
sentì distintamente una fitta di gelosia. Nonostante si fosse
ritrovata la famiglia contro, pochi galeoni in mano e un futuro
incerto, Andromeda camminava a testa alta, aveva accanto una persona
che l’amava, che non vedeva un sacco di galeoni, ma qualcuno per
cui valeva la pena sacrificarsi e con cui costruire qualcosa.
Checché ne dicessero Bellatrix e sua madre, era Andromeda che
aveva vinto la partita.
***
NdA: finalmente anche Andromeda
si sposa! Ho voluto immaginare un matrimonio il più possibile
lontano da quello chen potrebb essere un matrimonio "classico", con
grandi spese, abiti da festa e un mucchio di persona "invitate
perché bisogna", quanto piuttosto una festa casalinga ma molto
sentita e con le persone davvero importanti per gli sposi.
E ancora una volta Demetra cerca il compromesso: le dispiace per
l'amica, non vuole farsi vedere ma sa dentro di sé quale sia la
cosa giusta, ed è ancora dibattuta... ho visto che nelle
recensioni il suo personaggio sta interessando alquanto, quindi non
posso che esserne soddisfatta. spero di non deleudere le aspettative di
chi legge e leggerà a questo punto!
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Capitolo 17 *** Parole d'inverno ***
17. parole d'inverno
XVII
L’inverno del 1971 fu molto freddo. Cominciò a nevicare a
fine ottobre e ogni luogo abitato della comunità magica, anche
la popolosa e animata Diagon Alley, sembrava avvolto da
un’oscurità mai vista prima.
Demetra studiava intensamente Magisprudenza dai testi della biblioteca
di famiglia ed aveva sostenuto, uno dei primi giorni di dicembre, il
suo primo dibattimento pubblico al Ministero, su un banale caso di
furto di legname per scope da corsa, nel quale aveva tuttavia riportato
la vittoria per il suo cliente e che quindi le aveva dato una maggiore
dose di fiducia circa le sue capacità, guadagnandosi così
anche la sincera approvazione di suo padre.
Gli episodi criminosi riconducibili ai Mangiamorte sembravano di nuovo
intensificarsi, così come la risposta del Ministero con Crouch e
i suoi Auror e Demetra sapeva che prima o poi avrebbe potuto cimentarsi
anche in un caso simile in aula. L’attenzione al Ministero era
alta, ma aveva notato che in qualche modo in alcuni ambienti si stava
facendo spazio una nuova interpretazione del fenomeno: questo Signore
Oscuro era davvero un mago di grande potere, ma era pur sempre un uomo,
e uomini erano i suoi seguaci, uomini che credevano nella purezza del
sangue magico, essenzialmente, dicevano alcuni, una visione certamente
estremizzata e portata avanti con violenza, ma sulla quale si poteva in
qualche modo ragionare, e vedere se c’era spazio per un
ridimensionamento concorde del fenomeno. Magari adeguare la
legislazione alle esigenze di una parte della comunità che si
sentiva frustrata e minoritaria, punire le violenze, ma sostenere
coloro che collaboravano una volta catturati. Trattare, in una parola.
A questa corrente di pensiero aderivano alcuni che Demetra sapeva
legati al gruppo dei Mangiamorte, ma per il momento insospettabili agli
occhi di tutti al Ministero, come lo stesso Corban Yaxley, con cui
Demetra continuava a frequentarsi e che in quel momento sembrava
lanciato in una promettente carriera all’Ufficio per
l’Applicazione della Legge Magica, così come altri al
Ministero, soprattutto in posizioni di rilievo come Cornelius Caramell,
già membro di punta del Dipartimento delle Catastrofi e degli
Incidenti magici, alcuni membri del Wizengamot più giovani e
anche la direzione del Profeta, con gli editoriali del giovane
direttore Cuffe. Ad essere invece contrario e fermamente convinto della
necessità di una reazione dura e senza tentennamenti era il capo
Auror Bartemius Crouch e, fuori dal Ministero, più di ogni
altro, il Preside Albus Silente, colui che aveva messo fine,
personalmente, circa trent’anni prima, alle violenze del mago
oscuro svizzero Grindelwald, anch’egli sostenitore della purezza
del sangue e tristemente famoso in tutta l’Europa continentale.
Il Ministro, la tiepida e garbata Eugenia Jenkins, in carica già
da alcuni anni, sembrava oscillare continuamente fra le due posizioni,
avendo dato negli anni passati sostegno alla lotta ai maghi oscuri, ma
al momento appariva molto più disponibile a soluzioni diverse.
Demetra aveva a suo tempo avuto una certa ammirazione per il Ministro,
donna e senza marito e figli al seguito, e tuttavia aveva fatto sue le
parole che aveva a suo tempo sentito in casa, e cioè che la
Jenkins non avesse il sangue così puro come sarebbe stato
auspicabile, ma era di gran lunga meglio di quell’orribile Nato
Babbano del Ministro precedente, Nobby Leach.
Di queste cose e del loro futuro politico parlavano spesso con Yaxley quando uscivano insieme.
“Non oso immaginare quando ci troveremo in aula al Ministero, ma
da parti opposte, e succederà presto, se potrò discutere
un caso grave come il caso della settimana scorsa” disse Demetra
continuando a mescolare l’Acquaviola nel bicchiere, ad un tavolo
del pub magico Il Velo di Edimburgo.
“Ammetto che la cosa avrebbe i suoi lati divertenti, ma spero
proprio che non mi assegnino casi da dibattimento. Preferisco lavorare
ai documenti e alla stesura dei testi legislativi, o semmai essere
nelle commissioni giudicanti” rispose lui.
“Sei uscito da Hogwarts da solo un anno, non ti metteranno mai
nelle commissioni – ribatté Demetra, dandosi arie da
esperta – Per quanto tu sia bravo e tu sappia anche leggere oltre le parole dette, ne hai di strada da fare prima di salire ad una commissione.”
“Parli bene tu che non hai bisogno di lavorare e non hai nessuna
competizione da sostenere!” ribatté lui, tuttavia
divertito.
“Lo sanno tutti che non ho bisogno di lavorare, che
c’entra, ma questo non mi esenta dall’essere preparata e
presente – rispose subito Demetra, piccata – Se vuoi,
comunque, mio padre è in buoni rapporti con Crouch e anche con
il Ministro può avere un colloquio senza passare dalla
segreteria, quindi se vuoi una buona parola…” concluse
allusiva.
“No, non posso accettare un simile affronto alla mia
dignità! – ribatté lui fingendosi offeso –
Tutti direbbero che sono solo un raccomandato perché sto assieme
alla figlia dell’onorevole signor Lestrange!”
“E quando mai ti è importato qualcosa dell’opinione
altrui per i tuoi scopi? E comunque non ci sarebbe nessun conflitto di
interesse dimostrabile, non siamo mica sposati!”
“Basta con questa storia del matrimonio che tiri sempre fuori,
l’ho capito che tu non vuoi dover mantenere un marito con i tuoi
galeoni, non ci faccio certo affidamento.”
“È una proposta, Corban?” chiese Demetra, ironica, ma fino a un certo punto.
“Assolutamente no, perché non accetterei un rifiuto” rispose lui, senza scomporsi.
Demetra incassò la risposta, ma non aveva intenzione di lasciargli l’ultima parola.
“Facciamo così, tu diventa Ministro della Magia e ne riparliamo.”
***
Fuori nevicava già da un po’, ma in casa Tonks un bel
caminetto acceso e il profumo delle polpette di zucca tenevano lontani
freddo e oscurità.
Andromeda si era dovuta ricredere su se stessa e sulla propria
capacità di vivere da sola, lontano dall’agio e dalla
comodità in cui era cresciuta. Una delle cose che più la
preoccupavano all’inizio e di cui aveva parlato più spesso
con Ted era il timore di non essere capace di cucinare e gestire una
casa, dal momento che nessuno le aveva mai detto di fare o fatto fare
alcunché, perché tanto c’erano sempre gli elfi
domestici a sbrigare tutte le faccende. Ted ogni volta rideva e pensava
fosse una preoccupazione assurda, visto che durante le occasioni in cui
andavano a sistemare casa era lei quella capace di aggiustare e
sistemare tutto con la bacchetta, a differenza sua. Ma per Andromeda
era una cosa ben più seria: essere in grado di gestire la casa
era per lei la prova che le avrebbe dimostrato di essere davvero
indipendente e solo dopo qualche mese si era convinta che sì,
lei ce la faceva alla grande. Ted poi era sempre entusiasta dei suoi
esperimenti culinari, forse anche troppo, e dopo alcuni episodi estivi
con esplosione di pentole lei gli aveva proibito di aiutarla in cucina.
Adesso però c’era una nuova questione che le si affacciava
in testa sempre più spesso: avrebbe voluto fare qualcosa,
lavorare in qualche modo e contribuire economicamente. Ted aveva lo
stipendio del Ministero come Auror e facendo due conti era sufficiente
stare attenti alle spese superflue, considerando che la casa non era
costata molto – dato che ora nessuna famiglia magica voleva
più vivere troppo vicino ai Babbani visti gli episodi di
aggressioni. Non che le mancasse il tenore di vita di Grimmauld Place,
perché alla fine la differenza essenziale per le abitudini di
vita quotidiana era la mancanza di elfi domestici, e di certo non
sentiva la mancanza di tappeti e mobilio di pregio. Da sempre le donne
nella sua famiglia non lavoravano, così come in altre famiglie
purosangue, ma era dovuto al fatto che non ne avevano bisogno, mentre
gran parte delle sue coetanee dopo Hogwarts si erano messe in cerca di
un impiego. Ted le ripeteva ogni volta che il suo stipendio
ministeriale bastava per tutti e due al momento e lei si era chiesta se
per caso il suo desiderio di lavorare non nascondesse la paura
inconscia e inconfessabile di diventare povera. Magari, in fondo in
fondo, c’era anche quella paura, ma c’era anche
qualcos’altro: Ted faceva comunque un lavoro rischioso e gran
parte del sacrificio economico per la casa era sulle sue spalle, per
questo lei pensava che trovarsi un impiego poteva essere anche un modo
per aiutare Ted e, come dire, fare la sua parte.
Qualche volta la sera provava a tornare sulla questione.
“Sembri sempre così stanco! Possibile che tu debba fare tutti questi turni di guardia?”
“Sì, è possibilissimo, e non posso certo tirarmi
indietro – disse Ted afferrando una polpetta prima ancora di aver
finito la zuppa – Il corso in sé è finito e il
terzo anno devo fare gli stessi turni insieme ad un Auror già
abilitato. Se durante questo anno mi dimostro all’altezza,
avrò il distintivo e tutti gli incarichi uguali agli altri. Non
posso farmi vedere stanco, ecco.”
“Se solo potessi esserti d’aiuto in qualche modo…”
“Ma lo sei! Con queste polpette passa ogni stanchezza!”
“Dai, seriamente. A volte penso che avresti potuto scegliere un
mestiere meno gravoso, come Arthur Weasley, per esempio. Scommetto che
saresti stato anche più bravo di lui ad occuparti di manufatti
Babbani, dato che sai già tutto e al Ministero avrebbe fatto
comodo uno che sa le cose dei Babbani per esperienza, e non per
passatempo.”
“No ti prego, avere a che fare con manufatti Babbani sarebbe stato di una noia mortale!”
“Allora avresti potuto occuparti di creature magiche, di sicuro meno pericolose della caccia ai maghi oscuri!”
“Meno pericolose? – commentò Ted divertito –
Non so se Amos Diggory sarebbe d’accordo: la prima settimana di
lavoro all’Ufficio Regolamentazione e Controllo delle Creature
Magiche ha rimediato un ricovero al San Mungo durante
un’ispezione per violazione del regolamento
sull’allevamento sperimentale! Pensa, un tipo era riuscito ad
allevare delle iguane gigantesche capaci di emanare aria rovente con
l’alito e la temperatura…”
“Stiamo mangiando, Ted.”
“Ah, sì, in effetti il resto della storia è un
po’ schifoso! C’era Jeffrey di turno quella mattina, me lo
ha raccontato lui stesso dell’episodio. Comunque, per dire che un
altro lavoro al Ministero non sarebbe per forza meno pericoloso o
stancante! Anche Jeffrey è sommerso di turni, l’accademia
per Guaritori poi dura quattro anni, uno in più che per noi, e
deve anche dare degli esami teorici peggio dei M.A.G.O.!”
“Già, infatti solo un Tassorosso votato al sacrificio può scegliere Guarigione volontariamente!”
“Beh, anche Fred Burke ha scelto Guarigione, ed era a Serpeverde.
Però in effetti lui vuole fare ricerca sperimentale.”
“Mi ricordo di lui, mia sorella lo tormentava. E forse anche lui
ha avuto degli scontri a casa, vista la fama del negozio a Nocturn
Alley.”
“Sì, ecco, alla fine tutti hanno i loro problemi, i loro
crucci e stanchezze. Anche Theresa, che ora è stata presa come
riserva delle Holyhead Harpies, perché anche il Quidditch
professionista è impegnativo.”
“Certo, il Quidditch. Impegnativo ed edificante” commentò Andromeda con una punta di perfidia.
“Beh, dai, forse lei un po’ meno della media. Ma comunque, non sono io il martire della situazione!”
“Questo lo capisco, ma vedi, Ted, tu lavoro in sacco, la spesa
per la casa è stata praticamente tutta a carico tuo e io vorrei
darti una mano. Se io avessi un lavoro, magari non ti toglierei i turni
di guardia da fare, ma ti toglierei un po’ il pensiero di
risparmiare e stare attento a tutto.”
“Anche io ti capisco, Dromeda, ma credimi, è meglio
così, adesso, meglio che tu stia a casa. E non perché io
sono uno di quelli all’antica che non vogliono che le donne
lavorino, ci mancherebbe altro! Ma adesso tu saresti un bersaglio
là fuori, dopo quello che è successo, purtroppo anche per
il fatto che ti chiami Black…”
“No – lo interruppe lei – Adesso che siamo sposati mi
firmo Andromeda Tonks e nessuno oserà dire nulla al
riguardo!”
“Sì, ma credimi, per i più sei ancora Black e
dovresti ogni giorno stare sulla difensiva a schivare attacchi verbali,
commenti cattivi forse anche di peggio, coi tempi che
corrono…”
“Che follia!”
“Sì, è una follia, ma è quello che sta
succedendo a chi ha preso una posizione netta. E non è giusto
che tu ne sia colpita così, ma dobbiamo stare attenti. Di una
cosa però sono sicuro: quando avremo ripreso il controllo della
situazione e messo dentro quei pazzi, tu sarai libera di andare a
lavorare al Ministero e sbattergli in faccia quanto sei in gamba!”
Andromeda lo guardava, sorridendo, mentre le polpette ormai si stavano raffreddando.
“Perché sorridi? Per una volta che io sono serissimo!”
“Sai, credo che tu abbia detto esattamente quello che mi direbbe Demetra riguardo al lavoro!”
Ted assunse un’aria piccata, cercando di trovare le parole per
protestare all’idea di essere stato accomunato all’amica
antipatica.
“Beh, se ti ha detto così, almeno vuol dire che non è una stupida…” iniziò.
“Non mi ha detto queste parole, perché ormai non la sento da mesi, ma credo che sarebbe d’accordo.”
“Oh, non sapevo che alla fine aveste tagliato così i ponti…”
“Non so cosa le sia successo, a dire il vero. Le ho scritto
più volte, ma le lettere sono sempre rimaste senza risposta.
Ovviamente non può dire in giro che ci sentiamo, rovinerebbe la
sua reputazione e Demetra ha sempre dato una suprema importanza a
quello che la gente pensa di lei” considerò Andromeda,
amareggiata.
“Beh, è comunque una scelta, una posizione” ribatté Ted, rigido.
Certe cose sono dure a morire, pensò Andromeda.
“Dai, finiamo di mangiare che è già tutto freddo.”
***
Il giorno di Natale del 1971 nevicava e nessuno sembrava di buon umore
a Lestrange Manor, dove Demetra e i suoi genitori erano ospiti di
Rodolphus e Bellatrix. Mentre la signora Lestrange aveva fatto i
complimenti a Bellatrix per il rinnovo degli arredamenti e la
disciplina imposta agli elfi domestici, Demetra aveva seguito con lo
sguardo suo padre che a sua volta si guardava intorno, osservando ogni
angolo del salone senza tuttavia fare commenti. Quella che era stata la
caratteristica di quella villa, la sua luminosità e
l’ampia vista sulla campagna circostante, sembravano
letteralmente oscurate e annullate dalle modifiche apportate da
Bellatrix: pesanti tendaggi neri e verde scuro chiudevano le vetrate e
anche il pavimento in delicato marmo chiaro era nascosto da tappeti
scuri con decorazioni vagamente barbariche.
Durante il pranzo si era parlato perlopiù di cose frivole e
superficiali come coppie neoformate fra giovani maghi purosangue e
gossip su malattie imbarazzanti di personaggi del Ministero. Demetra e
suo padre avevano aperto bocca il minimo indispensabile, osservando
come i fratelli si tenessero volontariamente alla larga
dall’argomento Signore Oscuro. Demetra notò anche come
Bellatrix si stesse sforzando di non mandare al diavolo la suocera,
dato che di tutte quelle chiacchiere a lei non importava assolutamente
nulla e avrebbe volentieri raccontato le sue imprese a caccia di
Babbani, ma evidentemente l’ordine di Rodolphus era quello di non
parlare più di fronte a suo padre, con cui c’erano state
discussioni a riguardo proprio pochi mesi prima.
Dopo pranzo, il signor Lestrange disse che avrebbe fatto una breve
passeggiata fuori, per vedere le condizioni del giardino, nonostante la
neve, e invitò la moglie a seguirlo. Demetra vide sua madre
accettare malvolentieri e pensò che avrebbero discusso e
litigato ancora.
“Che rottura – iniziò Bellatrix, andando a sedersi
in braccio a Rodophus sulla poltrona più grande davanti al
caminetto – Potremmo star qua a ragionare di piani per cacciare i
Sanguesporco e invece non si può dire una parola!”
“Tesoro mio, non si può dire una parola perché mio
padre è pappa e ciccia con Crouch e per il momento non possiamo
farci nulla. Vedrai che quando saremo più numerosi e più
motivati, insieme a quelli che nei prossimi anni escono da Hogwarts,
rimetteremo al loro posto tutti quei filo-Babbani che pretendono di
governare” rispose Rodolphus.
“Giusto, i nuovi da Hogwarts – proseguì Bellatrix
– Abbiamo già Lucius e Parkinson, poi c’era Macnair,
anche se ha il cervello di un troll, e poi Cissy, ovviamente, e del suo
anno c’è un Selwyn e un Bulstrode, o no, mi sbaglio, sono
ancora più piccoli…”
“Sembra che stiate costruendo una squadra di Quidditch”
commentò Demetra, interrompendo la sessione di esercizi di
incantesimo di Appello senza bacchetta con Rabastan, che teneva in mano
una piccola pluffa e qualche piuma.
“Non avrai più tanta voglia di scherzare quando saremo al
potere e faremo in modo che la fedeltà al Signore Oscuro conti
qualcosa! Tu sei purosangue e abile, dovresti esserti già unita
a noi appena finita la scuola!” abbaiò Bellatrix.
“Hai ragione, ma purtroppo alla nostra sorellina mancano alcune
qualità fondamentali per unirsi a noi, tipo essere capace in
duello” rispose Rodolphus, sapendo di cogliere un punto dolente
per Demetra.
Ma Demetra sapeva esattamente cosa rispondere.
“Appunto, consapevole di non poter vincere a duello con gli Auror
con la bacchetta, devo puntare su altre strategie. Un ordine costituito
si rovescia non solo con la forza, ma anche lavorando
dall’interno, con le parole e la legge.”
“Salazar adorato, ragioni proprio come quella mezza calzetta del tuo amichetto scozzese. Anche lui non fa che dire che lavora dall’interno, lavora sulle menti del Ministero… Bah, per me è solo codardo.”
“Però finché il Signore Oscuro non fa obiezioni,
vuol dire che il suo lavoro va bene per lui e deve andare bene anche a
noi” rispose Rabastan.
Rodolphus annuì e Bellatrix non trattenne uno sbuffo di impazienza.
“Su, non ti alterare, tesoro mio” fece Rodolphus a Bellatrix, iniziando ad accarezzarla sul collo.
Poi iniziarono a toccarsi che neanche due ragazzini di sedici anni e Demetra alzò gli occhi al cielo.
“Hai la stessa espressione di mamma!” commentò Rabastan.
“Neanche per sogno!” rispose Demetra, scaraventandogli addosso la pluffa senza mani e senza bacchetta.
“Ben fatto!”
“Scusateci” borbottò Rodolphus e si smaterializzò con Bellatrix al piano di sopra.
“Comunque sono maleducati” ribadì Demetra dopo alcuni minuti di silenzio.
“Sì, è vero, sono maleducati, ma su una cosa
Bellatrix ha ragione. Dovresti unirti a noi e combattere i
Sanguesporco, non bighellonare al Ministero.”
“Rab, ma cosa dici? L’avete sempre detto tutti che non sono
abbastanza brava al duello, direi che posso fare qualcos’altro,
no?”
“Non è del tutto vero che non sei brava al duello: conosci
un sacco di incantesimi che i più non conoscono, pratichi
Occlumanzia e sei preparata sulle controfatture. Devi solo convincerti
di essere in grado, e saresti temibile tanto quanto Bellatrix”
rispose Rabastan.
Demetra sospirò. Sperava di non dover entrare
nell’argomento, ma ormai erano mesi che i suoi fratelli e
Bellatrix la tormentavano con questa storia che lei “non si
schierava con loro”.
“Anzi, c’è solo una differenza fra te adesso e tutti
noi. Quando Lui ti dirà di uccidere, devi essere in grado di
farlo, e intendo non solo conoscere la formula dell’Anatema che
Uccide. Per l’Avada Kedavra occorre non solo la maturità
della propria magia, perché appunto un ragazzino di quindici
anni difficilmente riuscirà ad annientare qualcuno, ma occorre
anche una volontà matura, ferma e irrevocabile, occorre lo
slancio oltre la barriera interiore che tutti abbiamo,
occorre…”
“Stai addestrando la nostra sorellina alla magia più
grande? – intervenne Rodolphus scendendo le scale, senza
Bellatrix – Temo che avrai una delusione: la nostra Demetra non
è in grado di uccidere.”
“Mettimi alla prova allora” rispose Demetra, d’impulso, e pentendosene subito.
“Detto fatto” ed evocò un gattino.
“Avanti.”
Demetra deglutì visibilmente.
Ovviamente non ci sarebbe riuscita. Poteva chiudere gli occhi e
concentrarsi, ma… Come una sciocca, il gattino le fece tornare
in mente il gatto di una delle sue compagne di dormitorio, Freya
Spavin, che la ragazza aveva portato con sé al primo anno ancora
piccolo ed era diventato una presenza fissa e coccolatissima della sala
comune e del dormitorio.
Si impose di chiudere la mente, più di sempre.
“È difficile, io amo i gatti, dai” disse soltanto, ad occhi bassi.
Rodolphus già rideva, scoprendo i denti come un lupo che sta per affondare il muso in una preda.
“Allora dimmi un animale che odi. Concentrati sull’odio, ti
aiuta” disse Rabastan facendo evanescere l’animale.
“Non mi piacciono i cani e i topi.”
Un cucciolo di beagle apparve sul tappeto.
“Devi volerlo, ma volerlo davvero, e non importarti del resto,
sennò non ci riuscirai mai – disse beffardo Rodoplhus
– Ed è vero che la prima volta è la più
difficile, perché senti come uno strappo, come un prima e un
dopo… Come la prima volta che fai sesso, più o
meno” concluse con un ghigno perfido.
“E una volta rotta la barriera, è un incantesimo qualunque” aggiunse Rabastan.
Demetra trasse un lungo respiro, estrasse la bacchetta e guardò il cagnolino.
Poteva anche tentare, tanto non ci sarebbe riuscita, che fosse
perché non era capace come dicevano i fratelli o meno. Una volta
dimostrato loro che avevano ragione forse l’avrebbero lasciata in
pace.
Restò alcuni secondi in contemplazione della bestia che intanto
si era messa ad annusare tutte le zampe della poltrona, secondi che
sembrarono durare un’eternità.
“Avada kedavra” disse alla fine Rodolphus, mettendo fine all’esplorazione del cucciolo.
“Come ti dicevo, Rab, nostra sorella non è in grado di uccidere.”
***
NdA:
anche in questo capitolo non c'è molta azione, ma ci immergiamo
in quella che sembra essere la vita di tutti i giorni dopo Hogwarts,
tra vita mondana e lavoro. La storia fra Demetra e Yaxley sembra
consolidarsi, ma cominciano a uscire anche allo scoperto le pressioni
dei nuovi Mangiamorte sulla giovane Lestrange, che come sempre, non
prende posizione.
In più, la scena di Andromeda e Ted è tutta dedicata alle
mie affezionate lettrici che volevano saperne di più sulla
quotidianità dei due novelli sposi e su dove erano andati a
finire gli amici Tassorosso di Ted.
Qualche nota sui personaggi: devo aver letto da qualche parte che il
corso per Auror duri tre anni, ma mi sono inventata di sana pianta la
cosa che il terzo anno sia solo pratico e di "presa di servizio" vera e
propria, così come che l'accademia di Guarigione ne duri quattro
(oh, d'altronde anche nel mondo magico la medicina è la scienza
più difficile, e menomale che loro non hanno ingegneria ^_^).
Poi Amos Diggory in HP4 è direttore dell'Ufficio per la
Regolamentazione delle creature magiche, quindi ho pensato che avesse
iniziato sin da subito la carriera lì, mentre Yaxley se non
sbaglio in HP7 è a capo del Dipartimento per l'applicazione
della legge magica, che rappresenta un po' il ministero degli interni e
della giustizia insieme nel mondo magico, quindi ho voluto immaginare
un giovane dipendente ambiziosissimo e arrivista in puro stile
Serpeverde. Per Caramell ho seguito invece il potterwiki, dove è
scritto che lui prima di diventare Ministro era a capo del Dipartimento
Catastrofi, per cui ho pensato che all'epoca di questa storia fosse per
il momento solo un dirigente di punta, ma non il capo; per Crouch
invece mi sono presa qualche libertà, trovando notizie discordi
nel wiki: per me lui da capo Auror poi diventa capo del dipartimento (e
capo Auror diventa Moody), ha l'autorità per essere un giudice
del Wizengamot e poi come sappiamo viene estromesso dopo la condanna
del figlio (ennesima parentesi, le trame politiche mi piacciono
alquanto e avrei idee vaganti alla House of Cards per questi
personaggi, ma per il momento è meglio che pensi a finire una
storia per volta...)
Insomma, attendo un feedback e intanto... Grazie a tutte voi che mi incoraggiate con le recensioni!!
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Capitolo 18 *** La magia immaginifica ***
18. la magia immaginifica
XVIII
Fu soltanto a primavera che Demetra riuscì a mettersi in contatto con Andromeda in maniera sicura.
La situazione si era in un
certo qual modo capovolta: adesso Andromeda non aveva più
nessuno che le tenesse sotto controllo la posta o che ne spiasse i
movimenti, mentre Demetra sapeva che sua madre raccontava ai fratelli e
a Bellatrix tutto quello che lei faceva o che pensava che stesse
facendo. Nessuno aveva saputo che lei era stata al matrimonio di
Andromeda e nessuno sapeva che era un Animagus, ma questo non bastava a
renderla tranquilla. Qualche volta aveva incrociato Andromeda a Diagon
Alley e ogni volta aveva dovuto far finta di niente, poiché
erano presenti anche altri occhi indiscreti, e sentiva la cosa come
davvero ingiusta e frustrante. Bisognava trovare un modo per comunicare
che nessuno potesse scoprire o controllare.
Esistevano all’epoca
alcuni esemplari di specchi gemelli stregati in modo che due persone
potessero vedersi attraverso di essi a distanza, mentre agli occhi di
un estraneo sarebbero sembrati solo due specchietti del tipo per il
trucco o addirittura una cornice per foto se uno lo teneva in casa. Una
coppia di specchi del genere apparteneva alla collezione di oggetti
antichi di casa Lestrange, ma Demetra sapeva che non poteva
semplicemente prenderli e usarli come propri, anche se formalmente
adesso era l’erede designata dei beni della casa di Londra,
perché sua madre l’avrebbe scoperto e riferito
immediatamente ai fratelli. Così aveva dovuto ingegnarsi per
riuscire a fare quello che tutti meno si sarebbero aspettati: usare la
posta via gufo. Naturalmente c’erano un sacco di incantesimi per
camuffare le lettere e farle sembrare qualcos’altro, ma erano
tutti incantesimi di media portata e potevano essere svelati da un
banale Incantum Revelio. No,
occorreva applicare una fattura di Confondimento e Distorsione
abbastanza potente da resistere ai tentativi di intrusione e abbastanza
selettiva da lasciare il contenuto accessibile a chi l’esecutore
indirizzava il messaggio. Per far ciò Demetra aveva spulciato e
studiato ancora vari libri di teoria degli incantesimi, incantesimi di
memoria, la stessa Occlumanzia e soprattutto fatture riguardanti
l’inganno e la manipolazione della percezione sensoriale, una
branca che era andata molto di moda nel diciassettesimo secolo e che
era stata infine etichettata come “potenzialmente oscura
nell’impiego”. Già in uno dei primi capitoli di La magia immaginifica aveva trovato qualcosa che poteva fare al caso suo.
L’esempio
più celebre dell’uso dei Sortilegi di Illusione
Persistente è tuttavia anteriore alla loro codifica e
standardizzazione teorica – così recitava pagina 129 del libro in questione
– poiché risale infatti al 1639 con il caso
Potts-Gramelius. Dalle testimonianze giudiziarie dell’epoca si
è ricostruito che il mago illusionista Quirinus Gramelius
applicò un potente Sortilegio Illusorio su una statua Babbana
dalle fattezze umane, rendendola agli occhi dei presenti capace di
muoversi, articolare brevi frasi e soprattutto eseguire gesti che
potevano essere scambiati a distanza per movimenti della bacchetta, il
tutto con le sembianze del rivale Micheal Potts, che si ritrovò
così ingiustamente accusato dell’ omicidio
dell’amante Martha La Pole da parte di numerosi testimoni
oculari, quando il vero assassino fu lo stesso Gramelius celato alla
vista dei testimoni. A nulla valsero le prove che Potts portò a
sua difesa, come il fatto che si trovasse altrove al momento del
delitto e soprattutto che la sua bacchetta, sottoposta ad un difficile Prior Incantatem,
non mostrasse tracce dell’Anatema Che Uccide, tanto forte fu la
convinzione dei testimoni oculari che giurarono e deposero anche sotto
l’effetto del Veritaserum che era stato proprio Potts a levare la
bacchetta contro la donna. Gramelius lasciò il Paese dopo aver
visto condannare Potts e fece mostra di sé e delle proprie
abilità in Europa continentale, facendo passare come banale
numero circense la sua dimostrazione che era possibile prendere una
statua Babbana raffigurante un cane e stregarla in modo da indurre
tutti gli astanti a credere che davanti ai loro occhi stesse
scodinzolando e abbaiando un cane in carne ed ossa. Molti studiosi del
tempo compresero subito le potenzialità oscure dei Sortilegi
praticati da Gramelius, ma fu solo dopo la sua morte che tali
incantesimi sono stati studiati e codificati in maniera più
seria, anche sulla scorta delle numerose e complesse pergamene di
appunti e studi che il mago lasciò. Nei secoli successivi le
varie comunità magiche hanno regolamentato l’uso e la
pratica di tali Sortilegi, fra i quali alcuni paesi quali Gran
Bretagna, Francia e Stati nordeuropei hanno leggi molto severe e altri
paesi quali la Libera Unione delle Comunità Italiane e in genere
tutte le comunità dell’Est Europa che invece li
regolamentano con un approccio meno restrittivo.
Dunque una strada poteva essere
quella di stregare una pergamena perché inducesse tutti coloro
che potevano leggerla a credere che vi fosse scritto qualcosa di non
sospetto, rivelando invece il vero contenuto solo al vero destinatario.
Qui occorreva però un altro tipo di incantesimo, qualcosa che
legasse e riconoscesse mittente e destinatario, pensò Demetra.
Poteva lavorare su delle modifiche all’Incanto Proteus, che a suo
tempo a scuola aveva ben padroneggiato ed eseguito anche al M.A.G.O. di
Incantesimi.
Mentre faceva tentativi con
pergamene e boccette di inchiostro e si scriveva appunti e correzioni,
Demetra pensava che anche la magia sperimentale sarebbe potuta essere
la sua strada. Era quello che facevano gli Spezzaincantesimi per la
Gringott: andare in giro in cerca di manufatti e cercare di
disinnescare antiche fatture poste a protezione degli oggetti o che
conferivano poteri pericolosi agli oggetti stessi, sperimentando e
provando ogni volta, forti del proprio bagaglio di conoscenze ottenuto
studiando, perché non a caso per fare lo Spezzaincantesimi
occorrevano voti molto alti nei M.A.G.O., ma anche con lo spirito
flessibile che serve quando ci si trova davanti a qualcosa che sui
libri non c’è. Ecco, forse riflettendo bene era quello che
affascinava Demetra del mondo oscuro dei suoi fratelli: il fatto che
potessero attingere a conoscenze magiche che seguivano percorsi solo in
parte battuti dagli studi teorici ufficiali, addentrandosi in una
materia magica più fluida e sfuggente, che rendeva speciali e
potenti coloro che ne sapevano fare uso e controllo. Da qualche parte
tanto tempo prima aveva letto in uno dei tanti libri che le erano
passati sotto il naso che nessun incantesimo è oscuro di per
sé, ma come lo si applica. Che il libro in questione fosse parte
della sezione proibita della biblioteca di Hogwarts e che per quello ci
fosse un motivo, non la scompose più di tanto. Forse, il
Ministero, l’ordine costituito e la ricerca ufficiale avevano
solo paura che maghi dotati ottenessero conoscenze e acquisissero
capacità fuori dell’ordinario e in virtù di esse
rovesciassero i maghi mediocri al governo. Non era forse quello il
punto, quello che tutti temevano in fondo del Signore Oscuro? Lui era
un mago straordinariamente dotato, più di qualunque mago apparso
agli onori della cronaca britannica nei due secoli precedenti, e aveva
una visione del mondo contraria a quella della maggioranza di maghi
mediocri e dal sangue annacquato al governo, che, semplicemente,
avevano capito che potevano essere spazzati via.
***
Quando quella sera
di metà marzo Andromeda vide un gufo dirigersi verso la finestra
di camera sua zigzagando come ubriaco, capì che quella che
portava non era una lettera qualunque.
“Incantum revelio!” provò subito, prima ancora di toccare la pergamena.
Il vecchio Emmon soffiò impermalosito, prima di individuare sul davanzale una ciotola mezza piena di becchime.
Dunque Demetra le scriveva, dopo tutto quel tempo.
Andromeda svolse i fogli, per
scoprire che uno era completamente bianco e l’altro riportava un
calendario di udienze del Wizengamot con tanto di timbro del Ministero.
Demetra, cosa vuoi dirmi?, pensò, aggrottando le ciglia.
Nell’istante in cui la
domanda prendeva forma, il calendario iniziò a cancellarsi sotto
i suoi occhi, mentre prendevano forma altre parole, con la grafia
dell’amica.
Cara Andromeda,
innanzitutto
spero che tu riesca a leggere queste righe e non solo il calendario
ministeriale. Infatti, sono dovuta ricorrere a incantesimi di
dissimulazione molto sofisticati e complessi per poterti scrivere,
perché ormai mia madre controlla ogni mia mossa e riferisce ai
miei fratelli e a tua sorella, che, come forse hai già
immaginato da sola, spingono perché mi unisca a loro e ai
Mangiamorte. Tu sei la sola a cui posso dire senza lasciare in sospeso
equivoci che ciò non avverrà mai.
Per il
resto, tuttavia, io non posso lamentarmi. Ho pensato spesso a te e
davvero non riesco a immaginarmi la tua vita adesso. Hai trovato
davvero quello che volevi? Come ti sei attrezzata per la vostra
sicurezza? Perché, anche se a te non piace sentirlo, il sangue
è il sangue, e il tuo potrebbe ancora fare la differenza.
In ultimo,
per la risposta usa la pergamena vuota che ti ho inviato insieme:
è stregata in modo che solo io possa vederla, allo stesso modo
dell’altra, e devi aspettare circa un minuto da quando hai finito
di scrivere per vederla trasformarsi. Se tutto va bene potrò
dire di essere riuscita nel mio primo incantesimo sperimentale di un
certo livello.
Un abbraccio,
Demetra
P.S. se riesci, fai in modo che Emmon non si abbuffi di mangime prima di ripartire
Andromeda rimase alcuni istanti in contemplazione del messaggio, rileggendo più volte.
In un certo senso, Demetra era
sempre la stessa. Glielo avrebbe anche scritto, si disse, prima di
voltarsi e vedere la ciotola vuota e il gufo Emmon che sonnecchiava
beato riverso sulla soglia.
***
A fine marzo 1972
nevicava ancora a giorni alterni e un cumulo di neve ostruiva la
nicchia in pietra che celava ai Babbani ma anche ai maghi inconsapevoli
l’ingresso di casa Lestrange. La neve era alta e le impronte ben
visibili, eppure nessun Babbano avrebbe notato le tracce pesanti
lasciate nella neve dai due maghi.
“Tanto non serve a niente, è solo una storia.”
“Se fosse solo una storia il Signore Oscuro non ci avrebbe chiesto di portarglielo.”
“Solo perché voi
lo avete convinto con tutti quei racconti. Io lo percepivo che anche
Lui in fondo era scettico.”
“E così tu
percepisci quello che Lui prova… Ma non farmi ridere! Il Signore
Oscuro vuole l’anello dell’erede di casa Lestrange, e noi
glielo offriremo.”
“Alla fine faremo la
figura dei coglioni, te lo dico io, e davanti a tutti gli altri.
Quell’anello non ha alcun potere, è solo un oggetto molto
antico che risale alle origini della famiglia. Papà ha sempre
detto che è l’unico oggetto non-magico della famiglia, che
ha solo un valore simbolico e spetta a chi continua la tradizione della
famiglia. Non vedo a Lui come possa servire!”
“E il valore simbolico non conta nulla per te? È forse proprio da quello che Lui può trarre forza.”
“Ma cosa gli importa a Lui del valore simbolico! Lui cerca il potere!”
“Di’ un po’,
Rab, stai discutendo un ordine del Signore Oscuro? O hai paura che
nostro padre reagisca male e non hai le palle di alzare la bacchetta su
di lui?”
Il fratello incassò e non rispose nulla.
“E comunque non ci
sarà bisogno di levare le bacchette, perché mamma
è dalla nostra parte e soprattutto noi non stiamo andando a
commettere un furto ma a formulare una richiesta, e cioè che
nostro padre decida chi è l’erede di casa Lestrange.”
“Facile, per papà l’erede è Demetra, e lo sai anche tu. Quindi, che hai intenzione di fare?”
“Non c’entra chi
papà preferisce, lei non può essere l’erede
perché è una femmina e non perpetua la famiglia, è
ovvio. Dovrà rassegnarsi a scegliere uno di noi due.”
“Se lo dici tu. Io
continuo a temere che faremo la figura dei coglioni. E tutti sanno
anche già che non abbiamo più il permesso di
materializzarci in casa… Se alla fine mamma se ne va di casa, ce
lo scordiamo di rimetterci piede.”
“Questa è una cosa
che affronteremo in un altro momento, e comunque papà non ci ha
diseredato, abbiamo le stesse cose che ci spettavano divise come si
è sempre detto, uno il Manor e la camera bianca, uno il fortino
in Cornovaglia e la camera verde. Non abbiamo fatto nessuna figura da
coglioni.”
“Poniamo che vada tutto come dici tu e ci cede l’anello. Chi di noi due lo prende?”
“Che importa? Lasciamo
decidere a papà, così gli diamo importanza. Poi ci
dirà il Signore Oscuro se e come è servito.”
“Sì e magari Lui
ci dice di sfidarci a duello per stabilire chi è il vero
proprietario! – esclamò Rabastan ritrovando il buonumore
– Tra l’altro, è tanto che non duelliamo come ai
vecchi tempi!”
“Già, in effetti mi piacerebbe rifare un duello tra fratelli come tanto tempo fa, come a Hogwarts!”
“Chi vince prende l’anello e si scopa la barista de Il Velo, su a Edimburgo.”
“Ti sei proprio fissato con quella lì, Rab! Lanciale un Imperius e falla finita!”
***
Cara Demetra,
grazie di
aver scritto, innanzitutto. La prudenza non è mai troppa e, se
tanto tempo fa (ma veramente tanto? A me sembra di sì) ti avrei
detto che stavi esagerando, adesso so che invece le precauzioni non
sono mai troppe.
Mi chiedi
se ho trovato quello che volevo. Ho accanto a me una persona che mi ama
per quello che sono e ho avuto la fortuna di trovare alcuni nuovi
amici, con cui condivido una scelta diversa da quella che avrebbero
fatto le nostre famiglie per noi, ma mentirei se dicessi che non sento
la mancanza di alcune piccole cose. Una delle cose che più mi
dispiacciono è non essere riuscita a far capire a Narcissa le
ragioni della mia scelta, ed ora lei temo che seguirà sempre
più le orme di Bellatrix. Tuttavia, credo che dobbiamo solo
guardare avanti, perché tornare indietro e parlare diversamente
non è più possibile.
Tu invece,
sei felice? Magisprudenza e il lavoro al Ministero ti stanno dando le
soddisfazioni che speravi? Leggo soltanto il Profeta e seguo quello che
avviene al Ministero solo grazie a quello che Ted può
raccontarmi del lavoro, ma non ho dubbi che tu sia sempre una delle
più preparate in quello che fa.
Su una cosa
però non sono d’accordo: il sangue non fa più
alcuna differenza, per me. A fare la differenza sono le parole e le
azioni, è ciò che gli uomini fanno di fronte alle
situazioni difficili e le scelte che compiono di fronte alle
alternative della vita. Io credo e ho sempre creduto che tu non sei
come quei Mangiamorte a cui sono affiliati i tuoi fratelli, ma non puoi
credere che prima o poi tutto finirà e sfumerà nel nulla,
e tu non scegliere mai. Credo di poter affermare con cognizione di
causa di sapere cosa significa arrivare allo scontro con un fratello o
una sorella e prima o poi anche a te sarà chiesto di scegliere
da che parte stare.
Spero che
l’incantesimo sperimentale sulla pergamena funzioni a dovere, ma,
a dire il vero, so già che funziona, perché tu hai sempre
tutto sotto controllo, o quasi.
Un abbraccio,
Andromeda
***
NdA:
nuovo capitolo, di cui non sono convintissima ma ormai bisogna
buttarsi! Le due amiche riescono a sentirsi via gufo e si parlano
apertamente, per quanto limitate dalla forma scritta. Spero che tutta
la parte sulla passione di Demetra per la magia sperimentale non suoni
troppo pesante o didascalica, il mio scopo era quello di far vedere
come non tutto sia semplicissimo nonostante la bacchetta e come certe
cose richiedano molta abilità, un po' come quando Hermione crea
le monete per l'ES o espande la borsa, tutti incantesimi che nelle
varie FF ho sempre trovato usati con molta disinvoltura, come se
fossero cose all'ordine del giorno. Nel libro che Demetra prende in
mano e che dà il titolo al capitolo c'è anche un timido
accenno alla magia fuori Regno Unito, che la Rowling non ha mai
approfondito più di tanto, e mi piacerebbe in una storia futura
mostrare la mia idea al riguardo, ma per il momento sono solo
fanta-libri e fanta-titoli! XD
Cosa ve ne pare poi dei fratelli Lestrange? L'anello che vogliono
carpire al padre tornerà più volte nella storia, ma vi
rassicuro che non sarà l'oggetto magico risolvi-tutto, anzi! Mi
piaceva creare un background storico alla famiglia e spero di aver
messo in piedi qualcosa di credibile e non esagerato. Spero di ricevere
un feedback anche su questo fronte! e Intanto ringrazio tutt* coloro
che leggono e recensiscono!! :*
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Capitolo 19 *** Dal passato e verso il futuro ***
19. dal passato e verso il futuro
XIX
“Spero che il regalo gli sia piaciuto davvero… Molly mi
sembrava poco entusiasta, non vorrei averle dato l’impressione di
volerle passare avanti e far vedere che penso di essere più
brava…”
“Ma no, secondo me era solo stanca. Sono sicuro che la tutina con
lo stemma di Hogwarts per il piccolo William è stata
apprezzatissima!”
“Speriamo – disse Andromeda facendosi più vicina a
Ted sotto la coperta – A volte penso che siano stati
coraggiosissimi ad avere un bambino e meritano davvero un aiuto.”
“In che senso coraggiosi? Intendi dire a causa dei Mangiamorte e di Tu-Sai-Chi?”
“Certo. Tu sei un Auror, Arthur lavora comunque al Ministero e
noi sappiamo difenderci, ma che sicurezza e che prospettiva possiamo
offrire ad un bambino?”
“Noi-Sappiamo-Chi e la sua cricca prima o poi verranno sconfitti
e assicurati alla giustizia e tutti noi avremo il futuro sereno che
adesso ci sembra impossibile, io ne sono sicuro.”
“Sì, ma fra quanto? Non riesco a immaginare che un bambino
debba crescere in un tempo così, con il terrore che da un
momento all’altro loro arrivino e distruggano tutta la sua vita,
ogni giorno con l’ombra minacciosa di qualcuno che possa
aggredire la sua famiglia in nome della purezza del
sangue…”
“Sei troppo tragica, Dromeda. E poi, almeno tu sei purosangue. La
feccia della situazione sono io!” disse Ted con una risata,
cercando di sciogliere la tensione.
“Non c’è nulla da ridere, Ted – ribatté
lei, seria – E tu a volte mi sembri fin troppo avventato!”
“Non sono avventato, sono un Auror, e credo davvero che
riusciremo a prenderli e assicurarli alla giustizia. Noi-Sappiamo-Chi
è un mago molto potente, forse più di tutti quelli che la
comunità magica abbia mai fronteggiato, o forse pari solo a
Grindelwald. Ma Silente dice sempre che è comunque un uomo, e
come Grindelwald può essere sconfitto, tanto più che
molti maghi sono uniti contro di lui, perché riconoscono la sua
follia.”
“Tu sei troppo ottimista, te l’ho sempre detto.”
“Beh, diciamo che ci bilanciamo! Ma su una cosa i Weasley hanno
ragione: non dobbiamo abbandonarci alla paura e vedere il futuro come
soltanto tutto nero, perché è proprio quello che Lui
vuole, impedirci di essere felici con le nostre famiglie e
terrorizzarci solo perché non abbiamo il suo schifoso sangue
puro… Ma noi saremo più forti!”
Andromeda si strinse ancora di più a Ted, non del tutto convinta, ma un po’ rasserenata.
“Parli un po’ troppo da Grifondoro per i miei gusti” disse lei sorridendo.
“Ma sai che il Cappello prese in considerazione l’idea di
mandarmi a Grifondoro? Menomale non lo ha fatto, o avrei passato sette
anni ad essere comandato a bacchetta da Molly, come tutti i Grifondoro
del suo anno!”
“E come adesso comanda a bacchetta Arthur!” disse Andromeda con uno sguardo complice.
“Stavo dimenticando che hai ancora la lingua biforcuta quando vuoi!”
“Ma smettila!”
“Piuttosto, potremmo seguire l’esempio dei Weasley e…”
Andromeda gli lanciò un’occhiata paurosamente simile a
quelle di Bellatrix, ma si sciolse in un sorriso subito dopo.
***
“Padrone, sono alla porta i padroncini che chiedono di
entrare!” squittì l’elfa Binky a volume altissimo
correndo su per le scale, diretta allo studio del signor Lestrange.
“Falli entrare, stupida elfa!” disse la signora Lestrange.
L’elfa Binky rimase immobile, come se qualcuno l’avesse
incollata a terra e lei cercasse di staccarsi torcendo tutto il corpo.
Demetra osservò il fenomeno che colpiva la creatura.
Dunque l’elfa e la magia che la legava a casa Lestrange
percepivano il contrasto fra l’ordine che le stava dando la donna
e l’ordine innato di obbedire solo al vero padrone di casa, segno
che forse l’autorità della signora Lestrange stava
diminuendo.
Demetra ne approfittò subito.
“No, Binky, non farli entrare assolutamente” ribatté, decisa.
L’elfa continuava a stare incollata al pavimento, torcendo tutto il corpo come in preda a silenziose convulsioni.
Isabella Lestrange guardava con astio la figlia.
“Falli entrare” disse alla fine il signor Lestrange, ponendo fine ai movimenti involontari dell’elfa.
I due fratelli entrarono e salutarono subito la madre.
“Padre, vogliamo solo parlare con te e domandarti una cosa” iniziò Rabastan, ostentando tranquillità.
Tutta la famiglia si spostò nel piccolo salotto accanto alla
sala da pranzo, seguita dagli sguardi seri e interessati di alcuni
ritratti alle pareti, che avevano iniziato a mormorare.
“So già cosa sono venuti a chiedere, ragazzo!”
esclamò il ritratto di una strega in abiti d’epoca
elisabettiana all’indirizzo del signor Lestrange, che
riportò il silenzio con un cenno della mano.
“Siamo venuti adesso perché ci è sembrato ormai il
tempo giusto. Siamo tutti maghi adulti, abbiamo finito tutti Hogwarts,
tutti e tre” iniziò Rabastan, coinvolgendo anche Demetra,
che intanto stava all’erta, con la mente chiusa e la mano sulla
bacchetta, esattamente come stava facendo Rodolphus.
“Abbiamo tutti intrapreso i nostri percorsi di vita e pensiamo
che questo possa essere il momento giusto per chiederti chi sarà
l’erede di casa Lestrange. A prescindere dalla divisione dei beni
su cui siamo già sistemati, sappiamo che è l’anello
del fondatore della famiglia che si trasmette all’erede, inteso
come colui che appunto porta avanti il nome della famiglia, a segnare
il passaggio fra le generazioni” continuò Rabastan, serio,
ma non rigido, anche quando il padre inarcò il sopracciglio con
sospetto.
“Sappiamo che in genere il passaggio avviene più tardi,
quando la generazione precedente ha ormai raggiunto tarda età
– continuò il figlio maggiore – Ma i tempi stanno
cambiando e questo non devi leggerlo come una sfida a te, padre, ma
solo come il nostro desiderio di essere subito portatori di questo
onore.”
“Quindi volete che io scelga chi sarà l’erede nominale della famiglia” concluse il signor Lestrange.
Rabastan annuì per tutti e due.
“Augusta lo aveva detto che questo momento sarebbe arrivato molto
prima di quanto io immaginassi. E aveva ragione, come sempre più
spesso” considerò Arminius Lestrange.
“Demetra, tu che ne pensi?” chiese infine, prendendo di sorpresa i fratelli.
Anche Demetra tuttavia fu presa alla sprovvista.
Conosceva perfettamente la storia dell’anello e il suo significato.
L’anello era appartenuto al fondatore della famiglia, un mago
francese purosangue che era giunto in Inghilterra al tempo della
battaglia di Hastings. Il Fondatore, come tutta la famiglia da sempre
lo chiamava, si era presto fatto conoscere nella comunità magica
britannica per le sue capacità di dissimulazione della
realtà con la magia e con le parole, tanto da lasciare il
mistero non solo su come avesse accumulato tanta ricchezza, ma anche su
quale fosse il suo vero nome, al punto che era conosciuto solo come
“lo straniero” o “l’estraneo”, da cui poi
la stabilizzazione del cognome della famiglia.
L’anello non aveva alcun potere magico intrinseco ed era solo un
anello d’argento con incastonato un onice nero di qualità
ordinaria, ma il Fondatore aveva deciso che avrebbe rappresentato il
passaggio di testimone da un erede all’altro della famiglia e,
così diceva la storia che si tramandava, avrebbe protetto
l’erede dalla malasorte e dal mal consiglio.
Qualche volta da bambina aveva fantasticato sui poteri ancora
inespressi di quell’anonimo anello che stava alla mano destra di
suo padre e sulla possibilità che un giorno potesse essere lei a
svelarli, ma nel racconto del Fondatore la cosa era chiara: doveva
passare a chi portava avanti il nome della famiglia, cioè di
solito il primo figlio maschio e poi il secondo e così via.
“La decisione è comunque tua, padre, a prescindere da
tutto, perché l’erede sei ancora tu” disse alla
fine, accorgendosi subito dopo aver parlato che era proprio quello che
i fratelli non volevano sentire.
Suo padre sorrise.
“Potrei anche decidere che sarà Demetra l’erede, o
che è ancora troppo presto” disse alla fine, spostando lo
sguardo fra tutti e tre.
Sulle prime nessuno disse nulla, ma alla fine Rodolphus non poté più nascondere la sua impazienza.
“Demetra non è l’erede perché è una femmina, questo era scontato.”
“Allora, chi dovrebbe esserlo di voi due?”
“Io sono comunque il primogenito” rispose Rabastan d’impulso.
“Ma sono io sposato e con la prospettiva concreta di dare eredi alla famiglia” ribatté il fratello.
Demetra colse con la coda dell’occhio la strega elisabettiana nel
quadro trattenersi dal parlare per disapprovare e notò che
somigliava vagamente alla zia Augusta, per quel poco che l’aveva
vista.
“Un’argomentazione di rilievo” commentò il signor Lestrange, vagamente ironico.
E, con sorpresa di tutti, sfilò l’anello dal proprio dito
e lo tese a Rodolphus, che non nascose anche lui la sorpresa.
Rabastan e Demetra erano come congelati e fu sua madre a rompere il silenzio congratulandosi col figlio prediletto.
“È tutto?” chiese il signor Lestrange rivolto ai fratelli, tuttavia freddo.
Rabastan era ancora ammutolito, ma Rodolphus riguadagnò subito il tono sicuro di sé.
“Grazie padre, è tutto” e fece cenno di alzarsi.
Tutti si alzarono per riaccompagnare i due nell’ingresso e solo
quando stavano uscendo dal salotto esplose la protesta degli antenati
nei ritratti, capitanati dalla strega elisabettiana.
“Ma ti ha dato di volta il cervello, ragazzo?” esclamarono alcuni.
“E tu figliola, digli qualcosa!” disse la strega
elisabettiana all’indirizzo di Demetra, che tuttavia era ancora
frastornata.
Non può essere così semplice, non deve essere così semplice,
pensava sorpresa e arrabbiata, ma non riuscì a dire niente a suo
padre, né in quel momento né dopo, quando lui si chiuse
nello studio fino a sera.
La stessa riflessione la fecero i fratelli, una volta fuori.
“È stato troppo facile” furono le prime parole di Rabastan.
“Andiamo, Rab, ma chissefrega!”
***
“Ti vedo pensierosa. Ma qualcosa mi dice che non posso sperare di
capire da solo cosa ti tormenta, a meno che tu non me lo
permetta.”
L’occhiata torva che Demetra gli lanciò convinse Yaxley a non insistere.
“Hai mai pensato che avremmo potuto non essere nati quello che siamo?” disse dopo un po’.
“Intendi Babbani? Beh, no. Noi siamo quello che siamo e non saremmo potuti essere nient’altro, secondo me.”
“Ma noi siamo il frutto della scelta di qualcun altro, noi non
abbiamo scelto niente. Noi non eravamo, prima che qualcuno scegliesse
per noi.”
“Ti sei immersa nello studio delle dottrine sull’origine,
per caso? A nessuno interessano più per davvero.”
“E i Nati Babbani, allora? Perché esistono?”
“Anche la natura fa degli errori, come fra le piante e gli
animali… I maghi si sono sempre separati dai Babbani e sono i
Nati Babbani ad essere l’errore, gli estranei… Spero non
ti sia presa troppa simpatia per la loro questione!”
Demetra scosse il capo, ma era chiaro che Yaxley non capiva.
“Ma noi che siamo Purosangue dovremmo avere la conoscenza, essere coloro che sanno di più…”
“E lo siamo.”
“No! La mia famiglia e la tua hanno un fondatore, ma cosa
sappiamo di lui e del suo tempo? Perché siamo quello che siamo?
Tutto parte di lì.”
Yaxley stava per rispondere, ma Demetra continuò, seguendo il proprio filo di riflessioni.
“Noi siamo i Purosangue, dovremmo sapere perché siamo
diversi dal resto dei Mezzosangue e quindi perché I Nati Babbani
esistono, altrimenti, ogni teoria…”
“Siamo superiori perché ci siamo mantenuti puri, mentre
loro sono un errore, punto. Mi sorprende un po’ che tu faccia
simili considerazioni.”
Demetra sospirò.
“Va bene, dai, lascia perdere. Sono solo io piena di paturnie” disse, per chiudere lì il discorso.
“E se ti posso dare un consiglio, cerca di nascondere queste tue paturnie.”
Demetra capì subito dove voleva andare a parare.
“Perché sarai pure brava a nascondere quello che pensi,
con l’Occlumanzia, ma non puoi nascondere all’infinito
quello che dici e che fai, soprattutto. Le cose stanno per cambiare,
tra pochissimi mesi avremo altri membri usciti da Hogwarts e il gruppo
dovrà trovare un altro equilibrio, e sai a cosa mi
riferisco…”
“Di nuovo, lo sai che io non sono una strega da duello, e mi pare che anche tu abbia…”
“Certo, ma purtroppo anche per me presto lavorare sulle menti
della gente del Ministero potrebbe non essere più sufficiente.
Il fatto è che non so cosa avverrà, ma un po’
l’istinto e un po’ lo spirito di osservazione mi lasciano
pensare che prima o poi le cose precipiteranno, che forse sarà
necessario andare contro il sangue… E vorrei che tu stessi
attenta.”
Demetra sorrise suo malgrado.
Considerando il soggetto che aveva davanti, quella era la più
autentica manifestazione di affetto che le avesse mai rivolto.
“Non so se si dovrà andare contro il sangue, ma di sicuro,
in questo mondo, non si andrà mai contro i galeoni”
rispose con una battuta, per sdrammatizzare.
“Ma comunque grazie del pensiero, Corban.”
“Figurati. Spero che tu abbia ragione, in qualche modo, sui tuoi
galeoni. Sono probabilmente l’unica certezza della nostra
esistenza” ribatté lui, stando allo scherzo.
***
Andromeda non sapeva cosa fosse successo da qualche settimana.
Ripensava spesso a che pozioni aveva preparato, cosa aveva fatto di
diverso durante il giorno, se c’erano stati episodi che potessero
far sospettare che qualcuno avesse scagliato delle fatture sulla casa o
proprio su di lei, ma non trovava nulla. Da giorni si sentiva strana,
spesso stanca e soprattutto molto nervosa e confusa, ma quello che
più la inquietava era che a volte aveva l’impressione che
alcuni dettagli del suo corpo stessero cambiando senza ragione
apparente. Ad esempio, aveva da sempre un neo piccolo e molto scuro sul
fianco sinistro, eppure una sera mentre era a mollo nella vasca era
sicurissima di esserselo visto sul fianco destro. Poi si era alzata e
asciugata, e il neo era tornato al posto giusto. Solo che la cosa si
era ripetuta altre mattine, sia con il neo sul fianco che poi con la
forma della punta del naso. Era un fenomeno magico che non aveva mai
sperimentato, nemmeno quando si esercitava sulla trasfigurazione umana,
e per questo aveva subito temuto che qualcuno le avesse imposto una
fattura. Una notte si era addirittura alzata in preda a un attacco di
nausea molto forte e quando finalmente si era sentita meglio, dopo
minuti interminabili nel bagno, alzando il capo e vedendosi nello
specchio sopra al lavabo aveva colto una fugace immagine di sé bionda.
Immagine che era svanita in un lampo, tanto da farle dubitare di se
stessa e pensare che fosse davvero solo un’allucinazione. Ne
aveva parlato a Ted e anche lui era d’accordo che ci fosse la
possibilità che si trattasse di una fattura oscura, per cui
avevano pensato di consultare un Guaritore al più presto. Ted
avrebbe chiesto a Jeffrey, ma quando andò al San Mungo per
parlargli personalmente gli dissero che al momento era in ferie in
Israele e la strega della reception segnò loro un appuntamento
col primo Guaritore domiciliare disponibile.
Il Guaritore che venne a casa a visitarla era un uomo di pochi anni
più grande di loro, ma che sembrava dimostrare almeno il doppio
dei suoi anni, e la prese molto sul serio. Le fece un sacco di domande
sui sintomi, su quello che mangiava, su quali pozioni e ingredienti per
pozioni aveva maneggiato di recente, oltre che una serie di altre
domande piuttosto precise sulle sue abitudini di vita e sulla presenza
di malattie ricorrenti e non nella sua famiglia, anche nelle
generazioni passate.
“Mi porge un dito, prego?”
“Sì, ecco – e stese la mano – Vuoi vedere che
è tutta colpa del sangue dei Black anche stavolta!” non si
poté trattenere dall’esclamare rivolta al marito di fronte
al Guaritore, che comunque era un Nato Babbano e di sicuro conosceva la
famiglia solo di fama.
Poi le punse un dito con un ago argentato a forma di aculeo di
porcospino e fece cadere alcune gocce in tre fialette di vetro
apparentemente vuote, che si colorarono subito di tre colori diversi,
come se un liquido invisibile le stesse riempiendo dall’interno.
Il Guaritore le tappò con cura e poi estrasse la bacchetta e
iniziò a picchiettare sui tappi, mormorando formule a mezza
voce. Poi estrasse dalla borsa un oggetto del tutto simile a un
cavatappi, con il quale infilzò il tappo della prima fialetta.
Fece il gesto di dare uno strattone, come a portare via il tappo, ma il
tappo rimase fermo, lasciando uscire dal buco creato dal cavatappi
speciale un esile foglietto di pergamena.
“Ah-ah” disse commentando il primo.
Poi ripeté l’operazione con le altre due fialette,
commentando l’esito rispettivamente con un “Bene,
bene” molto soddisfatto e con un “Bene” meno
partecipato.
“Bene, direi però che ci rivediamo per un controllo fra
tre mesi esatti da oggi. La raccomandazione è la solita, non
smaterializzarsi e non trasfigurarsi se non strettamente
necessario” concluse rivolto ad Andromeda e fece per andarsene.
Ted strabuzzò gli occhi.
“Ma è grave? Cosa succede?”
Dall’inizio della visita, il Guaritore sorrise e si tolse l’aria seriosa che aveva tenuto tutto il tempo.
“Dipende dai punti di vista, nel senso, se eravate già
preparati… Ci sono ottime probabilità che abbia
capacità da Metamorfomagus. E i suoi genitori sono Babbani,
vero? Insolito, direi. Sa, se ne vedono sì e no un paio di casi
in una intera vita professionale, e io sono solo
all’inizio!”
Ted non aveva capito una sola parola di quello che stava dicendo il
Guaritore e quella sua aria da bambino che ha appena trovato una
scatola di Cioccorane tutta per sé non lo rassicurava affatto.
“Comunque congratulazioni!” disse rivolto ad entrambi, prima di smaterializzarsi con un leggero pop.
“Io non ho capito nulla! Ma cosa vuol dire? C’entra ancora la tua famiglia? È una malattia ereditaria?”
Andromeda sulle prime sarebbe scoppiata a piangere, anzi no, a ridere, anzi a piangere… Insomma, tutte e due.
“Ted, sono incinta.”
***
NdA:
Rieccomi! In questo capitolo ci sono luci e ombre, direi, dove la luce
sono Ted e Andromeda che pensano al futuro e finalmente si apre per
loro la possibilità di allargare la famiglia, mentre le ombre si
addensano tutte sulla famiglia Lestrange, con i fratelli che sembrano
riuscire a carpire al padre il famoso anello. Alcune precisazioni:
l'anello non sarà l'oggetto magico risolvi-tutto, quanto
piuttosto un simbolo, e ho voluto immaginare che Voldemort, già
appassionato di oggetti magici antichi (ricordate come nel libro abbia
lavorato al negozio Borgin&Burke e come avesse carpito la coppa di
Tassorosso alla povera Hepzibah Smith), non avesse esitato un attimo a
chiedere ai due giovani seguaci di portarglielo, convinto che un anello
del genere nasconda per forza
qualche potere reale. Demetra comicnia a porsi delle domande,
ovviamente a modo suo, ma inizia a intuire che qualcosa non va, mentre
l'inquietante Yaxley sembra sicurissimo di quello che dice.
Ted e Andromeda invece aspettano un
bambino e ho voluto immaginare che gli strani fenomeni di metamorfosi
di Andromeda, assieme alla nausea gravidica dei primi mesi, siano
dovuti al fatto che la piccola Ninfadora sarà una Metamorfomagus
(ma niente paura, non avverranno incidenti strani durante la
gravidanza!). Ho praticamente inventato di sana pianta il Guaritore che
fa gli esami del sangue "magici" a domicilio e spero che la scena non
suoni troppo didascalica o artefatta.
Insomma, aspetto un feedback e grazie mile a chi legge e commenta!
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Capitolo 20 *** L'amore altrui ***
20. l'amore altrui
XX
“Mai come questa volta l’alba di un nuovo anno mi ha
trovato più soddisfatto e ottimista. Stiamo raccogliendo
successi, i filo-Babbani arretrano ogni giorno di più e il loro
terrore ci riempie di forza ed entusiasmo. E i più giovani di
voi sono la punta di diamante del gruppo, perché una risoluzione
dello spirito maturata durante la vita a Hogwarts è la
più forte che un mago possa avere e questo farà la
differenza.”
Seduti tutti dallo stesso lato della sala, i più giovani stavano impettiti e orgogliosi.
“Difendere la purezza del sangue è l’onore più grande” parlò Lucius Malfoy per tutti.
“Già, ma purtroppo talvolta in un gruppo numeroso e
disomogeneo permane il rischio che qualcuno si perda per strada –
fece una pausa, mentre tutti iniziarono a chiedersi cosa volesse dire
davvero – Che qualcuno interpreti a suo piacimento, che qualcuno
scelga i suoi metodi e i suoi obiettivi, che, anche se non in conflitto
con quelli primari, potrebbero comunque sviarlo e sottrarre energie
all’obiettivo finale.”
Qualcuno aveva fatto qualcosa di sbagliato, pensarono tutti, e il Signore Oscuro avrebbe punito tutti.
“Ma questo è avvenuto anche perché io non ho saputo
dare un ordine chiaro e gestire la complessità del gruppo, sia
in termini di indirizzo sia con mezzi pratici” disse il Signore
Oscuro cogliendoli tutti di sorpresa.
“Ritengo che sia necessario creare un legame ancora più
forte fra di noi, qualcosa che leghi indissolubilmente i destini di
coloro che si nutrono della morte dei Sanguesporco, qualcosa che
imprima per sempre nella carne il nostro destino e al contempo sia
monito incancellabile della fedeltà alla causa che avete
sposato.”
La sala fu percorsa da mormorii eccitati, che tacquero però non appena Voldemort riprese a parlare.
“Questo è il segno che ci distinguerà e ci legherà per sempre. Morsmordre!”
Dalla bacchetta di Voldemort uscì inizialmente solo un getto di
luce verdastra pallida e soffusa, che si espanse nella sala fino a
cambiare colore virando al grigio piombo ma soprattutto fino ad
assumere la fisionomia di un enorme teschio dalla cui bocca usciva la
sagoma di un serpente.
“Questo sarà il Marchio Nero, il nostro simbolo, quello
che evocherete dopo ogni incursione contro i Sanguesporco a
testimonianza indelebile del vostro passaggio e che getterà
ancora di più nello sgomento i nemici.”
Tutti annuirono con lieve ritardo, tanto erano ammirati e impressionati dalla sagoma oscura che fluttuava su di loro.
“Ma non è tutto – aggiunse Voldemort mentre tutti
trattenevano il respiro – Questo è anche il segno che
porterete su di voi, sulla vostra carne, e che servirà a voi per
evocare la mia presenza, oltre che a me per chiamarvi tutti
all’adunata, realizzando così la perfetta unione fra voi,
il vostro corpo e la vostra mente e la nostra causa.”
Seguirono istanti di silenzio densi di domande.
“Vi starete chiedendo come sarà possibile realizzare
ciò. Voi porterete il Marchio Nero in forma di tatuaggio
sull’avambraccio sinistro e sarà vostra cura celarlo a chi
non deve sapere di noi, per il momento. Tuttavia, vedete, io ho
intenzione di aprire oggi una fase nuova per tutti noi. Ho bisogno di
sapere chi di voi ha davvero accolto dentro di sé in maniera
irrevocabile questo destino e chi invece è stato solo in cerca
di potere personale. Per questo, io donerò a tutti voi il
Marchio Nero, ma esso diventerà reale e attivo e indelebile solo
quando mi avrete dimostrato una reale e perfetta fedeltà,
assolvendo al particolare compito che assegnerò a ciascuno di
voi. Chi non riuscirà o non vorrà portare a termine il
compito, vedrà sparire il tatuaggio come un qualunque
incantesimo, ma allora sarà chiaro che egli è chiamato
fuori da ogni nostra azione e potrà soltanto sperare
nell’accoglienza e nella protezione degli Auror. Ma sono convinto
che questo non avverrà, perché nessuno di voi sarà
così vile o inetto.”
Una risata demoniaca accompagnò le ultime parole del Signore Oscuro.
“Adesso vi metterete in fila e mi offrirete il braccio sinistro e
riceverete il Marchio e l’indicazione su quale sarà la
vostra prova. Per portarla a termine e dimostrarmi la vostra
fedeltà, avrete tutti lo stesso tempo: un mese. Potrete
confrontarvi fra voi circa le prove, ma non aiutarvi a vicenda. Ogni
prova è assolutamente personale e sono sicuro che non sarete
così sciocchi da cercare di trovare scorciatoie.”
***
Il tempo stava passando e ormai non mancavano più molto al
momento del parto. Andromeda cercava di non preoccuparsi più del
necessario, anche per la questione della possibilità che il
bambino avesse qualità da Metamorfomagus. A quello erano dovuti
gli episodi con i nei che cambiavano posto, i capelli e il naso ogni
tanto leggermente diversi e soprattutto i suoi continui sbalzi
d’umore, ma il Guaritore aveva assicurato che non c’era
nulla di cui preoccuparsi, anzi, erano segno che il bambino era sano e
attivo. Le aveva tuttavia prescritto una pozione per tenere a bada i
sintomi più fastidiosi, perché potevano interferire con
la sua capacità di eseguire incantesimi in sicurezza e sul suo
stato d’animo generale. Non era mai stata un fenomeno in Pozioni,
ma con le istruzioni del Guaritore era sempre riuscita a prepararsi da
sola la pozione. Anche in farmacia a Diagon Alley continuava ad andare
da sola, nonostante Ted fosse contrario, ma lei si era sempre imposta
di non fare “una vita da malata” solo perché
aspettavano un bambino e cercava in tutti i modi di non costringere Ted
a stare assente dal lavoro a causa sua.
Erano i primi giorni di gennaio e faceva molto freddo, anche se
quell’inverno aveva nevicato poco. In farmacia non c’era
praticamente nessuno, eccetto lei e il mago che la precedeva in fila.
Poi il campanello del negozio suonò e Andromeda si voltò
senza pensare.
“Ciao” disse Andromeda.
Narcissa Black non rispose e fece appena in tempo a spostare lo sguardo da un’altra parte.
Era accaduto altre volte che si incrociassero a Diagon Alley, ma erano
sempre state entrambe in compagnia di qualcun altro, per cui era ovvio
che avessero fatto finta di non conoscersi. Lì però erano
da sole e Andromeda voleva assolutamente che la sorella le parlasse,
anche solo per sentire le stesse parole di disprezzo di Bellatrix, ma
almeno dalla sua voce, e non da quella di qualcun altro che si arrogava
il diritto di parlare per lei.
“Non essere maleducata, Cissy. Non è da te” continuò Andromeda.
Sua sorella sospirò.
Era ormai una strega adulta, diciassette anni compiuti da un bel
po’, e dopo aver finito Hogwarts a giugno avrebbe sposato Lucius
Malfoy, in un matrimonio rigorosamente purosangue che avrebbe dovuto
eguagliare quello di Bellatrix. O almeno, questo è quello che
aveva saputo dai racconti degli amici di Ted che lavoravano al
Ministero.
“Avanti, di’ almeno qualcosa. Insultami.”
“Non abbiamo più nulla da dirci, sei tu che hai tradito tutti noi” rispose Nacrissa a voce bassissima.
“Molto bene, un ottimo inizio. È vero, sposerai Malfoy dopo la scuola?”
“Sì, certo. Il nostro è un fidanzamento come si deve” ribatté Narcissa ostentando alterigia.
“Un fidanzamento come si deve, ovviamente. Tu lo ami?”
Narcissa restò a bocca aperta a quella domanda e non seppe rispondere subito.
“E lui ti ama, almeno un po’?” incalzò Andromeda, sempre a voce molto bassa.
“Tu non sai niente! Tu sei l’ultima che può parlare!”
“Dimmi perché. Sono ancora tua sorella.”
“No! Tu ti sei andata a mescolare con quella feccia, sangue nel
sangue – e accennò con lo sguardo alla pancia di Andromeda
– Tu hai tradito tutti noi!” ripeté.
Narcissa parve scossa da un brivido e Andromeda notò che aveva
gli occhi lucidi, ma non cessò di guardarla con severità.
“Io non credo che questo sia davvero tutto quello che pensi.
Almeno una volta, Cissy, di’ la verità e…”
“Basta! Tu hai tradito tutti noi!” e uscì dal negozio, rossa in volto e con gli occhi lucidi.
***
Narcissa impiegò alcuni minuti a riprendersi dall’incontro
improvviso con Andromeda, camminando quasi a caso davanti ai negozi di
Diagon Alley.
Come poteva sua sorella permettersi di farle quelle domande? Come
poteva permettersi di chiederle se lei amava Lucius o se lui amava lei?
Credeva forse di essere l’eroina di una storia tragica che si
arrogava il diritto di giudicare le vite altrui dall’alto della
sua sofferenza? Andromeda se l’era andata a cercare, la
sofferenza, mettendosi con quel Nato Babbano e doveva accettarne tutte
le conseguenze, per come la vedeva lei, per come tutti la vedevano. Ed
era vero quello che lei aveva detto: il suo era un fidanzamento per
bene, anzi, molto di più. E non era vero niente che il fatto che
Andromeda avesse rinunciato all’agio e al prestigio della sua
famiglia significasse per forza che il suo era vero amore, mentre
quello degli altri non era vero. Sapeva bene quello che bisbigliavano
le malelingue della sua piccola comunità purosangue: Cygnus
Black aveva blindato la ricchezza delle sue due eredi rimaste, una
sposata a un Lestrange, l’altra presto sposata a un Malfoy. E
metà di tutto l’oro della Gran Bretagna resta sempre nelle
stesse camere della Gringott da secoli e mai che si metta a circolare
per altre e forse più virtuose strade. Ma il suo non era un
matrimonio combinato, e nemmeno un matrimonio auspicato e facilitato
dalle famiglie: lei e Lucius si amavano, punto. A lei non importava
nulla della sua ricchezza, era solo una coincidenza. Ti saresti innamorata lo stesso, se fosse stato povero come un Selwyn o anche solo modesto come Flint?, le avevano sussurrato alcune. Quella
sciagurata di tua sorella deve amarlo davvero, come tante donne non
amano più, per andare con lui e rinunciare al nome dei Black,
avevano suggerito altri. Ma che ne sapevano tutti quanti di
quanto profondo fosse il suo amore, anche il suo amore? Anche fra loro
c’era stato il colpo di fulmine, forse, e perlopiù da
parte sua, visto che Lucius sembrò accorgersi di lei solo
l’anno prima del matrimonio di Bellatrix, ma poi avevano fatto in
modo che funzionasse. E lei era l’unica con cui Lucius potesse
essere davvero se stesso, come le aveva detto il giorno che le aveva
chiesto di sposarlo, l’unica con cui si potesse permettere di
essere gentile, divertente, rilassato, o ancora triste, incerto,
finanche dubbioso sulle grandi cose che stavano succedendo. Lei era
l’unica con cui condivideva certi racconti e certe opinioni e
rifletteva a voce alta su cosa fare, che strategie mettere in campo per
i suoi obiettivi. Perché lei era l’unica che sapeva
ascoltare, mentre tutte le altre che gli andavano dietro, a Serpeverde
come fuori, erano interessate solo ai galeoni. Andromeda non avrebbe
mai capito una cosa del genere, tutta convinta com’era di essere
l’unica capace di guardare aldilà delle convenzioni
sociali in cui vivevano, convinta che il bene si trovasse solo fra i
Mezzosangue perseguitati. Non che avesse mai confidato alcunché
nemmeno a Bellatrix, perché nemmeno lei avrebbe capito appieno:
si sarebbe presto lanciata in invettive contro la traditrice, senza
ragionare sulla sostanza della sua argomentazione, perché
Bellatrix era così, non ammetteva sfumature e distinguo. Forse
solo Demetra avrebbe capito, perché anche Demetra amava dare un
peso alle parole e usarle per disegnare quelle stesse sfumature, ma non
avevano mai avuto la confidenza necessaria. Per certi aspetti Demetra e
Lucius si somigliavano, entrambi animati dal desiderio di conoscenza e
potere, perché la conoscenza è potere, come dicevano
tutti e due, e non a caso a Serpeverde c’era sempre stata una
sotterranea rivalità fra i due, non tanto nelle cose di scuola,
quanto piuttosto nell’imporre la propria autorevolezza al resto
della Casa, con Demetra che aveva l’unico vantaggio di essere
nata un anno prima. Eppure adesso Lucius era interamente lanciato
nell’avventura del Signore Oscuro: riportare i purosangue al
potere, gettare nel terrore i Mezzosangue ed essere finalmente gli
unici, i puri, in una comunità omogenea e coesa e destinata alla
grandezza. Lei non se la sentiva di entrare nel gruppo, indossando il
cappuccio e portando il Marchio Nero, quel segno indelebile che
generava terrore e fascinazione, perché il suo desiderio era
semplicemente quello di avere una propria famiglia. Magari molti
l’avrebbero giudicata sciocca, superficiale, viziata e senza
determinazione, ma lei sentiva dentro di sé di non poter essere
una strega da duello, sempre in corsa, sempre col cuore in gola. No,
lei non sarebbe mai riuscita a darsi in tutto e per tutto alla causa
del Signore Oscuro, lei sarebbe rimasta un passo dietro Lucius, pronta
ad ascoltarlo e aiutarlo ogni volta che fosse necessario. E avrebbe
sfoderato la bacchetta solo se fosse stato necessario, perché
lei avrebbe combattuto, sì, ma solo per coloro che amava.
No, né Bellatrix né Andromeda potevano capire.
***
NdA:
eccoci ad un altro capitolo! Breve e senza reali accadimenti, ma mi
sono voluta cimentare (a rischio di lancio di pomodori e uova) con la
nascita del Marchio Nero da parte di Voldemort e rappresantarlo anche
come il momento in cui lui decide di puntare tutto sui più
giovani del gruppo, consapevole di aver ormai assoggettato al proprio
fascino demoniaco i rampolli della società magica purosangue.
Spero di aver messo su una scena credibile.
Poi ho voluto fare un cameo con
Narcissa: è la sorella Black che meno è apparsa nella
storia e volevo darle almeno un po' di spazio, perché penso che
lei abbia sempre avuto sentimenti profondi e sinceri come Andromeda,
solo ha capito più tardi e sulla sua pelle la follia di
Voldemort, ma senza che ciò togliesse nulla al valore del suo
amore per la famiglia. Qui è alla fine dell'adolescenza e ancora
crede in quegli ideali dei purosangue, non ha mai avuto un vero scambio
con la sorella Andromeda su quello che significano certi sentimenti, e
non si rende conto che in realtà entrambe amano (e ameranno)
molto, ma da due punti di osservazione diversi. Avrei in testa anche
delle scene delle due sorelle post-guerra magica, quando Bellatrix
è ormai deceduta, ma per adesso non devo strafare! Spero di
averne dato un'immagine realistica e verosimile.
Questo è uno degli ultimi
capitoli, vi avverto, perché la storia sta per giungere al
termine, anche se non ho certo intenzione di smettere di scrivere di
alcuni di questi personaggi, ma devo fare ordine fra le idee, scrivere
e tenere le dita incrociate che la fine di questa storia si all'altezza!
Grazie intanto a tutt* coloro che leggono e recensiscono!
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Capitolo 21 *** Incidenti e coincidenze ***
21. incidenti e coincidenze
XXI
In quella prima settimana di gennaio Demetra aveva studiato quasi tanto
quanto ai tempi degli esami di scuola, ma i risultati non si erano
fatti attendere. Aveva curato personalmente la difesa di un uomo
accusato di essere stato affiliato ai Mangiamorte, il suo primo vero
caso giudiziario importante senza il consiglio e la guida di suo padre.
L’uomo in questione, un McKee qualunque, aveva di sicuro avuto a
che fare con i Mangiamorte, fornendo loro soffiate e supporto
logistico, ma l’accusa, a cui aveva partecipato per un breve
intervento anche lo stesso Crouch, non aveva saputo dimostrare che
l’imputato avesse fatto tutto ciò di cui era accusato e
soprattutto permaneva il ragionevole dubbio che fosse stato sotto
l’effetto della maledizione Imperius in molte occasioni. McKee se
l’era cavata con un anno ad Azkaban e due anni di affidamento al
Servizio di Reinserimento Sociale per Maghi Problematici, sezione
Giustizia, e tutto grazie a lei. Addirittura il signor Crouch si era
fermato per complimentarsi personalmente, riconoscendole la sua
abilità anche se si trovava dalla parte avversa, e le aveva
detto che sarebbe stata un ottimo acquisto per il Ministero se avesse
deciso di candidarsi all’Ufficio per l’Applicazione della
Legge Magica, scegliendo così di servire la comunità non
più da privata cittadina ma con un impegno ufficiale. Demetra
ovviamente aveva svicolato la questione evitando di rispondere
direttamente, ma i ringraziamenti a Crouch per le sue parole di stima
erano stati sinceri. Ovviamente una strega della sua stirpe non
aveva bisogno di lavorare, ma, si ritrovò a pensare Demetra
esaltata come poche volte si era sentita, se non fosse stato per la
situazione dei suoi fratelli avrebbe pensato seriamente alla proposta
di Crouch.
Con questi pensieri, camminando
a un metro da terra, si diresse nella hall del Ministero e si
smaterializzò con un crack più sonoro del solito.
Una volta a casa, trovò
l’elfa Binky in mezzo al corridoio principale che si dimenava
cercando di prendere a testate il muro e ululando frasi sconnesse.
“Binky si dispiace! Binky
si punisce lo stesso! Ma Binky doveva obbedire al padrone! Binky ha
sempre detto la verità!” e via addosso al muro.
“Per la miseria, basta! Ferma! Dov’è papà?”
Ma l’elfa stava di nuovo prendendo la rincorsa contro il muro.
“Ora basta! Io ti ordino di smettere e rispondere alle mie domande!”
La corsa dell’elfa si arrestò in mezzo al corridoio come bloccata da un portentoso incantesimo di ostacolo.
“Allora,
dov’è mio padre? – chiese Demetra avvicinandosi
all’elfa – Cosa è successo?”
“Il padrone era
arrabbiato, ed è andato da sua sorella, oh sì, Binky si
ricorda della vecchia padroncina Augusta, era buona e sapeva fare un
sacco di…”
“Binky non divagare, quello lo faccio io. Cosa è successo?”
“Il padrone e la padrona
hanno litigato. Binky ha dovuto dire la verità, perché
Binky obbedisce al padrone sempre perché è l’elfa
di casa Lestrange, perché…”
“Ok, perché i miei hanno litigato di nuovo?”
“Il padrone ha saputo che
la madre della padroncina spiava la sua corrispondenza e riferiva ai
figli… Binky ha dovuto dirlo al padrone, anche se la padrona le
aveva ordinato di non farlo, ma Binky dice la verità al padrone
perché Binky serve la casa Lestrange e il padrone…”
“Ho capito, dai. Mia madre cosa fa adesso?”
“La mamma della padroncina se ne è andata, ha maledetto il padrone e se ne è andata!”
L’elfa riprese a singhiozzare ma sembrava sollevata di aver detto tutto.
Demetra rimase tuttavia piuttosto colpita.
Che i suoi litigassero spesso
da molti mesi, e di frequente a causa dei suoi fratelli, non era una
novità e anche il fatto che fino a non molto tempo prima
cercasse di spiare tutte le sue mosse era stato abbastanza evidente, ma
lei non aveva mai detto nulla a suo padre esplicitamente, da una parte
perché non voleva che quello diventasse un’ulteriore
ragione di litigi, dall’altra perché l’istinto le
diceva di trovare da sola una soluzione.
In questo senso, sua madre era
stata più drastica: se ne era andata da sola, e in quel momento
forse suo padre era a sfogarsi e a riflettere sul da farsi con la
sorella Augusta.
Demetra salì al piano
superiore, diretta prima in camera a mettersi una veste più
comoda e poi nella piccola stanza adiacente che aveva trasformato in
una sorta di studiolo, in cui aveva accumulato tutti i libri che le
erano serviti per i suoi incantesimi sperimentali.
Questa cosa degli incantesimi
di distorsione della percezione altrui l’aveva appassionata un
sacco e non poteva più nascondere a se stessa quale fosse il suo
ambizioso obiettivo: riprodurre quello che aveva fatto Gramelius,
cioè stregare una sagoma e far credere che fosse una persona
precisa a fare qualcosa. Erano ovvie le possibili applicazioni illecite
di tali incantesimi e non era un caso se gli unici incantesimi di
Dissimulazione consentiti erano quelli eseguiti su creature magiche
allo scopo solo di occultarle ai Babbani, ma forse era anche quello il
divertente di tutto quanto. Aveva già fatto anche delle prove,
ma erano prove in miniatura, perché non poteva certo eseguire
quelle fatture davanti qualcuno che ne riconoscesse la natura. Gli
unici che potevano condividere il suo entusiasmo erano Corban e forse
Nicholas, ma doveva stare attenta, perché i due ormai facevano
parte stabilmente degli affiliati al Signore Oscuro ed era sicura che
Lui tenesse sotto controllo anche la vita privata dei suoi adepti.
Inoltre, da qualche giorno sembravano entrambi di poche parole, come se
avessero per la testa un sacco di pensieri, tanto che nei fugaci
incontri al Ministero avevano entrambi evitato il suo sguardo, al punto
che sulle prime si era sentita talmente offesa da pensare di inviare a
entrambi un gufo pieno di imprecazioni. Poi però era stata
assorbita dalla preparazione del caso di McKee e aveva rimandato a
più avanti il chiarimento, notando soltanto che anche Malfoy,
che di solito non perdeva occasione di mettersi in mostra e
pavoneggiarsi al Ministero, sembrava diventato improvvisamente
taciturno e pensieroso.
Ci ripensò proprio
quella sera, mentre aspettava che suo padre rientrasse per la cena. A
ben vedere, tutto stava diventando strano. Sua madre se ne andava di
casa, ufficializzando la rottura con suo padre, cosa che fino a un paio
di anni prima non avrebbe mai fatto, solo per salvare le apparenze.
Crouch le offriva un posto all’Ufficio per l’Applicazione
della Legge Magica e aveva ripetuto più volte quanto sarebbe
stato significativo che proprio lei
diventasse un membro della giustizia ministeriale. I suoi amici
cambiavano atteggiamento da un giorno all’altro, come se avessero
paura che lei potesse fare loro chissà cosa. Non aveva molto
senso, ma il sesto senso le diceva che le cose erano in qualche modo
tutte collegate, solo che non riusciva a capire come.
***
Londra, Ministero della Magia
– Solo questa mattina, in una stringata conferenza stampa, il
Ministro Jenkins ha confermato le indiscrezioni di stampa di alcuni
giorni fa: la notte fra il 6 e il 7 gennaio è avvenuta
un’intrusione all’Ufficio Misteri. Il Ministro non ha
tuttavia rilasciato alcuna dichiarazione su quale sezione
dell’Ufficio Misteri sia stata violata e in cosa consistano i
danni di tale intrusione. Il Ministro ha più volte ribadito che
non è stato portato via nulla che possa nuocere alla sicurezza
della comunità, perché l’allarme è scattato
immediatamente e una squadra addestrata di Indicibili
dell’Ufficio stesso è intervenuta a neutralizzare gli
effetti dell’intrusione. Il Ministro non ha risposto alla domanda
sulla mancata collaborazione degli Auror alle operazioni di indagine
interna, che restano quindi nelle mani degli Indicibili, nel solco
dell’autoregolamentazione dell’Ufficio. Il Ministro ha
inoltre smentito categoricamente che questo episodio possa essere in
qualsiasi modo ricondotto a Voi-Sapete-Chi, una circostanza che
getterebbe un’ombra inquietante sulla sicurezza dei processi
gestionali nelle sezioni più delicate del Ministero.
Al termine
della conferenza, ha preso la parola Allan Blackwood, storico
Rappresentante per le Relazioni con gli Altri Uffici dell’Ufficio
Misteri, che ha reso noto che si sono rese libere due posizioni
lavorative senza vincoli di età e risultati scolastici presso
l’Ufficio, in seguito al pensionamento anticipato di due
Indicibili, di cui si rendono note solo le iniziali A. Y. e B. F.,
entrambi al momento ricoverati al San Mungo. Blackwood ha inoltre
aggiunto che si tratta di una procedura usuale a tutela della salute
dei due maghi dopo tanti anni di servizio con compiti molto impegnativi
e fisicamente usuranti, che nulla hanno a che vedere con
l’episodio increscioso in questione, e che gli Indicibili restano
obbligati alla riservatezza totale su quanto concerne l’Ufficio
Misteri anche dopo la fine del servizio.
“Ma A. Y.
è tuo padre? Lavorava all’Ufficio Misteri, o
sbaglio?” chiese Demetra a Yaxley una sera che lui finalmente
aveva accettato di uscire, sempre nel quartiere magico di Edimburgo.
“Sì, ma io non so nulla di quella storia” rispose lui, più brusco del solito.
“Calma eh! Lo so che gli
Indicibili hanno l’obbligo della riservatezza, non ti voglio mica
mettere in difficoltà. Anzi, di sicuro dovrete preoccuparvi di
meno per lui adesso che è in pensione.”
“Basta parlare di mio padre.”
“Come non detto. Comunque stai diventando, non lo so, diverso. C’è qualcosa che dovrei sapere?”
A quelle parole Yaxley si
irrigidì e a Demetra apparve chiaro che sì, c’era
qualcosa che doveva sapere, visto come stava chiudendo la mente.
“Sei stato con un’altra?” le uscì prima che potesse autocensurarsi.
“Ma non dire stupidaggini! Dai, secondo te? Sono solo sempre stanco” disse lui, rilassandosi di nuovo.
Anche Demetra parve rilassarsi.
“Sai cosa, hai mai pensato di fare un viaggio?” disse lui improvvisamente.
“Eh?”
“Sì, cambiare aria
per un po’, vedere altri posti… A scuola dicevi che era
una delle cose che volevi fare una volta indipendente, e adesso lo
sei.”
“Certo che ci ho pensato,
lo dicevo ai tempi della scuola, sì, ma adesso sono comunque
impegnata, credo che sarebbe un controsenso… Perché me lo
chiedi, scusa?”
“Così, mi è
tornato in mente sentendo chiacchiere al Ministero… E tu puoi
farlo senza chiedere il permesso a nessun capo!”
“Certo, ma dei due mi sa
che sei tu quello che ha bisogno di staccare – rispose lei, un
po’ meno sulla difensiva – Potremmo andare insieme, non mi
scoccia se devo pagare tutto io.”
Lui rise di gusto e non ne parlarono più per tutta la sera.
“Non vuoi che venga su da te?” chiese Demetra al momento di decidere se concludere o far andare avanti la serata.
“Sono esausto” fu l’unica cosa che disse lui, vagamente implorante.
“Oh, va bene, ma almeno rispondi ai gufi i prossimi giorni. Buonanotte!”
E poi sono le donne ad essere umorali,
pensò Demetra prima di smaterializzarsi a casa, cercando di
sdrammatizzare il senso di inquietudine con cui Yaxley l’aveva
salutata.
***
Qualche sera dopo
Demetra uscì di nuovo con Yaxley e notò che il ragazzo
sembrava decisamente più tranquillo, come qualcuno che ha appena
sistemato una questione importante e ora sa di avere del tempo libero,
come dopo un grosso esame. Ogni tanto tirava fuori di nuovo la cosa che
lei avrebbe dovuto approfittare e fare un viaggio, sempre tenendo
chiusa la mente. Il sesto senso le diceva di indagare e cercare di
saperne di più, ma si sentiva anche stanca di tutto questo agire
di nascosto, come se tutti cominciassero a tessere una tela di segreti
e lei ne fosse esclusa, incapace di capirne i nodi.
Quella sera, quando uscì
da casa di Yaxley a Edimburgo decise di farsi un giro prima di
smaterializzarsi a casa. Si sentiva irrequieta e aveva bisogno di
scaricare la tensione insensata che si sentiva addosso. Cercò un
punto in ombra, dove nessuno l’avrebbe vista, e si
trasformò in civetta, gustando a pieno la sensazione del poter
volare e osservare i dettagli nell’oscurità. Percorse
avanti e indietro Narrow Path, la Diagon Alley di Edimburgo,
decisamente più breve e stretta della via magica londinese, ma
non per questo meno piena di vita. Se a Londra Diagon Alley era ben
separata da Nocturn Alley, a Edimburgo luce e oscurità si
fondevano e ogni porta poteva essere l’entrata di una qualunque
sartoria così come l’ingresso verso una farmacia
clandestina che commerciava pozioni illegali. La vetrata più
illuminata di tutte era quella del pub Il Velo, ma era una luce
verdastra vagamente solforica e all’interno la luce era bassa e
soffusa, rosso cangiante, e gli angoli di oscurità si
allungavano come gatti fra i piccoli tavoli.
A Demetra Il Velo non
dispiaceva e quella sera pensò di vedere che effetto faceva
entrarci da civetta invece che su due gambe. Entrò da un
lucernario sulla facciata principale dedicato appunto ai gufi degli
avventori e fischiò di rimando a un grosso barbagianni che
voleva tutta l’asse per i gufi per sé.
Conquistato il suo posto, si
mise ad osservare la fauna umana che popolava il locale. Si riconosceva
dietro il bancone Julius McAllister, il proprietario, un uomo
corpulento con lunghi baffi biondi che in passato era sempre stato
sfiorato e talvolta toccato da indagini su attività oscure, ma
che ne era sempre uscito pulito ed era solito ricordare a tutti gli
avventori che lui non aveva alle spalle la sicurezza economica del
Paiolo Magico né lo spirito internazionale di Borgin&Burke,
ma sopravviveva lo stesso, perché a tutti offriva alcol buono e
discrezione. Gli avventori infatti erano mescolati: accanto ai giovani,
usciti da Hogwarts da qualche anno soltanto, e agli anziani clienti
storici di tutte le stagioni, si faceva spazio, con discrezione, una
clientela più variegata, di maghi di varia età
interessata a discutere affari e faccende talvolta illecite, talvolta
oscure, talvolta tutt’e due, talvolta nessuna delle due, ma non
si sa mai.
Dopo un po’ Demetra
pensò che poteva ormai anche andare, quando entrarono tre maghi
che destarono la sua attenzione: i suoi fratelli e uno dei numerosi
Avery, loro ex-compagno a scuola.
“Allora, avete fatto? Il tempo stringe” diceva Avery.
“Pensa per te. Vogliamo che sia impeccabile, stavolta, e lui sarà fiero di noi” rispose Rodolphus.
La civetta Demetra tese le orecchie.
“Chiamatemi quando avete
fatto, così andiamo a incendiare un po’ la notte dopo. Io
intanto, vado di sopra e…” ma la sua voce si
abbassò troppo e Demetra non capì cosa andava a fare
Avery al piano di sopra del locale.
“Allora, ripassiamo il
piano – iniziò Rabastan – Noi la aspettiamo nello
slargo qua davanti al locale, dove si smaterializza sempre e tu
attacchi, poi bruciamo tutto e tu evochi il marchio. Prima che
arrivino, ci materializziamo da te, così la mattina dopo
io…”
“Non so se è una
buona idea bruciare tutto. Credo che sembrerebbe come se volessimo
distruggere le prove” commentò Rodolphus.
“Perché dici questo? Lo avevi detto tu stesso che volevi cancellare ogni traccia della sua esistenza…”
“Sì, certo, ma non so se Lui approverebbe. Su questo punto ci devo pensare.”
Quindi i fratelli stavano preparando un attacco a qualcuno, proprio lì a Narrow Path.
“Ok. Invece, al Ministero
non ci facciamo vedere, ma aspettiamo papà alla Gringott
e… Non so, Rod, mi sembra che sia troppo rischioso, anche in
due.”
“Certo che è
rischioso, ma tu devi farlo. Anzi, il fatto che ci sia io con te
potrebbe irritare il Signore Oscuro, perché ha detto chiaramente
che non dobbiamo farci aiutare, ma ognuno ha il suo compito.”
“Lo so, infatti
sarò io a uccidere. Il Signore Oscuro ha chiesto la testa di
nostro padre e nostra sorella e non lo deluderemo.”
***
NdA:
si avvicina il finale di stagione, per parafrasare il mondo delle serie
tv! (dite che me la sto tirando un po' troppo? forse sì, quindi
la smetto subito) tuttavia, direi che c'è poco da aggiungere su
questo capitolo, ma mi interessa il feedback di chi legge riguardo al
fatto se si capisce che genere di prove ha chiesto Voldemort agli
adepti , non solo i fratelli, e cosa ne pensate! Grazie a tutt* coloro
che leggono e commentano!!
|
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Capitolo 22 *** Un inizio e una fine ***
21. un inizio e una fine
XXII
Demetra impiegò molto tempo prima di riaversi dallo shock.
La sua mente iniziò a
vorticare e fu con un ultimo guizzo di sangue freddo che volò
fuori dal lucernario del pub, si rifugiò in un angolo buio e si
ritrasformò.
Una volta ritrovata la forma
umana tremava come una foglia e fece appello a tutta la sua
determinazione, decisione e destinazione per materializzarsi a casa, al
sicuro.
I suoi fratelli avevano
ricevuto l’ordine di uccidere lei e suo padre da parte del
Signore Oscuro. O meglio, più precisamente Rabastan doveva
uccidere suo padre e Rodolphus lei. Era di lei che parlavano, lei che
quando usciva con Yaxley si smaterializzava sempre nello slargo di
fronte al pub.
E avrebbero bruciato tutto con l’Ardemonio.
All’improvviso, come un
fulmine che squarci il buio in una notte di tempesta e per un istante
illumini tutto senza ombre, tutti i pezzi andavano al loro posto, tutto
quadrava: Corban sapeva cosa dovevano fare i suoi fratelli e il
suggerimento di farsi un viaggio era tutto quello che poteva dirle per
aiutarla, senza tradire l’obbedienza al Signore Oscuro. E molto
probabilmente lui stesso aveva dovuto levare la bacchetta contro suo
padre all’Ufficio Misteri su ordine del Signore Oscuro, tanto era
stato nervoso nei giorni precedenti e successivi l’episodio in
questione al Ministero. Forse anche Nicholas e Lucius dovevano svolgere
dei compiti del genere e ciò poteva spiegare la loro
evasività in pubblico. E poi: Crouch cosa sapeva o aveva ragione
di sospettare? Perché a quel punto non era più un caso
che le avesse offerto un posto da avvocato al Ministero. E sua madre?
Forse che sua madre sapeva? Questo non poteva dirlo con certezza,
nonostante tutto.
Demetra corse in bagno e vomitò.
Quella notte si mise a letto ma non chiuse occhio.
Pensò tutto il tempo a
cosa fare e ogni volta che risentiva nella sua testa quella
conversazione si sentiva gelare da capo a piedi e il cuore accelerare
dolorosamente.
Cosa poteva fare? Se lo avesse
detto a suo padre, lui le avrebbe creduto? Poteva benissimo pensare che
stesse esagerando, perché anche suo padre spesso, come lei,
aveva la presunzione di avere tutto sotto controllo, come per la storia
dell’anello. L’anello del Fondatore, infatti, non era mai
uscito veramente da casa Lestrange e quello che aveva dato a Rodolphus
era solo una copia, come aveva scoperto lei stessa poche sere dopo
l’episodio, notando che suo padre aveva di nuovo l’anello
alla mano. Al suo sguardo sorpreso, suo padre aveva solo commentato
sibillino:
“Come vedi, l’anello protegge l’erede dalla malasorte e dal mal consiglio.”
Stando così le cose, i
suoi fratelli avevano fatto una pessima figura con il Signore Oscuro.
Forse era per quello che aveva ordinato loro di uccidere il padre e
lei. O forse no, era solo pura follia, e malvagità. Capiva
soltanto in quel momento quanto fosse fuori controllo la situazione,
quanto a suo tempo avesse avuto ragione Andromeda a considerarli dei
criminali assassini, perché quello erano, e la purezza del
sangue era ormai solo un pretesto senza ragione sostanziale, un
pretesto che un uomo crudele e potentissimo aveva sfruttato abilmente
per piegare a sé le energie dei più dotati maghi
purosangue. Ed essi erano diventati ormai solo uomini crudeli assetati
di sangue e potere sulle vite altrui, solo che non se ne era mai resa
conto davvero, perché nonostante tutto lei si sentiva legata ai
fratelli, a Corban e a tutti gli altri, per consuetudine e per
somiglianza. Ma adesso le cose stavano precipitando e lei aveva
focalizzato solo allora.
Che fare quindi? Poteva andare
da Crouch. Lui le avrebbe creduto, una volta che lei gli avesse
mostrato il suo ricordo nel Pensatoio e forse avrebbe sorvolato sul
fatto che era un Animagus non registrato, data l’importanza della
testimonianza e del pericolo. E poi? Avrebbe ottenuto la protezione
degli Auror? Più ci pensava e più le sembrava che nessun
Auror avrebbe davvero potuto proteggere lei e suo padre. Poteva non
farsi più vedere a Edimburgo, ma era sciocco credere che evitare
alcuni posti avrebbe fatto desistere i suoi fratelli, anzi, forse
appena avessero capito che lei sapeva delle loro intenzioni avrebbero
scatenato una rappresaglia, perché nel momento in cui avevano
programmato di ucciderla, non sarebbero stati gli imprevisti a farli
desistere.
Solo sul mattino, quando
già filtrava un tenue raggio di sole dalle imposte, si
appisolò leggermente, la bacchetta stretta in mano.
***
Quando si svegliò, Demetra chiese per prima cosa a Binky dov’era suo padre.
“Al Ministero, come sempre, padroncina” fece l’elfa compostamente.
Demetra ebbe l’impulso di
catapultarsi anche lei al Ministero, ma non sapeva cosa avrebbe fatto.
Passò tutta la mattina in preda ad uno stato di agitazione
implacabile, che si sciolse soltanto quando suo padre rientrò
nella tarda mattinata.
“Devi parlarmi di qualcosa?” disse il signor Lestrange vedendo la figlia visibilmente agitata.
“No! Cioè, sì, forse” disse senza pensare.
“Un ottimo inizio” disse suo padre sorridendo.
Era di buon umore,
osservò Demetra, e lo era sempre di più da alcuni giorni.
Come se fosse tornata in lui una sorta di pace, magari precaria, dopo
che la moglie se ne era andata, e fosse riuscito a sistemare alcune
questioni importanti.
Demetra lo seguì fino allo studio, ancora agitata, non sapendo come avrebbe parlato.
“Allora, cosa succede?”
“Siamo in pericolo, papà” disse d’impulso.
Il signor Lestrange assunse un’aria dubbiosa.
“Per quello che stanno facendo Rabastan e Rodolphus” continuò lei.
“Oh, i tuoi fratelli sono
maghi adulti da molto tempo ormai. Si assumeranno le conseguenze di
quello che fanno. E io non so se potrò o vorrò aiutarli,
di fronte a certe accuse infamanti” disse con semplicità.
Quindi suo padre credeva che lei temesse che i fratelli sarebbero finiti in mano agli Auror.
“No! Noi siamo in
pericolo! Loro adesso… Merlino mi aiuti! Loro adesso hanno
scelto un’altra legge, noi non siamo più la famiglia
adesso, e se dovesse accadere… Se loro… – tremava a
formulare il pensiero – Noi non siamo più la famiglia, per
loro.”
Suo padre rimase serio, pur scuotendo la testa.
“Demetra, non essere
paranoica come Augusta. Possono fare molte cose, ma non commetteranno
mai l’abominio di andare contro il loro stesso sangue.”
Demetra rimase in silenzio, pensierosa.
“Chissà com’erano adirati per la storia dell’anello…” disse dopo un po’.
“Mi sembra di essere
stato chiaro, negli anni, su molte cose. Ma forse ho sbagliato io
qualcosa, con loro. Il tempo passa e ogni giorno sono sempre più
convinto che l’erede di casa Lestrange non puoi essere che tu,
piccola mia.”
Demetra trattenne a stento le lacrime, a quella tenerezza così insolita.
“Ma io sono una femmina. Così la famiglia finisce” considerò, atona.
“Forse. Ma magari è meglio così.”
“Ricordo che ti
arrabbiasti molto quando Rodolphus prima di partire per Hogwarts
andò alla miniatura dell’albero di famiglia e tirò
una riga sotto i nostri nomi, perché la famiglia non poteva
finire…”
“È notevole che tu ricordi quell’episodio, avrai avuto sì e no quattro anni.”
Demetra sorrise, non sapendo cosa aggiungere.
Suo padre sfilò l’anello che portava alla mano destra e glielo porse.
Demetra scosse il capo.
“Sì, invece. Come ho detto, sei tu l’erede.”
Demetra infilò
l’anello al medio della mano destra, titubante.
Quell’anello non aveva nessun potere magico intrinseco, lo sapeva
bene, e quello che sentiva era solo il peso del valore simbolico.
Cercò di dire qualcosa, ma Binky apparve per comunicare che il pranzo era pronto, e non ci fu spazio per altre parole.
***
Una fredda ma limpida mattina di metà gennaio Andromeda sentì che il momento era arrivato.
Chiamò Ted e lo mandò di corsa a chiamare la Medimago ostetrica che l’aveva vista l’ultima volta.
Sulle prime, anche
l’ostetrica ebbe qualche difficoltà, perché
sembrava che il bambino o la bambina cambiasse continuamente posizione.
“Il Guaritore ha detto
che potrebbe essere un Metamorfomagus – spiegò Andromeda
all’ostetrica fra le contrazioni – Non cambia nulla
però adesso, vero?”
Si pentì di aver parlato nel momento in cui vide un lampo di terrore sul viso dell’ostetrica.
“No, no, penso di no…” balbettò quella.
Dovrò fare tutto da sola, come sempre, pensò Andromeda.
Trasse un lungo respiro,
cercando di ricordare le istruzioni sulla respirazione che aveva
ricevuto una delle ultime visite di controllo.
Ted sembrava il più terrorizzato di tutti, così Andromeda strinse anche la sua mano, come per unire le forze.
Forza amore mio, disse dentro di sé, scegli una posizione e iniziamo!
Come se l’avesse sentita,
il bambino o la bambina si calmò e Andromeda poté
iniziare a spingere seguendo la guida dell’ostetrica.
Durò pochi minuti che sembrarono infiniti, ma alla fine la bambina uscì fuori e pianse vigorosamente.
Andromeda sorrise, riprendendo
a respirare profondamente, e fece appena in tempo a vedere che la
neonata era completamente avvolta in più giri da quello che
doveva essere il cordone ombelicale, come ci si fosse impigliata da
sola.
Come se le avesse letto nel
pensiero, l’ostetrica con pochi colpi di bacchetta liberò
la bimba dal cordone ombelicale, questa volta con destrezza,
lasciandole sul pancino un ombelico perfettamente cucito e dopo pochi
attimi la depositò in braccio alla madre pulita e avvolta nella
copertina che avevano preparato.
Ted baciò Andromeda con tenerezza, per poi guardare meravigliato la figlia che, ad occhi chiusi, cambiava vorticosamente colore ai suoi sottili e delicati capelli sulla testolina.
Nessuno dei due prestò troppa attenzione alle spiegazioni che
stava dando loro l’ostetrica, circa l’igiene,
l’alimentazione e le precauzioni necessarie, la quale
probabilmente se ne accorse e concluse che comunque lasciava loro un
opuscolo del San Mungo per i neogenitori.
E in quel momento per Andromeda
non esisteva nient’altro che la sua bambina bellissima, una
felicità perfetta che spazzava via tutto l’orrore che
incombeva là fuori, perché mentre la morte aveva un solo
colore, la vita che teneva in braccio scintillava di mille colori.
***
Quella notte, stranamente, Demetra dormì.
Sognò molte cose:
sognò Hogwarts e il Cappello Parlante, sognò Emmon che le
raccontava della Francia del sud che aveva visto quando era solo un
pulcino, sognò Andromeda padrona di casa a Grimmauld Place,
sognò suo fratello che la attaccava, ma era solo un Molliccio
che svaniva quando lei gli mostrava l’anello, ridendo
soddisfatta, sognò la statua animata di Gramelius che
distribuiva galeoni davanti alla Gringott e il signor Crouch che
durante un dibattimento diceva che nessun uomo è morto
finché non si trova il corpo.
La mattina dopo Demetra si svegliò, e sapeva esattamente cosa fare.
***
NdA:
e questo è il penultimo capitolo! Come vedete non accade
nulla, se non che finalmente Demetra capisce cosa siano davvero
Voldemort e i suoi Mangiamorte, ma sulla propria pelle e invece si
chiude, almeno per ora, la linea narrativa di Andromeda, con la nascita
di Ninfadora. Ci tenevo a lasciare un ultimo raggio di luce e colore
nella storia prima del finale, che vedrà Demetra alle prese con
i fratelli e tutto può ancora succedere. L'anello non ha davvero
alcun potere magico reale, perchè l'unico potere è quello
della mente di colui o colei che lo indossa, ma il confine fra magia e
suggestione è labile anche per maghi di rango come i due
Lestrange. Ho voluto mettere anche qui una citazione da un romanzo che
ho amato molto, i Buddenbrook di Thomas Mann, con l'immagine del
piccolo Rodolphus che traccia la linea sotto l'albero genealogico di
famiglia a fare da parallelo, pur con le dovute differenze, al piccolo
Hanno figlio di Thomas che nel romanzo fa la stessa cosa con l'albero
di famiglia, generando le ire del padre...insomma, se non si è
capito io adoro quel libro!
Direi che è tutto! Una delle mie preoccupazione è che la
scena della nascita di Ninfadora sia troppo veloce, e al contempo ad
aggiungere molto altro temevo di scadere nel patetico, quindi
l'incertezza permane per questa parte. Ad
essere onesta tuttavia non so quanto anche il finale sia all'altezza,
così come questo capitolo interlocutorio non se è troppo
o troppo poco, e spero che le recensioni mi aiutino anche in questo.
|
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Capitolo 23 *** Fuoco nella notte - epilogo ***
23. epilogo
XXIII
Quella mattina Demetra si mise al lavoro subito dopo colazione.
Suo padre andò al Ministero, ma Demetra sapeva che non era
quella la mattina designata per l’attacco. Aveva ancora quattro
giorni di tempo, perché sapeva che sarebbe uscita con Yaxley il
venerdì e con tutte le probabilità i fratelli aspettavano
proprio quella sera.
Il piano era quello di riprodurre esattamente quanto aveva fatto secoli
prima Gramelius: incantare e trasfigurare una statua in maniera
così potente che tutti i testimoni che fossero accorsi fuori dal
pub avrebbero in seguito giurato di aver visto lei duellare con i
fratelli, e cadere morta a terra. La magia doveva essere così
potente che anche il cadavere doveva durare abbastanza a lungo da
indurre i fratelli a convincersi di averla uccisa, mentre lei si
sarebbe trasformata nell’ombra in rapace. Il punto debole, oltre
al fatto che era davvero la prima volta dai tempi di Gramelius che
qualcuno tentava una cosa del genere, era che prima o poi la magia si
sarebbe dissolta e lei contava sul fatto che poi i due bruciassero
tutto con l’Ardemonio, cancellando ogni possibilità di
ricostruire il fatto. Quanto a suo padre, poteva solo tentare di
salvarlo mettendo in allarme Crouch e gli Auror con una lettera
anonima, che naturalmente avrebbe protetto da occhi indiscreti con lo
stesso incantesimo che aveva usato tempo prima con la lettera ad
Andromeda.
L’altra parte del piano riguardava quello che sarebbe accaduto
dopo: Demetra decise che sarebbe rimasta una civetta per un po’,
per qualche giorno, e poi si sarebbe nascosta più cautamente ai
margini della comunità magica scozzese, trasfigurandosi
variamente. Quando il mattino dopo i fratelli avrebbero attaccato suo
padre, gli Auror sarebbero stati pronti a catturarli cogliendoli sul
fatto in gruppo, avrebbero messo al sicuro suo padre da possibili
ritorsioni e i due sarebbero stati spediti ad Azkaban. Solo quando
fosse iniziato il processo a loro carico e la situazione fosse
perlopiù rientrata, lei si sarebbe palesata di nuovo e avrebbe
spiegato la situazione a Crouch e al Ministro stesso.
Demetra sapeva che il piano poteva fallire ad ogni passo e la cosa che
più la angosciava era che suo padre non sospettava nulla e
sarebbe andato incontro all’attacco alla Gringott come un agnello
sacrificale, ma probabilmente era anche l’unico modo
perché gli Auror mettessero le mani sui suoi fratelli,
cogliendoli in flagrante e mostrando così a tutti la loro
colpevolezza. Aveva anche preparato una borsa con tutto
l’occorrente per la fuga temporanea: una bella borsa di pelle la
cui capienza era stata adeguatamente espansa con un incantesimo e
riempita di provviste impacchettate e rimpicciolite, boccette di
pozioni di emergenza e qualche cambio. La statua designata a fare da
substrato per l’incantesimo illusorio l’avrebbe presa da un
cimitero monumentale della città Babbana: ormai spesso certi
maghi ubriachi prendevano di mira i cimiteri Babbani vandalizzando le
opere in pietra e mettendo su incantesimi ai danni dei Babbani, per
terrorizzarli ancora di più in quel luogo di morte, per cui
nessuno avrebbe fatto caso ad una statua mancante.
Sarebbe andato tutto bene, si ripeteva Demetra, e lei sarebbe stata
quella che avrebbe assicurato i suoi fratelli alla giustizia, avrebbe
riportato in alto il nome della famiglia e avrebbe mostrato a tutti
quale era la verità.
Ogni volta che ripassava il piano accarezzava l’anello, sperando
che davvero la proteggesse dalla malasorte, e pensava a suo padre.
La sera prima del venerdì, a cena, decise di tornare sull’argomento.
“Devo dirti una cosa – iniziò, aspettando che il
padre le facesse cenno di continuare – Vorrei restituirti
l’anello.”
“E perché mai? Io ho deciso che sei tu l’erede, per
me le cose tanno benissimo così, e tu hai dimostrato di essere
pronta.”
“No, io non credo di essere pronta. O meglio, io non credo che sia questo il tempo.”
“E cosa te lo fa dire?”
Demetra non poteva dirgli che contava sul fatto che gli Auror avrebbero
salvato lui alla Gringott e avrebbero catturato i suoi fratelli mentre
lei viveva in clandestinità, ma sapeva anche che suo padre
riusciva sempre a cavarle di bocca la verità, che chiudesse la
mente o meno, così optò per una mezza verità.
“Ho fatto dei sogni con l’anello indosso. E se
l’anello protegge l’erede dal malconsiglio, credo di
dovermi fidare del sogno.”
Suo padre la guardò a lungo, per poi sorridere.
“Come vuoi.”
Demetra sorrise a sua volta e gli restituì l’anello.
“Posso sempre farne una copia come quella che tu hai dato a
Rodolphus, per bullarmi un po’ se ce ne fosse bisogno”
aggiunse per sdrammatizzare, e suo padre rise di gusto.
Andrà tutto bene, si obbligò a pensare.
***
“Allora buonanotte. Ci vediamo.”
“Ci vediamo? Sei proprio sicuro, Corban?” rispose Demetra, fissandolo diretta negli occhi.
Lei sapeva che lui sapeva ed ebbe la percezione che anche lui sapesse che lei aveva capito ogni cosa.
Il ragazzo non rispose niente, ma alla fine fu Demetra a fargli abbassare lo sguardo.
Si incamminò verso la piazzetta davanti al pub Il Velo, la bacchetta salda in mano.
Ad un certo punto, come aveva previsto, arrivarono. O meglio, prima
arrivò un’ondata di aria fredda come poche volte aveva
sentito, e poi avvertì che qualcuno si era appena materializzato.
“Oh, chi abbiamo qui? La nostra sorellina adorata” disse nel buio la voce di Rodolphus.
Poi avanzò sotto la luce dei lampioni, dando le spalle alla
vetrata scura del pub e Demetra vide che portava una lunga veste nera,
forse quella con cui i Mangiamorte erano soliti compiere gli attacchi,
ma camminava col cappuccio abbassato, a volto scoperto.
Qualche passo dietro di lui, Rabastan si guardava intorno. Forse aveva il compito di controllare che nessuno intervenisse.
Rodolphus scagliò uno Schiantesimo non verbale, ma Demetra aveva già evocato uno scudo.
“Tu sai fare solo il Sortilegio Scudo, vero?” ghignò lui.
Non cedere alla provocazione, non cedere alla provocazione, lascialo solo camminare fino al punto…
Demetra evocò un altro scudo, ma lo Schiantesimo del fratello
superò per un pelo la barriera e fece alzare una nuvola di
polvere, facendo saltare diverse pietre del lastricato a terra.
“Non ho intenzione di rincorrerti. Crucio!”
Il Sortilegio Scudo servì soltanto ad attutire la morsa che
investì la pancia di Demetra e a darle il tempo di trascinarsi
nell’ombra a riprendere fiato, col cuore che batteva
all’impazzata. Non doveva cedere al dolore che sentiva in testa e
perdere la lucidità, quella era la sola cosa che poteva fare la
differenza.
Rodolphus avanzò ancora, scagliando maledizioni nel buio e
facendo esplodere le panchine in pietra sul lato della piazzetta. Il
trambusto attirò gli avventori del pub alla vetrata e qualche
impavido fece capolino fuori.
“Più pubblico c’è meglio è, no, Rab?
Così anche Lui avrà dei testimoni se vorrà”
commentò Rodolphus.
“Avanti, fatti sotto, non ho paura!” emerse la voce di Demetra nel buio.
“Che succede qui?” intervenne MacAllister il locandiere.
“Affari di famiglia in cui non devi impicciarti” rispose Rabastan per tutti.
Sotto la luce dei lampioni, MacAllister e tutti gli avventori videro
Rodolphus Lestrange che duellava con la sorella Demetra a colpi di
fatture e nessuno sembrava avere l’intenzione di fare
alcunché. Qualcuno forse aveva cercato di smaterializzarsi, ma
Rabastan doveva aver lanciato sull’intera piazzetta un
incantesimo anti-materializzazione.
Demetra perse il senso del tempo e dello spazio, rannicchiata nel buio
addossata al muro sul retro del pub, concentrata a mormorare a mezza
voce le formule che dovevano guidare i gesti della statua trasfigurata,
mentre sentiva una morsa di dolore stringersi sempre di più
attorno alle tempie. Era la fatica che comportava una magia del genere
e sapeva anche che non poteva durare ancora a lungo. Inoltre, la statua
non scagliava reali fatture ma pronunciava solo le parole, limitandosi
a scoppi luminosi e a schivare i colpi. Perché Rodolphus ci
metteva tanto a scagliare l’Anatema che uccide?
Ormai la polvere dovuta alle fatture scagliate alla cieca era alta e
non si vedeva più molto. Demetra tremava e ondeggiava mormorando
tutte le formule degli incantesimi di illusione per sostenere il
sortilegio sulla statua, ma percepiva che il controllo stava venendo
meno e anche la statua aveva movimenti più rigidi e meno
naturali.
“Adesso basta” disse Rodolphus, freddo.
Dai, fallo.
“Avada Kedavra.”
Pur nel buio umido del retro del pub, Demetra sentì il freddo
della lama verde fendere l’aria e colpire la sua statua
personificata.
Non doveva perdere il controllo, quello era il momento più importante.
Ripeté ancora la formula decisiva, sforzandosi con la gola e con
tutti i muscoli del collo perché la voce non tremasse e con la
testa perché il controllo non la abbandonasse.
Ad un certo punto fu il silenzio.
“Morgana grande, è tutto vero! È davvero la ragazza Lestrange!” esclamò qualcuno.
Nella mente di Demetra passò l’immagine del proprio
cadavere steso a terra e impolverato, sul lastricato divelto della
piazzetta.
“Missione compiuta, mio Signore” esclamò Rodolphus.
Si voltò verso Rabastan, con un sorriso luciferino.
“Morsmordre!” disse Rodolphus alzando la bacchetta verso il cielo nero.
“Lo spettacolo è finito, gente – biascicò
Rabastan – MacAllister, puoi chiamare gli Auror adesso.”
“Ehi, ma non mi avete aspettato? Sono arrivato ora io!” disse esaltata la voce di Avery.
“Sì, io ho già fatto, andiamo” disse Rodolphus, senza degnare di uno sguardo il corpo della sorella.
“Uffa! No, ora io accendo un po’ di luce e ci scaldiamo un po’!”
Rodolphus capì in ritardo cosa voleva dire Avery.
“No, testa di cazzo, niente Ardemonio per mano tua! Già l’ultima volta…”
Ma dalla bacchetta di Avery era già uscita una fiamma a forma di
serpente, che circondò il corpo della ragazza e si
attaccò all’orlo della veste, divampando
all’improvviso in una torcia gigantesca.
“Sei un idiota!” iniziò ad urlare Rodolphus.
“Avevo detto di no, cazzo, avevo cambiato idea! E tu non sai controllare il fuoco!”
“Come sei permaloso!” disse Avery con una risata spettrale.
“Almeno cerchiamo di non far bruciare il pub – intervenne
Rabastan – Perché sennò questa è la volta
buona che MacAllister ci vende agli Auror.”
“Gli Auror stanno arrivando, se è per questo, andiamocene
e basta. MacAllister sa badare a sé stesso e se non lo sa fare,
la faremo pagare anche a lui” disse Rodolphus, smaterializzandosi.
Avery lo seguì, mentre Rabastan indugiò un attimo a
contemplare le fiamme che si spandevano nella piazzetta, con il calore
che aveva iniziato a far sciogliere anche le pietre e tutti stavano
semplicemente cercando di scappare dalla fornace che stava diventando
la piazzetta.
Ancora rannicchiata a terra, Demetra sentiva arrivare il calore del
fuoco magico fino a lì e le voci concitate degli avventori.
Qualcuno si era smaterializzato non appena i fratelli avevano revocato
l’incantesimo andandosene loro, altri erano nel panico.
Demetra, l’ultimo sforzo, e domani li prenderanno, tuo padre e Crouch e Andromeda capiranno e giustizia sarà fatta.
Facendo appello a tutta la sua concentrazione, Demetra si
trasformò in civetta e spiccò il volo fino al primo ramo
vicino.
L’albero su cui era appollaiata era diverse decine di metri
lontano dalla piazzetta, ma i suoi occhi di rapace potevano vedere
molto più in lontananza di quelli umani.
Gli Auror erano arrivati e per il momento tutto il loro impegno era
quello di spegnere l’Ardemonio e salvare il locale. Solo quando
il fuoco fu domato Demetra trovò il coraggio di avvicinarsi,
andando a posarsi sul cornicione del pub, e vide un Auror parlare con
MacAllister. L’Auror doveva aver evocato una fattura protettiva
contro il calore che ancora emanava dal terreno e contro l’odore
fortissimo di bruciato.
MacAllister stava raccontando i dettagli dell’agguato, ma
sembrava impegnarsi più che altro nell’allontanare da
sé i sospetti di essere stato complice dei due Lestrange, dal
momento che non aveva chiamato immediatamente gli Auror.
Pochi minuti dopo apparve che un giornalista del Profeta armato di
macchina fotografica, che si diresse subito a scattare foto alle pietre
fuse e ai cespugli carbonizzati. Mentre MacAllister era ancora a tu per
tu con l’Auror, apparvero anche Cuffe, il direttore del Profeta,
con gli occhi sbarrati, e il signor Crouch, scuro in volto.
Crouch spinse via il fotografo e si avvicinò al cumulo di pietre dove doveva essere caduto il cadavere di Demetra.
Non era rimasto niente, la carne doveva essersi come evaporata in una
nuvola di cenere, mentre un’accozzaglia informe di pietra fusa
era sparsa poco distante.
“Dunque è tutto vero – mormorò chinandosi a
terra a raccogliere un piccolo grumo scuro e duro, come solidificatosi
dopo essere stato fuso, che doveva essere stato a suo tempo un anello o
una spilla, comunque un monile magico – La lettera era vera.
Merlino ci aiuti.”
“Ferguson e Thompson restano qui a guardia e a raccogliere le
testimonianze. Shacklebolt, hai finito?” disse rivolto
all’Auror che stava interrogando MacAllister.
“Sì, capo, come vuole lei.”
“Bene, tutti quanti in Dipartimento, riunione
d’emergenza” e si smaterializzò con un crack cupo,
facendo sobbalzare Cuffe.
Seguì un parlottio diffuso, mentre MacAllister si guardava
intorno, incerto se tornare dentro e chiedendosi se l’avesse
scampata anche quella volta.
Nella confusione, nessuno si accorse di una civetta che era rimasta appollaiata fissa sul cornicione.
***
NdA: c'è poco da
dire, se non che questo è il finale, è ovviamente aperto
ad un seguito che è già work in progress e che spero sia
all'altezza di tutto il resto! In realtà non sono convintissima,
temo che non si capiscano alcune cose e che altre sembrino un po'
tirate per i capelli, ma ormai era già tutto scritto e non avrei
saputo più metterci le mani. Solo alcune note: ho immaginato che
l'Ardemonio sia un fuoco proprio della magia oscura e come tale abbia
la capacità di bruciare davvero tutto, compresa la pietra e
leghe metalliche, cosa che il fuoco reale fa a temperature diverse e in
precise condizioni ambientali, così come per fermarlo non basta
l'acqua ma serva l'intervento di vere controfatture che appunto
eseguono gli Auror (in fondo, anche in HP7 alla fine l'Ardemonio
distrugge la stanza delle necessità e solo la magia che la isola
dal resto ferma l'incendio se non sbaglio, no?). Venendo a Demetra
invece, converrete con me che il suo piano fa acqua da tutte le parti,
ma nella sua testa era importante dimostrare davanti a tutti la
colpevolezza e la malvagità dei fratelli, che fino ad allora
nessuno aveva mai accusato esplicitamente, perché come
farà poi Malfoy avrebbero anche potuto dire di essere
stati sotto l'Imperius, e invece tutti dovevano vedere e sapere.
Dita incrociate per le recensioni!
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