Niente è per sempre.

di _Qwerty_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo settembre ***
Capitolo 2: *** Grandi e piccole aspettative ***
Capitolo 3: *** Quaderni malandrini ***
Capitolo 4: *** Primi appuntamenti ***
Capitolo 5: *** Prime domande ***
Capitolo 6: *** Per ora, solo Schiantesimi ***
Capitolo 7: *** Prove di fuga ***
Capitolo 8: *** Trasformazioni inattese ***
Capitolo 9: *** Aspettando il matrimonio del secolo ***
Capitolo 10: *** Natale a Grimmauld Place ***
Capitolo 11: *** G.U.F.O. ***
Capitolo 12: *** Il matrimonio del secolo ***
Capitolo 13: *** Con le piume e con le bacchette ***
Capitolo 14: *** Direzioni diverse ***
Capitolo 15: *** Minacce, progetti e dubbi ***
Capitolo 16: *** L'altro matrimonio ***
Capitolo 17: *** Parole d'inverno ***
Capitolo 18: *** La magia immaginifica ***
Capitolo 19: *** Dal passato e verso il futuro ***
Capitolo 20: *** L'amore altrui ***
Capitolo 21: *** Incidenti e coincidenze ***
Capitolo 22: *** Un inizio e una fine ***
Capitolo 23: *** Fuoco nella notte - epilogo ***



Capitolo 1
*** Primo settembre ***


1. primo settembre

I.


Alla fine ci sono riuscita anch'io dopo un paio di tentativi! Non vedo l'ora di essere là così potremo provare insieme quanto vogliamo. Volevo usare il camino per raccontarti tutto a voce, ma Bella ha fatto la spia alla mamma e allora mi sono chiusa in camera per evitare che si arrabbiasse a meno di una settimana dalla partenza.

Ci vediamo il primo settembre!
Andromeda.


Andromeda Black sigillò accuratamente la pergamena e la affidò alla sua civetta personale. Mancavano pochi giorni all'inizio del suo primo attesissimo anno a Hogwarts e nei giorni precedenti non aveva fatto altro che provare incantesimi con la sua nuova bacchetta in compagnia della sua migliore amica, Demetra Lestrange. Non stava più nella pelle di partire per Hogwarts e vedere cosa c'era fuori. Fuori dall'enorme dimora londinese di Grimmauld Place dove viveva da sempre con la sua famiglia, fuori dall'altra enorme villa dei Black in Galles, fuori dalle altre residenze patrizie dove vivevano i Lestrange, altra nobile famiglia purosangue di cui i suoi genitori vantavano essere fra i più stretti conoscenti. Già andare a Diagon Alley a comprare la bacchetta era stato fino ad allora il giorno più bello ed elettrizzante della sua vita, per cui stare nel leggendario castello di Hogwarts a imparare ogni sorta di magia non poteva che essere fantastico.

***

“Sì, starò attenta, non farò esplodere nulla!”
Demetra Lestrange stava cercando di rassicurare la madre sul suo futuro di studentessa modello a Hogwarts.
“Guardiamo bene che sia così. Sarebbe a dir poco sconveniente che una Lestrange mostrasse così poco autocontrollo della sua magia.”
Demetra stava giusto considerando quanta poca fiducia avesse in lei sua madre, quando individuò Andromeda insieme a tutta la famiglia e la salutò con un entusiasmo che sua madre giudicò sconveniente tanto quanto far esplodere vetri. Intanto anche i signori Black avevano visto i Lestrange.
“Druella cara, ogni volta rimango stupita della bellezza delle tue ragazze!”
Andromeda dovette resistere alla tentazione di scoppiare a ridere di fronte alle smorfie che Demetra stava facendo alle spalle della madre.
“Sei sempre troppo gentile, Isabella! Davvero non potevo chiedere di meglio che tua figlia per la mia ad Hogwarts, con questi tempi in cui siamo sempre più circondati da certa feccia.”
Druella Rosier in Black lanciò uno sguardo di disprezzo a due famiglie visibilmente Babbane che, un po' titubanti, si stavano avvicinando al treno.
Finiti i convenevoli, per la gioia delle due amiche, era il momento di salire. Andromeda si voltò un'ultima volta anche per salutare la sorella più piccola, che sembrava molto contrariata all'idea di non poter andare anche lei.
“Ti scriverò un sacco di lettere! Vedrai, Cissy, ti sembrerà di esserci stata anche tu da quante lettere ti manderò!”
Ricordava benissimo quando due anni prima si era sentita nello stesso modo quando sua sorella Bellatrix era partita per la prima volta per Hogwarts. E pensare che le aveva scritto sì e no due o tre volte in tutto l'anno.

***

“Che ansia!”
“Ma no, vedrai...”
“Black, Andromeda!”
Andromeda sedette elegantemente sullo sgabello e si lasciò toccare i morbidi capelli castani dal vecchio Cappello.
Vediamo...Una testolina niente male, spirito di indipendenza e...fegato anche! Magari Grifondoro! No, no, mandami a Serpeverde! I miei si arrabbieranno! E perché mai? Grifondoro è la casa dei cuori pieni d'ardimento e onore! Ti prego, ti prego, è importante! Serpeverde tu dici? Ah beh, in fondo le qualità non mancano... Sì, sì, per favore! Se proprio insisti...
“Serpeverde!”
Il tavolo verde-argento applaudì compostamente e Andromeda andò a sedersi nel posto che la sorella le aveva tenuto.
“Chissà perché ci ha messo tanto a decidersi con te – osservò Bellatrix – Quando smistò me, fu un lampo!”
“Non lo so...”
Non era il caso di dire alla sorella che il cappello avrebbe voluto mandarla a Grifondoro, o presto gli artigli di Druella Rosier in Black si sarebbero precipitati a Hogwarts per fare a brandelli quel povero vecchio cappello.

***

“Ti devo raccontare una cosa” disse Andromeda all’amica una volta in dormitorio.
Demetra smise di sistemare tutti i libri che si era portata da casa per andare a sedere sul letto dell'amica.
“Vai, spara!”
“Ho quasi rischiato di finire a Grifondoro! Ho dovuto implorare il Cappello! Non l'ho detto a Bella perché sennò ti immagini che storie a casa!”
“Caspita! Hai fatto bene! Però che strano, anche con me il Cappello ha preso in considerazione l'idea di mandarmi a Corvonero! Ma gliel'ho impedito: non avrei potuto accettare che non fossimo insieme! Certo, se fossi stata a Corvonero anche tu, avrei accettato.”
“Me lo immaginavo!”
“Cosa?”
“Che avresti rischiato di finire a Corvonero, Dem! Tu sei quella che sa già a memoria Manuale degli Incantesimi, volume primo!”


***

NdA: cucù! Ecco la mia nuova storia! Andromeda è uno dei personaggi di cui scrivo più volentieri, così come delle sorelle Black in generale, e mi è sempre ronzata nella mente l'idea di un personaggio come Demetra Lestrange, sorella dei celebri Mangiamorte, una Serpeverde purosangue a tutti gli effetti, nata dalla parte dei "cattivi", ma a suo modo incerta e combattuta.
Questo primo capitolo è stato scritto eoni fa e spero che lo stile sia adeguato per dei personaggi che, anche se diventeranno qualcuno, per ora hanno solo undici anni.
Inutile dire che mi aspetto una valanga di recensioni, quindi non mi deludete!

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Capitolo 2
*** Grandi e piccole aspettative ***


2. grandi e piccole aspettative

II.



Andromeda Black andava bene a scuola, in tutte le materie, ma non era certo la prima della classe. A dire la verità, con l’impegno che metteva nei compiti e negli esercizi, riusciva a prendere più della sufficienza, ma non smaniava per avere il massimo dei voti, perché semplicemente pensava che l’obiettivo era padroneggiare gli incantesimi. Ovviamente era ben consapevole delle aspettative che c’erano su di lei: figlia di una delle più antiche e prestigiose famiglie di maghi purosangue, con decine di pagine dedicate ai Black in Nobiltà di natura: genealogia magica, tutti in famiglia e non solo si aspettavano che fosse una strega dotata e abile, come sua sorella e la sua miglior amica Demetra non mancavano di ricordarle. Sua sorella Bellatrix andava bene quanto lei nelle cose di scuola, con la differenza che sembrava doversi impegnare meno per raggiungere il suo obiettivo, che fosse imparare una fattura o trasfigurare un pollo, ma aveva anche una costanza e un senso della disciplina che lasciavano alquanto a desiderare: Andromeda si era presto resa conto che sua sorella maggiore studiava solo quello che le interessava e soprattutto che riteneva utile, come aveva di fatto ammesso al momento di scegliere le materie opzionali dal terzo anno. Non potendo non seguire Aritmanzia, a cui loro padre teneva molto, e Rune, che sua madre aveva tanto amato ai suoi tempi, aveva aggiunto Cura delle Creature magiche, immaginando che avrebbe imparato a domare creature pericolose e rare, e Divinazione, attirata dall’idea di prevedere il futuro. Una volta scoperto di essere perfettamente negata per la Divinazione e che avere a che fare con le creature magiche implicava faticare e sporcarsi, Bellatrix aveva mollato le due materie, sentenziando che i veggenti sono tutti ciarlatani perché prevedere il futuro è impossibile e che le creature magiche sono roba per Mezzosangue o comunque maghi svitati, dato che Trasfigurazione, Incantesimi e Difesa sono tutto quello che basta per farsi rispettare. Andromeda non sapeva bene come, ma i suoi genitori non le avevano mosso alcun rimprovero e anche il fatto che avesse preso solo Accettabile in Aritmanzia e Rune era passato inosservato.
All’opposto del pressappochismo di sua sorella c’era la sua miglior amica, Demetra Lestrange, che invece sembrava aver fatto suo fino al midollo l’imperativo di essere all’altezza delle aspettative delle loro famiglie purosangue. Demetra sembrava dotata di un’abnegazione allo studio senza confine: già da bambine, prima di Hogwarts, leggeva tutto il possibile dalla biblioteca di famiglia e studiava già come preparare pozioni; una volta a scuola, si preparava in anticipo alle lezioni e nel giro di pochi tentativi padroneggiava gli incantesimi, ottenendo così le lodi trasversali dei professori e punti per la loro Casa, ed essere costantemente la più brava e la prima a fare le cose sembrava essere davvero quello che la spingeva ogni giorno. Andromeda pensava che lo zelo scolastico dell’amica era decisamente eccessivo: Demetra era semplicemente già brava di suo, molto più di lei o di Bellatrix e degli altri compagni, e non c’era ragione sensata per quest’eccesso di studio.
“Questo è il prezzo dei risultati, perché la conoscenza è potere” aveva detto una volta quando erano in biblioteca a fare i compiti e Andromeda aveva proposto, non senza un po’ di senso di colpa, di copiare un vecchio tema di sua sorella per Storia della Magia.
La conoscenza è potere!, a tredici anni neanche. Se lo avesse detto sua sorella, sarebbe stato sgradevole ma perfettamente coerente; detto da Demetra invece suonava come una di quelle frasi dei grandi che senti ripetere da quando hai memoria e alla fine diventano tue senza che te ne accorga, e a un certo punto non ti chiedi neanche più perché ci credi. Non ne avevano mai parlato esplicitamente, ma Andromeda in un certo senso capiva bene l’ansia da prestazione della sua amica. I fratelli maggiori di Demetra, Rabastan e Rodolphus, avevano finito Hogwarts giusto prima che loro iniziassero, erano stati entrambi Prefetti e nella squadra di Quidditch ed erano considerati due studenti molto in gamba, sebbene non i primi della classe. Demetra voleva dimostrare di essere in primo luogo altrettanto abile dei fratelli, e se possibile ancora di più. Non erano mancate le volte in cui le aveva confidato di quanto le faceva rabbia sua madre che aveva sempre da dire quanto erano speciali i suoi fratelli e quanto lei invece non doveva montarsi la testa. Andromeda non aveva mai provato nulla del genere: c’erano sì dei litigi con sua sorella maggiore, ma sapeva che le voleva bene e crescendo insieme aveva imparato a prendersi i suoi spazi e a non farsi mettere i piedi in testa. A volte suo padre aveva fatto notare alle due sorelle quando fossero simili di carattere, con la stessa determinazione e lo stesso spirito di indipendenza, mentre vedeva in Narcissa una delicatezza nei modi e nelle parole che necessitava di protezione, e tutte le volte tutte e tre avevano protestato sonoramente a quell’affermazione, dichiarandosi loro due diverse e Narcissa insistendo di non avere bisogno di alcuna protezione, a undici anni neanche. Inoltre, il confronto con le sorelle sfumava nel momento in cui stavano insieme ad altri maghi della loro età, figli di altre famiglie purosangue come loro, che talvolta si vedevano nei ricevimenti organizzati una volta da una famiglia una volta da un’altra, e a cui potevano prendere parte una volta compiuti i dieci anni e dimostrato di sapersi comportare in pubblico. In quelle occasioni, a fare a gara per ricevere attenzioni e complimenti erano Bellatrix e Demetra, con la prima che cercava di sembrare più grande della sua età per abilità con gli incantesimi (di cui non poteva dare dimostrazione fuori da scuola, tuttavia) e la seconda che cercava di essere coinvolta nelle discussioni di politica e legislazione di cui suo padre era spesso al centro, essendo un membro del Wizengamot. Ciliegina sulla torta, poi, Bellatrix aveva da sempre una cotta per uno dei fratelli di Demetra, cosa per cui non mancavano mai di prenderla in giro a dovere, nonostante Demetra a volte lasciasse trasparire un certo fastidio all’idea di ritrovarsi Bellatrix in famiglia.

***

Demetra Lestrange aveva sempre preso tutto molto sul serio. Il primo ricordo ben definito che aveva di se stessa era di quando, a tre anni esatti, aveva fatto esplodere in sequenza tutti i bicchieri presenti sulla tavola perfettamente addobbata per uno degli innumerevoli ricevimenti che sua madre era solita organizzare e a cui erano invitate solo le più prestigiose famiglie purosangue. Ricordava perfettamente anche come suo padre fosse stato entusiasta della sua poderosa magia infantile e come invece sua madre l’avesse rimproverata per i bicchieri rotti, ricordandole che l’autocontrollo della propria magia è tutto, ed era alquanto disdicevole che una strega del suo lignaggio non riuscisse a controllarsi. Naturalmente c’era rimasta male, aveva pianto e solo l’abbraccio del papà aveva evitato un altro scoppio di cristalleria, ma Demetra Lestrange aveva preso molto sul serio quelle parole e negli anni seguenti non aveva più permesso alla magia di manifestarsi senza controllo, se non in rare occasioni, che guarda caso coincidevano spesso con litigi con i suoi fratelli. A questo proposito, nutriva una certa invidia, sebbene mai cattiva, nei confronti della sua miglior amica Andromeda Black, la quale non aveva mai dovuto confrontarsi con fratelli e sorelle più grandi, che hanno già fatto tutto benissimo, e dei quali devi essere all’altezza: sì, Bellatrix aveva due anni di più ed era una forza della natura, ma aveva anche un’irruenza e una sfacciataggine che non sarebbero sempre state tollerate nella buona società purosangue a cui appartenevano, nella quale l’abilità politica contava tanto quanto l’abilità con la bacchetta, e quanto alle cose di scuola, non era così brava come voleva far credere. Rabastan e Rodolphus invece erano stati entrambi Prefetti a Hogwarts, entrambi nella squadra di Quidditch e nonostante non si atteggiassero a primi della classe conoscevano incantesimi e fatture ben aldilà degli insegnamenti scolastici, si interessavano di magia oscura, come già alcuni membri della famiglia in passato, e sembravano i perfetti eredi della nobile e antica casata Lestrange. E poi c’era lei, Demetra, nata sette anni dopo i fratelli.
“Non eri in programma – aveva detto una volta sua madre – e quando sei nata sembravi una piccola civetta dispettosa.”
Questa storia del somigliare a una civetta l’aveva fatta sua più di quanto si sarebbe aspettata e non solo perché, in effetti, tra il naso aquilino e i capelli mori arruffati, quando era concentrata ricordava vagamente un rapace guardingo, come una volta aveva detto Andromeda mentre facevano i compiti. A lei piaceva un sacco occuparsi dei gufi portalettere di casa e il suo preferito era Emmon, il vecchio barbagianni di suo padre che era con loro da un tempo indefinito. Una notte aveva perfino sognato di essere diventata una civetta ed essere uscita con Emmon dalla voliera e di aver chiacchierato con lui tutta la notte volando per i cieli di Londra. E quello era l’unico modo che aveva per volare, dal momento che per la scopa era decisamente negata, non essendo mai riuscita ad alzarsi da terra per più di due metri nel cortile di casa e con uno scarso controllo della scopa, come i suoi fratelli, Rodolphus in particolare, non avevano mancato di notare sghignazzando.
Ma Demetra non si era mai arresa e aveva preso sul serio ogni minima osservazione, impegnandosi a ribaltarla a suo vantaggio. Se i suoi fratelli erano bravi a scuola, lei sarebbe stata la più brava del suo anno; se loro erano stati Prefetti, lei sarebbe diventata Caposcuola; se loro adesso, finita la scuola, mostravano scarso interesse per la Magisprudenza e la carriera politica al Ministero che tanto impegnava suo padre, sarebbe stata lei a tenere alto l’onore dei Lestrange come membri legislatori e politici della comunità magica, quale la sua famiglia era da generazioni.
Anche per questo si era opposta all’idea del Cappello Parlante di mandarla a Corvonero: sebbene sapesse di svariati membri della famiglia delle generazioni passate che erano stati smistati in Corvonero e avevano avuto una fulgida carriera politica, la maggior parte era sempre stata Serpeverde, la casa dei puri di sangue e degli ambiziosi, l’unica via per la grandezza che voleva raggiungere. E poi Andromeda era già in Serpeverde e lei non poteva immaginarsi sette anni a scuola non insieme a lei. Si conoscevano praticamente da sempre, grazie al fatto che le loro famiglie si conoscevano e frequentavano lo stesso ambiente. Demetra a volte immaginava Andromeda come la sorella che non aveva, invece dei fratelli maggiori cocchi di mamma, e considerava sue amiche anche le sue sorelle, nonostante Narcissa fosse più piccola e apparentemente disinteressata a qualsiasi cosa e Bellatrix fosse sempre in competizione per apparire più grande e più brava, compresa la fastidiosa infatuazione per suo fratello Rodolphus. Sentiva alquanto la differenza di età e sapeva che avrebbe dovuto aspettare del tempo, crescere e acquisire credibilità agli occhi degli adulti della generazione di suo padre, prima di potersi imporre anche ai fratelli, per cui per il momento cercava di farsi rispettare dai suoi pari, cioè i propri compagni a Hogwarts. Prendeva molto sul serio l’opinione che avevano le persone di lei, fossero suoi pari o adulti allo stesso modo, perché, come diceva a volte suo padre, è attraverso il filtro dell’opinione pubblica che un mago diventa autorevole. Ne parlavano talvolta con Andromeda e ogni volta lei si stupiva dell’amica: ad Andromeda sembrava sempre non importare nulla dell’opinione che avevano gli altri, perché diceva soltanto che se uno è gentile, educato e rispettoso non conta quanto è bravo a scuola, quante cose sa già fare, o se ha idee bizzarre o dorme col gatto. Per lei invece era inconcepibile non fare i conti ogni giorno con l’immagine che dava di sé, ma sapeva che, proprio per la diversità di Andromeda da tutti gli altri compagni purosangue, qualunque cosa fosse successa, non avrebbe smesso di essere sua amica, e quella era la cosa più importante.

***

Di solito le due amiche Serpeverde studiavano nella Sala Comune e anche nei primi due anni non avevano mai avuto problemi a trovare i posti più comodi o i tavoli più spaziosi, poiché erano sempre state in compagnia di Bellatrix che, pur non essendo all'epoca ancora una delle studentesse più anziane, aveva lo straordinario dono di far sloggiare senza proteste evidenti chiunque occupasse qualunque poltrona o tavolo di suo interesse, ragion per cui non sarebbe certo stato un problema ora che era al quinto anno.
“Togliti biondino, qui ci stiamo noi che abbiamo da studiare!” intimò Bellatrix a un ragazzino del secondo anno che sedeva da solo a un largo tavolo in marmo vicino alle vetrate.
“Io non me ne vado, perché sono arrivato prima e sto aspettando i miei compagni” rispose il biondino senza scomporsi minimamente all'aggressività di Bellatrix.
“Come osi, marmocchio?” ed estrasse la bacchetta. Anche il biondino estrasse la bacchetta, per nulla intimorito.
“Bella, lascia fare, non vorrai duellare con uno del secondo anno per il tavolo...” si inserì Andromeda per riportare la sorella al senso della ragione.
“Se vuole un duello per il tavolo io non mi tiro indietro” rispose il biondino gelido.
Il suo coraggio fu ammirevole, ma per Bellatrix alzare la bacchetta e gridare Stupeficium! fu tutt'uno. Il biondino finì a pochi metri di distanza con un tonfo sonoro contro una lampada che riparò prontamente una volta rialzatosi.
“Bella! Ma insomma! – esclamò Andromeda avvicinandosi al ragazzino – Come ti senti? Vuoi che andiamo in infermeria?”
“No” sibilò il biondino, lanciando occhiate d'odio a Bellatrix, e se ne andò ancora rosso in volto e più scosso di quanto non volesse far credere.
“E che cazzo!” fu l'unico commento di Bellatrix.
Andromeda non poté non lanciare uno sguardo di rimprovero anche a Demetra che intanto si era seduta e aveva cominciato ad aprire i libri, evidentemente convinta che fosse tutto normale.
Per ultima sedette Narcissa, che non riusciva a togliersi dalla mente il volto dell'unico ragazzo che avesse mai osato tenere testa a sua sorella.


***

NdA: ecco che finalmente le protagoniste parlano un po' di loro e si intravede qualcosa della vita in comune  a scuola... Che dite? Lo so che in questo capitolo non succede nulla, ma presto si metteranno in moto gli eventi. Commentate!

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Capitolo 3
*** Quaderni malandrini ***


3. quaderni malandrini

III


“Merda!”

“Cosa è successo?”
“Ho perso il quaderno piccolo con tutti gli schemi di Trasfigurazione di Bellatrix! Per l'esame! Mi schianterà per tutta la Sala Comune!”
“E Accio non funziona?”
“No, l'ha stregato perché nessuno potesse appellarlo. Tra l'altro, è tuo fratello che le ha insegnato come si fa.”
“Non dirlo come se fosse colpa mia!”
Andromeda rise.
Se c'era una cosa che amava nella sua miglior amica era che riusciva a farla ridere in ogni situazione.
“Ma dove ti sembra di averlo perso? Così andiamo subito a cercare prima che si accorga che l'hai perso, prima che te lo richieda” disse Demetra con un insolito senso pratico.
“Sì, l'ho consultato ad Aritmanzia quando il professore faceva gli esempi sulle Equivalenze Magiche applicabili agli Incantesimi Intraspecie, poi... Me ne sono accorta ora, e siamo stati solo ad Antiche Rune... A meno che, hai visto che quando siamo uscite dall’aula ci sono venuti addosso quei buffoni del quinto di Tassorosso per entrare, forse mi è caduto allora!”
Nell'aula di Rune non c'era nessun quaderno di appunti, ma l'angoscia di Andromeda per il quaderno durò solo fino alle dieci della mattina seguente. Mentre si dirigevano veloci verso la lezione di Trasfigurazione, Andromeda si sentì chiamare a metà corridoio da una voce che non aveva mai udito.
“Scusami, perché mi cerchi? Tu sei...?”
“Ted Tonks. E questo è di tua sorella, credo.”
Il quaderno di Trasfigurazione!, quel benedetto Tassorosso dalle spalle larghe aveva ritrovato il quaderno di Trasfigurazione!
Andromeda sorrise raggiante.
“Grazie mille!”
“Potevo restituirlo direttamente a lei a lezione, ma l'ultima volta che le ho rivolto la parola due anni fa mi ha rotto il naso, per cui ho pensato che era meglio darlo a te.”
Ted sorrise.
“In fondo, mi sono detto, la Black di mezzo sarà più innocua della Black grande, se non altro perché è ancora al terzo anno.”
In condizioni normali Andromeda avrebbe obiettato che l'idea che lei fosse più innocua solo perché più piccola era alquanto opinabile, ma in quel momento era come incantata dal sorriso del Tassorosso.
“No, hai fatto bene. Glielo do io. Grazie mille” rispose macchinalmente e si avviò come in trance verso Trasfigurazione.
Il quaderno di appunti di Trasfigurazione non poteva sapere di aver dato il via a un’inarrestabile catena di conseguenze.
Dopo quel fugace incontro, ad Andromeda Black sembrava che il Tassorosso Ted Tonks spuntasse ad ogni angolo durante il suo percorso verso le aule, sentiva la sua voce in ogni gruppo che incrociava e dietro ogni scaffale della biblioteca, e quando non era un'illusione ottica o un'allucinazione uditiva lui ricambiava il suo sguardo e le sorrideva. Andromeda non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine del ragazzo e, sebbene trovasse inaccettabile l'idea di aver preso una banale cotta per qualcuno, quello che le bruciava in maniera altrettanto intensa era che aveva fatto la figura della stupida di fronte a qualcuno. E i Black non fanno la figura degli stupidi, con nessuno, mai, tanto meno con un Nato Babbano. Tuttavia, il destino volle che ad Andromeda Black fosse data una seconda opportunità. Un pomeriggio era salita in Guferia per spedire una lettera a casa, quando sulla porta che dava sulle scale apparve proprio Ted Tonks.
“Ciao! Non mi dire che mi hai pedinato anche fin quassù!” disse lui in maniera scherzosa.
“Certo che no!” ribatté Andromeda con stizza.
Stupido Nato Babbano, stava per aggiungere, ma qualcosa la trattenne.
“Sono qui per inviare una lettera a qualcuno che sa come ricevere la posta via gufo” concluse con alterigia.
Anche perché, appunto, a chi manda gufi un Nato Babbano?
“E cosa ti fa pensare che a casa mia non sappiano come ricevere un gufo?” ribatté lui, Andromeda notò, senza mostrare alcuna espressione di offesa.
“Beh, è evidente che...”
“Che i Babbani non sanno trattare con i gufi? Forse, ma in questo caso sbagli, perché mio padre è un veterinario e una volta ha perfino curato la zampa di una civetta di un mio compagno, quindi, sa benissimo trattare i gufi e ricevere la posta.”
Andromeda era senza parole.
Eppure, non voleva ammetterlo, ma quel ragazzo la incuriosiva un sacco.
“Oh, allora... Solo, che cosa vuol dire un veterinario?”
“Non segui Babbanologia, immagino! Fra i Babbani un veterinario è uno che di professione studia e cura gli animali.”
“Come il professor Kettleburn di Cura delle Creature Magiche allora?”
“Sì, più o meno.”
Andromeda non poté fare a meno di osservare quanto fosse gentile, con quegli occhi castani così dolci e quella voce così calda.
Ted Tonks andò verso una voliera e scelse un gufo della scuola per la sua lettera.
“Ho capito. Ecco, fatto, lettera spedita – disse guardando il gufo prendere il volo – Ci si vede in giro allora” e infilò la porta.
Non c'era scampo. Andromeda Black era innamorata.

***

“Dem, devo raccontarti una cosa. Una cosa importante.”
Demetra Lestrange staccò gli occhi dagli appunti di Aritmanzia.
“Sì, dimmi.”
“Mi piace un ragazzo. E credo che mi piaccia sul serio. Si chiama Ted Tonks, è nello stesso anno di Bellatrix, ed è...”
“Un Nato Babbano.”
Andromeda si irrigidì.
“Sì, e allora?”
Demetra Lestrange rimase un attimo in silenzio e guardò l'amica con lo stesso sguardo perplesso con cui era solita guardare un Logogramma particolarmente complesso.
“Allora forse avrai bisogno di questo” ed estrasse dalla borsa un libriccino consunto dalla copertina tutta nera.
L'arte dell'Occlumanzia, fondamenti – lesse Andromeda – E cosa c'entra?”
“L'Occlumanzia è l'arte di chiudere la mente, di nascondere il turbinio dei propri pensieri ai maghi che tentino di forzarne i lucchetti con l'arte compagna della Legilimanzia, è...” cominciò Demetra con passione.
“...è magia oscura!” la interruppe Andromeda.
“Oh, no, tutt'altro. L'Occlumanzia è magia prettamente difensiva, e a mio modesto parere il professor Silente potrebbe benissimo riservare alcune lezioni di Difesa a farci acquisire almeno i fondamenti, dato che, per inciso, lui è un abilissimo Legilimens. Il che ci riporta al punto: devi chiudere la mente se non vuoi che qualcuno scopra che ti vedi con un Nato Babbano.”
Qualcuno suonava molto come tua sorella e tua madre, pensò Andromeda. Sì, forse era il caso di dare un'occhiata al libretto.

***

Nei mesi che seguirono Ted Tonks continuò a sorriderle e dopo un po' anche Andromeda cominciò a restituire il sorriso. Si ritrovava molto spesso a pensare a come sarebbe stato stare un po' da sola con lui, per più di due minuti in Guferia o di dieci secondi in corridoio all'uscita delle lezioni. Chissà come sarebbe stato uscire con lui...
Ma questo non sarebbe mai potuto accadere. Punto primo, perché sicuramente lui non era interessato a lei: in fondo, aveva solo dimostrato di trovarla più simpatica di sua sorella e si era comportato in ogni occasione in maniera gentile, cosa che senza dubbio faceva parte del suo carattere e non era certo dovuta ad un particolare interesse per lei. Punto secondo, era un Nato Babbano, ed era chiaro come il sole che un Nato Babbano non avrebbe mai potuto far parte della vita privata di un Black.
“Dromeda, il Parphillinium! La polvere di Parphillinuim va messa quando la pozione è ancora celeste!”
“Oh, sì, hai ragione, che sbadata!”
Menomale che c'era Demetra, altrimenti chissà quante volte avrebbe fatto dei danni a Pozioni, da quanto era distratta.
Già, Demetra: si era mostrata se non del tutto comprensiva quanto meno dalla sua parte quando le aveva detto di Ted, eppure aveva la percezione che la sua miglior amica non riuscisse a comprendere del tutto i suoi sentimenti così contrastanti e ingarbugliati. Non che anche lei ci vedesse del tutto chiaro, ma sicuramente Demetra avrebbe potuto mostrare un po' più di sensibilità e risparmiarsi commenti dissacranti ad ogni suo riferimento a Ted. E poi, se mai un giorno lei avesse deciso di stare con un ragazzo che non fosse un Purosangue, avrebbe dovuto piegarsi alle regole non scritte che da secoli vigevano nella sua famiglia? In fondo, rifletteva Andromeda, lei sapeva di avere una marcia in più rispetto a tanti compagni di scuola perché perlopiù gli incantesimi le riuscivano bene dopo pochi tentativi, ma questo era davvero dovuto al fatto che era una Purosangue? C'erano perlomeno un paio di compagni di sua sorella che avevano i genitori Babbani eppure erano noti a scuola per essere fra i più dotati. I Mezzosangue sono inferiori, questo le era stato insegnato. Sì, ma come faceva a ritenere inferiore un ragazzo così gentile e così carino? Alla fine, non è come uno si comporta che qualifica una persona? Avrebbe voluto parlarne con Demetra, come facevano sempre da quando erano piccole tutte le volte che le veniva in mente qualche pensiero insolito e la sua migliore amica aveva sempre una soluzione più o meno convincente, eppure stavolta non riusciva a non sentirla così lontana.
No, Demetra stavolta non avrebbe capito.
Con uno strano senso di solitudine che non ricordava di aver mai provato prima di allora, Andromeda Black versò delicatamente la sua polvere di Parphillinium nel calderone.

***


NdA: ecco finalmente il primo incontro fra Ted e Andromeda! E vediamo anche come Andromeda si mostri riflessiva e critica, in senso buono, verso quelle convinzioni che la famiglia le ha trasmesso fin da bambina e cominci così quello che io immagino come il suo percorso adolescenziale di ribellione e crescita. Che ne dite? Troppo banale? Il capitolo è troppo corto? Farei meglio ad andare a piantare pomodori? Altro? Recensite!

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Capitolo 4
*** Primi appuntamenti ***


4. primi appuntamenti

IV



La mattina di Natale Andromeda Black fu svegliata da un fastidioso grattare ai vetri della finestra di camera. Stizzita, si alzò per raggiungere la finestra assediata da un grosso gufo bruno. Ci mancava solo una lettera di prima mattina dopo l'estenuante cenone più ricevimento della sera precedente. Staccò la piccola pergamena ripiegata dalla zampa del gufo, che volò via soddisfatto.


Buon Natale alla più simpatica e alla più carina delle sorelle Black.
So già che forse stai per incenerire il biglietto, ma mi sembrava carino farti almeno gli auguri dato che a scuola non ce ne è stata la possibilità.
Non voglio metterti in imbarazzo, per cui non sentirti obbligata a rispondere.
Ci vediamo a Hogwarts allora!
Ted
P.S. Preferirei che tua sorella non vedesse il biglietto, sai, il mio naso non voleva nemmeno che ti scrivessi.

Andromeda arrossì, e sorrise.
Com'era carino! E poi si ricordava di lei! Chissà, un giorno...
“Dromeda, vieni a scartare i regali! Siamo già tutti alzati!” la chiamò dalla porta Narcissa facendole prendere uno spavento.
“Sì, arrivo!”
Si sistemò un po' e infilò la vestaglia per scendere a fare colazione. Di sotto si sentiva già il chiasso dei suoi cuginetti, Sirius e Regulus. Era una bella giornata, fredda e un po' grigia, ma non troppo. Sì, sarebbe stata una bella mattina di Natale.

***

Al rientro dalle vacanze di Natale Andromeda si fece coraggio e un giorno si avvicinò a Ted che con alcuni compagni stava aspettando fuori dall'aula di Incantesimi.
“Ciao! Ti volevo ringraziare di persona per gli auguri di Natale. Il tuo biglietto mi ha fatto molto piacere! Ah, sei al sicuro da mia sorella, non sa nulla!”
“Bene, sono contento! Allora, che dici, una volta di queste ci troviamo a Hogsmeade per parlare un po' in santa pace invece che a pezzetti in corridoio?”
Andromeda era senza parole. Le stava chiedendo di uscire! Come avrebbe dovuto rispondere? Come faceva a uscire con lui? E se l'avessero vista? Ma lei ci sarebbe uscita tanto volentieri, perché, porco Merlino, com'era carino e com'era gentile!
“Oh...io...non so, nel senso, perché...”
Dai, Andromeda!
“Non è che devi chiedere l'autorizzazione per uscire con qualcuno che non siano le tue sorelle o la tua amica, vero?” fece Ted divertito ma per nulla ironico.
“No, certo che no! – si riprese subito Andromeda – Per me va bene vederci il prossimo finesettimana a Hogsmeade”
“Bene! Allora è deciso!”
Le ore successive Andromeda Black le passò in un'altra dimensione dove la parlantina convulsa di Demetra sulla difficoltà dei nuovi esercizi di Aritmanzia e le spiegazioni complesse della professoressa McGranitt non potevano giungere se non come vocio confuso e indistinto, e dove al contrario un sole primaverile già caldo splendeva sulla via principale di Hogsmeade e sui capelli castani di un giovane Tassorosso.

***

Andromeda si era preparata a dovere per l’appuntamento, e non solo per quello che riguardava quello che avrebbe indossato. Quello era soltanto un dettaglio ansiogeno in più, che avrebbe però gestito con relativa facilità, perché invece la cosa fondamentale era non farsi vedere dalle sue sorelle e dalle compagne di dormitorio. La mattina del sabato avrebbe fatto i compiti in sala comune come al solito con Demetra e le sorelle, ma avrebbe insistito per pranzare presto: in questo modo, finendo di mangiare prima, Demetra avrebbe voluto andare prima del solito in biblioteca e le sue sorelle forse avrebbero fatto altrettanto, o comunque si sarebbero riunite prima con le proprie compagne di classe, Bellatrix per studiare per gli esami, almeno nelle intenzioni, e Narcissa per spettegolare. Lei avrebbe detto che andava a riposare una mezz’oretta, così quando tutte si fossero rimesse all’opera per fare qualcosa il pomeriggio lei sarebbe potuta sgattaiolare fuori dal dormitorio e dirigersi fuori alle carrozze che portavano a Hogsmeade, dove Ted la aspettava nella piazzetta centrale dove appunto andavano e venivano le carrozze della scuola. Era ben consapevole della precarietà del piano, ma sorprendentemente andò tutto liscio.
“Pensavo non venissi più!” disse Ted vedendola arrivare e guardarsi intorno incerta.
“Perché pensavi questo? Guarda che io mantengo la parola data, anche se non sono una Tassorosso!” ribatté lei, non sapendo se offendersi o essere divertita.
“Lo so, era solo una battuta. Che ne dici, mangiamo qualcosa? O vuoi solo passeggiare?”
“Non so, è lo stesso. Cioè, sarebbe meglio se non…”
Voleva evitare di essere vista da qualche compagna Serpeverde che potesse essere in giro, ma non sapeva come dirlo a Ted, e la cosa era alquanto mortificante, ma Ted capì al volo.
“Immagino che le tue sorelle non sappiano che sei qui. Non ti preoccupare, faremo un giro largo e non incroceremo troppi altri studenti, se questo ti preoccupa. Ma credimi, dovresti preoccuparti meno di quello che pensa la gente, perché di sicuro hanno tutti di meglio da fare che spiare te o chiunque altro.”
Andromeda sorrise. Sembrava così rassicurante sentirglielo dire, ma non era ancora del tutto convinta.
“Sarà così nella tua Casa, ma da me, fidati, c’è sempre una vipera in agguato con gli occhi e la bocca spalancati!”
Ted rise di gusto.
“Non sapevo che il senso dell’umorismo prosperasse anche a Serpeverde!”
Quel pomeriggio camminarono a lungo, a caso, lungo le vie di Hogsmeade, commentando ogni tanto le vetrine e scoprendo che a entrambi piacevano molte cose simili, tipo Incantesimi e Cura delle Creature magiche fra le cose di scuola, gli zuccotti di zucca col miele e i fiocchi d’avena, che il quadro coi troll che ballano in tutù era il più spassoso del castello, ma nessuno dei due conosceva l’autore del dipinto, che nessuno dei due amava troppo Pozioni, ma forse più a causa del professor Lumacorno che della materia in sé, che la primavera era la stagione preferita di entrambi, anche se Andromeda teneva per le Holyhead Harpies e Ted per il Puddlemere, e che Ted era un totale disastro negli incantesimi domestici e culinari, mentre Andromeda ogni tanto si sarebbe messa volentieri a preparare torte, ma a casa non poteva farlo perché facevano tutto gli elfi domestici.
Parlarono anche dei loro compagni di classe e quello che si dissero poteva forse sembrare uno spettegolare, ma Andromeda percepiva nelle parole di Ted che le raccontava dei deliri per l’esame di Jeffrey Abbott, di Franz Macmillan che voleva sempre avere ragione, di Theresa Diggory che spronava il fratello a farsi avanti con le ragazze e soprattutto dei loro ragionamenti sul futuro una bontà di fondo e un senso di partecipazione l’uno alla vita dell’altro che nella sua Casa non aveva mai provato.
Era stato un pomeriggio fantastico, ma una domanda premeva nella mente di Andromeda e solo al momento di prendere una carrozza trovò il coraggio di parlare.
“Ted, devo però chiederti una cosa – disse con voce gentile ma ferma – Perché mi hai chiesto di uscire?”
“Perché ti ho visto tante volte in biblioteca con le tue sorelle e la tua amica, mi sei piaciuta, e ho pensato che tu fossi diversa. Ho fatto male?” rispose lui, arrossendo un po’.
“No” rispose lei incerta.
“No, hai fatto bene – riprese Andromeda più sicura – Solo, allora, il quaderno che mi hai restituito era…”
“Vuoi dire se qualcuno di noi ha preso il quaderno per creare l’occasione?”
Andromeda annuì.
“No, quel quaderno tu l’avevi perso davvero! Nessuno di noi, nemmeno quella serpe mancata di Theresa, avrebbe potuto immaginare una simile macchinazione!” rispose Ted con una risata.
“Beh, allora vuol dire che è stato davvero il destino a farci incontrare! Tu credi nel destino?” rispose Andromeda sciogliendosi in un sorriso.
“Boh, forse. Io credo che ogni tanto il destino dà una mano anche agli sfigati come me!” ribatté il ragazzo con una punta di malinconia.
“No, tu non sei uno sfigato – disse Andromeda – Sei speciale!” e con tutto il coraggio che non sapeva di avere si alzò in punta di piedi e lo baciò sulla labbra, per poi scappare di corsa e salire su una carrozza diretta al castello.

***

“Immagino che tu mi debba delle spiegazioni.”
Andromeda aveva passato un pomeriggio splendido, ma anche pieno di emozioni e doveva un attimo mettere ordine anche nella propria testa. Una volta rientrata al castello era salita in dormitorio a cambiarsi per cena, cercando di calmare l’adrenalina a mille scendendo un po' più tardi dell'ora solita, aveva quindi cenato seduta in disparte in uno dei posti che rimanevano e poi era tornata in dormitorio con l'intenzione di evitare ogni domanda, ma una volta entrata e avvicinatasi al baule percepì con insolita chiarezza di essere stata seguita e beccata.
“Dem, non fare come mia madre! Ti avrei raccontato tutto domani mattina!”
“Certo, le malefatte si dicono solo quando ormai è tardi per prendere provvedimenti!”
“Dem, ma quali malefatte! Sono solo uscita con un ragazzo e non volevo che giungesse alle orecchie di Bellatrix e Narcissa!”
“Appunto.”
Andromeda sapeva che dalle labbra dell’amica stava per uscire la battuta a effetto, ma non provò a fermarla.
“È evidente che non ti fidi di me.”
“Questo non è vero! Tu sai che Ted non è il tipo di ragazzo che piacerebbe alla mia famiglia, ho solo cercato di evitarmi un putiferio per nulla!”
“Ritenendo che io avrei spifferato tutto. Sì, ha senso.”
“No! Non hai capito...”
“Ho capito benissimo.”
“Dove vai?” disse mentre Demetra apriva la porta del dormitorio.
“A fare quello che ho fatto tutto il pomeriggio: studiare da sola” e sbatté la porta.
Andromeda rimase seduta sul letto, non riuscendo a capacitarsi di come tutto fosse precipitato così rapidamente e all'improvviso. Immersa nei suoi pensieri contrastanti, sentì appena che giù in sala comune qualcosa di vetro esplose.

***

Demetra Lestrange era arrabbiata e, come succedeva tutte le volte in cui era arrabbiata, qualcosa di vetro doveva andare in frantumi. A farne le spese quella sera fu l’oculare del telescopio di Laura Flint, primo anno, che rimase a bocca aperta qualche secondo prima di iniziare a frignare.
Reparo! – disse Demetra, facendo tornare a posto l’oggetto con un colpo di bacchetta – Dai, stai zitta che è già aggiustato” sbuffò in malo modo rivolta alla ragazzina.
In un altro contesto, Demetra sarebbe stata fiera di sé per aver mostrato siffatta padronanza di un incantesimo che forse la ragazzina del primo anno si stava impegnando a padroneggiare, ma in quel momento notò al tavolo a fianco alcuni ragazzi del quarto e quinto anno che sembravano osservarla e la sua rabbia crebbe ulteriormente, al pensiero che sua madre aveva ragione: non sapeva controllare sempre la sua magia e le reazioni emotive.
Per fortuna scorse fra i tavoli Nicholas Nott, il suo unico amico maschio fra tutti i figli degli amici dei suoi genitori. Suo padre e il signor Nott si conoscevano dai tempi di Hogwarts e avevano studiato e praticato Magisprudenza insieme ed era venuto naturale far conoscere i figli fin dalla prima infanzia. Si conoscevano da sempre, esattamente come con Andromeda, e anche prima di iniziare la scuola facevano gruppo fisso nelle occasioni in cui i genitori si incontravano. Nicholas era un ragazzo intelligente, posato, che studiava volentieri con lei e Andromeda e anche se adesso a scuola si era fatto un gruppetto di amici maschi non aveva smesso di passare del tempo con loro, e per Demetra il suo unico difetto era quello di avere troppa ammirazione per i suoi fratelli più grandi.
Demetra sedette al tavolo davanti a Nicholas e pescò un libro a caso fra quelli che il ragazzo aveva ammucchiato da una parte, evidentemente dopo aver finito i compiti dopo cena.
“Rune. Ripetiamo i fenomeni agglutinanti irregolari.”
“Dem, li abbiamo già ripetuti oggi.”
“Sì, hai ragione. Allora mettiamoci avanti con Trasfigurazione, ancora.”
“Veramente sto aspettando Lucius per gli scacchi” rispose il ragazzo in tono neutro.
“Mi stai scacciando?”
“No!”
“Allora voi giocate e io leggo Trasfigurazione.”
“Ma non puoi studiare con noi che facciamo rumore…”
“Io posso studiare in qualsiasi posto e in qualsiasi stato d’animo.”
“Certo che sei proprio convinta…” disse la voce strascicata e ironica di Lucius Malfoy.
Demetra gli rispose con un ghigno rigido.
“Sì, e sono anche convinta di potermi già esercitare con gli Schiantesimi. Che dici, proviamo?” rispose beffarda, ricordandogli l’increscioso episodio con Bellatrix qualche mese prima.
Il ragazzino arrossì appena e decise di non cogliere la provocazione.
“Nick, stasera ti do anche una partita di vantaggio, perché ho una buona notizia!”
“Ti hanno preso? – Malfoy annuì – Cercatore? Grande! Dammi il cinque!”
Demetra alzò gli occhi al cielo da sopra il libro di Trasfigurazione. Perché tra i maschi era tutto così semplice e il Quidditch finiva sempre per risolvere tutto? La sua migliore amica aveva deciso di tenerle nascosto che usciva con quel Tonks, ma non solo: aveva pianificato tutto in modo che lei non si accorgesse di nulla fino alla sera, lasciandole pensare che fosse solo stanca e fosse rimasta a leggere in dormitorio, per poi farsi vedere a cena fingendo che nulla fosse successo. E lei non avrebbe saputo che era uscita se non avesse sentito per caso in biblioteca le chiacchiere di alcuni Tassorosso dell’anno di Bellatrix, che commentavano come “finalmente Ted le ha chiesto di uscire oggi”, tra cui i Prefetti Macmillan e Diggory, con quest’ultima che sosteneva che il fratello Amos, del suo anno, “poteva andare bene per la sua amica”, cioè lei. Era schizzata sulla sedia, cercando di coinvolgere Nicholas nel suo sconvolgimento, ma Nicholas, per quanto intelligente, era pur sempre un maschio e di queste cose non capiva nulla. Poi l’aveva vista rientrare al castello e dirigersi nei sotterranei, mentre lei e gli altri Serpeverde andavano a cena, sicura che nessuno l’avesse vista, diretta ai dormitori dove avrebbe sostenuto di essere stata tutto il tempo. Come aveva potuto nasconderle una cosa del genere, a lei, alla sua migliore amica? L’unica spiegazione era che non si fidava davvero di lei, che pensava che avrebbe raccontato tutto alle sorelle, e che quindi tutto quello che riguardava quel ragazzo doveva rimanere segreto. Quello che più le bruciava era proprio questa mancanza di fiducia: avevano sempre condiviso tutto, e anche quando parlavano di ragazzi e fantasticavano su alcuni più grandi si erano sempre dette che si sarebbero raccontate tutto. Ma se ora Andromeda decideva di non dirle nemmeno che era uscita con quel Tonks voleva dire che per Andromeda c’era qualcosa che non voleva condividere con lei. E magari quel Tonks avrebbe occupato così tanto i pensieri di Andromeda che avrebbe finito poco a poco per trascurarla, pensando sempre a lui e a come fare per vedersi senza farsi scoprire.
Demetra alzò un attimo gli occhi su Nicholas, concentrato nella partita a scacchi contro Malfoy.
Nicholas aveva da sempre una cotta per Andromeda, anche se non lo avrebbe mai ammesso pubblicamente, anche se Andromeda lo sapeva benissimo, ma molto elegantemente non lo prendeva in giro e non si approfittava. Perché non poteva piacergli Nicholas? Se si fossero messi insieme non ci sarebbe stato nessun problema, non ci sarebbe stato bisogno di nascondere nulla e lei non avrebbe dovuto preoccuparsi che uno dei due la trascurasse.
Demetra chiuse con un colpo il libro di Trasfigurazione, distraendo un attimo i due scacchisti.
Se solo avesse già saputo eseguire uno Schiantesimo come Bellatrix…

***

La mattina seguente Andromeda era indecisa sul da farsi. Doveva chiedere scusa a Demetra, raccontarle tutto del pomeriggio precedente e far tornare tutto come prima? Beh, un po' avrebbe voluto che le cose tornassero come prima, se non altro, pensò molto concretamente, perché le sue sorelle avrebbero notato il cambiamento di umore di entrambe e, anche senza la Legilimanzia, avrebbero scoperto presto la ragione di tutta la faccenda. Tuttavia, rifletteva Andromeda, non era molto giusto nemmeno che lei corresse a chiedere scusa a Demetra come se fosse solo lei in torto: infatti aveva cercato di spiegarle che le avrebbe confidato di Ted più tardi, quando fosse stata pronta, e quanto al fatto della fiducia, notò amaramente di non essere poi così sicura che l'amica non si sarebbe fatta scappare qualcosa.
La situazione non migliorò nei giorni successivi, ma Demetra non disse nulla a nessuno riguardo a Ted, e Andromeda poté smettere di stare sempre sulla difensiva. A dare una smossa alla situazione ci pensò l'imminente partita di Quidditch Serpeverde-Tassorosso il finesettimana successivo.
“Non vieni alla partita?” domandò timidamente Andromeda.
Più che temere una qualunque rispostaccia temeva che se ne sarebbe uscita con qualcosa tipo “dipende da che squadra tifi” o “sì ma gli spalti non sono tutti uguali” proprio davanti alle sue sorelle, ma Demetra rispose soltanto:
“No, voglio mettermi avanti con i compiti, e anche tu dovresti – Eccoci! – Per la verità, anche Bellatrix dovrebbe, dato che ha i G.U.F.O.”
“Ma io devo andare alla partita – si inserì la Black grande – Devo vedere all'opera il nuovo Cercatore!”
Andromeda non capì il senso della battuta, vide solo Narcissa arrossire violentemente e Demetra e Bellatrix scambiarsi un improbabile cenno d'intesa.
“Beh, allora vengo anch'io” disse incerta.

***

Demetra in realtà non avrebbe avuto tutta questa voglia di mettersi avanti con i compiti. Non che il Quidditch le interessasse più di tanto, ma ogni tanto piaceva anche a lei stare un po’ all’aria aperta, salire sugli spalti e passare un’oretta senza pensieri a guardare quei matti dei giocatori schizzare da una parte all’altra del campo e a parlare di stupidaggini con Andromeda e le altre compagne Serpeverde. Ma in quell’occasione l’orgoglio doveva vincere, assolutamente.  
Così lasciò che le sorelle Black andassero alla partita e cercò di concentrarsi sui compiti. Tempo pochi minuti, la sala come di Serpeverde si svuotò quasi completamente. Prima di aprire i libri, Demetra si guardò un attimo intorno. Erano rimasti solo alcuni ragazzi del settimo anno, evidentemente davvero sotto pressione per i M.A.G.O, e un paio del quinto da cui Bellatrix ogni tanto copiava i compiti. Concentrarsi su Trasfigurazione fu molto difficile, nonostante fosse una delle sue materie preferite, forse anche più di Pozioni, anche se non lo avrebbe mai detto a nessuno perché non arrivasse alle orecchie del professor Lumacorno, e solo quando iniziò ad esercitarsi con gli incantesimi iniziò a rilassarsi. Gli incantesimi Intraspecie erano uno degli argomenti più vasti e importanti del programma del terzo anno, la base di gran parte delle trasfigurazioni complesse, e non poteva negare di essere molto soddisfatta di essere riuscita a trasformare un porcospino in un rospo dopo così pochi tentativi. Si era fatta anche degli appunti propri su quello che sbagliava e quello in cui trovava difficoltà di volta in volta e questo metodo le era servito moltissimo a velocizzare l’apprendimento degli incantesimi. Erano già un paio di volte che tentava gli incantesimi prima della lezione in cui li avrebbero provati sotto gli occhi severi della McGranitt ed esserci riuscita da sola, senza le istruzioni e le correzioni dell’insegnante, la riempiva di gioia. Doveva raccontarlo e farlo vedere ad Andromeda quella sera stessa. Il pensiero che in quei giorni con Andromeda non si erano praticamente mai parlate davvero fu più pungente della Pozione Urticante che avevano preparato quella mattina stessa.
Mi ha dimostrato di non fidarsi di me, però!, pensò.
Ripose con cura il libro e gli appunti di Trasfiurazione, per tirare a sé Compendio Illustratissimo della Flora Magica Europea, un testo di Erbologia più vecchio del didattico Mille Erbe e Funghi Magici che usavano a lezione, ma che a lei piaceva molto. Anche Erbologia le piaceva come materia, anche se avere lezione in comune con i Grifondoro non era il massimo e si finiva sempre per sporcarsi le divise, ma alla fine si imparavano un sacco di cose che tornavano utili anche in Pozioni e a volte ci si divertiva anche. Ecco, quella era un’altra cosa che aveva in come con Andromeda, mentre le sue sorelle non impazzivano affatto per la materia, con Bellatrix che la trovava abbastanza inutile e Narcissa che la detestava addirittura, forse proprio perché spesso c’era da sporcarsi.
Senza accorgersene, Demetra sorrise, aprendo il libro.
Quella sera avrebbe parlato con Andromeda e le avrebbe detto che le dispiaceva, assolutamente. Rinfrancata dalla propria decisione, si mise a schematizzare di buon passo il capitolo sulla flora arborea magica della Francia meridionale.

***

Neanche mezz’ora dopo l'inizio della partita, Serpeverde era già in vantaggio e Andromeda si stava annoiando. Cosa ci faceva lì a vedere una partita in cui doveva stare lontana dal ragazzo che le piaceva? Se non poteva stare con lui, poteva almeno sfruttare l'occasione che le sorelle erano distratte per cercare di riconciliarsi con la sua miglior amica.
In sala comune c'era praticamente solo Demetra, i lunghi capelli castano scuro legati a treccia e appuntati sulla testa, china su quello che sembrava un libro molto vecchio e molto corposo di Erbologia.
Tra un po' può farli lei i G.U.F.O. al posto di Bellatrix, pensò Andromeda.
“La partita è già finita?”
“No, ma mi stavo annoiando.”
“Immagino.”
“Senti, mi dispiace...”
Demetra alzò gli occhi dal libro. Sembrava sempre molto arrabbiata.
“Anche a me.”
Ci risiamo.
“Dem, ascolta...” ma si interruppe subito, perché l'ultima cosa che immaginava possibile era che la sua amica le stesse sorridendo di nuovo.


***


Finalmente Ted e Andromeda escono insieme e finalmente c'è un primo confronto fra le due amiche, che ne dite? Non ho  messo in risalto eccessivamente cose come la purezza del sangue, i maghi oscuri eccetera, perché immagino che durante gli anni di scuola dei nostri personaggi se ne parlasse ancora poco e sottovoce, non come durante gli anni dei  malandrini, e anche e soprattuto perché stiamo parlando di adolescenti, che quindi ragionano un po' diversamente dai maghi adulti che poi diventeranno... Insomma, datemi un feedback!

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Capitolo 5
*** Prime domande ***


5. prime domande

V



“Dai, non stare impalata, Andromeda, dai carte!”
Andromeda tornò immediatamente attenta alle parole dell’amica e distribuì le carte.
Una leggera brezza estiva le scompigliò i capelli castani, seduta com’era sul prato all’ombra, nello spazio del giardino di villa Lestrange in Wiltshire riservato ai ragazzi durante l’ennesimo interminabile ricevimento estivo per ricche famiglie purosangue organizzato dalla mamma di Demetra.
In quel momento si era ritrovata incastrata in una partita a quattro di Sparaschiocco, lei e Demetra contro Nicholas Nott, loro compagno di classe Serpeverde e figlio di un amico di vecchia data del padre di Demetra, e Lucius Malfoy, di un anno più piccolo, sempre Serpeverde, che Andromeda aveva riconosciuto a suo tempo come il biondino che Bellatrix aveva schiantato in sala comune l’anno precedente.
Non che non le piacesse giocare a carte, anzi, con Demetra giocavano spesso fin da piccole ed era un’occasione per chiacchierare e parlare delle cose che sentivano dagli adulti, ma dover giocare anche con Nott e tutti gli altri le sembrava ogni volta un peso, e adesso che aveva la mente rivolta a tutt’altro, o meglio, a qualcun altro lo era ancora di più.
Si sentiva come isolata a volte, perché si ritrovava a pensare che aveva sempre meno in comune con i propri compagni e davvero non riusciva a capire come invece Demetra si sentisse così a suo agio in quelle occasioni.
La tornata di carte finì con i due ragazzi in vantaggio e Demetra sbuffò impercettibilmente.
“Mio padre ha detto che sei stata ad assistere ad una seduta del Wizengamot – esordì a un tratto Lucius Malfoy rivolto a Demetra – Era la prima volta? Franz Macmillan è già stato alcune volte” commentò alla fine.
“Sì, era la prima volta, ma mio padre voleva che fosse una discussione da cui potevo trarre qualcosa, in cui potessi seguire l’argomentare delle parti. E comunque Franz Macmillan ha appena fatto i G.U.F.O., con Bellatrix” puntualizzò Demetra.
Franz Macmillan era il Prefetto Tassorosso dell’anno di Bellatrix e sua sorella Patricia era in classe con Narcissa, ma a Grifondoro, si rammentò Andromeda.
“Sarei dovuto andare anche io con mio padre una volta subito dopo la scuola – disse Nicholas – Ma c’era il Quidditch proprio allo stadio di Nottingham e…”
“Oh, certo, il Quidditch! Come se non fosse più importante prepararci al più presto al nostro futuro al Ministero!” esclamò Demetra.
“Ma dai, noi non abbiamo bisogno di lavorare al Ministero…” iniziò Nicholas.
“Non sto dicendo di lavorare, ma di essere ben inseriti nella macchina politica e giudiziaria del Ministero sì, Nicholas!” ribatté lei.
“Beh, io non ho bisogno di andare adesso alle udienze al Ministero. Ho tutta la vita per fare i miei interessi là dentro, adesso voglio solo imparare quanti più incantesimi potenti riesca” disse Lucius.
Andromeda si ritrovò a pensare che erano davvero tutti uguali, in fondo. Sia Lucius che Nicholas si sentivano già palesemente destinati ad una vita di agio e prestigio, in virtù del loro sangue puro e della ricchezza delle loro famiglie, tanto quanto Demetra, che a differenza loro aveva almeno l’onestà intellettuale di riconoscere esplicitamente la pressione che sentiva su di sé da parte degli adulti della famiglia. Lei invece era un pesce fuor d’acqua e lo era sempre stata, solo che ci pensava seriamente solo adesso. Non riusciva ad immaginarsi come i suoi compagni in futuro al posto dei genitori, nella parte della padrona di casa ad un ricevimento formale come quello o a discutere nelle udienze al Ministero per far vincere la posizione più favorevole alla parte dei maghi purosangue o a influenzare il Ministro o i vari pezzi grossi del Ministero. Non sapeva bene neanche come immaginarsi in alcun modo, in realtà: le donne della sua famiglia non lavoravano, per il semplice fatto che economicamente non ne avevano bisogno, ma erano loro l’eccezione e non la regola, perché nella comunità magica la maggioranza dei maghi lavorava per vivere ed era quella la normalità. Avrebbe tanto voluto poter condividere questi pensieri con qualcuno, ma sapeva bene che nessuno di tutti quelli che conosceva e con cui aveva una sufficiente confidenza avrebbe mai potuto capire le sue parole. Nemmeno Demetra, non perché fosse in malafede o egoista, ma perché semplicemente Demetra si sentiva perfettamente integrata nel loro gruppo di giovani rampolli purosangue e non sentiva il bisogno di porsi domande, di mettersi a confronto con altre situazioni e di prendere in considerazione che le cose potevano essere diverse.
Ad un certo punto Demetra si era alzata, i due maschi erano andati in cerca delle scope per giocare a Quidditch e lei aveva seguito passivamente l’amica che ora si era avvicinata al gruppo degli adulti per prendere la parola su chissà cosa e non lasciare tutto lo spazio a Bellatrix, che stava commentando come i risultati accademici avessero un’importanza relativa in un mondo in cui presto i Sanguesporco sarebbero stati rimessi al loro posto. Andromeda era sicurissima di aver sentito tale ragionamento uscire identico parola per parola dalla bocca di Rodolphus, il quale adesso si pavoneggiava raccontando di magie oscure apprese durante un viaggio in Europa centrale da non si sa bene che potentissimo mago inglese in viaggio per arricchire ancora di più il suo straordinario talento.
Andromeda vedeva Bellatrix ascoltare rapita il fratello di Demetra, palesemente cotta, mentre gli altri ascoltavano con interesse ma anche con adeguato distacco. Si era chiesta a volte cosa ci trovasse Bellatrix in Rodolphus, che a lei non sembrava particolarmente bello, con lo stesso naso aquilino di Demetra e i capelli mori lunghi, con quell’aria finto trasandata e invece curata all’inverosimile. Aveva degli occhi scuri vivaci e penetranti e di sicuro una parlantina capace di tenere l’attenzione, ma se lei avesse dovuto scegliere avrebbe preferito l’altro fratello, Rabastan, più robusto, con gli occhi chiari e i capelli castani corti, dall’aria seria e rassicurante. Ma al cuore non si comanda: come a Bellatrix piaceva Rodolphus, lei aveva Ted nei suoi pensieri. E nel momento stesso in cui lo pensò, capì che Ted era l’unica persona diversa nel suo mondo, l’unica persona a cui avrebbe potuto confidare i dubbi che non poteva confidare né a Demetra né a nessun altro.
Sì, avrebbe scritto una lettera a Ted.

***

Caro Ted,
per iniziare ti dico che mi fa strano scriverti e forse anche tu sarai sorpreso di ricevere una mia lettera, ma mi sono resa conto che avevo bisogno di parlare con te e non posso aspettare l’inizio della scuola.
Innanzitutto, come stai? Come sono andati gli esami? È stato difficile parlarsi a scuola dopo gli esami e io devo stare attenta che Bellatrix non sappia niente. Spero che tu sia riuscito ad ottenere i voti che ti servono per poter diventare Auror come mi dicevi.
Io non vedo l’ora di tornare a scuola perché a casa non mi sto divertendo per niente. Anzi, ogni volta che mi ritrovo ai ricevimenti degli amici dei miei genitori mi annoio terribilmente e non riesco più a passare il tempo con leggerezza con Demetra e gli altri. Un po’ mi sento in colpa a dire questo, ma non ho davvero nessuno con cui parlarne. Ti ho sempre raccontato della mia migliore amica, ma sento che adesso di alcune cose non posso parlare nemmeno con lei. Qui tutti pensano al futuro come a un copione già scritto, dove si sa già cosa andremo a fare e con chi, e nessuno pensa a situazioni alternative, come ad esempio a lavorare come Auror, come progetti tu. Non so, forse le mie ti sembrano parole senza senso e pensi che io sia pazza come tutti i Black, ma non vedo l’ora di vederti di nuovo.
Ti voglio bene.
Andromeda

Rilesse a lungo la lettera, dopo averla già scritta e cancellata almeno una mezza dozzina di volte, e alla fine si decise a inviarla, confidando che la sua civetta avrebbe trovato Ted come l’anno prima per Natale.

***

Cara Andromeda,
sono stato sì sorpreso di ricevere la tua lettera, ma anche molto felice.
Gli esami sono andati bene: non ho avuto molti “Eccezionale” come altri, ma sono riuscito a ottenere quanto basta per continuare con le materie che servono per l’accademia degli Auror, quindi sono contento.
Mi dispiace che tu non sia serena a casa e vorrei esserti d’aiuto, anche se temo di poter fare pochissimo da qui a casa mia. Se ti può consolare un poco, anche io mi sentivo solo e incompreso i primi tempi a scuola: ero un Nato Babbano, non sapevo nulla della comunità magica, del Quidditch e di tutto il resto, e tutti i miei compagni mi sembravano più svegli e più bravi di me, ma alla fine ho scoperto che siamo tutti uguali, cerchiamo le stesse cose e abbiamo paura delle stesse cose. Franz e Theresa sono due purosangue come te, ma non mi hanno mai fatto sentire escluso, anzi, erano incuriositi dal mondo Babbano ed è sempre stato divertente confrontarci. Lo so che certi maghi purosangue, soprattutto a Serpeverde, la pensano assai diversamente, ma proprio questa diversità di comportamento a parità di famiglia di origine dimostra che sono le singole persone e come si comportano che conta, non dove e come sono nate. Sono sicuro che tu hai tanto da condividere con la tua amica e le tue sorelle e non ci credo che tu non possa più parlare con loro. Prova a dar loro fiducia, mettile alla prova: come io ero diffidente verso i miei compagni e ho dovuto ricredermi, potresti scoprire che anche loro hanno le tue stesse paure, solo che non hanno il coraggio di ammetterle, che invece tu hai.
Anche io non vedo l’ora che ci rivediamo a scuola e adesso so che avevo ragione: tu sei diversa, e io sono fortunato.
Un bacio,
Ted.

***

Calava la sera e l’ultima luce del giorno filtrava dalla corte interna di casa Lestrange, a Londra. Il ricevimento era finito da un bel pezzo e presto tutti i membri della famiglia sarebbero andati a letto. Il signor Lestrange era nel suo studio, intento a leggere carte per l’indomani al Wizengamot, quando sentì bussare alla porta.
Demetra si affacciò timidamente.
“Papà, ti disturbo?”
“No, Demetra, entra e siediti.”
Demetra amava lo studio di suo padre, ma lo amava davvero, perché rappresentava tutto quello a cui la sua famiglia aspirava da sempre: l’ordine, lo studio di ogni branca magica, anche la più arcana, la devozione alla memoria storica della famiglia, con il libro con la storia di ogni generazione, e sopra tutto questo la dedizione alla politica e alla legislazione del mondo magico, a cui casa Lestrange aveva dato nei secoli molti membri di spicco del Ministero, giudici, legislatori, innovatori e promotori di leggi fondamentali, un Ministro della Magia e svariati inventori di pozioni e strumenti. Ad un lato della stanza un’alta libreria ricca di tomi, dall’altra una consolle a muro e una vetrinetta che conteneva un antico Pensatoio, oggetto raro che poche famiglie potevano vantare di possedere, e altri oggetti di pregio che la famiglia aveva collezionato lungo le generazioni. Al centro, la scrivania in legno scuro dietro cui sedeva suo padre, autorevole e serio, ma non rigido o freddo.
“Ieri ho riletto alcuni passi delle orazioni della discussione storica sulla riforma della giustizia del 1798 e ho pensato alcune cose riguardo all’udienza di pochi giorni fa, quando sono stata con te ad assistere” cominciò Demetra.
“In effetti non ne abbiamo parlato tantissimo dopo. Dimmi tutto quello che pensi.”
“È stato un po’ diverso da come me lo aspettavo, per come mi ero preparata studiando” disse Demetra, cercando di scegliere bene le parole.
“E cioè? Come te lo aspettavi?”
“Non so come dire, forse non è nemmeno giusto, padre – trasse un lungo respiro, per darsi coraggio – Me lo aspettavo più entusiasmante” disse alla fine.
Il signor Lestrange non si scompose affatto.
“E perché secondo te un’udienza del Wizengamot su un caso di furto e ricettazione di calderoni doveva essere entusiasmante?” chiese senza ironia.
“Perché… Beh, è comunque la giustizia!” rispose Demetra, non riuscendo a trovare parole migliori.
Il signor Lestrange inarcò un sopracciglio.
“Nel senso, la giustizia discerne il vero dal falso, rimette ordine laddove la prevaricazione di uno ha creato disarmonia… Questo è per la mente entusiasmante, a pensarci, ma…”
“Ma?” disse il signor Lestrange invitandola a continuare.
“Ma oggi ho pensato che erano più entusiasmanti i racconti di Rodolphus, di quello che lui e Rabastan hanno fatto e scoperto grazie al mago che hanno conosciuto durante il loro ultimo viaggio in Europa continentale. Egli non si fa chiamare per nome da nessuno, pratica ad alto livello la Legilimanzia e ama gli oggetti magici antichi, che recano con sé la storia e il potere arcano di coloro che li hanno fabbricati. Rabastan ha detto che adesso lui stesso può insegnarmi Occlumanzia in maniera pratica, senza stare troppo sul libro! Questo è entusiasmante!”
Subito dopo aver parlato così, Demetra pensò di aver esagerato, e che suo padre si sarebbe arrabbiato.
“Immagino. Ma dimmi, cosa contrasta fra le due cose? Tu puoi apprendere e praticare l’Occlumanzia e la Legilimanzia e appassionarti al collezionismo, come molti hanno fatto nella storia della nostra famiglia, e al contempo restare fedele alla legge, e alla ricerca della giustizia, anche quando sembra meno entusiasmante” sottolineò suo padre.
Demetra ebbe la fugace impressione che suo padre volesse significare anche qualcos’altro con quelle parole, magari suggerire che non approvava del tutto la vita avventurosa dei fratelli in giro per l’Europa col loro nuovo maestro di arti oscure, e che forse per lui stavano disattendendo al loro compito di eredi della tradizione politica di casa Lestrange.
Il pensiero le diede un improvviso compiacimento e parlò con sicurezza.
“È vero, padre: sono stata superficiale. È proprio così, posso coltivare l’una e l’altra cosa. Rifletterò e studierò ancora. Grazie di avermi ascoltato.”

***

NdA: eccoci qua, con Andromeda che inizia a porsi delle domande, mentre la sua amica per il momento non tanto, sentendo invece la fascinazione del mondo delle arti oscure cui si stanno avvicinando i fratelli. Ho immaginato che in quel periodo Voldemort fosse ancora un personaggio non conosciuto e temuto da tutti e che appunto si stesse conquistando consenso fra le famiglie purosangue con le sue teroie sul sangue puro, senza far vedere proprio tutto ciò di cui sarà capace. Ho voluto immaginare anche dei compagni Tassorosso di Ted, per mostrare come appunto tutte le famiglie purosangue si conoscano ma ci siano anche approcci diversi al tema del sangue magico, e chissà che non tornino anche come protagonisti di una storia tutta loro.
L'ultimo episodio, infine, è una citazione dal film The reader, con Kate Winslet, del 2009, in cui il protagonista, che da ragazzo aveva avuto una sorta di relazione ambigua con la donna ora a processo, e che all'epoca era studente di giurisprudenza durante i processi ai collaborazionisti col regime nazista, al ritorno da un'udienza dice al professore che appunto si aspettava il dibattimento "più entusiasmante" perché, appunto, "è la giustizia!".

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Capitolo 6
*** Per ora, solo Schiantesimi ***


6. per ora, solo schiantesimi

VI



Andromeda Black apparentemente non poteva chiedere di meglio dalla sorte. Al quarto anno ad Hogwarts, era una delle studentesse più in gamba del suo anno, una delle più carine a detta di molti, e proveniva da una delle più ricche e prestigiose famiglie di maghi. Questo era ciò che avrebbe attirato l’invidia della maggior parte delle ragazze della scuola, ma in realtà per lei erano dettagli del tutto insignificanti. Da quasi un anno era fidanzata con Ted, un ragazzo meraviglioso, l'unica persona che fosse capace di farle dimenticare tutto quello che la sua famiglia, i compagni Serpeverde e il mondo intero si aspettavano da lei, l'unica persona con cui poteva dire di essere se stessa in una maniera che mai aveva sperimentato. Con Ted avevano continuato a vedersi le prime settimane di scuola, rigorosamente di nascosto, e avevano parlato a lungo di quello che per lettera poteva solo essere accennato. Ogni volta prima di raggiungere Ted era euforica e piena di adrenalina e quando finalmente erano insieme si sentiva serena, rilassata, libera dal pensiero di dover rispondere ad un’aspettativa.

Ovviamente tutto all'oscuro delle sue sorelle e della sua famiglia, dato che Ted era la summa di ciò che un purosangue coi fiocchi come lei era per nascita deve detestare e, com'era noto, i Black non erano certo conosciuti per essere dei progressisti in fatto di relazioni umane. Ma di questo ad Andromeda non importava. Da molti mesi ormai uno stato di leggerezza e spensieratezza aveva invaso i suoi pensieri e, forte di questa sensazione mai provata prima con tanta intensità, non si era affatto preoccupata di prendere ulteriori precauzioni per mantenere segreta la sua relazione che non fossero i semplici suggerimenti pratici che Demetra le dava di continuo, rimarcando ogni tanto con ironia e turpiloquio studiato il suo contributo alla causa.
Sì, perché alla fine aveva in parte seguito il consiglio di Ted e si era confidata con Demetra, stando attenta naturalmente alle parole usate, ma scoprendo che, ancora una volta, Ted in parte aveva ragione: anche Demetra si sentiva in un certo senso imbrigliata dalle aspettative che la famiglia aveva su di lei e non si era mostrata affatto egoista. Le ragioni erano diverse, ma si erano confidate e sostenute a vicenda: Demetra le aveva promesso che l’avrebbe aiutata a proteggere la sua storia segreta con Ted e sembrava felice che lei le avesse dato fiducia per questo, e al contempo lei aveva ascoltato le preoccupazioni di Demetra, che per la prima volta le aveva raccontato esplicitamente del suo rapporto conflittuale coi fratelli e con la madre e di quanto ci tenesse ad essere lei a rendere orgoglioso suo padre.
“Però sappiamo entrambe che non può durare per sempre” aveva detto Demetra riguardo alla segretezza della storia con Ted.
“Lo so, infatti prima o poi risolveremo anche questo” aveva risposto Andromeda, con molta determinazione.

***

Un sabato Andromeda si era vista con Ted ed era d'accordo con Demetra che sarebbe rientrata giusto in tempo per far credere di essere stata tutto il tempo a studiare con lei, ma dimenticò che l'amica le aveva detto di trovarsi la sera in biblioteca nell'ala di Storia e non in sala comune. Quando Andromeda entrò in sala comune non trovò infatti l'amica, ma le sue sorelle schierate di fronte al tavolo dove sarebbe dovuta essere a studiare.
“Dobbiamo parlare. Prima di cena” intimò Bellatrix.
Andromeda capì che qualcosa era andato storto e fece per rientrare subito nel corridoio dietro il portone della sala.
“Dove credi di andare?”
Per la prima volta Bellatrix le stava puntando contro la bacchetta e a giudicare da com'era cambiata nel corso dell'ultima estate non stava facendo per scherzo.
Bellatrix e Rodolphus alla fine si erano messi insieme davvero e verso la fine dell’estate la sera Bellatrix non faceva altro che raccontare loro tutto quello che lui le insegnava di arti oscure, che a sua volta aveva imparato da questo misterioso mago oscuro che si faceva chiamare Voldemort e che sosteneva con forza la supremazia dei maghi dal sangue puro, fino a immaginare un mondo ideale senza Mezzosangue e con il predominio dei purosangue.
Lei non aveva mai preso la parola contro Bellatrix, sapendo che avrebbero solo litigato, limitandosi ad ascoltare a volte con un vago senso di orrore, cercando di convincersi che la sorella stava solo esagerando, che molto di quello che raccontava dovevano essere solo vanterie per farsi grande e che quella per Rodolphus era solo un’infatuazione da ridimensionare.
Ma evidentemente non era così, e adesso glielo stava dimostrando.
“Da nessuna parte” e anche Andromeda sfoderò la bacchetta.
“Come hai osato? Come hai osato disonorare il nome della tua famiglia in questo modo? Tu commetti crimini contro il tuo sangue!”
Andromeda sentì mancare la terra sotto i piedi a quelle parole, ma non indietreggiò.
“Ma quali crimini! Faccio quello che fanno tutte le ragazze se uno...”
“Trascorrere il proprio tempo con un Sanguesporco non è fare quello che fanno tutte le ragazze, è un'onta sul nome di tutte noi!”
“Non è vero! Non è un'onta stare con chi ti fa stare bene, e Ted è una persona meravigliosa, e a questo punto sono convinta che non ci sia dubbio che mi vuole più bene lui di voi!”
Non lo pensava davvero, non fino in fondo, ma adesso non poteva e non voleva più evitare a tutti i costi il confronto con le sorelle.
“Stronzate, Andromeda! Lui è un Sanguesporco, non solo non è degno di te, ma nemmeno ti ama, perché è chiaro che quelli come lui non hanno le qualità per stare accanto ad una come te!”
“Ti sbagli, Ted mi ama ed è molto migliore di te! Non è il sangue che fa una persona, Bellatrix!”
Bellatrix era senza parole, inorridita.
“Magari ci vuole solo uscire un po' e divertirsi, non ha mica detto che lo sposerà!” si inserì Narcissa.
Bellatrix sembrava ancora più infuriata, ma in quel momento Andromeda capì che non le importava più nulla.
“No, io non ci esco per divertirmi, lui mi piace e mi fa stare bene! Quanto a sposarlo, perché no?” concluse con tono di sfida, senza considerare minimamente gli sguardi d'odio della sorella maggiore.
“Tu... Come osi... Stupeficium!”
Protego!”
Nel lampo di luce che seguì il rimbalzo dello Schiantesimo sullo scudo, Andromeda trovò con la mano la maniglia del portone e uscì dalla sala comune, correndo a cercare l'unica persona che l'avrebbe fatta sentire al sicuro.

***

Quella sera Andromeda non si fece vedere né a cena né dopocena in sala comune. Demetra aveva intuito che era successo qualcosa, poiché non l'aveva vista arrivare in biblioteca all'ora stabilita, ma una volta rientrata in sala comune non l'aveva trovata. A cena aveva avuto la conferma che Bellatrix sapeva tutto e aveva dato in escandescenze contro la sorella.
“Ce n'è anche per te, sapientina! Sappi che sei sua complice se non ci fornirai informazioni su come e da quanto va avanti quest’abominio!”
“Non ti hanno insegnato che non si fanno scenate in pubblico?” rispose Demetra piccata.
Poi aveva mangiato di corsa in maniera non troppo elegante per togliere il disturbo il prima possibile ed evitare domande anche da parte di Nicholas.
Tuttavia, poté avere notizie dell'amica solo in tarda serata, quando erano già tutte in dormitorio.
“Ehi! Ma dove diavolo ti eri cacciata?”
“Poi ti racconto – sussurrò Andromeda, appena rientrata nella camera – Bella ti ha trattato male?”
“No, ha solo detto che sarei tua complice se non fornissi informazioni.”
“E tu che le hai detto?”
“Che tu non mi racconti tutto della tua vita sentimentale e che sei libera di uscire con chi ti pare. E che ha scatenato una tempesta per nulla, dato che tu non hai nemmeno contravvenuto a nessuna legge o regolamento scritto inerente la moralità nei luoghi pubblici del nostro mondo.”
“Te l’hanno mai detto che dovresti fare Magisprudenza?”
“Non di recente.”
Andromeda sorrise.
“Domattina ti racconto tutto. Ora sono troppo stanca.”

***

La mattina seguente, durante la lezione di Incantesimi, come sempre rumorosa per gli oggetti volanti e i piccoli incidenti, Andromeda stava raccontando a Demetra cosa era successo la sera precedente. Non ce l'aveva fatta a ripresentarsi in sala comune e nemmeno a cena, perché aveva la netta sensazione che tutta Serpeverde sapesse ormai che aveva osato uscire insieme ad un Nato Babbano.
“E così sei stata nella loro sala comune?” fece Demetra sgranando gli occhi.
“Sì, Ted è stato con me tutto il tempo e alla fine anche il nuovo Prefetto di Tassorosso ha fatto finta di niente.”
“Accidenti! E nessuno ha detto nulla?”
“No, anch'io sono rimasta sorpresa: sono stati tutti più gentili di quanto pensassi!”
“Beh, almeno non ti sei messa nei guai più del dovuto... Ero preoccupata, ma ora capisco.”
“Piuttosto, come ha fatto Bellatrix a scoprirmi? Perché è vero che sarei dovuta venire in biblioteca, ma lei lo sapeva già!”
Demetra fece un cenno verso una loro compagna di dormitorio seduta pochi posti più avanti.
“Clementina Higgs ha sentito che ti avevo detto in biblioteca, ma poi ti ha vista da sola ad Hogsmeade, ti ha seguito e poi ti ha vista con Ted, così ha colto l'occasione per fare la spia.”
“Che rabbia! Se solo potessi...” ma Andromeda si interruppe all'arrivo del professor Vitious, ricomponendosi e mostrando all'insegnante di aver ben acquisito l'incantesimo di quella lezione.

***

Non mancavano molti mesi alla fine della scuola e Andromeda non sapeva se era un bene o un male. Poteva essere un bene perché così d’estate non avrebbe dovuto sopportare le risatine e gli sguardi perfidi delle ragazze Serpeverde di tutti gli anni, dato che la notizia della sua storia con Ted si era diffusa in un baleno. D’altra parte una volta finita la scuola non avrebbe potuto più vedersi con Ted e di sicuro avrebbe dovuto affrontare la reazione dei suoi genitori, già informati per lettera da Bellatrix con tanto di dettagli e imprecazioni.
In tutto questo, doveva ringraziare Demetra per il suo sostegno costante. Demetra non aveva mai mancato di difenderla quando qualche compagna di dormitorio le aveva fatto qualche commento sgradevole ed era sempre stata in mezzo fra lei e Bellatrix, evitando altre scenate. Andromeda osservò nel corso delle settimane che in effetti Demetra godeva di una certa autorità fra le compagne Serpeverde, sia tra le più piccole, che sembravano temerla e ammirarla, che fra le più grandi, che forse erano in soggezione di fronte al nobile e purissimo cognome Lestrange. L’unica volta in cui Nicholas Nott si era cimentato in un maldestro tentativo di proporsi come alternativa sentimentale per lei, era bastata un’occhiata tagliente di Demetra per farlo desistere ed evitare altri approcci indesiderati.
Dopo la prima sera, aveva temuto altri attacchi da parte di Bellatrix, ma inaspettatamente la sorella maggiore non aveva fatto né detto più niente. La cosa la insospettiva alquanto, perché Bellatrix era impulsiva e irruenta e questa calma apparente doveva per forza nascondere qualcosa. Qualcosa di malvagio, pensava spesso. Demetra invece aveva liquidato la cosa col fatto che evidentemente anche Bellatrix sapeva che non doveva fare scenate per il buon nome della famiglia e se la lasciava in pace era tutto di guadagnato. Narcissa invece non si era mai schierata apertamente, ma c’era da dire che nemmeno lei aveva mai cercato di parlare con la sorella minore e cercare di portarla dalla sua parte o almeno fa sì che comprendesse i suoi sentimenti e le sue ragioni.
Menomale c’era Ted. E con lui c’erano anche ragazze Tassorosso che per la prima volta da quando aveva iniziato Hogwarts la salutavano quando si incrociavano in corridoio, l’inizio di un possibile cambiamento in quello che gli altri vedevano in lei, non più un’altera Serpeverde purosangue con la puzza sotto il naso ma una ragazza come loro.
La fine della scuola era decisamente un male.

***

NdA: rieccoci qua! Finalmente Andromeda e Ted escono allo scoperto e iniziano anche a venir fuori i primi conflitti con Bellatrix e il tema della purezza del sangue così cara ai Black. Che ne dite della mia Bellatrix, è sufficientemente IC? Andromeda invece? In questo capitolo Demetra appare poco, ma almeno è interamente dalla parte della sua amica. Questo capitolo è tutto dal punto di vista di Andromeda, ma presto anche Demetra avrà molto spazio tutto per sé. inutile dire che aspetto un feedback e molte recensioni! 

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Capitolo 7
*** Prove di fuga ***


7. prove di fuga

VII



Era una bella giornata di inizio luglio e Andromeda stava aspettando sulla poltroncina di camera l'arrivo di Demetra per andare a fare un giretto a Diagon Alley, per una volta da sole, senza sorelle e genitori a guardia. Dopo quello che era successo a scuola, la famiglia aveva saputo quasi in tempo reale delle sue "ignobili frequentazioni", come aveva detto Bellatrix, e se aveva evitato ripercussioni immediate a scuola l'aveva dovuto solo all'intervento persuasivo di suo zio Alphard, che aveva convinto suo fratello Cygnus che si trattava solo di una questione da adolescenti gelosi. Questo tuttavia non le aveva risparmiato una sonora ramanzina la sera stessa del suo ritorno da Hogwarts il trenta giugno, l'ennesima lezione sull'importanza del sangue condita dalle esclamazioni isteriche della zia Walburga, la cui somiglianza con Bellatrix Andromeda non aveva mai notato così bene, e ovviamente una valanga di discorsi inutili e insopportabili su come mai non trovasse nessun ragazzo che le piacesse fra i molti compagni Serpeverde di buona famiglia, su come dovesse prendere ad esempio sua sorella che, ormai praticamente fidanzata col fratello di Demetra, sapeva bene quale fossero le cose importanti nel loro mondo tanto da aver deciso di unirsi al Signore Oscuro, l'ultimo vero rivoluzionario del nostro mondo, come l'aveva definito sua zia, e poi ancora parole e parole vomitevoli. Sfinita da quella sorta di ingiusto processo, aveva risposto che si sentiva confusa e voleva un po' di tempo per distrarsi e stare meglio. La risposta non aveva convinto molto sua madre e sua zia, ma suo padre si era mostrato più comprensivo e, sempre grazie allo zio Alphard, aveva ottenuto di non dover passare l'estate chiusa in casa per punizione ma di poter uscire comunque con la sua amica, di cui, per una strana legge del contrappasso, Druella Rosier in Black sembrava fidarsi incondizionatamente.
Quando sentì al piano di sotto la voce di sua madre spendersi in rumorose smancerie capì che Demetra era arrivata.
“Menomale che ad Andromeda ci pensi tu, è importante avere delle buone amiche quando si è giovani e confusi! – stava chiacchierando sua madre – Sono convinta che Demetra non dà a sua madre tutti questi pensieri!” concluse rivolta alla figlia appena scesa.
“Ma no, signora Black, sono convinta che mia madre direbbe il contrario!”
“Ah, a questo proprio non ci credo, cara!”
Andromeda lanciò uno sguardo a Demetra perché non si perdesse in chiacchiere e la portasse al più presto fuori da lì.
“Possiamo usare il vostro camino al ritorno, signora Black? Sa, va bene che è giorno fino a tardi ma a certe ore del giorno anche qui a Grimmauld Place deve girare della gente...”
Certo, perché un Babbano vedrebbe due streghe che rientrano in una casa nascosta dai più efficaci incantesimi anti-posizionamento!, pensò Andromeda.
Ma la sviolinata di Demetra a sua madre era perfettamente riuscita.
“Ma certo cara, ci mancherebbe! È sempre bene non esporsi troppo a certi soggetti!”
Una volta fuori, risero come matte.
“Sai cosa dovremmo fare appena tornate a Hogwarts? Facciamo una bella scorta di Pozione Polisucco e poi a giugno ci scambiamo e tu stai qui al posto mio, ci cascherebbero alla grande e la smetterebbero di rompermi!”
“Sì, ma tu dovresti fare me e non so se ti riuscirebbe!”
“E che ci vuole a fare te? Basta parlare fino allo sfinimento di qualunque cosa e ogni tanto fare commenti sprezzanti sulla gente!”
“Io non parlo fino allo sfinimento! E non faccio commenti sprezzanti sulla gente!”
“Sì, come no!”
“Ok, forse a volte.”
Intanto erano arrivate in quello che per i Babbani doveva essere solo un giardinetto pubblico ormai dimenticato e lasciato all'incuria, ma che in realtà celava dietro una finta fontana in pietra l'ingresso ai Camini Pubblici, camini sparsi in tutto il paese e collegati dalla Metropolvere per permettere ai maghi che non potessero Smaterializzarsi o che fossero lontani dal proprio camino di casa di muoversi nel mondo magico.
Il programma era di prendere un gelato da Florian Fortebraccio e sedersi su una tranquilla panchina per parlare del piano di Andromeda, ma una volta a Diagon Alley non seppero resistere ad un po’ di shopping fra la sartoria di Madama McClan e un nuovo negozio specializzato in pozioni per capelli.
“Via, ci siamo trattenute! Anche perché io ho pochi galeoni con me e mi fa fatica andare alla Gringott!” disse Demetra una volta che avevano raggiunto l'agognata panchina cariche di borse.
“Già... Tra l'altro, beata te che hai il permesso di andare da sola alla Gringott! Io senza i miei non ho mai potuto prendere nemmeno uno zellino!”
Demetra stava per rispondere qualcosa che negasse l'evidenza che i suoi erano decisamente più permissivi dei signori Black, ma si interruppe quando vide che Andromeda si era improvvisamente fatta seria.
“Ehi, che succede? Tra l'altro, non mi hai ancora detto nulla di quello che volevi fare riguardo a Ted Tonks!”
Un nuovo bagliore comparve negli occhi di Andromeda.
“Infatti. Il fatto è questo: Ted mi ha chiesto se mi andava di andarlo a trovare quest'estate, a casa sua a Birmingham, e io ho intenzione di andarci.”
Demetra quasi si soffocò col gelato al gusto di Menta Incendiaria.
“Ma ti rendi conto di quello che hai appena detto? Va bene che ti piace, ma a tutto c'è un limite e poi...”
“Perché? Qual è il problema? Ted adesso è maggiorenne, mi Materializzerei con lui e mi riaccompagnerebbe vicino a casa, nessuno ci vedrebbe!”
“Ho capito, ma, voglio dire, ti sei già scontrata con i tuoi pochi giorni fa, pensi che un ragazzo Nato Babbano meriti il rischio di venire scoperta e dare scandalo e litigare ancora di più con tutta la famiglia e...”
“Ted non è un ragazzo Nato Babbano, Ted è il mio ragazzo e non mi importa un accidente se i miei non lo capiscono! Non pensi che io abbia il diritto di stare con chi voglio?”
“Certo che sì, ma mettiti un po' nei loro panni, pensa se tutta la gente che i nostri genitori conoscono venisse a sapere che tu sei stata a casa di un Nato Babbano!”
“Ma scusa Dem, tu da che parte stai? Sei con me o con mia madre che vorrebbe già che sposassi quella testa di cazzo di Nott?”
Era infuriata, e molto somigliante a sua sorella maggiore in quel momento.
“Certo che sono dalla tua parte! Solo, ecco, ci sono tanti modi per vedersi, ma andare a casa sua... In fondo, non siamo mai state fra i Babbani, e se succedesse qualcosa? Non possiamo nemmeno usare la magia ancora! Potete sempre sentirvi via gufo, ci sono tanti modi per camuffare le lettere e sappiamo come fare, invece, andare proprio a casa sua...”
“Ma se tu uscissi con qualcuno e lui ti invitasse tu non andresti?”
Demetra si sentì punta sul vivo ma non esitò.
“Non è questo il punto, è che vive fra i Babbani!”
“E allora? Io mi fido di lui, sa come muoversi, non sarei né in pericolo né niente! Oppure anche a te in fondo in fondo in realtà non va giù che non sia un Purosangue?”
Demetra sostenne lo sguardo dell’amica.
“Non è una questione di fiducia, certo che non ti accadrebbe nulla, ma, in tutta onestà, Andromeda, quanto pensi che possa andare avanti questa storia?”
Andromeda sgranò gli occhi.
“Non ho detto che tu debba lasciarlo, – si riprese subito Demetra – ci credo che tu ci stia bene insieme, ma, oggettivamente, alla lunga non può funzionare! E non può funzionare, che ti piaccia o no, perché è un Nato Babbano! Con questo non voglio dire che è inferiore a noi o che non ti voglia bene, ma sai benissimo che è la ragione per cui alla lunga non può funzionare. A meno di non rompere con la tua famiglia, e alla fine...”
“E invece noi faremo in modo che funzioni! Che discorsi sono? Ai miei non piace adesso, ma lo accetteranno se noi continueremo a stare insieme! – ribatté Andromeda con ardore – Se mi vogliono bene alla fine lo accetteranno!”
Demetra per la prima volta si lasciò sfuggire un'occhiata di commiserazione.
“Perché mi guardi in quel modo?”
“Somigli a Bellatrix più di quanto tu voglia far credere.”
“Questo che c'entra? E poi non è vero!”
“Invece sì, perché anche tu stai mettendo la tua personale e unica volontà davanti a tutto, anche quando la realtà dovrebbe farti capire che non è possibile.”
“E questa trovata esistenziale da dove viene?”
“Viene dalla considerazione che noi, tutte e due, sebbene capaci, rispettate, fortunate e con disponibilità economiche di cospicua entità, dobbiamo comunque scontrarci col fatto che non possiamo avere tutto quello che vogliamo. Tu vuoi Ted e l'accettazione da parte della tua famiglia, ma entrambe le cose insieme non sono possibili e tu lo sai, come sai che è sulle scelte e sulle loro conseguenze che si fonda quello che le nostre famiglie sono potute diventare lungo i secoli.”
“No, non ci credo, non voglio crederci. Ragioni come tutti quelli che frequentiamo da sempre, ma io credo che non sia solo questo il modo di vedere le cose. Anche una cugina di mio nonno, mi sembra, ha sposato un uomo che non piaceva ai suoi e l'hanno cancellata dal nostro albero genealogico, ma lei era convinta della sua scelta, e non ho motivo di credere che se ne sia pentita, per cui...”
“E tu vorresti fare lo stesso? Farti cancellare dall'albero e perdere tutti i diritti di erede?”
“Io voglio dire che quello che ci hanno sempre insegnato non necessariamente è la cosa giusta, io credo che le cose possano cambiare se le persone agiscono anche col cuore invece che sempre secondo la convenienza e la paura di essere puniti. E questo mi riporta al punto – proseguì Andromeda – Tu mi coprirai se ne avrò bisogno?”
Evidentemente aveva colpito nel segno, perché Demetra si irrigidì visibilmente, ma presto recuperò il consueto tono brillante.
“Certo che ti coprirò. Io ti copro sempre, per definizione.”

***

Così tutto fu programmato: Andromeda avrebbe passato la giornata del 26 luglio a Birmingham con Ted, mentre tutti a casa sua avrebbero creduto che si trovasse in Cornovaglia in compagnia di Demetra nella residenza estiva dei Lestrange. Il tutto si fondava sul fatto che nessuno avrebbe potuto verificare la sua presenza là poiché i signori Lestrange erano in Francia per affari e i fratelli di Demetra erano via per conto del Signore Oscuro, in più il camino della residenza estiva era momentaneamente scollegato dalla Metropolvere e Andromeda sarebbe tornata con una Passaporta istituita proprio per far tornare a Londra le due ragazze dopo la giornata di mare. Andromeda aveva spiegato tutto per filo e per segno a Ted via gufo e lui aveva trovato il modo di Materializzarsi là, proprio per evitare di essere visto nelle vicinanze di Grimmauld Place.
“Questa è la Passaporta, ci riporta a Londra da me alle 18.17 in punto, per cui devi assolutamente essere qui alle sei!”
“Sì, Dem, ho capito!”
Ma Demetra sembrava parlare più che altro a Ted.
Andromeda li aveva presentati ufficialmente l’uno all’altra ma era evidente che non si piacevano più di tanto: secondo Andromeda Ted aveva cercato di essere gentile e non prevenuto, ma si vedeva lontano un miglio che riteneva la sua amica tale e quale a tutti i Serpeverde altezzosi che conosceva a scuola e se non glielo aveva detto era solo perché sapeva della loro amicizia. Quanto a Demetra, anche lei non aveva cercato di nascondere troppo le sue riserve riguardo al fatto che la portasse nel mondo dei Babbani e anche lei si era trattenuta dal fare commenti potenzialmente offensivi solo perché era il suo ragazzo.
I pensieri di Andromeda tuttavia si rasserenarono presto una volta Smaterializzatasi con Ted. Si trovavano in edificio abbandonato, un posto assai poco frequentato adatto per la Materializzazione lontano da occhi indiscreti.
“Vieni, ora vediamo di uscire senza che nessuno ci veda. Sarà un po' lunga arrivare a piedi a casa mia e purtroppo è un posto troppo affollato per Materializzarsi lì... Pronta a provare il brivido di un autobus Babbano?”
Sinceramente no, pensò Andromeda, ma Ted era così rassicurante e insieme a lui ogni ansia e preoccupazione spariva.
Una volta sopra, Ted pensò ai biglietti.
“Non è come il Nottetempo, non è gratis!” disse lui sedendosi accanto a lei.
Al pensiero di quello che avrebbe detto la sua famiglia sapendola sola con un Nato Babbano nel lurido mondo Babbano, per la prima volta, dentro di sé, rise di gusto.

***

“E così tu sei l'amica di Ted! Che bella ragazza che sei! Vieni, siediti, ora è pronto il tè!”
La signora Tonks fu molto gentile quando i due ragazzi il pomeriggio andarono a casa di Ted. Avevano passato tutta la mattina a passeggio nel centro storico e Ted aveva mostrato ad Andromeda la parte migliore della sua città, oltre a rispondere a tutte le sue domande sui Babbani, dalle automobili – che Andromeda tuttavia continuò a reputare più pericolose che utili – ai giornali, al denaro di carta, all'elettricità per accendere i lampioni e alla manifestazione pacifista che si stava svolgendo.
“Ma perché i Babbani si fanno la guerra fra loro, fra nazioni lontane? Non ha alcun senso, questo fra i maghi non può avvenire perché siamo tutti uguali!” osservò Andromeda.
“Davvero siamo tutti uguali, fra maghi? – Andromeda stava per replicare, ma Ted continuò – Comunque è vero, i maghi di nazioni diverse tuttavia si riconoscono uguali in quanto maghi, mentre fra i Babbani questo non avviene quasi mai. Noi viviamo in un paese democratico, ma ci sono uomini che vivono sotto governi autoritari e soffrono la mancanza delle libertà fondamentali. Coloro che ci governano oppongono l’un l’altro le loro visioni del mondo e arrivano allo scontro, a volte. È giusto abbattere un regime autoritario, ma le cose si complicano quando nel farlo si scatena una guerra e vengono coinvolti degli innocenti. Sì, almeno a noi maghi la guerra è risparmiata.”
Poi Ted le chiese se le andava di conoscere la sua famiglia e Andromeda non poté non provare una punta di amarezza nel sapere che lei non avrebbe mai potuto fargli la stessa domanda con la naturalezza che lui aveva usato. Già, perché stavano insieme da più di un anno ormai e anche a lei sembrava naturale quantomeno presentarsi ai rispettivi genitori, peccato che a casa sua avessero un'idea tutta loro della normalità.
“Ecco il tuo tè, cara. Vuoi anche del limone o del latte?”
Andromeda era ancora un po' spiazzata, non riusciva a smettere di guardarsi intorno. Il salotto della casa di Ted era così diverso da quello di casa sua, e non solo ovviamente perché lo stile del mobilio Babbano era alquanto diverso da quello magico, ma era diversa proprio l'atmosfera: nulla in casa di Ted faceva pensare all'austerità e all'opulenza che era solita vedere nelle residenze dei Black, niente colori scuri e cornici pesanti, niente argenteria in mostra, ma tende chiare e fantasie floreali dai toni pastello, che mettevano tranquillità proprio come la voce di Ted.
“Allora latte o limone? Il tè sarà uguale anche fra i maghi o...”
“Mamma!”
“Oh, sì, mi scusi signora, limone, grazie!”
“Non ti scusare, tesoro, mi immagino che ti sembri tutto un po' strano! Ted mi ha detto che praticamente prima di lui non conoscevi nessuno non-magico! Che buffo, e a noi sembrò una cosa assurda quando lui ricevette la lettera! E io che pensavo che quella volta si fosse salvato da quella terribile caduta dal secondo piano solo per miracolo! Poi quel professore piccoletto che venne per il suo compleanno ci spiegò che era Ted un mago! Ah, a ripensarci!”
“Immagino...”
Anche se per la verità Andromeda non riusciva a immaginare come fosse scoprire di essere magici senza averlo mai saputo prima.
“Disse che sperava di rivederlo nella sua Classe, Casa? Come le chiamate? Casa sì, nella Casa dei più studiosi, perché era il direttore, e ovviamente Ted non è finito fra i più studiosi, e questo perché è un gran pasticcione disordinato!”
“Mamma, per favore!”
“Scommetto che Andromeda è fra i più studiosi e che non perde le sue cose nel disordine del dormitorio!”
“No, signora, neanch'io sono fra i più studiosi e anche mia madre dice che sono un po' troppo disordinata!”
Per la verità, sua madre si limitava a contestare il fatto che lei puntualmente spostasse tutte le sue cose non appena Kreacher le aveva rimesse a posto, ma il senso più o meno poteva essere lo stesso.
“Ah, non ci credo! Che poi, con quelle bacchette deve essere un volo rimettere a posto!”
Chiacchierarono un po', ma presto si fece l'ora di andare e la signora Tonks salutò Andromeda invitandola a tornare, dopodiché si smaterializzarono proprio lì in salotto.
Una volta apparsi nel punto di ritrovo, ovvero una finta rimessa con funzione anti-Babbani sulla spiaggia della proprietà in Cornovaglia dei Lestrange, i due ragazzi si salutarono alquanto calorosamente, e sarebbero anche andati oltre se non fosse comparsa Demetra a rompere le uova nel paniere con il suo consueto tatto.
“Se avevate anche altri programmi dovevate pensarci prima e metterli nella tabella di marcia” fece con una smorfia dondolando una bottiglia di birra vuota che doveva essere la Passaporta.
Ted stava per estrarre la bacchetta, ma Andromeda lo trattenne con delicatezza per poi salutarlo con un bacio appassionato.
Fece appena in tempo a vederlo smaterializzarsi che la bottiglia si illuminò e cominciò a vibrare, così l'afferrò anche lei e in un attimo fu nell'ingresso di casa di Demetra, a Londra.
“Allora, com'è andata?”
“Benissimo, beh, per forza, Ted è fantastico! – sorvolò sull'occhiata sarcastica dell'amica – Mi ha fatto vedere un po' la sua città e dove vanno i Babbani della nostra età, poi sono stata a casa sua e sua madre è stata carinissima e...”
“Ti ha presentato a casa sua?”
“Sì, alla fine è normale, stiamo insieme da oltre un anno! È da me che non sono normali!”
“Ma come puoi pensare...”
“E invece sì, perché se c'è una cosa che ho capito stando con Ted, e non solo per la giornata di oggi, è che alla fine maghi e Babbani ragioniamo allo stesso modo e che se certo io sono fiera e felice di essere una strega non per questo mi sento di considerare diversi i non-maghi!”
Demetra Lestrange era allibita.
Va bene essere innamorati ma qui si passa la misura! Qui siamo del tutto partiti di cervello, porco Merlino!
“Forse è il caso che prendi subito il camino, non si abbiano a insospettire a casa tua” disse evasiva.
Posò la bottiglia su un mobiletto e si avviò verso il camino nel salone.
Quando Andromeda la raggiunse le fiamme verdi erano già alte.
Nessuna delle due sembrava avere altro da aggiungere, così Andromeda saltò nel camino e raggiunse Grimmauld Place.
Demetra rimase seduta accanto al camino, immersa nei suoi pensieri, arrabbiata e frustrata come non mai.
“Binky ha spazzato i cocci di vetro che erano nell'ingresso, padroncina” disse l’elfa domestica all’improvviso.
Demetra alzò gli occhi sull'elfa domestica e la guardò come se la vedesse per la prima volta.
“Brava, Binky, grazie.”



***


NdA: beh, che vi sembra di questa Andromeda adolescente ribelle? Ho immaginato che inizialmente la storia con Ted potesse essere stata considerata appunto solo una banale ribellione adolescenziale, quando invece si rivelerà qualcosa di più profondo, che cambierà decisamente la vita della protagonista e di riflesso della sua famiglia. Poi mi è piaciuto anche immaginare Ted come un ragazzo calmo e riflessivo, che sa essere presente in entrambi i mondi, magico e non, e che non fosse per forza goffo e pasticcione come si vede in tante fanfic. Insomma, attendo un feedback!

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Capitolo 8
*** Trasformazioni inattese ***


8. trasformazioni inattese

VIII


Apparentemente, anche Demetra Lestrange non poteva chiedere di meglio dalla sorte.

Era una delle migliori studentesse del suo anno, anzi la migliore, giacché se molti possono aver ricevuto in dono dalla natura un qualsivoglia talento, esso è nulla senza che venga coltivato con studio e dedizione, come era solito ripetere suo padre e come lei aveva perfettamente dimostrato già dal primo anno a Hogwarts. Forse solo in Difesa poteva riconoscere che c'erano diversi più capaci di lei, non certo nel resto e tanto meno in Pozioni o in Trasfigurazione: non per nulla era da sempre l'allieva prediletta del professor Lumacorno, che spesso rammentava in pubblico quanto fosse versata nel preparare antidoti, e anche la rigida e inflessibile professoressa McGranitt, direttrice di Grifondoro, aveva dovuto fare i conti col fatto che ad eccellere nella sua materia fosse una Serpeverde.
Per il nome che portava, per l’educazione che aveva ricevuto, per l’autorevolezza che andava ogni giorno costruendosi fra i suoi pari a scuola, Demetra sapeva bene di essere non solo destinata ma anche nata per essere una persona cui il prossimo, nel bene e nel male, fa riferimento. Sebbene dunque il riconoscimento pubblico non le fosse mai mancato, sia per l'incontestabile bravura accademica sia naturalmente per la sua posizione sociale, a Demetra Lestrange mancava qualcosa.
Eccome se le mancava qualcosa, e lo capiva adesso con più chiarezza di quanta ne avesse mai avuta.
Mai come allora infatti aveva realizzato che non avrebbe mai potuto avere ciò che la sua miglior amica Andromeda aveva ricevuto senza il minimo sforzo. Lei sarebbe sempre stata Demetra Lestrange la responsabile del gruppo su cui fare affidamento, la persona che sa come muoversi e come parlare in ogni situazione, il nuovo Prefetto di Serpeverde che giustificherà le scappatelle dei compagni di Casa e punirà quelle degli altri guadagnandosi ancora più simpatia nella sua Casa, la studentessa popolare a scuola solo e soltanto in virtù dell'aura di prestigio e nobiltà intorno al suo nome e alla sua bravura con la bacchetta e con le parole, e mai sarebbe stata, mai, semplicemente Demetra, una ragazza da invitare a uscire a Hogsmeade.
Non c'è nulla che il biondo metallo non possa comprare, questo era l'adagio che sentiva ripetere a sua madre da sempre.
Ma i fatti le stavano dimostrando che non era vero, anzi, era tutto il contrario. Tutto il denaro nelle camere segrete della Gringott non avrebbe mai potuto darle quello che aveva la sua miglior amica: un ragazzo che le volesse bene, che mostrasse un interesse sincero e disinteressato per lei, per lei come persona, come ragazza, non come potenziale fonte di galeoni in un matrimonio vantaggioso fra purosangue. Si era già resa conto da tempo che chiunque le avesse mai rivolto un complimento o avesse mostrato interesse per lei lo aveva fatto solo in virtù della sua situazione economica e non certo perché la apprezzasse sinceramente come persona. In fondo, era quello che aveva detto anche sua madre dopo aver saputo che Rodolphus e Bellatrix si erano messi insieme.
“Diffida sempre degli uomini, Demetra! Come puoi pensare che chi ti lusinga così tanto lo faccia per amore e non per il tuo futuro conto alla Gringott?”
Non che fosse così ingenua da non rendersi conto che gran parte dei maghi purosangue della generazione dei suoi genitori si erano sposati più per convenienza che per amore, ma alla fine era nell’ordine naturale delle cose: nessuno di loro si sarebbe mai abbassato a sposare un Mezzosangue e frequentando sempre le stesse cerchie di persone veniva da sé trovarsi un compagno o una compagna dello stesso ambiente. Poi veniva la questione economica, per cui nella stessa comunità purosangue alcune famiglie erano di gran lunga più in vista di altre, con i Malfoy e i Lestrange della cui ricchezza non si conosceva la misura e i Selwyn che erano appena meno poveri dei Weasley e cercavano di non darlo a vedere.
Più ci pensava e più si convinceva che anche sua madre aveva sposato suo padre solo per i soldi. Sapeva da pettegolezzi e aneddoti raccontati a mezza voce e spesso origliati da bambina che tutti pensavano che sua madre avesse manipolato psicologicamente suo padre da giovane, sfruttando il fatto che lui, all’epoca timido e solitario nella vita privata quanto abile e studioso in Magisprudenza, si era ritrovato senza una compagna e senza la prospettiva di poter assicurare eredi alla famiglia ad un età in cui i coetanei già parlavano di Hogwarts per i propri pargoli. Così Isabella Rookwood, spregiudicata purosangue non bella ma molto determinata, si era aggiudicata uno dei migliori partiti della società purosangue del tempo. Tuttavia, nessuno si era stupito più di tanto e solo la sorella maggiore di suo padre aveva avuto l’ardire di mettere in guardia il fratello.
“Non conta che sia una ragazza purosangue, Armin, se è una donnaccia” avrebbe commentato all’epoca sua zia Augusta, che già si faceva notare per i cappelli decorati con rapaci impagliati.
Inutile dire che con sua zia e il suo unico cugino londinese Demetra aveva rapporti solo sporadici e formali, dovuti alla distanza che sua madre aveva sempre tenuto, nonostante suo padre continuasse a ricevere lettere dalla sorella.
Così quella era la prospettiva: un matrimonio con qualcuno dei suoi compagni purosangue, qualcuno che avrebbe visto in lei soltanto una fonte di galeoni e che magari, sì, l’avrebbe trovata intelligente, divertente e piacevole, ma nulla di più, senza uno slancio di qualcos’altro, di più intimo, di più profondo.
Quella sera dopo che Andromeda se ne era andata Demetra salì sulla terrazza più alta della casa, da cui si vedeva quasi tutta Londra.
Quell'estate faceva più caldo dell'anno precedente e la città sembrava piena di vita quasi quanto il giorno. Lassù in cima una miriade di luci Babbane si perdevano in lontananza, forse fino alla foce del Tamigi, e sembravano comunicare fra loro in una loro lingua segreta, bisbigliando con i bagliori tremolanti racconti di avventure possibili, di mondi lontani dove era possibile tutto e il contrario di tutto.
I suoi erano in Francia per affari di suo padre, che si occupava degli antichi possedimenti in Bretagna della famiglia Lestrange, la cui origine si perdeva nell’alto medioevo, quando maghi francesi dal sangue purissimo e dall’ambizione smisurata erano sbarcati in Gran Bretagna. Lei non era andata, nonostante si fosse impegnata per imparare il francese fin da piccola e avesse seguito il padre alcune estati precedenti, solo per aiutare la sua amica.
Non se ne era pentita, ma quella sera, appoggiata alla terrazza, mentre la brezza notturna ancora gentile le scompigliava i capelli, pensava a come sarebbe stato andarsene, per un po', in altri luoghi, dove nessuno l'avrebbe trovata, dove nessuno le avrebbe chiesto di essere sempre impeccabile e incrollabile.
Si ritrovò a pensare alla Cornovaglia, alle scogliere alte, ai gabbiani che scendevano in picchiata e poi planavano a pelo dell'acqua; pensava al vecchio gufo Emmon, che in quel momento era a caccia di piccoli roditori per una gustosa e avventurosa cena notturna. Chissà come sarebbe stato poter prendere e volare via, senza dover seguire i cammini prefissati per gli uomini, i camini tutti collegati fra loro o le Passaporte per usare le quali devi sempre rendere conto a qualcuno...
Certo, poteva Smaterializzarsi, ma era ancora troppo giovane per farlo bene: nonostante avesse già leggiucchiato un po' di teoria, non era certo una cosa da provare così alla leggera. Poteva prendere la scopa: sì, perché ne aveva una ma non la usava mai. Il fatto era che non era mai riuscita a volare più in alto di due metri da terra: dopo un po' che era in aria la paura del vuoto prendeva il sopravvento sul desiderio di spiccare il volo e così rinunciava sempre, e i commenti sprezzanti di Rodolphus non aiutavano certo la sua scarsa sicurezza.
Demetra si sporse dal balcone.
Volare... Volare via...
Chiuse gli occhi inspirando a pieni polmoni l'aria della notte e quando li riaprì era tutto diverso. Cioè, era tutto uguale ma diverso. Vedeva davvero tutto quello che stava vedendo? Strizzò gli occhi come per mettere ancora più a fuoco l'orizzonte.
Ma ci vedeva sempre così? No!
E quei fischi che sentiva cos'erano?
Demetra si voltò e osservò il pavimento in pietra chiara della terrazza.
Non vedeva più la sua ombra per terra. Si girò di nuovo verso la città e guardò in basso. Era in piedi sul parapetto.
E, cosa più significativa, non aveva i piedi, ma degli artigli.
Terrorizzata in un primo momento, cercò un appiglio con le mani, ma non trovò né l'appiglio né le mani, perché non aveva fatto altro che spalancare le ali.
E Demetra realizzò.
Era una civetta. Era lei, ma era una civetta. Si era trasformata. Come, non riusciva a spiegarselo.
Tra l'altro, le sembrava anche più difficile del solito mantenere la concentrazione sulla magia e sul ragionamento.
Dunque, era una civetta.
E la seconda cosa che realizzò fu che voleva volare.
Oh sì, volare! Ma come? Non pensare da Demetra, pensa da civetta, si disse in un angolo sempre più lontano della sua mente.
E l'istinto le fece spalancare le ali e tendere i muscoli, che le obbedirono come da umana non le avrebbero mai obbedito, e spiccò il volo, come fosse la cosa più naturale del mondo.
Volò giù in picchiata fino in strada, poi riprese quota, e solo molto confusamente aveva la percezione di quello che stava facendo, ma non aveva alcuna paura.
Si allontanò verso un parco pubblico e si inoltrò fra gli alberi, assaporando il buio in cui vedeva meglio che alla luce, ascoltando i suoni della natura che si sorprese a conoscere, poi uscì di nuovo all'aria aperta e puntò in alto in direzione delle cime più alte, e poi ancora giù e più lontano. Volare era meraviglioso e altrettanto lo era sentire l'aria calda che la sosteneva in quota senza sforzo, e com'era la notte, com'era l'aria della notte! Profumava di libertà, una libertà che gli uomini non conoscono...

***

La mattina dopo, quando si svegliò in tarda mattinata, Demetra trovò l'elfa Binky ai piedi del letto in religiosa attesa del suo risveglio.
“Che c'è, maledetta? Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Binky chiede perdono alla padroncina di averla spaventata, Binky non lo farà più...” e cominciò a picchiare la testa nel muro.
“Ma no, cretina! Smetti! Dimmi cosa c'è da aspettare che mi fossi svegliata!”
“La padroncina ha ricevuto una lettera! C'è scritto IMPORTANTE!” squittì l'elfa.
Oh merda! Al Ministero hanno rilevato che ho fatto magie fuori da scuola!
Aveva un ricordo piuttosto vago di come era finita la notte precedente. Dopo aver volato a lungo in molte direzioni che ora da sveglia non avrebbe saputo ricostruire, in un angolo della sua mente si era affacciato il pensiero di casa, del letto, dei genitori, della scuola e di tutto il resto. Ritrovare la strada aerea per la terrazza di casa era stato incredibilmente semplice, quasi istintivo, ma ogni sforzo per razionalizzare quello che stava facendo era faticosissimo quando era in volo.
Una volta atterrata sulla terrazza, si era posto il problema di ritrasformarsi in forma umana e lì era stato il panico. Se non ci fosse riuscita? Anche perché non aveva mai fatto una cosa del genere e la teoria che aveva letto nei libri sembrava in quel momento solo un mucchio di lettere allineate a caso e c’era il rischio di farsi del male.
E di nuovo, inaspettatamente, involontariamente, mentre i pensieri tornavano a prendere il sopravvento e a vorticare nella sua testa, aveva sbattuto gli occhi e aveva realizzato di avere di nuovo gambe e braccia.
Poi non ricordava altro, ma di sicuro doveva essere scesa di sotto ed essersi infilata macchinalmente nel letto, crollando nel sonno stanca morta, fino a quella mattina.
Adesso, ben sveglia, strappò la lettera di mano all'elfa e l'aprì.
Era da Hogwarts.
Demetra tirò un sospiro di sollievo.
Sia ringraziato Salazar!
“Binky! Sono diventata Prefetto!”
L'elfa la guardò con gli occhi stralunati.
“Oh, lascia perdere, tu non sai nemmeno che vuol dire! Piuttosto, non è che nella notte e in mattinata sono arrivate in casa altre lettere?”
“No, padroncina!”
“Sei sicura?”
“Sì, padroncina, sicurissima!”
Il sorriso di Demetra si allargò ancora.
Non era arrivata nessuna lettera dal Ministero per dire che aveva infranto le regole sull'uso della magia minorile e questo perché il Ministero non aveva rilevato la sua magia, nonostante lei l'avesse compiuta eccome la trasformazione in rapace. Questo significava una cosa sola: lei, Demetra Lestrange, era un Animagus. Nessuno nella sua famiglia era mai stato un Animagus, né i suoi genitori né i suoi fratelli potevano vantare una tale abilità.
Con una risata che avrebbe gelato il sangue a qualunque persona sana di mente, Demetra Lestrange cominciò la sua giornata.

***

Arrivata a Grimmauld Place, Andromeda si diresse di corsa in camera sua. Nulla faceva pensare che l'avessero scoperta, ma non se la sentiva di fronteggiare la sua famiglia: non era da lei fingere così spudoratamente e al contempo mantenere la calma. Tanto per fare qualcosa, tirò fuori i libri di scuola per vedere quali compiti le restavano da fare.
“Ehi, ti disturbo?”
Andromeda saltò sulla sedia.
“Cissy, un giorno di questi tu mi manderai al San Mungo per infarto! Cammini come un fantasma!”
“Scusa! Ho visto che eri tornata e ti volevo chiedere se mi potevi dare una mano con un tema dei compiti.”
“Sì, vediamo.”
“È Storia della Magia. Pare che Rüf dia tutti gli anni gli stessi temi, se hai ancora il tuo da qualche parte posso ricopiarlo” spiegò candidamente la Black più piccola.
“Un tema di due anni fa? Magari Kreacher non ha buttato via le pergamene di scuola...”
“Sedetevi, sorelle, ho da dirvi una cosa importante!”
Si sente quando entra Bellatrix, altro che fantasma!, pensò Andromeda.
Si sedettero.
“L'anno prossimo, a luglio, dopo i M.A.G.O., io e Rodolphus ci sposeremo!”
“Che bello! Ci speravo!” fece Narcissa sorridendo alla sorella.
Anche Andromeda pensò che era ovvio che sarebbe finita in quel modo.
“Tu non dici niente?” le disse Bellatrix,.
“Oh, sì, sono contenta anch'io! E anch'io me lo immaginavo! Chissà poi che ha detto la mamma...”
“La mamma non lo sa perché Rodolphus verrà a fare la proposta formale ad Halloween, ma noi abbiamo già deciso tutto. E dopo il matrimonio finalmente anch'io potrò unirmi ai Mangiamorte da strega adulta!”
Andromeda intervenne.
“Secondo me non dovresti!”
“E perché mai? Ma certo, tu simpatizzi per la feccia del nostro mondo! Che orrore! Tu non sai...”
“No, che orrore quelli che cercano di uccidere i Babbani senza motivo, come se fosse una caccia alla volpe! Se è questo che fate, siete dei criminali, altroché!”
“Ti avverto, Andromeda, se continuerai a frequentare quel Tonks e a sostenere certe posizioni il nostro rapporto potrebbe essere in pericolo!”
“Se per farmi accettare devo sostenere dei criminali retrogradi allora non mi interessa né la tua approvazione né quella di nessun altro!”
Bellatrix stava per sfoderare la bacchetta, ma Narcissa fu più veloce e si mise fra le due.
“No, non litigate! Pensate a come sarà bello il matrimonio invece!”
“Se crede di venirci con certe idee, non ce la voglio!” ringhiò Bellatrix.
“Se è quello che vuoi nemmeno ci vengo” fece di rimando Andromeda, ma la sorella era già uscita dalla stanza.
“Comunque, secondo me dovresti ascoltarla e smettere di dire certe cose” disse Narcissa improvvisamente, in tono neutro.
“Io non mi rimangio le mie idee solo perché a voi non piacciono!” ribatté Andromeda con durezza.
Narcissa non mostrò di essersi offesa, non urlò e non fece smorfie.
“Ricorda che ti copro solo perché sei mia sorella.”


***

NdA: ecco finalmente un capitolo dedicato a Demetra, che finalmente riflette onestamente su sé stessa e su quello che vorrebbe davvero... Penso siamo passati tutti nella fase in cui, nonostante l'impegno, mancava sempre qualcosa o peggio qualcuno ci faceva credere che non eravamo mai abbastanza e da questo ho preso spunto per la mia giovane Lestrange. Diciamo poi che essere un Animagus sarà abbastanza marginale nei prossimi capitoli, ma rappresenta per la protagonista qualcosa di importante che la rende - almeno nella sua percezione di sé - finalmente "più speciale" dei fratelli e che gioverà molto alla sua autostima.
Andromeda qui invece inizia a non nascondere più le sue opinioni con le sorelle e forse inizia anche a intuire che ciò può avere delle conseguenze pesanti.
That's all, recensite!

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Capitolo 9
*** Aspettando il matrimonio del secolo ***


9. aspettando il matrimonio del secolo

IX


“E così hai deciso?”

“Sì, padre. Io e Bellatrix ci sposeremo il prossimo luglio e intendiamo sostenere insieme la causa del Signore Oscuro per la riforma profonda del nostro mondo. Ho intenzione di fare la proposta ufficiale alla sua famiglia il giorno di Halloween.”
Il signor Lestrange sorrise appena.
“Bene, allora.”
“Sono felice per te, Rodolphus. Non potrei desiderare un'altra strega al fianco di mio figlio.”
Demetra non poté trattenere una smorfia di disapprovazione, che fu subito colta dalla madre.
“Demetra!”
“No, no, anch'io sono felice, l'importante è che non mi facciate fare la damigella!”
Suo padre e suo fratello Rabastan risero allegramente, ma non Rodolphus e la signora Lestrange.
“Questa è una questione irrilevante.”
Merlino, quanto la odio!, pensò Demetra. E in quel momento odiava anche Rodolphus, che aveva preso tutta la rigidità e la durezza di sua madre, nel carattere e nell'aspetto: non c'era da stupirsi che fosse lui il figlio prediletto di Isabella Rookwood in Lestrange. Lo dimostrava anche il fatto che sua madre, a suo tempo, non aveva fatto altro che ripetere quanto fosse orgogliosa che suo figlio fosse stato scelto come Prefetto a Hogwarts, e ora che anche lei aveva ricevuto la spilla con la lettera della scuola essere un Prefetto non era più così fondamentale. Anche Rabastan aveva sempre ricevuto le stesse attenzioni materne, ma era diverso: fisicamente simile a suo padre, posato e cortese, da bambini non aveva mai fatto a gara per ricevere attenzioni e non era mai stato geloso della sorellina, verso la quale invece si mostrava serio e protettivo. Fra i due fratelli maggiori c’era appena un anno di differenza, eppure il primo a suo tempo aveva baciato la sorellina appena nata, mentre il secondo aveva giurato che avrebbe messo il veleno nella culla. Quale fosse la ragione di tanta diversità, Demetra non aveva mai saputo spiegarselo.
Tuttavia, da quando i suoi fratelli avevano finito Hogwarts e avevano sposato la causa di colui che si faceva chiamare Lord Voldemort, era stato come diventare figlia unica: erano sempre in giro per conto del loro capo e si erano addentrati nelle Arti Oscure quanto nessuno prima nella famiglia, e non si poteva certo dire che nei secoli passati i Lestrange non avessero mostrato interesse verso un certo tipo di magia, come dire, estrema. Sapeva benissimo che alto livello di abilità e conoscenze fossero richieste ad una strega della sua stirpe, e non aveva mai mancato di onorare il suo compito, innanzitutto diventando una delle migliori a Hogwarts, oltre che ovviamente praticando incantesimi e acquisendo conoscenze che non avrebbero mai sfiorato l'esperienza di un comune mago Mezzosangue. Anche l'Occlumanzia rientrava fra queste: Rabastan nell’ultimo anno le aveva insegnato e le permetteva di esercitarsi con lui a casa, così lei era diventata abile quasi quanto una strega adulta, cosa che non aveva mancato di incontrare la disapprovazione di Rodolphus e di sua madre. Sempre Rabastan le raccontava talvolta degli straordinari poteri del Signore Oscuro e di quanto da lui si potesse imparare delle magie più profonde e arcane, le aveva spiegato anche un sacco di difficili incantesimi per stregare gli oggetti che mai e poi mai i professori avrebbero spiegato a Hogwarts e tutto questo non faceva che farle nutrire sempre più curiosità e attrazione verso la ristretta cerchia di maghi a cui era permesso attingere a tali conoscenze. Non sapeva se dopo Hogwarts si sarebbe unita ai suoi fratelli e al Signore Oscuro, perché il suo primo desiderio era quello di seguire le orme del padre al Ministero, eppure il mondo dei suoi fratelli la tentava così tanto, tanto da sorvolare anche sul profondo e indicibile senso di angoscia che la invadeva ogni volta che si esercitava in Occlumanzia con Rabastan.

***

“Per Morgana, sapientina, ma non smetti mai di studiare?” fece Bellatrix.
Era una sera come tante nella sala comune di Serpeverde e Demetra e le sorelle Black erano sedute ad un tavolo per finire i compiti e, secondo le intenzioni di Demetra scarsamente condivise dalle altre, per mettersi un po' avanti.
“Domani ci sono i colloqui di orientamento del quinto anno col professor Lumacorno, per cui devo recuperare l'ora che perderò” rispose Demetra senza staccare gli occhi da Trasfigurazione.
Effettivamente il pensiero dei G.U.F.O. la rende un po' troppo maniacale, pensò Andromeda.
“Non mi dire che hai intenzione di lavorare dopo Hogwarts!”
“Non lo so, ma ovviamente studierò Magisprudenza come mio padre, anche se prima vorrei poter viaggiare un po’ in Europa centrale e approfondire le mie conoscenze sulle creature magiche e sui luoghi. Per esempio, per acquisire un’esperienza di valore, fare lo Spezzaincantesimi per qualche tempo non sarebbe male.”
“Lo Spezzaincantesimi è un lavoro per sfigati e Mezzosangue.”
Demetra si decise a staccare gli occhi dalla pergamena.
“Ti faccio notare che il mio prozio Adalbert era uno Spezzaincantesimi di talento e non era né sfigato né Mezzosangue, dato che era diretto discendente dell'onorata preside di Hogwarts Dilys Derwent.”
“Sì, ma resta il fatto che streghe della nostra stirpe non hanno bisogno di lavorare! Piuttosto, quelle come noi dovrebbero contribuire attivamente alla pulizia del nostro mondo e al ristabilimento di un ordine più consono al nostro stato di sangue!”
“Sì, ma nulla toglie che prima per la mia formazione io voglia...”
Demetra si interruppe al passaggio vicino al loro tavolo di un ragazzo alto e magro del sesto anno che, Andromeda sapeva, stava puntando da un po'.
Narcissa fu la più veloce a cogliere l'espressione dell'amica.
“Non sembra molto più simpatico di suo fratello che è del mio anno.”
“È una pertica con i capelli color topo” sentenziò Bellatrix.
Andromeda si risvegliò dalla noia mortale che le aveva tenuto compagnia tutto il pomeriggio. Stranamente, era d'accordo con sua sorella e accennò un sorrisetto.
“Ma almeno non è un Sanguesporco!” aggiunse subito Bellatrix.
Andromeda si alzò di scatto.
“Ora basta!” e senza darle il tempo di rispondere uscì dalla sala comune.
“Potevi evitare” disse Demetra dopo un po' chiudendo Trasfigurazione.
“Evitare? Va bene che tu la difendi sempre, ma cazzo, non posso accettare quello che fa! Mi domando, tu non hai intenzione di fare nulla?”
“Senti, nemmeno a me piace l'idea che esca con un Nato Babbano, ma non vedo come possa far cambiare la situazione! E poi ognuno della sua vita fa quello che vuole, quindi cerca di fartene una ragione, quantomeno perché è tua sorella!”
“Io non me ne devo fare una ragione, è lei che deve cambiare atteggiamento! E se non lo farà in tempi ragionevoli, non sarà più nemmeno una sorella!”
“Tu non lo pensi davvero, Bella, e comunque...” ma la Black grande si era già alzata.
Demetra sospirò.
Che incresciosa situazione.
“Narcissa, tu almeno resti a studiare?” disse alla fine, ma vide la ragazzina puntare un gruppetto di ragazzi più grandi.
“Capisco.”

***

Nonostante l'attenzione mostrata in passato per la segretezza della loro relazione, il fatto che la Serpeverde Andromeda Black stesse insieme al Tassorosso Ted Tonks era ormai cosa risaputa, complici forse le chiacchiere avventate di alcune compagne Tassorosso e di quella boccaccia di Clementina Higgs, così come, nonostante la proverbiale riservatezza dei Black sulle proprie vicende familiari, la notizia del matrimonio di Bellatrix e Rodolphus era un altro dei più gettonati argomenti di conversazione fuori dall'orario di lezione e non solo, dato che, per le famiglie di maghi purosangue, essere invitati sarebbe stato un'inequivocabile prova del proprio status sociale e, per altro verso, un'altrettanto inequivocabile prova del proprio orientamento politico.
In mezzo a tutta questa baraonda di pubbliche relazioni si trovava Demetra Lestrange.
Non che la cosa la toccasse più di tanto: alla fine, erano le due future consuocere a stilare la lista degli invitati, la disposizione dei tavoli, la scelta dell'arredamento, la definizione del cerimoniale e altre cose inutili; tuttavia, la sua posizione le imponeva di prendere in considerazione in modo adeguato tutte le domande e opinioni che le venivano rivolte in merito al matrimonio. Per questo aveva risposto con elegante sdegno a Molly Prewett, rissoso Prefetto Grifondoro dell’ultimo anno come Bellatrix, che aveva detto – in maniera poco elegante, secondo la sua opinione – che non le importava affatto che la sua famiglia non fosse invitata da quella cricca di pazzi retrogradi dei Black, mentre i suoi amici Paciock e Macmillan sì; così come aveva gentilmente ascoltato l'inaudita richiesta di Christopher Edgecombe di essere invitato solo perché suo fratello aveva la stessa età di Rodolphus e avevano familiarizzato in infermeria al terzo anno dopo una memorabile partita di Quidditch Serpeverde-Corvonero. Oltre a tali episodi, doveva fare i conti con Nicholas Nott, il suo miglior amico, che sembrava avere tutta l’intenzione di tornare alla carica con Andromeda e si affidava a lei per avere consigli su come entrare nelle grazie della Black di mezzo.
Con l'attenzione a queste faccende che mettevano a rischio la concentrazione per gli esami, Demetra stava riconsegnando a Madama Pince alcuni tomi presi in prestito, offrendosi di rimetterne un paio a posto dato che doveva comunque prenderne altri. Teneva in mano i libri da rimettere a posto, cercando di memorizzare la collocazione di quello da prendere, e svoltò dietro uno scaffale dietro cui non si aspettava di trovare nessuno, per cui, quando per un pelo non cadde rovinosamente sull'unico studente di Hogwarts che lei avrebbe volentieri invitato al matrimonio, trasalì in maniera inelegante tanto quanto la richiesta di Christopher Edgecombe.
“Vedo che non ti distrae dallo studio nemmeno il matrimonio del secolo!” fece il ragazzo, ironico.
“Il matrimonio del secolo? Sì, già, lasciamo perdere...”
Demetra di’ qualcosa di sensato.
“Chissà chi saranno i fortunati degni dell'invito! Tutta Hogwarts ne parla e...” cominciò canzonatorio il ragazzo.
Bellatrix e le altre non avevano tutti i torti: Corban Yaxley era molto magro, forse troppo, decisamente lontano dalla bellezza e dalla popolarità che avevano altri tipo Edward Greengrass, in classe con Lucius, Rufus Scrimgeour di Grifondoro del suo anno o anche il Nato Babbano sempre di Grifondoro Henry Warren, che aveva osato dire a Bellatrix che era frigida.
Ma era intelligente, studioso, di poche parole, misterioso e sempre con quel sorrisetto beffardo di chi sa qualcosa che a te sta sfuggendo.
Come diceva Andromeda, al cuore non si comanda.
“Se vuoi posso metterci una parola con mia madre!”
No, Demetra, questo non è sensato, è idiota. Molto, troppo idiota.
“No, non posso accettare l'offerta, l'orgoglio me lo impedisce! Staremo a vedere se i Black ci degneranno della loro considerazione o considereranno nulla la nostra lontana parentela!” disse il ragazzo fingendosi offeso.
“Oh, non sapevo che foste imparentati coi Black!”
“Molto alla lontana, tramite una prozia, mi sembra. Ma come sai i Black nuotano nei galeoni e non so se il nostro sangue puro basterà ad ammetterci alla loro compagnia! Sebbene si dica meglio un Purosangue povero in canna che...
...un Mezzosangue coperto di galeoni! Sì, anche i miei nonni di Edimburgo lo dicono!”
“Non sapevo che tu fossi scozzese da parte di tua madre!”
Demetra ebbe non l'impressione ma la certezza che lui sapesse benissimo che i Rookwood erano scozzesi da generazioni, ma sorvolò.
“Ah, cosa non si farebbe oggi per il biondo metallo! – continuò il Serpeverde – Via, ti lascio ai libri! Ci si vede in sala comune!”
Demetra di’ qualcosa, anche non sensato.
“Sì... Ma, ti posso chiedere, sai, sto chiedendo un po’ a tutti, per avere un quadro più completo, per gli esami… Come sono stati i G.U.F.O.? Tu li hai fatti l'anno scorso e mi chiedevo...”
“Oh, nulla di trascendentale, qualcosa molto facile, qualcosa più impegnativo... Ma tu non avrai problemi!”
Perché diamine pensano tutti che io non avrò mai problemi in nulla?
“Ma, insomma, ci sono tante cose...”
“No, ti assicuro, tu non avrai problemi. Sei l'ultima persona del quinto di Serpeverde che dovrebbe preoccuparsi degli esami!”
Senza sapere perché, Demetra ebbe di nuovo la certezza che si riferisse ad Andromeda.
Poi il ragazzo svoltò l’angolo e sparì.
Demetra rimase alcuni lunghissimi secondi in contemplazione di un ripiano tarlato dello scaffale N12.
Non c'era scampo, anche Demetra Lestrange era innamorata.


***


NdA: eccoci qua, siamo al quinto anno e finalmente le protagoniste parlano un po' di futuro. Ho immaginato il matrimonio di Bellatrix come uno di quegli eventii in un certo senso preordinati , quelle occasioni sociali insomma dove certi gruppi si ritrovano e ribadiscono la loro appartenenza, marcando al differenza con i "comuni mortali", in questo caso maghi dal sangue non abbastanza puro per i loro standard. E poi anche Demetra finalmente si accorge che c'è altro oltre lo studio e il cercare di essere sempre impeccabile...

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Capitolo 10
*** Natale a Grimmauld Place ***


10. natale dai black

X


Quella sera, Andromeda e Demetra erano scese a cena un po' più tardi e non avevano raggiunto né Narcissa, impegnata a sostenere conversazioni intelligenti con ragazzi più grandi all'altro capo del tavolo, né Bellatrix, che aveva mangiato di corsa ed era scappata chissà dove a fare chissà cosa. Davanti a loro erano seduti Nicholas Nott, l'altro Prefetto di Serpeverde, e Gordon Warrington, un altro del loro anno che di solito aveva bisogno di ripetizioni di qualunque cosa.
“...sinceramente spero che il Puddlemere perda la prossima, così al rinvio...” stava appunto disquisendo Warrington.
“Non ho voglia di sentir parlare di Quidditch!” disse Demetra secca.
“E se noi volessimo parlare di Quidditch? Non mi risulta che tu decida l'ordine del giorno delle nostre conversazioni!” ribatté Nott.
“Nemmeno io voglio sentir parlare di Quidditch” si intromise Andromeda.
“...insomma, se il Puddlemere arrivasse a centoventi...”
“Basta, Gordon, neanch'io ho più voglia di parlare di Quidditch!” tagliò corto Nott.
Demetra sorrise fra sé. Nicholas Nott era da sempre cotto di Andromeda, che da quando stava con Ted Tonks non aveva mancato di trattarlo male in pubblico e disdegnarne le attenzioni, ma il ragazzo non si dava per vinto e, in particolar modo da quando era noto a tutti che il suo rivale era un Sanguesporco, aveva cambiato tattica e aveva cominciato a seguire i consigli di Demetra, il cui succo era sostanzialmente quello di essere il più possibile gentile.
Per questo era ormai abituata a simili scenette.
“Allora, che dite, come procedono i preparativi per il matrimonio?” tentò il giovane Serpeverde ormai a metà della cena.
Demetra infilò in bocca un grosso pezzo di bistecchina di cervo per non rispondere e costringere l'amica a farlo. Evitò volontariamente lo sguardo della Black di mezzo.
“Mmh, procedono. Da quello che so, le damigelle saranno Narcissa e Demetra.”
Una Black non si fa mettere nel sacco nemmeno dalla sua migliore amica.
Nott guardò Demetra, disapprovando decisamente la scelta. Fu il turno di Demetra a inghiottire velocemente il boccone per rispondere subito.
“Non me lo dire! Guarda, cedo volentieri il posto! Anche a te, Nicholas!”
Nott ghignò.
“Non fare quella faccia! Tua mamma approverebbe, vero, Dromeda?”
“Mia madre approva qualunque cosa dici tu, Dem! – rispose Andromeda – Chissà, se tu sostenessi in sua presenza che Ted è un bravo ragazzo forse funzionerebbe!” concluse rivolta più a se stessa che altro.
“Mi permetto di dissentire, perché...” cominciò Nott ma un'occhiata di Demetra lo zittì.
“Mah, io vado, già non ho più fame. Ti aspetto giù, Dem, magari mi fai ricontrollare la versione di Rune? – disse all'amica alzandosi – Ah, non ti preoccupare, tu sei invitato al matrimonio” concluse freddamente rivolta a Nott.
Demetra sorrise appena e non aggiunse nulla, continuando a mangiare in silenzio.
“...appunto, il Puddlemere e le Vespe, se al turno...” ricominciò dopo poco Warrington, ma Nott non lo stava certo a sentire e Demetra continuò a mangiare la sua bistecchina con somma calma.
“Dovresti fartene una ragione” disse alla fine quando Warrington si fu alzato.
“Di cosa? Che Andromeda preferisce un Mezzosangue a me? Che non le piaccio? Eh no, io non credo...”
“Io me ne sono fatta una ragione ormai” commentò Demetra, rivolta più a se stessa che al compagno.
“Che non io non piaccio ad Andromeda?” fece lui perplesso.
Merlino, ma perché qui nessuno capisce alla prima?
“No, Nicholas! Per la testa di Salazar, e io che ti facevo più intelligente perché settimane fa hai risolto l'unico esercizio di Aritmanzia che non mi tornava!”
Demetra scosse il capo e si allungò a prendere una ciocca d'uva dalla cesta sul tavolo, mentre Nott sembrava riflettere su ciò che gli era sfuggito; alla fine, mentre Demetra finiva di mangiare l’uva, parve realizzare.
“Io non sapevo, ti giuro, io non lo sapevo, insomma, davvero non pensavo che tu... Insomma, che ero io e... Una volta Graham mi disse che tu e io...” ma come sempre Demetra fu più veloce.
“Nicholas, che hai capito? Che tu piacevi a me e che secondo le mie compagne di dormitorio dovremmo stare insieme? No, guarda, non è affatto così!”
Non era esasperata, anzi, sembrava manifestare un'insolita pazienza, come quando si spiega qualcosa di ovvio ma importante a un bambino.
“Oh, io credevo... Pensavo... Allora non ho capito… Graham disse...”
Demetra gli mise la mano sul braccio come per tenere su di lei l'attenzione.
“No, questo è quello che pensano tutti quelli che ci vedono da fuori, ma che non ci conoscono e che quindi non possono certo sapere come stanno le cose davvero. Tranquillo, non ce l'ho con te per una ragione del genere!”
Gli sorrise rassicurante e Nott si convinse di aver capito male davvero.
“Ma allora che volevi dire? Non c'entra Andromeda?”
Demetra pensò che era sul punto di dire all'amico quella che era la semplice verità, e cioè che lei poteva pure innamorarsi di qualcuno, ma riteneva che nessuno potesse sinceramente innamorasi di lei, ma improvvisamente ebbe la sensazione di essere osservata, per cui ritrasse la mano dal braccio di Nott.
“Nulla, lascia perdere. E comunque, no, non c'entra Andromeda.”
Si guardò intorno, ma nessuno li stava osservando.
“Comunque sappi che non ho intenzione di rinunciare. Il matrimonio sarà l'occasione migliore: saremo fuori da scuola e di sicuro quel Tonks non sarà invitato. Poi immagino ci sarà dell'alcol e con un po' di fortuna, anche senza magia...”
“Io continuo a credere che dovresti fartene una ragione. Perché se non te ne farai una ragione, quando saremo vecchi saremo di nuovo io e te, se non qui, in una taverna di Londra o da te a Nottingham, a discutere di Andromeda con in mano non un calice di succo di zucca ma di brandy o di whisky, e...”
“Sembra che per te non ci sia nessun problema se sta con quel Sanguesporco! È solo un’infatuazione, non può davvero voler stare con qualcuno del genere. Cos’ha che io non ho? Anzi, mi sembra palese che io ho molto che quello là non ha! – proseguì Nott infervorato – L’hai sempre detto tu stessa da quando ci conosciamo che sarebbe fantastico se stessimo insieme, saremmo ancora di più un gruppo e…”
“Certo che preferirei te, Nicholas, ma purtroppo quello che preferiamo noi non conta. Andromeda è libera di scegliere quello che vuole, fino a un certo punto. So che non ti va giù, ma devi fartene una ragione e guardarti intorno, guardare altre ragazze… Narcissa per esempio, oppure…”
“L’ho beccata avvinghiata a Lucius qualche sera fa in un’aula a pian terreno, dove facevamo Aritmanzia l’anno scorso. Non ho tolto punti a Serpeverde, comunque” rispose Nicholas con un ghigno perfido.
“Semmai era lui avvinghiato a lei – rispose Demetra con un lampo di perfidia – Fino a qualche mese fa la nostra piccola Black si faceva fare i temi di Erbologia da Greengrass, e quello lì se ne intende di cespugli.”
Nott rise di gusto.
“Almeno la Black bionda però ha più buon gusto in fatto di ragazzi. Tu invece?”
Demetra arrossì appena e cercò di svicolare.
“Io finirò per impagliare un gufo e metterlo sul cappello.”

***

Anche quell'anno venne Natale e, per festeggiare il fidanzamento ufficiale fra Bellatrix e Rodolphus e l'unione delle due famiglie, i Lestrange erano invitati per il cenone dai Black.
La serata stava procedendo esattamente come Andromeda si aspettava: cibo a volontà, vino e idromele in quantità decisamente superiori al necessario, formalità alternate a eccessiva confidenza e, soprattutto, discorsi di politica anti-Mezzosangue e apologie dell'operato del Signore Oscuro.
Andromeda era nauseata. L'unica cosa che avrebbe voluto fare sarebbe stata alzarsi e urlare loro che erano tutti dei folli a fare quei ragionamenti. Aveva cercato anche di intervenire, ma con uno sguardo che non lasciava dubbi sul significato Demetra le aveva evitato di mettersi nei guai. Doveva fare quello che le aveva detto a scuola il giorno del ritorno a casa per le vacanze: non mettersi contro di loro apertamente, non dar loro la scusa per rovesciarle addosso parole cattive. Non aveva forse già deciso di rovinarsi con le proprie mani, secondo le testuali parole dell'amica? Tanto valeva cercare di far passare il tempo nella maniera più silenziosa possibile e non dar loro alcun genere di occasione per colpirla. Ed era quello che stava facendo a quel cenone: far finta di nulla, sorridere, parlare di scuola, degli esami, del bel matrimonio che si sarebbe celebrato, scherzare coi cugini, annuire se richiesto. In una parola, fingere. A Demetra riusciva senza sforzo apparente, notò Andromeda. Anche se aveva idee e convinzioni diverse – o almeno questo le aveva sempre detto – Demetra sapeva esattamente come comportarsi in mezzo ai loro familiari, sapeva disquisire di politica e di tutto il resto dando sempre soddisfazione all'interlocutore, tanto che a volte sembrava persino indovinare quello che l'interlocutore voleva sentirsi dire, senza mai farsi trovare impreparata su qualcosa o imbarazzata personalmente e in difficoltà.
Ma a lei non riusciva, per niente. Una volta Demetra aveva detto che per questo genere di situazioni, a certi livelli, l'Occlumanzia aiuta molto. Ma Andromeda era convinta che se anche avesse padroneggiato tutti gli insegnamenti di L'Arte dell'Occlumanzia, fondamenti non sarebbe mai stata capace di fingersi a suo agio in quel momento. Non ne sarebbe stata capace perché dentro di sé sentiva che quando offendevano e deridevano i Nati Babbani offendevano e deridevano anche Ted e, di conseguenza, anche lei, perché si scagliavano contro una persona che era importantissima nella sua vita e lei questo non poteva permetterlo. No, non era da lei ingoiare rospi senza protestare.
Andromeda si riscosse dalle sue amare riflessioni quando sentì la zia sbraitare all'altro capo del tavolo mentre tentava di mandare a letto Sirius e Regulus, dato che erano ancora troppo piccoli per stare alzati tutta la sera. Cogliendo l'occasione per alzarsi un po' da quell'odiosa tavolata, si offrì di portarli a letto lei. Fu una mossa alquanto insolita, ma il fatto che Sirius smettesse immediatamente di protestare convinse la zia a lasciare i figli in mano alla nipote.
“Ci vogliono a letto perché pensano che siamo imbecilli e non possiamo capire le cose di cui parlano!” disse Sirius una volta saliti al piano di sopra.
“Io credo che se tu non ti fossi messo a fare casino la mamma ci avrebbe fatto stare dell'altro!” ribatté Regulus.
“Ma povero fratello scemo!”
“Io non sono scemo! È sempre colpa tua, di tutto!”
“Ragazzi, ora basta!” li riprese Andromeda, che in cuor suo pensava che Sirius avesse proprio ragione.
“Allora, fate i bravi e dormite o volete che prima facciamo qualcosa insieme? Volete che vi racconti di Hogwarts come l'altra sera?” propose Andromeda.
“Perché non ci racconti delle macchine Babbane? E di quelle a due ruote, come si chiamano? Motoclette, vero?” propose Sirius.
“Si chiamano motociclette, Sirius! Non credevo ti ricordassi tutte queste cose!” rispose Andromeda ridendo.
Il cugino era l'unico a cui avesse detto della sua giornata Babbana con Ted e il bambino era rimasto estasiato dai mezzi di trasporto.
“No, io vado in camera – disse Regulus con aria ostile – E domattina dirò alla mamma che a te piacciono le cose dei Babbani che ti ha raccontato lei!” concluse rivolto al fratello come sfidandolo.
“E io se lo fai ti riempio di pugni” rispose Sirius tutto tranquillo.
Andromeda assunse un'aria preoccupata.
“Non lo stare a sentire, non farà la spia – disse Sirius cogliendo lo sguardo della cugina – E se lo fa, lo riempio di pugni, ovviamente, così poi non potrà più parlare.”
Andromeda sorrise mestamente.
“Vieni qui, fatti abbracciare. Lo sai che sei il mio cugino preferito? Ora però bada di non metterti tu nei guai per me, che io già ci penso da sola!”
“Ma io lo faccio per proteggerti!”
“Lo so, e per questo ti voglio tanto bene!” e lo lasciò andare con un bacio sulla testa arruffata.
Una volta di sotto, trovò lo zio Alphard nell'ingresso intento a riordinare delle pergamene.
“Hai perso qualcosa zio?”
“No, ma mi era venuta in mente una cosa di lavoro, prima, e dovevo assolutamente venire a controllare”
Andromeda rimase alcuni istanti ferma in mezzo all'ingresso non sapendo se tornare in cucina o starne un altro po' alla larga con la scusa di aiutare lo zio.
Alphard Black colse immediatamente il dilemma della nipote.
“Anche tu dovevi assolutamente convincere i tuoi cugini ad andare a letto?”
“Sì, in effetti... Insomma, io non sono un granché portata per le cose ufficiali...”
“Sì, lo vedo. Neanch'io, tra l'altro. Allora, a scuola come va?”
“Non male, in fondo è ancora presto per gli esami e a parte Pozioni non mi sembra...”
“No, non intendevo le cose di scuola.”
“Oh. Beh, va. Vorrei che andasse diversamente, meglio, ma ormai non ho intenzione di tornare indietro.”
“Mmh, immagino. Vedi, Andromeda, non sei la prima in famiglia a voler essere, diciamo, indipendente. Quello che ti consiglio è di fare le cose sempre con discrezione. Voglio dire, il fatto che tu non avrai un matrimonio applaudito come quello di Bellatrix non significa che dovrai rinunciare alla persona a cui tieni. L'importante, ti ripeto, è agire sempre con discrezione. Altrimenti come pensi che sarei sopravvissuto anch'io qui dentro?” e le fece l'occhiolino con aria complice.
Andromeda avrebbe voluto rispondergli e chiedergli di più. Anche lo zio amava una donna dal sangue non abbastanza puro per i Black? E cosa aveva fatto? Era successo qualcosa in passato? Ma sentì la porta di cucina aprirsi e vide Kreacher comparire carico di vassoi vuoti. L'elfo li guardò con aria inquisitoria e Andromeda tornò in cucina, seguita dallo zio. Ancora confusa, si vide apparire nel piatto una fetta corposa di dessert.
“Ti sei persa quello prima di dolci” le spiegò Demetra prima di tornare a esporre le sue idee in merito alla politica del San Mungo riguardo alla sperimentazione degli antiveleni sugli elfi domestici.
Poco più in là, anche lo zio Alphard sembrava di nuovo intonarsi perfettamente all'atmosfera della tavolata. Andromeda cominciò a mangiare il dolce. Lo zio voleva dire che poteva continuare a stare assieme a Ted purché facesse con discrezione. E, nell'ipotesi che anche lo zio stesse insieme ad una strega Mezzosangue, con discrezione voleva dire senza sposarsi, senza vivere insieme, senza formare una famiglia. Se era questo che voleva dire, a lei non andava bene. Nella sua famiglia con discrezione era solo un modo per dire di nascosto. E lei e Ted non meritavano di vivere di nascosto, come avevano dovuto fare a scuola per tanto tempo, no, loro meritavano di vivere alla luce del sole.


***

NdA: finalmente ho aggiornato! Cosa ne pensate di questo Natale dai Black? Attendo feedback e ringrazio coloro che hanno continuato a seguire la storia!

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Capitolo 11
*** G.U.F.O. ***


11. G.U.F.O.
XI


I mesi di scuola dopo le vacanze natalizie furono molto impegnativi per gli studenti del quinto e del settimo anno. Gli esami si avvicinavano e tutti, anche i più scanzonati fra gli studenti, sapevano che erano un passaggio importante a cui arrivare se non preparatissimi, almeno in maniera dignitosa.
Tuttavia, per Bellatrix ogni occasione era buona per lo scontro con Andromeda: pochi giorni dopo il rientro a Hogwarts suo cugino Regulus aveva fatto la spia sulla passione di Sirius per i mezzi di trasporto Babbani e da lì scoprire che Andromeda gli aveva raccontato tutte quelle cose perché era stata a casa di Ted era stato tutt'uno. Se non le era arrivata una lettera stregata era solo perché i suoi volevano evitare scandali per preservare la reputazione per il matrimonio. Come se tutto ruotasse intorno a quello. Anche sua sorella non perdeva occasione per darle addosso e dirle le cose peggiori. Diceva che per colpa sua tutto poteva andare a monte, che lei agli occhi di tutti sarebbe sempre stata quella che avrebbe rovinato l'onore dei Black; l'aveva addirittura minacciata velatamente di morte dicendole che quando sarebbe stata finalmente una Mangiamorte non ci sarebbero più stati legami di parentela a trattenerla e che il primo Mezzosangue che avrebbe ucciso sarebbe stato Ted. Quella frase a Bellatrix costò il miglior Schiantesimo che si fosse mai eseguito nella sala comune dei Serpeverde, ma quando si rialzò non pronunciò un incantesimo qualunque: Bellatrix tentò di cruciarla. Per fortuna ad interrompere la magia ci fu uno scudo invisibile invocato da Demetra, che mostrò un'insolita prontezza di riflessi. Nei mesi successivi, infatti, Demetra fu l'unica capace di impedire che sua sorella le facesse del male fisico, mentre il resto dei suoi compagni praticamente le voltò le spalle. Per fortuna Bellatrix presto trovò altro da fare, tanto che spesso spariva per ore e quasi certamente studiava cose illecite di magia oscura nell’ala proibita della biblioteca, e l'ultimo vero scontro lo ebbero alla partenza per le vacanze di Pasqua, quando Bellatrix scoprì che Andromeda aveva intenzione di restare a Hogwarts per le vacanze. Lo scontro avvenne nel dormitorio e sarebbe finito come la volta precedente se anche in questo caso Demetra non fosse intervenuta.
“Non ci sono regole che ci obbligano a tornare a casa per pochi giorni se non ne abbiamo voglia. E se Andromeda vuole restare non sarai tu a trascinarla sul treno a forza!”
“Non permetterò che resti qui a scuola da sola con quel Mezzosangue a disonorarci ancora di più di quanto non abbia già fatto!”
“No, infatti, Andromeda non resta qui per Tonks ma perché anch'io resto, per approfittare della calma per studiare di più per gli esami.”
“Stronzate, Demetra! Questa non me la bevo! Lo so che tu torni a Londra perché durante le vacanze vuoi andare alla Fiera degli Arcani a Edimburgo per acquistare qualche bell'oggetto oscuro!” e rise soddisfatta.
Demetra effettivamente arrossì appena, ma non perse il controllo.
“Puoi dimostrarlo? – rispose fredda – No, ovviamente. Dunque, noi restiamo a Hogwarts.”
Bellatrix era livida.
“Fuori di qui le tue parole non ti salveranno sempre, sapientina.”
Fu quella la prima volta che Andromeda vide l'inattaccabile Demetra Lestrange scossa da un brivido di paura.
Restò a Hogwarts, mentre Demetra in effetti tornò a Londra per qualche giorno, e fu in quei giorni che maturò la decisione di andare a vivere con Ted dopo la scuola.
Andromeda e Ted riuscivano a vedersi ormai soltanto in biblioteca e in Sala Grande e potevano contare soprattutto sulla disponibilità dei compagni Tassorosso per poter stare un po’ lontano da occhi indiscreti a parlare.
“Mi sembra assurdo che le tue sorelle siano così arrabbiate con te a causa mia” aveva detto Ted una sera.
“Non è a causa tua, Ted, sono loro che sbagliano, punto.”
“Ormai alcuni non si nascondono più, sono apertamente sostenitori delle teorie folli di quello che si fa chiamare Signore Oscuro e so già che una volta fuori da qui si scateneranno contro tutti gli altri, contro i “non puri”. Ma spero che i sentimenti familiari prevalgano su questa follia!”
“Lo spero anch’io – disse Andromeda tetra – Ma ho paura che a casa si irrigidiranno ancora di più e tu non sai di cosa sono capaci i Black. Nella mia famiglia, ogni decisione è per sempre.”

***

Alla fine gli esami arrivarono davvero.
Andromeda non era molto ansiosa: era consapevole di cosa sapeva e di cosa non sapeva, e ormai erano altre le cose a cui dava importanza.
A Bellatrix importava pochissimo degli esami e non mancò di dimostrarlo, stando spesso per conto suo.
Demetra studiava intensamente con Nott e era entrata più in confidenza con altri Serpeverde dell’ultimo anno che condividevano la stessa preoccupazione per gli esami.
Le prove si svolsero tutto sommato in un’atmosfera tranquilla e ordinata e Andromeda fu ben felice di lasciare a Demetra il palcoscenico della sala comune, per commentare ogni sera le prove del giorno.
Tutte le prove avevano una parte teorica la mattina, con una pergamena di domande a risposta aperta, e una parte pratica il pomeriggio, a gruppi di quattro studenti per volta, quanti erano gli esaminatori.
Solo Aritmanzia, Rune, Storia della Magia, Divinazione, Babbanologia e Astronomia si svolsero in una sola sessione, solo teorica o solo pratica.
L’ultima sera erano tutti molto stanchi e nessuno aveva molta voglia di parlare, nemmeno Demetra, che tuttavia alle nove di sera si era messa a scrivere al padre una dettagliata pergamena con la sua impressione su tutte le prove d’esame.
“Menomale io ho ancora due anni prima degli esami” disse Narcissa venendo a sedersi al tavolo dov’erano Demetra e Andromeda.
“Non hai ancora due anni davanti, hai solo due anni davanti” osservò Demetra senza smettere di scrivere.
“Non vedo l’ora che arrivino i risultati – proseguì Narcissa – Io e Lucius abbiamo scommesso sui voti che prenderete tutti voi.”
Andromeda le scoccò uno sguardo severo, che la sorella minore non colse.
“Piccola serpe bionda – ghignò Demetra alzando gli occhi – Salazar mi è testimone, il prossimo anno quando sarà lui sotto esame lo tormenterò fino alla disperazione, oh sì che lo tormenterò!” e si alzò, arrotolando la lettera.
“Quindi, state insieme?” domandò Andromeda dopo che Demetra fu uscita dalla sala comune, diretta in Guferia a spedire la lettera.
Narcissa si accomodò meglio sulla poltroncina e si sistemò i capelli con civetteria.
“Dipende cosa definisce stare insieme e cosa no. Di sicuro sono io che decido dov’è il limite di cosa lui può fare e cosa non può fare.”
“Mi sembra una cosa responsabile” rispose Andromeda, cauta, non sapendo dove la sorella volesse andare a parare, perché Narcissa stava imparando ad essere incisiva con le parole quanto Bellatrix era potente con la bacchetta.
“Tuttavia, io so che non devo avere paura di nessun eventuale imprevisto, perché so cosa è degno per il mio nome e cosa è infame.”
“E cosa è infame per il tuo nome? Su, dillo” ribatté Andromeda, puntando i suoi occhi scuri e profondi in quelli pallidi della sorella.
“Sai benissimo quello che è infame per noi” ribatté Narcissa, alzandosi di scatto e cercando di far passare per un’uscita teatrale quella che era soltanto una fuga dal confronto.

***

Demetra in Guferia aveva trovato solo un gufo della scuola disponibile a spedire la lettera, perché Sylla, la sua civetta personale, era già uscita a caccia di roditori, con suo sommo disappunto. Mentre il gufo si allontanava dalla torre nell’ultima luce della sera, Demetra pensava alla sua natura di Animagus. In mezzo a tutti quei rapaci, una sera in cui nessuno avrebbe notato la sua assenza, sembrava l’occasione propizia per riprovare a trasformarsi. Dopo la prima volta, l’estate precedente, aveva riprovato solo una volta, sul finire delle vacanze, rigorosamente di nascosto a tutta la famiglia, dopo aver letto tutto quello che aveva trovato sull’argomento nella biblioteca di casa. Era stato forse più difficile lasciarsi andare e trasformarsi in civetta che non l’inverso, perché all’andata bisognava abbandonare non solo la forma, ma anche la razionalità umana, mentre al ritorno quel briciolo di funzione cognitiva avanzata propria dell’essere umano era sufficiente a dare la spinta per eseguire la trasformazione. Semplicemente, come tutti gli incantesimi complessi, aveva concluso Demetra, serviva esercizio. Ma a scuola era stata assorbita dallo studio e non se l’era mai sentita di provare in pieno giorno a Hogsmeade. Così contava sull’estate che stava iniziando, dopo il matrimonio, quando, libera da compiti e preoccupazioni immediate, avrebbe potuto sfruttare molte sere per esercitarsi.
“Pensavo tu fossi già crollata fra le braccia di Morfeo come buona parte dei candidati ai G.U.F.O. giù di sotto” disse una voce familiare.
Demetra si voltò di scatto.
“Tu che ci fai qui?” disse rivolta a Corban Yaxley.
“Non ti ho pedinato, se è quello che ti interessa” rispose lui, lanciandole un’occhiata divertita prima di uscire dal cono di luce della porta e raggiungere una gabbia sul fondo della stanza.
Demetra non seppe cosa rispondere, cosa che le accadeva raramente.
Mentre il ragazzo armeggiava col gufo, Demetra fece appena in tempo a considerare in che stato pietoso fosse il suo aspetto. Di sicuro aveva i capelli in disordine, legati e appuntati alla meglio, le occhiaie scure fino in fondo al viso, la divisa spiegazzata e molto probabilmente il gioco di luci fra la porta e le colonne stava mettendo in risalto che aveva messo su un paio di chili per lo stress per gli esami.
Maledisse silenziosamente Merlino, Morgana e i Fondatori.
“Allora, racconta qualcosa. Cosa ti è sembrato degli esami? Non è stato come dicevo io?” disse Yaxley rientrando nel cono di luce.
“Sì, in effetti – cominciò lei, cercando di darsi un tono – Pozioni mi è sembrato fin troppo facile, non vorrei che mi fosse sfuggito qualcosa. Incantesimi e Trasfigurazione ho saputo fare tutto, penso siano andate bene. Il compito di Aritmanzia era tosto, solo Nicholas lo ha trovato abbordabile. Difesa… Beh, lasciamo perdere. Posso solo confidare nella teoria.”
Difesa contro le Arti Oscure era infatti la materia in cui aveva più difficoltà nella parte pratica e poteva dire di saper padroneggiare solo il Sortilegio Scudo e poche altre controfatture. Di sicuro, non avrebbe mai vinto un duello contro Bellatrix, ma neanche contro Andromeda o Nicholas.
“Beh, dai, non ti buttare giù – riprese lui col solito tono divertito – Se fra le prove ci fosse stata Occlumanzia, avresti messo in mutande tutti gli altri, esaminatori compresi.”
Demetra arrossì appena.
Ecco, quello era il genere di complimenti da cui doveva guardarsi le spalle, ma effettivamente era piuttosto abile in Occlumanzia e ormai si preoccupava di chiudere la mente quasi sempre, nelle occasioni pubbliche, quando sapeva che qualcuno poteva metterla in difficoltà o farle domande personali. Anche in quel momento, a dire il vero, stava chiudendo la mente e pensò che forse a sua volta Yaxley voleva vedere se riusciva a esercitare su di lei la Legilimanzia.
“Stai per caso provando ad usare la Legilimanzia contro di me?” chiese brusca.
“Ho desistito cinque minuti fa – rispose lui, solo leggermente più serio – Aprire una mente è più difficile che chiudere, in generale, e per adesso riesco a leggere con sicurezza solo i più deboli e disattenti. Tu hai mai provato la Legilimanzia su qualcuno?”
“No, conosco solo la teoria. Mi è sempre sembrato più naturale chiudere invece di aprire.”
“Io devo lavorare anche su quello. Potremmo esercitarci qualche volta” disse lui, forzatamente neutro.
Demetra sentì le ginocchia cedere lievemente e sperò che il pensiero fugace delle occhiaie e dei capelli malmessi non fosse scappato dal filtro della sua mente nel momento sbagliato.
“Ormai la scuola è finita” fu la sola cosa che riuscì a dire.
Il ragazzo si avvicinò ancora di più e in quel momento si stavano guardando negli occhi come mai era successo, dato che tutti i contatti che avevano avuto nei mesi precedenti si erano limitati a pochi scambi di parole formali in mezzo agli altri compagni e a svariati scambi di sguardi da un capo all’altro del tavolo.
Sembrava sul punto di fare qualcosa.
Però Corban se vuoi fare qualcosa fallo tu, non posso fare io, pensò Demetra, sperando che in quel momento lui leggesse solo quel pensiero, e infine distolse lo sguardo, sicura che altrimenti non sarebbe più riuscita a tenere la mente chiusa.
Yaxley invece si allontanò a sua volta, rigido.
“Ci vediamo comunque al matrimonio – disse recuperando il solito tono beffardo – Alla fine la mia famiglia è stata invitata, siamo stati considerati degni parenti dai Black.”
“Hai ragione, eravate nell’ultima lista invitati” rispose lei, recuperando il solito tono pratico.
“Allora ci vediamo al matrimonio del secolo! Buonanotte Demetra!” e infilò la porta e le scale.
Demetra rimase ferma, coi nervi fior di pelle.
Reparo!” fece con stizza, muovendo la bacchetta per riparare il vetro della lampada ad olio della Guferia.

***

NdA: capitoletto in cui non succede praticamente niente, in attesa del matrimonio del secolo, con le nostre protagoniste alle prese, per ora, solo con gli esami. Attendo feedback!

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Capitolo 12
*** Il matrimonio del secolo ***


12. il matrimonio del secolo

XII


“Non hai da dire nulla a riguardo, Andromeda?” disse Cygnus Black alla figlia seduta di fronte a lui nel piccolo studio.

Andromeda stava riflettendo. Negli anni suo padre era sempre stato più accondiscendente di sua madre e già l'anno precedente non aveva insistito molto sulla sua storia con Ted Tonks. Eppure questa volta sarebbe stato diverso. Era davvero arrivata alla resa dei conti e quella sera era lì, nello studio di suo padre, ad affrontare la sua famiglia e il suo destino.
“No, non ho nulla da dire al riguardo, perché so che non sto facendo nulla di sbagliato.”
“Ascoltami, siamo stati tutti giovani e desiderosi di libertà, ma in questo caso..”
“Non è un capriccio passeggero da adolescente ribelle, padre! Nessuno capisce...”
“Non interrompermi, Andromeda!” disse suo padre alzando la voce.
“Stavo dicendo, una cosa è volersi sentire liberi, una cosa è intraprendere scelte sapendo che non possono che portare alla rovina. Tu sai che non sei una strega qualunque e come tale devi essere consapevole dei tuoi doveri. Tu provieni da una delle più antiche famiglie di maghi della Gran Bretagna e devi accettare che questo comporta insieme ai privilegi anche degli oneri e delle responsabilità. Non puoi buttare al vento tutto quello che la nostra famiglia ha coltivato e rappresentato nei secoli solo per un capriccio. Sia pure...”
“Non è un capriccio! Io amo Ted!”
Cygnus Black scosse il capo.
“Dimmi, Andromeda, ti è mai mancato nulla? C'è mai stato desiderio che non si stato esaudito da quando sei nata ad oggi? Dico io, con tutti i ragazzi che hai conosciuto a scuola e che potrai conoscere in futuro, com'è possibile che i tuoi pensieri si posino su un Sanguesporco?”
“Ted è l'unica persona che mi vuole bene per quello che sono, l'unica persona che non mi chiede di essere in un modo o in un altro a seconda della convenienza, a differenza vostra!”
“Questo non te lo permetto! Sei un'ingrata! La tua famiglia ti ha sempre dato tutto e tu sputi di essa, sputi sulle tue origini e sul tuo nome!”
“Non mi rimangerò mai una parola!”
“Ti avverto, Andromeda, stai imboccando una strada da cui non si torna indietro: se continuerai a offendere così la tua famiglia non ci sarà più spazio per te qui! Pensaci, Andromeda: se tu volti le spalle alla tua famiglia, la tua famiglia non potrà più proteggerti!”
“E da cosa mi proteggereste? Io ormai so badare a me stessa perché so cosa è giusto e cosa non lo è!”
“Andromeda, tu non sai niente! Se tu esci da questa casa e decidi di stare con quel Tonks non basteranno più il tuo sangue puro e il tuo nome a proteggerti! I filo-Babbani non saranno per sempre al comando nel nostro mondo e potresti rimpiangere di non aver ascoltato la tua famiglia un giorno!”
“Io non ho paura, né dei Mangiamorte né di nessun altro! Non saranno la paura e l'ipocrisia a farmi decidere cosa fare della mia vita! Quando avrò finito Hogwarts me ne andrò da qui e finalmente sarò libera!”
Cygnus Black sospirò.
“Quando avrai finito Hogwarts... Due anni sono abbastanza per cambiare, non trovi?”
“Io non cambierò!”
Cygnus Black sorrise mestamente. Andromeda somigliava molto alla sorella maggiore e somigliava molto a lui e a suo padre prima di lui. Una vera Black, se non fosse stato per l'inconveniente. In cuor suo comprendeva ogni singola parola della figlia, ma questo non poteva cambiare le cose. Ogni scelta porta con sé delle conseguenze e lui non poteva certo fare un'eccezione, perché nel mondo mai agli uomini vengono concesse certe eccezioni, e ogni famiglia deve preservare e disciplinare se stessa attraverso le proprie leggi, a prescindere da quello che vogliono le leggi per gli altri uomini.

***

“Mi auguro che tu non abbia in mente di rovinare la cerimonia, o sarà l'ultima cosa che farai” disse Bellatrix ad Andromeda subito prima di prendere il camino per Lestrange Manor.
“Tranquilla, sarà come se non ci fossi. Tanto non mi importa nulla delle vostre stronzate da purosangue” rispose Andromeda gelida.
Ed era la verità. Dopo quello che era successo a Natale, la litigata furiosa con la sua famiglia, l'ultimatum di suo padre e tutte le chiacchiere a scuola Andromeda viveva in una sorta di fastidiosa attesa di una possibilità di dare una svolta alla sua vita. Ormai si era chiamata fuori dalle convinzioni della sua famiglia e anche dei suoi compagni Serpeverde con cui fino ad un paio di anni prima aveva avuto un rapporto se non di amicizia quantomeno sereno. Eccezion fatta per Demetra, passava quasi più tempo con le ragazze Tassorosso che aveva conosciuto grazie a Ted che con le sue sorelle, con le quali ormai parlava solo per necessità in sala comune, con una freddezza che non lasciava adito a dubbi anche all'osservatore più distratto. Aveva sostenuto i G.U.F.O. da quasi un mese, mentre Ted aveva passato i M.A.G.O. e si apprestava a cominciare l'accademia per Auror. Le aveva detto che sarebbero potuti andare a vivere insieme dopo che lei avesse finito gli ultimi due anni a Hogwarts, ma se fosse stato per lei sarebbe andata via anche subito, quell'estate stessa. La sua famiglia non la accettava, e aveva dimostrato di non volerle bene: perché restare ancora in quella casa? Alla fine tuttavia Ted l'aveva convinta a non buttare via la possibilità di finire gli studi, magari impiegando quei due lunghissimi anni a cercare di migliorare la situazione e a recuperare il rapporto con i suoi. Ted. Era così buono, così sereno, così convinto che le cose si risolvano parlandosi sinceramente e lavorando per fare sempre la cosa giusta. Non conosceva i Black, nonostante tutto quello che lei gli aveva raccontato. Alla fine si era rassegnata a passare gli ultimi due anni di scuola in una sorta di arresti domiciliari, circondata a scuola da persone che non capivano le sue scelte e a casa da familiari che non le volevano bene. Si sentiva come un carcerato che sa la data esatta in cui finirà la sua pena e che, adesso che è vicina, non sta più nella pelle di riconquistare la libertà. Doveva cercare ogni giorno un motivo anche piccolo piccolo che le desse la forza di non scappare via all'improvviso e di resistere fino all'agognata indipendenza. Il matrimonio di Bellatrix non aveva fatto altro che riacutizzare il dissidio con i suoi ed era riuscita a non peggiorare la situazione forte soltanto della promessa di Ted di materializzarsi fuori dei cancelli di Lestrange Manor per portarla via dopo la cerimonia, mentre tutta la famiglia sarebbe stata impegnata in futili convenevoli con i vari invitati. Che la scoprissero, non le importava più nulla da tempo.

***

Demetra Lestrange stava cercando di sembrare a suo agio in quell'orribile abito verde oliva con finiture argentate che le consuocere avevano scelto per le due damigelle. Sapeva benissimo che Narcissa sarebbe stata molto meglio di lei, non solo con quell'abito verde ma con qualunque cosa, e anche Andromeda. Per questo aveva insistito tanto perché fossero le due sorelle a fare le damigelle, ma, come aveva detto con affettata convinzione la signora Black, lei era la sorella dello sposo e sarebbe stato ingiusto privarla di una parte così importante nella cerimonia. Non potendo dunque scampare al suo destino, cercava almeno di sembrare il più possibile carina dato che sarebbe stato presente al matrimonio anche un Serpeverde ben preciso.
La cerimonia e il successivo banchetto più ballo fino a tarda notte si sarebbero svolti a Lestrange Manor, la proprietà di famiglia in Wiltshire che sorgeva sulla collina proprio di fronte a Malfoy Manor. La signora Black e sua madre – più quest'ultima, per la verità, che le aveva trasmesso uno spiccato talento nell'organizzare le cose per gli altri – avevano organizzato tutto con incredibile attenzione ai dettagli, dalle decorazioni in stile molto Serpeverde della tenda dove si sarebbe svolta la cerimonia alla perfetta coordinazione degli incantesimi che avrebbero fatto comparire i tavoli per il banchetto, dal menù cui avrebbero provveduto ben cinque elfi domestici alla scelta della musica e dei posti per gli invitati. Alla fine della serata poi ai novelli sposi sarebbero state consegnate le chiavi del Manor che sarebbe diventato la loro residenza ufficiale. Era forse la residenza più bella fra le proprietà dei Lestrange: luminosa, là sulla collina, tutta decorata in pietra serena e marmi chiari, molto elegante. Per la verità, le aveva dato un po' fastidio il fatto che alla richiesta di Rodolphus della piena proprietà di quella villa suo padre avesse detto subito di sì, così come aveva fatto per una delle tre camere di famiglia alla Gringott. Chissà, se presto si fosse sposato anche Rabastan a lei sarebbero rimaste le briciole. Ma aveva preso provvedimenti: la settimana seguente il matrimonio avrebbe mostrato ai genitori i risultati dei G.U.F.O., che aveva tenuto nascosti resistendo alla tentazione di sventolarli a cena la sera stessa, oltre alla lettera di encomio del professor Lumacorno per il risultato conseguito – il migliore dell’anno corrente, aveva scritto il professore – e suo padre già da tempo le aveva promesso un regalo dopo gli esami. Si aggiunga una reputazione ottima presso chiunque delle conoscenze dei suoi genitori che avrebbe rinsaldato quel giorno stesso, mostrandosi impeccabile per tutto il tempo che avesse dovuto, e avrebbe potuto formulare al padre la sua richiesta: un contratto che le assicurasse al compimento dei diciassette anni l’eredità della casa di Londra con tutti i beni antichi raccolti dalla famiglia nei secoli e della camera storica di famiglia alla Gringott. Qualche sciocco mago dal sangue annacquato si sarebbe chiesto il perché della necessità di tale contratto, ma quello che Demetra Lestrange avrebbe chiesto non era un contratto qualsiasi, ma un contratto magico vincolante fin da subito in virtù della sua stessa magia, di quelli che da sempre si fanno nelle famiglie che contano. Con questo pensiero nel cuore, Demetra Lestrange accolse i primi invitati.

***

Arrivata a Lestrange Manor, Andromeda salutò Demetra che sembrava molto rigida nel suo abito verde da damigella e riuscì a non abbassare lo sguardo di fronte alla signora Lestrange che, ovviamente al corrente delle sue posizioni in merito al sangue magico, non nascose una smorfia di disprezzo, subito seguita da un cenno di compatimento per la signora Black, colpita dalla sciagura di avere una figlia traditrice del sangue.
Arrivavano gli invitati e prima che fossero arrivati tutti per cominciare la cerimonia occorreva fare un po' di conversazione, cosa che Andromeda avrebbe volentieri evitato.
“Perché sei triste, cugina?” fece all'improvviso il suo cuginetto Sirius.
“No, non sono triste!” mentì.
Lo aveva visto poco prima che cercava di liberarsi il collo dal colletto rigido del vestito da cerimonia che la zia Walburga aveva fatto mettere sia a lui che a Regulus, tanto che sembravano due gemelli, con l'unica differenza che Regulus non si lamentava del colletto ed era rimasto seduto dove la madre gli aveva ordinato di sedere.
“Non è vero, si vede che sei triste! Anch'io lo sarei se papà mi avesse detto tutte quelle cose!” rispose il bambino serio.
“No, non è...” provò a ribattere Andromeda, ma le parole le rimasero in gola.
“So che non ti può importare molto, ma io penso che tu abbia ragione a difendere il tuo fidanzato! Se lo sposerai dopo la scuola penso che ci verrò volentieri al matrimonio, anche con questo vestito di merda!” disse Sirius con convinzione.
“Invece mi importa eccome! E sono tanto contenta che tu la pensi così!”
Andromeda aveva le lacrime agli occhi, perché non si aspettava una simile manifestazione d'affetto e perché questo non dimostrava altro che quanto fosse crudele la sua famiglia, se i suoi sentimenti venivano in un certo senso compresi da un bambino di nove anni e non dai suoi genitori.
“Sirius! Torna qui da tuo fratello!” urlò la zia pochi metri più in là.
Come se dovesse andare al patibolo, Sirius si voltò per raggiungere controvoglia il fratello. Andromeda li guardava da lontano, pochi minuti dopo vide Sirius rispondere qualcosa a sua madre e lei mollargli un ceffone. Sarebbe voluta intervenire, ma questo avrebbe rovinato il matrimonio prima che cominciasse e non poteva permettersi passi falsi. Sospirò.
Povero Sirius, ancora non sa, ma presto, quando sarà a Hogwarts e sperimenterà che c'è altro nel mondo oltre a Grimmauld Place, capirà in che prigione gli è toccato nascere.

***

Dopo la cerimonia e il banchetto erano cominciate le danze e, per i meno portati per il ballo, le conversazioni più o meno serie sugli affari dentro al Ministero e fuori. Demetra sapeva delle intenzioni di Andromeda e aveva cercato fino all'ultimo di dissuaderla, ma senza risultato, com'era prevedibile data la testardaggine dell'amica. Così non aveva tentato di tenerla d'occhio più di quanto non avrebbe fatto normalmente e si era concentrata sulle pubbliche relazioni indispensabili per la riuscita del proprio piano. Era già sera inoltrata ma, data la qualità del cibo e l'abbondanza e la varietà degli alcolici, gli invitati avevano iniziato solo allora ad andarsene. Per tutto il pomeriggio aveva tenuto impeccabili conversazioni con tutti gli amici di suo padre, discutendo già da strega adulta di affari e di politica, proprio come tutti si aspettavano che facesse e forse anche meglio. Si era intrattenuta con sua madre con i parenti di vario grado, dispensando gentilezze e futilità in grado appropriato a ciascuno di loro, proprio come sua madre si aspettava che facesse e forse anche meglio. Aveva in quel momento terminato di salutare i cugini Rookwood e sua madre le aveva concesso mezz'ora di tregua dato che anche lei aveva un mal di testa da scoppiare e necessitava immediatamente di una Pozione Ricaricatesta, che sarebbe andata a procurarsi a casa a Londra Smaterializzandosi con molta discrezione.
Per questo Demetra, dopo aver accompagnato la madre dentro casa per Smaterializzarsi, si era seduta ad un tavolino defilato per concedersi finalmente il meritato riposo e un bicchierino di scotch. Ma i suoi progetti di riposo alcolico furono subito interrotti da un preoccupato Nicholas Nott.
“Demetra! Cosa stai facendo?”
“Che il Tranello del Diavolo ti porti, Nicholas! Ora non posso più nemmeno ubriacarmi in pace?”
“Sto cercando Andromeda! È sparita! Dov'è?”
“Non lo so.”
Certo, come no.
“Come non lo sai? Siete sempre insieme! Tu sai dov'è!”
“No, non lo so. Sono stata tutto il tempo con gli invitati e fino ad ora ero con i miei cugini, l'ho persa di vista anch'io!”
“Ho capito” e fece dietrofront con stizza.
Subito dopo vide Narcissa passare accanto al tavolo dove era seduta, mano nella mano con il biondo Lucius Malfoy, ridacchiando e sbattendo le ciglia.
E pensare che sembra così furbo e intelligente! E invece anche lui è caduto nella trappola della Black più giovane!
Scuotendo il capo, Demetra bevve un altro sorso di scotch.
“Scusami.”
Demetra alzò gli occhi e vide un ragazzino, che subito riconobbe per il fratello minore del ragazzo che le interessava.
“Hai mica visto Narcissa?” chiese il ragazzino impettito.
Una volta Narcissa aveva accennato al fatto che Yaxley piccolo era visibilmente innamorato di lei e le faceva una corte tanto dichiarata quanto fastidiosa.
“Cosa ti fa credere che io l'abbia vista?” rispose mentre un ghigno perfido già le compariva in volto.
“Oh, io... Mi sembrava fosse venuta in qua, ma ho visto te qui e...”
“Sì, è passata di qui per andare sul retro del giardino, da quella parte” e indicò con la mano il giardino alle sue spalle.
“Oh, grazie!” fece lui tutto sorridente.
Ma Demetra non rinunciò a una punta di perfidia gratuita.
“Tuttavia, non credo che avrà voglia di parlare con te” e tornò al suo drink con fare teatrale.
Il ragazzino fece un'espressione sorpresa, ma si allontanò subito nella direzione che gli era stata indicata.
“Non dovresti essere così crudele col mio povero fratellino.”
Yaxley grande si era avvicinato al tavolo e la stava guardando con la consueta espressione ironica con cui era solito guardare chiunque. Demetra si sentì arrossire. Molte volte, molto lucidamente, aveva ammesso che Yaxley non fosse certo un bel ragazzo, come dicevano appunto le sorelle Black, eppure quel ragazzo aveva un che di intelligenza malvagia che l'attraeva un sacco. Ma aveva anche paura di mettersi in ridicolo, per cui aveva ridotto al minimo il contatto visivo e verbale, limitandosi a pochi scambi di sguardi e battute in sala comune e in biblioteca. Tuttavia, stavolta Demetra non evitò il suo sguardo. Chissà, magari l'alcol stava facendo il suo lavoro.
“Gli ho solo detto la verità. Quello che gli altri in genere non fanno.”
Yaxley parve ponderare una risposta, ma un bicchiere apparve sul tavolino appena si fu seduto.
“Funziona anche qui?” chiese con un leggero stupore.
Si riferiva al fatto che cibo e bevande si materializzavano nei piatti e bicchieri dei convitati alla loro richiesta, come a Hogwarts, grazie all'impiego di più elfi domestici nelle cucine della proprietà.
“Certo che funziona anche qui” rispose Demetra con superiorità.
Yaxley lasciò che lo scotch comparisse anche nel suo bicchiere.
“Ah, quando si dice che i ricchi non si fanno mancare nulla!” commentò in maniera leggermente provocatoria.
Demetra non raccolse la provocazione.
“Nulla da dire, è stato davvero il matrimonio del secolo! – continuò il ragazzo – Anche se a questo punto non oso immaginare cos'altro verrà organizzato per il tuo di matrimoni!”
“Niente, perché io non mi sposerò” rispose Demetra secca.
“E perché mai non dovresti?”
Demetra si voltò appena verso di lui.
“Perché nessuno mi sposerà per prendersi i miei galeoni.”
Yaxley sorrise appena.
“Sì, è comprensibile.”
Silenzio.
Demetra finì il suo scotch e indugiò un poco, aspettando che il bicchiere fosse riempito di nuovo.
Silenzio.
“Senti, che dici, facciamo come tutti gli altri, balliamo un po'?”
In condizioni normali Demetra si sarebbe voltata di scatto con gli occhi sgranati in un'espressione di assoluta incredulità, ma l'alcol stava effettivamente svolgendo il suo lavoro, regalandole uno strano senso di indifferenza e crescente malumore.
“No, io odio ballare. Come tutto quello che fanno tutti gli altri” rispose senza voltarsi.
Sempre in condizioni normali, avrebbe percepito una nota di inusuale insicurezza nella domanda di Yaxley, ma, si sa, l'alcol affievolisce certi dettagli e ne esalta altri.
“Sì, anch'io. Allora, che dici, facciamo qualcos'altro? Tipo, ci esercitiamo…”
A farla voltare stavolta non fu il senso letterale della domanda, ma l'inequivocabile tono malizioso che l’accompagnava.
Guardò il ragazzo, che aspettava sornione seppure un po’ rigido una risposta dello stesso tono.
“Sì, facciamo qualcos'altro. Esercitiamoci” disse Demetra alzandosi e facendo strada verso la villa.


***


NdA: finalmente è arrivato il matrimonio del secolo! Spero che non sia stata una scelta sbagliata concentrarmi su Demetra e Andromeda, lasciando da parte Bellatrix e la cerimonia in sé, in ogni caso mi farebbe piacere ricevere un feedback! :)

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Capitolo 13
*** Con le piume e con le bacchette ***


13. con le piume e con le bacchette

XIII



Era il primo giorno del sesto anno a Hogwarts e per la prima volta Andromeda passò il viaggio sull'Espresso da sola. Demetra era un Prefetto e dunque aveva una carrozza riservata con gli altri Prefetti, ma fino all'anno prima c'erano state le sue sorelle con lei. Questa volta invece era da sola: Bellatrix aveva finito il settimo anno in giugno e Narcissa si era subito allontanata con Lucius e alcuni ragazzi più grandi appena salite sul treno. In più, non si era nemmeno preoccupata di cercare le altre compagne Serpeverde che l'avrebbero guardata tutto il tempo con scherno, dal momento che la sua storia con Ted era sulla bocca di tutti, e avrebbe finito per litigare subito con qualcuna di loro e peggiorare la situazione. Così sedette vicino al finestrino in uno scompartimento vuoto, decisa a limitare al massimo i contatti con chiunque. Per ingannare il tempo, si mise a leggere la Gazzetta del Profeta che si era portata con sé. Da un po' di tempo, infatti, su consiglio di Ted, si era abbonata al Profeta e ogni mattina leggeva il giornale per intero, cercando di mantenersi informata su quello che accadeva fuori da casa e da scuola, in particolare sugli sviluppi della lotta del Ministero contro i Mangiamorte, come si facevano chiamare adesso i sostenitori del Signore Oscuro. Nel corso dell'anno precedente gli attacchi dei fedeli al Signore Oscuro contro Babbani indifesi e contro famiglie di maghi noti per l'avversione alle Arti Oscure erano molto aumentati e il clima nel mondo magico non era più tranquillo come era stato fino a pochi anni prima. A lei, come a tutti i suoi compagni di scuola, gran parte di questo clima era stata risparmiata perché Hogwarts era un luogo sicuro, dove certe cose non sarebbero mai arrivate, mentre fuori lo sgomento e il senso di precarietà iniziavano a farsi strada con maggiore insistenza. Ogni giorno avvenivano incidenti riconducibili ai crimini commessi dai Mangiamorte e nessuno poteva dirsi davvero al sicuro. Le minacce di Bellatrix dei mesi passati non erano solo parole cattive, ma corrispondevano ad una terribile verità: i maghi Mezzosangue e i Nati Babbani erano davvero i più a rischio di violenze e con loro anche tutti coloro che prendessero apertamente posizione contro i Mangiamorte e Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato, come avevano cominciato a chiamarlo tutti, tanto il nome di quel mago così potente e crudele faceva paura. Sul Profeta si rincorrevano cronache di omicidi e controffensive del Ministero, che cercava di rassicurare la popolazione mostrando di intervenire con decisione contro i criminali e di avere sotto controllo la situazione. Eppure, nei discorsi del Ministro e dei massimi esponenti del Ministero Andromeda avvertiva la sensazione che le cose fossero tutt'altro che sotto controllo e che, al contrario, la situazione sarebbe potuta precipitare da un momento all'altro.

***

Non solo Andromeda pensava spesso a quello che succedeva fuori da Hogwarts: molti studenti erano ben informati e preoccupati, non tanto per se stessi, quanto per le proprie famiglie, come Andromeda ebbe modo di constatare parlando con alcune ragazze Tassorosso con cui aveva mantenuto i rapporti. Molti che erano all'ultimo anno si apprestavano a fare delle scelte che avrebbero condizionato il loro futuro, esattamente come lei, e le posizioni andavano dalla netta decisione di schierarsi contro Colui-Che-Non-Deve-essere-Nominato a una più timida speranza di non trovarsi troppo in difficoltà cercando di non essere coinvolti nelle violenze. Ci furono fin dalle prime settimane anche alcuni duelli fra studenti, perlopiù di Grifondoro e di Serpeverde, con i primi che cercavano di far uscire allo scoperto i Serpeverde che avevano senza alcun dubbio contatti diretti all’esterno con i Mangiamorte ma che ovviamente avrebbero negato fino all'ultimo e sostenuto l'assurdità di tale accusa formulata senza uno straccio di prova, come aveva sostenuto Lucius Malfoy nella sua difesa di fronte al professor Silente dopo un duello con Matthew Goldstein durante una riunione dei Prefetti. A Serpeverde, infatti, al contrario delle altre Case, regnava una tranquillità irreale, con la stragrande maggioranza degli studenti che faceva di tutto per dare l'impressione che fosse tutto come sempre. Soprattutto nei rapporti con gli altri studenti, cercavano sempre di evitare certi argomenti, con il risultato di poter validamente sostenere che i duelli e le accuse erano sempre provocate dagli altri. Tutti nella sua Casa, notò Andromeda, sembravano aver sottoscritto un accordo non verbale di assoluta segretezza riguardo a compagni che erano in certa misura coinvolti realmente con Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato e a fatti di cronaca che non potevano certo essere smentiti. Di queste cose, infatti, veniva parlato solo e soltanto in sala comune in piccoli gruppi dai quali Andromeda era di solito esclusa, eccetto quando era in compagnia di Demetra, che già dall'anno precedente sembrava godere di un'accresciuta considerazione.
“Finalmente otterremo quello che fino ad oggi è mancato: faremo fuori dal nostro mondo tutti i Mezzosangue e i filo-Babbani!” disse Macnair concludendo il suo folle discorso.
“Quello è l'obiettivo, ma sembra che non tutti lo condividano con la tua stessa passione, vero Parkinson?” fece Lucius Malfoy all'indirizzo di Parkinson, che, imbarazzato, stava facendo finta di non seguire la discussione.
“Beh, io... Una cosa è certa, non possiamo mica dire certe cose davanti a tutti, o finiremo tutti accusati e invece dobbiamo mantenere la discrezione! È quello che ha detto anche Demetra!” disse Parkinson come per cercare un appoggio autorevole ai suoi tentennamenti.
Con riluttanza, Demetra distolse lo sguardo da Trasfigurare l'Essenza e Animare l'Inanimato e si schiarì la voce. I Serpeverde stavano aspettando che rispondesse alla provocazione di Malfoy che involontariamente Parkinson aveva rivolto su di lei. Anche Andromeda doveva ammettere che la sua miglior amica non aveva mai fatto discorsi folli come gli altri Serpeverde e non si lasciava andare ad offese gratuite verso i maghi Mezzosangue: al contrario, aveva sempre difeso le sue scelte e la sua libertà di stare con Ted di fronte alle sue sorelle; tuttavia, non poteva certo negare che anche lei nutrisse un certo interesse per quello che facevano i Mangiamorte, poiché da qualche tempo parlava sempre più spesso di quello che facevano i suoi fratelli e di che tipo di magia avanzata avessero imparato dal Signore Oscuro, passando ormai buona parte del suo tempo a cercare di imparare incantesimi oscuri dai libri della sezione proibita della biblioteca, che grazie al professor Lumacorno aveva il permesso di visitare da tempo. Per questo anche lei aspettava con interesse che Demetra esponesse le sue idee per una volta in maniera meno elusiva.
“Quello che ho detto io è diverso, Parkinson. Io ritengo che la necessità di riordinare il nostro mondo con la separazione dai Mezzosangue con la forza possa in certa misura rappresentare un fallimento della precedente generazione di maghi purosangue. Intendo dire che, dal momento che le famiglie di maghi purosangue sono inserite da secoli in più livelli della classe dirigente del Ministero, avremmo dovuto e dovremmo tuttora adoperarci per consolidare le prerogative dei maghi dal sangue puro attraverso la via legislativa, per sancire cioè con le leggi una reale e migliore posizione, cercando perciò di non cadere nella tentazione della forza, e incorrere così nel rischio di essere accusati di gravi crimini e quindi di rinforzare il fronte di quella parte di opinione pubblica, molto larga peraltro, che vorrebbe invece i Mezzosangue al governo.”
Le parole di Demetra furono accolte da mormorii di assenso e per un attimo nessuno sembrò voler ribattere.
Andromeda era disgustata.
Non che si aspettasse qualcosa di molto diverso da quella lingua serpentina di Demetra, ma ogni volta era sempre più difficile accettare che sì, era la sua amica e l'aveva sempre difesa dalle cattiverie delle altre, ma al contempo era perfettamente integrata nella cerchia di Serpeverde purosangue e che non avrebbe mai messo in discussione la sua posizione in pubblico. Andromeda sapeva che Demetra in fondo non era affatto cattiva come stavano mostrando di essere gli altri e che non avrebbe mai fatto gratuitamente del male a nessuno, né mago né Babbano; sapeva di essere per lei davvero una vera amica, checché pensassero tutti, e voleva che questo rimanesse vero anche se lei ora aveva rotto con la sua famiglia e i suoi compagni dal sangue puro, ma ogni giorno sembrava approfondirsi sempre di più la loro distanza, perché, per quanto avessero cercato di rimanere vicine, lei sarebbe sempre stata la traditrice del sangue e Demetra non avrebbe mai rinnegato le idee della sua famiglia, così, quando un giorno avrebbe dovuto scegliere davvero, avrebbe scelto senza incertezza alcuna quello che la sua posizione richiedeva.
“Quello che dici è condivisibile – intervenne mellifluo Lucius Malfoy – ma non tieni conto del fatto che è impossibile da realizzare. Se anche venissero approvate leggi più restrittive per i Mezzosangue, presto avremmo folle di maghi a gridare alla rivoluzione e a pretendere che siano abolite, senza considerare che purtroppo i Mezzosangue sono numericamente superiori e, grazie a certi personaggi come Silente, controllano buona parte dell'opinione pubblica. Per questo è impossibile instaurare il nostro dominio con le piume e senza le bacchette ed è necessario invece che ci riuniamo sotto la guida di un mago potente come l'Oscuro Signore che cambi profondamente e con forza l'ordine del nostro mondo.”
Altri mormorii di assenso, un po' più convinti.
I ragazzi sembravano aspettare che Demetra dicesse qualcosa per confutare Malfoy, come accadeva di solito, e desse il via a una squisita gara di oratoria come succedeva spesso a metà di una discussione di gruppo, ma a prendere inaspettatamente la parola fu Narcissa.
“Per quello che mi riguarda, non so se sarò mai capace di affrontare a duello gli Auror, ma se c'è qualcuno che si adopererà per cacciare finalmente i Mezzosangue e impedire a certa gente di venire qui a sporcare Hogwarts e tutto il nostro mondo, beh, allora avrà tutto il mio sostegno!”
L'ardore con cui disse le ultime parole non lasciava dubbi su chi realmente avrebbe avuto tutto il suo sostegno.
E non solo quello, pensò Demetra a cui sfuggì un sorrisetto malizioso, mentre Narcissa raggiungeva Malfoy sul divano accoccolandoglisi accanto con tanto di fusa da gattamorta.
“Ma vi sentite? Discutete dell'opportunità di diventare dei delinquenti e di uccidere persone innocenti! Sapete una cosa? Spero che vi prendano e vi mandino tutti ad Azkaban!” disse Andromeda cogliendo tutti di sorpresa.
Demetra alzò gli occhi al cielo, come se si aspettasse una reazione del genere, consapevole dell'inutilità dei propri sforzi di tenere Andromeda fuori da certe situazioni. Tutti si aspettavano che fossero lei o Malfoy a ribattere qualcosa, ma Nott fu più veloce.
“Mi dispiace che tu continui a mostrare tanta ostilità, Andromeda, ma è chiaro che certe posizioni non sono più conciliabili e non puoi certo pretendere di incontrare la nostra comprensione, né tanto meno Demetra è tenuta a difenderti ogni volta.”
Un sorriso amaro comparve sul volto rigido di Demetra.
Nott aveva detto quello che tutti pensavano da tempo ma che nessuno aveva mai detto così esplicitamente e con così tanta freddezza.
“Infatti io so difendermi da sola e non ho certo bisogno di comprensione!” ribatté Andromeda senza guardare l'amica. Poi si alzò e, dopo aver spedito in perfetto ordine libri e pergamene nella borsa con un solo colpo di bacchetta, si spostò al tavolo più lontano della sala comune.

***

La sera seguente sarebbe potuta passare nello stesso modo, ma Demetra, forse sotto la spinta di qualcosa di simile al senso di colpa, non si unì al gruppo dei Serpeverde più grandi ma rimase con Andromeda ad un tavolo più defilato a finire i compiti e parlare. Avevano finito il tema di Difesa sui Dissennatori e da quello era iniziata una discussione.
“Non mi dire che questa roba ti affascina? Sono la cosa più terribile di cui abbiamo mai parlato qui, a me fanno venire i brividi!” disse Andromeda.
“Certo che sono terribili, però, guarda, da un punto di vista, come dire, penale, ha senso che stiano ad Azkaban a sorvegliare i criminali più violenti, nel senso che il terrore che suscitano fa parte della pena oltre alla detenzione. E poi, prescindiamo da quanto è terribile ciò che fanno, pensa a quanto è, come dire, profonda la loro magia: sono capaci di risvegliare nell'anima i peggiori ricordi di una persona, senza un incantesimo diretto, ma è una magia intrinseca alla loro natura! Pensa a quello che l'uomo potrebbe fare se riuscisse a gestire una simile sorgente di magia, pensa all'uso di parti della veste o di una fibra del corpo di un Dissennatore come elemento di una pozione! Nella storia ci sono maghi che hanno tentato una cosa simile: a fine Cinquecento un fabbricante di bacchette italiano riuscì a creare una bacchetta con un tendine di un Dissennatore, anche se ne pagò le conseguenze, ovviamente!”
“E la bacchetta che fine ha fatto?”
“Non si sa, perché non ci sono notizie di qualcuno che l'abbia posseduta, certo è che è una bacchetta per la quale ancora oggi molti maghi ucciderebbero!” rispose Demetra con un sinistro bagliore negli occhi che non sfuggì ad Andromeda.
“Te compresa?”
Demetra cambiò espressione, svanito l'entusiasmo iniziale.
“Certo che no! Io non sono un'assassina e mi offende che tu possa pensare una cosa del genere!”
“Io non ti voglio offendere, ma ammetterai anche tu che ti interessano un certo tipo di cose che a me non interessano. E poi con due fratelli Mangiamorte, insomma, a volte penso che una volta fuori di qui, tu...”
Ma stavolta fu Demetra a scaldarsi.
“Che io diventerò come loro, eh? È questo che pensi? Tu non sai nulla!” e tirò fuori da sotto il mucchio di pergamene una copia del Profeta.
“Guarda!” e le piazzò davanti proprio la prima pagina.


Due arresti e una vittima nell'ultimo scontro fra Auror e Mangiamorte


Lo scontro è avvenuto poco lontano da Manchester, nella notte fra giovedì e venerdì: dopo un lungo combattimento, gli Auror hanno avuto la meglio e i due Mangiamorte catturati attendono ora ad Azkaban l'inizio del processo, il primo a carico di affiliati a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. “Siamo soddisfatti di questo risultato e il fatto che presto si celebrerà un processo a carico di questi criminali ci fa essere fiduciosi sulla capacità del Ministero di riportare l'ordine nella comunità magica” ha detto Bartemius Crouch, capo dell'Ufficio Auror.

Tutto l'articolo a pagina due.


Andromeda la guardò con aria interrogativa.
“Cosa credi? Che io voglia diventare una criminale? Che io possa prendere in considerazione l’idea di uccidere su ordine di qualcuno? No, no, mai. Non oso pensare... I miei fratelli si stanno allontanando sempre di più dalla famiglia. Se Rabastan e Rodolphus finissero ad Azkaban papà morirebbe di dolore! – concluse rivolta più a se stessa che ad Andromeda, gli occhi fissi sul tavolo – No, no, mai.”
Andromeda guardò l'amica più intensamente, ripensando a quanto erano cambiate le cose, ma anche a quanto alcune di esse non fossero cambiate.
“Ho capito. Scusami. Ma per me è tutto così complicato e non so più cosa...” ma si interruppe vedendo che si stava dirigendo verso il loro tavolo Corban Yaxley, il ragazzo che interessava a Demetra fin dall’anno prima.
Yaxley non risparmiò ad Andromeda un cenno di puro disprezzo e si rivolse a Demetra.
“Non hai finito con i compiti? Là si discute di creature su cui sperimentare antiveleni e senza il tuo contributo non è certo la stessa cosa!”
Andromeda si aspettava che la sua ironia canzonatoria non sarebbe passata senza conseguenze, dato che Demetra aveva sfoderato in passato un eccellente Sortilegio Soffocante per molto meno, e che da lì a pochi secondi Yaxley si sarebbe ritrovato letteralmente senza respiro sul pavimento, ma non fu così. Demetra arrossì appena e, cosa decisamente insolita, sembrò davvero senza parole.
“Abbiamo finito, ma stavamo parlando di Dissennatori” disse alla fine in tono neutro, evitando di guardarlo negli occhi.
Yaxley stava per rispondere qualcosa, ma Demetra fu presa dall'ispirazione.
“Stavamo ragionando su come potrebbero essere usate parti di Dissennatore nelle Pozioni e della famosa bacchetta con l'anima in tendine di Dissennatore che non fu mai ritrovata dopo la dipartita del suo fabbricante. Chissà, magari un giorno, seguendo la traccia giusta...” e lasciò cadere il discorso con lo stesso bagliore sinistro che Andromeda aveva scorto poco prima.
Andromeda fece in tempo a notare la fugace espressione di Yaxley che tradiva la sua bramosia di saperne di più. Da quello che sapeva Andromeda, anche Yaxley era un tipo molto interessato alle Arti Oscure e stava benissimo insieme a tutti gli altri odiosi Serpeverde, nonostante non facesse il gradasso come Malfoy e compagnia bella; tuttavia non poteva certo vantare le disponibilità economiche di Demetra, che dall'anno precedente si era data al collezionismo di oggetti oscuri e già la passata primavera aveva messo le mani su un corsetto stregato del diciottesimo secolo che aveva suscitato un'invidia diffusa fra le ragazze Serpeverde e persino fra alcuni ragazzi.
“Ah, quella bacchetta! Che oggetto interessante! Appunto, un giorno, seguendo la traccia giusta, chissà... In fondo, perché chiudersi e non aprirsi invece a nuove possibilità?”
Sembravano parlare per enigmi, pensò Andromeda, senza capire cosa volesse dire veramente il ragazzo.
Ma Demetra non sembrava intenzionata ad aggiungere nulla e Yaxley dovette battere in ritirata.
“Mi sono persa qualcosa?” domandò poco dopo Andromeda.
Da quello che sapeva, i due non si erano mai parlati fuori dell'ordinario né tanto meno erano mai usciti insieme.
“Ci siamo baciati al matrimonio” rispose Demetra in tono piatto, senza guardare l'amica negli occhi.
Andromeda non nascose un moto di sorpresa, ma non disse nulla.
“E non solo” aggiunse Demetra arrossendo molto più del solito e fissando intensamente il tavolo.
Andromeda restò a bocca aperta.
La sorpresa era tale da farla sorvolare persino sull'assurdità del passare da parlare di Dissennatori a chiacchierare di ragazzi.
“Beh, è...una novità! E...”
“Ma eravamo entrambi al secondo scotch, quindi non so se conta.”
Superata la sorpresa, Andromeda stava per commentare lo squallore dell'ultima affermazione.
“A giudicare da quanto ci siamo parlati di recente, direi di no” disse Demetra guardandola finalmente negli occhi.
“Beh, se ho ben capito... Ecco, allora sì, dovreste parlare e chiarire, insomma...”
“Ma neanche per idea! Non ho intenzione di cedere e dargliela vinta!”
“Non si tratta di cedere, è che non si costruisce una relazione in questo modo… Non sto giudicando il fatto che ad alcuni piaccia avere relazioni occasionali, ma se a te importa è giusto che lui lo sappia e che tu possa valutare il suo comportamento nei tuoi confronti senza ambiguità da parte tua, senza scappare come stai facendo adesso.”
Demetra sorrise, comprendendo quanto Andromeda volesse esserle d'aiuto nonostante tutto.
“Dromeda, tu hai ragione, ma in questo caso la differenza è che non è come per te e Ted. Assolutamente no. Lo sai anche tu che io non posso avere quello che avete tu e Ted e devo difendermi a tutti i costi.”

***

In realtà, Demetra pensava molto a quello che era successo al matrimonio e a quello che aveva detto Andromeda e a quello che avrebbe voluto o dovuto fare, ma non sapeva da dove cominciare.
“Comunque non è giusto, perché io non posso ancora usare la bacchetta fuori da scuola” aveva detto entrando a Lestrange Manor da un ingresso sul retro.
“Per l’Occlumanzia non serve la bacchetta, o no?” aveva risposto lui.
Così avevano iniziato davvero a esercitarsi, ma presto la cosa era sfuggita di mano.
“Sei davvero brava, anche se comunque il vestito non fa schifo.”
Aveva provato a mollargli un pugno, senza successo.
Alla fine non era stato male, anche se non all’altezza dei racconti osceni di Bellatrix sulla propria vita intima. E lui sembrava improvvisamente meno sicuro di sé, meno sfuggente e più normale.
“Sul serio, sai davvero chiudere la mente. Non ho visto altro che paesaggi notturni e rumori di gufi, molto confondente.”
“Non dirmi che hai provato a leggermi in testa proprio mentre… Sei proprio una testa di cazzo!”
Però poi era scoppiata a ridere, e anche lui.
Insomma, poteva essere tutto meglio ma in fondo non era stato così male. Solo che dopo non si erano più visti né sentiti e al rientro a Hogwarts lui non aveva fatto nessun cenno di avvicinamento e si comportava come se tutto fosse come l’anno prima, come sempre.
Forse aveva bisogno di un consiglio diverso da quello di Andromeda, qualcuno che sapesse vedere la cosa da una prospettiva più simile e suggerirle una strategia. Aveva pensato così di chiedere consiglio a Nicholas, risparmiandogli i dettagli ma marcando l’importanza dell’opinione maschile, solo che Nicholas adesso stava con Miranda Selwyn, la Prefetto Serpeverde del quinto anno, e le stava praticamente sempre incollato. E dire che era stata lei l’artefice del loro incontro ravvicinato, mettendoli sempre di turno insieme quando i Prefetti dovevano pattugliare i corridoi e sacrificando se stessa a fare i turni con Lucius.
Un pomeriggio in biblioteca stava per avvicinarsi al loro tavolo e chiedergli se potevano parlare qualche minuto da soli, ma vedendolo con gli occhi a pesce lesso annuire a tutto quello che Miranda diceva non tentò nemmeno.
Si allontanò con la borsa e pochi libri verso l’ala di Erbologia e Pozioni della biblioteca fino a individuare un tavolo vuoto e considerò con amarezza che magari in quei libri c’era la ricetta dell’Elisir di Lunga Vita, ma di sicuro non c’era la soluzione al suo dilemma, e anche i compiti di Lumacorno sembravano beffarla, con quei quaranta centimetri di pergamena da scrivere sull’Amortentia.
Verso l’ora di cena, proprio mentre si stava alzando per tornare in Sala Grande, comparve Yaxley.
“Cosa vuoi?” disse, sulla difensiva.
“Niente.”
“Non cercare di leggermi in testa, è molto scorretto da parte tua” esclamò d’impulso, senza riuscire a frenarsi.
“Non ci sto nemmeno provando adesso, perché so che non ci riuscirei.”
“Tu non ci riuscirai mai più” sibilò di rimando.
“Come vuoi. Pensavo ti andasse di esercitarci altre volte, ma sembra che tu sappia solo svicolare” ribatté lui.
“Io non svicolo un accidente! Sei tu che sei falso, sei tu che fai finta che…”
Ma Demetra sapeva che la situazione stava precipitando, sentiva la propria voce incrinarsi e istintivamente strinse la bacchetta nella mano.
“Prova a leggere adesso, Corban Yaxley” disse, non nascondendo più la bacchetta.
Ma quella volta lì lesse eccome, anche senza la Legilimanzia, e quel bacio da perfettamente sobri ne era una prova spettacolare.

***

Le vacanze di Natale Andromeda le passò a Hogwarts, anche se Demetra aveva cercato di convincerla a tornare a casa, per evitare di mostrare con ulteriore evidenza quanto fosse profonda la rottura con la sua famiglia. Ovviamente Demetra non capiva che per lei le apparenze non contavano più nulla e non sarebbe certo stata più sola a scuola che a casa, anzi, forse qualche ragazza di Tassorosso sarebbe rimasta e di sicuro sarebbe stata una compagnia più piacevole. Aveva deciso che sarebbe rimasta anche se fosse stata l'unica studentessa di Hogwarts a rimanere nel castello per le vacanze: alla fine, sarebbe stata l'occasione per passare qualche giorno senza sentire di continuo le cattiverie delle compagne Serpeverde e senza dover essere sempre pronta a rispondere ad attacchi e offese. Così aveva fatto e non se ne era pentita: Ted era venuto un sacco di volte a trovarla ed avevano potuto anche stare insieme più del previsto, dal momento che, come le aveva detto sorridendo il professor Silente quando era andata a chiedere il permesso di allontanarsi dal castello, erano giorni di vacanza e gli studenti non erano tenuti a permanere nel castello secondo gli orari che vigevano durante i periodi di lezione. Il nuovo inizio delle lezioni fu perciò più traumatico di quanto si aspettasse e la sensazione di vita in gabbia tornò più acuta che mai. A peggiorare la situazione ci si mise anche il professor Lumacorno, che durante un giorno delle vacanze le disse che era invitata alla prossima serata del suo club e che questa volta non le avrebbe permesso di declinare l'invito. In passato Andromeda aveva spesso disertato le serate del professore adducendo stanchezza e improbabili maldipancia, dato che non le andava affatto di sottoporsi ad altre occasioni pubbliche in cui avrebbe dovuto mantenere la calma e non cedere all'istinto di schiantare chiunque alludesse anche solo velatamente alla sua storia con Ted. Per la verità, le prime volte che era stata invitata si era sentita onorata di essere considerata fra gli studenti più interessanti e meritevoli, ma alla lunga aveva cominciato a considerare le serate del professore decisamente noiose e fin troppo simili ai ricevimenti formali che organizzava d'estate la mamma di Demetra. Si aspettava poi che, una volta scoperto che stava con Ted e che per questo aveva rotto con la sua famiglia, il professore avrebbe smesso di invitarla, giudicando il suo comportamento scandaloso, come facevano tutti gli altri Serpeverde. Il professor Lumacorno, invece, non aveva smesso di invitarla e nemmeno non frequentare più le sue lezioni dato che aveva ottenuto solo Accettabile al G.U.F.O. in Pozioni aveva fatto desistere l'insegnante. Di persona, quel giorno di inizio gennaio, le disse addirittura che la sua determinazione e la coerenza delle sue scelte avevano molto da insegnare a moltissimi studenti. Sul momento era rimasta senza parole: non riusciva a capire come quello che lei aveva deciso potesse interessare al professore, ma il fatto che qualcuno dopo tanto tempo le avesse detto qualcosa di simile ad un complimento le fece lo stesso piacere e per questo decise che, sebbene non entusiasta, quella volta avrebbe accettato l'invito, se non altro per non passare da maleducata. Anche Demetra aveva approvato la sua decisione, anche fin troppo, dato che cercava di convincerla ad esserne anche entusiasta, rammentando quanta gente conoscesse il professor Lumacorno e quanto avere un rapporto di stima con lui potesse esserle d'aiuto anche in futuro, fuori da Hogwarts, visto che non poteva più contare sulla sua famiglia. Se non fosse stata la sua miglior amica praticamente dalla nascita, avrebbe pensato che Demetra era solo una cinica calcolatrice senza un minimo di sentimenti e di senso della giustizia, ma la conosceva troppo bene e sapeva dare il giusto peso a tutte le sue affermazioni. Demetra era davvero l'unica persona del suo mondo che non le aveva voltato le spalle e questo significava molto per lei. Poi, essere entusiasti per le serate di Lumacorno era un altro discorso.

***

Per il sollievo di Andromeda, la serata del professor Lumacorno era filata liscia, anche più di quanto si aspettasse, poiché nessuno la importunò con discorsi a sproposito o domande indiscrete sulle sue scelte personali. Fu educata e cortese col professore ma si guardò bene dal mettersi troppo in vista, restando quasi tutto il tempo con alcune ragazze e ragazzi delle altre Case a parlare di cose che certamente Lumacorno non avrebbe giudicato molto intelligenti e interessanti, ma almeno aveva riso un po' e si era quasi rilassata davvero, cosa che non accadeva più da molto tempo se non c'era Ted con lei. Ciliegina sulla torta, anche quel rompiscatole di Nott si era tenuto alla larga da lei, forse perché aveva addirittura un'accompagnatrice. La serata non aveva nemmeno alimentato le chiacchiere su di lei, visto che anche nei giorni successivi poté sperimentare la piacevole sensazione di essere finalmente lasciata in pace.
L'unico cambiamento, per così dire, sgradevole, fu che, a quanto pareva, Demetra aveva chiarito con Yaxley e ora, in teoria, stavano insieme. La novità era sgradevole per Andromeda perché i due si comportavano come se non stessero insieme, come facevano tutte le altre coppie note della sua Casa, tranne la sera in sala comune, quando, ad un’ora in cui avevano già finito i compiti del giorno ed era il caso di pensare di andare a letto, puntualmente Yaxley arrivava e si sedeva accanto a Demetra, al tavolo dove era anche lei.
“Cosa vuoi?” chiedeva Demetra ogni volta.
“Niente” rispondeva lui, appoggiando la mano ossuta sul ginocchio di lei e significando tutt’altro che “niente”.
La prima volta Andromeda si era alzata di scatto, inorridita e sorpresa, e aveva tolto il disturbo, senza voler sapere cosa si sarebbero detti in seguito, e così aveva continuato a fare tutte le sere che la scena si ripeteva. Non aveva chiesto nulla all’amica esplicitamente e da quel poco che aveva carpito dalle compagne di dormitorio i due un po’ parlavano e un po’ si esercitavano con incantesimi non verbali l’uno sull’altro, di Legilimanzia probabilmente, e Narcissa aveva detto che però non si erano mai baciati in pubblico. Andromeda non sapeva spiegarsi perché, ma quei due insieme per lei emanavano un che di oscuro e morboso che le faceva venire i brividi e che le ricordò con disgusto certi racconti di Bellatrix su quello che sapeva fare Rodolphus. Non erano normali, non erano come lei e Ted. Quello che lei condivideva con Ted era quanto di più prezioso e speciale ci potesse essere al mondo e spesso era difficile anche per lei far capire agli altri cosa volesse dire. Una delle cose che più erano importanti e più erano difficili da spiegare era come con Ted si sentisse libera e serena, come con lui fosse davvero se stessa, nel senso non solo di non sentirsi in imbarazzo o in difficoltà, ma proprio come se finalmente potesse abbassare tutte le sue difese e lasciarsi andare. Stando insieme a Ted aveva capito quanto fosse stata condizionata e impaurita durante tutta la sua infanzia e i primi anni di scuola, quanto tutta la sicurezza e la calma che credeva di avere fossero soltanto un'elaborata costruzione che la sua famiglia le aveva insegnato a tener su senza porsi domande, senza mai discuterne il merito e il valore reale. Tutto era da sempre deciso e semplice: lei era una Black, destinata a essere considerata in un certo modo e ad agire di conseguenza, secondo poche certezze assiomatiche che non potevano essere messe in discussione. Ecco, Ted era entrato nella sua vita e aveva infranto questo enorme castello di certezze insensate e lei, invece di sentirsi sconvolta, distrutta e persa, si era sentita improvvisamente libera e serena, in una maniera così profonda e irrazionale che non sapeva spiegarsi. E ancora di più si era sentita improvvisamente consapevole che non tutte le cose stavano come le era sempre stato raccontato, ma, nonostante non potesse negare di provare anche spavento all'idea, questo l'aveva anche fatta sentire più forte, come se aver scoperto che tutto poteva frantumarsi e precipitare le desse una marcia in più. A pensarci bene, forse non si sentiva così sola e spaventata proprio perché Ted le dava quello che nessuno avrebbe mai saputo darle: l'amore e l'affetto di Ted non erano quello che aveva sempre visto nella sua buona società magica, non erano l'abitudine e la confidenza cortese fra i suoi genitori o la passione sguaiata e irresponsabile di Bellatrix e Rodolphus, non erano le sceneggiate sdolcinate degli adolescenti di Hogwarts che nemmeno sapevano cosa c'era fuori o le affettate carinerie fra giovani Purosangue interessati solo a concludere accordi d'affari e di prestigio con vantaggio di entrambi, senza che oltre la bella superficie di felicità e piacere ci fosse qualcosa di più profondo e più forte. Fra lei e Ted c'era stato forse il cosiddetto colpo di fulmine, ma poi erano stati loro a far sì che da un'iniziale interesse e attrazione nascesse qualcosa di più, qualcosa di destinato a funzionare nel tempo. Ted l'ascoltava quando gli raccontava di quanto la sua famiglia la facesse soffrire e di quanto per lei fosse difficile gestire tutti quei cambiamenti, le dava consigli sempre pieni di ottimismo, le accarezzava i capelli con dolcezza quando lei non ce la faceva più e scoppiava in lacrime, dato che solo con lui si sentiva libera di lasciarsi andare anche alle lacrime. Ted era un ragazzo più grande della sua età, a cui non interessavano le sciocchezze che interessano a tutti i ragazzi, a lui non importava niente se quando uscivano lei non era ben vestita come le altre ragazze della sua età: Ted le diceva che era la cosa più bella che gli fosse capitata e che a volte si stupiva che di stare con una tale ragazza fosse capitato a lui. Chissà con quante insicurezze si era dovuto confrontare Ted durante gli anni di scuola e con quanta maturità aveva saputo superarle per diventare il ragazzo dolce e generoso che a lei invece dava tanta sicurezza! Se qualche volta aveva dubitato di se stessa, se qualche volta aveva pensato di non farcela ed era stata tentata di riprendere la strada già tracciata per lei, adesso non aveva più dubbi: era Ted la sua strada.


***

NdA:  eccomi qua ol nuovo capitolo, in cui in realtà non succede granché, ma si parla molto: Andromeda pensa al futuro e a Hogwarts la cronaca con le azioni dei Mangiamorte entra prepotentemente nei pensieri degli studenti, soprattutto dei più grandi che si apprestano a finire. Ma non mi dilungherò a parlare del capitolo, quanto a ringraziare tutte coloro che hanno recensito:
BellaRiddle51, che non manca un capitolo,
Ginevra1988, che mi ha inondato di recensioni negli ultmi giorni e che sta scrivendo una FF molto bella e delicata su uno dei momenti meno ben caratterizzati nel fandom, quello del periodo immediatamente dopo la battaglia di Hogwarts, "A passi incerti", passateci!
inzaghina, con le sue recensioni attente e gentili
Circe, che mi ha dato un grosso incoraggiamento e che è un'esperta di Bellatrix e Voldemort, passate dalla sua pagina!

Grazie ancora a tutt* coloro che leggeranno!

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Capitolo 14
*** Direzioni diverse ***


14. direzioni diverse

XIV



Arrivò la fine di febbraio e con essa una nuova prova per gli studenti del sesto anno: le date delle prove d'esame di Materializzazione. Durante tutto il mese di dicembre e di gennaio si erano svolte le ore di lezione per gli studenti e ora era giunto il momento di sostenere l'esame. Andromeda non era particolarmente preoccupata: aveva seguito tutte le lezioni, si era esercitata a dovere – anche con Ted, a Hogsmeade, di nascosto – e confidava nel fatto che se ce l'avevano fatta tutti i diciassettenni prima di lei non c'era ragione per cui lei non dovesse farcela.

Chi invece era molto preoccupata, come al solito quando si trattava di esami, era Demetra, che sembrava aver sviluppato una sorta di avversione verso gli esaminatori della Materializzazione, visto che durante le esercitazioni riusciva a eseguire tutte le prove quando gli istruttori non erano nei paraggi, ma andava nel pallone quando si avvicinavano troppo alla sua postazione, con il risultato che per ben tre volte era finita addosso ad altri compagni con suo sommo fastidio.
“Devi darmi un consiglio su una cosa” esordì una sera Demetra rivolta a Yaxley dopo che Andromeda si fu alzata.
“Sentiamo.”
“Temo di non passare l’esame di Materializzazione. Nel senso, io so già materializzarmi benissimo, ma quando i maledetti esaminatori si avvicinano sbaglio qualcosa. È particolarmente irritante perché io non ho mai e dico mai toppato ad un esame.”
“C’è sempre una prima volta per tutto – ridacchiò lui, guadagnandosi una leggera pedata sotto il tavolo – Però non saprei cosa dirti, se non che devi convincerti da sola che lo passerai, dato che sai già materializzarti e la presenza dell’esaminatore è solo un ostacolo formale. Ma se non ne sei convinta tu, è inutile.”
“Ma un sabato che siamo a Hogsmeade non potrei fare qualche prova con te? Andromeda si è esercitata con Tonks di nascosto…” suggerì, arrossendo appena.
“Se hai voglia di infrangere qualche regola basta dirlo! Sai cosa facciamo sabato, ci materializziamo a Edimburgo, da me, così ti faccio vedere qualche posto interessante.”
Demetra a volte trovava i regolamenti di Hogwarts un po’ opprimenti, ma non si sarebbe mai sognata di infrangere le regole, fra cui quella di non allontanarsi da Hogsmeade senza autorizzazione, così deliberatamente.
Yaxley parve intercettare la sua indecisione.
“Come non detto.”
“Cosa hai capito? Stavo solo soppesando pro e contro, perché nessuno sappia nulla e possa dirci nulla – ribatté lei dandosi un tono – Va bene, sabato ci materializziamo a Edimburgo.”

***

Da diverso tempo ormai Andromeda aveva rinunciato a saper qualcosa di più sulla relazione fra Demetra e Yaxley, ma il sesto senso le diceva che quella storia non portava nulla di buono e solo dopo averci rimuginato qualche sera giunse a dare un nome alla sua preoccupazione: era quel ragazzo, più che i suoi fratelli già Mangiamorte o le continue provocazioni e discussioni di Lucius e Nicholas, che avrebbe potuto far pendere Demetra verso quel mondo oscuro, perché Andromeda sapeva che Demetra era fondamentalmente buona, sebbene ambiziosa e determinata, ma anche che aveva sempre avuto un segreto e mai risolto complesso di inferiorità nei confronti dei fratelli. Magari adesso Demetra non lo dava più a vedere, dopo i successi scolastici e gli elogi e i regali ricevuti dal padre e tutta l’autorevolezza di cui godeva a Serpeverde, ma dentro di lei c’era ancora quel pungolo, Andromeda ne era certa, e quel Yaxley con tutte le sua chiacchiere sul potere di dominare la mente e la brama di andare a caccia di oggetti d’arte oscuri non potevano che influenzare Demetra facendo leva proprio su quello che ancora aveva dentro di sé. Andromeda ne aveva parlato una volta anche con Ted, e sorprendentemente lui quella volta si era mostrato scettico, sostenendo che se Demetra non diventava Mangiamorte  tanto meglio, ma anche che le parole avevano un peso e per lui era chiarissimo da che parte stava la sua amica. Sulle prime Andromeda si era opposta alla visione di Ted, ma a ben vedere Ted parlava così perché non la conosceva personalmente e l’aveva sempre vista dall’esterno, tale e quale a tutti i Serpeverde purosangue che si comportavano allo stesso modo da sempre. No, pensava Andromeda, doveva parlare lei sola con Demetra e cercare di metterla in guardia, senza forzarla, ma anche cercando di fare appello alla sua bontà di fondo e ragionevolezza.
Una sera decise di affrontare la questione di petto, appena prima che arrivasse Yaxley al tavolo.
“Quest’anno la scuola è meno stancante direi, almeno non abbiamo esami da delirio come anno scorso, abbiamo solo la Materializzazione!” iniziò Andromeda, partendo da lontano.
“Sì, è vero, le lezioni sono meno impegnative, ma un esame è sempre un esame! E a me Materializzazione un po’ preoccupa.”
“Dai, Dem, sai materializzarti senza problemi! Hai solo l’ansia da prestazione come sempre, devi solo convincerti che ci riesci anche davanti agli esaminatori.”
“Hai ragione, tra l’altro, è la stessa cosa che ha detto Corban.”
Perfetto, pensò Andromeda.
“Già, come sta andando? Se non sono indiscreta…”
“Oh, macché indiscreta. No, tutto tranquillo, lui non è Ted ma d’altronde io non sono te, quindi…” e fece spallucce per far cadere il discorso.
Ma Andromeda non volle rinunciare, punta sul vivo.
“Cosa vorresti dire, scusa?”
“Oh, andiamo, lo sai, no? Lui non è certo innamorato come Ted, ma almeno noi abbiamo abbastanza in comune da poter fare qualcosa insieme. Per il futuro, chissà, di sicuro io non mi metterò a fare bravate di alcun genere, perché devo restare con le mani libere” rispose Demetra scaldandosi un po’.
“E allora vorresti dire che io ho fatto una bravata quindi?” ribatté Andromeda sgranando gli occhi.
“Dai, non cercare di giustificarti, Dromeda, ormai…”
“Ah beh, certo io non ho nulla di cui giustificarmi!” la interruppe subito Andromeda.
“Lo sai benissimo di aver montato su un casino per il tuo fidanzato e aver rotto con la tua famiglia, che ti piaccia o no, certe cose non si riparano. Te l’ho sempre detto, per il tuo bene, di fare attenzione, eppure…”
“Ah quindi tu sostieni di esserti sempre preoccupata per me?”
“Non lo sostengo, è un fatto!”
“Dem, io lo so che tu mi hai aiutato, ma a volte penso che tu abbia molto più prosciutto sugli occhi e sulle orecchie di quanto vuoi far credere! E io mi rifiuto di pensare che non ti stia accorgendo anche tu di che soggetto è quello lì e cosa finirà per fare, come tutti quegli altri!”
Demetra si infuriò.
“Ah, davvero? Allora, aprimi gli occhi, sentiamo!”
“Quello diventerà un Mangiamorte come i tuoi fratelli! Non fate altro che studiare roba oscura e tu non puoi far finta che nulla succeda là fuori!”
“So benissimo cosa succede là fuori!”
“E ti sta bene?”
“Non ho mai detto che mi sta bene!”
“Ma assecondi i discorsi di Lucius e tutti gli altri! Se non ti stanno bene, fai qualcosa!”
“Come al solito tu non cogli le sfumature, Andromeda, e vedi tutto bianco o nero come i tuoi amici Grifondoro e Tassorosso. Uccidere è sbagliato, ma non venirmi a dire che il nostro stato di sangue non conta niente e tutti quei Nati Babbani sono esattamente come noi!”
“No, infatti. Alcuni sono migliori” e si alzò, proprio mentre Yaxley si avvicinava.

***

La discussione con Andromeda aveva lasciato Demetra in preda ad un’evidente irritazione, ma era già giovedì e tutto sommato non fu difficile far passare la giornata di venerdì, con la testa rivolta al sabato, quando sarebbe finalmente uscita dal castello e per la prima volta avrebbe addirittura disobbedito al regolamento che imponeva di non allontanarsi da Hogsmeade.
Quando quella sera, il primo sabato di marzo, Demetra rientrò in dormitorio per darsi una sistemata prima di scendere a cena c’era solo Clementina Higgs che si stava asciugando i ricci scuri facendo uscire aria calda dalla bacchetta.
“State bene insieme, comunque” fece a un tratto la compagna Serpeverde.
“Grazie, Clem, la tua opinione è importantissima a riguardo” ribatté Demetra sarcastica, anche se era tornata di buon umore e tutto sommato la battuta non le aveva dato fastidio.
“Invece non so Nicholas cosa ci trovi in Miranda Selwyn – proseguì Clementina Higgs – Cioè, in un certo senso lo so: lei è praticamente come te, ma non è te e per lui è sufficiente.”
Demetra si voltò verso la compagna, con interesse.
“Cosa vorresti dire?”
“Beh, lui aveva un’infatuazione per Andromeda, ma dentro di sé è sempre stato fedele a te, alla sua miglior amica, solo che non l’ha mai ammesso con se stesso, e ora proietta su una persona dal carattere simile il suo desiderio. Nulla di male, per carità, ma avrebbe anche potuto guardarsi intorno e vedere che c’erano altre che potevano renderlo felice.”
“Tu leggi troppo la posta del cuore del Settimanale delle Streghe, Clem.”
“Forse. Di sicuro una volta fuori di qui cercherò di farmi assumere al giornale, non vedo l’ora!”
“Di cosa non vedi l’ora?” chiese Andromeda, entrata improvvisamente in dormitorio.
“Di spiegare ai lettori quanto siano indegni i Nati Babbani, per esempio” rispose la Serpeverde con un ghigno.
Andromeda aveva già estratto la bacchetta, ma Demetra evocò uno scudo con un incantesimo non verbale fra le due.
“Clementina, fuori di qui prima che come Prefetto debba intervenire!”
La ragazza rise di gusto e uscì.
“Avresti dovuto lasciare che la schiantassi – cominciò Andromeda – Anche se ormai anche a te delle regole non importa più molto a quanto pare.”
“Cosa vorresti dire?” chiese Demetra, irrigidendosi e ritornando istantaneamente alla discussione di poche sere prima.
“So cosa avete fatto oggi. Vi siete smaterializzati fuori da Hogsmeade, contro tutti i tuoi cari regolamenti. Potevi metterti nei guai! – cantilenò Andromeda con lo stesso tono che di solito usava Demetra per disapprovare il fatto che con Ted si allontanasse dal villaggio – Le regole non sono a senso unico, anche se sembra che tu stia iniziando a fare un sacco di eccezioni per i tuoi simili.”
Demetra era livida.
“Senti chi parla! Come Prefetto ho sempre sorvolato sul fatto di sapere che ti allontanavi con Tonks e ora tu sei qui a farmi la morale! Il mondo si capovolge! Sono io che ti ho coperto e difeso decine e decine di volte dopo tutto quello che hai combinato con quel Tonks, un po’ di elasticità e di riconoscenza da parte tua sarebbe il minimo!”
Demetra un po’ lo pensava davvero, un po’ sapeva che era il tasto giusto da toccare per colpire Andromeda, un po’ era solo arrabbiata anche per la sera precedente.
“Certo. Adesso ho capito che tu sei come tutti gli altri, in fondo.”
Demetra non rispose nulla, perché sapeva che le parole di Andromeda suonavano un po’ troppo vere per essere smentite con una battuta, così infilò la porta e si diresse di corsa a cena.

***

Nei giorni seguenti non si parlarono molto e presto divenne evidente anche agli altri compagni Serpeverde che tra le due amiche per la pelle era successo qualcosa, nonostante i ripetuti tentativi di Demetra di riavvicinarsi, che però Andromeda aveva respinto, liquidando le intenzioni dell’amica come un mero tentativo di salvare le apparenze, privo di sincerità.
Demetra sapeva che Andromeda non aveva tutti i torti: salvare le apparenze era necessario, ma non si trattava solo di quello, perché lei voleva davvero avere di nuovo Andromeda dalla sua parte e l’orgoglio dell’amica non faceva che peggiorare la situazione.
Alla fine, dopo qualche settimana, Andromeda non si faceva più scrupoli nel sedere accanto alle compagne delle altre Case durante le lezioni in comune e Demetra doveva accontentarsi della compagnia di Nicholas durante le lezioni e di quella di Yaxley la sera in sala comune, il quale sembrava trovare la situazione molto divertente.
Erano usciti altre volte, smaterializzandosi da Hogsmeade, come avevano saputo che molti altri facevano, e andavano ogni volta a Edimburgo, a volte in un pub del quartiere magico della città, a volte proprio a casa di lui.
La prima volta Yaxley aveva ironizzato abbondantemente sul fatto che casa sua non fosse grande e ricca e nobiliare come la casa dei Lestrange a Londra o il pallido e maestoso Manor dei Malfoy. In effetti, la dimora della famiglia Yaxley era tutta costruita in verticale e si sviluppava tutta in una torretta antica del centro storico della città, con l’entrata nascosta ai Babbani su di una parete coperta di edera in un rudere privo di insegne per i turisti. Nell’insieme l’ambiente era caldo e accogliente, ma le stanze erano strette e di gran lunga lontane dagli ampi spazi e dai soffitti alti in cui Demetra aveva sempre vissuto.
“Lo so cosa stai pensando, anche senza Legilimanzia. Tu non ti abbasseresti mai a venire a vivere qui.”
Demetra arrossì appena.
“Che ne sai? Finché non me lo chiedi non saprai la risposta – rispose senza pensare troppo – Intanto potremmo unire le collezioni di oggetti oscuri” continuò, avvicinandosi a uno strano soprammobile, una sorta di calamaio da cui una piuma nera legata alla base si intingeva da sola per poi scrivere sulla pergamena sottostante parole in una lingua sconosciuta, che si cancellavano da sole immediatamente.
“Mi sembra un’ottima idea.”
Poi non è che tutte le volte parlassero molto, e in quelle occasioni Demetra cercava di prendere spunto dai vecchi racconti di Bellatrix, con risultati alterni.
Insomma, alla fine le cose non andavano così male: adesso aveva anche lei qualcuno, aveva passato l’esame di Materializzazione e si godeva la sua posizione di prestigio a scuola e fuori come mai le era capitato prima, compiuti ormai diciassette anni, da strega adulta.
Solo che, ogni volta che ci pensava, doveva ricacciare lontano il pensiero di Andromeda, il pensiero che ormai la stesse perdendo o che l’avesse già persa, e la frustrazione del sentirsi in colpa e non poter fare niente.
Arrivò la fine della scuola, gli esami furono particolarmente facili e nessuna delle due aggiunse nulla al momento di separarsi sul treno.

***

Il nove luglio 1970 ricorreva il primo anniversario del matrimonio di Bellatrix e Rodolphus e la signora Lestrange, d’accordo con la consuocera, aveva organizzato un ricevimento per le due famiglie e per le poche altre famiglie purosangue ammesse alla loro compagnia.
C’era stato un pranzo leggero e raffinato sotto i tendoni in tulle nel giardino di Lestrange Manor e ora le due consuocere stavano commentando la possibilità di avere presto dei nipotini, possibilità che Bellatrix aveva liquidato senza troppa grazia dicendo che prima voleva lavorare alla causa del Signore Oscuro.
Demetra si era presto allontanata da quelle chiacchiere e aveva seguito il padre nelle conversazioni con alcuni funzionari del Ministero. Uno in particolare catturava la sua attenzione, per quello che diceva e per come lo diceva: Bartemius Crouch, il capo dell’Ufficio Auror, che stava affrontando da un anno circa il problema delle violenze causate dai Mangiamorte. Non che a Demetra sfuggisse la contraddizione nella presenza di Crouch in casa di Bellatrix e Rodolphus, ma la verità era che nessuno poteva provare che chi era sospettato di essere un affiliato a Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato lo fosse davvero, perché quelli che erano stati catturati fino ad allora non avevano fatto nomi, o avevano fatto nomi che si erano rivelati falsi, o addirittura alcuni si erano lasciati uccidere dagli Auror, di cui si discuteva l’opportunità di poter usare l’Anatema che Uccide sui criminali durante gli scontri. Suo padre era membro del Wizengamot e diverse leggi degli anni recenti portavano il suo nome, nel campo della regolamentazione delle creature magiche, nel diritto privato fra maghi e nei rapporti coi Goblin della Gringott – che pure non amavano molto suo padre, visto che la legge da lui proposta e approvata solo in parte prevedeva la perdita del diritto dei Goblin sull’oro di un mago e sui manufatti da loro fabbricati in assenza di un erede umano diretto. Inoltre esercitava come avvocato e si era trovato diverse volte a difendere maghi accusati di essere sostenitori del Signore Oscuro, trovandosi spesso di fronte a Crouch, che sosteneva l’accusa, dato che, pur essendo un Auror, aveva una formazione in Magisprudenza e un credito tale al Ministero da consentirgli di vestire anche quel ruolo. Nonostante ciò, suo padre stimava Crouch e, per quel che poteva capire, anche Crouch stimava suo padre, perché, come diceva, il fine ultimo era la giustizia, discernere il vero dal falso, riportare l’equilibrio laddove la prevaricazione di uno aveva causato una disuguaglianza. Su una questione però erano in disaccordo: Crouch sosteneva la necessità di autorizzare ufficialmente gli Auror a usare l’Avada Kedavra sui Mangiamorte, suo padre era contrario perché riteneva che in quanto espressione dello Stato gli Auror non potevano fare proprio uno strumento il cui uso era punito dalla legge stessa che dicevano di difendere. Demetra era d’accordo col padre, sia nella sostanza dell’argomentazione, ma anche per una ragione privata, sebbene né lei né suo padre l’avrebbero mai ammesso: ad essere colpiti in uno scontro con gli Auror potevano essere Rabastan e Rodolphus.
Una sera infatti c’era stata un’accesa discussione fra i fratelli e suo padre, di cui Demetra aveva origliato solo alcuni stralci, prima che l’elfa Binky la scoprisse. Suo padre aveva detto che non aveva nulla in contrario che i due si interessassero di magia oscura, per interesse accademico, per accrescere la collezione di famiglia, come altri membri in passato, e sapeva bene della frustrazione dei maghi purosangue, ridotti numericamente a poche famiglie, schiacciati da un’opinione pubblica e un Ministero chiaramente filo-Babbani, ma fra quello e diventare assassini c’era un abisso che i due non dovevano oltrepassare. Rabastan si era profuso in una difesa sperticata del Signore Oscuro, l’unico che capiva, l’unico che aveva una visione e il potere per tramutarla in realtà, mentre Rodolphus si era limitato a ricordare al padre che ormai erano maghi adulti e sapevano cosa fare della loro vita. Poi si erano entrambi smaterializzati a casa di Rodolphus, dove ormai viveva da ospite fisso anche Rabastan, circostanza sulla quale Demetra aveva sentito anche qualche pettegolezzo circa la natura della relazione di Bellatrix con entrambi i fratelli. Ma la cosa più importante fu che quella sera suo padre si chiuse nello studio ed eseguì un complesso incantesimo che solo lui poteva eseguire in qualità di capofamiglia e padrone della dimora che impediva ai fratelli la materializzazione dentro le mura di casa senza che lui fosse avvertito e li ammettesse. Era la prova che le cose si stavano mettendo male, pensava Demetra, e ancora non sapeva tutto, probabilmente.

***

Il ricevimento finì poco prima dell’ora di cena e tutti gli ospiti se ne erano andati. Le consuocere rientrarono in casa e si salutarono con le solite smancerie che Demetra aveva imparato a sopportare fin da piccolissima, finché finalmente la signora Black, il marito e Narcissa sparirono nel camino. Andromeda non era stata presente, sia perché sua madre non avrebbe permesso a una traditrice del sangue di rovinare la giornata, sia perché Andromeda non sarebbe venuta nemmeno se trascinata a forza.
“Comunque, non te lo avevo ancora detto, Demetra, ma hai fatto bene a prendere le distanze da quella sciagurata – disse sua madre quando i Black se ne erano andati e Bellatrix era già salita al piano di sopra – Con discrezione, senza scenate, ma in maniera inequivocabile. Non si può offendere il sangue così.”
Demetra sapeva cosa doveva rispondere per far cadere lì la conversazione, teneva la mente chiusa e tutto il resto, ma in quel momento un sussulto di ribellione fu più forte di tutto.
“Andromeda ha preso una strada da cui non si torna indietro, ha sputato in faccia a tutto quello che la sua famiglia rappresenta e ha rinnegato il suo sangue, e le conseguenze di ciò sono nell’ordine naturale delle cose per me e per tutti, ma non rinnegherò mai il mio affetto per lei, e se mi cercherà io per lei ci sarò.”
Sua madre la guardò con quello sguardo di sufficienza e alterigia che odiava tanto.
“Sei intelligente e dotata come tuo padre, Demetra, ma sei ancora molto ingenua” disse sprezzante, entrando nel camino prima di lei per tornare a Londra.


***


NdA: ancora un capitolo dove non accade molto, ma si parla molto, e finalmente le due amiche giungono allo scontro, anche se come sempre è la coerente Andromeda a prendere l'iniziativa, mentre Demetra è ancora combattuta fra quello che la lega all'amica e quello che la lega al mondo purosangue da cui proviene... E ce ne vorrà un po' prima che l'affetto privato che ha per Andromeda si tramuti in una scelta di campo, ammesso che la nostra Serpeverde ne sia capace.
Ho visto che il personaggio di Demetra ha riscosso l'interesse di chi ha recensito lo scorso capitolo, inzaghina, Ginevra1988 e Circe, che colgo l'occasione di ringraziare di nuovo, oltre che invitare i lettori silenziosi a passare sulle loro pagine!, per cui sono curiosa del feedback su questo nuovo scontro fra le protagoniste.
Il titolo del capitolo, mi si perdoni l'hipsteria, è da una canzone del Teatro degli Orrori, che non ci incastra granché con la storia, ma forse ci sta un po' di più con la sensazione di inconciliabilità fra le strade che due persone hanno preso, un po' per responsabilità propria, un po' per colpa degli eventi, e la consapevolezza che le cose potevano andare diversamente.

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Capitolo 15
*** Minacce, progetti e dubbi ***


15. minacce, progetti e dubbi

XV



“Siamo stati avventati a Leicester, due notti fa. Gli Auror erano praticamente già sul posto e nel giro di pochissimo hanno rimesso a posto il villaggio” commentò un mago con accento irlandese.

“Si sono fatti beccare perché non avete seguito le istruzioni e avete voluto fare di testa vostra, come sempre.”
“Ehi, Lestrange numero uno, sei troppo giovane per dirmi come si compie un massacro di Mezzosangue coi fiocchi” ribatté un mago dal volto butterato, con lo stesso accento.
“E tu non sei abbastanza vecchio da darmi ordini, Lepricauno numero due.”
Qualche risata catarrosa.
“Silenzio.”
La voce che aveva parlato era appena udibile lungo la tavolata, ma impose il silenzio in un istante.
“Non ho intenzione di perdere tempo in una disamina tediosa di cosa ci ha portato al fallimento due notti fa, perché il punto è uno solo ed è che purtroppo gli Auror si stanno rivelando molto ben addestrati e organizzati, oltre le nostre aspettative. Non sto addossando la colpa di quello che è successo a nessuno di voi, tuttavia… Ho notato anch’io che, effettivamente, i più giovani fra voi non hanno mai fallito nelle missioni che ho loro assegnato e si sono rivelati spesso molto più affidabili ed efficienti dei più anziani del gruppo – nella pausa che seguì, tutti trattennero il fiato, eccetto i fratelli Lestrange e Bellatrix, esplicitamente compiaciuti – Questo è un fatto. Tuttavia, le battaglie non si vincono soltanto con lo slancio della giovinezza e occorre prendersi a volte del tempo, per maturare esperienza strategica, in silenzio.”
Nessuno sapeva cosa l’Oscuro Signore volesse fare, ma tutti avevano capito che si stava preparando un cambio di piani.
“Nel volgere di pochi anni, avremo nuove leve fresche di Hogwarts per la nostra causa, giovani maghi dal sangue puro che hanno maturato proprio durante la loro vita comunitaria a scuola la scelta di difendere il sangue e nettare l’amata Hogwarts dagli indegni che la calpestano. Quelli fra voi che dentro di sé sogghignano al pensiero che maghi e streghe così giovani possano unirsi con successo a noi non comprendono come la loro forza stia proprio nel fatto che essi hanno deciso di sposare la causa proprio dentro le mura di Hogwarts, il luogo da dove un giorno ripartirà la formazione per i maghi dal sangue degno. Inutile dire quale esempio mirabile di ciò sia la nostra Bellatrix.”
Bellatrix Lestrange sorrise compiaciuta e si azzardò a guardare il Signore Oscuro direttamente.
“Tali parole mi riempiono di gioia, mio signore. E non so se ne sono interamente degna.”
“Avrai tempo per dimostrarlo ancora, non temere. Tornando alla questione della controffensiva degli Auror, dobbiamo agire diversamente. Da oggi non ci saranno più spedizioni punitive di gruppo, che se possono portare grande risultato possono anche esporci in gran numero, ma ognuno di voi, in coppia o in tre al massimo, si preoccuperà di stanare singole famiglie di filo-Babbani e Babbani di accompagnamento, dando il via a uno stillicidio di episodi a cui il Ministero non saprà far fronte compattamente. Il capo Auror Crouch pensa e fa agire i suoi uomini secondo lo schema degli scontri di massa, noi colpiremo in maniera diffusa e capillare fino a far perdere loro il controllo della situazione, finché lo stesso Crouch non si renderà preda. Chi di voi riporterà il maggior numero di successi avrà l’onore di levare la bacchetta contro il capo Auror, assieme a me.”

***

Era il primo settembre del 1970 e la Caposcuola Demetra Lestrange aveva appena finito di dare istruzioni ai nuovi Prefetti, nella carrozza a loro riservata dell’Espresso di Hogwarts appena partito. Era stata un’estate abbastanza intensa. Aveva iniziato a studiare Magisprudenza per conto proprio. Le notizie sugli scontri fra Auror e Mangiamorte avevano iniziato a diradarsi, sempre da metà agosto, e gli esponenti del Ministero, Crouch in primis, mostravano un cauto ottimismo circa la distruzione dell’associazione criminale. Tuttavia, non c’erano progressi nella ricerca al capo di tutto, colui che si faceva chiamare Voldemort, e qualche giornalista, presto allontanato dal Profeta, aveva cominciato a suggerire tra le righe che in realtà il Ministero stesse cercando sottobanco un accordo con i criminali per far cessare le violenze. In più, si rincorrevano notizie di attacchi isolati e sparsi a famiglie Babbane e Mezzosangue in tutto il paese, ma erano episodi scollegati l’uno dall’altro e solo rare volte gli assassini erano stati catturati, ma avevano negato fino all’ultimo un’affiliazione ai Mangiamorte.
Demetra aveva sfruttato gli episodi giudiziari per fare pratica forense, per il momento solo come uditore, e non aveva trascurato gli altri esercizi, in primis quello di padroneggiare sempre meglio la sua natura di Animagus. Sapeva che c’era un registro a cui avrebbe dovuto iscriversi, ma fino ad allora non aveva rivelato a nessuno questa sua capacità, inizialmente per il gusto di avere un segreto che nessuno avrebbe svelato, più tardi perché il sesto senso le suggeriva che non era prudente che qualcuno lo sapesse. Si diceva che si sarebbe registrata una volta sicura di saper ben gestire tale magia, ma dentro di sé sapeva che non l’avrebbe fatto, nonostante questo in effetti si configurasse come una disobbedienza alla legge. Ma la legge si può interpretare in più modi, aveva letto da qualche parte.
Arrivati a Hogwarts si preoccupò come gli anni precedenti degli orari e dei turni dei Prefetti e raggiunse presto dopo la cena il dormitorio. Il baule era già lì, come sempre, quando un dettaglio del lucchetto attirò la sua attenzione. Nello spazio fra i passanti del lucchetto era stato inserito un pezzo di pergamena ripiegato alla meglio.
Incantum revelio!
L’assenza di reazioni la indusse a prendere il biglietto e leggere.
Mi ha detto un uccellino che in realtà mi vuoi ancora bene. Avrei voluto scriverti subito, quest’estate dopo l’anniversario, ma ora a casa sorvegliano la mia posta, e anche qui Narcissa mi tiene d’occhio. Troviamo il modo di parlare, in un momento in cui anche in dormitorio non c’è nessuno.
Demetra sorrise appena, gli occhi scuri vagamente lucidi.
Apprezzava l’importanza che ora Andromeda dava alla discrezione e capì subito che se ora addirittura i Black sorvegliavano la posta della figlia la situazione era sul punto di precipitare, ma lei era Demetra Lestrange, la Caposcuola, la più autorevole della sua Casa e sul suo nome nessuno avrebbe osato critiche aperte.
Era il momento di passare dalle parole ai fatti.
Incenerì il biglietto e si diresse in sala comune, in cerca di Andromeda.

***

“So che te l’ho già chiesto, ma sei davvero sicura di restare qui, per tutte le vacanze?”
“Certo che sono sicura. Hogwarts è di gran lunga meglio di Grimmauld Place per me adesso, e nessuno può dirmi niente dato che ho già diciassette anni da un bel pezzo – ripose Andromeda, aiutando l’amica a sistemare il baule per le vacanze natalizie – Ted e gli altri verranno a trovarmi e sarà il momento giusto anche per cominciare a organizzare una sistemazione per dopo.”
“Già, per dopo. Sappi che puoi contare sul mio aiuto: dall’anno scorso ho la piena disponibilità della camera storica alla Gringott e mia madre non può dire nulla su come impiego il denaro adesso, per cui non esitare…”
“Dem, non ho intenzione di chiederti soldi, né ora né mai, e ti prego di non dirlo più.”
Andromeda sapeva che Demetra voleva aiutarla veramente e anche quel continuo parlare di denaro non nascondeva nessuna carità, ma un interesse sincero.
Parlarsi di nuovo dopo molti mesi non era stato facile, ma quando d’estate aveva saputo, tramite Narcissa a cui a sua volta aveva parlato Bellatrix, che Demetra aveva difeso la loro amicizia davanti a sua madre, aveva sentito il cuore riempirsi di gioia e il desiderio di far tornare indietro i mesi e far tornare tutto come prima. Solo che a casa avevano cominciato a sorvegliare la sua posta, convinti com’erano tutti nella loro follia che se non avesse avuto più contatti con Ted prima o poi si sarebbe rassegnata a rinunciare a lui e avrebbe cominciato a pensare a qualcos’altro. Ricominciare la scuola era stato una liberazione, perché significava quantomeno che nei fine settimana avrebbe potuto vedere Ted liberamente, senza farsi seguire da Narcissa o da nessun altro. Sapeva che smaterializzarsi dal villaggio non solo era vietato dai regolamenti, ma anche pericoloso, vista la situazione, ma aveva sempre avuto la sensazione che Silente stesso sapesse che alcuni studenti maggiorenni, per ragioni diverse, a volte si allontanavano e forse non era un caso che non le fosse mai arrivato un richiamo da nessuno.
Così il primo settembre era riuscita a lasciare il biglietto sul baule e Demetra non l’aveva delusa. Una delle cose che più le aveva fatto piacere era stato che Demetra non si faceva nessun problema a farsi vedere con lei, esattamente come prima che si allontanassero, e, per la prima volta in vita sua, sembrava fregarsene di quello che i compagni bisbigliavano dietro. Una volta Parkinson le aveva addirittura detto che era matta a stare ancora con una tale traditrice del sangue.
“Puoi ripeterlo?” gli aveva detto Demetra.
Parkinson aveva aperto bocca di nuovo ma si accorse con orrore di non riuscire più ad emettere suoni.
Non si era accorto della fattura non verbale con cui era stato colpito.
“Io sono una Lestrange e posso fare quello che voglio. Mentre tu, Parkinson, devi imparare a tacere.”
Andromeda non aveva trattenuto un brivido. Ovviamente era contenta che Demetra fosse di nuovo dalla sua parte, e quell’episodio aveva ammutolito tutte le chiacchiere su di loro, ma quei metodi erano fin troppo simili a quelli che avrebbe usato Bellatrix. Inoltre Demetra era molto cambiata nei mesi in cui non si erano parlate, e non solo perché adesso non perdeva occasione per vestirsi in maniera elegante, sempre in nero, da strega adulta, come da sempre vedeva fare a sua madre e da anni faceva Bellatrix. Non nascondeva di interessarsi di magia oscura, soprattutto di pozioni e trasfigurazioni che potevano confondere e manipolare la mente in maniera meno esplicita della Maledizione Imperius oppure simulare luoghi e oggetti falsi nella percezione sensoriale del nemico. Stava sempre con quel Yaxley e non si sarebbe stupita se presto si fosse parlato di un fidanzamento ufficiale, anche se le volte che ne avevano parlato Demetra aveva sempre escluso categoricamente la possibilità di sposarsi.
A sposarsi invece ci avrebbe pensato lei, quell’estate stessa. Con Ted avevano deciso sull’onda del matrimonio durante l’estate precedente di Molly Prewett, i cui fratelli Fabian e Gideon stavano ultimando con Ted l’accademia per Auror ed erano impegnatissimi nella lotta contro i Mangiamorte. Altri amici di Ted non erano Auror ma erano apertamente contro i seguaci del Signore Oscuro e mostravano quello che Ted le aveva detto tanto tempo prima: non tutti i purosangue sono dei fanatici razzisti. Le prime volte alcuni erano stati un po’ diffidenti verso di lei, a causa del nome che portava, ma presto la freddezza si era tramutata in interesse e premura nei suoi confronti e adesso poteva ben dire di aver trovato un’altra famiglia.
Quello che mancava erano i dettagli pratici: trovare una sistemazione per lei e Ted una volta che se ne fosse andata di casa, un posto tranquillo ma non troppo remoto, con un po’ di spazio per fare una tranquilla festa di matrimonio e poi, chissà, per allargare la famiglia.
Un finesettimana in cui era potuta andare ad Hogsmeade Ted l’aveva portata a vedere quella che secondo lui poteva essere la casa giusta, una piccola casa con un giardino abbastanza grande, vicino alle abitazioni di altre famiglie magiche, al limitare di un piccolo villaggio Babbano in Suffolk. Era tutto un altro mondo rispetto a Grimmauld Place, ma con le dovute modifiche poteva diventare davvero un bel posto per costruire il futuro.
“Allora, che ne dici? Ho anche indagato un po’ sui vicini di casa, sai, in qualità di Auror, e mi sembrano persone a posto” disse Ted.
“Non è male. È diverso, ecco, da come…”
“Da villa Black? Beh, certo, ma potrai portare qui tutto quello che vuoi da casa tua, arredare come più ti piace e rendere questo posto tuo come più desideri. Io ti voglio vedere felice e farò di tutto per far sì che tu lo sia.”
“Ted, non dire così! Io sono già felice quando sono con te!”
“Ma io so che tu stai lasciando la tua famiglia per me, ci penso ogni giorno e so quanto questo passo è difficile per te.”
“Lo so. Ma adesso non parliamone più, parliamo della nostra nuova casa e delle piante che pianteremo in giardino e di tutte le foto di noi che appenderemo alle pareti!”
Si baciarono a lungo e poi risero del fatto che nessuno dei due era stato in grado di evocare una macchina fotografica per farsi una foto per immortalare quel momento.
Tornarono altre volte, nei finesettimana, a sistemare casa, e Andromeda scoprì non solo di essere molto dotata negli incantesimi domestici e di piccole riparazioni, ma anche che Ted, con ottimi voti a scuola, promettente Auror e con un ottimo senso dell’orientamento, non lo era per niente, al punto che, al terzo vaso di terracotta rotto con spandimento massivo di concime di drago, Andromeda aveva impedito a Ted di aiutarla, tra le risate di entrambi.
“Non sapevo che tu fossi così disadatto nei lavori domestici! Come fai a inseguire maghi oscuri se inciampi in ogni vaso del giardino? Mi devo preoccupare?” chiese Andromeda un pomeriggio tenendosi la pancia dal ridere mentre Ted si rialzava tutto impolverato dopo l’ennesimo incidente.
“Non è la stessa cosa! Una cosa è il lavoro, una cosa è fuori! E comunque le esercitazioni di pedinamento per me sono state un tormento!” ribatté lui imbronciato.
Stesi sul letto, in mezzo al disordine della camera ancora da sistemare, quel pomeriggio di aprile già caldo e promettente, Andromeda pensava che nonostante tutto la vita era proprio bella e che non aveva paura di dirlo, così come non aveva paura del futuro.
“Non abbiamo ancora deciso la data esatta per il matrimonio, però – disse ad un certo punto Andromeda – Sai quando potremmo farlo: il nove luglio.”
“Pensavo volessi fare a giugno. Perché il nove luglio?”
“Perché è il giorno in cui si è sposata mia sorella. Ho odiato con tutta me stessa quel giorno, ne ho un ricordo orribile, e adesso vorrei trasformare quella data in una data felice. La notte io me ne andrò di casa, verrò da te e la mattina ci sposeremo. Faremo una piccola festa il pomeriggio e tutti si ricorderanno che il nove luglio Andromeda Black ha sposato Ted Tonks. Sarebbe perfetto.”
“E allora sarà perfetto, proprio così.”

***

“Ti vedo pensierosa, Demetra. Qualcosa non va? Sei già in pensiero per gli esami?” chiese Arminius Lestrange.
“Sì, gli esami, insomma, sono i M.A.G.O., so che devo impegnarmi, solo che a volte sono distratta… Penso a Rabastan e Rodolphus, penso che… – Demetra fece una pausa, temendo di parlare di un argomento non consentito – Insomma, ho come l’impressione che le cose fra te e la mamma non stiano andando bene come un po’ di tempo fa.”
“Sì, le cose non stanno andando bene come un po’ di tempo fa, ma io cerco di fare del mio meglio per non peggiorare la situazione. Non devi sentirti assolutamente in colpa per questo, tu non c’entri niente e devi essere orgogliosa di te stessa, perché io lo sono. Quanto ai tuoi fratelli, beh, io personalmente avrei voluto che a suo tempo scegliessero la strada nobile della tradizione della nostra famiglia, come tu stai facendo… Ma hanno scelto di servire una causa leggermente diversa, e io non posso fare nulla.”
Demetra si trattenne dal cercare di abbracciare suo padre, poiché da tempo le era stato insegnato a non manifestare così apertamente i suoi sentimenti, ma il suo sorriso non lasciava dubbi.
Per il giorno di Pasqua, quell’anno, sua madre aveva invitato a pranzo Rodolphus e Bellatrix, circostanza che Demetra avrebbe volentieri evitato. Seduta accanto a suo padre, dalla parte opposta di Bellatrix che continuava a tessere le lodi del Signore Oscuro a sua madre, Demetra era quasi riuscita ad estraniarsi dalla conversazione, notando che anche suo padre sembrava fare lo stesso.
“Però non sento ancora parlare di nipotini, Bellatrix – stava appunto dicendo sua madre – Se Rabastan non si decide a trovare una brava strega degna di lui, c’è il rischio che Demetra vi batta sul tempo, se come mi dici ha davvero un amichetto.”
Demetra si volse subito verso le due, con aria truce. I suoi non sapevano di Yaxley e non voleva certo che arrivassero loro cose malevole e false da parte di Bellatrix.
“Con Corban Yaxley ci frequentiamo, ma non ho nessuna intenzione di sposarlo” ribatté subito.
“Yaxley? Sono scozzesi, mi sa che il nonno su a Edimburgo li conosce” commentò Rabastan, interessato.
“Non conta che tu non vuoi sposarlo, ma che lui forse non vuole sposare te. Poverino, bisogna capirlo, se lo facesse, con te diventerebbe il signor Lestrange, e non tu la signora Yaxley” commentò sarcastico Rodolphus, guadagnandosi le risate delle due donne.
Demetra era livida e dovette impegnarsi molto per non permettere che tutte le finestre e tutta la cristalleria della stanza esplodessero.
“Non so cosa pensi lui a riguardo, ma il matrimonio è solo un errore e di sicuro non sarò io a farlo” ribatté Demetra.
“Il matrimonio fra maghi dal sangue puro non è mai un errore! Stavamo solo scherzando!” disse sua madre risentita.
“Magari Demetra ha solo intuito che talvolta, nella vita, il matrimonio può essere un errore” intervenne suo padre, a voce bassa, ma riportando il silenzio fra i commensali.
“Vorresti dire allora che anche il nostro matrimonio è sbagliato?” disse Rodolphus, rigido.
“No, figliolo, quello fra te e Bellatrix è di sicuro il matrimonio più azzeccato che io e tua madre possiamo ricordare di aver mai visto” rispose suo padre, guardando negli occhi la moglie, gelido.
Nessuno disse nient’altro e nel silenzio che era calato apparve il dessert preparato dall’elfa Binky.
Quella sera, dopo che i fratelli e Bellatrix se ne furono andati, Demetra si trovò di nuovo faccia a faccia con suo padre.
“Avrei voluto però sapere da te personalmente di questo ragazzo” disse in tono neutro.
Demetra si sentì in colpa e non riuscì a non abbassare lo sguardo.
“Come ho detto, con Corban ci frequentiamo e non c’è nulla di ufficiale all’orizzonte. Abbiamo interessi in comune, andiamo d’accordo, ma, ripeto, non c’è un fidanzamento ufficiale e tutte quelle robe lì all’orizzonte. D'altronde, già sapevate che uscivo con qualcuno, ma proprio perché non c’è nulla di ufficiale non ritenevo fosse il caso di parlarne ulteriormente.”
Suo padre non disse nulla e lei si sentì in diritto di proseguire.
“Mi è stato fatto capire da tempo che io rappresento per tutti i miei coetanei purosangue soltanto un enorme sacco di galeoni – disse citando parole testuali di sua madre – E non farò l’errore di illudermi che qualcuno tenga a me solo perché temo il disonore di rimanere sola.”
In quell’istante, un lampo d’ira parve passare sul volto si suo padre.
“Come ho fatto io.”
Demetra indietreggiò di un passo, mordendosi il labbro.
“Non volevo dire questo” ribatté subito.
“No, infatti l’ho detto io. Tu non farai il mio stesso errore, o almeno, io te lo auguro. Anche se, vedi, se io non l’avessi fatto, adesso non saremmo qui a parlarne.”
Demetra non seppe cosa dire, ancora una volta.
“Pensaci su, ma pensaci con la tua testa. È la cosa più importante, sempre.”


***


NdA:  nuovo capitolo! Anche qua non succede molto, ma ho provato intanto a immaginare una riunione di Mangiamorte, quando ancora una parte consistente del gruppo era formata da maghi più "old" rispetto a quelli che conosciamo e forse Voldemort stesso non era molto certo della strategia migliore.
E poi Andromeda e Demetra si riavvicinano, ma la domanda è: quanto durerà? Devo ammettere che non sono convintissima del capitolo, perché in parte mi sembra un po' affrettato, e non so se sono riuscita a rendere l'idea di una Demetra che pensa e si illude di poter fare entrambe le cose, stare accanto alla sua amica e continuare ad essere temuta e rispettata fra i compagni purosangue. Attendo un feedback e ringrazio ancora tutt+ coloro che leggono e recensiscono!

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Capitolo 16
*** L'altro matrimonio ***


16. l'altro matrimonio

XVI



Andromeda aveva preparato e ripassato nella sua testa tutti i passi della sua fuga. Si era esercitata molto con l’incantesimo per espandere lo spazio del baule in modo che contenesse tutto ciò che aveva intenzione di portare con sé: i suoi abiti sia da inverno che da estate, diversi libri, tutto quanto aveva avuto con sé a Hogwarts. Ogni sera, dal rientro a casa dopo gli esami, quando tutti dormivano, riprovava l’incantesimo e ripassava il piano. Sapeva che le sue mosse erano sotto osservazione, poiché non aveva mai nascosto l’intenzione di andarsene, ma aveva cercato di confondere tutti quanti in casa proprio non facendo niente, non dando l’impressione di voler partire subito, lasciando le cose in disordine come sempre le era stato rimproverato che faceva. Adesso l’ora era giunta: un paio d’ore prima dell’alba del nove luglio 1971 si sarebbe alzata, vestita, avrebbe raccolto tutto quanto nel baule con un colpo di bacchetta e sarebbe uscita dalla porta principale, dall’ingresso di casa, per raggiungere Ted che l’aspettava immediatamente fuori. In quella notte chiara e senza un filo di vento, Andromeda pronta a partire si guardò per l’ultima volta allo specchio, in quell’antico specchio dalla cornice pesante che sempre aveva avuto in camera, dono della prozia Cassiopea di tanti anni fa, e vide la donna che era diventata. Una donna che stava consumando uno strappo irreparabile con le sue radici, ma che sapeva di stare facendo la cosa giusta, pronta ad assumersene tutti i rischi e le conseguenze.
Non c’era più tempo per fare le cose con molta discrezione.

***

Il matrimonio di Andromeda Black fu diverso da come chiunque, lei compresa, se lo era immaginato. Dopo essersi materializzata con Ted nella nuova casa, non aveva potuto trattenersi dallo scoppiare in un pianto liberatorio.
“Iniziamo bene!” aveva detto Ted tenendola tra le braccia e accarezzandole dolcemente i capelli.
Poi si era ripresa ed avevano iniziato i preparativi.
Erano arrivati alcuni ex-compagni di Ted e alcune ragazze Tassorosso del suo anno e insieme avevano sistemato un tendone nel giardino, un bel tavolo col cibo che la madre di Ted aveva fatto arrivare per l’occasione e poi Andromeda era salita in camera a prepararsi.
Era tutto molto strano, tutto diversissimo da come da bambina aveva immaginato il suo matrimonio, ma anche tutto molto elettrizzante e avventuroso. Aveva un abito semplice, poco costoso, che aveva comprato durante una delle ultime uscite a Hogsmeade, nulla di paragonabile allo sfarzo su misura che aveva visto due anni prima al matrimonio di Bellatrix. I suoi unici gioielli erano i regali che aveva ricevuto per i compleanni prima dei sedici anni e dai quali non si era sentita di separarsi. Il giardino era addobbato in maniera altrettanto semplice e doveva ricordarsi di ringraziare ancora una volta la mamma di Ted per l’aiuto col cibo per gli ospiti. Anche gli ospiti erano pochi ma buoni: i genitori di Ted, i suoi compagni di accademia Auror, alcuni ex-compagni di scuola. Lei aveva invitato alcune compagne Tassorosso e Demetra, ma non sapeva se la sua amica sarebbe venuta. Le aveva parlato una delle ultime sere a scuola, subito dopo gli esami, dandole tutte le spiegazioni per arrivare alla casa in Suffolk.
“Sarebbe importante che tu ci fossi” aveva detto, senza tanti giri di parole, perché era la verità. Nonostante tutto, Demetra, in fondo, era diversa da tutti gli altri compagni purosangue, ma in quell’occasione aveva cercato di svicolare, come faceva sempre più spesso.
“Potrei però risultare ospite sgradita a Ted e a tutti gli altri ospiti” aveva commentato.
“Non conta. Tu vieni per me, non per tutti gli altri che ci possono essere.”
Ma Demetra non le aveva risposto nulla e Andromeda sapeva che quello era un momento decisivo, il momento in cui Demetra avrebbe dovuto prendere una posizione e assumersene le conseguenze.
Verso mezzogiorno erano arrivati tutti, compreso l’officiante. La cerimonia iniziò e fu tutto sommato molto veloce. Pochi secondi prima di dirigersi all’altare, Andromeda si guardò intorno.
Di Demetra nemmeno l’ombra, ma si impose di non far trasparire nulla sul suo volto.
Dopo la cerimonia tutti si avventarono sul cibo e lei e Ted iniziarono il giro dei ringraziamenti e delle chiacchiere con gli ospiti. I più festosi di tutti con loro furono Arthur e Molly Weasley, che aspettava un bambino ed era a dir poco radiosa, molto più di come la ricordasse a scuola.
Verso l’ora di cena, i più se ne stavano andando ed era il momento di iniziare a mettere a posto, quando un fruscio al limitare del giardino attirò la sua attenzione. Andromeda estrasse la bacchetta e si avvicinò, ma vide soltanto un gufo spiccare il volo con un topo nel becco.
“Mi dispiace essere arrivata un po’ tardi” disse la voce di Demetra alle sue spalle.
Andromeda si voltò di scatto.
“Tu? Ma quando sei arrivata?”
“Tardi, ti ho detto, ma non così tanto da perdermi il discorso dell’officiante Tipps.”
“No, tu non c’eri durante la funzione, ti ho cercata, ti avrei visto!”
“Oh, beh, ero nascosta bene in mezzo ai gufi che portavano messaggi di auguri” ribatté Demetra col solito tono brillante.
Andromeda rifletté un attimo su quella bizzarra risposta e pensò che era soltanto una delle solite risposte sibilline che l’amica tirava fuori quando non voleva davvero rispondere ad una domanda, ma alla fine era venuta ed era quello che contava.
“Cosa ci fa lei qui?” intervenne Ted.
“Sono venuta al matrimonio della mia migliore amica, Tonks, perché lei mi ha invitato – ribatté Demetra prima che Andromeda potesse intervenire – E, come presentivo, questa è l’accoglienza che mi aspettavo” concluse ironica.
“Dem, dopo tutto quello che è successo è naturale che Ted e gli altri abbiano delle riserve, ma se qualcuno è stato maleducato con te ha sbagliato, perché, come hai detto, tu sei venuta per me” disse Andromeda, rivolta sia a lei che a Ted, come a mettere un punto alla discussione.
Ted annuì e Demetra inarcò con superiorità le sopracciglia.
“Ho anche portato un regalino, una cosa utile – e così dicendo tirò fuori dalle pieghe della veste un piccolo scrigno, apparentemente senza chiave – Questo portagioie è incantato affinché non solo possa contenere molti più oggetti dello spazio che occupa, ma soprattutto affinché solo il legittimo proprietario lo apra, con adeguati sistemi di dissuasione per gli eventuali ladri.”
“Di sicuro è un oggetto oscuro, con sistemi di dissuasione tutt’altro che leciti! Non terremo in casa una cosa del genere!” disse Ted.
Demetra si decise a guardare Ted in faccia, per la prima volta, come a considerare suo malgrado la sua presenza. Aveva sempre avuto questo modo e ad Andromeda non era mai andato giù del tutto.
“Il regalo è per Andromeda, un pensiero per la protezione del suo futuro e di chi lei deciderà che ne farà parte, ed è lei che deciderà se accettarlo. Quanto all’essere un oggetto oscuro, vorrei ricordare all’Auror Tonks che si possono sostenere certe accuse solo se si ritiene di avere le prove, altrimenti si incorre nel reato di diffamazione. Se non sbaglio, i fondamenti del diritto penale sono al primo anno dell’accademia” rispose Demetra gelida.
Ted stava per replicare, bacchetta alla mano, ma Andromeda intervenne.
“Ora basta – disse con durezza, rivolta a entrambi – Io mi fido che Demetra non mi ha regalato un oggetto oscuro e Ted non rimarcherà più cose che non sono vere.”
Demetra guardò Ted con aria di sfida, soddisfatta, e si diresse ad abbracciare l’amica.
Alla fine era venuta, si ripeté Andromeda, ed era quello che contava.

***

Demetra era stata a lungo combattuta se andare o meno al matrimonio di Andromeda. Ovviamente dentro di sé voleva andare, voleva essere presente a quello che per la sua migliore amica era un momento importante, e dimostrarle di esserci, oltre le parole. Ma lo slancio affettivo doveva sempre confrontarsi con le esigenze della realtà: andare alla festa di Andromeda avrebbe significato agli occhi di tutta la comunità purosangue, agli occhi di sua madre, dei suoi fratelli, di Nicholas e di tutti gli altri tollerare, accettare e in certa misura approvare la scelta deleteria di Andromeda, ammettere insomma che una purosangue di rango come lei tutto sommato considerava concepibile e praticabile mescolarsi così strettamente con i Sanguesporco e i loro sostenitori filo-Babbani. Magari agli occhi di molti interlocutori al Ministero non sarebbe stato uno scandalo, forse addirittura una posizione interessante, ma presto i filo-Babbani non sarebbero stati al governo in maniera così netta, poi c’erano i discorsi ambigui e velati dei suoi fratelli e di Bellatrix, ma anche di Nicholas e di Corban sul predominio che il Signore Oscuro avrebbe instaurato presto e sulla posizione di coloro che non avevano preso una posizione consona e infine, nonostante l’affetto per Andromeda, lei stessa non immaginava possibile decidere di condividere così tanto con un Nato Babbano. Il fatto era che per Andromeda aveva sempre fatto un’eccezione, sostenendola perché era sua amica, non perché stimasse né Ted né nessuno dei suoi compagni filo-Babbani, anche se non si sarebbe mai sognata di partecipare a quelle che i suoi fratelli a suo tempo chiamavano “spedizioni punitive” contro i Babbani.
Che fare quindi? Il pensiero la arrovellava così tanto che trovava difficile anche concentrarsi sui testi di Magisprudenza che stava studiando per prepararsi al suo primo dibattimento pubblico. Le cose non possono essere o bianche o nere e basta, pensava. Doveva esserci una via di mezzo, un modo per essere accanto ad Andromeda e salvare le apparenze.
E infatti la via di mezzo c’era e Demetra la trovò pochi giorni prima del fatidico nove luglio, una sera in cui era di nuovo salita in terrazza ad esercitarsi come Animagus.
Poteva trasformarsi in civetta appena materializzatasi nei pressi della nuova casa di Andromeda, assistere in forma di rapace a tutta la cerimonia, senza dare nell’occhio, da un ramo di un albero del giardino, e solo alla fine, quando gran parte degli invitati se ne fossero andati, palesarsi all’amica e parlarle.
Così fece, infatti, e il suo piano andò più o meno come aveva previsto. L’ultimo giorno di scuola Andromeda le aveva spiegato come trovare il villaggio in Suffolk e quale era il punto di ritrovo per le materializzazioni degli ospiti, in una vecchia cabina elettrica ormai dismessa, al limitare dell’abitato.
“Binky, se qualcuno mi cerca, sono uscita e non tornerò prima di sera” disse all’elfa di casa.
“Dove vai? Oggi c’è l’anniversario a villa Black in Galles” fece sua madre sorprendendola sulle scale.
“A farmi un giro” ribatté senza voltarsi.
“Col tuo amichetto scozzese?”
“Con Emmon e Sylla magari” e si smaterializzò.
Sua madre avrebbe scoperto poche ore dopo dalla madre di Andromeda cosa era successo.
A pensarci bene, Andromeda aveva avuto una grande idea ad andarsene di casa e sposarsi proprio il giorno dell’anniversario di Bellatrix. C’era un senso di vendetta agrodolce in quella scelta e Demetra sentì di stare facendo la cosa giusta ad andare al matrimonio.
Una volta là, si era trasformata senza problemi e si era appollaiata al limitare del giardino, mescolandosi a qualche altro gufo che recava messaggi di auguri e qualche pacco regalo. Assisté sonnacchiosamente alla cerimonia dell’officiante Tipps, un vecchio impiegato amministrativo del Ministero, e scroccò un po’ di cibo dai tavoli, nei momenti in cui nessuno guardava e in cui nessuno avrebbe fatto caso ad una civetta che planava a caso sul buffet.
A dire il vero era stato un po’ stancante aspettare che i più se ne fossero andati, ma alla fine aveva trovato un momento propizio per ritornare in forma umana e presentarsi. Andromeda sembrava radiosa ed era una perfetta padrona di casa, nonostante dicesse di odiare quelle formalità. Sembrava anche molto in confidenza con gli amici di Ted, alcuni dei quali Demetra non conosceva nemmeno, e con personaggi come i Weasley – che, se non aveva capito male, aspettavano un figlio.
Si sarebbe diretta subito da Andromeda, che aveva tenuto d’occhio tutto il tempo, ma una volta tornata in forma umana si era trovata di fronte a due amici di Ted, che riconobbe come due Tassorosso di un anno più grandi.
“Cosa ci fai qui, Lestrange?”
Demetra estrasse la bacchetta, istintivamente.
“Andromeda mi ha invitata, sono arrivata solo adesso. Volevo evitare certe compagnie inadeguate” rispose fredda.
“Non è possibile che Andromeda ti abbia voluto qui!”
“Tu non sai niente, Collins. E ora spostati, che devo salutare la sposa.”
Collins estrasse la bacchetta.
“Vuoi attaccarmi, Collins? Sei proprio sicuro? Colpire una persona che ha appena abbassato la bacchetta? A chi credi che crederanno ad un’udienza al Ministero…”
Collins strinse i denti e la lasciò passare.
Poi aveva trovato Andromeda e prima che potesse parlare in pace con lei era arrivato Tonks. Così non riuscì a dirle tutto quello che le voleva dire, tutte le parole che si era preparata, e dirle che le dispiaceva che ora fosse tutto così difficile, ma Tonks si era messo in mezzo e così le aveva lasciato il regalo, un prezioso cofanetto appositamente stregato per proteggere ori e documenti, un oggetto degno del sangue che tuttavia scorreva ancora nelle vene di Andromeda, e se ne era andata, avviandosi a piedi verso il punto dove smaterializzarsi.
Una volta a Londra, salì in terrazza e si trasformò ancora. Fu una cosa istintiva, l’unico modo per impedire alle lacrime di scorrere.
Pur in forma di rapace, con la coscienza lievemente annebbiata, Demetra sentì distintamente una fitta di gelosia. Nonostante si fosse ritrovata la famiglia contro, pochi galeoni in mano e un futuro incerto, Andromeda camminava a testa alta, aveva accanto una persona che l’amava, che non vedeva un sacco di galeoni, ma qualcuno per cui valeva la pena sacrificarsi e con cui costruire qualcosa. Checché ne dicessero Bellatrix e sua madre, era Andromeda che aveva vinto la partita.


***


NdA: finalmente anche Andromeda si sposa! Ho voluto immaginare un matrimonio il più possibile lontano da quello chen potrebb essere un matrimonio "classico", con grandi spese, abiti da festa e un mucchio di persona "invitate perché bisogna", quanto piuttosto una festa casalinga ma molto sentita e con le persone davvero importanti per gli sposi.
E ancora una volta Demetra cerca il compromesso: le dispiace per l'amica, non vuole farsi vedere ma sa dentro di sé quale sia la cosa giusta, ed è ancora dibattuta... ho visto che nelle recensioni il suo personaggio sta interessando alquanto, quindi non posso che esserne soddisfatta. spero di non deleudere le aspettative di chi legge e leggerà a questo punto!

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Capitolo 17
*** Parole d'inverno ***


17. parole d'inverno

XVII



L’inverno del 1971 fu molto freddo. Cominciò a nevicare a fine ottobre e ogni luogo abitato della comunità magica, anche la popolosa e animata Diagon Alley, sembrava avvolto da un’oscurità mai vista prima.
Demetra studiava intensamente Magisprudenza dai testi della biblioteca di famiglia ed aveva sostenuto, uno dei primi giorni di dicembre, il suo primo dibattimento pubblico al Ministero, su un banale caso di furto di legname per scope da corsa, nel quale aveva tuttavia riportato la vittoria per il suo cliente e che quindi le aveva dato una maggiore dose di fiducia circa le sue capacità, guadagnandosi così anche la sincera approvazione di suo padre.
Gli episodi criminosi riconducibili ai Mangiamorte sembravano di nuovo intensificarsi, così come la risposta del Ministero con Crouch e i suoi Auror e Demetra sapeva che prima o poi avrebbe potuto cimentarsi anche in un caso simile in aula. L’attenzione al Ministero era alta, ma aveva notato che in qualche modo in alcuni ambienti si stava facendo spazio una nuova interpretazione del fenomeno: questo Signore Oscuro era davvero un mago di grande potere, ma era pur sempre un uomo, e uomini erano i suoi seguaci, uomini che credevano nella purezza del sangue magico, essenzialmente, dicevano alcuni, una visione certamente estremizzata e portata avanti con violenza, ma sulla quale si poteva in qualche modo ragionare, e vedere se c’era spazio per un ridimensionamento concorde del fenomeno. Magari adeguare la legislazione alle esigenze di una parte della comunità che si sentiva frustrata e minoritaria, punire le violenze, ma sostenere coloro che collaboravano una volta catturati. Trattare, in una parola. A questa corrente di pensiero aderivano alcuni che Demetra sapeva legati al gruppo dei Mangiamorte, ma per il momento insospettabili agli occhi di tutti al Ministero, come lo stesso Corban Yaxley, con cui Demetra continuava a frequentarsi e che in quel momento sembrava lanciato in una promettente carriera all’Ufficio per l’Applicazione della Legge Magica, così come altri al Ministero, soprattutto in posizioni di rilievo come Cornelius Caramell, già membro di punta del Dipartimento delle Catastrofi e degli Incidenti magici, alcuni membri del Wizengamot più giovani e anche la direzione del Profeta, con gli editoriali del giovane direttore Cuffe. Ad essere invece contrario e fermamente convinto della necessità di una reazione dura e senza tentennamenti era il capo Auror Bartemius Crouch e, fuori dal Ministero, più di ogni altro, il Preside Albus Silente, colui che aveva messo fine, personalmente, circa trent’anni prima, alle violenze del mago oscuro svizzero Grindelwald, anch’egli sostenitore della purezza del sangue e tristemente famoso in tutta l’Europa continentale.
Il Ministro, la tiepida e garbata Eugenia Jenkins, in carica già da alcuni anni, sembrava oscillare continuamente fra le due posizioni, avendo dato negli anni passati sostegno alla lotta ai maghi oscuri, ma al momento appariva molto più disponibile a soluzioni diverse. Demetra aveva a suo tempo avuto una certa ammirazione per il Ministro, donna e senza marito e figli al seguito, e tuttavia aveva fatto sue le parole che aveva a suo tempo sentito in casa, e cioè che la Jenkins non avesse il sangue così puro come sarebbe stato auspicabile, ma era di gran lunga meglio di quell’orribile Nato Babbano del Ministro precedente, Nobby Leach.
Di queste cose e del loro futuro politico parlavano spesso con Yaxley quando uscivano insieme.
“Non oso immaginare quando ci troveremo in aula al Ministero, ma da parti opposte, e succederà presto, se potrò discutere un caso grave come il caso della settimana scorsa” disse Demetra continuando a mescolare l’Acquaviola nel bicchiere, ad un tavolo del pub magico Il Velo di Edimburgo.
“Ammetto che la cosa avrebbe i suoi lati divertenti, ma spero proprio che non mi assegnino casi da dibattimento. Preferisco lavorare ai documenti e alla stesura dei testi legislativi, o semmai essere nelle commissioni giudicanti” rispose lui.
“Sei uscito da Hogwarts da solo un anno, non ti metteranno mai nelle commissioni – ribatté Demetra, dandosi arie da esperta – Per quanto tu sia bravo e tu sappia anche leggere oltre le parole dette, ne hai di strada da fare prima di salire ad una commissione.”
“Parli bene tu che non hai bisogno di lavorare e non hai nessuna competizione da sostenere!” ribatté lui, tuttavia divertito.
“Lo sanno tutti che non ho bisogno di lavorare, che c’entra, ma questo non mi esenta dall’essere preparata e presente – rispose subito Demetra, piccata – Se vuoi, comunque, mio padre è in buoni rapporti con Crouch e anche con il Ministro può avere un colloquio senza passare dalla segreteria, quindi se vuoi una buona parola…” concluse allusiva.
“No, non posso accettare un simile affronto alla mia dignità! – ribatté lui fingendosi offeso – Tutti direbbero che sono solo un raccomandato perché sto assieme alla figlia dell’onorevole signor Lestrange!”
“E quando mai ti è importato qualcosa dell’opinione altrui per i tuoi scopi? E comunque non ci sarebbe nessun conflitto di interesse dimostrabile, non siamo mica sposati!”
“Basta con questa storia del matrimonio che tiri sempre fuori, l’ho capito che tu non vuoi dover mantenere un marito con i tuoi galeoni, non ci faccio certo affidamento.”
“È una proposta, Corban?” chiese Demetra, ironica, ma fino a un certo punto.
“Assolutamente no, perché non accetterei un rifiuto” rispose lui, senza scomporsi.
Demetra incassò la risposta, ma non aveva intenzione di lasciargli l’ultima parola.
“Facciamo così, tu diventa Ministro della Magia e ne riparliamo.”

***

Fuori nevicava già da un po’, ma in casa Tonks un bel caminetto acceso e il profumo delle polpette di zucca tenevano lontani freddo e oscurità.
Andromeda si era dovuta ricredere su se stessa e sulla propria capacità di vivere da sola, lontano dall’agio e dalla comodità in cui era cresciuta. Una delle cose che più la preoccupavano all’inizio e di cui aveva parlato più spesso con Ted era il timore di non essere capace di cucinare e gestire una casa, dal momento che nessuno le aveva mai detto di fare o fatto fare alcunché, perché tanto c’erano sempre gli elfi domestici a sbrigare tutte le faccende. Ted ogni volta rideva e pensava fosse una preoccupazione assurda, visto che durante le occasioni in cui andavano a sistemare casa era lei quella capace di aggiustare e sistemare tutto con la bacchetta, a differenza sua. Ma per Andromeda era una cosa ben più seria: essere in grado di gestire la casa era per lei la prova che le avrebbe dimostrato di essere davvero indipendente e solo dopo qualche mese si era convinta che sì, lei ce la faceva alla grande. Ted poi era sempre entusiasta dei suoi esperimenti culinari, forse anche troppo, e dopo alcuni episodi estivi con esplosione di pentole lei gli aveva proibito di aiutarla in cucina.
Adesso però c’era una nuova questione che le si affacciava in testa sempre più spesso: avrebbe voluto fare qualcosa, lavorare in qualche modo e contribuire economicamente. Ted aveva lo stipendio del Ministero come Auror e facendo due conti era sufficiente stare attenti alle spese superflue, considerando che la casa non era costata molto – dato che ora nessuna famiglia magica voleva più vivere troppo vicino ai Babbani visti gli episodi di aggressioni. Non che le mancasse il tenore di vita di Grimmauld Place, perché alla fine la differenza essenziale per le abitudini di vita quotidiana era la mancanza di elfi domestici, e di certo non sentiva la mancanza di tappeti e mobilio di pregio. Da sempre le donne nella sua famiglia non lavoravano, così come in altre famiglie purosangue, ma era dovuto al fatto che non ne avevano bisogno, mentre gran parte delle sue coetanee dopo Hogwarts si erano messe in cerca di un impiego. Ted le ripeteva ogni volta che il suo stipendio ministeriale bastava per tutti e due al momento e lei si era chiesta se per caso il suo desiderio di lavorare non nascondesse la paura inconscia e inconfessabile di diventare povera. Magari, in fondo in fondo, c’era anche quella paura, ma c’era anche qualcos’altro: Ted faceva comunque un lavoro rischioso e gran parte del sacrificio economico per la casa era sulle sue spalle, per questo lei pensava che trovarsi un impiego poteva essere anche un modo per aiutare Ted e, come dire, fare la sua parte.
Qualche volta la sera provava a tornare sulla questione.
“Sembri sempre così stanco! Possibile che tu debba fare tutti questi turni di guardia?”
“Sì, è possibilissimo, e non posso certo tirarmi indietro – disse Ted afferrando una polpetta prima ancora di aver finito la zuppa – Il corso in sé è finito e il terzo anno devo fare gli stessi turni insieme ad un Auror già abilitato. Se durante questo anno mi dimostro all’altezza, avrò il distintivo e tutti gli incarichi uguali agli altri. Non posso farmi vedere stanco, ecco.”
“Se solo potessi esserti d’aiuto in qualche modo…”
“Ma lo sei! Con queste polpette passa ogni stanchezza!”
“Dai, seriamente. A volte penso che avresti potuto scegliere un mestiere meno gravoso, come Arthur Weasley, per esempio. Scommetto che saresti stato anche più bravo di lui ad occuparti di manufatti Babbani, dato che sai già tutto e al Ministero avrebbe fatto comodo uno che sa le cose dei Babbani per esperienza, e non per passatempo.”
“No ti prego, avere a che fare con manufatti Babbani sarebbe stato di una noia mortale!”
“Allora avresti potuto occuparti di creature magiche, di sicuro meno pericolose della caccia ai maghi oscuri!”
“Meno pericolose? – commentò Ted divertito – Non so se Amos Diggory sarebbe d’accordo: la prima settimana di lavoro all’Ufficio Regolamentazione e Controllo delle Creature Magiche ha rimediato un ricovero al San Mungo durante un’ispezione per violazione del regolamento sull’allevamento sperimentale! Pensa, un tipo era riuscito ad allevare delle iguane gigantesche capaci di emanare aria rovente con l’alito e la temperatura…”
“Stiamo mangiando, Ted.”
“Ah, sì, in effetti il resto della storia è un po’ schifoso! C’era Jeffrey di turno quella mattina, me lo ha raccontato lui stesso dell’episodio. Comunque, per dire che un altro lavoro al Ministero non sarebbe per forza meno pericoloso o stancante! Anche Jeffrey è sommerso di turni, l’accademia per Guaritori poi dura quattro anni, uno in più che per noi, e deve anche dare degli esami teorici peggio dei M.A.G.O.!”
“Già, infatti solo un Tassorosso votato al sacrificio può scegliere Guarigione volontariamente!”
“Beh, anche Fred Burke ha scelto Guarigione, ed era a Serpeverde. Però in effetti lui vuole fare ricerca sperimentale.”
“Mi ricordo di lui, mia sorella lo tormentava. E forse anche lui ha avuto degli scontri a casa, vista la fama del negozio a Nocturn Alley.”
“Sì, ecco, alla fine tutti hanno i loro problemi, i loro crucci e stanchezze. Anche Theresa, che ora è stata presa come riserva delle Holyhead Harpies, perché anche il Quidditch professionista è impegnativo.”
“Certo, il Quidditch. Impegnativo ed edificante” commentò Andromeda con una punta di perfidia.
“Beh, dai, forse lei un po’ meno della media. Ma comunque, non sono io il martire della situazione!”
“Questo lo capisco, ma vedi, Ted, tu lavoro in sacco, la spesa per la casa è stata praticamente tutta a carico tuo e io vorrei darti una mano. Se io avessi un lavoro, magari non ti toglierei i turni di guardia da fare, ma ti toglierei un po’ il pensiero  di risparmiare e stare attento a tutto.”
“Anche io ti capisco, Dromeda, ma credimi, è meglio così, adesso, meglio che tu stia a casa. E non perché io sono uno di quelli all’antica che non vogliono che le donne lavorino, ci mancherebbe altro! Ma adesso tu saresti un bersaglio là fuori, dopo quello che è successo, purtroppo anche per il fatto che ti chiami Black…”
“No – lo interruppe lei – Adesso che siamo sposati mi firmo Andromeda Tonks e nessuno oserà dire nulla al riguardo!”
“Sì, ma credimi, per i più sei ancora Black e dovresti ogni giorno stare sulla difensiva a schivare attacchi verbali, commenti cattivi forse anche di peggio, coi tempi che corrono…”
“Che follia!”
“Sì, è una follia, ma è quello che sta succedendo a chi ha preso una posizione netta. E non è giusto che tu ne sia colpita così, ma dobbiamo stare attenti. Di una cosa però sono sicuro: quando avremo ripreso il controllo della situazione e messo dentro quei pazzi, tu sarai libera di andare a lavorare al Ministero e sbattergli in faccia quanto sei in gamba!”
Andromeda lo guardava, sorridendo, mentre le polpette ormai si stavano raffreddando.
“Perché sorridi? Per una volta che io sono serissimo!”
“Sai, credo che tu abbia detto esattamente quello che mi direbbe Demetra riguardo al lavoro!”
Ted assunse un’aria piccata, cercando di trovare le parole per protestare all’idea di essere stato accomunato all’amica antipatica.
“Beh, se ti ha detto così, almeno vuol dire che non è una stupida…” iniziò.
“Non mi ha detto queste parole, perché ormai non la sento da mesi, ma credo che sarebbe d’accordo.”
“Oh, non sapevo che alla fine aveste tagliato così i ponti…”
“Non so cosa le sia successo, a dire il vero. Le ho scritto più volte, ma le lettere sono sempre rimaste senza risposta. Ovviamente non può dire in giro che ci sentiamo, rovinerebbe la sua reputazione e Demetra ha sempre dato una suprema importanza a quello che la gente pensa di lei” considerò Andromeda, amareggiata.
“Beh, è comunque una scelta, una posizione” ribatté Ted, rigido.
Certe cose sono dure a morire, pensò Andromeda.
“Dai, finiamo di mangiare che è già tutto freddo.”

***

Il giorno di Natale del 1971 nevicava e nessuno sembrava di buon umore a Lestrange Manor, dove Demetra e i suoi genitori erano ospiti di Rodolphus e Bellatrix. Mentre la signora Lestrange aveva fatto i complimenti a Bellatrix per il rinnovo degli arredamenti e la disciplina imposta agli elfi domestici, Demetra aveva seguito con lo sguardo suo padre che a sua volta si guardava intorno, osservando ogni angolo del salone senza tuttavia fare commenti. Quella che era stata la caratteristica di quella villa, la sua luminosità e l’ampia vista sulla campagna circostante, sembravano letteralmente oscurate e annullate dalle modifiche apportate da Bellatrix: pesanti tendaggi neri e verde scuro chiudevano le vetrate e anche il pavimento in delicato marmo chiaro era nascosto da tappeti scuri con decorazioni vagamente barbariche.
Durante il pranzo si era parlato perlopiù di cose frivole e superficiali come coppie neoformate fra giovani maghi purosangue e gossip su malattie imbarazzanti di personaggi del Ministero. Demetra e suo padre avevano aperto bocca il minimo indispensabile, osservando come i fratelli si tenessero volontariamente alla larga dall’argomento Signore Oscuro. Demetra notò anche come Bellatrix si stesse sforzando di non mandare al diavolo la suocera, dato che di tutte quelle chiacchiere a lei non importava assolutamente nulla e avrebbe volentieri raccontato le sue imprese a caccia di Babbani, ma evidentemente l’ordine di Rodolphus era quello di non parlare più di fronte a suo padre, con cui c’erano state discussioni a riguardo proprio pochi mesi prima.
Dopo pranzo, il signor Lestrange disse che avrebbe fatto una breve passeggiata fuori, per vedere le condizioni del giardino, nonostante la neve, e invitò la moglie a seguirlo. Demetra vide sua madre accettare malvolentieri e pensò che avrebbero discusso e litigato ancora.
“Che rottura – iniziò Bellatrix, andando a sedersi in braccio a Rodophus sulla poltrona più grande davanti al caminetto – Potremmo star qua a ragionare di piani per cacciare i Sanguesporco e invece non si può dire una parola!”
“Tesoro mio, non si può dire una parola perché mio padre è pappa e ciccia con Crouch e per il momento non possiamo farci nulla. Vedrai che quando saremo più numerosi e più motivati, insieme a quelli che nei prossimi anni escono da Hogwarts, rimetteremo al loro posto tutti quei filo-Babbani che pretendono di governare” rispose Rodolphus.
“Giusto, i nuovi da Hogwarts – proseguì Bellatrix – Abbiamo già Lucius e Parkinson, poi c’era Macnair, anche se ha il cervello di un troll, e poi Cissy, ovviamente, e del suo anno c’è un Selwyn e un Bulstrode, o no, mi sbaglio, sono ancora più piccoli…”
“Sembra che stiate costruendo una squadra di Quidditch” commentò Demetra, interrompendo la sessione di esercizi di incantesimo di Appello senza bacchetta con Rabastan, che teneva in mano una piccola pluffa e qualche piuma.
“Non avrai più tanta voglia di scherzare quando saremo al potere e faremo in modo che la fedeltà al Signore Oscuro conti qualcosa! Tu sei purosangue e abile, dovresti esserti già unita a noi appena finita la scuola!” abbaiò Bellatrix.
“Hai ragione, ma purtroppo alla nostra sorellina mancano alcune qualità fondamentali per unirsi a noi, tipo essere capace in duello” rispose Rodolphus, sapendo di cogliere un punto dolente per Demetra.
Ma Demetra sapeva esattamente cosa rispondere.
“Appunto, consapevole di non poter vincere a duello con gli Auror con la bacchetta, devo puntare su altre strategie. Un ordine costituito si rovescia non solo con la forza, ma anche lavorando dall’interno, con le parole e la legge.”
“Salazar adorato, ragioni proprio come quella mezza calzetta del tuo amichetto scozzese. Anche lui non fa che dire che lavora dall’interno, lavora sulle menti del Ministero… Bah, per me è solo codardo.”
“Però finché il Signore Oscuro non fa obiezioni, vuol dire che il suo lavoro va bene per lui e deve andare bene anche a noi” rispose Rabastan.
Rodolphus annuì e Bellatrix non trattenne uno sbuffo di impazienza.
“Su, non ti alterare, tesoro mio” fece Rodolphus a Bellatrix, iniziando ad accarezzarla sul collo.
Poi iniziarono a toccarsi che neanche due ragazzini di sedici anni e Demetra alzò gli occhi al cielo.
“Hai la stessa espressione di mamma!” commentò Rabastan.
“Neanche per sogno!” rispose Demetra, scaraventandogli addosso la pluffa senza mani e senza bacchetta.
“Ben fatto!”
“Scusateci” borbottò Rodolphus e si smaterializzò con Bellatrix al piano di sopra.
“Comunque sono maleducati” ribadì Demetra dopo alcuni minuti di silenzio.
“Sì, è vero, sono maleducati, ma su una cosa Bellatrix ha ragione. Dovresti unirti a noi e combattere i Sanguesporco, non bighellonare al Ministero.”
“Rab, ma cosa dici? L’avete sempre detto tutti che non sono abbastanza brava al duello, direi che posso fare qualcos’altro, no?”
“Non è del tutto vero che non sei brava al duello: conosci un sacco di incantesimi che i più non conoscono, pratichi Occlumanzia e sei preparata sulle controfatture. Devi solo convincerti di essere in grado, e saresti temibile tanto quanto Bellatrix” rispose Rabastan.
Demetra sospirò. Sperava di non dover entrare nell’argomento, ma ormai erano mesi che i suoi fratelli e Bellatrix la tormentavano con questa storia che lei “non si schierava con loro”.
“Anzi, c’è solo una differenza fra te adesso e tutti noi. Quando Lui ti dirà di uccidere, devi essere in grado di farlo, e intendo non solo conoscere la formula dell’Anatema che Uccide. Per l’Avada Kedavra occorre non solo la maturità della propria magia, perché appunto un ragazzino di quindici anni difficilmente riuscirà ad annientare qualcuno, ma occorre anche una volontà matura, ferma e irrevocabile, occorre lo slancio oltre la barriera interiore che tutti abbiamo, occorre…”
“Stai addestrando la nostra sorellina alla magia più grande? – intervenne Rodolphus scendendo le scale, senza Bellatrix – Temo che avrai una delusione: la nostra Demetra non è in grado di uccidere.”
“Mettimi alla prova allora” rispose Demetra, d’impulso, e pentendosene subito.
“Detto fatto” ed evocò un gattino.
“Avanti.”
Demetra deglutì visibilmente.
Ovviamente non ci sarebbe riuscita. Poteva chiudere gli occhi e concentrarsi, ma… Come una sciocca, il gattino le fece tornare in mente il gatto di una delle sue compagne di dormitorio, Freya Spavin, che la ragazza aveva portato con sé al primo anno ancora piccolo ed era diventato una presenza fissa e coccolatissima della sala comune e del dormitorio.
Si impose di chiudere la mente, più di sempre.
“È difficile, io amo i gatti, dai” disse soltanto, ad occhi bassi.
Rodolphus già rideva, scoprendo i denti come un lupo che sta per affondare il muso in una preda.
“Allora dimmi un animale che odi. Concentrati sull’odio, ti aiuta” disse Rabastan facendo evanescere l’animale.
“Non mi piacciono i cani e i topi.”
Un cucciolo di beagle apparve sul tappeto.
“Devi volerlo, ma volerlo davvero, e non importarti del resto, sennò non ci riuscirai mai – disse beffardo Rodoplhus – Ed è vero che la prima volta è la più difficile, perché senti come uno strappo, come un prima e un dopo… Come la prima volta che fai sesso, più o meno” concluse con un ghigno perfido.
“E una volta rotta la barriera, è un incantesimo qualunque” aggiunse Rabastan.
Demetra trasse un lungo respiro, estrasse la bacchetta e guardò il cagnolino.
Poteva anche tentare, tanto non ci sarebbe riuscita, che fosse perché non era capace come dicevano i fratelli o meno. Una volta dimostrato loro che avevano ragione forse l’avrebbero lasciata in pace.
Restò alcuni secondi in contemplazione della bestia che intanto si era messa ad annusare tutte le zampe della poltrona, secondi che sembrarono durare un’eternità.
Avada kedavra” disse alla fine Rodolphus, mettendo fine all’esplorazione del cucciolo.
“Come ti dicevo, Rab, nostra sorella non è in grado di uccidere.”


***


NdA: anche in questo capitolo non c'è molta azione, ma ci immergiamo in quella che sembra essere la vita di tutti i giorni dopo Hogwarts, tra vita mondana e lavoro. La storia fra Demetra e Yaxley sembra consolidarsi, ma cominciano a uscire anche allo scoperto le pressioni dei nuovi Mangiamorte sulla giovane Lestrange, che come sempre, non prende posizione.
In più, la scena di Andromeda e Ted è tutta dedicata alle mie affezionate lettrici che volevano saperne di più sulla quotidianità dei due novelli sposi e su dove erano andati a finire gli amici Tassorosso di Ted.
Qualche nota sui personaggi: devo aver letto da qualche parte che il corso per Auror duri tre anni, ma mi sono inventata di sana pianta la cosa che il terzo anno sia solo pratico e di "presa di servizio" vera e propria, così come che l'accademia di Guarigione ne duri quattro (oh, d'altronde anche nel mondo magico la medicina è la scienza più difficile, e menomale che loro non hanno ingegneria ^_^). Poi Amos Diggory in HP4 è direttore dell'Ufficio per la Regolamentazione delle creature magiche, quindi ho pensato che avesse iniziato sin da subito la carriera lì, mentre Yaxley se non sbaglio in HP7 è a capo del Dipartimento per l'applicazione della legge magica, che rappresenta un po' il ministero degli interni e della giustizia insieme nel mondo magico, quindi ho voluto immaginare un giovane dipendente ambiziosissimo e arrivista in puro stile Serpeverde. Per Caramell ho seguito invece il potterwiki, dove è scritto che lui prima di diventare Ministro era a capo del Dipartimento Catastrofi, per cui ho pensato che all'epoca di questa storia fosse per il momento solo un dirigente di punta, ma non il capo; per Crouch invece mi sono presa qualche libertà, trovando notizie discordi nel wiki: per me lui da capo Auror poi diventa capo del dipartimento (e capo Auror diventa Moody), ha l'autorità per essere un giudice del Wizengamot e poi come sappiamo viene estromesso dopo la condanna del figlio (ennesima parentesi, le trame politiche mi piacciono alquanto e avrei idee vaganti alla House of Cards per questi personaggi, ma per il momento è meglio che pensi a finire una storia per volta...)
Insomma, attendo un feedback e intanto... Grazie a tutte voi che mi incoraggiate con le recensioni!!

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Capitolo 18
*** La magia immaginifica ***


18. la magia immaginifica


XVIII


Fu soltanto a primavera che Demetra riuscì a mettersi in contatto con Andromeda in maniera sicura.

La situazione si era in un certo qual modo capovolta:  adesso Andromeda non aveva più nessuno che le tenesse sotto controllo la posta o che ne spiasse i movimenti, mentre Demetra sapeva che sua madre raccontava ai fratelli e a Bellatrix tutto quello che lei faceva o che pensava che stesse facendo. Nessuno aveva saputo che lei era stata al matrimonio di Andromeda e nessuno sapeva che era un Animagus, ma questo non bastava a renderla tranquilla. Qualche volta aveva incrociato Andromeda a Diagon Alley e ogni volta aveva dovuto far finta di niente, poiché erano presenti anche altri occhi indiscreti, e sentiva la cosa come davvero ingiusta e frustrante. Bisognava trovare un modo per comunicare che nessuno potesse scoprire o controllare.
Esistevano all’epoca alcuni esemplari di specchi gemelli stregati in modo che due persone potessero vedersi attraverso di essi a distanza, mentre agli occhi di un estraneo sarebbero sembrati solo due specchietti del tipo per il trucco o addirittura una cornice per foto se uno lo teneva in casa. Una coppia di specchi del genere apparteneva alla collezione di oggetti antichi di casa Lestrange, ma Demetra sapeva che non poteva semplicemente prenderli e usarli come propri, anche se formalmente adesso era l’erede designata dei beni della casa di Londra, perché sua madre l’avrebbe scoperto e riferito immediatamente ai fratelli. Così aveva dovuto ingegnarsi per riuscire a fare quello che tutti meno si sarebbero aspettati: usare la posta via gufo. Naturalmente c’erano un sacco di incantesimi per camuffare le lettere e farle sembrare qualcos’altro, ma erano tutti incantesimi di media portata e potevano essere svelati da un banale Incantum Revelio. No, occorreva applicare una fattura di Confondimento e Distorsione abbastanza potente da resistere ai tentativi di intrusione e abbastanza selettiva da lasciare il contenuto accessibile a chi l’esecutore indirizzava il messaggio. Per far ciò Demetra aveva spulciato e studiato ancora vari libri di teoria degli incantesimi, incantesimi di memoria, la stessa Occlumanzia e soprattutto fatture riguardanti l’inganno e la manipolazione della percezione sensoriale, una branca che era andata molto di moda nel diciassettesimo secolo e che era stata infine etichettata come “potenzialmente oscura nell’impiego”. Già in uno dei primi capitoli di La magia immaginifica aveva trovato qualcosa che poteva fare al caso suo.
L’esempio più celebre dell’uso dei Sortilegi di Illusione Persistente è tuttavia anteriore alla loro codifica e standardizzazione teorica – così recitava pagina 129 del libro in questione – poiché risale infatti al 1639 con il caso Potts-Gramelius. Dalle testimonianze giudiziarie dell’epoca si è ricostruito che il mago illusionista Quirinus Gramelius applicò un potente Sortilegio Illusorio su una statua Babbana dalle fattezze umane, rendendola agli occhi dei presenti capace di muoversi, articolare brevi frasi e soprattutto eseguire gesti che potevano essere scambiati a distanza per movimenti della bacchetta, il tutto con le sembianze del rivale Micheal Potts, che si ritrovò così ingiustamente accusato dell’ omicidio dell’amante Martha La Pole da parte di numerosi testimoni oculari, quando il vero assassino fu lo stesso Gramelius celato alla vista dei testimoni. A nulla valsero le prove che Potts portò a sua difesa, come il fatto che si trovasse altrove al momento del delitto e soprattutto che la sua bacchetta, sottoposta ad un difficile Prior Incantatem, non mostrasse tracce dell’Anatema Che Uccide, tanto forte fu la convinzione dei testimoni oculari che giurarono e deposero anche sotto l’effetto del Veritaserum che era stato proprio Potts a levare la bacchetta contro la donna. Gramelius lasciò il Paese dopo aver visto condannare Potts e fece mostra di sé e delle proprie abilità in Europa continentale, facendo passare come banale numero circense la sua dimostrazione che era possibile prendere una statua Babbana raffigurante un cane e stregarla in modo da indurre tutti gli astanti a credere che davanti ai loro occhi stesse scodinzolando e abbaiando un cane in carne ed ossa. Molti studiosi del tempo compresero subito le potenzialità oscure dei Sortilegi praticati da Gramelius, ma fu solo dopo la sua morte che tali incantesimi sono stati studiati e codificati in maniera più seria, anche sulla scorta delle numerose e complesse pergamene di appunti e studi che il mago lasciò. Nei secoli successivi le varie comunità magiche hanno regolamentato l’uso e la pratica di tali Sortilegi, fra i quali alcuni paesi quali Gran Bretagna, Francia e Stati nordeuropei hanno leggi molto severe e altri paesi quali la Libera Unione delle Comunità Italiane e in genere tutte le comunità dell’Est Europa che invece li regolamentano con un approccio meno restrittivo.
Dunque una strada poteva essere quella di stregare una pergamena perché inducesse tutti coloro che potevano leggerla a credere che vi fosse scritto qualcosa di non sospetto, rivelando invece il vero contenuto solo al vero destinatario. Qui occorreva però un altro tipo di incantesimo, qualcosa che legasse e riconoscesse mittente e destinatario, pensò Demetra. Poteva lavorare su delle modifiche all’Incanto Proteus, che a suo tempo a scuola aveva ben padroneggiato ed eseguito anche al M.A.G.O. di Incantesimi.
Mentre faceva tentativi con pergamene e boccette di inchiostro e si scriveva appunti e correzioni, Demetra pensava che anche la magia sperimentale sarebbe potuta essere la sua strada. Era quello che facevano gli Spezzaincantesimi per la Gringott: andare in giro in cerca di manufatti e cercare di disinnescare antiche fatture poste a protezione degli oggetti o che conferivano poteri pericolosi agli oggetti stessi, sperimentando e provando ogni volta, forti del proprio bagaglio di conoscenze ottenuto studiando, perché non a caso per fare lo Spezzaincantesimi occorrevano voti molto alti nei M.A.G.O., ma anche con lo spirito flessibile che serve quando ci si trova davanti a qualcosa che sui libri non c’è. Ecco, forse riflettendo bene era quello che affascinava Demetra del mondo oscuro dei suoi fratelli: il fatto che potessero attingere a conoscenze magiche che seguivano percorsi solo in parte battuti dagli studi teorici ufficiali, addentrandosi in una materia magica più fluida e sfuggente, che rendeva speciali e potenti coloro che ne sapevano fare uso e controllo. Da qualche parte tanto tempo prima aveva letto in uno dei tanti libri che le erano passati sotto il naso che nessun incantesimo è oscuro di per sé, ma come lo si applica. Che il libro in questione fosse parte della sezione proibita della biblioteca di Hogwarts e che per quello ci fosse un motivo, non la scompose più di tanto. Forse, il Ministero, l’ordine costituito e la ricerca ufficiale avevano solo paura che maghi dotati ottenessero conoscenze e acquisissero capacità fuori dell’ordinario e in virtù di esse rovesciassero i maghi mediocri al governo. Non era forse quello il punto, quello che tutti temevano in fondo del Signore Oscuro? Lui era un mago straordinariamente dotato, più di qualunque mago apparso agli onori della cronaca britannica nei due secoli precedenti, e aveva una visione del mondo contraria a quella della maggioranza di maghi mediocri e dal sangue annacquato al governo, che, semplicemente, avevano capito che potevano essere spazzati via.

***

Quando quella sera di metà marzo Andromeda vide un gufo dirigersi verso la finestra di camera sua zigzagando come ubriaco, capì che quella che portava non era una lettera qualunque.
Incantum revelio!” provò subito, prima ancora di toccare la pergamena.
Il vecchio Emmon soffiò impermalosito, prima di individuare sul davanzale una ciotola mezza piena di becchime.
Dunque Demetra le scriveva, dopo tutto quel tempo.
Andromeda svolse i fogli, per scoprire che uno era completamente bianco e l’altro riportava un calendario di udienze del Wizengamot con tanto di timbro del Ministero.
Demetra, cosa vuoi dirmi?, pensò, aggrottando le ciglia.
Nell’istante in cui la domanda prendeva forma, il calendario iniziò a cancellarsi sotto i suoi occhi, mentre prendevano forma altre parole, con la grafia dell’amica.

Cara Andromeda,
innanzitutto spero che tu riesca a leggere queste righe e non solo il calendario ministeriale. Infatti, sono dovuta ricorrere a incantesimi di dissimulazione molto sofisticati e complessi per poterti scrivere, perché ormai mia madre controlla ogni mia mossa e riferisce ai miei fratelli e a tua sorella, che, come forse hai già immaginato da sola, spingono perché mi unisca a loro e ai Mangiamorte. Tu sei la sola a cui posso dire senza lasciare in sospeso equivoci che ciò non avverrà mai.
Per il resto, tuttavia, io non posso lamentarmi. Ho pensato spesso a te e davvero non riesco a immaginarmi la tua vita adesso. Hai trovato davvero quello che volevi? Come ti sei attrezzata per la vostra sicurezza? Perché, anche se a te non piace sentirlo, il sangue è il sangue, e il tuo potrebbe ancora fare la differenza.
In ultimo, per la risposta usa la pergamena vuota che ti ho inviato insieme: è stregata in modo che solo io possa vederla, allo stesso modo dell’altra, e devi aspettare circa un minuto da quando hai finito di scrivere per vederla trasformarsi. Se tutto va bene potrò dire di essere riuscita nel mio primo incantesimo sperimentale di un certo livello.
Un abbraccio,
Demetra
P.S. se riesci, fai in modo che Emmon non si abbuffi di mangime prima di ripartire


Andromeda rimase alcuni istanti in contemplazione del messaggio, rileggendo più volte.
In un certo senso, Demetra era sempre la stessa. Glielo avrebbe anche scritto, si disse, prima di voltarsi e vedere la ciotola vuota e il gufo Emmon che sonnecchiava beato riverso sulla soglia.

***

A fine marzo 1972 nevicava ancora a giorni alterni e un cumulo di neve ostruiva la nicchia in pietra che celava ai Babbani ma anche ai maghi inconsapevoli l’ingresso di casa Lestrange. La neve era alta e le impronte ben visibili, eppure nessun Babbano avrebbe notato le tracce pesanti lasciate nella neve dai due maghi.
“Tanto non serve a niente, è solo una storia.”
“Se fosse solo una storia il Signore Oscuro non ci avrebbe chiesto di portarglielo.”
“Solo perché voi lo avete convinto con tutti quei racconti. Io lo percepivo che anche Lui in fondo era scettico.”
“E così tu percepisci quello che Lui prova… Ma non farmi ridere! Il Signore Oscuro vuole l’anello dell’erede di casa Lestrange, e noi glielo offriremo.”
“Alla fine faremo la figura dei coglioni, te lo dico io, e davanti a tutti gli altri. Quell’anello non ha alcun potere, è solo un oggetto molto antico che risale alle origini della famiglia. Papà ha sempre detto che è l’unico oggetto non-magico della famiglia, che ha solo un valore simbolico e spetta a chi continua la tradizione della famiglia. Non vedo a Lui come possa servire!”
“E il valore simbolico non conta nulla per te? È forse proprio da quello che Lui può trarre forza.”
“Ma cosa gli importa a Lui del valore simbolico! Lui cerca il potere!”
“Di’ un po’, Rab, stai discutendo un ordine del Signore Oscuro? O hai paura che nostro padre reagisca male e non hai le palle di alzare la bacchetta su di lui?”
Il fratello incassò e non rispose nulla.
“E comunque non ci sarà bisogno di levare le bacchette, perché mamma è dalla nostra parte e soprattutto noi non stiamo andando a commettere un furto ma a formulare una richiesta, e cioè che nostro padre decida chi è l’erede di casa Lestrange.”
“Facile, per papà l’erede è Demetra, e lo sai anche tu. Quindi, che hai intenzione di fare?”
“Non c’entra chi papà preferisce, lei non può essere l’erede perché è una femmina e non perpetua la famiglia, è ovvio. Dovrà rassegnarsi a scegliere uno di noi due.”
“Se lo dici tu. Io continuo a temere che faremo la figura dei coglioni. E tutti sanno anche già che non abbiamo più il permesso di materializzarci in casa… Se alla fine mamma se ne va di casa, ce lo scordiamo di rimetterci piede.”
“Questa è una cosa che affronteremo in un altro momento, e comunque papà non ci ha diseredato, abbiamo le stesse cose che ci spettavano divise come si è sempre detto, uno il Manor e la camera bianca, uno il fortino in Cornovaglia e la camera verde. Non abbiamo fatto nessuna figura da coglioni.”
“Poniamo che vada tutto come dici tu e ci cede l’anello. Chi di noi due lo prende?”
“Che importa? Lasciamo decidere a papà, così gli diamo importanza. Poi ci dirà il Signore Oscuro se e come è servito.”
“Sì e magari Lui ci dice di sfidarci a duello per stabilire chi è il vero proprietario! – esclamò Rabastan ritrovando il buonumore – Tra l’altro, è tanto che non duelliamo come ai vecchi tempi!”
“Già, in effetti mi piacerebbe rifare un duello tra fratelli come tanto tempo fa, come a Hogwarts!”
“Chi vince prende l’anello e si scopa la barista de Il Velo, su a Edimburgo.”
“Ti sei proprio fissato con quella lì, Rab! Lanciale un Imperius e falla finita!”

***

Cara Demetra,
grazie di aver scritto, innanzitutto. La prudenza non è mai troppa e, se tanto tempo fa (ma veramente tanto? A me sembra di sì) ti avrei detto che stavi esagerando, adesso so che invece le precauzioni non sono mai troppe.
Mi chiedi se ho trovato quello che volevo. Ho accanto a me una persona che mi ama per quello che sono e ho avuto la fortuna di trovare alcuni nuovi amici, con cui condivido una scelta diversa da quella che avrebbero fatto le nostre famiglie per noi, ma mentirei se dicessi che non sento la mancanza di alcune piccole cose. Una delle cose che più mi dispiacciono è non essere riuscita a far capire a Narcissa le ragioni della mia scelta, ed ora lei temo che seguirà sempre più le orme di Bellatrix. Tuttavia, credo che dobbiamo solo guardare avanti, perché tornare indietro e parlare diversamente non è più possibile.
Tu invece, sei felice? Magisprudenza e il lavoro al Ministero ti stanno dando le soddisfazioni che speravi? Leggo soltanto il Profeta e seguo quello che avviene al Ministero solo grazie a quello che Ted può raccontarmi del lavoro, ma non ho dubbi che tu sia sempre una delle più preparate in quello che fa.
Su una cosa però non sono d’accordo: il sangue non fa più alcuna differenza, per me. A fare la differenza sono le parole e le azioni, è ciò che gli uomini fanno di fronte alle situazioni difficili e le scelte che compiono di fronte alle alternative della vita. Io credo e ho sempre creduto che tu non sei come quei Mangiamorte a cui sono affiliati i tuoi fratelli, ma non puoi credere che prima o poi tutto finirà e sfumerà nel nulla, e tu non scegliere mai. Credo di poter affermare con cognizione di causa di sapere cosa significa arrivare allo scontro con un fratello o una sorella e prima o poi anche a te sarà chiesto di scegliere da che parte stare.
Spero che l’incantesimo sperimentale sulla pergamena funzioni a dovere, ma, a dire il vero, so già che funziona, perché tu hai sempre tutto sotto controllo, o quasi.
Un abbraccio,
Andromeda


***


NdA: nuovo capitolo, di cui non sono convintissima ma ormai bisogna buttarsi! Le due amiche riescono a sentirsi via gufo e si parlano apertamente, per quanto limitate dalla forma scritta. Spero che tutta la parte sulla passione di Demetra per la magia sperimentale non suoni troppo pesante o didascalica, il mio scopo era quello di far vedere come non tutto sia semplicissimo nonostante la bacchetta e come certe cose richiedano molta abilità, un po' come quando Hermione crea le monete per l'ES o espande la borsa, tutti incantesimi che nelle varie FF ho sempre trovato usati con molta disinvoltura, come se fossero cose all'ordine del giorno. Nel libro che Demetra prende in mano e che dà il titolo al capitolo c'è anche un timido accenno alla magia fuori Regno Unito, che la Rowling non ha mai approfondito più di tanto, e mi piacerebbe in una storia futura mostrare la mia idea al riguardo, ma per il momento sono solo fanta-libri e fanta-titoli! XD
Cosa ve ne pare poi dei fratelli Lestrange? L'anello che vogliono carpire al padre tornerà più volte nella storia, ma vi rassicuro che non sarà l'oggetto magico risolvi-tutto, anzi! Mi piaceva creare un background storico alla famiglia e spero di aver messo in piedi qualcosa di credibile e non esagerato. Spero di ricevere un feedback anche su questo fronte! e Intanto ringrazio tutt* coloro che leggono e recensiscono!! :*

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Capitolo 19
*** Dal passato e verso il futuro ***


19. dal passato e verso il futuro


XIX



“Spero che il regalo gli sia piaciuto davvero… Molly mi sembrava poco entusiasta, non vorrei averle dato l’impressione di volerle passare avanti e far vedere che penso di essere più brava…”
“Ma no, secondo me era solo stanca. Sono sicuro che la tutina con lo stemma di Hogwarts per il piccolo William è stata apprezzatissima!”
“Speriamo – disse Andromeda facendosi più vicina a Ted sotto la coperta – A volte penso che siano stati coraggiosissimi ad avere un bambino e meritano davvero un aiuto.”
“In che senso coraggiosi? Intendi dire a causa dei Mangiamorte e di Tu-Sai-Chi?”
“Certo. Tu sei un Auror, Arthur lavora comunque al Ministero e noi sappiamo difenderci, ma che sicurezza e che prospettiva possiamo offrire ad un bambino?”
“Noi-Sappiamo-Chi e la sua cricca prima o poi verranno sconfitti e assicurati alla giustizia e tutti noi avremo il futuro sereno che adesso ci sembra impossibile, io ne sono sicuro.”
“Sì, ma fra quanto? Non riesco a immaginare che un bambino debba crescere in un tempo così, con il terrore che da un momento all’altro loro arrivino e distruggano tutta la sua vita, ogni giorno con l’ombra minacciosa di qualcuno che possa aggredire la sua famiglia in nome della purezza del sangue…”
“Sei troppo tragica, Dromeda. E poi, almeno tu sei purosangue. La feccia della situazione sono io!” disse Ted con una risata, cercando di sciogliere la tensione.
“Non c’è nulla da ridere, Ted – ribatté lei, seria – E tu a volte mi sembri fin troppo avventato!”
“Non sono avventato, sono un Auror, e credo davvero che riusciremo a prenderli e assicurarli alla giustizia. Noi-Sappiamo-Chi è un mago molto potente, forse più di tutti quelli che la comunità magica abbia mai fronteggiato, o forse pari solo a Grindelwald. Ma Silente dice sempre che è comunque un uomo, e come Grindelwald può essere sconfitto, tanto più che molti maghi sono uniti contro di lui, perché riconoscono la sua follia.”
“Tu sei troppo ottimista, te l’ho sempre detto.”
“Beh, diciamo che ci bilanciamo! Ma su una cosa i Weasley hanno ragione: non dobbiamo abbandonarci alla paura e vedere il futuro come soltanto tutto nero, perché è proprio quello che Lui vuole, impedirci di essere felici con le nostre famiglie e terrorizzarci solo perché non abbiamo il suo schifoso sangue puro… Ma noi saremo più forti!”
Andromeda si strinse ancora di più a Ted, non del tutto convinta, ma un po’ rasserenata.
“Parli un po’ troppo da Grifondoro per i miei gusti” disse lei sorridendo.
“Ma sai che il Cappello prese in considerazione l’idea di mandarmi a Grifondoro? Menomale non lo ha fatto, o avrei passato sette anni ad essere comandato a bacchetta da Molly, come tutti i Grifondoro del suo anno!”
“E come adesso comanda a bacchetta Arthur!” disse Andromeda con uno sguardo complice.
“Stavo dimenticando che hai ancora la lingua biforcuta quando vuoi!”
“Ma smettila!”
“Piuttosto, potremmo seguire l’esempio dei Weasley e…”
Andromeda gli lanciò un’occhiata paurosamente simile a quelle di Bellatrix, ma si sciolse in un sorriso subito dopo.

***

“Padrone, sono alla porta i padroncini che chiedono di entrare!” squittì l’elfa Binky a volume altissimo correndo su per le scale, diretta allo studio del signor Lestrange.
“Falli entrare, stupida elfa!” disse la signora Lestrange.
L’elfa Binky rimase immobile, come se qualcuno l’avesse incollata a terra e lei cercasse di staccarsi torcendo tutto il corpo.
Demetra osservò il fenomeno che colpiva la creatura.
Dunque l’elfa e la magia che la legava a casa Lestrange percepivano il contrasto fra l’ordine che le stava dando la donna e l’ordine innato di obbedire solo al vero padrone di casa, segno che forse l’autorità della signora Lestrange stava diminuendo.
Demetra ne approfittò subito.
“No, Binky, non farli entrare assolutamente” ribatté, decisa.
L’elfa continuava a stare incollata al pavimento, torcendo tutto il corpo come in preda a silenziose convulsioni.
Isabella Lestrange guardava con astio la figlia.
“Falli entrare” disse alla fine il signor Lestrange, ponendo fine ai movimenti involontari dell’elfa.
I due fratelli entrarono e salutarono subito la madre.
“Padre, vogliamo solo parlare con te e domandarti una cosa” iniziò Rabastan, ostentando tranquillità.
Tutta la famiglia si spostò nel piccolo salotto accanto alla sala da pranzo, seguita dagli sguardi seri e interessati di alcuni ritratti alle pareti, che avevano iniziato a mormorare.
“So già cosa sono venuti a chiedere, ragazzo!” esclamò il ritratto di una strega in abiti d’epoca elisabettiana all’indirizzo del signor Lestrange, che riportò il silenzio con un cenno della mano.
“Siamo venuti adesso perché ci è sembrato ormai il tempo giusto. Siamo tutti maghi adulti, abbiamo finito tutti Hogwarts, tutti e tre” iniziò Rabastan, coinvolgendo anche Demetra, che intanto stava all’erta, con la mente chiusa e la mano sulla bacchetta, esattamente come stava facendo Rodolphus.
“Abbiamo tutti intrapreso i nostri percorsi di vita e pensiamo che questo possa essere il momento giusto per chiederti chi sarà l’erede di casa Lestrange. A prescindere dalla divisione dei beni su cui siamo già sistemati, sappiamo che è l’anello del fondatore della famiglia che si trasmette all’erede, inteso come colui che appunto porta avanti il nome della famiglia, a segnare il passaggio fra le generazioni” continuò Rabastan, serio, ma non rigido, anche quando il padre inarcò il sopracciglio con sospetto.
“Sappiamo che in genere il passaggio avviene più tardi, quando la generazione precedente ha ormai raggiunto tarda età – continuò il figlio maggiore – Ma i tempi stanno cambiando e questo non devi leggerlo come una sfida a te, padre, ma solo come il nostro desiderio di essere subito portatori di questo onore.”
“Quindi volete che io scelga chi sarà l’erede nominale della famiglia” concluse il signor Lestrange.
Rabastan annuì per tutti e due.
“Augusta lo aveva detto che questo momento sarebbe arrivato molto prima di quanto io immaginassi. E aveva ragione, come sempre più spesso” considerò Arminius Lestrange.
“Demetra, tu che ne pensi?” chiese infine, prendendo di sorpresa i fratelli.
Anche Demetra tuttavia fu presa alla sprovvista.
Conosceva perfettamente la storia dell’anello e il suo significato.
L’anello era appartenuto al fondatore della famiglia, un mago francese purosangue che era giunto in Inghilterra al tempo della battaglia di Hastings. Il Fondatore, come tutta la famiglia da sempre lo chiamava, si era presto fatto conoscere nella comunità magica britannica per le sue capacità di dissimulazione della realtà con la magia e con le parole, tanto da lasciare il mistero non solo su come avesse accumulato tanta ricchezza, ma anche su quale fosse il suo vero nome, al punto che era conosciuto solo come “lo straniero” o “l’estraneo”, da cui poi la stabilizzazione del cognome della famiglia.
L’anello non aveva alcun potere magico intrinseco ed era solo un anello d’argento con incastonato un onice nero di qualità ordinaria, ma il Fondatore aveva deciso che avrebbe rappresentato il passaggio di testimone da un erede all’altro della famiglia e, così diceva la storia che si tramandava, avrebbe protetto l’erede dalla malasorte e dal mal consiglio.
Qualche volta da bambina aveva fantasticato sui poteri ancora inespressi di quell’anonimo anello che stava alla mano destra di suo padre e sulla possibilità che un giorno potesse essere lei a svelarli, ma nel racconto del Fondatore la cosa era chiara: doveva passare a chi portava avanti il nome della famiglia, cioè di solito il primo figlio maschio e poi il secondo e così via.
“La decisione è comunque tua, padre, a prescindere da tutto, perché l’erede sei ancora tu” disse alla fine, accorgendosi subito dopo aver parlato che era proprio quello che i fratelli non volevano sentire.
Suo padre sorrise.
“Potrei anche decidere che sarà Demetra l’erede, o che è ancora troppo presto” disse alla fine, spostando lo sguardo fra tutti e tre.
Sulle prime nessuno disse nulla, ma alla fine Rodolphus non poté più nascondere la sua impazienza.
“Demetra non è l’erede perché è una femmina, questo era scontato.”
“Allora, chi dovrebbe esserlo di voi due?”
“Io sono comunque il primogenito” rispose Rabastan d’impulso.
“Ma sono io sposato e con la prospettiva concreta di dare eredi alla famiglia” ribatté il fratello.
Demetra colse con la coda dell’occhio la strega elisabettiana nel quadro trattenersi dal parlare per disapprovare e notò che somigliava vagamente alla zia Augusta, per quel poco che l’aveva vista.
“Un’argomentazione di rilievo” commentò il signor Lestrange, vagamente ironico.
E, con sorpresa di tutti, sfilò l’anello dal proprio dito e lo tese a Rodolphus, che non nascose anche lui la sorpresa.
Rabastan e Demetra erano come congelati e fu sua madre a rompere il silenzio congratulandosi col figlio prediletto.
“È tutto?” chiese il signor Lestrange rivolto ai fratelli, tuttavia freddo.
Rabastan era ancora ammutolito, ma Rodolphus riguadagnò subito il tono sicuro di sé.
“Grazie padre, è tutto” e fece cenno di alzarsi.
Tutti si alzarono per riaccompagnare i due nell’ingresso e solo quando stavano uscendo dal salotto esplose la protesta degli antenati nei ritratti, capitanati dalla strega elisabettiana.
“Ma ti ha dato di volta il cervello, ragazzo?” esclamarono alcuni.
“E tu figliola, digli qualcosa!” disse la strega elisabettiana all’indirizzo di Demetra, che tuttavia era ancora frastornata.
Non può essere così semplice, non deve essere così semplice, pensava sorpresa e arrabbiata, ma non riuscì a dire niente a suo padre, né in quel momento né dopo, quando lui si chiuse nello studio fino a sera.
La stessa riflessione la fecero i fratelli, una volta fuori.
“È stato troppo facile” furono le prime parole di Rabastan.
“Andiamo, Rab, ma chissefrega!”

***

“Ti vedo pensierosa. Ma qualcosa mi dice che non posso sperare di capire da solo cosa ti tormenta, a meno che tu non me lo permetta.”
L’occhiata torva che Demetra gli lanciò convinse Yaxley a non insistere.
“Hai mai pensato che avremmo potuto non essere nati quello che siamo?” disse dopo un po’.
“Intendi Babbani? Beh, no. Noi siamo quello che siamo e non saremmo potuti essere nient’altro, secondo me.”
“Ma noi siamo il frutto della scelta di qualcun altro, noi non abbiamo scelto niente. Noi non eravamo, prima che qualcuno scegliesse per noi.”
“Ti sei immersa nello studio delle dottrine sull’origine, per caso? A nessuno interessano più per davvero.”
“E i Nati Babbani, allora? Perché esistono?”
“Anche la natura fa degli errori, come fra le piante e gli animali… I maghi si sono sempre separati dai Babbani e sono i Nati Babbani ad essere l’errore, gli estranei… Spero non ti sia presa troppa simpatia per la loro questione!”
Demetra scosse il capo, ma era chiaro che Yaxley non capiva.
“Ma noi che siamo Purosangue dovremmo avere la conoscenza, essere coloro che sanno di più…”
“E lo siamo.”
“No! La mia famiglia e la tua hanno un fondatore, ma cosa sappiamo di lui e del suo tempo? Perché siamo quello che siamo? Tutto parte di lì.”
Yaxley stava per rispondere, ma Demetra continuò, seguendo il proprio filo di riflessioni.
“Noi siamo i Purosangue, dovremmo sapere perché siamo diversi dal resto dei Mezzosangue e quindi perché I Nati Babbani esistono, altrimenti, ogni teoria…”
“Siamo superiori perché ci siamo mantenuti puri, mentre loro sono un errore, punto. Mi sorprende un po’ che tu faccia simili considerazioni.”
Demetra sospirò.
“Va bene, dai, lascia perdere. Sono solo io piena di paturnie” disse, per chiudere lì il discorso.
“E se ti posso dare un consiglio, cerca di nascondere queste tue paturnie.”
Demetra capì subito dove voleva andare a parare.
“Perché sarai pure brava a nascondere quello che pensi, con l’Occlumanzia, ma non puoi nascondere all’infinito quello che dici e che fai, soprattutto. Le cose stanno per cambiare, tra pochissimi mesi avremo altri membri usciti da Hogwarts e il gruppo dovrà trovare un altro equilibrio, e sai a cosa mi riferisco…”
“Di nuovo, lo sai che io non sono una strega da duello, e mi pare che anche tu abbia…”
“Certo, ma purtroppo anche per me presto lavorare sulle menti della gente del Ministero potrebbe non essere più sufficiente. Il fatto è che non so cosa avverrà, ma un po’ l’istinto e un po’ lo spirito di osservazione mi lasciano pensare che prima o poi le cose precipiteranno, che forse sarà necessario andare contro il sangue… E vorrei che tu stessi attenta.”
Demetra sorrise suo malgrado.
Considerando il soggetto che aveva davanti, quella era la più autentica manifestazione di affetto che le avesse mai rivolto.
“Non so se si dovrà andare contro il sangue, ma di sicuro, in questo mondo, non si andrà mai contro i galeoni” rispose con una battuta, per sdrammatizzare.
“Ma comunque grazie del pensiero, Corban.”
“Figurati. Spero che tu abbia ragione, in qualche modo, sui tuoi galeoni. Sono probabilmente l’unica certezza della nostra esistenza” ribatté lui, stando allo scherzo.

***

Andromeda non sapeva cosa fosse successo da qualche settimana. Ripensava spesso a che pozioni aveva preparato, cosa aveva fatto di diverso durante il giorno, se c’erano stati episodi che potessero far sospettare che qualcuno avesse scagliato delle fatture sulla casa o proprio su di lei, ma non trovava nulla. Da giorni si sentiva strana, spesso stanca e soprattutto molto nervosa e confusa, ma quello che più la inquietava era che a volte aveva l’impressione che alcuni dettagli del suo corpo stessero cambiando senza ragione apparente. Ad esempio, aveva da sempre un neo piccolo e molto scuro sul fianco sinistro, eppure una sera mentre era a mollo nella vasca era sicurissima di esserselo visto sul fianco destro. Poi si era alzata e asciugata, e il neo era tornato al posto giusto. Solo che la cosa si era ripetuta altre mattine, sia con il neo sul fianco che poi con la forma della punta del naso. Era un fenomeno magico che non aveva mai sperimentato, nemmeno quando si esercitava sulla trasfigurazione umana, e per questo aveva subito temuto che qualcuno le avesse imposto una fattura. Una notte si era addirittura alzata in preda a un attacco di nausea molto forte e quando finalmente si era sentita meglio, dopo minuti interminabili nel bagno, alzando il capo e vedendosi nello specchio sopra al lavabo aveva colto una fugace immagine di sé bionda. Immagine che era svanita in un lampo, tanto da farle dubitare di se stessa e pensare che fosse davvero solo un’allucinazione. Ne aveva parlato a Ted e anche lui era d’accordo che ci fosse la possibilità che si trattasse di una fattura oscura, per cui avevano pensato di consultare un Guaritore al più presto. Ted avrebbe chiesto a Jeffrey, ma quando andò al San Mungo per parlargli personalmente gli dissero che al momento era in ferie in Israele e la strega della reception segnò loro un appuntamento col primo Guaritore domiciliare disponibile.
Il Guaritore che venne a casa a visitarla era un uomo di pochi anni più grande di loro, ma che sembrava dimostrare almeno il doppio dei suoi anni, e la prese molto sul serio. Le fece un sacco di domande sui sintomi, su quello che mangiava, su quali pozioni e ingredienti per pozioni aveva maneggiato di recente, oltre che una serie di altre domande piuttosto precise sulle sue abitudini di vita e sulla presenza di malattie ricorrenti e non nella sua famiglia, anche nelle generazioni passate.
“Mi porge un dito, prego?”
“Sì, ecco – e stese la mano – Vuoi vedere che è tutta colpa del sangue dei Black anche stavolta!” non si poté trattenere dall’esclamare rivolta al marito di fronte al Guaritore, che comunque era un Nato Babbano e di sicuro conosceva la famiglia solo di fama.
Poi le punse un dito con un ago argentato a forma di aculeo di porcospino e fece cadere alcune gocce in tre fialette di vetro apparentemente vuote, che si colorarono subito di tre colori diversi, come se un liquido invisibile le stesse riempiendo dall’interno. Il Guaritore le tappò con cura e poi estrasse la bacchetta e iniziò a picchiettare sui tappi, mormorando formule a mezza voce. Poi estrasse dalla borsa un oggetto del tutto simile a un cavatappi, con il quale infilzò il tappo della prima fialetta. Fece il gesto di dare uno strattone, come a portare via il tappo, ma il tappo rimase fermo, lasciando uscire dal buco creato dal cavatappi speciale un esile foglietto di pergamena.
“Ah-ah” disse commentando il primo.
Poi ripeté l’operazione con le altre due fialette, commentando l’esito rispettivamente con un “Bene, bene” molto soddisfatto e con un “Bene” meno partecipato.
“Bene, direi però che ci rivediamo per un controllo fra tre mesi esatti da oggi. La raccomandazione è la solita, non smaterializzarsi e non trasfigurarsi se non strettamente necessario” concluse rivolto ad Andromeda e fece per andarsene.
Ted strabuzzò gli occhi.
“Ma è grave? Cosa succede?”
Dall’inizio della visita, il Guaritore sorrise e si tolse l’aria seriosa che aveva tenuto tutto il tempo.
“Dipende dai punti di vista, nel senso, se eravate già preparati… Ci sono ottime probabilità che abbia capacità da Metamorfomagus. E i suoi genitori sono Babbani, vero? Insolito, direi. Sa, se ne vedono sì e no un paio di casi in una intera vita professionale, e io sono solo all’inizio!”
Ted non aveva capito una sola parola di quello che stava dicendo il Guaritore e quella sua aria da bambino che ha appena trovato una scatola di Cioccorane tutta per sé non lo rassicurava affatto.
“Comunque congratulazioni!” disse rivolto ad entrambi, prima di smaterializzarsi con un leggero pop.
“Io non ho capito nulla! Ma cosa vuol dire? C’entra ancora la tua famiglia? È una malattia ereditaria?”
Andromeda sulle prime sarebbe scoppiata a piangere, anzi no, a ridere, anzi a piangere… Insomma, tutte e due.
“Ted, sono incinta.”


***


NdA: Rieccomi! In questo capitolo ci sono luci e ombre, direi, dove la luce sono Ted e Andromeda che pensano al futuro e finalmente si apre per loro la possibilità di allargare la famiglia, mentre le ombre si addensano tutte sulla famiglia Lestrange, con i fratelli che sembrano riuscire a carpire al padre il famoso anello. Alcune precisazioni: l'anello non sarà l'oggetto magico risolvi-tutto, quanto piuttosto un simbolo, e ho voluto immaginare che Voldemort, già appassionato di oggetti magici antichi (ricordate come nel libro abbia lavorato al negozio Borgin&Burke e come avesse carpito la coppa di Tassorosso alla povera Hepzibah Smith), non avesse esitato un attimo a chiedere ai due giovani seguaci di portarglielo, convinto che un anello del genere nasconda per forza qualche potere reale. Demetra comicnia a porsi delle domande, ovviamente a modo suo, ma inizia a intuire che qualcosa non va, mentre l'inquietante Yaxley sembra sicurissimo di quello che dice. 
Ted e Andromeda invece aspettano un bambino e ho voluto immaginare che gli strani fenomeni di metamorfosi di Andromeda, assieme alla nausea gravidica dei primi mesi, siano dovuti al fatto che la piccola Ninfadora sarà una Metamorfomagus (ma niente paura, non avverranno incidenti strani durante la gravidanza!). Ho praticamente inventato di sana pianta il Guaritore che fa gli esami del sangue "magici" a domicilio e spero che la scena non suoni troppo didascalica o artefatta.
Insomma, aspetto un feedback e grazie mile a chi legge e commenta!

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Capitolo 20
*** L'amore altrui ***


20. l'amore altrui


XX



“Mai come questa volta l’alba di un nuovo anno mi ha trovato più soddisfatto e ottimista. Stiamo raccogliendo successi, i filo-Babbani arretrano ogni giorno di più e il loro terrore ci riempie di forza ed entusiasmo. E i più giovani di voi sono la punta di diamante del gruppo, perché una risoluzione dello spirito maturata durante la vita a Hogwarts è la più forte che un mago possa avere e questo farà la differenza.”
Seduti tutti dallo stesso lato della sala, i più giovani stavano impettiti e orgogliosi.
“Difendere la purezza del sangue è l’onore più grande” parlò Lucius Malfoy per tutti.
“Già, ma purtroppo talvolta in un gruppo numeroso e disomogeneo permane il rischio che qualcuno si perda per strada – fece una pausa, mentre tutti iniziarono a chiedersi cosa volesse dire davvero – Che qualcuno interpreti a suo piacimento, che qualcuno scelga i suoi metodi e i suoi obiettivi, che, anche se non in conflitto con quelli primari, potrebbero comunque sviarlo e sottrarre energie all’obiettivo finale.”
Qualcuno aveva fatto qualcosa di sbagliato, pensarono tutti, e il Signore Oscuro avrebbe punito tutti.
“Ma questo è avvenuto anche perché io non ho saputo dare un ordine chiaro e gestire la complessità del gruppo, sia in termini di indirizzo sia con mezzi pratici” disse il Signore Oscuro cogliendoli tutti di sorpresa.
“Ritengo che sia necessario creare un legame ancora più forte fra di noi, qualcosa che leghi indissolubilmente i destini di coloro che si nutrono della morte dei Sanguesporco, qualcosa che imprima per sempre nella carne il nostro destino e al contempo sia monito incancellabile della fedeltà alla causa che avete sposato.”
La sala fu percorsa da mormorii eccitati, che tacquero però non appena Voldemort riprese a parlare.
“Questo è il segno che ci distinguerà e ci legherà per sempre. Morsmordre!”
Dalla bacchetta di Voldemort uscì inizialmente solo un getto di luce verdastra pallida e soffusa, che si espanse nella sala fino a cambiare colore virando al grigio piombo ma soprattutto fino ad assumere la fisionomia di un enorme teschio dalla cui bocca usciva la sagoma di un serpente.
“Questo sarà il Marchio Nero, il nostro simbolo, quello che evocherete dopo ogni incursione contro i Sanguesporco a testimonianza indelebile del vostro passaggio e che getterà ancora di più nello sgomento i nemici.”
Tutti annuirono con lieve ritardo, tanto erano ammirati e impressionati dalla sagoma oscura che fluttuava su di loro.
“Ma non è tutto – aggiunse Voldemort mentre tutti trattenevano il respiro – Questo è anche il segno che porterete su di voi, sulla vostra carne, e che servirà a voi per evocare la mia presenza, oltre che a me per chiamarvi tutti all’adunata, realizzando così la perfetta unione fra voi, il vostro corpo e la vostra mente e la nostra causa.”
Seguirono istanti di silenzio densi di domande.
“Vi starete chiedendo come sarà possibile realizzare ciò. Voi porterete il Marchio Nero in forma di tatuaggio sull’avambraccio sinistro e sarà vostra cura celarlo a chi non deve sapere di noi, per il momento. Tuttavia, vedete, io ho intenzione di aprire oggi una fase nuova per tutti noi. Ho bisogno di sapere chi di voi ha davvero accolto dentro di sé in maniera irrevocabile questo destino e chi invece è stato solo in cerca di potere personale. Per questo, io donerò a tutti voi il Marchio Nero, ma esso diventerà reale e attivo e indelebile solo quando mi avrete dimostrato una reale e perfetta fedeltà, assolvendo al particolare compito che assegnerò a ciascuno di voi. Chi non riuscirà o non vorrà portare a termine il compito, vedrà sparire il tatuaggio come un qualunque incantesimo, ma allora sarà chiaro che egli è chiamato fuori da ogni nostra azione e potrà soltanto sperare nell’accoglienza e nella protezione degli Auror. Ma sono convinto che questo non avverrà, perché nessuno di voi sarà così vile o inetto.”
Una risata demoniaca accompagnò le ultime parole del Signore Oscuro.
“Adesso vi metterete in fila e mi offrirete il braccio sinistro e riceverete il Marchio e l’indicazione su quale sarà la vostra prova. Per portarla a termine e dimostrarmi la vostra fedeltà, avrete tutti lo stesso tempo: un mese. Potrete confrontarvi fra voi circa le prove, ma non aiutarvi a vicenda. Ogni prova è assolutamente personale e sono sicuro che non sarete così sciocchi da cercare di trovare scorciatoie.”

***

Il tempo stava passando e ormai non mancavano più molto al momento del parto. Andromeda cercava di non preoccuparsi più del necessario, anche per la questione della possibilità che il bambino avesse qualità da Metamorfomagus. A quello erano dovuti gli episodi con i nei che cambiavano posto, i capelli e il naso ogni tanto leggermente diversi e soprattutto i suoi continui sbalzi d’umore, ma il Guaritore aveva assicurato che non c’era nulla di cui preoccuparsi, anzi, erano segno che il bambino era sano e attivo. Le aveva tuttavia prescritto una pozione per tenere a bada i sintomi più fastidiosi, perché potevano interferire con la sua capacità di eseguire incantesimi in sicurezza e sul suo stato d’animo generale. Non era mai stata un fenomeno in Pozioni, ma con le istruzioni del Guaritore era sempre riuscita a prepararsi da sola la pozione. Anche in farmacia a Diagon Alley continuava ad andare da sola, nonostante Ted fosse contrario, ma lei si era sempre imposta di non fare “una vita da malata” solo perché aspettavano un bambino e cercava in tutti i modi di non costringere Ted a stare assente dal lavoro a causa sua.
Erano i primi giorni di gennaio e faceva molto freddo, anche se quell’inverno aveva nevicato poco. In farmacia non c’era praticamente nessuno, eccetto lei e il mago che la precedeva in fila. Poi il campanello del negozio suonò e Andromeda si voltò senza pensare.
“Ciao” disse Andromeda.
Narcissa Black non rispose e fece appena in tempo a spostare lo sguardo da un’altra parte.
Era accaduto altre volte che si incrociassero a Diagon Alley, ma erano sempre state entrambe in compagnia di qualcun altro, per cui era ovvio che avessero fatto finta di non conoscersi. Lì però erano da sole e Andromeda voleva assolutamente che la sorella le parlasse, anche solo per sentire le stesse parole di disprezzo di Bellatrix, ma almeno dalla sua voce, e non da quella di qualcun altro che si arrogava il diritto di parlare per lei.
“Non essere maleducata, Cissy. Non è da te” continuò Andromeda.
Sua sorella sospirò.
Era ormai una strega adulta, diciassette anni compiuti da un bel po’, e dopo aver finito Hogwarts a giugno avrebbe sposato Lucius Malfoy, in un matrimonio rigorosamente purosangue che avrebbe dovuto eguagliare quello di Bellatrix. O almeno, questo è quello che aveva saputo dai racconti degli amici di Ted che lavoravano al Ministero.
“Avanti, di’ almeno qualcosa. Insultami.”
“Non abbiamo più nulla da dirci, sei tu che hai tradito tutti noi” rispose Nacrissa a voce bassissima.
“Molto bene, un ottimo inizio. È vero, sposerai Malfoy dopo la scuola?”
“Sì, certo. Il nostro è un fidanzamento come si deve” ribatté Narcissa ostentando alterigia.
“Un fidanzamento come si deve, ovviamente.  Tu lo ami?”
Narcissa restò a bocca aperta a quella domanda e non seppe rispondere subito.
“E lui ti ama, almeno un po’?” incalzò Andromeda, sempre a voce molto bassa.
“Tu non sai niente! Tu sei l’ultima che può parlare!”
“Dimmi perché. Sono ancora tua sorella.”
“No! Tu ti sei andata a mescolare con quella feccia, sangue nel sangue – e accennò con lo sguardo alla pancia di Andromeda – Tu hai tradito tutti noi!” ripeté.
Narcissa parve scossa da un brivido e Andromeda notò che aveva gli occhi lucidi, ma non cessò di guardarla con severità.
“Io non credo che questo sia davvero tutto quello che pensi. Almeno una volta, Cissy, di’ la verità e…”
“Basta! Tu hai tradito tutti noi!” e uscì dal negozio, rossa in volto e con gli occhi lucidi.

***

Narcissa impiegò alcuni minuti a riprendersi dall’incontro improvviso con Andromeda, camminando quasi a caso davanti ai negozi di Diagon Alley.
Come poteva sua sorella permettersi di farle quelle domande? Come poteva permettersi di chiederle se lei amava Lucius o se lui amava lei? Credeva forse di essere l’eroina di una storia tragica che si arrogava il diritto di giudicare le vite altrui dall’alto della sua sofferenza? Andromeda se l’era andata a cercare, la sofferenza, mettendosi con quel Nato Babbano e doveva accettarne tutte le conseguenze, per come la vedeva lei, per come tutti la vedevano. Ed era vero quello che lei aveva detto: il suo era un fidanzamento per bene, anzi, molto di più. E non era vero niente che il fatto che Andromeda avesse rinunciato all’agio e al prestigio della sua famiglia significasse per forza che il suo era vero amore, mentre quello degli altri non era vero. Sapeva bene quello che bisbigliavano le malelingue della sua piccola comunità purosangue: Cygnus Black aveva blindato la ricchezza delle sue due eredi rimaste, una sposata a un Lestrange, l’altra presto sposata a un Malfoy. E metà di tutto l’oro della Gran Bretagna resta sempre nelle stesse camere della Gringott da secoli e mai che si metta a circolare per altre e forse più virtuose strade. Ma il suo non era un matrimonio combinato, e nemmeno un matrimonio auspicato e facilitato dalle famiglie: lei e Lucius si amavano, punto. A lei non importava nulla della sua ricchezza, era solo una coincidenza. Ti saresti innamorata lo stesso, se fosse stato povero come un Selwyn o anche solo modesto come Flint?, le avevano sussurrato alcune. Quella sciagurata di tua sorella deve amarlo davvero, come tante donne non amano più, per andare con lui e rinunciare al nome dei Black, avevano suggerito altri.  Ma che ne sapevano tutti quanti di quanto profondo fosse il suo amore, anche il suo amore? Anche fra loro c’era stato il colpo di fulmine, forse, e perlopiù da parte sua, visto che Lucius sembrò accorgersi di lei solo l’anno prima del matrimonio di Bellatrix, ma poi avevano fatto in modo che funzionasse. E lei era l’unica con cui Lucius potesse essere davvero se stesso, come le aveva detto il giorno che le aveva chiesto di sposarlo, l’unica con cui si potesse permettere di essere gentile, divertente, rilassato, o ancora triste, incerto, finanche dubbioso sulle grandi cose che stavano succedendo. Lei era l’unica con cui condivideva certi racconti e certe opinioni e rifletteva a voce alta su cosa fare, che strategie mettere in campo per i suoi obiettivi. Perché lei era l’unica che sapeva ascoltare, mentre tutte le altre che gli andavano dietro, a Serpeverde come fuori, erano interessate solo ai galeoni. Andromeda non avrebbe mai capito una cosa del genere, tutta convinta com’era di essere l’unica capace di guardare aldilà delle convenzioni sociali in cui vivevano, convinta che il bene si trovasse solo fra i Mezzosangue perseguitati. Non che avesse mai confidato alcunché nemmeno a Bellatrix, perché nemmeno lei avrebbe capito appieno: si sarebbe presto lanciata in invettive contro la traditrice, senza ragionare sulla sostanza della sua argomentazione, perché Bellatrix era così, non ammetteva sfumature e distinguo. Forse solo Demetra avrebbe capito, perché anche Demetra amava dare un peso alle parole e usarle per disegnare quelle stesse sfumature, ma non avevano mai avuto la confidenza necessaria. Per certi aspetti Demetra e Lucius si somigliavano, entrambi animati dal desiderio di conoscenza e potere, perché la conoscenza è potere, come dicevano tutti e due, e non a caso a Serpeverde c’era sempre stata una sotterranea rivalità fra i due, non tanto nelle cose di scuola, quanto piuttosto nell’imporre la propria autorevolezza al resto della Casa, con Demetra che aveva l’unico vantaggio di essere nata un anno prima. Eppure adesso Lucius era interamente lanciato nell’avventura del Signore Oscuro: riportare i purosangue al potere, gettare nel terrore i Mezzosangue ed essere finalmente gli unici, i puri, in una comunità omogenea e coesa e destinata alla grandezza. Lei non se la sentiva di entrare nel gruppo, indossando il cappuccio e portando il Marchio Nero, quel segno indelebile che generava terrore e fascinazione, perché il suo desiderio era semplicemente quello di avere una propria famiglia. Magari molti l’avrebbero giudicata sciocca, superficiale, viziata e senza determinazione, ma lei sentiva dentro di sé di non poter essere una strega da duello, sempre in corsa, sempre col cuore in gola. No, lei non sarebbe mai riuscita a darsi in tutto e per tutto alla causa del Signore Oscuro, lei sarebbe rimasta un passo dietro Lucius, pronta ad ascoltarlo e aiutarlo ogni volta che fosse necessario. E avrebbe sfoderato la bacchetta solo se fosse stato necessario, perché lei avrebbe combattuto, sì, ma solo per coloro che amava.
No, né Bellatrix né Andromeda potevano capire.


***


NdA: eccoci ad un altro capitolo! Breve e senza reali accadimenti, ma mi sono voluta cimentare (a rischio di lancio di pomodori e uova) con la nascita del Marchio Nero da parte di Voldemort e rappresantarlo anche come il momento in cui lui decide di puntare tutto sui più giovani del gruppo, consapevole di aver ormai assoggettato al proprio fascino demoniaco i rampolli della società magica purosangue. Spero di aver messo su una scena credibile.
Poi ho voluto fare un cameo con Narcissa: è la sorella Black che meno è apparsa nella storia e volevo darle almeno un po' di spazio, perché penso che lei abbia sempre avuto sentimenti profondi e sinceri come Andromeda, solo ha capito più tardi e sulla sua pelle la follia di Voldemort, ma senza che ciò togliesse nulla al valore del suo amore per la famiglia. Qui è alla fine dell'adolescenza e ancora crede in quegli ideali dei purosangue, non ha mai avuto un vero scambio con la sorella Andromeda su quello che significano certi sentimenti, e non si rende conto che in realtà entrambe amano (e ameranno) molto, ma da due punti di osservazione diversi. Avrei in testa anche delle scene delle due sorelle post-guerra magica, quando Bellatrix è ormai deceduta, ma per adesso non devo strafare! Spero di averne dato un'immagine realistica e verosimile.
Questo è uno degli ultimi capitoli, vi avverto, perché la storia sta per giungere al termine, anche se non ho certo intenzione di smettere di scrivere di alcuni di questi personaggi, ma devo fare ordine fra le idee, scrivere e tenere le dita incrociate che la fine di questa storia si all'altezza!
Grazie intanto a tutt* coloro che leggono e recensiscono!

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Capitolo 21
*** Incidenti e coincidenze ***


21. incidenti e coincidenze

XXI



In quella prima settimana di gennaio Demetra aveva studiato quasi tanto quanto ai tempi degli esami di scuola, ma i risultati non si erano fatti attendere. Aveva curato personalmente la difesa di un uomo accusato di essere stato affiliato ai Mangiamorte, il suo primo vero caso giudiziario importante senza il consiglio e la guida di suo padre. L’uomo in questione, un McKee qualunque, aveva di sicuro avuto a che fare con i Mangiamorte, fornendo loro soffiate e supporto logistico, ma l’accusa, a cui aveva partecipato per un breve intervento anche lo stesso Crouch, non aveva saputo dimostrare che l’imputato avesse fatto tutto ciò di cui era accusato e soprattutto permaneva il ragionevole dubbio che fosse stato sotto l’effetto della maledizione Imperius in molte occasioni. McKee se l’era cavata con un anno ad Azkaban e due anni di affidamento al Servizio di Reinserimento Sociale per Maghi Problematici, sezione Giustizia, e tutto grazie a lei. Addirittura il signor Crouch si era fermato per complimentarsi personalmente, riconoscendole la sua abilità anche se si trovava dalla parte avversa, e le aveva detto che sarebbe stata un ottimo acquisto per il Ministero se avesse deciso di candidarsi all’Ufficio per l’Applicazione della Legge Magica, scegliendo così di servire la comunità non più da privata cittadina ma con un impegno ufficiale. Demetra ovviamente aveva svicolato la questione evitando di rispondere direttamente, ma i ringraziamenti a Crouch per le sue parole di stima erano stati sinceri.  Ovviamente una strega della sua stirpe non aveva bisogno di lavorare, ma, si ritrovò a pensare Demetra esaltata come poche volte si era sentita, se non fosse stato per la situazione dei suoi fratelli avrebbe pensato seriamente alla proposta di Crouch.

Con questi pensieri, camminando a un metro da terra, si diresse nella hall del Ministero e si smaterializzò con un crack più sonoro del solito.
Una volta a casa, trovò l’elfa Binky in mezzo al corridoio principale che si dimenava cercando di prendere a testate il muro e ululando frasi sconnesse.
“Binky si dispiace! Binky si punisce lo stesso! Ma Binky doveva obbedire al padrone! Binky ha sempre detto la verità!” e via addosso al muro.
“Per la miseria, basta! Ferma! Dov’è papà?”
Ma l’elfa stava di nuovo prendendo la rincorsa contro il muro.
“Ora basta! Io ti ordino di smettere e rispondere alle mie domande!”
La corsa dell’elfa si arrestò in mezzo al corridoio come bloccata da un portentoso incantesimo di ostacolo.
“Allora, dov’è mio padre? – chiese Demetra avvicinandosi all’elfa – Cosa è successo?”
“Il padrone era arrabbiato, ed è andato da sua sorella, oh sì, Binky si ricorda della vecchia padroncina Augusta, era buona e sapeva fare un sacco di…”
“Binky non divagare, quello lo faccio io. Cosa è successo?”
“Il padrone e la padrona hanno litigato. Binky ha dovuto dire la verità, perché Binky obbedisce al padrone sempre perché è l’elfa di casa Lestrange, perché…”
“Ok, perché i miei hanno litigato di nuovo?”
“Il padrone ha saputo che la madre della padroncina spiava la sua corrispondenza e riferiva ai figli… Binky ha dovuto dirlo al padrone, anche se la padrona le aveva ordinato di non farlo, ma Binky dice la verità al padrone perché Binky serve la casa Lestrange e il padrone…”
“Ho capito, dai. Mia madre cosa fa adesso?”
“La mamma della padroncina se ne è andata, ha maledetto il padrone e se ne è andata!”
L’elfa riprese a singhiozzare ma sembrava sollevata di aver detto tutto.
Demetra rimase tuttavia piuttosto colpita.
Che i suoi litigassero spesso da molti mesi, e di frequente a causa dei suoi fratelli, non era una novità e anche il fatto che fino a non molto tempo prima cercasse di spiare tutte le sue mosse era stato abbastanza evidente, ma lei non aveva mai detto nulla a suo padre esplicitamente, da una parte perché non voleva che quello diventasse un’ulteriore ragione di litigi, dall’altra perché l’istinto le diceva di trovare da sola una soluzione.
In questo senso, sua madre era stata più drastica: se ne era andata da sola, e in quel momento forse suo padre era a sfogarsi e a riflettere sul da farsi con la sorella Augusta.
Demetra salì al piano superiore, diretta prima in camera a mettersi una veste più comoda e poi nella piccola stanza adiacente che aveva trasformato in una sorta di studiolo, in cui aveva accumulato tutti i libri che le erano serviti per i suoi incantesimi sperimentali.
Questa cosa degli incantesimi di distorsione della percezione altrui l’aveva appassionata un sacco e non poteva più nascondere a se stessa quale fosse il suo ambizioso obiettivo: riprodurre quello che aveva fatto Gramelius, cioè stregare una sagoma e far credere che fosse una persona precisa a fare qualcosa. Erano ovvie le possibili applicazioni illecite di tali incantesimi e non era un caso se gli unici incantesimi di Dissimulazione consentiti erano quelli eseguiti su creature magiche allo scopo solo di occultarle ai Babbani, ma forse era anche quello il divertente di tutto quanto. Aveva già fatto anche delle prove, ma erano prove in miniatura, perché non poteva certo eseguire quelle fatture davanti qualcuno che ne riconoscesse la natura. Gli unici che potevano condividere il suo entusiasmo erano Corban e forse Nicholas, ma doveva stare attenta, perché i due ormai facevano parte stabilmente degli affiliati al Signore Oscuro ed era sicura che Lui tenesse sotto controllo anche la vita privata dei suoi adepti. Inoltre, da qualche giorno sembravano entrambi di poche parole, come se avessero per la testa un sacco di pensieri, tanto che nei fugaci incontri al Ministero avevano entrambi evitato il suo sguardo, al punto che sulle prime si era sentita talmente offesa da pensare di inviare a entrambi un gufo pieno di imprecazioni. Poi però era stata assorbita dalla preparazione del caso di McKee e aveva rimandato a più avanti il chiarimento, notando soltanto che anche Malfoy, che di solito non perdeva occasione di mettersi in mostra e pavoneggiarsi al Ministero, sembrava diventato improvvisamente taciturno e pensieroso.
Ci ripensò proprio quella sera, mentre aspettava che suo padre rientrasse per la cena. A ben vedere, tutto stava diventando strano. Sua madre se ne andava di casa, ufficializzando la rottura con suo padre, cosa che fino a un paio di anni prima non avrebbe mai fatto, solo per salvare le apparenze. Crouch le offriva un posto all’Ufficio per l’Applicazione della Legge Magica e aveva ripetuto più volte quanto sarebbe stato significativo che proprio lei diventasse un membro della giustizia ministeriale. I suoi amici cambiavano atteggiamento da un giorno all’altro, come se avessero paura che lei potesse fare loro chissà cosa. Non aveva molto senso, ma il sesto senso le diceva che le cose erano in qualche modo tutte collegate, solo che non riusciva a capire come.

***

Londra, Ministero della Magia – Solo questa mattina, in una stringata conferenza stampa, il Ministro Jenkins ha confermato le indiscrezioni di stampa di alcuni giorni fa: la notte fra il 6 e il 7 gennaio è avvenuta un’intrusione all’Ufficio Misteri. Il Ministro non ha tuttavia rilasciato alcuna dichiarazione su quale sezione dell’Ufficio Misteri sia stata violata e in cosa consistano i danni di tale intrusione. Il Ministro ha più volte ribadito che non è stato portato via nulla che possa nuocere alla sicurezza della comunità, perché l’allarme è scattato immediatamente e una squadra addestrata di Indicibili dell’Ufficio stesso è intervenuta a neutralizzare gli effetti dell’intrusione. Il Ministro non ha risposto alla domanda sulla mancata collaborazione degli Auror alle operazioni di indagine interna, che restano quindi nelle mani degli Indicibili, nel solco dell’autoregolamentazione dell’Ufficio. Il Ministro ha inoltre smentito categoricamente che questo episodio possa essere in qualsiasi modo ricondotto a Voi-Sapete-Chi, una circostanza che getterebbe un’ombra inquietante sulla sicurezza dei processi gestionali nelle sezioni più delicate del Ministero.
Al termine della conferenza, ha preso la parola Allan Blackwood, storico Rappresentante per le Relazioni con gli Altri Uffici dell’Ufficio Misteri, che ha reso noto che si sono rese libere due posizioni lavorative senza vincoli di età e risultati scolastici presso l’Ufficio, in seguito al pensionamento anticipato di due Indicibili, di cui si rendono note solo le iniziali A. Y. e B. F., entrambi al momento ricoverati al San Mungo. Blackwood ha inoltre aggiunto che si tratta di una procedura usuale a tutela della salute dei due maghi dopo tanti anni di servizio con compiti molto impegnativi e fisicamente usuranti, che nulla hanno a che vedere con l’episodio increscioso in questione, e che gli Indicibili restano obbligati alla riservatezza totale su quanto concerne l’Ufficio Misteri anche dopo la fine del servizio.

“Ma A. Y. è tuo padre? Lavorava all’Ufficio Misteri, o sbaglio?” chiese Demetra a Yaxley una sera che lui finalmente aveva accettato di uscire, sempre nel quartiere magico di Edimburgo.
“Sì, ma io non so nulla di quella storia” rispose lui, più brusco del solito.
“Calma eh! Lo so che gli Indicibili hanno l’obbligo della riservatezza, non ti voglio mica mettere in difficoltà. Anzi, di sicuro dovrete preoccuparvi di meno per lui adesso che è in pensione.”
“Basta parlare di mio padre.”
“Come non detto. Comunque stai diventando, non lo so, diverso. C’è qualcosa che dovrei sapere?”
A quelle parole Yaxley si irrigidì e a Demetra apparve chiaro che sì, c’era qualcosa che doveva sapere, visto come stava chiudendo la mente.
“Sei stato con un’altra?” le uscì prima che potesse autocensurarsi.
“Ma non dire stupidaggini! Dai, secondo te? Sono solo sempre stanco” disse lui, rilassandosi di nuovo.
Anche Demetra parve rilassarsi.
“Sai cosa, hai mai pensato di fare un viaggio?” disse lui improvvisamente.
“Eh?”
“Sì, cambiare aria per un po’, vedere altri posti… A scuola dicevi che era una delle cose che volevi fare una volta indipendente, e adesso lo sei.”
“Certo che ci ho pensato, lo dicevo ai tempi della scuola, sì, ma adesso sono comunque impegnata, credo che sarebbe un controsenso… Perché me lo chiedi, scusa?”
“Così, mi è tornato in mente sentendo chiacchiere al Ministero… E tu puoi farlo senza chiedere il permesso a nessun capo!”
“Certo, ma dei due mi sa che sei tu quello che ha bisogno di staccare – rispose lei, un po’ meno sulla difensiva – Potremmo andare insieme, non mi scoccia se devo pagare tutto io.”
Lui rise di gusto e non ne parlarono più per tutta la sera.
“Non vuoi che venga su da te?” chiese Demetra al momento di decidere se concludere o far andare avanti la serata.
“Sono esausto” fu l’unica cosa che disse lui, vagamente implorante.
“Oh, va bene, ma almeno rispondi ai gufi i prossimi giorni. Buonanotte!”
E poi sono le donne ad essere umorali, pensò Demetra prima di smaterializzarsi a casa, cercando di sdrammatizzare il senso di inquietudine con cui Yaxley l’aveva salutata.

***

Qualche sera dopo Demetra uscì di nuovo con Yaxley e notò che il ragazzo sembrava decisamente più tranquillo, come qualcuno che ha appena sistemato una questione importante e ora sa di avere del tempo libero, come dopo un grosso esame. Ogni tanto tirava fuori di nuovo la cosa che lei avrebbe dovuto approfittare e fare un viaggio, sempre tenendo chiusa la mente. Il sesto senso le diceva di indagare e cercare di saperne di più, ma si sentiva anche stanca di tutto questo agire di nascosto, come se tutti cominciassero a tessere una tela di segreti e lei ne fosse esclusa, incapace di capirne i nodi.
Quella sera, quando uscì da casa di Yaxley a Edimburgo decise di farsi un giro prima di smaterializzarsi a casa. Si sentiva irrequieta e aveva bisogno di scaricare la tensione insensata che si sentiva addosso. Cercò un punto in ombra, dove nessuno l’avrebbe vista, e si trasformò in civetta, gustando a pieno la sensazione del poter volare e osservare i dettagli nell’oscurità. Percorse avanti e indietro Narrow Path, la Diagon Alley di Edimburgo, decisamente più breve e stretta della via magica londinese, ma non per questo meno piena di vita. Se a Londra Diagon Alley era ben separata da Nocturn Alley, a Edimburgo luce e oscurità si fondevano e ogni porta poteva essere l’entrata di una qualunque sartoria così come l’ingresso verso una farmacia clandestina che commerciava pozioni illegali. La vetrata più illuminata di tutte era quella del pub Il Velo, ma era una luce verdastra vagamente solforica e all’interno la luce era bassa e soffusa, rosso cangiante, e gli angoli di oscurità si allungavano come gatti fra i piccoli tavoli.
A Demetra Il Velo non dispiaceva e quella sera pensò di vedere che effetto faceva entrarci da civetta invece che su due gambe. Entrò da un lucernario sulla facciata principale dedicato appunto ai gufi degli avventori e fischiò di rimando a un grosso barbagianni che voleva tutta l’asse per i gufi per sé.
Conquistato il suo posto, si mise ad osservare la fauna umana che popolava il locale. Si riconosceva dietro il bancone Julius McAllister, il proprietario, un uomo corpulento con lunghi baffi biondi che in passato era sempre stato sfiorato e talvolta toccato da indagini su attività oscure, ma che ne era sempre uscito pulito ed era solito ricordare a tutti gli avventori che lui non aveva alle spalle la sicurezza economica del Paiolo Magico né lo spirito internazionale di Borgin&Burke, ma sopravviveva lo stesso, perché a tutti offriva alcol buono e discrezione. Gli avventori infatti erano mescolati: accanto ai giovani, usciti da Hogwarts da qualche anno soltanto, e agli anziani clienti storici di tutte le stagioni, si faceva spazio, con discrezione, una clientela più variegata, di maghi di varia età interessata a discutere affari e faccende talvolta illecite, talvolta oscure, talvolta tutt’e due, talvolta nessuna delle due, ma non si sa mai.
Dopo un po’ Demetra pensò che poteva ormai anche andare, quando entrarono tre maghi che destarono la sua attenzione: i suoi fratelli e uno dei numerosi Avery, loro ex-compagno a scuola.
“Allora, avete fatto? Il tempo stringe” diceva Avery.
“Pensa per te. Vogliamo che sia impeccabile, stavolta, e lui sarà fiero di noi” rispose Rodolphus.
La civetta Demetra tese le orecchie.
“Chiamatemi quando avete fatto, così andiamo a incendiare un po’ la notte dopo. Io intanto, vado di sopra e…” ma la sua voce si abbassò troppo e Demetra non capì cosa andava a fare Avery al piano di sopra del locale.
“Allora, ripassiamo il piano – iniziò Rabastan – Noi la aspettiamo nello slargo qua davanti al locale, dove si smaterializza sempre e tu attacchi, poi bruciamo tutto e tu evochi il marchio. Prima che arrivino, ci materializziamo da te, così la mattina dopo io…”
“Non so se è una buona idea bruciare tutto. Credo che sembrerebbe come se volessimo distruggere le prove” commentò Rodolphus.
“Perché dici questo? Lo avevi detto tu stesso che volevi cancellare ogni traccia della sua esistenza…”
“Sì, certo, ma non so se Lui approverebbe. Su questo punto ci devo pensare.”
Quindi i fratelli stavano preparando un attacco a qualcuno, proprio lì a Narrow Path.
“Ok. Invece, al Ministero non ci facciamo vedere, ma aspettiamo papà alla Gringott e… Non so, Rod, mi sembra che sia troppo rischioso, anche in due.”
“Certo che è rischioso, ma tu devi farlo. Anzi, il fatto che ci sia io con te potrebbe irritare il Signore Oscuro, perché ha detto chiaramente che non dobbiamo farci aiutare, ma ognuno ha il suo compito.”
“Lo so, infatti sarò io a uccidere. Il Signore Oscuro ha chiesto la testa di nostro padre e nostra sorella e non lo deluderemo.”


***

NdA: si avvicina il finale di stagione, per parafrasare il mondo delle serie tv! (dite che me la sto tirando un po' troppo? forse sì, quindi la smetto subito) tuttavia, direi che c'è poco da aggiungere su questo capitolo, ma mi interessa il feedback di chi legge riguardo al fatto se si capisce che genere di prove ha chiesto Voldemort agli adepti , non solo i fratelli, e cosa ne pensate! Grazie a tutt* coloro che leggono e commentano!!

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Capitolo 22
*** Un inizio e una fine ***


21. un inizio e una fine


XXII



Demetra impiegò molto tempo prima di riaversi dallo shock.

La sua mente iniziò a vorticare e fu con un ultimo guizzo di sangue freddo che volò fuori dal lucernario del pub, si rifugiò in un angolo buio e si ritrasformò.
Una volta ritrovata la forma umana tremava come una foglia e fece appello a tutta la sua determinazione, decisione e destinazione per materializzarsi a casa, al sicuro.
I suoi fratelli avevano ricevuto l’ordine di uccidere lei e suo padre da parte del Signore Oscuro. O meglio, più precisamente Rabastan doveva uccidere suo padre e Rodolphus lei. Era di lei che parlavano, lei che quando usciva con Yaxley si smaterializzava sempre nello slargo di fronte al pub.
E avrebbero bruciato tutto con l’Ardemonio.
All’improvviso, come un fulmine che squarci il buio in una notte di tempesta e per un istante illumini tutto senza ombre, tutti i pezzi andavano al loro posto, tutto quadrava: Corban sapeva cosa dovevano fare i suoi fratelli e il suggerimento di farsi un viaggio era tutto quello che poteva dirle per aiutarla, senza tradire l’obbedienza al Signore Oscuro. E molto probabilmente lui stesso aveva dovuto levare la bacchetta contro suo padre all’Ufficio Misteri su ordine del Signore Oscuro, tanto era stato nervoso nei giorni precedenti e successivi l’episodio in questione al Ministero. Forse anche Nicholas e Lucius dovevano svolgere dei compiti del genere e ciò poteva spiegare la loro evasività in pubblico. E poi: Crouch cosa sapeva o aveva ragione di sospettare? Perché a quel punto non era più un caso che le avesse offerto un posto da avvocato al Ministero. E sua madre? Forse che sua madre sapeva? Questo non poteva dirlo con certezza, nonostante tutto.
Demetra corse in bagno e vomitò.
Quella notte si mise a letto ma non chiuse occhio.
Pensò tutto il tempo a cosa fare e ogni volta che risentiva nella sua testa quella conversazione si sentiva gelare da capo a piedi e il cuore accelerare dolorosamente.
Cosa poteva fare? Se lo avesse detto a suo padre, lui le avrebbe creduto? Poteva benissimo pensare che stesse esagerando, perché anche suo padre spesso, come lei, aveva la presunzione di avere tutto sotto controllo, come per la storia dell’anello. L’anello del Fondatore, infatti, non era mai uscito veramente da casa Lestrange e quello che aveva dato a Rodolphus era solo una copia, come aveva scoperto lei stessa poche sere dopo l’episodio, notando che suo padre aveva di nuovo l’anello alla mano. Al suo sguardo sorpreso, suo padre aveva solo commentato sibillino:
“Come vedi, l’anello protegge l’erede dalla malasorte e dal mal consiglio.”
Stando così le cose, i suoi fratelli avevano fatto una pessima figura con il Signore Oscuro. Forse era per quello che aveva ordinato loro di uccidere il padre e lei. O forse no, era solo pura follia, e malvagità. Capiva soltanto in quel momento quanto fosse fuori controllo la situazione, quanto a suo tempo avesse avuto ragione Andromeda a considerarli dei criminali assassini, perché quello erano, e la purezza del sangue era ormai solo un pretesto senza ragione sostanziale, un pretesto che un uomo crudele e potentissimo aveva sfruttato abilmente per piegare a sé le energie dei più dotati maghi purosangue. Ed essi erano diventati ormai solo uomini crudeli assetati di sangue e potere sulle vite altrui, solo che non se ne era mai resa conto davvero, perché nonostante tutto lei si sentiva legata ai fratelli, a Corban e a tutti gli altri, per consuetudine e per somiglianza. Ma adesso le cose stavano precipitando e lei aveva focalizzato solo allora.
Che fare quindi? Poteva andare da Crouch. Lui le avrebbe creduto, una volta che lei gli avesse mostrato il suo ricordo nel Pensatoio e forse avrebbe sorvolato sul fatto che era un Animagus non registrato, data l’importanza della testimonianza e del pericolo. E poi? Avrebbe ottenuto la protezione degli Auror? Più ci pensava e più le sembrava che nessun Auror avrebbe davvero potuto proteggere lei e suo padre. Poteva non farsi più vedere a Edimburgo, ma era sciocco credere che evitare alcuni posti avrebbe fatto desistere i suoi fratelli, anzi, forse appena avessero capito che lei sapeva delle loro intenzioni avrebbero scatenato una rappresaglia, perché nel momento in cui avevano programmato di ucciderla, non sarebbero stati gli imprevisti a farli desistere.
Solo sul mattino, quando già filtrava un tenue raggio di sole dalle imposte, si appisolò leggermente, la bacchetta stretta in mano.

***

Quando si svegliò, Demetra chiese per prima cosa a Binky dov’era suo padre.
“Al Ministero, come sempre, padroncina” fece l’elfa compostamente.
Demetra ebbe l’impulso di catapultarsi anche lei al Ministero, ma non sapeva cosa avrebbe fatto. Passò tutta la mattina in preda ad uno stato di agitazione implacabile, che si sciolse soltanto quando suo padre rientrò nella tarda mattinata.
“Devi parlarmi di qualcosa?” disse il signor Lestrange vedendo la figlia visibilmente agitata.
“No! Cioè, sì, forse” disse senza pensare.
“Un ottimo inizio” disse suo padre sorridendo.
Era di buon umore, osservò Demetra, e lo era sempre di più da alcuni giorni. Come se fosse tornata in lui una sorta di pace, magari precaria, dopo che la moglie se ne era andata, e fosse riuscito a sistemare alcune questioni importanti.
Demetra lo seguì fino allo studio, ancora agitata, non sapendo come avrebbe parlato.
“Allora, cosa succede?”
“Siamo in pericolo, papà” disse d’impulso.
Il signor Lestrange assunse un’aria dubbiosa.
“Per quello che stanno facendo Rabastan e Rodolphus” continuò lei.
“Oh, i tuoi fratelli sono maghi adulti da molto tempo ormai. Si assumeranno le conseguenze di quello che fanno. E io non so se potrò o vorrò aiutarli, di fronte a certe accuse infamanti” disse con semplicità.
Quindi suo padre credeva che lei temesse che i fratelli sarebbero finiti in mano agli Auror.
“No! Noi siamo in pericolo! Loro adesso… Merlino mi aiuti! Loro adesso hanno scelto un’altra legge, noi non siamo più la famiglia adesso, e se dovesse accadere… Se loro… – tremava a formulare il pensiero – Noi non siamo più la famiglia, per loro.”
Suo padre rimase serio, pur scuotendo la testa.
“Demetra, non essere paranoica come Augusta. Possono fare molte cose, ma non commetteranno mai l’abominio di andare contro il loro stesso sangue.”
Demetra rimase in silenzio, pensierosa.
“Chissà com’erano adirati per la storia dell’anello…” disse dopo un po’.
“Mi sembra di essere stato chiaro, negli anni, su molte cose. Ma forse ho sbagliato io qualcosa, con loro. Il tempo passa e ogni giorno sono sempre più convinto che l’erede di casa Lestrange non puoi essere che tu, piccola mia.”
Demetra trattenne a stento le lacrime, a quella tenerezza così insolita.
“Ma io sono una femmina. Così la famiglia finisce” considerò, atona.
“Forse. Ma magari è meglio così.”
“Ricordo che ti arrabbiasti molto quando Rodolphus prima di partire per Hogwarts andò alla miniatura dell’albero di famiglia e tirò una riga sotto i nostri nomi, perché la famiglia non poteva finire…”
“È notevole che tu ricordi quell’episodio, avrai avuto sì e no quattro anni.”
Demetra sorrise, non sapendo cosa aggiungere.
Suo padre sfilò l’anello che portava alla mano destra e glielo porse.
Demetra scosse il capo.
“Sì, invece. Come ho detto, sei tu l’erede.”
Demetra infilò l’anello al medio della mano destra, titubante. Quell’anello non aveva nessun potere magico intrinseco, lo sapeva bene, e quello che sentiva era solo il peso del valore simbolico.
Cercò di dire qualcosa, ma Binky apparve per comunicare che il pranzo era pronto, e non ci fu spazio per altre parole.

***

Una fredda ma limpida mattina di metà gennaio Andromeda sentì che il momento era arrivato.
Chiamò Ted e lo mandò di corsa a chiamare la Medimago ostetrica che l’aveva vista l’ultima volta.
Sulle prime, anche l’ostetrica ebbe qualche difficoltà, perché sembrava che il bambino o la bambina cambiasse continuamente posizione.
“Il Guaritore ha detto che potrebbe essere un Metamorfomagus – spiegò Andromeda all’ostetrica fra le contrazioni – Non cambia nulla però adesso, vero?”
Si pentì di aver parlato nel momento in cui vide un lampo di terrore sul viso dell’ostetrica.
“No, no, penso di no…” balbettò quella.
Dovrò fare tutto da sola, come sempre, pensò Andromeda.
Trasse un lungo respiro, cercando di ricordare le istruzioni sulla respirazione che aveva ricevuto una delle ultime visite di controllo.
Ted sembrava il più terrorizzato di tutti, così Andromeda strinse anche la sua mano, come per unire le forze.
Forza amore mio, disse dentro di sé, scegli una posizione e iniziamo!
Come se l’avesse sentita, il bambino o la bambina si calmò e Andromeda poté iniziare a spingere seguendo la guida dell’ostetrica.
Durò pochi minuti che sembrarono infiniti, ma alla fine la bambina uscì fuori e pianse vigorosamente.
Andromeda sorrise, riprendendo a respirare profondamente, e fece appena in tempo a vedere che la neonata era completamente avvolta in più giri da quello che doveva essere il cordone ombelicale, come ci si fosse impigliata da sola.
Come se le avesse letto nel pensiero, l’ostetrica con pochi colpi di bacchetta liberò la bimba dal cordone ombelicale, questa volta con destrezza, lasciandole sul pancino un ombelico perfettamente cucito e dopo pochi attimi la depositò in braccio alla madre pulita e avvolta nella copertina che avevano preparato.
Ted baciò Andromeda con tenerezza, per poi guardare meravigliato la figlia che, ad occhi chiusi, cambiava vorticosamente colore ai suoi sottili e  delicati capelli sulla testolina. Nessuno dei due prestò troppa attenzione alle spiegazioni che stava dando loro l’ostetrica, circa l’igiene, l’alimentazione e le precauzioni necessarie, la quale probabilmente se ne accorse e concluse che comunque lasciava loro un opuscolo del San Mungo per i neogenitori.
E in quel momento per Andromeda non esisteva nient’altro che la sua bambina bellissima, una felicità perfetta che spazzava via tutto l’orrore che incombeva là fuori, perché mentre la morte aveva un solo colore, la vita che teneva in braccio scintillava di mille colori.

***

Quella notte, stranamente, Demetra dormì.
Sognò molte cose: sognò Hogwarts e il Cappello Parlante, sognò Emmon che le raccontava della Francia del sud che aveva visto quando era solo un pulcino, sognò Andromeda padrona di casa a Grimmauld Place, sognò suo fratello che la attaccava, ma era solo un Molliccio che svaniva quando lei gli mostrava l’anello, ridendo soddisfatta, sognò la statua animata di Gramelius che distribuiva galeoni davanti alla Gringott e il signor Crouch che durante un dibattimento diceva che nessun uomo è morto finché non si trova il corpo.
La mattina dopo Demetra si svegliò, e sapeva esattamente cosa fare.


***

NdA:  e questo è il penultimo capitolo! Come vedete non accade nulla, se non che finalmente Demetra capisce cosa siano davvero Voldemort e i suoi Mangiamorte, ma sulla propria pelle e invece si chiude, almeno per ora, la linea narrativa di Andromeda, con la nascita di Ninfadora. Ci tenevo a lasciare un ultimo raggio di luce e colore nella storia prima del finale, che vedrà Demetra alle prese con i fratelli e tutto può ancora succedere. L'anello non ha davvero alcun potere magico reale, perchè l'unico potere è quello della mente di colui o colei che lo indossa, ma il confine fra magia e suggestione è labile anche per maghi di rango come i due Lestrange. Ho voluto mettere anche qui una citazione da un romanzo che ho amato molto, i Buddenbrook di Thomas Mann, con l'immagine del piccolo Rodolphus che traccia la linea sotto l'albero genealogico di famiglia a fare da parallelo, pur con le dovute differenze, al piccolo Hanno figlio di Thomas che nel romanzo fa la stessa cosa con l'albero di famiglia, generando le ire del padre...insomma, se non si è capito io adoro quel libro!
Direi che è tutto!
Una delle mie preoccupazione è che la scena della nascita di Ninfadora sia troppo veloce, e al contempo ad aggiungere molto altro temevo di scadere nel patetico, quindi l'incertezza permane per questa parte. Ad essere onesta tuttavia non so quanto anche il finale sia all'altezza, così come questo capitolo interlocutorio non se è troppo o troppo poco, e spero che le recensioni mi aiutino anche in questo.

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Capitolo 23
*** Fuoco nella notte - epilogo ***


23. epilogo


XXIII



Quella mattina Demetra si mise al lavoro subito dopo colazione.
Suo padre andò al Ministero, ma Demetra sapeva che non era quella la mattina designata per l’attacco. Aveva ancora quattro giorni di tempo, perché sapeva che sarebbe uscita con Yaxley il venerdì e con tutte le probabilità i fratelli aspettavano proprio quella sera.
Il piano era quello di riprodurre esattamente quanto aveva fatto secoli prima Gramelius: incantare e trasfigurare una statua in maniera così potente che tutti i testimoni che fossero accorsi fuori dal pub avrebbero in seguito giurato di aver visto lei duellare con i fratelli, e cadere morta a terra. La magia doveva essere così potente che anche il cadavere doveva durare abbastanza a lungo da indurre i fratelli a convincersi di averla uccisa, mentre lei si sarebbe trasformata nell’ombra in rapace. Il punto debole, oltre al fatto che era davvero la prima volta dai tempi di Gramelius che qualcuno tentava una cosa del genere, era che prima o poi la magia si sarebbe dissolta e lei contava sul fatto che poi i due bruciassero tutto con l’Ardemonio, cancellando ogni possibilità di ricostruire il fatto. Quanto a suo padre, poteva solo tentare di salvarlo mettendo in allarme Crouch e gli Auror con una lettera anonima, che naturalmente avrebbe protetto da occhi indiscreti con lo stesso incantesimo che aveva usato tempo prima con la lettera ad Andromeda.
L’altra parte del piano riguardava quello che sarebbe accaduto dopo: Demetra decise che sarebbe rimasta una civetta per un po’, per qualche giorno, e poi si sarebbe nascosta più cautamente ai margini della comunità magica scozzese, trasfigurandosi variamente. Quando il mattino dopo i fratelli avrebbero attaccato suo padre, gli Auror sarebbero stati pronti a catturarli cogliendoli sul fatto in gruppo, avrebbero messo al sicuro suo padre da possibili ritorsioni e i due sarebbero stati spediti ad Azkaban. Solo quando fosse iniziato il processo a loro carico e la situazione fosse perlopiù rientrata, lei si sarebbe palesata di nuovo e avrebbe spiegato la situazione a Crouch e al Ministro stesso.
Demetra sapeva che il piano poteva fallire ad ogni passo e la cosa che più la angosciava era che suo padre non sospettava nulla e sarebbe andato incontro all’attacco alla Gringott come un agnello sacrificale, ma probabilmente era anche l’unico modo perché gli Auror mettessero le mani sui suoi fratelli, cogliendoli in flagrante e mostrando così a tutti la loro colpevolezza. Aveva anche preparato una borsa con tutto l’occorrente per la fuga temporanea: una bella borsa di pelle la cui capienza era stata adeguatamente espansa con un incantesimo e riempita di provviste impacchettate e rimpicciolite, boccette di pozioni di emergenza e qualche cambio. La statua designata a fare da substrato per l’incantesimo illusorio l’avrebbe presa da un cimitero monumentale della città Babbana: ormai spesso certi maghi ubriachi prendevano di mira i cimiteri Babbani vandalizzando le opere in pietra e mettendo su incantesimi ai danni dei Babbani, per terrorizzarli ancora di più in quel luogo di morte, per cui nessuno avrebbe fatto caso ad una statua mancante.
Sarebbe andato tutto bene, si ripeteva Demetra, e lei sarebbe stata quella che avrebbe assicurato i suoi fratelli alla giustizia, avrebbe riportato in alto il nome della famiglia e avrebbe mostrato a tutti quale era la verità.
Ogni volta che ripassava il piano accarezzava l’anello, sperando che davvero la proteggesse dalla malasorte, e pensava a suo padre.
La sera prima del venerdì, a cena, decise di tornare sull’argomento.
“Devo dirti una cosa – iniziò, aspettando che il padre le facesse cenno di continuare – Vorrei restituirti l’anello.”
“E perché mai? Io ho deciso che sei tu l’erede, per me le cose tanno benissimo così, e tu hai dimostrato di essere pronta.”
“No, io non credo di essere pronta. O meglio, io non credo che sia questo il tempo.”
“E cosa te lo fa dire?”
Demetra non poteva dirgli che contava sul fatto che gli Auror avrebbero salvato lui alla Gringott e avrebbero catturato i suoi fratelli mentre lei viveva in clandestinità, ma sapeva anche che suo padre riusciva sempre a cavarle di bocca la verità, che chiudesse la mente o meno, così optò per una mezza verità.
“Ho fatto dei sogni con l’anello indosso. E se l’anello protegge l’erede dal malconsiglio, credo di dovermi fidare del sogno.”
Suo padre la guardò a lungo, per poi sorridere.
“Come vuoi.”
Demetra sorrise a sua volta e gli restituì l’anello.
“Posso sempre farne una copia come quella che tu hai dato a Rodolphus, per bullarmi un po’ se ce ne fosse bisogno” aggiunse per sdrammatizzare, e suo padre rise di gusto.
Andrà tutto bene, si obbligò a pensare.

***

“Allora buonanotte. Ci vediamo.”
“Ci vediamo? Sei proprio sicuro, Corban?” rispose Demetra, fissandolo diretta negli occhi.
Lei sapeva che lui sapeva ed ebbe la percezione che anche lui sapesse che lei aveva capito ogni cosa.
Il ragazzo non rispose niente, ma alla fine fu Demetra a fargli abbassare lo sguardo.
Si incamminò verso la piazzetta davanti al pub Il Velo, la bacchetta salda in mano.
Ad un certo punto, come aveva previsto, arrivarono. O meglio, prima arrivò un’ondata di aria fredda come poche volte aveva sentito, e poi avvertì che qualcuno si era appena materializzato.
“Oh, chi abbiamo qui? La nostra sorellina adorata” disse nel buio la voce di Rodolphus.
Poi avanzò sotto la luce dei lampioni, dando le spalle alla vetrata scura del pub e Demetra vide che portava una lunga veste nera, forse quella con cui i Mangiamorte erano soliti compiere gli attacchi, ma camminava col cappuccio abbassato, a volto scoperto.
Qualche passo dietro di lui, Rabastan si guardava intorno. Forse aveva il compito di controllare che nessuno intervenisse.
Rodolphus scagliò uno Schiantesimo non verbale, ma Demetra aveva già evocato uno scudo.
“Tu sai fare solo il Sortilegio Scudo, vero?” ghignò lui.
Non cedere alla provocazione, non cedere alla provocazione, lascialo solo camminare fino al punto…
Demetra evocò un altro scudo, ma lo Schiantesimo del fratello superò per un pelo la barriera e fece alzare una nuvola di polvere, facendo saltare diverse pietre del lastricato a terra.
“Non ho intenzione di rincorrerti. Crucio!”
Il Sortilegio Scudo servì soltanto ad attutire la morsa che investì la pancia di Demetra e a darle il tempo di trascinarsi nell’ombra a riprendere fiato, col cuore che batteva all’impazzata. Non doveva cedere al dolore che sentiva in testa e perdere la lucidità, quella era la sola cosa che poteva fare la differenza.
Rodolphus avanzò ancora, scagliando maledizioni nel buio e facendo esplodere le panchine in pietra sul lato della piazzetta. Il trambusto attirò gli avventori del pub alla vetrata e qualche impavido fece capolino fuori.
“Più pubblico c’è meglio è, no, Rab? Così anche Lui avrà dei testimoni se vorrà” commentò Rodolphus.
“Avanti, fatti sotto, non ho paura!” emerse la voce di Demetra nel buio.
“Che succede qui?” intervenne MacAllister il locandiere.
“Affari di famiglia in cui non devi impicciarti” rispose Rabastan per tutti.
Sotto la luce dei lampioni, MacAllister e tutti gli avventori videro Rodolphus Lestrange che duellava con la sorella Demetra a colpi di fatture e nessuno sembrava avere l’intenzione di fare alcunché. Qualcuno forse aveva cercato di smaterializzarsi, ma Rabastan doveva aver lanciato sull’intera piazzetta un incantesimo anti-materializzazione.
Demetra perse il senso del tempo e dello spazio, rannicchiata nel buio addossata al muro sul retro del pub, concentrata a mormorare a mezza voce le formule che dovevano guidare i gesti della statua trasfigurata, mentre sentiva una morsa di dolore stringersi sempre di più attorno alle tempie. Era la fatica che comportava una magia del genere e sapeva anche che non poteva durare ancora a lungo. Inoltre, la statua non scagliava reali fatture ma pronunciava solo le parole, limitandosi a scoppi luminosi e a schivare i colpi. Perché Rodolphus ci metteva tanto a scagliare l’Anatema che uccide?
Ormai la polvere dovuta alle fatture scagliate alla cieca era alta e non si vedeva più molto. Demetra tremava e ondeggiava mormorando tutte le formule degli incantesimi di illusione per sostenere il sortilegio sulla statua, ma percepiva che il controllo stava venendo meno e anche la statua aveva movimenti più rigidi e meno naturali.
“Adesso basta” disse Rodolphus, freddo.
Dai, fallo.
Avada Kedavra.
Pur nel buio umido del retro del pub, Demetra sentì il freddo della lama verde fendere l’aria e colpire la sua statua personificata.
Non doveva perdere il controllo, quello era il momento più importante.
Ripeté ancora la formula decisiva, sforzandosi con la gola e con tutti i muscoli del collo perché la voce non tremasse e con la testa perché il controllo non la abbandonasse.
Ad un certo punto fu il silenzio.
“Morgana grande, è tutto vero! È davvero la ragazza Lestrange!” esclamò qualcuno.
Nella mente di Demetra passò l’immagine del proprio cadavere steso a terra e impolverato, sul lastricato divelto della piazzetta.
“Missione compiuta, mio Signore” esclamò Rodolphus.
Si voltò verso Rabastan, con un sorriso luciferino.
Morsmordre!” disse Rodolphus alzando la bacchetta verso il cielo nero.
“Lo spettacolo è finito, gente – biascicò Rabastan – MacAllister, puoi chiamare gli Auror adesso.”
“Ehi, ma non mi avete aspettato? Sono arrivato ora io!” disse esaltata la voce di Avery.
“Sì, io ho già fatto, andiamo” disse Rodolphus, senza degnare di uno sguardo il corpo della sorella.
“Uffa! No, ora io accendo un po’ di luce e ci scaldiamo un po’!”
Rodolphus capì in ritardo cosa voleva dire Avery.
“No, testa di cazzo, niente Ardemonio per mano tua! Già l’ultima volta…”
Ma dalla bacchetta di Avery era già uscita una fiamma a forma di serpente, che circondò il corpo della ragazza e si attaccò all’orlo della veste, divampando all’improvviso in una torcia gigantesca.
“Sei un idiota!” iniziò ad urlare Rodolphus.
“Avevo detto di no, cazzo, avevo cambiato idea! E tu non sai controllare il fuoco!”
“Come sei permaloso!” disse Avery con una risata spettrale.
“Almeno cerchiamo di non far bruciare il pub – intervenne Rabastan – Perché sennò questa è la volta buona che MacAllister ci vende agli Auror.”
“Gli Auror stanno arrivando, se è per questo, andiamocene e basta. MacAllister sa badare a sé stesso e se non lo sa fare, la faremo pagare anche a lui” disse Rodolphus, smaterializzandosi.
Avery lo seguì, mentre Rabastan indugiò un attimo a contemplare le fiamme che si spandevano nella piazzetta, con il calore che aveva iniziato a far sciogliere anche le pietre e tutti stavano semplicemente cercando di scappare dalla fornace che stava diventando la piazzetta.
Ancora rannicchiata a terra, Demetra sentiva arrivare il calore del fuoco magico fino a lì e le voci concitate degli avventori. Qualcuno si era smaterializzato non appena i fratelli avevano revocato l’incantesimo andandosene loro, altri erano nel panico.
Demetra, l’ultimo sforzo, e domani li prenderanno, tuo padre e Crouch e Andromeda capiranno e giustizia sarà fatta.
Facendo appello a tutta la sua concentrazione, Demetra si trasformò in civetta e spiccò il volo fino al primo ramo vicino.
L’albero su cui era appollaiata era diverse decine di metri lontano dalla piazzetta, ma i suoi occhi di rapace potevano vedere molto più in lontananza di quelli umani.
Gli Auror erano arrivati e per il momento tutto il loro impegno era quello di spegnere l’Ardemonio e salvare il locale. Solo quando il fuoco fu domato Demetra trovò il coraggio di avvicinarsi, andando a posarsi sul cornicione del pub, e vide un Auror parlare con MacAllister. L’Auror doveva aver evocato una fattura protettiva contro il calore che ancora emanava dal terreno e contro l’odore fortissimo di bruciato.
MacAllister stava raccontando i dettagli dell’agguato, ma sembrava impegnarsi più che altro nell’allontanare da sé i sospetti di essere stato complice dei due Lestrange, dal momento che non aveva chiamato immediatamente gli Auror.
Pochi minuti dopo apparve che un giornalista del Profeta armato di macchina fotografica, che si diresse subito a scattare foto alle pietre fuse e ai cespugli carbonizzati. Mentre MacAllister era ancora a tu per tu con l’Auror, apparvero anche Cuffe, il direttore del Profeta, con gli occhi sbarrati, e il signor Crouch, scuro in volto.
Crouch spinse via il fotografo e si avvicinò al cumulo di pietre dove doveva essere caduto il cadavere di Demetra.
Non era rimasto niente, la carne doveva essersi come evaporata in una nuvola di cenere, mentre un’accozzaglia informe di pietra fusa era sparsa poco distante.
“Dunque è tutto vero – mormorò chinandosi a terra a raccogliere un piccolo grumo scuro e duro, come solidificatosi dopo essere stato fuso, che doveva essere stato a suo tempo un anello o una spilla, comunque un monile magico – La lettera era vera. Merlino ci aiuti.”
“Ferguson e Thompson restano qui a guardia e a raccogliere le testimonianze. Shacklebolt, hai finito?” disse rivolto all’Auror che stava interrogando MacAllister.
“Sì, capo, come vuole lei.”
“Bene, tutti quanti in Dipartimento, riunione d’emergenza” e si smaterializzò con un crack cupo, facendo sobbalzare Cuffe.
Seguì un parlottio diffuso, mentre MacAllister si guardava intorno, incerto se tornare dentro e chiedendosi se l’avesse scampata anche quella volta.
Nella confusione, nessuno si accorse di una civetta che era rimasta appollaiata fissa sul cornicione.



***


NdA: c'è poco da dire, se non che questo è il finale, è ovviamente aperto ad un seguito che è già work in progress e che spero sia all'altezza di tutto il resto! In realtà non sono convintissima, temo che non si capiscano alcune cose e che altre sembrino un po' tirate per i capelli, ma ormai era già tutto scritto e non avrei saputo più metterci le mani. Solo alcune note: ho immaginato che l'Ardemonio sia un fuoco proprio della magia oscura e come tale abbia la capacità di bruciare davvero tutto, compresa la pietra e leghe metalliche, cosa che il fuoco reale fa a temperature diverse e in precise condizioni ambientali, così come per fermarlo non basta l'acqua ma serva l'intervento di vere controfatture che appunto eseguono gli Auror (in fondo, anche in HP7 alla fine l'Ardemonio distrugge la stanza delle necessità e solo la magia che la isola dal resto ferma l'incendio se non sbaglio, no?). Venendo a Demetra invece, converrete con me che il suo piano fa acqua da tutte le parti, ma nella sua testa era importante dimostrare davanti a tutti la colpevolezza e la malvagità dei fratelli, che fino ad allora nessuno aveva mai accusato esplicitamente, perché come  farà poi Malfoy avrebbero anche potuto dire di essere stati sotto l'Imperius, e invece tutti dovevano vedere e sapere.
Dita incrociate per le recensioni!

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