Titanium

di Tera_Saki
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Equal ***
Capitolo 2: *** Alone ***
Capitolo 3: *** Dollface ***
Capitolo 4: *** Ghostlife ***
Capitolo 5: *** Crushed ***
Capitolo 6: *** Lullaby ***



Capitolo 1
*** Equal ***


Titanium

 

Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling, o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro, e non intende infrangere diritti di copyright.

 

---  ---  Capitolo I, Equal  ---  ---

 

 

-Così tu saresti il mio eguale?-

Voldemort si chinò appena, con un fruscio secco di vesti, verso la figura rannicchiata a terra. Allungò un piede nudo verso di lui, sfiorandone la stoffa scura che copriva le braccia, e i suoi occhi si infiammarono di un cupo bagliore.

-Patetico- sibilò aspramente.

Harry strinse le braccia sul petto, scosso da silenziosi respiri spezzati. Non distolse lo sguardo vitreo dal vuoto, ma le pupille si dilatarono. La paura gli risalì la gola, i muscoli si contrassero e soffiò un roco singulto che fece socchiudere gli occhi all'Oscuro Signore.

-Bene, Harry Potter, devo ammettere che è anche grazie a te se sono arrivato fin qui- fece alcuni passi intorno al ragazzo -Non credo ti dispiacerà sapere che io vincerò-, si diresse con andatura fluente verso la porta -domani-.

 

 

-Lo abbiamo trovato pericolosamente vicino ad una città babbana- gli riferì Kingsley mentre procedeva a falcate veloci lungo il corridoio bianco dell'ospedale -sembra stia meglio, adesso, ma James, ti devo avvertire- si fermò, mettendogli una mano sulla spalla -è...-

-Cosa?- incalzò l'Auror con voce stranamente distorta.

Kingsley sorrise, stringendogli la spalla -È uguale a te-

James rilasciò un sospiro agitato mentre raggiungevano la stanza 379 -Chi c'è con lui?-

-Podmore e Meadowes, erano di ronda-

L'altro annuì, e Kingsley immaginò che fosse per non rivelare la voce spezzata. Poteva benissimo vedere le mani dell'amico tremare, e poteva solo provare a immaginare cosa stesse pensando in quel momento. Si fermò di fronte alla porta, ma mentre afferrava la maniglia la mano di James gli strinse il braccio. Si voltò.

-Aveva...- l'amico ingoiò a vuoto -Harry aveva cinque anni quando l'ho visto per l'ultima volta... non...-

Kingsley, senza che l'altro potesse continuare, aprì la porta -Abbraccia tuo figlio, Potter-

Harry era rannicchiato sulla scomoda sedia nell'angolo della stanza, accanto al letto i due Membri dell'Ordine lo fissavano senza avvicinarsi. Inspirava forte dalle narici, e faceva scorrere le iridi di vetro sulle pareti bianche, sul tavolo di legno e sul proprio camice ospedaliero.

Appena James entrò, il ragazzo sembrò riscuotersi, alzò di scatto il capo e rivolse una perforante occhiata nella sua direzione. Al verde dei suoi occhi, James avvertì un brivido liquido percorrergli la schiena. Il ragazzo si alzò, e fece qualche passo in avanti, senza smettere di fissarlo, e solo per un breve momento il suo sguardo corse ai due Auror vicino al letto.

La voce di Harry era graffiata –Papà?–

A James si mozzò il respiro, dilatò le pupille ma non ebbe tempo di muoversi. Harry gli si era buttato addosso in un abbraccio feroce, che gli fece annodare la gola e fermare il cuore nel petto.

Kingsley scagliò un'occhiata in direzione dei due membri dell'Ordine. Siete stati voi? Entrambi ricambiarono senza parlare, e il mago annuì d'approvazione.

Harry, senza badare a tutto il resto, si riempì le narici dell'odore del padre; il petto faceva male come se lo avessero colpito più volte, ma sentiva di potersi annullare nell'abbraccio che James aveva ricambiato con slancio.

Poi si staccarono, ma Harry non distolse mai lo sguardo dall'uomo, ad ogni respiro la paura che gli fosse strappato via gli irrigidiva i polmoni e gli stringeva i muscoli. James rivolse qualche parola sottovoce a Kingsley, ma un pensiero fece incupire d'improvviso le iridi cristalline del ragazzo. Fece un silenzioso passo indietro, gli occhi vagarono verso la finestra aperta sul cielo chiaro, e pensò che non voleva tornare indietro nella cella. Non ci voleva più tornare.

Si fece scappare un singhiozzo somigliante ad un ringhio trattenuto. Si voltarono tutti.

-Harry...?- appena James vide le lacrime trattenute sulle ciglia del figlio allungò un braccio, ed Harry gli si buttò contro -Andiamo a casa, ti va?-

Harry, premuto sulla sua spalla, annuì.

 

 

Sussultò quando il rumore dello sferragliare di una catena gli ferì le orecchie. Strisciò verso la parete più vicina, mentre l'elfo entrava e posava un vassoio sul tappeto.

-Berg ha portato il cibo al signore- pronunciò la parola con malcelato disprezzo, piegandosi sulla schiena storta e lasciando quasi cadere le ciotole sul tavolo -il signore oggi è ancora vivo-, gracchiò.

Posò gli occhi ceruli su di lui, ma Harry non riuscì a sostenerli, e Berg si voltò, cantilenando sgraziatamente mentre se ne andava -Oh, sì sì sì...-

Harry, scivolando verso il cibo, rabbrividì. Mangiò in fretta, con le mani, lanciando occhiate veloci verso la porta di tanto in tanto.

Passato del tempo, capì che Voldemort non sarebbe venuto quella sera. Si alzò e si diresse verso lo scaffale addossato al muro opposto. C'erano fogli di pergamena ingialliti, una piuma rovinata e pochi libri, ma lui non sapeva leggere e così prese un foglio sottile di pergamena, la piuma e l'inchiostro. Dispose tutto in un ordine estremamente preciso sul tavolo, poi si sedette e intinse il calamaio nell'inchiostro. Tratteggiò qualche linea storta e qualche riga in mezzo al foglio, e sorrise e continuò a scarabocchiare la pergamena mentre le labbra si piegavano in su. Harry non sapeva scrivere, non glielo aveva insegnato nessuno.

Quando poi la noia esaurì il divertimento, Harry abbandonò il tavolo lasciando fogli macchiati e la penna scura d'inchiostro. Tolse la coperta dal letto sfatto, la buttò per terra e ci si rannicchiò sopra, stringendosi contro il muro per non vedere più niente.

 

 

-Sei sicuro?- sibilò James a bassa voce, reprimendo a stento un moto di rabbia. Kingsley portò lo sguardo sul giovane Potter -Harry zoppicherà per sempre. Il medimago ha detto che è una frattura troppo vecchia perché possano ancora intervenire-

James ingoiò un grumo aspro di dolore prima di passarsi stancamente una mano fra i capelli -Ho capito. Scusa-

-Lo stiamo cercando, James. La pagherà-

L'Auror non rispose, l'attenzione concentrata sul figlio che lentamente si stava preparando a lasciare l'ospedale.

-Harry?- lo chiamò quando il ragazzo diede segno di aver preso tutto -Non vuoi i tuoi vecchi vestiti?-

Harry alzò piano le spalle con indifferenza -Mi piacciono questi-, rispose avanzando con andatura appena dondolante. Nella cella era tutto nero e scuro, ed Harry sorrise nell'uscire dal Sanmungo con un completo verde menta.

 

 

Sentiva gli scricchiolii di assestamento della casa come mugolii di un vecchio drago, trattenuti ringhi di rabbia nella pancia che gli fecero annodare lo stomaco. Si portò la coperta a coprire le spalle, e il polso rilasciò un debole tintinnio metallico.

Soffermò le pupille dilatate dal buio sul braccialetto d'ottone che ora gli era quasi stretto. Un boccino ciondolava pigramente dalla corta catenella con una campanella il cui ricordo era svanito da tempo. Però sapeva di averlo sempre avuto, soprattutto sapeva che non erano stati mamma e papà a regalarglielo.

L'odore di pelo animale e pioggia bagnata durò solo un secondo.

 

 

-Harry-

Si agitò nel letto, sentendo la coperta aggrovigliata tra le gambe e i vestiti appiccicarsi al corpo. Le unghie sfregarono convulsamente sulla pelle.

-Harry, ti prego, svegliati- si sentì sfiorare da qualcuno sulla spalla, si ritrasse con un tremito -Harry!- la voce era supplicante e agitata.

Affondò le dita nella carne sibilando la lingua fra i denti e solo quando le unghie furono viscide di sangue spalancò gli occhi. James era accanto a lui, accovacciato a terra dove lui si era coricato. Avevano entrambi il fiatone.

Suo padre allungò la mano, esitando prima di toccarlo -Va tutto bene, tesoro- mormorò con la voce più calda che possedeva. Harry sciolse gli arti aggrovigliati, fece scivolare lentamente le braccia attorno al collo dell'uomo e gli si avvinghiò quasi senza forze -Pa...pà-

James si alzò e lentamente riportò Harry sul letto, quasi senza avvertire il suo peso fra le braccia -Va bene, Harry, va tutto bene...-

Perché James lo sapeva che Harry si faceva male da solo quando dormiva, i medici lo avevano avvertito mettendogli in mano una fiala di pozione scura, e James aveva deciso che si sarebbe svegliato ogni sera a vegliare il sonno di suo figlio, come quando lui e Lily si dividevano i compiti per alzarsi la notte a calmare il piccolo Harry.

-Shh... ci sono io adesso-

 

 

-Il signore sta dormendo?-

-Il signore farebbe meglio a svegliarsi adesso-

 

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Capitolo 2
*** Alone ***


Titanium



Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling, o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro, e non intende infrangere diritti di copyright.
 

--- ---  Capitolo II – Alone  --- ---




Scese al pino di sotto con il pigiama che gli stava grande, stropicciandosi gli occhi impastati di sonno e seguendo la scia di odore di uova che proveniva dalla cucina. Nascondeva un'ombra disorientata nello sguardo, attorcigliandosi le dita fino a farsi male, ma impedì alle labbra di tremare imponendosi una sicurezza che il profumo di casa riusciva in gran parte a dargli.

La cucina era deserta, anche se la tavola apparecchiata per due e il cibo già nei piatti. Harry non si sentì infantile quando il desiderio di avere James lì con lui gli annodò la gola.

Improvvisamente un acuto squillo risuonò dall'ingresso, Harry sussultò di sorpresa e un urlo dal piano di sopra fu l'affrettata risposta.

-Arrivo subito!-

Ci fu il rumore di una porta che si apriva e il suono di passi che entravano in casa -Sono io Prongs. Sono venuto a vedere come stava il mio...-

Harry percepì il respiro mozzarsi tra le labbra dell'uomo che ora lo stava guardando e che aveva un'aria quasi familiare con quei capelli scuri e quelle iridi brillanti. James si bloccò sulla porta delle scale, lo sguardo incastrato tra la confusione del figlio e la sorpresa incredulità dell'amico.

Sirius gli lanciò una brevissima occhiata, la voce che tremava -È lui... oh, Godric. Harry-

Sirius lo raggiunse con poche falcate, attirandolo a sé forse con più forza del dovuto. Per un attimo il respiro di Harry si spezzò dal panico, poi un lontanissimo frammento di ricordo lo immobilizzò, stretto nell'abbraccio del padrino.

-Paddy... forza, Harry. Dì Paddy-

E il sapore di lacrime gli strinse la gola insieme a una felicità che faceva finalmente troppo male.

 

 

Inspirò velocemente, stringendo le dita sul pavimento in uno spasmo. Harry odiava vedere le sbarre, quando dormiva, in quel sogno ricorrente in cui moriva ogni volta. La prigione si stringeva sempre di più, il metallo si deformava e il buio lo avvolgeva e gli entrava in gola. Come le altre volte Harry sentì il rumore delle ossa che si sbriciolavano prima di aprire di scatto gli occhi.

Si rannicchio addosso al muro, stringendo a sé le ginocchia fino a farsi male. Voleva piangere, e si ricordò una frase che qualcuno gli aveva detto molto tempo prima.

“Piangi, Harry, non vergognarti. C'è papà con te, non ti succederà niente di male finché staremo insieme.”

Sulle guance, le lacrime adesso quasi bruciavano.

 

 

Harry giocò con un cane nero per tutto il pomeriggio, ed era così sorpreso dell'esistenza di un vero animale che non fosse nelle figure sui libri da non stancarsi mai di affondare le mani nel suo pelo o di sentire nelle narici il suo odore. James li guardava con un sorriso sulle labbra, negli occhi una scintilla di felicità che era morta anni prima, insieme a Lily. Nell'aria c'era odore di primavera, ma sembrava tutto immobilizzato in un'attesa cullante, l'illusione attutita e sorda che quella fosse solo una bolla di sapone sospinta dal vento. James portò le dita sottili della mano, su cui ancora brillava la fede d'argento, a sfiorare la linea della cicatrice che segnava la pelle del viso dalla tempia destra fino alla mandibola. In quel segno rosso non c'era seppellita solo la perdita di Lily, ma l'amarezza di un tradimento alle spalle, il dolore, l'intensa disperazione di aver perso tutto. Se non fosse stato per Sirius, James sarebbe crollato anni addietro, ancora prima di riuscire a capire che la famiglia che aveva cercato di costruire con tanta fatica si era disgregata per sempre, che né Lily né Harry sarebbero tornati.

Il suo sguardo venne catalizzato dal figlio, che, mentre accarezzava Padfoot sul muso, nascondeva un debole sorriso, di una sfumatura così incerta da fare male. Perché lui i segni che Harry lasciava li vedeva benissimo, e sapeva che aveva paura di toccare tutto ciò che James non gli avesse messo precedentemente in mano, così come sapeva che Harry era autolesionista e che forse non si sarebbe mai abituato alla vita, a dormire su un letto o a scoprire che il mondo non era contenuto in una stanza quadrata. Ma James lo avrebbe amato, sempre, se lo era promesso, l'avrebbe reso felice lì con lui, con Sirius e con Remus, gli avrebbe reso quello che Voldemort aveva cercato di togliergli e non lo avrebbe lasciato più, mai.

 

 

Un lungo sibilo percorse la schiena, Harry sussultò contro il muro al raschiare rauco della porta di pietra. Era un serpente, le squame che graffiavano il pavimento e la lingua che sibilava fra i denti ricurvi, Harry sentì il dolore addosso molto prima di sapere cosa stava succedendo. O perché.

C'era la rabbia di Voldemort nel morso del suo serpente, gli bruciava nelle vene, sotto la pelle, e faticava a far uscire dalla bocca qualcosa che non fossero singulti recisi. Voldemort aveva detto qualcosa, aveva sibilato un insulto che Harry non poteva ascoltare e aveva incitato il serpente alzando la mano di scheletro.

Harry faticò a trovare il senso di quello che stava provando. Ad un certo punto, quando venne colpito da un calcio sulla pancia, pensò che quello doveva essere il seguito di una sconfitta. In fondo al cuore, oltre la coltre rossa di dolore, ci fu uno spasmo di compiacimento. Voldemort era arrabbiato perché aveva perso.

Harry smise di contorcersi quando il respiro non riuscì più ad arrivare ai polmoni. Nella sua mente svuotata pulsava solo il desiderio d'aria, iniziò a rantolare colando saliva dalla bocca, e anche Voldemort vide che Nagini lo avrebbe ucciso presto. Con un colpo di bacchetta estrasse il veleno dalla gola di Harry e lo riversò sul pavimento, in un angolo.

Se ne andò senza guardarlo, sibilando al proprio serpente e richiudendo la cella mentre ancora Harry era scosso da spasmi violenti nel tentativo di riprendere a respirare.

-Morirai anche tu, non preoccuparti-

 

 

-Harry...?-

Indirizzò di scatto gli occhi smeraldo verso James, che sul viso aveva un'espressione di incerta preoccupazione -Sei sicuro? Insomma... lo sai, non devi farlo per forza-

Harry annuì senza parlare, lasciando che le dita del padre stringessero le sue, e che nel petto si diffondesse un calore che sapeva quasi di eccitazione se non fosse stato per quella diffidenza e persistente paura. Soffocò in gola un respiro più breve del normale, ma sapeva di voler entrare nella casa di Sirius, da cui non riusciva a staccare gli occhi di dosso fin dal momento in cui le piastrelle e la pietra degli altri due appartamenti si erano contratte per farle spazio.

-Che tu sappia, ci sarà tutto l'Odine?-

-Credo proprio di sì, Prongs-

La prima cosa che colpì Harry fu l'odore. Era l'odore di Sirius, e insieme c'era qualcos'altro, che gli entrò nelle narici e non volle lasciarlo più. Venne stordito dal rumore di voci, una sopra l'altra e di tantissime persone, e per un momento gli sembrò di annegare, incespicò sui suoi passi, qualcosa di freddo lo colpì addosso e all'improvviso sentì un altro rumore, intenso e metallico, quando il portaombrelli a forma di troll si rovesciò per terra.

-Harry stai b...-

Quasi immediatamente un urlo si propagò nell'ingresso, e il ritratto di una donna iniziò a strillare e contorcere il volto, sputando ingiurie, insultando la razza sporca e maledicendo i traditori di sangue. James soffiò di frustrazione, esibendosi in un'imprecazione stizzita all'indirizzo di Walburga -Merlino, Sirius, falla tacere!-

Ma la donna continuava ad urlare, e guardava il figlioccio di Sirius con gli occhi iniettati di rosso e la bocca fremente e rabbiosa. Ad Harry si dilatarono le pupille, scattò contro il muro opposto e vi si schiacciò contro ancora prima che James potesse voltarsi verso di lui. Il mondo divenne nero e buio, Harry non riusciva più a respirare tanto era il panico che gli si attorcigliava sui polmoni, iniziò ad inspirare con la bocca aperta, quasi ansimando.

-Cosa sta succedendo qui?-

-Sirius!-

-Oh, zitta, donna!- sibilò alla fine l'uomo, coprendo maldestramente il ritratto mentre Molly procedeva verso di loro, guardando allarmata Harry ancora per terra. Anche James si era avvicinato al figlio, cautamente, come se avesse paura di peggiorare ancora di più la situazione, e tendeva esitante una mano verso di lui -Harry?-

Harry iniziò a calmarsi solo alla voce di James. Ancora scosso, cercò di fare leva sulle mani per alzarsi, e poi si aggrappò al padre quando questi lo prese fra le braccia dolcemente. -Va bene- disse con la voce raschiante, ma sicura. Molly gli rivolse un sorriso triste, Sirius, turbato quanto James, ingoiò a vuoto prima di riprendere l'aria da malandrino.

-Ti stanno aspettando tutti, di là- il tono di Molly era materno, ad Harry fece muovere qualcosa nel petto che era primitivo e intenso. Entrando nel salotto fece un inaspettato sorriso, perché si era appena ricordato una parola che per anni aveva dimenticato. Lily. Il nome di sua mamma era Lily.

 

 

Era seduto sul divano, vecchio e logoro dopo molti anni, con le ginocchia piegate e le braccia penzoloni, a far dondolare ritmicamente la catena lunga di un medaglione. La pancia faceva ancora male, per un attimo interruppe il gioco e tirando su la maglia vide un enorme livido giallastro subito sotto il segno delle costole. Lo fissò e vi si perse dentro per qualche attimo, disegnandone i contorni con le dita senza premere troppo. Poi, quasi d'improvviso, distolse lo sguardo e tornò a far tintinnare la catena, con la sensazione nella gola di avere una massa raggrumata e fredda di sangue.

Nello stesso momento in cui la porta si socchiuse per far entrare l'elfo domestico il medaglione finì sul palmo aperto della mano di Harry, bruciando di freddo. Le dita si chiusero con forza, e le iridi tinte di un nero cupo scattarono sull'essere gobbo che gemeva in fastidiosi lamenti, inclinò il collo e lo guardò, immobile, mentre si avvicinava.

-Berg non vuole- guaì stonatamente -a Berg il viscido umano non piace-

L'elfo posò a terra la razione di Harry, poi sputò a terra, affianco al vassoio, mugolando e digrignando i denti. Harry scattò giù dal divano, lo raggiunse con un ringhio e gli saltò addosso, sovrastandolo con tutto il peso. Fece scattare il medaglione che ancora aveva in mano, e attorcigliò la catenella attorno al collo deforme dell'elfo, respirando velocemente fra i denti, quasi sputando saliva addosso all'essere, che ora guaiva e si contorceva tra le sue mani.

-Muori...- sibilò Harry, stringendo l'horcrux che era il medaglione di Serpeverde con rabbia crescente -MUORI!-

 

 

Harry non salutò quando entrarono nel salotto, e non era disagio quello che sentiva sulla pelle, piuttosto si tenne vicino a James, abbastanza da sfiorargli la mano con la sua, e fece scivolare gli occhi smeraldo sui presenti. Un uomo addossato alla parete si fece avanti quando lo vide, chiedendo tacitamente un permesso con le iridi d'oro all'amico Prongs, e aveva nella presenza un sentore accogliente e caldo. Remus gli indirizzò un sorriso esitante -Harry?-

Harry avvertì in quel momento una fitta al petto, che gli attanagliò le viscere e gli fece risalire in gola il gusto della bile -Monny-

Non... era come se il tempo fosse tornato indietro e si fosse attorcigliato su se stesso, Harry stava annaspando fra un ricordo e l'altro ed era una cosa così piacevole da lasciare senza fiato. Remus gli si avvicinò e lo strinse contro il suo petto, Harry sentì un calore strano appiccicarglisi addosso. Si lasciò avvolgere e affondò la testa nell'incavo del collo di Monny, chiudendo per un attimo gli occhi. Li riaprì subito, però, quando l'immagine della cella e della brandina contro il muro gli riempì la visuale.

-Oh, ci sei mancato tantissimo-

Harry provò a sorridere, e l'uomo lo apprezzò, perché gli diede un bacio fra i capelli, che fece rabbrividire Harry e capì che era conforto, piacere, quello che gli stava seccando le labbra. C'erano così tante persone nella stanza, e si presentarono tutte, anche se alla fine Harry riuscì a ricordare meno della metà dei loro nomi. Solo, uno, in realtà, gli generò una sensazione di freddo lungo la colonna vertebrale mentre il ragazzo dai capelli scuri e il sorriso pallido gli stava davanti e diceva -Neville Paciock-

Tenne sulle labbra il sapore di quel nome, che suonava vagamente familiare come se fosse allacciato, in fondo da qualche parte della sua memoria, ad un ricordo opaco e vacuo, che sembrava volergli scivolare tra le dita appena cercava di afferrarlo. In ogni caso, Harry inclinò di lato la testa in un primo guizzo di emozione da quando era entrato, e Neville fu il primo a sostenere il suo sguardo lungo, lunghissimo e pesante addosso finché Harry distolse l'attenzione per primo. Nel farlo, James vide con chiarezza le sue labbra curvarsi appena in quello che era lo spettro lontano di un sorriso.

 

-Muori...-

Appena il medaglione scivolò per terra fu come se il braccio di Harry crollasse sotto il peso di Serpeverde e del suono raspante dell'elfo che ancora si dimenava, debolmente, ormai, e con la bava alla bocca e le labbra gonfie. Quando il respiro tornò a riempire i polmoni, Harry spalancò gli occhi e vide per la prima volta cosa aveva fatto.

-Ngh...- fu un singulto che gli spezzò il petto e lo fece accasciare sul corpo dell'elfo, ansimante, adesso che poteva respirare di nuovo. Harry si sciolse nelle lacrime fino a farsi male fra i singhiozzi, iniziando a graffiarsi le braccia e chiamare supplicando il nome dell'essere a terra.

Cattivo, sussurravano le pareti e il sigillo di metallo aggrovigliato, mostro urlava l'elfo, e alla fine anche ad Harry, che aveva finito le lacrime, rimase una parola intrappolata tra i denti e che sussurrò senza voce -Horcrux-



Note: Ringrazio di cuore tutti quelli che hanno deciso di dare un'opportunità alla mia storia, ringrazio betrix_200, cola23, lululove2, malikx, Mandy398, Manu2003, marepotterNeko02002, Pola_Peace, soniacristina1989valiance, che hanno messo la storia fra le seguite, ringrazio  AllisonHermioneEverdeen, che l'ha messa fra le ricordate, ringrazio Erede_dei_Black, Katie_P, MackyKriss, profitterol96, che hanno messo Titanium fra le preferite, e infine un grazie speciale a Erede_dei_BlackPola_Peace e soniacristina1989 per aver recensito, risponderò non appena ne avrò l'occasione.
A tutti gli altri, a chi è arrivato a fine capitolo senza chiudere la pagina, mando un caloroso saluto, ci vediamo al prossimo capitolo.

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Capitolo 3
*** Dollface ***


Titanium


Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling, o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro e non intende infrangere diritti di copyright.
 

--- ---  Capitolo III – Dollface  --- ---

 

Harry si ricordava quando il Signore Oscuro lo chiamava Bambola, perché lui stava immobile per ore e aveva solo paura, ne aveva avuta fin dall'inizio ma non aveva urlato né pianto. C'erano giorni, quando era piccolo, in cui fissava il muro e teneva gli occhi spalancati sul buio.

Era stato insolitamente calmo i primi mesi, ma di tanto in tanto il terrore gli attorcigliava lo stomaco e lui arrancava nell'angolo della stanza a vomitare. Credeva che sarebbe finito tutto perché sua mamma gli aveva detto di non avere paura ed essere forte.

Lo era stato, ma poi i visi dei genitori avevano iniziato a diventare fumo e una rabbiosa frustrazione gli aveva riempito la bocca di grida bollenti, e gli occhi di lacrime.

Alcuni giorni si rannicchiava contro il letto e lasciava che i singhiozzi venissero fuori finché anche il petto faceva male. In quel periodo le gambe e le braccia erano coperte di linee sottili che a volte, di giorno, riapriva.

La verità era che, a quel punto, sperava solo più di morire.

 

 

Fu un attimo breve, che gli passò di fronte e quasi non se ne accorse. Si accorse di ciò che venne dopo, invece, del dolore che si propagò lungo il braccio e che lo costrinse ad intrappolare un sibilo in bocca. Fissò il sangue che usciva e poi il coltello. Aveva urtato per sbaglio il contenitore, e adesso una linea rossa si allargava sempre di più sul polso.

Guardò la lama che riluceva come se fosse viva, e non riuscì ad impedire al braccio di tendersi in avanti.

-Che succede Harry? Ho sentito... va tutto vene, tesoro?-

Quando Harry si voltò in direzione del padre, sussurrando qualcosa che nessuno dei due riuscì a capire, le sue dita erano strette sul coltello e lo premevano sulla pelle. Gocciolava sul braccio il sangue scuro, Harry lo sentì scivolare giù e macchiare la manica della maglia prima che James gli togliesse la lama dalle mani e lo stringesse a sé con forza.

-Va tutto bene- gli soffiò sul collo mentre le sue braccia lo intrappolavano più stretto -va tutto bene, Harry-

Con il respiro corto, Harry si rese conto che se suo padre avesse continuato a ripeterlo magari avrebbe anche potuto crederci.

 

 

-Stupido ragazzino!-

Harry chiuse gli occhi e d'istinto si ritrasse, ma il Signore Oscuro vibrava di rabbia -saresti dovuto morire anni fa come la tua lurida madre nata Babbana-

Harry represse un respiro lungo che assomigliava d un ringhio. Voldemort gli puntò gli occhi addosso, le iridi che bruciavano -Non devi avere paura, Harry Potter, perché quando tutto questo sarà finito io ti manderò da lei-

Distese la bocca in un sorriso da serpente -Devi solo aspettare, ti assicuro che non ci vorrà molto-

Ma il tono con cui Harry fece uscire la voce gli congelò la smorfia sulle labbra -Vattene-

Voldemort si voltò con un secco fruscio della veste -Cos'era questo? Dimmi, credi di dimostrare coraggio?- rilasciò il gorgoglio di una risata -Tuo padre sarebbe felice di sapere che saresti un Grinfondoro... crucio!-

Mentre Harry urlava Voldemort assottigliò le iridi da rettile -Non osare mai più, ragazzino- e se ne andò con uno schioccò feroce della pietra.

Harry si rannicchiò per terra e lasciò un che un rivolo di saliva gocciolasse dalla bocca, non si mosse più nemmeno quando entrò l'elfo a portare da mangiare.

 

Spense l'acqua, con il calore piacevole delle gocce che scivolavano sulla pelle delle dita. Storse le labbra in una smorfia al pensiero di dover uscire dalla cappa di fumo che si era creata nella doccia, ma poi prese in mano l'asciugamano e se lo avvolse addosso prima che il freddo potesse intaccare il torpore dato dall'acqua bollente.

Aveva scoperto che il bagno della casa in cui vivevano adesso era molto luminoso e la luce filtrava attraverso il vetro opaco producendo un bagliore perlaceo che lo avrebbe potuto ipnotizzare in eterno.

Soffermò lo sguardo sullo specchio che copriva gran parte della parete e si perse nelle proprie iridi verdi, allungò il braccio stretto in una fasciatura e sfiorò con le dita il proprio riflesso opaco, un vuoto nello stomaco che ora minacciava davvero di prenderlo con sé e inghiottirlo per sempre. Distolse gli occhi dallo specchio solo quando il suono lontano di voci famigliari gli attorcigliò lo stomaco di un calore più piacevole di quello di un abbraccio. Distinse le parole bambino e sorpresa, poi scherzo e Harry, e seppe dalla pronuncia del proprio nome chi era arrivato in casa.

Con il cuore che batteva forte uscì dal bagno e quasi si precipitò nell'ingresso, là dove Remus e Sirius, insieme a una donna che non conosceva, stavano discutendo con James. Appena il padrino posò lo sguardo su di lui, i suoi lineamenti si distesero in un malandrino sorriso -Ti sei fatto bello per me, Harry?-

Harry arrossi lievemente, ma sulle labbra nacque l'accenno timido di un sorriso. A quel punto Sirius gli fece un cenno d'invito ed Harry si tuffò nel suo abbraccio correndo, per poi districarsi da Padfoot e avvolgere le braccia intorno a Monny -Ehi, vuoi vedere qual è la sorpresa per il mio figlioccio?-

Harry annuì sul collo di Remus, inspirando forte dalle narici il suo odore di cioccolata. Sirius prese da dietro la schiena una grossa gabbia per uccelli, Harry vide all'interno un turbinio di piume bianche. Fissò la civetta per qualche istante, e ricordò cosa volesse dire la parola gufo, quale fosse l'intelligenza penetrante nei loro occhi, quanto le ali sembrassero morbide. Le aveva toccate, una volta, era stato quello dei suoi genitori, credeva.

-Si chiama Edwige- disse Remus -è una femmina-

 

 

Il Signore Oscuro ruotò pigramente il polso, Harry si contorse e cercò di inspirare aria. Era arrivato alla conclusione di dover soffrire per il solo fatto di esistere.

-... deprimo-

Harry urlò quando la pressione sul petto divenne insopportabile e nelle orecchie iniziò a sentire lo stridio delle costole.

 

 

-Posso...- chiese Harry, allungando una mano timoroso e voltandosi a fissare negli occhi il licantropo -posso toccarla?-

Remus gli sorrise dolcemente -Certo-

Harry allora distese le dita e lentamente le avvicinò alla gabbia. All'improvviso, tuttavia, si ritrasse lievemente, voltandosi con le sopracciglia aggrottate e una smorfia sulle labbra verso James, che gli fece cenno di continuare -No, non le farà male-

Sollevato, Harry protese le dita oltre le sbarre e sfiorò appena le piume bianche di Edwige, che a quel primo tentativo di contatto rimase immobile, come a dare il proprio consenso. Harry sentì una scarica di piacere formicolare addosso mentre le carezze si facevano più intense e la civetta tubava di soddisfazione.

Un mugolio improvviso, che non era certo animale, bloccò la sua mano.

-Oh- mormorò allegra la donna al fianco di Remus, e i suoi capelli si tinsero di una sfumatura accesa di rosa -Teddy si è svegliato...-

James si avvicinò a sua volta alla culla mentre Nimphadora prendeva delicatamente il figlio fra le braccia -Ted, dillo che adori tuo zio!-

E mentre James si esibiva in buffe smorfie Remus si diede una leggera pacca a Sirius e constatò -Manchi solo più tu, vecchietto-

-Ah, no!- ribatté lui -non finirò come voi due, Sirius Black sarà libero e scapolo per sempre, non ho bisogno di sposarmi e di avere tanti marmocchietti per casa, grazie. Senza offesa, Monny-

Intanto Harry sbirciava da dietro la schiena di James il piccolo Teddy, che ad ogni smorfia del padre rilasciava un risolino e cambiava il colore dei capelli. Gli occhi di Harry erano vagamente dubbiosi, ma non riusciva a distoglierli dal bambino, e quando Remus e Sirius se ne accorsero lo spinsero verso James -Ted- annunciò Sirius -ti presento Harry-

Harry aveva gli occhi verdi spalancati e nel momento in cui quelli del bambino si posarono nei suoi le viscere gli si attorcigliarono nella pancia. Non era una sensazione sgradevole, ma era del tutto nuova, e per un attimo gli tolse il fiato.

Fu Teddy a fare la prima mossa. Allungò la manina nella sua direzione, e quando Harry prese coraggio e lo sfiorò con le sue dita i capelli del piccolo mutarono in una sfumatura scura di nero, l'esatto colore dei suoi. A quel punto, Harry sorrise, e tutti se ne accorsero -Ciao, Ted- mormorò.

 

 

Non capiva, non capiva, non poteva capire. Cos'aveva fatto? Non lo sapeva, e quel pensiero lo tormentava soprattutto alcuni giorni, quelli in cui a rispondere alle sue domande c'era solo silenzio.

Si alzò in piedi per fare qualche passo ma i muscoli quasi cedettero dopo tanto tempo di inattività. All'improvviso le iridi catturarono un movimento al limite del suo campo visivo, si voltò e quello che vide gli fece sollevare le labbra.

Seguì la corsa del topo lungo la parete verso la porta, e trattenne un retrogusto acido dal sapore dell'invidia sapendo che avrebbe potuto uscire e lui no. Proprio nell'istante in cui l'animale si era fermato ad annusare la parete, tuttavia, una morsa simile al dolore gli contorse lo stomaco, un'ondata di brividi la seguì, ed Harry poté solo spalancare gli occhi sapendo in anticipo cosa sarebbe successo.

Fu come un colpo di frusta, che si liberò dal suo corpo e sfrigolando attraversò il pavimento e le pareti. Il topo si accasciò per terra qualche istante più tardi, e a quel punto Harry aveva negli occhi lo stesso terrore che gli strisciava sottopelle tra le fibre dei muscoli e fra le ossa.

Lo vomitò quasi, quel singhiozzo intrappolato in gola, e sapere che non lo aveva fatto apposta non alleviò minimamente il suo senso di colpa.

 

 

-... tieni chiusi gli occhi...-

-No, Harry, non provare a sbirciare-

Si fece trascinare dall'entusiasmo in cui annegavano le parole di suo padre, di Sirius e di Monny anche se sotto la lingua aveva il sapore sottile dell'incertezza.

-... va bene, adesso puoi guardare-

Trattenne il respiro prima di aprire gli occhi. Quello che le iridi verdi riuscirono a catturare dopo furono solo immagini iridescenti che sembravano sgretolarsi ogni volta che sbatteva le palpebre.

-Buon compleanno, Harry!-

Sentì la morsa al petto stringersi e il disorientamento dilatargli le pupille fino a farlo voltare verso suo padre. James lesse il panico negli occhi di Harry e iniziò anche a pensare di aver sbagliato tutto, ma poi le labbra del figlio si incurvarono in un bellissimo, leggero sorriso. La sala intera, che aveva trattenuto il fiato fino a quel momento, esplose.

Harry non seppe dare un nome a ciò che gli rovistava nelle viscere e gli faceva annodare la gola, ma assorbì gli auguri, i colori e i sorrisi di tutti con un piacevole vuoto addosso.

-Auguri, figlioccio!- esclamò Sirius stringendolo con un braccio e ammiccando all'indirizzo dei due Malandrini -diciassette anni si fanno una volta sola!-

 

 

Guardò fuori dalla finestra, dove le nuvole chiare fluttuavano nel bianco. Era vagamente triste, ma senza un motivo, tuttavia la forma di quelle nuvole era sbagliata, in qualche modo.

Harry se la prese. Non sentiva felicità, non serenità, non calore, perché? Al cielo non sembrava importare, e mentre lo fissava con gli occhi svuotati e spenti un ringhio iniziò a vibrare nella bassa gola, fino a risuonare nella bocca.

Urlò, e mentre lo faceva si rannicchiava e stringeva le braccia attorno al petto. Non voleva soffrire, non più.

 

 

Scattò fuori dal letto con un balzo, lanciandosi con le coperte ancora aggrovigliate sul pigiama nel bagno. Si accasciò a vomitare, dopo, con le lacrime negli occhi e le dita strette sulla ceramica bianca.

Quando ebbe finito si rialzò, barcollando, e si trascinò nel corridoio buio fino ad incontrare una porta aperta. Entrò nella stanza e si infilò tremante nel letto di James, cercando il padre con le braccia mentre le labbra tremavano e sussurravano parole senza senso.

In pochi attimi sentì il corpo di James aderire al suo e si rannicchiò singhiozzando nel suo abbraccio, lasciando che il calore di un padre lo consolasse, cullandosi nella sua voce bassa -Tranquillo, tranquillo Harry. Ci sono io-

Fu così che qualche ora dopo Harry si addormentò, e James gli accarezzò i capelli, sospirando per un dolore che non era suo ma che sentiva sotto la pelle, ormai, ogni volta che suo figlio andava a dormire e aveva gli incubi. Li aveva avuti anche lui, ma c'era suo figlio, adesso.

Harry c'era, e sarebbe bastato. 


Note: scusate la fretta, spero che il capitolo vi sia piaciuto come è piaciuto a me scriverlo. Iintanto riservo un grosso abbraccio a blackjessamine e a Pola_Peace che hanno recensito il capitolo due, risponderò a breve ;) e poi un bacio ad aliceinazuma, BlackandLupin, Dragonfly92, gli, Phyllida Dolohov, RoryPotter,  Sandali_con_calzini e SilverRose per aver inserito la storia nelle seguite, a JohannaLunaSnow per averla inserita nelle ricordate e un grazie immenso a Dragonfly92, JohannaLunaSnow, Roberta1199 e RoryPotter per aver messo la storia nelle preferite.
A tutti gli altri, anche solo a chi legge, faccio i miei saluti, sperando di ritrovarvi nel prossimo capitolo.

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Capitolo 4
*** Ghostlife ***


Titanium

Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro e non intende infrangere diritti di copyright.
 

 --- ---  Capitolo IV – Ghostlife  ---  ---

 

 

When enemies are at your door I'll carry you way from more
If you need help, if you need help
Your hope dangling by a string
I'll share in your suffering to make you well, to make you well
(Gone Gone Gone, Phillip Phillips) 

 

 

Aveva più o meno... otto anni, credeva, anche se non poteva esserne certo. I pensieri avevano iniziato a ingombrare la mente e la bocca, non aveva una vita, aveva un corpo e sopravviveva, ma poi basta.

Quella convinzione aveva oppresso le orecchie creando un nodo alla gola sempre più stretto, e le pareti della stanza erano sembrate troppo piccole, Harry aveva gridato fino a farsi male alla gola, fino a farla sanguinare, perché aveva smesso di parlare quasi un anno prima e le lettere ora potevano solo vorticargli nella testa e fare ancora più rumore.

Avrebbe voluto avere qualcuno lì, sarebbe anche andato bene uno sconosciuto, solo perché si assicurasse che lui era ancora vero, che era vivo e che gli dicesse che, poi, sarebbero venuti a prenderlo.

Quella sera, però, Voldemort entrò nella cella e rise ed Harry capì mentre supplicava sottovoce singhiozzando che a salvarlo non sarebbe arrivato proprio nessuno.

 

 

La Tana, Harry lo aveva scoperto in quei pochi giorni che ci aveva vissuto, era un posto sicuro. Un posto in cui le risate risuonavano più dei silenzi, in cui gli abbracci della signora Weasley valevano come quelli di una mamma e in cui gli occhi non offrivano giudizi ma comprensione.

Harry però era stordito e a disagio, e si sentiva un po' come un pezzo rotto di porcellana poggiato su uno scaffale. La labilità della sua presenza, invece, risaltava in mezzo alla cacofonia vitale di quella casa, se ne erano accorti tutti.

Nessuno aveva detto niente, però, ed Harry stava bene, appoggiato sulla finestra aperta di quella che un tempo era stata la stanza di Bill, il vento ad incastrarsi tra i capelli insieme alle urla di Ron, Ginny, Fred e George. Respirando aria tiepida quasi lo sentiva sulle dita, il metallo del boccino che la più piccola di casa teneva in mano, e avvertì un fioco sorriso nascere fra le labbra mentre fissava i suoi capelli rossi fluttuare nel vento.

Quando ancora i gemelli sbuffavano esclamazioni contrariate e Ron sfoggiava una smorfia orgogliosa, Ginny si voltò nella sua direzione, rivolgendogli un luminoso sorriso e alzando il braccio che teneva il boccino -Questa è per te, Harry!-

 

 

Harry sapeva quando faceva qualcosa di sbagliato, quasi sempre c'era Rev a dirglielo. A volte aveva il coraggio di resistere e di lottare, molto spesso no, perché al dolore cedeva anche se non voleva, e non c'era niente di così umiliante che Voldemort non gli avesse ancora fatto.

Un giorno, il sole era già tramontato da almeno un'ora, Harry arrancava sul pavimento, raschiando i respiri nella bocca e sputando saliva rossa di sangue sul pavimento.

-Potevi dirglielo-

Inspirando, un fischio gli risuonò lungo la gola -No-

-Oh, andiamo-

Harry sapeva che quella voce era fredda quanto lui non meritava, sapeva che l'Oscuro Signore non aveva bisogno di un pretesto per ferire. E avrebbe sofferto comunque, succedeva sempre quando arrivava Rev.

-Volevo proteggerti- aveva detto lui, ed Harry aveva soffocato un singhiozzo.

 

 

Ginny aveva ancora il fiatone, e anche Ron e i gemelli adesso lo salutavano da sotto, ma poi una voce più profonda e dal timbro vagamente roco gli tolse il fiato dalla bocca -Non scherzi Ginevra, dicendo che sei brava... Godric, Jamie dovrebbe ritirarsi in panchina-

Harry era quasi caduto, poi, nella foga di voltarsi indietro e scendere al piano terra, e anche Sirius si era messo a ridere, salutando i gemelli con un amichevole latrato -Allora, come va il negozio?-

-Benissimo, grazie per il... prestito-

Sirius rivolse ad entrambi una scintilla malandrina nello sguardo -Figuratevi, è il minimo che potessi fare-

Harry, mentre scendeva le scale, poteva distinguere benissimo il timbro profondo del suo padrino, o quello più morbido di Ron, quello frizzante di Ginny e molto più vicino e distinto quello caldo di Hermione. Ma c'era un altro motivo che lo aveva fatto vacillare, prima, e adesso gli si stava insinuando sotto il petto, annidandosi tra una costola e l'altra e rendendo ancora più pesante il respiro. Rallentò il passo fino a fermarsi sulla scala che dava sul salotto.

-Harry,- la voce di Hermione lo sorprese tanto da farlo sobbalzare -va tutto bene?-

Attese qualche istante prima di rispondere, e aveva ancora le parole intrappolate sotto la lingua mentre appoggiava la mano destra sul corrimano e il legno sulle dita si sfaldava fino a distruggersi. Ritrasse il braccio soffiando insieme un roco gemito, assordato dal rumore dello strappo con cui il corrimano era esploso, Hermione, che prima si era ritratta d'istinto, lo raggiunse in poche falcate e si assicurò che stesse bene.

-Non...- disse Harry passandosi una mano tra i capelli aggrovigliati ed espirando con un tremito, ma le parole che dopo voleva aggiungere gli morirono in gola. Hermione, però, aveva già sfoderato la bacchetta e rimesso a posto la scala con un veloce -Reparo-, e gli rivolse un'occhiata leggera -non fa niente, è tutto risolto, vedi?-

Harry dondolò sulle gambe, non gli piaceva il disagio che gli stava entrando sottopelle, né il peso che schiacciava ancora i polmoni. Hermione la vide, la tristezza che gli increspò le labbra, così gli tese una mano con un sorriso dolcemente incoraggiante -Sul serio, Harry, non ti preoccupare, la magia involontaria capita a tutti. Ti va della torta di lamponi? La signora Weasley la fa davvero buonissima-

 

 

-Pensavo stessi per morire-

Harry si accartocciò sul letto, scosso ancora dalle convulsioni e dal dolore che gli scivolava sulla pelle insieme alle lacrime. In quel momento non lo voleva, Rev, lo odiava, odiava cosa gli aveva fatto. Perché Rev arrivava sempre insieme al male, ed Harry era stanco che l'unico amico che aveva fosse anche tanto doloroso da sopportare.

Si voltò solo dopo minuti interi e quando lo fece Rev non c'era già più. Poco dopo la porta della cella sibilò sui cardini metallici e l'elfo entrò nella stanza per pulire, Harry poteva sentire, anche le ossa delle costole erano incrinate e riusciva a muoversi con moltissima difficoltà, l'odore di sapone e il rumore della spazzola sul pavimento di legno. Una goccia d'acqua rossa riuscì anche a colare per terra fino a raggiungere il bordo del letto.

Harry però non era capace di respirare normalmente, sentiva a ondate lo stomaco contrarsi in crampi violenti, non capì subito che quella era fame. Se ne accorse dopo, quando iniziò a supplicare per avere anche solo un pezzo di pane e gli venne comunque negato, ed ebbe tempo di sentirla entrargli dentro per altri due giorni prima che Berg tornasse.

 

 

Era veramente felice, la gioia riusciva anche a raggiungere gli occhi, in alcuni momenti, e Sirius poteva vederla. Sapeva che il motivo era James, che era tornato dalla missione quello stesso giorno e lo aveva raggiunto alla Tana appena aveva potuto.

Ed era incredibile l'effetto che la sua sola presenza riusciva ad esercitare su Harry, che ritrovava la vita a manciate insieme al padre che era andato via per troppi anni. La verità era che anche Harry aveva salvato James, perché Remus e Sirius avevano avuto tempo di vederlo spegnersi in una casa vuota che ancora conservava la risata del figlio e la voce di Lily.

-Arthur, leva quell'affare dal tavolo- tuonò la signora Weasley in direzione del marito, che in risposta alzò le sopracciglia, facendo comunque in modo di obbedire -è un tostapane, Molly, i babbani lo usano tutti i giorni, quindi deve essere utilissimo-

Sirius, accomodato su una morbida sedia in salotto, fece scivolare lo sguardo prima su Percy, seduto rigidamente in cucina con la Gazzetta del Profeta dispiegata tra le mani, poi su Ginny in piedi accanto a Luna sullo stipite della porta, e infine su Harry, che mangiava la torta lentamente, seduto sul divano e appoggiato sul petto del padre. Era una scena così silenziosa e dolce che stonava con il rumore e la vivacità del resto della famiglia.

Ma non importava, e Sirius socchiuse gli occhi nel notare il braccio di James intorno alla vita del figlio. Harry cercava il contatto fisico, molto spesso, perché aveva bisogno di un tocco famigliare che lo tenesse ancorato alla verità, e James aveva trovato nella pelle di Harry la ragione per vivere.

E quando Ramoso gli rivolse un'occhiata interrogativa, Sirius si limitò a fargli l'occhiolino.

 

 

L'esistenza era una bolla di dolore che galleggiava in un mare di noia, Harry se ne era convinto dopo le tantissime ore che gli erano entrate dentro e in cui non succedeva assolutamente niente. In certi momenti, arrivava a sperare che arrivasse qualcuno anche per fargli del male, pur di scacciare il vuoto.

Alzò il polso fino al viso, facendo tintinnare cupamente il boccino che era attaccato al braccialetto. Lo fissò per un po', poi abbassò la mano e passò le dita sulla pelle del braccio sinistro, lo fece stare meglio sentire che era ancora al suo posto.

Ma dopo il vento emise un lugubre ululato ed Harry si sedette con le ginocchia al petto, finendo per sussultare nel momento in cui un rumore violento scuoté le pareti della casa. Non gli piacevano i temporali, era come se la stanza si rianimasse dei fantasmi che vi erano vissuti, e gemeva e strideva di un rumore che gli logorava i nervi ogni volta. Strinse le dita sul materasso e vi appoggiò sopra stancamente la guancia, lasciando tremare le labbra viola contro la coperta.

 

 

-Harry, come stai?-

Dispiegò lo sguardo sulla luce di quella che sembrava una stanza da letto, con estrema lentezza, recuperando gradualmente la percezione di morbido sotto i polpastrelli e del sole che gli scivolava addosso. Lasciò uscire dalla bocca un basso mugolio, portando la mano sinistra a sfiorare la fronte per proteggersi dalla luce. Non ricordò subito cos'era successo, ancora avvolto nel reflusso amaro del sogno che lo aveva intrappolato.

-Si è ripreso.. grazie a Godric-

Socchiuse un occhio, puntando l'altro su Sirius in una domanda muta, l'animagus gli rivolse un sorriso tirato -hai perso i sensi una decina di minuti fa, ma credo fosse solo un calo di pressione dovuto alla stanchezza-

Harry aveva dormito pochissimo negli ultimi giorni, quelli che aveva trascorso alla Tana, perchè James non era lì e lui aveva paura di svegliarsi e non avere nessuno da abbracciare, ma si trattenne accuratamente dal dirlo. Invece, si alzò cautamente a sedere, appoggiandosi ai cuscini del letto. Era piacevole, in qualche modo, l'odore di cui l'ambiente era impregnato, e quello di Sirius, che sapeva di foglie bagnate, e anche di Molly e di suo padre.

Molly si avvicinò alle finestre e chiuse le tende in modo che la stanza galleggiasse nella penombra -Riposati un po', caro. Ti farà bene-

Sirius annuì, dirigendosi a sua volta verso la porta -Fai dei bei sogni anche per me-

E quando rimasero soli insieme all'eco della maniglia che si abbassava, Harry si avvicinò al padre, seduto accanto a lui, e gli si rannicchiò contro il petto. James fu invaso da una sensazione di piacevole calore, una cosa che aveva dimenticato da tantissimi anni, e scoccò un bacio sulla fronte del figlio, mormorando -Dormi pure, tesoro-

 

 

Harry adorava la bacchetta giocattolo che suo padre gli aveva comprato, la venerava, aveva quasi paura di toccarla, a volte. Altre volte, invece, la prendeva in mano e sorrideva, mostrandola alla madre e imitando le parole che lei spesso diceva. Era eccitato, soprattutto, per quell'assaggio anzitempo di magia.

Ma quel giorno la sua attenzione era tutta per il nuovo peluche a forma di gatto. L'aveva chiamato Rory, e lo stava portando a sua madre, in salotto, quando un'esplosione soffocata lo aveva fatto immobilizzare di sorpresa -Mamma?-

-Harry!-

Si era spaventato per il tono terrorizzato nella voce della madre, ma aveva continuato a scendere le scale, e ad ogni gradino il cuore gli batteva più forte e la paura divampava nel petto, soprattutto quando aveva riconosciuto un'altra voce provenire da sotto. Aveva sussultato violentemente nel momento in cui un grido aveva squarciato l'aria, e poi si era bloccato, proprio sulla soglia della porta che dava in salotto.

-Mamma?-

Aveva gli occhi pieni di lacrime, e strinse al petto il suo peluche, facendo un passo avanti. L'uomo che lo fissava dall'altra parte della stanza aveva un viso da rettile e gli rivolse un'occhiata gelida -E così tu sei il piccolo Harry Potter-



Note:

Salve a tutti, perdonate il ritardo con la pubblicazione, purtroppo tra un impegno e l'altro ero rimasta indietro con la stesura. Tuttavia, mi è piaciuto molto scrivere questo capitolo, spero possiate apprezzarlo e spero soprattutto che non deluda le aspettative. 
Questa volta vi sono alcune piccole cose che mi preme precisare, innanzitutto chiarisco a scanso di equivoci che Rev è una sorta di proiezione della mente di Harry, un "amico immaginario" che porta dolore perché la sua presenza anticipa quella di Voldemort. Seconda cosa, gli episodi di magia involontaria che sperimenta Harry avvengono principalmente a causa della mancanza di un percorso scolastico come Hogwarts che insegni ad incanalare e controllare la sua magia, perciò allo stato attuale il potere magico di Harry è intrappolato e viene fuori in ondate violente.
Tra l'altro, la penultima scena è stata uno dei momenti più dolci che abbia mai scritto, mi sono quasi commossa da sola, anche perché con questa storia volevo evidenziare il legame di Harry con James, almeno quello che avrebbero potuto avere.

E infine ringrazio Azzu___, fay90, Mad Sounds, Guido, e _Fer01_ per aver inserito la storia tra le seguite, e mando un enorme bacio a Pola_Peace (che ormai è quella persona meravigliosa che recensce ogni capitolo) e a Dragonfly92 (un commento che mi ha sciolto il cuore, presto arriverà anche la risposta) per aver recensito lo scorso capitolo, siete dei tesori, un grazie enorme.
Saluti anche a tutti i lettori silenziosi, spero mi seguirete fino alla prossima.

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Capitolo 5
*** Crushed ***


Titanium

Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro e non intende infrangere diritti di copyright.
 

 --- ---  Capitolo V – Crushed  ---  ---

 

 

A volte, Harry si chiedeva cosa ci fosse oltre le pareti di quella stanza, oltre quel tavolo, il letto e i ripiani dell'armadio. Oltre la finestra che dava su un fuori immaginario, o la porta incastonata di serpenti da cui entravano Berg e Voldemort.

Perché quando non c'era la noia o il dolore, Harry stava sospeso nel tempo dilatato di un attimo, e non era poi così spiacevole. Poteva capitare che prendesse le pergamene e disegnasse, ma spesso stava seduto sul letto a guardare fuori e ad immaginare come sarebbe stato bello se qualcuno fosse venuto a prenderlo.

 

 

Abbassò piano la testa, piegando le labbra in una smorfia. Fissò a terra, ma subito le iridi verdi tornarono sull'uomo di fronte a sé.

-Papà sta arrivando?-

Remus gli scompigliò i capelli delicatamente, sfiorandogli appena la testa -Oh, sì. Sei stato bravissimo-

Remus lo sapeva benissimo che alle orecchie di Harry quelle parole suonavano come orgoglio e soddisfazione. Harry si era impegnato, aveva stretto i denti e non aveva contemplato la resa, mai.

Lo dimostrò a James con occhi enormi che vibravano di gioia, dondolando il peso prima su un piede e poi sull'altro, e si vedeva che l'eccitazione, se avesse dovuto aspettare ancora, sarebbe traboccata via dal corpo.

-Papà- lo chiamò Harry quando James mise piede nell'ingresso della propria villa -ho imparato a leggere!-

 

 

-Hai visto?-

-Quello è...?-

-...sembra in stato confusionale; Merlino-

Non c'è niente di giusto nel modo in cui il ragazzo si tiene il torace, e nel modo in cui cade loro addosso sussultando appena la loro pelle tocca la sua.

-Mi senti? Stai bene?-

Non sono preparati per quello. Perché il ragazzo soffia come se non sapesse respirare?

-Come... come ti chiami?-

Non è facile, davvero, tirargli fuori qualcosa dalla bocca che non sia un basso lamento -Harry-

-Bravo, Harry. E il cognome?-

Li guarda in faccia senza quasi vederli, ma risponde lo stesso, con un filo di voce -... Potter-

 

 

Era una partita puramente amichevole, assemblata in pochi minuti con l'entusiasmo collettivo. Era arrivato anche Sirius, in sella ad una moto volante che ad Harry aveva fatto girare la testa, e giocava insieme a Remus, contro James e Tonks.

-Oh, Rem, sul serio?-

Lupin aveva alzato le spalle, arrossendo -sono arrugginito... e, anche se fosse, non ho mai giocato molto nemmeno a scuola-

Sirius fece un'elaborata piroetta con la scopa per evitare di cadere a terra, e le sue parole, anche se era esausto, suonarono lo stesso esasperate -Ci stanno battendo! Sarai sconfitto da tua moglie, Lupin!-

Tonks rispose esalando una breve risata -Abbaia ancora un po', Black, siamo sessanta a venti-

Ma poi successe, ed Harry, che stava a terra e assisteva alla partita, trattenne il fiato, perché James, colpendo la Pluffa, aveva accidentalmente toccato la scopa di Sirius. E Sirius cadde, ma essendo a meno di un metro e mezzo da terra, praticamente fece qualche passo correndo prima che la pelle si scontrasse violentemente contro l'erba umida.

-... stai bene, Sir?-

Sirius avrebbe vomitato quell'acido sarcasmo che ora raggiungeva solo gli occhi increspati d'irritazione, ma un soffio annegò la rabbia in stupore. Il petto di Harry, infatti, era scosso da spasmi convulsi, e gli occhi celavano un luccichio di pura gioia. Fu il suono della sua prima risata ad infrangere le loro orecchie e a coinvolgere, più tardi, anche Tonks e James.

Sirius, immergendosi nella vista del proprio figlioccio prendere boccate d'aria sempre più corte nel tentativo di calmarsi, si alzò, indossando sul viso un finto sdegno -Ah, è così, Harry?-

Gli si lanciò addosso, e ormai completamente trasformato gli indirizzò un basso ringhio prima di buttarlo a terra e sovrastarlo con un uggiolio trionfante.

-No... no, ti prego!- ansimò Harry quando il cane decise di leccare la sua intera faccia, e la sua risata si fece ancora più convulsa -Sirius!-

 

 

-C'è qualcosa di nuovo-

Harry sibilò tra i denti, accucciandosi in basso in posizione sottomessa -non m'interessa-

Rev si appoggiò alla parete fino ad aderirvi, e tanto che Harry pensò che la sua seconda pelle fosse di calce e pietra -è diverso-

Ma non disse più niente dopo, e Voldemort ancora non arrivava. Harry alzò una mano e fissò la luce del pomeriggio che moriva filtrare attraverso la pelle delle dita.

Sentì delle voci da fuori la porta, pensava che qualcuno sarebbe entrato, ma poi sussultò. Si irrigidì, coprendosi le orecchie, e mano a mano che le grida aumentavano anche la sua bocca si aprì e urlò.

-Basta basta, basta!-

 

Basta... ba-sta, basta. Ascolta, ascolta come grida.

sei contento di sentirle perchè non sei tu che urli, non è così, Harry Potter?

 

 

Tracciò un'altra lettera, e poi quella successiva, che sembrava già meno storta della precedente. Le righe si attorcigliavano in onde, Harry ne era quasi certo, e rimase concentrato, ponendo alle voci di sottofondo nella stanza accanto solo una distratta attenzione.

-Hai idea di chi sia questo Rev?-

-Harry non ne ha mai parlato, non mi sembra sia...-

-Potrebbe aver catturato qualcun altro?-

-...no, non credo-

Harry aspirò a fondo prima di immergere di nuovo la penna nell'inchiostro, e gli fece piacere sentire nella gola l'odore di Grimmauld Place, gli dava pace come quella sensazione di aria che gli scivolava sulla pelle delle braccia. Era... nuova, insolita.

Lanciò una breve ma penetrante occhiata all'uomo al fianco di suo padre, che si era presentato come Kingsley e che lo aveva interrogato la prima volta.

-Come va? A casa con lui, intendo-

-Harry è... splendido, ieri ha riso e- rispose James, Harry distinse una sfumatura incrinata nella sua voce -ho paura per lui-

-Lo so, e ti capisco. La settimana scorsa abbiamo perso cinque Auror, quella ancora prima nove. Non mi va bene tutto questo, Potter, dobbiamo far finire questa guerra il prima possibile-

Anche Arthur Weasley era presente -non abbiamo proprio idea di dove Voi-sapete-chi tenesse Harry? Quella traccia di magia oscura che i Medimagi gli hanno trovato addosso... Silente ha detto che potrebbe essere un altro Horcrux-

Fu quasi in quel momento che delle voci familiari esplosero nell'ingresso ed Harry si ritrovò impigliato in due abbracci caldi che sapevano dello shampoo di Hermione e dell'odore di Ron, e lasciò andare un -ciao- rovinato dalla voce che non usava mai, ma mischiato nella felicità in cui sentiva di annegare.

-Su, ragazzi...-

-...lasciatelo respirare, o il povero Harry non sopravviverà fino a cena-

 

 

Credeva che non pensarci avrebbe fatto bene, invece il disagio gli cresceva tra le costole, e s'insinuava in ogni respiro che riusciva a prendere. Sangue era il gusto nella bocca, e inspirò sibilando tra i denti, la lingua così dura e ruvida da raschiare -Non... non...-

-Crucio!-

Gattonò sul pavimento, e quando i muscoli si contrassero in un'ondata di magia il corpo tremò ed Harry vomitò sulla pietra. Aveva così male da non riuscire a muoversi, ma era un dolore riflesso che non aveva mai provato e sperava solo che finisse.

-Dimmi, che ne è dell'Ordine? Dove si nascondono?-

Harry gemette, ma la voce aspra del Signore Oscuro gli giunse di nuovo dall'altra parte della porta, attutita, alle orecchie -a proposito, ti direi di portare a Potter i miei saluti e quelli di suo figlio, ma morirai qui, e il piccolo Harry ti sentirà. Crucio-

 

 

Era strano, Harry, come se gli occhi di vetro trasmettessero ciò che vedeva uno specchio, e l'arrivo dei suoi amici aveva solo scalfito il ghiaccio che da alcuni giorni cresceva. Prima era stato il sorriso, quello che faceva scoprendo i denti senza fare rumore, ad essere lasciato a metà, poi lo sguardo che arrivava più lontano, sempre, di quello che riusciva a guardare.

-Ciao, Harry-

Alzò una mano, distendendo le dita e rivolgendogli un'occhiata appena più presente del solito. E James pensò che se neanche Remus poteva far sorridere Harry, qualcosa non andava davvero. E l'agitazione che gli vedeva addosso aumentava chiaramente di ora in ora, James non si sarebbe stupito se lo avesse visto iniziare a tremare.

-Chi stiamo aspettando?-

-Piton, credo, se verrà-

Così Harry faceva entrare l'aria dalla bocca a piccoli sorsi, dosando insieme al respiro anche le sillabe delle poche parole che rivolgeva a qualcuno, e ormai se ne erano accorti tutti, di quanto i muscoli tremassero ad intervalli e il petto di bloccasse per alcuni secondi prima di riprendere ad andare su e giù.

-Harry, stai bene?-

Stai. Bene... bene. Harry rivolse ad Hermione uno sguardo improvvisamente allarmato, intenso e presente, prima di lanciarsi verso il bagno e vomitare.

 

James fu all'erta nel momento in cui Piton entrò nella stanza, prestando poca attenzione a suo figlio, ma la reazione di Harry fu solo quella di irrigidirsi ancora e puntare gli occhi addosso ai membri dell'Ordine che discutevano nella stanza accanto.

Quello di prima era stata una manifestazione di magia involontaria, ma evidentemente ancora non era passato. James gli aveva massaggiato la schiena, ma gli spasmi erano durati poco, e poi il tremore era tornato, anche se meno violento, ed Harry adesso stringeva le dita sulla stoffa che copriva le braccia e graffiava.

James aveva il cuore dilaniato dall'impotenza, ma sapeva che poteva solo aspettare che finisse e sperare che lo facesse in fretta. Harry, però iniziò a peggiorare nel momento in cui Piton prese a parlare, e poi l'agitazione lo mandò in pezzi.

-Lui c'era- disse con la voce che tremava, lo sguardo stranamente fermo -l'ho sentito-

Severus si voltò nella sua direzione, il tono freddo, quasi ammonitore -cosa?-

-Io ti ho sentito- esclamò Harry balzando via dal divano, evidentemente sconvolto -ti ho sentito entrare e... poi sei andato via-

A stupire l'Ordine fu la voce del Mangiamorte che si spezzò, e le sue iridi tradirono un istante di confusa consapevolezza. Alcuni secondi di un pesante silenzio li avvolsero, poi Severus fissò lo sguardo in quello di Silente, arrivato a Grimmauld Place da pochissimi minuti -Credo di sapere dove l'Oscuro Signore l'avesse rinchiuso-

 

 

La luce filtrava dalla finestra e come se avesse vita propria gli si posava sulla guancia. Harry fece finta che quella calda carezza venisse da qualcuno, e ringraziò. Quel giorno fu il più piacevole da molti mesi, si sedette sul letto e dondolò le gambe, poi sorrise, poi si mise a ridere.

E non smise per molti minuti, finché la gola bruciò e Rev apparse flebilmente, fu l'unica volta in cui non arrivò Voldemort dopo.

-Mi dispiace che tu li abbia visti-

Harry rise più forte fino a sentire le lacrime rotolare sul mento.

 

 

-Posso entrare?-

La voce era bassa e leggermente raschiata -Sì-

James aprì la porta della camera del figlio con delicatezza, poggiando sul comodino accanto al letto il vassoio che teneva tra le mani.

-Come stai?- chiese dolcemente sedendosi accanto ad Harry sul letto, e quando lui gli mise un braccio attorno alla vita, James fece aderire la sua mano con quella del figlio -guarda, sono quasi uguali-

Harry gli rivolse un sorriso appena accennato, che si tramutò in una smorfia quasi subito dopo, e James gli alzò la manica del pigiama, afferrando con l'altra mano del cotone imbevuto di disinfettante sul vassoio. Premette delicatamente sui graffi, inferti sulle cicatrici di tagli precedenti, e poi pulì anche il sangue che macchiava il labbro inferiore di Harry, che si era morso fino a qualche minuto prima.

-Finito- disse infine, scompigliandogli i capelli e scoccandogli un bacio sulla fronte -buonanotte, amore. Se hai bisogno, svegliami-

Harry, però, sentì una strana sensazione risalire lungo la gola e fermarsi in bocca, come se quel bacio lui non lo meritasse, come se tutto quel mondo e quella stanza fossero improvvisamente alieni e sbagliati. Si voltò dalla parte opposta e nascose il viso dalla porta che James aveva chiuso.

Io ti voglio bene, Harry. Nessuno potrà mai amarti quanto me”, era stato Rev, quando Voldemort lo stava torturando, a sussurrarglielo all'orecchio. Harry, suo malgrado, ancora ci credeva.

 

 

Non era successo solo una volta, ma cinque. E cinque membri dell'Ordine erano morti mentre Harry li aveva sentiti, e fu così che la sua mente si ruppe e dopo il secondo apparve Rev e dopo il terzo iniziò a farsi male, al quarto provò a chiedere scusa e al quinto supplicava di essere ucciso al suo posto.
 


Note:

Come avevo già specificato, Harry manifesta queste "crisi", che dipendono dalla magia involontaria, e che sono come delle manifestazioni fisiche della magia che è intrappolata nel suo corpo e preme per uscire (io, almeno, la vedo così). Praticamente, è come se fosse nello stato in cui si trovano i bambini che manifestano i primi poteri incontrollati, ma ad un livello ancora peggiore, dati gli anni in cui non ha potuto imparare a canalizzare la magia tramite una bacchetta.
Inoltre, scusate il capitolo "melodrammatico", ma era proprio necessario, e se avvertite un senso di incompiuto è perché questa è la prima parte di un capitolo più lungo che ho dovuto dividere a causa della lunghezza. 
Come sempre, in caso qualcosa sia poco chiaro o credete ci sia qualcosa che non va, non fatevi problemi a dirmelo.

Ringrazio

- jacksonforever e Lady Eloredane per aver inserito la storia nelle preferite
- Titti89 per averla inserita nelle ricordate
- Tonks04, Linss_, izumisano84 e Black_Unicorn03 per aver iniziato a seguire la storia
e poi un abbraccio enorme a Pola Peace per esserci sempre e per tutto il supporto dall'inizio, a Black:Unicorn03, spero che la storia continui a piacerti, e aDragonfly92, sai che ti apprezzo moltissimo, quindi grazie infinite per i pareri che mi lasci.

Grazie anche ai lettori silenziosi, fa piacere condividere un pezzo di sè con qualcuno. Alla prossima, prometto un capitolo un po' più allegro.
Kyem

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Capitolo 6
*** Lullaby ***


Titanium

Disclamer: i personaggi e l'universo appartengono a J.K.Rowling o a chi per essa. Questa storia non ha alcuno scopo di lucro e non intende infrangere diritti di copyright.

 --- ---  Capitolo VI – Lullaby  ---  ---

 

Per Harry, a volte era difficile mangiare, soprattutto dopo aver passato una lunga influenza che lo costringeva a rimettere ogni volta. Nella cella lui mangiava con le mani, e dato che lo sferragliare della porta era lo stesso quando entrava Voldemort o quando Berg portava da mangiare, non sapeva mai quale dei due sarebbe arrivato.

James, comunque, aveva visto lo sguardo colpevole che Harry aveva riservato al piatto ancora mezzo pieno che aveva di fronte -Harry, se non ce la fai più, non sforzarti-

Lui si lasciò andare sulla sedia ingoiando tra i denti un sospiro frustrato che a Remus fece malissimo e che fece catalizzare su di lui anche l'attenzione di Tonks. Harry prese a dondolare piano le gambe che quasi tremavano, e quando James parlò, lui distolse lo sguardo dal piatto.

-Harry, quanto spesso mangiavi?- e a Remus si bloccò l'aria nei polmoni, mentre le iridi verdi del più piccolo si fissarono su un punto imprecisato del pavimento di legno della casa di Tonks e Remus.

-A volte andava bene- sussurrò come se si vergognasse -ma...- gli si spezzò la voce -quando sbagliavo non veniva più nessuno e dovevo...-

Il cigolio del pavimento di legno e il cinguettio soffocato che proveniva da fuori accompagnarono il suono flebile dell'aria che usciva dalle labbra di Harry mentre lui cambiava posizione sulla sedia. Non disse più niente, e James fece lo stesso. Passarono diversi minuti in silenzio, Harry ad un certo punto cambiò di nuovo la direzione dello sguardo e fece scivolare gli occhi sulla culla di Teddy.

-Quindi...- il tono era di domanda solo per metà, Harry si avvolse le braccia al petto e con una mano attorcigliò una ciocca di capelli intorno alle dita, nervoso -... avrò una bacchetta come la vostra?-

-Oh,- Tonks si voltò verso James, lasciando che un verde acceso coprisse la tonalità grigio scuro che i suoi capelli avevano assunto -lo porti da Olivander?-

James annuì, ed Harry sentì una fitta al petto di calore e lieve agitazione. La sua bacchetta, e anche lui avrebbe potuto essere un mago come loro.

 

 

Si appiattì contro la parete di pietra non appena il ciglio della porta era rimbombato nelle orecchie, ma poi Berg entrò nella stanza grugnendo. Harry rimase immobile, e irrigidito sul muro, riusciva a sentire il freddo attraverso la maglia e le pietre sporgenti sul cemento.

-Berg oggi pulisce- ripeté ancora l'elfo, Harry fece solo in modo di ritrarre un gemito tra i denti mentre rabbrividiva. Non riuscì a distogliere lo sguardo dallo straccio intriso d'acqua sporca che Berg strofinava sul pavimento, fino a quando l'elfo si avvicinò al mobile che Harry aveva di fianco e lui scattò di lato, colpendo malamente uno sgabello di legno e cadendo proprio sul secchio dell'acqua.

L'improvviso, acuto stridio e il freddo di un liquido addosso amplificarono il dolore al fianco e al ginocchio, Harry inspirò velocemente, cercando di prendere fiato mentre la vista si anneriva e il campo visivo veniva invaso da puntini scuri. E subito dopo, il petto bloccato per il gelo che gli penetrava addosso, scattò di nuovo indietro, trascinandosi via con le braccia e soffocando un singhiozzo.

-Cosa hai fatto! Perché a Berg?-

La voce stridula, rauca dell'elfo Harry non voleva, Harry aveva freddo e cercava solo di stare...

-Cattivo, cattivo! Berg sa che il padrone picchierà lui...-

Voleva solo essere bravo, lui voleva-

 

 

Fece un respiro contro il vetro, lo vide appannarsi e poi si tirò indietro appena, gli occhi verdi fissi nella chiazza opaca sullo specchio. Si dissolse lentamente, ed Harry si ritrovò a fissare il riflesso di capelli neri e iridi gemelle alle sue. Inspirò profondamente, portando una mano a stringere il polso destro.

Fissandosi nello specchio, Harry sentì lo stomaco aggrovigliarsi e poi sciogliersi di nuovo, una diffidente curiosità gli fece brillare lo sguardo. Era proprio strano come gli altri lo vedevano, come se fosse adulto.

Un reflusso acido inondò la bocca mentre continuava a fissarsi, il pulsare sordo della pelle che stringeva troppo venne annegato dalla propria immagine. Fece qualche passo indietro, il dondolio del riflesso accompagnò il suo movimento, Harry ne rimase colpito. Sapeva di zoppicare, eppure non riusciva a ricordarsi come era successo, quando si era fatto male.

E fu un pensiero che si impiantò nel cervello e rimase a languire nella mente anche dopo che si fu vestito, ma che venne spazzato via dal bussare secco della porta del bagno.

-Harry?- la voce di James lo tranquillizzò, Harry fece un gesto con la mano che il padre non avrebbe potuto vedere -i capelli- disse solo, mentre James stava già entrando.

Suo padre incurvò le labbra in una smorfia di pura comprensione, e -mmh...- mugolò, aprendo appena il rubinetto del lavandino e bagnandosi le mani con un po' d'acqua. Gli affondò le dita nei capelli, Harry socchiuse appena gli occhi, senza mai distogliere lo sguardo dalla sua figura riflessa.

Qualche minuto dopo, James indietreggiò, lo fissò nello specchio e si dipinse addosso un'espressione fintamente delusa -niente da fare- dichiarò, mettendogli una mano fra i capelli e scompigliandoli. Harry accusò il colpo emettendo un soffio tradito, fece scattare una mano sotto l'acqua e la diresse contro James.

Suo padre trattenne il respiro, Harry dischiuse le labbra, mostrando i denti in un sorriso, prima di ritrovarsi bagnato a sua volta.

-Vuoi la guerra, eh?-

 

 

Si mise a ridere. Rideva e rideva tenendosi la pancia, quando aveva visto quell'insetto lungo mangiato dal serpente. Perché si era appena posato sul ramo e subito dopo non esisteva più.

Ad Harry, aveva fatto nascere nel ventre un dolore che aveva generato risate squillanti come non ne aveva più fatte da anni, e in quel momento ne aveva nove.

Appoggiando una mano contro il muro, si fece scivolare in avanti, continuando a ridacchiare, nella testa l'immagine di quell'insetto che prima c'era e poi non più.

Anche lui una volta c'era e ora non più. Nessuno era venuto a prenderlo, lui era... scomparso.

Fino a che le guance furono rigate di lacrime, e il petto scosso da singulti che prima erano spasmi di risate, ma ora solo singhiozzi -Mamma...-

 

 

La smaterializzazione ad Harry non piacque per niente; appena si era aggrappato al braccio di suo padre, un suono di strappo che nella sua testa si confuse con quello che facevano le sue maniche quando si graffiava aveva accompagnato la sensazione di compressione agli organi interni. Quando davanti a sé vide una strada, Harry vacillò, sentendo improvviso l'impulso di vomitare.

-Questa è Diagon Halley, Harry-

Lasciò andare un mugolio non del tutto presente, ma quando poi la nausea finì, fece qualche passo accanto al padre, e spalancò gli occhi. Il muro dell'edificio accanto al quale si erano smaterializzati era decorato da un'insegna che Harry non riuscì a leggere, tanto era scolorita. Però era l'imponenza e la grandezza di quello spazio ad averlo lasciato senza fiato, un'esplosione di odori gli invase la gola fino a farla quasi bruciare, e anche se un rumore di fondo ronzante gli s'insinuò nelle orecchie era stupore ciò che premeva nel petto.

James diresse lo sguardo sulla porta di quel locale dall'insegna ingiallita -Devo solo incontrare una persona, non ci metteremo molto-

Harry si lasciò guidare all'interno, che lo scosse ancora più di ciò che avrebbe potuto immaginare. C'erano così tante persone da fargli venire quasi il voltastomaco, un odore pungente e dolciastro lo costrinse a storcere le narici e fissare il padre mentre, dopo averlo portato vicino al bancone, parlava a bassa voce con il barista.

-Potter! Che ci fai qui?- un uomo si era accostato al padre, la sua voce da dietro aveva fatto sussultare Harry. James gli riservò una smorfia non così contenta -sei ubriaco alle dieci di mattina, Harvey?-

Quello scosse il braccio, e mentre il barista sussurrava qualcosa all'orecchio del padre, lo sguardo dell'uomo scivolò nel suo. Harry indurì gli occhi, e si trattenne dallo scattare all'indietro.

-Oh, ciao-

 

 

Quella parola, crucio, popolava i sogni di Harry con la voce di Voldemort, con quella di Berg, a volte, con quella di sua madre. Harry non capiva perché il dolore dovesse essere così costante, condizionato dall'umore del Signore Oscuro come se lui fosse il suo gioco. Spesso, per farlo smettere, supplicava, non gl'importava degli sputi che riceveva, del risucchio aspro nella bocca di Voldemort -Sei patetico-

Harry piangeva, anche quando aveva sedici anni, annaspava per terra, e con la saliva che colava per terra nascondeva la testa nella coperta. Ti prego ti prego ti prego.

In quel momento la cella era vuota e la mente di Harry si stava crepando, lui girò gli occhi e si vide davanti l'immagine di Rev -Ormai,- disse lui inclinando il collo -sono sempre qui. Mi dispiace-

Harry lasciò andare un mugolio, rannicchiandosi e affondando le unghie nelle braccia -Fallo smettere-

Non vide la smorfia di scuse sul volto dell'altro -Non possiamo-

 

 

-Papà- l'aveva solo sillabato sulle labbra, la gola muta e le iridi dilatate. Nessuno lo aveva sentito. Non voleva stare lì da solo, ma James l'aveva lasciato qualche minuto prima.

-Papà...?- ripeté, questa volta facendo vibrare lo sguardo attorno a sé, dove sempre più persone continuavano ad ammassarsi. Il respiro iniziò a farsi veloce, il tono agitato -Papà?-

-Harry... tu sei Harry Potter?-

Tutti volevano toccarlo, tutti gli parlavano addosso, Harry voleva solo che James tornasse. Si ritrasse per quanto poteva contro il muro della stanza, ma il mondo iniziò a vorticare come se avesse intenzione di cadergli addosso.

-Papà?- questa volta alcuni lo guardarono interrogativi, ma le voci di sempre più maghi gli rimbombavano in testa fino a diventare insopportabili -PAPÀ!-

Le persone attorno a lui per qualche istante ammutolirono, Harry si mosse a disagio, indietreggiando ancora, e inspirò di sorpresa appena una mano gli toccò la spalla.

-Andiamo- disse James, una nota incrinata nella voce, e la folla si aprì attorno a lui. Harry notò come le sue dita stringessero con forza la bacchetta, e lo sguardo gelido che si faceva scivolare attorno, ad ammonire chi tentasse di avvicinarsi troppo.

Come se proteggesse un cucciolo, Harry ridacchiò fra sé e incastrò le dita attorno alla mano del padre.

-Scusa, tesoro, io...- la voce di James era rotta, Harry si sentì stringere addosso a lui con una forza che sapeva di scuse e colpa, ma lui si limitò ad inspirare l'odore di suo padre -Non fa niente-

 

 

Una volta, aveva undici anni, mentre stava tracciando con le dita simboli per terra, Harry aveva sentito l'eco di un grido risuonare tra le mura della cella. Un brivido aveva attraversato gelido la schiena, era scattato all'indietro, un riflesso spontaneo di terrore che gli aveva annodato i muscoli. Poi riconobbe la voce.

Le urla continuavano e lui aveva le mani premute sulle orecchie e le lacrime agli occhi, Rev non era comparso e lui aveva capito.

-Mi dispiace- iniziò a sussurrare con un sapore salato sulla lingua e lacrime che bagnavano le guance, dondolava e cercava di non vomitare -scusa...-

Berg continuò ad urlare finché la voce roca non prese a stridere sui muri, ed Harry non riuscì mai più a togliere il ricordo del refolo acido di quei lamenti gutturali.

 

 

Harry seppe nel momento in cui aveva preso la bacchetta, che sarebbe stata quella giusta. Il rigetto che le altre avevano mostrato, fu invece sostituito da una pressione sullo stomaco appena le sue dita avevano stretto il legno d'agrifoglio.

Tuttavia, James aveva assunto una smorfia preoccupata appena Olivander aveva sussurrato qualcosa, Harry aveva sentito solo in parte, ma nemmeno quello gl'interessava. Perché appena erano riapparsi nel salotto di casa, Harry era corso al piano di sopra nel bagno.

-Oh, Merlino- James l'aveva seguito subito dopo -Harry?- mormorò di fronte alla porta chiusa.

Rumore di un respiro affannato e di gemiti soffocati gli spezzò il cuore -cosa c'è?-

Harry ingoiò aria voracemente, facendosi quasi male ai polmoni che bruciavano, e fece scendere gli occhi verdi sul pavimento spaccato, il marmo distrutto e lo scuro della terra al di sotto.

Mi dispiac-

Fu duro trattenere le parole nella bocca, ma James si sarebbe arrabbiato, Harry, però, in quel momento capì che la magia, la sua magia, era davvero cattiva.

 

 

-Allora, oggi come stai?-

-Zoppico- disse Harry, sorprendendo molto il dottore. A James si congelò il respiro, fece scattare gli occhi in quelli dello psicologo -Tesoro, è...-

Harry però storse le labbra in quello che assomigliava ad un ilare sorriso -Anche Sirius-

-Bene, quindi ti senti come lui- disse l'uomo che gli era di fronte. Harry annuì con la testa, e il medico gli concesse un sorriso -E invece Rev?-

Harry si immobilizzò, distolse lo sguardo, e passarono diversi secondi prima che parlasse -io non l'ho più visto-

-Ti manca?-

Harry sentì il respiro scartare, una morsa gli strinse lo stomaco e si morse la lingua per non dire quello che stava pensando. Rev l'aveva avvertito, tutti pensavano che lui non esistesse, ma la risposta di Harry sarebbe stata .



Note:

Salve a tutti, scusate il ritardo nella pubblicazione dei questo capitolo, mi sono presa una "pausa" invernale, ma da adesso in poi la pubblicazione dovrebbe riprendere un ritmo abbastanza regolare, magari con un po' più di distanza tra un capitolo e l'altro. Ringrazio tutti, davvero, per avermi aspettata, in particolare:

- Alohomora__, Blackblood_hp,  Mary Parker per aver inserito la storia nelle preferite
- Linss, Lele_Tonks, marty_pizza, harryforever93, JohannaLunaSnow, Marty Evans, holly715, Alex11 e Gssycdun per aver iniziato a seguire la storia
- Nhirn9001 ed Elanor92 per averla inserita nelle ricordate

e infine un grazie enorme e un abbraccio caloroso a holly715 e Dragonfly92 per aver lasciato una recensione, sul serio, sono state davvero importanti per me. Alla prossima,
Tera

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