Red In Love

di Lena Mason
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo I ***
Capitolo 2: *** Capitolo II ***
Capitolo 3: *** Capitolo III ***
Capitolo 4: *** Capitolo IV ***
Capitolo 5: *** Capitolo V ***
Capitolo 6: *** Capitolo VI ***
Capitolo 7: *** Capitolo VII ***
Capitolo 8: *** Capitolo VIII ***
Capitolo 9: *** Capitolo IX ***
Capitolo 10: *** Capitolo X ***
Capitolo 11: *** Capitolo XI ***
Capitolo 12: *** Capitolo XII ***
Capitolo 13: *** Capitolo XIII ***
Capitolo 14: *** Capitolo XIV ***
Capitolo 15: *** Capitolo XV ***
Capitolo 16: *** Capitolo XVI ***
Capitolo 17: *** Capitolo XVII ***
Capitolo 18: *** Capitolo XVIII ***
Capitolo 19: *** Capitolo XIX ***



Capitolo 1
*** Capitolo I ***


Capitolo I

 

Era una fredda giornata di fine Ottobre, all’incirca verso mezzogiorno, quando una ragazza varcò le soglie dell’aeroporto di Narita, Tokyo, Giappone seguita da tre donne intorno ai ventisette anni e da altrettanti uomini, vestiti con giacca e cravatta, un po’ più in là con l’età: i passanti fissavano con insistenza il gruppo di stranieri, cercando di capire che fossero. 

La ragazza che accompagnavano era, evidentemente, straniera: lunghi capelli di un rosso accesso le scendevano dritti fino a sfiorarle il fondoschiena mentre il viso era per lo più nascosto da grandi occhiali da sole. 

I presenti erano sicuri fosse una sorta di celebrità o comunque qualcuno di importante dato che all’esterno vi erano due limousine ad attendere il gruppo di stranieri.

 

 

 

*

 

Nel centro della città di Tokyo, intanto, nella prestigiosa scuola Ouran un gruppo di esageratamente affascinanti ragazzi, si trovava in mensa: Tamaki Suou, ragazzo dai capelli biondi e occhi di un particolare blu violaceo, irritava come al solito i suoi compagni di classe e amici.

Infatti continuava a parlare a vanvera di figlie ribelli e si rivolgeva al suo amico Kyoya Ootori con il termine “Okasan”: la figlia ribelle invece era una ragazzetta, vestita da maschio, molto piccola e minuta con grandi occhi cioccolato e capelli castani corti.

«Senpai, la devi piantare di dire che sei mio padre! Io ce l’ho e me ne basta uno. E poi non voglio un padre come te» disse per l’appunto la ragazzetta.

 

«Haruhi odia il suo papà» disse Tamaki, piagnucolando, venendo avvolto dalla solita aura nera, mentre i due gemelli Hikaru e Kaoru Hitachiin lo prendevano in giro.

Il resto del gruppo era formato dai due diplomandi Mitsukuni Haninozuka e Takashi Morinozuka, cugini e completamente diversi: il primo era un piccoletto biondo con occhi nocciola che veniva spesso scambiato per un bambino delle elementari, mentre l’altro era alto, molto alto, con occhi e capelli scuri. 

L’ultimo membro del gruppo era un ragazzo dall’aspetto per lo più ordinario, con capelli corvini e occhi ardesia, scuri e penetranti, nascosti dietro un paio di occhiali dalla montatura leggera, che rispondeva al nome di Kyoya Ootori.

 

Erano tutti, eccetto Haruhi Fujioka, schifosamente ricchi, inutile negarlo: chi aveva come padre un ricco imprenditore nel campo medico come Kyoya o come madre una famosa stilista come i due gemelli.

Dopotutto l’accademia Ouran era riconosciuta per due cose: il prestigio e la ricchezza di chi vi studiava.

 

Una volta che le lezioni furono terminate, il gruppo eterogeneo di ragazzi si riunì nell’aula di musica al terzo piano: l’aula era inutilizzata e quindi vi avevano fondato un club. Un host club per la precisione, dove le ragazze dell’alta borghesia, che avevano un sacco di tempo libero, venivano intrattenute da questi affascinanti ragazzi. 

L’idea era nata niente di meno che dalla zucca vuota, meglio come conosciuta come Tamaki : aveva egli stesso reclutato tutti i membri, ad eccezione di Haruhi, povera ragazza costretta a fingersi maschio per saldare un debito milionario, causato dall’accidentale rottura di un costoso vaso all’inizio dell’anno accademico. 

Molte delle ospiti del club erano probabilmente innamorate seriamente di alcuni degli host e, inutile dirlo, quello con più ammiratrici era proprio Tamaki con il suo fascino da mezzo straniero e la dolcezza di un principe delle favole. 

Il resto degli Host avevano comunque un bel gruppo di ammiratrici, anche Kyoya nonostante il suo carattere freddo e calcolatore, che faceva di lui l’elemento perfetto per tenere sott’occhio le finanze del club.

Era infatti il vice presidente, o Lord dell’ombra, mentre Tamaki, nonostante fosse un idiota sotto molti aspetti, ne era il vero Lord. Tutti i suoi compagni di club consideravano Tamaki ancor più idiota dall’arrivo di Haruhi poiché fu l’ultimo a capire che questi era in realtà una lei. 

Quando i battenti dell’Host Club furono chiusi, Kyoya chiamò tutti all’ordine avendo delle informazioni importanti da dare loro. 

«Dovete sapere che a partire da lunedì avremo una nuova arrivata, straniera. Il suo nome è Rossana Crowe e arriva dall’Irlanda. La sua famiglia gestisce parecchi affari in diversi campi, ma è molto potente in quello della musica di cui lei fa parte. Insomma avremo a che fare con una cantante».

 

«Aspetta un attimo Kyoya-senpai…tu intendi quella Rossana?» chiese Haruhi, vedendo che il ragazzo si sistemava gli occhi e annuiva. 

 

«Oh avremo una vera star nella nostra scuola» esordirono all’unisono i due gemelli.

 

«Vi conviene trattarla bene perché so da fonti attendibili che cerca una nuova stilista per i suoi abiti di scena…» li informò Kyoya, appoggiando delle foto della ragazza sul tavolo.

 

«Ehi è carina!» disse Haruhi, guardando le foto, frutto di evidenti scatti rubati, di una Rossana vestita normalmente con jeans e maglione.

 

«Queste le hanno recuperate i miei informatori: è arrivata questa mattina all’aeroporto di Narita e verrà qui per sbrigare le ultime pratiche. Il preside ha incaricato noi di accoglierla e accompagnarla in segreteria». 

 

«Bene, allora dobbiamo farla sentire a casa!» esordì Tamaki, oltremodo eccitato dai nuovi arrivi, causando un’irritazione a Kyoya che, comunque, non perse il suo autocontrollo limitandosi a sospirare.

 

L’oggetto del loro discutere, nel mentre, era giunta a casa: era una palazzina di tre piani, né troppo grande né troppo piccola con una ventina di stanze. 

Detestava il lusso sfrenato a cui suo padre era invece tanto affezionato: il suo vecchio adorava tutto ciò che era costoso e prezioso e, infatti, si divertiva a riempirla di regali che lei non usava.

Infatti collane, braccialetti, orecchini e altri monili di quella risma non suscitavano in lei alcun interesse, nemmeno se regalati da qualcuno che le piaceva, proprio come era successo durante il suo compleanno quando un suo amico, di cui era segretamente cotta, le aveva regalato una collana decretando la fine del suo invaghimento: se le aveva regalato un gioiello l’unica motivazione era che non la conosceva per niente e, quindi, le era amico solo per la fama. Ed questa era una cosa che l’accompagnava da quando era diventata una cosiddetta star: a lei piaceva cantare e ballare così suo padre, famoso nel campo musicale e proprietario di una sua etichetta discografica, l’aveva posta sotto le luci della ribalta. 

Non aveva mai cercato nulla di tutto quello, ma finché la lasciavano cantare quello che le piaceva a lei andava bene: era una persona per lo più distaccata e indifferente anche verso i suoi fan che, inutile dirlo, l’adoravano ancora di più per questo suo carattere freddo, insondabile, cinico e sarcastico. 

Quando entrò nella camera assegnatale, rimase piacevolmente sorpresa nel vederla arredata secondo il suo gusto: aveva un che di antico, proprio come i castelli irlandesi che tanto adorava, ma era piena di ogni confort moderno, dalla tv enorme al bagno con doccia e vasca principeschi. 

Era tinteggiata con colori caldi che variavano dall’arancio delle pareti al rosso della biancheria del sontuoso letto a baldacchino, alle tende di un giallo chiaro: sembrava di trovarsi immersi nel tramonto.

Vide che le sue cose, vestiti e scarpe, erano già stati sistemati nell’armadio a tre ante alla sua destra da qualche cameriera efficiente e decise quindi di farsi una doccia prima di recarsi all’accademia Ouran per sbrigare le ultime pratiche di amministrazione.

Mise un comodo paio di jeans neri e belli caldi, un maglione panna con il collo alto di soffice lana, scarpe sportive e un bel cappotto nero: indossò i suoi enormi occhiali scuri –per fortuna anche a novembre c’era il sole- ed uscì trovando la macchina pronta, in attesa.

Raggiunse l’accademia in un quarto d’ora e rimase a bocca aperta quando ne vide la grandezza, non solo del palazzo principale, ma anche del parco che lo circondava: gli studenti rimasti erano molto pochi, poiché la maggior parte era già andata a casa. Avevano appositamente scelto quell’orario per evitare, se qualcuno l’avesse riconosciuta, assalti vari ed eventuali.

Voleva davvero che nessuno la riconoscesse, ma quando vide che ad attenderla vi erano sei ragazzi inspiegabilmente belli da far schifo, capì che il suo arrivo, grazie a quell’idiota di suo padre probabilmente, non era passato per niente in sordina.

 

Si ritrovò quindi davanti ad un ragazzo biondo con occhi viola – cosa alquanto strana per lei che conosceva solo Elizabeth Taylor con quel colore delle iridi- che la salutò con un baciamano, causandole il sollevamento delle sopracciglia in segno di sorpresa.

 

«Posso sapere cosa stai facendo?» chiese al ragazzo, usando l’inglese, dato che il Giapponese era per lei una lingua ancora quasi completamente sconosciuta, eccezion fatta per le parole che conoscevano anche le capre: kawai, arigatou, gommenasai e via dicendo.

  

«Ti do il benvenuto nella nostra Accademia da parte di tutto l’Host club» le disse il biondo che fece poi le presentazione, facendo si che si accorgesse di un settimo componente del gruppo, la cui presenza le causò un’altra alzata di sopracciglia.

 

«Se siete un Host Club, perché c’è una ragazza tra di voi? Non ditemi che la sfruttate, dannati pervertiti» gli disse, puntando il dito contro Haruhi che, in sincrono con gli altri, Kyoya “il cyborg” escluso, sentì la sua bocca aprirsi per lo stupore: era la prima, dopo i membri del club ad accorgersi che lei era una ragazza. Ed era stata più veloce di Tamaki che lo aveva capito solo perché l’aveva vista in intimo.

 

«Come fai a sapere che sono una ragazza?».

 

«Mica sono scema o cieca. I ragazzi qui sono molto femminei nei lineamenti, ma non così tanto!» spiegò la straniera.

 

«Non parli nemmeno un po’ il Giapponese?» chiese uno dei gemelli dalla capigliatura fulva.

 

«No, Hitachiin-kun. E mi pare che voi ve la caviate con l’inglese, quindi non dovrebbero esserci problemi. Potrei sempre parlare in irlandese…».

 

«Come sai il mio cognome?».


«Conosco i lavori di vostra madre e ne ho indossato qualcuno in alcuni concerti»

 

«Davvero?» chiesero i due all’unisono «quella strega non ci ha detto nulla».

 

«Non usate Youtube? Se cercate il mio nome, che sapete sicuramente dato che il minore degli Ootori sa tutto, troverete sicuramente qualcosa».

 

«Sai che sono un Ootori?» le chiese Kyoya, specchiandosi nei suoi occhiali da sole.

 

«Il padre del fesso biondo con manie di protagonismo mi ha parlato molto di voi quando è venuto a trovarmi a Singapore dopo un concerto al quale lo avevo invitato».

 

«Non mi ha detto nulla!» piagnucolò Tamaki, rinchiudendosi nella sua aura di negatività.

 

«Quindi ci conosci…» le disse Kyoya.

 

«Non quanto tu conosci me, dannato stalker» gli rispose,ghignando e vedendo che il ragazzo non si scomponeva minimamente per l’appellativo poco carino: peccato che Rossana non poteva sapere che da quel momento era entrata nella lista nera di Kyoya Ootori. 

Dopo aver sbrigato le pratiche di ammissione Rossana, scortata ancora dai ragazzi fece il giro dell’accademia cercando di mandare a memoria la posizione della sua classe, del bagno più vicino, della mensa e dell’aula di musica.

 

Mentre camminavano per il cortile interno sentì di bisbigli poco raccomandabili giungere dalla sua destra e vide un gruppo di dieci ragazzi intenti a fissarla. Sapeva cosa stava per succedere e si limitò a sbuffare prima di mettersi alle spalle di Morinozuka Takashi la cui statura fuori dal comune in Giappone le avrebbe dato il riparo necessario.

 

«Ma cosa stai…?» iniziò a dire Kyoya, stupito dallo strano comportamento della ragazza, quando sentì dei passi di corsa alle sue spalle e vide un gruppo di ragazzi affannarsi nella loro direzione: avevano capito che quella strana ragazza dai capelli rossi era proprio Rossana Crowe e si erano preparati all’assalto.

 

Kyoya, spostandosi quel poco che gli consentì di non essere travolto come i suoi compagni, scrisse, sulla scheda identificativa della ragazza che si portava appresso per studiarla, alcuni aggettivi come “sveglia” e “sarcastica”.

 

Si sarebbe rivelato un trimestre alquanto movimentato.

 

 

 

Rossana si ritrovò nella camera vuota, intenta a cercare qualcosa da indossare per la cena di quella sera che suo padre aveva indetto per conoscere gli affaristi più influenti del Giappone: sapeva per certo che ci sarebbe stato il preside della sua scuola che, come il figlio, era completamente fuori di testa e anche la madre dei due gemelli.

Suo padre non aveva detto nulla degli Ootori: dopo tutto era una famiglia potente nel campo medico che aveva poco a che fare con quello della musica, mentre il direttore di una scuola era interessato a fare la conoscenza di suo padre perché voleva istituire una borsa di studio per ragazzi musicalmente dotati che non avevano i fondi necessari.

La cena sarebbe iniziata alle otto in punto: Rossana aveva optato per un abito nero, lungo fino sopra al ginocchio con uno scollo a barca e maniche corte. I capelli erano raccolti una coda particolare con le punte arricciate e il make up leggero: ovviamente erano entrambe frutto del lavoro del suo parrucchiere e truccatore, tanto bravo quanto gay.

Si ritrovò all’ingresso per dare il benvenuto agli ospiti al fianco di suo padre, vestito elegante in un abito nero: era uno uomo nei tardi quaranta, alto e affascinante con capelli neri e occhi verdi. 

I primi ad arrivare furono niente di meno che Tamaki accompagnato da suo padre, seguito dai gemelli assieme alla madre e da un uomo intorno ai cinquanta con capelli ed occhi neri, accompagnato da tre figure maschili.

 

«Ootori-san, sono contento di vedere che è riuscito a venire» disse Thomas, il padre di Rossana in perfetto Giapponese «e questi sono i suoi tre figli?».

 

« È un piacere fare la sua conoscenza. Questi sono Yuuchi, il mio figlio maggiore, Akito il secondo genito e Kyoya il terzo» spiegò il padre presentando i figli che si inchinarono ai due padroni di casa in segno di rispetto.

 

Una volta che tutti si furono accomodati, iniziarono a cenare.

 

 

 

Nda: Benvenuto a chi è arrivato alla fine! Sono nuova del fandom quindi abbiate pietà di me. Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e vi invogli a continuare nella lettura dei prossimi. Penso di aggiornare con cadenza regolare, in base ai miei impegni, poichè la storia è già conclusa. Ovviamente in base al gradimento della stessa. Se non piace a nessuno non impesterò di certo il fandom!

Attendo le vostre recensioni

 

Elena

 

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Capitolo 2
*** Capitolo II ***


 

Capitolo II


Dopo cena gli adulti si riunirono nel grande ufficio del padre di Rossana al secondo piano, mentre gli adolescenti si accomodarono in salotto con una tazza di caffè.

Tamaki come al solito era incuriosito da tutto ciò che lo circondava, in particolare dalle foto poste su uno dei mobili: la maggior parte erano di Rossana durante concerti o video musicali.


«Ma Rossana-chan come mai hai gli occhi di colore diverso nelle foto?».

 

«Lenti a contatto verdi. Il mio manager dice che con i capelli rossi stanno meglio che i miei castani» disse, alzando gli occhi al cielo per la stupidità del suo manager.

 

«È una cosa..» disse Hikaru.

 

«…Stupida» concluse Kaoru.

 

«Lo so, ma devo seguire quello che decide il mio manager…la maggior parte delle volte…» rispose la ragazza, prendendo un sorso di caffè.

 

«Ho sentito che terrai un concerto qui a Tokyo» esordì Kyoya, sistemandosi gli occhiali sul naso.

 

« Sì, tra due settimane, in uno dei grandi Hotel in centro. Non sarà il mio solito concerto pieno di fan, quindi sarà meno faticoso prepararlo, fortunatamente» spiegò la ragazza «in qualunque caso, penso che mio padre inviterà le vostre famiglie e voi di conseguenza».

 

Intanto nell’ufficio di Thomas Crowe si parlava di affari: prima tra tutti c’era la questione della stilista. La madre dei due gemelli sapeva che ingaggiare Rossana e far si che lei indossasse le sue creazioni sarebbe stata una grossa spinta per i suoi già proliferanti affari.

La ragazza era famosa e anche molto carina: aveva un fisico europeo, diverso da quello delle ragazze giapponesi e uno stile particolare.

Aveva studiato i suoi precedenti lavori, dai concerti ai video, e sapeva esattamente cosa creare per lei: sarebbe stata divina nelle sue creazioni.

Il preside dell’Ouran, invece, spingeva per la borsa di studio che la famiglia Crowe voleva offrire all’accademia: l’unico che sembrava un pesce fuor d’acqua era Yoshio Ootori.

Essendo la sua famiglia nel campo della medicina non sembrava avere niente in comune con la famiglia Crowe, ma sia lui che Thomas sapevano perché si trovavano lì.

Gli ospiti si ritirarono nelle loro case verso le undici di sera e appena furono usciti, Rossana si tolse le scarpe e mentre saliva in camera anche il vestito fu sfilato: era abituata a vestiti molto più comodi ed era anche quello il motivo per cui non avrebbe indossato quell’oscena divisa dell’accademia; non solo la faceva sembrare un’idiota bambola di porcellana, ma il colore faceva violentemente a pugni con i suoi capelli. Avrebbe indossato una divisa alternativa, composta da una camicia bianca con un foulard usato a mo’ di cravatta e gonna nera. Sarebbe stata fin troppo visibile in mezzo la folla, ma meglio che sembrare una sorta di semaforo a metà.

Mancavano due giorni a lunedì ed iniziava a sentire la tensione: sapeva che la sua presenza all’Ouran avrebbe portato scompiglio, almeno nei primi giorni.

 

*


Il lunedì tanto temuto da Rossana arrivò fin troppo in fretta: si ritrovò davanti ai cancelli dall’Accademia Ouran, pronta ad iniziare una nuova carriera scolastica che, lo sapeva, si sarebbe rivelata fin troppo dura.

Non conosceva nulla di Giapponese ed il preside le aveva affiancato un tutor del suo stesso anno, ma non ne conosceva ancora il nome.

Camminò lentamente verso l’ingresso, sentendo su di se gli occhi dei presenti: ovviamente sapevano chi era, ma il preside si era raccomandato di lasciarla in pace. Era una star, ma non si trovava in quella scuola per essere aggredita in continuazione dai fan.

I ragazzi la fissavano con insistenza e lei si chiedeva quanti di loro avessero un suo poster attaccato al muro: le venne da sorridere al pensiero, quando qualcuno la affiancò.

Sentì dei profondi sospiri e qualche gridolino eccitato quando Tamaki la salutò con il suo solito modo da provolone, come lo aveva chiamato: era ovvio che il biondo host avesse una stuoia di fan ai suoi piedi e come lui anche i suoi amici.

La accompagnò gentilmente in classe dove il professore la presentò ai suoi compagni, chiedendo loro di non stressarla con domande o assurde richieste: era lì per studiare come loro, dopo tutto.

La fece accomodare nel posto dietro Kyoya Ootori, seduto a destra di Tamaki che si voltò verso di lei, sorridendole a trentadue denti: non poté fare a meno di ricambiare il sorriso del mezzo francese, rendendosi conto che tutti li osservavano.

Una volta che il professore iniziò a spiegare, per fortuna in inglese dato che tutti lo conoscevano molto bene essendo figli di magnati, Rossana sentì il panico prendere il sopravvento: era arrivata ad anno scolastico iniziato da molto tempo, dato che le scuole in Giappone iniziavano ad Aprile e non capiva assolutamente nulla di ciò che il professore di Matematica diceva.

Alla fine della lezione, durante il cambio di aula, Tamaki le si affiancò, vedendo che dopo una sola ora la ragazza era già abbattuta.


«Cosa c’è che non va, Rossana-chan?».

 

« Non ho capito nulla di quello che il professore spiegava… tuo padre mi ha assicurato che mi avrebbe affidato un tutor, ma non ho idea di chi sia…».

 

«Mi pare ovvio che sia io» rispose una voce fredda alle loro spalle, rivelandosi essere quella di Kyoya «dopo tutto sono sempre primo nelle graduatorie del terzo anno».

 

«E anche il primo in fatto di modestia, Kyoya-san» gli rispose Rossana, sorridendogli divertita.

 

«La modestia non è una caratteristica di noi Ootori. Fatti trovare alla fine delle lezioni in biblioteca. Non tardare o me ne andrò» le ordinò, sorpassando i due compagni di classe, mentre Tamaki sospirava.

 

«Sei sia fortunata che sfortunata ad averlo come tutor: è molto intelligente e saprà aiutarti, ma il suo carattere è un po’ particolare» le spiegò Tamaki.

 

«Intendi dire che è uno stronzo frigido?» rispose Rossana fuori dai denti, prima di coprirsi la bocca con la mano.

 

«In termini volgari, direi di sì» le rispose Tamaki, stupito e leggermente arrossito per l’uscita della ragazza: non sapeva perché, ma era certo che Rossana fosse tutt’altro che spaventata dal Lord dell’ombra e non si preoccupava di nasconderlo.

 

Kyoya aspettò l’arrivo della “star” in biblioteca leggendo un libro di medicina: quando la ragazza varcò le soglie della sala, la maggior parte dei presenti iniziò a mormorare, fissandola.

Kyoya decise di capire il perché una ragazza ordinaria potesse attirare così tante attenzioni: le diede una lunga occhiata registrando le differenze che il fisico europeo aveva con quello giapponese.

Aveva i fianchi più abbondanti, così come altre forme del corpo sulle quali preferì non soffermarsi, donde evitare di passare da maniaco: il viso era più affilato di quello a cui era abituato, poiché la maggior parte delle ospiti dell’Host club avevano visi tondi. Gli occhi erano grandi e castani, mentre i capelli, il suo tratto distintivo, erano di un rosso acceso, soprattutto quando il sole proveniente dalle vetrate della biblioteca li colpiva.

Era una ragazza guardabile, per dirla in termini “Tamakeschi” era carina, nulla da dire, ma non aveva nulla di così speciale che spiegasse a Kyoya il perché di tutto quell’interesse nei suoi confronti. Avrebbe indagato sulla sua vita e sulla sua carriera così da scindere ogni dubbio, anche se era certo di una cosa: quella ragazzina era evidentemente sopravvalutata.

Rossana prese posto di fronte a colui che sarebbe stato il suo tutor, sospirando:


«Ma non hanno nulla di meglio da fare che star qui e fissarmi?» chiese retoricamente la ragazza, vedendo che Kyoya ghignava e si sistemava gli occhiali.

 

«Non hai mai pensato di farti stringere gli occhiali almeno la smetti continuare a sistemarli?».

 

«Non siamo qui per parlare dei miei occhiali, ma delle tue evidenti lacune in materie accademiche» le disse freddo e scostante « Dovremo lavorare duramente, a quanto vedo dai tuoi voti».

 

«Sono parecchio impegnata».

 

«Anche io, ma i miei voti sono eccellenti».

 

«Questo perché sei un nerd senza vita sociale».

 

«Faccio parte di un host club, ho una vita sociale».

 

«Chiamala così, se vuoi, ma a me non sembra sia tale. Dopo tutto non credo che tu e il tuo gruppo di maniaci usciate spesso insieme…».

 

«Non ne abbiamo il tempo. Facciamo tutti parte di famiglie facoltose ed oltre alla scuola abbiamo altri compiti a cui adempiere» le rispose Kyoya, iniziando ad irritarsi.

 

La ragazza capì al volo che era meglio non farlo arrabbiare così prese la sua borsa e ne tirò fuori alcuni pezzi di carta.

 

«Sono i biglietti per il concerto di cui vi ho parlato. Uno per ogni membro dell’Host Club, Haruhi-chan inclusa. Spero che troviate il tempo di venire, sarebbe un piacere» gli disse sorridendogli ironica.

Kyoya prese i biglietti dalla mano di Rossana e le sorrise di rimando, in modo tutt’altro che carino.

 

«Dovrei perdermi una serata per venire a vederti cantare e ballare su un palco?».

 

«Ovviamente se preferisci stare a casa e vederti un anime hentai, capirò».

 

«Sei particolarmente fastidiosa».

 

«Mai quanto te, my dear» gli rispose, capendo che tra di loro sarebbe stata guerra aperta.

 

Per due settimane Rossana venne trascinata da Kyoya in una biblioteca poco frequentata dove le insegnava Giapponese, Matematica e qualcosa di informatica.

Quando la ragazza sbagliava aveva preso l’abitudine di colpirla in testa con un foglio di carta piegato più volte: un harisen, insomma.

 

«Piantala di colpirmi con quel coso! Diventerò stupida!».

 

«Non vorrei deluderti, ma lo sei già! Te l’ho ripetuto migliaia di volte che quel suffisso viene usato per gli animali!».

 

«Quindi davvero non posso chiamarti Kyoya-pon? Suona così bene…» rispose la ragazza, divertendosi a farlo arrabbiare.

 

«Prova a chiamarmi in quel modo e troverò il modo per eliminarti e farti sparire senza lasciare traccia» le rispose, guardandola male.

 

«Oh come sei tragico! Tamaki-kun e Honey-senpai sarebbero felici di essere chiamati così».

 

«Questo è vero perché il primo è un idiota, mentre il secondo si sentirebbe più simile al suo Usa-chan se lo chiamassi così».

 

«No, sono semplicemente più simpatici di te».

 

«Non ho mai voluto risultarti simpatico».

 

«Non ne saresti comunque in grado, né con me né con nessun altro sulla faccia della terra».

 

«Le mie clienti all’Host Club la pensano diversamente, mi pare».

 

«Questo perché hai un bel faccino e un bel culo» si lasciò scappare Rossana, troppo presa dal battibecco per accorgersi del suo sproloquiare. Non le piaceva per niente il sorrisetto soddisfatto sulle labbra di Kyoya, né il suo sguardo penetrante.

 

«Ah quindi è questo che in realtà pensi di me?».

 

«No, cioè sì. È appurato che tu non sia brutto e che in alcune parti tu sia ben messo, ma diciamo che ti descriverei più con un frigido bastardo, se mi permetti» gli rispose, senza però far spegnere il sorrisetto sulle labbra dell’Ootori.

 

«Ti do un mese» le disse.

 

«Un mese per cosa, scusa?».

 

«Per innamorarti di me» concluse il discorso Kyoya prima di prendere il suo portatile e uscire, sentendo che la ragazza gli rispondeva male con una frase che suonava tipo: “ Neanche morta, frigido bastardo”.

 

*

 

Le due settimane che dividevano Rossana dal suo concerto erano quasi passate: mancavano due giorni e doveva avvisare Kyoya che non avrebbe presenziato alle sue lezioni di recupero.

Decise quindi di andare a pescarlo direttamente all’Host Club, luogo dove si trovava prima di iniziare la continua tortura nei suoi confronti: era innegabile che l’avesse aiutata molto con gli studi e che fosse un ottimo insegnante, ma il suo carattere eclissava tutti gli aspetti positivi che il ragazzo poteva avere. Dal suo aspetto, decisamente piacevole, al suo intelletto.

Quando la ragazza aprì la porta dell’Host Club le sue orecchie furono invase da un chiacchiericcio divertito e dalla voce di Tamaki che parlava di principi e principesse. Guardando all’interno vide tutti i membri dell’Host Club impegnati con un gruppo di studentesse: i gemelli usavano la tattica dell’amore proibito tra fratelli, causando qualche svenimento, Honey-senpai usava la sua innata tenerezza, Mori-senpai il suo “figo” silenzio, Haruhi la sua spontaneità e Tamaki la sua idiozia, ovviamente.

L’unico che se ne stava in silenzio e continuava a scrivere al suo portatile, mentre le ospiti spasimavano per uno sguardo e gridavano eccitate quando il ragazzo alzava gli occhi su di loro, era Kyoya. Quando si accorse che a varcare la soglia era Rossana, si alzò, con il solito ghigno divertito.

 

«Sei per caso venuta a dirmi che ho vinto la scommessa?».

 

«Neanche per sogno. Ti sono venuta ad avvisare: né oggi né domani potrai divertirti a torturarmi, dato che ho un concerto da preparare».

 

«Questa cosa mi disturba, dato che ho tenuto i pomeriggi liberi per farti entrare qualcosa in quella zucca vuota».

 

«Non è un problema mia, frigido-kun» gli rispose, mentre il resto degli astanti rimaneva in silenzio, intenti a guardare i due battibeccare.

 

«Vedrò di trovare il modo di farmi ripagare per l’inutile perdita di tempo che mi hai causato» disse infine l’Ootori, vedendo che Rossana sbuffava spazientita e salutava tutto gli altri con un sorriso.

 

«Sana-chan, sono contento di vederti!» la salutò Honey-senpai «la torta che mi hai portato l’altro giorno in classe era buonissima! Anche Usa-chan l’ha apprezzata! Grazie!».

 

« Non c’è di che Honey-pon» gli rispose la ragazza, prima di venir stritolata da colui che, a tutti gli effetti, era un suo senpai. Mori si limitò a ringraziarla con un cenno della testa e Kyoya, oltremodo divertito, non poté notare che la ragazza diventava inspiegabilmente rossa di fronte al suo compagno di club e si limitava a rispondere al gesto senza commenti acidi.

Anche il resto degli Host la salutarono ringraziandola per i biglietti del concerto ed assicurando la loro presenza all’evento.

 

«L’unico che non verrà è Kyoya-senpai» disse Haruhi, vedendo che il ragazzo si sistemava di nuovo gli occhiali sul naso e ghignava.

 

«Penso di aver cambiato idea. Verrò con voi» disse il Lord dell’ombra venendo assalito da Tamaki oltremodo felice di avere il suo migliore amico con sé.

Rossana salutò tutti e scappò via come un fulmine: Honey-senpai e suo cugino la guardarono sfrecciare verso un’automobile nera.

 

«Sana-chan è kawaii» disse Honey, mentre fiorellini rosa lo circondavano.

 

«Mh» fu l’unica risposta di Mori.

 

 

 

 

 

Nda: Buongiorno e Buona Domenica! Oggi è giorno di votazioni, ma qui nevica e quindi dovrò rimandare a domani e ne ho approfittato per aggiornare. Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e vi spinga a recensire. È apprezzato qualsiasi tipo di recensione, purchè sia costruittiva e non distruttiva. Ringrazio chi ha recensito il capitolo precedente e coloro che hanno messo la mia storiella nei preferiti/seguiti.
Grazie infinite.

Elena 
 

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Capitolo 3
*** Capitolo III ***


Capitolo III

 


La sera dell’atteso concerto di Rossana arrivò e trovò tutto l’Host Club, in compagnia di alcune delle loro ospiti abituali, invitate dal padre di Rossana, in attesa di entrare.

Si ritrovarono in un grande teatro scoprendo che i loro posti erano nel punto migliore: in alto e vicino al palco.

Su ogni posto vi era la scaletta delle canzoni e Haruhi fu felice di vedere che la prima era la sua preferita anche se non capiva il perché: parlava di amore e lei nemmeno sapeva cosa fosse quel sentimento.

Anche se si era resa conto che appena la parola “amore” le balenava in testa, il primo che vedeva nei suoi pensieri era Tamaki-senpai.

Il gruppo vide le luci abbassarsi e appena Rossana fece il suo ingresso il teatro si riempì di applausi e grida di apprezzamento per la ragazza.

Indossava una leggera canottiera bianca e un paio di aderenti calzoni neri, lunghi fino al ginocchio. I capelli erano legati in una semplice coda di cavallo arricciata sulle punte e, nonostante non fossero vicinissimi, capirono che il trucco indossato era poco.

Alle spalle della ragazza apparve uno schermo bianco e pochi secondi dopo l’immagine del suo viso in primo piano.

 

«Sana-chan è così carinaaa!» disse Honey-senpai trovando i suoi compagni in accordo con le sue parole.

 

«Ma voi avevate capito…» iniziò Kaoru

 

«…che aveva quel davanzale?» completò Hikaru, prendendosi una gomitata da Haruhi.

L’unico che evitò di commentare fu Kyoya, troppo preso a prendere appunti su punti deboli di quella ragazza impertinente: nessuno lo chiamava frigido bastardo o gli dava buca senza subirne le conseguenze.

Aveva appurato che, nonostante non collimasse con i suoi gusti in fatto di ragazze, fisicamente era sufficiente: doveva solo scannerizzare il concerto e capire dove peccava e si sarebbe vendicato per il suo atteggiamento nei confronti di un Ootori che era, ovviamente, un gradino o due più su di lei nella scala sociale.

 

«Kyoya» lo chiamò la bassa e grave voce di Mori «lascia perdere. Non troverai così facilmente le sue debolezze. E non vedo perché tu debba vendicarti».

 

« Grazie per l’avviso, ma è ora che qualcuno insegni a quella cantante da quattro soldi come gira il mondo» rispose l’altro: aveva osato farlo infuriare e avrebbe pagato le conseguenze.

Tutti abbiamo delle debolezze e presto avrebbe scoperto la sua.

Il concerto durò un paio d’ore complessivamente: i ragazzi erano rimasti impressionati dalla capacità di Rossana di stare sul palco e anche dalla sua resistenza fisica.

Aveva cantato, ballato e fatto divertire tutti: persino il Lord dell’ombra l’aveva trovata piacevole da sentire, anche se il fatto di non averne scovato ancora le debolezze lo faceva irritare.

Incontrarono la ragazza nel backstage su suo diretto invito e la trovarono con i capelli bagnati e una tuta indosso.

 

«Vederti conciata così, ha cancellato tutta la magia del concerto» le disse Hikaru.

 

«Prova a cantare e ballare tu per due ore consecutive e poi mi dirai» gli rispose la ragazza, a bassa voce.

 

«Perché sussurri?» le chiese Haruhi.

 

«Dopo un concerto la gola brucia da far schifo» le rispose la rossa, bevendo acqua fresca direttamente dalla bottiglia.

 

Kyoya entrò nel camerino per ultimo e fu in quel momento che vide la sua debolezza: quando Mori le porse un mazzo di fiori che lui e suo cugino avevano comprato per l’occasione, la ragazza arrossì fino alla punta dei capelli e per la prima volta dopo due settimane di conoscenza, la vide restare senza parole

Era ovvio che avesse una cotta per Mori-senpai e il Lord dell’ombra l’avrebbe usata a suo favore.

 

La mattina del lunedì successivo al concerto, Rossana camminava per i corridoi scolastici con il naso infilato in un giornale per leggere le opinioni sul suo concerto: a parte qualche critica per non aver cantato nulla in Giapponese, nonostante le sue origini, e qualche cattiveria sul suo abbigliamento, troppo sciatto per alcuni, si riteneva soddisfatta. Sembrava fossero tutti più o meno appagati del suo lavoro, suo padre compreso e non poteva che esserne felice.

Non guardando dove metteva i piedi andò a sbattere contro l’ultima persona che voleva incontrare quella mattina: Ootori Kyoya la guardava male dall’alto del suo metro e ottanta.

«Puoi guardare dove vai?» le disse irritato.

 

«Fatica ad alzarsi presto eh?».

 

«Fatica  a tenere chiusa la bocca, eh? Non avevi mal di gola?».

 

«Dopo due giorni torna tutto normale. Come sei carino a chiedermi come sto..» gli disse, prendendolo palesemente in giro, mentre, senza accorgersene, camminavano uno a fianco dell’altra verso la classe di Giapponese.

 

«Sappi che oggi non ti permetterò di saltare altre lezioni. Alle quattro, solito posto».

 

«Ah già che prima devi andare a fare il provolone all’Host Club…magari ci faccio un salto anche io…».

 

«Così puoi vedere Mori?» le chiese Kyoya, sussurrandole nell’orecchio.

 

«Cosa intendi dire?» gli chiese lei, con sguardo incuriosito.

 

«So che hai una cotta per lui…».

 

«Ehi, Kyoya-san…ma tu non dovresti essere quello intelligente? Non ho una cotta per Mori-senpai…mi mette in soggezione con la sua altezza e il suo silenzio serioso» gli disse «non è per niente il mio tipo, sinceramente» confessò la ragazza, mentre Kyoya malediva se stesso per aver sbagliato. Era convinto che la ragazza gli dicesse la verità. Non la conosceva bene, ma sapeva una cosa di lei: era, come Tamaki, totalmente incapace di mentire a meno che la situazione non lo richiedesse.

*

Alla fine delle lezioni, nell’aula di musica dove si teneva l’Host club Kyoya vide entrare Rossana la quale si accomodò, senza nemmeno chiedere il permesso, direttamente di fronte a lui.

 

«Ehi non hai detto nulla sul concerto».

 

«Non male» le rispose il ragazzo, senza guardarla.

 

«Mph. Sei la persona più fredda che io abbia mai incontrato» disse Rossana, prima di alzarsi, evidentemente arrabbiata per il commento stringato del ragazzo, e dirigersi verso gli altri Host che, a differenza del frigido, come lo chiamava, si complimentarono per lo show e la ringraziarono per i biglietti.

Fu Tamaki a chiederle di cantare per loro e le ospiti, le quali squittirono felici di vedere il Lord al piano: Rossana gli sorrise sedendosi alla destra del biondo davanti al piano e quando questi iniziò a suonare, capì al volo quale fosse la canzone.

Era sinceramente stupita nel comprendere che il biondo Host avesse imparato a suonarla così in fretta.

Quando la voce di Rossana iniziò ad echeggiare tra le mura di quella che era a tutti gli effetti un’aula di musica, persino Kyoya chiuse il computer, si tolse gli occhiali, massaggiandosi le tempie e chiudendo gli occhi: non lo avrebbe mai ammesso di fronte a lei né ai suoi amici, ma la voce di Rossana era straordinaria.

 

*

Camminavano uno di fianco all’altra verso la solita biblioteca, quando una voce maschile chiamò Rossana a gran voce: la ragazza si voltò, sorridendo radiosa quando vide a chi apparteneva.

Kaito Shinozuka era un vecchio amico di famiglia e avevano tenuto i contatti tramite computer: quando lo aveva informato del suo arrivo in Giappone le aveva assicurato che sarebbe sicuramente passato a salutarla.

Non aveva nemmeno dovuto fare fatica per trovarlo: aveva saputo che frequentava il terzo anno all’accademia Ouran e si erano incontrati parecchie volte nei corridoi salutandosi e scambiando qualche chiacchiera. Era un ragazzo sufficientemente alto, con occhi neri e capelli castano scuro.

 

«Rossana-chan! Sono felice di averti incontrato! Questa sera la mia famiglia ed io verremo a cena da te!».

 

«Oh fantastico! Non vedo l’ora di rivedere tua madre! È una donna così gentile!» rispose Rossana, dimentica di essere in tutt’altro che piacevole compagnia. Solo un colpo di tosse da parte di Kyoya ricordò lei della sua presenza.

 

«Ah Ootori-san! Vedo che continuate a farle da tutor! Mi dispiace… Questa ragazza è senza speranza!» disse il ragazzo, mentre Rossana lo colpiva con una gomitata alle costole «Ed è anche violenta ed acida» aggiunse, sorridendo e trascinandosi Rossana addosso, così da sfregarle dolorosamente in pugno sulla testa.

La ragazza protestò animatamente, venendo lasciata da Kaito, il quale sorrideva divertito: «Ti lascio andare a studiare, sempre se qualcosa riuscirà ad entrare in quella testa vuota! Ci vediamo questa sera, Sana-chan» le disse dandole un buffetto sulla guancia, prima di scappare dalla sua furia.

 

«Razza di cretino! Questa sera te la farò pagare» gli gridò dietro, sentendolo ridere.

 

«Sembrate parecchio in confidenza» le disse Kyoya, irritato dal fatto che sia lei che quel ragazzo si fossero dimenticati completamente di lui.

 

«Ci conosciamo praticamente da quando ho memoria. La sua famiglia costruisce strumenti ed altre apparecchiature per il campo musicale e quindi mio padre ed il suo sono in affari da molto tempo» spiegò Rossana «Peccato che lui sia un completo idiota e mi tratti ancora come la bambina dai capelli corti che giocava con lui a nascondino».

 

«Capelli corti?».

 

«Sì, quando ero piccola era un maschiaccio. Mio padre non pensava sarei mai stata in grado di sembrare una ragazza fino a quando non mi sono cresciute le tette».

 

«Non dovresti parlare di certe cose con un ragazzo».

 

«Non vedo nessun ragazzo nei paraggi» lo prese in giro Rossana, ghignando, prima di accorgersi che lo sguardo di Kyoya era involontariamente scivolato verso il suo petto.

 

«Ehi! Piantala di fissarmi lì» gli disse dandogli una pacca sul braccio.

 

«Stavo semplicemente constatando se ciò che dicevi fosse vero» le rispose, sistemandosi gli occhiali sul naso.

 

«Potevi evitare di farlo così platealmente! Anche io mi sento in imbarazzo, sai? Sono una persona normale».

 

«Mi chiedo se sia davvero così…» borbottò Kyoya, ordinando di sedersi e chiudere la bocca: non aveva altro tempo da perdere.

Rimasero in biblioteca fino alle sei: due ore in cui Kyoya le aveva spiegato parte del programma che si era persa, rimanendo stupito dal fatto che Rossana capisse quasi tutto.

 

«Sembravi molto più stupida».

 

«Sembravi molto più gentile guardandoti con le tue clienti. Sei così acido e frigido solo con me o con tutti?».

 

«Diciamo che tiri fuori il peggio di me».

 

«Oh, vuol dire che sono diversa da tutte quelle che conosci» gli disse, alzandosi poggiando le mani sul tavolo e piegandosi verso di lui fino a trovarsi a pochi centimetri dai suoi occhiali «Sai cosa ti dico? Tu credi che sarò io a innamorarmi di te, ma scommetto che sarà il contrario».

«Cosa vuoi scommettere?» le chiese, sicuro che non sarebbe mai caduto per una del genere.


«Se vinco io tu la smetterai di trattarmi come una deficiente e mi farai da schiavo personale per un mese».


«Se vinco io, invece, dovrai prima di tutto cambiare tutor e poi direi che potresti diventare la mia schiava per due mesi».


«Affare fatto!» disse la rossa, stringendo la mano del ragazzo per sigillare l’accordo.

Non sapevano che quella scommessa avrebbe portato solo guai.

 

 

 

Nda: Allora in questo capitolo non succede poi molto, anche se l'inizio della scommessa tra Rossana e Kyoya darà il via a una serie di eventi... Ringrazio nuovamente chi legge, recensisce e segue la mia storia... Spero di non aver deluso le aspettative di nessuno con questo capitolo di transizione!
Elena

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Capitolo 4
*** Capitolo IV ***


 

Capitolo IV

 

Era ormai la metà di novembre quando Rossana sentì una voce fanciullesca chiamarla: Honey-senpai correva verso di lei, mentre Takashi lo seguiva poco più indietro.

 

«Sana-chan! Il ventuno di questo mese è il compleanno di Kyo-chan!» la informò.

 

«E quindi?» chiese poco interessata.

 

«Tamaki vuole organizzare una festa per lui all’Host Club e vorrebbe che tu cantassi …» propose Honey con gli occhi a cucciolo.

 

«Mi stai chiedendo di cantare per Kyoya?» gli chiese la ragazza, mentre un ghigno poco raccomandabile faceva indietreggiare Honey-senpai, spaventato «D’accordo … Conferma a Tamaki che ci sarò» gli rispose prima di voltarsi e andarsene canticchiando.

 

«Sana-chan fa paura come Kyo-chan quando si sveglia» piagnucolò il piccoletto, mentre Takashi annuiva.

Quando Rossana entrò nella classe di Fisica, vide che Kyoya era circondato dalle ragazze della sua classe: stava dando loro delle buste di un delicato color crema che, come ovvio, sembravano parecchio costose.

La rossa si sedette al suo posto, dopo aver salutato tutti e prese a guardare fuori dalla finestra: sentendo i discorsi delle ragazze e dei ragazzi, capì che avevano appena ricevuto l’invito di Kyoya a presenziare alla festa di compleanno che si sarebbe tenuta a casa del ragazzo.

Vide l’Ootori avvicinarsi a lei e tenderle la busta.

«È un invito per tuo padre e per te, ovviamente» le disse, serio.

 

«Mh. D’accordo. Domani ti dirò se verremo» rispose la ragazza, afferrando la busta, mentre dei mormorii si alzavano nella classe: probabilmente nessuno diceva di no ad un invito di Kyoya Ootori, ma lei era diversa, ormai era appurato.

 

«Aspetterò la tua risposta» le disse Kyoya, con il solito ghigno, prima di sedersi. Era divertente avere a che fare con lei, dopo tutto: non sospirava per lui, non lo guardava con trasporto e non era mai d’accordo con lui, anzi.

Si divertiva a stuzzicarlo, a rispondergli male a farlo irritare: era una cosa a cui non era abituato, non con una ragazza. La maggior parte di quelle che conosceva avevano almeno una lieve cotta per lui e si divertiva con loro, facendogli credere di avere una minima possibilità. Invece Rossana non era interessata a lui e forse sarebbe riuscito ad avere un’amica senza doppi fini.

Durante il cambio dell’ora, una voce maschile fece voltare tutta la classe: Kaito, l’amico di Rossana, correva verso di lei sorridendo e facendo sospirare qualche ragazza.

Non faceva parte dell’Host Club, ma aveva comunque un bel po’ di seguito, poiché era un bel ragazzo.

Si avvicinò al gruppo di adoranti studentesse, ignorandole completamente, e ponendo la sua completa attenzione su Rossana che gli sorrideva.

«Neh, Sana-chan! Verrai alla festa di Ootori-san?» le chiese.

 

«Forse ... Perché lo chiedi?»

 

«Oh beh … » disse il ragazzo in imbarazzo, con una mano dietro la testa e guardando ovunque tranne che la ragazza davanti a lui «volevo chiederti se mi accompagnavi …».

Rossana, così come il resto degli astanti, rimasero di stucco. Solo Tamaki trovò una stupidata da dire anche in quella situazione.

 

«Oka-san … La nostra figlia maggiore ha ricevuto un invito» disse, rivolgendosi a Kyoya che si limitò a sospirare ed attendere la risposta della ragazza.

«D’accordo, Baka-senpai. Verrò con te alla festa» gli disse prima di essere afferrata dal ragazzo che, come sempre, le strusciò il pugno sulla testa prima di salutarla e correre via, evidentemente felice.

Le ragazze circondarono subito Rossana chiedendole come conoscesse Kaito-senpai e se c’era qualcosa tra di loro. Continuarono ad interrogarla fino all’ingresso dell’aula di Inglese: Kyoya si sedette al solito posto, vedendo che Rossana si accomodava alla sua destra e Tamaki alla sua sinistra.

La rossa aveva un sorriso ebete stampato sulle labbra, cosa che lo fece sbuffare.

 

«Che hai da sbuffare in continuazione? Sembri una locomotiva a vapore» gli disse Rossana, guardandolo di sbieco.

 

«Assolutamente nulla … Mi irritano gli urli e i sospiri rivolti a Kaito-san».

 

«Non sarai geloso della sua fama tra le ragazze anche se non fa parte dell’Host Club…».

Kyoya la guardò fissa e disse sottovoce: «Semplicemente lo vedo come un ostacolo per la mia vittoria nella nostra scommessa».

 

«Ah capisco! Se io dovessi interessarmi a Kaito, non avresti nessuna possibilità di farmi innamorare di te …» aggiunse la ragazza, sorridendo « Stai attento Kyoya-kun. Sembri quasi geloso di me» gli disse, prima di rivolgere la sua attenzione al professore che aveva appena varcato la soglia dell’aula.

 

La festa per Kyoya organizzata dall’Host Club non rimase un segreto per il ragazzo, il quale conosceva sufficientemente Tamaki da capire che gli nascondeva qualcosa. E così indagando un po’, aveva capito cosa stava succedendo: per il quieto vivere non avrebbe detto nulla e si sarebbe finto sorpreso.

Così il pomeriggio del ventuno novembre Kyoya varcò la soglia dell’Host Club fingendo di non sapere niente: peccato che quando aprì la porta ciò che vide lo fece seriamente rimanere a bocca spalancata.

Rossana, accompagnata da Tamaki al piano stava cantando “Happy Birthday” proprio a lui che, non poteva negarlo, sentì qualche brivido poco raccomandabile scendergli lungo la schiena.

Quando la ragazza finì la sua esibizione i suoi compagni di club e le ospiti presenti applaudirono: il ragazzo si avvicinò alla cantante e facendola suo malgrado arrossire le baciò il dorso della mano.

 

«È stato un bel gesto cantare per me».

 

«Non illuderti, l’ho fatto perché me lo hanno chiesto Honey e Tamaki» gli disse, sfilando la mano dalla sua: non le piaceva per niente lo sguardo divertito che aveva Kyoya mentre la fissava.

La rossa scese dal palco e si sedette vicino a Honey, il quale le porse una fetta di torta alle fragole.

 

«Grazie, è deliziosa» disse al ragazzo che le sorrise radioso prima di addentare la quinta fetta del pomeriggio.

Rossana sentì poi dei sussurri concitati alle sue spalle: due sue compagne di classe, clienti abituali dell’Host Club, stavano parlottando su qualcosa che riguardava Kyoya.

 

«Ho sentito che questa sera, alla festa ufficiale per il suo compleanno, potremo vedere la sua fidanzata …» disse Akane, l’unica ragazza bionda della sua classe, essendo per metà svedese.

 

«Dicono sia una snob, nostra coetanea e figlia di un ricco imprenditore nel campo medico» aggiunse Midori, classica giapponese.

 

« E anche che sia decisamente bella! È per metà francese proprio come Tamaki-kun» continuò sempre Akane.

Rossana ascoltava tutto attentamente: doveva assolutamente evitare che Kyoya passasse tutta la sera con la fidanzata o non avrebbe vinto la scommessa.

Voleva avere quel frigido come schiavo per un mese: niente e nessuno si doveva mettere in mezzo. Si alzò di scatto, scusandosi per la prematura dipartita e accampando una scusa.

Doveva assolutamente trovare qualcosa che attirasse l’attenzione del frigido Lord dell’ombra su di sé.

 

Kaito sarebbe passato a prenderla alle nove in punto, poiché da casa sua a quella di Kyoya c’era mezz’ora abbondante di strada da fare: quando il ragazzo vide la sua accompagnatrice scendere le scale arrossì di botto.

Indossava un vestito nero, corto sopra il ginocchio, con spalline larghe e una scollatura media che, unita all’incrocio sul petto, metteva in risalto le sue forme generose: era elegante e, Kaito doveva ammetterlo, sexy. Ai piedi calzava delle decolleté dal tacco medio, sempre nere e stingeva una pochette tra le mani.

I capelli erano in parte raccolti sulla sommità del capo e tenuti fermi da forcine con perle nere sulla punta, mentre il resto era sciolto e arricciato in elaborati boccoli. Il trucco era leggero, volto per lo più a valorizzarle gli occhi.

 

«Sei bellissima» le disse, porgendole una mazzo di fiori che la ragazza accettò e, dopo averlo ringraziato, li porse ad una delle cameriere affinché se ne prendesse cura.

 

«Andiamo, se tardiamo Ootori-san ci ucciderà con il suo gelo» le disse Kaito, facendola ridere.

Salirono sulla limousine del ragazzo e dopo venti minuti di viaggio –le strade erano libere - giunsero in vista della casa di Kyoya: era ovviamente molto grande e tutte le luci erano accese, mentre davanti all’ingresso principale, limousine e altre macchine costose si davano il cambio per far scendere i vari invitati: Rossana sapeva che erano molti, intorno ai trecento.

Quando arrivò il loro turno di scendere, Kaito uscì per primo, prima di porgerle la mano e aiutarla a scendere: quando coloro che erano in attesa videro Rossana così agghindata iniziarono a rumoreggiare.

Attesero con pazienza di poter entrare, riconoscendo tra la folla le capigliature fulve dei gemelli e la testa di Takashi che spuntava su tutti: fu proprio lui ad accorgersi dei due e con un lieve cenno a Hikaru glieli indicò.

Il gemello si fece largo avvicinandosi ai due e squadrando Rossana da capo a piedi:

 

«Davvero niente male, Sana-chan!» le disse, porgendole il braccio.

Così la ragazza si ritrovò ad avere due cavalieri quando arrivarono all’ingresso principale, dove ad attenderli vi era la famiglia Ootori al completo.

I tre si inchinarono formalmente, ringraziando i padroni di casa per l’invito e augurando un buon compleanno al festeggiato che, facendolo di proposito, non degnava Rossana del minimo sguardo: peccato che la ragazza sapesse del suo “piano” di ignorarla e fingeva di non essersene accorta, chiacchierando amabilmente con Kaoru e Haruhi che li avevano raggiunti; quella sera la ragazza era vestita come tale, per fortuna.

Indossava un bel vestitino bianco, senza pretese, e i capelli erano lunghi, forse grazie alle extentions o ad una parrucca: Rossana sapeva che erano stati sicuramente i gemelli a costringerla in quell’abito, ma ne era felice.

Haruhi era davvero carina e Tamaki, da bravo idiota qual era, non riusciva nemmeno a guardarla senza arrossire.

Rossana alzò per un attimo lo sguardo verso i tre fratelli Ootori scoprendo, suo malgrado, che aveva sì attirato l’attenzione, ma di quello sbagliato. Infatti era Akito, il secondogenito, quello che la fissava senza ritegno, facendole distogliere lo sguardo il quale si spostò verso Kyoya che chiacchierava con una bella ragazza dal vestito verde scuro: era sicuramente la sorella maggiore del frigido, Fuyumi.

La ragazza si accorse solo in quel momento che Kyoya non indossava gli occhiali e che, inutile negarlo altrimenti sarebbe stata ipocrita, stava decisamente bene vestito elegante: l’abito, di pregiata fattura, gli calzava a pennello, mettendo in mostra ciò che madre natura aveva donato al ragazzo.

È inutile che lo neghi a te stessa: è un figo! Ammettilo!

Le disse una vocina nella sua testa alla quale non poté che dare ragione, prima di rendersi conto che sentire voci era primo sintomo di schizofrenia.

Quando sorpassarono i padroni di casa, sentì distintamente Kyoya dirle, mentre ghignava: “Niente male, ma ho visto di meglio”.

*

 

La serata fu molto divertente e Rossana la passò in compagnia del gruppo dell’Host Club, con l’aggiunta di Kaito e l’assenza di Kyoya.

Sia lei che Haruhi erano curiose di vedere la futura moglie del Lord dell’ombra, ma ancora non ne avevano avuto occasione: l’unica che si era avvicinata a loro per salutare era stata Fuyumi.

Era una ragazza simpatica e molto più alla mano dei suoi fratelli.

 

«Crowe-san, siete davvero bella questa sera. Le foto che ho visto non vi rendono merito».

 

«Grazie Fuyumi-sama, ma puoi chiamarmi semplicemente Rossana».

 

«Oh allora tu lascia perdere quel sama! Mi fa sentire vecchia»

 

«Questo perché lo sei, Nee-chan» disse una voce maschile alle spalle di Fuyumi.

Insieme a Kyoya che aveva parlato, vi erano anche i due altri fratelli Ootori e una ragazza dai capelli castano-miele: indossava un vestito bianco panna, sotto il ginocchio, che evidenziava il suo fisico magro e proporzionato.

Non era molto alta, ma era innegabilmente bella: con occhi chiari, quasi trasparenti, la bocca piccola e piena e il naso all’insù, sembrava di trovarsi davanti una bambola.

«Vi presento Camille Kaori Bourgeois-Nakari, la mia futura fidanzata» disse Kyoya, mentre la ragazza si inchinava formalmente, gesto ricambiato da tutti i presenti.

Kyoya presentò anche i suoi amici, lasciando volutamente Rossana per ultima:

 

« Lei è Rossana Crowe. La sua famiglia opera nel campo musicale e lei fa parte del business».

 

«La conosco! In France è molto famosa» disse la ragazza con pesante accento francese e pronunciando in lingua il nome del suo paese.

 

«Onorata di sapere che mi conosce» disse Rossana, lanciando sguardi di fuoco a Kyoya: gliel’avrebbe pagata cara tutta quella strafottenza nei suoi confronti.

Mentre il gruppo parlava di affari e altre cose alquanto noiose per Rossana e Haruhi, l’orchestra cominciò a suonare un valtzer e Kyoya, inchinandosi verso la sua fidanzata le chiese di ballare.

Kaito invece proprio mentre si voltava per chiedere a Rossana di ballare se la vide fregare sotto gli occhi dal fratello maggiore di Kyoya: il ragazzo aveva notato che Akito, o come diavolo si chiamava, non aveva tolto gli occhi di dosso a Rossana dall’inizio della serata, ma non poteva dimostrarsi maleducato nei suoi confronti.

Dopo tutto gli Ootori erano davvero potenti e quindi non poté fare a meno di stare a guardare Rossana ballare con un altro. L’unica cosa che gli fece piacere constatare fu lo sguardo di puro ghiaccio che Kyoya lanciò alla coppia: evidentemente non era di suo gradimento vedere Akito ballare con Rossana.

 

«Ho visto i tuoi ultimi lavori, Rossana-chan e devo dire che migliori sempre di più» le disse il ragazzo, il quale l’aveva accompagnata al buffet per prendere qualcosa da bere.

 

«Ti ringrazio Akito-san..» rispose lei, mentre si guardava in giro per ritrovare il suo gruppo.

 

«Stai cercando qualcuno?» le chiese l’Ootori.

 

«A dir la verità sono venuta accompagnata da Kaito, il ragazzo con i capelli castani, e penso si sia offeso …» spiegò la ragazza, guardando senza timore Akito negli occhi: suo padre l’aveva avvisata, dopo tutto.

“Mai mostrarsi deboli di fronte ad un Ootori e non perdere mai la pazienza anche se saranno maleducati o freddi con te” le aveva detto quella sera stessa, mentre si acconciava i capelli.

E sapeva bene quanto suo padre avesse ragione: Akito le si era avvicinato con l’intento di scoprire qualcosa in più su di lei e la sua famiglia, non aveva dubbi.

 

«Potrei farti una richiesta azzardata?» le chiese il ragazzo, sorridendo del suo sguardo interrogativo «Devi sapere che la futura moglie di mio fratello adora ascoltare le cantanti dal vivo e sarebbe un bel regalo per entrambi se cantassi qualcosa per loro. Qualcosa di lento da permettergli di ballare insieme» le disse, ghignando divertito: sapeva per certo che tra quella ragazza e suo fratello minore c’era qualche strana connessione e voleva divertirsi nel vedere la situazione evolvere; era sicuro che la rossa avrebbe fatto una scenata di gelosia, sapendo che aveva un carattere ribelle e sanguigno, ma invece sorrise in modo diplomatico e dopo aver appoggiato il bicchiere con un analcolico, si inchinò:

 

«Sarei felice di assecondare la vostra richiesta, Akito-san».

La vide camminare in mezzo alla folla che, inutile dirlo, la guardava, soprattutto i ragazzi: si avvicinò ad Ootori Senior, parlandogli della richiesta di suo figlio Akito e ricevendo il consenso da parte del padrone di casa.

La ragazza salì sul palco dove vi era l’orchestra, notando che alcuni dei musicisti le sorridevano, prese il microfono, attirando su di sé le attenzione di tutti:

 

«Su cortese richiesta di Akito Ootori-san, cantero una canzone in omaggio all’ospite d’onore della serata: Camille Kaori Bourgeois Nakari-san» spiegò la ragazza, vedendo che la bionda sorrideva estasiata, mentre Kyoya si riservava di lanciare occhiate di puro gelo sia a suo fratello sia alla cantante sul palco.

La rossa si rivolse poi alla ragazza a cui era dovuta la canzone, chiedendole se c’era una canzone in particolare che voleva sentire.

Dopo che Camille aveva scelto, Rossana chiese all’orchestra se la conoscessero, ricevendo dei segni di consenso da parte dei musicisti.

 

«Hai scelto una canzone complicata, Camille-san» le disse Akito.

 

« Lo so» sussurrò la ragazza, divertita dal pensare di aver messo in difficoltà la cantante.

Peccato che Kaito sentì i loro discorsi e si mise a ridere, attirando su di sé le attenzioni dei due:

 

«Pensate davvero di averla messa in difficoltà? Rossana ha iniziato prima a cantare e poi a parlare … Penso proprio che abbiate fatto male i conti» disse, vedendo che Kyoya ascoltava tutto.

 

«Non ha abbastanza voce per quella canzone» disse Akito.

 

«Non usare le proprie capacità non equivale a non averle. Rossana non ha usato la sua voce vera nelle canzoni che avete sentito, ma lo farà in questa…» spiegò il ragazzo, sorridendo alla ragazza sul palco che gli rispose con altrettanta felicità: era ora di chiudere la bocca a quei ricchi viziati che le vedevano come una ragazzina dalle poche capacità. Una meteora, insomma.

Quando Kyoya capì quale fosse la canzone, si accorse che non era una di quelle di Rossana: si avvicinò a Camille,la quale ammise innocentemente che era stata proprio la rossa a chiederle quale canzone volesse sentire.

Kyoya guardò verso il palco vedendo Rossana prendere un bel respiro: quando iniziò a cantare sulla base di “Turning Tables” di Adele, rimase, come il resto degli ospiti, a bocca aperta.

 

«Era di questo che parlavo … Questa è la voce di Rossana Crowe» disse Kaito, prima di sorridere «E i vostri musicisti lo sapevano bene» aggiunse vedendo che la maggior parte sorrideva.

Tamaki e gli altri guardavano stupiti Rossana: il biondo aveva le lacrime agli occhi e si voltò verso Haruhi la quale era completamente rapita da Rossana.

 

«Sana-chan è brava» disse Honey, mentre Takashi annuiva e Tamaki sorrideva contento: sapeva che Akito e Camille avevano fatto di tutto per metterla in difficoltà, ma quelli che erano rimasti fregati, alla fine, erano proprio loro.

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Capitolo 5
*** Capitolo V ***


Capitolo V

 

Quando Rossana, dopo tre canzoni, scese dal palco i presenti si avvicinarono per congratularsi: una volta libera, si avvicinò ad Akito e Camille, sorridente e tranquilla.

Lanciò poi loro uno sguardo tra il divertito, soddisfatto e di sfida, prima di dire, senza accorgersi che Kyoya la ascoltava poco distante:

 

«Spero abbiate imparato che sfidare un Crowe nel campo della musica non sia stata una buona idea. Il fatto che io non usi la mia voce non significa che mi manchi…e penso che questa sera sia stata da monito a chiunque credesse che la mia fama fosse dovuta solo al mio apparire» disse loro, prima di sorpassarli, lasciandoli in silenzio.

Camille però si voltò seguendola e obbligandola a voltarsi:

 

«Non ti permetterò di mettere le mani su Kyoya-kun. Il nostro fidanzamento è deciso da anni!».

 

«Non ho alcuna intenzione di soffiarti Kyoya… non è nei miei interessi avere a che fare con qualcuno di così freddo e scostante. Ti auguro buona fortuna, con lui, ne avrai bisogno» le disse Rossana prima di avvicinarsi al gruppo di Host.

Non sapeva che le sue parole erano state udite sia da Kyoya che dal padre di questi, il quale chiamò a rapporto i suoi quattro figli, Fuyumi compresa.

 

«Ho sentito che tu, Akito, e Camille-san avete cercato di mettere in imbarazzo Rossana Crowe. Peccato che non abbiate fatto ricerche più accurate su di lei, altrimenti avreste visto il suo concerto a Las Vegas dove ha duettato proprio con Adele…non azzardatevi mai più a mettermi in imbarazzo in quel modo con i Crowe…hanno la seria intenzione di donare un’ingente somma per costruire un reparto di ricerca oncologica in ogni ospedale sotto il nostro controllo, quindi state attenti. Soprattutto tu Kyoya, non mi pare abbia una buona opinione su di te».

 

«Rimedierò, Otosan» disse il ragazzo, convinto al cento per cento che dal lunedì seguente Rossana non gli avrebbe rivolto la parola

Il presentimento di Kyoya divenne certezza il lunedì mattina quando, all’ingresso dell’accademia vide Rossana circondata dagli altri Host e da Kaito. Quando si avvicinò e salutò, si rese conto che la rossa faceva finta di non vederlo: doveva rimediare o suo padre lo avrebbe diseredato completamente.

Avrebbe rimediato al danno fatto da lui stesso e da suo fratello durante le ore in cui le faceva da tutor.

*

Finito di adempiere al suo lavoro da Host, si diresse come sempre verso la biblioteca trovando Rossana seduta al solito tavolo, solo che sedute vicine a lei c’erano Akane e Midori le quali stavano parlando della sera prima.

 

«Sono felice che tu l’abbia messa a tacere… era convinta di metterti in imbarazzo con quelle canzoni, ma quella a perderci è stata lei. Devo complimentarmi con te Rossana: la tua voce è a dir poco incredibile. Non sono mai stata una tua grande fan, lo ammetto, ma ora ti vedo sotto una prospettiva migliore» le stava dicendo Akane, facendola sorridere imbarazzata.

 

«Grazie mille, Akane-chan, sei molto gentile. E comunque non ho cantato per ridicolizzare né Nakaria-sama né Ootori Akito-sama…ho solo fatto del mio meglio come sempre, quando sono sul palco».

 

«E noi abbiamo apprezzato la tua performance. È stato davvero bello ascoltarti» le assicurò Midori, sorridendole.

 

Un colpo di tosse le fece voltare tutte e tre e, quando videro Kyoya, le due ragazze lo salutarono con un inchino prima di allontanarsi: sapevano che il ragazzo faceva da tutor a Rossana e non voleva essere disturbato mentre insegnava.

La rossa si limitò ad un cenno del capo prima di voltarsi e attendere che l’altro si sedesse di fronte a lei: aprì il libro di matematica sui logaritmi e vide Kyoya fare lo stesso.

Il ragazzo iniziò poi a spiegarle le regole base per risolvere i logaritmi più semplici per poi passare a quelli di livello superiore: alla fine delle due ore di studio Rossana aveva capito come risolvere quasi tutti i logaritmi.

 

«Rossana-san» la chiamò Kyoya, facendole alzare lo sguardo dal libro «volevo scusarmi per il comportamento che mio fratello e Camille-san hanno avuto nei tuoi confronti» le disse, vedendo che scuoteva la mano come se scacciasse una mosca.

 

«Non è un problema, mi pare di averli rimessi al loro posto con i fatti, no? E rassicura pure tuo padre: né il comportamento di tuo fratello né il rapporto di guerra aperta che ho con te rovineranno gli accordi che sono stati presi con mio padre. Non sono così frivola o viziata da rovinare la vita di persone malate che aspettano una cura solo perché qualcuno mi ha trattata di merda» gli disse, raccogliendo le sue cose e aggiungendo «Poiché pare che entrambi abbiamo già altro per la testa, credo sia il caso di chiudere in parità la scommessa»

 

«Non ci penso nemmeno» rispose l’altro «non è che hai solo paura di perdere?» le chiese guardandola divertito.

 

Rossana si chinò verso di lui, come aveva già fatto in precedenza, e rispose: «No, per niente. Volevo solo evitare alla povera Camille-san un dolore quando le confesserai di esserti innamorato di me».

 

«Io invece non vedo l’ora di sbatterlo in faccia a Kaito-senpai« rispose l’altro, sorridendo beato.

 

«Continua a sognare Ootori Kyoya» gli disse, voltandosi «Ah, mio padre mi ha dato un messaggio per il tuo: l’accordo verrà legalmente stipulato mercoledì prossimo. Ti prego di passare l’informazione a tuo padre» concluse, vedendo che Kyoya annuiva, e andandosene.

 

Kyoya non poteva esserne certo, ma era sicuro che fuori dalla biblioteca ci fosse Kaito ad attendere l’uscita della ragazza.

Doveva assolutamente eliminare quel ragazzo dalla lista di persone che interessavano a Rossana o non avrebbe vinto la scommessa.

 

Una volta rientrato a casa Kyoya seguì il consiglio di suo padre e, cercando su YouTube, trovò il concerto di Rossana a Los Angeles dove si supponeva avesse duettato niente di meno che con Adele, la cantante preferita non solo di sua sorella, ma anche della sua fidanzata.

Lo trovò praticamente subito, notando che avevano duettato su “Rolling in the deep”. All’inizio vi era solo Adele che, come sempre, dimostrò la sua enorme bravura, cantando a cappella un pezzo del suo successo.  Rossana iniziò a cantare nel ritornello: non aveva la stessa estensione vocale di Adele, ma riusciva a starle al passo.

Kyoya vide Rossana abbracciare la cantante alla fine, ringraziandola più volte, leggermente commossa, poiché, come spiegò dopo, il duetto non era in programma, ma Adele venuta a conoscenza del concerto si era presentata nel suo camerino: come poteva dirle di no?

Kyoya stoppò il filmato su un primo piano di Rossana: era emozionata, con gli occhi lucidi e le guance rosse.

Il ragazzo chiuse di scatto il portatile: non poteva permettersi nemmeno di pensare che quella ragazza fosse davvero bella o avrebbe perso la scommessa e la testa.

La mattina successiva Kyoya si ritrovò in classe, sbadigliando a più non posso: non era riuscito a riposare molto bene, poiché sentiva nella sua testa e continuava ad apparirgli in sogno la voce di Rossana. Era diventato un incubo.

Quando vide la ragazza dalla capigliatura fulva entrare canticchiando ed avvicinarsi al suo posto, ghignante e gongolante, iniziò a temere che qualcosa di strano sarebbe a breve successo.

 

«Sai ieri mi ha chiamata tuo padre» cinguettò divertita la ragazza « e mi ha detto che dovrai subire una punizione per il tuo comportamento acido verso di me. Ho cercato di dirgli che non era necessario, ma non ha sentito ragioni»

Kyoya sbuffò, prima di chiederle quale fosse la punizione e vedendo che il sorriso furbo di Rossana si allargava ancora di più.

 

«L’hanno decisa di comune accordo tuo padre e il mio: visto che tra poco dovrò girare un nuovo video qui in Giappone e che l’attore ingaggiato ha dato forfeit per accettare una parte in un film, indovina chi lo sostituirà?»

 

«Non prenderò parte a nessun video» le disse, sistemandosi gli occhiali sul naso.

 

«Oh lo farai…non ti preoccupare ci saranno anche gli altri Host… vedi come sono gentile?» gli disse, oltremodo divertita dalla situazione «Le prove iniziano oggi, comunque. Fatti trovare alla fine dell’Host club all’ingresso dell’accademia. Gli altri sanno già tutto» trillò, prima di sedersi al suo posto, continuando a sorridere gioiosa.

 

Kyoya invece aveva un’aura nera che lo avvolgeva, talmente pesante che persino Tamaki evitò di avvicinarsi: sapeva che il suo amico era furioso per la “punizione” decisa da suo padre, ma da un lato ne era contento.

Perché voleva davvero che Kyoya capisse che aveva bisogno di una come Rossana al fianco: allegra, solare e intelligente, non una come Camille.

Tamaki non pensava mai male delle persone che conosceva poco, ma quella ragazza non gli piaceva: aveva visto il modo in cui guardava Rossana, da capo a piedi, e sapeva che era gelosa, perché, lo aveva visto chiaramente, Kyoya continuava a fissare la rossa ogni volta che ne aveva l’occasione, senza farsi beccare dalla diretta interessata.



Ringrazio chi legge la mia storia e soprattutto chi recensisce. Grazie Calimeli e Shangai! Il capitolo è un po' cortino, ma gli altri saranno più corposi!

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Capitolo 6
*** Capitolo VI ***


                                Capitolo VI                                        

 

Quel pomeriggio due limousine approdarono davanti agli studi giapponesi dell’etichetta discografica, che sarebbe appartenuta prima o poi a Rossana.

Il regista e il coreografo erano già sul set e quando il secondo vide i ragazzi dell’Host club, iniziò a cinguettare: era evidentemente gay e le sue attenzioni erano rivolte proprio al reticente Kyoya.

I ragazzi furono trascinati in un grande camerino dove indossarono dei pantaloni neri e delle maglie bianche: Kyoya fu costretto a togliersi gli occhiali ed indossare le lenti a contatto.

Inoltre i suoi capelli sempre in piega perfetta vennero scossi e arruffati in maniera voluta dalla parrucchiera che, assieme alle truccatrici, sospirò quando vide il risultato.

 

«Non c’è che dire: Rossana ha proprio gusto in fatto di ragazzi. Sono uno più figo dell’altro» disse una ragazza in un lingua strana, così da non far capire nulla ai ragazzi.

 

«Io penso che sarebbe semplicemente perfetta insieme a quello con i capelli scuri e gli occhi grigi» disse una delle truccatrici, riferendosi a Kyoya, mentre le altre annuivano, dandole ragione.

Quando tornarono sul set videro che Rossana era già all’opera per imparare le coreografie: loro non avrebbero ballato con lei, ma solo preso parte al video come “compagni” delle varie ballerine.

Rossana indossava un paio di calzoncini neri decisamente troppo corti, una canottiera bianca, e scarpe comode.

 

«Ora non dovete fare nulla. Diamo il tempo a Rossana e i ballerini di ricordare i passi della coreografia che hanno imparato nelle settimane passate e poi vi diranno cosa dovete fare» spiegò loro l’aiuto regista.

 

«Ehi, ma quello non è Kaito-senpai della terza F?» dissero in coro i due gemelli, vedendo che il ballerino con il quale Rossana faceva coppia era proprio Kaito.

 

Kyoya non disse nulla, ma Tamaki aveva visto il lampo di irritazione negli occhi grigi dell’amico, non più nascosti dagli occhiali.

 

«Okasan è gelosa della nostra bambina» disse Tamaki, facendo voltare Kyoya verso di lui: il biondo era in realtà convinto di averla solo pensata quella frase, ma lo sguardo terrificante di Kyoya diceva tutt’altro.


«Io sarei geloso di Rossana? Tamaki, sapevo che eri idiota, ma non fino a certi livelli» gli disse il ragazzo.

 

«Sì, hai ragione…Chissà a cosa pensavo…».

 

«Noi pensiamo…».

 

«…che Tono abbia ragione» dissero i due gemelli, concludendosi le frasi a vicenda.

 

«Siamo quasi sicuri che tu sia geloso marcio del rapporto che lega Rossana-chan a Kaito-senpai» disse Kaoru, prima di nascondersi dietro Takashi, poiché lo sguardo del Lord dell’ombra lo aveva fulminato.

 

« È per via della scommessa che ho fatto con lei» disse Kyoya, spiegando la storia.

 

«Non avete pensato che se uno dei due finirà davvero per innamorarsi dell’altro, soffrirà se non viene ricambiato?».

 

«Lo abbiamo fatto perché siamo sicuri che nessuno dei due cadrà» spiegò Kyoya.

 

«E se vi innamoraste davvero l’uno dell’altra?» chiese Tamaki.

 

«Intendi dire un amore corrisposto? Non succederà» tagliò corto Kyoya, dirigendo di nuovo la sua attenzione verso il gruppo di ballerini e vedendo che Rossana e Kaito durante la coreografia dovevano addirittura abbracciarsi.

Sentirono il coreografo elogiarli, convinti che facessero una coppia perfetta sia come ballerini che come fidanzati.

Kyoya sentì l’irritazione crescere sempre di più, soprattutto quando sentì Rossana ridere senza ritegno e la vide caricata sulle spalle di Kaito come un sacco di patate.

 

«Muoviti lavativa, devi prepararti per le scene con l’host club! Non puoi mica startene in tuta».

 

«Ah,odio dovermi preparare…» gridò la ragazza, lanciando uno sguardo a Kyoya «Oh, ma guarda! Il nerd è proprio figo senza occhiali» disse fuori dai denti, mentre i gemelli si trattenevano dal ridere: Kaito, invece, non sembrava molto contento per il commento e, senza dire nulla, continuò a trasportare Rossana verso il camerino.

 

Quando ne uscì, dopo mezz’ora, indossava dei pantaloni aderenti neri, un corpetto bianco e nero e scarpe col tacco. I capelli erano sciolti e leggermente mossi sulle punte, mentre il trucco degli occhi era marcato: ciò che notarono i ragazzi era l’assenza delle lenti a contatto verdi.

La ragazza spiegò loro che il regista non voleva simili trucchi nei suoi video e si era ritrovata d’accordo: non vedeva l’ora di togliersi quelle maledette lenti.

Mentre parlava con i ragazzi il regista fissava alternativamente lei e Kyoya: sapeva cosa voleva dire quell’atteggiamento.

«Bene, direi che abbiamo trovato il partner perfetto per la nostra Rossana» decretò il regista «tu, con quei magnifici occhi antracite sarai il figo del video»

La ragazza guardò alternativamente il regista poi Kyoya, ricordandosi in un flash cosa lei e l’attore che, per dirla alla maniera del regista, “faceva il figo nel video”.

«Non se ne parla!» sbottò la ragazza «puoi scegliere chi vuoi tra loro, ma lui no!».


«Mi dispiace Rossana, ma tuo padre mi ha detto di fare come volevo senza ascoltarele tue lamentele…che poi cosa avrai mai di che lamentarti… questo ragazzo è molto affascinante» disse il regista alla ragazza, la quale si era avvicinata per parlare a bassa voce.

«Sì, ok! Ma è uno stronzo con la esse maiuscola!».


«Fa parte del suo fascino».


«Se faccio certi atteggiamenti con lui, me la farà pagare! È il Lord dell’ombra» disse la ragazza, ma ormai l’uomo non l’ascoltava più.

Rassegnata si voltò verso Kyoya e, afferrandolo per un polso, lo trascinò davanti ad una parete verde.

 

«Tieni le mani in tasca e non fare il polipo» lo avvisò, vedendo che Kyoya la fissava malevolo.

 

«Non ho la minima idea di toccarti. Non mi interessa farlo».


«Nemmeno a me, ma sarò obbligata. Quindi prenditela con il regista che per qualche motivo astruso ha scelto te come protagonista maschile del video» spiegò la ragazza.

 

«Cosa diavolo stai facendo?» le chiese Kyoya, vedendo che si avvicinava a lui fin troppo.

 

«Il mio lavoro. Stai tranquillo, non attenterò alla tua purezza» gli disse, sorridendo divertita.

Erano uno di fronte all’altra: i tacchi di Rossana le permettevano di raggiungere quasi la stessa altezza di Kyoya, quindi erano faccia a faccia, talmente vicini che i loro nasi si sfioravano.

«Non vedo perché dobbiamo stare così vicini» le disse il ragazzo, sentendo poi una delle mani di Rossana posarsi sul petto.

«Tu stai fermo, io mi muovo. Non sarà nulla di osceno, quindi rilassati e cerca almeno di fingere che questa non voluta intimità non ti dia fastidio» gli spiegò, prima di sentire il regista urlare “azione” e la musica partire.

Rossana si muoveva piano davanti a lui, prima di partire con il playback: la vicinanza faceva si che le loro labbra si sfiorassero qualche volta, facendo sperare a Kyoya che quella tortura passasse presto.

Il resto dell’Host club non era presente mentre la scena veniva girata poiché dovevano girarne altre con le ballerine.

Per Rossana quella canzone non le era sembrata più lunga di così: quando poi fu costretta ad abbracciare Kyoya poggiando la testa sul petto del ragazzo, pensò di mettersi ad urlare, soprattutto sentendo le braccia del ragazzo sulla sua schiena.

Quando le riprese finirono, Kyoya tornò ad essere il solito ragazzo con gli occhiali e Rossana tornò ad indossare la divisa scolastica con la quale era arrivata agli studi.

In macchina tutti parlavano contenti del video, divertiti e rilassati: gli unici tre in tensione erano Kyoya, Rossana e Kaito, il quale non aveva visto di buon occhio la vicinanza troppo stretta tra i due mentre giravano.

Sapeva che Kyoya non aveva mai fatto nulla del genere, eppure sembrava fatto apposta per far coppia con Rossana, o almeno così diceva il regista, mentre guardava il filmato.

«Ehi voi due…».

«…abbiamo sentito che le vostre scene saranno piccanti» dissero i gemelli alternandosi.

«Chiudete la bocca» risposero i due interpellati, in modo secco e lanciando ai due sguardi di fuoco.

 

Una volta immersa nella vasca da bagno,Rossana iniziò a pensare a quel pomeriggio: Kyoya era davvero bello senza occhiali e con i capelli in disordine.

Inoltre i pantaloni che indossava, in coppia con la maglia, lo facevano sembrare ancora più sexy.

La ragazza si immerse completamente nell’acqua calda, per poi riemergerne ancora più confusa: non poteva negare che la vicinanza con quel dannato frigido l’avesse messa in difficoltà, soprattutto quando aveva appurato quanto fosse buono il suo profumo e quando fossero forti le braccia di Kyoya quando aveva ricambiato l’abbraccio.

Era stato su ordine del regista che lo aveva fatto, ma si era sentita al posto giusto in quel momento.

Forse Kyoya aveva ragione: voleva interrompere la scommessa, perché era fin troppo vicina a perderla.

«Sarà meglio evitare di pensare troppo a lui. Altrimenti quella che ne rimarrà scottata sarò solo io».

Sapeva che Kyoya non provava alcun tipo di interesse verso di lei al di fuori della scommessa ed era anche a conoscenza del fatto che non si sarebbe mai invaghito di lei: lui era fissato con i benefici e un’eventuale storia con lei non gliene avrebbe portato alcuno, dato che l’unico interesse degli Ootori verso i Crowe erano i fondi che questi ultimi volevano mettere a disposizione per la ricerca sui tumori.

La madre di Rossana era morta a causa di un tumore incurabile al cervello e il dolore era ancora fin troppo vivido nella mentre della ragazza: era successo solo due anni prima dopo tutto.

Amava sua madre, alla quale assomigliava di più, a parte i capelli che aveva ereditato da qualche lontano avo di suo padre e le mancava, soprattutto in certi momenti, quando si sentiva fragile e pronta a cadere.

Doveva assolutamente prendere le distanze da Kyoya: avrebbe smesso di andare all’Host Club, prima di tutto, e poi avrebbe chiesto il cambio di tutor.

Sapeva che ci sarebbe voluto tempo per il cambio, ma ne avrebbe parlato la mattina successiva al preside.

Doveva allontanarsi da capelli neri e gli occhi grigi di Kyoya Ootori prima di perdersi completamente in essi.

 

La mattina successiva Rossana si presentò davanti all’ufficio del preside di buon’ora: oltre a lei, nell’edificio, c’erano i professori e anche gli addetti alle pulizie.

Sapeva che Suou-Kaicho doveva partire per un viaggio d’affari della durata di una settimana e la segretaria le aveva detto che se doveva parlarci, era necessario si presentasse la mattina presto.

Così, dopo essere stata annunciata, si ritrovò davanti al preside che aveva, dopo tutto era il padre, gli stessi atteggiamenti idioti del figlio.

«Dimmi come posso aiutarti Rossana-hime» le disse, zuccheroso quanto e più del figlio.


«Avrei una richiesta: vorrei, se possibile, cambiare tutor».


«Oh... E come mai? Kyoya-kun è il migliore studente del secondo anno…».

 

«Lo so, ma diciamo che il cambio è dovuto a problemi personali…».


«Non andate d’accordo?».

 

«Per niente».


«Devo controllare se c’è qualche altro studente disponibile a farti da tutor, Rossana-hime, altrimenti dovrai adeguarti a Kyoya-kun».

«Non c’è problema…La ringrazio anche solo per il tentativo che farà» disse la ragazza, prima di inchinarsi e salutare quello strambo preside.

Una volta uscita, il padre di Tamaki sorrise a trentadue denti: «Ah l’amore…che sentimento complicato…».

 

 

 

 

Nda: Sono tornata (*la accoglie il silenzio*)! Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e ringrazio nuovamente Shanghai per la recensione!

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Capitolo 7
*** Capitolo VII ***


Capitolo VII

 

La giornata di Rossana si svolse esattamente uguale alle precedenti solo che quel pomeriggio non si fece vedere all’Host Club, facendo deprimere Tamaki: Kyoya la vide seduta in biblioteca, al solito posto, ma questa volta era da sola e muoveva la matita a ritmo; indossava le cuffie e, usando il labiale, seguiva le parole della canzone.

Le si avvicinò toccandola sulla spalla e facendo sobbalzare: si voltò verso il suo tutor – mentre sperava che il ragazzo non si accorgesse dell’evidente rossore sulle guance – salutandolo e togliendosi le cuffie; quel giorno sarebbe toccato a Giapponese.

Nelle altre materie in cui Kyoya l’aiutava era riuscita a prendere la tanto agognata sufficienza, ma gli esami di fine trimestre si avvicinavano e non bastava quello che aveva imparato: era ancora parecchio indietro rispetto al resto della classe.

Così iniziò a sudare freddo quando Kyoya le disse che era necessario, su consiglio dei professori, che allungassero le ore di tutoring.

«L’unico modo che hai per non essere bocciata e studiare sodo con me, ovviamente» le spiegò «una volta usciti da qui, verrai da me e continueremo con le altre materie in cui pecchi».

«Non credo sia il caso di andare a casa tua …».

«La biblioteca chiude alle sei e mezza del pomeriggio, quindi o da me o da te» le disse, tirando su gli occhiali.

«D’accordo, ma preferisco sia tu a venire da me … Almeno sarai nel mio territorio» gli disse, sorridendo furba.

«Come se facesse differenza …» fu la laconica risposta di Kyoya, il quale non vide Rossana roteare gli occhi in segno di impazienza.

Iniziarono poi a studiare Giapponese: dato la scarsa conoscenza della lingua l’esame di Rossana sarebbe stato leggermente più semplice rispetto a quello dei suoi compagni, parimenti quello di inglese era più difficile.

Mentre cercava di capire la differenza tra due kanji, Rossana sentì il telefono di Kyoya vibrare: il ragazzo lo estrasse dalla tasca dei calzoni della divisa scolastica.

Era un messaggio che lo fece sorridere: non aveva mai visto Kyoya farlo.

Ghignare sì, ma il sorriso che aveva in quel momento era diverso: vero e decisamente affascinante.

Rossana era sicura fosse un messaggio da Camille-sono-una-figa-francese e quindi si limitò a scuotere la testa e riprendere gli studi.

In realtà ciò che Kyoya aveva ricevuto era una foto, mandatagli direttamente dal regista del video di Rossana, che ritraeva proprio la ragazza in un primo piano. Si era rassicurato dicendo che voleva quella foto per poi venderla su sito dell’Host Club, ma in quel momento, avendola sotto gli occhi si riscoprì contrario a condividerla con gli altri.

Alzò lo sguardo verso la ragazza che stava lui dinnanzi e la vide con le mani nei capelli e lo sguardo disperato: con un sospiro rassegnato le tolse la matita dalle mani e le rispiegò per la terza volta la differenza tra i vari kanji.

*

Rossana e Kyoya, sulla limousine della ragazza, rimasero in religioso silenzio: i membri dell’Host Club stavano tartassando il ragazzo con le mail*, Takashi escluso, poiché li avevano visti andare via insieme.

Quelli più demenziali arrivavano da Tamaki: scriveva cose come “Finalmente Okaasan ha accettato i sentimenti che prova per sua figlia maggiore” facendo irritare Kyoya ed obbligandolo a spegnere il cellulare.

«Se lo spegni come potrai rispondere ai messaggi della tua fidanzata?» gli chiese Rossana, rompendo il pesante silenzio.

«Come fai ad asserire che fossero di Camille i messaggi?».

« Non asserisco nulla, era una sensazione».

«Nata da cosa?».

«Dal tuo sorriso trasognato che avevi in biblioteca quando hai ricevuto il primo messaggio … lasciatelo dire: quel sorriso zuccheroso ti sta davvero di merda».

«Complimenti per la solita finezza con cui esprimi i tuoi commenti…» le disse Kyoya «non vorrei dire, ma sembri quasi gelosa…».

«Ti piacerebbe…».

L’eventuale battaglia di sguardi che ne sarebbe sicuramente scaturita, fu interrotta dall’autista che annunciò ai passeggeri di essere arrivati: Kyoya scese per primo e, più per abitudine che per vera galanteria, porse la mano a Rossana che, sovrappensiero, l’afferrò.

Quando si ritrovò in piedi di fronte al suo nemico si accorse di ciò che avevano fatto e si staccarono veloci come due ghepardi.

Entrarono in casa e Kyoya sentì Rossana imprecare:

«Oggi è martedì, vero?».

«Sì, perché?».

«Mi sono dimenticata che è il giorno libero della servitù…» disse sconfortata.

«Possiamo sempre ordinare qualcosa per cena e farcelo portare qui» disse Kyoya, vedendo che la ragazza scuoteva il capo.

«L’ultima volta che ho ordinato qualcosa, il fattorino è andato fuori di testa quando mi ha vista» spiegò la ragazza « e comunque sono in grado di preparare qualcosa di decente. Cucino sempre quando la servitù è di riposo».

Kyoya si limitò ad alzare le spalle, scettico e la vide togliersi il foulard usato come cravatta: «Salgo a cambiarmi, tu accomodati in salotto» gli disse, salendo le scale e offrendo, involontariamente, la visuale completa del suo lato posteriore.

Il ragazzo si rese conto di fissarla con troppa insistenza: se non la piantava avrebbe fatto la figura del maniaco, soprattutto visto che erano da soli.

Si rese conto solo in quel momento di essere completamente da solo in casa con una ragazza che aveva giurato di farlo innamorare di lei: una femmina che aveva parecchie frecce al suo arco per farlo cadere almeno in tentazione.

Quando la vide scendere, però, tutte le sue preoccupazioni scemarono: indossava un pigiama bianco e nero con disegnati dei gatti, i capelli erano legati e portava gli occhiali.

«Che hai da guardarmi così? Ti aspettavi che scendessi nuda o vestita sexy per sedurti?» gli chiese, leggendogli nel pensiero «Non ne ho la minima intenzione, se vuoi saperlo. Ho ben altro per la testa».

«Tipo Kaito-senpai».

«Non penso sia un problema tuo» tagliò corto la ragazza, scomparendo al di là della porta della cucina da cui iniziò a provenire della musica e il rumore di padelle, dispense aperte e richiuse e di posate.

Kyoya decise di seguirla, trovandola di spalle, ai fornelli, con un grembiule rosa e presa a cantare con trasporto: sentiva anche un buon odore provenire da ciò che stava cucinando e, senza farsi sentire, le arrivò alle spalle, spiando cosa stesse preparando.

Era una tempura di gamberi e verdure: una cosa semplice e veloce da preparare, ma comunque gustosa.

Quando la ragazza percepì la sua presenza, si spaventò, scottandosi con l’olio bollente.

«Ti sembra il caso di spuntare così alle spalle di una persona che sta cucinando?» gli disse, arrabbiata per il dolore.

«Fa vedere..» le disse cercando di prenderle la mano, che Rossana nascondeva.

Dopo qualche momento di colluttazione, riuscì ad afferrarla per un polso e notare che si era già formata una bolla sul dito indice.

«Mettila sotto l’acqua fredda e poi vedi se hai una pomata da metterci» le disse.

«L’acqua fredda fa male…» piagnucolò la rossa, facendo sbuffare Kyoya, il quale accese l’acqua e ci ficcò senza tante cerimonie la mano della ragazza.

«Dove tieni i medicinali?».

«La pomata per le scottature è nella mia camera… dove tu non entrerai senza di me».

«Dove?» chiese Kyoya perentorio.

«Terzo cassetto dell’armadio sulla destra, appena entri» gli disse, sconfitta dagli sguardi del ragazzo, il quale si allontanò, salendo al primo piano.

Entrò, registrando che la camera di Rossana era particolare come la ragazza stessa, e senza tergiversare aprì il cassetto indicatogli trovandoci la biancheria intima.

Arrossì suo malgrado e lo chiuse di scatto: o si era confusa o lo aveva fatto apposta.

Ma porta una quarta? Non pensare a certe cose, idiota! Sembri davvero un maniaco.

Disse la sua stessa voce nella testa: stava seriamente diventando matto.

Provò a cercare negli altri cassetti, trovando la pomata, altri medicinali da banco e delle garze sterili, nel quarto cassetto.

Scese, tornando dalla ragazza la quale era arrossita:

«Credo di averti dato le indicazioni sbagliate..era il quarto non il terzo cassetto.. quello è…»

«…della biancheria intima, me ne sono accorto» disse il ragazzo, prendendole di nuovo la mano, asciugandola con una delle garze sterili, mettendole la pomata e fasciandola.

«Potevo farlo da sola…».

«Con una mano?» le chiese Kyoya alzando un sopracciglio e vedendo che la ragazza era davvero rossa in viso «posso chiederti una cosa?».

«Dimmi».

«Porti davvero una quarta?» le chiese, evitando il calcio diretto agli stinchi. La ragazza gli diede del maniaco spione, obbligandolo a scappare dalla cucina, in preda alle risate.

Era da parecchio che non si divertiva a prendere in giro qualcuno in quel modo e sapere quanto Rossana si imbarazzasse facilmente in certe situazioni lo fece sentire soddisfatto: tutto quel diventare rossa ed evitare il suo sguardo era evidenti sintomi di una cotta per lui.

Avrebbe vinto la scommessa, anche se il pensiero della vittoria gli fece sentire una strana stretta allo stomaco: con una alzata di spalle, associò quella sensazione alla fame

Dopo cena che, doveva ammetterlo, era buona, si misero uno di fianco all’altro: mentre Kyoya avrebbe fatto i compiti per il giorno dopo, Rossana avrebbe seguito i vari esercizi dategli dal suo tutor.

Mentre i primi tre riuscì a risolverli facilmente, si incagliò sul quarto: si mise le mani tra i capelli, cercando di concentrarsi il più possibile.

Sentiva Kyoya alla sua destra scrivere sul foglio e sul computer alternativamente, fino a quando non sbuffò: le si avvicinò ulteriormente, facendola arrossire di nuovo.

Erano spalla a spalla e le stava spiegando il procedimento per risolvere quel tipo di problema: si rese conto di aver capito praticamente tutto quello che le diceva e quando vide i pezzi del problema andare al loro posto, sorrise e guardò il suo tutor, trovandolo fin troppo vicino.

Rimasero a fissarsi per qualche secondo, fino a quando Rossana non abbassò la testa: una vocina insistente le aveva detto di baciarlo e mandare a quel paese tutto e tutti, ma quella della razionalità era intervenuta suggerendole di lasciar perdere se non voleva avere il cuore spezzato di nuovo.

 

Era ormai mezzanotte quando Kyoya alzò lo sguardo verso l’orologio: non si era più avvicinato troppo a Rossana e la ragazza aveva fatto quasi tutti i problemi da sola.

«Ho finito» disse, passandogli il quaderno.

Il ragazzo diede una veloce occhiata e disse, stupito: «Sono giusti».

«Non usare quel tono, non è un miracolo! Credi che per avere il mio successo non bisogna avere cervello?» gli chiese bevendo direttamente dalla bottiglia un sorso d’acqua.

Kyoya si limitò ad alzare le spalle, come se non gli importasse e poi chiese: «Ma tuo padre non rientra?».

«È in viaggio d’affari».

«Non hai paura a rimanere sola?».

« È successo altre volte».

«Oggi manca anche la servitù, Rossana» le disse, vedendo che la ragazza se n’era completamente dimenticata.

Come se suo padre l’avesse sentita imprecare mentalmente, il telefono di casa squillò.

«Certo che sono da sola, genitore degenere! Dovevi tornare ieri così non ho chiesto a nessuno della servitù di rimanere!» sbraitò la ragazza «Papà è mezzanotte! Non posso chiamare Haruhi o qualcuna delle altre ragazze per venire da me!» spiegò la ragazza, sentendo poi la cornetta scivolare via dalle mani.

Alle sue spalle Kyoya le aveva sottratto l’oggetto suddetto e stava parlando tranquillamente con suo padre: gli aveva spiegato che si trovava lì per studiare e poteva restare senza problemi.

Rossana gli faceva dei gesti perché non era per niente d’accordo con quell’idea: avere quel maledetto tentatore di donzelle indifese in giro per casa di notte? Svegliarsi al mattino insieme a lui? Nemmeno per sogno.

Vide il ragazzo riappendere e sorridere: «Tuo padre mi ha detto di riferirti che sarò io a vegliare su di te e di trattarmi con riguardo. Mi ha anche detto di farmi dare un pigiama dei suoi e che potevo dormire nella camera di fianco alla tua» le disse, vedendo che la ragazza  era parecchio arrabbiata.

«Non ho la minima idea di farti rimanere per la notte, Kyoya! Ti conosco a mala pena! Potrei chiamare Kaito…» disse la ragazza, ma la frase fu bloccata sul nascere dallo sguardo di pietra di Kyoya.

«Ormai ho dato la mia parola a tuo padre…Kaito non è necessario qui… E non vedo cosa potrebbe fare più di me» le disse, prima di voltarsi.

«Mi saprebbe far ridere» gli rispose Rossana, facendolo girare ancora verso di lei, trovandola sulle scale verso il piano superiore.

Non si rivolsero più la parola, a parte darsi la buonanotte per pura cortesia: Kyoya era irritato dal comportamento di Rossana, poiché supponeva che Kaito fosse migliore di lui.

E nessuno era migliore di Kyoya Ootori.

Rossana, d’altro canto, era irritata dalla presenza di Kyoya in casa sua, di notte, mentre dormiva: non sapeva cosa avrebbe fatto quel freddo ragazzo.

Probabilmente avrebbe approfittato della situazione per scattarle qualche foto mentre dormiva e venderle sul sito del’Host Club per trarne profitto. Dopo tutto era solo a quello a cui lui puntava.

Era proprio per i profitti che aveva accettato senza ribellarsi o battere ciglio il matrimonio combinato con Camille vattelappesca: anche suo padre aveva tentato più volte di farla fidanzare con qualche giovane imprenditore nel campo musicale, ma lei si era sempre rifiutata.

Sua madre le aveva detto che doveva essere lei a scegliersi il compagno per la vita e non gli altri, tantomeno i suoi genitori.

Sospirò pesantemente e si infilò sotto le calde coperte del suo letto, sprofondando la testa nel cuscino e addormentandosi velocemente, a dispetto dei miliardi di pensieri che le turbinavano in testa, i quali avevano tutti un comune soggetto: Kyoya Ootori.

 

 

 

Ringrazio tutti quelli che leggono, commentano e seguono la mia storia!

Lena

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Capitolo 8
*** Capitolo VIII ***


Capitolo VIII


La sveglia di Rossana suonò puntuale alle sei e mezza: le lezioni iniziavano alle otto, ma dato che ci metteva una vita a svegliarsi e prepararsi, puntava sempre la sveglia a quell’ora.

Afferrò il cambio di biancheria e la divisa pulita che la servitù le aveva appeso nell’armadio e con passo lento e strascicato si diresse in bagno: il suo cervello era ancora momentaneamente spento per ricordarsi chi fosse con lei in casa.

Solo dopo la doccia se ne ricordò e mettendosi velocemente l’accappatoio uscì di corsa: erano già le sette e un quarto e se non l’avesse svegliato sarebbero arrivati tardi.

Entrò nella camera di Kyoya, trovandolo completamente sepolto tra le coperte e, senza sapere come si svegliasse il ragazzo al mattino, spalancò le tende, facendo entrare la luce del sole e con un gesto altrettanto secco, scoprì il ragazzo il quale la guardava in modo omicida.

«Non guardarmi con quella faccia … Non mi fai paura per niente! Alza il tuo ricco culo dal letto o arriveremo tardi. Usa il bagno che trovi alla tua sinistra appena esci».

«Potrei anche ucciderti» disse semplicemente il ragazzo, indossando gli occhiali.

«Fai davvero paura con lo sguardo mezzo addormentato e i capelli arruffati» gli disse Rossana « È un vero peccato non avere il cellulare con me, altrimenti ti avrei scattato una foto per poi venderla» .

«In ogni caso: ti sembra corretto presentarti in accappatoio nella camera di un ragazzo?» le disse, guardandola da capo a piedi e vedendo che la ragazza arrossiva e stringeva ancora di più l’unico capo di abbigliamento che indossava.

«Non ci ho pensato. È tardi… Non cambiare discorso! Alzati, vestiti e datti una mossa, dannato frigido» gli gridò contro uscendo dalla camera di Kyoya che, non poté farne a meno, sorrise: annusò l’aria sentendo ancora il profumo di fiori che Rossana aveva lasciato dietro di sé.

Una volta pronti i due ragazzi si ritrovarono nella limousine che li aveva accompagnati la sera prima: la servitù nel frattempo era tornata, stupendosi nel trovare un ragazzo con la loro signorina, la quale spiegò loro com’era andata e che Kyoya non aveva fatto nulla di indecente.

«Direi che siamo nei casini».

«Perché?» le chiese il ragazzo mentre guardava il suo IPad.

«Se ci vedono arrivare assieme inizieranno a sparlare…».

«Non vedo quale sia il problema… Nessuno crederà mai che io possa aver passato la notte con te in quel senso..» le disse, ricevendo una gomitata dalla ragazza.

«Che stronzo».

«Sono semplicemente sincero».

«Mi vorresti dire che se io dovessi, in questo momento, saltarti addosso, tu rifiuteresti?».

«Dovresti provare» le rispose, criptico e ghignante come sempre. Rossana si limitò a scuotere la testa rossa e chiudere la bocca: non aveva senso perdere del tempo a cercare di capire quel dannato.

Scesero insieme dalla limousine, venendo occhieggiati da tutti i presenti: ovviamente si chiedevano come mai proprio quei due fossero arrivati insieme a scuola.

Rossana si avvicinò a Kyoya, dicendo sotto voce: «Dobbiamo concordare una scusa. Possiamo dire che mentre venivo a scuola ho visto che avevi problemi con la macchina e ti ho caricato… Dopotutto sapranno sicuramente che la limousine è mia».

«Oppure possiamo dire che abbiamo passato la notte insieme» rispose il ragazzo, prendendosi l’ennesima gomitata. Rossana imprecava verso Kyoya che, nonostante tutto, non capiva come mai si sentisse così libero di parlare senza riserve con lei: non era nella sua natura fare certe battute a sfondo sessuale, era più una cosa che facevano i due gemelli. Nessuno dei due si accorse che un gruppo di studentesse li guardava con insistenza e, una volta entrati in classe, tutte, in sincronia, tirarono fuori i cellulari: doveva chiamare la loro amica per avvisarla del problema.

Fu così che Rossana, evitando anche quel pomeriggio di andare all’Host Club, rimase di stucco nel vedere Kyoya raggiungerla in biblioteca in compagnia niente di meno che di Camille e del resto del nome di questa.

La rossa si alzò e si inchinò salutando la ragazza che la guardava come sempre da capo a piedi.

«Oggi avevo una giornata libera e sono passata a salutare il mio fidanzato» spiegò all’altra, calcando sulla parola fidanzato.

«Oh, allora rimanderemo le lezioni di recupero a domani, Kyoya-sensei. Vado a casa e cercherò di studiare un po’ per conto mio» replicò la rossa, mettendo in ordine le sue cose: voleva andarsene da lì il più in fretta possibile, perché non sopportava il modo in cui Camille stringeva il braccio di Kyoya e di come lui la lasciasse fare.

«Spero che la limousine sia stata riparata Kyoya-sensei» disse la ragazza, prima di salutare i due ed andarsene: la bionda francesina sorrise, soddisfatta del risultato.

Quella cantante da quattro soldi, senza nemmeno una goccia di sangue nobile, doveva starsene al suo posto: il fidanzamento con Kyoya era stato duro da concludere, poiché suo padre voleva maritarla con il primogenito di un’altra famiglia affarista in campo medico, ma quando aveva visto l’ultimo degli Ootori se n’era innamorata a prima vista e, dopo lotte, piagnistei e grida era riuscita a convincere il padre.

Nessuno diceva di no a Camille Kaori Bourgeois-Nakaria.

«Kyoya-kun, mi porti a fare un giro della scuola?» chiese la ragazza che, lo aveva deciso in quel momento, avrebbe chiesto il trasferimento dalla sua scuola all’Ouran per tenere d’occhio i movimenti di Rossana Crowe.

 

Intanto la ragazza dai capelli rossi, dopo essersi fatta lasciare al centro commerciale, che si trovava sulla via di casa, stava facendo un giro: sul naso i soliti occhiali da sole, volti a coprirle il viso e calcato in testa un cappello nero, sotto al quale erano nascosti i capelli.

Quando aveva il morale a terra o era nervosa camminare in mezzo alla gente la faceva sentire meglio, ma dopo la sua ascesa al successo non le era stato più possibile farlo. Per fortuna in Giappone non era poi così nota e la maggior parte delle persone non faceva caso alla strana adolescente in divisa scolastica con cappello e occhiali da sole.

Si fermava di tanto in tanto a guardare delle vetrine, ma non era in vena di fare shopping; guardandosi intorno vide un volto noto tra la folla: Haruhi, vestita da ragazza, cammina portando con se delle borse dove vi erano degli alimenti.

Sembravano molto pesanti e così Rossana le si avvicinò, toccandole una spalla: la castana si girò squadrandola guardinga, fino a quando non capì di chi si trattava.

«Sana-chan mi ha spaventata! Perché sei conciata così?».

«Se dovessi andare in giro senza nascondermi un po’, non mi lascerebbero in pace… Ti ho disturbata perché volevo aiutarti con quelle» le disse, indicando le borse.

Haruhi rifiutò di farsi aiutare all’inizio, ma poi, capendo che Rossana voleva semplicemente compagnia femminile, le passò la borsa più leggera e iniziarono a camminare fianco a fianco.

Nessuna delle due sapeva che dove c’era Haruhi, non poteva mancare Tamaki e, ovviamente, tutto il seguito dell’Host Club.

«Ah! La mia bambina è cresciuta e fa la spesa da sola! Otōsan non capisce chi è che l’accompagna, però».

«È Sana-chan» disse con tono fanciullesco Honey-senpai, avendola riconosciuta al volo.

«E come lo avresti capito?» chiesero i due gemelli all’unisono.

«Dal modo di camminare e di sorridere» disse il piccoletto «Sana-chan cammina in modo diverso rispetto ad Haru-chan ».

I due gemelli guardarono fisse le due ragazze per un po’ ma non notarono considerevoli differenze nel camminare, anzi. Avevano anche il passo in sincronia.

«Io mi sono stufata di spiare quelle due» sbottò Camille, mentre Kyoya guardava una vetrina di pc con interesse «Kyoya-kun, andiamo a fare un giro?».

Kyoya si limitò ad un cenno e dopo aver avvisato Tamaki, che probabilmente non lo aveva nemmeno sentito troppo preso a spiare “le sue figlie”, si allontanò con Camille, sotto lo sguardo di Takashi e Honey.

«Kyo-chan è proprio testardo, neh Takashi?».

«Mh».

Rossana ed Haruhi uscirono da un negozio di frutta e verdura e la rossa sbatté contro qualcuno: chiese scusa velocemente, cercando di andarsene, ma colui contro cui aveva sbattuto le sbarrò la strada, trattenendola da un polso.

«Non credo che le tue scuse così poco sentite siano sufficienti…» le disse il ragazzo, senza lasciarle il braccio.

«È stato un incidente, non ti ho urtato di proposito» spiegò la ragazza, ma l’altro non l’ascoltò nemmeno.

Rossana aveva il timore che quel ragazzo cercasse qualcuno con cui prendersela e capì di essere nei guai: guardò verso Haruhi che aveva preso il cellulare dalla tasca e aveva composto un numero.

Stava chiamando qualcuno, ma la ragazza non capiva chi fosse.

«Credo che passare il resto del pomeriggio in mia compagnia sia sufficiente come scusa… E poi chissà… Potremmo anche andare oltre» disse il ragazzo a Rossana, carezzandole la guancia, prima che una mano gliela scostasse con un colpo secco.

Voltandosi Rossana si rese conto di due cose: era libera dalla presa del tizio sconosciuto e alle sue spalle c’era Kyoya che fissava “l’assaltatore”.

In quel momento, doveva ammetterlo, Kyoya faceva davvero paura.

«Kyoya… Cosa…».

«Mi pare che ti abbia chiesto scusa per averti urtato accidentalmente, quindi sparisci» disse secco.

«Chi sei tu per ordinarmi cosa fare? Il suo ragazzo?».

«Esattamente» mentì Kyoya, stringendosi Rossana al petto.

«Non posso credere che un nerd come te abbia una così come fidanzata» disse il ragazzo.

«E io non posso credere che esista feccia come te» rispose Kyoya: il ragazzo allora perse le staffe e si preparò a colpire, ma due forti braccia, appartenenti alle guardie del corpo di Kyoya stesso, lo trattenerono e lo trascinarono lontano.

La situazione era tornata alla calma, ma Kyoya non accennava a mollare Rossana.

«Ehm…Kyoya, ora puoi anche lasciarmi andare… Non credo che la tua fidanzata sia molto felice di ciò che hai fatto» disse, sentendosi scostare dal ragazzo che la obbligò a guardarlo negli occhi.

«Sei un’idiota» le disse, facendole aggrottare le sopracciglia «È tutto il pomeriggio che quel tizio vi segue e non te ne sei nemmeno resa conto! Essere famosa non ti ha insegnato nulla?».

«Ehi! Non sono idiota! Ero presa dal parlare con Haruhi e dai miei pensieri!».

«Come se nella tua zucca vuota ci fosse qualcosa…» le disse dandole un pugno in testa, lasciandola andare ed avvicinandosi a Camille, in evidente stato di collera «Stai attenta la prossima volta, baka».

Una volta che il ragazzo fu lontano, Rossana si lasciò cadere sulle ginocchia respirando profondamente.

«Ehi Rossana, stai bene? Non credevo fossi così spaventata».

«Infatti non è per colpa di quel tizio che sono così…Haruhi se ti confesso un segreto, rimarrà tale?» le chiese la ragazza, guardandola supplicante.

La castana si limitò a sorriderle ed annuire.

 

Haruhi camminava in solitaria verso casa, continuando a rimuginare su ciò che Rossana le aveva detto: ancora non credeva alla possibilità che proprio quella ragazza si stesse prendendo una sbandata per quel certo ragazzo.

 *

Un’ora prima

Le due ragazze, sedute su una panchina all’esterno del centro commerciale guardavano passare la gente, in attesa che una delle due rompesse il silenzio.

«Non so da dove cominciare, sinceramente» disse Rossana, sospirando e togliendosi gli occhiali, poiché il sole stava ormai tramontando.

«Credo che dovrò dichiararmi sconfitta…Kyoya ha vinto la scommessa» confessò la ragazza «Non sono ancora innamorata di lui, ma se continuassi a frequentarlo, se mi facesse ancora da tutor e se si comportasse ancora come oggi, credo che succederebbe. Anzi ne sono certa. È completamente diverso da tutti i ragazzi che ho conosciuto prima. È acido, sarcastico, freddo e totalmente disinteressato alla mia fama… Lui mi prende in giro, mi insulta e mi detesta in quanto Rossana e non come la star che sono per il resto del mondo».

«Rossana, Kyoya-senpai è fidanzato».

«Lo so, cosa credi? Ma non posso farci nulla: mi piace Kyoya Ootori. Ah, finalmente l’ho ammesso ad alta voce! L’altra sera è rimasto a dormire da me, poiché ero completamente sola e, nonostante mi sia addormentata subito, poi mi sono svegliata di nuovo e non ho chiuso occhio se non verso le quattro di mattina, perché il solo pensiero di averlo ad una porta di distanza mi mandava fuori di testa» confessò la ragazza, prendendosi la testa tra le mani.

«Rossana se Kyoya-senpai ti interessa così tanto, perché vuoi prendere le distanze?».

«Lo hai detto prima: è fidanzato. E poi: secondo te potrebbe mai interessarsi a una come me? Non gli porterebbe nessun beneficio finanziario… E sappiamo entrambe che quello è il suo vero amore: i benefici».

Haruhi era rimasta senza parole in quel momento: Rossana le aveva poi sorriso, ringraziata per aver ascoltato il suo piagnisteo e se n’era andata.

 

Non sapeva cosa pensare del problema della sua nuova amica. Rossana era una ragazza forte, su quello non aveva dubbi, ma sapeva anche che nascondeva una grande fragilità nel rapportarsi con gli altri. Lo vedeva dalla freddezza con cui trattava i suoi compagni di classe, come se li tenesse a distanza per non essere ferita da loro.

Sapeva che essere famosa non doveva essere semplice, non per una ragazza così giovane, che non sapeva ancora distinguere i veri amici dagli approfittatori.

Né lei né Rossana, però, sapevano che un altro paio di orecchie aveva sentito la loro conversazione privata. E quelle orecchie appartenevano a qualcuno che non sapeva tenere la bocca chiusa.

 

La mattina successiva, a scuola, Rossana capì che c’era qualcosa che non quadrava: da quando era scesa dalla macchina tutti la guardavano, alcuni anche ridacchiando.

Quando entrò in classe, per il rotto della cuffia poiché il professore entrò poco dopo di lei, tutti i suoi compagni la fissavano senza dire nulla: iniziò a pensare che qualche giornaletto scandalistico avesse detto qualcosa di strano su di lei e non se ne preoccupò più di tanto. Era abituata e sapeva che, una volta capita la falsità della notizia, tutti se ne dimenticavano in fretta.

Ora la sua attenzione era completamente presa dalla ragazza bionda che sostava di fianco alla cattedra del sensei, il quale la stava presentando alla classe:

«Come molti di voi sapranno, questa ragazza è Camille Kaori Bourgeois-Nakaria, figlia di Andrè Bourgeois, imprenditore francese nel campo medico. Trattatela con riguardo e prendetevi cura di lei» disse il professore, sorridendo alla ragazza.

Rossana, che dall’inizio dell’anno durante le lezioni di fisica si sedeva alla sinistra di Kyoya, si alzò e cortesemente si spostò un posto in là, lasciando che Camille si sedesse al fianco del suo fidanzato.

Kyoya aveva guardato la rossa interrogativo, ma questa evitava il contatto diretto con lui da quando era entrata: le aveva anche passato un foglietto per informarla di ciò che era successo quella mattina, ma lei lo aveva preso e buttato nella cartella senza nemmeno leggerlo.

Cosa diavolo le prendeva ora? Il giorno prima l’aveva anche difesa da quell’idiota ed era quello il modo di ringraziarlo?

I suoi cupi sguardi verso Rossana furono interrotti da Camille che si sedette con grazia al posto della rossa, la quale guardava con insistenza il libro aperto sotto il suo naso.

Aveva a malapena accennato un saluto a Camille, per poi ignorare completamente il mondo intorno a sé.



NDA: Sono tornata! Ringrazio tutti quelli che leggono, recensiscono, preferiscono, seguono o ricordano la mia storia! Alla prossima! Lena.

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Capitolo 9
*** Capitolo IX ***


Capitolo IX

 

Durante la pausa pranzo Rossana cercò Haruhi prima in mensa e poi nel cortile, trovandola seduta, stranamente da sola, su una delle panchine più nascoste.

Le si sedette vicina, vedendo che la castana stava leggendo il giornale scolastico.

«Da quando leggi quella roba?» le chiese Rossana, parlando per la prima volta quella mattina.

«Ti giuro che non c’entro nulla in questo, Rossana-chan» si difese la castana, mettendole il giornale sotto il naso.

C’era una sua foto in divisa, mentre leggeva qualcosa e sopra un titolo diceva: La grande Star innamorata di uno studente dell’Ouran.

Lesse velocemente l’articolo e, sospirando di sollievo, capì che non era stato accennato al nome di Kyoya.

«So che non sei stata tu a spifferare questa cosa, Haru-chan. Non ne saresti capace. Probabilmente qualcuno ha sentito il nostro discorso e lo ha riferito al club di giornalismo. Per fortuna pare non abbia colto chi fosse il soggetto del nostro discutere» disse la rossa, vedendo che Haruhi le sorrideva sollevata.

«Direi che è una fortuna che non si sappia chi sia questo ragazzo» disse l’altra, senza fare nomi per paura di essere ascoltate ancora.

«Credo che questo argomento sia tabù qui a scuola… L’unico modo è parlarne fuori, assicurandoci di essere sole oppure tramite messaggi» le disse la rossa, guardandosi intorno.

Le due si alzarono in sincronia, incamminandosi verso l’edificio principale della scuola: alcuni ragazzi le approcciarono, cercando di capire chi fosse il ragazzo di cui Rossana era innamorata, ma questa sorrise.

«È una notizia falsa, minna-san. Il club di giornalismo non ha più idee e si inventa le cose… Non sono innamorata di nessuno, ve lo assicuro» disse a voce sufficientemente alta da farsi sentire da più gente possibile.

Quando, finite le lezioni, si diresse verso l’Host Club per vedersi con Haruhi si ritrovò la strada sbarrata da Camille – manco a dirlo – e dalle sue amiche.

«Avete bisogno di qualcosa?» chiese.

«Sappiamo che il club di giornalismo non ha mentito, poiché sono stata io a sentire il discorso tra te e questo straccione» le disse parlando di Haruhi, con cattiveria, la ragazza alla destra di Camille, con capelli neri lunghi e occhi del medesimo colore che rispondeva al nome di Chieko Yamaguchi.

« E cosa ci faceva una ragazza nobile come te in un centro commerciale?».

«Mio padre ne ha progettato la struttura!».

«E non avevi nulla di meglio da fare che ascoltare le mie confidenze? Che vita piatta che hai…» la prese in giro Rossana, prima che l’altra compare di Camille prendesse la parola: questa aveva capelli castani chiari e occhi verdi. Si trattava della figlia di un imprenditore edile, la cui famiglia andava a braccetto con quella di Chieko. Ikue Gotō, lo sapevano tutti, era una marionetta nelle mani della Yamaguchi, che usava l’influenza di suo padre per tenere la ragazza sotto controllo.

«Purtroppo non abbiamo sentito chi sia questo fantomatico ragazzo, ma Camille-san ha una teoria interessante, la vuoi sapere?».

«Sono tutta orecchie».

«Io credo, anzi ne sono convinta, che tu sia innamorata del mio Kyoya-kun» sentenziò la bionda guardando fissa Rossana, preparandosi a vederla piangere.

Peccato che nessuna di loro conoscesse bene la rossa che, avvicinandosi alle tre e sorpassandole di quasi dieci centimetri in altezza dato che nessuna superava il metro e sessanta, disse direttamente a Camille:

«Non sono minimamente interessata al tuo fidanzato, Camille» iniziò omettendo il suffisso di proposito «Altrimenti non ti avrei ceduto volentieri il posto in classe, non credi? E in qualunque caso non avrei nessun beneficio a stare con uno così: le nostre famiglie operano in campi diversi, prima di tutto, e poi… Non voglio passare la mia vita con una persona che pensa solo al denaro, ai profitti, a sorpassare i suoi fratelli per far felice suo padre, dimenticandosi di vivere. Ci siamo capite? Non voglio più sentire quest’assurda storia da nessuna del vostro gruppo. Ora lasciatemi passare, devo andare in classe» concluse la rossa, dando una spallata a Chieko, che non voleva spostarsi.

Nessuna delle quattro si era accorta che, nell’ombra, qualcuno le ascoltava rimanendo colpito dalle parole che Rossana aveva detto proprio sul suo conto.

 

Kyoya entrò in ritardo all’Host Club accompagnato, come sempre, da Camille, che sorrideva radiosa: sapeva che molte ragazze a scuola la invidiavano per essere la sua futura moglie.

Vide Rossana seduta con Honey-senpai e Mori-senpai che rideva di qualcosa detto dal biondo, il quale ingurgitava quante più torte riusciva: non la sopportava, non poteva farci nulla.

Forse perché, anche se non lo avrebbe mai ammesso, vedeva che Kyoya, parecchie volte, si soffermava a guardarla, soprattutto quei dannati capelli rossi, inusuali in Giappone, ancor più dei suoi biondi.

Detestava il modo in cui il sole li accendevano di riflessi infuocati, rendendola fin troppo visibile.

Kyoya la precedette verso il tavolo che usava di solito, scostandole la sedia per farla accomodare.

«C’è qualcosa che non va?» le chiese il ragazzo.

«Nulla. Solo che non capisco perché Rossana venga all’Host Club».

«L’ho obbligata io. Sarà nostra cliente per un mese, così mi ripagherà delle lezioni private».

«Ma non era una richiesta del preside?».

«Sì, ma devo pur sempre avere un mio tornaconto. Spendo fin troppo tempo a cercare di farle entrare qualcosa in testa. Tempo sottratto a cose più importanti».

«Perché non chiedi di essere sollevato dall’incarico?».

«Sarebbe come ammettere una sconfitta» rispose Kyoya sorridendole.

Mentre discutevano di cose frivole qualcuno bussò alla porta: si rivelò essere la segretaria del preside che richiese la presenza di Rossana e Kyoya nell’ufficio del padre di Tamaki.

I due si alzarono e, senza degnarsi di uno sguardo, seguirono la donna: Rossana aveva intuito il motivo per il quale fossero stati convocati ed era spaventata da come Kyoya avrebbe reagito.

Poi, riflettendoci, si disse che al ragazzo non sarebbe poi importato molto non farle da tutor: anzi era convinta che ne sarebbe stato sollevato e avrebbe avuto più tempo da dedicare alla sua fantastica e perfetta fidanzata.

Quando si trovarono davanti al preside, Rossana si rese conto di quanto Tamaki assomigliasse all’uomo nei modi di fare: le veniva da ridere al pensiero di quei due insieme.

«Vi ho convocato qui perché ho un favore da chiedervi» disse il preside, catturando l’attenzione di entrambi: li aveva convocati per qualcosa che non aveva nulla a che fare con il tutor, infine.

«Alcune ragazze di questa scuola hanno iniziato a comportarsi in modo strano. Prendono in giro le loro compagne e ci sono frequenti episodi di bullismo. Credo che voi due e il resto dell’Host Club, data la vostra popolarità, potreste aiutarmi a far cessare questi incresciosi episodi».

«Cosa dovremmo fare?» chiese Rossana.

«Vorrei che, in accordo con i vostri impegni, faceste delle “ronde” per la scuola per controllare la situazione: non posso chiedere a delle guardie professioniste, perché sarebbero fin troppo visibili e le ragazze si tratterebbero da creare problemi. Ma se a controllarle sono due studenti, non se ne renderebbero conto».

I due, per la prima volta dopo qualche giorno, si scambiarono un’occhiata.

«Per me va bene» disse Rossana per prima «Quando andavo alle medie ero spesso vittima di bulli e quindi voglio aiutare».

«Davvero? Con quel carattere c’era qualcuno che riusciva a fare il bullo con te?» la prese in giro Kyoya.

«Allora ero una persona diversa» gli disse fissandolo e troncando il discorso.

Il preside li guardava scambiarsi sguardi di profondo odio e scoppiò a ridere, facendoli voltare stupiti.

«Mi ricordate me e la madre di Tamaki quando ci siamo incontrati: ci destavamo profondamente, poi, conoscendoci, abbiamo capito che eravamo fatti l’uno per l’altra» raccontò loro il preside.

«Non succederà mai» risposero gli altri due in coro, prima di confermare la loro disponibilità alle ronde, inchinarsi e uscire a passo di marcia, prendendo due direzioni opposte.

«Sta già succedendo, cari i miei ragazzi».

 

Rossana si rinchiuse nel bagno delle femmine che trovò sulla sua strada, insultando Kyoya nella sua lingua madre, fino a quando non sentì la porta principale aprirsi.

Sentì delle voci femminili ridere e complimentarsi per quello che avevano fatto: ascoltando il loro resoconto capì che quelle dovevano essere le ragazze che si comportavano da bulli.

Uscì dal bagno, pronta a fronteggiarle: erano in tre, tutte dell’ultimo anno.

«Oh, ma guarda chi abbiamo qui! La nostra star!» disse una di loro, fissando Rossana divertita.

«L’abbiamo trovata in fretta, vero? Siamo fortunate» disse un’altra, avanzando verso la ragazza che in un attimo capì che quelle tre cercavano proprio lei che, come una brava idiota, si era fatta trovare subito e da sola.

«È una fortuna trovarti in giro da sola. Solitamente sei accompagnata da quei ragazzi dell’Host Club o da qualche ragazza».

«Vedi, sappiamo che qualcuno non ti sopporta e ci ha chiesto di farti capire quale sia il tuo posto» le spiegò la prima che aveva iniziato a  parlare.

«Cosa vorreste fare? Picchiarmi? Infilarmi la testa nel water? » chiese Rossana, fronteggiandole.

«Oh no! Sai abbiamo letto molto su di te, Rossana Crowe e sappiamo che ci sono tre cose che ti sono care: la tua voce, tuo padre e… I tuoi capelli rossi» le disse, afferrandola per un polso e sbattendola contro il lavandino.

«Dato che non possiamo toglierti i primi due, prova a pensare cosa faremo?» le chiese una delle tre, tirando fuori delle forbici, mentre una chiudeva la porta principale a chiave e l’altra la teneva ferma.

Rossana iniziò a ribellarsi, gridando loro di lasciarla andare, che non aveva fatto nulla di male a nessuna di loro.

«Ma noi non abbiamo nulla contro di te. Purtroppo la persona che ci ha incaricate di fare questo, ha pagato profumatamente e non possiamo rifiutarci» spiegò di nuovo quella che sembrava essere il leader.

Così Rossana si ritrovò completamente inerme, mentre quelle tre le tagliavano i capelli: ciocche rosse cadevano a terra senza far rumore.

Quando finirono, risero e si congratularono del risultato: le avevano tagliato i capelli fino alle spalle, mentre prima arrivavano alla vita.

«Ringraziaci. La persona che ti detesta aveva chiesto di tagliarli tutti, ma non vogliamo rovinarti così tanto, per ora. Se quella persona si sentirà ancora indisposta nei tuoi confronti, torneremo».

Quando uscirono, lasciando la porta socchiusa, Rossana si accasciò a terra, raccogliendo i suoi capelli, mentre le lacrime iniziavano a scendere.

*

Honey-senpai camminava allegro al fianco di Takashi, quando sentì dei singhiozzi provenire dal bagno femminile alla sua destra: sapeva che era scorretto, ma diede una sbirciatina all’interno, dallo spiraglio della porta lasciata socchiusa.

Takashi capì che qualcosa non andava quando vide Usa-chan cadere a terra e suo cugino spalancare la porta: a terra, tra le ciocche dei suoi stessi capelli, c’era Rossana in lacrime.

«Sana-chan! Cosa ti hanno fatto…» disse Honey, facendo alzare lo sguardo alla rossa: il piccolo ragazzo biondo le si avvicinò e d’istinto la abbracciò.

«Mi hanno tagliato i capelli…».

«Chi è stato?».

«Tre ragazze dell’ultimo anno…» spiegò tra i singhiozzi «Non mi hanno detto i loro nomi, ma continuavano a ripetere che le aveva mandate qualcuno per farmela pagare».

«Takashi, portala in infermeria» ordinò il piccolo senza più il suo consueto tono fanciullesco «Io vado ad avvisare gli altri».

«Mh» fu la semplice risposta di Takashi, il quale, senza fatica, sollevò Rossana da terra, dirigendosi in infermeria.

 

Il resto dell’Host Club entrò trafelato in infermeria, trovando Rossana fisicamente illesa, ma con lo sguardo perso nel vuoto: ciò che la sconvolgeva di più era stato il gesto di quelle tre e soprattutto pensare che qualcuno ce l’avesse con lei in quel modo.

«Non hanno detto nulla di chi le ha incaricate di farti questo?» le chiese Haruhi accarezzandole i capelli.

«No, solo che questa persona ha dato loro un sacco di soldi per farlo».

Poco dopo il preside in persona entrò in infermeria, seguito dalla sua segretaria che portava un plico sostanzioso di fogli: l’uomo le chiese di guardarli e di riconoscere le tre che l’avevano aggredita.

Scoprì così che erano tre sorelle, figlie di un uomo legato alla Yakuza: Hisa, Hisae e Hisako Nakano.

Il preside ringraziò la ragazza per la disponibilità e si congedò: avrebbe preso seri provvedimenti contro quelle tre e sperava di capire da loro chi le avesse incaricate di fare una cosa del genere.

Rossana si alzò e stupendosi, sentì qualcosa appoggiarsi sulla sua testa: Takashi le aveva coperto i capelli con la giacca della divisa.

«Grazie Takashi-senpai» gli disse sorridendo.

La seguirono tutti e rientrarono solo quando la macchina di Rossana se ne fu andata.

«Sono davvero arrabbiato con quelle tre» disse Honey «Se non fossero ragazze gliel’avrei fatta pagare nello stile della famiglia Haninozuka» .

«Non credo sia il caso di peggiorare ulteriormente la situazione» disse calmo Kyoya, sistemandosi gli occhiali «Credo che da adesso dovremmo impiegare le nostre energie per capire chi abbia ordinato di tagliarle i capelli».

«Perché ti importa tanto di chi sia stato? Non è nemmeno tua amica» gli disse Camille.

«Perché mi piacevano i suoi capelli» le rispose Kyoya, voltando le spalle a tutti e dirigendosi nell’aula di musica numero tre, per recuperare il suo pc e le altre cose.

Mentre camminava da solo per i corridoi della scuola, sentì dei passi avvicinarsi e si ritrovò davanti una delle amiche di Camille: Ikue Gotō.

«Posso fare qualcosa per te?» le chiese, vedendo che la ragazza si torturava le mani e si mordeva il labbro in evidente stato di nervosismo.

«Io… Ho qualcosa da darti, Kyoya-san, ma nessuno deve sapere che questo arriva da me o passerò brutti guai e con me la mia famiglia» gli disse, frugando nella borsa.

La ragazza porse a Kyoya il suo cellulare che il ragazzo prese con un sopracciglio alzato.

«Vorrei che ascoltassi uno dei messaggi vocali contenuti in quel telefono. Quello che porta la data di ieri, per la precisione. Devi sapere che questa registrazione è stata puramente casuale…» gli spiegò la ragazza, mentre Kyoya eseguiva.

Quando partì la registrazione sentì distintamente la voce di Camille e dell’altra ragazza, Chieko: inoltre vi erano tre voci che non conosceva, ma ben presto capì di chi si trattava.

 

Camille: quella cantante da quattro soldi deve imparare a stare al suo posto. Kyoya continua a guardarla come se fosse una specie di dea e sono convinta che sia per il suo aspetto fisico. Dobbiamo rovinarla.

Chieko: e voi tre siete perfette per questo. Dopo tutto vi divertite a fare certe cose ed in più verrete pagate. Dovete però tenere la bocca chiusa su chi vi manda o passerete dei guai seri.

Voce sconosciuta: Diteci cosa dobbiamo farle.

Camille:Tagliatele quei dannati capelli che tanto piacciono a Kyoya.

Kyoya rimase immobile per qualche secondo e poi, con dei rapidi gesti, inviò la registrazione sulla sua mail: non poteva credere che Camille potesse fare una cosa così meschina ad una persona che aveva più volte confessato di non essere minimamente interessata a lui.

Riflettendoci, però, si rese conto che Camille non lo aveva fatto per qualcosa detto da Rossana, ma perché lui la guardava in continuazione.

Non si era mai reso conto di guardarla fino a quel momento: si accorse di ricordare qualsiasi cosa avesse fatto Rossana durante la giornata e, lo aveva già ammesso, di quanto gli piacessero i capelli rossi.

Ringraziò Ikue, assicurandola che nessuno avrebbe capito chi fosse l’informatrice e si diresse a passo spedito verso l’ufficio del preside dove fece ascoltare la registrazione all’uomo.

Dopo di che chiamò suo padre per informarlo dell’increscioso accaduto e l’uomo si limitò a mugugnare e riappendere: sapeva che avrebbe rotto il fidanzamento con Camille, ma poco gli importava.

Doveva andare da Rossana per vedere se si fosse ripresa dallo shock e anche perché voleva capire come mai il taglio dei suoi capelli fosse stato così traumatico.

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Capitolo 10
*** Capitolo X ***


Capitolo X

Kyoya, seguito ovviamente dal resto dell’Host Club, si ritrovò, verso le cinque del pomeriggio, davanti al cancello di casa Crowe.

Una delle cameriere li aveva fatti accomodare in salotto, poiché Rossana era sotto la doccia: li aveva informati che il parrucchiere della ragazza aveva sistemato il disastro combinato a scuola, dicendo anche che lo stesso acconciatore si era messo a piangere come un bambino quando aveva visto quello scempio.

Mezz’ora dopo il loro arrivo Rossana si fece vedere in salotto: i capelli ora le arrivavano poco sotto le spalle. Il parrucchiere aveva fatto un ottimo lavoro con un bel taglio scalato, facendole la riga da un lato.

«Sana-chan… So che sei ancora arrabbiata e triste, ma posso dirti che quel taglio ti sta bene?» le disse Honey con gli occhi grandi e lacrimosi, così simili al Gatto con gli Stivali.

«Ti ringrazio, Honey-pon. Devo dire che, dopo tutto, non mi dispiacciono. Ovviamente se non fossi stata costretta dagli eventi non li avrei mai tagliati» confessò la ragazza.

«Rossana» la chiamò Kyoya «Un’informatrice mi ha recapitato un messaggio registrato dove Camille parla con le tre che ti hanno aggredita. Era lei il mandante» le disse.

«Quella piccola stronza francese» disse la rossa «Scusa Tamaki. Anche tu sei francese, ma non faresti mai una cosa del genere».

«Mio padre ha deciso che le tre verranno sospese per un mese, che costerà loro l’anno scolastico e in più saranno obbligate a pulire la loro aula e il bagno del loro piano sia al mattino presto che la sera prima di tornare a casa. Camille invece è stata prelevata da suo padre, il quale ha avvisato che sua figlia si ritirerà di sua spontanea volontà. La riporterà nel collegio Svizzero che ha sempre frequentato» le spiegò Tamaki.

«Mio padre ha annullato il matrimonio combinato con lei: non vuole una ragazza del genere, vendicativa e subdola, nella famiglia Ootori» aggiunse Kyoya.

«Quindi il nostro Lord dell’ombra..».

«… è tornato single!» dissero i gemelli concludendosi le frasi a vicenda e ghignando.

Rossana non poté fare a meno di sghignazzare nel vedere Tamaki piangere felice per, così l’aveva chiamata, “la liberazione di Okasan dal demone biondo”, mentre Kyoya cercava di scansarlo.

«Vi ringrazio ragazzi. Mi avete tirata su di morale» .

«Possiamo sapere come mai eri così legata ai tuoi capelli. Nel senso: ricresceranno, no? Quindi perché essere così sconvolta?» le chiese Hikaru, senza il minimo tatto.

«So che è strano come comportamento, ma era una promessa fatta a mia mamma, prima che se ne andasse. Facendo la chemioterapia per il tumore che l’ha portata via, aveva perso tutti i capelli e si consolava pettinando e sistemando i miei, così le avevo promesso che, finché avessi potuto, li avrei tenuti il più lunghi possibile. È una promessa stupida, lo diceva anche lei, ma so che ne era comunque contenta» spiegò loro Rossana, prima di sentire il pianto accorato di Tamaki.

«La mia figlia maggiore è così dolce ~» le disse tra le lacrime, facendola ridere di nuovo: l’unico che rimase in silenzio fu Kyoya.

Sapeva che una volta giunto a casa sarebbe incorso nelle ire di suo padre per due motivi: avevano offeso una famiglia che, nonostante operasse in un campo diverso dal loro, era sufficientemente influente e poi perché era stato obbligato ad annullare un importante matrimonio di affari.

I ragazzi declinarono l’invito di rimanere a cena, dato loro dal padre di Rossana, rientrato verso le sei e mezza di quel pomeriggio, e si diressero alle limousine: Tamaki sapeva che Kyoya era in tensione per ciò che lo aspettava a casa e avrebbe voluto accompagnarlo, ma il ragazzo si era allontanato di corsa, partendo per primo.

«Sarà dura per Kyo-chan, neh Takashi?» disse Honey ad alta voce, esprimendo le preoccupazioni di tutti.

«Cosa intendete dire?» chiese loro Rossana, la quale si irritò non poco nel capire che il padre di Kyoya avrebbe incolpato il ragazzo per ciò che le era successo: rientrò in casa, seguita dai ragazzi e chiese a suo padre di sistemare la faccenda.

L’uomo sorrise e acconsentì a fare una chiamata a Yoshio Ootori per evitare che questi se la prendesse con il figlio per qualcosa di cui non aveva nessuna colpa.

 

La mattina successiva, mentre Rossana metteva un piede in classe, qualcuno la afferrò da un polso, trascinandola via: si spaventò all’inizio, ma quando vide che il suo rapitore era Kyoya, iniziò a ribellarsi, insultandolo e scuotendo il polso imprigionato per fargli mollare la presa.

La trascinò lontana da orecchie e occhi indiscreti: una volta soddisfatto della tranquillità del luogo, senza lasciare il polso della ragazza, si voltò ad affrontarla.

«Ieri sera mio padre non ha detto nulla su ciò che ti è accaduto a causa di Camille e c’è un solo motivo per questo suo comportamento assurdo: qualcuno deve avergli gentilmente intimato di lasciarmi in pace».

«E quindi? Cosa ho fatto di male? Tu non c’entravi nulla in quello che Camille e le altre mi hanno fatto: hanno agito in quel modo di testa loro, perché lei era gelosa. Di cosa non l’ho ancora capito, sinceramente».

«Era convinta che fossimo attratti l’uno dall’altra» le disse Kyoya.

«Le ho detto più volte che non era così, mi pare».

«Lei non pensava fossi tu il problema, ma io. Era sicura che fossi io quello attratto da te».

«Posso sapere perché pensava una cosa così assurda? A mala pena ci sopportiamo e ci guardiamo» disse la ragazza, incrociando le braccia la petto, ora che il ragazzo l’aveva liberata.

Tu non guardi me!.

Kyoya sentì quella stupida vocina, sintomo di pazzia quasi sicuramente, gridare quella frase nella sua testa: ovviamente non uscì nessuna di quelle parole dalla sua bocca.

«Probabilmente perché aveva un complesso di inferiorità…» ipotizzò Rossana, pensierosa, visto che Kyoya non rispondeva «Ed è una cosa stupida: era palese che tu avresti scelto lei. Era carina e il matrimonio con lei avrebbe giovato agli affari di entrambe le famiglie. Se ti avesse conosciuto un po’ meglio, non avrebbe avuto problemi di gelosia. Se avesse saputo quanto siano importanti per te i benefici e i profitti, non avrebbe mai agito così».

Kyoya continuava a non parlare: voleva evitare di dire qualcosa di stupido dato che la sua vocina della pazzia continuava a gridare di far tacere quell’idiota che aveva davanti.

Peccato che per farla tacere suggerisse di baciarla.

Rossana continuava a cianciare su possibili motivi per il comportamento di Camille, quando si accorse che Kyoya l’aveva presa di nuovo per il polso e si era avvicinato: erano molto vicini e la ragazza si ammutolì di botto.

«Kyoya…cosa…?»

«Continuavi a parlare senza sosta e facendo discorsi assurdi: l’unico modo che avevo per farti smettere era spaventarti o baciarti. Dato che il solo pensiero della seconda mi disgusta, lo spavento era la cosa migliore».

Rossana lo guardava con risentimento e con uno strattone si liberò dalla presa di Kyoya.

«Mi hai già fatto pentire di averti salvato le chiappe ieri. Potevi ringraziare e basta, invece di insultarmi, dicendo che sono disgustosa. Per colpa tua ho perso l’ora di fisica e sarai tu a spiegarlo al professore. Oggi non avrò bisogno delle tue lezioni private, quindi sentiti libero di fare quello che ti pare» disse la ragazza, ferita e arrabbiata, prima di allontanarsi.

 

*

Non poteva semplicemente dirle grazie?

Non poteva lasciarla in pace ed evitare di farla sentire così fuori posto, così insignificante, stupida e inutile tutte le volte che le rivolgeva la parola?

No. Doveva ferirla ogni volta con i suoi nemmeno tanto velati insulti, nonostante lei lo avesse aiutato, o meglio protetto, dalle ire di suo padre.

Rossana camminava a passo di marcia per i corridoi in direzione dell’aula dove la terza sezione H teneva le lezioni: era il periodo di pausa tra una lezione e la successiva. Rossana aveva un’ora buca per assenza del professore e sapeva che anche la 3H era libera.

Arrivò trafelata davanti alla porta e iniziò a cercare qualcuno all’interno: la maggior parte dei ragazzi la fissava.

«Ehi, Kaito!» chiamò poi la ragazza, gesticolando per attirare l’attenzione dell’amico, poiché indossava le cuffie.

Uno dei compagni di classe toccò la spalla di Kaito e gli indicò la ragazza sulla soglia che lo aspettava: Rossana sorrise a colui che l’aveva aiutata, il quale divenne rosso.

«Disgrazia, cosa ci fai qui?» le chiese, arruffandole i capelli: ovviamente sapeva tutto quello che era successo e aveva ascoltato i piagnistei di Rossana la sera prima al telefono fino all’una di notte.

«Oggi pomeriggio sei libero? Avrei bisogno di una mano con lo studio».

«Non ti aiutava quel rigido di Ootori?» le chiese.

«L’ho mandato a quel paese questa mattina, dicendogli che non avevo bisogno delle sue lezioni extra ed ovviamente ho mentito. Sono nella merda fino al collo, Kaito».

«Rossana sai meglio di me che non sono una cima in materie come Fisica e Matematica. Posso aiutarti con Giapponese, al massimo, ma ho anche io gli esami di fine trimestre e oggi mi incontro con gli altri per studiare in gruppo»

«Oh non ti preoccupare. Era ovvio fossi già impegnato, anche se mi aspettavo avessi un appuntamento con una ragazza, conoscendoti».

«Lo sai bene che non esco con nessuna da un po’» le disse, fissandola.

«Lo so e dovresti smetterla Kaito. Non ti vedo altro che come un amico» gli ripeté per l’ennesima volta Rossana, facendolo sorridere mesto.

«Io continuerò a chiederlo, magari cambierai idea, anche se ho la sensazione che qualcun altro abbia attirato le tue attenzioni».

«Eh?».

«Lo sai di chi parlo, Rossana. E voglio darti un consiglio: stai attenta a non rimanerne ferita» le disse infine, prima di scompigliarle di nuovo i capelli e tornarsene al suo posto.

Alla rossa non rimase che tornarsene in classe: voltandosi scoprì che poco lontano c’era Kyoya che la fissava ghignante.

«Ora hai preso a seguirmi? Non era disgustosa? Hai il gusto dell’orrido?».

«Volevo solo confermare la mia ipotesi: hai bisogno delle mie lezioni, ma il tuo orgoglio ferito ti ha fatta parlare a sproposito e sei venuta a chiedere soccorso a Kaito».

«Kaito-senpai per te. Non è ne sarà mai tuo amico».

«Questo perché è geloso, vero? Perché sa che tu hai un’attrazione verso di me che gli impedisce di conquistarti».

«Io non ho nessun’attrazione verso di te, Kyoya. Detesto quelli come te, soprattutto se mi insultano» gli disse incamminandosi verso l’aula di fisica per la lezione successiva a quella buca.

«In biblioteca alle quattro» disse il ragazzo, mentre la rossa passava, ricevendo uno sguardo di puro odio in risposta.

Sapeva che prima o poi quella ragazza avrebbe ceduto, facendogli vincere la scommessa. Alzando lo sguardo vide che Kaito era di nuovo sulla soglia della 3H e gli faceva segno di avvicinarsi.

Quando Kyoya fu abbastanza vicino, Kaito lo afferrò per la giacca.

«Te lo giuro su ciò che ho di più caro, Ootori Kyoya. Se Rossana soffrirà o verrà ferita in qualche modo a causa tua te la farò pagare cara. So che è colpa tua per ciò che le hanno fatto ai capelli, quindi stai all’erta. Ti tengo d’occhio»

«Sei innamorato di lei?» gli chiese.

«Sì, da sempre» confessò candidamente Kaito «E se la conoscessi meglio, succederebbe anche a te» aggiunse, prima di lasciarlo andare.

Kyoya si sistemò la giacca della divisa e con le parole di Kaito che gli risuonavano nelle orecchie tornò in classe.

 

 

 

Nda: Grazie a tutti quelli che seguono la mia storia! Vi aspetto! Lena!


 


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Capitolo 11
*** Capitolo XI ***


 

Capitolo XI

 

Alle quattro in punto Kyoya Ootori varcò la soglia della biblioteca e si stupì nel vedere la chioma rossa di Rossana seduta al solito tavolo.

«Non gioirne troppo. Sono qui solo perché non voglio avere problemi scolastici. Se avessi potuto avrei evitato, te lo assicuro».

«L’importante è che io abbia vinto» le disse, gongolando.

«Contento tu» rispose la ragazza, aprendo il libro di Fisica.

Passarono le restanti due ore a parlare solo di materie scolastiche: Kyoya si stupì non poco nel comprendere che, una volta ingranato e appresi i contenuti di base, Rossana capiva quasi tutti velocemente.

Forse aveva sottovalutato l’intelligenza di quella ragazza e Kaito aveva ragione: non la conosceva per niente a parte le informazioni che aveva recuperato su di lei grazie alle sue conoscenze.

«Posso sapere chi è Damon Miller?» le chiese di getto, vedendo che Rossana si irrigidiva, lasciava cadere la penna sul tavolo e alzava lo sguardo, sbalordito e quasi spaventato, su di lui.

«Dove hai trovato quel nome? Hai fatto altre ricerche da stalker su di me?».

«Lo conosco da sempre, quel nome. So che è connesso a te in qualche modo, ma non riesco a trovare nessuna informazione in merito».

«Non sono affari tuoi. Non siamo amici e non ti devo nessuna spiegazione».

«Quindi suppongo che sia qualcuno che ti ha ferita» ipotizzò Kyoya.

La ragazza sbuffò e lo guardò male di nuovo, ma il suo sguardo sembrava anche un po’ perso.

«Sì. Mi ha ferita. Nel profondo. Sei contento? Vuoi sapere come? Bene. Io e questo Damon stavamo insieme prima del mio trasferimento qui. Lo conoscevo da un po’ di tempo ed avevo una cotta stratosferica per lui. Aveva qualche anno in più di noi. Peccato che poi mi abbia piantata per un’altra che ha dieci anni più di lui. Ora sei soddisfatto?» gli chiese la ragazza, prima di alzarsi ed andarsene.

Kyoya non pensava che una come Rossana avesse subito un tradimento così e nemmeno che potesse avere quello sguardo triste: era sicuro che fosse scappata via perché le veniva da piangere.

Si alzò di scatto, lasciando tutti i libri sul tavolo e seguendo la ragazza. La vide, per pura fortuna, scendere le scale che portavano all’uscita ed aumentò il passo per raggiungerla.

Riuscì ad afferrarla prima che aprisse la porta di ingresso:

«Lasciami andare, Kyoya. Hai ottenuto le informazioni che volevi. Ora sai chi è Damon».

«Voltati».

«No» sussurrò lei.

«Rossana, voltati» ripeté il ragazzo.

La sentì sbuffare risentita, ma ubbidì: la trovò in lacrime con il trucco colato e uno sguardo imbarazzato e ferito.

Sapeva che non voleva essere vista in quello stato, soprattutto da lui, ma sapere che qualcosa poteva ferirla, che sapeva piangere, lo fece sentire sollevato.

Aveva pensato che quella ragazza fosse fredda e distaccata, immune agli insulti e alle critiche, ma alla fine aveva trovato un nervo scoperto.

«Mi dispiace» le disse semplicemente «Non dovevo impicciarmi in affari che non erano miei».

«Mi pare tu l’abbia capito troppo tardi» rispose la ragazza, asciugandosi gli occhi con un fazzoletto e gemendo di frustrazione quando vide che era macchiato di trucco «A causa tua sembrerò un procione in un parco acquatico».

«Sei comunque bellissima» disse, senza riuscire a mordersi la lingua: la vocina da psicopatico aveva preso il sopravvento.

Rossana lo fissò guardinga per un attimo: «A che gioco stai giocando? Prima mi dici che il solo pensiero di baciarmi ti disgusta e poi asserisci che sono bellissima anche con il trucco colato? Soffri di disturbo bipolare della personalità?».

«No. Trovo solo che tu sia un soggetto interessante» le rispose, lasciandola andare.

«Io invece trovo che tu sia fuori di testa» gli rispose, voltandogli le spalle e prendendo la direzione opposta a quella del ragazzo.

Kyoya si era allontanato per evitare che quella vocina prendesse di nuovo il sopravvento: mentre parlava aveva registrato per la prima volta che la pelle del polso di Rossana era calda e morbida, il suo profumo non troppo dolce e i suoi occhi castani erano profondi e intriganti.

Si era allontanato perché aveva sentito il battito e il respiro accelerare, il sudore formarsi sulla nuca e sulla fronte, un forte istinto di avvicinarla a sé e una gran voglia di conoscerla quanto e più di Kaito.

Quella ragazza era una confusione unica: la detestava per la sua lingua tagliente e i suoi comportamenti sopra le righe, ma allo stesso tempo ne era intrigato e interessato.

Doveva evitare assolutamente di trovarsi troppo spesso da solo con lei, altrimenti rischiava di lasciar prendere il sopravvento all’istinto e lui, Kyoya Ootori, non poteva permetterselo.

 

Rossana, una volta varcata la soglia della sua camera, si tolse le scarpe e il foulard legato al collo, prima di buttarsi a peso morto sul letto.

Quel Kyoya aveva ferito il suo orgoglio, l’aveva vista piangere e le aveva anche detto che era bellissima.

Non avrebbe mai pensato che potesse dirle una cosa del genere: forse Honey o Tamaki, persino i gemelli, ma lui proprio no.

Era convinta che lui la trovasse poco carina e poco intelligente e non riusciva a capacitarsi di ciò che le aveva detto ne di quanto quel commento l’avesse fatta rabbrividire.

Non aveva mai pensato che un complimento sincero, perché lo era, di Kyoya potesse confonderla così: non sapeva sentirsi felice o terrorizzata.

Perché se il suo complimento la confondeva ed elettrizzava allo stesso tempo c’era solo una spiegazione: Kyoya le piaceva e anche tanto.

Sospirò pesantemente e si alzò per farsi una doccia, notando che il cellulare sul comodino era illuminato: vide che ci era un messaggio da un numero sconosciuto.

Lo aprì e quando ne lesse il contenuto rimase stupita.

Il mittente divenne ovvio dalle prime parole scritte:

Sono dispiaciuto per il mio comportamento di questo pomeriggio. Non volevo turbarti. Kyoya.

Rossana rise un po’ per il tono pomposo con cui aveva scritto, prima di ricordarsi che lei non aveva lasciato il suo numero a Kyoya.

Non ho idea di come tu abbia il mio numero, dannato stalker con la doppia personalità, ma accetto le tue scuse. L’importante è che torni ad essere il frigido bastardo che eri all’inizio e non te esci mai più con frasi come quella di oggi.

Rimase bloccata qualche minuto prima di mandargli la risposta: il messaggio non solo dava ragione a Kyoya, ma faceva intendere che il suo complimento l’aveva confusa.

«Piantala di farti seghe mentali inutili. Sta solo cercando di nascondere la gaffe che ha fatto oggi pomeriggio» si disse, prima di premere invio e eclissarsi nel bagno.

Quando uscì, un’ora dopo, trovò un altro messaggio, sempre di Kyoya che le fece scivolare il telefono dalle mani e fu costretta a prenderlo al volo.

Non mentivo.

Rilesse il messaggio quattro volte cercando altre frasi dette dal ragazzo alle quali potesse riferirsi, ma le veniva in mente sempre la stessa.

Decise di non rispondere a quel messaggio: spense il telefono, cenò, si asciugò i capelli e s’infilò sotto le coperte sperando di addormentarsi subito per dare risposo alla sua povera mente turbata.

Dormì poco e male quella notte, tormentata dalla voce di Kyoya e dai ricordi dei suoi atteggiamenti ambigui: non poteva permettersi di essere stanca o turbata in quei giorni, poiché gli esami sarebbero iniziati il lunedì successivo e doveva concentrarsi sullo studio.

Ciò significava passare fin troppo tempo con Kyoya, ma non poteva fare altrimenti: non aveva la minima intenzione di chiedere a Tamaki di aiutarla; con i suoi modi da provolone l’avrebbe mandata fuori di testa e lo avrebbe ucciso.

Quindi quella mattina si alzò di malavoglia e quando accese il suo cellulare, l’istinto di ritornare a letto e nascondersi sotto le coperte si fece sentire chiaro e forte.

C’era un altro messaggio, sempre di Kyoya:

So che hai il letto il messaggio precedente. Dobbiamo parlare. Domani prima di studiare fatti trovare nel giardino sud.

Detestava il suo modo di ordinarle le cose, ma aveva ragione: dovevano chiarire cosa diavolo stava succedendo tra loro e soprattutto decidere se mettere fine alla famosa scommessa.

Non riusciva ancora a capire perché Kyoya avesse iniziato a piacerle: non era il suo tipo fisicamente, dato che preferiva quelli con i capelli chiari.

Peccato che fosse estremamente interessante. Era attratta dalla sua intelligenza? Possibile. Dal suo essere un bastardo? Quasi sicuramente. Era intrigata dal fatto che lui la vedesse come una persona normale? Esatto. Era quello ciò che le piaceva di Kyoya: la trattava esattamente, forse anche peggio, di come trattasse le altre ragazze, alle quali almeno un sorriso, seppur falso, lo riservava.

Rossana sospirò, prendendo la cartella e dirigendosi a scuola, come un carcerato verso la sedia elettrica.

 

Kyoya si era, come sempre, svegliato di pessimo umore e la risposta stringata –un semplice e freddo “ok”- di Rossana lo aveva peggiorato: quando varcò il portone dell’Ouran Accademy persino Tamaki capì che c’era qualcosa di strano nel suo migliore amico.

Il biondo aveva già capito che c’entrava Rossana, poiché i comportamenti strani di Kyoya erano iniziati dopo l’arrivo della ragazza dai rossi capelli. Doveva ammettere che se era riuscita a far smuovere persino Kyoya, quella ragazza era davvero particolare.

Anche i due gemelli la trovavano un soggetto interessante, ma dato che la loro madre stava lottando per divenire la stilista ufficiale della ragazza, si astenevano dal farle scherzi o prenderla in giro come il loro solito: sapeva che una volta firmato il contratto avrebbero sicuramente recuperato il tempo perso.

 

Alle spalle di Kyoya, come se fosse successo di proposito, ecco spuntare proprio Rossana: Tamaki vide il suo amico voltarsi, farle un cenno del capo e andarsene.

Rossana dal canto suo aveva risposto con un mezzo sorriso stentato.

Un sorriso che Tamaki classificò come “timido”: le si avvicinò, notando che doveva aver riposato poco e sentendola sospirare.

«Figlia mia, che succede?».

«Tamaki…non è il momento dei tuoi giochi. Ho dormito davvero poco e sono di pessimo umore».

«Scommetto che il motivo per cui non hai dormito se n’è appena andato in classe» le disse, sorridendo e vedendo che Rossana arrossiva leggermente sulle guance e tentava, invano, di negare.

«Kyoya non c’entra nulla, davvero. Ho altri problemi. E smettila di ridacchiare, sto dicendo la verità».

«Rossana, guarda che se dovesse, ipoteticamente dico, piacerti Kyoya non ci sarebbe nulla di male…».

«Oh sì, invece. Ci sarebbe un mucchio di male e di problemi. E di lacrime. Probabilmente le mie» disse la ragazza, prima di riuscire a fermarsi: la mancanza di sonno non le faceva bene, decisamente no.

Tamaki le sorrise, scompigliandole i capelli rossi: «Perché lacrime?».

«Tamaki, conosci Kyoya meglio di me. È freddo, calcolatore e vive per i benefici. E io non ho nessun beneficio da dargli».

«Proprio perché conosco Kyoya so che tu hai la possibilità di farlo cedere» le rispose il biondo, vedendo che la rossa scuoteva la testa.

«Tamaki, fidati non è così. Siamo su due frequenze diverse. Lui cerca, anzi penso voglia, qualcuno che possa dargli un aiuto a raggiungere i suoi obbiettivi».

«Cambierai idea, vedrai».

«La cambierai tu. Oggi, prima delle lezioni private, vuole parlarmi e vedrai che andrà come dico io» concluse il discorso Rossana, prendendo posto e aspettando l’arrivo del professore in silenzio, guardando fuori dalla finestra.

 

Kyoya era già seduto al loro ingresso e non li aveva degnati della minima attenzione, troppo preso dallo scrivere su quel maledetto quaderno dalla copertina nera che si portava sempre appresso: che fosse il Death Note?

Per sfortuna di Rossana le lezioni volarono e quando l’ultima campanella suonò, sentì il suo stomaco contrarsi nel vedere Kyoya alzarsi, farle un cenno col capo e uscire dall’aula: il momento dei chiarimenti era vicino.

 

Tamaki guardò i due allontanarsi insieme e sorrise: sapeva di essere nel giusto e il tempo gli avrebbe dato ragione.

 

Quando il biondo giunse all’Host Club, avvisò gli altri membri che Kyoya quel giorno aveva da fare e non si sarebbe presentato.

Honey e Mori gli si avvicinarono, con l’intento di chiedergli qualcosa senza farsi sentire né dagli altri membri né dalle ospiti presenti.

«L’assenza di Kyo-chan è dovuta a qualcosa che riguarda Sana-chan?».

«Ottima deduzione, Honey. Si sono incontrati in gran segreto nel giardino della scuola per parlare: scommetto che esprimeranno tutto il loro amore ~» rispose Tamaki, venendo circondato da un’aura di amore.

«Spero tu abbia ragione Tamaki…» sussurrò Honey, mentre Mori annuiva: i due senpai sapevano che qualcosa scorreva tra Rossana e Kyoya, ma entrambi avevano compreso che nessuno avrebbe rischiato; Rossana perché non voleva essere ferita, mentre Kyoya poneva dinnanzi alla sua eventuale felicità gli affari di famiglia e sapeva che un eventuale storia con la cantante non avrebbe portato alcun beneficio agli Ootori.

 

I due coetanei nel frattempo si erano seduti sotto uno dei gazebo presenti nel parco della scuola, ma entrambi stavano in silenzio: Rossana lanciava sguardi di sbieco a Kyoya, il quale dal canto suo faceva finta di non vederli.

«Mi pare tu abbia detto che dovevi parlarmi» interruppe il silenzio la rossa, voltandosi verso il ragazzo che, per la prima volta dal giorno precedente, si degnò di guardarla in faccia.

«Sì e penso tu sappia di cosa voglio parlare».

«Non sono telepatica, Kyoya. Spiegati».

«Sappiamo entrambi che le distanze tra di noi si stanno pericolosamente accorciando sia per via della scommessa sia per via della reciproca curiosità che sentiamo, ma questo deve finire. Nessuno dei due vuole che succeda qualcosa».

«Cosa dovrebbe succedere? Sappiamo benissimo che niente accadrà tra di noi, perché nessuno dei due lo vuole, quindi non capisco perché perdiamo tempo a discuterne» disse la rossa, mentre una voce dentro di lei le gridava di chiudere la bocca se doveva dire tante bugie.

Perché lei voleva che qualcosa tra loro succedesse, ma razionalmente sapeva che non si sarebbe mai avverato uno scenario del genere: era quello che Kyoya le stava dicendo.

«Dobbiamo prendere le distanze» sentenziò il ragazzo «per questo ho chiesto al preside di cambiarti il tutor dopo gli esami di fine trimestre».

Scese il silenzio più assoluto tra i due, prima che Rossana si alzasse:

«Sei un codardo» gli disse, prendendo la cartella e andandosene, lasciando Kyoya sbigottito, per la prima volta dopo il suo primo incontro con Tamaki.

Il ragazzo si alzò di scatto, seguendola: gli aveva dato del codardo?  A lui, Kyoya Ootori?

«Ehi, non ho finito» le disse cercando di afferrarla per un polso.

«Per me il discorso è chiuso. Vuoi che prendiamo le distanze? Bene, allora smettila di toccarmi, seguirmi, scrivermi messaggi e parlarmi quando non è strettamente necessario. Ora è meglio se studiamo: lunedì iniziano gli esami e poi sarai libero» gli disse, senza guardarlo in faccia: non si era nemmeno voltata, perché non voleva mostrare a quel dannato bastardo quanto ci fosse rimasta male.

Aveva davvero sperato in un finale alternativo, magari simile a quello ideato da Tamaki? Che stupida sognatrice senza cervello.

Kyoya si limitò a tacere e seguirla a debita distanza in biblioteca dove, a parte qualche parola di spiegazione, non dissero null’altro, entrambi concentrati sui loro esercizi e pensieri.

Rossana sperava che quelle due ore di tortura finissero in fretta, poiché voleva scappare a casa e sfogarsi in qualche modo, per poi ripartire da zero, come aveva fatto dopo l’episodio con Damon.

Perché non poteva semplicemente interessarsi a uno come Kaito? Gentile, premuroso e simpatico? No, a lei piacevano i ragazzi come Kyoya. Gli stronzi, per dirla tutta. Che cliché. E pensava di essere diversa dalle altre ragazze? Di avere qualcosa di speciale? A parte una voce non male, cosa aveva di diverso? Il colore dei capelli si poteva sempre ricreare con una tinta e per il resto era una normale ragazza europea. Certo in Giappone le sue apparenze spiccavano, perché di stranieri ve n’erano ben pochi, ma se si fosse trovata circondata da altre ragazze della sua città, sarebbe stata una delle tante.

Come poteva minimamente pensare di essere in grado di far cadere uno come Kyoya?

Quando guardò l’orologio si rese conto che mancava mezz’ora alla fine delle lezioni con il ragazzo seduto di fronte a lei e capì anche che, nonostante nella sua mente scorressero pensieri totalmente estranei alle materie scolastiche, aveva in qualche modo completato gli esercizi ed erano, secondo Kyoya, corretti.

Dato che ormai la concentrazione era andata a farsi benedire, raggruppò le sue cose e senza dire nulla, nemmeno un accenno di saluto, se ne andò. Kyoya seguì i suoi movimenti, tenendo a bada la voglia di fermarla: aveva chiesto di mantenere le distanze e doveva essere il primo a mantenere il suo proposito.

Così la guardò andarsene e ne seguì il percorso anche all’esterno, poiché la biblioteca si affacciava sul viale di ingresso dell’accademia e fu li che vide Kaito che l’aspettava.

Senza nemmeno rendersene conto aveva stretto le mani a pugno alla vista di quel ragazzo che abbracciava Rossana e la faceva ridere come se niente fosse.

 

 

 

Nda: Buon anno a tutti! Speriamo che questo 2014 sia pieno di novità e belle cose per tutti!

Alla prossima, 

Lena.

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Capitolo 12
*** Capitolo XII ***


Capitolo XII

 

Dalla mattina successiva Tamaki capì al volo che qualcosa era andato storto: Kyoya e Rossana si erano a malapena salutati e ora sedevano a debita distanza; Rossana in sesta fila mentre Kyoya in terza, al solito posto.

Tamaki guardava i due alternativamente, vedendo che Rossana parlava con il resto della classe senza problemi: doveva scoprire cosa era successo e, tra i due, quella più facile da far parlare era sicuramente Rossana. La invitò, o meglio obbligò, a pranzare con lui e Haruhi nell’aula dell’Host Club.

La rossa sapeva che il biondo voleva capire cosa si fossero detti lei e Kyoya e, anche se le faceva ancora male, gongolava per aver almeno vinto contro il biondo: se si aspettava un finale da favola, sarebbe rimasto deluso.

«Tamaki non far finta di nulla. So che vuoi sapere cosa ci siamo detti io e Kyoya-san… Mi dispiace deluderti, mon ami, ma avevo ragione io: mi ha chiesto di prendere le distanze l’una dall’altro e dopo gli esami cambierò tutor» spiegò la ragazza.

«Non ci posso credere… Okasan! Come hai potuto far soffrire così la nostra bambina?» disse in modo teatrale e drammatico, come il suo solito.

«E tu cosa gli hai risposto?» le chiese Haruhi, guardando male Tamaki.

«Prima gli ho dato del codardo e poi ho acconsentito. Potevo fare altrimenti?».

«No, non credo proprio. Ma non era quello che volevi, vero?».

«Non riesco a capire perché non possiamo essere amici...».

«Perché, e sono sicura che Kyoya lo sa, se ti conoscesse meglio probabilmente non potrebbe esserti amico poiché finirebbe con l’innamorarsi di te, Rossana» le disse Haruhi, convinta.

«Posso sapere perché siete convinti che si sarebbe innamorato di me?».

« Chiamalo sesto senso. Tu sei una ragazza particolare e, come dicono i gemelli, interessante. Hai un grande talento e un grande cuore, Rossana. E persino Kyoya ha visto queste tue qualità. Se ti conoscesse meglio ne troverebbe altre e sarebbe la sua rovina».

«Non credo di avere poi tutte queste qualità… Ho una voce decente e un bel faccino, ma in quanto a cervello siamo messe male, Haruhi».

«Bugiarda. Sappiamo che per avere una carriera come la tua ci vuole intelligenza e integrità, altrimenti il successo ti avrebbe già dato alla testa…» le disse Tamaki «In qualunque caso, vedrai che alla fine avrò ragione io. Puoi scommetterci. Forse non oggi, né domani, ma succederà, perché io l’ho visto da subito che voi due sareste perfetti insieme. Sei l’unica che riesce a rispondergli a tono e che non ha paura di lui appena sveglio».

Rossana lo guardò con un sopracciglio inarcato, scuotendo poi il capo: «Convinto tu…».

I giorni passarono e gli esami anche:  Rossana riuscì a passare in tutto tranne che Giapponese, per il quale dovette assumere un insegnate privato.

Suo padre le aveva trovato un ragazzo dell’università che aveva bisogno di qualche soldo per l’affitto: le lezioni sarebbero iniziate una settimana dopo la fine degli esami, poiché lo stesso ragazzo aveva alcuni impegni scolastici.

Quando Rossana raccontò ad Haruhi, la sua prima vera amica dacché aveva iniziato la carriera di cantante, la novità la ragazza si mise a ridere.

«Sarebbe divertente se Kyoya venisse a saperlo. Sono sicura che morirebbe di gelosia…».

«Ancora con questa storia? Io e Kyoya-san non ci parliamo da più di dieci giorni» le ricordò Rossana.

«Tu non lo vedi, ma io e Tamaki lo abbiamo più volte sorpreso a guardarti…».

«Probabilmente cercava il modo di uccidermi in modo veloce e pulito».

«Come sei tragica».

«Come sei fantasiosa…».

La loro amicizia era strana: si prendevano in giro in continuazione, ma stavano bene.

Quel sabato sera Rossana aveva una festa di compleanno di una parente, la quale compiva ventuno anni e aveva invitato la ragazza in un locale.

Rossana non voleva andare da sola così lo aveva chiesto ad Haruhi e, tramite Tamaki, anche al resto dell’Host Club.

I due gemelli le avevano proposto di farsi vestire – anche la povera Haruhi – dalla loro madre: Rossana aveva accettato per evitare problemi con la famiglia Hitachiin.

 

Quindi quel sabato, Haruhi e Rossana erano a casa Hitachiin: i gemelli avevano obbligato la rossa a vestirsi di argento mentre Haruhi era in azzurro.

La prima indossava un vestito corto, fin troppo a detta della stessa, con spalline sottili e una bella scollatura.

Haruhi invece era riuscita a salvarsi dai due maniaci gemelli e si era messa un vestito azzurro, corto e senza spalline: indossava anche un copri spalle nero come le scarpe.

«Siete fantastiche ~» trillarono i gemelli e la madre in coro.

I due ragazzi indossavano entrambi jeans scuri: Hikaru aveva una maglia nera con delle scritte bianche, mentre Kaoru l’opposto di quella del fratello.

Rossana mandò a memoria chi era chi per evitare problemi durante la serata: sua padre aveva firmato il contratto di collaborazione con la famiglia Hitachiin la sera prima e ora i due gemelli avevano campo libero per prenderla in giro e farle scherzi.

Una volta pronti andarono a recuperare Tamaki, mentre Honey e Mori sarebbero venuti con la loro limousine: Kyoya non aveva ancora detto se sarebbe venuto o meno e il biondo re dell’Host Club continuava a guardare il cellulare.

Proprio mentre l’autista parcheggiava il telefono di Hikaru squillò: videro il ragazzo annuire e dire poche parole prima di appendere.

«Kyoya ci aspetta all’ingresso. Dice che ha una persona da presentarci» disse il ragazzo guardando verso Rossana la quale, dal canto suo, sembrava non aver sentito o non era interessata.

Quando Honey e Mori giunsero al locale, videro che con loro vi era un terzo ragazzo: Kaito era venuto con loro.

«E tu cosa ci fai in giro?».

«Idiota, tua cugina mi conosce da sempre e mi ha invitato. Dato che loro passavano davanti a casa mia, gli ho chiesto un passaggio» avvicinandosi alla rossa le sussurrò «Stasera sei mozzafiato».

Rossana arrossì completamente, blaterando su quanto quel vestito fosse corto e di quanto detestasse i gemelli per averla obbligata ad indossarlo.

Una volta arrivati di fronte all’ingresso videro Kyoya, in compagnia di suo fratello Akito e di due ragazze: uno era sicuramente molto più grande di loro e supposero fosse l’accompagnatrice di Akito, mentre l’altra era palesemente loro coetanea.

Rossana non lo avrebbe mai ammesso – anche se Haruhi l’aveva visto il suo sguardo basso e scuro –, ma la vista di un’altra possibile futura moglie di Kyoya le aveva stretto lo stomaco.

La ragazza, a differenza di Camille, era anche simpatica e solare: si chiamava Kimie Maruyama ed era la figlia di un ricco imprenditore – guarda caso – nel campo medico che operava soprattutto negli Stati Uniti.

Rossana, a differenza che con Camille, si sentì più a suo agio con questa ragazza, fatto che stupì tutti: avevano pensato a un odio al primo sguardo. Persino Kyoya ne era rimasto colpito.

Kaito, sorridendo oltremodo divertito, si avvicinò al ragazzo e, senza farsi sentire gli disse: «Pensavi davvero che Rossana l’avrebbe odiata a priori, senza nemmeno parlarle? La conosci davvero poco, Kyoya. Anche se dovesse essere gelosa, non lo darebbe mai a vedere. Ricordati quello che ti ho detto poco tempo fa: se la ferirai te la farò pagare, in un modo o nell’altro» rinnovò la sua minaccia Kaito.

Qualcuno poteva pensare che il ragazzo esagerava, ma lui c’era stato. Era presente quando Damon aveva piantato Rossana per “la vecchia”, come la chiamava lui.

C’era quando la sua migliore amica, la ragazza di cui era innamorato da tempo, era crollata: aveva pianto per cinque giorni, senza mangiare né dormire.

Il dottore di famiglia l’aveva obbligata a farsi somministrare una flebo per evitare il deperimento e ci aveva messo mesi per tornare, almeno all’apparenza, quella di prima. Aveva anche perso la voce per un certo periodo, per poi recuperarla appieno quando il momento buio era passato.

Kaito lo sapeva che la ferita di Damon era chiusa solo in superficie e non poteva permettere a quell’idiota di un Ootori di riaprila e girarci dentro un coltello.

Una volta entrati nel locale, furono raggiunti dalla cugina di Rossana che con la rossa non c’entrava nulla: era piccola e minuta, con capelli e occhi neri.

Era una cugina da parte di sua madre, quindi puramente Giapponese, dopotutto.

Dopo le presentazioni – Rossana era convinta che sua cugina Mineko avesse uno spiccato interesse per Mori – seguirono la festeggiata nel privè mentre sussurri fin troppo udibili li accompagnavano: ovviamente qualcuno aveva riconosciuto Rossana.

«Rossana-chan non ti secca il fatto che ti riconoscano in continuazione?» le chiese Kimie.

«No, non più di tanto. Ovviamente se esagerano mi da fastidio, ma finché mi riconoscono o mi chiedono un autografo, non mi crea disturbo. Dopotutto senza fans non sarei famosa, no?» replicò la rossa, sentendo che qualcuno richiamava la sua attenzione toccandole la spalla.

Voltandosi vide una ragazza giapponese, più grande di lei che le sorrideva: le chiese un autografo per lei e sua sorella, le fece una foto e tanti complimenti.

Firmò qualche altro foglio di carta, ma poi alcuni della security intervennero, allontanando i ragazzi: Rossana li ringraziò e salì le scale, vedendo che in cima ad esse vi era Kyoya.

Stava guardando in giù verso di lei, con insistenza.

«Posso sapere cos’hai da fissarmi?».

«Nulla. Mi stavo solo chiedendo perché Kaito è convinto che possa ferirti».

«Cosa ti ha detto quell’idiota?».

«Mi ha confessato di essere innamorato di te e mi ha minacciato: se dovessi ferirti in qualche modo me la farebbe pagare».

«Razza di idiota, andare in giro a minacciare la gente… Che stupido» disse la ragazza, guardando sorridente verso Kaito che si divertiva a tenere una fetta di torta lontana da Honey.

«Ne deduco che tu sapessi dei suoi sentimenti».

«Sì, si è confessato quando sono arrivata qui. Ha detto che erano mesi che lo teneva nascosto, ma voleva dirmelo di persona anche se sapeva che non avrei ricambiato. Per me lui è il fratello che non ho mai avuto».

«Non lo stai ferendo in questo modo?».

«È stata una sua scelta rimanermi vicino come amico, non l’ho obbligato. Ora se permetti me ne vado dagli altri, non dovremmo nemmeno parlarci, se non ricordo male».

«Io ti avevo chiesto di prendere le distanze, non di fingere che non esistessi».

«Abituati. Perché questo è il mio modo per prendere le distanze da te» gli rispose Rossana, senza accorgersi che Kimie li stava ascoltando, capendo che tra il suo possibile fidanzato e la cantante ci fossero molte cose non dette.

 

Buonasera cari lettori e lettrici, se c’è qualcuno s’intende! XD. Ringrazio chi segue e recensisce questa storia, vi aspetto, mi raccomando!

Lena

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Capitolo 13
*** Capitolo XIII ***


Capitolo XIII


La serata fu divertente anche se Tamaki bevve per sbaglio un alcolico e, da astemio, si ubriacò in un attimo, finendo col confessare ad Haruhi si essere attratto da lei e baciarla.

La ragazza era rimasta pietrificata in mezzo a tutti e solo l’intervento di Rossana l’aveva svegliata dalla trance: aveva trascinato Haruhi, con Kimie alle costole, in bagno e l’aveva scossa per farla riprendere.

«Tamaki-senpai… Cosa? Non capisco» riuscì a dire la brunetta, facendo ridere Rossana.

«Haruhi, mi pare ovvio che Tamaki sia innamorato di te… So che si è confessato da ubriaco, ma come si dice in vino veritas».

«Non so cosa pensare…».

«Prima dobbiamo capire se domani quell’idiota si ricorderà quello che ha detto o fatto… Poi deciderai, ok? » le disse Rossana, pensando che se Tamaki non se ne fosse ricordato glielo avrebbe rimembrato a calci nel sedere.

Ritornarono quindi alla festa, notando che Tamaki era sparito: Kyoya aveva chiamato i suoi scagnozzi, i quali lo avevano prelevato e portato a casa.

Ormai la serata era al termine, quando Mineko chiese a sua cugina di cantarle qualcosa.

Dopo aver scelto la canzone e averla cantata, seguita dal coro dei presenti nel locale, Rossana e gli altri se ne andarono.

Trovarono le limousine ad attenderli, ma videro che Kyoya e Akito salutavano le due ragazze, le quali salirono su una limousine bianca: capirono solo in quel momento che erano sorelle.

I due Ootori si avvicinarono al resto del gruppo e Kyoya, ancora una volta, vide che suo fratello maggiore fissava Rossana la quale si lamentava delle scarpe.

«Nii-san puoi smetterla di fissarla in quel modo? Sembri un maniaco».

«E tu sembri geloso, fratellino. La fisso quanto mi pare, perché è un gran bel vedere. Se non fosse troppo piccola per me, chiederei a nostro padre di farla diventare la mia fidanzata».

«Stai scherzando? Un matrimonio con lei non porterebbe alcun beneficio alla nostra famiglia».

«Io non sono Yuuchi o te. Voglio una moglie che almeno mi sia simpatica e sia di bell’aspetto. E Rossana sarebbe perfetta se avesse qualche anno in più. Non hai mai pensato di prendertela tu? Diventerà un donna molto attraente, lo vedo».

«Ora sei sensitivo? E comunque non mi interessa minimamente».

«Ah, meglio per te. Ho sentito che suo padre vuole farle sposare quel Kaito e sembra che i due vadano d’accordo. Lei non è innamorata di lui, almeno non ancora, ma lui lo è palesemente».

«Chi ti ha dato quest’informazione? Non ne sapevo nulla».

«Non sai sempre tutto, fratellino. Io so invece che quella ragazza ti incuriosisce e, fossi in te, approfondirei la sua conoscenza. Potrebbe rivelarsi ancora più interessante…» gli disse Akito prima di salutarlo e salire sulla limousine che lo avrebbe portato a casa.

Kyoya, invece, doveva andare da Tamaki poiché il biondo voleva passare un po’ di tempo con il suo amico: il moro sapeva che l’idiota doveva dirgli qualcosa e così aveva accettato. Ora non sapeva se fosse il caso di andare dall’amico poiché era stato portato via ubriaco. Come se gli avesse letto nel pensiero a distanza, ricevette un messaggio dal diretto interessato:

Sono sano. Non azzardarti a darmi buca. Ti aspetto a casa, mon ami.

Salì quindi sulla limousine, sedendosi al fianco di un’ancora sconvolta Haruhi, mentre Rossana, dandogli la perfetta visuale delle sue gambe, era seduta di fronte a lui.

L’autista scaricò prima la castana e poi si diresse verso casa Tamaki: la limousine era di Rossana, poiché quella del biondo lo aveva portato a casa per fargli smaltire la sbornia.

Nessuno dei due fiatava e la tensione poteva tagliarsi con il coltello, quando il silenzio fu rotto dall’autista:

«Signorini, vi avviso che c’è un po’ di traffico. C’è stato un incidente poco lontano».

«Non c’è problema, grazie» rispose Rossana «Avvisa l’idiota o comincerà a delirare su una tua possibile morte» aggiunse rivolgendosi a Kyoya,il quale aveva già pensato a quell’eventualità.

Non preoccuparti amico mio. So che sei in buona compagnia.

«Non è divertente, Tamaki».

«Mh? Cosa hai detto?».

«Ho la strana sensazione che tutto questo sia stato organizzato da Tamaki».

«In che senso?».

«Credo che abbia finto di essere ubriaco per inscenare l’incidente e far si che rimanessi tu ed io. Da soli».

Rossana ponderò sull’ipotesi di Kyoya e poi esclamò: «Quell’infame! Ha fatto tutto di proposito! Ha addirittura confessato i suoi sentimenti ad Haruhi per essere più credibile».

«Verrà punito per questo».

«Ancora non ha capito che tra di noi non può esserci nulla?».

«A quanto pare ha bisogno di un pugno per capirlo».

Rossana si voltò verso il vetro che li divideva dall’autista, con l’intento di bussare e richiamare la sua attenzione, quando una brusca frenata la fece sbalzare in avanti, direttamente addosso all’altro occupante.

Rimasero fermi immobili per qualche secondo, a pochi centimetri uno dall’altra e, forse, qualcosa sarebbe successo se l’autista non avesse abbassato il finestrino per chiedere come stavano: un pirata gli aveva tagliato la strada, obbligandolo a inchiodare.

«Senti io ho fame. Dato che sulla strada c’è un McDrive ho intenzione di fermarmi a prendere qualcosa. Tanto siamo in coda e una fermata di dieci minuti non cambierebbe nulla» gli disse Rossana, vedendo che Kyoya annuiva semplicemente.

Mentre dava ordine all’autista, Kyoya le diede una lunga occhiata, iniziando a pensare che forse suo fratello Akito non avesse tutti i torti: il vestito che quelle due pesti dei gemelli avevano scelto lasciava ben poco di non visibile.

Le gambe erano in bella mostra così come le braccia e l’abbondante decolleté. Inoltre il vestito fasciava il resto del corpo, obbligando Kyoya a distogliere lo sguardo.

È sexy, ammettilo a te stesso. Se non pensassi alle conseguenze le salteresti addosso da bravo sedicenne in preda agli ormoni.

Ed eccola che tornava, dopo settimane, a farsi sentire la voce della pazzia che si era sviluppata proprio a causa di Rossana.

Quando la ragazza gli porse il sacchetto del McDonald, Kyoya la guardò confuso: non aveva chiesto nulla da mangiare.

«Non fare quella faccia. Mangia e senti com’è buono. Poco sano, ma gustoso» gli disse addentando il suo panino e causando una fuori uscita di ketchup da lato opposto a quello del morso. La salsa le imbrattò prima il mento e poi, come se volesse segnalare a Kyoya cosa ci fosse poco più in basso, gocciolò sul petto.

Rossana divenne rossa quando Kyoya le pulì il mento e le porse poi il fazzoletto, indicandole che si era sporcata anche in altro posto.

«Mi succede sempre. Mordo il panino troppo forte e mi sporco» disse la ragazza presa a pulirsi la macchia «Per fortuna che il vestito è scollato, altrimenti…»

Non riuscì a finire la frase perché Kyoya le aveva tolto di mano il panino, il sacchetto con la bibita e le patatine ed ora la fissava a pochi centimetri di distanza.

«Rossana, se non la finisci di attirare la mia attenzione su certe parti del tuo corpo potrebbe finire male» le disse senza peli sulla lingua.

«Mi stai dicendo che mi salteresti addosso, Kyoya-kun?» gli disse, scandendo il nome del ragazzo lentamente e sorridendogli furba.

«Non giocare con me, Rossana. Sai che perderesti».

«Probabile, ma mi piace rischiare» gli disse, avvicinandosi ancora un po’ al ragazzo.

Fallo, razza di idiota. Baciala e falla tacere una buona volta. Falle vedere chi comanda.

Ma non lo fece: si limitò a ghignare ed allontanarsi da lei, lasciandola delusa.

Non poteva permettersi nessun colpo di testa: il suo obbiettivo era superare i fratelli e riuscire ad avere il comando degli affari di famiglia e una come Rossana avrebbe portato solo distrazioni e problemi.

Scese dalla limousine, accennando un minimo saluto alla rossa e, accolto dal maggiordomo, varcò la soglia di casa Suou e trovò il suo amico ad attenderlo nel salotto.

Tamaki si alzò, gongolante, e una volta vicino all’amico gli sorrise apertamente:

«Allora com’è andato il viaggio? Interessante?».

«So che hai organizzato tutto per farmi avvicinare a Rossana, ma non ha funzionato e non funzionerà, Tamaki. Non ho intenzione di farmi distrarre da niente e da nessuno. Accetterò il matrimonio combinato con Kimie-san. Fine della questione» disse Kyoya, senza lasciar possibilità di replica al suo migliore amico che lo guardava affranto.

«Mi dispiace per te, mon ami. Così non sarai mai felice, ma se è una tua scelta, per quanto la ritenga sbagliata, l’accetterò. Mi dispiace per Rossana: sono convinto che sia seriamente interessata a te» .

«Io non credo. Penso la veda di più come una sfida. Sa che è impossibile farmi innamorare di lei e dato che le piace vincere ci prova in tutti i modi».

«Sicuro che sia impossibile innamorarsi di lei?».

«Per me sì. Forse potrebbe esserci un po’ di attrazione fisica perché, inutile negarlo, è carina, ma nient’altro».

«E se ti dicessi che suo padre vuole farla sposare con Kaito-kun?».

«Non accetterà».

«E se lo facesse?».

«Mi congratulerei con loro» rispose secco Kyoya senza, come al solito, far trasparire nessuna emozione.

«Spero che le tue scelte attuali non rovinino la tua felicità futura né quella di Rossana né quella di Kimie-hime» disse Tamaki prima di alzarsi e condurre l’amico verso la camera dove avrebbe dormito.

Tamaki rimase sveglio un po’ a pensare al suo amico: sapeva che Kyoya aveva obbiettivi ambiziosi, ma non pensava che li avrebbe posti dinnanzi alla sua felicità.

Perché non sapeva come mai, ma era certo che con Rossana il suo migliore amico sarebbe stato felice: quella ragazza era una continua sfida ed era una persona del genere che andava bene per Kyoya.

Kimie-hime era dolce e gentile, ma a parte benefici per gli affari, non ne avrebbe dato alcuno al suo amico.

In qualunque caso sapeva che se Kyoya prendeva una decisione era difficile fargli cambiare idea e non aveva intenzione di far soffrire Rossana: sperava solamente che la ragazza rifiutasse il matrimonio con Kaito.

 

 

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Capitolo 14
*** Capitolo XIV ***


Capitolo XIV

 

La mattina della domenica vide Rossana alzarsi intorno alle dieci: trovò sei messaggi, uno per ogni membro dell’Host Club, Kyoya escluso, che la invitavano a passare il pomeriggio con loro. Non sapeva se accettare o meno, soprattutto perché una sua eventuale presenza avrebbe attirato troppe attenzioni.

Rispose a tutti i messaggi, spiegando le sue preoccupazioni, ma Tamaki le propose una soluzione fattibile: avrebbe potuto indossare una parrucca così da nascondere i suoi capelli fuori dal comune.

Si ritrovò ancora a casa dei gemelli i quali le diedero una parrucca nera, lunga e riccia: ci misero un po’ a nascondere i capelli di Rossana ma alla fine il risultato fu perfetto.

Con i capelli scuri sembrava un’altra persona e poteva uscire tranquillamente con i suoi nuovi amici.

Andarono tutti insieme, senza Kyoya impegnato in qualcosa di importante, al centro commerciale a prendere un the dove Honey divorò tre torte completamente da solo sotto gli occhi attoniti dei camerieri e poi al parco fino al tramonto.

«Ehi ragazzi, che ne dite di andare a cena da qualche parte? Potrei chiedere anche a Kyoya. A quest’ora sarà libero, penso» propose Tamaki, mentre gli altri acconsentivano.

Mandò un messaggio all’amico, il quale accettò di buon grado l’invito e informò Tamaki che avrebbe portato anche Kimie.

Si misero quindi alla ricerca di un ristorante carino nei dintorni dove venissero servite pietanze locali e ne trovarono uno su consiglio di Haruhi: non era un luogo né famoso né elegante, ma piacque a tutti.

«Voi credete che qui possa togliermi la parrucca? Mi prude tantissimo!».

Il gruppo si guardò intorno notando che erano gli unici adolescenti presenti: infatti il resto dei commensali erano per lo più famiglie o coppie abbastanza grandi che, anche se l’avessero riconosciuta, non si sarebbero comportati in modo sconsiderato.

Così Rossana andò al bagno e con l’aiuto di Haruhi si tolse la parrucca e l’impalcatura al di sotto che serviva a tenere a bada i suoi capelli naturali.

«Che liberazione! Mi sento fresca e leggera senza quella cosa sulla testa» disse Rossana, riponendo con cura la parrucca in un sacchetto e mettendola nella borsa.

«Mi sarebbe piaciuto che Kyoya-senpai ti vedesse con i capelli scuri: scommetto che la sua faccia sarebbe stata esilarante».

«Non ti preoccupare, sono convinta che i gemelli mi abbiano fatto delle foto e le mostreranno sicuramente a Kyoya» rispose Rossana che cercava di dare una forma decente ai capelli.

«Rossana a te piace Kyoya-senpai?» le chiese Haruhi dal nulla, facendo sobbalzare la rossa.

«Anche se fosse, non credo abbia ancora importanza. Kyoya, come mi ha detto Tamaki, accetterà il matrimonio combinato con Kimie-san e io non ho intenzione di mettermi in mezzo. Non avrebbe senso, dato che da parte di Kyoya non c’è alcun interesse verso di me» spiegò Rossana, ammettendo tra le righe che il ragazzo con gli occhiali le piaceva.

«Mi dispiace Rossana. Ero convinta che si sarebbe interessato a te, prima o poi, ma a quanto pare sono più importati gli affari e i benefici per lui».

«Non c’è problema Haruhi. A breve tutto questo finirà» disse Rossana più a se stessa, lasciando Haruhi perplessa circa le sue parole.

Sapeva che la sua nuova amica nascondeva qualcosa, ma non riusciva a percepire cosa fosse. Aveva capito che Kyoya, alla fine, era il vincitore della scommessa, perché Rossana si era, suo malgrado, presa una cotta per lui.

Ritornarono dagli altri, vedendo che anche Kyoya e Kimie li avevano raggiunti: la ragazza era seduta di fianco al suo fidanzato e si tenevano per mano.

Rossana respirò profondamente e deglutì un paio di volte prima di raggiungere il gruppo: vide Kaoru lanciarle uno sguardo rattristato, mentre Tamaki chiacchierava con Kimie fingendo che tutto andasse per il meglio.

Nonostante tutto Rossana si divertì quella sera: Kaoru le insegnò come usare le bacchette in modo corretto, dato che lei infilzava il sushi anziché prenderlo.

I due gemelli erano delle pesti, ma entrambi si rivelarono dei veri amici per la rossa che rideva e scherzava con loro, litigandoci quando uno dei due le rubava qualcosa dal piatto.

«Ehi Kaoru, finiscila di fregarmi gli uramaki!  Sono buoni e voglio mangiarli io!».

«Ma piacciono anche a me, Sana-chan! E i miei sono finiti» le disse ridendo e fregandole un altro uramaki.

«Potrei picchiarti con le bacchette…» lo minacciò la ragazza, ma il gemello le sorrise sornione e rispose, con i suoi modi da Host.

«Ma io sono da baciare, non da picchiare».

«Finiscila di usare le tue subdole tecniche di Host, non funzionano».

«Neh Sana-chan. Un pomeriggio vorresti uscire con me?» le chiese Kaoru a sorpresa, facendo bloccare tutto il gruppo con le bacchette a mezz’aria.

«Kaoru… C’era qualcosa di strano nell’uramaki che hai mangiato?».

«No, sono serio, Sana-chan. Non ti ho chiesto di sposarmi, ma di uscire con me una volta».

La rossa lo guardò per un attimo e poi sorridendo gli disse, facendo strozzare Tamaki con un pezzo di sushi: «D’accordo! Fammi sapere quando sei libero».

Il gruppo lanciò poi uno sguardo veloce a Kyoya, il quale era rimasto in silenzio e aveva continuato a mangiare: tutti però videro uno strano bagliore nei suoi occhiali.

 

Rossana tornò a casa a piedi in compagnia dei gemelli, poiché la loro non era poi così lontana. Una volta salutata la ragazza i due fratelli si diressero verso casa: aveva ragione Haruhi nel dire che, a volte, era meglio camminare un po’ anziché usare sempre l’auto.

«Non pensavo l’avresti fatto sul serio, Kaoru».

«Devi smetterla di sottovalutarmi, Hikaru. A me Rossana piace e, visto che Kyoya-senpai si è fatto indietro, ho pensato fosse ora di chiederle di uscire».

«Sei consapevole che a lei piace Kyoya-senpai, vero?»

«Per ora. Vedrò di farle cambiare idea» rispose sicuro Kaoru, mentre suo fratello sospirava: sapeva che sarebbe successo qualcosa di grosso.

 

La mattina successiva Rossana stava salendo i gradini che conducevano all’aula di fisica quando una voce conosciuta la chiamò.

Kaoru l’aveva raggiunta di corsa e le chiese se potevano vedersi quel pomeriggio stesso dato che, a causa di alcuni impegni di Kyoya e Mori, l’Host Club era chiuso.

«Va bene, tanto le lezioni con il mio nuovo tutor iniziano domani. Ci vediamo alla fine delle lezioni all’ingresso principale, ok?».

«D’accordo, a dopo Sana-chan».

«Kaoru, puoi chiamarmi Rossana» gli rispose la ragazza, sorridendogli

«Ah, ok…» riuscì ad articolare il gemello, arrossendo completamente.

Quando Rossana varcò la soglia dell’aula vide che alcune ragazze la fissavano: probabilmente avevano sentito lei e Kaoru parlare e, dato che alcune di loro erano ospiti regolari dei gemelli, ne erano gelose.

Si sedette, sovrappensiero, di fianco a Kyoya il quale le rivolse la parola:

«Non pensavo avessi un qualche interesse per Kaoru».

«Non pensavo fossero affari tuoi» rispose acida la rossa.

«Non credo sia adatto a te, sinceramente».

«Sai una cosa, Kyoya? sembri quasi geloso...»

«Nei tuoi sogni…».

«In quelli succede ben altro, fidati» rispose la ragazza, facendo imbarazzare Kyoya, il quale decise di tacere e riprendere a scrivere sul suo notebook «Non fare quella faccia, non ho detto che fossero sogni su di te…»

Tamaki aveva ascoltato tutto il discorso e tratteneva a stento le risate: come aveva sempre pensato quella ragazza era una delle poche, o forse l’unica sulla terra, che riusciva a far tacere Kyoya Ootori.

 

Dopo la prima uscita tra Kaoru e Rossana ve ne furono altre, tanto che a scuola si vociferava che i due stessero insieme.

Kyoya invece aveva continuato a fingere totale disinteresse verso la ragazza dai capelli rossi e usciva regolarmente con Kimie: era capitato un paio di volte di incontrare Kaoru e Rossana, ma si era sempre rifiutato di andare a salutarli come invece suggeriva la sua nuova fidanzata.

Era ormai febbraio quando Rossana convocò tutto l’Host Club: doveva dar loro una notizia importante.

Quando entrarono nell’aula dove intrattenevano le ospiti capirono, dalla faccia cupa di Kaoru e Hikaru, che la notizia non era bella.

«Vi ho convocati qui perché voglio che siate i primi a saperlo. Kaoru è stato il primo a venirne a conoscenza e non l’ha presa particolarmente bene… Comunque vi informo che alla fine di quest’anno scolastico me ne andrò» spiegò la ragazza, facendo scendere il silenzio, prima che Honey e Tamaki scoppiassero a piangere supplicandola di restare.

«Non posso proprio rimanere. Sono stata accettata alla BRIT School, la stessa frequentata da Adele quando aveva all’incirca la mia età e non posso rifiutare. Lì mi insegneranno come migliorarmi. Mi dispiace tanto lasciarvi, ragazzi» aggiunse la rossa, iniziando a piangere. Tamaki e Honey le si lanciarono contro abbracciandola e piangendo con lei, mentre Mori, i due gemelli ed Haruhi rimasero indietro rattristati dalla notizia.

Kyoya, anche se dall’esterno non lo diede minimamente a vedere, rimase profondamente turbato dalla notizia: la sua vocina interiore, con la quale aveva ormai imparato a convivere, gli aveva intimato di fermarla, di non lasciarla andare perché non l’avrebbe rivista mai più, ma il ragazzo aveva rinchiuso la voce nei meandri della sua testa, pensando che se Rossana se ne fosse andata sarebbe stato meglio per lui.

Nessun rimpianto e nessuna distrazione senza lei in giro con i suoi capelli rossi e il sorriso furbo.

 

 

 

 

Nda: mi scuso per la mia assenza e il ritardo, ma il pc mi ha abbandonato (Ho rotto lo schermo XD). Spero che le mie affezionate lettrici e coloro che lasciano le recensioni ci siano ancora!

Alla prossima!

Lena

 

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Capitolo 15
*** Capitolo XV ***


Capitolo XV

 

Le scuole in Giappone terminavano il mese di Aprile e, come sempre, il tempo volò: durante i due mesi scarsi rimasti da passare con l’Host Club, Rossana si divertì molto e, grazie al suo nuovo tutor, era anche riuscita a passare l’esame di giapponese.

I ragazzi ed Haruhi le fecero capire quanto sarebbe mancata loro: si sentì per la prima volta parte di un vero gruppo, dove nessuno aveva secondi fini, a parte Kaoru che durante uno dei loro appuntamenti le aveva confessato i suoi sentimenti.

La ragazza aveva rifiutato, doveva farlo, perché non sentiva altro che amicizia per lui e gli altri: Kaoru aveva ammesso di saperlo fin dall’inizio, ma voleva comunque tentare.

La loro amicizia era continuata, ma vi era una nota stonata che prima era assente.

Il tasto dolente di Rossana era Kyoya: lo vedeva solo in classe, poiché era presa dai preparativi per il trasferimento, mentre lui era impegnato con Kimie.

Rossana, suo malgrado, doveva ammettere che Kyoya sembrava serio nei confronti della ragazza e lei non era male: non era perfida come Camille, ma gentile e affabile con tutti.

Mancava una settimana alla sua partenza per l’Inghilterra quando, una sera, suonò il campanello di casa: era da sola con la servitù, poiché suo padre era partito per un viaggio in America, e quando si trovò davanti Kyoya rimase bloccata all’ingresso.

«Hai intenzione di farmi stare qui davanti alla porta ancora un po’? E poi perché apri tu quando hai un maggiordomo?».

«Perché il maggiordomo sta cenando e non ho intenzione di rompergli le scatole mentre si prende un po’ di meritato riposo. Entra» gli disse, facendolo accomodare in salotto.

Una delle cameriere si avvicinò loro chiedendo cosa volessero da bere e, una volta scoperto, si allontanò.

«Posso sapere a cosa devo la tua visita?».

«Devo consegnare delle carte a tuo padre da parte del mio».

«Mi dispiace informarti che non è in casa. Non è in Giappone a dir la verità e tornerà settimana prossima, ma sono sicura che tu lo sapevi. Sai sempre tutto»

Kyoya si limitò a ghignare: «Sei più sveglia di quanto dimostri, Rossana».

«Sei più stronzo di quanto sembri, Kyoya».

«Sempre la risposta pronta, vedo»..

«Sempre a comportarti in modo strano, vedo. Perché sei qui?».

«Perché te ne vai?» le chiese lui ad un tratto, facendola tacere.

«Mi pare di essere stata chiara: mi hanno accettata in una scuola dove potrò coltivare il mio talento e la mia passione. Non potevo rifiutare».

«È solo quello il motivo? Non stai scappando?» le chiese, vedendo che la ragazza impallidiva.

«Non credo siano affari tuoi, Kyoya».

«Tu stai scappando… Da me…» le disse convinto, facendola bloccare.

«Anche se fosse? Sei venuto per capire se hai vinto la scommessa? Ormai è tardi. Non rimarrò altri due mesi per farti da schiava, Kyoya».

«Quindi stai ammettendo che sei innamorata di me?».

«No, ho solo un certo interesse nei tuoi confronti, contento? Me ne vado per non vederti più, soddisfatto?» gli gridò contro Rossana, vedendo che Kyoya non sorrideva tronfio come si era aspettata, ma aveva lo sguardo fisso su di lei.

«Non volevo che questo succedesse, ma mi pare che scappare sia eccessivo».

«Ho solo colto l’occasione. Se non fossi stata ammessa a quella scuola, sarei rimasta. Non avrei mai detto a mio padre che volevo andarmene perché il più piccolo degli Ootori non mi voleva. Sai che tuo padre gli aveva proposto di combinare un matrimonio tra di noi?».

«Cosa?» .

«Sì. Dato che tu sei il terzogenito tra i maschi, andava bene anche una futura erede in un campo che non fosse medico. Comunque ho rifiutato. Non volevo costringerti ad avermi vicina. Ora se vuoi lasciare le carte, le consegnerò a mio padre quando rientra, oppure puoi portargliele tu una volta che sarò partita. Ti prego di andartene. Non ho nient’altro da dirti e non voglio più vederti» gli disse, vedendo che Kyoya lasciava le carte sul tavolino e se ne andava, accennando ad un inchino.

Rossana guardò fuori dalla finestra e, anche se era buio riuscì a vedere che in macchina con Kyoya vi era anche Kimie e sorrise: era solo venuto a vedere se aveva vinto la scommessa, dopo tutto.

 

La partenza di Rossana arrivò presto: tutto l’Host Club, Kyoya escluso per ovvi motivi, l’accompagnò all’aeroporto di Narita, lo stesso nel quale era arrivata poco tempo prima.

«Ci mancherai Sana-chan! Era bello sentirti canticchiare quando il club era chiuso. Mi conciliava il sonno» le disse Honey con gli occhi pieni di lacrime.

Tamaki era scoppiato a piangere sulla spalla di Haruhi, la quale gli dava dei leggeri colpi sulla testa per consolarlo: del famoso sabato sera in cui Tamaki aveva finto la sbronza nessuno dei due ne aveva più parlato. Ovviamente Haruhi non sapeva che il senpai aveva finto di essere ubriaco ed era convinta che il ragazzo non ricordasse nulla, quindi quando Rossana abbracciò forte il biondo gli sussurrò:

«Sistema le cose con Haruhi, Baka-tono. Tra di voi andrà bene» gli disse, ricevendo un sorriso incerto e tanto imbarazzo dal biondo.

Dopo aver salutato tutti, Rossana si guardò intorno e, nonostante sapesse che era sicuramente frutto della sua fantasia, era convinta di aver visto Kyoya che li osservava da lontano.

 

Quando la rossa ebbe attraversato il check-in e l’imbarco i ragazzi si voltarono per andarsene: rimase indietro solo Tamaki.

«Kyoya, puoi uscire ora» disse apparentemente al vuoto il ragazzo.

«Come sapevi che ero qui?».

«Perché ti conosco e so che ti pentirai per la scelta che hai fatto» gli disse Tamaki, dandogli una pacca sulla spalla e andandosene, lasciando l’amico a guardare gli aerei partire, uno dei quali trasportava Rossana.

 

*

Il tempo passò ed erano ormai sei mesi che Rossana era partita, quando l’Host Club scoprì che Mori, diplomatosi l’aprile in cui la ragazza se n’era andata, si era fidanzato niente di meno che con la cugina della loro amica: nessuno sapeva che i due si vedevano da un po’ di tempo, a parte Honey che aveva mantenuto il riserbo su richiesta di Mori.

Entrambi si facevano vedere spesso all’Host Club, nonostante fossero degli studenti universitari e chiedevano ad Haruhi notizie su Rossana.

La rossa era molto impegnata tra scuola, dove le avevano esplicitamente detto che poco importava chi fosse poiché lì era una come le altre, e concerti vari. Il poco tempo libero che aveva le permetteva di rimanere in contatto solo con Haruhi e con Kaito, ovviamente.

Il ragazzo nel frattempo aveva iniziato a frequentare un’università di Tokyo ed usciva con una ragazza in modo frequente: aveva lasciato alla spalle il suo amore per Rossana, alla fine.

La rossa nel frattempo studiava canto, ballo, recitazione e nel frattempo, oltre a mantenere i contatti con i suoi amici in Giappone, scriveva anche canzoni.

Ne aveva ormai sei all’attivo, ma per far uscire un album ne servivano almeno dodici e quindi la strada era ancora lunga. In segreto aveva chiesto a Tamaki di aiutarla per le parti di musica e il biondo si era rivelato un ottimo collaboratore, tanto che Rossana aveva pensato di metterlo tra gli autori delle canzoni che aveva scritto.

Il biondo le aveva anche chiesto se alcune di quelle canzoni non parlassero un pochino anche di Kyoya, ma lei aveva sempre negato: ovviamente mentiva, e lo sapevano entrambi, ma era meglio continuare a fingere che andasse tutto bene.

Prima o poi il tempo avrebbe fatto il suo corso, facendo dimenticare a Rossana i suoi sentimenti per Kyoya.

 

E il tempo passò. Rossana si diplomò nel suo diciottesimo anno di età con tanto di lode da parte di alcuni docenti e poi si mise d’impegno per scrivere altre canzoni.

I contatti con l’Host Club, due anni dopo la sua partenza, si erano mantenuti anche se un po’meno frequenti: Tamaki era stato accettato da sua nonna come il futuro erede dell’impero Suou e il biondo si era finalmente confessato, con tutti i crismi, ad Haruhi, la quale era stata contenta di accettare e ricambiare.

Hikaru e Kaoru erano tornati in patria dopo un viaggio studio di un anno a Parigi e Milano, le capitali della moda, ed erano entrati a far parte del business della madre.

Takashi era l’unico che si era già sposato. Rossana non era potuta presenziare al matrimonio perché cadeva durante gli esami di fine anno, ma aveva mandato loro i suoi auguri e un regalo.

Aveva anche ammesso a se stessa che probabilmente non sarebbe andata nemmeno se fosse stata libera: non ce la faceva a rivedere tutti i suoi amici, soprattutto Kyoya, ovviamente.

Sapeva, da alcuni giornali, che il ragazzo non solo era diventato il capo assoluto dell’Ootori Group, ma lo aveva salvato dalla banca rotta, acquistandolo e facendo diventare suo padre un suo sottoposto, tutto questo a soli diciannove anni.

Era a conoscenza del fatto che si vociferasse di un prossimo matrimonio di Kyoya con Kimie, me evitava accuratamente di leggere gli articoli che parlavano di quella storia.

Aveva mentito a tutti dicendo che ormai Kyoya era parte del passato, perché ci pensava  ancora quando aveva del tempo libero. Per questo si teneva costantemente impegnata.

 

L’album che aveva iniziato a comporre ormai due anni prima, vide la luce poco dopo il suo ventunesimo compleanno.

Il primo singolo fu un successo mondiale che catapultò Rossana ai vertici delle classifiche di tutto il mondo, compresa quella giapponese: il primo a vedere il nuovo video di Rossana fu Hikaru che con una raffica di messaggi, obbligò il resto dei suoi amici a vedere il video, Kyoya compreso, nonostante la considerasse una perdita di tempo. Non vedeva né sentiva Rossana da quasi quattro anni e si guardava bene dal chiedere qualsiasi informazione ai suoi amici con i quali si incontrava molto poco: Tamaki ogni tanto sparava qualche notizia a caso, perché sapeva che in fin dei conti al suo amico interessava sapere come stava la ragazza.

Quando accese la televisione sul canale indicato da Hikaru, vide che la ragazza era in splendida forma: i capelli erano cresciuti, il viso era maturato perdendo i tratti da bambina che aveva quando si erano conosciuti, così come il corpo.

Ora sembrava una donna a tutti gli effetti. Una bella donna, come aveva predetto suo fratello Akito a quella festa di tanto tempo prima.

Mentre ascoltava Rossana parlare con un giornalista, suo fratello entrò nello studio con l’intento di avvisarlo proprio dell’apparizione della ragazza.

«Vedo che sei già stato avvisato. Come ti avevo detto è diventata una donna magnifica, vero?».

«È ancora presto per definirla donna. È una ragazza matura».

«Ha la tua età, Kyoya. Ha fatto un cd con dodici successi ed è una delle ventenni più ricche del globo».

«Anche io».

«Ma lei sembra contenta, mentre tu mi pare sia tormentato dai rimorsi ora che hai visto cosa ti sei lasciato scappare» gli disse Akito, ricevendo uno sguardo raggelante.

Suo fratello minore era diventato ancora più freddo e scostante dopo aver preso le redini dell’azienda: aveva anche fatto crescere i capelli ed ora li portava legati in una coda bassa con dei ciuffi che gli coprivano il viso.

Il suo look un po’ alternativo e il suo innegabile fascino aveva fatto colpo nel mondo della finanza ed ora era ritenuto uno degli uomini d’affari più sexy.

Se i giornali avessero saputo che da poco era anche tornato single, sarebbe diventato lo scapolo d’oro.

Perché Kyoya Ootori non era più fidanzato con Kimie: la ragazza stufa dei suoi comportamenti freddi e scostanti, associati alle sue innumerevoli scappatelle con segretarie, modelle e altre donne, lo aveva piantato, annullando il contratto matrimoniale stipulato tre anni prima.

Ora che era il vero capo del’Ootori Medical Company, Kyoya era il solo padrone della sua vita e aveva deciso di restarsene da solo.

«Sai penso che quella canzone sia un po’ ispirata da te, Kyoya» gli disse Akito, mentre la voce di Rossana echeggiava nell’ufficio:

Making my way downtown 
Walking fast 
Faces passed 
And I'm home bound 

Staring blankly ahead 
Just making my way 
Making my way 
Through the crowd 

And I need you 
And I miss you 
And now I wonder.... 

If I could fall 
Into the sky 
Do you think time 
Would pass me by 
'Cause you know I'd walk 
A thousand miles 
If I could 
Just see you 
Tonight 

It's always times like these 
When I think of you 
And I wonder 
If you ever 
Think of me 



«Non dire assurdità, Akito» rispose Kyoya continuando a guardare il video.

«Non smetterò mai di dire che se non fosse stata per la differenza di età ora sarei sposato con lei, ma non dirlo a mia moglie o mi ucciderà» confessò Akito, guardando il video con il fratello che, dal canto suo, stava zitto.

Una volta finito il video tornarono a parlare con Rossana, la quale annunciò il suo nuovo tour mondiale che avrebbe toccato anche il Giappone.

Appena spense la televisione, ad intervista finita, il suo cellulare squillò: Tamaki doveva avere qualcosa di importante da dire se lo disturbava in ufficio.

«Mon ami! Grandi notizie! La nostra Rossana-hime tornerà in Giappone! Ci ha spedito i biglietti del concerto di Tokyo in anteprima assoluta e ce ne sono due in più. Uno per te e uno per Kimie, dato che lei non sa che vi siete lasciati».

«Non credo avrò il tempo di venire ad un concerto» disse Kyoya, sentendo il telefono venirgli tolto dalle mani.

«Verrà, Tamaki. Ce lo porterò io se necessario. Ha bisogno di distrarsi e poi è tra due mesi» dopo averlo salutato Akito riappese e si ritrovò a fissare il volto furibondo del fratello.

«Non guardarmi così. Sono tuo fratello maggiore e anche un medico, quindi so che hai bisogno di distrarti un po’. Andrai a quel concerto. Qui ci penseremo io, Yuuchi e Otōsan».

«Non vedo perché, per distrarmi, dovrei andare ad un concerto».

«Forse perché, dalla tua cronologia di Internet so che hai seguito gli spostamenti di Rossana e che hai scaricato ogni singola canzone da ITunes?».

«Piantala di frugare nel mio pc!».

«Oh, avanti Kyoya! Hai anche una sua foto di quando era qui sul cellulare! E so che guardi il video che avete fatto insieme almeno una volta al giorno! Sei fissato con quella ragazza! Lo sei sempre stato ed è per quello che tratti tutti con freddezza!».

«Tenevo solo d’occhio i suoi spostamenti per sapere quando sarebbe tornata in Giappone e non farmi vedere. È stata lei a chiedermi di non farmi sentire ne vedere mai più, ricordi?».

«Forse ha deciso di lasciarsi quelle parole alle spalle se ti ha invitato al concerto, non credi?».

«Va fuori, Akito» ordinò al fratello, il quale sospirò ed ubbidì.

Kyoya rimasto solo si mise a guardare la skyline di Tokyo, si perse nei suoi pensieri.

«Cosa succederà quando ci rincontreremo Rossana Crowe?» disse all’ufficio vuoto.

 

 

 

Il testo della canzone è di "A thousand Miles" di Vanessa Carlton

 

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Capitolo 16
*** Capitolo XVI ***


Capitolo XVI

 

Rossana, mentre i suoi amici in Giappone festeggiavano il suo prossimo ritorno, si trovava in una albergo di New York, dove aveva alloggiato in vista del suo concerto che, come aveva sperato, era andato alla grande.

I suoi fan erano pieni di affetto nei suoi confronti e si sentiva appagata, ma ovviamente il suo pensiero andava al concerto di Tokyo: mancavano ancora due mesi alla data ed era già tesa. Il dover rivedere i suoi amici dopo quattro anni la rendeva nervosa: sapeva che Tamaki ed Haruhi erano felicemente fidanzati, così come Mori e sua cugina, addirittura sposati, e, non poteva negarlo, un po’ li invidiava.

E poi c’era lui: Kyoya Ootori. Aveva visto qualche foto, non molto chiara perché difficilmente si lasciava fotografare dai giornalisti, ma sapeva da fonti certe –leggasi Tamaki – che aveva fatto crescere i capelli, si stava sposando ed era uno dei ventenni più ricchi e affascinanti del globo.

Li aveva invitati tutti al concerto perché ormai erano passati quattro anni dall’ultima volta che si erano visti e lei aveva assicurato di non provare nulla per Kyoya.

Che bugiarda.

Non aveva mai detto a nessuno che leggeva i giornali di finanza, senza capirci nulla, solo per trovare qualche accenno a Kyoya: aveva cercato sue fotografie su ogni motore di ricerca conosciuto, trovandone solo alcune sfocate dove si capiva solamente che aveva tolto gli occhiali, forse per indossare lenti a contatto o perché si era sottoposto all’operazione di recupero delle diottrie.

Voleva vederlo dal vivo, sentire se la sua voce con gli anni era cambiata e se era diverso fisicamente: sperava di trovarlo meno affascinante di come lo ricordava, ma ci credeva poco.

Uno come Kyoya con gli anni migliorava, come il vino. E poi i suoi fratelli e suo padre, nonostante l’età, erano tutti molto affascinanti.

Sospirò pesantemente, prima di dirigersi alla porta della sua camera: il cameriere con la cena era arrivato, ma non aveva molta fame.

Dopo cena prese il necessario e lentamente si diresse alla SPA, che si trovava al piano interrato dell’albergo: la sua manager, che aveva assunto dopo aver licenziato il precedente, le aveva assicurato che a quell’ora non vi era molta affluenza e poteva rilassarsi un po’.

Decise di bussare alla camera della ragazza, che aveva solo qualche anno in più di lei, per chiederle di accompagnarla.

Le aprì una bella ragazza con capelli castano-miele e grandi occhi verde scuro: era leggermente più alta di Rossana e anche molto magra. Non perché lo volesse, ma lo era di costituzione.

«Oh Sana! Stai andando alle terme?» le chiese Stephany.

«Sì. Vuoi accompagnarmi?».

«Certamente. Dammi due minuti che mi preparo» rispose la manager, facendo accomodare la sua datrice di lavoro e prendendo il necessario.

«Andiamo. Ho proprio bisogno di un bell’idromassaggio! Organizzare questo tour è sfiancante!» le disse Stephany.

«Lo so, ma stai facendo un lavoro eccellente, Steph. Sono contenta di averti assunta come manager. Mio padre aveva ragione su di te».

«Con tutti questi complimenti finirai col farmi arrossire, Sana» le rispose l’altra, fingendo imbarazzo e facendo ridere la rossa «Sono contenta di vederti ridere. In questi giorni ti vedo un po’ giù: posso chiederti perché?»

«Sono un po’ tesa per la prossima data in Giappone. So che mancano due mesi, ma rivedrò i miei amici delle superiori e questo mi rende nervosa. Magari non gli piacerò più oppure mi troveranno troppo “diva” e non vorranno avere a che fare con me. Insomma mi spaventa la prospettiva di perdere la loro amicizia».

«E non c’è altro?» le chiese la ragazza, sorridendo furba.

«Oh, sì che c’è dell’altro. Uno di loro, ai tempi, mi piaceva e parecchio, ma mi ha rifiutata ed ora sta per sposarsi. Il rivederlo mi spaventa, perché potrebbe riaccendere la vecchia scintilla, che porterebbe solo tanta tristezza».

«Ce la farai, Sana. So che puoi e io sarò lì per te, se ne avrai bisogno. Sono proprio curiosa di vedere chi sia questo ragazzo che ti ha fatto perdere la testa. Non l’hai persa nemmeno per certi fighi che avevi nei video con te…» le disse Stephany facendola ridere di nuovo.

«Questo perché nessuno di loro era una sfida, ma questo ragazzo lo è, eccome. Non si sa mai cosa pensa o cosa farà. Non si riesce a comprendere fino in fondo com’è in realtà ed è una cosa che mi innervosisce e affascina allo stesso tempo».

«Non hai mantenuto i contatti con lui?».

«Ho preferito troncare qualsiasi contatto con lui quando ho lasciato il Giappone quattro anni fa, perché mi aveva fatta soffrire» disse Rossana, spiegando alla sua manager della scommessa e tutto quello che era successo poi.

«Ah, ora capisco. È il classico bastardo super sexy… Non pensavo potessi essere così cliché, Sana».

«Fidati che non è solo quello. Kyoya Ootori è molto di più».

«Intendi quel Kyoya Ootori che a diciannove anni ha preso in mano le redini dell’azienda di famiglia salvandola dalla bancarotta? Uh, che pesce grosso, Sana. Ma non si sta per sposare con Kimie Maruyama, l’erede della Maruyama Pharmaceutical Industry?».

«Appunto. E devi sapere che quella ragazza è praticamente impossibile da odiare. Se si fosse trattato di Camille Kaori Bourgeois-Nakaria l’avrei odiata con tutto il cuore, ma Kimie proprio non ci riesco».

«Ah sì. Conosco Camille per fama. È una vipera viziata, ma so che ha sposato un uomo più grande di lei. Ha avuto la punizione che meritava per averti tagliato i capelli».

«Ormai è passato. Adesso la capisco: era gelosa, perché convinta che Kyoya provasse qualcosa per me. Ormai avrà capito di essersi sbagliata, vista la piega che hanno preso gli eventi» concluse il discorso Rossana, poiché erano arrivate alle terme che erano, miracolosamente, quasi vuote a parte pochi clienti.

Rossana si immerse nella vasca idromassaggio con Stephany, in compagnia di una donna dai capelli scuri, che aveva sul viso una maschera al cetriolo e un uomo poco più grande.

Rossana vide la donna lanciarle qualche sguardo, ma lo registrò come semplice curiosità verso una celebrità.

Non aveva riconosciuto chi fosse quella donna, forse per via della maschera e perché era passato qualche anno: Fuyumi Ootori, invece, aveva riconosciuto che quella ragazza altri non era che Rossana, la cantante e la ex compagna di classe di suo fratello minore Kyoya.

*

«Non vedo come possa interessarmi, Fuyumi» le disse la voce di Kyoya all’altro capo del telefono.

«Non mentirmi, Kyoya. So che ti interessa sapere qualcosa su di lei: ti posso dire che è in splendida forma e ho sentito che parlava di te e dell’Ouran con la sua manager».

«E quindi?».

«Oh fratellino, mi pare ovvio che provi ancora interesse nei tuoi confronti!».

«Fuyumi, ho altro da fare che star qui a sentire le tue assurde ipotesi. Va’ a letto. Buonanotte» le rispose il fratello, prima di appendere.

«Antipatico!» disse alla linea muta, facendo sospirare suo marito.

«Fuyumi non è ora che rinunci ai tuoi intenti? Tuo fratello non mi pare abbia tutto questo interesse verso quella ragazza, il che mi fa pensare: non è gay?».

«Non dire assurdità! Con tutte le scappatelle che ha avuto mentre era fidanzato con Kimie, non credo proprio. È semplicemente incapace di ammettere che, nonostante siano passati quattro anni, Rossana è ancora una grande fonte di interesse per lui, ma quando si rivedranno sono certa che succederà qualcosa».

«Non esserne troppo sicura o resterai delusa se andrà altrimenti» le rispose il marito, facendole cenno di mettersi a letto e dormire.

Fuyumi ubbidì, ma fece fatica ad addormentarsi: doveva far si che quei due si chiarissero una volta per tutte e aveva bisogno di tutto l’appoggio possibile.

E ovviamente gli unici che potevano aiutarla erano gli ex membri dell’Host Club.

Doveva intervenire per la futura felicità di suo fratello minore, perché altrimenti sarebbe rimasto solo. Non lo avrebbe mai ammesso, quel piccolo testardo, ma lei lo sapeva per certo: l’unica che suo fratello voleva al fianco era Rossana Crowe.

 

Rossana, ignara dei piani di Fuyumi e del resto dell’Host Club, partì alla volta di Orlando, Florida per un altro concerto. Poi si spostò in Europa dove tenne concerti a Parigi, Londra, Milano, Roma, Berlino e Oslo.

L’ultima tappa prima del Giappone fu la splendida e gelida città di Mosca.

Una volta fatti i due concerti in programma, Mosca e San Pietroburgo, venne il momento: la data del concerto in Giappone era fissata per il sedici novembre, pochi giorni prima del compleanno di Kyoya.

Salendo sull’aereo, che l’avrebbe riportata a Tokyo, Rossana iniziò a sentire la tensione crescere: di lì a un paio di giorni avrebbe rivisto i suoi amici e provava un misto di felicità e terrore al pensiero.

Aveva organizzato un incontro con loro qualche giorno prima del concerto, per salutarli e parlare con loro. Sarebbe stato bello e spaventoso allo stesso tempo vedere com’erano cambiati. Aveva mantenuto i contatti, ma era convinta che vederli di persona sarebbe stato diverso, molto più intenso.

Decise di dormire per tutta la durata del volo, per stemperare la tensione ed essere pronta: non sapeva ancora se Kyoya sarebbe venuto, ma il solo pensiero di rivederlo le faceva stringere lo stomaco e battere il cuore.

 

Dopo quasi undici ore di volo, l’aereo atterrò a Narita, lo stesso aeroporto che aveva visto arrivare e partire Rossana quattro anni prima: ad attenderla vi era suo padre, che viveva a Tokyo quasi in modo stabile, e qualche guardia del corpo.

Erano le undici di sera e le strade di Tokyo erano ancora molto trafficate e così, per arrivare all’Hotel nel quale alloggiavano, ci misero quasi due ore: non stava a casa del padre perché i giornalisti l’avevano già presa d’assedio, convinti di poterla vedere.

Alloggiava al Park Hyatt, uno degli Hotel più belli di Tokyo dove suo padre le aveva riservato una delle Park Suite King: all’inizio voleva farle riservare la suite presidenziale, ma Rossana si era rifiutata e, in ogni caso, era già occupata.

Quando entrò nella sua camera Rossana si ritenne soddisfatta: non era troppo grande né troppo lussuosa, come piaceva a lei.

Voleva avere poco spazio dove poter mettere in disordine.

Si buttò a peso morto sul letto e ci rimase una mezz’ora, il tempo che il cameriere entrasse per portarle la cena, nonostante l’ora tarda.

Lo ringraziò con il poco giapponese che ricordava, cenò e si infilò nella vasca da bagno.

Dopo essersi preparata si infilò nelle profumate coperte del suo letto e cadde in un sonno senza sogni: il jet leg stava già avendo effetto.

Si risvegliò la mattina seguente alle nove: non aveva impegni in programma quella mattina, così fece con calma. Mangiò, si lavò e si diresse verso la camera di Stephany per parlare degli impegni del pomeriggio.

«Oggi pomeriggio alle due hai un incontro nella scuola di arti figurative di Tokyo: è il luogo dove vengono coltivati i talenti musicali, un po’ come la scuola che hai frequentato tu in Inghilterra, ma meno conosciuta. I professori si sono rivelati entusiasti di averti come “insegnante” per un giorno e così anche gli alunni. Sappi che hanno un’età che va dai quindici ai diciannove anni, quindi vacci piano con loro, soprattutto con quelli più piccoli, ok?»

«Rilassati Stephany, andrà bene. Quindi avrò un’ora con gli alunni di prima, seconda e terza e una con quelli di quarta e quinta, se ho capito bene?»

«Esattamente. Saprai sicuramente che alcuni di loro ti faranno domande personali, quindi ricordati di rispondere in modo vago senza entrare nel dettaglio, ok? Non vogliamo che i paparazzi marcino sopra a qualche tua frase sconsiderata»

«Steph. Se non ti dai una calmata, ti verrà un infarto prima dei trenta…» disse la rossa che si salvò da una possibile rimostranza grazie al lieve bussare.

«Chi può essere? Tuo padre ha un impegno e il cameriere è già passato a ritirare i piatti della colazione…»

«Se non vai ad aprire non lo saprai mai, Baka» le disse Rossana, vedendo che la sua manager alzava un sopracciglio e si dirigeva verso la porta.

Di fronte alle due ragazze vi era una donna dai capelli scuri, con un bel viso: Rossana la guardò un attimo prima di spalancare la bocca in segno di sorpresa.

«Fuyumi Ootori-san!» la chiamò, vedendo che la donna le sorrideva «Falla entrare Steph, non è una stalker» disse alla sua manager.

Fuyumi entrò e prese elegantemente posto sul divano bianco presente nella suite.

«Ti trovo in splendida forma, Fuyumi-san» le disse Rossana.

«Anche io, Rossana-chan. Mi dispiace esserti piombata in camera, ma alloggio qui con mio marito, poiché la nostra casa ha avuto qualche problema e quando ho saputo del tuo arrivo ho cercato di scoprire dove alloggiavi per vederti».

«Meno male che non era una stalker» disse Stephamy.

«Stephany lei è la figlia di Yoshio Ootori…» disse Rossana, guardando la manager in modo eloquente, aspettando che ci arrivasse.

«Oh! Quindi lei è la sorella di Kyoya Ootori?» .

«Esattamente» rispose Fuyumi, sorridendo.

«Mi dispiace per te. Non è famoso per la sua simpatia» aggiunse Stephany, senza peli sulla lingua, facendo sghignazzare Fuyumi.

«Non che gli altri miei fratelli siano uno spasso… Comunque non parliamo di quei tre, sono venuta per vedere come stai, Rossana!».

«Sto bene, Fuyumi-san. Sono un po’ scombussolata dal jet leg, ma passerà. Tu invece?».

«Oh, sono in splendida forma e anche mio marito. I miei fratelli stanno tutti bene, anche se Kyoya lavora un po’ troppo. Akito, essendo il suo medico, gli ha praticamente ordinato di prendersi almeno un giorno di vacanza e lo ha obbligato a venire al tuo concerto!»

Quindi verrà. Bene. Sono nella merda.

«Oh, sono felice di saperlo».

Come no! Vorresti buttarti dalla finestra piuttosto che rivederlo in compagnia di Kimie.

Rossana scosse il capo per scacciare la fastidiosa vocina nella sua testa, la quale, per inciso, aveva fatto la sua ricomparsa solo una volta tornata in Giappone: forse quel paese le faceva male.

«Non so dirti se verrà all’incontro di domani con il resto dell’Host Club, ma non possiamo pretendere troppo da quello stacanovista» le disse Fuyumi, registrando ogni singola reazione della ragazza: era brava a nascondere il suo turbamento, ma lei aveva Kyoya come fratello e sapeva leggere bene le persone. Aveva capito che un eventuale incontro con il ragazzo la spaventava, ergo sentiva ancora qualcosa per lui, anche dopo quattro anni.

«Ho sentito il tuo album e, nonostante non sia proprio il  mio genere, è molto bello, Rossana. Adoro la canzone “A Thousand Mile”»

«È una delle mie preferite» ammise la rossa.

«E non l’hai dedicata a nessuno?»

«No, non c’è nessuno di così importante nella mia vita a cui dedicare una canzone» rispose la cantante, sorridendo.

Col cavolo che mi freghi, Fuyumi. Non ammetterò nemmeno sotto tortura che quando scrivevo quella canzone mi veniva in mente tuo fratello…

Di nuovo quella voce. Rossana sospirò, guardando l’orologio. Invitò Fuyumi a rimanere per il pranzo, ma la donna reclinò l’invito, poiché doveva vedersi con tutti i suoi uomini. Avrebbero pranzato al ristorante dell’hotel, cosa che fece paralizzare Rossana.

Alla una doveva scendere per andare alla scuola e se lo avesse incontrato?

Una volta che Fuyumi fu uscita, la ragazza di voltò verso la sua manager, spiegandole il suo problema.

«Rossana. Prima o poi dovrai affrontarlo. Sai già che si sta per sposare e che, di conseguenza, non succederà nulla di eclatante tra di voi. Quindi datti una calmata. Se lo vedrai, lo saluterai, gli chiederai come sta e poi te ne andrai come se niente fosse, d’accordo?».

«Una volta in macchina poi potrò urlare?».

«Avvisami prima, così mi metto i tappi. Con la tua voce potresti rendermi sorda».

 

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Capitolo 17
*** Capitolo XVII ***


Capitolo XVII

 

 

Alla una in punto Rossana uscì dall’ascensore al primo piano e, come al solito, fu circondata dai giornalisti che, nonostante venissero continuamente cacciati dall’Hotel, riapparivano pochi istanti dopo.

Le fecero qualche domanda e, quando alzò lo sguardo per rispondere ad uno di loro, lo vide: Kyoya camminava dritto e sicuro a pochi passi da lei, al fianco di Akito e suo padre.

Vide Akito volgere lo sguardo verso la folla di giornalisti e sorriderle: l’aveva riconosciuta, ma data la situazione non si avvicinò a lei. Lo vide voltarsi e richiamare l’attenzione del fratello minore.

No, Akito. Fatti gli affari tuoi. Se non mi vede è meglio

Ovviamente Akito proseguì con il suo intento e Rossana vide Kyoya – sexy all’inverosimile con i capelli lunghi – voltarsi verso di lei, guardarla e distogliere lo sguardo.

Quel piccolo bastardo ha ghignato! Se potessi andrei là e lo prenderei a pugni fino a toglierli il sorrisino.

«Sana era lui, vero?» le chiese Stephany sotto voce, in irlandese, lingua che aveva imparato da Rossana, la quale permetteva loro di parlare in privato anche in mezzo alla gente.

«Sì, e non è cambiato di una virgola. Ha ancora quel sorrisetto strafottente che riservava solo a me. Quando lo vedrò, gli farò pentire di avermi guardata ancora in quel modo. Non sono più la ragazzina delle superiori che si sentiva inadeguata vicino a lui. Siamo sullo stesso livello economico, ormai» disse Rossana, a bassa voce e in Irlandese, alla sua manager, mentre si dirigevano alla macchina.

«Sarà divertente vederti smontare quel piccolo altezzoso. Devo ammettere che fisicamente non è niente male» aggiunse Stephany in macchina.

«No. Se non fosse così…così Kyoya, gli salterei addosso seduta stante» ammise la rossa « È ancora più sexy di quando andavamo alle superiori».

La rossa tirò fuori il cellulare: quando era atterrata a Tokyo aveva tirato fuori dai meandri del portafoglio la sim che usava ai tempi delle superiori e mostrò una foto dell’Host Club alla sua manager che rimase a bocca aperta per quanto quei ragazzi fossero attraenti.

Quando aveva inserito la sim nel cellulare e lo aveva acceso, si era accorta che vi era una mail. Da Kyoya. Il giorno della sua partenza, poco dopo che l’aereo era decollato.

Sayonara, Rossana.

Due semplici parole che l’avevano fatta sobbalzare e mozzare il fiato. Sapeva che una volta letta la mail, il mittente riceveva l’avviso, ma sperava che negli anni Kyoya avesse cambiato numero.

Peccato che quel suo sorrisetto diceva tutt’altro. Sapeva che usava ancora il suo vecchio numero. Piccolo demonio.

Non aveva detto nulla alla sua manager della mail e non aveva risposto, ovviamente: dopo quattro anni non avrebbe avuto senso farlo.

Arrivò alla scuola in perfetto orario e varcò la soglia dell’aula in cui avrebbe tenuto le lezioni: venne accolta da un caloroso applauso e si sedette dietro la scrivania.

Alle sue spalle vi era uno schermo bianco dove venne proiettata la sua immagine per permette anche a chi era seduto lontano di vederla.

«Buongiorno a tutti, studenti» li salutò, ricevendo un grande saluto collettivo «allora, so che siete del primo, secondo e terzo anno, vero?» chiese alla folla,sentì degli assensi «Avanti, fate le vostre domande».

Vide una ragazza, in prima fila, alzare la mano per prima e le diede la parola: probabilmente, visto che sembrava molto giovane, frequentava il primo anno.

«Crowe-sama» iniziò, facendo sghignazzare la cantante.

«Puoi chiamarmi Rossana, o Rossana-chan se ti senti più a tuo agio» le disse, vedendo che la ragazzina arrossiva e con un colpo di tosse riprendeva a parlare.

«Rossana-chan, volevo chiederti come mai hai deciso di frequentare una scuola come la BRIT, quando avevi già successo?»

«Perché avevo bisogno di qualcuno che mi spronasse a migliorare e non mi trattasse come una celebrità. E ti posso assicurare che in quella scuola difficilmente fanno favoritismi. Se sbagli troppo, sei fuori, chiunque tu sia» le spiegò «non bisogna mai fermarsi, ma sempre migliorare».

La ragazza la ringraziò e si accomodò: dopo qualche altra domanda sulla sua carriera il clima era molto più rilassato e iniziarono ad uscire domande un po’ più personali.

Un ragazzo di terza le aveva chiesto se era fidanzata.

«No, sono single. Non ho molto tempo per questo genere di cose, sinceramente» gli rispose Rossana, prima che qualcuno dal fondo dell’aula le urlò che poteva prendersi suo cugino.

«Spero che questo cugino sia abbastanza grande da avere la patente» gli rispose, senza sapere chi avesse parlato e facendo ridere qualcuno.

Poi dalla folla si alzò una ragazza, con un sguardo che non prometteva niente di buono.

Ahia. Questa sarà tosta.

«La mia domanda è semplice: com’è possibile che una con così poco talento possa raggiungere certi risultati?».

Nell’aula calò il silenzio, prima che un brusio si alzasse, tanto che il professore dovette intervenire per riportare la calma.

«Nakaria-sama,  le devo chiedere di scusarsi con la nostra ospite. La sua domanda è stata molto maleducata».

«No, aspetti. Nakaria-sama, vero? Hai per caso una parente di nome Camille-san?»

«È mia sorella maggiore».

«Oh, capisco. Ho avuto il piacere, se così si può dire, di conoscere tua sorella alle superiori, poiché in seconda frequentavo l’Ouran Accademy» disse la ragazza «E stranamente anche tua sorella era convinta che non avessi nessun talento».

Rossana si spostò da dietro la cattedra e disse alla ragazzina che, nonostante i suoi acerbi quindici anni, sembrava la copia sputata di sua sorella: «Come ho fatto in passato con tua sorella, vedrò di fare capire anche a te quanto mi sia meritata la mia fama».

L’aula cadde nel silenzio più totale mentre Rossana parlava fitto col professore, il quale uscì di corsa dall’aula.

«Ho chiesto al vostro professore se fosse possibile usare una delle aule dove fate pratica. Mi ha spiegato che sono studiate per una classe alla volta e quindi non ci entrereste tutti. Allora ho chiesto uno stereo e un microfono. Ho portato delle basi per cantare qualcosa con voi e non vedo occasione migliore per iniziare» disse la ragazza, mentre spostava la cattedra per fare spazio.

«Se qualcuno di voi vuole raggiungermi, ne sarei felice. Direi al massimo tre per anno di studio, altrimenti non ci stiamo».

Attese con pazienza che le varie classi scegliessero chi dovesse scendere e si ritrovò circondata da sei ragazze e tre ragazzi: ovviamente la sorella di Camille era una di loro.

«Cosa dovremmo fare?» chiese la bionda, con la supponenza che contraddistingueva i membri della sua famiglia.

«Faremo un breve corso volto a migliorare la vostra capacità di cantare e ballare in contemporanea e anche a farvi capire cos’è la modestia, anche se per ora tu pare sia l’unica ad averne bisogno».

Una volta che il professore fu tornato, Rossana inserì il cd, facendo partire la base del suo ultimo successo: non era vestita per scatenarsi, ma lo avrebbe fatto comunque.

Mentre cantava dava le direttive ai ragazzi dietro di lei, i quali iniziarono a imparare la coreografia in fretta: vide che la maggior parte di loro si stava divertendo e anche coloro che erano rimasti ai posti si erano alzati, battendo le mani a tempo.

Un ragazzo in particolare attirò le sue attenzioni: era sciolto e ascoltando la sua voce da vicino sentì che era molto bella.

Una volta finita la canzone, la sorella di Camille era stata messa a tacere: era senza fiato, poiché non era abituata a cantare e ballare in contemporanea, ma la cosa che la mandava fuori dai gangheri era vedere che Rossana aveva un minimo affanno.

«Geneviève, forse era meglio se chiudevi quella boccaccia» le disse uno dei ragazzi, mentre camminava verso il suo posto, ricevendo uno sbuffo da parte della ragazza.

«Spero che le mie capacità siano state dimostrate. Soddisfatta, Nakaria-sama?» chiese direttamente alla ragazza che si limitò ad annuire «Ti prego di portare i miei saluti a tua sorella» aggiunse, divertita.

Prima che il ragazzo che aveva puntato si ritirasse al suo posto, lo fermò facendolo arrossire.

«Alla fine della lezione, rimani un attimo» gli disse, vedendo che il ragazzo annuiva semplicemente e se ne tornava al posto, dove i suoi amici iniziarono a fargli domande.

Passarono gli ultimi dieci minuti di lezione a parlare dei concerti e della fatica che comportava spostarsi di frequente: quando la campanella suonò, la folla si diresse all’uscita; alcuni si fermavano a stringerle la mano, farle una foto o chiederle un autografo.

Rimase solo il ragazzo che aveva fermato, il quale la guardava lievemente spaventato:

«Non fare quella faccia, non mangio giovani talenti» gli disse, vedendo che si rilassava «ho avuto l’occasione di guardati ballare e ho sentito un po’ anche la tua voce e… sei bravo, sul serio»

Il ragazzo la guardava con occhi pieni di sorpresa.

«Ho ereditato due cose da mio padre: la testa dura e la capacità di riconoscere un vero talento quando lo vedo. E tu lo sei. Hai una voce chiara, una buona pronuncia inglese, che non è facile da trovare nel tuo paese e sai muoverti» gli disse avvicinandosi.

«Devi sapere che per l’album che è appena uscito vi era un’altra canzone, ma la mia manager ha assennatamente detto che sarebbe stata molto più bella cantata da un ragazzo. Vuoi provare?» gli chiese.

«Certo!» acconsentì il ragazzo, senza ombra di dubbio.

«Allora devo chiederti di chiamare i tuoi genitori. Essendo minorenne dobbiamo avere il loro permesso» gli spiegò «Quando avrò finito con le altre classi, verrò a prenderti e ti porterò in uno studio di registrazione non troppo lontano e proveremo, ok?»

Il ragazzo si limitò ad annuire e poi le disse: «Saresti davvero adatta a mio cugino».

«Ah quindi sei stato tu a gridare prima? Posso sapere chi è questo fantomatico cugino?».

«Oh beh in verità dovrebbe sposarsi a breve…».

«E allora perché gli cerchi una nuova fidanzata?».

«Perché non sembra felice, ecco».

«Credo sia una cosa che riguardi lui, no? Se vuole sposarla probabilmente ne è innamorato».

«No, è solo un altro matrimonio d’affari» rispose sicuro «Mia cugina mi ha spifferato che alle superiori era innamorato di una, ma l’aveva allontanata perché non andava bene per gli affari di famiglia».

«Mi ricorda un ragazzo che ho conosciuto..» disse Rossana, ma prima che potesse chiedere il nome di questo cugino, le classi di quarta e quinta entrarono nell’aula e fu obbligata a salutare il ragazzo.

Tornò all’albergo, dopo aver fatto cantare il ragazzo, il cui nome era Kai Fujita e suo padre era l’erede di un vasto impero nel campo della ristorazione.

I suoi genitori era giovani per avere un figlio al secondo anno delle superiori e si erano dimostrati felici di vedere il talento di Kai apprezzato.

Erano rimasti con lui allo studio di registrazione, dove Rossana aveva lasciato Kai nelle mani del direttore dello studio.

Doveva tornare in albergo e riposare: il jat leg la uccideva ogni volta e il giorno dopo doveva incontrarsi con l’Host Club al completo.

 

 

Mi scuso per l'enorme ritardo, ma non avuto molto tempo da dedicare alle fanfiction e il pc fa i capricci molto spesso!

Alla prossima

Lena

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Capitolo 18
*** Capitolo XVIII ***


red

Capitolo XVIII

La mattina successiva la sveglia suonò alle sette per Rossana: doveva dirigersi al luogo in cui si sarebbe tenuto il concerto, per controllare i lavori e vedere se tutto fosse a posto. Avrebbe pranzato fuori e poi, una volta tornata in albergo avrebbe atteso con impazienza l’arrivo dei suoi amici.

Il grande giorno era arrivato: quella sera li avrebbe rivisti e ne era felice. Aveva passato bei momenti con loro e ne sentiva la mancanza molte volte. Voleva davvero rivedere gli occhi strani di Tamaki, i sorrisi maliziosi dei gemelli, la dolcezza di Honey, la serietà di Mori e la genuinità di Haruhi.

E poi voleva rivedere il bagliore di un paio di occhiali che nascondevano i più bei occhi grigi che avesse mai visto.

*

Rientrò in albergo alle tre del pomeriggio e decise di rilassarsi con un bel bagno: doveva essere pronta a tutto per quella sera, soprattutto se Kyoya fosse arrivato.

E se si fosse presentato con lui ci sarebbe sicuramente stata Kamie. La sua fidanzata. La sua futura moglie.

Non odiava quella ragazza, no. La invidiava semplicemente, perché era al fianco di Kyoya e se avevano resisto quattro anni probabilmente erano innamorati.

O per lo meno interessati l’una all’altro.

Sospirò pesantemente, uscendo dalla vasca e mettendosi la biancheria pulita, prima di tornare in camera e scegliere qualcosa di semplice da mettere quella sera: un paio di jeans e una maglia sarebbero stati perfetti.

Si vestì e andò nella camera della sua manager, trovandola in completo disordine: rimase senza parole alla vista di un mucchio di vestiti sul letto, sul divano e sulle poltrone.

«Steph, cosa diavolo stai facendo?».

«Oh, Rossana. Non ti ho sentita entrare. Sto cercando qualcosa di adatto per questa sera! Incontrerò i tuoi amici e sono tutti famosi imprenditori, non posso sfigurare!».

«Steph, sei completamente andata fuori di testa. Mettiti qualcosa di semplice e comodo! Non sono così snob come pensi. Forse i due gemelli, ma se dovessero dire qualcosa fuori luogo, potrei sempre minacciarli di rompere il contratto con la loro madre» le disse la rossa, scegliendo una gonna nera e una maglia rossa dal mucchio di abiti lanciati ovunque e porgendoli alla manager.

«Questi? Sei seria?».

«Sì, Stephany! Mettiti quei vestiti e ceniamo! Arriveranno verso le nove! Datti una sistemata per dio! Sembri in preda a una crisi isterica e vorrei ricordarti che sono io quella che deve incontrare il ragazzo per cui aveva una cotta…».

«Avevi?» le chiese la manager con un sopracciglio alzato, divertita.

«Ok! Per cui ho una cotta, d’accordo?» rispose l’altra uscendo dalla camera e tornando nella sua: il cameriere era fuori dalla suite, in attesa.

«Oh, mi dispiace averla fatta attendere, prego entri» gli disse, aprendo la porta e facendo entrare il cameriere.

Il ragazzo, perché sembrava molto giovane, evitava accuratamente il suo sguardo.

«Puoi anche guardami sai? Non mordo mica» gli disse, ridacchiando e facendo alzare la testa al ragazzo.

«Ehm…Rossana-san, so che non dovrei durante l’orario lavorativo, ma potrei chiederle un autografo? Mia sorella minore stravede per lei e…»

«Non c’è bisogno di scuse o di essere così formali» disse la ragazza prendendo un foglio dal block notes sulla scrivania, autografandolo con tanto di dedica «ecco fatto, non è stato difficile, vero?»

«No, sei molto gentile» le disse, prima di ricordarsi qualcosa di importante «dalla reception mi informano che i suoi ospiti arriveranno con un leggero anticipo, per questo le ho portato la cena prima. Saranno qui verso le otto e mezza» le disse, prima di congedarsi.

Rossana, dopo che la sua psicopatica manager era arrivata nella sua camera, mangiò in fretta: erano le otto e venti quando finirono.

Chiamarono il cameriere per togliere i piatti e avvisarono la reception di far salire gli ospiti una volta che fossero arrivati.

 

Rimasero da sole, in silenzio per circa un quarto d’ora quando sentirono bussare: Rossana prese un bel respiro e aprì la porta finendo con l’essere investita da un gioioso Tamaki.

«Rossana-chan ~» gridò il biondo afferrandola e facendola girare.

«Tamaki ho appena mangiato, finirò col vomitare tutto» gli disse, venendo lasciata dal biondo.

Salutò tutti con un forte abbraccio, specialmente Haruhi.

«Neh Rossana…» iniziò Hikaru, col solito ghigno

«…chi è questa ragazza?» completò Kaoru.

«Non iniziate a fare i piccoli diavoli, voi due. Lei è la mia manager, Stephany Mcdowell. Trattatela con riguardo: la mia vita dipende da lei, molte volte».

«Sana-chan ~» la chiamò Honey che, nonostante i ventidue anni aveva mantenuto il suo apparire bambino «Kyo-chan mi ha detto di avvisare che avrebbe tardato a causa di una riunione d’affari» le disse.

«Non ti preoccupare Honey-pon! Resteremo insieme per un po’, questa sera» rispose, sentendo la gola improvvisamente asciutta: quindi, infine, sarebbe venuto. Si sarebbero rivisti dopo quattro anni. Respirò profondamente avvicinandosi a Mori e a quella baka di sua cugina.

«Ed ecco gli sposini! Oh, ma quanto siete carini insieme?» disse loro prima di abbracciare la cugina, oltremodo imbarazzata.

Persino Mori sembrava arrossito. Un po’.

Si sedettero tutti attorno al tavolo che vi era nella camera di Rossana e, mentre parlavano un cameriere portò loro del the, del caffè, bevande varie, salatini e dolci. Una quantità infinita, che fece brillare gli occhi di Honey di gratitudine.

«Allora Tamaki, quando hai intenzione di fare la proposta ad Haruhi?» chiese Rossana, fuori dai denti, causando un semi collasso al biondo e uno sguardo spaventato dalla brunetta.

«Aspetteremo dopo la laurea» rispose Haruhi, vedendo che Rossana gongolava.

«Non vedo l’ora. E poi chissà come saranno carini i vostri figli. Speriamo prendano il cervello della madre».

«Hai perfettamente ragione, Rossana» dissero all’unisono i due gemelli, causando l’ilarità generale, mentre Tamaki si era rinchiuso, come suo solito, nell’angolo della disperazione.

«Sta bene?» chiese Stephany, stupita da quanto quei ragazzi, nonostante la loro enorme ricchezza e potere, fossero affabili e divertenti.

«Lascialo perdere. È una Drama Queen. Faceva così anche alle superiori e dopo cinque secondi era allegro e spandeva petali di rose intorno a sé» le disse Rossana, prima di sentire un lieve bussare alla porta.

Tutti si fermarono e guardavano alternativamente la porta e Rossana: la ragazza si alzò, deglutendo in continuazione e aprì la porta.

Lentamente alzò lo sguardo e si trovò davanti, finalmente, Kyoya Ootori.

Rimasero fermi a fissarsi per qualche secondo prima che Tamaki, risvegliandosi dal suo stato depressivo, non si gettò addosso all’amico.

«Mon ami! Sono felice di rivederti!»

«Tamaki, ci siamo visti domenica!» gli disse Kyoya, facendo sentire a Rossana la sua voce dopo quattro anni: era cambiata, come pensava. Era più profonda, ma sempre piena di sarcasmo, come la ricordava.

«Tamaki, lascialo entrare» ordinò la rossa al biondo, afferrandolo per il colletto della maglia e trascinandolo dentro, dando così modo a Kyoya di fare altrettanto.

Quando il ragazzo attraversò la stanza verso il tavolo, Rossana poté vedere la sua manager fissarlo con tanto d’occhi: era ovvio che lo trovasse particolarmente attraente.

E come poteva essere altrimenti? Kyoya era già alto al liceo, ma aveva guadagnato ancora qualche centimetro e le spalle era più larghe di come ricordava. I suoi capelli scuri erano lunghi e legati in una coda che lasciava liberi alcuni ciuffi, i quali gli accarezzavano il viso.

Era rimasto, nonostante l’età, pressoché imberbe e indossava ancora gli occhiali.

Rossana dovette ispirare profondamente un paio di volte prima di poter sedersi, il più lontana possibile da Kyoya, che l’aveva a mala pena salutata e riprendendo a parlare con il resto del gruppo.

«Oggi ho conosciuto un ragazzo alla scuola di arti figurativi che promette bene» esordì Rossana, attirando l’attenzione di tutti «È solo in seconda ma ha un grande potenziale. Oggi gli ho fatto registrare una canzone che avevo scritto e domani andrò a vedere com’è andata».

«Come si chiama?».

«Kai Fujita» disse la rossa, vedendo Kyoya ghignare.

«È mio cugino» disse semplicemente il ragazzo, facendo strozzare Rossana con la coca che stava bevendo.

«Sul serio?».

«Sì, non ci si poteva aspettare nulla da uno che ha sangue Ootori».

«Non avrei mai pensato che potesse essere un tuo parente, sinceramente. È così carino e gentile…».

«Stai per caso insinuando che io non lo sono?».

«Neanche un po’…».

«Kyoya-kun» risposero i gemelli al posto della rossa, facendo ridere tutti e ricevendo uno sguardo raggelante da Kyoya.

«Cambiando discorso…ci sarete tutti al concerto?» chiese Rossana, vedendo che tutti annuivano, tranne Kyoya.

«E tu? Verrai?».

«Mio fratello  mi ha obbligato».

«Porta anche Kimie, mi raccomando. Avresti dovuto portarla anche oggi».

«Aveva un impegno» mentì il ragazzo, mentre i due gemelli si trattenevano dal spifferare tutta la verità.

Passarono insieme qualche ora: Rossana faceva di tutto per evitare di parlare con Kyoya, ma sentiva il suo sguardo su di sé troppo spesso.

Quando se ne furono andati la sua manager, che era seduta sua sfortuna proprio di fianco a Kyoya, tirò un sospiro di sollievo.

«Quel ragazzo… non solo è un concentrato di testosterone, ma è anche…Terrificante. Continuava a fissarti in quel modo inquietante, come se ti stesse studiando»

«Lui è fatto così, non ti preoccupare. Probabilmente stava cercando di capire qualcosa su di me. Spero abbia trovato quello che cercava, un’altra serata con lui che mi fissa in quel modo non credo la reggerei».

 

«È davvero un gran pezzo di ragazzo, comunque. Ora capisco perché ti piace. È affascinante, intelligente altrimenti non potrebbe guidare l’attività di famiglia e intrigante. Non sono riuscita a leggere nessuna emozione sul suo volto. Solo irritazione quando Tamaki gli è saltato addosso».

«Non riuscirai a vedere nessuna emozione attraverso la sua maschera. È bravo a nascondere tutto quello che prova. Non l’ho mai visto ridere, ne arrabbiarsi. Al massimo ti guarda male e usa il suo sarcasmo per ferirti. Questo lato di lui l’ho sempre odiato, perché non ha mai capito cosa pensasse di me realmente. Steph, non vedo l’ora che tutto questo finisca. Peccato che il ragazzo con talento sia suo cugino e se mio padre dovesse iniziare a produrlo, avrei comunque fin troppo contatti con lui. Non ho la minima intenzione di vedere i suoi figli con Kimie» affermò Rossana.

«È la prima volta che parli così apertamente, Rossana».

«Riesce sempre a tirare fuori il mio lato debole. Mi basta guardarlo negli occhi e sento qualsiasi muro abbia costruito intorno a me cadere uno dopo l’altro»

«Beh ha degli occhi parecchio penetranti. Anche io mi sono sentita debole e indifesa quando mi ha guardata un attimo, mentre ci presentavi. Ti senti come l’agnello…».

«…che affronta un lupo» completò Rossana per lei « la cosa strana è che l’agnello trovi il lupo un figo assoluto» aggiunse, ridendo insieme alla manager.

 

Nel frattempo Kyoya stava tornando a casa: doveva ammettere che in fin dei conti non era stata un brutta serata a parte i continui abbracci non richiesti di Tamaki.

E alla fine l’aveva rivista: i suoi capelli erano tornati lunghi, i suoi occhi più seri.

Era cresciuta, doveva ammetterlo. Ed era bella, come poche ragazze che conosceva. Quando se l’era trovata davanti alla porta doveva ammettere che era rimasto spiazzato: l’aveva vista in televisione pochi giorni prima, ma trovarsela davanti di persona era diverso. Molto più intenso. Ed aveva ringraziato mentalmente Tamaki per aver interrotto il loro silenzioso scambio di sguardi o avrebbe fatto qualcosa di sconveniente, come abbracciarla.

 

 

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Capitolo 19
*** Capitolo XIX ***


xix

Capitolo XIX


La data del concerto era arrivata: Rossana si trovava nel luogo dove si sarebbe tenuto dalle otto del mattino ed era riuscita ad uscire solo per cinque minuti, il tempo di accogliere Kai.

«Rossana, non credo ce la farò».

«Oh avanti, sei un Ootori. Ce la farai e io sarò con te sul palco».

«Se potessi ti sposerei, seriamente».

«Kai…».

«Ma penso che mio cugino non sarebbe particolarmente felice. Non dopo che Kimie ha rotto con lui..».

«Scusa?».

«Ops…non dovevo dirtelo…» le disse con un sorrisino divertito «Mio cugino mi ha minacciato di farmi sparire se te lo avessi detto, ma non importa. Tu mi stai dando un’occasione incredibile e non potevo tenerti nascosta questa notizia. Kimie ha lasciato mio cugino quattro mesi fa, perché…oh beh…la tradiva… e non una volta…E mai con la stessa donna».

Rossana lo fissò con tanto d’occhi e, dopo averlo lasciato alle truccatrici, costumiste e il resto, uscì prendendo il cellulare:

«Tamaki, comprati un biglietto di sola andata per l’Alaska. Se ti trovo ti uccido» gli disse « so che Kimie ha piantato Kyoya e perché diavolo nessuno mi ha detto nulla? Avevate paura che potessi saltargli addosso?».

«No, Rossana» interruppe la sua sfuriata la voce di Haruhi «Kyoya ci ha chiesto di farlo. E il perché è evidente. Lo ha fatto per tenerti lontana: se tu pensi che lui sia prossimo alle nozze non ti avvicinerai».

«E perché cazzo dovrebbe tenermi lontana?».

«Perché non riesce ad ammettere di essere innamorato di te dalle superiori. Rossana tutte le donne con cui ha tradito Kimie avevano lunghi capelli rossi…» le confessò Haruhi, ma la ragazza non ascoltava più. Riattaccò il telefono e senza una parola rientrò.

Non aveva tempo per pensare a certe cose in quel momento: aveva un concerto e doveva dare il meglio di sé.


«Sana, mi viene da vomitare» le disse Kai, facendola sorridere.

«È normale, anche a me succedeva le prime volte. Anzi ogni tanti mi succede ancora, soprattutto davanti a grandi folle. Fai respiri profondi, concentranti e andrà tutto bene. Ora salirò sul palco, saluterò, sparerò qualche cavolata e poi sarà il tuo turno, d’accordo?».

«No, non sono d’accordo, ma ormai sono qui. Spero che andrà tutto bene: ci sono tutti i miei compagni di classe là fuori».

«Sarai magnifico, vedrai».

«Ah, comunque prima ho visto mio cugino… si è portato una deficiente come accompagnatrice. Per i cinque minuti che sono stato con loro continuava a ridere come un’oca».

«Tuo cugino non hai mai avuto un buon gusto in fatto di donne, infatti si è fatto scappare l’unica normale, cioè Kimie».

«Si è fatto scappare anche te…».

«Nah. Mai stato interessato a me. Ora concentrati. Mancano pochi secondi al tuo debutto» gli disse, prendendo le scale che portavano al palco.

Quando la rossa vi salì Kai sentì le urla e il frastuono della folla accoglierla. La ascoltò parlare e quando sentì il suo nome urlato da Rossana, prese un bel respiro e salì sul palco.

Si ritrovò circondato da luci, rumori e un’immensa quantità di persone che gridavano e lo guardavano: voleva scappare, ma poi intercettò il viso di Rossana che gli sorrideva e tutto andò a posto.

Imbracciò la chitarra classica che portava con sé e si avvicinò al microfono.

La rossa gli sorrise di nuovo e lui iniziò a suonare.

Intanto, in una delle prime file, l’Host Club era agitato ed eccitato: Tamaki era anche lievemente irritato dalla presenza della ragazza che accompagnava Kyoya.

Aveva avvisato il suo amico che Rossana sapeva dell’annullamento del suo matrimonio con Kimie e quell’idiota si era portato una sciacquetta al concerto.

«Ehi Kyo-chan, quello è tuo cugino?» gli chiese Honey, gridando per farsi sentire

«Esatto» rispose l’altro, prima di rivolgere l’attenzione ai due sul palco.

Rossana indossava un maglia nera e corta che lasciava scoperta parte della pancia, un paio di calzoni aderenti bianchi e un paio di scarpe dal tacco alto.

I capelli erano legati in una coda elaborata, mentre il viso era truccato in modo da non risultare lucido sotto le luci: sorrideva a suo cugino come una sorella maggiore e vide il ragazzo prendere confidenza ed imbracciare la chitarra.

Quando sentì le prime note, udì Tamaki ridacchiare: lo sentì dire ad Haruhi che quella canzone l’avevano composta lui e Rossana, tramite internet ed era scritta pensando a lei.

Vide la brunetta arrossire completamente e decise di non ascoltare più i loro discorsi: gli facevano venire il diabete.

Si concentrò su suo cugino, il quale cantava, suonava e flirtava, o almeno così sembrava, con Rossana, la quale gli riservava sguardi eloquenti, per farlo smettere.

«Ehi, sembra che un Ootori alla fine abbia avuto il coraggio di provarci con Rossana» disse Hikaru, oltremodo divertito dagli sguardi di fuoco di Kyoya rivolti a suo cugino.

Mentre la canzone proseguiva, il pubblico iniziò a battere le mani a ritmo.

«È davvero bravissimo» disse Honey, una volta che Kai suonò l’ultima nota.

«È un Ootori, non poteva essere altrimenti» disse Kyoya.

«Ed è anche…».

«…più intraprendente del cugino» dissero i gemelli, concludendosi le frasi a vicenda come sempre.

Il concerto durò due ore: tutti si accorsero che Rossana era molto cambiata.

Il suo modo di muoversi, di cantare e di rapportarsi col pubblico era più maturo e più sicuro: probabilmente il cambiamento era dovuto sia alla scuola che aveva frequentato, sia al fatto che fosse cresciuta.

Era giunto il momento dell’ultima canzone.

«Adoro questa canzone…» disse Haruhi, sentendo le prime note.

«Anche io. Dopotutto ho scritto io la parte del pianoforte» disse Tamaki: la maggior parte dei suoi amici lo sapeva della sua collaborazione con Rossana, ma non Kyoya.

Il biondo lo aveva tenuto all’oscuro perché sembrava che ogni qualvolta si parlasse di Rossana il suo amico diveniva cupo e intrattabile. Ancora di più di quanto già non fosse, insomma.

I used to think

I had the answers to everything

But now I know

Life doesn't always

Go my way, yeah...


Feels like I'm caught in the middle

That's when I realize...


I'm not a girl

Not yet a woman

All I need is time

A moment that is mine

While I'm in between


Rossana era in piedi, di fronte al microfono, indossando un bel vestito nero e guardava verso il pubblico, sapendo che Kyoya era lì, in mezzo alla folla che brandiva delle barre luminose e le muoveva a tempo.

«Non pensavo fosse così bella» esordì la ragazza che accompagnava Kyoya, facendo voltare tutti i membri dell’Host Club «Cioè, l’avevo vista sulle riviste, ma dal vivo è tutt’altra cosa. Ed è anche brava. Mi hanno sempre detto che un po’ le somiglio, ma si sbagliavano di grosso».

«Non avrei mai detto…».

«… che una delle ragazze di Kyoya avrebbe mai fatto un complimento a Rossana» dissero i due gemelli.


Il concerto era finito e i membri dell’Host Club e qualche altro fan fortunato, avevano i pass per il backstage.

Tra il gruppo di ragazzi e ragazze in attesa di incontrare Rossana, Kyoya riconobbe una vecchia conoscenza: Ikue Goto era lì, e si guardava intorno, dispersa.

«Sono stupito di vederti qui, Goto-san» le disse il ragazzo, facendola sobbalzare.

«Oh! Ootori-sama! Non avrei mai pensato di vederla qui!».

«C’è anche il resto di quello che fu l’Host Club».

«Davvero? Io sono stata invitata da Rossana stessa… mi ha detto che era un modo per ringraziarmi di ciò che ho fatto alle superiori. Non so come abbia fatto a scoprire che fossi stata io ad aiutarla…».

«Sarà stato Tamaki, sicuramente. Non è in grado di tenere la bocca chiusa per più di cinque secondi» disse Kyoya, mentre il biondo era praticamente saltato addosso alla rossa, che li aveva raggiunti, congratulandosi e venendo guardato con tanto d’occhi dagli altri fan.

L’Ootori decise di avvicinarsi a Rossana per complimentarsi, quando vide arrivare dal fondo del corridoio suo cugino.

Mentre la ragazza era impegnata con gli altri fans, decise di avvicinarsi a Kai, il quale alla vista del suo ombroso cugino, iniziò a sudare freddo: dopotutto non solo aveva spiattellato a Rossana la verità su Kyoya, ma aveva anche flirtato con lei davanti a molte persone.

«Kyoya-kun. È un piacere rivederti».

«Chissà se lo sarà ancora quando ti ucciderò» gli disse senza tanti complimenti «cosa ti è passato per la testa? Perché hai detto a lei la verità su di me?».

«Perché Rossana non merita delle bugie. Se non vuoi stare con lei, se non riesci ad accettare che qualcuno possa piacerti, allora sii sincero e dille di starti alla larga per sempre e che tra di voi non ci sarà mai nulla, perché tu non lo sai, Kyoya, ma lei è seriamente innamorata di te» gli disse Kai,

«Non ho intenzioni di farmi dare lezioni di vita da un sedicenne che ci ha provato con una che ha cinque anni in più e di fronte a una folla».

«Non invidiare il mio coraggio. Vorrei solo essere nato prima. Vorrei essere io suo coetaneo al tuo posto».

«Posso sapere perché tutti vi innamorate di lei?».

«Perché quando inizi a conoscerla, capisci che è speciale» gli disse Kai, sorridendo e ricordando a Kyoya un altro ragazzo, il quale stava abbracciando Rossana in quel momento: Kaito non era venuto all’incontro privato nell’hotel dove alloggiava la cantante, ma al concerto sì. Ed ora abbracciava la cantante che piangeva come una fontana alla vista del suo migliore amico dopo quattro anni.

La vide scusarsi con la fidanzata di questi e presentarsi, iniziando a prendere in giro il ragazzo.

Kyoya decise di lasciar perdere suo cugino, in vena di prediche non richieste, e di avvicinarsi a Rossana, la quale sembrava sentisse la sua presenza avvicinarsi: infatti si voltò poco prima che lui le toccasse la spalla e lo fissò.

«Direi che sei migliorata con gli anni. Sono riusciti a raddrizzarti un po’ in quella scuola, dopo tutto».

«A me sembra che nessuno sia riuscito a raddrizzare te, invece. Ti costa tanto dirmi per una volta che sono stata brava?» gli chiese, prima di aggiungere «ah, lascia perdere. Non importa più».

Il ragazzo la fissò voltargli le spalle e capì che dovevano chiarire tutti i malintesi che c’erano tra di loro prima che lei partisse di nuovo.

«Sana-chan, quanto ti fermerai qui?» le chiese Honey

«Penso un paio di settimane. Mio padre ha detto che sente la mia mancanza e vuole passare un po’ di tempo con me».

«Avrai tempo anche per noi?».

«Certo Honey. Lasciatemi un paio di giorni per riprendermi del tutto dal concerto e poi potremo vederci quando volete» assicurò la ragazza, sorridendo a tutti che accolsero la notizia con felicità.

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