Four steps from Hell

di thewise
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Darkness ***
Capitolo 2: *** Hate ***
Capitolo 3: *** Revenge ***
Capitolo 4: *** Power ***
Capitolo 5: *** Hope ***



Capitolo 1
*** Darkness ***




* * *
Four steps from Hell

STEP ONE: Darkness.

 
I was (born) in darkness,
so darkness I became. "

 
 

 
È buio quando gli occhi stremati dell’apprendista vedono di nuovo la luce. 
Non mette a fuoco il luogo in cui si trova – se di un luogo si tratta, non riesce a ricordare cos’è successo, non riesce a muoversi, non sente niente. Niente.
L’oscurità che lo circonda è un obliquo sollievo, spezza la rigida lastra di ghiaccio che l’immagine della luce gli provoca.
La luce non gli piace, è dolorosa. Arriva come violente scariche d’elettricità che lo percuotono, gli strappano via con disgustosa brutalità qualsiasi cosa si annidi sotto quella pelle rovente e marchiata, lacerano le superstiti parti del suo corpo mutilato.
Ma forse, invece, ricorda bene. Forse ricorda fin troppo bene il potere della Forza che lo ha abbattuto come un verme, che lo ha ricacciato ancora una volta nell’abisso putrido dal quale a stento è riemerso. Lo vede nitido, chiaro attraverso il buio falciato dalle sue sole iridi gialle, venate di cremisi, venate di sangue. 
L’oscurità gli piace, lo rassicura. Il buio gli è caro, talvolta necessario, come una dipendenza da cui, volente oppure no, non può e non riesce ad avere tregua. Ne ha bisogno. Il buio è l’unica cosa che gli appartiene, il primo amico che da infante l’ha consolato nella solitudine e nel dolore, il fratello che gli è rimasto accanto e l’ha nutrito con la sua stessa essenza.
Fratello.
Maul chiude gli occhi, soccombe all’ira che come una fiamma divampa dietro a quel muro di ghiaccio. Sente il dolore percorrere le sue braccia con esasperante lentezza, un’agonia interminabile a cui non può opporsi.
Suo fratello è morto, ucciso dal suo Maestro. Il solo pensiero gli fa ribollire il sangue nelle vene, spazza via ogni briciola di lucidità, di razionalità, di ogni cosa che lo rende un essere pensante e lo trasforma piuttosto in una bestia senz’anima. Un mostro infernale, senza coscienza, senza pietà. Un involucro vuoto.
È l’odio a mantenerlo in vita, a nutrire quel poco di membra consunte che si ritrova, quella parvenza di corpo rimasto del grande Signore dei Sith che un tempo sarebbe dovuto diventare. Odio per il Jedi maledetto che l’ha trascinato nell’oblio, che lo ha deturpato, privato del potere, del nome, del suo destino; odio per sua madre, per il suo pianeta, per il suo villaggio; odio per il suo Maestro, che lo ha tradito e abbandonato, che l’ha trasformato in un’arma e ha prosciugato ogni goccia d’umanità dal suo cuore marcio.
Odio.
Lo respira, Maul, attraverso l’aria pesante di quell’oscurità dominante. Lo sente quasi fremere nei suoi stessi polmoni, nel suo torace che s’innalza e si rilassa ad un ritmo sconosciuto, debole e misero. Sarebbe così facile morire, se solo quell’odio preponderante non fosse una valida ragione per continuare a vivere, sopravvivere come un parassita, trovare il modo e il momento per distruggere… tutti.
L’odio pulsa con il suo sangue, si diffonde come una malattia. Riempie i suoi pensieri, le sue sensazioni, persino i suoi incubi. Assume continuamente sembianze diverse, ogni qualvolta abbassa le palpebre, e allora solo l’oscurità è in grado di placarlo, di spegnere la lava rovente che lo consuma, pezzo dopo pezzo. L’odio è la bestia famelica che lo divora. Il buio è il rifugio ove il mostro dimora. 
Non è rimasto molto di lui, ma è sempre l’oscurità a coprirlo come un manto, a nasconderlo agli occhi inorriditi degli sventurati che lo trovano sul loro cammino. Lo ripugnano, lo scrutano come l’animale che è, provano repulsione e disgusto. Non comprendono, non vedono oltre la dura scorza temprata, non vedono il cumulo di pece viscosa che ha intaccato irreparabilmente le pareti del suo torace. Vedono il mostro, vedono la ferocia, vedono la scia di morte provocata dalla spietatezza primordiale che gli fa da padrona. E pregano qualsiasi cosa in cui credono, invocano la Forza affinché la bestia faccia ritorno all’inferno da cui è venuta a galla. L’abisso oscuro da cui Maul è stato generato e creato.
L’oscurità.



 
 



Angolo dell’autrice.
Tatatataaaaa - ebbene sì, non perdo il vizio di lanciarmi su esperimenti del genere. . . 
Che dire? Da troppo tempo ho rimuginato su qualcosa di simile, sul mio Zabrak preferito (?), e alla fine n'è uscita questa piccola raccolta che proprio come vuol sembrare mira a costruire in semplici passi la figura di (Darth) Maul. Ogni capitolo tratterà di una componente che, unita alle altre, finirà per riscotruire in toto il personaggio - o almeno questo è quello che spero risulterà alla fine, non ho idea di come verrà ( aiutooone! ) anche perché Maul sembra facile da capire ( odio, rancore, vendetta, morte ) ma io sono super mega convintissima che in lui ci sia mooooolto di più. E spero emergerà questo più. 

Comunque! Naturalmente ho iniziato con la componente maggiore, che è l'oscurità. L'oscurità lo ha creato, lo ha reso il mostro che è fin da bambino, ma è anche la sua unica ' cura ', l'unica cosa che conosce. E' bene e male, gioia e dolore, come una droga: non può farne a meno. Poi si sa, l'oscurità, per quanto faccia sentire potenti e invincibili, porta sempre via un pò alla volta parti di sé... finché non si è più la stessa persona, si è irriconosibili e mutilati.
Questo primo passo lo vede immerso nel buio, subito dopo essersi scontrato con Sidious, il suo vecchio Maestro, che ha ucciso suo fratello Savage. Molte parentesi sono state aperte e verranno tutte chiuse, una alla volta, nei prossimi passi. 
Niente, fatemi sapere cosa ne pensate!
 

p.s. questa raccolta di OS è, ovviamente, a sé stante. Ma per chi sta seguendo la mia long Rise of the Fulcrum può considerarsi anche in parallelo, diciamo, visto che probabilmente e quasi certamente Maul farà un'apparizione speciale nei capitoli futuri. Perché lo sappiamo, ormai: Maul non muore, Maul ritorna sempre ( o quasi ).
Mi eclisso! Un bacio a todos! 



〔  Anna ❆  〕



 

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Capitolo 2
*** Hate ***




* * *
Four steps from Hell

STEP TWO: Hate.

 
The chains are the easy part,
it's what goes on in there (mind) that's hard. "

 
 
 
 
La Fratellanza della Notte non ammette il beneficio del dubbio, non contempla esitazioni, non perdona gli errori.
Abbraccia tutto ciò che è potere, si lascia invadere dalle ceneri bollenti dei sentimenti infranti, li scaglia come pugnali affilati contro chiunque sia tanto sfortunato da finire etichettato come nemico.
La Fratellanza della Notte non ammette timore, lo estirpa senza pietà dal cuore di coloro che ne sono dominati.
Maul ricorda bene il giorno in cui sua madre, affiancata dalle streghe della Sorellanza, ha sradicato la paura dai suoi occhi spaventati di bambino. Ricorda bene, ogni qualvolta chiude le palpebre nel gelido pavimento della stanza dell’accademia, ogni notte, in ogni suo incubo. Ricorda il dolce gocciolare del sangue, il suo sangue, le palpebre bagnate, il volto rigato da salate linee incandescenti. Ricorda il dolore, lo sente… lo sente ancora, in ogni momento, ad ogni respiro.
Inspira, espira.
Maul ricorda, eppure non riesce ad impedire al suo io così misero e indegno di tremare al cospetto della lugubre figura incappucciata, priva di lineamenti, cupa, oscura. Solo due punti luminosi lasciano presagire che qualcosa si nasconda, sotto al manto corvino, e sono proprio quegli occhi serpentini, spietati e crudeli a sedimentare la paura nel giovane Zabrak. Quegli occhi che conosce bene.
Deglutisce, forse un po’ troppo rumorosamente per i gusti del nero cavaliere d’ombra, che congiunge le mani pallide avanti a sé. Se l’oscurità non incombesse, Maul potrebbe scorgerne il ghigno famelico e avido, potrebbe guardare in faccia le sembianze del Lato Oscuro a cui sua madre è stata tanto devota. Se gli occhi intrisi del suo stesso sangue non fossero incollati al pavimento marmoreo, potrebbe vedere l’artefice del suo destino. Colui che lo ha strappato al suo pianeta, alla Fratellanza, a sua madre.
« E così… sei tu, dunque, Zabrak », gracchia una voce cavernosa, proveniente dalla figura incappucciata. « Mostrami. »
Respira.
La voce di sua madre s’insinua come una lamina di fuoco tra i suoi polmoni, sprona il figlio ad alzare lo sguardo, ad affrontare l’abisso profondo da cui indietro non si può tornare. Ma è la mano intrusa e prepotente dell’istruttore ad obbligarlo, a spingere con impeto una sua spalla, a trasformare la natura profonda del suo tremore in semplice rabbia primitiva.
« Avanti! », lo esorta feroce, urtandolo una seconda volta.
“Alzati, Maul. Sorgi, figlio di Dathomir.”
La figura incappucciata perde d’importanza, lo sguardo assottigliato e fosco del novizio si volge appena a fronteggiare la determinazione del maestro. Maul sa che non lo toccherà una terza volta, non ora, non più.
Vede vortici di tormento riflessi negli occhi di quell’uomo, quell’essere spregevole che lo ha forgiato come un’arma, colpito come un martello in un’incudine d’acciaio. Vede le umiliazioni, i tagli, le percosse, le punizioni… sente l’odore amaro del sangue, sostanza densa e appiccicosa che nessuno ha mai distinto dalla sua cute scarlatta.
Hanno riso dei suoi fallimenti, i compagni d’addestramento. Hanno impugnato picche elettrificate, lo hanno guardato accasciarsi al suolo privo di forze, distrutto. Hanno puntato l’indice colmo d’invidia e contorto la sua diversità al punto da renderla uno strumento, come lui. Come tutti loro. Incatenati ad ogni cedimento, castigati ad ogni esitazione, piegati e schiacciati, schiavi insignificanti e privi di valore.
« Mostrami », incalza l’unico vero Maestro, sogghignante nelle tenebre.
La mano dell’istruttore sfiora per l’ultima volta il braccio sinistro di Maul, annebbiato da una cupa foschia di cui non riesce a liberarsi. I suoi pensieri si perdono, avvolgono la razionalità, la paura, la sottomissione, la violenza, le torture. Tutto svanisce, coperto da un manto simile a quello del Lord che per primo l’ha condotto in quella struttura, gettandolo in pasto alle più feroci belve a due gambe che nella galassia potesse assoldare. Bestie che a lungo hanno banchettato con il corpo innocente di Maul, riducendolo a brandelli, lacerandolo, spezzandone le ossa e ogni tipo di volontà, contaminandolo con i semi del terrore e dell’oscurità.
Una nuova linfa vitale scorre nelle sue vene, Maul riesce a percepirla. Si bea della sensazione d’invincibilità, della certezza di non poter essere scalfito. Si nutre di essa, qualunque cosa sia, proprio come pochi giorni antecedenti, quando aveva scaraventato con furia il suo rivale contro la parete senza muovere un dito. In fondo, è questo il motivo per cui è stato convocato con così tanta premura da Lord Sidious.
L’istruttore cade a terra come piombo, di fronte allo sguardo confuso e ridestato dello Zabrak. È dissolto, l’impeto furente, l’ira velenosa, talmente stipata e trattenuta d’essere detonata come un inaspettato cataclisma. Solo un involucro vuoto resta, svuotato persino dell’iniziale timore e dell’insicurezza.
Gli occhi gialli di Maul osservano il corpo senza vita ai suoi piedi, mentre gradualmente si leva una risata cupa e gutturale alle sue spalle. Una risata che riesce a solcare la pelle sotto alla tunica nera, scavare attraverso gli strati dei marchi della Fratellanza della Notte, spazzandoli via come futili briciole.
Un moto di sollievo sfiora le sue spalle, le sue braccia martoriate, il suo torace che s’innalza e s’abbassa ora quieto, ora in tempesta. È finita. È morto. Non lo toccherà mai più, non toccherà mai più nessuno di loro.
« Sì », sibila Lord Sidious, « la Forza è potente in te. »
Senza dire una parola, Maul si volge verso la figura ancora nascosta, guarda attraverso l’abisso. Intravede la linea contorta delle labbra raccapriccianti, prova l’istintivo impulso di abbassare il capo… ma non lo fa. C’è qualcosa che scorre nelle sue vene, amalgamato al sangue non versato. L’adrenalina, il sapore della conquista, la consapevolezza di avere, per la prima volta, strappato una vita che fino a quel momento era sempre stata strappata a lui.
Il suo io non è più così misero e indegno, ora, non trema d’inquietudine, d’orrore, di paura. Maul è finalmente sorto, risoluto e impetuoso Fratello della Notte. Sicario, assassino Sith. Apprendista.
« Percepisco grande rabbia in te, ma ti reprimi… »
“Abbraccia le nebbie tenebrose della tua terra, figlio di Dathomir. Lascia che fluiscano in te, fluisci in loro. Alzati.”
« Usala. Lascia che la rabbia ti alimenti, lascia che nutra il tuo odio. Usa il tuo potere. »
Lord Sidious si erge in piedi, la sua ombra si staglia fino a raggiungere Maul. Gli scherni paiono irrilevanti, lontani da ciò che gli sta succedendo. Quante notti insonni, tormentate da incubi, ha trascorso fantasticando sul momento in cui l’avrebbe fatta pagare a quei miserabili? Quante, mentre i semi piantati della vendetta hanno prodotto radici sempre più fitte, sempre più resistenti, che un poco per volta si sono avviluppate al suo immacolato muscolo cardiaco? Quante… prima che quel cuore imparasse a conoscere null’altro che le tenebre, la rabbia, la rivalsa e… l’odio.
D’inchiostro si è tinto il figlio di Dathomir, di nero e cremisi. E così s’innalzerà, lungo la via, lastricata del sudore della fronte, dello sforzo della schiena, del bruciore dei piedi e delle mani. Lastricata d’odio, nuova e succulenta emozione che più d’ogni altra acquieta lo spirito straziato di Maul.
Il mantello scuro scivola sul pavimento, accompagna i passi lenti e pacati di Lord Sidious. « Da questo momento non sei più un Fratello della Notte, mio apprendista. Da questo momento ti rivolgerai a me come tuo Maestro. »
Maul non è sicuro di capire questo sviluppo inaspettato, di certo non ne comprende la gravità della natura. Appartiene a Dathomir quanto appartiene a quel luogo dimenticato, inesistente agli occhi della Repubblica, celato a chiunque. Appartiene a Lord Sidious, a Madre Talzin, al Lato Oscuro, ma non appartiene a se stesso.
Dal pozzo tenebroso della veste nera, spuntano livide le dita ossute del nuovo Maestro – egli stesso ancora un apprendista, in attesa del momento proficuo per ribaltare le sue sorti. Maul ne percepisce un obliquo compiacimento, un trionfo velato e leggero. S’illude nel fugace pensiero d’essere lui, il motivo di tale sentimento; si crogiola, per un istante, nella strada maestosa e imponente che lo aspetta, verso la grandezza.
Quando la mano sollevata a mezz’aria infrange la distanza rimasta, spezza con essa tutti i pensieri sommessi e sciocchi del ragazzo. Gli occhi si sgranano, lacrimano quelle venature di sangue che da sempre tinteggiano il giallo limpido delle iridi del figlio di Dathomir. Grida, Maul, per quanto vorrebbe mantenere il criptico silenzio che solo è in grado di consolarlo – grida al dolore lancinante che dalla tempia si diffonde come fuoco in ogni centimetro del suo corpo.
La risata di Lord Sidious lo colpisce con la forza di un’onda incendiaria, avvampa le sue membra, incenerisce ogni resistenza, comprime ciò che del Fratello della Notte è rimasto. I marchi ardono come non mai, tanto che se non fosse circondato dal buio della stanza gelida, potrebbe credere d’essere stato gettato nel cuore di un vulcano. Bruciano, bruciano i polmoni, bruciano l’aria, bruciano talmente da tanto da desiderare la morte. La morte di Lord Sidious, non la sua.
Non è più così invincibile e potente, il ragazzino, eppure attinge ad un infinita e distruttiva sorgente di odio. Quel qualcosa di nuovo, riscoperto, potente. Odio primordiale, odio incontaminato, odio incondizionato. Non può che nutrirsene, pur di non soccombere, pur di sopravvivere alla tortura più mostruosa che neppure nei suoi incubi ha trovato forma. Si accascia al suolo abbattuto, in ginocchio, convogliando le ultime briciole d’energia per continuare a respirare.
Respira.
Il cuore martella all’interno del suo petto come un orologio scardinato, pulsa in ogni dove, raggiunge nuovamente la tempia. E fa male, è doloroso, insopportabile. Come i marchi notturni che hanno abbandonato il suo corpo, lasciando cicatrici incandescenti nella sua pelle dilaniata e squarciata. Pura, come una tela pronta per essere ridisegnata, rimodellata con l'arte dell'odio e della morte.
« Bene. Ora alzati, Darth Maul, mio giovane apprendista. »


 
 



Angolo dell’autrice.
Eccomi di ritorno con il secondo passo!
Non potevo omettere l'elevazione di Maul a nuovo apprendista di Lord Sidious, apprendista segreto, visto che come sappiamo " ce ne sono sempre due ". Poi ci tenevo in modo particolare, perché Maul è uno dei pochi (forse l'unico?) ad essere addestrato sin da bambino a diventare un assassino Sith, non un Jedi o direttamente un Signore dei Sith. Non ha conoscenza della Forza, era piccolo quando è stato portato via a Madre Talzin, e lo hanno lasciato all'accademia dove è stato letteralmente forgiato. 
Essendo un ragazzo, non ha piena coscienza di sé - prova rabbia per le punizioni e le torture, ma si reprime perché sottomesso, come tutti gli altri. Fin quando il recipiente non arriva al culmine e la rabbia, l'odio, si riversano per la prima volta su di un compagno. E Maul sorge davvero. Il fatto che Sidious gli strappi i marchi della Fratellanza della Notte è simbolico, ma posso solo supporre che sia avvenuto realmente, visto che poi lo ha dolorosamente riempito di tatuaggi del Lato Oscuro. 

Come sempre, ringrazio chiunque leggerà, passerà, mi farà sapere cosa ne pensa. 

Prometto che aggiornerò in tempi brevissimi e, nel frattempo, lascio un piccolo spoiler riguardo a ciò che tratterà il terzo passo: 
 
STEP THREERevenge.
 



〔  Anna ❆  〕


 

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Capitolo 3
*** Revenge ***




* * *
Four steps from Hell

STEP THREE: Revenge.

 
" Kenobi. "

 
 
 
 
Ha il suono del crepitio di una spada laser, la caduta nel profondo abisso.
Ha l’odore acre di sangue raffermo, di un taglio cauterizzato, di carne ustionata. È un precipizio cruento, grigio, freddo, che si compie in un tunnel interminabile e silenzioso, il cui unico eco è il lieve battito di un cuore lacerato. È oscurità, è odio, è vendetta.
« Kenobi. »
Maul disintegra senza pietà una parte della parete rocciosa al suo fianco, quel putrido buco infernale dove ha trascorso chissà quante lune rosse e insanguinate. La mano ossuta si riempie di graffi e lividi, non più così mascherati dalla debole cute d’ossidiana nera e cremisi. La rabbia è talmente opprimente da rendere insignificanti quelle ferite, miserabili, infami quanto lui, demone sprofondato nella discarica di Lotho Minor.
Ringhia privo di ragione, Maul, straripante dell’ira più distruttiva e dell’odio più viscoso. Stringe le mani in due pugni contorti, trasforma il poco ossigeno della grotta in una preda per i suoi polmoni ardenti e insoddisfatti. Grida quel nome, quella condanna incessante, che dal vuoto del baratro non l’ha più abbandonato.
Kenobi.
Il solo pensiero incenerisce ciò che di lui è rimasto, potente Signore dei Sith, metà peggiore di un essere umano. Le immagini di quel giorno maledetto si ripetono senza sosta di fronte ai suoi occhi arrossati, deboli, irritati persino dalla tiepida fiamma all’interno della caverna in cui vive. Un posto deplorevole, umido, inzozzato di cadaveri e spazzatura proveniente dagli angoli più sudici della galassia. Rifiuti esattamente come lui, dilaniato e distrutto.
Ricorda fin troppo bene come gli avanzi del suo stesso corpo sono piombati a terra con un tonfo, più d’una decina d’anni or sono. Ricorda la tunica nera a brandelli, il dolore sordo e lancinante, inaspettato, che di vibrazioni ha invaso ciò che rimaneva delle sue membra. Ricorda il tuono metallico dell’impugnatura della spada laser, caduta proprio accanto a lui.
Fitte impetuose hanno percorso rapide le sue braccia tese, la sua schiena spezzata, attraverso le scapole ammaccate. Dal fondale più cupo del precipizio, Maul ha osservato la cima luminosa delle dimensioni di un puntino da cui è decaduto. Ha usato ogni fibra d’energia dei suoi resti per strisciare lungo il condotto di ventilazione, come un parassita, spinto da nient’altro che il flusso d’odio primordiale di cui a lungo si è nutrito.  
Kenobi.
Maul porta le mani alla tempia compulsivamente, implorando che il rumore assordante del caos cessi di tormentare la sua mente esausta. Brama il silenzio che da ragazzo lo ha intimorito, durante le notti più lunghe e insonni. Lo agogna all’esasperazione, perché l’oscurità non è più sufficiente a cullarlo come un infante, a placare il suo spirito straziato, a zittire le urla che terrificanti si dipanano all’interno della sua cassa toracica. E riecheggiano, riecheggiano in quell’esilio mostruoso, nutrendo l’odio, accrescendo il mostro.
Non sono che attimi fugaci, quelli in cui ogni cosa sembra cessare e l’incubo svanire. Tutto s’acquieta, tra le braccia confortanti della bestia, che avida divora gli istanti facendoli sfociare nuovamente nella disperazione. Perché il rumore è solo frutto della sua immaginazione, non tocca quel luogo sotterraneo e deserto.
Kenobi.
Perduto figlio di Dathomir, annientato Fratello della Notte, decaduto Signore dei Sith, indegno apprendista, indegno essere. Eppure ancora il fuoco scorre nelle vene delle braccia irrobustite dal peso della sopravvivenza, si diffonde e accende centinaia di scintille incontrollate, cariche di furia. Rabbia, odio, sete di vendetta, unico nutrimento.
Un fruscio risuona nelle gallerie della caverna, mette in allerta la creatura demoniaca dagli arti inferiori di un aracnide, che si precipita collerica a cercare chiunque metta piede nella sua prigione – e da cui non uscirà vivo.
Non sarebbe la prima volta, non sarà l’ultima. Maul non ha più visto la naturale luce del sole, neppure l’illusione disgustosa che quel pianeta sporco potrebbe dare: Maul non ha più visto nient’altro, imprigionato nelle sue stesse e oscure catene in quella grotta. Una gabbia che a stento riconosce, ma che strenuamente e con possesso vuole tenere per sé. È il suo abisso, la sua disfatta, il suo – odioso – fallimento, infinite ragioni per perpetuare un’esistenza misera. Senza di essa, sarebbe morto. E allora quale significato avrebbe potuto dare a quell’eterna sorgente di odio? A quella sete di vendetta mai estinta?
È sempre stato un ragazzo maldestro, guidato da impulsi primitivi emersi una volta estirpato alla radice il timore dell’innocenza. Si è fatto carico di nuove passioni, senza tuttavia rendersi conto di quanto distruttive fossero. Ha sofferto, ha resistito, ha lottato, ha odiato, ha coltivato il germe deposto della rivalsa, desiderando solamente la pura e semplice disfatta dei suoi nemici.
Quando arriva ai tunnel oscuri più distanti, Maul sa che non vi troverà alcun nemico. Ma il tempo delle distinzioni è giunto da molto al suo termine, soprattutto per un carnefice brutale che nulla vuole avere in comune con le vittime. Ora, le prede sventurate che vengono condotte a lui dall’alleato serpentino sono sullo stesso piano indifferenziato di chi lo ha ridotto alla bassezza.
Il bisogno di replicare la sua precedente esistenza freme, così come la sua smania di mietere qualunque cosa tenti di tagliare a metà la sua strada. Ogni volta gli sembra di rivedere volti conosciuti, gli sembra di squartare senza esitazione vecchi compagni d’accademia, compagni che hanno riso di lui, che l’hanno torturato, umiliato. Gli sembra di smembrare i suoi stessi incubi, il suo Maestro, i Jedi, il Jedi ch’è primaria causa di tutto questo. Gli sembra d’avere di nuovo il potere, di assaporare la vittoria mai davvero avuta, di spezzare la catene della sua inespugnabile prigionia.
Attimo dopo attimo, Maul si consuma nell’illusione della libertà, si logora nella disperazione della vendetta. Sopravvive, ripetendo quel ciclo infinito di torture e apparenze, false utopie, folli allucinazioni di un folle senza destino né speranza.
E dimentica, dimentica le memorie del passato, i nomi che lo perseguitano come ombre, spettri nefasti, ossessioni tormentate; dimentica se stesso, dimentica tutto, nella landa desolata del suo animo frantumato. Tutto tranne uno, un nome che con prepotenza s’è insinuato nei meandri del baratro e ha scavato profonde voragini sotto la cute martoriata. Uno solo…
Kenobi.


 
 



Angolo dell’autrice.
Heeeello, it's me e dopo neanche tantissimo tempo - mi sono impegnata al massimo per aggiornare presto. uu
Dunque, qui iniziamo già a percorrere un terreno conosciuto, molto assai. Maul è ossessionato dalla vendetta e da Obi-Wan Kenobi, letteralmente: è come un'ombra, un fantasma che lo perseguita e gli fa provare ancora più rabbia, più odio, più sete di vendetta di quanto già non provi di suo. Kenobi lo logora, ma al tempo stesso gli permette di sopravvivere - anche se in uno stato davvero pietoso, indegno per uno che, come lui, aveva un grande destino nel Lato Oscuro davanti a sé. 
Quando cade, di Maul non restano che resti malconci, quasi quanto il suo animo consumato dall'oscurità. Non credo che abbia mai avuto la possibilità di provare emozioni "positive", buone ( e questo mi fa amare Maul ancora di più, perché la sua è nel vero senso della parola una vita dimezzata, e non solo fisicamente ) e tutto ciò che ha sperimentato nei suoi anni di addestramento lo rivive nell'immaginazione quasi fosse una spinta per continuare a vivere, giorno dopo giorno, in quel pianeta discarica. 
Non so esattamente come sia riuscito questo capitolo, inizialmente avevo un'idea diversa, ma poi ho optato per associare questo arco di tempo al sentimento della vendetta, che è forse il più dominante dei passi di Maul. E' quello che più lo definisce, causato dall'odio, a sua volta provocato dall'oscurità, senza la quale Maul non esiste. 
Anche qui, come sempre, è stato lanciato il sassolino del quarto passo, l'ultimo ( ma non ultimo ) : il potere

Ringrazio di cuore chi ha recensito, chi sta leggendo e continuerà a seguire questa piccola raccolta a cui tengo molto - che spero stia riuscendo abbastanza leggibile. Le opinioni sono sempre ben accette, di qualunque tipo, non mordo (?) e prometto di aggiornare in breve tempo. 
 



〔  Anna ❆  〕


 

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Capitolo 4
*** Power ***




* * *
Four steps from Hell

STEP FOUR: Power.

 
" Fear leads to anger.  Anger leads to hate.
   Hatred leads to power. Power leads to victory.
   Let your anger flow through you. Your hate will make you strong.
   True power is only achieved through testing the limits of one's anger, passing through unscathed.
   Rage channeled through anger is unstoppable.
   The Dark Side of the Force offers unimaginable power.
   The Dark Side is stronger than the Light.

   The weak deserve their fate. 
"

 
 
 
 
Le porte della claustrofobica sala si chiudono ermeticamente, sigillano all’interno la totale oscurità che vi dimora.
L’apprendista Sith è invisibile a palpebre serrate, al centro perfetto ove le diagonali della costruzione s’incontrano, parte integrante dell’ombra della montagna che dal fatidico momento* designò per sempre il Lato Oscuro e con essa sigillato.
È buio, là dentro; è silenzioso. Ogni cosa tace, nessuna cosa si muove. Neppure il respiro diradato del giovane Zabrak riesce a scalfire la barriera spazio-temporale di quella rara circostanza, lontana anni luce dalla realtà concreta della galassia, intessuta di Forza pure e semplice.
Maul sa la ragione per cui si trova in quella stanza ed innalza un muro di concentrazione al livello più elevato. La consapevolezza minaccia di farlo sfociare nella tipica tempesta d’ira primordiale, primitiva, a lungo trattenuta ed ora sorgente incontrollabile. Reprimere quell’impulso naturale gli costa uno sforzo notevole, ma non può permettersi il lusso d’incrementare la gravità dell’errore appena commesso. Non può tradire la fiducia del suo nero Maestro, non può farsi artefice della sua stessa disfatta, non può fallire da spregevole essere indegno di cotanta grandezza.
Tende le braccia avanti a sé, le mani saldamente avvolte all’impugnatura della spada laser. Le dita fremono quanto la sua collera sepolta e, in un attimo, le lame scarlatte emergono dalle tenebre dense, creando due scie di sangue luminose pronte a fendere qualunque cosa sulla loro traiettoria.
Maul espande le sue percezioni, fa di quell’arma un’estensione non solo delle sue braccia rigide e temprate dalla forza bruta del dolore e della tortura, ma anche della sua coscienza. Darth Maul è quell’agglomerato d’indistruttibile acciaio e frammenti di kyber; essi sono Darth Maul, imbevuto dell’odio a cui ha attinto per dar vita a quell’arma letale. Odio cresciuto in maniera esponenziale solo il giorno precedente, odio che arde come un fuoco distruttore ed inestinguibile, odio che divora, odio che brucia… brucia tutto, non risparmia niente.
Il pensiero dei cavalieri immacolati e stolti fa serrare la presa delle dita sull’elsa ancora di più, tanto che potrebbe persino disintegrarsi davanti ai suoi occhi chiusi. Maul stringe i denti, si logora pur di mantenere l’equilibrio del caos che gli permette di avvertire l’assenza di ogni cosa in quella sala quadrangolare – la furia che quei dannati scatenano in lui minaccia di scardinare la sua attenzione, e questa è un’altra ragione per cui Maul sa di trovarsi lì dentro. Per cui sa di averne bisogno.
D’un tratto, come ridestato da un sonno di pietra, la spada luminescente inizia a muoversi rapida e decisa. Fende l’atmosfera, la consistenza dell’aria, che ben presto si riempie di proiettili laser, riversati sull’apprendista come una pioggia acida e senza scrupoli. Del silenzio e dell’immobilità non rimane che un lontano fantasma: Maul devia una dopo l’altra le scie roventi, che riecheggiano come fulmini contro le pareti nere.
Il battito accelerato del suo cuore si alterna al crepitio delle lame maledette, allo scoppiettio dei laser incessanti, nitidi oltre le palpebre serrate di Maul. Vede perfettamente le traiettorie, le anticipa, ne distingue i colori caleidoscopici e avverte la pericolosa vicinanza quando sfiorano la cute ricoperta dalla leggera tunica scura. Probabilmente dovrà procurarsi una veste nuova, una non stracciata e degna del Signore dei Sith che sta diventando.
Un Signore dei Sith, apprendista del più potente essere che neppure nei suoi incubi peggiori aveva trovato forma. Una creatura senza volto, ricoperta da un nero mantello e da una fitta rete di Forza che a stento Maul riesce a sopportare. È il buio che ha sempre temuto da bambino, il mostro che intimamente lo annienta, lo corrompe, lo cambia. Lo incatena a sé con un metallo talmente rovente da portare via molta più carne di quanta ne lasci. È un abisso tetro, che attraverso centinaia di cerchi di fuoco ridiscende verso l’inferno da cui ogni cosa è generata, ove anche Maul è nato.
Il calore non lo infastidisce più, quasi gl’innesta una sensazione di familiarità. Rilassa le spalle massicce, senza mai interrompere il movimento rotante della spada laser, l’unica essenza che lo separa da morte certa e dolorosa. Il potere lo protegge, forgia un’armatura invalicabile, all’interno della quale Maul è assolutamente intoccabile e tuttavia ancora piccolo, impreparato, braccato.
L’odio che nutre per quei cavalieri, i Jedi, è una sorgente così fresca in cui dissetarsi da riuscire a stento a farne a meno. Ha visto, Maul, ha visto di cosa si faranno artefici se solo non dovessero venir estirpati come un’erba maligna, una pianta parassita, una malattia. Sul terreno del pianeta sacro alle ombre**, tempestato di scheletri, dei resti carbonizzati dell’ultima grande guerra tra luce e oscurità, sulla cima più alta del sacro Tempio dei Sith, Maul ha visto. Ha allungato la sua mano d’allievo impaziente, ancora inesperto, attirando a sé l’entità della conoscenza proibita. Ha lasciato che lo invadesse, che si diffondesse come un acido insaziabile e che gli mostrasse ciò che a nessuno è consentito vedere: il futuro. Il possibile futuro.
Placa l’avidità dei suoi polmoni, elimina la tensione che cerca di tirarlo con una solida fune. Vuole vendetta, come una bestia affamata e assetata, senza riposo. Vuole che paghino, quei miserabili, per i fratelli che in passato hanno preso e che desiderano prendere in futuro – vuole che la paghino cara per averlo quasi fatto inciampare, dopo anni e anni di duro addestramento. Vuole che muoiano, squarciati dalla sua lama di sangue, sbranati dalla sua rabbia, afflitti dal suo odio, eliminati dal potere della sua oscurità. Non ci sarà luce per i Jedi, solo l’oblio. Esattamente come quello che nella piccola sala quadrangolare permane placido e silenzioso, in agguato.
E da quella voragine fosca riaffiora palpabile quell’unico, meschino, fatale errore. In mezzo ai proiettili regolari dei laser, Maul scorge un’immagine che non dovrebbe trovarsi lì, non dovrebbe essere impressa nella sua mente di ragazzo, nei suoi pensieri di sicario. Irrompe con prepotenza, forte abbastanza da fargli avvertire una fitta di frustrazione al petto, che rapida si diffonde lungo gli arti inflessibili e fa rallentare i loro movimenti di difesa.
Distingue lineamenti dolci, contorti dalla fatica ma forse ancor di più dalla certezza della morte imminente. Vede le iridi di smeraldo perdere la brillantezza della determinazione e sfociare nell’opacità del trapasso; le labbra schiuse, formate da una linea armonica interrotta da un taglio poco profondo, che Maul ha osservato per più tempo di quanto gli fosse concesso, cercando di capirne la natura. Vede il suo errore, la sua rovinosa esitazione e la giovane Jedi che l’ha provocata.
La medesima sgradevole sensazione appare alla bocca dello stomaco del Sith, rincorre il crescente malessere che adagio si espande in ogni centimetro del suo corpo. Maul non demorde e continua a parare i colpi senza remora, con quanta più energia possa trarre dalle sue spietate emozioni. È la consapevolezza a tormentarlo, la sporca coscienza che a tutti i costi vuol cancellare quella manciata di secondi che potrebbe essere motivo di deviazione del suo destino così “luminoso”.
Nella sua mente, la sua mano non ha tentennato nel calare la spada laser sul corpo della Jedi, non ha esitato – eppure è proprio la sua mente a trascinarlo di nuovo in quella spiaggia, sotto la pallida luce di un cielo plumbeo. Maul non è più nel nero cubo d’addestramento e davanti a sé non ha fiotti di laser. C’è lei. La Jedi che è scappata alla sua imboscata, che ha visto i suoi compagni sprovveduti e incapaci cadere sotto la rossa doppia scure. La Jedi perita per ultima, che ha reso la sua missione più difficile, meno veloce, più divertente anche… finché, al terminare del loro scontro, non si sono trovati faccia a faccia, separati dalla lama scarlatta di Maul che implorava il suo stesso proprietario di completare l’opera.
Qualcosa di bollente e fulmineo si abbatte sul braccio sinistro, lacera in profondità i muscoli colpiti, e Maul viene riportato con violenza alla sala buia. Spalanca gli occhi all’improvviso, conscio di aver perso il ritmo a rotazione dell’arma e altrettanto conscio dell’incombente flagellazione da parte dei laser. Trattiene il respiro, alleggerisce la presa sull’elsa, assottigliando lo sguardo per il dolore lancinante e in rapida crescita.
La visione è svanita e si sorprende di notare, perplesso, che anche il programma di allenamento intensivo ha smesso di funzionare. Maul è ancora vivo ed ogni traccia dei proiettili luminescenti non è altro che un’ombra, un velo fosco nuovamente calato a ricoprire quell’angolo della galassia. Perché si sono fermati? Perché ha esitato?
Nel silenzio accarezzato dal suo respiro instabile, lievemente solcato da sommessi lamenti dovuti alla fresca lesione, le porte scorrevoli della stanza si schiudono con un fruscio metallico. Le domande tacite di Maul trovano d’un tratto tutte le risposte e forse anche di più.
Avvolta dalla luce accennata alle sue spalle, la sagoma nera incappucciata di Lord Sidious si staglia sulla soglia come un avido sciacallo che ha avvistato con bieca soddisfazione la preda tanto ambita. Maul percepisce l’inesauribile fonte di potere ch’emana con la sua sola presenza, e vi attingerebbe senza il minimo indugio se non dovesse coprire il suo demone con quanta più oscurità possibile.
« Ho sentito del tuo ritorno, mio apprendista », stride la voce del Signore dei Sith, che risuona tra le pareti in un eco di perfido compiacimento. « Sapevo di trovarti qui. »
Coperte dal fitto delle tenebre, le spalle dell’allievo sono colte da un fremito. Il sangue pulsa nella cute cauterizzata del braccio, pulsa scendendo sino alla punta delle dita intorpidite, salendo lungo la base del collo, il capo, la tempia. Un pensiero si alterna al palpitare amaro del suo corpo leso, tuona con i ticchettii del suo forte muscolo cardiaco.
« Sono colpito dalla rapidità e l’efficienza con cui hai portato a termine la missione. È una prova di grande… fermezza », prosegue Lord Sidious, marcando volutamente ogni parola – o così pare a Maul, che ben sa quanto siano rari gli eventi nascosti all’occhio efferato del suo Maestro. « Forse sei pronto ad assumere responsabilità di maggior spessore, dopotutto. »
« Lo sono, Maestro. Sono pronto a fare ciò che va fatto. »
« Molto bene. Ci sono importanti questioni da discutere riguardo ai nostri piani. »
L’apprendista si volta con lentezza, la spada laser ancora stretta in una mano. La figura di Lord Sidious sembra essere emersa dalla putrida e densa notte che riempie quella stanza, spezza la luce fioca che tenta debole di varcare la soglia. Due linee bianche sfuggono ai lati del Sith, corrono verso Maul, che le osserva sbieco. Il ghigno che contorce il volto del Maestro è oramai un’abitudine, una visione conosciuta che ha perduto da tempo il potere di mettere soggezione al ragazzo.
« Ma prima… ho una cosa per te. »
Maul trattiene nuovamente il fiato, lascia andare l’ultima boccata inspirata in un flebile soffio e cerca di scorgere il riflesso lucido delle iridi gialle sotto al cappuccio. Iridi spaventose.
Lui sa. Per questo ha lasciato la stanza dell’organizzazione dei suoi astuti piani diabolici, per questo lo ha raggiunto senza preavviso. Lord Sidious sa e ciò che Maul riesce a percepire ha un sapore acre, nauseante, sicuramente per nulla piacevole. Ma l’apprendista sa altrettanto bene che il fallimento e le incertezze sono severamente puniti, tanto da desiderare quasi una pena per estinguere la vergogna di cui si è macchiato senza comprenderne la ragione.
« Un riconoscimento in onore della tua prima vera missione, Darth Maul. La tua prima missione senza errore », prosegue Lord Sidious con scherno, tuttavia ricolmo di un’alterità senza eguali. « Raggiungimi al piano inferiore. Quella ferita sarà un’ottima ispirazione per il nuovo marchio che ho in serbo per te. »
Prima che la risata gutturale pizzichi il silenzio della stanza, le porte si richiudono. Il grande maestro del Lato Oscuro svanisce oltre di esse, lasciando l’apprendista di nuovo solo e al buio.
Maul ripristina per quanto può la regolarità del suo respiro, deglutisce, inspira, espira. Mette a tacere la minuscola parte di sé che nutre autentico odio nei confronti di quell’uomo, l’uomo che lo ha portato via dal suo passato, lascia che ad urlare siano invece la gratitudine, la deferenza, la brama di grandezza. La via del Lato Oscuro della Forza.
Non teme la sofferenza, l’adolescente tinto d’inchiostro e sangue. La sofferenza, come molte altre cose, è una cara familiarità. Come quel luogo, la fatica, la stanchezza, le ossa spezzate assieme al suo animo straziato. È il prezzo da pagare per percorrere la strada tortuosa del potere, inarrestabile e immenso. E se ancora una volta dovrà penzolare dal soffitto umido, incatenato come un animale, torturato da pungiglioni velenosi conficcati con brutalità sul suo corpo martoriato… così sia. Che un’altra nera incisione solchi la rossa e scarna tela da dipingere, che venga sradicato l’ultimo frammento di vana umanità avviluppato al marcio cuore corrotto. Che sia fatto, che sia distrutto. 
Così sia.








* riferimento alla leggenda taoista secondo cui la distinzione complementare tra luce e oscurità fu vista per la prima volta attraverso la visione di una montagna nel paesaggio, metà colpita dalla luce solare e metà nell’ombra.
** Malachor



 

 
 



Angolo dell’autrice.
Come promesso, sono di ritorno con il quarto step di Maul! 
Dunque... questo capitolo è un pò particolare, pieno di riferimenti, probabilmente potrà risultare confusionario per certi versi. In realtà questo effetto è voluto: gli aspetti che tenevo molto a mettere in risalto, attraverso questi stratagemmi (?), sono la distruzione completa dell'umanità di Maul e la considerazione che Lord Sidious ha di lui. 
Come apprendista, Maul è molto capace, molto abile, molto potente. Fin da bambino era destinato al Lato Oscuro e, sì, non ha avuto alcuna scelta, non ha conosciuto altro che non fosse il dolore, la rabbia, le torture, l'odio, la vendetta. Ma ancora inesperto, ancora un ragazzo, Maul conserva l'ultimo barlume di umanità ━ che lo fa appunto esitare a strappare una vita disarmata. La via del potere gli porta via l'ultimo frammento di umanità e lo rende, nel desiderio di Sidious, una macchina da guerra, un'arma, uno strumento per ottenere la vittoria. Il potere disumanizza Maul, al punto da renderlo un corpo tatuato, marchiato, pieno di cicatrici visibili e invisibili, astuto, forte, ma del tutto schiavo. E questa è una condizione che il nostro Zabrak si porterà dietro durante tutta l'esistenza e non riuscirà mai a liberarsene, come un marchio. 

I riferimenti riguardano il viaggio su Malachor in cui Maul apprende dell'antico conflitto tra Jedi e Sith, in cui all'interno del Tempio ha una visione della futura disfatta del Lato Oscuro, e la prima missione in cui compie una strage di Jedi. A questo proposito mi sono ispirata ad un corto, che si può tranquillamente trovare su YouTube, in cui viene mostrato l'addestramento di Maul e sottolineato ancora il fatto della sua disumanizzazione. E' molto ben fatto e lo consiglio vivamente a chiunque voglia saperne di più su questo interessante e complesso personaggio. 


Ancora una volta ringrazio davvero chi sta seguendo e appoggiando questa raccolta, mi rendete davvero felice e siete un'ispirazione a continuare. 
Spero di non aver deluso le vostre aspettative e di non deluderle con il capitolo conclusivo, che arriverà quanto prima, lo prometto! 
Ebbene sì: i passi sono quattro, ma come preannunciato comparirà all'orizzonte un quinto e definitivo step. Un quinto di cui non anticipo nulla e sarà un'assoluta sorpresa. A prestissimo, lettori galattici!  
 



〔  Anna ❆  〕


 

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Capitolo 5
*** Hope ***


 

 

►   ATTENZIONE : pericolo spoiler. 

Questo capitolo contiene uno spoiler piuttosto importante della terza stagione di Star Wars Rebels
Chiunque non l'abbia vista o non voglia rovinarsi la sorpresa fugga!
Chi invece vuole affrontare le temerarie prove della Forza... è il benvenuto. Buona lettura! 









* * *
Four steps from Hell

STEP FIVE: Hope.

 
" Far above, far above,
we don’t know where we’ll fall.
Far above, far above,
what once was great is rendered small. "

 
 
 
 
Bagliore di stelle, cielo sfumato d’oltremare, lune d’argento. 
Il silenzio della tiepida notte abbraccia le dune dorate del pianeta dai due soli calati, placa l’indomita atmosfera di sabbia con la sua quiete, placa ogni cosa sulla sua strada. Mette a tacere persino gli animi più tormentati e disperati, infonde loro ignota pace.
Pace.
Non ha mai creduto che si trattasse di verità, Maul, ma piuttosto di una mera menzogna. Un’illusione idilliaca e spietata, capace di soggiogare, ingannare e rendere schiavo chiunque sia abbastanza sciocco e debole da credervi. Maul sa che esiste la Forza, esiste il potere, giunge in fine l’ambita vittoria, la quale conduce all’eterna libertà.
La Forza mi renderà libero*.
Eppure a lungo ha agognato quel silenzio con mente straziata, talmente torturata dal rumore della sofferenza, dell’odio e del dolore da non essere nemmeno più in grado di riconoscere che cosa sia. Esso è mancanza, esso è difetto, esso è… serenità, serenità estranea, sconosciuta e pericolosa. Ma inerme è oramai l’ombra del grande e invincibile apprendista del Lato Oscuro, un minuscolo granello di sabbia caduto nel vasto deserto di Tatooine. E dal vento trascinato via.
Vede questo, Maul, attraverso i deboli occhi che minacciano di serrarsi da un momento all’altro. Vede questo, le iridi pallide, inondate dalla marea tempestosa del cielo notturno, che lo sovrasta come un potente Signore dell’ignoto. Vede se stesso, non appena scosta lo sguardo, riflesso negli occhi chiari e cristallini di Obi-Wan Kenobi, chinato su di lui.
Dunque è così, dunque è la fine. Non può impedirsi di realizzare questo debole pensiero, mentre esausto scruta quel volto che per troppo tempo è stato l’assoluto oggetto delle più diaboliche riflessioni. Quel cavaliere, quel nome, quello sguardo, quella follia, la sua spada di morte…
« È lui il Prescelto? », sibila con sforzo Maul, il respiro spezzato, mentre a poco a poco le ultime energie fluiscono come acqua gelida dalle sue membra.
Il suo petto s’innalza e s’abbassa lentamente, sconfitto. La lacerazione che ha messo un punto alla sua miserabile esistenza troneggia su di lui come in passato il suo nero Maestro ha fatto con maligna soddisfazione. Lo ha messo in ginocchio, costretto a scivolare a terra, inzozzato di sangue, sabbia e ambigua incredulità.
Dunque è così, dunque è la fine. È la fine, quando il vecchio che ha preso il posto del fiero cavaliere Jedi chiude le palpebre un istante, e Maul non vede altro che l’oblio.
Muove un cenno, Obi-Wan, pare annuire, mentre Maul è sorretto solo dalle sue braccia – le stesse braccia che in un passato remoto lo hanno deturpato, ucciso, privato del suo destino quanto della sua identità. Le stesse braccia che, giorno dopo giorno, hanno nutrito il mostro di una linfa vitale dolceamara, mostro infernale sanguinolento e dipinto dell’inchiostro dell’odio.
« Lo è. »
Maul inspira, percepisce una fitta acuta di dolore percorrere l’ultima metà del suo corpo. Per qualche ragione la rabbia, l’odio, la vendetta e il potere non sono sufficienti a trasformare la sofferenza in qualcosa di familiare. Niente riesce a coprire con il suo manto quella ferita opprimente, traditrice, che risuona come un eco sopra la più alta delle vette. La cima del mondo, da cui Maul è precipitato troppe volte, riportando danni sempre maggiori.
Ora vede il fondo, quello vero. Ripensa al tunnel grigio e metallico, ai ticchettii, al tonfo dei suoi resti; il verme strisciante nel terreno sudicio della discarica, la galleria umida, dall’aria pesante, infuocata; le pareti graffiate, buie; le incisioni fatte con le dita dilaniate, il nome di Kenobi scritto su Lotho Mir con il sangue e con la pelle; l’abisso e i fantasmi di Malachor. Ora vede il fondo, Maul, e attraverso il precipizio… vede il buio.
Fratello della Notte, Sith, criminale, reietto, Antico Maestro. Schiavo.
Sarebbe così facile morire, ancora una volta. Sarebbe semplice lasciarsi andare, dopo aver perduto ogni pezzo, ogni fibra d’anima logorata, colpita da chissà quanti falsi alleati, strappata in nome di chissà quante abbiette passioni. È facile, questa volta, sotto l’acre odore della carne bruciata nel torace. È facile, svuotato delle sue uniche emozioni. È davvero facile, dopotutto…
Tra le braccia del più acerrimo dei nemici, della sua disfatta e sopravvivenza, Maul scorge con la coda dell’occhio la distesa stellata sovrastante. E piccolo si sente, laggiù, in fine disarmato, in fine spogliato del peso che mostri silenti hanno adagiato sul suo cuore ignaro, corrompendolo, forgiandolo, intaccandolo, con quanta più brutalità fosse consentito ad un essere senziente di provare. Misero, senza nome, dalla spada laser spezzata, dai muscoli squarciati, dall’essenza svanita. Distrutto.
Eppure a lungo ha agognato quel silenzio con mente straziata, quel momento, la sua vendetta. Sa che morirà questa volta, il diletto figlio di Dathomir, ma vittorioso ne uscirà il demone sorto dai sotterranei scabrosi di Malachor. Trionfante sulla sua rovina quanto su quella di Obi-Wan Kenobi, sporco topo nel deserto, esiliato in una prigione tanto vasta e terribile da divenir mortale. Jedi pietoso, Jedi sconfitto, cavaliere defraudato e chiuso in una gabbia dorata di polvere e nubi. Esattamente come lui.
« Lui ci vendicherà », esala Maul con un filo di voce, l’ultimo barlume d’ossigeno, l’ultimo sforzo. Le ultime parole, anch’esse svuotate di ogni loro primitiva ragion d’essere e riempite di una strana sostanza, un’arcana virtù sconosciuta. Qualcosa che mai si sarebbe aspettato di poter pronunciare all’uomo con cui mai avrebbe immaginato di condividere quegli ultimi, piccoli attimi.
Le palpebre del vissuto Zabrak cedono, fremono, ma non abbastanza da potersi serrare. I polmoni martoriati – quei polmoni agognanti, torturati, squarciati – trovano riposo dopo aver espirato un ennesimo soffio d’aria tiepida, un’esigua nuvoletta di nebbia diradata. Il fuoco con il suo alone luminoso, sfumato d’arancio, scoppietta. 
Obi-Wan solleva piano una mano, posa le dita sulla fronte rossa e nera di Maul. I polpastrelli scivolano, spinti da un vento di compassione e di consapevolezza, chiudono gli occhi pietrificati e privi di vita dello Zabrak.
Dunque è così, dunque è la fine. 
Le catene sono spezzate.












* codice / legge dei Sith: La Pace è una menzogna, esiste solo la Passione. Attraverso la Passione ottengo Forza. Attraverso la Forza ottengo il Potere. Attraverso il Potere ottengo la Vittoria. Attraverso la Vittoria le mie catene sono Spezzate. La Forza mi renderà libero.”

 


 
 



Angolo dell’autrice.
Dunque, eccoci qui, al capitolo conclusivo. 
Innanzitutto, ringrazio profondamente chi ha seguito questa raccolta, chi ha perso del tempo a recensire, i lettori silenziosi, tutti. Siete stati un'ispirazione, davvero, e sono felice di aver proseguito e di essere arrivata alla conclusione. Ammetto di aver avuto il timore di lasciarla in sospeso, cosa che mi sarebbe molto dispiaciuta, e fortunatamente ciò non è avvenuto. Spero che, in qualche modo, sia stato un lavoro riuscito e abbia aperto un piccolo spazio a questo personaggio poco conosciuto, poco apprezzato ( credo ) e che lo abbia un pò avvicinato a noi fans della saga. 
Quindi, grazie.  


Ho lasciato la sorpresa a lungo su questo capitolo perché era quello che volevo arrivare a scrivere sin dall'inizio, la chiusura di un cerchio infernale ripetitivo, che ad un certo punto subisce una svolta radicale e si ferma. Questa scena nella serie, secondo me, è una degna conclusione a questa infinita rivalità tra Maul e Obi-Wan, è l'apice del loro "legame", la corona d'alloro, qualcosa di veramente... stupefacente - Dave Filoni non smette mai di mettere a segno colpi geniali. 
Maul giunge su Tatooine con l'intento di uccidere Kenobi, una volta per tutte. Arriva con l'inganno, con la forza bruta, in linea con ciò che da sempre conosce e fa. E si stupisce quasi di trovare Obi-Wan in esilio, distrutto come lo è lui. Credo che il loro brevissimo scontro con la spada sia molto simbolico, in realtà: la disfatta di Obi-Wan è la vendetta di Maul e, ottenuta, Maul non ha più ragion d'essere. Combatte, ma simbolicamente è già sconfitto. E muore, muore tra le braccia dell'anziano Jedi. Muore con qualcosa di cui non conosce l'entità e non riconosce: muore con speranza. La sua non è una redenzione, naturalmente, perché Maul non ha mai iniziato un percorso di crescita, di maturazione, di cambiamento, ma è senza dubbio l'unica via per tornare ad essere libero. Libero dal cerchio, libero dalle catene. 
Detto ciò, cari lettori galattici, a presto. ♥
 



〔  Anna ❆  〕


 

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