A world for two- rivoluzione

di Huilen4victory
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Zero ***
Capitolo 2: *** 00 ***
Capitolo 3: *** 00.1 ***
Capitolo 4: *** 00.2 ***
Capitolo 5: *** 00.3 ***



Capitolo 1
*** Zero ***


A world for two – rivoluzione

 

 

 

Zero



Fare la spesa era diventato l'incubo settimanale di Hakyeon. Finche aveva vissuto da solo la cosa era stata molto più semplice, si era sempre limitato ad andare al reparto dedicato ai numeri zero, il che se chiedevi a Hakyeon era un po' offensivo perché non era come se loro mangiassero erba, afferrava una scatola singola di cibo ed era quanto. Ma non era solo, non più, aveva i bimbi da sfamare e Sanghyuk mangiava abbastanza per due persone. Poi, c'era Hongbin che lungo la strada si era praticamente auto eletto terzo membro della famiglia. Lui non mangiava troppo, ma i suoi gusti sembravano non coincidere mai con quelli di Sanghyuk o i suoi. Il risultato era che Hakyeon doveva comprare tre diversi tipi di prodotti per la prima colazione. Hakyeon sospirò.
"Per favore, ti lamenti solo perché devi spendere più soldi." Hongbin aveva sbuffato l'unica volta che il maggiore aveva osato lamentarsi.
"Sì Hakyeon hyung, non siamo neanche degni di due diverse marche di cereali?" Sanghyuk aveva avuto il coraggio di commentare, lanciandogli un'espressione da cucciolo ferito.
I bambini di quei tempi.
Comunque dal momento che la sua casa era stata riempita della presenza di quei due marmocchi, Hakyeon non aveva più avuto la necessità di andare al reparto numeri zero. Andava invece al reparto per tutti gli altri, le cosiddette persone normali che non avevano bisogno di una speciale area a loro dedicata. La gente gli sorridevano ora, non lo squadrava più malevolmente quasi prendere una scatola singola fosse un crimine. Era un sollievo ma anche profondamente ingiusto.

Le cose erano cambiate di recente, stavano ancora cambiando, ma il processo era lento e non privo di danni o stupide incomprensioni. Il governo non faceva che parlare di integrazione e di comprensione ed era bellissimo davvero che avessero iniziato a prendere in considerazione anche la minoranza esistente, ma considerazione non significava certo dedicare loro dello spazio specifico come se fossero un'altra specie umanoide, considerazione avrebbe dovuto significare invece essere finalmente visti come delle persone a tutti gli effetti. Tuttavia le abitudini sono difficili da cambiare e i fatti di qualche anno prima non aiutavano di certo ad alleviare la tensione.

Quindici anni prima i numeri zeri avevano vinto un'importante battaglia ribaltando le sorti di un referendum che si credeva dovesse passare facilmente. Non era successo, a quanto pareva c'era ancora un po' di senso di decenza nell'umanità, la quale non aveva voluto approvare una legge che segregasse ancora di più i numeri zero. O forse la cosiddetta perfezione della loro società era solo un concetto astratto usato come giustificazione per imporre lo stato delle cose, quando in realtà anche tra i numeri due c'era dispiacere e sofferenza. In ogni caso, lentamente ma con crescente audacia, i numeri zero avevano cominciato ad alzare la voce. Le proteste si fecero più frequenti e dalle ceneri del fallimento del referendum, il primo movimento politico di numeri zero prese vita. In un primo momento era stata una buona cosa avere qualcuno che parlasse in difesa della minoranza, soprattutto se il governo ancora cercava di fare il lavaggio del cervello alla popolazione e trattava il movimento come un piccolo gruppo di persone deviate. In qualche modo il movimento riuscì a esercitare una certa pressione e ad ottenere alcune concessioni, come la cancellazione della dichiarazione di status nei documenti o l'apertura ai numeri zero delle arti liberali, quest'ultima merito della battaglia congiunta di numeri zeri e un gruppo di numeri due. Hakyeon stesso era stato in grado di perseguire una carriera da ballerino grazie a quella battaglia vinta. Tuttavia le cose erano destinate ad andare nel peggiore dei modi. Hakyeon non sapeva che cosa esattamente fosse successo, era giovane allora e anche adesso il governo faceva del suo meglio per nascondere alcune questioni. Sapeva solo che ciò che era iniziato come una lotta pacifica per i diritti, divenne ben presto una guerra di colpi violenti da entrambi i lati. Il movimento dei numeri zero inevitabilmente si divise: un gruppo credeva che cambiamenti necessitavano tempo e che la battaglia per i diritti dovesse continuare in modo pacifico e attraverso soluzioni diplomatiche; l'altro gruppo riteneva invece che il processo fosse troppo lento e voleva invece una strategia più assertiva. Erano disposti a provare qualsiasi metodo al fine di raggiungere questo obiettivo. Anche la violenza. Naturalmente questo tipo di strategia non poteva che portare a conflitti con il governo e la polizia. Lo scontro si fece sempre più sporco ed entrambi le parti in conflitto finirono col pagare un amaro prezzo con l' "esplosione" che un novembre di cinque anni prima uccise centinaia di persone. Né il governo né il Movimento di liberazione, il nome del gruppo, rivendicarono mai la responsabilità dell'incidente che era costato così tante vite. Personalmente, Hakyeon riteneva che la colpa fosse di entrambi, indipendentemente da chi avesse messo fisicamente la bomba.
Delle persone erano morte, delle persone avevano perso i loro cari, numeri zero e numeri due senza nessuna distinzione.
Da allora il governo era stato più severo con qualsiasi forma di gruppo politico tra zeri e aveva vietato qualsiasi associazione che non fosse stata approvato prima dal governo. A sua volta, il Movimento di liberazione si era fatto più aggressivo e aveva raddoppiato gli sforzi e nel tentativo di combattere il sistema non si era fatto scrupoli a orchestrare aggressioni, manifestazioni e attacchi alle istituzioni pubbliche. Nel mezzo delle due estremità opposte dello spettro si trovava il resto della gente e quei numeri due e zero che avevano combattuto insieme per il progresso, ma in qualche modo erano rimasti intrappolati, incapaci di esprimere la propria opinione per paura di essere il bersaglio di una delle parti. Era triste. Era deplorevole. C'erano numeri due che erano amici o avevano famiglia tra i zero e viceversa, ma ora era tutto rovinato e la gente aveva cominciato a non fidarsi più l'uno dell'altro. C'è ancora speranza da qualche parte, Hakyeon era solito sussurrare ai suoi bambini, a Hongbin in particolare che aveva tanta rabbia dentro di lui. In realtà c'era speranza. La frazione pacifica di numeri zero esisteva ancora, ridotta di numero, ma lavorava ancora per cercare di appianare i rapporti tra due e zero attraverso la promozione di attività, workshop informativi e l'organizzazione di eventi culturali. Non avevano un nome perché volevano eliminare il concetto di etichetta. Hakyeon avrebbe aderito volentieri al movimento ma aveva i bambini di cui prendersi cura e un circolo ricreativo da guidare che al momento occupavano tutto il suo tempo. E tutto il suo cuore. Così aveva fatto del suo meglio nella sua piccola porzione di mondo, cercando di insegnare a Sanghyuk e Hongbin l'importanza dell'accettazione e dell'integrazione, cercando di insegnare loro che i numeri due non erano il nemico, che le persone con cattive intenzioni lo erano. E cercando di dare con il suo centro un luogo dove i giovani potessero incontrarsi, socializzare e imparare insieme indipendentemente dallo status. Era difficile perché la vita dei bambini era stata rovinato dall'attacco, ma ci provava comunque, cercando di lenire i loro cuori e di essere da esempio, perchè se voleva che loro fossero comprensivi lui stesso doveva essere il primo a vivere secondo i principi che declamava, anche se Hakyeon stesso come un numero zero aveva sofferto a causa dei numeri due.
A volte però non importava quanto duramente provava, sembravano inutili tutti i suoi tentativi di cancellare il dolore dagli occhi del suo Hyuk o la rabbia dal cuore di Hongbin. Così si prendeva cura di loro al meglio delle sue possibilità dando loro una casa dove potevano sempre tornare, un tavolo pieno di cibo e tutto l'amore con cui li poteva sommergere.
"Hyung, non ho più dodici anni. Smettila di darmi baci del buongiorno, sei disgustoso." Era sabato mattina e di solito Hakyeon lasciava dormire i bambini un po' più a lungo mentre andava al supermercato più vicino per comprare cibo per il fine settimana. Dal momento che gli piaceva svegliarsi presto non era raro trovare Sanghyuk e Hongbin ancora addormentati al suo ritorno. Onestamente Sanghyuk era così carino mentre dormiva che Hakyeon non poteva trattenersi.

"Sempre un bimbo ai miei occhi Hyuk."
"Ho 18 anni."
"In un mese. Hai ancora diciassette anni e poi Hongbinnie ne ha 19 ma si lascia coccolare." Hongbin, che si stava lavando i denti con la porta del bagno aperta, lo fulminò con lo sguardo.
"Non gli credere Hyukkie, a Hongbin piacciono ancora gli abbracci di questo hyung. Ecco guarda,” con la capacità che Hakyeon aveva perfezionato negli anni si precipitò in bagno e attaccò il più giovane che non poté difendersi. Sanghyuk ridacchiò dal letto guardando il broncio del suo fratello maggiore.
"Hyung!" Hakyeon ebbe pietà e lo lasciò andare, ma non prima di avergli dato una pacca sul sedere.
"Quando avete finito di lavarvi, scendete e venite aiutarmi con la colazione."
Entrambi annuirono, Sanghyuk sgusciando dal letto, instabile sulle sue lunghe gambe. Stavano crescendo così in fretta. Sanghyuk quell'estate aveva raggiunto l'altezza di Hakyeon e il maggiore aveva il sospetto che non si sarebbe fermato lì.
Hakyeon scese in cucina ad organizzare la spesa negli scaffali e tirare fuori ciò che gli serviva per cucinare.
"Lascia fare a me hyung,” disse Hongbin mentre prendeva dalle mani di Hakyeon le scatole.
"Grazie Binnie," Hakyeon rispose e l'altro sorrise. Erano bravi ragazzi, si comportavano come se non sopportassero i suoi gesti di affetto ma era solo per prenderlo in giro. Facevano sempre del loro meglio per aiutarlo con le faccende di casa e Hongbin avevano anche insistito per cercarsi un lavoro part-time e aiutare Hakyeon. Naturalmente lui non aveva voluto il suo denaro, per il momento il suo lavoro pagava abbastanza per tutti e tre, ma non gli impedì di lavorare, era un bene per Hongbin avere soldi per sé e cominciare ad essere indipendente. Il tempo passava così in fretta. Sembrava ieri quando un piangente quindicenne Hongbin aveva bussato alla sua porta. Come poteva Hakyeon non dargli il benvenuto? Era solo un insegnante allora, ma come era successo con Sanghyuk il suo cuore si era fermato e lui non aveva voluto lasciarlo andare. Doveva prendersi cura di questo ragazzo non importava come. Hakyeon aveva soltanto 27 un po' giovane per essere considerato una figura paterna per Sanghyuk e Hongbin, ma li amava come se fossero il suo stesso sangue. Erano la sua famiglia.
Il suo collega e amico dai tempi del college Jaehwan lo prendeva in giro dicendo che era un collezionista di gatti randagi e Hakyeon rideva perché Jaehwan ci teneva ai ragazzi quanto lui, anche se non vivevano a casa sua. Un esempio era come si era preso a cuore la formazione di Sanghyuk.
"Taci tu sei più preso di me". Jaehwan aveva riso allora perché era vero.
Proprio quando Hakyeon aveva iniziato a servire le uova e la pancetta Sanghyuk scese e aiutò il fratello a preparare la tavola. Qualcosa di cui Hakyeon era particolarmente felice era il rapporto che avevano Sanghyuk e Hongbin. Erano due ragazzi molto diversi e diversi erano i loro background ma in qualche modo avevano legato immediatamente. Un cuore ferito è in grado di riconoscere il suo compagno e infatti da quando Hongbin si era trasferito da loro lui e Sanghyuk si erano aiutati l'un l'altro come veri fratelli.
“Oh, ho così tanta fame! Mi piace la colazione del sabato e della domenica! Vorrei che fosse così tutti i giorni "esclamò Sanghyuk assaporando la pancetta.
"Non si può mangiare così ogni giorno o ti verrà un attacco di cuore prima di raggiungere i vent'anni," commentò Hongbin.
"Lo so! Ho solo detto che mi piacciono uova e pancetta." Sanghyuk protestò. Hakyeon sollevò gli occhi al cielo. Quei due bisticciavano anche come fratelli per le cose più inutili. In ogni caso, quello era il motivo per cui Hakyeon doveva acquistare due diverse marche di cereali. Hongbin era una persona molto precisa e aveva sviluppato una inclinazione per il cibo salutare mentre a Sanghyuk non importava che cibo c'era nel suo piatto fintanto che riempiva il suo stomaco. Hakyeon rispettava i loro punti di vista anche se cercava di limitare la quantità di cibo grasso che Sanghyuk divorava e allo stesso tempo di appianare le ossessioni di Hongbin. Era ammirevole che lui avesse un’educazione alimentare, ma a volte Hakyeon sospettava che tutta l'attenzione che Hongbin riponeva nelle sue scelte alimentari fosse solo un'estensione del suo bisogno di avere la situazione sotto controllo. Sospirò internamente al pensiero. Da bambino, Hongbin si era sempre sentito impotente e con gli anni aveva sviluppato alcuni trucchi che lo avevano aiutato a far fronte a ciò. Gli piaceva organizzare le cose e l'ordine, per esempio. Hakyeon un po' lo lasciava fare, amare la pulizia e l'ordine non era una brutta cosa per un giovane, ma a volte Hongbin esagerava con le sue tendenze ed era qui che Hakyeon interveniva. Sapeva sempre quando il suo ragazzo era sconvolto perché quando tornava a casa poteva essere sicuro di trovarlo a lucidare i bicchieri.

Hakyeon cercò di distrarsi da quei pensieri, chiedendo loro della scuola e così via, Sanghyuk si lamentò di come il suo ultimo anno di liceo sarebbe stata la sua fine, perché non avrebbe più avuto tanto tempo da dedicare alla danza. Hakyeon rise, a volte Sanghyuk gli ricordava così tanto il suo vecchio se stesso.
"A proposito poi dovrò andare al centro per controllare alcune cose e le attività del pomeriggio. Ve la cavate voi due qui da soli? "
Hongbin annuì distrattamente mentre Sangyuk invece chiese.
"Posso venire con te hyung?" usando il tono dolce che sapeva funzionava così bene su Hakyeon ma non quella volta.
"Hai fatto i tuoi compiti?"
"Ehm no? Ma posso farlo dopo, sai che sono il primo della classe ".
"Il fatto che tu sia intelligente non ha nulla a che vedere con i tuoi doveri Sanghyuk, quindi prima i compiti poi il centro. Potete venire entrambi dopo quando c'è l'evento. Jaehwan non arriverà se non nel pomeriggio.”
Sanghyuk annuì, ora che sapeva il suo hyung preferito non c'era non aveva alcun interesse nel continuare a protestare. Hakyeon sorrise. Nonostante tutti i tentativi di nasconderlo Sanghyuk era così ovvio. Lui ammirava Jaehwan da sempre e Hakyeon aveva sempre trovato adorabile il suo amore da cucciolo. Eppure Sanghyuk era cresciuto e l'ammirazione non era svanita come facevano sempre le cotte per i tuoi insegnanti e Hakyeon iniziava a preoccuparsi. Jaehwan aveva 27 anni come lui, quasi dieci anni più vecchio di Sanghyuk e quindi non un partner ideale per un unione. Anche se i rapporti tra numeri zero stavano cominciando ad essere più pubblici, Jaehwan era di un'altra generazione e così anche i suoi genitori, che lo avevano allevato molto severamente. Amava il suo migliore amico e amava Sanghyuk ma Hakyeon in qualche modo avrebbe preferito che il suo amore da cucciolo rimanesse tale. Perchè non voleva intervenire, davvero no.
"Hongbin hai intenzione di venire più tardi?” Chiese Hakyeon con un sorriso incoraggiante.
Hongbin sollevò lo sguardo dal suo piatto ormai vuoto.
"Mi dispiace hyung, ma non credo. Sarò occupato questo pomeriggio. "
"Hai piani con Wonshik?"
"Sì, qualcosa del genere."
"Ah beh, allora fa niente, saluta Wonshik da parte mia.” Hongbin annuì, ma di colpo si adombrò. Hakyeon non disse nulla si limitò ad alzarsi e prendere i piatti vuoti, ben presto aiutato dai ragazzi.
E mentre guardava Hongbin asciugare i piatti che lui lavava, Hakyeon non poteva fare a meno di preoccuparsi di nuovo. Ultimamente Hongbin aveva iniziato a comportarsi in modo strano. Hakyeon sapeva perché. Non importava quante parole diceva sulla somiglianza tra i numeri, lui non poteva cancellare il fatto che Hongbin era nato numero due. Che Hongbin, a differenza loro, aveva un'anima gemella da qualche parte.
La tragedia del loro mondo era che la maggior parte della popolazione aveva un'anima gemella la loro metà perfetta che non aspettava altro che trascorrere la vita insieme, mentre invece l'altra parte non ce l'aveva. Le persone che avevano l'anima gemella erano i numeri due, mentre gli altri erano i numeri zero. E la cosa poteva morire li, persone diverse con caratteristiche diverse, ma ovviamente non era così semplice. Perché essere un numero zero implicava che eri solo in questo universo, eri solo ad affrontare i disagi e le gioia della vita, che non c'era là fuori nessuno fatto per te. Era la tragedia del loro mondo e sin dalla prima esistenza dei zero essi erano stati guardati con disprezzo per la loro imperfezione, per il loro essere carenti, sbagliati. L'errore del sistema. Il rapporto tra i numeri due e zero era stato difficile e per lo più doloroso, con i numeri zero costretti a contrarre matrimoni combinati al fine di fingere uno status di numero due, fino a quando la pratica era diventata così comune che un velo di ipocrisia accettata si era diffuso in tutto il mondo con i numeri due che volentieri accettavano di essere ingannati se potevano continuare a fingere che i numeri zero non esistevano, come se fossero solo una piccola minoranza senza importanza. Le cose iniziarono a cambiare quando con il referendum fu proposto di approvare una legge che segregava i numeri zero. Per fortuna il voto fu ribaltato fino ad arrivare ai fatti del presente.

Quindi sì, Hongbin da qualche parte là fuori aveva un'anima gemella. Tuttavia uno dei motivi che lo avevano portato nella vita di Hakyeon era stata la sua risoluzione a non sapere mai chi fosse quella persona. Pur essendo un numero due non c'era niente che Hongbin disprezzasse più delle anime gemelle. Era triste perché Hakyeon voleva che Hongbin fosse felice e sapeva che per i numeri due era importante unirsi con la loro metà. Tuttavia non voleva forzarlo e commettere gli stessi errori dei suoi famigliari. Così lo proteggeva, nella speranza che un giorno lui sarebbe stato pronto e libero dalle sue paure. Il suo compito tuttavia diventava sempre più difficile, perché da quando Hongbin aveva raggiunto l'età di introduzione, l'età legale in cui le anime gemelle incontravano la loro metà, Hongbin aveva iniziato ad essere irrequieto e arrabbiato. Al punto che non gli piaceva andare più al centro. Troppi numeri due, aveva detto una volta a Hakyeon che lo aveva rimproverato. Ma sapeva che Hongbin aveva questa paura irrazionale di scoprire la sua anima gemella tra alcuni di loro.
Onestamente, Hakyeon era contento che avesse al suo fianco un amico come Wonshik. Wonshik era un bravo ragazzo, era morbido dove Hongbin era angoli spigolosi ed era flessibile dove l'altro era un muro invalicabile. La loro amicizia che aveva resistito nel corso degli anni alle prove più difficili aveva dato un equilibrio a Hongbin.
Quando ebbero finito di pulire la cucina i due andarono al piano di sopra a fare le loro faccende e a studiare, come bravi ragazzi responsabili. Hakyeon si sedette sul divano a guardare alcuni documenti del circolo e non poté fare a meno di pregare che i suoi ragazzi fossero sempre al sicuro e felici.

 

 

 

 

Taekwoon una volta sentì qualcuno dire "Sto vivendo perché non posso morire." Lui non ricordava dove avesse sentito quella frase, in quel momento infatti le parole non avevano avuto un senso per lui, non potevano perché lui era felice, la persona più felice del mondo intero.
Avevano senso ora però e il suo cuore sanguinava per l'ingiustizia di tutto questo.
C'era stata una volta in cui Taekwoon era stato il più felice essere umano in tutto il maledetto mondo. Aveva una moglie, la sua anima gemella, con la quale era stato insieme sin da quando si erano conosciuti a 18 anni e si erano timidamente tenuti per mano e Taekwoon sapeva che lei sarebbe per sempre stata l'unica persona che avrebbe mai amato così. Si sbagliava, naturalmente. Tre anni dopo nacque sua figlia e lui ebbe la sua eccezione. Sunmi la sua bambina.
Bevve un sorso dalla bottiglia. Lui non era mai stato il tipo che beveva alcolici e tuttavia ora in qualche modo l'alcol era diventato l'unica cosa che lo faceva andare avanti. No. Sunmi, Sunmi la sua bambina era ciò che lo faceva andare avanti.
Taekwoon ricordati di tua figlia, ricordati.
Bevve un altro sorso. Non aveva la più pallida idea di dove si trovava. Si ricordava di essere andato via dall'ufficio, aveva chiesto ore in più perchè lui non lavorava il sabato, ma aveva pregato il suo capo di dargli lavoro perchè temeva che se fosse rimasto più del necessario tra le mura della sua casa vuota avrebbe finito col perdere lentamente il senno e lui non poteva permetterselo, non importava quanto attraente fosse il pensiero di non ricordare più il resto, non ricordare il suo dolore. Aveva fatto una promessa ai suoi suoceri e a sua figlia e questa promessa lo legava ancora a questa realtà.
"Figlio mio, ti supplico, prova. Per tua figlia." Sua suocera sapeva quello che gli stava chiedendo e Taekwoon sapeva la gravità di quello che lui gli stava concedendo.
Dicevano che le anime gemelle muoiono insieme e in qualche misura la frase corrispondeva al vero.
Non esisteva una prova scientifica ma si supponeva che lo shock per un numero a due che non aveva mai dovuto passare un solo istante della sua vita con il pensiero di essere solo, fosse tale da portare un organismo al collasso. Qualcuno sosteneva che era per via della chimica che univa le anime gemelle. Il fatto era che quando un'anima gemella moriva la sua altra metà l'avrebbe seguita poco dopo. Era così per la stra grande maggioranza dei casi e la percentuale di persone che riuscivano a sopravvivere era così bassa da sembrare quasi impossibile. Quasi. La verità era che nessuno voleva parlare di questo, era probabilmente il più grande tabù del loro universo, un'altra di quelle imperfezioni che il loro mondo si dava tanto da fare a nascondere.

Era accaduto a Taekwoon. Spesso durante i deliri delle sue notti solitarie si chiedeva se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lui perché come, come, riusciva a muovere passi, a respirare l'aria di una realtà che non comprendeva più lei? Come poteva, quando il dolore era così annegante, la ferita così profonda che era come avere una lama affondata nel cuore? Era solo, la sua altra metà non c'era più, era solo, condannato a un'esistenza di incompletezza. E in qualche modo pur desiderando di morire tutte le mattine che aveva aperto gli occhi e lei non c'era, non vi riusciva. Non poteva.
Quando la luce dei suoi occhi era scomparsa dalla sua vita Taekwoon era crollato. La gente pensava che sarebbe morto in una settimana, ma sua suocera allora venne a supplicarlo. Era in lutto come lui, soffriva per la perdita della figlia ma era abbastanza lucida da capire la gravità della situazione e con la determinazione di una madre gli chiese di vivere perché c'era ancora qualcuno che aveva bisogno di lui, quindi lui non poteva morire.
I suoi suoceri erano vecchi. Suo suocero non viveva più in casa, ma era stato ricoverato in una struttura a causa della gravità della sua malattia. Tuttavia nonostante le mani già piene e dal momento che Taekwoon non era in grado di prendersi cura di se stesso men che meno di sua figlia, sua suocera aveva preso la nipote con se. I genitori di Taekwoon erano da tempo passati a miglior vita e la sua Sunmi non aveva nessuno tranne i suoi nonni da parte di madre e lui. Ma suo suocero sarebbe morto presto e sua moglie dubitava che alla sua età sarebbe stata in grado di sopravvivere al colpo della scomparsa della sua anima gemella e Sunmi sarebbe dunque rimasta sola.

Così Taekwoon doveva sopravvivere, doveva rimanere in vita per sua figlia anche se questa vita lo stava consumando dentro.
Sono un morto che cammina.
Fino ad allora comunque, fino a quando non sarebbe stato necessario per lui rimanere non solo vivo ma anche lucido, Taekwoon doveva far fronte alla sua perdita in qualche modo e quindi lavorava un numero imprecisato di ore e beveva per intorpidire il dolore. Era patetico, era un essere immondo, la sua anima gemella sarebbe stata così delusa di lui, ma lei non era più lì e quello era il suo unico modo, perché quando non lavorava o dormiva Taekwoon non voleva sentire più del necessario. La sua luce era scomparsa da questo mondo e si era portato con sé tutto.

Sono un morto che cammina, sono un morto che non può morire.
Stava barcollando per le strade. Sapeva che stava probabilmente dando un triste spettacolo di se, ma a lui non importava, il mondo non si curava di lui e lui era un nessuno per loro comunque.
Sentì risate di bambini e questo lo fece fermare . Pensò a sua figlia che era al sicuro con la nonna, ma che non poteva visitare perché i fantasmi non potevano vedere i vivi e lui era un'ombra.

Sunmi, aveva promesso di provare per Sunmi. Si lasciò cadere, le gambe non riuscirono più a sopportare il suo peso a causa della sua ubriachezza e si lasciò cadere in un vicolo sporco. E li rimase.

 


La giornata era stata davvero emozionante. Il circolo ricreativo aveva previsto un laboratorio di pittura per gli studenti più giovani del loro centro, era un modo per far socializzare i bambini di più, per i genitori di conoscere altre famiglie e per invitare i non iscritti ma interessati alle attività del centro a conoscere come questi funzionava. Il precedente direttore organizzava questo tipo di eventi una volta al mese e Hakyeon e il consiglio dei docenti avevano mantenuto la tradizione.
Come aveva avvertito Hongbin non era venuto ma Sanghyuk era apparso di primo pomeriggio dopo aver assicurato a Hakyeon che sì aveva finito i compiti e aveva solo un capitolo da leggere e poteva farlo di domenica. Hakyeon aveva sospirato ma lo aveva fatto entrare, non poteva resistere al sorriso di Sanghyuk. Il più giovane in ogni caso era corso subito da Jaehwan e l'uomo gli aveva accarezzato dolcemente la testa in un gesto affettuoso. Sanghyuk aveva aggrottato la fronte, ma Hakyeon era stato sollevato. Almeno Jaehwan pensava ancora a Sanghyuk come il bambino che era ancora. Scosse la testa. Non voleva pensarci. In ogni caso, l'evento era stato un successo e doveva ammettere che l'aiuto supplementare di Sanghyk era servito, soprattutto per tenere a bada i bambini più energetici.
Erano quasi le sei e Hakyeon aveva mandato a casa Hyuk un'ora prima con Jaehwan mentre lui era rimasto per salutare le famiglie e attendere che gli ultimi genitori venissero a prendere i figli che erano venuti da soli.
Ma mentre chiudeva la porta principale del centro vide un uomo accasciato nel vicolo accanto all'edificio. In un primo momento, Hakyeon saltò di qualche metro per lo spavento, poteva infatti essere un ladro o una persona con cattive intenzioni. Purtroppo, i casi di vandalismo non erano qualcosa di nuovo per il loro centro, anche se era da un po' che non succedevano. Ma poi guardando meglio vide che l'uomo non si muoveva. Hakyeon si fece prendere dal panico. Oh mio Dio, e se il tizio era morto, oh mio Dio. Cercando di raccogliere un po' di coraggio perché non poteva lasciare che un eventuale morto o ferito giacesse nel vicolo accanto al suo centro, fece qualche passo verso l'uomo. Nessun movimento venne dalla figura accasciata. Quando fu a un metro di distanza, le sue narici furono attaccate da un odore pesante di alcol e fu allora che notò la bottiglia vuota accanto all'uomo. Facendo un altro passo e accovacciandosi Hakyeon vide che grazie a dio il tizio respirava ancora, ma significava anche che c'era un uomo ubriaco e svenuto che giaceva nel vicolo accanto al suo centro. Hakyeon sospirò. Che diamine. E ora che cosa doveva fare, chiamare un'ambulanza, la polizia? Onestamente Hakyeon voleva tornare dai ragazzi e non avere a che fare con la polizia, lo rendeva nervoso e, a giudicare dallo stato attuale dell'uomo questi era probabilmente un numero zero perché i numeri due non avevano bisogno di bere per dimenticare, loro erano sempre felici. E quell'uomo sembrava qualcuno che aveva appena bevuto per dimenticare. Hakyeon era un esperto in materia. Oltretutto lui non voleva consegnare un numero zero alla polizia, non importava se il tizio era stato così stupido da bere fino a perdere conoscenza. Forse poteva provare a svegliarlo e dirgli di andarsene. Hakyeon fissò il suo viso addormentato. L'uomo non sembrava pericoloso e, a giudicare dal modo in cui era vestito, sembrava un impiegato che aveva esagerato durante l'happy hour. Sospirando Hakyeon punzecchio l'uomo nelle costole, in un primo momento con delicatezza poi, quando l'uomo non sembrò avere alcuna intenzione di svegliarsi, lo fece con più insistenza e infine lo afferrò per le spalle e lo scosse.

"Ehi, amico. Svegliati! "Supplicò Hakyeon.
"Dai svegliati non posso stare qui tutto il giorno! Non farmi chiamare la polizia! "
l'uomo improvvisamente si mosse e Hakyeon avrebbe potuto fare una danza di gioia per il sollievo. Poi aprì lentamente gli occhi.
Hakyeon sentì l'aria lasciare i polmoni. Era il paio più bello di occhi che avesse mai visto in vita sua e lui era stato con un sacco di bella gente grazie tante. Era anche il paio di occhi più triste che avesse mai visto e lui aveva incontrato un sacco di persone tristi, compreso se stesso, quando una volta guardandosi allo specchio aveva visto il viso di una persona distrutta. Era stato prima di incontrare Sanghyuk, quando era giovane e confuso e il peso della solitudine era troppo per il suo cuore, quando non sapeva come affrontare il dolore del suo destino di.
Dicevano che Hakyeon fosse un uomo generoso perchè aveva preso con se due bambini in difficoltà, senza legami di sangue o obblighi di sorta. Ma Hakyeon sapeva che lui non aveva salvato nessuno erano stati i bambini che gli avevano dato una ragione di vita, loro erano la forza che lo faceva svegliare ogni mattina con entusiasmo, erano la sua ragione.
Lo sguardo di quest'uomo ricordava a Hakyeon gli occhi di Sanghyuk quando lo avevo preso con se dopo che i suoi genitori erano morti nell'esplosione. Gli ricordava Hongbin quando aveva lasciato la sua famiglia alle spalle.
"Hey stai bene?" Chiese Hakyeon. Buon lavoro Hakyeon. Vai con le domande inutili.
L'uomo sembrava confuso, sbatté le palpebre un paio di volte, probabilmente cercando di mettere Hakyeon a fuoco, ma non appena si rese conto di quello che stava succedendo, fece scivolare via la mano di Hakyeon dalla sua spalla come se il suo tocco lo avesse bruciato.
Non rispose e uso invece il muro per alzarsi, rifiutando qualsiasi aiuto.
"Vuoi che chiami qualcuno?” Chiese Hakyeon incerto e un po 'preoccupato. Era evidente che l'uomo aveva tutta l'intenzione di andare via senza dire nulla e non sembrava completamente stabile . Sì, sapeva che il tizio stava facendo esattamente quello Hakyeon aveva desiderato prima, ma ora che lo aveva guardato negli occhi non era più così sicuro.
"Aspetta! Vuoi che chiami qualcuno? Non posso lasciarti andare in queste condizioni. "Hakyeon disse ancor seguendolo.
L'uomo si fermò bruscamente e Hakyeon finì quasi per scontrarsi con la sua schiena.
Si voltò e con la voce più morbida che Hakyeon avesse mai sentito, disse.
“Non ho nessuno." E poi voltandosi di nuovo, si allontanò.
Hakyeon rimase congelato sul suo posto a osservare l'altro scomparire dalla sua vista.
Incrociò le braccia sul petto. Improvvisamente aveva freddo.

 

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Capitolo 2
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Wonshik pensava davvero quella fosse una pessima idea. Lo aveva pensato quando Hongbin glielo aveva accennato la prima volta, anche se Wonshik aveva scioccamente creduto fosse solo un desiderio passeggero e davvero ormai avrebbe dovuto capire che Hongbin era la persona più cocciuta del pianeta terra, e lo pensava anche allora sulla soglia di quello che doveva essere l'innocente anticamera di un oratorio, mentre invece era la sede di un gruppo di sostegno molto particolare.

Hongbin non aveva esitato un attimo, aveva varcato con estrema non curanza l'ingresso, neanche stesse andando a comprare dei pomodori al supermercato. Wonshik non era riuscito a passare oltre, ed era rimasto imbambolato prima ancora di riuscire mettere un piede nell'anticamera.

Se voleva fermare Hongbin stava davvero facendo un pessimo lavoro, ma Wonshik, dopotutto, non era mai stato in grado di negare qualcosa al suo migliore amico.

Wonshik e Hongbin erano amici sin dalle medie, da quando la famiglia di Hongbin si era trasferita nella sua città e aveva iscritto il figlio nella scuola di Wonshik. Hongbin era stato popolare fin da allora e Wonshik lo aveva sempre trovato speciale. Ai suoi occhi da numero due certe cose come l’aspetto di una persona, erano qualcosa che passava in secondo piano. Eppure non poteva negare quanto conoscere Hongbin lo avesse colpito, anche se non aveva saputo identificare un motivo valido che giustificasse il suo interesse. Forse era stato sapere, ancora prima di conoscerlo davvero, che Hongbin era molto, molto, di più della bella copertina a cui tutti si fermavano. Era risoluto, determinato e un gran lavoratore. E anche qualcuno con un bizzarro senso dell’umorismo. Si, lui era quel tipo di amico che quando ti vedeva spiaccicarti sul pavimento rideva a crepapelle per la tua sfortuna. Ti aiutava, ma non senza ridere per tutto il tragitto dal cortile all’infermeria. Wonshik non si ricordava bene come era iniziata la loro amicizia, avevano parlato per caso durante la ricreazione a da quel momento in poi non si erano più separati. Era strano, perché Hongbin era pignolo dove Wonshik era un casino disorganizzato, era competitivo dove Wonshik invece preferiva godersi la gara ed era riservato dove lui invece era una persona espansiva e affettuosa. Non ascoltavano neppure la stessa musica. Tuttavia entrambi erano due sognatori ed anche due persone tremendamente determinate nel rendere concreti i rispettivi sogni. Era questo fuoco, questa volontà bruciante che li faceva sentire così a proprio agio l’un con l’altro. Il fatto di riconoscersi simili nonostante le abissali differenze. Con gli anni questo sentimento si era rafforzato e, senza rendersene conto, Wonshik si era sintonizzato così bene a Hongbin che aveva imparato a leggere le svolte dei suoi pensieri prima ancora che questi dovesse dirli ad voce alta, così come Hognbin era bravo a centrarlo con i suoi discorsi logici durante i momenti di sconforto. Si erano intrecciati così magnificamente, due estremità diverse lungo uno stesso percorso. Si ricordava come una volta un loro compagno avesse scambiato le loro identità finendo col chiamare Wonshik Hongbin.

“Siete sempre insieme. Che potrei aver confuso chi è chi,” aveva risposto il ragazzo. Wonshik aveva riso, quella sua risata simile a un latrato che era così simile a quella di Hongbin, o forse era il contrario, mentre invece Hongbin aveva spalancato i suoi grandi occhi oltraggiato. Era una cosa sciocca lo sapeva, ma la cosa gli aveva fatto piacere.

Come una ombra, affinché a ogni tuo passo coincida un passo mio.

Hongbin si voltò bruscamente, inclinando la testa di lato e inchiodandolo con il suo sguardo. Wonshik si chiedeva come aveva fatto a non capire prima la profondità dei suoi sentimenti quando ogni volta che Hongbin lo guardava così, lui si sentiva togliere il fiato.

“Wonshik?” sussurrò per non farsi sentire dalle persone che stavano parlando nell'altra stanza.

Wonshik scosse la testa.

“Non ce la faccio,” mormorò l’interpellato. Quel posto era sicuramente nella top tre dei posti che Wonshik non avrebbe mai e poi mai voluto frequentare: gli altri due erano la prigione e un’aula durante la lezione di matematica. Aveva davvero sperato che il suo miglior amico avesse voluto scherzare e invece, come ogni volta che Hongbin se ne usciva con una delle sue idee più folli, questi dimostrava di fare sul serio. E Wonshik si trovava a dover correre per poter stare al suo passo.

“Dai. Ormai siamo qui,” Hongbin mormorò un po' esasperato e un po' preoccupato. Hongbin era una persona molto risoluta ma voleva bene a Wonshik. Non voleva fargli fare nulla che l'altro non si sentisse a suo agio di fare. Ma doveva fare questa cosa e per farlo aveva bisogno di lui, dell’appoggio del suo migliore amico.

“Non capisco che bisogno c'era di venire qui. Lo sai vero che posto è questo?”

“È solo un gruppo di sostegno Wonshik,” Hongbin replicò stavolta con un tono chiaramente esasperato. Ma Wonshik sapeva che era tutto un bluff per mascherare la sua paura.

“Già. Come no. Ed è così innocuo che ti sei ben guardato dal menzionarlo a Hakyeon. Questo non è un gruppo di sostegno qualunque, ma una riunione di freedom fight…” Hongbin aveva quindi pensato bene di tappargli la bocca con la sua mano.

“Shhh. Vuoi farci cacciare?” Wonshik corrugò la fronte.

Hongbin sospirò.

“Voglio solo sentire cosa hanno da dire. Solo questa volta. Ho bisogno di sentire cosa hanno da dire,” Hongbin implorò. Ah. Wonshik allora annuì leggermente con la testa e Hongbin tolse la mano. Lo guardò intensamente come a volergli chieder scusa e lui non disse nulla perché ovunque Hongbin avesse bisogno di andare lui lo avrebbe seguito.

Poi il suo migliore amico lo prese gentilmente per il polso e insieme percorsero l'anticamera.

Wonshik era cresciuto con i suoi nonni. I suoi genitori non se li ricordava, sapeva solo quello che gli era stato detto dai suoi nonni e che erano morti in un incidente d'auto quando lui aveva tre anni. Non poteva certo dire che non avesse desirato averli con sé, che non gli fossero mancati durante tutti quegli anni. Ma Wonshik era cresciuto felicemente e i suoi nonni non gli avevano mai fatto mancare nulla e perciò la sua perdita sebbene reale non era così agonizzante perché non aveva ricordi che gli rammentavano quello che non aveva più. Hongbin invece aveva ricordi, era grande quando aveva perso la sua famiglia. La perdita dei suoi genitori era qualcosa che lui ricordava bene, che avrebbe ricordato sempre e che lo feriva ancora. Sapere la verità dietro alla loro scomparsa non aveva che aggravato le cose e Hongbin da allora non era stato più lo stesso. Andava meglio ora, avere Hakyeon e Sanghyuk gli aveva fatto bene, ma Wonshik conosceva ogni piccolo anfratto del suo cuore e sapeva per certo che questi era ancora spezzato e che Hongbin girava su sé stesso cercando di capire come rimetterlo insieme.

La stanza era grande e spaziosa e tutti i posti a sedere disponibili erano stati occupati. Un brivido percorse Wonshik perché non si era aspettato così tanta gente. Se da un lato questo faceva si che la loro presenza passasse inosservata, dall'altro voleva dire che c'era più gente di quello che lui era stato disposto ad ammettere che si interessava queste cose e questo pensiero lo spaventava.

Ad ogni modo lui e Hongbin si sistemarono in un angolo in disparte appoggiati alla parete di fondo.

C’era un podio e un microfono sul palco e le persone sembravano darsi il cambio per parlare a turno, e loro erano appena giunti per sentire la storia di una donna.

“Mio figlio è morto la mattina del 16 aprile di sette anni fa. Sono passati tanti anni ma è un dolore che non si estingue mai. Ogni mattina mi sveglio e per un attimo spero di sentire di nuovo la sua voce, di udire i suoi passi in casa, lui era solito svegliarsi sempre prestissimo sapete. Ma poi mi rendo conto che non è così che non sarà mai più così. Mio figlio è morto il 16 aprile di sette anni fa. Si è buttato giù dal balcone del quinto piano della nostra palazzina. Noi sapevamo che era dura. Lo sapevamo però non immaginavamo quanto. Non sapevamo fino a che punto la cattiveria della gente si era insinuata in lui e abbiamo creduto le sue sofferenze sopportabili non diverse da quelle che avevamo passato noi. Ci sbagliavamo. Ci sbagliavamo di grosso. Mio figlio aveva solo diciassette anni ed era un numero zero.”

Non appena Wonshik sentì quella storia ebbe l’impulso di scappare da lì all’istante. Lo sapeva. Sapeva che c’era sofferenza, sapeva che il loro mondo era lungi dall’essere perfetto che i loro antenati avevano creato un mondo basato sull’iniquità e avevano spacciato il sistema per pace. Lo sapeva, non aveva forse visto la sofferenza nel volto di Hongbin, non l’aveva visto nel volto di tutte le persone? Ma il suo amico non aveva bisogno di questo. Lui conosceva fin troppo bene la cattiveria. L’ingiustizia e il dolore. Aveva bisogno di guarire e non di sguazzare nell’odio di chi non aveva nulla da perdere.

“Lo hanno umiliato, ridicolizzato e vessato per anni. Come se la nostra condizione non fosse un fardello abbastanza pesante, come se dovessero farlo soffrire ancora di più. So che dicono che il nostro mondo è migliorato, che abbiamo più diritti. Ma i nostri figli continuano a morire e dopo sette anni nessuno ha mai pagato per quel crimine. Perciò io chiedo giustizia. Giustizia ai numeri due.” Le parole della donna furono seguite da un caloroso applauso. Wonshik avrebbe voluto interrarsi nella parete. Lanciò un’occhiata a Hongbin che sembrava inorridito quanto lui ma anche stranamente assorto. Seguì un po’ di confusione e poi un’altra persona fu invitata a salire e da come tutti si zittirono di colpo Wonshik capì che doveva essere qualcuno di importante sebbene apparisse non più vecchio di Hakyeon.

“La mia storia la sapete già ma molti qui sono nuovi e quindi la racconterò ancora una volta perché so quanto è importante condividere. Condividere non ripara all’ingiustizia ma ci fa sentire meno soli. Perchè ricordate numeri zero, siamo soli solo se divisi e sono le nostre sofferenze a legarci l’uno all’altro. Mi chiamo Yoonsook e ho 28 anni. E quattro anni fa ho perso i miei genitori nell’attentato di novembre. No, non li ho persi nell’esplosione, li ho persi in un modo molto più subdolo e crudele. La notte dopo l’incidente le forze speciali hanno irrotto in casa dei miei genitori, dove viveva ancora mia sorella, all’epoca minorenne. Senza tante cerimonie e con un’accusa qualunque li hanno portati via e hanno affidato mia sorella ai servizi sociali. Non ho più visto i miei genitori da allora e per quanto ne so potrebbero essere già morti. O almeno lo spero perché so che in questo mondo esistono cose peggiori dell’essere sotto terra. Io conoscevo i miei genitori e non importa cosa dice il governo, io so che loro non erano terroristi e per questo chiedo giustizia ai numeri due.” La gente applaudì ancora più forte della prima volta.

Wonshik non aveva bisogno di sentire altro, prese Hongbin per un braccio e lo trascinò il più velocemente possibile lontano da lì e il suo amico fortunatamente lo lasciò fare. Una volta fuori dall’oratorio corsero in strada e Wonshik non si fermò finché non furono a debita distanza. E solo allora, solo allora si fermò, e si rese conto che si erano tenuti per mano per tutto il tragitto anche se Hongbin odiava le dimostrazioni di affetto. Eppure era proprio lui a tenerlo per mano, lo sguardo a terra.

Wonshik avrebbe voluto prendere il suo viso tra le mani e accertarsi che stesse bene, che il suo Hongbin stesse bene, ma non lo fece.

“Tutto bene?” il suo migliore amico allora sollevò lo sguardo e Wonshik doveva avere un’espressione molto preoccupata perchè Hongbin cercò di sorridere rassicurante.

“Io sto bene. Sei tu quello pallido,” disse questi in un debole tentativo di humour.

“Ho freddo tutto qui.” Nessuno commentò sul fatto che era maggio e il sole spaccava le pietre.

“Avevi ragione non dovevamo andarci. Mi dispiace di averti portato lì,” disse allora mordendosi il labbro.

“Non fa niente. Basta che mi prometti che non ci torniamo più e siamo a posto.” Wonshik rispose.

Hongbin rise leggermente, dandogli un buffetto sul braccio.

“Andiamo a casa.” Disse, sciogliendo le loro mani ma non muovendosi di un centimetro da Wonshik, le loro ombre che sull’asfalto si fondevano l’una sull’altra. Insieme si incamminarono e verso casa di Hakyeon, la casa di Hongbin.

E mentre camminavano spalla contro spalla cercando di intavolare una normale conversazione si chiese se il suo amico sarebbe stato bene e se lui, Wonshik, non si sarebbe pentito in futuro di non aver insistito di più per non andarci e soprattutto si chiese come avrebbe reagito il suo migliore amico se fosse mai venuto a scoprire la verità. L’immagine di Hongbin che parlava su quel palco gli attraversò la mente e rabbrividì.

Avevano ferite, entrambi le avevano e Wonshik una volta aveva temuto di aver perso Hongbin per sempre eppure in qualche fortunoso modo si erano ritrovati. Tuttavia aveva paura, viveva nel terrore del momento in cui l’Hongbin il numero due che era stato allevato come un numero zero scoprisse che Wonshik fingeva di essere un numero zero essendo invece un numero due.


 


 


 

Hakyeon era distratto e non era affatto da lui.

Si era ritrovato a mettere nel sacchetto un chilo di cipolle e né a lui né ai bimbi piacevano così tanto. Era stato così per tutta la settimana al punto che Jaehwan lo aveva preso in giro non più tardi di quella mattina in tutto il suo vanaglorioso entusiasmo. Doveva saperlo che Sanghyuk gli avrebbe detto tutto, era irritante sapere di avere una spia dentro casa anche se Hakyeon sapeva che in realtà Sanghyuk lo aveva detto a Jaehwan perché non voleva che Hakyeon facesse altri incontri pericolosi del terzo tipo, per usare le parole irritate di Hongbin. Entrambi lo avevano sgridato per essere stato così ingenuo da avvicinarsi a un perfetto estraneo in circostanze così sfavorevoli. Hakyeon aveva sbuffato. Il tizio nel vicolo non rappresentava un pericolo per alcuno se non per sé stesso e poi lui sapeva badare a se stesso, anche se era carino vedere come i bimbi si preoccupavano per lui.

Sospirò rimettendo le cipolle nel loro cesto. Avrebbe voluto rivedere quell’uomo, sapere cosa ne era stato di lui, se stava bene. Se stava eglio. Jaehwan la chiamava compulsione a raccogliere gatti randagi, ma la verità era che non c’era qualcosa a cui Hakyeon fosse più sensibile del dolore altrui. Perché lui c’era passato, sapeva bene fino a che punto possono spingerti gli abissi dell’odio verso sé stessi e se quella sera non ci fosse stato Kim Seokjin per lui, ragazzo smarrito di diciassette anni, allora sarebbe stata la fine e Hakyeon non poteva considerare quell’alternativa, l’alternativa in cui lui non ci sarebbe stato o non sarebbe stato sano abbastanza per poter essere da aiuto ad altri. Il Hakyeon di allora sarebbe stato completamente inutile ad aiutare il tredicenne Sanghyuk o il quindicenne Hongbin.

Hakyeon voleva rivederlo. Ma per quanto ci pensasse sapeva bene che era impossibile che accadesse a meno di non ritrovarlo di nuovo accasciato nel vicolo di fianco al circolo e quella era l’ultima cosa che avrebbe voluto. A volte a Hakyeon era parso di intravederlo tra la gente che passava ogni giorno davanti alla finestra del suo ufficio, però si era detto che probabilmente era stato uno scherzo della sua mente. Persona ovunque tu sia, spero tu ti stia prendendo cura di te.

Scosse la testa mentre riempiva il sacchetto con il giusto contenuto, ossia pomodori, Hongbin andava pazzo per pomodori e insalata fresca.

Riempì quindi il trolley con tutto quello che gli serviva, voleva tornare in tempo per preparare la cena per i suoi bimbi, dio solo sapeva con quanta fame Sanghyuk tornava dai suoi allenamenti e Hongbin dal suo turno in biblioteca.

Era così assorto nei suoi pensieri, scegliendo mentalmente tra le sue ricette che quasi passò oltre alla sua occasione.

Li di fronte allo scaffale del caffè c’era il tizio ubriaco del vicolo. Appariva più in forma di come Hakyeon se lo ricordava ma era ancora mortalmente pallido, ombre scure sotto gli occhi e le unghie delle sue lunghe dita, il suo indice batteva pensoso sul suo mento, erano mangiucchiate. Hakyeon pensò due cose, primo che il tizio probabilmente doveva vivere li vicino perché il supermercato era a pochi passi dal circolo e questo significava che l’uomo quella sera molto probabilmente aveva tentato di tornare a casa. Secondo che Hakyeon doveva assicurarsi che stesse bene. Al diavolo le sue remore e Jaehwan con le sue teorie sulle sue compulsioni.

Prima di pentirsene coprì la poca distanza che li separava e proprio come quella sera attirò la sua attenzione punzecchiando con un dito il suo braccio. Cercò di trattenere il senso di imbarazzo.

“Hey.” Hakyeon richiamò la sua attenzione con il tono di voce più rassicurante che gli riuscì di evocare. L’uomo si voltò leggermente squadrandolo di sbieco. Oh. Hakyeon non pensava il suo sguardo potesse essere così intenso dopotutto lui l’aveva visto solo quando questo era annebbiato dall’alcol.

Hakyeon si schiarì la gola improvvisamente nervoso.

“Ehm ti ricordi di me? La sera nel vicolo?” Avrebbe voluto calciarsi da solo. Perchè non stava zitto o meglio, perchè non riusciva a resistere ai suoi impulsi? Probabilmente l’uomo neanche si ricordava che era stato Hakyeon a impedirgli che rimanesse all’addiaccio.

“Ah. Sei tu.” L’uomo disse con quella voce sottile che faceva a pugni con il suo sguardo ostile, come se Hakyeon gli avesse fatto un terribile torto.

Perfetto, si sentiva doppiamente idiota.

“Già io. Sai, una persona normale mi ringrazierebbe. Se non fosse stato per me chissà per quanto tempo saresti rimasto lì. Lo sai vero che non è affatto salutare bere così tanto?”

Oh Cha Hakyeon perché, perché non sai mai stare zitto.

L’uomo lo guardò con enorme disappunto e scrollando le spalle si girò e si allontanò. Ora era Hakyeon ad essere profondamente irritato. Non così in fretta.

“Aspetta. Aspetta! Io…Ti va un caffè? Quello della macchinetta all’ingresso. Cosi non ti sentirai in debito con me ulteriormente.” Hakyeon concluse sarcastico non riuscendo credere alle proprie orecchie. Perché stava facendo questo? L’uomo non sembrava neanche volergli concedere due secondi del suo tempo figuriamoci il tempo di bere un caffè.

“Paghi tu?” chiese cogliendo Hakyeon di sorpresa.

“Certo, offro io. Ti ho invitato no?” Disse sempre più irritato. Questo tizio con chi credeva di avere a che fare.

E poi incredibilmente l’uomo annuì. Poi indicò la cassa come a voler dire che lui aveva finito e che doveva solo andare a pagare e che era troppo impegnato per sprecare il suo fiato. Cercò di non prendersela, magari l’uomo era solo terribilmente timido e Hakyeon in effetti poteva apparire come un allucinato per offrire caffè a un estraneo.

“Ottimo! Anche io avevo finito di fare la spesa. Andiamo alle casse allora.” L’uomo si strinse nelle spalle e senza dire una parola fece come Hakyeon suggeriva.

Una volta che entrambi ebbero pagato, temette per un attimo che il tizio avrebbe approfittato del fatto che Hakyeon era impegnato alla cassa per darsela a gambe, ma a quanto pareva l’uomo o era un caffeinomane o una persona che non diceva mai di no a cibo gratis. I due si diressero quindi in direzione dell’erogatore di caffè a disposizione dei clienti.

“Allora quale vuoi?” Hakyeon chiese gentilmente dopo aver messo le monete. “macchiato, cappuccino?”

L’uomo senza dire una parola tasto la massima dose di zucchero e il pulsante del latte macchiato. Hakyeon sorrise. Non doveva essere così male una persona che era così amante delle cose dolci. L’uomo incrociò le braccia sul petto mentre aspettava che il caffè fosse pronto, borsa della spesa a terra.

“Comunque piacere, Hakyeon,” disse porgendogli la mano. Molto riluttantemente l’altro la strinse.

“Taekwoon.” Rispose e sembrava intenzionato a non aggiungere altro, ma per Hakyeon era abbastanza. Taekwoon. Finalmente poteva smettere di chiamarlo il tizio ubriaco del vicolo.

La macchinetta emise un bip segnalando la bevanda pronta e Taekwoon come un fulmine prese il suo caffè. Si, decisamente un caffeinomane, si disse Hakyeon.

“Bene! E come stai Taekwoon se posso chiedere?” Takwoon lo guardò nuovamente male e Hakyeon capì di aver fatto la domanda sbagliata. “Anzi sai una cosa non serve che me lo dici,” disse e procedette a raccontargli un po’ di sé stesso. “Sono un’insegnante di danza e dirigo il circolo ricreativo.” L’uomo sorseggiò lentamente il suo caffè, non sembrava interessato alle sue parole eppure non se ne era ancora andato e Hakyeon la considerava una piccola vittoria. Continuò a parlare del circolo ricreativo e di cosa facevano fino a che Taekwoon ebbe bevuto l’ultimo sorso di caffè e a quel punto Hakyeon non aveva più scuse per trattenerlo.

“Beh sono contento che abbiamo parlato. Sentiti pure libero di passare per il circolo, abbiamo sempre bisogno di un paio di mani in più. Oppure puoi sempre passare a salutare me, prometto che non mi offenderò.”

Per un attimo sembrò apparire l’ombra di un sorriso sul volto dell’uomo ma fu attimo e la sua faccia di marmo torno ad essere tale.

“Devo andare.” Disse e poi titubante aggiunse, “grazie per il caffè.”

“Figurati, quando vuoi Taekwoon!” Taekwoon gli gettò un’occhiata quasi non riuscisse a credere che Hakyeon facesse sul serio, a sua discolpa neanche Hakyeon riusciva a crederci, e poi dopo aver fatto un cenno, prese la sua borsa e se ne andò. Hakyeon sospirò pesantemente. Cosa diamine gli era preso.

Prese le sue borse della spesa e si decise a tornare a casa. Cercò di convincersi del fatto che la sua mossa non era stata inutile che almeno ora sapeva che il tizio del vicolo, Taekwoon, era vivo e stava relativamente bene, almeno fisicamente.

L’immagine di Taekwoon fermo davanti allo scaffale del caffè per numeri due gli balenò davanti agli occhi. Hakyeon si chiese che cosa potesse essere mai capitato a Taekwoon di così terribile perché fosse diventato l’unico numero due infelice sulla terra.


 


 


 


 


 

“Oh la nuova classe di bambini è molto promettente. Certo sono dei piccoli demonietti, giuro li fanno sempre più attivi, ma sono bravi bambini. E riescono a seguirmi senza problemi.” Jaehwan commentò mentre aiutava Hakyeon a chiudere le aule. Hakyeon fece solo un distratto “aha” immerso nei suoi pensieri. Era così strano che Jaehwan corrugò le sopracciglia e si voltò a guardare Hakyeon stranito. Di solito loro due erano un chiacchiericcio continuo di interscambi di opinioni sui loro bambini.

“Hakyeon mi stai ascoltando?”

Hakyeon non rispose mentre camminava pensieroso verso l’atrio, chiavi gingillanti in mano.

“Hakyeon?”

“Mmm?” Questi disse voltandonsi leggermente.

Un ampio sorriso si dipinse sul volto di Jaehwan.

“Conosco quell’espressione Hakyeon. Eccome se la conosco. Abbiamo fatto il college insieme e conosco tutte le tue espressioni, soprattutto quella! Quindi dimmi,” Jaehwan continuò avvicinandosi con passo felpato al suo amico, “chi hai incontrato di recente?”

Hakyeon arrossì alla velocità della luce e Jaehwan capì di aver fatto centro.

“Cosa ti fa credere che io abbia incontrato qualcuno?” L’altro disse cercando di svicolare. Jaehwan sorrise trionfante. Di solito i loro ruoli erano ribaltati, era Hakyeon che come una madre invadente si dava da fare per sapere tutto della vita dei suoi cari. Era divertente per una volta trovarsi dall’altra parte dello spettro e cominciava a capire perché il suo amico ci provasse tanto gusto.

Da parte sua Hakyeon non voleva assolutamente dare nulla a vedere considerando che l’unica persona che aveva incontrato quella settimana era Taekwoon e Hakyeon non poteva ammettere di trovarlo interessante perché le circostanze del loro incontro erano ridicole e non poteva essere che a lui bastasse così poco per. Si costrinse a non formulare quel pensiero. Ma la verità era che non riusciva a smettere di pensare a Taekwoon.

“Lo sai che a me puoi dire tutto.” Esclamò Jaehwan. Hakyeon scosse la testa.

“Non c’è nulla da raccontare questa volta davvero.”

Jaehwan ridacchiò ma per quella volta lasciò andare. Sapeva che prima o poi Hakyeon sarebbe venuto da lui a raccontargli tutto.

Controllarono un’ultima volta che tutto fosse a posto prima di uscire e tornare a casa.

Aspettò che Hakyeon chiudesse il pesante portone e mettesse l’allarme e poi insieme si diressero dove avevano parcheggiato le loro macchine. Ma non arrivarono neanche a metà strada che Hakyeon si fermò di botto e l’espressione che aveva in viso era così allarmata che Jaehwan si bloccò. L’altro stava guardando in fondo al vicolo e prima che Jaehwan potesse dire qualcosa lo vide correre in direzione di qualcosa, anzi qualcuno che sembrava trovarsi lì.

“Hakyeon!” Jaehwan urlò nel tentativo di fermarlo e quando vide che era inutile si precipitò alle calcagna.

Jaehwan vide Hakyeon tastare il polso della persona accasciata sul vicolo, lo vide illuminarsi di sollievo. Non potè fare a meno di notare delle bottiglie vuote accanto alla persona e un sacco di campanelli di allarme risuonarono nella testa. Doveva essere lo stesso tizio di cui aveva parlato Sanghyuk.

“Hakyeon dobbiamo chiamare qualcuno non è prudente!” Hakyeon non sembrava ascoltarlo scosse la persona cercando di svegliarla e quando lo voltò su un fianco per farlo respirare meglio Jaehwan vide infine lo sconosciuto in viso e lanciò un suono sorpreso.

“Che c’è? Cosa c’è Jaehwan?” Hakyeon si voltò allarmato.

“Taekwoon…” sussurrò Jaehwan. Hakyeon sembrò illuminarsi.

“Lo conosci?”

“Io…lo conoscevo. Una volta. Alle superiori.” Jaehwan era scioccato. Non pensava che avrebbe rivisto Taekwoon dopo tutti quegli anni e in quelle circostanze. Che cosa era successo che cosa diamine era successo in tutto quel tempo perché Jung Taekwoon si trovasse in quel vicolo ubriaco e privo di sensi? Che cosa era successo. Si sentì percorrere da un brivido di tristezza. Taekwoon, cocciuto e testardo Taekwoon che era super competitivo sul campo da calcio e a cui piaceva rubare le barrette di cioccolato di Jaehwan.

Hakyeon rimase per un attimo immobile quasi indeciso sul da farsi.

“Dobbiamo chiamare qualcuno non possiamo lasciarlo qui.”

L’altro scosse la testa ricordandosi le parole di Taekwoon. Non ho nessuno.

Poi sospirò. Sembrava aver preso una decisione.

“Dammi una mano.”

“Cosa?”

“Dammi una mano. Lo carichiamo in macchina. Lo porto a casa.”

“Hakyeon!”

“So che non è pericoloso e il fatto che tu lo conosca mi rassicura. E come hai detto tu non possiamo lasciarlo qui e non ho intenzione di chiamare le autorità e metterlo nei guai. Quindi vieni qui metti un braccio sotto le sue spalle aiutami a portarlo in macchina.” Jaehwan rimase un attimo interdetto poi scuotendo la stessa fece come gli era stato detto.

E mentre caricava Taekwoon nella macchina di Hakyeon e questi si metteva alla guida Jaehwan sperò che andasse tutto bene.

Un uomo abbandonato a sé stesso e uno che amava i bambini perduti.

Jaehwan pregò che non fosse la ricetta per un disastro.


 


 


 


 


 


 

 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 


 

 


 

Nda: e così abbiamo introdotto Hongbin e Ravi. nel prossimo capitolo un po' di spazio a Sanghyuk e Jaehwan. E naturalmente Hakyeone Taekwoon!

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Capitolo 3
*** 00.1 ***


00.1


 

Sveglio. Taekwoon era decisamente sveglio. C’era sempre quel senso di delusione e dovere che gli dava il benvenuto la mattina quando la nebbia di alcol e dolore si diradava e lui era lucido. Ancora un giorno. Era riuscito a sopravvivere un altro giorno.

“Pensi mai ai numeri zero?” lei gli aveva chiesto. Era un clima strano quello in cui vivevano e Taekwoon sentiva di essere inadeguato a capire la sfida del loro tempo. Taekwoon era un numero due ed era felice e sebbene sapesse che c’era gente che non lo era, era difficile capire quello stato d’animo.

“Onestamente, no.”

Lei lo aveva guardato di traverso. Lui e lei venivano da situazioni famigliari molto diverse. Taekwoon aveva avuto una famiglia felice, i suoi genitori erano stati una perfetta coppia di numeri due e i loro genitori prima di loro, pure. Le sue sorelle erano tutte sposate con i loro numeri uno, da anni. Naturalmente non era cieco, sapeva che il loro mondo non era perfetto ma capire davvero quel dolore? Taekwoon non aveva la presunzione di pensare di poter neppure afferrare vagamente il concetto.

“Chiamami egoista, ma sono sempre così felice che nella mia testa non c’è spazio per altro,” Taekwoon aveva confessato, facendola sorridere.

“Anche io sono felice. Ma stanno succedendo molte cose e sono preoccupata. Nostra figlia crescerà in un mondo che non sa fare pace con se stesso Taekwoon.” Lei aveva detto accarezzandosi la pancia. Taekwoon gli aveva stretto la mano. Avevano dei buoni geni loro, la famiglia di Taekwoon erano numeri due da generazioni e anche se sua moglie non poteva vantare lo stesso, le probabilità che la bambina nascesse numero zero erano minime. Ma non nulle, gli aveva ricordato una voce nella sua testa.

“Qualunque cosa capiti la affronteremo insieme. Io te e nostra figlia. E questo è sufficiente a darmi coraggio.” Taekwoon aveva risposto sereno e il sorriso di lei si era fatto più largo.

Se chiudeva gli occhi abbastanza forte poteva ancora vedere l’ombra di quel sorriso. Poteva ancora.

Taekwoon aprì gli occhi di colpo ma dovette chiuderli di nuovo perché la luce del sole lo ferì violentemente. Grugnì infastidito perché dopotutto quel che aveva bevuto, trovarsi il sole in faccia era l’ultima cosa che voleva. Sfregò la guancia sul cuscino cercando di tornare a dormire ma nel farlo si rese conto che era più ruvido di quel che pensava come la stoffa che corposa ricopre i divani. Poi pensò che era strano che la luce del sole lo colpisse in faccia dal momento che lui non apriva mai le finestre al mattino perché non sopportava più di vedere con chiarezza i contorni di una casa che sembrava troppo vuota.

Si sollevò di colpo lanciando un gemito ferito perché aveva appena finito col peggiorare il suo mal di testa e al contempo aveva innescato un terribile senso di nausea. Si liberò con violenza della coperta che avvolgeva il suo corpo e quasi cadde dal divano nel farlo.

“Fermo lì. Non fare un altro movimento,” disse una voce giovane da qualche parte di fronte a lui. Taekwoon si immobilizzò. Si, quella decisamente non era casa sua a meno che una delle sue allucinazioni non avesse imparato a parlare. Aprì pigramente un occhio.

C’era un ragazzo seduto sulla poltrona di fronte a lui, dall’aspetto forse nemmeno ventenne, che lo guardava con sospetto. Stringeva in mano una lampada e con l’altra una tazza fumante di caffè. Il profumo per un attimo lo distrasse, poi si ricordò che non sapeva cosa stesse succedendo e quindi si decise a parlare.

“Dove mi trovo?” sussurrò sentendo la gola orribilmente secca.

Il ragazzo sospirò, come se non gli piacesse cosa stava per dire.

“Questa è casa mia. Beh tecnicamente è casa di Hakyeon ma è anche casa mia, mia di Sanghyuk e Hakyeon. Hakyeon hyung è, nel caso te lo stessi chiedendo, quello che ti ha portato qui ieri notte. Eri così ubriaco che non mi sorprenderebbe se tu avessi scordato tutto. E sempre Hakyeon hyung è quello che ti ha tenuto la testa sul water e colui che ti ha probabilmente impedito di fare una brutta fine.” Il ragazzo commentò con tono sarcastico. Taekwoon lo trovò un po’ impertinente ma non disse nulla. Non poteva importargliene di meno di mocciosi maleducati, aveva altri fatti urgenti da chiarire se voleva andarsene via di lì il prima possibile.

“Chi è Hakyeon?” chiese sedendosi sul divano e massaggiandosi le tempie nel tentativo di alleviare il dolore. Quando sollevò lo sguardo vide che il ragazzo lo stava guardando sbigottito, i suoi già grandi occhi spalancati per la sorpresa.

Lo udì bofonchiare qualcosa che suonava come “questa sindrome di raccattare i randagi ha superato ogni limite” prima di urlare un “Sanghyuk!”

Taekwoon sussultò dal dispiacere. Era proprio necessario urlare così?

“Che c’è!” venne un altro urlo da qualche parte da sopra la casa.

“Vieni giù, adesso!!” il ragazzo disse, lasciando la tazza sul tavolino di fianco e alzandosi minaccioso con la lampada in mano a mo’ di arma. Taekwoon lo guardò perplesso quasi non riuscendo a credere che la sua fine sarebbe stata per mano di un’abatjour rosa. Sollevò un sopracciglio ma il ragazzo sembrava fare sul serio. Sentì un rumore di passi e poi un altro ragazzo ancora più alto del primo venne giù dalle scale. Nonostante la stazza sembrava addirittura più giovane.

Splendido, era l’ostaggio di due mocciosi.

“Sanghyuk ha detto che non sa chi è Hakyeon!” Il ragazzo più grande disse come se fosse qualcosa di gravissimo. L’ultimo arrivato corrugo la fronte.

“Come non sa chi è Hakyeon? Insomma credevo fosse un suo amico, voglio dire gli ha tenuto la testa sul water,” il ragazzo, Sanghyuk, disse gesticolando.

“A quanto pare non è così!” il ragazzo più grande esclamò esasperato indicandolo con la lampada. “Questa cosa deve finire! Voglio dire sono cosciente che se non fosse stato per il suo istinto materno io e te non saremmo qui, ma un estraneo? E un ubriacone per giunta?” Taekwoon si disse che avrebbe dovuto sentirsi offeso ma onestamente nulla di quanto detto dal ragazzo era una bugia. Era persino d’accordo sull’indignazione che questi sembrava avere per questo Hakyeon. Chi era oggigiorno che rapiva estranei ubriachi e li portava casa propria per accudirli?

“Hakyeon sarà qui tra poco, non dovrebbe metterci molto a tornare dal supermercato e allora gli faremo alcune domande,” Sanghyuk cercò di ragionare. “Nel frattempo non saltiamo subito alle conclusioni. Anche se fosse, dubito che rappresenti una minaccia nello stato in cui è. Guardalo, neanche riesce a reggersi in piedi,” il ragazzo più giovane disse indicando lo stato patetico di Taekwoon con un gesto. Taekwoon cercò di fulminarlo con lo sguardo ma era sicuro che il suo stato di post sbornia non aiutasse la sua causa. Il moccioso poi aveva ragione.

“E comunque Hakyeon non lo avrebbe mai fatto entrare in casa se avesse rappresentato un pericolo e Jaehwan non gli avrebbe permesso di caricarlo in macchina,” Il ragazzo concluse facendo spallucce.

“Non che Jaehwan hyung sia la persona più ragionevole di questo mondo,” commentò il primo ragazzo scettico.

“Adesso non esagerare Binnie,” lo rimproverò il ragazzino scoccandogli un’occhiataccia. Il primo ragazzo, Binnie, sospirò sollevando le braccia in segno di resa.

Ora, di tutte le cose strampalate che i due mocciosi avevano detto, quella era la prima che avesse avuto senso.

“Jaehwan? Lee Jaehwan?” Taekwoon chiese, voce che usciva in un sussurro rasposo. Dio, avrebbe dato qualunque cosa per un bicchiere d’acqua.

“Conosci Jaehwan hyung?” chiese il ragazzo di nome Sanghyuk guardandolo con espressione indecifrabile. Taekwoon annuì. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo.

In quel momento però il suono della porta d’ingresso che si apriva sorprese tutti i presenti. Un uomo dai capelli neri e lo sguardo vivace attraversò la porta con una borsa della spesa in mano. Quando li vide tutti riuniti in salotto, sorrise. Taekwoon dovette distogliere lo sguardo da tanta genuina positività

“Siete tutti svegli! Ottimo!” Disse in tono allegro.

“Hakyeon hyung!” Dissero in coro in due ragazzi.

“Che c’è? Da quando siete così contenti di vedermi?” Poi come notando la tensione nell’aria si guardò intorno e notò che Hongbin stringeva la lampada nella mano destra.

“Hongbin cosa ci fai con l’abatjour in mano?”

Ci fu un susseguirsi di battute in cui i due ragazzi chiesero all’uomo appena entrato, cosa stesse succedendo e perché avesse portato Taekwoon, un estraneo, in casa loro.

“Non è un estraneo, io lo conosco. Beh più o meno,” si corresse Hakyeon il che gli fece guadagnare un’occhiataccia dal ragazzo di nome Hongbin.

“Non è il momento di chiacchere comunque! Abbiamo un ospite e non abbiamo ancora fatto colazione.” Quindi Hakyeon senza tante cerimonie passò la borsa della spesa a Sanghyuk e poi si avvicinò con un sorriso radioso verso Taekwoon. Questi lo squadrò, gli occhi ridotti a fessure, mentre cercava di sistemare quest’uomo, la persona che lo aveva trascinato in quel posto spacciandolo per salvataggio, da qualche parte nei ricordi annebbiati della sua testa.

“Taekwoon scommetto che sotto quel mal di testa sei affamato. Spero che ti piacciano i pancake e il caffè?” chiese questi gentilmente fermandosi a due metri da lui. Una distanza che doveva aver capito fosse il massimo che lui riuscisse a tollerare.

Taekwoon confuso e interdetto non sapeva bene cosa rispondere e si limitò a fissarlo. Qualcosa sembrò passare sul viso di Hakyeon. “Oh scusami tanto deve sembrarti tutto così strano, probabilmente non ti ricordi bene cosa è successo ieri notte,” disse Hakyeon sedendosi con lentezza all’estremità opposta dove era seduto lui. “Ieri notte ti ho trovato svenuto nel vicolo accanto al mio circolo ricreativo. Ho provato a svegliarti ma questa volta non ci sono riuscito e non potevo lasciarti lì e neppure mi sembrava il caso di chiamare le autorità. Perciò con l’aiuto di un amico, ti ho portato qui,” concluse con semplicità.

Tuttavia dal momento che nessuna delle sue parole aveva suscitato una reazione in Taekwoon, Hakyeon lo guardò preoccupato. Un'altra ombra passo sul viso dell‘uomo. “Aspetta ti ricordi di me vero? Sono Cha Hakyeon, ti ho svegliato la prima volta e poi ci siamo presentati al supermercato. No?” per la prima volta il sorriso dell’uomo parve vacillare. Taekwoon non seppe cosa fosse successo allora, forse fu il fatto di essersi reso conto di essere quello dalla parte del torto e che stava approfittando della gentilezza di estranei anche se lui non l’aveva mai chiesta. O forse fu il fatto che questo Hakyeon sembrava riuscire così facilmente a parlare con lui anche quando lui non parlava, come se fosse facile leggergli nella mente quando nessuno eccetto la sua anima gemella c’era mai riuscito. O infine il fatto che quest’uomo che probabilmente aveva la sua età sembrasse genuinamente dispiaciuto della sua indifferenza il che era bizzarro in dieci milioni di modi diversi, perché chi era lui, uomo morto che cammina, per questa persona che sembrava fatta invece di una soluzione di buon umore imbottigliato? Era ovvio che loro due non avevano nulla da spartire. Fatto sta che per una volta si sforzò di ricordare, di provare a capire dove poteva aver visto quel viso, dove aveva già provato questa irritante sensazione di inadeguatezza, come l’ombra che si sente minacciata dal sole, e fu allora che si ricordò di aver già provato questa sensazione.

“Tu sei l’uomo del caffè,” disse in tono serio.

“Esatto!” Esclamò trionfante Hakyeon battendo le mani. “Visto?” l’uomo poi disse rivolto verso il primo ragazzo che era rimasto lì in salotto al contrario dell’altro ragazzo che era andato in cucina a sistemare la spesa, a sorvegliare che lui, l’estraneo pazzo, non tentasse qualcosa di buffo contro l’altro uomo. Taekwoon sbuffò internamente. Lui non rappresentava un pericolo per nessuno se non per sé stesso anche se doveva concordare mentalmente con il ragazzo sul fatto che si, molto sicuramente corrispondeva alla perfezione alla definizione di pazzo estraneo.

Taekwoon si rese conto di quanto lui stonasse all’interno di quel quadretto. Si alzò di scatto e fu una pessima idea perché fu assalito da un altro moto di nausea.

Hakyeon si alzò a sua volta preoccupato ma non si avvicinò. “Puoi andare via quando vuoi. Ma ti prego mangia qualcosa prima. Mi sentirei meglio a saperti ben nutrito.” Taekwoon avrebbe voluto dire di no, perché chi si credeva di essere quest’uomo per poter dire a lui cosa fare, si disse, ben sapendo che in realtà tutta la sua irritazione nasceva da tutta quella insopportabile gentilezza. Qualcosa che non riceveva da così tanto tempo che era un dolore fisico, insopportabile. Tuttavia si rese conto che in quelle condizioni non avrebbe fatto molti passi verso casa e in più non sapeva dove si trovava. Aveva bisogno di lavarsi la faccia e snebbiarsi la mente e solo allora avrebbe potuto cercare di capire come andarsene via il più velocemente possibile.

“il bagno è da quella parte,” disse Hakyeon leggendogli ancora una volta nel pensiero e Taekwoon si costrinse a non farsi dominare da ennesimo moto di irritazione.

Taekwoon comunque decise di non commentare e senza proferire una parola si diresse in bagno. C’erano degli asciugamani puliti impilati sulla lavatrice e lui si chiese se gli avevano preparati per lui ma cercò di non pensarci. Non doveva loro niente, non doveva a Hakyeon niente non era colpa sua se questo tizio aveva una compulsione a non farsi gli affari suoi. Intimamente comunque gliene fu grato. Si sciacquò la faccia con acqua gelida e sapone stando bene attento a non scontrarsi accidentalmente con il riflesso sullo specchio. Doveva avere sicuramente un aspetto penoso ma non poteva importargliene di meno, perché era così che si sentiva, era un dato di fatto.

Si guardò i vestiti. Lì, non poteva fare niente erano tutti sgualciti e c’era un’inconfondibile macchia di alcol su suoi pantaloni ma non aveva cambi e non voleva assolutamente chiedere nulla di prestato a questo Hakyeon, perchè era sicuro che lo avrebbe ottenuto. Perciò dopo essere risciacquato la bocca più volte, si decise ad andare in cucina.

Si fermò incerto sulla soglia. Il primo ragazzo Hongbin stava apparecchiando la tavola, il più giovane stava togliendo il caffè dalla macchina mentre Hakyeon riscaldava i pancake in una padella. Taekwoon fu tentato di prendere e scappare a gambe levate. Troppa gente in un solo ambiente troppa luce, troppo tutto. Ma Hakyeon come sentendo la sua presenza sollevò lo sguardo dalla padella e sorrise.

“Ah Taekwoon siediti pure, abbiamo quasi fatto.” Taekwoon rimase immobile ma poi come quella volta che aveva seguito Hakyeon al supermercato, si vide seguire il suo suggerimento e sedersi, si disse che era stato il profumo di caffè ad essere decisivo.

Una volta che si furono seduti tutti a tavola, nessuno parlò più e tutti sembrarono interessati di più al loro cibo. Hongbin ogni tanto gli lanciava delle occhiate circospette ma sembrava piuttosto indaffarato col cellulare per fulminarlo troppo spesso, mentre invece Sanghyuk gli lanciava occhiate curiose tra un boccone enorme di cibo e l’altro. Cercò di non guardare Hakyeon mentre si versava un litro di caffè e mangiucchiava un pancake senza nessun tipo di guarnizione.

Piano piano nacque della conversazione qua e là ma Taekwoon fortunatamente fu lasciato in pace. Senza reale interesse ma non potendolo evitare sentì Hakyeon chiedere a Sanghyuk della scuola e Hongbin blaterare del suo lavoro nella biblioteca dell’università e lui cercò con tutto sé stesso di ignorare il chiacchiericcio ma era difficile filtrare del tutto la voce melodica di Hakyeon, che commentava, rideva chiedeva. I due ragazzi e Hakyeon non sembravano avere nulla in comune eccetto il tetto sopra le loro teste, conducevano vite diverse, avevano età diverse e non si assomigliavano affatto, pertanto non erano fratelli. Eppure agivano come una famiglia.

La forchetta tintinnò rumorosamente sul piatto. Taekwoon doveva andarsene da li.

“Tutto bene?” chiese Hakyeon ma Taekwoon non lo stette a sentire, si alzò di scatto e senza aggiungere altro, senza neanche chiedere scusa o dire grazie di fronte a tanta disinteressata gentilezza, scattò verso la porta d’ingresso.

Non importava se non sapeva dove si trovava. Avrebbe camminato fino a che non avesse riconosciuto una parte famigliare della città.

“Aspetta!” Venne la voce di Hakyeon riuscendo a fermarlo prima che aprisse la porta, mano già sulla maniglia.

“Siamo a un paio di chilometri dal circolo ricreativo, nella parte est della città. Se vai a sinistra troverai una fermata dell’autobus. Ti avrei riaccompagnato io… ma,” la voce di Hakyeon si spense. Taekwoon cercò di non voltarsi ma sebbene non gli importasse più nulla di sé stesso ne di qualcuno che non fosse sua figlia Sunmi, si disse che per una volta voleva provare ad essere di nuovo qualcuno di decente. Una volta non era così, una volta non si sarebbe mai comportato così, ma quel Taekwoon non esisteva più, era morto con lei quel giorno e quindi non gli riuscì altro che dire,”grazie.” Anche se sapeva che non era abbastanza.

Aprì la porta di scatto e se ne andò.

Se si fosse voltato di nuovo avrebbe visto Hakyeon sorridere.


 


 


 

Jaehwan sentiva che i ruoli si erano ribaltati. Neanche un paio di giorni prima aveva preso in giro Hakyeon per il suo essere distratto ma ora che sapeva chi era a distrarlo, Jaehwan si era ritrovato a sua volta preda della stessa distrazione. Jaehwan non pensava mai al suo passato, gli piaceva che rimanesse li dov’era, dietro alle sue spalle. Non pensava avrebbe mai rivisto Taekwoon e certamente non in quelle circostanze. Taekwoon era stato il suo compagno di banco e migliore amico delle superiori. Erano stati una strana coppia di amici, Jaehwan vivace e chiacchierone mentre invece Taekwoon era taciturno e silenzioso. Amavano la stessa musica però ed avevano erano sintonizzati sullo stesso grado di malizia, erano infatti il tipo di persone che si divertivano a fare gli scherzi agli altri. Taekwoon era stato spesso la mente dei piani che poi Jaehwan si premurava di mettere in atto.

A Jaehwan era dispiaciuto perderlo di vista dopo le superiori, gli era dispiaciuto un sacco. Ma gli sarebbe dispiaciuto ancora di più dovergli dire la verità, come la sua vita stesse diventando ben diversa da quella felice che Taekwoon si apprestava a vivere con la sua anima gemella.

Cosa avrebbe detto Taekwoon se avesse saputo che Jaehwan aveva accettato un matrimonio combinato tra zero, quando entrambi per anni avevano commentato con orrore quel destino?

Jaehwan non poteva. Non aveva saputo dire la verità e quando le loro strade si erano divise per via delle diverse scelte di carriera Jaehwan ne aveva approfittato per mettere quanta più distanza possibile tra se e Taekwoon, tra se e tutto quello che gli ricordava una vita felice che non sarebbe tornata.

Sarebbe stato un nuovo Jaehwan, un nuovo inizio e avrebbe dovuto farselo andar bene. Aveva conosciuto Hakyeon al college ma la sua amicizia con il suo attuale collega e migliore amico non si era rinsaldata se non dopo i fatti dell’attentato che avevano cambiato la vita di tutti, quella di Jaehwan soprattutto. E così invece di intraprendere una carriera artistica, Jaehwan aveva accettato di insegnare nel circolo, di trasmettere quanto imparato ad altri e cercare per la seconda volta di seppellire il passato che come un macigno pesava sul suo petto. Aveva seppellito due volte se stesso e si meravigliava che lui fosse ancora lì in piedi.

“Hyung?” Jaehwan si riscosse dai suoi pensieri e nel farlo vide che Sanghyuk aveva distolto l’attenzione dai suoi compiti e stava guardando Jaehwan intensamente. Questi si schiarì la gola.

“Tutto bene Hyuk? c’è qualcosa che non capisci?” Chiese nel suo tono più allegro. Sanghyuk lo squadrò e Jaehwan si sentì stranamente nervoso.

Sanghyuk era cresciuto così tanto e non lo aveva forse visto allungarsi e diventare un giovane uomo sotto i suoi occhi? E come lo guardava Sanghyuk, lo guardava ancora con lo la stessa adorazione di quando aveva tredici anni ma Sanghyuk non era più un bambino e sotto il suo sguardò Jaehwan non sapeva più quale reazione sarebbe stata meglio avere.

“Sei pensieroso? Sei sicuro di star bene? Non ti stai ammalando vero?” Erano seduti l’uno accanto all’altro nella aula studio del circolo. Sanghyuk veniva spesso da Jaehwan a chiedere una mano con i suoi compiti e quel sabato pomeriggio non faceva eccezione. All’inizio l’aiuto era stato necessario ma Jaehwan sospettava che ultimamente non lo fosse affatto. Ma era il tutor di Sanghyuk da anni, da quando Hakyeon aveva varcato la soglia del circolo assieme a un bambino perso e solo al mondo. Era innocente e non si meritava tutto quello e il cuore di Jaehwan si era stretto al pensiero che qualcuno di così giovane dovesse sperimentare un dolore più forte del lutto che provava lui. Jaehwan aveva dovuto fare qualcosa, aveva dovuto vedere di nuovo quel bambino sorridere. E perciò aveva accettato di fargli da tutor ancor prima che Hakyeon glielo chiedesse e pure il babysitter quando Hakyeon lavorava troppo e taxi quando più tardi sia Sanghyuk che Hongbin avevano avuto bisogno di un passaggio perché avevano perso l’autobus. Jaehwan lo aveva preso sotto la sua ala finché con soddisfazione non aveva visto Sanghyuk diventare il bambino vivace che si era augurato che fosse. Ma ora si chiedeva se non ci fosse stato qualcosa di sbagliato, qualcosa di imperdonabile nel suo modo di educare Sanghyuk. Aveva voluto vederlo sorridere e si era impegnato affinché accadesse ma nel farlo aveva messo troppo di se stesso in Sanghyuk e aveva finito col fuorviarlo.

Perciò quando Sanghyuk si sporse in avanti, il suo viso di proposito vicinissimo al suo, Jaehwan si irrigidì. D’istinto piantò la sua mano sulla sua faccia impedendogli di andare oltre.

“Sto benissimo. Sono solo stanco Hyuk,” disse Jaehwan cercando di rimanere composto.

“Se lo dici tu. Non è da te essere così silenzioso hyung e mi preoccupo.”

“Non è compito dei bambini preoccuparsi degli adulti. Sto bene,” Jaehwan disse sventolando la mano cercando di minimizzare.

“Ho smesso da un pezzo di essere un bambino hyung, sei solo tu che non vuoi ammetterlo,” il sangue gli si gelò nelle vene ma il maggiore cercò di giocarsela come se nulla fosse successo, come se quello che il suo pupillo gli aveva appena detto non gli facesse effetto.

“anche se fosse, avere diciassette anni o diciotto non fa di te un adulto Sanghyuk. E ora smettila di cercare scuse per distrarti o non ti lascio andare a lezione di danza oggi.”

Sanghyuk scosse la testa e sembrava voler rispondere ma si accorse che una sua risposta sarebbe suonata come il capriccio di un bambino. Perciò si limitò a scuotere la testa e a dire, “la vedremo,” prima di riportare la sua attenzione sui suoi compiti. Jaehwan sospirò. Fino a quando, fino a quando, sarebbe stato in grado di mantenere il controllo della situazione prima di dover coinvolgere Hakyeon? Non voleva ferire Sanghuyk ne tanto meno metterlo in imbarazzo ma lui doveva capire che quello che lui credeva di volere non poteva essere reale. Ma finchè Sanghyuk gli avesse ancora dato retta Jaehwan avrebbe cercato di non coinvolgere l’altro. Eppure sapeva anche che il diciottesimo compleanno di Sanghyuk si stava avvicinando e presto Jaehwan sarebbe stato a corto di scuse. Sanghyuk sarebbe stato a tuti gli effetti un adulto e il maggiore temeva che allora sarebbe venuto a reclamare ciò che gli aveva promesso. Jaehwan pregava che non sarebbe mai successo. Eppure il tempo non l’aveva forse smentito? Jaehwan aveva amato questo bambino come se fosse stato il suo stesso fratello minore e aveva sperato di essere per lui un fratello. E invece ora viveva con l’eco delle parole di amore che Sanghyuk non aveva fatto che rinnovare a ogni suo compleanno sin da quella prima volta.

“Ti amo.” Jaehwan stava controllando che le aule fosse in ordine prima di chiuderle e andarsene.

“Oh Sanghyukkie, ho quasi finito qui, aspettami pure in atrio e ti do un passaggio a casa.” Sanghyuk lo aveva guardato con i suoi grandi occhi smarriti da quattordicenne.

“Non hai sentito hyung che ho detto che ti amo?” Jaehwan senza pensare niente di grave rispose, “ti voglio anche io un sacco di bene Sanghyuk, tantissimo.” E si era avvicinato a Sanghyuk per arruffargli i capelli.

“No, io intendo amore. Quello che si vede nei film romantici, quello dei numeri due, quello che avevano mia madre e mio padre. Quell’amore hyung.” Sanghyuk disse frustato sbattendo i piedi a terra. Jaehwan allora interdetto fece un passo indietro perché il ragazzo sembrava fare sul serio. Che cosa stava succedendo, era finito in un mondo alternativo in cui tutto girava alla rovescia?

“Sanghyuk. Lo sai che ti voglio bene, ma tu credi di amarmi e va bene, anche così mi sento lusingato. Ma ho la stessa età di Hakyeon e tu sei molto, molto giovane.” Cercò di ragionare.

“Lo so che sono giovane. So che sono ancora un bambino,” disse Sanghyuk e Jaehwan vide che delle grosse lacrime si formavano agli angoli dei suoi occhi e avrebbe voluto darsi un calcio da solo. Era appena riuscito nell’unica cosa che aveva sempre voluto evitare si da quando lo aveva conosciuto. Farlo soffrire.

“Ma un giorno non lo sarò più. Un giorno non lo sarò più, quindi preparati Lee Jaehwan!”

Jaehwan sorrideva ancora alla memoria di quella dichiarazione così violenta, così pura e innocente. Quella volta aveva abbracciato Sanghyuk come un fratello maggiore fa con il suo fratello minore.

“Allora mi preparerò. Ma cambiano tante cose col tempo e non è detto che tu proverai lo stesso fra qualche anno, ma nel caso così non fosse allora ne riparleremo. Ma sino ad allora tu rimarrai il mio allievo anche se il mio preferito e io il tuo tutor.” Jaehwan aveva pensato di essere gentile, aveva pensato che una bugia innocente avrebbe evitato un dolore al Sanghyuk di allora e col tempo il bambino se ne sarebbe naturalmente dimenticato. Tutti, dopotutto, avevano avuto una cotta per il loro insegnante almeno una volta, ma nessuno era lì a raccontarla anni dopo. Perciò fu con leggerezza che fece quella promessa credendo di non doverla mantenere.

Ma Sanghyuk aveva diciassette anni ora e negli ultimi tre anni a ogni suo compleanno aveva rinnovato le sue parole d’amore ancora e ancora.

Jaehwan amava quel bambino come se fosse uno della famiglia, ma Sanghyuk aveva ancora molto da imparare, da godere della vita ed era troppo giovane per capire che lui Jaehwan era la peggiore delle scelte. Sarebbe stato compito suo farglielo capire anche se significava spezzare non solo il suo cuore ma il suo stesso.


 


 


 


 



NdA: e l'ultima coppia è stata introdotta, scrivere di questo Sanghyuk mi riscalda il cuore! Comunque ora le cose inizieranno a muoversi!

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Capitolo 4
*** 00.2 ***


00.2


 


 

La domenica mattina Wonshik era solito passare da casa di Hongbin.

Fin da quando erano piccoli quella era stata la loro routine e neppure gli ostacoli che gli anni avevano portato, erano riusciti nell'intento di interromperla. Del resto Wonshik era sempre contento di passare più tempo possibile con il suo compagno di giochi.

Wonshik non si era mai posto più domande del necessario, sul perchè quel fatto speciale risultasse per lui tanto normale. Il loro legame aveva sempre avuto senso e aveva avuto senso anche quando più tardi la verità era venuta a galla, e Wonshik aveva scoperto che il suo miglior amico non era affatto il numero zero che tutti avevano creduto ed era un numero due proprio come lui.

A Wonshik non era importato perchè il suo amico sarebbe stato sempre il sarcastico, competitivo ma terribilmente prezioso Hongbin e lui gli avrebbe sempre voluto bene qualsiasi status ci fosse sul suo passaporto. Ma per Hongbin, per lui, era stata la fine del mondo e da allora le cose si erano fatte più torbide e Wonshik non aveva anelato altro che a portarlo indietro dal labirinto in cui si era perso.

Sua nonna lo osservava da sopra la sua tazza da tè con quello sguardo che da bambino Wonshik si era trovato di fronte tutte le volte che aveva combinato qualcosa ed era stato scoperto. Non era esattamente uno sguardo di disapprovazione, era più un suo voler incoraggiarlo a vuotare il sacco. Sua nonna raramente se la prendeva con lui (anche se quella volta che lui e Hongbin avevano rovinato il roseto appena fiorito c'era andato vicino) e gli era sempre stata vicino, sempre. Wonshik le voleva un mondo di bene ed era raro che i due non fossero in sintonia.

Eppure su questo, questo, non avrebbero mai trovato un accordo.

“Vai da Hongbin?”

Wonshik aveva smesso per un attimo di masticare il panino per guardare sua nonna negli occhi. Aveva quindi poi annuito con forza. Sua nonna glielo chiedeva ogni domenica anche se sapeva già la risposta.

“Portargli un po' dei biscotti che ho fatto ieri allora,” sua nonna disse.

Sua nonna voleva bene a Hongbin, così come voleva bene a Sanghyuk e a Hakyeon. Li trattava come se fossero i suoi stessi nipoti e voleva che fossero in salute e felici, allo stesso modo in cui voleva che il suo unico nipote lo fosse. Era per questo che non vedeva bene il silenzio di Wonshik e neppure il suo comportamento.

“Credevo gli avessi fatti per me nonna,” Wonshik rispose mettendo il broncio.

Sua nonna rise leggermente, “troppi dolci non ti fanno bene,” disse lei. “ E poi li ho fatti con le gocce di cioccolato e sai che quelli sono i preferiti di Sanghyukkie.”

Wonshik sospirò drammaticamente anche se sapeva che in realtà sua nonna gliene ne avrebbe cotti degli altri quel pomeriggio. Lei era fatta così, aveva un cuore grande ed era la persona migliore che Wonshik avesse mai conosciuto. Ma questa volta lui avrebbe fatto a modo suo perchè era la cosa giusta da fare.

In silenzio, in disparte, fino alla fine.

Quindi dopo aver finito di fare colazione Wonshik si avviò verso la fermata dell'autobus per andare a casa di Hakyeon. Era un cammino famigliare che lo metteva sempre di buon umore ed era, probabilmente, il suo tratto di strada preferito.

Tuttavia nonostante i suoi buoni propositi quando suonò il campanello non fu il sorriso sornione di Hongbin ad accoglierlo o quello solare di Hakyeon, ma il viso sollevato di Sanghyuk.

“Ah Wonshik, credevo non arrivassi più,” Sanghyuk disse prendendolo per il polso e facendolo entrare in tutta fretta. Wonshik sbatté le palpebre, perplesso. Il comportamento di Sanghyuk poteva solo significare che era successo qualcosa. La cosa gli fece aggrottare la fronte. Sanghyuk doveva essersi accorto della sua espressione cupa perchè cercò di sorridere sventolando una mano per minimizzare.

“Non è nulla di grave hyung, non fare quella faccia. Hakyeon e Hongbin hanno avuto una delle loro discussioni e il risultato è che ora sono entrambi arrabbiati e allo stesso tempo dispiaciuti,” Sanghyuk spiegò, roteando gli occhi drammaticamente come se non riuscisse a capire perchè gli adulti della casa la facessero così lunga. Eppure Wonshik sapeva che in realtà doveva essere molto preoccupato, lo si capiva dalla rigidezza delle sue spalle e dallo sguardo apprensivo che le sue maniere non riuscivano a mascherare.

Wonshik, con una nota di nostalgia, si chiese quando Sanghyuk era cresciuto così tanto. Se lo ricordava ancora ragazzino, mingherlino, guance piene e il sorriso allegro che che gli si stampava in viso quando lui e Hongbin lo invitavano a unirsi a loro. Ed ora invece eccolo li, più alto probabilmente di tutti loro, le spalle allargate e il viso affilato ancora da adolescente ma con occhi che denotavano una sensibilità maggiore dei suoi coetanei. Il bambino di cui tutti si erano presi cura con enorme affetto, era diventato il giovane adulto che si preoccupava per gli adulti che amava.

Wonshik sospirò.

“Cosa è successo?” Chiese seguendo Sanghyuk in cucina e posando la borsa con i biscotti sul tavolo. Di Hakyeon che era solito trafficare ai fornelli la domenica, non c'era neanche l'ombra. Sanghyuk tuttavia, invece di rispondere non appena adocchiò la borsa che aveva portato Wonshik, decise che quella aveva la precedenza e perciò non disse nulla se non dopo aver addentato un biscotto. Mugugnò dal piacere. Eccolo di nuovo il ragazzino, Wonshik trovò che quell'espressione gli si addiceva di più.

“E' una storia lunga,” disse Sanghyuk prima di addentare un altro biscotto e lui seppe che non gli avrebbe cavato altro. Wonshik gli spettinò i capelli causando il formarsi di una smorfia di disdegno sul volto di Sanghyuk. L'unico che poteva fare quel gesto e uscirne indenne era Jaehwan.

Wonshik quindi usci dalla cucina e salì le scale che portavano in camera di Hongbin e Sanghyuk. Ormai era come uno di casa e si muoveva li dentro con famigliarità estrema. Trovò Hongbin seduto sulla sua scrivania che sfogliava un libro di testo senza in realtà vederlo davvero. Wonshik si fermò un attimo sulla soglia a osservarlo. La camera di Hongbin e Sanghyuk portava addosso le due diverse personalità dei ragazzi: la parte dove c'era il letto di Hongbin era infatti impeccabilmente in ordine e il letto su cui era poggiato il muro era pieno di foto colorate e articoli interessanti; la parte di Sanghyuk invece aveva il letto sfatto, dei poster di personaggi famosi incollati sui muri e dei vecchi cd vintage ammassati sul comò accanto al letto.

La casa non era molto grande e non doveva essere facile non avere una camera propria ma Wonshik sapeva che Hongbin nonostante le sue proteste sul fatto che Sanghyuk russasse, era in realtà contento di condividere lo spazio. Gli avevano infatti offerto alloggio all'università assieme alla borsa di studio ma Hongbin non l'aveva neanche preso in considerazione, dicendo che sarebbe stato fastidioso dover spostare le cose e che l'università non era poi così distante meglio lasciare l'alloggio a chi ne aveva bisogno. In realtà il suo attaccamento alla casa in cui aveva trovato di nuovo la tranquillità così come il suo attaccamento per quello che vedeva come un fratello, erano troppo profondi perchè lui prendesse in considerazione l'idea di andarsene. Non finchè Sanghyuk non fosse cresciuto e avesse deciso cosa fare della sua vita e non finchè Hakyeon avesse smesso di preoccuparsi sempre di tutto e tutti.

Hongbin sollevò la testa sentendo il rumore dei suoi passi sulla soglia e gli rivolse sorriso, esitante e un po' tirato ma lo stesso genuino. Wonshik percorse i pochi passi che li speravano e andò a sedersi nel suo letto proprio mentre Hongbin si voltava a guardarlo. Da vicino Wonshik notò che i suoi occhi erano un po' lucidi ma non fece nessun commento al riguardo, perchè sapeva quanto il suo migliore amico fosse orgoglioso.

“Cosa è successo?” Chiese Wonshik per la seconda volta sperando che Hongbin fosse più eloquente di Sanghyuk.

Il suo amico scosse la testa come se non ne volesse parlare ma poi disse, come se quel nome racchiudesse tutto il concetto, “Hakyeon.” Wonshik dovette trattenersi dal lasciarsi sfuggire un mezzo sorriso.

Hakyeon e Hongbin avevano un rapporto strano e non sempre facile. Tra di loro non ci poteva essere un rapporto genitoriale come c'era tra Sanghyuk e Hakyeon. Sanghyk aveva avuto solo tredici anni quando Hakyeon lo aveva preso con sé e il maggiore lo aveva praticamente allevato. Per Sanghyuk era molto più facile seguire i consigli e gli insegnamenti di Hakyeon di quanto lo sarebbe mai stato per Hongbin. Quest'ultimo era si stato giovane quando aveva varcato la soglia di quella casa, ma aveva visto già abbastanza perché l'innocenza che Sanghyuk aveva ancora nonostante tutto, non ci fosse più in Hongbin. Era sempre giovane e era indubbiamente qualcuno di cui prendersi amorevolmente cura, ma era anche un sedicenne con le sue idee e che aveva fatto le sue scelte da adulto già a quell'età. Hakyeon doveva essersi reso conto che con Hongbin sarebbe stato diverso e per questo non aveva mai tentato di imporsi su di lui in modo putativo, si era limitato a vigilare, a dare consigli e a riempirlo di tutto l'affetto di cui era capace.

Wonshik sapeva che a sua volta Hongbin voleva molto bene a Hakyeon, molto più di quanto sarebbe riuscito ad esprimere a parole. Ma c'era dell'altro. C'era un senso di gratitudine immenso che Hongbin provava per Hakyeon, non solo per averlo accolto ma soprattutto per il rispetto che aveva dimostrato nei suoi confronti, per non averlo voluto cambiare anche se non era d'accordo e per avere tenuto conto sempre, sempre, dei suoi sentimenti. Per qualcuno che era cresciuto in una casa in cui per anni avevano calpestato su di essi a sua insaputa e così crudelmente, quello significava tutto. Tuttavia gli anni erano passati e se avevano guarito Hongbin non avevano potuto fare nulla sulla verità del suo status che il suo amico viveva con silenziosa e testarda angoscia. La cosa peggiore era che non ne voleva parlare con nessuno, neppure con Wonshik e più passava il tempo e più Hongbin si sentiva decentrato e cose che prima potevano andargli bene ora non era più così e le sue insicurezze passate tornavano a galla con allarmante facilità.

“Mi dovrai dire qualcosa di più sai, non ho ancora sviluppato la lettura del pensiero anche se con te ci vado molto vicino.”

Hongbin roteò gli occhi.

“Come no, tra noi due il libro aperto sei tu non io,” Hongbin ribatté e Wonshik dovette mordersi a lingua per evitare di farsi sfuggire anche il minimo suono. Lo sfiorò, in quel momento, il pensiero terrificante che proteggere qualcuno significava dover accettare di mentirgli ogni giorno.

Wonshik sollevò un sopracciglio come a voler dire a Hongbin di svicolare e vuotare il sacco una volta per tutte.

“Hakyeon ha portato un estraneo in casa l'altro ieri, il quale non solo era uno sconosciuto ma era anche ubriaco. E davvero so che questa è più casa di Hakyeon che mia e che lui è un adulto e può fare quello che vuole, ma c'è anche Sanghyuk qui ed è pericoloso. Non mi importa se Hakyeon dice che Jaehwan lo conosceva, è stato probabilmente un milione di anni fa e le persone cambiano. Io...” raccontò il suo amico stringendo i pugni frustrato.

“Lo sai che questa è casa tua e che Hakyeon stesso non pensa che a questa casa che coma vostra, tua, di Sanghyuk e sua. Hakyeon è beh Hakyeon. Ha una tendenza a voler sistemare tutto e tutti ed è irritante, ma non metterebbe mai in pericolo voi.”

“Forse,” Hognbin disse non volendo ammettere sconfitta. “Ma non tutti sono Sanghyuk, non tutti meritano di essere salvati e ho paura che un giorno andrà a finire molto male,”

Wonshik sospirò. Era probabile che Hongbin provasse ancora un profondo senso di colpa. Hakyeon aveva fatto sacrifici per fare in modo che Hongbin andasse all’università e sistemare la sua situazione famigliare. Si sentiva responsabile e allo stesso tempo credeva di non meritarselo affatto. Non capiva che l'amore non andava meritato, era dato e basta.

“Immagino però che tu non abbia espresso il concetto in modo così gentile,”

“Può essere,” Hongbin ammise guardando dall'altra parte. “Ma sono ancora arrabbiato, va bene? Avrebbe potuto avvisare, chiedere, prima di decidere di fare di testa sua,”

Ah. Fu allora che Wonshik capì veramente la situazione. Pensava fosse solo una questione di senso di colpa, ma in realtà il problema andava molto più a fondo: la generosità di Hakyeon aveva finito inavvertitamente col minare il fragile senso di sicurezza che Hongbin si era costruito. Non era che non considerasse la loro casa come sua, ma aveva visto quel gesto come un'intrusione, come se Hakyeon accettando qualcuno di nuovo avrebbe finito col scacciare il vecchio. Hakyeon doveva esserne reso conto ed era per questo che probabilmente era ferito e arrabbiato e quello stupido litigio non si era risolto. Hakyeon doveva sentirsi molto arrabbiato con se stesso. Ora capiva perché Sanghyuk era stato così entusiasta di lasciare la patata bollente a lui. Sanghyuk non sapeva mai che parti prendere quando il suo fratello maggiore e quello che considerava praticamente un padre, litigavano tra di loro.

“Forse hai ragione. Però sono sicuro che sai anche di aver esagerato. Ti conosco quando ti arrabbi sai essere davvero...”

“Cosa? Odioso, terrificante?”

“Volevo dire intenso,” Wonshik ripose con un vago sorriso.

“Non fare quella smorfia. So che stai ridendo di me,”

“Non potrei mai,”

Hongbin scosse la testa.

“Si lo so che dovrò chiedere scusa. Ma non adesso. Al momento mi risulta difficile.” Hongbin disse storcendo il naso in modo buffo.

Wonshik scoppiò a ridere il che gli fece guadagnare un pugno sul braccio da parte del suo migliore amico.

Wonshik guai di finto dolore.

“Non fare il pappamolle, sappiamo benissimo che non ti ho fatto nulla.”

Wonhik si rotolò sul letto facendo finta di essere in preda a dolori lancinanti. Hongbin lo guardò con sdegno ma poi piano piano un sorriso si fece largo sulla sua faccia.

“Buffone,” disse lanciandogli un cuscino. Wonshik si sentì colpire in faccia ma la cosa lo fece sorridere ancora di più. Prese il cuscino al volo e visto che ormai era semi sdraiato sul letto decise di mettersi comodo, guardando l'altro dal basso in su. Hongbin lo guardò per un attimo contemplativo, come se fosse indeciso se riprendere a far finta di studiare o darsi anche lui all'ozio puro. Trionfò il secondo e con uno sbuffo si sdraiò accanto a Wonshik. Il letto era a una piazza sola e due ragazzi alti come loro due ci stavano stretti le braccia che si scontravano inevitabilmente ma per Wonshik era la posizione più comoda del mondo. Gli ricordava di quando erano piccoli e Hongbin veniva a casa sua in cerca di rifugio. Wonshik sperava con tutto se stesso di riuscire a tranquillizzarlo come ci riusciva allora. Hongbin era la persona più coraggiosa che avesse mai conosciuto, ma combatteva da così tanto tempo che lui aveva paura che un giorno avrebbe esaurito la sua determinazione. Non l'avrebbe permesso e nemmeno Hakyeon e Sanghyuk.

Senti Hongbin cercare di sistemarsi meglio ma poi visto che c’era poco spazio fini col girarsi su un fianco a guardare Wonshik e questi si sentì avvampare. Era una posizione come un'altra, erano stati così un milione di volte, tuttavia ultimamente era sempre più difficile controllare le sue reazioni.

Wonshik cercò di pensare a qualcos’altro e per fortuna una frase che Hongbin gli aveva detto gli tornò alla mente.

“Aspetta un momento. Hai detto che Jaehwan conosceva questo tizio?” Wonshik chiese sbalordito. Nessuno, neppure Hakyeon sapeva qualcosa del passato di Jaehwan che risalisse a prima dei suoi diciott'anni. Hakyeon ne sapeva certamente qualcosa di più di loro ma non era comunque molto.

“Proprio così. Perciò addio alla nostra teoria che Jaehwan è spuntato fuori da sotto un cavolo,”

“Ho sempre pensato che si fosse materializzato invece dalla condensazione della stratosfera,” Wonshik rispose meditabondo.

“Ma dai, non sia neanche cos'è la stratosfera tu,”

“ È bello sapere che riponi molta fiducia nella mia intelligenza,” Wonshik disse voltandosi leggermente a sua volta. Hongbin era così vicino, così dannatamente vicino che lui riusciva a vedere chiaramente ogni dettaglio del suo, dalle sue ciglia scure alle labbra leggermente screpolate. Decise fosse meglio tornare a guardare il soffitto.

“Comunque si. Questo tizio sembra essere legato al passato di Jaehwan. E' il motivo per cui Sanghyuk non è qui a impormi di fare pace con Hakyeon. Al momento è quello più in paranoia di tutti,” Wonshik sorrise.

“ Ah l'amore. L'amore ti fa fare cose strane,”

“Motivo per cui io di innamorarmi non ci penso proprio,” Hongbin sentenzio. Wonshik continuò a guardare il soffitto con grande determinazione.

In silenzio, da lontano, sempre.

Wonshik pensò, sperò poi che quella conversazione fosse finita lì ma qualche secondo dopo Hongbin sussurrò.

“A proposito. Ti devo chiedere un favore,”

Wonshik sospirò internamente.


 


 


 


 

Hakyeon odiava litigare con i bambini. Odiava ancora di più essere consapevole che, anche se non indirettamente, era stata colpa sua. Quando aveva deciso di prendere con se Sanghyuk e Hongbin, si era ripromesso di farli sentire ben voluti, sempre, e di dare loro un luogo che potessero chiamare casa. Eppure Hakyeon sentiva di aver mancato. Diceva di sapere tutto dei suoi bambini eppure non aveva forse calpestato con mala grazia i sentimenti di Hongbin?

Era un altro giorno a lavorativo e le cose a casa non si erano ancora sistemate. Entrambi volevano chiedere scusa ma nessuno dei due sapeva come. “Non hai pensato a noi?” Gli aveva urlato Hongbin e quella domanda gli rimbombava ancora in testa.

Era profondamente dispiaciuto e non sapeva come rimediare. Il rapporto che aveva con il suo protetto più grande era un rapporto strano e non sempre il più facile. Le sue circostanze era state estremamente diverse da quelle di Sanghyuk, Hongbin era più grande d'età quando Hakyeon si era interessato al suo destino e, sebbene spaventato, il ragazzo ragionava da adulto ed aveva affrontato cose molto dolorose già alla sua età tuttavia, in qualche modo, era miracolosamente rimasto intatto di cuore. Hakyeon sapeva che Hongbin sarebbe stato abbastanza forte per potercela fare da solo, ma il cammino che gli si prospettava davanti, così irto di sfide e ostacoli, prospettava di ferirlo ancora di più e forse irreparabilmente.

Hakyeon non aveva potuto sopportare l'idea di vedergli affrontare tutto.

Perciò lo aveva preso con se e non si era mai ami pentito di averlo fatto. Vedere Hongbin soddisfatto e in grado di vivere la sua vita come meglio credeva a era la sua più grande soddisfazione. Ma il maggiore stesso non era perfetto e a volte gli capitava di prendere decisioni senza pensare troppo alle conseguenze.

Avrebbe potuto aiutare Taekwoon in un altro modo. Eppure aveva deciso di farlo così ed era stata un scelta non molto felice.

“Lo sai vero che si sistemerà tutto,” Jaehwan aveva fatto la sua apparizione sulla soglia. Sembrava avere un colorito più pallido del solito, i capelli erano in in disordine e sembrava avesse bisogno di una buone notte di sonno. Però aveva il suo solito grosso sorriso stampato in faccia e nelle mani reggeva due tazze fumanti di tè.

Hakyeon gli sorrise a sua volta e prese grato una tazza di tè dalla sua mano. Jaehwan si sedette accanto lui nella panca dell'area relax per lo staff del circolo ricreativo. Hakyeon si sentì osservato da sopra la tazza. Hakyeon sospiro.

“Lo so che binnie mi perdonerà, è fin troppo buono, ma onestamente non credo di meritarmelo, sono molto arrabbiato con me stesso e anche molto preoccupato. Dopo tutto questo tempo pensavo che Hongbin si sentisse al sicuro,” Hakyeon scosse la testa sconsolato. Aveva pensato che Hongbin stesse bene che il suo rifiuto al compimento dei suoi diciott'anni di sapere chi era la sua anima gemella fosse qualcosa che avrebbe superato, che non avrebbe minato le sue sicurezze. Ma sembrava così non fosse e ora Hakyeon ci aveva messo del suo.

“Alcune ferite sono più dure a guarire non importa quanto tempo passi. Questo non vuol dire che Hongbin non ti voglia bene e che non pensi che la vostra sia anche casa sua. Ma è giovane. Ti ricordi come eravamo noi alla sua età? Te lo dico io come eravamo, un disastro ambulante entrambi. Hongbin se la sta cavando bene. Probabilmente inciamperà qualche volta perchè così è crescere, lo sai che è inevitabile, ma ha te, me, Sanghyuk. E Wonshik che darebbe un braccio pur di attutire la sua caduta.” Jaehwan disse sorridendo al pensiero del giovane amico di Hongbin. Quel ragazzo era una delle persone più sane e più positive che Jaehwan avesse mai conosciuto, quello che si direbbe una persona col cuore al posto giusto.

La frase di Jaehwan riuscì a strappare a Hakyeon un altro sorriso. Venivano tutti da famiglie diverse, aveano status diversi e dio solo sapeva se i loro passati erano tra i più strambi possibili, eppure erano famiglia, legati l'uno all'altro come le trame di un albero.

“Forse hai ragione. Ma questo non toglie che dovrei fermarmi a riflettere meglio ogni tanto,”

“Questo non guasterebbe di sicuro,” Jaehwan disse in tono volutamente impertinente Hakyeon rise. Lui e Jaehwan si conoscevano da molti anni, fin dai tempi dell'accademia quando Hakyeon studiava danza e Jaehwan invece studiava per diventare un insegnante. Era stato dopo solo molto dopo che Hakyeon aveva scoperto il talento di Jaehwna nella musica che aveva chiesto a Seokjin di offrirgli un posto e fortunatamente il suo amico aveva accettato.

Jaehwan era chiassoso e gentile e non aveva paura di dire a Hakyeon la sua opinione con onestà a viso aperto. Erano amici da anni e il maggiore gli voleva un mondo di bene. Eppure c'era un velo di tristezza che ogni tanto faceva capolino nel suo sguardo e non importava quanto disponibile e generoso Jaehwan fosse con lui e suoi bimbi. C'era una parte del suo cuore che era rimasta sempre preclusa agli altri e che il suo amico conservava con violenta disperazione come se avesse paure che se qualcuno osasse vedere quell'anfratto di se, lo avrebbe abbandonato per sempre.

Quell'anfratto si chiamava passato e il suo amico sembrava terrorizzato al solo pensiero di aprire quella porta.

Hakyeon aveva sperato che con il tempo Jaehwan si sarebbe aperto, ma gli anni erano trascorsi e il muro che proteggeva quell'angolo di si era fatto più spesso.

Poi tutto ad un tratto Hakyeon si era imbattuto in Taekwoon ed era stato la prima luce dopo anni di nebbia che era stato il passato di Jaehwan.

“Parlami di Taekwoon,” Hakyeon chiese gentilmente, sperando che il suo tono risultasse delicato. La reazione fu istantanea. Vide Jaehwan irrigidirsi sulla panca accanto a lui, tuttavia si fece forza e non lasciò cadere l'argomento come era suo solito fare.

Jaehwan si guardò intorno e poi guardò il suo amico. Doveva esserci qualcosa di diverso nel suo volto perchè per la prima volta Hakyeon vide le sue spalle abbassarsi e esalare un sospiro di sconfitta.

“Immagino che non mollerai la presa questa volta vero?” Jaehwan commentò rassegnato. “Taekwoon ti ha colpito troppo perchè lasci perdere questa volta,” continuò con un moto di humour. Hakyeon aprì la bocca scioccato.

“Non è assolutamente vero! E' da anni che ti voglio subissare di domande ma sei sempre stato terribilmente bravo a svicolare! Non è solo per Taekwoon!” Hakyeon esclamò oltraggiato e la cosa sembrò divertire Jaehwan.

“Lo so, ti stavo solo prendendo in giro.” Jaehwan concesse. Tuttavia entrambi sapevano benissimo che Taekwoon era qualcuno che Hakyeon non avrebbe mai potuto ignorare perchè Hakyeon era fatto così, aveva un cuore troppo grande che sembrava non finire mai lo spazio per metterci dentro persone da amare. E non c'era niente che attraesse di più Hakyeon che il dolore altrui. Perchè c'era stato un momento nella sua vita in cui si era trovato rotto e infranto ma qualcuno lo aveva aiutato e questo aveva fatto la differenza.

Jaehwan chiuse gli occhi. Probabilmente non c'era persona migliore adesso per Taekwoon che avere Hakyeon nella sua vita, ma sapeva anche che il suo amico perdeva il cuore molto facilmente e non aiutava affatto che Taekwoon fosse anche il suo tipo. Per giunta, l'ultima volta che aveva visto Taekwoon Jaehwan lo aveva saputo un numero due felice.

“Taekwoon era il mio compagno di banco alle superiori. Ci siamo persi di vista subito dopo il diploma. Non lo vedo da allora,” Jaehwan disse con un sorriso mesto sulle labbra. Hakyeon avrebbe voluto protestare perchè quelle poche parole non riuscivano neanche minimamente a coprire tutto quello che lui avrebbe voluto sapere. Perchè si erano persi di vista, come mai Jaehwan aveva quella faccia e perchè sembrava non aver dormito a causa di tutto ciò?

“Non so cosa gli sia successo nel frattempo, vederlo così mi ha scioccato. L'ultimo ricordo che ho di lui era di un Taekwoon felice,” concluse Jaehwan.

“Il tempo può giocarti brutti scherzi. E questo non è un mondo gentile,” Hakyeon disse distogliendo lo sguardo e fissandolo verso la parete.

“Spero che stia bene,” Hakyeon disse dopo un po'. Ovunque Taekwoon fosse, Hakyeon sperava stesse meglio e riuscisse a rimettersi in piedi. Anche se non lo avesse rivisto più.

“Lo spero anche io,”


 


 


 

Hakyeon aveva mandato Jaehwan a casa e si era preso lui l'incarico di chiudere lo stabile con la scusa che sarebbe comunque rimasto fino a tardi perchè doveva rivedere i documenti. Il suo amico appariva così stanco che sembrava sul punto di cascare da un momento all'altro e Hakyeon per una volta non aveva tutta questa voglia di tornare a casa. Vigliacco si disse, ma era vero. Se c'era una cosa di cui Hakyeon aveva paura era il deludere i ragazzi.

Così rimase al centro, cercando di guadagnare tempo e magari trovare le parole giuste per chiedere scusa e allo stesso tempo per rassicurare Hongbin.

Hakyeon ad ogni modo stava pacificamente rivendendo i registri quando un rumore sordo di vetro che si infrange squarciò la quiete della sera. Hakyeon si alzò di soprassalto e corse verso la fonte del rumore, in allerta come non lo era stato mai, il cuore che gli batteva a mille. Un bomboletta spray aveva centrato la finestra dell'atrio ed era finita come un missile a sbattere sul muro. Hakyeon sospirò, non capiva perchè certa gente ce l'aveva così tanto contro il circolo, loro non facevano male a nessuno, erano solo una scuola. Tuttavia, per quanto spiacevole, l'episodio sarebbe finito con ennesima chiamata alla polizia se non fosse stato per le voci che sentì provenire dalla strada. Una di queste era spaventosamente simile a quella del suo Hongbin.

Senza pensarci due volte Hakyeon si precipitò in strada incurante del fatto di avere solo una penna come un'arma perchè la cosa più importante era raggiungere Hongbin. Vide delle figure scappare e sfrecciargli davanti. Col cuore in gola girò l'angolo, spaventato da quello che poteva trovare.

Hongbin si trovava in mezzo al vicolo, aveva i capelli spettinati e l'aria un po' impaurita ma appariva a una prima occhiata, in ottima salute. Hakyeon si fiondò comunque su di lui a controllare che fosse tutto intero, mani che si posarono sulle sue guance muovendo la sua testa in cerca di graffi.

“Hongbin stai bene? Santo cielo, dimmi che stai bene! Che ci fai qui a quest'ora e perchè non hai avvertito che venivi?” Hakyeon iniziò a dire come un fiume in piena.

“Hakyeon sto bene, sono tutto intero,” Hongbin disse sottraendosi alle sue attenzioni ma non senza gentilezza. “Grazie a lui però. Forse è meglio se gli dai un'occhiata hyung,”

Fu allora che Hakyeon vide un'altra figura in disparte appoggiata alla parete non illuminata dal lampione. Aveva un livido alla mascella e dei rivoli di sangue che gli colavano​ dalla tempia destra, ma appariva più sobrio di quanto Hakyeon lo avesse mai visto e anche più vivo.

Hakyeon gli si avvicinò, quasi come se non riuscisse a credere di poterlo vedere ancora. Chiuse subito la distanza, preoccupato dall'aspetto dell'altro e premette il bavero della manica del suo maglione sulla sua ferita.

Taekwoon rabbrividì come qualcuno che non era avvezzo al tocco umano da un'eternità. Ma non scappò via.

 


 


 


 


 


 


 

NdA: scusate il ritardo. Ma come i vecchi sono stata presa da una nevralgia esono rimasta bloccata con un orribile mal di testa per giorni. E perciò mi ci è voluto più tempo finire il capitolo. Presto avremo anche il punto di vista di Hongbin =D e naturalmente più Hakyeon/Taekwoon!!!

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Capitolo 5
*** 00.3 ***


00.3






Era buffo come alla vita piacesse farti fare dei giri tortuosi solo per riportarti laddove ti eri ripromesso di non andare mai.
Erano coincidenze, mere coincidenze, Taekwoon si era detto. Era un caso che il centro si trovasse esattamente lungo la via verso casa, era un caso che lui si fosse dimenticato di cambiare strada quella sera e fosse comunque passato di li. Non poteva certo essere il senso di colpa ciò che lo aveva spinto vicino al centro, come poteva esserlo, Taekwoon aveva fin troppo senso di colpa dentro di sé, acqua ghiacciata che gli riempiva i polmoni eppure lo lasciava ancor respirare, per poterne provare ancora dell'altro. Sopratutto nei confronti di un estraneo.
Hakyeon.
Taekwoon pensò a quello strano uomo che raccoglieva cose spezzate, le portava a casa e cercava di metterle a posto, come se fosse la cosa più normale del mondo. Si chiamava gentilezza si disse Taekwoon, ma lui da tempo non sapeva neanche cosa fosse quella parola. Oppure si, lo sapeva anche fin troppo bene, era stato qualcosa che era appartenuto a lei e che con lei se ne era andato. E lui era rimasto a vivere per quel che ancora rimaneva di lei, la loro figlia, sebbene non fosse neppure in grado di farlo come una persona intera.
Era convinto di non avere più spazio per provare altro eppure quella sera era passato lo stesso per la strada dove si trovava il centro. Spinto da cosa e per quale insana urgenza, non lo sapeva.
Così come non sapeva cosa lo avesse spinto esattamente a riconoscere nel moccioso che stava litigando con altri mocciosi, il giovane che gli aveva così aggraziatamente dato il buongiorno in salotto e, soprattutto, perchè non fosse riuscito a tirare dritto quando lo aveva visto in difficoltà.
“Meno male che il taglio non è profondo. Mi ero dimenticato che le ferite alla testa tendono a sanguinare di più e danno spesso un grande spavento,” disse Hakyeon mentre metteva dell'antisettico dopo aver pulito e tamponato la ferita alla tempia. L'uomo non aveva voluto sentire ragioni, aveva trascinato di peso Taekwoon, dimostrando di possedere una forza fisica maggiore di quello che la sua figura magra lasciava a intendere, e lo aveva fatto sedere su un panchina in atrio, dopo aver dato istruzioni al moccioso, Hongbin se Taekwoon si ricordava bene, perché andasse a prendere il kit di emergenze. Hongbin era sembrato grato di potersi levare di torno anche se brevemente, Taekwoon si disse che doveva sembrargli strano di dover esser grato a qualcuno con cui era stato così mal disposto neanche un paio di giorni prima.
Taekwoon corrugò la fronte.
Non aveva di certo agito con questo intento, aveva agito perché...ecco Taekwoon ancora non lo sapeva il perchè.
Osservò in silenzio Hakyeon prendere delle garze e poco dopo sentì dita leggere premere delicatamente sulla sua testa per fasciarla. L'uomo di fronte a lui appariva concentrato e anche vagamente preoccupato anche se decisamente meno di quanto lo fosse stato un quarto d'ora prima. L'occhio gli cadde sulla manica del maglione di Hakyeon, scura e sporca di sangue. Il maglione era sicuramente rovinato eppure quell'uomo non se ne era curato affatto quando lo aveva usato per tamponare.
Sei strano, pensò Taekwoon.
Hakyeon spostò lo sguardo su di lui incontrando i suoi occhi e Taekwoon quindi decise di guardare per terra perchè quell'uomo lo metteva disagio, con quel suo sguardo che sembrava leggergli la mente come se fosse un libro aperto.
“Ecco fatto. Lo so che il bendaggio non è il massimo però almeno così siamo sicuri che la ferita non si riaprirà,” commentò con un tono che aveva riacquistato la sua solita vivacità. Taekwoon si chiese quando aveva iniziato ad associare quel tratto specifico alla sua persona, eppure era così, la sua presenza irradiava una piacevole sensazione di calore. Fu per questo che Taekwoon cercò di alzarsi, di fuggire a quegli stupidi pensieri di cui non aveva bisogno, ma l'uomo mise le mani sulle sue spalle e lo trattenne gentilmente.
“Fossi in te non lo farei o rischi di cadere come un sacco di patate,” Hakyeon disse in tono divertito ma fermo. Taekwoon avrebbe voluto protestare ma si sentiva la testa fragile e avverti pure un leggero senso di nausea.
“Hongbin, ti dispiace rimanere qui e controllare Taekwoon? Io vado a prendere la macchina e la parcheggio qui davanti.”
“Hyung, non è un problema, posso andare io...” Ma uno sguardo perentorio di Hakyeon fu abbastanza per tacitare ogni protesta del giovane. “E rischiare di nuovo che ti possa succedere qualcosa?” Sembrava voler dire quello sguardo. Taekwoon vide quindi Hongbin annuire e sedersi sulla sedia di fronte a lui. Taekwoon chiuse gli occhi, in sottofondo il suono di passi che si allontanavano. Cosa ci faceva ancora li, doveva andarsene, tornare a casa, e dimenticare questo stupido incidente.
“Grazie, sai.” Erano le parole di gratitudine più riluttanti che Taekwoon avesse mai sentito eppure Hongbin, il moccioso, le aveva dette.
Taekwoon avrebbe voluto rimanere con gli occhi chiusi ma il tono imbarazzato dell'altro quasi lo divertiva. Aprì gli occhi per trovarsi con l'immagine del ragazzo che guardava dall'altra parte.
“Non serve che mi ringrazi,” disse Taekwoon infine con un sospiro. Non c'era niente da ringraziare, il suo era stato solo un qualche riflesso congenito di quello che era stato Jung Taekwoon un tempo.
“Mi hai aiutato,” ribatte Hongbin stizzito, come se per Taekwoon non accettare il suo grazie fosse il più brutale degli insulti.
“Non ti ho aiutato,” rispose lui debolmente chiudendo ancora gli occhi. Dio se gli pulsava la testa.
“Cosa è stato allora?” chiese Hongbin ritrovando il suo tono diffidente.
“Un riflesso.” Alle sue parole segui un silenzio tombale dopodiché una risata squarciò la quiete della notte. Taekwoon aprì un occhio pigramente.
“Sanghyuk dice che sono costipato sentimentalmente, ma tu sei messo molto peggio.”
Se Taekwoon fosse stato ancora il Taekwoon di un tempo non avrebbe esitato a fulminare il moccioso con uno sguardo e questo sarebbe stato abbastanza per costringere il ragazzo a rintanarsi in un angolo cercando rifugio. Invece si rendeva conto che nello stato in cui era era già tanto se veniva preso sul serio.
Sospirò stancamente.
“Vi divertite senza di me?” Per fortuna la pena di doversi inventare una riposta che non aveva voglia di dare, gli venne tolta dal ritorno di Hakyeon. Nonostante ci fosse ancora un velo di preoccupazione nel suo sguardo emanava lo stesso un'aria rassicurante. Taekwoon non sapeva se trovava più irritante il fatto che gli interessasse abbastanza di quell'uomo da potersi accorgere dei suoi stati d'animo o il fatto che lui fosse sempre così disponibile.
Rabbia, senso di protezione, irritazione, disagio. Taekwoon non era più abituato a permettersi di sentire nulla di tutto questo. Era il motivo per cui non aveva lottato per avere Sunmi e l'aveva affidata alle cure dei suoi suoceri, perché come poteva essere un padre se non era rimasto che uno scafandro di un essere umano?
Avrebbe dovuto alzarsi e allontanarsi come quella prima volta in cui si era svegliato in un salotto di un estraneo, ma qualcosa lo tratteneva li, qualcosa a cui non riusciva ancora a dare un nome.
“La macchina è qua fuori. Possiamo andare ragazzi,” disse Hakyeon avvicinandosi. Hongbin si alzò di scatto sollevato di poter tornare a casa, Taekwoon invece rimase seduto li dov'era.
“Non avrai pensato che ti facevo tornare a casa da solo in quelle condizioni?” Hakyeon disse inclinando la testa leggermente di lato. Taekwoon per un attimo pensò di protestare ma capì in quel momento che probabilmente avrebbe perso qualsiasi discussione verbale con quell'uomo.
Hongbin gli scoccò un leggero sorriso divertito, che lasciava intendere un sacco di sottintesi che Taekwoon però ignoro. Sbuffando internamente decise comunque di seguirli.
Quando vide la macchina di Hakyeon Taekwoon fu percorso dal flashback dell'altro uomo che aiutato da qualcuno lo accomodava sul sedile. Senti una vampata di calore salirgli in viso, mentre saliva in macchina incapace di guardare gli altri, sopratutto Hakyeon negli occhi.
“Taekwoon dovrai dirmi dove abiti però. Vorrei lasciare prima te a casa, anche se in realtà non so quanto sia una buona idea che tu ti riposi. Chissà magari potresti avere una concussione e non è consigliabile che tu dorma,” Hakyeon mormorò a se stesso mentre metteva la macchina in moto.
Taekwoon si limitò a sussurrare il nome della via seguito da un, “io non dormo” prima di far tornare la sua attenzione fuori dal finestrino.
“Oh beh ottimo, anzi non proprio. Non dormire non fa bene, anche se immagino che in questo particolare caso forse ti tornerà utile. Quando non riesco a dormire io bevo sempre delle tisane rilassanti. Naturalmente le puoi comprare anche al supermercato ma c'è la madre di questo bambino al circolo che fa le misture lei stessa e devo dire che sono buonissime e funzionano. Se passi dal centro te ne posso dare un po',” Hakyeon disse continuando a parlare come se nulla fosse.
“Anche se magari non domani o in questi giorni. Mi sa che domani sarò occupato a sistemare questo caos, senza considerare la finestra rotta. Devo trovare qualcuno che la sostituisca,” concluse scuotendo la testa.
A quelle parole Taekwoon si infossò nelle spalle. La finestra in realtà era colpa sua. In effetti nell'impulso di difendere il moccioso aveva finito col provocare i teppisti col risultato che uno di loro aveva provato a scagliargli una bomboletta addosso, la quale invece era finita col rompere la finestra di vetro.
Taekwoon aprì la bocca come a voler dire qualcosa ma Hongbin lo interruppe.
“Hakyeon domani ti aiuteremo tutti, quindi puoi anche riprendere fiato un attimo e rilassarti.”
“Forse hai ragione Hongbin, forse sono solo ancora un po' agitato, solo che l'idea di saperti in pericolo... Grazie al cielo c'eri tu Taekwoon, “ Hakyeon disse e Taekwoon non dovette neanche voltarsi per sapere che gli stava rivolgendo un sorriso a trentadue denti. Decise di guardare ostentatamente da un'altra parte, stringendosi nelle spalle.
Il viaggio continuò in silenzio ma per fortuna non durò a lungo, Taekwoon abitava veramente poco distante dal centro, abbastanza da poter fare la strada dal suo ufficio fino a casa sua tranquillamente a piedi.
La macchina si fermò davanti al vialetto incolto. Come sempre lo colpi come un pugno allo stomaco la vista di casa sua, tutta al buio, nessuna luce accesa che gli dava il benvenuto al suo ritorno. L'aspetto di una casa vuota.
“Eccoci qui,” Taekwoon aprì la portiera svelto, il suo fragile autocontrollo rischiava di scivolargli dalle dita in ogni momento, doveva stare da solo, non poteva sopportare la presenza di quelle sensazioni che aveva addosso e che stavano tornando. Era il motivo per cui si ubriacava ogni sera e non riusciva a dormire perchè quando chiudeva gli occhi nella solitudine della sua stanza ritornava a sentire e per lui era troppo e allo stesso tempo non era abbastanza. Perchè col sentire tornavano i ricordi ed essi erano l'unica cosa gli era rimasto e questo era insopportabile da accettare.
“Taekwoon,”lo chiamò l'altro uomo quando ormai si trovava sulla porta. Taekwoon non si voltò, le sue spalle erano ancora l'unica cosa che Hakyeon poteva vedere ma rimase per un attimo immobile sulla soglia.
“Il centro è sempre aperto per te,” disse prima di sollevare il finestrino e andarsene. Taekwoon infilò la chiave nella toppa e senza più indugi entrò nel buio della casa.










Hongbin si svegliò di soprassalto, occhi spalancati nella penombra della stanza.
Sebbene il suo corpo fosse ancora irrigidito dal sonno, si sollevò leggermente, cercando di capire che cosa esattamente avesse disturbato il suo riposo. Poi un grugnito dall'altra parte della stanza seguito dall'inconfondibile russare di Sanghyuk gli diedero una risposta. Hongbin si disse che non avrebbe dovuto essere sorpreso perchè era da un anno che Sanghyuk si abbandonava a concerti cacofonici degni del più fine dei musicisti sordi. Hongbin avrebbe voluto prendere il cuscino e tirarglielo in testa, ma anche con lo sguardo appannato dal sonno residuo, era così evidente che Sanghyuk stava riposando della grossa che non ebbe il cuore di farlo.
Diede un leggero sbuffo, mentre faceva ricadere la testa sul cuscino.
Sanghyuk era come un fratello per lui. Sin da quando avevano iniziato a vivere assieme, due adolescenti complessati che improvvisamente si trovano a dover condividere la stanza, era stato chiaro a Hongbin che avrebbe voluto bene a Sanghyuk.

Era impossibile non farlo, perchè Sanghyuk era così aperto, divertente,e così non fragile, nonostante il suo aspetto allora fosse stato quello di un ragazzino tutto gambe lunghe e guance piene. Sanghyuk aveva infatti questa bellissima qualità di prendersi a cuore tutti ma di non prendersela mai con nessuno. Hongbin non aveva mai dovuto camminare in punta di piedi intorno a lui, era sempre potuto essere se stesso e dopo aver vissuto in una casa il cui tale concetto era alieno, Sanghyuk era stato un dono dal cielo. Non era come con Wonshik naturalmente, con il suo migliore amico poteva essere se stesso perchè Wonshik era be', Wonshik, lui gli avrebbe voluto bene comunque. Con Sanghyuk poteva essere se stesso semplicemente perchè Sanghyuk era forte abbastanza da non farsi turbare da nessuno dei suoi mali umori e aveva anche le spalle abbastanza larghe ormai da poter sferrargli un calcio e uscirne indenne quando Hongbin esagerava. Non guastava inoltre che Sanghyuk avesse un senso dell'umorismo inopportuno e dei modi un po' impudenti che ben si sposavano con la vena sarcastica di Hongbin.
Sorrise pensando al minore e alle persone nella sua vita.

Sei la nostra famiglia Hongbin. E finché ci sarò io o Sanghyuk, tu avrai sempre un luogo in cui tornare.”
Hongbin si rigirò nel letto improvvisamente in imbarazzo, mentre gli tornavano in mente le parole della sera prima. Dopo aver riaccompagnato a casa il suo improvvisato e riluttante salvatore, Hakyeon aveva guidato in silenzio fino a casa e Hongbin per un momento aveva avuto paura di essere di nuovo nei guai. Non molti giorni prima avevano avuto un orribile schermaglia e Hongbin aveva detto cose molto poco carine, arrivando addirittura a rinnegare quel che Hakyeon aveva fatto per lui. Si era vergognato di quelle parole nel momento stesso in cui gli erano uscite di bocca, soprattutto dopo aver visto l'effetto che avevano avuto su Hakyeon. Hakyeon non aveva mai ignorato i loro sentimenti, aveva sempre fatto in modo, spesso anche esagerando, che loro si sentissero a loro agio, assicurandosi che tutte le loro necessità e desideri fossero esauditi. Al punto che più passavano gli anni più la montagna delle cose che Hakyeon aveva dato loro e che Hongbin voleva ricambiare si faceva più grande, e Hongbin temeva che non sarebbe mai riuscito a ripagarlo per tutto quello che aveva fatto per loro.

Eppure dopo che Hakyeon aveva parcheggiato la macchina nel vialetto ed erano entrati in casa, un preoccupato Sanghyuk che li aspettava in salotto, Hakyeon non lo aveva rimproverato come lui aveva scioccamente temuto, non gli aveva permesso invece di fare più di cinque passi prima di stritolarlo in un abbraccio, come se le parole velenose che Hongbin gli aveva rivolto non fossero mai esistite. Hongbin si era sentito smarrito e confuso perhcè non credeva di meritarsi tanta benevolenza, ma era anche intimamente grato.
“Non puoi metter i sentimenti in un' equazione fisica e credere a che a ogni azione corrisponda una reazione Hognbin. Capisco il tuo modo di pensare, ma Hakyeon hyung non fa certo quello che fa perchè si aspetta qualcosa da noi, beh eccetto per i piatti lavati e la cucina in ordine, cosa che dato la tua mania compulsiva per ordine e pulizia non sarà mai un problema,” gli aveva detto Sanghyuk distrattamente mentre succhiava l'estremità di una penna, facendo arricciare il naso di Hongbin per il disgusto.
Hongbin capiva questa cosa, solo che a volte certi concetti erano duri da comprendere e assorbire quando tutta la vita si era stati cresciuti con un certo schema mentale. Sapeva che Hakyeon era diverso, che questa casa era diversa, ma a volte la paura, quella che lo aveva portato sulla soglia di casa di Hakyeon a sedici anni, tornava a galla e gli faceva avere pensieri spesso non razionali.

Hongbin ammetteva che il tutto si era fatto più difficile dopo che aveva compiuto diciott'anni.
Lui Lee Hongbin aveva un'anima gemella la fuori da qualche parte che lo stava aspettando.
Forse in un'altra vita, in un altro universo, questo fatto lo avrebbe reso felice invece di terrorizzarlo a morte. Quando aveva compiuto diciott'anni Hongbin era stato quasi preso da un attacco di panico, riuscendo nell'intento di preoccupare sia Hakyeon che Sanghyuk.
Non era stato pronto allora a sapere chi fosse la sua anima gemella e temeva non lo sarebbe stato mai.
Era felice con la situazione attuale perchè dunque cambiare? Aveva un casa, una famiglia, dei cari amici, perchè cambiare tutto per qualcosa aveva sempre pensato di non aver bisogno e di non doversi aspettare? All'epoca Hakyeon aveva cercato di fargli cambiare idea, di fargli intendere che sapere chi fosse la sua anima gemella non implicava nulla che lui non volesse fare, ma non c'era stato verso di convincerlo.
“Tu sei felice come numero zero. Perchè non posso esserlo anche io?” Hakyeon gli aveva sorriso di un sorriso enigmatico allora, perche Hongbin sapeva che non doveva essere stata una passeggiata nel parco da quello che raccontava Jaehwan. Ma il maggiore non poteva ribattere perchè certamente non poteva negare di esserlo nel suo attuale stato. Era stato un colpo basso ma era stato l'unico modo per farlo desistere.

Hongbin si rigirò nel letto. Non era bravo con i sentimenti e non era bravo con i cambiamenti. Non importava cosa dicessero i suoi documenti o che responsabilità avesse avuto la sua famiglia di origine. Hongbin era intimamente convinto che niente in lui lo qualificasse come un candidato ad avere un'anima gemella. Soprattutto quando riteneva questi ultimi, i numeri due, il fatto stesso che esistessero nel sistema, la causa di tutte le sofferenze, non solo sue ma anche di tutti quelli che voleva bene, Sanghyuk, Hakyeon, Wonshik e Jaehwan.
Era questo sistema che era marcio, se tutti avevano paura ad essere chi volevano essere, se lui aveva paura. Se i suoi genitori avevano fatto quello che avevano fatto.
Incapace di rimanere disteso ancora a lungo, si alzò. Era così confuso ed era stato così arrabbiato. Era ancora arrabbiato e desiderava così tanto avere delle risposte e capire se c'era un modo per sentirsi meglio perchè non voleva mai più scoppiare e dire cose alle persone che voleva bene e ferirle. Doveva trovare delle risposte, un modo di incanalare la sua rabbia affinché questa avesse un senso. Quando aveva visto quell'uomo, Taekwoon, Hongbin era stato preso da un senso di irritazione che avevano avuto poco del giustificato e molto di irrazionale.

Si alzò dal letto con passo incerto. Era per questo, per avere delle risposte, che aveva implorato Wonshik di accompagnarlo a una seconda riunione.
Hongbin prese dei vestiti puliti che aveva lasciato sulla sedia e con quelli andò in bagno a iniziare la sua routine mattutina.
Andava meglio oggi, parlare con Hakyeon aveva lenito alcune delle sue ferite, ma non avevano cancellato quello che si portava dentro e Hongbin temeva che prima o poi sarebbe scoppiato.
Wonshik si era quasi strozzato con la saliva quando gli aveva chiesto quel favore. Hongbin sorrise alla sua immagine nel riflesso, ripensando alla faccia buffa che aveva fatto Wonshik. Scosse la testa prima insaponarsi bene le mani e poi infine anche la faccia.
Era così felice che Wonshik fosse ancora li, ancora al suo fianco in tutti quegli anni di alti e bassissimi. Forse con Hakyeon e Sanghyk Hongbin aveva trovato la sua nuova famiglia, ma in quanto alla sua casa, beh quella l'aveva trovata da tempo nella persona del suo buffo, un po' ingenuo e infinitamente leale migliore amico.












Sanghyuk era sollevato.
Si era svegliato al profumo del caffè latte fatto da Hongbin e al chiacchiericcio senza fine di Hakyeon e aveva saputo subito che era tornato tutto a posto.
Tuttavia Sanhyguk sapeva anche che non era proprio tutto risolto. Hongbin aveva ancora molte cose con cui fare i conti e aveva solo iniziato ad affrontarle, e questo Taekwoon entrava di nuovo nella loro vita e con una entrata ancora più plateale della prima volta, e Sanghyuk sapeva che quando si trattava di Hakyeon non c'era mai due senza tre. Quindi era molto probabile che questo Taekwoon si facesse vivo di nuovo.

Normalmente chi frequentasse Hakyeon non era qualcosa in cui Sanghyuk voleva immischiarsi. Non era mai capitato che questo interferisse nella loro vita famigliare e Hakyeon aveva aiutato un sacco di persone prima di allora ma in qualche modo a Sanghyuk non era sfuggito lo strano interesse che il maggiore sembrava provare questa persona. Sanghyuk si era preparato a questa evenienza e da numero zero sarebbe stato più che felice di incoraggiare ogni iniziativa di Hakyeon al riguardo. Ma questo Taekwoon lo spaventava.
La sua reazione al trovarselo in casa non era stata veemente quanto quella di Hongbin ma poteva capire alcune cose nel suo ragionamento o forse nel suo caso era solo il suo egoismo a parlare. Perchè questo nuovo personaggio sembrava legato a Jaehwan e al suo passato, ed era questo che più di ogni altra cosa intrigava e preoccupava Sanghyuk. Forse questa persona aveva le risposte, forse finalmente Sanghyuk avrebbe capito il perché di quel muro invalicabile con cui il suo tutor si circondava da sempre. Eppure anche il fatto di poterci riuscire solo grazie all'arrivo di una terza persona, qualcuno che per giunta sembrava essere stato importante per Jaehwan, gli lasciava un gusto amaro in bocca.

Gelosia, puerile, infantile, eppure tangibile. Sanghyuk aveva lottato così tanto per crescere il più in fretta possibile che ora non poteva farsi fermare da queste improvvise insicurezze. Aveva desiderato esserci per Jaehwan sin da quando questi aveva iniziato a fargli da tutor a tredici anni e con gli anni questo desiderio si era fatto più grande e più forte finché e non c'era voluto un genio per capire che qualcosa di così totalizzante non poteva che essere amore. Ed ora finalmente avrebbe compiuto i suoi agognati diciott'anni e forse non sarebbe cambiato nulla ma almeno Jaehwan non poteva più usare come scusa il fatto che lui fosse minorenne.

“Devo veramente andare a scuola? Preferirei di gran lunga venire a dare una mano al centro!” Sanghyuk si lamentò. Voleva sincerarsi di persona che tutto fosse a posto. Forse se fosse andato con Hongbin il giorno prima non ci sarebbe stato alcun bisogno di Taekwoon.

“Sanghyuk niente storie, oggi vai a scuola. Anche Hongbin va alle sue lezioni. Se volete dare una mano potete sempre venire dopo,” Hakyeon disse facendo bene attenzione di guardarlo negli occhi, perchè sapeva bene quanto Sanghyuk fosse testardo e voleva sincerarsi che il giovane capisse. Sanghyuk annui riluttante ma il maggiore sorrise compiaciuto.
Ancora pochi mesi, si ripeté mentre ingoiava una grossa fetta di pane tostato e beveva il caffe latte preparato da Hongbin, e poi avrebbe raggiunto la maggiore età e alcuni mesi ancora e avrebbe finito la scuola. Dopodiché sarebbe stato un adulto a tutti gli effetti, libero di perseguire le sue scelte.



Sanghyuk, ti voglio presentare qualcuno.”
Sanghyuk guardò il maggiore negli occhi, un po' smarrito. Era tutto nuovo e sinceramente non si fidava di nessuno che non fosse Hakyeon. Hakyeon almeno un po' lo conosceva, gli era sempre piaciuto e aveva fatto qualche lezione di danza con lui prima di... Sanghyuk chiuse gli occhi forte. Non doveva pensarci. Quello era stato un brutto giorno che si doveva lasciare alle spalle.
Ma Hakyeon stava sorridendo e Sanghyuk si fidava di lui e se voleva presentargli qualcuno doveva essere qualcuno di a posto.
Lui ti aiuterà nei compiti il pomeriggio. Hai perso molte lezioni e sei rimasto un po' indietro. Lo farei volentieri io ma lui è di gran lunga più bravo di me,” Hakyeon disse anche se appariva un po' dispiaciuto. Sanghyuk sapeva che il maggiore aveva accettato di lavorare al centro a tempo pieno e sapeva che l'aveva fatto per poter continuare a mantenere lui e il suo nuovo giovane inquilino. Era questo in realtà il motivo per cui non poteva essere lui a seguirlo e Sanghyuk intuiva che Hakyeon sembrava si sentiva in colpa.
Sanghyuk sorrise, annuendo. Avrebbe fato qualsiasi cosa per alleviare le fatiche del maggiore perchè lui gli aveva dato il calore di una casa quando Sanghyuk, il ragazzo senza più genitori, aveva pensato di essere rimasto solo al mondo.
In quel momento qualcuno bussò alla porta. Sanghyuk si voltò verso di essa, stringendo nervosamente i pugni sul banco dove lui e Hakyeon erano seduti.
Jaehwan entra pure,” Hakyeon chiamò. La persona che entrò doveva avere la stessa età di Hakyeon, indossava degli occhiali tondi molto buffi e aveva un sorriso se possibile ancora più vivace.
Ciao Sanghyuk, io sono Lee Jaehwan! Il tuo nuovo tutor!” Disse con voce squillante il nuovo arrivato, andando a sedersi con naturalezza nel banco accanto a quello di Sanghyuk.
Sono sicuro che lavoreremo bene insieme,” disse Jaehwan con gentilezza. Sanghyuk sorrise.



Non appena suonò la campanella Sanghyuk non salutò neppure i suoi compagni di classe ma si mise lo zaino in spalla e corse letteralmente fuori dall'edificio e verso la fermata dell'autobus più vicina. Non aveva tempo di bighellonare quel pomeriggio, doveva arrivare al centro il prima possibile. Voleva aiutare, rendersi utile, vedere che lui stesse bene.
Di tutti Jaehwan era sempre quello più sensibile a episodi di vandalismo del genere. Sanghyuk avrebbe voluto dire che dopo “l'incidente” onestamente c'era da essere felici che non capitassero cose ben peggiori, ma Jaehwan invece sembrava rattristato dall'idea che numeri due e numeri zero non potessero andare d'accordo in qualche modo. Sanghyuk non era Hongbin che sarebbe saltato sulla sedia al solo sentire parole del genere e a modo suo capiva cosa volesse dire Jaehwan. Ma era anche vero che aveva perso i suoi genitori in quell'esplosione e quindi aveva un certo scetticismo sulla pacifica convivenza.

Quando il bus infine arrivò alla fermata Sanghyuk vi si ci precipitò dentro, sedendosi pesantemente su uno dei sedili. A tredici anni come a diciassette, Sanghyuk sentiva ancora questa urgenza, questo slancio di protezione nei confronti del maggiore, questo istinto a voler proteggere Jaehwan da tutto e da tutti anche se lui aveva dieci anni di più ed era un adulto da un pezzo, quindi perfettamente capace di difendersi nella vita.
Vorrei poter essere la tua spalla, il tuo muro a protezione da qualunque cosa ti faccia paura, vorrei poterti abbracciare e dirti che non siamo più soli e vorrei che quello che provo potesse essere abbastanza per entrambi se me lo permetti.
Sangyuk sospirò internamente. Hongbin lo avrebbe preso in giro se avesse saputo anche solo la metà dei suoi pensieri, già lo faceva ogni volta che lo beccava a osservare Jaehwan più lungo del solito.
Sanghyuk in quei momenti avrebbe tanto voluto ribattere e dire che se la sapeva tanto lunga allora com'era che non si era accorto che Wonshik aveva un cotta della grandezza della luna nei suoi confronti probabilmente da anni. Ma non poteva fare questo a Wonshik perciò si limitava a fargli lo sgambetto.

Quando arrivò infine al centro, dopo aver corso come un matto dalla fermata fino a li, vi trovò Hakyeon e Hongbin intenti a stendere un telo di plastica sul buco della finestra dell'atrio. Era un povero espediente e Hakyeon aveva quella ruga sulla fronte che la diceva lunga su quanto avrebbe voluto essere capace di ripararla lui stesso. Sanghyuk sorrise. Hakyeon si prendeva sempre tutto così a cuore. Era contento comunque che il danno non fosse maggiore, per un attimo quando il maggiore aveva parlato di vandali, Sanghyuk aveva temuto avessero combinato un disastro.
“Come posso aiutarvi?” Chiese Sanghyuk appoggiando lo zaino a una delle sedie in atrio.
“Oh Sanghyuk!” Hakyeon si voltò leggermente per fargli un cenno di saluto.
“Meno male!” Hongbin sbuffò, “ vieni qui e tieni questo telo mentre io vado a vedere che fine ha fatto Wonshik. Doveva tornare col nastro adesivo cinque minuti fa, ma scommetto che quello scemo si è perso da qualche parte,” Hongbin disse, non lasciando Sanghyuk altra scelta che dargli il cambio.
“Ah i ragazzi di questi tempi non hanno alcuna considerazione per le membra indolenzite di noi vecchi,” si lamentò Hakyeon.
“Stai finalmente ammettendo la tua veneranda età hyung?” Sanghyuk lo prese in giro.
“Sei fortunato che ho le mani occupate,” Hakyeon rispose fulminandolo con lo sguardo. Sanghyuk rise ilare.
“C'è qualcuno?” la voce era poco più di un bisbiglio esitante ma Sanghyuk non se l'era sognata perchè nello stesso istante la presa di Hakyeon venne meno e Sanghyuk si ritrovò tutto il telo di plastica in mano.
“Taekwoon sei passato!”

Proprio li in mezzo all'atrio, spaesato e fuori posto come un bambino nella nuova classe, c'era l'uomo che aveva visto quella mattina sul divano di casa loro.
Appariva più se stesso ma non meno stanco o pallido e aveva un brutta cicatrice sulle tempie, cortesia dei teppisti il giorno prima. Sanghyuk indeciso sul da farsi, stava quasi per prendere e sparire anche lui alla ricerca del fantomatico nastro adesivo quando una voce lo incollò li dov'era. Oh no.
“Hakyeon questi poveri bambini qui sono diventati pazzi a cercare il nastro adesivo nello sgabuzzino. Te l'avevo detto che l'avevo preso io perchè mi serviva per la mia classe! Non sarà che la memoria ti sta finalmente facendo cilecca come tutto il resto?” Jaehwan disse entrando in atrio seguito da Hongbin e Wonshik. Aveva il suo solito cipiglio polemico mentre sventolava con una mano il nastro quasi fosse l'oggetto di un crimine.
Non si era ancora accorto che avevano visite. Sanghyuk trattenne il fiato, perchè tutti dovevano sempre avere un ottimo tempismo, perchè non era andato lui stesso a prendere il nastro invece di Hongbin, perchè quel dannato Taekwoon aveva deciso di passare proprio in quel momento. Perchè?
“Jae... Jaehwan?”
Taekwoon mormorò, shock che si faceva strada sul suo volto.
Jaehwan si girò così in fretta che Sanghyuk temette si fosse spezzato il collo.
Il nastro gli scivolo di mano e andò a colpire rumorosamente il pavimento. Sanguyk lo vide sbiancare in volto e quell'urgenza si fece così grande che gli doleva fisicamente il cuore.



Sono così fiero di te Sanghyuk!” esclamò Jaehwan quando questi gli portò il suo libretto con i voti di fine quadrimestre. Hakyeon gli aveva detto lo stesso ma sentirlo da Jaehwan il suo dispotico tutor, aveva un che di gratificante.
Grazie hyung!”Sanghyuk si grattò la testa imbarazzato. Poi incapace di sopportare il momento si voltò dall'altra parte. Gli faceva piacere sentirsi fare i complimenti. Aveva lavorato sodo per recuperare il tempo perso ed era riuscito a finire l'anno in tempo con i suoi compagni eppure, perchè c'era comunque un vuoto nel suo cuore che non gli era riuscito di colmare. Si chiamava mancanza e si chiamava amore ed era il posto che aveva occupato la sua famiglia una volta.
In un mondo più giusto, sua madre e suo padre sarebbero stati anche loro li a complimentarsi con lui.
Si morse il labbro con forza.
Si era ripromesso di non piangere più, non dopo quel pomeriggio in cui la polizia era venuta a prenderlo a scuola e dirgli che i suoi genitori non c'erano più, che tutto quello che lui aveva conosciuto e amato aveva cessato esistere.
Udi il rumore di una sedia che veniva trascinata e prima di rendersene conto due paia di braccia lo avevano circondato e il suo mento affondava nella spalla di Jaehwan.
Sei stato bravo Sanghyuk. Davvero bravo. I tuoi genitori sarebbero stato così fieri di te.”
Fu in quel momento che infine Sanghyuk si lasciò andare. Lasciò che gli argini che trattenevano tutto sin da quel pomeriggio si rompessero e calde lacrime gli rigarono le guance.
Sanghyuk era nato numero zero. Non c'era nessuno fatto apposta per lui a quel mondo, nessuno ad aspettarlo.
Sanghyuk lo aveva accettato era una verità triste ma era inevitabile, dopotutto lui era fortunato, aveva tante altre cose per cui essere felice. Aveva una bella casa, degli amici, dei genitori che gli volevano bene e che si volevano bene. Sua madre e suo padre erano una coppia di numeri zero e sebbene con alti e bassi erano riusciti a conquistarsi il loro angolo di felicità. Sanghyuk pertanto aveva speranza nel futuro, si era detto che se era capitato ai suoi genitori poteva capitare anche a lui.
Poi l'esplosione in un attimo gli aveva portato via tutto.
Sanghyuk aveva compreso per la prima volta nel suo significato più aberrante cosa voleva dire essere rimasti.
Solo. Era solo.
E anche se Hakyeon gli voleva bene e lui voleva bene a Hakyeon, non era stato abbastanza a colmare quella voragine nel petto.
Eppure fu in quel momento, in quel momento che Sanghyuk capì che questa persona, il suo dispotico tutor, così imperfetto così irritante, eppure così sensibile da aver capito subito la sua tristezza senza che lui avesse bisogno di parlare, capì che questa persona era l'unica che riusciva a colmare quel vuoto. Quel vuoto che si chiamava mancanza. Quel vuoto che si chiamava amore.











 




NdA: sono finalmente riuscita ad aggiornare yay!!!! Mi viene voglia di piangere. Per chiunque legga questa storia: grazie per la vostra pazienza. Sono solo così impegnata che è difficilissimo trovare del tempo. Prossimo capitolo Hongbin e Wonshik naturalmente Jaehwan e Taekwoon ;) 

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