La maledizione del Giullare

di Zuffy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** L'inizio della fine ***
Capitolo 3: *** La Principessa ***
Capitolo 4: *** Frammenti di una Leonessa ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


La maledizione del Giullare

 

C'era una volta, in un regno abbracciato dai pini, un personaggio alquanto particolare. Se ne stava su quel suo solito sasso a osservare l'acqua di un ruscello infinito, che paca cadeva da una montagna.

La sua natura era inafferrabile come l'aria; la sua mente era appesantita come la terra; il suo cuore scoppiettava come il fuoco; la sua essenza era infine come l'acqua di quel ruscello.

Lui era il ruscello, o almeno voleva credere di esserlo.

“Voglio andare via da qui, lontano, non fermarmi mai, nemmeno davanti alle rocce”.

E così lo infuocava il suo cuore, mentre la sua mente crollava piano, sasso dopo sasso.

Un suono sibilò al suo orecchio: era l'ora di tornare a casa.                           

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Capitolo 2
*** L'inizio della fine ***


L'inizio della fine di tutto cominciò un Sabato di primavera: gli uccellini cinguettavano l'allegria del neo giorno, la brezza ondulava le tende delle stanze; così iniziò quello splendido delirio.

In quel piccolo regno, il Re si alzava all'udito dei suoni della natura, preparandosi ad aprire le entrate del castello.

In quel piccolo regno, la Principessa osservava dall'altezza della sua torre il mondo animarsi.

In quel piccolo regno, le Cortigiane si truccavano speranzose dell'arrivo di nuovi compagni.

In quel piccolo regno, il Consigliere spolverava i documenti degli introiti mensili.

In quel piccolo regno, il Mistico sorrideva al nuovo giorno.

In quel piccolo regno, il Giullare osservava.

 

Il suono dei tacchetti si udiva dal corridoio, cominciando a risvegliare la servitù : chi era?

Una porta si aprì e poi si chiuse, cigolando lentamente.

“Re Federico, sono io, il vostro consigliere”.

Il Re, indossando una giacca elegante, senza alzare lo sguardo rispose.

“Leonardo, sei arrivato prima del solito”.

Il Consigliere si schiarì la voce, sedendosi sulla bellissima sedia della scrivania regale.

“I preparativi”.

Il Re increspò il viso in una smorfia di seccatura.

Sapeva a quali preparativi si riferisse, quanto sapeva che il Consigliere fosse a conoscenza della sua riluttanza verso di essi.

“Immaginavo”.

Finì di preparasi ed aprì le antine di legno che si affacciavano sul regno, il suo.

Osservò quella piccola -ma ai suoi occhi immensa- distesa di terra, che terminava all'incontro del bosco. Oltre quel bosco, dove era proibito andare.

Lì aveva incontrato il suo amore e lì aveva lasciato il cuore: oltre al bosco.

Viaggiò per questioni d'affari oltre a quei boschi, dove incontrò in un villaggio una donna dai capelli dorati e due zaffiri lucenti. Spese con lei una notte, ma fu diversa da qualsiasi altra notte che avesse passato con chiunque altra.

Lui era il Re, non era ammesso avere relazioni con donne che non fossero di sangue blu come lo era lui, così fu costretto a lasciare quel villaggio, con il viso colante di lacrime amare.

Sognava ancora ad occhi aperti quella graziosa figura che gli rapì il cuore; chissà se là, lontano, oltre a quei boschi, lei stesse ancora custodendo il suo cuore.

“Ho preparato una lista degli invitati, mi chiedevo se dovessimo invitare anche le Cortigiane e il Giullare”.

“Il cibo... l'orchestra... gli invitati... tutti celebreranno questo giorno di felicità”.

Un sorriso amaro comparve sul volto del Re, il quale ancora era piacevolmente perso in quei ricordi.

Oh, Re, se solo avessi saputo...
 

L'ora del tè

Presto, presto! Venite gente!

Lo spettacolo sta per iniziare!

Non importa a nessuno chi mente,

amano tutti quel placido sorseggiare

che ammutolisce la mente.

 

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Capitolo 3
*** La Principessa ***


Ai confini di quel regno, una creatura aveva dischiuso i suoi occhi stanchi.

La Principessa.

La donna più bella di quel regno, era lei: una gradevole presenza che all'occhio rendeva meno pesanti le ore di lavoro.

Tutti ardivano a conquistare il suo cuore, senza sapere che anche lei come il Re, lo perse: o lo nascose dimenticandosene l'esistenza?

Si spazzolava così, la chioma folta e ondulata, mentre osservava il regno che si animava.

La sua bellezza ammaliava, così fece con un ragazzo di strada, il quale si innamorò follemente; stettero insieme giornate intere, lui ad abbellire la sua figura con dei fiori freschi sui capelli, lei a ripagarlo con le sue grazie.

Una storia d'amore che sembrava infinita, ma che presto si rivelò una tragedia.

I genitori di lei ci misero poco a scoprire il suo novello amore, strappandola un giorno dalle braccia di lui, confinandola nella torre nella quale è ora.

“Non mischierai il nostro sangue con una feccia di strada, avvicinati ancora a lui e potrebbe accadergli di morire”, furono le parole che sentì lei.

“Non ne ho la minima intenzione”, furono le parole che sentirono loro.

“Non è colpa mia”, furono le parole che sentì lui.

L'uomo dall'umile aspetto non si arrese ad incontrarla per un'ultima volta; disperato salì sulla torre con dei rampini, chiamando il nome di lei.

La sua soffice voce richiamò il nome dell'amato, mentre le due giade si mossero a raggiungere l'addio negli occhi di chi la stava guardando.

Affondò l'avida freccia nel corpo di lui, che cadde inerme nel luogo dove prima non avrebbe mai immaginato di incontrare la morte.

Quelle lunghe frecce erano in realtà l'artificio di un capriccio, di lei che si era stancata della vista di lui e con una bugia lo portò alla morte.
 

Cupido

 

Ancora una volta, di lei si innamora

Cupido, cupido; lei lo ama ancora?

La sua freccia scoccò 

 e al suo rintocco lei lo ammaliò:

se fu questa la fine d'ogni canto

riuscì a non avere alcun rimpianto?

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Capitolo 4
*** Frammenti di una Leonessa ***


E anche lei l'abbandonò come l'aveva trovato.

“Hai avuto fortuna a trovare uno come me, il Giullare, che non ha alcun interesse nel raccontare ad altri i tuoi sporchi segreti, o sei stata furba, hai premeditato tutto ciò per potermi usare a tuo piacimento”.

Si era avvicinata con così buoni intenti – pareva – che non gli sembrava vero. Avrebbe dovuto saperlo: nessuno si avvicina al Giullare se non per secondi fini.

“E allora usami, rendimi felice anche se per poco”.

Avevano passato serate a raccontarsi di loro, delle loro speranze e dei loro buoni propositi per il loro futuro insieme.

Era passeggera, ma riempirsi talvolta la testa di un'ebrezza volatile era rilassante per il suo cuore pesante.

Una volta spezzatosi l'incanto fu tradito, abbandonato e calpestato. Né un addio né un cenno, lasciato così in quella fluttuante staticità, subito rapito poi da un turbinio rancoroso e dolente.

Se l'era meritato. L'ingenuità non è concessa in questo mondo contorto.

Usato. Tradito. Abbandonato.

Aveva forse fatto qualcosa di male?

Perché se n'era andata dopo che le aveva dato tutto lui stesso? Era forse rimasta spaventata dalla vista del suo stesso riflesso senza maschera mentre era con lui?

Era arrivata ad un punto tale da riuscire a vedere il proprio volto senza la maschera, mentre il Giullare con lei l'aveva riposta con cura da tempo.

“Perché è così difficile essere sé stessi?”

Falso, ipocrita, fantasma!

La triste realtà ritorna sempre a scuotere il terreno, facendo finire chi aveva scalato la montagna per terra, sotto le macerie delle proprie lacrime.

“Il mio castello, ancora una volta ho permesso a qualcuno di entrarci...”

Si rammaricava, d'altronde, cos'altro poteva fare? Sperare forse che lei ritornasse da lui?

Lo sperò così tanto da riempirsi la testa di immagini tanto felici quanto finte.

Idiota. Debole. Innocente.

Essere innocenti in un mondo di colpevoli è una condanna a morte.

Lui non era così innocente, ma di tutti, lo era maggiormente.

Poi una voce cantò da lontano una strana melodia di morte.

Si spengono le luci. 

Dei passi in lontananza si odono, pesanti di tutti gli sporchi segreti del mondo.

 

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