La storia di Giotto

di lullublu
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** 21 ***
Capitolo 22: *** 22 ***
Capitolo 23: *** 23 ***



Capitolo 1
*** 1 ***


1 Note del'autrice: Giotto è una fusione tra il Giotto di Reborn e quello pittore, detto questo  buona lettura!

Intorno al XIII secolo, come tutti noi sappiamo, nasce un famoso pittore di nome Giotto.
Quel che molti di voi non sanno, è che non fu solo un'artista...
Questa è la sua storia.

Il gran maestro Cimabue se ne andava saltellando per le campagne a canticchiare 'trallallero trallalà' come suo solito, e non sapeva che quel giorno il destino gli avrebbe riservato grandi cose.
Poco distante da dove stava saltellando, il maestro scorse un giovane dai capelli biondi dalla capigliatura un po' particolare, che se ne stava seduto tranquillamente a disegnare un ragazzo dai capelli color fucsia.
"Primo, ma è sicuro che io sia una pecora?" chiese il ragazzo rosato al biondo.
"Ma certo, tu lasciati disegnare che se finiscono i cinque minuti non ci riesco più" gli rispose l'altro.
Il biondo, infatti, faceva uso di certi proiettili che, riportandolo in vita, riuscivano a donargli cinque minuti di grande abilità.
E siccome al giovane piaceva disegnare, solitamente li sfruttava in questo modo.
"Oh..." esclamò stupefatto il rosato, che credeva a tutto ciò che diceva il suo 'Primo' (soprannome che gli aveva affibbiato personalmente) "allora bee" disse, e cominciò a brucare l'erba fresca.
Il maestro Cimabue, attratto da tale stramba visione, si avvicinò.
"Oh, ma cosa scorgo in quel bel pascolo" disse interessato.
Il rosato il cui nome era G, vide Cimabue e pensò bene di avvertire l'altro.
"Primoo, primoo si avvicina un uomo che può permettersi dei vestiti puliti beee".
Il biondo gli scoccò un'occhiataccia, l'aveva distratto ed ora erano passati i cinque minuti "diamine mi mancava la parte migliore, sta zitto la prossima volta!" lo rimproverò.
Intanto Cimabue fissava il disegno del biondo.
"Scusami paesan ragazzo, ma disegni davvero come solo le muse possono permettere..." lo elogiò "vuoi diventare mio allievo?".
Anche se il ragazzo abitando in campagna non poteva saperlo, era ben noto in città che il maestro Cimabue era uno sfruttatore, e faceva di tutto per raggiungere i suoi scopi nel sacro nome del Dio Denaro.
Il ragazzo lo guardò per un attimo con aria confusa.
"Ah? Non parlare latino non ti capisco".
Il maestro cercò allora di adattarsi "ok scusa, we scugnizz vuò venì a faticà nella mia bottega?" .
E, detto in tal maniera, non solo Primo, ma anche G, compresero il messaggio.
"Non lo stia a sentire Primo, secondo me è pazzo" sussurrò ad alta voce G.
"Zitto tu, uomo pecora" lo ammonì Cimabue " allora ragazzo ti interessa?"
"Ma io so usare solo i miei pastelli..." rispose il biondo con aria incerta.
Era una buona opportunità, ma qualcosa lo frenava.
"Ti insegno io, ma prima dammi una dimostrazione" fece Cimabue cercando di convincerlo.
"Cosa ti dovrebbe dimostrare il Primo?" intervenne G, chiaramente geloso.
"Uff, ti ho detto di tacere, volgare animale" sentenziò il maestro.
"La mia pecora ha ragione, cosa ti dovrei dimostrare?" chiese il primo.
Il maestro sospirò in maniera eloquente e fece un ampio gesto con le braccia come a mostrargli grandi cose.
"La tua bravura ragazzo, dammi il piacere di vederti dipingere".
Ma Primo non poteva per motivi tecnici e cercò di spiegare al maestro che aveva finito i proiettili.
Tuttavia Cimabue non comprese il discorso e credette che il ragazzo fosse solo stanco e che non avesse voglia di dipingere, ma anche in quel breve schizzo aveva intravisto del magnifico potenziale per cui decise di prenderlo lo stesso.
"Vieni orsù, così ti farò diventare un grande artista che potrà usare l'infame danaro come carta per i glutei".
G, che stavolta aveva capito solo l'essenziale si sentì triste.
Cos'avrebbero fatto lui e le altre pecorelle (delle vere pecore e non persone) senza il Primo?
"Non andare Primo" lo supplicò.
Cimabue intanto si era deciso ad usare metodi sporchi e mostrandogli delle monete luccicanti lo invitò a seguirlo.
"Ma io voglio bene alle mie pecore" fece il ragazzo.
"Ma se non hai soldi le tue pecore moriranno" controbattè il maestro.
Il ragazzo ci pensò ancora un attimo prima di rispondere.
"Va bene... ma avevo pensato anche di darmi alla malavita, posso lo stesso?".
Infatti, la malavita organizzata era uno dei grandi sogni del ragazzo.
Quand'era piccolo sognava sempre di far parte della mafia, ma non ne aveva mai avuto la possibilità.
"Certo ragazzo, certo " lo accontentò Cimabue, pur di averlo tra i suoi allievi.
"Mi lasci da solo?" chiese G.
"Via rozzo animale, via dalla mia vista che insozzi" lo allontanò Cimabue.
"Se vuoi me, devi prendere anche le mie pecore" fece il ragazzo.
Ed il maestro si arrese.
" Essia ragazo, ma piuttosto qual è il tuo nome?".
Con una mossa fulminea (si allenava tutti i giorni per farlo) cacciò una scatola di pastelli e la mostrò al maestro.
"Io sono Giotto il grande pittore".
"Sì certo, e allora ti presenterò ai miei altri allievi".
Giotto preparò le sue poche cose.
"Vieni G, andiamo verso nuovi orizzonti e verso la mala".
E fu così che ebbe inizio la sua grande avventura.

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Capitolo 2
*** 2 ***


2 Giotto, il grande pittore, dopo aver incontrato il maestro Cimabue si era trasferito in città insieme alle sue pecore, e lì procedeva la sua favolosa vita tra colori e mazzette.
Intanto nella bottega il maestro stava lodando il nuovo arrivato.
"Bravo ragazzo, sapevo che non mi avresti deluso" disse a Giotto.
Franco, allievo del maestro da molto tempo e malato da ancor di più, guardava la scena geloso.
"Ed io maestro Cimabue?" provò ad intromettersi nel discorso.
"Tu no! Mi costi troppo in medicine" rispose il maestro col solito tono sprezzante che usava sempre quando si rivolgeva a Franco (forse perchè non gli facva guadagnare molto).
Ed il povero allievo, sentendosi discriminato, se ne andò a deprimersi in un angolo della bottega.
Kozato, l'altro allievo, dai capelli rossi ed i tratti molto femminili, cercò di consolare il suo compagno.
"Su, non deprimerti. Non morirai" gli disse mostrandogli un sorriso.
Ed in tutto ciò, Cimabue stava ancora idolatrando Giotto.
"Giotto, sei qui da pochi giorni e già mi dai tante soddisfazioni, bravo".
Ed il ragazzo intanto rifletteva ad alta voce.
"Da quando sono qui la mia fiamma è diventata più pura, forse perchè mi lavo di più".
La fiamma a cui si riferiva il ragazzo, era quella che gli scaturiva dai proiettili che usava per affinare le sue abilità: la fiamma del coraggio di morire.
Ma Cimabue, che di queste cose non sapeva nulla, fu un po' confuso dal suo discorso.
"Ma che dici ragazzo...dai vai a lavorare" gli disse, scegliendo di non fargli domande perchè anche se strano, quel Giotto gli procurava tanto danaro.
Anche Kozato si avvicinò a Giotto, anche se si conoscevano da poco tempo, nutriva un forte debole nei suoi confronti.
"Come sei bravo, a me e Franco non ci loda mai" disse e quest'ultimo prese a tossire sangue, come faceva da un bel po' di tempo.
"Ammettilo, stavi pensando male!" lo rimbeccò il rosso.
"No" rispose Franco sconsolato "è solo che Cimabue mi ha negato le medicine".
"Noi ti salveremo, la mala è la soluzione a tutto!" intervenne Giotto.
E a quel punto, intervenne anche G (scappato di nascosto dalla stalla): "giusto Primo! Io ti seguirò in culo al mondo!".

Durante la pausa pranzo, Giotto mangiava un panino con provola e mortadella.
Solo che lo stava mangiando vicino all'affresco, e Cimabue non era molto d'accordo.
"Nooo l'affresco si sporcherà" corse per fermare Giotto ma si spiaccicò contro l'affresco.
L'allievo con nonchalance gli offrì un pezzo di panino e Franco che non aveva mangiato, chiese di poterne avere un po'.
"Franco non pensare al cibo, idiota!" lo rimproverò Cimabue "Giotto, tu dovrai rifare l'affresco, forza!".
"Non dare ordini al primo!" intervenne G, sempre scappato dalla stalla, che se ne stava a spiare la situazione.
"E quante volte te lo devo dire che gli animali vanno nella stalla?" continuò il maestro.
Giotto cercò di far tornare G nella sua stalla, ma si accorse che aveva finito i proiettili e dunque non poteva continuare ad affrescare.
"Nuoo ho finito i proiettili. Kozato tu ce le hai le fiamme?"
"Ragazzo mio non servono i proiettili per dipingere" esordì Cimabue "servono i pennelli" disse e gli diede una vasta gamma di pennelli tra cui scegliere.
"Pennelli? Non mi serve quella roba su Kozato, fammela vedere" fece Giotto.
"Giotto ma che dici?" replicò il rosso scandalizzato "E cosa ti dovrei far vedere?!!".
"Fammi vedere su'" continuò il biondo avvicinandosi al rosso e cercando di togliergli i vestiti per una teoria tutta sua che così facendo gli avrebbe fatto uscire la fiamma del coraggio di morire.
"Giotto, non molestare gli altri allievi!" lo rimproverò il maestro.
"Giotto, non in pubblico" provò a dire il rosso.
E Franco, che in tutto ciò era riuscito a prendere il panino di Giotto per mangiarlo, tossì.
"Coff Coff".
Deluso, il biondo lo lasciò stare "ma allora non ce l'hai?" gli chiese, ancora convinto della sua teoria.
Il povero Kozato però continuò a fraintendere.
"Sì che ce l'ho, solo che qui...".
G (precedentemente mandato via da Giotto) irruppe nella stanza: "Primoo il postino le ha portato i proiettili".
"Confiscati" fece Cimabue prendendoglieli di mano "e adesso Giotto, vaaaiii".
"Ma mi servono, come farò?" andò a disperarsi vicino a Franco.
"Coff coff, ne ho preso uno al maestro ...coff.. se ti fa felice".
"Grazie" disse il ragazzo abbracciando Franco, e per sbaglio, sparò il proiettile su Kozato.
"Che hai fatto? Hai ucciso il mio allievo" si spaventò Cimabue.
"Reeeeborn" esclamò Kozato, rialzandosi in mutande e con una fiamma in testa.
"Affrescherò con il mio ultimo desiderio!".
"Oh grazie, Dio grazie, Gesù questo è un miracolo" esclamò Cimabue.
E mentre Giotto rifletteva sullo strano colore della fiamma, Cimabue si esaltava.
"Kozato sei un miracolato! Ora avrò ancora più successo".
Finiti i cinque minuti (ed anche l'affresco), il rosso si accorse di essere in mutande ed andò a rivestirsi pieno di imbarazzo.
Cimabue intanto continuava a pregare, credendo che si trattasse di un miracolo, e credendo che i suoi allievi fossero indistruttibili, sparò un colpo a Franco.
Il ragazzo però, invece di rialzarsi sembrava seriamente ferito.
"Francooooooooooooooo" urlò Giotto.
"Franco? Franco? Franco!!" fece Cimabue rendendosi conto che qualcosa era andato storto.
Rientrò anche Kozato nuovamente vestito e dapprima non capì: "perchè strillate?".
"Franco!! AAH" spiegò con molta chiarezza e dovuta presenza di particolari Cimabue.
"E' morto Franco" rimbeccò Giotto "l'avevo detto io che ci voleva la mala".
Ma il ragazzo non era ancora spirato anche se ci era vicino, e con il suo ultimo respiro cercò di formulare un desiderio.
"Giotto, vai nel castello di città laggiù e dai ...coff coff... i miei in....".
"Certo Franco, forse se non ti fossi sforzato a parlare, avremmo potuto salvarti" disse Giotto.
Il ragazzo spirò, forse sentendo, o forse no, le parole di Giotto, ma ora il biondo aveva un nuovo obbiettivo: seguire il desiderio del suo amico.
"Allora, devi partire Giotto?" chiese Cimabue infinitamente dispiaciuto per quell'incidente ma sollevato di non dover più comprare medicine.
"Io ti scriverò delle lettere" disse Kozato.
"Io intanto seppellisco Franco" replicò il pratico Cimabue.
"Mi mancherete, soprattutto tu Kozato"  disse Giotto, ormai era deciso che doveva partire.
"Anche tu Giotto, torna da me quando avrai finito" si commosse il rosso, felice di essere ricambiato dall'altro.
"Non ti tradirò mai" promise il pittore.
"Lo spero, altrimenti dopo decenni dalla tua morte, metterei la mia famiglia contro la tua".
"Primo siamo pronti" s'intromise G che nel frattempo aveva già fatto i bagagli.
"Addio sporco animale, eri il mio preferito" confessò Cimabue.
"E me ne andò" fece Giotto.
E così, un nuovo viaggio ebbe inizio per il grande pittore.



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Capitolo 3
*** 3 ***


3 Dopo la morte del suo caro amico Franco (lo conosceva da ben pochi giorni), Giotto partì insieme a G verso Cittàlaggiù,  per esaudire l'ultimo desiderio di Franco.
Finalmente, dopo un lungo viaggio durato qualche ora, cui il pittore aveva passato in sella alla sua fedele pecora G, raggiunsero il castello.
"Siamo arrivati, che stanchezza" si lamentò Giotto.
"Beee" belarono le sue pecore pensando che il loro padrone fosse un pezzo di merda.
"Bee, riposiamoci prima di andare al castello" propose G.
"No" si oppose il biondo "devo muovermi, il kebbabbaro chiude alle 17:00".
Anche se contrariato, la pecora decise di non litigare con Giotto e quindì partì.
Arrivarono all'entrata del castello ed una guardia li fermò.
"Chi siete?" chiese la guardia.
"Sono Giotto, il grande pittore" si presentò il biondo, sganciando la mazzetta per poter passare.
Accettando di buon grado il danaro, la guardia li lasciò passare senza ulteriori domande.
"Bee" fece G, scortando il pittore dentro.
Approfittando poi del momento, le altre pecore scapparono, finalmente libere dalla tirannia del loro padrone.
Qualchè metro più avanti però, i due vengono fermati dal Ciambellano.
"E voi chi siete, chi vi ha fatto entrare?" chiese.
"Quel tizio laggiù" indicò senza alcuna premura il pittore.
"Sentenza di morte" esclamò il ciambellano.
"Pecora metti il turbo" disse il pittore frustando la sua povera pecora.
"Ma... primo dobbiamo esaudire le ultime volontà di Franco" protestò G.
"Stupida pecora muoviti!" insistè però Giotto e riuscì a far correre la sua pecora.
Ma nonostante G cercasse di fare del suo meglio,era già stanco per il viaggio e per aver trasportato Giotto per tutto il tempo, dopo poco il Ciambellano era di nuovo alle loro costole.
Se non avessero trovato una soluzione al più presto, sarebbero stati uccisi.
Forse perchè aveva acquisito una certa esperienza, o per il pericolo che li minacciava, ma per la prima volta Giotto riuscì ad entrare in Hyper mode senza i proiettili.
Smontò di sella a G che lo fissò per un attimo dubbioso e si mise in posizione, le mani protese in avanti.
"Cerchio perfetto" urlò, riuscendo con questa sua nuova e potente mossa a congelare il ciambellano.
"Perfetto primo!!" commentò G ammirato.
"E adesso andiamo dal principe" disse, capendo cosa fare grazie al suo super intuito "lui mi regalerà dei guanti".
Senza ulteriori intoppi i due arrivarono alla stanza del principe.
Il principe, seduto comodamente sul suo prezioso sofà, li guardò senza alcuna curiosità.
"Chi siete?" chiese tanto per domandar loro qualcosa "non mi scocciate...andatevene sù" ordinò loro pigramente facendo un gesto con la mano per esortarli.
"Ma Franco è morto, ed io devo esaudire il suo ultimo desiderio" cercò di spiegare il pittore.
"Franco? Who is Franco?" chiese il principe.
"Franco! Quello che è morto!" continuò il pittore.
"Primo, gli faccia un disegno di Franco" propose G, estraendo un blocco da schizzi dalla borsa.
"Mi scoccio, fallo tu" lo incaricò Giotto.
"Non so disegnare" protestò nuovamente la pecora.
"Io vado ad oziare con il principe, tu disegnalo".
"Primoooo, non so disegnare" piagnucolò G.
"Sei inutile!" lo rimproverò il biondo.
"Non litigate, date fastidio" si lamentò Lampo intento ad oziare.
Anche Giotto si sistemò su dei comodi cuscini ed aspettò che G si occupasse dell'identikit di Franco.
La pecora ci provò, ma come aveva già detto non sapeva disegnare, ed il disegno assomigliava a tutto tranne che all'amico.
"Questò è Franco...anzi, era Franco... cioè... non proprio".
Il principe lo guardò, ma non gli veniva in mente nulla.
"Non ricordo o forse non voglio, mi scoccio".
Il biondo invece si innervosì, lui che era un'artista non poteva vedere tale scempio.
Picchiò G e lo rimproverò " Questo secondo te sarebbe Franco?".
Prese un altro foglio e fece il ritratto dell'amico in modo impeccabile "QUESTO E' FRANCO!".
"Scusi primo! Scusi"  si mortificò la pecora.
Il principe guardò il disegno perfetto e subito gli venne in mente di chi stavano parlando i due.
"Ahh Franco... potevi dirlo prima! Allora cosa cerchi?" chiese Lampo.
Giotto si sentì disorientato da quella risposta, era convinto che il principe sapesse qual era l'ultimo desiderio di Franco.
"Boh... lui mi ha detto di venire qui".
"Io mi scoccio di capire cosa voleva" rispose il principe che come al solito era avvinto dalla pigrizia.
"Io lo so, lo so" intervenne G.
"Parla" ordino Giotto un po' seccato dal fatto che la sua pecora sapesse qualcosa di cui lui non era a conoscenza.
"Devi dare dei guanti al primo!" disse.
"Mmmh..." pensò o fece finta di pensare, il principe "non ne ho, ma il marocchino di corte dovrebbe avere qualcosa".
Con un personale campanello (ne aveva uno per ogni cosa di cui aveva bisogno) il ptincipe chiamò il suddetto marocchino.
Apparve quindi Ponda (specialmente nel ruolo di marocchino), "Vù cumprà?".
"G, comprami i guanti" ordinò Giotto chiedendosi se effettivamente fossero puliti.
"Quanto costano?" chiese la pecora al marocchino.
" 1 euro... e la patata..." corse via il marocchino inseguendo una patata, lasciando cadere i guanti a terra.
Essendo abituato a cromprare (rubare) le cose, G prese i guanti e li mostrò a Giotto.
"Primo, ho cromprato i guanti".
Il biondo li prese senza nemmeno ringraziarlo.
"Pecora, abbiamo un alleato" disse Giotto indicando Lampo.
 Il Principe iniziò a sbuffare molto seccato dall'insinuazione del pittore.
"Che? Nnon dovevate solo dirmi qualcosa?".
"Non contraddire il primo!" lo rimproverò G.
"Ma io mi scoccio di essere vostro alleato".
Ci fu uno scambio di sguardi, il principe annoiato guardava Giotto aspettando che decidesse di andarsene.
"Pecora, trascinalo" ordinò invece il biondo.
E fu così che Lampo venne trascinato dall'uomo pecora e per 'sua volontà' divenne loro alleato.

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Capitolo 4
*** 4 ***


4 Dopo essere andati via dal castello di Lampo insieme al principe, Giotto e G se ne andarono girovagando senza meta e senza scopo, fino a quando G non si scocciò e decise di parlare al pittore dei suoi dubbi.
"Primo, adesso dove andiamo? Non abbiamo neanche realizzato l'ultimo desiderio di Franco" disse la pecora.
E come al solito, il pittore non fu molto d'aiuto.
"Chissene, ho dei guanti fighi e non mi servono più i proiettili. Un amico... una pecora... mi serve solo la mala e sto a posto" ci pensa poi un attimo per capire se ha dimenticato qualcosa poi aggiunge "ah, sì ho anche un fidanzato a distanza".
"Primo..." insistè G "ma Franco...".
"Stai cercando di far questione?" lo rimbeccò il biondo fissandolo male.
"No Primo, è che Franco le voleva bene.."
Allora il Primo si spazientì.
"E che cazzo ne so io che voleva, non me l'ha detto!" urlò.
"Devo essere ancora trascinato?" intervenne inutilmente Lampo che però fu ignorato dall'arrivo (chissà come, dato che non avevano lasciato alcun indirizzo), di una lettera.
"E' arrivata una lettera, Primo" disse G, nel caso gli altri due non avessero visto la lettera cadere praticamente dal cielo.
"Leggila pecora" ordinò annoiato Giotto, lasciando cadere la lettera a terra senza nemmeno scomodarsi per raccoglierla.
G raccolse la lettera e cominciò a leggerla....
                                                                          Caro Giotto

So che è passato poco tempo, ma spero che tu non mi abbia già dimenticato.
Volevo dirti che io e Cimabue abbiamo trovato il diario di Franco, era pieno di sangue...
e il suo più grande desiderio era di fare una famiglia!
E a dir la verità piacerebbe anche a me...avere una famiglia...
                                                             Rispondimi presto... il tuo caro fidanzato
                                                                                Kozato <3

"Tsk, che idiota" commentò la pecora dopo aver letto la sdolcinata lettera.
"Wa io non sarei mai riuscito a scrivere tanto, troppa fatica yawn" rispose il principe.
Giotto dopo aver ascoltato con interesse decise il suo nuovo obbiettivo.
"Allora faremo una famiglia! Una famiglia mafiosa!".
"Ma Primo... non sarà pericoloso?" chiese G.
"Io sono il boss ovviamente" continuò Giotto pieno di sè, ignorando la propria pecora.
"Io mi annoio" provò inutilmente a lamentarsi il principe dai capelli verdi.
"No! Tu resterai a fare la famiglia!" decise il pittore.
"Ma io mi scoccio" continuò il principe " adesso con il mio nuovo piccione super accessoriato manderò un messagino a corte e mi farò venire a prendere".
"Io posso fare il braccio destro del boss" pensò G.
"Solo se ti occupi di questo impiastro" gli rispose Giotto riferendosi a Lampo.
"Subito primo! Lo picchierò finchè non accetta" disse l'uomo pecora.
Ma tali misure non si dimostrarono utili, dato che il principe accettò non appena ebbe sentito la minaccia.
E così, per la sua gioia, G passò da pecora a braccio destro.
Tuttavia c'era ancora una questione da risolvere.
"E adesso dove andiamo?" chiese Giotto.
Ed in quel momento arrivò un altro messaggio tramite un piccione (e ciò spiega da dove fosse arrivata la lettera precedente).
Nel messaggio, stavolta di Cimabue, c'era scritto questo:

Giotto, so che Kozato ti ha mandato una lettera, ma ha dimenticato di scriverti
 che devi andare a Napoli dagli Angiò, lo doveva fare Kozato ma deve finire l'affresco
di Franco.
                                                                       Con affetto Cimabue
                                                           ps: salutami lo sporco animale

Questa nuova lettera però, non ebbe su Giotto l'effetto della precedente.
"E che palle, devo fare tutto quanto io? E poi chi sarebbe 'lo sporco animale'?" si lamentò il biondo.
"Lavoro?" si allarmò Lampo "nononono io sono un principe!".
"E sia...incamminiamoci" si arrese Giotto, forse perchè si era accorto che i suoi danari stavano terminando.
"Scusami" s'intromise G, sempre acuto nell'accorgersi dei problemi "ma come faremo a raggiungere Napoli? E' lontanissima".
Ma Giotto aveva la risposta anche a questo e dopo aver pronunciato le parole 'mi piacciono i treni', i tre vennero trasportati a Napoli da un treno (benchè nel 1300 essi non esistessero).
"PRIMO! LEI E' STUPEFACENTE!" si congratulò G, stupefatto di essere arrivato a Napoli in così poco tempo.
"Lo so" si vantò Giotto.
Ma i nostri eroi non sapevano dei pericoli che correvano, e di fatto vennero derubati poco dopo da dei mariuoli.
Ce l'avrebbero fatta a riprendere le loro cose?
O sarebbero arrivati senza nulla dagli Angiò?
Lo scopriremo nel prossimo capitolo.




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Capitolo 5
*** 5 ***


5 Dopo essere arrivati a Napoli con un treno, Giotto, G e Lampo vennero derubati da dei mariuoli e si ritrovarono così in una situazione difficile.
"Ah ah coglione!" li prese in giro il mariuolo random.
"Ci penso io" disse G, andando a picchiare il mariuolo e rubandogli anche un arco.
"Questi forestieri si credono meglio di noi, dobbiamo fotterli" sussurrò ad alta voce il mariuolo random 2 nascosto dietro ad un muretto.
"Intuisco che ce ne è un altro" proferì Giotto sentendo il sussurro.
"Guarda che l'ho sentito anche io che sussurrava ad alta voce" rispose il principe.
All'altro mariuolo provvide sempre G, lanciandogli una freccia.
La freccia lo sfiorò senza però colpirlo.
"Oh cazzo, qui è meglio che scappo o frà" disse all'altro.
"Scappam o frà" gli rispose il primo e scapparono insieme.
"Lo diremo al capo e vi spaccherà il culo" minacciò il numero due prima di correre.
"Tanto me lo pulisco col denaro" rispose tranquillamente Giotto.
Ed il mariuolo 1 ribatttè: " stronzo di merda! Ti uccideremo".
"Oh no! Ci ucciderà, ho paura" si preoccupò Lampo.
Un topo si avvicinò al principe e lo fissò per poi fare "Squick!" e Lampo si spaventò ulteriormente.
"Aaaah ci ucciderà tutti!" urlò rifugiandosi poi dietro a G, non più pecora ma braccio destro.
"Quanto casino che fate" disse invece Giotto ignorando il tutto "ora andiamo dagli Angiò e ci facciamo offrire la cena ed il pernottamento".

I tre arrivarono finalmente al palazzo degli Angiò e vennero accolti direttamente dal re Roberto.
"E tu chi saresti?" chiese Roberto d'Angiò a Giotto.
"Quante volte lo devo ripetere che sono Giotto, il grande pittore?" rispose il biondo mostrando la propria scatola di pastelli.
"Ma... Cimabue mi aveva detto che mi avrebbe mandato un certo Kozato..." disse il re un po' confuso.
"Si scocciava" spiegò Giotto "o almeno credo" aggiunse poi non del tutto convinto della sua spiegazione "ma tanto io sono più bravo e famoso di lui".

Intanto nella bottega di Cimabue Kozato sentì una fitta.
"Che dolore... una fitta improvvisa... ma sono sicuro che Giotto sta parlando bene di me" disse continuando ad affrescare.

"Vabbè...entra lo stesso" si arrese Roberto "e chi sono questi altri, li conosci?" chiese indicando G e Lampo.
"Sono la mia famiglia mafiosa" rispose il pittore.
"Ah...che bello mi considera parte della sua famiglia" si commosse G.
"E quando cominci a lavorare?" chiese il re al pittore.
"Domani, adesso ho fame e sonno".
E l'antenato di h-puzz, un certo alfa-puzz, s'intromise dicendo "anche io".
"Ho preparato un sontuoso banchetto" affermò il re "però dopo la cucina la fate voi".
"Allora io non mangio" disse Lampo, sempre pronto ad evitare ogni sforzo.
"No, tu amico mio devi mangiare... ci pensa il mio braccio destro a fare la cucina" si preoccupò Giotto.
"Avevo giusto un po' di fame" ammise allora il principe.
G non replicò, troppo felice per la sua 'promozione' per ribellarsi, anche se in realtà non si era mai ribellato al biondo, ed il banchetto potè iniziare.
Quando erano tutti seduti a tavola pronti per cominciare, Giotto parlò.
"Posso fare un discorso?" chiese.
Ma nessuno volle sentirlo e quindi lasciò perdere.
E perciò dopo aver mangiato, dopo che G ebbe fatto la cucina e che tutti ebbero riposato, arrivò l'alba.
"E' arrivata l'alba" commentò G che or ora aveva finito di lavare tutti i piatti.
"Zitto, sto dormendo" commentò stizzito Giotto lanciandogli una pantofola di peluche.
"Sveglia- sveglia" stava canticchiando Roberto d'Angiò che venne però colpito in pieno dalla pantofola di Giotto.
"Questa è una pantofola di sfida!".

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Capitolo 6
*** 6 ***


6 Giotto e la sua nuova famiglia mafiosa si trovavano nel castello degli Angiò a Napoli.
Per sbaglio, Giotto aveva appena colpito il re Roberto con una pantofola di peluche.
"Questa è una pantofola di sfida!".
"No, è di peluche" corresse G.
"Tra 20 minuti in cortile" ordinò Roberto.
Giotto sembrò stranamente attento a quella sfida.
"Se vince il mio braccio destro dovrai darmi tanti soldi".
"Va bene, ma se perde dovrete andare nel covo dei mariuoli e battere il loro capo" rispose Roberto.
E la sfida fu accettata.
Per far riposare G, però fu posticipata ed in cortile arrivarono alle 11 e 30.
"La sfida consiste nel fare una pizza. La migliore vincerà" spiegò il re.
"Spero che tu sappia farlo G" lo 'incitò' Giotto mostrandogli un coltello ben affilato.
G sudò freddo a quella vista, sperando non solo di riuscire a compiacere il primo ma anche di avere la pelle sana e salva.

La sfida ebbe inizio.
Roberto d'Angiò, essendo nato e vissuto a Napoli sapeva impastare perfettamente una pizza, mentre G che a malapena conosceva la ricetta andò un po' a caso.
Il primo a finire fu proprio il re e dopo poco terminò anche G.
Solo che l'impasto del braccio destro aveva un colore verdognolo che non prometteva bene.
Dopo che gli impasti lievitarono, vennero cotti nei forni reali e solo dopo i giudici poterono assaggiare e giudicare.
Solo che nessuno volle assaggiare la pizza di G e di conseguenza fu sconfitto.
"Ho vinto! Popopopo" esultò il re.
Giotto, invece, era adirato dalla sconfitta del suo sottoposto.
"Cosa ti avevo detto G?" lo minacciò con un coltello.
"Mi scusi primo, mi scusi!" rispose il povero G, spaventato e dispiaciuto al contempo.

Dato che Roberto aveva vinto la sfida, i nostri eroi s'incamminarono verso il covo dei mariuoli.
E grazie alla cartina che il re aveva fornito loro, riuscirono a non perdersi.

Intanto, all'interno del covo, l'ignaro capo se la rideva.
"Ah ah e così vi siete fatti derubare".
"Mi spiace capo" singhiozzò il mariuolo random 1 "erano degli strani forestieri".
"Ah tanto e tutto un gioco e voi avete perso" rispose "the game!" .
E detta la sua frase preferita, si dileguò.
"Non capisco se è arrabbiato o no, o frà" espresse il suo dubbio il mariuolo random 2.

Finalmente, i nostri eroi arrivarono al covo.
"Vooi siete i forestieri!" gridò il mariuolo random 3.
"G, Lampo, al'attacco! " ordinò il Primo, ma Lampo rimase fermo perchè si socciava, mentre G iniziò a lanciare frecce ai nemici.
"Devo trovare il capo! E' un attacco o frà" fece i mariuolo 2 schivando una freccia.
Ed il capo, che si chiamava Asari ed era un gran simpaticone, sbucò dietro a Giotto.
"Oh oh oh che gente simpatica" disse.
"Primo stia attento!" si allarmò subito G.
"EEE SONNA" urlò Giotto colto alla sprovvista.
"Vada capo lo faccia fuori" incitò il mariuolo 4.
"Ma sono simpatici" ribattè Asari.
"Ma loro non giocano, stanno imbrogliando o frà".
"Lascia stare il primo o vi ammazzo tutti" fece G attirando l'attenzione di Asari.
"Il tizio dai capelli rosa è proprio divertente" disse ammiccando.
"Non sono rosa, sono rosso carminio!".
"Consegnateci tutto il vostro denaro!" intimò allora Giotto.
"Maai, idiota! Piezz'e merd" rispose a tono, molto educatamente, il Mariuolo 3.
A quel punto Asari, diventò un po' più serio rispetto al suo solito.
"Ahah... ah? Non vi avevo detto di riportare tutto? In fondo è solo un gioco".
"Il vostro capo mi piace" disse Giotto ascoltando il ragionamento del capo dei Mariuoli.
"Lascia in pace il nostro capo!" reagirono all'unisono tutti i Mariuoli, in fondo per loro, quella banda era come una grande famiglia.
Allora il biondino, ancora più convinto di prima gli chiese se volesse unirsi alla loro famiglia mafiosa.
"Non andare capoo" lo pregarono i Mariuoli con aria puccia.
Ed anche qualcun altro era contrario all'idea.
"Primoo io non lo voglio quest'idiota" si lamentò G.
"Zitto, ex-sporco animale" lo rimproverò il biondo "è colpa tua se siamo qui!".
E senza capirci molto, Asari disse: "ma tanto perderete tutti! The Game!".
Lampo, essendo uno dei pochi che capisce il gioco, dato che nel suo palazzo era molto di moda, si butta giù dalla poltrona sulla quale era seduto e si rotola per terra.
"Amico cosa fai?" si preoccupò allora Giotto.
Lampo, mentre è impegnato a rotolare per terra con la bava alla bocca, gli risponde: "la vita è un gioco e se qualcuno dice 'The Game', perdi la partita".
"Schiaccia il cinque" esclama contento Asari avvicinando la mano a Lampou.
Ma il principe non gli diede soddisfazioni.
"Mi scoccio".
"O frà il nostro capo è passato dalla loro parte" si allarmò il Mariuolo 1.
"O frà, attacchiamoli!! Yatta!" esclamò il Mariuolo 3.
Intanto il Mariuolo 5, che tra tutti era il più 'fetente', prese i soldì e scappò.
Anche il numero 4 non era una persona molto affidabile e difatti afferrò un coltellino e disse di voler fare a pezzi Giotto e la sua banda.
Ma G fu più veloce di lui e lo disarmò.
"Non credo proprio".
"Ridammelo, Gne gne" piagnucolo il Mariuolo 4.
Asari, credendo come al solito che quello fosse un gioco, estrasse la sua Katana.
"Ahah, giochiamo".
"Yatta!" esclamò il Mariuolo 3 cercando di colpire G con un calcio volante.
"Fermi tutti, adesso tocca a me" esordì Giotto con una fiamma in testa.
"Non è giusto" si lamentò il Mariuolo 3 "non hai mosso nemmeno un dito fin e mo', o frà".
"Primo burner" li attaccò tutti Giotto, senza distinguere fra alleati e nemici.
Tutti a quel punto, vengono carbonizzati e miracolosamente sono ancora vivi.
"Fantastico primo!" disse G, senza accorgersi di essere finito addosso a qualcuno.
"Ahaha... mi schiacci" commentò Asari.
"Ahh! Bastardo che ci fai qui!" si innervosì il braccio destro, prendendo a calci il malcapitato senza però alzarsi.
"Ma sei tu che mi sei caduto addosso"  continuò ad ammiccare il giovane Asari anche mentre veniva calciato.
"Stronzo! Stronzo, non ammiccare" fece G dandogli qualche altro calcio per poi alzarsi.
"Chi me l'ha fatto fare a me" si lamentò Lampou, che era quello che stava meglio di tutti.
"Ah che persone brave, mi unisco volentieri a voi. Tanto i Mariuoli nemmeno capiscono 'The Game'" disse Asari.
"Nooo vai via stronzo!" si lamentò ancora G.
"Affare fatto" disse Giotto stringendo poi la mano ad Asari "G, ricorda che lo facciamo per Franco".
"Stronzo di un Franco" imprecò G.
Tuttavia, i mariuoli non erano per niente contenti da questa decisione.
"O frà il nostro capo se ne è andato" disse il numero 3.
"O frà mi mancherà" singhiozzo il mariuolo 1.
"Ahah ci rivedremo prima o poi" cercò di consolarli Asari.
Il numero 4 andò ad abbracciare il suo ex-capo ed anche gli altri Mariuoli si aggiunsero, facendo così un abbraccio di gruppo.
"Che scena commovente" commentò Giotto "G, perchè noi non facciamo mai niente del genere?" disse picchiando il suo braccio destro.
"...Che Dio ci aiuti" commentò totalmente a caso Lampou.
Ed ora i nostri eroi mafiosi, avevano un nuovo alleato.




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Capitolo 7
*** 7 ***


7 Dopo che i nostri eroi ebbero terminato la missione nel covo dei Mariuoli, tornarono al palazzo degli Angiò.
"Ah, non siete morti?" li accolse il Re.
"Ahaha, e io sono nuovo" si presentò a caso Asari.
Spaventato, il re Roberto, salì su di un tavolo "Tu sei il capo dei Mariuoli!!".
"Ah... adesso non più, è finito il gioco... adesso gioco alla mafia" spiegò Asari.
Ma la spiegazione allarmò ancora di più il Re, che si mise ad invocare aiuto.
"Calmati Roberto" gli disse Giotto prendendosi una confidenza che mai gli era stata data "lui è il mio braccio sinistro,ed amante del braccio destro".
Ed Asari, ascoltando quelle belle parole in suo proposito, ammiccò ancora.
"Primo, non puoi dire una cosa del genere" intervenne imbarazzato G "E TU NON AMMICCARE" si rivolse ad Asari lanciandogli poi cortesemente una sedia.
"V-va b-bene" annuì ancora spaventato Roberto "iniziate ad affrescare" suggerì, pensando che prima se ne fossero andati, prima si sarebbe sentito meglio.
"Che noia" si fece sentire Lampou.
"Io vi pago, muovetevi" esordì Roberto, prendendo un po' di coraggio.
"A me piace pittare!" disse contento Asari.
"Andiamo a pittare!" lo assecondò Giotto, contento di aver trovato qualcun altro che gli risparmiasse del lavoro.
"Anche io primo?" chiese speranzoso G, nella bottega Cimabue non l'aveva mai fatto dipingere.
"Tu porterai i colori" decise Giotto.
"Sì...primo" rispose deluso il braccio destro, andando poi a prendere i colori.
"Io posso restare qui a non fare niente?" chiese allora Lampo.
"Ovviamente no!" rispose Giotto, con la sua solita vena autoritaria.

Preso tutto il materiale (il povero G aveva dovuto spaccarsi la schiena portando avanti e indietro, tutto da solo, barattoli enormi di colore), iniziarono finalmente a 'pittare'.
Asari, preso da una vena artistica del tutto incompresa, cominciò a riempire il cielo del dipinto con la scritta 'The Game'.
"L'avevo detto che era idiota" commentò G.
"Non preoccuparti amico mio! Riuscirò a coprire tutti i 'The Game' col blu!" disse Giotto, e da qui, il grande pittore venne ricordato per aver reso per la prima volta un cielo realistico in pittura.
"Mi scoccio di applicarmi, come si fa una faccia sofferente?" chiese Lampo, che anche se controvoglia aveva iniziato a 'pittare', ed era anche piuttosto bravo.
Per farglielo capire, Giotto frustò G "questo è il dolore, questo! Ci sono domande, avete capito?".

In qualche modo, l'affresco venne terminato.
"Fantastico!" ammirò Roberto "ecco i vostri 500 soldi d'argento per il lavoro".
"Tanto non mi servivano" disse Lampou.
"Ma ne sottraggo 150 per le tasse, 100 per il viaggio e 40 solo perchè mi va" disse Roberto.
"Non importa, tanto qui abbiamo un ex Mariuolo" fece Giotto.
E fu così che Giotto e la sua famiglia, vennero cacciati dal palazzo.

I nostri amici vagabondarono per tutta l'Italia, finchè non incontrarono un prete in piena crisi esistenziale.
"Oh no, vi ucciderò tutti in modo estremo!!" fece il prete, che si chiamava Knuckle.
"Ahh Giotto scappiamo" disse a primo impatto Lampou, poi ricordandosi della fatica che gli sarebbe costata per correre, aggiunse "anzi no, mi scoccio".
"Ma dai, ahah lo dice per gioco" pensava Asari nella sua ingenuità.
"Tu sta zitto" disse G, tirandogli un calcio come al solito.
"Ah ah mi vuoi bene se giochi con me alla lotta" rispose Asari per niente provato dai tipici colpi di G.
"Lotta? Aaaah non posso, se no vi uccido tutti" si allarmò il prete.
"Caro prete" gli si avvicinò con fare calmo Giotto "se vuoi uccidere qualcuno, perchè non uccidi il mio braccio destro?".
"Primoo, perchè sei così cattivo con me?" piagnucolò G.
"Ma no, io ti voglio bene" rispose Giotto con una bambola woodo di G in mano.
"Su su, lui ti vuole bene anche se io di più" cercò di consolarlo Asari facendogli pat-pat sulla spalla, poi rivolgendosi al prete pazzo "prete non disperare, 'The Game'".
"Voi non capite" si disperò ancora di più Knuckle "io vi ucciderò".
"Sei una noia vivente, uccidici pure" disse Lampou.
"Ma io non voglio uccidervi, ma lo farooo" disse il prete che soffriva di evidente schizofrenia e doppia personalità.
"Amico aspetta un momento che ti passa, just moment" fece Giotto.
"Aiutatemi, anche se vi ucciderò tutti estremamente" diede pugni all'aria il prete.
"Primo io lo lascerei perdere" sussurrò G ad alta voce.
"Chi ti ha detto di parlare?" lo rimproverò Giotto.
"Io lo aiuterei, sembra così simpatico ahah" disse Asari.
Allora Giotto, valutando da bravo capo le opinioni di tutti, decise di aiutare il prete.
"Braccio destro, fa qualcosa di utile e calma questo prete pazzo".
G, per non deludere Giotto, ci provò: "tu non ci ucciderai,  perchè noi siamo... tuoi amici?".
"Non è vero, chi vi conosce" fece Knuckle.
Allora G, già provato per i continui maltrattamenti da parte del suo Primo, si disperò: "PRIMO IO NON CE LA POSSO FARE" e detto questo, andò in un angolino a disperarsi.
Anche Asari tentò di calmare il prete.
"Sta calmo amico, è tutto un gioco" dice, calmando il prete meglio di una camomilla.
E vedendo la scena, G si deprime ancora di più.
"Sei inutile" gli disse Giotto "non sai nemmeno fare la cosa più elementare" lo rimproverò.
E Lampo, immischiandosi nel discorso: "è vero, non servi proprio a niente".
Asari invece, che era dalla parte di G, lo abbracciò per consolarlo "i tuoi amici stanno scherzando".
"Non è vero, sto deludendo sempre il Primo, non valgo niente".
"Infatti, sei una delusione" continuò a rimbeccarlo Giotto.
"Infatti" annuì Lampo.
"Sù sù, il Primo non apprezza niente" cercò di consolarlo ancora Asari, poi voltandosi verso Giotto "ma chi è il primo?".
"Non lo so, forse io ma non ne sono sicuro" rispose Giotto.
"Asari, ti posso confessare una cosa?" sussurrò ad alta voce G, per non farsi sentire da Giotto.
"Dimmi, amico dai capelli rosa" rispose Asari.
"Ti... voglio.. bene...." disse G, con tutta la fatica che gli costava ammetterlo "sei l'unico che mi tratta bene".
"Muoviti G" interruppe Giotto "dobbiamo prendere il prete e scappare!":
"Subito Primo" si rialzò G e prese il prete,  senza avere il coraggio di guardare nessuno in faccia.



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Capitolo 8
*** 8 ***


8 Mezzo addormentato, Knuckle si ricordò di non ricordare cosa gli fosse successo.
"Dove sono?" chiese.
"Vorrei saperlo anch'io" intervenne Lampo, sempre pronto a dare un aiuto a chi ne aveva bisogno.
"Non vi ho ancora ucciso?" chiese il prete.
"Ah ah, perchè sei guarito" gli spiegò Asari.
"Sì è vero. Non vi ucciderò, che bello, che bello questo sì che è estremo!" si esaltò il prete che, anche se non più pazzo, rimaneva comunque molto anormale.
"Dicci a chi dobbiamo mandare la lettera per il riscatto" disse Giotto ormai entrato nella parte del mafioso.
"Riscatto? Io sono un prete, sono povero... ma se affrescate la mia chiesa, potete avere l'estremo barattolo delle offerte" spiegò il prete.
"Ah che palle, sei come G non vali nulla" si lamentò Giotto "quanto ci sta nel barattolo delle offerte?".
"33 soldi di bronzo!" rispose soddisfatto Knuckle.
Ed in quel momento, arrivò una lettera per Giotto.
"G, leggila. Muoviti, renditi utile" ordinò il biondo col suo solito tono acido che usava quasi esclusivamente per G.
Il ragazzo prese la lettera ed iniziò a leggerla:
"                                                         Caro Giotto
Sono preoccupato perchè non mi hai risposto alla lettera precedente, e penso che non mi ami più...
poi mi sono arrivate brutte voci su di te... te la fai coi Mariuoli, rubi i preti?
Non andare sulla cattiva strada, ti prego...
Almeno stavolta rispondimi
                                                                          Tuo Kozato

Ps: Cimabue saluta il tuo non più sporco animale.

"Io non so scrivere, qualcuno sa farlo?" chiese Giotto.
"Io sì, ma mi scoccio" rispose Lampo col suo solito fare altruista.
"G, costringilo" ordinò il biondo.
"Se non lo fai ti ammazzo" disse a Lampo con tono minaccioso "va bene Primo?".
"Mmm mediocre" fece Giotto.
"No, mi scoccio tanto non mi uccidi" rispose però il principe.
"G, sei pessimo" cambiò idea Giotto.
Cercando di non deprimersi, il braccio destro continuò a provarci: "E' vero, non ti uccido ma posso picchiarti" disse dando poi un cazzotto nello stomaco al principe.
"Ahia..mi scoccio di provare dolore" fece Lampo senza piegarsi in due perchè perfino i suoi muscoli soffrivano di pigrizia.
"Allora scrivi!" lo esortò G, iniziando anche a punzecchiarlo con una penna uscita inclusa nella lettera (nel caso fosse stata la mancanza di essa il problema di Giotto).
"G... non credo funzioni, chiama il prete" consigliò Giotto.
"Kyokugen, io so scrivere e so anche uccidere tutti!" confermò il prete.
"Caro prete, non voglio che arrivi una lettera di morte a Kozato" disse Giotto.
"Io ti strozzo!!" minacciò ed attuò contemporaneamente la sua minaccia, G "scrivi, scrivi" disse a Lampo.
Mentre soffocava, Lampo pensò che fosse meglio assecondare G "Sì, scrivo ....scrivo".
Allora G lo lasciò stare e si rivolse a Giotto "Primo, ha visto? Ci sono riuscito!".
Ma il biondo proprio in quel momento era distratto "Cosa?".
"Niente" sbuffò G, ormai stanco da tutto ciò "Lampo si è deciso a scrivere" aggiunse in tono incolore.
"Perfetto amico mio" si congratulò Giotto col principe "sei proprio il migliore".
"Ahahah, la scena di prima era proprio realistica" rise Asari.
"Coff- ...fottiti" si lamentò Lampo.
"Era estrema" commentò Knuckle "però io l'avrei ucciso meglio".
"Allora, io detto tu scrivi" disse Giotto ed iniziò a dettare :
"Caro Kozato
 non ti ho scritto fino ad ora perchè ero impegnato, le voci che ti arrivano sono false...
invece, ho conosciuto tanti nuovi amici, anche se non mi ricordo perfettamente i nomi.
G, (lo sporco animale) ha perfino trovato un fidanzato ... sto avendo molta fama
                                                                                                               baci Giotto
Ps. non ho rubato un prete, è lui che ci vuole uccidere e ti saluta ".

Lampo trascrisse tutto, anche se con qualche errore grammaticale.
"Se a Kozato arriva una lettera strana, qualcuno ne pagherà le conseguenze" minacciò Giotto.
"Impossibile, io scrivo perfettamente... quando non mi annoio" rispose Lampo.
"E adesso andiamo ad incassare i 33 denari" disse il biondo.
Ma in quel momento, successe qualcosa.
"Fermi tutti" disse una voce dietro di loro.
Chi era?
E cosa mai poteva volere?

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Capitolo 9
*** 9 ***


9 Una voce disse al gruppo di mafiosi, ormai sempre più numeroso, di fermarsi.
"Ahah fermiamoci, che bel gioco" disse Asari.
La voce sconosciuta, che era quella di un poliziotto di nome Alaude, si avvicinò ad Asari.
"Sei tu il capo dei Mariuoli?" gli chiese.
"Ma il gioco dei Mariuoli è finito" tentò di spiegare Asari.
"Sei in arresto" gli comunciò Alaude ammanettandolo e portandoselo via.
"Primo, non dovremmo andare a salvarlo?" gli chiese G.
"Ma io mi scoccio" replicò Lampo.
"Ma Primo... fa parte della famiglia" continuò G.
"E va bene" sospirò Giotto "salveremo... il tizio, e poi andremo ad incassare il nostro bel gruzzoletto".
"Ma non sappiamo neanche dove si trova" continuò ad essere d'aiuto Lampo.
"Kyokugen, conosco questa città come le mie tasche, andiamo e uccidiamoli tutti" intervenne Knuckle.
"Bene amico prete pazzo, guidaci" acconsentì Giotto.
"Ah, per una volta si fa quel che dico io" sospirò G.
"Hai detto qualcosa, mio fidato braccio destro?" chiese Giotto girandosi minaccioso.
"M-mio f-fidato..braccio destro" ripetè G esaltato da quelle parole senza notare la minaccia intrinseca.
"Muoviamoci. G non fare cazzate" disse il Primo.
"Certo Primo! Andiamo a salvare...andiamo" disse G.
E Knuckle li guidò fino alla fortezza di Alaude.

Alaude intanto, era felice perchè aveva rincontrato i suoi vecchi amici.
"Capo, nuoo è stato preso anche lei" fece il Mariuolo 1.
"Ahah, mi ha accompagnato qui un signore molto simpatico" disse Asari, poi, contando i mariuoli, notò che ne mancavano due.
"Ehm.... sono andati a fare un gioco" mentì il Mariuolo 3.

Intanto fuori dalla fortezza, i nostri eroi  pensavano ad un piano per intrufolarsi.
"Mi scoccio di pensare ad un piano per intrufolarmi" fece Lampou.
"G, scavalca ed aprici da dentro" risolse facilmente Giotto.
Il braccio destro andò a scavalcare come gli era stato ordinato, ma Lampo si accorse, solo dopo che il ragazzo era già sul cancello, che la porta era aperta.
A Knuckle invece, che fino a quel momento li aveva seguiti tranquillamente, venne un rimorso di coscienza.
"Ma non è peccato?".
"Ma tanto anche Dio si annoia di vedere quel che fai" lo rassicurò il gentilissimo Lampo.
"E se poi li uccido tutti quanti?" chiese ancora Knuckle.
"Sì, che bell'idea" disse Giotto.
"Primo non credo sia una buona idea...insomma, Kozato si preoccuperebbe" cercò di riparare il riparabile, G.
"Sta zitto, tu prete vuoi entrare nella mia famiglia mafiosa e uccidere tanta gente?" propose Giotto.
Il prete sembrava molto tentato da quella proposta: "sarebbe estremo...ma adesso sono un servitore di Dio".
"Servi Dio uccidendo gli altri mafiosi" provò Giotto con una logica inattaccabile.
"Allora sono d'accordo" confermò il prete adesso convinto "ucciderò tutti in tre minuti, estremamente".
E dopo che il prete fu entrato nella fortezza, Dio solo seppe che strage fece.
"Seguiamo il nostro amico prete" disse Giotto "guardate che entusiasmo, non come te G, sei una merda" e lo picchiò ancora.
"Uffa" si lamentò l'energico Lampo "posso rimanere qui a fare il palo?".
"Certo amico, però se viene qualcuno fai una corsa e avvertici. Noi andiamo G" fece Giotto.
E dopo che il Primo e il braccio destro se ne furono andati, Lampou fu finalmente libero di sedersi e non fare niente.

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Capitolo 10
*** 10 ***


10 Alaude andò a parlare con la guardia, aveva sentito qualche rumore sospetto, nulla in quella fortezza doveva sfuggire al suo controllo.
"Avete visto entrare qualcuno?"  gli chiese col suo solito tono minaccioso.
"Io non ho visto niente" rispose però la guardia, che semplicemente non era molto diligente nel suo lavoro.
"Ho sentito dei rumori" continuò Alaude "ora vado a controllare..e se c'è qualcuno, ti ingoio a morte".
"Io non ho sentito niente" rispose ancora la guardia.

Knuckle intanto, aveva finito i suoi tre minuti di sterminio.
"Oddio ho ammazzato tutti!" si sconvolse.
Aveva giurato che non avrebbe mai più ammazzato qualcuno, ed ora aveva infranto la sua promessa a Dio, anche se in nome della mafia.
Alaude che stava appunto controllando, trovò Knuckle: "come sei entrato?" gli chiese.
"Io non lo so" sussurrò il prete pazzo mettendosi in ginocchio "chiedo perdono".
"Alzati e preparati ad essere ingoiato a morte" lo minacciò Alaude.
Ed intanto erano entrati anche Giotto e G, che arrivarono in soccorso dell'amico.
"Non ingoiare il mio amico prete pazzo" disse Giotto preparandosi a combattere, per poi cambiare idea "anzi G, combatti tu io vado a cercare Asari".
"Ma Primo..." si lamentò G.
"Stai protestando?"  ribattè il biondo guardando storto il suo braccio destro, non sopportava di essere contraddetto.
"No, primo... solo, lui.. è forte, quindi solo lei potrebbe batterlo" fece G, ben sapendo che Primo adorava le lodi.
Ed infatti, riuscì a convincerlo.
"Hai ragione G, tu sei scarso. Va a cercare Asari, ammesso che questo tu sappia farlo".
E dopo che G fu sparito alla ricerca dell'ex capo dei mariuoli, Giotto e Alaude si prepararono a combattere.
"Kyokugen! Sarà una battaglia estrema...che Dio vi perdoni" commentò Knuckle.
"Ma guarda un po' c'è uno spicciolo per terra" fece Giotto.
"Non mi interessano i soldi, ne ho già abbastanza" rispose seccato Alaude.
"Uffa, ho 10 monete d'oro, le vuoi?" riprovò Giotto, anche se in realtà le monete erano 12.
"Nono, io vi ingoio tutti" disse il nemico avvicinandosi a loro con la bocca aperta "ahhh".
"EEEH SONNA" si spaventò Giotto iniziando a lanciare tutto ciò che aveva a disposizione, compreso Knuckle, contro Alaude.
E quando Knuckle gli finì addosso facendolo cadere, Alaude si mise a piangere.
"Ho vinto" si autocomplimentò Giotto.
"Pregherò per la tua vittoria" gli diede manforte il prete.
"Adesso farai parte della nostra famiglia" decise da solo Giotto.
"Ma io voglio rimanere da solo" protestò Alaude.
"Rimarrai da solo..con noi" rispose Giotto con un sorriso a 32 denti stampato in faccia, tanto che Alaude avrebbe voluto farglieli saltare dal primo all'ultimo.
Ma per evitare ulteriori impicci, finse di svenire.

Intanto G, arrivò alle prigioni dove c'era Asari.
Vedendolo, Asari iniziò come suo solito ad ammiccare "sei venuto a giocare anche tu!" disse contento.
"Idiota, non stiamo giocando" rispose G, seccato per il suo comportamento ma sollevato nel vedere che stava bene e gli lanciò il mazzo di chiavi che aveva fregato alla guardia.
"Mi hai fatto preoccupare" mormorò poi.
"Ah mi dispiace" rispose l'altro "ma tanto è un gioco no?".
"Brutto stronzo, apriti la cella o ti ammazzo" fece G che già stava perdendo le staffe.
"Ma sto giocando con i miei amici" dice Asari indicando i mariuoli.
Ancora una volta, a G toccò usare la sua intelligenza per scendere ad un ragionamento più basso, quale quello dei suoi amici.
"E non vuoi giocare con me?" disse, cercando di rimanere calmo e non lanciargli addosso anche la guardia addormentata.
"Ah" fece Asari come se avesse afferrato un concetto non molto semplice "allora vieni a giocare anche tu!".
"Idiota" si spazientì G e iniziò a calciare le sbarre.
"Ahah" ridacchiò l'altro "sei talmente entusiasta di giocare..aspetta" gli aprì la cella "entra".
"Io ti ammazzo" disse G, picchiandolo fino a calmarsi per poi abbracciarlo "sei un idiota".
"Ahah stanno perfettamente in un cuore" notò il Mariuolo 1 attuando la vista a cuore.
"Non è vero" rispose il Mariuolo 3 incrociando le braccia, imbronciato.
Allora il numero 1 gli mise la vista a cuore per fargli capire.
"O' frà apprufittamm p' scpappa" disse invece il numero 4, fregandosene della vista a cuore.
"Sono d'accordo, e chiudiamo quella testa rosa qui dentro" approvò il Mariuolo 3.
E G, sentendo tutto si staccò da Asari "andiamocene idiota, ci vogliono chiudere dentro".
"Non è vero loro sono miei amci" ribatte Asari.
Senza lasciargli il tempo di dire altro, G trascinò Asari fuori ed arrivarono dove si trovava Giotto.
"Idiota di un G, abbiamo un nuovo amico. Adesso passerai ancora di più in ultimo piano" gli disse il biondo.
"Ma Primo... ho fatto quel che mi aveva chiesto".
Ma Giotto lo ignorò e si avvicinò ad Asari "ma bravo sei riuscito a scappare tutto da solo".
"Ahaha stavo solo giocando" rispose Asari.
"Che branco di idioti" commentò Alaude.
"Si, nuovo amico siamo una famiglia" fece Giotto "abbraccio di gruppo".
G abbracciò Giotto trascinando anche Asari nell'abbraccio mentre Alaude rimase fermo.
"Nuovo amico perchè non ci abbracci?" chiese Giotto.
"Abbraccio estremooo" urlò Knuckle abbracciandoli tutti portando con sè anche Alaude e facendoli cadere tutti a terra.
"Ahaha divertente, ma non abbiamo dimenticato qualcuno?" fece Asari.
"Giusto!" si ricordò Giotto "il mio amico principe, G vallo a prendere".
"Ma primo, quell'idiota sta all'entrata" ribatte G beccandosi il piede di Giotto sullo stomaco.
"Estremoo!" commentò Knukcle "lo spiaccicherà, che Dio perdoni la tua morte".
Dato che sembrava divertente, si unirono anche Alaude e Asari a schiacciare il povero G.
Ma Giotto parve stufarsi presto di quel gioco "lasciatelo deve andare a prendere il mio amico".
G si alzò un po' ammaccato, tirò un calcio ad Asari ed andò a prendere Lampo.
Una volta tornato col principe ripeterono con qualche difficoltà l'abbraccio di gruppo.
Adesso però si presentava un nuovo problema.
Alaude non aveva per niente voglia di andar con loro, e dato che a G toccava già trascinare Lampo, chi avrebbe potuto trascinarlo?
"Amico prete pazzo, trascinalo tu" propose Giotto.
"Subito!".
Knuckle ci provò ma venne pestato da Alaude.
Asari tentò invece di calmarlo e venne pestato a sua volta.
Allora Giotto decise di provarci da solo.
Prese per mano Alaude "sù da bravo, vieni con noi..siamo la tua famiglia".
Ma venne pestato a sua volta.
Però non si arrese, e con la sua fiamma lo congelò.
"Adesso non ci saranno più problemi".
"Primo lei è un genio!" lo lodò G.
"Kyokugen, però adesso è troppo freddo" notò il prete " ci servirà una carriola".
"G, procuraci una carriola"ordinò il Primo.
"No, ho una soluzione migliore... LACCIO EMOSTATICO!" disse entusiasta mostrando il laccetto.
E così, con G che riusciva finalmente a trasportare sia Lampo che Alaude, i nostri eroi si diressero verso la stato del vaticano.

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Capitolo 11
*** 11 ***


11 " Ho bisogno di un pittore!" si lamentò un pontefice random.
Ed in suo aiuto giunse Knuckle.
"Padre, ho portato dei grandi dipintori e li ucciderò tutti".
"Fantastico! Allora mentre loro dipingono noi possiamo raccogliere ricchezze!".
"Quanto ci darete per i dipinti?" chiese Giotto, sempre interessato ai soldi.
"33 danari di bronzo" rispose secco il pontefice.
"Con quelli al massimo faccio il fondo, ne voglio 33 d'oro".
"50 di bronzo" contrattò il Pontefice.
"Il mio nome è conosciuto ovunque, io sono il miglior allievo di Cimabue...un mio affresco vale più della basilica di San Pietro" rispose modesto il biondo.
"Allora 33 denari di bronzo, paghiamo il 30% dei materiali.. ed una coroncina".
Contrariato, Giotto ordinò qualcosa nell'orecchio a G, che corse a rifornirsi di frecce.
"Vorrei ricordarti che siamo anche la famiglia mafiosa più potente d'Italia, non ti conviene averci contro".
"E io rappresento la chiesa" ribattè il pontefice ed apparirono preti ovunque, armati di scudi lance e spade.
"Famiglia, all'attacco" ordinò Giotto munendosi di guanti e fiamme "..ci serve un nome..".
Per caso, di lì passava un inglese.
"Nufufu che succede qui?" chiese l'inglese per nulla random.
"La chiesa sta combattendo contro degli artisti pretenziosi" gli rispose un passante, che guarda caso 'aveva visto tutto'.
"Ma io non posso mettermi contro la Chiesa" fece Knuckle in un chiaro conflitto d'interessi.
"Non ti preoccupare" fece Lampo "fissali e prima o poi la battaglia finirà".
L'inglese, il cui cognome era Daemon Spade, e sarebbero passati molti anni prima che si sapesse il suo nome, si avvicinò a Giotto "Hai bisogno di una mano?".
"C'è già G come peso morto" disse il biondo in quel momento un po' incazzato.
"Primo ma ne ho già uccisi 50" si lamentò G.
"Ma Lampo con lo sguardo ne sta uccidendo molti di più" replicò il biondo che doveva sempre avere ragione altrimenti non era contento.
"Allora se non vi servo aiuto loro" fece Daemon Spade.
"No amico gioca con noi" s'intromise Asari.
"Mmm ma a me sembra che il vostro capo non sia very good... that's okay? Very well?".
"Qualcuno traduca, mi scoccio di capire" fece Lampo.
"Li ho arrestati e ingoiati a morte tutti, adesso ho la pancia piena" fece Alaude che per una volta partecipava a ciò che stavano facendo.
"Tsk, lo dirò ai più alti stati della chiesa" si lamentò il pontefice.
E Giotto che aveva appena fregato un mantello, si vantò ancora "la mia famiglia regna!".
"Il Papa te la farà pagare" promise ii Pontefice.
"Cosa abbiamo fatto, li abbiamo uccisi tutti" si lamentò Knuckle.
Usando il picciontelefono il pontefice chiamò il Papa.
"Tu, capo dei pittori..il Papa vuole parlare con te".
"Pronto, chi ha l'onore di parlare con me?"  rispose Giotto.
"Giovinastro, perchè vuoi finire all'inferno?" disse il Papa.
Dante, che passava di lì per caso si fermò vicino al pittore "Ma tu sei Giotto!".
Prese poi una pergamena e passò una penna al pittore "Io ti stimo! Se mi fai un autografo ti metto in paradiso!".
"Stima anche me?" chiese G, speranzoso.
Ma lo scrittore lo ignorò continuando a guardare Giotto e G se ne andò affranto.
"G, vieni subito qui e riportami il telefono idiota" sbaritò calciando Dante perchè G era troppo lontano.
E G, che era in fin dei conti il più intelligente del gruppo parlò al Papa cercando di indurlo a cambiare idea.
Ce l'avrebbe anche fatta se Giotto non l'avesse interrotto andando a picchiarlo.
Ed a quel punto il braccio destro non ce la fece più e disse a Giotto quanto fosse uno stronzo di merda.

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Capitolo 12
*** 12 ***


12 Giotto, non essendo contento del compenso che il Pontefice random voleva dargli per l'affresco, decise arbitrariamente di mettere la sua famiglia contro la chiesa.
Dopo una battaglia nella quale i nostri eroi, sembravano stare per vincere, il Pontefice chiamò il Papa.
G, decise di riparare la situazione, ma dopo essere stato pestato per l'ennesima volta da Giotto senza un vero e proprio motivo, si innervosì e gli diede dello stronzo di merda.
Giotto, rimanendoci malissimo se ne andò.
Dante, continuò a seguire Giotto cercando di ottenere un autografo.

Intanto Asari, vedendo G triste gli si avvicinò: "è successo qualcosa?".
"Niente idiota" sospirò G.
"A me sembra di sì" gli disse Asari prendendogli il viso tra le mani, costringendolo a guardarlo "ne sei sicuro?".
"Sì, ne sono sicuro" rispose stizzito G, liberandosi da quella stretta.

Giotto, prese il piccion telefono e chiamò Kozato.
Il rosso però, non avendo mai visto un piccion telefono, vedendo un piccione squillare si spaventò "Cosa cazzo è quello?".
"Ma quando risponde?" si lamentò il pittore sconsolato.
Ancora timoroso, Kozato toccò il picciontelefono con un ramoscello.
"Kozato, rispondi a sto cazzo di picciontelefono" si spazientì Cimabue.
Ed il ragazzo, capì che doveva rispondere "Pronto?" disse un po' timoroso "no aspetta, pronto? Così va bene?".
E sentendo la voce del suo amato che non vedeva da quando era partito per quel viaggio, Giotto scoppiò a piangere "Kozatooo".
"Giotto, stai parlando attraverso un piccione?" si stupì il rosso.
"Kozatooo" ripetè disperato il biondo.
"Dimmi Giotto" sorrise Kozato.
"Ma come, sei felice di sentirmi triste?".
"Ah, scusa il piccione è malfunzionante...forse ha mangiato troppo".
"Kozato è successa una cosa terribile".
"Cosa Giotto?" rispose il ragazzo facendosi serio.
"G...il mio fidato braccio destro...si è ribellato".
"Haha Giotto non mi chiamare quando sei ubriaco" rispose il rosso, non riuscendo a credere a quella strana notizia.
"Ma che dici Kozato, io non sono ubriaco".
"Ok Giotto ma dim-".
E la voce di Kozato fu sostituita da una registrata.
"Ci spiace del disturbo ma non c'è più linea a causa della morte del piccione, ci scusiamo ancora".
"Kozaaatooo" si lamentò ancora Giotto sbattendo il piccion telefono in testa a Dante "e adesso che faccio?".
"Ahia fa male" si lamentò l'illustre poeta fiorentino.
"E tu non ti lamentare adesso è il mio turno" replicò l'egocentrico Giotto.
"Mhh what i see..nufufu un Giotto in difficoltà" disse Daemon Spade comparendo dalla nebbia.
"E non tonare mai più" disse Giotto a Dante dopo averlo cacciato  a picciontelefonate in testa.
"Gnè non ho avuto nemmeno l'autografo" si lamentò quello.
"Se non te ne vai ti faccio l'autografo col mio piede. E tu che cazzo vuoi?" disse poi accorgendosi dell'inglese.
"Nufufu aiutare donzelli in difficoltà è la mia specialità...dopo il tradimento ovviamente".

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Capitolo 13
*** 13 ***


13 Dopo essersela presa con Dante, Giotto si accorge delllo straniero che gli gironzola attorno, il quale in maniera forse un po' sospetta dichiara di volerlo aiutare.
"Chi te lo dice che sono in difficoltà?" gli chiede Giotto.
"Me lo dice il tuo bel visino in lacrime"risponde lo straniero.
Il bel visino in questione, è una faccia sporca di lacrime con il naso che cola.
Giotto si asciugò il viso con un fazzoletto di stoffa pregiato "embè? Non sono cazzi tuoi!".
"No, dai non fare così..andiamo a prendere un goccetto?" propose Daemon.
"Solo se paghi tu" rispose Giotto.
"Ma ceerto nufufu" acconsentì lo straniero.
Allora Giotto lo prese a braccetto "andiamo amico, i veri uomini affogano i loro G...dispiaceri, nell'alcool".
Ed andarono in un bel localino pieno di alcool, droghe fumo e chi più ne ha più ne metta.
Giotto guardò Spade con aria sconcertata, da brav'uomo di campagna non era mai stato in un posto del genere "dove mi hai portato?".
"Nufufu, non volevi affogare i problemi nell'alcool? Ti sei già pentito?".
"Si ma" il biondo si guardò intorno intontito "questo posto è strano".
"E' solo una comune birreria" mentì Daemon Spade.
Il biondo anche se poco convinto, acconsentì e dopo essersi seduti, l'inglese ordinò al cameriere "ehy tu, due martini e un po' di tu sai cosa".
"Lo stesso anche a me" dice Giotto lasciando pensare a Daemon che fosse un idiota.
Arrivarono i martini e Giotto, dopo averlo guardato un po' confuso decise di bere in un sorso solo.
L'inglese invece, buttò il suo martini in una pianta per poi rivolgersi al biondo "ci facciamo un altro giro?".
"Mi gira un po' la testa..." disse il pittore "preferireri di no" si appoggiò al bancone.
"Una pillola?" chiede Daemon, offrendo una pillolina bianco lucida al pittore.
"Ah un'aspirina, grazie" dice prendendosi la pillola ed ingoiandola aiutandosi col martini.
In questo modo, Giotto non fu più in grado di intendere e di volere, e  Spade lo trascinò in bagno e... come avrebbe detto Franco 'Coff Coff' ...
Ma Franco era morto.
 
Il giorno dopo, Giotto si risvegliò con dolori al fondoschiena e la testa pesante.
Si alzò nervoso guardandosi intorno.
"Dove sono, che ho fatto ieri?".
G, lo vide e corse a salutarlo.
"Primoo, finalmente! E' da ieri che la cerco".
Giotto però non sembra altrettanto felice "mi fa male la testa" dice, ritirandosi poi in un angolo a vomitare.
"Primoo, è tutta colpa mia, mi dispiace!" dice G.
"Fammi passare prima il post sbornia e poi ne riparliamo" dice il biondo, provando poi a sedersi ma dal dolore decide di rinunciare "è normale che dopo un'ubriacata mi faccia male anche il sedere?".
G lo guardò con espressione scioccata.
"Ahaha Giotto sei proprio divertente" intervenne Asari, completamente a casaccio.
"Che noia che siete tutti" esprime il suo giudizioso parere Lampo.
Intanto si avvicina un barista a portare il conto a Giotto, dato che Spade non aveva pagato.
Giotto, guardò il conto e si rivolse alla sua famiglia "qualcuno paghi".
"Kyokugen! Ho giusto qualche spicciolo" intervenne Knuckle appena uscito dalla messa domenicale.
E così il conto venne pagato con le offerte della comunità, e da questo nacque il pizzo.
"Ma dov'è andato quel tizio inglese? Ricordo che ieri ero con lui.." chiese Giotto al barista.
"Se ne è andato alle 3:15.. ricordo che ha confabulato qualcosa in inglese" rispose prontamente il barista, che era molto professionale nel conoscere gli affari della gente.
"Chissà se lo rivedremo" dice Giotto pensieroso.

Quando Giotto si sente meglio, decide di far pace con G.
"G, dobbiamo parlare" gli dice, poi nota che ci sono anche gli altri "si, andatevene tutti! Devo parlare con G, e recuperate Alaude".
"Uffa che noia" commenta il principe Lampo.
"Ahaha vedete di non litigare di nuovo" raccomanda Asari.
Se ne andarono tutti e finalmente G e Giotto poterono parlare faccia a faccia.
Ma nel prossimo capitolo.

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Capitolo 14
*** 14 ***


14 Il giorno dopo, Giotto si risvegliò con dolori al fondoschiena.
"Ahi, ahi... ma dove sono, che ho fatto ieri?".
"Primoo finalmente! E' da ieri sera che la cerco!" disse G.
"Mi fa male la testa" si lamentò Giotto, vomitando in un angolo.
"Primo è tutta colpa mia, mi dispiace".
"Fammi prima passare il post sbornia e poi ne riparliamo" rispose Giotto.
Provò a sedersi ma il sedere gli faceva male.
"G, è normale che dopo una sbronza mi fa male anche il sedere?".
Il braccio destro mostrò un espressione scandalizzata.
"Ahah Giotto sei proprio divertente" disse Asari.
Un barista portò il conto a Giotto che Spade non aveva pagato.
"Qualcuno paghi" disse il boss guardando con aria afflitta il conto.
"Kyokugen! Ho giusto qualche spicciolo!" disse il prete, appena uscito dalla messa domenicale.
"Che palle la messa domenicale" disse Lampo.
"Ma dov'è finito quel tizio inglese" chiese Giotto "ricordo che ieri ero con lui..".
"Se ne è andato alle 3 e 15, ricordo che ha confabulato qualcosa in inglese" disse il barista.
"Chissà se lo rivedremo" disse, sospirando con aria sognante Giotto.
Il prete pazzo con i soldi delle offerte pagò il conto, e quando Giotto si sentì meglio, volle rimanere da solo con G per fare pace.
"G, vorrei sapere qual è il tuo problema" chiese il biondo.
"Ecco.. Primo... come dire, lei non è proprio corretto" rispose G, non molto a suo agio, era la prima volta che andava contro il suo boss.
"CHE SIGNIFICA CHE NON SONO CORRETTO?! Non mancarmi di rispetto" si arrabbiò Giotto.
"Primo.. ma è la verità" tentò di farlo ragionare l'altro.
Sapeva bene che il Primo non aveva un bel carattere ma aveva sempre cercato di sopportarlo.
"Io ti ho portato con me fino ad ora, ti ho trattato come se fossi un'essere vivente, ti ho considerato parte della mia famiglia... e tu mi ripaghi così?".
A quelle parole, G esplose.
"Primo basta. MI HA PROPRIO ROTTO!".
"CHE CAZZO CI URLI? IO NON TI STO URLANDO IN FACCIA, E MODERA I TERMINI!".
"LEI E' UN IDIOTA".
"Tu sei un idiota" si calma un pochino Giotto, ma solo per cominciare di nuovo "MI SPIEGHI COME FAREI SE NON POTESSI SFRUTTARTI? TU MI SERVI, STUPIDO ROSATO".
"UNO E' MAGENTA, E DUE: VADA A FARSI SFRUTTARE LEI!".
"SEI UN INGRATO" urla Giotto per poi dare un pugno nello stomaco a G.
"E LEI E' UNA BAMBOLA GONFIABILE" replicò il rosato, anzi magentato, dando un calcio negli stinchi al suo non più adorato Primo.
"Che cazzo dici?" chiede il biondo.
"Che lei se la fa con tutti, BATTONA!".
Giotto allora, riassemblò un po' i ricordi della sera precedente e comprese "che cazzo ho fatto...?".
"Mi ha deluso, Primo" dice G, per poi andarsene.
Giotto rimase per un attimo interdetto ma prima che G sparisse dalla sua vista provò a chiamarlo "FERMATI"... Per favore..".
Ma G lo ignorò e sparì.
Allora il biondo si alzò e iniziò ad incamminarsi nella direzione opposta.
Gli altri, intanto, erano da Alaude.

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Capitolo 15
*** 15 ***


15 Alaude si stava nascondendo, ora che tutti erano divisi, era la sua occasione per sfuggire a quella strana banda.
"Sento qualcuno che mi chiama... ma tanto mi sono nascosto bene, non mi vedranno mai" dice da dietro il bidone della spazzatura.
"Mi scoccio di cercare l'ingoiatore.. posso andare a casa?" disse Lampo, e per la prima volta nella sua vita, qualcuno, ovvero Alaude, pensò che meritasse una medaglia.
"Ahaha è divertente cercare" fece Asari "mi domando se quei due abbiano smesso di parlare pacificamente".
"Kyokugen" si esaltò il prete pazzo "L'ho visto! All'attacco, in nome di Dio".
"Che palle, perchè non si fanno i fatti loro?" si lamentò Alaude.
"Ahah giochiamo ad acchiapparello" disse Asari.
"Non mi prenderete mai" disse Alaude correndo, ed infatti correva davvero veloce, solo che poco dopo finì a sbattere contro un palo.
Knuckle si avvicinò a lui con aria serissima: "Dio mi ha donato questo laccio emostatico. Attacco di Dioo" disse, lanciando il laccio.
Tutto si svolse al rallenty ed il laccio emostatico si avvitò attorno al collo di Alaude, strozzandolo.
"Ahah aiutiamolo altrimenti morirà" disse Asari, togliendo il laccio dal collo di Alaude.
"Uffa, perchè non l'abbiamo lasciato morire?" chiese Lampo che annoiato si gustava la scena.
Alaude si girò prima a guardare storto Lampo, poi Knuckle ed infine Asari "di sicuro non ti ringrazierò" dice a quest'ultimo.
"Ahah non serve ringraziarmi, andiamo a prendere il capo" fu la risposta che ottenne.
"Ma io non ho mai detto che vi seguirò" protestò Alaude.
Ma con un ulteriore utilizzo del laccio emostatico, fu costretto a seguirli.
"E che noia... non c'è G, chi mi trascina?" chiede Lampo.
"Autotrascinati Kyokugen" dice Knuckle.
"Ahah io non posso, devo già portare lui" risponde Asari indicando Alaude.
"Dio non mi permette di trascinare la gente" fece Knuckle.
"Non mi importa, resto qui" decide Lampo e si sedette a terra.
"Ok" rispose tranquillo il prete.
E così andarono a cercare il boss, senza Lampo.
"Ahah andiamo fuori al locale di prima, forse sono ancora lì a parlare in modo civile" propose Asari.
Nel cammino incontrarono proprio Giotto.
"Ragazzi ho una brutta notizia" fece il boss.
"Kyokugen! Abbraccio estremo?!" chiese Knuckle.
"No... io non sono una bambola gonfiabile" dice Giotto in maniera strana.
Poi guardando i ragazzi, si accorse che mancava qualcuno.
"Ma dov'è il mio amico?".
"Ahah voleva farsi trascinare da G".
"Ehm" fa Giotto, e preso dalla depressione si accovacciò facendo cerchi perfetti a terra.
"Capo c'è qualcosa che non va?" domandò Asari, essendo l'unico in quel momento ad avere abbastanza coscienza da preoccuparsi.
"Ormai è inutile.. noi non siamo una famiglia... non abbiamo nemmeno il cognome":
"Ma il gioco non è finito" tentò di rincuorarlo Asari.
"Ma cosa farò senza il mio amico e senza il mio braccio destro?".
"Li andiamo a prendere" gli sorrise Asari.
"Ma G mi odia e non vorrà mai tornare... e Lampo non torna se G non torna.. e se non tornano?".
"Usiamo un laccio emostatico" disse Knuckle mettendosi in mezzo.
"Slegami che me ne vado" commentò Alaude "brranco di deficienti, ha ragione il vostro capo a deprimersi".
"Subito" tentò di aiurarlo il prete ma tirò solo più forte.
"Stronzo io ti.." tentò di protestare Alaude ma svenne.
"Lasciatemi da solo" disse Giotto.
"Ok capo, ci vediamo dopo... noi andiamo nel bar, Alaude è diventato paonazzo" disse Asari.
"Addio ragazzi" li salutò il primo.
Ed i ragazzi si allontanano con il prete che tirava ed Alaude mezzo morto.

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Capitolo 16
*** 16 ***


16 Knuckle, Asari, ed un ferito Alaude entrarono nel bar.
"Io prenderò gli strozzapreti al pomodoro, Kyokugen!" disse Knuckle.
Intanto Asari approfittò della sua distrazione per prendere Alaude e slacciargli il laccio emostatico in modo da permettergli di respirare.
"Ahah io voglio un po' d'acqua per il mio amico e per me una coca cola" dice Asari.
"Io voglio: lo strozzapreti al pomodoro, crocchè, zeppoline, un panino, una bottiglia di fanta e... un'insalatina" ordina il prete.
Intanto la cameriera diede un bicchiere d'acqua ad Asari che fece bere Alaude che però si affogò anche con l'acqua.
"Scusa amico" disse Asari agitandosi, rovesciandogli la fanta che aveva ordinato il prete addosso.
Alaude, smise di tossire e gli bestemmiò contro.
Knuckle sentì le bestemmie ma continuò a mangiare, convinto della presa del suo laccio emostatico.
Putroppo però il laccio si ruppe ed Alaude li pestò entrambi.
Ed anche mentre viene pestato, il prete continuò a mangiare.
"Ahah si è ripreso proprio" disse Asari.
Arrivò un cameriere random: "il conto, ed il vostro amico ha appena vinto una torta al cioccolato fondente con panna a nove strati".
"Kyokugen, pagherò con i soldi che mi ha prestato il mio amico barbone, porgendomi gentilmente il suo cappello e mangerò la torta tutto da solo" disse il prete.
"Porco..." commentò Alaude.
"Ahah che ragazzo simpatico" fece Asari.
"Non ci sperare, non dirò mi piacciono i treni" disse Alaude ed un treno random li investì facendoli finire chissà dove.
"Dov'è la mia torta?" fu la prima cosa di cui si preoccupò il prete.
"Ahah nel mio stomaco" gli rispose Asari.
"Dio ti punirà" fece Knuckle guardandolo malissimo.
"Posso approfittarne per svignarmela?" chiese Alaude.
"Ahaha che battuta divertente.. ma piuttosto, dove siamo?" si preoccupò Asari.
"Non ne ho la minima idea e me ne vanto!" rispose il prete.
"Idioti, basta dire 'mi piacciono i treni'" disse Alaude ed un trenò li riportò al bar "visto babbei?".
"Bravo amico.. adesso andiamo a far ridere il capo" fece Asari.
Ritornarono da Giotto, che intanto si era addormentato in un angolino.

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Capitolo 17
*** 17 ***


17 Dopo essere usciti dal bar, i tre mafiosi, videro Giotto che si era addormentato.
"Kyokugeeen" urlò Knuckle svegliandolo.
Il biondo saltò subito in piedi "chi mi ha svegliato?".
"Io.... kyokugen, mi confesserò per questo" disse il prete.
"Ma non vi avevo detto di non farvi più vedere?" chiese Giotto.
"No, kyokugen" rispose Knuckle.
Ma Giotto non capì.
"Vorrei una risposta concreta.."
"No kyokugen" ripetè il prete.
"E allora ve lo dico adesso.... FUORI DALLA MIA VISTA!" si arrabbiò il biondo.
"Subito capo" cercò di scappare Alaude, ma fu ripreso subito con l'attacco di Dio.
"Andiamo su" disse Asari cercando di far ragionare Giotto, ma questo si mostrò cocciuto.
"Ho detto di no!" disse incrociando le braccia al petto con aria imbronciata.
"Dov'è G? Non è ancora tornato?" chiese allora Asari con aria preoccupata.
"Lui non tornerà più, quante volte te lo devo dire?" ribadì Giotto.
"Andiamo a cercarlo" insistette Asari.
"Ma tanto non vuole tornare".
"Allora lo mazziamo!".
Giotto trovò che quella fosse una buona idea, quindi partirono a cercarlo.

Intanto il povero G passeggiava da solo in un boschetto, pensando a quanto fosse idiota il Primo.
"Che noia c'è G" disse Lampo vedendolo.
"Che ci fai tu qui?" chiese G.
"Mi hanno lasciato loro" rispose, e dal suo tono s'intuiva quanto avesse dovuto patir la solitudine.
"Uffa, mo ti trascino io".
Camminanrono per un po' con Lampo che veniva trascinato.
"Saresti potuto morire, cazzone" gli disse G.
"Buon per te" rispose il principe.
Ad una decina di metri di distanza, Knuckle li vide.
"Kyokugeeeen".
"Prete, prete calmati" disse Asari non capendo il suo attacco.
Giotto intanto vede G... e lo ignorò.
"Amico miooo" disse correndo verso Lampo.
"Primo, che cazzo ci fa qui e perchè mi ignora?" disse G risentito.
"Ah giusto, G devo picchiarti".
"Che cazzo dice?".
"Me l'ha detto lui che devo picchiarti" risponde il Primo indicando Asari.
"Non è vero! Questa è una sua idea, bastardo!".
Giotto allora si avvicinò a G ed inizia a fustigarlo.
"IO ME NE VADO PROSTITUTA" urlò il rosato.
"Dici ancora queste cose? Allora il periodo di isolamento non ti è servito a nulla?" gli chiese Giotto.
Ma G lo ignorò e trascinò Lampo con sè.
"Ahah sta scappando" disse Asari e inseguì il suo amico, per poi afferrarlo.
"Non rompere anche tu!" sbraitò G molto irritato.
Si avvicinò anche Giotto "mica dobbiamo trascinare anche te adesso?".
"Non ti preoccupare tanto me ne vado" rispose G.
"Non puoi, pensa a Franco, si rivolterebbe nella tomba" disse Giotto cercando di convincerlo.
"Cazzo! Franco è morto non può più fare nulla!".
"Amico non giocare così" disse Asari "Franco sta solo dormendo..." poi, girandosi verso Giotto, chiese "chi è Franco?".
"FRANCO E' MORTO, PUNTO" s'incazzò G.
"E Cimabue? Si dispiacerebbe se tu te ne andassi" continuò Giotto.
"Si, certo come no".
"Allora fallo per me...e per il tuo fidanzato" disse allora il Primo.
"NON E' IL MIO FIDANZATO E LEI VADA DAL SUO INGLESINO A FARSI CONSOLARE".
"Pensavo stessimo assieme" disse Asari.
Il prete, lo pattò e ammiccò "Kyokugen?".
"Bene, allora vattene... non ti è mai importato nulla della mia famiglia" rispose Giotto.
"Giusto, non me ne importa nulla di voi" replica G e lasciò anche Lampo.
"Ormai è finita per noi, perchè non torniamo tutti da dove siamo venuti?" propose Giotto ormai sconsolato.
Sembrava che il danno fosse ormai irreparabile.
"Ottima idea" acconsentì Alaude.
Stavano tutti per andarsene con aria amareggiata, quando dal nulla comparve Demon Spade.
"Nufufu siete di nuovo alle solite".


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Capitolo 18
*** 18 ***


18 La famiglia stava per dividersi, quando dinanzi a loro comparve Demon Spade.
Giotto inorridì al solo guardarlo "TU..." lo indicò.
L'inglese lo guardò beffardo "hai qualcosa da dirmi? nufufu".
"Su, primo vada da lui" disse G, schifato da tutta quella situazione.
"Sii, kyokugen" s'intromise il prete.
"Io non mi farò ingannare di nuovo da te, perciò sparisci o sarò costretto ad annientarti" lo minacciò Giotto.
Alaude scoppiò a ridere, non credeva proprio che il biondo sarebbe stato in grado di far qualcosa.
Rise anche Asari, senza capirne il motivo.
Si aggiunse alla risata anche il prete.
"Ahah, Primo tutti quanti pensano che lei sia solo il buco di quel tizio" infierì G.
Ma Lampo si oppose fermamente "mi scoccio di ridere".
"Non importa quello che pensate" disse Giotto, cercando di farsi forza da solo, dato che i suoi amici stavano ridendo di lui "adesso preparati a rimpiangere di avermi incontrato".
Si preparò al combattimento, con i suoi guanti, il suo mantello e la fiamma in testa.
"Sei sicuro di non voler fare un altro giro con me?" lo prese in giro Spade.
Giotto cercò di tirargli un pugno, ma l'inglese lo evitò, trasformandosi in nebbia per poi colpirlo a sorpresa.
Il biondo incassò il colpo, ma cercò comunque di resistere e si mise in posizione per fare il primo burner, uno dei suoi colpi migliori.
"Anche se usi il tuo colpo migliore non puoi battermi".
"Certo che posso" rispose Giotto.
Concentrò la sua energia in una fiamma.
"Primo non lo faccia" cercò di fermarlo G ma mentre correva, inciampò in una formica.
"Allora che devo fare?" chiese Giotto.
"Usi l'antinebbia".
"Ma non ce l'ho".
"Io l'ho comprato con i soldi delle offerte, Kyokugen!" disse il prete.
"Prete, passami l'antinebbia" gli ordinò Giotto.
Ed il prete lo lanciò...a Lampo.
L'antinebbia si consumò addosso al principe.
"Primo, gli lanci Lampo" disse G.
Giotto allora, con le ultime forze che gli erano rimaste e grazie al potere dell'amicizia, afferrò Lampo e lo lanciò.
Il principe volò e volò e tutti rimasero col fiato sospeso, aspettando di sapere cosa sarebbe successo.
"O cazzo" fece Spade un attimo prima di essere colpito da Lampo.
Il principe, gli vomitò addosso l'antinebbia e l'inglese, per lo schifo, vomitò a sua volta.
"Ma che schifo" commentò G.
"Ho vinto!" urlò felice Giotto e si avvicinò a tutti, tranne a Lampo che aveva appena vomitato e puzzava, per farsi battere il cinque.
"Pulitemi, mi scoccio" disse Lampo.
"Io non lo pulisco" fece G.
Allora Giotto si avvicinò con un sorriso a trentadue denti a Spade: "brutto stronzo, puliscilo tu. Ora che ti ho battuto devi fare tutto quello che dico io... in altre parole, benvenuto nella famiglia".
"Nufufu..." replicò seccato l'inglese.
"Hanno fatto così anche con me" gli confessò Alaude.
"Che bello, adesso siamo di nuovo una famiglia" commentò Asari, contento.
"G, decidi un cognome e che sia buono" dice Giotto.
G lo guardò dapprima imbronciato, ma poi si calmò, dopotutto quella battaglia gli aveva fatto capire che a loro ci teneva... ed aveva paura a lasciarli da soli insieme ad un individuo come Demon Spade.
L'avrebbe tenuto d'occhio.
"Simon" rispose.
"No! Non va bene ci chiameremo Vongola!"decise il Primo.
E così, oltre ad un nuovo membro i nostri amici ottennero anche un cognome.

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Capitolo 19
*** 19 ***


capitolo 19 Il Papa camminava inquieto per le sue stanze.
"Papa cosa le succede?" chiese il suo assistente.
"Hmpf, pensavo... chissà come se la sta cavando il nostro infiltrato".
L'assistente che era in contatto con l'infiltrato, gli rispose.
"Se la cava bene, è riuscito ad entrare nella famiglia".
"Convocalo a Roma, subito!" ordinò il Papa.

Intanto dai nostri eroi, Giotto stava insegnando ai suoi familiari, come combattere.
Spade sentì il suo picciontelefono portatile vibrare dalla sua tasca e si allontanò dagli altri per andare a rispondere.
"Hello?".
"Un attimo, le passo il mio illustrissimo Papi" rispose l'assistente.
"Ci sei London?" fece il Papa, in tono sbrigativo.
"Yes, i'm here... dimmi tutto" fece Spade alias London.
"E' arrivato il momento, vieni a Roma dobbiamo parlare. E portami un caffè".
"Sì, devo solo trovare una scusa per lasciare questi idioti" disse, salutando poi il Papa e terminando così la telefonata.
Knuckle in quel momento gli si avvicinò.
"Cosa stai facendo amico? Kyokugen!" chiese il prete.
"Ecco... vorrei andare un attimo dal dottore... per il mio attuale mal di stomaco. Lo dici tu a Giotto? Non vorrei che si preoccupasse" disse, con tutta la cortesia che riuscì a fingere.
"Mal di stomaco? Io ho la soluzione kyokugen!".
"Ma no, devo andare dal mio dottore, lui mi segue da quando ero piccolo" insistè Spade, seccato da quell'individuo.
"Ah... ma portati anche Alfredo" disse il prete e da una sua tasca estrasse una rana e la poggiò delicatamente sulla testa dell'inglese "kyokugen, anche lui ha mal di stomaco. Ma poi me la devo mangiare".
Spade si sforzò di sorridere "non c'è problema" disse.
"Vado a dirlo a Dio. Grazie! Kyokugen!!".
"Idiota" mormorò senza farsi sentire Spade, scomparendo poi nella nebbia, lasciando il prete a pregare.

Spade, davanti al palazzo del Papa, aspettò che lo facessero entrare.
La guardia lo guardò storto.
"Sono 'London' devo entrare, ho un incontro col Papa" spiegò Spade.
"E chi me lo dice a me?" replicò scortese la guardia.
"Chiami qualcuno glielo diranno loro" fece Spade, che quel giorno stava mettendo a dura prova la sua pazienza, circondato com'era da idioti.
La guardia si affacciò "Papa, questo tizio vuole entrare, che faccio?" domandò.
"Sbrigati! Fallo entrare!!" disse il Papa in tono incazzato.
"Va... entra" sbuffò la guardia.
Spade entrò, e per dispetto fece un' illusione alla guardia. Per tutto il giorno avrebbe creduto di essere cieca.
Dopodichè, si sedette su un divano nella sala d'ingresso ed attendendo il Papa, ordinò alla servitù di portargli un thè.
Il Papa entrò e guardò la rana in testa all'inglese, ma chi era lui per giudicare i capricci altrui?
"La moda inglese è strana di recente, London" gli disse.
Spade sorseggiò il thè appena arrivato e scosse la testa in risposta all'affermazione del Papa.
"Questa è del loro prete pazzo" disse, indicando la rana "se non la riportassi indietro si insospettirebbero".
"Capisco. Quindi ora come vuoi agire? Hai conquistato la loro fiducia?" si informò il pontefice.
"Il boss è completamente nelle mie mani. L'unico che sospetta ancora di me è G".
Anche il Papa si decise a bere del thè.
"Basterebbe eliminarlo, non ci vedo grandi problemi" disse.
"Cosa c'è? I suoi obbiettivi si sono affievoliti dall'ultima volta? Non voleva eliminarli tutti? Nufufu".
"Con calma, prima voglio vederli disperarsi per quel che mi hanno fatto".
"Nufufu" disse l'inglese, elettrizzato dall'idea.


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Capitolo 20
*** 20 ***


20 Mentre Spade tornava successero delle cose.
"Giotto, Kyokugen" disse Knuckle.
"Ciao, mio amico prete pazzo" lo salutò il boss della famiglia Vongola.
"L'amico nebbioso ha portato la mia rana dal dottore" raccontò il prete.
Giotto si mostrò alquanto sorpreso da quella rivelazione.
"Tu hai una rana?".
"L'ho tenuta in tasca per tutto il tempo, kyokugen" annuì Knuckle.
"Ma Lampo è allergico alle rane!" disse Giotto allarmato.
"E mi scoccio di disallergizzarmi" fu il commento arguto del principe
"Knuckle è terribile! Devi buttare quella rana!!" continuò Giotto, sempre più preoccupato.
Un terribile dolore attraversò Knuckle come mille gabbiani monocromatici che gli beccassero negli occhi.
"Sento un terribile dolore che mi attraversa come mille gabbiani monocromatici che mi beccano gli occhi" disse il prete.
"Eh?" chiese Giotto, non capendo il concetto.
"Mi sento come se mille gabbiani..." provò a ripetere Knuckle, ma un'idea gli sovvenne alla mente, colpendolo come un gabbiano pluricromatico che gli beccasse la fronte, svegliandolo dal suo abbaglio "oh aspetta, la mia rana è anallergica. Kyokugen!".
"Meno male, anche se non mi faceva tanta differenza" disse Lampo.
"Ho un'idea, festeggiamo questa scoperta! Andiamo a mangiare nella taverna!" propose il prete.
In quel momento tornò Spade con un'aria triste e porse la rana a Knuckle.
"Il dottore dice che è incurabile" mentì, fingendo realistico dispiacere.
"Non è vero" si oppose Knuckle, evidentemente scioccato dalla notizia e schiaffeggiò la guancia liscia e perfetta dell'inglese.
Spade si massaggiò la guancia che quell'insoltente aveva osato colpire "la brutta notizia però non è questa" disse in tono drammatico "la malattia che ha colpito la rana si trasmette anche al padrone".
Un dolore attraversò Knuckle ecc ecc.
"Questa è una punizione divina! Dio perchè? Perchè??" fece il prete, disperato.
"Questo è terribile" confermò Giotto "dobbiamo trovare subito un altro prete".
G arrivò, dopo aver fatto... cose.
"Che succede primo?" chiese.
"G, scava una fossa. Prima che questo cadavere marcisca e ci appesti tutti" disse Giotto.
G lo guardò con aria sconcertata, non capendo cosa stesse accadendo e perchè il Primo fosse così agitato.
"Primo si calmi per favore, può spiegarmi cosa succede?".
"Il prete è spacciato!" affermò Spade con sicurezza.
G, sospettando qualcosa guardò storto l'inglese, poi si rivolse all'amico prete.
"Knuckle se ti senti male andiamo dal medico. Due passi e starai meglio" gli disse.
"NO! DEVO ANDARE SUBITO A LOUVRE A PREGARE!" contestò il prete.
G sbuffò, come sempre era l'unico a poter affrontare con calma i problemi.
"Calmati... ti ci porto io...".
"Ma lascialo morire in pace" disse il confortante Lampo.
"Uff. Primo, per favore fermi questa paranoia collettiva"  disse G "siamo una famiglia, no?".
Ma Giotto era il più agitato ed aveva indossato la tuta antiradiazioni, benchè le radiazioni sarebbero state scoperte solo secoli dopo.
"Io non lo voglio un appestato in famiglia!!".
"Primo, non mi faccia ricorrere a quella parola" tentò di fermarlo G, ormai al limite della pazienza.
E la colpa, ancora una volta era di Spade.
Possibile che tranne lui, nessuno notasse che quell'inglese cercava di mettere l'uno contro l'altro?
"Mi spiace G, il Primo ha ragione. Il prete è contagioso e nel secondo stadio della malattia il soggetto va incontro ad impulsi omicidi" disse Demon Spade, sorridendo in modo ambiguo.
Le cose stavano andando a suo vantaggio, dopotutto era molto semplice manipolare quella massa di incompetenti, per lui.
"AAAH! VI UCCIDERO' TUTTI!'  urlò il prete, in preda alla paranoia.
"Lui è sempre stato così, Primo si fidi di me, saranno solo un po' di emorroidi" disse G, cercando ancora di far ragionare il boss.
"AAH LE MIE MUTANDE SONO MARRONI!".
"Visto Primo, è solo Knuckle nulla di più".
Ma Giotto non voleva saperne nulla.
"BASTA! Allontaniamoci da questo appestato, chi vuole rimanere con lui non farà più parte della famiglia Vongola!".
Lampo, si trovava vicino al prete e si scocciava di muoversi.
"Primo, ragioni!" tentò ancora G.
"G, se vuoi seguirmi trascina Lampo" disse Giotto.
"Primo la smetta di fare i capricci e venga qui" disse G, rivolgendosi poi a Knuckle "tu non hai niente e Lampo, muoviti un po' per Dio!".
"Primo, l'aria di quello storpio sta ferendo i miei polmoni. I'm hurt!" finse Spade.
"Ti ferisco io se non la smetti, serpe!" replicò G, guardando l'inglese con odio.
Mentre i nostri amici combattevano arrivò Asari, che aveva portato Alaude a fare una passeggiata.
"Alaude, Asari! Seguitemi veloci non ho tempo per spiegarvi" disse Giotto.
La rana saltò in faccia al prete.
"SONO DIVENTATO ANCHE CIECO" urlò Knuckle.
G prese la rana e in preda alla rabbia la gettò via.
"ORA BASTA!" gridò.
Giotto cominciò ad incamminarsi.
"Primo si fermi questa è una follia! Almeno andiamo da un medico" disse ancora G.
Knuckle, al colmo della disperazione si sdraiò a terra e iniziò a cantare urlando.
"NON RIESCO A RESPIRARE, NON POSSO PIU' MANGIARE. NON CE LA FACCIO PIU'".
"Non hai niente idiota, diglielo anche tu Alaude" fece G.
"Per me può anche morire" gli rispose indifferente Alaude.
"Asari almeno tu" disse G.
"E' una bella recita".
G si aggrappò a quelle parole per cercare di dare un senso a quella situazione e calmare quell'ondata di pazzia.
"Esatto. E' solo una recita! Bravo Knuckle hai recitato bene, ora puoi smetterla di fare il malato.".
"G, smettila andiamo" disse però Giotto, non convinto da quelle parole.
"Primo, credi a quell'inglese e non a me?" .
"Primo, per favore mi sento davvero male" infierì Spade.
G, cercò di colpire Spade che evitò agilmente il colpo.
"TACI IO NON TI CREDO" urlo G all'inglese.
Spade, per rendersi più credibile si mise a tossire assumendo un'espressione sofferente, inoltre fece un' illusione per far credere a tutti che Knuckle stesse sanguinando.
G, scocciato decise di fare da solo.
"Primo io porto Knuckle dal medico. Se vuole seguirmi questa è la via".
"Addio G, assicura a quello storpio la miglior sepoltura di sempre" disse Giotto e se ne andò.
G si rabbuiò, voltandosi poi verso gli altri.
"Andiamo ragazzi, che le emorroidi di Knuckle peggiorano" disse G, cercando un po' di appoggio almeno da parte di Asari.
"Io seguo Giotto" disse però quest'ultimo.
"Anche tu?" gli disse G, profondamente amareggiato.
"Il nostro amico prete pazzo ha deciso di andare a recitare da Dio. Non possiamo fare niente".
"Io lo aiuterò, voi fate quel che volete" fece G.
Alaude seguì forzatamente Asari che lo teneva col laccio emostatico.
Intanto l'allergia che Lampo aveva covato per tutto quel tempo, si scatenò quando la rana gli saltò in testa.
"Trascino anche te dal medico" mormorò G, ormai scocciato.
"Il gruppo si è staccato, ora sono solo in tre" pensò Spade che aveva seguito il gruppo di Giotto.
E così ora erano divisi.
Cosa sarebbe successo loro?

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Capitolo 21
*** 21 ***


21 G stava trascinando Knuckle e Lampo dal dottore.
Arrivò allo studio ma c'era una fila lunghissima di appestati vari e dovettero prendere il numeretto.
L'appestato numero 1 si rivolse a loro "voi cos'avete?" chiese, per fare due chiacchiere.
"Allergia ed emorroidi" rispose G.
"IO STO MORENDO! HO BISOGNO DELL'ESTREMA UNZIONE, E' TUTTA LA VITA CHE ASPETTO" fece Knuckle.
"Sta buono e prega un po' la fila e lunga" disse G sbuffando e pensando a quanto fosse superficiale il primo, e che non aveva ricevuto un po' d'aiuto nemmeno da Asari.
"Ai miei tempi non c'erano tanti appestati in giro.." incominciò a lamentarsi l'appestato numero 1.
Lampo intanto era completamente ricoperto di bolle rosse, forse colpa anche del veleno che aveva usato Spade per lavarlo.
Finalmente arrivò il loro turno ma il dottore riceveva fino alle 15:00 e per loro sfortuna erano già le 15:01.
"Giuro che se non visiti questi due ti butto questo addossò" disse G indicando Lampo che ormai non sembrava nemmeno più umano, vista l'esplosione di alcune bolle ed il riversamento di pus.
"MARONN" urlò il dottore spaventato e scappò via.
"Andiamo dallo stregone maledetto" propose G.
"Dio è contro la magia" si oppose Knuckle.
"Ma non contro la maledizione. Leggi la Bibbia, andiamo" replicò scocciato G.

Con Lampo che aveva cominciato a puzzare e Knuckle che urlava e si lamentava, arrivarono dallo stregone.
"Salve" li salutò lo stregone.
"Curali, ti pago con questo dipinto del famoso Giotto" disse il rosato.
"Giotto?" chiese lo stregone "quello ricercato dalla chiesa?" disse indicando un volantino con la faccia di Giotto.
Affianco al volantino ce ne erano altri con le facce degli altri membri della famiglia Vongola, e lo stregone guardandoli si accorse di star parlando con il braccio destro del boss "un attimo solo" disse e andò nel suo stanzino, telefonando alla polizia papale.
"Siamo ricercati?" si allarmò G "devo andare ad avvisare il Primo. Voi due venite.. ah giusto, vi devo trascinare".
Ma la polizia papale fu più svelta di loro, ed il negozio dello stregone maledetto venne circondato dai preti armati.
G cercò di uscire ma sentì le voci dei preti, decise allora di buttare Lampo fuori la porta.
"Qualcuno può farmi l'estrema unzione?" disse Knuckle uscendo anche lui fuori.
"Ok, mentre quello li distrae io posso andare ad avvisare il Primo" riflettè G.
"E' Knuckle il traditore. Prendetelo!" urlò un prete.
G era dispiaciuto ma il prete se l'era cercata e gli toccava abbandonarlo lì.
Invece tutti ignorarono Lampo non riuscendo a capire chi o cosa fosse.

Intanto il resto del gruppo...
"Primo, adesso dove stiamo andando?" chiese Spade.
Giotto però non rispose, non ne aveva idea.
"Se volete, posso condurvi in una locanda non lontana da qui, è quasi buio, è pericoloso girare a quest'ora" continuò l'inglese.
"Guidaci in questo gioco, amico ahahah" disse Asari.
"Bene, abbiamo tutti bisogno di ristorarci" sorrispe Spade.
Peccato che il luogo dove li stava conducendo fosse una trappola.
"Grazie Demon, per tutto il sostegno che ci hai dato" disse Giotto, entrando poi nella locanda dove li aveva condotti l'inglese.
Si accorse però subito che c'era qualcosa che non andava.
C'era un prete armato.
Intanto G, che li stava inseguendo, li vide entrare nella locanda.
"Noo primo" urlò il braccio destro.
Il primo provò a girarsi e reagire però Spade lo spinse velocemente all'interno.
"Si muova Don Camillo, catturi questi idioti" disse.
Giotto, preso alla sprovvista dalla spinta cadde a terra, e guardò Spade.
"Sei un traditore" sussurrò con rancore mentre veniva legato da Don Camillo, il quale legò anche Asari.
Approfittando della situazione, Alaude tentò come al solito la fuga, ma G, lo legò col laccio emostatico.
"Mi dispiace, Primo... o dovrei dire... bambola gonfiabile?" disse Spade con aria soddisfatta.
G, però non potè permettere che il Primo subisse quest'umiliazone e colpì l'inglese con un calcio.
"Non permetterti di chiamare così il capo dei vongola!" esclamò, estraendo il suo arco "non toccare i miei amici Don Camillo!".
Spade, per non permettergli di attaccare, avvolse tutto nella nebbia.
G, riuscì comunque a colpire Don Camillo, ma nel frattempo, Giotto venne portato via da Spade.
La nebbia lentamente scomparve, e Gi si accorse della sparizione del primo.
"Merda, mi sono lasciato fregare" disse frustrato.



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Capitolo 22
*** 22 ***


22 Spade, dopo essere riuscito ad ingannare G, portò Giotto al cospetto del Papa.
Il Papa, vedendo che finalmente l'inglese aveva fatto come gli era stato richiesto, appariva molto soddisfatto.
"Ottimo lavoro London" gli disse, poi, rivolgendo la sua attenzione al biondo "...e tu, ora... chiedimi scusa".
"Giammai" replicò Giotto con orgoglio "ora capisco cosa voleva Franco. Voleva uccidere il Papa!".
"Ho detto chiedimi scusa! Altrimenti non ti perdono" insistè il capo della chiesa.
Spade era alcquanto sorpreso dalla situazione.
"Mh? Quindi voleva solo questo?".
"E che altro se no?" gli rispose il Papa.
"Ma.." provò a replicare Spade.
"Non mi interessa la tua opinione. E ora vai, ho chiamato i Vindice. Tradire la mafia è un peccato imperdonabile!".
E per la prima volta nella storia, l'inglese si sentì spaventato.
"I...V-vindice?".
Un Vindice di nome Palmino entrò nella stanza.
"Signor Papa, sono venuto a prendere il traditore".
"Questo non è possibile... Giotto, non osare chiedere scusa a questo infame!" disse l'inglese.
Per difendersi, estrasse il suo tridente, ma il Vindice era un avversario troppo forte per lui.
Palmino gli comprarve facilmente alle spalle.
L'inglese, in un'ultima, disperata mossa provò ad avvolgersi nella nebbia, ma Palmino aveva l'antinebbia e lo catturò facilmente.
"Un lavoretto facile facile. Spero che Nessuno mi dia un bacio" disse Palmino.
"Un giorno, che sia anche tra cent'anni ve la faro pagare" mormorò Spade, arrabbiato per la sua sconfitta.
Il prigioniero fu trascinato via, ed il Papa rimase faccia a faccia con Giotto.
"CHIEDIMI SCUSA, CHIEDIMI SCUSA".
                                                                                                           ***

Intanto Knuckle e Lampo stavano lottando contro i preti armati, quando passò di lì Ponda: il marocchino di corte.
"Prego, prego" disse, cercando di convincere i potenziali clienti ad acquistare i suoi prodotti.
Un prete armato vide qualcosa che destò la sua attenzione.
"Sentì, posso comprare questo anti allergico? Questo tizio mi fa un po' impressione" chiese al suo collega.
L'atro prete armato lo guardò un po' dubbioso ma acconsentì.
"Usa i soldi delle elemosine".
"Un fiorino" disse Ponda.
"Mezzo fiorino" provò a contrattare il prete.
"Due fiorini e mezzo" fece Ponda "io devo sfamare la mia famiglia".
"Io ti faccio arrestare per sodomia!" protestò il prete.
"Qualcuno mi consideri" fece Knuckle, che era stato disturbato da Ponda nella sua battaglia.
"Ehi aspetta bello, sto facendo un affare. Con due fiorini e mezzo mi compro pure un ombrello firmato corte di Lampo" disse il prete.
"Ma Lampo è lui" fece notare Knuckle, indicando il suddetto.
Ponda, vedendo il suo padrone cambiò idea.
"Allora tutto gratis, con cinquanta fiorini potete avere anche me".
"Affare fatto" disse il primo prete, mentre il secondo indossò degli occhiali da soli appena comprati gratis.
Un terzo prete intanto disinfestò Lampo, girandolo lentamente col piede.
Lampo si alzò in piedi.
"Non sono più allergico!" esclamò con fierezza "era dal mio compleanno di 8 anni, quando mi regalarono una rana che mi trovo in queste condizioni".
"Ne vuoi un'altra? Kyokugen" chiese Knuckle.
"Non ce ne frega niente, arrestiamoli!" disse un prete, invocando l'aiuto di Dio per creare una corda.
"Oh no. Il laccio emostatico divino" disse Knuckle, rimanendo intrappolato nella corda.
"Ci penso io" intervenne Lampo.
Nessuno lo sapeva, ma essendo un principe, Lampo aveva studiato svogliatamente la spada per anni.
"En guarde".
Lampo lottò contro un prete, ma durante il combattimento, gli cadde una rana in testa.
Sopraffatto di nuovo dalla sua allergia, il principe lasciò cadere a terra la spada, troppo annoiato per continuare.
Venne legato anche lui, ed insieme a Knuckle portato nelle prigioni.
                                                                          ***

Intanto, tornando ai sentimenti del Papa...
"C-H-I-E-D-I S-C-U-S-A !!1!!" s'infuriò il Papa.
"No, mai!!1!!" risspose Giotto, incrociando le braccia.
Il Papa allora si vide costretto ad usare le sue misure.
"Imprigionatelo! ...Ma vedi tu, io volevo solo giocare alla mafia con loro...".
Giotto venne trascinato nei sotterranei, nella stessa cella dove erano stati portati Lampo e Knuckle.
Il Primo, vedendo quest'ultimo impallidì.
"Madonna l'appestato! Fatemi uscireee".
In realtà, quella volta Demon Spade aveva avuto quasi ragione.
Knuckle soffriva di schizzofrenia con impulsi omicidi.
Ora però che era peggiorato aveva anche tendenze suicide.
Il prete pazzo estrasse un pugnale dalla sua veste puntandoselo al cuore.
Lampo, per la prima volta era veramente sconvolto.
"Amico...no" disse Giotto, sconvolto anche lui ma voleva tentare di fermarlo in qualche modo.
Gli si avvicinò, ma in un rapido gesto il prete pazzo si pugnalò, accasciandosi tra le sue braccia.
"E...stre...mo" disse Knuckle, alzando la mano in segno di vittoria ed accennando un sorriso, prma che il braccio gli ricadesse ed il prete esalasse l'ultimo respiro.
La sua travagliata vita, colpita da una malattia cui nessuno era riuscito a riconoscere, era giunta al termine.
Ora Knuckle era estremamente in pace.

Mentre Giotto e Lampo piangevano per la morte del loro amico (Lampo si limitava in realtà a guardare sconvolto il corpo straziato), G era arrivato al palazzo del Papa pronto a salvare tutti.
"Dove andiamo ora?" domandò Asari.
G aveva pensato ad un piano per riuscire ad entrare nel palazzo del Papa.
"Ci vestiamo da suore e poi entriamo" disse.
"Scordatelo" si oppose Alaude.
A quel punto però, G si rese conto di aver bisogno di tutto l'aiuto possibile per riuscire a salvare la sua famiglia, quindi cercò di negoziare con Alaude.
"E se poi ti libero?".
"Come faccio a crederti?" chiese Alaude, sospettoso.
G sospirò, gli toccava un grande compito quella volta, forse l'ultimo in quella famiglia.
"Ormai la famiglia è spacciata, se non vuoi farne parte non ti costringerò, ma solo se mi aiuti questa volta".
Alaude lo fissò, non scorgeva alcuna traccia di menzogna nelle sue parole, ed in fin dei conti il rosato non aveva alcun motivo per mentire.
Lo vedeva anche lui che la situazione era tragica.
"Va bene allora" acconsentì.
G, si voltò verso Asari.
"Tu... cosa farai?" gli chiese.
"Stai dicendo che è il nostro ultimo gioco?" chiese Asari, in tono triste.
Anche nascondendo tutto nella sua maschera di allegria, era uno dei più sensibili della famiglia.
"Probabilmente" rispose sincero G, sospirando.
Asari, vedendo quell'espressione rassegnata, sorrise per rassicurarlo e gli diede una pacca sulla spalla.
"Giochiamo allora".
Intanto Alaude, nella fretta di poter essere libero al più presto si era già spogliato.
"Allora, questi vestiti?" chiese spazientito.
G guardandolo arrossì.
"Diamine non potevi aspettare? Dobbiamo trovare un convento" pensò.
Per fortuna, c'era un convento dietro l'angolo e passarono tre suore.
"Datemi i vostri vestiti o vi ingoio!" le minacciò Alaude, nudo.
"Eh, magari..." disse la suora 1 fissandolo.
Anche se ora era una sorella di Dio, non aveva mai perso la passione per i bei giovanotti.
G, capendo che lasciando fare all'altro la situazione sarebbe finita male, intervenne.
"Signore, potreste darci i vostri vestiti?" disse, in modo più gentile.
"Eh, ma servono pure a noi!" protestò la suora 2.
"Vi diamo i nostri..." rispose G.
Le suore li guardarono per bene, e vedendo che i ragazzi erano dei bei bocconcini non si lasciarono scappare l'occasione.
"Va bene, ma vogliamo una vostra foto nudi" disse una delle suore.
"Ok, non rompete le palle!" acconsentì Alaude, ormai stufo.
Le suore presero la fotocamera del loro piccion telefono, ed intanto anche Asari e G, si spogliarono.
"Tu tizio rosato puoi abbassarti e **** e tu biondo **** e tu bruno ****" disse la suora.
In qualche modo fecero le foto e le suore andarono via contente, lasciandogli i loro vestiti come promesso.
"Voglio dimenticare tutto" mormorò Alaude, traumatizzato.
G, una volta vestitosi, cercò di farsi passare l'imbarazzo per poter svolgere al meglio la missione.
"Siamo pronti?" chiese agli altri due.
"Ahahah! Guardate come mi sta bene" disse Asari, facendo una giravolta nel suo nuovo vestito.
I tre si ritrovarono fuori al palazzo papale.
"Dobbiamo entrare" disse G alla guardia, simulando una voce femminile.
"Sento delle voci femminili, chi sono queste belle donzelle?" disse la guardia.
"Siamo suore, cerchiamo il Papa" continuò G.
"Allora potete entrare, sapevo che il Papa aveva buon gusto" rispose la guardia, facendo l'occhiolino e dando una pacca sul sedere a G.
Il rosato fece finta di niente e riuscirono ad entrare.
Passarono per vari corridoi, fino a che l'assistente del Papa in ciabatte non li vide.
"Ma che vogliono queste suore?" si chiese "Ahh.. la raccolta yaoi della storia di Ponda. Un attimo, l'aveva il Papa prima".
"Ma certo. Vado io a parlare col Papa, sa devo dirgli delle cose.." disse G all'assistente, poi a bassa voce, facendosi sentire solo dai suoi compagni aggiunse "voi andate a salvare Giotto".
"Ma.. è pericoloso" si oppose Asari.
Alaude, che non aveva voglia di sentire lamentele trascinò via Asari, verso i sotterranei.
Se fosse riuscito a liberare Giotto, sarebbe stato finalmente libero.
G intanto si diresse verso il Papa.
Aveva paura ma doveva farlo, era il suo compito.
Si chiedeva se Giotto sarebbe riuscito a farcela, nel caso lui non fosse più tornato.




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Capitolo 23
*** 23 ***


23 Alaude e Asari, una volta separati da G, riuscirono facilmente ad arrivare alle prigioni.
Ma quello che trovarono non fu un bello spettacolo.
"Knuckle ha mangiato troppo ketchup" disse Asari, ma con tono tremante, senza la sua solita sicurezza.
"Idiota è morto" rispose Alaude.
Giotto li vide.
"Dov'è G?" chiese loro.
Ma Alaude non era interessato a dare altre spiegazioni o perdere altro tempo con quegli idioti.
Aprì la cella con le chiavi che aveva rubato all'assistente del Papa prima di andarsene.
Ora poteva fuggire.
"Addio coglioni" disse prima di correre via.
"E siamo a due" disse Lampo, pensò che in realtà, con Demon Spade erano a tre, ma correggersi era troppo noioso.
"Aspetta amico" provò a dire debolmente Giotto, ma dopo quello che era successo non aveva nemmeno la forza di rincorrerlo.
E poi a cosa sarebbe servito continuare a trascinarlo contro la sua volontà?
Asari invece aveva altro in mente.
"Io vado da G".

G arrivò finalmente dal Papa.
Il pontefice non si mostrò affatto sorpreso di vederlo
Dopotutto G era quello che aveva sempre aiutato Giotto nelle situazioni di pericolo, era ovvio che avrebbe tentato di salvarlo anche stavolta.
"Ti stavo aspettando G Rodriguez Sanchez oppure dovrei dire Geraldo?".
"Ti sbagli. Il mio nome è Geraldo Ronaldo Rodriguez Sanchez!".
"Accidenti! Geraldo Ronaldo Rodriguez Sanchez!".
"In ogni caso è la tua fine!" disse G, puntandogli contro il suo arco.
"Non ne sarei così sicuro" rispose il Papa "soprattutto dopo quello che hai fatto al mio adorato Giotto. Tu pecora sei solo bestiame!".
"Non parlare così del primo" sussurrò G in tono minaccioso.
"Quel pittore è mio!".
G scoccò una freccia, che passando a due centimetri dalla testa del Papa, si conficcò nel muro.
Ma il Papa non fu per niente intimorito.
Prese la sua asta papale acuminata e si scagliò verso il nemico.
G riuscì a schivare il colpo e velocemente scoccò un'altra freccia, che colpì il Papa alla gamba.
"Ahahaha hai preso la mia gamba di legno!" rise il pontefice e lanciò un pugnale che nascondeva sotto la veste.
Il pugnale colpì G dritto allo stomaco, egli cadde a terra, ma continuando a manterere l'arco, anche se la vista era appannata e le mani gli tremavano.
"E' arrivata la tua fine" gioì il Papa "ma non ti finirò io, bensì il mio assistente!",
"Sei un vigliacco!" urlò G.
Lanciò la sua ultima freccia sperando di colpirlo, non avrebbe avuto altre possibilità.
Ed infatti, sarebbe riuscito a colpirlo se in quel momento l'assistente del Papa non si fosse messo in mezzo, prendendo in pieno la freccia.
"Sei stato utile almeno una volta" disse il Papa con disprezzo, calpestando il suo assistente, per poi accovacciarsi verso G.
"Che schifo, devo sporcarmi le mani con una pecora come te" disse, mettendogli una mano attorno alla gola.
"I..l... Primo...coff coff... non ti chiedera ...m-mai ...scusa" cercò di dire G, mentre le forze gli venivano meno.
Il Papa, sentendo quelle parole, strinse ancora di più la presa in preda alla rabbia, fino a che l'altro non spirò.
Si rese solo dopo conto che, soprattutto ora, non avrebbe mai ottenuto la simpatia di Giotto.
Cosa doveva fare adesso?
Ucciderlo?
Non ci sarebbe mai riuscito, questo lo sapeva.
Guardò G.... nonostante le lacrime, il muco... il suo sguardo lo sbeffeggiava ancora, quasi lo sentiva parlare.
Prese il pugnale, infierendo sul cadavere.
In quel momento, arrivarono nella stanza Giotto, Asari e Lampo.
Asari, avvicinandosi vide che il corpo che stava accoltellando il Papa era quello di G, ormai morto.
Per la prima volta da quando Giotto lo conosceva, la rabbia lo invase.
"Smettila? Cosa gli stai facendo?" .
Spinse con forza il Papa per spostarlo, e si abbassò ad accarezzare la guancia del suo amato.
"S-smettila di giocare..." disse singhiozzando, non riuscendo a credere a ciò che era successo.
Giotto invece ci mise un po' per realizzare la situazione.
G, il suo compagno da una vita, colui che lo conosceva meglio al mondo, era morto.
Guardò il Papa e con una voce calma che in quel momento sentiva come non sua, disse: "voglio la scomunica".
Il Papa si alzò, lo guardava con occhi spalancati e gli si avvicinò, poggiando le mani sulle sue spalle.
I suoi, erano gli occhi di un folle.
"No Giotto tu non capisci. Chiedimi scusa, andrà tutto bene. Te lo prometto. Te lo prometto".
"Lasciami in pace" disse Giotto, respingendo le sue mani, poi si rivolse agli amici "andiamo via, qui non c'è più nulla da fare".
"Fino a prova contraria sei mio prigioniero" rispose il Papa, ridendo sguaiatamente.
Asari non riusciva più a sopportare quella risata.
Estrasse il pugnale che era ancora bloccato nel corpo di G, e colpì il Papa da dietro, facendolo collassare al suolo.
Solo allora si rese conto di ciò che aveva fatto, e portò la mano alla bocca, per soffocare un urlo.
Ma quello che era più importante ora per lui, era spostare G, non poteva lasciarlo lì.
Voleva assicurare una degna sepoltura al suo amato, anche se si sentiva in colpa per non aver potuto far nulla per evitare quella tragedia.
Se solo fosse andato insieme a lui...
Prese in braccio il suo corpo.
"Primo... dovremmo..." disse, cercando di trattenere altre lacrime.
"Buttiamolo in mare, lui avrebbe voluto così" inventò Lampo.
"No" lo contraddisse Giotto "lui voleva diventare concime per pecore".
"Io sapevo che voleva essere imbalsamato e poi venduto" disse Asari
"Comincia a puzzare" fece notare Giotto.
"Lanciamo una moneta" propose Lampo.
"Zitto tu. Ti sei sempre scocciato ora vuoi pure parlare?" lo rimproverò Giotto.
"Non litigate per favore. Lui non avrebbe voluto" disse Asari.

Allora i tre decisero di partire verso la bottega di Cimabue, così da portare G nel pascolo delle pecore dove si faceva dipingere da Giotto.
"Giotto cosa ci fai qui?" chiese Cimabue.
Giotto non rispose al suo maestro invecchiato e ingrassato in pochi mesi.
"Chi sono questi due? Dov'è lo sporco animale?" chiese ancora il maestro.
"G... non ce l'ha fatta" rispose Asari
"Cosa dici? Come può essere?".
"I Papa sono persone violente" lo liquidò Lampo.
"Andiamo a seppellirlo... quel che ne rimane" disse Giotto "Asari, vai a prendere una vanga".
Scavarono una fossa, ed Asari riversò i resti del suo amato G.
Nonostante si fossero litigati col Papa, fecero una preghiera per lui.
Dopo un po' i tre si sedettero sulla veranda ad ammirare il tramonto, con il morale troppo giù per poter ripartire subito.
"Io credo che mi unirò alla squadra antimafia.. voglio abolire questi giochi così violenti" disse Asari.
"Io voglio andare in Giappone, dove non c'è la maledetta chiesa" fece Giotto.
"Io torno a casa, che mamma poi mi picchia" disse Lampo.
Giotto si alzò.
"Ci salutiamo qui allora? Non mi piacciono gli addii. Arrivederci ragazzi".
"Ciao Giotto" gli rispose Asari "se vedi il Primo salutamelo. E... ah il prete pazzo!" .
"Ormai sarà marcito, che schifo" lo consolò Lampo con le sue sagge e benefiche parole di conforto.
"E Alaude? E il nebbioso?" chiese ancora Asari.
"Demon Spade è in un posto adatto a lui. Alaude non lo so" rispose Giotto.
E così, i nostri eroi si divisero.

Appena tornato in bottega, Kozato seppe che Giotto era stato lì, e che stava partendo per il Giappone.
Se non fosse riuscito a trovarlo in tempo, non l'avrebbe rivisto mai più.
Kozato corse più veloce che potè verso il porto, ma arrivato lì, vide solo la scia della nave.
Era troppo tardi.
"Giotto..." disse tra le lacrime.

"Addio famiglia Vongola. Eravamo i migliori" disse Giotto, con un sorriso nostalgico stampato in volto.
Stava per lasciarsi tutto alle spalle, ma sapeva che quell'avventura non l'avrebbe mai dimenticata.

                                                                                                                                         Fine


Secoli, secoli e secoli dopo.
"E questa era la storia della mia vita" disse Fabrizio.
"Nessuno te l'aveva chiesto" disse Mikoto, il suo compagno di cella.
"Bravooo, bravooo" applause Kise.

                                                                                                                       Doppia fine

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