Red and Black - Enjonine

di _Rael_89
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Look down ***
Capitolo 2: *** Mademoiselle ***
Capitolo 3: *** Éponine’s Errand ***
Capitolo 4: *** Is Enjolras in love at last? ***
Capitolo 5: *** There is someone who touches my life ***
Capitolo 6: *** On my own ***
Capitolo 7: *** One day more ***
Capitolo 8: *** Do you hear the people sing at Lamarque's funeral? ***
Capitolo 9: *** A little fall of rain ***
Capitolo 10: *** The last day under the barricade ***
Capitolo 11: *** The blood of the Martyrs ***
Capitolo 12: *** Tomorrow, we'll be far away ***
Capitolo 13: *** Beyond the barricade is there a world you long to see? ***
Capitolo 14: *** Life must go on ***
Capitolo 15: *** Does he feel what I feel? ***



Capitolo 1
*** Look down ***


LesMis –Red and Black
#Look Down


Parigi, 1832.
Il sole splendeva fiaccamente sulla capitale francese, il vero cuore pulsante dell’Europa: un luogo unico al mondo, dove il Bonapartista convive con il Repubblicano, l’aristocratico con il plebeo, il Clero indebolito combatte per non essere succube dell’Esercito. La città dai due volti, l’Oro della ricchezza e il Nero della miseria che vanno a braccetto.
Mai come quella mattina di primavera, a Place Saint-Michel. Un colorito gruppo di parigini (i miserabili della città) si erano riuniti sotto le finestre del Generale Lamarque (l’uomo del popolo) rapiti dalle parole dei giovani studenti che si agitavano su un palchetto posto di fronte al candido palazzo.
Anche lei si trovava in quella piazza. Éponine Thénardier non aveva ideali, era una creatura senza Dio; non era lì di certo per Lamarque, e nemmeno perché credeva nell’effimera illusione della Repubblica: non si sarebbe mai messa in mezzo a quella folla di disperati di sua iniziativa.
Éponine non era come Gavroche. Infatti, si era messa in mezzo a quella folla di disperati proprio per lui, per ritrovare il fratellino e riportarlo a casa, lontano dalle chiacchiere dei giovani monsieur che giocavano alla Rivoluzione.
Eppure, da quando era arrivata, non riusciva a staccare gli occhi di dosso da quel ragazzo.
Era in piedi su quel palchetto, di fronte a tutta quella gente, una pila di manifesti nella sinistra e un pugno sollevato in aria. Un viso perfetto, un’aura dorata che infiammava i suoi capelli. La giacca cremisi che indossava marcava i suoi ampi gesti, era talmente elegante da sembrare un attore dell’Opera, la sua voce era così profonda da assomigliare a una canzone. Sembrava impalpabile, così distante da tutti, eppure sapeva essere confortante, dirompente, abile nell’accendere un barlume di speranza.
E lo era davvero, tanto da oscurare il compagno accanto a lui, tanto da costringere perfino una come lei a fermarsi, ascoltare, riflettere. L’effetto era devastante: già si sentiva il profumo di una rivoluzione.
Lamarque non era ancora morto, eppure già aveva un erede.
A charming young man capable of being terrible.
Where are the leaders of the land?
Where is the king who run this show?

Viva il generale Lamarque! Viva la Francia! Era il coro intonato dai miserabili di Parigi. In un attimo, i riflettori si spensero su quel palcoscenico, i due protagonisti scesero in fretta per non venire riconosciuti, tutti si dispersero tra i vicoli di Place Saint-Michel: l’arrivo della Guardia Nazionale pose fine a quel piccolo comizio.
-Ci vediamo domani al Café!-
-Portate i vostri amici!-
I giovani si raccomandarono con il loro pubblico, tra strette di mano, sorrisi, pacche sulle spalle.
Éponine si fece largo tra la folla, completamente atterrita, cercandolo disperatamente con gli occhi, chiamandolo con tutte le sue forze, spintonando chiunque si mettesse sulla sua strada. Non era facile trovare qualcuno lì, in mezzo a quel vortice di vesti sudice e piedi scalzi. Fu un grido, un -Lasciatemi! Lasciatemi andare!- pronunciato da una voce tremendamente familiare che la costrinse a voltarsi indietro: al centro della piazza il terribile ispettore Javert, circondato da un manipolo di soldati, dava ennesima prova del suo implacabile senso di giustizia su un povero ragazzino, a malapena dodicenne, che teneva stretto per il colletto.
La ragazza lanciò un grido disperato. -Gavroche!!!- pianse. -Lasciate andare mio fratello!!- Éponine fece uno scatto, ma una voce tuonò dall’altra parte della piazza.
-Ispettore Javert!-
Tutti si fermarono, tutti ammutolirono. La folla si ritrasse per lasciar passare il loro leader, il giovane dai capelli biondi e la giacca rossa. Si fermò proprio di fronte Javert, a testa alta, senza abbassare lo sguardo.
-Con quale accusa vi apprestate ad arrestare quel povero ragazzo?-
L’ispettore lo fissò con aria di sufficienza. -Questa canaglia è stata sorpresa mentre rubava dalla cassa di un locale. Siamo sulle sue tracce da questa mattina, ma finalmente siamo riusciti a prenderlo.-
-Non è vero! Non sono stato io!- era tutto quel che gridava il ragazzino, cercando di divincolarsi.
 -Credo anch’io che ci sia stato uno scambio di persona, ispettore.- spiegò, mantenendo la calma. -Posso confermarvi che Gavroche è con me dallo spuntare del sole. Ho molti testimoni a riguardo. -
-Non c’è stato nessuno scambio di persona!- Javert divenne ancora più torvo. -Non potete provare che voi foste con lui da questa mattina.-
-Così come voi non potete provare che sia lo stesso ladruncolo che stavate inseguendo. Non sapete che Parigi è piena di ragazzini biondi come lui?-
Il sorrisetto di quell’idiota in giacca rossa gli diede sui nervi; ma aveva le mani legate. Javert lasciò andare il piccolo ladro, spintonandolo con forza.
-Solo per questa volta, monsieur.- gli promise, fissandolo severamente negli occhi, prima di andarsene. L’uscita dell’ispettore fu accompagnata da un coro di mormorii di approvazione, che cessò non appena Javert lanciò loro una delle sue terribili occhiatacce: lo spettacolo era finito. In un attimo, ognuno tornò ad occuparsi dei propri affari.
Gavroche rivolse ai soldati una smorfia di sdegno mentre si sistemava la logora giacca, quasi come se gliela avessero sgualcita: un gesto inutile visto che la sorella lo cinse in un serrato abbraccio, costringendolo a divincolarsi imbarazzato dalla sua presa. Éponine si alzò, cercando il giovane salvatore da ringraziare; riconobbe anche da lontano la sua folta chioma di riccioli dorati: si era riunito al suo accompagnatore, come se nulla fosse successo.
Velocemente, si rialzò e cercò di raggiungere il gruppetto con uno scatto. -Monsieur!-
I due giovani si fermarono al suo richiamo. Il biondino la scrutò con i suoi profondi occhi azzurri, aveva uno sguardo tale da lasciarti senza fiato.
-Monsieur.- la ragazza accennò un mezzo inchino. -Il mio nome è Éponine Thénardier, sono la sorella di Gavroche. Volevo ringraziarvi per…-
-Non ce ne è alcun bisogno, non preoccuparti.- tagliò corto, riprendendo il suo cammino.
L’altro ragazzo, dai capelli castani e l’aria molto più affabile, le rivolse un sorriso. -Io sono Marius Pontmercy. Siamo a disposizione del popolo. Per qualsiasi problema, potete rivolgervi a noi. Ora, se vuoi scusarci, abbiamo degli affari urgenti da sbrigare. Buona giornata.-
Éponine rimase sorpresa da una tale cortesia nei suoi confronti, non era mai successo prima. Si girò verso il fratello.
-Gavroche, tu per caso conosci …-
-Monsieur Enjolras?- rispose distrattamente, mentre si spolverava i pantaloni. -Certo, chi non lo conosce! Ma io so anche dove trovarlo.-

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Capitolo 2
*** Mademoiselle ***


LesMis –Red and Black
#Mademoiselle


Il Café Musain era un piccolo e modesto locale situato tra Rue des Grés e Rue Monsieur-le-Prince, che si affacciava su Place Saint-Michel. Éponine non aveva ancora le idee chiare quando varcò la soglia; Gavroche, al suo fianco, avanzò sicuro imboccando le scale per salire al primo piano. La sorella indugiò ancora qualche minuto prima di mettere piede sul primo gradino…
The time is near...
So near, it's stirring the blood in their veins!
And yet beware...
Don't let the wine go to your brains!

Éponine si poggiò al corrimano, e lentamente salì i gradini che la separavano da quella voce.
L’ambiente al piano superiore si presentava molto più ordinato rispetto alla stanza di sotto, meno affollato e caotico; i giovani erano seduti o in piedi vicino ai tavoli, intenti a parlare e a studiare varie carte e libri ingialliti dal tempo; poche candele per dare luce, solo qualche bottiglia poggiata su un tavolo, dove stazionava un ragazzo dall’aria furbetta passando il vino ai compagni, più indaffarato a riempire il suo di bicchiere, che si svuotava con una facilità disarmante.
Éponine lo vide subito: Monsieur Enjolras era al tavolo di fronte alla finestra, giacca rossa appoggiata su una sedia, chino su quella che doveva essere una mappa, con la sua voce imperiosa che sovrastava quelle degli altri.
-Enjolras, non puoi sapere se le cose andranno come credi!- il tono del giovane che si era appena alzato dal suo tavolo era seriamente preoccupato. ­-Le barricate non vengono su da sole! Non puoi sapere se avremo l’appoggio completo della popolazione, oppure…-
-Come puoi dubitarne, Joly?- lo interruppe severo il giovane leader, poggiandogli una mano sulla spalla. -Noi siamo tutto quel che hanno. Senza noi, senza Lamarque, sono in balia dei soprusi della Monarchia.-
-Si, è vero! Noi siamo gli eredi di Lamarque, il popolo ci darà manforte!- annuì un altro, seduto vicino a quel tale Joly.
Enjolras distolse lo sguardo dall’amico, fissando un punto non meglio definito. -Il popolo è debole; il popolo ha bisogno di essere salvato. La situazione è grave, la gente non fa che morire: quei poveri miserabili hanno bisogno di noi. Il Re crede di aver distrutto il sogno della Repubblica, ma quel sogno vive ancora nei nostri cuori, e finché vivrà in noi ci sarà speranza per il futuro. Già una volta ci siamo liberati di un sovrano, già una volta il popolo ha tolto la corona ad un re: con il nostro aiuto, con la nostra guida, lo faranno di nuovo.-
Tutti si erano fermati per ascoltare il breve monologo di Enjolras: non volò più un fiato, nessuno batté ciglio, perfino quel ragazzo attaccato alla bottiglia di vino non bevve nemmeno una goccia durante l’ascolto. Tutti, Éponine compresa: ma, a dispetto degli altri, si sentì ribollire di rabbia. Belle parole, anche giuste in un certo senso… ma tralasciavano una cosa fondamentale.
Noi non siamo deboli. Ecco quel che Éponine avrebbe voluto gridare contro il giovane rivoluzionario, facendosi largo tra quei ragazzi mentre si congratulavano con lui esultanti; ma una forte stretta sul braccio le impedì di proseguire oltre.
-Oh, non sapevo avessimo una spettatrice!- era il ragazzo del vino ad essersi accorto di lei. Nonostante la sorpresa, le fece un gran sorriso. -Benvenuta tra noi!-
Il suo intento di non farsi notare era andato a quel paese: oramai non c’era un singolo individuo nella stanza che non la stesse fissando. Si sentì in imbarazzo, non era piacevole essere l’unica ragazza in mezzo a tanti uomini; e l’imbarazzo crebbe quando avvertì lo sguardo di Enjolras posarsi su di lei. Stava per dirle qualcosa, sicuramente lo stava per fare, Enjolras è il tipo che deve sempre avere il controllo della situazione, ma una figura si piazzò davanti a lei, interrompendo quell’interminabile silenzio.
- Non sei la ragazza di ieri? La sorella di Gavroche?- era il giovane che rispondeva al nome di Marius e sembrava piacevolmente sorpreso. -Che cosa ci fai qui?-
-‘Ponine è qui perché vuole unirsi alla nostra causa!- ad anticipare la sua riposta fu un sorridente Gavroche, che si affiancò fiero a lei. Certo, era quello che aveva confessato al fratello (anche se non era ancora totalmente convinta), eppure avrebbe preferito andarci molto più cauta. La situazione le stava decisamente sfuggendo di mano…
-Oh, non me l’aspettavo proprio! Ma beh, come ha già detto Grantaire, sei la benvenuta!-
Un coro di approvazione e facce sorridenti accompagnarono l’affermazione di Marius: non sembrarono badare al fatto che fosse una donna, una plebea, l’ultimo gradino della società. Éponine si sentì invasa da un calore mai provato prima: mai nessuno aveva dimostrato interesse nei suoi confronti. Gli Amis dell’ABC (questo era il nome in codice che usavano) la circondarono, presentandosi a turno ed offrendole del vino. L’imbarazzo della ragazza svanì all’istante: si sentì a proprio agio in mezzo a loro, non la trattavano come una pezzente, e questo le piacque.
L’unico che non sembrava convinto della cosa, purtroppo, era proprio Enjolras.
Avevano bisogno di volontari, non di donne. Il suo sguardo era più palese di mille parole.
-Una Rivoluzione è una cosa da uomini. Che cosa credi di poter fare, per aiutarci?- la incalzò.
-Beh, io potrei…-
-Se sei qui per fare da balia a tuo fratello- la interruppe bruscamente. -Puoi anche tornartene a casa.-
-Non sono venuta qui per questo.- puntualizzò la fanciulla. -Io… ho sentito il bisogno di venire qui. Dopo il vostro discorso a Place Saint-Michel l’ho capito. Ho capito di voler fare anch’io qualcosa per cambiare questa città!-
Ma quelle parole non lo convinsero affatto, e lo confermò lo sguardo di biasimo che le lanciò.
-Suvvia, Enjolras! Diamole una chance.- intervenne il giovane che si era presentato come Combeferre.
Joly approvò le parole del compagno. -Lei è la dimostrazione che il popolo vuole sostenerci. Il suo comportamento sarà da esempio ed incoraggerà gli altri.-
Il ragazzo del vino, Grantaire, fissò prima Enjolras, poi Éponine. -Oh, Enjolras è un vero disastro con le donne!- le rivolse un sorriso. -Una bella fanciulla ti dice che ha avuto la pazzia di mettersi ad ascoltare i tuoi deliri, e tu la ignori completamente!-
-Non ho tempo da perdere dietro alle donne.- rispose freddamente.
Éponine scattò: era stanca di venire snobbata in quel modo. -Nemmeno io ho tempo da perdere, Monsieur.- chiarì. -A dire il vero, non sono qui solo per rendermi utile: vorrei anche dimostrarvi che vi sbagliate.-
Di nuovo, calò un silenzio imbarazzante; ma stavolta al centro dell’attenzione c’era Enjolras. Per un motivo diverso dal solito, e la sensazione non gli piacque affatto. Si mise a braccia conserte, di fronte a lei, fissandola dall’alto in basso: pur non essendo molto alto c’era abbastanza differenza tra i due, e si sentiva di poterle incutere timore. -Spiegati meglio. Sarei davvero lieto di sapere in cosa mi starei sbagliando, se davvero così fosse.- marcò l’ultima parte con particolare enfasi.
Ma la ragazza non si fece spaventare.
-Sono qui per dimostrare, a tutti voi, che noi gente del popolo non siamo deboli.- lo fissava negli occhi, parlando lentamente. -Siamo gente che combatte continuamente, tutti i giorni, per sopravvivere. Siamo gente abituati alla battaglia, siamo nati combattendo, e probabilmente moriremo combattendo. Dunque non abbiamo bisogno che voi combattiate per noi, abbiamo bisogno di voi e voi avete bisogno di noi: combatteremo insieme, per una causa comune. E’ così che avrete il nostro appoggio.-
Éponine aveva tirato fuori tutto, finalmente lo aveva fatto, e aveva parlato bene, tanto da riuscire a farsi ascoltare perfino dal grande Enjolras.  Certo, le mancavano carisma e proprietà di linguaggio: ma era stata brava. Ed anche il giovane repubblicano sembrò apprezzarlo. Accennò un mezzo sorriso all’angolo della bocca, riprendendo il controllo della situazione.
-Su una cosa siamo d’accordo: combatteremo insieme, per una causa comune.- si girò a guardare il resto del gruppo, tornando a ricoprire il solito ruolo. -D’ora in poi ci concentreremo di più a reclutare volontari, di ogni sesso e di ogni classe sociale; inizieremo ad organizzarci per allestire le barricate, continueremo con la nostra propaganda in mezzo alle folle. Siate discreti, mi raccomando.- Poi si rivolse per l’ultima volta verso di lei, con lo stesso mezzo sorriso di prima. -Mi aspetto di cambiare idea su di te, su quelli come te. Quindi farai bene ad impegnarti seriamente, mademoiselle.-
Éponine arrossì leggermente: era la prima volta che qualcuno la chiamava mademoiselle.
Grantaire fissò Enjolras con interesse: era la prima volta che chiamava qualcuna mademoiselle in quel modo.

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Capitolo 3
*** Éponine’s Errand ***


LesMis –Red and Black
# Éponine’s Errand


-Dove diavolo è finito quell’idiota di tuo figlio?!-
Madame Thénardier non era certo famosa per la sua grazia, la tenerezza, o l’incantevole voce.
-Che vuoi che ne sappia! Lasciami stare donna, abbiamo ben altro a cui pensare, quel moccioso può anche andarsene all’inferno!-
Anche il coniuge non era da meno. Éponine fissò distrattamente il gruppo che era rincasato con il padre: Brujon, Babet, Claquesous, Montparnasse; le loro facce la dicevano lunga sul loro conto. In fondo, era contenta che Gavroche avesse lasciato casa per occuparsi a tempo pieno degli affari degli Amis dell’ABC
-A perder tempo dietro quei dannati studenti, che sia maledetto il mio stesso figlio!- gracchiò la madre, afferrando un fagotto con una bambola ben nascosta; si sedette accanto all’entrata di quella sudicia abitazione, solo un grande stanzone con le mura annerite dal fuoco e le assi del pavimento sempre impolverate; un tavolo al centro con quattro sedie, una stufetta, qualche brandina e una credenza erano tutto quel che i Thénardier possedevano.
- Éponine, al tuo posto!- la chiamò il padre.
-Sì sì, lo so…-
Ogni giorno, sempre lo stesso copione: un riccone di buon cuore veniva attirato sull’uscio di casa con la scusa della povera Madame Thénardier che non poteva sfamare la sua piccola creatura; una volta all’interno, gli uomini appostati nell’ombra lo aggredivano e lo derubavano: ecco come i Thénardier si guadagnavano da vivere.
Éponine sospirò, uscendo in strada per fare da palo; si piazzò sotto un pertugio, ben nascosta, in una posizione da cui aveva un’ottima visuale dell’intera strada. Non poteva certo immaginare che, da quello stesso angolo che fissava ogni singolo giorno, sarebbero giunte due vecchie conoscenze…
Il primo a svoltare l’angolo fu Marius Pontmercy; Éponine ebbe un groppo alla gola appena lo riconobbe. Veloce e silenziosa, si affiancò al ragazzo.
-Monsieur Marius!-
Lui si girò. -‘Ponine! Che piacere vederti!- le sorrise. -Stavo proprio andando al Café Musain… vuoi venire con me?-
-In questo momento non posso proprio, ma…- lo tirò per una manica, cercando di fermarlo. –Monsieur, vi consiglierei di cambiare strada: se prendete la parallela farete molto prima.-
-Beh ma già che mi trovo qui…-
La ragazza gli si piazzò davanti, costringendolo a fermarsi. -Monsieur Marius, vi prego! Datemi ascolto.-
- Éponine ma cosa…- gli scappò una risatina, ma era totalmente spiazzato dal suo comportamento.
-Vi prego, seguite il mio consiglio: passate per un’altra strada!-
-Vuoi spiegarmi perché sei così strana…?-
Un miscuglio di grida interruppe quella bizzarra conversazione; la ragazza spinse Marius Pontmercy in un angolo, raccomandandosi di non muoversi; tale era stata la sua irruenza da convincerlo ad ascoltarla. Con un balzo, Éponine si affacciò all’entrata, sbirciando all’interno: le vittime dell’aggressione (un signore di età avanzata e una giovanissima fanciulla) erano riuscite a svincolarsi dalla presa dei briganti e stavano disperatamente lottando per fuggire e salvarsi.
Un forte rumore di zoccoli di cavalli richiamò la sua attenzione: in un istante, capì.
-E’ la polizia! Sparite! Scappate! C’è Javert!- gridò con tutte le sue forze, appena riconobbe il volto dell’ispettore da lontano.
Ovviamente, nessuno fece in tempo a scappare: i soldati li tirarono tutti fuori casa, costringendoli a inginocchiarsi a terra in mezzo alla strada. Le due vittime furono tratte in salvo.
-E che cosa abbiamo qui?- sogghignò l’ispettore, girando intorno ai criminali arrestati. -Feccia, nient’altro che feccia, che preferisce infrangere la legge piuttosto che guadagnarsi da vivere onestamente!-
I due Thénardier cercarono di bofonchiare qualche scusa, mentre gli altri malviventi tacevano; alle loro spalle, un soldato si assicurò che quel gentiluomo e sua figlia stessero bene.
Ma c’era qualcosa di strano … sembrava quasi che l’anziano signore fosse molto più in ansia dei briganti colti in flagrante: si sistemava in continuazione il capello, come se non volesse farsi vedere in volto.
Ciò che successe dopo fu ancora più strano.
-E allora?!- l’ispettore incalzava gli accusati a confessare. -Vi conviene confessare, abbiamo qui dei testimoni che vi possono riconoscere…- si girò verso le due vittime, come per avere conferma: ma l’uomo aveva preso per mano la fanciulla ed era fuggito, veloce come il vento, senza sporgere alcuna denuncia. Il fatto suscitò molta curiosità nei passanti, che si fermarono a parlottare lì intorno.
-Ma che diavolo…- Javert stesso divenne sospettoso.
Thénardier ne approfittò. -Signor ispettore… vostra clemenza… vostra eminenza…- lo chiamò, poi tornando ad abbassare la testa a terra, a mò di inchino. -Il caso è bizzarro, certo… e non vorrei farle perdere troppo del vostro prezioso tempo in queste sciocchezze… in fondo, in assenza delle vittime… in assenza di testimoni… c’è anche assenza di reato, no?-
Javert lo fissò torvo: non poteva dargli torto. -Lo spettacolo è finito! Tornate ai vostri affari!- ordinò alla gente, che a quel severo richiamo si dileguò dalla sua vista. Tuttavia, c’era ancora qualcuno che ne parlava, sussurrando, formulando fantasiose ipotesi… in fondo, quasi nessuno era riuscito a vedere che faccia avessero le vittime…
Ma Éponine aveva fatto in tempo a vederne il volto, e una come Éponine non dimentica facilmente qualcuno.
Soprattutto lei.
Cosette! Now I remember!
Cosette! How can it be?
We were children together
Look what’s become of me…

Anche qualcun altro l’aveva notata. Monsieur Marius aveva assistito alla scena dall’angolo in cui l’aveva lasciato Éponine e, in un attimo, si rese conto che non avrebbe mai potuto dimenticarsi di lei. Fu come una luce, un improvviso raggio a spazzare via tutto il buio che l’avvolgeva. Tanta fu l’emozione di quell’incontro di sguardi con la misteriosa signorina da lasciarlo letteralmente senza fiato.
In vita sua non avrebbe più avuto nessun altro scopo, se non quello di ritrovarla.
-‘Ponine!- si avvicinò a lei senza nemmeno guardarla. -Tu… tu sai chi è quella fanciulla?-
-Beh, la classica signorina di buona famiglia.- la ragazza cercò di sviare. -Perché?-
Marius non le rispose subito, rimase come incantato a fissare la direzione verso cui era fuggita. -E sapresti… sapresti ritrovarla per me?-
Éponine sorrise, portandosi una ciocca corvina vicino la bocca. -E voi cosa mi darete in cambio?-
-Ogni cosa che tu desideri…-
-Oh, sembrate molto agitato, Monsieur! Dio solo sa cosa avete visto in lei…- Ma, all’offerta di denaro, si ritrasse offesa, trattata come la stracciona mendicante qual’era. -No no, non voglio i vostri soldi…-
Marius l’afferrò per un braccio, supplicandole. -Éponine! Ti prego, fai questo per me… scopri dove vive. Ma stai attenta sulla strada, fai in modo che tuo padre non venga a saperlo. Éponine… mi sento perso finché non la ritrovo…-
-Lasciate fare a me.- gli strinse la mano con energia, commossa. -Conosco ogni angolo di questa città. ‘Ponine… è la persona che fa al caso vostro!-
Non sapeva ancora che il compito affidatole l’avrebbe tenuta lontana dalle riunioni al Café Musain e l’avrebbe avvicinata a Marius Pontmercy. Era un dettaglio di cui nessuno si sarebbe mai accorto… ma nulla sfugge all’occhio vigile del grande Enjolras.

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Capitolo 4
*** Is Enjolras in love at last? ***


LesMis –Red and Black
# Is Enjolras in love at last?

Come ogni sera, la sala al piano superiore del Café Musain era gremita di giovani; la luce delle numerose candele proiettava lunghe e scure ombre sulle mura, l’aria era impregnata dell’odore pungente del vino e del tabacco.
Anche quella sera, Marius Pontmercy arrivò tardi: non conosceva ancora il nome di Cosette, ma sapeva già che gli aveva rubato il cuore. Erano passati diversi giorni da quando la vide, eppure non riusciva a scordarsi il suo volto.
Facendo come se nulla fosse, prese posto accanto a Joly.
-Ehi Marius, va tutto bene? Sembra quasi che hai visto un fantasma!-
-Forse un po’ di vino ti aiuterà a schiarirti le idee?- il solito Grantaire si unì a loro, molto più interessato ai pettegolezzi che ai discorsi di Enjolras.
Marius si lasciò riempire il bicchiere. -Un fantasma, dici? Beh forse lo era davvero… forse quella fanciulla era un angelo che mi è passato accanto: un minuto dopo, sparita completamente.-
-Quindi il nostro Marius si è innamorato…- Joly gli diede una gomitata con fare amichevole, e si scambiò un sorriso d’intesa con Grantaire.
-Beh, ma allora nessuno può capirti meglio di Enjolras!-
Grantaire aveva parlato a voce troppo alta: un po’ colpa del vino, un po’ colpa dell’euforia. Il silenzio calò e tutti i giovani nel Café Musain si voltarono a fissarlo.
-… cosa?- Enjolras si trovava vicino la finestra, giacca rossa appoggiata su una sedia, chino su quella che doveva essere una mappa. -Vuoi spiegarti meglio?-
Si avvicinò al gruppo in fondo alla sala, lanciando un’occhiataccia alla bottiglia che il compagno teneva in mano; il giovane ubriacone se ne accorse e prima di proferire una spiegazione ne bevve un altro sorso, sfidando impavido il severo sguardo del leader.
-Marius ha conosciuto una dolce fanciulla che gli ha rubato il cuore. E mi sono detto Oh, ma che sorpresa! Ne sono veramente stupefatto! Non l’ho mai sentito sospirare o languire per nessuna! Ma, in fondo, è abbastanza facile cadere preda di Cupido, se si pensa che alla fine persino il grande leader Enjolras si è innamorato!-
You talk of battles to be won,
and he comes like Don Juan.
It's better than an Opera!

Il suo modo di fare così goliardico, i suoi gesti ampi come se stesse recitando, la voce modulata come per canticchiare una stupida filastrocca: il vino faceva brutti scherzi al povero Grantaire. Tutti ridevano; era difficile resistere.
Ma era anche la prima volta che qualcuno rideva del grande Enjolras.
-Grantaire. Il vino ti ha dato alla testa.- la voce del leader dai capelli dorati troncò quel momento di ilarità. Era calmo come sempre, eppure arrivò come un tuono: e, guardandolo bene in faccia, si capiva che stava facendo uno sforzo enorme per mantenere il controllo.
-Ti ho visto sorriderle… e ho visto come la guardi! L’hai persino chiamata mademoiselle: mai Enjolras era stato tanto galante con…-
-Voi dovreste vergognarvi!- tuonò di nuovo, anche se stavolta indugiò un poco prima di proseguire. -Non è tempo di pensare alle donne: Lamarque sta morendo! Il momento di agire sta arrivando, presto riceveremo un segno, per allora dovremo essere pronti. Levatevi dalla testa tutte queste stronzate sull’amore, e staccatevi dalle bottiglie di vino; il tempo delle risate e dei giochi è finito.-
Il pubblico di Grantaire si ammutolì, Grantaire stesso abbassò gli occhi: nessuno osava opporsi alla furia di Enjolras. Chi avrebbe potuto, infondo? Solo uno stupido, un’idiota, e comunque sarebbe stato vano.
-Se solo l’avessi vista, non parleresti così.- fu quel che disse Marius, alzandosi in piedi. Ah, già: l’amore fa fare cose stupide. -Se solo l’avessi vista, avresti capito che il mondo può cambiare in un attimo, che un lampo di luce può entrare nella tua vita: ed il resto non conterebbe affatto.-
-Smettila con queste stronzate, Pontmercy! Non riesci a capire l’importanza del compito che abbiamo?! Cos’è, tutto questo per te è solo un gioco per ricchi signorotti annoiati? Non sei più un bambino, vedi di crescere!-
Dallo sguardo che si lanciarono si poteva capire la complessità del loro rapporto: due compagni pronti a combattere, a morire per la stessa causa, pur essendo totalmente opposti. Marius era un pensatore, un sognatore, ma soprattutto un Bonapartista; Enjolras era un uomo d’azione, un leader, di animo fortemente repubblicano. Sapevano di potersi fidare ciecamente l’uno dell’altro, eppure non potevano essere più diversi e divisi di così. Erano come il sole e la luna: collaboravano pur vivendo in mondi opposti.
-Tu non sei nessuno per giudicarmi.- chiarì Marius. -Vuoi giudicare tutti dall’alto in basso e ti ostini a condurre le nostre vite come più ti piace. Ti atteggi a capo di una rivolta che ancora non c’è, ma forse dimentichi che di fronte a te hai degli esseri umani, non dei servi a tuo comando!-
-Ma per favore!- lo sbeffeggiò. -Tutti questi paroloni a che cosa ti porteranno? Sarà solo un’altra delle tue tante amichette…-
-Non capisco, cosa stai alludendo?!-
Ma non gli rispose. Ci volle qualche secondo perché i ragazzi capissero il motivo che fece ammutolire il grande Enjolras: e lo capirono solo seguendo il suo sguardo, che aveva oltrepassato il viso di Marius per focalizzarsi altrove.
Éponine Thénardier aveva salito la prima rampa di scale, fermandosi a metà: era da tempo che non metteva piede lì dentro, il compito che le era stato affidato richiedeva ogni minuto del suo tempo libero. Finalmente l’aveva trovata, sapeva dov’era Cosette… era corsa lì per avvertire Marius, ma non si aspettava di trovarsi in mezzo ad una discussione. La sua attenzione venne catturata da Enjolras, come il primo giorno che lo vide: ammirò i suoi profondi occhi azzurri, le guance sempre lisce, il naso perfetto, le labbra carnose, i riccioli dorati ben acconciati… era come una divinità greca, di una bellezza travolgente, una fierezza disarmante. Anche il giovane leader ricambiò lo sguardo: forse non ricordava bene il suo volto, eppure si sorprese a pensare che la trovava gradevole. Decisamente gradevole.
-‘Ponine!- Marius interruppe quel momento per correre da lei, impaziente di sapere novità sulla sua misteriosa fanciulla. Éponine non gli rispose ma lo afferrò per un braccio, trascinandolo via; la sua chioma corvina scomparve dalla vista di Enjolras in un attimo. Per qualche secondo, il biondino indugiò a fissare il punto in cui lei si era fermata: emise un impercettibile sospiro, non se ne accorse nemmeno lui.
Ma Grantaire sì: per quel giorno, non toccò più una goccia di vino.

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Capitolo 5
*** There is someone who touches my life ***


LesMis –Red and Black
# There is someone who touches my life


Marius Pontmercy era come un bambino, perso nel suo paese dei balocchi: sembrava camminare a tre palmi da terra, incurante di ciò che lo circondava. Éponine sapeva bene di dover tenere sempre gli occhi aperti, Parigi di sera era un luogo pericoloso (perfino un quartiere di gentiluomini come quello), eppure non riuscì a trattenersi una risata di fronte all’euforia del giovane accompagnatore.
Cosette era lì, oltre quel cancello: se non fosse stato per lei, non l’avrebbe mai ritrovata…
-‘Ponine, sei una vera amica! Mi hai reso l’uomo più felice di questa terra, mi sento come in paradiso!- gongolò, sollevandola da terra in una giravolta. Éponine rise di nuovo mentre lo lasciava avvicinare al cancello, proprio nel momento in cui Cosette era uscita a fare una passeggiata notturna… rimase lì in un angolo a guardarli, incantata.
Marius si era aggrappato al cancello, le sussurrava dolcemente le frasi più belle che Éponine avesse mai udito; e Cosette, oh Cosette, si capiva dai suoi occhi e dal rossore sulle gote che l’aveva totalmente rapita; le loro mani si intrecciarono al di là delle sbarre, i due innamorati erano talmente vicini da poter sentire il fiato dell’altro sulle proprie labbra…
Éponine Thénardier si appoggiò all’angolo, cercando di nascondersi il più possibile nel buio. Avvertì una stretta al petto, a sinistra, strinse i pugni sulla sudicia gonna: sensazioni nuove, pericolose, che non aveva mai provato prima. Anche lei voleva amare; anche lei voleva essere amata.
These are words he’ll never say,
not to me…
Not to me… no… for me.

Nessuno le aveva mai detto quelle cose; probabilmente, nessuno lo avrebbe mai fatto. E lei lo sapeva bene, ne era cosciente… aveva solo 17 anni, eppure non si era mai lasciata illudere dagli stupidi sogni d’amore che facevano le fanciulle della sua età: non aveva tempo per queste cose, la vita non è fatta di queste cose, la vita è dura, è una lotta, o combatti o muori.
Eppure. Essere spettatrice dell’amore di Marius e Cosette le aveva dimostrato che quei sentimenti di cui parlavano novelle e romanzi non erano solo inchiostro su carta: erano reali, quasi palpabili, certamente visibili. Si sentì travolta da sensazioni contrastanti; si sentì coinvolta, proprio come fu quando udì le parole di Enjolras a Place Saint-Michel…
Persa nei suoi pensieri, non si rese affatto conto che nel frattempo Marius si era separato dalla sua Cosette, e che lei era rimasta sola, in quell’angolo buio, dimenticata da tutti, come sempre nella sua vita.
Ma non era realmente sola: nel cuore della notte, un piccolo gruppo di uomini passò furtivamente dall’altro lato della strada, il più lontano possibile dalle luci, per non farsi vedere… inaspettatamente, uno di quei tipacci si bloccò a fissarla.
-Ehi! Chi c’è là?!- la voce fu così terribilmente familiare da costringere la ragazza ad indietreggiare, come a cercare una via di fuga.
Ma uno dei malviventi la riconobbe: strattonò per la manica il tipo più alto del gruppo. -Ma non è Éponine? … Sì, è proprio lei! Cos’è, ora non riconosci nemmeno tua figlia?-
Il sangue le si gelò nelle vene quando sentì pronunciare il suo nome; e quando comparve quel volto sotto la luce della luna, il volto di Thénardier, ogni vana speranza si infranse.
- … Éponine?!- l’uomo imprecò non appena posò gli occhi sulla figlia. Con poche, grandi falcate la raggiunse, e appena la afferrò per un polso la attirò a sé. -Éponine, che ci fai qui? Torna a casa, non abbiamo bisogno di te per questo lavoro!-
Non ci volle molto per capire che Thénardier alludeva ad un “lavoro” in casa di Cosette.
-Padre, io conosco questo palazzo! Ti posso assicurare che non c’è niente qui per voi! L’anziano signore e la ragazza che vi abitano conducono una vita ordinaria…-
-Non interferire, torna a casa!- le ordinò imperativo, prima di superarla assieme al resto del gruppo.
Éponine era totalmente spaesata, non sapeva come fermarli. -Fermi! Io… io… io mi metterò a gridare!-
Gli uomini si fermarono di colpo, voltandosi verso di lei. Thénardier sbattè le palpebre, guardando la figlia stupefatto; era davvero possibile che avesse detto quelle assurdità?
 -Cosa diavolo hai detto?!-
-Ho detto che griderò! Sveglierò il vicinato! Chiamerò la polizia!-
-Provaci soltanto!- ringhiò, scattando verso di lei con la destra alzata, come per colpirla. -Provaci, e te ne pentirai amaramente!-
In quel momento non ebbe più paura; la fanciulla gli urlò in piena faccia, con tutte le sue forze, con tutta la sua rabbia, con tutta la sua disperazione. Brujon, Claquesous e Montparnasse se la diedero subito a gambe; Thénardier la spinse indietro, lontano dalla luce, nell’oscurità più totale. Mai era successa una cosa simile, mai la figlia gli si era rivoltata contro: sentì una vena pulsargli forte sulla tempia, le mani gli prudevano dalla rabbia, digrignò i denti.
-Tu, maledetta puttana! Vuoi urlare eh? Allora ti darò un buon motivo per farlo!-
Lo schiaffo che ricevette non solo le fece male, ma la colse totalmente impreparata. Éponine indietreggiò, quasi perdendo l’equilibrio, e fu capace solo di portarsi una mano sulla guancia calda e gonfia. Thénardier fece qualche passo per avvicinarsi alla figlia, con la mano pronta a sferrare un secondo colpo; ma la fanciulla venne salvata dalle grida del vicinato, svegli per dare l’allarme. Suo padre scappò via, ripromettendosi che l’avrebbe sistemata a dovere una volta arrivati a casa; Éponine ritornò nel suo angolino buio, senza avere idea di dove poter fuggire. Non poteva far altro che aspettare pazientemente che le acque si fossero calmate…
Dopo una decina di minuti di silenzio, tutti sembrarono essere tornati a dormire; eppure in casa di Cosette le luci restavano accese. Poteva intravedere le ombre di lei e dell’anziano padre agitarsi nelle stanze, fare chissà cosa, cercare, frugare, discutere. Probabilmente avevano capito che erano loro le vittime di quell’aggressione fallita… d’improvviso, anche le loro luci si spensero. Éponine si sporse per accettarsi che fossero tornati a dormire, ma sorprese l’esile figurina di Cosette uscire furtivamente di casa: la fanciulla si aggrappò al cancello, sbirciò come per cercare qualcuno al di là di esso; infine, con un sospiro di rassegnazione, incastrò qualcosa tra le sbarre prima di rincasare.
La curiosità crebbe in Éponine, tanto da farla allungare per afferrare quell’oggetto… un oggetto liscio, fragile, carta profumata, sopra cui era scritto a chiare lettere il nome Marius Pontmercy.
Éponine se la rigirò tra le mani: il suo compito non era ancora giunto al termine.

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Capitolo 6
*** On my own ***


LesMis – Red and Black
# On my own


Éponine sentì le prime gocce di pioggia colpirle il volto, ma fece in tempo a varcare la soglia del Café Musain; riconobbe subito l’alta figura di Marius di spalle, mentre saliva le scale.
-Monsieur Marius!- lo chiamò. Il giovane le si avvicinò, confuso. -Da parte di Cosette.- disse soltanto, consegnandogli la lettera; lettera che lui quasi le strappò di mano. Lesse velocemente le poche righe, la sua espressione cambiava ad ogni parola, finché non la terminò: la sua disperazione era tale che non diede alcuna spiegazione o ringraziamento alla fanciulla; Marius Pontmercy corse via, dalla sua Cosette, incurante della pioggia, incurante del delicato momento in cui si trovavano.
Quella sera era successo qualcosa, oramai lo sapevano tutti, il lamento girava per le strade parigine. Éponine l’aveva già sentito ancor prima di entrare nel Cafè.
Il generale Lamarque è morto.
-Il peso della sua dipartita ci accompagnerà in questi giorni luttuosi; ma il suo spirito ci guiderà verso la liberazione del popolo.- Era impossibile non riconoscere la voce di Enjolras che incoraggiava i suoi. La ragazza salì velocemente le scale e si mise in un angolo, ascoltando attentamente quelle parole addolorate, eppure incoraggianti: il fascino di Enjolras, sapeva sempre come lasciare accesa la fiamma della speranza.
-‘Ponine, hai saputo?- le sussurrò Gavroche, avvicinandosi a lei insieme a Combeferre.
-Sì, purtroppo l’ho saputo… cos’altro mi sono persa?-
-Enjolras ha deciso che agiremo durante i funerali di Lamarque.- le comunicò il giovane. -Và da lui: avrà sicuramente qualche compito da assegnarti.-
Éponine aspettò il termine del discorso prima di avvicinarsi al leader degli Amis. Ebbe una strana morsa allo stomaco quando gli fu vicino; un calore le imporporò le guance. Quel monsieur le faceva uno strano effetto…
Perché?
Aveva sempre ammesso con sé stessa che Enjolras era un bell’uomo: non lo si poteva assolutamente negare. Ma di bei ragazzi ce ne sono tanti, no? Perché lui le faceva questo effetto? E perché ora?
-… Monsieur Enjolras?-
Il giovane cambiò espressione non appena la vide: non le concesse nemmeno il tempo di parlare.
-Pontmercy non è qui. Puoi anche tornartene a casa.- annunciò freddamente, dandole le spalle.
La ragazza lo fissò interdetta. -Ma… cosa?!- le si seccò la gola. -Che significa? Non riesco a capire…-
Fu spietato. -Il tempo dei giochi è finito: non è necessario che ritorni. Incontrerai il tuo caro Pontmercy fuori di qui.-
-No, aspettate, monsieur Enjolras!!- scosse la chioma corvina. -Non è come credete!-
-Sono stufo di vederti perdere tempo qua in giro.- sentenziò, frugando distrattamente tra alcune carte poggiate su un tavolo.
-Io non sono qui per perdere tempo! Non sono qui per Monsieur Marius!- lo prese per un braccio, costringendolo a voltarsi verso di lei. -Io ci credo fermamente, in questi ideali di cui parlate tanto! E’ l’unica cosa in cui credo in vita mia! Sono sincera, vi prego, credetemi!-
Éponine era spaventata: era vero, aveva imparato a credere nella Repubblica, voleva combattere anche lei per essa. E la spaventava Enjolras: mai era stato tanto freddo e distaccato con lei, mai tanto duro; nemmeno il primo giorno che aveva messo piede al Café. Non voleva essere cacciata, sentiva di avere qualcosa da fare per la prima volta in vita sua.
E mai, mai, mai avrebbe voluto che Enjolras credesse che fosse lì per Marius Pontmercy.
Ma lui non le credette.
-Non ci servi. La tua battaglia finisce qui. La Rivoluzione non è un affare da donne, ci saresti solo d’intralcio: lascia la situazione in mano a noi uomini. Non voglio attorno fragili donne da proteggere.- con un gesto secco si divincolò dalla sua presa. - Ti sei resa ridicola ai miei occhi troppo a lungo; non ho tempo da perdere con le tue sciocchezze da ragazzina.-
Avevano alzato la voce, ma con la confusione che c’era solo in pochi erano stati spettatori di quel dibattito: Courfeyrac, Joly e Grantaire. Solo quest’ultimo fissò Enjolras con forte disapprovazione; il biondino stesso avvertì il suo sguardo, ed evitò di incrociarlo.
Éponine si sentì morire dentro. Non poteva più restare lì, soffocava. Và via. E lo fece.
When the night is over
He is gone
The river’s just a river

Le dure parole di Enjolras tuonavano nella sua testa.
Éponine era ancora là fuori, passeggiando per la via, con la pioggia che scherniva le sue povere ossa. Fissava la finestra al primo piano del Café Musain, le tante candele accese mettevano in risalto le ombre dei rivoluzionari al lavoro. Avrebbe voluto essere lì con loro: c’era suo fratello Gavroche, Jehan, Joly, Grantaire, Combeferre, Courfeyrac…
E poi, c’era Enjolras.
Without me
His world will go on turning
A world that’s full of happiness
That I have never known…

Si appoggiò al muro, sedendosi a terra: poteva chiaramente vedere il profilo di Enjolras dalla finestra, intento sul suo lavoro. Era strano, ma non c’era solo il forte desiderio di partecipare alla rivolta: c’era molto di più che si agitava in lei. Vederlo lavorare, parlare, respirare, vivere senza di lei, le faceva più male del dovuto; lei non ci riusciva. Il mondo di Éponine si era fermato, crollato sotto le dure parole del giovane; il mondo di lui invece andava avanti come sempre, anche senza di lei.
Non era giusto, non era proprio giusto. Perché non riusciva a fare come lui? O perché lui non si sentiva distrutto, lacerato dentro, allo stesso modo in cui si sentiva lei?!
Chi era lui per dettare legge sulla sua vita? Cosa diavolo era successo a Éponine Thénardier?!
Nel frattempo la pioggia frustava il suo corpo, e le parole di lui la sua anima.
Và via. La Rivoluzione non è un affare da donne; ci saresti solo d’intralcio.
E questa cosa le bruciava più del dovuto.
Lascia la situazione in mano a noi uomini. Non voglio attorno fragili donne da proteggere.
Si mise le mani tra i capelli, chiuse gli occhi, scosse il capo, si morse un labbro.
-Io non ho bisogno di essere protetta. Io non sarò d’intralcio a nessuno. Io…- s’interruppe, come se qualcosa in lei fosse scattato.
Forse, Enjolras aveva ragione: la Rivoluzione non è un affare da donne.

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Capitolo 7
*** One day more ***


LesMis –Red and Black
# One day more

Éponine si alzò di scatto, dirigendosi nell’unico posto dove potesse cercare un rifugio.
Da quando aveva lasciato la famiglia per seguire i suoi ideali politici, Marius Pontmercy viveva in un piccolo appartamento a due passi da Place Saint-Michel; tante volte Éponine era stata da lui, per dargli notizie sulla sua ricerca di Cosette.
La porta del monolocale era difettosa: per una come lei fu un gioco da ragazzi aprirla. Éponine accese una piccola candela, che poggio sopra l’unico comodino della stanza: la flebile e tremolante luce proiettava la sua snella figura sul muro mentre si spogliava. Prese un vecchio lenzuolo ed iniziò a strapparlo, realizzando varie strisce che legò assieme, poi si sedette a terra e iniziò a fasciarsi il seno: la natura era stata generosa con lei, nonostante i giorni passati senza mangiare. Dall’armadio prese una camicia di Marius ed un paio di pantaloni, in un secondo fu di nuovo vestita. Si guardò attraverso il piccolo specchio appeso al muro: aveva nascosto perfettamente il suo fisico da donna in quegli abiti larghi, ma il volto restava sempre quello di una fanciulla. Tagliare i capelli non sarebbe servito, e comunque non ne aveva l’intenzione… sentiva che c’era qualcosa che le mancava. Si guardò in giro per la stanza, finché non vide un cappello appeso ad un attaccapanni; lo prese in mano e lo fissò per un istante, le bastò un secondo per pensare di nascondere la sua chioma corvina raccogliendola all’interno. Si guardò di nuovo allo specchio: la visiera celava in parte il viso, avrebbe potuto benissimo passare per un ragazzino dell’età di Gavroche, o poco più grande. Ora era perfetta.
One more day all on my own.
One more day with him not caring.
What a life I might have known.
But he never saw me there…

 
All’interno del Café Musain si stava raccogliendo sempre più gente: giovani, uomini di età avanzata, donne.
Enjolras camminava in mezzo a quella folla, stringendo mani, dando pacche sulle spalle, lanciando sorrisi incoraggianti: era raggiante. Aveva aspettato questo momento per troppo tempo… il momento della rivincita, il momento di alzare la testa, il momento di riprendersi ciò che spettava di diritto al popolo.
Dalla quantità di luci e dalla moltitudine di ombre all’interno, sembrava quasi che fosse arrivato il Natale all’interno del Cafè Musain; e si intonava un canto, mentre venivano caricati i fucili, mentre venivano impartiti ordini, mentre si studiavano mappe e cartine. E il vino, il vino non mancò affatto: ma servì più a tenere alti gli animi che ad offuscare la mente.
Enjolras uscì per un momento fuori in piazza: l’aria fresca che aveva portato la pioggia gli accarezzò il mento. Si girò ad ammirare il locale dall’esterno, a braccia conserte; annuì fiero, come un padre quando benedice il proprio figlio.
-E’ una bella notte.- disse a sé stesso. -Si preannuncia che domani sarà un grande giorno.-
Poi rientrò, altre strette di mano, altre pacche sulle spalle, si esibì perfino in un elegante baciamano con la padrona del Café (gesto che suscitò l’invidia del gentil sesso); infine, dopo essersi inebriato del calore della gente, prese posto a metà scala, per guardare tutti dall’alto in basso.
-Si preannuncia che domani sarà un grande giorno.- ripeté, stavolta per tutti. -Vi esorto a non abbassare mai la guardia: sarà dura, non posso negarlo. In molti cadranno, perderemo amici, compagni, amanti, figli, fratelli, genitori. Ma queste morti non saranno vane: saranno le fondamenta di un nuovo mondo, un mondo migliore. I nostri padri strapparono la corona al Re quarant’anni fa: noi ripeteremo le loro gesta! Salveremo la Francia dalla sua rovina!-
Al suo discorso seguirono applausi, incitamenti, sorrisi.
Nessuno poteva resistere a Monsieur Enjolras.
Nemmeno Marius Pontmercy. La sua comparsa sulla porta del locale strappò un sorriso persino al leader: nella mano destra teneva una bandiera rossa, stringeva la sinistra in un pugno che sollevava alto verso il cielo.
-Il mio posto è qui… combatterò al vostro fianco!-
One more day before the storm!
At the barricades of freedom.
When our ranks begin to form…
Will you take your place with me?


 
Con il cuore che palpitava per l’emozione, Éponine uscì dal monolocale. Percorse i pochi metri che la separavano dal Cafè a grandi falcate, quasi senza respirare. Giunta sul posto indugiò un po’ prima di entrare, si appoggiò ad un muro, spiando per l’ultima volta la finestra del locale illuminata: riconobbe all’istante quella massa di capelli ricci, le spalle larghe, il profilo armonioso.
-Eccomi, monsieur Enjolras: ora posso combattere la nostra battaglia.-
E prese un altro grande respiro, prima di varcare la soglia del Café Musain.

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Capitolo 8
*** Do you hear the people sing at Lamarque's funeral? ***


LesMis –Red and Black
# Do you hear the people sing at Lamarque’s funeral?


Il sole splendeva alto, nonostante fosse un giorno di grande lutto per tutta la città. Era Giugno, quasi mezzogiorno, e la calura iniziava a diventare insopportabile.
Il manipolo di rivoltosi si riunì nella polverosa Place de la Bastille, dove a breve sarebbe passato il corteo funebre; si erano infiltrati tra uomini, donne, bambini, anziani, una moltitudine di gente addolorata, di ogni strato sociale: era in occasioni come quelle che tutti sembravano dimenticarsi delle leggi che regolano la vita quotidiana, stretti in un abbraccio commosso.
Questa era l’insolita visuale che aveva il piccolo Gavroche, appostato in cima all’elefante in gesso che dominava la piazza; sapeva bene qual’era il suo compito, era lui a dover coordinare tutta l’operazione, era lui il regista dell’opera di Enjolras. Sentiva il peso della responsabilità ma allo stesso tempo era orgoglioso di ricoprire un ruolo così importante… e da lassù poi, si sentiva come un Dio che osservava l’operato delle sue creature sulla terra.
Ma non era affatto onnisciente come un Dio: se lo fosse stato si sarebbe accorto di Éponine che si faceva largo tra la folla alla sua ricerca, senza alzare mai lo sguardo al cielo, dove forse l’avrebbe avvistato. Sarebbe comunque stato impossibile trovare qualcuno in mezzo a quella bolgia: Lamarque era stato troppo amato in vita, tutta Parigi si era riversata lungo la strada per dargli l’ultimo saluto.
-Gavroche ha dato il segnale, il carro funebre sta per arrivare! Ecco i primi soldati!-  ci fu un grido alle spalle della fanciulla, una voce familiare: era Jehan. Il giovane, ovviamente, non la riconobbe; la spintonò in avanti con forza, in modo da potersi mettere in prima fila. Éponine inciampò e si aggrappò alla spalla del signore davanti a lei; una spalla rivestita di una giacca rossa ancora più familiare.
-Fai attenzione, ragazzo!- Enjolras, stizzito, non concesse nemmeno un’occhiata a quello che scambiò per uno stupido imbranato qualunque. Éponine si ritrasse senza osare blaterare una banale scusa, temendo di venire scoperta. Di nuovo, le provocava una strana sensazione essere così vicina al giovane leader, di nuovo quella morsa allo stomaco.
Perché?
Ma non c’era tempo di riflettere: ecco giungere il carro nero con la salma di Lamarque.
La gente iniziò a cantare.
Do you hear the people sing?
Singing the song of angry men?
It is the music of the people
Who will not be slaves again!

Ci fu un interminabile minuto, l’ultimo concesso per salutare il grande generale.
E giunse il turno di Enjolras.
Il ragazzo si mise in mezzo al corteo, sventolando con forza la sua bandiera rossa, gridando, incitando la gente a seguire il suo esempio: il segnale era stato lanciato.
Éponine sentì una stretta al cuore, ma oramai tutti i giovani del Café Musain si erano ammassati all’interno del corteo sfidando apertamente i soldati che, colti di sorpresa, non riuscirono a trattenerli; e la gente, entusiasta, li seguì.
Marius, il primo ad arrampicarsi sopra il carro funebre, aiutò Enjolras a salire: la folla non seguiva altri che lui, cantava incitata dal suo sventolare la bandiera con forza, con orgoglio, lo adorava come fosse un Dio, accompagnava la sua marcia. Il giovane si sentì inebriato da un potere che aveva sempre saputo di avere, ma di cui non si rendeva conto della portata che aveva sugli altri; sapeva comunque come sfruttarlo a dovere. Le braccia iniziavano a dolergli a causa del peso della bandiera ma non volle smettere di incitare i suoi compagni.
Era diventato l’erede di Lamarque per acclamazione popolare.
Anche Éponine si lanciò verso il carro: cercava di urlargli, di urlare con tutta la sua forza, di urlare per sovrastare il canto del popolo.
-Monsieur Enjolras! Enjolras!- si teneva con una mano appoggiata al carro: nell’eccitazione del momento mandò a puttane l’intento di celare la sua identità e desiderò ardentemente che lui guardasse nella sua direzione, che la riconoscesse, che capisse fino a che punto si era spinta, che fosse orgoglioso di vederla al suo fianco; ma la sua voce non riusciva minimamente a raggiungerlo.
E poi, arrivarono. I soldati erano pronti a rispondere alla sfida lanciata dal popolo.
Marius ed Enjolras posarono le bandiere: era tempo di brandire le armi.
Will you join in our crusade?
Who will be strong and stand with me?
Beyond the barricade
Is there a world you long to see?

Il grido di Enjolras risuonò sovrastando le urla e gli spari.
Alle barricate!
E sembrò che le barricate venissero su da sole, veloci, crescendo in vari punti della città: fatte di sedie, mobili vari, stracci, perfino letti e pianoforti. Ognuno dava quel che poteva, ogni contributo era ben accetto: tutta Parigi appoggiava i suoi giovani rivoluzionari.
Enjolras guidò il gruppo innanzi all’angolo dove sorgeva il Café Musain e dove sarebbe sorta la loro barricata; la collaborazione del personale del locale fu essenziale per la riuscita del piano. In meno di una decina di minuti, gli Amis dell’ABC avevano completato la loro opera.
Éponine, rimasta più indietro rispetto al resto del gruppo, sgattaiolò tra la mobilia distrutta che costituiva la base della struttura, riuscendo a non farti notare.
-Courfeyrac, muoviti con quelle armi!-
-Combeferre, serve più legna qui! Sbrigati! Fatti aiutare da Joly!-
-No Gavroche, non andare con loro: tu mi servi qui…-
Ognuno di loro aveva il suo ruolo da giocare: scattavano veloci, attenti, agili, piccole api operaie intente a difendere il proprio alveare; Enjolras era proprio lì, a dirigere quel caotico miscuglio di uomini.
Éponine si sentiva spaesata, senza avere uno scopo all’interno dell’organizzazione; ma doveva cercare di mantenere la calma. Afferrò la prima sedia che si trovò davanti senza sapere bene dove sistemarla, andò un po’ ad intuito, provò anche a seguire quel che facevano Combeferre e Joly… il lavoro era duro e sfiancante, e il caldo di Giugno non l’aiutò minimamente. Si fermò per un istante ad asciugarsi il sudore perlato sulla fronte: e tanto bastò.
Enjolras si voltò verso la sua direzione proprio in quel momento. E lo capì subito, dal modo in cui sgranò gli occhi: la vide in pieno volto. Con il sole che illuminava le sue guance, forse per farlo apposta, per smascherarla.
Il cuore della fanciulla cominciò a battere fortissimo, ma non raggiunse la velocità di quello del giovane; il tempo e gli uomini attorno a loro sembrarono rallentare a tal punto da fermarsi. C’erano solo loro, in quel momento, sotto quella barricata.
Éponine Thénardier. L’ultima persona al mondo che si aspettava là dentro. Impunemente ritornata dopo essere stata cacciata, e in abiti maschili per giunta, per imbracciare un fucile e costruire una barricata…
lei, l’ultima creatura che avrebbe potuto sfidare il grande Enjolras; eppure lo fece, di nuovo, forse si divertiva troppo a farlo.
E brava Éponine: la prima persona al mondo a lasciarlo totalmente spiazzato.
-Enjolras?- Courfeyrac e Jehan arrivarono alle sue spalle, destandolo dai suoi pensieri. -Vieni, abbiamo bisogno di te!-
Il biondino li guardò con la coda dell’occhio, annuendo; lanciò un ultimo sguardo verso Éponine, si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, prima di seguire i compagni.
Orgoglio. Era orgoglioso di lei.
E anche lei era fiera di sé stessa.

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Capitolo 9
*** A little fall of rain ***


LesMis –Red and Black
# A little fall of rain


La barricata di fronte al Café Musain era ormai completata: ma non era il tempo di riposare.
-Attenti, arrivano!-
La voce di Gavroche fu forte e chiara. Eccoli: i passi dei soldati in marcia. Eccoli apparire dall’altra parte della piazza, posizionandosi con i fucili puntati verso la barricata. Ed avanzarono.
-Arrivano!! Prendete tutti posizione!!!-
I ragazzi imbracciarono le armi: Marius ed Enjolras erano in prima fila. Joly e Courfeyrac appostati ai due lati, Grantaire, Combeferre, Leisgle e Bahorel a coprire gli spazi vuoti alla base della struttura. Jehan, Gavroche e tutti gli altri indietro, a dare manforte con le munizioni; le cameriere del locale si rintanarono all’interno, tenendosi pronte ad assistere gli eventuali feriti. Come in una scacchiera, ognuno aveva il proprio ruolo, la propria posizione, sapeva bene cosa fare: la strategia di gioco di Monsieur Enjolras era perfetta, forse sarebbe davvero riuscito a fare scacco matto al Re…
C’era solo un piccolo, inaspettato particolare che era sfuggito ai suoi calcoli: Éponine.
Lei, l’unico pezzo della scacchiera che sfuggiva continuamente al suo controllo; era l’unica a non sapere cosa fare. Ma non poteva certo starsene con le mani in mano, non se i suoi compagni erano là sopra, esposti al fuoco nemico. Seguendo l’istinto, cercò di avanzare verso la barricata facendosi largo tra i giovani; capì immediatamente che se voleva veramente aiutare Monsieur Enjolras avrebbe dovuto salire anche lei in cima alla costruzione. Scelse l’angolino più a destra, più nascosto alla vista degli Amis, da cui spuntava una scala (un segno del destino?), e vi si arrampicò lesta; si aggrappò ad una sedia, alzando la testa per guardare in alto, per capire cosa stava accadendo in mezzo a quella confusione di voci, spari e frastuoni.
Con un rapido gesto, Marius scostò la canna di un fucile, sparando al ventre del soldato che aveva di fronte; Enjolras, accovacciato accanto a lui, sbucò fuori all’improvviso ed afferrò il fucile del nemico, strappandoglielo di mano con una gomitata; Marius completò l’opera piantandogli una pallottola in testa. Erano in gamba, non lo si poteva negare: eppure, l’ansia di Éponine cresceva sempre più.
Erano troppo esposti. Ma ci provavano gusto a fare da bersaglio ai soldati?!
Sotto i loro colpi i primi uomini caddero giù, come birilli colpiti da una palla: ma quanto sarebbe durato?
La fanciulla era a pochi metri da Enjolras: si issò su quella che doveva essere stata una credenza, perdendo per un instante l’equilibrio a causa dello sportello instabile su cui aveva messo piede; quando gli fu vicina sentì una strana morsa attanagliarle lo stomaco, decisamente diversa da quella che la prendeva in sua compagnia.
E se fossero riusciti a colpirlo?
Che cosa ne sarebbe stato di loro? Come avrebbero potuto andare avanti? Lei come avrebbe fatto senza di lui? Era mai possibile pensare ad un mondo senza Monsieur Enjolras?
No.
Per questo, gli andò ancora più vicina. Non si accorse nemmeno che Marius era già sceso dalla barricata, con una idea disperata che gli frullava nella testa, correndo ad afferrare una torcia e il contenitore con la polvere da sparo; il giovane era talmente perso nei suoi pensieri da non sentire nemmeno le grida di Gavroche.
-Marius, che fai?! Attento!! Sta giù!!-
Ma nemmeno Éponine sentì nulla: le bastò vedere. Vedere quel soldato che, non avendo più l’altro giovane sotto tiro, puntò il fucile verso la schiena di Enjolras. Tanto bastò. Non ebbe un attimo di esitazione: arrampicata sulla barricata, afferrò quella maledetta canna del fucile proprio mentre Marius risaliva. Lui non la vide: non la vide mentre il calore dello sparo bruciò parte della camicia, la canna del fucile le ustionò il palmo della mano, e il sangue macchiò il resto dell’indumento; non la vide mentre si lasciava cadere a terra.
Ma Enjolras sì.
La vide chiaramente, nonostante fosse un attimo: l’istante dopo ecco giungere Marius con la polvere da sparo.
-Ritiratevi! Ritiratevi, o faccio saltare la barricata!-
Il soldato di fronte a lui cercò di spaventarlo: in fondo, era solo un ragazzino. -Davvero? E vuoi saltare in aria assieme a noi?!-
Marius prese un gran respiro, prima di rispondere. -Salterò anch’io…- e avvicinò pericolosamente la torcia al contenitore…
La minaccia funzionò. –T-tutti giù! State indietro!! Ci farà saltare in aria!!- fu il grido disperato di quello stesso soldato.
E l’esercito si ritirò dall’altro lato della strada.
Enjolras afferrò la mano tremolante del compagno, che teneva la fiaccola. -Ottimo lavoro…- gli sussurrò, prima di riprendersela. In quel momento aveva solo un pensiero fisso in testa.
Éponine.
La cercò con lo sguardo: e la trovò, accasciata vicino all’angolo della barricata, completamente ignorata dai ragazzi. Si precipitò giù, ignorando le voci e le pacche dei compagni, che non capirono il perché della sua agitazione: si bloccò solo a pochi passi da lei. Éponine non aveva più il berretto in testa, ora era facilmente riconoscibile: ora tutti la videro. Combeferre, Courfeyrac, Joly, Jehan, Bahorel, Lesgle, Grantaire: tutti gli Amis la circondarono, come la prima volta che entrò al Cafè Musain. Marius si era accovacciato accanto a lei, tenendola sollevata; Gavroche giunse per ultimo, spintonando i compagni per vedere meglio con i propri occhi, essere sicuro che stessero veramente sussurrando il nome della sorella, che quella figura stretta a Marius non fosse qualcun altro… e quando la riconobbe rimase raggelato.
-… ‘Ponine…- le lacrime scendevano lentamente.
Iniziò a piovere.
I don’t feel any pain
A little fall of rain
Can hardly hurt me now
You’re here, that’s all I need to know

-N-non preoccupatevi, monsieurs.- le costò molta fatica pronunciare quelle parole. -N-non morirò per un colpo del genere: mi ha solo preso di striscio…- con un altro grande sforzo, allungò una mano verso Gavroche; il fratellino si inginocchiò accanto a lei, lasciandosi accarezzare la guancia. -Ti prego… non pianger più per me…- poi alzò gli occhi, scrutando ognuno degli Amis. -Sono davvero felice di esservi stata utile.-
Tutti erano commossi, Marius arrivò addirittura a darle un bacio sulla fronte.
Enjolras si sentì strano: una sensazione insopportabile. Scostò nervosamente lo sguardo, scosse il capo bagnato, poi si affrettò ad andare da lei: afferrò con forza il braccio di Marius, allontanandolo dal corpo della fanciulla, e la sollevò senza nemmeno guardarla; poi la condusse all’interno del Café. I giovani gli fecero largo e li seguirono con lo sguardo.
-M-monsieur Enjolras…- sussurrò.
-Non sforzarti a parlare.- la interruppe. -Ho visto cosa hai fatto per me, per i nostri ideali. Ho visto con quanta forza e determinazione hai combattuto la nostra battaglia… e ti devo delle scuse, oltre che la mia vita, mademoiselle Éponine Thénardier.-
L’ultima volta che l’aveva chiamata così era riuscita a scalfire la sua corazza; e anche stavolta ce l’aveva fatta. Monsieur Enjolras non aveva mai chiesto scusa a nessuno, in vita sua. E non aveva mai avuto debiti con nessuno. Ma era anche vero che non aveva mai avuto a che fare con una come Éponine… lo sfidava. Lo coglieva di sorpresa. Gli salvava la vita. La verità era… che lo spiazzava totalmente. E per uno come lui, che ha sempre il controllo su tutto e tutti, fu davvero una sensazione strana, nuova, diversa.
Éponine non poteva immaginare che pensieri stesse elaborando la mente del giovane; si appoggiò al suo petto e si godette il meritato riposo.

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Capitolo 10
*** The last day under the barricade ***


LesMis – Red and Black
# The last day under the barricade

Éponine era sdraiata su un letto improvvisato al primo piano del Café Musain, solo un lenzuolo raggomitolato sotto di lei; il petto era stretto nelle fasce insanguinate, l’ustione sulla mano ben nascosta dalle garze. Era proprio vicino alla finestra; fu per questo che venne svegliata dai primi raggi del nuovo giorno, inizialmente non riconoscendo il luogo in cui aveva dormito: poi ricordò. Si mise seduta un po’ a fatica, nonostante la ferita sul petto le facesse male; tuttavia, le orecchie le funzionavano bene, tanto da riuscire a sentire i discorsi che gli Amis stavano facendo in strada.
-E’ tornato Enjolras!- la voce di Joly le giunse forte e chiara.
Il biondino scavalcò agilmente la barricata, scendendo veloce; venne circondato dai suoi compagni. –Allora? Che novità ci sono dalle altre barricate?-
Il silenzio che seguì quella domanda mise tutti in apprensione: sembrava come se Enjolras non volesse rispondere; ed effettivamente era proprio così. Con un profondo sospiro si grattò il mento e fece mente locale per trovare le parole giuste da dire ai suoi; ma non c’erano parole giuste per dare la notizia che stava per comunicare. La verità era troppo crudele ma inevitabile…
-Siamo l’ultima barricata rimasta.-
Con queste parole, li condannò tutti a morte.
Éponine sentì una pugnalata al cuore; sotto i suoi occhi atterriti, gli Amis dell’ABC diedero sfoggio di tutte le reazioni umane possibili: chi pianse, chi si sfogò con rabbia su una sedia rotta, chi si attaccò alla bottiglia di vino, chi rimase totalmente pietrificato da quella frase.
Éponine, invece, scattò in piedi.
-Mademoiselle, ferma!- l’afferrò una delle cameriere. -Non faccia sforzi eccessivi…-
-Mi porti giù.- la implorò con lo sguardo: la donna era titubante nell’accontentare quella richiesta, eppure la determinazione nei suoi occhi bastò a convincerla; con un braccio le cinse la vita, con l’altro si reggeva al corrimano delle scale. La lasciò andare solo quando furono a due passi dalla porta e la fanciulla le assicurò che poteva camminare da sola; Éponine si appoggiò allo stipite, in realtà senza sapere bene cosa dire, o cosa fare, per aiutare i compagni in quel momento di difficoltà.
Ebbe finalmente il coraggio di posare gli occhi su Enjolras: mai l’aveva visto in quello stato prima d’ora. Sguardo perso nel vuoto, le guance ricoperte di un sottile strato di barba in ricrescita, le grandi occhiaie, i vestiti sgualciti e sporchi: non era più il grande Enjolras; ora era solo Enjolras. L’Enjolras che prese un gran respiro prima di brandire un fucile e salire sulla barricata. Il ragazzo se ne rendeva perfettamente conto: i soldati temporeggiavano per indebolirli, fisicamente e psicologicamente; l’ansia e la stanchezza erano armi efficaci contro dei poveri giovani. Si voltò verso gli Amis, facendo appello a tutta la sua forza.
-La morte ci sta venendo incontro: ma io non permetterò mai che prenda le nostre vite così facilmente! Davvero non abbiamo alcuna chance di vittoria? Di certo non ne avremmo nessuna se ci arrendiamo! Non ho intenzione di consegnare la mia vita all’Esercito: se la vogliono che se la vengano a prendere; ma gli costerà molto caro!-
Il potere di Enjolras sulla gente poteva superare la paura della morte?
-… se davvero vogliono il mio sangue, dovranno prima affogarci dentro!- fu Combeferre il primo a rispondere al richiamo; e l’incantesimo funzionò anche sugli altri.
-Se vogliono piantarmi una pallottola in petto, dovranno prima assaggiare quelle che sparerò io!- continuò Courfeyrac.
E poi Joly. Poi Jehan. Poi Feully, Bahorel, Lesgle, Grantaire, Marius, tutti. Rieccoli sulla barricata, a seguire il loro leader, fino alla morte. Il cuore di Éponine fu colmo di gioia nonostante la situazione disperata.
Nessuno poteva resistere ad Enjolras. Nemmeno lei.
Ma non era tempo e luogo per certi sentimenti.
-Feuilly, fammi il tuo rapporto!- fu l’ordine di Enjolras.
-Abbiamo armi a sufficienza…- Feuilly si lasciò scappare un sospiro. -Ma finiremo a breve scorte e munizioni.-
Marius scattò. –Lasciatemi andare al colonnato! I soldati caduti sicuramente avranno con loro delle munizioni… sono certo di riuscire a trovare qualche proiettile!-
-No, non ti lascio andare.- rispose fermo il leader. -Correresti un rischio troppo grande senza sapere se veramente potresti recuperare delle munizioni.-
-Lasciate andare me: lui è solo un ragazzo! Io sono vecchio, non ho nulla da perdere o da temere!-  quella voce profonda giunse da lontano alle orecchie di Éponine: non riusciva a vederlo bene in viso, ma quell’uomo anziano così alto e prestante le sembrava davvero familiare…
Nella confusione che si creò per decidere chi mandare al di là della barricata, se mandare qualcuno e cos’altro avrebbero potuto fare, un’agile rivoluzionario se ne approfittò per prendersi il suo momento di gloria: era piccolo, veloce, gli fu facile oltrepassare il groviglio di legname usato per la base della barricata e in un attimo fu in strada.
Il primo ad accorgersene fu Combeferre. -… Gavroche!!-
Little people know,
When little people fight,
We may look easy pickings
But we’ve got some bite!

Era ormai troppo tardi: nessuno avrebbe più potuto recuperarlo senza esser visto dai soldati; e i soldati stessi l’avevano già avvistato, come dimostravano i fucili puntati su di lui.
-NOOOOO!!!- Éponine lanciò un grido stridulo e disperato, portandosi le mani alla bocca: fu allora che gli altri si accorsero della sua presenza. Corse a perdifiato, spintonò chiunque fosse sulla sua strada, incurante della ferita e della fatica, incurante del pericolo, si lanciò verso il passaggio sotto la barricata: se non fosse stato per Grantaire che l’afferrò per la vita e la trattenne con forza, anche lei si sarebbe ritrovata sotto il mirino del nemico. -Gavroche, per l’amor di Dio, torna qui!! Gavroche!-
Tutti lo chiamarono da sopra la struttura, Combeferre provò a sporgersi da una fessura per allungargli una mano, Enjolras e Marius dalla cima tenevano sotto tiro i soldati. Éponine piangeva e gridava disperata, agitandosi tra le braccia di Grantaire. -Non sparate!!!-
L’iniziativa di Gavroche, in realtà, lasciò spiazzato anche l’Esercito: nonostante le armi ben puntate nessuno di loro aveva davvero l’intenzione di sparargli. Il ragazzino andò sicuro, saltellando tra i cadaveri, frugando in borsette e tasche, riempiendosi le sue con munizioni ed ogni cosa utile. Così non andava affatto bene, non potevano certo permettere che i rivoluzionari si rifornissero, o che un mocciosetto gliela facesse sotto il naso…
Ci fu il primo sparo, mirando in alto.
Il cuore di Éponine sobbalzò, assieme a quello degli altri giovani, Gavroche compreso: ma si dimostrò spavaldo, con una pernacchia diretta verso l’Esercito come unica risposta.
Ci fu il secondo sparo, mirando uno dei corpi a pochi passi da lui.
L’intento era di spaventarlo maggiormente: stavolta arretrò un poco, soltanto per cambiare direzione.
E ci fu il terzo sparo.
Il soldato che si azzardò aveva mirato al muro accanto a lui; ma la paura di giocare con la vita di un povero ragazzino gli fece tremare la mano e commettere l’errore fatale.
Gavroche cadde a terra, con una pallottola conficcata nel cuore.
Il grido straziante di Éponine fu l’unica cosa che riecheggiò nella piazza.

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Capitolo 11
*** The blood of the Martyrs ***


LesMis –Red and Black
# The blood of the Martyrs


Il tempo si fermò.
Combeferre sgattaiolò veloce al di là della barricata, mentre i soldati (atterriti, inorriditi) abbassarono le armi, concedendo quell’atto di pietà: il corpicino di Gavroche venne riportato innanzi al Café Musain, l’unico luogo in cui il piccolo si era sentito realmente a casa (amato, apprezzato, sostenuto).
Éponine non diede tempo al giovane di poggiarlo a terra: lo strappò letteralmente dalle sue braccia, se lo strinse al petto, gli bagnò il visetto di lacrime.
Gavroche… Gavroche era stato più di un fratello: Gavroche era come suo figlio. Era sangue del suo sangue, la sua stessa carne, la sua anima, il suo cuore. Gavroche era il primo e l’ultimo pensiero delle sue giornate; quei rari attimi di ilarità a Casa Thénardier; erano le notti insonni passate a preoccuparsi di dove si fosse cacciato; era il suo piccolo cavaliere, senza l’armatura scintillante e senza qualche dente, ma non meno coraggioso. Gavroche era uno dei motivi per cui si trovava da quella parte della barricata.
Gavroche era la sua vita. Ed ora, non più.
Il gruppo di Amis, commossi e addolorati, le si strinsero attorno, senza fiatare. Enjolras era proprio lì, accanto a lei: Éponine lo tirò per un braccio, costringendolo ad inginocchiarsi e ad offrirle la sua spalla su cui piangere (aveva bisogno di quel contatto fisico); il giovane lo fece ben volentieri, cingendole le spalle con il braccio rimasto libero.
E così rimasero, per quegli ultimi istanti di quiete.
-Voi alla barricata!- arrivò imperiosa la voce del generale, un passo innanzi alla schiera dell’Esercito. -Ascoltate questo! La gente di Parigi dorme nei loro letti: per cosa combattete? Non avete chances, perché gettare così le vostre vite?-
-… non stiamo gettando le nostre vite!- tuonò Enjolras, ancora stretto a lei. –E nemmeno la morte di Gavroche sarà vana!-
Let others rise
To take our place
Until the Earth is free!

-Cannoni!-
 La speranza morì definitivamente con l’arrivo dei pesanti cannoni, trascinati dai soldati; tutto era pronto per l’attacco finale, tutti sapevano che la barricata non avrebbe mai retto. Les Amis dell’ABC accettarono quel fatto senza rimorso, non avevano più nulla da perdere.
Si combatteva per Gavroche.
Mentre l’Esercito si schierava in modo tale da far passare i cannoni in prima fila, anche i rivoluzionari si riposizionavano in formazione. Enjolras quasi spinse via Éponine per riprendere il suo posto in cima alla barricata; la fanciulla venne trascinata all’interno del Café dalle cameriere, ancora stringeva a sé il corpo del fratellino. Ma era riluttante a staccarsi dal ragazzo: -Monsieur Enjolras, no!- lo chiamava, lo supplicava.
Lui la sentì, eppure la ignorò.
Tutti gli Amis stavano con i fucili imbracciati.
-Mirate a destra!-
-Aspettate l’ordine!-
-Fuoco!!-
Già si sapeva che sarebbero state munizioni sprecate: la prima cannonata arrivò proprio mentre Éponine lasciava Gavroche su quello che era stato il suo giaciglio; Feuilly, Bahorel e Leisgle rimasero travolti sotto le macerie della barricata ceduta. Nuvole di polvere, pioggia di schegge, odore di polvere da sparo; e sangue, il sangue che scorreva inarrestabile, che tinse di rosso la strada; le scintille di fucili e cannoni rischiaravano tutta quella confusione; i cadaveri si moltiplicavano.
I soldati iniziarono ad avanzare, i ragazzi ad indietreggiare all’interno del locale; arrampicati su quel che restava della barricata rimasero solo Marius ed Enjolras.
Éponine si fece largo tra la folla per raggiungere una finestrella al piano terra, spettatrice di quella lotta impari che durò troppo poco…
Il primo a cadere fu proprio il giovane leader: il suo petto venne reciso da una ferita superficiale, ma precipitò all’indietro dalla struttura, travolto dal legname ormai marcito. E Marius, Marius venne colpito alla spalla da una lama appuntita, spinto giù dalla barricata, battendo la testa a terra.
Gli Amis avevano perso la loro guida.
A quel punto lo scenario cambiò.
Molti giovani abbandonarono ogni minima speranza assieme ai loro fucili, precipitandosi alle porte delle case, bussando, implorando per un’altra possibilità: tutti nella strada ascoltarono i loro appelli ma nessuno rispose.
Altri strinsero i denti fino all’ultimo e la battaglia continuò all’interno del locale: si combatteva con sedie contro fucili, pugni contro spade… le cameriere si ritrassero in cucina, tutte strette l’una all’altra, intonando una preghiera tra le lacrime.
Uno ad uno, gli Amis dell’ABC caddero come fragili foglie in autunno.
The blood of the martyrs
Will water the meadows of France!

Ed Éponine?
La fanciulla non perse assolutamente tempo: ruppe la finestra, la scavalcò, si allungò fino al punto in cui era caduto Enjolras, scavando per tirarlo fuori dalle macerie. Riuscì a scoprirgli il viso, era completamente insanguinato, la disperazione cresceva in lei… gli poggiò una mano tra naso e bocca e aspettò interminabili secondi.
-… respira…- sussurrò, con una gioia mai provata prima.
Continuò a scavare, nonostante le mani le dolessero per la fatica e le sue di ferite fossero ancora fresche; cercò di concentrarsi, ignorando le urla, i lamenti, i pianti intorno a lei, avvolta da polveri e fumi delle armi da fuoco. Doveva sbrigarsi, altrimenti qualcuno l’avrebbe notata…
Così fu. Una mano le afferrò saldamente una spalla; si girò allarmata, brandendo un pezzo di legno come bastone.
-In due faremo prima.- Grantaire le rivolse un mesto sorriso, inginocchiandosi accanto a lei. Una volta tolto il grosso riuscirono a sollevare Enjolras da terra, lui prendendolo da sotto le braccia, lei tenendogli i piedi; seguendo le sue direttive, la fanciulla si diresse nel vicolo più stretto e buio al lato del Café Musain. Grantaire si fermò in fondo ad esso, tastando nel terreno alla ricerca di qualcosa: infine sollevò una piccola maniglia incastrata tra i ciottoli della strada, tirandola con forza.
-Il magazzino delle scorte del Café.- spiegò interpretando lo sguardo interrogativo di lei. -Era qui che tenevamo le armi.- le porse una mano per aiutarla a scendere giù, ma alla fanciulla non servì: con un leggero balzo fu all’interno. -Dimenticavo che sei perfettamente in grado di cavartela da sola…- osservò sorridendo, e l’aiutò a calare Enjolras. Éponine si adagiò accanto a lui, tendendo una mano verso il moretto per farlo scendere con loro…
-Chi va là?- l’ombra di un soldato, fucile in mano, comparve all’inizio del vicolo, facendo trasalire i loro cuori.
-Monsieur Grantaire?- lo chiamò, in un sussurro.
-Rispondete!- il soldato era sempre più vicino.
-Monsieur!-
Ma non le rispose: fece di nuovo quel sorriso mesto, fissando l’ombra che si avvicinava. -In fondo, ho sempre saputo che sei l’unica in grado di badare a lui… ringrazialo da parte mia, anzi no: ringrazialo da parte di tutti.-
-Monsieur…!- Éponine non fece in tempo ad emettere un fiato che la botola si chiuse silenziosa sopra la sua testa. E fu buio.
Grantaire avanzò verso quel soldato con un sorriso beffardo: afferrò un lenzuolo rosso che sventolava su un pezzo di legno lì accanto, alzandolo al cielo. Éponine, stretta al corpo di Enjolras, chiuse gli occhi: udì chiaramente la voce dell’amico gridare -Viva la Repubblica!-  allo stesso modo in cui udì lo sparo che pose fine alla sua vita.

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Capitolo 12
*** Tomorrow, we'll be far away ***


LesMis –Red and Black
# Tomorrow, we’ll be far away
 
Tomorrow, we'll be far away,
Tomorrow is the judgement day
Tomorrow, we'll discover
What our God in Heaven has in store!

E’ incredibile pensare che, nel giro di una ventina di minuti, fosse tutto finito.
Uomini e soldati avevano già sgomberato il posto dai cadaveri, i resti della barricata giacevano in un angolo per lasciare libero il passaggio; mura e strade portavano i segni della battaglia, fiumi di sangue, un’infinità di pallottole, crepe e buche ovunque.
Éponine alzò di un poco la botola sopra la sua testa, giusto per aprirsi una fessura: il vicolo era completamente sgombro, le voci e i rumori molto distanti. Si fece coraggio e l’aprì completamente, agile e silenziosa come era abituata a fare: ancora non sapeva bene cosa fare, dove andare, se Enjolras ce l’avrebbe fatta a sopravvivere… ma non c’era un minuto da perdere. Presa una cassa per usarla come sgabello, ci salì sopra tenendolo stretto tra le braccia; dovette usare tutte le sue forze per lanciarlo in alto, in modo che la metà superiore del corpo si poggiasse sul selciato; poi lo afferrò sui fianchi e lo spinse in su, riuscendo ad adagiarlo accanto al bordo della botola. Fu il turno della ragazza di uscire: si issò puntando bene le mani, ma questo sforzo le provocò una fortissima fitta al seno. Una volta fuori ricontrollò la sudicia camicia che indossava: sangue fresco.
-Questa non ci voleva…- sussurrò a denti stretti.
Si guardò intorno in cerca di una via di fuga; rapidamente, scorse dalla porticina dell’ingresso di servizio del Café una rampa di scale privata: probabilmente conduceva sul basso terrazzino affacciato a Rue des Grés. Di solito non avrebbe avuto problemi a salire, scavalcare, saltare, correre: era quel che faceva tutti i giorni, pane quotidiano. Ma avrebbe mai potuto farcela con il peso del corpo di Enjolras? Con quelle ferite e quella stanchezza?
Eppure doveva.
Dal balcone più vicino pendeva un lungo lenzuolo, insudiciato dalle polveri della battaglia che si era combattuta; la padrona di casa non si preoccupò di ritirarlo, meglio nascondersi nell’angolino più remoto di casa, stretta al marito ed ai figli, lontana dai soldati. Éponine lo tirò via facilmente; afferrò Enjolras per un braccio e a fatica se lo mise a fianco, avvolgendo i loro corpi con quel lenzuolo per legarli insieme. Certo, non avrebbe risolto il problema del peso, e doveva comunque tenerlo ben stretto per la vita di lui; ma almeno era sicura che non le sarebbe scivolato a terra. Prima di varcare la soglia stette appostata sull’uscio, occhi e orecchie ben aperti: forse nel locale poteva esserci ancora qualcuno, ma sicuramente quel cucinotto era vuoto. Entrò furtivamente, un po’ troppo lentamente ma Enjolras pesava parecchio e i suoi stivali strusciavano a terra, era bene fare molta attenzione ad essere più silenziosa. Una volta raggiunta la scala lasciò andare il braccio di lui che teneva saldo sulle spalle, in modo da avere una mano libera per aggrapparsi al corrimano in legno, ben attenta a dove poggiava i piedi; appena arrivata in cima si accovacciò a terra per non esser vista ed entrò nel terrazzino: era molto piccolo, costruito all’incirca ad un metro di altezza da terra, con una balconata lignea semplice completamente chiusa, se non fosse stato per qualche piccola e rara fessura, che le permetteva di avere una parziale visione della strada.
A parte quel gruppo di soldati impegnati nella ronda, Rue des Grés era completamente deserta: un fatto eccezionale per quel caldo giorno di Giugno, ma giustificato dagli avvenimenti delle ultime ore. Éponine aspettò pazientemente che gli uomini svoltassero l’angolo, indugiando ancora un poco per esser sicura che fossero lontani: aprì il cancelletto e scese i gradini che la separavano dalla strada, per poi nascondersi nell’ombra dei portici delle botteghe chiuse.
E ora? Non c’era stato il tempo di pensare a quale fosse la sua meta: chi mai avrebbe potuto dar loro ospitalità? Erano ricoperti di sangue e sporcizia, nessun parigino sano di mente li avrebbe accolti in casa; ed Enjolras aveva bisogno di cure urgenti, serviva un medico. Di andare dai Thénardier non se ne parlava proprio; l’avrebbe anche portato a casa sua, se avesse saputo dove viveva…
Il suono di campane in lontananza la ridestarono dai suoi pensieri: avrebbe davvero potuto chiedere asilo in qualche chiesa?
Éponine non è mai stata una credente; anzi, si era sempre sentita abbandonata da Dio. Eppure ci sono cose al mondo, come la carità cristiana, che sono i fondamenti della società in cui viviamo…
E aveva forse altra scelta?
Pensò di dare una chance a Dio nel momento in cui sentì un movimento a pochi passi da lei, quando vide quell’uomo di mezza età tirare fuori da una stalla un carretto trainato da un asinello: c’era ancora qualcuno che voleva riprendere la vita di tutti i giorni.
Doveva almeno provarci.
Si slegò dal lenzuolo che la teneva legata ad Enjolras, adagiandolo dietro alcuni barili; poi si avvicinò di soppiatto a quel signore, chiudendosi la giacca nel vago tentativo di nascondere la macchia di sangue che si allargava sulla sua camicia…
-Mi scusi, buon’uomo?- lo chiamò.
Lui si girò: la squadrò da capo a piedi confuso, non capendo perché indossasse abiti maschili. -Dimmi, ragazza.-
-Da dove proviene il suono di queste campane?-
Lui ci pensò su per un secondo. -Dovrebbe essere il monastero domenicano… il Couvent des Jacobins.-
-E lei potrebbe… potrebbe portarmi lì?-
-Beh sicuro, vado proprio in quella direzione: salta a bordo.-
-Non solo sola… c’è anche un mio compagno…- e gli fece cenno di seguirla; l’uomo si lasciò condurre fino al punto in cui giaceva il corpo di Enjolras, e si ritrasse non appena lo vide.
-Eh no, no! Io non voglio avere a che fare con questo genere di cose!-
-La prego!- Éponine gli tirò una manica, supplichevole. -La prego, prima che tornino i soldati…-
-A maggior ragione, assolutamente no!- cercò di svincolarsi.
-La prego, le darò qualsiasi cosa!-
-E cosa mai potrebbe darmi in cambio, una come te? Guarda come sei conciata…- si interruppe, posando gli occhi sul biondino. -Beh però… la giacca del tuo amico è proprio bella: guarda che bottoni… saranno d’oro?- si avvicinò un po’, non troppo, per ammirarla. -Mia moglie potrebbe ripulirla dal sangue, ci potremmo fare bei soldi… dammela, e l’affare è concluso.-
La ragazza non se lo fece ripetere due volte: sfilò con cura la giacca ad Enjolras, in modo da non fargli male, e la passò al signore accanto a lei; l’uomo se la mise sotto braccio, poi l’aiutò a trascinare il ragazzo sul carretto.
-Mettiti dietro con lui: vi coprirò io.- le ordinò, entrando nella stalla per prendere grandi fasci di paglia. Éponine fece come ordinato, sdraiandosi di fianco ad Enjolras: non gli era mai stata così vicina. Tanto vicina da poter ammirare le rughette agli angoli degli occhi, lo strato di barba dorata che gli ricopriva le guance, quel piccolo neo vicino alla bocca… anche se sporco di sangue e di polvere, la sua bellezza non veniva minimamente sbiadita. Gli carezzò le labbra carnose. -Ci siamo quasi, Monsieur.-
Quando tutto fu pronto, l’uomo salì sul seggiolino del carretto e con una frustata fece partire l’animale. Il viaggio fu silenzioso ma non privo di scosse; il tempo sembrava non passare mai. Iniziava a fare molto caldo, sotto tutta quella paglia, ma non le importava minimamente.
Il carretto si arrestò di colpo, sentì l’uomo scendere e avvicinarsi a lei. -Andiamo, fuori!-
Éponine si rialzò, e di nuovo venne aiutata da quel signore a percorrere gli ultimi passi che conducevano al grande portone del monastero; si sentiva fiacca, esausta, aveva dolori da tutte le parti: ma ce l’aveva fatta. L’uomo diede una veloce bussata all’uscio, anticipandola, per poi abbandonare il corpo di Enjolras tra le sue braccia.
-… ma!-
-L’accordo era portarvi qui, il mio lavoro è concluso!- le rispose, con un salto fu alla guida del carretto che velocemente riportò sulla strada.
La ragazza non si aspettava una reazione simile; sentiva le gambe cederle, non poteva reggerlo a lungo. E la ferita le doleva così tanto… si sentiva la giacca bagnata dal sangue. Il monaco che aprì li trovò proprio così: non ci fu il tempo di dire un fiato.
-La prego!-
-Venite tutti!- richiamò all’interno del monastero, prima di afferrare Enjolras sotto il braccio. -Povero ragazzo, sta ancora perdendo sangue…-
Venne subito raggiunto da un altro monaco che lo aiutò a sollevare il corpo del giovane; lo osservò meglio. -Ehi, ma questo sangue non è suo!-
Si girarono verso di lei: rivoli di sangue scendevano sui vestiti di Éponine che si reggeva il petto, esausta, guardando a terra.
E chiuse gli occhi, lasciandosi andare.

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Capitolo 13
*** Beyond the barricade is there a world you long to see? ***


LesMis –Red and Black
# Beyond the barricade is there a world you long to see?

Gli ultimi istanti di vita dei suoi compagni sarebbero rimasti per sempre impressi nella sua mente.
Non avrebbe mai scordato di che colore è il sangue quando sgorga a fiumi, o quale odore ha la polvere da sparo, o come diventa la voce di un uomo quando grida atterrito sapendo che non c’è più alcuna speranza per lui; e la sensazione del legno della barricata sotto i suoi piedi, fragile ma non tanto, da reggere il loro peso.
Quando riaprì gli occhi, lo scenario era totalmente cambiato: una luce tenue filtrava da una finestrella, non si udiva più alcun rumore, e nell’aria c’era un buon odore (forse pane appena sfornato?); provò ad issarsi per mettersi a sedere, ma la ferita al petto era ancora indolenzita e dovette abbandonarsi su quel morbido letto. Con una mano si toccò la testa, come per accettarsi che fosse tutto apposto, anche in assenza di uno specchio: solo allora si accorse delle ruvide garze che cingevano il capo.
Provò a chiamare.
-C… c-c’é… c’è q-qualcuno…- la voce usciva roca, molto molto debole; ma fortuna volle che in quel momento entrò un monaco, con una bacinella d’acqua e fasce pulite.
-Oh, finalmente avete ripreso coscienza!- si rallegrò l’anziano signore, avvicinandosi al letto.
-Io… d-dove sono?-
-Al Couvent de Jacobins: sono tre giorni che dormite profondamente.-
Perché questo nome suonava così familiare?
-Non dovreste fare sforzi.- il monaco l’aiutò ad adagiarsi sul cuscino. –Non preoccupatevi, la persona che era con voi è in buone mani…-
La persona che era con voi?
Quasi scattò a sedere. -Vi… v-vi prego…- cercò di farsi forza. –Portatemi… portatemi da… da…-
L’uomo era molto in dubbio al riguardo: erano giunti al monastero in gravi condizioni, dopo aver fatto tanta strada, era quasi un miracolo divino che fossero sopravvissuti entrambi… ma capì dal suo sguardo che era proprio ciò di cui aveva bisogno. -In cambio però non farete sforzi eccessivi, va bene? Ora vi aiuto ad alzarvi: appoggiatevi a me.-
Il contatto dei piedi nudi con la fredda pietra del pavimento provocò qualche brivido; fece una gran fatica ad uscire dalla propria stanza e percorrere il corridoio, nonostante l’aiuto del monaco; ma per fortuna, la camera verso cui erano diretti non era molto distante. Una volta aperta la porta, i suoi occhi vennero per un momento accecati da una fortissima luce: la finestra era totalmente spalancata per lasciar entrare un po’ di aria. Era anche quello un piccolo ambiente, spoglio, con un letto, un armadietto, un crocifisso appeso al muro.
La persona che cercava era proprio lì, profondamente assopita su quel letto…
-… Éponine…- Enjolras sussurrò il suo nome con una dolcezza inaspettata; si svincolò dalla presa del vecchio e si inginocchiò accanto a lei: le scostò i capelli dalla fronte, le carezzò il viso.
Lei era davvero bella, così in pace: Enjolras non aveva mai notato che avesse ancora il viso di una bambina.
Il monaco sospirò. -Ha perso molto sangue: non sappiamo se e quando si sveglierà.- la verità fu dura, ma necessaria. -E’ denutrita, perciò molto indebolita… il medico le ha ricucito per bene la ferita sul petto: tuttavia ha detto che l’ustione sulla mano le lascerà una cicatrice.-
Il giovane le prese la destra. -Come è possibile… come siamo finiti qui?-
-Vi ci ha portato questa fanciulla: ha bussato alla nostra porta, vi teneva abbracciato, era totalmente spossata… non so come abbiate fatto: ma credo che le dobbiate la vita…-
Enjolras abbassò la testa, poggiando la fronte sulla manina fasciata di Éponine che teneva stretta tra le sue.
E pianse.
 
Beyond the barricade
Is there a world you long to see?

Riuscirono a rimetterlo adagiato sul suo letto, in tempo per l’arrivo del medico; Enjolras lanciò un’occhiata alla porta quando si aprì.
-… ma voi siete…!- rimase totalmente spiazzato quando lo riconobbe.
L’uomo era il medico personale di Lamarque.
Quante volte Enjolras ci aveva parlato? Era impossibile che non l’avesse riconosciuto. Il ragazzo scattò a sedere, eppure l’uomo mantenne la calma; si richiuse bene la porta alle spalle, si avvicinò a lui piano e solo quando si sedette sullo sgabello accanto al letto gli rispose, mantenendo un tono di voce basso. -Non avete nulla da temere, Monsieur Enjolras: non ho rivelato a nessuno la vostra identità. Certo, i monaci hanno già capito che venite dalle barricate, non sono degli stupidi… ma da me non sapranno mai che foste voi l’anima e la forza di questa ribellione: siete un mio paziente ed ho giurato di proteggervi quando pronunciai le famose parole di Ippocrate.-
Enjolras tirò un sospiro di sollievo. -Dottore… vi ringrazio.- lo guardò serio. -Potreste dirmi… cosa è successo negli ultimi giorni?-
L’uomo si grattò il mento ed abbassò lo sguardo; prese lo stetoscopio per visitarlo prima di rispondergli. Gli raccontò tutto: i corpi, il caos, le barricate distrutte, i soldati continuamente in ronda, il popolo affranto. Il medico fu l’unico a vedere quell’espressione comparire sul viso di Enjolras: delusione. Sgomento. Rimorso.
-… è stato tutto inutile, dunque…-
-Ma voi siete ancora vivo, Monsieur.- gli stava cambiando le fasce sulla testa. -Finché c’è anche un solo uomo in cui arde il fuoco della rivoluzione, la speranza può sopravvivere… io sono troppo vecchio per queste cose, ed ho una famiglia a cui badare: ma ammetto che se avessi avuto vent’anni di meno avrei imbracciato un fucile al vostro fianco… oh!- si batté la fronte con una mano. -Quasi dimenticavo: voi non siete l’unico sopravvissuto.-
There’s a grief that can’t be spoken
There’s a pain goes on and on.
Empty chairs at empty tables
Now my friends are dead and gone.

Il Café Musain era quasi irriconoscibile sotto i suoi occhi: il pavimento ricoperto da vetri di finestre e bottiglie rotte, il sangue e le pallottole sulle pareti, i gradini delle scale abbattuti a colpi d’ascia, un silenzio di tomba, tavoli e sedie ribaltate… non avrebbe mai saputo che fine hanno fatto le gentili cameriere e la materna padrona del locale.
Fece fatica a raccogliere una sedia da terra, a causa del braccio sinistro fasciato: si sedette al centro della stanza, catturando con gli occhi ogni piccolo particolare, e confrontandolo con i ricordi che aveva di quel posto: le serate passate insieme, gli Amis dell’ABCtutto finito.
Una calda lacrima gli rigò una guancia. Chiuse gli occhi, inspirando forte.
-… Marius?-
Quella voce lo fece trasalire: non poteva non essere la sua. Il ragazzo si alzò in piedi con uno scatto, fissando ad occhi spalancati quell’ombra che comparve sull’uscio, che dovette avanzare di qualche passo prima che lui fosse sicuro di riconoscerlo. Enjolras raramente l’aveva chiamato per nome: eppure, sotto quegli umili abiti, c’era proprio lui. I due ragazzi avanzarono l’uno verso l’altro, fissandosi negli occhi come se non potessero credere a ciò che vedevano… si strinsero per la prima volta in vita loro. E piansero disperati, l’uno sulla spalla dell’altro.

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Capitolo 14
*** Life must go on ***


LesMis –Red and Black
# Life must go on

Nonostante tutto, Marius era stato fortunato: l’anziano nonno l’aveva riaccolto a braccia aperte e aveva accettato di buon grado il suo fidanzamento con Cosette; ma le cose andarono diversamente per Enjolras. Si ripresentò a casa col favore del buio, per la prima volta dopo la battaglia e per l’ultima in tutta la sua vita: suo padre non si fece problemi a spiegargli come avesse gettato l’intera famiglia nella vergogna e che per lui l’unico figlio maschio era morto su quella barricata; sua madre gli diede di nascosto la discreta fortuna che stava mettendo da parte in previsione del suo matrimonio, raccomandandosi di andarsene in un paese lontano, con una nuova identità, costruirsi una nuova famiglia lasciando stare tutte quelle sciocchezze sulla Repubblica.
Il vantaggio della sua nuova condizione era che ora era finalmente libero. Riprese presto in mano la sua vita, ne aveva di cose da fare: in tutta Europa erano accese le scintille di una rivoluzione oramai imminente. Non aveva più nulla a trattenerlo a Parigi: aspettava solo che Éponine riaprisse gli occhi.
E, quando lei lo fece, erano passati ormai sei mesi da quel maledetto giorno di Giugno; la fanciulla se ne accorse solo quando lanciò uno sguardo alla finestra, notando la neve che si era posata sul davanzale.
Enjolras andava a farle visita ogni giorno, spesso in compagnia di Marius e Cosette; e quel pomeriggio di Gennaio vennero fermati in corridoio dal medico per la bella notizia.
-Siate cauti che non faccia troppi sforzi: è ancora convalescente.- si raccomandò ai due giovani, che si precipitarono alla porta della sua stanza. Poi si rivolse ad Enjolras. -Di solito sconsiglierei di fare visita così presto ad un paziente: ma sono certo che alla vostra fidanzata farà bene vedere i suoi cari.-
-… la mia?- lui sembrò confuso ed in imbarazzo. -No aspettate, Éponine non è…-
L’uomo era piuttosto perplesso. -No? Credevo… vi prego di perdonarmi! Ho pensato voi foste innamorati, visto il modo disperato in cui vi ha salvato la vita, quasi sacrificando la sua… e la prima cosa che mi ha chiesto è come stavate, perciò io…-
Effettivamente quella era la seconda volta che lei gli salvava la vita. Dopo essersi quasi presa un proiettile in corpo, aver subito la perdita del fratellino e averlo trascinato dal Café Musain fino a quel convento, la sua prima preoccupazione fu le condizioni di salute di Enjolras. Era davvero una strana ragazza…
Enjolras si congedò dal dottore ed entrò silenzioso nella stanza: Éponine era circondata dal calore di Marius e Cosette. E, quando lo vide, il suo viso si illuminò a tal punto che anche lui se ne accorse.
-Monsieur Enjolras!-
Aveva la pelle pulita e profumata, per la prima volta in vita sua; i capelli d’ebano erano raccolti in una treccia. Nuove candide garze le fasciavano petto e collo. Gli tese la mano destra, la stessa che avrebbe portato a vita l’infame cicatrice di quella brutta ustione…
Marius e Cosette gli fecero posto, così che lui si mise a sedere sul bordo del letto.-Come stai?-
-Ho passato momenti peggiori.- ammise, con un sorriso.
-Éponine… ti devo di nuovo la vita…-
-Non ditelo: non voglio che vi sentiate in debito con me. Siete stato voi a convincermi che potevo cambiare la mia vita… che il mio destino non era di diventare come i miei genitori. Per questo vi ho seguito sulla barricata e ho combattuto con tutti voi; per questo vi ho salvato la vita. Potete anche pensare che siamo pari.-
Enjolras annuì, con il suo solito mezzo sorriso. Un leggero bussare alla porta interruppe quel momento: uno dei monaci si era affacciato sulla sua stanza, portando un vassoio.
-Mi scuso con tutti voi, ma devo chiedervi di lasciarla mangiare e riposare: ordine del medico.-
I tre la salutarono calorosamente, promettendole che sarebbero passati anche il giorno dopo. Éponine li seguì con lo sguardo finché non chiusero la porta, mentre il monaco le porgeva la sua cena.
-E’ davvero un miracolo che vi siate risvegliata… il Signore è dalla vostra parte.-
Éponine si lasciò scappare una smorfia. -Vi chiedo scusa!- alla reazione stupefatta dell’uomo si portò una mano alla bocca. -Non è mia intenzione offendere il vostro credo! E’ che non mi sono mai sentita dalla parte di Dio in questi ultimi anni…-
-Oh mia cara, mi addolora ascoltare queste parole! Dopo tutto quel che avete passato per giungere fino a qui… come fate a non credere che sia opera del Signore? Cosa vi spinge ad essere tanto diffidente?-
La ragazza rigirò per un po’ il cucchiaio nella sua minestra, non trovando le parole giuste da usare in quel momento. -Voi… credete sul serio che mi abbia aiutato?-
-Il Signore è sempre dalla parte degli innocenti.- le rispose candidamente l’uomo.
-E allora perché?- lasciò cadere il cucchiaio nella ciotola di minestra. -Perché mi ha portato via Gavroche?! Lui era un innocente, era un bambino, aveva solo 12 anni… perché Dio ha deciso che dovesse morire sotto le barricate? Cosa aveva fatto per meritarsi questo? Perché non ha preso me al posto suo?!-
Lo fissò negli occhi: il monaco vi lesse anni di sopportazione, dolore, disperazione. E vi scorse quelle lacrime che non avrebbe mai smesso di versare per suo fratello.
-Mia cara.- le prese la mano. -Il Signore agisce in modi a noi incomprensibili: non posso spiegare per quale motivo ha deciso di ricongiungere a sé la vita del vostro Gavroche. Ma posso ben immaginare perché abbia salvato la vostra… voi avevate un compito da assolvere: non era ancora giunta l’ora della vostra morte.-
-Io… non capisco…-
-Attraverso di voi, il Signore ha salvato la vita di Monsieur Enjolras: sicuramente avrà qualcosa in serbo anche per lui.-
-Chiedo di nuovo scusa…- era scettica. -Ma io non ho agito per carità cristiana: sono sempre stata restia a far del bene agli altri, se ciò provocava il mio male… non credo a tutte quelle storie sul porgi l’altra guancia o aiuta il prossimo.-
-Infatti: avete agito così perché siete innamorata di lui, è stato questo sentimento a guidare le vostre azioni; e non è forse l’amore la vera forza del Signore?-
Éponine rimase per un momento spiazzata. -… innamorata? Io non…-
-Chi mai darebbe la propria vita per un altro, se non per amore?- l’uomo le sorrise con dolcezza. -Potete non esservene accorta, siete così giovane… il vostro è stato un vero e proprio atto d’amore. Un atto di Dio.- con queste ultime parole si congedò, lasciandola cenare in tranquillità. Ma lo stomaco di Éponine era in subbuglio, così come il suo cervello: tutti questi sentimenti nuovi e contrastanti potevano essere spiegati con l’amore? Era davvero innamorata di Enjolras? Come poteva esserne sicura? Certo, era attratta da lui. Certo, era disperata quando lo vide cadere dalla barricata. Certo, era emozionata quando lo vide comparire sulla porta della camera, sano e salvo. Certo, aveva pensato a lui più che a ogni altro in questi ultimi tempi…
Era pur vero che era andata incontro alla morte per due volte pur di salvargli la vita.
E che in quel momento non stesse toccando cibo, nonostante il buon odore che emanava quella minestra ormai tiepida. Nonostante la fame fosse stata una compagna costante per tutta la sua vita…
Si dice che l’amore faccia passare l’appetito, no?
In my life
There's been no one like him anywhere
Anywhere, where he is
If he asked... I'd be his!


-Allora, è tutto pronto per la partenza?-
Enjolras toccò istintivamente i biglietti della nave che teneva nella tasca della giacca bordeaux. -Ho già prenotato una carrozza: in tre giorni arriverò a Le Havre.-
-I nostri amici d’oltremanica ti accoglieranno a braccia aperte!- l’altro gli strinse calorosamente la mano. -Buon viaggio: sono sicuro che sentirò ancora molto parlare di te…-
Gli fece un cenno affermativo con il capo e i due si separarono. Oltrepassato quel vicolo buio in cui si erano incontrati il ragazzo sbucò su Place de l’Odeon, per imboccare veloce Rue de Voltaire; si tirò su il colletto della camicia: non poteva non essere sicuro che qualcuno non l’avrebbe riconosciuto. Marzo aveva spazzato via quel gelido inverno, fatto di dure leggi, soldati appostati ad ogni angolo, controlli sempre più serrati: finalmente Parigi stava iniziando a dimenticare le barricate di Giugno. Tuttavia, Enjolras si era esposto troppo, e un viso bello come il suo non era facilmente dimenticabile. Oramai era abituato a girarsi appena passava qualcuno in divisa militare; anche quella volta lo fece fingendo di ammirare la vetrina di fronte a sé, benché fosse un negozio di abbigliamento femminile. Stavolta però la sua attenzione venne davvero catturata da un completo giacca e gonna color carta da zucchero, con risvolti e dettagli blu notte; rimase assorto nei suoi pensieri per qualche minuto, ricordando a sé stesso che aveva speso quasi metà della piccola fortuna lasciatagli dalla madre.
Poi entrò.
In my life,
There is someone who touches my life
Waiting near. Waiting here…

-Vedo che ti sei ripresa completamente.-
La voce di Enjolras le giunse alle spalle: Éponine era in piedi di fronte alla finestra. Si aggiustò lo scialle sulle spalle, vergognandosi di farsi trovare in quello stato.
Dov’era lo specchio? In che condizioni erano i suoi capelli? Era almeno presentabile?
Cercò di distogliere la mente da quelle futili domande, perché si preoccupava tanto? In fondo era solo Monsieur Enjolras… -Sì, non mi fa più fatica alzarmi in piedi e camminare.-
Quando si girò notò che teneva un pacchetto sotto al braccio. -Questo è per te.- il ragazzo sfoderò il solito mezzo sorriso quando glielo porse.
Éponine era sorpresa: lo prese e lo poggiò sul letto, apprendolo lentamente. Trattenne il fiato scorgendo l’indumento al suo interno, lo tirò su tra le mani, sentì una piacevole sensazione toccando la stoffa con le dita: velluto.
-Monsieur Enjolras… Monsieur, voi non dovevate…-
-Di certo non puoi uscire di qui in camicia da notte, no?- scrollò le spalle. -E gli abiti che portavi prima non sono adatti a te.-
La ragazza si accostò la giacca al petto, come a misurarsela addosso. -E’ perfetto.- sussurrò.
Lui si schiarì la voce, distogliendo lo sguardo da lei. -Dicono che Londra sia davvero splendida in primavera, sai?-
Éponine lo guardò, senza capire.
-Ho degli affari che mi porteranno a lasciare il continente, almeno per ora; e pensavo, se non hai niente di meglio da fare a Parigi…- lasciò cadere la frase, attendendo la sua risposta.

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Capitolo 15
*** Does he feel what I feel? ***


LesMis –Red and Black
#Does he feel what I feel?


La marcia nuziale risuonò festosa: quello sarebbe stato il giorno più bello nelle vite di Marius e Cosette. La villa dei Pontmercy era talmente luminosa che la gioia e il divertimento di sposi ed invitati si poteva quasi palpare. Lei era splendida nel suo abito bianco, il cuore di lui sussultava ogni volta che posava lo sguardo; tuttavia, c’era un ombra di tristezza che le pesava addosso.
Marius le prese la mano: non poteva ridarle il padre, ma si sarebbe impegnato a renderla sempre più felice.
-Ho una sorpresa per te…- le fece segno di non dire una parola.
I due novelli sposi sgattaiolarono furtivamente dalla festa, passando per le scale di servizio del personale: la condusse sul piazzale dietro la villa, dove di solito entravano solo i fornitori; stavolta, c’era una scura carrozza ad attenderli. Qualcuno scese: Cosette prima fissò Marius confusa, poi posò gli occhi sulla figura femminile che avanzava, seguita da un uomo in giacca bordeaux. Con quel bel vestito chiaro, i capelli raccolti, e quel cappellino sulla testa non era facile riconoscerla al primo sguardo…
- Éponine!- le due si strinsero in un abbraccio fraterno; Marius ed Enjolras si affiancarono a loro.
-Tanti auguri, Cosette.- era commossa. –Mi dispiace di non esser potuta venire alla cerimonia…-
Lei scosse il capo, come per dirle che non importava. -Ma cosa ci fate qui?-
-Siamo venuti a salutarvi: siamo in partenza.- le rispose Enjolras.
-Oh, capisco…- la sposa si rattristò alla notizia; ma subito dopo cambiò sguardo. –Quindi, voi due ora state…- insinuò, maliziosamente.
Éponine avvampò. –Non ho più nulla che mi tiene a Parigi.- la interruppe. –E più sto lontana dai miei, meglio è…-
-Vi auguro buona fortuna.- Marius tese la mano al ragazzo. –Veniteci a trovare quando ripasserete di qui.-
-Puoi giurarci, Pontmercy.- gli strinse la mano e si scambiarono uno sguardo d’intesa. Le due fanciulle si riabbracciarono calorosamente; con le lacrime agli occhi, si separarono. Enjolras aiutò Éponine a salire sulla carrozza; i quattro continuarono a guardarsi e salutarsi finché la carrozza scomparve all’orizzonte.
Proprio in quel momento, per una ilare combinazione, i due Thénardier mettevano piede nella villa nelle vesti del Barone e la Baronessa du Thénard: il destino non permise quell’ultimo incontro con la figlia.
Le loro strade non si incrociarono più.
Do you hear the people sing
Lost in the valley of the night?
It is the music of a people
Who are climbing to the light.

Tirava una brezza leggera a Le Havre quando i due giunsero quella mattina presto: armati di piccoli bagagli e stretti nelle loro giacche, erano in fila in attesa del loro turno.
L’ufficiale di bordo esaminò attentamente i loro biglietti e i falsi documenti prima di farli imbarcare.
-Per quale motivo lasciate la Francia?-
-La mia fidanzata ha desiderio di visitare l’Inghilterra.- fu la scusa pronta di Enjolras. -Ma il nostro sarà solo un breve soggiorno.-
L’ufficiale annuì, lasciandoli passare.
Non appena si furono allontanati, la fanciulla lo tirò per la manica e gli si avvicinò tanto da potergli sussurrare. -Monsieur Enjolras… non c’è bisogno che diciate che sono la vostra fidanzata: possiamo anche passare per fratello e sorella…-
-Éponine, guardaci: non ci crederebbe nessuno.- le rispose Enjolras con una espressione stranamente divertita.
Lei annuì, abbassando lo sguardo: erano come il giorno e la notte, il paradiso e l’inferno, l’acqua e il fuoco. Chi mai avrebbe potuto credere che fossero fidanzati? Nemmeno lei avrebbe mai osato pensarlo…
-Londra ci aspetta.- Enjolras la riportò alla realtà. –Non sarà facile, ma ti prometto che li vendicheremo: Gavroche, Grantaire, Joly, Courfeyrac, e tutti gli altri… non saranno morti invano. E’ sul loro ricordo che edificheremo la nostra rivoluzione. I caduti delle barricate non verranno mai dimenticati.-
La fanciulla alzò lo sguardo e annuì.
Does he know I’m alive?
Do I know if he’s real?
Does he see what I see?
Does he feel what I feel?

Éponine rimase seduta in cabina ad aspettarlo; guardava fuori dall’oblò il porto di Dover, oramai sempre più vicino. Nonostante avessero una missione importante da compiere, che richiedeva la massima concentrazione, passare il tempo con Monsieur Enjolras era davvero piacevole: adorava che la prendesse sottobraccio per le passeggiate sul ponte, adorava i suoi modi galanti durante le cene nel salone della nave, adorava i complimenti che le faceva quando si riunivano con gli altri passeggeri.
Era un fidanzato modello: peccato che fosse solo una finzione.
Chiusa la porta della cabina, tornavano ad essere semplicemente Enjolras ed Éponine: dormivano separati, lei sul letto e lui sul divanetto dell’anticamera; non facevano altro che parlare dei loro piani, di come avrebbero agito a Londra; più che due fidanzati sembravano due amici. Come aveva fatto a non accorgersi degli sguardi che lei gli lanciava? Non vedeva forse il rossore illuminare le sue guance ogni volta che la sfiorava? O quel sorriso che nasceva spontaneo quando era in sua compagnia? Eppure, gli aveva lanciato parecchi segnali: ma Enjolras era troppo cieco (o forse troppo concentrato sul suo dovere) per captarli.
La porta della cabina che si aprì la ridestò dai suoi pensieri. -Entro questa sera sbarcheremo a Dover.- annunciò il ragazzo, togliendosi la giacca e allentandosi la cravatta; si buttò sul divano accanto a lei.
-Siete esausto?-
-Già… e non è che l’inizio.- sbuffò, comunque sorridendo.
Certo che se qualcuno li avesse visti così, nell’intimità della loro cabina, avrebbe immediatamente capito che il loro fidanzamento era tutta una messinscena… D’improvviso, le rivenne in mente una frase che disse Grantaire appena conosciuti: Enjolras è un vero disastro con le donne!
-Cos’hai da sogghignare?- l’aveva smascherata.
-Oh, niente!- si portò una mano a coprire la bocca. -Assolutamente niente…-
-Davvero? Eppure non mi sembra niente.- le si avvicinò.
-Vi giuro, non pensavo a niente di che… mi sono tornate in mente solo le belle serate passate al Café Musain, con Grantaire e tutti gli altri…-
-Ah, capisco…- il suo sguardo si perse nel vuoto, nei ricordi. –Lui non faceva altro che tormentarmi… mi diceva che ero noioso, fissato con le mie idee politiche, burbero e intransigente; e mi ripeteva di continuo che ero un vero disastro con le donne…-
A quelle parole Éponine divenne tutta rossa; cercò di nasconderlo, girandosi a guardare il mare fuori dall’oblò.
-… ah! Stavi pensando proprio a quello, allora.- lui fece il suo solito mezzo sorriso.
Colpita.
-N-no! Non a quella frase in particolare, cioè…- cercò di sviare.
-E pensi che avesse ragione?-
La fanciulla non rispose; cercò di mantenere un contegno, anche se le guance oramai avvampavano e le sue mani torturavano nervosamente la stoffa della gonna.
- Éponine.- Enjolras le prese il mento, costringendola a guardarlo negli occhi. -Pensi che avesse ragione?-
Non rispose nemmeno quella volta, tremando leggermente al suo tocco. Quel che successe in seguito fu del tutto inaspettato.
-Io temo proprio di sì.- ammise, più con sé stesso che con lei; e poi la baciò.
Do you hear the people sing?
Say, do you hear the distant drums?
It is the future that we bring
When tomorrow comes...

La primavera dei popoli giunse nel 1848, quando l’intera Europa si rivoltò contro i regimi contemporanei per promuovere governi liberali.
Quel monaco che parlò con Éponine quel gelido pomeriggio del Gennaio 1833 aveva capito tutto: Dio aveva qualcosa in serbo per Enjolras, un compito che solo lui poteva assolvere. E quel ragazzo, fattosi uomo al suo fianco, si tenne lontano dall’amata Patria per 15 lunghi anni (viaggiando tra Londra, Napoli, Milano, Francoforte) pur di raccogliere armi, mezzi, fondi, uomini, pur di predisporre ogni cosa alla perfezione, non poteva permettersi di sbagliare: era diventato l’erede dei sogni dei ragazzi delle barricate.
Ci vollero quei 15 anni per far sì che quei sogni diventassero realtà.
Enjolras ed Éponine rimisero piede in suolo francese i primi giorni del Gennaio 1848, anche se il loro ritorno venne ufficializzato il 26 Febbraio, quando Re Luigi Filippo depose la corona; viaggiava con loro un ragazzino, inglese per nascita, francese grazie al loro sangue, che ancora non sapeva cosa fece il Gavroche di cui portava il nome ma come suo degno erede si piazzò di fronte alla colonna che sostituì il derelitto elefante in gesso di Place de la Bastille, in totale ammirazione.
-Siamo a casa.- Enjolras cinse la moglie col braccio, attirandola a sé.
-Sì.- Éponine, che non smetteva mai di fissare il figlio, ricambiò il suo abbraccio. –Siamo finalmente a casa.-

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