In The Wonderland

di Caroline94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Silence ***
Capitolo 2: *** Letter ***
Capitolo 3: *** Karma ***
Capitolo 4: *** Danger ***
Capitolo 5: *** Action ***
Capitolo 6: *** Courage ***



Capitolo 1
*** Silence ***


Dire che c’era ansia nell’aria era dire poco.
Okuda ricordava perfettamente il giorno del suo smistamento, come se fosse stato ieri e non sei anni prima. Sicuramente aveva la stessa faccia spaventata di quei bambini radunati di fronte al tavolo degli insegnanti, se non peggio.
Sospirò. Erano davvero passati sei anni da quel giorno.
Okuda era nata Mezzosangue, sua madre era una strega ma suo padre Babbano, quindi non era del tutto preparata alla vita al Kunugigaoka; era stato quasi tutto una novità.
Lo Smistamento fu veloce e presto tutti i ragazzi presero posto ai quattro tavoli delle Case. Il Preside, Gakuho Asano, diede immediatamente il via al banchetto: lasciava sempre il discorso alla fine.
Okuda prese le bacchette ed iniziò subito a mangiare: stava morendo di fame!
Le chiacchiere allegre degli studenti che si raccontavano gli aneddoti delle vacanze risuonavano come tanti scoppiettii per la Sala Grande e il cielo sopra di loro rifletteva le stelle di marzo, a Okuda tutto quello rilassava dopo lo stressante viaggio in treno. Strinse le bacchette ma continuò tranquillamente a mangiare, ignorando la stretta alla bocca dello stomaco: non aveva ricevuto nemmeno una lettera durante le vacanze e in risposta, lei, non ne aveva mandate. Yada e Kataoka, qualche posto più in là, stavano chiacchierando tranquillamente con Hayami. Ritsu ed Itona erano seduti quasi di fronte a lei ma, come al solito, erano chiusi nel loro silenzio. Chiba era seduto vicino ad Hayami, non intervenendo nemmeno una volta nella conversazione concentrato com’era sul suo riso.
Il resto del tavolo di Corvonero era più in fermento del solito.
Di fronte aveva proprio il tavolo di Grifondoro e alle spalle quello di Tassorosso, seguito dai Serpeverde. Per un attimo, alzando lo sguardo, aveva incontrato lo sguardo di Karma dall’altro lato del tavolo dei Grifondoro, ma lo aveva ignorato tornando alle sue patate.
Si chiedeva ancora come fossero arrivati a quel punto: dopo gli avvenimenti dell’anno precedente il loro rapporto si era incrinato, rompendosi del tutto durante il silenzio delle vacanze. Non aveva nemmeno provato a chiarire durante il viaggio di andata, sfilando davanti le carrozze del treno senza guardarle sentendo lo sguardo dei compagni addosso, fino a prendere posto nell’ultima occupata solo da un paio di ragazzi del suo anno che non conosceva. Aveva passato tutto il viaggio a leggere, con le cuffie nelle orecchie.
Il resto della cena la passò chiusa nel suo solito silenzio, finché il cibo non disparve dal tavolo lasciando piatti e calici vuoti e scintillanti; solo allora Asano si alzò e gli bastò alzare le mani perché il silenzio calasse su tutta la Sala.
“Sicuramente molti di voi non vedono l’ora di andare a letto, quindi sarò breve” sorrise “Innanzitutto, vorrei ricordare che l’accesso alla Foresta della Scuola è severamente vietato a tutti gli studenti, per la vostra sicurezza” iniziò, facendo vagare lo sguardo specialmente al tavolo di Grifondoro e Serpeverde “Inoltre, quest’anno verranno tenuti gli esami di Smaterializzazione quindi tutti color che compiono, o compiranno, diciassette anni entro il 31 marzo potranno sostenere i corsi e l’esame stesso. E poi, un annuncio che gioverà particolarmente le ragazze dal sesto anno in su, quest’anno si terrà un ballo di fine anno” annunciò, causando uno scoppiettio di bisbigli eccitati che vennero estinti dopo pochi istanti da un cenno dell’uomo “Avrete tempo di parlarne con calma durante l’intero anno” sorrise, candidamente “Mi auguro che quest’anno, nuove e vecchie conoscenze, si impegnino nello studio, specialmente coloro che sono in vista degli Esami Finali.
E ora: a letto!” invitò, battendo le mani.
Le panche e le sedie grattarono sul pavimento quando i ragazzi si alzarono e sciamarono fuori le porte, diretti ai propri dormitori.
Okuda si ritrovò in testa al gruppo ma, diversamente dal solito in cui avrebbe cercato di ritirarsi nella folla, in quel frangente non gliene fregò granché e guidò il proprio Dormitorio fino alla Torre di Corvonero. Bussò alla porta e il corvo affissovi sopra si animò.
Come si chiama quel sentimento che ti rode quando fai qualcosa di sbagliato?” chiese. Okuda guardò il becco sorridente dello Stemma della sua Casa, impassibile. Delle parole gli salirono alle labbra “Mi prendi in giro?” ma non le pronunciò.
“Il senso di colpa” rispose, piatta.
Esatto” commentò il corvo e aprì la porta.
Okuda ci sgusciò dentro e si guardò intorno: la stanza era perfettamente circolare, con poltrone di velluto e pouf, stendardi della Casa erano appesi sulle pareti e il busto di Priscilla Corvonero se ne stava eretto in un angolo. Tutto era sui toni del blu e del nero.
Stanca, salì nel proprio dormitorio, individuando subito il proprio letto; mise il pigiama e s’infilò sotto le coperte, chiudendo le tende tutte intorno: non voleva essere disturbata. Accese la propria bacchetta (Faggio e Crine di Unicorno, 11 pollici e mezzo) e aprì il libro che aveva iniziato sul treno.
Dopo una decina di minuti la porta si aprì e le voci di Yada, Kataoka, Hayami e Ritsu vi fecero capolino, zittendosi all’istante: non poteva vedere oltre le pesanti tende di velluto blu, e non ci tenne a farlo, ma sapeva che loro vedevano la luce della bacchetta anche se affievolito dallo spessore del drappo che fungeva da baldacchino ai loro letti.
Ci furono parole sparse qua e là, quasi sussurrate, per una ventina di minuti poi le lampade vennero spente e scese il silenzio. Okuda lesse un altro paio di capitoli poi sussurrò “Nox” e mise bacchetta e libro sotto il cuscino, prima di addormentarsi.
 
“Non dimenticate il movimento della bacchetta” esclamò Irina, agitando la propria: di ebano, semplice, con una conchiglia di madreperla a fare da manico “Non voglio vedere nemmeno una piuma in quest’aula, alla fine dell’ora” raccomandò.
Okuda sbadigliò prima di abbassare lo sguardo sul pappagallo che doveva far Evanescere: era andata a dormire tardi e non era molto connessa quella mattina. Le lezioni erano ormai cominciate e la prima ora prevedeva Incantesimi, tenuta dalla professoressa Irina Jelavic… sebbene, nel corso dei sei anni che avevano passato insieme, i ragazzi del suo anno l’avevano soprannominata Bitch-sensei.
“Oh, andiamo, metteteci un po’ di impegno” sbottò Irina, passando tra i banchi “E mi raccomando: non voglio sentire un suono uscire dalle vostre bocche. Al test finale chiederanno incantesimi non-verbali!” raccomandò.
Okano agitò la bacchetta ma il pappagallo si limitò a stridere, perdendo qualche piuma che cadde sul banco. La ragazza gonfiò le guance e poggiò la testa alla mano, con un sospiro, mentre il pappagallo la guardava offeso.
Okuda sfiorò pigramente il proprio pappagallo, pensando intensamente alle parole. Quello scomparve nel nulla e non se ne stupì: non aveva mai avuto problemi negli Incantesimi non-verbali, data la sua natura silenziosa. Meno si parlava, meglio era.
Poco dopo toccò a Kataoka, Yada e Ritsu, seguite da Isogai, Hinano, Kimura e altri ragazzi di Tassorosso e Corvonero.
“Oh, finalmente!” esclamò Irina “Visto che con un po’ di impegno si…!” ma un’esplosione fece sobbalzare tutti.
Okuda sussultò e saltò dalla sedia quando il suo compagno di banco fece esplodere il proprio pappagallo. Irina rimase allibita a guardare la scena: il ragazzo (di Tassorosso) aveva i capelli castani rizzati sulla testa e una grossa bruciatura nera era impressa nel legno. Sembrava in evidente stato di shock dato che guardava il punto in cui il pappagallo era saltato in aria, con malinconia; una sola piuma era rimasta al centro dello sfacelo.
“Si, beh…” commentò Irina, incerta “Anche questo è un modo per far sparire qualcosa, solo… non ti consiglio di farlo all’esame” consigliò. Il ragazzo mise giù la bacchetta con aria dispiaciuta e passò gli ultimi dieci minuti a rimettersi giù i capelli.
“Come compito voglio 30 centimetri di pergamena sugli Incantesimi Evanescenti” annunciò Irina al suono della campanella, mentre i ragazzi si alzavano “E esercitatevi!” ammonì.
Okuda uscì, desiderando avere un’ora libera per potersi riposare un po’ in Sala Comune, ma aveva Divinazione con i Grifondoro. Così salì fino alla Torre dove la scaletta a chiocciola e la botola li avrebbe portati nell’aula della Professoressa Mamura.
L’aula era abbastanza grande, con le finestre coperte da pesanti tende di velluto rosso. Il caminetto in fondo era sempre acceso e molte lampade erano sparse tra i tavoli e i pouf colorati.
Okuda fu tra le prime a salire e prese posto in una delle prime file, vicino la finestra, su un grande pouf viola, tirando fuori la sua copia di Svelare il Futuro.
Solo una volta che ci furono tutti la professoressa chiuse la botola e si presentò agli studenti: era una donna di mezza età, un po’ strana, con i lunghi capelli castani raccolti in una coda bassa.
“Buongiorno, miei cari” cinguettò soave “E benvenuti al vostro ultimo anno qui al Kunugigaoka. Per quelli di voi che hanno deciso di continuare con Divinazione, sappiate che vi aspettano grandi cose quest’anno” avvertì, guardandoli tutti “Bene! La nostra prima lezione consisterà nel dare uno sguardo al vostro futuro tramite… le carte!” annunciò, con fare teatrale.
Nessuno si mosse. Qualcuno nelle ultime file tossì.
La donna li guardò tutti, speranzosa, poi abbassò il braccio che aveva alzato nell’enfasi e li guardò seccata.
“Cominciate” tagliò corto, sedendosi dietro la propria scrivania.
Okuda aprì il proprio libro al capitolo dedicato alla Cartomanzia e iniziò a leggerlo.
Il principio della cartomanzia, esercitata con ogni mezzo, si basa su un motto dell’alchimia: “Come sopra così sotto”, intendendo il ‘sopra’ come il grande universo metafisico, e il ‘sotto’ come la realtà fisica del mondo intorno a noi.
Oh, beh, lei era un’appassionata di Alchimia così come di Pozioni, se i princìpi erano gli stessi non avrebbe avuto problemi.
Lesse attentamente la storia e il significato di ogni carta (avrebbero usato l’Oracle Belline) poi mise da parte il libro e fece per prendere le carte ma quelle non erano più al centro del tavolo, piuttosto erano nelle mani del suo compagno di lezione: Karma le mescolava con nonchalance, apparentemente incurante del resto.
Okuda rimase impassibile di fronte al suo sorriso sfrontato e lei sapeva esattamente cosa voleva fare, continuando a mescolare il mazzo senza dar segno di voler iniziare il compito assegnatogli.
Dopo un paio di minuti Okuda riprese il libro e sprofondò nel pouf per leggere: se si fosse deciso glielo avrebbe detto.
Sussultò quando una carta venne gettata sul tavolo accanto a lei: era la Stella dell’Uomo.
“Ho sentito che hai fatto nuove conoscenze sul treno” commentò lui, il mazzo di carte posato accanto a sé.
Lei non rispose, limitandosi a scrutare la carta con interesse: la Stella dell’Uomo indicava una presenza di sesso maschile importante nella vita del Consultante.
“Evidentemente ho viaggiato con il mio futuro marito senza saperlo” rispose lei, scrollando le spalle, tornando al libro.
“Tassorosso… miri in basso” commentò lui, d’un tratto freddo, riferendosi ai due ragazzi del treno. Prese un’altra carta e l’aggiunse alla prima: la Chiave, il Destino. E poi la Piramide, il progresso. Accanto alla Chiave, significava che il suo Destino era strettamente legata al successo di un progetto. Gli si contorse lo stomaco.
“Come vanno i tuoi studi di Alchimia?” domandò, con scioltezza. Okuda strinse il libro.
“A meraviglia” replicò, gelida.
Un’altra carta venne aggiunta alla fila: il Giardino, vacanza e riposo. Stavolta non ci furono commenti e un’altra carta venne pescata: il Libro, il sapere e la conoscenza ma anche le capacità di adattamento.
“Oh, questo calza a pennello” commentò lui, pescando ancora: la Cometa, arrivo a sorpresa.
L’Ascia: la pace. A questo, Okuda scoppiò a ridere.
“Il mio futuro si sta facendo interessante” rise. Karma non rispose ma pescò ancora.
I Due Cuori: l’amore e l’affetto. Subito dopo Le Due Spade che, accanto ai Due Cuori, indicava rivalità amorosa. Okuda sbuffò una risata: quale ragazzo avrebbe litigato per lei?
L’Incatenato: Dispotismo. Il consultante è vittima di una forza maggiore. Decisioni arbitrarie, sacrificio mal compreso, giudizio falso e iniquo. Cecità, illusione.
Entrambi guardarono quella carta per un lungo istante, seri, e lo stomaco di Okuda tornò a contorcersi.
“Beh?” domandò, seccata “Hai finto?”
“No” rispose, secco, lui.
Il Chiostro: clausura, ripiegamento su sé stessi, idee malinconiche.
La Stella dei Magi: felicità.
Okuda studiò attentamente le Carte che avevano ‘predetto’ il suo avvenire: non era una che credeva troppo a quelle sciocchezze ma l’Incatenato, così come il Chiostro e la Piramide, la misero un po’ a disagio.
Che idiozia, delle Carte non posso prevedere il futuro.
Si ritirò sul proprio pouf proprio mentre l’insegnante si avvicinava a loro.
“Ne manca una” notò, guardando le Carte disposte sul tavolo “Devono essere dodici, Akabane” ricordò.
Il ragazzo sembrò sorpreso ma pescò l’ultima Carta e l’aggiunse al resto: il Diavolo, il tradimento, la sfortuna.
“Ahi, ahi” commentò lei “Il Diavolo è una Carta Forte, potrebbe annullare quasi tutte quelle buone che sono uscite”
Okuda si limitò ad alzare le spalle: per quello che le importava.
Karma rimise le carte a posto e le posizionò al centro del tavolo mentre la ragazza chiudeva il libro e lo rimetteva nella borsa.
“Non mi leggi il futuro?” domandò, con un sorriso mellifluo. Okuda alzò gli occhi su di lui poi sorrise dolcemente.
“Non mi interessa” rispose, candidamente, prima che la campanella suonasse. Mise la borsa in spalle e uscì dall’aula, lasciando il ragazzo ancora al proprio posto.
 
La ragazza mise l’ultimo punto e guardò la propria opera, soddisfatta: 42 centimetri di pergamena sugli Incantesimi Evanescenti. Mise il foglio ad asciugare su una pila di libri e si portò davanti Storia della Magia: doveva aggiornare i propri appunti sulle Guerre dei Giganti.
Aveva appena trovato il capitolo che un bisbiglio alle sue spalle la fece distrarre: con la coda dell’occhio vide due ragazzi confabulare alle sue spalle, guardandola. Li ignorò e prese il quaderno degli appunti di Storia della Magia.
“Dai, chiediglielo!” sussurrò uno, spingendolo.
“No, chiediglielo tu!” rispose l’altro, a disagio.
“Oh, non fare il fifone!” sbottò il compagno.
Okuda alzò gli occhi al cielo: persino nella biblioteca non trovava pace! Si alzò di scatto e chiuse i libri, i ragazzi ammutolirono all’istante: avrebbe continuato in Sala Comune.
I due ragazzi si scambiarono un’occhiata nervosa, poi uno dei due si fece avanti.
“Ciao” esclamò, tradendo l’ansia nella voce. Lei si fermò con il libro di Pozioni in mano e alzò lo sguardo su di lui: era più alto di dieci centimetri buoni, con i capelli rossicci, gli occhi azzurri e uno spruzzo di lentiggini sul naso.
Aveva un che di familiare…
“Ciao” rispose lei, guardinga.
“Ecco, ci siamo conosciuti sul treno” spiegò lui, in imbarazzo “Ero vicino a te, stamattina, a Incantesimi…”
“Oh!” esclamò Okuda, ricordando “Quello che ha fatto esplodere il pappagallo!”
Il ragazzo arrossì.
“Si, sono io” mormorò “Ecco, io e quel meschino del mio amico... – l’altro ragazzo tossì rumorosamente e lui alzò gli occhi al cielo – giusto, quell’infimo meschino del ragazzo dietro di me – “Ehi!” – e io ci chiedevamo se ti andasse di stare nel nostro gruppo di studio” chiese tutto d’un fiato “Insomma, sappiamo che sei brava e quindi… non pensare male, non è solo per questo” si affrettò ad aggiungere “È solo che…”
“Ok” rispose lei, con calma.
“…pensavo che potevamo aiutarci a vicenda e…”
“Ok” ripeté lei, a voce un po’ più alta e il ragazzo smise di farneticare, guardandola stupito.
“Davvero?” domandò e lei annuì “Oh, è fantastico!” esclamò, sorridendo “Abbiamo un tavolo, di là… se vuoi ti aiuto” si offrì, indicando la montagna di libri che occupavano parte del tavolo. Okuda annuì con un sorriso, mettendo i libri nella borsa e prendendo quelli che restavano, aiutata dai due ragazzi che la condussero al tavolo.
Il posto era già occupato da due ragazze della sua età, entrambe di Grifondoro: una aveva i capelli castani lisci legati in una crocchia alta con delle ciocche davanti al viso, allegro e colorato con incastonati due occhi d’ambra. L’altra aveva i capelli neri, lunghi e mossi e gli occhi verdi.
“Loro sono Sacha Sato” presentò l’altro ragazzo, un po’ più alto del primo con i capelli castano scuro e gli occhi marroni, indicando la prima ragazza che la salutò con un sorriso solare “E Atsuko Endo” la seconda si limitò ad un cenno del capo. “Io sono Jun Maeda e lui è…” a quel punto ghignò e il ragazzo arrossì.
“Mi chiamo Newton” si presentò, senza guardarla “Newton Scamander ma puoi chiamarmi Newt”
Okuda fece per parlare ma s’immobilizzò: “Aspetta, quel Newt Scamander?” chiese, allibita “Il magizoologo che ha scritto Animali Fantastici: dove trovarli?” domandò.
“Si” rispose lui “Cioè, no, non sono io! È il mio bis-bis-bis-bis nonno però… porto il suo nome” spiegò, un po’ in imbarazzo.
“Io… ho le edizioni di Animali Fantastici sia in Inglese che in Giapponese!” esclamò Okuda, lasciando cadere la borsa sul tavolo “Trovo che tuo nonno abbia fatto un lavoro strepitoso, ho letto anche la sua biografia La valigia di Newt Scamander!”
“Cosa? Sul serio?” chiese lui “Hai letto anche la parte della sua amicizia con Jacob Kowalski?” chiese lui, stupito.
“Certo che sì! E trovo che la Modifica della Memoria su di lui sia stata una vera ingiustizia: poteva significare il primo rapporto amichevole tra un mago e un Babbano della storia dell’epoca!” rispose, infervorata.
“Hai perfettamente ragione! Nei suoi appunti, il nonno ne ha fatto menzione spesso!” esclamò lui, altrettanto accaldato “Un Babbano che accetta il mondo magico e ne entra a contatto tramite gli animali è qualcosa di strepitoso, specialmente con la Comunità delle Seconde Streghe di Salem che si formò a quel tempo!”
I due si guardarono con gli occhi scintillanti mentre i tre li guardavano ammutoliti… poi Sacha scoppiò a ridere.
“Oh, mio Dio!” rise, tenendosi la pancia “Abbiamo trovato la ragazza a Newt!” esclamò.
I due si voltarono verso di lei e il ragazzo arrossì vistosamente: “N-non dire idiozie, Sacha!” esclamò. Anche Okuda era arrossita e, per un attimo, si sentì di nuovo sé stessa: quella ragazza timida ed impacciata che arrossiva solo se veniva guardata. Scoprì che non le dispiaceva poi tanto.
“Io sono Okuda. Manami Okuda” si presentò, sorridendo.
“In effetti, ci mancava una Corvonero” commentò Atsuko “Io e Sacha siamo di Grifondoro, Newt di Tassorosso e Jun di Serpeverde” informò “Ci siamo conosciuti al terzo anno durante… sai, la storia del Labirinto”
Okuda s’irrigidì: il Labirinto era una delle tante leggende del Kunugigaoka, un po’ come quella della Camera dei Segreti, ma durante il loro terzo anno alcuni ragazzi avevano iniziato a scomparire. Fino all’anno prima, Okuda faceva parte di un vasto gruppo di ragazzi, soprannominati da tutti la “E” che stava a significare “End”, poiché si erano cacciati in tanti di quei guai da rischiare di essere buttati fuori almeno sei o sette volte all’anno. Erano stati proprio loro ad investigare su queste misteriose sparizioni ed Okuda aveva trovato l’entrata del Labirinto, situato sotto il Lago, nelle segrete del Castello mentre studiava con Hazama nella Sala Comune di Serpeverde. Ce n’era voluto per attraversarlo ma alla fine avevano trovato tutti i ragazzi in una camera nascosta al centro; si scoprì che il colpevole era un ragazzo di Serpeverde del sesto anno ma non volle dire mai le ragioni per cui lo fece, così venne espulso.
“Già, nel tempo che abbiamo trascorso lì abbiamo fatto amicizia” annuì Sacha “Quindi eccoci qui”
“Senti ma tu… non fai parte della E?” domandò Jun, perplesso.
“No” rispose secca lei, aprendo la borsa “Non più” aggiunse, tirando fuori i libri. I quattro ragazzi si guardarono per un attimo, interrogativi. “Allora? Da cosa volete cominciare?” incalzò lei, desiderosa di sviare l’argomento.
“Oh, sì…” si risvegliò Jun “Stavamo facendo Trasfigurazione” disse, prendendo posto insieme agli altri.
 
 
 
Angolino della Cosa:
Adoro Harry Potter e amo Assassination Classroom, quindi perché non fare un magico crossover tra questi due? Forse non tanto magico, ma potete star certi che sarà pieno di misteri e un pizzico di romance che non guasta mai.
Cosa avrà mai fatto Okuda per guadagnarsi l’ostilità degli altri? E perché Karma è così intenzionato a farle dire la verità? Che ci sia di mezzo qualche infausto segreto o… qualcosa di più pericoloso?
Quanti interrogativi, lo so, ma troveranno tutti una risposta… prima o poi. Una cosa è certa: ci sarà da divertirsi.
Passiamo alle carte: non so come mi sia venuta però volevo dare un piccolo incentivo di quello che accadrà e (piccolo indizio) le carte ‘Destino’ e ‘Piramide’ sono la chiave di tutto.
Per quanto riguarda il carattere di Okuda, diciamo che ha subito qualche lieve modifica e la causa ve la spiegherò nel capitolo tre. Per ora pazientate.
Ed ora gli OC. Il fatto è che non volevo far restare Okuda completamente sola e quindi… boh, ho tirato fuori un paio di personaggi: Atsuko Endo, Sacha (che si pronuncia ‘Sasha’ (è tedesco)) Sato e Jun Maeda. Nomi buttati un po’ a caso su dei personaggi che mi ronzavano in testa da un po’, ma anche loro avranno un ruolo fondamentale nella storia.
E poi c’è Newt. Ok, ammetto di non aver mai visto Animali Fantastici (mea culpa) ma un’amica mi ha prestato il libro La Valigia di Newt e… boh, dalle descrizioni (di David Yates, della Rowling e dello stesso Eddie Redmayne) credo di aver in qualche modo compreso il carattere del magizoologo come non avrei mai potuto fare guardando il film… e così, ecco che nasce il suo bis-bis-bis-qualchealtrobis nipote.
E poi volevo scrivere qualcosa su Newt, quindi diciamo che lo uso come sostituto *ride in modo folle* Non linciatemi, vi supplico! *corre a nascondersi*
Caroline94

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Capitolo 2
*** Letter ***


Se c’era una cosa che Okuda aveva sempre amato era Pozioni, dopotutto non era certo tra
le migliori del suo anno per nulla. Era una vera e propria passione la sua che aveva sviluppato negli anni, insieme all’alchimia.
“Gli Unicorni sono creature magiche davvero meravigliose” rispose Newt, aggiungendo il Fagiolo Soporifero al suo calderone “Ucciderlo sarebbe una cosa mostruosa perché è una creatura pura, è uno…”
“…dei principali motivi per cui nelle pozioni e nella fabbricazione di bacchette si usano solo il corno e i peli di coda e criniera” concluse Okuda per lui, tagliuzzando le Radici di Asfodelo. Newt la guardò, il fagiolo a mezz’aria, e sorrise.
“Esatto” rispose prima che il fagiolo gli scappasse di mano e iniziasse a rimbalzare per l’aula “Ehi, torna qui!” esclamò alzandosi. I ragazzi ridacchiarono mentre lui si gettava sul pavimento, schiacciando il fagiolo con le mani.
“Scamander, ho detto ‘Spremere il Fagiolo Soporifero’ non ‘Tagliarlo’” ricordò Yukimura “Altrimenti inizia a saltare ovunque”
“Mi scusi, professoressa” borbottò lui, alzandosi e tornando al proprio banco, accanto a Okuda “E non ridere tu” sbottò, arrossendo.
“Scusa” rispose lei, nascondendo il sorriso dietro la mano.
Marzo era passato da un pezzo e aprile aveva ormai invaso il parco, portando il consueto profumo di fiori e sole caldo che si addiceva alla primavera; Okuda aveva iniziato a frequentare i ragazzi anche fuori dal gruppo di studio, e ogni lezioni insieme era buona per sedersi vicino a parlare. Scoprì di avere in comune con Atsuko la passione per la lettura e s’incontravano spesso in biblioteca per consigliarsi a vicenda qualche nuovo libro; Jun era bravissimo in Incantesimi e le aveva dato volentieri una mano con gli Incantesimi di Appello, mentre lei lo aiutava in Erbologia in cui lui era una frana; Sacha era un tipo allegro e sbarazzino, sempre pronta a cimentarsi in nuove imprese ma necessitava di aiuto in Trasfigurazione (uno dei tanti motivi per cui loro tre si sedevano vicino, durante la lezione) ma si divertiva un mondo a predire il futuro in Divinazione, in cui ora facevano coppia (Atsuko faceva Artimanzia); Newt… beh, Newt era un tipo bizzarro: se la cavava discretamente in un po’ tutte le materie, ma Incantesimi non era il suo forte: lei lo aiutava spesso durante la lezione, mostrandogli il movimento della bacchetta o le parole esatte da pronunciare, mentre Jun lo addestrava personalmente negli Incantesimi non-verbali durante le ore di studio.
Insomma, erano un gruppo bilanciato. Certo, durante il giorno era così, ma quando Okuda si ritirava in Sala Comune l’atmosfera si faceva più pesante: i suoi vecchi compagni della E che condividevano il Dormitorio con lei non le rivolgevano la parola ed erano soliti parlare a voce bassa quando c’era lei nelle vicinanze.
Sacha si era offerta più volte di spostarsi nella sua Sala Comune o di far venire lei nella sua, poiché molti ragazzi si erano scambiati le parole d’ordine e viaggiavano da un Dormitorio all’altro, ma l’ultima cosa che Okuda voleva era entrare nella Torre dei Grifondoro.
“Ti devo mostrare gli appunti di mio nonno, una volta” disse d’un tratto Newt, distogliendola dai suoi pensieri “Mia madre non vuole che li porti in giro, ha paura che li perda, ma potresti venire a trovarmi quest’estate: dovresti vedere lo studio di mio padre, è qualcosa di pazzesco! Ovviamente se ti va…” aggiunse, in fretta.
Okuda annuì: “Si, mi piacerebbe” rispose, sorridendo, schiacciando il proprio fagiolo con il piatto della lama del coltello. Stava per far cadere il succo nel calderone quando un denso fumo grigio riempì i sotterranei: qualcuno aveva fatto esplodere un calderone.
“Oh, Isogai!” esclamò Yukimura avviandosi verso l’ultimo banco, dove Isogai e Hinano tossivano a più non posso di fronte al calderone fuso di lui. “Si può sapere perché hai aggiunto anche il pestello, oltre agli scarafaggi?” chiese, facendo sparire la pozione colata sul pavimento con un gesto della bacchetta.
“M-mi scusi, professoressa” tossì lui “Mi sono distratto e mi è scivolato di mano”
Okuda si voltò solo per un’istante ma poté giurare di aver visto i due ragazzi guardare proprio lei, prima di concentrarsi sul disastro.
 
“Aprite la mente” sussurrò la Mamura, girando tra i tavoli “Risvegliate l’Occhio Interiore e scrutate attentamente nelle nebbie del tempo” sussurrò.
Sacha sbuffò: “Era più divertente con le carte” borbottò, la testa poggiata sulle braccia.
Okuda soffocò uno sbadiglio: per qualche strano motivo l’aula di Divinazione le metteva sempre addosso un gran sonno.
“Dimmi, cara” sussurrò la donna, arrivando alle spalle delle due ragazze, facendole sobbalzare “Che cosa vedi?”
Sacha gettò una pigra occhiata alla sfera. “Che ci sarà molta nebbia stasera” rispose, piatta.
La classe scoppiò a ridere e Okuda soffocò la sua nel braccio. L’insegnante abbandonò il fare mistico e teatrale per un’espressione seccata.
“Come non detto, Sato” sospirò “Okuda?”
La ragazza smise di ridere, raggelata, e alzò lo sguardo sulla sfera: cosa c’era scritto nel capitolo delle Sfere di Cristallo? Pensa attentamente a quello che vuoi vedere.
Okuda si concentrò sulla prima cosa che le venne in mente: le vacanze estive.
In principio non vide nulla e stava per aprire bocca per farlo notare quando la nebbia iniziò a vorticare; si drizzò di scatto trattenendo il fiato quando nella sfera apparve qualcosa.
“Cosa hai visto, cara?” chiese la professoressa, d’un tratto interessata, notando il suo gesto.
Okuda aprì bocca senza staccare gli occhi da quella visione: “Un’albergo” mormorò “Si trova su di un’isola… c’è una grotta” aggiunse, avvicinandosi di più, sentiva gli sguardi dei presenti su di sé. L’immagine cambiò e Okuda sgranò gli occhi: era la stanza di un Hotel e, stesi sul pavimento, a contorcersi dal dolore, vi erano Nakamura, Maehara, Kimura e Hazama “Ci sono… dei ragazzi” disse, confusa “Stanno male” aggiunse prima di allontanarsi dalla sfera che tornò piena di nebbia.
Nell’aula era sceso il silenzio.
“Un po’ confusa come predizione” disse l’insegnante “A cosa hai pensato, cara?” chiese. Okuda non rispose subito.
“A… alle vacanze estive” mormorò, guardando la sfera con occhi vitrei.
 
 
La visione tormentò la mente di Okuda per tutti i giorni seguenti, Sacha non la tirava mai in ballo ma anche lei era rimasta turbata dalle sue parole che presto fecero il giro della scuola. La ragazza non aveva detto con esattezza chi aveva visto ma le immagini sofferenti di Nakamura, Hazama, Maehara e Kimura continuavano ad apparirgli nella mente, facendole stringere lo stomaco. Nelle successive lezioni di Divinazione provò diverse volte a vedere qualcos’altro ma la sfera restava sempre una palla piena di fumo grigio.
“Non fartene un peso” commentò Atsuko, seduta all’ombra di un albero a leggere “Non è la prima volta che uno studente vede davvero qualcosa durante Divinazione… non è neanche detto che si avveri”
“Giusto” rispose Jun, steso sull’erba con le braccia dietro la testa “Conosci la teoria dei possibili futuri? In base all’azione di una persona il futuro può cambiare”
“Un po’ come i Demiguise” annuì Newt.
“La stai paragonando ad un animale?” domandò Atsuko, alzando gli occhi.
“Cosa? No, no… assolutamente!” si affrettò a rispondere lui.
“Non me ne faccio un peso” rispose Okuda “Ma è la prima volta che vedo qualcosa. L’ultima cosa che voglio e che si sparga la voce che sono un veggente o qualcosa di simile”
“Mancano mesi all’estate” sbadigliò Sacha “Non credo sia il caso di farcene un problema ora”
“Siamo quasi a maggio” fece notare Jun “Io non direi proprio mesi”
“Era per tirarle su il morale” ribatté lei ma il morale di Okuda non poteva essere più basso.
 
 
Con l’arrivo di maggio i ragazzi non ebbero un attimo di tregua: gli esami di fine trimestre erano alle porte e, in men che non si dica, i cinque si ritrovarono a piantare le radici in biblioteca. Gli esami non erano mai facili ma quella volta dovevano metterci più impegno del solito: giusto la settimana prima, a cena, Asano aveva annunciato che i ragazzi con i voti migliori avrebbero fatto una ‘gita’ durante le vacanze estive sull’Isola di Okinawa.
“Tre giorni e due notti di puro ozio pagato interamente dalla scuola” sospirò Sacha “Sarebbe il massimo”
“Allora piantala di distrarti e vedi di finire quel tema” rispose Jun, senza staccare gli occhi da Mille Erbe e Funghi Magici.
Lo studio s’intensificò ancor di più e i ragazzi si ritrovarono a dover fare le ore piccole pur di stare al passo con i nuovi argomenti e ripassare quelli vecchi.
“Stasera io, Jun, Newt e Atsuko ci ritroviamo nella Torre di Grifondoro per ripassare Storia della Magia: staremo più al caldo e potremo stare più a lungo che in biblioteca. Ci vieni?” chiese Sacha, chiudendo la borsa, dopo la lezione di Divinazione.
Okuda finse di allacciare le cinghie della propria mentre rifletteva: non voleva salire nella Torre di Grifondoro ma, dall’altro lato, non poteva perdersi un ripasso di Storia della Magia. Non vide via di uscita.
“Si, d’accordo” rispose, piatta, mettendo la borsa in spalla.
“Perfetto!” esclamò Sacha “Allora saliamo dopo cena”
Il resto della giornata Okuda la passò un po’ in ansia: era passato del tempo dall’ultima volta che era stata nella Sala Comune di Grifondoro e adesso si sarebbe trovata davanti la maggior parte dei suoi vecchi compagni. Riuscì distratta persino in Erbologia, tanto che Jun la salvò dalla Tentacula Velenosa quando lei non si era nemmeno accorta che la pianta la stava strangolando. A cena mangiò appena qualche boccone, poi raggiunse i compagni all’Ingresso e con loro salì fino alla Torre più alta del castello, dopo quella di Astronomia.
Balbettante Bambocciona Banda di Babbuini” recitò Sacha.
“Proprio così” rispose la Signora Grassa, scostandosi per lasciarli passare. I cinque si arrampicarono per il buco del ritratto che si richiuse alle loro spalle; la Sala Comune di Grifondoro era esattamente come la ricordava: grande, rossa e piena di poltrone.
Poiché erano quasi tutti a cena, era pressoché deserta, così si sistemarono in un angolo e cominciarono il ripasso.
Nei venti minuti successivi, la Sala Comune iniziò a riempirsi pian piano ma dei ragazzi che entravano ed uscivano Okuda non aveva visione poiché dava le spalle al ritratto e questo, in un certo senso, la tranquillizzò.
“Le Guerre dei Giganti sono troppe” sospirò Newt, sfogliando gli appunti “Non possono mica chiedercele tutte”
“Immagino solo quelle più importanti” rispose Atsuko, scrivendo freneticamente sui propri “Dobbiamo preoccuparci più che altro dei Movimenti del Ministero durante i secoli e le decisioni prese: tipo lo Statuto Internazionale di Segretezza e cose così”
“C’è un motivo se odio questa materia” sbuffò Sacha, riassumendo un paragrafo sulla rivolta dei Goblin.
“Chi non odia questa materia” sospirò una voce alle loro spalle. Okuda s’immobilizzò per un attimo, poi tornò tranquillamente a scrivere delle persecuzioni delle Streghe di Salem.
“Ehi, Karma!” salutò allegramente Sacha “Serve qualcosa?”
“Si, quel libro che stavi leggendo l’altro giorno” rispose tranquillamente lui “Avevi promesso di prestarmelo una volta finito”
Okuda finì di appuntare i metodi di tortura e prese il libro per cercare l’anno in cui le streghe e i maghi si diedero alla clandestinità.
“Oh, è su in Dormitorio. Puoi chiedere a una delle ragazze di andare a prenderlo: è sul comodino” rispose lei.
“Potresti menzionare anche le Seconde Streghe di Salem che si formarono nel 1926” suggerì Jun, accanto a lei, facendole alzare lo sguardo “Sai, quelle menzionate ne La valigia di Newt”.
La ragazza ci rifletté un attimo: “È vero. Grazie” constatò.
“Riguardo stamattina… sicura vada tutto bene?” chiese, indicandole il collo con un cenno del capo dove un bel segno rosso spiccava per tutta la sua circonferenza.
“Oh” rispose lei, alzandosi il colletto della divisa “Si, non preoccuparti. Mi ricorderà che non è una mossa saggia distrarsi mentre si ha a che fare con le Tentacule Velenose” sorrise ma lui non sembrò troppo convinto, gettò un’occhiata in tralice a Karma che stava ancora discutendo con Sacha per poi tornare ai propri appunti.
Il buco del ritratto venne bruscamente aperto e uno stridio assordante fece calare il silenzio in tutta la Sala, persino Okuda alzò lo sguardo verso di esso: Itona entrò incespicando stringendo tra le mani una civetta bruna che strideva e si dimenava, beccandogli le dita per costringerlo a lasciarla.
Alzò lo sguardo e sondò la stanza con i suoi fin troppo espressivi occhi gialli, fermandosi sul loro tavolo; poi vi si diresse con calma, come se nessuna civetta gli stesse scorticando le mani a sangue. Si fermò di fronte a Okuda e le tese il gufo: quello strillò e cercò di volare via.
“Volava per tutta la Sala Comune, strillando. Ti avrei portato la lettera ma non voleva lasciarla” spiegò, tranquillo come sempre. La ragazza, in principio sbigottita, si riscosse e prese il gufo dalle sue mani; quello si rilassò all’istante, come se avesse capito di aver raggiunto il destinatario.
“Grazie” pigolò, imbarazzata “Ehm… le tue…” cercò di dire, guardando i graffi sanguinanti sulle mani del ragazzo. Lui si limitò a scrollare le spalle.
“Un po’ di essenza di Purvincolo e guariranno” disse, semplicemente, per poi voltarsi e uscire dalla Sala Comune dei Grifondoro.
Il silenzio era quasi assordante. La ragazza sentiva gli sguardi di tutti su di sé, ma non fece una piega: si posò la civetta in grembo e le sfilò la lettera dalla zampa.
Era un foglio di pergamena riempito con una calligrafia leggera e obliqua, che Okuda divorò con attenzione, assaporando ogni parola come se fossero oro colato. Sgranò gli occhi: era quello! Lo aspettava da settimane!
Boccheggiò qualche istante poi scattò in piedi, il gufo si alzò in volo stridendo ma lei non vi badò, e raccolse tutti i propri libri e appunti nella borsa.
“Okuda, cosa…?” cominciò Newt ma lei non gli diede il tempo di finire.
“Mi dispiace, ragazzi… devo andare” si gettò la borsa in spalla e uscì a rotta di collo dalla stanza, il gufo che le tubava allegramente dietro.
 
 
Quando Okuda entrò nella Sala Comune di Corvonero era sera tardi, la stanza era vuota se non per le due figure sedute ad uno dei tavoli vicino alle braci quasi spente del caminetto: Ritsu stava bendando le mani di Itona, coperte dallo stesso liquido giallognolo che riempiva una bottiglietta posta sul tavolo accanto a loro. Quando entrò, entrambi alzarono gli occhi; solo una muta domanda accomunava quelle iridi così diverse. Lei annuì e non riuscì a trattenere un sorriso.
“Mi ha dato tutto quello di cui abbiamo bisogno” disse, fremendo di eccitazione “Possiamo iniziare quando vogliamo”
“Ma è fantastico!” esclamò Ritsu, chiudendo l’ultimo bendaggio e alzandosi “Quando? Adesso?” domandò, eccitata.
“Domani” rispose Itona “Siamo stanchi per il troppo studio e poi dobbiamo scegliere un posto e un orario in cui non daremo nell’occhio” disse. Okuda annuì.
“Possiamo farlo qui. A quest’ora è deserto, anche se immagino che sarà stancante” rispose lei.
“Sabato prossimo c’è una visita a Hogsmeade*” rispose lui “Andranno tutti vista la stagione: avremo la Sala Comune libera per metà giornata”
“Perfetto!” rispose Ritsu, determinata “Allora è deciso: facciamolo!”
 

 
*non ho cambiato il nome di questo, non perché nonavevoideeriguardounnomestilegiapponeseperilvillaggio ma solo perché Hogsmeade mi piaceva di più. OKAY?

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Capitolo 3
*** Karma ***


Okuda non ricordava con precisione quando aveva conosciuto Karma.
Era stato un giorno di metà dicembre, la neve era caduta abbondantemente durante la notte e la prima cosa che lei aveva fatto appena sveglia era stato trascinare la madre in giardino. Okuda era sempre stata timida con gli sconosciuti, che fossero adulti o coetanei, perciò l’aveva innervosita la presenza che la fissava oltre il cancelletto di ferro battuto della casa di fronte: per lei, quello, non era altro che il “bambino strano con i capelli rossi”. Perché, per lei, uno che si sedeva sulle scale di casa propria in pieno inverno solo per vederla fare un pupazzo di neve con sua madre era strano forte.
Per quel che ne sapeva, Karma c’era sempre stato: oltre quel cancello di ferro ad osservarla giocare con la neve d’inverno, aiutare sua madre a piantare i fiori in primavera e leggere libri seduta sotto il ciliegio, in estate.
Forse, loro, non si erano mai davvero conosciuti: la prima volta che lui aveva provato a parlarle lei gli aveva gettato Alice nel Paese delle Meraviglie sul naso ed era scappata in casa; okay, forse la reazione era stata eccessiva, ma voi cosa fareste se un ragazzino spuntasse all’improvviso oltre il muretto del vostro giardino gridando “EHI!”? E se voi aveste solo sette anni? Sorvoliamo sul fatto che anche il ragazzino in questione li aveva, ma sarebbe lo stesso un bel colpo.
La seconda volta era stato una specie di ricatto: lui aveva promesso di restituirle il libro (che si era tenuto per ben tre settimane, e ripeto tre!) solo se lei non fosse scappata via urlando, di nuovo, o non gli gettasse il libro in faccia. Di nuovo.
Okuda aveva promesso e si era fatta restituire il libro (rigorosamente nascosta dietro l’albero) e non lo aveva fatto avvicinare per più di un metro; lei non era cattiva e non aveva pregiudizi… ma i contatti con i bambini la terrorizzavano un poco: succedevano cose strane, intorno a lei, e spesso i bambini della sua scuola materna l’accusavano piangendo di aver fatto qualcosa a loro o ai loro giocattoli.
Sua madre aveva deciso di non dirle nulla finché non fosse arrivato il momento opportuno e, di certo, non era quello.
“Guarda che io lo so perché sei strana” aveva detto lui, girando intorno all’albero mentre lei faceva lo stesso, ma nella direzione opposta e dietro il tronco “Tu sei una strega”
A quel punto, Okuda si era un tantino offesa: “Non è una cosa carina da dire” aveva borbottato, stringendo il libro e valutando se era opportuno rifilarglielo un’altra volta sull’appendice nasale.
“Ma guarda che è la verità” aveva replicato lui, sporgendosi oltre il tronco per vederla in faccia: non si era accorta che si era avvicinato tanto “Tu sei magica”
Il resto si può riassumere in una sola constatazione: magica suona meglio di strega.
Okay, il loro non fu proprio il classico rapporto da fratello-sorella, quello in cui si passa tanto tempo insieme fin da bambini e uno dei due finisce per innamorarsi dell’altro. Assolutamente.
La loro ‘amicizia’ fu strana: Karma si affacciava oltre le sbarre del cancelletto due o tre volte a settimana, parlavano un po’, d’inverno capitava che giocassero con la neve ma nulla di più. Era più che altro un’amicizia occasionale, la loro.
Quando aveva ricevuto la lettera del Kunugigaoka il primo a saperlo era stato proprio lui… beh, ad essere precisi si erano scontrati sul cancello di casa sua mentre lei usciva e lui entrava, entrambi con la lettera in mano. Okuda era così felice che lo aveva abbracciato, urlando; se n’era pentita due minuti dopo, ma poi era tornata felice: insomma, era stata ammessa alla Scuola di Magia e Stregoneria più famosa del Giappone!
I sei anni successivi furono la gioia, lo stress, la tortura e la meraviglia della sua vita.
Okuda non ricordava con precisione quando si fosse innamorata di Karma.
Era stata una sera qualunque, le vacanze precedenti, quando vi aveva sofferto per la prima volta: Okuda non era mai stata forte ma aveva dovuto diventarlo.
Dopo quello che era successo alla fine dell’anno, non si aspettava certo di trovarselo a lanciare sassi contro la finestra di camera sua due settimane dopo: se n’era beccata uno in fronte quando finalmente aveva aperto, dopo che circa ventiquattro sassi gli avevano scheggiato il vetro.
Avevano litigato. Lei gli aveva intimato di andar via, ripetendogli più volte che non gli doveva nessuna spiegazione e dopo averlo mandato a quel paese almeno sei volte: non era nel suo carattere ma in quel frangente era proprio incazzata. Perché non capiva la sua posizione in quel momento? Credeva davvero che non glielo avrebbe detto se avesse potuto?
Karma aveva imprecato, l’aveva accusata di comportarsi da bambina e di non riconoscerla più. Okuda aveva afferrato un libro dalla scrivania e glielo aveva gettato in faccia, colpendolo in pieno, poi aveva sbattuto la finestra e tirato le tende. Tirò persino un calcio al baule, poggiato ai piedi del letto, prima di abbandonarsi sul materasso e gettare un’occhiata alla scrivania; aveva pianto tutta la notte quando si era resa conto di avergli tirato Alice nel Paese delle Meraviglie.
 
 
“Mio Dio, Okuda, hai un aspetto orribile!”
Adorava la schiettezza di Sacha.
“Buongiorno anche a te” rispose lei. Si rendeva perfettamente conto di avere un aspetto terrificante: aveva dormito malissimo quella notte.
“Buongiorno…” sbadigliò Jun, sedendosi accanto a lei al tavolo dei Corvonero. La guardò per qualche secondo e sembrò indeciso “Ehm…” cominciò.
“Ho un aspetto orribile” terminò lei, sbadigliando “Lo so”
“Nottataccia?” chiese lui, versandosi del succo di zucca.
“Terrificante” confermò, tagliandosi del bacon “Giuro che se becco chi ha inventato gli esami lo eunuco!” sbottò, sventrando il suo tofu. Era una bugia, non aveva passato la notte in bianco per studiare: quella notte, per qualche assurdo motivo, Karma aveva infestato i suoi sogni, svegliandola ogni tre per due. Un vero incubo, ma non voleva attirare domande indiscrete. Gli esami erano la scusa migliore, persino Atsuko ne risentiva: se ne stava di fronte a loro a borbottare gli ingredienti del Distillato di Morte Vivente alle sue uova mentre amputava salsicce con il coltello del burro.
Era stressatissima, non le si poteva rivolgere la parola che scattava come una molla: due giorni prima aveva urlato ad un ragazzo di Grifondoro la data dell’ultimo avvistamento di un Gigante in Giappone prima di affatturargli la lingua al palato… e solo perché gli aveva chiesto di passargli la zuppa di miso. La zuppa di miso!
Faceva colazione al tavolo dei Corvonero da allora.
“Ti capisco” annuì Sacha “Gli esami sono una tortura”
“Atsuko è una tortura” sospirò Jun “Stanotte me la sono ritrovata che passeggiava per il dormitorio in pigiama ripetendo la Fondazione del Ministero della Magia” disse, affranto “Terasaka ha dovuto trascinarla fino alla Torre di Grifondoro imprecando, mi sorprende che non abbia svegliato mezzo castello”
“Oh, sì, lo fa spesso” rispose, noncurante, Sacha “Nakamura l’ha già cacciata dal Dormitorio tre volte questa settimana” informò, allegra “Non è facile dormire con lei che cantilena l’intera Storia del paese alle tre del mattino… e anche Rio è un po’ nervosa in questo periodo” aggiunse sottovoce e Okuda non se ne stupiva.
Dopo aver fatto colazione, i cinque ragazzi si diressero all’ingresso: quel sabato mattina ci sarebbe stata la prima gita ad Hogsmeade e avevano dovuto sudare sette camicie per convincere Atsuko ad andare e non restare per studiare.
Si separarono all’ingresso.
“Proprio non ci vieni?” domandò speranzosa, Sacha. Okuda scosse la testa.
“Non posso” rispose “Ho delle cose urgenti da fare stamattina. Poi mi raccontate a pranzo” sorrise, allegra.
“D’accordo” sospirò Sacha “Allora a più tardi” si salutarono e, mentre i quattro ragazzi scendevano per il prato, lei si voltò e si addentrò nell’Ingresso. Ignorando lo sguardo indagatore del gruppetto in un angolo della Sala, corse su per le scale diretta alla Sala Comune di Corvonero dove Ritsu ed Itona la stavano aspettando.
 
 
“A Mielandia hanno fatto rifornimento” spiegò Sacha “Api Frizzole, Piperille, Zuccotti di Zucca… ho preso una delle migliori tavolette di cioccolato solo per te” aggiunse, ficcandogli in mano un grosso blocco di cioccolato alla nocciola.
“Ahm, grazie” rispose lei, prendendo con piacere la fonte di grasso, brufoli e diabete che la ragazza le offriva: sarebbe stato un ottimo snack.
“Hai fatto quello che dovevi fare?” chiese Jun. Lei sembrò spaesata per un attimo, poi annuì.
“Certo” rispose “A voi, invece, com’è andata?” domandò, avvicinandosi un piatto di stufato.
“Non male… Newt si è quasi fatto maledire da una fattucchiera a I Tre Manici di Scopa” ridacchiò Sacha, facendo arrossire il ragazzo.
“Quella lì era una svitata” borbottò, servendosi di patate. La ragazza annuì, saccente.
“Ovviamente” disse.
“Non so voi ma io non ho voglia di studiare” sbadigliò Jun “Se cazzeggiassimo fino a stasera e riprendessimo domani?” chiese.
“Ottima idea” rispose Okuda, facendo annuire persino Atsuko: la mattinata fuori l’aveva rilassata.
“Potremo salire nel Dormitorio di Corvonero! Alcuni ragazzi oggi organizzano una festicciola: è il compleanno di Chiba” propose Sacha. Okuda s’irrigidì.
“Uhm… non che ne abbia molta voglia” rispose Jun “Sono stato in mezzo alla gente anche troppo. Perché non possiamo stare un po’ nel Dormitorio di Tassorosso o Serpeverde? Nel vostro le scale non ci fanno salire” constatò.
“Ha ragione” rispose Newt.
“Ok, allora tutti nel Dormitorio di Serpeverde!” esclamò Sacha, battendo le mani, mentre Okuda ringraziava mentalmente il ragazzo.
 
 
Se c’era una cosa che Okuda odiava erano le storie dell’orrore.
Se c’era una cosa che Okuda odiava più delle storie dell’orrore erano le storie dell’orrore raccontate nel Dormitorio di Serpeverde.
Quel luogo aveva un’aria inquietante per natura: con candele dai fuochi verdi che lanciavano ombre inquietanti sui muri, quel gelo tipico del fondale marino (poiché il Dormitorio si trovava sotto il livello del lago) e gli occhi accigliati dei serpenti che ti fissavano da ogni angolazione. Per la prima volta, la ragazza ringraziò di non essere finita in Serpeverde: sei anni tra quelle mura e sarebbe uscita di zucca.
Un’altra cosa che rendeva spaventose le storie dell’orrore era Sacha: Okuda tremava quando toccava a lei.
Il ragazzo stava contemplando la splendida ragazza che si affacciava alla finestra” sussurrò, la candela davanti a sé che le gettava ombre verdi sul viso rendendolo inquietante “ignaro del reale pericolo che esso nascondeva” mormorò.
Okuda si strinse un po’ nelle gambe, desiderando avere qualcuno da abbracciare. Atsuko, accanto a lei, sembrava un tantino nervosa mentre Newt si teneva il cuscino stretto al petto, pendendo dalle sue labbra. Jun sembrava non fare una piega ma, ogni tanto, si guardava furtivamente intorno.
La ragazza sorrise e si gettò dalla finestra, atterrando in strada proprio di fronte al ragazzo. Egli rimase orripilato da ciò che vide: il volto della bella ragazza era sfigurato da un orribile sorriso dai denti appuntiti, gli occhi completamente neri e i capelli sporchi di sangue che le ricadevano sul viso. Fu il suo corpo, però, a lasciarlo a bocca aperta: era tranciato a metà” mormorò, seria come non lo era mai. Okuda sussultò e strinse il braccio di Atsuko che non si mosse. “Il ragazzo urlò e provò a fuggire ma la ragazza, muovendosi agilmente sulle mani, gli fu dietro in un lampo.
Teke-Teke” sussurrò e Okuda trasalì, mentre si stringeva ad Atsuko. “Era questo il rumore che faceva quando si muoveva, lo stesso rumore che le ha dato il nome.
Teke-Teke. Teke-Teke. Teke-Teke” mormorò, creando pause ad effetto. Fin troppo ad effetto. “Con un rapido gesto, il Teke-Teke fece apparire la sua grande falce e tranciò in due il ragazzo. Zack!” urlò l’ultima frase, mimando il gesto di affettare qualcuno. Okuda e Atsuko urlarono e si strinsero, terrorizzate. Jun trasalì e per poco non cadde dal letto, mentre Newt balzò in piedi sul materasso, pallidissimo.
Sacha, invece, scoppiò a ridere di gusto.
“Oddio!” esclamò, indicandoli “Dovreste vedere le vostre facce!” rise, tenendosi la pancia.
“Sei proprio una…” cominciò Atsuko, districandosi dall’abbraccio accigliata, ma poi sorrise scuotendo la testa.
“Chi vuole uno Zenzerotto?” chiese, allegramente, porgendo una delle tante scatole che ingombrava il letto di Jun dove loro vi si erano comodamente seduti, in pigiama.
Ognuno ne prese uno, sgranocchiandolo, accompagnato da un sorso di Burrobirra o Idromele Aromatico.
“Per stasera finiamola con i racconti dell’orrore, okay?” chiese Newt, ancora un po’ scosso “Un altro Teke-Teke e mi portate al San Mungo con le visioni”
Gli altri risero. Sacha prese un altro biscotto e Jun bevve un lungo sorso di Burrobirra prima di sospirare.
“Senti, Okuda” cominciò “Posso farti una domanda?”
Okuda si bloccò mentre mordeva un biscotto, passando lo sguardo da Jun agli altri che guardavano da lei a lui a intermittenza. Lo mise giù. “Certo” rispose.
“Quando ci siamo conosciuti hai detto che non fai più parte della cosidetta E” ricordò, facendola irrigidire “E mi sono chiesto se… se centrava quello che è successo alla fine dello scorso anno” concluse.
Okuda stette in silenzio per un po’, poi chiuse gli occhi e prese un profondo respiro: “Si” rispose “Si, centra quello che è successo alla fine dell’anno: sono stata io a fare la spia” confessò.
Nella stanza scese il silenzio. Newt fece cadere il biscotto e la guardò esterrefatto.
“Sei stata tu?” domandò, incredulo “Ma… perché?”
Okuda si mosse, a disagio. “Mi dispiace ragazzi, non posso dirvi nulla” rispose “È solo che… ho fatto una promessa” confidò infine.
“Una promessa?” chiese Atsuko, curiosa.
“Quale promessa può farti rischiare l’espulsione di quasi trenta ragazzi?” domandò, Sacha, incredula. Lei scosse la testa.
“Dispiace anche me” rispose, amaramente “Non credete che me ne sbatta di quello che è successo a loro, però non ho potuto fare altrimenti. Credetemi, se glielo avessi lasciato fare… il rischio di un’espulsione di massa non sarebbe stato il danno maggiore”
I quattro ragazzi si scambiarono uno sguardo significativo.
“Ok” rispose Jun “Mi fido di te”
Newt annuì “Non pretendo di conoscerti ma posso dire con certezza che non avresti fatto una cosa del genere se non fosse stato davvero importante”
“O davvero pericoloso” aggiunse Atsuko.
“Immagino sia per questo che i ragazzi non ti parlano più” intuì Sacha “Ho notato un certo gelo, tra voi, quando vi trovate vicini”
Okuda annuì, con lo sguardo basso. “Non mi pento di ciò che ho fatto” tagliò corto “Anzi, credo sia stato meglio così” e con quello chiuse la conversazione.
 
 
 
“Si può sapere che cavolo ti è preso?!” esclamò Karma, riusciva a scorgere la sua figura alla luce della luna, in piedi nel suo giardino, un piano più sotto.
“Non sono affari tuoi, sparisci!” si sentì rispondere, oramai al limite della pazienza.
“Cazzo, certo che sono affari miei!” sbottò lui e, doveva ammetterlo, non l’aveva mai visto così incazzato “Dimmi che sta succedendo!”
“È tardi, va a dormire” tagliò corto lei, prendendo la maniglia della finestra.
“Ti stai comportando da bambina, Manami!” sbottò lui “Non ti riconosco più!”
Manami. L’aveva chiamata col suo nome di battesimo. Come si permetteva? Non c’era certo tutta questa confidenza tra loro!
Un moto di rabbia la invase: ma credeva davvero di averla mai veramente conosciuta?
“Il primo consiglio di maghi si tenne…”
Un attimo, cosa centravano i Consigli dei Maghi?
“Credevo che avessi un valido motivo per aver fatto una cosa simile ma evidentemente mi sbagliavo!” rispose lui “Sei solo una ragazzina viziata!”
Questo era troppo.
“…non si riuscì a giungere ad un accordo simultaneo, così…”
Non ci vide più dalla rabbia, si voltò, afferrò un libro dalla scrivania e glielo gettò contro: quello lo colpì in faccia, facendolo cadere seduto sul prato.
Ebbe un’ultima visione di lui che si afferrava il naso con un gemito di dolore prima di sbattere la finestra.
Si svegliò di soprassalto ma non si mosse dal letto. Aveva il respiro lento e irregolare, come se avesse pianto, ma i suoi occhi erano asciutti.
Sospirò e tentò di calmarsi, cercando di riagganciarsi alla realtà: era nel Dormitorio dei Corvonero, nel suo letto ed era notte. Fin qui tutto normale… tranne per una cosa: le tende del suo letto erano completamente spalancate, dandogli una visione perfetta della luna fuori la finestra.
Una voce proveniva da un punto imprecisato della stanza, ripetendo Storia della Magia, e questo decisamente non era normale.
“Oh, fatela smettere!” protestò Okano dal letto alla sua destra.
Okuda sospirò ma non si mosse: “Atsuko, va a dormire” disse, stancamente, a voce abbastanza alta da surclassare la sua. Lei zittì il suo monologo all’improvviso.
“Dormire?” domandò scandalizzata “A che serve dormire quando posso ripassare?!” esclamò.
“Atsuko, se non esci da questa stanza entrò dieci secondi di bandisco a vita dal Domitorio dei Corvonero” minacciò Kataoka, alla sinistra di Okuda, con la testa premuta sotto il cuscino. La ragazza sussultò e Okuda decise di alzarsi, s’infilò le pantofole e prese la bacchetta.
“Dai, ti accompagno” sospirò, spingendola fuori dal Dormitorio “Come minimo ti infileresti in quello di Newt” sbadigliò, chiudendosi la porta alle spalle.
Non capì mai come fecero ad attraversare l’intera scuola alle tre del mattino con Atsuko che ripeteva le rivolte dei Goblin come un mantra, senza farsi scoprire. Ebbero una fortuna sfacciata.
Balbettante Bambocciona Banda di Babbuini” recitò.
“Altrettanto” sonnecchiò la Signora Grassa, aprendosi per lasciarle passare. Entrarono nella Sala Comune di Grifondoro, buia e deserta, e Okuda spinse la ragazza su per le scale del Dormitorio Femminile. Lì, facendo molto piano, la trascinò fino al suo letto, vicino la finestra, e ce la costrinse.
“Non ho sonno!” protestò lei, come una bambina che fa i capricci.
“Si che ce l’hai” ribatté lei, rimboccandole le coperte “E parla piano: non tutti sono dei fanatici iperattivi come te” le fece notare.
“Avevate detto che avremmo potuto studiare!” ribatté, stizzita.
“Domani” le ricordò Okuda.
“Tecnicamente, adesso è domani” rispose lei.
“Dormi, Atsuko!” ordinò, secca, per poi chiudergli le tende in faccia. Mentre usciva, la ragazza giurò di aver sentito un “Grazie, Okuda-san” sussurrato in qualche angolo della stanza, e sicuramente non da Sacha, ma lo ignorò e si chiuse la porta alle spalle.
Scese i gradini della scala a chiocciola e aveva appena messo piede nella Sala Comune quando un’altra figura sbucò dalle scale del Dormitorio Maschile.
Dovette concentrarsi su ogni singola cellula del proprio corpo per non sbottargli contro: “Ma sei un incubo!” ma il ragazzo aveva dovuto intuirlo lo stesso dalla sua faccia contrita.
“Fammi indovinare” disse Karma, divertito “Atsuko è andata di nuovo a sbandierare le sue conoscenze in giro per il castello”
Lei non rispose. Lo superò senza guardarlo, quasi fosse una parete, e si diresse verso il buco del ritratto.
“Non sei andata a Hogsmeade, oggi” notò lui. Lei lo ignorò e aprì il retro del quadro, arrampicandovisi.
“Un BianConiglio, con panciotto e orologio, nel buco di una tana s’infilò” cantilenò, raggelandola. Non poteva vederlo ma sapeva che aveva il suo solito sorriso sfrontato sulle labbra “Una cosa del genere viene considerata strana da molti, eppure Alice lo inseguì solo per sapere dove stesse andando così di fretta” constatò, incrociando le braccia e poggiandosi al muro “Non si è mai arresa, nonostante tutto quello che incontrò nel Paese delle Meraviglie: sfidò persino la Regina di Cuori pur sapendo di non poter vincere”
Okuda strinse la mano sulla parete: sapeva perfettamente a cosa si riferiva, e non era solo il libro che gli aveva gettato contro quella primavera e che non aveva ancora ricevuto indietro.
“Alice era proprio strana, folle forse per credere che un coniglio possa indossare un panciotto e leggere un orologio” commentò ancora.
“Tempo sprecato” tagliò corto Okuda, gelida “Il BianConiglio non le ha mai dato una risposta, se l’è dovute trovare da sola vagando senza meta per il Paese delle Meraviglie”
“Avrebbe risparmiato tempo e fatica se lui si fosse fermato un attimo a spiegare” ribatté Karma. La ragazza non rispose per un lungo istante, poi scavalcò il buco del ritratto.
“È tardi, Karma” fu tutto ciò che disse prima di chiuderselo alle spalle.

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Capitolo 4
*** Danger ***


Okuda faticava ancora a crederci.
Prima. Si era classificata prima nella Classifica Generale all’Esame di Fine Trimestre.
Insieme alla lettera, consegnatagli da Korosensei (il Direttore della sua Casa) quella mattina con una strizzatina d’occhio, c’era anche il biglietto della nave che l’avrebbe portata ad Okinawa, di lì a pochi giorni.
Fissò la lettera per qualche istante poi si voltò verso la ragazza seduta al suo fianco, china sulla stessa lettera posizionata sopra un pesante volume di alchimia greca preso dal Reparto Proibito della biblioteca. Le due ragazze si guardarono poi scoppiarono a ridere e Ritsu si gettò su di lei, strillando dalla gioia.
“SHH!” sibilò Itona, tirandole giù per i vestiti “Volete che ci scoprano?” chiese, guardandosi furtivamente alle spalle: ma il Reparto Proibito era vuoto, non tutti avevano il permesso di andarci.
“Non posso crederci… ottava” sussurrò Ritsu, guardando la lettera, aveva quasi le lacrime agli occhi.
“Io sono uscito sesto” rispose Itona, guardando con indifferenza la propria lettera con il biglietto allegato.
Io non posso credere di essere arrivata prima” rispose Okuda, attonita “Il mio massimo è stato classificarmi ventiseiesima. Allora tutte le ore passate sui libri non sono state inutili!” esclamò, sorridendo, felice e un po’ incredula.
“Devo essere sincero: pensavo che si sarebbe classificato Karma al primo posto. L’anno scorso è arrivato quarto” rispose Itona. Okuda annuì.
“Lo pensavo anche io” rispose, schiettamente, poi lanciò un’occhiata furtiva oltre gli scaffali.
“Vuoi andare a chiedere ai ragazzi quanto hanno preso?” chiese Ritsu, ma Okuda scosse la testa.
“No. Adesso questo ha la priorità” disse, indicando il tavolo a cui si erano seduti, circondati da pergamene, quaderni e pesanti volumi di alchimia, pozioni e medicina delle civiltà più antiche. I due annuirono e si rimisero a lavoro.
 
 
“Oh, mio Dio! Oh, mio Dio! Oh, mio Dio!”
“Sacha… ti stai ripetendo” le fece notare Jun.
“Oh, mio Dio!” urlò lei “Sono arrivata quattordicesima!” gridò, saltando sulla propria poltrona.
“Come non detto” sospirò lui, osservando la sua lettera: dodicesimo nella Classifica Generale.
“Io non posso credere di essere arrivato ventesimo” Newt si abbandonò nella poltrona con un sospiro liberatorio, sorridendo felice.
Atsuko sembrava aver perso l’uso della parola: era arrivata settima, esattamente tra Ritsu e Itona.
“Vado a preparare le valigie!” urlò Sacha, saltando dalla poltrona e salendo a rotta di collo le scale al Dormitorio Femminile di Grifondoro. Quasi tutti i ragazzi parlavano allegramente del Test e pochi avevano ricevuto il biglietto per l’isola, tra questi Okuda scorse Kayano, Kanzaki, Nagisa, Sugino, Nakamura e Maehara. Karma se ne stava seduto nell’angolo più remoto della Sala Comune, stringendo la sua lettera fino a farla diventare un ventaglio deformato di carta e inchiostro; da lì, la ragazza riusciva a scorgere il biglietto azzurro della nave, e si chiese come mai il proprietario sembrasse volerlo gettare dalla finestra.
“È arrivato decimo” sussurrò Atsuko, vedendo il suo sguardo corrugato “La cosa non gli è andata molto giù: era così sicuro agli esami”
“Effettivamente, non che l’abbia visto studiare molto” constatò Newt.
“Era troppo sicuro di sé” tagliò corto Jun “Uno dei difatti fatali di molti dei migliori: si montano la testa e credono di non aver bisogno di studiare” scrollò le spalle.
“Penso che abbia imparato la lezione” aggiunse Sacha, raggiungendoli con calma, il sorriso sulle labbra “Korosensei glielo aveva detto”
“Così come aveva detto che lo avrebbe capito solo una volta arrivati al dunque” concluse Atsuko.
Okuda non poté trovarsi che d’accordo.
 
I giorni seguenti furono tra i più movimentati che il Kunugigaoka avesse mai avuto. Okuda preparò una borsa con tutto l’occorrente: una busta di denaro Babbano, un sacchetto di Galeoni per evenienza, tre cambi di vestiti e di intimo più due di scorta, la spazzola, lo spazzolino e il dentifricio, un paio di teli mare, le pantofole, due pigiami, il costume da bagno… eppure era sicura che mancasse qualcosa. Per sicurezza infilò nella borsa anche la tuta ma non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione. Un libro? Ne avevi presi tre: uno sulla medicina egizia e due di svago, che aveva infilato nella tasca davanti.
La bacchetta la teneva infilata nella cintura dei jeans, coperta dalla maglietta.
“Costume?” domandò Ritsu, facendo la sua.
“Preso” rispose lei, frugando nella propria “Spazzola?”
“Presa” annuì la ragazza “Ciabatte?”
“Uso le pantofole: in spiaggia cammino con i sandali o scalza” rispose “Pigiama?”
“Pre…” Ritsu scavò nella borsa, non trovandolo “Ecco cosa stavo dimenticando!” esclamò, battendosi una mano in fronte, correndo verso il baule.
“Un abito da sera?” domandò Sacha, stesa nel letto di Okuda a sgranocchiare Calderotti.
“Che me ne faccio di un abito da sera?” chiese Okuda. La ragazza alzò le spalle.
“Io e Atsuko lo abbiamo messo” rispose. Okuda aprì il proprio baule, trovando il vestito ancora impacchettato che sua madre le aveva mandato quando aveva saputo del ballo di fine anno. Non lo aveva ancora aperto, quindi lo infilò nella borsa così com’era.
“Bene” decretò Ritsu “Credo che ci sia tutto. Pronte a partire?” chiese, sorridendo.
“Puoi contarci” risposero le due ragazze, all’unisono: non stavano più nella pelle.
 
 
Cielo azzurro, aria fresca, profumo di salsedine e mormorio delle onde: cosa poteva andare storto?
Un suono simile al rigurgito di uno sciacquone le attraversò la schiena con un brivido: ecco cosa. Korosensei era piegato oltre la balaustra della nave di prua, a rimettere solo lui sapeva cosa.
“Su, Korosensei… forza e coraggio” lo spronò Sacha, battendogli colpetti sulla spalla.
“Grazie, Sato-san, sto bene” mugugnò lui, raddrizzandosi: aveva uno strano colorito misto tra blu e verde sulla fronte, mentre per il resto era pallido e sudato. Vedere il proprio insegnante di Trasfigurazione in quelle condizioni le fece provare un moto di compassione e di gratitudine al tempo stesso: fortunatamente non aveva mai avuto problemi con i mezzi di trasporto, al contrario di lui che pativa treno, autobus e nave.
“Quasi sei ore di viaggio ma finalmente ci siamo!” esclamò Isogai, guardando il profilo dell’isola che si stagliava all’orizzonte.
“L’Isola di Okinawa!” esclamò Hinano, sporgendosi dalla balaustra: finalmente erano arrivati!
Korosensei fu il primo a scendere dalla nave e sembrava quasi sul punto di baciare il terreno, i ragazzi lo seguirono eccitati scortati da Irina (l’insegnante di Incantesimi nonché Direttrice di Tassorosso) e Karasuma (l’insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure e Direttore dei Serpeverde). All’appello mancava solo Yukimura, la Direttrice di Grifondoro e insegnante di Pozioni, che si era presa una brutta febbre proprio in quei giorni (alcuni ragazzi vociferavano che aveva inalato i fumi di una Pozione Corroborante andata male durante la lezione e che ora era ricoverata al San Mungo, ma molti di loro speravano di no).
“Ah, ragazzi, questa sì che è vita!” esclamò Nakamura, sorseggiando un drink offerto dall’albergo ad un tavolo fuori il ristorante, mentre Korosensei si riprendeva abbandonato su un altro tavolo, poco distante.
Okuda osservava la sua bibita, dubbiosa: sentiva qualcosa di strano in quel succo d’arancia.
Sacha e Newt, invece, lo sorseggiavano tranquillamente; Atsuko e Jun avevano bevuto abbastanza spremute sulla nave quindi si astennero.
Attesero pazientemente che Korosensei riuscisse a rimettersi in piedi, poi andarono a posare le loro cose nelle camere e si divisero in gruppi: alcuni ragazzi andarono a noleggiare degli eliplani con Korosensei, Karasuma portò un altro gruppo a fare sub mentre un terzo visitava le grotte.
Atsuko, Jun, Sacha, Newt, Okuda, Ritsu e Itona vennero trascinati nel bosco da Irina. Newt conosceva una grande quantità di piante e insetti, alcuni anche rari, e mostrò loro diversi animali magici che si confondevano con quelli non-magici restando nascosti o scambiati per qualcos’altro. Un Billywig nascosto su un albero si insinuò addirittura sotto la gonna di Irina, facendola arrossire; i ragazzi la presero in giro a morte: lei non arrossiva mai se si parlavano di cose sconce!
Nel pomeriggio andarono tutti in spiaggia.
Partiamo col dire che Okuda era sempre stata timida ed impacciata quando si trattava del proprio corpo. Il suo nuovo carattere freddo e tranquillo vacillava in quel frangente, e il solo pensiero di doversi mostrare in costume davanti a tutti quei ragazzi le fece venire voglia di scavare una buca nella sabbia e sotterrarvisi per sempre.
Fortunatamente aveva il suo costume anti-stupro (come lo aveva definito sua madre) ovvero simile a quello che portavano i ragazzi nelle scuole pubbliche: una specie di canotta blu con delle mutande nere.
Sacha glielo aveva visto sfilare dalla borsa con aria critica.
Quello cosa sarebbe?” chiese, scettica “Neanche mia nonna li porta più così!” aveva protestato. Okuda era arrossita fino alla punta dei capelli.
“È… i-il mio costume” aveva balbettato, rossissima.
“Non pensare neanche di scendere in spiaggia con quel coso!” la rimbrottò lei, togliendoglielo di mano “Per fortuna porto sempre un costume di riserva” constatò, ghignando, e Okuda si convinse che fosse venuto il momento di avere paura.
 
Quando Atsuko era scesa in spiaggia indossava un costume semplice a due pezzi, con una gonnellina azzurra attaccata all’estremità delle mutande e un reggiseno che si chiudeva con un fiocco sul davanti. Nel complesso era molto carina, si era anche legata i capelli in una lunga coda. Sacha indossava un bikini rosa con due fiori rossi sulla coppa sinistra del reggiseno e su un angolo delle mutande.
Okuda il telo mare di Paperino.
“E dai, levatelo!” esclamò Sacha “Ti ho detto che ci stai benissimo!”
La ragazza scosse la testa con forza, rossissima. “Io non mi faccio vedere in giro così!” esclamò, rannicchiata per terra, a dare le spalle ai ragazzi.
“Suvvia, non essere timida!” la ripescò Atsuko, avvicinandosi: Sacha le aveva sciolto i capelli, che le ricadevano sulla schiena, e li aveva adornati con un grande fiore bianco sul lato sinistro, per tenerli indietro.
Nessuno si accorse di Ritsu che sgattaiolava verso di lei, silenziosa, avvolta in un bikini arancione. Afferrò un lembo dell’asciugamano e tirò.
Okuda, presa alla sprovvista, si alzò di scatto e l’asciugamano le scivolò di dosso. Sulla spiaggia scese il silenzio.
Newt riemerse sputando l’acqua in faccia a Jun, tanto fu la sorpresa: Sacha aveva infilato la ragazza in un bikini decisamente troppo… ini.
Le coppe erano blu oltremare con disegnati dei grandi fiori bianchi coperti di perline, che si chiudeva con dei fili di stoffa dietro il collo e la schiena. Il pezzo di sotto era identico a quello di sopra, con due allegri fiocchettini sui fianchi che lo tenevano fermo.
“Dove le tenevi nascoste, quelle?” chiese Newt, stupito, indicando la quarta abbondante che la ragazza si affrettò a coprire con le braccia.
“Zitto! Taci!” urlò, raggiungendo gradazioni di rosso sulla soglia del pericolo.
Tu dove tenevi nascosto questo” aggiunse Atsuko, rivolta a Sacha.
“È il mio costume di riserva” rispose allegramente lei.
“Hai un costume del genere sempre dietro?” chiese Jun, aggrottando le sopracciglia.
“Per questo è di riserva” dileguò il discorso lei “Dovevate vedere il suo, neanche la mia pro-zia metteva certe cose”
“Un motivo c’è, no?” chiese lei, ora arrabbiata, non accorgendosi che oramai tutti stavano guardando la scenetta “E poi mi spieghi perché hai un costume del genere?”
“Me lo hanno regalato” alzò le spalle lei “Era carino ma mi sembrava sfacciato usarlo, così lo tenevo per le emergenze. E questa era un’emergenza” aggiunse, per mettere in chiaro le cose.
“Oh, quante storie per un costume!” esclamò Irina, arrivando alle loro spalle “Se non sfoggi ora quel tuo bel corpicino mi spieghi quando lo farai?” domandò, tirandosi indietro i capelli. Tutti si voltarono verso di lei e persero letteralmente l’uso della parola: la donna indossava il più provocante costume che avessero mai visto! Interamente fatto di fiori (letteralmente), bastava a stento a coprirle il seno e si agganciava al pezzo di sotto formando una X sul ventre. In confronto, persino a Okuda il proprio costume parve un normalissimo bikini.
“Ma che cavolo si è messa, Bitch-sensei!” esclamò Maehara. In risposta la donna ridacchiò.
“Uno dei miei costumi più belli” rispose lei, altezzosa.
“Perché ne ha altri così?” domandò Ritsu.
“Anche migliori” rispose lei, facendosi largo verso una sdraio.
“Chissà perché non voglio immaginarli” commentò Okuda, senza riuscire a staccarle gli occhi di dosso.
“Nemmeno io” rispose Atsuko, accanto a lei, nello stesso stato di trance.
“Io si!” saltò su, Sacha.
Come non detto.
Mentre Irina passò il resto del pomeriggio a prendere il sole con una rivista di gossip in mano, i ragazzi si diedero alla pazza gioia sul fondale marino: Atsuko riusciva a trattenere il fiato per tre minuti di fila, battendo più volte Newt. Sacha si divertiva a spuzzare l’acqua addosso a tutti o indire vere e proprie battaglie di gavettoni, mentre Jun, Okuda, Ritsu e Itona giocavano ad una sorta di pallavolo in mare.
Una battuta particolarmente violenta centrò Itona in piena faccia, rischiando di mandarlo a fondo, tra le risate generali.
Insomma una giornata perfetta per rilassarsi e dimenticare tutto lo stress accumulato durante gli esami; tuttavia, ogni tanto Okuda provava una forte sensazione di disagio come se si stesse dimenticando qualcosa di molto importante.
In un certo senso, fu Sacha a ricordarglielo quando, all’improvviso, cominciò a tossire convulsamente cadendo in ginocchio nell’acqua. Atsuko e Okuda corsero immediatamente a controllare, ma lei le liquidò dicendo che le era solo finita un po’ d’acqua nel naso, anche se era molto pallida. Anche alcuni ragazzi accusarono mal di testa, evidentemente dovuto al sole, quindi rientrarono per farsi una doccia e cenare; ma la ragazza non era tranquilla: il ricordo della visione era tornato prepotente dentro di lei e il fatto che Okinawa somigliasse molto all’isola vista nella sfera non giovava il suo umore.
Tuttavia la cena andò per il meglio. Dopo si ritirarono in una saletta a parte per vedere un film e infine scesero al bar, dove ordinarono da bere.
Okuda era molto distratta quella sera ma non tanto da accorgersi che c’era qualcosa che non andava: erano tutti troppo stanchi. Persino Sacha sembrava aver perso vitalità, e l’ansia attanagliò il suo stomaco… ansia che si trasformò in panico quando la ragazza cadde dalla sedia, semisvenuta.
“Sacha!” urlò Atsuko, alzandosi. Okuda scattò giù dalla sedia, essendo la più vicina, e posò una mano sulla sua fronte: era bollente.
Un gemito le fece voltare: Newt se ne stava riverso sul tavolo, che si teneva la testa, pallido e sudato, con Jun che tentava di sostenerlo.
Poi il caos. Uno dopo l’altro, i ragazzi iniziarono a sentirsi male: Hara, Hazama, Mimura, Okajima, Maehara, Muramatsu, Kanzaki, Sugino, Kurahashi, Itona…
“Nakamura” sussurrò Okuda, comprendendo. Atsuko la guardò, interrogativa, poi sussultò quando, con un tonfo secco, un corpo cadde a terra.
“Nakamura!” urlò Nagisa, correndo in aiuto della ragazza. Atsuko guardò la scena poi si voltò verso di lei, una luce di comprensione e sbigottimento negli occhi.
“Kami…” mormorò, quando capì; era impallidita.
“Che sta succedendo?” esclamò Karasuma spalancando la porta, con al seguito Irina e Korosensei.
“I ragazzi… stanno male!” esclamò Kayano, seduta accanto a Kanzaki.
“Ma… scottate!” esclamò Nagisa, toccando la fronte di Nakamura “Dobbiamo portarli in ospedale!”
Karasuma si fiondò alla reception ma non ottenne le risposte sperate: Okinawa era un’isola, non c’erano ospedali e l’unico ambulatorio era chiuso la sera, il medico tornava sull’isola principale fino al mattino dopo.
“Che cosa facciamo adesso?” chiese Irina, seria ma con un velo di preoccupazione nella voce. Poi uno strillo fece sobbalzare tutti.
“Tu!” urlò Kayano, come folgorata. Seguendo il suo dito tutti si voltarono verso Okuda, seduta per terra e con la testa di Sacha sulle gambe; la ragazza non mosse un muscolo. “Tu lo sapevi!” esclamò Kayano, era sconvolta “L’Isola, l’albergo, i ragazzi che stavano male… lo hai visto nella sfera di cristallo, a Divinazione!”
Nella stanza scese il silenzio, tutti fissavano la ragazza che rimase cupa.
“Si, l’ho visto” rispose, scura in volto tanto da fare quasi paura “Ho visto un albergo su di un’isola e…” deglutì “Nakamura, Maehara, Kimura e Hazama stesi sul pavimento di una camera. Era evidente che stavano male” confessò: non aveva mai detto a nessuno di aver riconosciuto i ragazzi malati ma, d’altronde, chi l’avrebbe presa sul serio? Quasi non ci credeva nemmeno lei, ma ora…
“Tu… hai visto il futuro?” domandò Isogai, d’un tratto sbiancato, dimenticandosi anche del voto di silenzio nei suoi confronti.
“Immagino che questo non sia il problema maggiore, al momento” decretò Korosensei, nel silenzio generale “Dobbiamo capire cosa sta succedendo ai ragazzi, poi ci occuperemo del resto…”
S’interruppe di colpo quando il suono di un cellullare riecheggiò nel silenzio, tutti si voltarono verso Karasuma che estrasse il telefono dalla tasca: numero sconosciuto. Pigiò il pulsante e se lo portò all’orecchio.
In genere, i maghi e le streghe non usavano gli apparecchi elettronici quando erano a scuola poiché la loro magia li faceva impazzire, ma in quel frangente non c’era pericolo.
“Pronto?”
Non riuscirono a sentire quello che dicevano dall’altro lato ma Karasuma impallidiva ogni secondo di più, credettero che stesse per avere un colpo da un momento all’altro. Infine riagganciò e prese un respiro profondo.
“Irina. Koro. Ritsu. Itona, se ce la fai, e anche tu Okuda” elencò “Venite con me” disse, prima di uscire dalla sala. Ritsu e Okuda si scambiarono un’occhiata significativa e si alzarono, aiutarono Itona a mettersi in piedi e lo accompagnarono dietro gli insegnanti.
La porta si chiuse nel silenzio.
 
 
Stettero via più di mezz’ora. Quando rientrarono erano tutti pallidi e tirati, Itona più di chiunque altro e si reggeva a Korosensei che lo depositò su una sedia.
“Che cosa succede?” domandò Isogai, avevano sgombrato la stanza dai tavoli e vi avevano depositato i compagni malati, sopra cuscini e sacche del ghiaccio. Era proprio come l’aveva visto Okuda nella sfera di cristallo ma al momento avevano cose più urgenti di cui preoccuparsi.
“Non mi resta che andare” sospirò Korosensei.
“Ne abbiamo già parlato” protestò Irina “Non puoi davvero…” ma venne fermata da un cenno di Karasuma.
“Purtroppo non abbiamo scelta” sospirò l’insegnante.
“Si può sapere che succede?” chiese Okano. Ritsu e Okuda distolsero lo sguardo, cupo e triste. Irina sembrava sul punto di prendere a calci qualcosa ma Karasuma restava serio e impassibile.
Sospirò.
“Non possiamo dirvi tutto però… hanno infettato i vostri compagni” disse “Abbiamo contrattato, riusciremo ad avere l’antidoto entro domattina. Koro farà da tramite”
Scese il gelo.
“Che significa? Chi li ha infettati?” domandò Kayano.
“Non possiamo dirvi…” ripeté Karasuma ma Korosensei alzò il braccio per fermarlo.
“Vogliono una cosa che solo io posso dargli. Avrei dovuto aspettarmelo dopo quello che è successo di recente” rispose, con calma “Mi dispiace ragazzi, non avrei mai voluto coinvolgervi in questa storia: ci sono già troppe persone dentro” sospirò.
“Non possiamo fare proprio niente?” domandò Jun, ad alta voce “Se sono persone capaci di fare una cosa del genere a dei ragazzi cosa vi fa credere che ci daranno l’antidoto?” chiese “Non mi interessa cosa vogliono o cosa stia succedendo, qui ci sono in gioco delle vite umane!”
Tutti si voltarono verso gli insegnanti e Itona prese la parola, un po’ a fatica: “Le ho detto come la penso, Korosensei” mormorò, faticando a respirare “Noi possiamo farlo.”
Ritsu e Okuda annuirono, decise, rivolte agli insegnanti.
“Fare cosa?” domandò Atsuko.
“Quelli con cui dovremmo contrattare alloggiano al Fukuma Palace, un albergo sulla montagna qui dietro” informò Irina.
“Io posso… infiltrarmi nel sistema di sicurezza dell’Hotel” ansimò Itona “Loro si sono offerte per andare a riprendere l’antidoto. Non possiamo dargli quello che chiedono, Korosensei” aggiunse, guardando l’insegnante “Lei sa che non possiamo.”
“È troppo pericoloso!” esclamò Karasuma, autoritario “Non vi lasceremo rischiare la vita lì dentro da sole…”
“Allora andrò con loro!” lo interruppe Irina, infuriata “Non insegno Incantesimi per nulla!”
Karasuma fece per ribattere ma Isogai lo precedette: “Allora verremo anche noi!”
Tutti si voltarono verso di lui che sembrò imbarazzato: “Insomma, se voi volete. Io voglio” aggiunse.
“Sono d’accordo” esclamò Kataoka “Qualunque cosa vogliano sembra importante, quindi non possiamo dargliela. E poi ci sono di mezzo le vite dei nostri compagni!”
Tutti annuirono.
“Ma…” cercò di ribattere Karasuma.
“Andiamo, abbiamo fatto di peggio!” esclamò Terasaka.
“C’è un motivo se abbiamo rischiato l’espulsione più volte noi in un anno che un singolo studente in tutta la sua carriera scolastica” aggiunse Karma.
“Quelli che hanno passato due mesi nel Labirinto eravamo noi, eh” fece notare Atsuko.
L’insegnante li guardò tutti, poi sospirò: “Non sappiamo nemmeno come arrivarci, quell’Hotel è tenuto sotto stretta sorveglianza sia interna che esterna.”
“Salendo la montagna” rispose Itona, guardando il proprio cellullare “È l’unico punto privo di sorveglianza e dà direttamene su una porta di servizio nell’atrio. Io posso controllare e disattivare le telecamere ma la sorveglianza interna dovrete aggirarla voi, vi passerò la mappa interna e le informazioni tramite Ritsu” spiegò, appoggiandosi ad una parete con l’aiuto di Chiba.
“Bene” esclamò Isogai “Quindi si può fare!”, ma Karasuma sembrava avere ancora qualche dubbio. Infine si arrese, abbassando le spalle.
“Ok” sospirò, aprendo la porta che dava sulla spiaggia “Andiamo a farci ammazzare.”

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Capitolo 5
*** Action ***


Era da dieci minuti che Okuda si ripeteva di non guardare giù e continuare a salire, ignorando anche le deboli proteste di Irina sotto di loro. Quando Itona aveva detto salire la montagna non aveva precisato che avrebbero dovuto scalarla.
“Tutto bene, Okuda?” chiese Ritsu, poco sopra di lei, un po' pallida.
“Credo di sí” rispose lei, aggrappandosi ad una sporgenza per non cadere.
“Questo non farà bene alle mie vertigini” mormorò Jun, sofferente.
“Pensa a salire” lo rimbeccò Atsuko che li aveva superati di parecchio.
Sotto di loro Korosensei e Karasuma, quest’ultimo con in spalla Irina, cercavano di stare al passo con loro.
“Non ho più l’età per certe cose” ansimò Korosensei, fermandosi un secondo a riprendere fiato, pallido in volto e con l'aria di chi voleva solo tornare a terra.
“E tu che volevi andarci da solo” lo riprese Karasuma visibilmente contrariato.
“Di certo non scalando la montagna” ribatté l’altro.
“Poche chiacchiere, più salita!” li interruppe Terasaka, saltando da una sporgenza all’altra.
Okano era la più agile di tutti ed era quasi arrivata in cima.
“Dai, ci siamo quasi!” esclamò Ritsu salendo gli ultimi metri. Okuda e Jun la raggiunsero poco dopo, trovando Atsuko e metà dei ragazzi.
“Credevo di non farcela…” sospirò Jun, abbandonato carponi sulla rupe, con Okuda che gli batteva delle pacche sulla spalla come conforto.
“Su, ce l’abbiamo fatta” lo tranquillizzò lei.
“Già… fatta…” annaspò Korosensei, apparso accanto al ragazzo che si reggeva a stento sulle braccia. L’unico che sembrava non risentirne era Karasuma, benché avesse scalato la montagna con Irina sulle spalle.
“Questa è l’entrata secondaria, dà direttamente sulla Lobby” illustrò Ritsu, guardando la mappa sul proprio cellulare “La porta è protetta da una serratura elettronica ma la posso aprire senza problemi” aggiunse, collegando un cavo al cellulare ed alla serratura. Dopo due secondi la lucina rossa divenne verde e con un doppio bip la serratura si aprì. “Inoltre… posso anche controllare la videocamera di sorveglianza in modo che non ci riprenda” spiegò, scollegandolo ed aprendo la porta “Il problema è che l’hotel ha un sistema di sorveglianza a circuito multiplo: ciò mi impedisce di controllare tutti i dispositivi.”
“Hanno una difesa serratissima” notò Karasuma, studiando la mappa dal cellulare della ragazza "Piuttosto, non credevo che tu e Itona foste così esperti in queste cose tecnologiche" ammise, decisamente stupito. La ragazza arrossì leggermente.
"Beh, i genitori di Itona sono Babbani e gestiscono una fabbrica di componenti per telefoni mentre mio padre è un informatico, quindi ce la caviamo abbastanza bene" ammise imbarazzata. Nella E, Itona e Ritsu erano gli unici ad aver mantenuto una certa riservatezza e una buona dose di distanza nei confronti degli altri ragazzi: li avevano sempre aiutati quando ce n'era bisogno, anche senza che glielo chiedessero, e spesso si erano uniti alle loro chiacchiere ma avevano sempre mantenuto un certo distacco, come se non volessero entrare troppo in confidenza. Di fatto, erano le uniche due persone che ancora rivolgevano la parola a Okuda.
“Non possiamo usare l’ascensore, ci servirebbe la chiave magnetica in possesso della reception" notò Korosensei, osservando la mappa da sopra la spalla di Karasuma "Quindi non ci resta che usare le scale, che però non sono un blocco unico ma divise e collocate in punti diversi. Dovremo percorrere molta strada prima di arrivare all’ultimo piano.”
“Bene, allora, sbrighiamoci non c’è tempo da perdere” esclamò Irina, precedendoli, aprendo la porta di servizio: sembrava molto impaziente di far finire quella storia il più presto possibile.
“Vi forniremo istruzioni lungo il cammino in base all’evolversi della situazione: prestate sempre la massima attenzione” illustrò Karasuma, seguendola con alle calcagna il resto della banda. Guidati dagli insegnati, oltrepassarono l’ingresso posteriore ed entrarono nell’atrio, dove poi sarebbero passati alla lobby e avrebbero preso le scale per salire ai piani alti.
Ma arrivati all’ingresso dovettero fermarsi: era pieno di addetti alla sicurezza.
“Siamo già nei guai” borbottò Korosensei.
“Data la struttura dell’albergo, per accedere ai piani superiori dobbiamo attraversare la lobby e ovviamente quì la sorveglianza è molto più serrata” spiegò Karasuma “Le scale di emergenza sono proprio qui accanto ma le guardie sono più del previsto”.
Kataoka rimuginò per qualche istante: “Potremmo provare con un incantesimo di disillusione, essendo un albergo babbano non dovrebbe essere facile venire scoperti” mormorò.
“Ma colui che ha organizzato tutto questo è un mago e potrebbe aver posto un incantesimo di protezione per scongiurare tale evenienza” rispose Korosensei.
“Quindi immagino che neanche confonderli funzionerebbe” sospirò Atsuko. Irina, che era sparita per qualche secondo, ritornò con un bicchiere da champagne tra le mani e l’aria un po’ brilla.
“Be’?” chiese, rigirandosi il calice vuoto tra le mani “Non possiamo entrare normalmente e basta?”
Tutti si voltarono verso di lei, scandalizzati.
“Non sei nemmeno in grado di valutare la situazione, Bitch-sensei?” sibilò Sugaya.
“Come pensi di fare con tutte quelle guardie?” chiese Kimura.
Irina lasciò vagare lo sguardo per la sala, poi si avviò tranquillamente all’interno della lobby con il calice ancora in mano.
“Ve l’ho detto: normalmente” rispose, piatta, mentre entrava nell’atrio come se nulla fosse sotto lo sguardo stupito di tutti. La videro barcollare una volta entrata nel capo visivo delle guardie e per un attimo pensarono che stesse per avere un malore. Sbatté contro uno degli agenti che la guardò, assumendo un espressione incantata e confusa.
“Mi dispiace” cinguettò lei, portandosi una mano al volto improvvisamente arrossato “Devo aver esagerato con i liquori che c’erano in camera” informò e sembrava davvero sbronza.
La guardia balbettò qualche risposta e Irina sorrise: “Mi hanno chiesto di suonare quel piano la prossima settimana e, già che c’ero, sono venuta un po’ prima per fare del turismo” spiegò, indicando il pianoforte in fondo alla sala. Due uomini si guardarono come per confermare se fosse vero. Irina ne approfittò per andare a sedersi sul divanetto in pelle dinnanzi lo strumento.
“Mentre mi faccio passare la sbornia vorrei controllare l’accordatura del piano, se non vi dispiace” informò e, con un rapidissimo gesto della mano, estrasse la bacchetta dalla gonna puntandola contro il pianoforte. Fu talmente veloce che anche i ragazzi faticarono a vederla ma quando la bacchetta sparì, Irina rivolse uno sguardo adorante alle persone radunate nella saletta: "Allora, mi lasciate suonare solo un pochino?"
Nascosti nell'ingresso posteriore, i ragazzi erano rimasti sconvolti nel vedere quel teatrino messo su dalla loro insegnante così di punto in bianco e così magnificamente. Ciò che più lasciava sbalorditi, però, era che stesse funzionando e anche a meraviglia: appena posò le dita sulla tastiera, il pianoforte iniziò ad emanare una melodia straordinaria che attirò in pochi istanti gli sguardi di tutto lo staff dell'albergo; a prima vista sembrava che fosse Irina a suonare ma, con uno sguardo più attento, i ragazzi notarono che alcuni tasti si pigiavano anche se lei non li toccava. Tuttavia, nessuno degli uomini che si stavano avvicinando lo notarono, troppo impegnati ad ammirare le movenze della donna impegnata in una vera e propria seduzione musicale usando tutto il proprio corpo.
Irina smise di suonare e si rivolse alle persone rimaste in piedi vicino alle scale, invitandole soavemente ad avvicinarsi per sentire meglio; evidentemente aveva lanciato un incantesimo al pianoforte perché suonasse da solo quando veniva premuta una nota. Ci fu un movimento accanto alla sedia che attirò il loro sguardi e la donna fece un gesto con la mano per esortarli ad avviarsi verso il piano superiore, fintanto che li teneva impegnati.
"Andiamo" sussurrò Korosensei, spingendoli verso le scale, eppure molti ragazzi non riuscirono quasi a staccare gli occhi dalla loro insegnante: avevano sempre saputo che era una donna bellissima con la passione per gli uomini ma quella era effettivamente la prima volta che la vedevano sedurre seriamente qualcuno.
Tirarono un sospiro di sollievo solo quando raggiunsero le scale superiori. Kayano si passò una mano sulla fronte sudata: "Non ci credo che siamo riusciti a passare tutti. Bitch-sensei è stata incredibile!"
"Chi lo avrebbe detto che la sua abilità nel fare la gatta morta ci sarebbe tornata utile un giorno" esclamò allegramente Karma.
"Anche la velocità con cui ha incantato quel piano è stata incredibile, a malapena ho visto la bacchetta!"
Karasuma continuò a tenere d'occhio la mappa: "Non basatevi solo su ciò che vedete tutti i giorni: Irina è un'abilissima incantatrice, quelle poche volte che l'ho vista in azione ne sono rimasto stupito anche io. Non è tra le duellanti più esperte, ma neanche io potrei rivaleggiare con la sua padronanza della magia."
Korosensei ridacchiò leggermente: "Non dimenticatevi che è la vostra insegnante di Incantesimi, non dovreste sottovalutarla."
Quando giunsero al secondo piano, trovarono solo poche guardie sparpagliate quà e là lungo il corridoio. Mentre Karasuma e Korosensei farfugliavano sul da farsi, a Ritsu venne un lampo di genio e si accostò all'orecchio di Okuda: "Pss, Okuda-san... ricordi l'incantesimo che Itona ha trovato in quel libro del Reparto Proibito? Potrebbe tornarci utile, ora."
La ragazza non sembrava molto convinta e fece una piccola smorfia: "Ma non lo abbiamo provato una sola volta per diletto e non ci è riuscito neanche tanto bene, se fallissimo ora..."
Ma Ritsu le fece l'occhiolino: "Andrà tutto bene, ce la faremo, e sarà un'ottima occasione per esercitarsi con la magia avanzata."
Okuda esitò infine sospirò: "E va bene, proviamoci."
Ritsu batté le mani e si rivolse ai professori: "Karasuma-sensei, Korosensei, abbiamo un'idea: quanto è potente il vostro incantesimo di protezione?"
I due uomini si guardarono sconcertati per un breve istante.
"Non mi piace questa premessa, Ritsu" ammise schiettamente Korosensei ma ciò non fece altro che accentuare il suo sorriso.
Pochi minuti più tardi, tutti i ragazzi si erano ammucchiati dietro i due insegnanti che avevano evocato forse il più esteso Protego della storia magica per poterli inglobare tutti.
"Spero che sappiate cosa state facendo" le ammonì Karasuma.
Le due ragazze annuirono e avanzarono verso l'imbocco del corridoio, estraendo le bacchette. "Al mio tre" avvisò Ritsu. "Uno... due... tre!"
L'incantesimo non verbale venne lanciato simultaneamente, una nuvola di vapore rosa emerse dalla punta delle due bacchette e scivolò indisturbato nell'ampio corridoio; in pochi istanti una nebbia penetrante e dal profumo pungente li avvolse completamente: nonostante il doppio incantesimo di protezione, ai ragazzi venne lo stesso un leggero mal di testa.
Le guardie nel corridoio, invece, ne vennero investiti in pieno e iniziarono a delirare, camminando a vuoto borbottando cose e parlando con il nulla.
"Ma che... che razza di incantesimo è?" tossì Kimura.
Korosensei  rimase sbalordito quando lo vide "Dove lo avete imparato piuttosto!"
Ritsu ridacchiò imbarazzata: "In un libro del Reparto Proibito."
"E che ci facevate nel Reparto Proibito?" sbottò Kataoka ma Korosensei la interruppe con un gesto nella mano.
"Avevano il permesso per stare lì" tagliò corto ma ciò non fece sparire l'espressione accigliata sul suo volto "Non dovreste studiare questo genere di incantesimi, sono pericolosi anche per chi li lancia."
"Nonostante devo acconsentire sul fatto che stavolta avete fatto un ottimo lavoro, nonostante la magia molto avanzata" ammise Karasuma con riluttanza.
"Perché loro avevano il permesso di stare nel Reparto Proibito?" domandò Sugaya leggermente piccato: bisognava avere un permesso scritto da un insegnante per visitare quella sezione della biblioteca e non si otteneva senza una ragione più che valida.
"Non è il momento per parlare di questo" tagliò corto Korosensei "L'effetto dell'incantesimo durerà poco, sbrighiamoci."
Coprendosi il naso e la bocca con un fazzoletto, passarono tutti indisturbati dal corridoio venendo ignorati dalle guardie che vagavano senza meta con uno sguardo sognante sul viso: sembravano storditi e sotto l'effetto di allucinazioni.
Ritsu continuava a dare occhiate al telefono: "Itona ha disattivato la maggior parte delle telecamere e la strada dovrebbe essere libera da qui in poi, ormai siamo vicini all'ultimo piano."
"Piuttosto" Nagisa prese la parola esitante "Possiamo saperne di più su tutta questa storia?"
"Già" esclamò Atsuko "Siamo rischiando grosso qui e nessuno ci ha ancora detto perché. Cosa vuole quel tizio da lei, Korosensei?"
L'insegnante non rispose, Ritsu e Okuda si lanciarono uno sguardo nervoso che non sfuggì all'occhio di alcuni studenti; fu Karasuma a interrompere le domande.
"Queste sono informazioni che non possiamo rivelare in alcun modo. Vi prego di capire."
Il suo tono fu così che fermo e deciso che nessuno osò controbattere e continuarono l'avanzata in silenzio. Quando raggiunsero l'ultimo piano si ritrovarono davanti ad una grande porta chiusa dall'interno; Korosensei si assicurò che il corridoio fosse liberi prima di usare un Alohomora sulla serratura ed aprire la porta il più discretamente possibile. Lui e Karasuma si affacciarono all'interno per controllare che la strada fosse libera, poi fecero cenno ai ragazzi di avanzare dietro di loro.
Sguainarono le bacchette e avanzarono il più silenziosamente possibile, nascondendosi negli angoli ciechi: in fondo alla stanza, c'era un uomo girato di spalle seduto alla scrivania. Karasuma fece loro un cenno, le bacchette si puntarono verso la figura ma prima che qualunque incantesimo potesse essere lanciato una voce grattante salì da quell'angolino.
"Avrei dovuto immaginare che sarebbe andata a finire così... fastidiose pulci."

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Capitolo 6
*** Courage ***


Il sole stava ormai tramontando quando Karma aprì finalmente gli occhi. La luce opaca filtrava tra le tende chiuse e lui rimase a fissare il soffitto della stanza per un lungo minuto, i pensieri che gli si mescolavano in testa con un bizzarro senso di smarrimento.
Sentiva che c'era qualcosa di sbagliato nel suo essere a letto in quel momento e non solo perché era praticamente sera. Si mise seduto e si guardò intorno: anche gli altri ragazzi erano lì e stavano dormendo... gli altri ragazzi?
Un lampadina gli si accese nella testa e tutti gli eventi precedenti gli indonarono la mente come un fiume in piena: loro si erano infiltrati nell'albergo dell'isola per trovare colui che aveva avvelenato metà dei suoi compagni di classe e prendersi l'antidoto!
Che ci facevano ora lì? Perché dormivano tutti? Non aveva alcun ricordo di cosa era accaduto dopo che erano entrati nella stanza all'ultimo piano... come era possibile?
Scattò in piedi e iniziò a svegliarli rapidamente, parlando ad alta voce e scuotendo le loro spalle: "Ehi! Svegliatevi, non è il momento di dormire!"
Ci furono dei mugugni infastiditi e delle proteste soffocate mentre si rigiravano nel letto: "Che ora è?"
"Non lo so ma voglio dormire ancora."
"Io ho mal di testa."
"Karma, se non riesci a dormire fatti un tè."
Karma iniziò ad innervosirsi e gettò Muramatstu giù dal materasso: "E' il tramonto! Abbiamo dormito un giorno intero, idioti!"
Quelle parole sembrarono risvegliare tutti di colpo che, ancora intontiti, guardarono fuori la finestra con espressione interrogativa.
Nagisa sembrava ancora più frastornato di tutti loro mentre faticava a mettersi in piedi e Karma si rese conto che anche coloro che erano stati avvelenati si stavano alzando, stiracchiandosi e sbadigliando, ma sani come pesci. Possibile che avesse sognato tutto? No, era assurdo.
Infilarono le scarpe e svegliarono le ragazze, raggiungendo la sala di ristoro al piano di sotto dove travarono gli insegnanti, Ritsu, Itona e Okuda seduti intorno ad un tavolo a parlottare tra di loro. La prima cosa che saltò agli occhi di Karma furono i bendaggi sulle braccia di Korosensei e il grande cerotto sulla guancia di Okuda.
Uno strano formicolio gli attraversò la punta delle dita, costringendolo a chiudere le mani a pugno per calmare il fastidio. Korosensei interruppe la conversazione e si alzò in piedi.
"Vi siete svegliati finalmente! Giusto in tempo per la cena, direi."
Il suo sorriso era esageratamente largo e forzato e questo non fece che aumentare i loro sospetti.
"Korosensei..." Nagisa prese la parola con voce esitante "Cosa è successo ieri?"
"Già, non abbiamo alcun ricordo."
"Uhm... io ricordo che qualcuno mi costringeva a bere qualcosa di molto disgustoso ma nient'altro."
"E che fine ha fatto il tizio nascosto nell'hotel?"
Il sorriso svanì dal volto dell'insegnante e Karasuma si alzò in piedi: "Posso capire la vostra confusione attuale ma è giusto che abbiate una risposta" esclamò. Irina gli gettò un'occhiata nervosa ma lui rimase impassibile "Dopo che siamo entrati nella stanza all'ultimo piano, il nostro obiettivo ha lanciato un estesa fattura stordente: per fortuna sono riuscito a lanciare un incantesimo di protezione in tempo ma ha funzionato solo sulle persone vicino a me, ovvero Koro, Ritsu e Okuda."
Le due ragazze si scambiarono un'occhiata veloce per poi cercare di fare finta di niente.
Korosensei si schiarì la gola: "Ehm... già. La cosa si era fatta pericolosa ed eravate tutti svenuti, quindi le ragazze vi hanno portati fuori dalla stanza mentre io e Karasuma ci occupavamo della faccenda. Fortunatamente siamo riusciti a trattenerlo e abbiamo recuperato l'antidoto; degli ufficiali del Ministero della Magia sono arrivati questa mattina per prenderlo in custodia."
Irina si ravvivò nervosamente i capelli: "Ho somministrato io stessa la pozione a tutti i malati, era questa la cosa disgustosa che avete ingerito e non mi stupisce: aveva davvero un aspetto orribile, sembrava sabbia fangosa."
Gli studenti si lanciarono occhiate tra di loro, lo stesso pensiero balenava per la mente di tutti: c'era qualcosa che non quadrava con quella versione dei fatti. C'era qualcosa che non quadrava proprio in tutta quella storia e ne stavano discutendo da settimane, a partire dal motivo per cui Okuda li avesse traditi, al perché lei, Ritsu e Itona fossero in combutta con i professori, fino a tutta quell'assurda situazione del giorno prima.
Avevano anche cercato di interrogare Ritsu e Itona ma non avevano cavato un ragno dal buco e Okuda li evitava tutti come la peste; neanche indagare era servito a molto non avendo nessuna base da cui cominciare. E per loro, che avevano risolto ogni mistero di quella scuola, era un danno emotivo non indifferente oltre che esageratamente frustrante.
Soprattutto per Karma che aveva sempre considerato Okuda la sua migliore amica: essere pugnalato alle spalle da lei senza alcuna spiegazione era stato snervante quanto doloroso.
Vedendo le loro espressioni che tradivano palesemente i pensieri sospettosi, Korosensei si affrettò a distrarli battendo le mani: "E ora forza, andate a rinfrescarvi: la cena verrà servita tra pochissimo."


Il tintinnare delle posate e dei bicchieri era l'unico suono udibile nella sala da pranzo. Mangiavano tutti nel silenzio più assoluto, neanche Sacha sembrava aver perso la sua vena allegra. Ritsu e Okuda stavano mangiando la tavolo con loro e la loro presenza sembrava aver appesantito ancora di più l'aria: era palese che stessero evitando di trovarsi vicino agli altri ragazzi. Anche Atsuko e Newt erano diventati d'un tratto sospettosi mentre Jun sembrava l'unico calmo e raccolto... almeno, era l'unico a non aver fatto domande scomode a Okuda.
Korosensei, seduto al tavolo dei professori, stava giocando con il proprio dolce decisamente a disagio. Era chiaro che quella situazione aveva messo gli insegnanti in allerta e stessero facendo di tutto per distrarli dai recenti avvenimenti.
"Oh, ho un'idea!" esclamò d'un tratto lui, alzandosi in piedi, facendoli sussultare tutti. "E' la nostra ultime notte qui sull'isola che ne dite di renderla un po' movimentata?"
Il suo sorriso incoraggiante non sortì l'effetto sperato.
"Ancora di più?" domandò sarcasticamente Terasaka.
"Oh, andiamo, questa volta sarà divertente! Possiamo orginazziare una prova di coraggio nelle grotte!"
Tutti i ragazzi si scambiarono un'occhiata scettica ma, compreso il pessimo tentativo di distrarli, Karasuma aderì con un sospiro riluttante. "Trovo che sia un'ottima idea per rilassarsi dopo quello che è successo. Non sei d'accordo anche tu, Irina?"
La donna ci mise un secondo in più a comprendere a mise rapidamente giù il bicchiere di vino "Oh? Oh, sì! Sì, assolutamente, siamo in vacanza dopotutto."
Korosensei si rallegrò: "Quindi partecipete anche voi!"
"Adesso non esagerare."
"Ti stiamo dando una mano, non prenderti tutto il braccio."
Okuda non ne aveva affatto voglia, così come metà dei presenti, ma accettarono con un sospiro stanco: tanto valeva provare ad alleggerire l'atmosfera che ormai era pesante quanto un macigno.
Ciò che però non sapevano era che la suddetta "prova di coraggio" si sarebbe svolta a coppie... e che a lei sarebbe toccato proprio il suo peggiore incubo. Perché gli dei non potevano essere dalla sua parte per una volta e affidarle Jun o Newt... assolutamente no. Per volere della sfiga, Okuda si ritrovò a camminare per le grotte buie con Karma alle calcagna.
Il che era già abbastanza una tortura per sè, se poi si mettevano anche tutte le "prove di coraggio" che Korosensei aveva piazziato di quà e di là (e quando ne aveva trovato il tempo lo sapeva solo lui), la ragazza si ritrovò con i nervi a fior di pelle.
Okuda cercava di camminare rapidamente per lasciarselo alle spalle, le bacchette alte come unica fonte di luce e la minaccia di una Fattura Orcovolante se Karma avesse osato pronunciare un'altra parola. Sarebbe riuscita a sopravvivere fino all'uscita dalle grotte se non avessero trovato altri incantesimi strani che, di certo, non facevano per nulla paura.
"Non vuoi proprio dirmi cosa sta succedendo, eh?"
"La vuoi proprio quella fattura, eh?"
Continuarono a camminare in silenzio per un po'.
"Dimmi che almeno avevi una buona ragione."
"Che importanza ha?" sbottò lei e quella conversazione la stava lacerando dentro perché lei voleva dirgli la verità, lo voleva terribilmente, ma proprio non poteva.
"Per me ne ha."
Lei non aggiunse altro e Karma stava perdendo la pazienza. "Perché non puoi parlare?! Cosa diavolo sta succedendo qui!"
Okuda stava per rispondere con qualcosa di molto velenoso quando un bizzarro suono venne dal fondo della galleria. Entrambi si fermarono e fissarono il punto dinnanzi a loro da cui proveniva uno strano suono... viscido. Un suono che fece accapponare la pelle di Okuda una volta che lo ebbe riconosciuto.
"Cosa diavolo è?" borbottò Karma alzando la bacchetta, non notando che Okuda era impallidita. Il suono si fece più forte e una grossa sagoma scura si avvicinò lentamente a loro: era deforme e strisciava su un groviglio di membra viscose, lasciando sul terreno una scia di liquido verde: Karma faticò a capire che diamine fosse quell’essere. Okuda, invece, lo guardava impietrita.
Fallito…” sussurrò l’essere con un sibilo “Hai fallito…”
La ragazza trasalì e la bacchetta le scivolò di mano, rotolando sul terreno e spegnendosi.
“No…” mormorò, terrorizzata, indietreggiando di un paio di passi “No… io… io ci sto provando…” rispose mentre la cosa si avvicinava di più a lei.
“Okuda…” provò a chiamarla Karma disorientato facendo un passo indietro, senza staccare gli occhi da quella cosa, con la bacchetta alta: non sapeva cosa fare.
No…” rispose lui “È tardihai fallito…”
A Okuda salirono le lacrime agli occhi: “No, le giuro che ci sto provando” rispose cadendo seduta sulla nuda roccia, tremando da capo a piedi “Ci… ci sto provando…” singhiozzò, nascondendo il volto nelle mani. Karma rimase immobile, confuso e sconvolto: che diavolo stava succedendo?!
“…fallitohai fallito…” si ripeteva come un mantra, allungando verso di lei una mano deformata. C’era qualcosa che spuntava dal suo corpo, sembravano… tentacoli?
“No…” singhiozzò lei, la testa stretta tra le mani, gli occhi chiusi, il volto rigato di lacrime “No… mi dispiace… MI DISPIACE!” urlò. Karma scattò in avanti.
“Okuda!” esclamò, facendo scattare in aria la bacchetta pronto scagliare un incantesimo, ma una voce lo precedette.
Riddikkulus!
La cosa si bloccò, si contorse, si gonfiò ed esplose in una pioggia di coriandoli con un strillo acuto che costrinse Karma a tapparsi le orecchie. Dei passi rimbombarono sulle pareti, avvicinandosi sempre più velocemente, e Korosensei sbucò da dietro una roccia, raggiungendo la ragazza accovacciata per terra che singhiozzava col volto nascosto nelle mani.
“Mi dispiace… mi dispiace…” ripeteva lei, tremando convulsamente.
“Okuda-san!” la chiamò l’insegnante, inginocchiandosi di fronte a lei “Va tutto bene, Okuda-san… non era reale” tentò di rassicurarla “Non era reale! Sono qui!” esclamò a voce alta, togliendole le mani dal volto inondato di lacrime. Okuda lo guardò per un istante, come se cercasse del vero in ciò che le era stato detto, poi scoppiò a piangere sulla sua maglietta.
“Va tutto bene” ripeté lui, accarezzandole il capo, era piuttosto pallido e il ragazzo riuscì a scorgere una lieve nota di paura nei suoi occhi “È a me che dispiace” mormorò. L’aiutò ad alzarsi, ancora scossa, e raccolse la sua bacchetta “Torna in albergo, Karma” ordinò, passandole un braccio intorno alle spalle “Il gioco finisce qui” decretò conducendola fuori.
E Karma capì che la situazione era più grave di quel che credeva.



La notizia di ciò che era successo nella grotta viaggiò alla velocità della luce in tutto l’albergo, tra i ragazzi non si parlava d'altro che dell’incidente con il Molliccio sebbene nessuno conoscesse i dettagli della vicenda. Karma si ritirò in un angolo della stanza dei ragazzi, rifiutando di parlare con chiunque, riflettendo minuziosamente su ciò a cui aveva assistito. Non aveva mai visto Okuda in quello stato e ciò lo aveva un po' destabilizzato: lei era sempre stata una ragazza timida ed impacciata, di quelle che arrossiscono anche solo a guardarle… ma da quando li aveva traditi era cambiata radicalmente: era più seria, più fredda, in un certo senso più matura, ed anche più aperta visto come si comportava con Jun, Sacha, Newt e Atsuko. Però, per quanto Karma potesse vantarsi di conoscerla da più di dieci anni, non l’aveva mai vista ridursi in quel modo. E cos’era quell’essere di cui il Molliccio aveva assunto le sembianze? Cos’era per Okuda tanto da avere l’onore di essere la sua paura più grande? Cosa stava cercando di fare tanto da avere il terrore di fallire? Ma, soprattutto, cosa c'entrava Korosensei in tutto quello?

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