"Sono $ 3,95" dico, quasi sbadigliando, ai miei giovani clienti, poi mi torna in mente il motto del negozio secondo il mio capo: Sorridi, cazzo! E allora mi stampo un sorriso qualsiasi in faccia, sperando vada bene.
“Ecco a lei… Comunque, bella camicia!” esclama un idiota di sì e no 12 anni con indosso una maglia dei Bulls che gli fa da camicia da notte, mentre l’amico con la faccia da cavallo si limita a scoppiare a ridere. Direi che a questo punto il motto può andarsene a fanculo.
“Oh bella vero? Sai, praticamente ho fatto domanda per lavorare qui solo per poterla mettere…”
“Cosa? Davvero?” chiede l’equino sinceramente preoccupato. Adoro il sarcasmo non capito, è una delle poche gioie della vita che mi si concedono con una certa regolarità.
“Guarda che sta solo scherzando…” gli risponde il fan dei Bulls.
“Oh no, mi piace davvero. Perché indossare una divisa bianca, noiosa e ordinaria, quando posso avere una camicia patchwork che contiene la gamma completa dello spettro visibile dei colori?”
“Sì, beh, è… colorata” brillante intuizione del piccolo pronto per la nanna.
“Lo è! Ma la mia parte preferita è questa fascia laterale, qui a sinistra, questa striscia color vomito a pois. È il tocco di classe secondo me”
“Ci stai prendendo per il culo” seconda intuizione geniale del giorno, stavolta del dentone.
“Cosa? No, perché? Io la trovo così… così… artistica! È pop art, soprattutto pop. Mi fa sentire pop! La amo” ribatto con un tale entusiasmo che quasi mi autoconvinco.
“Beh, buon per te… Andiamo Tom” il piccolo cavaliere rosso e giallo si avvia all’uscita col suo destriero, disegnando cerchi immaginari con l’indice attorno alla sua tempia.
“Buona giornata!” colpo di coda del mio sorriso d’ordinanza, sarà stato merito del gesto. Ma dura poco.

Peccato, il divertimento, se così lo si può definire, è già finito. Mi si prospettano altre tre ore di noia qui al Westlake Mini Mart. Se solo non avessi dimenticato a casa “Film form” di Eisenstein avrei potuto, almeno, portarmi avanti con lo studio. Ne avrei proprio bisogno. Mi piace quello che faccio, l’ho sognato per anni, se fossi già stufa della facoltà di Cinematografia dopo neanche due mesi, e soprattutto dopo il culo che mi sono fatta per entrare e che mi sto facendo per mantenermi, sarei da ricoverare. Ma destreggiarsi tra due lavori, studio, faccende di casa e una parvenza di vita sociale (che è curiosamente più sociale di quella che conducevo a casa), in più in una nuova città, Seattle, si sta rivelando più difficile del previsto. Comunque ce la farò, ce la faccio sempre, la scuola non è mai stata un problema per me. O meglio, lo studio non lo è mai stato. L’universo-scuola mi ha sempre fatto moderatamente schifo e neanch’io mi sono mai impegnata più di tanto per trovare un mio ruolo da interpretare all’interno di questo microcosmo. Non abbastanza brava per essere annoverata fra i secchioni, il nero dei miei vestiti e del mio trucco non è mai stato abbastanza nero per rientrare nel gruppo degli alternativi. Mai praticato seriamente uno sport perché troppo pigra, mai distinta nei dibattiti perché troppo timida. Mai avuto tendenze suicide né dato di matto in classe, quindi non mi spettava nemmeno un posticino fra i disturbati. E il mio rapporto con le droghe piuttosto selettivo, limitato essenzialmente alle canne, non mi ha mai permesso di sedere al tavolo dei fattoni. Insomma, a scuola non ero nessuno. Diventare popolare? Neanche a parlarne. Una nana pseudo-nerd in sovrappeso che sogna di diventare la nuova sceneggiatrice di culto dell’horror e della fantascienza… non è esattamente l’immagine rassicurante che ci si aspetta dalla ragazza popolare, la reginetta del ballo. Ballo a cui ho partecipato comunque, obbligata da Richard, Sean e Dina, i miei migliori amici alla Boise High School di Boise, Idaho. I migliori, nonché gli unici, nonché componenti della mia band, gli Squirrels on crack (“Scoiattoli fatti di crack” n.d.a.).
Sì, il nome l’ho scelto io.
Ripensandoci, questi ultimi quattro anni trascorsi nel totale anonimato non sono stati così male. Mi mancano quegli stronzi, spero che la promessa di restare in contatto non si riveli la solita frase fatta di chi poi non si rivede mai più, se non a quelle tristissime riunioni degli ex alunni dove vai al solo scopo di prendere per il culo gli altri per quanto sono diventati vecchi e noiosi. Senza pensare che gli altri fanno la stessa identica cosa con te. Per ora le telefonate e le lettere non mancano, speriamo bene.

Il tintinnare della porta d’ingresso ferma bruscamente il flusso dei miei pensieri, una ragazza con un’enorme borsa a fiori e un bel cappello mi saluta con un cenno e un sorriso e si dirige verso il reparto “cibo spacca-fegato”. Sto per andare a mettere ordine nel reparto latticini, quando la porta si apre di nuovo, ma stavolta si tratta di un soggetto conosciuto.

***

Poco tempo fa, qualcuno di mia (e vostra) conoscenza ha definito la sezione di Efp dedicata ai Pearl Jam un "Santuario".
Ecco, fate conto che io stia varcando la soglia del santuario bestemmiando, sgranocchiando patatine in maniera rumorosa e saltellando a passo d'elefante. Spero siate tolleranti e guardiate alla mia fanfiction cialtrona con la benevolenza che si riserva ai matti e ai disgraziati. Confido in una scomunica tardiva.

“Oh mio dio, ma è Chris Cornell!” urlo, non troppo, portandomi una mano alla fronte per scherzo. 
Lo spilungone alza gli occhi al cielo e si avvicina al banco, mentre la ragazza fa cadere credo una dozzina di buste di snack al formaggio. 
“Ciao Angie, co…” Chris sorride e prova a salutarmi. Ingenuo. 
“Oddio mi ha parlato! Sta parlando proprio con me?” 
“Hai finito?” chiede la mia vittima con un’alzata di soppracciglio che mi avrebbe anche fatto paura se non fosse stata sua. Nel frattempo la ragazza sbadata cerca di rimettere a posto i pacchetti. 
“Mmm… sì dai, mi ritengo abbastanza soddisfatta” 
“Come va oggi, dolcezza?” chiede dopo aver tirato un piccolo respiro di sollievo. 
“Tutto bene, almeno finché qualcuno non mi ha chiamata “dolcezza”. Per il resto tutto ok, niente di nuovo, le solite cose…” con la coda dell’occhio vedo la ragazza di prima avvicinarsi alla cassa, passo incerto e un foglietto in mano. Già rido. 
“Ehm scusate… scusa Chris, ciao! Scusa se ti disturbo, volevo solo dirti che adoro la tua musica!” 
“Hey ciao… Figurati, quale disturbo? Grazie!” se non lo conoscessi direi che sta sta quasi arrossendo. 
“Avete qualche concerto in programma?” chiede la ragazza col cappello quasi squittendo. 
“Mmm non siamo in tour al momento. In realtà siamo in fase creativa, sai, scriviamo cose nuove, facciamo un po’ di prove, un po’ di jam. Dopotutto le idee migliori partono quasi sempre dalle improvvisazioni.” la tizia pende dalle sue labbra, come se stesse davvero dicendo qualcosa di intelligente “Comunque probabilmente faremo presto qualcosa qui a Seattle, giusto un paio di date” bisogna ammettere che è sicuro di sé, d’altronde cos’altro aspettarsi dal frontman di una delle band più significative dell’attuale scena di Seattle. Però il vizio di parlare veloce non glielo toglie nessuno, eh? Ma perché cazzo deve parlare a macchinetta? Quando gli prende così non lo reggo per più di cinque minuti.
“Fantastico! Non vedo l’ora di vederti… ehm di vederVI!” 
“Certo, di vederCI” fa eco Chris, calcando la C, con un sorrisetto ebete. 
“Senti… ehm… so che è stupido, ma… mi faresti un autografo?” 
“Beh…” 
“Purtroppo ho solo questo, è il volantino di un autolavaggio… eheheh è imbarazzante, però non ti ho con me… cioè, non ho nulla di tuo, beh, voglio dire, la tua roba… insomma, dischi, dischi eccetera!” dio questa è più imbranata di me. Per fortuna è figa. 
“Effettivamente neanch’io vado in giro con in tasca le discografie di chi potrei incontrare, direi che sei più che giustificata” 
“Però li ho, lo giuro!” 
“Ti credo, ti credo, piccola… Però non ho la penna” 
“Eccola!” non posso fare a meno di irrompere in scena con una penna in mano “Poi però la usi anche per me, vero? Ancora non ci credo, Cornell nel mio negozio…” sussurro l’ultima frase facendo l’occhiolino alla ragazza. 
“Come ti chiami, tesoro?” chiede Chris alla sua fan ignorandomi.
“Linda” 
“Oh è proprio un bel nome! Allora, vediamo un po’… A Linda, il sorriso più dolce mai apparso sotto un cappello” a fatica contengo le risate e Chris mi lancia un’occhiataccia, mentre la destinataria della dedica praticamente saltella sul posto dalla gioia come un cucciolo. 
“Grazie mille! Ehm… mi daresti la penna un secondo?” 
“Certo…” Chris risponde porgendole la penna, fingendo di non capire perché. 
“Questo è il mio numero, magari qualche volta puoi chiamarmi… se ti va…” Linda prende la mano di Chris e gli scribacchia il numero sul palmo. Però, è timida, ma non manca d’iniziativa! 
“Oh certo che mi va! Sì, insomma, perché no, potrei… Grazie!” Chris condisce il tutto con la sua solita faccia da schiaffi e un occhiolino.
“Ora devo andare, ciao Chris!” Linda lo saluta con un bacio sulla guancia e fugge letteralmente dal negozio. Senza comprare niente.
La porta scampanella di nuovo all’uscita della ragazza e del suo cappello, dando il via libera alle mie risate. 
“Ti diverti, vero?” mi chiede Cornell imbronciato. Poi scoppia a ridere anche lui “Merda, è imbarazzante! Cioè, mi piace, mi piace eccome, non mi sto lamentando. È solo… è strano!” 
“Su Cornell, non fare il finto timido con me. Sei un sex symbol, e ti piace un sacco, rassegnati e ammettilo”
“Mai!” 
“Mmm vedremo… Comunque dov’è il mio autografo?” 
“Piantala” 
“E anch’io voglio la dedica smielata personalizzata, sono gelosa!” 
“Angie, chiudi quella bocca”
“Rubacuori” 
“Cogliona” 
“Casanova!” 
“Cazzo, però non eri così insolente quando ti ho conosciuta!”
No, decisamente no.

Ho visto Angela per la prima volta una sera di giugno di quest’anno, anno domini 1990. Dopo neanche un minuto era sopra di me. Purtroppo non c’era nulla di sessuale. Purtroppo… insomma, Angie non è esattamente il mio tipo, però non è nemmeno da buttare. Con quegli occhi neri… e quelle tette. E il mio istinto mi dice che a letto non è neanche male, raramente mi sbaglio.
Comunque, tornavo a casa dalle prove, trascinandomi verso l’ascensore del palazzo, e vedo questa piccoletta che cerca di distribuire un numero indefinito di borse e valigie tra braccia, spalle, collo e qualsiasi altra appendice sfruttabile del suo corpo. Una volta raggiunto un equilibrio secondo lei stabile, la pazza comincia a salire le scale. Io, prevedendo il disastro, decido di fare la mia buona azione quotidiana e andare ad aiutarla. 
“Hey, vuoi una ma…”
Non faccio in tempo a offrirle il mio aiuto, e lei non fa in tempo neanche ad accorgersi di me, la disperata perde l’equilibrio dopo pochi gradini e cade all’indietro, su di me. Vista da fuori, la scena deve essere stata comica, e in parte lo era anche da dentro. Il dolore no, quello non faceva ridere per un cazzo. Lei non è esattamente una piuma, ma più che altro mi ha preso alla sprovvista. Anziché cadere a terra spaccandoci la testa sugli scalini, grazie a dio, siamo finiti, barcollando all’indietro al rallentatore, fuori dal portone aperto (ancora, grazie a dio) col culo per terra. O meglio, il mio culo era per terra, il suo era caduto sulla sua valigia più grossa, che stava dritta sulle mie costole. Grazie un po’ meno, dio.
“Oh cazzo! Scusa, io… non ti avevo neanche visto! Ti sei fatto male?”, chiede imbarazzata cercando di rimettersi in piedi. Peccato non ci riesca e a ogni tentativo finisca per ricadere o far ricadere qualcosa su di me.
“No, ti prego, stai ferma! Così mi uccidi”
“Oh dio, scusa!”
“Stai tranquilla, con calma, levati queste valigie di dosso e poi tirati su”
“Ok… “
Angie segue i miei consigli e si rialza. E io torno a respirare.
“Wow… è stato notevole” sorrido, oppure è una smorfia di sofferenza, mentre sono ancora a terra.
“N-non lo definirei p-proprio così…Merda, e se qualcuno ha visto?”, si chiede balbettando, guardandosi attorno.
“Non vedo nessuno… e non sento risate, quindi credo di no”, rispondo alzandomi, “Niente di rotto?”
“No, io tutto ok… Tu, piuttosto? Sei sicuro di stare bene? Insomma… sono crollata di peso su di te…”
“Eheh te lo giuro, sto bene, non ti preoccupare, dolcezza”
“Sono mortificata!”
“Non devi, e non devi preoccuparti, ok?”
“Ok” mi dice, ma pare poco convinta delle mie rassicurazioni. E praticamente non mi guarda mai in faccia.
“Posso sapere una cosa? Giusto per curiosità, che diavolo volevi fare?”, le chiedo ridendo, mentre comincio a raccogliere i bagagli disseminati sul marciapiede.
“Beh… andare a casa… il mio nuovo appartamento”, risponde con un filo di voce, cercando invano di togliermi le borse di mano. La conversazione continua con me che le porto le valigie dentro un po’ alla volta e lei che mi segue avanti e indietro senza motivo a testa bassa.
“Carica come un mulo per le scale? C’è l’ascensore!”
“Ho paura degli ascensori…” risponde grattandosi nervosamente il collo.
“E non hai paura di spaccarti la schiena giù per le scale, logico” ribatto sarcasticamente.
“Non posso darti torto” finalmente sorride “Pensavo di farcela… mi dispiace…”
“Vuoi smetterla di scusarti? Te lo chiedo per favore! Sono cose che capitano”, le dico sorridendo, sperando di tranquillizzarla definitivamente. 
“A me capitano spesso”
“Ti butti spesso addosso agli sconosciuti?” le strizzo l’occhio nel breve istante in cui incrocia lo
sguardo col mio.
“No, faccio spesso figure di merda con gli sconosciuti…” risponde con un timido sorriso, abbassando di nuovo lo sguardo.
“Ahahah dai, non è così grave ho visto di peggio ti assicuro! Comunque, io mi chiamo Chris. Così non siamo più sconosciuti” mi presento dandole la mano.
“Piacere, io mi chiamo Angela… Angie” mi sorride, ma poi il suo sguardo riprende a vagare un po’ ovunque pur di non incrociare il mio. 
“Piacere mio, Angie! risolviamo questa cosa: a che piano stai?”, le chiedo chiamando l’ascensore dando un’occhiata alle borse nell’ingresso.
“Al quarto…”
“Oh come me! Saremo vicini di casa. Aspetta… Al quarto?! Ti farai quattro piani a piedi su e giù tutti i giorni? Tu sei pazza”, scuoto la testa e non posso fare a meno di riderle in faccia.
“Sono abituata a fare le scale, dappertutto! Sono allenata!, il suo tono di voce si alza un po’ finalmente.
“Oh sì, mi pare evidente” le dico, riferendomi a come le ha salite bene qualche minuto fa.
“Sì beh, non si vede molto, sono la dimostrazione vivente che allenarsi non ti mantiene necessariamente in forma, come hai potuto constatare” esclama con un sorriso beffardo, guardandomi di sbieco.
“Cosa? Non intendevo questo! Che stupida… Ecco, è arrivato il nostro amato ascensore” carico tutto sull’ascensore e le chiedo se vuole che salga con le valigie o a piedi con lei.
“Penso di potermi fidare del vicino di casa che mi ha salvato da morte certa, vai pure con le valigie”.
“Oh grazie cara”
“E comunque posso stare tranquilla: non andresti lontano con tutta quella roba”
“Oh finalmente qualcuno ha iniziato ad alzare la cresta e sciogliersi un po’! Bene, è il momento giusto per una piccola gara”
“Cosa?”
“Vediamo chi arriva prima”
“Vuoi fare una gara?”
“Al mio via… 3 2 1 via!” mi tuffo in ascensore e premo il pulsante numero 4.
Incredibilmente mi batte, ma non festeggia troppo la vittoria, si limita a “Te l’ho detto che ero allenata…”, con un certo fiatone.
“Sono davvero colpito! Allora, a che appartamento stai? Io al 41, qui”, le dico indicando la casa che divido da un paio di mesi con Matt, il mio batterista.
“Al 48”
“Cosa? Ah! Ma sei la nuova coinquilina di Meg! Me ne aveva parlato qualche giorno fa, sei la sua collega al ristorante, giusto?”
“Sì… allora la conosci…”
“Certo! Ci troviamo spesso nei locali e non manca quasi mai ai nostri concerti”
Ed è anche una gran figa, ma non ritengo opportuno riferirle quest’ultima considerazione.
“Concerti? Sei in una band?” mi chiede con curiosità suonando il campanello.
“Sì, io ca…”, non faccio in tempo a risponderle che la figa di cui sopra appare alla porta. 
“Hey ciao tesoro! Guarda chi ti ho portato?” la saluto con l’espressione più intrigante che riesco a produrre.
“Chris… Sei nel comitato di benvenuto del quartiere?”
“Esiste una cosa del genere?”, le chiedo cercando di sbirciarle la scollatura senza farmi notare.
“Dubito, ma se ci fosse saresti un ottimo candidato!” un sorrisone fa capolino sulle sue labbra piene, poi si rivolge all’amica “Vieni Angie, mi stavo preoccupando, dovevi arrivare un’ora fa”
“Il traffico è bestiale, lo sai” entra nella sua nuova casa e io la seguo coi suoi bagagli.
“Ragazze, mi piacerebbe restare con voi” mi piacerebbe davvero, cazzo “e dare un benvenuto come si deve alla new entry, ma sono distrutto. Sono reduce da un’intensa sessione di prove col gruppo. E un’ intensa serata ieri”
“Tutto qui? Stai invecchiando Cornell!”, mi risponde Meg lanciandomi lo strofinaccio con cui stava asciugando dei bicchieri in cucina.
“Dai, senti anche gli altri e fammi sapere, così organizziamo una cosa carina per Angie”
“Ma non ce n’è biso…” azzarda lei, mi guarda improvvisamente in modo strano.
“Sì invece!” la mettiamo a tacere all’unisono io e Meg.
“Va bene dai, ti tengo aggiornato. Buona notte Chris !”
“Notte!”, le rispondo rilanciandole lo straccio. 
“Notte Angie, e benvenuta!” non mi risponde e si limita a fare ciao-ciao con la mano e un mezzo sorriso.
Strana ragazza.

La prima volta che ho visto Chris gli sono caduta addosso con tutto il mio dolce peso e non avevo la più pallida idea di chi fosse.
"Vieni, ti faccio vedere come ho sistemato la tua stanza"
“Cornell?!”
“Cosa Angie?”, mi chiede la mia nuova coinquilina mentre prende una delle mie borse e si avvia in camera mia.
“Chris Cornell?!”
“Sì… Che ha fatto Chris?”
“Voglio dire… Quello era Chris Cornell? Dei Soundgarden?!”
“Sì… non l’avevi mai visto?”
“Ho appena fatto una figura di merda colossale con Chris Cornell?!”
“Cosa? Che figura? Vuoi spiegarmi che succede?”
“Beh… ecco…”
Adoro i Soundgarden, ho i loro album, li ho anche visti dal vivo una volta. Ma, si sa, quando non sei molto alta non è che tu riesca a vedere granché ai concerti, ti godi la musica e l’atmosfera, ma ti perdi ehm i dettagli. Insomma, non avevo mai visto Cornell bene in faccia, almeno fino ad oggi.
Racconto tutto a una divertita Meg, mentre disfiamo le mie valigie. 
“Smettila di ridere, se no me ne vado!” le dico facendo l’offesa.
“Ahahah oddio Angie, è una cosa proprio… proprio..”
“Proprio da me”
“Mmm stavo per dire qualcosa tipo Tenera, ma effettivamente è proprio da te.
“Non riuscirò più a rivolgergli la parola”
“Esagerata! Dai, non è grave, sono convinta che abbia visto di peggio!”
Questa l’ho già sentita.

***

"Angie? Ci sei? Sei tra noi?", Chris agita la mano davanti ai miei occhi e mi riporta al presente.
“Sì, ci sono. Stavo ripensando al nostro piacevole primo incontro, ricordi? Quando ti sono crollata addosso come una cogliona?”
“Sono episodi indimenticabili, e soprattutto non mi stanco mai di raccontarlo”
“Simpatico!”
“Mi assicurerò di raccontarlo anche al nuovo tizio che Jeff e Stone hanno trovato appena lo vedo”
“Hanno trovato il cantante? Non lo sapevo!”
“Si vede che non eri a casa quando ha chiamato Jeff, perché ti ha chiamata sicuramente, ha chiamato tutti. Jeff ha ricevuto il demo oggi e ha detto che è buono. Considerando che l’ha detto a tutta Seattle, credo sia buono davvero”
“Uff adesso sono curiosa”
“Ti farà sapere sicuramente”
“Mmm a proposito di telefonate… allora, la chiami la tipa del cappello?”
“Certo che la chiamo, mi sembra simpatica… e mi sembra anche di aver notato un discreto culo”
“A me sembra di aver notato Susan che spacca il tuo di culo”
“Dai, non c’è il boss? Mi serve un pacchetto di Camel” sospira con lo sguardo al soffitto.
“Sono sola oggi e… ecco a te”, gli dico porgendogli le sigarette facendogli l’occhiolino.
“Un momento.. Ma puoi vendermele?”
“Sì… adesso si”
“Come adesso?”
“Adesso, che sono maggiorenne”
“Da quando?”
“Da ieri”
“E non mi hai detto niente? Non sono invitato alla festa?”
“Non l’ho detto a nessuno a parte Meg. E non c’è nessuna festa”
“Sì che c’è, cara mia, organizzo io!”
“No ti prego, Chris, non mi va, non ho neanche tempo…”
“Cazzate! I 18 anni vengono una volta sola nella vita. Bisogna fare qualcosa”
“Ma per festeggiare cosa? Un numero? In fondo non cambia nulla”
“Cosa? Sei pazza? Cambia tutto!”
“Per esempio?”
“Per esempio puoi uscire legalmente con Jerry, quel poveraccio non aspetta altro da mesi. E poi puoi vendermi le sigarette senza supervisione. Sempre che tu sia davvero maggiorenne”
“Se non le vuoi me le riprendo”, evito di commentare la battuta su Cantrell e faccio per mettere le mani sul pacchetto, ma lui l’afferra al volo e se lo fa scivolare nella giacca.
“Scordatelo!” e mette i soldi sul bancone, “Ci vediamo, dolcezza…non mi sfuggirai, sappilo”
“E non sfuggirò mai neanche a questa cosa dell’essere chiamata dolcezza, vero?”
“Mai!”
“Ciao Chris!”
“Ciao piccola, e auguri!”

Quando finisco il mio turno è già buio. Entro in casa e la prima cosa che vedo è il lampeggiare del display della segreteria telefonica. Sorrido, mi tolgo le scarpe e mi avvicino al telefono senza accendere le luci, tanto il bagliore dell’insegna del bowling di fronte rende i contorni all’interno dell’appartamento perfettamente visibili. Premo il pulsante per l’ascolto dei messaggi, mi accendo una sigaretta e mi lancio sul divano.

Primo messaggio: “Hey ragazze, sono Jeff! Tenevi forte: l’abbiamo trovato! Chiamatemi”

Secondo messaggio: “Ciao, sono ancora io, mi sa che non siete a casa, cazzo. Va beh, comunque questo tizio è un amico di Irons, un californiano. Quello stronzo non ha voluto unirsi a noi, ma almeno ci ha trovato un cantante coi controcazzi! Ci ho già parlato al telefono, è un bel tipo, vi piacerà”

Terzo messaggio: “Passate di qui appena potete, dovete sentire questa roba, è una bomba!”

Quarto messaggio “Sono di nuovo io, dove cazzo siete? Meg lavori troppo, Angie molla quei libri. Alzate il culo e venite qui!

Quinto messaggio: “Ah dimenticavo, si chiama Eddie”

Sesto messaggio: “Pronto! Buongiorno ragazze, sono Stone. Vi chiamavo per comunicarvi le ultime novità circa il nostro nuovo progetto musicale… Dopotutto Jeff ha chiamato solo dieci volte nell’ultima mezz’ora, magari non vi è chiaro. Sono lieto di comunicarvi che abbiamo trovato il cantante. A presto!”

Settimo messaggio: “Ciao Meg, sono Mike! Non me ne frega un cazzo del nuovo cantante, chiamo giusto per rompere le palle. E per dirti che ti amo. Oh ciao anche a te Angie… Sto ancora aspettando i miei brownies al doppio cioccolato… Beh, ciao”

Che hanno fumato? Ci manca solo…

Ottavo messaggio: “Hey ciao! Ehm cosa devo dire? *si sentono bisbigli,risate e altri suoni indefiniti* Ho capito, sentite, sono Dave… scusate, Mike mi ha obbligato a chiamare perché è un coglione, non è colpa mia. Buona giornata, ok?”

Ahahah oh Gesù, ma è…

Nono messaggio: “Hey ragazze, sono Jerry. Si può sapere che cazzo sta succedendo? Qua tutti continuano a chiamarvi, mi sto incazzando, lo sapete che sono geloso, no? Ciao.”

Ok… che razza di gente frequento? Rido tra me e me. Se solo l’anno scorso qualcuno mi avesse detto che avrei avuto la segreteria piena di messaggi di musicisti gli avrei riso in faccia. Ma poi è arrivata Meg, o meglio, io sono arrivata qui, ho trovato lavoro alla tavola calda Da Roxy e l’ho incontrata. E lei ha fatto prepotentemente irruzione nella mia vita, rivoluzionandola. Beh, più o meno, diciamo che mi ha trasformata da nerd asociale a nerd vagamente sociale. Non abbiamo legato proprio subito. Io, per l’appunto, non sono esattamente la persona più socievole del mondo appena conosco qualcuno, lei invece è molto espansiva, cercava di fare conversazione durante i tempi morti al ristorante e mi faceva domande su di me. Anche troppe. Io avevo i miei stupidi pregiudizi, ero convinta che dietro a sorriso smagliante, trucco perfetto e caschetto biondo sempre in ordine non ci fosse niente e che la sua fosse solo una finta cordialità. Mi sono ricreduta la sera che ha steso un cliente ubriaco con un paio di destri ben assestati dopo che questo mi aveva presa per un braccio chiamandomi puttana.

"Sei a piedi, Angie? Ti dò un passaggio a casa se ti va!"
“Ehm grazie… e grazie per quello che hai fatto prima” le dico salendo in macchina.
“Figurati, cara, se l’è proprio cercata! Gli è andata bene che la capa si è limitata a sbatterlo fuori senza chiamare la polizia”
“Cazzo, ci sono rimasta di merda… Insomma, sei anche magrolina, non ti facevo così tosta!”
“Niente è come sembra”
“Già, è proprio vero…”
“Poi era ubriaco, già da solo non stava in piedi, ero avvantaggiata”
“Dove hai imparato a picchiare così comunque?”
“Due fratelli maggiori” risponde Meg distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada “Tu sei figlia unica invece, giusto?”
“Sì, ecco perché non so fare a botte. Menomale che ho la mia supereroina di fiducia che mi salva dalle forze del male”
“Esatto! Wondermeg! Ho anche il costume, guarda” risponde aprendosi leggermente la giacca e mostrando la divisa rosa e nera del locale.
“Oh mio dio, no, ti prego… Trovatene un altro, nessun cattivo sobrio ti prenderebbe sul serio con questa merda addosso!”
“Però a te non sta male”
“Cosa? Ma se sembro un confetto masticato!”
“Ok, fa cagare, su questo siamo d’accordo. Però a te sta bene. Ti valorizza, come dire, sul davanti” risponde ridendo.
“Appunto, lì devo nascondere, altro che valorizzare… Ecco, adesso mi fa ancora più schifo”
“Tu sei pazza, non sai quanto ti invidio! Ti invidio le bocce e le unghie, le mie fanno schifo”
“Perché le mangi! Dopotutto la natura doveva pur dotarti di qualche difetto”
“Ah-ah”
“Comunque è una delle poche cose che curo, la mia piccola concessione alla vanità” rispondo guardandomi le unghie laccate di viola.
“Oltre al profumo” Meg si ferma al semaforo e ammicca voltandosi brevemente.
“Cosa? Io odio il profumo”
“Ma se sai sempre di buono! Oggi per esempio sai di marshmallows”
“È lo shampoo”
“Invece ieri sapevi di more”
“Quello è il sapone… o la crema… una cosa è alle more e l’altra è ai lamponi, non ricordo”
“Oh mio dio, Angie! Prodotti di bellezza? Mi meraviglio di te! Allora lo vedi che c’è un piccolo demone della femminilità anche dentro di te?”
“Eheh lo so, è ehm ben nascosto, ma c’è!”
“Lo sapevo”

Il semaforo è verde, torno a osservare la città correre via attraverso il finestrino, finché la radio non attira la mia attenzione. Alzo il volume.
“Ti piace?” annuisco.
“Chi sono questi?” le chiedo.
“Mother Love Bone, li hai mai sentiti?”
“Solo di nome… che credo anche di aver letto su parecchi muri in giro, o sbaglio?”
“Non sbagli, si tratta proprio di loro! Sono miei amici”
“Sono famosi!”
“Erano… si sono sciolti dopo… la morte del cantante”
“Oh..cazzo, mi spiace, com’è successo?”
“Overdose… aveva solo 24 anni”
“Merda”
“Già… è successo qualche mese fa, è stato terribile”
“Immagino… Scusa, non volevo essere indiscreta”
“Infatti non lo sei, tranquilla! È da poco che… ho ricominciato a riascoltare la sua voce, prima mi faceva troppo male… Adesso invece mi fa stare meglio, mi sembra di fare qualcosa per lui. Di onorare la sua memoria, il ricordo di com’era davvero, com’era quando stava bene, e non… com’era dopo, quando… È qui a destra, giusto?”
“Sì…la prima a destra”
“Comunque un paio di ex membri stanno cercando di mettere insieme un progetto nuovo, ce la faranno. Jeff e Stone sono nati per questo. E non lo dico perché sono amici, hanno davvero talento”
Sto zitta un minuto buono, poi la guardo, aggrottando le soppracciglia, sempre in silenzio.
“Che c’è?” mi chiede.
“Stone?”
“Sì, perché?”
“È tipo un nome d’arte…”
“Ahahah no, è il suo nome!”
“Cioè, hai un amico che si chiama Stone?” me la rido.
“In realtà, si chiama Stone Carpenter, ma questo lo sappiamo sì e no in tre, a parte la sua famiglia”
“Beh, ora direi che siamo in 4”
“Eheh già, non dirgli niente quando lo vedi, mi raccomando! Perché lo vedrai, insomma, mi piacerebbe uscissi con me e i miei amici. Ti conosco da poco, ma… beh sei forte, e poi sono quasi sempre l’unica donna, almeno mi supporti!”
“Sempre che si accorgano che sono una donna”
“Se ne accorgono, tranquilla, è piuttosto palese”
“Ma di certo si accorgeranno che sono, insomma, una ragazzina… Immagino siano grandi e…”
“Hanno tutti sui 20 anni, come me, non siamo mica vecchi”
“Ma io sono una teenager”
“E allora? Angie, per quel poco che ti conosco sei più matura della maggior parte di loro. E di me”
“Ma non so fare a botte”
“Imparerai, soprattutto se diventerai mia amica, staremo sempre a menarci”
“Sono sulla buona strada allora” sorrido mentre parcheggia davanti al portone della mia pensione.
“Come ti trovi qui? Sembra carino”
“Non è male come sistemazione provvisoria, ma vorrei riuscire a trovare un vero appartamento prima che inizino le lezioni… Prima dovrò servire ancora un sacco di cheeseburger però”
“Ma sì, non ti preoccupare, se sento di qualcuno che cerca una coinquilina ti faccio sapere, ok?”
“Grazie! E grazie per il passaggio!” apro la portiera della vecchia Impala e faccio per scendere.
“Aspetta” Meg tira fuori la cassetta dei MLB dallo stereo e me la porge.
“Tieni, ascoltala”
“Ehm… sei sicura?”
“Tranquilla, non è la sola che ho, prendila! Almeno così ti fai un po’ di cultura musicale”
“Prego? Se permetti ho una vasta cultura musicale cara mia!” le rispondo facendo la finta offesa.
“Davvero? Allora diventeremo grandi amiche sul serio!”
“Probabile. Notte Meg!”
“Notte Angie!”

E lo siamo diventate. Poi, dopo che la ragazza che viveva con lei si è trasferita in Texas col fidanzato, siamo diventate anche coinquiline. Conoscendola meglio ho scoperto che è tutto fuorché un’oca. Le piacciono la musica e l’arte ed è bravissima a dipingere, fino a poco tempo fa studiava psicologia all’università, ma poi ha abbandonato a causa di una relazione finita male con un professore. O un assistente, non è chiaro. Non ne parla volentieri e non è mai scesa nei dettagli. Così adesso è finita a lavorare gratis in un salone di bellezza come apprendista e servire ai tavoli in un locale retrò anni 50 indossando un abito con le maniche a palloncino per pagarsi la scuola di parrucchiera ed estetista. Talento sprecato! Ogni tanto lei mi usa come cavia dei suoi esperimenti di bellezza, e io la lascio fare, anche perché non c’è pericolo di peggiorare la situazione. Mentre io la obbligo a leggere le mie sceneggiature grottesche, anche se come critico non vale un granché, ne è sempre entusiasta e non trova mai nulla di negativo. Lei mi porta in giro per gallerie d’arte e concerti e io cucino e faccio i mestieri di casa, due delle cose che mi rilassano di più al mondo. Insomma, il nostro è un rapporto di amicizia e convivenza basata sul dare e avere e abbiamo raggiunto un buon equilibrio. Che traballa solo quando cerca di accoppiarmi con qualcuno, regolarmente invano. Combinare le coppie è una delle sue attività preferite, lo fa con tutti, ma io sono un osso duro. E comunque non avrei neanche tempo per queste cose adesso…

Sono ancora sul divano al buio e ho appena spento l’ennesima sigaretta, quando sento un rumore di chiavi nella serratura e la porta che si apre.
“Ma non c’è…?”
“Ciao Meg” la saluto accendendo la lampada di fianco al divano. Meg urla e fa un salto di un paio di metri, su per giù.
“Aaah! Che… Cristo Angie! Mi hai fatto prendere un colpo!”
“Lo so, faccio sempre questo effetto”
“Ah-ah”
“Com’è andata al ristorante?”
“Bah, solita merda… Come sempre quando non ci sei tu”
“Senza Angie non ci si diverte”
“Mmm potrebbe essere un ottimo titolo per la tua festa di DOMANI” un ghigno malefico appare sul suo volto.
“Oh no… Chris”
“È passato al ristorante, era incazzato perché non abbiamo detto niente a nessuno”
“Quello era il piano”
“Piano fallito, domani qui ci sarà un po’ di gente”
“Cosa? Qui? Ma è tutto in disordine…”
“Meglio, così non si noterà troppo la differenza dopo il passaggio dell’orda”
“Giusto”
“Comunque il programma è stare qui, poi portarti a vedere i Melvins, poi tornare qui e devastarci completamente. Oh ed è una sorpresa, quindi tu… sii sorpresa domani”
“Cazzo Meg, come li sai tenere tu i segreti! Non condividerò mai più con te i miei più intimi pensieri”
“Non l’hai mai fatto se è per questo”
“E ho fatto bene!”
“Comunque te l’ho detto perché so che odi le sorprese e preferisci… sai, avere tutto sotto controllo”
“Allora mi conosci davvero? Mi rimangio tutte le cattiverie che ho detto su di te!”
“Qua-quali cattiverie?” Meg finge di essere lì lì per scoppiare a piangere.
“Va beh, io ho già mangiato al lavoro, ora vado a studicchiare un po’ e poi me ne vado a letto”
“Ma sì, infatti, basta uscire tutte le sere con un uomo diverso, studia un po’, tanto per cambiare”
“Dimenticavo… se vuoi risollevarti il morale ti suggerisco di ascoltare la segreteria, c’è anche un messaggio speciale per te”
“Eh?”

Ah-ah, non c’era solo un messaggio per me in segreteria, cara Angie. O vogliamo credere che Jerry non si riferisse solo a te? Certo, come no. È… da quando? Dal compleanno di Stone che la tampina, ma lei niente, è convinta che lo faccia solo per gioco, anche perché lui fa il coglione con tutte. Un po’ come Chris, con la differenza che Chris abbaia, al massimo annusa, ma non morde, anche perché è impegnato e, da quel che ne so, è fedele. Jerry invece abbaia, annusa, assaggia, morde e si diverte… tranne che con Angie. Ma cazzo, muoviti! Vedi che non ti prende sul serio, fai qualcosa! Io sono un po’ di parte, faccio il tifo per Jerry: è bello, è intrigante, ha talento, in fondo è un bravo ragazzo e ne ha passate tante… Angie è una ragazza stupenda e si merita un ragazzo che la veneri, hanno tante cose in comune e sarebbero così carini insieme… però, figlio mio, datti una mossa e cerca di prendere in mano la situazione, che cazzo!

"Chiamo Jeff, così si dà una calmata e gli dico anche della festa" urlo ad Angie attraverso la porta semi-chiusa della sua stanza.
“Digli anche: niente regali” risponde lei.
“Ok!”
“Pronto” risponde dopo circa 45 squilli.
“Hey, fa’ con comodo Jeff, mi raccomando! Sono Meg, ho sentito i messaggi”
“Meg? Ma che cazz… Mmm calmo Jeff, fai un bel respiro, non ti incazzare”
“Che fai, parli da solo?”
“Cioè, TU dici a ME che me la prendo comoda? Ti ho lasciato mille messaggi, mi rispondi dopo ore e IO me la prendo comoda solo perché decidi di chiamarmi proprio mentre sono al cesso?”
“Dai Jeff, non ti incazzare, fai un altro bel respiro. Respirare fa bene”
“Meg?!”
“Ok ok, scusa Jeff, ti chiedo perdono, non avrei dovuto interrompere il tuo momento di raccoglimento in bagno. E non sarei dovuta andare al lavoro oggi, ma restare a casa ipotizzando una tua eventuale chiamata nel caso il demo fosse arrivato e fosse stato valido”
“Va beh, non farla lunga, avete degli orari di merda, pensavo che almeno una delle due tornasse a casa. Comunque, passate stasera? Dai, vi vengo a prendere”
“No, passi tu domani”
“Eh?”
“Domani c’è la festa per il compleanno di Angie”
“È il compleanno di Angie?”
“Era ieri, ma la festa si fa domani”
“E perché ieri era il suo compleanno e io non ne so un cazzo?”
“Perché non l’ha detto a nessuno, lo so solo io. Beh, lo sapevo solo io, poi si è lasciata scappare la cosa con Cornell e lui ha deciso di…”
“Cioè, non l’ha detto a me, ma poi l’ha detto a Chris? Wow, questo… questo fa male”
“Non gliel’ha proprio detto, non volontariamente, è un po’ come se gliel’avesse estorto. Comunque, lui ovviamente ha avvisato Matt, Kim e Ben, da quel che ho capito ha già sentito anche Cantrell, io mi sono messa d’accordo con Brian del ristorante e un paio dei suoi compagni d’università. Ci pensi tu a informare Stone e Mike?”
“Tutta questa gente ha saputo del compleanno di Angie prima di me?”
“Dai Jeff, non fare così…”
“No no, ho capito, va bene. È solo che, sai, quando qualcuno mi dice `Sei come un fratello maggiore, il fratello che non ho mai avuto` io stupidamente ci credo, ma non importa”
“Ahahah Jeff non fare il melodrammatico! E, tra parentesi, credo avesse fumato quando te l’ha detto”
“Sì, avevamo fumato insieme. Ricordi? I bei tempi? Quando facevamo ancora cose insieme? E io ero aggiornato sulle vostre vite? Adesso mi perdo anche i compleanni e a malapena riesco a parlarvi al telefono”
“È un periodaccio Jeff… Angie ha iniziato a fare più turni anche in negozio, poi sta prendendo molto seriamente lo studio, sai com’è fatta…”
“Lo so, infatti le serve proprio una festa. Ma lei lo sa?”
“Sa che Chris vuole organizzare qualcosa, ed è ovviamente terrorizzata, ma non sa cosa e quando. Allora venite domani? Ci si incontra qui, saluti, baci, tanti auguri a te e brindisi, e poi si va al Rock Candy a vedere i Melvins”
“Cazzo! Li adora, sarà felicissima!”
“Già! Poi possiamo stare lì o tornare qui e fare un po’ di casino”
“Mi sembra un ottimo programma”
“Ah, conoscendo Angie non vorrà saperne di regali… ma le provviste alcoliche e altre sostanze ricreative sono ben accette!”
“Ok, messaggio ricevuto!”
“E potresti portare il demo e farcelo sentire, possibilmente quando siamo ancora sobri”
“Oh sì! Il demo è una bomba, comunque anche ascoltarlo da stonati potrebbe avere il suo fascino…”
“Allora facciamo un doppio ascolto, prima e dopo, e confrontiamo le esperienze”
“Eheh può essere un’idea! Va bene dai, ora chiamo prima la mia ragazza e poi Stone”
“Ma non sono la stessa persona?”
“Ah ah ah Angie e il suo sarcasmo hanno una cattiva influenza su di te. Comunque, Mike non vuoi chiamarlo tu? Avete litigato?”
“Non abbiamo litigato, solo non mi va di ripetere tutta la faccenda da capo un’altra volta”
“Sì sì, faccio finta di crederci… Li chiamo io i miei soci. E poi forse è il caso che chiami anche Jerry. Qualcuno deve ricordargli che Angie non vuole regali, altrimenti si presenterà a casa vostra nudo e infiocchettato”
“Ahahah oddio! Sarebbe meraviglioso!”
“Veramente io l’avevo concepita come un’immagine disgustosa”
“Tu non puoi capire”
“Non voglio capire!”
“Dai, ti lascio con l’immagine di Cantrell nudo come un verme. Ci vediamo domani!”
“Bleah! Avrò gli incubi stanotte. Non mi hai detto a che ora però”
“Quando vuoi, io torno dal lavoro con Angie alle 8, ma gli altri saranno qui già da prima per organizzare il tutto”
“Ok capo, ora faccio un giro di chiamate e mi coordino, a domani!”

Domani è già oggi. Angie, con la sua mania dell’ordine, mi ha convinta a mettere via ogni oggetto potenzialmente fragile o sporchevole, o che semplicemente le dà fastidio possa essere toccato da qualcuno. Il che vuol dire che in soggiorno, in cucina e in bagno non è rimasto praticamente nulla a parte i mobili e la tazza. In cambio, io l’ho convinta a lasciarsi truccare e pettinare da me per l’occasione. Mentre le arricciavo i capelli ho avuto la netta impressione che stesse per piangere, ma ha resistito stoicamente. È proprio figa stasera, lo sarebbe ancora di più con una gonna o con un top carino… o almeno una maglietta della sua taglia e non di quattro taglie più grande, ma non ho voluto calcare troppo la mano.
“Allora, mi raccomando, devi essere sorpresa!” le ricordo mentre saliamo le scale. Ma perché non prende questo fottuto ascensore?
“Lo so, me l’hai già detto mille volte!”
“Facciamo una prova”
“Prego?”
“Fammi una faccia stupita”
“Ahahah”
“Dai, sono seria, studi cinema, no? Fammi la scena”
“Studio cinema Meg, non recitazione”
“Ma lo saprai fare comunque, dai, fammi vedere”
Ci fermiamo al secondo piano, Angie fa finta di aprire una porta immaginaria di fronte a sé, con poco entusiasmo.
“Sorpresa!” le grido saltandole davanti e lei tira fuori un’espressione che è un misto tra “Oddio, un ragno, che schifo” e “Prendi pure tutti i soldi, ma non farmi del male”. Glielo dico, iniziamo a ridere come due imbecilli elencando tutte le possibili interpretazioni dell’espressione.
Tra le tante…
“Per me era anche un po’: cos’hai in mano? Un disco dei Bon Jovi? Non avvicinarti!”
“Ahahah no, era più: non avvicinarti con quel fondotinta!”
“Cretina”
“Non avvicinarti con quel teen movie!”
“Ecco, già meglio!”
“La finiamo con questo chiasso?” una signora in pigiama si affaccia dalla porta del suo appartamento “C’è gente che ha fatto un doppio turno in ospedale e vorrebbe dormire!”
“Ho la vaga impressione che questa gente sia lei” risponde Angie. Perché deve essere sempre sarcastica?
“Ma che brava, hai indovinato!”
“Ci scusi, ora ce ne andiamo” cerco di stemperare la tensione e mi allontano trascinando Angie su per le scale.
“Non capisco quelli che dicono: c’è gente che, odio la gente che, ammazzerei quelli che… quando in realtà parlano di persone specifiche. Non possono essere diretti? Se volete essere elusivi, siatelo meglio, altrimenti siate schietti, no? Quella è l’ironia dei goffi, di chi non sa essere ironico, è l’ironia dei poveri. Però… anch’io, in fondo, ho parlato di `Quelli che parlano di quelli che…`, quando invece mi riferivo all’infermiera del secondo piano, quindi l’ho fatto anch’io. Sono una persona mediocre, sono orribile!”
“Angie, mi sono persa a `Odio la gente`, ma ti dò ragione sulla fiducia, tranne che per la mediocre. Ora, vedi di concentrarti sullo stupore”
“Giusto, pensiamo alle cose serie” si gira verso di me e mi rifà la faccia di prima.
“Smettila! O ci faranno il culo anche al terzo piano” rispondo cercando di non ridere.

Arriviamo di fronte alla porta del nostro appartamento. Tossisco, parlo a vanvera a voce alta per farmi sentire e recito la scena, concordata in precedenza con Chris, della chiave che non entra nella serratura, per dar loro il tempo di capire che siamo arrivate e prepararsi per fare qualsiasi cosa abbiano in mente di fare per accogliere la festeggiata.
“Non capisco, perché non entra? Ecco, è entrata, mmm però non gira. Il padrone di casa mi sente!”
“E se fosse stata forzata? Magari ci sono i ladri, forse faremmo meglio a non entrare” Angie è un genio del male, ma come cazzo le vengono?
“È solo difettosa, fidati” cerco di non ridere.
“E chi lo sa, chiamiamo la POLIZIA per sicurezza” sottolineando la parola Polizia, ovvio. Mi sembra di sentire Mike che impreca sottovoce, ma non ci giurerei, forse è un parto della mia fantasia. Non oso immaginare quanta roba illegale ci sia in casa al momento.
“Ma smettila, non serve, adesso si apre. Ecco! Adesso gira, adesso ENTRIAMO”.
Le luci sono spente e regna il silenzio più totale. Per un attimo penso che forse si sono dimenticati… o forse si sono già ubriacati nell’attesa. Non mi stupirei se accendendo la luce li vedessi boccheggianti e privi di sensi, disseminati tra divano e tappeto. Invece no.

Le due lampade del soggiorno si accendono all’unisono, la luce soffusa rivela le numerose presenze. Alcune di queste presenze sono sedute per terra, hanno in mano degli strumenti e iniziano a suonarli non appena si accendono le luci. Angie fa una faccia ancora più esilarante di quella precedente. Credo sia stupita davvero. E lo sono anch’io, perché Chris, Jerry, Jeff e Mike eseguono una delle cover più assurde di I’m eighteen di Alice Cooper (diventata per l’occasione You’re eighteen) che io abbia mai sentito, con l’accompagnamento di Matt e Layne alle “percussioni”, ovvero cucchiai, coltelli e apribottiglie sul nostro prezioso tavolino, e di tutti quanti ai cori. Me compresa, dopo lo stupore iniziale.
Probabilmente la cosa che preoccupa maggiormente Angie è il prezioso tavolino, ma è anche in evidente imbarazzo per la situazione. Credo che se avesse una pala per le mani non perderebbe neanche tempo a scavare per potersi sotterrare, ma se la darebbe direttamente sul cranio di taglio per darsi una fine rapida. Specialmente quando Chris si alza cantando e la prende tra le braccia accennando dei passi di danza. Un tacchino surgelato sarebbe stato più reattivo. Di sicuro un tacchino surgelato apprezzerebbe essere al centro dell’attenzione più di Angie.
L’esibizione si conclude con un’ovazione generale dei presenti. In quel momento mi accorgo di non aver chiuso la porta. Terrorizzata dall’idea che il casino possa arrivare alle orecchie stanche e incazzate dell’infermiera del secondo piano, mi affaccio accertandomi che non ci sia nessuno e la sbatto al volo. Quando mi giro vedo Jeff che tiene in braccio Angie e la fa girare senza pietà.
“Buon compleannooooooo!”
“Jeff mettimi giù immediatamente!”
“Nooooooooooooo”
“Jeff ti spezzerai la schiena”
“Tsk figurati, per così poco! Sei una piuma tesoro… una piuma maggiorenne!”
“Jeff! Fammi scendere, sto per vomitare”
“Ok, per quello è ancora presto, aspettiamo almeno che tu sia ubriaca” e la mette finalmente giù.
“Adesso è il mio turno!” esclama Cantrell prendendola per i fianchi e facendo per sollevarla da dietro.
“Provaci e sei morto” il tono è talmente credibile che Jerry desiste.
Tutti a turno vanno ad abbracciare Angie e a farle gli auguri, mentre il suo viso assume tonalità di rosso sempre più accese.
“Auguri Angie, come sei bella stasera, stai bene coi boccoli” si complimenta Laura, la ragazza di Jeff, e lì le sue guance raggiungono il top. Per un attimo dimentica addirittura il sarcasmo.
“Oh… grazie…”
“Un momento… È vero, è bella… È troppo bella, è anche truccata diversamente dal solito… Meg gliel’ha detto!” Kim punta il dito verso di me.
“Cosa? Non le ho detto niente!” cerco di difendermi.
“Come? Tu-tu sapevi e non mi hai detto niente?” Angie cerca di pararmi il culo, peccato studi cinema e non recitazione. Grazie lo stesso, amica.
“Gliel’ha detto, non ha neanche l’uniforme!” esclama Mike.
“Gliel’ha detto, le camere da letto sono chiuse a chiave!” gli fa eco Krusen.
“Gliel’ha detto, la casa è stata svuotata prima del nostro arrivo!” aggiunge Layne.
“L’ho fatto io, mentre lei non c’era…” provo ancora a convincerli.
“Tu?! Tu non ci avresti mai pensato!” ribatte Chris. È vero, cazzo.
“Mi ha detto che poteva esserci qualcosa, ma non mi ha detto cosa” Angie mi tradisce. Tu quoque! Non sei più mia amica.
“Meg, cazzo! Ma non riesci mai a tenere nulla per te?” chiede ridendo Matt.
“Ma io…”
“Basta, ignoriamo tutti Meg per farle capire che siamo offesi e diamo le nostre attenzioni alla festeggiata!” sentenzia Jeff.
“Ma no, ignorate la festeggiata e date tutte le vostre attenzioni a Meg facendole capire che siete offesi” replica Angie. Amiche un cazzo!

Il siparietto finisce, vengo perdonata con riserva, qualcuno mette su London Calling dei Clash e Angie ricomincia a distribuire baci e ringraziamenti per gli auguri.
“Angie, hai 18 anni! Adesso finalmente puoi bere legalmente!” le grida Mike entusiasta scuotendola per le spalle.
“Ehm no, quello è a 21” ribatte lei, sorridendo timidamente.
“Cosa? E adesso che cazzo ci facciamo con tutta questa birra?? Portiamo via tutto ragazzi, andiamo da me”
“Piantala,” Angie gli dà uno schiaffo sul braccio “e dammi una birra!” finalmente mi pare rasserenata. Magari è per la prospettiva dell’alcol come via di fuga.
“Scusate ma, in tutto questo, dov’è Stone?” chiedo.
“Tu non hai ancora riacquistato il diritto di parola! Ma in effetti, dov’è Stoney?” chiede Mike.
“Dove diavolo è Stone? L’ho mandato a prendere il demo un’ora fa perché l’avevo dimenticato” spiega Jeff.
“Cosa? Ci hai lasciato mille messaggi in segreteria per questo fottuto demo, ti sei pure incazzato perché non ti abbiamo risposto, e oggi te lo dimentichi?” parlo anche se non ho diritto di parola e rido a crepapelle assieme ad Angie.
“E va beh, capita… Dove cazzo è finito Gossard?” Jeff impreca e va ad affacciarsi alla finestra per vedere se Stone è in arrivo. O forse pensa di chiamarlo telepaticamente a distanza.
Sono lì che me la rido ancora, quando sento Jerry dire qualcosa sottovoce.
“Angie, possiamo parlare un momento? Da soli…”

Coraggio Jerry, vai e colpisci!

Angie mi guarda un po’ perplessa.
“Perché? Cosa mi devi dire?”
“Ehm dai, non qui, allontaniamoci un attimo…”
“Cos’è, mi avete organizzato qualche scherzo?” sorride e si guarda attorno cercando di capire se qualcun altro stia osservando la scena.
“No no, niente scherzi! Ho solo… una cosa da darti” la blocco prima che possa far scoprire a qualcuno la mia manovra.
“Cosa? Ma Jerry, avevo detto…”
“Dai su, non qui”
Angie mi prende per un braccio e mi porta verso il corridoio. Con un’occhiata veloce al soggiorno mi accorgo che Meg e Jeff ci hanno notati. Meg mi sorride e mi fa l’occhiolino, Jeff mi guarda malissimo e poi torna a girarsi verso la finestra. Ma che cazzo vuole? Jeff è un amico, gli voglio bene. Ma perché lui, come Stone del resto, deve sempre fare il cane da guardia quando si tratta di Angie? Sarà, ma questa cosa dell’amicone/fratello maggiore non mi convince. Secondo me se la vorrebbe fare. Ma te la scordi! Hai la tua ragazza, no? Che ti ama e ti fa quegli stupidi cappelli… e se hai il coraggio di metterli vuol dire che la ami anche tu, altrimenti non si spiega. Quindi non rompere e lasciami lavorare.
Ci avviciniamo alla sua camera e nella mia mente comincia ad affacciarsi una sequenza di scene poco caste, ma il film mentale finisce quando Angie si ferma davanti alla porta, incrocia le braccia e mi osserva con aria di rimprovero.
“Avevo detto che non volevo regali”
“Ma infatti, non è un regalo! È una sciocchezza, una cosuccia… e poi non è proprio per te”
“Ah…e per chi è?” mi chiede corrugando la fronte.
“È per la scatola di sardine… ehm, volevo dire, la tua meravigliosa macchina!”
“Non insultare la Angie-mobile!” ribatte puntandomi contro il dito. Mi abbasso di scatto e faccio finta di volerglielo mordere.
“Non lo farei mai! Comunque la tua macchina non è ancora completa, con questo piccolo omaggio diventerà la perfetta Angie-mobile, fidati” le rispondo tirando fuori il pacchetto dalla tasca della giacca. Lei lo prende e mi passa la sua birra.
Chissà se le piacerà? Mentre lo scarta, bevo un sorso e ripenso al regalo che volevo prenderle all’inizio. Un baby doll nero e rosso da infarto che avevo visto in una vetrina sotto casa mia. Sì, esiste un folle che ha piazzato un negozio di intimo femminile sotto casa mia. Come mettere un bar fuori dalla sede degli alcolisti anonimi. Comunque ero tentato, almeno il messaggio le sarebbe arrivato forte e chiaro. Beh, forse sarebbe arrivato troppo forte. E lei mi avrebbe probabilmente mollato uno schiaffo altrettanto forte. Perciò ho messo a cuccia gli ormoni e ho cambiato idea, optando per qualcosa di simpatico.

“Oh mio dio Jerry, è stupendo! Dove l’hai preso!” vedo chiaramente il suo viso illuminarsi quando tira fuori dalla scatola il pupazzetto di Jason Vorhees, uno di quelli col testone che si muove di qua e di là.
“Non te lo dirò mai! Ti piace davvero?”
“Se mi piace? Lo adoro! Guarda che carino, con la sua mascherina e la sua piccola mannaia insanguinata… Grazie!” si avvicina e tende le braccia verso di me. Mi chino per abbracciarla, ma lei si solleva comunque sulle punte.
“Non dovevi, ma grazie” mi dice stringendomi.
Beh, non l’avrò vista mezza nuda col baby doll di pizzo, ma anche questo non è niente male.
“Figurati… buon compleanno Angie” le sussurro all’orecchio, pericolosamente vicino.
A un certo punto, troppo presto, toglie le braccia dal mio collo. Io non mollo la presa.
“L’ho visto in una vetrina e ho pensato a te… una cosa che mi capita piuttosto spesso ultimamente…”
“Ti capita spesso di vedere miniature di serial killer e associarli a me?” mi chiede ridendo, allontanando le mie mani dalla sua vita.
“No, intendevo che…”
“È davvero bello, vado a metterlo subito in macchina!” e fa per andare verso la porta.
“Ma no dai, puoi portarlo un’altra volta. O dopo, quando usciamo tutti” mi paro davanti a lei per bloccarla.
“Perché… usciamo?”
“Piantala, tanto Meg te l’ha detto che andiamo a vedere i Melvins, la conosco”
“Non sa tenere i segreti, ma è una cara ragazza!” ammette sorridendo “Vado a metterlo in camera, aspettami qui… E non finire la mia birra”

Tira fuori una chiave da una scatola che sta sopra un mobile in corridoio e entra nella sua stanza. Nella penombra intravedo scaffali pieni di dischi, libri, cassette e videocassette, alla parete sopra il letto un poster dei Led Zeppelin di fianco a una riproduzione di un dipinto, credo sia Dalì, non ne sono sicuro. In un angolo, c’è un treppiedi con sopra una videocamera, di fianco altre apparecchiature. Il resto è nascosto dietro la porta, semi-aperta. La tentazione di entrare e chiuderla dietro di me è forte, chissà cosa succederebbe? Magari è la volta buona che si scioglie e la smette di farsi scudo col sarcasmo. Ma forse mi sto illudendo, forse non è per difesa, non è insicurezza, forse semplicemente non le piaccio. O non abbastanza. O è segretamente innamorata di Jeff e dei suoi cappelli. O di quel Tim dell’università, quell’invasato con la maglietta di Alien che mangia da quando è arrivato. O magari non le piacciono gli uomini, magari se la fa con Meg. Le vedo un po’ troppo legate quelle due… o forse è come le vedo nei miei sogni erotici. Ma poi, perché deve esserci per forza una spiegazione? Può benissimo non essere interessata a me e basta. Solo perché ho un discreto successo con le donne, non significa che tutte debbano cadere ai miei piedi.
Anche se in genere è così.

Non lo dico per fare il figo, è la verità! Sono il primo a non farmene una ragione, ma perché stare lì a farsi troppe domande? Prendo quello che viene a scatola chiusa. E ultimamente prendo una discreta quantità di figa… Forse sono i capelli, forse c’entra il fatto di stare in una band, non lo so, ma ottengo l’attenzione dell’altro sesso con uno sforzo minimo o addirittura nullo. Mi basta sfoderare un po’ di repertorio con la fan di turno, qualche complimento, un occhiolino, un paio di massime da artista vissuto, passarmi una mano tra capelli ed è fatta, la tipa và in brodo di giuggiole. Jeff dice che sono un bastardo, scherzando, ma sono certo lo pensi davvero. Non sono d’accordo. Io non sono uno stronzo, non voglio storie serie e metto subito le cose in chiaro, non prendo in giro nessuna. Ehm non troppo almeno. Di certo non prenderei in giro Angie, anche perché sarebbe impossibile fregarla.
Con lei il repertorio non serve a un cazzo. Le faccio un complimento e mi ride in faccia, o risponde con la sua solita piazzata autoironica; le faccio l’occhiolino e lei mi chiede se mi danno fastidio le luci oppure si gira e mi chiede se c’è una tipa carina alle sue spalle. Una volta, dopo un’uscita, ha chiesto a Cornell se avevo un tic. Il figlio di puttana mi prende in giro ancora oggi. Buttarla sull’arte o fare lo pseudo-intellettuale con lei è pericoloso, perché è una ragazza intelligente e se dici cazzate se ne accorge. Se invece riesci a portare avanti un discorso sensato avrai una brillante e piacevole conversazione. E basta, non pensare di ottenere altro. La mossa dei capelli l’ho provata una volta sola con lei, ma non mi è ben chiaro se abbia funzionato o no. A metà serata ha cominciato a dire che ho proprio dei bei capelli, mi ha chiesto se sono lisci naturali o se li stiro, che shampoo uso, se uso il balsamo, se li asciugo col phon… Non ho ancora capito se mi stesse prendendo per il culo, se stesse prendendo per il culo Meg, seduta accanto a lei, che è fissata con queste cose o se fosse solo curiosa.

Sta di fatto che respinge ogni mio tentativo d’assalto con una disinvoltura pazzesca. Forse semplicemente non gliene frega un cazzo di me. E forse è proprio per quello che mi piace. A volte mi chiedo se questa cotta per lei non sia solo per puntiglio: insomma, invaghirsi dell’unica che non ti caga è un grande classico. Però non credo sia solo questo. Non so cosa provo, ma so che mi piace, davvero, non come mi piacciono le altre che mi faccio. Voglio dire, Angie non è una che ti scopi e basta, almeno, non io. Per una scopata vado dalla rossa dell’Off Ramp o da una qualsiasi groupie del cazzo. Invece con lei… quando penso a lei penso a cene in posti carini in cui non ho mai messo piede, a film che non conosco e che magari mi fanno pure schifo, ma che guarderei volentieri assieme a lei sul divano, a giri per la città sul suo vecchio catorcio in miniatura che adora, cantando a squarciagola canzoni disco anni 70… ok, penso anche a lei che mi strappa i vestiti e mi butta sul letto per abusare di me, non sono mica fatto di legno. Però non voglio solo quello da lei. Con una come lei farei sul serio… potrei fare sul serio…insomma potrei provare, vedere come va. Angie sarebbe una bella sfida. Forse mi piace perché mi piacciono le sfide.

"Fatto!" Angie torna e chiude di nuovo la porta.
“Hai paura che ti devastiamo la camera?”
“Come se non vi conoscessi…” risponde con un sorrisino ironico.
“Per chi mi hai preso? Io tratterei la tua stanza come un santuario… al massimo frugherei nel cassetto dei reggiseni”
“Mmm non so se ti conviene, mi sa che non abbiamo la stessa taglia”
“Menomale!”
“Che ne sai, potresti rimorchiare ancora di più con un po’ di petto” ripone la chiave nella scatoletta e mi guarda con la sua faccia da schiaffi.
“Ancora di più? No, basta, non reggerei il ritmo”
“Potresti sempre farti aiutare da Cornell”
“Se avessi le tue tette Cornell si offrirebbe di aiutarmi per qualsiasi cosa, ma non ci tengo! Comunque io volevo dire…”
“È solo perché hai paura di Susan, ammettilo”
“Eheh sì, quella mi ammazza! A proposito, dov’è?”
“Sarà finita nello stesso varco spaziotemporale in cui è caduto Stone e ora sono entrambi in una dimensione parallela da cui non potranno mai fuggire”
“Facile”
“O più semplicemente non era particolarmente entusiasta all’idea di partecipare alla festa di una ragazzina…”
“Nah, la prima spiegazione è più plausibile”
“… coi palloncini e l’aranciata…”
“Ai palloncini ci abbiamo pensato, ma poi avremmo finito per riempirli di aranciata e tirarceli allagandoti casa e abbiamo lasciato perdere”
“… coi nomi scritti a pennarello sui bicchieri di plastica… “
“Hey, io non ce l’ho! Voglio il mio bicchiere col nome!”
“… col gioco delle sedie…”
“Sarei più interessato a quello della bottiglia, non mancherà, stanne certa”
“… con le candeline da soffiare…”
“Oh le candeline non hanno età! E arriveranno anche quelle”
“Avete pensato proprio a tutto, allora”
“Quasi… voglio il mio bicchiere!”
Ride. Mi piace quando ride, soprattutto quando sono io a farla ridere, in genere è il contrario.
Ripenso alla prima volta che ci siamo incontrati. Beh, non proprio…

“Lei aveva solo diciassette anni
sai cosa voglio dire
ed il suo aspetto era al di sopra di ogni paragone
quindi come potevo ballare con un’altra
quando l’ho vista lì
Lei mi ha guardato
ed io, io ho capito
che molto presto mi sarei innamorato di lei
lei non avrebbe ballato con nessun altro
quando l’ho vista lì
Il mio cuore faceva boom
quando ho attraversato quella stanza
e ho preso la sua mano nella mia”

`I saw her standing there` sarebbe un brano perfetto per descrivere il nostro primo incontro. Se non fosse che la prima volta che mi presentano Angie, dopo un nostro concerto, non faccio nemmeno caso a chi sto stringendo la mano. Non capisco neanche il suo nome, per un bel po’ sono convinto si chiami Annie. Chris me la presenta come un’amica sua e di Meg, da poco a Seattle per l’università. Il suo aspetto non mi colpisce particolarmente, anche perché ha i capelli perennemente davanti alla faccia e indossa una specie di scafandro, una salopette al di là di ogni tentazione. Poi quando sento le parole `17 anni` perdo anche quell’ultimo scampolo di interesse che mi era rimasto. Non ballo con lei quella sera, `ballo` con un’altra più tardi, una bionda molto intraprendente, nei bagni delle donne. E il mio cuore non fa boom.
Mi capita di vedere `Annie` altre volte. Scopro che è diventata una specie di protetta di Jeff, Chris mi dice che è un po’ timida, ma simpatica, però non ho modo di verificarlo. Non andiamo al di là del “ciao” e sinceramente non è che me ne freghi più di tanto. In quel periodo sono troppo impegnato a sbattermi la rossa, Monica, una forza della natura, per potermi concentrare su nuove amicizie da coltivare.

Una sera vado all’Ok Hotel a vedere i Mudhoney con Layne e la sua ragazza. Gran concerto, andiamo a salutare i ragazzi nel backstage e rimedio un paio di numeri di telefono lungo il tragitto, che fanno sempre comodo. Lascio la coppia felice per una puntata al bar e vedo Jeff, Chris e `Annie` a un tavolo, impegnati in una conversazione apparentemente concitata. Decido di unirmi a loro, dopotutto la rossa non c’è e ho già due numeri di telefono, non ho nient’altro da fare. Saluto tutti, Jeff mi corregge e scopro finalmente il vero nome di Angie.
“Scusami, ho una pessima memoria” le dico sedendomi accanto a lei e finalmente la vedo un po’ da vicino.
“Oh… figurati, non c’è nessun problema” mi risponde con un mezzo sorriso. Non male come sorriso. Ha le labbra sottili, e niente rossetto, però è intrigante, con quel piccolo neo all’angolo della bocca.
“D’ora in poi me lo ricorderò, promesso!” faccio un giuramento con la mano sul cuore “È anche facile, Angie, come la canzone”
“Già… beh, è proprio da lì che viene il mio nome” aggiunge sorridendo, tamburellando con le dita sul suo bicchiere di coca. Non posso fare a meno di notare le sue manine, così piccole, con lo smalto nero che ha sulle unghie sembrano ancora più piccole. Chissà perché.
“Davvero? È fantastico! Complimenti ai tuoi genitori, e non solo per il nome…” sono ancora ignaro dell’impermeabilità di Angie alle mie smancerie da quattro soldi.
“Oh sì, chiamarmi come una che viene mollata è stato un vero atto di generosità nei miei confronti” mentre si gira verso di me ridacchiando, si sposta una ciocca di capelli dalla fronte e per pochi secondi riesco guardarla negli occhi. Cazzo. Sono enormi, profondi, neri e truccati di nero. Forse anche troppo. Ha anche delle ciglia lunghissime. Poi torna a fissare il suo bicchiere e il ciuffo le ricade davanti alla faccia.
“Io sapevo che parla di un triangolo amoroso…”
“Beh… sì, ci avranno pensato anche i miei… quale genitore non augurerebbe alla propria figlia di fare cose di gruppo con dei musicisti?” si guarda attorno e rendendosi conto di essere a un tavolo con un gruppo di aitanti musicisti, di cui uno ha un sorriso idiota e ha allungato un braccio sullo schienale della sua sedia, capisce di aver fatto una gaffe e si schiarisce la voce “Ehm comunque pare sia solo una diceria…”
“Peccato” aggiungo prima di bere un sorso di birra.
“Ecco, arriva Jerry e s’incomincia a parlare di stronzate!” interviene Jeff ridendo “Guarda che qua stavamo facendo un discorso serio!” non capisco se ci tenga davvero a riprendere la conversazione che ho interrotto o se sia… geloso? Ma non ha la ragazza? Quella che gli fa quegli assurdi cappelli, come si chiama…?
“Ah sì? E di che parlavate?” chiedo.
“Di arte, caro mio!” esclama Chris sollevando il bicchiere verso di me, facendomi sentire in dovere di imitarlo accennando un brindisi.
“Cazzo, cosa sta succedendo in questa città? Non ci sono più i discorsi da bar di una volta!” esclamo prima di fare un altro lungo sorso.
“È… è colpa mia… sono io che tiro fuori gli argomenti noiosi…” interviene Angie scrocchiandosi nervosamente le dita.
“Macché, non era affatto un discorso noioso! Stavi dicendo una stronzata, questo sì, però noiosa no” le risponde Jeff sorridendo.
“Cosa? Io non dico stronzate! Il mio è un discorso logico” Angie sposta i capelli da un lato e rivedo bene il suo viso di profilo. È più pallida di me, ma decisamente non è male.
“Certo, logico. La logica che dice che la forma è più importante del contenuto!” ribatte Jeff.
“Certo che lo è, nell’arte” replica Angie. Il suo tono di voce è più alto e non sta più a testa bassa.
“Ma l’arte non nasce se non c’è un contenuto di fondo” interviene Chris.
“Non è vero, l’arte nasce da un pensiero, da un’ispirazione, non per forza da un contenuto di spessore. È la forma che fa l’arte”
“Non sono d’accordo, prendi la musica. Una canzone può avere una forma, una struttura semplice, ma un contenuto forte” spiega Chris.
“Ma io non ho parlato di forma elaborata, una forma semplice è pur sempre una forma. È una scelta! Ecco, per esempio, loro!” nel bar cominciano a diffondersi le note di Blitzkrieg bop dei Ramones.
“Ecco appunto, loro!” Jeff batte un pugno sul tavolo.
“Appunto lo dico io! La struttura delle canzoni è semplice, ma è una scelta. Una scelta di stile. O credete che facciano tutte canzoni in maggiore perché non sanno suonare gli altri accordi?”
“Beh no” risponde Chris.
“E il contenuto? È un contenuto alto? No, eppure è un capolavoro. Non basta tirare in ballo tematiche profonde, bisogna anche saperle comunicare. Quella è l’arte: comunicazione. Altrimenti è solo parlarsi addosso, magari di cose giustissime, ma totalmente fini a se stesse, perciò inutili” risponde Angie battendo delicatamente un pugno sul tavolo davanti a Jeff.
“Questo è vero” non può fare a meno di darle ragione.
“E non vale solo per la musica, ma per ogni forma d’arte. L’arte non è nulla se non riesce a trasmettere qualcosa, qualsiasi cosa, anche qualcosa di completamente diverso da quello che si propone. E perché lo faccia è necessario adottare uno stile comunicativo. Tu dipingi anche, no? Sei un artista. Prendi i Dada, per esempio”
“Capisco cosa vuoi dire, sono anche d’accordo, solo che io metterei contenuto e forma sullo stesso piano, come elementi in simbiosi ” Chris svuota il contenuto del suo bicchiere.
“Resta il fatto che se vuoi parlare di contenuti, ma non sai farlo nel modo giusto, non sei un artista. Sei solo una persona intelligente. Sono state scritte canzoni di merda sull’amore e sulla guerra e canzoni stupende su, che so, la neve gialla non commestibile (`Don’t eat the yellow snow` n.d.A.)”
“Giusto” Jeff ride “però non mi hai convinto del tutto, neanche citando Frank Zappa”
“Ma hai convinto Cantrell, mi pare” aggiunge Chris indicandomi.
Angie si volta verso di me e mi rendo conto che la sto fissando da svariati minuti come un coglione. Al di là di quello che dice, mi piace vederla così sicura di sé. Sembra un’altra persona rispetto allo scambio di battute con me. Poi stando dritta, e non più ingobbita, sulla sedia si nota che è pure ben messa sul davanti.
“Beh in effetti sì, condivido tutto quello che hai detto” apro finalmente bocca.
“Pff figuriamoci! Saresti stato d’accordo con qualsiasi cosa” dice Jeff ridendo.

Chris aveva ragione, Angie è simpatica. Ma è anche carina. E intelligente. E da quella sera sparisce. Non la vedo più per settimane, non so il perché e non posso certo chiedere senza sollevare sospetti. La rivedo alla festa di compleanno di Stone.
Passo la prima metà della serata in giro in macchina con la rossa a bere, tirare coca e fare sesso. Insomma, arrivo a casa Gossard già su di giri. E la vedo, lì sul divano, che parla con Ben, il bassista di Cornell. Mi avvicino, la saluto, le dico che è molto che non la vedo e mi spiega che sta lavorando tanto ora che non ha ancora iniziato il college per mettere qualcosa da parte. Parliamo del più e del meno, io lei e Ben, io continuo a bere e dopo un po’ comincio a sentire la testa girare un po’ troppo.
“Ehm Jerry, tutto bene?” mi chiede.
“Sì sì, tutto ok, sono solo un po’ stanco” le rispondo biascicando e finisco per appoggiare la testa sulle sue ginocchia.
“Jerry, che fai?”
“Mi riposo un pochino. Sei comoda. Sto qui buono buono, giuro, faccio il bravo…” la sento ridere, poi ricomincia a parlare con Ben.
Mi piace il suono della sua voce, mi sembra mi faccia sentire meglio. Invece, non so come, ma 5 minuti dopo mi ritrovo in ginocchio davanti a una tazza del cesso a vomitare l’anima, mentre qualcuno mi tiene i capelli e mi massaggia la schiena. Tra un getto e l’altro mi giro e vedo che si tratta di lei.
“Scusa cazzo!” glielo ripeto forse duecento volte.
“Tranquillo, non pensarci. Come ti senti? Ne hai ancora?”
“No, credo… Sono a posto…” dopodiché ricomincio a sboccare più della tipa dell’Esorcista.
“Scusa cazzo!”
Quando finalmente finisco, Angie mi tira su, mi aiuta a sciacquarmi la faccia e la bocca al lavandino e, non so come, mi toglie le scarpe e mi infila in un letto. Dove comincio a piangere, senza motivo. Cioè, un motivo c’è, l’alcol. Poi lei è così dolce con me e mi sento, boh, al sicuro… sta di fatto che le spiattello tutto: del divorzio dei miei, di quello stronzo di mio padre, della morte di mia madre e di mia nonna, della morte di Andy, di Layne che mi preoccupa per l’eroina, che l’ho provata anch’io. Tutto. E lei mi ascolta, chissà per quanto tempo, seduta sul letto accanto a me, mi accarezza la testa, non giudica, non mi dice che le dispiace, mi ripete solo “Shh tranquillo, andrà tutto bene”. Mi addormento così.

La mattina dopo mi sveglio che è già primo pomeriggio. Mi accorgo di essere in un letto singolo, sarà una specie di camera degli ospiti mi dico. Mi sento come se mi avesse investito un tir, apro la porta e ci metto un po’ ad abituarmi alla luce.
“Buongiorno Jerry” Angie in forma smagliante mi saluta, ha in mano un sacco e sta raccogliendo spazzatura dal pavimento.
“Giorno…”
“Come va? Stai bene?”
“Ehm… sì…” ad ogni lattina o bottiglia che infila nel sacco il mio cervello esplode “Ti hanno messa sotto a pulire?”
“No, sono una volontaria. Mi piace mettere in ordine… Comunque dovresti mangiare qualcosa, sul tavolo in cucina ci sono delle focaccine avanzate da ieri”
Mi avvicino restio, la nausea picchia duro, ma so che devo farlo. Finisco per divorarle tutte.
“Ti piacciono vedo” ora ha in mano una scopa e comincia a spazzare.
“Eccome”
“Le ho fatte io!”
Rimango a fissarla per un po’, cercando di formulare un pensiero decente.
“Cazzo… sei… cazzo” è il massimo che riesco a elaborare.
“Eheh cosa?”
“Sei perfetta. Carina, intelligente, tieni la fronte ai tuoi amici quando vomitano, fai i mestieri, cucini… sei il pacchetto completo”
“Ahahah sì, una confezione famiglia! Vedo di recuperarti qualcos’altro da mangiare”

`Il mio cuore ha fatto boom`. Dopo quella sera, come potevo non perdere la testa per lei?

"Vado a prendere i pennarelli allora"
“Eh, cosa?”
“Per scrivere i nomi… Ci sei Jerry? Sei fatto?”
“No, sono sobrio, è che…”
“Wow, allora è proprio un occasione speciale!”
“Dovevo essere sobrio, anche perché devo dirti…”
“ANGIE! È arrivato Stone! Vieni!” le urla di Jeff rovinano i miei piani.
“Finalmente! Mi sa che i pennarelli dovranno aspettare” in un attimo Angie sparisce in soggiorno. E io resto lì come un coglione con la sua birra in mano.

Porca puttana Stone, non potevi restare un altro po’ nella tua fottuta dimensione parallela?

“Cazzo Jeff, c’era bisogno di urlare? Mi hai sfondato un timpano!”
“Non ce ne sarebbe stato bisogno se tu fossi stato già qui, Stoney. Quanto cazzo ci hai messo?”
Lo odio.
Sì, ok, gli voglio anche bene. In fondo sono quasi sette anni che ho a che fare con questo tizio e non l’ho ancora ucciso, lo ritengo un successo.
“Ci avrei messo molto meno, JEFFREY, se tu non vivessi nel caos più totale”
“Non chiamarmi Jeffrey!”
“E tu non chiamarmi Stoney!” replico mentre vedo Angie arrivare di corsa dal corridoio.
“Stoney!” esclama e mi abbraccia.
“Buon compleanno, puffa!”
“Lei può chiamarti Stoney però!”
“Ovvio, lei è la festeggiata”
“E comunque che c’entra il caos?”
“C’entra perché se tu fossi ordinato non ci avrei messo tutto questo tempo per trovare il demo”
“Ma se ti ho detto che era in camera mia”
“Appunto, non era in camera tua”
“Come no?”
Ma è scemo?
“No Jeff, se ti dico che non c’era non c’era”
“E dov’era?”
“Era in cucina, di fianco al frigo, nel cesto della frutta”
“Impossibile, non ho frutta!”
“Infatti dentro non c’era la frutta, c’era la cassetta. Comunque, mezz’ora persa per trovare questo benedetto demo…”
“Sì va beh, esagerato! Alla fine era lì in vista, no? Mica era nascosto!” mi risponde con un candore disarmante.
“Sì… dicevo, prima ho cercato il demo. Poi ho pensato: perché farle sentire la cassetta quan…”
“Come perché?! Perché gliel’ho promesso, che cazzo dici? Dimmi che l’hai portato!”
Io adesso lo sgozzo, qui, davanti a tutti. Angie potrebbe riprendere la scena e coronare il suo sogno di realizzare l’horror del decennio.
“Certo che l’ho portato, fammi finire! Dicevo, ho pensato: perché portarle solo il demo da farle sentire quando sarebbe molto più carino regalarglielo?”
“Sì, ma il demo ci serve, Stone”
“Appunto, quindi ho perso altri minuti per cercare una cassetta vergine e farne una copia. Ecco, tutta per te!” tiro fuori la cassetta e la porgo ad Angie.
“Oh grazie Stone! Se me lo regali vuol dire che è davvero buono”
“Lo è!” rispondo.
“Certo che lo è! È da ieri che ve lo ripeto. Adesso diventa vero solo perché l’ha detto Stone?” interviene Jeff imbronciato.
“Ma no, non intendevo questo! È che se persino Stone lo ritiene buono, allora deve essere proprio una figata” cerca di spiegare Angie.
“Certo, perché io sono di bocca buona, invece Stone è raffinato!”
“No, perché tu sei normale e io sono un rompicoglioni, credo fosse quello il senso” chiarisco a Jeff.
“Ma no… diciamo che sei… puntiglioso, ecco!”
“Ahahah ma tranquilla, io adoro essere rompicoglioni” rispondo.
“Oh non sai quanto!” aggiunge Jeff. Grazie Jeff.
“Comunque adesso è tutta per te, puoi sentirla quando vuoi”
“Grazie ancora, adesso sentiamola subito però!” Angie si avvicina allo stereo e solleva la puntina del giradischi.
“Ok!”
“Hey, è arrivato il momento magico del demo?” chiede Cornell.
“Ah già, nemmeno tu l’hai ancora sentito,” osservo “ti piacerà.”
Angie inserisce la cassetta, la fa partire e va a sedersi sul divano, in mezzo a Chris e Cantrell. Jerry? Non c’era prima, da dove spunta?
“Ah questa la conosco!” esclama Angie alle prime note di Dollar short.
È uno dei primi riff che ho scritto quando ho iniziato a lavorare con Jeff e Mike ed è una delle prime cose che le ho fatto sentire, una volta diventati amici.
Angie all’inizio non mi ispirava fiducia. Quando Meg e Chris mi parlarono di questa ragazza patita di horror e cartoni giapponesi venuta dall’Idaho per studiare cinema mi immaginavo un’altra fuori di testa come Jeff, una scappata di casa, in fuga dal suo paesino di poche centinaia di anime, mezza artista e mezza hippie, col senso dell’umorismo di un cactus. Quando poi Jeff me l’ha descritta come simpaticissima mi ero definitivamente convinto che l’avrei trovata insopportabile ed ero pronto a sventolare bandiera bianca. Già fatico con uno, figuriamoci due.
Quando l’ho conosciuta, invece, ho scoperto che non aveva nulla a che fare con Jeff. Infatti, parlava poco, con me era praticamente muta. E a me non dispiaceva, non ho mai avuto niente contro il silenzio, anzi, da quando conosco Jeff ho imparato ad apprezzarlo davvero. Quando uscivamo in gruppo le prime volte mi faceva tenerezza, una ragazza così giovane e timida in mezzo a un branco di animali, in locali pieni di figli di puttana, in una città di fattoni. Voglio dire, ho due sorelle più o meno della stessa età… anche se non parlavamo più di tanto mi sentivo in dovere di `proteggerla`. Io, Chris e Jeff ce la portavamo sempre dietro assieme a Meg, grazie alla nostra stupida notorietà riuscivamo a farla entrare anche nei locali in cui non avrebbe potuto. E non la perdevamo d’occhio un secondo. Ammetto che esageravo un po’, beh ho esagerato fino a ieri… quando la presentavo a qualcuno specificavo sempre che era minorenne, cosa che la faceva incazzare a morte.
Ho iniziato a conoscerla meglio così, facendola incazzare, in modo che mi rispondesse. Per mandarmi a quel paese era necessario parlasse. E sentendola finalmente parlare ho scoperto che non si limitava a mandarmi a fanculo, ma aveva una bella lingua tagliente, quasi quanto la mia. Inevitabilmente ha iniziato a starmi simpatica, per me incontrare qualcuno che capisce il sarcasmo e lo sa anche usare non è cosa da tutti i giorni. Tuttavia ho iniziato a considerarla come una vera amica solo dalla mia festa di compleanno.

È pieno luglio, fa un caldo assurdo e c’è un casino di gente, inutile dire che la mia mansarda sembra una sauna. Angie si presenta a casa mia con provviste di cibo sufficienti a sfamarci tutti per un mese.
“Buona sera Stone, auguri!” mi dice mentre sistema la roba sul tavolo
“Hey, grazie! Ma quanta roba avete portato?”
“Angie era ispirata oggi, è tutto il giorno che sforna cibo. Pensa al caldo che poteva fare nel nostro appartamento col forno acceso e capirai quanto ti vogliamo bene” risponde Meg baciandomi sulle guance.
“Sono proprio fortunato!” rispondo prendendomi un’altra dose di baci da Angie e afferrando una tortina al cioccolato.
“Ho dedotto che all’alcol ci avrebbero già pensato tutti e sapendo che sarebbero girate tante grasse canne ho immaginato che ci sarebbe venuta fame a un certo punto” spiega Angie con un sorrisone.
“Sei un genio!” le urla Jeff dandole il cinque e buttandosi sulla pizza.
“Siamo due geni, lo penserai anche tu Stone, quando avrai scartato il tuo regalo” aggiunge Meg allungandomi un pacchetto.
“Ma… non dovevate cazzo, bastava il cibo. Avanzava anche…”
“No che non bastava, e io? Dimentichi che non so cucinare”
“Come dimenticarlo, ne porto ancora i segni!”
“Ah-ah, questo almeno è da parte di entrambe. Comunque Angie resta la più geniale tra le due perché l’ha scelto lei” ribatte Meg, mentre Angie sorride fissando un punto imprecisato del pavimento.
Scarto il regalo e mi trovo per le mani una delle tracolle per chitarra più fighe che io abbia mai visto. Semplice, nera, ma con delle sfumature blu, di pelle, morbida. Stupenda.
“Wow!”
“È per la tua Fender” sottolinea Meg.
“Questo l’avevo capito… ma è proprio una tracolla Fender, questa roba costa! Un momento… quanto mi amate, esattamente?”
“Beh, adesso hai una nuova band, no? Quindi band nuova, tracolla nuova! Vuole essere un regalo di buon auspicio” spiega Angie.
“Un po’ di fortuna… ne ho proprio bisogno, grazie!” rispondo abbracciandole.
“E poi è personalizzata!” aggiunge Meg.
“Cosa?”
“Guardala bene”
Rigirandomela tra le mani mi accorgo che nella parte interna era stata fatta una piccola incisione. La parola Stone, iscritta all’interno di un ellisse, anzi no, di un 8. La S è il profilo stilizzato di una chitarra e la O è il simbolo del Tao. Sorrido.
“Inutile specificare chi l’abbia fatto tra le due” ammette Angie indicando l’amica.
“Ragazze, sono commosso”
“Che figata, fa’ vedere!” esclama Mike avvicinandosi e cercando di prendere la tracolla.
“Scordatelo, è mia.”
“A me non fai mai certi regali Meg, sono geloso”
“Perché tu non te li meriti!” gli risponde Meg.
“Te lo faccio vedere io se me li merito!” e il duo M&Ms, come li chiama Jeff, comincia a rincorrersi per la casa.
“Cercate di rompere qualcosa, mi raccomando!” gli urlo “Grazie ancora Angie”
“Figurati! In bocca al lupo davvero per il gruppo. E anche se non ne hai bisogno… spero che questa accozzaglia totalmente casuale di simboli portafortuna unita alle nostre buone intenzioni per lo meno non peggiori le cose” mi dice alzando gli occhi al cielo.
“Credimi, peggio è difficile”

Il resto della serata procede senza intoppi, c’è musica, c’è birra e le prelibatezze di Angie tengono tutti a bada. Poi arriva Cantrell e il mio campanello d’allarme comincia a suonare.
“Ma Jerry la conosce?” chiedo a Jeff indicandogli il divano con un cenno.
“Sì, solo superficialmente, almeno credo… sospetto che gli piaccia” mi risponde Jeff fissando la scena del crimine con sguardo torvo.
“Tanto per cambiare! Non gliel’ho presentata io… ma lo sa quanti anni ha?”
“Lo sa, lo sa”
Lo sa, ma se ne frega. Jerry è un amico, ma fondamentalmente è un coglione, e non è il tipo di coglione che vedrei bene insieme ad Angie. Ok, io non sono nessuno, non sono suo padre, ma credo che suo padre sarebbe d’accordo con me e mi darebbe una bella pacca di ringraziamento sulla spalla per il lavoro che sto facendo con sua figlia. Cerco di distogliere l’attenzione dell’imbecille da Angie inserendomi nella conversazione, in modo che la lasci parlare tranquilla con Ben. Lei non è una cima nel socializzare e il fatto che con lui si trovi a suo agio mi colpisce positivamente. Già per il solo fatto di essere nato in Giappone risulterà interessantissimo ai suoi occhi, e forse l’essere entrambi `gli ultimi arrivati` potrebbe essere un ulteriore punto in comune.
Ma è tutto inutile, Jerry non molla e appena mi allontano un attimo le è di nuovo appiccato. Beve e la fa bere, ma a questo punto della serata lei regge decisamente meglio di lui e se la ride sotto i baffi con Ben. L’idiota inoltre le sta letteralmente addosso e non perde occasione per toccarla… il braccio attorno alle spalle, le dita tra i capelli per sistemarglieli dietro alle orecchie, il piedino, poi addirittura le appoggia la testa sulle gambe… i soliti vecchi trucchi da adolescente arrapato. Non ho voglia di fare scene proprio stasera, ma quando a un certo punto vedo Angie scappare con Jerry nella camera degli ospiti non riesco a trattenermi e li seguo.
“Ti credevo più saggia, Angie” penso tra me e me.

La scena che mi si presenta è un po’ diversa da quella che mi aspettavo.
“Scusa se l’ho portato qui, ma ho pensato che lasciarlo sboccare sul tuo tappeto non fosse una grande idea” mi dice mentre tiene i capelli del nostro Casanova, chino sul water.
“No, hai fatto benissimo, grazie… Che prontezza di riflessi!”
“L’ho capito subito, di colpo è diventato più bianco di queste piastrelle”
“Dai, torna di là, ci penso io a questo fenomeno” le propongo.
“Scherzi? È il tuo compleanno, non lo passerai in mezzo al vomito. A meno che non sia il tuo. Ci penso io” mi risponde.
“Ma…”
“Niente ma, tranquillo. Poi… ho una certa esperienza in merito”
“Mio dio Angie, sei piena di sorprese. E io che pensavo fossi una brava ragazza dell’Idaho… Devo portarti fuori più spesso quando c’è anche Mike, il tuo bagaglio di esperienze tornerebbe molto utile”
“Ahahah ok, affare fatto”
“Però… mi scoccia lasciarti qui”
“Scusa cazzo!” Jerry biascica dalla tazza.
“Non ti preoccupare, quando ha finito lo metto a letto, crollerà in un secondo”
“Ma… qui in teoria dovevate dormirci tu e Meg…”
“Non fa niente, ci arrangeremo, adesso vai!” Angie mi spedisce fuori mentre Jerry mugugna altre cose incomprensibili.
Torno dagli altri, Angie ci raggiunge dopo un’ora, dice che il nostro amico era un po’ agitato, ma ora dorme come un angioletto.
Verso le 4 la gente comincia ad andarsene o a cercarsi un angolo per dormire, io cedo ad Angie e Meg la mia stanza e ripiego sul salotto, assieme a Jeff ed altri.
“Quello stronzo si è beccato l’infermierina personale e pure il letto? La prossima volta faccio anch’io il deficiente a casa tua” si lamenta Jeff.
“Perché invece di solito cosa fai?” chiedo, poco prima di ricevere una cuscinata in faccia.

Il giorno dopo mi sveglio verso mezzogiorno, ovviamente sono spariti tutti. Tranne Jerry, che è ancora in coma, e Angie, che rimane per aiutarmi a pulire.
Non me l’aspettavo da lei. Non mi aspettavo il regalo, non mi aspettavo che gestisse un ubriaco da sola per non rovinarmi la festa e non mi aspettavo che mi desse una mano a mettere in ordine, addirittura che pulisse il cesso incriminato.
Beh, dopotutto è una patita di horror, non può essere schizzinosa.
Comunque sono atteggiamenti che non ti aspetti da una conoscente, ma da una vera amica. Ed è quello che è diventata.

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Eppure sono sicuro di aver lasciato la cassetta sul mio comodino… Ma sì, sarà una delle solite cazzate di Stone per farmi innervosire, chi se ne frega! Ora mi interessa vedere la reazione degli altri al demo. Sono tutti in religioso silenzio, anche chi l’ha già sentito, Angie riconosce il primo pezzo, forse gliel’avevamo fatto sentire, e muove la testa a tempo. Poi Eddie comincia a cantare e Angie si blocca, anche Cornell smette di sorridere e assume un’espressione più seria, Meg si avvicina a Mike che la abbraccia da dietro e insieme ciondolano seguendo il ritmo, Matt ascolta concentrato e mima la sua parte di batteria.
Quando Alive (così l’ha chiamata Eddie) finisce Angie è a bocca aperta e guarda alternativamente me e Stone.
“Questa… questo è… wow!” esclama Chris.
“Chi diavolo è questo tizio?” commenta Angie.
“È la stessa identica cosa che ho detto io quando l’ho sentito la prima volta!” risponde Mike ridendo “Chi è questo? È una persona vera? È troppo bravo per essere vero, cazzo”
“Ha davvero una gran voce” ribadisce Angie “e anche il testo mi sembra forte, non l’ho seguito bene però”
“Ora avrai tempo per memorizzarli tutti” le risponde Stone sorridendo. È inutile che te la tiri, solo perché hai fatto una cassetta a una ragazza, tsk!
Nel frattempo il nastro va avanti, si susseguono Once e Footsteps e la gente non sa se essere più entusiasta o più sconcertata.
“È una persona vera, Mike, eccome.” dice Chris mentre Angie va a stoppare la cassetta “Si sente una persona vera dietro questa voce, una persona che ha delle cose da dire e che non cerca di imitare qualcun altro”

"Questa è la volta buona ragazzi, me lo sento. E io non sento mai niente, quindi deve essere vero per forza!" Angie parla guardando me, Stone e Mike, rigirandosi la cassetta tra le mani.
“Lo spero tesoro, grazie” le dico abbracciandola. Poi guardo meglio il nastro che ha in mano “Stone, sarai anche puntiglioso, ma stavolta non sei stato così preciso…” prendo la copia del demo e la sventolo in direzione del mio amato Gossard, che mi guarda con la sua solita faccia supponente.
“Cioè?”
“Manca il numero di Eddie scritto sopra” rispondo guardando Angie, che ha appena assunto la stessa faccia da culo di Stone. Stone invece sghignazza.
“Cazzo Jeff, hai ragione, aspetta che lo aggiungo”
“Non mi serve…” replica Angie, ancora imbronciata.
“Che ne sai? Magari quando ti stufi di Jerry ti può servire!” interviene Chris, tutti incominciano a ridere. Tranne Angie, che arrossisce, e tranne Cantrell, che ci guarda come se volesse ammazzarci tutti.
“Idioti” sussurra Angie.
“Dai, non fare così. In realtà te lo chiedo come favore personale, così se lo senti anche tu magari Jeff la smette di chiamarlo a tutte le ore” le dice Stone. Vaffanculo Stone.
“Che cazzo dici? Se l’ho chiamato due volte!”
“Sì, ma siete stati al telefono per ore!”
“Ma non dire stronzate!”
“Ti sei pure portato il telefono in camera e hai chiuso la porta! Chissà cosa dovevate dirvi…”
“Ero stanco dopo aver fatto cappuccini per dieci ore, volevo appoggiare il culo!”
“Dai Stone, non essere geloso, Jeff è un tipo fedele, non ti tradirebbe mai,” ci si mette pure Angie “se non con la sua ragazza”
“Ecco, siamo già in troppi in questo mènage, Eddie te lo prendi tu Angie”
“Io non prendo proprio nessuno, STONEY!”
“Cazzo, deve ancora mettere piede a Seattle e già lo vogliono tutti! Non sapete neanche com’è” s’inserisce Mike.
“Già, è vero, magari non è il tuo tipo Jeff” Stone con la sua solita faccia da schiaffi.
“Già, magari è il tuo!” gli rispondo.
“Siete così carini quando litigate!” commenta Angie.

“No, aspettate, fermi tutti, chiedo il time out! Non si possono reggere Stone e Angie insieme, la concentrazione di simpatia nell’aria è troppo alta, sono sicuro sia contro la legge” chiedo cercando pietà.
“Effettivamente, quando vi impegnate siete pesanti…” aggiunge Meg “Comunque secondo me è carino”
“Chi?” chiediamo quasi tutti in coro.
“Questo Eddie, secondo me è un bel ragazzo” spiega Meg.
“Nah, ma non hai sentito che voce? Secondo me è un bestione, con la barba e i capelli lunghi, un panzone coi denti a sciabola. Magari è la volta buona che perdo il titolo…”
“Che titolo?” chiede Meg ridendo.
“Il titolo di `Meno figo della band`, ovvio”
“Ah-ah, stupido!” gli risponde Meg pinzandogli una guancia tra le dita “Ma se sei un amore”
“Oh gesù, basta! C’è troppo miele in questa casa. Andiamo a vedere i Melvins!” sentenzia Angie.
“E tu che ne sai?” chiedo “Meg?!”
“Ehm… no… me l’ha detto Jerry!” dice Angie.
“Lo sapevi già, me l’hai confessato!” risponde Cantrell.
“Jerry, sei incorreggibile, tradisci gli amici per la figa!” gli urla Mike ridendo e scatenando l’ilarità generale.
“Andate a fanculo!” risponde Jerry ridendo, mentre Angie si rimette la giacca, con la faccia paonazza.
“Allora, la finiamo con questo teatrino? Andiamo…” ci intima la festeggiata, non possiamo che obbedire.

Ma fra tutti, proprio Jerry? Io non capisco, ormai sono mesi che è qui, com’è possibile che nessun altro le abbia chiesto di uscire? Non io, per carità, non lo dico per un interesse personale. A parte il fatto che se facessi una cosa del genere Laura mi avvelenerebbe le fibre di lana dei cappelli. O più semplicemente mi soffocherebbe facendomeli ingoiare uno ad uno. Anche se non fossi già l’uomo più felice e innamorato del mondo non potrei mai avere delle mire su di lei, ha praticamente dieci anni meno di me, è una bambina. Col cervello, ma pur sempre bambina. Non so se quella volta mi ha chiamato fratello perché era fatta o lo pensava davvero, ma per me lei è la mia sorellina. E Jerry non è il tipo di ragazzo che vorresti vedere assieme alla tua sorellina, né alla tua cuginetta, né a una tua lontana parente, a meno che non ti stia sul cazzo. Jerry è un amico, per carità, e con la sua vita può fare quello che vuole. Tranne che con Angie.
Vuoi scoparti chiunque? Vuoi farti come un dannato? Vuoi fare la fine di Andy? Accomodati. Non so cosa prenda Jerry, so per certo che ha provato l’eroina almeno una volta, perché l’ho visto. Cazzo. Ogni volta che vedo o so di qualcuno che prende quella merda, vorrei sbattergli in faccia una foto di Andy attaccato a quelle cazzo di macchine. Davvero, avrei voluto avere una fottuta macchina fotografica in quel momento! Ma Cantrell… non ne ha bisogno: lui c’era. Era lì con noi cazzo, l’ha visto. E allora come fai? Spero sia stata la prima e ultima volta, lo spero davvero per lui. Se così non fosse, spero non metta nei casini la mia sorellina, altrimenti lo uccido con le mie mani. Se è pulito tanto meglio, ma non va bene lo stesso per Angie. Per Angie ci vuole una persona più sensibile, intelligente, uno come Stone, ma senza scopa in culo. Dio, lei è Stone sì che sembrano fratelli, hanno lo stesso senso dell’umorismo del cazzo. Però Angie la tollero, Stone no. Almeno, non troppo… a piccole dosi. Chissà perché?
Comunque non va bene nemmeno Stone, ci vuole uno meno cinico, un idealista, un artista possibilmente… uno come Eddie! Peccato che abbia la ragazza, se no il suo numero gliel’avrei dato sul serio.

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"Perché ridi?" chiedo a Jeff mentre saliamo sulla sua macchina.
“Non sto ridendo, Angie” mi risponde con un ghigno sornione.
“Certo, come no”
Spero non abbiano architettato altre sorprese per il resto della serata. Per fortuna è arrivato il demo a distogliere l’attenzione dalla festeggiata del giorno.
Che bomba però, pensavo che Jeff esagerasse, invece il suo entusiasmo era giustificato. `Momma-son`, così c’è scritto sulla cassetta che mi ha dato Stone. Secondo me almeno due di quei tre pezzi sono delle potenziali hit, ma me lo sono tenuto per me. Sia per scaramanzia sia perché quando sei in mezzo a dei musicisti di Seattle e parli di `hit` o di `successo` c’è sempre il rischio di scatenare la solita diatriba: commerciale sì o commerciale no? Che vuol dire commerciale? Che vuol dire essere alternativi? E stasera no, non ne ho voglia. Però ho voglia di conoscere questo Eddie, un altro personaggio che si aggiunge a questo micromondo di folli.
Chissà se gli piacciono i dolci?

"E anche stavolta non ho combinato un cazzo" dico tra me e me, poi mi addormento, o sarebbe meglio dire muoio, su un divano a casa di Meg e Angie. Alla fine la festa è stata un successo, il concerto è stato figo e ovviamente nel corso della serata ci siamo impegnati seriamente a mettere in imbarazzo la festeggiata. Cornell l’ha trascinata nel backstage a fare foto con la band, Stone fermava chiunque nel locale dicendo: “Ti ricordi di Angie, vero? Non è più da galera adesso!", Jeff ad ogni canzone le tirava le orecchie a tempo o ci urlava sopra il testo di tanti auguri a te e la prendeva in braccio, Mike una volta tornati a casa l’ha fatta ubriacare, facendole  anche sperimentare il primo keg stand della sua vita. E io ci ho provato disperatamente con lei tutta la sera. Inutile dire chi sia quello che ha avuto risultati più scarsi.
A un tratto, nel dormiveglia, sento qualcosa che mi solletica la guancia. All’inizio mi limito ad arricciare il naso e fare delle smorfie, poi allungo una mano per scoprire l’origine di quella sensazione. Ne trovo un’altra, piccola e calda, che stringe la mia.
“Ma allora sei sveglio” mi chiede una voce conosciuta, ma diversa dal solito.
“Adesso sì, più o meno” rispondo con gli occhi ancora chiusi, forse in maniera più stizzita di quanto vorrei.
“Oh… scusa Jerry, non volevo svegliarti,” apro gli occhi e vedo Angie a pochi centimetri dalla mia faccia, col gomito sul bracciolo del divano e la testa dolcemente appoggiata su una mano, un po’ inclinata a destra. Mi sorride ed è bellissima “è che sei carino quando dormi, non ho resistito”
Ok, deve essere molto ubriaca, anche se in questo momento non sembra.
“Cosa?” mi stropiccio gli occhi e mi guardo meglio attorno. Noto che non c’è più nessuno e soprattutto che Angie è in ginocchio di fronte al divano e indossa una sottoveste azzurra troppo piccola sia sopra che sotto, nonché trasparente “Dove sono gli altri?”
“Uhm… non sono qui” dice Angie, continuando a usare un tono di voce dolce e suadente.
“Questo lo vedo, ma dove sono?”
“Boh, a casa loro suppongo”
“Sono andati via?” chiedo, cercando di non guardare dove i miei occhi si ostinano a guardare.
“Sì… li ho mandati via io!”
“E perché?”
“Uff che palle, cosa te ne frega degli altri?” mi chiede strizzandomi l’occhio.
“Ehm no, beh, era per sapere… Devo sloggiare anch’io allora” faccio per alzarmi, ma Angie appoggia le mani sul mio petto e mi spinge di nuovo sul divano, con una certa fermezza.
“No! Tu rimani qui”
“Ah… beh… ok…” deglutisco.
“Non vuoi?” mi sussurra la domanda nell’orecchio.
“S-sì, certo”
“Non sei comodo?” posso chiaramente sentire le sue labbra sfiorarmi il lobo.
“No, macché, è comodissimo!”
“Mmm non lo so… nel mio letto staresti più comodo, non credi?” sento il suo corpo premere sul mio.
“Eh?!”
“Non ti piacerebbe? Dai, vieni a dormire con me…”
“A-angie, sei ubriaca…”
“Non sono mai stata più lucida in tutta la mia vita, Jerry. Ti voglio nel mio letto, adesso” è su di me, mi bacia, la sua lingua si fa strada nella mia bocca, le sue mani si intrufolano sotto la mia maglietta.
Io sono paralizzato dall’incredulità, non so che fare, sono inerme nelle sue mani. Mi ritrovo nel suo letto senza sapere come ci sono arrivato. Lei è su di me, mi ricopre la faccia di piccoli baci e mi sorride dolcemente.
“Cosa stai facendo Angie?” chiedo ancora confuso.
“Non lo vedi cosa sto facendo? Pensavo ti piacesse…” mi sussurra prima di dedicarsi al mio collo.
“Mi piace… dio, mi piace da morire”
“Davvero Jerry?”
“Sì… TU mi piaci da morire” confermo e comincio ad accarezzarle le gambe.
“E questo ti piace?” infila di nuovo le mani sotto la mia maglietta, ma stavolta usa le unghie.
“Cazzo, sì… lo adoro”  risalgo sulle cosce verso il sedere…  oh cazzo, è senza mutandine, è la fine.
“E… questo ti piace?” mi chiede prendendomi la mano e portandosela al petto.
“Cristo Angie… mi stai facendo impazzire”
“Davvero?” mi chiede sollevandosi leggermente da me, sempre tenendo la mia mano stretta sul suo seno.
“Sì, davvero! Non sai quante volte l’ho sognato, Angie, non ci speravo più” le confesso cercando di insinuare la mano sotto il fine tessuto.
“Sognavi questo momento, Jerry?” mi chiede stringendo impercettibilmente le cosce attorno a me.
Annuisco.
“Come adesso” dice trattenendomi la mano e portandosela alla bocca per succhiarmi e mordicchiarmi le dita.
“Sì, lo sognavo proprio così piccola” le rispondo col fiato corto.
“No, volevo dire che mi sognavi… esattamente come stai facendo ora Jerry” chiarisce lasciando cadere una spallina e accarezzandosi un seno con la mia mano.
“Cosa? Che vuoi dire?”
“Che stai sognando, stupido!” mi risponde ridendo.
“Ma… come…”
“Scusa, ti sembra una situazione realistica questa?” mi chiede indicando se stessa e il letto.
“Perché… perché no?”
“Io che mando via tutti per stuprarti?”
“Beh…”
“E che faccio la sexy? Mi hai forse mai sentita parlare con questa vocina da Lolita? E vogliamo parlare di questi atteggiamenti da diva del porno??” mi chiede chinandosi di nuovo su di me per parlarmi nell’orecchio.
“Ehm, no, in effetti no”
“Questa è farina del tuo sacco, caro”
“Ehm sì, riconosco lo stile…”
“E soprattutto, ti sembro tipo da indossare cose del genere quando dormo?” mi domanda sfiorando la sua sottoveste e facendo cadere anche l’altra spallina.
“Magari…”
“Jerry, diciamocelo, io dormirò con magliette di gruppi o pigiami con gli orsetti” la sottoveste vola via del tutto.
“E sarai ugualmente sexy, ma…” le mie mani vagano su quel corpo onirico.
“Ahah come no ”
“… ma magari ti concedi qualcosa di carino di tanto in tanto, per le occasioni speciali…”
“Ah, e così pensi di essere speciale?” mi chiede incrociando le braccia e facendo scorrere il suo sguardo su di me, dalla testa ai piedi.
“No, ma vorrei esserlo… per te…”
“Dio Jerry, sei proprio andato, eh?” mi sorride e mi prende il viso tra le mani, baciandomi dolcemente.
“Sì, sono ufficialmente pazzo di te… Quindi è davvero solo un sogno?” chiedo ricambiando il bacio.
“Sì… mi dispiace Jerry” mi risponde accarezzandomi i capelli.
“Non importa, anche questo non è male, in attesa che diventi realtà”
“Mi dispiace Jerry, ma è davvero solo un sogno”
“Sì, ho capito, grazie”
“Voglio dire, è solo un sogno e resterà tale. Questo non succederà mai Jerry” spiega mentre armeggia con la cintura dei miei pantaloni.
“E tu che ne sai?”
“Lo saprò se ho intenzione di dartela o no” commenta lasciandomi in mutande.
“Ma … tu non sai niente, tu non sei tu, sei… sei come…”
“Una proiezione delle tue aspettative su di me prodotta dal tuo subconscio amplificata dalla tua libido?”
“Sì, è proprio quello che volevo dire”
“Significa che dico quello che pensi tu o che pensi potrei dire o che vorresti ti dicessi”
“Appunto, praticamente sono convinto tu non mi voglia… e tutto sommato vorrei che me lo dicessi, così mi metterei l’anima in pace”
“Wow, non sapevo fossi uno psicologo” i miei boxer spariscono nel buio.
“E qualcosa mi dice che inconsciamente vorrei mi violentassi”
“Inconsciamente, eh?”
“C’è una sola cosa che non capisco”
“Che cosa amore mio?” chiede sdraiandomisi accanto e tirandomi su di sé.
“Com’è che non mi sono ancora svegliato? In genere appena mi rendo conto di sognare mi sveglio subito” osservo accarezzandole le labbra.
“Perché ti stai divertendo troppo, amore mio” risponde bloccandomi con le cosce attorno alla mia vita.
“Quanto è vero”
Mi perdo in lei, non so per quanto.
“Ah e se avessi ancora dubbi, la mia festa è stata due settimane fa, ricordi Jerry?”
“No”
“Jerry?”
“Cazzo”
“Hai capito? Jerry?”

"Jerry? Jerry, svegliati"
“Ehm?”
“Jerry, dai, calmati…”
“Mmm cosa? Che…” apro gli occhi e intravedo accanto a me un ciuffo biondo e una mano che spuntano dalle lenzuola.
“Cosa cazzo stavi sognando? Scusami, ma ti lamentavi talmente tanto che mi hai pure svegliata”
“Eh… boh… non ricordo” mi volto dall’altra parte, in direzione dell’orologio sul mio comodino. Le 5:33.
“Sarà stato un incubo” dice… cosa… come cazzo si chiama?
“Ehm sì, un brutto sogno… ricorrente…”

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Oddio, il sole! Da quando sto in questa città mi sono dimenticata com’è fatto. Beh, non che Portland sia la California, però… Spero che questo sole quasi al tramonto sia un buon segno, si prospettano sei ore difficili alla tavola calda. Per fortuna oggi condivido il turno con Brian e Angie, il tempo scorre più velocemente con loro. Poi devo raccontare ad Angela del mio incontro mattutino, ci sarà da ridere.
“Buon pomeriggio raggio di sole!” esclama Brian appena apro la porta del ristorante, e una lama di luce si proietta sul bancone.
“Ahahah visto? Porto la luce”
“La luce! Ho visto la luce! Sì, gesù cristo ha compiuto il miracolo! La band! La band!” Angie fissa un punto indefinito alle mie spalle, in estasi.
“Angie, non sono neanche entrata, già cominci con le citazioni cinematografiche? La giornata è lunga”
“Scusa, non lo faccio più. Per oggi” promette mentre prende il bloc notes e la penna e li infila nella tasca del grembiule, avviandosi verso un tavolo di clienti.
Dopo aver preso le ordinazioni, torna al bancone e le passa ai ragazzi in cucina, mentre io riempio la caraffa del caffè.
“Indovina chi ho incontrato stamattina mentre andavo al salone?” chiedo ad Angie.
“Beh, su cinque miliardi di persone, credo che qualche indizio in più mi aiuterebbe a restringere il campo”
“Ho incontrato il tuo ragazzo!”
“Oh mio dio, hai incontrato Christian Slater?!”
“Ah-ah no, il tuo fidanzato chitarrista”
“Che cazzo ci fa George Harrison a Seattle?”
“Jerry, ho visto Jerry!”
“Aaaah, non avevo capito scusa” risponde facendo la finta ingenua.
“Ovviamente ti… saluta”
“Come sta?”
“Bene… oddio, a dire il vero l’ho visto un po’ sbattuto, mi ha detto di aver avuto una notte agitata”
“Ahahah sì, posso immaginare le sue notti agitate…”
“Che vuoi dire?”
“Beh, notti movimentate… con qualcuna, no?”
“Ma che ne sai? E poi che ti importa? Gelosa?” le chiedo dandole una piccola gomitata.
“Pff cosa? Piantala, e vai a portare la luce anche tra i clienti rifocillandoli di caffè” scuote la testa, io sospiro e mi dirigo verso i tavoli.
“Comunque mi ha detto che sta ancora aspettando una risposta da te” le dico tornando.
“Cosa? Che risposta?” prende dei piatti e li porta a un anziano signore seduto all’altro capo del bancone “Ecco a lei!”
“La ringrazio signorina!” risponde l’uomo “Sarebbe così gentile da portarmi anche le salse? Mi scusi se non gliel’ho chiesto prima, ma sa, a una certa età…”
“Ma si figuri! Ecco le salse, buon appetito!”
“Grazie mille cara”
“Oh l’educazione degli uomini d’altri tempi” esclama Angie riavvicinadosi a me.
“Ah quindi è per questo che non esci con Jerry, preferisci i più attempati” le dico ridendo.
“Shhh abbassa la voce”
“Dai, perché non gli dici di sì?” le chiedo.
“Meg, non devo dire sì a niente, non lo sai com’è Jerry?”
“Certo che so com’è, è desideroso di uscire con te” le dico con un sorrisone.
“Stava solo scherzando…”
“Angie, io c’ero al tuo compleanno, e la sera dopo a cena e quell’altra sera a casa di Jeff. Ti assicuro che non stava scherzando”
“Quindi sarebbe interessato a me? Tu sei fuori” commenta mentre raccoglie i piatti da portare alla tavolata di prima.
“Guarda che l’hanno capito anche i sassi che è interessato a te!” le dico prima che si allontani “L’hanno capito tutti, tranne te!” le ribadisco quando torna.
“L’ho capito anch’io che l’ho visto una volta sola” interviene Brian, arrivato con un vassoio di piatti sporchi.
“Ecco, vedi?” le dico.
“Ragazzi, parlando seriamente, somiglio vagamente al tipo di ragazza con cui esce Jerry? Per favore…”
“Che cazzo c’entra? Magari vuole un tipo diverso” osservo.
“Sì, certo”
“E allora perché ci prova con te? Solo per prenderti sadicamente per il culo? Perché ti odia?” le chiedo prima di andare a un tavolo di ragazzine chiassose.
“Ma no, non lo fa con cattiveria, è… il suo modo di socializzare!” risponde passando la spugna sul bancone già pulito.
“Con me non socializza così” le faccio notare.
“Perché tu sei impegnata”
“Ah sì, da quando? Il signorino Mike ti ha detto qualcosa? Perché a me non ha detto niente”
“Va beh, è come se lo fossi. Io invece sono la single bruttina della compagnia, nonché ultima arrivata, e lui cerca di coinvolgermi in questa maniera, di essere carino… È il suo modo di fare”
“Ma ci credi alle stronzate che dici?”
“Certo che ci credo, ne sono più che convinta”
“Allora ti mette le mani addosso per essere carino?”
“Quando mi avrebbe messo le mani addosso?”
“Sempre! Ogni scusa è buona”
“È solo affettuoso, è il suo carattere, l’altra sera ha preso in braccio anche Stone!”
“Ma a Stone non ha chiesto un bacino sulla bua dopo aver giocato alla lotta con Chris… e a suo dire era tutto una bua!”
“Ahahah sì guarda, aveva tutta l’aria di una richiesta seria”
“Era una richiesta serissima, mascherata da battuta” cerco di aprirle gli occhi.
“Oppure una battuta mascherata da avance” ribatte. È una causa persa. Porto gli hamburger al tavolo delle ragazze, sperando che con la bocca piena facciano meno chiasso.
“Ok, facciamo finta di credere che ti veda solo come un’amica. Magari vuole uscire con te solo per conoscerti meglio, che male c’è? Se credi non ci siano secondi fini, dov’è il problema? Perché non prendere un caffè con lui?”
“Ma…”
“Te lo dico io perché. Perché tu sotto sotto lo sai che i secondi fini ci sono eccome, e per qualche strano imperscrutabile motivo te la fai sotto”
“Ragazze, per favore, vogliamo concentrarci sul lavoro? Del fidanzato di Angela potete parlare anche a casa, no?” Roxy tuona dalla cucina. Tutti ci guardano, Angie vorrebbe sprofondare.
“Scusaci… e comunque non è il mio fidanzato, non ho fidanzati, chiaro?” Angela risponde a Roxy, prima di andare a raccogliere altre ordinazioni da una giovane coppia.
“Se vuole ci sono io signorina!” esclama di punto in bianco il vecchietto. Angela diventa paonazza.
“Eh sì, i gentiluomini di una volta…” le sussurro quando torna al bancone.
“Io vado fortissimo tra gli under 10 e gli over 60, non lo sapevi?” mi dice a bassa voce mentre si appresta a preparare dei frullati “A Boise per un po’ ho lavorato in un centro anziani, avevo una schiera di fan che non immagini neanche! Dovrei cambiare target”
Entrambe ci giriamo nello stesso momento verso l’anziano signore, quando quest’ultimo fa l’occhiolino ad Angie a stento tratteniamo le risate.
“Te l’avevo detto” commenta.

Nelle tre ore seguenti facciamo le brave e non parliamo più.
“Ok, per assurdo, ipotizziamo che Jerry sia interessato ad approfondire la nostra conoscenza, per un motivo o per l’altro…” si rivolge a me durante una breve pausa sigaretta, in un momento di relativa calma, fuori dal locale.
“Sì, prendiamo in considerazione questa bizzarra ipotesi” le rispondo, curiosa di sapere dove voglia andare a parare.
“Anche se volessi, non ne avrei il tempo. Ho quel progetto di tecnica cinematografica, più le lezioni, più il lavoro… non ce la farei”
“Non hai una mezz’ora libera per mangiare un boccone o prendere il caffè con qualcuno?”
“Ora come ora, no” risponde fissando la punta rovente della sua sigaretta.
“Cazzate. Ma quello che mi lascia più perplessa è `anche se volessi`. Perché non vuoi?” le chiedo “E voglio una risposta sensata”
“Perché non è il mio tipo” risponde dopo una lunga pausa di un paio di tiri.
“Ho detto sensata”
“Lo è, è la verità” conferma, mentre dà da accendere a Brian che ci raggiunge.
“Che verità?” chiede il nostro amico.
“Dice che Jerry non è il suo tipo, figuriamoci. La prima volta che l’hai visto sbavavi, e anche quelle successive”
“E anche quando l’ho visto qui” Brian mi dà manforte.
“Io non sbavo! Lo trovo molto carino, non ho detto che non mi piace, ho detto che non è il mio tipo, non è il tipo adatto a me”
“Che diavolo significa?” chiedo spegnendo la sigaretta e accendendone subito un’altra, accertandomi che Roxy non mi veda.
“Non è il tipo di ragazzo con cui uscirei… Ok, io non mi ritengo bigotta, sono di larghe vedute, non penso sia necessario un fidanzamento per fare sesso o cose del genere…”
“Ma dai? Non è necessario?” le chiedo sorridendo. Lei continua.
“Però… insomma, io non riesco a dividere completamente il sesso dal resto. Io ho bisogno di essere coinvolta per… e se sono coinvolta voglio ehm l’esclusiva. Cioè, non posso uscire con uno che la sera prima magari ha scopato un’altra… ma anche due sere… uff non lo so”
“Hey hey frena, quanto corri! A parte il fatto che, cosa ne sai, magari lui te la vuole dare l’esclusiva, magari esce con te e le altre le molla” le spiego.
“Facile”
“Fammi finire. A parte questo, stai correndo troppo cara. È chiaro, a chiunque con un po’ di senno, che gli piaci, e tanto. Ma lui ha solo proposto di vedervi, non di intraprendere una relazione di qualche tipo. A questo semmai ci penserai più avanti, magari nemmeno ci arrivi! Magari capite che non va alla prima uscita e amici come prima, il problema non si pone. Quello che ti dico è solo: dagli una chance” le dico sperando di farla ragionare.
“Esatto, magari al primo appuntamento scopri qualcosa di orribile… che so, che gli piace il country, e lo depenni all’istante” aggiunge Brian.
“Gli piace il country, lo so già. È cresciuto a pane e country, me l’ha detto una volta” risponde Angie spegnendo il mozzicone sotto la scarpa.
“E gli parli ancora? E ha il coraggio di dire che non le piace!” commenta Brian spettinandole i capelli e rientrando assieme a noi.
“Non ho detto che non mi piace!”

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"Beh, in fondo… un caffè insieme, in amicizia… Quanti caffè ho preso con Stone, Jeff o Chris! Beh, non è la stessa cosa… ma perché non è la stessa cosa?" parlo tra me e me, in attesa che le due signore finiscano i loro cheeseburger e se ne vadano, in attesa che gli ultimi 30 minuti di questo ennesimo turno passino.
“Etciù!”
Sollevo lo sguardo e mi accorgo di un cliente che non ho né visto né sentito entrare, seduto da solo all’ultimo tavolo.
“Salute!” esclamo correndo verso di lui, chissà da quanto tempo aspetta. Infatti si soffia il naso e non risponde, sarà incazzato “Mi scusi se l’ho fatta attendere! Benvenuto da Roxy, io sono Angie, cosa desidera?”
“Ah… certo… uhm…” per un attimo distoglie lo sguardo dal quaderno sul quale sta scrivendo e prende in mano il menù. Che diavolo ha fatto finora?
“Ehm… avete niente di vegetariano?” mi chiede con un filo di voce, sempre senza guardarmi in faccia.
“Certo, abbiamo hamburger vegetali, insalate, dolci vegani… c’è una sezione apposita nell’ultima pagina. Può scegliere con calma, torno dopo se vuole” cerco di mantenere la mia cortesia, anche se mi sta facendo sentire a disagio.
“No no, non serve… prenderò solo delle patatine fritte” risponde chiudendo il menù e appoggiandolo al bordo del tavolo.
Caspita, patatine, grande specialità vegetariana! Le abbiamo solo noi in tutta Seattle.
“Patatine, perfetto! Piccole, medie o grandi?” chiedo prendendo nota.
“Uhm… non so, le piccole quanto sono piccole?” mi chiede e finalmente alza lo sguardo abbozzando un sorriso imbarazzato.
Oh… non è stronzo, poverino, è timido. Solidarietà, amico!
Tra parentesi credo abbia i lineamenti più belli che io abbia mai visto in tutta la mia vita, per non parlare degli occhi azzurro-oceano che mi fulminano per pochi istanti. Devo aver fatto una faccia eloquente perché arrossisce e sposta lo sguardo altrove.
“Oh sono molto piccole, davvero, troppo! Sono la dose da ragazza fighetta che dice `Mmm sto morendo di fame, ho voglia di schifezze! Adesso gli svuoto la dispensa! `, poi ne addenta un paio e dice `Oh basta, sono piena!` con la mano sul pancino invisibile…”
Ecco, lo sapevo. Perché? Perché coi timidi sono sempre così? Perché devo sparare stronzate a raffica senza un filo logico? Forse perché essendo timida anch’io li capisco e cerco di riempire i vuoti per evitare l’imbarazzo del silenzio. Ma tra il silenzio e i miei sproloqui, forse il primo è più piacevole… Mentre parlo incrocia di nuovo il mio sguardo e mi sorride mostrando delle fossette da bambino della pubblicità. Penserà che sono una psicopatica.
“Eheh ok… allora… medie”
“Medie… maionese, ketchup, senape?”
“No, senza niente grazie…” abbassa nuovamente lo sguardo e gioca con l’angolo del suo quaderno.
“Ok… da bere?”
“Una birra”
“Non serviamo alcool, signore” signore… con quelle guanciotte che sembrano fatte apposta per essere pizzicate dalle zie a Natale, mi fa specie chiamarlo signore.
“Oh… già, allora una coca” prende il menù e me lo porge. Il messaggio è chiaro: vattene.
“Una coca, perfetto. Piccola, me…” allarga gli occhi come per chiedere pietà “ehm, facciamo media, ok?”
“Ok”
Prendo il menù e me ne vado con la coda tra le gambe. Quanto sono idiota?

Le patatine sono subito pronte, le sistemo sul vassoio con la coca e le porto all’uomo-fossetta, che nel frattempo ha ripreso a scrivere.
“Ecco a lei! Non ho chiesto se voleva il ghiaccio nella coca”
“Va benissimo senza, grazie” risponde sollevando la mano che tiene la penna.
“Bene, buon appetito!”
Le due signore se ne vanno lasciandomi una bella mancia, Meg e Brian sono alle prese con le pulizie in cucina e a me non resta che mettere in ordine la sala e spiare lo scrittore. Fortunatamente non alza mai la testa dalle pagine, neanche per bere e per mangiare, altrimenti penserebbe che sono una specie di stalker. Visto così mentre scrive fa un po’ sorridere. Questa massa di capelli castani, ondulati, che fa su e giù nervosamente, quello sguardo metà imbrociato e metà concentrato, fisso sul foglio. Probabilmente è la stessa faccia buffa che faccio io quando metto i miei deliri cinematografici nero su bianco. Arrivo a pulire il tavolo di fianco al suo, mi accorgo solo in quel momento che, sotto quella camicia leggera a righe, indossa una maglietta dei butthole surfers, non vedo giacche da nessuna parte e ha i pantaloni corti. Mi vengono in mente un sacco di ipotetiche domande da fargli: da dove cavolo vieni? Sei matto? Li hai visti dal vivo? Io sì! Che scrivi? Ma grazie a dio taccio e continuo a pulire.
“Ma voi state chiudendo, forse dovrei andare…” mi dice. Certo che il vocione stona un po’ su questo mucchietto d’ossa.
“Oh no! Cioè, sì, stiamo chiudendo, ma lei può rimanere finché vuole… beh, non proprio finché vuole, ma può rimanere, un po’… cioè, il tempo di finire le patatine e la coca. Mi faccia vedere? Sì, direi che la quantità rimasta richiede un tempo di permanenza accettabile, faccia con comodo!”
Ma perché non chiudo questa cazzo di bocca?
“Ok” risponde dopo uno sguardo perplesso che mi sembra durare in eterno. Entrambi torniamo al nostro lavoro.

Sto sistemando i bicchieri sotto il bancone quando sento il campanello della porta. Mi alzo e non è entrato nessuno per fortuna.  Ma attraverso la vetrina vedo il ragazzo correre via.
“Grazie uomo-fossetta” dico tra me e me raccogliendo i soldi che ha lasciato sul tavolo, senza salutare, ma con una mancia più che accettabile.
“Parli da sola?” chiede Meg avvicinandosi con secchio, straccio e spazzolone.
“No, parlavo con…” faccio per sparecchiare e noto qualcosa sulla sedia. Un quaderno. Non è quello su cui stava scrivendo, perché è di un altro colore.
“Torno subito” prendo il quaderno ed esco senza pensarci.

Comincio a correre nella direzione che gli ho visto prendere. Che cazzo sto facendo? Potrebbe essersi infilato in una macchina, un autobus, una casa o una via traversa. Inutile dirlo, inizia a piovere. Cerco di coprire il quaderno col grembiule, cosa che mi fa camminare in modo ridicolo. Poi finalmente lo vedo. Quanto cazzo corre?
“Hey!”
Niente.
“Hey, tu!”
Nulla.
“Fermati!”
Macché.
“Butthole surfers!”
Bingo.
Si gira e cerca qualcuno con lo sguardo. Come fa a non notare una tizia vestita da cretina che corre sotto la pioggia come il gobbo di notre dame? Finalmente mi vede. E mi guarda male.
“Hey, sei veloce!”
“…”
“Dimenticato niente?”
“Ho… messo i soldi sul tavolo” dice facendomi segno di seguirlo sotto la tenda di un negozio, per ripararci.
“Oh no, non i soldi, questo” tiro fuori il quaderno e glielo porgo. Praticamente me lo strappa dalle mani, e lo guarda.
“Era sulla sedia, magari ti è caduto dalla borsa,” spiego indicando il suo zaino, mezzo aperto “occhio che ti si bagna tutto”
Infila il quaderno nello zaino e lo richiude in fretta, poi mi guarda senza parlare.
Beh, grazie tante!
“Ecco… pensavo… mi è sembrato di capire che fosse importante per…”
“Lo è!” mi interrompe mettendomi una mano sulla spalla “È molto importante per me. Grazie… davvero” mi dice con un’aria sollevata, prendendo fiato tra una parola e l’altra, come se un attimo prima avesse smesso di respirare.
“Di niente… beh, ciao” mi giro, faccio per andarmene e non so… sarà la mia inclinazione cinematografica, ma mi immagino il tizio dei quaderni che mi dice di aspettare, si leva la camicia o estrae qualche indumento dallo zaino e me lo presta per ripararmi dalla pioggia. E io lo ringrazio, corro al ristorante, poi a casa, lavo la camicia, la stiro e da quel momento tutti i giorni la porto con me al lavoro nella speranza che ripassi a prenderla e… Invece non mi blocca nessuno, mi volto di nuovo e il ragazzo è sparito.
Ok che sei timido e carino, ma vaffanculo.

Per fortuna la tavola calda non è lontana, cinque minuti a piedi dalla nostra sala prove. Sala prove… insomma, lo scantinato di una galleria d’arte, chiamiamo le cose col loro nome! Sempre meglio di quando suonavamo nella mansarda di Stone, con sua madre che bussava per chiederci se volevamo i biscotti. Non che i biscotti non fossero buoni, eh… Appena infilo la testa sotto la saracinesca semi-abbassata del locale, la pioggerellina praticamente perenne di Seattle si trasforma in un acquazzone.

“L’ho scampata per un pelo!” esclamo entrando,accolto dalla visione del culo di Meg, intenta a lavare il pavimento.
“Hey Mac!” si gira per salutarmi togliendomi la visuale, ma il panorama di fronte è altrettanto mozzafiato.
Nonostante quel vestito di merda.
“Hey Mac!” le rispondo abbracciandola. Mike McCready e Megan McDonald, The Macs ci chiama Chris. Sempre meglio di M&Ms. Jeff sei un idiota. Ma sopratutto, perché cazzo penso a Jeff mentre una ragazza bellissima mi sta baciando? Questa settimana di prove intensive mi sta già creando dei danni psicologici.
“Hai visto Angie per caso? È uscita un minuto fa senza un perché, a quest’ora sarà un pulcino bagnato”
“Mmm no, non l’ho vista, comunque è grande, saprà cavarsela anche da sola senza mamma-Meg” le rispondo. L’unica persona degna di nota che ho incrociato è Eddie. Non avendo ancora una sistemazione, in queste notti ha fatto un po’ il randagio dividendosi tra il divano di Kelly, il nostro manager, e casa di Jeff. Stasera ha detto che sarebbe rimasto alla Potato Head e ha ricominciato a scrivere su quel cazzo di quaderno che si porta sempre appresso nel momento stesso in cui abbiamo messo giù gli strumenti. È uscito solo dopo che l’abbiamo obbligato ad andare a prendersi almeno qualcosa da mangiare, praticamente abbiamo dovuto buttarlo fuori. Ci siamo poi incrociati qui all’angolo un attimo fa, mi ha salutato con un cenno ed è corso via. Sarà passato sì e no un quarto d’ora, che cazzo può aver mangiato? Che tipo!
“Ah-ah, se io sono la mamma tu cosa sei? Il papà?” ribatte Meg riprendendo a lavare il pavimento.
“No, sono l’amico di famiglia che ci prova con sua madre e la fa bere e fumare di nascosto”
“Di nascosto eh?”
“E che passa a prendere mamma e figlia al lavoro quando fanno tardi, per proteggerle dal freddo e dai malintenzionati”
“Ecco, grazie per avermi ricordato che ci sono i malintenzionati! Mentre la mia piccola è là fuori tutta sola!”
“La tua piccola non è mai sola, ha mezza Seattle come famiglia. E secondo me Stone e Jeff le hanno nascosto addosso una trasmittente per trovarla ovunque”
“Ahahah quei due sono fuori, ne sarebbero capaci, soprattutto Stone”
“Quei due non sono mai stati normali, ma prima dell’arrivo di Angie lo erano un po’ di più… Che siano loro i veri mamma e papà?”
“Ebbene sì, lo confesso, io l’ho adottata. Inutile dire chi dei due sia il papà e chi la mamma” Meg scoppia a ridere e io assieme a lei, mentre un impiastro bagnato fradicio con il mascara, o quello che è, colato attorno agli occhi e sulle guance fa il suo ingresso nel locale.

"È arrivata la figlia adottiva!" esclamo.
“C-cosa?” Angie mi guarda male, trema di freddo.
“Niente, cazzate di Mike, dice che ti faccio da mamma, lascia perdere… Piuttosto, dove diavolo sei scappata, signorina? Sei in punizione!”
“Ho fatto la mia buona azione della giornata e questa è la ricompensa” risponde Angie indicando se stessa e il suo stato pietoso.
“Aspetta, vado a prenderti un asciugamano e a vedere se c’è una divisa in più che puoi mettere” la rassicura Meg prima di correre nel retro.
“Buona azione eh… Almeno ti hanno detto grazie?” le chiedo sedendomi sul bancone.
“Beh… sì”
“Allora la ricompensa l’hai avuta” le dico, ma non riesco a guardarla in faccia senza ridere.
“Già…” Angie prende alcuni tovaglioli di carta e se li incolla alla faccia ricoprendola tutta in stile mummia “Ecco, così sono più presentabile?”
“Ahahah sì, così sembri finalmente una persona seria”
“Grazie”
“Ma per essere veramente seria saresti dovuta passare alla galleria per sentirci suonare e conoscere colui che ti ha strappato lo scettro di cittadina new entry di Seattle”
“Hai ragione, scusa!” i due tovaglioli che si è messa sopra e sotto la bocca si muovono come un becco, ma quanto cazzo è scema? La adoro “Sono strapresa in questi giorni…”
“Sì sì, le solite scuse! Ma ti perdono, e anche Meg, tanto ci vedrete domani sera”
“Domani sera?” chiede Meg, arrivando di corsa con un grembiule bianco e un asciugamano “Scusa Angie, c’era solo la divisa di Becky Culo Secco che ehm non credo ti stia”
“Il nome dice tutto!” esclamo ridendo.
“Grazie per l’iniezione di autostima, ma quindi? Dovrei mettermi quello?” Angie chiede sollevando i tovagliolini che le coprono gli occhi “Con sotto cosa?!”
“Eh… sotto niente, che ti frega, tanto siamo in macchina con Mike”
“Cioè, dovrei uscire in mutande?”
“A parte il fatto che questo è il grembiule di Roxy…”
“Col sedere all’aria?!”
“Ma no, è enorme, ti copre quattro volte benissimo!”
“Tu sei pazza”
“Non puoi stare coi vestiti bagnati, ti prenderai un malanno”
“Madre degenere!” ribatte Angie prendendo il grembiule e misurandoselo addosso.
“E se ti ammali non puoi vederci domani sera…” ribadisco, visto che il primo amo che ho lanciato è stato ignorato.
Cazzo, cagatemi!

“Domani sera? Domani sera non possiamo, c’è il ragazzo di Angie che suona all’Off Ramp” mi risponde Meg strizzando l’occhio.
“Smettila! Non è il mio…”
“Oh, ma anche noi saremo lì” replico ridendo sotto i baffi.
“Ah ok, ci vediamo lì allora, così conosciamo questo Ed… Pensavo parlassi di vedervi suonare” dice Angie mentre si avvia in bagno sconsolata.
“Infatti, è proprio quello che faremo” dò la stoccata finale.
“Cosa?” Angie torna indietro e il tovagliolo le cade da sotto la bocca, come se le fosse cascata la mascella dallo stupore.
“Suoniamo all’Off Ramp domani sera, prima degli Alice” confermo facendo spallucce, come se fosse la cosa più normale del mondo.
“Stronzate!” esclama Meg, che mi fissa cercando un segno di cedimento nella mia espressione serissima.
“No, è vero, debuttiamo domani. Un’idea di Stone” ribadisco.
“Ma… scusa, Eddie non è qui da una settimana?” chiede Angie levandosi il resto della carta dalla faccia.
“Otto giorni,” preciso “nove domani”
“Ah beh, allora cambia tutto… Ma siete matti?” chiede Meg riponendo il secchio e gli altri attrezzi del mestiere nel ripostiglio.
“No, Stone è matto” rispondo ridendo.
“Dai, stai scherzando”
“No, giuro, è tutto vero. È strano… Abbiamo, come dire, ingranato subito e in questi giorni abbiamo già messo insieme un po’ di pezzi pronti. Stone si è reso conto che potevano bastare per un set di mezz’ora e ha buttato lì la cosa al boss dell’Off Ramp per sapere se ci fosse un buco. Il primo buco era domani e lui ha detto `Ok, tanto da qualche parte bisogna pur cominciare`. Ovviamente ci ha detto tutto a cose fatte, cioè ieri pomeriggio” spiego tutto d’un fiato.
“E non l’avete ammazzato?” Angie urla dal bagno.
“Jeff voleva spaccargli la faccia”
“Beh, quello è normale, tutte le mattine appena sveglio vuole spaccargli la faccia” commenta Meg, mentre spegne le luci della cucina e controlla che la porta sul retro sia chiusa.
“Dave credo non abbia capito un cazzo, io mi sono semplicemente cagato addosso, Eddie invece non ha fatto una piega, ma quello era ehm prevedibile…”
“Caspita, allora deve essere un tipo tosto!” Meg si mette la giacca.
“Beh… sì, a modo suo…” cerco di trovare le parole giuste, quando Angie esce dal bagno con il grembiule annodato attorno al corpo, l’asciugamano in una mano e i vestiti bagnati nell’altra, gridando:
“Toga! Toga! Toga!”
“Avevi detto basta  citazioni!” Meg la rimprovera.
“Avevo detto `oggi`. La mezzanotte è passata da un pezzo, non è più oggi, è domani, quindi posso” Angie si difende e prende un sacchetto dietro al bancone dove mettere la roba bagnata.
Di cosa cazzo stanno parlando? Queste due hanno un codice tutto loro…
“Dai, è tardi, andiamo!” Meg spegne le luci in sala e lancia la giacca ad Angie “Vedi, col gubbino nemmeno si nota”
“No infatti, sembro una normalissima ragazza con giacchino in finta pelle e uno spacco vertiginoso su una chiappa”
“Non si vede la chiappa!” la rassicura Meg mentre chiude la porta e tira giù le serranda del ristorante.
“Vieni vestita così domani, il tuo fidanzato sarà felice” le suggerisco ridendo assieme a Meg.
“Chiudi quella bocca! Camminatemi di fianco, almeno! Così mi coprite… E smettetela di ridere, stronzi!”

Appena arrivati a casa di Meg e Angie, quest’ultima si fionda sotto la doccia, lasciandomi un po’ di tempo utile da trascorrere nel migliore dei modi sul divano con la sua amica. Torna dopo una mezz’oretta, asciutta e in pigiama, ma prima si assicura di informare tutti del suo ritorno facendo molto rumore, per darci modo di ricomporci.
“Mi faccio un tè caldo e poi filo a letto, giuro!”
“Ma no, puoi restare quanto vuoi Angie, fa’ come se fossi a casa tua” le dico avvicinandomi al frigo e prendendomi una birra, mentre Angie mette la sua tazza nel microonde.
“Comunque non ci hai detto com’è” dice Meg, che nel frattempo si è distesa sul divano, solleva le gambe per permettermi di sedermi di nuovo, per poi allungarle sulle mie ginocchia.
“Chi?”
“Come chi?”
“Eddie,” spiega Angie “vogliamo sapere!”
“Beh, ecco… è un tipo particolare” rispondo cercando di capire come cazzo fare a descrivere a parole un soggetto del genere. Quel tipo va conosciuto, punto.
“Grazie tante, qualcosa di meno vago? È simpatico?” chiede Angie.
“Sì, suppongo sia simpatico! Ed è molto gentile, quando è arrivato si è presentato anche con dei regali” ripenso alla faccia di Stone quando ha visto i disegni e i collage che Ed ha fatto per noi con le sue mani. Se avessi avuto uno specchio davanti potrei ripensare anche alla mia di espressione, ma quella posso solo immaginarla. Erano bellissimi, per carità, ma per noi che siamo abituati ad avere a che fare con tossici, alcolizzati e altri animali che gravitano nella scena musicale cittadina, è stato un piccolo shock.
“Supponi sia simpatico?” chiede Meg con lo sguardo perplesso.
“No, lo è! È solo che… dobbiamo ancora conoscerci bene, non ci ho parlato molto. Beh in realtà, nessuno ci è riuscito… cioè, nessuno ha ancora avuto modo, a parte Jeff”
“Beh, dovete sciogliervi un po’, è normale. Comunque se Stone ha organizzato una data, vuol dire che siete affiatati” osserva Angie mentre fa su e giù con la bustina di tè nella tazza.
“Sì, quando suoniamo siamo in sintonia! Dobbiamo lavorare ehm sul resto…”
“Parla chiaro: questo tizio vi piace o non vi piace?” chiede Meg puntandomi un piede sul petto.
“Ci piace, ci piace! È solo… è… è un po’ come te” rispondo guardando Angie, che fa cadere la bustina con tutto il filo nella tazza.
“Merda! Che vuol dire come me? È un nerd in sovrappeso?”
“No, è solo… timido” spiego, anche se `timido` non rende l’idea. Angie è timida, Eddie è proprio nel suo mondo. Ma non nel senso tossico del termine, come Krusen. La voce di Ed l’ho sentita bene solo quando canta, quando non suoniamo si piazza in un angolo col suo quadernetto sulle ginocchia come per non voler dare troppo fastidio, il 90% del tempo si fissa le punte delle scarpe…

“Pensate a Eddie che incontra Angie…” aveva detto Stone un paio di sere fa davanti a una birra con me e Jeff “Cazzo, l’incontro definitivo! Non voglio perdermi la scena per nulla al mondo”
“Faranno a gara a chi parla più piano” avevo aggiunto ridendo.
“Che idioti! Invece secondo me andranno d’accordo” aveva ribattuto Jeff.
“Ah certo, si divertiranno un sacco insieme, a fare il gioco del silenzio!” Stone continuava a ridere rivolgendosi a me “Immagina Angie ed Ed chiusi in una stanza vuota: il vuoto pneumatico!”
“Ahah seduti in due angoli opposti, con le mani sulle ginocchia a contare le piastrelle del pavimento…” ho rincarato la dose.
“Scommettiamo che invece parlano?” aveva detto di punto in bianco Jeff piazzando 10 dollari sul tavolo.
“Va beh, se proprio non ci tieni a questa banconota, ci sto!” avevo risposto, stessa cosa per Stone.
Sì, scommettiamo sulla pelle altrui, siamo persone orribili.

"Oh cazzo, io sono un disastro coi timidi!" risponde Angie mentre schiaccia la bustina nella tazza con un cucchiaino e io pregusto la vittoria.
“Beh, ma scusa, non vedo cosa ci sia di strano. È da solo in una città nuova con un gruppo di sconosciuti, deve solo ambientarsi. Come ha fatto Angie!” commenta Meg.
Angie in confronto a Ed è un’animatrice da villaggio turistico.
“Sì… infatti. Poi dipende. Ad esempio, con Jeff socializza di più, a parte il fatto che spesso dorme da lui, hanno più argomenti in comune: il surf, il basket, l’arte…” un padre da cui sono scappati a gambe levate, ma questa parte della storia preferisco ometterla.
“Povero Stone, chissà com’è geloso!” dice Angie buttando la bustina e soffiando su tè prima di fare il primo sorso.
“Sicuramente più lui di Laura!” aggiunge Meg ridendo “Ma veniamo alle cose serie: com’è Eddie?”
“… ma se te l’ho appena detto!”
“No, intendo dire, com’è esteticamente? È carino?” chiarisce Meg, facendomi il solletico sulla pancia coi piedi.
“Smettila! E comunque che ti importa? Guarda che posso essere più geloso di Stone…”
“Ahahah dai, è solo curiosità. Com’è?” chiede di nuovo.
“Beh, io non so dirlo esattamente, giudicherete voi domani. Ma credo che da un punto di vista femminile possa essere considerato un figo”
Altro che panzone con la barba. Quando è arrivato alla galleria con Jeff giuro che ho pensato a uno scherzo, poi ho pensato che Eddie avesse avuto qualche casino e avesse mandato il fratellino minore al posto suo. Quando ha aperto bocca, per modo di dire, per salutare ed è uscito quel vocione gli stavo per ridere in faccia. Ridere di me stesso, più che altro. Spero non se ne sia accorto.
“Menomale!” esclama Angie con un sospiro quasi di sollievo.
“Zitta tu, hai già Jerry!” Meg la sgrida ridendo.
“Non ho nessuno! E comunque non dicevo per quello. È che… in genere, alla lunga, sono meno timida coi belli”
“Ah ecco perché sei sempre a tuo agio con me!” esclamo.
“Ah-ah modesto!” commenta Meg avvicinandosi e facendo volare via il mio cappello.
“Dai, lo sai che scherzo. Sono orgoglioso di me stesso, l’orgoglioso detentore del titolo di Meno Figo Del Gruppo”
“Scemo…” Meg mi apostrofa così, per poi baciarmi.
“Ok… direi che è arrivato il momento di andare a bere il mio tè in camera e poi a nanna, domattina mi alzo presto” interviene Angie allontanandosi.
“Ma se domani non lavori e non hai nemmeno lezione…” le dice Meg aggrottando le soppracciglia.
“Devo sbrigare delle cose… per il progetto di scuola…”
“Ah ok,” risponde Meg poco convinta, tornando a incollare le labbra alle mie “buona notte Angioletto!”
“Notte piccioncini!”
“Notte, a domani!”

Angie si dirige in camera, ma mentre sbottono la camicia di Meg sento nuovamente avvicinarsi il suono dei suoi passi.
“Scusate! Scusate! Dimenticavo una cosa: non hai detto come vi chiamate” chiede Angie, entrando in sala con una mano davanti agli occhi.
“Ahahah puoi guardare eh! Comunque, Mookie Blaylock”
“Eh?! Mookie che? Che cazzo di nome è?” chiede Meg ridendo.
“È…”
“Un giocatore di basket dei Chicago Bulls” Angie completa la mia frase.
“E tu che ne sai?” chiediamo io e Meg in coro.
“Beh, che c’entra… anche se non me ne intendo, mi piace essere aggiornata su quello che mi sta attorno, leggo i quotidiani, guardo i telegiornali, mi informo… Va beh, buona notte!”
“Buona notte” le rispondiamo perplessi e non appena Angie chiude la porta della sua stanza riprendiamo il nostro discorso silenzioso.

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Quella ragazza stramba col sorriso strano mi ha salvato la vita. E mi avrà sicuramente preso per uno schizzato, azzeccando in pieno per altro. Angie si chiamava, mi pare. Grazie o Angelo Custode che hai salvato una settimana del mio sudatissimo lavoro! In quel quaderno ci sono anche tutte le ultime modifiche ai pezzi che dobbiamo fare domani e che fondamentalmente dovrei ancora imparare, senza sarei stato nella merda. E anche con, già ci sarò ugualmente. Quando Stone ci ha detto della data ho fatto il disinvolto, all’inizio pensavo potesse essere una sorta di test per vedere come avrei reagito. Quando ho capito che era vero ho realizzato che quel ragazzo è suonato. E ovviamente ho cominciato ad apprezzarlo di più come persona, non solo per i riff potenti che è capace di creare. Ho capito che non è solo un perfettino, ma è anche un pazzo e io vado d’accordo con i pazzi. Ciò non toglie che sono convinto che suonare dopo così poco tempo sia un suicidio, soprattutto vista la situazione, col corpo di Andy Wood ancora caldo negli occhi, nel cuore e nelle orecchie della gente di Seattle.
Non avevo capito quanto fosse grossa la cosa finché, qualche giorno dopo aver spedito la cassetta, cazzeggiando sulla spiaggia col mio amico Craig, mi capitò tra le mani una copia di Rolling Stone. C’era un articolo dal titolo `Il meglio di Seattle`, o una stronzata del genere, e tra i gruppi citati c’erano i Mother Love Bone. Con tanto di mini-intervista di un paio di domande a Jeff, in cui spiegava che ora cercavano un nuovo cantante per un progetto completamente nuovo.
“Cazzo” pensai “sono loro. Mmm forse avrei dovuto dedicare più attenzione a quel demo… scrivere qualcosa di più efficace, cantare meglio o per lo meno usare una cassetta vergine, anziché riciclare un greatest hits sbianchettato. Va beh, ormai è fatta”
Alla fine è andata bene. O male, lo sapremo domani. Sui miei colleghi non ho dubbi, il feeling c’è. Almeno quando suoniamo. Con Jeff siamo sulla stessa lunghezza d’onda anche al di fuori delle prove, avevamo legato già al telefono. Dave non l’ho ancora inquadrato, mi sembra un po’ distratto, dopotutto ha un figlio in arrivo e, da quel che ho capito, altri problemi che bollono in pentola. Ma chi non ne ha. Stone comincia appunto a piacermi adesso, forse mi sto anche lentamente abituando al suo umorismo. Mike devo ancora inquadrarlo bene, quando l’ho incontrato la prima volta era sorridente, molto sorridente, troppo. Rideva e non sapevo se ridere anch’io o picchiarlo. Ho optato per la prima.
Di loro mi fido, i miei dubbi sono sul pubblico. E se questi si aspettano un altro frontman sculettante col boa di struzzo e lo spandex? E poi si vedono arrivare sul palco uno come me. Come minimo mi bersagliano di monetine. E quello sarebbe il migliore dei casi, almeno potrei tirare su qualche quarto di dollaro per chiamare casa e dire che sto tornando.
Ma chiamare chi?
Beth?

Pensare, non necessariamente a lei, ma anche solo al suo nome, mi fa tremare. Molto più della pioggia che ho preso e che mi sono scrollato di dosso con un asciugamano e un cambio di vestiti. Sono brividi di paura, paura di perderla, di rimanere solo, dopo tutti questi anni.
Adesso siamo in`pausa di decantazione`, così l’ha definita Beth. Un modo alternativo e quasi poetico per dire `Mi hai rotto i coglioni`.
È stata tutta colpa mia.
Come ho osato pensare che, dopo quasi sette anni, sarebbe stato carino vivere insieme, anziché alternarsi tra il suo bungalow di Mission Beach e il mio monolocale? Dopotutto, è facile sopportare uno che lavora di notte, surfa all’alba, scrive canzoni al mattino e di giorno dorme, ma solo se non ci vivi assieme! Come ho potuto prendere in affitto una casa per noi due, sulla spiaggia, come piace a lei, senza dirle niente? Come ho potuto pensare che bastasse questo a farle dimenticare quanto sono stato insopportabile da quando ho chiuso coi Bad Radio? Sono uno stronzo.

Quella mattina in cui non ho preso neanche un’onda… quando sono uscito dall’acqua, con la fretta di tornare a casa e buttare giù tutte le emozioni che mi avevano investito di colpo, tutto quello che ho poi riversato nel demo per Jeff e Stone, per un paio di minuti buoni ho corso nella direzione sbagliata, verso casa sua, senza pensarci. Quando me ne sono accorto è stato come ricevere una portiera in faccia da un bastardo che la apre senza guardare, stavo quasi per cadere a gambe all’aria sulla sabbia. I miei nervi erano già abbastanza scoperti e il peso di quell’assenza, crollatomi di schianto sulle spalle, non ha fatto altro che alimentare la rabbia che avevo dentro, da anni apparentemente sopita, agevolandone l’eruzione. Se sono riuscito a incanalarla in qualcosa di non immediatamente distruttivo lo devo solo alla musica di Stone e Jeff.

Quando mi hanno richiamato e mi hanno proposto di venire qui a Seattle, mi sono sentito in dovere di dirlo a Beth.
Cazzate.
Speravo solo che sapere della mia partenza le facesse cambiare idea, che magari mi seguisse, come aveva fatto tanti anni prima, da Chicago a San Diego, quand’era ancora una ragazzina. Adesso però è una donna, in carriera, con una laurea in tasca, perché mai dovrebbe venire dietro a un barbone che ha mollato il liceo?
“È fantastico Eddie! Sono felice per te,” mi ha detto una sera al Bacchanal “e poi credo sia un bene anche per noi… abbiamo bisogno di stare lontani, per davvero, non come ora, che ci incrociamo in continuazione ovunque. Una pausa non può farci che bene, per riflettere”

Pausa un cazzo! La prossima settimana torno a San Diego per sistemare le cose sul lavoro, cioè fare le ultime tre settimane che gli devo, cercare di recuperare i sei mesi di affitto anticipato che ho versato per quella casa maledetta, recuperare la macchina, prendere di peso la mia ragazza e portarla qui.
Ecco. Ora sono abbastanza incazzato per poter scrivere qualcosa di decente.

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"Non posso credere che lo sto facendo davvero" me lo ripeto credo per la ventesima volta, mentre siedo su una panchina alla fermata dell’autobus che sta esattamente sotto casa di Jerry.
Beh in fondo cosa sto facendo? Sono venuta qui dal fotografo per portargli un rullino da far sviluppare, le foto degli ipotetici set per il progetto scolastico. Qui, da un fotografo che sta dall’altra parte della città rispetto a dove abito. E allora? Sono venuta da lui perché è bravo, costa meno, è più veloce, e qualche altra cazzata simile. È plausibile no? Insomma, io ci crederei.
“Non posso credere che lo sto facendo davvero”
Ventuno.
Magari non è neanche in casa, magari ha dormito da qualche sua `amica`. Beh dovrà pur tornare prima o poi. E se si sveglia tardi ed esce ancora più tardi? A un certo punto deve uscire per forza, stasera suona. Stasera?! E io sto qui fino a stasera? Ho avuto proprio un’idea del cazzo.
Le idee che ti vengono quando ti guardi allo specchio struccata con un asciugamano in testa e porti una toga sono sempre idee di merda, è risaputo. Però, a livello teorico sembrava un buon piano. Insomma, accettare apertamente un suo invito a uscire sarebbe compromettente, soprattutto senza avere la certezza circa le sue intenzioni. Chiedergli IO di uscire? È fuori discussione, fuori dal mondo. Ma… se ci incontrassimo casualmente per strada? A quel punto, dopo aver scambiato due chiacchiere, proporre di farlo con più calma davanti a una tazza di caffè sarebbe del tutto naturale. Niente implicazioni strane. E quindi non resta che aspettare un incontro casuale…
O crearlo ad arte.

L’ennesimo autobus si ferma per farmi salire, ma io faccio segno che no, non devo prenderlo e sì, può proseguire senza di me. E se Jerry è alla finestra e sta ridendo di me da ore? No, impossibile, qui non può vedermi. Il portone del suo palazzo si apre, come le altre volte guardo la vetrina del negozio di fronte per sbirciare il riflesso di chi è uscito. Come le altre volte non è Jerry. Uff. Carine quelle cose in vetrina, per chi ha un fisico tale da potersele permettere. Certo che piazzare un negozio di lingerie sotto casa di Jerry… è come mettere un centro trasfusionale di fronte al castello di Dracula.
Il portone si apre di nuovo, guardo di nuovo il riflesso nella vetrina, ma tanto… Cazzo. È lui!
Mi accendo una sigaretta con nonchalance mentre con la coda dell’occhio vedo che si avvicina con passo veloce e di colpo si ferma, per poi riprendere a camminare lentamente verso di me.

"Angie?"
“Oh Jerry? Ciao!” alzo lo sguardo e scatto in piedi, cercando di recitare al meglio la mia parte di donna stupita “Cosa ci fai qui?”
“Ehm veramente ci abito” mi dice dopo avermi abbracciata, sedendosi poi insieme a me.
“Abiti su questa panchina?”
“Ahah no, in questo condominio qui.” mi indica casa sua “Tu invece che ci fai da queste parti?”
“Io? Io dovevo far sviluppare delle foto… e qui sono veloci, infatti me le hanno già date!”
“Mmm che foto? Foto sexy? Nel caso voglio vederle” mi chiede con il suo solito occhiolino.
“Eheh nooo, foto di Seattle… sono per l’università…”
“Beh, potrei vederle ugualmente?” mi chiede.
“Ehm certo, ma non c’è un granché da vedere, sono foto di ambienti” gli dico mostrandogliele.
“A me non sembrano niente male,” commenta “sei brava! Se ti va male col cinema, hai un’altra carriera di riserva”
“Oddio, spero di no, un fotografo in famiglia basta e avanza” replico, Jerry fa una faccia perplessa, allora spiego “Mio padre, fa il fotografo freelance”
“Ah ecco! Allora il talento sta nei geni”
“Sì… beh, forse”
“Davvero non sapevi che vivo qui? Non sei mai stata da me?”
“Eh no…”
“Dovremo colmare questa lacuna un giorno o l’altro… Ora che fai? Aspetti l’autobus? Se vuoi ti dò uno strappo io, tanto devo andare in centro” mi propone rialzandosi. Ecco, deve andare in centro, avrà un altro impegno, sicuramente un appuntamento con un’altra. Sono una cretina.
“Ah ok, se sei di strada… volentieri, sei gentile”
“Figurati, mi fa piacere!”
“Che devi fare in centro?” non so come mi sia uscita questa domanda, eppure mi è uscita. Ma saranno cazzi suoi, no?
“Oh devo vedere Susan con gli altri della band,” spiega mentre saliamo in macchina “per fare il punto sul programma delle prossime date”
“Ah!” spero che dalla mia esclamazione non traspaia troppo chiaramente la gioia nel sapere che non si vede con una ragazza, ma con il suo manager… che poi è una ragazza, ma non una ragazza minacciosa.
“E già, tra poco ricominceremo ad andare in giro, non vedo l’ ora”
“A proposito, come sta andando l’album? Ormai è fuori da un paio di mesi”
“Bene! Insomma, né bene né male. Sta carburando lentamente, diciamo così”
“Beh ma il singolo si sente un sacco alla radio” osservo.
“Quello sì, comunque è normale. Non abbiamo ancora fatto un vero tour, né una promozione seria…” si volta verso di me mentre siamo fermi a un semaforo “Per il prossimo singolo Susan ha parlato di fare un video… Tu come la vedi? Non pensi che vendiamo il culo a Mtv, vero?”
“No che non lo penso! Lo sai come la penso su questo tema”
“Ripetimelo” mi chiede sorridendo.
“Che fare un video, un’intervista o firmare con una major per me non significa vendersi. Tradire la propria arte snaturarla per adattarla alle aspettative del pubblico, quello è vendere il culo. Se tu sei fedele a te stesso e al tuo talento, puoi anche fare un tour con Madonna per quanto mi riguarda e avrai sempre e comunque il mio rispetto. E comunque è verde”
“Cosa?”
“Il semaforo è verde, ti stanno suonando dietro da un pezzo.” gli faccio notare e lui riparte al volo “Ma poi, scusa, chiedi proprio a me dei video, ti sei dimenticato cosa faccio nella vita? Un videoclip può essere un ottimo strumento per amplificare il messaggio di una canzone o dare una diversa chiave di lettura, non è solo uno spot per le band. Poi ovviamente dipende da come lo si fa…”
“Quando sarà il momento di realizzarlo farò il tuo nome allora!”
“Ahahah non credo di averne le competenze, Jerry”
“Scherzi, si vede certa merda su Mtv! Tu saresti fin troppo professionale”
“Cosa c’entra? Se è per questo si sente anche tanta musica di merda, ma non significa che io sia pronta per buttarmi nella carriera di cantante!”
“Perché no? Guarda che sei intonata”
“Ahahah certo!”
“Giuro, con qualche lezione di canto, con la respirazione giusta…”
“Ma per favore!”
“Come debutto fai un feat con me”
“Sarà un successo!”
“Io te e Madonna”
“Wow, che trio”
“Il reggiseno a cono lo metto io però”
“Te lo cedo volentieri ahahah”
Non si può dire che con Jerry non si rida. È valsa la pena passare una mattinata intera su quella panchina, passando probabilmente per una spacciatrice, anche solo per questo viaggio in macchina con lui. Beh, insomma…

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Giuro che quando me la sono ritrovata sotto casa su quella panchina ero convinto di stare ancora sognando. Mi sono dato persino un pizzicotto per verificare. Invece è tutto vero, sono in macchina con lei a parlare di stronzate e sono l’uomo più felice di questa terra.
Peccato che siamo già arrivati.

“Allora, io parcheggio qui, poi ci facciamo un pezzetto a piedi fino all’ufficio, ok? Cioè, io vado lì, poi non so tu, magari hai altro da fare…”
“No no, non ho impegni… ti accompagno volentieri e poi vado a casa” mi risponde scendendo dalla macchina.
“Posso anche portarti a casa adesso se vuoi, in macchina, poi torno qui”
“Ma no, non ti disturbare! Poi camminare mi fa bene…”
“Davvero, ci metto un attimo”
“No dai, sul serio, facciamo due passi… ma a che ora devi essere nell’ufficio di Susan?”
“Alle tre”
“Oh tra solo venti minuti…” constata guardando il suo orologio.
“Guarda che faccio in tempo, ci metto dieci minuti ad accompagnarti e tornare qui” insisto, forse troppo… in fondo se andiamo a piedi anziché in macchina staremo più tempo insieme. E allora sono un coglione.
“No, non te lo chiedevo per quello”
“E allora perché?” un grosso punto interrogativo compare sulla mia faccia mentre iniziamo ad allontanarci dalla macchina.
“No, niente…”
“Dai, dimmi”
“No, è che…” si mette a giocare con la sua collana e guarda per terra. Da dove viene poi quella collana? “Beh, mi è venuta voglia di un caffè e se non avessi da fare mi potresti fare compagnia. Ma devi andare, perciò nulla di fatto… tranquillo”
Signore, non ho la più pallida idea di cosa possa aver fatto di buono ultimamente per meritarmi questa botta di culo esagerata, e sinceramente dubito anche della tua esistenza, ma grazie sulla fiducia!
Per sicurezza mi dò un altro pizzicotto.
“Certo che ti faccio compagnia! Andiamo”
“Ma, fai tardi…”
“No se ci diamo una mossa, vieni!” la prendo per un braccio (perché prenderla per mano mi pare troppo azzardato e non voglio sfidare la sorte) e comincio a correre con lei come un dannato, fino a un piccolo caffè proprio sotto l’ufficio di Silver.

“Non vorrei farti arrivare in ritardo poi chi la sente Susan!” mi dice mentre ci sediamo a un tavolino accanto alla vetrina.
“La sento io, quindi tu non hai nulla da temere” le rispondo, mentre mi accorgo che il tavolino è proprio piccolo e le nostre ginocchia si sfiorano inevitabilmente.
“Ma…”
“Niente ma. Poi io sono solo il chitarrista, non conto niente, posso anche tardare un po’”
“Piantala, sei fondamentale!”
“Grazie… mi hanno fatto tanti complimenti nella vita, ma `fondamentale` mi mancava” rispondo e mi becco una sberla sul braccio, un attimo dopo ecco che arrivano i nostri caffè.
“Mmm buono, ci voleva… comunque, quando dovreste iniziare? Col tour intendo” mi chiede dopo un primo sorso.
“Tra novembre e dicembre faremo qualche data e un po’ di promozione, col tour vero e proprio partiremo dall’anno prossimo, gennaio o febbraio, lo scoprirò con esattezza più tardi” le spiego.
“Sei felice, vero?” mi chiede con un sorrisone che mi fa quasi sciogliere.
“Eccome! Fosse per me partirei subito, almeno per una volta avrei qualcosa da fare per il Ringraziamento e per Natale”
Ops, è sparito il sorriso.
“Jerry…” mi dice appoggiando una mano sulla mia.
“Nah, tranquilla! Al limite mi posso autoinvitare dai tuoi. Tu tornerai a casa, vero?”
“Ahah vieni pure! A Natale di sicuro, per il Ringraziamento non lo so” Angie lascia la mia mano.
“Allora vengo a Natale, deciso. Però mi devi mostrare tutte le foto di quando eri piccola”
“Oddio, ritiro l’invito! E comunque ti servirebbero almeno tre natali per vederle tutte, mio padre… si lascia sempre prendere la mano”
“Perché il soggetto merita”
“Certo…”

"Aspetta solo un secondo, torno subito, non ti muovere!" intravedo Layne attraverso il vetro e corro a intercettarlo.
“Hey Jerry, andia…”
“Dì a Susan che arrivo un’ora dopo”
“Ciao anche a te… Sei pazzo? Quella ti uccide”
“Infatti dopo che le avrai detto così, io arriverò tra mezz’ora e farò la figura di quello che ha fatto di tutto per arrivare puntuale”
“Sei un genio. E che devi fare di così importante?” mi chiede levandosi gli occhiali da sole.
“Sono con qualcuno”
“Jerry!”
“Qualcuno di MOLTO importante” gli indico la vetrina del caffè, vede Angie e si fanno ciao-ciao con la mano come due bambini.
“Adesso capisco perché sei arrivato scodinzolando!” mi dice ridendo “Vai, muoviti!”
Torno al caffè, mentre lui sale dal grande capo.
“Abbiamo mezz’ora, dici che basta?” chiedo a Angie.
“Ce la facciamo bastare” mi risponde bevendo un altro sorso.
La mezz’ora più veloce della mia vita.

"Beh, grazie del passaggio e della compagnia… e del caffè, però non è giusto, ti ho invitato io, spettava a me offrire" mi dice tendendo il broncio, mentre mi accompagna fino al portone.
“Ma il posto l’ho scelto io, perciò ho offerto io!” ribatto mettendole un braccio attorno alle spalle.
“Uff, per questa volta passi. Ok… allora vado”
“Eheh vado anch’io, al patibolo”
“Esagerato!”
“Non esagero! Comunque… ne è valsa la pena” le dico guardandola negli occhi. Mi aspetto che Angie distolga lo sguardo come al solito, ma non lo fa, se non dopo un’eternità. Forse dovevo fare qualcosa, dovevo baciarla! Sono un coglione.
“Sì, non è stato male, magari potremmo rifarlo, qualche volta… Ciao Jerry, a stasera!”
“A stasera! E porta la videocamera, così ti alleni per Mtv!” è scappata così velocemente che dubito mi abbia sentito.

Fammi pure il culo Susan, ne è valsa la pena.

La cosa più fastidiosa dell’avere una vita sociale è che vestirsi comincia a diventare un problema. Se poi c’è di mezzo anche qualcuno che ti piace è la fine. Stamattina ci ho messo un’ora per decidere cosa mettere per andare a fare la posta sotto casa di Jerry, un’ora per elaborare un look ricercatissimo: un paio di jeans e una maglietta. Arricchito però dal ciondolo che mi ha regalato mamma per il mio compleanno e un velo di lucidalabbra, oltre alla mia solita matita nera stile pugno-nell’-occhio. Per fortuna quando sono uscita Meg dormiva ancora, altrimenti avrebbe capito al volo che c’era qualcosa sotto. Ora devo cambiarmi, una legge non scritta dice che non posso farmi vedere da Jerry vestita allo stesso modo, ma allo stesso tempo non voglio dargli l’impressione di farmi `bella` per lui. Poi è anche il primo concerto dei ragazzi, è un evento, non richiede di certo l’abito da sera, ma non voglio neanche dare l’idea che non me ne freghi niente. E come se non bastasse ci sarà questo Eddie, che non mi conosce. Non voglio che mi inquadri subito come la sfigata della compagnia, ma non voglio neanche indossare una maschera che non mi appartiene e spacciarmi per quella che non sono.
Insomma Jerry, la band, Eddie… ci sono troppe variabili in questa serata e io non so che cazzo mettermi! Calma, in fondo non è difficile, devo solo trovare un look che dica: `Hey, sono a mio agio con me stessa!`… mi faranno entrare all’Off Ramp con la testa infilata in un sacchetto di carta?

Metto via un paio di jeans che non uso mai perché troppo stretti, che secondo Meg mi fanno un bel culo. In realtà sono pantaloni che mettevo in seconda media e che ho buttato per sbaglio in valigia quando sono venuta a Seattle. Bei tempi quelli della seconda media, quand’ero molto più magra e avevo solo due amici, Sean e Dina, che se ne sbattevano di come mi vestivo.
Frugando nell’armadio mi ritrovo per le mani un altro capo collegato a Meg: un vestito, l’unico che abbia mai avuto, a parte quello del ballo della scuola. È il classico vestitino che si vede in giro adesso, nero a fiori, corto. Troppo corto, almeno per i miei standard. L’ho preso in un negozio dell’usato, su suggerimento di Meg… suggerimento… mi ha obbligata a provarlo e a comprarlo, secondo lei ero uno schianto e ha detto che saremmo rimaste lì finché non l’avessi preso e che se non l’avessi fatto l’avrebbe comprato lei per me. Ovviamente mai messo.
Lo tiro fuori dall’armadio, lo appoggio sul letto e lo guardo. In un momento di follia decido di provarlo. Mi arriva un po’ sopra il ginocchio: decisamente troppo corto. E ha una scollatura a V sul davanti, tutto sommato modesta, ma decisamente audace per le mie abitudini. A questo punto il mio cervello inizia a fare quello che non deve fare, cioè pensare, e comincia a elaborare soluzioni per rendere il vestito più Angie-friendly. Con calze scure, anfibi e sciarpa al collo direi che posso quasi guardarmi allo specchio senza diventare bordeaux. Ho detto quasi.

Sono ancora lì davanti allo specchio a cercare di capire se sorridere o vomitare, quando suonano alla porta. Deve essere Matt. L’ho incontrato rientrando, mi ha chiesto di stasera e quando ha saputo che non avevo un passaggio e sarei venuta da sola con la mia macchina si è offerto di accompagnarmi. Perché nessuno si fida della mia Mini?!
Vado ad aprire e l’espressione di Matt quando mi vede è sufficiente a farmi capire cosa devo fare.
“Allora, sei pronta? Andiamo!” mi dice rimanendo sulla porta.
“Ehm no, non ancora, devo… devo ancora vestirmi!”
“Non sei già vestita? E anche bene, mi pare. Dai che siamo già in ritardo”
“Cosa? Questo? Nah, questo… lo stavo provando per… per una cosa di scuola, sì! Dobbiamo fare un cortometraggio e… penso che potrebbe andare bene per una scena. Sì! È perfetto! All’attrice starà benissimo. Ora vado a cambiarmi, entra e accomodati, arrivo subito!”
Torno in camera mia e ripiego sulla mia rassicurante salopette nera da concerto, scarpe da ginnastica e una maglia viola a maniche lunghe.
“Eccomi! Possiamo andare” esclamo prendendo la giacca, la mia tracolla e la borsa con la telecamera.
Matt si alza dal divano e mi segue fuori dalla porta, ridendo e scuotendo la testa.
“Che c’è?” gli chiedo mentre percorriamo il corridoio.
“Ahah niente, è che in genere si è abituati ad assistere alla scena inversa”
“Cioè?”
“Una ragazza che da normale si prepara e diventa più carina. Tu invece hai fatto l’opposto” spiega continuando a sogghignare.
“Non fa ridere”
“Dove vai?” mi chiede mentre chiama l’ascensore.
“Scendo, ci vediamo giù”
gli rispondo avviandomi verso le scale. Ormai dovrebbe saperlo, lo sanno tutti, Chris ha sparso la voce in tutta Seattle.
“Ancora con la storia dell’ascensore? Dai, ormai sei grande”
“Cosa c’entra l’età con le fobie?” gli chiedo tornando indietro.
“Beh, direi che è ora di cominciare ad affrontarle, no? Dai, vieni” l’ascensore arriva al piano e lui mi invita a seguirlo.
Faccio segno di no con la testa.
“Dai, su! È anche spazioso, non è piccolo. E sono solo quattro piani, non è lo Space Needle” allunga una mano verso di me.
Faccio ancora segno di no, ma con meno convinzione.
“Ci sono io con te, non sei da sola! E poi, pensa alla soddisfazione quando uscirai, potrai dire `Ce l’ho fatta, se ho fatto questo posso fare qualsiasi cosa`! Vieni qui, dai”
“Non è una camminata sui carboni ardenti, Matt”
“Appunto, è più facile, muoviti!”
Riluttante lo seguo sull’ascensore. Effettivamente è grande, non dà un eccessivo senso di claustrofobia. Almeno finché non si chiudono le porte. Poi comincia a scendere ed ecco anche il tuffo allo stomaco. Senza accorgermene mi ritrovo aggrappata al braccio di Matt.
“Ahi! Mi stai conficcando le unghie nella carne” si lamenta, allora allento la presa, mentre dal display interno constato che siamo al terzo piano. Solo? Fisso il numerino luminoso e tiro un sospiro di sollievo quando diventa un 2.
“Vedi, siamo a metà strada” mi dice Matt sorridendomi non direttamente, ma guardandomi attraverso lo specchio posto su uno dei lati dell’ascensore.
Il due diventa un 1.
“Ci siamo qua…” non faccio in tempo a finire la frase, l’ascensore si blocca.
“Che succede?” chiedo, anche se so già la risposta. Gli dèi mi stanno punendo.
“Ci siamo fermati” risponde alzando le spalle.
“Grazie, questo lo vedo, ma non siamo ancora arrivati, quindi perché siamo fermi, Matt?”
“A volte capita, non c’è nulla da temere” farfuglia mentre prova a premere di nuovo il pulsante del piano terra.
“Nulla da temere?”
“Sì, mi è già capitato, a volte basta schiacciare ancora il pulsante, può anche ripartire da solo dopo qualche minuto” spiega tranquillamente.
“Cioè, questo ascensore di merda si blocca in continuazione e tu mi ci hai fatto salire?!” non sto propriamente urlando, ma quasi. Non voglio urlare, urlare richiede più ossigeno e io comincio già a sentirlo scarseggiare.
“Stai tranquilla, se non riparte tra cinque minuti premo il pulsante d’allarme”
“Cinque minuti?! Io sarò morta tra cinque minuti!” adesso sì, urlo, gli urlo in faccia mentre lo strattono per la maglietta.
“Ahahah calmati, non c’è nessun pericolo!”
“Calmarmi? Io sto per avere un attacco di panico, brutto idiota!”
“Ahahah sai che dire `sto per avere un attacco di panico` è il modo migliore per farsene venire uno”
“Non ridere! E se finisce l’aria?”
“Non finisce, ci sono le prese d’aria, ce n’è quanta ne vuoi” cerca di smettere di ridere e parlare seriamente per rassicurarmi.
“E se precipitiamo?”
“Siamo al primo piano, non ci facciamo troppo male”
“Matt!”
“Scherzavo!”
“Non farlo”
“Non possiamo precipitare, ci sono i freni di sicurezza”
“Esistono davvero o te li stai inventando?” gli chiedo mollando la presa sulla sua maglietta, cercando di respirare piano e profondamente.
“Esistono, giuro! Mmm direi che non riparte. Facciamo così, ora suono l’allarme così qualcuno chiamerà i tecnici e ci tireranno fuori in pochi minuti, ok?”
“Ok”
“E stai tranquilla, non c’è nulla di cui aver paura. Tranne di Stone, incazzato perché arriveremo in ritardo” mi dice sorridendo.
“Cazzo” improvvisamente la prospettiva di morire qui dentro non sembra la peggiore.

Fortunatamente Randy, il cuoco del primo piano innamorato di Meg, raccoglie la nostra richiesta di aiuto e chiama gli addetti alla manutenzione. Evidentemente ci deve essere stata una pandemia nel mondo degli ascensori stasera a Seattle, perché hanno detto che manderanno qualcuno non prima di 30/45 minuti. Avremmo dovuto dire che c’era anche Meg con noi e azzardare un’imitazione, a quest’ora Randy ci avrebbe liberati a mani nude. Invece siamo bloccati qui e Matt non sa più cosa inventarsi per intrattenermi e distogliermi dal pensiero di trovarmi in un cubo di metallo sospeso nel vuoto. A un certo punto, per la disperazione, se ne esce con l’idea di giocare a Obbligo o Verità, che per motivi logistici diventa solo Verità e che alla fine per motivi a me ignoti si evolve in Angie-che-racconta-dei-suoi-ex.

Ci sediamo uno di fronte all’altra.
“Sean? Sean il tuo amico, quello che è in Florida a studiare i pesci?”
“Biologia marina, sì, lui”
“È stato il tuo primo ragazzo?”
“È stato il mio primo tutto: primo amico, primo bacio, primo ragazzo, primo… ehm primo tutto”
“Wow! E quanti anni avevi?”
“Quasi 15”
“Cosa?!” Matt mi guarda come se un alieno mi fosse appena uscito dal naso.
“Che c’è?”
“Quasi 15 il primo bacio o il primo… tutto?”
“Entrambi…”
“Oh mio dio, a 14 anni!” l’alieno ha appena partorito un altro piccolo alieno.
“Quasi 15! Che problema c’è? Un minuto fa mi hai raccontato di aver perso la verginità a 13 anni con la ragazza di 17 che ti dava ripetizioni e io non ho battuto ciglio!” ribatto.
“Scusa, è che… boh non me l’aspettavo, non ti facevo così… precoce”
“Ovvio, la nerd a 14 anni al massimo leggeva i fumetti…”
“Non erano quasi 15? E non volevo dire quello… e perché è finita e siete tornati solo amici?”
“Perché non avevamo mai smesso di esserlo, eravamo solo due amici che fondamentalmente non avevano nessun altro. Non era stare insieme era… ehm sperimentare, scoprire cose. Dopo un po’ abbiamo semplicemente smesso”
“Capito… Il secondo?”
“Martin, a 15 anni”
“Ah ecco perché hai interrotto la sperimentazione, hai rimpiazzato la cavia” commenta ridendo.
“Idiota”
“Dai, scherzo! Dimmi di Martin”
“Martin era perfetto, era come me, solo più secchione. Stessi interessi, stessi gusti musicali, stesso disgusto per il prossimo. In più era carino e romantico e faceva qualsiasi cosa per me”
“La storia perfetta!”
“No, perché non ero minimamente attratta da lui”
“Cosa? Non hai detto che era carino?”
“Lo era, tuttavia non provavo la minima attrazione per Martin. Ma ero molto attratta dall’idea di avere un ragazzo, uno vero, non un compagno di esperimenti. Allora ci sono stata insieme lo stesso. Credo sia la cosa più meschina mai fatta in vita mia”
“Ahahah dai, c’è di peggio! Quando hai mollato Martin?”
“Non ne ho avuto il coraggio! Ho aspettato la fine della scuola, lui è andato al college e la cosa è finita da sé”
“Cazzo, Martin era un senior!”
“Sì, ma non per l’anagrafe. Era solo una specie di genio della matematica, si è diplomato con due o tre anni di anticipo ed è andato a studiare a Los Angeles”
“Scherzi?”
“No, giuro! Probabilmente ora sarà già laureato”
“Wow! E il numero tre?”
“Il numero tre era uno stronzo di nome Drake” rispondo stringendo i pugni. Questo gioco sta riuscendo davvero a farmi dimenticare la mia claustrofobia, ricordandomi tutti gli errori della mia tragica esistenza.
“Oh oh, che ha combinato Drake?”
“Drake è la persona più falsa e opportunista che io abbia mai conosciuto”
“Spiegati”
“Drake era… il quarterback della squadra di football della scuola” comincio a raccontare e Matt inizia a ridere come un idiota “Cosa?”
“E tu saresti la nerd sfigata della scuola? Col QUARTERBACK?! Eri una fottuta ragazza popolare, cocca!”
“No, non lo ero, è proprio questo il punto. Nessuno… nessuno lo sapeva”
“Eh?” mi chiede con aria incredula smettendo di ridere.
“Stavamo insieme di nascosto… Diciamo che faceva un sacco di cose di nascosto, aveva tutta una vita parallela segreta. Per esempio, era intelligente e amava leggere, invece a scuola faceva finta di essere una capra che per andare avanti aveva bisogno di professori conniventi e di compagni più svegli che facessero i suoi compiti”
“Suppongo che tu fossi fra i compagni svegli, giusto?”
“Giusto, l’ho conosciuto così… A un certo punto credo fosse stufo di fingere sempre e si è aperto con me, forse perché ha sentito di potersi fidare… e probabilmente perché non avevo nessuno a cui raccontarlo o comunque nessuno che mi avrebbe creduta”
“E quindi stavate insieme in segreto?”
“Già, ci vedevamo solo a casa mia o sua, non uscivamo mai e a scuola ci comportavamo come nulla fosse”
“Perché cazzo stavi con uno del genere?”
“Ti ho mai parlato di quanto mi piacesse l’idea di avere un ragazzo?”
“Oddio, non mettere a confronto il povero Martin con questa merda umana!”
“Fai il tifo per Martin eh? Probabilmente a quest’ora starà già lavorando per la Nasa o qualche società informatica e sarà ricco sfondato”
“Martin è il migliore finora. Comunque, dimmi che hai mollato con cattiveria l’idiota, ti prego”
“Ahahah sì, lui sì… Tre mesi dopo, quando ha iniziato a uscire con altre ragazze, quelle popolari, per `non destare sospetti` diceva”
“Dovevi prenderlo a calci. E sputtanarlo davanti a tutta la scuola”
“Non è nel mio stile”
“Peccato. E Drake a quanti anni?”
“L’anno scorso”
“E stop”
“Già”
“Cavolo, la tua unica storia decente è stata con uno che non ti piaceva… che tristezza”
“Grazie per aver rimarcato la cosa… comunque ce n’è stata una migliore, migliore di tutte”
“Non erano finite le storie?”
“Sì, infatti non è stata una storia vera e propria…”
“E cos’è stata?” mi chiede incuriosito, prendendo dalle mie mani la bottiglietta d’acqua che stiamo razionando in due.
Pondero per alcuni secondi.
“Una settimana di tenerezza, cazzeggio e passione sfrenata con un batterista hardcore” sospiro e Matt per poco non si strozza con l’acqua.
“Oh mio dio! Quando? Dove?! CHI?!”
“Mmm due estati fa, in vacanza dai miei nonni a Bologna, in Italia, un tizio della Virginia… o dell’Ohio… non mi ricordo”
“Che cazzo ci faceva un batterista dell’Ohio/Virginia a Bologna dai tuoi nonni?”
“Era con la sua band in tour, tra centri sociali e squat… Sandra, una mia cugina non ho mai capito di che grado, mi ha portato a vederli e bam”
“Bam?!”
“Bam! Insomma, erano bravissimi, sopratutto lui. Abbiamo fatto amicizia, loro non parlavano italiano, mia cugina e i suoi amici non erano delle cime in inglese, quindi ero sempre io a fare da interprete e… non so come, ma non sono passata inosservata… mi faceva sempre battutine, poi abbiamo cominciato a parlare per conto nostro, poi abbiamo smesso di parlare…”
“Awwww hai gli occhi a cuore ancora adesso!”
“Piantala!”
“E perché la consideri la storia migliore di tutte?”
“Perché era tutto semplice, senza menate: stavamo bene insieme, lui mi piaceva, io gli piacevo. E me lo dimostrava, insomma, mi faceva sentire importante, non come un esperimento, mi faceva sentire… desiderata” non posso credere che glielo sto raccontando.
“Immagino, te lo faceva sentire sbattendoti come un tamburo, vero?” mi chiede con un sorriso a 32 denti, beccandosi uno schiaffo, non troppo forte.
“Coglione”
“Scusa, battute da batteristi! E poi cos’è successo?”
“In che senso?”
“Perché è finita dopo una settimana?”
“Perché è andato in Olanda col gruppo”
“E non siete rimasti in contatto?”
“No, lui me l’ha proposto, ma non ho voluto”
“Come?” Matt si alza in piedi “Il ragazzo migliore che tu abbia mai incontrato lo snobbi così?”
“Non fai più il tifo per Martin?”
“Nah, fanculo Martin, la solidarietà tra colleghi prima di tutto”
“Beh perché… avrebbe rovinato tutto. Insomma, quanto sarebbe durata? Con lui in giro per il mondo, spesso senza neanche i soldi per un panino, e io in Idaho. Mi avrebbe chiamata qualche volta, scritto un paio di lettere, poi sarebbe sparito, passando da `batterista dei sogni` a `lo stronzo che mi sono fatta in Italia e poi è sparito`. Così invece è rimasto un dolce ricordo” spiego alzandomi anch’io.
“Ma è… triste!”
“Grazie per averlo sottolineato una seconda volta”

Matt si concede qualche minuto per riprendersi dalle informazioni sconvolgenti, sta per chiedermi qualcos’altro di imbarazzante quando vengo salvata dalla voce del tecnico ascensorista, che promette di tirarci fuori in cinque minuti. Alla fine ce ne mette tre. Appena arriviamo al piano terra e le porte si aprono mi tuffo fuori, se non ci fosse quel piccolo pubblico costituito dal tecnico e un altro paio di inquilini curiosi probabilmente mi butterei a terra per baciare il pavimento.
“Visto? Sei sopravvissuta!” Matt mi incita con una pacca sulla spalla “Anche grazie a me”
“Veramente è grazie a te che sono finita lì dentro”
“No, sei finita lì dentro perché ti sei voluta cambiare di nuovo, se fossimo usciti prima magari l’avremmo scampata”
“Non puoi saperlo” rispondo seccata, senza smentire la storia del vestito, tanto ormai, dopo tutto quello che gli ho raccontato…
“Comunque stavi bene, mettilo qualche altra volta, ok?” mi dice mentre saliamo in macchina.
“Ok”
“Hey, ora hai vinto la tua paura!”
“Cosa? Veramente sono più terrorizzata di prima, non salirò mai più su un ascensore, neanche se mi pagano!”
“Ma ora sai che non c’è nulla da temere! Ci hai passato tre quarti d’ora, figurati fare qualche piano per pochi secondi”
“Neanche se mi pagano!” ribadisco urlando, mentre lui mette in moto ridendo.

Il viaggio fino all’Off Ramp è silenzioso, anche perché gli argomenti di conversazione li abbiamo esauriti in ascensore. Appena arrivati al locale, nonostante la punizione divina per la mia insicurezza, sono contenta di non aver messo quel vestito, perché mentre ci mettiamo in coda mi passa davanti una ragazza con le gambe lunghe il doppio delle mie che ne indossa uno identico. Probabilmente se mi avesse vista vestita come lei avrebbe pensato di trovarsi di fronte a uno specchio deformante.
Il buttafuori all’ingresso, Damon, ci conosce, ci vede in mezzo alla fila, ci fa segno di avvicinarci e ci lascia entrare. L’avevo già capito dalla lunghezza della fila, ma appena sono dentro mi rendo conto che il posto è piuttosto pieno. Nessuno sta suonando in questo momento, quindi o me li sono persi o ce l’ho fatta per un pelo. Il confine tra la vita e la morte, per mano di Stone, è segnato dalle note dell’album dei Nine Inch Nails in diffusione nel locale. Tiro fuori la telecamera dalla custodia e comincio a fare delle prove, finché non inquadro Jerry al bancone, impegnato in una conversazione apparentemente molto divertente con la barista, Monica, la rossa.

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"Che fai dopo il concerto, tesoro? Vieni da me?" chiede Monica dopo avermi servito il mio whisky.
“Mmm non so, avevo altri progetti…” rispondo e butto giù d’un fiato.
“Oh mi mandi in bianco? Sei cattivo cattivo! E io che mi sono anche fatta bella per te…” il suo concetto di `farsi bella` consiste nell’essere praticamente nuda. Non che io abbia mai avuto nulla in contrario.
“Beh comunque dipende… la ragazza che aspetto non è ancora qui” eppure oggi ha detto che ci sarebbe stata. Il backstage era in fermento dal pomeriggio, più per la sua assenza che per il concerto. Jeff controllava ogni cinque minuti se fosse arrivata, è pure sceso dal palco durante il soundcheck perché gli pareva di averla vista, ma non era lei.
“Si fa desiderare, eh? Chi è la fortunata?” mi chiede avvicinandosi, se si china un altro po’ le esce tutto da quel top.
“Eeeeh, non sai che la curiosità uccise il gatto?”
“Non sono curiosa, sono gelosa, Jerry”
“Ahah se sei gelosa hai scelto l’uomo sbagliato con cui venire a letto, dolcezza” ribatto, e lei risponde con la sua solita risata fragorosa mentre mi versa dell’altro whisky, poi scorge qualcosa alle mie spalle e la risata scema in una smorfia.
“Ecco, è suonata la campanella, arrivano gli scolari!”
Mi giro e all’ingresso vedo Angie, finalmente. Con Matt. Allora era vero che l’accompagnava lui, come aveva detto Chris. Dove cazzo sono stati? Che ci sia qualcosa sotto? Lo ammazzo con le mie mani.
“Hey, sei sordo?” Monica si sporge dal bancone e mi strattona.
“Cosa?”
“Allora?”
“Allora che?”
“Non hai sentito cosa ti ho chiesto? Oddio Jerry, che hai visto, ti sei imbambolato!”
“Niente, la musica è alta, non ho sentito…” farfuglio e i miei occhi sono fissi su Angie. È proprio carina, però… sempre quella cazzo di salopette, un giorno o l’altro m’introduco a casa sua e gliela brucio.
“Sembra quasi… no, non può essere!” la rossa comincia a sghignazzare.
“Di che parli?”
“Non sarà mica lei la fortunata?” chiede scoppiando a ridere.
“Se anche fosse?” le chiedo, improvvisamente incazzato.
“Oh mio dio, Jerry! No, seriamente, non ti rendi conto che è una bambina? Non è possibile” versa un whisky per sé scuotendo la testa.
“È più matura di molte donne che conosco” è chiaro a quali donne mi riferisco.
“Sì, certo, è intelligente bla bla bla… Ma uno come te cosa ci fa con quella? Le tiene la mano sulle giostre al luna park?” vuota il contenuto del suo bicchiere e continua a ridere.
“Cosa ci faccio non sono cazzi tuoi” rispondo freddamente, senza guardarla, continuando a fissare Angie, che nel frattempo ha tirato fuori la sua videocamera. Allora mi aveva sentito! Sorrido tra me e me.
“Cazzo Jerry, hai il sorriso ebete di chi si è preso una cotta, non ci posso credere!”
“Credi quello che vuoi, buon proseguimento!” mi alzo dallo sgabello e vado a salutare la mia Angie.
“Se ti manda in bianco ricordati che stasera stacco alle due!”

Non me ne frega un cazzo di quando stacchi. Vado incontro a Angie, che mi vede e mi lancia un occhiata strana. Poi sorride e punta la telecamera verso di me.
“Finalmente! Si può sapere che cazzo di fine avevate fatto?”
“Sei in onda Jerry, modera i termini” Angie mi ammonisce con voce serissima.
“Hey Jerr! Abbiamo avuto un piccolo… contrattempo” risponde Matt. Se il contrattempo è che le hai messo le mani addosso ti spacco il culo.
“Che è successo? Stone voleva chiamare gli ospedali, temeva avessi fatto un incidente con la tua scatola di latta! Poi è arrivato Chris e ha detto che ti accompagnava Matt…”
“La mia macchina è sicurissima! Dai, adesso fai un saluto al tuo pubblico” propone Angie.
“Ehm… Che dico? Hey! Ciao pubblico, sono… Jerry Cantrell e suono negli Alice in Chains. E voi no!” faccio il mio discorso e poi mi avvicino per baciare la telecamera.
“No Jerry, che mi sporchi l’obiettivo!”
“Ok, allora bacio te!” l’abbraccio e provo a baciarla facendo delle facce idiote, mentre lei si dibatte.
“Ehm, io vado a… cercare Chris e Kim, ok? Ok” Matt finalmente capisce di essere di troppo, gli faccio un cenno di saluto.
“Ci si vede Matt, grazie ancora! E tu smettila, mi fai cadere la videocamera!” mollo la presa malvolentieri.
“Cos’è successo alla fine?”
“Siamo rimasti bloccati in ascensore” spiega.
“Tu non prendi mai l’ascensore” osservo scettico.
“Infatti, è stata la prima e ultima volta”
Certo, posso immaginare la situazione: Angie terrorizzata e Matt pronto a consolarla… Lo uccido.
“Hai avuto paura, piccola?” le chiedo accarezzandole i capelli.
“No, me la sono fatta sotto e basta. E in ascensore più che altrove non è mai piacevole”
“Dai, adesso sei qui sana e salva”
“Sana e salva, dipende. I ragazzi hanno già suonato?”
“Ahahah no, sono i prossimi, sei salva!”
“Fiuh, menomale… Vieni!” risponde sollevata, poi si sposta sulla sinistra e mi invita a seguirla. Sale su uno dei tavoli in fondo e punta la telecamera verso il palco.
“Vuoi che andiamo davanti?” le chiedo, prima di salire anch’io sul tavolo.
“Dopo, prima voglio fare qualche ripresa del palco e della gente da qui. Ecco, mi sembra di vedere Jeff!”
I ragazzi salgono uno dopo l’altro sul palco e si preparano a cominciare.
“Quello con la camicia e il cappellino è il famoso Eddie?” mi chiede.
“Sì, è lui. Tipo simpatico, un po’ sulle sue, ma mi piace!” le rispondo mettendole le mani sulle spalle da dietro, col mento appoggiato alla sua testa. Che buon profumo…

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Una delle prime cose che noto è che, nonostante il locale sia pieno, da quando i ragazzi salgono sul palco regna un certo silenzio, quasi religioso. Io non ho conosciuto Andy, non ho mai visto i MLB, sono arrivata quando la scena portava ancora il lutto al braccio. Ora sotto il piccolo palco dell’Off Ramp c’è tutta la curiosità per questo nuovo corso e tutto l’affetto per questi ragazzi, il desiderio che ce la facciano, di nuovo, e questa volta fino in fondo.
Partono le prime note di chitarra, è un pezzo lento, non è nessuna delle tre canzoni del demo. Provo a zoommare, ma l’illuminazione non aiuta e nemmeno la qualità della videocamera. Ho preso quella più scadente, di certo non mi azzardo a portare la Video8 nuova in mezzo a questo casino, né tantomeno la Betacam, che è più grande di me.
L’intro è lungo e molto dolce. Eddie è immobile con le mani in tasca, capisco che ha iniziato a cantare perché vedo la sua sagoma avvicinarsi al microfono, ma la sua voce si sente appena, tanto che non riesco a capire le parole. Però lo riconosco, riconosco quel timbro particolare che ha accompagnato i miei viaggi in macchina negli ultimi quindici giorni. Se sapessero quante volte ho ascoltato quella cassetta mi farebbero internare.

`Vedo il mondo su un cavallo a dondolo del tempo`

Sono le prime parole che sento in maniera distinta, Eddie ciondola lentamente mentre le chitarre prendono di nuovo il sopravvento in un piccolo crescendo. A un certo punto stringe le braccia attorno a sé, come per abbracciarsi, per proteggersi. Chissà se dagli occhi della gente o da quello che sta cantando.

`Oh caro papà, puoi vedermi adesso? Ora io stesso ti somiglio in qualche modo…`

Un brivido mi corre lungo la schiena. Scaccio via quel pensiero e mi rifaccio a un ricordo molto più recente, il demo di Eddie. `Mentre a 13 anni sedevi a casa da solo il tuo vero padre stava morendo`… o stanno facendo un concept album sulle famiglie disastrate o questo ragazzo ha davvero perso il padre, che forse non ha mai conosciuto.

`Cavalcherò l’onda fin dove mi porterà, manderò giù il dolore, liberami…`

Finalmente sull’inciso la voce di Eddie si apre assieme alle chitarre, è davvero potente. A questo punto non è chiaro se si stia tenendo stretto per proteggersi da ciò che c’è fuori o per trattenere quello che ha dentro ed evitare che scoppi e lo faccia andare in mille pezzi. A un tratto Jeff gli si avvicina e i due restano spalla a spalla per un po’, è come se con quel contatto volesse dargli una piccola spinta, un sostegno. Certo che Jeff accanto a lui lo fa sembrare proprio minuto, come se non ci pensasse già da solo a mostrarsi indifeso.

Il pezzo si conclude e il pubblico si scioglie in applausi e urla di approvazione. Sicuramente di incoraggiamento. Eddie molla la presa su se stesso solo durante l’intro del secondo pezzo, dopo aver dato una piccola pacca a Jeff. La seconda canzone è più veloce e decisa, Eddie prende in mano il microfono e si vede che ci prova a non stare proprio fermo, almeno vorrebbe. Il pezzo è più breve, ma lungo abbastanza perché Mike e la sua Fender nera possano piazzarci un bell’assolo dei loro. Prima della terza canzone c’è una pausa piuttosto lunga, nella quale cerco di sistemare un po’ i settaggi della telecamera.
“Tutto ok?” mi chiede Jerry. Odio dirlo, ma mi ero quasi dimenticata della sua presenza.
“Sì, la qualità non sarà eccelsa però”
“Andrà benissimo! Andiamo sotto al palco a dirgli Ciao?”
“Eheh ancora una poi andiamo, ok?”
Annuisce, mentre riconosco le prime note di Alive. Quando torno a inquadrare il palco vedo che Eddie si è tolto il cappellino. Dove la nascondeva quella massa di capelli? Senza pensarci canto assieme a lui, poi mi rendo conto che sicuramente sono l’unica nel locale e mi limito a muovere appena le labbra, mentre dentro di me urlo a squarciagola ogni sillaba a memoria. Mi concentro per qualche secondo su Stone, credo non abbia smesso per un attimo di sorridere e di muovere la testa su e giù da quando è iniziato il concerto. Dave è fenomenale, Jeff e Mike fanno avanti e indietro sul palco e danno il meglio, Eddie si limita a ondeggiare di qua e di là e ha i capelli sulla faccia per quasi tutto il tempo. Sto tentando un primo piano su di lui, quando li scosta. Aspetta, somiglia a… ma quello è… Cazzo, proprio adesso non stai fermo? Fatti vedere!
La quarta canzone è un altra del demo, Once. Jerry scende dal tavolo e mi tende la mano per aiutarmi a scendere. Gli faccio segno di aspettare.
“Ancora una” gli dico.
Eddie è più sciolto, anche se nascondersi dietro Jeff o Krusen continua a piacergli parecchio. Il movimento deve avergli fatto venire caldo, a un tratto si toglie la camicia e… eccola, una maglietta bianca. Butthole Surfers.
Eddie è l’uomo fossetta e io comincio a ridere come un idiota.
“Che hai? Perché ridi?” Jerry giustamente mi domanda gridando per sovrastare il volume della musica.
“Niente, sono felice! Sono grandi!”
“Hai ragione!”

A fine pezzo mi decido a scendere e avvicinarmi al palco. Quindi quando continuava a scrivere sul quaderno… erano canzoni! Potrei aver salvato questo concerto.
Stone, mi devi un favore.
Mi sistemo proprio dal suo lato, mi vede ancora prima che io gli faccia segno, e fa un piccolo inchino per le telecamera. Durante il quinto pezzo si avvicina a Jeff e gli dice qualcosa nell’orecchio, immagino cosa visto che si precipita verso di me suonando.
“Dove cazzo eri?” riesco a leggere sulle sue labbra, ma subito sfodera un sorrisone dei suoi e mima un calcio nella mia direzione. Poi va dritto da Mike e anche lui mi fa un cenno di saluto. Eddie non mi caga di striscio, non si accorge di nulla, anche perché non guarda il pubblico neanche per sbaglio. Probabilmente, quando non era ad occhi chiusi, ha mantenuto lo sguardo tra pavimento e soffitto tutto il tempo, con leggera prevalenza del secondo. Però non posso fare a meno di notare che la sua permanenza sul lato sinistro del palco si accorcia sensibilmente da quando ci sono io. Di sicuro non sono io il repellente (spero), ma la videocamera. `È timido come te`, diceva Mike. Anch’io al suo posto scapperei dall’altra parte. Beh, io al suo posto non sarei neanche salita sul palco, quindi mi batte di almeno un migliaio di punti.
Il concerto prosegue con una ballata. Un amore finito male.  L’uomo fossetta canta come se questa ragazza fosse appena uscita sbattendo la porta e torna ad aggrapparsi a se stesso e alla sua maglietta, quasi a volersela strappare. Segue poi quello che diventa istantaneamente il mio pezzo preferito, almeno per il modo in cui Eddie la esegue. È  più deciso, più libero, più incazzato.

`La vita è molto più di questo` urla, prima di lanciare a terra il microfono. In quel ragazzo c’è qualcosa pronto ad esplodere. Fai bene a tenerti stretto, uomo fossetta, tieniti forte. Almeno per il momento, poi.. si salvi chi può.
Così si chiude il concerto, ufficialmente, ma i ragazzi concedono un bis. Mi aspetto il terzo pezzo del demo, invece no, è un’altra canzone, deduco si chiami Just a girl, anche perché lo ripete all’ incirca cinquanta volte.
Quando è tutto finito i fischi di approvazione di Jerry mi ricordano di nuovo della sua presenza, gli passo la videocamera dopo averla spenta e finalmente posso fare quello che non ho potuto finora: applaudire i miei amici, più il futuro amico, si spera.

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"E tu le fai prendere l’ascensore proprio la sera del nostro debutto?" chiedo a Matt nel backstage, mentre indosso una maglietta pulita.
“Scusa Stone, come potevo sapere cosa sarebbe successo?!”
“Va beh, per questa volta ti perdono. Dov’è la stordita adesso?”
“L’ho vista un attimo fa al bar con Cantrell”
“Ti pareva! Vado a recuperarla, quella ragazza è allergica ai backstage, non ci andrebbe neanche se fosse un suo concerto. Ci vediamo dopo!”
“A dopo! E comunque, davvero, non sembravate affatto un gruppo che suona insieme da una settimana. Siete stati grandi!” mi dice con una pacca sulla spalla.
“Grazie amico!”
Prendi l’ascensore, esci con Jerry: cos’è oggi? La giornata delle cazzate? Se non c’è due senza tre, cosa devo aspettarmi? Quello poi, ci mancava poco che mettesse i manifesti, l’avrà raccontato pure a quelli delle pulizie del vostro caffè insieme. L’ha detto perfino a Eddie!
Eddie. Non è stato male stasera. Ok, è rigido come uno stoccafisso e quasi sicuramente mi detesta, ma è bravo. Gli offrirò una birra. Se poi non si smentisce e mi fa vincere la scommessa con Jeff, gliene offro due.

Eccola lì, al bancone del bar, come aveva detto Matt, con Jerry attaccato al culo. La raggiungo fra complimenti e strette di mano.
“Ti metti a combattere le tue fobie proprio il giorno del nostro concerto?” le chiedo abbracciandola.
“È tutta colpa di Matt!” dice ridendo “E comunque siete stati fantastici”
“Grazie cara, ho visto che hai anche documentato l’evento”
“Già! Probabilmente si vedranno solo delle macchie grigie e nere… però l’audio sarà una bomba, fidati!”
“Scherzi, da te mi aspetto un filmato di un certo livello. Altrimenti ti depenno dagli amici”
“Ma Stone!”
“Ok, non ti depenno. Anche perché saresti persa senza di me”
“Grazie Stone, lo apprezzo tanto!”
“Certo che ne hai di babysitter a disposizione, sei fortunata!” esclama una voce petulante alle mie spalle, voltandomi scopro che si tratta della barista.
Jerry la fulmina con gli occhi, Angie abbassa lo sguardo.
“Ne ha tanto bisogno, sai, lei è giovane. Tu invece? L’hai già trovata una badante?” le chiedo.
“Hey!”
“Ah e portami una birra grazie”
“Fanculo” sussurra Monica e si allontana.
“Vedi, sta diventando sorda, poveretta… È la vecchiaia che avanza, anche sotto il trucco!” urlo verso Monica, mentre Angie ride sotto i baffi.
“Ecco la tua birra, Stone” mi dice Kate, l’altra barista, al lungandomi una media, poi si rivolge ad Angie “Tu vuoi qualcosa?”
“C’è del latte caldo se vuoi!” Monica urla ridendo dall’altra parte del bancone.
“E piantala tu! Davvero Angie, non ti va una coca magari? O se vuoi ti faccio un analcolico… Fosse per me ti darei qualsiasi cosa, ma non posso” insiste Kate.
“Ehm, no niente, grazie, non ti preoccupare” risponde Angie con un mezzo sorriso.
“E lasciala perdere quella stronza, è solo gelosa” aggiunge Kate a bassa voce.
“Gelosa? E di che?” chiede Angie con una smorfia.
In tutto questo Jerry non ha aperto bocca e ha finto di guardare altrove. Vigliacco.
“Lasciala stare e basta, dai. Adesso però vieni con me, ti devo presentare qualcuno” le dico strizzandole l’occhio “Scusa Jerry, te la rubo per un po’. Se ti annoi puoi badare alla simpaticona dietro al bancone”
“Ma… che…” balbetta Cantrell.

“A dopo Jerry! Ehm, dove mi porti?” mi chiede Angie mentre ci allontaniamo.
“Nel backstage, a conoscere Eddie!” già pregusto il sapore della vittoria.
“Non possiamo aspettarlo qui?”
“Temo che potremmo aspettare anche in eterno. Dai, andiamo!”
“Ok… comunque grazie… per prima, per avermi difesa”
“Figurati, altrimenti a cosa servono i baby sitter?” le dico beccandomi uno schiaffo sul braccio.
Se solo sapesse che ho scommesso contro di lei… me lo staccherebbe.

È stato uno schifo. Più precisamente, io ho fatto schifo, i ragazzi se la sono cavata egregiamente. Io non ho mai cantato così di merda in tutta la mia vita, neanche alla recita di terza elementare, quando mi hanno costretto a cantare `You are my sunshine` vestito da girasole. Il vestito non era male, ma la canzone non la sopportavo.
Almeno lì la voce ce l’avevo, stasera invece… all’inizio non mi sentivo nemmeno io. Colpa di questo dannato raffreddore. Di cosa se no? Ok, mi ha fatto un certo effetto iniziare il soundcheck con una ventina di persone davanti, chiudere gli occhi e riaprirli alla fine trovandomi di colpo il locale pieno. Però non sono certo un novellino, sono dieci anni che faccio musica, seriamente da sei. Negli ultimi due anni ho militato in un gruppo con un certo seguito in tutta la California, ho visto folle più grandi di quella di stasera. Ma per un’influenza non te la fai sotto, a meno che non sia intestinale. Ho vissuto altri `primi concerti`, ma non ricordo di essere mai stato così terrorizzato. Come se temessi chissà quale ritorsione da parte del pubblico, non li guardavo neanche. Invece appena sceso dal palco, tutti lì a darmi pacche sulle spalle, a dirmi quanto sono stato bravo.
Cazzate.
Ho fatto schifo. E ora merito di stare qui da solo in castigo, nel cortile sul retro del locale, a fumare una sigaretta dopo l’altra, tanto per schiarirmi la gola.
E invece no, non mi merito neanche questo, perché sento il rumore della porta metallica che si apre alle mie spalle. Mi giro e la flebile luce proveniente dall’interno evidenzia due sagome, una è di Stone, l’altra più piccola, presumibilmente di una ragazza. Forse se mi appiattisco contro il muro non mi si nota. Ma la sigaretta accesa mi tradisce. Merda.
“Ah! Eccoti qua, ti ho cercato dappertutto!” esclama Stone appena mi individua nell’oscurità.
“Eh… ero qui… stavo…”
“Rilassandoti, scaricando l’adrenalina, lo so, vai tranquillo! Ci tenevo a presentarti una persona però” Stone avanza verso di me, uscendo dal cono di luce, quasi spingendo di forza questa ragazza.
“Uhm ok”
“Hey Eddie, ciao! Io sono Angie, piacere di conoscerti” la ragazza mi tende la mano nel presentarsi e io la stringo cercando di indovinare le sue fattezze nel buio. Così questa è la famosa Angie. Non ho sentito parlare d’altro tutto il pomeriggio, sembravano tutti in allarme per l’assenza di questa tizia, soprattutto Jeff. Lui me l’aveva già nominata altre volte, so che sono molto amici. Sono sicuro sia una persona piacevole, ma la mia voglia di conversare è pari a zero.
“Piacere”
“Senz’altro ne avrai già sentito parlare, lei è la nostra groupie minorenne” aggiunge Stone con un tono serissimo.
“STONE?! Che… che cazzo dici?” Angie gli urla contro.
“Ma no, scherzo! È maggiorenne ora” sento chiaramente il rumore di uno schiaffo, ma non vedo dove l’abbia beccato.
“Stone! Vieni un attimo!” una voce, mi pare di Jeff, lo chiama dall’interno del locale.
“Ehm scusate, torno subito. Tranquilli, vi lascio entrambi in buone mani!” Stone sorride così tanto che lo vedo anche al buio, fa un cenno e si dilegua nel club, chiudendosi la porta alle spalle.
“Ehm… ovviamente scherzava con la storia della groupie ahahah” Angie spiega con una risatina piuttosto isterica.
“Sì, beh, l’avevo intuito”
“Ah ecco, meglio così… senti, se ci sediamo laggiù?” mi chiede indicandomi una specie di panchina poco invitante addossata alla rete, vicino a un lampione “Almeno ci possiamo ehm vedere in faccia mentre parliamo”
“Ok, se ci tieni”
Ci sediamo e stranamente la panchina regge.
“Avresti una sigaretta?” mi chiede dopo aver frugato per un po’ nella sua borsa, producendo solo un accendino rosso.
“Certo, ecco” prendo la sigaretta dal pacchetto e gliela porgo, ma quando la vedo in faccia la ritraggo.
“Che fai? Le finte?” mi chiede sorridendo.
“Io ti conosco”
“Già”
“Dove ti ho già vista?”
“Ehm ieri, alla tavola calda, le patatine piccole, il quaderno sotto la pioggia…”
“Cazzo, è vero, sei tu!” che stupido, è lei. Angie,  non avevo collegato il nome.
“Eh sì, sono proprio io”
“Scusami, non ti riconoscevo con…”
“Con abiti da essere umano? Lo so, sono un’altra persona, come Batman e Bruce Wayne. Non come Superman e Clark Kent, perché quello si vede lontano un miglio che è lui” mi sfila la sigaretta dalla mano e l’accende.
“Uhm… veramente stavo per dire che non ti riconoscevo coi capelli sciolti, però l’abito mi avrebbe senz’altro aiutato nell’identificazione”
“Oh! Beh sì, sul lavoro li lego, per praticità. No, in realtà è Roxy che mi obbliga, perché dice che fa molto anni ‘50. Per tenermi il posto faccio questo e altro, dopotutto poteva andarmi peggio, poteva obbligarmi a farmi la banana o a bombardare la Corea, quindi non mi lamento” spiega tutto d’un fiato.
“Già, in effetti… Tutti ti cercavano oggi, sai?”
“Esagerati! Neanche fossi una bambina”
“Anche la tua amica, quella bionda… Meg, giusto?”
“Sì”
“Mi ha detto che vivete e lavorate insieme”
“Sì, infatti anche lei lavora alla tavola calda, ma ieri l’hai persa per un pelo!”
“Capisco” rispondo esaminando il suo viso. Magari penserà che sono uno psicopatico, ma il suo sorriso ha qualcosa di particolare che non riesco a decifrare esattamente, una sfumatura che mi sfugge. E continua a sfuggirmi perché si gira e rivolge lo sguardo verso la punta della sua sigaretta. Forse l’ho fissata troppo a lungo.
“Comunque com’erano le patatine?”
“Ottime e in quantità soddisfacente” le rispondo sorridendo.
“E il quaderno? Era integro?”
“Sì sì, tutto in ordine. Quindi tu sapevi già chi ero? Insomma, l’avevi letto?”
“Cosa? No, non l’avrei mai fatto! L’ho scoperto adesso, cioè durante lo show, mentre ti riprendevo. Sai, zoommando…”
“Ah eri tu?” ecco chi era che mi puntava quella cazzo di telecamera addosso. Quindi esistono addirittura testimonianze filmate del mio disastro?
“Già, era un po’ un evento per i ragazzi… per voi ragazzi! Quindi mi sembrava una cosa carina” carina un cazzo, l’avrei fracassata contro il muro.
“Sì dai, una bella idea”
“A proposito, siete stati grandi, tu soprattutto!” ecco, proprio quello di cui avevo bisogno, un’altra persona che mi dica quanto sono stato bravo, quando invece ho… “Ok, hai sbagliato un’entrata su un pezzo, all’inizio del concerto eri un po’ calante, poi hai fatto casino col testo di Once… ed eri un po’ troppo rigido, magari potresti cercare di non nasconderti quando sei sul palco, per lo meno di non andare proprio dietro a Krusen, altrimenti la gente non vedendoti comincerà a pensare che i Mookie Blaylock abbiano un cantante batterista come Phil Collins coi Genesis. Però sei stato forte!”
Resto a fissarla allibito per alcuni secondi. Poi comincio a sghignazzare e in seguito a ridere, come un demente. Rido di gusto, non ho mai riso così da quando sono a Seattle. A dire il vero, non ridevo più così da tanto tempo.
“Perché ridi?” mi chiede Angie aggrottando le soppracciglia. Poi comincia a ridere anche lei “Pff dai, che c’è da ridere? Cos’ho detto? Ok, la battuta sui Genesis era carina, ma non mi pareva questa gran cosa…”

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"Ok bello, è ora di tirare fuori i soldi!" dico a Stone, mentre gli sfilo il portafoglio dalla tasca.
“Hey! Molla l’osso! Te li dò io, un attimo… Comunque non ci posso credere” risponde togliendomelo dalle mani e aprendolo per estrarre i dieci dollari.
“Io invece sì, te l’avevo detto che avrebbero parlato”
“Ma non stanno solo parlando, stanno addirittura ridendo!”
“Cosa? Chi?” chiede Mike, appena arrivato “Fatemi vedere!”
“Angie ed Eddie! Vanno alla grande, quindi ti tocca pagare, amico” gli spiego, mentre sbircia anche lui dalla finestrella che sta sulla porta del cortile interno.
“Hai capito Angie! Magari se lo rimorchia pure e se lo porta a casa” commenta Mike cercando il portafoglio.
“È fidanzato” gli ricordo.
“E quando mai è stato un problema per farsi rimorchiare?”
“Non sono tutti puttane come te, Mike”
“Io? Io ho smesso di esserlo, almeno con Meg. Dopo stasera non mi vorrà più vedere”
“Ma dai, litigate continuamente, poi fate pace ogni volta” ribatte Stone, che tiene sempre un occhio, incredulo, sui due là fuori.
“Stavolta è più grave, mi sa che l’ho fatta grossa…”
“Ma no, tranquillo, vedrai che tutto si aggiusterà” lo rassicuro, intascando i suoi dieci.
“Oppure lei e Angie si portano Eddie a casa e gli fanno la festa alla faccia tua” scherza Stone.
“Probabile!” risponde.
“Ma se con lei parla, perché con noi no?” si domanda Stone scuotendo la testa.
“Facile, perché gli state sui coglioni!” ribatto.
“Cazzo, darei qualsiasi cosa per sapere di cosa diavolo stanno parlando. Voi no?” chiede.
“Sinceramente no, preferisco andare a spendere la mia vincita in alcol” gli dico allontanandomi.
“Vengo anch’io! Ad affogarci dentro le mie sconfitte, entrambe” risponde Mike aggregandosi a me, mentre Stone resta alla porta a parlare da solo.

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"Dai, smettila, mi vuoi spiegare perché ridi?" insiste Angie.
“Beh prima mi hai detto che sono stato grande, poi mi hai praticamente massacrato” le spiego continuando a sogghignare.
“Cosa? Ma no! Non volevo massacrarti, non era mia intenzione! Io…” smette di ridere e assume un tono preoccupato.
“Ma guarda che hai ragione, non mi sono offeso, hai detto cose vere”
“Ma sono cose piccole, era per dire che hai fatto qualche cavolata comprensibile per uno che canta con un gruppo da una settimana. Sei stato bravissimo!”
“Angie, tranquilla, non agitarti. Hai fatto delle osservazioni giuste, sei stata sincera, sei stata l’unica stasera. E da quel che dici capisco che mi hai ascoltato, anche con una certa attenzione” le spiego cercando di rassicurarla.
“Beh, sì… Comunque sei stato bravo!”
“Nonostante la staticità e l’effetto-Collins?”
“Sì, nonostante tutto!” conferma.
“Grazie, se lo dici tu ci credo” in parte.
“Credici”
“Comunque quella cazzo di entrata in Evenflow, la sbaglio sempre, sempre allo stesso punto, anche nel soundcheck, pure nelle prove…” dico riflettendo ad alta voce.
“Devi solo fare più prove… Si chiama Evenflow, dunque? Mi piaceva!”
“Già… Aspetta, invece come fai a sapere il titolo di Once?”
“Beh, perché era nel demo” spiega. Non è la prima che mi dice una cosa del genere.
“Cos’è, il mio demo è in vendita sulle bancarelle e io non so niente?” le chiedo scherzando, ma non troppo.
“No, è solo che l’abbiamo sentito insieme a casa mia poi… e niente, quindi i pezzi mi sono rimasti impressi” ho la sensazione che stesse per dire qualcos’altro, ma non indago.
“Un ascolto di gruppo, eh?”
“Già, Jeff ne era entusiasta. E quando si è entusiasti di una cosa si ha voglia di condividerla, no?” spiega rigirandosi l’accendino tra le mani.
Annuisco. Segue qualche istante di silenzio, interrotto dal mio ennesimo starnuto.
“Salute”
“Grazie. Ovviamente mi ammalo proprio il giorno prima del debutto, mi pare logico” commento prendendo il fazzoletto dalla tasca.
“È colpa del clima, è l’umidità. Stare a Seattle è come stare in un acquario, solo che il cibo non ti cade dal cielo. Purtroppo aggiungo io.” spiega Angie mentre mi soffio il naso “Anch’io mi sono ammalata appena arrivata qui, ed era estate. Beh, in realtà mi sono ammalata anche dopo, mi ammalo sempre… a parte che non sono troppo resistente già di mio, ho il sistema immunitario di un criceto con la tisi…”
Mi fa tenerezza. Riconosco al volo una persona timida, soprattutto quando si sforza di non sembrare tale. E probabilmente Angie si sta sforzando anche per me, per farmi sentire a mio agio. Pensandoci, è quello che hanno fatto tutti qui a Seattle da quando sono arrivato, cercare di farmi sentire ben accolto, a mio agio. E io sto qui a lamentarmi come uno stronzo.
“Tu da dove vieni, Angie?” le chiedo, cercando per una volta di darle il cambio nell’alimentare la conversazione.
“Oh, dall’Idaho. Sì, non è esattamente la California, anche lì freddo e umidità non mancano, ma a Boise l’inverno è un po’ più secco. Per assurdo l’estate è più traumatica, è più `seattlesca`: di giorno giri in mutande e hai caldo, di notte se non ti porti la giacca muori di broncopolmonite eheh! E ovviamente non te ne può fregare di meno, perché dovrebbe? Perché ti racconto cose inutili?”
“Ma no, era una digressione interessante”
“Come no”
“E hai nostalgia di casa?”
“Mmm un po’, più che altro mi mancano certe persone, ma alcune non stanno neanche più lì, quindi…” quanto la capisco “A te manca San Diego?” mi chiede come per spostare il discorso.
“Beh, non manco da molto… e tra pochi giorni ci torno, quindi direi di no”
“Come? Torni? Quando?”
“Sì, dopodomani”
“Ma… guarda che sei stato bravo!” esclama.
“Eheh ma no, non è per quello”
“E Stone non è stronzo come sembra. Cioè, lo è, ma meno di quanto si possa pensare!” aggiunge.
“Non vado via per sempre! Devo sistemare delle cose, poi torno qui” le spiego. Comunque anch’io penso che Stone non sia così stronzo.
“Ah menomale!”
“Devo solo lavorare le ultime settimane per terminare il contratto, poi tornerò con qualche soldo in più in tasca. E con la mia ragazza”
“La tua ragazza ti ha mandato da solo in avanscoperta per sondare il terreno?” mi chiede sorridendo e mettendomi brevemente in difficoltà.
“Ehm no, lei… ha un lavoro serio e non può lasciarlo su due piedi, sai…”
“Scherzavo! Che fa di bello?” mi chiede innocentemente, senza sapere il male che mi fa parlare di Beth. Un momento, ma è davvero così? In realtà no, per un cazzo.
“Lavora per una casa discografica, sta facendo uno stage nell’ area marketing e comunicazione, una cosa così” la verità è che mi piace parlare di lei, mi fa stare bene, mi fa pensare che non sia cambiato niente, che stiamo ancora insieme. Beh, dopotutto è così, siamo solo in pausa.
“Fighissimo! Che università ha fatto?” mi chiede interessata. Stasera è stata l’unica donna tra quelle che ho conosciuto a non aver battuto ciglio, fatto una smorfia, cambiato platealmente discorso o addirittura stanza alle parole `la mia ragazza`.
“Giornalismo”
“Wow! Una scrittrice anche lei, giornalismo era la mia seconda scelta, se mi fosse andata male con cinema”
“Ah tu stu…”
“E come si chiama?”
“Uhm Beth”
“Allora dì a Beth che Seattle merita e falla venire di corsa, sono ansiosa di conoscerla”
“Eheh ok” è esattamente il mio piano.
“Scherzi a parte, non farà fatica a trovare lavoro, ci sono un sacco di opportunità qui”
“Ce ne sono anche per una guardia notturna, ex cameriere, ex benzinaio ex un sacco di cose?” le chiedo, cercando di cambiare discorso. Perché mi piace parlare di lei, però non troppo a lungo.
“Ahahah fai il guardiano di notte? Com’è? Ci sono opportunità per tutti, tranquillo”
“Sì, in un albergo. Mi piace, è un mestiere che si adatta ai miei ritmi, di notte è tutto più rilassato, i tempi sono dilatati. Poi mi permette di passare un sacco di tempo da solo, a scrivere o anche solo a pensare”
“Ha un che di zen da come lo descrivi” osserva.
“Sicuramente ha un che di Vedder”
“Vedder?”
“È il mio cognome”
“Oh! Vedder, europeo, suona tipo olandese, sei olandese?”
“Mmm da quel che so dovrebbe essere danese”
“Ho sbagliato di poco! Scusa, altra parentesi inutile”
“No, direi altra digressione interessante”
“Tornando alle cose serie, visto che tra poco parti, direi che è ora che tu vada a prenderti un po’ del buono che questa città ha da offrire, altrimenti non avrai nulla per cui tornare” dice alzandosi in piedi e scomparendo di nuovo nel buio, credo verso la porta.
“E sarebbe?” le chiedo seguendola.
“Il calore della gente. Credo sia un po’ diverso da quello del sole della California, ma altrettanto piacevole”
“Mi sa che hai ragione”
“Di certo non puoi portarti come ultimo ricordo della serata la nostra conversazione, altrimenti qui non ci torni mai più!” aggiunge aprendo la porta e tornando visibile.
“E perché non dovrei?”
“E comunque è ora di rientrare, sei in maniche di camicia e se torni a San Diego con la polmonite Beth non ti lascia più venire!”
“Ok ok, mi hai convinto”
“Devi imparare a vestirti, la parola d’ordine è: strati” mi spiega mentre percorriamo lo stretto corridoio che porta alla sala principale, alla gente, al sole di Seattle.
“Ok. Comunque, tranquilla, non ti avrei mai fatto perdere il tuo ragazzo”
“Eh?”
“Sì, Jerry. Dopo questo gruppo tocca agli Alice, giusto?”
“Sì, cioè no! Cioè sì, tocca a loro, ma no, Jerry non è il mio ragazzo” mi risponde imbarazzata.
“Ah no? Scusa l’avevo supposto… ti chiamava `la mia Angie`…”
“È un amico, solo un amico”
“Capisco… è che mi sembrava molto, come dire, appassionato nel descrivere quanto eri bella mentre sorseggiavi il tuo caffè” replico ridendo sotto i baffi.
“Cosa? Ti ha raccontato… Ahahah ma no, scherzava!” riecco la risatina isterica.
“Uhm evidentemente oggi non ci prendo proprio con le coppie…”
“Che?”
“Eccoli! Le due persone più ricercate di stasera. Hai fatto gli onori di casa, Angie?” chiede quello che riconosco come Chris Cornell, alzandosi da un divanetto assieme a Kim, il suo chitarrista, e venendoci incontro.
“Sì, capo! E se non vi siete ancora conosciuti, vi presento”
Non vedevi l’ora di cambiare discorso, eh?

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"Mi è piaciuta molto Evening flow, ha un bel tiro" commenta Kim.
“Si chiama Evenflow!” intervengo. Per una volta che posso farmi figa.
“Ah davvero?”
“Eh già” risponde Eddie grattandosi la testa.
“Scusa, sai col casino, non è che si segua bene il testo” si giustifica il chitarrista.
“Pensavamo parlasse del flow dello serate, sai, lo scorrere del tempo” aggiunge Chris.
“Ehm no” risponde Eddie grattandosi questa volta il collo.
“Beh comunque bravi! Vado a prendermi un’altra birra” Kim si allontana e mentre lo seguo con lo sguardo intravedo Meg vicino al palco.
“Vado anch’io, devo recuperare la mia coinquilina, a dopo” saluto entrambi, che mi rispondono con un cenno, Eddie ci mette anche un sorriso.
È proprio un figo, ed è anche simpatico dopotutto. Beata Beth!
Mi avvicino di soppiatto a Meg e le urlo nelle orecchie.
“HEY! Mi cercavi?”
“Angie, sei pazza? Mi hai fatto venire un colpo!”
“È il mio sport preferito, dovresti saperlo”
“Lo sport fa male alla salute”
“Comunque EDDIE mi ha detto che mi cercavi”
“L’hai conosciuto! Hai visto che figo? Un po’ bassino, però non male” commenta facendo segno con la mano per indicare dove le arriva.
“Cos’hai contro noi piccoli?”
“Niente, vi adoro”
“Ah ecco”
“Infatti quasi quasi ci provo”
“Con me?”
“No, con Eddie”
“Ha la ragazza” le dico ridendo.
“Lo so, me l’ha detto… Ma non è qui ora” mi risponde con un ghigno da Stregatto.
“Meg! E Mike dove lo metti?”
“Ora come ora lo metterei in un fosso. E lo ricoprirei con una bella lastra di cemento armato” il sorriso sparisce e compare una faccia incazzata.
“Ops che ha combinato stavolta?”
“Stavolta è stata l’ultima volta perché ha superato il limite. Comunque è troppo lungo da spiegare, te lo racconto più tardi, quando siamo da Layne”
“Eh? Da Layne?”
“Sì, da Layne e Jerry, andiamo tutti lì dopo il concerto” mi spiega.
“Ma io non posso, domattina devo aprire il negozio…”
“Dai, fai un salto, poi qualcuno che ti accompagna lo trovi”
“Meg, una volta lì nessuno uscirà prima dell’alba, lo sai bene” le faccio notare.
“Ok dai, allora torno con te, tranquilla!”
“Ma no, figurati! Tu vai pure, io troverò qualcuno qui oppure prendo un taxi”
“Ma sei sicura?”
“Sicurissima”
“Ok, basta che non prendi ascensori”
“Ahahah no, basta! Cavolo, la voce si è sparsa a tempo di record”
“Già… e non è l’unica voce che si è sparsa oggi” lo Stregatto ritorna.
“Cioè?”
“Non fare la finta tonta. Sei una stronza, perché non mi hai detto niente?”
“A proposito di che?” le chiedo fingendo di non sapere dove si andrà a parare.
“Di te e di Jerry! `Domattina ho da fare per l’università bla bla bla`, sei una stronzetta!” risponde abbozzando una mia imitazione, per altro piuttosto riuscita.
“Infatti è così, sono andata per le foto, che ne sapevo che l’avrei incontrato?” mi difendo ostentando sicurezza.
“Certo, come potevi sapere che l’avresti incontrato sotto casa sua?”
“Mica sapevo abitasse lì”
“Sì che lo sapevi, ci siamo passate davanti una volta, mentre andavamo al Motor Sports Garage. A proposito, prossimamente ci suonano i Nirvana”
“Figo! Quando? Dobbiamo andare!”
“Non lo so ancora, comunque non cambiare discorso”
“Capirai, non ti ricordi che quella sera ci eravamo perse? Non avevo la minima idea di dove fossimo”
“E io avevo proposto di salire da Jerry e fargli gli occhi dolci per farci accompagnare. Ma non hai voluto!”
“Tanto poi l’abbiamo trovato lo stesso il posto”
“E tu hai trovato casa di Jerry. E oggi ci sei andata apposta, ammettilo” mi punta un dito contro.
“È stato un caso” resto sulla mia versione.
“Un caso eh? Allora anche il mio lucidalabbra, l’ho trovato mezzo aperto PER CASO?” lo Stregatto mi da una gomitata.
“Non so di cosa tu stia parlando” rispondo, ma mi viene da ridere.
“Stronzetta”
“Uff quando iniziano? Questa videocamera comincia a pesare” cerco di cambiare argomento.
“Da un momento all’altro… E comunque Jerry l’ha detto a tutti”
“Ho notato, se l’ha detto persino a Eddie…”
“A Eddie, e alle sue guanciotte! Gliele hai viste?”
“Ahah sì. L’avrà detto anche alle sue fossette?”
“Sì! Dio, cosa sono quelle fossette quando sorride… Non mi ci far pensare”
“È l’uomo-fossetta” aggiungo.
“Interessante soprannome!” commenta ridendo.
“Comunque non credo che farti Eddie e distruggere irrimediabilmente la band subito dopo il debutto sia la maniera ideale di vendicarti di Mike” le faccio notare, nel caso non stesse solo scherzando.
“Lo so, lo so… non lo faccio solo perché voglio bene a Stone e Jeff, se no a quest’ora gli ero già addosso” ammette.
“Non ne dubito”
“A pizzicargli quelle guance!” aggiunge, pizzicando però le mie.
“Ehi, piantala!”
“Oh ecco il tuo ragazzo, adesso cominciano”
Evito di commentare e riaccendo la videocamera, puntandola sul palco. Uno dopo l’altro salgono tutti. Jerry per ultimo, senza maglietta, guarda in camera e mi fa l’occhiolino e un sorriso. Sarà molto dura rimanere concentrata.

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Il concerto è stato fantastico e la cassetta è bastata per un pelo. Ho cercato di riprendere tutti in maniera equa, ma temo che Jerry stravinca. Sono irrecuperabile.
Appena finito lo show Meg è scappata nel backstage, mentre io mi sono dileguata con una scusa. Ho fatto due chiacchiere con Jeff, io gli ho fatto i complimenti per il concerto, lui invece ha voluto conoscere `la mia versione dei fatti` sull’ormai famigerato caffè e mi ha dispensato i soliti consigli da fratellone. Avrei potuto chiedere a lui un passaggio, sicuramente me l’avrebbe dato. Ma è una serata speciale per lui e poi c’è anche Laura, non voglio rompergli le scatole. Non le romperò a nessuno, prenderò un taxi.
“Hey Kate” mi avvicino al bancone con fare circospetto.
“Tranquilla, la iena non c’è, è ai tavoli” risponde leggendomi nel pensiero.
“Menomale. Senti, hai moneta da cambiare? Mi serve per telefonare, devo chiamare un taxi” le chiedo porgendole una banconota.
“Certo… ma con tutti i tuoi amici qui, hai bisogno di un taxi?”
“Non voglio fare la guastafeste” le spiego e lei mi dà le monete facendo spallucce.
“Grazie, buona serata!” la saluto e mi sto avviando verso l’uscita, quando vedo Jerry seduto al banchetto delle magliette. Ha una bionda sulle ginocchia.

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Mentre sono al banchetto del merchandise ad ascoltare le ciance di una studentessa del Minnesota intravedo Angie venire dalla mia parte. Faccio appena in tempo a lanciare via la bionda non so dove e a dipingermi in volto la maschera dell’innocenza ed è già davanti a me. Si blocca e mi guarda con aria confusa, poi si avvicina e comincia a sbirciare tra le magliette.
“Cerchi qualcosa in particolare, piccola?” le chiedo portandomi più avanti con la sedia.
“Sì” dopo aver sollevato tutte le magliette si sporge a guardare al di là dello stand, poi si china e guarda sotto.
“Hai perso qualcosa?” le chiedo ancora perplesso.
“Dov’è?”
“Cosa?”
“La bionda che era qui un secondo fa”
“Bionda? Che bionda?” le chiedo ridendo.
“Quella che era sulle tue ginocchia fino a pochi istanti fa, è sparita troppo in fretta, ci deve essere un trucco. Hai fatto un corso di illusionismo? Cos’è? C’è una botola?” prosegue la simpaticona mentre continua a sbirciare, anche sotto la mia sedia.
“Secondo me hai le allucinazioni,” le dico “dì la verità, sei gelosa e allora vedi donne attorno a me dappertutto”
“Gelosa io? Stai sbagliando persona, non mi chiamo mica Monica…” ribatte stizzita. Sei gelosa eccome, tesoro.
“Pff lasciala perdere quella! Prima mi sono trattenuto a forza dal non fare scenate” beh, insomma… “È solo arrabbiata perché, sai, non la frequento più” cazzata numero uno.
“Ah no?” mi chiede smettendo di frugare.
“No, a dire il vero ho smesso di `frequentare` in generale” cazzata numero due, accompagnata dal gesto delle virgolette nell’aria.
“In che senso?”
“Ho deciso di, ehm come dire, disintossicarmi da groupie e simili: sono pulito da un mese circa” cazzate tre e quattro, le cazzate definitive.
“Ahahah figuriamoci!” mi risponde ridendomi in faccia.
“Guarda che sono serio, è vero!” in fondo è solo una piccola bugia, una bugia a fin di bene. Il mio bene.
“E come mai questa decisione?” mi chiede ancora poco convinta.
“Perché mi sono stufato”
“Certo, come no!”
“Ecco perché non volevo dirti niente, sapevo che avresti reagito così” mi metto sulla difensiva, con broncio e braccia conserte. Ad ogni modo, non è neanche una bugia vera e propria, a parte la tipa dello strip club che mi sono scopato l’altro ieri, l’ultima volta è stata due settimane fa. Due settimane, un mese, siamo lì!
“Scusa Jerry, è che… beh, sembra una cosa improbabile”
“Già, invece il vecchio porco Jerry è sempre prevedibile, giusto?”
“Davvero è un mese che non…?”
“Davvero” le rispondo guardandola negli occhi. Sì, sono una merda.
“E la bionda di prima?”
“La bionda era qui a fare l’oca, ma non l’ho toccata. Infatti se n’è andata via subito” cazzata numero cinque.
“Quindi non ho le traveggole?” mi chiede sorridendo sorniona.
“No. È solo che, per una volta che faccio il bravo, non volevo che… pensassi male, ecco” cazzata numero sei, oggi mi escono così spontanee che mi faccio paura da solo.
“Beh se è quello che vuoi, mi fa piacere per te” mi dice, come se la cosa toccasse soltanto me.
“Grazie, non sei un pochino orgogliosa?”
“Ahah beh sì, un tantino. Comunque passavo per salutarti”
“Perché? Vai via? Non vieni da noi con gli altri?” le chiedo mentre vedo tutto il mio piano sgretolarsi nel nulla.
“Eh no, domattina faccio apertura in negozio, non posso proprio. La prossima volta sarò dei vostri, promesso!” la prossima volta dice. Ma io la voglio stasera!
“Uffa, non è giusto… Vuoi un passaggio? Chi ti accompagna? Matt?”
“No, prendo un taxi”
“Cosa? Sei fuori? Non esiste, ti porto a casa io!” le dico alzandomi dalla sedia e rimettendo insieme alla meno peggio i cocci del piano.
“Ma no, non ti disturbare, tu vai pure con gli altri”
“Prima porto te, poi torno qui o vado a casa ad aspettare gli altri, che problema c’è?”
“Ma è dall’altra parte della città”
“E allora? Aspettami qui che prendo la giacca. Non ti muovere, se quando torno non ti trovo mi arrabbio, intesi?”
Angie annuisce e io fuggo nel backstage a recuperare la mia roba. Incrocio Sean e gli spiego tutto brevemente, anticipandogli che potrei non esserci stasera, e lui mi augura buona fortuna.

"Brava, mi hai aspettato"
“Potevo fare altrimenti?”
“No”
“Comunque sei sicuro di poter guidare? Hai bevuto un po’ prima” mi chiede preoccupata mentre usciamo dal locale.
“Infatti, ho bevuto PRIMA, ora sono sobrio” la rassicuro. La strada è deserta, mi faccio coraggio e la prendo per mano. Sussulta, ma non molla.
“Davvero, te la senti? Se no… ehm… possiamo dividere un taxi, magari sei stanco”
“Allora, facciamo così:” mi fermo davanti alla mia macchina, prendo le chiavi dalla tasca e gliele metto nella mano che stavo tenendo “fino a casa tua guidi tu” le propongo.
“E poi?”
“E poi mi arrangio” sono un genio del male.
“Come ti arrangi?” mi chiede aprendo la macchina.
“Ma sì, ce la faccio benissimo, però adesso faccio guidare te come segno di fiducia” rispondo salendo dalla parte del passeggero.

"Ehm come si regola il sedile? Sai, ho le gambe leggermente più corte delle tue" mi chiede dopo essersi seduta al posto di guida.
“Corte, ma belle”
“Jerry!”
“C’è la leva sotto il sedile” le spiego ridendo.
“Uff non la trovo”
“Aspetta, è qui, vedi?” questa me la serve su un piatto d’argento. Mi avvicino a lei e infilo le mani sotto il sedile, tra le sue gambe, per poi tirarla in avanti con uno strattone portandola a un centimetro da me.
“Ah! Ecco… ecco dov’era”
“Così va bene?” le chiedo mentre non mi sono ancora spostato di un millimetro.
“Sì sì, così ci arrivo, grazie” è paonazza.
“Perché se vuoi puoi regolare anche l’inclinazione, con quest’altra leva, qui dietro” sposto la mano da sotto il sedile, facendola scivolare sulla sua coscia e il suo fianco sinistro, fino ad arrivare alla levetta laterale.
“No no, va bene così”
“Sicura?”
“Sicura! Dai, andiamo, è tardi!” praticamente mi ributta di peso sul mio sedile e mette in moto.

Durante il viaggio non parliamo molto. Nello stereo ho la cassetta di Ride the lightning dei Metallica, Angie alza il volume e cantiamo tutto il tempo.
“Adesso c’è la mia preferita” dice sul finale di For whom the bell tolls.
“Quale? Fade to black?”
“Già, è anche una delle mie canzoni preferite in assoluto” conferma, sempre attenta al traffico.
“Non può essere una delle tue canzoni preferite” ribatto.
“Perché?”
“Beh perché… non può, insomma, parla di depressione, di suicidio… non hai mai avuto questi problemi, vero?” le chiedo cercando di non sembrare preoccupato.
“Che c’entra, allora per apprezzare Creeping death dovrei essere vissuta ai tempi del Vecchio Testamento?”
“No, però…”
“Tu ami solo i pezzi che parlano di te?”
“Ma no”
“E comunque in generale non sono certo tipo da… paesaggi fioriti e unicorni”
“Beh, però mi hai detto che una volta ascoltavi l’epic, quindi un po’ sì” le rispondo ridendo.
“Ahahah ma ora non più! Comunque adesso c’è la mia preferita, quindi ascoltiamo in religioso silenzio” sentenzia avvicinandosi l’indice alle labbra.
“Non cantiamo?”
“No”
“Neanche un…”
“No!”
“Dai!”
“Shhhh!”

Arriviamo sotto casa di Angie a metà canzone, parcheggia e spegne la macchina, lasciando però accesa la radio. Faccio per spegnerla.
“Fermo!” mi urla, schiaffeggiandomi la mano.
“Ahi! Angie, devi fare qualcosa per questa tua aggressività, hai notato che sei troppo manesca?”
“Shhhh!”
“Ma siamo arrivati”
“Aspettiamo finché la canzone non finisce” sussurra.
“Scordatelo, è la MIA macchina, si seguono le MIE regole” avvicino di nuovo la mano allo stereo e stavolta Angie me la blocca stringendola.
“Ho guidato IO, quindi si seguono le MIE regole, carino”
“Va bene, padrona” mi arrendo e le bacio rapidamente il dorso della mano, lei la ritrae altrettanto velocemente.

"Ok, ora possiamo andare" esclama spegnendo lo stereo e aprendo la portiera.
“Aspetta, tiro indietro il sedile, se no come faccio a entrarci?” ci riprovo, ma stavolta non si lascia fregare e mi allontana subito.
“Puoi farlo dopo, no?”
“Ok”
“Allora ciao, buona serata!”
“No, aspetta!” stacco le chiavi dal quadro e  praticamente mi lancio fuori dalla portiera “Ti accompagno su”
Salendo le scale cerco di starle dietro per guardarle un po’ il culo, per quel che si riesce a vedere con questa cazzo di salopette. Appena entriamo in casa gliela strappo, giuro.
“Eccoci” mi dice davanti alla porta, mentre cerca le chiavi.
“Eccoci”
“Ed ecco le chiavi! Chissà perché quello che ti serve finisce sempre in fondo…” aggiunge mentre apre la porta e io mi avvicino.
“Ok, allora buona notte e grazie del passaggio, anche se ho guidato io… Beh, grazie del mezzo di trasporto!” mi abbraccia. Io non mollo la presa per un bel pezzo e lei a un certo punto mi dà delle piccole pacche sulle spalle.
“Ehm notte Jerry”
“Notte Angie… mi mancherai stasera”
“Oh, anche voi mi mancherete. Salutami gli altri e spiega perché sono dovuta fuggire, ok?”
“Ok” rispondo con la faccia immersa nei suoi capelli.
“Dai Jerry, lasciami andare”
“No”
“Jerry…”
“Potrei addormentarmi così, sei così comoda”
“In piedi? Come i cavalli?”
“Anche”
“Jerry, su!”
“Uhm mi sa che avevi ragione prima,” le dico scostandomi leggermente, ma tenendole le mani sui fianchi “sono un po’ sbattuto, non so se ce la faccio a guidare” sono un supergenio del male.
“Te lo dicevo io! Dai, ti chiamo un taxi”
“Oppure mi fai dormire qui”
“Ahahah no”
“Dai, sul divano”
“Scordatelo!” si stacca di forza da me ridendo.
“Faccio il bravo” appoggio le mani ai lati della porta.
“Buona notte Jerry”
“Dai, mi lasci così?”
“Puoi sempre dormire in macchina” suggerisce con quel sorrisino del cazzo.
“Va bene, buona notte allora” mi chino verso di lei per baciarla. Almeno quello.
“Notte!” Angie mi sguscia via da sotto il naso ed entra in casa chiudendomi la porta in faccia.
Sono un genio del cazzo.

E adesso?
A che ora ha detto che staccava Monica?

“Ma chi è quel coglione che passa l’aspirapolvere alle…” dò un’occhiata all’orologio mentre mi trascino lungo il corridoio fino al mio appartamento “alle 4?”
Sono le 4, non è poi così tardi. Certo, se non ci fosse stato anche Mike, o se avesse direttamente evitato di fare lo stronzo e farmi incazzare come una iena, sarei rimasta di più con Layne e gli altri. Ma proprio non ce la facevo, non ne potevo più di vedermelo lì davanti tutto il tempo, a fissarmi da lontano con quegli occhi da cane bastonato, come se fosse lui la vittima. Come sempre. Eh certo, io sono la strega lunatica, lui è il povero bimbo che ha fatto una marachella, che sarà mai, poverino! Sai che ti dico? Vaffanculo. Sono carina, sono simpatica, posso avere qualsiasi ragazzo, perché dovrei continuare a perdere il mio tempo con questo idiota che nemmeno mi vuole? E perché il rumore di aspirapolvere viene da casa mia?!

Ottengo la mia risposta quando apro la porta e trovo la mia coinquilina in pigiama alle prese coi tappeti del salotto. Angie che fa le pulizie e mette in ordine è normale amministrazione, Angie che pulisce e riordina a notte fonda no. Quando fa i mestieri o cucina fuori orario non è un buon segno, vuol dire che è nervosa. O incazzata. O entrambe le cose. Non vedo l’ora di scoprirlo.

"Oh ciao Meg!" mi saluta senza interrompere il suo lavoro.
“Ehm ciao… che cosa diavolo stai facendo?” rispondo chiudendomi velocemente la porta alle spalle.
“Cosa?” urla.
“Ho detto, che stai facendo?”
“Eh?! Scusa, non ti sento”
Alzo gli occhi al cielo e mi avvicino all’apparecchio spegnendolo.
“Ho detto, che cazzo stai facendo?”
“Oh… non lo vedi? Passo l’aspirapolvere” mi risponde candidamente.
“Alle 4?”
“Sono già le 4? Beh non riuscivo a dormire e volevo guardarmi un film, ma nel momento in cui mi sono seduta ho buttato un occhio a terra e ho visto in che condizione versavano i nostri tappeti. Effettivamente è da un po’ che non li faccio, ma chi lo trova il tempo? Con tutto quello che ho da fare! Allora mi sono detta: già che sono sveglia, tanto vale ottimizzare i tempi e recuperare il lavoro arretrato” mi risponde d’un fiato. Tutta questa energia mi irrita, ma dove la prende? Ah già, ha 18 anni. E soprattutto non ha passato la serata a bere per dimenticare un idiota.
“A questo punto potevi venire alla festa, altro che a letto presto”
“Già… sarebbe stato meglio, molto meglio!”
“Cioè? Perché non riusci…” non faccio in tempo a finire la frase che la pazza riaccende l’aspirapolvere e lo dirige sotto una poltrona.
“Angie, parlo con te” faccio di nuovo per spegnere l’aggeggio infernale, ma appena mi avvicino al carrello lei lo allontana con nonchalance dando uno strattone al filo. Con chi crede di avere a che fare? Faccio spallucce e fingo di dirigermi in cucina, per poi con uno scatto felino staccare la spina e porre fine allo strazio.
“Ma… dai che ho quasi finito!”
“Niente corrente finché non mi dici cos’hai. Perché non riesci a dormire? Che è successo?” le chiedo sventolando la spina davanti al mio naso.
“Niente”
“Angie…”
“È successo che sono una cretina, ma non è una novità” ammette lasciando cadere il tubo dell’aspirapolvere e sedendosi sul divano.
“Racconta” le dico raggiungendola.
“Sono tornata a casa con Jerry”
“Ah! Lo sapevo! Quando Sean ha detto che forse Jerry ci avrebbe raggiunto più tardi non so, me lo sentivo che c’era qualcosa sotto e per un attimo ho pensato potesse essere con te, giuro!”
“Ma poi vi ha raggiunti, no?” mi chiede prendendo un cuscino dal divano e stringendoselo in grembo.
“No. Almeno, finché c’ero io no. A che ora è andato via? Ma poi , chi se ne frega dell’ora, devi dirmi TUTTO!”
“Come no? Non è tornato a casa?” mi chiede d’un tratto preoccupata.
“No, te l’ho detto… È andata così male?”
“Non è proprio andata, non c’è niente da raccontare” spiega, raccontandomi per l’appunto il nulla accaduto tra loro: le parole di Jerry al locale, il viaggio in macchina, la lunga buona notte sulla porta, lei che lo manda in bianco.

"Ahahah povero Jerry, gli è andata male!" non vorrei ridere perché la vedo preoccupata, ma non ci riesco.
“Smettila Meg! E se gli è successo qualcosa? Magari era davvero ubriaco, magari ha fatto un incidente, magari è all’ospedale per colpa mia, perché non ho voluto dargliela!”
“Ahahah quando si dice `morto di figa`…”
“MEG?!”
“Dai, scherzo! Non gli è successo niente, magari  era un po’ deluso e sarà andato da qualche altra parte” cerco di tranquillizzarla.
“Già… magari è andato da un’altra, una che non si fa tutti i problemi che mi faccio io!” aggiunge stritolando quel povero cuscino.
“Ma no, sarà andato a continuare a bere da solo in qualche bar… per affogare la delusione” replico continuando a ridacchiare. Lo so, sono un’amica pessima.
“Ma se davvero gli è successo qualcosa?”
“Sono sicura che non gli è successo niente, ma se può farti stare meglio più tardi gli facciamo un colpo di telefono per controllare, ok?”
“Ok”
“Comunque non ho capito: sei arrabbiata perché ci ha provato o perché tu non ci sei stata?”
“Non lo so” risponde dopo aver riflettuto per un’eternità.
“Beh comunque nel dubbio hai fatto bene a dire no, se non sei sicura meglio non buttarsi”
“L’intera popolazione femminile di Seattle, anzi, dello stato di Washington, mi sputerebbe in un occhio sapendo che ho respinto un figo del genere. Lo farei io stessa se potessi. Un momento, posso, basta sputare in aria e aspettare che ricada giù. Dio benedica la forza di gravità!”
“Ma che discorsi sono?”
“Non lo so, è da quando gli ho sbattuto la porta in faccia che mi girano in testa discorsi senza senso… E se ora non mi vuole più vedere?”
“In tal caso sarebbe un coglione, non credi?” osservo sconcertata. È proprio vero che quando uno è coinvolto non riesce a vedere le cose razionalmente. Angie è intelligente, ma al momento mi sembra un’idiota. Forse Jerry le piace più di quanto volesse ammettere.
“Già… e se è un coglione?”
“Se è un coglione lo lasci perdere perché non ti merita” le rispondo.
“Ma io voglio che mi meriti!” mi stupisco che il cuscino non sia ancora a brandelli.
“Vedrai che non è un coglione. Se avesse voluto solo scoparti si sarebbe già arreso da tempo, no?”
“Beh, sì…”
“Anzi, magari adesso ti apprezza ancora di più, perché non ci sei stata subito!”
“Non siamo nell’episodio di una sit-com per famiglie, Meg” ribatte con un sopracciglio alzato.
“Va beh, non in senso letterale, sicuramente gli sarà dispiaciuto non ehm concludere”
“Non gli è dispiaciuto, era affranto. Pensavo si sarebbe messo a piangere”
“Ahahah addirittura?”
“Aveva la faccia di un bambino a cui hanno appena detto`Ti avevo promesso un mese fa che oggi ti avrei portato a Disneyland, ma sai che c’è? Non ci andiamo! Anzi, adesso mettiti la giacca che ti porto dal dentista`”
“Tu non gli avevi promesso niente però, giusto?”
“Niente! Almeno, non esplicitamente. Magari senza volerlo ho comunicato la mia disponibilità con qualche messaggio in codice del linguaggio del corpo che io ignoro completamente”
“O più semplicemente, diciamo che lui ci sperava e si era fatto un film mentale”
“Boh…”
“Dai, non ci pensare! Jerry non sarà un santo, ma non è nemmeno così stronzo da prendersela per una cosa del genere. E tu non gli devi niente, il solo fatto che tu ti ponga il problema è assurdo” le faccio notare sperando che torni in sé.
“Lo so, hai ragione. Sono convinta di aver agito bene, sarebbe stato troppo… veloce. Insomma, decido di conoscerlo meglio, prendiamo un caffè…”
“Aha! Allora l’hai deciso, l’hai fatto apposta!”
“D’accordo, sì, l’ho fatto apposta, lo ammetto! Sei contenta!”
“Molto, adoro avere ragione”
“Comunque… decido di conoscerlo meglio, prendo un caffè con lui e dopo qualche ora me lo porto a letto? Non ci sarebbe niente di male, però… non avrebbe senso, e soprattutto non è da me”
“Appunto, e allora vedi che hai fatto bene?”
“Sì… ma almeno avrei potuto baciarlo” dice nascondendosi la faccia tra le mani.
“Eheh va beh, se non ti andava…”
“Mi andava! Mi andava eccome! È da quando l’ho visto la prima volta che sogno di baciarlo! E stasera era così sexy… Invece lui si è chinato su di me e io sono scappata come un topo nella tana” confessa lanciando indietro il cuscino.
“Ahahah ma perché?”
“Non lo so, non ne ho la più pallida idea.” ammette “E sai da quant’è che non bacio un ragazzo?”
“Quanto?”
“Un fottuto anno e mezzo!”
“Che?! Oh mio dio Angie, se la cosa fosse stata di dominio pubblico qualcuno dei ragazzi avrebbe violato la tua bocca già da tempo, anche solo per amicizia” le dico ridendo.
“Non ridere di me!” mi supplica affondando la faccia in un altro cuscino.
“Dai, non fare così,” le dico circondandole le spalle con un braccio “era una situazione un po’ strana, evidentemente ti sei sentita in imbarazzo e hai fatto quello che fai sempre in questi casi”
“Fuggire”
“Esatto. Vedrai che la prossima volta andrà meglio”
“Sempre se ci sarà una prossima volta…”
“Certo che ci sarà! Dai, metti via questa roba e vai a letto, ti aspetta una giornatina tosta”
“Già, devo alzarmi tra meno di tre ore”
“E stasera c’è il compleanno da Roxy” aggiungo.
“Oddio, la festa di compleanno al ristorante! Me ne ero completamente dimenticata. Voglio morire” commenta alzandosi dal divano e ciabattando verso la sua stanza.
“Non puoi morire, prima devi baciare Jerry!”
“Allora sarò centenaria”
“Piantala!”
“Però è vero, non posso morire,” aggiunge fermandosi e tornando indietro “prima devi dirmi che cavolo ha combinato Mike”

Il mio sorriso svanisce di colpo.
“Niente, ha semplicemente detto cosa pensa davvero di me”
“E cioè? Dai, racconta” mi chiede sedendosi di nuovo sul divano.
“È successo una mezz’ora prima del concerto. Eravamo tutti nel backstage e io stavo scambiando due parole con Eddie. Sì, insomma, gli stavo facendo una testa così stordendolo a suon di chiacchiere come mio solito”
“Immagino, poveretto”
“A un certo punto ho avuto pietà di lui, poi tu non arrivavi, allora ho pensato di uscire e chiamare qui a casa per vedere se c’eri. Ero già quasi fuori quando mi sono accorta di non avere addosso la giacca e nella giacca avevo i soldi. Allora sono tornata indietro a prenderla, faccio per rientrare in quella specie di sgabuzzino che chiamano camerino e sento Eddie che dice `La tua ragazza è molto simpatica` rivolto a Mike. E lui? Cosa fa?”
“Cosa fa?”
“È scoppiato a ridere, come un idiota. `No, non è la mia ragazza, figurati! Siamo solo amici! Ci divertiamo e basta di tanto in tanto`… figlio di puttana”
“Dai, non avrà detto proprio così”
“No no, ha detto proprio così: ci divertiamo e basta di tanto in tanto. A una persona che non mi conosce. Cioè, se l’avesse detto a Stone o a te avrebbe fatto schifo lo stesso, ma almeno voi avreste capito. Insomma, tu conosci tutti i retroscena, tutto quello che sta dietro quella frase. Eddie no. Avrà pensato che sono una zoccola, una groupie del cazzo”
“Sono sicura che non l’ha pensato, non mi dà l’idea di uno che giudica su due piedi…”
“Ma non doveva dirlo comunque”
“Su questo hai ragione. E tu che hai fatto? Non hai detto niente?”
“Scherzi? Io che non dico niente? Sono entrata e gli ho detto che non mi sono mai divertita granché e che se vuole dello svago d’ora in poi può pure rivolgersi a un’altra perché a me è passata la voglia. Ho preso la giacca e sono uscita. Se non fosse stato il primo show dei ragazzi me ne sarei tornata direttamente a casa, giuro”
“Capisco. E lui non ha cercato di spiegare? Non ti ha seguita?”
“Ci ha provato, ha desistito dopo che ho minacciato di farlo salire sul palco con la faccia tumefatta”
“Però è strano, non è da Mike. Sono sicura che non voleva dire quelle cose, gli sarà uscita male”
“Col cazzo, voleva dire proprio quello. E farmi passare per una puttana. Beh forse in fondo lo sono. Quasi un anno fa gli ho detto che volevo stare con lui, mi ha detto che non era pronto e io gli sto dietro lo stesso, come un cagnolino. Alla fine è quello che sono” commento a ruota libera, mentre sento già gli insulti di Angie per quello che ho appena detto, consapevole che nessuna delle due andrà a letto tanto presto. O comunque non dormirà.

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"L’orologio in strada segna le 4.45. Non è presto, ma di sicuro il grosso della gente sarà ancora a casa nostra, per lo meno quelli che domattina non fanno un cazzo. Che poi sarebbe stamattina. Va beh, sono sfatto, non mi sembra il momento di star lì a puntualizzare sulla terminologia" faccio queste considerazioni da solo ad alta voce, perché sono ancora parzialmente ubriaco, scendendo dalla macchina. Cammino ostentando un passo sicuro e perfettamente bilanciato quando incrocio Sean, che probabilmente sta uscendo da casa mia. Lui di sicuro non ha un cazzo da fare domattina… stamattina… oggi, va beh.
“Ehi amico! Si ritorna all’ovile eh?” urla quando siamo ancora a parecchi metri di distanza.
“Prima o poi bisogna tornare, no?”
“Mah dipende da… oh cazzo! Hai capito Angie? Non la facevo così vorace!” commenta ridendo.
“Eh?” gli faccio io, perché ovviamente non ho idea di cosa diavolo stia dicendo.
“Ti ha lasciato un bel ricordino, anzi due” spiega indicandosi il collo. Vado verso l’auto più vicina e mi osservo nello specchietto retrovisore. Due succhiotti, enormi, uno più sul davanti e uno di lato.
“Che stronza” commento mentre esamino le mie ferite di battaglia.
“Cazzo Jerry, è bastato scopartela e sei già passato da `il mio angelo` a `la stronza`? Sei un bastardo”
“Non è stata Angie, è stata Monica”
“Sì! Certo, è proprio da lei che ho detto che saresti andato, come mi avevi suggerito… Quindi sicuro, è stata lei!” mi ripete con un sorriso idiota, ammiccando a ripetizione.
“È stata davvero Monica, sono andato da lei dopo aver accompagnato Angela”
“Cosa?! Hai addirittura fatto la doppietta? Prima l’angelo e poi il diavolo? Sei proprio un bastardo” risponde accendendosi una sigaretta. Lo copio.
“Ma che cazzo dici? Non ho fatto niente con Angie”
“Certo, come no, avete trascorso la serata guardando film dalla sua collezione mano nella mano” non vuole proprio capire.
“Non abbiamo trascorso un bel niente, l’ho portata a casa, mi ha dato la buona notte e stop. Si è infilata in casa e mi ha lasciato lì come un coglione” spiego, sperando che il messaggio sia arrivato stavolta, perché non ho voglia di ripeterlo.
“Ahahahahahah davvero?” ride, che cazzo ride “Eri così sicuro! Effettivamente a me sembrava strano che il vento cambiasse all’improvviso”
“Beh mi sembrava che girasse bene stasera, mi pareva più disponibile del solito… e oggi le ho offerto anche un caffè”
“Cazzo, davvero! Le hai offerto un caffè e non ha aperto le gambe al volo? Certo che questi giovani d’oggi non sanno più cosa sia l’educazione!” commenta sarcastico.
“Non fai ridere”
“Dai, non te la prendere. Onestamente, ci hai messo più di due mesi per un caffè, pensavi di metterci una sera per portarla a letto?”
“Più che altro ci speravo”
“Speranza mal riposta. E per consolare il tuo cuoricino spezzato hai pensato bene di correre a farti un’altra. Sei un bastardo”
“E tre. Grazie, lo so”
“E poi, proprio da quella lì. Quando ho detto a Stone dove andavi ha fatto una faccia. E mi ha raccontato del siparietto al bar”
“È una stronza”
“Appunto, e tu vai proprio da lei? Sei…”
“Un bastardo, e quattro, me lo dico da solo…” effettivamente, proprio da lei dovevo andare? “Ma mettiti un attimo nei miei panni. Ero lì, tutto eccitato da ore, questa mi sbatte la porta in faccia e mi lascia lì sul pianerottolo a cazzo dritto senza neanche un bacino sulla guancia. Che cosa dovevo fare?”
“Tornare a casa, chiuderti in bagno e farti una bella doccia gelata. O rivolgerti all’amica che non ti tradisce mai,” risponde facendo un gesto inequivocabile con la mano “come fanno i bravi ragazzi”
“Certo, come no”
“Ah perché invece andare a sbatterti la peggior nemica di Angie è stata un’ottima mossa, no? Chissà come ha gongolato, la stronza”
“In effetti… comunque non è che siamo fidanzati, non siamo neanche mai usciti, non muore certamente nessuno se faccio sesso con un’altra”
“Io non ho ancora capito se Angie ti piace davvero o vuoi solo divertirti” dice scuotendo la testa.
“No no, mi piace davvero!”
“E allora vai pure a letto con chi vuoi, ma cerca di fare meno il bastardo ed essere più dolce e vedrai che con un po’ di pazienza otterrai qualcosa”
“Dolce?!” gli chiedo ridendo.
“Certo, dolce, idiota! Saprai essere carino con una ragazza, no? Carino sul serio, non per finta”
“Credo di essermelo dimenticato”
“Ecco perché non ottieni un cazzo. Rispolvera i vecchi ricordi!”
“Ok”
“Sii gentile, fai qualcosa di carino per lei, in maniera disinteressata”
“Apparentemente disinteress ata”
“Sì, ma fallo” insiste allontanandosi verso la sua macchina.
“Ok”
“Ma qualsiasi cosa farai, mettiti un maglione a collo alto, perché se Angie ti vede quei morsi di vampiro sei fottuto!” aggiunge ridendo prima di aprire la portiera “Buona notte, Jer!”

L’ha fatto senz’altro apposta, la stronza.

"Notte"

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"Qualcuno può essere così gentile da far tacere quel dannato telefono?!" Layne supplica, la sua voce soffocata dal cuscino che si è piazzato sulla faccia. Non siamo rimasti in molti e quei pochi rimasti stanno dormendo o smaltendo la sbronza in qualche angolo della casa. Non credevo che avrei mai detto una cosa del genere, ma credo di essere il più sobrio qua dentro. Dare spettacolo in mezzo a gente appena conosciuta non è esattamente nella mia lista di cose da fare a Seattle, a meno che non sia su di un palco. E quello non l’ho ancora fatto, almeno non in senso buono.
Seguono altri tre squilli e altrettanti mugugni dolorosi di Layne e un paio di altre persone. Ho deciso, sarò l’eroe della situazione.

"Ehm pronto"
“Pronto, sono Meg”
“Oh ciao Meg, sono…”
“Eddie, ciao! Come va?”
“Uhm… più o meno come un’ora fa, direi” rispondo perplesso, mentre sento la porta d’ingresso che si apre e d’istinto mi volto per vedere chi è.
“Già, domanda stupida! Senti… anche questa ti sembrerà una domanda stupida, ma… Jerry è lì per caso?”
“Oh in realtà è appena arrivato, te lo passo?” le chiedo, mentre Jerry mi viene incontro, intuendo di essere stato chiamato in causa.
“No no, volevo solo sapere se era arrivato. Beh, in realtà voleva saperlo Angie”
“Ah ok”
“Sai, ehm, prima di andarsene l’ha visto un po’ brillo… l’ho svegliata per sbaglio facendo rumore e chiacchierando si è preoccupata quando le ho detto che non c’era, Angie ha una naturale tendenza alla tragedia. Comunque perfetto, è lì ed è vivo, posso tranquillizzarla”
“Certo…” rispondo mentre Jerry mi fissa con sguardo interrogativo e io scorgo due succhiotti da competizione sul suo collo.
“Beh, allora buona notte! E scusate per l’ora!”
“Figurati… notte”
Metto giù e Jerry mi chiede spiegazioni.
“La tua non-ragazza era preoccupata per te, voleva sapere se eri tornato a casa sano e salvo”
“Cosa?”
“Eddie, che facciamo? Stiamo qua o andiamo a casa?” mi chiede Jeff, la seconda persona più sobria della serata.
“Come preferisci”
“Ok, andiamo allora, vorrei dormire almeno un paio d’ore e qui la vedo grigia”
Annuisco, mentre Jerry continua a guardarmi, ma senza vedermi in realtà. Fissa il vuoto ponderando su dio sa cosa. Che ragazzo strano.
“Ehm notte Jerry. Notte Layne! Grazie di tutto” il cantante mi risponde senza una parola, limitandosi ad alzare un braccio in maniera scomposta.

"Che bastardo" Jeff mormora mentre guida stringendo il volante in maniera insolita. Io sono di pochissima compagnia e Laura ancora meno, addormentata sul sedile posteriore.
“Chi?”
“Jerry… Angie addirittura si preoccupa, invece lui è a spassarsela. Per giunta con quell’arpia!”
“Ci tieni molto a lei eh?”
“È una sorella e non lo dico per dire. Sarà che è arrivata in un momento davvero di merda, sarà che ha un modo adorabile tutto suo di essere fuori di testa, non lo so, ma le vogliamo tutti bene. Almeno, quasi tutti”
“Gliene vuole anche lui…” dico scostando la testa dal finestrino.
“Sì, a modo suo… Però temo che dall’altra parte, lei gliene voglia un po’ di più. Ma lui non c’entra niente con lei ed è il classico tipo zero-legami, non capisco come faccia a non rendersi conto che non va bene per lei”
“Che ne sai, magari lui sta cambiando”
“Se sta cambiando lo sta facendo mooolto lentamente”
“Certe cose richiedono tempo” ammetto, appoggiando di nuovo la testa al finestrino.
“A volte tutta una vita. Mi auguro che anche Mike cambi, in fretta però”
“Mike… mi sento un po’ in colpa per tutta la faccenda”
“Tu non c’entri niente, è lui che è un cretino”
“Comunque alla fine non ho capito se stanno insieme o no”
“No, ma è come se lo fossero. Lei vorrebbe, ma lui no”
“E perché? Cioè, non sono cazzi miei, ma a me lei sembra simpatica, magari un po’ logorroica, però… mi sembra siano molto in sintonia, ehm, almeno che lo fossero. Prima” osservo mentre comincio a sentire freddo, tanto per cambiare. Troppo poco alcol nel sangue.
“Intendi prima che lei lo minacciasse con una bottiglia?”
“Uhm sì”
“Onestamente sono fatti l’uno per l’altra, il problema è che Mike non lo sa ancora e spero per lui che non sia troppo tardi quando lo scoprirà”
Rispondo semplicemente annuendo. Certo che… io che mi metto a discutere di situazioni sentimentali altrui mal gestite… da che pulpito!
Stiamo in silenzio per il resto del viaggio, Jeff porta prima a casa Laura e poi proseguiamo verso il suo appartamento.
“Scusa se sto in mezzo ai piedi” gli dico mentre riparte alla volta di casa sua.
“Nah figurati, tanto era in coma, non hai guastato nessuna festa, tranquillo!” mi dice ridendo “Noi siamo gente coi legami, che ci vuoi fare, siamo noiosi”
Sorrido. Anch’io sto nel gruppo dei noiosi.
“Comunque la tua amica Angie mi sembra una bella persona” aggiungo senza un nesso logico.
“Lo è. ” conferma sorridendo “Sono contento che vi siate finalmente conosciuti”
“Sai, in realtà ehm ci eravamo già conosciuti, in un certo senso”
“Cioè?” mi chiede trasformando la faccia sorridente in espressione interrogativa.
“Ci eravamo già visti ieri sera, sono andato a mangiare dove lavora. Ma non sapeva chi fossi e io non avevo idea di chi fosse lei. Abbiamo anche scambiato due parole”
“Cazzo, questo potrebbe invalidare la scommessa…” mormora tra sé e sé.
“Cosa?”
“Ehm niente, te lo spiego un’altra volta”
“E mi ha anche salvato la vita. Avevo scordato uno dei miei quaderni dei testi e lei mi ha inseguito per restituirmelo”
“Tipico di Angie”
“Dovrei dire a Stone di farle un regalo speciale per…”
“NO!” urla Jeff facendomi trasalire.
“Eh?”
“Non dire niente a Stone di questa cosa… e neanche a Mike”
“Perché?”
“Perché… perché potrebbero pensare che… che sei distratto! E poco affidabile! Invece lo sappiamo che non è così, quindi teniamocelo per noi, no?”
“Jeff, una delle cose che apprezzo di più di te è la tua totale incapacità di mentire. Dimmi la verità”
“Ehm ok, ma non ridere! Io, Stone e Mike abbiamo…”

"Non posso credere di essere sveglio a quest’ora" mi ripeto come un mantra una volta sceso dalla macchina. Non è neanche mezzogiorno e credo di aver lasciato gran parte della mia testa sul cuscino, nel mio letto, che mi manca da morire. Ma tanto la testa non mi serve per quello che devo fare adesso, devo essere `carino`, mica ragionare.

Appena arrivato a destinazione, vedo subito la mia Angie. Il mini market è dall’altra parte della strada e attraverso il vetro la vedo, con quella camicia di merda, intenta a lavare la vetrina dall’interno. Qualcuno ha fatto delle scritte dalla parte esterna, suppongo che il suo capo le abbia chiesto, già che c’è, di fare un lavoro completo.
Attraverso la strada a caso, rischiando anche di farmi mettere sotto da un coglione in moto e da una vecchia, e mi avvicino al negozio cercando di non farmi vedere da lei. Se qualcuno mi stesse osservando in questo momento mi crederebbe un tossico che aspetta il momento opportuno per entrare a fare una rapina. Sono vicinissimo, Angie è tutta concentrata nel passare il tergivetro da cima a fondo, è così concentrata che non mi vede nemmeno quando mi piazzo esattamente di fronte a lei davanti alla vetrina.
La fisso sorridente aspettando che mi noti, ma non mi caga di striscio. Questa ragazza prende troppo seriamente il suo lavoro. Mi guardo attorno e vedo un secchio vicino all’ingresso. Mi avvicino fischiettando, prendo la spugna che trovo di fianco, la inzuppo nell’acqua all’interno del secchio e la strizzo accuratamente, prima di tornare di fronte a Angie. A quel punto comincio a strofinare sulle scritte e finalmente attiro l’attenzione della mia bella. Le faccio ciao-ciao con la mano, lei all’inizio mi guarda storto, poi si lascia scappare un mezzo sorriso e riprende il suo lavoro. Anch’io continuo col mio e vedo che ogni tanto lei si ferma, mi guarda e mi dice qualcosa, che però non riesco a sentire. Suppongo mi chieda di smettere. Ma io continuo imperterrito.
A un certo punto mi dimentico completamente delle scritte e mi limito a pulire restando sempre di fronte a lei. Ogni volta che si sposta a destra o a sinistra io la seguo, come un deficiente. Dopotutto, lo dicevo che il cervello è ancora a letto. Angie si avvicina ancora di più al vetro con uno straccio per cercare di togliere una macchia particolarmente ostinata. Io la seguo anche stavolta e mentre continuo a far finta di pulire, con la spugna ormai asciutta, con l’altra mano comincio ad accarezzare il vetro in corrispondenza del suo viso. Lei se ne accorge, alza gli occhi al cielo e scuote la testa, ma senza interrompere la sua opera. Io insisto nel muovere la mano sopra il vetro seguendo i suoi lineamenti, soffermandomi per un attimo sulle sue labbra,  leggermente curvate all’insù in un piccolo sorriso, che cerca invano di reprimere. Quando meno se l’aspetta, stampo un bacio diretto alla sua bocca sul vetro, lei si allontana di colpo e mi guarda con gli occhi sbarrati e le mani sui fianchi, ma il sorriso è ancora lì cara, è inutile che tenti di nasconderlo. Si avvicina nuovamente alla vetrina e io ricomincio con le mie carezze virtuali e i miei bacini, mentre lei armata di tergivetro cerca di spostarsi rapidamente di qua e di là per evitarmi. È veloce, ma io le sto dietro, e attiro l’attenzione di una signora e di gruppetto di ragazze che camminavano per strada e che si sono fermate a seguire la scena, tra commenti e risatine. Angie si accorge del `pubblico` e diventa rossa.

All’improvviso Angie si volta all’indietro, parla con qualcuno, il suo capo. Oh oh, spero non la rimproveri per causa mia. Vedo Angie diventare ancora più rossa e avviarsi a testa bassa verso l’uscita, verso di me.
“Ehm ciao Angie” le dico nascondendo la spugna dietro la schiena, come se finora non mi avesse visto.
“Ciao Jerry” mi risponde allungando la mano verso di me per invitarmi a restituirgliela.
Obbedisco al suo muto comando e lei la rimette vicino al secchio. In tutto questo, il pubblico è a distanza, ma ancora lì, evidentemente si aspetta uno spettacolo di rilievo.
“Il tuo capo non ti ha cazziata, vero?” le chiedo imbarazzato.
“No… mi ha detto solo di uscire a sentire cosa vuole… `il mio ragazzo`, così poi posso tornare a lavorare in pace” risponde con un tono a metà tra l’incazzato e il rassegnato.
“Ecco perché sei arrossita” commento.
“Già… va beh, cosa c’è?”
“Beh, niente, volevo solo…”
“Eheh la devi smettere di suonare nudo ai concerti, se no poi ti ammali, hai una certa età ormai!” dice ridacchiando.
“Eh? Perché?” le chiedo non capendo un cazzo. Ricordo che la mia mente è ancora a nanna.
“Hai mal di gola? Però, carina la sciarpa” aggiunge tirandone leggermente un capo. Se vedesse cosa c’è sotto la userebbe per strangolarmi.
“Eh sì! In effetti ho preso freddo, ma non sul palco. È stato dopo, quando sono andato via da casa tua. Se mi avessi lasciato entrare la mia ugola sarebbe intatta a quest’ora, è tutta colpa tua! Te la vedrai con Susan” le rispondo ironico.
“Che c’entro io? Ti ho detto di andare a casa, non è mica colpa mia se sei andato a fare baldoria fino alle 5 del mattino” ribatte, secondo me un po’ offesa.
Quando Eddie mi ha detto che aveva chiamato preoccupata per me… lì sì che mi sono davvero sentito una merda.
“Non ho fatto baldoria, ho seguito attentamente i tuoi consigli di ieri sera”
“Ah sì? E allora dove sei stato?” il pubblico segue con attenzione muovendo lo sguardo alternativamente tra me ed Angie, come in una partita di tennis.
“Beh, insomma, ieri sera avrai capito che facevo un po’ il coglione…”
“Ma va, davvero?” commenta fingendo stupore.
“Già… comunque ho preso la macchina e stavo tornando a casa quando a un certo punto sono stato punito dal padreterno”
“Cioè?”
“Mi sono scesi alcol e stanchezza insieme di botto. Ero quasi arrivato a casa, ma non riuscivo a tenere gli occhi aperti. Allora mi sei venuta in mente tu e le tue parole di poco prima”
“E quindi?” mi chiede perplessa.
“E quindi ho seguito il tuo consiglio: ho accostato e mi sono messo a dormire in macchina” però, per essere uno zombie col cervello ancora a casa ho comunque delle trovate geniali.
“Che?”
“Ho dormito in macchina. A finestrini chiusi eh, ma stanotte faceva freddino” confermo aggiustandomi la sciarpa al collo.
“Non ci credo” risponde scettica.
“È la pura verità. Perché dovrei mentirti?”
“Infatti, perché dovresti, non sei mica `il mio ragazzo`” ribatte, calcando le ultime parole.
“E comunque puoi chiedere a Sean se non ci credi, mi ha trovato lui ieri sera uscendo da casa mia”
“Ok, ti credo! Mi spiace… beh da un lato meglio così, piuttosto che farsi male…” commenta imbarazzata “Ma guarda cosa mi hai combinato al vetro! Adesso mi tocca pulire anche le tue tracce, oltre alle scritte”
“Per quello volevo darti una mano” le dico sorridendo tra me e me per come ha lasciato cadere l’argomento.
“Grazie, hai già fatto abbastanza”
“Sei arrabbiata?”
“Sì” mi risponde lanciandomi uno sguardo di sfida.
“Più o meno di ieri sera?” le chiedo cercando di riportarla dove voglio io.
“Ieri sera? Perché? Perché mi sarei dovuta arrabbiare?”
“Perché ho fatto l’idiota, no?”
“Allora dovrei essere incazzata da quando ti conosco” replica ridendo.
“Ah ah, simpatica. Per una volta che cerco di essere serio…”
“Uff, dai ti ascolto” incrocia le braccia, mentre il pubblico pende dalle mie labbra.
“Ieri ho fatto lo scemo e probabilmente sono stato un po’ troppo insistente… Non vorrei pensassi male di me, io… io scherzavo”
spiego giocando coi lembi della sciarpa.
“Scherzavi”
“Certo!”
“Allora se ti avessi invitato a dormire con me tu avresti urlato `scherzetto!` e te ne staresti andato, giusto?” mi chiede guardandomi di traverso. Dietro di lei una delle ragazze del pubblico mi rivolge lo stesso identico sguardo.
“Beh…”
“Allora?”
“Ok ok, non è che stessi proprio scherzando, ma…”
“Ah ecco!” risponde sorridendo, mentre il pubblico rumoreggia.
“E va bene, mi hai scoperto, io l’ho buttata lì, magari mi andava bene!” non posso che confessare “Però… seriamente, non vorrei essere risultato aggressivo. Perché non lo sono! Ci ho provato, lo ammetto, ma non avrei mai insistito, te lo giuro”
“Ma io…” credo che il mio cambio di tono, improvvisamente serioso l’abbia confusa.
“Non so se ti ho spaventata, ma nel caso ti chiedo scusa. Sono venuto qui proprio per questo motivo, per chiederti di perdonarmi” aggiungo avvicinandomi a lei e spostandole una ciocca di capelli dalla faccia.
“Eh? Ma no, ahahah figurati! Non mi sono spaventata… e non sono arrabbiata” risponde arretrando bruscamente di qualche passo, allontanandosi da me e dalla mia mano.
“Davvero?”
“Davvero, tranquillo, è tutto ok”
“Beh, scusa ugualmente”
“Ho capito, smettila Jerry” risponde guardandosi attorno, forse si è accorta solo ora che il pubblico è ancora lì.
“Ok”
“Accetto le tue scuse, va bene?”
“Grazie”
“In realtà pensavo te la fossi presa tu…” dice esaminando le sue unghie.
“Io? E perché?” le chiedo spiazzato.
“Beh perché… non hai… non abbiamo… insomma, non sono stata carina con te…” spiega passando ad analizzare la punta delle sue scarpe.
È troppo dolce, mentre io sono uno stronzo. Beh, almeno le ho chiesto scusa. Ok, non mi sono scusato per le bugie e per aver scopato con Monica e non aver preso le sue difese con lei… ma è il pensiero che conta. No?
“Che cosa? Angie, ma per chi cazzo mi hai preso?” rispondo arrabbiato. Ma non è una finta, sono davvero irritato.
“Beh, io…”
“Pensi davvero che potrei prendermela? Hai una così scarsa considerazione di me?” le chiedo alzando, forse un po’ troppo, la voce e mettendole una mano sulla spalla.
“No,” mi risponde “ho una scarsa considerazione di me stessa più che altro” dice tornando a fissarsi le mani.
“Beh, sbagli,” le prendo il mento fra le dita e lo sollevo finché non torna a guardarmi “sbagli di grosso”
I gridolini del pubblico, sempre più nutrito, la fanno voltare e allontanare di scatto e mi fanno perdere l’ennesima occasione.
“Comunque per farmi perdonare…”
“Ti ho già perdonato Jerry, piantala” mi interrompe sempre guardandosi attorno e arrossendo.
“Dicevo, per farmi perdonare ti ho portato una cosa. So che apprezzerai” le dico tirando fuori dalla tasca una confezione di rotelle di liquirizia. Ne va matta.
“Grazie, queste le accetto volentieri!” accoglie il mio regalo con un sorrisone, finalmente.
“Allora sono ufficialmente perdonato?”
“Dio, sì Jerry, ti perdono, basta che la pianti!” risponde sfiancata dalla mia insistenza.

Nel frattempo il suo capo richiama l’attenzione di Angie picchiettando sul vetro, per poi indicarle l’orologio. Che stress quest’uomo, perché non la lava lui la vetrina e non lascia la mia piccola Angie a poltrire in cassa al posto suo? Sfruttatore.
“Ehm mi sa che devo tornare al lavoro. Grazie per le caramelle!” mi dice indietreggiando verso la porta. Giurerei di aver sentito espressioni di delusione da parte del pubblico. E sì, mi spiace ragazze, è finita. Forse.
“Ti va di vederci stasera?” le chiedo così, a bruciapelo. Tutto per far felice il pubblico.
“Stasera non posso, ho un compleanno”
“Di chi? E perché io non sono invitato?” le chiedo facendo l’offeso.
“Eheh neanch’io sono fra gli invitati:” spiega “c’è una festa di compleanno da Roxy, hanno affittato tutto il locale, sarò lì per lavorare”
“Oh… e non possiamo vederci dopo?”
“Non so a che ora finirà, ma penso tardi. E penso anche che sarò distrutta dopo, non sarei in vena…”
“Capito… e adesso a pranzo?”
“Mi spiace, lavoro fino alle due, poi devo fuggire in università, mangerò qualcosa per strada se va bene…”
“Ok, messaggio ricevuto” rispondo sconfitto. Evidentemente nemmeno l’essere carino funziona per me, sono una causa persa.
“Però puoi chiamarmi domani, cioè, se vuoi. Domattina non ho lezione, la sera lavoro, ma sarà tutto più tranquillo. Magari riusciamo a vederci, sempre se puoi… e se ti va”
“Certo, che mi va!” fuochi d’artificio e musiche da trenino di capodanno risuonano nella mia testa per festeggiare l’evento. C’è un rave party nella mia testa. Non so se è solo la gioia o c’entrano anche alcol e sonno “Domani pomeriggio ho le prove, ti chiamo in mattinata, insomma, quando mi sveglio, va bene?”
“Va bene, fino all’una mi trovi. Ora vado, fammi gli auguri per il resto della giornata, soprattutto per stasera” mi dice avvicinandosi ancora di più all’ingresso del negozio. Io la seguo.
“Sarà così dura?”
“Decisamente, i compleanni sono sempre tosti, sai a che ora inizi, ma non quando finisci. Poi per l’occasione Roxy ha pure fatto aggiustare il juke box, ho già i brividi” il pubblico comincia a sfoltirsi.
“Ahahah perché? Non ti piace la musica anni ‘50?” le chiedo.
“No, mi piace, per carità, è bello lavorare con un sottofondo. Ma la gente sceglie sempre le stesse quattro canzoni, se non è Elvis sono i Platters. Che vanno benissimo, però ci sono decine e decine di canzoni in quel coso, cambiare ogni tanto non sarebbe male”
“Concordo, la gente deve espandere i propri orizzonti musicali”
“Già… e poi c’è un altro problema” aggiunge scuotendo la testa.
“Cioè?”
“Non ridere”
“Non rido, giuro”
“È che quando sento quella musica… come dire… non riesco a stare esattamente ferma e zitta e finisce che faccio figure di merda coi clienti”
“Cosa?” le chiedo ridendo.
“Avevi giurato”
“Sì, ma prima di immaginarti mentre servi ai tavoli ballando e cantando” continuo a sghignazzare.
“Non lo faccio platealmente! Ma a volte mi si muove il piedino da solo o mi sorprendo a canticchiare, è più forte di me, neanche me ne accorgo. Secondo me quella è la musica del diavolo”
“Ahahah oddio, verrò più spesso a mangiare da Roxy d’ora in poi, non voglio perdermi questo spettacolo gratuito”
“Sì, di me che ancheggio cantando Lollipop, stonata come una campana”
“Non vedo l’ora, soprattutto di vederti ancheggiare” ribatto strizzando l’occhio.
“Non ti picchio solo perché mi hai portato le caramelle” mi rimprovera aprendo la porta del negozio.
“Ok, ci sentiamo domani allora. Buona giornata e in bocca al lupo per stasera”
“Ciao Jerry”
Mi avvicino e lei prima che possa entrare e le dò un bacio veloce sulla guancia. Seguono urletti e `aww` da parte delle irriducibili del pubblico.

Attraverso la strada e mi avvio verso la macchina, quando mi giro il pubblico è sparito ed Angie è ancora sulla porta del mini market, con una mano sulla guancia e l’altra che mi saluta.

Più dolce e carino di così che cazzo devo fare? Farmi venire il diabete?

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"Non vedo l’ora di infilarmi sotto la doccia!" Meg quasi mi urla nelle orecchie mentre frugo nella borsa in cerca delle chiavi dell’appartamento.
“Io non vedo l’ora di mettermi il pigiama e morire a letto, fanculo la doccia” rispondo. Al prossimo compleanno da Roxy mi dò malata.
“Va bene, ma muoviti con queste chiavi, Angie” insiste, si è già tolta le scarpe e le tiene in mano. Certo che pure lei, coi tacchi.
“Calma! Eccole, le ho trovate”
“Devi usare borse più piccole Angie, te ne comprerò una”
“Piantala,” le dico entrando “tu dovresti comprarti delle scarpe più basse”
“Ah-ah. Ce le ho già, cara,mi sono semplicemente dimenticata il cambio a casa. Se solo tu portassi un numero umano avresti potuto prestarmi qualcosa. Cosa cazzo è il 35? Credevo non esistesse nemmeno per gli adulti” continua a brontolare dalla sua camera, mentre io corro nella mia e mi butto sul letto a faccia in giù.
Non ho la forza di replicare, a stento trovo le forze di svestirmi e infilarmi il pigiama, strisciando come un verme sul letto e tenendo gli occhi chiusi. Sono sul punto di insinuarmi sotto le coperte quando sento una serie di parolacce indicibili pronunciate in lontananza. Un po’ troppe anche per una ragazza stanca. Faccio uno sforzo disumano, apro un occhio, mi alzo e mi affaccio sul corridoio.
“Che succede?” chiedo.
“Ma porca puttana! È sempre rotta questa merda?!” Meg esce dal bagno bestemmiando in accappatoio.
“Cos’è rotto?” biascico.
“La doccia! Non c’è acqua calda, cazzo!”
“Urlare non la farà riscaldare magicamente, Meg”
“Lo so, ma che cazzo! Il tecnico è venuto la settimana scorsa e siamo ancora a questo punto? Se il padrone di casa mandasse gente capace, anziché dei coglioni che lavorano col culo adesso io potrei farmi la mia meritatissima doccia!”
“Magari non è colpa del tecnico, l’ha detto lui stesso che lo scaldabagno è stravecchio” rispondo, non so cosa mi faccia credere che prendere le difese del tecnico la farà calmare.
“Me ne sbatto le palle di chi è la colpa! Voglio farmi la doccia!” ribatte pestando i piedi nudi a terra.
“Dai, adesso chiamo il signor Morrison e gli lascio un messaggio, così c’è la speranza che mandi qualcuno domattina” cerco di tranquillizzarla con argomenti vagamente più concreti. Mi trascino in soggiorno, prendo il telefono e mi butto sul divano.
“Ma io devo farmi la doccia ora!”

Concludo la telefonata al padrone di casa, mi alzo lanciando il cordless tra i cuscini e faccio per tornare in camera mia, quando Meg mi si para davanti, ha in mano due asciugamani, il mio e il suo bagnoschiuma.
“Ci tocca fare come l’altra volta. Dai, andiamo da Chris e Matt”
“Che?” reagisco schifata “Ci vai TU da Chris e Matt, io non ho fretta di lavarmi, posso aspettare domattina”
“Ma Angie!”
“Mi piace puzzare, e allora?”
“Dai, non voglio andare da sola… Non vorrei pensassero male”
“Invece se vengo anch’io si capisce che siamo innocue e non vogliamo provocarli coi nostri corpi bagnati?”
“Esatto”
“Dai Meg, non mi va!”
“Ti prego!”
“No”
“Per favore! Faccio il bucato per una settimana!” mi scongiura stringendomi le mani.
“Oddio, no! Per carità!”
“Ok, allora prometto che non farò il bucato e non combinerò nessun danno per una settimana, ma vieni con me!”
“E va bene, ci vengo! Basta che la pianti!”
“Grazie grazie!” Meg mi abbraccia e saltella, io rispondo con la stessa verve di un pupazzo inanimato.
“Sì sì, va bene. Aspetta che vado a cambiarmi” ma quando finisce questa giornata da incubo?
“Cambiarti? E perché? È qui a due passi, chi vuoi che ti veda?”
“Matt e Chris magari?”
“Ma sono Matt e Chris, che ti frega?” mi chiede ridendo.
“Non ti ricordi quanto mi hanno presa per il culo l’altra volta per il mio pigiama con le mucche e i maiali?” le dico ripensando alle battute di Cornell.
“Appunto, ormai il peggio l’hanno già visto, non possono certo insultarti per questo” ride e indica la mia mise per la notte, tirandomi per una manica verso la porta.
“Uff, va bene, andiamo! Ma dammi la mia roba” le sfilo il mio asciugamano dalla spalla e il mio sapone dalle mani. E la seguo fuori dalla porta, verso il mio destino.
“Le chiavi le tengo io, ho le tasche!” mi dice mentre percorriamo i pochi metri che ci separano dall’appartamento dei nostri amici.
“E se dormono?” mi viene in mente all’improvviso.
“Figurati, sono musicisti, non dormono”
“Ma nel caso?”
“Cazzi loro” risponde facendo spallucce e suonando il campanello.
Mi scappa da ridere, ma per poco non mi strozzo con la mia stessa risata quando la porta si apre.

"Oh ciao Eddie!" Meg lo saluta con un sorrisone,  mentre lui sta sulla porta, in mutande e canottiera, e ci osserva con aria interrogativa.
“Ciao…” gli dico spostandomi lentamente dietro Meg.
“Ehm ciao ragazze… che succede?” ci chiede.
“Abbiamo un piccolo problema idraulico e un disperato bisogno di una doccia, ci fai entrare?” gli chiede, mentre io mi nascondo ancora meglio.
“Oh certo, prego…” si sposta e ci fa segno di entrare, io mi affianco a Meg nel tentativo di passare ancora inosservata.
In poco più di quarantotto ore questo tizio mi ha già vista vestita in maniera imbarazzante per ben due volte. Ora come ora pagherei per avere addosso la mia divisa-confetto.
“Oh cazzo, non ditemi che si è rotto di nuovo!” Chris sbuca in cucina, a torso nudo.
Ok, gli dèi mi vogliono morta, è ufficiale.
“Ehm sì, purtroppo, scusa…” gli faccio, mentre china coi gomiti sul tavolo cerco di occultare il mio pigiama alla vista.
“Tranquille, no problem! Ma comincio a pensare che lo facciate apposta per vedermi” dice sgomitando Meg, mentre Eddie prende una birra dal frigo e va verso il soggiorno.
“Pff, figurati! Allora, possiamo usufruire della vostra doccia?” gli chiede Meg spintonandolo in risposta.
“Certo, accomodatevi signorine” risponde Cornell accennando un inchino.
“Ok, grazie Chris.” gli dice Meg imitandone l’inchino, poi si gira verso di me e mi guarda per qualche istante “Prima io!” esclama e corre verso il bagno.
“Ma porc…”
“Angie cara, io vado in camera a finire di scrivere una canzone, sono ispirato stasera. Sarà che inconsciamente avevo già previsto l’arrivo delle mie due muse predilette”
“Certo” gli rispondo, sollevata dal fatto che, mentre aspetto Meg, lui non starà lì con me a fissare il mio pigiama per tutto il tempo.
“Nell’attesa fa come se fossi a casa tua. E poi c’è Eddie a farti compagnia” ecco, appunto. Il sollievo lascia spazio allo sconforto.
“Ok, grazie! Buona… buona composizione, allora” gli dico seguendolo titubante mentre esce dalla cucina.
“Figurati!” risponde proseguendo verso camera sua senza voltarsi, mentre io mi fermo in salotto, con Eddie, che guarda la tv seduto sul divano “E comunque, gran bel pigiama anche questo!”
Eddie alza la testa e mi osserva sorridendo. Ho urgente bisogno di una birra anch’io.

Torno in cucina a passo di gambero, appoggio la mia roba su una sedia, arraffo una birra dal frigo e abbasso lo sguardo sul mio pigiama. Ormai non c’è niente da fare. Apro la lattina gelata, faccio un respiro profondo e torno in salotto.
Eddie mi sembra molto interessato alla telepromozione di un robot da cucina che stanno dando alla tv, forse neanche mi noterà. E poi magari Meg fa in fretta… No, considerando che la durata media di una sua doccia non scende sotto la mezz’ora, dubito fortemente.
Mi siedo accanto a lui sul divano. Non mi ero mai accorta di quanto sia piccolo questo cazzo di divano, cerco di sistemarmi più lontana possibile da lui, praticamente mi siedo su un bracciolo. Speriamo non si ribalti. Però, questo Eddie… non è magrolino come sembra, ha i suoi muscoli al punto giusto. E ha delle belle braccia… Ok, Angie, piantala e fai conversazione, anziché sezionarlo con gli occhi.

“Che ci fai qui?” beh, complimenti Angie, ottimo modo per iniziare una piacevole chiacchierata. Tanto valeva mandarlo a cagare e via.
“Oh beh, domani parto e ho l’aereo molto presto, Mike mi viene a prendere alle 5. Oggi ne parlavo durante le prove, c’era anche Chris e mi ha proposto di dormire qui, perché dice che è più comodo sia per Mike che per l’aeroporto. Quindi eccomi qui, sul suo divano” spiega senza staccare gli occhi dalla tv.
“Alle 5?” gli chiedo con una smorfia di dolore.
“Eheh già” sorride e beve un sorso di birra.
“Tra poche ore… dai, se vuoi vado in cucina e ti lascio dormire” propongo, sperando di aver trovato una via di scampo.
“No no, non ti preoccupare, non sono ehm un tipo che dorme molto” e ti pareva.
“No?”
“No, i miei amici a San Diego mi prendono in giro, dicono che non dormo mai. Tempo fa mi chiamavano il vampiro. Beh, per quello e perché lavoravo in un goth club. Oh ma questa è un’altra storia…” scuote la testa e beve ancora. Io sto per fargli domande sul goth club nella speranza di mantenere il discorso su di lui, ma sono un’illusa “Mi piace il giallo”
Merda. Perché ho messo questo pigiama? Perché?
“Sì?”
“È un bel colore, mi ricorda casa, mi è sempre piaciuto” continua senza guardarmi.
“Io lo odio” rispondo maledicendomi subito dopo.
“Ah sì?”
“Ehm già, cioè, sì, insomma… non ne vado pazza”
“Dicono che il giallo sia il colore della pazzia, lo sapevi?”
“Sì, l’ho sentito dire mi pare”
“Magari mi piace per questo” dice voltandosi verso di me con un sorrisetto furbo.
“Allora se a me non piace vuol dire che sono banale e noiosa?” rispondo cercando di sostenere il suo sguardo senza arrossire.
“Eheh non necessariamente,” torna a guardare la tv, come se avesse letto i miei pensieri “ma se non ti piace perché hai un pigiama giallo?”
“Beh, ecco… non so, mi piaceva, al di là del colore… Poi tanto ci dormo, chi lo vede?” ecco, appunto, chi vuoi che lo veda? Nessuno, a  parte Meg, lui e Chris.
“Nessuno, a parte me, Meg e Chris” ride e rido anch’io per il curioso caso di telepatia. L’ennesimo, comincio ad avere paura.
“Eheh già…”

Stiamo in silenzio per un po’, ma non è un silenzio imbarazzante, anzi, è confortevole. Sarà che siamo entrambi rapiti dalla dimostrazione dello chef in tv che, con l’apposito accessorio, trita la frutta secca in un attimo.
“Cosa sono? Orsetti?” mi gela, il bastardo.
“Cosa? Dove?” fingo di cercare gli orsetti sullo schermo.
“Quelli sul tuo pigiama” si gira con quelle cazzo di fossette in vista.
“No”
“No?”
“No” visto che mi leggi nella mente, leggi questo: possiamo cambiare argomento?!
“E cosa sono allora?” appoggia la birra sul tavolino di fronte e si gira completamente verso di me.
“Sono… sono ricci” rispondo rassegnata.
“Ricci?”
“Sì, ricci, istrici…” piccoli riccetti del cazzo.
“Ah…” non mi sento affatto osservata, no, mi sta solo facendo una radiografia totale “Ma non sembrano ricci, non si vedono le spine”
“Perché sono vestiti, allora si vedono solo quelle sulla testa. Sembra pelo, ma sono spine” non posso credere che sto facendo davvero questo discorso con qualcuno, tantomeno con l’uomo fossetta.
“Mmm già, è vero,” si avvicina per scrutare meglio gli animali incriminati “effettivamente sono a punta”
“Eh già” ma allora la storia della telepatia è una stronzata!
“Però, hanno anche il muso un po’ diverso da quello dei ricci” ok, ho beccato proprio l’unico cantante e uomo fossetta che non dorme, non si fa i cazzi suoi ed è esperto di animali.
“Quello è perché sono ehm truccati”
“Truccati?”
“Eh sì, da clown… Vedi, hanno il naso rosso da pagliaccio,” gli dico indicando una delle bestiole sul mio braccio. Tanto, ormai “e i palloncini, nonché il vestito da circo”
“Clown?” si avvicina ancora e mi mette una mano sul braccio, esaminandolo con aria serissima.
“E sì… ricci pagliacci, ho un pigiama giallo coi ricci pagliacci eheh” voglio morire, mentre un sorriso ricompare prepotente sulla sua faccetta da schiaffi.
“No, allora decisamente non sei né noiosa né normale” si volta e riprende la sua birra, per poi buttarne giù un altro sorso.
“Ed è un bene?” chiedo.
“Può essere”

Seguono altri minuti di silenzio, in cui entrambi finiamo le nostre birre, io praticamente la bevo tutta alla goccia visto che ancora non l’avevo quasi toccata. Ed si alza e porta le bottiglie vuote in cucina. Sarei tentata di farmene portare un’altra, ma evito. Torna a sedersi accanto a me, a una distanza di sicurezza. L’avvincente telepromozione è finita e lui comincia a fare zapping.
“Ti piacciono i clown?” mi chiede. Ancora? Ma basta, per pietà.
“Sì, mi piacciono. O meglio, non mi piace il circo, mi piace… come dire, l’iconografia del clown, anche il suo lato oscuro, la malinconia che sta dietro, il concetto stesso di maschera. Eheh adesso hanno tutti paura dei clown invece, da quando hanno visto It”
“Visto cosa?” mi chiede continuando a passare da un canale all’altro.
“It! Quel film per la tv che hanno fatto qualche settimana fa…” gli spiego, ma lui fa di no con la testa “Horror, col clown Pennywise!”
“Mmm no, non l’ho visto. Non sono proprio tipo da film horror”
“Cosa?! No, dai, mi dai un dolore!”
“Eheh deduco che a te piacciano”
“Deduci bene! Forse non hai visto quelli giusti, ti darò qualche dritta”
“Uhm d’accordo, però non lo so… la vita è già abbastanza spaventosa così com’è” osserva passandosi una mano fra i capelli.
“Appunto, è un modo per esorcizzare il terrore della vita reale”
“Sarà… però quelli del tuo pigiama non sono clown assassini, vero?”
“Ahahah no, decisamente no, almeno lo spero” rispondo, mentre Eddie si ferma sulla pubblicità di una macchina da cucire. Ho scoperto cosa gli piace guardare in tv, altro che horror.
“E i ricci? Ti piacciono o non c’è un motivo particolare?” ma perché mi chiede queste cose? Non possiamo parlare del clima o del governo, come fanno tutti?
“Beh, in effetti sì, sono tra i miei animali preferiti e c’è anche un motivo. Ma è una storia lunga” no, non raccontargli anche questa, ti prego.
“Beh, considerando che la tua amica ha appena iniziato a canticchiare Free Bird dei Lynyrd Skynyrd direi che abbiamo ancora svariati minuti, almeno una decina”
“È più lunga, me la tengo per la prossima volta”
“Ok… comunque sono carini” aggiunge, mentre una signora ci mostra come la macchina riesca a cucire insieme 4 strati di jeans e una lattina.
“Cosa?”
“I ricci pagliacci” risponde sorridendo.
“Oh grazie, direi che mi si addicono!”
“Un po’ sì” commenta sorridendo.
“E tu invece che animale sei?”
“Ah non saprei… secondo te?”
“Beh, tu sei un criceto, ovvio” ma perché non conto fino a trecento prima di parlare? Anzi, perché non mi sparo e basta?
“Un criceto?” mi guarda imbronciato.
“Sì, per le… ehm… per le guance” gli spiego, rossa di vergogna.
“Ah! Beh sì, è vero. Un criceto cantante allora” ridacchia.
“Certo!”
“E Chris invece?”
“Chris è sicuramente un felino, mmm… una pantera”
“Sì, ci sta… E la tua amica Meg?”
Non so per quale motivo, ma cominciamo a snocciolare abbinamenti fra i nostri amici e il mondo animale. Le reazioni più divertite ci sono quando concludiamo che Stone è un professore gufo e Jeff una scimmia skater.
“Non dirglielo però!”
“Giuro, sarò muto come un pesce… Nessun pesce tra le tue conoscenze?” mi chiede continuando a ridere.
“No, quello mi manca!”
“Oddio, ho appena fatto una scoperta incredibile” afferma, improvvisamente serissimo.
“Che scoperta?” gli chiedo confusa.
“Abbiamo gli stessi calzini!” esclama, allungando un piede per accostarlo al mio.
“Hai ragione, stessi calzini a righe arcobaleno. Siamo fratelli di calzini!”
“Ma non fratelli di piede, il tuo è minuscolo. Che numero porti?” mi chiede. Dopo questa, ci manca solo che gli dia il mio gruppo sanguigno e il numero del conto corrente, dopodiché saprà tutto.
“35”
“Wow, sei proprio piccina!” commenta ridendo.
“Ha parlato il giocatore di basket!” ribatto sarcastica, spero non si offenda.
“In effetti, gioco davvero a basket, e anche piuttosto bene” risponde. Non solo non si è offeso, me l’ha anche messa nel culo.
“Aspetta… hai appena smerdato una mia battuta? Come ti permetti?”
“Ahahah scusa, non volevo, non lo faccio più!”
“Ok, per questa volta passi”

Eddie ricomincia a passare in rassegna tutti i canali, finché si ferma su Mtv.
“Cazzo, i Clash su Mtv? Sono impazziti?” commento.
“Perché è notte fonda, altrimenti non si spiegherebbe”
“Giusto”
“Mtv… avete addirittura il via cavo in questo condominio?”
“Nah, lo rubano”
“Ah ecco”
“È già tanto che c’è la tv… ma in fondo io la uso quasi solo per vedere videocassette”
“Già, tu guarderai un sacco di film per…”
Eddie viene interrotto dal rumore di chiavi nella serratura e dal conseguente ingresso in casa di Matt.
“Angie? Ciao!”
“Ciao!” lo saluto, mentre Ed gli fa un cenno.
“Che ci fai qui? No aspetta, non dirmelo. La doccia”
“Esatto!” Meg appena uscita dal bagno risponde per me “Ora è tutta tua cara”
“No, aspetta, fammi pisciare prima!” Matt butta la giacca sulla poltrona e corre verso il bagno.
“Come sei volgare Matt, ci sono delle signore! Va beh, io vado, ti aspetto di là. Ciao Eddie, buona notte!”
“Notte” risponde sorridendo.
“Cazzo, adesso il mio bagno sa di spogliatoio femminile!” Matt urla in lontananza.
Vado in cucina a recuperare la mia roba e appena esce mi infilo in bagno. In 5 minuti netti sono fuori.
“Che rapidità!” dice Eddie quando torno in soggiorno, con l’asciugamano in testa. Ha spento la tv e si è semi-sdraiato sul divano. Ok, voi lassù, la volete piantare?
“Io sotto la doccia canto pezzi hardcore, ecco perché faccio prima” faccio una battuta cercando di distrarmi da quel ben di dio.
“Cazzo, non ti ho sentita!”
“Meglio così, fidati. Ok, vado… Buon viaggio e… quando torni?”
“Fra tre settimane, più o meno”
“Beh allora ci vediamo fra tre settimane, più o meno”
“Ci vediamo! Notte”
“Merda, adesso il mio bagno sa di fabbrica di cioccolato di Willy Wonka!” Matt commenta ad alta voce ed Eddie mi guarda in cerca di risposte.
“È colpa di questo” gli spiego sollevando la bottiglietta incriminata di docciaschiuma.
“Cioè, hai un sapone che sa di cioccolato?” mi chiede non del tutto convinto.
“Sì, mi piacciono le cose che… ehm sanno di cibo”
“Ah! Adesso mi spiego tutto…”
“Tutto?”
“Pensavo sapessi di cose buone da mangiare per via del tuo lavoro, che stupido” comincia a ridere come uno scemo.
“Cioè, pensavi non mi lavassi? E che mi restasse attaccato addosso l’odore di cucina?”
“Sì” risponde a fatica ridendo.
“Dovrei buttarmi nel forno o in una fontana di cioccolato per avere quest’odore, Eddie”
“Lo so, sono un idiota” continua a sghignazzare. Ed è ancora più sexy quando ride, meglio scappare.
“L’importante è esserne consapevoli. Buona notte Eddie”
“Notte Angie, a presto”

Fuggo a casa e mi rilancio finalmente sul mio amato letto. Prima di crollare ripenso a tutta la conversazione ai limiti del surreale con l’uomo fossetta. Che tipo, riesce a mettermi a disagio e incredibilmente a mio agio allo stesso tempo. Per un attimo mi tornano in mente anche i suoi bicipiti, ma scaccio subito il pensiero.
“Per fortuna io non devo alzarmi domattina” bofonchio prima di arrendermi a Morfeo.

Almeno finché non chiama Jerry. Senza offesa, spero il più tardi possibile.

Ok, bella Seattle, bella la gente, accogliente e calorosa, bella la scena musicale, bello tutto… ma la pioggia ha rotto il cazzo. Non si può stare in costume tutto l’anno, e ok, ma non può neanche piovere sei giorni su sette. La nebbia e il freddo dell’alba di San Diego, l’ora in cui spesso vado a fare surf, non sono lontanamente paragonabili a questo. Ma neanche l’inverno dell’Illinois. Preferisco il vento e la neve di Chicago a questa doccia con sauna costante.
“È come vivere in un acquario” aveva detto Angie. Mai descrizione fu più azzeccata! Strana ragazza, a volte sembra così timida e impaurita, e subito dopo magari ti stende con una frecciata. È simpatica, direi che rientra di diritto fra le persone che sono più contento di aver conosciuto. Per certi versi mi ricorda Beth. Oddio, caratterialmente sono come il giorno e la notte e anche fisicamente, a parte i capelli scuri, non hanno praticamente nulla in comune. Però… mi ricorda com’era quando ci siamo conosciuti, una ragazzina fresca di diploma, con tanti amici, cameriera in un locale anonimo, con la sua coda di cavallo, la divisa ridicola e tanti sogni nel cassetto. Da condividere col cameriere del ristorante italiano di fronte, anche lui vestito come un manichino, un tizio poco più grande di lei con ambizioni musicali. Mi manca. Mi manca QUELLA Beth, ma anche la Beth attuale. Quella che va al lavoro in tailleur, ma poi la sera viene a fare skate con me, quella che c’è sempre, quella che ogni anno mi dice “Per fortuna la tua fidanzata è ebrea, altrimenti chi si ricorderebbe del tuo compleanno due giorni prima di Natale?”, quella che è gelosissima di tutte, ma non della musica.
Siamo fatti per stare insieme e ho bisogno di lei, questa pausa mi è servita per capirlo. Ho dato per scontata la sua presenza e tutte le piccole cose che fa per rendermi felice, è un errore che non commetterò più. Vorrei avere il teletrasporto per volare immediatamente sotto casa sua e aprirle il mio cuore. Non disponendo di questi mezzi, spero solo che Mike arrivi in orario.

Il sorriso apparso sulla mia faccia al pensiero di Beth scompare quando un furgone sfreccia a tutta velocità davanti a me, schizzandomi addosso credo l’intero contenuto di un’immensa pozzanghera. Mi limito a stringermi nella mia felpa troppo leggera, pensando che forse sarebbe stato meglio aspettare nel portone, tanto stare per strada non velocizzerà l’arrivo del mio chitarrista. Guardo in basso e penso che anche mettere dei pantaloni lunghi non sarebbe stata una cattiva idea. Se voglio mettere quelli corti a Seattle dovrò fare come i ragazzi di qui, comprarmi quei cosi, quella specie di calzamaglie. Temo che in inverno saranno d’obbligo sempre. Ad ogni modo, lo shopping l’ho rimandato a quando tornerò con Beth, che senz’altro ha più senso estetico di me.
Però almeno una giacca potevo comprarmela.

Sento in lontananza il rombo di un motore, suono che si avvicina a velocità estrema, quindi deduco che il mezzo che lo emette stia facendo altrettanto. Arretro di qualche passo temendo una seconda doccia, ma quando l’auto in questione si ferma proprio davanti a me capisco che devo temere ben altro.
“Hey Eddie! Salta su!” esclama Mike allungandosi sul sedile del passeggero e aprendo la portiera.
“Buongiorno” gli dico salendo e buttando il mio zaino sul sedile posteriore. Non faccio in tempo a rinchiudere lo sportello che Mike è già ripartito sfrecciando. Il lato positivo è che sarà un viaggio breve e non perderò il mio volo. Sempre se arrivo vivo all’aeroporto.
“Buongiorno a te! Ah comunque guarda che non era un gesto galante il mio, la portiera è rotta e si apre solo da dentro”
“Uhm ok” rispondo, non capendo la necessità di quella puntualizzazione. Poi ci arrivo: sta solo facendo conversazione, idiota.
“Dormito bene da Cornell?” mi chiede, avvalorando la mia ipotesi.
“Sì, tutto ok! Poi… oh il divano era molto comodo” non era quello che volevo dire, stavo per raccontagli di Meg e Angie, ma mi sono trattenuto in tempo. Dubito che l’avrebbe ritenuto un aneddoto simpatico.
“Ahah sì, confermo, l’ho testato anch’io!” dice mentre prende una curva a tutta velocità e nello stesso istante mi pento dei biscotti che ho trangugiato prima di uscire “E poi hanno il via cavo”
“Già, ma ieri sera non c’era granché in tv…”
“Stai bene? Ti vedo pallido” mi chiede sorpassando un camion.
“Sì ehm tutto ok… sarà il raffreddore”
“Dai, adesso te ne torni col culo al caldo per un po’! Poi però ti toccherà abituarti”
“E imparare a vestirmi, come ha detto Angie”
“Già! Beh quella ragazza è esagerata nel senso opposto, tra un po’ girava col cappotto in agosto. Viene dalle montagne e sembra più californiana di te, sarà che è mezza italiana”
“Ah sì? Non lo sapevo”
“Sì, i nonni paterni”
“Oh” non riesco a proferire altre parole, perché sto vedendo la morte in faccia, mentre Mike taglia in pieno una curva a gomito.
“Io e Meg invece abbiamo un po’ di Irlanda nei geni” aggiunge inchiodando a un semaforo. Perché sono così pezzente da non aver voluto chiamare un taxi?
“A proposito, come va con Meg? Avete chiarito?”
“No, anche perché se l’avessimo fatto a quest’ora sarei morto”
E io non starei rischiando la pelle con te… ma d’altro canto non avrei un chitarrista che spacca i culi.
“Non vuole parlarti?”
“Non ci ho neanche provato, quando Meg è incazzata è meglio stare alla larga, come hai potuto constatare l’altra sera”
“Mi sento… beh, mi sento un po’ in colpa”
“Nah, sono io che sono un coglione, non è stata mica colpa tua!” mi rassicura ripartendo a razzo allo scattare del verde.
E meno male, figuriamoci se fosse stata colpa mia… mi avrebbe buttato direttamente sotto un tir.
“Ma se non avessi detto quella frase non sarebbe successo niente”
“Idem se io non avessi risposto dicendo cose insensate.” replica rallentando leggermente “Quello che ho detto… non so neanch’io perché l’ho detto. Meg non è un passatempo, non vorrei ti facessi un’idea sbagliata su di lei per la mia sparata”
“No no, figurati!”
“È una brava ragazza”
“Si capisce, davvero”
“Non può essere la mia ragazza, semplicemente perché non mi merito una ragazza così…” rallenta ancora. Non dico che sto insistendo sull’argomento per salvarmi la vita, non sono così cinico. Però è un incentivo.
“Beh, questo dovresti lasciarlo decidere a lei, no?”
“No”
“No? Ma lei vede qualcosa di buono in te, pensi sia stupida?”
“No, è solo pazza”
“E anche se fosse? Perché buttare via l’opportunità di stare bene con qualcuno?”
“Beh…”
“Perché, da quel poco che ho visto, prima del disastro, mi è sembrato di vedere una coppia perfetta”
“Dici?”
“Dico”
“Ma tanto ormai ho rovinato tutto”
“Ma no… cioè, sì, hai fatto un bel casino. Ma puoi rimediare. Parla con lei, chiedile scusa, dille cosa provi”
Ok, adesso solo perché ho capito cosa fare con Beth penso di essere diventato un consulente sentimentale qualificato.
“Eheh facile, se non minacciasse di spaccarmi la faccia ogni volta che mi vede”
“Ma tu fregatene. Chiamala, oggi stesso”
“Ma…”
“Appena torni dall’aeroporto”
“Beh magari aspetto un orario più decente, se no mi ammazza sul serio”
“Ok, però chiamala”
“Eheh va bene”
“Tanto cos’hai da perdere?”
“Hai ragione” ammette dopo qualche secondo di silenzio. E torna ad accelerare. Forse avrei dovuto aspettare un altro po’ prima di infondergli tutta questa fiducia in sé stesso.

Fortunatamente l’incubo finisce bene. Dopo una lunga sofferenza, che cerco di cammuffare parlando di sport e musica, arriviamo finalmente al Sea-Tac.
“Eccoci arrivati, e in largo anticipo!”
Molto largo. Afferro lo zaino e scendo velocemente dall’auto, mentre mi appunto mentalmente una nozione fondamentale: non salire MAI più in macchina con Mike.
“Grazie mille Mike, davvero… Ti devo un favore”
“Ma va, non mi devi niente! A parte una cosa: lo so che Seattle fa schifo, ma cerca di tornare, ok?”
“Eheh torno torno, tranquillo. Comunque Seattle non è affatto male, mi piace”
“Meno male! Buon viaggio, Ed”
“Grazie, ci vediamo” il mio cenno di saluto con la mano gli dà il via per ripartire, sempre a tavoletta.
Io torno, ma tu cerca di arrivare sano e salvo a casa, anche perché devi fare una telefonata importante.

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Qui altro che rotelle di liquirizia, per farmi perdonare come minimo le devo offrire la cena. Non che mi dispaccia, anzi. Però sono proprio stronzo. Una cosa dovevo fare: chiamarla prima dell’una. E ovviamente non l’ho fatto, me ne sono dimenticato. Comunque non è stata solo colpa mia. Chi poteva immaginare che la mia amica Jill, la hostess, avrebbe fatto scalo a Seattle proprio stamattina. Quella mi fa dimenticare pure come mi chiamo, figuriamoci le telefonate… Angie ha detto che stasera lavorava e io ho dedotto qui alla tavola calda. E se invece sta in negozio? Al massimo attraverserò di nuovo la città, come castigo.
Poi cena completa di dolce, e in un posto carino, per forza.

Arrivo di fronte all’ingresso del ristorante e la vedo dietro al bancone, con sollievo. Va bene che mi merito una punizione, però la caccia al tesoro per tutta Seattle dopo ore di prove con la band me la risparmio volentieri.
Entro e il campanello le fa alzare subito lo sguardo. Appena vede che sono io mi rivolge un sorrisone. Forse non è arrabbiata, può darsi che me la cavi con una pizza.
“Hey Jerry!”
“Ciao Angie, come va?” le rispondo mentre mi guardo attorno e noto che non c’è nessun altro “Dove sono i clienti?”
“Tutto ok, i clienti sono a casa, tra poco chiudiamo” mi spiega.
“Oh allora non posso più ordinare niente!” aggiungo con la faccia triste, sedendomi su uno degli sgabelli.
“Stiamo per chiudere, non abbiamo chiuso, certo che puoi ordinare, figurati!” precisa aggiustandosi la coda.
“Mmm allora, vediamo…” afferro un menù dal bancone e lo sfoglio con aria attenta “Prendo… qualsiasi cosa sia avanzata che puoi darmi gratis!”
“Ahahah mi dispiace Jerry, gli avanzi ci sono, ma sono la cena di noi poveri dipendenti”
“Dannazione”
“Ma se vuoi qualcosa offre la casa, o meglio, offro io… Devo farmi perdonare per stamattina”
“Che?” le chiedo perplesso.
“Scusa se non ho risposto alle tue chiamate, nel dormiveglia sentivo il telefono squillare, ma non sono riuscita ad aprire gli occhi, era più forte di me!”
“Ma…”
“Poi nel sogno pensavo che magari mi avresti lasciato un messaggio in segreteria, invece no…”
Certo che ultimamente mi capitano delle botte di culo pazzesche, evidentemente i pianeti sono allineati in mio favore.
“Ma va! Non ti preoccupare… Ho immaginato fossi stanca, ho ehm provato a chiamarti, ma poi ho preferito lasciarti dormire”
“Grazie”
“Tanto eravamo già più o meno d’ accordo di vederci stasera, quindi…”
“Allora mi perdoni?” mi chiede sbattendo quegli occhioni da cerbiatto.
“Ma sì, dai…” sì dai, mi sono fatto la hostess, ma in fondo tu dormivi. E se ti avessi chiamata io davvero? Non mi avresti risposto e avresti continuato a ronfare, bastarda! Va beh, per questa volta passi.
“Menomale!”
“Allora, vediamo…” torno a sbirciare il menù “Ho una certa sete… questa spremuta d’arancia fresca, è proprio fresca?”
“Certo che lo è, la faccio al momento” mi guarda come si guardano gli idioti.
“Allora voglio quella! Per favore”
“D’accordo, arriva subito” risponde sorridendo e fa per prendere un’arancia dal cestino dietro il bancone.
“Posso sedermi al tavolino? O hai già pulito?”
“Siediti pure, Jerry” risponde sospirando.
“Sicura?”
“Vai!”
Angie si appresta a tagliare il frutto, mentre io mi alzo e vado a sedermi al tavolo. Ma prima faccio una piccola deviazione verso il jukebox.

Quando parte il battimani della canzone io sono già corso al tavolo. Angie alza la testa e mi guarda trattenendo a stento una risata. Io di tutta risposta giro la sedia verso di lei e incrocio le braccia, in attesa del mio spettacolo personale.

`Lollipop Lollipop
Oh Lolli Lolli Lolli
Lollipop Lollipop
Oh Lolli Lolli Lolli
Lollipop Lollipop
Oh Lolli Lolli Lolli
Lollipop *POP*`

Tra l’altro questa canzone è piena zeppa di doppi sensi dall’inizio alla fine.
Angie cerca di resistere alla musica del diavolo, ma dopo pochissimo, mentre è alle prese con lo spremiagrumi, comincia impercettibilmente a ondeggiare di qua e di là. Arrenditi a Satana, piccola.
I movimenti accennati diventano via via più marcati, mette il succo nel bicchiere, prende lo zucchero, il cucchiaio, la cannuccia, tutto a tempo di musica e facendo delle facce buffe. Lo spettacolo è già divertente, ma io voglio la mia `shaky rockin’ dance`, come dicono le Chordettes.
Angie esce da dietro il bancone, si ferma un attimo a guardarmi in attesa della battuta, per non andare fuori tempo, dopodiché comincia ad avvicinarsi al tavolo ancheggiando a piccoli passi seguendo il ritmo. Arrivata a destinazione fa una piccola piroetta, che termina appoggiando il bicchiere sul tavolino di fronte a me.

"Mi porteresti i tovagliolini? Mi sono dimenticato" le chiedo con un sorriso a 50 denti.
“Certo!” si gira e va a prendere il dispenser dei tovaglioli di carta dal bancone, sempre ballando, così io mi godo la scena anche da dietro. Tornando vedo che ha cominciato a canticchiare, o meglio, a muovere le labbra seguendo il profondo testo della canzone.
“Eh no, se canti in playback non vale!” esclamo mentre mi porge i tovagliolini.
Allora comincia a canticchiare sul serio, come solo lei sa fare, ballando verso i tavoli accanto al mio. Inizia a tirare su le sedie e continua a fare il suo spettacolo per me.
Sinceramente, non pensavo fosse così sciolta, non l’ho mai vista ballare e la facevo più imbranata. Lei vorrebbe fare la scema, ma in realtà si muove molto bene. Vorrebbe farmi ridere, in realtà mi sta eccitando. Butto giù il succo d’un fiato.

La canzone finisce ahimè troppo presto. Quant’erano corte le canzoni di una volta?! Angie si piega su se stessa dalle risate, io la sbatterei al volo sul bancone. D’un tratto si sentono degli applausi, ci giriamo nello stesso istante e vediamo Meg in un angolo.
“Bravissima cara! Però sono gelosa, pensavo che questi show li riservassi solo a me”
“Smettila…” risponde Angie arrossendo, tornando a sistemare le sedie, senza musica però.
“Sei un’egoista Meg, devi condividere queste cose con i tuoi amici!” le dico prima di bere le ultime gocce di succo d’arancia.
“Mmm giusto perché sei tu, Jerry” risponde mentre prende la scopa dal ripostiglio.
“Per sdebitarmi vi accompagno a casa” propongo. Stupidamente non avevo pensato ci sarebbe stata anche Meg, speriamo capisca le mie intenzioni e mangi la foglia.
“Grazie Jerry! Ma ho qui la mia macchina” replica mentre spazza il pavimento.
“Ah”
“Però puoi accompagnare Angie volendo, anzi, magari lei vuole fare qualcosa…”
Meg, tu mi capisci al volo.
“Beh ehm non so, perché no? Tu avevi in mente qualcosa Jerry?”
“Nulla di preciso, potremmo fare un giro, così tanto per… magari per strada ci viene in mente un’idea” effettivamente non avevo un piano per la serata, a parte infilarle la lingua gola al momento opportuno.
“Sì dai, non mi va di tornare a casa subito… Tu vieni Meg?”
Angie, tu non mi capisci, ma proprio per un cazzo.
Lancio un’occhiataccia a Meg, per sicurezza, ma non credo ce ne sia bisogno.
“Beh, non lo so… no, a dire il vero sono un po’ stanca, credo di avere ancora del sonno arretrato… Andate voi, io vado a casa a fare la vecchia, ahah”
“Sicura?” chiede Angie.
Certo che è sicura!
“Sicurissima, andate pure” Meg raccoglie le briciole con la paletta e la svuota nel secchio, poi chiude il sacchetto della spazzatura ed esce.
“Beh, non mi sembrava carino non chiederglielo, sai com’è…” dice Angie appoggiandosi con la schiena al bancone.
Allora mi capisci anche tu!
“Oh certo! Tranquilla…”
“Finisco di riordinare e poi possiamo andare, ok?” aggiunge dopo avermi tolto dalle mani il bicchiere vuoto.
“Aspetterò qui buono buono”
“Bravo!”

Meg rientra e si avvicina ad Angie dietro al bancone. Le due borbottano qualcosa, ma non riesco a capire. Angie si allontana non so dove nel retro, per poi tornare con indosso un impermeabile scuro, un sacchetto di carta in mano e la borsa a tracolla.
“Ehm Meg ha detto che finisce lei, se vuoi possiamo andare”
Meg, ti farò un monumento.
“Allora andiamo signorina!” lascio i soldi sul tavolo, mi alzo di scatto e le porgo il braccio. Questa cosa dell’essere carino sta degenerando. Lei mi guarda un po’ scettica e un po’ divertita, ma poi sta al gioco e mi prende a braccetto.
“Andiamo… Ciao Meg, buona notte!”
“Notte Meg, e grazie!”aggiungo io.
“Di niente Cantrell, di niente… Divertitevi!”

"Brr che freddo!" esclama Angie stringendosi a me. Se non facesse davvero freddo, e se non si trattasse di Angie, giurerei che era una mossa studiata.
“E già, e siamo solo a ottobre. Preparati al tuo primo inverno nel nord ovest!”
“Guarda che io vengo dall’Idaho, mica da Miami” ribatte guardandomi storto.
“Peccato, un po’ di abbronzatura ti donerebbe secondo me” rispondo. E siccome ha una mano occupata e una intrappolata dal mio braccio, si limita a darmi una piccola spallata.
“Wow, ho trovato il modo di non farmi picchiare da te!”
“Non cantare vittoria troppo presto, i piedi ce li ho ancora liberi…” commenta, salendo brevemente con uno stivale sul mio piede destro.
“Ahia!” in realtà non mi ha fatto niente, ma mi piace giocare con lei.
“Stai attento, ti tengo d’occhio. Uhm fa decisamente troppo freddo per questa. Me lo tieni un attimo?” mi chiede fermandosi, staccandosi dal mio braccio e porgendomi il sacchetto.
“Scordatelo. Tu mi vuoi prendere a sberle!”
“Ahahah ma no! Va beh, fa niente” con la mano libera si toglie l’elastico dai capelli e si scioglie la coda.
A quel punto, rassicurato, le prendo il sacchetto dalle mani e lei comincia a pettinarsi i capelli con le dita. Sono bellissimi, neri, lisci, lunghi, ben oltre metà schiena.
“Così va molto meglio” dice coprendosi le orecchie coi capelli.
“È la tua cena?” chiedo restituendole il sacchetto.
“Eh già” mi prende di nuovo per il braccio e riprendiamo il cammino verso la mia macchina.
“Non preferiresti cenare con me?”
“Oh sì! Cioè, sì, ok, si può fare…”
“Dove vorresti andare?” domando e spero non citi posti al di fuori del mio budget.
“Beh potremmo… aspetta, no, non possiamo andare da nessuna parte”
“Eh?”
“Ho ancora l’uniforme… sotto…”
“Eheh e allora? Che ti frega?”
“Mi frega, mi vergogno”
“Tieni su l’impermeabile, eviteremo i posti chic per stasera” scherzo, ma mica tanto.
“Ma quando mi siedo si vede! Scusami, non ci ho pensato… ho rovinato tutto, sono una cretina” si ferma e mi guarda brevemente con occhi tristi, per poi fissare il marciapiede.
“Ehi, ma che dici?! Non hai rovinato niente, anzi, mi hai dato un’idea!”
“Ah sì?” chiede poco convinta.
“Vedrai. Andiamo!” accelero il passo assieme a lei, ci infiliamo in macchina e partiamo.

"Dove mi stai portando?"
“Vedrai”
“Questo l’hai già detto un quarto d’ora fa, Jerry”
“In un posto carino, sono sicuro ti piacerà. Però… dovrai fare un piccolo sacrificio”
“Cioè?” mi chiede aggrottando le sopracciglia.
“Dovrai sacrificarti e dividere i tuoi avanzi con me” rispondo distogliendo per un attimo lo sguardo dalla strada.
“Uhm… non so…” si tiene il mento tra le mani e alza gli occhi al cielo.
“Se no facciamo che tu mangi e io ti osservo adorante, aspettando una carezza o un boccone-premio”
“Pensi anche di abbaiare?”
“No”
“Allora niente, facciamo che ci dividiamo gli avanzi”
“Bau!”
“Ormai è tardi… ma quello è l’oceano!” esclama quando finalmente si accorge che siamo sulla strada costiera.
“Sì! Cioè, no, non proprio. È il Puget Sound, il surrogato di Seattle dell’oceano”
“Oh”
“Per vedere l’oceano aperto dovremmo fare un po’ di strada in più, almeno qualche oretta”
“Va beh, è la cosa che somiglia più al Pacifico che io abbia mai visto!” ribatte Angie senza staccare gli occhi dal mare.
“Non hai mai visto il Pacifico?”
“No”
“Non hai mai visto il TUO oceano?” le chiedo giocando sul suo cognome, Pacifico appunto.
“Ah ah, no! Purtroppo”
“Allora ti ci porterò un giorno”
“Ok…”
“Per questa volta ti devi accontentare del Golden Gardens Park”
“È un parco? Ma sarà chiuso”
“Nah, tranquilla. Davvero non sei mai stata qui? Dove cazzo ti portano Stone e quell’altro, solo in giro per locali?”
“Eheh ma no”
“Non sei mai stata a un falò o a una festa in spiaggia?”
“Certo che ci sono stata! Ehm ma non negli Stati Uniti”
“Che?! Dobbiamo recuperare! Beh, non stasera perché fa un cazzo di freddo. D’estate è più bello, ma c’è comunque una bella vista, soprattutto al tramonto” spiego mentre parcheggio in un punto abbastanza vicino alla spiaggia, ma allo stesso tempo con un bel panorama.
Mi giro verso di lei e Angie mi fissa per alcuni istanti senza parlare.
“Che c’è?” chiedo.
“Quante ragazze hai portato qui, Jerry?” mi chiede con un mezzo sorriso.
“Nessuna”
“Quante ragazze hai portato qui VERAMENTE?”
“Beh, un paio forse…” ammetto.
“Ah ecco… comunque hai ragione, la vista è magnifica”
“Lo dicevo io”
“Ma cos’è quello? Fumo?”
“Sì, sono i falò! Lo vedi che non mi ascolti?”
“Ti ho ascoltato, pensavo li facessero solo d’estate!”
“E invece no”
“Andiamo a vedere?”
“Ecco, io la porto in un posto romantico e lei mi vuole già tradire con qualche sbarbatello strafatto di canne!”
“Ahahah”
“E fa anche la finta gelosa, mi chiede chi ci ho portato prima di lei… ingrata!”
“Non sono attratta dai ragazzi, ma dal calore del fuoco” spiega sghignazzando.
“Hai freddo?” mi avvicino e le circondo le spalle con un braccio.
“Beh un po’… non troppo… dai, mangiamo!” si scioglie dal mio abbraccio e inizia a frugare nel sacchetto.
“Tieni questo”
“Cos’è questa roba? Insalata?! Sei pazza, mi vuoi avvelenare?”
“Ahahah no”
“Pensavo avessi cibo vero”
“Ce l’ho, ci sono dei sandwich, non temere! Invece l’insalata e per me” spiega estrando delle posate di plastica dal sacchetto.
“Ah ok, mi hai fatto venire un colpo”
“Scemo. Tieni, ci sono al tonno, al formaggio e poi boh, chi cerca trova” mi dice porgendomi il contenitore coi panini e riprendendosi quello dell’insalata.
“Grazie cara”
“C’è anche il dessert, sai?”
“Uhm… interessante…” commento ammiccando.
“Zitto e mangia”
“Va bene”

"Ops, mi sa che abbiamo seminato un po’ di briciole nella tua macchina" Angie osserva i tappetini.
“Capirai, tanto è un porcile! No problem” prendo il sacchetto e i contenitori vuoti e lancio tutto sul sedile posteriore.
“Ah… non sei uno di quegli uomini fissati con la macchina?”
“Eheh no, per niente. Mi interessa solo che funzioni e mi porti da un posto all’altro. Perché? Hai avuto a che fare con maniaci dell’auto?”
“Beh in effetti sì… Il mio ex era pazzo per la sua preziosa Plymouth, in macchina non si poteva fare niente, neanche fumare, figurati mangiare. E se volevo accendere la radio dovevo stare attenta a non lasciare ditate! In più ogni volta mi faceva pulire le scarpe prima di salire”
“Scherzi?”
“No, giuro! E se erano troppo infangate me le faceva togliere e mettere dietro, in un apposito sacchetto ovviamente, per non sporcare il portabagagli”
“Ma questa è malattia”
“E se non c’era il sacchetto dovevo tenerle in mano io, possibilmente fuori dal finestrino”
“No, dai, te lo stai inventando”
“Ti giuro!”
“Che ci facevi con un coglione del genere?”
“Eh… errori di gioventù”
“Suppongo che di trombare in macchina non se ne parlava”
“Jerry!” grida mollandomi uno pugno sul braccio.
“Dimenticavo che ora hai le mani libere”
“Tienilo a mente!”
“E comunque sei tu che hai cominciato! Prima mi nomini i tuoi ex per farmi ingelosire, poi pretendi che non reagisca” le dico massaggiandomi il braccio finto-dolorante.
“Ingelosire?” chiede ridendo.
“Già!”
“Se avessi voluto farti ingelosire ne avrei menzionato uno un po’ meno coglione, non credi?”
“Perché? Ne hai avuti di meno coglioni?” chiedo aspettando che mi picchi di nuovo.
“No” risponde, prima di scoppiare a ridere. E io con lei.

Dopo le risate, decidiamo di sgranchirci un po’ le gambe. Usciamo dalla macchina e scendiamo in spiaggia. Effettivamente ci sono un paio di fuochi, ma sono lontani, quindi possiamo starcene tranquilli. Non parliamo molto, ci limitiamo a passeggiare sulla sabbia, mano nella mano. Altro che dolce e romantico, questo è il top del romanticismo, stasera guadagno un milione di punti, come minimo.
Dopo un po’ Angie mi chiede di tornare in macchina, la temperatura è davvero proibitiva.
“Brr scusa Jerry, ma stavo morendo di freddo” si giustifica risalendo in macchina.
“Lo so, lo so, tranquilla. È stato breve, ma piacevole” le rispondo sorridendo e sfregandole le mani tra le mie per scaldarle.
Ha le guance rosse, non so se è il freddo o l’imbarazzo. Nel dubbio le lascio per un attimo le mani e avvio il motore per accendere il riscaldamento.
“Ottima idea” sottolinea Angie.
“È la prima sera che passiamo insieme noi due, non vorrei concluderla con la morte per assideramento”
“Già, non sarebbe carino”
“Io ti piaccio Angie?” le chiedo a bruciapelo prendendole di nuovo le mani. Mi scoppia a ridere in faccia “È un sì?”
“Che cazzo di domanda è?” chiede continuando a ridere e staccando le mani dalle mie.
“È una domanda normalissima”
“Alle scuole medie senz’altro” commenta sghignazzando.
“Era una domanda seria”
“Secondo te?”
“No no, non rigirare la frittata, dimmelo e basta”
“Sarei qui se non mi piacessi?”
“Non ti hanno mai detto che non si risponde a una domanda con un’altra domanda?”
“Non ti hanno mai detto che rispondere a una domanda fatta in risposta a una domanda con un’altra domanda non ti rende più furbo?”
“Non ti hanno mai detto che sei insolente?”
“Non ti hanno mai detto che sei un pallone gonfiato?”
“Non ti hanno mai detto che sei bellissima?”
“Sì, un sacco di volte!” risponde interrompendo il giochino “Dopotutto te l’ho detto che sono stata solo con perfetti idioti”
Ci guardiamo negli occhi per un’eternità, lei aspetta la mia battuta di risposta con quell’espressione furbetta stampata in faccia, ma con lei non c’è partita. Ho un solo modo per vincere. Mi avvicino e la bacio, a tradimento.

All’inizio è un po’ incerta, non risponde ai miei stimoli, le sue labbra restano quasi immobili e serrate, e tiene le mani sulle sue gambe. Credo di averla spiazzata. Allora comincio a spostarmi, dandole dei piccoli baci attorno alla bocca, sul mento, sulle guance, sulla fronte, persino sul naso, strappandole un sorriso. Scendo di nuovo sulle sue labbra, che questa volta rispondono, eccome. Mi bacia mentre le sue mani scavalcano le mie spalle e raggiungono il collo, la nuca, i miei capelli, mi accarezza e mi tira verso di se. Dischiude le labbra e dà il via libera alla mia lingua, che inizia a giocare con la sua. Non mi sembra vero, ho la pelle d’oca e dubito sia per il freddo, non ho mai provato una cosa del genere per un bacio. Mi sa che sono fottuto, senza via di scampo. Posso anche spegnere il motore adesso.

Andiamo avanti a limonare come teenager per non so quanto, ma è quasi l’una quando Angie si stacca per prendere fiato e butta l’occhio per caso sul suo orologio. Mi chiede di tornare a casa perché domattina ha lezione e, a malincuore, l’accontento.
“Scusa Jerry, è solo che è un po’ tardi” dice mentre mi fermo sotto casa sua.
“Non ti preoccupare, a me non è dispiaciuta affatto come serata. A te, Angie?”
“Oh è piaciuta anche a me… Tutto quanto, non solo ehm il finale”
“Stessa cosa per me” aggiungo, prima di baciarla ancora.
“Posso chiederti una cosa, Jerry?”
“Certo”
“Un favore…”
“Tutto quello che vuoi, piccola”
“Ti scoccia se, come dire, questa `cosa` ce la teniamo per noi? E non la diciamo a nessuno? Solo per il momento, ecco…”
Se mi scoccia? Ma menomale! Se si cominciasse a spargere la voce Stone & co. mi farebbero il culo. E mi sputtanerebbero alla grande con lei. Meglio tacere, almeno per ora.
“Ma no, figurati, per me va bene, se non ti va…”
“È che… lo sai come sono fatti i ragazzi, non si fanno mai i fatti loro! Quella di Seattle, a volte, più che una scena musicale mi sembra una telenovela. Non voglio che… beh, insomma, che sparlino di noi o si mettano in mezzo, capisci?” spiega giocando nervosamente con le sue dita.
“Capisco perfettamente e sono d’accordo con te, terremo un basso profilo” le rassicuro accarezzandole le guance.
“Ok”
“Però cosa racconterai a Meg? Dovrai dirglielo. E dirlo a Meg equivale a farlo sapere a tutta la città” commento ridendo.
“Non dirà niente”
“Stiamo parlando di Meg, il Gazzettino Ufficiale di Seattle”
“La farò tacere io”
“Oddio, se un giorno dovesse sparire saprò chi è stato”
“Scemo” mi molla l’ennesimo ceffone, stavolta sulla gamba, e apre la portiera.
“Ci salutiamo qui?” le chiedo, sperando di stare con lei ancora un po’.
“Sì, vado, non mi faccio accompagnare alla porta, ho imparato la lezione ormai” scende e richiude la portiera, per poi fare il giro della macchina e bussare sul mio finestrino.
“Che ho fatto stavolta, agente?” chiedo abbassandolo.
“Niente, sig. Cantrell, stasera è stato impeccabile” risponde e si china per baciarmi.
“Mi piace questo nuovo approccio della stradale”
commento quando si stacca da me.
“Buona notte Jerry”
“Notte a te. E grazie”

Aspetto di vederla entrare dal portone prima di ripartire.
“Stasera è stato impeccabile, sig. Cantrell” ripeto fra me e me per tutto il viaggio fino a casa.

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Una volta entrata in casa, attraverso l’appartamento al buio, a tastoni. Non voglio svegliare Meg, per nessuna ragione al mondo. Se si svegliasse vorrebbe sapere tutto, e io glielo racconterei. E se glielo raccontassi passerebbero le ore, andrei a dormire tardi e domattina non mi alzerei neanche con le cannonate.
Arrivo in camera mia e mi chiudo la porta alle spalle, pianissimo. Appendo l’impermeabile e mi siedo sul letto per levarmi gli stivali, illudendomi di essere al sicuro.
“ALLORA?! COM’È ANDATA?” Meg spalanca la porta ed entra urlando.
“Cazzo, mi hai fatto prendere un colpo!”
“Ha! Una volta tanto lo faccio io a te e non viceversa! Dai, bando alle ciance, racconta. Che avete fatto? Dove siete andati? L’hai baciato? Dai, dai!” comincia a saltare sul mio letto facendo domande a raffica, i miei nervi non resisteranno a lungo.
“Mi ha portata sul Puget Sound, abbiamo fatto un picnic in macchina, una passeggiata sulla spiaggia e ci siamo baciati” le rispondo con l’entusiasmo di un’ameba.
“Vi siete baciati?! E me lo dici così?”
“Come te lo devo dire, cantando?”
“No, meglio di no. E com’è stato?”
“Dai Meg, sono stanca e domani devo svegliarmi presto, non posso affrontare questa conversazione adesso. Non possiamo rimandare a domani?”
“Ok… dimmi solo com’è stato, dai! Poi ti lascio dormire”
“Carino”
“Carino?”
“Sì, carino, piacevole…”
“Piacevole?”
“Cos’hai contro i miei aggettivi, Meg?”
“Solo `carino`? Non travolgente, passionale, incredibile, superlativo, magico?”
“Beh, in effetti i tuoi aggettivi sono più fighi, niente da dire”
“Angie!”
“Ok ok. Beh, in tutta sincerità… no, nessuno di quelli”
“Perché? Ha fatto lo stronzo? O bacia male? Aspetta, lo so, ha allungato le mani, giusto?”
“Nulla di tutto questo, è stato molto dolce e romantico e non mi ha sfiorata con un dito”
“Allora bacia male, che delusione. Oppure gli puzzava il fiato?”
“Il suo alito era freschissimo e bacia molto bene, non c’è niente che non vada in Jerry, anzi…”
“E allora? Qual è il problema?”
“Nessun problema. Solo non è stato come me l’aspettavo. Non è stato travolgente, per usare uno dei tuoi aggettivi coloriti” rispondo lasciandomi cadere sul letto, ancora vestita, fissando il soffitto. Lei si stende accanto a me e fa lo stesso.
“Come te lo aspettavi?”
“Pensavo di perdere la testa, non capire più niente, non sapere più chi ero e dove stavo. Insomma, quello che mi capita ogni volta che bacio qualcuno che mi piace tanto” spiego sospirando.
“E invece?”
“E invece non ho perso il controllo neanche per un secondo, ero sempre vigile. Mi piaceva, non fraintendermi, quei baci me li sono goduti eccome… però…”
“Eheh va beh, che c’entra, tu descrivi un bacio da film, non la realtà”
“Ma per me quella è sempre stata la realtà”
“Certo, ci manca solo la musica di sottofondo” ribatte ridendo.
“Beh, in effetti non ho sentito neanche quella…”
“Cosa?”
“La musica, nella mia testa” rispondo come se fosse la cosa più naturale del mondo, mi giro su un fianco e appoggio il capo su una mano.
“Nella tua testa?”
“Sì! Hai presente, si dice che quando ti piace qualcuno `senti le campane`”
“Mm mh” Meg annuisce poco convinta.
“Beh, io non le ho mai sentite, ma quando bacio qualcuno che mi prende davvero… ecco, sento la musica”
“Musica”
“Già”
“E che musica?”
“In genere sciocche canzoni d’amore anni ‘60. Tipo Sonny e Cher, i Turtles… Tom Jones”
“Tom Jones?” mi chiede soffocando a stento le risate.
“Sì, lo so, è ridicolo”
“Tom Jones?!”
“Era per fare un esempio!” rido anch’io assieme a lei.
“E niente My Delilah con Cantrell?”
“Ahahah no, zero!”
“Grazie al cielo!” esclama Meg sollevandosi e mettendosi seduta sul letto.
“Dipende”
“Angie, seriamente. Non ti è passato per la mente che magari stai solo crescendo?”
“Dici?”
“Sì Angie, quando hai detto che è stato il tuo ultimo bacio? A 15-16 anni, no?”
Annuisco.
“Beh, non credi di essere cambiata? Ne è passata di acqua sotto i ponti, tu sei più matura, Jerry è un uomo e magari Tom Jones è semplicemente stato messo da parte durante la crescita, assieme a Babbo Natale, le Barbie e l’amico immaginario”
“Sai che il mio amico immaginario era un cavallo?”
“Di questo ne discuteremo un’altra volta”
“Ok”
“Adesso sei grande, Angie, e sei pronta per relazioni più mature, da adulta”
“Forse hai ragione”
“E se proprio ti manca puoi sempre mettere una cassetta di Tom mentre limonate duro in macchina” aggiunge ricominciando a ridacchiare e alzandosi dal mio letto.
“Credo che in quel caso mi butterebbe fuori dall’auto a calci” replico mentre mi alzo anch’io dal letto e prendo il mio pigiama giallo dalla sedia.
Sorrido. Chissà se Eddie è partito, spero sia andato tutto liscio.
“E farebbe bene! Buona notte, Jones” mi dice uscendo da camera mia, fischiettando Help yourself.
“Ti odio. Notte!”

Qualche settimana fa ci scherzavo su, ma se continuo di questo passo tra una decina di giorni mi ci ritroverò per davvero, in Idaho, seduto a tavola di fronte a un bel tacchino ripieno in mezzo ai miei due “suoceri” e alla famiglia Pacifico al completo. A dire il vero, lei non mi ha invitato, ieri sera l'ho chiamata dopo il concerto a Tacoma e mi ha solo detto che i suoi hanno insistito perché lei sia presente alla cena del Ringraziamento e che alle sue osservazioni circa la mancanza di pecunia hanno risposto offrendosi di pagarle il biglietto di andata e ritorno. Un'offerta che l'hanno obbligata ad accettare. Io non sono incluso nel biglietto, quindi forse non sono neanche incluso nell'invito. E non so neanche se esserne sollevato o dispiaciuto. Cosa cazzo mi sta succedendo? In queste ultime settimane mi sono trasformato nel fidanzato modello, pur non essendo il fidanzato di nessuno. Insomma, io ed Angie non stiamo proprio insieme, non stiamo neanche uscendo nel vero senso della parola, un po' per i nostri rispettivi impegni, un po' per la faccenda della segretezza. È difficile uscire la sera (ma anche di giorno) e trovare un locale dove non ci sia qualcuno che conosciamo e che non deve sapere di noi. In più con gli Alice abbiamo iniziato un mini tour e siamo spesso in giro, e quando non abbiamo concerti ci sono interviste o altre stronzate da fare. La cosa mi gasa parecchio! Il risvolto della medaglia è che Angie e io riusciamo a vederci col contagocce, quasi sempre da lei, qualche volta da me, spesso in macchina a pomiciare in mezzo al nulla.

Pomiciare, già. Solo pomiciare. Non abbiamo fatto niente. Beh non proprio niente niente, qualcosa... e comunque è solo questione di tempo. Ad ogni modo, per quanto mi riguarda è un record. Non ho mai aspettato così tanto, per nessuna, a parte la prima volta. Cazzo, lì sì che ho aspettato, sembrava ci fosse una maledizione! Ogni volta ce n'era una: un padre geloso da cui scappare saltando giù dalla finestra, una sorellina tornata a casa in anticipo, i profilattici dimenticati, un cane inferocito, un rumore strano che spaventava la tizia e mi obbligava a girare la macchina e riportarla a casa, ecc... Ero convinto che non avrei mai scopato e sarei morto vergine. Diciamo che in seguito mi sono rifatto, con gli interessi. Ma da tre settimane a questa parte sono casto e fedele, il ragazzo perfetto.

Oddio, perfetto perfetto no... Ma è tutta colpa di Mike. La settimana scorsa, dopo un concerto a Roseville, quello stronzo ha pensato bene di rimorchiare una biondina che gli faceva gli occhi dolci da sotto il palco già dal soundcheck e portarla a bere qualcosa. Peccato che la tipa fosse lì con un'amica, da cui non poteva sganciarsi, e che l'altro single della band si fosse già trovato altro da fare. Per questo motivo il mio amicone ha pensato bene di reclutarmi come compare per intrattenere la terza incomoda, che in fondo neanche mi piaceva e quando rideva sembrava un asino. Però devo ammettere che aveva un gran bel culo, la natura doveva pur dotarla di qualche pregio. Comunque sono stato fedele, in senso lato... anzi, in senso pieno! Ci ho flirtato, l'ho baciata, le ho assestato qualche palpata nei punti strategici, che lei ha ricambiato con qualcosina in più, ma non ci ho fatto sesso. Per me è già un enorme passo avanti. E io e Angie non stiamo neanche insieme. E poi farselo succhiare non è mica tradire.

Ma allora perché mi sento in colpa? Perché sono nervoso quando entro nel mini market e finalmente la rivedo? Sono passati dieci giorni dalla partenza per la breve tappa californiana, il mio primo istinto dovrebbe essere quello di saltarle addosso, capo permettendo. Invece il mio primo pensiero è il terrore che lei possa leggermi scritto in faccia qualche segno della mia colpa.

Colpa?

Sì, colpa dai, è inutile che ci giriamo attorno.

Però, nessuno dei due ha mai parlato di esclusiva...

Ok, ma era sottinteso, cazzo!

Questo è il dialogo angioletto vs. diavoletto che si svolge nella mia testa quando entro nel negozio e le faccio un cenno avviandomi nel reparto schifezze, mentre lei sta servendo dei clienti e si limita a lanciarmi uno dei suoi sorrisi letali. Faccio il pieno di patatine ai gusti assortiti, cracker al formaggio e cioccolata in vari formati. Stasera si va a Portland e ho bisogno del minimo indispensabile per sopravvivere ad almeno sei ore di furgone, tra andata e ritorno. Mi attardo nella scelta, perché sono selettivo o forse perché voglio rimandare il faccia a faccia con Angie... ma allo stesso tempo muoio dalla voglia di parlarle, di accarezzarla, stringerla e baciarla. E sì, anche di fare altro, sono un uomo, cazzo! Tuttavia possederla qui sul registratore di cassa non mi sembra esattamente la mossa più astuta da compiere per farle capire quanto la desidero.

Mi metto in fila, dietro di me una signora sulla cinquantina con, credo, un'intera boccetta di profumo addosso. Io ed Angie ci lanciamo occhiatine per tutto il tempo, finché non è il mio turno.

“Buongiorno signor Cantrell” Angie mi saluta con tono professionale, ma con lo sguardo furbetto.

“Buongiorno signorina Angela, come sta?” le chiedo sistemando le mie provviste sul bancone.

“Bene, grazie! E lei? Com'è andata la vacanza in California?”

“A meraviglia! Ma lei sa benissimo che di tutto si trattava fuorché di una vacanza, signorina”

“È vero! Mi perdoni, dimenticavo che lei è il chitarrista sexy di una metal band” risponde battendo il mio scontrino mentre scorre velocemente i miei acquisti.

“Mi ritengo offeso! Che lei è la commessa sexy di un mini market non lo dimentico di certo”

“Nonché cameriera” aggiunge.

“Cameriera sexy, prego. E ballerina, esageratamente sexy. E calda studentessa”

“Jerry! La smetta, signor Cantrell!” mi dice accennando uno schiaffo, ma frenandosi all'ultimo, dopo aver dato una breve occhiata alla cliente alle mie spalle, che se la ride sotto i baffi.

“Mi perdoni, cara”

“Basta così?” mi chiede guardandomi storto dopo aver passato tutte le confezioni.

“Mmm vorrei anche due pacchetti di Marlboro rosse”

“Ecco a lei. Altro?”

“Sì, mi servirebbe anche l'accendino”

“Di che colore?”

“Faccia lei, mi fido, dopotutto lei sa bene cosa mi piace....”

“Facciamo nero, ok?” mi chiede alzando gli occhi al cielo.

“Perfetto, lo dicevo io”

“Altro?”

“Sì, queste gomme” rispondo porgendole una confezione appena presa dall'espositore sul bancone.

“Basta?”

“E poi vorrei un bacio”

“Ma... signor Cantrell...”

“Un bacino, piccolo, in fondo sono dieci giorni che non ci vediamo”

“Non posso, sto lavorando...”

“C'è il boss in agguato?”

“No, è appena uscito per andare in banca”

“E allora perché siamo ancora qui a parlare come due idioti? Che cazzo stiamo aspettando?!” esclamo avvicinandomi.

“Jerry, dai... dopo... tra mezz'ora vado in pausa”

“Mezz'ora? Sei pazza? Io non posso resistere mezz'ora, mi voglio incollare alle tue labbra adesso”

“Jerry...”

“Ma sì, signorina, gli dia questo bacio! Tanto ci sono solo io, mica mi scandalizzo!” interviene la signora Chanel N° 5 litri.

“Ma, veramente...”

“È un così bel ragazzo poi, non se lo faccia dire due volte, su!” insiste la signora.

“Vedi, lo dice anche la signora! Dai...” mi sporgo dal bancone e lei fa altrettanto, finché non mi stampa un bacio veloce sulle labbra.

“Tutto qui? Me lo chiami bacio questo?”

“Era un signor bacio!”

“Signora, lei cosa ne dice? Era un bacio vero quello?”

“Jerry piantala!” mi urla contro Angie.

“Mmm tenero, ma si poteva fare di meglio”

“Ecco, sentito? Dai, vieni qui, puoi fare di meglio” mi avvicino di nuovo, le prendo il viso tra le mani e stavolta parte un bacio coi controcazzi, lungo e con un pezzetto di lingua, senza esagerare, che non guasta mai.

“Oh! Questo sì che era un bacio, vero signora?” chiedo alla cliente appena mi stacco da Angie, continuando però a tenerle le mani sulle guance.

“Questo era davvero un signor bacio!”

“Ecco, adesso che hai avuto il tuo signor bacio puoi anche pagare, sono 8 dollari” mi dice staccando le mie mani da lei.

“Solo? Il bacio ne vale molti di più” scherzo strappandole una risata, e anche alla signora.

“No, quelli sono per le schifezze che hai comprato, il bacio ha un valore inestimabile, non potresti permettertelo”

“Wow, allora sono un privilegiato”

“Esatto, ti è andata di stra-lusso, signor Cantrell” risponde sorniona.

“E non potrebbe andarmi di lusso anche stasera?” azzardo speranzoso mentre pago.

“Stasera? Stasera non suoni a Portland?” mi chiede porgendomi il sacchetto con tutte le mie prelibatezze.

“Sì, io suono a Portland e vieni anche tu, vedi il concerto e stiamo un po' insieme... ti va?”

“Non lo so Jerry... dovrei studiare”

“Ma stai sempre a studiare cazzo!”

“Fa bene signorina, studiare è importante. Magari avessi potuto studiare! Lei che ne ha la possibilità non prenda la cosa sotto gamba!”

Signora, finché mi regge il gioco va bene, ma adesso si faccia i cazzi suoi.

“Visto? L'ha detto anche la signora” aggiunge Angie, godendo nel parafrasare la mia battuta di prima.

“Ma dai, puoi studiare domani, tu sei bravissima, sei un genio!”

“Stai tentando la carta dell'adulazione intellettuale? Allora ci tieni proprio”

“Certo che ci tengo! Dai, è solo una sera”

“Devo scrivere una relazione per domani pomeriggio Jerry, sono ancora a metà, non so se ce la faccio”

“Certo che ce la fai, sei un genio”

“Non puoi giocare la stessa carta due volte nella stessa mano”

“Uff... daaaaaaaaaaaaaaai””

“Non lo so. Ma poi con cosa vengo a Portland? E con chi?”

“Come sarebbe a dire? Con me, con la band!”

“Sul van?”

“No, a piedi. Certo, sul van, come se no!”

“E cosa penseranno gli altri?”

“Che significa 'cosa penseranno'? Che devono pensare? Che vieni a vederci e stop”

“Da sola”

“Eh”

“Sul furgone con voi”

“Sì”

“E seguo il concerto da sola”

“Mica da sola, con tutto il pubblico. Spero numeroso”

“E dopo lo show sparisco con te nel nulla”

“Vedo che hai già capito il mio piano, lo dicevo che sei un genio”

“E non credi che potrebbe sorgergli qualche piccolo sospetto?”

“Ma va, cosa devono sospettare”

Quelli non sospettano, anche perché sanno già tutto. Lo so, avevo promesso a Angie di non dire niente a nessuno e per quanto riguarda la combriccola di Stone ho eseguito l'ordine più che volentieri. Ma Layne ha capito subito che era successo qualcosa già solo vedendo la mia faccia quando sono tornato a casa dalla gita al mare, e gli ho raccontato tutto. Sean l'ha intuito dai miei atteggiamenti con lei quando uscivamo in compagnia, cosa che mi ha messo in guardia e mi ha spinto a essere più accorto. Come l'ha notato lui possono farlo anche gli altri. Alla fine ho ceduto e ho detto tutto anche a lui, che da buon amico ha spifferato la cosa a Mike.

“Jerry, mi sembra palese che verrei per te...” Angie lancia un'occhiata alle mie spalle “ È una cosa recente, sa... Non voglio che lo sappia nessuno, per ora”

“Se non hai niente da nascondere che problema c'è?” chiede la signora, appena interpellata.

“Non c'è nessun problema, è che non voglio troppa 'pubblicità' tra i nostri amici, tutto qui” Angie sta a giustificarsi con la perfetta estranea.

“Angie, loro sanno che ti sto dietro da una vita, penseranno solo che ho fatto un piccolo passo avanti, tutto qui”

“Non lo so”

“Dai, non dirmi che non vieni per questo motivo”

“Facciamo così, ci penso e ti chiamo più tardi, ok?”

“Ok, ma pensa in fretta, alle 3 del pomeriggio si parte da casa Staley-Cantrell”

“Va bene, ti farò sapere”

“Grazie”

“Prego”

“Mi dai un altro bacio?”

“Jerry vattene! La signora sta aspettando da ore!”

“Ah ma non vi preoccupate, tanto non ho fretta! Fate pure”

“Visto? L'ha detto la signora!” mi allungo di nuovo sul bancone e rimedio ancora un bacio.

“Adesso va'! Ci vediamo al bar di fronte tra mezz'ora”

“Ok capo” rispondo e mi avvio verso l'uscita, trovandomi di fronte il mio incubo peggiore delle ultime settimane.

Gossard.

˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜

Quando arrivo al negozio e mi trovo di fronte, al di là della porta d'ingresso, quella faccia da cazzo di Jerry non mi stupisco affatto. Anzi, questo non fa che avvalorare i miei sospetti degli ultimi tempi: quei due stanno combinando qualcosa. Dalla sera del concerto, da quando hanno preso quello stramaledetto caffè, le cose sono cambiate tra loro, lo sento. E lo vedo, quando siamo tutti insieme. Ho espresso i miei dubbi a Jeff, lui dice che gli sembra tutto normale, con Jerry che ci prova e lei che lo prende per il culo, e che probabilmente quel caffè non ha voluto dire niente. Ma Jeff è un idiota, o è diventato miope oppure Laura gli fa cappelli troppo larghi che gli calano sugli occhi, perché non ci vuole un genio per capire che è tutto diverso, molto diverso.

Prima era: Jerry ci prova, Angie non lo caga, Jerry fa una battuta pesante, Angie lo picchia e se ne va.

Adesso è: Jerry ci prova, Angie ride, Jerry lancia una frecciata pesante, Angie lo picchia e resta lì, a ridere, a farsi abbracciare, prendere in braccio, a sedersi sulle sue ginocchia perché CASUALMENTE quando usciamo c'è sempre un momento in cui manca un posto a sedere e CASUALMENTE rimane in piedi proprio lei.

Questi due non me la raccontano giusta, il fatto che Jerry sia qui di buon mattino non fa altro che darmi un'ulteriore conferma.

“Hey Jerry” lo saluto entrando, interrompendo il momento imbarazzante in cui non era chiaro se sarei dovuto entrare prima io o uscire prima lui o restare lì immobili a fissarci come degli imbecilli ancora per molto.

“Hey... ciao Stone!” mi risponde fingendo entusiasmo.

“Che ci fai qui?”

“La spesa! Spesa da adulti” mi risponde mostrandomi il contenuto di snack del suo sacchetto.

“Attraversi la città per comprare le patatine? Devono essere proprio buone” faccio un cenno di saluto ad Angie, che si accorge solo ora della mia presenza. Il suo sorriso gengivale la dice tutta.

“Sono ottime! E anche il cioccolato. Comunque passavo di qua”

“Passavi di qua? Per fare cosa? Ah già, il tuo spacciatore abita da queste parti, giusto?” gli chiedo proprio mentre una cliente ci passa accanto per uscire. E lo guarda malissimo bofonchiando qualcosa sull'abito che non fa il monaco, o qualcosa del genere.

“Non ho spacciatori! Ho solo una spacciatrice, Angie, la mia spacciatrice di cibo!” risponde alzando la voce, per farsi sentire dalla signora, ormai in strada “Ho fatto una capatina al negozio di dischi all'angolo e ho pensato di passare per un saluto, tutto qua”

“Tutto qua?”

“Sì, tutto qua”

“Certo, è ovvio” rispondo con aria scettica, sperando di coglierlo in fallo.

“E poi a te cosa te ne importa?”

Dio, è stato fin troppo facile.

“Nulla, era così per dire, non ti scaldare Jerry”

“Ok...”

“Altrimenti comincerò a pensare ci sia qualcosa sotto eheheheh” aggiungo mentre con la coda dell'occhio vedo Angie sbiancare, per quanto le sia possibile diventare ancora più pallida.

“Ahahahahah sì figurati. Magari!” replica Jerry ridendo istericamente.

“Ti piacerebbe eh?”

“Non è un mistero, amico”

“Ma non c'è trippa per gatti, giusto?”

“Eh già, purtroppo”

“Non c'è niente per nessun gatto!” esclama Angie dal bancone.

“Beh... nessuno... non esageriamo. Come si chiama quel tuo compagno di università che abbiamo visto l'altra sera? Kevin... no, Kenneth...”

“Kendall”

“Ah giusto, Kendall! Secondo me un po' di trippa a quello non dispiacerebbe”

“Stone! Cosa diavolo dici? È anche fidanzato” Angie abbandona di fretta il bancone e ci viene incontro con le braccia conserte.

“Se non lo fosse però ci faresti un pensierino, eh? Mi sembrava aveste una bella intesa” godo a infierire, mentre Jerry alterna lo sguardo torvo tra me e Angela.

“Figurati, non andiamo d'accordo neanche sul cinema, ha dei gusti pessimi. Uno che dice che la trilogia de La casa è una stronzata per adolescenti non lo prenderei nemmeno in considerazione”

“Povero Kendall”

“Già, povero Kendall” aggiunge Jerry sempre più stizzito.

“E comunque Kendall non mi vede neanche, non gli interesso, gli interessano solo i miei appunti delle lezioni”

“Che opportunista!” commenta Jerry.

“Dai, non fare così, sono convinto che se gli mostri come sei veramente sotto quella dura scorza di cinismo riuscirai a fare breccia nel cuore di Kendall”

“Non mi piace Kendall, non voglio fare breccia da nessuna parte!”

“Ok ok... sarà...”

“Ma senti, tu cosa ci fai da queste parti, Stone?” mi chiede Cantrell, che ora ha deciso di sfogare la sua frustrazione solo su di me.

“Sono venuto a invitare Angie per stasera”

“Troppo tardi, l'ho già fatto io e mi ha dato buca. Nonostante io adori La casa. Deve studiare, ahimè”

“Beh magari a me non dà buca, il tuo che invito era?”

“Concerto degli Alice a Portland”

“Figo! Ma lontano. Il mio era un invito per il comitato di ri-accoglienza per Vedder”

“È tornato?” chiede Angie interrompendo il nostro piccolo battibecco.

“Dovrebbe tornare oggi. A dire il vero dovrebbe essere già qui, ieri sera ha chiamato Jeff dicendo che avrebbe viaggiato in notturna e sarebbe arrivato stamattina presto. Boh, arriverà. Comunque pensavamo a una semplice birretta in tranquillità al pub scozzese sotto casa di Jeff. Che ne dici?”

“Non lo so... Come ti ha detto Jerry, dovrei studiare, ho anche un compito da consegnare domani”

“E allora? Saresti tranquillamente in grado di scriverlo sui tovagliolini del bar nelle pause tra una chiacchiera e l'altra. Sei un genio”

“Ahahah siamo all'adulazione intellettuale, sei proprio alla frutta, Gossard” Jerry aggiunge ridendo e chissà perché questa battuta non mi dà l'idea di essere farina del suo sacco.

“Non so Stone, ti faccio sapere più tardi, ok?”

“Tranquilla, non serve che mi avvisi. Se decidi di passare puoi raggiungerci quando vuoi, anche per un saluto di dieci minuti, tanto noi saremo lì” la rassicuro mentre Jerry la guarda allibito.

“Ok”

“Ah e poi sono venuto per un'altra cosa”

“Cosa?” mi chiedono i due in coro.

“Questa”

Estraggo dalla tasca l'involto incriminato e lo porgo ad Angie.

“Oh mio dio!” esclama quando lo apre e si accorge di cosa si tratta, per poi nascondere il tutto dietro la schiena.

“Che cos'è?” chiede Jerry, irritato per il nostro ennesimo piccolo segreto.

“Foto. Foto nostre, della festa di Halloween al Vogue. Non sai cosa ti sei perso!”

“Fammi vedere” Jerry si rivolge a lei, più rilassato, forse perché ha capito che il piccolo segreto non riguardava Kendall. O forse solo perché vuole godersi un po' di foto di Angie.

“No!”

“Dai, voglio vederle!”

“No, aspetta! Devo selezionarle prima” Angie scappa dietro il bancone.

“Macché, le voglio vedere tutte, fammele vedere, dai”

“Dai, fagliele vedere! Eri così figa vestita da pin up” butto lì, privando Jerry dell'uso articolato della parola per alcuni secondi.

“Eh?”

“Sì, da pin up! Aveva questa camicetta a pois, con una gonna a tubino con lo spacco dietro e dei tacchi da paura. Poi Meg l'aveva truccata e pettinata da dio. Pure con gli orecchini enormi a cerchio e col foulard legato in testa! Sembrava davvero una diva d'altri tempi” la raggiungo dietro al bancone e lei tiene ancora più strette le foto.

“Eh?”

“Sembravo una lavandaia obesa, Stone”

“Lascia che sia Jerry a giudicare” allungo la mano cercando di prenderla di sorpresa e afferrare le foto, ma i suoi riflessi da 18enne le permettono di sfuggirmi con uno scatto. Dopodiché parte un inseguimento surreale attorno al bancone, che si conclude con Jerry che la blocca, io che le strappo le foto dalle mani e le lancio al simpaticone.

“Cazzo” è il primo vocabolo di senso compiuto che riesce a pronunciare. E continua a pronunciare solo quello, man mano che sfoglia le foto.

“Ehm hai visto Stone e Jeff? Vestiti da Drughi di Arancia Meccanica? Anche loro sono stati 'creati' da Meg”

“Cazzo”

“Sì dai, eravamo carini”

“Cazzo”

“E Meg? Hai visto? Meg vestita da Mercoledì Addams, non è stupenda? Non sta male coi capelli scuri, vero? Pensa che il suo colore naturale è simile a questo, ma lei si tinge. Pazza, è bellissima ovviamente, ma le ho detto che starebbe bene anche così”

“Cazzo”

“Però lei niente, è affezionata al suo caschetto biondo”

“Cazzo”

“Sai dire solo 'cazzo', Jerry?” gli chiedo sghignazzando per i tentativi di distrazione di Angie.

“Cazzo Angie! Manco io e ti vesti così?!”

“Eh tu suonavi”

“E ti sei perso la nostra piccola al top, se ci fosse stato Kendall sarebbe caduto ai tuoi piedi”

“Stone, piantala!”

“Ma proprio quando non ci sono io?!” Jerry insiste senza rendersi conto di ciò che lo circonda.

“Ovvio, con te in giro non avrebbe potuto, le stai sempre addosso!”

“Ma uffa!”

“Jerry, piantala pure tu!” Angie recupera le foto e le porta chissà dove nel retro.

“Avrà rimorchiato alla grande alla festa, vero?” mi chiede Jerry con lo sguardo da cane bastonato, mi fa quasi pena. Quasi.

“A dire il vero no, almeno non che io sappia” decido di non mentire, anche se la tentazione di farlo soffrire è forte. Mi sto addolcendo troppo.

“Ma come cazzo è possibile? Cos'è, ce li ho solo io gli occhi a Seattle?”

“Evidentemente sì” e ci aggiungerei un PURTROPPO grande come una casa.

“Cambiando discorso, Meg e Mike hanno rifatto pace? L'indiano che l'abbraccia nelle foto è lui, vero?”

“Sì è lui. Se hanno fatto pace? Sì e no. Sì, non vuole più ucciderlo e ha ricominciato a rivolgergli la parola. Ma no, nel senso che non sono più come prima, diciamo che ora sono amici ma senza 'benefits', se mi capisci” gli spiego aggiornandolo sull'altra telenovela del momento.

“Cazzate, quei due non saranno mai amici” risponde con l'unica cosa sensata che gli ho sentito dire ultimamente.

“Lo so, ma vaglielo a spiegare. Comunque mi sembra giusto che Meg se la tiri una volta tanto. Mike è un mio amico, ma anche lei e finché gli sta dietro lui non capirà mai. Deve metterlo un po' alle strette”

“Eh le tattiche... non sempre sono infallibili” Jerry ribatte con la seconda cosa sensata, non starà esagerando?

Angie torna senza foto, chissà dove le avrà imboscate. Spero non gli abbia dato fuoco. Ma tanto ho i negativi.

“Va beh, io levo le tende. Ti aspetto stasera, ok?”

“Non so, Stone”

“Dai, se vieni mi fa piacere e sicuramente fa piacere anche a Eddie. Mi sembra abbiate legato abbastanza, o sbaglio?” chiedo buttando un occhio su Jerry, che però mi pare non venga sfiorato minimamente dalla gelosia che lo aveva assalito per Kendall.

“Sì abbiamo parlato un paio di volte, è simpatico!”

“È simpatico anche a me” aggiunge Cantrell. Ah ecco perché non te ne frega niente, ti sta simpatico e l'hai già classificato come innocuo.

“Sì, all'inizio era un po' silenzioso, ma negli ultimi giorni si è aperto abbastanza. Il giorno dopo il concerto, o meglio la notte, da Jeff abbiamo fatto le 2 parlando degli Who, e ha parlato praticamente solo lui per tutto il tempo. Da lì ho dedotto che sia il suo gruppo preferito”

“Come biasimarlo” commenta Angie sorridente.

“E anche Mike mi ha detto che quando l'ha accompagnato all'aeroporto non è stato zitto un secondo. Probabilmente bisogna solo saperlo prendere”

“A me è sembrato subito un tipo a posto, non parlare a vanvera e farsi i cazzi propri non è mica un difetto” interviene Jerry. Se non la smette di dire cose sagge vado a infilare la testa nel banco frigo, giuro.

“Come sei diventato saggio Jerry, che ti è successo? Hai avuto un'illuminazione?” gli chiedo rimandando il suicidio tra i surgelati.

“Sono le interviste, mi sto abituando a sparare cazzate spacciandole per massime” risponde aprendo la porta del negozio per me. Strano, non vede l'ora che me ne vada.

“Ahah giusto, dovrai insegnarmi qualcosa, potrei averne bisogno”

“Ne avrai bisogno sicuramente, andrete alla grande coi Mookie!” aggiunge Angie dandomi una pacca sulla spalla.

“Grazie cara, ora vado. Tu che fai Jerry, rimani? Devi comprare qualcos'altro?”

“Ehm no, veramente stavo andando via...”

“Sei in macchina?”

“Sì, perché?”

“Mi scoccia rifarmela a piedi, mi dai un passaggio? Tanto è di strada”

“Va bene...” accetta la mia richiesta, stavolta senza neanche fingere entusiasmo.

“Grazie, sei un amico! Ciao Angie, a stasera se ci sei”

“Di nulla... Ciao Angie! A stasera, spero”

“Ciao ragazzi, buona giornata!”

˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜˜

Ho aspettato Jerry al bar finché ho potuto, ma di lui nessuna traccia. Il capo è tornato e ci siamo solo noi due, non posso estendere le mie pause all'infinito. Sicuramente Stone deve averlo incastrato con qualche trucco dei suoi, comincio a chiedermi se non abbia capito tutto. Beh, se fosse che lo dica chiaramente! Alla fine è la mia vita, sono io che decido con chi stare e Stone non è mio padre. Anche perché mio padre al contrario sarebbe felicissimo e mi presterebbe anche la sua macchina per uscire con Jerry, mi presterebbe anche la casa per un romantico weekend. Se mi presentassi a casa con Jerry per il ringraziamento ci sarebbero i fuochi d'artificio a casa Pacifico, sono anni che non aspettano altro. Ma io non ne ho la minima intenzione, non gli ho presentato nessun ragazzo finora,figuriamoci se gli presento Jerry! Non mi sembra il caso e anche volendo mi sembra prematuro.

Jerry comunque si sta dimostrando molto diverso da quello che credevo. Certo, sapevo benissimo che non è solo un adorabile coglione, anche perché se così fosse non potrebbe scrivere quei testi e cantare e suonare in quella maniera. Però non lo facevo così dolce. Insomma, non ce lo vedevo sul divano con me a guardare film sotto il plaid, a passeggiare sulla spiaggia, a darmi una mano a cucinare una cenetta per noi due, non immaginavo Jerry che mi chiama tutte le sere quando è via e mi manda cartoline con frasi tenere da ogni città in cui suona... Mi ha stupita. L'ho giudicato male, ero convinta che appena avesse messo piede in casa mia mi sarebbe saltato addosso. E la cosa non mi sarebbe dispiaciuta, anzi. Diciamocelo, Jerry è un figo e quando siamo insieme non so come faccio a resistergli, gli salterei addosso io. Però non voglio affrettare le cose, è la mia prima relazione matura, come ha detto Meg, niente canzoni, niente mancamenti, niente scene da film e colpi di testa, devo ragionare. La ragione mi dice che adoro i momenti che trascorriamo insieme facendo qualsiasi cosa e che voglio sfruttarlo al meglio, non voglio che fare sesso con lui diventi un riempitivo tra una data e l'altra, aspetterò quando avremo più tempo per noi.

Intanto il tempo passa al Westlake Mini Mart, anche troppo. Sono le due passate, il mio turno è finito da una ventina di minuti, ma di Grace, l'ultima arrivata che dovrebbe darmi il cambio, neanche l'ombra.

“Angie, cosa ci fai ancora qui?” mi chiede il boss.

“Ehm Grace ha chiamato, ha avuto un problema con la macchina, arriverà un po' in ritardo”

“Ne ha sempre una quella ragazza... ma quando ha chiamato? Non ho sentito il telefono squillare?”

“Perché ho risposto subito! Comunque recupererà il ritardo dopo ovviamente”

“Chissà perché ogni volta che chiama rispondi tu”

“Beh...”

“È l'ultima volta che la copri, chiaro? Se le capita qualche altro 'contrattempo' saranno cazzi suoi, intesi?”

“Ma non...”

“INTESI?”

“Sì, capo”

Dove cazzo sei, Grace? Tra poco Jerry va a Portland e io non l'ho neanche salutato come si deve, uff. Dopo aver riempito gli spazi vuoti sugli scaffali al reparto detersivi, torno al bancone e nello stesso istante alcuni clienti entrano in negozio. Tra questi c'è anche la signora di stamattina, spero non sia venuta per darmi altri consigli in ambito sentimentale. A quanto pare no, visto che si avvia verso la corsia delle bibite. Mentre la seguo con lo sguardo la porta d'ingresso scampanella di nuovo, mi giro ed eccolo lì, il 'festeggiato' di stasera: Eddie. Gli sorrido aspettando che mi noti, ma lui cammina spedito senza degnarmi di uno sguardo e si infila nel reparto farmacia. Probabilmente non sa che lavoro qui, altrimenti mi avrebbe cercata in qualche modo. Possibile che ci incontriamo sempre per caso? Magari ha preso casa con Beth da queste parti, sarebbe carino stare tutti nello stesso quartiere! Lo sento parlottare con il capo, sicuramente non riesce a trovare quello che cerca e ha chiesto aiuto. Dopo pochi minuti esce e si mette in coda alla cassa, davanti alla signora. Ma è una congiura? Con una mano stringe due confezioni, mentre l'altra è infilata nella tasca della felpa, e continua a non vedermi, anche perché ha lo sguardo fisso sul pavimento, mentre sposta ripetutamente il peso da un piede all'altro. Mi sa che è di fretta. E di certo non si aspetta di vedermi.

“Hey bentornato!” gli dico quando è il suo turno.

“Come?” chiede, senza guardarmi, appoggiando la scatola di pastiglie per il raffreddore e uno spray per la gola sul bancone. Certo che è proprio cagionevole, peggio di me!

“Ho detto, bentornato Eddie” insisto e finalmente alza lo sguardo e mi vede.

Fa una faccia strana, non è esattamente quella che mi aspettavo e non rispecchia minimamente il sorriso che gli ho sfoderato. Diciamo che, se i nostri volti venissero accostati in questo momento, sembreremmo le due maschere simbolo del teatro, una che ride e l'altra col muso.

“Oh... sei tu... che ci fai qui?”

“Beh, ci lavoro” rispondo cercando di mantenere il sorriso.

“Non lavori più al ristorante?”

“Sì, questo è il mio secondo lavoro, faccio qualche turno ogni tanto per arrotondare, sai com'è”

“Capito. Mi dici quant'è?” mi chiede. Avevo ragione, è di fretta.

“Certo, subito. Comunque strana questa cosa”

“Cosa?”

“Eheh che ci vediamo sempre così, per caso... Abiti qui adesso, com'è che sei da queste parti?”

“No, mi sono solo perso” risponde laconico.

“Perso?”

“Esatto, sono appena arrivato e credo di aver fatto casino con le uscite. Infatti vorrei rimettermi in viaggio subito” spiega spingendo le confezioni verso di me.

“Oh sì, scusami... avrai fretta”

“Già”

“E poi Beth si starà rompendo le scatole ad aspettarti in macchina”

“Beth non c'è” ribatte alzando la voce. Il mio sorriso scompare definitivamente.

“Come non c'è? E dov...”

“Beth è a casa sua, a San Diego! Ti basta? Ho soddisfatto la tua curiosità? Adesso potresti per favore dirmi quant'è, così pago e me ne vado? Jeff mi sta aspettando” Ed risponde gelandomi.

“Certo... sono 15 dollari e 55... V-vuoi un sacchetto?”

“Non mi serve, grazie... ecco, tieni il resto” lancia venti dollari sul bancone, afferra le sue medicine e gira i tacchi.

“Aspetta” faccio per andargli dietro e fermarlo, gli metto una mano sulla spalla, lui si volta ringhiando.

“Cosa c'è? Ti ho detto che puoi tenertelo il fottuto resto!” ecco, ora sta decisamente urlando, tanto da farmi trasalire.

“No è che... volevo indicarti la strada... per arrivare da Jeff, da qui”

“La trovo da solo, grazie tante” sbuffa e se ne va.

Io resto pietrificata in mezzo al negozio. Probabilmente ci rimango per un bel po', perché nel frattempo Grace è arrivata e ha preso al volo il mio posto in cassa e io non me ne sono nemmeno accorta. Me ne rendo conto quando la signora che ha fatto il bagno nel profumo mi si avvicina con in mano la bottiglia di Coca appena comprata.

“Ragazza mia, se posso darti un consiglio spassionato... lasciali perdere questi drogati coi capelli lunghi, gira al largo!” mi dice dandomi un buffetto sulla guancia.

“Ha ragione signora, meglio lasciar perdere” confermo, mentre lei esce dal negozio.

Però, ritorno col botto quello di Eddie... Noi gli prepariamo la festicciola di bentornato e lui mi riserva un'accoglienza coi fiocchi, non c'è che dire. Come cazzo si permette?! Non so cosa gli è successo, non so se è stanco, ha litigato con Beth o gli è morto il gatto, non mi interessa. Io non c'entro nulla e niente e nessuno gli dà il diritto di trattarmi così. Non mi conosce nemmeno! Solo perché abbiamo parlato un paio di volte, gli ho raccontato qualcosa di me e ha visto il mio pigiama più stupido non significa che gli abbia dato il permesso di prendersi tutta questa confidenza... Ecco cosa si guadagna a essere gentili col prossimo: palate di merda! Ma adesso basta, basta fare la brava ragazza.

Fanculo Eddie.

E fanculo anche lo studio.

Me ne vado a Portland e tanti saluti a tutti.

“Che grandissimo stronzo” Angie esclama staccandosi per l'ennesima volta dalla mie labbra e l'unico aspetto positivo è che non sta parlando di me.

“Dai, ti ho detto di non pensarci più... te lo dico da due ore a questa parte” rispondo stringendola a me, mentre siamo rannicchiati, per non farci notare, sugli ultimi sedili in fondo al van, in viaggio per Portland. Quando Angie mi ha chiamato dicendo che sarebbe venuta non ci potevo credere, ovviamente i ragazzi hanno cominciato a fare i coglioni quando ero ancora al telefono e ho dovuto pregarli di reggermi il gioco e fare finta di niente con lei. Ora sono lì davanti che se la ridono alle mie spalle, origliando i nostri discorsi... non che ci sia bisogno di origliare, Angela urla.

“Lo dici perché non è successo a te! Se fosse capitato a te lo staresti ancora cercando per spaccargli la faccia, per lo meno io ripudio la violenza”

“Perché non tieni conto della violenza che stai facendo a me”

“A te?”

“Certo, privandomi delle tue coccole”

“Ahahahah”

“Non c'è niente da ridere, sto soffrendo. Moltissimo” cerco di sfoderare lo sguardo da cane più bastonato che ho in repertorio.

“Oh povero piccolo!” sussurra pizzicandomi una guancia.

“Io ti invito per passare un po' di tempo insieme e tu fai tutto il viaggio a parlare di Eddie” ci aggiungo pure un bel broncio.

“Shhh parla piano! Ci sentono!”

“Ma va, sono lì che si fanno i cazzi loro... così noi possiamo farci i nostri...” le sollevo il mento tra le dita e la bacio di nuovo.

“E comunque non parlo di Eddie, non parlerò più di Eddie, non voglio più nemmeno sentirlo nominare, non esiste!” ci tiene a sottolineare, sciogliendosi nuovamente dal bacio.

“Esagerata! Basta che non ne parli adesso e ti dedichi al vecchio Jerry. Dai...” cerco di riportarla sulla retta via delle mie labbra, ma peggioro solo la situazione.

“Esagerata? Ti sembro esagerata? Mi ha trattata a pesci in faccia, se non l'hai capito” si stacca da me e indietreggia sul suo posto a sedere, incrociando le braccia e guardandomi malissimo.

“L'ho capito, l'ho capito, è da quando siamo partiti che me lo ripeti, hai tutte le ragioni! Ma chiaramente aveva le palle girate, quando uno è incazzato può capitare che faccia o dica cose di cui poi si pente”

“Che se ne penta o no sono cazzi suoi”

“E' esploso quando gli hai nominato la sua ragazza, che guarda caso non è venuta a Seattle con lui, è chiaro che avranno avuto dei casini”

“E allora? E soprattutto, a me che importa?”

“Niente, era solo per dirti di essere comprensiva, magari più in là vi chiarirete e ti chiederà scusa e....”

“Quindi lui ha il diritto di essere incazzato e fare lo schiacciasassi con chiunque gli capiti a tiro, invece io devo essere comprensiva”

“No, non ho detto che devi”

“Sì, l'hai detto”

“Uff... senti, fai quello che vuoi, non rivolgergli più la parola, non incrociare più il suo cammino, non...”

“Come se fosse facile! E' il cantante del gruppo di Stone e Jeff, come faccio a evitarlo?”

“Era per dire, fai quello che vuoi, ma non stare a pensarci troppo, tu non c'entri niente e non puoi farci niente”

“Ci manca anche che io c'entri qualcosa...” commenta appoggiando di nuovo la testa sulla mia spalla.

“A meno che non assomigli a Beth, questo spiegherebbe tutto!” cerco di stemperare con una battuta. Che non la fa ridere.

“Non diciamo cazzate”

“Eheh dai, stavo scherzando, volevo alleggerire il clima”

“Non sei divertente”

“Beh, comunque potrebbe essere, perché no?”

“Non credo che una mia sosia sia il tipo ideale di uno come Eddie”

“Cosa vorresti dire?”

“Lasciamo perdere. Non devo più pensarci, hai ragione, cambiamo argomento”

“Ecco, brava! Vieni qua, avevamo giusto un argomento in sospeso...”

“Cos'è questa storia di Eddie?” chiede una voce altisonante dall'altro capo del furgone.

Sean ti odio.

“Niente, una piccola disavventura in negozio” minimizza Angie, scollandosi di nuovo da me e tornando al volo composta sul suo sedile.

“Non mi sembra tanto piccola, visto che ne stai parlando da un paio d'ore. Che è successo?” Sean si alza e ci raggiunge “Dai racconta, mi sembri turbata”

“Stamattina Vedder è tornato, incazzato con la sua ragazza, si è imbattuto in Angie che gliel'ha nominata per sbaglio e lui ha reagito un po' male, fine della storia” cerco di fare un riassunto per rispedire il disturbatore al suo posto, ma lui si accomoda accanto a lei senza battere ciglio.

“Un po' male?! Mi ha trattata malissimo! Sai che ha fatto?” Angie racconta tutta la storia da capo, ancora una volta, mentre Sean l'ascolta interessato, rispondendo col solito ghigno del cazzo alle mie occhiate omicide.

“Mmm eh sì, sicuramente ha litigato con la sua ragazza. Però questo non giustifica come si è comportato con te, assolutamente”

“Grazie Sean”

Sì, grazie Sean.

“E stasera si trovavano tutti insieme”

“Esatto! E con che spirito mi sarei presentata? Non ho voglia di vedere la sua faccia tanto presto... Però non mi andava di stare a casa, e gli altri andavano tutti lì... ecco perché ehm ho pensato di venire con voi...”

“Hai fatto benissimo cara! Ti divertirai un sacco, vero Jerry?” si rivolge a me col solito sorriso del cazzo.

“Certo, vedrà un concerto spettacolare!”

“Sì beh, le piacerà anche il concerto, ovvio” aggiunge facendole l'occhiolino e alzandosi per tornare al suo posto.

Io allungo le mani attorno alla sua vita, ma lei me le blocca .

“Cosa voleva dire, Jerry?” mi chiede sottovoce.

“Cosa? Chi?”

“Come chi? Con chi abbiamo appena parlato?”

“Sean”

“Bravo, hai vinto una bambolina”

“E che ha detto Sean?”

“Ha detto 'le piacerà ANCHE il concerto', cosa vuol dire?”

“Che ti piacerà”

“Cosa vuol dire quell'ANCHE?”

“Ah! Che ne so, nel senso che ti divertirai a fare serata con noi, al di là del concerto”

“Sicuro?”

“Boh, ma sì! Che altro se no?”

“Non so, dimmelo tu”

“Angie non ti capisco”

“Mi ha strizzato l'occhio”

“E allora?”

“Non è che gli hai detto qualcosa... di noi?”

“Ma no, figurati!”

“Me l'avevi promesso”

“Infatti, ho mantenuto la promessa”

“Allora perché Sean ha fatto quella battuta?”

“Ma che ne so! Perché sa che mi piaci, come per dirmi 'provaci'. Sempre che fosse una battuta”

“Lo era”

“Allora è come ti dico io, che ho una cotta per te da mesi non è certo un segreto, lo sanno anche i sassi”

“Una cotta?” mi chiede mentre le spunta un sorrisino.

“Sì, una cotta...” le mani tornano sui fianchi e stavolta ci rimangono.

“Da mesi?”

“Sì...” confermo spostandole i capelli dietro l'orecchio e baciandola vicino alla tempia.

“Da quando?”

“Uhm dal compleanno di Stone, più o meno” prima il mio naso poi tutta la mia faccia affonda tra i suoi capelli.

“Mi sembra logico, eri strafatto”

“Scema”

“Oh... allora è stato tutto merito la focaccia, vero?”

“Brava, hai vinto una bambolina” rispondo prima di tuffarmi sul suo collo.

E' il suo punto debole, ci ho messo poco a scovarlo. Per farle perdere completamente il controllo basta andare un po' verso la nuca, come sto facendo ora. Almeno finché non mi spinge via.

“Ah... Jerry, no! Non qui dai, ci sentono!”

“TI sentono, vorrai dire” specifico ridacchiando.

“Smettila...” commenta arrossendo.

“Mi piace sentirti gemere, sei dolce...”

“Ma a Mike, Sean e Layne non credo interessi!”

“Lo spero per loro, se no gli spezzo le gambe” rispondo improvvisamente serissimo.

“Ahahah fai il geloso?” chiede allacciandosi al mio collo.

“Io non lo faccio: io sono geloso”

“Pff come se ce ne fosse motivo”

“Certo che c'è, sei splendida”

“Come no”

“Piantala con le solite menate e baciami, se no sarò costretto ad affogare la mia tristezza nel cibo” aggiungo indicando il sacchetto del negozio ai miei piedi.

“Tanto lo fai lo stesso!”

“Vero. Ma se sei carina con me te ne dò un po'”

“Mmm proposta allettante... come faccio a rifiutare” si arrende e mi bacia, accarezzandomi furtivamente sotto la maglietta.

“Non puoi resistere al fascino delle patatine eh?”

“Né al tuo”

“Senti chi parla...” la imito facendo passeggiare indice e medio sulla sua pancia sotto l'orribile camicia del negozio.

“Cos'è questa storia di Vedder?” Mike urla avvicinandosi a noi.

Bastardi.

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Quando ho parlato al telefono con Eddie l'ultima volta ho avuto subito il sospetto che qualcosa non andasse, adesso che ce l'ho davanti ne ho la certezza. Io quegli occhi appannati non glieli ho mai visti e neanche quella ruga sulla fronte, neanche quando si concentra sul suo quaderno. E non credo sia solo questione di sonno, anche perché non dorme mai.

“Hey Eddie, ce l'hai fatta! Entra!”

“Scusa Jeff, mi sono perso e ho vagato in giro come un coglione” si giustifica grattandosi la testa, abbozzando un sorriso, che però sembra più una smorfia. E resta sulla porta.

“Tranquillo, capita! Dai, ti aiuto con le valigie, hai solo queste?” chiedo afferrando uno dei due trolley che vedo accanto a lui.

“Ho uno scatolone in macchina. Poi va beh, ho anche la tavola, ma la lascio lì... non ho ancora capito perché diavolo l'ho portata” spiega entrando, trascinandosi dietro l'altro come se si trattasse del peso dell'intero universo, oltre al borsone che ha in spalla.

“Ma va, hai fatto bene! Ti sarà utile un giorno, vedrai”

“Chi lo sa... comunque al resto ci penso domani magari, andiamo alla Potatohead adesso?” chiede lasciando la valigia in corridoio accanto all'altra.

“Sì, certo, gli altri ci stanno già aspettando. Pensavo volessi riposarti un attimo”

“No no, mi sono riposato abbastanza. Voglio suonare. E come ti ho detto, ho scritto un sacco” si dirige di nuovo verso la porta, ancora aperta.

“Perfetto! Dammi un minuto e andiamo”

Il tempo di spegnere la tv, mettere due cose in lavastoviglie e prendere le chiavi. Mi giro ed Eddie è già fuori dalla porta, il borsone ancora sulle spalle.

“Quello non lo lasci?” gli chiedo uscendo.

“No, stasera dormo alla galleria. E anche nelle prossime sere, credo. Poi ovviamente appena mi sistemo vengo a prendere la mia roba, se ti scoccia posso tenerla in macchina, tanto non...”

“Eddie, non hai capito, tu stai qui”

“Jeff, ti ringrazio, ma ho già approfittato abbastanza della tua ospitalità”

“Infatti non dovrai più farlo!” chiarisco, ma lui mi lancia uno sguardo interrogativo “Senti, hai presente che ho una stanza in più? Quella dove dipingo e tengo tutto il materiale? Beh, ho scoperto che non avevo bisogno di un'intera stanza... insomma, ho fatto un po' di ordine e adesso sembra addirittura vivibile”

“Jeff...”

“E hai presente che mi faccio il culo quadrato in quella cazzo di caffetteria per pagarmi le mie passioni, questo appartamento e finanziare un minimo la mia vita sociale? E sentimentale?” l'ultima la butto lì anche se, da quel che ho intuito, sarebbe meglio glissare sull'argomento.

“Sì”

“E allora capirai quanto mi sarebbe d'aiuto avere un coinquilino con cui dividere le spese”

“Credo di sì”

“E perché non tu? Tu hai bisogno di un posto dove stare e io di qualcuno che mi aiuti con l'affitto. Ti conosco già, suoniamo assieme. Ecco, sarebbe anche più comodo per le prove! Sarebbe perfetto!”

“E perché non Laura, la tua ragazza?” mi chiede sospirando.

“Nah, Laura ha ancora due anni di università e nessuno la schioda dal suo appartamento al campus”

“Beh ma se... insomma, verrà a trovarti, no? Non voglio stare tra i piedi, ecco”

“Vorrà dire che appenderò un bel drappo rosso alla porta quando sono con lei e non voglio essere disturbato, ok?” propongo sghignazzando, riuscendo stranamente a strappargli un sorriso quasi vero.

“Ok”

“Allora accetti?” gli chiedo unendo le mani in segno di preghiera.

“Va bene, è andata”

“Sì! Evvai, allora dammi questa roba” gli do il cinque e praticamente gli sfilo la borsa lanciandola accanto alle altre.

“Vacci piano, coinquilino”

“E adesso portiamo su anche lo scatolone. E la tavola da surf” gli dico entrando in ascensore.

“L'utile tavola”

“Utilissima! Potremmo usarla come asse da stiro”

“Perché tu stiri?” mi chiede dopo avermi fissato in silenzio per interminabili secondi.

“No, ma c'è sempre una prima volta”

“Giusto”

“Oppure potremmo usarla come segno convenzionale al posto del drappo rosso”

“Con quella davanti alla tua porta stai sicuro che nessuno entrerà per sbaglio”

“O davanti alla tua”

Ops, lo sapevo che avrei fatto una gaffe. Infatti s'imbroncia di nuovo.

“Non... non credo mi servirà al momento, il segno è tutto tuo”

“Ah comunque mi sono informato, da me attualmente non cercano personale. E menomale per te, aggiungo io! Comunque troverai sicuramente qualcosa, io spargo la voce intanto” cambio discorso al volo per salvare la situazione.

“Grazie Jeff, di tutto”

“Figurati. E dopo le prove preparati a una serata alcolica!”

“Come?”

“Sì, una cosa tranquilla, così... sai... per salutarti, ecco”

“Per salutarmi?”

“Sì, insomma, per accoglierti definitivamente qui a Seattle, ormai sei un cittadino a tutti gli effetti”

“Avete organizzato una cosa per me?”

“Sì beh... non è una gran cosa, come ti ho detto, solo un'uscita con noi della band e un po' di altra gente, ci facciamo qualche birra e via. Ed è anche qui sotto casa, quindi non hai neanche il problema di tornare storto”

Eddie sorride e non dice più niente. Ma la ruga sulla fronte rimane e anche il velo di malinconia sugli occhi.

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“Rieccomi, ho portato un ospite” Mike torna al suo posto, accanto a me, mi volto velocemente mentre guido e vedo il nostro Jerry rubacuori appollaiato al mio sedile come un avvoltoio.

“Ehi, che ci fai qui? Hai abbandonato la tua bella?”

“Shhh parla piano, coglione!”

“Ma che maniere sono? Non eri diventato un gentleman?” osservo sconcertato.

“Non con te”

“Solo perché tu non gliela dai” aggiunge Mike ridacchiando.

“Se è per questo non gliela dà neanche lei” commento scatenando l'ilarità generale.

“Dai, Sean, piantala” Layne mi ammonisce dal sedile posteriore.

“Sei proprio uno stronzo, non ti meno solo perché stai guidando”

“Uuuuuh Jerry, che paura! Grazie a dio ti ho dato il cambio Layne, se no a quest'ora sarei sicuramente morto!”

“E comunque tu che cazzo ne sai?”

“Vuoi dire che te la sei scopata finalmente? Evvai! Racconta allora, com'è?”

“Io non racconto proprio un bel niente”

“E allora non hai combinato nulla”

“Che c'entra, sono cose private, non sono cose che si raccontano...”

“Ma se tu racconti sempre tutto!” esclama Mike.

“E fin nei minimi dettagli, anche quelli non richiesti!” aggiungo.

“Anche quelli disgustosi” sottolinea Mike.

“Soprattutto quelli!”

“Che c'entra?! Parliamo di Angie, mica di una qualunque”

“Oooh ma allora.... oh mio dio, Jerry, ti sei innamorato!”

“Shhhhh vuoi stare zitto, testa di cazzo?”

“Il nostro Jerry sta crescendo, è innamorato!” comincio a strombazzare col clacson senza motivo.

“Piantala Sean! Non sono innamorato, dacci un taglio”

“Come no?”

“Certo che no!”

“Neanche un pochino?” chiedo accennando un altro mini colpo di clacson.

“No. Mi piace e stop”

“Ok... allora non hai combinato un cazzo e stop” commento ridendo.

“Ma io che sto anche a giustificarmi con quest'imbecille” dice rivolgendosi a Layne.

“Su ragazzi, lasciate stare Jerry” ci chiede Layne.

“Va bene, papà. Comunque non ho capito perché sei qui davanti”

“La sua bella deve cambiarsi” mi spiega Mike.

“Ma no, perché? Quella camicia è così rock!”

“Lo so, ma preferisce mettersi qualcos'altro” risponde il nostro Casanova.

“E perché non sei dietro con lei ad aiutarla a spogliarsi?” chiedo con un ghigno.

“Perché è un coglione e insiste nel far finta di non averci detto niente”

“Mike, la smetti di rispondere al posto mio?! Comunque... beh, più o meno come ha detto lui”

“E allora sei proprio un coglione, lasciatelo dire” commento fingendo di armeggiare con lo specchietto per sbirciare Angie in fondo al furgone.

“Che cazzo stai facendo?” Jerry mi blocca la mano.

“Sto aggiustando lo specchio, per avere una miglior... visuale” rispondo sorridendo in maniera innocente.

“Te la do io la visuale, brutto...”

“HO FINITO!” Angie urla dal fondo “Puoi tornare se vuoi, Jerry... ehm e Mike, anche tu ovviamente, chiunque voglia, ecco... via libera!”

“Cazzo” commenta Jerry sottovoce.

“Wow Angie! Non ti ho mai vista con un vestito!” esclama Mike dopo un paio di fischi.

“Smettila, non è un granché” Angie si schernisce.

“Sì infatti, smettila o ti stacco le palle” Jerry minaccia sottovoce.

“Ti sta bene Angie, davvero”

“Oh grazie Layne”

“Hai un vestito? Non è giusto, io non ti vedo, vieni qua” la invito ad avvicinarsi.

“Ehm non mi sembra il caso, Sean”

“Dai, un secondo, non fare la timida”

“Tanto mi vedi dopo”

“Appunto, tanto ti vedo anche dopo, cosa cambia? Dai su”

“Vuoi morire oggi, è ufficiale” Jerry sibila da dietro il sedile.

Nel frattempo Angie si decide a farsi vedere. Pensavo chissà cosa, alla fine non si vede praticamente nulla. Sotto la giacca di pelle, una felpa grigia con cappuccio un po' aderente e una sciarpa, intravedo un vestito nero a fiorellini bianchi, che le arriva appena sopra il ginocchio. Ginocchio che resta comunque invisibile, come il resto della gamba, nascosto da calze nere spesse e anfibi. Insomma, è la solita Angie. Però in fondo è carina. Sicuramente agli occhi di Jerry è stratosferica, a giudicare da come la guarda, e da come guarda male me e Mike mentre ci lanciamo in complimenti vari.

“Non diciamo cavolate, sono uguale al solito”

“Non è vero, sei più bella... occhio a non distrarre Jerry mentre suoniamo eh? Per sicurezza ti piazziamo nel backstage, così non ti vede e non sbaglia gli accordi”

“Ma...”

“Ma quanto sei idiota?” mi becco l'ennesimo insulto da parte di Jerry, accompagnato da uno spintone.

“Sei tu l'idiota, sto guidando!” rispondo con un pugno sulla sua spalla.

“Allora, la finiamo? Ognuno torni al suo posto, se evitate di fare incidenti tra una mezz'ora siamo arrivati” sentenzia Layne.

“Ok papà!” risponde Cantrell, saltellando fino agli ultimi posti del van insieme ad Angie.

“Mi copi anche le battute adesso!”

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Sono quasi le 6 di sera e sono già alla terza birra. Ci vuole ben altro per farmi ubriacare, diciamo che ora la vita mi sembra giusto un pochino meno nera. Le prove sono andate bene e sinceramente avrei continuato a oltranza, ma Stone ha insistito perché ci prendessimo subito la nostra serata “libera” in questo pub, che a quanto ho capito è un po' una loro seconda dimora. Anche perché è sotto casa di Jeff. Ho la sensazione che diventerà presto un luogo familiare anche per me, anzi, già lo sembra. Sarà merito della terza birra.

“Propongo un brindisi!” Cornell si alza in piedi, per l'ennesima volta, proponendo l'ennesimo brindisi.

“Se andiamo avanti così alle 10 saremo già tutti scoppiati” commenta Mike.

“Io non ho niente in contrario” osservo, e lui mi risponde con un cenno, come per dire 'nemmeno io'.

“Ai Mookie Blaylock!” esclama Chris.

“Ma non avevamo già brindato ai Mookie Blaylock?” chiede Dave.

“Sì, credo sia stato il terzo brindisi. O il secondo” risponde Stone.

“Ma chi se ne frega, brindiamo! Ai Mookie!” Jeff alza il suo boccale e io lo copio, assieme a tutti gli altri.

“Vedo che vi state divertendo” Laura si avvicina di soppiatto alle spalle di Jeff mentre beve.

“Amore mio! Ce l'hai fatta!” Jeff appoggia il bicchiere e si alza per abbracciare la sua ragazza. Non sono esattamente dell'umore adatto per assistere alle effusioni di coppie felici, ma la cosa non mi dà troppo fastidio. Sarà merito della terza birra.

“E ho portato un'amica, stavamo studiando insieme quando hai chiamato” Laura indica una biondina dietro di lei.

“Spero non sia un problema. Io sono Violet, piacere” la ragazza si avvicina al tavolo e fa un saluto generale.

“Ma che problema! Più siamo e meglio è! Piacere di conoscerti, cara” Chris si precipita ad accogliere la nuova arrivata e le indica un posto libero, proprio accanto a lui, e incidentalmente di fronte a me.

“Ciao Violet” rispondiamo tutti, più o meno in coro.

“Propongo un brindisi!” esclama Cornell prendendo di nuovo tra le mani la sua bottiglia, senza sedersi.

“Ahahah un altro?” chiede Laura sedendosi tra me e Jeff.

“E temo non sarà nemmeno l'ultimo” commenta Stone.

“A cosa brindiamo stavolta, Chris?” chiede Kim.

“A Violet, la nostra nuova amica! Che domande”

“A Violet!” ripetiamo tutti prima di bere un altro sorso. Il mio è l'ultimo, anche la terza è finita.

“Oh grazie!” risponde la protagonista del brindisi “Però io non ho brindato, non ho da bere”

“A questo si può subito porre rimedio. Va bene una birra chiara?” chiede Chris alla ragazza sedendosi.

“Preferisco la rossa a dire il vero”

“Ragazza, noi andremo molto d'accordo. CLIVE, PORTA UNA DEVIL'S KISS ALLA SIGNORINA!”

“VA BENE, ARRIVA!” risponde il boss dal bancone.

Certo che Chris ci sa fare, io non mi ricordo neanche più come si fa a rimorchiare una ragazza. Per forza, sono sette anni che... Ma poi non è che abbia mai esattamente rimorchiato... Dio, che cazzo di pensieri faccio? Ovvio, è tutto merito della terza birra.

“Allora, ti presento tutti. Io sono Chris, lui è Kim, il biondino seduto accanto a lui è Matt e quello a capotavola è Ben. Loro sono nella mia band” spiega Chris alla ragazza, mentre gli interpellati alzano la mano a turno come cenno di saluto.

“Ah sì, Laura mi ha detto che siete tutti musicisti”

“Noi siamo i Soundgarden, non so se ci hai mai sentiti”

“Mmm no, ma io non sono molto ferrata sulla musica attuale”

“Ah ma neanche noi, io per esempio sono fermo al 1978 per quanto mi riguarda” commenta Mike ridendo, indicando la sua maglietta.

“Oh mi piacciono i Kiss!” ribatte la ragazza.

“Perfetto, allora siamo quasi amici!”

“Ecco, il quasi tuo amico con la maglietta dei Kiss è Mike, mentre quello vicino al tuo quasi amico è Dave, Jeff è quello avvinghiato alla tua amica, l'avrai intuito, mentre accanto a lei c'è Eddie, new entry direttamente dalla California. All'altro capotavola c'è il boss del quartiere, e di questo tavolo, e di qualsiasi cosa cui prenda parte: Stone. Loro sono i Mookie Blaylock”

“Mmm no, non vi ho mai sentiti, mi spiace”

“Evidentemente non le piace il basket” scherza Jeff.

“Eh?”

“No, niente. Tranquilla, non puoi averci sentiti, stiamo iniziando ora, abbiamo fatto appena un concerto” spiega Mike sorridendo a Violet.

“Capito... e tu vieni dalla California?” si rivolge improvvisamente a me, destandomi dal mio dolce torpore da terza birra.

“Sì, San Diego”

“Ma dai? Davvero?”

No, per finta.

“Eh sì”

“Conosco benissimo San Diego, io sono di La Mesa!” esclama come se si trattasse di una notizia sensazionale.

“Ah ok” rispondo abbozzando un sorriso.

“Cazzo, siamo invasi dai californiani! Cosa sei venuta a fare in questo buco freddo?” chiede Mike, cercando di attirare nuovamente la sua attenzione.

“A studiare economia. E poi avevo voglia di cambiare aria”

“Un cambio poco vantaggioso, mi pare” commenta Stone.

“Per lei no, per noi sì!” conclude Chris ridendo.

La serata scorre all'insegna del chiacchiericcio e dell'ebrezza. Le attenzioni dei ragazzi sono ovviamente tutte per la nuova amica californiana, che però, anziché dar loro corda, preferisce snocciolarmi per mezz'ora l'elenco infinito di tutta una serie di posti e persone con cui ha a che fare, che secondo lei, per qualche strano motivo, io dovrei conoscere. Il fatto di aver abitato a qualche miglio di distanza potrebbe essere il più papabile tra i motivi.

“Possibile che non conosci l'Alcatraz? Non ci credo!”

“Beh, io a La Mesa ci sono stato solo per surfare in realtà” rispondo imbarazzato.

“Oh fai surf! Figo!”

“Eh già...”

Fortunatamente lo strazio viene interrotto dall'arrivo di Meg.

“Ciao ragazzi! Ciao Ed, bentornato!” mi dà una pacca sulla spalla e un bacio sulla guancia.

“Ciao, grazie”

“Ciao cara, conosci Violet? E' un'amica di Laura. Violet, lei è Meg, una nostra amica” Chris assume nuovamente il ruolo di addetto alle presentazioni.

“Ciao! Finalmente un'altra donna a questo tavolo, cominciavamo a sentirci sole, vero Laura?”

“Infatti, l'ho portata apposta! Così almeno quando attaccano a parlare di basket abbiamo qualcosa da fare” scherza Laura.

“Ottima mossa” Meg le strizza l'occhio.

“Almeno ho qualcosa da fare anch'io. A proposito di donne, dov'è la stronza?” chiede Stone.

“Eh... è a casa a studiare, tanto per cambiare! Doveva ehm finire una cosa per l'università, sai com'è fatta...” risponde Meg dopo aver recuperato una sedia, sistemandosi tra Mike e Jeff.

“Ok, ma non passa neanche per un saluto? Almeno un salto poteva farlo, cazzo” commenta Jeff.

“Beh magari finisce presto e viene, chi lo sa” aggiunge Meg.

“Speriamo sia saggia” commenta Stone con un tono strano.

“Non verrà” esclamo io in un momento di silenzio generale. Un po' perché è come se venissi improvvisamente investito, solo ora, dalla realizzazione di quello che ho combinato. Un po' perché con la coda dell'occhio intravedo Violet che sta per riaprire bocca per dirmi qualcosa. Un po' anche per merito della terza birra.

“Come non verrà? Che ne sai?” mi chiede Mike.

“Lo so”

“Hai doti di preveggenza? E non ci hai detto niente! Come andrà il nostro primo album?” chiede Stone ironico.

“Andrà benissimo. E comunque non verrà, per colpa mia” rispondo appoggiando la testa sul tavolo.

“Che vuol dire, per colpa tua? Che hai fatto?” chiede Jeff perplesso.

“Mi sono comportato male con lei” spiego iniziando a sbattere la fronte delicatamente, ma ripetutamente, sul legno.

“Ma quando? Angie non ha detto niente, anzi, parla sempre bene di te e mi chiedeva sempre quando saresti tornato” continua Jeff.

“E' successo oggi”

“Oggi? E quando l'hai vista?” chiede Stone incuriosito.

“Prima di arrivare da Jeff. Mi sono perso e sono capitato per caso nel negozio dove lavora”

“Certo che vi incontrate sempre per caso voi due eh?” Jeff mi sgomita sorridendo, almeno credo, visto che ho ancora la faccia sul tavolo e non lo vedo.

“Perché, quando si sono incontrati per caso?” chiede Stone, ignaro del mio primo incontro con Angie al ristorante, che potrebbe valergli la restituzione dei soldi persi della scommessa.

“Niente, scherzavo! Ma cosa le hai detto?”

“Però, c'era un bel via vai stamattina in quel negozio!” commenta Stone con una risatina.

“Perché, chi c'era?” chiede Matt.

“Stamattina sono andato per invitarla per stasera e ci ho trovato, udite udite, Cantrell” risponde Stone.

“Cosa?! Racconta!” lo invita Chris.

“Dopo, prima Vedder deve spiegarci perché Angela lo odia”

Giusto.

Alzo la testa e spiego tutto per filo e per segno.

“Ahahah ma dai, non credo non sia venuta per quello!” commenta Chris, alla fine del racconto.

“Io al suo posto non sarei venuto. O sarei venuto per prendermi a pugni”

“Senza offesa, ma ti avrei preso a pugni anch'io” ribatte Meg.

“Angie invece no, non è un tipo manesco, tranne che con Jerry e Stone, a volte. E non porta rancore” aggiunge Jeff.

“Certo, però ci sarà rimasta male” interviene Mike.

“Beh, se è una ragazza in gamba come dicono tutti capirà e ti perdonerà” dice Violet con un sorriso compassionevole.

“Lo è, è in gamba, e non si meritava uno stronzo che le rovinasse la giornata” commento.

“Dai, appena la vedi le chiedi scusa, le regali un po' di liquirizia e amici come prima” mi suggerisce Matt.

“Liquirizia?”

“Sì, ne va matta” spiega Jeff.

“Ugh io la odio” Violet ci tiene a comunicarlo, facendo una smorfia.

“Comprale la liquirizia e chiedile scusa, ma non è per te che non è venuta” Stone mi dice sottovoce mentre gli altri discutono con Violet circa i suoi gusti in fatto di caramelle.

“E perché se no?”

“Lo so io” Stone guarda l'orologio e si alza.

“Che fai Stone, vai via?” chiede Chris “Abbiamo appena iniziato a divertirci”

“Certo che vado via. E voi venite con me, abbiamo appena iniziato a divertirci, per l'appunto!”

“Che? E dove andiamo?” chiede Dave.

“Ragazzi, non sono neanche le 7 e stiamo già morendo attorno a questo tavolo. Cazzo, è tornato Eddie! E ha anche degli ottimi motivi per avere voglia di tirarsi un po' su, invece noi gli offriamo una seduta di terapia di gruppo con alcolici”

“Io la sto adorando” puntualizza Mike.

“Non avevo dubbi. Dai, è presto, facciamo qualcosa. Cosa penserà Violet di noi? Che siamo dei debosciati!”

“No, io non lo penso” si affretta a smentire l'interpellata.

“Che siamo dei debosciati. Quindi ora ci alziamo e ci mettiamo in viaggio!”

“In viaggio? Per dove?” chiede Dave.

“Portland!”

“Portland? Che cazzo ci andiamo a fare a Portland?” chiede Chris sbigottito.

“A vedere gli Alice! Me l'ha detto Jerry stamattina” spiega Stone.

“Gli Alice? Suonano a Portland? Ma sticazzi, me li posso vedere quando voglio qui a Seattle, suoniamo anche insieme” commenta Kim.

“Ma Violet non li ha visti!”

“Li vede quando suoniamo al Moore con loro!” aggiunge Mike.

“A dicembre”

“Ma sì, li invito a casa mia anche dopodomani e ci cantano tutte le canzoni che vogliamo, senza fare sbattimenti” propone Jeff.

“Uff siete proprio degli scansafatiche! Tutti pronti a spaccare il mondo, ma quando c'è da fare un po' di strada in macchina vi passa la voglia”

“Io non ci sono Stone, mia moglie mi ammazza” si giustifica Dave.

“Ok, tu sì Dave, tu sei scusato. Ma gli altri no!”

“Ma è tardi, non facciamo in tempo ormai, dai...” Chris fa un ultimo tentativo di convincimento.

“Se partiamo subito ce la facciamo. Alzate il culo, su!”

Stone ha deciso: si va a Portland. Sono davvero l'unico ad aver capito chi pensa di trovarci?

CAPITOLO 14 (seconda parte)

“Stone, vuoi per favore spiegarmi di nuovo perché cazzo stiamo andando a Portland?” mi azzardo a chiedere al nostro autista.

“A supportare i nostri amici Alice in Chains!” risponde lui tutto sorridente.

“Intendevo l'altro motivo, quello vero” ribadisco.

“A sbugiardare Jerry e l'altra stordita” aggiunge senza fare una piega.

“Che sarebbe?” chiede Ben dal fondo del furgone.

“Angela, ovviamente, chi vuoi che sia?” risponde Stone quasi seccato dalla domanda.

“Cioè, ci spariamo tre ore di viaggio stipati come sardine in questo furgone di merda solo per scoprire se quei due scopano? Te lo potevo dire io senza fare tutto questo casino” interviene Kim.

Stone accosta bruscamente e inchioda. Per fortuna le ragazze sono davanti a noi se no un tamponamento non ce lo levava nessuno.

“Perché? Tu cosa sai? Jerry ti ha detto qualcosa?” parte l'interrogatorio di Gossard.

“Non mi ha detto niente, Stone, stai calmo! Ma non ci vuole un genio per capirlo” risponde Kim ridacchiando.

“Stanno sempre appiccicati!” aggiunge Cornell.

“Va beh, grazie al cazzo, quello lo so anch'io, non sono mica cieco...” Stone riparte sbuffando “Non sono mica Jeff, che crede ancora alle favole dell'amicizia”

“Non cominciare a rompere Stone! Ho solo detto che Angie non ci deve stare per forza, mica è sicuro che le piaccia Jerry” Jeffrey, dal sedile dietro al mio, ribatte piccatamente.

“Ahahah figuriamoci!” intervengo perché non posso stare zitto “Ma se gli sbava dietro da quando l'ha conosciuto!”

“Concordo con Mike, si piacciono da mesi. Appena la ragazzina è diventata maggiorenne il nostro Jerry ha tirato fuori gli artigli e lei non avrà resistito al fascino del musicista” osserva Chris.

“Del musicista stronzo” precisa Stoney.

“Ancora meglio! Quelli piacciono ancora di più” scherza Kim.

“Sì beh, non lo metto in dubbio. Solo pensavo che Angela fosse più intelligente di così” borbotta Stone.

“Ma che c'entra l'intelligenza? Non siamo solo noi che ragioniamo con quello che abbiamo nei pantaloni, si sarà presa una cotta e la ragione va un po' a farsi benedire in quei casi. Vero Eddie?” lo interpello giusto per rompergli le palle, visto che lo vedo appoggiato al finestrino perso nei suoi pensieri e non parla da quando siamo usciti dal pub.

“Ehm sì, beh, io non è che li conosca molto...” risponde balbettando.

“Ma così, di primo impatto, ti sembrano forse ben assortiti?!” gli chiede ancora Stone.

“Mah non lo so... anche persone molto diverse possono andare d'accordo...”

“Bah! Lasciamo perdere” bofonchia Stone.

“Ma a parte tutto, a noi che cazzo ce ne frega?” domanda più che legittimamente Ben.

“Ce ne frega perché Angie è una ragazzina, anche se maggiorenne, e prendetemi per il culo quanto volete, ma mi sento responsabile. E poi odio essere preso in giro” spiega Stone senza staccare gli occhi dalla strada.

“Quindi stiamo andando a Portland solo per scoprire se Angie ti piglia per il culo?” concludo.

“Esatto”

“Per quello non bastava citofonare a casa sua e vedere se c'era?” chiede Jeff, suscitando un coro di consensi tra i passeggeri.

“No, perché se non fosse stata a casa non avremmo dimostrato niente, avrebbe potuto inventare che era andata a studiare da qualcuno, a fare la spesa o da qualsiasi altra parte. E se ci fosse stata avremmo fatto una figura di merda. Invece così se la troviamo lì la sgamiamo in pieno e non ha giustificazioni. Se invece non c'è, beh, siamo semplicemente andati a supportare i nostri amici!”

“Quindi stiamo andando a Portland solo per non farti fare una figura di merda?” sentenzio suscitando un coro di risate.

“Esatto, problemi?” chiede Stone lanciandoci un'occhiataccia collettiva a un semaforo.

“Nah, tanto guidi tu anche al ritorno” conclude Chris facendo spallucce.

“Per me va bene” risponde Gossard imitando la scrollata di spalle.

“Perfetto, allora approfittiamo delle questioni di principio di Stone per divertirci! Magari riesco a anch'io a far fruttare il mio fascino da musicista stasera” commento pulendo il vetro appannato con la mano.

“Con Meg?” chiede Jeff.

“Nah, con qualcun'altra!”

“Per far ingelosire Meg?” insiste Jeff.

“Con Meg ho chiuso, lo volete capire?”

“Sì, certo...” Jeff si sporge e mi fa volare il cappello.

“Piantala idiota” gli rispondo recuperandolo da terra.

“Dai Jeff, non hai visto che Mike stava utilizzando il suo fluido chitarristico su Violet?” commenta Kim.

“Sì e con scarsissimi risultati!” replico “Come tutti voi del resto, quella ha occhi solo per qualcuno... vero Eddie?” gli chiedo rompendogli i coglioni per la seconda volta, mentre sento un calcio sul mio sedile. Che cazzo vuoi, Jeff?

“Io? E che ne so?” risponde il finto tonto.

“Come che ne sai? Ma se non ti staccava gli occhi di dosso al pub? E parlava solo con te. Hai fatto centro” ribadisco, ed ecco il secondo calcio da parte del mio bassista.

“Solo perché veniamo da città vicine, avrà un po' di nostalgia... e anche se fosse, la cosa non mi interessa”

“Cosa?! Ma sei pazzo? Tanto sei single adesso, no? Buttati!” alla parola single arriva il terzo calcio, il più potente.

“Non... non mi va, Mike”

“Comunque sei single? E tu piantala di darmi calci, Jeff! Tutti volete saperlo, ma solo io ho le palle di chiederglielo. Che cazzo è successo con la tua ragazza? Avete litigato, siete in pausa o cazzate del genere?”

“Abbiamo rotto, definitivamente”

“Oh mi spiace... motivo in più per festeggiare con una certa biondina! Cazzo, sarai single da qualche giorno e già hai rimorchiato, approfittane, no?” suggerisco, mentre Jeff, incurante delle mie parole di prima, è passato dai calci ai pugni sul mio schienale.

“Non sono in vena... e comunque non è il mio tipo”

“Cosa?!” quasi tutti urliamo in coro.

Ok che sei un figo, ma hai dei gusti troppo difficili ragazzo mio.

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“Li vedi?” chiedo a Violet seduta sul sedile posteriore assieme a Matt.

“Sì eccoli, ci hanno raggiunte. Certo che il tuo amico ha una guida molto, come dire, prudente!”

“Credo si siano fermati a un certo punto” commenta Meg.

“Qualcuno avrà avuto una necessità impellente” scherza Matt.

“Ecco, se tu hai una necessità impellente te la tieni fino a Portland, questo è il rovescio della medaglia dell'essere venuto con noi!” gli dico ridendo.

“Fa niente, rimango più che soddisfatto della mia scelta, signorine” risponde con un mega-sorriso.

“Buffone!” Meg allunga il braccio verso il sedile posteriore e lo spettina.

“Qui vado sempre dritta, Meg?” chiedo.

“Sì sì, tranquilla, poi ti dico io quando uscire”

“Menomale che ci sei tu, se no avremmo perso la pazienza dietro a quelli là. Perché non fanno guidare Mike?” commento sarcastica.

“Oh mio dio, per carità!” Matt e Meg cominciano a ridere.

“Perché?” chiede Violet.

“Diciamo che Mike ha una guida... come definirla? Sportiva?” azzardo.

“Diciamo pure criminale” aggiunge Meg.

“Diciamo che a quest'ora saremmo già arrivati a Portland e tornati indietro a Seattle” conclude Matt.

“Cavoli...” sussurra Violet guardando sempre dietro “E invece Eddie come guida?”

“Ah non te lo so dire, sappiamo solo che stamattina si è perso venendo a Seattle, il che non è molto incoraggiante” rido sotto i baffi.

“Va beh, non vuol dire niente... Comunque spero di testare la sua guida prossimamente”

“Oh oh oh qualcuno è rimasto particolarmente colpito da un paio di occhi azzurri, o sbaglio?”

“Smettila Laura! E' carino, tutto qui. Ed è single, da quanto ho capito, vero Meg?”

“Sì beh, io sapevo che aveva una ragazza da sette anni, ma a quanto pare...”

“Wow! Così tanto? Ci credo che è sconvolto... andrà consolato, poverino” Violet commenta sorniona.

“Sei diabolica!” le dico “A proposito di consolazione, tu e Mike? Avete chiarito? Tu tappati le orecchie, Matt!”

“Ok”

“Diciamo che siamo in una fase di tregua” Meg accenna guardando fuori dal finestrino.

“Stai insieme a Mike?” chiede Violet.

“Stavamo... beh, non proprio, è una lunga storia. Comunque adesso siamo solo amici”

“Come no” bofonchia Matt.

“Non dovevi tapparti le orecchie tu?” ribatte Meg “Ha fatto lo stronzo, ma alla fine è un bravo ragazzo, semplicemente non siamo fatti per stare insieme, è inutile accanirsi ancora”

“E siete amici” ripeto.

“Sì, non voglio perderlo come persona, insomma, ci tengo”

“E se si vede con un'altra? Non ti dà fastidio?” le domanda Violet affacciandosi tra i nostri due sedili.

“No... beh magari all'inizio un po', ma alla fine anch'io mi vedrò con qualcuno a un certo punto, quindi ce ne faremo una ragione” risponde in maniera incerta.

“Non credo avrai problemi a trovare qualcuno, lasciatelo dire, sei uno schianto! Sinceramente, con tutti gli amici fighi che hai, non capisco come potessi perdere tempo dietro a uno come quello” commenta Violet ridacchiando.

“Mike è adorabile, non ha niente che non va e tu non lo conosci, non puoi giudicarlo” Meg ribatte stizzita.

“Ah beh, sì, ovviamente, era per dire, per tirarti su... insomma hai detto tu che si è comportato da stronzo, pensavo che...”

“Pensavi male”

“Scusa, non intendevo...”

“Ecco, devi uscire alla prossima,” Meg mi indica l'uscita per Portland “poi ti dico dove andare”

“Oh perfetto! Grazie navigatore”

E per fortuna i prossimi minuti saranno occupati dalle indicazioni di Meg. Violet, sei buona e cara, ma perché non chiudi quella bocca?

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“Finalmente soli!” esclama Jerry chiudendosi la porta del camerino alle spalle.

“Però non è carino far fare tutto il lavoro ai tuoi amici” osservo mentre lui si siede e mi attira sulle sue ginocchia.

“Tranquilla, sono in tre e sono abituati a scaricare strumenti, sono musicisti! E poi dovevo farti vedere il locale, non potevo lasciarti da sola” ribatte accarezzandomi le cosce.

“Wow, figo questo locale!” commento guardandomi attorno nello stanzino e sistemando la giacca e la felpa sulla sedia “Atmosfera molto intima, direi”

“Proprio quello che ci serve...” aggiunge prima di baciarmi.

Adoro baciare Jerry, non sentirò né campane né musiche, ma sento lui e sento quanto gli piaccio. Ancora non me ne capacito, forse dovrebbe mettere gli occhiali. Ma finché non se ne accorge perché devo essere proprio io a farglielo presente?

“Hai freddo piccola?” mi chiede tra un bacio e l'altro, mentre la sua mano s'insinua sotto il vestito.

“No, sto bene”

“Allora questa la potresti anche togliere, no?” fa per tirarmi via la sciarpa, ma io lo blocco.

“No!”

“Perché? Non è che hai dei succhiotti di qualcun altro da nascondermi?” mi chiede improvvisamente serioso.

“Ahahahah figurati! Come ti viene in mente una cosa del genere?”

“Non lo so, può essere... sei misteriosa” mi guarda pensieroso.

“E' solo il vestito... è un po' scollato” gli spiego.

“Motivo in più per far sparire questa cosa! Dai...” inizia a sfilarmela e alla fine mi arrendo completando l'opera.

“Ecco, sei contento?”

“E questa me la chiami scollatura?” mi chiede ridendo.

“Beh sì... per me sì”

“Ma se non si vede niente?!”

“Sì che si vede, si vede un sacco di pelle che non mostro mai!”

“Vero... però sbottonando un altro paio di bottoni se ne vede di più” aggiunge con un ghigno malefico, mentre con una mano comincia a litigare col mio vestito.

“No dai, Jerry!”

“Ho detto solo un paio. Ecco, uno è andato... Mmm io non vedo ancora niente”

“Jerry...”

“Col secondo già intravedo qualcosa. Direi che ne potremmo azzardare un terzo, che ne dici?” mi chiede, ma agisce senza aspettare la mia risposta.

“Jerry, smettila! Se entra qualcuno?” provo a bloccare la sua mano mentre s'infila nello scollo.

“Non entra nessuno, tranquilla” mi rassicura continuando a palparmi.

“E tu che ne sai? Gli hai detto di non venire qui, vero? Ecco, gli hai detto tutto, lo sapevo!” faccio per alzarmi, ma lui mi tiene ben salda con l'altra mano.

“Non gli ho detto niente... o meglio, gli ho detto che volevo stare un po' da solo con te, ma non gli ho detto nient'altro. Quindi gireranno al largo, e basta. Mi perdoni?” mi spiega e io mi tranquillizzo un po'.

“Uhm ok” acconsento mettendogli di nuovo le braccia al collo e lasciandomi andare a quelle effusioni.

“Senti Jerry”

“Sì...” chiede senza staccarsi dalle mie labbra.

“Ma poi come facciamo, insomma, per il dopo?” gli chiedo titubante.

“Dici per tornare a casa?”

“Dico per il dopo concerto, come ci organizziamo, stiamo qui o... boh?”

“Allora,” le sue mani sono attorno alla mia vita e tamburella con le dita sulla mia schiena mentre comincia a illustrarmi il programma della serata “tu devi tornare subito a Seattle?”

“No, domani ho lezione nel pomeriggio, quindi posso anche restare fuori stanotte”

“Ottimo! Perché Layne tornerà a casa con Demri che dovrebbe raggiungerci, non so se prima o dopo il concerto. Comunque, la coppietta se ne va per i fatti suoi”

“Ok”

“Mike e Sean sicuramente non si schioderanno dal locale prima dell'alba, a meno che non li caccino prima, in quel caso si infileranno nel bar più vicino e ci rimarranno fino a domani mattina”

“Capito”

“Quindi io e te possiamo stare con loro o starcene per conto nostro, conosco benissimo Portland e abbiamo anche il furgone, se ti va di andare da qualche parte, in un locale o... in un posticino appartato e tranquillo. Facciamo quello che vuoi tu, piccola”

“Ok”

“Ok cosa? Vuoi stare con loro o ci facciamo gli affari nostri?”

“Beh possiamo stare con loro e poi andare da qualche parte da soli” rispondo cercando un compromesso.

“Va bene, e dove vorresti andare dopo?” mi chiede accarezzandomi i fianchi.

“Beh, poi vediamo”

“Vediamo?”

“Sì, vediamo cosa ci va ehm di fare”

“Io so già cosa mi va di fare” mi dice guardandomi dritta negli occhi e stringendomi a sé. E quello che gli va di fare è piuttosto palese.

“Ah! Ecco io... non lo so... cioè sì, però...” comincio a balbettare come un'idiota.

“Tranquilla, non... sei obbligata a fare niente! Dicevo solo... come ti ho detto facciamo quello che vuoi, vuoi andare a farti un panino dopo in concerto? Conosco un posto che fa delle cose lunghe così dove ti ci mettono dentro il mondo! Vuoi andare in un altro locale? Ne conosco tanti qui in zona. Vuoi andare a fare una passeggiata? C'è un posto sicuro e molto panoramico che...”

“Ho capito Jerry, non ti preoccupare! Ci pensiamo dopo, ok?” blocco la sua logorrea, prima a parole e poi con un bacio.

“D'accordo” risponde, riprendendo il discorso di baci e carezze interrotto in precedenza.

Beh in fondo dovevo aspettarmelo. Sono settimane che Jerry fa “il bravo”, non mi ha chiesto nulla, non ha mai fatto pressioni, ma dopotutto sono quasi due mesi che non fa... insomma, per lui deve essere una tortura! E poi, pensandoci bene, se aspetto di avere più tempo per noi faccio in tempo a invecchiare... E' un musicista, è il suo lavoro, non lo fa per hobby. Ha un contratto con una major, ha pubblicato un album, farà un video che girerà in tv, le sue canzoni sono alla radio, va in tour. Questa è la sua vita e sarà sempre così. Anzi, la band avrà un seguito sempre maggiore e sarà sempre peggio. Dovremmo semplicemente approfittare del tempo che abbiamo, anche se sono solo dei ritagli.

E poi, in fondo, anch'io so cosa mi va di fare. Forse ho solo paura, anche se non so bene di cosa.

“JERRY! DOBBIAMO FARE IL SOUNDCHECK!” Sean grida bussando con forza sulla porta del camerino.

“Di già? Visto come sono veloci a montare gli strumenti?” dice Jerry premendo la fronte sulla mia e sorridendomi.

“Anche troppo”

“Già, anche troppo” ripete dandomi un ultimo bacino sulle labbra.

Mi alzo e lui ha già la mano sulla maniglia della porta quando lo fermo.

“Jerry, aspetta! Devo risistemarmi!” gli urlo mentre mi riabbottono il vestito.

“Ahahah ah già, scusa, ormai mi ero così abituato a vederti mezza nuda che non ci ho fatto caso”

“Scemo”

“Però la sciarpa non metterla, dai, è ridicola”

“Invece la metto, e anche la felpa. La giacca la lascio qui”

“Oh sia ringraziato il cielo!”

“Piantala, adesso possiamo andare!” gli sferro un pugno sul braccio, seguito da un bacio veloce.

“Cavolo, il bastone e la carota, eh?”

“Vuoi che prenda davvero un bastone?” lo minaccio.

“Ehm no, andiamo che è meglio”

Il soundcheck dura pochissimo, lo seguo distrattamente da sotto il palco, anche perché vorrei finalmente dare un'occhiata al locale, per davvero. E' piuttosto grande, niente a che vedere con l'Off Ramp, e c'è un sacco di gente. Al bar non mi chiedono i documenti e mi servono una birra senza battere ciglio, non so se sia perché mi hanno vista con la band o perché semplicemente non rompono i coglioni a nessuno. Mi arrampico, non senza fatica, su uno sgabello piuttosto alto al bancone (grazie a dio è stato uno dei miei tipici momenti imbarazzanti in cui però nessuno mi ha vista) e da lì mi godo una perfetta visuale della location e del palco.

Quando finiscono, i ragazzi mi raggiungono e mi dicono che il concerto inizierà nel giro di una mezz'ora, il tempo per due chiacchiere e un paio di giri di drink. Alla fine mi obbligano a seguire il concerto dal lato del palco. Non ho bevuto granché e quando mi alzo, o meglio mi tuffo, dallo sgabello per seguirli mi sento lucidissima, tuttavia per un attimo, nel chiasso del locale, mi sembra di distinguere tra le mille voci la risata di Stone. O mi sono ubriacata senza accorgermene o la coscienza mi sta giocando un brutto scherzo.

Coscienza poi, perché? Alla fine sono cazzi miei dove vado e con chi, no?

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Siamo nel bel mezzo del secondo pezzo della scaletta, It ain't like that, quando lo vedo, il mio incubo: Stone. Con tutta la corte dei miracoli al seguito, persino... persino Chris e Kim?! Che cazzo ci fanno qui? Domanda retorica, lo so benissimo che ci fanno qui, Gossard li avrà convinti a venire con la scusa di vederci, quando in realtà sta solo cercando Angie. Perché ha capito benissimo che sarebbe venuta qui, l'ha capito prima di me il bastardo, quello sicuramente ha capito TUTTO. D'istinto, appena lo vedo, mi volto verso sinistra, dove c'è Angie che dondola seguendo il ritmo della canzone, sorridente, ignara di tutto. Torno a osservare il gruppetto di bambini in gita e riconosco anche Ben e Jeff che fanno da “arieti” facendosi largo sgomitando tra la folla, Laura e Meg subito dietro, Mike con una mano alzata che mi fa un cenno, Eddie con la faccia incazzata che avanza a braccia conserte, seguito da una bionda mai vista. Chi è 'sta figa? Cazzo Jerry, non ti distrarre, concentrati! Stone è l'unico che anziché fissare il palco si guarda attorno, come se fosse in cerca di qualcuno. Qualcuno che è qui a pochi passi da me. Cerco di fare una valutazione della distanza e della prospettiva al volo, ma siccome non ci sto capendo un cazzo, decido che non so se Stone da qui possa vederla, ma se riesco a farla arretrare un po', tanto meglio. Le faccio dei cenni mentre sto suonando, ma lei non capisce, si limita a salutarmi, anzi, si avvicina ancora di più al palco. Merda. Decido di non cagarla fino alla fine della canzone, non sia mai che proprio stasera Angela impazzisca e decida di lanciarsi sul palco per poi buttarsi in un selvaggio stage diving...

Quando concludiamo il pezzo mi sposto verso di lei, fingendo di armeggiare con dei cavi, e le dico di stare indietro e non farsi vedere perché c'è Stone. Lei non sente una mazza, anche perché il pubblico fa un casino assurdo, dopo averglielo ripetuto per la quarta volta vedo che finalmente arretra, guardando per terra e in alto. Forse avrà pensato ci fosse un problema tecnico o che potesse essersi messa in una posizione pericolosa. E non sa quando ci è andata vicino, anche se non ha capito di che pericolo si tratta.

Credo sia il concerto più duro della mia vita. Da un lato non vedo l'ora che finisca, per prendere Angie e scappare da qualche uscita di sicurezza al volo, dall'altro vorrei non finisse mai, perché lo so che non c'è via di fuga e dovrò per forza affrontare questa situazione di merda. E non voglio! Durante lo show tutti rimangono più o meno nello stesso punto, sotto il palco davanti a me, tranne Ben e Meg che fanno un paio di volte avanti e indietro dal bar, e chiaramente tranne Stone, che fa più e più giri del locale nella sua personale caccia al tesoro. Se gli viene in mente di infilarsi nel backstage prima della fine sono fottuto. Stranamente questa idea non lo sfiora e il concerto finisce, purtroppo o per fortuna, a seconda del mio stato d'animo, che varia da un secondo all'altro. Ignoro gli applausi, il pubblico di oggi penserà che suono scazzato e che sono un cafone, amen, e mi fiondo fuori dal palco verso Angela.

“Eheheh Jerry! Dai, che fai? Sei sudato!” Angie strilla quando la placco e la prendo praticamente in braccio correndo verso il camerino.

“Angie, ho provato a dirtelo prima, ma non mi sentivi: siamo nella merda”

“Che?”

“Stone”

“Stone? Che c'entra Stone? Che...”

“E' qui”

“Cosa?” la sua faccia sbianca di colpo, poi comincia a ridere “Ahah molto divertente, Jerry”

“No, non è una battuta, perché dovrei scherzare su Stone? Secondo te faccio queste battute di merda? L'ho visto, e non è da solo!” ci fermiamo fuori dalla porta del camerino.

“Cosa... come non è da solo?”

“Ci sono tutti, tutta la band, pure i Soundgarden, anche Laura e Meg! Tutti!”

“Ma dovevano andare...”

“Evidentemente hanno cambiato programma! Cazzo, cazzo, cazzo!” esclamo camminando in tondo.

“Cazzo!”

“Già”

“E adesso? Che facciamo?” mi chiede con un'espressione terrorizzata che non le ho mai visto, nemmeno quando trovammo quello scarafaggio gigante nella sua macchina.

“Che vuoi che facciamo? Ti devi nascondere, nasconditi!” le tiro su il cappuccio della felpa.

“Ah beh, sì, adesso sì che sono al sicuro, così sono praticamente invisibile!” mi urla contro.

“Non gridare! Potrebbe arrivare da un momento all'altro, se ti sente siamo fregati” le spiego, ma nel frattempo sopraggiungono i miei compagni di band.

“Ehi dove cazzo eri? Sei scappato di corsa, ho capito che hai voglia, però datti una calmata!”

“Sta zitto Sean, non hai visto chi c'era nel pubblico?” gli ringhio in faccia.

“No, chi c'era?” mi chiede perplesso.

“Stone, con tutta la banda bassotti al completo”

“Ahahahahahah cosa?”

“Ci stai prendendo per il culo” aggiunge Mike.

“No, è vero, ho visto Jeff e Mike sotto il palco, mi pare” interviene Layne.

“Cazzo, allora sei proprio nella merda!” dice Sean sghignazzandomi in faccia.

“Non solo lui, anche io, anzi, soprattutto io” ribatte Angie.

Mentre discutiamo su chi sia più nella merda rispetto all'altro, distinguiamo nitidamente la voce di Meg. Faccio appena in tempo ad aprire la porta del camerino e spingerci dentro Angie assieme a Sean e Layne, ed ecco apparire, uno alla volta, la combriccola al completo.

“Oh eccovi qui! Jerry e Mike, e nessun altro mi pare” Meg esclama ad alta voce, voltandosi alle sue spalle. Meg sa tutto, di certo si starà chiedendo dove abbiamo infilato la sua amica. Meg è la nostra unica salvezza.

“Hey ragazzi! Gran concerto!” il secondo del gruppetto è Stone, come poteva essere altrimenti.

“Stone! Che ci fate qui? Quando vi ho visti pensavo di avere le traveggole” li saluto cercando di fingere il massimo entusiasmo.

“Oh sì immagino, ti sarà venuto un colpo, vero?” riponde il bastardo “Sai eravamo lì al pub a non fare un cazzo, mi sono ricordato di quello che mi hai detto stamattina e mi sono detto 'perché non andare a supportare i nostri vecchi amici?', così eccoci qui”

“Eh già, se non ci sosteniamo tra di noi!” aggiunge Mike accendendosi una sigaretta.

“Grandi come sempre. Dove sono gli altri?” Jeff chiede dopo aver dato la mano a entrambi.

“Ah boh, scesi dal palco ci siamo persi, Layne sarà in giro a cercare Demri, Sean non so” rispondo distrattamente, mentre io e Mike salutiamo tutti, uno ad uno.

“Magari sono in camerino” ipotizza Stone. E ti pareva.

“Uhm non so, non credo, non li ho visti entrare” Mike cerca di pararmi il culo, grazie amico.

“Neanch'io” confermo.

“Beh, proviamo a dare un'occhiata” Stone si avvicina alla porta e nella mia mente si affacciano bestemmie che non sapevo neanche di conoscere.

“Se ci sono saranno nudi e sudati, o magari c'è Sean che si fa fare qualche servizietto del dopo show, io non entrerei” mio tentativo disperato.

“Niente che io non abbia già visto” commenta Stone con un ghigno, e con la mano sul pomello della porta.

“Vedi, la porta è chiusa, quando la porta è chiusa non è un buon segno, meglio aspettare che escano” ci provo di nuovo cercando di insinuare non so neanch'io che cosa, figuriamoci se riesco a far venire dei dubbi a Stone.

E infatti.

“Va beh, anche se si stessero baciando io gli vorrei bene lo stesso, no alle discriminazioni!” Stone apre la porta e io mi preparo al disastro.

Gossard entra, seguito da Jeff e Meg, anche gli altri si avvicinano ed entrano per quanto possibile nel minuscolo stanzino, mentre io aspetto fuori e attendo da un momento all'altro un commento, un urlo, una risata, un insulto nei miei confronti. Ma non succede niente. Sento solo normali chiacchiere. Mi affaccio dalla porta e vedo solo Layne e Sean seduti, con birra e sigaretta in mano, circondati dai nostri eroi.

“Visto? Sono mezzi nudi, ma non stavano facendo niente!” Stone si rivolge a me sorridente appena mi vede, ma sotto sotto si capisce che gli rode non averla trovata. Anche se non credo si arrenderà così facilmente. Ma dove cazzo è Angie?

“Non facevamo niente, finora” Sean acchiappa Stone e lo trascina sulla panca dov'è seduto, fa per baciarlo e tutti ridono, anch'io, istericamente.

“Ma chi è questa dolce signorina? Non ho il piacere di conoscerla” Sean si ricompone e chiede lumi sulla figa ignota di cui sopra.

“E' una mia compagna di corso” spiega Laura.

“Sono Violet, piacere”

“Io sono Sean, il piacere è tutto mio!” risponde prendendole la mano e baciandone il dorso come un perfetto gentiluomo.

Stronzate. Però almeno distrae Stone dalla sua ricerca e mi fa guadagnare tempo. Se solo sapessi dov'è Angie. Nel frattempo anch'io, Mike e Layne ci presentiamo.

“Stai attenta a Jerry, Violet, è pericoloso” Stone osserva mentre la saluto.

“Perché? Morde?” chiede la biondina.

“Eccome! Ma si fa anche mordere, sapessi che segni! Per fortuna hanno inventato le sciarpe” aggiunge Sean.

Ma tu da che parte stai? Se Angie è nei paraggi e sente questa cosa sono morto due volte.

“Ah beh, tanto mi so difendere anch'io, coi denti e con le unghie!” ribatte la ragazza. Hai capito Violet? Magari in un'altra vita ci farei un pensierino. E la mia prossima vita inizierà molto presto se non esco da questa situazione.

“Ma non manca qualcuno? Angie dov'è?” chiede Starr con una sincerità disarmante, se non sapessi un cazzo non avrei dubitato di lui neanche per un secondo.

“Non è venuta” risponde McCready.

“E' a casa a studiare, almeno così pare” interviene Stone.

“Beh, è lì che io l'ho lasciata” ribadisce Meg.

“Ma sta sempre a studiare?” Sean rincara la dose scuotendo la testa.

“Eh già, le avevo chiesto anch'io di venire, ma mi ha paccato” decido di metterci anche del mio in questa recita corale.

“Sicuro?” mi chiede Stone, mentre prende l'ultima birra dal cartone abbandonato in un angolo del camerino.

“Beh, direi di sì, la vedi?” chiedo allargando le braccia.

“No, ma magari non hai cercato bene.” risponde ridendo “Se vuoi ti do una mano”

Stone è il diavolo, ne sono sempre più convinto.

Non so come, dopo altri interminabili minuti di frecciate tra me e Stone, Meg riesce a convincere tutti, compreso il diavolo, a tornare al bar, con la promessa che dopo esserci dati una breve sistemata li avremmo raggiunti subito. I nostri ospiti se ne vanno e non appena l'ultimo chiude la porta del camerino chiedo ai miei colleghi dove cazzo è Angela. Sean e Layne si guardano, Layne mi fa segno di fare silenzio con un dito sulla bocca, Sean si alza e apre lentamente la porta per poi affacciarsi a sbirciare.

“Ok, via libera” sentenzia Sean.

Layne si alza di scatto dalla sedia, solleva il telo sistemato sulla panca dove erano seduti Stone e Sean, scoprendo una cassapanca. Sean solleva il coperchio e ne esce fuori una creatura selvaggia con gli occhi rossi e fuori dalle orbite che ricorda vagamente Angie e gli salta alla gola.

“SIETE IMPAZZITI! TESTE DI CAZZO!”

“Tesoro, era l'unico modo” cerca di spiegarle Layne, tenendosi a debita distanza.

“L'UNICO MODO UN CAZZO! SOFFRO DI CLAUSTROFOBIA, IMBECILLI!”

“Non respiro!” Sean cerca di staccare le manine di Angela dal suo collo.

“MA DAI?! NEMMENO IO RESPIRAVO, E' MEZZ'ORA CHE NON RESPIRO! E TI SEI MESSO PURE A PERDERE TEMPO CON UNA TIPA!”

“Era per non dare nell'occhio!” Sean riesce a liberarsi dalla presa e insiste nel giustificarsi.

“E PER NON DARE NELL'OCCHIO MI FATE MORIRE SOFFOCATA IN UNA BARA?”

“Beh non sei morta, no?” Sean fa spallucce.

“IO NO, MA TU PRESTO SI'”

“Ma perché te la prendi solo con me, a dirla tutta l'idea è stata di Layne” Sean si rifugia nel mal comune mezzo gaudio.

“INFATTI DOPO SISTEMO ANCHE LUI”

“Ma dai, proprio lì dovevate infilarla?” chiedo mettendomi dalla parte della belva.

“Ho avuto un minuto per pensarci, tu avresti avuto un'idea migliore? Preferivi essere sgamato?” chiede Layne.

“Beh io... no, però povera Angie”

“Grazie Jerry, grazie per la solidarietà, davvero utile! E adesso che faccio?” mi chiede Angie, che a mano a mano riprende il suo colorito naturale.

“Tu non lo so, ma noi e Jerry dobbiamo volare al bar, se no Stone torna qui al volo e ti tocca rientrare nella cassa”

“COL CAZZO!”

“Shhhhh non gridare! Vuoi che ti sentano?” cerco di farla ragionare.

“No...”

“Allora facciamo così, tu resta qui per il momento. Noi raggiungiamo gli altri, io sto lì un po', poi me ne vado con una scusa e vengo a prenderti, così ce la filiamo zitti zitti, ok?”

“Devo stare qui da sola?” chiede Angie col muso.

“Eh sì, magari faccio un salto più tardi... ehm, o qualcuno di noi... magari ti mando Meg, tanto lei lo sa che sei qui, sicuramente si starà chiedendo anche lei che fine hai fatto”

“Ma non farti scoprire da Stone!” si raccomanda.

“No, tranquilla, sarò discreto”

“Potremmo usare un codice segreto, come gli agenti della CIA!” esclama Mike e tutti lo fulminiamo con lo sguardo, per poi tornare ai nostri discorsi ignorandolo.

“Dai, se tutto va bene nel giro di una mezz'ora torno a prenderti, ok?” le dico infilandomi la maglietta.

“Va bene, Jerry”

“Ciao Angie” io, Mike e Layne la salutiamo uno dopo l'altro.

“Ciao piccola, e se senti qualcosa di strano salta nella cassa!” riesce a dire Sean prima di essere centrato da una lattina vuota in piena fronte.

Mezz'ora un cazzo. Ogni volta che provo ad allontanarmi dal gruppo Stone mi riprende per i capelli, in più mette subito in chiaro che non si muoveranno da Portland per tutta la notte.

“Secondo te ci sparavamo questo viaggione per stare qui un paio d'ore?” mi spiega con una pacca sulla spalla.

No, figuriamoci, non avevo dubbi a riguardo.

Sono in trappola, e anche Angie, non possiamo andarcene, non possiamo restare. Ci vogliono un paio d'ore perché riesca a prendere Meg da parte un secondo e a dirle dove trovare Angie, che le spiegherà tutto. Meg per non destare sospetti resta con noi ancora un po' prima di allontanarsi con la scusa di dover andare in bagno. Nel frattempo tento il piano B, ovvero comincio a offrire da bere a Stone senza sosta, nella speranza di farlo ubriacare o almeno di fargli perdere un po' di lucidità. Ma questo stronzetto pelle e ossa regge l'alcol meglio di un marinaio, come cazzo fa?”

“Che chiedevi a Meg?” mi domanda lo stronzetto tra un drink e l'altro.

“Quando?”

“Prima, ho visto che le parlavi all'orecchio?

“Beh, secondo te? Di Angie ovviamente? Volevo sapere se doveva davvero studiare o se era solo una scusa, sai, per non vedermi” le mie doti di attore stanno tornando, forse me la cavo.

“Capisco... beh se era una scusa l'ha usata anche per noi” replica Gossard.

“O magari era la verità”

“Sai, ero convinto che fosse venuta qui” confessa il disgraziato.

“Cosa? Qui? Ma va?”

“Già, ne ero sicuro. Stamattina sei andato lì in negozio... poi il casino con Eddie”

“Sì beh, lui l'ha trattata di merda in effetti”

“E tu che ne sai?”

Cazzo.

“Cosa?” fingo di non aver sentito a causa della musica alta.

“Che ne sai? Come fai a sapere di Eddie ed Angie? E' successo dopo che ce ne siamo andati” mi chiede di nuovo sospettoso.

“Me l'ha detto Meg! Ovvio!”

“Quando?”

“Prima, quando mi hai visto parlare con lei. Le ho chiesto se era una scusa, e lei mi ha detto di no, che aveva davvero da studiare, ma che era anche presa male per questa cosa con Eddie e non aveva voglia di uscire, e mi ha spiegato brevemente cos'è successo”

“Ti ha detto così?”

“Già”

“A me non ha detto niente”

“Magari non gliel'hai chiesto”

“Effettivamente...”

Forse sono salvo.

Meg ritorna, mi fa un cenno con gli occhi in direzione del camerino e poi si inserisce di nuovo nelle chiacchiere dei ragazzi, come se niente fosse. Io riesco a staccarmi da Stone, lo affido a Jeff ed esco, con la scusa di dover recuperare le sigarette nel furgone. Una volta fuori, faccio il giro del locale dall'esterno e rientro da uno degli ingressi di servizio, quello che sta nel corridoio del camerino, così posso raggiungere Angie e sentire qual è il piano. Sempre che ce ne sia uno. Se c'è, spero mi piaccia.

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“Bella questa canzone, chi sono?” mi chiede Violet appoggiata al bancone accanto a me, a una stima approssimativa direi che sarà la quindicesima volta.

“I Depeche Mode” rispondo prima di bere un sorso della mia quarta birra, quella che lei ha insistito nel volermi offrire. Nel frattempo mi sono concesso solo un paio di giri di gin tonic, con questa nei paraggi meglio rimanere lucidi.

“Ah sì, sono famosi!”

“Già”

“Come si chiama la canzone?”

“Personal Jesus”

“L'ho già sentita mi pare”

“E' uscita l'anno scorso, quindi è facile che tu ti ci sia imbattuta in precedenza”

“Ah ok! Mi fa venire voglia di ballare, andiamo?” propone la folle.

“Eheh no, io non ballo, non so ballare” rispondo mentendo. Avrei dovuto dire 'Io non ballo CON TE', ma sarei risultato scortese. Non mi piace rimbalzare le ragazze platealmente, anche se sono delle rompicoglioni. E questa è della peggior specie.

“Ma sì che sei capace, dai!” insiste e mi tira per la camicia, se s'illude che io ceda si sbaglia di grosso.

“Chris è un ballerino nato, guarda come sculetta, prova a chiederlo a lui”

“Uff, noioso!”

“Eh sì, sono un tipo noioso, me lo dicono spesso ultimamente” rispondo pensando a una persona in particolare.

“Va beh, tanto ormai è finita la canzone, mi è passata la voglia di ballare... Questi chi sono?”

Ancora.

“Nine Inch Nails”

“Uhm no, non li conosco”

“Perché è...” mentre mi guardo attorno cercando di sfuggire agli sguardi ammiccanti di Violet noto Jerry in un angolo poco illuminato dall'altra parte del locale, intento a parlare con una persona, una ragazza “perché è un gruppo nuovo”

“Ah ecco! Certo che le sai proprio tutte eh?”

Jerry accarezza il viso della ragazza, che vedo di spalle, una tipa piccola di statura, con una felpa chiara e una gonna. Il cappuccio è calato sulla testa e da qui non riesco a vedere di chi si tratta. Almeno finché Jerry non l'abbraccia, stringendola a se e facendole cadere il cappuccio, la ragazza appoggia una guancia al suo petto e la riconosco immediatamente dal profilo: è Angie.

“Mi piace la musica, sai, non mi limito a farla...” rispondo senza prestare troppa attenzione a cosa sto dicendo.

“Ahah hai ragione, è ovvio”

Bevo un altro sorso, mentre Jerry ed Angie si baciano e si abbracciano, lui le sorride, ma ha un'aria piuttosto triste. Da una parte mi sento sollevato, perché se lei è qui vuol dire che se non è venuta al pub non è stato per colpa mia. O almeno, non solo. Doveva vedersi col suo non-ragazzo, io sono solo un incidente capitato tra una cosa e l'altra. Magari non è neanche tanto arrabbiata, magari non gliene frega un cazzo. Adesso posso essere più sereno, decisamente.

E allora perché mi girano le palle? Mi innervosisce vederli lì, a tubare come due piccioncini... mentre io sono qui a sorbirmi le avances di una che pensa di averla solo lei in tutto il locale, anzi, probabilmente in tutto lo stato. No, è chiaro, non sono dell'umore adatto per assistere alle effusioni di una coppia felice. Jeff e Laura non mi hanno dato fastidio però. Evidentemente la quarta birra non ha lo stesso effetto della terza. Sarà perché me l'ha offerta lei.

Forse dovrei andare da Angie e chiederle scusa.

“Cosa guardi?” mi chiede la petula.

“Oh stavo... stavo guardando i graffiti, lì, sul muro”

“Ah! Sì, sono belli! Cioè, io non me ne intendo, ma mi sembrano ben fatti”

“Sono molto più che ben fatti”

“Mi ricordano i graffiti del Rios di San Diego, che tu non conoscerai, scommetto” aggiunge sgomitandomi.

“Lo conosco molto bene invece, ci ho anche suonato”

“Con un'altra band?”

No, con quella attuale! Li ho portati con me sulla mia Delorean, in viaggio attraverso lo spazio-tempo.

“Sì, avevo un'altra band a San Diego, i Bad Radio. Ma tu non li avrai mai sentiti nominare, scommetto” le faccio il verso, evitando di sgomitarla o di toccarla con qualsiasi altra parte del corpo.

“Invece il nome non mi è nuovo! Però non credo di avervi mai visti, insomma, se ti avessi visto me lo ricorderei, eccome...” credo che Violet stia azzardando un complimento, ma io sono preso dalla scena di Angie che, dopo l'ennesimo bacio, si rimette il cappuccio, si infila la giacca che teneva al braccio e si avvia verso l'uscita, mentre Jerry la guarda allontanarsi. Conosco bene quello sguardo, altro che non-ragazzo, quel tipo ha perso la testa, e forse nemmeno lo sa.

Se voglio parlarle questo è il momento giusto, ma come faccio? Con questa attaccata al culo? Mi seguirebbe o mi chiederebbe chi è e Stone lo verrebbe a sapere in un nanosecondo. Non sono affari miei, ma credo di aver fatto abbastanza danni oggi. E' chiaro che non vuole farsi vedere e io non voglio crearle guai. Mi tocca rimandare le scuse, almeno avrò tutto il tempo di comprare le liquirizie.

“Uh questa è stupenda! Chi sono?”

Adesso la strozzo.

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“Grazie del passaggio Demri” Angie, seduta accanto a me sul sedile posteriore, ringrazia appena la ragazza di Layne mette in moto.

“Figurati, no problem! Anche se non ho capito il perché di tutto questo mistero”

“Ti spiegherò lungo la strada, la storia è lunga quasi quanto il viaggio” le dice Layne mettendole una mano sulla spalla.

“Ecco, qui devi girare a sinistra. Casa di mio fratello è vicina, ti assicuro, non ti porto fuori strada” do indicazioni a Demri, sperando che Chad non mandi affanculo la sua sorellina in difficoltà che suona il campanello alle 2 di notte. Né lui né sua moglie.

“Vai tranquilla, tanto non abbiamo fretta,” mi risponde lei “ma domani come fate?”

“Oh ci arrangiamo, se abbiamo culo ci dà uno strappo mio fratello, se no c'è il treno. O magari riusciamo a recuperare Jerry e gli altri in qualche modo”

“Sicure di non voler tornare a Seattle con noi?” chiede Layne.

“Sicurissime! Vero Angie?”

Angie si limita a fare sì con la testa.

“Adesso lì all'incrocio a destra e poi al bivio sali sempre a destra”

Mio fratello non ci insulta, beh non troppo, ma solo perché mia cognata Tiffany è fuori città per una specie di conferenza di farmacisti, e ci sistema sul divano letto in salotto.

“Gran bella serata eh?” chiedo ironicamente.

“Già, un successone” Angie risponde nascondendo la faccia sotto la coperta.

“Povero Jerry!”

“E povera Angie non ce lo metti?”

“Sì beh, anche. Ma per lo meno tu sei qui, pensa che lui dovrà sorbirsi Stone brillo fino all'alba”

“In effetti... povero Jerry” ammette sospirando.

“E non sarà l'unico a dover subire, anche Eddie è stato punito dal destino, c'è una che...”

“Peggio per lui,” Angie tira fuori la testa dalla coperta “così impara a non scherzare col karma”

“Tu non credi nel karma, non credi a niente!”

“Se qualcosa crea casini a Eddie ci credo, e faccio anche il tifo” commenta sedendosi.

“Ahahah ma dai povero, era mortificato per quello che è successo”

“Te l'ha detto lui? Ti sei fatta raccontare l'accaduto?”

“Sai com'è, tu non ti sei certo profusa in spiegazioni: 'vado a Portland con Jerry, Eddie è il male', un biglietto chiarissimo”

“Non ho avuto tempo di scriverti una cronaca dettagliata”

“E comunque sì, mi ha raccontato, l'ha raccontato a tutti, si è umiliato pubblicamente al pub di fronte al gotha della musica di Seattle. Ha pure preso a testate il tavolo”

“Caspita, questo Eddie sì che conosce il significato della parola teatralità”

“Ad ogni modo, è davvero dispiaciuto e vuole chiederti scusa”

“Ci deve solo provare”

“Dai, poverino... credo l'abbia mollato la tipa”

“E allora? Siccome la fidanzata lo molla può trattare gli altri a suo piacimento? Un'altra al posto mio l'avrebbe preso a pugni”

“Io per esempio, e gliel'ho anche detto. Lui ha risposto che se li sarebbe meritati”

“Oh anche vittimismo è ben presente nel suo vocabolario”

“QUALCUNO QUI DEVE ANDARE A LAVORARE DOMANI, VOLETE FARE SILENZIO! SE NO VI FACCIO DORMIRE IN GARAGE!” Chad ci interrompe urlando dalla sua stanza e ci nascondiamo di corsa sotto la coperta.

“Tanto lo perdonerai prima o poi, ti conosco” le sussurro dopo un paio di minuti.

“Forse... se prende a testate un muro di cemento armato, davanti a me” risponde sottovoce ridendo.

“Possibilmente in ginocchio” aggiungo.

“Quello era scontato! Notte Meg”

“Buona notte Angie... e buona notte Jerry, ovunque tu sia!”

“Stronza”

“Sapete già a che ora c'è il treno?” chiede il mio fratellone mentre ci accompagna alla Union Station con la sua Jeep.

“Boh? E chi lo sa? Lo scopriremo una volta lì” rispondo anche per Angie, che è in fissa sul fiume Willamette che scorre parallelamente alla strada.

“Ma almeno ce li avete i soldi per tornare?”

“Certo che li abbiamo Chad! Nonostante quello che pensano i nostri genitori, non sono una vagabonda, lavoro, mi mantengo e risparmio”

“Risparmi? Addirittura?”

“Certo! Soprattutto da quando c'è Angie con me, lei è la regina del risparmio e del riciclo, vero?”

“Mm mh” Angie annuisce senza neanche aver sentito cos'ho detto.

“Sai che fa la differenziata?”

“Ma va? Un'ecologista!” commenta divertito mio fratello.

“Ha anche vietato l'uso della luce in bagno” aggiungo.

“Non ho vietato l'uso della luce in bagno! Ho solo fatto notare che se si va solo a fare pipì e non è proprio buio pesto non serve accenderla, perché la tazza la trovi lo stesso. Ovviamente non si possono fare altre cose al buio” ribatte, finalmente distolta dai suoi pensieri.

“E il phon?”

“Il phon va bene, ma non c'è bisogno di tenerlo acceso mezz'ora! Soprattutto tu che hai i capelli corti... basta asciugare bene le radici, poi le punte si asciugano da sole”

“Orrore! E quando devo farti la piega? Come faccio?”

“Per risparmiare me la fai al buio, tanto faccio cagare lo stesso”

“Visto Chad? Sono in ottime mani”

“Eheh vedo, vedo. Ma, tornando ai nostri genitori, pensi di farti vedere stavolta per il Ringraziamento”

Dio, il Ringraziamento, me ne ero completamente dimenticata. Soprattutto non mi aspettavo di vedere mio fratello tanto presto, non ho la scusa pronta.

“Beh, io... veramente...”

“Beh in realtà Meg l'avrei già invitata io” interviene Angie dal nulla, lanciandomi un'ancora grossa come una casa.

“Eh già, mi ha invitata dai suoi in Idaho!”

“I miei genitori hanno insistito perché portassi qualcuno dei miei amici e io ho pensato subito a lei. Se è un problema però puoi andare dai tuoi, non mi offendo ecco...”

“No no, non se ne parla! Una promessa è una promessa! Mi spiace Chad, lo spieghi tu alla mamma, vero?”

“Sì va bene, le dirò che quest'anno hai una scusa plausibile!” risponde ridacchiando.

Arrivate in stazione, dopo aver ringraziato il mio fratellone preferito, a parimerito con l'altro, Trent, andiamo a fare i biglietti e scopriamo che il treno è appena partito e il prossimo ci sarà alle 12.45. Ci tocca aspettare più di tre ore. A questo punto facciamo buon visto a cattivo gioco e ci infiliamo nel ristorante al piano terra per fare una lunga colazione.

“Fa tutte le fermate, Olympia e Tacoma comprese, arriveremo a Seattle alle 16.15” spiego mentre sfoglio il depliant con gli orari.

“Merda! Devo ancora finire la relazione!”

“Che problema c'è? Ne hai di tempo!” apro la borsa e tiro fuori una penna e un fazzolettino di carta “Tieni”

“Ah ah, divertente. Però non hai tutti i torti... aspettami qui e ordinami una cioccolata calda! Con panna!” Angie prende la borsa e scappa di corsa dal ristorante, per tornare qualche minuto più tardi facendo dondolare allegramente un sacchetto.

“Sarebbe?” le chiedo perplessa.

“La mia salvezza, forse” estrae un blocco per appunti nuovo di zecca e una penna 10 colori.

“Ce l'avevo la penna!” le faccio notare, offesa.

“Ma questa è più bella, è da un po' che la volevo, in realtà risparmiavo solo per comprarmela” dice facendomela passare sotto il naso per farmi sentire che è profumata.

“Quindi adesso possiamo lasciare tutte le luci accese 24 ore su 24?”

“Anche la tv e gli elettrodomestici, tutto!”

“Yeah”

Intanto ci portano la sua cioccolata e il mio caffè, con un bel vassoio di biscotti.

“E questi?”

“Ho voluto esagerare, tanto poi risparmiamo” rispondo ridendo e addentando una delizia al cioccolato.

“Hai fatto bene”

“Comunque grazie per avermi salvata prima! Non mi aspettavo che mio fratello se ne uscisse con la storia del Ringraziamento, mi aveva messa con le spalle al muro”

“Oh beh, figurati di niente...” dice alzando per un attimo la testa dal blocco “Comunque ehm l'invito è vero”

“Cosa?” le chiedo tra un colpo di tosse e l'altro a causa di un biscotto andato di traverso.

“Insomma, i miei insistono davvero perché porti qualcuno a casa... e io gli parlo sempre di te e mi ripetono in continuazione che gli piacerebbe conoscerti. E non hai altri impegni e non mi va di lasciarti da sola... Ovviamente saresti mia ospite per qualche giorno... E comunque tranquilla, i miei genitori sono tipi alla mano, non sarà una roba formale, anzi!” Angie parla a raffica.

“Eheheh davvero mi stai invitando?”

“Sì! Beh se ti va... I miei mi hanno già mandato i soldi per il biglietto, se vuoi posso finanziarti metà viaggio”

“Ah no! Se vengo pago io, già mi ospiti, non voglio approfittare”

“Allora vieni?” mi chiede con occhi da cucciolo.

“Ok ci sto!” rispondo, prima di venire strangolata da un abbraccio decisamente inatteso.

“Yeeeeeeeee grazie! Ci divertiremo un mondo, vedrai!”

“Angie... che cosa fai? Gesti affettuosi? In pubblico? Cosa ti sta succedendo?” le chiedo stupita.

“Non capiterà più tanto spesso, segna la data sul calendario” commenta staccandosi rapidamente da me e tornando al suo posto.

“Ma perché non ci porti Jerry?” le chiedo dopo un po'.

La mia domanda le fa scivolare la penna sul foglio, ora diviso in diagonale da una bella sbarra viola.

“Ecco, guarda cosa mi hai fatto fare!”

“E io che c'entro? Sarà stata l'emozione nel sentir nominare il tuo amato” osservo sorridendo.

“Ti pare che presento Jerry ai miei?!”

“Perché no? E' il classico bravo ragazzo che tutti i genitori sognano per le loro figlie! Chitarrista capellone, il prototipo ideale” rispondo sarcastica.

“Ah quello non sarebbe un problema! Come ti ho detto i miei sono molto alla mano, e di larghissime vedute, anche troppo larghe... se gli portassi Jerry probabilmente mia madre correrebbe a comprare casse di champagne”

“Ahahahah addirittura? Vogliono vederti accoppiata?”

“Sì, è il loro sogno nel cassetto! E poi, anche mio padre è un capellone, quindi...”

“Davvero?” le chiedo sorpresa.

“Sì, nonché un musicista mancato, quindi andrebbero molto d'accordo”

“Allora andrà molto d'accordo anche con me!” esclamo con la bocca piena di biscotti.

“Te l'ho detto, e anche mia madre è una tipa tosta”

“Non sarà mica la classica coppia mezza hippie che ti ha fatto vivere un'infanzia tra comuni e festival rock?! Perché in quel caso potrei decidere di farmi adottare, te lo dico”

“Ehm no, cioè non proprio, forse un po'... beh lo vedrai...” risponde balbettando.

“E allora perché Jerry no?”

“Perché ho la vaga impressione che invitare Jerry a conoscere i miei sarebbe il modo più semplice e immediato per farlo scappare a gambe levate”

“Eheheh in effetti, da libertino impenitente a genero modello il passo è tutt'altro che breve, meglio fare le cose gradualmente” ammetto mentre finisco il mio caffè.

“Molto gradualmente”

“Però sai che jam verrebbero fuori con lui e tuo padre assieme?”

“Ahahah sì, una figata!”

“Grazie Angie, sono lusingata per l'invito, davvero” le dico sinceramente.

“Aspetta prima di ringraziarmi, non hai ancora assaggiato la grappa spaccabudella fatta in casa da mio padre”

“Già lo amo, sappilo”

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Trascorriamo un paio d'ore al ristorante, mentre le altre due le passiamo a bighellonare per la stazione, comprando un paio di snack per pranzo, nonostante il pieno calorico fatto a colazione, e prendendo per il culo la gente nell'area riservata ai passeggeri di prima classe. Nei tempi morti provo a scrivere, senza grandi risultati. Anche sul treno stessa storia, Meg schiaccia un pisolino cullata dalle note del suo walkman, e io cerco di concentrarmi per tirare fuori qualcosa di decente, ma non ci riesco. Non presto attenzione, mi distraggo, scrivo e quando rileggo e mi sembra roba da terza media. Anzi, in terza media avevo un lessico già superiore a questo. Troppi pensieri per la testa. Jerry, il casino di ieri, i suoi occhi tristi, il fatto che non so quando lo rivedrò e se lo rivedrò prima di partire. Ma anche Stone e le sue continue intromissioni nella mia vita. Gli voglio bene e gli sono grata per tutto quello che lui e gli altri hanno fatto e fanno per me, ma qui si parla di controllare i miei spostamenti, seguirmi, fare indagini... direi che sta esagerando. E penso anche un po' a Eddie, alla sua cattiveria di ieri, ma anche a quello che mi ha detto Meg. In fondo poteva fare finta di niente e limitarsi a ignorarmi o a cercare di chiarirsi con me senza fare troppo rumore, invece ha fatto un mea culpa davanti a tutti. Da un lato mi lusinga, dall'altro non capisco perché da quando sono qui a Seattle le mie questioni, anche le più piccole, finiscano sempre per diventare di dominio pubblico.

E continuo a pensare e a guardare fuori dal finestrino e a non scrivere niente. Mi arrendo e decido che una volta arrivata a Seattle volerò in facoltà, a implorare il professore, se lo trovo ancora, di darmi una proroga. Grazie al cielo mi concede di consegnare il lavoro l'indomani, mi do malata con Roxy e mi metto sotto a scrivere. Ma non ho fatto i conti con Jeff e con la mia pessima memoria. Mi chiama e dopo avermi raccontato della sera precedente, con tanto di prese per il culo nei confronti di Stone e delle sue danze da ubriaco, mi ricorda che stasera ci sarà il concerto dei Temple of the Dog, un progetto messo insieme da Cornell. Dopo la morte di Andy Wood, sul finale del tour, ha scritto un sacco di pezzi, che però si discostavano un po' dalle cose dei Soundgarden. Ora ha deciso di coinvolgere gli ex Mother Love Bone per provare a registrare questi brani, hanno iniziato poco dopo l'arrivo di Eddie. Stasera si esibiranno all'Off Ramp.

“Devi venire” ripete Jeff con tono minaccioso.

“Eh non lo so Jeff, sto poco bene, non sono andata neanche al lavoro”

“Cazzate, prendi un'aspirina e vieni”

“Adesso comunque è presto, magari più tardi mi riprendo e...”

“Niente magari, tu vieni e basta. E non solo perché in caso contrario Stone ti ammazza”

“Lo so”

“Ok, tu non hai mai conosciuto Andy, ma... è una cosa importante per noi, per me”

“Lo so bene Jeff, mi importa di Andy, so quanto gli volevate bene”

“E allora cerca di esserci”

“Ce la metterò tutta”

“Passa anche solo a fare un saluto, basta la tua presenza”

“Vedremo...”

“Guarda che non c'è Eddie, puoi venire tranquilla”

“Ahahahah come se me ne fregasse qualcosa se non c'è Eddie... ma perché non c'è? Chris mi ha detto che ha anche cantato in un pezzo e non era affatto male...”

“Deve ancora sistemarsi bene nella sua stanza, non ha neanche disfatto le valigie, ieri l'abbiamo rapito appena è arrivato e siamo tornati a casa stamattina alle 11. Sta ancora dormendo, pensa! E poi non so,” abbassa improvvisamente la voce “credo non si senta ancora parte del gruppo, cioè sì, ma non del tutto”

“Può essere... o magari non c'entra, magari pensa che questa sia una cosa solo vostra, gli sembra di invadere un ricordo personale, un dolore privato” esterno i miei pensieri così come mi vengono, senza filtro.

“Oh... non ci avevo pensato, sai che forse hai ragione?”

“O forse no”

“Ma se prendi le sue difese allora non sei poi così arrabbiata con lui” percepisco chiaramente quel suo solito irresistibile sorrisone attraverso la cornetta.

“Io non prendo le difese di nessuno, stavo solo facendo delle ipotesi”

“Certo, sei un tesoro lo sai?”

“Tu invece no!”

“Però vieni lo stesso stasera, anche se non sono un tesoro, vero?”

“Dai, farò un salto. Ma se mi sale la febbre mi avrete sulla coscienza!”

“Penso di poter convivere con questo rimorso. Ciao bella, a dopo!”

“Ciao Jeff”

Mi impegno e finalmente riesco a mettere insieme un lavoro decente, sono le 9 quando mi appresto a ricopiare tutto a macchina.

“Trascrivo tutto e poi corro dai ragazzi” ripeto tra me e me prima di tirare fuori la mia fidata Royal di seconda mano dall'armadio.

Non sarà moderna come i computer dell'università, ma io la preferisco di gran lunga. La stanchezza accumulata però mi gioca un brutto tiro. Infatti è mezzanotte e mezza quando apro gli occhi e ho un primo piano ravvicinato dei tasti G e H schiacciati dal mio naso. Mi sono addormentata senza accorgermente e sono spacciata. Sono tentata di prendere e andare lo stesso all'Off Ramp, ma poi penso che ormai sarà tutto finito e che la frittata è fatta e ci rinuncio.

Stone non mi parla da quel giorno.

“Domani partiamo e Stone non mi ha ancora perdonata” mi lagno con Meg mentre mi preparo per andare alla tavola calda.

“Dai, lo sai com'è fatto, ci è rimasto malissimo. La sera prima gli tiri il bidone al pub, poi il concerto per Andy, soprattutto il secondo”

“Mi sono addormentata! Non l'ho fatto mica apposta”

“Lui pensa che invece tu l'abbia fatto apposta, per fargli un dispetto. E siccome si tratta di Andy... sai, è un argomento delicato” spiega la mia coinquilina urlando dalla sua camera, intenta a levarsi la divisa natalizia. Ebbene sì, Roxy ha pensato bene di dotarci di un'apposita divisa per il periodo di Natale, periodo che secondo lei inizierà subito dopo il Ringraziamento. Meg è così stronza da non volermela mostrare, vuole che sia una sorpresa. Ho già capito che è orribile. Lei ha appena finito il turno, io invece sono in ritardo. Non sono mai in ritardo, che cazzo mi succede? Forse è il terrore per la divisa nuova.

“Ma non è così, ho provato anche a spiegarglielo! Però lui mi ignora, fa finta che io non esista”

“Ahahah dai, vuole solo fartela pesare un po'”

“Lunedì mattina sono andata al Raison d'Etre dove lavora Jeff e l'ho trovato lì insieme a Mike. E lui continuava 'Mike di' ad Angela che...', 'Jeff chiedi ad Angela se...', senza mai rivolgersi a me direttamente”

“E come la fa pesare lui non la fa pesare nessuno”

“L'altro giorno sono andata a casa sua e ho suonato al campanello, lui ha aperto la porta e ha cominciato a guardarsi attorno dicendo 'Ma chi è? Non vedo nessuno. I soliti ragazzini che fanno scherzi del cazzo!', per poi risbattermela in faccia”

“AHAHAHAHAH è un genio”

“E lo ha rifatto per tre volte! Poi mi sono arresa”

“Dai, vedrai che con questi riconquisterai il suo amore” mi rassicura prendendo in mano il cesto coi dolci che ho preparato, per Stone e i ragazzi.

“Lo spero” commento sospirando.

“E io spero che Eddie riconquisti il tuo” aggiunge rubando un muffin e addentandolo, prima di appoggiare di nuovo il cesto sul tavolo.

“Ladra!” le urlo, lei risponde con una linguaccia “E maleducata. E io che ti invito pure in Idaho, sono un'incosciente!”

“Ormai è tardi, non puoi tornare indietro. E comunque siete miei amici e voglio che facciate pace, ecco”

“Vedremo...”

“Intanto i dolci li hai fatti anche per lui, quindi vuol dire che lo perdoni”

“Semplice cortesia”

“Certo, lo sai che sei un tesoro?”

“Ma la piantate tutti? Una volta mi temevate!”

“Adesso invece abbiamo capito che sei un piccolo concentrato di dolcezza”

“Non ti azzardare a dirlo ai miei, devo conservare quel po' di dignità che mi resta almeno con loro... Scappo, ciao!”

“Ciao pasticcino!”

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“Ma perché cazzo devi fare sempre così Stone? Perché ci odi? E' quello che non capisco, al di là di tutto” la voce di Jeff si affievolisce fino a scomparire, man mano che salgo le scale che dallo scantinato della Potato Head conducono all'uscita. Mi siedo sul marciapiede e mi accendo una sigaretta. I battibecchi tra Jeff e Stone non sono una novità, spesso li trovo anche esilaranti, ma non sempre. Questa è una di quelle volte in cui non fanno ridere. Mi guardo attorno, osservo il traffico, le luci, le vetrine e il via vai di gente a piedi, cerco di farmi ipnotizzare dalla città, per non correre il rischio che la mia mente ora in standby navighi verso altri pensieri, poco piacevoli. La città viene in mio soccorso in maniera del tutto inaspettata, facendo apparire Angela dall'altro lato della strada. Ha un impermeabile scuro, una piccola tracolla colorata e qualcosa di voluminoso in mano, sembra un cesto da picnic. Mi vede subito e ha un evidente attimo di incertezza. Si ferma, guarda l'orologio, si volta verso la vetrina di un negozio di skate fingendo interesse, poi si decide ad attraversare la strada.

“Ciao” mi saluta rivolgendomi un mezzo sorriso. E' effettivamente un cesto da picnic.

“Ciao Angie” rispondo con un sorriso enorme. Vedder Vedder, non credo bastino un paio di fossette per farti perdonare questa volta.

“Posso?” mi chiede il permesso di sedersi di fianco a me.

“Certo!” mi scosto un po' in là e le faccio segno di accomodarsi.

“Pausa sigaretta?” chiede appoggiando il cesto a terra accanto a lei.

“Sì. E anche pausa da Stone e Jeff”

“Sempre ai ferri corti eh?” il sorriso diventa più naturale.

“Già”

“E' una cosa normalissima, dopo un po' ci si fa l'abitudine”

“Lo so, ma non è una delle solite liti...”

“Fammi indovinare: Stone ha fatto delle modifiche all'ultimo a un pezzo” ipotizza Angie, azzeccando in pieno.

“Cavolo, vedo che conosci le dinamiche della band meglio di me”

“Solo perché conosco questa band da prima di te, recupererai in fretta”

“Oh sì, come vedi mi sto mettendo alla pari. Comunque ha fatto varie modifiche, praticamente ogni giorno salta fuori con una versione diversa di quella canzone, sarà la decima volta. E ogni volta dobbiamo cambiare tutto, io devo riscrivere il testo, ecc.. Io non ho problemi, ma Jeff...”

“Jeff s'incazza come una iena” dice completando perfettamente il mio pensiero.

“Esatto”

“E' perché lui la prende sul personale. Per Stone è lavoro, non ce l'ha con lui. E' solo un perfezionista del cazzo, e io lo capisco perfettamente”

Anch'io lo capisco perfettamente.

“Già, se pensa che un pezzo possa suonare meglio di com'è lui non si dà pace finché non riesce a tirarne fuori il massimo”

“E poi dici che non conosci le dinamiche, eh?” mi dice spingendomi via per scherzo.

“Sono solo bravo a prendere appunti”

“Comunque forse ho scelto il momento sbagliato per venire a chiedere scusa a Stone, che dici?”

“Scusa? Perché?” le chiedo confuso. Non ero io quello che doveva chiedere scusa a lei? E perché mai non l'ho ancora fatto? Che cazzo aspetto?

“Non sono andata al concerto dei TOTD, ero a casa a studiare, non stavo bene e mi sono addormentata, e lui se l'è presa”

“Va beh, non mi pare una cosa grave”

“Lo è per Stone, non mi parla più da una settimana” mi rivela con aria triste.

“Beh secondo me questo è il momento ideale. Sta litigando con Jeff, di sicuro ti parlerà per cercare di tirarti dalla sua parte” le dico abbozzando un altro sorriso.

“Eheh può darsi... Resta il fatto che ho tirato troppi bidoni ultimamente” prende il cesto e se lo mette sulle ginocchia.

“Cos'è?” le chiedo incuriosito.

“Sono dolci, fatti da me. La mia umile offerta di pace a Stone. Comunque ce n'è per tutti, anche per te. Non mi ricordavo se sei vegetariano o vegano, o meglio, credo che tu non me l'abbia mai detto espressamente, allora ho fatto un po' e un po'...” spiega aprendo il cestino e mostrandomi il contenuto “Questi sono brownie, c'è il burro, invece queste tortine alla banana sono completamente vegane, niente uova, niente latte, niente burro, ho usato la fecola di patate, il latte di soia e...”

“Mi hai fatto dei dolci?” la fisso allibito.

“Beh sì”

“Io ti tratto di merda e tu mi fai dei dolci?”

“Eheheh sì, non sono normale, dovresti averlo intuito”

“Grazie Angie”

“Aspetta di assaggiarli prima di ringraziarmi” mi dice sollevando leggermente un sopracciglio.

“Saranno buonissimi, lo so già. Quando ho dormito da Chris, ricordi? Ho trovato dei biscotti fatti da te e li ho spazzolati tutti”

“Oh saranno ottimi, non c'è dubbio”

“Quello è poco ma sicuro” confermo.

“Ma potrebbero essere avvelenati” aggiunge prima di cominciare a fischiettare con lo sguardo al cielo.

“Scusami Angie, davvero”

“Tanto dovrai mangiarli lo stesso, anche se mi chiedi scusa”

“Ahahah correrò questo rischio, sono disposto a sacrificarmi per dimostrarti il mio sincero pentimento” giuro solennemente mettendomi la mano sul cuore.

“Wow, allora fai sul serio. Ma sì, dai, ti perdono”

“Grazie” mi avvicino e le bacio la guancia, senza pensarci troppo.

Il mio gesto deve averla spiazzata, perché si volta bruscamente dall'altra parte, poi torna a frugare nel cesto, facendo finta di risistemare i dolci, lo ripone sul marciapiede accanto a sé e torna ad abbracciarsi le ginocchia, sempre senza guardarmi. L'ultima cosa che volevo era metterla in imbarazzo.

“Prego... però che non capiti mai più, se no guai a te!” mi minaccia ridendo e dondolandosi avanti e indietro.

“Se no mi avveleni i muffin?”

“Nah, non ho la stoffa dell'omicida... al massimo te li farcisco col Guttalax”

“Uhm... penso che ti tratterò come una regina d'ora in poi”

“Ahahah un cambio di atteggiamento del tutto spontaneo!”

“Certo, non ho subito pressioni psicologiche di alcun tipo... E dimmi, con Jerry come va?”

Lo sapevo che l'avrei imbarazzata ancora, ma non posso farne a meno.

“Che... che intendi?”

“Lui ti tratta come una regina?”

“Ahahah cosa?” credo sia arrossita, ma non la vedo bene.

“Ah già, lui è il tuo non-ragazzo, quindi ti tratterà come una non-regina” le dico ridendo.

“Di che cavolo stai parlando?” mi chiede guardandomi di nuovo, finalmente, anche se con una smorfia. Sì, ha le guance rosa.

“Vi ho visti” le spiego. Sì beh, sono sempre molto sintetico nelle mie spiegazioni.

“Come? In che senso ci hai visti? Quando?” chiede improvvisamente turbata.

“A Portland, al concerto degli Alice in Chains. Ti ho vista, insieme a lui...” approfondisco la mia spiegazione e, come se le leggessi il pensiero, la batto sul tempo “Non ho detto niente, né a Stone né a nessun altro, tranquilla”

“Davvero?”

“No, figurati. Prima di tutto, non sono affari miei... e poi mi sembrava di aver fatto già abbastanza danni quel giorno”

“Grazie”

“Comunque non mi hai risposto” le dico dandole una leggera spallata.

“Va bene, insomma... va. Non ci vediamo molto, lui è sempre in giro... Dopo Portland ci siamo visti solo un pomeriggio alla tavola calda, se riesce dovrebbe passare stasera per un saluto prima che parta”

“Parti? Dove vai?”

“A casa, in Idaho, per il Ringraziamento”

“Ah già, il Ringraziamento, che stupido!” le feste in famiglia non sono proprio il mio forte. Anzi, la famiglia non è il mio forte, punto.

“Viene anche Meg, sai? Tu che farai, tornerai in California?”

“Eheheh no, sono appena tornato, resterò qui. Suppongo che trascorrerò la cena del Ringraziamento da solo con il mio toast vegetariano”

“Ahahah noooo, tranquillo. Non so come mai, ma qui a Seattle c'è un'altissima concentrazione di gente con famiglie incasinate, specialmente tra i musicisti. Mi riprometto spesso di approfondire il fenomeno con uno studio antropologico serio, ma chi ne ha il tempo?”

Cazzo, allora sono capitato nella città giusta.

“Quindi non sono solo?”

“Per niente! Meg mi ha detto che in genere si trovano tutti da Stone, l'unico con la famiglia sana. Sua madre cucina benissimo!”

“Come te?”

“Ti ho già perdonato Vedder, non ti serve più fare il ruffiano”

“Eheh sgamato”

“Comunque molto meglio di me. E le sorelle di Stone non sono niente male” aggiunge sgomitandomi.

Io non rispondo e mi rabbuio un po', lei se ne accorge subito.

“Scherzavo eh? Cioè, non nel senso che sono brutte, sono davvero carine! Scherzavo nel senso che te lo dicevo così, per scherzo, non con uno scopo... Cioè, non è che ti devono interessare...”

“Frena frena, ho capito, prendi fiato!” le dico mettendole le mani sulle spalle e sorridendole per tranquillizzarla.

“Va bene... ad ogni modo come stai?

“Tutto ok”

“Sicuro?”

“Sicuro. Poi adesso mi hai anche perdonato e sto per gustare dei dolci sopraffini, quindi sto alla grande”

“Ruffiano”

“Stai imparando a conoscere le MIE dinamiche”

“Le tue dinamiche sono prevedibili” commenta alzandosi in piedi.

“Entriamo?” le chiedo imitandola.

“Sì dai, prima o poi dovremo affrontare la fossa dei leoni... e poi mi sto ghiacciando le chiappe”

“Eheheh sì, anch'io”

“E comunque credo di avere la soluzione a questo problema”

“Il problema del sedere congelato?” le chiedo aprendo la porta della galleria per lei.

“Ah ah, no. Della lite da sedare”

“Beh i dolcetti sono una buona soluzione” commento pregustandoli. Già solo il profumo quando ha aperto il cestino mi stava inebriando.

“Ma non sufficientemente d'impatto. Non come questo” si slaccia l'impermeabile mentre scendiamo dalle scale.

“Jeff, non capisco quale sia il problema? Prima il pezzo era così così, adesso è meglio, perché devi... O CAZZO” Stone rimane pietrificato nel vedere Angie. E la sua nuova divisa.

“AHAHAHAHAHAHAH CHE CAZZO E' QUELLA COSA?!” esclama Jeff, mettendosi una mano in fronte e anche Mike e Dave esplodono in risate fragorose.

“E' la nuova uniforme di Roxy, quella natalizia. Vi ho mai detto quanto odio il Natale?” Angie appoggia il cesto e la sua borsetta sul tavolo nell'angolo e si leva del tutto l'impermeabile.

A me in realtà sembra carina. Non riesco a capire se si stratta di una camicetta con una gonna o di un vestito intero, comunque è bianco a pois rossi, con bordature rosse anche sul colletto, sulle maniche, sull'orlo della gonna, sulla cintura, e bottoni rossi sulla camicetta. In vita porta un grembiule verde e rosso con dei babbi natale. Effettivamente la gonna è un po' voluminosa, tipo multi-strato sotto, non so, non ci capisco un cazzo di moda. Il tutto è corredato da un fazzoletto, che riprende la fantasia del grembiule, annodato al collo.

“Ma cosa avete fatto di male a Roxy? Perché vi odia tanto?” le chiede Stone trattenendo a stento le risate. Visto che ti parla di nuovo, Angie?

“E ovviamente ci sarà anche il cappellino rosso da babbo natale col pon pon bianco, però quello non me l'ha ancora dato, purtroppo per voi!”

“Le avete incendiato la casa? Ucciso un parente?” Stone continua piegato in due dalle risate.

“Lo fa per tenere a freno i dipendenti. E non è l'unica, se ci fai caso più è importante il negozio, più è grossa la catena, più fa cagare l'uniforme. E' tutta una manovra per soggiogare la classe operaia. Quale miglior modo se non ridicolizzandola? Non si limitano a ucciderne l'individualità, arrivano ad annientarti perfino l'umore. E allo stesso tempo ne limitano la forza sociale: come potrei chiedere un aumento, lamentarmi per le condizioni lavorative o rivendicare un orario più umano presentandomi davanti al mio capo vestita come un elfo di babbo natale strafatto di funghi allucinogeni? Non risulterei credibile!”

“Cazzo Angie, mi sono perso a 'individualità', ma secondo me non fa una piega” commenta Mike.

“Io ho sempre ragione. Mangiamo?” chiede aprendo il cesto e istantaneamente tutti mollano gli strumenti e si fiondano su di lei.

“Sì! Ci voleva” esclama Jeff.

“Ma non toccate quelli nel pacchetto di carta, quelli sono di Stone”

“Ruffiana,” commenta Gossard “tanto ti avevo già perdonata con l'uniforme”

“Allora mangiateli pure!” ci invita Angie facendo spallucce.

“COL CAZZO!”

“No, non stai dicendo sul serio”

“Ahahahah certo che parlo sul serio, perché?” Jeff chiede mentre ci accomodiamo a un piccolo tavolo da Roxy.

“Ma è già tornata dalle vacanze?”

“Beh, il Ringraziamento è passato ormai, Eddie”

“Che palle” sbuffo sfogliando il menù, senza leggere niente.

“Qual è il problema? Non ti piace?”

“Dire che non mi piace è un eufemismo”

“Beh, ammetto di non averci parlato molto, ma mi sembra carina” osserva Jeff, mentre si guarda attorno in cerca della nostra cameriera di fiducia.

“Ah quello senz’altro, è carina. E stop”

“Dai povera Violet, l’hai vista solo una sera”

“E mi è bastata”

“Ahahahah ma che ti ha fatto?”

“Non mi ha fatto niente, è appiccicosa, è un’oca e se la tira, tutto qui. Mi dispiace perché è un’amica di Laura, ma…”

“Beh dispiace anche a me, ma Laura e l’oca verranno alle prove oggi” Jeff ribatte ridacchiando.

“Merda… posso non venire alle prove oggi?”

“No”

“Ci ho provato” commento alzando le spalle.

“Dai, non voglio fare il Mike della situazione, ma almeno… ehm… potrebbe aiutarti a distrarti un po’”

“Quella non può aiutarmi in nessun modo, fidati. Ok, ho bisogno di una colazione abbondante e tanta caffeina per affrontare questa giornata”

“Se solo l’aiutante di Babbo Natale si muovesse!” Jeff commenta ad alta voce mentre Angie, dopo aver riempito la tazza di un anziano signore dietro di noi, si sta avvicinando al nostro tavolo.

“Toh, guarda chi c’è! Cip e Ciop! Buongiorno, cosa vi porto?”

“Oh sei qui, non ti avevo vista!” le dice Jeff strappandole la caraffa del caffè di mano e fingendo di volermela far bere a canna.

“Jeff piantala,” Angie si riappropria del caffè “aspettate un secondo”

“Ecco, adesso se ne va, ma che razza di servizio è? Voglio parlare con il proprietario!” Jeff la prende in giro sempre ad alta voce.

“Dai, smettila” lo riprendo trattenendo una risata.

“Ehi, da che parte stai tu, eh?”

“Rieccomi, allora cosa ti porto Starsky?” Angie si ripresenta al nostro tavolo, senza caraffa e armata di bloc notes.

“Mmm vediamo… io prendo la torta al cioccolato” risponde Jeff chiudendo il menù davanti a sé.

“Ci vuoi anche la panna e il cioccolato fuso?”

“Ovvio, non c’era neanche bisogno di dirlo”

“E tu Eddie?” mi chiede con il suo solito sorriso. Io la fisso in silenzio e probabilmente sembro un malato di mente, poi dopo alcuni secondi mi sveglio.

“Oh sì, ecco… per me pancakes con salsa di mirtilli”

“Ottima scelta” commenta prendendo nota.

“Il tutto condito da fiumi di caffè, ne abbiamo bisogno. Soprattutto Eddie, lo aspetta una giornata difficile” Jeff aggiunge ridendo sotto i baffi.

“Ah sì, perché? Oh hai trovato lavoro forse?”

“Ehm no, in realtà non ancora. Jeff intendeva…”

“A tal proposito, mi sono permessa di fare una cosa per te”

“Cioè?” le chiedo incuriosito.

“Il mio capo al Westlake sta pensando di trasformarlo in un negozio aperto 24 ore su 24. Solo che non vuole spararsi tutte le notti e a noi ragazze ha già detto che non lo permetterà, perché secondo lui è pericoloso…”

“Beh non ha tutti i torti” le rispondo.

“Già, purtroppo. Che schifo di mondo. Va beh, comunque visto che dovrà assumere un po’ di rinforzi, mi sono ricordata di quello che mi hai detto, sul fatto che lavoravi di notte e ti piaceva, allora mi sono permessa di fargli il tuo nome e dirgli che stai cercando lavoro…”

“Hai fatto benissimo! Grazie”

“Appena hai un po’ tempo puoi passare in negozio e chiedere del boss, digli che sei il mio amico Eddie, lui sa già tutto”

“Sei un tesoro Angie, grazie mille davvero!”

“Ecco, adesso lo trovi anche a me un lavoro?” interviene Jeff.

“Tu ce l’hai già” Angie lo picchia in testa col taccuino delle ordinazioni.

“Ma fa cagare!”

“Il lavoro è lavoro! E almeno tu non devi vestirti da tendone del circo al Raison D’Etre” Angie continua a dargli blocchettate sul coppino.

“Ehi dacci un taglio! Mi piacevi di più l’altroieri, quando eri tenera e affettuosa” Jeff cerca di levarle il blocco dalle mani.

“Io? Quando? Mi confondi con qualcun altro”

“Va beh, visto che non mi trovi un lavoro, mi porti almeno la colazione? Qua si sta facendo notte” Jeff indica insistentemente il suo orologio.

“Va bene, va bene, arrivo subito”

'Potrebbe aiutarti a distarti' dice Jeff. Una come Violet serve solo a farmi ricordare quanto mi manca Beth. Cazzo.

“Tutto ok?” Angie torna al tavolo con le nostre ordinazioni e temo di aver ragionato ad alta voce.

“Sì sì, tutto a posto” rispondo con un sorriso, mentre lei appoggia il piatto invitante davanti a me.

“Dov’è andato il tuo socio? Era così impaziente di mangiare e adesso sparisce?” chiede sistemando anche il piatto di Jeff sul tavolo.

“E’ al bagno”

“Ah ecco”

“Ti siedi un po’ con noi?” le chiedo, sperando di riuscire a cogliere l’occasione di fare due chiacchiere con una ragazza decente, prima di affrontare la palla al piede, tanto per ricordarmi di avere ancora fiducia nell’umanità.

“Eheheh ho iniziato il turno da mezz’ora, non posso fare già una pausa, Eddie” risponde sorridente. Adesso la vedo bene e alla luce del giorno. Mi accorgo che la particolarità non è tanto nel sorriso in sé, che è comunque molto dolce, quanto in quello che accade dopo. Un piccolo movimento, uno scatto, che segue il sorriso, quasi a frenarlo, a spezzarlo. Un tic? Nah, non mi pare. E’ un gesto lento, anche se piccolo, e non lo fa sempre.

“Due minuti, dai…”

“Facciamo così: non posso sedermi, ma posso fare due chiacchiere in piedi finché non arriva nessun altro cliente” propone mentre sistema due tazze sul tavolo e le riempie di caffè.

“Se vuoi mi alzo anch’io, per solidarietà” scherzo.

“Ok, poi per solidarietà ti metti anche il mio vestito?”

“Ahahahah non potrei mai indossare le preziose vesti regali, non ne sono degno”

“Furbo!”

Nel frattempo qualcuno decide di sfruttare il juke box e appena parte il pezzo Angie comincia a tamburellare con le dita sulla sedia di Jeff.

“Come va comunque, tutto ok?” le chiedo.

“Sì sì, tutto bene… Però mangia adesso, se no si raffreddano i pancakes!”

“Eheh ok”

“Eh beata Carol!” sospira a un certo punto.

“Chi?”

“Carol… Oh Carol di Neil Sedaka… questa canzone”

“Ah! Scusa, non la stavo ascoltando” rispondo masticando piano, al di là di tutto mi sembra maleducato mangiarle davanti.

“Ahahah no, scusami tu, sono particolarmente sensibile alle canzoni che hanno nomi di donna nel titolo, per ovvi motivi…”

“Angie Aaangie…” intono il suo nome come nell’omonimo pezzo.

“Già… ogni tanto vorrei non essere un’Angie, mi piacerebbeavere il nome di una che viene venerata dal suo ragazzo pur trattandolo di merda, anziché quello di una poveraccia mollata dal fidanzato” commenta ironica.

“Ma la poveraccia è stata con Jagger, tra Mick e Neil Sedaka direi che non c’è partita” le faccio notare sorseggiando il mio caffè.

“Ti deluderò, ma nonostante nutra una profonda adorazione nei confronti dei Rolling Stones a livello artistico, sono una di quelle immuni al fascino di Mick”

“Esistono donne immuni al fascino di Jagger?”

“Ahahah ebbene sì, eccomi!”

“Sei una specie da tutelare”

“Esatto. Oltre a essere condannata a una vita sentimentale di merda a causa delle scelte dei miei” aggiunge sghignazzando. Mmm che abbia qualche problema col suo Jerry? Meglio non indagare.

“Ma no, i tuoi genitori ti vogliono bene, non l’hanno fatto mica apposta”

“Invece sì! Mi hanno chiamata così per la canzone, era la preferita di mio padre”

“Ma no, non può essere”

“Sì, ti giuro. Non fidarti di quello che dice Meg, sono esseri malvagi” insiste facendo delle smorfie divertenti.

“Non può essere, Angie. Scusa, tu quanti anni hai? Non hai 18 anni?”

“Ehm sì” risponde smettendo di tamburellare sullo schienale della sedia.

“Perciò sei del ‘72”

“Già”

“Angie è del ‘73, quindi non ti hanno chiamata così per la canzone, i tuoi sono innocenti” sentenzio prima di mandare giù una forchettata gigante di pancakes.

“Ah… beh… sì, ecco… eheheh mi hai scoperta!” inizialmente reagisce un po’ imbarazzata, poi però si mette a ridere. Anche troppo sonoramente. Che ho fatto adesso?

“Eh?”

“Beh sì, racconto sempre questa storia dei miei che mi puniscono con la canzone, così, tanto per dire qualcosa… Ti ho mai detto che mi piace inventare storie?” aggiunge infilando le mani nelle tasca del grembiule e dondolando avanti e indietro.

“No, ma lo supponevo, visto che studi…”

“Oh finalmente Jeff, è un’ora che ti ho servito!” il mio bassista torna al tavolo e Angie lo accoglie spingendolo di forza sulla sedia.

“Ehi vacci piano, Campanellino! C’era la fila, non è colpa mia”

“Va beh, arrivano altri clienti, vi devo lasciare. Buon appetito!”

La seguo con lo sguardo mentre fugge e si avvicina al bancone per afferrare due menù e portarli alle due ragazze appena arrivate.

“Huston chiama Eddie, Huston chiama Eddie, Eddie mi senti?” Jeff richiama la mia attenzione prima di bere il suo caffè.

“Eh? Ahah sì, ti sento, che c’è?”

“Che stavi guardando, eh?” mi chiede ammiccando “Cazzo, questo caffè è già freddo!” aggiunge con una smorfia.

“Niente in particolare” rispondo tornando a fissare il contenuto del mio piatto.

“Certo, come no” osserva Jeff sornione.

“Non stavo guardando niente, davvero” ribadisco mentre mi esce fuori una risatina isterica che mi fa sembrare poco credibile.

“Mm mh… se vuoi invitiamo alle prove anche loro”

“Non credo possa ve… loro? Ma chi?” chiedo perplesso.

“Le due tipe al tavolo vicino alla porta, quale ti piace di più? La rossa o la mora con gli occhiali?”

“Ma io veramente…”

“Ma sì, nel dubbio invitiamole tutt’e due, mica devi scegliere subito… anzi, mica devi scegliere” Jeff aggiunge con un sorriso dei suoi, quelli che vanno da un orecchio all’altro.

“Non avevi detto che non facevi il Mike della situazione?” osservo prima di spazzolare ciò che resta dei miei pancakes, mentre con la coda dell’occhio vedo Angie tornare al bancone. Non ne sono sicuro al 100%, ma ho avuto la netta sensazione che camminando dondolasse a tempo di musica.

Angie, posso rapirti? Così ci vieni tu alle prove a salvarmi da quella zecca fastidiosa.

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Appena sento risuonare nel locale le note di Earth Angel non ho bisogno di sollevare la testa dal bancone per capire chi è arrivato.

“Earth angel, Earth angel, the one I adooore” una voce familiare canticchia la canzone e a questo punto non posso fare a meno di alzare la testa, per dirgli di tacere.

“Jerry!”

“Buongiorno angelo mio”

“Shhh!”

“I’m just a foool” si sporge sul bancone per baciarmi.

“Piantala! C’è gente” gli sussurro allontanandomi.

“E allora?”

“C’è Jeff” spiego facendogli un cenno con la testa in direzione del tavolo.

“Merda. Hey!” Jerry si volta e saluta Jeff e Eddie con la mano.

“Ecco, appunto. Non fare l’idiota”

“Che palle però, perché cazzo deve esserci sempre qualcuno tra i piedi quando siamo insieme? Se non è Jeff è Stone, se non è Stone è Layne, se non è Layne è tutta la fottuta scena musicale di Seattle”

“Magari non è destino” ribatto prendendo i piatti che mi passano dalla cucina.

“Cosa?!” mi chiede con gli occhi fuori dalle orbite.

“Ahah sto scherzando Jerry, calmati” lo rassicuro mentre vado a servire un tavolo.

“Scherzi con i miei sentimenti” borbotta Jerry quando torno al bancone.

“Dai, cosa vuoi da mangiare? Dalla faccia direi che hai bisogno di un po’ di calorie e molto caffè”

“Cazzo, sei proprio in vena di parole carine oggi, sono commosso”

“Sono la solita me, Jerry, ormai dovresti conoscermi” replico ridendo.

“Certo che ti conosco, adoro la solita te”

“Allora zitto e scegli cosa mangiare” sentenzio mettendogli un menù davanti al naso.

Jerry lo studia un po’, poi mi chiama con uno schiocco di dita mentre sto sistemando delle posate su un vassoio e mi indica la sua scelta col dito, senza parlare.

“Mmm la crosatata di mele, buona!”

Jerry annuisce sempre in silenzio.

“Arriva subito” gli sorrido e lui mi risponde con un occhiolino, continuando a tacere.

Anche quando gliela servo.

“Buon appetito!” gli dico e lui risponde abbassando la testa come per ringraziarmi.

“Dai Jerry, puoi parlare adesso”

“Sicura?”

“Sì, ma attento a cosa dici”

“Va bene, padrona. Mmm buona” commenta assaggiandola.

“Te lo dicevo io! Comunque, come va? Che fine hai fatto ieri? Ho provato a chiamarti tutto il giorno, ma sei sparito”

“Beh al mattino ero un po’ provato dalla serata al London Bridge, poi avevo da fare con la band” risponde senza alzare lo sguardo dalla crostata.

“Provato eh? Hai bevuto un bel po’ se non ricordo male”

“Eheheh già, lo sai come vanno queste cose. Però non così tanto da rendermi ridicolo”

“E magari quando sono andata via hai fatto anche qualche capatina al party privato che si svolgeva nei bagni, o sbaglio?” chiedo guardandolo di traverso.

“Ma che dici?” Jerry fa cadere la forchettina nel piatto e mi guarda con aria perplessa.

“Vuoi dirmi che non hai preso niente? Non hai pippato?” gli chiedo, abbassando la voce sulla seconda domanda.

“No”

“Jerry…”

“Beh un pochino, lo ammetto. Un paio di strisce con Mike…”

“Lo sapevo” sbuffo, sapendo che se ammette un paio di strisce vuol dire che per quel naso è passato il mondo l’altra sera. Mi stupisco gli stia ancora attaccato alla faccia.

“Ma una cosa minima, ti giuro!”

“Jerry, sei adulto e io non devo certo dirti cosa fare e cosa non fare. Però lo sai che non mi piace quella roba, non mi piaci tu quando la prendi” gli dico stizzita.

“Angie non è niente, è un po’ di coca, mica eroina” cerca di produrre una specie di risata, ma gli si strozza in gola quando gli rivolgo uno sguardo omicida.

“E meno male” rispondo prima di prendere il vassoio e andare a servire un’altra tavolata.

“Scusami Angie, non lo faccio più” mi dice quando torno indietro con dei piatti sporchi.

“Certo”

“Te lo prometto”

“Non promettere cose che sai non manterrai”

“Ok, hai ragione. Allora, prometto di andarci piano, sul serio”

“Mmm speriamo… Ciao ragazzi, buona giornata!” saluto Jeff e Eddie che stanno uscendo.

“Ciao!” Jerry fa altrettanto e appena sono fuori si gira e mi stampa un bacio a tradimento sulle labbra.

“Non aspettavi altro eh?”

“Non ce la facevo più… Il bacio e un’altra fetta di crostata, me la porti?” mi chiede porgendomi il piatto.

“Va bene, arriva”

“Grazie!” mi dice sfregandosi le mani appena gli piazzo davanti la seconda fetta di torta.

“Prego” rispondo senza entusiasmo.

“Sei arabbiata?” mi chiede, con la forchetta sospesa a mezz’aria. Wow, se n’è accorto.

“Sì”

“Scusami Angie, non volevo farti incazzare”

“Ok, ma togliti quello sguardo da cucciolo abbandonato sull’autostrada dalla faccia, tanto non funziona”

“Ma…”

“ANGIE? PUOI VENIRE UN SECONDO?” la voce di Brian che mi chiama dalla cucina impedisce a Jerry di dire qualcosa di patetico per impietosirmi.

“ARRIVO!” rispondo e vado subito a vedere di cosa ha bisogno, chissà perché quando è il suo turno in cucina succedono sempre disastri.

“Angie, siamo rovinati” esclama Brian appena mi vede varcare la soglia della cucina.

Ecco, appunto.

“Ottimo, che cazzo è successo? Cos’è questa puzza di gas?”

“Si sono rotti i fornelli, non funziona più una mazza” mi rivela disperato.

“Come si sono rotti? In che senso?” chiedo mentre mi affretto ad aprire le finestre e già mi immagino di dover evacuare il locale.

“Eh non si accendono più, guarda! Neanche il forno!”

Dò un’occhiata, fingendomi grande esperta, mentre gli altri tre cuochi del giorno fanno capannello attorno a me. Tuttavia non serve essere esperti per capire il problema.

“Il fornello va benissimo, è l’accensione che non va. Vedi? Schiaccio il pulsante, ma non fa la scintilla. Senza scintilla come fa ad accendersi?” commento sollevata, visto che per fortuna non siamo costretti a chiudere o a servire solo insalate.

“E adesso come cazzo facciamo?” chiede Brian sempre disperato. Gli voglio bene, ma ha il senso pratico di un cacciatore di unicorni.

“Brian, non hai capito. Il problema è elettrico, chiameremo un tecnico. Nel frattempo il gas funziona, possiamo cucinare tranquillamente, basta usare un accendino, un accendigas o un fiammifero” gli spiego. Pensavo che l’espressione ‘gente che non ha mai fatto neanche un uovo al tegamino’ fosse un’iperbole. E gli fanno fare il cuoco.

“Ah! Meno male… no aspetta: cazzo, proprio oggi ho scordato l’accendino!”

“Brian, sei un disastro, tieni il mio” tiro fuori dalla tasca del grembiule il mio accendino e glielo porgo.

“Grazie! Eh ma un accendino in quattro…”

Bello lavorare con dei non fumatori.

“Brian, cazzo, io ho da fare di là, non posso stare qui tutta la mattina! Guardati attorno, ci sarà qualcosa in giro qui in cucina, i fiammiferi sono sicura di averli visti una volta” sbotto.

“E dove?”

Ma perché io, perché?

“Se non erro erano là sopra, nell’armadietto sopra la cappa” a questo punto prendo direttamente uno sgabello e mi avvio verso l’armadietto perché mi sto innervosendo. Speriamo li sappiano almeno accendere da soli questi fiammiferi e non mi chiedano di fare anche questo.

Sono le ultime considerazioni che faccio, prima di salire sullo sgabello. Pochi secondi dopo mi ritrovo con la faccia sul pavimento e un dolore atroce al ginocchio.

“Oddio, non mi sembra vero che siamo arrivate!” esclama Meg saltando giù dal pullman che ci ha riportate sane e salve a Seattle, dopo appena UNDICI ore di viaggio.

“Ma come, pensavo ti fossi divertita da me in Idaho... sei senza cuore!” le dico fingendo di mettermi a piangere.

“Mi sono divertita, mi è piaciuto da matti! E' il viaggio che mi ha logorata, eppure l'andata mi è passata più velocemente. Comunque rispiegami perché non abbiamo preso l'aereo” chiede sgranchendosi le gambe mentre aspettiamo il nostro turno per recuperare i bagagli.

“Per risparmiare, che domande!”

“Ok, la prossima volta piuttosto digiuniamo per una settimana, ma prendiamo un cazzo di aereo”

“La prossima volta? Allora vuoi tornarci! Allora non sei senza cuore!” le dico prima di indicare all'autista il mio zaino.

“Comunque avremmo fatto anche prima, se solo non fossimo rimasti tre ore fermi nella fottuta Spokane”

“Spokane è una città bellissima” ribatto mettendomi lo zaino in spalla.

“Certo, peccato che noi fossimo disperse nella nebbia, in una stazione degli autobus ben lontana dal mondo civilizzato e non potessimo andare da nessuna parte senza rischiare di rimanere a piedi” commenta Meg, mentre cerca con lo sguardo le sue borse tra quelle già scaricate dal portabagagli.

“Quello è vero... e non abbiamo neanche incontrato David” aggiungo.

“Ahahahah Angie, te lo ripeto, dubito fortemente che David Lynch bazzichi ancora Spokane o che viaggi in autobus, tantomeno alle 5 del mattino!”

“Beh poteva essere! Perché no? Magari un caso fortuito del destino...”

“Non temere, il destino ha solo rimandato l'incontro più importante della tua vita”

“O della sua”

“Giusto!” Meg esclama, non so se rivolgendosi a me o all'autista che ha finalmente trovato i suoi borsoni.

Ci allontaniamo dalla stazione per cercare un taxi, ma scopriamo di avere un autista personale che ci aspetta: appoggiato al cofano della sua macchina, intento a spegnere una sigaretta sotto la scarpa, c'è Jerry che appena alza lo sguardo ci vede e ci accoglie con un sorriso dei suoi. Lo vedo e accelero il passo, ok, gli corro incontro come una scema.

“Bentornate signorine” esclama quando siamo più vicine, o meglio, quando io gli sono vicina, Meg non so dove sia, mi sono dimenticata di lei, come di tutto il resto e di quello che mi circonda. Non fa in tempo a finire la frase che io mi sono già appesa al suo collo con tutto il mio dolce peso, più quello dello zaino.

“Jerry!” gli urlo con la faccia sprofondata nel suo petto.

“Hey! Anche tu mi sei mancata” risponde ridendo e abbracciandomi, prima di essere zittito dalle mie labbra.

“ODDIO!” dopo alcuni minuti di limone selvaggio finalmente mi torna la memoria: Meg sta emettendo gridolini e pronunciando frasi sconnesse alle mie spalle.

“Cos'è Meg, non hai mai visto due che si baciano?” le chiedo rivolgendo lo sguardo al cielo e staccandomi controvoglia da Jerry.

“Sì, ma non ho mai visto VOI che vi baciate! Cioè, lo so che lo fate, so tutto, ma tecnicamente non vi avevo ancora visti... dio come siete carini!” Meg spiega andando in brodo di giuggiole.

“Sentito? Siamo carini, siamo stati promossi” Jerry si rivolge a me sfilandomi lo zaino e aprendo il portabagagli della sua auto.

“A pieni voti!” aggiunge Meg porgendogli le sue borse, mentre io divento di mille colori.

“Cazzo Meg, siete state via un mese e non me ne sono accorto? Quanta roba hai portato?” chiede soppesando i bagagli di Meg.

“Cafone, guarda che ci metto un attimo a bocciarti... E comunque in Idaho fa freddo, serviva roba pesante: ti comunico che abbiamo trovato la neve!”

“Wow, e ti è piaciuta così tanto che ne hai portata qualche badilata qui a Seattle?”

“Angie, mollalo”

“Allora com'è andata la vacanza?” Jerry cambia marcia per poi far scivolare la sua mano sulle mie ginocchia, io la prendo tra le mie e comincio ad accarezzarla.

“Fantastica! Boise è molto carina come città, abbiamo fatto anche delle escursioni in montagna. Non credevo di essere un tipo da escursioni, invece mi sono divertita un mondo!” Meg risponde dal sedile posteriore.

“Io invece ho scoperto di essere fuori allenamento, è stato divertente ma stancante. Dovrei perdere qualche chilo mi sa...” commento mentre faccio disegni immaginari con le dita sul dorso della mano di Jerry.

“Che cazzo dici? Stai benissimo così!” il proprietario della mano si oppone ai miei propositi.

“Ma non posso avere il fiatone dopo mezz'ora di camminata a 18 anni!” osservo.

“Quello non è il cibo, sono le sigarette!” ribatte Jerry “Sei nervosa e fumi troppo”

“Hai ragione anche tu... ma perdere un paio di chiletti non mi farebbe male”

“Te lo impedirò!”

“E come farai? Mi nutrirai con un imbuto?”

“Uhm grazie per il suggerimento”

“Oddio, come siete carini!!”

“Piantala Meg” la zittiamo in coro.

“E comunque ho avuto anche l'onore di conoscere il signor Ray e la signora Janis Pacifico” aggiunge Meg tornando all'argomento precedente.

“E loro hanno avuto il piacere di conoscere te” commento.

“No, davvero, Jerry, i suoi sono fortissimi! Soprattutto suo padre, è un mito! Ti piacerebbe, sai?”

Meg, ti ammazzo.

Mi volto e la fulmino con lo sguardo.

“Ehm dici?” chiede Jerry.

“Sì! E' un figo, dovresti vedere la sua collezione di chitarre!”

“Chitarre? Tuo padre suona?” il suo viso s'illumina e dà una piccola stretta alla mia mano.

“Sì beh, per hobby, ha abbandonato il sogno di diventare una rockstar da qualche tempo...”

“E quante chitarre ha?”

“Cazzo, ne avrà...”

“Giusto qualcuna, non la definirei una collezione, Meg esagera” mi affretto a bloccarla.

“Ma se ne ha una stan...”

“L'unica degna di nota è una chitarra scassatissima, ma autografata da Eric Clapton”

“Cosa? Figo! Come ha fatto?”

“A un concerto dei Blind Faith, parliamo di millenni fa, lui era lì per lavorare. Ti ho detto che fa il fotografo, no? Non chiedermi come o perché, ma per qualche strana ragione si era portato dietro la chitarra. Quasi sicuramente per farsi figo e rimorchiare qualche fan abbastanza fatta da scambiarlo per qualcuno che contasse qualcosa. Comunque, leggenda narra che, una volta avvistato Clapton, abbia recuperato lo strumento in macchina e l'abbia placcato nei cessi”

“E Mr Slowhand ha dovuto arrendersi al fascino del papà di Angie” interviene Meg.

“Più che altro perché gli ha sbarrato la porta con la chitarra e l'ha praticamente minacciato di non farlo uscire se non gliel'avesse autografata” aggiungo sospirando.

“Ahahahahah oh cazzo! Tuo padre è un mito!”

“Te l'avevo detto!” risponde Meg.

“No, mio padre è un pazzo, è diverso”

“E somiglia un casino a...”

“Ahahah smettila con questa storia Meg, non è vero!”

“Ma se è uguale!”

“C'è solo una vaghissima somiglianza per i baffi...”

“Che cazzo dici?!”

“Di cosa state parlando?” chiede Jerry confuso dal nostro battibecco.

“Niente, niente, Meg ha bisogno di occhiali”

“Scema! E comunque il lavoro di Ray Pacifico a quanto pare consisteva nell'assistere ai concerti più fighi di quegli anni, ho visto foto che voi umani non potete neanche immaginare!”

“Su questo non posso che essere d'accordo. Adesso ahimé fa il fotografo sportivo, è diventato inutile” commento ridendo.

“Ma no, povero!” Meg si affretta a difenderlo.

“Basta, come avrai capito Meg si è innamorata di mio padre, invitandola a casa ho distrutto la mia famiglia e ora mi tocca eliminarla. Mi dai una mano, Jerry?”

“Certo cara, lo sai che farei qualsiasi cosa per te” risponde dandomi un bacio veloce.

“Aaaaaaaw come siete carini!”

“Piantala Meg!”

Arriviamo al nostro condominio e Jerry, da bravo galantuomo, si offre di portare su i bagagli per noi. Ovviamente in ascensore, mica è scemo.

“Adesso che fate, andate a pranzo assieme?” mi chiede Meg mentre saliamo le scale.

“Beh, non lo so...” sul momento non mi ricordavo neanche che fosse ora di pranzo, ora che ci penso ho anche una certa fame.

“Proponiglielo, no?”

“Magari ha da fare...”

“Ma va, se è venuto a prenderci vuol dire che è libero”

“E tu che fai? Resti da sola?”

“Ma che cazzo me ne frega, disfo le valigie e recupero quelle undici ore di sonno perse! Vai tranquilla”

“Come siete lente!” Jerry ci aspetta davanti alla porta del nostro appartamento e ci prende in giro.

“Te l'ho detto che sono fuori forma” rispondo abbracciandolo.

“Scema”

“Come siete...”

“MEG!” le ringhio in faccia.

“Ok ok, la smetto, apro la porta e stop”

“Casa dolce casa” esclamo varcando la soglia dell'appartamento e lasciandomi cadere sul divano, Jerry porta le borse nelle nostre camere e poi mi raggiunge sedendosi accanto a me.

“Ho bisogno di una doccia. E di un letto. Ma la doccia la concedo prima a te, così poi tu e Jerry potete uscire” Meg cinguetta dalla sua stanza.

“Beh, non so, magari hai altri impegni” mi rivolgo a Jerry, che nel frattempo ha preso ad accarezzarmi i capelli.

“No piccola, oggi sono tutto per te! Che vuoi fare? Se sei stanca possiamo stare qui, se no dimmi tu”

“Ah! Bene... ehm, beh potremmo andare a mangiare un boccone e poi tornare qui. O magari da te”

“Aggiudicato.” risponde, per poi avvicinarsi per sussurrare qualcosa al mio orecchio “E Layne non c'è, quindi abbiamo casa libera”

“Ok! Allora vado a farmi una doccia, torno subito eh, aspettami” scatto in piedi come una molla e corro in bagno.

“Dove vuoi che vada?”

Esco dalla doccia e mi infilo in camera in accappatoio, solo per trovarci Meg che rovista tra le mie cose.

“Che diavolo fai?” le chiedo.

“Sto scegliendo cosa devi metterti” risponde candidamente.

“Come sarebbe a dire? E che diavolo ci fanno quelli ancora qui?!” chiedo indicando i famigerati jeans delle medie che avevo riportato a casa con l'intento di lasciarli lì.

“Li ho recuperati dal tuo armadio e li ho messi nella mia borsa, non potevo permettere che ti privassi degli unici pantaloni che possiedi che ti stanno decentemente”

“Tu sei fuori” commento scuotendo la testa.

“Allora, ti metti questi jeans con gli stivali, e sopra questa bella maglietta smanicata dei Ramones che non ti ho mai visto addosso”

“Se non me l'hai mai vista c'è un motivo, è piccola e leggera”

“Dai, su, non fare storie”

“Ma fa freddo, ci saranno due gradi!”

“Uff, ti concedo di metterci sopra un maglione”

“Grazie Meg, troppo buona!”

“Dai, prova e basta, poi se non ti piace ti cambi, ok?”

“Ok” rispondo, sapendo che sta mentendo.

Infatti, nonostante le mie proteste, mi obbliga a restare vestita così. Fortunatamente riesco ad occultare qualcosa con un mega pullover viola.

“E adesso il trucco!” Meg esclama con un ghigno satanico.

“No Meg dai, è pomeriggio, non mi serve un trucco speciale. La matita degli occhi e il burrocacao andranno più che bene”

“Uhm ok, non voglio insistere” si arrende facendo spallucce.

Dopo aver completato la tristissima preparazione, raggiungo Jerry in soggiorno.

“Pronta! Possiamo andare”

“Andiamo!”

“State fuori anche stasera o tornate? Così nel caso sento i ragazzi, magari organizziamo qualcosa” chiede Meg prendendo il nostro posto sul divano.

“Beh i Mookie's stasera li trovi al London Bridge, so che registrano il demo” spiega Jerry.

“Ah già! Beh allora andiamo lì... ehm... cioè, io vado lì, poi voi vedete cosa fare” aggiunge Meg balbettando.

“Stasera torno qui e poi ci andiamo tutti insieme, ok?” Jerry illustra il programma della giornata, che soddisfa entrambe.

“Sì, però tu fingi di arrivare più tardi Jerry, altrimenti il segugio Stone fiuterà qualcosa” scherza Meg.

“Che palle” Jerry sbuffa.

“Ah tra l'altro sappi che i genitori di Angie ormai sono convinti che Stone sia il suo ragazzo” Meg sghignazza, ma non credo ci sia un cazzo da ridere, soprattutto vedendo la faccia di Jerry in questo momento.

“Perché?” chiede lui a denti stretti.

“Ma no! E' che ho chiamato Stone un paio di volte per sapere come andava col gruppo e...” comincio a spiegare, ma Meg mi interrompe.

“E poi doveva chiamare te, siccome sentiva tanto la tua mancanza! Allora ogni volta che ti chiamava, per non far trapelare niente, diceva ai suoi che telefonava a Stone. E siccome praticamente chiamava tutti i giorni questo fantomatico Stone, i suoi hanno cominciato a sospettare che ci fosse qualcosa sotto”

“Ah. E tu non hai smentito?” mi chiede Jerry nero di rabbia.

“Certo che ho smentito! Ma mio padre ha continuato a fare battute, comunque scherzava, e poi tanto non è vero, quindi...”

“Va beh, andiamo. Passiamo a prenderti alle 8, ok?” Jerry mi prende per mano e si rivolge a Meg, ancora incazzato.

“Ok! Comunque non prendertela Jerry, il padre di Angie ci ha anticipato che probabilmente si troverà presto a Seattle per lavoro, così potrai presentarti ufficialmente”

Meg, sei morta.

“Per me va bene! Ciao Meg” dice Jerry e io credo di aver capito male.

“Ciao ragazzi!”

Usciamo e quando la porta si chiude dietro di noi sento distintamente altri gridolini di Meg.

Oppure sono io che gioisco internamente come un'idiota.

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“Ma com'è che questa ragazza riesce a rendere sublime anche un panino?” me lo chiedo mentre divoro l'ultimo boccone e mi affretto a “sparecchiare” la nostra tavola improvvisata, per poi piazzarmi sul divano, aspettando che Angie mi raggiunga. La tv è accesa, ma non la sto neanche guardando, perché sono girato verso di lei, intento ad apprezzare il suo culo mentre si china a raccogliere le briciole da terra con scopa e paletta. Bei pantaloni! Dovrebbe metterli più spesso. Appena si siede con me sul divano si incolla alle mie labbra e comincia a stringermi e accarezzarmi. Oggi la vedo proprio scatenata, magari è stata la lontananza. Non dico che sia una ragazza fredda, so bene che non lo è, ma in genere non è così lanciata da subito e raramente prende l'iniziativa. Ho scoperto che non mi dispiace affatto quando prende l'iniziativa.

“Come siamo affettuose oggi” le dico sorridendole mentre riprendiamo fiato.

“Oh... scusa...” risponde abbozzando un sorriso imbarazzato e abbassando la testa.

“Ma che scusa? Non mi sto mica lamentando” le dico stringendola più forte.

“Eheh è che... no niente”

“Cosa?”

“Niente”

“No, adesso me lo dici. Se no...” accenno un po' di solletico e lei comincia a dimenarsi.

“Ahahah no Jerry! Ti prego!”

“Allora parla” le dico dandole tregua.

“E' che... niente, mi sei mancato” ammette senza guardarmi in faccia.

“Anche tu mi sei mancata, piccola” le sorrido sollevandole il viso finché non riallaccio il suo sguardo col mio.

“Insomma, stiamo spesso senza vederci, però non so... stavolta è stato diverso, non ti so spiegare perché...”

“Secondo me è colpa di Stone, una volta che te l'hanno appioppato come presunto fidanzato hai sentito la mia mancanza più che mai” aggiungo sarcastico. Non so come mi sia venuto in mente di nominare quel rompicoglioni in un momento così romantico, forse perché questa cosa non mi è andata troppo giù.

“Ah ah, piantala Jerry” risponde prima di baciarmi il collo.

“E' inutile, tanto non funziona, sono offeso”

“Sicuro?” oltre alle labbra comincio a sentire anche la sua lingua, poi i suoi denti.

“Mmm sicuro”

“Sei ancora arrabbiato adesso?” chiede dopo essere passata a torturare il mio orecchio, mentre le sue mani si avventurano sotto la mia maglietta.

“Uhm... ancora un po', sì”

“E adesso?” Angie mi leva la maglietta e inizia a baciarmi il petto.

“Avverto distintamente ancora una certa rabbia”

“Quanta?” Angie scende e comincia a mordicchiarmi la pancia e i fianchi.

Non sarà mica uno dei miei soliti sogni del cazzo?

“Non tantissima, ma c'è” chiudo gli occhi e aspetto la sua prossima mossa.

“Allora... OH MIO DIO, ADORO QUESTO FILM!” Angie si stacca da me, non sento più né le sue mani né la sua bocca, apro gli occhi e la vedo in cerca del telecomando. Appena lo trova alza il volume e si risistema accanto a me.

No, decisamente non è uno dei miei sogni.

“Che film è?” le chiedo riaccogliendola tra le mie braccia.

“L'insostenibile leggerezza dell'essere, l'hai mai visto?”

“Mmm non credo”

“Ho anche il libro, se vuoi te lo passo”

“Ma se ora vedo il film so già come va a finire la storia, che gusto c'è a leggere il libro?”

“Eheheh c'è gusto, fidati”

Il film in sé non è neanche male. Se solo non scopassero così tanto. Era iniziato da due minuti e il medico protagonista si stava già sbattendo un'infermiera nello spogliatoio. E io sono ancora eccitato da prima. Ma quanto scopa questo? Beato lui.

Sono seduto sul divano, con la schiena sul bracciolo ed Angie è seduta davanti a me e mi dà le spalle, appoggiata sul mio petto mentre io l'abbraccio da dietro. Spero non senta cosa sta accadendo nei miei pantaloni. O forse spero che lo senta.

Ad ogni modo la storia è ambientata in Cecoslovacchia ed è molto semplice all'apparenza. C'è questo tipo, il medico, che è un bell'uomo, ha una splendida carriera e un sacco di figa. A un certo punto si innamora di una, una cameriera un po' ingenua che però poi diventa una fotografa di successo, e lei lo ricambia. Vanno a vivere insieme, ma lui continua a trombare a destra e a manca. Beato lui. Lei lo scopre, capisce che è solo divertimento, mentre il loro è amore, ma capisce anche che lui non può farne a meno e un po' le rode. Però fa finta di niente perché lo ama. Per farla breve si lasciano e si riprendono un po' di volte, e devono pure fare i conti con la rivoluzione di Praga, la repressione e varie beghe politiche. Alla fine si isolano in un posto in campagna, dove vivono felici. Ma poi finisce malissimo.

“Allora ti è piaciuto?” mi chiede voltandosi un pochino verso di me.

“Sì... beh insomma, la fine fa un po' cagare”

“Ahahahah ma se il finale è la chiave di tutto!”

“Ah sì?”

“Sì, è la chiave del titolo stesso! La leggerezza delle nostre esistenze è in realtà un peso insostenibile. Qualsiasi cosa, qualsiasi nostra decisione, anche la più piccola, la più leggera, può avere un impatto pesantissimo sulla nostra esistenza” cerca di spiegarmi.

“Io ho capito solo che appena 'sto tizio smette di scopare in giro, muore”

“Ahahahahahah beh, è un punto di vista alternativo sulla vicenda”

“Scusa, facci caso. Finché scopava e faceva il suo lavoro tranquillo gli andava tutto bene, poi da quando si innamora e inizia a opporsi al regime iniziano le sfighe. Per non parlare di quell'altro, il professore! Finché fa il falso con la moglie e resta con lei va tutto bene, appena la lascia per mettersi con la donna che ama, questa lo molla e finisce male pure lui. Insomma, il messaggio non mi sembra positivo. E' come dire 'finché vivi solo per te stesso, badi alle apparenze e ti fai i cazzi tuoi vivi sereno'” osservo.

“Ma il messaggio non è quello! Il messaggio è 'vivi la tua vita come vuoi, perché non puoi fare altrimenti, sappi che ogni piccola cosa che fai potrà cambiarla per sempre, la tua e quella degli altri, ma fregatene'. Alla fine l'esistenza e le scelte che la costellano sono del tutto irrilevanti, perché leggere, evanescenti”

“Eh?”

“Sì, insomma, non c'è un senso, un significato. Per esempio, gli uomini s'inventano le religioni per dare un senso all'esistenza e renderla più carica di senso, quindi per assurdo più leggera da portare. Invece sapere che non c'è un senso, un significato, che è tutto effimero, la rende più vuota, e quindi incredibilmente più pesante. Il senso è vivi e basta”

“Una specie di carpe diem?” chiedo recuperando nei meandri della mia mente l'unica cosa che so in latino.

“Una specie”

“Però a questi tizi che l'hanno fatto non è andata troppo bene”

“E allora? Hanno vissuto”

“Giusto. Però...” non faccio in tempo a completare il pensiero che Angie e già sopra di me e mi ha infilato la lingua in gola.

L'atmosfera si surriscalda molto velocemente. Eheh la mia piccola ha voglia di giocare. Che abbia sentito cosa stava succedendo al mio amico ai piani inferiori? Avrà deciso di porvi rimedio come solo lei sa fare... Magari anche lei era turbata dalle scene hot. Questo sta per diventare il mio film preferito. Le mie ipotesi vengono confermate quando la sento armeggiare con la mia cintura. Domani esco e vado ad affirtarmi la videocassetta, giuro. Appena accenno a volerle sfilare il maglione, lei se lo toglie e lo fa volare da qualche parte nel salotto, dopodiché si riabbassa su di me, continuando a stordirmi coi suoi baci famelici e col suo corpo che si struscia insistentemente sul mio. Non vorrei sbagliarmi, ma ho l'impressione che Angie non voglia soltanto giocare un po'. La compro la cassetta, cazzo. Quando si stacca da me una seconda volta ha il fiato corto, le prendo il viso tra le mani, spostandole prima i capelli dalla faccia, e la guardo fisso negli occhi. Sento che il suo sguardo di questi istanti non lo dimenticherò tanto facilmente. E' puro fuoco, che mi parla e mi sta chiedendo di...

“Jerry”

“Sì”

“Ho voglia di fare l'amore con te”

Non dico niente, con gli occhi sempre fissi sui suoi mi alzo prendendola di peso e me la porto in camera, chiudendo la porta con un calcio.

“Ops!” esclama Angie ridendo, saldamente sopra di me sul mio letto, mentre la mia presa è altrettanto salda sulle sue chiappe.

“Che c'è?” le chiedo tra un bacio e l'altro.

“Il reggiseno... mi si è sganciato da solo”

“Da solo? Tu credi si sia slacciato da solo? Ingenua”

“Ahahahahah sei stato tu?”

“Certo, con la forza della mente”

“Slacci i reggiseni col pensiero? Sei un mago”

“Anni e anni di allenamento per affinare questa tecnica, sai?”

“Adesso però ti alleni solo con me, vero?” mi chiede mordendomi su una spalla.

“Certo piccola, ci sei solo tu” rispondo infilando le mani sotto la sua maglietta per liberarla da quell'indumento inutile.

In realtà mentre era in Idaho ho fatto una capatina allo strip club a trovare la mia amica, ma quello non conta.

“Giura” insiste mentre lancia via la maglietta, che finisce sulla lampada.

“Lo giuro, sei l'unica e io sono solo tuo”

Beh tecnicamente è vero, le altre sono solo uno svago, lei è diversa. Insomma sono praticamente fedele, quasi. Ad ogni modo Angie lo crede, perché s'impossessa di nuovo delle mie labbra, mentre torna a trafficare coi miei pantaloni. Io la scosto da me un secondo e provvedo a togliermi tutto quello che mi rimane addosso, via pantaloni e mutande in una volta sola, per non perdere tempo, mentre osservo una spallina del reggiseno calarle lentamente sulla spalla. Ma perché non se l'è ancora tolto? Non faccio in tempo a denudarmi completamente che lei mi è di nuovo sopra, a questo punto sono io che scendo a occuparmi dei bottoni dei suoi jeans. Il brutto dei pantaloni stretti è che non si levano subito, se si fosse messa quella sua solita salopette del cazzo a quest'ora sarebbe già nuda, ironia della sorte. Col suo aiuto riesco a far sparire anche quelli, scoprendo un paio di mutandine verdi, molto semplici, mentre il reggiseno resiste ancora, in equilibrio precario. Maledetto! Lei torna a strusciarsi su di me come un serpente e io prendo in mano la situazione e le sfilo il reggiseno dalle braccia.

“Tirati un po' su” le sussurro in un orecchio, prima di morderne il lobo.

“Oh scusa, ti schiaccio?” mi chiede sollevando parzialmente il suo peso sulle ginocchia.

“Eheheh no, scema. Voglio vederti” chiarisco baciandole una tempia.

“Perché non mi vedi?” risponde lei candidamente.

“Non come vorrei, voglio vederti bene...”

“Ma... ehm mi hai già vista...” risponde, mentre la sua presa su di me cede e smette di baciarmi.

“Mai tutta intera” insisto, cercando di spingerla un po' in là.

“Non c'è granché da vedere...” ribatte appoggiando la testa sul mio petto.

“Angie, alzati su, non fare la bambina. Dai...”

Per un attimo ho il terrore di averla fatta incazzare, perché non si muove e non parla, ma poi finalmente si alza sulle ginocchia, restando a cavalcioni su di me.

“Così va bene?” mi chiede con un sorriso imbarazzato.

“Non coprirti” le dico, mentre provvedo a spostare le sue braccia, tatticamente sistemate a coprire il seno e la pancia.

“Ma...”

“Angie... Dio...” quando la vedo ho bisogno di alcuni secondi per assorbire totalmente l'impatto di quell'immagine. La sua pelle candida, i capelli neri che le scendono sui seni pesanti fin quasi a raggiungere il pancino appena accennato e i fianchi rotondi.

“Che c'è?”

“Pensavo fossi bella... ma non così tanto. Angie, sei stupenda”

“Smettila” replica solleticandomi la pancia.

“Angie davvero, sei la ragazza, anzi, la donna più bella che io abbia mai visto” le confesso, e sono sincero.

“Ti piace farlo a occhi chiusi, eh?” scherza, ma io non ho voglia di scherzare. Allungo le mani e la tiro nuovamente a me. Sto infilando le dita sotto l'elastico delle sue mutandine quando...

“JERRY? SEI QUI? INDOVINA CHI HO... OH CAZZO!”

Layne.

Il tutto accade molto velocemente, in pratica non me ne rendo nemmeno conto. Nel giro di alcuni secondi mi guardo attorno e vedo Layne che esce dalla porta della mia stanza con una mano sugli occhi gridando “Scusate! Scusate! Non ho visto niente, giuro!”, accanto a me una massa informe ha trovato rifugio sotto le coperte e cerca di muoversi il meno possibile, bestemmiando varie divinità sotto voce.

“Layne, chiudi la porta almeno” è l'unica cosa che riesco a dire.

“Ah sì scusate! Adesso chiudo, comunque non ho visto niente!” Layne torna indietro sempre con la mano sugli occhi e sbatte la porta con una certa violenza.

“Cazzo, cazzo, cazzo!” Angie esclama dalla sua tana.

“Dai, non ha neanche visto” cerco di consolarla.

“Stronzate, ha visto tutto” risponde senza uscire da sotto le lenzuola.

“Ma no, non è detto, avrà visto di sfuggita”

“Beh comunque ci ha visti insieme e avrà capito cosa stavamo facendo” aggiunge mentre la sua testa fa capolino dalle coperte, ma vedo solo una massa di capelli.

“Eh quello credo proprio l'abbia capito Angie, era abbastanza evidente... penso sia inutile provare a convincerlo che stavamo facendo ginnastica”

“Jerry, non scherzare!” si siede sul letto tenendo strette le coperte su di sé e finalmente mostra di nuovo il suo viso. Bordeaux.

“E che dovrei fare? Mettermi a piangere? Non è successo niente, Layne è un tipo discreto, ci possiamo fidare”

“Ok... però mi ha vista nuda!”

“Ma non è detto”

“NON HO VISTO NIENTE ANGIE, TE LO GIURO!” urla colui che mi ha rovinato la festa da dietro la porta.

“OK, MA NON ORIGLIARE!” ribatto io dal mio letto, di colpo freddo “E tu che fai?” chiedo ad Angie, mentre la vedo alzarsi e sgambettare per la stanza coprendosi come prima.

“Recupero i miei vestiti” risponde mentre si rimette il reggiseno.

“E perché? Dai, vieni qua” la invito facendo pat-pat sul letto accanto a me.

“Cosa? Sei pazzo?” mi dice scandalizzata infilandosi la maglietta.

“Perché no? Adesso è sicuro che non entra più” le dico ridendo.

“Non sei divertente” commenta rimettendosi i pantaloni.

“Dai...”

“Secondo te io adesso torno a letto come se niente fosse? Non capisci che mi vergogno come una ladra? Non riuscirò mai più a guardarlo in faccia!”

“Ahahah dai Angie, non esagerare, anche se fosse, non sei la prima donna svestita che vede, te lo assicuro”

“Grazie Jerry, sei di grande conforto” risponde amareggiata, mentre cerca i suoi stivali sotto il letto.

“Mi stai dicendo che posso rivestirmi?” le chiedo con occhi da cucciolo disperato in un ultimo tentativo di salvare la mia libido.

“Esattamente” risponde mentre si siede sul letto, intenta a infilarsi uno stivale.

“Scusa ancora Angie! E comunque tranquilla, non ho visto niente! Avevi i capelli davanti, eri copertissima” Layne lo ripete per l'ennesima volta, mentre Angie esce dal mio appartamento quasi correndo, decisa a tornare a casa in autobus perché 'ora che ci penso devo fare la spesa prima di stasera, a casa non c'è niente'.

Layne chiude la porta e si volta lentamente, guardandomi con aria colpevole.

“Ovviamente l'hai vista bene” gli dico incrociando le braccia.

“Certo, ho visto tutto, cazzo! Però anche tu, me lo potevi dire...” risponde lasciandosi cadere sul divano.

“E che ne sapevo che saremmo capitati qui? E soprattutto che sarebbe successo quello che è successo...”

“Non lo sapevi? In che senso... Merda, vuoi dire che... non avete ancora...?”

“Già, non ancora. Beh lo stavamo per fare, ma poi è arrivato qualcuno che non sa bussare” replico sarcastico mentre mi siedo dall'altro lato del divano.

“Cazzo Jerry, scusa! Non immaginavo!”

“Non potevi saperlo, non è colpa tua, dovevo chiudere a chiave”

“Ma allora è una cosa seria...” dice voltandosi verso di me di scatto “Insomma, se hai aspettato fino ad ora, vuol dire che ci tieni”

“Uhm... sì, direi di sì” rispondo dopo aver ponderato per alcuni istanti.

“Non fare cazzate” mi dice avvicinandosi a me.

“Eh?”

“Non rovinare tutto come tuo solito, Angie è una ragazza speciale”

“Lo so, lo so”

“No, tu dici che lo sai, ma poi combini stronzate. Ti rendi conto della fortuna che hai per le mani?”

“Prima ce l'avevo per le mani, la tenevo bella stretta, ma poi sei arrivato tu” rispondo ridacchiando.

“Sto parlando seriamente, non fare stronzate, promettilo” Layne si fa serissimo e mi mette le mani sulle spalle, scuotendomi come un cocktail.

“Eheheheh lo prometto Layne, ma adesso smettila”

“Ok” Layne molla la presa e si volta verso la tv, dove stanno dando l'ennesima puntata dei Robinson.

“Lo so che è speciale. Ed è bellissima” aggiungo.

“Sì, ho notato” Layne risponde e gli torna il sorriso. Anzi, sghignazza, prima di beccarsi una cuscinata in faccia.

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“Ah ecco dove sono i nostri eroi! Si divertono, altro che demo!” riconosco la voce di Meg, mi fermo e mi giro con la palla in mano e la vedo uscire dagli studi seguita da Angie. Quest'ultima ha un cappellino viola di lana in testa, dello stesso colore del maglioncino che vedo sbucare dalla sua giacca di pelle corta. Non so perché questo particolare attiri la mia attenzione, ma mi distrae talmente tanto che Jeff mi ruba palla e va a canestro come se niente fosse.

“Non vale Jeff, mi ero distratto!” commento allargando le braccia.

“Invece vale, se non sei concentrato non è colpa nostra!” gongola Mike, per poi dare il cinque al nostro bassista.

“Oh finalmente!” Stone si alza dal gradino su cui si era sistemato da mezz'ora e va a salutarle.

“Ciao Stone, come hai fatto a reggere una partita di questi tizi senza di noi?” gli chiede Meg abbracciandolo.

“Ovvio, bevendo” risponde mostrando loro la sua lattina di birra.

“Hey Stone” Angie gli riserva un secondo abbraccio e mi accorgo che tutti si sono avvicinati alle due ragazze, mentre io sono rimasto in mezzo al campetto da solo come un coglione. Scuoto la testa e li raggiungo al volo.

“Ciao Eddie” Angie mi saluta con una pacca sulla spalla.

“Bentornata mia regina” le rivolgo un inchino e tutti mi guardano perplessi.

“Che vuol dire?” mi chiede Jeff ridendo.

“E' una lunga storia, vero Angie?” le chiedo ammiccando.

“Ahahah sì, e voi non potete conoscerla” risponde reggendomi il gioco.

“Va beh, è andato bene il viaggio?” Stone fa spallucce e s'informa.

“Insomma, il ritorno è stato un po' traumatico, sembrava non finire mai... e neanche l'ombra di David Lynch!” risponde Meg.

“Che vuol dire?” chiede ancora Jeff.

“Niente, è una storia lunga, vero Angie?” replica Meg riprendendo la mia battuta precedente.

“Ma insomma la finiamo con questi segreti?! Una volta ero il vostro fratellone preferito, adesso non so più un cazzo” Jeff sbuffa.

“Lo sei ancora!” Meg gli salta al collo mentre Angie lo abbraccia da dietro. Non vorrei sbagliare, ma mi pare di aver intravisto uno sguardo non proprio amichevole da parte di Mike.

“Cavolo, Angie, si vede che sei stata in famiglia, sei più affettuosa” Jeff dice scherzando, ma a queste parole Angie si stacca di colpo da lui.

“La famiglia Pacifico è il top ragazzi, i suoi genitori sono splendidi!” Meg decanta le lodi dei genitori di Angie “Così splendidi che vi mandano questo”

Meg estrae dalla borsa una bottiglia senza etichetta.

“Cos'è?” chiede Mike.

“Assaggia” lo sfida Meg.

Mike fa un sorso, per poi staccarsi dalla bottiglia ed espirare profondamente, con un'espressione schifata in volto.

“Dio Meg, che cazzo è? Alcol etilico?” le chiede restituendole la bottiglia.

“No, è la grappa fatta in casa dal signor Ray, è una bomba” spiega Meg.

“Nel vero senso della parola,” commento dopo aver assaggiato anch'io il liquore “è ottima!”

“Eheheh riferirò le vostre osservazioni a mio padre” commenta Angie recuperando la bottiglia, una volta completato il giro tra tutti noi.

“Ok, ora che siamo carichi possiamo riprendere la partita!” Jeff richiama la nostra attenzione battendo le mani.

Ci riavviamo verso il campo, mentre Angie e Meg si siedono sul gradino di Stone assieme a lui.

“Voi non giocate?” gli chiedo allargando le braccia.

“Chi? Noi? Nah? Noi guardiamo e basta, facciamo il tifo” risponde Meg bevendo ancora dalla bottiglia incriminata.

“Non so giocare, mi spiace” dice Angie.

“Noi siamo le cheerleader!” aggiunge Meg alzando maldestramente una gamba.

“Anche tu, Stone?” chiede Jeff ridendo.

“Sì, anch'io, però una versione più virile della cheerleader, più macho!” risponde facendo i muscoli “Datemi una M, datemi una O...” e comincia a fare lo spelling del nostro nome facendo il vocione.

“Ok ok, abbiamo capito, adesso basta per carità” s'inserisce Mike ridendo.

Io e Dave recuperiamo presto terreno su Jeff e Mike e nelle pause butto l'occhio su Angie. La vedo sorridere chiacchierando con Stone e Meg, probabilmente gli starà raccontando ancora della vacanza. Vorrei saperne di più anch'io, ma non voglio essere indiscreto. E poi adesso voglio giocare.

“Allora, queste cheerleader? Non vi vedo molto attive!” Jeff ammonisce la tifoseria.

“Vai Jeff” urla Meg con poco entusiasmo, alzando al cielo la bottiglia.

“Wow, bravissima! Adesso sì che sono carico” commenta Jeff ironico.

“Solo a noi potevano toccare le cheerleader alcolizzate” aggiunge Mike.

“Cerca di centrare il canestro ogni tanto, se no diventi anche tu una cheerleader ad honorem” Jeff lo sfotte tirandogli il pallone. Ed Angie ci guarda e sorride. Cazzo, quel sorriso non l'ho ancora capito. E' strano, ha qualcosa di particolare. Ma non sono ancora riuscito a decifrarlo, quando siamo vicini non riesco mai a guardarla abbastanza a lungo per capirci qualcosa. Non so perché, ma mi dà sui nervi!

Alla fine vinciamo e Jeff, incazzato, decide che non si gioca più e possiamo tornare tutti in studio, per festeggiare alcolicamente la fine della registrazione del demo. Entro assieme agli altri, mi prendo una birra e mi guardo attorno, in cerca di una persona in particolare, che però non vedo più.

“Dov'è Angie?” chiedo a Meg dopo averla cercata con lo sguardo per un po'.

“E' rimasta fuori, a finire la sigaretta, adesso arriva” risponde.

“Da sola?” le chiedo e lei mi fa sì con la testa.

Recupero la mia giacca ed esco di nuovo. La scena che mi trovo di fronte è l'ultima di quelle a cui pensavo di assistere.

Angie è davanti al canestro e fa dei tiri liberi. Facendo centro ogni volta. Poi recupera il pallone e comincia a palleggiare in giro, facendo delle finte, finché non si avvicina al canestro eseguendo un terzo tempo perfetto, per poi tirare e segnare per l'ennesima volta.

“Hey!” richiamo la sua attenzione e lei si blocca di colpo con la palla in mano.

“Hey”

“Sei una bugiarda!”

“Ehm perché?” chiede lasciando “cadere la palla, che rotola fino ai miei piedi.

“Avevi detto che non sapevi giocare” commento prendendo il pallone.

“Infatti è vero” insiste nella sua menzogna.

“Non è vero, ti ho vista” le dico avvicinandomi a lei palleggiando.

“Fare un paio di canestri non significa saper giocare a basket”

“Non è per i canestri, ti muovi bene, si vede che sai giocare” le giro attorno continuando a palleggiare.

“Sei un esperto?” mi chiede mettendosi sulla difensiva a braccia conserte.

“Sì, e anche tu, ammettilo!” ormai l'ho accerchiata, non solo fisicamente.

“Non sono esperta...” comincia e io mi fermo e la guardo malissimo “Ok, so giocare. Un po'. Ma non sono esperta. E comunque non gioco da secoli”

“Lo dicevo io!” sorrido e ricomincio a palleggiare, standole di fronte.

“I miei mi hanno fatto fare mini-basket da piccola, sai, quando ancora non si sapeva che sarei rimasta tappa per sempre” spiega sorridendo, e io palleggio continuando a osservare la sua bocca per carpirne il segreto.

“L'altezza non conta, guarda me” ribatto indicandomi.

“Sei comunque più alto di me”

“Beh, scusami, ma per quello non ci vuole molto” le dico ridendo.

“Hey! Non dovevi trattarmi come una regina?” chiede col broncio, ma trattenendo a fatica una risata.

“Hai ragione.” le lancio la palla e lei la prende al volo “Sarò gentile, cercherò di non stracciarti”

“Che?” mi chiede perplessa.

“Facciamo una partita, dai”

“Non ci penso neanche, sei troppo bravo”

“Sì, certo, sono una stella dell'NBA”

“Oppure mi faresti vincere”

“Io? Mai! Hai di fronte una delle persone più competitive del mondo” le confesso.

“Davvero? Tu invece hai di fronte la persona meno competitiva e più cagasotto del mondo” replica sorridendo e rilanciandomi la palla. Che cazzo hai in quel sorriso, si può sapere?

“Allora è per questo che hai smesso di giocare, non c'entra l'altezza, non avevi voglia di vincere e basta”

“Tanto non vinco comunque”

“Dimostramelo” le ripasso la palla e mi metto in posizione di difesa.

“Vuoi giocare davvero?” mi chiede poco convinta.

“Sì, muoviti,” rispondo “se no mi muovo io” le rubo la palla e faccio il giro, per poi andare a canestro.

“Non vale! Ero distratta!” mi urla imbronciata.

“Invece vale, se non sei concentrata non è colpa mia!” rispondo e mi sistemo in attacco.

Lei accetta la sfida.

Alla fine sto vincendo io, ma non di molto, perché lei è proprio brava. E anche perché quando la marco anziché levarle la palla sono più impegnato ad analizzare il suo viso. Ma non ne cavo comunque un ragno dal buco.

“Che state facendo?” Stone si affaccia dalla porta con aria interrogativa.

“Stiamo giocando,” rispondo alzando le spalle “vinco io”

“Eheh Eddie si è messo in testa di insegnarmi a giocare, ma con pessimi risultati” Angie lascia cadere la palla e si avvicina di corsa a Stone.

“Ma veramente...” provo a dire qualcosa, ma i due sono già rientrati.

Perché ha mentito? Perché nascondere una cosa del genere? Che male c'è?

Recupero il pallone e torno dentro, giusto in tempo per vedere Angie salutare Jerry, appena arrivato. Non mi sembra il saluto di una coppia che non si vede da giorni. O c'è qualcosa che non va oppure... ma certo, si saranno già visti e stanno recitando la solita commedia.

Oh c'è anche Layne. Angie gli rivolge un saluto imbarazzato, praticamente non lo guarda in faccia. Mah.

Quanti segreti, Angie... Non saranno troppi?

Quando Stone è sceso di corsa nel seminterrato della galleria per dirci che Angie si era fatta male, giuro di aver intravisto una scintilla di sollievo, seppur breve, negli occhi di Eddie. Evidentemente, dopo aver passato tutto il pomeriggio con Violet attaccata alla gamba come un cagnolino in amore, l’idea di passarci assieme anche la serata al Vogue, dove lei e Laura ci aspettano per un concerto delle Babes in Toyland, non gli andava proprio a genio. Una volta passato il sollievo, ovviamente è arrivata la preoccupazione, come per tutti quanti. Preoccupazione che è scemata non appena abbiamo varcato la soglia di casa sua e l’abbiamo vista viva e vegeta in pigiama sul divano, con una gamba appoggiata su una sedia e una borsa del ghiaccio sul ginocchio… per poi tornare prepotentemente quando ci siamo accorti che era tra le braccia di Cantrell.
“Jerry! Anche tu qui? Che combinazione!” esclamo appena gli sono davanti.
“Ciao Jeff! Ciao ragazzi!” risponde tutto sorridente. Che cazzo ridi?
“Angie! Come stai?” Stone le chiede sedendosi dall’altra parte del divano accanto a lei.
“Heilà Stone! Tutto bene… sono ancora tutta intera!” biascica Angie sollevandosi un po’ per abbracciarlo, per poi tornare ad accozzarsi a Jerry “Ma… ci siete tutti”
“Certo che ci siamo tutti, eravamo preoccupati! Che cazzo è successo?” le chiedo.
“Sono caduta da Roxy” spiega Angie, mimando con la mano quella che dovrebbe essere la sua caduta, ma che sembra più il precipitare di un aereo, con relativo rumore riprodotto con la bocca.
“E ti sei fatta male?” domanda Eddie, spuntato alle mie spalle.
“EDDIE! Non tanto, però mi sa che noi due non possiamo più giocare per un po’…” risponde e su tutti noi calano il silenzio e la perplessità generale.
“A basket ehm giocare a BASKET, è quello che intende” spiega Eddie imbarazzato dagli occhi di tutti puntati su di lui.
“Tanto vinci tu anche quando sono sana” farfuglia Angie con gli occhi mezzi chiusi.
“Ma è fatta?” chiede Mike esprimendo il dubbio condiviso da tutti, ma che nessuno aveva il coraggio di esternare.
“Eheheheh una specie” risponde Jerry stringendola ancora di più a sé.
“Come sarebbe a dire? Che cazzo le hai dato?” gli chiede Stone irritato.
“Io? Io non le ho dato niente, sono gli antidolorifici, imbecille!” risponde Jerry ridendo.
“Ah ok”
“Gli antidolorifici che le hanno dato in ospedale dove IO l’ho accompagnata stamattina, ecco perché sono qui, nel caso ve lo steste chiedendo”
“In ospedale? Ma allora è una cosa seria!” intervengo preoccupato.
“Ce l’ho portata perché non riusciva a stare in piedi. Comunque tutto ok, non si è rotta niente, ha solo sbattuto il naso e ha una contusione al ginocchio con un bell’ematoma. Però deve tenere il ghiaccio e stare a riposo qualche giorno” spiega Jerry, facendoci tirare un sospiro di sollievo.
“Ma io devo fare un sacco di cose!” si lagna Angie con la faccia sprofondata nella maglietta di Cantrell.
“Col cazzo, tu te ne stai a casa tranquilla e basta” la rimprovera lui.
“Mmm va bene…”
“Brava piccola”

Ma che bella coppia! Mi viene la nausea.

“Quindi sei stato tutto il giorno con lei… che fortuna che ti trovassi proprio lì in quel momento!” commenta Stone allungando una mano per prendere la birra offertagli da Meg.
“Non gliel’ho sabotato io lo sgabello da dove è caduta, Stone”
“Ahahahah e chi l’ha mai detto? Hai la coda di paglia?”
“No, ma so come funziona la tua mente perversa” risponde prendendo la sua birra.
“Anch’io so come funziona la tua, Jerry”

Ma che bella coppia anche loro, sono quasi geloso! Meg mi porge una birra, berrò per dimenticare.

“Non ho bisogno di causare incidenti per provarci con una ragazza, Stone”
“Anche perché il solo fatto che tu ci provi è già di per sé un trauma” commenta Gossard sghignazzando.
“La finite di bisticciare voi due?! Lasciatela riposare, no?” sentenzio sedendomi sull’altro divano assieme a Mike e accendendo la tv a un volume non troppo alto.
“Hai ragione Jeff” risponde Stone prima di alzarsi e sedersi su una poltrona vicino a me.
Mi ha dato ragione?? Non avrà preso anche lui gli antidolorifici di Angie?
Jerry scuote la testa e sorseggia la sua birra, mentre Angie è praticamente in coma a bocca aperta sulla sua spalla, con Eddie seduto accanto a lei al posto di Stone.
“Ma che cazzo le hanno dato in ospedale?” chiede Dave, piazzatosi sul tappeto con Meg, che ha finito il giro di distribuzione del beveraggio.
“Infatti, sono curioso anch’io. Più che altro ne vorrei un po’” aggiunge Mike ridacchiando.
“La boccetta è lì sul tavolino” risponde Meg indicando le medicine. Eddie si allunga a prendere il contenitore e legge l’etichetta.
“Ibuprofene” legge ad alta voce.
“Ibuprofene?!” esclama Stone ridendo nello stesso momento Mike quasi si strozza con la birra.
“Cioè, questa si sballa con l’ibuprofene?” aggiunge McCready dopo essersi ripreso.
“Perdonate l’ignoranza, ma cosa cazzo è l’ibuprofene?” chiedo non troppo timidamente.
“E’ un antidolorifico” risponde prontamente Eddie.
“Grazie tante” replico sarcastico.
“E’ una roba tipo l’aspirina, Jeff!” spiega Mike sempre ridendo “Angie va fuori con l’aspirina!”
“Forte, se drogarsi fosse così facile si risparmierebbe un sacco” commenta Dave.
“Di sicuro ci sarebbero meno spacciatori e più farmacie” aggiunge Stone.
Di sicuro qualcuno sarebbe ancora vivo, penso io. Ma me lo tengo per me.
“Quanto siete coglioni, ne ha preso un po’, mica una pastiglietta sola!” ribatte Meg.
“E poi Angie è una ragazza pulita, vero che sei pulita?” Jer si rivolge a lei, che non risponde perché probabilmente in questo momento è sul pianeta del piccolo principe, e le stampa un bacio sulla tempia.
“Caspita Jerry, non ti metterai a provocare incidenti, ma vedo che sei abile ad approfittartene” la frecciata di Stone era inevitabile.
“Ma che stronzo! Le ho dato un bacino sulla fronte, mica l’ho stuprata! Fatti i cazzi tuoi” la replica di fuoco di Jerry non si fa attendere.
“Piantatela” ripeto. Perché devo sempre dire le cose due volte?

La situazione si tranquillizza, ci mettiamo a guardare il baseball senza fare troppo casino e ordiniamo una cena cinese per tutti, tranne che per Angie, che in un momento di lucidità mugugna di non avere fame perché ha già mangiato prima. Vorrei che Laura fosse qua. Più che altro spero non s’incazzi perché non l’abbiamo raggiunta, magari più tardi provo a chiamarla, se no le spiego tutto domani. Comunque no che non s’incazza, sicuramente penserà che ci siamo persi in una jam e si farà una risata. Molto più probabile che perda le staffe Violet, a cui non frega niente del concerto, quello è poco, ma sicuro. Effettivamente, ora che ho trascorso un po’ più di tempo con lei, ammetto che non è questo mostro di simpatia, devo darti ragione Eddie. Povero Eddie, proprio di fianco alla coppietta di piccioncini doveva piazzarsi? Scelta infelice la sua. Jerry è intento a coccolarsi la sua Angie tra le braccia, lui segue e commenta la partita con noi. Ma si vede che lì si sente di troppo. Se solo la smettesse di crogiolarsi nel suo dolore per Beth e si sciogliesse un po’, non starebbe da solo su nessun divano. Mica esiste soltanto Violet! Già dalla sera del nostro concerto, ogni volta che siamo in un locale a un certo punto arriva un capannello di amiche di qualcuno per conoscere il nuovo arrivato. E lui niente, saluta, chiacchiera, educato e cortese, e se ne va. Ma cazzo, svegliati!

“Vado io! Ho deciso che per l’occasione vi offro la cena” esclama Jerry quando suona il campanello, alzandosi piano per non svegliare Angie.
“Cazzo, sei proprio felice allora! Hai vinto la lotteria oggi, eh?” commenta Stone.
“No, in realtà era uno stratagemma per grattuggiare un po’ di ibuprofene sui tuoi gamberi, mi hai scoperto” ribatte sarcastico prima di andare ad aprire, seguito da Meg.

Cazzo, ha osato non lasciare l’ultima parola a Stone. Non sa con chi ha a che fare.

Intanto Angie sul divano deve aver percepito l’assenza del suo eroe, perché comincia a stiracchiarsi e muoversi di qua e di là, finché non finisce per appoggiare la testa sulla spalla di Eddie. Lui le lancia un’occhiata di sottecchi per cercare di capire se dorme o no, poi gli spunta un mezzo sorriso e torna a guardare la partita. I Cubs hanno appena conquistato la terza base quando mi giro e vedo Angie dormire con un’espressione serena in volto, comodamente accoccolata tra le braccia del povero Eddie, che appare vagamente imbarazzato. Mi sa che nel dormiveglia la puffa ha fatto un po’ di confusione: si è avvinghiata alla vita di Vedder, affondando la faccia nella sua camicia. Impagabile la faccia di Eddie quando Jerry torna in soggiorno per distribuire il cibo assieme alla padrona di casa. Prima alza le mani di scatto come neanche in una rapina in banca, poi lo guarda con un’espressione che è a metà tra “non c’entro niente, ha fatto tutto lei” e “non farmi troppo male”.
“Ehm scusa, è che… eheheh…” balbetta Eddie arrossendo.

Ma che cazzo ti scusi, mica è la sua ragazza. O sì? Che il mio coinquilino sappia qualcosa che io non so…

“Mi dai il cambio eh? Bravo, così il mio braccio si riposa, mi si era addormentato cazzo” risponde Jerry facendo un po’ di stretching, per nulla turbato dalla cosa, per poi sedersi tra me e Mike.
Strano, quello solitamente è geloso pure di Meg. E soprattutto, strano che Stone non abbia ancora fatto nessuna battuta a riguardo, si limita a osservare la scena con un ghigno dei suoi. Stone è da temere più quando sta zitto che quando parla. Comunque anche la scena di Eddie che cerca di mangiare i suoi noodles con una mano sola, con Angie aggrappata a lui come una piovra, è piuttosto esilarante.

“Su piccola, credo sia ora di andare a letto” dopo la fine della partita Jerry si alza e si china sulla malcapitata del giorno, ancora avviluppata a Vedder.
“Mmmmm” brontola lei.
“Dai, alzati” la invita nuovamente Cantrell.
Nessuna risposta.
Eddie cerca di liberarsi dai tentacoli con calma e Jerry lo aiuta, finché non aggancia le braccia di Angie al suo collo e fa per prenderla in braccio.
“E adesso che vorresti fare?” domanda Stone. Eccolo che ricomincia. Non che a me stia bene che Jerry e Angie se la intendano, sia chiaro, ma alla fine sono cazzi loro. Lui invece non si rassegna.
“Portarla a letto, no?” risponde Jerry, ancora piegato su di lei.
“Ahahah certo, mi pare ovvio, sono mesi che non aspetti altro” ribatte Gossard.
“Portarla a letto a dormire, coglione” puntualizza Jerry scocciato.
“E chi l’ha stabilito che devi portarcela tu?” chiede ancora Stone.
“Ah beh, se vuoi farlo tu, prego, accomodati! Prendila in braccio e portala di peso fino in camera, voglio proprio vedere” ribatte Cantrell, sciogliendosi dalla presa di Angie e sedendosi nuovamente sul divano a braccia conserte.
“Va beh, ho capito, portala a letto e non rompere” replica sconfitto Gossard, avviandosi in cucina per prendere un’altra birra.

Mi dai ragione, perdi l’ultima parola, ti fai mettere sotto da Cantrell… oggi non è proprio la tua giornata amico!

Jerry porta Angie in camera sua, nel frattempo Dave e Mike se ne vanno.
“Quanto tempo ci mette?” chiede Stone dopo una ventina di minuti.
“Chi?” chiedo distrattamente, mentre seguo il primo episodio di Ritorno al futuro. Peccato che Angie sia ko, se lo sarebbe riguardato di certo, è uno dei suoi film preferiti.
“Come chi? Jerry!”
“Ah” annuisco senza prestare troppa attenzione.
“Quanto ci vuole a mettere a letto una persona? Sposti le coperte, la inserisci, la ricopri e stop” continua a borbottare Stone.
“Magari vuole rimanere un po’ con lei, finché non si addormenta” azzarda Meg.
“Ma se sono tre ore che dorme e russa nelle orecchie di Eddie?” ribatte Stone.
“Ahahah non russa! Beh, un pochino… ma non troppo” interviene Eddie, il diretto interessato.
“Magari vuole restare lì, nel caso le serva qualcosa. Dai su, Stone, non rompere! Qualcuno vuole un’altra birra?” chiede Meg dalla cucina.
“Io cara!” le dico alzando la mano.
“Io rompo perché di quello non mi fido” afferma Stone, alzandosi in piedi e piazzandosi proprio tra me e il televisore. Ma cazzo, proprio adesso che Marty è appena arrivato nel 1955!
“Ma sì, Stone, le starà cantando la ninna nanna, che cazzo ne so” gli dico mentre muovo la testa a destra e a sinistra, cercando di vedere il film.
“E se invece le sta facendo altro? Mentre è incosciente?”
“Stone!” esclama Meg.
“Può essere” aggiunge Stone facendo spallucce.
“Ascolta, Jerry sarà un porco, ok, ma non fino a questo punto, dai” cerco di far ragionare Stone.
“Beh, per sicurezza vado a vedere” risponde e fa per andare verso il corridoio.
“Ma dove cazzo vai?” lo prendo per una manica e lo strattono verso di me.
“Dò solo un’occhiata veloce, giusto per vedere se è tutto ok!” si giustifica Gossard.
“Stai qua!” gli ribadisco.
“Venite anche voi, no? Una sbirciatina rapida? Eh?” Stone sposta alternativamente lo sguardo su noi tre, cercando di convincerci con quel suo sorrisino del cazzo.
“Scordatelo” gli rispondo seccamente.
“Non mi sembra una buona idea” dice diplomaticamente Eddie.
“Non contare su di me” Meg si aggiunge al coro facendo ”no” con la testa.

Cinque minuti dopo siamo tutti e quattro davanti alla porta della camera di Angie.
“Ma che cazzo stiamo facendo?” si chiede Meg, e io mi sto chiedendo la stessa cosa.
“Shhhhhh non fare rumore” le intima Stone.
“Già, non fare rumore, se no ci sentono e si rivestono al volo” bisbiglio, facendo ridere sia lei che Eddie.
“Volete fare silenzio!” Stone ci riprende di nuovo, poi si avvicina alla porta e la apre pianissimo.
Come volevasi dimostrare, non c’era un cazzo da temere. Angie è a letto, rivolta verso la porta, con un braccio che le sbuca da sotto le coperte e tocca il pavimento, mentre Jerry è dall’altro lato, senza scarpe, che dorme seduto sopra le coperte.
“Visto?” gli faccio.
“Ma dorme? Magari fa finta” insiste Stone. Oggi sta toccando proprio il fondo dell’idiozia.
“Certo, vuoi andare a verificare tu? Vai a fargli il solletico sotto i piedi” lo invito.
“Ehm andiamo va” conclude richiudendo la porta.

Ecco, forse è meglio.

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Quando mi sveglio Angie non c’è. Capisco che è mattina presto dalla poca luce che filtra dalla finestra, alzo la testa e l’orologio sulla parete indica che sono quasi le sette. Saranno dieci anni e passa che non vedo le sette del mattino, almeno non dopo aver dormito. E il bello è che non mi sento stanco, ma semplicemente rilassato. Sto benissimo. Dormire con una ragazza senza fare sesso non è così male come credevo. Oddio, lo sto dicendo davvero? Nel momento in cui penso che forse dovrei andare a cercare la mia piccola, ecco che la porta della stanza si apre ed Angie ritorna a letto con passo incerto. Io richiudo gli occhi e faccio finta di dormire, non so perché, mentre lei si sistema sul fianco sinistro, avvicinandosi a me finché non sento la sua schiena premere sul mio petto. Poi mi prende la mano e la tira verso sé, per farsi abbracciare. Adoro questa posizione, e lei neanche lo sa. Dopo un po’ comincio ad accarezzarla dolcemente e stringerla.
“Allora sei sveglio” dice con una voce flebile e più roca del solito, così sgraziata da risultare tenera.
“No, sto dormendo. Sto sognando di essere a letto con una zoppa strafiga” rispondo facendole un po’ di solletico sulla pancia.
“Nooooo” mugugna dibattendosi lentamente.
“Dove sei stata?” le chiedo.
“In bagno. Ti sono mancata?”
“Moltissimo, mi sono svegliato apposta” alzo la testa e le do un bacino sulla guancia e poi, dopo averle spostato i capelli, uno sul collo.
Lei ridacchia, poi lentamente si gira, la poca luce mi permette di vedere che è a occhi chiusi. Ha appena cominciato a dischiuderli quando improvvisamente caccia un urlo e infila la faccia sotto le coperte.
“Cosa c’è?” le chiedo perplesso.
“Mmm mmmm” borbotta raggomitolata sotto le lenzuola.
“Stai male?”
“No”
“E allora?”
“Mmmmm”
“Angie, non capisco un cazzo” mi infilo sotto le coperte anch’io con l’intento di stanarla.
“Nooo non puoi” si ribella lei.
“Ahah scema, non ti faccio niente”
“Non è per quello”
“E allora per cosa?”
“Non puoi vedermi, sono orrenda”
“Che?” chiedo ridendo, tirando fuori la testa dalla tana.
“Faccio schifo di prima mattina, sono inguardabile”
“Ma smettila” le dico abbracciandola forte.
“Non sto scherzando, io lo dico per te” insiste, sempre rannicchiata sotto le coperte.
“Esci fuori, subito, se no….”
“No, il solletico no! Va bene…” lentamente esce allo scoperto e io ricomincio a baciarle le guance.
“Vedi che sei adorabile”
“Perché siamo in penombra” commenta. La guardo ed è ancora ad occhi chiusi, piano piano li apre, ma “aperti” è una parola grossa. Sono due fessurine da salvadanaio, ma così brillanti e dolci… E’ uno splendore, anche con le occhiaie. Faccio per baciarla sulle labbra, ma lei solleva ancora le coperte.
“E adesso che c’è?” le chiedo tirandole di nuovo giù con uno strattone.
“Nessuno si bacia di prima mattina, Jerry. Quello succede solo nei film! Le persone vere al mattino hanno la bocca impastata e l’alito pesante, non esiste che…” spiega, finché non le tappo la bocca con un bacio.
“Io non ho sentito niente” commento subito dopo.
“Evidentemente due aliti killer si annullano a vicenda, chissà se ci sono studi in proposito?”
“Appena starai meglio verrò con te in biblioteca a fare una ricerca” rispondo prima di riprendere a baciarla.
“Guarda che me lo segno, ora sei fottuto” mi dice ridendo.

“Scusami” le dico dopo averla guardata negli occhi per un po’, accarezzandole i capelli.
“Per cosa?” mi chiede con aria confusa.
“Per ieri, per l’altra sera, per tutte le volte che faccio lo stupido” le confesso.
“Non sei stupido” mi dice prendendomi il viso tra le mani.
“Lo so, però lo faccio”
“Anch’io ho esagerato ieri, non dovevo aggredirti così”
“Guarda che me la segno questa cosa, adesso sei fottuta” le dico prima di fiondarmi a baciarle il collo.
“Scemo”

Restiamo così per un po’, stretti a chiacchierare sottovoce di cose nonsense, ridere, baciarci, stuzzicarci. Io non sono un campione di coccole, ma con lei mi viene tutto così naturale. Anche quello che accade dopo ci viene naturale. Le mani non si limitano più ad accarezzare, ma cominciano a scoprire ed esplorare. La sensazione di benessere che mi pervade è assoluta, non ricordo di aver mai provato una cosa del genere con una ragazza. In generale è come se, in parte, mi vedessi dall’esterno, come se guardassi un film dove il tizio che recita la mia parte è del tutto fuori dal personaggio, ma non me ne frega un cazzo. A un certo punto ci ritroviamo entrambi mezzi nudi e la passione si unisce alla dolcezza, senza spazzarla via del tutto. Gli occhi sono dischiusi, le labbra sono più voraci, le mani sono più affamate. Mi sistemo sopra di lei, ritengo sia la cosa più comoda visto il suo problemino al ginocchio.
“Come va la gamba?” le chiedo tra un bacio e l’altro.
“Fa un pochino male, ma non come ieri, è un fastidio più che altro” risponde giocando con la mia barba.
“Se vuoi mi fermo” le chiedo. Questa frase, lo ammetto, l’ho detta un sacco di volte nella mia vita e mai, dico mai, lo pensavo veramente. ‘Se vuoi mi fermo, però poi ti do fuoco alla casa, brutta troia!’ ho sempre ripetuto tra me e me in questi casi. Ma stavolta, giuro, lo penso sul serio. Certo, muoio dalla voglia di farlo con Angie, ho perso il conto delle bestemmie che ho tirato ogni volta che potevamo concludere e poi qualcosa andava storto, ma se ora mi dicesse che non vuole io tornerei a giocherellare con lei come prima e sarei felice lo stesso. L’ho detto che sono fuori dal mio personaggio, no?
“Non ci pensare neanche” risponde sorridendo sulle mie labbra.
Da qui in poi è la fine.

Se prima ero fuori dal personaggio adesso sono fuori e basta. La ehm, come dire, “prestazione” in sé non è nulla di straordinario, anzi, è ben sotto i miei standard, anche perché il ginocchio malandato di Angie non permette certo di fare acrobazie. Ed è per giunta breve. Tuttavia non ho mai goduto così tanto, forse perché non ho mai fatto sesso in questa maniera, non mi sono mai sentito così totalmente coinvolto. Non smettiamo di guardarci negli occhi nemmeno per un secondo. Guardare una donna negli occhi mentre si fa sesso con lei è una delle esperienze più appaganti che si possano avere, è stupendo vederli alternativamente socchiudersi, aprirsi o spalancarsi, guardarti con desiderio o con dolcezza, a seconda delle sensazioni che le fai provare. E penso che per una donna sia lo stesso, penso che per Angie sia lo stesso in questo momento. E’ ancora meglio di sentire le sue braccia che mi stringono come non mai, le sue unghie che affondano nella mia schiena, le sue labbra che usano il mio nome come punteggiatura tra un gemito e l’altro, la sua gamba, quella sana, che mi aggancia per un fianco… Questa ragazza mi sta portando al limite in pochissimi minuti e senza nessuno sforzo, immagino cosa sarebbe fare sesso con lei se non fosse impacciata da una fasciatura e non avesse una gamba immobilizzata. Mi fa impazzire, la adoro, io…
“Ti amo, Angie” sussurro mentre sprofondo sul suo petto.

COSA??

“Cosa? Che hai detto Jerry?” chiede Angie, dopo essere stata scossa da una specie di fremito che ho percepito chiaramente.
“Ehm ho detto ‘piano, Angie’, fai piano, se continui a spingere così con quel piedino sulle mie chiappe non durerò ancora per molto” alzo la testa e farfuglio la prima cosa che mi viene in mente, totalmente sconvolto dalla mia uscita di poco fa.
“Non mi importa, sono felice lo stesso” risponde sorridendo, dopodiché allunga le mani sul mio fondoschiena e non fa che peggiorare la situazione.
Nel giro di pochi secondi è tutto finito, crollo a peso morto su di lei e rientro istantaneamente nel mio personaggio.

TI AMO? MA CHE CAZZO MI E’ VENUTO IN MENTE?!

Ora, non faccio per vantarmi, ma ho una certa esperienza in ambito sessuale, ho avuto un sacco di donne e di cose strane ne ho viste e vissute parecchie. Ma devo ammettere che l’attacco di panico dopo una scopata mi mancava. Secondo me è tutta colpa della roba che mi sono sparato negli ultimi giorni. Di cos’altro se no? Ha ragione Angie, devo andarci piano.

Io non so come cazzo è successo. So solo che un attimo prima sono supino sul letto, col fiatone e il cuore che picchia forte, come è normale che sia, ma tranquillo. Mi esce anche una mezza risata mentre sono intento a cercare di capire da dove cazzo sia venuto fuori quel ti amo. Se ne dicono di stronzate in quei momenti! Un attimo dopo, invece, appena Angie si avvicina a me per riscuotere la sua meritata razione di coccole post-sesso, è come se qualcuno in pochi secondi risucchiasse via tutto l’ossigeno dalla stanza. All’inizio penso sia soltanto stanchezza, ma poi comincio davvero a boccheggiare, mentre il cuore batte a mille e il sudore diventa sudore freddo.

“Stiamo sempre così?” chiede lei sorniona, mentre disegna non so cosa sul mio petto con le dita.

“Eh?”

“Sarebbe bello, poter restare così per sempre, sospesi in un limbo, lontani da tutto e tutti, solo tu e io… O almeno per un po’. Non credi?” spiega e mi abbraccia e il contatto con la sua pelle mi fa l’effetto di un tuffo nei carboni ardenti.

“Beh sì…”

“Senza pensieri, senza preoccupazioni… Abbiamo un letto, il cibo, la musica, la doccia, noi stessi, tutto quello che ci serve è qui dentro” prosegue e appoggia il mento sul mio diaframma. Proprio lì cazzo? Io già non respiro…

“Eheheh certo, può essere divertente, per un po’…”

“Sì ok, lo so che non si può vivere così per sempre, era per dire! E’ che avremmo bisogno di ritagliarci del tempo solo per noi, che ne dici?”

“Vorresti andare via da qualche parte? Fare un viaggio?” le chiedo mentre il letto mi sembra diventare di chiodi.

“Perché no? Ma già trascorrere un intero giorno a letto a cazzeggiare, rilassarci e fare l’amore non sarebbe male, no?”

“Ma… oggi?” domando. Perché tutto quello che vorrei fare oggi, anzi, possibilmente nei prossimi cinque minuti, è scappare il più lontano possibile da qui.

“Beh sì, l’idea era quella, io sono costretta a casa… hai altri impegni più importanti di me?” chiede sorridendo beffarda.

“Eh sì… Cioè, NO! Voglio dire, non più importanti di te, però ho degli impegni… con la band! Anzi, che ore sono?” mi sollevo di scatto, in pratica scrollandomela di dosso, o almeno provandoci, visto che le sue braccia sono ancora sulle mie spalle, e mi siedo sul letto, allungando una mano sul pavimento in cerca di qualcuno dei miei vestiti.

“Tranquillo, non sono neanche le sette e mezza… Ehi ma stai bene? Sei gelato” Angie si avvicina per strofinare la sua guancia sul mio viso e si accorge della mia situazione.

“Cazzo, è tardissimo!” esclamo saltando giù dal letto e staccandomi finalmente dalla sua presa. Ma è probabile che mi sia alzato troppo in fretta perché comincia a girarmi la testa.

“Jerry, tutto ok? Sei un pezzo di ghiaccio e sei sudato fradicio… Ma dove devi andare?” mi chiede preoccupata avvicinandosi al bordo del letto.

“Nah, tutto ok, ho solo bisogno di una doccia! Comunque ho una riunione in ufficio da Susan, tra un’ora, e devo anche passare prima da casa per rendermi presentabile” rispondo inventando la prima cazzata che mi passa per la testa. Quanto è piccola questa camera?!

“Sicuro che è tutto ok?”

“Certo piccola, è solo… è colpa tua, mi hai stremato!” faccio lo sforzo di allungarmi di nuovo brevemente sul letto e darle un bacio in fronte, per tranquillizzarla, per poi tornare a setacciare il pavimento per i vestiti.

“Eheheh certo, figuriamoci! Ad ogni modo, puoi usare la doccia qui, così puoi fare le cose con calma”

Va beh, meglio di niente.

“Davvero? Ok, grazie!” rispondo e mi fiondo fuori dalla porta della sua stanza alla velocità della luce.

Faccio in tempo a sentire la sua voce che mi dice dove sono gli asciugamani puliti, poi chiudo la porta del bagno a chiave dietro di me e spalanco la finestra. Se non ci avesse già pensato l’ansia a svegliarmi a questo punto il freddo polare l’avrebbe fatto al posto suo, considerato che ho solo le mutande addosso. Resto un po’ affacciato alla finestra, cerco di autoconvincermi del fatto che non è un infarto e di mettere in pratica quelle due nozioni di respirazione che mi ha insegnato Layne l’ultima volta che mi è capitata una cosa del genere e nel giro di una decina di minuti mi sento decisamente meglio. Per lo meno è passata la sensazione di essere lì lì per morire, il senso di oppressione al petto e l’inquietudine ci sono ancora.

“Che cazzo mi sta succedendo?” mi chiedo ad alta voce mentre mi siedo sul cesso, non prima di aver aperto l’acqua della doccia per non insospettire nessuno.

E’ colpa della coca, ne sono certo. Troppa. Devo darmi una calmata. Non posso farmi venire davvero un infarto proprio adesso. E poi da dove cazzo mi è uscito quel ti amo?!

Oddio, mica sarai in paranoia per quello? Non sarà stato quello? Dai Jerry, sii serio, le cose dette mentre si scopa non valgono, è una cosa risaputa, una regola universale, nessuna donna crede a un ti amo detto mentre te la stai sbattendo. E poi Angie non ha neanche sentito.
E se ha sentito? Magari ha fatto finta di non sentire. O magari si è davvero bevuta la mia scusa, però sul momento ha creduto di sentire quello che effettivamente le ho detto. Forse non si aspettava di sentirlo. Oppure sì? Ma io non la amo. Mi piace, ok, ma non sono mica innamorato, non voglio blindarmi in camera da letto, non voglio fare viaggi, non voglio… Oh cazzo smettila con tutte queste seghe mentali, non l’hai detto e lei non sa niente e tutto questo non significa niente. E se ti fai venire un attacco di panico per una stronzata del genere sei proprio un coglione. La doccia sarà meglio fredda o calda? Merda, devo andarmene di qui.

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Stare a casa è una palla. Ok, stare a casa in convalescenza è una palla. Se non fossi zoppa potrei almeno approfittare di questa vacanza forzata per dedicarmi alle grandi pulizie pre-natalizie, invece non posso muovermi. Uff. E poi a che serve avere tempo libero quando tutti quelli che conosci hanno da fare? Meg quando può torna a casa per pranzo, Stone è passato una mattina, Jeff mi chiama tutte le sere. Però non è la stessa cosa, mi sento in gabbia.
E Jerry non si fa vivo.
Da quella mattina l’ho sentito solo una volta per telefono, la sera prima della sua partenza per New York con la band. Era scazzato e poco loquace, ma lo imputavo alla stanchezza e all’ora tarda. Da allora più nulla, sono tre giorni oggi, e la mia testa comincia ad affollarsi di cattivi pensieri e brutti presentimenti.
Eppure quella mattina mi è sembrato tutto normale, anzi, era tutto perfetto, tanto che avrei voluto non finisse mai. Ma stare con un musicista ahimè ha i suoi svantaggi e non siamo riusciti nemmeno a fare colazione insieme perché è dovuto fuggire.
E se fosse fuggito per altri motivi?
Sono così presa dai miei ragionamenti che mi accorgo del ritorno di Meg solo quando la mia coinquilina mi appoggia una mano sulla spalla, provocandomi un mezzo infarto.
“Perdonami cara, non volevo spaventarti!” si scusa subito Meg.
“Tranquilla, spaventarci a vicenda è il sale delle nostre vite. È solo che non ti aspettavo per pranzo anche oggi, ieri sera non me l’hai detto! A dire il vero, non hai detto niente, ti sei precipitata in camera e ci sei rimasta fino a stamattina, quando ti ho sentita uscire”
“Già… ero distrutta, sono crollata tra le braccia di Morfeo in cinque minuti netti!” spiega Meg ridendo, senza guardarmi in faccia.
“E non c’è nient’altro?”
“Che altro?”
“Non so, qualche problema, è successo qualcosa…”
“Ma no, che ti viene in mente? È tutto ok!” insiste nel non guardarmi, armeggiando col cartone della pizza che ha preso per pranzo.
“Meg non dirmi cazzate anche tu, ti prego! Se sai qualcosa di Jerry, parla!” sbotto io, senza un vero perché.
“Jerry? Che c’entra Jerry?” mi chiede cadendo apparentemente dal pero.
“No?”
“No, non… Ok, ieri ero incazzata perché una tizia al corso mi ha detto che Mike si vede con un’altra. Ecco, tutto qui. Non ha senso, lo so, ma ora spiegami questa storia di Jerry” Meg rivela tutto e passa al contrattacco: ora sarò io a dover vuotare il sacco.
Merda.
“Beh ehm non è vero che non ha senso, insomma, tu e Mike siete stati legati per tanto tempo, non si cancella una cosa così in un attimo. È del tutto…”
“Sì, lo so, è del tutto naturale che io sia gelosa anche se sono stata proprio io a chiudere e bla bla bla. Ora dimmi che cazzo sta succedendo con Jerry” Meg purtroppo mi interrompe all’inizio del mio discorso consolatorio.
“Niente” rispondo timidamente.
“Angie…”
“Davvero, non succede niente. Come fa a succedere qualcosa se non ci sentiamo? Per far succedere qualcosa dovremmo essere in contatto, parlare, relazionarci, invece no! Non so nemmeno se è vivo o morto, quindi calma piatta! Non succede un bel niente!” ribatto isterica.
“Da quant’è che non si fa sentire?” mi chiede dopo un lungo sospiro, per poi riprendere ad apparecchiare la tavola. Va beh, chiamiamolo apparecchiare, lanciare due piatti e due tovaglioli di carta su un tavolo.
“Da giovedì”
“Mmm e sono partiti il giorno dopo, giusto?”
“Sì”
“E ieri avevano il concerto, no?”
“Già”
“Appunto, allora non può essere che Jerry sia giusto un filino preso?” mi chiede mentre addento una fetta di pizza. Odio le sue domande retoriche, ma la pizza è buona.
“Può essere. Ma finora non è mai successo, ha sempre trovato il tempo per chiamare, anche due minuti”
“E magari stavolta non li ha trovati due minuti. Scommettiamo che entro stasera ti telefona?”
“Non faccio scommesse, non mi chiamo Stone o Jeff” rispondo lasciandomi scappare un sorriso.
“Dai, stai tranquilla, Jerry ti adora e non appena ne avrà il tempo sarai la prima persona che chiamerà”
“La prima… magari non l’unica”
“Angie! Che cazzo dici?” Meg chiede stupita lasciando cadere il suo trancio nel cartone.
“Non lo so, è solo che… qualcosa non quadra”
“Te l’ho detto, quando si è in tour i tempi sono stretti a volte e…”
“Non è per il tour, era strano anche prima di partire, distante… freddo. È freddo da quella mattina”
“Che mattina? Quando ha dormito qui?” Meg domanda masticando.
“Sì e non l’ho nemmeno più visto da allora”
“Parliamo di pochi giorni Angie, mica di una vita, avrà avuto da fare”
“Lo so, è che mi sembra troppo strana come coincidenza” commento senza pensare.
“Perché coincidenza? Che è successo quando ha dormito qui?” Meg chiede distrattamente, poi il mio silenzio la porta a fissarmi e in pochi secondi il suo repentino cambio di espressione mi fa capire che ha ripensato alla sua domanda e alle possibili implicazioni.
“Beh…”
“Oh Cristo” aggiunge a bocca aperta.
“Eh…”
“AVETE SCOPATO!”
“Shhhh Meg! Che cazzo gridi?!”
“Ahahah scusa scusa, è che mi sono lasciata prendere dall’euforia” si giustifica ridendo.
“Pensavi ci tenessimo solo per mano?” le chiedo con un’alzata di sopracciglio che neanche Stone ubriaco saprebbe eguagliare.
“No! Immaginavo che… a dire il vero pensavo aveste già… però pensavo anche che me l’avresti detto quando… Oh insomma, fanculo, com’è stato? Racconta!” mi chiede col suo ormai noto sorriso da Stregatto.
“Beh… bello”
“Bello? Tutto qui? Non ricominciamo con la storia di Tom Jones eh?”
“No no, è stato davvero bello, è stato perfetto! È stato dolcissimo…”
“Bene, mi fa piacere sentirlo, sono contenta per te! Ma veniamo alle cose serie: è vera la leggenda?”
“Che leggenda?” chiedo perplessa.
“La leggenda, sai, quello che si dice ehm su Jerry…” continua Meg e io continuo a non capire.
“Che si dice su Jerry?”
“Beh si dicono alcune cose, forse vere forse no, però plausibili. E tra queste ce n’è una in particolare”
“E sarebbe?”
“La leggenda!”
“Sfinge, piantala di parlare per enigmi, che cosa vuoi sapere?” le chiedo sfinita.
“Se è vera la leggenda… dei 25 centimetri”
“MEG!!” urlo in maniera strozzata perché la pizza mi va di traverso.
“Ahahah dai, non fare la pudica!”
“Non sono solita approcciarmi ai ragazzi col righello in tasca, Meg!” replico cercando di riprendermi con svariati sorsi d’acqua.
“Va beh, a occhio?” chiede innocentemente strappandomi una risata e facendomi quindi strozzare di nuovo.
“Smettila Meg! Non ho intenzione di rispondere a questa domanda”
“Uffa, per una volta che avrei potuto avere informazioni di prima mano! In senso letterale”
“MEG!! Che diavolo ti prende oggi?”
“Niente niente, chiudo subito la parentesi indiscreta. Ma a questo punto spiegami perché dovrebbe essere freddo dopo averlo fatto con te”
“Non lo so… cioè, ho un sospetto, ma non posso saperlo con certezza”
“Cioè? Ha avuto quello che vuole quindi ha perso interesse e via dicendo col solito luogo comune?”
“No”
“E allora?”
“Beh… potrebbe non essergli piaciuto” confesso imbarazzata. Menomale che la parentesi indiscreta era stata chiusa.
“Ma se hai detto che è stato perfetto!” ribatte Meg incredula.
“Per me. Magari per lui non è stato così. Dopotutto ero ancora rincoglionita dai farmaci e non mi potevo neanche muovere… ed ero bruttissima… potrei non essergli piaciuta io”
“Che cavolo dici, Angie?”
“E poi lui ha avuto tante ragazze, insomma, forse è abituato a cose diverse e…”
“Ma quante cazzate devono ancora sentire le mie orecchie? Così, per sapere, almeno mi preparo un numero adeguato di insulti da rivolgerti” interviene sarcastica
“Non sto dicendo che non gli piaccio, dico solo che magari è rimasto deluso da quella volta specifica”
“Angie, a meno che tu non abbia seri problemi di igiene, la peste o qualche altro segreto intimo inconfessabile, non vedo come potresti deludere un uomo”
“Non lo so”
“Ti ha dato l’idea di annoiarsi nel mentre? Sembrava scocciato?”
“No, anzi! Era molto coinvolto…”
“E allora ti sei risposta da sola. Mangia e non ci pensare più!” sentenzia brandendo il secondo triangolo di pizza come farebbe un giudice col martelletto.

Mangiamo in silenzio, fatta eccezione per un paio di ennesime battute da caserma di Meg sulla fantomatica “leggenda”. Ecco come ci si riduce ad avere solo amici uomini, per fortuna sono entrata io nella sua vita! Però devo riconoscere che è riuscita a risollevarmi, in parte, l’umore. Peccato sia di fretta e a breve di nuovo in partenza, destinazione Roxy.
Si sta mettendo la temibile divisa quando suonano al citofono. Mi alzo dalla sedia e accenno un paio di saltelli in direzione della porta, finché la bionda non mi sorpassa a gran velocità sulla destra, con la camicia ancora abbottonata a metà.
“Ci penso io! Torna sul divano tu, devi stare a riposo”
“Devo riposare, mica tumularmi sul divano, Meg” commento zampettando via sconfitta.
“Chi è?” chiede al citofono, ignorando completamente le mie lamentele, mentre un sorriso le si disegna sul volto “Hey! Certo, sali!”
“Chi è il nostro ospite?” chiedo accendendo la tv.
“Colui che ti terrà compagnia quando io me ne sarò andata”

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Quando arrivo all’appartamento delle ragazze Meg è già fuori dalla porta che mi aspetta con la divisa sgargiante della tavola calda che spunta dal cappotto.
“Ciao Eddie! Menomale che sei passato, almeno Brontolo non rimane da sola” mi dice, alzando la voce sull’ultima parte e voltandosi verso l’interno della casa.
“Non sono Brontolo. Al massimo sono Dotto, voglio essere Dotto!” Angie protesta animatamente.
“Beh come vedi lo spirito non le manca. Ci vediamo!” Meg si allontana, invitandomi a entrare.
“Ehi Eddie, ciao!” Angie mi saluta appena entro e fa per alzarsi dal divano.
“Eh no! State lì, mia regina, non muovetevi” le dico ridendo.
“Uffa, anche tu? Ormai è passata quasi una settimana, posso muovermi, non sono inferma!” sbuffa sonoramente.
“Lo so benissimo, solo non volevo scomodarvi mentre siete sul vostro trono” replico raggiungendola e sedendomi accanto a lei.
“Mi sono rotta del trono, ormai sta prendendo la forma delle mie chiappe. Ops, perdoni la volgarità messere”
“Ci mancherebbe altro, maestà!”
“Comunque la prossima settimana mollo il trono e finalmente torno al lavoro” aggiunge sorridente, non so se per il ritorno all’attività o per il video dei Red Hot che ha appena beccato facendo zapping.
“Fantastico! Allora stai meglio?”
“Sì, mi dà giusto un po’ fastidio, più che altro la sera o solo se sto tanto in piedi”
“Dettaglio insignificante per chi fa due lavori dove si sta in piedi tutto il tempo”
“Dirò ai grandi capi di farmi trovare un trono, così da potermi concedere qualche piccolo time out. Vedrai, saranno disposti a tutto pur di riavermi” aggiunge con una smorfia e un sorriso dei suoi.
“Non lo metto in dubbio. Infatti Hannigan ha detto che ti aspetta” le dico portandole i saluti del boss del Westlake.
“Oh! Ci hai parlato? Ti ha preso vero? Quando inizi?” Angie parte con la raffica di domande.
“Allora, sì, sì e… ho iniziato ieri!” rispondo levandomi la giacca in maniera piuttosto teatrale, forse troppo, visto che Angie mi guarda con gli occhi sbarrati.
“Wow! Quel colore ti dona” esclama commentando il mio look con la nuova divisa.
“Quale dei tanti?”
“Ah boh, ci sono tutti, ce ne sarà pure uno che ti dona” risponde aggiustandomi il colletto un po’ sgualcito.
“In effetti”
“E com’è andata la prima nottata? Non sei stanco?” mi chiede tornando a concentrarsi sul televisore.
“Niente notturna, ieri ho fatto il pomeriggio e oggi anche, credo che il boss voglia vedere un po’ come lavoro prima di affidarmi il negozio” le spiego e lei torna a fissarmi.
“In pratica hai preso il mio posto!” urla subito dopo.
“Ahahah ma no”
“Mi stai rubando il lavoro!” insiste ridendo sotto i baffi.
“Non mi permetterei mai”
“Ecco cosa si guadagna ad aiutare i propri sudditi, tsk!” incrocia le braccia e torna a guardare la tv.
“Comunque il suddito ha portato un dono per la sovrana” le dico mentre recupero la giacca lanciata sul pavimento poco prima.
“Mmm non so se sarà sufficiente a placare la mia ira” commenta incrociando le braccia.
“Lo spero. Almeno avrai qualcosa da ascoltare in questi ultimi giorni di prigionia” rispondo porgendole una copia del nostro demo.
“È quello che avete registrato al London Bridge!” domanda con un sorriso grande come una casa, mentre se lo rigira tra le mani.
“È proprio lui”
“Grazie!”
“Sono stato incaricato ufficialmente dalla band per la consegna, è una cosa seria, sentiti privilegiata” le dico sgomitandola.
“Io sono già privilegiata dalla nascita, sono una regina” replica alzando le spalle.
“Vero”
“Comunque grazie ancora!” saltella sul posto da seduta e il suo grazie è accompagnato da un breve abbraccio, nel quale percepisco un’emozione genuina. Per essere l’embrione di una band abbiamo già dei fan appassionati.
“Di niente. Se reagisci così per un demo figuriamoci cosa mi farai quando ti porterò l’album!” aggiungo d’istinto.
Solo dopo mi rendo conto di cosa cazzo ho detto.
“Eheh beh, n-non so, ti stenderò un tappeto rosso probabilmente” risponde balbettando e raggomitolandosi un po’ di più nell’angolo del divano.
“O mi preparerai dei dolci!” le dico cercando di spazzare via l’imbarazzo che ho generato.
“Quello è poco ma sicuro, settimana prossima vi porterò qualcosa per il demo intanto”
“Non vedo l’ora!”
“Oggi non ho niente purtroppo. Il guaio dell’avere molto tempo libero è che hai un sacco di tempo di cucinare, ma ne hai altrettanto per mangiare. E la noia fa venire una fame!”
“Eheh tranquilla, non c’è problema. Il resto come va? Tutto ok?”
“Il problema c’è invece ed è che sono una cretina, non ti ho neanche offerto da bere. Magari hai fame, hai pranzato?” mi chiede improvvisamente allarmata.
“No tranquilla, sono a posto, e poi adesso devo andare” le rispondo alzandomi e rimettendomi la giacca.
“Di già?” mi fa con un faccino triste che convincerebbe anche gli ossi più duri.
“Resterei volentieri, ma non voglio fare tardi il secondo giorno di lavoro”
“Il secondo giorno del MIO lavoro, vorrai dire”
“Comunque non mi hai risposto, tutto bene?”
“Sì, tutto ok, niente lavoro, niente università, non c’è un granché di ‘resto’ di cui parlare” commenta alzandosi anche lei.
“Ma…”
“Taci, ti accompagno alla porta e non ammetto repliche” dice precedendo qualsiasi mia obiezione.
“Eheh ok… E con Jerry?” le chiedo e dalla sua faccia credo che il velo d’imbarazzo sia nuovamente calato sulle nostre teste per colpa mia.
“Beh, Jerry è a New York con la band, è un po’ che non lo vedo purtroppo. Comunque tutto bene…” risponde a denti stretti.
“Immagino, non deve essere facile. Per fortuna c’è il telefono!” aggiungo, sperando di recuperare la mia ennesima gaffe.
“Già…” commenta aprendo la porta per me e mi sa che non ho recuperato un cazzo.
“Beh allora ti saluto. Mi dispiace lasciarti sola però…”
“Tranquillo, non sono sola, adesso ho il vostro demo a tenermi compagnia” dice sfoderando nuovamente un sorriso.
“Eheh giusto”
“Allora ci vediamo, e buon lavoro!”
“Grazie, e comunque ti aspetto al mini market la prossima settimana, non vedo l’ora di averti ufficialmente come collega”
“Ahahah addirittura? Quale onore!”
“Direi, lavorare con una regina non è cosa da tutti i giorni. Poi il boss mi ha già dato istruzioni su come comportarmi quando farò la notte dopo di voi”
“Noi?” mi chiede perplessa.
“Voi ragazze, devo accertarmi che rientriate a casa sane e salve, nel tuo caso, o che saliate in macchina e siate al sicuro” le spiego quasi ripetendo le stesse parole del capo.
“Oddio, quello è paranoico!” Angie commenta portandosi una mano sulla fronte.
“Beh non ha tutti i torti”
“Ma io abito a cento metri dal negozio”
“Comunque dare un’occhiata non mi costa nulla”
“Sei solo al secondo giorno e già sei asservito al boss, vergognati!”
“Eheh ciao Angie, rimettiti presto, ti aspetto” la saluto, a malincuore.
“Ciao Eddie! E grazie”
“Di nulla…” vorrei aggiungere che quando si sente sola può chiamarmi se le va, ma poi non lo faccio, ho paura di sembrare troppo invadente e non vorrei fraintendesse…
“E poi tanto Jeff la chiama tutte le sere, è un po’ come se lo facessi anch’io” dico tra me e me mentre esco dall’appartamento.

“Ma che ore sono?” chiedo slacciando la tracolla e appoggiando la chitarra a terra.

“Quasi le otto” risponde Jeff che ha appena fatto la stessa cosa col suo basso.

“Uff, io Eddie lo preferivo quando era disoccupato” Mike la sua chitarra non la molla e sbuffando si lascia cadere assieme a lei su ciò che un tempo era stato un divanetto e ora è soltanto un ammasso vagamente informe di finta pelle, stoffa, spugna, vernice, bruciature di sigarette, scritte a pennarello indelebile, briciole, birra e altre sostanze organiche che nessuno si sognerebbe di identificare.

“Se permetti, io lo preferisco adesso che lavora e mi paga metà affitto” Jeff fa la sua legittima obiezione per poi far fuori le ultime gocce di Gatorade rimaste nella bottiglia poco distante dai suoi piedi.

Sì, Ament sta vivendo una delle sue periodiche derive salutiste. Tsk, atleti!

“Cazzate, lo amavi anche quando era un ospite, l’avresti mantenuto per sempre pur di tenerlo con te!” Mike mi ruba il mestiere e lo sfotte mettendosi una mano sul cuore, mentre il bassista, di tutta risposta, gli lancia contro il tappo della sua bevanda ormai esaurita.

“Ehi, sei scemo? Potevi beccarmi in un occhio!” si lamenta McCready.

“Io veramente avevo mirato alla gola”

“La piantate?” intervengo io a sedare la piccola scaramuccia amorosa.

“Va bene. Però non essere geloso, Stoney, ok?” Mike mi fa gli occhi dolci e rimpiango di non avere nulla di non troppo pesante né troppo leggero a portata di mano da tirargli.

“Ad ogni modo, Eddie più in là farà la notte, rendendoci le cose più facili con le prove” spiega Jeff recuperando il tappo dalla sua vittima e piazzando la bottiglia in un angolo del seminterrato assieme alle altre, pronta per essere usata la prossima volta che qualcuno non avrà voglia di farsi le scale per andare ad espletare le proprie impellenze fisiologiche.

“Spero tutto ciò accada prima del 22. Sembra manchi un sacco di tempo, ma in realtà non ci vuole molto” osservo pensando alla nostra prossima data, che poi è solo la seconda.

“Non vedo l’ora!” esclama il chitarrista aggiustandosi il cappello sulla testa.

“Idem. Però vorrei arrivarci preparato. La prima volta avevamo la scusa di essere un gruppo da neanche dieci giorni, ora non abbiamo nessun pretesto a cui attaccarci. Dobbiamo fare bene” aggiungo sedendomi di fianco a Mike, interpretando la parte che ho da subito fatto mia all’interno della band: quella del cagacazzo.

“E noi infatti spaccheremo i culi anche stavolta!” interviene Jeff urlando e dando un sonoro cinque a Dave, interpretando quindi il ruolo di uomo delle caverne come da ventisette anni a questa parte.

“Io spaccherò il culo a Eddie se non arriva entro cinque minuti” Mike sbuffa di nuovo, sapendo che nessuno prenderà sul serio la sua minaccia.

“Non puoi, ci serve” gli fa Ament, per poi rubargli il cappello. Io mi chiedo, che cazzo se lo mette a fare quel cappello se sa che il passatempo preferito di Jeff è levarglielo?

“Mica canta col culo, il resto lo lascio intero” ribatte provocando l’ilarità generale.

“Comunque… non ci serve solo per il gruppo” butto lì quando tutti hanno finito di ridere, ritenendo che ormai i tempi siano maturi per condividere con gli altri le mie scoperte.

“E per cos’altro?” chiede McCready, svaccandosi ancora più comodamente sul divano, per nulla intenzionato a rincorrere Jeff per recuperare il suo copricapo.

“Per un sacco di cose! Ad esempio per pulire il cesso di casa nostra. Lo fa brillare, cazzo, non ho idea di come faccia. Quel ragazzo ha una dote naturale!” interviene l’uomo delle caverne sedendosi per terra.

“Mi fa piacere sapere che sia una casalinga perfetta, ma non è esattamente quello a cui mi riferivo” spiego ai mentecatti.

“E allora a che ti riferivi?” chiede Dave, non incluso fra i mentecatti, non in questa situazione specifica almeno.

“Ci serve perché è la nostra unica speranza per liberarci una volta per tutte da quella zecca fastidiosa!”

“Zecca fastidiosa? E chi sarebbe?” domanda Jeff con voce incerta. Probabilmente sta cercando di capire se la zecca può essere lui e dove voglio eventualmente andare a parare con questa battuta. Peccato che non ci sia ombra di battuta nelle mie parole.

“Secondo te? Chi può essere? Una zecca bionda, che ronza attorno a una persona a noi molto vicina…” cerco di dare degli indizi perché ci arrivino da soli e si risparmino la figura dei tonti.

“Ma chi? Violet?” Mike fa un tentativo. Risposta sbagliata.

“Ma che c’entra Violet?” ribatto ridendo.

“Beh è una zecca, è bionda e ronza attorno a Eddie, che è una persona vicina” spiega Ament, enumerando con le dita le prove secondo lui inconfutabili.

“Ma poi, le zecche ronzano?” domanda Dave, guadagnandosi istantaneamente il titolo di mentecatto onorario.

“Non ho idea se ronzino o meno, comunque avete capito! E non è Violet, è un uomo” dico giocando l’ultimo jolly. Se non capiscono adesso mollo la band.

“Ho capito! Il tizio della vecchia casa discografica che non vuole scioglierci dal contratto!” il bassista punta il dito verso di me e risponde con la sicurezza di un supercampione della Ruota della fortuna.

Va beh, diciamo che la lascio dopo il primo album.

“No Jeff, non è lui” rispondo scoraggiato.

“E allora chi cazzo è? Diccelo e basta, lascia perdere gli indovinelli!” Mike quasi mi implora.

“Cantrell! Sto parlando di Cantrell!” svelo finalmente il grande arcano.

“Cantrell? Cantrell è una zecca?” chiede Jeff con faccia perplessa.

“Non ti sembra che lo sia? Sta attaccato al collo di Angie dalla notte dei tempi”

“Sì, ok… Ma non capisco perché dobbiamo liberarcene. E non capisco cosa c’entri Eddie” replica Mister Montana.

“E io non capisco che cazzo c’entriamo noi” aggiunge Mike.

“Se non capite questi semplici collegamenti vuol dire che non vi siete resi conto di cosa sta succedendo sotto i nostri occhi” comincio la mia arringa passeggiando per il seminterrato con le mani dietro la schiena.

“Ehm mi sa di no” Dave dice confermando la mia ipotesi e grattandosi la testa.

“Eddie e Angie…” proseguo dando le spalle al mio pubblico.

“Sì?” chiede Jeff interrompendo il silenzio sospeso in cui li ho lasciati.

“Eddie e Angie, punto”

“Io non ci sto capendo una mazza, che cazzo ti sei fumato, Gossard?” domanda il chitarrista e io non posso che alzare gli occhi al cielo.

“Cristo Mike! Eddie e Angie insieme! Non credete starebbero bene insieme?” sbotto scocciato. Spero di non dovergli fare un disegnino.

Alla mia affermazione segue un lunghissimo momento di silenzio, se fossimo a Big Sandy ci sarebbero decine di balle di fieno rotolanti in mezzo a noi. I ragazzi hanno ognuno una smorfia diversa e ciascuno osserva un punto indefinito nello spazio di fronte a sé, posso quasi sentire il rumore degli ingranaggi dei loro cervelli mentre cercano di elaborare il concetto che gli ho appena esternato.

“Sì, beh, pensandoci…” azzarda Jeff senza completare la frase.

“Di certo c’entra più lui con Angie che Jerry” aggiunge Dave.

“Merda, vuoi accoppiare Vedder e la Puffa?” Mike chiosa ridendo.

“Non c’è bisogno di accoppiarli, si accoppiano da soli… ehm, no, cioè, non letteralmente, forse, ma non è quello che intendevo!”

“Stai cercando di dirci che Eddie e la Pacifico se la intendono?”

“E IL VINCITORE DI STASERA E’… IL SIG. AMENT, DA BIG SANDY, MONTANA!” urlo e festeggio come in un atto liberatorio: finalmente qualcuno ci è arrivato. Ironico che sia stato proprio il tizio delle caverne.

“Ma sei serio?” mi chiede il vincitore, improvvisamente serio anche lui.

“Sì, che sono serio. Dai ragazzi, è palese! I segni sono chiari”

“I segni?” chiede Mike “Mi sembri un cazzo di predicatore, mi fai paura… Continua!”

“Allora, prima di tutto il primo incontro, ricordate? Si sono intesi subito. Io e te ce lo ricordiamo bene, Mike, vero? Ci abbiamo smenato anche dei soldi”

“Già! Sono andati d’accordo da subito quella sera, che era proprio il loro primo incontro! E come se la ridevano insieme… e non si erano mai visti prima!” conferma Ament, con un tono nervoso che non mi piace. Mah…

“Poi, quando Cornell gli ha proposto di dormire da loro prima di partire, lui ha accettato subito. E, casualmente, chi abita vicino a Cornell? E, sempre casualmente, chi ha incontrato quella sera?”

“E’ vero, mi ha raccontato che l’ha vista, ma non vuol dire niente” commenta Jeff con la sua scrollata di spalle da uomo di poca fede.

“Ok, facciamo che non vuol dire niente. Dopodiché Eddie va a San Diego e tre settimane dopo torna a Seattle, SINGLE. Non vuol dire niente neanche questo?”

“Ahahahah secondo te Eddie lascia la sua fidanzata storica per una che ha visto due volte?” domanda l’altro infedele chiamato Mike.

“Perché no? Può succedere. E’ comunque una bella concidenza”

“Va beh, tutto qui?” mi incalza Dave.

“No signori, c’è ben altro. Non dimentichiamo la lite! Una litigata tra due che si conoscono appena, che assume più i contorni di una lite tra fidanzati. Con lui mogio e disperato, che si ubriaca al pub e prende a testate il tavolo dopo essersi praticamente autoflagellato davanti a noi e lei che fa la dura e non gli parla, anzi, non si fa neanche vedere per giorni!”

“Devo ammettere che per quello che era, ovvero una cazzata, la cosa è sembrata esagerata anche a me” replica Mike in un attimo di evidente lucidità.

“Vedi?”

“Beh magari hanno un’intesa, anzi, sicuramente ce l’hanno, ma può essere del tutto amichevole” i paraocchi di Ament intervengono anche in questa conversazione.

“L’intesa non è amichevole e se è amichevole lo dobbiamo solo alla zecca, che si mette in mezzo!”

“Beh, in realtà Ed è arrivato dopo, quindi se fosse vero quello che dici, tecnicamente è lui che si mette in mezzo…” Dave si butta nella spiegazione tecnica di un cavillo.

“Ma Jerry con Angie c’entra come i cavoli a merenda, quindi quello fuori posto è lui!”

“Uhm ok… se lo dici” risponde il batterista, ha capito che assecondarmi è la via più semplice.

“E dopo quella lite furibonda? E’ finito tutto a tarallucci e vino, anzi, sono più vicini di prima, sempre di più! Lei gli fa i dolci personalizzati, lui la chiama regina… non vedete che sono tutti picci picci?”

“Sono che?!” esclama Jeff disgustato.

“E la sera al London Bridge? A parte il fatto che lui è rimasto imbambolato come un coglione appena l’ha vista… quando rientriamo dopo la partita lei resta fuori… e, sempre per caso, dopo pochi minuti lui sgattaiola via e la raggiunge. Poco dopo esco e li trovo vicini, impegnati a divertirsi un mondo parlando di chissà cosa, e quando si accorgono di me, tutti imbarazzati, soprattutto lei, se ne escono fuori con la cazzata che stanno giocando a basket. Dico io, te la vedi Angie che gioca a basket?”

“Eheheh no, per niente!” ammette McCready.

“E allora? Fate 2+2 ragazzi, come ho fatto io”

“E tu quando l’hai fatto questo 2+2?” mi chiede Jeff guardandomi storto.

“L’altra sera, quando Angie si è azzoppata e siamo andati da lei”

“Cioè quando hai rotto il cazzo tutta la sera, rendendoti anche ridicolo?” insiste il bassista col suo sorriso fuori luogo.

“Sì, esattamente quella sera. Più precisamente quando Angela si è buttata su Vedder in stato di semi-incoscienza, lì ho capito tutto. E’ stata come una rivelazione, tutte le tessere hanno cominciato ad incastrarsi al loro posto una dopo l’altra, e senza che mi sforzassi”

“Non è che queste tessere erano intrise di acido e tu le hai mandate giu come se non ci fosse un domani?” Jeff sghignazza alle mie spalle.

“E l’ultima tessera? Il demo. C’è da portare il demo alla povera derelitta, chi si offre volontario dopo 0,3 secondi netti da quando viene posta la domanda? Eddie. Guarda un po’ che caso”

“Voleva semplicemente passare a trovarla e vedere come stava, sai, quello che fanno gli amici, AMICI. Anche noi l’abbiamo fatto”

“Ok, Jeff, cullati nella tua ignoranza” mi arrendo perché non so più cosa dirgli.

“No, sei tu che ti culli nel rompere i coglioni agli altri. Hai finito con Cantrell e adesso vuoi attaccare con Eddie? E no eh, basta!”

“Io non per nulla ho finito di rompere i coglioni a Jerry! E soprattutto non ho intenzione di farlo con Eddie, anzi!”

“Come anzi?” chiede Krusen.

“Anzi! Io sono dalla sua parte, faccio il tifo, un tifo da cheerleader. L’ho detto che è la nostra unica speranza, no? Spero che la spunti, così Cantrell tornerà ad essere l’adorabile coglione di una volta che tutti amiamo e non il coglione che vuole prendere per il culo una nostra amica”

“Quindi, li vuoi accoppiare! Avevo ragione!” Mike grida reclamando una parte di merito.

“Sì beh, diciamo che non li ostacolo, tutt’altro, farò di tutto per favorire questa unione. ANZI, dovremmo farlo tutti!”

“No, cazzo, ti prego, questo è ancora peggio!” si lagna il nostro skater.

“Prego?”

“Con Jerry dovevamo fare le spie, le sentinelle, le guardie del corpo. Con Eddie dovremmo fare i ruffiani? Ma non puoi semplicemente lasciare che le cose seguano il suo corso senza intrometterti?”

“Parla quello che voleva dare il numero di Eddie a Angie prima ancora di conoscerlo” borbotto tra i denti.

“Lo sapevo che non dovevo dirtelo! Era una battuta! E comunque passare un numero è una cosa soft”

“Beh anch’io sono per le cose soft, stordirli col sonnifero e piazzarli nello stesso letto non rientra nei miei piani, Jeffrey!”

“Non chiamarmi-”

“E cosa avresti in mente?” mi chiede Mike interessato. Chissà se lo è per il bene di Angie o perché pensa che sistemarla con Eddie gli permetterà di eliminare un uomo piacente e celibe dalla rosa delle papabili scelte di Meg.

“Mah, non saprei… Eliminare Violet per esempio. Non letteralmente, è ovvio”

“Wow, grazie per la precisazione Stone, io davo già per scontato volessi ucciderla” Jeffrey sta cominciando a scoprire la magia del sarcasmo, il piccolo sta crescendo!

“Basta farla mettere con un altro. Mi offro volontario!” Mike alza la mano e la agita scompostamente.

“Zitto tu, che già hai tradito Meg con la tipa della concessionaria, non esagerare” lo rimbrotto.

“Tradito?! A parte che con Meg è tutto finito…”

“Certo” commentiamo in coro noi tre.

“E a parte che è stata lei a chiudere, con Melanie sono uscito solo una volta. E poi che cazzo volete, fatevi gli affari vostri!”

“Disse colui che fino a tre secondi prima si stava facendo amabilmente i cazzi del cantante della sua band e della migliore amica della sua ex” aggiungo io ridacchiando.

“MA SEI TU CHE MI HAI OBBLIGATO, STONE!”

“Come no, ti ho puntato una pistola alla tempia. Cooomunque non serve trovarle marito, basta fare in modo che Jeff eviti di portarla quando usciamo” dico rivolgendomi direttamente al nostro amato bassista, che smette di ridere.

“Non sono io che la porto, l’ho spiegato anche a Eddie” si difende lui.

“Ok, dì alla tua ragazza di smetterla”

“Ma non è neanche Laura! Non sono nemmeno amiche in senso stretto, è solo una sua compagna di corso, che si trovava per combinazione a casa sua la sera del ritorno a Seattle di Eddie. L’ha invitata quella volta per educazione. Solo che questa da quando ha conosciuto Ed non si stacca più, la tampina”

“A me sembra semplice, quando usciamo basta non dirglielo” osservo perplesso.

“E’ inutile, Violet ha iniziato a frequentare i posti che bazzichiamo noi, anche se non le diciamo niente sa come trovarci” spiega Ament.

“E allora cambiamo posti.” commento senza scompormi “Hanno aperto una nuova discoteca house sotto casa mia, possiamo provare”

“Oppure possiamo provare a ucciderla, potendo scegliere lo preferirei” confessa Mike improvvisamente allarmato.

“Scherzavo! Dai, ci verrà in mente qualcosa. Resta il fatto che dobbiamo toglierla di mezzo”

“Togliere di mezzo chi?” la voce di Eddie alle mie spalle ci fa trasalire tutti. Perché non ho sentito i suoi passi? Tanto vale essere sinceri. In parte.

“Violet, vogliamo farti un favore” gli rispondo con un sorriso che convincerebbe qualunque giuria.

“Caspita, vi sarei riconoscente a vita! Comunque buona sera, e scusate il ritardo”

“Nah, tranquillo! Però adesso bando alle ciance e mettiamoci al lavoro” replica Mike alzandosi e dandogli una pacca sulle spalle.

“Come sta Angie? Le hai dato il demo?” la butto lì innocentemente. Spero che Eddie non percepisca la raffica di sguardi che mi trafiggono in questo momento, per fortuna è intento ad armeggiare col microfono.

“Sì, l’ho vista prima di andare al lavoro. Sta bene, però mi sembra un po’ annoiata, si è stufata di stare a riposo forzato”

“Ci credo, una settimana a casa, sclererei anch’io!” aggiunge Dave.

“Una settimana a casa, con Jeff che ti chiama tutte le sere, precisiamo!” aggiungo ridendo. Lo so, sono un bastardo, ma è più forte di me.

“Vaffanculo” il dito medio di Jeff è accompagnato da una didascalia vocale.

“Credo si senta un po’ sola, magari torno a trovarla domani…” aggiunge Vedder e ora gli sguardi stanno trafiggendo lui “Ehm, venite anche voi?”

Questo demo prenderà presto il posto di quello di Eddie nella Angiemobile… però un po’ mi dispiace. In fondo mi ci sono affezionata a quel primo suono e a quella voce. Sì, ok, è sempre la stessa. Ma io mi sono affezionata a quella. Ad ogni modo adoro la voce di Eddie, l’ascolterei per ore… ma non ritengo opportuno dirglielo in questi termini, primo perché da quel che ho capito non è un fan dei complimenti e secondo perché mi prenderebbe per una pazzoide. Ne è passata di acqua sotti i ponti da quando Stone mi ha presentata come groupie minorenne, e l’uomo fossetta di certo non ci ha creduto neanche per un nanosecondo, ma è meglio non rischiare. Meglio non dirgli che quel trittico di canzoni meravigliose e maledette accompagna tutti i miei spostamenti nel traffico da più di due mesi a questa parte, che ormai conosco a memoria anche i respiri e i suoni di sottofondo, persino lo starnuto di qualcuno a cui Eddie risponde “salute”. Sarà stato di Beth? Altra cosa da non chiedergli. Mi rendo conto che, a furia di non fargli domande, dopo oltre due mesi non so praticamente niente di lui, se non le poche informazioni che mi ha dato la prima volta che abbiamo parlato dopo il debutto dei ragazzi, quello che sento dagli altri e quello che racconta nelle sue canzoni e che deduco essere almeno in parte autobiografico. Vediamo, so che è di San Diego, che il padre è morto e che lui e la fidanzata hanno rotto dopo secoli, che gli piacciono le telepromozioni in tv ed è vegetariano, che fa surf, gioca a basket e non dorme molto. E so che ha talento da vendere, un’altra grande voce nel calderone di questa città. A volte ci penso: Chris, Layne, Lanegan, Kurt… cosa danno da mangiare ai figli nello stato di Washington? Beh Eddie è un cittadino acquisito, un cittadino di cui dopotutto qualcosina conosco e quello che non conosco lo posso intuire attraverso i suoi silenzi. E’ la classica persona con la quale bisogna prestare più attenzione a quello che non dice piuttosto che a quello che dice. Anche perché quando non dice niente ascolta, ascolta tutto e ha un’ottima memoria. Caspita, in fondo non lo conosco poi così poco. Però lui sa persino che mi piacciono i ricci, non è giusto! Non mi aspettavo mi venisse a trovare oggi, non per conto suo almeno. Fra tutti quanti probabilmente era l’unico ad essere libero in orari umani per potermi portare il demo. Comunque è stato carino. Sarebbe un amico perfetto se solo non riuscisse regolarmente a mettermi in imbarazzo, fortunatamente credo di avergli spesso reso pan per focaccia, un’abitudine che spero di mantenere anche in futuro.

Le mie considerazioni su Eddie, assieme all’ascolto del demo e al vano tentativo di studiare Tecnica della produzione cinematografica, vengono interrotte dallo squillo del telefono. L’agitazione è breve e dura solo il tempo di dare un’occhiata all’orologio e scoprire che è l’ora della chiamata del mio fratello maggiore.

“Hey Angie! Sei più veloce nel venire a rispondere, vuol dire che stai meglio!” Jeff se la ride e nel frattempo sento che borbotta qualcosa, probabilmente rivolgendosi a qualcuno di fianco a lui.

“Oppure che mi porto dietro il telefono, genio” ribatto mentre mi decido ad andare in cucina e preparare qualcosa per cena, in attesa del ritorno di Meg. Dopo la pizza di oggi non ho voglia di altro cibo take away o surgelati da scongelare al microonde.

“Noto che la simpatia non viene mai meno. Comunque volevo darti un incoraggiamento, Eddie ci ha detto che va un pochino meglio, è vero?” mi chiede e ho come la vaga impressione di aver sentito una strana inflessione della sua voce sul nome Eddie.

“Sì è verissimo, dalla prossima settimana torno a tormentarvi, è ufficiale”

“Sei sicura? Forse dovresti stare ancora a riposo”

“Nah, oggi il dottore mi ha detto che è tutto ok, anzi, che devo assolutamente tornare a camminare al di fuori di queste quattro mura e che mi farà bene”

“Ottimo! Mi spiace non essere riuscito a passare in questi giorni, Eddie… ci ha detto che ti stai rompendo le palle alla grande” aggiunge Jeff, stavolta con una bella pausa dopo il nome del cantante.

“Eddie vi ha detto un sacco di cose, eh?” osservo ironicamente mentre sono intenta ad affettare le verdure e tengo il cordless in equilibrio precario tra spalla e orecchio.

“Che? Ma va, solo queste due! Ahahah! Perché, doveva dirci altro?” Jeff diventa improvvisamente serissimo sull’ultima domanda, una stranezza in più nella telefonata di stasera.

“Mmm no, che doveva dirvi?” replico cercando di capire dove vuole andare a parare. Oddio, non è che Vedder ha spifferato tutto su me e Jerry? In quel caso, voce o non voce, è morto.

“Niente, chiedevo così… Che stai facendo?”

“Prima stavo cercando di studiare, ascoltando il vostro demo, che ovviamente ha catturato completamente la mia attenzione e mi ha impedito di proseguire con il mio primo intento”

“Mi sembra giusto, prima il dovere e poi il piacere, prima il nostro demo e poi lo studio. Cosa ne pensi, cara?”

“Cosa vuoi che ne pensi, Jeff, è una bomba!”

“Dici sul serio?”

“No, per finta. Certo che dico sul serio e lo sai anche tu che è forte, il disco spaccherà”

“Non è male in effetti, ma come ben sai ho imparato a non cantare vittoria troppo presto…” aggiunge il bassista dopo un sospirone.

Prima di lasciarsi convincere da Stone e Mike a seguirli anche in questa avventura, Jeff si era quasi convinto che per lui non fosse destino vivere di musica. I Green River? Sciolti prima del salto di qualità. I Mother Love Bone? Il cantante muore poco prima dell’uscita del primo disco. Non so esattamente in cosa creda Jeff, ma sono sicura che nel suo personalissimo pantheon delle divinità la sfiga occupi un posto rilevante. Prima di rimettersi in gioco con i Mookie Blaylock era certo di essere vittima di una specie di maleficio e sospetto che non abbia ancora del tutto abbandonato questa convinzione.

“Jeff, lo so che nei film in genere a questa affermazione segue un disastro di proporzioni bibliche, ma visto e considerato che non siamo in un film… cos’altro può succedere?”

“ECCO. Ecco, l’hai detto, ora siamo fottuti! Si salvi chi può!” risponde sghignazzando, ma secondo me, approfittando del fatto che non lo vedo, sta toccando ferro.

“E aggiungo pure che l’album farà il botto, anche a livello di vendite. Alla faccia di Mark Arm”

“Ahahahah e io ci godo. Ovviamente solo per fare un dispetto a lui, del fatto di poter finalmente campare facendo il mestiere che amo fare non me ne frega un cazzo”

“Non avevo dubbi, non c’era neanche bisogno di specificarlo” commento mentre cerco di non far cadere il telefono nella padella.

“E’ facile fare il musicista indie quando hai mamma e papà che ti parano il culo, che provasse a fare la mia vita poi vediamo se gli fanno schifo le major! Che poi è un amico…”

“E menomale, se foste nemici che fareste? Una bella scazzottata e via?”

“Non credere che non l’abbiamo già fatto”

“E io mi sono persa la scena? Dovete assolutamente replicare”

“No, grazie, sono un uomo di pace in tutto e per tutto. Ora ehm ti devo lasciare, dobbiamo continuare con le prove”

“Tranquillo, vai pure, e grazie per la chiamata. Grazie per tutte le chiamate, Jeff, non sentirti in obbligo di telefonarmi tutti i giorni, io sto bene” gli dico sinceramente, anche se sotto sotto spero continui a farlo.

“Non è un obbligo tesoro, mi manchi, manchi a tutti noi”

“Per fortuna ti sei corretto, Laura stava già partendo da casa sua con un panzer” mi permetto di scherzare, la ragazza di Jeff sa benissimo che sono totalmente innocua.

“Quanto sei scema! Buona serata Angie, ti salutano tutti” e non appena lo dice sento in sottofondo una sequela di ciao di tutto il gruppo, seguita da un “Muoviti Jeff” che credo di poter attribuire a Stone.

“Grazie, ricambia con un bacio a tutti. Uno per uno ovviamente, ti lascio scegliere dove”

“Bleah che schifo! Te li baci tu quando torni”

“Non fare così, potresti ferire i sentimenti di Stone”

“Ahahah che vada affanculo”

“Tanto lo so che state sparlando di me, cazzona!” Stone si avvicina alla cornetta e spacca i timpani a entrambi.

“Da cosa l’avrà dedotto?”

“Che cazzo ti urli, idiota!” protesta Jeff.

“Va beh noi entriamo, ciao Angela!” Gossard mi saluta ed è seguito da un altro coro di ciao.

“Ti saluta anche Eddie, eh” aggiunge Jeff quando la ciurma si è già allontanata dalla cabina del telefono.

“Ehm ok…” rispondo perplessa “è ovvio che mi saluti anche lui, è lì con voi”

“Eh già… te lo saluto come gli altri allora?” continua con questo tono ambiguo.

“Certo, perché non dovresti?”

“No, così…”

“Cos’è stasera questa cosa di Eddie?”

“Ma niente, era una battuta” replica soffocando una risata.

“E… mi sa che non l’ho capita però” insisto chiedendo lumi.

“Niente, niente, è una cosa nostra, scusa… Ci sentiamo domani!”

“Ok, a domani”

Boh? E Jeff dovrebbe essere tra i più sani del gruppo. Procedo con la mia preparazione tagliando il formaggio a cubetti quando il telefono squilla di nuovo. Mollo il coltello e prendo il cordless alzando gli occhi al cielo.

“Jeff, si può sapere che cazzo avete fumato stasera? E cos’è questa storia di Eddie?”

“Ehm ciao Angie” risponde una voce un po’ incerta, ma ben nota.

“Jerry? Oh merda”

“Beh, mi pare di capire che sei contenta di sentirmi” dice con una risatina sarcastica. Prima sparisci poi fai il simpatico, ma perché non esplodi?

“Ma certo che sono contenta! Pensavo fossi Jeff che faceva l’idiota” preciso, pentendomi subito dell’entusiasmo messo in quel ma certo che sono contenta. Non è affatto certo, anzi, dovrei essere incazzata.

“E invece sono io che faccio l’idiota, va bene lo stesso, piccola?”

“Eheheh sì dai, mi accontento”

Ma perché rido come un’oca? Cerca di sembrare almeno un po’ irritata, cazzo!

“Grazie. Come stai, piccola? Va meglio la gamba?” mi chiede come se gliene fregasse qualcosa.

“Sì, molto meglio, oggi ho fatto un controllo e mi hanno detto che è tutto a posto, la prossima settimana tornerò a sgambettare come prima eheh”

La vuoi smettere di gongolare?

“Menomale, ero un po’ preoccupato. Tra l’altro, scusa se non mi sono fatto sentire” aggiunge, degnandosi finalmente di scusarsi.

“Ma va, tranquillo, ho immaginato fossi un po’ preso…”

Va beh, ma allora vai proprio a ruota libera oggi, il cervello l’abbiamo messo sotto chiave.

“Un po’ preso è dire poco, più dalle merdate promozionali che per altro. Cioè, mi fa piacere andare in giro a incontrare i fan, fare autografi o presentare il disco, però fondamentalmente il mio lavoro è suonare…”

“Beh, sì, alla lunga deve essere stancante…”

Cos’è, stai pure a sentire i suoi problemi adesso? Sei il telefono amico delle rockstar che non hanno due minuti liberi per fare una fottuta telefonata?

“E alla fine quando avevo finalmente il tempo di chiamarti, in genere al mattino, mi rendevo conto che lì a Seattle era notte fonda, non potevo mica svegliarti”

Questa è la scusa più patetica che io abbia mai-

“Eheheh no beh, figurati… Comunque volendo potevi, tanto sia io che Meg non ci svegliamo neanche con le cannonate, avrei trovato il messaggio il giorno dopo”

A questo punto tanto vale che ti scrivi Benvenuti sulla schiena e ti sdrai a terra a mò di zerbino.

“Non ci ho pensato piccola, volevo parlarti a tu per tu… Mi perdoni?”

“Non c’è niente da perdonare,” COME NO? “ero solo un po’ preoccupata perché non avevo notizie”

“L’averti fatto preoccupare non è niente, quando torno mi faccio perdonare, promesso”

“Quando torni?” chiedo, con una certa impazienza, chiaramente percettibile nella voce.

“Domani sera, piccola. Poi appena mi riprendo ci vediamo, ti vengo a trovare al volo”

“Ah certo, immagino che dovrai recuperare anche i bagordi newyorkesi…” replico con un po’ di acidità, finalmente.

“Ti stupirò, ma a parte un rapido incontro ravvicinato con l’alcol, in questi giorni ho fatto il bravo ragazzo”

Non ci credo neanche se mi porta una documentazione filmata minuto per minuto.

“Davvero?”

“Giuro. Più che altro non mi andava di fare figure di merda nelle interviste”

“Peggio di quelle che fai di solito è difficile”

Ah ma faccio addirittura del sarcasmo? Allora è rimasto qualcosa della mia coscienza, non sono completamente lobotomizzata.

“Ah-ah, mi mancavano le tue frecciate, sai?”

“Sì?”

“Sì. Mi manchi”

“Cos’è, la parola d’ordine di oggi?” chiedo mentre mi specchio nel piano cottura e noto che sto chiaramente arrossendo. Ma nemmeno un briciolo di dignità?

“Perché, chi altro te l’ha detto? Guarda che sono geloso, dovresti saperlo”

Talmente geloso che non mi caghi per giorni.

“Jeff, ma lo diceva per dire…”

“Mmm quando torno devo ricordarmi di tenerlo d’occhio”

“Ahahah scemo”

“Comunque a me manchi di più”

“Anche… anche tu mi manchi…”

La pianti di renderti ridicola?!

“Domani corro da te appena scendo da quel cazzo di aereo, giuro”

“Ma no, non ti preoccupare. Ci vediamo con calma martedì o mercoledì, ok?”

“Va beh, poi vediamo”

“Ora ti devo lasciare” gli dico recuperando un po’ del polso ormai perduto.

“Perché? Che devi fare?” mi chiede un po’ stupito e irritato. Non mi chiami per giorni, ma poi quando mi chiami devo stare al telefono quanto cazzo vuoi tu?

“Devo finire di preparare la cena e apparecchiare, tra poco arriva Meg”

“Non vale, anch’io voglio essere coccolato da te…”

“Sei geloso anche di Meg adesso?”

“Un po’. Ok, allora ti lascio andare alle tue fatiche culinarie”

“Buona serata Jer. Ecco, magari domani chiamami quando arrivi”

“Sarà fatto, padrona. Appena torno dall’aereoporto ti telefono, ok? Un bacio”

“Ehm ci vediamo”

Complimenti, Angie. Tu sì che sai farti valere.

**

Quando metto giù la cornetta mi sento più leggero. A dire il vero mi sono rilassato dal momento in cui ho sentito la sua voce. Questa telefonata mi terrorizzava, motivo per cui l’ho rimandata il più possibile, invece è andata bene, con la solita alchimia tra me e lei. Ho bisogno di parlare con lei, cazzo, ma non è ancora il momento.

“Dall’aereoporto? Che cazzo ci vai a fare all’aereoporto domani?” la voce di Sean irrompe nei miei pensieri.

“Niente”

“Come niente? Con chi parlavi?”

“Nessuno, un amico”

“Un amico a cui racconti cazzate grosse come una casa a quanto pare” commenta lo stronzo rubandomi una sigaretta dal pacchetto sul tavolino.

“Che t’inventi?”

“Beh, magari sono io che sono stupido o è quello che ci siamo appena fumati a farmi delirare, ma a me non sembra di essere a New York”

“Sei un bastardo, da quant’è che origli?”

“Mica origlio, sei nel mio appartamento, sul mio divano, se non vuoi farti sentire vai a telefonare a casa tua, testa di cazzo!”

“Che ne so, eri al cesso”

“Non mi serve un’ora per una pisciata! Comunque, con chi parlavi?” chiede sedendosi sulla poltrona di fronte.

“Non sono cazzi tuoi”

“Tanto lo so già: Angela”

“E se lo sai allora perché me lo chiedi?”

“Perché mi piace vedere come ti rendi ridicolo. Allora, perché gli hai inventato questa stronzata? Ti devi vedere con qualcuna?” insiste mentre scrolla la sua sigaretta, mancando totalmente il posacenere.

“Non devo vedermi con nessuna, solo… è complicato”

“Semplificamelo”

“Non si può semplificare”

“E allora parla e basta, dai, mi sembri una teenager alle prime mestruazioni”

Alla fine gli racconto tutto, da quando Layne ci ha sgamati alla mia fuga rocambolesca dall’appartamento di Angie, con le sue mani ancora allacciate dietro al mio collo mentre ero sulla porta. Lo so, Sean non è esattamente il confidente sentimentale ideale, ma al momento non ho nessun altro a portata di mano.

“AHAHAHAHAHAHAHAHAH”

“Faccio così tanto ridere?” gli chiedo perplesso.

“Merda, sì! Sei meglio del Saturday Night Live! AHAHAHAHAHAH”

“Andrai avanti per molto?”

“No, ok, hai ragione, sono uno stronzo irrispettoso, adesso parliamo seriamente” risponde asciugandosi le lacrime dagli occhi e cercando di ricomporsi.

“Seriamente? Ora sei tu che fai ridere”

“Guarda che so essere serissimo quando voglio! Ed è quello che farò ora, dandoti anche la soluzione definitiva a tutti i tuoi problemi”

“Implica una corda e uno sgabello?”

“No”

“Allora non è definitiva”

“Come sei drammatico, Jerry!” commenta ridendo “E’ questo il tuo problema”

“Ah sì?”

“Jerry, tu pensi troppo”

“Da quando? Non ho mai pensato in tutta la mia vita”

“Appunto, e ti è andata più o meno bene, no? Perché dovresti cominciare ora?” aggiunge alzandosi e dirigendosi in cucina, per poi tornare con due birre.

“Perché forse ora è il caso di farlo”

“Sbagliato, sbagliatissimo! Con Angela ci stai bene, perché inizi a farti paranoie?” domanda passandomi la bottiglietta.

“Perché non voglio fare casini, ci tengo a lei”

“E siccome ci tieni vuoi scaricarla? Logico”

“Magari se chiudo adesso non faccio troppi danni” ribatto per poi finalmente bere un bel sorso.

“Certo, piantarla giusto dopo che te la sei scopata avrà un impatto minimo su di lei”

“Ma… cazzo”

“Ormai ci sei dentro Jer, tanto vale che te la godi questa situazione, no?”

“Finché dura,” aggiungo “finché non si accorge che sono uno stronzo”

“Se è sveglia lo sa già che sei uno stronzo, ha solo il classico istinto da crocerossina di tutte le ragazze intelligenti, ma ingenue”

“Cioè?” chiedo incuriosito.

“Sente di poterti cambiare, salvare. E chi lo sa, magari ci riesce pure, se glielo permetti”

“Ma io non voglio cambiare!”

“Non sto dicendo che devi cambiare, però puoi provare”

“Provare?”

“Sì, fai conto che sia un test”

“Angie, un test” ripeto incredulo.

“Ma sì, tanto ormai se la lasci diventi automaticamente uno stronzo, tanto vale non forzare le cose e lasciare che seguano il loro corso, non credi?”

“Devo aspettare che mi molli lei?” chiedo stranito, perché non ci sto capendo nulla.

“Non devi aspettare un cazzo, devi stare con lei e basta! Stare con lei e vedere come va, senza pensare troppo”

“Dici?”

“Dico sì! E’ nata questa cosa con lei? Allora approfittane, onestamente, quando ti ricapiterà l’opportunità di provare una relazione seria? Se non fai un tentativo adesso potresti dover aspettare anni”

“Una relazione seria” ripeto ancora a pappagallo, terrorizzato dalla scelta di aggettivi del mio batterista.

“Beh, sì, seria, in senso lato ovviamente”

“Come fa a essere seria in senso lato, o è seria o non lo è!”

“Vedi che pensi troppo, cazzo! Fottitene, tu le piaci, lei ti piace, tecnicamente siete già alla frutta, tutto quello che viene in più è grasso che cola, no?” osserva finendo la sua birra.

“E se mi prende ancora il panico?”

“Nah, non succede. Con le due tipe che hai rimorchiato in quel bar la sera dopo il concerto non mi pare ti sia capitato”

“Ma non erano Angie”

“Ma erano due e tu eri bello pieno, se il tuo cuoricino ha retto vuol dire che sei sano. E’ tutto nella tua testa, stacca la spina al cervello e tutto si sistema, vedrai”

“Cazzo, non fa una piega” concludo dopo un attimo di riflessione.

“E comunque, cos’hai da perdere?”

Già, cos’ho da perdere?

“Dai mamma, tranquilla, ti ho detto che non è niente, domani torno al lavoro”

“Se non è niente, perché non me l’hai detto subito?”

E infatti, non mi sarei dovuta limitare a non dirglielo subito, non avrei dovuto parlargliene affatto. Lo so com’è fatta, no? In questo momento vorrei tanto avesse risposto mio padre, meglio lui e le sue battute sui miei presunti fidanzati che le prediche di mamma. Non che lei sia meno interessata alla mia vita sentimentale, ma quando sente che non sto bene la sua indole da chioccia apprensiva prevale su ogni cosa.

“Proprio perché non volevo farti preoccupare inutilmente, è una cosa da nulla”

“Se è una cosa da nulla allora perché me lo dici?” chiede la campionessa di rigiramento di frittate.

“Perché a Natale torno a casa e ho pensato che se mi avessi visto il livido avrei dovuto darti una spiegazione e a quel punto te la saresti presa ancora di più, o sbaglio?”

“Diciamo che non sbagli”

“Comunque sto bene, davvero, è stata solo una stupida caduta. Sono andata in ospedale, ho seguito le direttive del medico, Meg non mi ha fatto muovere un passo per giorni e ora sono guarita”

“E per fortuna che c’è Meg, tu saresti stata capace di tornare a lavorare il giorno dopo arrancando con un bastone in mezzo ai tavoli”

“Non male come idea… però un bastone di quelli fighi, col pomello lavorato in argento”

“Angie”

“O in peltro, con un bel teschio”

“Piantala”

“Anzi, no, una testa di drago!”

“Spero che almeno Stone ti abbia coccolata un po’ in questi giorni” mia madre ridacchia dall’altro capo del telefono. Lei sì che sa come distruggere la mia comicità sul nascere.

“Mamma, te lo ripeto per l’ultima volta, e spero tu stia registrando la conversazione anche per papà: STONE NON E’ IL MIO RAGAZZO”

“Sì, lo so, è un amico”

“Ecco”

“Un amico speciale” aggiunge Janis e io non posso che portarmi due dita alla tempia, fare un respiro profondo e contare fino a cinque.

“No! E’ un semplice, banale, noiosissimo amico, niente di più”

“Tesoro, guarda che non c’è niente di male se hai un ragazzo”

“Lo so”

“E’ una cosa naturale, ti ho sempre detto che con me puoi parlare tranquillamente di tutto, anche di queste cose”

E ci mancherebbe altro, con una madre ginecologa poter sfuggire ai discorsi su queste cose è praticamente impossibile. Non avevo ancora compiuto cinque anni quando ho ricevuto il mio primo libro illustrato di educazione sessuale e in casa nostra il sesso e le relazioni sono da sempre considerati alla pari di qualsiasi altro argomento di conversazione affrontabile a tavola. Io non dico di invidiare quelle famiglie in cui la sola parola sesso è considerata un tabù, però secondo me un po’ di pudore è umano. Insomma, i genitori un minimo di cazzi loro in merito se li devono fare.

“Lo so perfettamente, non temere. Ma, davvero, non c’è niente da dire su Stone: non è il mio ragazzo”

“Ok, ti credo”

“Meno male”

“E allora chi è il tuo ragazzo?” mia madre assesta la sua sapiente stoccata.

“Nessuno”

“Ahah certo”

“Che ti devo dire? Non mi si fila nessuno, la cosa non dovrebbe stupirti”

“Invece la cosa mi stupisce. Comunque c’è qualcuno, ammettilo”

“Va beh, se lo dici tu” faccio spallucce per risultare più credibile, anche se non mi può vedere.

“Lo dico perché lo so”

“E che ne sai? Mi hai messo delle spie ninja alle calcagna?”

“Una madre queste cose le sa”

“Ahahahahahah no ti prego, questa me la devo tatuare, a caratteri cubitali!”

“Ridi ridi”

“O gotici? Che dici, meglio sulla schiena o sulla pancia?”

“Guarda, probabilmente tu neanche te ne rendi conto, ma da un po’ di tempo sei diversa. Lo percepivo già al telefono, ma poi quando sei tornata a casa ne ho avuto la conferma” spiega millantando abilità percettive paranormali. Ad oggi, il suo unico potere universalmente riconosciuto è quello di farmi innervosire. Non devo cedere!

“D’accordo. Senti, io ora dovrei farmi da mangiare. Nel frattempo perché non vai a far revisionare i tuoi sensi di ragno? Stanno perdendo colpi”

“Angie, puoi fare la spiritosa quanto vuoi, ma io lo so che sei innamorata e presto o tardi cederai e dirai tutto alla tua mamma”

“Ha! Aspetta e spera. E comunque, a parte il fatto che non è vero…”

“Mm mm”

“… Anche se fosse, essere innamorata non equivale ad avere un ragazzo. Potrei essere innamorata e non corrisposta, cosa che mi capita nel 90% dei casi. E tu dovresti saperlo” ribatto, anche perché i miei amori platonici e non ricambiati sono gli unici di cui le abbia mai reso un’ampia e dettagliata cronaca.

“Nah, non stavolta. Sei felice”

“Ahahah quindi se sono felice dev’essere per forza per merito di un ragazzo? Non eri femminista una volta? Non posso essere felice per l’università, per gli amici, per il mio lavoro, per la mia indipendenza?”

“Certo che puoi, e lo sei. Ma hai un motivo di felicità in più, te lo leggo negli occhi e nella voce”

“Hai ricominciato a farti le canne con papà? Non siete un po’ troppo vecchi?”

“Siamo giovanissimi, mia cara! Va beh, lasciamo perdere, tanto non mi dici niente”

“Oh, finalmente”

“Comunque se cambiassi idea…”

“Sì, lo so, tu e papà siete sempre disponibili all’ascolto” rispondo ripetendo il vecchio ritornello e nello stesso istante suonano al citofono.

“Ti lascio andare, mi sa che hai visite”

“Nonostante l’età, noto che l’udito funziona bene”

“Magari è Stone” ribatte la donna impermeabile al sarcasmo per eccellenza.

“MAMMA!” esclamo stremata mentre apro il portone senza chiedere chi è.

“Non ho detto niente, ho detto solo che magari è lui, non può andare a trovare una sua amica?”

“Ciao mamma, ci vediamo a Natale”

“Però ci sentiamo di nuovo prima, vero?”

“D’accordo, saluta papà”

“E tu salutami il tuo ragazzo”

“Ma-” provo a ribattere, ma la perfida ha già riattaccato.

E una volta aperta la porta di casa in attesa del visitatore misterioso, mi guardo attorno nel corridoio in cerca di eventuali spie ninja. E’ l’unica spiegazione che riesco a darmi, o vogliamo veramente credere all’istinto materno? No, molto più probabile che stia pagando Meg sotto banco per avere informazioni. E mentre faccio queste considerazioni al limite dell’assurdo, un sorriso noto appare in fondo al corridoio e si avvicina.

“Ciao Angie”

“Eddie, ciao” lo saluto perplessa. Già non mi aspettavo passasse ieri, figuriamoci oggi.

“Ti disturbo?”

“No, tranquillo, ero al telefono con mia madre” gli rispondo facendolo entrare e invitandolo ad accomodarsi sul divano.

“Ok, allora ti ho disturbata”

“Ahahah no, davvero. Anzi, mi hai salvata dal solito interrogatorio. Sai come sono fatte le mamme…”

“Eh già… Ah, ti ho portato qualche rivista, per superare gli ultimi momenti di riposo forzato” Eddie apre lo zaino e tira fuori una copia di Rolling Stone e un paio di magazine cinematografici. Gli occhi mi cadono inevitabilmente su quello che ha in copertina Johnny Depp e temo stiano brillando di luce propria.

“Grazie!”

“Comunque, visto che ieri sono dovuto scappare subito, ho pensato di passare un po’ prima oggi, spero non sia un problema” spiega e io ancora non riesco a capire il motivo della sua visita. Cioè, capisco che sia passato a trovarmi per vedere come sto, ma ci siamo visti ieri. Devo sembrargli proprio una povera disperata.

“Hai fatto benissimo. Tra l’altro stavo per prepararmi qualcosa, tu hai già pranzato?”

“Ehm no, ma non disturbarti”

“Ma figurati, dai, almeno mi fai compagnia, oggi Meg non c’è e io odio mangiare da sola” gli chiedo facendogli segno di darmi la giacca, che vado a sistemare sull’attaccapanni all’ingresso.

“Beh, se insisti…”

“Se non hai altri impegni, ovviamente”

“No no, fino all’inizio del turno sono tutto tuo” si affretta a chiarire regalandomi l’ennesimo sorriso contagioso.

“Ahah ok! Sarai la mia cavia, allora” gli dico sfregandomi diabolicamente le mani e dirigendomi in cucina.

“Vuoi una mano?” mi chiede alzandosi e seguendomi. Ingenuo. Non sa quanto sia pericoloso avvicinarsi alla cucina mentre sto facendo anche solo un panino? Se ripenso alla fatica che ho fatto per impedirmi di tagliare le mani a Jerry tutte le volte che ho cucinato per noi e ha insistito per aiutarmi… Mi sembrava brutto dirgli di no, ma credo di aver ormai bruciato con lui tutte le scorte residue di self control.

“No, grazie! E poi, se mi aiuti che cavia sei?” replico spostando leggermente una sedia e invitandolo a sedersi. E, implicitamente, a stare lì, buono e fermo, senza fare danni.

“Eheh ok” si arrende accomodandosi. Scelta intelligente.

“Pensavo di farmi un risotto, tu che dici?”

“Va benissimo”

“Ti piacciono i funghi?”

“Ehm… sì, mi piacciono molto”

“Allora risotto coi funghi, aggiudicato” sentenzio e mi metto all’opera, continuando a chiacchierare col mio ospite del più e del meno.

Sono tentata di chiedergli lumi sulle battute di Jeff di ieri, ma alla fine lascio perdere. Andiamo, se Eddie avesse detto qualcosa ai ragazzi di me e Jerry a quest’ora lo saprei, figuriamoci se Stone si sarebbe trattenuto! Questo ragazzo non mi dà l’idea di uno che spiffera i fatti degli altri. E poi, diciamolo, quanto gliene può fregare a lui di me e Jerry? Chissà che cazzo avevano, saranno state prese per il culo tra di loro. Ora che ci penso Meg mi aveva accennato qualcosa a proposito di una ragazza…

“Pronto per il secondo concerto?” gli chiedo a un certo punto, mentre spadello.

“In realtà sì, mi sento decisamente pronto.” ammette senza falsa modestia “Più che altro non vedo l’ora”

“Neanch’io! Sono impaziente di tirare fuori di nuovo la telecamera, cercando di immortalarti mentre ti nascondi tra il rullante e il tom di destra di Dave”

“Ahahah mio dio” se la ride nascondendosi il volto tra le mani.

“Dai, il primo video è venuto bene, non sei male… quando ti si vede”

“Meno mi si vede meglio è. Però stavolta mi toccherà farmi vedere di più” commenta con un sospirone.

“Ecco, bravo, hai capito che non devi rendermi la vita difficile”

“Non voglio assolutamente renderti la vita difficile, comunque non lo dicevo per te: il concerto verrà ripreso ufficialmente” spiega incrociando le braccia sul tavolo.

“Oh, allora io non servo” commento con espressione imbronciata.

“Sì che servi, come supporto morale”

“Capirai”

“E se volessi sabotare le riprese, la tua presenza sarebbe ancora più preziosa” aggiunge con un ghigno malefico.

“Eddie, se non vuoi apparire, mi sa che ti sei scelto il mestiere sbagliato” commento puntando un mestolo verso di lui.

“Mmm non so…”

“Mica devi fare l’attore, devi cantare. Tu canta e basta, che ti frega se ti riprendono, alla fine anche chi viene ai concerti ti vede, mica si tappa gli occhi appena apri bocca”

“Eheh giusto, è che… boh… in tutta onestà penso che dovrei essere io ad avere la telecamera”

“Furbo!” commento ridacchiando.

“No, davvero. Al primo concerto avrei voluto averla io una videocamera, per riprendere il pubblico, sai, per catturarne l’anima e tenerla per me”

“Per ricordo?” chiedo interrompendo per un attimo il mio lavoro ai fornelli, incuriosita da quella rivelazione.

“Anche, ma non solo. Il ricordo è nostalgia, invecchia e muore. Io invece voglio far vivere quell’energia, imprigionarne quanta più possibile e farne tesoro, portarla sempre con me, per poi usarla… eheh scusa, dico cose senza senso”

“No, non è vero. Ha perfettamente senso, invece. Infatti, ora anch’io possiedo una parte di te, nel mio video”

“Vero”

“Più precisamente la parte che se la fa sotto” aggiungo sogghignando e tornando a concentrarmi sulla pentola.

“Ahahah beh, spero di mostrarti altri lati meno imbarazzanti della mia personalità in futuro” risponde scuotendo la testa e giocando con i bottoni di un polsino dell’orrida camicia patchwork.

“No grazie, quelli non sono altrettanto interessanti”

Poco dopo il pranzo è finalmente pronto e la conversazione procede serenamente anche mentre mangiamo. Ok, penserà che sono una povera derelitta, ma chi se ne frega. Mi fa piacere sia venuto a trovarmi. Visto che da domani saremo colleghi, lui mi parla di come si trova a lavorare in negozio e io gli racconto qualche succulento gossip su Jack, del tipo quella volta memorabile in cui ha fatto rissa con un tizio che si divertiva a spostare i cartellini dei prezzi e si è fatto addirittura arrestare. Quanto darei per quelle foto segnaletiche!”

“Allora, che dice la mia cavia? Com’era?” gli chiedo mentre sparecchio.

“Era squisito! Ora posso confessarti una cosa”

“Ehm cosa?” domando dubbiosa.

“Io ho sempre detestato i funghi” ammette ridendo e le mie braccia cascano a terra all’unisono.

“COSA? Ma come?! Uffa, perché non me l’hai detto? Ti avrei fatto qualcos’altro!” gli urlo in faccia, mentre lui fa il verso di ripararsi con le mani.

“Aspetta, fammi finire! Stavo dicendo: ho sempre detestato i funghi, fino ad oggi”

“Certo, da oggi improvvisamente ti piacciono” commento scimmiottandolo.

“Giuro, è la verità. Mi hanno fatto sempre schifo, infatti prima ti ho risposto di sì per educazione. Ma poi li ho mangiati, e cazzo se erano buoni!”

“Davvero?”

“Sì, davvero! Non so perché, forse è il tipo di funghi, forse è la ricetta, boh? Sta di fatto che mi sono piaciuti un sacco” ribadisce e sembra sincero.

“Forse sono le mie manine d’oro” scherzo sventolandogliele davanti.

“Eheh può essere”

“Evidentemente quelli che ti è capitato di mangiare non erano buoni o chi li ha preparati non li sapeva fare, dopotutto non mi risulta sia una specialità tipica di San Diego”

“Mmm no, infatti”

“Allora adesso ti ho convertito?”

“Sì, eccome!”

“Comunque prima di assaggiarli non sapevi che ti sarebbero piaciuti, quindi sei un falso!” lo sgrido divertita mentre mi appresto a lavare i piatti.

“Non volevo fare il rompiscatole…” si giustifica alzandosi e avvicinandosi per offrirmi il suo aiuto, che stavolta non rifiuto.

“Non mi interessa, odio quando mi dicono di sì per farmi contenta, giura che non lo farai mai più!” lo incalzo puntandogli il mio indice guantato di giallo sul naso.

“Giuro solennemente, mia regina”

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“Mangiamo qui?” mi domanda Matt con la faccia perplessa.

“Sì”

“Proprio qui?”

“Perché no? Non ti piace?”

“Ma… ehm, c’è Meg” dice il batterista. Ma va? Davvero? Cazzo, grazie che me l’hai detto, amico, non lo sapevo!

“Lo so, e allora? E’ tutto a posto con Meg”

“Sicuro?”

Adesso lo prendo a sberle.

“Certo che sono sicuro e poi questo posto è vicino. Ma se preferisci andare altrove…”

“No no, per me va bene!” si arrende e finalmente smettiamo di fare i pagliacci ed entriamo da Roxy.

Non riesco a capire perché sia così difficile per gli altri credere che io e Meg abbiamo chiarito e siamo amici. Stiamo andando avanti con le nostre vite, io mi vedo con una ragazza e sono sicuro che anche lei starà con qualcun altro. Insomma, Meg non è certo una che ha difficoltà a fare nuove conoscenze in questo senso. Già quando stavamo assieme (beh, sì, più o meno) non poteva entrare in un locale che subito veniva circondata da tizi che ci provavano, incuranti della mia presenza, quindi figuriamoci adesso. Non che la mia presenza possa fare la differenza. Io l’ho sempre saputo di non essere abbastanza per lei e che presto o tardi anche lei se ne sarebbe accorta e mi avrebbe scaricato per qualcuno di più interessante. Con la mia uscita infelice all’Off Ramp ho soltanto accelerato i tempi. Forse è meglio così, via il dente via il dolore. E prima o poi il dolore andrà via, col tempo. Intanto mi fa ancora un po’ male vederla al bancone, mentre prepara il caffè con lo sguardo imbronciato fisso sulla caraffa e soffia via a ripetizione il ciuffo che le cade sulla faccia.

“Mike?” la voce di Matt mi desta dal mio momentaneo torpore.

“Sì?”

“Ehm, chiedevo se ti va bene questo tavolo…”

“Certo, uno vale l’altro!” esclamo e prendo posto.

Da qui vedo perfettamente il bancone. Meg mi sembra molto scazzata, però non si è ancora accorta del nostro arrivo. Dopotutto perché mai dovrebbe essere colpa nostra? Un momento, forse ho individuato il problema: un tizio seduto al bancone sembra stia cercando di attirare la sua attenzione, ma lei lo ignora. Un classico, il tipico rompicoglioni inopportuno. Non sono cazzi miei, ma se esagera gli spacco la faccia. Mentre passa tra i tavoli riempiendo varie tazze di caffè, Meg finalmente ci nota e di colpo la sua espressione corrucciata si trasforma in un sorrisone. Troppo bello per essere vero.

“Ciao ragazzi!” esclama con eccessiva enfasi saltellando verso nostro tavolo, dopo aver riposto la caraffa e noi non possiamo fare altro che salutarla con lo stesso entusiasmo e ordinare la nostra cena, mentre lei non smette di parlare, scherzare e impegnarsi il più possibile nel dare l’impressione di essere di buon umore.

“E Angie come sta? Mi pare bene, l’ho incrociata ieri sul portone mentre usciva per andare dal medico” le chiede Matt mentre le porge i menù.

“Sì, sta bene, domani torna al lavoro. La mia socia è indistruttibile!” risponde lei prendendo i menù con una mano, mentre con l’altra cerca di appuntarsi tra i capelli una molletta recuperata dalla tasca del grembiule, per domare il ciuffo ribelle. E io, come al solito, rimango imbambolato a guardarla compiere un gesto così insignificante, ma straordinario nella sua semplicità. Gesto che appartiene a un quotidiano che prima era anche mio, mentre ora è soltanto suo.

“Sarà un piacere venire qui dopo le prove a vederla ballare zoppicando da un tavolo e l’altro” aggiungo quando torno in me.

“Ahah sì! Devo dire a tutti di ricordarsi le monetine per il juke box” replica sempre sorridente prima di girare i tacchi e tornare al bancone, dopo aver passato il foglietto con le ordinazioni in cucina.

Meg mi guarda da lontano per un istante, poi il coglione le dice qualcos’altro, ma stavolta lei non lo ignora, anzi, dopo un attimo di incertezza gli rivolge lo stesso sorriso che ha riservato a noi due poco prima e inizia a conversare con lui. Matt mi parla dei Temple of the Dog, di quando dovrebbe uscire il disco e di quanto gli sia piaciuto lavorare a questo progetto: niente pressioni, niente aspettative, niente rotture di coglioni, insomma tutto quello che serve per fare un album perfetto. E credo proprio di averlo fatto. Sono soddisfatto di come sta andando coi Mookie, ma se anche le cose dovessero andare male su quel versante, Temple of the dog è destinato a rimanere e resterà, in ogni caso, l’esperienza musicale più significativa a cui abbia mai preso parte. Mentre condivido questi pensieri con Cameron, una risata che conosco molto bene attira la mia attenzione. Dirigo lo sguardo nuovamente verso Meg e la vedo, coi gomiti sul bancone, leggermente chinata verso il cliente che, a quanto pare, la sta deliziando con un aneddoto divertentissimo, una bella barzelletta o una qualsiasi altra cazzata per farla ridere, nell’illusione che questo basti per portarsela a letto. E se bastasse? Magari ci è già riuscito.

“Ecco a voi, buon appetito!” Meg ci serve la cena e scappa via di corsa, come se non vedesse l’ora di tornare da quel barbuto imbecille. E pensare che a me diceva che non le piacevano gli uomini con la barba, bastava che non la facessi un giorno perché mi rompesse le palle. Invece eccola lì, a fare gli occhi dolci a un aspirante membro degli ZZ Top.

Prima o poi il dolore andrà via, col tempo.

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Sebbene abbia cercato di parcheggiare il mio pick up il più vicino possibile al negozio, attraversare il freddo e il gelo fino al Westlake non è meno traumatico. Questi guanti con le dita tagliate saranno comodissimi per fumare, ma non tengono caldo nemmeno per finta. Angie ieri ha detto che secondo lei c’è aria di neve, quando l’ho raccontato a Stone mi ha riso in faccia dicendo che a Seattle non nevica praticamente mai. Mah, vedremo chi la spunterà, io so solo che mi sto ghiacciando le palle e non vedo l’ora di-

“Oh”

Sono così vicino alla vetrina da appannarla leggermente col mio sussurro, ma mi fermo e mi allontano un po’, cercando di non farmi vedere da chi è dentro al negozio: Angie e Jerry.

“Il non-fidanzato è tornato da New York” dico sorridendo tra me e me, ma credo di essere l’unico, perché, da quel che vedo, lei non mi sembra molto contenta. Ma nemmeno lui. Sono lì, l’uno di fronte all’altra, che si parlano a braccia conserte e a malapena si guardano in faccia, almeno così mi sembra di intuire, visto che lui è di spalle. Lei non sa più dove guardare per evitarlo e ha le mascelle serrate, a parte qualche ghignetto forzato che gli rivolge di tanto in tanto. Insomma, non che mi aspettassi di assistere a un accoppiamento selvaggio tra l’ortofrutta e i casalinghi, però non mi sembra neanche il tipico quadretto amoroso. E in tutto questo io sto gelando. Che cazzo faccio? Entro? Guardo l’ora e vedo che tra due minuti dovrei decisamente timbrare il cartellino. Aspetto i due minuti di orologio, Jerry è ancora lì. Va beh, fanculo, tanto non credo di guastare nessuna festa. Entro.

“Ciao Eddie!” Angie mi saluta come si saluta la persona che ti ha appena salvato la vita e Jerry si volta subito.

“Ehi Eddie!” stesso tipo di accoglienza calorosa anche da parte sua.

No, non ci siamo, qualcosa non va.

La mia ipotesi è confermata dal fatto che Jerry si mette a chiacchierare del più e del meno con me, voltando le spalle a Angie e ignorandola completamente. Solo quando mi tolgo la giacca e vede la divisa si blocca e si gira verso la sua non-ragazza.

“Ma… Ed lavora qui? Da quando?” le chiede incuriosito.

“Da poco” rispondo al posto suo mentre timbro il mio cartellino.

“Sì, non te l’ho detto? L’ho saputo un paio di giorni fa, è una cosa recente” sento Angie che spiega, mentre io vado sul retro a mettere via la giacca e il resto della mia roba. In tutto ci metterò si e no un minuto, ma quando torno da Angie il suo bello non c’è già più.

“Ma Jerry?” chiedo prendendo il mio posto alla cassa e guardando a destra e sinistra.

“E’ andato via, era di fretta. Ehm, ti saluta!” risponde nervosamente mentre si allontana anche lei per prendere le sue cose.

“Pensavo andasse via con te” le dico quando torna, imbacuccata di tutto punto.

“Speravi di risparmiarti il lavoro di scorta eh?” scherza glissando completamente sull’argomento-Jerry e io non posso fare altro che assecondarla.

“Ci mancherebbe altro, mi sento onorato di poter vigilare sulla mia regina, non rinuncerei all’incarico per nulla al mondo” ribatto uscendo dalla mia postazione e regalandole un perfetto inchino.

“Ahahah stavo scherzando! Buona notte, Ed” mi saluta e si avvia verso l’uscita.

“Notte” rispondo avanzando di qualche passo.

“Smettila!” mi dice sulla porta, voltandosi e accorgendosi che le sto dietro.

“Notte” ripeto ridendo sotto i baffi.

Angie esce e attende di poter attraversare la strada, quando si gira e si accorge che sono sul marciapiede alza gli occhi al cielo: “Cazzo, Eddie, non avrai mica intenzione di seguirmi per davvero?”

“No, figurati”

“Ah ecco”

“Posso controllarti benissimo da qui” preciso facendole l’occhiolino.

“Ma sei serio?” mi chiede con un’espressione quasi schifata.

“Serissimo”

“Mi fai il piacere di rientrare? Dai, sei ridicolo”

“Perché dovrei? Poi mi è venuta voglia di fumarmi una sigaretta” ribatto estraendo il pacchetto dalla tasca.

“Adesso? Appena iniziato il turno?”

“Quanto il gatto non c’è i topi ballano, dovresti saperlo”

“I topi ballano anche dal freddo se non entrano subito” commenta col suo solito sorrisetto misterioso.

“Il tempo di finire la sigaretta… tu intanto vai pure a casa”

“Non capisco il senso di tutto ciò. Dopotutto potrei benissimo essere aggredita da un serial killer anche nell’androne del palazzo”

“Mmm hai ragione”

“Vedi? Quindi la tua sorveglianza stradale è del tutto inutile”

“Facciamo che mi avvisi quando arrivi a casa” suggerisco pregustando già lo show.

“COSA?”

“Sì, del tipo che arrivi al tuo appartamento e, non so, telefoni o mi fai un segnale, accendi la luce”

“AHAHAHAH sì! Ti trasmetto un vaffanculo in codice morse col lampadario del soggiorno”

“E’ un’idea”

“Ciao Eddie, buon lavoro” si allontana sospirando rassegnata e attraversa la strada.

“Notte”

La seguo con lo sguardo fino al portone, davanti al quale si ferma e si volta un attimo per farmi ciao-ciao. Le rispondo con un gesto ampio della mano che tiene la sigaretta, l’altra è affondata nella tasca dei pantaloni, dove tuttavia non trova nessun tipo di sollievo. Sto gelando, ma non voglio darla vinta a quella piccola peste. E poi a questo punto ho voglia di finire questa cazzo di sigaretta. Mi avvicino un po’ di più all’ingresso del negozio, cercando di stare metà fuori e metà dentro, e i miei occhi vagano sull’edificio di fronte. La conosco poco, ma abbastanza da sapere che Angie s’inventerà qualcosa, se ci fosse Jeff ci scommetterei. Proprio quando sto per buttare la sigaretta, mentre rido da solo pensando alle deprecabili scommesse del mio bassista, ecco che vedo una finestra del quarto piano illuminarsi e, pochi secondi dopo, aprirsi.

“VAI A LAVORARE, BARBONE!” grida la sagoma di una ragazza che conosco poco, che mi sta mostrando  il dito medio in contro luce.

“VADA A DORMIRE, MAESTA’!” rispondo dopo aver lanciato il mozzicone in una pozzanghera.

Una coppia di passaggio di fronte al negozio mi guarda male e accelera il passo. Sarà meglio che entri, prima di far scappare tutti i potenziali clienti.

Ma chi cazzo si crede di essere quel coglione? Spero che la cinquina che gli ho assestato in faccia stasera sia bastata per ridimensionare le sue aspettative. Ok, ieri ho scambiato due parole con lui, e allora? Che si era messo in testa? Avevo solo voglia di fare due chiacchiere, mancavano due ore alla fine del mio turno, ero stanca e scazzata, il ciuffo di merda continuava a cadermi davanti agli occhi e quella specie di mio ex, quello che esce con un’altra, era appena entrato nel locale. Può essere che abbia sbattuto le sopracciglia più del dovuto e che di tanto in tanto la mia voce abbia raggiunto acuti eccessivi, ma questo non lo autorizza a darmi una pacca sul culo. Lo schiaffo è servito per fargli capire che la sua mano ha proprio sbagliato indirizzo e, se non ha recepito il messaggio, la prossima volta sarò io a violare le sue chiappe, ma non con una manata.

Un colpo di mano è invece quello che dò al finestrino appannato dell’autobus, per cancellare i ghiri-gori che mi sono divertita a realizzare durante il tragitto, dopodiché mi alzo e mi preparo per scendere alla mia fermata. Angie dovrebbe essere a casa da un pezzo, Ed mi ha detto che staccava alle sei oggi. Sono contenta che finalmente quel ragazzo abbia rotto il ghiaccio. Non è certamente diventato il cabarettista della compagnia, ma è riuscito a creare un legame con tutti, in un modo o nell’altro, ed è quello l’importante: gettare delle fondamenta su cui poter costruire ciò che si vuole, che sia un piccolo ponte, una capanna o un castello. Con me e la puffa sta costruendo delle belle villette a schiera, soprattutto con lei, anche perché hanno un’affinità innegabile, specie nell’atteggiamento. E sono contenta anche per Angie, sembra sia passato un secolo da quando mi sopportava in silenzio da Roxy. Da cucciolo sperduto e diffidente ora si è trasformata, in cucciolo sempre un po’ diffidente, ma che sa di non essere solo, che sa farsi valere anche a un tavolo pieno di musicisti ubriachi e che ancora mi sopporta, ma non più in silenzio. Poi adesso ha anche trovato un po’ d’amore, cosa vuole di più? Sì, ok, Jerry non è l’elemento più facile con cui avere a che fare a livello sentimentale, ma se c’è una persona in grado di metterlo in riga quella è probabilmente la mia coinquilina. L’importante è che lei lo capisca e non si faccia mettere i piedi in testa, ma deve chiarire le cose da subito. Spero stia seguendo i miei consigli.

Led Zeppelin II mi accoglie, in sordina, già dal momento in cui esco dall’ascensore, per poi avvolgermi completamente con Ramble on non appena metto piede in casa. Noto subito un particolare sospetto, del cibo sul tavolino del soggiorno. Rubo un tramezzino e procedo nella mia indagine esplorativa, che si conclude pochi secondi dopo, quando trovo Angie in camera sua, in accappatoio, intenta a esaminare con aria di sfiducia l’intero contenuto del suo armadio, che ora giace in ordine sparso sul letto.

"Ehi Angie"

"Meg! Ciao!" mi saluta con lo sguardo di terrore tipico di un animale notturno sopreso dai fari di un auto mentre attraversa la strada.

"Ti stai già preparando vedo. Stone ha chiamato?" le chiedo sbottonandomi il cappotto e avvicinandomi di corsa alla finestra di camera sua, diventando tutt’uno col calorifero.

"Stone? Perché?" mi chiede tornando a contemplare il bazar di fronte a sé.

"E’ passato alla tavola calda prima delle prove e ha detto che si trovano tutti al Crocodile più tardi. Non è per questo che stai cercando di capire come metterti adeguatamente in tiro?"

"Non voglio mettermi in tiro! Comunque no, non è per questo… e non credo di esserci stasera"

"Perché? Che devi fare? Non dirmi che…"

"Viene Jerry" taglia corto afferrando un maglione a righe di dimensioni imbarazzanti che potrebbe benissimo farle da camicia da notte, o meglio, da saio.

"Ok che ti avevo suggerito di fare la bastarda, ma fargli del male indossando quell’obbrobrio mi pare troppo anche per lui"

"Ah ah, simpatica"

"Comunque i miei consigli funzionano, a quanto pare" mi bullo, mentre l’ugola di Robert Plant sta cercando in modo subdolo di distrarmi dalla conversazione.

"Già, ieri ho fatto la freddina, come mi hai suggerito… e come avevi previsto, è rimasto spiazzato. E oggi quando sono tornata a casa mi sono ritrovata tre messaggi suoi in segreteria: non pensavo fosse così facile fregarlo" spiega esaminando un paio di pantaloni scozzesi rossi.

"Gli uomini sono creature semplici, che vuoi che ti dica. Una volta capito come si fa, è un attimo manipolarli, è come andare in bicicletta, non si scorda mai. E metti giù quella roba, per piacere"

"Comunque mi ha chiesto di vederci e allora l’ho invitato, sarà qui tra un’oretta" conclude eseguendo i miei ordini e spostando la sua attenzione su una camicetta nera.

"E qui hai sbagliato! Non dovevi cedere subito, dovevi farlo penare un po’"

"Lo so, è che… beh… mi manca, ho voglia di stare un po’ con lui"

"E con la leggenda" aggiungo, per poi ridere da sola come una deficiente, mentre schivo una ciabattata di Angie.

"Di’ a Stone che devo studiare o che sono stanca o che mi fa male il ginocchio, insomma, inventati qualcosa"

"Lo sai che le bugie hanno le gambe corte?" le ricordo avvicinandomi al letto e restituendole la ciabatta.

"Infatti la bugia la dici tu, mica io. Io ne ho già dette tante, come puoi notare"

"E siccome hai detto tante bugie, ti starebbe decisamente meglio una gonna più corta di quella specie di sottana che hai tra le mani in questo momento" suggerisco indicando il corpo del reato.

"Non ne ho"

"Male! Quando andiamo di nuovo a fare shopping insieme io e te?"

"Mai"

"Uff, metti i jeans a questo punto, almeno non sembri una 60enne"

"Aggiudicati"

"Ti trucco?"

"No! Prima dici che devo fare la stronza, poi mi dovrei far trovare tutta agghindata per lui?"

"Brava, volevo vedere se eri attenta"

"Ahahah sparisci!" mi spinge ridacchiando fuori dalla stanza e chiude la porta.

Forse è il caso che cominci a prepararmi anch’io, stasera avrò a che fare con un uomo difficile da manipolare, soprattutto se, come temo, sarà accompagnato.

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"Finalmente" dico tra me e me quando dalla finestra vedo il furgone dei ragazzi accostare di fronte a casa mia.

Il mio Jeff scende al volo e accenna una corsetta fino alle scale esterne, che sale tre gradini alla volta. Mi ucciderà, me lo sento. Vado ad aprire prima ancora che possa suonare il campanello e, dopo il bacio di rito, la tentazione di chiudermi la porta a chiave alle spalle e scappare via con lui è forte. Ma qualcuno potrebbe rimanerci un tantino male.

"Jeff, sei arrivato!" quel qualcuno urla dietro di me e il cambiamento di espressione di Jeff, da sorrisone a disperazione a sorrisone, di nuovo, ma finto, è da Oscar.

"Violet! Ci sei anche tu!" esclama dandomi un pizzicotto sul fianco. Ahia.

"Non potevo mancare, no?" replica lei, infilandosi i guanti e aggiustandosi i paraorecchie sulla testa.

"Non sapevo ti piacessero i Bathtub Gin" commenta ironico Jeffy, che ora ha deciso di scarmigliarmi i capelli.

"Mai sentiti, però qual è il miglior modo di conoscere una band se non vederla dal vivo?" ribatte Violet afferrando la sua borsetta.

"Giusto giusto" borbotta lui e mi lascia andare a mettere la giacca.

"Mmm c’è anche Eddie? E’ un po’ che non lo vedo…" domanda Violet, dietro di noi mentre scendiamo le scale.

"Sì, però andrà via presto perché dopo lavora" risponde il mio ragazzo, aggiungendo un menomale sottovoce e beccandosi una mia gomitata.

"Oh, peccato!" commenta lei, per poi avvicinarsi a me mentre usciamo dal cortile, piazzandomi un braccio attorno al collo e parlandomi nell’orecchio "Vorrà dire che dovrò tirare fuori il meglio da queste poche ore"

"Eheheh certo" è tutto quello che mi riesce di dire, mentre ci avviciniamo al furgone e noto  un altro ottovolante di espressioni sul volto di Eddie, seduto al posto di guida, che però non si sforza nemmeno di mostrare un sorriso falso.

La mia compagna accelera il passo, ci supera, apre la portiera davanti e si accomoda, dopo un caloroso saluto a tutti, ma più caloroso nei confronti del guidatore (che strano!).

"Posso stare davanti, vero?" chiede non appena anch’io e Jeff saliamo a bordo, circondati dagli sguardi inquisitori dei suoi colleghi.

"Ehm, veramente Jeff dovrebbe stare davanti, o io… sai, per dire a Eddie dove andare. Non è ancora pratico delle strade di Seattle" interviene Stone, cercando di salvare il salvabile.

"Ah, ma tranquillo, tanto ci so arrivare anch’io al Crocodile, è vicino! Te la indico io la strada, Ed" ribatte la ragazza dando delle piccole pacche sulla spalla del cantante.

"Grazie mille" bofonchia lui, riavviando il motore e, di conseguenza, anche la radio che, dopo le note finali di un pezzo che non riesco a individuare, spara quelle iniziali di Marquee Moon dei Television.

"Cazzo, Laura!" Stone muove le labbra verso di me senza emettere suoni e io posso solo allargare le braccia dichiarandomi innocente.

"Un momento:" Eddie controlla dal finestrino e dallo specchietto che la strada sia libera per potersi immettere nel traffico, ma poi di colpo si blocca "Angela e Meg? Non andiamo a prenderle?"

"Io e Stone siamo passati oggi alla tavola calda, Meg ha detto che ci raggiungono lì" risponde Dave, guardando il chitarrista in cerca di conferme o di suggerimenti su cos’altro potersi inventare.

"Beh, già che ci siamo passiamo a prendere anche loro, no? Da qui dove devo andare? Mi sa che tu non sai dove abitano, vero Violet?" chiede Eddie pieno di speranze.

"Ehm no… però se hanno detto che ci raggiungono lì… e magari se andiamo da loro adesso non sono ancora pronte"

"Se non sono pronte aspettiamo, mica è una tragedia" Eddie insiste.

"E’ che magari Angie va via presto, sai, con la storia del ginocchio. L’ha detto anche Meg, forse non se la sente di farsi una serata intera a sgambettare per locali. Per quello forse è meglio se viene con la sua macchina" spiega Stone, optando per la verità, chiaramente dispiaciuto per Vedder.

"Anch’io vado via presto, la accompagno io! Se rientriamo un secondo e le diamo un colpo di telefono? Eh Laura?" Ed non si rassegna, ma io non faccio in tempo a rispondere.

"Dai Eddie, quanto la fai lunga, andiamo e basta!" commenta Violet con una risata stizzita.

"Ma poi riesce a guidare? Magari le fa male la gamba" lui la ignora e tenta un’ultima zampata.

"Non so Eddie, ma a questo punto la becchiamo lì e stop, no? Al massimo ti fai dare un passaggio da lei quando vai via, così ci smolli il furgone e non dobbiamo passare il finale serata a elemosinare passaggi" interviene Mike uccidendo le ultime speranze di Vedder di risparmiarsi il viaggio con la iena di fianco.

"Ok, va bene, andiamo! Spero sia davvero vicino questo posto…"

"Sì, è vicinissimo! Vai sempre dritto per tre semafori, poi ti dico" la vittoriosa Violet si affretta a spiegare con entusiasmo.

Dopo una ventina di minuti, i più lunghi della mia vita, siamo davanti al locale e troviamo pure un comodo parcheggio. Stiamo per accodarci alla fila quando vediamo un sorridente Matt venirci incontro, preceduto da Meg, che corre ad abbracciarmi.

"Laura!"

"Eheh buona sera cara!"

"E noi? Non siamo nessuno?" commenta Stone in posizione di sfida con le mani sui fianchi.

"Laura ha la precedenza! Comunque ciao ragazzi." risponde Meg guardandosi attorno nel mucchio e indugiando qualche secondo in più su Mike.

"Angie? Dov’è?" chiede Jeff e Violet strabuzza gli occhi di riflesso.

"Angie non viene, è a casa"

"Per questo è venuta con me" aggiunge Matt alle sue spalle, riprendendo poi a salutare tutti.

"Come mai?" chiede Mike, cogliendo l’occasione di rivolgerle la parola restando su un argomento neutrale.

"Mah, era un po’ stanca, non si sentiva neanche troppo bene… Lo sapete che quella ha la febbre o il raffreddore un giorno sì e l’altro pure, poi con questo freddo…" risponde lei sfregandosi le mani.

"Mi dispiace, cavolo. Magari passo da lei prima di andare in negozio, per vedere come sta" commenta Eddie dispiaciuto e credo che la mia collega di università finirà per esplodere se continua a sbuffare così.

"Ehm no, meglio di no, è filata a letto prima che uscissi! Sarà già nel mondo dei sogni a quell’ora, meglio non svegliarla" farfuglia Meg, facendoci contemporaneamente segno di avvicinarci all’ingresso e metterci in fila.

Eddie le risponde qualcosa sottovoce, ma non faccio in tempo a sentirlo, perché Violet mi ha presa per un braccio e trascinata via per alcuni metri.

"Chi cazzo è questa Angie, si può sapere?" mi chiede con occhi iniettati di sangue.

"Angie, la coinquilina di Meg" rispondo perplessa.

"Questo l’ho capito, ma chi è? Cosa mi rappresenta? Insomma, che c’entra con Eddie?"

"Mah, niente, sono amici, so che ora lavorano anche insieme"

"Amici?"

"Sì, non ti ricordi? E’ la famosa ragazza con cui aveva litigato quando è tornato a Seattle"

"Ah, quella”

"Eh già"

"Hanno fatto pace a quanto vedo"

"Suppongo proprio di sì"

"E sono solo amici, giusto? Non è che c’è qualcosa tra loro?"

"Beh, non lo so…"

"Come non lo sai?!"

"Che io sappia no, insomma, si conoscono appena e Jeff non mi ha mai detto niente"

"A me non dà l’idea di una conoscenza superficiale… sarà che Eddie non ha parlato di altro per tutto il tempo, vedi un po’ tu!"

"Esagerata, ha solo de-"

"E com’è questa?"

"In che senso?"

"In quale cazzo di senso secondo te? E’ carina? E’ un cesso?"

"E’ carina, una ragazza nor-"

"Merda!" Violet mi volta le spalle e fa per riunirsi al gruppo "Sarà più difficile del previsto"

"Esattamente come questa serata"

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Sono proprio uno stronzo. Qualche giorno fa stavo prendendo seriamente in considerazione l’idea di mollarla, e adesso? Corro da lei come un cagnolino, dopo averla implorata di vederci. E le ho anche comprato dei fiori! Spero che nessuno mi abbia visto. DEI FOTTUTISSIMI FIORI. IO! Calma Jerry, respira. Se proprio devi farti venire un attacco di panico, aspetta almeno di averla scopata. Sempre che te la dia, visto e considerato che l’altra sera ti guardava a malapena in faccia. Dopo la telefonata da New York pensavo fosse tranquilla, credevo di avere tutto sotto controllo. Invece no. E’ chiaro che la mia breve sparizione non è stata gradita, ma proprio per un cazzo. Io non sono abituato a dare spiegazioni o giustificare ogni cosa che faccio, mi sono sempre fatto i cazzi miei quando e come volevo ed è sempre filato tutto liscio. Ecco perché le relazioni sono una merda, finché sei da solo non devi rendere conto a nessuno.

"Ciao Jerry!"

Però finché sei da solo non ti ritrovi mai questi occhioni a darti il benvenuto al di là di una porta.

"Ciao Angie, scusa, forse sono un po’ in ritardo…"

"No no, il tuo orologio deve avere qualche problema, sei puntualissimo" risponde e sfodera anche il suo sorriso intrigante, su cui mi perdo un po’ prima di seguire il suo invito gestuale a entrare.

"Che hai lì?"

"Dove?"

"Dietro la schiena, cos’hai?"

"Oh questo? Niente, è un piccolo regalino per te" le dico sfoderando il mazzo di rose rosse, non esoso, ma di tutto rispetto, che le ho preso per l’occasione.

"EH?!" la sua reazione allibita non è esattamente quella che mi aspettavo. Merda, dovevo buttarmi sui cioccolatini, lo sapevo!

"Sì, beh, ecco… sono passato davanti a un fioraio e ho pensato: perché no? Spero ti piacciano… dopotutto non posso regalarti sempre e solo pupazzetti e liquirizie eheheh" rispondo nervosamente.

Sì, mi prenderei a colpi d’ascia da solo.

"Oh sì, mi piacciono molto! Grazie! E’ che… beh… non me l’aspettavo e ehm non so nemmeno se abbiamo un vaso in questa casa" spiega prendendo finalmente i fiori che le sto porgendo da secoli.

"Ah! Beh, la prossima volta ti regalerò un vaso allora ahahhaah"

Ma perché non mi colpisce un fulmine e la facciamo finita qui?

"Grazie Jer" mi ripete imbarazzata, probabilmente a causa del mio senso dell’umorismo schifoso di stasera.

Ha talmente pietà di me che si avvicina e si solleva sulle punte per baciarmi e io le vado incontro, cercando di abbracciarla per quanto posso, senza produrre uno spezzatino di rose rosse. Con quello che le ho pagate! Il bacio ha il potere di tranquillizzarmi e, spero, di eliminare definitivamente il coglione che c’è in me. Beh, almeno per qualche ora.

"Prego, piccola" le sussurro tra le labbra.

"Vado a prendere il vaso"

"Mm mm" annuisco e passo a stuzzicarle il lobo dell’orecchio.

"Meg… Meg ne ha uno…"

"Brava Meg" continuo scendendo verso il collo, mentre una mano casca inevitabilmente sul suo culo.

"N-non si offenderà se… se lo prendo in prestito…" aggiunge mentre il fiato le si accorcia.

"Certo che no"

"Vado!" esclama staccandosi bruscamente da me e saltellando verso la stanza della sua amica.

Sono proprio un idiota! A questo punto, perché non saltarle addosso direttamente appena ha aperto la porta? Devo fare il bravo, cazzo. Mi siedo sul divano e cerco di pensare ad altro, mentre noto il tavolino imbandito di fronte a me. Ecco, cibo, quello che ci vuole per calmare i bollenti spiriti!

"Fatto!" Angie torna in soggiorno con fare spedito "Le ho sistemate in camera mia"

"Pftto" rispondo con la bocca piena di pop corn.

"Eheh ti vedo affamato" commenta sedendomisi accanto.

Non sai quanto, cara mia.

"Sì ehm sì, scusa, sono un cafone!"

"Ma no, hai fatto bene. Sono lì apposta per essere mangiati, non sono un’installazione artistica" aggiunge iniziando a giocare coi miei capelli.

Angie, tesoro, stai giocando col fuoco. Cazzo.

"Ok, allora ne prendo un altro po’" mi allungo sul tavolino e mi servo sfuggendo brevemente alle sue carezze.

"E a me niente?" chiede imbronciata.

"Oh certo!" prendo un bicchiere di plastica e lo riempio di popcorn, ma quando glielo porgo lei non si muove di un millimetro e continua a guardarmi con il broncio "Che c’è? Preferisci qualcos’altro?"

"…"

"Non vanno bene nel bicchiere?"

"…"

"E’ perché li ho presi con le mani? Dovevo usare-"

"Ahahah ma no, non è quello Jerry"

"E allora cosa?" le chiedo con gli occhi a forma di punto interrogativo.

"Sono tanto stanca…" sospira e accenna un mezzo sorriso malizioso, mentre si lascia cadere all’indietro, contro lo schienale del divano.

"Ok, ma non capisco che-" faccio per rispondere quando lei spalanca la bocca davanti a me, o almeno ci prova, perché comincia a ridere.

"Ah ho capito! Vuoi che faccia il tiro a segno!" le chiedo allontanandomi un po’ e preparandomi al lancio del popcorn.

"No, voglio che mi imbocchi, vieni qua…" risponde tirandomi per la camicia di nuovo verso di lei.

Va beh, allora dillo che mi vuoi morto.

Giochiamo a imboccarci e mordicchiarci e leccarci le dita a vicenda, tra un bacio e l’altro, per quella che mi sembra un’eternità, non perché non sia piacevole, anzi. E’ fin troppo piacevole, tenero, nonché tremendamente eccitante, mentre io sono determinato a fare il bravo stasera. Perché sono determinato, vero? Direi di sì, insomma, mi pare. Non so, ora come ora sento che la determinazione va un po’ scemando. O va semplicemente a farsi fottere, senza tanti complimenti. NO. A cuccia, porca puttana!

"Che vuoi fare stasera?" le chiedo in un momento di, seppur scarsa, lucidità.

"Mmm non so… a te cosa va di fare?" mi chiede giocando a tirarmi la barba.

Una mezza idea ce l’avrei anche, tesoro, ma ho detto che sono determinato.

"Mah… ci guardiamo un film?"

"Ok, come vuoi Jer" approva con un sorriso, prima di aggredire di nuovo le mie labbra.

"Però lo scelgo io!" esclamo sfuggendo alle sue grinfie e accasciandomi sul tappeto davanti al mobiletto delle videocassette.

Propendo subito per un horror, che possa distrarla e tenerla mentalmente occupata, e ne cerco uno che non contenga una scena né di sentimento né di sesso neanche da lontano o per sbaglio. Opto per La bambola assassina, uno dei suoi preferiti, e penso così di cavarmela in serenità per un paio d’ore. Sbagliato. Guardare un film con Angie è sempre stata un’attività mortificante, almeno, lo trovavo mortificante quando volevo farmela, perché si fa prendere completamente dalla visione, anche con una pellicola vista e rivista cento volte, e non ti caga di striscio. D’altronde è la sua passione. Che poi, va beh, cosa vuol dire? Come se io non riuscissi a scopare con un assolo di Stevie Ray Vaughan in sottofondo, FIGURIAMOCI! Ma siccome il karma è bastardo, oggi che non voglio farmela, Angie ha deciso di sbattersene di Chucky, come faccio io con gli assoli, e di starmi addosso per tutta la durata del film. E quando dico addosso, intendo addosso. Ma quante mani ha? Me le ritrovo dappertutto. E non solo le mani.

"Qualcuno qui ha sentito la mia mancanza, o sbaglio?" le sussurro mentre quell’idiota di Andy accompagna il killer dal complice e Angie mi sta praticamente divorando la faccia.

"Non sbagli. Io non ti sono mancata neanche un po’?" mi chiede prima di attaccare il mio collo coi denti.

"Cazzo se mi sei mancata" rispondo prendendole le mani, che vagano da tempo sotto la mia camicia, e intrecciando le mie dita con le sue mentre la bacio, nel tentativo di bloccare i suoi assalti.

Il fim è finito e la cassetta si è stoppata da un pezzo quando riesco a prendermi un time out dalla sessione di coccole estreme con Angie. Estreme come la sofferenza del sottoscritto, costretto a trattenersi.

"Mmm mi sa che è ora di andare" dico stiracchiandomi.

"Andare? Andare dove?" mi chiede, mentre il suo sguardo sognante di poco prima scompare in favore di uno perplesso.

"A casa, piccola. Oggi Susan è tornata dalla sua breve vacanza, e ovviamente ha già fissato una riunione ad hoc per domattina" le spiego afferrando una manciata di patatine e alzandomi.

"Ma Susan le fa sempre di mattina queste cazzo di riunioni?" commenta alterata.

Tra l’altro quella di domani è l’unica vera in mezzo a tutte quelle immaginarie che le ho rifilato come scusa.

"Ci odia. Ci vuole bene, ma ci odia e ci vuole male, è fatta così. Magari, in questi giorni al mare, Chris ha fatto il miracolo e l’ha ammorbidita un po’” scherzo mentre metto le patatine raccolte in fila, per poi ingurgitarle tutte assieme.

"Beh però… me lo potevi dire prima, potevamo fare ehm, non so, qualcos’altro magari" balbetta giocherellando con la sua collana tra le dita. Ora che ci penso non le ancora chiesto da dove viene quel ciondolo.

"A me è piaciuto quello che abbiamo fatto, è stata una bella serata. Anche perché è stata con te" le sussurro avvicinandomi di nuovo e abbracciandola teneramente. Dopotutto è vero, mi è piaciuto, mi  piace stare con lei. Certo, se non mi fossi messo in testa di fare il bravo ragazzo proprio adesso mi sarebbe piaciuta ancora di più. Al di là dello stress di tenere a bada il mio amico dei piani inferiori, sto da favola: sono tranquillo, niente panico, niente sudori freddi, niente angosce per il futuro. Vuoi vedere che stavolta ha ragione Sean? Un bel chi se ne frega e via?

"Oh grazie… sì, è piaciuto anche a me. Comunque… puoi anche fermarti a dormire qui. Cioè, se vuoi, ovviamente…"

E va beh, ma allora lo fai apposta.

"Vorrei, ma ehm meglio di no. Però ti prometto che la prossima volta non scappo così presto, ok?" declino il suo invito a malincuore, cercando di raggiungere la porta a passo svelto, ma non troppo, per non dare nell’occhio.

"Ok"

"Notte Angie"

"Notte"

Sembrava ci volesse un’eternità e invece in un attimo sono già in ascensore. Ce l’ho fatta, non ci ho fatto sesso. Non ci credo neanche io, cazzo, ho resistito. Sono un fottuto bravo ragazzo.

Beh, più o meno.

*******************************************************************************************************************

Quando arriviamo al locale il concerto non è ancora iniziato. Matt si ferma a parlare con qualcuno, Dave e Mike s’infilano nel backstage, Meg attacca bottone con Violet facendole alcune domande sull’università e io ne approfitto per sgusciare via assieme a Stone e Jeff e allontanarmi con loro verso il bar.

"Che palle, Jeff" sbotto appena tocco il bancone dopo la fuga, come un nuotatore sfiora bordo vasca all’ultima bracciata.

"Che cazzo ne sapevo che c’era pure lei! L’ho scoperto quando sono arrivato da Laura e l’ho vista lì"

"Ahahah è un incubo" commenta Stone, che provvede poi a ordinare birra per tutti e patatine per sé.

"A quando pare Violet ha chiamato Laura e le ha proposto di venire qui. Capite? Gliel’ha proposto lei, quindi ce la saremmo ritrovata qui comunque, non poteva mica dirgli che non c’eravamo" spega Ament.

"Ma potevamo andare da un’altra parte" osservo mentre gioco col mio accendino.

"Tanto è inutile, rassegnati: quella ci sta alle costole ovunque andiamo" ribatte Stone con un ghigno divertito e mi passa la prima birra "Ma non ti preoccupare, amico, te la teniamo occupata noi, così puoi respirare"

"Non mi sembra giusto chiedervi un tale sacrificio"

"Fossero tutti così i sacrifici!" scherza il chitarrista mentre mi allunga la seconda birra per Meg.

"A me non sembra questo granché…" commenta Jeff, mentre prende da bere per sé e per la sua ragazza.

"Dai, siamo onesti: è una gran figa. Che poi sia simpatica come un herpes genitale, beh, quello è un altro discorso" precisa Stone mentre prende le ultime ordinazioni e fa segno di tornare dagli altri.

"Io non riesco a scindere le due cose, evidentemente è un mio limite" confesso seguendolo.

"Cioè?" mi chiede incuriosito, rallentando un poco il passo.

"Se una ragazza… beh, se non mi piace come persona, me ne frego se è figa o no, non riesco a vederla… bella”

"Concordo pienamente" il mio bassista mi spalleggia.

"Grazie al cazzo, sai che sforzo per te! Laura è figa e ha pure una bella testa… beh, tranne che per il fatto di stare con te, quello resta ancora un fenomeno scientificamente inspiegabile" scherza Stone che, prevedendo la rappresaglia del suo compare, si allontana velocemente.

"Idiota, ringrazia che ho sete e che una è per Laura, se no a quest’ora te le avevo già spaccate sulla testa"

Quando raggiungiamo gli altri, non ci mettiamo molto a capire che l’atmosfera è tesa. Mi basta sentire il modo in cui Meg mi strappa la bottiglia dalle mani. La new entry saltellante che vedo in mezzo al gruppo è il secondo indizio inequivocabile.

"Ciao, io sono Melanie, però puoi chiamarmi Mel" una ragazza piuttosto alta, riccia e col viso tempestato di lentiggini mi tende la mano e io la saluto e mi presento.

"E’ un’amica di Mike" mi spiega Meg con un sorrisone inquietante stampato in faccia, e da come ha sottolineato la parola amica credo sia la famosa nuova fiamma di Mike che Jeff mi aveva menzionato qualche giorno fa.

"Oh"

"E lavoro per suo fratello Trent!" aggiunge la ragazza indicandola "Quando l’ho vista insieme a voi non ci potevo credere"

"Figurati io" sibila Mike imbarazzato come non mai.

"Perché? Che lavoro fa tuo fratello?"

"Vende auto, lei è la sua segretaria tuttofare" risponde Meg, sempre con lo stesso sorriso agghiacciante.

"E già, dalle pratiche amministrative al caffè, dal centralino alla pulizia-cessi, le mie attività sono ad ampio raggio" scherza la ragazza facendoci ridere, anche se lo sguardo omicida di Meg blocca la mia risata a metà.

"Andiamo a prendere da bere, Mikey?" Melanie lo prende sottobraccio e gli appoggia la testa sulla spalla.

"Ottima idea" risponde il chitarrista ed entrambi si dirigono verso il bar.

"Mel? Ahahahahahaha! Ma come si fa? Cazzo, non poteva trovarsene una con un nome totalmente diverso? Ehi, propongo una scommessa: scommettiamo che entro una settimana la chiama col nome sbagliato e si mollano?" propone Stone piegato in due dalle risate.

"Grazie! No, davvero, grazie Stoney. Tu sì che sai cos’è la delicatezza. Per caso fai Tatto di secondo nome?”

"E dai, Meg, prendila con filosofia" continua Gossard asciugandosi le lacrime.

"Ah no, scusa, dimenticavo che di secondo nome fai CARPENTER!" ribatte Meg prima di scappare a gambe levate.

"Ma che… cazzo, sei proprio una stronza!" Stone la insegue, abbandonandomi con la coppietta felice e la stalker.

"Carpenter?" chiediamo io, Violet e Laura quasi in coro, fissando Jeff.

"Beh, se già il primo che gli hanno dato è un nome del cazzo, cosa vi aspettavate dal secondo?"

"Dovrei essere arrabbiata con te, sai?" una voce fastidiosa irrompe durante la pausa sigaretta-in-solitudine che mi sono ritagliato sgattaiolando un attimo fuori dal locale, dopo la fine del concerto.

"Ah sì? E perché diavolo non lo sei?" ribatto, ridendo da solo. Non mi piace essere maleducato, ma è più forte di me. E tanto lei neanche se ne accorge.

"Perché voglio essere buona con te"

"Un uomo non può fumarsi una sigaretta in pace da solo?"

"No, non è perché sei scappato via" continua appoggiandosi al muro accanto a me.

"E allora per cosa?"

"Ti avevo dato il mio numero e non mi hai mai chiamata"

"Uhm di preciso, quando ho detto che l’avrei fatto?" le chiedo, concentrato sugli anelli di fumo che mi sto divertendo a produrre.

"Dai, capisco che sei preso da questa cosa della band. E ho saputo che ora hai anche un nuovo lavoro… però cinque minuti per una telefonata si trovano sempre, no?"

"Non è un problema di tempo, credimi"

Il problema è che non voglio avere a che fare con te, ma tu non lo capisci.

"E’ per la tua ex, lo so, ci pensi ancora, eh?" domanda, proprio in uno di quei pochissimi momenti in cui non stavo pensando a Beth. Grazie, sei davvero utile.

"Beth non c’entra con-"

"Guarda che ti capisco perfettamente. Anch’io ho rotto da poco con un ragazzo e, sinceramente l’idea di iniziare un’altra storia con qualcuno non mi passa neanche per l’anticamera del cervello!"

"Ok…" annuisco guardandola finalmente in faccia, più che altro per cercare di capire dove vuole arrivare.

"Ho solo voglia di uscire, conoscere gente nuova, distrarmi, capisci? Staccare la spina alla testa e non pensare a niente!"

"Oh, beh, scommetto che ti riesce molto bene" commento ironico, ma lei non coglie nemmeno sta volta.

"Eheheh grazie, sì, me la cavo. E dovresti farlo anche tu!" aggiunge dandomi una leggerissima spallata.

Non posso che scuotere la testa in segno di sconforto, visto che non so neanche come ribattere. Mentre penso a una possibile risposta distolgo lo sguardo e scorgo un viso familiare in mezzo al via vai di gente lungo il marciapiede.

"Va beh, comunque se ti va di parlare… o di distrarti un po’, il mio numero ce l’hai" continua la ragazza, ma io sono fisso sulla sagoma bionda che si avvicina, passeggiando abbracciato a una ragazza dai lunghi capelli neri.

"Grazie, lo terrò presente" rispondo distrattamente, mentre mi stacco dal muro, butto la sigaretta e faccio per avvicinarmi alla coppia. Allora Angie ha cambiato idea. Menomale che ci ha pensato Jerry ha convincerla, forse sono salvo per il resto della serata!

E invece no.

"Dove vai?" mi chiede Violet, proprio nel momento in cui le due sagome si fanno finalmente più distinte.

Faccio appena in tempo a fare dietrofront e piazzarmi davanti a lei, dando le spalle ai passanti, per non farmi vedere. E per evitare che lei riconosca Jerry e possa farsi venire in mente l’idea malsana di chiamarlo.

"Da nessuna parte, scusa… mi sembrava di aver visto qualcuno che conosco"

"Rientriamo? Si gela qua fuori"

Annuisco, poi mi volto di nuovo e seguo con lo sguardo Jerry, che prosegue fino all’insegna verde del locale e gira l’angolo, avvinghiato a una ragazza che non è Angie.

"Lascia, cara, faccio io" Brian si avvicina e mi leva secchio e scopettone dalle mani.

"Ok" commento facendo spallucce.

Da dove viene tutta questa operosità? In genere è il primo ad andarsene, anzi, di solito a quest’ora è già a casa. Che abbia percepito il mio umore pessimo di stasera?

“Finisco io, vai pure” continua, dopodiché inizia a canticchiare ad alta voce sulle note di un vecchio motivo di Neil Young “He’s been waiting for you, and you’ve been coming to him…”

“Me la ricordavo diversa” osservo sospettosa.

“Dai, muoviti, c’è il tuo ragazzo che ti aspetta fuori!” esclama ridacchiando, mentre io impallidisco.

Perfetto, davvero perfetto. Speravo di rimandare la discussione a un altro momento, possibilmente quando sarei stata meno furiosa, anche perché io detesto litigare: non sono capace di litigare, più litigo più mi incazzo e più mi incazzo più sto male io, anche quando ho ragione, senza risolvere niente. Invidio la gente che riesce a sfogarsi con una bella lite e magari dopo si sente anche meglio! Io mi faccio solo il sangue amaro. Ecco perché speravo di riuscire in qualche modo a evitare Jerry per i prossimi cinque anni, come minimo, ma pare non sia possibile.

Vado a mettermi cappotto e sciarpa e recupero la borsa, dopodiché, anziché prendere l’uscita principale, esco dal retro e mi accendo una sigaretta, mentre inserisco i gettoni nel telefono pubblico. Da quanto sono nervosa, ne accenderei almeno un altro paio, da fumare contemporaneamente.

“Pronto” la mia coinquilina risponde subito.

“Ciao, Meg, sei a casa?”

“Ahahah beh, direi! Considerando che hai chiamato a casa e ti sto parlando…” risponde con tono ironico.

“Meg, ti prego, non è il momento di fare del sarcasmo”

“Mmm per te è sempre il momento di fare del sarcasmo… Che cazzo è successo?” mi chiede preoccupata.

“Un disastro”

“Brian ha dato fuoco alla cucina? No, non dirmelo, sei caduta di nuovo?”

“No, niente di tutto questo. Cazzo, non è che adesso, siccome sono caduta una volta, divento una specie di tuffatrice di professione!”

“E allora?”

“Jerry” rispondo, dopo un lungo sospiro, mentre mi premo la base del naso con pollice e indice. Mal di testa in arrivo.

“Merda. E’ passato alla tavola calda? E’ andata così male?”

“E’ venuto a prendermi, è qui fuori che mi aspetta”

“Ah! Ma allora non ci hai ancora parlato?”

“No…”

“Angie, muoviti, devi parlarci!”

“Devo proprio? Non so neanche cosa dirgli, come dirglielo…”

Il bello è che la merda traditrice è lui e le seghe mentali me le faccio io! Se non fossi fuori di me mi verrebbe da ridere.

“Dai, magari parlate e vi chiarite. Sono sicura che ci sarà una spiegazione plausibile per-“ Meg cerca di indorare la pillola, come al solito. La interrompo prima che possa tentare nuovamente di giocare la carta del magari era stanco, lo faccio per la sua incolumità.

“Spiegazione? Che spiegazione? Non ho bisogno di spiegazioni! La spiegazione è che dice un sacco di stronzate! E’ un bugiardo: è a Seattle e inventa di non essere ancora tornato, non mi sfiora neanche con un dito, neanche avessi la peste, che spiegazione ci può essere?”

“Te ne deve comunque una, mettilo alle strette! E se quello che ti dice non ti piace, riempilo di mazzate. Chiamami se hai bisogno di aiuto, lo sai che di fronte a una rissa non mi tiro mai indietro”

“So già che quello che ha da dirmi non mi piacerà…” ribatto dopo una generosa boccata di fumo.

“Allora portalo qui, io mi nascondo in camera mia col machete, pronta a uscire al momento opportuno”

“Non abbiamo un machete”

“Vero. Però abbiamo la mezza luna”

“Non somiglia a un machete neanche da lontano”

“Però taglia”

“Sì, se volessi fare un trito di Jerry per il soffritto penso che potrebbe tornare utile” sono ancora incazzata, ma mi sfugge un sorriso.

“Scherzi a parte, non litigate in macchina: venite pure qui a fare casino, io me la squaglio”

“Meg, non voglio cacciarti di casa”

“Tranquilla, prima ero alla finestra e ho intravisto la macchina di Eddie. E’ un po’ presto per il suo turno, quindi penso sia da Chris e Matt. Faccio un salto da loro”

“Ok, grazie…”

“Così mi garantisco anche un alibi per l’omicidio”

“Ah ecco, e io che ti credevo altruista!”

“Mai!”

“Ciao Meg”

“Vai e colpisci!”

“Solo punti vitali”

“Evita l’eccessivo spargimento di sangue però, ok?”

“Tanto pulisco io”

“Vai! In bocca al lupo”

Concludo la telefonata e aspetto di finire la sigaretta, prima di rientrare, salutare velocemente Brian e uscire dalla porta principale. Eccolo lì, seduto in macchina, ma con lo sportello aperto e i piedi a terra, che si muovono a tempo con una canzone che è nella sua testa. Il rumore dei miei passi attira la sua attenzione, distoglie lo sguardo dalla sigaretta che tiene tra le dita e mi rivolge un sorriso che, in condizioni normali, mi farebbe sciogliere istantaneamente, ma ora mi fa venire voglia soltanto di spaccargli i denti.

“Buona sera, signorina. Il suo taxi è pronto” Jerry fa per uscire dall’auto e venirmi incontro, ma io riesco a evitarlo dirigendomi direttamente sul lato del passeggero, dopodiché apro la portiera e salgo senza neanche guardarlo.

“…” e senza rivolgergli la parola.

“Non sapevo se c’era anche la capa, allora ho aspettato qui, buono buono. Hai fatto in fretta!”

“…”

“Che vuoi fare? Ti porto a casa o vuoi fare un giro?” domanda mettendo in moto.

“Casa” rispondo in maniera essenziale, proprio perché non ne posso fare a meno, con lo sguardo fuori dal finestrino.

“Ok!” esclama ignaro, immettendosi nel traffico.

Come fa una persona a raccontare una bugia e apparire così tranquillo? Ok, anch’io a volte dico cazzate, certo non gravi, ma sto in angoscia comunque! Quando bigiavo scuola all’insaputa dei miei non dormivo né la notte prima né quella dopo, ero sempre sul chi va là e mi bastava un sorriso di mia madre a tavola per sentirmi una merda. E non avevo certo i genitori più severi del mondo, anzi, se gliel’avessi detto probabilmente avrebbero fatto spallucce e mi avrebbero chiesto dov’ero andata di bello. Ma non avrei mai potuto dirglielo, certe ribellioni sono necessarie, una tappa fondamentale della crescita. Infatti sono cresciuta con l’ansia. Lui invece no, sta qui al volante tutto contento, sorridente accanto a me, come se nulla fosse. Almeno, credo sia sorridente, non l’ho ancora guardato in faccia. Mi giro brevemente per accertarmene… Infatti, sorride. Che cazzo ti ridi, idiota?! Appena si accorge che lo sto guardando si volta verso di me, allarga ancora il sorriso e mi strizza l’occhio, prima di tornare a fissare la strada davanti a sé. Te lo cavo con le unghie quell’occhio di merda!

“Ecco, tanto per cambiare inizia a piovere” commenta appena le gocce cominciano a farsi più grosse e inondare copiosamente il parabrezza.

“…” non rispondo e mi stringo nel mio cappotto, coprendomi il naso con la sciarpa.

“Hai freddo? Alzo un po’ il riscaldamento”

“…”

“Brutta giornata, eh?” aggiunge dopo un po’, forse rendendosi finalmente conto del mio semi-mutismo improvviso.

“…”

“Che è successo?”

“Niente”

E’ successo che sei un bastardo!

“Ok, non indago…” replica alzando brevemente le mani in segno di resa, per poi riafferrare di nuovo il volante.

Non posso far partire l’inferno in macchina, Meg ha ragione, meglio aspettare di essere a casa, al caldo e al sicuro. Un luogo dove prendere a calci nel culo questo disgraziato è senz’altro più comodo e meno pericoloso. Nel frattempo il disgraziato ha acceso la radio e sta smanettando in cerca di una stazione decente.

“Uh! Gli Abba!” esclama alzando il volume. Il suo concetto di musica decente è cambiato molto da quando ci frequentiamo.

“…”

“Knowing me, knowing you… ha-haaa” inizia a intonare, fingendo di reggere un microfono immaginario, che mi porge al momento del ha-ha, aspettandosi di sentirmi cantare.

“Dai, collabora! Hehe ti ricordi quella sera che l’abbiamo canta-” sta per tirare fuori un aneddoto legato alle nostre scorribande notturne in macchina, ma si blocca nel momento in cui io, esasperata, spengo la radio “Ehi! Perché?”

“…”

“Che c’è?”

“Non mi va la musica”

“Ok, ma perché?”

“Non sono in vena”

“Tu sei sempre in vena di Abba, che cos’hai?”

“Niente”

“Ahia, quando una donna dice che non ha niente vuol dire che sta per scatenarsi il finimondo” commenta sghignazzando e se la macchina non fosse in movimento e non ci fosse lui alla guida l’avrei già scaraventato fuori con un calcio.

“Ho mal di testa”

“Devono averti fatta proprio incazzare oggi alla tavola calda, eh? Povera piccola” dice allungando una mano verso la mia guancia, ma la carezza viene prontamente rimbalzata da una manata repentina.

“Ma… ok, vuoi dirmi che cazzo c’è?”

“…”

“Ma ce l’hai con me?”

Bingo!

“…”

“Che ho fatto adesso?”

“Se non lo sai tu…” mi lascio sfuggire mentre gioco con la cerniera della borsa.

“Ecco, allora sei incazzata con me, perfetto”

“…”

“E’ per ieri? Scusa se sono scappato così su due piedi, te l’ho spiegato il perché”

“…”

“Angie?”

“Non è per quello”

“E allora per cosa?”

“Non adesso”

“No, me lo dici adesso, invece”

“Quando arriviamo a casa”

“Col cazzo, parla, su”

“…”

“PARLA!”

“Prova ad alzare di nuovo la voce con me e giuro che scendo al volo” mi volto e lo minaccio fissandolo dritto negli occhi.

“Ok, scusa… è che… non capisco che ti sta succedendo ultimamente. Un giorno sei dolce e tenera, il giorno dopo sei fredda come il ghiaccio, come l’altra sera al negozio. Vorrei solo capirci qualcosa”

“…”

“Angela…”

“Ne parliamo dopo”

“Piccola, non puoi mettermi una pulce grande quanto un T-rex nell’orecchio e poi dirmi Ne parliamo dopo”

“…”

“Dimmi solo cosa c’è”

“C’è che sei uno sporco bugiardo, ecco che c’è!” sbotto alla fine, perché non ce la faccio più.

“B-bugiardo? Di… di che stai parlando?” chiede balbettando, senza distogliere lo sguardo dalla strada.

“Lo sai benissimo di cosa sto parlando. E se non lo sai i motivi sono due: o sei un cretino oppure mi hai detto così tante bugie che ora non sai a quale mi riferisco. Qual è delle due? Eh?”

“Angie, calmati”

“NO! Non ci penso proprio a calmarmi! Hai detto che volevi saperlo adesso, no? E io te lo dico adesso che sei uno stronzo!”

“Piccola…”

“Piccola un cazzo!” ribatto dando un pugno alla portiera. E facendomi un male cane. Tuttavia trattengo qualsiasi espressione di dolore e mi limito a soffrire internamente, non voglio dargli questa soddisfazione.

“New York?” mormora, interrompendo il silenzio che era calato su di noi per alcuni minuti.

“Ma bravo! Sei andato a colpo sicuro o hai tirato a indovinare e ti è andata bene? Non lo sapremo mai” commento stizzita.

“Colpo sicuro, Angie. Ma-”

“Sei un bastardo”

“Posso spiegare”

“Non ce n’è bisogno, la spiegazione è semplice, ci arrivo anche da sola: non ti andava di vedermi e ti sei inventato di essere ancora a New York, mentre invece eri già a Seattle”

“Chi te l’ha detto?” mi chiede a denti stretti.

“Credi sia importante chi me l’ha detto, Jerry? Lo so e basta”

“Ok, hai ragione, scusa. Io… io non volevo mentirti…”

“Però l’hai fatto, guarda un po’”

“Ma non è vero che non mi andava di vederti! Mi andava, mi va sempre di vederti, io sto bene con te”

“Si vede”

“Angie…”

“Angie un corno, sei stato via tre giorni e non mi hai cagata di striscio. Poi mi hai persino fatto la finta telefonata da New York per tenermi buona, quella è stata proprio una bastardata!”

“Mi dispiace, io-”

“Una bastardata da Oscar, devo ammetterlo, ti faccio i miei più sinceri complimenti per l’interpretazione!”

“Posso parlare?” chiede timidamente dopo un po’.

“No”

“Angela”

“Ne parliamo a casa”

“Ma io voglio spiegarti, adesso”

“Uff, ok, sentiamo! Vediamo cosa riesci a tirare fuori dal cilindro” mi giro definitivamente verso di lui e incrocio le braccia in attesa delle sue scuse patetiche.

“Ok, senti… non sono stato sincero con te, non parlo solo della data del volo…”

“Lo immaginavo”

“Hai presente quando ti ho detto che stavo facendo il bravo a New York?” prosegue grattandosi la testa.

“Fammi indovinare: erano tutte stronzate, vero? Dopotutto non eri nemmeno più a New York, perché dovrei stupirmi del resto?”

“Non ho fatto il bravo per niente, Angie, ho cominciato a bere già sull’aereo e una volta arrivato nella Grande Mela non mi sono limitato all’alcol”

“Quindi hai sparato un sacco di cazzate nelle interviste”

“Eccome! Ad ogni modo, un giornalista, uno speaker radiofonico, quelli si possono anche ingannare… ma non te”

“E infatti mi hai fregata alla grande”

“Fammi finire. A parte i momenti in cui ero in condizioni pietose, anche quando ero più o meno lucido non potevo certo chiamarti, mi avresti sgamato al volo. E io non volevo farti arrabbiare”

“Oh missione compiuta” osservo sarcasticamente.

“L’altra volta, dopo la festa al London Bridge, ti sei incazzata come una iena. Giustamente. Non volevo fare casini, proprio adesso che le cose tra noi si stanno facendo… serie…”

“Beh, se sono troppo serie per te basta dirlo: facciamola finita, chiudiamo questa cosa e stop” replico stizzita, un attimo prima di ritrovarmi con la faccia a pochi centimetri dal parabrezza e lo sportellino del porta-oggetti aperto e comodamente pressato nel fianco. Quel che ho detto non deve essergli piaciuto perché ha inchiodato in mezzo alla strada.

“CHE?!”

“Jerry, ti sei bevuto il cervello?”

“NOI NON CHIUDIAMO UN BEL NIENTE!”

“Va bene, ma potresti evitare di farci ammazzare?”

“Non è troppo seria, è seria il giusto, a me va bene così! Benissimo!”

“Ok, però adesso ripartiamo”

“Io non voglio perderti…”

“Jerry, ci stanno suonando dietro”

“Che si fottano!”

“Andiamo a casa, dai” cerco di usare un tono più conciliante per convincerlo a muoversi, ci manca solo che scenda qualcuno armato di cric per farci il culo.

“Ok…” si convince e riparte “Non voglio perderti, per niente al mondo” ripete.

“Jerry…”

“E’ per questo che sono sparito per giorni. Ma cazzo, ero a New York, che dovevo fare? Poi con Mike e Sean, ti puoi immaginare l’andazzo…”

“Non dare la colpa agli altri, non sei un bambino”

“Certo, infatti, è solo colpa mia, lo ammetto. Mi sono voluto divertire e non mi sono fatto mancare nulla” confessa picchiettando nervosamente le dita sul volante.

“Me lo dovevi dire”

“Hai ragione, sono una testa di cazzo”

“E comunque non ho capito la farsa del ritorno posticipato”

“Volevo riprendermi un po’ prima di vederti, tutto qui”

“E quando mi hai chiamato dov’eri? Dalla tua amica Monica? O ti sei portato dietro qualcuna da New York?”

“Cosa? No, certo che no!”

“Le hai sedotte e abbandonate sul posto?”

“Non ho sedotto nessuno!”

“Hai detto che non ti sei fatto mancare nulla…”

“Parlavo di alcol, coca, pillole varie, non di donne”

“E io ci credo?”

“E’ la verità!” insiste e sembra sincero, ma a questo punto penso che il mio sesto senso non valga un soldo bucato. Come faccio a credergli?

“Dov’eri quando hai chiamato, allora? A casa tua?”

“No, ero da Sean”

“Ahahah certo, sicuro”

“Te lo giuro!”

“Sean, la persona ideale a cui rivolgersi per qualche giorno di disintossicazione”

“Non volevo farmi vedere in giro, per evitare che lo venissi a sapere!”

“E hai segregato tutta la band a casa di Kinney?”

“No…”

“E allora lasciatelo dire: il tuo piano faceva schifo”

“Sono un idiota”

“Jerry, scusa, pensavi seriamente che non l’avrei scoperto prima o poi? Cazzo, abbiamo gli stessi amici, la manager della tua band sta col mio vicino di casa, vuoi che non venga a sapere una cosa del genere?!”

“Cornell… ecco chi te l’ha detto” dice schiaffeggiandosi la fronte.

“Non importa chi me l’ha detto, hai fatto una cosa stupida, punto”

“Lo so”

“Ti ho mai detto come devi vivere, Jerry?”

“No”

“Ti ho mai imposto le mie idee o vietato di fare qualcosa?”

“Assolutamente no”

“Tecnicamente non stiamo neanche insieme, fai tu. Mi limito a fare delle osservazioni, di tanto in tanto, e solo per il tuo bene”

“E hai sempre ragione”

“Sei tu che hai promesso di darti una regolata, senza che io ti chiedessi niente”

“E non l’ho fatto”

“Già, non l’hai fatto, hai fatto di testa tua. Che va benissimo. Ma almeno abbi il coraggio delle tue azioni”

“E’ vero”

“Sei grande e grosso e racconti cazzate a una teenager? Ma come sei messo?”

“Sono una merda, hai pienamente ra-”

“E smettila di darmi ragione e fare l’accondiscendente! Mi innervosisci!”

“Sì, scusa”

“Sai qual è la cosa che mi fa incazzare di più di tutta questa storia?”

“Che ti ho presa in giro?”

“Anche. Ma soprattutto che hai avuto paura di me, che ti sei sentito in dovere di mentirmi… come se io non fossi in grado di capire”

“Angie, mi dispiace”

“Pensavo ti fidassi di me”

“E’ così! Io mi fido di te”

“Mi hai confidato delle cose, su di te, sulla tua famiglia… avevo la presunzione di credere che mi reputassi degna di fiducia”

“Lo sei, sei la persona di cui mi fido di più al mondo, assieme a Layne”

“Ma non me lo dimostri. Chissà quante altre cazzate mi hai raccontato…”

“No, Angie. Ok, stavolta ho sbagliato, ma non ti ho mai mentito sul resto”

“E io come faccio a crederti?”

“E’ stata la prima e unica volta. Non lo farò mai più, Angie, te lo giuro”

“Ripeto: come faccio a credere a quello che dici?” sospiro e torno a guardare fuori dal finestrino.

Jerry non risponde, con la coda dell’occhio vedo che continua a voltarsi verso di me, come se volesse dire qualcosa, ma evidentemente le parole non gli vengono in aiuto, almeno non quelle giuste. Arriviamo finalmente sotto casa mia, per fortuna. Il sottofondo di silenzio e pioggia cominciava a essere insostenibile. Mentre mi sto sistemando la sciarpa in testa, per evitare di inzupparmi troppo i capelli, Jerry spegne il motore e scende al volo dalla macchina, sbattendo la portiera. Che gli prende? Fa l’incazzato adesso? LUI? Va bene tutto, ma adesso lo mando veramente a cagare. Il tempo di fare queste considerazioni e Jerry ha fatto il giro della macchina ed è venuto dalla mia parte, aprendomi lo sportello. Vuole giocare la carta della galanteria o cosa? Faccio per scendere e prepararmi alla corsa verso il portone, ma lui mi si para davanti.

“Jerry, che fai lì? Muoviti, ti stai bagnando”

“Fa niente” risponde, dopodiché si inginocchia a terra.

“Jerry, che caz-? Ti sei accorto che hai appena infilato le ginocchia in una pozzanghera grande come una casa?”

“Non me ne frega un cazzo”

“Jerry…”

“Io… io lo so di non meritarti.” comincia quello che sento sarà un discorso lungo “Angie, tu sei fantastica e io sono il coglione in cui sei inciampata per caso lungo la strada verso qualcosa, e magari qualcuno, di meglio”

“Oh Cristo, non fare la vittima” ribatto sospirando.

“Non lo faccio. Infatti, io voglio reagire, io voglio meritarti! Voglio essere quello giusto. Se ho commesso l’errore di mentirti è stato proprio per questo, perché volevo che avessi una buona opinione di me. Vorrei essere migliore, per te” continua prendendomi la mano.

“Non devi fare niente per me. Se vuoi cambiare devi farlo solo per te stesso, io ho già una buona opinione di te”

“Davvero?”

“Ma certo! Altrimenti perché pensi che continuerei a vederti? Per masochismo? Per passare il tempo?” ribatto alzando gli occhi al cielo.

“Perché ti piaccio…”

“E secondo te perché mi piaci? Perché sei biondo e sexy? Pensi sia solo questo che mi interessa?”

“No…”

“Appunto. Avrò visto qualcos’altro di buono in te, no?”

“Che suono da dio?”

“Sei un idiota.” gli dico scuotendo la testa “Un adorabile idiota. Ma se mi dici bugie, ecco, lì sì che cominci a non piacermi”

“Non ti mentirò mai più”

“E dovrei fidarmi solo perché ti stai inzaccherando come un pulcino mentre me lo dici?”

“Dimmi cosa devo fare perché tu mi creda e io lo faccio. Qualsiasi cosa”

Se non avessimo appena litigato mi verrebbe da ridergli in faccia. Mi picchietto l’indice sul mento guardandomi attorno, come per fare una lunga riflessione, poi indico la pozzanghera e sentenzio: “Bevi quell’acqua”

“Eh?”

“Hai detto qualsiasi cosa…”

“O-ok…” lascia la mia mano e fa per chinarsi a raccogliere un po’ d’acqua da terra.

“Ahahahahah ma sei scemo?! Piantala!” gli afferro tutt’e due le mani e lo tiro di nuovo verso di me.

“Ho detto qualsiasi cosa…”

“Secondo te ti chiederei davvero una cosa del genere? Seriamente?”

“No, ma io lo farei…”

“C’è solo una cosa che devi fare per farti perdonare”

“Cosa?”

“Dirmi la verità, sempre”

“Lo sto facendo e lo farò, te lo prometto”

“Sei sincero?”

“Sì”

“Vuoi stare con me? Sinceramente?”

“Lo voglio eccome, Angie”

“Ok.” dico prima di inspirare profondamente “Allora ti perdono”

“Oddio, grazie Angie! Sei proprio un angelo, di nome e di fatto!” esclama e manifesta la sua gioia sbaciucchiandomi il dorso delle mani.

“Ti ho perdonato, non serve che fai il patetico” gli dico con una smorfia.

“Guardami, più patetico di così è difficile. Mi perdoni davvero?” chiede tenendosi la mia mano sulla guancia.

“Sì, ma prima devi dirmi un’ultima cosa”

“Certo, piccola. Puoi chiedermi tutto”

“Mi hai detto la verità?”

“Sì, Angie, è come ti ho detto. Mi sono sfasciato a New York e tutto il resto”

“Non parlo solo di questa cosa, Jerry. Intendo in generale”

“Cioè?” mi chiede perplesso.

“Sì, insomma, da quando abbiamo iniziato a frequentarci… sei sempre stato sincero con me?”

“Sempre! Non ti mentirei mai”

“Jerry, pensaci, te lo sto chiedendo seriamente. Se hai combinato qualcos’altro, non so, sei stato con qualche altra ragazza o…”

“Non sono stato con nessun’altra, Angie, ci sei solo tu”

“Se hai fatto qualsiasi altra stronzata, Jerry, è il momento di dirmelo. Non mi incazzerò, non sarò più incazzata di quanto sono già adesso”

“Ma non mi avevi perdonato?” mi chiede spostandosi i capelli zuppi dalla faccia.

“Sì, ma sono ancora arrabbiata, mica passa così in un secondo!”

“Giusto”

“Jerry, se hai qualcosa da dirmi, qualsiasi cosa, parla adesso”

“O taccio per sempre?” aggiunge col primo ghigno dall’inizio della lite.

“Non sto scherzando, non so se capisci quello che ti sto dicendo”

“Lo so, scusa, ho capito perfettamente”

“Ti sto dando la possibilità di ripartire da zero, insieme a me” gli prendo la faccia tra le mani e mi assicuro che stia fissando il suo sguardo nel mio.

“Ok”

“Se ti sei preso gioco di me non mi importa, ma me lo devi dire, capito?”

“Capito” risponde annuendo.

“Capisci che se mi dici che è tutto ok e io poi vengo a sapere qualcos’altro sarai nella merda fino al collo?”

“Sì, è tutto chiaro”

“Perfetto. Allora? C’è qualcos’altro che devi dirmi?” gli chiedo asciugandogli le guance coi pollici.

“No, Angie” risponde dopo averci pensato un po’.

“Sicuro?” chiedo di nuovo conferma.

“Sì, sicuro” ripete, accennando un sorriso.

“Allora ti credo” rispondo al sorriso e mi avvicino per dargli un bacio.

“Grazie” mi sussurra nell’orecchio.

“Adesso ti decidi ad alzarti da quella poltiglia? Così magari entriamo in casa, che dici?”

Senza parlare si alza e apre di più la portiera per me.

“Vai, corri!”

 **

“Jerry, fai proprio schifo” commento scrutandolo da capo a piedi mentre entriamo in casa.

“Grazie, anche tu sei bellissima”

“Fermati! Non pensare di camminare in giro con quelle scarpe, mi rovini tutto il pavimento! Levatele” gli intimo, mentre mi levo gli stivali e li sistemo sul tappetino accanto alla porta.

“Va bene, mamma” risponde obbedendo prontamente.

“Dammi la giacca che la metto ad asciugare. E levati anche i pantaloni, sono fradici” continuo appendendo il cappotto all’attaccapanni.

“Ogni scusa è buona eh?” commenta ammiccando con la sua solita faccia da schiaffi.

“Figurati, tanto sei innocuo” gli lancio una frecciata, visto che durante la lite l’argomento non è stato nemmeno sfiorato.

“Cosa? Innocuo io?” chiede incredulo sbottonandosi i jeans, per poi calarli e toglierli, una gamba alla volta.

“Del tutto inoffensivo” ribadisco, strappandoglieli dalle mani appena me li porge e dirigendomi speditamente verso il bagno.

“Che vuoi dire?”

“E in camera mia c’è il phon, vatti ad asciugare i capelli o ti verrà un accidenti!” gli urlo dal corridoio, ignorando la sua perplessità.

Questi pantaloni avrebbero bisogno di un giro di lavatrice, ma mi limito a strizzarrli un po’ e sistemarli sul termosifone, idem per la mia sciarpa. Jerry è proprio matto da legare. Avrò fatto bene a fidarmi? Beh, io ce l’ho messa tutta per fargli capire che per me è importante… in più gli ho praticamente offerto su un piatto d’argento un’amnistia totale per qualsiasi eventuale cazzata commessa in passato… Insomma, solo un coglione vero non avrebbe colto l’occasione. Non posso non credergli. Vado nella mia stanza e lo trovo intento ad asciugarsi la chioma. In mutande è proprio un bel vedere, non c’è che dire.

“Che fai mi spii?”

“Sei a casa mia, ti spio quando voglio” rispondo sistemando la sua giacca sul mio calorifero.

“Guardona”

“Almeno uno dei due è interessato a guardare” ribatto uscendo.

“Cos’è questa storia?” chiede raggiungendomi, una volta asciutto, in soggiorno.

“Niente” rispondo sorniona, porgendogli la tazza di tè che ho preparato nel frattempo.

“Oh cazzo, sta per scatenarsi un altro putiferio?” chiede soffiando sulla tazza e dirigendosi verso il divano.

“Non fare lo spiritoso, guarda che sono ancora arrabbiata e tu sei ancora in prova”

“Scusa”

“E il putiferio si scatenerà se ti azzardi ad accendere quella tv” aggiungo appena lo vedo allungarsi verso il telecomando.

“Ehm… ok” risponde perplesso mentre lo raggiungo sul divano, attenta a sistemarmi il più vicina possibile. Gli sorrido e non faccio in tempo ad appoggiare due tovaglioli di carta sul tavolino che lui è già scattato in piedi.

“Metto un po’ di musica!” esclama zampettando scalzo verso l’impianto stereo.

“Jerry, vieni qui”

“Che ti va di sentire?”

“Niente”

“Ok, allora metto la radio” dice accendendo l’apparecchio, che fa rimbombare uno spot pubblicitario nella stanza.

“Jerry! Smettila di evitarmi!” mi alzo anch’io e sbotto. Di nuovo.

“Cosa? Evitarti?” domanda perplesso, dopo aver abbassato leggermente il volume.

“Sì, evitarmi. Prima hai detto che non c’era nient’altro…”

“E’ così, piccola, te l’ho detto” torna di nuovo serio e si avvicina con aria preoccupata.

“E allora perché non mi tocchi?”

“Eh?!” esclama come se avesse visto un fantasma.

“Insomma, prima eri tutto… beh lo sai, ti prendo di qua, ti faccio di là… poi l’abbiamo fatto e… puff”

“Puff??” il fantasma di prima è diventato più raccapricciante.

“Ti sei spento, non mi guardi neanche”

“Ma non è vero” si toglie dalla faccia le smorfie di prima e si avvicina ancora.

“Sì che è vero! Ieri mi sono praticamente buttata addosso a te e tu continuavi a sfuggirmi”

“Volevo fare il bravo” replica candidamente.

“Da quando?” chiedo incredula.

“Beh, non ci vedevamo seriamente da una settimana, non volevo fare l’animale subito” spiega avvicinandosi al tavolino e riprendendo la sua tazza di tè.

“Oh”

“Ok, mi sentivo anche un po’ in colpa per la storia di New York…” ammette e poi beve un sorso di tè caldo “Mmm buono! Però fondamentalmente non volevo pensassi che venivo solo per scoparti” aggiunge

“Ah ecco…”

“E comunque quando mi hai ringraziato per le rose stavo per cedere” continua posando la tazza e venendo più vicino.

“Davvero?”

“Onestamente, il mio primo istinto era quello di prenderti di peso, trascinarti fino alla prima superficie d’appoggio utile e strapparti i vestiti di dosso”

“Ma non l’hai fatto”

“Te l’ho detto, volevo fare il bravo” ripete accarezzandomi le braccia e giocando con l’orlo arricciato delle mie stupide maniche.

“Ma io… non volevo facessi il bravo”

“Ah no?” chiede sollevando un sopracciglio.

“Eh no”

“E perché non me l’hai detto?”

“Pensavo fosse palese”

“In effetti, ho avuto un piccolissimo sospetto a un certo punto…” aggiunge con un ghignetto malizioso, mentre fa scivolare le mani sui miei fianchi.

“Non è carino sentirsi rifiutati, sai?”

“Io non ti rifiuterei mai, cazzo, neanche sotto tortura” ribatte stringendo la presa.

“Non ci credo”

“Te lo dimostro?” mi sussurra nell’orecchio, per poi sigillare quella domanda con un piccolo bacio sul lobo.

“Non puoi strapparmi la divisa però, mi serve” scherzo per allentare la tensione, come sempre. Ma perché voglio allentarla? Mi piace un sacco questa tensione.

“Cercherò di trattenermi” mi assicura staccandosi leggermente da me e fissandomi, mentre le sue mani sono ancora lì, ferme sui miei fianchi. Il suo sguardo si sposta alternativamente dai miei occhi alla mia bocca.

“Mi fido” replico cercando di mantenere un’espressione seriosa.

“Bene”

“Bene”

Quello che succede dopo, ecco, non ho ben capito com’è iniziato. Resta il fatto che, senza quasi rendermene conto, mi ritrovo in braccio a Jerry, con le gambe allacciate alla sua vita, mentre incollati in un bacio famelico sbattiamo da una parete all’altra senza ritegno. Non so come, ma riesco a non fracassarmi la testa da nessuna parte, neanche quando finisco spalmata di fianco all’attaccapanni, con lui che continua a divorarmi la faccia e inizia a sbottonarmi la camicetta, tenendomi con una mano sola. Ok che il sostegno aiuta, ma avevo nettamente sottovalutato la sua forza.

“Che buon profumo che hai, cos’è?” mi chiede prendendo fiato e concentrandosi sulla camicia fino a sbottonarla completamente.

“Vaniglia” rispondo aggrappata con le unghie alla sua maglietta.

“Mi fa venire fame…” mi sussurra tra i capelli.

“Ho notato…” faccio per rispondere, ma le sue labbra mi zittiscono quasi subito.

Sto scivolando, ma la sua mano, che nel frattempo stava facendo festa nel mio reggiseno, accorre ad aiutare l’altra per tirarmi su di nuovo. Sento della musica e ci metto un po’ a capire che non si tratta della mia cara vecchia colonna sonora inconscia, ma solo di Sweet Emotion degli Aerosmith alla radio. Di punto in bianco non sento più alcun sostegno dietro di me e mi ritrovo ancora nel bel mezzo del soggiorno, sempre in braccio a Jerry, accanto al divano, dove suppongo terminerà la nostra corsa. Invece no, si allontana di nuovo e mi trascina in cucina, per poi adagiarmi con poca delicatezza sul tavolo.

“No, Jerry dai” lamento mentre mi infila le mani, ora libere, sotto la gonna.

“No cosa?” chiede accarezzandomi le cosce sopra le calze

“Sul tavolo no… non sta bene”

“Me ne frego. Alzati un po’” mi chiede e, appena sollevo il sedere, provvede a infilare le dita sotto i due strati di tessuto per sfilarmi collant e mutandine insieme.

“Dai Jerry, non mi va, sul tavolo ci mangiamo!” esclamo risedendomi quando è a metà strada.

“Appunto, te l’ho detto che ho fame no?” risponde e completa l’opera.

Mentre è chinato per spogliarmi, mi allungo per afferrare l’orlo della sua maglietta e togliergliela. La fa volare da qualche parte in cucina, dopodiché mi divarica leggermente le gambe e mi stringe di nuovo a sé, divorandomi di baci e cercando il gancetto del reggiseno con la punta delle dita. Le mie mani accarezzano il suo petto, poi scendono a solleticarlo sotto l’ombelico e sono quasi sui suoi boxer quando sentiamo il campanello.

Un mugugno esce dalla sua bocca, anche perché è ancora saldata alla mia, quando d’istinto gli levo le mani di dosso e le appoggio al tavolo.

“Chi sarà adesso?” chiedo sciogliendomi dal suo bacio.

“Qualcuno che se ne andrà presto se lo ignoriamo” risponde afferrando le mie mani e riaccompagnandole gentilmente dov’erano prima.

Una volta sganciato il reggiseno, che però ho ancora addosso assieme alla camicia, la lingua e le carezze di Jerry mi fanno dimenticare del campanello e di qualsiasi altra cosa che non sia il ragazzo che ho di fronte. Questo finché non suonano di nuovo.

“Forse dovrei andare a vedere chi è?”

“Col cazzo”

“Dai, Jerry, magari è Meg che ha perso le chiavi” ribatto cercando di allontanarlo da me.

“Per le scale… mi hai detto… che era da Cornell… ci può anche tornare volendo… no?” insiste ricoprendo il mio collo di piccoli baci.

“Magari è un’emergenza, dai. Vèstiti!” con una pressione più decisa lo spingo via da me e mi risistemo il reggiseno.

“Uff, che palle!” mi fissa con aria da cane bastonato, poi si rassegna e sbuffa guardandosi attorno in cerca della maglietta.

“E vai a rimetterti i pantaloni!”

“Ma saranno ancora bagnati”

“Fa niente, corri!” salto giù dal tavolo mentre mi riabbottono la camicetta e vado in soggiorno, lui mi supera e prosegue verso il bagno.

Cerco con lo sguardo le mie ciabatte, ma non le vedo da nessuna parte, mi rassegno e vado ad aprire scalza.

“Eddie… ciao!”

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“Ciao Ed, buona notte!” Angie saluta il suo collega, dopodiché chiude la porta al volo e comincia a prenderla delicatamente a testate.

“Beh, non era un’emergenza a quanto pare” le dico ridacchiando.

“Ok, questo era… è… il momento più imbarazzante della mia vita” piagnucola dandomi ancora le spalle.

“Nah, non dire così. Ti dimentichi di quando ci ha beccati Layne” scherzo accarezzandole le spalle.

“Oh, grazie per avermi ricordato il secondo momento più imbarazzante della mia esistenza”

“Mmm Layne stravince, Eddie non ti ha vista nuda” osservo stringendola a me.

“Layne aveva detto di non aver visto niente!” si volta e finalmente la vedo in tutto il suo rossore.

“Sì, ehm, infatti, scherzavo” provo a baciarla ma lei si ritrae.

“Certo che anche tu, farti trovare così! Con la maglietta al rovescio. E hai pure la zip aperta!” commenta indicando i miei pantaloni.

“Ops”

“Sicuramente avrà capito cosa stavamo facendo” dice scrocchiandosi nervosamente le dita.

“Tesoro, a parte il fatto che bisognerebbe essere dei rincoglioniti totali per non capire cosa stavamo facendo…”

“Ugh”

“… non aveva certo bisogno di vedere me per comprenderlo, gli sarà bastato guardare come sei conciata tu” aggiungo indicandola con un cenno. Lei reagisce con una smorfia perplessa, poi va a guardarsi allo specchio che c’è nell’ingresso.

“Oh cazzo!” esclama portandosi una mano davanti alla bocca, per poi spostarla, assieme all’altra, verso i bottoni della sua camicetta per sistemarli correttamente.

“Dai, che fai? Ti rivesti? Ormai è andato via…” mi avvicino e la prendo per i fianchi, sempre da dietro, appoggiando la testa sulla sua spalla.

“Che figura di merda!” esclama col broncio, sciogliendosi definitivamente i capelli.

“Va beh, chi se ne frega, no? Non stavamo mica facendo niente di male. E poi Eddie è un adulto, non un bambino, non l’abbiamo certo traumatizzato” cerco di tranquillizzarla baciandole la guancia rovente.

“Da quando ti conosco faccio una figura di merda dopo l’altra” dice guardandomi ancora imbronciata, non direttamente, ma fissando il mio riflesso sullo specchio.

“E’ il prezzo da pagare per stare con questo fusto” rispondo facendo i muscoli, ma il suo sguardo eloquente mi fa ridere e non riesco a stare serio.

“Jerry?”

“Sì?”

“Dove eravamo rimasti?”

**

Ne ho avuti tanti di risvegli piacevoli in vita mia, ho avuto anche un sacco di risvegli esattamente uguali a questo, ma sono certo di non esagerare nel definirlo uno dei migliori, se non il migliore in assoluto, che mi sia mai capitato.

“Buongiorno Jer” sussurra Angie riemergendo lentamente da sotto le lenzuola.

“Buongiorno” balbetto piuttosto provato.

“Dormito bene?” chiede appoggiando il mento sul mio petto.

“Sinceramente, ho preferito i momenti in cui non abbiamo dormito”

In tutto, probabilmente, avremo dormito sì e no un’ora. Dopo il contrattempo-Vedder, stavo per riportare Angie in cucina, esattamente dove eravamo rimasti, ma lei mi ha trascinato qui in camera sua e non ne siamo più usciti. Lo facevamo, ci addormentavamo e, appena uno dei due apriva casualmente gli occhi, svegliava l’altro per ricominciare, mezzi rincoglioniti. Siamo andati avanti così per tutta la notte. E adesso questo. L’ho sempre detto che il sesso dopo una lite è il migliore.

“Anch’io. Sei stanco?” domanda spostandosi i capelli dagli occhi.

“No, per niente. Tu?”

“Neanch’io” sorride e si avvicina.

“Non avrai mica intenzione di baciarmi?” le dico bloccandola con due dita sulla fronte.

“Sì, perché?”

“Scordatelo” le dico sorridendole e abbracciandola, portando la sua testa di nuovo sul mio petto.

“Pff schizzinoso” commenta ridendo, mentre le accarezzo la schiena.

“Ebbene sì”

“Quando l’hai fatto tu, io ti ho baciato…”

“Perché tu sei depravata” ribatto, beccandomi un pizzicotto sulla pancia in risposta.

“Ahia!”

“Infatti, sono sadica”

“L’ho sempre saputo”

Continuo a coccolarla così per un tempo indefinito e mentre la accarezzo e le bacio i capelli ripenso a ieri sera. Cosa provo per questa ragazza davvero non lo so e ho smesso anche di chiedermelo, e non solo per seguire i dettami di Sean. So soltanto che appena ha detto… com’è che ha detto? ‘Chiudiamo questa cosa’… appena l’ha dettomi sono sentito come se mi avessero dato un pugno direttamente alla bocca dello stomaco, come se la macchina fosse esplosa in quel momento, come se in quel preciso istante un fulmine mi avesse colpito, correndo in maniera dolorosamente lenta lungo la mia spina dorsale. Qualche giorno fa ero io che pensavo di chiuderla qui, ora il solo pensiero mi ha fatto precipitare nel panico, quello vero. Le sposto una ciocca di capelli dalla fronte e le stampo un lungo e sonoro bacio, che la fa sghignazzare e la porta a stringermi ancora più forte. Chiudo gli occhi. Io non sono mai stato un tipo da coccole, ma starei per ore così, con la sua pelle sulla mia, il calore del suo respiro sul mio petto. La mia Angie. Basta cazzate, basta paranoie. Voglio provarci davvero con lei, ero sincero ieri sera… Beh, non le ho detto che avevo pensato di mollarla, non le ho detto che avevo paura che la cosa diventasse troppo seria. Ma ora non ho più paura, quindi perché rovinare tutto? Non le ho detto nemmeno di tutte le bugie… me l’ha chiesto e richiesto, più volte, ed ero quasi tentato di confessarle la verità. Stavo per farlo, in fondo diceva che non si sarebbe arrabbiata. Ma avrebbe mantenuto la promessa una volta saputo che razza di coglione sono stato? Non potevo rischiare, non voglio più rischiare. Un rumore assordante interrompe il flusso dei miei pensieri.

“Che cazzo è?” grugnisco aprendo un occhio solo.

“La mia sveglia” risponde spegnendo l’aggeggio infernale per poi alzarsi di scatto, portandosi dietro le coperte e lasciandomi nudo come un verme.

“Sveglia? Per cosa?” chiedo allungando le mani a casaccio, per recuperare almeno il lenzuolo.

“Ho lezione stamattina” risponde infilandosi al volo la mia maglietta e coprendomi di nuovo, con cura.

“Noooo” protesto sedendomi sul letto, scoprendomi di nuovo.

“Sìììì” ribatte prendendo uno zaino e infilandoci un paio di quaderni e qualcos’altro.

Quella maglietta sta meglio a lei che a me.

“Devi andarci per forza?” le chiedo aprendo anche l’altro occhio e sforzandomi di produrre lo sguardo più convincente di cui sono capace.

“Sìììì” ripete sorridendomi.

La riempie decisamente meglio.

“Noooo”

“Tu puoi rimanere comunque, se vuoi dormire un po’. Magari avverto Meg, prima che le venga un colpo imbattendosi nella tua personcina. Non l’ho neanche sentita rientrare” mi dice riavvicinandosi al letto e accarezzandomi il viso.

“Rimani anche tu, dai…” la afferro per la vita e cerco di ritrascinarla a letto.

“Eheheheh dai, smettila! Mi piacerebbe, ma non posso” mi dice prima di stamparmi un bacio sul naso e allontanarsi definitivamente.

“Uff” sbuffo infilandomi di nuovo sotto le coperte, mentre il mio sguardo si sposta dal poster dei Led Zeppelin sulla parete alla foto gigante in bianco e nero di Patti Smith che campeggia sulla porta della camera, che Angie ha appena aperto e richiuso.

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“Ciao Jeffrey!” Angie mi saluta appena entro nel negozio. Almeno, credo. E’ quello che ho intuito dal labiale, perché non avevo ancora tolto gli auricolari.

“Hey Angie”

“Come va? Piove ancora forte?” mi chiede tutta pimpante, quasi saltellando dietro al bancone. Da dove viene tutto questo entusiasmo?

“Al momento no, ma credo sia una tregua passeggera”

“Dai, speriamo di no!” esclama con un sorriso a 75 denti.

“Ti vedo di buon umore… c’è qualche novità?” le chiedo sospettoso.

“La novità è che sono di buon umore” risponde mettendo in ordine i chewing gum sull’apposito espositore.

“E il motivo qual è?”

“Nessun motivo in particolare… tu invece che motivo hai per quella faccia da funerale?”

“Niente, solito scazzo post-Raison D’Etre”

“Capisco. Dimmi che ti serve!”

“Sigarette”

“Quali? Sono per Eddie, Mike oppure-”

“Qualsiasi, sono per me” rispondo e Angela si blocca, per poi voltarsi lentamente verso di me.

“Tu non fumi” commenta guardandomi storto.

“A volte sì” ribatto affondando le mani nelle tasche della felpa.

“Tu fumi quando sei nervoso. Cosa c’è?”

“Niente”

“Ha! Quando un uomo dice che non c’è niente vuol dire che sta per scatenarsi il finimondo” replica ridacchiando.

“E questa da dove cazzo esce?” le chiedo incuriosito.

“Nah, lascia perdere. Dimmi che hai, su, non farti pregare” mi chiede quasi accasciandosi sul bancone.

“Nulla, sono nervoso per il concerto, tutto qui” rispondo dondolandomi tra punte dei piedi e talloni.

“Ma è fra più di due settimane!”

“E allora? Due settimane volano! Ed è anche per questo che sono qui: ricordati di venire, non tirare pacchi come tuo solito” la punzecchio per l’ennesima volta.

“Io non tiro pacchi!”

“Ti sei scordata che sei quasi mancata al nostro debutto?”

“Quasi! Alla fine c’ero”

“E i Temple of the Dog?”

“E’ stata colpa di Morfeo, io non c’entro”

“Comunque, sono venuto a farti un piccolo promemoria: 22 dicembre, segna questa data in rosso sul calendario”

“Già fatto”

“Quel giorno non prendere ascensori”

“Ahahahahah”

“Non usare macchine da scrivere”

“Ok”

“E fatti una dose massiccia di caffeina”

“Va bene, lo prometto” giura con la mano sul cuore.

“Brava, così mi piaci. E poi non puoi mancare perché, parallelamente, c’è un altro evento a cui devi assolutamente partecipare” aggiungo avvicinandomi al bancone.

“Cioè?”

“Il compleanno di Eddie!”

“Davvero? Non lo sapevo! Che figata, fa un concerto il giorno del suo compleanno”

“In realtà il suo compleanno è il 23, ma noi ehm festeggiamo il 22”

“Siete matti, non si festeggia prima, porta sfiga!”

“Da quando in qua credi alla sfiga?” le chiedo ridendo.

“Io no, ma voi sì! Tu specialmente”

“Comunque festeggeremo a casa nostra, prima e dopo il concerto, e dopo la mezzanotte sarà ufficialmente il suo compleanno, penso sia sufficiente a esorcizzare la sfiga”

“E perché questo festeggiamento anticipato?”

“Perché il 23… non ci sono” rispondo distrattamente, fingendo di sbirciare tra le riviste nell’angolo.

“Come non ci sei? Dove sei?”

“Parto”

“Parti?”

“Con Laura, andiamo via per Natale…”

“Ah fantastico! Beati voi, una bella vacanzina soli soletti”

“Beh, insomma…”

“Ma Stone lo sa? Lo abbandoni per Natale? Come l’ha presa?” Angie non poteva perdere l’occasione di prendermi per il culo anche stavolta.

“Se ne farà una ragione”

“Eheh comunque, dove andate di bello?”

“A Denver”

“Denver? Laura è di Denver, giusto?”

“Esatto… infatti, andiamo dai suoi”

“OH MIO DIO!” Angie esclama, prima di coprirsi la bocca con entrambe le mani, poi esce di corsa da dietro il bancone e viene ad abbracciarmi.

“Angie, che fai?”

“CONOSCERAI I SUOCERI!” urla strapazzandomi.

“Eh già…” rispondo imbarazzato.

“E’ fantastico!”

“Non è niente di che, Angela, non stiamo per sposarci. Mi hanno solo invitato per Natale, tutto qui”

“Che c’entra, vuol dire che sei accolto in famiglia ufficialmente, è un evento!”

“Eh…”

Lo so che è una cosa importante, infatti me la sto facendo sotto.

“Aspetta, è per questo che sei nervoso, vero?” mi chiede staccandosi da me e guardandomi di sottecchi.

“Beh… diciamo che non sono proprio tranquillissimo”

“Ma perché? Sei dolce come il miele, ti adoreranno! Sei un pasticcino, cosa potrebbero volere di più?” commenta dandomi un pizzicotto sulla guancia.

“Sono un pasticcino musicista, che per i genitori spesso significa pasticcino fancazzista”

“Ma non è il tuo caso. Ti fai il culo con la band e hai anche un lavoro”

“I genitori di Laura sono avvocati, non credo che suonare il basso e fare cappuccini corrisponda al loro concetto di lavoro ideale per il ragazzo della figlia”

“Stronzate! Sei un artista, un gran lavoratore e un fidanzato ideale, nonché genero ideale di tutte le mamme. Io non ho figli, ma se ne avessi, ti vorrei come genero” afferma dandomi una serie di pacche sul braccio.

“Se avessi una figlia avrebbe quasi trent’anni meno di me” replico con espressione schifata.

“Ti assicuro che fra trent’anni non ti porresti il problema” scherza tornando dietro al bancone.

“Dai, dammi queste sigarette”

“I generi ideali non fumano” ribatte incrociando le braccia.

“Uff, tanto le posso andare a comprare da un’altra parte” commento alzando le spalle e facendo per andarmene.

“E io non ti parlo più” aggiunge imbronciata.

“Ciao Angie”

“Ciao pasticcino. E stai tranquillo, sei adorabile!” mi saluta ed è ancora tutta sorrisi.

Che cazzo le è preso?

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Quando arrivo al mini market per iniziare il mio turno, la scena che mi ritrovo davanti non mi sorprende: Jerry e Angie, che ridono insieme dietro alla cassa. Ieri è stato imbarazzante, decisamente. Non potevo arrivare nel momento più sbagliato, è evidente cosa stavano per fare… o stavano già facendo. Cazzo, avrei voluto che una voragine si aprisse sotto ai miei piedi in quel preciso istante e mi risucchiasse fino al centro della terra. Però anche loro, insomma, potevano pure ignorarmi ed evitare di aprire! Angie è intenta a contare i soldi della cassa, mentre Jerry le sta accanto e, da quello che ho capito sbirciando attraverso la vetrina, cerca di distrarla in tutti i modi dal suo compito, bisbigliandole nell’orecchio e stuzzicandola. A un certo punto arriva persino a strapparle un paio di banconote dalle mani, tenendole poi in alto per impedirle di raggiungerle. Nel tentativo di prenderle lei si avvicina moltissimo e a quel punto lui la abbraccia a tradimento e le fa il solletico. Eh le tenere effusioni tra fidanzati: mi viene l’orticaria. Sono appena diventato single e mi sono già trasformato in uno zitello inacidito che odia l’amore. Amore… Jerry stava avvinghiato a una sconosciuta fino all’altra sera e adesso fa il fidanzato modello… Però sembrano felici, sicuramente hanno sistemato le cose. Bisogna vedere in che modo. Dall’ultima volta che li ho visti qui insieme a ora c’è un abisso, su questo non ci piove.

Odio fare il rompicoglioni della situazione per l’ennesima volta, ma dopotutto lavoro qui, mi tocca entrare. Per lo meno stasera Angie non è mezza nuda.

“Ehi Eddie!” Jerry è il primo a salutarmi, mentre tiene ancora stretta Angela da dietro.

“Ciao Ed” gli fa eco lei subito dopo.

“Ciao ragazzi”

“Se Jerry mi lascia lavorare, finisco di contare e ti lascio campo libero”

“Messaggio ricevuto: vado a prenderti la roba, torno subito” lui le dà un bacio sulla guancia e si allontana verso il retro del locale.

“Come va, Angie?”

“Tutto ok… e scusa per lo spettacolo imbarazzante di ieri” risponde abbassando lo sguardo, non so se per imbarazzo o per concentrarsi sul conteggio.

“Ma ci mancherebbe altro! Anzi, scusami tu, mi sono presentato così, dal nulla…”

“Figurati, come potevi sapere che… beh…”

“Deduco che ora sia tutto a posto tra di voi” aggiungo per deviare leggermente l’argomento.

“Sì, va tutto bene, perché? Che intendi dire?”

“Scusami, lo so che non sono fatti miei, però… non ho potuto fare a meno di notare che ultimamente ehm, come dire, c’era un po’ di maretta tra voi due, o sbaglio?” chiedo cercando di essere il più discreto possibile.

“Eheheh no, non sbagli. Sei un buon osservatore” ammette col suo solito sorrisetto misterioso.

“Me lo dicono tutti. Comunque adesso è tutto ok, mi pare”

“Sì, è tutto sistemato. Diciamo che… avevamo solo bisogno di parlare, tirare fuori alcune cose” risponde e mi rendo conto che è la cosa più personale che mi abbia mai detto da quando la conosco.

“Oh ma non mi devi spiegare niente, tranquilla. Non vorrei pensassi che sono un impiccione”

“Non lo penso, non ti preoccupare” mi rassicura e mi regala un altro sorriso.

Mentre finisce di contare l’incasso mi levo la giacca e ripenso alle sue parole. Chissà se tra le cose che si sono detti, che hanno tirato fuori, c’era anche la confessione di Jerry circa la ragazza dell’altra sera. Ma è poi così importante? Cantrell torna col cappotto e la borsa di Angie e l’aiuta a vestirsi. La moretta davanti al Crocodile non la guardava così, a dire il vero non la degnava del minimo sguardo. Per non parlare degli occhi di lei ogni volta che incontrano quelli di Jerry. Non so se l’hanno già capito, ma questi due si amano, eccome. E se Beth si fosse rimessa con me e mi avesse guardato di nuovo in quel modo, se tutto fosse tornato come prima, come quando ci amavamo disperatamente, perché non potevamo fare altrimenti, cos’avrei fatto a Craig o a chiunque altro mi fosse venuto a dire che mi aveva tradito? Li avrei ringraziati per avermi aperto gli occhi o li avrei maledetti? Avrei davvero voluto saperlo a quel punto? O avrei preferito restare all’oscuro di tutto, ignaro, ma felice?

"Notte Angie"

"Buona notte Eddie, stasera ti risparmi il lavoro di scorta" Angie mi saluta prendendo Jerry sottobraccio.

"Scorta?" chiede lui guardandomi stranito.

"Eheh, ora ti spiego, andiamo" Angie ride e lo tira verso l’uscita.

"Ok, notte Ed"

"Notte Jerry"

Io non ho avuto la seconda possibilità che hai avuto tu, amico, spero te la meriti.

La prima cosa che vedo aprendo gli occhi al mattino è una massa di capelli neri e biondi, sparsi disordinatamente sul mio cuscino. La seconda cosa di cui mi accorgo è l’abbraccio di Jerry, ancora addormentato alle mie spalle. Sorrido. In queste ultime due settimane le cose sono cambiate parecchio. E io che avevo il terrore delle liti! L’epilogo della nostra discussione è la dimostrazione che il confronto all’interno di una coppia non può che dare i suoi frutti. Oddio, coppia, nessuno dei due ha mai parlato di essere diventati una coppia, ma ultimamente lo sembriamo, almeno in parte. Per prima cosa, ci vediamo quasi tutti i giorni e dormiamo insieme praticamente tutte le notti, o da me o da lui. Le prime volte a casa sua mi sentivo in imbarazzo, anche per la presenza di Layne, ma col tempo mi sono sciolta e la colazione tutti e tre insieme al mattino dopo è diventata una specie di rito famigliare. Lui per Jerry è davvero un fratello e ho imparato a leggere i suoi sorrisi e le battutine nei nostri confronti sussurrate dietro a una tazza di caffè come una sorta di benedizione. Meg invece non è tipo da lanciare occhiatine o frecciate sottili, preferisce manifestare la sua gioia per la nostra unione spiattellandoci in faccia tutto quello che le passa per la testa senza farsi alcuni tipo di problema. Credo ci ritenga un suo personale capolavoro, un successo degno di nota nella sua lunga carriera di creatrice di coppie. Purtroppo, quello che ancora ci manca per essere un vero capolavoro è la vita sociale di coppia: a parte i nostri coinquilini, la nostra relazione è ancora top secret, il che significa fingere sempre quando siamo con gli altri e non andare mai da nessuna parte insieme, se non a casa o a zonzo in macchina, per non farci scoprire. Lo so, sono io che l’ho voluto e avevo i miei motivi, ma ora tutto questo comincia ad andarmi stretto… forse anche perché mi ricorda quando stavo con quello stronzo di Drake. Ok, questa è tutta un’altra storia, ma quando non sono sola con Jerry ho la stessa sensazione di quando tornavo a casa dai pomeriggi a casa del quarterback: mi sento come se non fosse vero niente, come se le nostre esperienze fossero solo frutto della mia immaginazione, come se ogni volta mi svegliassi da un sogno e tornassi alla vita reale, dove Jerry è irraggiungibile e io per lui non sono nessuno.

Mi giro verso di lui, lentamente, per non svegliarlo, visto che è ancora presto, facendo attenzione a restare nel suo abbraccio. Jerry mi è sempre piaciuto, dal primo istante in cui l’ho visto, e come poteva essere altrimenti? Ma la sera del compleanno di Stone, da lì ho cominciato a provare qualcosa di più. E’ scientificamente provato che quando tieni la fronte di qualcuno mentre vomita, tra te e questa persona si crei inevitabilmente un legame molto speciale. Tuttavia il ricordo che mi rimarrà più impresso di tutta la serata è l’immagine di lui che si addormenta accanto a me nella stanza degli ospiti. A rischio di sembrare una psicopatica, mi piace guardarlo dormire. Ha sempre un’espressione rilassata quando dorme, come quella di un bambino, la stessa che ha in questo momento; a volte sembra quasi che sorrida, e infatti non capisco mai se dorme davvero o se per caso fa finta e, magari, sta preparando qualche scherzetto per spaventarmi. E’ bellissimo. Non riesco ancora a capacitarmi di come un ragazzo così bello e così popolare, divertente e di talento, possa essere interessato a una come me. Chissà cosa ci trova? Chiederglielo sarebbe inutile perché non mi darebbe una risposta sensata, perciò mi tocca restare col dubbio.

Mi avvicino ancora di più sul cuscino, finché le mie labbra non sono a un centimetro dalle sue e la sua barba mi solletica appena il mento. Istintivamente e inconsciamente inizio a sincronizzare il ritmo del mio respiro col suo, rilassandomi, e sto per chiudere gli occhi e partire di nuovo per un breve viaggetto onirico quando Jerry scatta e mi morde il naso.

“Ehi!” protesto accarezzandomi l’ingombrante appendice.

“Ti sta bene, così impari a spiarmi mentre dormo”

“Come fai a sapere che ti spiavo se avevi gli occhi chiusi?”

“Come fai a sapere che avevo gli occhi chiusi se non mi spiavi?”

“Mmm stai diventando troppo furbo… Sarà perché mi frequenti”

“Modesta!” esclama aprendo gli occhi un pelo e infilandomi una mano sotto il pigiama per farmi il solletico.

“Ahahahaha smettila! La mattina no!” mi dibatto e soffoco i miei lamenti nel cuscino.

“Cazzo, è efficacie come sveglia”

“Basta!”

“Come si dice?”

“Per favore!”

“E va bene…” la smette di torturarmi e il solletico si trasforma in carezze.

“Grazie. Comunque, buongiorno” gli dico, per poi dargli un bacio leggero sulle labbra.

“Buongiorno a te. Dov’è la mia colazione?”

“Ahahah in cucina, vai a preparartela se hai fame”

“Non me la prepari tu?”

“No”

“Cattiva, una volta mi viziavi”

“Ti vizio in tanti modi”

“Dio, ma pensi sempre a quello? Sei una maniaca” commenta spalancando gli occhi e affondando la faccia nel mio collo.

“Io non ho specificato in quali modi, non ho detto niente”

“Sì sì, hai il chiodo fisso”

“Senti chi parla”

“Per la cronaca, quanto manca alla tua fottuta sveglia? Sai com’è, vorrei arrivarci preparato, anziché rischiare l’infarto come al solito”

“Stamattina niente lezione, quindi niente sveglia” lo informo mentre percorro con le dita le linee del tatuaggio che ha sul braccio.

“Cosa?! Niente lezione? E perché non stiamo ancora scopando, allora?” esclama afferrandomi per i fianchi e tirandomi su di sé.

“Ahahahah poi sono io quella col chiodo fisso, eh?”

“Infatti è tutta colpa tua, mi provochi: come faccio a resistere se ti fai trovare a letto con… coso… Mazinga Z” scherza allungando le mani sul mio pigiama. E su quello che sta sotto.

“Non è Mazinga Z! E’ il Grande Mazinga” ribatto indicando il robot ritratto sulla mia maglia, sistemandomi meglio su di lui.

“Non è la stessa cosa?” chiede facendo scorrere le dita lungo la mia schiena, sotto la maglia.

“Che?! Sei pazzo? Sono completamente diversi!” esclamo spettinandogli i capelli.

“Ah sì?”

“Mazinga Z è il primo, il Grande Mazinga è una versione super-potenziata”

“Davvero?”

“Nonché più cazzuta, anche esteticamente”

“Mmm- mh”

“E vola in autonomia! Poi va beh, il Pugno Atomico Mazinga Z se lo sogna” aggiungo mostrandogli il mio pugno, poco atomico, a pochi centimetri dal suo naso.

“Interessante… Puoi togliertelo adesso?”

“Ahahah Jerry! Se dici così mi dai l’impressione di non apprezzare il mio pigiama”

“Noooo, ma va! Lo adoro” ribatte afferrando il lembo della maglia e facendo per tirarmela via.

“Certo, si vede” commento mentre la sfilo e la testa deve ancora uscire fuori.

“Ma non hai niente di più carino?”

“In che senso? Preferivi quello con le mucche e i maiali?” chiedo sarcasticamente lanciando la maglia del pigiama sulla sedia accanto al letto.

“Sì, beh, in confronto a questo…”

“Cosa c’è che non va nel mio pigiama? E’ un pigiama, i pigiami sono fatti così”

“Non c’ è niente che non va, è che… non hai nulla di più femminile?”

“Del tipo?”

“Non so, una camicia da notte, un baby doll, una canottierina, qualcosa di più… sexy…” risponde facendo scorrere le dita sotto l’elastico dei miei pantaloni.

“Mmm no, non ho nulla del genere…”

“Dai, non ci credo”

“Io sono freddolosa, non dormo nuda”

“Ma quando sei con me ti scaldo io” replica afferrandomi per le spalle e attirandomi verso di sé.

“Non sono un tipo molto sexy, mi spiace” commento risollevandomi, dopo un bacio veloce.

“Che cazzo dici? Tu sei bellissima e arrapante… proprio per questo mi piacerebbe vederti con qualcosa di carino, ogni tanto mica sempre. Anche un intimo più… più da donna, magari” spiega facendomi cadere una spallina del reggiseno.

“Non ho né i soldi né soprattutto il fisico per quelle cose…”

“Cazzate, il tuo fisico è perfetto”

“Ahahahahah ma dove?” rido di gusto accarezzandogli il petto.

“Il tuo corpo è stupendo, ma tu lo nascondi, sotto questa roba da bambina… Non sei più una bambina, sei una donna” ribatte allungando le mani nuovamente dietro la mia schiena, alla ricerca del gancetto.

“Mmm non so, così sono più a mio agio…”

“Ma magari ti sentiresti a tuoi agio anche in panni diversi, se non provi non lo saprai mai” osserva sfilandomi definitivamente il reggiseno.

“Eheh ok, vedremo…” rispondo imbarazzata.

“Comunque sei bellissima anche così, eh? Non era una critica” si affretta a chiarire, sollevandomi il mento tra le dita.

“Lo so…”

“Era un suggerimento, perché sarei curioso di vederti in un’altra veste… ma mi piaci come sei, mi piaci da morire” aggiunge, facendo scendere la mano dal mio viso al collo e poi al petto.

“Sicuro?”

“Certo che sono sicuro, scema” risponde dandomi un pizzicotto sul sedere.

“Quindi mi vuoi anche se non mi vesto da stripper?” chiedo catturando le sue mani e intrecciando le mie dita con le sue.

“Sì”

“Davvero?” chiedo conferma chinandomi nuovamente su di lui e portando le nostre mani unite sopra la sua testa.

Non dice nulla ma si limita ad annuire, prima di liberarsi dalla mia trappola e disfarsi di ciò che resta del mio pigiama della discordia.

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Sono quasi le quattro del pomeriggio quando il mio ingresso fa scampanellare la porta del Westlake Mini Mart e la commessa smette di tamburellare con penna ed evidenziatore blu sul bancone e mi rivolge un’occhiata perplessa.

“Eddie? Che cavolo ci fai qui? Non è il turno di Ian?” Angie domanda prima di dare uno sguardo al calendario con i turni appeso a lato della cassa.

“Uhm buon pomeriggio anche a te, Angela… Sì, lo so, infatti non sono qui per lavorare”

“Ah ok, che ti serve?” mi chiede chiudendo il quaderno che ha di fronte.

“Eheheh no, non sono venuto per fare la spesa” rispondo avvicinandomi e buttando l’occhio al quaderno, come se dalla copertina si riuscisse a carpirne il contenuto.

“Sei venuto anche tu a ricordarmi che domani non devo paccare? Dopotutto sono solo due settimane che Jeff e Stone passano un paio di volte al giorno qui e al ristorante per lo stesso motivo” commenta sarcastica, indossando un giaccone che non le ho mai visto addosso, molto azzeccato considerando le temperature degli ultimi giorni.

“No, neanche per quello. Però già che ci sono te lo ricordo. Cos’è?” chiedo indicando il quaderno blu che sta cercando di infilare velocemente nella sua borsa e che ha attirato la mia attenzione da quando sono entrato. Fissarmi su particolari apparentemente irrilevanti è il mio mestiere.

“Un quaderno, magari. No? Tu che dici?” replica beffarda, prendendolo tra le mani, mostrandomelo davanti e dietro.

“Mmm… in realtà ero indeciso tra quaderno, spazzola tergicristalli e tavola da surf, ma ora che lo guardo meglio… sì, direi che è un quaderno, grazie per l’illuminazione” ribatto facendola ridere.

“Tavola da surf… nostalgia dell’oceano, eh? Comunque niente di che, è una roba per l’università” dice rimettendolo definitivamente in borsa, assieme a ciò che stava usando come bacchette quando sono entrato.

“Oh! E cos’è?”

“Non è una cosa interessante” alza le spalle e sorride timidamente.

“Dai! Ogni volta che ti chiedo dell’università succede sempre qualcosa e non mi dici niente, voglio sapere” la incalzo, sinceramente curioso.

“E’ per un progetto di gruppo che stiamo facendo, un cortometraggio…”

“Figata! A me sembra molto interessante! Che parte fai?” le chiedo avvicinandomi al bancone.

“Ahahahah per carità, io non recito! Io scrivo… in teoria, perché nella pratica hanno bocciato tutte le mie idee. Infatti sta venendo fuori una cagata cosmica” aggiunge con una smorfia.

“Com’è la trama?”

“Ecco, appunto, è una cagata cosmica già dalla trama” risponde mentre si annoda la sciarpa.

“Perché? Di che parla?” insisto, visto che non sembra di molte parole.

Questa ragazza è strana, a volte va a briglia sciolta, altre volte bisogna estrarle le parole con le tenaglie per farle dire qualcosa, soprattutto se quel qualcosa ha a che fare con lei. Mi ricorda qualcuno.

“Il titolo è La prima volta, quindi puoi immaginare il livello culturale del soggetto”

“E’ un cortometraggio porno?”

“Ahahahah no! Magari, in quel caso avrebbe una maggiore profondità intellettuale”

“Allora è romantico?”

“Ma nemmeno! Non so neanch’io cos’è, praticamente è la storia di quest’adolescente sfigata che si brucia tutte le prime volte fondamentali della vita nel giro di 24 ore: prima cotta, primo bacio, prima festa a cui viene invitata, prima canna, prima sbronza, prima delusione d’amore; per non farci mancare niente, perde la verginità e le muore pure la nonna”

“Ah però”

“Inutile dire che non c’è nulla di mio nella trama. E adesso che non sanno come farlo finire chiedono aiuto a me” continua infilandosi un guanto e sventolando l’altro davanti a me mentre parla.

“E tu non hai delle idee?”

“Sì, eccome. Ma la mia proposta non è piaciuta, quindi che se ne vadano affanculo” sentenzia indossando un berretto di lana, verde come i guanti.

“Ehm… ho sbagliato giorno?” Ian, il più recente acquisto di Jack al mini market, chiede stranito quando mi vede.

“No no, sono qui in visita di piacere” gli rispondo e lui annuisce e va sul retro.

“Ciao Ian, eh?” Angie mormora fra sé e sé scuotendo la testa.

“E’ la mia presenza che l’ha confuso e si è dimenticato di salutarti”

“No, è proprio la mia presenza che evidentemente non gli piace”

“Ma smettila! Comunque qual era?”

“Cosa?”

“La tua proposta per il finale”

“Ahah lo vuoi sapere davvero?” mi chiede stupita.

“Certo, altrimenti non te lo chiederei”

“Avevo pensato che tutta la sequela di sfighe fosse opera di un demone”

“Un demone?”

“Sì, un demone. E che questo demone, nel momento di massima disperazione per la morte della nonna, che è l’ultima disgrazia in ordine di tempo, le proponesse un patto”

“Un demone senza patto che demone sarebbe?”

“Esatto! E il patto consiste nel darle la possibilità di cancellare una delle sue sciagure, una delle sue prime volte”

“Cancellare?”

“Sì, eliminare, dalla sua memoria, dalla memoria di chiunque, come se non fosse mai successa. Le propone una nuova verginità, fisica o mentale, da qualsiasi cosa lei decida. Però una sola”

“Wow. Ma i demoni non fanno mai niente per niente, che vuole in cambio?” le chiedo appoggiando i gomiti al bancone, intrigato dalla cosa.

“Ottima osservazione. Comunque non ho fatto in tempo a pensarci bene, la conclusione doveva essere che lei faceva la sua scelta e il demone si rivelava un suo nuovo compagno di classe, che andava a sedersi accanto a lei, la quale ovviamente non aveva nessun ricordo dell’intera faccenda e ignorava che fosse un demone. Un finale aperto diciamo”

“E non è piaciuto”

“No, l’insegnante ha detto che la devo piantare con le mie cagate paranormali, testuali parole”

“Che?!”

“Già, mi ha detto che devo crescere e uscire dal mio guscio e che non devo fossilizzarmi sui miei interessi infantili”

“Uhm…”

“Che il tema del progetto è rappresentare la vita vera di questa città e non fuggire dalla realtà. Tsk, come se il resto della storia fosse realistico! Crescere in 24 ore, ma per piacere…”

“E’ l’insegnante a sembrare un po’ chiuso, sinceramente”

“Già, molto chiuso! Comunque ora sono qui e devo cercare di tirare fuori qualcosa di realistico, noioso e accettabile per concludere questa merda, se non voglio un brutto voto. Che palle, scommetto che se invece di farle incontrare un demone l’avessi fatta entrare in una chiesa non avrebbero fatto obiezioni”

“Fallo”

“Eh?”

“Fallo finire così: lei cammina disperata per strada, magari sotto la pioggia, che fa molto Seattle”

“Già, molto realistica!”

“Vuole andare su un ponte per buttarsi di sotto, ma sente un coro natalizio in lontananza, segue la musica e si ritrova di fronte a una chiesa, decide di entrare e si siede per pregare, dopodiché esce e torna a casa. FINE”

“Ahahahah e che cazzo vuol dire?”

“Niente, ma vedrai che su questo tipo di paranormale non avranno un cazzo da obiettare”

“Ahahahaha sei un genio!”

“Magari buttaci dentro anche un randagio infreddolito incontrato per strada, i cani vanno sempre alla grande, ci sguazzano in queste stronzate”

Lei continua a ridere di gusto, mentre Ian ci raggiunge e le dà una pacca sulla spalla.

“Ciao Angela, scusa se non ti ho salutato prima eh”

“Oh, tranquillo”

“Visto?” le dico senza parlare, mentre lei mi lancia un’occhiataccia.

“Ehm grazie per la dritta, Ed. Comunque, non mi hai ancora detto cosa sei venuto a fare”

“Sono venuto a trovarti, ultimamente non ci vediamo mai!”

Effettivamente, Angie è un po’ un fantasma negli ultimi tempi. Non si è più vista né alle prove né alle nostre uscite, la incrocio brevemente in negozio quando i nostri turni sono consecutivi e facciamo in tempo a malapena a scambiare un saluto, anche perché in genere c’è Jerry che la viene a prendere. Immagino che le cose vadano a gonfie vele tra loro due, ma non abbastanza da farli uscire allo scoperto con gli altri.

“Sono un po’ presa, sai, tra lavoro e studio”

“Studio di Jerry?” chiedo ironicamente, scatenando una sua reazione isterica.

“EDDIE!”

“Jerry è il biondo con le occhiaie?” chiede Ian mentre rimpingua gli scaffali degli snack. Io mi giro verso di lui e annuisco “Fallo dormire ogni tanto” prosegue ridacchiando.

“IAN!” esclama completamente rossa in volto.

“Però è vero che ha le occhiaie” commento trattenendo le risate.

“Sono occhiaie espressive! Come le mie. Ce le ha sempre, non c’entra la quantità di sonno. Deficienti” ribatte incrociando le braccia.

“Comunque, non ti si vede mai ultimamente, volevo proporti di fare qualcosa insieme” le dico, ritrovando un po’ di serietà.

“Adesso?”

“Sì, se non hai da fare”

“Ehm no, pensavo di andare a casa a spremermi le meningi per questa cazzo di sceneggiatura, ma mi hai risolto il problema, quindi direi che sono libera. Che vuoi fare?” mi chiede prendendo la borsa e facendo ciao con la mano a Ian. Un ciao che si trasforma in una sberla sul coppino quando è abbastanza vicina.

“Ciao Ian, ci vediamo stasera! Mmm che ne dici di una partita?” propongo mentre usciamo dal negozio.

“Partita?” mi chiede incredula.

“Sì… c’è un campetto non molto lontano da qui, l’ho scoperto grazie a Jeff. Ti va di fare due tiri? Oh, il tuo ginocchio è a posto, vero?”

“Sì sì, tutto ok. Solo, non sono molto in forma…” risponde sorridendo imbarazzata.

“Meglio, così vinco più facilmente” rispondo guardando per aria e dandole una leggera gomitata.

“Ti piacerebbe! Potrei avere la mia rivincita stavolta” ribatte coprendosi meglio con la sciarpa.

“Mmm vedremo”

“E se lo troviamo occupato?” chiede dopo alcuni minuti di cammino silenzioso.

“Beh, ehm, è già occupato”

“Ah. E allora che ci andiamo a fare?” domanda rallentando l’andatura.

“E’ occupato… dagli altri” rispondo e faccio qualche passo prima di accorgermi che non mi sta più seguendo. Mi giro e la vedo impalata a braccia conserte in mezzo al marciapiede, che mi fissa con lo sguardo impaurito.

“Gli altri?”

“Sì. Sai, Stone, Jeff, Kevin…” rispondo tornando indietro verso di lei, prevedendo già la sua tenace opposizione.

“Kevin?”

“L’amico di Jeff”

“Aaaaah, quello alto due metri?”

“Lui”

“Ho capito. No”

“Cosa no?”

“No, non ci vengo”

“Ma come non ci vieni? Siamo quasi arrivati, dai” faccio per prenderla per il braccio, ma lei si ritrae.

“Non voglio. Pensavo fossimo solo io e te, mi hai attirata con l’inganno!” mi punta l’indice contro con un mezzo ghigno che non riesco a interpretare.

“Forse”

“Bastardo” si volta e fa per andarsene, ma la blocco.

“Dai, perché fai così? Cosa cambia se ci sono gli altri?”

“Non voglio che mi vedano giocare” risponde guardandosi attorno imbarazzata.

“Ma perché? Non capisco”

“Non voglio che si prendano gioco di me, tutto qui”

“Perché dovrebbero prenderti in giro?” chiedo alzando gli occhi al cielo.

“Lo farebbero, li conosco”

“E’ per questo che non gli hai detto che sai giocare?”

Fa sì con la testa e l’espressione ancora imbronciata. Se puntasse anche i piedi sembrerebbe proprio una bambina. Beh, in fondo lo è… Spesso dimentico che Angela ha solo 18 anni, quando sono con lei non mi sembra di parlare con una ragazzina. Tranne alcuni casi, come questo.

“E allora vieni e fai finta di non saper giocare”

“Ahahahah certo”

“Fai la finta imbranata e abbiamo risolto”

“Mi prenderebbero per il culo ancora di più!”

“Oddio, e allora che facciamo?”

“Niente, ci vengo… ma faccio la spettatrice” risponde ricominciando a camminare lentamente, per poi sedersi sulla prima panchina che incontriamo.

“Mmm ok… però prima di venire ho detto a tutti che avresti giocato, quindi a questo punto ti tocca” aggiungo sedendomi accanto a lei. La sberla di Angie sul braccio non si fa attendere che pochi istanti.

“Ti odio!” esclama incrociando di nuovo le braccia e guardando dall’altra parte.

“Dai, che ti costa? Vedrai che ti divertirai un mondo e dopo mi ringrazierai” le dico prendendola per i polsi per sciogliere le braccia annodate e cercando di sembrare incoraggiante.

“Non farlo” dice con un mezzo sorriso.

“Cosa?” chiedo confuso.

“Non mettere in atto le tue tattiche con me”

“Ahahah che tattiche?”

“Metti via quelle cose”

“Quali cose?”

“Quelle cose, le tue armi” mi fa un cenno che non capisco.

“Eh?”

“Queste,” spiega sciogliendo le mani dalla mia presa e piantandomi gli indici nelle guance “le armi di persuasione di massa: le fossette”

“Ahahahah cosa?”

“Sai benissimo di che parlo, non fare il finto tonto!” commenta continuando a picchiettarmi le dita sulla faccia “Sono le tue armi e le sai usare molto bene”

“Eheh mi hai scoperto. Allora vieni?” le chiedo di nuovo, serissimo.

“No”

“Dai…” insisto, e un sorriso comincia a farsi strada sulla mia faccia.

“Ti ho detto di no”

“Dai, vieni…” continuo, mentre il sorriso si allarga.

“Ahahah piantala!”

“Vieni…” mi avvicino spiegando le mie armi.

“Mettile via, tanto non funzionano!”

“Sicura?” le chiedo sollevando le sopracciglia.

“Ahahahah non vale!”

“Non mi hai detto di mettere via anche questi” commento indicandomi gli occhi, sempre sorridendo a tutto campo come un coglione.

“Eddie, cazzo, sembri uno psicopatico” ride arretrando sulla panchina.

“Tanto non puoi sfuggirmi” ribatto avanzando verso di lei.

“Ti ho detto che non ci vengo, dai, facciamo qualcos’altro”

“Uff va bene” rinuncio e metto via le armi.

“Oh, finalmente!”

“Peccato però, avevo fatto una scommessa con Jeff e Stone” butto lì mentre mi metto più comodo, appoggiando i gomiti alla spalliera della panchina e guardandomi attorno.

“Una scommessa? Che scommessa?” chiede subito.

“Ma sì, sai, una delle loro solite scommesse. Io e Jeff abbiamo scommesso contro Stone, che era sicuro non saresti mai venuta. Cavolo, Jeff avrebbe proprio bisogno di un pickup per il basso e di un nuovo set di corde” aggiungo prendendo le sigarette dalla tasca e accendendomene una.

“E figuriamoci se Stone non scommetteva contro di me!” esclama alzandosi di scatto, mentre io rispondo con un’alzata di spalle.

“Dove vai?” le chiedo cercando di rimanere serio.

“Andiamo a giocare, su” risponde tirandomi su per un braccio.

“E le prese in giro?” chiedo perplesso.

“Chi se ne frega, la voglia di metterla nel culo a Stone fa passare qualsiasi imbarazzo” esclama sorridendomi e invitandomi a riprendere il cammino.

Adoro i piani ben riusciti.

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Quando vedo Eddie e Angela spuntare fra gli alberi e avvicinarsi a noi non mi stupisco affatto. Oh certo, se fossimo stati io o Jeffrey a chiederle di venire ci avrebbe mandati a quel paese. Invece, glielo chiede Mister Sorriso e lei accetta subito di buon grado, mi pare ovvio. Guardala come ride! Ridi ridi, tanto ti ho scoperta, marrana.

“Ehi guardate chi c’è” esclamo interrompendo l’interessantissimo duello sotto canestro tra Ament e il suo amico.

“Angie!” Mike si alza dalla sua postazione sulla panchina accanto a me e le corre incontro con la birra in mano, disperdendo inevitabilmente gocce preziose.

“Ehi Mikey, ti hanno messo in panchina?” domanda lei fermandosi a scambiare due parole con lui, mentre Vedder prosegue fino al campo. Come se queste manovre diversive servissero ancora a qualcosa, ingenuo.

“Mi ci sono messo da solo, qualcuno doveva pur dare retta a Stone durante la partita prima che arrivassi tu”

Ah-ah, simpatico McCready, davvero. Io ti ho messo nella band e io ti caccio, se mi girano.

“Mi sa che dovrai sacrificarti ancora per un po’: voglio giocare” afferma raggiungendo gli altri a bordo campo.

“Che cosa?! Ah ciao eh, ignorami pure, tanto io non mi offendo, non ho sentimenti” cerco di attirare la sua attenzione lagnandomi come al solito.

“Ciao Stone, come potrei ignorarti? Sei sempre nei miei pensieri!” risponde con un sorriso falso come Giuda.

“Tu e Kevin vi conoscete già, giusto? E cosa cazzo è questa storia che vuoi giocare?” Jeff s’inserisce nella conversazione con la leggiadria di un caterpillar.

“Sì sì, ciao Kev… Voglio giocare, che c’è di male?”

“Niente… pensavo ti facesse cagare il basket” replica lui meravigliato.

“Chi te l’ha detto? Mi piace invece!”

“Ok, ma… guarda che noi giochiamo davvero, non per finta” il bassista ridacchia sotto i baffi guardando la Puffa dall’alto in basso, non solo in senso letterale.

“Infatti non voglio giocare per finta, so giocare! Sì beh, l’ho visto fare… e Eddie mi ha dato qualche dritta”

“Ah beh, se Eddie ti ha dato qualche dritta siamo a posto!” Jeff fa un cenno a Kevin e i due sghignazzano allegramente alla faccia di Angela.

“Che avete da ridere? E’ perché sono una ragazza? Secondo voi le ragazze non sanno giocare?” Angie passa al contrattacco.

E adesso ti voglio, Ament.

“Certo che sanno giocare! Ma non tu, che hai giocato venti minuti da ubriaca”

“Non ero ubriaca! E poi tu da che parte stai? Pensavo avessi scommesso a mio favore!” Angela è sul piede di guerra e con l’ultima affermazione lascia tutti di sasso.

“Ehm scommessa? Che scommessa?” chiede lui perplesso.

“La scommessa con Stone! Non ha scommesso con te e Eddie che non avrei giocato?”

“Io non ho scommesso un bel niente, che cazzo ti stai inventando? Tu ne sai qualcosa?” Jeff risponde stupito e si gira verso di me, che mi limito a scuotere la testa.

A quel punto io, Jeff e Angela ci giriamo all’unisono verso Eddie, che se n’è rimasto zitto in un angolo a palleggiare per tutto il tempo.

“MA CHE STRONZO!” gli urla in faccia lei andandogli incontro come una furia.

“Le mie armi più efficaci sono quelle che non si vedono” le dice lui sorridendole, senza scomporsi.

“Non ci posso credere che mi hai fregata con un trucco così semplice!” si lamenta lei portandogli via il pallone.

A quel punto le nostre facce interrogative li convincono a darci una spiegazione di cosa caspita sta succedendo.

“Ma grazie, addirittura saresti venuta apposta soltanto per farmi perdere dei soldi! Che carina” commento mentre mi accendo una sigaretta.

“Mi ha detto che avevi scommesso contro di me, per forza!”

“E’ ufficiale, Angie vuole più bene a me che a te, rassegnati. Era disposta a fare una figura di merda colossale pur di aiutarmi, lei sì che è un’amica! Tranquilla cara, non serve che ti rendi ridicola stavolta” Jeff le fa l’occhiolino e continua a masticare il suo chewing gum, senza capire che si è appena scavato la fossa con le sue stesse mani.

“Figura di merda? Ridicola?” chiede lei prima di lanciargli il pallone in faccia a una velocità che mi sembra molto elevata. Peccato che lui la prenda al volo.

“Sì, beh, nel senso… metterti in gioco, anche se… ecco…” l’idiota cerca di accampare qualche scusa, ma a quanto pare il suo vocabolario limitato da cavernicolo gli impedisce di elaborare un concetto di senso compiuto.

“E io invece adesso gioco, vediamo chi è che fa la figura di merda!” esclama lei con le mani sui fianchi e lo sguardo di sfida.

“Questa non me la perdo” commento io alzandomi e trovandomi una postazione migliore a bordo campo. Probabilmente qui rischio la vita, ma voglio godermi appieno lo spettacolo.

“E va bene, giochiamo! Così ti calmi” Ament si arrende allargando le braccia.

“Io non sono mai calma quando gioco” la nanerottola ribatte con aria sprezzante.

“Disse colei che ha giocato per finta un quarto d’ora…” aggiunge Mike, sedendosi a terra accanto a me. E’ ancora vivo? Non l’ho più sentito, pensavo si fosse addormentato sbronzo sulla panchina.

“Dai, bando alle ciance, giochiamo! Facciamo le squadre” Eddie cerca di riportare un po’ di ordine e sedare la nascente rissa.

“Ok. Io sto con Kevin” Jeff si affretta a scegliere il suo pupillo, dandogli il cinque.

“Ahahah certo, come no! Non vale!” Angela protesta animatamente.

“Sì che vale”

“No invece, non posso giocare con Eddie contro di voi!”

“Invece sì”

“E invece no, voi siete due armadi, le squadre sono sbilanciate!”

“Ha ragione, io gioco con lei” Kevin capisce subito da che parte conviene schierarsi e pugnala alle spalle l’amico.

“Ha! Va bene, sarà una partita interessante, non ho mai fatto un 2 contro 1” Ament la sbeffeggia ancora e va a piazzarsi a centro campo.

“Guarda, me l’avresti servita su un piatto d’argento, ma non faccio battute perché sarebbe troppo facile e io sono una signora” Angie strappa una risata generale, eccezion fatta per Jeffrey, e raggiunge anche lei il centro del campo.

Io non capisco nulla di basket, ma a me Angela non sembra male e i commenti dello pseudo-esperto Mike accanto a me confermano la mia impressione. Il fisico non l’aiuta di certo, ma si muove bene, di certo non come una che ha giocato per finta un quarto d’ora… Quante lezioni le hai dato, Eddie? E soprattutto che fate dopo le lezioni? La cosa più divertente è la reazione di Mister Montana. Siamo tutti piuttosto stupiti, ma le facce allibite di Jeff sono troppo spassose. Così come le invettive contro Eddie, reo di aver lasciato andare la ragazza a canestro con troppa facilità in un paio di occasioni. Io e il mio compare chitarrista ormai sappiamo per chi fare il tifo e Angie ci regala un inchino dopo l’ennesimo canestro. Da quanto ho capito lei e Kevin stanno quasi per raggiungere Gianni e Pinotto, è una fase cruciale della partita. A un tratto Angie ha la palla e si ferma, voltandosi a destra e sinistra per cercare di capire come passarla al compagno di squadra, mentre Vedder le si para davanti a braccia alzate e Jeff fa la stessa cosa alle sue spalle. Restano così per un’eternità, finché a un certo punto quell’idiota del mio bassista si spazientisce e la prende letteralmente di peso cercando di toglierle il pallone.

“Che cazzo fai? Non si può!” protesta lei, bordeaux in faccia, e le scappa una risata, mentre comincia a scalciare.

“E invece posso!” anche Jeff scoppia a ridere mentre la solleva di qua e di là “Eddie, muoviti, rubale questa cazzo di palla!”

Eddie ci prova ma lei la tiene ben stretta e a furia di scalciare riesce a buttarsi a terra, trascinando il povero Ament con lei, seguito a ruota dal cantante. Più che a un’azione di basket sembra di assistere a una mischia di football. Io e Mike siamo piegati in due dalle risate, Kevin allarga le braccia e gira attorno al mucchio ridacchiando, indeciso se buttarsi anche lui. A un certo punto la malcapitata riesce in qualche modo a divincolarsi e individuare Kevin, gli passa la palla al volo e lo spilungone passeggia in tutta calma verso il canestro, segnando, mentre i due coglioni stanno ancora addosso ad Angela e non si accorgono di niente. Si rendono conto di cos’è successo solo quando sentono le urla di esultanza mie e di Mike.

“Ma che cazzo?” Jeff si alza di scatto imprecando.

“E con questo siamo pari, Ames!” Kevin deride, giustamente, l’amico e va ad aiutare la sua compagna di squadra a rialzarsi, mentre Vedder resta a terra a ridere come un coglione.

“E dire che c’era fallo è un eufemismo, mi spetterebbero tipo 42 tiri liberi, ma sono buona e ne tirerò solo due” Angie aggiunge risistemandosi la sciarpa e avviandosi verso la lunetta. Almeno, credo si chiami così.

“E chi lo dice che c’era fallo? Io non ho sentito nessun fischio dell’arbitro!” ribatte Jeff impadronendosi del pallone.

“Stone, secondo te c’era fallo?” chiede lei voltandosi verso di me.

“Eccome! Un fallo grosso come una casa!” rispondo urlando, mentre Mike accanto a me annuisce.

“Chi cazzo ha deciso che Stone è l’arbitro?!” Jeff domanda con la faccia disgustata.

“L’ha deciso Stone, Stone è il capo” continua Angela, cercando di portargli via il pallone.

“Dai, Jeff, l’abbiamo placcata in maniera piuttosto irruenta” Vedder ovviamente non può che favorire la sua innamorata segreta.

“E va bene, vai con questi fottuti tiri liberi! Tanto li sbagli” ribatte il cretino, che si esibisce in uno show di versacci e gesti imbarazzanti per irriderla. Show inutile, perché lei non sbaglia.

E’ incredibile quanto questo tizio riesca a prendere sul serio anche la più piccola competizione, persino una partitella di quartiere tra amici… mi vergogno per lui. Mi vergogno anche quando a fine partita esulta in maniera teatrale e animalesca per una vittoria tutto sommato di misura.

“Jeff, sei proprio sgradevole!” gli urlo alzandomi da terra, ricevendo un bel dito medio come risposta “Ehi, non si insulta l’arbitro! Guarda che ti butto fuori”

“Tanto la partita è finita, non puoi mandarmi via dal campo!” replica ridendo e dandosi il cinque con Eddie.

“E chi ha parlato del campo?” aggiungo con un ghigno malefico. Che poi io Ament nella mia band nemmeno lo volevo!

“Bravissima comunque, la prossima volta li stracciamo” Kevin dà una pacca sulla spalla ad Angela.

“Davvero, complimenti!” anche Eddie si affretta a complimentarsi con lei. O forse ha solo fretta di levarle le mani di Kevin di dosso.

“Ehm grazie…”

“Comunque basta cazzate, avevi già giocato prima” le dice Mike schiacciando la lattina vuota.

“Beh… qualche volta a scuola…” confessa lei, intenta a togliersi la polvere dai pantaloni e dalla giacca.

“Aaaaaaaaaah ecco!” esclama Jeff “E non me l’hai mai detto? Brava, pensavo fossimo amici”

“Anch’io lo pensavo, prima che mi buttassi a terra” ribatte Angie imbronciata.

“Sei tu che ti sei buttata!”

Quei due vanno avanti a litigare per interminabili minuti, mentre Kevin ruba due birre a Mike e ne passa una a Eddie. Alla Puffa piace il basket, eh? Scommetto che lui lo sapeva, ecco perché ha insistito per andarla a chiamare. Cominciano a condividere i segreti, che carini! Se non fossi un cinico di merda potrei quasi commuovermi.

“Ah, sono distrutto!” esclama Vedder sedendosi a gambe incrociate sotto il canestro e accendendosi una sigaretta.

“Forse se fumassi meno avresti più fiato e non suderemmo sette camicie per vincere contro una nana” lo rimprovera Jeff sedendosi vicino a lui, mentre la nana in questione cerca di strangolarlo.

“Cos’hai contro le persone piccole?” gli chiede il cantante corrugando la fronte.

“E stanotte ti aspetta anche un turno al negozio, come farai domani? Ti addormenti a metà festa?” domanda Angela ridendo.

“Festa? Quale festa?” domanda Eddie, spaesato.

Merda. Adesso sì che mi viene da piangere.

“Ehm… la festa, no! Il concerto!” intervengo cercando di salvare la situazione al volo.

“Sì, intendevo il concerto ovviamente! Il concerto è una festa in fondo” aggiunge Angie, intuendo la gaffe, ma in maniera poco convincente.

“E’ un modo molto particolare di definire un concerto” Eddie commenta poco convinto, fissandoci uno ad uno.

“Il concerto è il concerto in sé, la festa è tutto quello che circonda il concerto, compreso il concerto, quindi anche il dopo… è questo che volevi dire, vero?” Jeff è un attore ancora peggiore di Angela.

“Non è che mi state organizzando una festa per il compleanno?”

“Nooooo ma va, figurati!” esclama Mike, calcando forse un po’ troppo sul no.

“Ah perché? E’ il tuo compleanno? Non lo sapevo!” Angela continua con la sua pessima interpretazione.

“E’ dopodomani… comunque meglio così, perché non amo le feste. E nemmeno le soprese. Perciò una festa a sorpresa sarebbe stato proprio il top del fastidio” commenta Vedder tra un sorso di birra e l’altro, gettandoci nella disperazione. E nel silenzio.

“Non ti piacciono proprio?” Angela rompe il silenzio, assieme alle ultime speranze di non essere scoperti.

“Ecco, lo sapevo” Eddie alza gli occhi al cielo e scuote la testa.

“Ma non è una vera e propria festa! Anche perché il tuo compleanno non è domani” intervengo subito cercando di ammorbidire l’impatto della notizia.

“Esatto! Non è una festa, è… una riunione di persone amiche che si incontrano per sentire musica, mangiare e bere alla tua salute” spiega Jeff .

“Hai appena dato la definizione da vocabolario di festa” borbotta Eddie con un sorriso tirato.

“Dai, sarà divertente!” Angela fa un altro estremo tentativo, riuscito malissimo.

“Zitta tu, che hai rovinato tutto. Una volta era Meg che rovinava le sorprese, a furia di stare con lei ti ha attaccato il virus!” Mike l’accusa ridendo, poi smette di ridere senza motivo. Forse perché si è ricordato che non sta più con Meg

“Che ne sapevo io? Jeff mi ha detto che c’era una festa, mica che era una festa a sorpresa. E’ colpa della sua scarsa precisione!” la ragazza si difende nel miglior modo possibile: dando la colpa a Jeffy.

“E figuriamoci se non era colpa mia” risponde lui sbuffando.

“Ragazzi, ascoltatemi. Vi sono grato, davvero, mi fa piacere che vi siate prodigati per me, ma non sono in vena di festeggiare quest’anno. Bere qualcosa tra di noi dopo il concerto sarà più che sufficiente per me” Eddie blocca il battibecco tra Jeff e Angie sul nascere e ci spiega il suo punto di vista alzandosi.

“Ma infatti, la festa sarà proprio questo! Bere una cosa a casa vostra, tra di noi… e qualcun altro. Comunque tutta gente che conosci” spiego provando a essere convincente. Ma come faccio se sono circondato da una massa di imbecilli?

“Grazie, ma no”

“Ma Eddie…”

“Ho detto di no. Vado a casa a riposarmi, ci vediamo” Eddie s’incupisce di colpo, abbandona la birra a bordo campo e s’incammina, con la sigaretta a penzoloni tra le labbra e le mani in tasca.

“Complimenti Angie, bella mossa” dice Ament alzandosi e dandole un leggerissimo spintone.

“E’ tutta colpa tua!”

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“Hai giocato a basket?” le chiedo stupito, mentre gattona sul suo letto fino a sistemarsi accanto a me, ancora con la giacca addosso.

“Sì, è stato divertente, anche se abbiamo perso”

“Cazzo, proprio gentile Ament, poteva almeno farti vincere!”

“Nooo, io odio quando mi fanno vincere! E comunque figurati, Jeff è una delle persone più competitive che conosca, non lo farebbe mai. Mi ha addirittura buttata a terra pur di fregarmi la palla!” racconta giocando coi miei capelli.

“Ma dai…”

E figuriamoci se quello perdeva l’occasione di metterle le mani addosso. Jeffrey Jeffrey, puoi fregare chiunque, puoi andare a conoscere tutti i suoceri che vuoi, ma io lo so che sotto sotto hai una cotta per Angie. Ma probabilmente non le dirai mai un cazzo, ti sposerai con Laura, avrete tre marmocchi, ognuno con un cappello e un nome stupido, e porterai il tuo segreto nella tomba. Me lo auguro per te, perché in caso contrario mi vedrei costretto a spaccarti la faccia, amico.

“Giuro! Va beh, un pomeriggio simpatico… almeno finché non ho rovinato tutto con la gaffe della festa di Eddie”

“Ma stai tranquilla! Te l’ho detto, neanch’io sapevo fosse una sorpresa” la rassicuro spostandole un po’ la sciarpa dal viso e segnando un piccolo percorso di baci dalle labbra, al mento, risalendo poi su su fino all’orecchio.

“Sì, ma intanto se l’è presa. E tutti mi odiano” dice abbracciandomi e affondando la faccia nella mia camicia.

“Nessuno ti odia, neanche Eddie. Dopotutto, se non gli piacciono le feste è stato meglio scoprirlo prima, piuttosto che metterlo di fronte a una cosa che gli crea disagio e costringerlo a far finta che gli piacesse” le tolgo il cappellino di lana e le prendo il viso tra le mani, per poi stamparle un lungo bacio in mezzo alla fronte.

“Credo che il problema sia il suo compleanno, non la festa…”

“Cioè?”

“I compleanni non sono sempre momenti felici, possono far riaffiorare brutti ricordi. O, ancora peggio, ricordi meravigliosi di cose che non ci sono più”

“Mmm dici che non l’ha ancora superata la rottura con la tipa?”

“No, credo proprio di no”

“Dai, togliti la giacca” le suggerisco cominciando a sbottonarla.

“Ok” risponde alzandosi, poi si leva giaccone, cappello e sciarpa e li appoggia alla sedia. E purtroppo vedo cosa c’è sotto.

“Piccola, ti ricordi i discorsi di stamattina?”

“Ehm quali?” mi chiede perplessa mentre toglie anche le scarpe.

“Quelli sulla lingerie”

“Ah, uff! Sì, mi ricordo…” risponde con gli occhi al cielo, tornando verso il letto.

“Ecco, dimenticali”

“Ahahah cosa?”

“Sì, scordateli. Mi vanno benissimo le mutandine bianche, i reggiseni di cotone, i pigiami con le mucche, i maiali, i micetti e i cartoni animati”

“Sul serio?” chiede incredula sistemandosi a cavalcioni su di me.

“Sì, puoi tenere tutto… se però in cambio bruci questa cosa” le dico indicandola. Lei segue il dito con lo sguardo, senza capire.

“Eh?”

“Questa, deve sparire”

“Ma cosa?”

“Questa salopette di merda, la odio!”

“Ahahahah cosa?! Stai scherzando?”

“Non sono mai stato così serio in vita mia”

“Ma se è bellissima, io l’adoro”

“Io invece la detesto, nasconde tutte le tue forme e ti fa sembrare un sacco di patate, grassa e goffa”

“Wow, beh, grazie del complimento…”

“Il complimento era per la fottuta salopette, non per te, tu sei bellissima”

“Io sono già grassa e goffa, la salopette è innocente”

“Piantala!”

“E comunque è comodissima e mi fa sentire a mio agio, non me ne separerò mai, è una delle poche cose che ho nell’armadio che mi piace”

“Ok, puoi tenerla… solo, potresti evitare di metterla quando sono nei paraggi?” le chiedo sfoderando una faccia più da schiaffi del solito.

“Veramente pensavo di metterla anche domani al concerto”

“Col cazzo”

“E invece sì!”

“E io te la strappo di dosso”

“Ahahah davanti a tutti?”

“Non mi faccio problemi”

“No?”

“No” le rispondo sganciando una bretellina della famigerata salopette.

“E non ti faresti problemi neanche a uscire allo scoperto?”

“Beh a quel punto penso che la nostra copertura salterebbe per forza. Anche la tua, visto che saresti nuda, ahahahah”

“Ah-ah, mi sto sbellicando… sei proprio un comico nato, non c’è che dire!” mi prende in giro fingendo di tenersi la pancia.

“Lo so che mi adori” le dico sganciando anche l’altra bretella.

“Comunque volevo essere seria, per una volta”

“Seria con me? Sei pazza?”

“Ahahah sì, temo di sì”

“Dai, scusa, ti ascolto. Che volevi dire?” le chiedo appoggiando le mani sulle sue cosce.

“E’ che ci ho pensato un po’ ultimamente… Mi piace come stanno andando le cose tra noi”

“Anche a me”

“E credo che a questo punto potremmo fare il prossimo passo”

“Vuoi sposarmi?” chiedo dopo un lungo silenzio.

“Ahahahahahahahhahaahah sei un coglione” esplode in una risata fragorosa e prende a darmi sberle sulla testa.

“Ok, non vuoi sposarmi, mi sento sollevato” rispondo cercando di schivare i colpi.

“Intendevo rendere pubblica la nostra relazione!” esclama con un ultimo schiaffo sulla pancia.

“Pubblica?”

“Sì, insomma, non è che dobbiamo andare in giro con un megafono a dire che stiamo insieme. Pensavo… semplicemente, smettere di nasconderci”

“Mmm”

Ecco, ci siamo. Lo sapevo che questo momento sarebbe arrivato prima o poi, dopotutto non potevo mica pensare di portare avanti una storia clandestina in eterno. Se dicessi che sono tranquillo e la cosa non mi spaventa affatto sarei un bugiardo, ma non posso neanche dire di essere terrorizzato come temevo. Insomma, Stone & Co. mi faranno il culo e quando andremo in tour insieme l’anno prossimo mi renderanno la vita impossibile. Ma forse ne vale la pena, no? Non che non ci pensino già i miei compagni di band a fare i cani da guardia. Beh, non tutti, più che altro Layne. Stasera abbiamo suonato a Renton e dopo il concerto il mio fratellino voleva prendermi a calci nel culo solo perché stavo flirtando un po’ con una tipa. Voglio dire, mi sono ripromesso di non tradire più Angie e comportarmi bene, ma adesso non è che posso diventare un santo di punto in bianco. Flirtare non è mica tradire, Cornell ne ha fatto un suo motto di vita e nessuno ha nulla da ridire sulla sua condotta. Però se lo faccio io allora sono uno stronzo, perché Layne si è affezionato ad Angela e dice che rovinerò tutto come al solito e bla bla bla. Non rovinerò un bel niente! Che vuoi che sia qualche bacetto innocente, un piccolo scambio di effusioni? Adesso sono qui, a casa di Angie, e il numero della tipa l’ho anche buttato. Se mi devo privare persino del gusto di flirtare a questo punto levatemi anche l’aria!

“Non ti sento convinto” dice sorridendomi e dandomi un buffetto sul naso.

“No, cioè, sì, sono convinto. Hai ragione, direi che sarebbe anche ora”

“Però…?”

“Però niente, non c’è un però. Facciamolo” rispondo dandole delle leggere pacche sul sedere.

“Sei sicuro?” mi chiede sgranando gli occhi.

“Sicurissimo. Come vuoi farlo? Voglio dire, ehm, nella pratica. Domani ci presentiamo al Moore insieme e…”

“No no! Cioè, se vuoi va bene, ma domani preferirei di no. E’ un giorno importante, è il secondo concerto in assoluto dei ragazzi, il primo dopo aver registrato il demo, e ci sarà un sacco di gente. Non so come reagiranno, magari non gliene frega niente, ma non voglio creare tensioni o problemi tra di voi proprio domani che suonate…” spiega gesticolando nervosamente.

“Ok, allora domani niente”

“E poi il 24 parto”

“Non me lo ricordare, come faccio senza di te?” mi sollevo mettendomi a sedere sul letto, sempre con lei sopra di me, e la abbraccio stretta stretta.

“Sei stato quasi 25 anni senza di me, riuscirai a resistere per qualche giorno, no?” commenta dandomi delle pacche sulla schiena.

“Ma sono stati 24 anni molto noiosi” ribadisco infilandole le mani sotto la maglia.

“Comunque a questo punto potremmo ufficializzare dopo le feste, che ne dici? Magari potremmo fare un’uscita prima che parta, un piccolo regalo di Natale” propone spostandomi i capelli dagli occhi.

“Un’uscita?”

“Sì. Pensaci, stiamo insieme da mesi e non abbiamo mai avuto un vero appuntamento. Mi piacerebbe tanto…” spiega guardandomi con quegli occhioni a cui ormai non so più resistere.

“Va bene”

“Va bene?”

“Sì, usciamo” confermo sorridendo e premendo la mia fronte contro la sua.

“Grazie!” mi getta le braccia al collo e mi bacia con una passione tale da farmi ricadere all’indietro sul cuscino, con lei sopra di me.

“E cosa vuoi fare di bello per il nostro primo appuntamento?” le chiedo sfilandole la maglia.

“Mmm non lo so… usciamo a cena?”

“Ok, cena in un posto carino allora”

“Non troppo carino però, se no non posso mettermi la salopette”

“Scema”

Stiamo dando inizio ai festeggiamenti per la nostra prima uscita ufficiale quando lo squillo del telefono ci interrompe.

“Vado a rispondere” sussurra con difficoltà mentre le mordo il labbro inferiore.

“Non ci pensare nemmeno” ribatto trattenendola saldamente.

“Dai, magari è importante”