Together

di VIVIENNE BLACKGAN
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** UN CASINO DI TEMPO FA ***
Capitolo 2: *** TRA PRESENTE E PASSATO ***
Capitolo 3: *** ERO UN BAMBINO A CUI PIACEVA UNA BAMBINA ***
Capitolo 4: *** NEVER HAVE I EVER ***
Capitolo 5: *** NEVER HAVE I EVER (PARTE II) ***
Capitolo 6: *** NEVER HAVE I EVER (PARTE III) ***
Capitolo 7: *** I DAWSON ***
Capitolo 8: *** APPUNTAMENTO COL MARTEDI' ***
Capitolo 9: *** QUESTIONE DI FIDUCIA ***



Capitolo 1
*** UN CASINO DI TEMPO FA ***


ANGOLOAUTRICE: probabilmente sarà l'unico capitolo in cui vedrete questo piccolo angolo, ma volevo semplicemente darvi il benvenuto in questa nuova avventura fatta di risate, pianti, litigi, amori, rancori e chi più ne ha più ne metta. Spero di non risultare scontata e che questa storia finisca per piacervi. Buona lettura :)


 

CAPITOLO I


 

UN CASINO DI TEMPO FA


 

Ho sempre creduto che le scene a rallentatore che si vedono nei film a volte siano un po' troppo esagerate. Ho sempre creduto che quel battito accelerato nel petto, le farfalle nello stomaco e tutto quello che ti provoca la vista di una persona che ti piace particolarmente fossero una cazzata. Non ho mai creduto al "mi sono trovato una fidanzatina" che spesso e volentieri mi ripeteva mio fratello minore, quando ancora andava alle elementari. E non perchè dubitassi del fatto che veramente avesse una fidanzata, ma perché chiunque farebbe fatica a credere al "Ti amo" di un bambino per quanto vengano sempre definiti la bocca della verità. Non ho mai voluto nulla tutto per me, ho sempre condiviso e penso che lo farò sempre perché è nella mia natura. Ma lei...

Ho sempre creduto che quella mia ossessione nei suoi confronti, quel mio volerle dare tutto ciò che desiderava, fosse la conseguenza del fatto che sia stata la prima a rivolgermi concretamente la parola, dopo Cisco ovviamente. Non è mai stata gentile, nel senso che non mi ha mai dimostrato affetto. Aveva un modo di fare tutto suo, scontrosa con tutti, mite con pochi. Parlava poco, non piangeva mai e poco le importava di ciò che gli altri pensavano di lei. Rispondeva a tono e ogni volta che lo faceva finiva in punizione anche se non era colpa sua, ma degli altri che la provocavano. Mi voleva bene, ma io di più.

Ero convinto di averla resa un dolce ricordo della mia infanzia in quell'orfanotrofio.

Ma si dice che la convinzione sia una brutta bestia. Una di quelle bestie che compaiono dal nulla in mezzo a una folla di ragazzi e ragazze che sembrano spingersi per entrare in quello che considereranno un inferno per i prossimi 9 mesi.

Non so la vostra di bestia, ma la mia ha lunghi capelli neri, la pelle scura scura, le labbra carnose, il fisico slanciato, gli occhi di un marrone tendente al nero e quello sguardo intenso che quando si inchioda al tuo ti fa sentire nudo. Si chiama McKenzey. Cisco amava e ama tutt'ora chiamarla Kiki. Io, invece, la chiamavo Cici.

«Amico, fissarla in quel modo non la farà di certo cadere ai tuoi piedi»Chris, nato Christopher Dubois, mi da una pacca sulla spalla riscuotendomi dai miei pensieri. Distolgo lo sguardo per un attimo da lei sussultando leggermente perché non mi aspettavo quella pacca. Ma il tempo di tornare a guardare nella sua direzione che la perdo divista.

«Da retta a Chris, James. McKenzey è irraggiungibile. Scommetto che l'ultima persona che ha visto la sua patatina è stata sua mamma» sghignazza Zach, all'anagrafe Zacharia Montgomery, nonché il ragazzo più rude che io abbia mai incontrato. Non a caso, nel sentire le sue parole,gli lancio un'occhiata ammonitrice. Lui intercetta il mio sguardo e, alzando le mani al cielo, dice: «Ehi, ho detto patatina, non la parola che inizia per "f"»

«E sei anche fortunato che io oggi sia di buon umore e non ti abbia ancora rifilato uno schiaffo di quelli che ti fanno cambiare i connotati»

Una voce femminile si insinua tra di noi e, quando mi volto per vedere la proprietaria della suddetta voce, anche se so già a chi potrebbeappartenere, il mondo attorno a me si gela. Di nuovo. Ora riesco anche a percepire il suo odore. È dolce, delicato e ricorda tantissimo le fragole. Ti viene voglia di mangiarla.

«Buongiorno anche a te McKenzey» ridacchia Zach per poi rivolgersi all'amica diMcKenzey che a malapena ho notato. «Isabelle»

La ragazza, Isabelle, è di qualche centimetro più bassa di McKenzey, porta lunghi capelli biondi, ha un fisico asciutto, la pelle chiarissima e un paio di occhi neri che rendono il suo aspetto quasi... inusuale. Ma da quegli occhi traspare una gentilezza che la rende ancor più piccolina e ti fa venir voglia di darle un abbraccio senza motivo.

«Zach» risponde lei sorridendo e facendo a sua volta sorridere Zach. Isabelle, poi, si volta verso di me e con un sorriso curioso mi dice: «Tu devi essere quello nuovo, James Johnson. Piacere di conoscerti» allunga una mano verso di me. Istintivamente mi viene da sorriderledi rimando e senza esitare stringo la sua mano e annuisco. «In carne e ossa»

«Lei è la mia migliore...»

«McKenzey. Ti basta sapere questo»

Isabelle viene interrotta da McKenzey in modo brusco e senza tanti complimenti. Scrolla le spalle e punta lo sguardo nel mio per un minuto che a me sembra interminabile prima di girare i tacchi e tornare suoi suoi passi. «Quando hai finito di flirtare, Belle, mi trovi in classe. Non fare tardi o non esiterò a cedere il posto aun'altra persona» fa un cenno con la mano all'amica e si avvia verso l'entrata della scuola seguita dai nostri sguardi e quelli furtivi dialcuni ragazzi nel cortile. Se la stanno letteralmente mangiando con gli occhi, ma lei procede spedita come se attorno a lei ci fosse ilnulla.

Non mi hariconosciuto. Eppure per un secondo ho creduto che quel lungo sguardo fosse la dimostrazione del fatto che forse le ricordavo qualcuno.

Ma non posso nemmeno biasimarla. In tutto questo tempo dire che sono cambiato sembra quasi un eufemismo. Anche io a volte faccio fatica a riconoscermi quando mi guardo allo specchio. Francamente, fino a unanno fa nessuno avrebbe scommesso su un mio possibile miglioramento a livello estetico. Nessuno mi avrebbe creduto se fossi andato in giro a dire che mi sono fatto una ventina di ragazze nel giro di tre mesi; che sono entrato a far parte della squadra di basket della scuola e che già sono considerato uno dei ragazzi più popolari della scuola. E notare che la scuola ancora non è cominciata.

Quindi, ehi, il fatto che non mi abbia riconosciuto è soltanto un bene.

«Non rimuginare troppo sul perchè ti abbia risposto in quel modo o sucosa tu possa averle fatto di male. Le uniche persone a cui abbia mai mostrato affetto sono la sua famiglia adottiva e me il giorno del mio compleanno»

«Il che porta a una domanda fondamentale: come potete addirittura essere migliori amiche? Voi, che siete come il sole e la luna, il cielo e laterra, l'olio e l'acqua.... come?» Zach scuote la testa scatendandole risa di Isabelle.

«Io sono convinto che sia molto più di quanto non dia a vedere...» Chris, dopo aver passato praticamente gli ultimi 10 minuti in un rigorososilenzio, sembra essersi ripreso dal mutismo nel quale, senza ombra di dubbio, era caduto. «E' tipo il gelato fritto: ogni volta che lo mangi rimani sorpreso da come all'interno riesca a mantenere la consistenza del gelato»

«Hai fatto centro Chris» annuisce con vigore Isabelle sistemandosi lo zaino inspalla. «Ora devo andare. Ci si vede in giro» e così dicendo, siavvia verso l'entrata con passo veloce, sicuramente dato dal fatto che vuole raggiungere a tutti i costi l'amica.

«Che gran bel culo che ha...»

Chris e io ci scambiamo un'occhiata prima di alzare gli occhi al cielo e avviarci a nostra volta all'interno della scuola ignorando spudoratamente i commenti di Zach, che ogni due per due non manca maidi sottolineare quanto siano particolarmente fighe alcune ragazze della scuola.

Io sinceramente più di tanto non sto dando loro attenzione, al contrario di Chris che non dimentica mai di sorridere a destra e amanca e Zach che rifila saluti poco casti alle ragazze. Praticamentegli sguardi della maggior parte delle ragazze sono rivolti a loro, anzi, mi correggo, a noi. Ho praticamente tutti gli sguardi addosso: le ragazze mi stanno mangiando con gli occhi, i ragazzi si chiedono chi diavolo io sia, i professori si domandano se sarò o meno un loro alunno.

Un'altra pacca sulla spalla seguita da un abbraccio fraterno mi prende alla sprovvista.

«Amico, benvenuto nel nostro regno. Ora anche il tuo» Zach allunga un braccio e con fare teatrale mi mostra il "corridoio" denfinendolo"il nostro regno". «Avrai fama, donne, drammi, feste, sesso,alcool e tutto ciò che vorrai con un semplice schiocco di dita»continua senza staccarsi da me.

«Anche McKenzey?!» domando guadandolo con aria divertita.

«Ok, forse non tutto, ma ci sono tante belle ragazze alla sua altezza» rettifica fermandosi.

«Tipo Isabelle?» se ne esce Chris guardandolo con l'aria di uno che la salunga. Quindi non sono stato l'unico a notare quell'alchimia tra i due prima.

«Anche lei fa parte del "forse non tutto"» si posiziona difronte a noi puntandoci un dito ammonitore contro. «Non vi azzardate a...»

«Io vado a lezione. Non voglio fare tardi il mio primo giorno di scuola»sorrido e lo supero senza lasciargli il tempo di continuare la sua frase.

«Idem» ridacchia Chris affondando le mani in tasca e svoltando nel corridoio alla nostra sinistra. Zach semplicemente rimane lì impalato a fissarci - oserei dire - quasi come un fesso.

E io, bè, comincio a pensare che questo sarà davvero un gran bell'anno. Sia in positivo che in negativo.


 


 


 


 

James Johnson. James Johnson. James Johnson.

James.

Johnson.

Ma dove cavolo ti ho già visto?

Lascio cadere la matita sul quaderno con uno sbuffo e mi appoggio scomposta allo schienale della sedia. Chiudo gli occhi, incrocio le braccia al petto e sospiro cercando di evitare di farmi venire il mal di testa.

Non mi preoccupo del fatto che la professoressa Green mi possa riprendere perchè tanto lei si trova in fondo all'aula e noi stiamo guardando un documentario su Cleopatra quindi in classe non si vede nulla a parte la televisione.

Isabelle è seduta accanto a me e sembra aver notato che non sono attenta alla lezione. Non una lezione qualunque a dire il vero. Lei sa quanto io adori la storia di Cleopatra e scommetto che si sta chiedendo cosa mi passi per la testa.

«Che succede, Chiquita?» mi chiede, infatti, avvicinando la sedia alla mia.

«Penso» rispondo scrollando le spalle e adocchiando il ragazzo seduto accanto a Isabelle. Quel genio della mia migliore amica ha ben pensato dichiedere a James di sedersi accanto a lei appena l'ha visto varcare la soglia della classe. Non gli ha dato nemmeno il tempo di guardarsi attorno. Chiunque altro penserebbe che l'ha fatto perchè è una delle tante che vuole accaparrarsi la compagnia del nuovo arrivato. Ma così non è. Isabelle si comporta così con tutti quelli che le ispirano simpatia, me compresa. Anche se tendenzialmente cerca diessere gentile con tutti. Il mio esatto contrario insomma.

Comunque, la cosa che mi sta rendendo più indisponente del solito è il fatto che James mi ricorda qualcuno, qualcuno che non vedo da molto tempo. Ma il problema è che non mi ricordo chi sia e questa cosa mi sta mandando fuori di testa. In altre circostanze avrei lasciato perdere, tanto non è che io sia intenzionata a farci amicizia, uscirci, andarci a letto e venir tradita il minuto dopo l'orgasmo. È solo che sento che è qualcosa che devo assolutamente ricordare, qualcosa di importante. Qualcosa che magari potrebbe farmelo vedere sotto un'altro aspetto e non come un comune playboy. Ma a quanto pare il mio cervello non vuole collaborare.

«A cosa pensi?» Isabelle mi sta fissando con aria leggermente preoccupata.

«Al fatto che da piccola avrei dovuto apprezzare di più il gioco "Memory". A quest'ora non inizierei ad avere paura di un principio di alzheimer» scosto una ciocca di capelli che mi è ricaduta sul viso.

Isabelle scoppia a ridere sottovoce appoggiando la fronte sulla mia spalla e con lei anche James si lascia sfuggire una risatina.

«Stavi origliando»

«Nah...» scuote la testa sempre divertito. «E' solo che Cleopatra mi annoia e le tue parole mi sono giunte alle orecchie senza che io lo volessi» mi rivolge un sorrisetto che è un misto tra l'innocenza e la stronzaggine. Quel sorrisetto che farebbe sciogliere qualsiasi ragazzina vogliosa in questa scuola.

«Quindi Cleopatra ti annoia» gli faccio eco alzando un sopracciglio esporgendomi leggermente in avanti. Isabelle sposta la fronte dalla mia spalla e si appoggia allo schienale consentendomi di vedere interamente il ragazzo che, a sua volta si è sporto in avanti per osservarmi. Sembra aver perso quallo sguardo allibito che aveva prima, quando mi fissava come se avesse visto un angelo cadere dal cielo. Forse Isabelle aveva proprio ragione quando diceva che a primo impatto riuscivo a far gelare il sangue nelle vene di qualsiasi ragazzo. In senso buono, aveva aggiunto.

«Già. La storia non è esattamente la mia materia preferita» alza le spalle portando una mano sotto il mento. «Ma... Non sei infastidita dal fatto che "stavo origliando"?»

«Quindi avevo ragione: stavi origliando» un sorriso soddisfatto si dipinge sul mio viso appena vedo James rendersi conto di ciò che ha appena detto.

«Fregato, James» ridacchia Isabelle dondolandosi sulla sedia. «McKenzey sarebbe persino capace di farti confessare un omicidio se solovolesse»

Questa volta sono io che scoppio a ridere, scordandomi di essere in una classe silenziosa dove tutti sono intenti a prendere appunti sul documentario che stiamo guardando. Ma quando me ne rendo conto ormai è troppo tardi perchè sento stagliarsi dietro di me la figura della Professoressa Green e non ho nemmeno il tempo di voltarmi per vederela sua espressione adirata, che con un vocione mi intima di uscire dalla classe e di andare a farmi un giro dalla preside. Sbuffo, prendo dal tavolo la mia borsa e spostando rumorosamente la sedia mi avvio verso l'uscita.

«Anche lei, Signor Johnson. Non creda che io non l'abbia vista dormire prima e poi farsi quattro risate con la signorina Dawson». Mi blocco poco prima di aprire la porta e mi volto per osservare la scena. James ha dipinta sul viso un'espressione di finto stupore.

«Ma io..»

«Ma, ma,ma. Alzi il popo e la segua a ruota»

Il ragazzo alza gli occhi al cielo, si alza facendo un cenno in direzione di Isabelle che gli sorride di rimando e poi mi raggiunge superandomi e aprendo la porta. Esce dalla classe ma non lascia andare la maniglia della porta, anzi, fa un leggero inchino e con l'altra mano mi invitaa precederlo. Lo guardo con un'espressione allibita prima di uscire dalla classe.

Non mi curo di aspettarlo, ne tanto meno di ringraziarlo per avermi tenuto la porta aperta, semplicemente mi avvio verso l'ufficio della preside. E continuo a camminare finchè il rumore che si sente nel corridoio non è più quello di due persone che camminano sole mescolato al brusio di sottofondo che proviene dalle varie classi. Si sentono solo i miei passi e quelli di nessun altro.

Mi volto pervedere se James ancora cammina dietro di me, ma al contrario lui è fermo in mezzo al corridoio con le mani calate nelle tasche e un sorriso dolce sul viso. Si, un sorriso dolce che mi lascia di sasso. Perchè mi guarda in quel modo?

«Che c'è?» gli domando sulla difensiva voltandomi completamente verso di lui.

Lui continua a guardarmi in quel modo senza dire nulla. Io comincio a spazientirmi e infatti sto per mandarlo a quel paese quando lo vedo aprire bocca, richiuderla e scuotere leggermente la testa. Prende un leggero respiro socchiudendo gli occhi e quindi levandosi quell'espressione dal viso per un secondo e poi torna a guardarmi come prima.

«C'era una bambina nel mio stesso orfanotrofio che si comportava proprio come te. Era molto scontrosa, parlava poco con gli altri bambini e sembrava sempre cercare un modo per uscire dall'istituto e non tornare mai più» smette di parlare e si avvicina di qualche passo.«Quando è arrivata, il mio migliore amico, come sempre, è andato avedere chi fosse spinto dalla curiosità. Io non penso che mi sarei mai presentato, anche perchè ero certo che mi avrebbe preso in giro come facevano tutti. Ma...»

«Ma poi un giorno, dopo che per l'ennesima volta mi avevano messa in punizione, sei venuto in camera mia con una ciambella in mano. Non hai detto una parola e io nemmeno ti ho rivolto uno sguardo; hai appoggiato la ciambella sul mio letto e te ne sei andato»

«Già» annuisce sorridendo con una nuova luce negli occhi. «Non sapevo esattamente cosa dire e mi sembrava che alla fine non dire nulla fosse la cosa più sensata da fare» James alza le spalle con fare innocente. Sorrido contenta perchè ora ho capito chi è. Sorrido perchè mi ritornano in mente ricordi che improvvisamente non sembrano più amari, ma dolci. Sorrido perchè ora capisco il motivo del suo sguardo di prima, nel cortile.

Sorrido nel pronunciare il suo nomignolo.

«JJ»

Sorride nel fare la stessa cosa.

«Cici»

Lo osservo ancora un attimo cercando di trovare corrispondenze tra il JJ che conoscevo da piccola e quello che si trova difronte a me, un ragazzo maturo che a primo impatto sembra un playboy patentato. Poi scuoto la testa e gli do di nuovo le spalle tornando a camminare in direzione della presidenza.

«Muoviamoci, alla preside non piace aspettare».


 


 


 

«E la passiamo liscia così?»

«La preside mi ama e tu sei nuovo, quindi» McKenzey alza le spalle guardandomi.

Alla fine ho fatto bene a dirle chi sono. Non so esattamente cosa mi sia preso, so solo che dovevo farle capire che ero io e che probabilmente le avrebbe fatto piacere sapere che ci eravamo ritrovati. E così è stato. Il suo sguardo si è ammorbidito e il sorriso che aveva quando ha pronunciato il mio nome è rimasto a fior di labbra fino a quando non siamo arrivati in presidenza. Mi ha fatto sentire bene e improvvisamente tutti i "ma" e i "se" sono scomparsi lasciando il posto alla certezza che non si fosse scordata di me e che, a giudicare dalla sua reazione, abbia sempre conservato un dolce ricordo del tempo passato in orfanotrofio.

«Spero di finire in presidenza sempre in tua compagnia allora» rido affiancandola.

«Io non ci voglio finire di nuovo con o senza di te» scuote la testa Mckenzey spostandosi i capelli tutti su una spalla. Poi si ferma e si guarda intorno come se stesse soppesando qualcosa.

«Le ragazze già mi vogliono morta. Per il quinto anno consecutivo» mi guarda, scoppia a ridere e se ne va lasciandomi con il calore della carezzache mi ha dato sul braccio. All'inizio non capisco perchè stia prendendo una strada diversa dalla mia, infondo dobbiamo tornare nella stessa aula. Poi mi rendo conto di trovarmi all'inizio di uno dei corridoi adiacenti a quello principale, nel bel mezzo di un'orda di ragazzi che sembrano aver invaso dal nulla il mio spazio vitale. Mi guardo attorno leggermente confuso per il fatto che non mi sono accorto che era suonata la campanella. Intercetto aluni sguardi di ragazze che mi guardano sospettose e ragazzi che sono letteralmente a bocca aperta. Che ho fatto?

«Aspetta, fammi capire. Tu sei qui da un giorno e te ne vai già in giro con la ragazza più hot della scuola e ci parli come se niente fosse?»

Ma in questa scuola alle persone piace comparire dal nulla?

«E' complicato» rispondo con noncuranza alle parole di Chris.

«Quindi bisogna essere complicati per poterle strappare un "ciao"? Notare che sono stato fine» Zach compare dall'altra parte gesticolando come un ossesso.

«Più o meno» annuisco dirottando verso il mio armadietto.

«Ora rispondi a monosillabi anche tu?» sbuffa spazientito Zach posizionandosi davanti a me e appoggiando la sua schiena di proposito sul mio armadietto. Sembra infastidito da tutto ciò, o semplicemente non gli piace che io non gli stia dando risposte concrete.

Anche Chris si appoggia agli amarmadietti a braccia conserte con un'espressioneche mi invita a sputare il rospo. Mi viene quasi da ridere. Solo Mckenzey è capace di innescare una reazione tale da far mobilitarele forze armate al suono di un suo "ciao".

«Io e lei ci conosciamo da un po'. Un bel po'» confesso allora passandomi una mano sul collo. Ma prima che possano dire altro, la campanella suona di nuovo. La prossima lezione ci aspetta.


 


 

«Cosa diavolo significa "ci conosciamo da un po'"? E perchè non ce lo hai detto quest'estate? Ti rendi conto che...»

«Non per dire, ma parlate di Cici come se steste parlando di Beyoncé o della regina Elisabetta» alzo gli occhi al cielo per quella che mi sembrala miliardesima volta in meno di 5 minuti.

Sono riuscito a evitare le domande all'inizio grazie alla campana, ma oracomincia la pausa pranzo e in un'ora e poco più penso che Chris eZach riusciranno a farmi fumare il cervello. Nel caso dovessero portarmi via in una barella, spero che McKenzey si offra di venire via con me e farmi da infermiera... anche se in quel caso ci sarebbeuna remota possibilità che io non mi riprenda mai più.

«Cici? AVETE PURE DEI SOPRANNOMI?» Zach quasi urla dallo stupore. Anzi,urla richiamando l'attenzione di una ventina di persone accanto anoi, anche se ho la sensazione che quelle persone ci stessero fissando a prescindere. Anzi, che stessero cercando di cogliere ogni singolo particolare della nostra conversazione per andare a rivenderla al miglior offerente e vederla pubblicata sul"Conversazioni tra fighi Magazine".

«Bè, mi pare normale. Non capisco cosa ci sia di male»

Zach e Chris si guardano con aria sconvolta. Non si sono nemmeno resi conto del fatto che non hanno messo nulla nei loro vassoi e che continuando così finiranno per non pranzare. E tutto perchè conosco McKenzey.

Prendo un muffin come dolce e alzo lo sguardo dalla fila di dolci che erano stati scelti per il pranzo di quel giorno. C'erano cheesecake, muffins, brownies, crostate e chi più ne ha più ne metta.

Nel momento in cui alzo lo sguardo, incrocio quello di Isabelle che fa cenno a me, e suppongo anche a Zach e Chris, di raggiungerla al tavolo. Le sorrido e mi volto verso i ragazzi per chieder loro se non era un problema per loro non andare al tavolo che poco prima mi avevano indicato come il tavolo dei giocatori di basket.

«Non chiedermelo nemmeno. Io pranzerei con Belle per il resto dei miei giorni. E nemmeno mi va oggi di pranzare con gli altri» Zach mi supera dirigendosi verso il tavolo dove sta seduta tranquillamente la ragazza.

«Io voglioi dettagli. Mi dovrai dire persino com'era vestita» Chris mi lancia uno sguardo divertito prima di incamminarsi con me dietro a Zach.

«McKenzeynon c'è?» chiedo a Isabelle appena la raggiungiamo tutti e ci sediamo al tavolo. Zach accanto a lei, Chris a capotavola e io davanti a Isabelle.

«Arriverà tra cinque minuti. Succede sempre così quando ha lezione di matematica. Comincio a credere che abbia una tresca col professore» ridacchia rispondendo alla mia domanda.

«Credi male, mi amor» la sedia accanto alla mia viene scostata e un dolce profumo di fragola invade il mio spazio vitale lasciandomi piacevolmente sorpreso. «Cioè, lui indubbiamente cerca un approcciocon me, ma per quanto mi riguarda, figo o meno che sia, non mi attira in alcun modo» scrolla le spalle, appoggia i gomiti sul tavolo e poi si volta a guardarmi. Ricambio lo sguardo accennando un sorriso sghembo che lei ricambia poco prima di addentare una patatina presa dal suo piatto.

«Avete fatto amicizia mentre eravate dalla preside?» Isabelle ci osserva con uno sguardo che è un misto tra "wow!" e "ma seriamente?!".

«Io e JJ già ci conoscevamo» risponde con semplicità McKenzey infilando con una forchetta la sua insalata. Isabelle guarda Zach che annuisce con aria sconsolata e le dice: «Sì, hanno pure dei soprannomi. Lei», indica McKenzey con il cucchiaio, «è Cici e a quanto pare lui», sposata il cucchiaio su di me, «è JJ. Ma quando noi», fa oscillare il cucchiaio tra lui e Chris, «avevamo proposto di chiamarlo così, si era fermamente opposto sostenendo che nessuno a parte due persone potevano chiamarlo in quel modo. Ti rendi conto, Belle?»

Vedo Chris annuire in appoggio all'amico e poi entrambi fulminarmi con uno sguardo che dovrebbe essere omicida, ma altro non fa che far scoppiare a ridere me e Mckenzey a sua volta. Mckenzey, come solo lei sa fare, si porta una mano sulla bocca come a voler trattenere le risate e con naturalezza si poggia alla mia spalla mentre io abbassola testa sempre ridendo e la osservo di sottecchi.

«Zach, mi ucciderai tu!»

«Lui, eh? Tu ci uccidi dal primo momento in cui hai messo piede a scuola. Ed era alle medie» Chris la osserva leggermente divertito.

«Se avessi saputo che per farmi considerare da te avrei avuto bisogno di lui, sarei volato in Europa a prenderlo un casino di tempo fa» rincara la dose Zach che ha lasciato perdere lo shock per dare il benvenuto a pura e semplice contentezza.

McKenzey non risponde subito. Osserva i due ragazzi con un sorriso a fior di labbra, poi sposta il suo sguardo su Isabelle e infine su di me. È così cresciuta, così donna, così lei. E anche io, indipendentemente dall'aspetto, sono sempre io.

«Se avessi saputo che stava in Europa sarei andata a riprenderlo da sola un casino di tempo fa».

 

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Capitolo 2
*** TRA PRESENTE E PASSATO ***


CAPITOLO II

 

FRA PRESENTE E PASSATO

 

Sono in camera mia che mi sto cambiando quando sento il campanello suonare. Sposto lo sguardo verso l'orologio appeso al muro in camera mia e mi accorgo che sono le sette in punto. Istintivamente sorrido. Isabelle non è mai puntuale e di solito la mattina si presenta alle 7.15 e ci costringe a dover accorciare i tempi della nostra colazione al bar. Oggi, invece, stranamente è puntualissima e questo cosa mi fa sorridere oltre ad insospettirmi un pochino.

«Arrivo Isabelle!» urla Carol fiondandosi giù dalle scale diretta come un razzo verso la porta. Nemmeno avesse suonato il presidente Obama in persona. Scuoto la testa tornando a guardarmi allo specchio mentre cerco di capire cosa mettermi.

Boyfriend o leggins?

Camicia o maglietta a maniche corte?

Capelli sciolti o tirati su con una coda? Mi devo pure sbrigare perché non mi va di far aspettare Isabelle a lungo anche se potrei farla venire di sopra e chiederle consiglio.

La porta di camera mia si spalanca ed entra Carol chiudendosela alle spalle con un leggero calcio. Mi volto verso di lei e la osservo interrogativa mentre lei mi guarda con un sorriso a trentadue denti stampato sul viso.

«Non mi avevi detto di avere un ragazzo. Uno nuovo e per di più di un altro livello rispetto agli altri!» esclama avvicinandosi e prendendo dal mio letto i boyfriend e la maglietta bianca di una taglia in più. Me li lancia, io li prendo al volo e lei si siede sul mio letto a gambe incrociate. Indossa una semplice vestaglia il che mi fa pensare che di sotto ci sia Rufus profondamente addormentato.

«Di che stai parlando?» le chiedo indossando la roba che mi ha lanciato e osservandomi allo specchio decreto che non poteva fare scelta migliore di quella.

«Coda» indica i miei capelli e io annuisco prendendo un elastico dal comodino. «C'è di sotto un ragazzo, un bel ragazzo per la precisione, che mi ha detto di esserti venuto a prendere per portarti a fare colazione assieme» mi lancia uno sguardo malizioso spostando i capelli sulla schiena. Io nel frattempo mi sono legata i capelli e mi sto osservando visibilmente soddisfatta del risultato ottenuto.

«Non ci credo... non c'è nessun ragazzo di sotto e tu stai facendo un test. Magari Belle sospetta qualcosa e vuole usare te per avere conferme. Ritenta» le lancio un'occhiata di traverso andando verso il cassettone dove tengo tutti i miei rossetti. Oggi opterò per il nero, giusto perché sono in vena di dark.

«Puoi sempre dare un'occhiata di sotto se non ci credi» mi dice alzandosi dal letto e avvicinandosi alla porta di camera mia. Io la osservo dallo specchio e, presa dalla curiosità, la seguo con il rossetto ancora in mano. Usciamo assieme, attraversiamo il corridoio e, in prossimità delle scale, Carol mi prende per un braccio, mi avvicina al muro, si abbassa e fa sporgere solo la testa. Faccio la stessa cosa -senza un apparente perché- e faccio sbucare la mia testa poco sopra quella di Carol.

E in quel momento lo vedo.

Pantaloni neri, maglietta da basket rossa, giacca di pelle nera e un paio di scarpe bianche. Lì, all'ingresso c'è James che si guarda attorno incuriosito e che per puro caso, proprio in quel momento, come se prima non ne avesse sentito la necessità, alza lo sguardo su per le scale e incontra il mio. Mi sorride, gli occhi gli si illuminano e le labbra si stendono lasciando comparire i denti.

È contento, visibilmente contento.

E io sono allibita, visibilmente allibita.

«Come hai...?» comincio ma subito vengo interrotta da lui.

«Zach. Comincio a sospettare che veramente ti abbia stalkerato in tutto questo tempo. Giura persino di conoscere la tua marca preferita di shampoo e di sapere quanti perizomi e quante coulottes hai nel cassetto. Dici che dovrei prenderlo a pugni per questo?»

Carol scoppia a ridere, io continuo a ossevarlo e poi scuoto la testa. «Faccio io» gli mostro le dita della mia mano destra. «Questo capolavoro di unghie che ho brama dalla voglia di conficcarsi nella pelle di qualcuno. E non in modo passionale» agguanto Carol per un braccio e entrambi i nostri capi scompaiono di nuovo dietro al muro lasciando James in preda alle risate.

Ritorniamo in camera mia e mi chiudo la porta alle spalle appoggiandomi ad essa poco dopo.

«È inutile che fai quella faccia, lo so io come lo sai te che andrai a fare colazione con quel bonazzo» ridacchia Carol sotto i baffi.

È in questi casi che capisco il perché gran parte delle persone che ci conoscono fatichino ad accettare il fatto che siamo madre e figlia e non sorelle. Effettivamente, noi spesso e volentieri ci comportiamo come sorelle e Carol ha l'aspetto di una ventenne da anni ormai che a volte fatico anche io a credere di avere una madre come lei.

Mia madre.

Lo è diventata relativamente da poco tempo, da circa nove anni, ma sembra che sia nella mia vita da sempre.

È venuta per la prima volta, all'orfanotrofio in cui sono rimasta per tre anni, quando avevo 8 anni. Era in mezzo a un gruppo di futuri genitori adottivi venuti a vedere i bambini dell'orfanotrofio. Io ero seduta su una delle panchine che erano nel cortile e accanto a me c'erano Cisco, che parlava a raffica da più di mezz'ora riguardo a un libro che aveva appena finito di leggere, e JJ che mangiucchiava una ciambella come suo solito. Io facevo la solita indifferente che nessuno avrebbe disturbato a meno che non fosse stata ora di colazione, pranzo o cena.

Carol, seguita a ruota da suo marito Matthew, si è praticamente fiondata su di me non appena mi ha scorta. Mi si è inginocchiata davanti e a cominciato con la solita raffica di domande: come ti chiami, quanti anni hai, cosa ti piace mangiare e bla bla bla. Sembrava così contenta nonostante io non rispondessi e la osservassi con sguardo truce. Continuavano a venire, a tornare, quasi fosse un appuntamento fisso. E mi portavano giochi, vestiti, libri e chi più ne ha più ne metta. Gli altri bambini, a parte Cisco e JJ, sembravano detestarmi ancora di più per questa cosa e io... bé io continuavo a fingere che non mi importasse di quei due estranei quando invece dentro di me cominciava a nascere la speranza che potessero essere coloro che mi avrebbero portata via da quel posto. E così è stato. Dopo un paio di mesi dal primo incontro, me ne sono andata veramente, con loro, con la mia nuova famiglia.

Con Carol il legame è nato sin da subito, mentre con Matthew ci è voluto un po'. Lui era sempre paziente e si vedeva che mi adorava più di qualsiasi altra cosa, ma io non riuscivo a fidarmi completamente di lui e lui capiva che era per via del mio passato. Non c'è l'ha mai avuta con me, non si è mai lamentato del fatto che non rispondessi alle sue domande mentre a Carol si. Ha cercato di guadagnarsi la mia fiducia col tempo. Gli ci è voluto un anno, ma la contentezza nei suoi occhi quando l'ho abbracciato di mia spontanea volontà per la prima volta non la dimenticherò mai. Mai e poi mai. Perché un amore come quello sono pochi a provarlo e sono pochi quelli che hanno l'onore di poter essere amati a quel modo. Io sono tra loro e ne sono sempre grata.

Ma tra i due non è durata. Dopo 5 anni dalla mia adozione, Matthew e Carol hanno deciso di divorziare. E a questo punto chiunque si aspetterebbe di sentirsi dire che uno ha tradito l'altro, che è stato scoperto, che sono volati piatti e drammi vari. E invece no. L'unica che ha fatto un dramma per questo divorzio sono stata io. Quando me l'hanno annunciato dicendo, testuali parole, "io e tua madre abbiamo capito che l'amore che provavamo l'uno per l'altra si è affievolito col tempo e che ora c'è solo un profondo affetto che ci lega, niente più", io mi sono vista crollare il mondo addosso e con un vigoroso "andatevene entrambi a quel paese" sono corsa in camera mia e mi ci sono chiusa dentro. Non ho rivolto loro la parola per due settimane, mangiavo poco e niente e la notte piangevo imprecando contro chiunque avesse permesso che una cosa del genere accadesse. È stato Matthew a farmi capire che nulla sarebbe cambiato e che lui per me e Carol ci sarebbe stato sempre e per dimostrarmi ciò mi aveva detto di aver comprato la villetta accanto alla nostra perché non ne voleva sapere di doversi allontanare dal suo scricciolo per più di dieci passi.

Ed effettivamente le cose tra loro non erano cambiate, anzi, sembravano tutti più felici di quella situazione. Io li sentivo comunque assieme anche se non più sotto lo stesso tetto e anche a me cominciava a piacermi come cosa. Carol aveva cominciato a vedersi con altre persone e lo stesso Matthew che un anno dopo è venuto da noi con Vivienne e Thomas al seguito, presentando la prima come la sua nuova compagnia e il secondo come il figlio di lei.

Vivienne, rossa, piena di lentiggini, con un sorriso dolce sulle labbra e seduta su una sedia a rotelle. Per sempre.

Thomas, dai capelli di una tonalità più scura di quelli di sua madre, mi fissava curioso, con un sorriso timido sulle labbra e le mani nelle tasche. Ancora oggi non mi spiego cosa mi abbia spinto a farlo, ma senza pensarci due volte l'ho preso per un braccio costringendolo a togliersi le mani dalle tasche e l'ho portato in salotto. Ci siamo seduti sul divano e abbiamo guardato un film in silenzio, io con la mia testa appoggiata alla sua spalla. Credo di aver espresso a gesti il mio desiderio profondo di poter avere un fratello maggiore. Io e Thomas siamo andati d'accordo sin da subito così come Viv, alias Vivienne, e Carol che è stata scelta come damigella d'onore per il matrimonio di Matthew e Vivienne avvenuto un anno fa. È stato bellissimo e toccante e sia io che Carol eravamo felicissime di quella nuova unione.

Ora siamo una unica grande famiglia che vive a dieci passi l'una dall'altra, che passano almeno una volta al giorno un po' di tempo assieme. Ora ho un fratello maggiore, che ha fatto a pugni con svariati miei uscenti, che mi affibbia nomignoli stupidi, che mi chiama stronza quando litighiamo, che non mi dice mai "ti voglio bene" a parole ma che lo fa ogni volta che mi abbraccia. Ora ho una sorta di seconda madre che si fa trovare la mattina presto fuori da casa sua, con la tuta da ginnastica addosso mentre aspetta che io esca e mi fa compagnia mentre io corro e lei sta al mio passo trascinandosi sulla sua sedia a rotelle.

Ora ho una grande, unica, famiglia che amo e che mi ama . Ora ho quello che nei miei primi cinque anni di vita mi è stato negato. E non potrei esserne più contenta.

«Bé.. avrà fatto tanta strada e quindi non mi pare il caso di piantarlo lì» scrollo le spalle riprendendomi dai miei pensieri e avvicinandomi alla mia borsa. La prendo e me la metto su una spalla lanciando un'occhiata a Carol. «Vedo che con Rufus va più che bene»

Lei sorride raggiante spostandosi dal cassettone al quale si era appoggiata ma evita prontamente di rispondere alla mia domanda.

«Buona giornata, angelo» mi supera ed esce dalla mia stanza con me che la seguo a ruota. Nel scendere le scale per raggiungere la sua stanza saluta di nuovo JJ e mi lancia un'ultima occhiata maliziosa prima di sparire in un fruscio di velluto.

 

 

«Ma quanti anni ha tua madre?» le domando svuotando mezza bustina di zucchero nel mio latte.

Oggi McKenzey è sexy.

Sì, decisamente sexy.

Non quel tipo di sexy che implica pizzo a ogni dove, ma quella sensualità che le ragazze hanno quando si vestono da maschiaccio, ma sempre con classe. Non fa per tutte, ma a Cici calza a pennello.

«Più di quanti ne dimostra» ridacchia lei addentando una brioche al cioccolato.

Siamo al Big Daddy da circa una decina di minuti. Lei ha ordinato una tazza grande di té verde e una brioche al cioccolato, mentre io ho preso una tazza media di latte e una brioche vuota.

«Li porta davvero bene» commento ripensando alla madre adottiva di Cici. Quando sono arrivato di fronte a casa di McKenzey, non so esattamente cosa mi aspettassi di vedere a dire la verità. Ma quel che è poco ma sicuro è che non mi aspettavo di trovarmi di fronte a una donna in vestaglia che spiccava in un metro e settanta di altezza. Capelli biondissimi legati in una crocchia disordinata sulla testa e il sorriso di un manifesto della Mentadent. E non è sembrata minimamente imbarazzata dalla presenza di un ragazzo di fronte a lei che probabilmente sotto quella vestaglia aveva solo le mutande.

«Mettiti in fila. Sei il 34° dopo Zach» ride lei portandosi la tazza fumante di te alla bocca.

«34°?»

Lei annuisce sempre divertita prima di cambiare improvvisamente espressione. «Nessuno arriva a Carol senza essere passato prima da me. E se anche dovesse arrivare prima, questo qualcuno non metterà mai piede in casa diretto al letto di Carol senza prima aver sentito la mia. Carol è... Carol e nessuno si deve azzardare a pensare di potersi approfittare di lei solo perché sembra un angelo di Victoria Secret»

«Non avevo affatto...» comincio prima di scuotere rigorosamente la testa. «È tua madre! Che razza di depravato sarei se facessi una cosa del genere?!» sbotto alzando di qualche decibel la mia voce. Un numero indefinito di occhi si volta a guardarmi, chi con aria stupita e chi con aria di rimprovero. Se potessi, se davvero potessi, diventerei rosso come un pomodoro. Ma la mia pelle scura il massimo che può fare è diventare persino più scura. Bella storia.

«Non c'era bisogno di urlarlo» McKenzey scrolla le spalle e si appoggia allo schienale della sedia accavallando le gambe e tornando a sorseggiare il suo te. La osservo per un secondo alla ricerca di un emozione prima di notare un guizzo ilare accendere i suoi occhi neri come la cenere.

«Sei una stronza» le dico senza però riuscire a trattenere un sorrisetto.

«È l'aggettivo che mi affibbiano tutti dopo avermi definito bellissima» mi lancia un sorriso furbetto che le increspa le labbra in una maniera troppo sexy per essere vera.

«Io non ti ho definita bellissima» ribatto svuotando la mia tazza di latte.

«Per questo mi piaci. O meglio, per questo ti parlo. E sempre per questo siamo qui a fare colazione»

«Mi sento onorato allora»

«Comunque, raccontami di come Isabelle e compagnia bella ti hanno incastrato» mi guarda senza alcun riprovero nella sua espressione.

«Incastrato? E perché mai avrebbero dovuto farlo?» finisco la brioche e mi concentro sul latte. Passano svariati minuti, ma non ricevo alcuna risposta. Quindi alzo lo sguardo e vedo Cici intenta a osservarmi con uno sguardo neutro. Sospiro, e dopo aver finito il latte, dico: «Ho chiesto a Zach se sapeva dove abiti. Mi ha risposto dandomi la via e inviandomi persino la foto di una mappa con indicato il percorso che avrei dovuto fare per arrivare da te. L'intenzione iniziale non era quella di venirti a prendere per fare colazione, anzi, non c'era alcuna intenzione iniziale. Zach ha pensato che io invece volessi fare quello e quindi mi ha detto che di solito vai a fare colazione con Isabelle. Nemmeno il tempo di realizzare il tutto che Zach, Isabelle e Chris si erano messi d'accordo per andare a fare colazione da Starbucks e quindi io avevo il via libera»

Cici continua a fissarmi. Ha finito il suo thè e ha appoggiato i gomiti sul tavolo mentre io parlavo. Il mento è appoggiato sui palmi della mano, il viso inclinato leggermente di lato e la coda che ricade su una spalla. Le labbra, ricoperte da un rossetto nero, si curvano verso l'alto e gli occhi si illuminano. Quei rari bellissimi sorrisi che riservava solo a me e a Cisco da piccoli.

«Lo immaginavo» risponde non togliendosi quel sorriso dalle labbra. Sorrido anche io di rimando sporgendomi senza pensare troppo verso di lei.

«Sei rimasta la stessa. La stessa enigmatica McKenzey»

«Quella che tutti detestavano» risponde lei spostando la coda indietro.

«Sono più propenso a considerarla invidia quella. Le bambine erano invidiose perchè tu piacevi a Cisco, e non poco. Mentre i bambini ce l'avevano con te perchè sembrava preferissi parlare con uno come me che con loro» alzo le spalle fingendo indifferenza.

In realtà quella parte della mia vita, e anche svariati anni dopo la mia adozione, non è stata la più felice. Ero un bambino cicciottello, per non dire obeso, che girava sempre con una merendina in mano ma che cercava di essere sempre gentile con tutti. Ma non piacevo e gli altri bambini non si dimenticavano mai di ricordarmelo. Mi chiamavano “grasso ambulante”, le bambine facevano sempre una faccia schifata quando passavo e i bambini mi spingevano e quando cadevo a terra mi facevano sempre rotolare. Letteralmente. All'inizio cercavo di far finta di nulla e sopportavo in silenzio. Mi ricordavo mia madre che mi diceva sempre che bastava un sorriso e tutto il male sarebbe andato via. Ma poi sono crollato, ho cominciato a chiudermi in camera mia e a uscire solo se necessario. Avevo 7 anni ed ero lì da circa un anno quando ho conosciuto Francisco Ventura, in arte Cisco. E' stata amicizia a prima vista per lui. Ha provato subito simpatia per me, mentre io ero restio all'aprirmi con uno che era come tutti gli altri e che magari mi avrebbe pugnalato alle spalle. Ma così non è stato. Mi difendeva sempre a spada tratta; non gli importava dell'amicizia degli altri bambini se si ostinavano a prendermi in giro; le bambine le calcolava per rispetto, ma pensava fossero tutte un po' fuori di testa. Pochi mesi ed eravamo diventati migliori amici, un duo indistruttibile. Poi quel duo divenne un trio quando arrivò McKenzey. La piccola Cici, cinque anni racchiusi in uno sguardo indifferente e enigmatico. Ha scatenato la curiosità di Cisco oltre ogni limite e più tardi avrei anche scoperto che gli piaceva davvero tanto. Per quanto mi riguarda, lei non mi ha mai trattato male. Ignorava entrambi, sia me che Cisco, ma allo stesso tempo era sempre con noi. Noi eravamo i suoi cavalieri e lei la nostra piccola principessa. Cisco le parlava a più non posso, io le offrivo le mie merendine. Entrambi, però, ci sentivamo in paradiso quando riuscivamo a farla sorridere o, addirittura, a farla ridere.

«Con uno come te...» ripete lei distogliendomi dai miei pensieri. Solo in quel momento mi accorgo del fatto che le è scomparso il sorriso sulle labbra e che per poco non mi incenerisce con lo sguardo. «JJ, non provare mai più a considerarti inferiore rispetto a quell'ammasso inutile di bambini che avevamo come “compagni”. Tu non eri meno di loro. Tu eri più di noi tutti messi assieme. E non voglio repliche a ciò che ho appena detto o giuro che le unghie le ficco nella tua di pelle al posto di quella di Zacharia» si alza come una furia e, sotto il mio sguardo sorpreso, va a pagare e poi esce in tutta fretta dal bar. Mi ci vogliono un paio di minuti prima di alzarmi e seguirla facendo prima una capatina alla cassa dove la cameriera mi annuncia che anche la mia parte è stata pagata.

Esco dal Big Daddy, mi guardo attorno e individuo Cici a una ventina di passi da me. Le corro dietro e le agguanto il braccio costringendola a voltarsi verso di me.

«La macchina è dall'altra parte» dico senza lasciarla andare.

«Da qui a piedi la scuola non è lontana, Johnson» ribatte lei in tono gelido. Non a caso mi viene la pelle d'oca.

Scuoto la testa prima di abbozzare un sorrisetto sghembo. «Addirittura il cognome, Dawson?»

«E' già tanto se ti parlo. Non vado esattamente matta per le persone che si lasciano influenzare dall'opinione della gente, anzi, dall'opinione degli stupidi visto che ci sono persone il cui pensiero conta, anche se non deve essere per forza determinante» si libera della mia mano facendo un passo indietro.

«Bè, che ti piaccia o meno io da piccolo ero veramente grasso e lo sai che...»

«Sapere cosa?!» mi fissa negli occhi. «Tu sai cosa ho pensato quando ti ho conosciuto? Ho pensato che avessi lo sguardo più gentile che avessi mai visto. Non ho visto il grasso, non ho visto un bambino da prendere di mira, un bambino che era divertente veder star male. Ho visto un bambino con tantissima bontà da dare nonostante ero sicura avesse sofferto quanto me, se non di più. Io mi sono chiusa in me stessa quando ho perso i miei genitori, tu hai deciso che essere gentili, simpatici e positivi fosse il modo migliore per affrontare la cosa. E ti invidiavo, James, perchè nonostante tutto, nonostante le prese in giro, avevi sempre il sorriso. E ti sentivo quando piangevi in camera tua, ma non sapevo esattamente cosa fare. Non ho minacciato tutto l'orfanotrofio, non ho tirato i capelli alle bambine quando ti dicevano “grasso ambulante”, non ho distribuito calci a destra e a manca ai ragazzi solo perchè facevo pratica per diventare una bulla professionista. L'ho fatto perchè mi sembrava l'unico modo per...» si ferma un attimo alzando le spalle in cerca le parole. «Boh, perchè mi sentivo in dovere di proteggerti infischiandome altamente delle...»

Non ce la faccio. L'abbraccio, la stringo a me e le bacio la testa diverse volte prima di staccarmi e lasciarle un bacio sulla fronte. E mentre lo faccio penso a quante volte le ho detto che doveva smetterla di farsi mettere in punizione; penso a quella volta in cui mi aveva urlato, con tutta se stessa, che ero io quello che doveva smetterla di farsi trattare in quel modo e che se volevo continuare così allora dovevo accettare il fatto che ci sarebbero state altre tirate di capelli, altri sgambetti, altre punizioni. Ripenso ai miei sorrisi, quelli di cui ha appena parlato, e le vorrei dire che se non ci fosse stata lei non ce ne sarebbero stati. Vorrei dirle che sì, non volevo che si mettesse nei guai ma allo stesso tempo mi piaceva l'idea che lo facesse per me.

Abbasso lo sguardo verso di lei e sorrido notando la sua smorfia che, inutilmente, cerca di nascondere un sorriso.

«La macchina è dall'altra parte, Cici» la prendo per mano e mi incammino verso l'auto parcheggiata difronte al Big Daddy. «Dopo scuola verrai a casa con me» aggiungo quando ormai siamo arrivati alla macchina e ci troviamo rispettivamente uno difronte alla rispettiva portiera. Entriamo in macchina e, mentre metto in moto, Cici dice: «E perchè mai dovrei?»

«Voglio farti conoscere mio cugino» le lancio un'occhiata appena imbocchiamo la strada diretti a scuola.

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Capitolo 3
*** ERO UN BAMBINO A CUI PIACEVA UNA BAMBINA ***


CAPITOLO III

 

ERO UN BAMBINO A CUI PIACEVA UNA BAMBINA

 

 

«Si mamma... lo so mamma... Ho preso tutto mamma e nel caso compro qualcosa qui. Sì, li ho i soldi... No, non mi hanno derubato»

Pausa. Sento qualcosa o qualcuno muoversi dall'altro capo del telefono. Spero sia mio papà che, per fortuna, ha deciso di togliere il telefono dalle mani di mia madre, talvolta troppo amorevole e apprensiva.

«Figliolo?» la voce di mio padre prende il posto di quella di mia madre che sento lamentarsi in sottofondo.

«Si papà?»

«Divertiti come non mai, ma pur sempre mantenendo un minimo di lucidità»

Sorrido a quelle parole e lo rassicurò. La chiamata si conclude con le nostre risate e la promessa che ogni sera li avrei chiamati o comunque avrei mandato loro un messaggio per aggiornarli su tutto.

E ora eccomi qua, in Italia, a Firenze per la precisione, a un sacco di chilometri da casa mia. Ma infondo è anche questo lo scopo degli Erasmus: andiamocene in giro per il mondo per imparare in una scuola diversa dalla nostra e per sperimentare l'ebrezza dell'indipendenza, liberi dai genitori.

Chiudo gli occhi e mi lascio andare contro lo schienale della sedia. Camera mia è bella, la condivido con un tedesco e ciò non mi crea problemi perché parla inglese anche meglio di me quindi non fatichiamo a capirci. È spaziosa, cosa che renderà la convivenza priva di "stai invadendo il mio spazio vitale. Scansati o ti spacco la faccia". Dalla finestra riusciamo a vedere il ponte vecchio, quindi abbiamo una meravigliosa vista e, infine, è pulita. Davvero pulita. Sapete com'è: non sempre le aspettative vanno di pari passo con la realtà, ma in questo caso sì.

Allungo una mano verso la mia scrivania e agguanto il pacchetto di sigarette. Ne tiro fuori una, la accendo e mi dirigo verso la finestra che spalanco prima di cominciare a fumare.

Anche il tedesco fuma, fuma anche roba pesante, quindi in sostanza il fatto che io stia fumando in camera so che non gli creerà problemi. Se apro la finestra è perché in questo palazzo esistono delle regole, come dappertutto d'altronde, e una di queste è "non vi azzardate a fumare in camera o vi rispedisco a casa a pedate nel sedere". Penso di star rispettando questa regola nel miglior modo possibile e sono estremamente fiero di me.

Mi volto verso destra quando sento la finestra accanto alla mia aprirsi. Una testa mora spunta e il sorriso di una ragazza dopo di essa. Ricambio il sorriso con fare cordiale e lei comincia a parlare in una lingua che automaticamente associo all'italiano. Scuoto la testa per farle capire che non ci sto capendo proprio nulla di quello che sta dicendo e subito lei si scusa in un inglese che oserei dire che è una meraviglia. È un'appassionata, ci potrei scommettere, e sicuramente ha soggiornato in un paese anglofono per almeno un anno. Dice di chiamarsi Lidia, ha la mia età, studia anche lei lingue e letterature straniere. Dice di aver sentito la finestra aprirsi e quindi ha pensato che fosse uno dei suoi futuri coinquilini e che fosse il caso di presentarsi. Sembra simpatica, mi dice che se ho bisogno di qualsiasi cosa posso tranquillamente chiedere a lei e che una sera mi avrebbe assolutamente fatto da Cicerone. Scoppio a ridere accettando la cosa e le racconto anche io di me. Le racconto del perché sono qui, della mia passione per i viaggi e altre cose. Continuiamo a parlare in quel modo per una mezz'oretta e la discussione viene interrotta quando sento il suono famigliare di una chiamata su Skype. Ricaccio indietro la testa e punto lo sguardo sullo schermo del mio computer già sicuro di chi possa essere. Sorrido, spengo la seconda sigaretta, torno a guardare fuori dalla finestra e dico a Lidia che ora devo proprio andare. Lei annuisce, mi saluta e sparisce nella sua stanza. Faccio lo stesso senza però chiudere la finestra perché si sente ancora odore di fumo, leggero, ma comunque percepibile.

Mi avvicino alla scrivania, prendo il computer e vado a sedermi sul letto con la schiena appoggiata al muro. Rispondo alla chiamata e...

«Ehi amico!» la faccia di Chris compare sullo schermo. Scoppio a ridere non appena vedo Zach spuntare da dietro, passare un braccio sulla spalla dell'amico e avvicinare la faccia alla web cam come un deficiente.

«Perché non sei fuori a caccia di ragazze?» mi chiede lui fingendosi contrariato. «Ho sentito che le italiane sono focose!»

«Ti ricordo che non sono in vacanza e, in ogni caso, ho appena finito di fare due chiacchiere con una» rispondo sistemando meglio il computer sulle mie gambe.

«E com'è? Che taglia porta di seno? Scommetto che le ha perfette, di quelle per cui è impossibile guardare una ragazza negli occhi» Zach si stacca da Chris che gli ha lanciato un'occhiata da "ma che problemi hai?" e comincia a far ruotare la testa da destra a sinistra imitando il gesto di uno che ha la faccia immersa nei seni di una ragazza. Il solito Zach, insomma. Disgustoso come pochi.

«Anche a me piacciono le ragazze, ma tu sei davvero un caso perso eh» scuote la testa Chris per poi prendere l'amico per un braccio e spostarlo dalla web cam liberandomi da quello spettacolo sotto certi aspetti esilarante.

A questo punto, sullo schermo compare un altro viso. Un viso che conosco da ben dodici anni, ma che a volte io stesso faccio fatica a riconoscere.

«Cugino» mi saluta JJ dall'altra parte.

«Cugino» ricambio sorridendo in direzione della web cam.

Da migliori amici a cugini. Ricordo ancora la contentezza negli occhi di entrambi quando abbiamo ricevuto questa notizia. Non ci saremmo separati anche noi. Saremmo rimasti assieme, anche se avremmo sentito comunque e sempre la mancanza di Kiki.

«In teoria ci sarei dovuto essere solo io durante questa chiamata, ma il troglodita e M. Dubois hanno fermamente insistito sul fatto che una videochiamata di gruppo fosse la cosa migliore da fare e ora eccoli qua» JJ alza le spalle ignorando un sonoro "Troglodita a chi?" in sottofondo.

«Non ti preoccupare, è sempre incredibilmente divertente parlare con quei due» rido beccandomi un "qualcuno che se ne intende di amici" che proviene da un punto a me ignoto e nascosto alla cam. «Come stai?» gli chiedo notando una strana euforia nella sua voce. Sembra incredibilmente contento di qualcosa di davvero importante.

«Non sono mai stato così bene, Cisco. Non immagini nemmeno che cos'è successo!» dice e sento mescolarsi alle loro voci anche quella di una ragazza.

«State facendo un'orgia e non mi avete invitato?» gli lancio un finto sguardo furioso facendolo scoppiare a ridere. Dietro di lui compare la chioma bionda di una ragazza che si abbassa all'altezza della cam e con un sorriso dolcissimo mi dice: «Ciao! Tu devi essere il famoso cugino di James. Io sono Isabelle, è un piacere conoscerti!»

La osservo dipingendo a mia volta un sorriso sulle mie labbra. È davvero una bella ragazza, ma la cosa che fa strano sono quegli occhi neri come la notte che sono nettamente in contrasto con tutto il resto, in contrasto con la pelle chiara, coi capelli e persino con la corporatura.

«Il mio nome è Francisco, ma puoi chiamarmi Cisco. Il piacere è tutto mio» continuo a sorridere per poi lanciare un'occhiata maliziosa a James che prontamente scuote la testa ridendo.

«Non è la mia nuova ragazza» risponde alla mia occhiata.

«Ne tantomeno lo sarà mai!» Zach alza la voce da dovunque si trovi e rincara la dose facendo ridere la bella bionda che dopo essersi augurata di potermi conoscere meglio in futuro, mi saluta sparendo dalla mia visuale e scatenando le proteste di Zach su quelle ultime parole.

James alza gli occhi al cielo, io con lui e notando il gesto simultaneo scoppiamo a ridere piegandoci in avanti e sparendo uno dalla visuale dell'altro.

«Comunque...» ricomincio io dopo un po'. «Come mai sprizzi gioia da tutti i pori? Credevo avresti pianto la mia mancanza» faccio sporgere il labbro inferiore, allargo gli occhi, incrocio le bracci e do libero sfogo alla mia espressione da cucciolo bastonato migliore.

James mi guarda ancora divertito ma non si lascia impietosire dalla mia espressione. Proprio mentre sta per rispondere, una mano si poggia sulla sua spalla e una voce femminile che non è quella di Isabelle, gli dice: «Ho ragione di credere che tuo fratello si sia preso una sbandata colossale per me e Belle». James sposta lo sguardo verso un punto della stanza e, dopo aver sospirato stancamente, dice: «Sul serio Jeremiah? Lo sai vero che tu vai ancora alle medie e loro sono al penultimo anno di liceo?»

«L'amore non ha età, e io sono un bel ragazzo e tutte mi vogliono. Sempre»

Scoppio a ridere sommessamente sentendo quel piccoletto di mio cugino darsi le sue solite arie da "sono figo solo io".

«Allora preparati al tuo primo rifiuto, marmocchio, al tuo primo cuore spezzato o forse alla tua prima ossessione per ciò che non puoi avere. Per quanto mi riguarda, non ti vorrei nemmeno se fossi l'ultimo sulla terra»

Il silenzio cala e per un lungo istante non si sente volare una mosca finché in un boato unico io e gli altri scoppiamo a ridere a più non posso. Tra una risata e l'altra sento Zach esclamare un "Jeremiah ritirati!", Chris dirgli che con la ragazza in questione nemmeno Brad Pitt avrebbe avuto speranze, Isabelle che cerca di dirgli che la stessa cosa vale per lei solo che non lo direbbe con le stesse parole, e James invitarlo a smammare prima di ritrovarsi a dover fare i conti con la mamma per ciò che ha appena detto.

«Mostrati a me, ragazza che è appena diventato il mio idolo assoluto» continuo a ridere in attesa che la sua immagine compaia sullo schermo. Lei sposta la mano dalla spalle di James che subito si affretta a cederle il posto, ma lei lo ferma e senza tanti problemi si accomoda sulle gambe di mio cugino che si è irrigidito in una maniera impressionante. Quasi mi vien da ridere, ma non lo faccio perché appena incontro il suo sguardo mi irrigidiscono anche io. Non è possibile...

«Kiki?!» sussurro a fior di labbra guardandola sgomento. Dopo nove anni e tre giorni... lei è lì.

«Cisco?» mi domanda lei a sua volta e le sue labbra cominciano a incurvarsi verso l'alto.

Dio mio, cosa ho fatto di male per meritarmi un'agonia di questo tipo?! Perché non posso toccarla, abbracciarla, averla qui e ripeterle all'orecchio quanto mi è mancata? Perché l'hanno portata via da me? Ricordo ancora quanto rancore e odio provavo ogni volta che vedevo quei due sposini parlare con lei, portarle giochi, farla divertire anche se lei non lo dava a vedere. Ricordo quanto ho pregato perché dicesse che non voleva andare con loro, che erano cattivi, che voleva restare con noi, che voleva restare con me. Che non poteva stare senza il suo Cisco. Egoista da parte mia, vero?! Ma è la verità. Tutto mi sarei aspettato tranne di vederla lasciare l'orfanotrofio senza di noi. È stato davvero un duro colpo, molto duro. E, all'inizio, l'ho odiata per non aver pensato a come ci saremmo sentiti io e James. L'ho fatto per anni. Non volevo che James la nominasse e passavo i giorni a chiedermi se almeno ogni tanto pensasse a noi.

«Sei tornata da me...» le dico avvicinandomi di più alla web cam. Lei mi sorride, contenta, sollevata e scuote la testa dedicandomi uno sguardo dolce che mi fa venir voglia di buttare il computer a terra, prenotare il primo aereo e volare dritto dritto a Los Angeles.

«Siete voi ad essere tornati da me»

Mi sforzo di sorridere perché dovrei essere sollevato, ma non lo sono. E in un primo momento non ne capisco il motivo. Poi la vedo muoversi per mettersi comoda sulle gambe di James. Volta il capo verso di lui, che nel frattempo sembra essersi rilassato e gli dice qualcosa che lo fa ridere. Poi lei si abbassa e deduco che James abbia allargato le gambe e lei si sia seduta meglio tra esse. Infatti annuisce soddisfatta e io colgo un tentativo di James di cingerle la vita con le braccia ma subito ci rinuncia lasciandole dov'erano, ovvero appoggiate sulle ginocchia. Kiki torna a guardarmi e io a guardare lei evitando accuratamente di guardare James. Non so se sia invidia o gelosia, fatto sta che odio il fatto che James le stia così vicino. Mentre parlo del più e del meno con Kiki, decido che poi io e James avremmo dovuto affrontare un discorso al riguardo. Possibilmente da soli.

 

 

Lei e Cisco sono andati avanti a parlare per più di un'ora. Zach, Chris e Belle per tutto il tempo hanno alternato commenti in riferimento ai due sopracitati agli insulti che si rivolgevano a vicenda ogni volta che uno di loro tirava fuori un +4 dalle sue carte da UNO. Io, sono rimasto sulla sedia girevole, con Cici seduta tra le mie gambe ad ascoltare i due e a intervenire ogni volta che riaffiorava un ricordo di noi tre o uno mio e di Cisco. Lui ha riso e ha scherzato normalmente, ma ho notato che, se non perché strettamente necessario, ha evitato accuratamente di incrociare il mio sguardo, cosa che fa solo quando è incavolato con me.

Poi ognuno dei miei amici ha cominciato a dichiarare che sarebbe tornato a casa: prima Zach, poi Chris e infine Belle seguita a ruota da Kiki. Quest'ultima prima di salutare Cisco si è premurata di memorizzare il numero nella sua rubrica e poi è uscita vietandomi categoricamente di ripresentarmi a casa sua il giorno dopo per un'ipotetica colazione al Big Daddy.

E ora sono rimasto solo con Cisco.

Afferro il computer e con un tonfo mi lascio cadere sul letto appoggiandolo sulle mie gambe. Faccio per dire qualcosa, ma vengo preceduto da Cisco visibilmente nervoso.

«Sul serio, James?» mi chiede lasciandomi con un'espressione sorpresa stampata in viso. E ora che ho fatto?!

«Scommetto che dovrei sapere di cosa tu stia parlando ma, ahimè, non ne ho la più pallida idea>> alzo le spalle con noncuranza.

«Ma per favore...» una risata sarcastica prende il posto della linea retta che avevano formato prima le sue labbra, ma l'espressione rimane comunque adirata. «Non so se l'hai notato, ma Kiki era seduta in mezzo alle tue gambe e tu non hai fatto nulla per evitarlo»

«Avrei dovuto?» alzo un sopracciglio senza distogliere lo sguardo da quello di Cisco.

«Ma allora lo fai apposta. Ti saresti dovuto alzare comunque quanto è vero che sai quello che provavo per lei» sibila assottigliando gli occhi.

In quel momento realizzo il perché di tanta rabbia. Cisco si era ingelosito per... per cosa poi? Non mi ero mica messo a limonare con Cici di fronte a lui eh. E se anche fosse stato, che problema c'era? Cioè, sì, sarebbe stato da stronzi, ma ehi, ha usato l'imperfetto. Quel “provava” presume che “ora non prova più nulla”, quindi non capisco perchè si stia scaldando così tanto.

«Sul serio, Francisco? Ti pare il caso di andare in escandescenza per questo?! Ti ho fatto un favore, volevo che finalmente vi ritrovaste, anzi, ci ritrovassimo. E così è stato, e io ero felice e l'ultima cosa a cui pensavo era provarci con Cici»

«Quindi neghi per un attimo di aver pensato di abbracciarla da dietro?» ora è lui quello col sopracciglio alzato e l'espressione dura sul volto.

Alzo gli occhi al cielo con fare teatrale. Ringrazio il cielo che ci sia un computer a dividerci perchè se così non fosse stato di sicuro lui avrebbe notato che mi tremano le mani e che sto trattenendo il respiro. Sì, per un secondo ho pensato di abbracciarla e c'ero quasi, ma poi ci ho ripensato per un semplice motivo: io adoro i tatuaggi, ma una cinquina in pieno viso sarebbe stata tutto tranne che adorabile. Però davvero, non avrei mai immaginato che una schiena potesse essere così invitante.

«Lo nego, come nego di aver fatto qualsiasi cosa tu pensi io abbia fatto giusto per darti fastidio. Nego di averci provato con Cici e nego di volerci provare e mai ci proverò. Perciò se il tuo “quanto è vero che sai quello che provavo per lei” è un modo per dire “non toccarla perchè sono disposto a castrarti” bè, vai tranquillo Cisco, è tutta tua» e avrei voluto aggiungere “D'altronde lo è sempre stata no?! Tua e di nessun altro”, ma certi pensieri è sempre meglio tenerli per sé.

«Ai sentimenti non si comanda, James» sospira lui appoggiandosi in modo scomposto alla parete dietro di lui. Aggrotto le sopracciglia in attesa che lui continui e, infatti, poco dopo dice: «Non puoi dire che non ci proverai mai con lei. Non puoi sapere se domani inizierà a piacerti o se te ne renderai conto solo quando sarà fidanzata con un altro. Non lo puoi sapere, James, come io non mi immaginavo di reagire in modo così brusco a una cosa che oggettivamente è il nulla, oltretutto perchè c'eri tu e io ti conosco»

Gli sorrido ora più sereno di poco prima, ma lui non ricambia. Continua a guardarmi con una strana serietà negli occhi. «Non siamo più noi tre...», continua, «ora siete voi due e poi ci sono io che sto dall'altra parte del pianeta, quasi. E non è giusto, perchè io vorrei essere lì o semplicemente vi vorrei qui. Non è giusto, perchè credevo davvero mi fosse passata. Ero un bambino, James, a cui piaceva una bambina che un giorno è stata adottata. E dovrebbe finire»

«Magari questo è il motivo per cui quasi tutte le tue relazioni apparentemente serie durano al massimo un mese» gli faccio notare strappandogli un sorrisetto.

«Forse...» annuisce lui per poi staccarsi dal muro e avvicinarsi alla web cam. «Scusa se ho fatto una scenata e grazie per essere sempre quello con un po' più di buonsenso tra i due»

«Non c'è di che, gelosone» scoppiamo a ridere entrambi e finalmente la tensione tra noi si allevia. Decidiamo di cambiare discorso. Gli racconto del mio primo giorno, lui mi racconta del suo e andiamo avanti così finché non è ora di cena e ci salutiamo dandoci appuntamento a giovedì, come promesso.

 

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Capitolo 4
*** NEVER HAVE I EVER ***


CAPITOLO IV

 

NEVER HAVE I EVER (PARTE I)

 

Ci sono situazioni che solo persone che non sono direttamente coinvolte possono capire. Tipo un triangolo di quelli che possono mandare letteralmente a puttane un rapporto decennale nel giro di dieci secondi.

Onestamente parlando, io la trovo anche divertente come cosa. Nel senso, non amo fare drammi e non mi entusiasma nemmeno vedere gente struggersi alla Edward Cullen o alla Stefan Salvatore, ma c'è sempre un qualcosa di divertente nei drammi. Sempre.

La cosa divertente di questo triangolo? James che finge di non provare nulla per McKenzey, Cisco che quando dorme con la sua sexy italiana sogna Kiki e quest'ultima che.... bé lei è forse la parte più divertente. Lei sembra non fare caso a ciò che sta succedendo. Della serie: "ma non sparare stronzate, sono come fratelli per me".

Brotherzoned.

Poveri loro.

Io di questi problemi per fortuna non ne ho, la metà non mi ha mai dato modo di pensare che mi veda solo come un amico, o come un fratello o qualsiasi altro rapporto amicale e casto.

La mia bella e dolce Isabelle. Con quei capelli lucidi e setosi, quelle labbra da mordere e quel culo che è una meraviglia. La mia musa, colei che si è presa la mia anima.

Credo di essere decisamente innamorato di lei e, nonostante io non lo urli ai quattro venti, penso di aver spiegato per bene a tutti gli arrapati che le ronzano intorno che è proprietà privata. Sigillata. Impacchettata. Chiusa stile cassaforte e io sono la sua combinazione.

«Allora è vero che ti riprendi da una sbornia ad una velocità incredibile!» sussurra una voce femminile al mio orecchio.

Mi volto nella sua direzione e incontro i meravigliosi occhi neri di Isabelle. Indossa solo una felpa grigia e un paio di calze al ginocchio. I capelli sono arruffati, liberi sulle spalle e non indossa nemmeno un filo di trucco.

Semplice e fresca.

Le sorrido tornando a guardare lo spettacolo difronte a me.

«Anche tu non sei da meno, riccioli d'oro» le dico lasciando che si sieda sul pavimento accanto a me e appoggi la testa sulla mia spalla. Facendo attenzione a non farle male, sposto il braccio attorno alle sue spalle e la stringo ulteriormente a me.

«Bé, non è che io abbia bevuto chissà cosa eh» ride portando le gambe sopra le mie cosce. Ora è interamente appoggiata a me e la sensazione è fantastica.

«É stata una serata divertente però» dico sovrappensiero.

Chris è steso a pancia all'aria su un materasso poco lontano da noi. James, invece, è sdraiato di lato e tra le sue braccia è accoccolata McKenzey, che in questo momento sorride beata nel sonno.

«Si dai, ci siamo decisamente divertiti»

 

 

Il giorno prima...

«Ragazzi, mi sono appena accorta di una cosa!»

Quattro paia di occhi si voltano verso Isabelle con aria interrogativa.

Lei ci sorride e con entusiasmo dice: «Stasera festeggeremo anche il nostro secondo mesiversario!»

Intercetto McKenzey che alza un sopracciglio scuotendo la testa, Chris che fa una faccia sorpresa -ed è veramente sorpreso- e James che sorride a Isabelle condividendo con lei l'apparente "gioia del momento". Io mi metto a fare un rapido calcolo e ne viene fuori che effettivamente due mesi fa ci siamo "affermati" come gruppo di amici. Era il giorno in cui abbiamo fatto la videochiamata in cui James faceva rincontrare Cisco e McKenzey. Da quel giorno siamo sempre stati tutti assieme. Abbiamo un gruppo su whatsapp, ci organizziamo per uscire i sabati, litighiamo di tanto intanto, ma siamo sempre noi.

Io, Isabelle, James, Chris, Cisco dall'Italia e McKenzey.

«Quattro ragazzi e un paio di tipe...» dico ad alta voce senza quasi rendermene conto. Gli altri scoppiano a ridere fragorosamente mentre io realizzo ciò che ho detto. Sono davvero un genio.

«E ora, a due mesi di distanza, abbiamo anche un nome!» Isabelle tira fuori dalla tasca il suo cellulare e comincia ad armeggiare con esso. Poco dopo a tutti e quattro arriva una notifica da whatsapp che, come i teenager quali siamo, controlliamo subito.

 

Cisco: Chi l'ha pensato? No no, lasciatemi indovinare... È stato Montgomery!

 

«Non è poi così male come nome. Sempre meglio di "Beati fra le donne"» ridacchia McKenzey smanettando col suo cellulare prima di appoggiarlo sul tavolo.

«Ragazzi, segnatevelo: Crudelia De Mon pensa che io abbia fatto qualcosa di buono!» la guardo a bocca aperta additandola.

Lei si sporge in avanti fingendo di volermi mordere il dito, ma io lo ritraggo prontamente facendole la linguaccia.

«Sei un bambino» fa roteare gli occhi rimettendosi a sedere.

«Se tu fossi mia madre, diventerei un politico solo per inventare la legge contro lo svezzamento e chiamerei il mio parito “Viva le poppe!”» alzo un pugno al cielo con aria fiera.

«Porco stalker» mi fulmina McKenzey.

«Do al mondo ciò che vuole. Impara da me, sii generosa e rendi aprile un mese da 365 giorni» le sorrido malizioso.

«É con quella bocca che baci tua madre?»

«E cos'è aprile?» interviene Chris che in mano ha una penna con la quale fino a poco prima stava scrivendo ciò che dovremo andare a comprare per la festa di stasera.

«Non stai attento durante le lezioni di italiano di Cisco?» lo rimprovera McKenzey.

«Non parlare in questo modo al mio Christopher!» dico tornando a puntare il dito.

«Ma falla finita» Chris mi sposta la mano dalla traiettoria McKenzey e scambia un paio di battute con lei sul significato di aprile. Poi continua: «Oh... Davvero, Zach, è con quella bocca che baci tua madre?»

Io scrollo le spalle alzando gli occhi al cielo. Nel frattempo, James si abbassa a parlare con McKenzey, mentre Isabelle si mette ad aiutare Chris con la lista. Li guardo, in particolare James e McKenzey.

Loro due sono forse la parte più incredibile del gruppo. Tempo nemmeno una settimana che già erano pappa e ciccia, Stanlio e Olio, Braccio di ferro e gli spinaci, Ash e Pikachu, Goku e Crilin... insomma, ho reso il concetto. Sono così uniti e si capiscono in una maniera che persino a quelli fidanzati è sconosciuta. È proprio per questo che a scuola per un certo periodo girava la voce che stessero assieme, voce a cui ho creduto anche io. Ma poi ho affrontato l'argomento con James e ne è venuto fuori che era tutta una bufala e che semplicemente si capiscono alla perfezione. E ci credo, ci mancherebbe, ma non credo al fatto che non provino nulla l'uno per l'altra e comincio anche a pensare che una volta siano andati a letto assieme e non ce lo abbiano detto. Il fatto è che due amici non si guardano l'un l'altro come se fossero l'ottava meraviglia del mondo. Io guardo così Isabelle, ma è risaputo che lei ha un certo ascendente su di me, quindi nessuno si stupisce più del fatto che io la tratti in modo diverso rispetto a tutte le altre.

Ma nonostante ciò, quei due continuano a vivere la loro vita come se quello che vedono tutti sia a loro ignoto. James continua a fare il playboy, a volte persino sotto consiglio di McKenzey, e McKenzey continua a concedere appuntamenti solo a quelli che non frequentano la nostra scuola. Tutto normale, se non fosse per gli eccessi di gelosia di James e i sabotaggi impliciti di McKenzey. Tutto normale se non fosse per le bambole vodoo che James costruisce ogni volta che McKenzey se ne esce con un "ho conosciuto un tipo". Normalmente normale.

«Smettila!»

La risata di McKenzey mi distrae dai miei pensieri. James ha un braccio attorno alle sue spalle, l'ha attirata a sé e sta cercando di darle un bacio sulla guancia. Ma lei si sta opponendo fermamente anche se si vede che infondo le fa piacere.

Il suono di uno scatto mi fa voltare la testa verso Isabelle che ha in mano il suo cellulare e ha appena scattato una foto ai due.

«Siete troppo carini assieme!» esclama sorridendo soddisfatta.

«Se ti dico di non pubblicarla non mi ascolterai vero?!» McKenzey è riuscita a liberarsi dal bacio di James ma ha ancora le spalle avvolte dal suo braccio.

«Non ascoltarla. Se è figa mandala pure al presidente degli USA»

«E che se ne fa?» Chris sta piegando il foglio e lo sta mettendo in tasca.

«Ci da una medaglia per la coppia più bella in assoluto, mi pare ovvio» e qui parte lo sguardo malizioso di James in direzione McKenzey. Come dicevo, normalmente normale.

«Trovatevi una camera da letto voi due!» alzo gli occhi al cielo scatenando le risa di tutti ad eccezione di quelle di McKenzey che mi fa il dito medio che mi fa scoppiare a ridere.

Adoro il mio gruppo. Adoro il fatto che siano diventati l'unica mia certezza, l'unica mia fonte di stabilità.

 

«Siamo sicuri di aver preso tutto?» Chris da un'occhiata alla sua borsa mentre noi ci fermiamo per la millesima volta lungo il tragitto verso le auto.

Vorrei prenderlo a schiaffi quando fa così. Se c'è una cosa che rende odioso Chris, è certamente il suo perfezionismo cronico. Voglio proprio vedere se fa il pignolo anche quando si sta scopando una. Ok, forse non voglio proprio vedere.

Siamo appena usciti dal Ralphs dopo aver passato letteralmente due ore in giro per gli scaffali a cercare alcolici come si deve, snack e schifezze varie, piatti, posate, bicchieri (rigorosamente giganti e rigorosamente rossi), persino cibo salutare -giusto per evitare di vedere qualcuno collassato al suolo perché intollerante al lattosio, al glutine oppure perché vegano-. E abbiamo evitato in tutti i modi possibili le nocciolinole: c'è sempre qualcuno che è allergico alle noccioline. Sempre.

Abbiamo fatto un salto anche nel settore libri da dove McKenzey ne è uscita con una decina di libri. Non sapevo fosse una così assidua lettrice. Ne terrò conto per un eventuale regalo di Natale.

E ora, dopo aver pagato non uno ma ben due occhi della testa, ci stiamo dirigendo verso la macchina mia e quella di Isabelle per caricare le borse, tornare a casa, prendere il necessario per prepararci e per passare fuori la notte dopo la festa e poi ripartire per la casa sul mare del nostro ricco ricco Chris.

«Chris, abbiamo controllato le borse un miliardo di volte. C'è tutto, anche perché, non so se te ne sei accorto, ma abbiamo decisamente aumentato il fatturato del Ralphs» James risponde alla domanda di Chris alzando gli occhi al cielo.

«La prudenza non è mai troppa, ragazzi» Isabelle lancia un'occhiata solidale a Chris che ricambia con un sorriso.

«Questa non è prudenza, questa è: "facciamo sclerare i miei amici che tanto non mi prenderanno di certo a cazzotti visto che la festa è a casa mia"» dice McKenzey, gentile come al solito.

«Ti abbraccerei per ciò che hai detto, ma ho paura per i miei gioielli e non voglio inimicarmi James e la sua gelosia insen»

Un colpo e mi ritrovo per terra. Il viso contro l'asfalto, le mani sotto di me hanno cercato di attutire il colpo. La voce di Isabelle nelle orecchie viene subito dopo un grido di stupore e di orrore.

«Zach! Zach stai bene?!»

No che non sto bene, cazzo. Qualcuno mi ha appena dato un pugno in faccia e mi si chiede se sto bene? Ma siamo seri? Il mio bel faccino rovinato da un coglione.

Scuoto la testa e cerco di mettermi a sedere mentre in lontananza sento volare degli insulti e una voce femminile che intima a tutti di stare buoni.

«Questa pezzo di merda si è portato a letto mia sorella e poi è scomparso senza dire una parola!» una voce maschile a me sconosciuta sovrasta quella degli altri.

Ora, seduto, riesco a vedere meglio la scena. Accanto a me c'è Isabelle che ha una mano appoggiata sul mio braccio; di frianco a noi ci sono Chris e James che hanno lasciato andare le borse con la spesa a terra e si sono tirati su le maniche pronti a colpire. Difronte a me, leggermente spostata a sinistra, c'è McKenzey che tra tutti sembra quella più tranquilla. Dall'altra parte, difronte al mio gruppo insomma, si staglia la figura di un ragazzo moro, alto quanto me, con i muscoli al punto giusto e l'espressione di uno che vuole ridurti in poltiglia e poi bruciarti con una lente di ingrandimento. Accanto a lui c'è una ragazzina rossa, lentigginosa ma che ha due gambe deliziosissime. Ne so qualcosa visto che ci sono andato a letto all'ultima festa a cui ho partecipato, ovvero un paio di giorni fa. Si chiama Nancy e va al secondo anno di liceo.

«Già, mi ha portato a letto e poi mi ha scaricata lì, come fossi rottame» piagnucola la ragazzina.

«Oh, ma per favore! Non dirmi che ti aspettavi che ti richiamassi o ti facessi le coccole al mattino eh!» sbuffo rimettendomi in piedi e passandomi la manica della maglietta sulla bocca per tirare via il sangue.

«Io ti ammazzo!» ringhia il fratello facendo un passo verso di me. D'istinto mi spiego verso di lui pronto a rispedirlo da dov'è venuto, ma McKenzey mi si para davanti e il moro si blocca subito.

«Spostati. È lui che voglio» sibila il tizio stringendo ancora di più i pugni.

«Sì, spostati cioccolatino. Non vorrei che questo troglodita pensasse di rifarsi gli occhi guardandoti» appoggio una mano sulla spalla di McKenzey per farla spostare. Gentilmente, ovvio.

«Toglimi una curiosità mister "devo proteggere la mia casta sorellina dai pervertiti". Lo sai che la tua Nancy ha organizzato una festa a casa vostra, vero?» McKenzey mi ignora bellamente, ma sono certo che poi mi farà la ramanzina per averla chiamata cioccolatino.

Il moro annuisce, ma non dice nulla lasciando quindi spazio a McKenzey che continua imperterrita.

«E lo sai che alle feste gira alcol, fumo e sesso che è una meraviglia no?!»

Il ragazzo annuisce di nuovo e lancia un'occhiata alla sorella che di colpo è impallidita. Io sorrido, contento di come le cose stiano prendendo una piega apparentemente a mio favore.

«Anche noi c'eravamo a quella festa. Ti dico quello che ho visto io?» McKenzey incrocia le braccia al petto osservando il ragazzo che non replica affato.

«Tu non hai visto proprio niente!» sbotta Nancy in risposta alzando un dito verso di lei.

«Te la stai prendendo troppo per essere quella nel giusto...» Chris alza un sopracciglio osservandola.

«Ho visto miss "sono andata a dire a mio fratello che mi hanno stuprata", più che lucida vorrei sottolineare, andare da Zacharia e flirtare con lui nella maniera più spudorata possibile» continua la mia nuova eroina facendomi comparire sul viso un sorriso compiaciuto.

«L'ho vista appoggiarsi a lui, umettarsi le labbra, mostrare le gambe oltre lo spacco, visto che di tette non ne ha»

Il fratello di Nancy è di nuovo una furia. Ma stavolta non sta guardando me, ma sua sorella. La sta letteralmente incenerendo con lo sguardo.

«L'ho vista prenderlo per mano e portarlo su per le scale dopo aver lanciato un'occhiata di trionfo alle sue amiche. Ma non so in che camera siano andati... magari la tua» conclude guardando il moro con un sorrisetto stronzo sulle labbra.

Che tu sia benedetta, mia musa numero due.

«Non le vorrai mica credere!» Nancy alza la voce di qualche ottava costringendo me è gli altri a fare una smorfia di dolore. «E poi come puoi difenderlo tu che non perdi mai l'occasione per considerarlo un maiale?!» guarda McKenzey indignata, tradita.

«Zach è un porco per eccellenza, ma se c'è una cosa che non fa, è costringere le ragazze a stare con lui. Inoltre, si premura sempre di far sapere loro che il tutto durerà lo spazio di una notte. A te la scelta: prendere o lasciare» lancia un'occhiata di rimprovero a Nancy che subito chiude la sua boccuccia e, dal sospiro che si lascia sfuggire, decide di lasciar perdere.

Io annuisco con vigore confermando le parole. Non lo faccio, però, con l'intento di convincere il fratello di Nancy, lo faccio perché è vero ed è la cosa che penso mi distingua da un comune playboy. Io sono sempre franco, anche perché mentire non mi piace e sapere di aver messo le carte in tavola ancora prima di aver fatto qualsiasi cosa mi fa sentire un attimino più in pace con me stesso.

«É vero Nancy?»

«Brandon...» la rossa si sta per mettere a piangere. «Avevamo scommesso e nessuna era riuscita a stare con lui per più di una sera e io ero certa che sarei stata io a vincere, che gli sarei piaciuta»

«E cosa te lo faceva pensare, se posso saperlo?» le chiedo incuriosito e compiaciuto. Scommettono su di me, divertente.

«Bé ho delle belle gambe e...»

«E a me piacciono le belle gambe» annuisco.

«Sta' zitto deficiente. Cici ti sta salvando il culo e un tuo commento porco non rientra nel piano» James è comparso da non so dove al mio fianco e mi ha conficcato le dita nel braccio. Gli lancio un'occhiataccia liberandomi dalla sua presa. Mi ha fatto male!

«E questo ti autorizza a fare la poco di buono, Nancy?!» ringhia il fratello nella sua direzione facendola ammutolire di colpo. «E per di più accusare un ragazzo di stupro?! Ti sei forse bevuta il cervello?!»

La ragazzina in tutta risposta scoppia a piangere, gira i tacchi e corre via lasciandoci tutti lì.

Il fratello di Nancy, Brandon a quanto pare, alza le braccia al cielo lasciandole poi cadere lungo i fianchi con un sospiro.

«Scusa amico per il pugno, ma Nancy mi ha fatto credere che tu l'avessi portata via con la forza» mi guarda passandosi una mano tra i capelli. Nonostante sembra si sia calmato, percepisco ancora dell'astio nei miei confronti. Del tutto normale, infondo mi sono fatto sua sorella.

«Non ti preoccupare, ci sono abituato» alzo le spalle porgendo la mano verso di lui. In tutta risposta la stringe abbozzando un sorriso forzato.

«Bene, tutto risolto!» Isabelle sorride raggiante. «Brava ma cherie!»

McKenzey sorride compiaciuta in direzione dell'amica.

«Dovresti fare l'avvocato da grande, McKenzey» dice Chris raccogliendo le buste da terra.

«Mh... non rientra esattamente nei miei piani» scrolla le spalle la mia eroina sistemandosi meglio la tracolla.

Solo in quel momento mi accorgo di come Brandon stia letteralmente fissando McKenzey. Quando lei poi alza lo sguardo e incrocia il suo, lui subito apre la bocca e dice: «McKenzey è un bel nome» e di colpo diventa rosso come un pomodoro. Non c'è più traccia del ragazzo incazzato come pochi che prima mi avrebbe volentieri preso a pugni come fossi un pungiball.

«Non ci provare...»

James.

«Tornerai a casa col cuore a pezzi»

Chris.

«Smettetela ragazzi»

Belle.

«Non entrerai mai nelle sue mutande»

Io.

Brandon ci osserva visibilmente sorpreso e poi sposta lo sguardo verso una McKenzey divertita.

«E tu hai difeso questo individuo?» le domanda indicandomi.

Lei ridacchia, tira fuori un quaderno e una penna. Apre una pagina a caso, ci scrive qualcosa e poi strappa un pezzo della pagina che poi porge al ragazzo.

«Sono solo gelosi perché non voglio uscire con nessuno di loro in quel senso. Ma tu non vieni nella nostra scuola, tua sorella mi detesta e sta cosa mi diverte molto» gli fa l'occhiolino per poi allontanarsi e dirigersi verso le nostre auto.

Noi altri ci guardiamo sbalorditi e Isabelle ci sorpassa tutta compiaciuta rivolgendoci uno sguardo alla "vi sta bene", saluta Brandon e raggiunge l'amica lasciandoci lì.

 

 

 

Sapevo che Chris era ricco, ma non immaginavo così ricco.

Una reggia -sì, decisamente una reggia- si staglia difronte a me, alla fine del sentiero che dal cancello porta a quello che dovrebbe essere il luogo della festa.

Sono esterrefatta.

È tutta bianca. La porta è color panna ed è enorme, con un batacchio oro a forma di leone nelle cui fauci è incastonato un anello che sembra bello pesante. Anche le finestre hanno le ante color panna e le ringhiere dei balconi sono ricoperte da rampicanti dai quali spuntano piccoli fiorellini che danno un tocco di colore al tutto. Saranno forse tre piani che si ergono su una collinetta alla fine della quale inizia la spiaggia e infine il mare.

«Posso chiedere a Chris di venire a vivere qui?» domando a McKenzey.

«Ti seguo a ruota» risponde lei aprendo la porta di casa e catapultando entrambe nel bel mezzo di una miriade di gente che è accalcata a ogni dove.

Sempre meglio in ritardo che in anticipo.

Il motto della mia migliore amica. McKenzey non è tipa da mettersi in mostra, ma comincio a credere che le piaccia farsi attendere perché, in fondo, gli sguardi che ci lanciano quando entriamo le fanno piacere.

A me fanno sicuramente piacere.

«Dove sono i ragazzi?»

«Tutti intorno a te, mi amor» si mette a ridere e io scuoto la testa abbozzando un sorriso. La prendo per mano e assieme ci dirigiamo verso la cucina. Prendiamo un paio di bicchieri pieni di champagne e cominciamo a girare in mezzo alla gente.

C'è la scuola al completo e scommetto che c'è altra gente, a me sconosciuta, nei piani superiori della casa.

Individuo la squadra di basket che saluto con un cenno della mano. McKenzey guarda nella loro direzione appena richiamano la sua attenzione, ma si limita a salutarli alzando di poco il capo. Poveri ragazzi, ci provano e riprovano ma sembra che McKenzey non ne voglia sapere di avere a che fare con loro. Con loro e con il resto della scuola in generale.

«Mademoiselles» una voce richiama la nostra attenzione. Non abbiamo nemmeno il tempo di voltarci che un paio di braccia forti si posano sulle nostre spalle stringendoci. «Pensavo non sareste più venute!»

«Non si dice mai di no a una festa, Chris» gli dico avvolgendo la sua vita con un braccio. McKenzey fa la stessa cosa ed entrambe ci guadagnamo un sorriso a trentadue denti.

«Vi piace la mia umile dimora?»

«Definire questa reggia umile è il modo più fine di bestemmiare che io abbia mai sentito» McKenzey gli lancia un'occhiataccia facendo ridere sia me che Chris.

«Venite, vi faccio vedere la vista dal terzo piano. Ma non ditelo a nessuno, questa cosa la riservo solo alle persone speciali» il ragazzo ci fa l'occhiolino e, sempre con le braccia attorno alle nostre spalle, ci guida fino al terzo piano. Per accedervi, Chris tira fuori una chiave con la quale apre la porta che da su un corridoio buio e vuoto. Batte un paio di volte le mani e improvvisamente le luci si accendono rivelando il contenuto di quel piano. È una sorta di attico tutto di vetro che a primo impatto mette i brividi proprio per tutta quella esposizione.

«Questo è il mio angolino. Non ci ho mai portato nemmeno una ragazza. Gli unici oltre ai miei genitori che ci hanno messo piede sono Zach e James» si stacca da noi facendo qualche passo in avanti e facendoci cenno di seguirlo. «Non fatevi intimorire dalle finestre: sono sicurissime e da fuori non si vede nulla. Ma, comunque, c'è un'altra cosa che voglio farvi vedere» ci prende per mano e ci conduce verso un'altra porta, stavolta aperta. La attraversiamo e ci ritroviamo difronte a una scala che probabilmente porta alla terrazza.

Chris si sofferma a guardarci e poi dice. «Forse dovreste togliervi i tacchi, giusto per sicurezza»

«Mh, e io che pensavo di salire in equilibrio su di essi» risponde McKenzey togliendosi le sue Jeffrey nere.

«Sempre la solita acida» le dico togliendo i tacchi a mia volta e apoggiandoli accanto alle scale.

«Mi ami per questo» mi fa l'occhiolino prima di precedere Chris sulle scale.

Mi ami per questo.

 

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Capitolo 5
*** NEVER HAVE I EVER (PARTE II) ***


CAPITOLO V


NEVER HAVE I EVER (PARTE II)

 

Mi ami per questo.

 

«Sai un'altra cosa che vorrei provare?» mi domanda lei senza però guardarmi. Continua a guardare il sole tramontare oltre l'orizzonte.

«Cosa, dolcezza?» le chiedo osservandola. Si è tagliata i capelli che ora, al posto di essere lunghi fino alla vita, si fermano a metà schiena. Le labbra sono ricoperte da un rosetto viola e indossa gli occhiali finti che tanto sembra adorare. In realtà li adoro anche io, ma li adoro solo su di lei. Per il resto indossa solo una canottiera e gli slip. Infondo siamo in camera sua, quindi come siamo conciate poco importa.

«A baciare una ragazza»

La guarda con quella che penso sia la mia espressione sbalordita e forse è per questo che lei si affretta ad aggiungere: -giusto per provate eh. E poi non intendo con te. Cioè, in realtà non lo proverei con nessun altro se non te»

«E con me non sarebbe strano?» le domando cercando in ogni modo di non balbettare. Non capisco, davvero non capisco perché dopo la sua frase il motore del mio cuore abbia deciso che fosse il caso di aumentare i cavalli e cominciare a galoppare verso l'infinito e oltre.

«Assolutamente no» scuote la testa sorridendo.

E in quel momento le mie labbra decidono che è il caso di eliminare la distanza tra esse e quelle di McKenzey. Le appoggio una mano dietro la nuca e la attiro a me appoggiando le mie labbra contro le sue, dolcemente, senza fretta. E so che ora dovrei staccarmi, so che con "bacio" intendeva dire "labbra contro labbra e fine della storia" , ma la mia parte irrazionale mi spinge a muovere le labbra, a chiudere gli occhi e a sperare che McKenzey ricambi il bacio senza spingermi via. Senza spezzarmi il cuore.

 

«Belle non vieni?»

La voce di Chris mi fa sussultare e spalancare gli occhi improvvisamente. Avevo chiuso gli occhi? Sul serio?

«Tutto bene, Belle?» il viso di McKenzey sbuca da una fessura che si trova alla fine della scala. Ha i capelli che le ricadono sul viso e un'espressione leggermente preoccupata. Il sole sfuma tutto intorno a lei e la fa sembrare un angelo piombato dal cielo.

 

Mi ami per questo.

 

«Si, sto bene» annuisco seguendo Chris che nel frattempo ha cominciato a salire a sua volta.

Una volta arrivati in alto una meravigliosa terrazza ci dà il benvenuto. Da un lato, quello sinistro, c'è una serra tutta di vetro attraverso la quale si intravedono fiori di ogni specie, specie a me sconosciute.

«Quella è la mia serra» la indica Chris con un sorriso compiaciuto sulle labbra.

«Non ci crederei nemmeno se ti dovessi vedere piantare un'edera con le tue stesse mani» ribatte McKenzey facendomi scoppiare a ridere.

«Che stronza che sei» sorride Chris scuotendo la testa. I capelli gli ricadono sul viso nascondendo parzialmente i suoi occhi verdi. Ma subito li scosta con una passata di mani disinvolta.

Poi, sempre sorridendo, indica l'altra parte della terrazza dove si trova un immenso gadzebo sotto il quale è disposto un tavolo in legno bianco attorniato da sei sedie dello stesso materiale e dello stesso colore.

«Non dirmi che l'hai costruito tu» esclamo guardandolo stupita. «Stavolta sarei io a non crederci»

«Nono, quello l'ha fatto mio nonno. Poi io e mio papà lo abbiamo rimesso a nuovo. Ma non sono né la serra né il gadzebo a rendere questa terrazza meravigliosa»

Ed è vero perché in confronto al panorama che abbiano difronte, tutto il resto pare monotono.

Un tramonto di quelli che ti fanno vedere nei film, di quelli che hanno tutte le sfumature del rosso e del giallo, che lentamente scompaiono dietro l'orizzonte, e si infrangono contro le onde calme del mare calmo. Una mare talmente azzurro da sembrare finto, un azzurro disturbato da un po' di schiuma qua e là sulla superficie. Un mare che si infrange con delicatezza sulla sabbia della spiaggia che, dove non è bagnata, sembra quasi oro.

«Resterei anni a guardare il mondo da qui» dice McKenzey con sguardo trasognato mentre appoggia le mani sulla ringhiera di marmo che fa da cornice alla terrazza. Mi posiziono accanto a lei sorridendo mentre intravedo Zach circondato da tre ragazze che gli fanno il filo senza ritegno. Poco lontano, vedo la Nancy di questo pomeriggio che con le sue amiche sta si sta letteralmente mangiando le unghie mentre lancia sguardi truci a Zach che scommetto l'ha notata.

James, invece, è appoggiato a un albero e sta parlando con il capitano delle cheerleader, nonché mia cugina Melissa. Lei odia, nel vero senso della parola, McKenzey. La odia. La odia da quando, parole sue, "si è permessa di far innamorare Peter di lei e non si è nemmeno degnata di ricambiare". In realtà McKenzey ha ricambiato, non ai livelli dell'amore, ma comunque ha ricambiato. In ogni caso, le è costato una rissa indetta dalle cheerleaders, rissa in occasione della quale abbiamo conosciuto, ufficialmente, Zach e Chris. Tralasciando il fatto che poi McKenzey ha comunque continuato a ignorarli, per me sono cambiate alcune cose dopo quell'episodio, a partire dal fatto che ho troncato ogni tipo di rapporto con mia cugina. E poi è arrivato Zach e boh, è stata una vera e propria sorpresa.

«Scommetto che James non sa niente dei tuoi trascorsi con Melissa, McKenzey»

«Cosa te lo fa pensare?» McKenzey risponde alla domanda di Chris senza togliere lo sguardo da James e Melissa. Ha uno sguardo apparentemente tranquillo, anche se so che dentro freme dalla voglia di andare giù e pendere a sprangate mia cugina.

«Perché conoscendo James, se lo sapesse, la eviterebbe come la peste. Oserei dire che riuscirebbe a ottenere un ordine restrittivo nei suoi confronti, uno di quelli che porterebbero Melissa a dover cambiare stato»

Sia io che McKenzey scoppiamo a ridere di gusto.

«Ma, toglimi una curiosità, perché tu e Zach siete venuti in mio aiuto quando quella pazza e le sue amiche hanno deciso di darmele? Infondo non vi ho mai nemmeno guardati e ho continuato a ignorarvi anche dopo» domanda la mia migliore amica spostando lo sguardo verso il profilo di Chris.

È davvero un bel ragazzo lui e, a discapito di ciò che invece il diretto interessato pensa, io sono quasi certa che il suo fascino non derivi dalla sua parte francese, ma per il fatto che ha i capelli rossi e gli stanno un bene pazzesco. Sempre scompigliati e che si intonano perfettamente con la spruzzatina leggera di lentiggini che vanno da zigomo a zigomo, passando per il naso.

«Bé, saremmo intervenuti a prescindere da chi foste. Però, se la metti così, diciamo che io l'ho vista come un'occasione perfetta per conoscervi e Zach idem» risponde il ragazzo guardandoci.

«Zach voleva far conoscenza con lato B della mia Belle» precisa poco dopo McKenzey sorridendo.

«Vero» Chris scrolla le spalle sorridendo a sua volta.

«Non parlare di me come se non ci fossi» sbuffo io incrociando le braccia.

«Visto che siamo in vena di domande da confessione, ho in mente un gioco» Chris allarga il sorriso osservando la festa che continua imperterrita sotto di noi. Sembriamo i padroni del mondo da qui.

«Ovvero?» domandiamo all'unisono io e McKenzey.

«”Never have I ever”»

 

 

«Ma dobbiamo per forza andare nell'attico?»

«Smettila di lamentarti e fai l'uomo»

«Ti faccio vedere io come sono uomo a letto»

I battibecchi tra Zach e McKenzey, chissà perché, finiscono sempre per sfociare nel sesso. Ma è piuttosto normale tenuto conto del fatto che Zach non pensa ad altro se non a quello.

«Dai Zach, manca solo un piano» dice Chris salendo le scale adagio e all'indietro, giusto per non finire a gambe all'aria.

Io, lui e Zach stiamo portando nell'attico il terzo dei tre materassi ancora buoni che abbiamo trovato in casa. La festa continua imperterrita, ma la gente è troppo ubriaca per far caso a cinque ragazzi che stanno facendo su e giù da mezz'ora con dei materassi in mano.

A Chris è venuta voglia di giocare a "Non ho mai" e tutti l'abbiamo trovata un'ottima idea. Il problema era trovare un posto dove nessuno sarebbe venuto a disturbarci e l'unico disponibile è al terzo piano, alias, il gigantesco appartamento di Chris. E siccome alla fine della festa avevamo programmato di rimanere lì a dormire e poi cazzeggiare la domenica, abbiamo pensato di portare di sopra i materassi su cui dormiremo.

«Chris sei sicuro che sia una buona idea lasciare la festa a sé stessa?» domanda Isabelle che è dietro di me accanto a McKenzey. Entrambe hanno in mano svariate bottiglie di alcolici e bicchierini di vetro che serviranno per il gioco.

«Ho messo via tutto ciò che c'è di valore, quindi sono più che tranquillo all'idea di lasciare i due piani sottostanti agli altri. Spero solo che non sporchino troppo» Chris fa una smorfia virando verso destra. Finalmente siamo arrivati in cima. Facciamo ancora qualche passo varcando la porta aperta e appoggiamo il materasso accanto ai due che avevamo portato sopra precedentemente.

«Che bravi i nostri uomini» commenta McKenzey appoggiando sul tavolino in mezzo alla stanza le sue bottiglie di alcool.

Isabelle scoppia a ridere e io scuoto la testa accennando un sorriso. Chris prende Zach per un braccio portandolo via con sé non so dove prima che possa dire qualsiasi cosa, mentre Isabelle, dopo aver appoggiato anche lei bottiglie e bicchieri sul tavolino, annuncia a tutti che avrebbe fatto un salto in bagno.

Rimaniamo solo io e McKenzey. Ora ho modo di vedere meglio com'è vestita. Indossa un tubino di pizzo tutto nero, che le arriva a metà coscia. Ai piedi indossa delle Jeffrey nere borchiate, ha ancora addosso la giacca di pelle e i capelli sono lisci e più lunghi del solito. Effetto piastra. E' uno schianto.

«Che look dark. Te l'ho sempre detto che il nero ti dona molto, nonstante il tuo colore di pelle. Vedo che ti sei fidata della mia opinione» le sorrido avvicinandomi a lei.

Mentre ero alla festa, l'ho vista arrivare con Isabelle al suo fianco e la mia prima reazione è stata quella di avvicinarmi subito a lei, ma una mano e una voce mi hanno fermato impedendomi di andare a salutare la mia Cici. Melissa Smith, il capo delle cheerleaders mi aveva agguantato e mi aveva portato in disparte comiciando a parlare con me, e anche a provarci, se proprio dobbiamo dirla tutta. Non mi è dispiaciuta come cosa, infondo è una bella ragazza ed è riuscita a non annoiarmi con discorsi futili, quindi flirtare con lei era stato piacevole. Quando poi Chris è venuto a raccattarmi, ci siamo lasciati con i rispettivi numeri di telefono e con la promessa di uscire assieme una sera.

«Bè, vestiti neri ne possiedo da prima di ritrovarti, ma potrei essere stata influenzata dalla tua opinione» risponde incrociando le braccia al petto e guardandomi con un sopracciglio alzato.

Brutto segno, tempesta in arrivo.

Mi fermo proprio difronte a lei che continua a fissarmi con aria di sfida.

«MckKenzey che si lascia influenzare... una novità» mi lascio sfuggire una risatina affondando le mani nelle tasche. Mai toccare Cici quando ha l'aria di volerti morto. Mai farlo.

«Melissa Smith che punta alla carne fresca...» scuote la testa facendo una smorfia con le labbra. «Questa non è affato una novità»

«Ah...» annuisco sorridendo, «quindi è questo il problema».

Non posso non ammettere di amare in modo particolare la gelosia velata di McKenzey. Nonostante spesso e volentieri è lei quella che mi indica le ragazze giuste con cui cominciare ad avere un approccio, mi capita molte volte di notare atteggiamenti che lasciano intendere un po' di gelosia. McKenzey giura sempre che non è così, ma io ci credo poco ormai.

«Il problema, James, è che lei è l'ultima persona con cui mi aspettavo tu flirtassi» scioglie le braccia che aveva incrociate e mi punta un dito contro il petto.

«E per quale motivo, se posso saperlo?» muovo un altro passo verso di lei abbassandomi di poco verso il suo viso.

Stavolta sa di vaniglia, decisamente in netto contrasto con il suo abbigliamento che lascia trasuda forza e sensualità.

Lei in tutta risposta stringe di poco le labbra e abbassa il dito lasciando ricadere il braccio lungo il fianco. Noto un attimo di incertezza, di esitazione, caratteristiche sconosciute a colei che da qualche mese a questa parte è diventata la mia “migliore amica”. E tutto ciò non fa altro che farmi allargare ulteriormente il sorriso malizioso che ancora non ha abbandonato le mie labbra.

«C'è una certa ragazza qui gelosa...» sussuro nel suo orecchio contento di avere il coltello dalla parte del manico. Ma soprattutto, contento di questa consapevolezza.

Ciò che non ho previsto, però, è la reazione di McKenzey.

Appoggia una mano sul mio petto e mi costringe a riportare il mio sguardo nei suoi occhi. Il sorriso scompare dalle mie labbra e mi ritrovo a deglutire per... perchè sto deglutendo?

«JJ...» Mckenzey abbassa lo sguardo sulla sua mano e la muove spostandola sul mio collo. Alza anche l'altro braccio e entrambe le braccia cingono il mio collo. Poi con un passo fa aderire i nostri corpi, alza il viso sul mio facendo sfiorare i nostri nasi e continua: «Io non ho bisogno di essere gelosa di nessuno. Se solo volessi, tu a quest'ora saresti mio e nessuno, che sia maschio o femmina, riuscirebbe a portarti via da me. Siamo stati chiari?»

«Bè, se proprio dobbiamo essere precisi, voi due siete tutto tranne che chiari. Non so se mi spiego» la voce di Zach. Con uno scatto mi stacco da McKenzey che mi guarda con il suo sorrisetto malizioso capace di farti dimenticare il nome. E credo che qualcuno l'ha sotto abbia anche dimenticato il controllo.

«Ah, e trovatevi una camera» aggiunge Zach passandoci in mezzo.

«Non ne abbiamo bisogno, non ci chiamiamo Zacharia Montgomery» risponde McKenzey senza però staccare lo sguardo dal mio. Ha sempre quello sguardo malizioso, ma sotto cela una vena... nervosa? Come se infondo non avesse previsto una cosa del genere e avesse deciso di mascherare il tutto con un'espressione studiata.

«Peccato... E' un nome in voga» Zach mi prende per un braccio liberandomi dal blocco in cui ero sprofondato e mi spinge sul divano sedendosi poi accanto a me. Anche McKenzey si sposta dalla sua posizione e va a sedersi sulla poltroncina. Poco dopo arrivano anche Chris e Isabelle: il primo si siede accanto a Zach sul nostro divano e la seconda sul bracciolo della poltrona su cui è seduta McKenzey. Non so per quale strano motivo, ma il silenzio cala su di noi, un silenzio che sovrasta persino la musica che rimbomba di sotto.

Ad un certo punto Zach si alza ed esclama: «Non mi piace questa disposizione! Cioccolatino, tu ti siedi tra James e Chris» punta un dito verso la di retta interessata che alza un sopracciglio in tutta risposta. Poi, alzandosi, va a sedersi dove fino a due secondi fa stava Zach e quest'ultimo va a sedersi al posto di McKenzey invitando Isabelle a sedersi sulle sue gambe.

«Questa disposizione è decisamente la migliore» ridacchia infine.

«Sei un maiale» sbuffa McKenzey togliendosi la giacca e appoggiandola sullo schienale dietro di lei.

«Ha parlato quella che stava per stuprare James»

«I fatti tuoi mai eh?!» sibilo guardandolo in cagnesco, ma lui mi liquida bellamente con un gesto della mano. McKenzey abbozza un sorriso, accavalla le gambe e Dio solo sa cosa mi trattenga dal perdere la testa. Odio questa cosa e sopratutto non dovrei pensare a lei in questi termini.

«E comunque anche questa disposizione fa schifo. Dovremmo metterci seduti a terra intorno al tavolo» se ne esce McKenzey togliendosi le scarpe e sedendosi ai piedi del tavolo. Lo stesso fa Isabelle che aveva annuito con vigore alle parole dell'amica. Anche noi altri ci affrettiamo a fare lo stesso mentre Isabelle dispone i bicchieri difronte a noi e vi versa dentro della tequila.

«Cominciamo con una frase per cui berremo tutti» Chris prende in mano il suo bicchiere. «Non ho mai fatto sesso» e ancor prima di finire la frase butta giù tutto il contenuto del suo bicchiere. E tutti lo seguiamo a ruota, tutti tranne McKenzey e questa cosa non sfugge a nessuno, a partire da me.

«Cici?» le chiedo guardandola.

«Mh?» risponde lei voltandosi a guardarmi con aria innocente.

«Perché non bevi?» Zach osserva il bicchiere con una tale insistenza da farmi credere che stia cercando di svuotare il contenuto con la mente.

Chris se ne sta zitto zitto visibilmente sorpreso dalla piega che sta prendendo il gioco.

Isabelle, l'unica che non si è scomposta più di tanto, a malapena riesce a trattenere una risata.

«Isabelle, amore mio bellissimo, scusa il tono ma che diamine c'è da ridere

«Le vostre facce sono la cosa più divertente che io abbia mai visto in tutta la mia vita» risponde lei lanciando un'occhiata di intesa a McKenzey.

«Aspetta un attimo... Vuoi farci credere che non hai veramente mai fatto sesso?» Chris punta lo sguardo dritto dritto negli occhi di McKenzey.

Lei annuisce senza esitare.

«Non hai mai lasciato che qualcuno inzuppas» comincia Zach ma lo fermo prima di doverlo stendere a terra.

«Zach, giuro che stavolta le prendi» gli lancio un'occhiata truce che lo fa sorridere.

«Stavolta gli permetto di parlare in questo modo solo perché capisco la sua immensa sorpresa» McKenzey mi lancia uno sguardo divertito. La osservo, cercando di cogliere i segni della menzogna dietro quegli occhi che però con me non hanno mai finto. Ma non vi trovo nulla, solo la pura e semplice verità.

McKenzey è vergine.

E ora qualcuno mi spieghi perché l'unica cosa a cui riesco a pensare in questo momento è a come desidero con tutto me stesso essere la sua prima volta.

«Come...» ritrovo la parola.

«A differenza di quello che tutti pensano, io non vado a letto con cani e porci che non siano della nostra scuola. Il sesso è... è importante, la prima volta è importante e non ho mai voluto che la mia prima volta cadesse nelle mani sbagliate. So che non mi porterò all'altare il ragazzo che si porterà via la mia verginità, ma non voglio doverla rimpiangere» confessa lei guardandoci uno a uno senza il minimo imbarazzo.

Si fida di noi. Sa che non la giudicheremo, ecco perché non abbassa gli occhi e dice tutto con una fierezza degna di nota.

Si fida di noi.

Quando torna a guardarmi le sorrido, le sorrido tenendo per me tutti quei sentimenti che stanno facendo a botte dentro di me. Io non voglio averla, io non posso averla. Io l'ho promesso a Cisco che mai avrei provato altro se non affetto fraterno per McKenzey. E io mantengo sempre le promesse.

«I libri ti hanno dato alla testa...» ovviamente Zach rovina il momento con un suo commento.

«Io invece penso che sia una cosa giusta e personale» Chris rivolge un sorriso a McKenzey che ricambia a sua volta. «E poi, diciamocela tutta, noi maschi la vediamo in modo diverso. Sì, possiamo essere un po' impacciati la prima volta, ma di certo non possiamo paragonare la nostra prima volta a quella delle ragazze. Oserei dire che è una cosa come le altre per noi... A noi piace essere la prima volta di una persona a cui teniamo molto, ci piace pensare che questa persona ne avrà un dolce ricordo e saremo stati noi a darglielo, comunque vada»

«Un altro a cui i libri hanno fatto il lavaggio del»

«Per me, Zach, sei stato la prima volta che ho sempre desiderato. E, a quanto ne so, a te ha fatto più che piacere esserlo» interviene Belle facendo diventare color peperone lo spavaldo e impenetrabile Zacharia.

Scoppiamo tutti a ridere ignorando il borbottare sommesso del nostro amico, che non ne vuole sapere di tornare al suo colore normale di pelle.

«Sospettavo che voi due foste andati a letto assieme» dico io tra le risate.

«E tu come fai a saperlo?» sbotta Zach guardandomi.

«Zach, lo sappiamo tutti. Io per prima» McKenzey lo guarda sogghignando.

«E sappiamo anche che ogni tanto ci date ancora dentro» rincara la dose Chris, anche lui ancora divertito.

Isabelle non sembra affatto infastidita dalla cosa e, anzi, sembra quasi essere a suo agio. L'unica persona che sembra non voler affrontare l'argomento è proprio Zach, alla faccia della sua spavalderia.

Però mi sembra strano che Isabelle non sia gelosa o cose del genere... Chissà cosa la spinge a non dare in escandescenza ogni volta che Zach decide di raccontarci i particolari della sua ultima conquista.

«Ok, basta! Solo io mi posso permettere di mettere voi in imbarazzo. Nel nostro contratto non c'è nessuna clausola che vi consente di fare lo stesso, soprattutto con me» se ne esce Zach stufo delle risate.

«Abbiamo firmato un contratto?» chiedo alzando un sopracciglio.

«L'essere amici lo implica ed è un contratto di ferro, per la cronaca» ribatte lui incrociando le braccia al petto.

«Vogliamo andare avanti con questo gioco o avete intenzione di andare a dormire sobri?» domanda Chris riempiendo i bicchieri, stavolta con della vodka liscia.

«E cosa ci sarebbe di male?» Isabelle prende il suo bicchiere ma non ci lascia il tempo di rispondere. «Non ho mai visto un porno»

Cinque bicchieri si svuotano di colpo.

«Finti casti che non siete altro» borbotta Zach riempiendo il terzo giro con della sangria.

«Non ho mai provato a darmi piacere da solo» dico alzando il mio bicchiere e bevendone il contenuto.

«Ma come siamo gentleman. Attento James, che a furia di seghe diventi cieco» e subito si abbassa per evitare il tappo di sughero che gli lancio addosso.

«Vuoi farci credere che tu non l'abbia mai fatto?» McKenzey non beve dal suo bicchiere e lo stesso fa Chris.

«Purtroppo sono incappato anche io nel circolo segaioli per un certo periodo, ma poi ne sono uscito pulito» il ragazzo beve la sua sangria seguito a ruota da Isabelle.

«Non penso che dopo una masturbata tu possa definirti "pulito"» Isabelle mima con le dita delle virgolette che mi fanno scoppiare a ridere. «E in ogni caso, farlo fa bene. C'è un programma che lo accerta»

«Mi amor, lascia perdere» McKenzey scuote la testa e attende che Chris riempia i bicchieri con dell'altra sangria. Meglio, non è il caso di fare un mix di drink che potrebbe esserci fatale.

«Non ho mai confessato a un mio amico di amarlo» dice allora McKenzey.

Ci guardiamo tutti, ma nessuno si muove per bere. Qualcosa, però, succede. Succede che io mi irrigidisco e distolgo lo sguardo da McKenzey. Succede che Isabelle guarda McKenzey e appena quest'ultima incrocia il suo sguardo, lei diventa rossa come un pomodoro e si volta di scatto a guardare Zach. Succede che appena Zach incrocia lo sguardo di Isabelle fa comparire sul viso un sorriso. Succede che Chris mi lancia un'occhiata che distoglie appena sente vibrare il cellulare di McKenzey. Abbasso lo sguardo su di esso e sullo schermo compare la foto in miniatura di Cisco, seguita dal suo nome e sotto le parole "vita mia" seguite da un cuore.

Succede che la gelosia mi prende alla sprovvista e io lascio di scatto il mio bicchiere.

«Chi è?» le domando fingendo di non aver visto il cellulare.

«Oh, è solo Cisco» sorride lei accingendosi a rispondere subito al cellulare.

«E perché ti chiama "vita mia?"» continuo senza però ottenere uno sguardo di attenzione da parte di McKenzey.

«É un suo vizio, credo non si renda conto ancora che è fidanzato e che non è esattamente il caso di chiamami così- risponde sorridendo. Io so, lo so che si sentono, lo so che parlano molto, ma ho sempre evitato di immischiarmi nelle loro conversazioni o cose del genere. Già nella chat di gruppo evito cautamente di essere "il solito" per rispetto nei confronti di Cisco, ma lui non si è mai rivolto a lei con termini quali "vita mia" ... Bé, mai che io sappia e, come ho già detto, delle loro conversazioni private non ne voglio sapere nulla.

«E tu non glielo hai mai fatto presente, McKenzey?»

«Nome intero, la situazione si sta scaldando» commenta Zach bevendo dal suo bicchierino.

«Non dovresti bere, non hai ancora detto nulla!» sbuffa Chris cercando di togliergli il bicchiere di mano inutilmente.

McKenzey alza lo sguardo verso di me appoggiando il cellulare in grembo e mi fissa.

«Qual è il problema, James?»

«Calmate i bollenti spiriti giovanotti» altro bicchierino di sangria per Zach. «La vita è breve e gli amori sono tanti»

«Sta zitto Zach» lo riprende Isabelle con uno schiaffetto sulla spalla.

«Il problema è che Cisco ti chiama "vita mia" nonostante sia fidanzato e tu non batti un ciglio» le dico con tutta la calma di cui sono provvisto, ovvero poca in questo momento.

«Non ci credo...» lei scuote la testa. «Qual è il vero problema?»

«Te lo dico io, cioccolatino» interviene Zach alzandosi per poi ricadere subito a terra tra le braccia di Isabelle. E menomale che sopporta bene l'alcol.

Stringo i pugni e non rispondo alla domanda di McKenzey perché nemmeno io so quale sia il vero problema. È perché sono geloso... Ma geloso di chi? Di McKenzey, il mio primo bacio e lei nemmeno lo sa, o di Cisco che ha sempre avuto tutto ciò che voleva e ora si vuole prendere anche lei, che per me è tutto? E perché io devo sempre fare promesse che non posso mantenere?

«Il mio problema sei tu, McKenzey. Sei sempre tu, lo sei sempre stata»

 

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Capitolo 6
*** NEVER HAVE I EVER (PARTE III) ***


CAPITOLO VI

 

NEVER HAVE I EVER (PARTE III)

 

 

Il mio problema sei tu, McKenzey. Sei sempre tu, lo sei sempre stata.

A quelle parole, inaspettatamente mi si gela il sangue. James mi considera un problema? Perché? E perché queste parole mi fanno questo effetto?

Lo guardo con gli occhi leggermente sgranati per la sorpresa. Lo guardo mentre lui si alza e si avvia verso la terrazza senza dare spiegazioni. D'istinto mi alzo dimenticandomi di avere ancora in grembo il cellulare che cade a terra proprio mentre comincia a squillare.

È un numero che non conosco e quindi decido di lasciare lì il cellulare e correre dietro a James che è sparito sulla terrazza. Poco prima di imboccare le scale che portano di sopra, sento Isabelle rispondere al posto mio e istintivamente sorrido. La solita impicciona.

Mi isso sulle scale e velocemente raggiungo la terrazza, dove vi trovo un James seduto su una delle sedie del gazebo intento a fumare.

«Mi avevi detto di aver smesso»

«E tu mi avevi detto di non provare nulla per Cisco» ribatte lui lasciando uscire un po' di fumo dalle narici.

«E questo cosa c'entra?» sbotto allargando le braccia. Accorciò le distanze tra noi e gli tolgo la sigaretta di mano buttandola a terra.

Lui si alza di scatto e mi lancia un'occhiata furibonda. Ha i pugni stretti che tremano e lo sguardo furioso.

«COME HAI OSATO?» urla puntandomi un dito contro e io sono sicura che non si riferisca solo alla sigaretta, ma anche ad altro. A Cisco, per la precisione.

«Ho osato eccome! IO TE LE BRUCIO LE SIGARETTE» rispondo a tono spingendolo e facendolo ricadere sulla sedia.

«Provaci e io ti brucio la tua preziosa libreria» mi prende per un braccio e mi avvicina a sè facendomi cadere sulle sue gambe. «E non spingermi come fanno i bambini» sussura.

Siamo viso contro viso. Percepisco il suo profumo, sa di menta e fumo e mi piace, stranamente. La mia mano si è appoggiata al suo petto dove sento il cuore battere all'impazzata, come il mio in questo momento. Ma è perché siamo arrabbiati, non per altro. Il cuore batte forte anche quando si è arrabbiati, o quando si è nervosi o in tante altre situazioni. Non si tratta sempre di quella cosa.

Chiudo gli occhi cercando di mantenere la calma e di non dare di matto. Faccio per spostarmi ma lui mi trattiene, mi stringe leggermente il polso poi lo lascia andare e si passa una mano sul viso facendo due respiri.

«Perché mi hai mentito, Cici?» mi domanda dietro la mano che ancora gli copre il viso.

«Mentito su cosa?» ribatto non capendo ciò a cui si riferisce.

«Mi hai detto di non provare nulla per Cisco e invece...»

«Ma io non provo nulla per lui, dannazione!» stavolta riesco ad alzarmi e ad allontanarmi da lui. «Cisco è mio amico, un caro amico, come lo sei anche tu»

James rabbrividisce e io per un momento credo si stia sentendo male e che sia per colpa mia. Ma poi toglie la mano dal viso e mi fissa per un lunghissimo istante prima di distogliere lo sguardo dal mio. Allunga una mano verso il pacchetto delle sigarette, ma io lo anticipo.

«McKenzey...» assottiglia gli occhi e allunga una mano verso di me. «Le sigarette»

«Vieni a prenderle» lo sfido alzando il mento e tenendo alto il braccio con le sigarette in mano. Non sono una ragazza bassa, ma in altezza James mi supera di dieci centimetri buoni.

Lui si alza e si avvicina a me pronto per andare all' attacco. Con un passo mi è addosso e io d'istinto mi giro dandogli le spalle pronta a fuggire, ma lui mi agguanta facendo passare entrambe le sue braccia intorno alla mia vita e mi attira a sé facendomi lanciare un urlo. Lo sento ridacchiare conto il mio orecchio e poi la sua mano risale lungo il mio braccio pronto a raggiungere le sigarette. Io continuo a muovermi, ma lui è più forte di me e con una semplicità estrema mi sfila le sigarette di mano.

A questo punto mi aspetto che mi lasci andare, che mi dica qualcosa come "nanetta", ma lui semplicemente mi stringe più forte a sé e affonda il viso tra i miei capelli. Restiamo in questa posizione per quella che mi sembra una vita, con lui che mi lascia qualche bacio sulla nuca e io che sento il suo cuore battere senza eguali contro la mia spalla. Sposta il viso ancora contro il mio orecchio e cavolo io vorrei che mi baciasse una spalla, che mi lasciasse un succhiotto, che mi facesse voltare verso di lui e poi mi prendesse in braccio e...

«Io vinco sempre, Cici. Sempre» mi sussurra all'orecchio interrompendo il corso dei miei pensieri.

Poi si stacca, io mi volto e lo vedo tornare al gadzebo con una sigaretta già accessa e il resto del pacchetto in tasca.

E riecco montare la rabbia.

Giuro che gli salto in braccio, lo atterro e poi lo prendo a cazzotti finché non sarà lui a diventare cenere. E sto anche per farlo, ma improvvisamente la mia parte razionale torna a funzionare e subito trova per me il modo migliore per uscire vincitrice da questa situazione.

Sorrido e torno anche io al gadzebo. Sposto una sedia e la porto accanto a quella di James che, appena mi ha vista muoversi, è tornato a rivolgere la sua attenzione a me. Mi siedo accanto a lui, incrocio le gambe e alzo lo sguardo verso il cielo, senza proferire parola.

Nemmeno lui dice nulla, continua a fumare e torna a ignorarmi mentre io prendo delle boccate d'aria belle piene. Certo, non è aria buona quella che sto respirando considerando il fatto che è più fumo che altro.

Ad un certo punto scorgo con la coda dell'occhio James irrigidirsi e togliere subito la sigaretta dalla bocca.

«McKenzey che stai facendo?» mi domanda con una vena di preoccupazione nella voce.

«Guardo il cielo, perché?» rispondo io tenendo per me il sorriso che minaccia di tradire il mio piano.

«Non dovresti restare qui.. Torna di sotto»

«Perché?»

«Lo fai apposta o cosa?»

Sorrido riabbassando lo sguardo ma non accenno a volermene andare.

«Non capisco...» gli rivolgo uno dei miei fintissimi sguardi innocenti.

«McKenzey, tu soffri d'asma e non dovresti stare accanto a uno che fuma» volta il busto verso di me visibilmente arrabbiato.

«E tu non dovresti fumare. Ma se ti piace tanto l'idea di prendere un tumore e poi morire, mi farò andare bene l'idea di morire per mancanza di fiato o per fumo passivo» scrollo le spalle allungando una mano verso di lui che mi fissa sbalordito.

Ci mette un po', ma alla fine prende il pacchetto di sigarette e me lo mette in mano e poi lascia cadere a terra la sigaretta che ancora non aveva finito.

James è estremamente apprensivo nei miei confronti come io lo sono nei suoi. Ma sono due tipi di apprensività diversi: lui mi urla contro, mi dice che sono una deficiente e che non penso mai a quello che faccio; io faccio leva su ciò che potrebbe accadermi e che so che lo spaventa e lo ricatto senza tanti complimenti. Tra le cose che so che più lo spaventano c'è la mia asma, che è uno dei motivi per cui ha smesso di fumare da quando mi conosce. Non che prima lo facesse spesso, ma dopo di me ha chiuso baracca e burattini... O almeno così credevo.

Mi alzo stringendo tra le mani il pacchetto e lo lascio lì con un: «E io non perdo mai, JJ. Mai» e poi me ne torno di sotto soddisfatta.

 

 

Quando scendo di sotto, la scena che mi si presenta davanti è a dir poco surreale. Zach che si dimena come un pazzo, con le braccia all'aria e la faccia di uno che ha bevuto un'intera cantina di alcolici. Abbasso lo sguardo verso il tavolino e trovo la bottiglia di tequila vuota. Sempre seduto al suo posto, composto e posato, c'è Chris che ha il cellulare in mano e con un sorrisetto sulle labbra sta chiaramente filmando la scena. Isabelle, invece, è intenta a fermare quell'oscenità ma con pochi risultati. Anche lei sembra leggermente brilla, ma di certo è più sobria di Zach.

Mi guardo intorno nella stanza e individuo McKenzey intenta a parlare con qualcuno al telefono. Chissà con chi...

«Oh sole mioooooo» si mette a cantare Zach svincolandosi dalla presa di Isabelle e avvicinandosi a McKenzey.

Quest'ultima, dopo aver detto qualcosa a me ignoto alla persona dall'altro capo del cellulare, allontana il cellulare dall'orecchio e, dopo averlo fulminato con lo sguardo, fa lo sgambetto al povero Zach che casca a terra con un tonfo e non si rialza più. Poi, sempre con non chalance, McKenzey torna a parlare al cellulare.

 

Cici, dopo aver sentito le parole del bambino, non fa come Cisco che gliene dice altre dietro. No. Si mette a correre, gli arriva dietro, allunga la gambina corta e gli fa lo sgambetto. Il bambino allora cade di faccia e in men che non si dica si mette a piangere.

-Così impari a dire a JJ che è una palla di grasso-

 

Scoppio a ridere guadagnandomi l'attenzione di tutti, tranne Zach che sembra essersi addormentato di sasso.

«Youtube, Facebook o Instagram?» mi chiede Chris mostrandomi il cellulare.

«Tutto, e anche su Vine se riesci» rispondo ridacchiando mentre lui approva annuendo.

«Invece di stare lì a programmare la sua fine sociale, datemi una mano a metterlo su uno dei materassi» sbuffa Isabelle che sta prendendo per le braccia Zach.

Io e Chris ci muoviamo, facendo allontanare Isabelle che se ne va in un'altra stanza a cambiarsi, prendiamo in braccio Zach che poi depositiamo su un materasso. Poi lo copriamo con un piumone e lo lasciamo lì confidando nel suo dopo sbornia impeccabile, ovvero privo di troppi mal di testa e di vomitate a non finire.

Poi, io e Chris decidiamo di andare a fare un salto di sotto per controllare che tutti se ne siano andati e, in caso contrario, per buttare fuori gli ultimi rimasti. Fortunatamente, sono circa una decina le persone rimaste e si sono tutte piantate in piscina. Quindi non ci risulta difficile farli uscire a suon di "fuori dalle palle" e "vi conviene raccogliere quelli che sembrano palloncini sgonfi galleggianti e portarli fuori dalla mia piscina".

Poi spegnamo la musica, le luci dei due piani inferiori, ci cambiamo e rientriamo nell'attico dove troviamo Isabelle ormai già addormentata accanto a Zach e McKenzey intenta a guardare il soffitto avvolta in un piumone blu scuro.

Chris spegne anche le luci dell'attico e ci augura una buona notte andando a sdraiarsi sull'unico materasso vuoto, che si trova in mezzo agli altri due.

Mi avvio verso il materasso dov'è sdraiata McKenzey, scosto il piumone e mi sdraio su un fianco accanto a lei. Qualche secondo dopo, lei si volta verso di me e io la accolgo tra le mie braccia stringendola. Sento il suo alito sul mio collo e il profumo dei suoi capelli ci avvolge quasi a formare una bolla attorno a noi.

«Comunque, tra i due, quello che dovrebbe essere geloso non sei tu, ma Cisco» se ne esce ad un certo punto lei.

Io mi irrigidisco preso alla sprovvista da quell'affermazione. Cosa sta cercando di dirmi?

«Insomma, tu sei qui, mi tieni tra le tue braccia, mi accarezzi quando vuoi, mi abbracci quando vuoi...» continua lei e a me appare un sorriso sulle labbra.

«É un modo per dirmi che Cisco è geloso di me?» le domando iniziando a fare dei disegni sconnessi sulla sua schiena.

«Già, ma lui ha il coraggio di dirmelo invece di dare di matto» risponde lei alzando lo sguardo e incontrando i miei occhi.

Non smetto di muovere il dito sulla sua schiena e la osservo a mia volta. Una delle cose che forse mi piace di più di McKenzey è il suo essere schietta su tutto, o quasi. Sono convinto del fatto che ci sia qualcosa che ancora mi nasconde, ma è pur sempre vero che non si può sempre sapere tutto di una persona, persino di una persona che conosci meglio di te stesso.

«Non ho dato di matto perché sono geloso...» rispondo dopo quell'interminabile silenzio durante il quale né io né lei abbiamo accennato a voler abbassare lo sguardo.

«Certo come no» ridacchia lei voltandosi dall'altra parte ma rimanendo comunque tra le mie braccia. Ora ha la schiena contro il mio petto, i capelli che ricadono morbidi tra di noi, la maglietta che lascia intravedere un filo si pelle... chissà che mutande indossa.

Rialzo subito lo sguardo e lo faccio vagare per il pezzo di stanza che riesco a vedere dalla mia posizione.

«Ok, forse un pochino» ammetto poco dopo.

«Non dovresti... Vi voglio bene più o meno allo stesso modo, anche se tu sei in una posizione avvantaggiata rispetto alla sua» ribatte portandosi una mano alla bocca per trattenere una sbadiglio.

«Strano, nel corso degli anni è sempre stato il contrario» faccio una smorfia portandomi un braccio sotto la testa.

«Questo perché tu sei un idiota che preferisce mettersi in disparte piuttosto che agire» commenta lei.

«Grazie eh» sbuffo di rimando mettendomi a pancia in su e quindi liberandola completamente dal mio abbraccio.

«Verità» sussurra lei per poi continuare. «Ma ti do atto si aver agito una volta»

«Quando?» tengo lo sguardo incollato al soffitto.

«Quando mi hai baciata per la prima è unica volta» la sento voltarsi verso di me, appoggiare un mano sul mio petto e darmi un bacio sulla guancia. «Sei stato il mio bellissimo primo bacio».

Mi irrigidisco preso alla sprovvista da quella rivelazione. McKenzey mi ha visto, mi ha sentito... McKenzey sapeva. Ma che figura di merda ho fatto?! E io che sono sempre stato convinto del fatto che non lo sapesse, che fosse una cosa solo mia. E invece lei l'ha sempre saputo e mi considera il suo primo bellissimo bacio. Magari mi considera il primo bacio che ha sempre voluto...

-Sì, lo sapevo e no, non te lo sto dicendo per metterti in imbarazzo. Fatto sta che dopo quel bacio mi son sentita meglio... Mi fai stare bene JJ-

E a quelle parole la mia mente torna a quel momento, a quando lei aveva la febbre, era confinata in camera e tutti i bambini si rallegravano perché non l'avrebbero avuta attorno per un po'. Erano tutti contenti che fosse malata, tutti tranne me e Cisco.

 

McKenzey si è ammalata e io non so cosa fare. A tutti hanno proibito di andarla a trovare, ma era più rivolto a me e a Cisco che a chiunque altro. Sono passati due giorni e per due notti l'ho sentita urlare "mamma". Ora è tardi e sono ancora fuori dalla porta di camera sua e vorrei fare qualcosa. Sento il letto cigolare sotto il suo peso e riesco persino a sentirla ansimare. Mi guardo attorno ma sono sicuro che a quest'ora non ci sia nessuno in giro e allora facendo piano entro nella sua stanza. È stesa sul letto, il viso rivolto verso il soffitto, gli occhi chiusi, le braccia lungo i fianchi e il respiro leggermente affannato. Mi avvicino piano fermandomi a un palmo dal suo viso. Porto una mano sulla sua fronte e subito la tolgo perché è bollente. Allora resto lì, in piedi accanto al suo letto e la guardo mentre lei dorme nonostante si veda che soffre per la febbre. Resto lì per minuti a guardarla e ad un certo punto lo faccio. Mi alzo leggermente sulle punte e appoggio le mie labbra sulle sue. Non so quanto tempo resto in quella posizione, fatto sta che poi mi ritrovo già sulla porta a sperare che lei non se ne sia accorta. Appena sento un rumore mi volto nella sua direzione e noto che ha cambiato posizione: ora è stesa su un fianco, ma ha sempre gli occhi chiusi.

 

«Tu mi hai visto...» le dico riprendendomi dal ricordo e voltandomi verso di lei. Non sentendo alcuna risposta, la scuoto leggermente e lei mugugna voltandosi verso di me ma tenendo sempre gli occhi chiusi. Si è addormentata. Mi ritrovo a sorridere mentre nel frattempo le accarezzo una guancia e, come tanti anni prima, mi abbasso sulle sue labbra e le bacio leggermente. Lo faccio senza pensarci troppo, senza farmi delle domande, senza rendermi conto che sto baciando quella che dovrebbe essere la mia migliore amica. Lo faccio perché lo voglio, ma stavolta spero stia dormendo sul serio.

 

 

 

La mattina dopo ci svegliamo tutti, tranne Zach e Isabelle, sul tardi. Anzi, per essere sincera, io sono l'ultima ad alzare il popò dal materasso. Dopo aver fatto una colazione improvvisata, anche perché è praticamente impossibile mangiare in casa per via della sporcizia lasciata dalla festa, ci rimbocchiamo le maniche e cominciamo sistemare la casa. Ci sono bottiglie, bicchieri, preservativi un po' ovunque con l'aggiunta di pozze di vomito e persino pipì fatta fuori dal water. Lo schifo.

Dopo ore e ore, tra le lamentele di Zach che minaccia di castrare tutti i maschi che erano alla festa, riusciamo a rimettere la casa in sesto.

«Strano che non abbiamo trovato...» comincia ad un certo punto Zach che viene interrotto dalla voce di James in una qualche altra stanza, che urla "MELISSA!"

Ci voltiamo tutti nella direzione da cui è venuta la voce e Zach, con un sorrisetto a fior di labbra continua: «...nessuno nascosto in qualche stanza»

E detto ciò iniziamo a dirigerci verso la camera da cui è pervenuto l'urlo di James. Io però mi fermo sentendo un rumore provenire dall'ingresso e, dopo averlo detto agli altri, vado a vedere.

Dalla porta, fa capolino una testa mora, seguita da un paio di occhi azzurri, un viso fresco e l'espressione di uno che non sa se entrare o continuare ad aspettare. Ben lontana dall'espressione arrabbiata che aveva il giorno prima. I fratelli...

Scuoto la testa sorridendo appena ripensando a Thomas.

«É così impellente la voglia di vedermi da non riuscire ad aspettare fino a martedì?» gli dico attirando la sua attenzione. Lui alza lo sguardo verso di me trasalendo appena prima di rilassarsi e dedicarmi un sorriso. Sì, perché quel sorriso da l'idea di essere solo mio. Un sorriso modellato apposta per me e per nessun altro.

«In realtà stavo cercando quella» indica la borsa che ho in mano. L'ho trovata in un angolo di una camera da letto, ma di certo non pensavo che appartenesse all'intoccabile Nancy. Forse non è il caso di dirgli dove l'ho trovata, giusto per risparmiargli un infarto.

«E non poteva venirla a prendere Nancy?» gli domando porgendogli la borsa. Lui abbassa lo sguardo sulla borsa e sulle sue guance appaiono due chiazze rosse. È questo il pregio e anche difetto dei bianchi: la loro pelle è un libro aperto.

«Bé, in effetti hai ragione, ma...»

«E lui che ci fa qui?»

Mi volto di scatto e vedo gli altri che stanno scendendo le scale con... Melissa?

«No, aspetta, lei che ci fa qui?» domando io osservando quella sciacquetta.

«Problemi Dawson? Hai paura che ti possa fare qualcosa?» risponde lei alzando un sopracciglio e incrociando le braccia al petto.

«Ma perché l'hai invitata?» guardo Chris alzando le braccia al cielo.

«Me lo domando anche io...» risponde Chris scrollando le spalle. «Ma tranquilla, ti proteggo io dalle brutte arpie» mi fa l'occhiolino rivolgendomi un sorriso.

«James fumante di gelosia tra 3, 2, 1»

«Ma smettila» Isabelle da un pugno sul braccio a Zach che scoppia a ridere. Poi si rivolge a Brandon: «Come mai sei qua?»

«Mia sorella ha dimenticato la borsa qui e io sono venuto a riprenderla» risponde lui gentilmente.

«Alias sono venuto a vedere quella gran bella gnocca che ieri mi ha zittito senza alzare un dito»

«Zach, sul serio, qualcuno un giorno ti taglierà la lingua, la triturerà e la darà in pasto ai cani» James gli lancia uno sguardo omicida. «E in quanto a te, ora che hai la borsa puoi tranquillamente...»

«Restare qui con noi per pranzo. Sai cucinare? No perché in questo gruppo di nullafacenti sono l'unica a saperlo fare. Dovremo però fare anche la spesa visto che non c'è nulla in frigo. E no, non ordineremo la pizza, te lo puoi scordare Zach» scuoto la testa incrociando le braccia al petto.

«Bé, io in teoria sarei un cuoco, quindi credo di sapere cucinare eccome» risponde lui guardandomi sorridente.

«Quindi è deciso! Pranzetto preparato da McKenzey e Brandon. E nel frattempo, noi andiamo a buttare l'immondizia» decreta Chris con un battito di mani.

Il pranzo non passa privo di battibecchi e di commenti sarcastici, ma riusciamo ad arrivare alla fine del pranzo senza mandare nessuno all'ospedale. Melissa sta perennemente attaccata a James e continua a flirtare con lui come se non ci fosse un domani. James invece non toglie gli occhi di dosso a Brandon che con tranquillità parla con me e assieme ridiamo e scherziamo. Se ne va nel tardo pomeriggio, mi saluta con un bacio sulla guancia e con la promessa di farmi passare una bella serata il martedì successivo. Non l'avrei mai detto, ma non vedo l'ora che arrivi quel giorno. Zach e Isabelle restano assieme tutto il tempo, scherzano e si accarezzano ogni tanto, in un muto scambio di parole. Quanto vorrei si mettessero assieme una volta per tutte.

Chris invece è andato di sopra a sistemare la sua serra e poi, quando è tornato, ha messaggiato per un po' e, dopo che Brandon se ne è andato, ha cominciato a parlare con me del più e del meno.

Ed è in questo clima che però a mi viene in mente che devo essere a casa prima delle sette.

«Bene ragazzi, è ora che io vada» mi alzo dal divano.

«Cosa vuol dire che "è ora che io vada"?» Zach alza lo sguardo di scatto guardandomi. «Avevamo deciso di fare un'orgia dopo!»

«E io che per un secondo ho creduto seriamente che non volessi che se ne andasse perché ti sarebbe mancata» scuote la testa Chris tirando giù le gambe dal tavolo.

«Perché, qualcuno sente la mancanza di McKenzey quando se ne va?» Melissa alza un sopracciglio non degnandomi di uno sguardo. Stringo un pugno e subito Isabelle si alza, mi cinge le spalle con un braccio e mi trascina via tra le proteste di Zach.

Chris ci segue e in quel momento dalle scale scende James che poco prima era andato al bagno.

«Che succede?» mi domanda mentre il corridoio si riempie di persone. Si sono tutti riversati all'entrata, tra un "non andare" e un "è troppo presto, sono solo le 18.30!"

«Devo andare a casa JJ, lo sai che ho la cena di famiglia» alzo le spalle guardandolo.

«Ma non era mercoledì?» mi domanda finendo di scendere le scale e, una volta avvicinatosi, mi scosta una ciocca di capelli dal viso.

A quel gesto Melissa scatta e si avvinghia al braccio di James che poi strattona costringendolo a indietreggiare di qualche passo. Isabelle, dietro di me, si lascia sfuggire una risatina e con lei anche Zach, appoggiato allo stipite della porta del salotto.

James si volta a guardare Melissa aggrottando le ciglia e quest'ultima gli rivolge un sorriso sornione.

Chris si abbassa verso il mio orecchio e mi sussurra: «A un tuo segnale, la butto fuori senza tanti complimenti»

In risposta sorrido scuotendo la testa e lui risponde con un "peccato" prima di appoggiarsi al mobiletto accanto all'entrata.

«Già, ma mercoledì è saltata perché io ero a una festa e Matthew sarebbe tornato tardi dal lavoro. Così abbiamo spostato a oggi e io ho esattamente mezz'ora per essere a casa in tempo» prendo le chiavi della macchina e il borsone che avevo prontamente lasciato all'ingresso la mattina.

«E lasci a piedi Belle?» domanda Zach

«Tu non la riporteresti a casa?» gli domando a mia volta facendogli comparire un sorrisetto sulle labbra.

«Hai ragione, come sempre. Ma non te ne puoi andare comunque...»

«Per una volta Zach ha ragione» concorda James che ancora non si è scrollato quella bambolina che ha accanto e che gli sta sbavando sul braccio.

«JJ se non vado io da loro saranno loro a venire da me, lo sai come sono fatti» detto questo apro la porta d'ingresso, mi volto e sento qualcuno picchiettare sulla mia fronte.

«Ma che cazz..?»

«McKenzey le parole» vengo ripresa da... Matthew?

«Thomas non picchiettare sulla testa di tua sorella» Caroline rimprovera mio fratello che ha ancora il braccio alzato a mezz'aria.

«Se non fosse così alta avrei picchiettato all'aria» sbuffa lui mettendosi la mano in tasca e rivolgendomi un sorrisone.

Abbasso lo sguardo visibilmente sorpresa verso Vivienne che mi sorride a 32 denti.

«Scommetto che ancora non avete mangiato!»

La guardo, li guardo tutti uno ad uno, poi mi compare un sorriso sulle labbra e, sempre con la mano sulla maniglia della porta, mi volto verso i miei amici che ci fissano a bocca spalancata. Solo James e Isabelle stanno ridacchiando sotto i baffi.

«Ragazzi, vi presento i Dawson!»

 

 

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Capitolo 7
*** I DAWSON ***


 

CAPITOLO VII

 

I DAWSON

 

«Non ero a conoscenza del fatto che mia figlia se ne andasse a spasso con non uno, ma ben tre ragazzi» il mio ex marito mi lancia un'occhiata di traverso.

«Lo dici come se fosse andata a letto con tutti e tre, papà»

«Modera i termini figliolo. Tua sorella non va a letto proprio con nessuno. N E S S U N O» Matthew fa letteralmente lo spelling della parola mentre io e Viv ci lanciamo un occhiata d'intesa.

Come immaginavamo, Matthew ci ha trascinati tutti alla casa di Christopher Dubois per controllare la sua amata stella e conoscere una volta per tutte questi suoi nuovi amici.

Amici.

Al solo pensiero mi vien da sorridere. Mia figlia, l'inarrivabile, la sempre scontrosa, la sfegatata di libri; la ragazza che sa di essere bella, sa di avere potenziale, sa come ottenere ciò che vuole. Lei, che oltre alla sua famiglia aveva solo Isabelle e a cui non importava affatto di avere una schiera di amici che le riempisse il cellulare di messaggi. Mia figlia si è creata un gruppo, ha degli amici del cuore. E io sono così contenta di tutto ciò.

«Io vado nell'area giovani. Qui rischio di invecchiare di dieci anni tutti in un colpo solo» annuncia Thomas uscendo dalla cucina con le mani in tasca e fischiettando allegramente.

«Forse dovrei...»

«Tu non devi fare proprio nulla, caro. C'è Thomas che, al massimo, la controlla» Viv fa una smorfia avvicinandosi a lui sulla sedia a rotelle e dandogli una pacca sul braccio.

«Sì, ma magari avrà bisogno di aiuto nel caso scoppi una rissa» ribatte ancora Matthew appoggiandosi all'isola attaccata alla cucina.

Io sto controllando il riso sui fornelli, mentre Viv si è spostata verso il tavolo e sta sistemando il sushi su un vassoio. Matthew ha il compito di controllare il pesce misto che sta friggendo poco lontano da me.

Ci siamo presentati alla porta di casa di Christopher dopo che Matthew ha ben pensato di raggiungere la figlia senza darci modo di replicare. La scusa che ha usato è stata quella del "se poi va veloce in macchina per riuscire ad arrivare a casa in tempo e fa un incidente?", ma nessuno di noi ci ha creduto. Lo sappiamo tutti che la più prudente alla guida è proprio lei e che anche se fosse in ritardo non si azzarderebbe mai a superare i limiti di velocità. Quindi la ragione più plausibile di quella decisione è che lui voleva, una volta per tutte, conoscere questi nuovi fantomatici amici della sua adorata stella. Quindi alle sei di sera siamo andati a prendere il necessario per fare una cenetta mista tra giapponese e cinese, a base di riso alla cantonese, pesce misto fritto, sushi a volontà, involtini primavera e salsa di soia con l'aggiunta della grigliata fortemente voluta da Thomas. Per dolce, invece, abbiamo optato per il gelato fritto che preparerà poi McKenzey visto che è l'unica a saperlo fare, Dio solo sa come.

«Qui l'unico che vuole far scoppiare una rissa sei tu, Matthew» gli dico portandogli un cucchiaino con del riso e facendo lo stesso con Viv. «Dite che può andare?»

«É perfetto come sempre!» sorride entusiasta Viv riporgendomi il cucchiaio e buttandosi a capofitto nella preparazione di un po' di insalata.

«Io non indico risse. Sono una persona pacata e composta. Comunque buono!» annuisce ridandomi il cucchiaio che lascio cadere nel lavandino, accanto a quello di Viv.

«Ma se ti sei presentato ai miei amici con un "Matthew Dawson, professione giudice, alias: se tocchi mia figlia faccio passare la tua fedina da bianca a nero cenere"» McKenzey irrompe in cucina ridendo. Si avvicina a un mobiletto e comincia a tirare giù i piatti che impila uno sopra l'altro sull'isola.

«É mio dovere di padre proteggere la mia unica figlia femmina» Matthew le si avvicina dandole un bacio sulla tempia.

«Ed è spaventando i miei amici che lo fai?» McKenzey lo guarda di sottecchi appoggiando le mani sull'isola.

«Pensavo non fossi interessata alle amicizie, soprattutto quelle maschili» ribatte lui ricambiando lo sguardo.

Lei si limita a fissarlo, poi sposta lo sguardo verso di me che ricambio in una muta frase che aleggia solo tra noi due, e infine prende i piatti e comincia a uscire dalla stanza.

«Bé, a volte le cose cambiano, papà»

Lui fa una smorfia e poi mi lancia un'occhiataccia chiedendomi: «Cos'era quello?»

«Oh, andiamo, pensi che McKenzey non abbia mai avuto delle storie?» gli chiedo prendendo un grosso piatto ovale e cominciando a metterci dentro il riso alla cantonese ormai pronto.

«Questo lo so! Ma non è andata a letto con nessuno vero?»

«A bé, chi lo sa» Viv alza le spalle e gli ricorda che deve controllare il pesce.

Scuoto la testa ridacchiando, afferro il piatto che stranamente non scotta e mi dirigo verso la sala da pranzo che si trova nella stanza accanto al salotto. È lì che trovo James e Zacharia intenti a mettere sul tavolo bicchieri e bevande. Si sente un leggero odore di grigliata, probabilmente proveniente da fuori dove si trova Christopher che si è gentilmente offerto di preparare la carne.

«Non mi dica che quello è riso alla cantonese!» esclama Zacharia i quali occhi si illuminano alla vista dell'enorme piatto.

«Fatto con le mie stesse mani. E comunque dammi del tu» rispondo appoggiando il piatto in mezzo al tavolo.

«Non lo farei mai, con tutto il rispetto. Sua figlia mi farebbe decapitare per "troppe confidenze con sua madre"»

«E farebbe anche bene» aggiunge James guardandolo divertito.

Io lo osservo per un momento, mentre cerca di schivare un pugno da parte di Zacharia. È un bel ragazzo, James, davvero uno schianto di ragazzo in realtà e in questi due mesi ho avuto anche modo di conoscerlo abbastanza bene. Sempre attento a McKenzey, con quel pizzico di stronzaggine che con mia figlia devi avere per forza. Divertente, alla mano sempre sorridente e gentile. Ed è anche un playboy, a quanto ne so, un playboy irrimediabilmente innamorato di mia figlia. Vede solo lei, e io mi domando se le ragazze sempre diverse che ha se ne siano accorte.

«A proposito di confidenze, James stai con Melissa ora?» gli chiedo inclinando di poco la testa di lato.

Melissa la stronza Smith è la figlia di Beatrice la troia Taylor che è la mia ex migliore amica, attualmente mamma single in fissa, ancora, col mio ex marito. Quanto la vorrei prendere a schiaffi ogni volta che civetta con lui davanti a Viv. Ma io dico: un po' di rispetto no eh?

«No, perché?» James si volta a guardarmi e sembra davvero sincero, quindi decido di credergli anche perché se anche stessero assieme di certo non potrei costringerlo a lasciarla solo perché la reputo un brutto partito. Non sono mica la madre di James.

«Semplice curiosità. Ho visto che ti stava appiccicata prima che se ne andasse e quindi ho pensato che forse vi frequentate» scrollo le spalle e sorrido ai ragazzi.

«Mh, no no»

«Ma cosa siete, amici?» ci domanda Zacharia spostando lo sguardo da me a James e noi ci mettiamo a ridere per la sua faccia da ebete.

«Lo conosco solo un po' più di te» rispondo sempre ridendo.

«La carne è pronta!»

Mi volto e mi ritrovo davanti Thomas e Christopher con in mano piatti pieni di costolette, bistecche, hamburger, wurstel e altra carne. Li appoggiano sul tavolo, uno in una metà del tavolo e l'altro nell'altra.

«Ed ecco anche il pesce fai da Matthew. Vi leccherete i baffi dalla bontà» irrompe Matthew tenendo in equilibrio non due ma ben quattro piatti stracolmi di pesce.

«Ma se hai solo preso il pesce e lo hai gettato nell'olio» gli dice Thomas alzando gli occhi al cielo.

«E voi avete preso la carne e l'avete messa su una griglia» ribatte Matthew appoggiando i piatti sul tavolo.

«Touché- Christopher lancia uno sguardo a Thomas che gli rimprovera di non averlo difeso.

-Sushi e insalata in arrivo!»

Viv, scortata da Isabelle fa la sua entrata in scena. James si muove subito e va a prendere la teglia con su il sushi mentre Isabelle le toglie l'insalata dal grembo e la appoggia sul tavolo.

«Dov'é quella baldracca di mia sorella?»

«Ti sto preparando una bambola vodoo» ed infine ecco McKenzey che in mano ha i tovaglioli e le posate.

«Bene. Chiappe ancorate alla sedia, figlioli. È tempo di abbuffarsi!» esclamo battendo le mani e tutti si mettono a sedere pronti per la cena.

 

Se c'è una cosa che non mi sarei mai immaginato, è quella di potermi ritrovare a tavola, per cena, non avendo come unico rumore quello dei miei pensieri. Ora, invece, sono a tavola e sto animatamente parlando con altre otto persone, mi sto gustando un splendida cena e non sento la voglia di tornare in fretta e furia in camera mia.

I Dawson sono fantastici, letteralmente. Sono così alla mano e così aperti da farti dimenticare di essere in compagnia dei genitori di una tua amica. Ti sembra semplicemente di essere a tavola con un gruppo di amici più grandi e casualmente sposati. E a me questa cosa piace. Mi piace la semplicità con cui McKenzey parla con loro del più e del meno; mi piacciono i bisticci tra lei e suo fratello; mi piace la complicità che gira tra Vivienne e Caroline; e mi piacciono gli sguardi truci che Matthew riserva a me, James e Zach ogni volta che scherziamo con sua figlia. Mi piace l'aria di famiglia che gira e cavolo non voglio che finisca.

«Allora... escludendo Zacharia che sembra sinceramente preso da Isabelle, chi tra voi due vuole portarsi a letto mia figlia?» Matthew alterna lo sguardo tra me e James con aria di sfida.

«Cominciamo...» Vivienne si passa una mano sul viso scuotendo la testa.

«Matthew!» sbotta Caroline sbattendo la forchetta nel piatto ormai vuoto.

«Io vado a fare il gelato fritto» McKenzey si alza con nonchalance e con lo sguardo di chi non è stata minimamente toccata dalle parole del padre.

«No. Tu te ne resti seduta e ascolti» la ferma il padre. In tutta risposta lei alza gli occhi al cielo e si siede svogliata.

«Nel caso James dovesse negare, tu di' che sei tu così la finiamo prima» Thomas si è avvicinato a me sussurandomi queste parole all'orecchio e io non riesco a trattenere una risata.

«Quindi sei tu!»

Mi volto di scatto verso il padre di McKenzey che mi fissa. Mi guardo attorno e intercetto Vivienne, Caroline, McKenzey e Isabelle che annuiscono decise e sul fianco sento un paio di gomitate da parte di Thomas.

«Ehm...no»

Dai Dawson si leva un coro di sbuffi, seguiti da McKenzey che sbatte ripetutamente la fronte contro il tavolo, Thomas che mi fulmina con lo sguardo e Caroline che si lascia scivolare sulla sedia. Isabelle scoppia a ridere, Zacharia la guarda confusa e James è a metà della sua missione “nascondiamoci sotto il tavolo”.

Il padre di McKenzey continua a fissarmi, poi guarda anche James che subito si immobilizza e gli rivolge un sorriso tirato e infine guarda la figlia che ha appena smesso di darsi all'autolesionismo.

«Non ci credo» scuote la testa incrociando le braccia al petto.

«Le assicuro signore che...» cerco di spiegarmi ma vengo subito fermato.

«Non dirmi che non ti è mai passata per la testa l'idea di poter combinare qualcosa con mia figlia» lui alza un sopracciglio senza smettere di guardarmi.

«Con tutto il rispetto, ma c'è una scuola intera che vorrebbe combinare qualcosa con sua figlia» non riesco a trattenermi dal dirlo non per cattiveria, ma perchè devo. E penso di aver sbagliato visto che il silenzio che improvvisamente scende sulla sala è oltre i limiti dell'inquietante.

«Mai dire una cosa del genere a un padre» sussurra Zacharia non riuscendo a nascondere un po' di divertimento.

«Quindi ho una scuola intera da sbattere dentro. Buono a sapersi»

«Papà, lo sai vero che so perfettamente difendermi dai ragazzi? E poi non si dice “combinare”» McKenzey fa le virgolette con le dita seguite da una smorfia.

«Sono una persona educata io e non mi importa se ti sai difendere. Io devo indagare, scoprire e mozzare le gambe a tutti quelli che hanno un qualcosa di sinistro»

«Che in poche parole sarebbe: che nessuno si avvicini a mia figlia» ribatte Caroline passandosi una mano tra i capelli.

«Esatto» Matthew annuisce con vigore e il tutto lo fa sembrare un bambino che fa i capricci. Se non fosse per la paura di finire con le gambe spezzate, mi metterei a ridere.

«Allora dovrebbe andarlo a dire a Brandon, lui si che è un cattivo ragazzo» interviene allora James con un sorrisetto furbo sulle labbra.

«Non è vero!» ribatte McKenzey puntando un dito contro James.

E improvvimamente, senza che io me ne renda conto, l'attenzione si sposta da me a James che è intento ad elencare tutti i motivi plausibili e immaginabili per cui il padre di McKenzey dovrebbe evitare a quest'ultima di frequentare il sopracitato Brandon. E così comincia una discussione che vede il padre di McKenzey che cerca in tutti i modi di ottenere il numero del ragazzo, Caroline che lo incita a smettere, Vivienne che ha deciso di adottare la tattica del “vi ignoro” e sta portando via il suo piatto vuoto; James che tiene lontano con un braccio McKenzey, Zacharia che rincara la dose con lui e Isabelle che difende a spada tratta la sua amica.

Sento strisciare la sedia accanto alla mia e sposto lo sguardo verso Thomas che sembra voler sparecchiare. Fa per prendermi il piatto, ma io scuoto la testa e mi alzo a mia volta.

«Vengo con te prima che mi venga un mal di testa assurdo» gli dico seguendolo in cucina. Incontriamo anche Vivienne che sta tornando di là con una bacinella piena di frutta.

Thomas le rivolge uno sguardo strano, ma bello. È uno sguardo protettivo, pieno d'amore e di affetto, ma allo stesso tempo è uno sguardo che nasconde un dolore sopito, un dolore col quale si è imparato a convivere.

«Vuoi molto bene a tua madre, vero?!» gli domando poco dopo aver appoggiato il mio piatto nel lavandino. Anche lui fa lo stesso e poi si va a sedere sull'isola, con le gambe a penzoloni.

«Lei è il mio cuore» risponde lui semplicemente.

Io sorrido appoggiando il bacino contro il piano cottura.

«Lei è una delle persone più forti che io conosca. Non tutti superano una morte e una perdita motoria così come ha fatto lei, con un figlio da crescere» continua guardandosi le scarpe e i capelli allora gli ricadono sul viso in morbidi ricci rosso scuro.

«E tu sei fiero di lei»

Thomas annuisce rialzando lo sguardo e rivolgendomi un sorriso smagliante.

«E sono fiero della mia nuova famiglia. Non pensavo che sarei mai tornato a essere felice. Non pensavo che mi sarei affezionato a Matthew, ne tantomeno di poter essere accettato da Caroline e McKenzey nel giro di un paio di sguardi» continua a sorride con lo sguardo di uno che sta ricordando e ciò che vede lo rende felice.

«È sempre così in casa vostra? Voglio dire, siete sempre così affiatati?» gli domando pensando alla monotonia che rappresenta la mia famiglia, con la sua formalità che regna da sempre e la poca voglia di vivere che ultimamente hanno sviluppato i miei genitori. L'ultima cosa avvincente che io e mio padre abbiamo fatto è stata rimettere in piedi il gadzebo, ma anche in quel caso non ci sono stati più di un paio di sorrisi.

«Essere sempre affiatati è il nostro motto» mi risponde sorridendo e alzando lo sguardo verso il soffitto. «Essere uniti, esserci sempre, dirsi tutto in faccia. Sono i nostri motti» si ferma un attimo prima di ricominciare a parlare. «Mio padre mi manca sempre e costantemente. Non sento quel sordo dolore al petto che sentivo nei primi mesi e non mi sento più soffocare, ma sento comunque la mancanza della sua presenza. Solo che ora lo ricordo col sorriso sulle labbra, mentre la mia famiglia mi ronza intorno tra un bisticcio e l'altro. Io adoro i Dawson e adoro essere uno di loro. Adoro Caroline e McKenzey si è rivelata essere la sorella minore che non ho mai immaginato volessi avere. Matthew è il nostro filo conduttore, colui che ha reso tutto questo possibile. Ha dato a me e a mia madre non solo un famiglia: ci ha ridato la vita» conclude riabbassando lo sguardo e tornando a guardarmi. Potrei scommettere di tutto sul fatto che si stia trattenendo dal piangere.

«Sei stati fortunato allora» gli dico e solo in quel momento mi rendo conto del fatto che ci conosciamo da due ore al massimo, ma già Thomas sembra fidarsi di me. «Io non posso dire la stessa cosa anche se non ho perso nessun membro della mia famiglia»

«È per questo che mi hai fatto quelle domande?» inclina leggermente la testa di lato osservandomi con gli occhi socchiusi.

«Già» annuisco abbassando lo sguardo.

«E come sono i tuoi genitori?» mi domanda balzando giù dall'isola e mettendosi accanto a me.

«Freddi, troppo seriori e fissati con l'educazione. Sì, penso di aver reso il concetto» annuisco guardandolo.

Lui scoppia a ridere e automaticamente viene da sorridere anche a me.

«Ecco spiegata la strana contentezza che ostentavi a tavola. Cominciavo a chiedermi se avessi mai cenato in famiglia» mi dice tra una risata e l'altra.

«Bé, non ho mai cenato così...» scrollo le spalle ripensando alle cene a casa mia.

Un tavolo lungo, mio padre a capotavola, io difronte a lui e mia madre nel mezzo, alla destra di mio padre. Un paio di "come è andata la giornata" e il resto della cena passa in compagnia di un rigoroso silenzio. Poi, quando tutti hanno finito, ci si alza uno alla volta e ognuno torna al proprio angolo di casa: io in camera mia, mia madre nella sua stanza per la lettura e mio padre nel suo studio a ultimare alcuni progetti prima di andare a letto.

Non una mosca che vola se non una delle solite melodie di Beethoven o di Mozart.

La pacca sulla spalla di Thomas mi ridesta dai miei pensieri.

«Per quel che vale, gli amici di mia sorella sono anche amici miei» si ferma pensieroso per poi fare una smorfia. «Rettifico: gli amici simpatici di mia sorella sono anche amici miei e quando vuoi, se vuoi liberarti dalla noia di casa tua, puoi venire da noi. Tanto abbiamo le case praticamente attaccate quindi se non trovi qualcuno in una, trovi qualcun altro nell'altra» mi sorride stringendomi leggermente la spalla e poi mi lascia andare uscendo dalla cucina. Sulla soglia appare McKenzey tutta trafelata che annuncia al fratello che il padre è fuori di testa e che ha deciso di disconoscerlo come tale. Thomas in tutta risposta si mette a ridere, le scompiglia i capelli e dopo averle avvolto un braccio attorno alle spalle la porta fuori con sé dicendole qualcosa che non riesco a sentire.

 

Matthew ha continuato a tormentare la povera McKenzey anche dopo che abbiamo salutato i suoi amici pronti per tornarcene a casa. È stato davvero divertente il modo in cui ha preso in braccio mia sorella, l'ha piantata sul sedile del passeggero, le ha messo la cintura e si è poi messo alla guida chiudendo le portiere dall'interno. Io, mia madre e Caroline abbiamo quindi preso la macchina di McKenzey e li abbiamo seguiti a ruota osservando le loro teste che si muovevano e McKenzey che ogni due per tre alzava le braccia al cielo.

«Povera cara. Non deve essere per niente facile avere un fratello e un padre iperprotettivi» commenta mia madre scuotendo la testa sconsolata.

«Io non sono iperprotettivo» ribatto con uno sbuffo.

«Affatto» Caroline scuote la testa scrollando leggermente le spalle. «Hai solo cambiato i tuoi turni al lavoro in modo tale da poterla portare a scuola e poi tornare a prenderla da quando hai scoperto che ha il ciclo. Hai convinto tuo padre che era meglio non lasciarla andare al mare da sola con Isabelle perché non si poteva mai sapere cosa sarebbe successo e quindi ti sei offerto di andare con loro. Quando McKenzey è tornata a casa furiosa a causa di Melissa, hai quasi convinto tuo padre a fare un'ingiunzione restrittiva nei confronti di Melissa, un'ingiunzione che prevedesse che la suddetta stesse lontana da McKenzey per la distanza che c'è tra l'America e l'Australia» ferma la macchina in prossimità di un semaforo rosso per poi rivolgermi uguardo attraverso lo specchietto retrovisore. «E la spii dalla finestra di camera tua ogni volta che la mattina va a scuola con James» conclude per poi rimettere in moto appena scatta il verde.

«Questo è il dovere di ogni fratello. Non c'entra nulla con l'essere iperprotettivi e poi io stasera ho pure suggerito a Chris di negare pur di non scatenare il finimondo. Quindi non sono affatto iperprotettivo» appoggio la schiena al sedile e incrocio le braccia al petto.

Ok, forse la spio ogni tanto, forse in passato la accompagnavo a scuola perché non mi fido degli ormoni maschili, ma cavolo mia sorella è passata dall'essere bella ad essere una bomba ad orologeria e non voglio nemmeno immaginare in che modo perverso l'abbiano notato anche gli altri ragazzi.

Ammetto anche di aver fatto a pugni con alcuni ragazzi che si sono approfittati di lei, nonostante lei non me l'abbia mai chiesto, ma ora mi sono leggermente calmato. O meglio, la tengo d'occhio ma in modo più discreto, osservandola e contando fino a cento prima di decidere se è il caso di iniziare una spedizione punitiva. So bene che McKenzey non chiede mai aiuto perché sa cavarsela benissimo da sola, ma è più forte di me: provo un forte senso di protezione nei suoi confronti, soprattutto da quando ho saputo come è rimasta orfana.

Nonostante il lungo tragitto, ci mettiamo davvero poco per arrivare a casa. Parcheggiamo entrambe le auto nel vialetto di casa nostra, ovvero mia, di Matthew e di mia madre.

Matthew e McKenzey escono dalla macchina come delle furie e entrano in casa allo stesso modo. Io aiuto mia madre ad accomodarsi sulla sua sedia a rotelle e poi la spingo in casa seguito da Caroline.

Una volta entrati, Caroline chiude la porta dietro di sè a chiave e lascia cadere le chiavi dell'auto sul tavolino che si trova proprio accanto alla porta. Io, nonostante le sue proteste, spingo mia madre fino alla sua camera da letto. Sua e di Matthew, ovviamente. Si trova al piano inferiore della villa a due piani che Matthew anni fa, poco dopo essersi lasciato con Caroline, aveva comprato per non dover rompere completamente i rapporti con Caroline e soprattutto per non doversi separare dalla figlia che tanto aveva voluto. All'inizio dormiva in una delle stanze di sopra, ma poi, dopo aver conosciuto mia madre e averle chiesto se voleva andare a convivere con lui, ha trasferito il tutto in una delle stanze inferiori per poter agevolare mia madre.

«Se le imponessi di non uscire martedì, dici che mi ascolterebbe?» domanda a mia madre una volta che mi fermo con lei proprio davanti a lui. E' seduto sul letto e appena ci avviciniamo prende per mano mia madre che accenna una risatina.

«Dico che se hai intenzione di farlo allora preparati per denunciare la scomparsa di tua figlia» e sempre ridacchiando mia madre si dirige verso la cabina armadio, la apre e ci si fionda dentro alla ricerca di un pigiama nuovo.

Matthew quindi si volta verso di me e mi rivolge un sorriso radioso che io interpreto come un “so che posso contare su di te quando si tratta di tua sorella”. Scuoto la testa, mi volto ed esco dalla camera dicendo: «Scordatelo. Io al momento mi limito a spiarla e ha partire in quarta solo se sono certo che il tipo in questione sia un ba... cioè, una persona inaffidabile». E così dicendo gli faccio un cenno con la mano e salgo le scale fischiettando. Mentre salgo le scale senza fretta, immagino mia madre riemergere dalla cabina armadio con in mano il suo pigiama; lo appoggia sul letto accanto a un Matthew pensieroso e comincia a cambiarsi a partire dalla parte superiore. Una volta arrivato il momento dei pantaloni Matthew, sempre intento a pensare a come evitare che McKenzey esca martedì, la prende in braccio e la fa sedere sul letto. Le sfila delicatamente i pantaloni mentre lei gli accarezza i capelli ascoltandolo in silenzio mentre borbotta qualcosa su un provvedimento giudiziario. Poi le infila i pantaloni, cosa che potrebbe fare lei da sola ma a volte capita che lo faccia lui, e infine la fa sdraiare nella sua parte del letto. A questo punto si cambia anche lui e si sdraia accanto a lei, la prende tra le braccia, smette di escogitare piani, e comincia a darle baci su baci, la fa sentire la più bella del mondo, la culla e la osserva finchè non si addormenta. Solo allora, lui chiude gli occhi e si lascia trasportare via dalle braccia di Morfeo.

Entro in camera mia e ci trovo McKenzey seduta a terra in un pigiama di Stitch intero, il cappuccio con tanto di orecchie è tirato su, i capelli lasciati liberi sulle spalle le ricadono sul viso. Ha le gambe incrociate e su di esse vi è appoggiato un libro di quelli che lascia tatticamente in camera mia “per ogni evenienza”, così come i pigiami e un suo set di bellezza in miniatura in un angolo del mio bagno. Non riesco nemmeno a contare quante volte la sua roba nella mia stanza ha fato infuriare le mie conquiste. Una volta, stufo di come un paio di libri o un rossetto trovato in bagno potessero rovinare una nottata tra le lenzuola, ho messo tutta la sua roba in una scatola. Sono uscito di casa in boxer seguito dall'ennesima ragazza che mi stava urlando contro quanto porco fossi, ho raggiunto casa di McKenzey e dopo un paio di forti colpi la porta mi è stata aperta da Caroline che ha squadrato prima me e poi la ragazza dietro di me, che si era prontamente messa addosso una vestaglia. Ha trattenuto una risata e con voce squillante ha chiamato mia sorella che è scesa di sotto. Le ho messo in mano la scatola e poi me ne sono tornato a casa mia ignorando le lamentele di quella vecchietta rompipalle di Stacy che minacciava di chiamare la polizia per “nudità in luogo pubblico”. Solo lei si inventa frasi del genere...

Nemmeno dieci minuti dopo, la mia adorabile sorellina si è fiondata in casa mia, ha salito le scale di corsa e, proprio mentre la ragazza con cui stavo mi stava chiedendo scusa in una maniera davvero appagante, lei è entrata in camera mia sbattendo la porta e ha rimesso le sue cose al suo posto. Si è voltata verso di noi, ha lanciato addosso alla mia ragazza la scatola e mi ha fulminato con lo sguardo dicendomi: «Non ti azzardare mai più a mettere tua sorella in secondo piano rispetto a una delle tue ragazze» e poi è uscita dalla stanza scendendo le scale con la grazia di un'intero branco di mammut.

«Che libro stai leggendo stavolta, sexy nerd?» le chiedo entrando e chiudendomi la porta alle spalle.

Lei alza lo sguardo su di me e mi mostra il libro che ha in mano.

«Lei alla fine non si suicida sotto un treno?» mi siedo accanto a lei prendendo il libro in mano.

«Già, ma rimane comunque un libro bellissimo» commenta lei riprendendosi il libro e alzadosi da terra per appoggiarlo sulla mia scrivania.

«La Knightly di certo è gnocca nel film» sospiro io con una nota di ammirazione nella voce. Lei accenna una risata guardandomi poi va a stendersi sul mio letto.

«Vero. Infatti per me lei è perfetta per ruoli come quelli... vedi la Duchessa o Lizzy in Orgoglio e Prejudizio» scosta le coperte finendoci sotto e coprendosi fino alle spalle.

Dopo un po' mi alzo, vado in bagno, mi cambio e torno in camera. Spengo la luce, mi sdraio accanto a lei e le prendo una mano nella mia stringendola.

«Tutta sexy la mattina e poi la sera ti nascondi dentro pigiami assurdi in compagnia di un libro» le dico sorridendo.

«Non mi nascondo affatto. Pensa a quante oche in meno ci sarebbero se facessero tutte come me» puntualizza lei sistemandosi meglio sul cuscino.

«Meno oche e più ragazzi innamorati» rispondo passandomi la mano libera tra i capelli.

«E i ragazzi innamorati che centrano?» mi domanda con un'espressione perplessa. Le sopracciglia aggrottate, la smorfia della bocca, lo sguardo confuso... è così buffa quando fa così.

«Bè, se fossero tutte più come te, ci sarebbero più ragazzi innamorati. Prendi Isabelle, lei è riuscita a far innamorare di lei uno come Zach» scrollo le spalle per quanto posso.

«Uno come Zach? Lo conosci da tre ore al massimo» mi lancia un'occhiataccia. Lei odia quando si tirano conclusioni affrettate su una persona che si conosce da poco e tendenzialmente evita di giudicare una persona senza conoscerla.

«Mi sono bastate per intuire che si è fatto passare tutte le ragazze della sua età della scuola» le rispondo guardandola negli occhi. «Mi sbaglio?!»

Lei non ribatte all'inizio, sostenendo il mio sguardo solo come lei sa fare, senza mai cedere. Dopo svariati minuti si limita semplicemente ad aggiungere: «Non solo della sua età»

Mi lascio andare ad una leggera risatina. Vorrei dire altro, fare un altro esempio, ma decido di tenere il tutto per me. Chiudo gli occhi e uguro la buonanotte alla mia apparentemente ingenua sorella.

 

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Capitolo 8
*** APPUNTAMENTO COL MARTEDI' ***


 

CAPITOLO VIII

 

UN APPUNTAMENTO COL MARTEDI'

 

 

Ore 20:20

Ho appena finito di cenare con Lidia che poi si è rintanata in camera sua. O meglio, potrei aver rifiutato malamente il suo tentativo di farmi finire a letto con lei e poi dedicarci a una notte di sano sesso.

Insomma, sì, stiamo assieme e sì, a lei ci tengo, ma a volte mi viene così difficile costringermi a volerla con tutto me stesso. Che poi non dovrei nemmeno costringermi dato che sono stato io a chiederle di mettersi assieme a me. Comincio a pensare di averlo fatto più per tenermi impegnato e per togliermi dalla testa una determinata persona che per altro. Però all'inizio mi piaceva sul serio, volevo davvero passare un sacco di tempo con lei e adoravo il modo in cui mi guardava quando le raccontavo dei miei innumerevoli viaggi in giro per il mondo. Ma ora... Ora boh.

Ora è cambiata? No, sarei un ipocrita se lo dicessi.

Ora sono cambiato io? Nah, io so bene che una parte di me mi ha sempre detto di non cimentarmi in questa situazione. Il bambino che è in me, quello che sperava che il suo primo bacio sarebbe stato lei, è ancora lì che scalpita per la sua occasione persa e che prende a calci il me grande che ha deciso di andare in Erasmus in Italia. E la mia parte matura lo lascia fare perché, cavolo, ogni volta che la vede vorrebbe allungare una mano, farle attraversare lo schermo, prenderla e baciarla a più non posso.

Mi lascio cadere sul letto accanto al mio computer che afferro. Apro la pagina Skype e controllo i contatti.

Fesserie, controllo se lei è online e quando il pallino verde mi balza all'occhio, un sorriso che va da un orecchio ad un altro mi si stampa in viso e la freccetta va a cliccare sul tasto "videochiamata".

Attendo impaziente consapevole del fatto che però avrei dovuto avvertirla come faccio di solito, in modo da assicurarmi l'intera serata da passare a parlare con lei e magari a guardare un film assieme. Per questo motivo quando vedo che dopo svariati minuti ancora non mi risponde, con un sospiro sto per mettere giù quando finalmente compare qualcosa. Per la precisione, una mela rossa tra due mani pallidissime e sopra la scritta "Twilight".

«Buonasera Edward glitter-vivente Cullen» mi rivolgo al libro con sguardo leggermente accigliato ma pur sempre divertito.

La sua bellissima risata risuona lontana da me. Credo non sia davanti al computer, ma ciò non spiega il perché di quel libro piantato lì.

«Ma si può sapere cos'avete tutti contro Edward?» risponde senza però togliere il libro.

«Io non ho nulla contro Edward, solo vorrei che qualcuno gli facesse notare che Dracula non brillava» sbuffo alzando gli occhi al cielo. Un vampiro che brilla? Seriamente?

«Mica ha scelto lui di brillare e poi è figo da impazzire. Robert è figo da morire...»

«Mah, io non ci trovo nulla di figo in lui» scrollo le spalle e faccio una smorfia, ma tanto lei non mi può vedere e io non posso vederla. Qualcuno che le dica di rendere la visuale migliore non c'è?

«Perché sei un maschio e non capisci il fascino inglese» risponde lei. Sento dei fruscii in sottofondo e anche una canzone, probabilmente una canzone rap o hip hop.

«Fino a prova contraria sono anche io inglese. Ma comunque, perché non mi levi questo libro di torno?» sbotto ad un certo punto.

Lei non se la prende, anzi, scoppia in una leggera risatina prima di rispondermi.

«Cisco, sono mezza nuda e probabilmente non avrei nemmeno dovuto risponderti, ma avevo proprio voglia di sentirti» dichiara con la voce leggermente camuffata.

Ma io sono fermo a “mezza nuda”. McKenzey è in camera sua, a un libro di distanza dai miei occhi, mezza nuda. Che poi, mezza nuda in che senso? Nel senso che è in intimo, che ha su solo top e mutante, che non ha un top ma le mutande sì, che è in reggiseno ma senza mutande... insomma, in che senso?

«Cisco, sei morto?»

«Cosa...eh?» domando riscuotendomi da pensieri che dovrei avere solo su Linda e non su McKenzey. «Cioè, sì, ci sono. Ehm... cosa ci fai mezza nuda in camera tua?»

Silenzio.

E ancora quello stupido libro piantato lì.

Silenzio.

Ma stavolta quel libro si sta muovendo e al suo posto compare un viso. Il viso. E' sorridente e completamente struccata, con i capelli tirati su in uno chignon disordinato. E poi le ragazze si fanno problemi a farsi vedere al naturale quando a parer mio sono decisamente meglio e anche più vere che mai.

«E' camera mia e fino a prova contraria posso girare qui dento anche nuda senza farmi chissà quali problemi» si scosta una ciocca sfuggita dallo chignon riportandola tra i capelli e fissandola con una molletta. «Comunque mi sto preparando per uscire con un ragazzo» continua e il sorriso le si allarga ulteriormente sul viso. Poi si alza e si allontana di qualche passo dalla cam per mostrarsi in tutta la sua persona. Indossa un vestitino semplice, bianco e che le arriva a metà coscia. Ha le maniche a tre quarti e in corrispondenza del punto vita il tessuto è in pizzo oltre il quale si vede la sua pelle. Non ha alcuno scollo ed è completamente coperta fino alle clavicole. Fa un giro su se stessa e dietro di scopre uno scollo a V che arriva a metà schiena e delle piccole catene collegano una parte dello scollo all'altra. Ai piedi indossa un paio di stivali chiusi neri che arrivano al ginocchio e hanno il tacco a spillo.

«Allora, può andare?» mi domanda mentre io cerco di mettere assieme due parole per creare una frase di senso compiuto.

«Ehm.. sì, insomma... wow» alla faccia del senso compiuto. Ma non riesco davvero a dire nulla di concreto... cioè, lei è bellissima e in questo momento è anche sexy da far schifo. E vorrei intimare al ragazzo con cui sta per uscire di non azzardarsi a toccarla o a guardarla o a respirare la sua stessa aria perchè provvederei io stesso a fargli pentire di essere nato.

«Ci ho messo ore a capire come mi sarei dovuta vestire e questo penso sia l'outfit migliore» mi dice compiaciuta dandosi un'occhiata allo specchio alla sua destra.

«Se l'intento è quello di far schiattare sul posto il povero ragazzo, bè, allora l'outfit è davvero perfetto» rispondo io con un tono meno sarcastico di quel che doveva essere.

Lei torna a guardarmi con sguardo leggermente accigliato.

«Fingerò di non aver notato la nota di scherno che si celava dietro alle tue parole» dice riavvicinandosi e mettendosi a sedere difronte a me. «E poi ora mi devo truccare e piastrare i capelli che tra venti minuti Brandon sarà qui e non mi va di essere in ritardo» e così dicendo si sposta leggermente dalla mia visuale e comincia ad armeggiare, suppongo, con la sua trousse.

Ci sono tantissimi difetti che una persona potrebbe avere: fare rumore mentre mangia, essere troppo permalosa, pensare troppo a sé stesso, riempirti la chat di whatsapp con foto sue. E poi ci sono io che trovo che la capacità di Mckenzey di capirmi fino in fondo sia il suo più grande difetto quando invece dovrebbe essere un pregio. Davvero, odio quando riesce a leggermi, a capire quel che sto pensando o quello che sto per dire. Odio quando mi fa domande a cui non posso fare a meno di rispondere sinceramente. Odio il fatto che lo faccia apposta, per mettermi in difficoltà, per spingermi a rivelarle anche il più nascosto dei miei segreti. Odio tutto questo perchè questa sua capacità è difettosa. Capisce tutto, ma ancora non ha capito che sono innamorato di lei e certe volte questa cosa mi fa imbestialire e per questo litighiamo e io mi ritrovo a doverle chiedere scusa perchè infondo non è colpa sua se io non ho il coraggio di dirle cosa provo per lei.

«Quindi il tipo si chiama Brandon... e come lo hai conosciuto?» chiedo fingendomi interessato quando invece l'unica cosa che vorrei fare è chiuderla in camera e non farla uscire per i prossimi dieci anni.

«Te ne ho parlato. È il fratello di quella Nancy, quella che ha accusato Zach di averla indotta a stare con lui per poi scaricarla senza tanti complimenti» risponde lei muovendo una mano nella mia direzione.

«Sì, mi ricordo di lei. E come è passato dallo stendere Zach al chiederti di uscire?»

«E' stata una questione di sguardi, anche se non so esattamente cosa mi abbia spinta a dargli il mio numero. Forse il fatto che il resto della squadra l'ha fortemente dissuaso dal provare a flirtare con me e quindi mi sono sentita in dovere di dover smentire ogni loro convinzione» sicuramente sta ridacchiando perchè lo sento dal tono della sua voce.

«Giusto, mi ero dimenticato per un attimo che tu fai sempre il contrario di ciò che crede la gente» annuisco lasciandomi sfuggire un sorriso. Ricordo di quando, all'orfanotrofio, si era spinta nei sotterranei dell'edificio dopo che le suore ci avevano fortemente vietato di provare ad avvicinarci ad essi. Non c'è stato alcun “non possiamo” o “ci puniranno” che l'abbia convinta abbastanza da dissuarderla dall'andare a vedere se ci fosse o meno qualcosa di speciale. E, siccome io e James ci eravamo autoproclamati suoi protettori, abbiamo dovuto per forza seguirla. Non è stata esattamente un'esperienza da ricordare, per tutti e tre.

«E cosa ne pensa James di questa tua uscita?» domando ad un tratto avvicinandomi alla cam con uno scatto. Sono sicuro al cento per cento che James si è fortemente opposto a tutto ciò durante una delle sedute. Le sedute in questione sono una sorta di riunione che indiciamo per decidere di alcune questioni, importanti o meno che siano. A quella di ieri non ho potuto partecipare su skype perchè sono uscito con Lidia che mi ha trascinato a vedere un film che tanto aveva sognato. Comunque, a queste sedute solitamente si vota in modo democratico, quindi la maggioranza dovrebbe vincere. Quando si tratta di uscite, però, è più un modo per esprimere il proprio parere al riguardo che a invogliare la persona in questione a dar buca a colui o colei con il/la quale dovrà uscire.

«JJ... bè, è già tanto se non me lo ritrovo sotto casa con un fucile in mano pronto a sparare in testa a Brandon. Per fortuna, se così la si può definire, esce con un'altra ragazza, ma ho la sensazione che abbia accettato con la speranza di trovarmi fuori e quindi di tenermi d'occhio» risponde passando davanti al mirino della cam permettendomi di intravedere le sue labbra ricoperte da un rossetto rosso. Probabilmente a fine serata non ci sarà più e sarà spalmanto sulle labbra di un altro o addirittura sul suo petto e chissà in che altri posti.

Scuoto la testa. No, McKenzey non ha mai fatto cose del genere e non si spingerebbe mai oltre una serie di baci al primo appuntamento. L'idea però non accenna a volersi levare dalla mia testa.

«Gli manderò un messaggio dicendogli che approvo ogni suo tentativo di sabotare la tua uscita. Infondo gli amici si sostengono sempre» affermo ricevendo un'occhiata di scherno da una McKenzey intenta a piastrarsi i capelli.

«Siete impossibili» scuote la testa e andiamo avanti a parlare per una decina di minuti fino a quando da sotto non si sente la voce della madre di McKenzey che la chiama. Questo significa solo una cosa: Brandon è arrivato.

«Bene, è ora che io vada. Augurami buona fortuna» si alza dalla sedia tutta sorridente e va a prendere una borsetta nera con le frange sui lati.

«Sinceramente spero che non ti piaccia per niente» incrocio le braccia al petto e mi appoggio al muro dietro di me.

«Siete incorreggibili tu e JJ. Smettetela di essere così iperprotettivi. Ci pensano già Thomas e Matthew a rendermi difficili le uscite» scuote la testa contrariata, si riavvicina allo schermo, mi saluta, mette giù e poi immagino cominci a scendere le scale. Ma questo non lo posso sapere visto che ora sto fissando uno schermo privo della sua immagine. Con un sospiro spengo il computer e lo appoggio sul comodino. Prendo il mio pacchetto di sigarette e ne accendo una avvicinandomi alla finestra che spalanco per evitare che l'odore di fumo si impregni nelle pareti e mi costi una possibile espulsione. Frederik, il mio compagno di stanza, è uscito a sua volta e ha annunciato che non sarebbe tornato prima di mezzanotte. Bah, ma nessuno si è accorto che è martedì e che domani teoricamente bisognerebbe andare a scuola?

 

 

Ore 20:50

«É venuto a prenderla e ora stanno camminando uno accanto all'altro. Per fortuna non sono mano nella mano»

Faccio una smorfia nel vedere mia sorella camminare accanto a quel tizio che purtroppo domenica non ho avuto modo di conoscere. Magari avrei dovuto acconsentire ai piani di Matthew riguardo al sabotaggio della loro uscita.

«La smetti di spiarla come un maniaco sì o no?!»

«No» rispondo secco per poi sussultare. McKenzey ha alzato lo sguardo in direzione della mia finestra e ha alzato un braccio per salutarmi. Colto in flagrante, abbasso il binocolo e abbozzo un sorriso innocente in direzione di mia sorella fulminando con lo sguardo il tipo accanto a lei che ha abbassato la testa come se fosse imbarazzato.

Una figura improvvisamente si materializza accanto a me facendomi fare un balzo e Chris compare scostando l'altra tenda dalla finestra e salutando tutto contento mia sorella che è passata dal "ti ho scoperto Thom" al "ciao Chris! Che bello vederti!". Anche il tipo sembra essersi rinvigorito e lancia un sorriso amichevole a Chris che lo ricambia volentieri. Poi sia lui che McKenzey tornano sui loro passi diretti verso una jeep nera poco lontano da qui.

«Quello è un pappamolle» dichiaro rimettendo apposto le tende e appoggiando il binocolo sul cassettone.

Chris è tornato a sedersi per terra e sta osservando tutti i DVD che ha sparpagliato intorno a sé alla ricerca di uno decente da guardare.

«Se fosse stato più sfacciato sarebbe stato meglio?» mi domanda porgendomi un DVD.

«No, sarebbe stato uno stronzo e gli stronzi non le si devono nemmeno avvicinare» osservo il DVD che ho in mano su cui vi è scritto "Terminator". Faccio una smorfia e glielo restituisco scuotendo la testa.

«Appunto... Brandon va più che bene e lo dimostra il fatto che se si toccano le cose che ama diventa una belva» mi passa un altro DVD che subito scarto lanciandolo sul letto.

«Zach ha la faccia di uno che farebbe diventare una belva chiunque» scrollo le spalle e mi siedo accanto a lui per velocizzare la ricerca di un film da guardare.

«É del mio migliore amico che stai parlando e, per quanto siano discutibili certi suoi modi da porco, è davvero un ragazzo d'oro» mi ammonisce con uno sguardo non troppo severo prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a due film che ha in mano.

Quando domenica gli ho esplicitamente detto che "mi casa es tu casa", non avrei di certo mai pensato che mi sarei ritrovato io a proporgli di farmi compagnia davanti a un film. In un certo senso, l'ho fatto anche perché visto che tutti gli altri sarebbero stati impegnati, ho immaginato che si sarebbe dovuto confinare in camera sua per sfuggire ai genitori e poi annoiarsi tutta sera. Non penso sia il tipo da prendere il cellulare e chiamare una ragazza giusto per avere qualcosa da fare. O almeno non mi ha dato quella impressione. Io avrei potuto farlo, ma stasera non mi va proprio di crogiolarmi sotto le lenzuola di una ragazza e poi posso sempre rifarmi.

«Facciamoci una maratona di "Iron Man"» butto lì dopo quel silenzio infinito.

Chris annuisce con vigore. «Sì, è decisamente un'ottima idea»

 

Ore 21.10

 

Mi ha portata al ristorante di suo padre e ora è dietro i fornelli e mi sta preparando la cena! *Occhiacuoricino*

 

Gli angoli delle mie labbra si piegano all'insù e mi si stampa un sorriso in viso. Non è però un sorriso di quelli pieni e sinceri al cento per cento.

«Ti ha scritto uno spasimante?»

Zach non si muove di un millimetro ma stacca gli occhi dalla tv per un paio di secondi.

Siamo a casa mia, in salotto, e Zach sta giocando a calcio con la Play Station. E' arrivato un paio di ore fa, esattamente dieci minuti prima che i miei uscissero a cena, e non abbiamo nemmeno provato a preparare qualcosa perchè sapevamo entrambi che avremmo finito col mandare a fuoco la cucina. Così abbiamo ordinato del cibo cinese e ce lo siamo mangiato in cucina, al riparo da qualsiasi distrazione tecnologica, cullati l'uno dalle parole dell'altro. Poi, dopo aver finito di cenare, abbiamo fatto zapping initerrottamente e, non trovando nulla di interessante da guardare, Zach ha deciso di fiondarsi sul calcio. Io inizialmente mi sono seduta sul divano per controllare i miei appunti poi, non so come, sono finita a terra, tra le sua braccia, con lui che continuava imperterrito a giocare ma che non ne voleva sapere di lasciarmi andare. Così ho semplicemente preso il cellulare e mi sono messa a guardare svariati video su Youtube e a messaggiare con alcuni amici.

«La mia picciridda mi ha mandato un aggiornamento per quanto riguarda il suo appuntamento» gli rispondo bloccando il cellulare e poggiandolo accanto a noi, per terra.

«Picciridda?» un solco accigliato gli si forma tra le due sopracciglia e mi viene automatico sorridere per la sua espressione: sembra un bambino.

«Sì, il mio nuovo nomignolo per McKenzey. Cisco mi ha detto che è dialetto siciliano e dovrebbe significare “bambina o piccolina”» gli spiego con l'aria di una che la sa lunga.

«Quindi questa settimana ti sei data al dialetto siciliano» ridacchia lui per poi spegnere la Play Station e appoggiare il joystick a terra.

«Lo sai che mi piace chiamarla in modi sempre diversi» faccio spallucce e mi alzo.

«Lo so, lo so» risponde con un tono che mi costringe a voltarmi verso di lui per osservare la sua espressione. Sembra tranquillo, ma ho la sensazione che la sua risposta celi un qualcosa di sottinteso.

Si alza anche lui da terra portando con sé il joystick che poi appoggia sulla Play Station. Si liscia i pantaloni con le mani per poi stiracchiarsi come un bambino. Sorrido scuotendo la testa e recupero il mio cellulare; impilo i miei appunti uno sopra l'altro e dedido di lasciarli sul tavolino del salotto, al massimo li recupero domani mattina.

«E come mai non ha scritto direttamente nel...» fa una pausa e sul suo volto passa un flash che associo alla consapevolezza di un fatto. «James»

«E Cisco» aggiungo sedendomi sul divano e facendogli segno di seguirmi.

Si siede accanto a me incrociando le gambe e appoggiando un braccio lungo lo schienale.

«Dovremmo andare a trovarlo» dice attirandomi a sé. Distende le gambe lungo il divano e io mi volto con la schiena verso il suo petto contro il quale mi appoggio. Adoro quando mi avvolge con tutto il suo corpo: mi sembra di essere protetta da tutto e da tutti e anche di essere l'unica persona al mondo per Zach. E, anzi, in realtà lo sono.

«E quando potremmo andare a trovarlo?» domando sinceramente sorpresa. Anche McKenzey ogni tanto accenna all'eventualità di poterlo andare a trovare, magari per fargli una sorpresa e quindi senza anticipargli nulla, ma non abbiamo mai pensato di mettere concretamente in atto quest'idea. E poi abbiamo sempre dato per scontato che magari la sua famiglia sarebbe andata a trovarlo e averci tra i piedi di certo non gli avrebbe giovato.

«Ma a Natale, mi pare ovvio!» ribatte lui cominciando a giocare con una ciocca dei miei capelli. Li adora, dice sempre che sono più luminosi del sole e che mi incorniciano il viso quasi a formare un'aureola come quella degli angeli. Nessuno conosce questa parte di lui, la parte dolce e romantica, la parte che prevale quasi sempre quando è con me. Questa sfaccettatura del suo essere che è più unica che rara.

«A Natale?»

«Mi sa che dovrò rivedere il mio discorso sul perché mi sono innamorato di te. Devo togliere la parte "è la ragazza più intelligente che conosca" ma non dirò che sei stupida solo perché non ti reputo stupida nonostante la figura che stai facendo ora» lascia andare la mia ciocca e porta entrambe le sue braccia attorno alla mia vita.

«Deficiente» sbuffo cercando di allontanarmi da lui invano. Farò anche karate, ma Zach è sempre e comunque più forte di me. Forse è solo perché faccio schifo ma mi ostino ad andarci perché voglio arrivare fino in fondo. «Quindi tu proponi di andarlo a trovare per le vacanze di Natale» continuo osservando distrattamente le sue mani. «Bé, non vedo dove sia il problema in realtà» sorrido alzando il capo verso di lui. «Ma ho la sensazione che la tua proposta abbia un secondo fine»

Zach ridacchia malizioso e si abbassa per darmi un bacio sulla fronte.

«Io non vivo di soli secondi fini... O quasi» e mi fa voltare tra le sue braccia, mi fa sedere sul suo bacino e mi stampa un bacio sul collo facendomi ridacchiare leggermente.

«O quasi...» gli faccio eco cingendogli il collo con le braccia mentre lui continua imperterrito a baciare, mordere e succhiarmi il collo. Sorrido contro il suo orecchio sentendo l'eccitazione salire sempre più.

Svariate volte McKenzey mi ha chiesto come mai io non abbia mai dato di matto per tutte le volte in cui Zach è stato a letto con altre ragazze. Tutte le volte la mia risposta è stata che non ce n'era bisogno. Il fatto è che ci sono poche cose nella mia vita di cui sono certa al cento per cento: la mia famiglia, McKenzey e Zach. Non ho bisogno di fare scenate di gelosia perché 1) non è nel mio stile e 2) Zach è mio, solo ed unicamente mio. Non so esattamente cosa io abbia fatto per ancorarlo a me, ma è successo ed è stata la cosa più bella della mia vita. Lui è la cosa più bella della mia vita in tutto e per tutto ed è comparso in un momento in cui credevo di non sapere più chi fossi, un periodo in cui la mia migliore amica era allo stesso tempo uno splendido sogno e il mio incubo peggiore. Io non sono gelosa delle altre perché rispetto il fatto che Zach abbia bisogno di tempo per abituarsi all' idea di avere finalmente una relazione stabile e perché io sono l'unica dalla quale torna, l'unica alla quale pensa di continuo, l'unica che abbia mai avuto accanto a sé la mattina dopo.

Quindi sì, aspetterò e se dovrò aspettare molto non mi importa perché per Zach ne vale la pena.

 

Ore 22.00

«Melissa devi per forza stritolarmi il braccio?»

«Ops, non mi ero accorta di aver stretto così tanto» si giustifica lei allentando leggermente la presa, ma pur sempre facendomi male.

Melissa, poco dopo la festa, mi ha chiesto di uscire insieme una sera. Non so cosa mi abbia spinto ad accettare, fatto sta che ora mi ritrovo in una sorta di bar, seduto ad un tavolo accanto alla finestra con un bicchiere mezzo vuoto e Melissa che sembra non volersi staccare dal mio braccio. Non mi è mai successo di uscire con una ragazza così appiccicosa, o semplicemente non ci ho mai fatto caso. Anzi, con Melissa tutti i "se lei fosse qui" sembrano amplificati, quasi come se ci fosse un diavoletto sulla mia spalla che non fa altro che ripetermi all'orecchio quanto io stia sbagliando.

«Comunque, dicevo che penso che mia madre si sia innamorata di te. Insomma, hai visto come ti ha guardato?» alza la voce di qualche nota sull'ultima parola, quasi come se lo facesse apposta.

«A dire il vero non mi ha solo guardato, ma mi ha letteralmente detto che sono un gran bel pezzo di cioccolatino» preciso ridendo e sentendo lei fare lo stesso.

«Mia mamma è sempre molto schietta, lei non ha peli sulla lingua, come me» si scosta dalle spalle i capelli con un movimento alla "sono meglio io" e porta il suo cocktail alle labbra. Mi ritrovo ad osservarla come non ho mai fatto in tutta la serata fino ad ora. Ha un fisico da modella, senza un filo di pancia, una seconda di seno, delle gambe lunghe e dritte e un lato B nella norma. Sembra tanto una di quelle ragazze che si vedono nelle foto di Tumblr, quelle a cui spesso e volentieri le ragazze “comuni” aspirano. Ha le labbra sottili velate da un filo di lucidalabbra e gli occhi sono grandi, luminosi e incredibilmente verdi.

«Bé, a me piacciono le persone sincere» scrollo le spalle distogliendo lo sguardo da lei e posandolo sulle strade di Los Angeles. C'è gente che va e gente che viene, coppiette che girano mano nella mano, bambini rincorsi dai genitori e gruppetti di amici che si danno alla pazza gioia con delle bottiglie di birra in mano. Ed è solo martedì.

«Mi chiedevo... Cosa c'è tra te e McKenzey?»

Mi volto di scatto come se fossi stato appena punto da un'ape.

«C-cosa?»

«Mi hai sentita... Tra te e "miss non vi guardo nemmeno se mi pagate" c'è qualcosa e non immagini le teorie che girano a scuola al riguardo» mi guarda divertita socchiudendo gli occhi dai quali sembra quasi scaturire un lampo verde.

«Che teorie?»

Se cercava la mia attenzione è appena riuscita a conquistarsela.

«Tutta la scuola concorda nell'affermare che voi due vi piacete..» fa una smorfia disgustata e mi ci vuole tutta la pazienza del mondo per non cominciare a insultarla.

«E sarebbe un problema se così fosse? Urterebbe la tua sensibilità?» le domando non riuscendo a trattenere però un tono infastidito.

«Affatto» scrolla le spalle senza guardarmi e si mette a giocare con il suo bicchiere. «Ma tutti si chiedono: perché non stanno assieme se si piacciono?» rialza lo sguardo. Stacca il braccio che aveva ancorato al mio e fa congiungere entrambe le mani che poi porta sotto il mento senza staccare lo sguardo dal mio. Inizia a farmi leggermente paura.

«C'é chi dice che è colpa di McKenzey che non si accorge di quello che provi tu; c'è chi dice che invece tu ti sia confessato e che lei ti abbia dato un due di picche perché non sa come stare con un ragazzo e quindi preferisce stare senza...»

«Ti rendi conto del fatto che è assurdo?»

«Assurdo questo? Non hai ancora sentito le altre teorie» alza una mano per impedirmi di ribattere e poi continua a parlare. «Quasi tutti i maschi concordano nel dire che siete andati a letto e lei è rimasta delusa dalle tue dimensioni, ma comunque ti ama e non riesce a toglierti gli occhi di dosso. C'è chi dice che siete entrambi dei masochisti repressi e che vi piace farvi del male non stando assieme o andando a letto con chiunque per scatenare la gelosia dell'altro. Infine, c'è chi dice che in realtà siete fratello e sorella e che stare assieme sarebbe illegale e disgustoso e quindi preferite essere solo amici» conclude soddisfatta.

Sono senza parole. Davvero tutti pensano questo di noi? E poi, pensano che ci piacciamo? Che io piaccia a McKenzey? Si vede che non la conoscono per niente.

Scuoto la testa portandomi una mano sul viso sconsolato, scioccato e incredulo.

«Melissa, non dirmi che credi a una di quelle teorie, vero?»

«Bé, sono più che convinta che siate fratello e sorella. Sai com'è, vi assomigliare un po' e poi tutti i ragazzi di colore che conosco si considerano fratello e sorella tra loro e alcuni lo sono veramente» alza le spalle guardandomi con aria innocente.

«Ok» tolgo la mano dal viso e mi alzo lanciando sul tavolo qualche banconota. «É stato bello passare del tempo con te ma l'appuntamento è finito qui. Ti riporto a casa» mi avvio verso la porta senza degnarla di uno sguardo.

Sono arrabbiato? Un po'.

Deluso? Da che?!

Allibito? Oltre ogni limite.

Credevo che la mente umana ancora ancora dei limiti ce li avesse, ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso.

«James, ma si può sapere che ti prende?» sento un ticchettare improvvisamente fastidioso rincorrermi fuori dal bar. Continuo a camminare ignorandola, ma poi, all'ennesima domanda, mi giro e l'affronto.

«Se c'è una cosa che devi sapere su di me è che io cerco sempre di non giudicare a primo impatto. E l'ho fatto anche con te, non ti ho vista come l'oca giuliva che crede tu sia McKenzey. Ma a quanto pare mi devo ricredere» sbotto allargando le braccia.

«McKenzey mi considera un'oca giuliva? Quella brutta p»

«Dillo e torni a casa a piedi»

«Non ti guarda nemmeno di striscio e ti ostini ad andarle dietro come un cane bastonato. Pensavo mi piacessi, ma sei solo patetico» Melissa incrocia le braccia squadrandomi da capo a piedi.

«Salutami tua madre» mi volto di nuovo pronto a puntare verso la mia macchina quando li vedo e improvvisamente mi ricordo del perché ho accettato di buon grado di uscire con Melissa. L'ho fatto perché è martedì e lei oggi è fuori con quella sottospecie di principe azzurro. L'ho fatto per poterla controllare anche se in realtà non so nemmeno dove siano stati visto che Brandon ha deciso di rendere l'appuntamento una sorpresa unica.

E ora sono lì, uno accanto all'altro, mano nella mano. Lei ride spensierata e lui si illumina guardandola e le stringe ancora di più la mano per poi portarsela alle labbra e lasciarle un bacio sul dorso. Non si accorgono di me finché non tornano a guardare davanti invece di mangiarsi con lo sguardo.

E quando lei alza lo sguardo e lo rivolge difronte a sé, si blocca visibilmente sorpresa e mi fissa. Mi sta chiedendo che cosa io ci stia facendo lì e io mi sto chiedendo perché non abbia ancora sciolto l'intreccio di mani che la lega a Brandon. Poi il suo sguardo cambia e si sposta dal mio per poi posarsi su qualcosa dietro di me. L'espressione stupita di poco prima lascia il posto a un'altra espressione di pura e semplice indifferenza.

«E ti pareva che sarebbe comparsa lei» la voce petulante di Melissa distrugge il silenzio.

«E ti pareva che avresti rovinato il tuo appuntamento con JJ» ribatte McKenzey senza perdere il controllo della situazione. Io lancio un'occhiata a Brandon che la ricambia senza astio. Mi chiedo se lo faccia apposta o veramente vuole fare l'amico. Quel che so è che io suo amico non lo voglio essere, ne ora ne mai.

«Parla per te. Io non ho rovinato proprio nulla» sbotta Melissa accorciando le distanze e parandosi proprio davanti a McKenzey che nel frattempo si è liberata dalla stretta di Brandon ed è avanzata verso Melissa.

Poco prima che le due ragazze possano trovarsi l'una difronte all'altra, Brandon afferra per un braccio McKenzey facendola indietreggiare di qualche passo.

«McKenzey non penso sia il caso di cedere alle provocazioni» le dice riprendendo la sua mano e riportandola al suo fianco. McKenzey non stacca gli occhi da Melissa che la squadra come fosse un insetto schifoso.

«Noi non ci eravamo già salutati? Ora non potresti semplicemente toglierti dai piedi?»intimo allora a Melissa perdendo la pazienza. La voce mi esce più rabbiosa del dovuto e sono sicuro di avere il paio di occhi marroni di McKenzey puntati addosso, ma non ci faccio caso.

«Come siamo maleducati. Io volevo solo divertirmi un po' con la tua Cici, ma a quanto pare non è serata per nessuno. Anzi, per loro due si» indica Brandon e McKenzey con un sorrisino ricco di sottintesi. Poi mi fa l'occhiolino, gira i tacchi dopo un "ci vediamo a scuola, casi umani" e se ne va ancheggiando come fosse una top-model. Credo di detestarla.

 

Ore 22.30

Come siamo passati da un appuntamento a due al dover accompagnare James a casa non lo so. Fatto sta che dopo che Melissa se n'è andata, James ha puntato dritto verso la sua auto e nel tentativo di metterla in moto, lei ha deciso di lasciarlo a piedi.

Quindi Brandon ha proposto di usare la sua macchina per accompagnarlo a casa e abbiamo fatto tutto il tragitto verso casa sua in rigoroso silenzio.

Una volta arrivati a casa di James, quest'ultimo ci ha augurato in modo brusco buonanotte ed è entrato in casa sbattendosi dietro la porta. Fossi stata io in casa e mi avesse svegliato con quel colpo, l'avrei buttato fuori a calci nel didietro e lo avrei costretto a dormire in giardino.

«Ma che gli è preso?» mi domanda Brandon rimettendo in moto l'auto diretto verso casa mia.

«Non ti preoccupare, domani ci parlo io» rispondo facendo spallucce e liquidando l'argomento con un gesto della mano.

Lui annuisce e torna a concentrarsi sulla guida. Stavolta però stacca una mano dal volante e la porta sulla mia che ho in grembo; la stringe e se la porta di nuovo alle labbra per baciarmi il dorso.

«É stata una bellissima serata, ti ringrazio davvero tanto» sussurra contro il dorso della mia mano per poi staccarlo dalle labbra senza però lasciarmi la mano.

«Cambio automatico?» gli chiedo preoccupata che la sua infatuazione e il suo volermi tenere la mano mentre guida ci faranno finire contro un camion.

Lui continua a guardare la strada ma la sua espressione si è fatta accigliata e perplessa. Poi abbassa lo sguardo sulle nostre mani e realizza a cosa io mi stia riferendo. Con una risata limpida e genuina annuisce leggermente dicendo:

«Cambio automatico»

Menomale. Sorrido a mia volte e mi concentro sul suo profilo. Ha i capelli tutti arruffati, reduci da una serie di bellissimi baci che ci siamo dati; il naso è leggermente all'insù e le labbra non sono sottili ma nemmeno chissà quanto carnose. Sono normali, in sostanza, e baciano in modo divino, praticamente. Bacia veramente bene, in un modo che ti rende difficile volerti staccare. Ha un leggero accenno di barba, ma sembra quasi che l'abbia fatto apposta a non tagliarsela e ricordo ancora la sensazione di quei piccoli peletti che sfregavano contro la mia pelle e le risate che ci siamo fatti perché quando mi baciava il collo mi faceva il solletico con la barbetta.

«E comunque sono io a doverti ringraziare»

«Non ho fatto nulla» alza le spalle con noncuranza. Detto da qualsiasi altra persona sembrerebbe un gesto di finta modestia. Detto da lui, che ha una personalità così aperta e allo stesso tempo così timida, che alterna a sprazzi di irrazionalità che lo pervadono quando si toccano le persone che ama... bé non è affatto finta modestia. Semplicemente crede davvero di non aver fatto una cosa eclatante.

«Mi hai preparato la cena e per questo ti sei sporcato il vestito» gli indico la camicia sporca di olio. «E sei stato di ottima compagnia. Insomma, non hai parlato solo ed esclusivamente di te, ma mi hai ascoltata e mi hai divertita. È vero, non hai fatto chissà quale grande gesto, ma hai reso il tutto perfetto e a me piacciono queste cose»

Arrossisce sorridendo tutto contento. Ha gli occhi azzurri cielo e in questo momento sono luminosi come se il sole ci stesse splendendo all'interno. Non aggiunge una parola però e rimaniamo quindi in silenzio finché non arriviamo a casa mia.

Qui, mi lascia la mano ed entrambi scendiamo diretti verso la porta di casa. Le luci sono tutte spente, ma dalla finestra della casa accanto se ne è appena accesa una e dietro le tende è comparsa una persona, stavolta senza binocolo.

«Mio fratello ci sta guardando, quindi se hai intenzione di pomiciare con me sulla porta... bé cambia le tue intenzioni o lui ti cambia i connotati» rido stringendogli il braccio appena lo sento trasalire.

«Ma fa sempre così?» mi domanda sinceramente preoccupato.

«Sempre» confermo fermandomi davanti alla porta di casa e uscendo quindi dalla visuale di Thomas.

«Bene, eccoci qui. Allora...»

«McKenzey sono quasi certo che tu mi piaccia molto» esordisce Brandon facendomi dischiudere le labbra per lo stupore. «Sì, insomma... Ti conosco da sabato e abbiamo parlato sempre da quel giorno ad oggi. Mi piace il tuo carattere, sei così diversa da me e così poco avvezza alle smancerie mentre io non ho fatto altro che baciarti e ripeterti quando sei bella. Mi piace, mi piaci tu e so che è il nostro primo appuntamento e sono certo di non piacerti ancora abbastanza perché dubito che tu creda ai colpi di fulmine, ma penso che dovremmo uscire ancora» annuisce con vigore come se stesse convincendo sé stesso e non me.

Non mi sta battendo forte il cuore, ma un accenno di farfalle nello stomaco ce l'ho e poi mi è davvero piaciuto stare con lui e ho voglia di essere baciata ancora da lui. Ho voglia di conoscerlo meglio e ho voglia che mi piaccia come io piaccio a lui, oltre la semplice amicizia e oltre al semplice flirt. Non so se me ne innamorerò, ma ho proprio voglia di smetterla di passare da un ragazzo all'altro. E poi ho notato che qualcosa sta cambiando in me e questo qualcosa ha a che fare con James. Non mi posso permettere di essere dipendente da qualcuno, ma una sana relazione che non intacchi la mia lucidità me la voglio concedere.

«Sabato sera?» gli chiedo e di nuovo il sole passa attraverso i suoi occhi e li rende luminosi come fari nella notte.

 

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Capitolo 9
*** QUESTIONE DI FIDUCIA ***


CAPITOLO IX

 

 

QUESTIONE DI FIDUCIA

 

 

«TU NON TE NE VAI DA NESSUNA PARTE»

E siamo a tre volte. Matthew sta urlando per la mia stanza. Urla alla congiura, al tradimento, alla pugnalata alle spalle e bla bla bla. Insomma, urla furioso mentre Caroline lo ignora bellamente e continua a consigliarmi cose da mettere in valigia. Probabilmente mi faranno togliere metà del tutto perché troppo piena.

«IL NATALE SI PASSA IN FAMIGLIA!» sbraita ancora pestando i piedi a terra come fosse un bambino.

Io lo ignoro come ho fatto nell'ultima mezz'ora. L'avevo detto io a Caroline che non avrebbe accettato, ma ho la sensazione che il mio "Posso andare a passare le vacanze natalizie in Italia insieme agli altri?" sia capitato proprio a fagiolo per lei. E sempre questa sensazione mi dice che il suo "puoi starci lì anche per un mese se ti va" abbia a che fare con un certo Rufus-ilcollega-Spencer. Sembra che tra i due le cose vadano davvero a meraviglia e ammetto di non aver visto Caroline così felice dai tempi di Matthew, quando ancora si amavano. Hanno addirittura proposto a me di invitare Brandon per una cenetta a quattro, ma io mi sono fortemente opposta all'idea anche perché io e Brandon non siamo esattamente una coppia di fatto. Cioè, fosse per lui a quest'ora mi avrebbe ficcato al dito un anello di fidanzamento, ma io ci sto andando con i piedi di piombo, e se c'è un metallo più duro e pesante del piombo, bé ci sto andando con il suddetto materiale.

Siamo usciti ancora dopo quel martedì e in tutte le uscite io mi sono sentita sempre bene e completa, in un certo senso. Non mi sono mai sentita così con nessun altro ragazzo e poi ho una certa dipendenza per le sue labbra, così morbide e così esperte. Al solo pensiero mi sale un brivido di piacere lungo la colonna vertebrale. Non ha concluso nulla con me in quel senso, e non ha mai forzato la mano, ma ha trovato un altro modo per invogliarmi a desiderare di perdere la mia amica Vergy. Modo che prevede una buona dose di lingua e di dita e, diamine sì, non mi sono mai sentita così appagata.

Ma ovviamente tra noi le cose non vanno sempre rose e fiori. A quei buzzurri dei miei amici, tranne Isabelle e Chris, non va giù la mia "relazione" con lui. Zach dice che l'ho tradito dopo che è stato ingiustamente preso a pugni da un fratello psicopatico; Cisco pensa che io stia scherzando giusto per far vedere loro che so andare oltre le due settimane; e poi c'è James che è quello più irritato nonché colui che ha deciso di non parlarmi per una settimana agli inizi e poi ha deciso che fare battute sarcastiche su me e Brandon sarebbe stato il suo lavoro a tempo pieno. Dire che litighiamo sarebbe un eufemismo e più di una volta sono volati miei ceffoni. È diventato talmente ingestibile che si è deciso di uscire separatamente: una sera con me e una con lui. Le volte in cui stiamo tutti assieme si sono ridotte ai giorni scolastici e anche in quei casi stiamo ognuno dalla propria parte del ring con in mezzo gli altri che fanno da mediatori. Secondo Brandon lui è innamorato di me. Quando me l'ha detto gli ho riso letteralmente in faccia per l'assurdità di quella cosa. James innamorato di me? Ma per favore!

Brandon non l'ha trovato molto divertente e anzi continua a ribadire che il suo comportamento è quello di un ragazzo possessivo e geloso, incredibilmente geloso. Mi ha inoltre detto che, però, se lui si trovasse nella stessa situazione mi lascerebbe andare sperando di vedermi felice con il ragazzo con cui ho deciso di stare. In tutta risposta, l'ho baciato e senza volerlo (non era premeditato il movimento di bacino che è seguito, anche perché eravamo sul divano e io ero sopra di lui e mi è venuto naturale muovermi contro di lui) gli ho fatto venire una piccola, ma proprio piccolissima erezione. Talmente piccola che mi ha dovuta alzare di peso, mi ha fatta sedere sul bracciolo del divano e con voce roca ha detto "stammi lontana per la prossima ora". E io ho riso per la sua faccia e anche per la bella sensazione che mi ha dato sapere che fosse tutta opera mia.

Comunque, se James è innamorato poco si vede visto che ha cominciato ad uscire con Melissa. O meglio, mettiamo in chiaro la cosa, se la porta a letto quando vuole. Come sia arrivato a questo punto mi è ignoto, visto che quando erano usciti la prima volta l'avevo sentito con le mie orecchie sbarazzarsi di lei con un "Noi non ci eravamo già salutati? Ora non potresti semplicemente toglierti dai piedi?". Fatto sta che Melissa gira per la scuola vantandosi di essere quella che sta durando più a lungo. Bah, contenta lei, contenti tutti.

«Infatti lo passerà in famiglia visto che andrò anche io in vacanza con loro»

La chioma rossa di Thomas spunta dal un angolo della mia porta. Poi è il turno di tutto il suo corpo che si appoggia allo stipite con nonchalance e rivolge a Matthew un'aria bonaria.

Guardo Matthew che ha smesso di pestare i piedi e ha incrociato le braccia al petto. È così dolce che mi avvicino a lui, slego l'intreccio delle sue braccia e lo abbraccio affondando il viso nel suo petto. Tutto attorno a noi cala il silenzio e Matthew rimane interdetto. Quando sto per staccarmi, lui mi ferma e mi stringe a sé facendomi quasi mancare l'aria.

«É la seconda volta che mi abbracci da quando ti abbiamo adottata» sussurra contro i miei capelli.

«Davvero mi avete adottata? Credevo che tu e Caroline aveste creato questa meraviglia alla Nutella, papà» sorrido staccandomi dall'abbraccio e guardandolo.

Ha gli occhi sbarrati e mi fissa come se avesse appena visto un fantasma. Lo osservo leggermente accigliata, ma poi sul viso gli compare un leggero sorriso, gli occhi diventano lucidi e di colpo sposta lo sguardo dal mio. Borbotta un "dovete chiamarmi tutte le sere" e poi esce di gran carriera dalla mia stanza.

«Che gli hai detto?» mi domandano all'unisono Caroline e Thomas.

Io alzo le spalle fingendo innocenza.

«Solo la verità»

 

 

«Tre settimane sono tante» borbotta imbronciato Brandon che mi sta aiutando a portare i bagagli dentro l'aeroporto.

«Vedrai che passeranno in un batti baleno» gli sorrido stringendomi al suo braccio ma il broncio non accenna a volersene andare.

«Se lo dici tu...»

Entriamo e una folata di caldo ci avvolge facendomi sorridere. L'aeroporto è pieno e la gente corre da una parte all'altra con valige, bambini e biglietti volanti sperando di non perdere il proprio volo. Poco lontano da me, Brandon e Thomas intravedo i nostri amici. Thomas procede sparato verso Chris e entrambi si salutano con una serie di pacche sulle spalle. Poco lontano Zach li osserva rivolgendo loro un'occhiata contrariata: sono quasi certa che Zach sia geloso dell'amicizia formatasi tra i due nonostante vada abbastanza d'accordo con mio fratello. Appena ci vede fa un cenno a Isabelle che si volta verso di me e, dopo aver agguantato Chris e Zach, ci viene incontro tutta sorridente.

«Brandon!» lo saluta abbracciandolo.

A Isabelle piace Brandon e a Brandon piace Isabelle, in senso amichevole ovviamente. Si trovano simpatici e Isabelle è contenta che io esca con lui. Dice che sono diventata "più buona" e più "incline all'affetto" verso tutti e non solo verso di lei e Caroline.

«Ciao, Belle»

«Togliti quel broncio di dosso: te la controllo io McKenzey» Chris interviene dandogli una pacca sulla spalla.

«La prendo come una promessa, anche se mi fido di lei» risponde Brandon per poi rivolgermi un sorriso.

«Menomale che hai specificato la tua totale fiducia nei miei confronti sennò potevi cominciare a considerarti single» gli lancio un'occhiataccia a cui lui risponde con una risata.

«MUOVETEVI A DIRVI QUANTO VI MANCHERETE! NON ABBIAMO TUTTA LA GIORNATA!»

James.

Brandon sposta lo sguardo e lo posa su quel cretino che ancora considero mio migliore amico. I due si guardando per un tempo infinito mentre in sottofondo si sente la risatina di Zach che cerca di scommettere con Chris riguardo a una possibile rissa.

Ma Brandon non si muove, semplicemente mi avvolge con un braccio abbassa di poco il capo è fa aderire le sue labbra alle mie. Spalanco gli occhi per la sorpresa ma non mi ci vuole tanto per lasciarmi andare a quel delizioso bacio. Le sue labbra si muovono piano sulle mie, le baciano, le mordono e le succhiano con tranquillità e avidità allo stesso tempo. Abbassa il braccio fino a cingermi la vita e mi stringe ulteriormente a sé. Io lascio cadere la mia borsa e gli stringo la maglietta con entrambe le mani alzandomi di poco sulle punte.

«Dì a James che se non l'ho ancora preso a pugni è perché so quanto tu ci tenga a lui» sussurra staccandosi leggermente dalle mie labbra. Mi guarda e si abbassa sul mio collo cominciando a baciarlo in un solo punto e con insistenza. «E tieni sempre i capelli legati in modo che possa vedere questo mio capolavoro»

Si stacca da me lasciandomi un ultimo bacio a stampo sulle labbra prima di augurarmi buon viaggio, salutare gli altri e uscire dall'aeroporto.

«Come non detto. Questo è decisamente meglio di una rissa. Ora quel ragazzo mi piace di più» ridacchia Zach pendendo una mia valigia.

Io son ancora esterrefatta e sento di avere stampato un sorrisetto sul viso, ma non ne sono sicura. Fatto sta che non provo più rabbia per James, ma pura e totale indifferenza e improvvisamente mi rendo conto che Brandon mi mancherà e che lo chiamerò. Sì, lo chiamerò.

«Brandon è maturo il che spiega perché non esco con quelli della scuola e in generale con quelli della mia età: siete dei buzzurri in preda agli ormoni. Non tutti eh, ma la maggior parte sì» rispondo a Zach riprendendo la mia borsa e l'altra valigia.

«Stavolta però James ha esagerato»

«Belle arrabbiata: non è che ci annullano il volo»- interviene Chris scatenando le risa mie e di Isabelle.

«Attento a come parli della mia donna, Dubois» lo ammonisce scherzosamente Zach.

Ci riuniamo a James che è in compagnia di Melissa aperta-per-ogni-evenienza Smith.

«Ciao McKenzey» mi saluta guardandomi come fossi un topo morto.

«Potresti smetterla di guardarla così?» interviene James lanciandole un'occhiataccia.

Lei alza lo sguardo al cielo agguantandolo per un braccio e sbuffando sonoramente.

«Non ho bisogno di essere difesa da un deficiente, se permetti» e poi mi ricordo delle parole di Brandon e sposto i capelli tutti da un lato mettendo in evidenza la parte di collo dove Brandon molto probabilmente mi ha lasciato un succhiotto. Non so se si vede molto, ma qualcosa di sicuro si anche perché non sono poi tanto scura e solitamente i lividi mi si vedono.

Colgo James trattenere il fiato e sorrido soddisfatta dell'effetto.

«Comunque ciao anche a te, Melissa. Tutto bene?»

«Non direi. James se ne va per tre settimane e so che mi mancherà molto» risponde l'arpia.

«Passeranno in fretta» risponde atono James per poi darle un bacio veloce e poi congedarla. Lei capisce e dopo aver augurato a tutti buon viaggio tranne che a me, gira i tacchi e va verso l'uscita.

Devo ammettere che un po' mi spiace per lei. Ho come la sensazione che lei a James ci tenga e allo stesso tempo lui la sta usando. Dovrò parlarne col diretto interessato appena resteremo un paio di minuti da soli.

«Bene, banda di smidollati, il bel paese ci aspetta!»

Zach ci precede e io mi domando se con il jet leg sarà ancora così pimpante al nostro arrivo.

 

 

L'altro ieri sono cominciate le cosiddette "vacanze" durante le quali si presume che noi studiamo in vista degli imminenti esami. In pratica nessuno farà nulla fino a capodanno e tutti si metteranno le mani nei capelli quando si renderanno conto che manca una settimana alla prova scritta.

Io sarò uno di quelli per il semplice fatto che non mi applico mai più del dovuto. Amo il corso che sto facendo e mi piaciono molto i professori, inoltre riesco a seguire abbastanza bene e per ciò ringrazio i corsi di italiano che mi ha impartito Lidia. Mi sono fatto una buona schiera di amici più attirati dall'idea di avere un amico che viene da Londra che altro, anche se le ragazze sembrano amare particolarmente i ragazzi inglesi e vanno fuori di testa per quello che chiamano il mio "italiano con un retrogusto inglese". Ma si guardano bene dal fare avances da quando è ormai risaputo che sto con Lidia. E, a proposito di Lidia, le cose tra noi penso stiano degradando. Io sono sempre più distaccato e lei ha iniziato a mostrare segni di gelosia nei confronti di ragazze che pensa possano essere la causa del mio distacco.

«Ehi amico, torna tra noi» Frederik mi schiocca un paio di dita difronte agli occhi facendomi tornare con la mente al presente.

«Ci sono, ci sono» annuisco finendo di fumare la mia sigaretta e spegnendola a terra. Siamo io, lui, un paio di ragazzi che frequentano le mie stesse lezioni di francese, Lidia e la sua migliore amica, con cui condivide la stanza.

Siamo andati a cena fuori e ora stiamo tornando a casa. Pensavamo di guardarci un film oppure di fare un gioco di società giusto per passare il tempo visto che nessuno ha voglia di uscire per andare a ballare.

«A cosa stavi pensando, amore?» mi domanda Lidia prendendomi per mano.

Io gliela stringo in un gesto automatico e scuoto la testa come per dirle che non sto pensando a nulla di importante.

Dopo una decina di minuti, arriviamo a destinazione ma subito qualcosa, ancor prima di entrare, ci fa insospettire.

«Non dovrebbero essere tutti fuori stasera?» domanda Salvatore guardandoci.

«In teoria si, in pratica qualcuno potrebbe aver cambiato idea» alza le spalle l'amica di Lidia, di cui non ricordo mai il nome, portandosi una ciocca di capelli dietro un orecchio.

«O magari sono ladri» affermo io e sento la mia fidanzata irrigidirsi accanto a me. Mi lascio sfuggire un sorrisetto divertito e lei mi dà un pugno sulla spalla facendomi ridere.

«Non sparare cazzate su e ora entriamo che mi sto pisciando addosso» sbuffa il mio compagno di stanza precedendoci e andando ad aprire la porta con la sua copia di chiavi.

Appena entriamo tutti, le luci del salone di ritrovo si accendono e un coro di "Sorpresa" mi lascia senza fiato.

James, Cici, Isabelle, Zach, Chris e un ragazzo che non conosco -e che si è limitato a sorridere divertito- ci accolgono. Sono in piedi, al centro del salone, con i visi sorridenti e Isabelle ha persino le braccia in aria.

Senza proferire parola ma con in viso un'espressione che è pura contentezza, mi stacco dalla mano di Lidia e mi fiondo sui miei amici che mi circondano e mi abbracciano tutti assieme. Tutti tranne Cici, ovviamente.

«Siete smielati» ridacchia guardandoci a braccia conserte.

Gli altri si staccano, io mi volto nella sua direzione. La guardo, lei lascia ricadere le braccia lungo i fianchi. Il mio cuore comincia ad aumentare i battiti ed è un crescendo ad ogni passo che io faccio verso di lei. E continua a galoppare e sembra quasi volere che le mie gambe facciano lo stesso e per un momento ho la sensazione che io stia veramente correndo. Allargo le braccia, lei mi sorride a trentadue denti e io avanzo mentre mi sento il cuore uscire dal petto finché la stringo. E lì si ferma. È reale.

Non è il viso dietro lo schermo, è reale.

«Vita mia» sussurro contro i suoi capelli facendola sorridere.

«La tua ragazza è a meno di un metro di distanza, attento a come parli» e detto ciò fa in modo che io capisca che devo rimetterla giù prima che sia lei a farmelo fare.

La lascio andare con riluttanza e prendendomi un attimo per far tornare il mio cuore a battere regolarmente. Poi mi volto verso il resto del gruppo e allargando le braccia dico:

«Ma che ci fate qui?!»

«Abbiamo intenzione di passare le vacanze natalizie con te, Cisco» dichiara Isabelle sempre sorridendo.

«Io voglio vedere le italiane» Zach si volte verso Lidia e la sua amica. «Siete italiane?» chiede loro guardandole col suo solito sguardo malizioso.

Le due annuisco sorridendo timidamente e Zach annuisce soddisfatto.

«E ora che le hai viste te ne vai?» gli chiedo alzando un sopracciglio sempre divertito dal suo modo di fare.

Lui scuote la testa con vigore e con nonchalance cinge le spalle di Isabelle con un braccio lasciando cadere il discorso.

«Io ho accompagnato mia sorella» interviene lo sconosciuto porgendomi poi la mano. «Mi chiamo Thomas«

«Quindi sei tu il fratello di Cici!» esclamò stringendogli la mano.

«Cici è una variante di Kiki?» chiede Thomas con sguardo confuso rivolgendosi a McKenzey. Lei annuisce guardandolo divertita probabilmente per la sua faccia.

«E ovviamente ti domanderai: da quando McKenzey ha bisogno della scorta? Bé, sappi che dire che suo padre e suo fratello sono iperprotettivi sarebbe la battuta del secolo» se ne esce Chris facendo scoppiare tutti a ridere.

 

Lidia e gli altri hanno pensato, intelligentemente, di lasciarmi solo con il resto del gruppo non prima di fare espliciti apprezzamenti sui miei amici. In tutti i sensi. Appena hanno lasciato la sala ritrovo, sono andato a recuperare qualcosa di commestibile dalla mia personale dispensa e ho finito per svuotarla. Ora che sto rientrando nella sala, sembra che io sia andato a fare la spesa. Nel frattempo ognungo di loro si è sistemato e stanno parlottando tra loro, senza fare poi chissà quanto baccano.

Li osservo uno ad uno.

Zach ha l'aria di essere il ragazzo più fortunato sulla faccia della terra. È tranquillo, con la sua solita aria spavalta stampata in volto. Accanto a lui c'è Isabelle che ancora sta ridendo e che si è avvicinata a Zach che per riflesso l'ha stretta a sé ulteriormente. Lei è sempre così in realtà, sempre sorridente e positiva, pronta a vedere il buono in tutti. È fiduciosa nel mondo, timida ma pur sempre curiosa.

Chris si è seduto su uno dei divani della sala ritrovo, Thomas accanto a lui. Sembrano quasi gemelli, entrambi con una zazzera di capelli rossi di tonalità diverse. Thomas è più imponente e si vede che è decisamente più grande di noi. Ma penso che lui è Chris abbiano la stessa altezza, nonostante Chris abbia un fisico più asciutto rispetto a Thomas. Sembrano amici di lunga data e questo mi fa istintivamente lanciare uno sguardo in direzione di Zach che intercetto lanciare occhiate furtive ai due con una nota di fastidio che aleggia nei suoi occhi. Mi vien da sorridere. Se c'è una cosa che forse le ragazze non sanno di noi ragazzi, è che anche noi sappiamo essere gelosi dei nostri amici, soprattutto se questi amici sono di lunga data.

E poi ci sono James e McKenzey che si tengono volontariamente a distanza. McKenzey è seduta sul braciolo della poltrona e sorride amabile allo schermo del suo cellulare. James invece è in piedi accanto alla finestra esattamente dalla parte opposta rispetto alla mia attuale posizione. Non sta facendo nulla a parte guardare con insistenza McKenzey. È teso, molto teso, e da l'idea di uno che da un momento all'altro farà volare una sedia attraverso la stanza.

Ad un certo punto McKenzey alza lo sguardo e incrocia il mio; mi sorride, scende dal bracciolo e mi si avvicina. Mi toglie di mano uno dei sacchetti che ho riempito di cibo e facendo un cenno in direzione di James, che ancora la segue con lo sguardo, mi sussurra: «Quietalo tu o giuro che lo faccio tornare a casa monco»

Ciò detto, urla agli altri la sua fittizia intenzione di dare un festino in camera mia e con un boato di approvazione si alzano anche gli altri e la precedono fuori dalla sala.

«Qual è la tua stanza?»

«Secondo piano. Terza porta a destra»

Un occhiolino, un fruscio di capelli e anche McKenzey scompare dalla vista.

Mi volto di nuovo verso mio cugino che ha abbandonato la sua postazione per andarsi a sedere sul divano stancamente. Mi avvicino a lui e appoggio l'altra borsa sul tavolo. Ho ripartito cibo e bevande in entrambe le borse, quindi anche in questa ci dovrebbe essere qualche analcolico. Apro la borsa e appoggio le bottigliette di Aperol sul tavolo seguite da una di vini bianco. Tiro fuori anche i salatini, dei crostini e un paio di confezioni di salumi ancora intatte.

«Non ho bicchieri di vetro, accontentati» mi siedo accanto a James mentre apro la confezione di bicchieri.

«E quelli su quella credenza? Non si possono usare?»

«Per quelli la padrona di casa sarebbe disposta a uccidere. E credimi, è capace di farlo»

Si lascia sfuggire una leggera risata anche se lo vedrebbe anche un cieco che non sta affatto bene.

Tiro fuori due bicchieri, li appoggio difronte a noi e ci verso prima l'Aperol e poi il vino. Poi prendo un paio di piattini e ci verso in uno i salatini mentre l'altro lo riempio con i crostini e i salumi.

James intanto ha preso in mano i due bicchieri e appena vede che ho finito si riempire i piatti mi porge il mio.

«Brindiamo a noi due» afferma alzando il suo bicchiere di poco.

«A noi due» faccio scontrare i due bicchieri stando attento a non versarne il contenuto.

Passano una decina di minuti snervanti in cui non parliamo ma ci limitiamo a mangiare e a bere in un silenzio tombale. James non parla, io per la prima volta in tutta la mia vita non so cosa dire e l'imbarazzo che aleggia nell'aria non rende le affatto le cose più semplici.

«Ok» comincio stufo di quella situazione alquanto surreale. «Che succede?»

«Mh?» risponde bevendo un altro sorso del suo drink e scrollando le spalle.

«Non fare il finto tonto, non funzionava nemmeno quando eri bambino»

«Si dice che sia meglio far credere agli altri di essere dei completi ignoranti e poi smerdarli dimostrando il contrario»

«Con me non lo fai e non funziona visto che io ti conosco molto bene» puntualizzo lanciandogli un'occhiataccia. Ma alle mie parole fa seguire una smorfia di dissenso che però eclissa nel giro di poco.

«Comunque non c'è nulla che non vada...»

«No?! Allora perché tu e McKenzey siete peggio degli Usa e della Russia durante la guerra fredda?»

Lui si irrigidisce e comincia a stringere il bicchiere nella mano incurante del fatto che ci sia ancora del drink dentro. Si ferma poco prima di accartocciare il bicchiere tra le dita, ma ormai l'aperitivo è fuoriuscito in gran parte e lui ha tutte le mani bagnate e probabilmente appiccicose.

Rimane in silenzio a guardare qualcosa di indefinito difronte a sé mentre io non so se parlare ancora o se lasciare che risponda prima lui alla mia domanda.

«Non doveva mettersi con Brandon...» sibila alla fine appoggiando il bicchiere sul tavolo e asciugandosi la mano sui pantaloni senza troppo impegno. Il bicchiere si è rovesciato e per fortuna non abbiamo un tappeto in sala sennò sarebbero stati guai. Ma anche di questo James sembra curarsi poco.

«É questo il motivo di tanta rabbia?» gli domando alzando un sopracciglio. Non potrei non essere più d'accordo con lui come in questo momento, ma per quanto la relazione tra McKenzey e il suo fidanzato non mi vada molto giù, sono fiducioso nel fatto che tanto prima o poi si lasceranno e io avrò di nuovo la mia chance.

«Tu dovresti essere arrabbiato anche più di me» sbuffa lui appoggiando il capo alla spalliera del divano e rivolgendo lo sguardo verso l'alto.

«Sarebbe una rabbia senza senso ai suoi occhi visto che non sa nulla dei miei sentimenti. In più sono più che convinto che non durerà ancora molto...»

«Ovvio che lo credi, tu non li hai visti assieme loro due» ride amaramente.

«E se anche fosse? Mai sentito parlare di gente fidanzata che comunque si innamora di altre persone?» rispondo improvvisamente irritato dal suo comportamento.

«Come te?»

«Non sono io quello che si scopa una ragazza che non sopporto»

James scrolla le spalle tornandona guardarmi con la stessa aria di indifferenza che ha dall'inizio del discorso e che sembrava aver perso solo per quel moto di rabbia che ha avuto nel nominare il nome di Brandon.

E in quel momento, in quella frazione di secondo che passa dalle mie parole al movimento di James, una lampadina mi si accende in testa e capisco. E con un moto di rabbia mi alzo dal divano facendo cadere il mio bicchiere a terra.

«Che ti prende?» mi domanda guardandomi. «Non dirmi che te la sei presa perché ho appena detto che stai con Lidia nonostante tu sia innamorato di McKenzey. Pensavo apprezzassi il mio essere sempre sincero con te»

Non rispondo. Apro e chiudo i pugni a distanza di dieci secondi da un movimento all'altro, poi mi avvio verso la porta della sala ritrovo e la chiudo appoggiandomi poi sopra con la fronte.

«Sempre sincero con me eh?» ripeto preso da un improvviso attacco di risa. «Sempre sincero con me?! Tu?! Ne sei sicuro, cugino?»

«Non mi risulta di averti mai...»

«Quando?» lo interrompo tornando a guardarlo. C'è una qualche forza superiore che mi sta impedendo di saltargli al collo e prenderlo a pugni fino a cambiargli i connotati. Me lo aveva promesso e non mi importa quello che poi gli ho detto, me lo aveva promesso e basta. E James ha sempre mantenuto le promesse, sempre.

«Quando cosa?» la confusione nei suoi occhi è l'unica cosa vera che finalmente ha fatto capolino dietro quella maschera di insofferenza che aveva eretto.

«Quando ti sei innamorato di lei?» stringo i pugni lungo i fianchi. Sento la rabbia lambire ogni singolo spiraglio del mio essere. Sento la delusione farmi tremare e l'incredulità tentare di dissuadermi dal credere ad un'idea del genere.

«Innamorato di Melissa? Io?! Non hai appena detto che me la scopo nonostante io non ne sia innamorato?»

«Ma allora non capisci proprio un cazzo...DA QUANDO SEI FOTTUTAMENTE INNAMORATO DI MCKENZEY?» sbotto avvicinandomi di scatto a lui e afferrandolo per il colletto della sua camicia.

Un lampo di consapevolezza attraversa lo sguardo di James. Dicono che gli occhi siano lo specchio della verità e che solo guardandoli si possa distinguere la bugia dalla realtà. In questo momento gli occhi di mio cugino mi stanno chiaramente dicendo che ci ho visto giusto, che ho ragione. Eppure non parla e sembra non riuscire nemmeno a respirare. Ha l'espressione di uno che è appena stato scoperto a spacciare droga; l'espressione di una persona che sa di aver sbagliato, sa che non avrebbe dovuto fare una cosa del genere eppure l'ha fatto. L'ha fatto. Mi ha tradito.

«Cisco, tu stesso hai detto che a queste cose non si comanda» balbetta senza tentare però di liberarsi dalla mia presa.

«Me ne fotto di quello che ho detto. Tu hai promesso che non sarebbe mai successo. Come hai potuto?» stringo la presa sul colletto sibilando furiosamente contro di lui.

«Cisco è successo... Io non... Io non volevo e non voglio. Non le ho detto nulla, lei non lo sa»

«No? Bé allora diciamoglielo» mi stacco improvvisamente da lui con un sorriso innocente sulle labbra. «Diciamoglielo no?! Che male farà mai... Di certo meno che essere tradito da TUO CUGINO!» e con quest'ultima affermazione gli do un pugno in pieno viso. Poi mi stacco da lui e lo osservo con disprezzo mentre lui si porta una mano sul labbro con gli occhi sbarratti. E sempre da quegli occhi passa un nuovo lampo, stavolta di rabbia. Con uno scatto si alza e subito mi è addosso. Mi arriva un pugno in pieno viso, indietreggio preso alla sprovvista e proprio quando sto per rispondere, inciampo nei piedi del tavolo e cado con un tonfo. Allungo una gamba verso di lui e facendo leva su di essa lo faccio cadere a mia volta a terra. Mi fiondo su di lui cominciando a dargli una raffica di pugni preso da una rabbia cieca. Lui non fatica a tenermi testa e anche io mi prendo la mia dose di pugni e di calci mentre sento la rabbia farmi pompare il sangue a più non posso e spingermi a continuare senza fermarmi. Vedo rabbia e risentimento anche negli occhi di mio cugino che ora è sopra di me e mi tiene ancorato al suolo con un braccio sul mio petto e l'altro pronto a sferrarmi un altro pugno. Ma un paio di mani si posano sulle sue spalle e lo tirano su con forza spostandolo da me. Altre due mani si posano sul mio viso e sulla mia traiettoria appare il viso di McKenzey che mi sta chiedendo qualcosa che non capisco.

«Togligli le mani di dosso!»

Il viso di McKenzey viene rimpiazzato da quello di Lidia preoccupata e allo stesso tempo arrabbiata.

«Amore stai bene?»

«Ti pare il caso di parlare in questo modo a una persona che si stava preoccupando della mia salute?» le punto un dito contro con rabbia. Davvero, in questo momento è l'ultima persona che vorrei vedere. E non l'ascolto nemmeno quando cerca di replicare. Mi alzo semplicemente e mi accorgo che la stanza si è improvvisamente riempita di gente e che è in corso un litigio.

«Ma si può sapere che ti è preso?»

«Che mi è preso? Vallo a chiedere al tuo amato Cisco!»

«Tu ti droghi eh»

James è un piedi difronte a McKenzey che lo ha preso per un braccio. Sono lividi di rabbia entrambi, ma James ha in più anche una serie di ematomi che vanno formandosi su tutto il viso. Comincio anche io a sentire la faccia più pesante, il dolore che attraversa il mio corpo, le mani che mi fanno male ogni volta che cerco di chiuderle. Devo essere ridotto davvero male.

«Ehi, magari è un nuovo modo tutto loro di salutarsi» interviene Zach con quella sua solita aria positiva anche se leggermente preoccupata.

«Zach, tesoro, io non credo che...» comincia Isabelle ma le urla di James e McKenzey la fanno tacere in un attimo.

«Cisco qui, Brandon là e James dov'è? Ah già, James è sempre quello messo da parte, quello troppo buono per essere considerato degno di rispetto»

«Ma ti senti? Stai delirando, sono mesi che deliri e spari cazzate per il gusto di fare. Non ti riconosco più!» sbuffa McKenzey in tutta risposta alzando gli occhi al cielo.

«Perché tu non mi conosci affatto! Se mi conoscessi lo sapresti, lo avresti capito. Ma tu no, troppo impegnata a non vedere per capire» ride con disprezzo James passandosi una mano sul viso. Una smorfia di dolore gli attraversa il viso.

La preoccupazione prende il posto della rabbia sul viso di McKenzey che si avvicina a James prima che lui crolli. Gli appoggia le mani sul petto mentre lui abbassa la testa sulla sua spalla e si lascia andare pesantemente su di lei. Le sussurra qualcosa che non riesco a sentire ma ancor prima che persino McKenzey possa rispondere, crolla definitivamente svenendo contro di lei che si ritrova a cadere a terra con lui sopra. E la cosa a cui io riesco a pensare non è la preoccupazione per la salute di mio cugino, no. Mi preoccupo del fatto che lui sia troppo vicino a lei, che lo sia sempre stato in tutti questi mesi e l'invidia prende il posto della ragione.

«Che schifo l'amore» sussurro attento a non farmi sentire da nessuno.

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