Il mio segreto

di mgrandier
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dettagli ***
Capitolo 2: *** L'uomo dello specchio ***
Capitolo 3: *** Tra dubbi e scelte ***
Capitolo 4: *** La notte nell'anima ***
Capitolo 5: *** Empatia ***
Capitolo 6: *** Nodo senza storia ***
Capitolo 7: *** Ad occhi bassi ***
Capitolo 8: *** Fuggire ***
Capitolo 9: *** Brouillard ***
Capitolo 10: *** Voci ***
Capitolo 11: *** L'ultima goccia ***
Capitolo 12: *** Accuse ***
Capitolo 13: *** Intesa ***
Capitolo 14: *** Il nome ***
Capitolo 15: *** Seta ***
Capitolo 16: *** Risposte ***
Capitolo 17: *** Cannella e cioccolato ***
Capitolo 18: *** Cera e polvere ***
Capitolo 19: *** Il prezzo del silenzio ***
Capitolo 20: *** Veleni dell'anima ***
Capitolo 21: *** La porta chiusa ***
Capitolo 22: *** Dedalo ***
Capitolo 23: *** Istinto e ragione ***
Capitolo 24: *** Bagliori ***
Capitolo 25: *** Il peso del silenzio ***
Capitolo 26: *** Fango e fiele ***
Capitolo 27: *** Tra due fuochi ***
Capitolo 28: *** Il lato oscuro ***
Capitolo 29: *** Vittoria e sconfitta ***
Capitolo 30: *** Intuizione ***
Capitolo 31: *** Oltre ***
Capitolo 32: *** Cocci ***
Capitolo 33: *** Un nuovo giorno ***
Capitolo 34: *** Canto d'usignolo ***
Capitolo 35: *** Ad un passo soltanto ***
Capitolo 36: *** Smeraldo ***
Capitolo 37: *** Il dono di sé ***
Capitolo 38: *** Debito d'onore ***
Capitolo 39: *** Intrigo e oblio ***
Capitolo 40: *** Tracce di verità ***
Capitolo 41: *** Passi nel buio ***
Capitolo 42: *** Il suo riflesso ***
Capitolo 43: *** Tocco di madre ***
Capitolo 44: *** Passo a tre ***
Capitolo 45: *** Cenere e brace ***
Capitolo 46: *** La resa dei Conti ***
Capitolo 47: *** In scena ***
Capitolo 48: *** Tra sogno e realtà ***
Capitolo 49: *** Sogno di libertà ***
Capitolo 50: *** Un nuovo limite ***
Capitolo 51: *** Scelte ***
Capitolo 52: *** Promessa ***
Capitolo 53: *** Fuoco ***
Capitolo 54: *** L'unica possibilità ***
Capitolo 55: *** Il sigillo ***
Capitolo 56: *** Di dubbio in dubbio ***
Capitolo 57: *** Ombra color cioccolata ***
Capitolo 58: *** Lo sguardo della selva ***
Capitolo 59: *** Bisogno di pace ***
Capitolo 60: *** Di acqua e di fuoco ***
Capitolo 61: *** Una cosa sola ***
Capitolo 62: *** Profumo ***
Capitolo 63: *** La brezza del porto ***
Capitolo 64: *** Aroma di Normandia ***
Capitolo 65: *** La Florentia ***
Capitolo 66: *** Senza fiato ***
Capitolo 67: *** La sua voce ***
Capitolo 68: *** Resa ***
Capitolo 69: *** Il mio segreto ***



Capitolo 1
*** Dettagli ***


Dettagli
 
Percorsero insieme il vialetto che riconduceva a Palazzo, un nastro bianco di pietrisco che brillava insolente riflettendo la luce limpida del sole timido del pomeriggio ormai in gran parte trascorso, scricchiolando in una cadenza regolare sotto i loro passi come in un accordo stridulo. Alla loro destra, il lungo filare di fusti che accompagnava la via d’accesso alla corte principale, tracciando un rettifilo dalla fontana circolare fino al cancello in bronzo dorato che sanciva il limitare della tenuta del Generale; alla sinistra, la distesa del giardino privato, un sofisticato ricamo nei toni del verde, adagiato come una coperta preziosa su un giaciglio soffice e accogliente.
André volse lo sguardo alle proprie spalle, scrutando oltre la cortina di vegetazione dalla quale provenivano, come a cercare, in quel naturale intrico di essenze forti della saggezza dei secoli, una risposta ai propri dubbi. E poi tornò ad Oscar: al drappeggio morbido della camicia di batista, che sotto la cascata di soffici riccioli biondi oscillava elegantemente, celando a mala pena l’ansa che dalle spalle si incurvava verso la vita, nascondendosi nella cintola; ai fianchi stretti sotto i pantaloni verdi, così come alla curva soda che, audace, scivolava lungo la coscia; alle calze di seta strette sotto il ginocchio da nastri bianchi, che ondeggiavano ad ogni passo, e alla carezza leggera che disegnava il polpaccio tonico e la caviglia sottile, fino ad insinuarsi nel cuoio bruno delle scarpe di foggia maschile; strinse le labbra leggendo ancora quel moto incontrollato, la leggera torsione che ad ogni falcata turbava l’avanzata elegante, piegando il tacco scuro verso l’interno.
- C’è qualcosa che non va, Oscar? – le chiese a bruciapelo, dando voce ai propri pensieri.
La vide voltarsi, in un gesto fluido che fermò il suo avanzare spedito, disponendola di fronte a lui.
I capelli sciolti in onde delicate sulle spalle, le sopracciglia sollevate, la pelle rosea, ancora lucida dopo l’intenso duello consumato nella loro radura, le labbra dischiuse a tendersi in un sorriso – Ho vinto, anche questa volta, André. La tua spada ha volteggiato sopra le nostre teste … cosa potrebbe andare storto? – gli chiese a sua volta con tono appena divertito, per poi riprendere - Tu piuttosto … dovresti allenarti con maggiore impegno, se vorrai riuscire ad avere la meglio su di me … - aggiunse ancora sorridente.
André chinò il capo di lato, distendendo le labbra in un accenno di sorriso, compiaciuto dell’apparente buonumore di Oscar.
– Non vorrei mai riuscire nell’impresa … perché credo che non sapresti superare lo smacco senza riversare su di me la tua ira! – la provocò, pronto a rispondere ad una reazione piccata, a quei gesti stizziti che da sempre rivelavano la vera essenza combattiva, e sottilmente permalosa, di Oscar.
- Beh … ti concedo un altro tentativo! – gli annunciò impettita, con gli occhi accesi del bagliore del sole ormai impegnato nella discesa ad occidente.
Si sorprese un poco di quell’uscita scoprendo una Oscar particolarmente conciliante, e si affrettò a cogliere l’occasione offertagli.
– Torniamo alla radura? – le propose senza nemmeno dar peso alle proprie parole, stringendo le spade in pugno e sollevandole davanti al petto, pronto a riprendere la danza di lame e di fili lucenti, accennando già un passo in direzione della vegetazione appena abbandonata – In fondo non è poi così tardi … -
L’esitazione di Oscar gli fu palese e, in un certo senso, lo sorprese. La vide mordersi un labbro, stringere le dita affusolate al polsino candido, scivolato lungo l’avambraccio e finito ad adagiarsi come un bracciale leggero sul dorso della mano abbandonata lungo il fianco, mentre l’altro arto si piegava mostrandogli il palmo aperto. Oscar si volse verso il palazzo, e tornò titubante a lui.
- Non ti angustiare, Oscar. Non c’è nessuna ragione di farlo ora. Ci batteremo di nuovo domani … - si affrettò ad aggiungere, venendo in suo aiuto – Probabilmente hai altro di cui occuparti … - e in un attimo André portò la mano libera dalle armi ai suoi riccioli biondi cogliendo un moto di sorpresa in quello sguardo esitante che lo fissava con leggero tremore. Mosse rapido le dita tra i fili dorati, attento a non tenderli troppo, avvicinò il viso al suo capo, per osservare meglio la causa di quel nodo, e poi, cauto, sfilò dalla seta un legnetto sottile, liscio e scuro, forse punta di ramo, distendendo il braccio e facendolo roteare nell’aria, fino a mostrare ad Oscar il risultato dell’impresa.
- Credo che questo tu l’abbia raccolto tra i capelli mentre stavamo distesi alla radura … dopo il duello. Meglio levarlo … perché non lo veda la nonna … - le spiegò ammiccando, tendendo  maggiormente il braccio e mostrando il piccolo trofeo sul palmo aperto.
Oscar annuì incerta, il labbro ancora stretto sotto gli incisivi perfetti; allungò le mani sul rametto, afferrandolo energica alle estremità e piegandolo con forza, fino a ché un rumore secco non sancì la sua vittoria. Lui rimase quasi interdetto, le sopracciglia sollevate su quel gesto improvviso, e poi la vide posare il pugno chiuso sul suo palmo ancora teso, fermo per la sorpresa, per poi osservarla ritrarre il braccio, gonfiare il petto in un respiro rapido e riprendere il suo cammino, senza ulteriori spiegazioni, senza attendere che lui la seguisse. La vide dirigersi speditamente verso il palazzo, aggirarne il corpo orientale e varcare la soglia dell’ingresso principale, scomparendo rapida oltre il battente, senza più voltarsi.
André sospirò socchiudendo gli occhi, ripercorrendo quei passi svelti con lo sguardo e scuotendo lentamente il capo. Osservò il sole, fastidiosa presenza sopra la vegetazione che chiudeva ad occidente la tenuta della famiglia Jarjayes, e poi, stringendo le dita sul mezzo legnetto rimasto sul suo palmo, si diresse verso l’armeria, per riporre le spade.
 
Giunse alla cucina con il passo rilassato di chi non ha incombenze, scrutò tra le mensole sopra la credenza facendo scorrere lo sguardo sull’infilata di bottiglie che vi facevano bella mostra di sé e, infine, ne afferrò una con la mano destra, mentre l’altra raccoglieva un bicchiere dalla mensola di sotto. Si volse all’ambiente stringendo al petto la bottiglia e aggirò il tavolo, andando a sedersi sulla lunga panca in legno dove trovava posto ogni qualvolta consumasse pasti in cucina, scivolando di lato fino a sistemarsi al centro della seduta.
Piegò il capo all’indietro, scostando i capelli dalla fronte; scrutò per qualche istante tra le pietre che chiudevano le volte del soffitto, strette le une alle altre in incastri dai quali, si trovò a pensare, sarebbe stato impossibile sottrarle. Sospirò scuotendo il capo … e portando il bicchiere alle labbra, assaporò il vino, godendo di quella carezza pungente sul palato, giù per la gola, fino nell’animo.
Avrebbe raggiunto la stalla, accudito Cesar e poi, se ne avesse avuto ancora la possibilità, si sarebbe dedicato anche ad Alexander. Probabilmente, sarebbe riuscito ad occuparsi di entrambi prima dell’ora di cena …
I suoi pensieri vennero interrotti da uno scalpiccio frenetico in cui riconobbe immediatamente i passi frettolosi della nonna. La notò attraversare la cucina a mento alto, con un sorriso trionfante sul volto; la osservò raggiungere il camino e controllare con rapide occhiate due paioli che, si rese conto, non aveva nemmeno notato. Vide la nonna immergere rapida un dito nell’acqua, valutarne un istante la temperatura e poi tornare sui propri passi, lo sguardo determinato e l’incedere sicuro. Non l’aveva degnato di uno sguardo, ma la sua voce gli giunse secca.
- André! Lascia perdere il vino e, piuttosto, renditi utile: porta questi paioli nella stanza di Madamigella Oscar e versali nella vasca. Io intanto vado chiamarla perché si prepari e poi … - le parole erano svanite oltre il varco dell’atrio d’ingresso, insieme alla nonna.
Rimase a fissare il rettangolo vuoto e poi tornò a riempire il bicchiere di vino, concedendosi ancora qualche sorso, indugiando un poco nel deglutire, trattenendo il liquido tra lingua e palato, quasi a temere che quella sensazione dolce ma al contempo acre potesse svanire nel nulla …
- ANDRE’! – il richiamo perentorio della nonna lo indusse a deglutire in fretta, graffiando la gola – Non hai forse sentito quello che ti ho detto? –
Scorse la nonna ferma sulla soglia della cucina, lo sguardo torvo, la postura rigida, e preferì non perdere altro tempo. Lasciò la cucina reggendo i due paioli e salì la scala dirigendosi alle stanze di Oscar.
 
La cascata d’acqua versata dal secondo paiolo sollevò una nuova nuvola di vapore denso e profumato che bloccò il suo respiro in una stretta forzata, mentre il viso si faceva umido di condensa. Arretrò di un passo, posando il recipiente accanto all’altro e fermandosi ad osservare le volute che salivano in una danza morbida e senza regole apparenti … diffondendo una delicata essenza di lavanda nell’ambiente, fino a lambire il soffitto.
- Hai portato altra acqua, Andrè? – la voce di Oscar gli giunse inattesa, dalle proprie spalle.
Si voltò annuendo per cercarla con lo sguardo, proprio mentre lei lo raggiungeva con passi nudi e silenziosi sul legno del pavimento, e si faceva prossima alla vasca, puntando i pugni sui fianchi.
– La nonna ha intenzione di farmi annegare! Non ha mai fatto preparare tanta acqua per un bagno … - osservò con voce leggermente acuta, apparentemente intenta a controllare il liquido fumante, mentre già slacciava lo jabot sfilandoselo dal collo.
André sollevò le spalle guardandosi attorno – Sarà una delle sue nuove idee per la perfetta cura della sua bambina … - e poi si chinò a raccogliere i paioli, voltandosi rapidamente, per lasciare che lei potesse prepararsi la bagno – O avrà semplicemente pensato che fosse necessario così … - soggiunse allontanandosi e guardandosi ancora attorno, aggrottando la fronte osservando le sedie vuote, la credenza sgombra, la consolle libera da ogni accessorio che non fosse un ampio telo bianco ripiegato alla perfezione – Ti lascio al tuo bagno, Oscar. –
Abbandonò la stanza da bagno seguendo il dissolversi lieve dell’essenza floreale e, d’istinto, si fermò un istante, stringendo le dita attorno ai manici ricurvi dei paioli. Il respiro lento e silenzioso accompagnava il fruscio leggero proveniente dall’ambiente che aveva appena abbandonato, la mente e il cuore legati alle immagini che il suo pensiero si ostinava a disegnare seguendo le volute di un bisogno celato, ma impossibile da soffocare completamente. Stoffe leggere a scivolare sulla pelle d’avorio, carezze morbide a sciogliere la  seta, liberandola da ogni finzione …
Deglutì spezzando i propri pensieri, cercando di allontanarsi, forzando il proprio corpo verso l’anticamera, verso il corridoio; si mosse, ma non poté muovere più di un passo.
- André … - la voce, velata di incertezza, lo richiamò alla realtà, inspiegabilmente prossima.
Rimase fermo, le spalle dritte, gli occhi faticosamente serrati – Dimmi, Oscar … -
La udì inspirare e poi armeggiare con della stoffa – Puoi … puoi voltarti, ora. –
André si volse, imponendosi di fissare lo sguardo su quel volto incorniciato d’oro, rifiutandosi di andare oltre le spalle candide, impedendosi di scivolare lungo le braccia strette al petto a trattenere il telo di lino bianco che, scendendo in un drappeggio morbido fino alle caviglie, si adagiava con grazia sull’ansa del fianco.
Chinò leggermente il capo, come a ringraziarla, disponendosi in ascolto, regalandole in un accenno di sorriso, la sua disponibilità, la sua presenza fidata.
Oscar si morse il labbro, esitò ancora con lo sguardo basso, scivolando sull’intreccio di essenze del parquet sotto le sue scarpe, e poi tornando a lui, come finalmente pronta a proferire parola – André … io volevo chiederti se tu puoi … se puoi accompagnarmi  a Versailles, questa sera … -
- Questa sera? A Versailles? – chiese di rimando, stupito da quella insolita richiesta.
La vide annuire; i movimenti rapidi del capo e la stretta delle dita fattasi più forte sul lino narrarono di una scelta difficile, di un imbarazzo che era arduo nascondere.
- Vorrei che mi preparassi una carrozza … una di quelle senza l’insegna di famiglia, per favore … -
André la ascoltò con attenzione – Certamente, Oscar. Come desideri … una carrozza, senza insegna di famiglia … - ripeté piano. Le sorrise, fece per allontanarsi, per lasciarla al suo bagno, perché l’acqua non si freddasse.
- E … c’è un’altra cosa … André. – lo richiamò Oscar, la voce ancora più incerta.
André si fermò di nuovo, tornò a regalarle uno sguardo aperto, comprensivo, accogliente.
- Quando mi avrai accompagnata, poi potrai rientrare a Palazzo. – le iridi azzurre si erano nascoste, insieme al significato profondo di quelle poche parole.
André sentì una morsa serrarsi al petto, una fitta pungere sotto lo sterno, come una spina conficcata nella parte più sensibile di sé, un dubbio sottile e doloroso, nascosto nel bisogno di risposte.
- Ti accompagnerò e potrò rientrare … - parole lente, difficili da pronunciare.
- Non è necessario che tu mi attenda per il rientro … - ripeté lei cercando nella trama del lino candido una imperfezione inesistente.
- Non devo aspettarti … - mormorò chiedendo conferma.
- No. Non mi devi aspettare … perché io … non sarò il Colonnello Oscar François De Jarjayes, questa sera. - gli ribadì con lo sguardo basso.



Angolo dell'autrice: con mille dubbi e incertezze... mi lancio in questa nuova avventura che da tempo, ormai, mi tormenta... Un abbraccio alle Sisters che mi hanno convinta a pubblicare... e... speriamo bene!

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Capitolo 2
*** L'uomo dello specchio ***


L’uomo dello specchio
 
Chinò il capo portando le mani ai bottoni della giacca, allacciandoli in sequenza e accomodando la stoffa pesante sulle spalle e sul proprio petto, come un cielo senza stelle a gravare su animo e corpo. Con gesti precisi, ravvivò lo sbuffo bianco che  dal collo, con un fiocco stretto ad arte, ricadeva morbido sui risvolti della giacca blu di curata fattura, e poi aggiustò le maniche, sistemando i polsini della camicia perché non fuoriuscisse oltre il risvolto tanto da infastidirlo.
Controllò i pantaloni, un tocco di notte a fasciare le cosce, e poi anche le calze candide e le scarpe lucide.
Raccolse i capelli sulla nuca, stringendoli tra indice e pollice, per poi avvolgere abilmente attorno ad essi due giri di nastro, fermandolo con un nodo a due volute; passò le mani unite sulla fronte, accomodando poi le ciocche indomate dietro le orecchie.
La nonna aveva insistito perché dedicasse particolare cura al proprio aspetto, ma lui avrebbe semplicemente condotto una anonima carrozza fino alla reggia e poi sarebbe rientrato immediatamente a palazzo, ritirandosi nella sua camera libero da ogni impegno, sereno e sollevato da ogni altra incombenza. Raggiungendo rapidamente Palazzo Jarjayes, avrebbe avuto ancora buona parte della serata a disposizione per quel libro iniziato ormai da tempo, che non aveva ancora terminato di leggere … o per il suo diario, o per quella bottiglia lasciata aperta sul tavolo della cucina … o forse anche per … Si bloccò.
Alzò lo sguardo, fissandolo in quell’ovale lucido sistemato sopra il catino, su quell’oggetto infido che aveva diligentemente evitato durante tutta la sua permanenza in camera, fuggendo da un confronto con se stesso, con la realtà che avrebbe letto negli occhi verdi che lo avrebbero scrutato da oltre il muro.
L’uomo in livrea, i capelli lunghi e scuri raccolti sulla nuca e l’espressione seria dipinta a forza sul volto, gli lanciò uno sguardo disperato. La mascella tesa, le labbra serrate e le narici contratte; gli occhi lucidi, le sopracciglia scure piegate sulle palpebre in una smorfia sofferente: un uomo dilaniato dall’incertezza e roso da un dubbio che rapidamente assumeva una forma nota, concreta e lacerante. Ferito da un’arma che da tempo sapeva puntata contro di sé. Come una lama che appoggiata alla pelle, dapprima si percepisce gelida e liscia, ma poi, lentamente, perde di consistenza e diviene presenza sopportabile, nel suo contatto odioso; e solo allora, perfida e insolente, inizia il suo moto lento e affonda il filo sfibrando la pelle, dapprima in un fastidio sottile, poi sempre più deciso, che si macchia di rosso, lasciando un segno indelebile nel corpo e nell’animo.
Un uomo consapevole di aver vissuto per anni in una sorta di limbo, osservando in silenzio il lento scivolare dei giorni lungo la china del destino che lo aveva posto accanto ad una donna unica e preziosa, destinata a vivere l’esistenza di uomo e ostinata nel negarsi l’amore e la carezza dei sentimenti. Una esistenza, la propria, che non avrebbe potuto durare per sempre … perché vincolata a quel miraggio che era la speranza che lei non cedesse a quell’amore impossibile che si era costruita. Lei, Oscar, la musa ispiratrice di ogni suo sogno e la voce capace di condurlo al risveglio, di strapparlo ogni mattino al buio della notte del cuore, popolata di incubi, mostri e strazio di carne e anima, densa di timori e in grado di dare forma ai funesti presagi. Il sogno che aveva protetto per anni, anche da se stesso, a costo della propria lucida disperazione.
Fu sufficiente che l’uomo dello specchio piegasse le labbra in un sorriso amaro, perché tutta la sofferenza scorta in quel volto abbronzato divenisse fredda sferza sulla propria pelle, lo schiaffo della realtà più crudele.
Sarebbe toccato proprio a lui, quella sera stessa, il compito di condurre Oscar a Versailles, consegnandola nelle braccia di un mondo fatto di apparenze, inganni e secondi fini. Un mondo a cui lei era abituata, ma che era avvezza osservare da un diverso punto di vista: quello del Comandante delle Guardie Reali, rispettato per il suo ruolo e lodato per il suo coraggio, per la sua abilità nell’uso delle armi, per la capacità di svolgere i propri compiti.
Quella sera, ne era certo, Oscar non aveva un incarico ufficiale a corte. Se così fosse stato, in qualità di suo attendente, André ne sarebbe stato certamente informato e lei non gli avrebbe chiesto di accompagnarla e, soprattutto, non gli avrebbe indicato di rientrare poi a palazzo.
Si forzò a formulare un pensiero che potesse alleviare la sofferenza dell’attesa: forse, molto semplicemente, Oscar aveva deciso di partecipare al ballo, come aveva già fatto in passato, per essere di aiuto alla Regina, offrendole un disimpegno che le impedisse di cedere alla lusinga dell’abbraccio del Conte di Fersen, almeno al cospetto degli occhi frivoli e insolenti della corte. Un’uniforme bianca, lucente di decorazioni, un involucro rigido indossato con la grazia di una dea, a volteggiare nella sala tra oro e gemme, offuscandole di composta eleganza … una uniforme che, ricordava bene, non aveva scorto nella stanza di Oscar e che, al contrario, avrebbe dovuto già essere pronta per essere indossata dopo il bagno che aveva preparato per lei. Una uniforme che, comunque, sarebbe stata di quel Colonnello che Oscar, quella sera, non sarebbe stata.
Aggrottò la fronte, un pensiero molesto a pungere l’animo: il dubbio che Oscar partecipasse al ballo senza altro motivo che non fosse il suo desiderio, la sua volontà di fare una esperienza nuova, differente e, soprattutto, senza di lui. Il dubbio che Oscar al ballo volesse incontrare qualcuno in particolare … e volesse farlo da sola.
Strinse i pugni, le unghie conficcate nei palmi, trasse un profondo respiro e gettò una rapida occhiata alla  propria stanza, al suo mondo perfetto, scrigno di ricordi, oggetti semplici e gesti sinceri; poi spalancò l’uscio e lo richiuse rapido dietro di sé, affrontando con passo deciso il buio del corridoio.
 
Svuotò il bicchiere tutto d’un sorso, mentre la nonna proseguiva la sua corsa, un via vai continuo, davanti ai suoi occhi stretti a fessura, lasciando la cucina stringendo al petto il cestino da cucito e poi ricomparendo per sparire diretta alla lavanderia. Gli si materializzò di fronte, con le mani sui fianchi, palesandosi in uno sbuffare nervoso, mentre scuoteva il capo, mostrando il disappunto per quell’ennesimo bicchiere.
- Smettila di bere, André! Di questo passo non sarai certo in grado di condurre la mia bambina a Versailles! – gli intimò afferrando la bottiglia e riponendola sulla mensola insieme alle altre – Vai a sciacquarti di nuovo il viso. Oscar sarà pronta di qui a poco! – quindi abbandonò la cucina, senza curarsi di attendere una qualunque giustificazione.
André si sollevò dalla sedia, raggiunse l’acquaio e affondò le mani nel bacile di acqua che veniva lasciato sempre a disposizione in cucina. Osservò per qualche istante i propri palmi uniti sotto il pelo dell’acqua limpida, che disegnava una maglia tremolante sulla sua pelle, riflesso appena visibile di una trama inesistente … e poi si portò la mani al volto, rinfrescandosi abbondantemente. Allungò il braccio cercando a tentoni una pezza sul bordo della vasca e, trovatola, si tamponò energicamente il viso, premendo sugli occhi e sfregando un poco la fronte e ricci rimasti umidi. Posò la pezza, muovendosi verso l’atrio, per lasciare la cucina, udendo dei passi provenire dal grande ambiente.
Tocchi lenti di suole rigide sul marmo, passi dal ritmo insolito e quasi incerto … in cui faticò a riconoscere l’incedere di Oscar che gli era famigliare e ben noto. Giunse all’atrio e sollevò lo sguardo allo scalone, mentre il respiro moriva nel suo petto e il cuore conosceva un nuovo, infame, tormento.
Il capo basso, lo sguardo attento a scrutare i gradini, i capelli raccolti in una acconciatura morbida, il corpo sottile modellato in seta lucente, il colore del cielo ricamato di fili di dorati, e le braccia appena scoperte, vestite di pizzo e guanti velati, piegate a sollevare una lunga gonna, in modo che non arrecasse intralcio al suo passo.
La vide muovere il capo, lo sguardo timido a scivolare lungo la rampa fino a raggiungerlo, in un rapido scambio, che sciolse imbarazzo nella sorpresa, richiesta di conferma in una espressione di estasiata ammirazione.
André deglutì serrando le labbra, mentre proseguiva nel suo muto contemplarla così sorprendente, in quell’abito insolito, cercando di soffocare dentro di sé la sensazione bruciante del trovarsi di fronte al proprio sogno, così come al proprio incubo. Nessuna uniforme, nessuna mostrina … Oscar gli parve splendida e a fatica si trattenne da qualsivoglia osservazione che non fosse l’incanto del proprio sguardo, mentre lei incarnava quel dubbio segreto a cui non aveva avuto il coraggio di dare forma, nemmeno in un pensiero compiuto.
Lei aveva scelto di partecipare al ballo alla reggia.
Lei aveva scelto di partecipare al ballo alla reggia, senza che lui le fosse accanto.
Lei aveva scelto di partecipare al ballo alla reggia, senza che lui le fosse accanto, e indossando, per la prima volta, un abito femminile.
Oscar si sarebbe presentata a Versailles vestendo la propria femminilità di stoffa lucida e drappeggi costruiti, di gioielli e belletto … rincorrendo una bellezza lontana da quella che da sempre lui le riconosceva e che da sempre la faceva apparire ai suoi occhi più desiderabile e sensuale di qualunque altra donna. Avrebbe mostrato se stessa spogliandosi del proprio ruolo di Comandante della Guardia Reale e accettando quello insolito di una dama elegante e ricercata. Oscar avrebbe chinato il capo, salutato muovendo le lunghe ciglia e magari nascosto il suo sorriso dietro un ventaglio di piume e seta … cedendo la propria bellezza al canone di un mondo fatuo, rincorrendo l’attenzione di un uomo che nemmeno si era accorto del suo essere donna e che da sempre la considerava un militare e niente altro …
L’uomo dello specchio tornò prepotente e vorace a serrare il suo animo, nascosto dietro il più semplice dei sorrisi. André si sentì vittima di quella stretta alla gola, che toglieva il respiro e seccava il palato; fuggì dallo sguardo azzurro velato di belletto, dalle labbra lucide e invitanti, dal collo diafano e dalle forme costrette, temendo di tradire i moti del proprio animo. Abbassò il capo piegando la schiena in un profondo inchino, salutando il giungere di Oscar ai piedi della scalinata – Oh, Oscar … - riuscì a mormorare ad occhi bassi.
E non poté aggiungere altro, perché intravide la mano di lei sollevarsi e cercare sostegno, si affrettò a raggiungerla dandole il braccio, per accompagnarla fino alla carrozza, già pronta ad attenderli oltre i battenti aperti.
Mosse quei passi vivendo un sogno, combattendo contro lo spettro della propria realtà. Oscar stringeva appena le sue dita alla stoffa della giacca e André ne poteva intuire la presa incerta sul braccio. Avanzarono insieme, lenti e solenni, Andrè ad assecondare quei passi un po’ insicuri, che prendevano confidenza con le calzate mai indossate, e Oscar a cercare sostegno e conforto in quel primo incedere tra seta e merletto. Insieme, ancora una volta, in passi gemelli ad affrontare affiancati l’ennesima prova.

Angolo dell'autrice: un grazie a tutte per l'accoglienza calorosa, a chi ha lasciato un commento e a chi già segue.
Il vostro affetto ha fatto nascere questa storia, il vostro calore la farà continuare.
A presto!

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Capitolo 3
*** Tra dubbi e scelte ***


Tra dubbi e scelte
 
L’aria fresca della notte incombente sferzava il suo volto, i riccioli bruni sciolti vibravano lasciando libera la fronte, mentre lo jabot sbatteva disordinato sul petto. André teneva un’andatura costante, volutamente tranquilla, su un tracciato di cui conosceva perfettamente ogni buca e ogni irregolarità; un nastro sterrato che si snodava tra terreni curati e boschetti radi, poco impegnativo se percorso in sella, ma che ad una carrozza poteva risultare insidioso, provocando scossoni e sobbalzi. Lanciò un’occhiata distratta al riflesso incerto che lo accompagnava con insistenza dalla superficie tremolante del canale: la sagoma scura della carrozza pareva correre leggera, librandosi sull’acqua, senza contatto con il terreno. Si sforzò di scrutare oltre il rettangolo imperfetto del finestrino, riconoscendo appena la cortina della tenda, senza riuscire a scorgere niente altro. Strinse le dita attorno alle redini, tornando ad osservare la strada e la riva scoscesa che conduceva all’acqua alla sua destra, mentre sull’altro lato si susseguivano fusti dritti e impassibili di alberi alti e sottili; un corridoio che davanti ai suoi occhi si faceva sempre più stretto e obbligato, chiuso in una morsa scura, dove la luce fioca della luna già alta in cielo non riusciva ad arrivare.
Riconobbe l’ansa ampia con cui il canale virava a sinistra, accompagnando la strada a occidente; condusse la carrozza oltre il bivio con la via diretta a Parigi, lasciando il canale e inoltrandosi tra gli alberi in una fenditura aperta tra due schiere di vegetazione scure che percorse senza indugiare. Oltre, a settentrione, la vista si aprì su appezzamenti incolti, sui quali lo sguardo poteva spaziare fino a lontane costruzioni dall’aria povera e trascurata, buie e silenziose nella distesa placida e scura del terreno.
Conducendo la carrozza con attenzione, i sensi all’erta per cogliere il minimo segnale di pericolo e per trovarsi pronto a reagire senza indugio, nonostante il fragore delle ruote sul pietrisco e il cozzare ritmato degli zoccoli, André riconobbe, dietro di sé, il richiamo delicato di due tocchi incerti sul legno dell’abitacolo, giusto alle proprie spalle.
Si guardò attorno: la campagna appariva tranquilla, già abbandonata al riposo della notte … Raggiunse sicuro una curva morbida dove gli era nota la presenza di uno spiazzo sterrato e tirò a sé le redini, arrestando la corsa dei cavalli. Sospirò appena, passando nervosamente le mani sulle cosce e poi tra i capelli. Con un balzo a terra lasciò la seduta a cassetta, avvicinandosi alla porta della carrozza, afferrò la maniglia e l’aprì con un gesto deciso, spalancando lo sportello.
Dentro l’abitacolo, scorse Oscar seduta sul divanetto, le mani strette una nell’altra e il capo chinato, in una postura insolita.
- Oscar … va tutto bene? – le chiese istintivamente.
- Sì, sì André … - gli rispose Oscar annuendo con lo sguardo basso, due ciocche bionde, volutamente indisciplinate, a scivolare lungo le gote – Perdonami … e’ tutto a posto. Io … non avrei dovuto … –
André rimase un istante in silenzio, con la mano destra ferma sul montante dell’apertura dello sportello e il capo chino per osservare dentro l’abitacolo; trasse un respiro profondo, corse al divanetto con lo sguardo e riconobbe sul velluto cremisi trapuntato un involto scuro. Allungò la mano sporgendosi nello spazio angusto e afferrò la stoffa ripiegata.
- La sera è fresca, Oscar: è bene che tu ti copra con questo … - le parlò a voce forzatamente calma, dispiegando il telo e avvicinandosi a lei. Passò la sinistra dietro la sua schiena afferrando il mantello, come una piuma sulle sue spalle, sistemandolo addosso ad Oscar con gesti premurosi e accomodando l’eccesso oltre le sue reni, e poi riunì i lacci sul suo petto, legandoli in un fiocco stretto alla base del collo. Sollevò il capo, trovando sul proprio viso lo sguardo grato di Oscar, che lo osservava con leggera inquietudine, un accenno di sorriso, timido e velato dall’artificio che lascia polvere anche sui petali delicati.
Andrè rimase fermo, il cuore stretto da quella visione, il respiro a morire di fronte a quella immagine illuminata dal bagliore fioco filtrato dai finestrini della carrozza, la mente annebbiata dal profumo delicato di lavanda.  Strinse le labbra, sostenendo quello sguardo blu come la notte, lucido e sempre più timido. Chinò un poco il capo, accennando un sorriso, soffocando caparbio il nodo che gli legava la gola.
Nella quiete della campagna, nel rifugio della carrozza, solo il soffio dei loro respiri vicini fendeva il silenzio. Oscar rimaneva zitta e André rispettava quel silenzio carico di attesa e incertezza, lasciando scivolare il suo sguardo sulla pelle che, anche nella penombra, pur senza artificio, appariva bianca come neve; un fruscio leggero attirò la sua attenzione, lo sguardo scese alle mani di Oscar che si stringevano ancora una nell’altra, i guanti in grinze tra le dita serrate. Tornò al suo sguardo, alle labbra strette, e la mano corse alla sua guancia delicata, le nocche di due dita a percorrerla leggere.
– Davvero va tutto bene, Oscar? – le chiese in un soffio, e la vide annuire immediatamente, rispondendo forse senza davvero avere modo di riflettere.
André chiuse gli occhi un istante, annuendo a sua volta in sorriso, mentre lentamente si forzava ad arretrare, per lasciare l’abitacolo e tornare al proprio posto, alla guida della carrozza. Posò un piede a terra, puntò le mani sui montanti della porta, quando un richiamo flebile carpì la sua attenzione.
- André … -
Si fermò immediatamente, sollevò il capo e trovò su di sé lo sguardo di Oscar, fremente, lucido e imbarazzato.
- Oscar …? – le rispose subito, correndo in suo aiuto pur rimanendo immobile nello specchio stretto della porta della carrozza.
Si sentì colto da nuova inquietudine, quella stessa che lesse nella voce di Oscar e trattenne su di sé, un vibrare profondo nell’animo provato dalle emozioni di un dubbio che progressivamente aveva preso forma di una richiesta insolita, di una carrozza scura, di un abito drappeggiato di seta.
Si schiarì la voce, forte nella volontà di non lasciare mai un suo richiamo a disperdersi nell’ombra del silenzio – Posso fare qualcosa per te, Oscar? -
La vide esitare ancora, prima di riuscire a parlare – André … io vorrei sapere una cosa da te … -
Si forzò a sorriderle, cercando di aiutarla ed esprimersi – Sono qui per te, Oscar … chiedimi pure … -
Lei trasse un profondo respiro, mentre le mani stringevano il fiocco del mantello, che lui aveva legato sul suo petto – André tu credi che io questa sera sia … tu trovi che così io … - si fermò, abbassando lo sguardo sulla gonna visibile anche sotto il mantello, e poi riprese, liberando ogni dubbio in un unico sfogo - Insomma, André, tu credi che un … un uomo potrebbe mai … notarmi … oppure anche magari …? –
Sentì le lacrime pungere, abbassò lo sguardo nascondendo quel moto dell’animo in un sospiro sofferto, e si mosse di nuovo verso di lei, appoggiando il fianco al divanetto e puntando il gomito sullo schienale. Cercò dentro di sé una risposta, parole capaci di infonderle sicurezza e di tranquillizzarla, di donarle consapevolezza di sé e della propria accecante bellezza … Fu un volo dell’animo, fino a ripensarsi nella solitudine propria camera, a cedere allo sguardo dell’uomo dello specchio e alla sua sofferenza: pensò di dirle che nulla avrebbe mai potuto fare nulla per vincere il cuore di un uomo votato ad un amore impossibile; per un attimo, sperò di avere il coraggio di fermarla, di dirle che forse quell’uomo l’avrebbe guardata con occhi diversi … ma che non sarebbe mai riuscito a liberarsi da quella catena solida e inamovibile che è l’amore, forte e saldo anche quando conscio del proprio limite. Avrebbe davvero desiderato parlarle dell’amore che conosce l’ostacolo e che vive e si nutre del proprio sogno pur sapendo che resterà deluso … perché sapeva di poterlo fare, perché quello era l’amore di cui lui stesso viveva da anni, soffocando il proprio istinto per salvare il proprio cuore. Pensò di dirle che quell’abito poteva solo avvogerla, rendendo visibile il suo corpo perfetto, ma che non avrebbe mai potuto mostrare il suo animo, quello che davvero la rendeva unica e perfetta … al di sopra di ogni altra creatura al mondo.
E in questo modo l’avrebbe inevitabilmente ferita, tarpando le ali a quel desiderio di cercare se stessa e di dare respiro ad un lato di sé da sempre celato, che l’aveva indotta a quella scelta azzardata.
Immaginò allora di rinfrancarla, di rassicurarla sul fatto che quella decisione fosse quella giusta, un atto dovuto, se pure coraggioso, che le avrebbe spalancato la porta di un nuovo orizzonte, di una vita differente, affacciata su un sentimento finalmente corrisposto. Ma non sarebbe stata la verità …
Rifiutò di mentirle, perché non avrebbe mai sopportato l’idea di farlo, di macchiarsi di una simile colpa solo per illuderla … ma si impose di non deluderla, cercando una risposta che fosse verità, pur celando la cruda realtà.
Si schiarì la voce, soffocando, una volta ancora, l’istinto; lo sguardo si fece carezza, sui guanti e sulle spalle sottili disegnate dalla stoffa scura del mantello, cercando il blu lucente e perdendosi in esso.
- Oscar, credimi, sei meravigliosa. Sei una dea … un angelo, una visione del cielo che ha preso animo e corpo su questa terra … e nessun uomo potrebbe mai pensare il contrario. – continuò a osservarla, mentre lei sgranava gli occhi, le labbra si dischiudevano, e la sorpresa nel cogliere parole mai udite da quelle labbra amiche, si faceva palese sul suo viso – Questa sera, anche chi ti ha sempre vista e pensata solo come uomo, non potrà che arrendersi ammirando questa donna senza eguali … e provando il desiderio di avere … di avere questo fiore unico e misterioso solo per sé, tra le proprie braccia … -
Una mano sottile trovò la sua destra, ancora stretta allo schienale, e André si mosse, lasciando il velluto e voltando il palmo ad accogliere quella pelle morbida e delicata. Levò la sinistra, coprendo la  mano di Oscar e la accarezzò delicatamente, realizzando con quel rinnovato contatto che non vi erano pizzi a separare pelle da pelle … Il suo cuore si strinse in quel tenue cercarsi, nel riconoscere nel gesto di Oscar quel desiderio mai sopito di mostrarsi a lui nella sua vera essenza. André chinò il capo, in una sorta di inchino, e le labbra raggiunsero la mano di Oscar, ancora adagiata sul suo palmo. Un contatto di un istante, un soffio per riconoscerne la morbidezza imprimerla nella propria memoria insieme alla sua fragranza delicata e inconfondibile. Non seppe trattenere l’urlo della propria sofferenza, che stillò umido scivolando sulle proprie gote, fino a perdersi nel vuoto oltre la pelle. Inspirò a forza e poi con un movimento rapido, ritraendosi da lei, dal sedile e dall’abitacolo, forzando lo sguardo a terra, raggiunse le redini e tornò a condurre la carrozza.


Angolo dell'autrice: Tassello forse un po' breve... ma necessario, pure questo. Lascio a voi questo groviglio di pensieri e dubbi ....
Grazie di cuore ancora a tutte. A presto!

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Capitolo 4
*** La notte nell'anima ***


La notte nell’anima
 
Arrestata la carrozza, allineata a molte altre del tutto simili, giunte con illustri convenuti al ballo, André aveva aiutato Oscar a scendere dall’abitacolo porgendole il braccio, a cui lei si era stretta saldamente, rivolgendogli uno sguardo nascosto e un accenno di sorriso, cui non aveva potuto fare a meno di rispondere.
Aveva avvertito la sua presa al braccio insistere, indugiare, e poi farsi leggera e scivolare sul tessuto fino a svanire, lasciando sulla pelle nascosta l’impronta di un saluto difficile da rendere parola. Allora si era affrettato a piegare le reni in un profondo inchino, poi aveva sollevato il capo e le mani erano corse rapide al mantello; un gesto sinuoso ed elegante, come una carezza lungo l’esile schiena e il tenue rilievo della trama di quel velo color della notte, intrico fitto di rami e volute, si era impresso nella mente come scritta a fuoco sul cuoio. Infine, aveva accomodato la stoffa scura sulla nuca e poi oltre, liberandola perché scivolasse morbido dalle spalle fino a terra, donando calore al suo corpo esile e mostrando alla reggia una figura perfetta, unica e desiderabile.
Vederla scomparire nell’ombra, inghiottita dal corridoio di accesso al palazzo, era stata impresa ben più ardua di quanto avesse potuto immaginare.
Per un attimo André era stato sul punto di seguirla, come faceva ogni giorno giungendo alla reggia, disponendosi a curarsi dei cavalli, condurli alla scuderia per poi dirigersi verso l’ufficio che Oscar occupava in virtù del suo incarico di Comandante della Guardia Reale, un ambiente dall’eleganza sobria, nelle sue boiseries laccate di bianco e nella scacchiera obliqua della pavimentazione marmorea. Ma poi si era bloccato, recuperando lucidità e tornando al presente, al buio del cielo, alle luci dorate provenienti dalle ampie finestre del primo piano, al traffico di servitori e valletti che lo stava circondando.
Chinato il capo, André rivolse le spalle al palazzo e salì agilmente a cassetta, stringendo in pugno le redini. Le tirò a sé, pronto a riprendere la via per rientrare a Palazzo Jarjayes, come Oscar gli aveva chiesto di fare.
Riusciva quasi ad immaginarla, una nuvola di seta, leggera come il suo passo, profumata come e più di tutti i cespugli di lavanda che la Provenza potesse far fiorire e cullare tra le sue terre, luminosa come solo la sua pelle d’avorio, sempre nascosta dall’uniforme, poteva essere. Con lo sguardo perso nel buio della Cour Royale, spaziosa e appena illuminata, che si apriva alle proprie spalle, André la vide[i] salire lungo l’imponente scala di marmo lucente che si inoltrava nelle viscere della reggia fino al primo piano, conducendo alla galleria; ebbe chiaro come sfilasse dinnanzi alla nobiltà, a viso basso e spalle dritte, composta e silenziosa, preziosa gemma mai mostrata agli occhi resi opachi da vizio e pettegolezzo. Poteva ascoltare il ritmo ormai regolare dei suoi passi leggeri sul parquet elaborato e vederla oltrepassare le porte e superare saloni decorati, sotto lo sguardo attento di divinità, muse e satiri … giungendo fino alla galleria, lucida di specchi e decori, candelieri dorati e lampade dalle innumerevoli gocce di cristallo … fino a sollevare lo sguardo e incontrare quel viso, quegli occhi …
Un dolore sordo al petto lo chiamò dal suo sogno. Prima di spronare i cavalli, si guardò attorno …
Altre carrozze, eleganti e decorate in modo raffinato, si erano affiancate a quella che lui stesso aveva condotto alla reggia; altri servitori vestiti con livree differenti, ma ugualmente eleganti, si muovevano nell’ombra attorno a lui, a pochi passi dalle vetture ferme, formando capannelli e discutendo animatamente per colmare il tempo vuoto dell’attesa. Qualche carrozza, invece, si muoveva allontanandosi dalla reggia, diretta al ricovero delle scuderie.
Ripensò alle parole di Oscar, ad impegni, promesse ... Si portò le mani al volto, coprendo fronte e gote, e scosse il capo, poggiando i gomiti sulle ginocchia e mormorando tra sé solo poche, sofferte, parole – Non posso … -
 
Un piede davanti all’altro, nella fatica di muoversi senza volerlo davvero fare, come a trascinare un peso enorme a gravare sul proprio corpo e cercando un silenzio che non era possibile raggiungere, André attraversò la corte fino a sistemarsi in un angolo buio, un luogo un poco riparato da cui non gli era possibile scorgere altro che una massa scura e imponente, priva di dettagli e decori. Un mostro di pietra, metallo prezioso e stoffa elaborata, che pareva incombere sul suo animo come un incubo divenuto realtà.  La schiena poggiata al muro freddo, lo sguardo ostinatamente basso, imponendosi di non udire l’eco lontana eppure insistente della musica proveniente dalle sale del primo piano, tentava di lanciare occhiate distratte attorno a sé, scrutando il cortile con la sufficienza di chi è semplicemente in attesa, ma non nutre interesse per nulla di ciò che vede e si adegua soltanto allo scorrere del tempo, nella speranza che giunga presto il momento di lasciare la reggia e le sue notti di divertimento riservate a pochi eletti di nobile nascita.  Poco distante sostavano altri valletti, altri servitori in attesa dei propri padroni, livree eleganti e colli sollevati a riparare dal freddo della notte ormai calata sul regno e sulle sue follie.
Di tanto in tanto, drappelli di soldati in uniforme fendevano il buio con il loro passo cadenzato, sfilando a poca distanza dal suo rifugio senza riparo, in un ritmo lento e ordinato, lo stesso che scandiva le sue giornate di attendente al servizio di Oscar. Aveva persino avuto modo di riconoscere qualcuno di quei soldati, sovrapponendo le sagome scure, senza spessore, a quelle bluse azzurre che incontrava alla luce del sole o negli appartamenti a cui, come attendente, aveva accesso.
Si portò le mani al bavero e lo sollevò, affossando il collo tra le spalle, mentre il soffio freddo della notte si insinuava infido oltre la nuca. Serrò gli occhi e la mente corse rapida al salotto caldo di Palazzo Jarjayes, quel luogo di pace e ristoro dove spesso trascorreva le serate, solo o in compagnia di Oscar, perdendo lo sguardo nella danza rabbiosa delle fiamme che mordevano i ciocchi nel camino, consumando le ore e trasformandole in cenere del passato, in una coltre di ricordi che si adagiava densa e calda sull’animo, dando spessore ad una vita di ombra, di rigore e di divise. Quel solo pensiero fu in grado di spezzare il suo respiro, mentre il ricordo di quella visione di sogno tornava prepotente nella sua leggerezza: lei in abito elegante, accarezzata da seta morbida, scendeva con passo lento quella stessa scalinata che un tempo l’aveva vista trasformarsi in un soldato sotto la stretta dell’uniforme … E poi ancora lei, nella penombra della carrozza, con i capelli raccolti e i lineamenti perfetti esaltati da un trucco sapiente quanto delicato, mentre incerta e vulnerabile apriva proprio a lui i suoi dubbi di donna … Deglutì a forza, ricacciando nel profondo di sé quell’immagine segreta e in un gesto involontario si sollevò dalla pietra per muoversi verso il corridoio aperto poco oltre, un passaggio di servizio che lo avrebbe condotto verso il parterre di mezzogiorno.
Al di sotto di quei soffitti sbiancati, l’eco della festa giungeva ovattato, lontano … ma prese consistenza rapidamente, facendosi vivo e leggibile, quando l’aria della notte tornò a pungere sul viso.
Oltre il corridoio, lo sguardo si aprì sull’ampia visuale del parco, soffocato dal buio della notte, incredibilmente estraneo e al contempo famigliare, correndo rapido fino al lembo più lontano che gli fu possibile raggiungere. Stretta tra due ali scure di vegetazione, la superficie argentea del Grand Canal appariva placida e lucente; seguì con lo sguardo il nastro d’acqua, un invito elegante a scivolare verso il viale che conduceva alle terrazze, percorrendo mentalmente vasche, arabeschi di pietra e bronzo dorato, aiuole fiorite e composizioni di siepi e arbusti, risalì fino alle vasche e proseguì fino al palazzo, percorrendo rapido l’infilata di finestre del primo piano dietro alle quali, sapeva bene, si stava svolgendo la festa a cui aveva condotto Oscar.
Il pensiero, chiamato dai luoghi e dalla voce melodiosa di un quartetto d’archi, continuava a correre a quella lunga galleria elegante di decori, specchi e oro, che avrebbe fatto da cornice alla visione celeste del suo angelo biondo.
Il corpo si irrigidì, i muscoli tesi serrarono i pugni, mentre le mascelle contratte bloccarono ogni sfogo. Un gemito sofferto scivolò dall’animo alla gola, lamento di un cuore ferito.
Chiuse gli occhi, portando le mani al volto, cercando di soffocare l’ennesimo moto di disperazione. Scosse piano il capo, conscio di essere pericolosamente prossimo alla pazzia, divorato da una gelosia bruciante.
- Fermo dove siete! – la voce dura e il tono di minaccia lo strapparono dal suo isolamento – Identificatevi immediatamente! -
Aprì gli occhi, togliendosi le mani dal viso, scosso da quell’ordine e già immobilizzato dalla presa di due soldati che rapidi si erano portati uno alla sua destra e uno alla sinistra, afferrandolo saldamente per le braccia.
- Ecco … io … - balbettò piano, cercando di riordinare i pensieri per costruire una valida giustificazione alla propria presenza sul parterre di mezzogiorno, di notte, in pieno svolgimento di un ricevimento al quale non era stato invitato e a cui non avrebbe mai avuto ragione, né opportunità, di partecipare.
- Rispondete! – intimò la guardia, che già aveva impugnato l’arma puntandola contro il suo petto – Identificatevi immediatamente! Nessuno che non sia autorizzato può accedere al parterre, né al palazzo, questa sera … -
André rimase ancora in dubbio, scosso energicamente dai soldati, irritati dalla sua reticenza a parlare, e poi si sforzò di esprimere una qualunque giustificazione che fosse accettabile alle guardie, pur sapendo di non avere argomenti validi – Io ho accompagnato la mia signora … -
- I servi devono attendere alle carrozze, sulla Cour o alle scuderie! – intimò la guardia con tono freddo, mentre la stretta sulle braccia si faceva più serrata; poi si rivolse ai suoi uomini e con un gesto secco del capo, ad indicare il passaggio da cui poco prima André era giunto, gridò – Soldati, conducete quest’uomo alla corte e … -
- Fermi! – un voce sottile e decisa si materializzò alle spalle della guardia e André riconobbe immediatamente quel tono fermo, pulito e perfettamente controllato che, pur nell’incertezza del momento, gli permise una lieve speranza – Lasciate a me quell’uomo! –
La guardia raddrizzò le spalle, al richiamo del superiore, irrigidendosi in un saluto composto – Maggiore Girodel, abbiamo trovato quest’uomo sul parterre dove non sono ammessi soggetti non autorizzati. Non si è ancora identificato … - spiegò a voce alta, cercando di coprire la musica proveniente dalla galleria.
Il Maggiore si avvicinò avanzando con il suo passo regolare e tranquillo, almeno apparentemente, affatto turbato dall’accaduto. André a capo basso intuì i suoi passi solo quando gli fu dinnanzi, ne scorse le calzate e i pantaloni perfetti a fasciare le gambe. Si sentì scrutato, indagato; intuì uno scambio di sguardi tra il Maggiore e le guardie, qualche movimento brusco, l’arretrare di un passo da parte della guardia che l’aveva interrogato.
- Lasciate quest’uomo e tornate alle vostre perlustrazioni. – ordinò il Maggiore.
Immediatamente le braccia di André tornarono libere, il sangue a fluire nelle membra indolenzite; i due soldati che lo avevano trattenuto, si allontanarono muovendo un passo verso la guardia da cui avevano preso ordini fino al momento dell’arrivo del Maggiore.
– Quest’uomo può rimanere. – lo sentì affermare, per poi aggiungere, forse a placare un moto di stupore della guardia di pattuglia - Me ne assumo la piena responsabilità. –
- Agli ordini, Maggiore Girodel! – fu la risposta all’unisono delle guardie, che prontamente si allontanarono con rapidi passi sul ghiaietto, sfumando oltre l’ombra, soffocati dall’eco del ricevimento.
Fu allora che, rimasto solo con il Maggiore, André si permise di sollevare il capo, in un movimento lento; scorse la blusa decorata, le mostrine lucenti al bagliore proveniente dalla galleria, le spalle larghe e dritte lambite dalle ciocche sciolte in modo morbido e ordinato, e poi un volto sottile e curato, dall’espressione inaspettatamente distesa.
- Buona sera, André. – il saluto del Maggiore gli giunse velato di sottile ironia e curiosità, sottolineato da un leggero movimento delle sopracciglia inarcate sulla fronte.
André si piegò in un inchino rispettoso – Vi ringrazio del vostro intervento, Maggiore. Io … -
- Lascia perdere, André. – lo interruppe il nobile facendosi appena più vicino e rimanendo in attesa. André sollevò la schiena, raddrizzò le spalle e mostrò il volto, scorgendo il Maggiore ad un palmo dal proprio viso.
- So bene che non frequenti Versailles se non per accompagnare Madamigella Oscar. – affermò il Maggiore - Come so bene che lei, questa sera, non è in servizio. – aggiunse poi, lo sguardo chiaro fermo nel suo, disponendosi in attesa di spiegazioni.
André sospirò stringendo le labbra, consapevole di dovere delle risposte al Maggiore, incerto sull’opportunità di metterlo a parte, o meno, della insolita decisione di Oscar.
Lo sguardo del Maggiore si fece fessura, paziente ma deciso ad ottenere risposte, lievemente adombrato da quello che André lesse come riflesso di una segreta preoccupazione.
Conosceva il Maggiore, André. Uomo nobile di nascita e d’animo, come aveva potuto appurare in numerose occasioni, il Maggiore Girodel rappresentava il migliore collaboratore di Oscar, nelle file della Guardia Reale. Era il suo secondo, abile nelle armi e fermo nel prendere decisioni, estremamente rispettoso del proprio ruolo e di quello di Oscar; colto, ma anche intelligente e, soprattutto, sempre affidabile.
André strinse i pugni, sfregando i polpastrelli sui palmi; in qualche modo, era necessario dare una spiegazione al Maggiore, e si risolse, infine, a parlare.
- Maggiore Girodel, questa sera ho accompagnato Oscar al ricevimento. – affermò, accompagnando le parole con un rapido cenno del capo in direzione della galleria alle proprie spalle, e l’espressione del Maggiore si fece sinceramente sorpresa, ma poi le sopracciglia immediatamente si calarono sulle palpebre in uno sguardo dubbioso.
André si guardò attorno per qualche attimo, ma poi tornò al volto del Maggiore – Come avete affermato, Oscar non è in servizio, ma ha deciso di partecipare al ballo … e non indossa l’uniforme. – aggiunse.
Il Maggiore arretrò di un passo, sinceramente stranito, le labbra socchiuse, le braccia abbandonate lungo i fianchi. Parve formulare dei pensieri scomposti, per poi cercare di esprimere nuove curiosità.
- Ma allora … - mormorò.
André non attese domande – Maggiore, permettetemi di spiegarvi. Oscar mi ha chiesto di lasciarla a corte e rientrare a palazzo Jarjayes, di non seguirla e di non attenderla, forse per essere certa che la sua identità non fosse rivelata; o forse .... – inspirò a forza, lasciando il tempo al Maggiore di comprendere quelle affermazioni, e poi riprese – So che non dovrei trovarmi qui, ora. Ma io non sono stato capace di lasciarla sola. Ho disatteso una sua richiesta, ma solo perché vorrei poter … Ecco, io devo … -. André non riuscì a terminare la frase, che rimase in sospeso, mentre lo sguardo rimaneva fisso in quello limpido di Girodel, sostenendone i dubbi, riversandovi una sorta di richiesta di aiuto, non per sé, per la propria disobbedienza e per il proprio ardire, ma per l’unica anima al mondo che potesse valere qualunque rischio, qualunque azzardo.
Girodel sostenne il suo sguardo, fermo, profondo, e la mano sua calò decisa sulla spalla sinistra di André, una presa forte, le dita snelle affondate nel velluto pesante. L’uomo si guardò attorno, volgendosi alla distesa scura del parterre e André ne seguì l’ampio gesto, intuendo appena, tra siepi e vasche, figure scure che si muovevano indistinte, ombre nascoste che cercavano quiete dal trambusto dei balli e delle chiacchiere.
- Questa sera sei alla reggia sotto la mia diretta responsabilità, André. Sei un uomo piacente e decisamente elegante: hai una serata libera per divertirti, spassartela … – gli sguardi si incrociarono di nuovo, in una intesa chiara - … e tenere gli occhi aperti. –
Le labbra di André si distesero in una espressione sollevata, in un sentore profondo che intrecciava gratitudine, rassicurazione e impegno che l’avrebbero accompagnato nel trascorrere lento del tempo dell’attesa.
 
Ancora preoccupato, ma anche ancorché rinfrancato dal provvidenziale incontro con il Maggiore, André percorse più volte il perimetro della corte, una spezzata di ombre e luci dove l’aria fredda si faceva sempre più insidiosa. Cercò riparo in un vestibolo chiuso, confortato dal tepore dell’ambiente, ma disturbato dagli sguardi curiosi di cameriere e inservienti, attirati probabilmente da quella che dovevano cogliere come una presenza insolita, apparentemente a proprio agio nella reggia, ma evidentemente estranea ad ogni servizio. Si risolse a tornare al cortile, consapevole del fatto che, comunque, dall’esterno sarebbe stato più facile scorgere Oscar, qualora avesse lasciato la festa.
Ad un tratto, osservò come alcune delle carrozze lasciate in attesa sulla spaziosa corte si stessero già allontanando dalla reggia, mentre il movimento di valletti e inservienti si era fatto più intenso. Riconobbe in quei segnali l’approssimarsi dell’ora del rientro agli alloggi, per i convenuti al ricevimento … quel tempo indefinito in cui si sciolgono i legami vacui stretti sotto l’effetto delle luci, della musica e dell’ebbrezza donata dal vino, lasciando all’ombra della notte il ricordo del divertimento, dei pettegolezzi, degli amori consumati in fretta, in quegli anfratti nascosti che la reggia offriva generosa ai suoi frequentatori.
Lo sguardo vagò inquieto su quella trama in movimento, sui passi rapidi di servitori richiamati al vestibolo, su quelli decisi di chi si allontanava dal palazzo, su quelli lenti di chi ancora era in attesa, su quelli cadenzati delle guardie ora presenti in gran numero nell’ampio slargo della corte. Sotto la luce fioca della notte, nel contrasto caldo con quella delle fiaccole accese a rischiarare il cortile, André venne per qualche attimo disorientato da un caleidoscopio di colori in movimento. Livree di servitori, manti scuri e abiti lucenti, bagliori di gioielli e toni cupi; luci e ombre impegnate in una danza scomposta, accompagnata dallo scalpiccio disordinato dei passi sulla corte e dal brusio confuso delle voci di che si levavano dalla massa. Il suo sguardo corse tra quei colori, come soffocato e disperso, cercando un’immagine, una forma, un colore … il respiro rapido, gli occhi socchiusi a muoversi rapido mentre volti sconosciuti e volti noti fluivano indifferenti al suo dilemma. Si perse in quel movimento irregolare, che per un istante creò un varco, un corridoio stretto in cui lo sguardo corse rapido e il respiro si perse.
Oltre la folla, oltre l’indifferenza e la fretta, la stanchezza e l’apatia, una macchia celeste colse la sua attenzione. Si mosse di qualche passo, verso il centro della corte, sollevandosi sulle punte per scorgere meglio l’altro lato dello spiazzo. Cercò con lo sguardo fra sagome indistinguibili, lungo il gioco di ombre delle decorazioni, fino ad individuare di nuovo quel bagliore colore del cielo: una figura sottile, dalla capigliatura dorata, si muoveva sola, lenta e incerta, lungo il corpo di fabbrica settentrionale.
Non ebbe dubbi, si fece largo nella mischia, tenendo fermo lo sguardo su ciò che aveva scorto, e il cuore parve arrestarsi, quando il suo angelo, solo oltre la folla distratta, si accasciò su se stesso, scomparendo dalla sua vista.
 
[i] Si fa per dire, dato che ormai lei è all’interno del palazzo che comunque lui conosce così bene da poter immaginare alla perfezione.


Angolo dell'autrice: Ebbene... sono andati alla reggia, lei è andata al ballo. Qualcuno dubitava, ma è accaduto davvero. La serata di André non è stata delle più entusiasmanti... e non è neppure finita.
Una nota a margine: Versailles, cantiere di prim'ordine per decenni, ha mutato la sua forma nel corso del tempo. Questo è un racconto, non un libro di storia, e deve far sognare... e molto altro. Perciò, senza timore di recare offesa alla Storia dell'Arte, e per permettere a chi legge di vedere ciò che vede André, mi riferisco a ciò che oggi noi possiamo ammirare, magari condito con i dettagli storici, per i quali non finirò mai di ringraziare la cara Madame Anna. Questo per evitare ogni sterile malinteso...
Mi permetto una dedica speciale, per questo capitolo: Lucy71, potremmo invitare André ad una festicciola alternativa, mentre aspetta Oscar... nelle cucine ho preparato un dolce di compleanno pronto per essere fatto a fette. Siete tutte invitate!!!
Un abbraccio e a presto

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Capitolo 5
*** Empatia ***


Empatia
 
Andrè attraversò la corte senza fiato, spintonato da chi lo trovava sul suo cammino, criticato da nobili sorpresi da un simile atteggiamento, insultato da inservienti irritati per tanta fretta. Non si curò di nulla, non rispose a nessuna provocazione, né agli urti né alle lamentele, cercando solo di mantenere lo sguardo alto puntato oltre il via vai che animava la corte. Dovette arrestare il proprio passo per cedere strada al passaggio di una carrozza, aggirare il tiro inquieto di una vettura ferma a caricare alcuni nobili convenuti alla festa; riprese la sua corsa e raggiunse rapido il limitare settentrionale della corte, fermandosi di fronte alla prima delle aperture ad arco che si aprivano nella pietra chiara, scrutando con sgomento il selciato e senza trovarvi nessuna traccia di Oscar.
Rimase impietrito, guardandosi attorno, il respiro rapido a gelare la gola, scendere nel petto e minare la poca residua lucidità.
Non poteva essersi ingannato … Oltre la folla, aveva scorto la sua Oscar, ne aveva riconosciuto la sagoma, i capelli dorati e l’abito color del cielo …
Piegò le braccia e portò le mani al capo, facendole scivolare tra i capelli, voltandosi di nuovo verso la corte, scrutando tra volti sconosciuti a cercare lei, solo lei. Il corpo mosso da brividi, André si spostò di qualche passo, si chinò ancora cercando a terra, lungo la pietra chiara dello zoccolo alla base del muro, e poi sul selciato grigio della corte.
L’aveva vista solo pochi istanti prima, non poteva essere lontana … L’aveva vista accasciarsi a terra; probabilmente qualcuno l’aveva soccorsa …
Si raddrizzò di nuovo, mentre un’idea improvvisa offriva una timida speranza; si volse verso la cour de marbre e si avviò rapido alle stanze destinate al Capitano della Guardia Reale, una manciata di locali di cui Oscar non aveva mai voluto prendere possesso, ma che restavano comunque a sua disposizione in virtù del suo ruolo a corte[i].
Spalancò il battente decorato senza nemmeno preoccuparsi di bussare, precipitandosi nell’ombra di quel vestibolo appena rischiarato da un lume incerto e tremolante sul fondo dell’ambiente. Si guardò attorno, lo sguardo a correre tra le sagome scure dei pochi mobili sistemati a ridosso delle pareti: riconobbe una consolle dai sostegni sottili e ricurvi, due sedute imbottite e un mobile alto, una sorta di vetrinetta. Avanzò lentamente, arrestò i propri passi e si mise in ascolto; nel silenzio di quell’ambiente apparentemente deserto riconobbe un lontano e leggero fruscio di stoffe e poi un gemito leggero, un lamento appena percepibile, che gli gelò il sangue, annebbiando ogni capacità di controllarsi. Superò un varco, seguendo l’eco di quel richiamo appena udibile, giungendo in una stanza buia dove pur annebbiato dal sentore polveroso dei tessuti, riuscì a percepire immediatamente la sua presenza.
- Oscar! – chiamò piano, avanzando a tentoni nell’ambiente, urtando contro un mobile basso e spostandosi d’istinto per poter oltrepassare l’ostacolo. Colse quella fragranza delicata che giunse timida ai suoi sensi all’erta, come fosse fiore in boccio soffocato dal sentore dolciastro e al contempo amaro di talco, pelle e sospiri che da sempre riconosceva sotto i soffitti della reggia.
- Mmmm … - un nuovo lamento fu l’unica risposta, sufficiente a dargli certezza che lei fosse nella stanza, ma non a placare i morsi del suo animo preoccupato. Mosse le mani lungo uno schienale arrotondato, riconobbe al tatto un tessuto morbido, proseguì oltre, quasi strusciando i piedi a terra, guidato da quel gemito debole e da un nuovo sfregare di seta, finalmente prossimo. Protese le mani, con le scarpe incontrò una stoffa pesante a terra, quasi inciampò in un tappeto, e poi si chinò un poco; gli occhi socchiusi a cercare di fendere il buio, iniziavano a cogliere nell’ombra una sagoma distesa su un divanetto. Raggiunse la sua morbidezza, riconobbe i ricci sciolti e la pelle liscia e fredda di una spalla; si chinò su di lei e si affrettò in una carezza a cercarne il collo e poi il volto, piegando il capo su di lei, fino a posare la propria fronte sulla sua.
- Oscar … mi senti? Sono io … Cosa ti è … Come stai? – chiese confuso e incerto, la voce rotta dall’emozione e dall’angoscia della preoccupazione, mentre si inginocchiava a terra, di fronte a lei.
Non ebbe risposta, ma riuscì a percepire il soffio flebile del suo respiro.
- Oscar … Oscar ti prego … - riprese piano, accarezzando delicatamente il suo viso, che ora riusciva appena ad intravedere, meraviglioso fino a pungere il suo animo, nell’abbandono in cui si trovava.
La sua mano destra corse lenta sulla spalla, scivolando tra la schiena e l’imbottitura del divanetto; André si sollevò da terra, trovando spazio sulla seduta morbida e sollevando un poco il busto di Oscar, traendola leggermente verso di sé. Ne avvertì il corpo muoversi con inusuale pesantezza, senza vera volontà, sotto il proprio sostegno, e si trovò con la sua fronte appoggiata alla spalla, i capelli sciolti morbidi contro il proprio viso.
- Oscar … - la chiamò ancora ad un soffio dal suo collo – Oscar svegliati … - e intanto la sorresse ancora, facendo più salda la propria presa attorno alla sua vita sottile e facendola ruotare leggermente per portarla a sedere sulle proprie ginocchia.
Oscar si mosse un poco, con un lamento e una sorta di smorfia, e André tentò di alzarsi, piegandosi un poco, ma non riuscì a sollevarsi, perché venne bloccato dalla sorpresa. Udì il cigolio di una porta aperta alle spalle del divanetto e poi un fascio di luce che lo investì facendolo sobbalzare.
- Altolà! – lo richiamò una voce maschile, alterata e pur vagamente riconoscibile – Non muovetevi! Chi siete? E cosa fate in questo appartamento? –
André restò immobile, stringendo a sé Oscar con istinto protettivo e distogliendo lo sguardo dal fastidioso bagliore del doppiere tra le mani dell’uomo appena giunto nella stanza. Non ebbe modo nemmeno di rispondere a quella cascata di domande precipitose, perché di nuovo fu colto d’anticipo.
- Ma … André? – chiese con malcelata sorpresa l’uomo, mentre i suoi passi si facevano vicini – Cosa ci fai in questo … -
André volse lo sguardo all’uomo, sorpreso a sua volta, e al contempo incredibilmente sollevato nel riconoscerlo – Conte di Fersen? Siete voi? – domandò con un filo di speranza.
Il Conte, elegante nella sua giacca lucida e ricca di decorazioni, parve rimanere in attesa, incerto e colto da dubbi. Vide le labbra distendersi, farsi sottili, forse persino riuscì a coglierne una leggera e incontrollata vibrazione.
- Conte di Fersen, vi prego di aiutarmi … - riprese André, ormai certo dell’identità del conte – E’ una fortuna che siate proprio voi … Potreste far portare un doppiere? E dell’acqua … Ve ne prego io … io … -
Allora vide il conte distendere la sua espressione, riscuotersi e farsi rapido nel suo approssimarsi – Certamente, André … non devi preoccuparti! – si sentì rassicurare, mentre l’uomo posava sul tavolo basso di fronte al divanetto il doppiere e accanto ad esso lasciava un piccolo vassoio lucente con un bicchiere colmo di un liquido vermiglio – Io stavo attraversando il vestibolo e ho udito dei rumori … così sono entrato. Ma cosa … cosa è accaduto, qui dentro? Come sta … Madamigella Oscar? –
André scosse il capo, senza sapere esattamente come spiegare quella sequenza di eventi che ancora non gli erano chiari – Ecco, conte, io non so davvero … -
Ma in quel momento lasciò in sospeso ogni parola, sentendo Oscar muoversi un poco fra le proprie braccia, sollevando il capo dalla spalla a cui era ancora appoggiata. André si scostò appena, per aver modo di scorgere il suo viso, e riuscì a vederla mentre aggrottava la fronte, aprendo gli occhi lentamente. Oscar appariva confusa, pallida e spaesata … La osservò preoccupato, e lei rimase ferma un istante a fissare un punto imprecisato del suo petto, prima di sollevare lo sguardo sgranando gli occhi, vedendolo, finalmente, per davvero.
- André … - sussurrò lei, ricominciando a guardarsi attorno, forse confusa in quell’ambiente estraneo e, apparentemente, per un malessere diffuso che la rendeva vulnerabile.
- Oscar … come ti senti? – le chiese chinandosi leggermente e fissando lo sguardo in quello di lei, cercando di sorriderle e di essere di conforto.
La vide di nuovo mutare espressione, abbassare lo sguardo, correre lontano, nel buio della stanza e scivolare rapida e quasi curiosa in quell’ambiente nascosto, fino a fissarsi sul conte, presenza silenziosa e composta, fermo ad un passo da loro.
- Oscar, forse potresti provare a bere un sorso di vino … - suggerì André lasciando la presa dal fianco di lei e cercando di allungare il braccio verso il vassoio lasciato sul tavolino dal Conte; e in quello stesso istante, vide lo stesso Conte muoversi solerte.
- Ma certo, Madamigella, dovreste bere un poco … - convenne, mentre si chinava rapido, anticipando André nel raggiungere lo stelo del calice. Andrè sollevò lo sguardo, ritraendo la mano e trattenendo Oscar, mentre osservava il nobile nel suo muoversi velocemente. Tornò a lei con lo sguardo, alla chioma soffice e alla fronte tesa, e alle proprie spalle udì il tintinnare acuto del cristallo sul ripiano lucido, e poi un tonfo sordo sul tappeto steso a terra. Si volse di scatto, cercando di comprendere cosa fosse accaduto.
Il Conte era ancora piegato sul ripiano del tavolino, un braccio proteso, il capo chino ad osservare il pavimento. Evidentemente l’uomo si era lasciato guidare dell’istinto, o dal troppo zelo, e nell’impeto del portare aiuto, la sua presa sul calice non era riuscita salda; il cristallo era così finito a terra, rovesciando il suo contenuto sul tappeto, una macchia scura appena intuibile nel buio ai loro piedi.
- Oh, cielo … che disdetta … - si lamentò il Conte, ritirando la mano verso di sé e portandosela alla fronte – Provvedo immediatamente a farvi portare dell’altro vino o dell’acqua, se preferite … -
André percepì il corpo di Oscar farsi rigido, teso quasi in un moto incontrollato; la trattenne a sé e la osservò, appena sollevata dalla sua spalla, immobile, impietrita con lo sguardo rivolto al conte, che parve muoversi in un inchino accennato, educato e aristocratico nei suoi modi gentili, anche in quei frangenti densi di incertezza.
André allentò un poco la presa con cui ancora la teneva stretta a sé, ma cercando di mantenere salda e confortante la propria presenza. Si preoccupò di scostarsi appena, perché Oscar percepisse di essere libera di muoversi … di allontanarsi da lui per ritrovare  una posizione che le fosse comoda e più adatta alla situazione … anche in considerazione della presenza del conte. Ma si sorprese accorgendosi che al contrario di quanto avrebbe potuto aspettarsi, Oscar non accennava a muoversi dalla sua stretta, cercando magari ulteriore agio o libertà. La percepì, invece con la schiena tesa e il collo stretto tra le spalle un poco sollevate, mentre il capo tornava a piegarsi, chinandosi lentamente sulla sua spalla.
- Non voglio bere, non voglio nulla … - disse lei scuotendo appena il capo, mentre il Conte si faceva di nuovo vicino, tendendo un braccio e posando una mano sulla spalla scoperta di Oscar.
- Madamigella, io ritengo che dovreste riposarvi almeno un poco … potremmo tornare di sopra, potete accomodarvi nelle mie stanze: posso farvi preparare un luogo per trascorrere la notte … -
André, pur controvoglia, annuì lentamente; non gli era facile accettare l’idea di condurre Oscar nell’appartamento del Conte … ma, cercando di sciogliere il nodo che avvertiva farsi stretto alla gola, dovette ammettere che in quelle condizioni precarie, l’ospitalità offerta dallo svedese avrebbe potuto essere di conforto per lei e aiutarla a riprendersi con maggiore rapidità.
Serrò gli occhi, cercando rifugio nel buio e trovando nel contatto vivo con il corpo di Oscar il coraggio di affrontare quella prova.
- Certo, Conte di Fersen … - mormorò a fatica, con le labbra appena schiuse - … credo che sia la scelta migliore, per il bene di Oscar … -
Fu allora che la percepì tremare, farsi ancor più tesa tra le proprie braccia, mentre le mani lente risalivano sul suo petto, fermandosi sulle sue spalle in una presa inaspettatamente decisa.
- André … - lo chiamò in un soffio, sussurro appena udibile, tra il collo e la spalla, - … portami via, ti prego. Portami a casa … -
 
[i] Nell’estremità orientale del corpo settentrionale affacciato sulla cour de marbre, al piano terra, un piccolo appartamento viene ancor oggi individuato come "appartamento del Capitano delle Guardie del Re". Grazie alla cultura e alla gentilezza della cara Madame Anna, ho anche appurato che il Duca di Brissac, che fu al comando della Guardia del Re per Luigi XV e pure per Luigi XVI, aveva in uso almeno anche un locale sopra l’appartamento del sovrano. In considerazione di queste informazioni, ho scelto di mettere a disposizione del nostro Comandante della Guardia Reale l’appartamento al piano terra ed è a questi locali che pensa André.

Angolo dell'autrice: ringrazio di cuore per l'affetto che mi viene dimostrato in questo periodo che, personalmente, è davvero difficile, sotto tanti aspetti. "Il mio segreto" rappresenta un momento di leggerezza che spero di riuscire a ritagliarmi e a condividere con voi, con buona regolarità anche nelle prossime settimane. Un abbraccio a tutte. A presto.

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Capitolo 6
*** Nodo senza storia ***


Nodo senza storia
 
Scorgendola nell’abitacolo della carrozza, appena giunti alle scuderie, era rimasto immobile ad osservarla per lunghi e densi istanti; rannicchiata sul sedile, con le spalle appoggiate allo schienale della carrozza, le braccia strette al corpo e il capo abbandonato contro il vetro del finestrino, l’immagine del suo angelo biondo lo aveva colpito come sferza di lama nel petto. Aveva riconosciuto nell’abbandono di quel corpo di porcellana la delusione e la sconfitta, e nel viso rivolto a terra, nascosto al mondo, una sorta di velata vergogna. Si era avvicinato lentamente, in silenzio, pensandola finalmente cullata dall’abbraccio del riposo e temendo di disturbarla; ma poi lei si era mossa, ruotando lenta il capo e aprendo gli occhi alla realtà, cercandolo con lo sguardo. André si era sorpreso, colto da uno sguardo tormentato, lucido e timoroso, ma anche trasparente nel suo timido bisogno di conforto. Così aveva rispettato il suo silenzio, si era avvicinato, un sorriso come un soffio sulle labbra, e con gesti gentili e rispettosi aveva fatto scivolare un braccio insinuandolo tra la stoffa, sotto le sue ginocchia e l’altro dietro la schiena, sollevandola dal velluto per trarla a sé. Oscar non aveva protestato, né aveva tentato di sottrarsi alla sua presa, ma si era semplicemente adagiata al suo petto, chinando il capo sulla sua spalla, un sospiro appena udibile a sfiorare le labbra, e abbandonandosi al suo abbraccio, che si era fatto solido e forte, per lei. Gli era parsa arresa al suo gesto, ma anche spontaneamente affidata alla sua protezione, e così non aveva atteso oltre, incamminandosi verso il palazzo, diretto alle sue stanze.
Il passo rapido, il respiro corto e le braccia piegate a trattenere a sé quel corpo senza peso, André aveva attraversato l’atrio d’ingresso di palazzo Jarjayes, salito l’imponente scalinata e percorso il lungo corridoio appena illuminato dai bagliori della notte, fino a raggiungere la porta dell’appartamento di Oscar. Poi l’aveva condotta fino alla stanza da letto, senza badare alle formalità, violando quel luogo sacro e intimo come in innumerevoli occasioni perse nel loro passato parallelo. L’aveva adagiata delicatamente sul letto, mettendola a sedere sulla soffice coperta e sciogliendo con lentezza la presa, allontanandosi solo per sedersi al suo fianco, cercando con lo sguardo quello ancora basso di lei.
- Stai … stai bene, Oscar? – le chiese con voce appena udibile, ricevendo in risposta un rapido annuire, che molto suscitò nel suo animo, tranne l’anelata tranquillità.
- Davvero stai bene? – chiese ancora preoccupato, scivolando con il dorso di due dita sulla sua guancia lattea e poi fermandosi sotto il mento, indugiando e spingendo delicato, perché lei sollevasse il viso – Posso fare qualcosa per te? Ti aiuto a metterti a letto? -
Lo sguardo blu si spalancò, il riflesso della notte accese un bagliore vivo sotto le ciglia scure, muta richiesta che non trovava la via delle labbra, mentre le mani si stringevano l’una all’altra, torturandosi in un moto nervoso, e poi risalivano in un abbraccio solitario, fino al collo, fino a che le lunghe dita non raggiunsero il ciondolo lucente che ornava il lobo, per sfilarlo e depositarlo sul tavolino da notte, proprio accanto al letto. La vide tornare con le mani al proprio collo, indugiare sull’altro lato del viso e guardarsi attorno, rapida scrutando il pavimento e poi le coperte, per poi accarezzare la stoffa, sfiorando la trama delicata attorno a sé.  Riconobbe inquietudine, certo, ma colse il respiro pieno che le gonfiava il petto e quel moto deciso che stringeva il labbro inferiore sotto la stretta degli incisivi, comprendendo un disagio che ormai era tutto dell’animo, e non più del corpo.
André sospirò, le sorrise gentile e si raddrizzò guardandosi attorno, cercando una veste da notte, una camicia pronta per il rientro di Oscar.
- Vediamo se trovo qualcosa per la notte … - disse quasi tra sé, ma nella penombra, non riuscì a distinguere molto … Tra mobili lucidi e poltrone imbottite, tutto appariva famigliare quanto scuro, senza volume, senza forma e senza consistenza, come un luogo noto divenuto irriconoscibile e scialbo; così si decise a lasciare la stanza, rimediando a quel buio opprimente. Si volse a lei, ancora seduta sul letto, le braccia strette sul corpo e il capo chino, intenta a seguire i suoi spostamenti con sguardi nascosti.
- Torno tra un attimo, Oscar. Ti porto un po’ di luce. – l’aveva rassicurata donandole un ultimo sorriso.
 
Aveva davvero restituito la forma e il colore a quella stanza; aveva trovato la veste da notte, una tunica di seta bianca finemente ricamata, profumata di bucato, e l’aveva portata ad Oscar, depositandola accanto a lei, sul letto. Poi aveva controllato le coperte, che fossero sufficienti per la notte che pareva pungere la pelle con insolenza, tirato le tende pesanti a celare le finestre, e verificato che le candele fossero sufficienti a permettere ad Oscar di cambiarsi e coricarsi; aveva misurato più volte in lungo e in largo quell’ambiente, guardandosi attorno, sistemando la posizione delle poltroncine e correggendo quella della pendola sulla mensola di marmo al di sopra del camino, e poi quella del volume scuro poggiato sul comodino accanto alla testa del letto, ma l’unica sua vera preoccupazione era stata lei e da lei non aveva mai tolto la sua attenzione.
Oscar era rimasta immobile e silenziosa, ancora seduta sul letto, e pareva incapace di qualunque altro gesto che non fosse il sollevare di tanto in tanto uno sguardo furtivo sui suoi movimenti.
- E’ tutto a posto, Oscar. – le comunicò con un tono pacato e rassicurante – Se hai bisogno di aiuto ti chiamo la nonna … Non farà certo problemi ad alzarsi, se si tratta della sua bambina … - aggiunse con un sorriso di labbra e gote.
- No, André … non disturbarla … ti prego. – lo tranquillizzò lei accennando a sua volta un sorriso, mentre chinava il capo, portando la guancia alla propria spalla, e poi una mano raggiungeva il collo, quasi a sfregarlo con un malcelato fastidio.
André si allontanò di poco, un rintocco nel silenzio le suole sul legno lucido – Allora, se non hai bisogno di altro … io … io mi ritirerei, Oscar. – un nuovo sorriso, un saluto timido perso in uno sguardo blu come la notte che gli parve tremare, mentre indietreggiava raggiungendo l’anticamera – Buonanotte … -
Un attimo di silenzio, denso e vibrante, e poi la sua voce flebile, un sussurro delicato, un soffio di primavera con il potere di togliergli il respiro – André aspetta … ti prego. –
Si volse, tornò sui suoi passi, nella camera, e la trovò in piedi, le mani unite a celare il volto, come a nascondere la verità del suo timore.
- Sono qui, Oscar. – le disse solo, e la vide scoprire lentamente la fronte, gli occhi e poi le labbra, lo sguardo di nuovo libero a cercare il suo.
- Non posso coricarmi così … - sussurrò scuotendo il capo, mentre le ciocche tremavano sulle spalle nude e le dita scorrevano sulla pelle esposta, indugiando sulle clavicole e disegnando i contorni dell’abito, per poi chiudersi a sfregare lente, il pollice sull’indice, come a cercare la consistenza di un ricordo rimasto sulla seta pallida – Io … ho bisogno … di togliermi di dosso questo abito, ma anche questo … Ecco, io vorrei un po’ di … -
La sua voce vibrava di inquietudine, disagio, forse vergogna, e questo fu sufficiente ad André per avvertire nel proprio animo lo stesso tremore. Non la lasciò continuare, la soccorse in quel difficile cammino, le venne incontro anticipando una richiesta che forse Oscar non avrebbe saputo nemmeno esprimere.
- Ti scaldo dell’acqua, Oscar. Scendo immediatamente in cucina; forse per una intera tinozza ci vorrebbe troppo tempo … ma potrei portarti due paioli e magari una pezza così che tu possa almeno … - rimase in sospeso. Non osò addentrarsi in quel dedalo di immagini che avrebbero turbato il suo cuore provato, dove il ricordo del pomeriggio bruciava ancora vivo. Il suo corpo sottile stretto nel telo candido, le mani serrate a trattenerlo fino a disegnare i contorni dei fianchi e del seno … e poi quella richiesta pronunciata con voce quasi timorosa, primo gradino nella discesa serrata in quella serata insolita e densa di emozioni, che ancora persisteva nel metterlo a dura prova.
- Ti aspetto qui … André. Anche un solo paiolo andrà benissimo … -
Colse un sorriso tenero, che gli valse più di ogni ringraziamento, un ultimo respiro in quella stanza in cui l’aria pareva rarefatta e insufficiente ad entrambi, e poi corse al corridoio e giù per la scala, verso la cucina.
 
- Oscar? – chiamò a mezza voce ad un passo dalla porta della camera, arrestandosi e mettendosi in attesa di un suo cenno, rispettoso come il ruolo imponeva, e come la situazione chiedeva di essere. La risposta non si fece attendere.
– Vieni pure André. Vieni, sono qua. – la voce sottile lo chiamò dal fondo della camera e André la seguì, raggiungendo Oscar fino nella stanza da bagno e posando a terra i due paioli fumanti che aveva recato con sé dalla cucina. Tolse da una spalla un telo, scuotendolo un poco per disporlo a terra, a fianco dei paioli.
- Ecco … potrai restare su questo telo, mentre … - l’intento s’infranse nella vista di un involto di stoffa, nuvola di seta accasciata senza cura. Lo afferrò rapido, raccogliendolo e tenendolo fra le mani nel tornare dritto, mentre le dita scorrevano adoranti sul rilievo appena percepibile del ricamo dorato, lasciando che fili delicati scivolassero tra le dita[i]. Celato fra le pieghe dei vapori della reggia, riconobbe in un soffio la stoffa e il profumo che avevano vestito Oscar; distese la seta, allargando le braccia, percorrendo maniche e pizzi.
- Oscar ma questo … - e le parole sfiorirono sul suo cuore, mentre realizzava dove fosse Oscar e in cosa fosse impegnata.
La trovò infatti in piedi accanto alla vasca ormai svuotata dell’acqua del bagno del pomeriggio, appena illuminata dal doppiere che lei stessa aveva recato con sé dalla camera da letto, intenta a scrutare le proprie spalle e la propria nuca, riflesse nello specchio sistemato sopra la cassettiera. Le braccia nude piegate all’indietro e la schiena inarcata quanto più possibile, Oscar teneva tra le dita i nastri che serravano il corsetto in un intreccio di seta, cercando di tirarne i lembi e scioglierne i legami. André strinse la stoffa ricamata tra le mani: evidentemente, Oscar stava lottando con quell’abito fin da quando lui aveva lasciato la stanza per recarsi nelle cucine a scaldare dell’acqua, ma era riuscita ad avere la meglio solo su quel lembo di cielo che aveva fasciato la sua schiena e le sue spalle, avvolgendo le braccia e il corpo fino al seno, mentre nessun risultato avevano sortito i suoi sforzi sul corsetto. Ringraziò mentalmente il cielo di non averla avvicinata oltre e di averla solamente intravista di spalle, nonostante quella sola immagine fosse stata sufficiente a smuovere il suo animo provato ad emozioni che gli era arduo celare.
 La vide mordersi le labbra, e poi scuotere il capo sconsolata, arricciare il naso con disappunto e strizzare lo sguardo per mettere a fuoco il groviglio di nastro, in una sorta di ultima minaccia. Poi un lungo sospiro e la resa.
– Ti prego, André … prova tu … Dovrebbe essere sufficiente tirare questi capi ma … - gli chiese in palese imbarazzo, sollevando un poco due lembi dall’intreccio.
Così si accorse che l’aveva fissata senza fiatare per alcuni istanti, contemplando in silenzio il collo teso, nello sforzo di volgere il volto allo specchio, la pelle liscia che scivolava insinuandosi nell’incavo tra i seni premuti dal corsetto, e la seta lucida del davantino che, in quella strana posizione, sfuggiva dalla scollatura dell’abito disegnando una linea perfetta fino al ventre piatto, mentre dal fianco rigonfio la stoffa cadeva ancora abbondante come cascata, fino ad adagiarsi sul legno lucido del parquet. Le si avvicinò, inciampando nelle scarpette abbandonate a terra, e lo sguardo risalì lungo la curva morbida di stoffa fino alla vita e poi sulla schiena, stretta tra stoffa bianca e stecche, fermandosi sull’intreccio di chiusura. Inspirò a labbra dischiuse, gonfiò il petto di aria e coraggio, finendo per forzare dentro di sé quella fragranza delicata che ancora riusciva a rendere la sua Oscar un fiore inconfondibile. Le si fece ancora più prossimo, aggrottando la fronte, scrutando attento l’intrico di nastro, notando come fosse curiosamente infilato solo in qualcuna delle numerose asole ricamate nella stoffa, e prese tra le dita due lembi, per sollevarli cercando di sfruttare al meglio la luce disponibile … Non seppe tacere la propria sorpresa.
- Ma cosa è accaduto a questo nastro? La nonna voleva tenerti prigioniera per sempre? Io non ci capisco gran che, ma qui … – esclamò faticando a contenere il tono della voce, ma venne interrotto dal sussulto di Oscar, che si volse di scatto strappandogli dalle dita il tessuto e mostrando un’espressione atterrita. I suoi occhi sgranati, scuri e immobili, gli imposero il silenzio, soffocarono ogni ulteriore commento e insinuarono il dubbio che la storia di quel nastro non dovesse essere raccontata. Un nuovo dubbio, un seme di senapa in un cuore preoccupato, capace di nutrire con terra generosa il timore di ciò che non si vorrebbe scoprire, ma della cui esistenza si ha certezza salda.
Le sorrise, suo malgrado, combattendo l’istinto di scendere a scrutare la stoffa del davantino che, ancora cucita al corsetto chiuso malamente, faticava a celare una morbidezza innegabilmente femminile.
- Non ti preoccupare, troverò un modo … - la tranquillizzò con un filo di voce, una carezza lo sguardo sul suo viso, e una mano ad appoggiarsi sulla spalla nuda, percorsa da un fremito che attraversò entrambi.
- Voltati un po’ … - le suggerì, mentre la mano raccoglieva la chioma morbida sciolta in modo disordinato, fino a depositarla sulla spalla destra, e poi scivolava sulla china della scapola e la spingeva un poco perché la luce giungesse meglio all’intreccio. La vide inarcare la schiena, due ali magre sollevarsi fino a mostrarsi e tendere la pelle lucida creando un vuoto e un’ombra  tra schiena e stoffa, e poi si chinò un poco, perché il naso sfiorasse la pelle e le labbra giungessero al nodo. Indugiò un istante, il profumo di lei a minare ogni volontà di muoversi, rendersi utile e allontanarsi da quella seta; i capelli sfiorarono la pelle e la fronte ne accarezzo le forme. Un nuovo brivido increspò la porcellana attraversando corpo e mente. E allora i denti afferrarono il raso, un lembo stretto da forzare per sciogliere un intreccio maldestro; una scossa il primo fallire, per poi tornare a quel nodo e tentare di nuovo, ancora e poi ancora, mentre la rabbia covata per quel groviglio senza storia si sfogava sull’intrico malfatto.
- Maledizione … - si lamentò André e le mani corsero rapide al lembo del corpetto, le dita si infilarono tra pelle e stoffa perché la presa fosse forte su quella prigione di seta. Avvertì la pelle di Oscar sul dorso della dita, ne percepì il calore e la consistenza, dolce carezza che la vista rendeva petalo di giglio candido.
Si fece ancora vicino, senza pensarci, sempre più forte nell’impeto contro quel sigillo, ancora più determinato nel violare quello scudo, e di nuovo strinse fra i denti, tirando con l’energia rabbiosa di un sentimento soffocato e calpestato, destinato alla prigione, e ora alla tortura, e stordito dal profumo inebriante dei suoi stessi sogni … finché un lamento di stoffa non giunse inatteso, come colpo d’ascia sui sensi intorpiditi, risvegliandolo alla realtà di ciò che aveva compiuto. Ebbe un sussulto, nel ritrovare ad un soffio da sé i lembi separati e sfilacciati del corsetto, uniti a mala pena da un unico passaggio di nastro, morbido e appena trattenuto dalle asole rovinate; spalancò gli occhi, perdendosi nella visione inattesa di una china di seta e latte, scoperta da quell’impeto che aveva travolto anche la delicata stoffa della chemise sottostante. Rimase impietrito, il sentore più dolce a penetrare nell’animo, il timore più amaro a risalire nel petto. Un contrasto di rimorso e follia a fondersi nelle viscere.
Scelse il buio, si sollevò lento, inspirando per recuperare una calma che sembrava perduta, e riaprendo gli occhi trovò su di sé lo sguardo di Oscar, scuro e lucido dei bagliori delle candele, tremante e forse smarrito; lei gli dava ancora le spalle, ma gli si era rivolta e lo osservava, lo scrutava in modo insolito, sorpreso e al contempo curioso, tradendo indecisione e inafferrabili domande. Non riuscì a dominarsi, ad imporsi di lasciare quegli occhi, e si perse in quel prezioso riflesso. Il respiro rapito, la mente annebbiata, si accorse che ancora le dita scivolavano sul nastro, scorrendo la fettuccia fino a liberarla dall’ultima asola sgualcita, fino a che le mani non sostennero il corsetto, lasciandolo scendere lento, perché rimanesse sorretto solo dalle braccia di Oscar piegate sul seno. I lembi aperti, gli mostrarono lo strappo nella chemise in tutta la sua profondità, una ferita nella stoffa più sottile, a scoprire la seta più vera e preziosa. Cercò lo sguardo di mare, ancora una volta fermo, sgranato e perso nel suo; percepì quella seta sotto le dita, morbida e invitante, sospiro dei sensi in una lenta discesa, che si fece tocco sulla presenza nascosta delle costole, sul vuoto di un respiro forzato, al di sotto di esse, e poi tornò a salire, placido ad assaporare ogni istante, fino a che un contatto più morbido e gentile non ne fermò l’ascesa. Un tocco di palmo, caldo e avvolgente come il blu che lo accoglieva languido e incredulo.
Si bloccò, chinando il capo e scoprendo la schiena nuda di Oscar e le proprie mani infilate tra pelle e stoffa, mentre la mente tornava lucida spezzando il respiro in una sorta si singulto soffocato. Lo sguardo corse al viso di lei, agli occhi ora celati, al capo reclinato appena all’indietro, alle labbra dischiuse e lucide.
Si ritrasse rapido, il cuore in una morsa, i passi scomposti, a ritroso verso il buio della camera di lei. Non sollevò la vista dal proprio incedere, se non quando si ritrovò oltre il varco, e riconobbe, nel bagliore fioco e lontano, la sagoma di Oscar, risalendo la gonna rilucente di riflessi dorati, scorgendo le sue braccia ancora incrociate al petto, la cascata di capelli sciolti sulle spalle e il suo viso immobile, gli occhi sgranati e fissi, puntati su di sé.
Poi nulla, niente altro che uno scorrere rapido di intarsi e marmi, ritratti e lame, fino al buio completo del suo rifugio più intimo.
 
[i] Mettendo a frutto le interessantissime informazioni gentilmente offerte da Sabre, Alga e Giulia, ho vestito Oscar di un abito à la française che, mi dicono, negli anni 80 del XVIII secolo, costituiva modello adatto ad un ballo a corte. Questo abito con corsetto dalle stecche dritte, vita bassa e gonna dalla linea a tulipano capovolto, sostenuta da panier ridotto ad una sorta di salsicciotto fissato attorno alla vita, era sovente caratterizzato da sopragonna a strascico e nelle versioni ricercate poteva avere il corpino costituito da parti distinte, alcune cucite direttamente sul corsetto sottostante (un inno alla praticità, insomma). Ho immaginato l’abito proprio così, con una parte (maniche e schiena) infilate e poi sovrapposte ad una sorta di pettorina anteriore, cucita al corsetto legato sulla schiena. Parte inferiore separata, costituita da gonna e sopragonna. Spero di non aver fatto un pasticcio, ma abbiate pietà e permettetemi di lavorare di fantasia …

Angolo dell'autrice: sono tornata, secondo i tempi. Il danno è fatto... André ha perso un po' del suo proverbiale autocontrollo. E ora?
Intanto, ringrazio tutte coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono, recensiscono e commentano altrove.
Un bacione! A presto

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Capitolo 7
*** Ad occhi bassi ***


Ad occhi bassi
 
Strinse le dita sul cuoio, sfogando la tensione su quei lacci lucidi, e chinò il capo appoggiando la fronte al collo solido di Cesar con un profondo, spossato, sospiro. Lo sguardo basso corse nervosamente lungo tutta la lunghezza del grande ambiente, come già aveva fatto innumerevoli volte da quando, alle prime luci dell’alba, André aveva raggiunto la stalla per soffocare nell’operosità il proprio tumulto interiore. Il cono di luce che dall’ingresso della scuderia tagliava l’ambiente in due rifugi ombrosi e tiepidi si stava ritraendo rapidamente sul pavimento di terra battuta, regalando alla paglia sparsa a terra un riflesso dorato e irregolare; André sospirò di nuovo:  secondo la rigida scansione delle giornate vissute da Comandante della Guardia Reale, divisa tra Palazzo Jarjayes e la reggia, ben presto Oscar l’avrebbe raggiunto, e allora il confronto con la realtà sarebbe stato inevitabile.
André aveva trascorso una notte tormentata dal sogno più travolgente e dall’incubo più temuto. Il ricordo vivo sui palmi colpevoli, non aveva fatto che riportarlo prepotente al turbamento di sensi e anima da cui era stato sconvolto alla vista della pelle nuda di Oscar. La fitta orgogliosa e fiera che aveva colpito il suo ventre, l’arsura che aveva bruciato il palato e  soffocato ogni altro pensiero che non fosse lei, donna desiderata e meravigliosa presente e scoperta nella sua fragile femminilità, erano state compagne e carnefici delle ore trascorse lente a rigirarsi sul letto, quel giaciglio di chiodi[i] in cui aveva sperato di trovare rifugio.
Si era come risvegliato nella sua camera, buia e silenziosa, con il respiro mozzato e la fronte sudata; a stento aveva ripercorso quella serata insolita e densa di nubi e ombre e si era ritrovato incapace di andare oltre quello che era accaduto nella stanza da bagno di Oscar. Era stato colto da dubbi, sensi di colpa, rimorsi; aveva cercato di costruire almeno una frase di scuse, qualcosa che potesse rendere non proprio giustificabile, ma almeno accettabile quel gesto folle e disperato a cui si era abbandonato. Aveva immaginato giustificazioni tra lacci ancora da sciogliere, stoffa da sostenere o richiudere sulla schiena, ma ogni spiegazione gli era parsa ridicola e palesemente assurda, di fronte all’unica, ineffabile realtà.
Era stato semplicemente travolto dalla vicinanza con quella pelle di seta, dal declivio sensuale di quella china perfetta; era stato portato al limite dopo la sofferta attesa trascorsa a crogiolarsi tra dubbi e preoccupazioni prima di scorgerla oltre la folla, e poi trovarla confusa e senza forze. Sotto i colpi serrati sferzati dal susseguirsi degli avvenimenti della serata, la fragile barriera dietro alla quale da anni celava il suo cuore, aveva ceduto senza opporre resistenza alcuna.
Questa era la realtà, questo era quello che mai avrebbe potuto ammettere di fronte a Oscar.
Le dita si erano strette alla stoffa candida della camicia, scoprendo il petto, graffiando la pelle fino quasi a farla sanguinare, così come l’animo aveva fatto per ore; e poi si erano nascoste ancora e ancora tra i capelli, scivolando tra le ciocche e strattonando nervose. I palmi si erano premuti sugli occhi, nascondendo il vacuo bagliore notturno ma riportando al viso quel contatto proibito e l’ombra del suo profumo, e il vortice era ripreso, affondando nella coscienza lacerata.
Allora con le ore più cupe della notte, erano giunti gli spettri del rifiuto, della punizione, dell’allontanamento. Si era visto accusato da occhi feriti nella fraterna fiducia, e poi respinto come vile traditore. Aveva sentito lo schiocco della frusta e persino lo scatto metallico di una serratura arrugginita, calci alla schiena, pugni nello stomaco: tutto era parso reale, ma niente era stato così doloroso come la vista dello sguardo accusatore di Oscar, puntato su di sé. Quell’immagine l’aveva trascinato via dal letto, fino all’armadio, dove aveva raccolto una sacca in cui aveva cacciato un cambio in tutta fretta, e poi lo aveva spinto allo scrittoio, a tirare la maniglia con tale impeto da strappare il cassetto dalle guide, rovesciando a terra tutto il suo contenuto, in un fragore di legno e metallo. A quella vista si era chinato e aveva raccolto con mani tremanti dal pavimento quelle macchie scure e disordinate, ricordi di una vita vissuta come un fratello, più che da servitore, ricomponendone i frammenti in un unico groviglio e muovendo le dita per riconoscerne le schegge. Si era ritrovato tra le mani la morbidezza di un vecchio nastro sfatto, ormai ridotto ad una matassa di fili, il primo regalo, diverso da un’arma, ricevuto da parte di Oscar; e poi aveva raccolto un libretto dalla copertina scura e liscia, in cui aveva riconosciuto le righe su cui aveva colmato, aiutato da Oscar, il ritardo della sua preparazione in fatto di lettura a voce alta. Infine, tra la polvere del pavimento, aveva riconosciuto un intreccio di fili di paglia, quel nodo stretto un pomeriggio ormai perso nel passato, in cui due bambini, nascosti nella stalla, avevano sigillato la promessa di preservare la loro amicizia da qualunque minaccia. Le braccia si erano abbandonate lungo i fianchi e i singhiozzi avevano accolto l’ultimo soffio della notte, sciolto nel sussurro dell’aurora nascente.
André aveva placato il respiro, ritrovando il controllo di sé, si era spogliato rapidamente degli abiti consumati dalla sofferenza della notte, rivestendosi dei suoi consueti pantaloni e della sua giacca color cioccolato[ii], e poi aveva lasciato la stanza, cercando sollievo nella scuderia.
 
Fu lo scricchiolio della paglia sotto un peso inconsistente, a destarlo dai suoi pensieri. Passi incredibilmente leggeri, lenti come mai prima di allora. Rimase immobile, il cuoio stretto tra le dita e il capo chino fino quasi a sfiorare il mantello di Cesar. Deglutì a forza.
- La nonna mi ha detto che non sei passato dalle cucine … – la voce di Oscar gli giunse inattesa, nella sua sorprendente pacatezza - Possibile che tu non abbia fame, questa mattina? –
Non gli riuscì di rispondere subito, ma aprì gli occhi rapidamente, la vista confusa a fissare il pelo, nel vano tentativo di mettere a fuoco la situazione; poi drizzò la schiena e tenendo salda la presa sulle briglie, si voltò lento cercando Oscar con lo sguardo perso, sotto la fronte imperlata del sudore di dubbi e timore.
La trovò immobile, dinnanzi a sé, già perfetta nella divisa scarlatta, un braccio abbandonato lungo il fianco e l’altro sollevato, proteso a mostrargli un involto di stoffa, sul quale fissò il proprio sguardo aggrottando le sopracciglia. Vide l’involto scrollarsi un poco e cercò d’istinto il volto di Oscar, trovandolo chino, nascosto dietro ciocche bionde, e notando lo sguardo celato a correre sulla paglia a terra, nel box vuoto accanto a quello di Cesar. Parve riaversi, quasi trasalire, e poi tendere le labbra, prima di volgersi di nuovo a ciò che teneva stretto tra le dita.
- La tua colazione … - spiegò lei - … non è il caso di passare una giornata alla Reggia con lo stomaco vuoto, no? – le labbra sottili e rosee si tesero ancora un poco, gli angoli si piegarono un istante verso l’alto in un accenno di sorriso, mentre le spalle si sollevavano appena, lasciando le decorazioni dorate a dondolare sopra la stoffa rossa.
André si sentì disorientato, in un certo senso; ebbe l’impressione di essersi risvegliato in tempo differente e sconosciuto, una dimensione dove non avesse accompagnato Oscar a nessun ballo, e non l’avesse poi riportata a palazzo, dove non avesse mai sfidato quel corsetto infame, né abbandonato il suo animo alla stretta del turbamento.
Dischiuse le labbra, guardandosi attorno, quasi incredulo, vagando nella scuderia fino alla porta sul fondo, a quei battenti possenti rimasti aperti sul ricovero delle carrozze, e scorgendo, tra la polvere danzante nella luce del mattino, la vettura scura che proprio lui aveva lasciato in quella stessa posizione solo poche ore prima. Ebbe animo di domandarsi come potesse essere accaduto … e come Oscar avesse potuto mostrarsi così normalmente indifferente agli avvenimenti della sera passata. Tentò di ricordare se lei avesse detto altro … di rivivere ogni istante cercando anche il minimo particolare che fosse andato perduto, scuotendo lento il capo, senza sollevare più lo sguardo da terra.
Poi ancora dei passi, la presenza di Oscar che scivolava alla sua destra, verso il box di Alexander da cui udì qualche fruscio indistinto, e infine le briglie sfilate dalla propria presa, mentre Cesar veniva condotto ad oltrepassarlo, avanzando lento fino alla luce e poi scomparendo oltre l’accesso alle scuderie.
– Mangerai mentre ci rechiamo a corte, non vedo altr … - la voce di Oscar di dissolse oltre la porta, insieme al cozzare degli zoccolii di Cesar.
André si riscosse, raggiunse in due passi Alexander, che lo attendeva già pronto, con la sacca della colazione a penzolare su un fianco, fissata con un laccio ad un occhiello della sella.
 
La sagoma elegante della reggia era comparsa quasi all’improvviso, quando André aveva distolto lo sguardo dalla schiena di Oscar, sollevandolo fino a guardare davanti a sé.
Avevano raggiunto Versailles cavalcando senza particolare premura e Oscar si era assicurata più volte che lui stesse bene e che la colazione preparata dalla nonna gli fosse stata sufficiente; non avevano fatto altro che avanzare come di consueto, Cesar un passo avanti ad Alexander, quasi vi fosse necessità di coprire le spalle al Comandante della Guardia Reale anche durante quel quotidiano tragitto, o forse semplicemente per consolidata abitudine del cavallo scuro a cedere il passo al suo collega dall’aspetto nobile. André aveva osservato a lungo la criniera nera del suo cavallo ondeggiare sotto il movimento regolare del collo elegante, perdendosi nella trama sottile di quei fili disciplinati dai colpi di spazzola, e si era perso in quella vista ormai famigliare, come nel fondo sassoso e un poco sconnesso della via che avevano percorso. Si era voltato, rimanendo quasi assorto, quando erano transitati laddove la sera precedente aveva fermato la carrozza, dopo aver avvertito il richiamo di Oscar, e ripensando ai momenti vissuti all’interno dell’abitacolo, ai dubbi che lei gli aveva espresso, alla risposta che si era imposto di darle … Aveva mangiato con insolita lentezza, mordendo bocconi piccoli e masticando pacato, così la distanza tra Palazzo Jarjayes e la Reggia era parsa dilatata, quasi irreale, persa in quei pochi scambi di parole e in quel fiume di pensieri.
Aveva cercato in quel mattino fresco e limpido, una traccia di quell’azzardo di seta e merletto che aveva accompagnato Oscar fino al ballo; l’aveva rivista modellata dal corsetto e resa morbida dalla lunga gonna; l’aveva ricordata acconciata e velata di trucco, i capelli raccolti e la nuca scoperta, e aveva finito per domandarsi quali sguardi avessero potuto accarezzare quella pelle, e quali mani avessero poi sfiorato quella seta … Pur nel suo ruolo d’ombra, André aveva frequentato a sufficienza la corte per poter indovinare quale luce avesse  potuto accendere la presenza di Oscar negli sguardi lascivi dei nobili presenti ad un ballo. In un certo senso, il pensiero che lei si fosse presentata a corte sperando nelle attenzioni del conte di Fersen e ottenendole, gli diede la speranza che egli l’avesse in qualche modo protetta da altre iniziative galanti e meno rispettose. Tuttavia, non aveva nessuna certezza in merito a quello che fosse realmente accaduto: poteva solo avvicinare i cocci di quella serata, senza riuscire a ricomporla esattamente. Aveva scorto Oscar sola nella cour, l’aveva ritrovata nell’appartamento riservato al Comandante della Guardia Reale e poi erano stati raggiunti dal Conte di Fersen … e poi c’era stata la sua richiesta di rientrare a casa, la sua apparente fragilità nel chiedergli aiuto, quel corsetto legato malamente e …
Oscar era scesa a terra, un gesto elegante lo scavalcare la groppa di Cesar, uno di quei movimenti che compiuti da lei prendevano forma di danza senza necessità di essere stretti nelle regole dei passi da rispettare,  e André l’aveva imitata, afferrando rapido le redini non appena lei le aveva lasciate. Lei era rimasta ferma, la postura perfetta mentre la sinistra accomodava il fodero sul fianco, e per qualche istante il suo profilo aveva cercato il cielo, lasciando che la chioma scivolasse sulla schiena in una cascata dorata. Aveva serrato gli occhi e le labbra si erano dischiuse … ad André era parso di intuire il soffio delicato di un sospiro sfuggito tra i petali rosei …
Infine, il viso era tornato basso, al selciato e alla polvere della cour, prima che Oscar si muovesse verso l’accesso alla reggia – A più tardi, André … -
- Certamente, Oscar … - le aveva risposto con l’anima, più che con la voce, senza lasciarla nemmeno terminare, e osservandola mentre si allontanava.
E come in ogni occasione, quando giunti alla reggia i ruoli sociali divenivano barriera tra loro e le mansioni imponevano separazione, André avrebbe atteso che lei fosse lontana, prima di volgersi altrove e dedicarsi alla cura di Cesar e Alexander. L’osservò farsi figura minuta, l’oro dei capelli sciolto sul rosso della divisa e i passi fasciati nel bianco e nel nero a risuonare nell’animo come rintocchi a scandire il suo tempo, mentre Oscar raggiungeva il fianco della chappelle royale. Allora la vide fermarsi, drizzare un poco la schiena e voltarsi proprio verso di lui, mostrando, anche di lontano, l’ovale perfetto del volto, prima di proseguire inoltrandosi lungo il fianco della cappella.
Fu allora che André afferrò finalmente quel filo rosso che, dall’imbarazzo soffocato della scuderia di palazzo, lo aveva condotto lungo la via di Versailles, fino alla reggia e alla separazione da Oscar: in quell’ultimo istante prima di sfumare nel dedalo di doveri e pettegolezzi della corte, Oscar si era fermata e lo aveva cercato … Uno sguardo rapido, ma non abbastanza per non essere colto; un gesto lontano, ma non abbastanza per essere casuale. Uno sguardo diretto, a viso aperto e fronte alta, che se fossero stati vicini, avrebbe puntato sul suo viso e nei suoi occhi, così come era abituata a fare … e come Oscar, quella mattina, per timore, imbarazzo, o forse disappunto e volontà di distacco, non gli aveva rivolto.
 
Per l’intera giornata, non aveva avuto il coraggio di avvicinarsi a lei come di consueto e aveva finito per seguirla come un’ombra evanescente e silenziosa, di quelle timide e incerte che le candele appena accese disegnano quando il sole ancora non ha ceduto il passo alla sera. Si era mantenuto distante, indugiando oltremodo nella cura di Cesar e di Alexander nelle scuderie a servizio di chi giungesse a Versailles, e poi, una volta tornato alla reggia, percorrendo i corridoi con falcate regolari e sguardo mesto, studiando con forzato interesse le trame ordite dalle essenze pregiate nei parquet e le volute preziose dei pavimenti lucidi di marmi dai colori cangianti. Tra loro era rimasto sempre qualche passo, quasi che lui fosse in perenne ritardo rispetto a Oscar, pur seguendola in ogni spostamento. In realtà, André aveva semplicemente avuto cura di preservare tra loro una sorta di distanza di sicurezza, che le avrebbe permesso di avvertire la sua presenza attraverso l’eco dei suoi passi, senza consentirle di chiamarlo in causa direttamente se non fosse stato strettamente necessario. Più o meno consapevolmente, le aveva concesso una sorta di vantaggio, rendendo impossibile quella richiesta di conferme e pareri che, attraverso sguardi complici e cenni appena percettibili, costituivano da anni un linguaggio impenetrabile a chiunque si trovasse al loro cospetto e che, pur senza una ragione definita, quel giorno sembrava tramutato in un palpabile velo di silenzio dell’anima.
L’aveva accompagnata in muta e devota contemplazione, anticipando ogni sua necessità e comprendendo ogni suo comando prima che fosse espresso, ma non aveva avuto il coraggio di sollevare lo sguardo al cielo dei suoi occhi, portando nel cuore lo scambio spezzato che li aveva separati la mattina, nelle scuderie così come all’arrivo alla reggia, e custodendo come gemma preziosa l’eco di quegli attimi evanescenti che li avevano visti vicini ma separati da una inedita bruma.
 
Tese lo sguardo oltre il Grand Canal, gli occhi in due fessure a scrutare il riflesso aranciato che tingeva l’acqua del tramonto ormai prossimo, consapevole che il sole gonfio che si andava a celare dietro la vegetazione trascinava nella sua discesa una coltre pesante sul suo animo in attesa. Con il calare del sole, infatti, si approssimava l’ora del rientro a palazzo Jarjayes, il momento dell’inevitabile ricongiungimento con Oscar e di un rientro da percorrere loro due soli con un nuovo confronto con le proprie responsabilità.
Le dita aperte, distese ma morbide, sfiorarono le cosce, la stoffa delle brache a risvegliare il ricordo di un contatto proibito e un calore vivo nel ricordo dei palmi a contatto con pelle d’avorio; un respiro profondo portò il petto a gonfiarsi mentre gli occhi si serravano, strizzati fino a dar dolore,  cercando rifugio da una sensazione troppo reale. Scosse il capo, ricacciando le ciocche ribelli oltre la spalla e poi strinse i pugni, fermando per l’ennesima volta un’immagine che avrebbe dovuto essere semplice sogno, e invece era ricordo concreto. Un turbine di profumi, fruscii, scoppiettare di ciocchi e sibili di respiri trattenuti che, come persecuzione tornavano con prepotenza, ogni qualvolta il suo spirito attento veniva meno, fondendosi in una melodia impossibile insieme al gorgogliare degli zampilli delle fontane, allo scalpiccio annoiato dei nobili a passeggio, come al vociare sommesso proveniente dai capannelli di dame impegnate nel consueto scambio di formalità, confidenze e veleni.
Dalla sua posizione, a ridosso di una statua, corse a lei, ferma al limitare del parterre du nord, laddove la terrazza digradava in una scalinata fino ai bacini settentrionali. Il capo volto al drappello di soldati della Guardia Reale, tutti intenti ad ascoltarla, la schiena dritta, il braccio destro disteso lungo il fianco e il sinistro appena piegato con la mano sull’elsa della spada, Oscar gli parve immune da qualunque pensiero che non fosse legato al suo ruolo. Un soldato perfetto, pensò tendendo le labbra in una sorta di sorriso soffocato, sempre dedito ai suoi compiti … fino all’estremo annullarsi della sua stessa realtà, in un perenne controllo di sé che pareva aver già superato anche le debolezze appena trascorse; e non solo quelle di una donna costretta a soffocare se stessa in una uniforme maschile … ma anche quelle di un uomo vincolato ad una esistenza nell’ombra, ad un passo dalla luce più fulgida. Attimi di debolezza … che probabilmente sopravvivevano solo e soltanto nel riflesso di quegli sguardi che ancora sembravano impossibili da scambiarsi apertamente.
Sospirò appena, distogliendo di nuovo lo sguardo, arrendendosi e di fronte all’immagine di Oscar tornata ad essere il  Colonnello e forse niente altro, probabilmente capace addirittura di annientare il ricordo e il rimorso per una scelta azzardata, quanto inammissibile.
Cercò una risposta ai propri dubbi: probabilmente Oscar aveva reagito proprio in quel modo agli accadimenti della sera precedente, rimuovendo ogni gesto e ogni ricordo, tornando alla sua vita di ogni giorno e vestendo, insieme all’uniforme, la sua solita maschera. Si perse tra sollievo e disperazione, al pensiero che anche nei suoi confronti Oscar potesse aver tenuto quell’atteggiamento costruito ad arte. Un tuffo al cuore, l’idea che lei potesse affrontare il suo gesto incontrollato, e un moto di soffocata delusione la sensazione di aver tradito la sua fiducia fino al punto di essere relegato oltre quella barriera dorata che era l’uniforme.
Si volse alle proprie spalle, osservando la scansione regolare delle ampie finestre sul fronte settentrionale del corpo della reggia, fino a fissarsi in un pensiero distratto, sul varco aperto del vestibolo che conduceva alla cour, prefigurando il momento del rientro a palazzo Jarjayes e immaginandosi ad un passo da lei, imbrigliato nella colpa e nell’immobilità di una situazione impossibile da affrontare apertamente.
Il ghiaietto scricchiolò sotto il suo stivale, un lamento acuto sotto un moto spontaneo, mentre il braccio si piegava e le dita affondavano tra i capelli, coprendo la fronte e il pensiero di aver reciso, con un gesto di quelle stesse mani, il filo sottile di confidenza e fiducia che da sempre lo legava alla sua Oscar, a quella donna sensibile e dannatamente femminile che solo lui conosceva.
Il cuore provato, la mente svuotata, isolata dal brusio da cui era avvolto, la sua attenzione venne colta da un insolito strofinio di suole sul pietrisco; un passo lento, solitario e strascicato, come misurasse i  movimenti controllando i tempi in una sorta di danza fuori luogo, lo indusse a voltarsi, seguendone il moto. Un presentimento sinistro, rese acuti sensi e riflessi, liberando fronte e sguardo, cercando verso destra, nella direzione in cui aveva lasciato Oscar insieme ai soldati. Ebbe giusto il tempo di scorgere il gesto rapido di Oscar, le dita della sinistra strette attorno all’elsa della spada, le spalle irrigidite e la schiena appena inarcata, il capo a volgersi impercettibilmente verso il nuovo venuto, mentre una scossa faceva tremare un poco i ricci sciolti sulle spalle. Erano poco distanti dalla sua posizione e non poté che disporsi ad ascoltare il loro scambio di battute, mentre l’uomo, elegante e perfetto nella sua giacca color lavanda, i ricami dorati a brillare agli ultimi bagliori del sole ormai basso e i merletti a ondeggiare nei movimenti morbidi, elargiva alla sua Oscar un sorriso costruito.
 
[i] Non me ne voglia Bono, ma non ho trovato immagine migliore di quella che ha cantato in With or without you.
[ii] Adotto la definizione utilizzata da Pamina nel suo racconto Con gli occhi del lupo: il color cioccolato è decisamente meglio del classico color fango!

Angolo dell'autrice: dopo il colpo della sera precedente, tutto sembra dover tornare a posto... come se niente fosse accaduto.
Ma è davvero così?
Un bacione a tutte le lettrici... e alle mie carissime investigatrici che si arrovellano nelle ipotesi più acute.
A presto e grazie a tutte!

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Capitolo 8
*** Fuggire ***


Fuggire
 
- Madamigella Oscar … - esordì il Conte mentre accennava un inchino e con la destra ingiungeva ai soldati, stretti attorno al loro comandante, di allontanarsi - … ho finalmente il piacere di incontrarvi di nuovo! –
- Conte di Fersen … - rispose al saluto Oscar con un rigido cenno del capo - … oggi il mio dovere mi ha tenuta impegnata tutto il giorno … -
- So bene che la vostra uniforme vi impone giornate assai impegnative, Madamigella … - convenne il conte, mentre Oscar, che pareva immobile, restava in ascolto con gli occhi puntati sul volto curato dello svedese - … e non vorrei mai che queste incombenze vi risultassero eccessive e insostenibili. Tuttavia, permettetemi di aggiungere che vi trovo meravigliosamente. Non posso che compiacermi del fatto che vi siate completamente ristabilita ... –
Vide Oscar sollevare le sopracciglia, mostrando appena un moto di sorpresa forse suscitato da quelle inusuali attenzioni ai suoi incarichi ufficiali, o da quel riferimento indiretto nei confronti del suo malore; ma poi il conte si mosse rapido, e si fece prossimo ad Oscar, fin quasi a sfiorare con le labbra le ciocche dorate della fronte di lei, mentre il cuore di André pareva arrestarsi, perso nello sgomento, nel timore e nell’intimo istinto ad intervenire, soffocato nel rispetto di un uomo tanto potente a corte. Non poté udire parola, ma gli fu chiaro il  movimento suadente delle labbra, troppo vicine alla tempia di Oscar, ma nascoste nella chioma di lei quel poco da celare il senso di quello scandire lento. Poté ben vedere la giacca lucida di seta e ricami tendersi sulla spalle del conte mentre il braccio sinistro si piegava e la mano raggiungeva il destro di Oscar, a trattenerla appena con le dita a sfiorare leggere ma incredibilmente possessive la manica rossa.
Un moto di fastidio percorse il suo ventre e risalì alla gola, amaro e soffocante, spingendolo verso Oscar, che già si era come ritratta, sfilando il braccio dalla presa del conte e tendendo la schiena all’indietro, quasi a cercare di prendere distanza dal nobile. Si arrestò vedendo l’uomo ritrarsi a sua volta, chinare la schiena in un nuovo e profondo inchino di fronte a Oscar e muovere qualche passo a ritroso, allontanandosi da lei, prima di voltarsi per dirigersi verso il vestibolo settentrionale, con il mento alto e le labbra tese in una espressione in cui André lesse incredibile soddisfazione.
Rimase immobile, deglutendo per scacciare il moto di disgusto suscitato da quell’incontro inatteso e seguendo con lo sguardo i passi del conte fino a vederlo infilarsi in un esiguo drappello di dame, salutato dal vibrare unisono di ventagli adorni di piume e dagli sguardi, asciutti e persino aspri, di nobili dall’orgoglio insidiato. Lo vide proseguire oltre e poi arrestarsi presso un nuovo circolo di sete e sorrisi, che parvero rifiorire in sua presenza, mentre altre, in abiti cerulei a scendere in una sorta di mantello leggero, fino a terra, comparivano da una delle grandi aperture sul parterre, simili a una nuvola polvere nel pomeriggio soleggiato. Strinse gli occhi osservando il mutare fluido di incontri e discorsi tra chi viveva la corte in una quotidiana evoluzione di saluti, confidenze e cattiverie, mentre trame dall’ordito incomprensibile si intrecciavano e si scioglievano a colpi di ventaglio e battiti di ciglia, giri di danza e sospiri.
Di nuovo il pensiero corse a quelle stanze buie … e poi a tutto il precipitare di immagini e incubi in cui si era trovato ad annaspare cercando di sopravvivere ai suoi stessi incubi.
Dischiuse le labbra, cercò aria e controllo di sé, ma venne sorpreso dalla vista di Oscar che a passo spedito lo raggiungeva, lo sguardo basso e le dita strette a pugno, sfilando poi alle sue spalle, ad un passo da dove si trovava e mormorando appena udibile – Andiamo André! Avremmo dovuto già essere sulla via di casa … -
 
Serrando il battente alle proprie spalle, gli parve di chiudere fuori da sé il mondo intero e di poter finalmente respirare a pieni polmoni, senza doversi curare dello scatto irregolare del proprio inspirare. Lasciò che la schiena toccasse il legno, rilassando le spalle e reclinando il capo, fino a che trovò sostegno alla propria spossatezza. Il profumo di legno, lana e cera, donò sollievo alla sua giornata. Era curioso come avesse trovato un frammento di pace tornando in quel piccolo spazio dal quale la mattina stessa era fuggito, cercando distrazione dalla propria notte di spettri.
Aprendo gli occhi rimase assorto, contemplando il fascio lattiginoso che, dalla finestra, attraversava la stanza come un ponte senza consistenza, dentro al quale il pulviscolo sembrava danzare leggero. Soffiò appena, protendendo un poco le labbra, e seguì affascinato il vorticare convulso di quelle particelle dorate dalla luce. Gli parvero davvero coperte d’oro … luccicanti e fintamente preziose come era tutto ciò che Versailles riusciva ad offrire a chi viveva la propria esistenza tra le sue viscere, esposto alle sue pretese, sottomesso ai suoi capricci …
Scosse il capo, muovendo un passo dalla porta e portando le mani all’allacciatura della giacca; passò meccanicamente i bottoni nelle asole, uno ad uno, e lasciò che la stoffa scivolasse giù per tutta la lunghezza delle braccia, fino ad afferrarla per il colletto e a farla depositare sulla sedia alla propria sinistra. Sollevò il mento, portando le mani al collo per sciogliere lo jabot, le dita precise insinuate nel nodo, tirando e sfilando fino a liberare la gola dalla stretta della stoffa, e poi portò le mani alla nuca, sciogliendo deciso il nastro e lasciando che i capelli ricadessero sfiorando la stoffa sulle spalle. Un passo ancora, avvicinandosi al letto, e le braccia si piegarono, perché le dita potessero stringere la camicia proprio dietro la nuca e tirare a sé la stoffa fino a vincere la stretta dei pantaloni, facendola scivolare completamente oltre il capo. I capelli, folti e morbidi, ricaddero sulle sue spalle, mentre le braccia si liberavano della camicia che finiva a terra, dimenticata. Muovendosi nella stanza, osservò la lama di luce giocare sul proprio petto liscio, disegnando come su una tela l’intreccio solido della muscolatura. Giunse al letto lasciandosi cadere sul giaciglio, le braccia larghe ai lati del corpo e gli occhi appena socchiusi godendo della carezza dell’aria, nell’attesa dell’abbraccio morbido delle coperte.
Riuscì ad avvertire un’immediata sensazione di calore, piacevole e quasi liquida, avvolgere il suo corpo nudo, e vi si abbandonò come cercando salvezza e conforto, dopo ore e ore a rispettare quelle leggi di stoffa, pizzi e cordini che sembravano reggere la società e legare le anime come intreccio d’arazzo, componendo amicizie, elogi e simpatie, in immagini dalle tinte forti e stridenti.
Una giornata al limite dell’insostenibile, dove la finzione aveva affondato le radici nel distacco, e che era culminata nell’incontro con il conte, in pochi attimi tesi e sofferti, che avevano indotto persino Oscar ad una sorta di fuga. Portò una mano alla fronte, celando alla vista il ricordo di quell’intrusione … mentre le immagini, tornavano ad accavallarsi, ormai confuse dal troppo ricercarle.
Il sovrapporsi di ricordi venne strappato dalla voce un poco indispettita della nonna – André!? Voi venire a mangiare? La tua cena è pronta da un pezzo in cucina e presto sarà completamente fredda! –
Raccolse le forze in un sospiro, celando il tormento dietro la più consueta delle risposte – Arrivo subito, nonna. -
 
La nonna giunse in cucina senza proferire parola alcuna e lanciandogli un’occhiata rapida; la vide controllare se il piatto fosse finalmente vuoto, verificando se vi fosse ancora del pane a sua disposizione nel cestino sistemato sulla tavola. André la seguì con lo sguardo, portando alla bocca un boccone di carne, l’ennesimo di quella abbondante porzione che la cura della nonna gli aveva riservato, tenendola in parte e preservandola dall’ingordigia del resto della servitù. Lei afferrò una sedia, infilando il braccio tra la tavola e la spalliera di legno, e la portò con sé ad un passo dal grande camino ancora acceso, nella posizione in cui da sempre si sistemava per gli ultimi lavori di rammendo o ricamo, per godere del tepore della fiamma e sfruttarne la viva luminosità.
- Sei sempre l’ultimo … - lo apostrofò bonariamente,  mentre attraversava la cucina e si dirigeva verso il disimpegno.
- Siamo rientrati tardi … ed ero molto stanco. Avrei riposato volentieri prima di … - tentò di giustificarsi rivolgendosi alla schiena della nonna, che subito scomparve oltre la porta; André l’attese qualche istante e riprese a mangiare, masticando lento un boccone di pane.
- Già, ma se non ti tenessi da parte qualcosa da mangiare, non troveresti mai nulla! – fu la replica della nonna, che riuscì a intravedere con la coda dell’occhio, nel suo ricomparire senza preavviso. Intuì che tenesse tra le braccia qualcosa di voluminoso, che alla luce del camino gli parve una sorta di coperta, soffice e venata di riflessi quasi cangianti.
Intuì come la nonna si sistemasse sulla sedia, un sospiro stanco tra le labbra, come un lamento sofferto, un inspirare stretto e umido, e poi il capo scosso quasi a liberare una velata delusione. La vide muoversi ancora, accomodando più volte sulle ginocchia quella stoffa in un sovrapporsi di volute e riflessi di cielo e oro che lo colpirono, per la loro brillantezza, insinuandosi nel ricordo come veleno nel sangue.
Strinse gli occhi, puntandoli sui ricami dorati, ora chiari e riconoscibili.
Udì un mormorio sommesso - Quella benedetta figliola … - e poi riconobbe gesti antichi, colmi di pazienza e amorevole cura, con i quali la nonna avvicinò la stoffa al naso, scrutandola con fare sapiente, prima di iniziare ad affondare l’ago in quell’intrico prezioso.
I palmi si aprirono sul legno del ripiano, sfregando lenti sulla superficie consumata dal tempo e dall’usura; le mani corsero al piatto e lo spinsero lontano dal suo corpo, mentre lui già si sollevava deciso ad allontanarsi da quella cucina.
 
Aveva cercato rifugio da tutto e da tutti, scegliendo quello che era stato il loro salotto, una bottiglia sotto braccio e un calice, uno solo, stretto tra le dita, per poi sistemarsi di fronte alla fiamma vivace del camino, con le gambe un poco piegate, i gomiti poggiati sulle cosce e il busto proteso in avanti. Fissando lo sguardo a terra, su quel tappeto dalla trama fitta, aveva chinato il capo, come abbandonando ogni volontà di resistere al peso di quella situazione che, da confidenza inusuale, si era tramutata in un silenzio denso di argomenti taciuti. Portò la mano sinistra alla tasca della giacca, rovistando un poco fino a trarne quel legnetto secco che si portava appresso dal pomeriggio precedente; lo rigirò tra le dita, un sorriso triste alla vista di quella sorta di cimelio di un passato che ora gli appariva remoto. Quella condizione di privilegio, sottile equilibrio costruito in anni di condivisione, era scemata in uno scorrere rigido e parallelo di vite giustapposte, privandolo di quel contatto, ormai più spirituale che fisico, che rendeva accettabile il suo stato di servo al fianco di Oscar. Un giorno … un giorno soltanto, e la vita aveva perso ogni sapore. Non riusciva ancora di dare un senso a ciò che era accaduto … il ballo a corte in abito da sera , il rientro a palazzo in condizioni non del tutto chiare, quel suo gesto sfuggito al controllo mantenuto per anni … e poi l’incomprensibile tentativo di fingere che nulla fosse accaduto, soffocato in una accorta distanza, in sguardi bassi e silenzi svuotati da tutto quell’ordito che per una vita si era intessuto tra di loro. Silenzio e distanza che lui stesso si era prodigato perché fosse preservato.
E poi l’incontro con Fersen … l’imbarazzo evidente di Oscar e quel suo repentino desiderio di rientrare a palazzo, ennesimo tentativo di fuga da ciò che non si vuole affrontare a viso aperto. Ebbe un moto di compassione per Oscar, che aveva scelto un’impresa destinata a naufragare, e che ora si trovava a combattere contro lo spettro di quella stessa scelta, forse l’unica della sua vita che fosse stata compiuta dando ascolto al proprio essere donna. Scosse il capo, i ricci scuri mossi in una carezza sulle tempie, cercando di immaginare quale delusione potesse aver conosciuto la sua Oscar … animo puro e gentile, costretto a crescere sotto la morsa dell’uniforme e del rigore, sferzato senza pietà al primo timido affacciarsi alla propria realtà.
Affondò la mano nella tasca, ricacciando quel pezzo di legno nell’oblio da cui era venuto. Sfregò i palmi sulla fronte e poi sugli occhi, nel tentativo di cancellare i segni del proprio sentire; con mani tremanti si versò del vino e ne bevve senza attendere, per versarne dell’altro e poi ancora, per bere e poi tornare a riempire il calice … fino ad abbandonare le spalle contro lo schienale del divanetto, il capo riverso all’indietro, gli occhi strizzati e umidi, e la mente a correre rapida, lontano.
Udì i colpi di spade di legno, risate acute di ragazzini  e lo sciabordio dell’acqua del fiume, così come vide le proprie mani fallire nel tentativo di legare con un nastro scuro i riccioli biondi un poco cresciuti e poi tracciare segni incerti con l’inchiostro, sotto la giuda di altre mani, delicate quanto decise e capaci; e poi ancora trottole, giacche, selle, finimenti, libri, fiamme e biscotti. E poi …
Un bottone in più da tenere allacciato; quel lungo nastro di stoffa candida, raccolto con la biancheria da consegnare alla nonna; brache dalla vita stretta; un peso leggero da sostenere; un viso delicato e liscio …
Un’uniforme candida e mostrine dorate …
Sguardi lontani … e silenzi.
Sospiri … gesti nervosi.
Seta di cielo ricamata d’oro …
 
Si svegliò di colpo, spalancando gli occhi e avvertendo immediatamente il freddo della notte sul proprio viso; trovò il buio della stanza, le candele del doppiere alla parete consumate e ormai spente, il focolare a mostrare un ultimo, timido, riflesso arancione. Mosse il capo, il collo indolenzito e la schiena un poco dolorante, rimasta immobile in una postura dalla piega innaturale. Portò le mani alla seduta del divanetto, le dita tese accanto alle cosce, raddrizzandosi e mettendosi a sedere. Riordinando idee e ricordi, lo sguardo si posò sul tavolino tra sé e il camino. Strizzò gli occhi scivolando sul ripiano davanti a sé e cercando la bottiglia nella quale aveva cercato oblio e ristoro, per poi fermarsi attonito sul calice, che ricordava di aver lasciato pieno e che invece, ora, era lì dove lo aveva posato, ma completamente svuotato.


Angolo dell'autrice: dedico questo capitolo (anche se poco romantico) a tutte le autrici che hanno partecipato al contest Sugar Love di San Valentino! Vi ringrazio per avermi fatto sognare!!!! Un bacione a tutte le lettrici più o meno silenziose, a chi segua, ricorda, preferisce e recensisce... e a chi indaga! A presto!

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Capitolo 9
*** Brouillard ***


Brouillard
 
Seguì il vociare allegro proveniente dalle cucine, quasi ad occhi chiusi, la mano destra a sfiorare con la punta delle dita il muro freddo, avanzando lungo il corridoio dell’ala del palazzo riservata al servizio. Un passo dopo l’altro a rimbombare nella testa provata dal troppo alcool ingurgitato la sera precedente, André giunse quindi alla porta della cucina, fermandosi e poggiando la spalla allo stipite, mentre la mano sinistra tastava cauta la fronte, premendo le tempie con pollice e medio.
- Dov’eri finito, André? – lo rimproverò Nanny con tono accusatorio – A smaltire i fumi dell’ennesima sbronza? – proseguì sempre con impeto parandosi di fronte al nipote, mostrandosi accigliata e con i pugni puntati sui fianchi.
André vagò con lo sguardo per il locale improvvisamente silenzioso, intuendo come l’invettiva della nonna avesse bruscamente interrotto i lavori già avviati nelle cucine.
- Ecco, io … - tentò di giustificarsi, mentre la mente tornava impietosa alla sera trascorsa in solitudine davanti al camino, affogando nel vino dubbi e sensi di colpa – Io stavo solo … -
Non poté continuare, perché alle proprie spalle avvertì passi leggeri fermarsi a poca distanza; si scostò di poco, lasciando libero il varco in modo che una ragazzina minuta, di cui intuì appena la livrea di servizio di palazzo e la cuffietta candida a trattenere la chioma scura, lo superasse rapida per poi lasciare un vassoio sul grande tavolo sistemato lungo la parete cieca della cucina.
- E’ inutile che tu cerchi scuse. – riprese perentoria Nanny, mentre già era giunta al piano di lavoro, dandogli le spalle e armeggiando esperta con un lungo cucchiaio di legno – Dovresti solo smetterla di fare visita alle cantine, la sera. Una volta ti accontentavi di leggere … -
André scosse piano il capo, sbuffando a piene gote – Nonna, ti dispiace guardarmi un istante? – sbottò in direzione della governante allargando un poco le braccia, come a mostrarsi a lei in tutta la sua altezza – Mi sembra di essere abbastanza cresciuto da potermi permettere un sorso di vino alla sera … -
Ottenne per tutta risposta una specie di borbottio incomprensibile e ostile, nonché un coro di risolini appena soffocati provenienti dal fondo della cucina.
- Nonna! Non sono più un ragazzino! – provò ad insistere, ma si ritrovò Nanny di fronte a sé, con uno sguardo torvo e l’indice puntato contro il suo petto.
- Tu devi proteggere la mia bambina! – gli inveì contro, prima di alzare il mento con un gesto secco per poi voltarsi e allontanarsi da lui con passo deciso, mentre nuovi rimproveri ribollivano scomparendo oltre il vestibolo che conduceva alle dispense.
André sospirò sonoramente, scuotendo le spalle, e poi si avvicinò al grande tavolo, sedendosi sulla panca; allungò una mano verso il cesto colmo di frutta sistemato al centro del ripiano in legno, scelse una mela e la addentò con forza, quasi a sfogare la tensione su quella polpa croccante. Masticò energicamente, lasciando correre lo sguardo quasi distrattamente su tutta la cucina e sul laborioso movimento che era ripreso dopo l’invettiva di Nanny; le giovani inservienti si spostavano rapide tra un ripiano e l’altro, ripulendo verdura e riponendo vasellame, stoviglie e contenitori … Chinò il capo, poggiandolo sul palmo e rimanendo con il gomito piantato sul tavolo, mentre continuava a masticare, sempre più lento, la polpa del frutto succoso, e lo sguardo si fissava sul vassoio ancora poggiato sul tavolo, a poca distanza. Lo osservò un poco, scorgendovi il piatto, il bicchiere e la brocca con l’acqua, il piattino con qualche galletta e il tovagliolo bianco, ripiegato a modo e posato a lato del piatto … Tutto quanto lui stesso aveva portato nella camera di Oscar in innumerevoli occasioni, servendole la colazione nel suo appartamento, e poi ricondotto alle cucine dopo che lei aveva concluso il suo pasto. Aggrottò la fronte, affondando l’ennesimo morso nella polpa della sua mela, mentre riconosceva, lì sul vassoio, insieme ai resti della colazione di Oscar, la bottiglia, ormai completamente vuota, che lui stesso aveva scelto e portato con sé nel salottino la sera precedente e che dopo il risveglio dal sonno turbato, non aveva più ritrovato.
 
Solo il ritmo perfetto dei passi di cuoio che risuonava sul marmo della scala, cadenzato come nella consuetudine di ogni mattina, lo risvegliarono da quella nube di pensieri che l’aveva avvolto, sfumando i contorni della bottiglia sul vassoio, nel ricordo di un dolore segreto. Si tese in ascolto, riconoscendo nell’eco dei passi di Oscar, lo scarpinare rapido della nonna, e poi un rimando di voci sommesse, una più grave e pacata, l’altra acuta e graffiata dal tempo, con una nota perenne di ansia e preoccupazione. Sorrise tra sé, sollevandosi dalla panca per raggiungere quello scambio di voci, nel grande atrio.
Si sporse appena dal varco del vestibolo, scorgendo Oscar, già pronta per la giornata alla reggia, perfetta e inconfondibile, nella sua uniforme rossa e bianca, ferma ai piedi della grande scalinata, un piede a terra e l’altro ancora in precario equilibrio sull’ultimo gradino, la mano sinistra salda sul corrimano e la destra abbandonata lungo il fianco fasciato di bianco. La nonna, proprio di fronte a lei, sembrava impegnata in un racconto misterioso, che le procurava una espressione insolita, capace di muovere le sue labbra al sorriso. Oscar, invece, scuoteva piano il capo, sussultando un poco con le spalle e negando anche con il movimento delle mani, che si erano sollevate in direzione della nonna. Non comprese nulla di quel discorrere che, dal tono sommesso e confuso, si immaginò essere qualcosa di troppo intimo per essere interrotto, così si ritrasse, tornando alla cucina e disponendosi in paziente attesa, con quell’immagine al contempo insolita e famigliare, a solleticare l’animo e l’immaginario.
Non era frequente cogliere Oscar a discorrere con qualcuno in modo così prossimo e confidenziale, nemmeno quando si trovava a palazzo Jarjayes o quando aveva a che fare con la sua governante; e sebbene l’avesse vista muoversi in modo piuttosto imbarazzato, in quei pochi istanti in cui l’aveva osservata, aveva colto in lei qualcosa di differente e nuovo, che aveva catturato la sua attenzione pur senza mostrarsi completamente ai suoi occhi. O forse, ad averlo così colpito, era stata l’insolita vivacità della nonna, che, come spesso accadeva, mutava dalla tempesta allo zefiro nel passare senza apparente soluzione di continuità dalle invettive contro di lui, ai sorrisi malinconici alla sua bambina, ma difficilmente si mostrava così gioiosa con l’uno o con l’altra. Non poté ricollegare quella inusuale ilarità che alla recente uscita di Oscar in abito da sera … quella che era stata l’occasione attesa da una vita e che aveva probabilmente risvegliato nella nonna la sopita speranza di vedere finalmente Oscar divenire una donna anche agli occhi del mondo, lanciandola alla carica nonostante la malinconia della sera precedente.
Se l’ipotesi era corretta … diveniva comprensibile e giustificata anche l’evidente ritrosia espressa dai gesti di Oscar, quel negarsi un po’ imbarazzata, ma ferma … in un modo che, tutto sommato, accendeva il lume remoto della speranza che quell’avventata decisione sarebbe rimasta unica nel suo genere, ramo secco e sterile, senza seguito di sorta.
Chinò il capo, poggiandolo poi al muro alle proprie spalle, ripercorrendo per l’ennesima volta quel turbine di avvenimenti che l’avevano condotto dall’ansia all’angoscia e dalla più sincera e incontenibile ammirazione fino al limite della perdizione, al rimanere sospeso in una incertezza nuova e densa di timori, nella quale leggere il linguaggio delicato e incerto di Oscar diveniva sempre più arduo, anche e soprattutto per lui, spettatore e poi complice e artefice di quella frana di eventi che ora si ostinava a sperare di vedere giungere al termine.
- André! Vuoi muoverti di lì? La mia bambina è già diretta alle scuderie e tu te ne stai qui a oziare … - la voce della nonna tornò vibrante, come un tuono, al di sotto del soffitto a botte delle cucine.
André si drizzò rapido, recuperando il controllo di sé e dei propri pensieri, per poi aggirare la nonna, rispondendo appena al suo sguardo torvo con un’occhiata implorante comprensione.
 
Quando giunse alla scuderia, lasciandosi alle spalle il viale scricchiolante di ghiaietto e il frusciare delle fronde mosse dalla brezza mattutina, l’ombra che il basso edificio gettava sullo spiazzo bianco di pietrisco lo accolse insieme al sentore acre e famigliare degli animali, al leggero stropicciare la paglia a terra, al brontolare sommesso dei cavalli che ormai riusciva quasi a riconoscere. Oltrepassando la soglia, la penombra calda e polverosa avvolse corpo e mente, mentre lo sguardo vagava su legno e paglia, fermandosi sull’ombra esile, immobile, accostata al primo ricovero addossato alla chiusura settentrionale della scuderia.
Oscar gli dava le spalle, il fianco appoggiato alla porta del box, le braccia conserte e il capo appena chino verso il legno della paratia. Rimase un poco ad osservarla, riconoscendo nella curva sinuosa che dalla spalla disegnava la sua schiena fino al fianco, la medesima china sulla quale si era perduto, lasciando il senno e abbandonandosi al proprio istinto d’uomo. Deglutì, strinse i pugni sul profilo della giacca, cercando di recuperare volontà e controllo.
- Oscar, cosa stai facendo? – le chiese, avanzando un poco, fino a fermarsi ad un passo da lei.
La vide chinare ancora un poco il capo e sollevare le spalle - Brouillard[i] non è nel suo box, hai visto? –
André aggrottò la fronte, sorpreso da quella inusuale considerazione. Passò oltre, avvicinandosi a sua volta alla paratia del box e, mettendosi di fianco ad Oscar,  poggiò i gomiti al legno – Certo, Oscar. Tuo padre è partito ieri mattina, poco dopo l’alba, e non credo che sarà presto di ritorno. Jerome era particolarmente euforico … e parlava di numerosi bagagli e casse … Pare che debbano raggiungere il confine per una questione legata ad un carico di fucili in arrivo dall’est … - le spiegò.
Oscar socchiuse gli occhi, parve rimanere assorta e la sua reazione lo incuriosì – Cosa c’è, Oscar? Avevi bisogno di parlare con il Generale? Dovevi incontrarlo per qualche questione … -
- No, André. – intervenne presto lei, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla paglia sparsa sul pavimento del box vuoto per poi sollevarlo lentamente, raggiungendo la terra battuta sotto i loro piedi, per poi risalire sul suo corpo, fino a fissarsi nei suoi occhi.
André soffocò un sussulto, scorgendo il proprio riflesso in quello sguardo blu, profondo e lucido, misterioso, eppure mai stato così aperto. Non fuggì da quegli occhi, ascoltando per l’ennesima volta la voce caparbia della sua stessa anima, mostrandosi nel proprio tremore e porgendo a lei ogni angolo di sé, in ascolto di quell’attimo di esitazione.
– Non devo parlare a mio padre … - riprese poi Oscar, un soffio di voce lasciata libera tra le labbra rosee - Anzi … forse ho bisogno di non parlargli per qualche tempo. –
 
Di nuovo Versailles, di nuovo la reggia.
Con i raggi del mattino ormai fatto a rivelare nel chiaroscuro un gioco di pietra e trasparenze, oltrepassando il varco d’accesso, quel gigante disteso a celare l’orizzonte parve accoglierli come in una sorta di abbraccio. Per l’ennesima volta, André si sorprese di come ogni giorno, ad ogni giungere alla reggia, riuscisse a cogliere nuovi particolari, diverse sfumature di quel mondo che, baciato dal sole, rivelava in un arabesco di ombre la sua reale consistenza. Un alternarsi di pieni e di vuoti, presenze e assenze, volumi e varchi … un libro scritto nel capriccio e nel sudore, un piatto succulento su una mensa di affamati.
Inspirò a petto gonfio, chiudendo gli occhi … Anche il soffio fresco del mattino portava con sé l’ombra di operosità nascosta, miscellanea delle botteghe del borgo e della nebbia di servitori impiegati a palazzo, confusa dal tramestio sommesso di voci e cozzare di zoccoli che animavano la cour fin dalle prime luci dell’alba.
- André? Cosa fai lì fermo? – fu la voce di Oscar, il richiamo udibile anche nel coro di voci e rumori da cui erano attorniati, a indurlo a tornare a sé, ad aprire gli occhi e a riprendersi rapidamente.
- Arrivo, Oscar. Arrivo … - si affrettò a rispondere, mentre spronava Alexander a raggiungerla, fino quasi ad affiancarla, ma facendosi prossimo quel che gli era sufficiente per uno scambio rapido di intesa.
Uno sguardo aperto, limpido e senza insicurezze; l’ennesima maglia di una lunga collana di gesti, scambi, occhiate e cenni che in due soli giorni parevano aver ricostituito un legame provato da pochi momenti di inspiegabile follia.
Da quella bottiglia, svuotata e riapparsa sul vassoio in cucina, dopo quell’incontro nella scuderia e quelle poche parole di Oscar, Andrè aveva ripreso a scorgere nelle proprie giornate frammenti di un passato forse mai realmente superato, che ora pareva essersi rigenerato, dopo la prova e la delusione, nel ritrovarsi l’uno accanto all’altra.  Granelli di sabbia, istanti e soffi di vita che avevano oscurato e quasi inghiottito quella preoccupazione sorda e insistente, portandola in un abisso profondo e relegandola al silenzio.
Giornate di esercitazioni, controlli e sorveglianza, sempre rimanendo ad un passo da lei … scrutandone movenze ed espressioni . Leggendo con animo aperto quel delicato rossore che scaldava le sue guance quando il sole vivo del pomeriggio baciava la sua pelle d’avorio, o la piega che assumevano le sue labbra sottili, mentre con sguardo attendo seguiva i soldati nelle esercitazioni, André aveva ritrovato la Oscar e i suoi modi di sempre. Come il tono fermo della voce e il suo sostare statuario e insieme naturale, nell’attendere i tempi rigidi del cerimoniale di corte. E non solo … in verità.
Aveva anche colto momenti nei quali Oscar diveniva più vera e reale di qualunque essere avesse mai conosciuto … come nello scorrere delle due dita unite nella fessura sottile che il colletto dell’uniforme lasciava tra stoffa e pelle, mentre il mento si sollevava appena e le labbra si tendevano un poco, o nell’accomodarsi due volte sulla sella, dopo essersi issata sulla groppa di Cesar. Nessuno come lui poteva conoscere e riconoscere quei gesti dei quali forse Oscar nemmeno si rendeva conto … e che negli ultimi giorni erano divenuti più frequenti e inquieti. Le sue mani bianche, decise e forti, quanto delicate sotto acqua  e vento, rivelavano tutti i segni di un tormento silenzioso e costante, con quegli incastri serrati e quello scattare rapido … A tavola, aveva seguito il ritmico ticchettio del cuoio sul marmo del pavimento che, pur velato dalla stoffa pregiata a coprire la mensa, era giunto chiaro al suo udito attento …
Insomma, Oscar, pur apparentemente tornata alla sua quotidianità con impegno e dedizione, e sebbene si fosse riaccostata a lui con la trasparenza e la confidenza che si era costituita negli anni, nascondeva ancora una sorta di inquietudine, che tardava a rivelarsi con completezza, nascosta forse in quegli angoli di buio che ancora mancavano a dare compimento alle loro giornate, quelle serate davanti al fuoco dalle quali Oscar, ancora, mancava.
André sorrise, in risposta allo sguardo di Oscar, annuendo leggermente con il capo e cogliendo immediato il sorriso segreto giunto a chiudere quel rapido dialogo. Strinse le dita sulle redini, confidando nel fatto che anche quell’inquietudine ancora in ombra, sarebbe giunta a lui, a tempo debito.
 
[i] Nei miei racconti, Brouillard è il cavallo grigio del Generale Jarjayes. Un plauso a Monica68 che se ne è ricordata... Ma Brouillard significa anche nebbia, bruma, foschia... e mai come in questa occasione mi pare che tutto, attorno a André, sia proprio incerto e fumoso.

Angolo dell'autrice: altro piccolo, piccolissimo passo compiuto nell'universo emotivo dei nostri amati.
Mi permetto di avvisare la squadra investigativa: dal prossimo capitolo, facciamo sul serio! Per ora, vi chiedo di accontentarvi di quest'ultimo momento di calma!
Un bacione e grazie di cuore a tutte. A presto!

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Capitolo 10
*** Voci ***


Voci
 
Raggiunse il disimpegno , un locale dalle dimensioni contenute che costituiva una sorta di anticamera per l’ufficio di Oscar, e si sistemò a ridosso al varco di accesso allo studio, dove era solito attenderla. Oltre i battenti in legno bianchi di lacca e dorati di ricami e di intrecci di rami, udiva un sommesso discutere, un alternarsi di voci nel quale riconobbe immediatamente il tono acuto, seppur pacato e rigidamente governato, di Oscar, e quello più grave e piatto di Girodel. Si scostò un poco, osservò le due Guardie in uniforme celeste, impettite ai lati della porta sulla parete di fronte a sé, pronte a rispondere ad un eventuale richiamo del loro comandante; ne scrutò lo sguardo quasi accigliato, le labbra serrate e il copricapo appena troppo largo, calcato sulla fronte … e infine sedette su una sedia imbottita posta ad un passo dalla sua posizione, disponendosi in paziente attesa, la gamba destra sulla sinistra e le braccia conserte.
Vagò con lo sguardo lungo il pavimento a scacchi bianchi e neri, sulle mattonelle un  poco consumate di quegli ambienti strappati al servizio per ricavarne un ufficio militare; si trovò per l’ennesima volta a pensare ad Oscar, al suo preferire quel piccolo ambiente del piano rialzato, piuttosto che lo spazioso appartamento del piano terra, quello stesso in cui l’aveva ritrovata quella sera … e che con ogni probabilità, anche solo per quell’odioso ricordo, non sarebbe mai stato preso in considerazione come alternativa allo studio in uso. I ricordi gli strapparono una smorfia, uno sbuffare forzato; si riaccomodò sulla seduta, cercando una posizione più agevole, e a questo muoversi sulla sedia, notò gli sguardi un poco indispettiti delle due Guardie, forse infastiditi dalla diversità delle loro attese. Nobili in uniforme, costretti ad aspettare rigidamente in piedi, mentre un figlio del popolo se ne stava comodamente seduto su una imbottitura foderata di seta lucente … Per un istante, si sentì quasi sfidato da quegli sguardi scuri.
- André? – il richiamo dallo studio, giunse chiaro, decretando la sua personale vittoria.
Si alzò dalla seduta, tenendo il mento alto e le spalle dritte, per spingere i battenti e affacciarsi alla porta dello studio.
– Oscar, eccomi. – si rivelò, trovandola seduta allo scrittoio scuro sistemato proprio di fronte all’ingresso.
- Tra non più di una mezz’ora potremo lasciare la reggia. – gli comunicò, e lui non attese, ben sapendo come comportarsi.
- Certo, Oscar. Conduco i cavalli alla cour. –
Si mosse appena, liberando il varco e fermandosi poco oltre, mentre anche Girodel lasciava lo studio, raggiungendolo nell’anticamera e chiudendo i battenti dietro di sé. Vide il Tenente rivolgersi alle due Guardie e, con un gesto deciso del capo, indicar loro di lasciare il vestibolo – Attendetemi di là, nel corridoio. –
Girodel attese che le due Guardie eseguissero l’ordine, restando fermo al suo fianco, e poi lo osservò, rivolgendosi a lui in modo diretto.
- Come sta? – chiese senza preamboli, né ulteriori e inutili riferimenti.
André volse lo sguardo alla porta bianca e ai suoi ricami dorati, prima di chiedere a sua volta, un poco sorpreso – Come sta? A cosa vi riferite, Tenente? –
Girodel scosse piano il capo, guardandosi attorno con un sorriso velato di sarcasmo – Sai bene a cosa mi riferisca, André. Ti ho visto mentre portavi in braccio Madamigella Oscar, per condurla alla carrozza. Cosa le è accaduto? -
André emise un lungo sospiro, puntando lo sguardo nelle gemme chiarissime dell’uomo di fronte a sé e cogliendone una malcelata preoccupazione; strinse le labbra, incerto e dubbioso, ma una presa ferma gli strinse il braccio, mentre lo sguardo trasparente diveniva scuro e sottile.
Esitò un istante, ma cedette all’evidente necessità di dare una qualunque risposta a chi già qualcosa sapeva.
– Oscar ha avuto un malore, dopo il ballo. Ma nulla di preoccupante. Giunti a Palazzo, si era già ripresa completamente. –
- Un malore … - ripeté piano Girodel – Le era mai accaduto niente di simile, in precedenza? –
André rifletté un poco, prima di rispondere, ma negò deciso con il capo – No, Tenente. Niente del genere … ma vi posso assicurare che Oscar sta benissimo. Non avete motivo di preoccuparvi. –
Girodel strinse le labbra, annuendo – Beh, meglio così. – commentò assorto – Meglio così … -
André attese che Girodel si movesse, per lasciare il vestibolo, e poi si accinse a seguirlo, osservando come nonostante il loro breve scambio, il nobile non paresse affatto risollevato. Il capo insolitamente chinato sul lato e la postura ancora tesa, Girodel dopo pochi passi si arrestò di nuovo, volgendosi di nuovo a lui con un movimento perfetto, mentre la chioma ordinata ondeggiava appena sulle spalle.
- André … - lo chiamò a voce bassa – Probabilmente si tratta solo di un inutile scrupolo, tuttavia … continua a tenere gli occhi aperti. –
André, sorpreso per quelle parole, fissò lo sguardo sul Tenente, aggrottando la fronte senza comprendere appieno le parole appena udite.
- Non sorprenderti, André. Siamo a Versailles … - riprese Girodel – … e tu da sempre tieni gli occhi su di lei. Ma per me è ben diverso: io osservo tutto, anche oltre le spalle del  mio Comandante. Ad ogni modo, ti ripeto: tieni gli occhi aperti. C’è qualcosa che non mi convince, in merito a quella sera. Probabilmente si tratta solo di voci di corridoio, illazioni senza alcun fondamento. Eppure … -
André drizzò la schiena, preoccupato, piegando un braccio fino a portare la mano sulla manica azzurra, stringendo un poco – Siate più chiaro, vi prego … -
Girodel vagò con lo sguardo attorno a loro, come a controllare se vi fosse qualche presenza indiscreta nei pressi del vestibolo, per poi tornare al volto di André – Ho prestato attenzione ad alcuni particolari … voci di corridoio che ho avuto modo di verificare: quella sera, pare che negli ambienti di servizio si vociferasse della visita di una dama sconosciuta, di una bellezza straordinaria … attesa con curiosità inusuale … -
André annuì lentamente, dando seguito, se pur controvoglia  alle supposizioni del Tenente – Quindi era attesa … -
- Non saprei fino a che punto fosse realmente attesa; – riprese Girodel - posso affermare, però, che gli inservienti aspettavano con curiosità di scorgere quella dama e che … fossero pronti a scommettere che il conte non se la sarebbe lasciata sfuggire. –
André aggrottò la fronte, sorpreso  - Ma come … ? –
Girodel non gli lasciò modo di continuare – Tu non ne sapevi niente … ? – chiese un poco sorpreso, per poi riprendere - Nemmeno tu … eppure la voce era giunta alla servitù di Versailles? Non è curioso? –
- Io non sapevo niente, davvero! Io l’ho saputo solo quando … - cercò di giustificarsi André.
- Non importa, André. C’è un altro particolare che mi è stato riferito: la mattina seguente al ballo, tra la servitù destinata agli alloggi dell’ala settentrionale[i], sono entrate in servizio due nuove ragazze, in sostituzione di altrettante inservienti che non si sono presentate all’ora convenuta. - Raccontò il nobile.
André rimase perplesso – Le hanno sostituite la mattina seguente il ballo. Quindi? –
Girodel gli sorrise, pronto a spiegarsi – Il personale a servizio degli appartamenti dell’ala settentrionale è selezionato con grande attenzione … perché le Mesdames Tantes[ii], che vi risiedono, esigono che si tratti di ragazze a modo, tutte scelte tra giovani morigerate e particolarmente devote, che vengono preferite ad altre candidate anche su suggerimento dei padri spirituali … e che comunque sono sempre oggetto di almeno una settimana di preparazione al servizio. Les mesdames sono donne pie, estremamente attente alla morale del loro entourage. Queste due giovani, eccezionalmente, hanno sostituito senza alcun preavviso le cameriere assenti, che non si sono più presentate da quel giorno. Deve essere accaduto qualcosa di particolare e non previsto, tra coloro che servivano in quell’ala della reggia … –
- Io non comprendo, Girodel. Siete certo che questo possa essere in qualche modo legato a quanto accaduto nell’appartamento del Capitano della Guardia? E poi, voi come avete raccolto queste informazioni … ? - chiese titubante André – Io vorrei parlare con chi vi ha riferito questi fatti: io preferirei approfondire … -.
- Non posso garantire che questi fatti siano in qualche modo legati a quelli della sera del ballo, eppure queste coincidenze non mi convincono. E comprendo perfettamente il tuo voler approfondire la questione, ma non è possibile; non ora, almeno. Rifletti: tu sei sotto gli occhi di tutti, qui a Versailles. Sei noto quasi quanto lei e attireresti sospetti e inutili attenzioni! Nemmeno io ho potuto agire direttamente, ma l’ho fatto attraverso persone fidate. Persone della cui lealtà sono assolutamente certo … - gli rispose stringendo la mano sul suo braccio - … non temere. Io sono sicuro che … -
La porta dell’ufficio si aprì all’improvviso, uno scatto secco a far ruotare i battenti sui cardini, e Andrè si volse verso di essa, mentre Girodel lasciava il suo braccio tornando impettito e Oscar si accingeva già a lasciare lo studio.
- Sei ancora qui, André? – gli chiese un poco sorpresa, ma poi aggiunse senza attendere la sua risposta - Bene! Significa che per oggi ci recheremo insieme alle scuderie a ritirare i nostri cavalli … -
André la vide proseguire, sfiorandolo appena per oltrepassarlo, per poi dirigersi sicura verso il vestibolo. Si volse a Girodel, il profilo elegante rivolto all’uniforme rossa; il Tenente perse solo pochi istanti, prima di congedarlo senza nemmeno staccare gli occhi da lei.
- Vai, André. Non lasciarla nemmeno per un istante. -
 
Sistemò un grosso ciocco nel focolare e con gli alari lo spinse nel cuore della fiamma, perché potesse ardere di fuoco pieno; ripose i ferri e poi si risollevò, allontanandosi dal  camino per tornare al divanetto, dove sedette abbandonandosi, quasi a sprofondare sull’imbottitura. Si allungò verso il tavolino, afferrando la bottiglia e versando del vino nel suo calice, fino a riempirlo, per poi trattenere tra le dita l’esile collo di vetro, mentre rapidamente vuotava il calice del suo contenuto. Strinse le labbra, raccogliendo anche l’ultimo riflesso del vino rimasto su di esse; posò il bicchiere sul ripiano e chiuse un istante gli occhi, godendo della vitale aggressività della fiamma che riscaldava il suo viso, inspirando lento e assaporando quel profumo selvatico e fiero che dal camino si diffondeva nell’ambiente, mentre la mente si perdeva nell’ascolto della fiamma. Chinò il capo sul petto e restò fermo, i capelli sfuggiti alla coda legata sulla nuca scendevano morbidi sulle guance in una carezza appena accennata. Immobile, i pensieri rubati dai sensi e dai ricordi condotti da essi, il corpo abbandonato ad una sorta di riposo vigile.
Il fugace incontro con Girodel aveva risvegliato una nuova inquietudine, un brusio dell’animo che rendeva polveroso di sé ogni pensiero. Voci di corridoio … qualcosa che non convince …
André pensò come fin dal suo primo giorno alla reggia, Oscar fosse stata oggetto di pettegolezzi e illazioni di ogni genere, che sovente lo avevano coinvolto, più o meno direttamente; Girodel, nobile rampollo di una famiglia dal blasone importante, aveva certamente una esperienza a corte paragonabile, se non superiore, a quella di Oscar. Con ogni probabilità, conosceva bene le dinamiche con cui le voci animavano i corridoi di Versailles, al pari di ciò che facevano le meravigliose fontane nei giardini e i grandi lampadari nei saloni decorati, dispensando su i frequentatori della corte un mirabile caleidoscopio di menzogne, pruderie e fantasiose illazioni. Probabilmente aveva colto, nel corso degli anni, numerose varianti del ventaglio di insinuazioni avanzate sul conto di Oscar, senza mai dare segno di venirne minimamente toccato o influenzato … eppure, questa volta, Girodel si era esposto al punto di informarlo mostrandosi evidentemente preoccupato.
Scosse il capo in un moto di stizza, arrendendosi dinnanzi alla certezza di essere ancora troppo lontano dal poter comprendere le preoccupazioni del Tenente. Solo voci di corridoio …
Un cigolio leggero e lento, richiamò la sua attenzione.
Irrigidì la schiena e voltò il capo verso l’ingresso, scorgendo la sagoma snella di Oscar ferma sulla soglia del salotto, illuminata dal bagliore vivace della fiamma del camino che faceva brillare riflessi intensi sull’oggetto stretto tra le sue mani candide, che nel lento ruotare tra le dita regalava riverberi cangianti.
- Oscar … - un soffio appena, il suo nome sfuggito tra le labbra, mentre la sorpresa del ritrovarla in quel salotto mutava la sua forma prendendo vita di risposta ad una attesa inespressa.
Riuscì a scorgere appena le sue labbra tese in un sorriso accennato e timido, un tocco leggero di cielo al tramonto sulla pelle delle gote, come un petalo di velluto reso caldo dalla fiamma dell’indecisione. La camicia bianca, appena trattenuta nelle sue morbide volute dalla fusciacca celeste stretta sotto la vita, si tinse a sua volta di un riflesso caldo, mentre lei avanzava di un passo e le frange dondolavano appena alla danza lenta dei suoi fianchi magri; la vide discostarsi un poco per lasciare spazio al battente, perché potesse scivolare alle sue spalle.
- Posso? – gli chiese con estrema delicatezza, quasi che le sembrasse di violare un luogo sacro al loro vissuto, o forse la memoria della pace di quello stesso tempo; e André non esitò nella risposta, accogliendola sorridente e facendole spazio sul divanetto, accanto a sé.
- Ma certo Oscar … vieni … -
- Ti ringrazio … - sussurrò lei avvicinandosi e poi sedendosi accanto a lui, lenta e silenziosa nei passi, leggera come un soffio nell’adagiarsi sulla seduta; André la vide stringere le labbra e prendere fiato prima di chiedere con un mezzo sorriso e un gesto rapido ad indicare il suo calice lasciato sul ripiano .
– Bevi … da solo? Posso farti compagnia? – chiese sollevando un poco quello che stringeva tra le dita.
André sorrise a quella domanda singolare … scosse il capo e raccolse di nuovo la bottiglia per riempire il calice di Oscar e poi il proprio. Trovò lo sguardo limpido su di sé, lo cullò sorridendo appena e tornando a cercare la fiamma e la sua danza; lasciò che il vino diffondesse il proprio profumo intenso dal calice fino a inebriargli i sensi di un sentore nuovo, più ricco e più dolce … Osservò Oscar nel suo roteare lento il calice, per poi portarlo alle labbra già schiuse sul filo del cristallo, pronte ad assaporare quel liquido vermiglio denso nel suo aroma fruttato, e corse con il calice alle proprie labbra svuotando a sua volta il bicchiere, quasi ad assaporare, nel gesto gemello, il piacere di quello stesso liquido, della carezza che aveva condotto sulle labbra lucide e nel segreto celato dietro ed esse.
Fu nel silenzio che si aprì un dialogo nuovo, muto scambio di anime inquiete e bisognose di certezze. Poté udire quella necessità di risposte e sostegno che Oscar urlava nel suo composto osservare le fiamme … così come il suo stesso cuore gemeva nel percepire la presenza di lei, lì accanto … Il tempo perse dimensione, regalando sollievo, sospiri e pace, in uno scambio fatto dei respiri ritmati che muovevano il petto di André sotto il cotone aperto sullo sterno e baciato dal tepore della fiamma e del vino, come quello di Oscar, dove il gioco d’unione delle clavicole, appena visibile oltre la batista inconsistente, vibrava delicato.
Un’attesa senza tempo, fino a che Oscar, il calice tra le dita, non si lasciò scivolare sulla seduta, reclinando il capo fino a poggiare la nuca sulla sommità dello schienale, chiudendo gli occhi e perdendosi in pensieri senza voce.
Si accorse di aver portato la mano alla tasca, dove le dita nascoste avevano preso a giocare silenziose con quel piccolo pezzetto di legno dal quale non aveva avuto il coraggio di separarsi … si sollevò raddrizzando la schiena, per levare la mano dalla tasca e poggiare i gomiti sulle cosce appena divaricate, con le mani unite a rigirare il legnetto. Lo osservò illuminato dalla fiamma, con  la sua corteccia sottile liscia, le imperfezioni e l’irregolarità dove era stato spezzato quel giorno …
Udì solo un fruscio, accanto a sé, e riuscì ad intuire il muoversi di Oscar, che allungava le mani verso le sue, traendo il legnetto dalla sua presa, per poi sporgersi verso il tavolino e indugiare un poco, con un gioco di mani e dita, sistemandovi qualcosa e poi ritraendosi fino a tornare alla seduta del divanetto. André osservò il ripiano del tavolino, scorgendovi, allineate una all’altra, le due parti del legnetto, accostate e intrecciate nelle fibre lacerate e irregolari, fino a tornare a costituire un unico pezzo. Ne rimase rapito, fermo con lo sguardo fisso su quel ramo insignificante ma, ora come mai, prezioso, ricostruito dalle dita esili di Oscar.
Restò immobile, i gomiti ancora poggiati alle cosce e la schiena piegata, china e sollevata dal sostegno del divano, mentre lo sguardo veniva rapito dall’incastro sottile che aveva preso forma davanti ai suoi occhi. Un nuovo soffio di stoffa accompagnò i movimenti di Oscar e il suo profumo lo raggiunse intenso ed eccitante, lasciandogli intuire come lei gli si stesse facendo vicina. Lo sfiorò appena lungo il braccio, due dita leggere in una carezza sul cotone. Un gesto lento, fino a poggiare le mani unite sulla sua spalla sinistra, per poi chinarvi il capo, la guancia ad aderire al dorso delle mani, i capelli sciolti e morbidi contro la sua guancia appena intrecciati e trattenuti dal primo accenno di barba, e poi liberi di scivolare sulla sua schiena. Chiuse gli occhi, abbandonandosi a quel momento di pace, chinando il proprio capo su quello di Oscar e lasciando che il proprio cuore accogliesse e ascoltasse quel nuovo, inebriante silenzio.
 
[i] L’appartamento del Comandante delle Guardie Reali, quello in cui è stata ritrovata Oscar, è proprio nell’ala settentrionale, a piano terra
[ii] Maria Adelaide di Borbone –Francia (1732-1800) fu la sesta figlia di Luigi XV. Nata a Versailles, non si sposò mai perché raggiunta l’età da matrimonio, pare non vi fossero sovrani o eredi al trono “disponibili”, ma non volle ripiegare su uomini di prestigio non adeguato. Madame ha realmente occupato le stanze del piano terra prospicienti il parterre du nord. La sorella Victoire Louise Marie Therèse (1733-1799) fu invece la settima figlia di Luigi XV e, tranne per l’educazione ricevuta in un convento, seguì grossomodo la sorte della sorella Adelaide, conducendo la sua esistenza quasi interamente a Versailles e condividendo con lei le stanze dei prestigiosi appartamenti del piano terra. Donne profondamente religiose, le sorelle, dette Mesdames Tantes, espressero sempre apertamente la loro ostilità nei confronti dell’amante del padre. A queste figure così particolari, anche grazie allo storico supporto di Queenjane, mi sono ispirata per il riferimento nel mio racconto. Per ulteriori approfondimenti sulla vera Madame Adelaide, vi rimando a https://it.wikipedia.org/wiki/Adelaide_di_Borbone-Francia, per madame Victoire https://it.wikipedia.org/wiki/Vittoria_di_Borbone-Francia

Angolo dell'autrice: avevo una promessa da mantenere, così torno a sorpresa, con un certo anticipo sulla tabella di marcia e vi lascio qualche dubbio in più.
Chiedo perdono per il ritardo nelle risposte alle recensioni... farò del mio meglio per recuperare.
Un abbraccio a tutte coloro che indagano... leggendo in silenzio, lasciandomi un loro parere, seguendo, preferendo e ricordando.
A presto!

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Capitolo 11
*** L'ultima goccia ***


L’ultima goccia
 
I suoi ricci biondi, assumevano una tonalità quasi cangiante, alla luce vivace del pomeriggio inoltrato filtrata dalle ampie vetrate della galleria, nell’alternarsi regolare dei raggi che dalla loro destra provenivano dal parterre, con quelli di rimando che giungevano dagli specchi di sinistra. Il loro dondolio morbido gli ricordava da sempre il muoversi sinuoso di Petit[i], il grosso felino dagli occhi di ambra che si aggirava indisturbato nell’ala di servizio di Palazzo Jarjayes e che sovente trovava un angolo di pace nella sua camera, lontano dall’attività e dal chiacchiericcio acuto delle giovani inservienti, ma anche abbastanza prossimo alle cucine da potervi giungere al momento opportuno … Pur non avendolo potuto verificare direttamente, era certo che la chioma di Oscar dovesse essere soffice e piacevole al tatto almeno quanto il folto e candido mantello del felino, dove era solito affondare le dita durante le sere dedicate alla lettura, quando abbandonato sopra il suo letto, cercava calore dell’anima e del corpo nella fiamma del focolare e in qualche classico preso in prestito dalla rifornita biblioteca di palazzo. Serate tra uomini, soleva definirle André, con una sottile ironia che Oscar fingeva di ignorare, che in un certo senso costituivano il ripiego obbligato, quando gli impegni ufficiali alla mensa di famiglia la tenevano lontana dal loro salotto.
I passi di Oscar, al contrario di quelli del felino, risuonavano secchi sotto l’alto soffitto decorato, scandendo il ritmo regolare e perfetto del suo incedere verso l’appartamento della Regina, nell’ampio varco che le numerose dame avevano aperto al suo ingresso nella galleria.
André seguiva l’oscillare del fodero e dei lembi della fusciacca dorata stretta in vita, lo sguardo sufficientemente basso da rispettare le imposizioni di etichetta e rango, ma adeguatamente calibrato su ogni possibile movimento sospetto tra la folla di presenti. Era ormai abituato al brusio che accoglieva il loro sfilare davanti alla platea dei nobili di corte … parole appena udibili, labbra celate da piume e seta di ventagli appena smossi, e occhiate allusive con quei brividi accennati, un tremore di spalle e pizzi nell’allusione a quel ridicolo e irriverente modo di riferirsi ad Oscar … al ghiaccio che la corte si ostinava a vedere in lei.
Percorse rapido con lo sguardo i nobili riuniti nella giostra variopinta delle vesti assiepate nella galleria, li osservò nel loro accostamento bizzarro e tuttavia compatto, come fossero un unico corpo a muoversi all’unisono, con un’unica voce composita e disarmonica. Un’onda di voce e stoffa, mossa da secondi fini e sotterfugi …
Il pensiero corse alle parole di Girodel …  voci di corridoio, illazioni … Sapeva bene quanto e cosa potessero i pettegolezzi della corte! Capaci di costruire legami e colpe a partire da un semplice gesto, da una parola, da un malinteso. In realtà quello era stato uno dei primi aspetti della reggia ad averlo sorpreso, fin dai primi giorni trascorsi a Versailles. Oscar era stata accolta da un muro di pettegolezzi, inseguita da insinuazioni e attaccata con illazioni di ogni genere; lui stesso, sempre al suo fianco, non era stato certo risparmiato da quello che pareva essere il passatempo più in voga tra i nobili della reggia. Eppure l’integrità morale di Oscar e la sua correttezza nell’adempimento del dovere l’aveva sempre sollevata da ogni menzogna e parimenti, l’attenzione con cui lui l’aveva seguita e aveva atteso al proprio ruolo, aveva costituito una sorta di scudo a protezione del loro legame e del loro operato.
Volse di nuovo lo sguardo alla corte, intuendo appena oltre la cortina serrata l’ombra riflessa del loro passaggio. Molti dei nobili presenti gli erano noti, direttamente o indirettamente, per episodi più o meno importanti, contatti con Oscar, richieste di intervento in merito a disquisizioni dal contenuto più disparato … qualche dama, addirittura per avergli dimostrato apertamente un interesse che andasse ben oltre il suo ruolo di attendente del Comandante delle Guardie Reali.
Distratto dai suoi pensieri, André per un attimo, perse il passo di Oscar, incespicando quasi nel suo stesso incedere, la marcia disordinata immediatamente recuperata, proprio mentre un poco innanzi alla sua posizione, salutata dalle guardie lei varcava l’accesso alla sala della Pace. Si fermò sui due piedi, scambiando un’occhiata all’uomo in uniforme celeste che sembrava negargli il passo. Solo il tempo di un respiro, per osservare attorno a sé un leggero scambio di occhiate e poi i battenti aprirsi per il suo passaggio. Colto quasi di sorpresa, si volse un istante alla folla che pareva aver già dimenticato il passaggio suo e di Oscar al centro della sala, già assorbita da ben altro. Colse di sfuggita uno sguardo di sufficienza, proprio mentre si volgeva altrove, e poi si avviò ad entrare nella sala delle Guardie, pronto a rimettersi al servizio di Oscar.
Nella sala della Pace[ii], scorse immediatamente Oscar a ridosso della grande vetrata di mezzogiorno e, presso di lei, il Tenente Girodel, impeccabile nella sua uniforme e nel suo rimanere immobile, in ascolto del proprio diretto superiore. Udì appena le parole a lui rivolte, riconobbe ordini di servizio, consueti commenti su turni di ronda e picchetti di controllo del giro di guardia agli appartamenti reali … intuì appena le risposte del Tenente, uno scambio rapido e un saluto pieno di rispetto. Si fermò a ridosso della finestra di occidente, osservando come Oscar, congedato Girodel, si stesse già muovendo in direzione della camera della regina. Si accinse a seguirla, come di consueto, ma si accorse che il Tenente gli si era accostato.
- Manca qualcuno a corte, in questi giorni. L’hai notato, Andrè? – osservò Girodel mantenendo lo sguardo sui pochi nobili presenti in sala.
- Già … me ne sono accorto, Tenente Girodel. – convenne André annuendo – Dopo quella sera, l’ho visto in un’unica occasione: ha avvicinato Oscar e poi sembra aver lasciato la corte. –
Girodel serrò le labbra dubbioso facendosi ancora più prossimo ad André – Il Comandante? –
Scosse un poco il capo, sollevando le spalle – Oscar è … - rimase un istante in sospeso, pensando a cosa potesse rivelare, oltre che al modo migliore per farlo senza scoprire le debolezze nascoste di Oscar, rendendosi utile senza violare quel velo di confidenza che sembrava si fosse rigenerato nel tempo nascosto del salotto di Palazzo Jarjayes. Si voltò verso la sala e dischiuse le labbra per proseguire, tornando ad Oscar, già prossima all’accesso alla chambre de la reine[iii]; trattenne quasi il respiro, vide Oscar fermarsi e voltarsi nella sua direzione.
- André … ? – lo chiamò cercandolo con lo sguardo.
- Eccomi, Oscar. – le rispose prontamente, scorgendo le sue labbra tendersi appena percettibilmente, rassicurate nell’averlo trovato. Con un gesto solerte del capo, si congedò da Girodel e raggiunse Oscar avviandosi con lei all’appartamento reale.
 
Nonostante la senta vicina e apparentemente tranquilla, sono profondamente preoccupato.
Quella notte sono accaduti avvenimenti che mi sono ancora oscuri e sui quali forse non farò mai completamente chiarezza. Probabilmente questo è un bene. Tuttavia, quel poco che ho veduto, ascoltato e fatto, ha affondato le radici nel mio animo e persiste nel procurarmi sofferenza. Allora, volevo solo esserle vicino, proteggerla, confortarla: è tutto quello che potevo permettermi di fare per lei, e sarà sempre così. Non potrò essere niente di più che un amico, un amico che darebbe la vita pur di saperla felice e che ora si strugge al suo fianco nell’aver letto nei suoi occhi di mare la più cocente  delusione.
Mi si è stretto il cuore in una morsa nell’accompagnarla da lui … nel vedere come avesse scelto di trasformarsi, solo per lui, mostrandosi e scoprendosi come mai si era concessa di fare, per un uomo che la trattava da amico e che forse non l’aveva mai nemmeno pensata per ciò che è realmente.
Ho accolto la sua debolezza, il suo bisogno di sostegno, il suo disagio, e sebbene io comprenda il suo tentativo di celare la sofferenza, percepisco in ogni suo respiro il fremito del tormento.
 
Posò la piuma accanto al quaderno, raddrizzando la schiena e prestando attenzione al leggero vibrare di passi lungo il corridoio. Tornò il silenzio e poi ancora quei passi lenti, così prossimi al suo uscio da poterne intuire l’esatta posizione.
Non si trattava di quelli della nonna, sempre rapidi e decisi; nemmeno di quelli pesanti, e spesso struscianti, di Jerome, che comunque doveva essere ancora lontano da palazzo, al seguito del Generale; non erano quelli delle giovani cameriere a servizio dei Jarjayes, perché aveva udito pochi passi solitari, e non uno sciame scalpitante, accompagnato da voci acute. Sorrise appena e scosse il capo, allungando la mano e afferrando un cigno d’argento, un curioso fermacarte che una Oscar ragazzina gli aveva regalato per il suo scrittoio; lo osservò, un accenno di sorriso perso in quel ricordo coperto dalla polvere degli anni più spensierati della sua vita, rimanendo in ascolto del silenzio del corridoio, in attesa di nuovi passi. Posò il cigno, serrò le labbra, e con le dita prese a giocare disegnando il profilo delle ali piumate appena sollevate dal dorso dell’animale. Sospirò e riprese la piuma, tornando al proprio quaderno.
 
Io l’ho sempre saputo … Sono cresciuto accanto a lei e ho visto la donna che nascosta a forza sotto il peso dell’uniforme è fiorita come  la gemma più preziosa schiacciata nelle viscere della terra.
Mi colpirei mille e mille volte, per ciò che le mie mani hanno osato, quando la mia mente ha ceduto alla sua pelle e al suo profumo. Non ho avuto il coraggio di chiederle perdono, per non far tornare vivo il ricordo di quella notte infausta; dovrei farlo, eppure non posso … perché dovrei spiegarle la mia sofferenza; dovrei  raccontarle che quando la mente combatte con il cuore, non ha scampo e di fronte al suo limite cede il passo alla forza del sentimento, anche se questo non dovrebbe nemmeno esistere.
Non ci sono regole che possano imporre ad un cuore di non amare; il mio non ne conoscerà mai e io non potrò fare altro che seguirlo.
 
Un tonfo morbido e poi un contatto sinuoso attorno alle caviglie, richiamò la sua attenzione; puntò i piedi a terra, spingendo la sedia ad arretrare, per potersi voltare, poggiando il gomito allo schienale e seguendo il muoversi lento di Petit verso la porta. Sorrise posando la piuma nel calamaio, e osservando poi Petit intento a strusciarsi contro la sedia posta accanto all’uscio; con le mani aperte ai lati del quaderno, si sollevò dallo scrittoio, raggiunse il felino e si chinò per affondare le dita nel folto pelo bianco e ricevere il suo gradimento vibrante.
- Vuoi uscire? – gli chiese portando la mano alla maniglia e osservando come Petit si fosse immediatamente diretto allo spiraglio appena aperto, infilandoci il naso – Vai, bello … buona serata … -
Lo vide insinuarsi tra il battente e lo stipite, rimanere un poco a scrutare il corridoio, fermo nella fessura illuminata che la candela e il fuoco del camino proiettavano in diagonale sul pavimento, per poi muoversi lento verso il buio. Ancora chino, un ginocchio a terra e l’altro piegato, André seguì curioso l’ombra bianca di Petit che dopo pochi passi si era fermato di nuovo, prendendo a muoversi sinuoso tra due gambe sottili fasciate in calze candide.
- Oscar? Ma … cosa ci fai lì al buio? – chiese immediatamente, sollevandosi da terra e avanzando un poco nel corridoio – Aspetta, prendo una luce … -
Rapidamente, tolse dallo scrittoio il candelabro, tornando poi al corridoio, e ritrovò Oscar ferma, le spalle al muro e le braccia strette al corpo.
- Niente … serata tra uomini? – gli chiese lei titubante, accennando con il capo nella direzione in cui il felino era scomparso nel buio.
André negò con il capo – Evidentemente Petit ha di meglio da fare. –
Un passo e poi un altro; si avvicinò a lei con lentezza, lasciando che l’alone dorato della fiamma rivelasse il suo viso teso, le guance appena arrossate, gli occhi socchiusi e la fronte un poco aggrottata.
- Posso … posso aiutarti? Hai forse bisogno della nonna? – le chiese a voce bassa, un sussurro appena, mentre si fermava proprio dinnanzi a lei e lo sguardo scivolava lento in un soffio sulla camicia candida, stropicciata tra le braccia conserte, sullo scollo appena aperto e sulle clavicole candide, per risalire lungo il collo, incontrando i suoi occhi e scoprendo che l’avevano accompagnato, grandi e profondi, nel giungere al suo viso.
- Credevo di trovarti in salotto … - spiegò lei sollevando un poco le spalle – ma ho visto che non eri là, così ho pensato che potessi essere in camera tua … ma forse sei occupato … -
André scosse il capo – Ti chiedo perdono, Oscar: ti ho visto a cena con tua madre e poi so che l’hai raggiunta nel suo salotto … Ecco, io ho creduto … -
La vide abbassare lo sguardo a terra, in un gesto inusuale e mesto – E’ giunta da Versailles nel pomeriggio, ma rientrerà già domani in mattinata. Desiderava incontrarmi e lo ha fatto … niente di più. – le braccia sottili si sciolsero, scivolando lungo i fianchi.
- Capisco … - convenne André a voce bassa – Ora il fuoco del salotto sarà già spento, purtroppo. Se vuoi … possiamo bere qualcosa qui – propose, allargando un braccio indicando la porta della sua camera che, rimasta aperta, illuminava il corridoio di una luce calda e vibrante – come ai vecchi tempi … -
Oscar gli parve incerta, intenta a osservare il pavimento opaco, consumato dagli anni, assorta in pensieri nascosti tra le labbra strette sotto gli incisivi.
- Il fuoco è acceso, ci sono ancora le nostre due sedie e il mio scrittoio … - si fermò in attesa di un cenno e incontrò finalmente i suoi occhi, scuri e lucidi, quelli in cui si era perso dimenticando ogni regola e divieto - … come da ragazzi … è rimasto tutto così. -
Lei non fuggì dallo sguardo e rimase nel suo, le sopracciglia sollevate e un sorriso a fiorire, appena accennato - Come quando sottraevi le bottiglie direttamente dalla cantina, perché tua nonna non si accorgesse dell’ammanco in cucina? –
Si sorprese un poco per quella curiosa precisazione, le sorrise divertito e quasi sollevato, assecondandola nell’alleggerire l’atmosfera; si difese come meglio poté – Come quando venivi qui perché non riuscivi a stapparle da sol … Uh! – un colpo secco sullo stomaco fu la conferma di essere riuscito nell’intento di sollevare Oscar da un momento d’ombra.
La vide tornare a fronte alta, un filo di soddisfazione nelle labbra tese, e poi sfilargli accanto, diretta alla sua camera – Ci sto. -
- Vado un attimo in cucina a prendere da bere … - e si allontanò lungo il corridoio, mentre l’animo si faceva stretto al solo pensiero di quel nuovo piccolo segno del passato, tornato a legare il suo tempo a quello di Oscar.
 
Aprendo la porta, la trovò in piedi, sagoma sottile e sinuosa baciata dalla luce calda del focolare, ferma di fronte alla finestra, un fianco appoggiato allo scrittoio e le braccia appena piegate, le mani ferme sulla pietra del davanzale e il capo sollevato, come se lo sguardo potesse volare oltre il giardino, il bosco e il limitare della tenuta, nel cielo buio della notte. Il suo arrivo non la turbò minimamente dai pensieri che parevano averla rapita.
- Ho la bottiglia e due bicchieri … - esordì per richiamarla a sé, e la vide annuire lenta per poi voltarsi verso di lui, mentre con un gesto delicato ravviava una ciocca dorata dietro l’orecchio.
- Hai anche i libri presi dalla biblioteca di mio padre? – gli chiese facendosi più vicina – La principessa di Cleves? Pamela[iv]? … -
- Il Cantico dei Cantici? – la sorprese lui provocandola un poco – Mi obbligasti a cercarlo in biblioteca e poi ti lamentasti perché non facevano per te certi discorsi! –
Lei abbassò lo sguardo a terra, mordendosi le labbra e lui si affrettò a lasciare bottiglia e bicchieri sul tavolino da notte, aggirando il letto per raggiungerla, proprio di fronte alla fiamma del piccolo camino. Si fermò dinnanzi a lei, lasciando un passo appena  a dividerli, e rimase ad osservarla, rispettando quel silenzio carico di dubbi. Mosse appena il braccio destro, cercando la sua mano abbandonata lungo il fianco, sfiorandole le dita sottili e accarezzandole appena il polso con il pollice, mentre le dita si insinuavano nel palmo, per poi risalire un poco, fermando la presa sul suo avambraccio.
- Scusami, non volevo ferirti. – riprese a voce bassa – Davvero … non è mai stata mia intenzione farlo, né ora, né mai in passato. -
La vide negare con il capo, alzando il viso e cercandolo di nuovo – Lo so, André. Lo so. Tu non mi hai ferita, non lo hai mai fatto. E … non hai colpa, di nulla. Sono io che … - poi si volse di lato, portando una mano alla fronte in un gesto di impotenza – Sono io che non reggo più nulla e mi lascio colpire da tutto, anche dalle inezie, da ciò che in passato mi avrebbe fatto sorridere ... –
Si avvicinò impercettibilmente a lei, strinse un poco la presa sul suo braccio e poi la sciolse, lasciando un tocco leggero sulla stoffa, risalendo fino alla spalla. Si chiese quanto, negli ultimi giorni, avesse soffocato dentro di sé il tormento di quel dubbio  di cui appena riusciva ad intuire la presenza, per aver ora ceduto a tali confidenze di fronte a lui, senza nemmeno un vero motivo per farlo. La osservò con tenerezza, colpito da quelle parole, da uno sfogo inusuale, per Oscar, quanto genuino, e le fu grato per quelle parole, per quella sorta di rassicurazione, un’attenzione speciale che aveva dedicato a lui e al loro intero passato, come se anche il suo gesto insano fosse già stato superato.
- Oscar, è naturale avere momenti di debolezza … Hai una vita densa di impegni e responsabilità; chiunque al tuo posto sentirebbe il bisogno di ritrovare un po’ di respiro e di spazio per sé. Sono anni che vivi solo per il tuo incarico, dimenticandoti di te stessa … -
Un respiro profondo le gonfiò il petto, sollevando le spalle esili – Forse hai ragione tu, André. Però … vedi, io non ho mai sentito il bisogno di altro, al di fuori dell’ esistenza che vivo tra la corte e questo palazzo. Ho vissuto sempre e soltanto per questo … e ho sempre sentito di avere tutto ciò di cui avessi necessità. - riprese allargando le braccia come a indicare tutto ciò che le stava attorno - … Sono stata cresciuta per questa vita. E poi … - restò in sospeso, gli occhi puntati nei suoi e un fremito a far vibrare le labbra, cercando di frenare altre parole.
La mano di André strinse un poco la spalla – E’ questo che ti inquieta, Oscar? – le chiese avvicinandosi un poco di più e chinando appena il capo, perché la fronte fosse ad un palmo dalla sua – E’ quanto accaduto alla reggia in quell’unica notte in cui hai voluto essere te stessa, invece che quello che volevano gli altri? –
Gli occhi blu, enormi e lucidi si spalancarono alle sue parole; la vide colpita dalla franchezza delle sue affermazioni, ma anche trattenuta nell’impedirsi di rispondere.
- Oscar, non puoi prendere su di te la colpa di chi ti ha impedito di guardarti e sentirti per quello che sei realmente! Non puoi … lacerarti l’anima per un difetto che non hai! – la incalzò ancora, continuando a sostenere il suo sguardo.
- No, André … non è solo questo … Lo so che può sembrare assurdo, ma io ho scelto questa vita e la sento mia, come non potrei fare con nessuna altra. Solo che … io non mi capacito di quello che ho fatto. – le mani sottili raggiunsero la sua camicia, stringendone la stoffa in una presa salda e rabbiosa, mentre lei gli si faceva ancora più vicina, fin che André poté sentirla aggrappata a sé - Come ho potuto arrivare a tanto? Come ho potuto credere che avrei davvero … -
- Hai seguito il tuo cuore, Oscar, come forse non avevi mai osato fare … e qualunque cosa tu abbia potuto fare, quella è stata una decisione libera, solo tua … ed è certamente quella più giusta e vera, perché viene dal tuo cuore. Non devi temere di seguirlo … perché anche quando soffre, il cuore non smette di indicarti la strada e … - si fermò bloccando il proprio respiro ad un soffio dal viso di Oscar, le mani ferme e delicate sulle sue guance, lo sguardo affondato nel mare dei suoi occhi, ora sgranati e velati di lacrime.
Chiuse gli occhi, chinando il capo fino a che la fronte non avvertì la soffice presenza della frangia di Oscar; le mani si mossero lente scivolando verso il collo, deglutì a forza, cercando di inghiottire altre parole che sembravano voler fuggire dalle labbra, ma che avrebbero rivelato fin troppo di quanto il suo stesso cuore stesse soffrendo. Avvertì la presenza di Oscar farsi viva sul proprio petto, vicina fino a sfiorarlo, tanto prossima da lasciare la sua forma impressa sul suo torace.
- Il cuore … - André udì appena quelle parole, mormorate da Oscar - … tu lo segui il tuo cuore, André? Tu lo puoi seguire? –
Sospirò, muovendo la fronte dalla sua e dischiudendo gli occhi, cercandola e trovandola così vicina da poterne avvertire il calore fino a sovrastare quello della fiamma che riscaldava il loro fianco, mentre i palmi si riempivano della forma delle sue guance lisce – Io … beh … - esitò.
- Tu sai sempre come comportarti, André; sai sempre scegliere … è sempre stato così … Ma dopo quello che è accaduto, quando tornerà mio padre … -
- Non è necessario che il Generale venga a sapere cosa è accaduto! – intervenne André istintivamente – In fondo, ti ho accompagnata io alla reggia e da me non verrà certo a sapere alcunché! –
Oscar scosse il capo – No, André … mio padre probabilmente sarà già stato informato di tutto! E forse è proprio per questo che, a quanto pare, sarà presto di ritorno … -
- Non importa, Oscar … tuo padre non potrà fare niente … non potrà certo punirti per una serata a Versailles! -
- Oh André! Non è come pensi … non è così semplice! E soprattutto, io vorrei prima capire; io devo capire. Non posso continuare con questo vuoto dentro … affrontarlo senza sapere cosa davvero … - le dita si strinsero sulla stoffa, tirandola sulle sue spalle.
André si irrigidì a quelle parole concitate, aggrottando la fronte e osservando l’inquietudine di Oscar, sentendosi incapace di comprendere.
– Perché parli di un vuoto, Oscar? – le chiese preoccupato, mentre lei inspirava tendendo le labbra e scuotendo appena il capo – Tu … tu non ricordi … tu non sai esattamente quello che è accaduto quella notte? –
Le ciocche morbide ondeggiarono ancora – Io ricordo … ma su alcuni dettagli ... Ma ti prego, non … – ammise in un soffio nascondendo lo sguardo a terra.
- Cosa ricordi, Oscar? Posso aiutarti, se lo desideri, ma solo se riesci a raccontarmi quello che ricordi. – intervenne lui, forzando un poco la sua carezza sul suo viso per riportare lo sguardo blu nel proprio.
Oscar inspirò profondamente, cercando forse di mettere ordine tra i ricordi di quella sera, e poi annuì nervosa, prima di trovare il modo di confidarsi. La osservò riconoscendo in lei disagio e incertezza, e allora si scostò di un passo, lasciando il suo viso per afferrarle una mano – Vieni, siediti … bevi qualcosa e pensaci, con calma. Non c’è nessuna fretta … -
La accompagnò, aggirando il letto e indicandole di sedersi sul bordo del giaciglio, e poi si chinò sul tavolino da notte, versando del vino nei due bicchieri e afferrandoli entrambi. Sedette accanto a lei e le porse uno dei calici, regalandole un sorriso e disponendosi in attesa. La vide sollevare le mani, prendere il bicchiere sfiorando appena le sue dita, in uno scambio di un attimo, per poi portarlo alle labbra, per assaggiare un sorso di vino. Non la lasciò, con lo sguardo, nemmeno mentre lui stesso portò il vino alle labbra, per poi posare il bicchiere e tornare a lei, in attesa che lei potesse aprire a lui i suoi ricordi confusi.
La osservò prendere un altro sorso e poi stringere tra le dita il bicchiere ormai vuoto, inclinandolo un poco nel poggiarlo sulle cosce. Seguì con lei quell’ultima goccia di vino rimasta aggrappata al vetro, cedere e scivolare lenta sulla superficie trasparente fino a raggiungere il bordo liscio, gonfiandosi quasi in attesa di varcare quel limite curvo per giungere oltre il confine … André portò l’indice al bordo, raccogliendo quella perla vermiglia e, portandola alle proprie labbra, la assaporò come nettare prezioso, chiudendo gli occhi, cercando lei e lei sola in quell’ultimo riflesso di nettare. Fu allora che udì il suo sospiro, e poi le sue parole.
 
[i] Petit è gentilmente concesso in prestito dal Cigno Nero di Cecile Balandier. Grazie cara! Abbiamo avuto buona cura del bel gattone!
[ii] La Sala della Pace, o Sala delle Guardie, si trova all’estremità meridionale della galleria degli specchi e si collega direttamente alla camera ufficiale della regina
[iii] A ridosso della sala della Pace, si trova tutt’ora la sontuosa camera ufficiale della regina
[iv] Suggerimenti letterari a cura di Queenjane, che ringrazio sentitamente

Angolo dell'autrice: dopo l'aggiornamento a sorpresa, torna l'appuntamento del lunedì. In questa occasione, ringrazio Queenjane per aver fatto da bibliotecaria, consigliando ai nostri buone letture serali, e Cecile Balandier per avermi concesso di coccolare Petit (rimando alla lettura del Cigno Nero per fare maggiore conoscenza con questo bel felino candido e soffice: l'ho ringiovanito di una ventina d'anni... ma va bene lo stesso).
Un bacio a chi legge, anche in silenzio, a chi segue, preferisce, ricorda, recensisce e indaga in gruppo o come investigatore privato..
A presto!

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Capitolo 12
*** Accuse ***


Accuse
 
Il risveglio colse i suoi sensi impreparati a quanto avrebbe ritrovato aprendo gli occhi. Ancora perso negli ultimi fumi del sonno, riconobbe tra le proprie braccia la sua presenza, colse il suo profumo inconfondibile e avvertì il suo respiro leggero, quel flusso flebile che aveva ritrovato alla pace solo dopo lo strazio di tanti singhiozzi. Entrambi coricati sul fianco sinistro, davano le spalle alla finestra; la sua schiena a ridosso del petto, André le sorreggeva il capo con un braccio infilato sotto il guanciale, mentre il destro le cingeva protettivo il fianco e la mano giaceva morbida sul materasso, oltre il suo ventre. Osservò i timidi riflessi aranciati proiettati dal primo sole sulla parete di fronte a loro e determinò che dovesse essere ormai prossima l’alba. Si sollevò un poco, sfilando lentamente il braccio senza disturbarla e si sporse per osservarla, ancora persa nel suo sonno placido. Il viso gli parve rilassato, ma riconobbe negli occhi cerchiati di un alone rossastro tutta la pena di quei ricordi confusi e spezzati che lei era riuscita a consegnargli forzando il proprio riserbo tra pudore e vergogna. Immagini scomposte e frasi rotte, fatte di dettagli, impressioni e mezze ammissioni, che si erano solo vagamente ricomposte e che ancora lasciavano aperti troppi dubbi.
Le lasciò una carezza sulla guancia – Oscar … Oscar è l’alba … devi lasciare la mia camera … -
La vide inarcare la schiena, strizzando gli occhi e irrigidendosi fino a stiracchiarsi, prima di voltarsi, aprendo gli occhi e rivelandogli il cielo limpido del suo sguardo e un sorriso mesto, quasi rassegnato.
- Oscar, devi salire in camera tua … - riprese con gentilezza, lasciando scivolare le dita sulla stoffa stropicciata della camicia, scendendo fino alla mano e stringendola con un gesto franco.
Lei annuì, sfregò il dorso della mano sugli occhi e si sollevò a sedere lentamente, rimanendo un istante ferma, come a recuperare forze e ricordi. Poi si girò, portando le gambe al lato del letto.
- Scusami, André … non ho tolto nemmeno le scarpe … -
- Tranquilla, non è un problema … - la rassicurò gentilmente – Ma ora sali … e fai attenzione, ti prego: qui ci si alza presto e potrebbero già esserci in giro altri … -
Scosse il capo, sollevando le spalle – Non importa, André. Non potrebbe certo peggiorare la situazione … - osservò con tono triste – Non la mia, per lo meno. –
André rimase un istante in silenzio, aggirò il letto e raggiunse la porta, socchiudendola per verificare che il corridoio fosse deserto – Puoi andare, Oscar; sembra tranquillo … - e poi si volse a lei, scoprendola ad un passo sa sé, intenta a ravviare un poco i capelli e riordinare la camicia, sistemandola al meglio dentro la cinta dei pantaloni e accomodando il fiocco della fusciacca, finché non alzò lo sguardo, rimanendo assorta a fissarlo. Un sorriso, le sopracciglia inarcate in attesa che lei dicesse almeno una parola, in un momento in cui gli pareva persa in chissà quali misteriosi pensieri … per poi vederla muoversi decisa, passi veloci attorno al letto, lei già perfetta e impeccabile, fino a oltrepassare la finestra e raggiungere l’angolo con la bacinella e la piccola mensola per la toeletta, rimanendo a fissare gli oggetti lasciati su di essa. La osservò sollevare un braccio e afferrare qualcosa dal ripiano in legno, per poi voltarsi e tornare a raggiungerlo.
- Girati. – una sorta di comando, mentre con una mano sulla sua spalla, lo spingeva a voltarsi per darle le spalle. Avvertì le dita stringersi attorno al nastro che, pur provato dalla notte trascorsa, ancora tratteneva, se pur malamente, i suoi capelli; una carezza leggera fece scivolare la seta lungo tutta la lunghezza della coda, mentre un brivido, tra sorpresa e piacere sottile, percorreva la schiena irrigidendola.
- Oscar? Ma cosa …? – le chiese cercando di voltarsi.
- Stai fermo! – gli intimò lei, mentre già la spazzola affondava tra i capelli e in un movimento deciso scivolava sulla lunghezza dei capelli districandone le ciocche intrecciate – Lasciami fare … -
Rimase senza fiato, accogliendo quel gesto come un’attenzione unica nel suo genere, insolita, insperata. Un segno in cui lesse confidenza, complicità … e forse addirittura gratitudine, fusa nel linguaggio unico e criptico di Oscar. Il dorso delle dita accarezzò la sua nuca, un soffio insinuato oltre la stoffa della camicia sgualcita dalla notte, per raccogliere in una coda tutta la sua chioma; le dita strinsero salde e avvolsero il nastro, un giro dopo l’altro, senza fermarsi, fino a formare un nodo stretto.
Due colpi sulla scapola, il palmo aperto sulla stoffa leggera, un tepore appena avvertito sulla pelle come fuoco nel suo animo – Ecco, sei a posto …  -
Si voltò trattenendo a fatica il brivido che il pensiero della confidenza ritrovata con Oscar aveva mosso nel suo cuore – Ti ringrazio, Oscar … -
Trovò il suo viso velato di sorpresa, l’ombra di un pensiero fugace e le labbra dischiuse in vago imbarazzo, mentre le dita che erano state decise a stringere la spazzola e poi le ciocche in una coda serrata, ora si rivelavano incerte e scorrevano lente, indugiando sulla sua guancia, lasciandosi pungere un poco, e risalendo dal mento verso lo zigomo seguendo una sorta di rivelazione.
- Ecco … in realtà per questa io proprio non … -
La mano di André fermò quella strana carezza, coprendo completamente quella piccola e delicata, ancora rapita nella sua strana esplorazione, ma capace di lasciare un segno di fuoco sulla pelle – Lo immagino, Oscar … A questa penso io. Ti ringrazio, davvero. -
Si staccò da lei, uno sforzo soffocato nella necessità, e tornò a controllare il corridoio, un’occhiata rapida lungo tutto il disimpegno – Via libera … -
- Sono io che ringrazio te, André … per tutto, credimi … Io non so proprio come tu possa ancora … -
- Non dire nulla, Oscar. Io ci sarò sempre, per te. Sempre, qualunque cosa accada … - rispose senza lasciarla proseguire.
Gli sorrise, le dita sottili infilate tra le ciocche ribelli sulla fronte e lo sguardo blu puntato nel suo, e poi una mano a posarsi sul petto, l’impronta calda del palmo impressa sul cuore fino ad accelerarne i battiti – Tu sai seguire il tuo cuore, André … non ci sono regole che possano impedirgli nulla, vero? –
André dischiuse le labbra, sorpreso da quelle parole, con il respiro bloccato, senza poter trovare risposta. La seguì in silenzio, mentre lei gli passava di fianco a capo chino, scomparendo oltre la porta, nella penombra del corridoio.
 
Raggiunse il primo piano attraverso una scala di servizio, diretto all’ufficio del primo piano dove solitamente Oscar sbrigava le questioni burocratiche, sfilando tra inservienti di palazzo e operai, livree note e altre più insolite. Così come un altro paio di giovani domestici, si fermò su un ballatoio per permettere il passaggio di un gruppo di uomini dai curiosi abiti identici tra loro, intenti a trasportare una serie di casse e bauli verso i livelli superiori. Si spinse contro la parete, lasciando spazio a chi aveva a salire la scala gravato da pesi che parevano considerevoli … e non poté che notare i risolini divertiti di alcune giovani, ferme poco lontano dalla sua posizione.
- E’ rientrato questa mattina … -
- … e già hanno portato alle sue stanze più di dieci bauli di abiti … -
Una interruzione, mentre un altro involto passava oltre, sostenuto da due uomini del corteo.
- Lei ne sarà già al corrente … -
- … io scommetto che l’ha già raggiunto di sopra[i]! –
- Il Conte non la farà di certo aspettare … -
- Oh, no di certo! L’ho visto io stessa raggiungere le stanze private … -
Voci sommesse, intervallate da frasi inudibili e qualche occhiata di intesa … ma sufficienti per fargli comprendere. Dimentico d’ogni altro impegno, si precipitò su per la scala, insinuandosi tra gli inservienti e i bauli, suscitando non poche lamentele, fino a raggiungere rapido il secondo piano, bruciando ad ogni passo, sentendo nell’animo crescere una rabbia sempre maggiore. Superato un vestibolo, si arrestò con il fiato corto di fronte ai battenti laccati di bianco, il naso puntato su un blasone dorato e lo sguardo fisso sulla maniglia; la mano ferma attorno ad essa strinse fino a rendere bianche le nocche, prima di avere un leggero fremito.
In un istante, le immagini vive degli ultimi giorni tornarono con prepotenza davanti ai suoi occhi: le lacrime di Oscar, le sue incertezze, i dubbi che avevano ferito l’anima e avvelenato la mente; i momenti in cui aveva sostenuto Oscar, raccolto i ricordi spezzati, frammenti disordinati che non parevano trovare il modo di formare un unico mosaico. L’ebbe sul cuore come la prima notte in cui si era addormentata tra le sue braccia, spossata dal pianto, per poi trovare riposo sul suo letto, tra le sue braccia; la sentì vicina come nel salotto, riconoscendo in quel gesto timido una prima ricerca di conforto; la percepì fragile come la notte in cui l’aveva raccolta dal divanetto per sistemarla nella carrozza e riportarla a casa … Un vortice di emozioni, supposizioni, deduzioni … tutte destinate a portare ad un unico nome.
Inspirò a pieni polmoni, raccogliendo tutte le energie che aveva in corpo, alimentando la follia e il fuoco della rabbia, e poi spalancò la porta, senza riguardo alcuno.
Lo sguardo spazzò l’ambiente tra inservienti sorpresi dalla presenza inattesa, rimasti fermi, i bagagli tra le braccia, a fissarlo interdetti. Oltre quelle figure sbiadite, lo sguardo si fermò sul conte, fermo di fronte ad una consolle, una mano appoggiata sul ripiano in marmo, l’altra stretta ad un calice di vino. André rimase immobile a fissarlo, lo sguardo stretto e furente, le parole premute in gola, nell’attesa che il nobile gli facesse un cenno, mentre l’uomo, perfetto nel suo completo viola bordato d’oro, assaporava il vino, tradendo appena un moto di sorpresa per il suo giungere irruento e mostrandosi, al contrario, pacato e paziente. Posato il calice, il conte di Fersen attraversò la sala, mostrando ad ogni passo un poco di sorpresa in più, forse motivata dallo scorgere in lui tanta tensione impossibile da comprendere.
- André!? Entra pure … prego … - lo invitò il conte con tono affabile, evitando qualunque riferimento al fatto che la sua presenza non fosse stata annunciata in alcun modo.
André rimase zitto, il respiro pesante a sibilare nel silenzio calato improvvisamente attorno a loro e i nervi tesi a vibrare asciutti appena sotto lo scudo della pelle. Si limitò a lanciare un’occhiata rapida ai servitori presenti nell’ambiente; vide Fersen aggrottare la fronte, stupito. Poi il Conte sollevò un braccio, l’indice e il medio tesi verso il fondo della sala, in un gesto eloquente.
- Lasciateci soli. – sentenziò a voce alta, mentre già i servitori obbedivano e iniziavano a muoversi verso le altre stanze dell’appartamento, lasciando a terra i bagagli che avevano in carico – Non voglio essere disturbato. –
Lo sguardo del Conte si fece fermo, profondo e inquisitorio, risposta istintiva all’atteggiamento palesemente alterato di André.
- Non sei solito farmi visita nel mio appartamento, André. Per quale motivo sei qui? – chiese con il suo accento un poco accademico[ii].
André tremò: si accorse di non aver molto da dire, tutto sommato, e comprese di non poter giustificare la propria presenza in quelle stanze, se non con un bisogno viscerale di fare chiarezza. Strinse ancora i pugni, raccolse ogni forza nel proprio animo, tenne lo sguardo fermo, pericolosamente puntato in quello trasparente e fiero del nobile svedese. Deglutì, la gola bruciante nello sforzo di controllarsi, e poi cercò di parlare in modo chiaro, senza tradire la propria rabbia.
- Cosa le avete fatto, conte di Fersen? – gli chiese diretto.
Il Conte parve visibilmente spiazzato dalle sue parole.
– Cosa? Cosa stai dicendo? – chiese a sua volta, spaesato.
André inspirò lentamente, prima di riprendere – Quella sera, Conte di Fersen, cosa le avete fatto? Non fingete di non capire … - si fermò un istante, osservando il Conte distendere la fronte, in apparenza ancora in difficoltà – Quella notte … al ballo. –
Il conte parve iniziare a comprendere, sebbene mostrasse ancora evidente sorpresa; scosse il capo, una sorta di sorriso sarcastico a piegare le labbra – Quella sera, André, non è accaduto niente che non fosse mai accaduto prima, ad un altro qualunque ballo, con altre dame … -
André, colpito dalla leggerezza di quella ammissione, amara come l’artemisia[iii] e sgradevole quanto una nota stonata, esplose la propria rabbia facendosi contro il conte e afferrando tra le mani il rigido jabot, fin quasi a strapparlo dal collo, tirando con forza e poi spingendo l’avversario ad arretrare.
– Cosa state dicendo! – gli inveì contro – Lei era sconvolta! E nemmeno ricorda cosa sia veramente accaduto! -
Arretrarono ancora, urtarono un tavolo e in un fragore improvviso un grande vaso di porcellana si infranse a terra; André non lasciò la presa, proseguendo con impeto.
- Come avete potuto farle una cosa del genere! A lei! Proprio a lei! – Un nuovo clangore metallico fece sussultare il conte, mentre una sorta di alzata dorata finiva a terra, travolta dal loro incedere.
Arretrato fino ad urtare una voluminosa poltrona, il conte si ritrovò stretto contro la spalliera imbottita, con il corpo proteso all’indietro, sovrastato dalla rabbia furente di André. La sua impetuosità l’aveva colto di sorpresa, ma non l’aveva certo fatto desistere dal reagire. André avvertì la stretta di mani forti sui propri fianchi, si sentì spinto all’indietro, poi avvertì un colpo sullo stomaco, e poi un altro, un pugno, un disordinato susseguirsi di colpi, che forzavano il suo attacco.
- Cosa vorresti sapere, André? Cosa può interessarti? Non l’ho certo obbligata a seguirmi! – lo provocò il conte – Nemmeno questo ricorda, forse? E’ per questo che quando l’ho avvicinata, per rammentarle di avere un bel discorso da portare avanti insieme, si è ritratta come un’educanda? –
- Maledetto! – urlò André, e già il suo pugno colpiva la guancia del conte, sbilanciandolo ancora fino a farlo rovesciare sulla poltrona – Voi non siete un uomo! – continuò a urlare, aggirando la poltrona e afferrando di nuovo le spalle del conte, strattonandolo – Voi l’avete trattata come fosse una donna qualunque! Non avreste mai dovuto … -
- Stai attento a quello dici André! Io ti ho visto, sai? Ti ho visto in quella stanza … e lei non si reggeva nemmeno in piedi … Sostieni che neppure ricorda: perché mai te la prendi con me? -
In quell’istante un rumore alle sue spalle lo sorprese, udì un grido, una voce femminile lontana e stridula.
- Eccoli laggiù! Quell’uomo ha aggredito il conte … -
Poi passi concitati attraverso la stanza, finché non si sentì afferrare per le spalle e strappare via dal corpo del conte di Fersen.
- André! Ma sei impazzito? Cosa stai facendo? – riconobbe immediatamente il timbro grave del Tenente Girodel, si voltò sfuggendo dalla sua presa e lo osservò preoccupato, lo sguardo cupo e la capigliatura scomposta per la corsa su per le scale.
Aprì le labbra, cercando di parlare, di dare una spiegazione plausibile al Tenente, gonfiando il petto e cercando aria, parole e lucidità per difendersi.
- Quest’uomo sta farneticando, Tenente Girodel! Mi accusa di non so quali oscenità e violenze … ma è solo lui che deve essere fermato! – la voce del conte, che, annaspando, si stava rialzando dalla poltrona sulla quale poco prima lui stesso l’aveva bloccato, lo indusse a voltarsi.
Lo vide rimettersi in piedi, guardarsi attorno rabbioso mentre le dita stringevano lo spesso orlo dorato della giacca per riaccomodarla lungo i fianchi, e poi afferravano le ruches ai polsini, tirando un poco per sistemarle a dovere.
André trovò allora riuscì a reagire, parlando direttamente al Tenente, stringendo i pugni davanti a sé – Io voglio solo che mi dica cosa le ha fatto quella notte! Devo capire cosa sia veramente accaduto! –
-E io te lo ripeto, André: quella notte non è accaduto nulla che fosse già avvenuto in altre serate identiche a quella! – riprese il Conte di Fersen puntandogli l’indice al petto – E … va bene: ha accusato un lieve malore … e io mi sono allontanato qualche minuto per prendere dell’altro vino … Ma al mio rientro, nella stanza, con lei che pareva essere priva di sensi, c’eri tu! -
André rimase interdetto udendo le parole del Conte, senza riuscire a comprendere cosa si celasse veramente dietro quel vuoto che non pareva possibile colmare. La voce del Conte spezzò il momento di silenzio, il tono accusatorio lo lasciò allibito.
- A questo punto, André, mi chiedo cosa tu le abbia fatto … Tu l’hai seguita al ballo … l’hai controllata nell’ombra per tutta la serata e l’hai seguita quando ci siamo allontanati dalla galleria … covando in silenzio il tuo rancore e la tua gelosia! Allora, quando ti sei reso conto che l’avevo lasciata sola … l’hai raggiunta pensando che avresti potuto approfittarne per ottenere quello che brami da una vita! -
 
[i] Il Conte di Fersen occupò un appartamento al secondo piano del corpo sudoccidentale della reggia, proprio al di sopra dell’appartamento privato di Maria Antonietta. A questa sistemazione fanno riferimento le inservienti e la scena tutta nel suo svolgersi
[ii] E’ pur sempre uno straniero che parla francese come seconda lingua, no? Per questo lo immagino con una leggera cadenza da lingua straniera.
[iii] L’artemisia absinthium, così definita da von Linné (studioso, guarda caso, svedese 1707-1778) è una piccola pianta erbacea medicinale nota per l’utilizzo nella preparazione del distillato d’assenzio, aromatico e molto amaro. Per chi avesse dubbi, https://it.wikipedia.org/wiki/Artemisia_absinthium

Angolo dell'autrice: tra mille impegni, il racconto prosegue... Rinnovo l'abbraccio alle amiche che leggono, più o meno in silenzio.
A presto!

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Capitolo 13
*** Intesa ***


Intesa
 
André, rimasto impietrito all’udire le accuse mosse dal conte di Fersen nei propri confronti,  colse immediatamente l’espressione severa di Girodel; si vide scrutato per qualche istante dagli occhi grigi, mentre le labbra si serravano strette nel dubbio. Si sentì nudo e impotente al cospetto di due uomini dai natali nobili, comprese di trovarsi sull’orlo di un baratro scuro, indifeso e forse indifendibile, in balia della volontà e dell’indole dei due presenti, delle loro emozioni e, non poteva escluderlo, di eventuali ruggini nel loro passato.
- Cosa state dicendo, Conte di Fersen? – chiese il Tenente puntando lo sguardo sullo svedese.
Il conte di Fersen drizzò le spalle, lanciando un’occhiata di traverso in direzione di André, prima di rivolgersi al Tenente, rivelando una certa inquietudine.
- André mi sta accusando di aver circuito … di aver … di aver … Beh, io ritengo che stia semplicemente riversando su di me delle colpe che potrebbero essere sue! – il Conte attese un istante fissando il Tenente Girodel, ritto di fronte a sé, immobile.
André arretrò di un passo, incredulo di fronte alle nuove insinuazioni del Conte, ferito da quella inaspettata stoccata.
- Girodel, voi … voi sapete bene come … - iniziò a difendersi preoccupato, ma fu immediatamente bloccato dal braccio del militare, teso verso il proprio petto.
- Aspetta, André. Aspetta. – lo bloccò energico, e poi si rivolse al Conte, attento e pacato – Conte di Fersen, spiegatevi meglio, vi prego. –
Fersen unì i palmi davanti a sé, sfregandoli tra loro, mostrandosi pensieroso, prima di riprendere a parlare – Io ero al ballo, come tutta la corte, quella sera, e molti sussurravano che vi avrebbe preso parte una dama giunta dai paesi del Nord. Si diceva che si trattasse di una dama di una bellezza straordinaria, ma della quale non era noto il nome. – lo sguardo incerto cercò il Tenente, ricevendo un cenno, un invito a proseguire – La dama era … era realmente di una bellezza straordinaria e vedendola non ho potuto fare altro che invitarla a danzare. Per il resto … Beh, io non ho fatto nulla di male. Ripeto: niente che non fosse già accaduto con una dama durante un ballo … -
André fremette ascoltando le parole del Conte, deglutendo nervoso, fino a graffiarsi la gola; all’ennesimo ripetersi di quella giustificazione esplose di nuovo contro il nobile, afferrandolo per i lembi della giacca e strattonandolo con tutta l’energia che aveva in corpo – Ma era lei! Lei non è le altre dame! –
La reazione del Conte lo ricacciò indietro, fino a farlo arretrare urtando contro Girodel – Io non sapevo nemmeno che fosse lei! – si difese Fersen stizzito – Tu lo sapevi! Tu e nessun altro, probabilmente! Per questo potresti averla seguita al ballo e controllata nei suoi spostamenti, fino a impazzire di gelosia e a cedere … Io sono certo che altri ti avranno visto ... Tu sei noto, a Versailles, André! Non immagini quanto! Mi basteranno pochi minuti per scovare qualche servitore che abbia riconosciuto i tuoi capelli scuri legati sulla nuca, i tuoi occhi verdi … e la tua immancabile livrea color cioccolata … - insinuò infine, sollevando un braccio con un gesto stizzito in cui André, vedendo indicata la propria giacca, non poté che leggere un malcelato disprezzo.
André rimase esterrefatto, colpito dal castello di insinuazioni volte a incolparlo di ciò che non avrebbe mai osato fare, certo che se quella fosse stata la reale volontà del conte di Fersen, non avrebbe avuto difficoltà a recuperare testimoni pronti ad avvalorare la sua tesi. Arretrò di un passo, inspirando a fatica, soffocato davanti a quella ipotesi costruita e irreale, ma pericolosa. Scosse il capo, esterrefatto – No, no … -
La voce del Tenente gli giunse inattesa, incredibilmente placida.
- Non mentite, conte di Fersen. – esordì Girodel, mentre il Conte sollevava lo sguardo incredulo, colto di sorpresa – Perché se anche doveste recuperare testimoni pronti a dare sostegno alla vostra bizzarra ipotesi, non potreste certamente convincere un ufficiale della Guardia Reale a mentire per darvi credito … -
Girodel attese il tempo di un respiro, ascoltando l’orgoglio di Fersen farsi lamento silenzioso, con la mascella tesa e i denti serrati; poi riprese, mantenendosi calmo fino a sembrare quasi irriverente – André quella sera era a corte sotto la mia diretta responsabilità: io, come i miei soldati, lo possiamo testimoniare. Lui ha trascorso la sera giù nella cour … e non al ballo, come voi insinuate. E inoltre – una nuova occhiata sottile verso il Conte prima di un nuovo affondo - … i vostri testimoni dichiarerebbero il falso, visto che li indurreste a dichiarare di averlo riconosciuto per la livrea color cioccolata … Livrea che quella sera, questo io lo ricordo bene, André non indossava. –
- Cosa state … ? – chiese incredulo il conte di Fersen scuotendo il capo e stringendo le dita sul pizzo vaporoso che fuoriusciva dai polsini. André si volse al Tenente Girodel, riuscendo ad osservarne l’espressione seria, che non avrebbe ammesso repliche.
- Smettetela, Conte. Non c’è ragione di proseguire in questa farsa … Non vi chiederò altre spiegazioni, che possano giustificare quello che avete insinuato … Piuttosto, credo che sia importante fare chiarezza, senza insistere nel colpevolizzare chi evidentemente non è responsabile di quanto accaduto! – precisò il Tenente, rivolgendosi al Conte e poi anche ad André.
Il respiro forzato del Conte espresse un moto di insofferenza, ma André intervenne, anticipando ogni altra parola del nobile – Il Tenente Girodel ha pienamente ragione e io vi chiedo di perdonarmi, conte di Fersen, per il mio comportamento … per le mie parole. Ma vi prego … vi supplico di aiutarci a comprendere cosa sia realmente accaduto! Voi dite di averla lasciata sola … e di avermi trovato, al vostro ritorno, insieme a lei. Ma vedete, Conte, io l’ho veduta nella cour, da sola … l’ho vista accasciarsi a terra, come fosse senza forze. E lei stessa ricorda di aver lasciato la stanza … –
- Questo è assurdo! – esclamò il Conte colto da sincera sorpresa.
- Potrà apparire assurdo, ma è la verità, Conte … Ho attraversato la cour di corsa, per raggiungerla, ma quando sono arrivato nel punto esatto in cui l’avevo scorta, lei non c’era più. Era come scomparsa! Allora mi sono guardato attorno … e seguendo l’istinto ho provato a cercarla nelle stanze riservate al Capitano della Guardia Reale … trovandola sul divanetto, pressoché priva di sensi. –
- Io l’avevo lasciata nell’appartamento! – ribadì Fersen sconvolto.
André rimase allibito, in uno scambio di sguardi tormentati con il Tenente e con il Conte, che sembravano smarriti, a loro volta. Inspirò a forza, le mani sulla fronte, le dita affondate nei capelli, cercando spiegazioni plausibili, e infine si rivolse ancora al Conte.
- Vi prego, conte di Fersen … se ricordate qualche altro particolare … -
Fersen chinò il capo, l’espressione cupa, la fronte aggrottata e le labbra chiuse, mostrando di perdere un  poco della durezza che l’aveva animato fino a poco prima; rimase assorto, finalmente impegnato a collaborare in modo costruttivo, ripercorrendo mentalmente la serata.
Qualche passo nervoso riportò il Conte alla consolle, dove l’uomo si fermò cercando concentrazione. Una mano al viso, stretta al mento, l’altra poggiata al ripiano, le dita rapide a tamburellare sul legno lucido. Strinse le labbra e tornò a parlare – Quando abbiamo lasciato la galleria, siamo scesi al piano terreno, per raggiungere l’appartamento del Capitano … -
- Quindi voi l’avete realmente condotta nell’Appartamento riservato al Capitano delle Guardie Reali? – chiese il Tenente Girodel sorpreso da quel particolare – Nessuno dovrebbe avere accesso a quelle stanze se non … -
- Suvvia, Tenente … - si intromise Fersen voltandosi e tornando ad osservare sia Girodel che André, ora fermo a fianco del militare – Madamigella Oscar non ha mai preso possesso di quell’appartamento, che è quindi del tutto libero e inutilizzato … oltre che adiacente alle stanze riservate a … a … -
La frase rimase in sospeso, il Conte non si curò di proseguire, evitando un esplicito riferimento alla regina Maria Antonietta[i].
- Quindi voi utilizzate di frequente quelle stanze, nonostante siano … ? – André non seppe trattenersi dal chiedere conferma di quel particolare così curioso. Il Conte annuì senza apparente disagio.
- Certo! Perché? Le stanze sono libere … - si difese immediatamente il Conte.
- Non importa, Conte di Fersen … In realtà credo che questo non sia così rilevante … Ma, ci sono altri particolari che ricordate? – passò oltre André, convenendo che non fosse certo il caso di aprire nuove discussioni in merito alla condotta del Conte.
- Beh, ci siamo intrattenuti, nell’appartamento … - l’esitare di Fersen ferì André come se avesse udito il racconto dettagliato di particolari irripetibili - … Sì, insomma: del vino, delle paste … le donne amano i dolci! Ne ho sempre a disposizione nel … nel … -
- E poi? – intervenne Girodel.
- Poi è divenuta strana, si è allontanata e pareva che avesse un leggero malore … - continuò il Conte - … le ho detto di attendermi, che avrei portato del vino dal mio appartamento … -
- Per quanto tempo vi siete allontanato, Conte? – lo incalzò ancora Girodel.
- Pochi minuti, in realtà. Il tempo necessario a raggiungere le mie stanze, questo appartamento, per poi fare ritorno. Probabilmente, non più di dieci, dodici minuti al massimo! – precisò.
- Ma tutto questo è assurdo! – esclamò poi André senza trattenere un gesto di stizza – Io ricordo bene che giungendo nell’appartamento, voi mi diceste che eravate di passaggio davanti all’ingresso della stanza … e che vi eravate entrato perché attirato da alcuni rumori … Questo non trova riscontro in ciò che state affermando ora! – chiarì controllando a stento il proprio istinto e puntando sul Conte uno sguardo accusatorio.
Fersen scosse il capo, esasperato – Dannazione, André! Quando sono tornato nell’appartamento … quando vi ho visti sul divano … e ti ho riconosciuto … solo allora ho compreso veramente chi fosse lei! –
- E con questo? – inveì André contro il Conte, portandosi di nuovo ad un passo dall’uomo e riuscendo a mala pena a fermarsi, prima che le mani potessero tornare a stringere la stoffa pregiata della giacca dello svedese - Perché mentire, se non avevate nulla da nascondere? Perché accampare scuse? –
Messo alle strette, il Conte alzò gli occhi al soffitto, prima di serrare lo sguardo, scuotendo il capo, cedendo finalmente a tanta pressione – Riconoscendo te, e così anche lei, io ho compreso quale leggerezza io avessi commesso! Lei … lei è un mio ottimo amico … forse l’unico che io abbia a corte, e nemmeno l’avevo riconosciuta! –
Una breve pausa, le labbra strette tra dubbi e, forse, rimorsi, prima che il Conte riprendesse a parlare – Inoltre, avevo iniziato a comprendere che ci fosse qualcosa di strano, in quella serata, così ho agito d’istinto, cercando di non essere coinvolto … ma senza riflettere realmente su ciò che stava accadendo! - si giustificò - Volevo difendermi … ma solo ora, mi rendo conto che aver visto la donna, mi ha fatto perdere il senno e dimenticare ciò che era veramente importante ... -
André rimase per qualche istante senza parole, lo sguardo fisso sul Conte e le labbra serrate in una sorta di smorfia, finché non riuscì ad arretrare, tornando verso il Tenente Girodel. Si impose di riflettere … di non lasciare che l’ira nei confronti del Conte potesse oscurare la propria mente, impedendogli di risolvere quello che ai suoi occhi pareva come un vero enigma. Si allontanò di qualche passo, assorto, tornando alle informazioni raccolte dalla testimonianza del Conte.
– Dieci minuti, avete detto? – chiese quasi tra sé, ma rivolto al Conte di Fersen, che rispose annuendo appena.
- Dieci minuti … per allontanarsi da quelle stanze e raggiungere la cour, dove l’ho trovata, sono davvero molti … in realtà potrebbe aver percorso molta più strada … - valutò André.
- Beh … in realtà, prima di uscire dalla stanza … - esitò il Conte, richiamando su di sé l’attenzione di André e del Tenente - … avrà impiegato qualche minuto per … per ricomporsi, diciamo. Per rendersi presentabile … -
André distolse lo sguardo dal Conte di Fersen, portando di nuovo una mano alla fronte e perdendosi nell’intrico di un tappeto dai colori cupi, che pareva inghiottirlo in un vortice oscuro. Cercò concentrazione … soffocando il turbamento profondo e inaccettabile, quanto inammissibile, suscitato dalle parole appena udite, mentre un dolore sordo chiudeva il respiro sotto lo sterno.
- Pochi minuti, quindi … - intervenne allora Girodel ricostruendo i fatti - Solo il tempo di lasciare la stanza e uscire sulla corte, prima di accasciarsi al suolo, per poi scomparire, e ritrovarsi nella stessa stanza da cui si era allontanata. -
- Qualcosa ancora non mi convince. – mormorò André.
- André ha ragione. – convenne il Tenente rivolto al Conte - Se, come ha visto lui, lei si è accasciata a terra, non può essere rientrata da sola nell’appartamento. Io credo che ci manchi un tassello … forse un inserviente, qualcuno in attesa sulla cour, o una guardia … - ipotizzò, per poi riprendere, parlando direttamente ad André - Cercherò di raccogliere informazioni e anche tu, André, fai il possibile … -
André tornò ad un passo da Girodel, puntando lo sguardo in quello dell’uomo – Certo, Tenente, farò del mio meglio … ma vi chiedo di indagare con la massima delicatezza e di … -
La mano di Girodel fermò la presa, rassicurante, sul suo braccio, in un gesto di solidarietà – Puoi stare tranquillo, André: non sarà fatto il suo nome. Te lo garantisco. – e poi lo sguardo del Tenente, con quello di André, si puntarono sul Conte, che si affrettò ad annuire.
- E’ il mio migliore amico – ribadì il Conte allargando le braccia e poi abbassando lo sguardo al pavimento – e non riesco a capacitarmi del comportamento che ho tenuto con lei … sono stato uno stolto e certamente le devo molto più di semplici parole di scuse … Da dove credete sia meglio cominciare? – chiese infine alzando lo sguardo su André.
Ma non fu possibile rispondere: la comparsa di Oscar, impetuosa quanto evidentemente sorpresa, spense ogni considerazione sulle labbra di André, come di Girodel.
- Ma cosa sta succedendo qui? – chiese Oscar raggiungendoli rapidamente – Cercavo voi, Girodel, e mi hanno informato che eravate salito di corsa al piano superiore, richiamato per intervenire in una aggressione … -
Il Conte di Fersen non le permise di finire – Oh, no! Madamigella Oscar! – intervenne pronto, avanzando immediatamente e spingendo i convenuti verso la porta dalla quale era appena giunta Oscar – Si è trattato certamente di un equivoco! Sono rientrato da poco nelle mie stanze e si è creata solo un poco di confusione … presto sarà tutto risolto … -
André rivolse uno sguardo grato al Conte di Fersen, mentre questi accompagnava Oscar il più lontano possibile dai frammenti di porcellana sparsi a terra; ne ebbe in risposta un lieve cenno del capo e un’espressione che finalmente gli parve sincera, un accenno di sorriso, rassicurante e amichevole, nonostante tutto; si voltò allora alla propria destra, incontrando rapido lo sguardo d’intesa con Girodel.
 
[i] L’appartamento riservato al Comandante della Guardia Reale è adiacente alle stanze della Regina situate al piano terra

 
Angolo dell'autrice: avrei potuto chiamerlo "Mettiamoci una pezza"... lo so! Ma non ho voluto infierire.
Lascio i miei più sinceri ringraziamenti a chi legge, segue, ricorda preferisce e indaga... Un bacione e tutte!  A presto!

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Capitolo 14
*** Il nome ***


Il nome
 
L’eco dei passi di Oscar e del Conte di Fersen si spensero oltre il profondo vano della scala, soffocati dall’intenso brusio degli inservienti che avevano ripreso il loro vociare vivace saturando di una nuvola densa di commenti e osservazioni tutto il volume dell’ambiente.
André si sporse appena oltre la balaustra di rami e foglie in ferro battuto, stringendo le dita sul sottile corrimano brunito, assicurandosi che i due si fossero veramente allontanati, poi emise un profondo sospiro, prendendo a muovere le mani sulla propria giacca per accomodarla alla meglio e cancellando ogni traccia  degli scompensi creati dal confronto con il Conte.
Percepì su di sé il peso di un’azione sconsiderata e la colpa di non aver saputo controllare e celare i moti profondi del proprio animo. Di nuovo, aveva ceduto al proprio istinto, finendo per rischiare di commettere un ulteriore e irreparabile passo falso. Si portò la mano alla fronte, restando qualche istante assorto in una rinnovata preoccupazione e cercando di riordinare le idee, anche recuperando il racconto strappato al Conte di Fersen.
Un leggero colpo di tosse, richiamo forzato alla realtà, gli rammentò di essere ancora alla presenza del Tenente Girodel.
- Fatico veramente a comprendere come tu abbia potuto commettere una tale imprudenza, André. – lo redarguì Girodel con tono severo – Posso solo immaginare che le tue motivazioni siano particolarmente importanti, per averti portato ad una condotta così sconsiderata … -
Rimase in silenzio, lasciando che le osservazioni di Girodel scivolassero oltre la realtà dell’urgenza che aveva animato le sue azioni; deglutì, inghiottendo risposte e giustificazioni, e chinando appena il capo. Non tentò nemmeno di aprire il proprio animo, preferendo lasciare che l’altro tratteggiasse da sé i contorni di una trama ormai troppo difficile da raccontare, dipingendo secondo il suo gusto personale luci e ombre della questione. Tuttavia, si rese perfettamente conto di quanto l’intervento di Girodel si fosse rivelato provvidenziale.
- Io vi ringrazio, Tenente Girodel. – sollevò lo sguardo e si scoprì scrutato da due occhi fermi, in attesa – Per quella sera … e per poco fa. Io non avrei avuto nemmeno l’opportunità di difendermi dalle accuse del Conte, e in quel modo avrei anche perso ogni possibilità di fare chiarezza … -
Girodel rimase impassibile, accogliendo le sue parole, lo sguardo saldo, l’espressione indecifrabile e il respiro profondo a tradire una sicurezza precaria. Poi, d’un tratto, lo sguardo si fece sfuggente e corse rapido a cercare qualcosa … finché il militare non si voltò, muovendosi deciso verso una porta dipinta di bianco, semplice nelle forme e appena distinguibile dalla boiserie della parete, chiusa alle proprie spalle.
– Vieni. –
André seguì il Tenente, oltrepassando la porta e raggiungendolo in un locale spoglio, una sorta di corridoio lungo e stretto, illuminato dal fondo, dove una piccola finestra a mezza altezza si apriva sulla cour de la reine[i]. Percorsero in silenzio il lungo vestibolo con le pareti candide di calce e il soffitto basso sopra i loro capi, fermandosi proprio di fronte alla finestra; André osservò come Girodel stesse controllando che non vi fossero presenze indesiderate, lanciando persino un’occhiata rapida oltre il vetro sottile della finestra, a scrutare il via vai che animava la piccola cour, per voltarsi di nuovo ad osservarlo, facendosi vicino in modo da poter parlare con un tono di voce il più basso possibile.
- Avrei preferito parlartene prima … ma non sono riuscito ad anticiparti … - esordì il Tenente.
André chinò ancora il capo, necessariamente remissivo – Sono mortificato … davvero. Ma da quella notte … e poi dopo aver parlato con lei, io … -
- Lo so, André: non dire niente. Non ce n’è alcun bisogno. – lo interruppe, mentre lo sguardo si faceva sottile tra le ciglia – Posso comprendere … e non ho alcuna intenzione di giudicare. –
André sostenne lo sguardo, annuì appena, stringendo le labbra, accordando inconsciamente fiducia al suo interlocutore, ancora una volta, come già era accaduto in passato.
- Ora ascoltami: in un primo momento, avevo inteso quella notte come una sorta di … colpo di testa. Per me la questione era chiusa e non aveva titolo per influenzare in alcun modo quello che penso del mio Comandante, o il mio modo di pormi nei suoi confronti. –
Una pausa, il tempo che André potesse cogliere e fare proprie quelle considerazioni; diede cenno con il capo perché il Tenente potesse comprendere che lo stava seguendo con assoluta concentrazione.
- Poi quelle voci … quei dettagli dissonanti … Ho prestato maggiore attenzione e qualche dubbio è sorto spontaneo. – un altro sguardo al cortile, dove il passaggio di un gruppo di soldati della Guardia Reale aveva richiamato l’interesse del Tenente – E dopo quello che ho udito – un gesto del capo ad indicare le stanze poco lontane, in cui era intervenuto poco prima – la questione mi appare ancora meno chiara. –
Attese ancora un istante, forse misurando le parole e ripercorrendo egli stesso l’evolversi dei fatti e l’aggiungersi di tasselli apparentemente senza senso in quel mosaico di tessere sfuse.
- Tuttavia … io avevo intenzione di chiederti se ricordi un dettaglio, in particolare, di quella notte … –
André non rispose; semplicemente, rimase in ascolto, le braccia distese lungo i fianchi e le labbra serrate, mantenendosi attento ad ogni singola parola del Tenente, ad ogni gesto e ad ogni minimo riferimento.
- Quella notte … hai forse notato se lei indossasse dei gioielli? –
André chiuse gli occhi, serrando un poco i denti, richiamando alla memoria le immagini dei momenti in  cui aveva scorto Oscar pronta per il ballo. La visione dell’angelo mentre scendeva la scala di Palazzo Jarjayes, il breve scambio nell’abitacolo della carrozza con la sua parte più incerta … e poi lei,  fragile ed esposta, distesa sul divanetto, e, poco dopo, indifesa, stretta al suo petto mentre sembrava tornare un poco lucida, riconoscerlo e chiedere di tornare a casa. E ancora il peso dolce tra le braccia, gli attimi trascorsi in camera e … Si bloccò, colpito da un ricordo preciso.
Prese ad annuire rapido, aprendo lo sguardo sul Tenente.
– Sì. Portava degli orecchini: dei pendenti con una sorta di goccia di smeraldo. – confermò con sicurezza.
- E … hai forse notato se … - provò a suggerire l’altro, ma André intervenne, senza lasciarlo proseguire.
- Al rientro a Palazzo, ne portava solo uno: al lobo sinistro[ii]. – precisò poi.
Girodel piegò il braccio, stringendo le dita a pugno sull’elsa della spada – Questo volevo sapere … -
André aggrottò la fronte, scrutando Girodel e il suo viso contratto da una sorta di sorriso teso.
- Spiegatevi meglio, Tenente Girodel; vi prego … - chiese preoccupato André.
- Vedi, André … attorno alla reggia esiste un mondo di scambi, una sorta di commercio di oggetti perduti dai frequentatori della corte, o semplicemente dismessi, o provenienti dal quotidiano rinnovarsi dei servizi prestati nei diversi appartamenti. Cera, stoffe, alimenti … e molto altro. Dopo un ballo, un ricevimento, un’occasione speciale, non è raro che sulla piazza possa comparire anche qualche gioiello … -
André sgranò lo sguardo, iniziando a comprendere – Volete dire che quell’orecchino … ? –
Girodel socchiuse gli occhi e tese le labbra – Gira voce che un uomo abbia messo in vendita un gioiello della misteriosa dama del Nord … Non avevo modo di verificare se questa potesse essere solo una mossa da impostore … o se invece l’offerta avesse almeno un minimo fondamento di verità. Ma ora penso che potrebbe essere interessante parlare con quest’uomo. –
André avanzò un poco, nervoso e quasi incredulo, facendosi ancor più prossimo al Tenente – Voi sareste in grado di contattarlo? –
Girodel sorrise appena, portando la mano alla tasca delle brache bianche e traendone un biglietto ripiegato in quattro, fino a sollevarlo davanti agli occhi di André – Non voglio fare nomi; tu cerca questa persona. A quanto pare, lo si può trovare saltuariamente nella zona delle scuderie, ma ultimamente non è a Versailles e ha lasciato la questione in mano al proprio fratello. –
Osservò il biglietto fermo tra l’indice e il medio del Tenente, giusto davanti ai propri occhi, per poi sollevare svelto la mano e afferrarlo deciso, stringendolo fino a farlo scomparire nel proprio palmo.
- Quell’uomo potrebbe sapere qualcosa … -
Girodel annuì in silenzio e poi, senza aggiungere altro, si diresse verso il fondo del corridoio, lasciandolo solo. André dispiegò il foglio, le dita tremanti e il fiato corto, mentre i segni dell’inchiostro si mostravano al suo sguardo incredulo.
- Non è possibile … - mormorò sconvolto.
 
Da tempo ormai si trovava seduto sul bordo della fontana, ascoltando il gorgogliare ricorsivo dello zampillo alle proprie spalle e riuscendo a disegnare nella propria mente il sobbalzo di quella bolla d’acqua che, dalla bocca del getto superiore, ricadeva su sé stessa e si rovesciava in una cascata flessuosa sul piatto più alto, una corolla liscia, baciata dai riflessi della notte. Come ogni dettaglio di quel grande palazzo dalle forme austere, anche il giardino, con le sue statue e i giochi d’acqua, gli erano ormai così famigliari, da poterli vedere anche ad occhi serrati.
Alla propria destra, un frusciare gentile di fronde, mosse dalla brezza notturna, rese vivo il filare che dal fronte settentrionale del palazzo conduceva all’accesso principale del parco; il richiamo acuto di una civetta e poi il battito d’ali, in un volo verso la distesa erbosa meridionale … Il soffio fresco, profumato di  prato e terra umida, mosse appena i capelli sul suo capo, insinuando una lunga ciocca fino nel colletto della giacca e provocandogli un leggero brivido. Alzò il viso al cielo e aprì gli occhi, cercando tra le stelle sorte con il velluto della notte, i cardini della propria esistenza …
La rabbia cieca che lo aveva bruciato quella stessa mattina alla reggia, conducendolo fino all’appartamento del Conte e sull’orlo di un precipizio di follia dal quale non avrebbe potuto risalire, pareva essersi stemperata almeno un poco nella nuova preoccupazione accesa dal colloquio con il Tenente Girodel. Il nome letto su quel foglio ripiegato aveva imposto la necessità di riflettere prima di agire, valutando con attenzione la modalità più sicura per intervenire senza rischiare di esporre Oscar a qualsivoglia pericolo. Ad ogni modo, la questione dell’orecchino della dama del Nord, apriva la possibilità concreta che quell’uomo avesse incontrato Oscar durante il ballo e potesse magari ricordare qualche particolare utile a comprendere cosa le fosse realmente accaduto … Perché se le supposizioni di Girodel avevano fondamento, allora la questione era più preoccupante … e non si trattava semplicemente di una serata storta … ma di qualcosa di più complesso. Restava da chiarire, soprattutto, cosa fosse accaduto in quel momento di buio del quale Oscar pareva non ricordare praticamente nulla, se non un senso di nausea, di vertigine … resa ancor più insopportabile da una visione confusa e sbiadita … così l’aveva definita proprio Oscar quando, nascondendo il viso sul suo petto, aveva cercato di raccontare qualche momento di quella sera. Seduta sul suo letto, stretta nel suo abbraccio, era riuscita a ricostruire ben poco, in realtà … ma almeno aveva affrontato quel ricordo, esternando un disagio che aveva finito per renderla spossata, fino a farla crollare addormentata sul suo letto.
Sospirò e volse il capo a sinistra, scorgendo il bagliore fioco che illuminava le finestre del primo piano, quelle da cui una melodia fatta di lacrime di violino, si librava nell’aria ormai da alcuni minuti, giungendo fino al suo cuore, penetrando in esso e trovandovi rifugio. Note lente, che parvero poi mutare, evolversi in un arabesco, librarsi verso il cielo in una voluta che, prendendo corpo, si ergeva in una cuspide … per poi interrompersi, in uno stridere dissonante.
André aggrottò la fronte, restando fermo con il naso verso il cielo, sognando un archetto abbandonato sulla poltrona insieme con il violino, e poi, un passo dopo l’altro, il moto leggero, sempre più incalzante, attraverso il corridoio, giù per la scala grande e poi a superare l’atrio e infine l’ampio portone … Un balzo e ancora passi, che ora stridevano sul ghiaietto, veloci, nervosi e sempre più prossimi … accompagnati da un profumo di rosa, delicato quanto deciso, nelle sue note di testa.
- André … - la voce, se pur lieve, vinse quella della notte.
- Oscar … - rispose immediato, mentre già si levava dalla pietra volgendosi a lei, e trovandola ferma, ad un passo dalla fontana, le braccia strette al corpo, la camicia leggera brillante dei riflessi del cielo e la porcellana del collo esposta alla brezza, libero dalla chioma sospinta sull'altra spalla.
- Cosa fai … qui da solo? – gli chiese esitando appena, mentre lo sguardo d’acqua si fondeva con lo specchio della fontana.
- E’ una bella serata … - le rispose vago – … il cielo è meraviglioso, l’aria profumata … - e la osservò scossa da un leggero brivido, stringersi ancora di più le braccia al corpo, nascondendo quasi le dita tra le pieghe della fusciacca legata sui fianchi – Solo … un po’ troppo fresca, vero? –
Le si fece più vicino, portando le mani ai lembi della propria giacca e sfilandosela rapidamente, per poi passarla sulle sue spalle – Tienila tu, o prenderai freddo … -
Oscar parve rimanere immobile; André l’osservò socchiudere gli occhi, mentre la copriva con la giacca, e intuì il suo profondo inspirare, sollevando le spalle e chinando appena il capo, fino a sfiorare la sua mano. La carezza morbida della sua chioma scivolò sul dorso della mano, mentre lento la ritrasse, portandola poi ai risvolti della giacca, per avvicinarli l’uno all’altro, proteggendola al meglio dal freddo.
- Va meglio? – le chiese poi, restando così vicino, da poter trattenere ancora tra le dita la stoffa scura.
Lei annuì sollevando il volto fino a puntare gli occhi nei suoi – Allora? Cosa fai qui da solo? – ripeté.
- Beh … ascoltavo una sonata triste … che poi si è fatta inquieta, fino a spegnersi tutto d’un tratto. – le rispose sorridendo – E tu, invece, cosa fai qui? –
- Io … io ti cercavo. –
Lo sorpresero, quelle parole, ma gli diedero immediata, la risposta – Eccomi. E poi?-
- E poi … e poi non lo so, André. Ti cercavo e basta … Sì! Ti cercavo perché io in quella stanza … non … non … - un sospiro sfumò le parole, il capo scosso e i riccioli biondi mossi sulla stoffa scura della giacca.
André la riconobbe, incerta nel gridare la propria pena, timida nell’urlo del disagio; portò una mano alla sua guancia, la percepì fresca e liscia, accarezzandola con un tocco leggero, quasi senza nemmeno sfiorarla, adorandone la perfetta curva dello zigomo che la luce del cielo notturno rendeva ancora più pallida. La osservò qualche istante, attendendo che il suo silenzio tremasse, nell’attesa di una risposta ad una richiesta mai pronunciata, e poi esaudì quel desiderio che non aveva potuto prendere voce. Le prese una mano nella propria e si allontanò dalla fontana – Vieni con me, forza. –
 
[i] Di questi ambienti di servizio, spesso di altezza ridotta rispetto a quelli ufficiali, e gestiti anche su un doppio livello, con un mezzanino, per  sfruttare al meglio i volumi di risulta tra gli ambienti principali, non si trovano planimetrie precise, purtroppo. Non avendo informazioni precise in merito ho lavorato ispirandomi a situazioni simili incontrate in altre realtà costruttive gestite in questo modo. Tuttavia, se anche così non fosse per la reggia, credo che non comporti particolare disagio nello sviluppo della storia … Se qualcuno avesse planimetrie dettagliate anche in questi particolari, sarei felice di poterle vedere.
[ii] Eh già … qualcuna si era accorta di questo particolare?

Angolo dell'autrice: un altro dubbio si aggiunge a quelli che già anmavano il cuore di André, quel gioiello che non è tornato dopo il ballo. E ora, cosa vorrà Oscar?
Come è giusto che sia, ringrazio vivamente chi legge, preferisce, ricorda, recensisce e partecipa alla risoluzione del caso.
Per correttezza, segnalo che il prossimo lunedì, non mi sarà possibile pubblicare l'aggiornamento: con ogni probabilità, l'aggiornamento slitterà al martedì.
Un bacio e buona Pasqua a tutte!

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Capitolo 15
*** Seta ***


Seta
 
Si chinò davanti al caminetto, sistemando due grossi ciocchi sulle braci per ravvivare la fiamma che, lentamente, avvolse la nuova legna per poi sollevarsi in un gioco vivace. Il calore improvviso lo investì con vigore, in un piacevole abbraccio caldo.
André si levò da terra, voltandosi a cercare Oscar e trovandola alle proprie spalle, assorta in contemplazione della fiamma, ma ancora stretta nella sua giacca. Osservò rapito il gioco di luce e vita che pareva danzasse sul suo volto, creando riflessi vivi e instancabili sulla sua guancia liscia, sul mento sottile e sulle spalle.
- Hai ancora freddo? – le chiese indicando con un cenno del capo l’indumento, e lei si sorprese, quasi non si fosse nemmeno accorta di essere rimasta chiusa nella sua marsina, stringendo tra le dita i lembi dei risvolti e mantenendo sollevate le spalle, fino a chiudersi nella stoffa come fosse un guscio, una protezione da dubbi e brutture.
- No … no, sto bene … - lo rassicurò; e poi allentò la presa sulla stoffa, sfiorandola con tocco di carezza e, togliendola lentamente dalle proprie spalle, proseguì – Tieni questa: ora posso stare anche senza … -
André afferrò l’indumento, lo ripiegò con cura, prima di appoggiarlo allo schienale della sedia, sistemando anche le più minute increspature della stoffa e tornando a controllare la piega della manica, perché fosse perfetta. Indugiò a lungo, nell’attesa silenziosa che qualcosa, parola o gesto che fosse, rendesse comprensibile il disagio di Oscar, quella pulsione nascosta che l’aveva strappata dalla sua musica conducendola proprio a lui, fuori, di fronte a quella fontana. Lasciò la giacca, aprì l’armadio occupandosi, come fosse questione urgente, di alcune camicie sistemate su un ripiano, per poi dirigersi allo scrittoio, premurandosi di riporre il suo diario sulla piccola alzata e spingendo a fondo il cassetto ingombro di ricordi del passato, indugiando appena prima di chiuderlo completamente. Infine, si volse verso Oscar, appoggiandosi allo scrittoio e disponendosi in una sorta di attesa, mentre le braccia si incrociavano sul petto, conserte.
Lei era ancora ferma, ai piedi del letto e rivolta al camino, assorta nel gioco di fiamme che ora si levava brioso dalla legna, diffondendo un calore denso di aromi di bosco.
- Cosa c’è Oscar? – le chiese dando voce ai pensieri.
Lei strinse le labbra, muovendo lenta il capo, indugiando ancora sulle fiamme.
- Dimmi cosa ti assilla. Vedo il tuo tormento, ma non posso leggere in te, questa volta; non in questo silenzio … non più … se non mi aiuti. – attese che lei lasciasse la fiamma, guardandolo a viso basso – Lo sai che per te io ci sarò sempre … fidati, ti prego … Fidati, così come hai già fatto, nonostante … nonostante tutto. – concluse.
Oscar si mosse nella stanza, raggiungendolo, e Andrè si sollevò dallo scrittoio, distendendo le braccia lungo i fianchi, consapevole che lei stesse davvero cercando di aprirsi. La vide prendere fiato, mentre le dita si stringevano attorno alle frange morbide della fusciacca, in un gesto di disagio.
- E’ vero. Hai ragione … - esordì finalmente - … qualcosa mi tormenta. E non posso più nasconderlo; non a te, almeno … –
Si dispose in ascolto, lo sguardo legato a quello blu, scuro di ombra e di dubbio, e l’animo pronto a qualunque sacrificio, per esserle di nuovo sostegno. Sollevò una mano, cercando il suo braccio, per darle conforto; ma riconobbe un sussulto e si fermò, ritraendosi appena.
- Aspetta, André … - riprese Oscar - … Aspetta … Ascoltami … - e André si vide cercato con lo sguardo e rispose a annuendo, donando silenzio del cuore più paziente.
- Io vorrei capire. Vorrei comprendere cosa mi sia accaduto … e ho bisogno di te, per farlo. Ma … ho timore di … di ferirti. –
André si sorprese, arretrando un poco e sollevando le spalle – Ma Oscar, come … -
- … io non voglio ferirti, André. – lo interruppe Oscar, senza attendere le sue parole – Davvero … non voglio farti male … -
André rimase senza parole, osservandola in silenzio, senza comprendere lo strano comportamento di Oscar. Lei abbassò lo sguardo, distese il braccio e con l’indice raggiunse il diario, chiuso e riposto sulla piccola alzata in legno, disegnandone il contorno della rilegatura un poco irregolare e indugiando nel giocare con il nastro che fuoriusciva dalle pagine; poi alzò lo sguardo, cercandolo di nuovo, e di nuovo raggiungendo il suo cuore. André chiuse gli occhi, deglutì inspirando a fatica, comprendendo la forza di quel gesto così delicato e colmo di rispetto, di quel rimando silenzioso alle parole custodite dal diario che, ormai era certo, lei almeno in parte conosceva. Eppure si fece forte e non ebbe timore ti mostrarsi  nel suo animo saldo e votato completamente a lei.
- Ci sarò sempre, Oscar, per qualunque cosa … a qualunque costo … -
L’indice sottile arrestò il suo gioco con la stoffa e le dita si chiusero sul palmo. Oscar cercò la mano di André, stringendola un poco e il suo tocco parve esitante, incerto, tanto che la mano, grande e forte, rispose avvolgendo quella piccola e tremante. Lei arretrò appena, un passo e poi un altro, finché il braccio non si distese e André si sentì chiamato ad avanzare, per seguirla, fino di fronte alla fiamma. Oscar chiuse di nuovo gli occhi, un ultimo profondo respiro prima di parlare.
- Sono stata cresciuta come un maschio, questo lo sai bene. Tutto attorno a me supportava questa tesi; tutto, tranne il mio corpo. Ho sempre creduto a mio padre, a chi mi ha educata, a chi mi ha messo sulla strada che avrei dovuto percorrere, convinta che tutti fossero nel giusto … e io nel torto. Ero certa che fosse necessario uniformarmi a quanto mi veniva insegnato, soffocando quello che in me chiedeva di essere ascoltato. –
Una pausa, per cercare di riordinare nuovi pensieri, mentre André rimaneva in silenzio, accogliendo grato e turbato quella confidenza intima e segreta, certo che fosse solo l’inizio di qualcosa di più grande e profondo … che ancora non riusciva a immaginare a cosa avrebbe condotto.
- Mi hanno insegnato la ragione, la forza, il rigore e io ho forgiato il mio animo su questi cardini, seguendone la via … - il blu si mostrò, un istante, prima di correre a terra - … per poi scoprire che qualcosa in me, rispondeva senza seguire queste regole. Indomabile, ribelle, forse sbagliato … ma impossibile da governare. Non potevo permettermi di essere meno che perfetta o non all’altezza, o addirittura sbagliata, ma potevo nemmeno controllare tutto di me. Così, per convincermi di essere davvero quello che era necessario che fossi, ho finito per interpretare quello che osservavo in me … nella maniera che era congeniale, per far sì che tutto rientrasse negli schemi corretti. – sorrise tra sé, una piega amara a tendere le labbra - In fondo, quando ti poni questioni a cui trovi risposte che non comprendi nemmeno tu stesso … cosa è meglio fare, se non … cambiare le domande, adeguandole alle soluzioni che già hai? –
- Perché mai dovresti essere sbagliata, Oscar? – le chiese André portando una mano alla sua guancia, lasciando una carezza morbida con il pollice – Nessuno è sbagliato … piuttosto, possono esserlo i parametri che ci hanno imposto come termine di paragone per la nostra vita … Le regole, possono governare ciò che facciamo, non quello che siamo … -
Una stretta allo stomaco gli impedì di proseguire, avvertendo il contatto con la guancia delicata farsi pieno, mentre Oscar chinava appena il capo cercando apertamente il suo palmo. Udire da lei quelle parole, scoprire il suo disagio, il pensiero di essere inadeguata e il bisogno di conforto, la mostrarono fragile come forse mai l’aveva scorta.
- L’ho creduto anche io, sai? – riprese lei sollevando appena il viso – Ho pensato davvero di poter essere differente da quello che mi era stato imposto, cercando in ciò che avevo il sentore di poter … essere davvero. Ho creduto che quella sera fosse una possibilità … l’opportunità che aspettavo da tempo. E invece, poi … -
Lo sguardo umido, lucido di sofferenza, in cui André riusciva quasi a specchiarsi, liberò una stilla di quel dolore soffocato, lasciandola scivolare sulla pelle, fino a insinuarsi sotto le sue dita, ancora accostate al viso di Oscar. L’immagine stessa di lei si fece opaca, lo stesso dolore silenzioso a pungere gli occhi e farsi lacrima sul suo stesso viso; una spina insinuata tra le pieghe nascoste dell’animo e poi un sospiro, cercando di controllare la propria voce. Parole libere, per portare almeno un poco di conforto a quella sofferenza ingiusta. André mosse il palmo dal viso e poi aprì le braccia in un gesto ampio, per richiuderle sulla schiena coperta di seta, portando un calore leggero sul petto, e per stringerla donandole tutto di sé, anche ciò di cui non poteva pronunciare il nome, sciolto in un dolore sordo e profondo nel proprio animo ferito da ricordi e confidenze appena udite.
- Mi dispiace così tanto, Oscar … se solo io non avessi osato … -
Oscar si lasciò chiudere in quell’abbraccio, il capo poggiato al petto vibrante dei colpi sordi di un cuore lacerato, gli occhi serrati e il respiro profondo, in cerca di un profumo che risvegliasse il sonno dell’anima.
- No, aspetta … - la voce nascosta sul cuore tornò a tremare tra le sue braccia; il capo si sollevò appena, cercando il suo volto – André, io … quella sera ho tentato, davvero … ma quello che sentivo mi ha … sconvolta. –
André cercò i suoi occhi ancora lucidi, ma ora soprattutto tormentati e incerti; aggrottò la fronte, cercando invano di comprendere quello sguardo incapace di andare oltre, di chiarire, di esprimersi e sciogliere quel nodo profondo che legava l’anima soffocandola.
- Sì, André … tutte le mie domande … e le risposte … i brividi, il castello di sogni che mi ero costruita … non tornava più nulla. Era tutto così … così spento, incomprensibile, confuso. – ancora uno sguardo implorante, che André accolse incredulo, incapace di leggerlo davvero – E poi io che … e il tuo arrivo … il bisogno di tornare a casa e … e … -
André non resse il suo sguardo, la chiuse ancora a sé, come su quel divanetto nel buio, come sul letto nel sonno spossato dopo le lacrime …
- Aiutami, André … - ancora un sussurro, sul suo petto – Aiutami ti prego. So che ti chiedo davvero tanto, più di quello che una … una donna potrebbe mai chiedere a un … a un uomo che … Ma ti prego, solo tu puoi. Solo con te io posso riuscire a comprendere … -
- Quello che vuoi, Oscar. Qualunque cosa … tutto quello di cui hai bisogno, fosse anche la mia stessa vita … - una risposta sfuggita senza poterla controllare, affidandosi a lei e accogliendone ogni debolezza, facendosi sostegno, culla, scrigno.
 
Oscar si sciolse dalla sua stretta, lo sguardo basso tornò ai suoi occhi, e le mani scivolarono dalle sue spalle, cercando le sue mani.
André avvertì il suo leggero tremare, il tocco lieve con cui le dita si insinuarono sotto i suoi palmi, accentuando un contatto prima appena intuibile. La vide guardarsi attorno, scorrere lo sguardo dal fuoco all’armadio, sulla sedia accanto all’uscio e poi sul piccolo tavolo da notte. Poi lei si volse verso il letto, fermandosi ad osservare il necessario per la toeletta, la brocca e il piccolo asciugamano pronto per la rasatura mattutina …
Le sue mani lo lasciarono, Oscar raggiunse il catino e poi afferrò l’asciugamano, dispiegando il telo e valutandolo per qualche istante, teso fra le braccia appena allargate, per poi lasciarlo così, in un involto morbido, sul bordo della bacinella. La scorse un istante riflessa nello stesso specchio ovale in cui la sera del ballo aveva trovato l’immagine della propria sofferenza … scacciata da quella nuvola bionda che ora mostrava allo specchio le spalle, dirigendosi verso lo scrittoio e poi tornando a mettersi di fronte a lui.
Un altro profondo respiro, nello sguardo il fuoco del camino ormai nel pieno vigore, e poi le mani portate ai fianchi magri, aggrappate alla stoffa lucida della fusciacca, le dita serrate fino a divenire bianche.
- Davvero, André … ? Vuoi aiutarmi a … – un’ultima esitazione, cui rispose annuendo, svelto e deciso.
- Per te, Oscar … qualunque cosa, solo per te … -
Allora il viso latteo si fece vicino al suo, impossibile fuggire dal suo sguardo, necessario rubarle fiato, inspirando appena, ma trovandosi perso nella sua presenza e nel sussurro che lei lasciava sfuggire dalle labbra – Perdonami, André … perché nemmeno io conosco la risposta ai miei dubbi … ma ancora una volta ho bisogno di te per fare luce nel mio animo … -
L’ebbe così vicina, in quegli istanti, che riuscì appena ad udire il fruscio della seta, mentre il braccio destro di Oscar si sollevava portando con se un lembo della fusciacca, disfacendo il fiocco che la teneva stretta e liberandola in una scia celeste. Oscar strinse le dita sulla stoffa, lucente della fiamma che pennellava sulla seta nuvole dorate, ruotò il polso, avvolgendo su se stessa la fusciacca, e poi piegò le braccia. Lo sguardo fisso in quello di Oscar, André riuscì appena ad intuire il fascio di stoffa farsi prossimo al volto, mentre gli celava la vista di lei. Chiuse d’istinto gli occhi, avvertendo il contatto leggero della seta, il tepore dei fianchi stretto tra le pieghe morbide della stoffa, il profumo vivo e avvolgente che scivolava sulle tempie, fino dietro al capo. La seta stretta sugli occhi, percepì i passi di Oscar, che muovendosi fino a sistemarsi alle sue spalle, tese un poco la fusciacca legandola saldamente sopra la nuca, lasciando una carezza gentile sulle sue tempie e posando poi le mani sulle sue spalle in un gesto delicato, ma deciso.
Rimase senza fiato, destabilizzato dal buio improvviso, come dal profumo intenso che lo aveva avvolto; cercò di mantenersi saldo, sorpreso e quasi incredulo, allargando un poco le braccia per recuperare famigliarità con i suoi stessi sensi, divaricando poi appena le gambe per ritrovare l’equilibrio perso, mentre una leggera vertigine gli toglieva ogni certezza e neppure riusciva a forzarsi ad immaginare cosa avesse indotto Oscar ad un gesto tanto insolito.
Si ritrovò, quindi, bendato, investito dal calore intenso della fiamma scoppiettante alla sua destra e destabilizzato dal sentore intenso di quella morbida stoffa legata sul viso …
Nel crepitio della fiamma, cercò di recuperare la percezione di ogni altro rumore, brusio o soffio … avvertì un passo leggero di cuoio su legno, alle proprie spalle, e intuì l’ombra rapida che gli tolse per un istante il tepore della fiamma; riconobbe un fruscio setoso proprio di fronte a sé … un movimento d’aria e di stoffa librata sopra il capo …
Trattenne il respiro, impedendosi di comprendere, fino a che la voce di Oscar non tornò a coprire la fiamma.
- Farai quello che ti chiedo, André? -
Deglutì, raccolse le ultime forze e le rispose ancora, deciso e votato a lei, pronto a rispondere a qualunque suo bisogno - Certo, Oscar … tutto quello che mi chiederai … -
- Allora cercami, André … -


Angolo dell'autrice: come annunciato, eccezionalmente di martedì, torna Il mio segreto, con un concentrato di dubbi di Oscar.
Svelato l'arcano della fusciacca; un unchino a chi aveva intuito come l'avrebbe utilizzata.
Mi ripeto, ma è doveroso: un grazie di cuore a chi legge, segue, preferisce, ricorda, recensisce e indaga, lasciandosi condurre in questo piccolo intrigo.
Un bacio, a presto

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Capitolo 16
*** Risposte ***


Risposte
 
Il crepitio della fiamma riempì il vuoto improvvisamente aperto nella sua mente.
Cercami, aveva detto Oscar, e in quell’istante, bruciato dalla consapevolezza di averla così vicina a sé, ancora non riusciva a scorgere quale significato potesse avere quella richiesta. Il petto scavato da un’emozione indefinibile, il respiro bloccato tra sterno e gola, André non seppe come obbedire, rimanendo immobile, fissando il nero sotto la seta stretta sugli occhi, perso nel buio macchiato dal bagliore della fiamma, dal quale era avvolto, e che pareva ardere fuori e dentro di sé.
Tentò di ascoltare ogni minimo soffio, oltre quel morbido scudo di seta che alterava i suoi sensi e annebbiava la mente; cercò di capire se lei si stesse muovendo o se l’avesse ancora lì, di fronte a sé … e per un istante gli parve di essere rimasto solo, quasi lei avesse potuto abbandonarlo, lasciando la stanza; solo allora si accorse di un rumore secco e improvviso. Riconobbe lo stridere acuto del chiavistello mosso fino ad incastrarsi nei fermi ostili di ruggine e comprese come lei, veramente, si fosse allontanata per un istante, ma solo per proibire al mondo di entrare nella stanza e violare quel loro momento. Pochi passi, finalmente percepiti e facili da intuire nel loro attraversare l’ambiente fino a raggiungerlo, portando un soffio delicato e inconfondibile che, insinuandosi tra sensi e anima, gli diede la forza di muoversi.
André sollevò lento le braccia ai lati del corpo, le dita tese, pronte a percepire un contatto e a impedirsi di violare il sacro, e poi le mosse attento, seguendo il respiro pieno di Oscar che ora riusciva a riconoscere nel brusio sommesso di braci e ciocchi che saturava la stanza. Iniziò a chiudere le braccia davanti a sé, cercando di giungere alle sue spalle, e incontrando, per prima, la morbidezza dei suoi capelli. Gli sfuggì un sorriso, trovandola finalmente , e chiuse appena le dita, riconoscendo immediatamente la sensazione setosa e lieve che per lungo tempo si era limitato a recuperare come ricordo lontano, immaginandolo. Giocò con l’indice, avvolgendo una ciocca, e lasciando che sfilasse lentamente, cercando poi il piccolo ricciolo appena modellato, saggiandone la forma. Si perse un  poco in quel contatto, come illudendosi di aver raggiunto lo scopo …
Un respiro pieno, un soffio deciso e impaziente, e André comprese di non aver ancora toccato la meta.
Seguì allora la massa morbida, sfiorò appena un lobo con la punta delle dita e raggiunse la guancia con la mano destra, mentre la sinistra seguiva, speculare, lo stesso cammino. Chiuse i palmi a coppa sulle gote di Oscar e il suo fiato caldo soffiò forte sui polsi, in una attesa tremante, mentre i pollici si muovevano lasciando carezze gemelle; aveva trovato la strada … il sentiero nascosto per quel tesoro caldo e delicato. Un nuovo sorriso, una luce timida nel proprio animo, prese vita al lieve chinarsi di Oscar, che, con il viso, di nuovo cerava il suo palmo. E in quella carezza leggera, dialogo tenero e silenzioso, le dita si aprirono, modellando la mascella e scendendo sul collo, per seguirne il profilo liscio, delicato e senza sporgenze, fino a disegnarne la curva alla base, in un ritratto dipinto nella memoria e plasmato nel silenzio, cercando e trovando la linea obliqua delle clavicole. Fu in quel contatto, sceso appena oltre la base del collo e aperto a cercare di allargare il disegno, che André si bloccò, sollevando d’istinto le mani dalla pelle.
Era sceso cauto, attento e delicato, cercando invano il contatto con quella nuvola di pizzo e seta che non aveva trovato, ed aveva così intuito la realtà che, come dubbio divenuto certezza, gli aveva fatto percepire la pelle nuda della spalla sotto le dita.
Rimase immobile, attento a non sfiorarla, ma con le mani aperte al di sopra della sua pelle, così vicina da poterne percepire chiaramente la presenza calda, oltre il tepore proveniente dalla fiamma del camino. L’esitazione gli serrò le labbra, lasciandolo incredulo, ancora incapace di comprendere.
L’animo bruciò l’attesa, perse gli attimi e la coscienza di quanto stesse accadendo, fino a che i polsi non vennero stretti dalla presa decisa di mani piccole, che forzavano il dubbio imponendo un nuovo contatto, finché lui stesso non riprese a muovere le proprie mani. Una carezza, riempiendo i palmi con le spalle un poco spigolose, e poi un movimento simmetrico, a riunire le dita sullo sterno, lasciando che i polpastrelli scorressero lenti sulla pelle, disegnando curve sinuose, cerchi e spirali, indugiando per ingannare nuove incertezze. Oscar si riempì di respiro profondo, sollevando lo sterno, trattenendo il fiato e inarcando la schiena, e André comprese quella sorta di attesa che lei stessa, silenziosa, lo chiamava a concludere …
Deglutì, le labbra strette, aride come un deserto desolato, la gola secca implorante sollievo, e inspirando a sua volta, comprese di non potersi fermare, spinto dal silenzio di Oscar e dalla forza del proprio bisogno di proseguire in quella follia di sensi, chiedendosi appena dove lo avrebbe condotto quel cammino …
Scese allora lento, due dita della destra ad aprire la strada, percorrendo il sentiero tra le dune, il polso sollevato ad evitarne attento le vette, le falangi tremanti di tensione inesplosa, nel realizzare quanto la tortura delle fasce, in quel momento gli avrebbe forse potuto dare sollievo e comprendendo come, al contrario, Oscar avesse scelto di lasciarsi scoprire dalla sue mani senza che stoffa o pregiudizio potessero separarli o celarli l’uno all’altra. Percorse il rio seguendo la destra con la sinistra, e ricongiungendole dove il ventre piatto si insinuava nel vuoto segreto dell’ombelico e disegnandone il contorno fino ad imprimerlo nella propria mente, riuscendo a visualizzare ciò che le dita avevano visto davvero. Indugiò ancora e poi scese, incontrando il profilo della stoffa e seguendone il filo in un segno orizzontale, allargando le mani fino a poggiare i palmi sulla pelle di Oscar, riempiendoli della seta calda della vita e premendoli appena per fermare il loro moto su quelle anse morbide.
Si accorse presto che lei si stava muovendo, allentò appena la presa, timoroso che volesse sfuggirgli, e a stento trattenne un singulto, quando si accorse che lei, al contrario, sembrava farsi ancor più vicina … Il fiato caldo divenne un soffio sul suo petto, una carezza leggera tra la pelle e la stoffa aperta sullo sterno, mentre la frangia morbida gli sfiorava il mento.
Solo allora, avvertì le sue mani poggiarsi sulle proprie, stringere un poco e poi lasciarlo, la pelle a scorrere sotto i propri palmi, un fruscio segreto il suo voltarsi fino a dargli a schiena, per ritrovarsi con le ciocche morbide a sfiorargli il petto, dove i lembi della stoffa lasciavano spazio alla pelle, e con le mani delicate ancora a stringergli i polsi.
In un istante, André tornò a quella notte, al corsetto strappato, al suo gesto folle, ripercorrendo in un sospiro il precipitare degli eventi lungo la china di un desiderio che gli aveva oscurato la ragione. Si bloccò, il segno di quella notte impresso nella mente, fino a fondere passione e colpa, in una macchia sulla’anima. Non osò muovere un solo dito, trovandosi condotto laddove i suoi sensi avevano smarrito la strada della coscienza.
Poi, all’improvviso, la sensazione di un tremore percepito sotto i palmi. Un fremito, le dita sottili ancora più salde sulle sue mani, e infine un invito, impossibile da non comprendere, quando sentì i polsi accompagnati in una nuova ascesa.
Tremò a sua volta, un brivido insinuato lungo la schiena e una fitta insolente e fiera, laddove l’uomo divenne esigente, mentre le mani ripercorrevano quel cammino breve che già una volta l’aveva portato all’oblio, ma in questa occasione consapevole di esservi condotto da Oscar e incredulo nel sentirla così docile … così decisa … così coraggiosa da tornare su quello stesso sentiero, accompagnandolo lei stessa sulla via dalla quale lui era fuggito.
Salì lento, e si stupì nel riconoscere quello stesso costato magro, la pelle tesa e poi … la stessa curva morbida sulla quale si era perduto; si sentì bruciare, ardere di desiderio e scottare nello sforzo di trattenersi, ma esplose in un sospiro e in un gemere soffocato, fino a chinare il mento sul proprio petto, quando lei lo chiamò a non fermarsi, scoprendo e cullando quella forma sulla quale pensò di poter morire …
Morbida e piena nei suoi palmi, la femminilità di Oscar gli si mostrò tutta, arresa e al contempo fiera, acuta nella forma mai vista e ora così pungente sulla pelle, fino ad annebbiargli la mente. Temette di non potersi reggere sulle gambe, avvertendo Oscar arretrare appena, fino a poggiare la schiena sul suo petto; le ginocchia rischiarono di cedere, quando lei si abbandonò al suo tocco, riversando il capo all’indietro, fino a posarlo sulla sua spalla sinistra. Mosse allora appena le dita, stringendo la presa su quella carne che non poteva vedere con gli occhi, ma che sentiva così viva e sensibile, scossa da fremiti profondi e mossa da respiri serrati. Oscar gli parve abbandonata completamente al suo sostegno, quasi lei stessa non riuscisse a reggersi, ansimante e arresa … poi un gemito sfuggì dalle labbra delicate …
Comprese di doversi fermare; si accorse di non poter continuare senza correre il rischio di perdere anche l’ultimo baluardo del controllo di sé, tanto da poter infrangere il velo sottile e fragile di ciò che Oscar gli stava chiedendo, perdendo magari la lucidità necessaria per comprendere quando lei avesse raggiunto il proprio limite …
Allora mosse le mani da quella pelle proibita, trasformando il suo tocco in un abbraccio pieno, stringendola a sé e cullandola un poco, desiderando di chiamarla, parlarle, sussurrarle dolcezza e amore infinito, ma imponendosi un silenzio che non violasse ciò che era impossibile rivelare.
Si sorprese quando lei, ancora ansimante, sollevò il capo dalla sua spalla, forzò appena in suo abbraccio e si voltò di nuovo, senza però permettergli di liberarla dalla sua presa. La sentì tornare vicina, fino a puntargli il suo orgoglio di donna sul petto, la camicia soltanto a separarli, e poi posare le mani sulle braccia, risalendo in una carezza lungo i muscoli, disegnando le sue ossa nel gioco delle spalle e fermandosi salde al di sopra delle clavicole. Il suo seno vibrante sul petto, il ventre appoggiato al suo, André si impose di inarcare la schiena, nascondendo il contatto delle proprie reni per celare il proprio innegabile desiderio, acceso e vibrante oltre ogni decenza.
Ancora tremò, André, quando lei parve aggrapparsi alle sue spalle e farsi forza, fino a cercarlo, portando la guancia morbida sulla sua e facendogli avvertire il suo respiro a vibrare sulla pelle della mascella. Comprese allora ogni movimento, l’angolo delle labbra di lei a sfiorare la piega esterna delle proprie, in un muto cercare il limite sul quale fermarsi a discernere … Le labbra delicate di mossero, divenendo umide in un gesto teso che sfiorò la sua guancia, e si aprirono ad un profondo respiro che sfiorò la sua pelle in una calda carezza, prima di violare il silenzio in un sussurro vibrante.
- Ho un corpo selvatico, che si piega all’istinto del cuore e rifiuta la ragione e le sue motivazioni … tu sai dare un nome a tutto questo, André? –
Un sospiro, l’unica risposta possibile; una stretta ancora più salda sulla schiena liscia e nuda, fu il suo invito a non abbandonarsi al dubbio.
- Io ho avuto paura – riprese lei in un nuovo soffio – perché conoscevo il fremito, la stretta del ventre che è brivido e piacere di un istante … Perché capivo come queste fossero le mie risposte, ma mi impedivo di comprendere quale fosse l’unica domanda possibile. – la presa sulle spalle si allentò un poco e il contatto al viso sfumò in un istante, mentre le mani risalivano lungo il collo per poi fermarsi sulla mascella in una carezza che si insinuava giocando appena con la pelle ruvida di un accenno di barba – Perché ho scoperto che cambiando la domanda … davvero la risposta non era più questa … -
Barcollò quasi, sostenendola e insieme tenendola stretta, recuperando l’equilibrio, mentre, ancora perso nel labirinto di quelle parole e nel buio della propria condizione, ripercorse in un volo tutti gli istanti in cui, dal giorno del ballo, e ancor prima di averla condotta a Corte, lei era apparsa titubante, tesa, dubbiosa … Recuperò ad uno a uno tutti i frammenti di quei giorni di incertezza, nei quali Oscar era parsa inquieta, ferito ancora una volta dal pensiero della donna fragile che aveva raccolto in quella notte senza precedenti, e nella sua mente alcuni dei frammenti disordinati di quel mosaico confuso parvero ricomporsi in un sospetto concreto.
- Oscar … - la chiamò piano, cercando di nuovo il suo volto e trovando la sua guancia sulla propria – Oscar … E’ per questo che quella notte tu cercasti di allontanarti da … -
La pelle vibrò sulla guancia, nell’annuire deciso di Oscar – Provai una vergogna infinita, la stessa che ancora mi chiude l’animo e mi soffoca, e che mi impediva di cercare le mie risposte … Compresi di non poter resistere oltre … riconobbi il disgusto … La pelle, le mani, un sentore dolciastro … il contatto con … il respiro … tutto mi pareva insostenibile, inaccettabile, anche se ancora non potevo ammetterlo. –
André tolse la mano dalla schiena di Oscar, muovendosi con inattesa sicurezza nel trovare il suo viso, per lasciarle una carezza, fermandosi con le dita sulla nuca, insinuate tra i capelli, mentre il respiro ritrovava lentamente la pace e la mente recuperava lucidità.
- Se tu non fossi rimasto alla reggia, io non so davvero cosa … - riprese lei, ma André non la lasciò proseguire.
- Tu eri davvero provata, quella sera. Io ti ho scorto nella cour e ho visto che ti accasciavi a terra! Non avrei mai potuto fare a meno di intervenire! Non avrei mai potuto abbandonarti … – le confidò scuotendo appena il capo.
- André io ho convinto il … io l’ho convinto a lasciarmi sola un istante, dicendogli che avevo accusato un leggero malore. Ma poi … mentre mi … sistemavo per poter abbandonare quella stanza, mi resi conto di avvertire davvero una strana sensazione … Avevo dei capogiri e anche l’impressione che tutto attorno a me fosse irreale … come sbiadito o persino velato di una nebbia strana, quasi dorata. –
André aggrottò la fronte sotto la seta, cercando di comprendere e muovendo la mano in una nuova carezza tra i suoi capelli morbidi.
- E’ in seguito a questo che hai perso i sensi? –
- Credo di sì – ammise lei – solo che quando mi risvegliai, ero già con te e altro non ricordo, se non di aver avvertito la tua presenza e il tuo … profumo, di averti riconosciuto immediatamente e di non aver desiderato niente altro che di rientrare a casa con te. –
Il capo di Oscar tornò sulla sua spalla, il viso incastrato tra collo e mento, il fiato caldo come un soffio sulla pelle appena sotto la piega della camicia, in un equilibrio di pace calda e pacata che pervasero i suoi sensi donando nuovo fuoco al suo corpo e al suo animo. Un brivido percorse la schiena, una sorta di richiamo disperato, che attraversò il suo corpo, puntando dritto al bisogno di placare un desiderio ormai disperato.
Si accorse di non poter affrontare oltre quel bruciore profondo che insinuato tra pelle e respiro, si stava impadronendo della mente, soverchiando la ragione.
André sospirò, e allargò il braccio sinistro trovando presto la forma dritta e semplice della sponda di fondo del letto, come un sostegno al proprio vacillare; fece scorrere la mano sul profilo di legno riconoscendo il contatto con una stoffa morbida, la afferrò e la portò al viso, inspirando appena e ritrovando in essa il profumo amato da una vita.
- Oscar, ti prego … ora mettiti questa … - la invitò piano, e lei si sollevò lenta dalla sua spalla afferrando la camicia dalla sua mano. Attese e comprese che Oscar era rimasta immobile, ancora troppo prossima al suo corpo, per essersi rivestita.
- Oscar … per favore … - ripeté, e solo allora ne intese i movimenti. André udì il fruscio della stoffa, il soffio dell’aria smossa dai gesti ampi, strofinio di seta e pelle, e poi di nuovo quel profumo, intenso e dolce, addosso a sé.
Il volto di Oscar accanto al proprio, le guance a sfiorarsi di nuovo, avvertì la stretta della fusciacca cedere appena e farsi morbida, fino a scivolare lenta dal viso, permettendogli di tornare finalmente a vedere anche con gli occhi. Trovò il viso chino di Oscar ad un soffio dal proprio, gli occhi chiusi sotto la frangia dorata e le labbra rosee serrate. Portò una mano al suo mento, con due dita la invitò a sollevare lo sguardo, ad aprirlo al proprio volto, e in un istante ritrovò il mare, immenso e lucido, di quegli occhi profondi, densi di emozione.
Un sorriso appena, scambiato ad un soffio dal suo, per poi sentire le braccia strette attorno a sé e accoglierla in un abbraccio forte e denso di sincera gratitudine e fiducia, oltre ogni timore e al di là di ogni possibile spiegazione.
- André, io vorrei poter … -
- Non dire nulla, Oscar. Ti prego … non dire nulla. – la rassicurò, con una nuova stretta attorno alla sua schiena, prima di lasciarla per permetterle di staccarsi dal suo petto, mentre un mano scendeva rapida a stringere la propria camicia poco sopra la cintola, tirando appena fino a sfilarne i lembi in un necessario tentativo di celare l’istinto ancora vivo – Si è fatto tardi … è meglio che torni nella tua stanza … Questa notte … davvero, non puoi restare qui … -
Oscar strinse le labbra e annuì, il viso rivolto al fuoco, colorato di fiamma e di emozione, mentre con gesti un poco tremanti si passava la fusciacca attorno ai fianchi per poi fissarla in un fiocco stretto, chiudendo la camicia arrangiata alla meglio nel profilo delle brache. Arretrò di un passo, per poi voltarsi e raggiungere la porta; afferrò il chiavistello, sbloccandolo e socchiudendo il battente, muovendosi veloce, come se una premura improvvisa l’avesse colta, tutta in quell’istante. André la seguì, accompagnandola alla porta e restò ad osservarla, mentre già apriva l’uscio per allontanarsi.
Poi, un attimo. Lei si bloccò sulla soglia, una mano allo stipite e l’altra alla maniglia; si voltò rapida e con un passo lo raggiunse di nuovo.
Le mani alle spalle e il suo capo ad un soffio dal collo, André trovò Oscar di nuovo tra le proprie braccia e non poté che accogliere, incredulo e perso, la sua guancia delicata premuta contro la propria pelle, e la massa morbida dei suoi capelli a sfiorargli il viso.
 Un contatto forte quanto rapido, ultimo sigillo silenzioso dopo il tempo infinito di quello sensuale e travolgente, un battito di ciglia oltre il quale Oscar era già svanita nel buio silenzioso del corridoio.





Angolo dell'autrice: a questo punto, ho poco da aggiungere... In questa matassa di sensi anche la notte del ballo ha guadagnato qualche dettaglio, per quel poco che Oscar è riuscita a dirci.
Un abbraccio e sentiti ringraziamenti a chi sostiene questo racconto... in qualunque modo. A presto


Nota del 15/04/2016: è con immenso piacere che aggiungo a questo capitolo l'opera di Alga, che si è lasciata ispirare dalle mie parole creando questo capolavoro. Grazie cara! Un bacione!

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Capitolo 17
*** Cannella e cioccolato ***


Cannella e cioccolato
 
Lasciando la stanza e richiudendo alle proprie spalle il battente scuro, André ebbe l’impressione di chiudere oltre quel pannello tutto quello che nella camera era accaduto non un secolo prima, come gli pareva fosse, ma semplicemente la notte precedente. Il corridoio deserto, illuminato indirettamente, solo dalla luce proveniente da alcune porte aperte, gli si mostrò come una lunga via d’uscita da una situazione che non credeva avrebbe saputo reggere ancora a lungo.
Il buio delle immagini che gli erano mancate era stato colmato con incredibile intensità da ciò che le mani avevano potuto scoprire, saggiare, trattenere e stringere, in un vortice di sensi e desiderio che per poco non l’aveva completamente travolto e che ancora, a distanza di qualche ora di sonno, e di un numero indefinito di sogni, tornava prepotente a turbare il suo corpo. Il solo pensiero di aver trattenuto Oscar, di averla accarezzata ed esplorata, prima con devozione e timore, poi con amore assoluto, trovandola arresa ed esposta al suo tocco d’uomo, lo lasciava in preda allo sgomento. Oscar si era affidata a lui, consapevole, almeno in parte, di quello che sarebbe accaduto; ne era certo, altrimenti lei non avrebbe avuto ragione di esitare, temendo di ferirlo e ipotizzando di poter avere una reazione violenta o di rifiuto nei suoi confronti. Oscar gli aveva espresso tutti suoi dubbi, aveva cercato di confidarsi, scoprendo il proprio animo fino nel tormento degli anni trascorsi alla ricerca di un’educazione adeguata al suo ruolo, ma poi aveva scelto di andare oltre, per scavare tra animo e corpo, ostinata fino allo stremo nella ricerca di quelle domande che, nello strazio del suo animo, dovevano apparire fondamentali. Aveva parlato di risposte di cui era ormai certa, e di domande che ancora non riusciva a far combaciare con le risposte del suo stesso corpo, in un discorso confuso, quanto sentito e sincero nella sofferenza che esprimeva. Poteva solo tentare di immaginare a quale tormento si fosse sottoposta per così lungo tempo, prima di accettare di esporsi in quel modo.
Eppure, nonostante le mani ancora bruciassero del ricordo di quella pelle proibita, dentro di sé non trovava nulla della disperazione che aveva conosciuto dopo che un contatto, nemmeno così audace, l’aveva indotto a fuggire strappando in un istante ogni possibile chiarimento. Il fatto che fosse stata Oscar stessa a cercarlo, chiedendo il suo aiuto, gli permetteva di godere di quelle sensazioni che sapeva proibite e irripetibili, forse rubate ad altre mani che avrebbero dovuto trarne piacere, e di farlo con una apertura d’animo che stentava lui stesso ad spiegarsi.
Nella sua mente riecheggiavano ancora i gemiti sommessi che erano sfuggiti dalle labbra di Oscar, trascinandolo in un’ombra di desiderio che non era stato davvero il caso di assecondare, e il suo abbandonarsi sul suo petto, il capo riverso sulla spalla  e il corpo scosso da fremiti …
Fermò i suoi passi sulla soglia della porta che conduceva al vestibolo delle cucine, portando una mano alla fronte e scuotendo il capo: doveva imporsi di pensare ad altro, o non sarebbe riuscito ad affrontare la giornata, e un nuovo incontro con Oscar, senza perdersi nel labirinto dei ricordi e dei sensi. Affondò le dita tra i capelli, cercando di calmarsi, consapevole che non sarebbe stato comunque facile ricominciare a vivere la sua esistenza di amico e di attendente, finché sotto l’uniforme di Oscar avesse continuato e scorgere la forma piena di ciò che aveva scoperto con mani e cuore.
- Avresti dovuto aspettare nel tuo appartamento, cara: di qui a poco ti avrei fatto portare il tuo vassoio direttamente là! – l’eco della voce squillante della nonna lo distolse dai suoi pensieri, colpendolo quasi, insieme al solido profumo, caldo di biscotti e spezie, che come un’onda densa lo raggiunse improvviso – Ma no, cara … siamo qui apposta! – una nuova pausa per poi riprendere – Ormai partite sempre prima, per recarvi alla reggia! Tra qualche tempo finirete per fermarvi laggiù anche la notte! 
Incuriosito, si avvicinò di qualche passo alla cucina, restando ancora celato dall’ombra del vestibolo, cercando di udire per intero la conversazione intessuta da Nanny. Si fermò ancora, prestando maggiore attenzione.
- Chissà dove sarà finito mio nipote! Quello scansafatiche starà ancora dormendo! – la lamentela di Nanny giunse ben chiara, mentre la risposta fu appena udibile.
- Non angustiarti, nonna, in fondo sono io ad essere scesa in anticipo … -
André sorrise tra sé, comprendendo quello che stava accadendo … e non indugiò oltre, prima di fare il suo ingresso nella spaziosa cucina.
- Buongiorno, Oscar. – la salutò, cercando di apparire il più naturale possibile, e accorgendosi di un lieve sussulto che l’aveva colta, non appena la sua voce aveva annunciato la sua presenza.
Lei era seduta al tavolo e con i gomiti poggiati al ripiano, reggeva tra le dita la sua tazza di tè, soffiando appena sul liquido caldo e sollevando una spirale di vapore al di sopra di esso. La vide rimanere con il viso rivolto al vassoio della sua colazione, portare la tazza alle labbra e soffiare ancora, prima di poggiarsi alla porcellana per trarre un sorso di liquido caldo. Osservò che era seduta al posto che aveva occupato da sempre accanto al suo, quasi fosse un invito ad andare ad accomodarsi al suo fianco, anche quella mattina, come era sempre stato e come se nulla fosse cambiato. Allora non attese oltre e si diresse alla lunga panca, scivolando sulla seduta fino a che il suo gomito destro non giungesse ad un soffio dal sinistro di Oscar, ignorando completamente l’invettiva che la nonna aveva preso a snocciolare non appena lui aveva messo piede in cucina.
- Buongiorno anche a te, nonna! – salutò con un ampio sorriso diretto verso l’anziana governante, che culminò nel suo sfogo con il gesto secco con cui abbandonò un vassoio sul tavolo di legno, spingendolo nella sua direzione, prima di scomparire oltre il varco del vestibolo da cui lo stesso André era giunto poco prima.
Lo sguardo ancora perso sulla porta in fondo alla cucina, André afferrò il vassoio, facendolo scivolare fino dinanzi a sé, per poi  chinarsi appena a soffiare sulla tazza di tè lasciata per lui dalla nonna, mentre un contatto delicato si faceva concreto sul suo avambraccio.
- Credo che tu sia in punizione. – osservò Oscar con lo sguardo sui vassoi e un’espressione divertita sulle labbra, e André sollevò le sopracciglia appena sorpreso da quella insinuazione, prima che lei proseguisse – Guarda tu stesso: la nonna non ti ha dato nemmeno un po’ di dolce, mentre a me ha riempito il vassoio! –
Allora sorrise e voltandosi verso di lei, trovò Oscar che lo fissava, le labbra tese e lo sguardo limpido, così perfetta e trasparente da togliergli il respiro, ma ora anche morbida, vellutata, sensuale e densa di una forma che sentiva ancora piena sotto le dita. Scosse appena il capo, restando al presente.
- Credo che tu abbia ragione … Deve aver deciso di mettermi in riga! – convenne.
- Eppure non mi sembra che vi sia nulla di cui rimproverarti, no? – gli chiese lei quasi canzonandolo.
Ma lui si fece serio, cercando lo sguardo blu con maggiore intensità - No? –
Lei non lasciò i suoi occhi, ma anzi assottigliò lo sguardo, spegnendo il sorriso per farsi semplicemente serena.
- No. Davvero, anzi … – e così dicendo, afferrò la fetta di gateau bréton[i] dal proprio piatto, staccandone un pezzo, per portarlo alle labbra di André – Prendi un assaggio di questo, prima che lei se ne accorga … -
André aprì la bocca d’istinto, accogliendo il dolce e richiudendo poi le labbra sulle dita sottili, trovandole ad indugiare in quel contatto ingenuo e sensuale al contempo, in cui si insinuava qualche briciola, rimasta sospesa tra pelle e pelle. Cercò quei frammenti dolci, raccogliendoli sulla pelle liscia, mentre sotto il palato il sapore morbido e burroso del dolce si scioglieva, mai così buono e caldo. La ringraziò con un sorriso, abbracciandola con lo sguardo più tenero e devoto, mentre gli occhi di mare sembravano indugiare sul suo istintivo inumidire le labbra raccogliendo l’ultimo riflesso di dolcezza rimasto su di esse.
- Prendine ancora un poco … - e così dicendo, Oscar afferrò il gateau dal proprio vassoio dividendolo in due parti con un gesto deciso, per porgerne una metà ad André. Portando la mano alla sua, ferma sul vassoio, attese che lui voltasse il palmo verso l’alto per poi depositarvi il dolce. André chiuse appena le dita, trovandosi a sfiorare quelle di Oscar, che indugiava nel trattenere il dolce, e poi strinse un poco, accentuando il contatto tra loro.
- Mascalzone! Ero certa che avresti finito per mangiare il dolce di Oscar! – inveì la nonna materializzandosi in cucina e precipitandosi al tavolo muovendosi con passo marziale, impettita e fiera, reggendo una leccarda – Guarda cosa ti ho preparato, bambina mia! – proseguì poi con tono amorevole – Biscotti alla cannella … i tuoi preferiti! Una delizia che ha conquistato anche la reggia di Versailles! –
Una nuova nuvola speziata avvolse l’atmosfera della cucina, smorzando persino l’aroma intenso del tè, mentre André osservava con interesse il vassoio di dolci ricoperti di cioccolato che la nonna aveva depositato di fronte ad Oscar.
- Oh … - un commento sorpreso sfuggì dalle labbra appena socchiuse di Oscar, intenta ad osservare i bastoncini disposti ordinatamente sul vassoio.
- Mangia, bambina! Altrimenti poi sarai affamata: uno stomaco vuoto non presta la dovuta attenzione … e tu, Oscar, hai tante responsabilità …  – le raccomandazioni presero a riecheggiare nell’ambiente, mentre la nonna si muoveva dall’acquaio alla dispensa, per poi svanire nel vestibolo, insieme ai passi suoi rapidi.
André allungò una mano sul vassoio, afferrando un biscotto per poi portarlo alle labbra, gustandolo con soddisfazione.
– Niente male davvero … - commentò - Forse mia nonna questa volta ha ragione: dovresti assaggiarli! –
Oscar parve però pensierosa, mentre scuoteva piano il capo – No, grazie, André … Tu serviti pure anche per me. –
André non se lo fece ripetere e ne prese più volte, mentre finiva di sorseggiare il suo tè, assaporando con gusto il delicato aroma di cannella sciolto nell’amaro morbido del cioccolato che ricopriva i dolci.
Oscar continuò ad osservare il vassoio, lo sguardo un poco perso oltre i biscotti, l’espressione assorta in pensieri lontani, fino a che la voce della nonna non tornò a tuonare di fronte a loro, un’ombra scura a velare il ripiano e quanto vi era posato, materializzata in una espressione torva e in pugni chiusi, puntati sui fianchi.
- Non hai intenzione di magiare proprio nulla, bambina mia? Nemmeno i miei dolci speciali? – uno sbuffo contrariato e poi passi strascicati, lamentele che si allontanavano riecheggiando verso l’atrio – La compagnia di quello svedese ti sta facendo male, Oscar! Io l’ho già inquadrato, quello: è l’unico ospite che abbia messo piede in questo palazzo senza fare onore ai miei biscotti speziati … -
André portò alle labbra l’ennesimo biscotto, incastrandolo tra i denti, sorpreso da quell’inconsueto lamentarsi da parte di Nanny, in una nota stridente con l’atmosfera serena del mattino. Rimase come immobile, un fastidioso stringersi della gola mentre le parole della nonna riecheggiavano nella mente e l’amaro si bloccava sotto il palato come un grumo denso impossibile da sciogliere, finché non si riscosse avvertendo Oscar muoversi al proprio fianco, sollevandosi dalla seduta.
- Se hai terminato la tua colazione, André … possiamo andare … -
Si affrettò ad annuire, terminando l’ultimo biscotto e portando poi le dita alle labbra, togliendo l’impronta scura del cioccolato rimasta sui polpastrelli, mentre già scivolava sulla panca per alzarsi a sua volta e seguire Oscar, come ogni giorno, verso gli impegni alla reggia.
 
Gli scacchi bianchi e neri scorrevano regolari sotto i suoi passi, in un’eco continua riflessa dall’alto soffitto di pietra, un susseguirsi di volte a crociera, nelle quali le vele al di sopra le grandi finestre ad arco si innestavano nella botte del lungo corridoio. Ascoltò il cozzare ritmato delle suole sulle mattonelle, rapito dalla singolare quiete che lo stava accompagnando, particolare alquanto curioso, considerato il fatto che stava percorrendo la galleria prospiciente il grande parterre e che era ormai quasi giunta l’ora dell’avvio del cerimoniale che avrebbe condotto alla cena e all’intrattenimento della serata e che solitamente accendeva tutta la reggia di preparativi a dir poco brulicanti. Gli parve di essere quasi sollevato, al sopraggiungere di voci dal vestibolo meridionale e poi dello scalpiccio dei passi che vibrarono lontani, da quello alle sue spalle.
Scrutò il parterre alla propria destra, osservando come gruppi di dame e uomini eleganti si stessero godendo il tardo pomeriggio di una giornata dal clima particolarmente piacevole e si sorprese un poco quando una figura alta comparve all’improvviso sul suo cammino.
Si volse d’istinto, arrestando i propri passi, e irrigidendosi un poco riconoscendo l’uniforme celeste e la capigliatura fluente del Tenente Girodel, che pareva essersi materializzato un passo avanti alla sua posizione. Puntò immediatamente lo sguardo al suo volto, intuendo il fatto che la comparsa del Tenente non dovesse essere legata a ordini servizio; un’espressione tesa velava lo sguardo solitamente tranquillo di Girodel, scurendo i suoi occhi e assottigliandone il taglio sul volto visibilmente pallido.
- Seguimi, André. – furono le sole parole che udì dalle labbra dal Tenente.
Non ebbe dubbi in merito alla necessità e all’importanza del richiamo di Girodel e si affrettò a seguire il nobile che rapido aveva lasciato la galleria scomparendo oltre il battente di una porta di servizio.
Guidato nella penombra dalla sagoma dell’uomo avanti a sé, André attraversò alcuni ambienti illuminati da doppieri dalle fiamme tremolanti, in cui il sentore di chiuso pungeva il petto prepotentemente; seguendo i passi rapidi del Tenente, si infilò in un corridoio stretto, fino a fermarsi di fronte ad una anonima porta ritagliata sulla nuda parete di pietra. Girodel si guardò attorno con circospezione, mentre lontano da loro, oltre l’apertura che conduceva ad un altro corridoio, un risuonare di passi pesanti, scanditi e regolari, come accompagnati dal ritmico schioccare di un bastone picchiato a terra, accompagnava il passaggio di alcuni uomini di servizio.
Attesero pazienti che il silenzio tornasse a riempire i corridoi e poi, assicuratosi che nessuno potesse vederli, Girodel aprì l’uscio e varcò la soglia, per affrettarsi a richiuderlo alle spalle di André.
 
[i] Il gateau bréton è un dolce tipico del Finistère. Ignoro se fosse già simile a quello attuale, ai tempi del racconto, ma tutto sommato, la ricetta è semplice e ha quel tocco tradizionale che mi piaceva nella cucina della nonna. Chi volesse cimentarsi, e non ha troppi problemi di colesterolo, può provare con 350g di farina, 350g di burro, 300g di zucchero e 6 tuorli d’uovo. Io l’ho provata … almeno una volta nella vita, credo si possa fare!

Angolo dell'autrice: con un po' di ritardo... ma anche questo aggiornamento è arrivato, insieme alla reazione di Oscar.
Un pensiero affettuoso a chi legge, segue, preferisce, ricorda e mi lascia il suo commento, impressioni e supposizioni. E a chi si è lasciato ispirare illustrando con passione il precedente capitolo.
Un abbraccio a tutti
A presto



Nota del 12/04/2016: avviso che causa fine settimana impegnato, il prossimo aggiornamento arriverà di martedì... mi scuso fin d'ora per il ritardo!

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Capitolo 18
*** Cera e polvere ***


Cera e polvere
 
Quello in cui si trovò, era un piccolo stanzino a mala pena illuminato da una feritoia aperta su un cortile interno, in cui riconobbe le fattezze delle piccole corti settentrionali. Si avvicinò alla stretta finestra, osservando dal vetro il via vai di inservienti attraverso l’angusto spazio aperto, e poi si ritrasse, temendo di poter attirare l’attenzione di uno dei passanti. Arretrò quindi, fino a nascondersi nel cono d’ombra oltre la finestra, le spalle al muro e lo sguardo basso, sul pavimento a mattonelle bianche e nere. Allora notò numerose scatole scure, accatastate l’una sull’altra a ridosso della parete cieca alla destra della finestra, poco distante dalla propria posizione. L’odore intenso di cera e polvere lo indusse a comprendere di essere stato condotto in uno dei tanti ripostigli destinati al deposito delle candele da utilizzare per l’illuminazione degli appartamenti nobili.
Girodel, intanto, era rimasto al centro del piccolo locale, le braccia conserte e il volto teso, sul quale la lama di luce proveniente dalla feritoia disegnava, nel chiaroscuro, un’espressione cupa e di evidente preoccupazione, le dita mosse da un tamburellare febbrile sulle maniche tese a fasciare le braccia. Il silenzio del Tenente indusse André ad attendere rispettandone l’atteggiamento chiuso, mentre l’inquietudine del nobile permeava il suo stesso animo, in quei minuti di attesa che parvero non avere mai fine.
D’un tratto, la porta iniziò a muoversi, aprendo uno spiraglio sottile tra battente e pietra, lasciando appena lo spazio necessario perché una giovane donna potesse fare il suo ingresso. Con un movimento rapido, la ragazza vestita della livrea scura delle inservienti degli appartamenti settentrionali[i] e uno scialle, forse nero, stretto sulle spalle, scivolò nella penombra, mentre il Tenente si affrettava a richiudere il battente alle sue spalle, serrando il chiavistello nella fessura scavata nella pietra, per poi voltarsi verso la giovane. La prontezza di Girodel suggerì ad André che quella visita fosse attesa … nonostante non riuscisse ancora a comprendere per quale motivo il Tenente l’avesse condotto in quel ripostiglio ad aspettare che li raggiungesse quella giovane. Fermo nella penombra, André riuscì ad osservare a mala pena la nuova arrivata, una donna che arrivava poco oltre la spalla di Girodel, dalla capigliatura folta e scura, i ricci raccolti e trattenuti da una cuffietta chiara; non ebbe modo di osservare altro, perché la sorpresa lo colse impreparato, quando vide la giovane stringersi al Tenente, affondando il capo sul suo petto e nascondendo le mani nel cingergli la vita.
- Oh Victor, finalmente! – esclamò la ragazza con tono che gli parve commosso, prima di lasciarsi andare a sommessi singhiozzi, senza riuscire a proseguire oltre.
André dischiuse le labbra, quasi incredulo, osservando come Girodel avesse chinato il capo e portato le mani alla schiena della giovane, stringendola a sé e lasciando lente carezze nel tentativo di tranquillizzarla.
- Tranquilla, Amélie … non ti accadrà nulla, te lo prometto. Farò tutto il possibile, perché non succeda più niente di simile … - mormorò Girodel, con il volto a sfiorare il capo della giovane, mostrando una confidenza e una dolcezza che colpirono André nel profondo dell’animo.
Osservò come l’uomo proseguisse nelle carezze sulla schiena della ragazza, senza quasi curarsi della sua presenza, mostrando una sincera preoccupazione per quella disperazione sciolta tra le proprie braccia.
- Non temere, – riprese poi, staccandosi un poco da lei – non temere e, ti prego, raccontami ancora quello che sai, perché io possa comprendere meglio … -
La giovane Amélie annuì, sollevando il capo dall’uniforme, e volgendo lo sguardo al volto di Girodel, che accennava un sorriso disegnando con le dita, in un gesto delicato, i ricci sfuggiti dalla cuffietta. Prese fiato più volte, il respiro ancora rotto, fino a recuperare un poco il controllo di sé, scacciando dal viso e dall’animo le lacrime sfuggite poco prima.
Solo allora, Girodel portando una mano alla spalla della ragazza, la indusse a voltarsi, perché si accorgesse del fatto che non fossero soli, e la giovane sussultò, portando la mano alle labbra e soffocando un grido di spavento - Oh! Santo cielo! - 
Tuttavia, Girodel fece salda la stretta della mano sulla sua spalla, rassicurandola – Lui è qui con me, Amélie. L’ho condotto io perché ti potesse ascoltare … -
- Ma … ma lui è … Io lo conosco! – esclamò puntando un indice contro André - Lui è l’attendente del tuo Comandante, Victor! Io non posso … Io non dovrei nemmeno essere qui … e nemmeno tu … Oh! Victor mi dispiace, io … - riprese concitata Amélie, per niente convinta dalle parole udite.
André sorrise appena, scorgendo e iniziando a comprendere la preoccupazione della ragazza, mentre Girodel riprendeva a scuotere il capo, mostrando sicurezza.
- Davvero, Amélie, è più importante che lui ascolti quello che sai … per il resto, sono certo che non ci sia nulla di cui preoccuparsi … - lo sguardo di Girodel corse ad André in cerca di conferme, e lui rispose annuendo, le labbra serrate nel mostrare tutta la propria comprensione e collaborazione.
– Ma tu ora calmati – riprese l’uomo – e spiegami di nuovo, dal principio, quello di cui già mi hai fatto cenno … -
Amélie allora portò le mani al volto, come rimanendo assorta e riordinando i propri pensieri, e poi lentamente le tolse, prendendo fiato. Accompagnata dal Tenente, si avvicinò di un passo, fermandosi di fronte ad André, ancora immobile contro la parete di fondo, e lui poté finalmente osservare il volto giovane, sul quale la luce opaca della piccola finestra disegnava un’ovale morbido e mostrava i lineamenti puliti, gli occhi scuri e grandi, le labbra strette e ben definite.
- Come ho già detto, quella notte, io presi servizio a tarda ora … - iniziò Amélie rivolgendosi al Tenente Girodel – e quando arrivai, notai subito che c’era qualcosa di strano. –
André aggrottò la fronte staccando le spalle dal muro e approssimandosi un poco alla ragazza, immediatamente incuriosito dalle sue parole.
Le mani strette ai lembi dello scialle, la giovane riprese - Gilbert, uno degli uomini a servizio, uno di quelli che contano, di quelli che gestiscono noi e i nostri compiti  …  mi spedì immediatamente all’appartamento e mi impedì di entrare nel vestibolo per lasciare il mio mantello, come faccio di solito. Io ubbidii, naturalmente, e non mi posi troppe domande. Ma poi, appena ne ebbi la possibilità, tornai al vestibolo, perché non mi era possibile occuparmi della biancheria e delle altre mansioni, con l’impedimento del mantello … -
- E poi? – intervenne André incuriosito, invitandola a proseguire.
Lei lo osservò, parve tentare di comprendere se davvero potesse fidarsi di lui, e André sorrise mostrandosi amichevole, cercando l’approvazione di Girodel.
- Puoi continuare, Amélie. Fidati. – la rassicurò ancora Girodel.
- Fu allora che … che li vidi. – mormorò ad occhi bassi, prima di risollevarli e riprendere – Nel vestibolo trovai Gilbert e altri uomini, tutti indaffarati in un angolo, intenti a borbottare, e mi parvero molto agitati. Sembrava che stessero litigando … sommessamente. Attesi in disparte, tenendomi in silenzio … udii imprecazioni, parole irripetibili … Li vidi trafficare con dei grandi teli, forse lenzuola, chinarsi nella penombra e spostare qualcosa che pareva pesante e difficoltoso da movimentare. Mi avvicinai, per capire … e riconobbi ai loro piedi due sagome stese a terra! Erano certamente due donne, vestivano la mia stessa livrea … e quegli uomini le stavano avvolgendo in quei teli, alla bene e meglio. Io … rimasi impietrita … e poi mi ritirai nel ripostiglio del vestibolo, per nascondermi … perché non si accorgessero che avevo visto! –
- Sono morte … - si lasciò sfuggire André, mentre Girodel annuiva – Le inservienti che non si trovano, quelle sostituite … sono morte quella stessa notte … -
Amélie annuì a sua volta, diretta ad André – Io non posso dirlo con certezza … ma ho visto quel gruppo di uomini caricare i fagotti in spalla e portarli via, attenti a non dare nell’occhio. Quello di cui sono certa, è che nei teli c’erano due corpi! Perché, pur nella penombra … io l’ho visto! Mentre attraversavano il vestibolo, passando giusto davanti al ripostiglio nel quale mi ero nascosta, io ho visto che dal telo è scivolata una mano … e ho riconosciuto la manica di un abito identico al mio … -
- E poi? – chiese ancora Girodel.
Amélie sollevò le spalle, piegando le braccia e portando le mani al grembiule candido che aveva legato ai fianchi, mentre le dita si stringevano nervose al pizzo che correva tutto attorno alla stoffa – E poi sono rimasta nascosta. Ho avuto paura … ho atteso che Gilbert e i suoi uomini si allontanassero e poi ancora, ho aspettato per essere certa che non facessero ritorno! –
- Hai visto altro, Amélie? – si intromise André – Davvero, è importante … quello che è accaduto, deve trovare una spiegazione … -
La ragazza sospirò, esitando a riprendere il suo racconto, ma poi parve cedere, dopo un ultimo sguardo scambiato con il Tenente.
– Quando lasciai il ripostiglio, incuriosita, andai a vedere l’angolo del vestibolo dove avevo visto il tramestio di uomini attorno alle donne. – ammise – Là, nell’angolo, c’è un tavolino con qualche sedia, dove capita che noi inservienti ci ritroviamo per discutere anche solo un attimo … o per organizzarci nei vari servizi. Ecco … mi sono avvicinata al tavolo, ma solo per pochi istanti. -
- Hai notato altro, Amélie? Armi, macchie, elementi che potrebbero far pensare ad una aggressione? – chiese ancora Girodel.
- No, Victor. – negò Amélie muovendo anche il capo – Niente spade, pugnali o armi simili … e nemmeno particolari macchie, in realtà. Non posso affermarlo con certezza, non avendo visto le due ragazze da vicino … ma quello che ricordo, è che i teli erano candidi, senza macchie di sangue. -
- Possibile che fosse rimasto niente sul tavolo o anche lì attorno? – sbottò Il Tenente rivelando un poco di insofferenza, e la giovane sollevò ancora le spalle, riprendendo a parlare.
- Oh, Victor! Cosa poteva esserci? Un vassoio macchiato e sporco di briciole, qualche biscotto, un paio di stracci impolverati, una scatola di candele, le sedie alla rinfusa attorno al tavolo … niente di particolare, tutto sommato. Le ragazze, non c’erano più … L’unica cosa che è rimasta, è lo scialle di Rose, quello che teneva sulle spalle per raggiungere la reggia. L’ho trovato nel ripostiglio, dove anche io sono solita lasciare il mio mantello, e l’ho tenuto, nella speranza che qualcuno potesse consegnarlo a sua madre. Ma nessuno si è più presentato, e dopo che ho saputo della sostituzione di Rose e di Marie … ho compreso. – concluse Amélie.
Girodel si volse ad André, rimanendo in attesa; André scosse lento il capo, mentre l’amarezza per quanto avvenuto quella notte cresceva ancora e, oltre alla preoccupazione per la fumosa vicenda legata ad Oscar e al Conte, si aggiungevano i dubbi per la fine misera e ingiusta toccata alle due inservienti. Non riusciva a superare la convinzione che tutto fosse in qualche modo legato … Chiuse gli occhi, serrò le dita sui palmi, ripercorrendo con la mente la sequenza di immagini di cui aveva avuto testimonianza, miseri ritagli di buio nella luce effimera del ricevimento a corte. Pensò alle parole del conte di Fersen, agli scarni ricordi di Oscar, a quanto udito da Amélie … finché la voce di Girodel non lo richiamò al presente.
- Tu sai a quali servizi fossero assegnate le due ragazze, quella notte? –
Aprendo gli occhi, André tornò al Tenente e alla giovane inserviente, mentre un brivido profondo percorreva la schiena in un sentore di disagio che non riusciva ancora a motivare completamente.
- Erano di servizio nell’appartamento sul parterre settentrionale e, naturalmente, nelle stanze sulla Cour de Marbre. Non credo che si siano allontanate da questi ambienti del piano terra e comunque, durante i balli, questa è una zona tranquilla. Le Mesdames, ammesso che partecipino ai ricevimenti, rientrano presto, solitamente, e noi le assistiamo nel prepararsi per la notte. Poi, per il resto del tempo, restiamo a disposizione … e ci intratteniamo nel vestibolo, controlliamo i lumi, riordiniamo le stanze e, quando ci è possibile, rimediamo qualche avanzo di quello che viene servito ai banchetti. –
Girodel sospirò sonoramente – Evidentemente, le due giovani hanno assistito a qualcosa a cui non avrebbero dovuto assistere. –
André annuì alla riflessione del Tenente – Lo credo anche io, Girodel. La zona è tranquilla e loro erano probabilmente qui in attesa di ricevere ordini … Ora è necessario comprendere cosa abbiano potuto vedere o sentire … -
- Esatto. – convenne Girodel – Ma a questo punto ritengo che sia necessario cercare altrove, ed è bene che tu vada, Amélie, prima che qualcuno ti cerchi … -
André vide la giovane arretrare, avvicinandosi alla porta – Vi ringrazio, Amélie. Vi ringrazio per quello che ci avete raccontato … -
Un accenno di inchino, mentre già il chiavistello scorreva nei supporti, e poi Amélie si bloccò di nuovo voltandosi verso Il Tenente Girodel – Potete consegnare voi lo scialle di Rose a sua madre? La sua casa è fuori dal borgo e per me … -
Girodel portò le mani alle spalle di Amélie, che già si stava sfilando lo scialle, e poi si volse immediatamente verso André, che annuì serrando le labbra – Certo, Tenente. Spiegatemi come raggiungere l’abitazione. –
Afferrato l’indumento, André rimase assorto, lasciando che le dita scorressero sull’intreccio di lana grezza e scura, che un poco gli ricordava il copri spalle che, ancora bambino, aveva visto prendere forma tra sotto l’abile gioco di dita e ferri di Nanny. Un velo di tristezza calò sul suo animo, mentre il pensiero tornava al tragico destino della giovane inserviente.
Si accorse dal leggero frusciare di stoffe, che Amélie non aveva ancora lasciato il ripostiglio; udì parole appena sussurrate … e si impose di mantenere fisso lo sguardo sulla lana, mentre quello scambio sommesso aveva luogo.
- Amélie, come sta Jules? –
- Bene … si è levato in piedi, sai? E inizia a chiamare il mio nome … Meì … Gli sono cresciuti tanti capelli … e i suoi occhi sono così chiari … -
- Tornerò presto, te lo prometto … farò il possibile. Intanto, però, tieni queste … - un tintinnare nascosto nella stoffa a seguire le parole, prima di svanire sotto altra stoffa.
- Grazie Victor … -
- Vai, Amélie … e fai attenzione, ti prego … Io farò il possibile perché tu possa lasciare questo servizio al più presto … ma in questo momento se ti portassi via … susciterebbe sospetti …  - ancora un fruscio, uno schiocco leggero, un respiro appena spezzato e poi un nuovo mormorare – Fidati di me … e fai attenzione … -
Al rumore del battente chiuso contro la pietra, André tornò a sollevare lo sguardo, percorrendo l’uniforme velata dall’ombra e le sue decorazioni scurite nella poca luce del piccolo ambiente, fino a giungere al volto di Girodel, che sembrava attendere l’incontro con i suoi occhi. Lo osservò senza pronunciare alcuna parola, sostenendone lo sguardo profondo e aperto, aspettando un suo cenno, finché il Tenente non tese le labbra in un sorriso.
- Ora sai, André … Io spero solo che … - esitò appena, e lo sguardo chiarissimo parve velarsi di una sorta di commozione.
- Sono felice per voi, Girodel. – si intromise André - Per il resto, non avete nulla di cui temere. -
 
[i] Riporto fedelmente le notizie avute da chi ne sa più di me … Pare che nella zona settentrionale della reggia, così come nell’appartamento del Re, le inservienti vestissero una livrea blu. Grazie Queen!

Angolo dell'autrice: eccomi, finalmente! A voi questo nuovo tassello della vicenda! Per il prossimo, l'appuntamento è a martedì prossimo... Il segreto si scambia ancora con il Lupo di Pamina (che ringrazio!) per non farvi mancare la lettura di inizio settimana...
Spero che la cera stipata nel ripostiglio possa bastare per festeggiare il compleanno dell'amica lettrice che compie gli anni oggi... ;)
Un bacione a chi persevera nel leggere, seguire, preferire, ricordare, commentare e indagare... Grazie a tutte e a presto!

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Capitolo 19
*** Il prezzo del silenzio ***


Il prezzo del silenzio
 
Sollevò lo sguardo dal foglio dai contorni strappati che solo qualche tempo prima gli era stato consegnato da Girodel, dopo aver letto e ripetuto mentalmente, e per l’ennesima volta, il nome scritto con grafia pulita dal Tenente stesso. Non c’era ombra di dubbio; non si era sbagliato.
Raddrizzandosi appena, si guardò attorno, cercando di verificare se l’uomo in questione avesse fatto ritorno alla scuderia; sapeva che presto ce lo avrebbe rivisto e temeva il fatto di rischiare di incontrarlo altrove, magari in un luogo più famigliare ad entrambi, ma dove non avrebbe avuto la possibilità di affrontarlo apertamente.
La scuderia apparve quasi deserta, animata solo dal caldo e sommesso movimento dei cavalli che vi trovavano riparo durante il giorno, mentre i legittimi proprietari erano impegnati all’interno della reggia; nell’atmosfera polverosa e umida della stalla, scrutò fino oltre la zona con i box riservati agli ospiti più altolocati, controllando fino l’area dove i cavalli venivano semplicemente assicurati alle barre in ferro appositamente predisposte. Sullo sfondo, in penombra, poté appena intuire un gruppo di inservienti intenti a discutere tra loro, le voci sommesse, i gesti sciolti e amichevoli, come in un qualunque momento di svago tra amici. Scosse il capo e strinse le dita alle redini di Alexander, muovendosi verso l’uscita e conducendo con sé il cavallo.
Sull’ampio spiazzo antistante le scuderie, Oscar già lo attendeva in sella a Cesar, sagoma sottile e slanciata, che si stagliava fiera nell’abbaglio della piazza aperta sull’accesso alla reggia.
La scorse di spalle proprio mentre si voltava nella sua direzione, le ginocchia strette sul corpo di Cesar, le cosce fasciate dai pantaloni bianchi e i fianchi magri disegnati dalla stoffa in un tratto invisibile quanto affascinante. La coda della giacca aperta dietro la sella, la cintura scura stretta alla vita sottile e le braccia poggiate al profilo della cavalcatura, con le redini strette tra le dita, Oscar lo attendeva tranquilla, con il mento chino sul collo e uno sguardo vivace appena intuibile.
- Sei pronto, André? – gli chiese con un sorriso, e André non poté che rispondere a quella espressione velata di serena confidenza, con un nuovo sorriso. Si accorse di come lei lo seguisse nei suoi movimenti, le si avvicinò trattenendo a sé Alexander e portandosi giusto ad un passo da Cesar, senza mai lasciare il suo viso, in un rimando costante di sguardi, un dialogo silenzioso e pacato, fatto di confidenza palese e fiera.
Fattosi più prossimo, la spalla quasi a sfiorare il suo stivale, André, sollevando il braccio e mostrando l’involto scuro stretto tra le dita, le chiese – Oscar, sulla via del ritorno a palazzo, vorrei fermarmi un istante a restituire uno scialle nella dimora di una inserviente della reggia … -
Oscar drizzò la schiena e aggrottò la fronte, mostrandosi sorpresa, forse addirittura contrariata.
- E da quando ti occupi degli indumenti delle inservienti della reggia, André? – gli chiese immediatamente con un tono acuto, tradendo un’ombra di insolita preoccupazione, che quasi fece sorridere André.
- Non temere, Oscar … Lascia che io consegni questo scialle e che parli con la madre della inserviente a cui apparteneva … e poi potrò spiegarti ogni cosa. – cercò di tranquillizzarla.
Il silenzio di Oscar rispose al suo tentativo di renderla quieta. Un sopracciglio sollevato, un gesto nervoso a incitare Cesar a partire, e una scossa secca con il capo per ravviare i capelli oltre la spalla, Oscar si mosse dal piazzale senza attendere oltre.
André scosse il capo, quasi divertito nello scoprire una Oscar insolita, che faticava quasi a riconoscere, ma della quale riusciva a intuire un nuovo moto dell’animo; saltò agile in sella e si apprestò a seguirla, attraversando la piazza per avviarsi verso la via che, tagliando il borgo di Versailles verso occidente, li avrebbe condotti a palazzo Jarjayes.
 
Dopo aver assicurato le redini di Alexander ad una sorta di basso steccato, André si rivolse a Oscar che, scesa a terra, lo osservava in silenzio, con le labbra appena arricciate.
- La casa dovrebbe essere questa. Puoi attendermi solo un istante, per favore? – le chiese affabile.
Ne ebbe in risposta solo un cenno di assenso, mentre già lei levava lo sguardo a osservare il tetto un poco disfatto della piccola dimora.
Lo stesso André si fermò percorrendo i contorni dell’edificio davanti al quale si erano fermati: si trattava di una costruzione isolata, appena fuori dal borgo, piccola e ad un solo livello, forse una stanza, o al massimo due, di quelle che i contadini occupavano a ridosso dei campi sui quali svolgevano il loro lavoro, anche se, tutto attorno, la campagna aveva un aspetto trascurato, come fosse stata abbandonata a sé stessa ormai da tempo, e grovigli di erbacce e sterpaglie si levavano in più punti rubando la terra grumosa e brulla alla vista del cielo. Sulle mura scrostate in più punti, si aprivano una piccola porta e, alla destra dell’ingresso, due sole finestre dagli scuri sgangherati e storti. Avvicinandosi alla soglia, André osservò il battente fessurato in più punti, ed esitò qualche istante, prima di bussare. Picchiò con le nocche sul legno qualche colpo deciso, prima di mettersi in attesa, raddrizzando un poco la schiena. Non tardò ad udire passi lenti all’interno dell’abitazione, farsi vicini fino ad arrestarsi, mentre il battente si muoveva lasciando una fessura tra sé e lo stipite.
Una donna magra e consumata, vestita di un abito scuro e semplice che aveva certamente vissuto tempi migliori, e con il capo coperto da un sorta di cuffia, fece la sua comparsa, restando silenziosa a scrutarlo con il fare di una fiera diffidente.
- Buona sera, Madame. – esordì - Mi chiamo André Grandier e sono un attendente di servizio alla reggia … -
A quelle parole la donna gli parve sorpresa; arretrando di un passo, cercò di richiudere il battente senza nemmeno parlare, ma scuotendo un poco il capo in un gesto di palese ritrosia.
- Aspettate, Madame, vi prego. Io vengo solo per consegnarvi questo scialle … - cercò di spiegarsi André, bloccando il battente con un braccio e sollevando l’altro per mostrare l’involto scuro alla donna – Me lo ha consegnato Amélie … lei mi ha chiesto di portarvelo. –
Allora la donna tornò vicina, lo sguardo perso sullo scialle e una mano aperta sul legno – Amélie … vi ha dato questo, Monsieur? –
- Sì, Madame. – confermò André - Lei mi ha indicato dove portarlo e a chi consegnarlo. So che era di vostra figlia Rose, e io vorrei solo porvi qualche domanda … -
- No! – la donna si fece rigida, lo sguardo tornò scuro – Rose è partita … è andata lontano, per lavoro. Non credo che farà ritorno … - si affrettò a dire, mentre con una mano strappava lo scialle dalla presa di André, stringendolo poi al proprio petto – Io non so altro … non posso dirvi altro. – concluse infine.
André udì dei passi farsi vicini, alle proprie spalle, intuì la presenza di Oscar, mentre la donna arretrava di nuovo, cercando di nascondersi nella penombra della sua abitazione, tenendo lo sguardo, improvvisamente impaurito, fisso sull’uniforme scarlatta, sulla fascia dorata e sulla spilla a otto punte.
- Madame, vi prego: non avete nulla da temere. Io so che vostra figlia non è affatto partita per cercare lavoro lontano da Versailles … E’ questo che vi è stato detto di affermare? – cercò di incalzarla André, mentre la donna continuava ad osservarli, lui e Oscar, scuotendo un poco il capo, evidentemente intimorita e sospettosa.
André sospirò e poi riprese – Madame, noi non abbiamo nulla a che fare con coloro che vi hanno imposto di mentire … Né io, né il Comandante qui con me. Dovete credermi, davvero. – cercò di insistere, mentre si volgeva ad Oscar, che annuiva seria restando in silenzio – Se così non fosse, Amélie non mi avrebbe chiesto di riportarvi lo scialle, non credete? -
La donna, si fece pensierosa; esitò ancora, osservando André, fermo sulla soglia di casa, e poi Oscar, un poco più indietro, prima di muovere il braccio in un gesto lento, spalancando il battente e arretrando - Venite dentro. –
Allora André avanzò nella penombra, scoprendo all’interno dell’abitazione un piccolo ambiente spoglio, dove pochi arredi, poveri ed evidentemente logori, rendevano un poco accogliente l’angusta dimora. Alla luce incerta di un unico, piccolo, lume, André vide un tavolo, sul quale riconobbe qualche stoffa e l’occorrente per lavori di rammendo lasciati alla rinfusa, alcune sedie disposte attorno alla mensa, un camino spento sulla parete opposta all’ingresso, e una sorta di credenza sulla quale intravide qualche stoviglia sbrecciata; e poi un piccolo varco aperto, forse, su una sorta di camera da letto.
La donna si avvicinò al tavolo, dandogli le spalle e restando assorta nei propri pensieri, prima di voltarsi tornando a scrutarlo con sguardo triste.
- Cosa sapete, voi, della mia Rose? – chiese in un soffio.
André si morse le labbra, incerto su quanto fosse giusto rivelare, non potendo immaginare cosa davvero fosse stato detto alla madre della giovane inserviente. Udì appena il cigolio della porta, si volse e vide Oscar ferma sulla soglia, lo sguardo fisso sul pavimento di terra battuta e le dita strette alla maniglia consumata. Tornò alla donna e, schiarendosi la voce, cercò di parlare.
- So che Rose non presta più servizio alla reggia da alcuni giorni ormai e che senza una plausibile motivazione non si è più presentata al lavoro; so che ha lasciato lo scialle, che certamente non avrebbe abbandonato di proposito, e so che probabilmente … è rimasta coinvolta in una questione  poco chiara. Forse ha assistito a qualcosa a cui non avrebbe dovuto assistere … o chissà cosa altro … - esitò a proseguire, fissando la donna e implorando aiuto – Anche per me è importante conoscere la verità, Madame. Posso immaginare il vostro sconforto … ma sappiate che la notte della scomparsa di vostra figlia, altri fatti, tuttora inspiegabili, sono accaduti negli stessi appartamenti in cui Rose era di servizio. Vi prego … qualunque cosa sappiate, di raccontare, perché altre persone potrebbero essere state coinvolte … o esserlo in futuro, e pagarne le conseguenza a caro prezzo, pur non avendo nessuna colpa. -
La donna chinò il capo, distogliendo lo sguardo da André, portando le mani al volto e soffocando un singhiozzo, mentre le spalle prendevano a sussultare. Attese qualche istante, scuotendo il capo, prima di trovare la forza liberare i propri ricordi.
- Erano tre uomini che non conoscevo; giunsero qui nella notte … picchiando i pugni sull’uscio fino a svegliare me e i miei figli più piccoli. – si fermò un poco, il respiro rotto dal pianto, mentre André le si faceva più vicino, posando una mano sulla sua spalla, stringendo appena sulla stoffa ruvida dell’abito. Lei lo osservò un istante, prima di riprendere - Non li avevo mai visti … non sapevo chi fossero. Mi dissero solo che venivano dalla reggia, entrarono in casa e posarono tre monete sul tavolo dicendomi che mia figlia non sarebbe più tornata a casa. Aggiunsero che per me e per chi mi avrebbe chiesto di lei, Rose era partita per lavorare lontano da Versailles. Compresi subito che quelle monete erano il prezzo del mio silenzio … ma io non potevo accettare di non sapere la verità … –
La donna si fermò ancora, uno strazio continuare il suo racconto, e così André scostò una sedia dal tavolo, invitandola a sedersi e accompagnandola mentre si abbandonava sulla seduta.
- Madame … siete riuscita a vedere vostra figlia, ancora una volta?  - le chiese André, mentre la donna si asciugava le lacrime con il grembiule logoro che portava ai fianchi.
- Dovetti insistere … pareva avessero ordini precisi … Alla fine lasciai a quegli uomini le tre monete che mi avevano appena consegnato … e ottenni di sapere di più. –
Andrè si chinò piegando le ginocchia fino a terra, facendosi vicino alla donna, mentre lei riprendeva a parlare – Mi condussero fuori … avevano un piccolo carro, fermo a poca distanza da qui, lungo la via, e su di esso era sistemato un fagotto bianco. Avvicinandomi … la vidi. Era avvolta in un lenzuolo … vestiva i suoi abiti, come sempre, e sembrava addormentata; ma aveva gli occhi cerchiati … e … oh! Santo cielo! –
La donna riprese a piangere, celando il viso con le mani, i singhiozzi serrati a spezzare il racconto, e così André attese, paziente e comprensivo, lasciando delle carezze gentili sulle spalle della donna.
- Io non so davvero cosa possa esserle accaduto … era esattamente come quando aveva lasciato questa casa, con i capelli raccolti, ben pettinati, e la veste pulita, in ordine; ma era solo un poco … -
- Madame … perdonatemi. Vi prego di dirmi se ricordate qualcosa … se avete notato anche solo un particolare, il più insignificante, di ciò che avete potuto vedere. So che è doloroso … ma per me è importante conoscere ogni dettaglio … -
La donna tornò ad osservarlo, lo sguardo sofferente, umido e ferito; strinse le labbra, una smorfia di dolore sul volto consumato dal tempo e dagli eventi – Una cosa l’ho vista, Monsieur … e non la scorderò mai. Le ho preso le mani tra le mie … per stringerle ancora una volta, prima che la portassero via da me … per sempre; le portai al volto, per baciarle e lasciare le mie lacrime con lei … e rimasi sorpresa … scoprendole un poco gonfie e soprattutto sporche di qualcosa di scuro. Sì … le dita erano sporche, scure … ma profumate. Avevano un profumo … buono che persino io ho potuto riconoscere: erano sporche di cioccolata … La mia Rose aveva mangiato della cioccolata … Lei non mangiava mai quasi nulla a casa, per non togliere cibo a noi … e poi cercava di rimediare degli avanzi durante il servizio; io le dicevo di fare attenzione, perché temevo che questo le potesse causare dei problemi. Quella sera, mi aveva parlato di un ricevimento e non aveva toccato cibo, confidando nei vassoi ritirati dagli appartamenti privati. Per questo l’ho notato … e ho pensato che l’abbiano forse scoperta, che l’abbiano punita per quello che ha fatto … -
André annuì raccogliendo le parole della donna – Potreste avere ragione, Madame. –
- Qualche volta, era riuscita a portare qualcosa di buono anche per noi, di ritorno dal servizio, perché dalle stanze in cui era a servizio, avanzavano sempre vassoi di prelibatezze … - soggiunse la donna con un sorriso amaro – Chissà che qualcuno non se ne sia accorto … . -
- Capisco … e vi ringrazio per quello che mi avete confidato, Madame. Io farò il possibile per comprendere cosa sia accaduto quella notte, anche a vostra figlia, perché nulla del genere debba più accadere. –
 
Aveva raggiunto l’uscio arretrando lentamente, e poi, lasciato un ultimo cenno di saluto alla madre di Rose, aveva varcato la soglia, richiudendo il battente davanti a sé, restando per qualche istante assorto, con lo sguardo confuso sulla superficie scrostata e irregolare del legno. Poi, con una certa cautela, si era voltato a cercare Oscar, certo che ormai fosse impossibile rimandare ulteriormente il momento di un aperto confronto.
Nella luce fioca del sole scivolato oltre la vegetazione lontana, la scorse in piedi ad un passo dallo steccato dove Cesar e Alexander erano ancora assicurati, in pacata attesa. Ferma, ritta accanto ai cavalli, Oscar gli dava le spalle e teneva il capo chino, mentre le braccia erano sciolte lungo i fianchi e i pugni serrati sfioravano le cosce. André si avvicinò, fermandosi accanto a lei, osservandola silenzioso, mentre il capo si levava lentamente e il suo sguardo scuro e profondo lo raggiungeva, vibrante e tormentato.

Angolo dell'autrice: dopo la pausa festiva e approfittando della disponibilità di Pamina e del suo Lupo, torno con il ritmo consueto e con qualche ghiotto dettaglio per l'indagine. Un saluto e un bacione a chi legge, segue, ricorda, preferisce, lascia commenti e indaga!
A lunedì!

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Capitolo 20
*** Veleni dell'anima ***


Veleni dell’anima
 
- Cosa significa tutto questo, André? – gli chiese quasi a labbra strette e André tornò a lasciare un ultimo sguardo alla piccola dimora, cupa dell’ombra del tramonto e avvolta dalla nebbia del dolore soffocato e silenzioso, dalla quale l’eco di singhiozzi e pianto giungeva sommesso.
- Cosa mi stai nascondendo? Lo sai bene che io mi fido ciecamente di te … - riprese tradendo inquietudine e preoccupazione, mentre istintivamente arretrava appena, allontanandosi da lui.
- Avrei dovuto parlartene subito, lo comprendo. – ammise André cercando il suo sguardo e facendosi appena incontro a lei – Ma ero semplicemente preoccupato per te e non avevo nessuna intenzione di mentirti o nasconderti alcunché. Avevo solo molti dubbi e sentivo la necessità di fare chiarezza. Solamente, non avevo idea di quello di cui sarei venuto a conoscenza. –
Oscar lo osservò con gli occhi puntati su di lui, il tempo di un respiro, forse necessario per scacciare dubbi e incertezze insinuate tra loro dalla nebbia densa di quella sera ancora avvolta nel mistero. Ma poi annuì con il capo, stringendo le labbra, mostrando di comprendere; sollevò una mano e il contatto leggero, sul braccio di André, anticipò di un istante una nuova domanda.
– Tutto questo, quindi, è legato a quella notte, André? – chiese preoccupata con un gesto del capo ad indicare l’ombra scura della piccola casa.
André liberò la conferma con un sospiro – Già … La figlia di questa donna prestava servizio negli appartamenti del piano terra, quella notte; ma, inspiegabilmente, la mattina venne sostituita, così come un’altra giovane ugualmente in servizio insieme a lei. Poi ho saputo che qualcuno aveva visto degli uomini avvolgere due corpi dentro a dei teli, nel vestibolo delle inservienti … molto probabilmente, per farli sparire senza che nessuno sapesse nulla. –
Oscar sgranò gli occhi a quella rivelazione e André si limitò ad annuire, nell’attesa che lei facesse sue quelle rivelazioni.
- Le hanno uccise? – chiese Oscar quasi incredula – Le hanno uccise ad un passo dalla stanza dove mi trovavo? –
- Di questo non posso essere certo. Sembrerebbe così, perché quegli uomini hanno fatto sparire i loro corpi … eppure chi le ha viste, sostiene che fossero in ordine, pulite, perfette … e che nel vestibolo non ci fossero segni di lotta, né armi, né macchie sospette. – chiarì André allargando le braccia in un gesto di impotenza.
- Quindi sembrano semplicemente … morte. Senza una spiegazione plausibile … - sottolineò Oscar.
- Esatto … e già questo sarebbe sufficiente per far sorgere dubbi. – precisò – Non si muore semplicemente stando al tavolo in attesa di … - ma poi si arrestò, un pensiero a balenare per un istante legando insieme con il filo dell’intuizione una serie di dettagli, ricordi e pensieri apparentemente sfusi, nell’arabesco di una ipotesi che si fece preoccupazione.
Si raddrizzò di fronte a lei, le labbra socchiuse e la fronte aggrottata, portando le mani alle braccia sottili e stringendo appena, dando sfogo ad una improvvisa preoccupazione – Oscar … quella notte … nell’appartamento dove … dove … -
Oscar si irrigidì sotto la sua presa, disagio e pudore a tendere i nervi, rapida nel comprendere a cosa André si stesse riferendo. Scosse appena il capo, tendendo appena il collo, come volesse rifiutarsi di tornare a quella notte e in quelle stanze dove, André ormai lo sapeva, lei aveva conosciuto il turbamento più profondo, vergogna e disgusto, tanto da cercare la fuga.
Allora, incapace di insistere a parole, André strinse appena la presa sulle braccia, affondando il suo sguardo nel blu impaurito e ritroso, fino a scioglierlo raggiungendo in esso il punto d’incontro, il luogo segreto e sincero che solo per lui pareva svelarsi. L’avvertì quasi sciogliersi, farsi morbida, mentre lo sguardo sfuggiva, chinando un poco il capo, e gli occhi venivano celati dai riccioli dorati, brillanti dell’ultima luce del tramonto.
- Dimmi cosa vuoi sapere, André. – cedette Oscar in un soffio sofferto.
André liberò un sospiro, un sollievo quella timida apertura – Il Conte di Fersen ha accennato al fatto che … -
- Hai parlato con Fersen? – si raddrizzò immediatamente Oscar, sgomenta – E poi con chi altri? – incalzò impaziente, muovendo le braccia dalla sua presa in un gesto che tradì ribellione.
André non arretrò, abbassando le braccia lungo i fianchi e chinando il capo, osservò il terreno scuro attorno a loro, mentre il sibilo acuto del respiro teso di Oscar lo forzava a fare finalmente chiarezza, dando misura di quanto per lei fosse necessario sapere.
- Girodel … - sussurrò.
- Cosa?! – reagì lei incredula – Anche Girodel è coinvolto in questa storia? –
André annuì appena – In realtà Girodel è stato il primo ad accorgersi del fatto che ci fosse qualcosa di strano negli avvenimenti di quella notte … e poi è stato proprio lui a raccogliere alcune delle informazioni che ti ho rivelato poco fa. –
Si accorse che quella ammissione gli era costata più di quanto avrebbe potuto immaginare; sollevò lo sguardo da terra e cercò negli occhi di Oscar una qualunque reazione che non fosse rabbia o rifiuto nei suoi confronti. Lei, con la mascella serrata e lo sguardo scuro, si limitava a fissarlo, imperscrutabile.
- Cosa ti ha detto, Fersen? – chiese improvvisamente, come superando in un attimo ogni sconcerto, cercando, con coraggio e determinazione, di tornare al cuore della questione.
André quasi sorrise tra sé, riconoscendo, in quella domanda secca, la Oscar che conosceva da sempre: battagliera, decisa … forte anche di fronte a ciò che pareva colpirla direttamente.
- Niente di particolare, in realtà. – cercò di minimizzare, quasi a tranquillizzarla sul fatto che il Conte avesse potuto raccontare qualcosa di imbarazzante sul suo conto – Il conte di Fersen ha accennato al fatto che nelle stanze dell’appartamento in cui ti ho trovata ci fossero dei dolci … -
Oscar annuì decisa – Biscotti speziati, ricoperti di cioccolato. Lo ricordo bene … - sottolineò piegando le labbra in un sorriso amaro.
- E tu ne hai mangiati, Oscar? –
Lei sollevò le spalle – Sì, ne ho assaggiato uno … anzi due. Sai che mi piacciono, sono quelli che prepara anche tua nonna … ma il vassoio era rimasto praticamente pieno e poi non ho avuto modo di prenderne altri … ma perché me lo chiedi? -
André chiuse gli occhi, il respiro bloccato, il cuore in tumulto, la mente occupata da un solo, terribile, pensiero.
- I biscotti … - sussurrò André – i biscotti del vostro vassoio sono finiti nel vestibolo. Quando io sono giunto da te e ti ho trovato sul divanetto, non ho notato nessun vassoio … -
Il profumo di Oscar lo colse, intenso e prossimo, coprendo quello fresco di fronde ed erba, denso nell’aria della campagna. Aprendo gli occhi la vide ad un soffio da sé, lo sguardo sottile e dubbioso fisso sul suo volto, in palese attesa.
- … mentre nel vestibolo c’era un vassoio vuoto e le dita di Rose erano sporche di cioccolato … Se quel vassoio proveniva dalle stanze sulla cour de marbre e le inservienti hanno realmente cenato con quei biscotti, come pare facessero, stando alle parole della madre di Rose … allora è possibile che ne abbiano mangiati molti, forse addirittura fino a … -
L’espressione di Oscar mutò in un istante e si fece quasi incredula, la voce giunse a fatica – Il mio malessere … il leggero senso di nausea … la vista appannata e nebbiosa … sì, quasi tutto fosse ingiallito e spento … - fino a farsi soffio, quasi tremante.
André annuì – Erano avvelenati, Oscar. Ricordo bene le lezioni di botanica: spesso parlavano di intossicazioni; in alcuni casi solo effetti transitori … in uno, in particolare, si diceva che provocasse malessere come nausea e vista alterata nei colori … ma che potesse portare alla morte quasi improvvisa, in caso di assunzione in dosi anche solo un poco più elevate. –
- Digitale[i] … - chiarì Oscar annuendo e poi serrando le labbra, facendosi lentamente consapevole del rischio corso.
Si osservarono per alcuni istanti, silenziosi e intensi, lo sguardo perso a ritrovarsi in quello solido dell’altro, mentre i respiri si facevano intensi e vicini, fino a sfiorarsi, confondersi e chiudersi in uno solo, vibrante e denso. André si accorse di aver stretto le mai alle spalle di Oscar, risalendo oltre le spalline decorate, sollevando le frange e percorrendo la stoffa del colletto rigido, fino a raggiungere la delicatezza della pelle nascosta tra i capelli della nuca. Inumidì appena le labbra e chinò il capo, poggiando la fronte su quella di Oscar che, immobile, pareva rapita dai suoi gesti delicati.
- Sei stata avvelenata … Oscar … hai rischiato davvero di … -
Non pronunciò altre parole; si trovò stretto dalle braccia di Oscar, in un abbraccio serrato e forte, il petto chiuso contro l’uniforme scura e le forme celate premute al torace. Oscar, tremava, aggrappata al suo corpo, nascondendo il viso sulla sua spalla, e inspirando lenta pareva faticare a controllarsi. Sentì le sue mani stringersi sulla propria schiena, tirare la stoffa della giacca, quasi cercandolo sotto di essa. Accarezzò il suo capo, scivolando lento lungo i suoi capelli morbidi, affondando le dita tra le ciocche, mentre lasciava che i riccioli sfilassero tra i polpastrelli fino a scendere sulla schiena.
Non poteva intuire quali fossero i pensieri che stavano sconvolgendo l’animo di Oscar, ma riusciva chiaramente a leggerne la pena, lo strazio profondo, e il bisogno di sostegno. Immaginò che altro lei sapesse di quella notte, che altre ferite si fossero aperte nel suo cuore, ma comprese di non poterla forzare a nulla, accostandosi a lei in risposta a quel bisogno istintivo e indomabile che l’aveva stretta al suo petto, come seguendo un sentiero tracciato, sul quale Oscar ormai sapeva di poter trovare rifugio.
Come un’onda l’aveva accolta su di sé, come un’onda la stava cullando, lento e inesorabile, lenendo ferite invisibili dell’animo con la forza solida e fiera del suo amore celato nell’ombra di una amicizia dalla dedizione totale.
Accentuò appena la stretta sulla schiena magra, e appoggiò la guancia sul suo capo. Non l’avrebbe lasciata sola … non avrebbe mancato a quel richiamo … non l’avrebbe abbandonata, mai.
Nel silenzio della campagna attorno a loro, la brezza fresca della sera mosse le fronde di alberi poco lontani, lungo la strada sterrata, in un fruscio sommesso di foglie e rami; André avvertì sulla propria schiena il soffio della sera ormai giunta, mentre i capelli stretti sulla nuca scivolavano sulla spalla, sollevati dal vento leggero. Un brivido rispose a quella brezza imponendogli di sollevare le spalle e ricordandogli che, lasciata la dimora della giovane Rose, avrebbero dovuto ancora percorrere, nel buio della sera ormai giunta, la via del rientro a palazzo.
- Oscar … - la chiamò piano – Oscar si sta facendo tardi … è bene che riprendiamo la via di casa … -
Ma Oscar scosse appena il capo, sollevandolo dalla sua spalla e muovendosi fino a cercare il suo sguardo.
- Hai ragione, André … si è fatto tardi, tuttavia … in questo momento vorrei solo … - il pensiero rimase sospeso, le labbra strette e la fronte chiusa in un solco stretto fra le sopracciglia.
- Forse potremmo fermarci nel borgo … mangiare qualcosa … Potrai tranquillizzarti e poi potremo rientrare a casa, quando saremo entrambi più riposati e attenti … - le propose.
Oscar lo fissò per pochi istanti, il labbro inferiore piegato, celato in un gesto nervoso, per poi muoversi, afferrando le redini di Cesar con sicurezza inattesa – Andiamo a Parigi. Ho bisogno di bere. –
 
Posò il bicchiere sul piano del tavolo, lasciando che le dita seguissero il filo molato del vetro, mentre lo sguardo si fissava su quel poco di vino che ancora rimaneva nella bottiglia. Scosse il capo prima di parlare, si volse alla finestra accanto a loro, osservando il buio il vuoto scuro che inghiottiva la stretta via del quartiere e infine sospirò, deciso a violare il silenzio che Oscar pareva avesse imposto lasciandosi guidare da lui fino ad una taverna semi nascosta tra i vicoli bui di faubourg Saint Michel[ii].
- Eppure c’è ancora molto che non riesco a comprendere. – ammise cercandola con lo sguardo.
Oscar deglutì l’ultimo sorso di vino e strinse le labbra, mentre l’eco del liquido scuro liberava la mente. Anche il suo bicchiere giunse al legno e lei con l’indice lo spinse lentamente fino a poggiarsi al primo, un cozzare secco, il vetro sull’altro, prima che lo sguardo scuro si sollevasse, fisso, in attesa.
- Tanto per cominciare, chi può aver fatto arrivare quei biscotti in quella stanza? – esordì – E poi, per chi? Per quale ragione? –
Oscar sospirò a sua volta, abbassando lo sguardo sul piano del tavolo e prendendo a giocare con una scheggia sollevatasi da un solco profondo scavato nel legno – Non posso aiutarti, André. Non riesco nemmeno io a rispondere ai tuoi dubbi. – ammise infine.
André strinse la forchetta tra le dita e prese a fissare il piatto di stufato che aveva davanti a sé, un compromesso raggiunto con Oscar per ritardare il rientro a Palazzo Jarjayes senza che lei saltasse l’ennesimo pasto. Affondò i rebbi nell’intingolo scuro, rimestandolo appena, e constatando una volta ancora come le proporzioni tra carne e patate, in quel magro piatto da taverna, fossero esattamente invertite, rispetto alle ricche e sostanziose pietanze servite dalla cucina governata da sua nonna. Infilzò un pezzo di verdura e la portò alle labbra, masticando lento mentre la mente tornava a correre lontano.
- Fersen ha ammesso di utilizzare liberamente quelle stanze – riprese infine André, come se mai avesse interrotto il suo discorrere solitario, proseguendo nel tentativo di riordinare pensieri confusi per trovare un qualunque ordine logico che potesse aiutarlo a risolvere la questione – e probabilmente questo era noto a coloro che prestano servizio negli appartamenti del piano terra. –
La vide annuire, silenziosa e attenta, lo sguardo ancora basso e legato ai bicchieri accostati l’uno all’altro; scrutò per un poco la sua espressione, sollevato nell’ammettere che ora non paresse turbata dall’accenno fatto al Conte di Fersen; attese solo un istante, prima di proseguire.
- Ora mi chiedo se quei biscotti fossero destinati a quell’appartamento e a chi vi si sarebbe intrattenuto, o se piuttosto vi siano finiti per caso. –
Oscar aggrottò la fronte, sollevando il viso e giungendo ai suoi occhi, l’espressione assorta divenuta sottile e forse lucida di un riflesso curioso.
- Se vi fossero giunti per caso … troverei plausibile che fossero parte di una minaccia più ampia … insinuata tra i vassoi distribuiti al ballo. Eppure non mi sembra che quella notte si siano verificati altri episodi di malesseri o problemi più gravi, che possano essere ricondotti ad altri dolci con lo stesso veleno. –
Gli occhi di Oscar si spalancarono, per un attimo sgranati e persi nel brusio sommesso e fumoso della sala della taverna, mentre le dita sottili si stringevano in pugni serrati sopra il tavolo consumato.
- Per questo io credo, invece, che quel vassoio fosse destinato proprio a quell’appartamento e che pertanto qualcuno abbia tentato di colpire proprio chi avrebbe utilizzato quelle stanze … vale a dire, il conte di Fersen e chi vi fosse giunto con lui.-
- Lui, però, non ha accusato nessun sintomo … Mi sembra di ricordare che lui stesse bene … - intervenne Oscar, che dopo il lungo silenzio pareva aver ritrovato forza e motivazione per parlare e portare sostegno ad André.
- Hai, ragione, Oscar; nemmeno quando ha parlato con me, ha mai fatto accenno a nulla di simile. – convenne.
- Possibile che Fersen … No! Non posso crederlo … - intervenne Oscar scuotendo il capo – In fondo mi è sempre stato amico! Non posso pensare che lui sapesse! –
André annuì, portando i gomiti sul tavolo e unendo i palmi sotto il mento, cercando di recuperare ogni ricordo. Si sforzò di rivivere i momenti del suo incontro con il Conte, assottigliò lo sguardo e poi riprese – Il Conte, parlando di quelle stanze, accennò al fatto che ci fossero sempre dei dolci, qualcosa che alle … donne potesse piacere. – si fermò mordendosi le labbra, cercando nello sguardo di Oscar un velo di turbamento e trovando, invece, due occhi attenti e profondi, puntati su di sé – Ma ne parlò con leggerezza, come fosse un dettaglio del quale fosse inutile curarsi direttamente. Sono convinto che non se ne occupi in prima persona, che non chieda espressamente a qualcuno di servire determinati dolci … o altro. – spiegò – Anche se non mi spiego come allora … -
- Fersen non ha mangiato da quel vassoio. – si intromise Oscar con tono fermo – Ne sono quasi certa. Ma questo mi induce a ricredermi e a trarre una amara conclusione: che il Conte fosse a conoscenza del fatto che fossero pericolosi. –
Qualche grido si levò dal fondo della sala; entrambi si volsero in direzione di quello scomposto vibrare di colpi, mentre l’oste accorreva, insieme ad altri avventori, cercando di sedare la lite, rimediando qualche percossa maldestra. Oscar si fece rigida e André se ne accorse immediatamente, notando i pugni stretti sul tavolo e la tensione della mascella, serrata tra i riccioli morbidi; ne intuì il moto appena controllato, il fuoco dell’animo pronto a divampare di fronte al disordine. D’istinto, si allungò sul tavolo, distendendo un braccio e posando la mano destra sul suo pugno chiuso, coprendolo e avvolgendolo quasi, percependone il calore e la forza chiusa tra le dita.
- Oscar … - sussurrò, chiedendole calma e implorandola di dominarsi, mentre ancora lo sguardo seguiva la zuffa tra gli uomini a fondo sala. Si volse appena verso di lei, intuendo il pugno nel suo sciogliersi lento e sentendo le dita distendersi al di sotto del suo tocco. La cercò con lo sguardo e la vide assorta a fissare le mani sovrapposte e unite.
- Tranquillo, André: niente risse … - la udì mormorare, la voce stanca e le labbra appena aperte in un sorriso teso, mentre lo sguardo si sollevava dalle mani raggiungendo il suo volto – … non più[iii]. –
- Beh … meglio così … - le rispose, permettendosi un sorriso in risposta, e poi mosse le dita, stringendo appena la presa sulle sue.
Osservandola, si accorse del suo piatto, ancora quasi del tutto pieno – Non hai mangiato quasi nulla … -
- Ti ha istruito la nonna? – ribatté lei cercando di non ridere – Perché, sai … sembrano parole sue! –
Andrè scosse la testa, sorridendo – Beh, in questo caso avrebbe perfettamente ragione: sei praticamente a digiuno da questa mattina, quando hai consumato una colazione davvero misera … ma se preferisci, possiamo rientrare a casa e vedere se la nonna ci ha tenuto in serbo la cena. –
La vide volgere la sguardo alla piccola finestra alla quale era accostato il loro tavolo e rimase affascinato della linea sottile che, in un tratto sinuoso e deciso, separava luce e ombra sul suo volto liscio, delimitando in un unico fronte l’incontro tra il buio della notte della strada e la luce calda delle candele accese nella taverna. Le labbra si arricciarono prima che lei si voltasse verso di lui, mostrandogli il volto dorato dal riflesso di un doppiere vicino.
– Qui avranno delle stanze, André. Potremmo fermarci per la notte e rientrare alla reggia domani mattina. – ipotizzò – Fuori è ormai buio … arriveremmo a Palazzo a notte fonda. –
Non riuscì a soffocare la propria sorpresa, nell’udire le sue parole; dischiuse le labbra e rimase in silenzio, annuendo appena con il capo, prima di riuscire a risponderle.
- Come … come preferisci, Oscar. – poggiò le mani al tavolo e spinse la sedia ad arretrare, accompagnata dallo stridere ruvido del legno sul pavimento irregolare, per poi alzarsi – Vado a chiedere se hanno due camere … -
 
[i] I sintomi principali di questa condizione riguardano lo stomaco, la respirazione e la vista. Poiché si tratta di una forma di avvelenamento, spesso chi ne è colpito perde l'appetito e manifesta nausea, vomito e/o diarrea. Anche il cuore può accelerare o rallentare il battito, oppure avere un battito irregolare. La persona intossicata potrebbe essere colpita da confusione mentale e, anche se di rado, vedere macchie luminose, punti neri o avere la vista offuscata. L'intossicato, inoltre, potrebbe urinare molto più o molto meno del solito, e il corpo potrebbe gonfiarsi. Un'intossicazione grave è pericolosa, perché accelera, rallenta o rende irregolare il battito cardiaco. L'insufficienza cardiaca è un rischio significativo e potenzialmente letale. – Questo quello che ho trovato in rete... in alcune descrizioni è anche più allarmante … per il resto, mi sono presa la libertà di calcare un po’ la mano.
[ii] Quartiere della periferia meridionale di Parigi. Per maggiori informazioni, consiglio le mappe di Turgot.
[iii] Il riferimento è all’episodio della rissa a cui Oscar partecipa, buttandosi a capofitto nella lite, in preda al turbamento provocato dalla cotta per il Conte di Fersen. Una piccola rivincita personale…

 
Angolo dell'autrice: sebbene un insistente stato influenzale mi abbia messo in difficoltà, Il mio Ssegreto è tornato da voi.
Un piccolo passo avanti e qualche risposta... tutte per voi.
Doveroso, un bacio a chi legge, segue, ricorda, preferisce, indaga e mi lascia il suo pensiero.
A presto!

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Capitolo 21
*** La porta chiusa ***


La porta chiusa
 
- Le stanze sono riservate a chi passa del tempo con le ragazze qui attorno. – ribadì l’oste, chiudendo le braccia sull’ampio petto coperto da un grembiule macchiato in più punti – Ne abbiamo solamente sei a disposizione, se ne lascio due a voi, mi restano scoperte due ragazze.- continuò spiegando l’ovvio.
André sospirò irritato, i pugni chiusi stretti sul tavolo di fronte all’uomo – Vi ripeto, Monsieur, che noi vi pagheremo le due stanze, per tutta la notte … Voi avrete i vostri soldi … -
- E i vi ripeto che mi mancheranno due stanze, Monsieur. In passato si guadagnava anche solo con i viaggiatori … ma di questi tempi, bisogna organizzarsi, per campare. –
André spazientito portò la mano alla bisaccia stretta sotto la marsina, allentò i lacci, ne trasse alcune monete schiacciandole sotto il palmo con un gesto secco, e le lasciò sul ripiano del banco dietro al quale l’oste si era trincerato, i pugni sui fianchi e lo sguardo cupo – Datemi due stanze, ve le pago in questo momento! –
- So bene che me le pagherete … perché il soldatino può permettersi di trattarsi bene: basta guardarlo, per capire. – rispose l’oste ridendo e indicando Oscar con un cenno, mentre lei, ignara di tutto, dava loro le spalle, ancora seduta al tavolo – Ma io non vi cederò le due stanze! –
- Una. Datemene una sola. – propose André esasperato, spingendo le monete verso l’uomo, che immediatamente spense le sue risa, bloccandosi con un sopracciglio sollevato, mostrando una sorta di ghigno soddisfatto.
- Queste monete per una stanza. – sentenziò.
- Una sola stanza, ma con lenzuola pulite, acqua calda e fuoco acceso. – rilanciò André scorgendo nell’oste segni di cedimento.
Quindi la grossa mano raccolse in un gesto rapido le monete, facendole scivolare oltre il bordo del bancone, fino a farle scomparire in un tintinnare sordo – L’ultima stanza in fondo al corridoio per il soldatino biondo dal sangue nobile. – convenne infine con un sorriso saccente, indicando con un cenno del capo la scala in legno che si poteva scorgere nell’ombra, in fondo alla sala – Lenzuola lavate, acqua, fuoco e niente compagnia. – riassunse con chiarezza - Tu, se vuoi, puoi stare nella stalla con i cavalli. – concesse infine.
 
- La stanza è questa. –
André aprì la porta con un cigolio acuto, varcò la soglia e si fermò ad osservare il modesto ambiente dalla forma un poco irregolare; controllò il camino, piccolo e semplice, ma acceso di una fiamma vivace, e scorse accanto ad esso una buona scorta di ciocchi pronti per notte. Poi avanzò, lasciando il focolare alla propria destra, e si avvicinò ad una sedia sbilenca sulla quale erano sistemati un piccolo catino e una brocca nella quale immerse un dito, verificando che l’acqua fosse effettivamente stata scaldata, così come aveva chiesto. Buttò un rapido sguardo allo scrittoio, scorgendovi un asciugamano, e poi osservò il lume acceso che vi era poggiato, mentre sfiorava il ripiano con due dita unite e, portando i polpastrelli giusto di fronte agli occhi, per scrutarli con attenzione, si concesse di sorridere di sé, pensando a quante volte avesse scorto la nonna fare lo stesso gesto per verificare che gli arredi di palazzo fossero adeguatamente puliti. Infine, si approssimò al letto, un giaciglio di dimensioni certamente inferiori al letto a cui Oscar era abituata, sul quale posò i palmi per saggiare la consistenza del materasso; afferrò le coperte sollevandone un lembo, si chinò inspirando, e poi rimise tutto a posto, lisciando con il palmo della mano anche le più piccole pieghe rimaste tra coperta e lenzuola.
- Le lenzuola sono di bucato, così come ho chiesto. – spiegò ad Oscar volgendosi a lei – L’acqua è calda e c’è legna sufficiente per l’intera notte. Credo che, tutto sommato, tu possa sistemarti senza problemi. –
Dalla soglia della camera, Oscar lo osservava annuendo con il capo e seguendolo nel suo avvicinarsi a lei. Sottile, le braccia piegate sulla vita e i gomiti stretti tra le dita, la sua figura gli parve insolitamente esitante.
André le si fermò di fronte, le braccia distese lungo i fianchi e le labbra tese in un accenno di sorriso, lo sguardo legato a quello in cui il riflesso della notte pareva aver sciolto i suoi colori più densi – Mi sembra davvero tutto a posto … ma per maggiore sicurezza, metti il chiavistello, non appena sarò uscito in corridoio. Domani mattina, verrò io a chiamarti. Tu non muoverti da questa stanza … -
Oscar annuì di nuovo e poi chinò il capo, voltandosi fino ad osservare il chiavistello e il battente un po’ sconnesso, facendo spazio dietro a sé mentre André già si muoveva per afferrare la maniglia e aprire la porta, infilandosi nella fessura tra legno e muratura.
Uscì nel corridoio e dovette fermarsi, proprio di fronte alla porta, in attesa che un uomo, distratto dalle effusioni di una giovane donna vestita di un abito dai colori del vino e della passione, riuscisse ad avere la meglio sulla serratura dell’uscio che si apriva sull’altro lato dello stretto disimpegno. Cercò di raddrizzare le spalle, come se potesse in questo modo occupare completamente il varco sul quale si era piantato, nella speranza che Oscar non giungesse a vedere quella scena di baci e gesti eloquenti che i due avevano consumato ad un passo da loro. Si schiarì la voce, coprendo gemiti i risolini e si volse verso la camera, cercandola e trovando uno sguardo sfuggente; ne seguì la via, correndo a terra, cercando il luogo della pace.
Sul gioco di assi del pavimento, dove il focolare e il doppiere disegnavano una danza di ombre, André colse invece la danza di passi inquieti che Oscar muoveva a ridosso del letto.
- Hai bisogno di altro, Oscar? – le chiese.
Lei indugiò, il volto allo scrittoio e poi al camino, le mani strette una nell’altra e le frange della giacca nervose a tremare ad ogni respiro – No. E’ tutto perfetto. Non manca nulla. –
Il battente cigolò appena, mentre André lo fece ruotare sui cardini provati dal tempo - Mi raccomando, Oscar, chiudi con il chiavistello e non aprire a nessuno … Io tornerò da … -
- La tua camera è qui accanto, André? –lo sorprese Oscar, senza nemmeno lui che potesse terminare la frase, e il suo cuore ebbe un sussulto, per quella domanda all’apparenza così innocua, ma nella realtà così temuta.
André si zittì, colto da incertezza: non avrebbe voluto rivelare ad Oscar di non essere riuscito a farsi assegnare due camere dall’oste e allo stesso modo non poteva accettare l’idea di mentirle. Dal momento in cui aveva raggiunto una specie di accordo con l’uomo della taverna, per tutto il tempo trascorso in seguito con lei a tavola, non aveva fatto accenno alcuno al comportamento ritroso tenuto dall’uomo e aveva evitato qualunque riferimento ai problemi sollevati di fronte alla richiesta di riservare due camere. Oscar, che alla fine aveva ceduto alle sue insistenze ed aveva consumato la sua cena, si era mantenuta in silenzio, mostrandosi pensierosa, assorta in riflessioni che parevano assorbire ogni sua energia e che solo di tanto in tanto l’avevano aperta a brevi scambi di battute. L’aveva vista piuttosto chiusa e non si era nemmeno meravigliato del suo comportamento, certamente imputabile alle dure constatazioni fatte in seguito al colloquio avvenuto con la donna alla quale aveva restituito lo scialle della giovane Rose; aveva intuito il suo disagio, quando una magra conversazione era scivolata inesorabilmente fino a quanto accaduto la notte del ballo, insinuando sospetti e nuovi dubbi, persino a carico del Conte; e infine, aveva scorto un riflesso di rassegnazione, quando si era lasciata andare a qualche sorriso, fino a chiedergli di cercare una sistemazione per la notte. Ma poi, era tornata silenziosa e si era dedicata alla cena, lontana dalla taverna e dalle sue voci, dai canti impastati degli avventori che avevano ceduto all’ebbrezza, come all’aggressiva arroganza di quei pochi che avevano finito di discutere tra loro a suon di pugni. Tutto le era scivolato accanto … come non esistesse nulla, e in quei frangenti, per André anche la necessità di trovare spiegazioni o accampare scuse, era sbiadita in un pacato silenzio che avrebbe celato ogni dettaglio scomodo.
Da quella richiesta, figlia di una premura nuova, André fu colto alla sprovvista e difficile fu costruire una risposta che potesse mettere a tacere le preoccupazioni di Oscar; la naturale sincerità ebbe il sopravvento.
- Non c’è nessuna altra camera, Oscar. L’oste non ha acconsentito a riservarmi più di una stanza ma … -
La vide aggrottare la fronte, pronta a reagire – Come sarebbe a dire non ha acconsentito? -
Le sorrise, riconoscendo l’irruenza nata dal non aver ottenuto quanto chiesto; le tornò vicino, raggiungendola là dove si era sistemata, di fronte al camino, e sorrise appena, cercando di spiegarle – Una locanda, di questi tempi, non offre molte risorse … e l’oste si è … adeguato alle esigenze della maggior parte degli ospiti. Ha riconvertito la sua attività, o almeno buona parte di essa, in una che garantisce maggiore convenienza. – si fermò osservandola e valutandone l’espressione attonita – Ha accettato di fare a meno di una stanza … e di metterla a tua disposizione secondo le mie richieste. – aggiunse poi, sollevando un braccio e indicando prima la brocca, il fuoco acceso e poi il letto – Io posso riposare sul fieno della scuderia e intanto avrò modo di controllare i nostri cavalli. –
Oscar scosse piano il capo, negando con convinzione – No! Non puoi passare la notte in una stalla! Devi prendere una stanza anche tu! –
- Non mi darà una stanza, Oscar, e tu non devi preoccuparti per me … Solo, chiudi il chiavistello come ti ho chiesto di fare. -
Oscar scattò rapida, puntandogli le mani sul petto e cercando di spingerlo lontano dalla propria via, per raggiungere il corridoio – Muoviti e lasciami passare! Ci parlerò io con quel … -
- Fermati! – gridò André riavendosi lesto e ruotando il braccio destro fino ad afferrarle un polso, arrestando la sua marcia; la fece voltare, la tirò a sé e fermò la mano sinistra sul braccio di Oscar, stringendola il necessario perché si calmasse. Affondò lo sguardo nel suo, chinando appena il capo e soffiando energicamente dalle narici, soffocando in sé un moto di rabbia – Basta, Oscar! Non puoi scendere in mezzo a quella bolgia di ubriachi che ormai popola la taverna, per litigare con l’oste fino a strappargli una camera! Non ha alcun senso … posso tranquillamente riposare sul fieno, come ho già fatto decine di volte … attendere la mattina e con essa il momento di tornare da te … -
Oscar socchiuse gli occhi, la fronte stretta in una espressione sofferta, si morse le labbra e infine, con una sorta di strappo, si liberò dalla sua presa arretrando di un paio di passi e raggiungendo la soglia fermandosi rivolta al corridoio. André la seguì, un passo appena, per avvicinarla, afferrarla con nuova decisione e tirarla fin dentro la camera; la vide stringere le dita nel palmi, i pugni serrati in uno sforzo di corpo e anima.
- Hai tu la sacca con le monete e sei un uomo. – una breve pausa, il tempo di un sospiro che soffiò come una resa – Prendi una stanza e i servizi che offre. –
André, rimasto fermo tra Oscar e il disimpegno, poggiò una mano al battente, sorreggendosi quasi ad esso, colto da sorpresa; scosse il capo, faticando a parlare – Oscar, ma cosa stai dicendo …? Non ci penso nemmeno! –
- Tu devi avere una camera! Se questo è l’unico modo per averla ... – tentò di controbattere lei.
- … è una proposta assurda! – la bloccò immediatamente.
- Allora chiedimi di restare! – esplose lei, restando poi attonita, forse sorpresa da quelle sue stesse parole, con lo sguardo perso sul suo viso.
André chiuse gli occhi, fendendo il silenzio calato in un istante, con un profondo sospiro; portò una mano alla fronte, incredulo e spiazzato dalla richiesta appena udita, ma anche convinto di essere giunto ad un momento che avrebbe lasciato un segno indelebile nelle loro esistenze. Un solco bruciato o un nodo di morbida seta … ma comunque una traccia su cui forgiare il futuro.
Avanzò lento, un passo per volta, gli occhi socchiusi legati a quelli lucidi di Oscar; si fermò solo quando un altro passo l’avrebbe portato a stringerla al petto. Sollevò una mano, un fremito attraverso le dita, quando la pelle si unì alla pelle, avvolgendo la guancia in un gesto di infinita tenerezza, mentre il soffio caldo giungeva sul polso come una carezza.
- Non te lo chiederò, Oscar. – sussurrò ad un soffio dal suo volto, lasciando che le dita scivolassero sulle guance, scendendo lungo il collo e fermandosi sulle spalle – Non posso farlo. –
Gli occhi di Oscar parvero spalancarsi alle sue parole, tremare e implorare aiuto, mentre le mani parevano muoversi verso la sponda del letto, cercando un appiglio. André si chinò di un poco, il naso a farsi spazio tra la frangia morbida, sfiorando la fronte e poi scendendo tra le sopracciglia, disegnando una linea dritta sul naso di lei, fino a che la fronte non poté poggiarsi sulla fronte.
Cercò calma nel proprio petto, la raccolse con attenzione e cura, così come avrebbe cercato di trattenere tra le dita l’acqua scura di un lago placido, appena increspato dalla brezza notturna; si impose di governare il proprio respiro, la voce e i pensieri, consapevole che ogni parola pronunciata in quell’istante avrebbe potuto rompere l’argine dell’equilibrio più fragile.
- Forse in passato avrei potuto farlo … ma ora non più. – riprese – Non chiedermi di fingere che tu non sappia nulla di me … non dopo la scorsa notte … non dopo quello che ho compreso nell’aver udito le parole di quella donna. Soprattutto, non dopo aver capito che ho rischiato davvero di perderti per sempre … Oscar, ascoltami: se tornerò a passare la notte con te … non sarà perché tu non vuoi sapermi in una stalla e nemmeno per un ordine; non per un gesto di ribellione o per un momento di rabbia … -
Inspirò, riempiendosi del profumo di Oscar e leggendo nel suo silenzio un baratro di inquietudine e dubbi; sollevò la fronte dalla sua e vi avvicinò le labbra, riconoscendo al primo, debole, contatto, un brivido a percorrere il suo intero corpo, fragile come cristallo sotto le sua mani calde. Accentuò appena l’unione, premendo un poco, fino a percepire la liscia perfezione della pelle tesa … e poi si ritirò da lei, lasciando la presa sulle spalle e arretrando fino alla porta.
- Buona notte, Oscar. –
Furono le ultime parole che pronunciò, stringendo la sua figura in una fessura sempre più sottile, fino a farla scomparire del tutto.
Attese in piedi, ad un passo dalla porta, fino a che il rumore secco del chiavistello, serrato in un unico gesto rabbioso, non lo convinse ad allontanarsi da quella stanza.


Angolo dell'autrice: la questione della locanda ha avuto la sua evoluzione... non aggiungo altro. Ilmistero per ora è in stand by, perchè le questioni personali hanno bisogno del loro spazio.
Rinnovo l'abbraccio a chi segue, legge, ricorda, preferisce, commenta e indaga! Un bacione speciale all'amica che tra 3 giorni festeggia il compleanno.
A presto!

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Capitolo 22
*** Dedalo ***


Dedalo
 
Un passo avanti all’altro, il naso sollevato al quel nastro di cielo che era appena visibile tra i profili spezzati delle coperture degli edifici del faubourg, André si sforzò di ripercorrere lucidamente la giornata, a serata e i vari avvenimenti che, tra le rivelazioni della madre dell’inserviente della reggia e l’enigma che legava Oscar a quanto avvenuto alle due giovani avvelenate, ancora stringeva il suo animo in un nodo serrato. Come in un meccanico riposizionare i pezzi sulla scacchiera[i], riordinava gli eventi, distinguendo bianchi e neri, luci e ombre; definiva elementi e dettagli, per poi muoverli in una sorta di scontro sul filo della tattica e dell’intuizione; analizzò le informazioni in suo possesso, tutte le variabili in gioco, e le possibili alternative. Eppure … giungeva, ad ogni tentativo, in un vicolo cieco.
Svoltando in una traversa, si fermò per lasciare che un rumoroso gruppo di soldati dalla divisa blu passasse oltre. Osservandone l’andatura incerta e scomposta, vedendoli intenti a sorreggersi l’uno con l’altro e notando come una sorta di nebbiosa euforia li avvolgesse, tra ghigni sbilenchi, lamenti e battute biascicate, gli sfuggì un sorriso amaro … Realizzò in un istante come quei giovani figli della città dovessero trovare nell’amicizia, o quanto meno nel cameratismo, una valido sostegno per affrontare la loro vita, pur faticando a muoversi nella melma degli stenti e delle delusioni. Tornò a loro e non poté che ripercorrere le loro sagome assortite e pur strette, barcollanti eppure incredibilmente salde nell’abbraccio comune. Restò ad osservarli nel loro allontanarsi lungo la stessa rue dalla quale lui era giunto, e si stupì un poco di quanto apparissero differenti tra loro, sebbene vestiti tutti della medesima divisa. Uno alto e corpulento svettava al centro del gruppetto, trascinandosi dietro il resto della piccola truppa, mentre grida e risate giungevano ancora chiare, se pur sempre più lontane. Li seguì con lo sguardo, finché  la propria lunga ombra non rimase sola a sfiorare il fondo di terra e sassi della via e su quella solitaria scia buia restò assorto … fino a quando il soffio della notte non lo investì alle spalle, inatteso e insinuante, provocandogli un brivido lungo la schiena che lo richiamò alla realtà.
Ripercorse in solitudine lo stesso cammino che lo aveva condotto in un dedalo di vicoli, nella consapevolezza di quanto la sua situazione fosse ormai intricata e difficile da affrontare apertamente.
Si sorprese ad invidiare quel gruppo di soldati dall’uniforme sgualcita, mentre lo sguardo scivolava sulla sua stessa giacca, una livrea singolare, in bilico tra due mondi, che gli era ormai usuale ma che continuava a distinguerlo da ogni altro servitore. Troppo elegante per essere un qualunque uomo del popolo … troppo semplice per confondersi tra i nobili; il suo ruolo di attendente continuava a rappresentare una sorta di azzardo che attraverso l’educazione ricevuta aveva plasmato modi e pensieri, creando una realtà di vita insolita e difficile da comprendere, quanto meno per chi l’avesse vista da fuori.
Nel rintocco sordo dei passi sulla strada, si trovò a pensare quanto rare fossero le occasioni in cui si fosse recato in città senza di lei … senza Oscar.
Sorrise tra sé al pensiero di Oscar … Un’altra vita unica, lontana da qualunque stereotipo, impossibile da confrontare con altre donne, né con altri uomini. Una esistenza al limite dell’inganno, ma fondata sui principi più veri; una realtà apparentemente costruita ad arte, attorno ad una personalità profondamente bisognosa di verità.
Non si era mai concesso il tempo di osservare quanto entrambe le loro esistenze fossero simili, nella loro singolarità, ciascuna a suo modo … e quasi non si sorprese nel riconoscere l’affinità che le aveva da sempre legate l’una all’altra, in un rimando di esperienze che ancora, dopo tanti anni trascorsi fianco a fianco, sembrava che potesse mostrare nuovi aspetti di sé.
Scosse il capo, conscio di non poter mentire a se stesso.
Nonostante il vano tentativo di allontanarsi e cercare distrazione nelle viscere della città, il pensiero di Oscar, dei suoi gesti, delle sue parole, era ancora vivo e bruciante sulla pelle, nel cuore, nel ventre.
Dopo la follia di quanto accaduto nella sua camera a palazzo, Oscar non aveva mostrato nessun segno di essersi pentita per ciò che gli aveva chiesto di fare. Anzi … nonostante le sue parole avessero espresso ancora una sorta di incertezza, lui era certo di aver scorto una determinazione, nel riflesso scuro dei suoi occhi blu, che li aveva accesi di un bagliore inedito. L’ombra grigia che sembrava dimorare in lei, quella sensazione di incompletezza e desiderio di fuga che aveva colto in passato in alcuni gesti compiuti d’istinto, pareva sfumata in un tormento differente, in una brama di vita e aria che sembrava bruciarle l’animo come fuoco ardente.
Per questo non aveva ceduto, poco prima, quando Oscar gli aveva palesato, se pur in modo tortuoso, una proposta assurdamente avvolta su se stessa. Era rimasta allibita allo scoprire che non vi fosse una seconda camera riservata a loro; aveva cercato una soluzione nell’impeto del suo carattere e, infine, gli aveva rovesciato addosso la responsabilità di prendere comunque una camera … con i servizi offerti dalla locanda. Oscar aveva ripercorso in un volo tutte le vie che aveva appreso di poter imboccare, grazie alla rigida educazione imposta dal Generale … quelle che per anni le avevano permesso si sostenere il suo ruolo di figlio  maschio. Aveva mostrato la sua parte rigida e determinata, la saetta che illumina il cielo buio quando la furia si scontra con la realtà che non si vuole inchinare … lo scatto furente e fiero che piegava le abitudini indolenti delle reclute poco promettenti, trasformandole in soldati degni dell’uniforme della guardia Reale. Infine, non potendo davvero nulla per imporsi, aveva scelto di fingere … vestendosi di quella finzione che reggeva la corte, ma che in lei non era mai riuscita a insinuarsi nell’animo, rimanendo incastrata tra istinto e ragione. Sulle labbra di Oscar, la proposta di prendere una camera e di trascorrere la notte con una donna aveva assunto i toni dell’assurdo.
André cercò di nuovo il cielo scuro sopra di sé, percorrendo i lumi della notte quasi a tracciare tra essi i contorni invisibili delle costellazioni, disegnando il suo profilo perfetto tra i diamanti.
Possibile che l’avesse pensato davvero? Possibile che Oscar avesse veramente creduto che lui potesse trascorrere la notte con una donna, in quello stesso edificio, o magari addirittura nella stanza accanto alla sua?! Il riso più amaro bruciò dirompente, fuggendo dalla gola, mentre una mano celava la vista del cielo, coprendo gli occhi.
Dopo quella notte, dopo quello che lei gli aveva chiesto, dopo aver disegnato i suoi contorni di donna trattenendoli impressi nei propri palmi, e dopo aver sostenuto il suo abbandonarsi sul suo petto, mentre il respiro cantava gemiti dell’animo … dopo tutto questo, Oscar credeva davvero che una donna qualunque avrebbe potuto risvegliarlo, appagarlo o anche solo stordirlo? Possibile che lei nutrisse ancora dei dubbi?
Forse proprio questo timore profondo le aveva sfilato della gola quell’ultima, assurda, richiesta …
Allora chiedimi di restare!
No. Nonostante tutto quell’impeto, evidentemente lei non era ancora pronta. Non si era ancora data risposte … o forse non si era ancora posta le domande che, perse nelle pieghe nascoste del suo cuore, era certo, un giorno avrebbe trovato il coraggio di porsi.
Un ultimo sguardo al cielo, inspirando a fondo e riempiendosi dell’aria della notte, come se potesse trattenere dentro di sé l’ombra scura che permette di attendere in silenzio, nascosti e con infinita pazienza, puntando la propria caparbietà sull’unica certezza che ora reggeva il suo animo, quella che aveva ascoltato nel rintocco profondo dell’animo di Oscar, e che, fattosi gemito, aveva accolto le sue mani a vestirla di passione …
 
Varcando la soglia del cortile della taverna, si fermò ad osservare il profilo scuro della stalla, un piccolo corpo di fabbrica addossato al muro di confine, una sorta di baracca di legno, arrangiato per ospitare i pochi animali degli ospiti della taverna; sollevò il volto cercando la finestra della camera dove aveva lasciato Oscar, scorgendo, tra gli scuri appena accostati, l’alone fioco e tremante della fiamma del camino. Strinse le labbra, lasciando sfuggire un sospiro, mentre in un stretta al petto tornavano, impetuosi, ricordi troppo vivi per lasciare che prendessero forma di immagine.
- Buona notte, Oscar … - sussurrò appena, mentre si forzava ad avanzare per raggiungere il suo ricovero notturno.
Si volse alla stalla e, attraversando il cortile, notò immediatamente, nel chiaroscuro confuso dove il bagliore del cielo faticava a giungere, la fessura aperta tra i battenti sconnessi della porta. Facendosi più vicino, raggiunse il varco, afferrando il bordo consumato e tirando a sé il legno, per poi fermarsi a scrutare tra ombra e ombra, cercando di discernere tra le imponenti e morbide sagome dei cavalli, tra i cumuli di fieno a terra, i sacchi accatastati lungo le pareti e il filo dritto degli attrezzi, ascoltando, tra lo sbuffare di Alexander e Cesar, lo scricchiolare della paglia sotto gli zoccoli. Il respiro si fermò, riconoscendo aldilà di una paratia, un profilo ben noto, sottile, che strappava al buio un riflesso lucido, morbido di oro e seta candida, e dove il viso basso rivelava, alla carezza della notte, la curva docile dello zigomo.
- Oscar? – la chiamò piano, e si avvicinò, fino a raggiungerla, preoccupato dalla sua presenza nella stalla – E’ accaduto qualcosa? Cosa … cosa fai qui a quest’ora, nel cuore della notte? –
Le si fece vicino, lo sguardo in una nuova carezza, sui pantaloni stretti e sulla camicia candida, una nuvola in disordine, trattenuta a mala pena dalla cintola. Scorse il nastro sciolto, due scie lucide poggiate sulla forma del seno, dove i lembi della blusa si discostavano lasciando esposta la pelle delicata e rendendo intuibile la costrizione delle fasce opache di lino, e infine osservò i polsini allentati di una camicia forse tolta e poi infilata di corsa, o in un gesto frutto di un istinto non cosciente a se stesso.  
Le portò le mani alle spalle, che Oscar teneva sollevate, come avesse freddo, cercando di portarle tepore e richiamando a sé uno sguardo intenso celato appena dalle ciglia lunghe e scure; lasciò che le mani scorressero lungo le braccia, energiche quanto attente, risalendo ancora alle spalle, mentre il suo sguardo si faceva ancor più sottile e la fronte appena aggrottata sotto la frangia.
- Oscar … - tornò a chiamarla, preoccupato – Perché sei scesa? Hai bisogno di qualcosa? –
Il suo sguardo, profondo, immenso nel buio della stalla, lo legò a sé, e André non seppe proseguire, percependo un’onda densa risalire bruciando il respiro.
- Ti cercavo, André … - un soffio leggero le parole sussurrate da Oscar, una carezza sull’animo udire il proprio nome come una preghiera.
- Perdonami: avevo bisogno di … un po’ di aria fresca, …  della notte, … di … - una fitta, il suo sguardo lucido e quasi indifeso, e le parole sfumarono sulle labbra.
- Ho creduto che tu fossi salito … magari … - un’occhiata in sbieco, rapida e timida ad un tempo, nella direzione dove, pur celato, sapeva essere il livello superiore della taverna, prima di scivolare a terra, nascosta tra imbarazzo e dubbio.
- Ti avevo detto che non avrei mai … - sentì il dovere di rassicurarla, quasi le dovesse una giustificazione, ma non poté nemmeno continuare, perché il suo sguardo tornò fermo e brillante di notte.
- Sali con me. – parole pronunciate in un istante, come un gesto incontrollato, sfuggito alla ragione, che colpirono André togliendogli il fiato e ogni via di fuga.
Non riuscì a distogliere lo sguardo da lei, incrociando le sue iridi ora scure di notte e timore, eppure così incredibilmente determinate, incapace di tornare a parlare, come di abbandonare il contatto cole sue braccia sottili. Assottigliò appena lo sguardo di fronte a quell’ordine che sapeva di preghiera; scosse il capo, silenzioso e lento, mentre lo sguardo di Oscar si faceva rapidamente tremante, quasi sofferente, tanto da penetrarlo nell’anima, portandolo sull’orlo di un abisso scuro. Quel sussulto di cobalto giunse denso, lo colpì lento, come un affondo nel petto.
- Oscar … io non … - sussurrò appena, tentando una difesa che ormai vacillava.
- André, ti prego: sali con me. – lo sorprese ancora, ripetendo quelle parole, fatte supplica dolce di un fremito mai udito prima - E’ questo che vuoi? Che sia io a chiederlo? Ebbene, se è questo che desideri, lo farò. Per favore, sali con me. – ripeté infine.
Negò ancora – No. Non posso, Oscar. – e si sforzò di convincere se stesso e lei, ripetendo ancora la stessa risposta. – Non lo farò. –
Lo sguardo di Oscar non si mosse, ma le tempie parvero pulsare, tese e gonfie, mentre il respiro diveniva pieno sotto il velo leggero della camicia, mostrando impazienza, e la fronte si piegava quasi incredula.
- André non puoi stare qui … - dichiarò lenta Oscar, pronunciando parole che gli parvero sentenza.
- Non posso, ma devo. –
- Non è posto per te! – riprese allora lei, alzando di un poco il tono di voce e piagando il capo, fino ad avvicinarsi di più a lui – Hai visto qui attorno? Non è la nostra scuderia … e nemmeno quella della reggia, e … -
André si chinò su di lei avanzando con il corpo portandosi così vicino da poterla quasi sovrastare e mantenendo sempre un silenzio fermo, quasi ribadendo la propria inamovibile motivazione. Oscar gli parve spazientita, un gesto quasi rabbioso a condurre i capelli morbidi oltre la spalla, e poi le labbra serrate tra gli incisivi, e uno sguardo rapido a tutto il buio che li circondava, prima di tornare a parlare.
- Non mi sembra un luogo sicuro per te, questo. I nostri cavalli non hanno bisogno di altro … - riprese allargando un braccio in direzione di Cesar e Alexander legati ad una trave poco lontano – e comunque domani non saresti in condizioni adatte al servizio alla reggia! -
Percepì le parole di Oscar come una nuvola di fumo, un groviglio di giustificazioni contraddittorie, intessute a soffocare un unico motivo; la vide quasi annaspare e si fece ancor più testardo, al limite dell’ardito.
- No. –
Lo sguardo cupo, ancor più vicino, e il respiro di Oscar ormai unito con il proprio, André ebbe un fremito, scorgendo il proprio riflesso nel buio oltre la frangia dorata. Deglutì, vincendo l’arsura della gola, spingendosi ancora fino a sfiorarla, avvertendone la presenza ad un soffio dal proprio petto, mentre le mani scivolavano ancora lungo le spalle esili, in un gesto istintivo tra provocazione e difesa.
- Te l’ho già spiegato, Oscar. Davvero non lo capisci? Davvero non …  –
Fino a che le braccia non gli sfuggirono sollevandosi appena e un tocco delicato, le mani fredde sul proprio petto, spense ogni parola. Chiuse gli occhi, abbandonandosi al contatto fresco, seguendo le dita sottili a risalire sul proprio collo, disegnando la mascella e lo zigomo, come piuma e rugiada sulla propria pelle. Inspirando, fece proprio il respiro caldo in cui riconobbe la sua presenza, riuscendo in un istante a percepirla ancor più vera. Un arabesco, il tocco sulla pelle, lento e insinuante, che mutò rapido in una corsa a scivolare sulla nuca, dove si fece presa salda, ricerca di appiglio e sostegno.
Vacillò appena, sostenendo e vincendo quel peso fatto forma su di sé, prima che un nuovo contatto, morbido e caldo, si facesse palese sulle proprie labbra, spezzando l’ultimo velo della coscienza.
 
[i] Omaggio a una antica e felice intuizione di Queenjane

Angolo dell'autrice: a questo punto ... FORSE Oscar ha varcato la china. Lascio a voi ogni altro pensiero...
Un bacio a tutte le amiche più o meno silenti che leggono, seguono, preferiscono, ricordano, commentano e indagano, disegnano e attendono pazientemente di festeggiare. E uno speciale a chi mi seguirà dall'ospedale... un abbraccio! Andrà tutto bene!
A presto e grazie di cuore a tutte!

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Capitolo 23
*** Istinto e ragione ***


Istinto e ragione
 
Impossibile dargli un nome, o anche solo pensarlo; quell’attimo annebbiò mente e volontà, lasciando vita solo all’anima.
Niente era mai stato così denso e deciso. Sensibili e curiose, le sue labbra non avevano mai conosciuto nulla che potesse mostrarsi tanto dolce e al contempo forte, così da imporsi vincendo ogni possibile opposizione.
In quell’istante, spezzato il fragile filo dell’attesa e della resistenza, si trovò ad annaspare quasi cercando di recuperare il lume della consapevolezza di ciò stava realmente accadendo, per poi cedere, inseguendo quell’impeto, rispondendo a quell’assalto che sapeva di disperazione.
Eppure, gli ci volle del tempo per riaversi, per comprendere e reagire.
Riconobbe la presa salda e graffiante delle dita sottili affondate sulla propria nuca e tra i capelli; prese coscienza di quel peso leggero e caldo che adagiato sul petto mostrava la sua forma sfidando ogni segreto e finzione; riconobbe il profumo intenso, impresso nella memoria e nel cuore, lo stesso che aveva vestito la fronte avvolta nella seta. Infine, si arrese.
Nessuna scusa, nessuna altra giustificazione campata per aria, celata nel dovere o nella regola, nel rispetto di una separazione che non aveva ragione di esistere. Solo istinto, quell’istinto che aveva spezzato anche le catene di Oscar, quelle che le impedivano da sempre di muoversi libera ascoltando il proprio animo, quelle che lei stessa aveva sfidato cercandolo nella sua camera e che insieme avevano forzato fino a giungere sull’orlo dell’abisso in cui Oscar, ora, mostrava di aver scelto di saltare, aggrappandosi a lui.
Portò le mani alla sua schiena, affondando nella seta e risalendo in un lento disegno sulle vertebre, fino lasciarle una carezza sulla nuca. Percepì chiari i suoi fremiti, mentre le labbra ancor più sembravano premere sulle sue, muovendosi appena, in una fessura, quasi a chiedere l’inammissibile.
Si sorprese, un poco, di quella sorta di insolenza, di quel gesto inatteso cui venne incontro gonfio dell’orgoglio di aver colto quella muta domanda, fiero di quell’assalto e avvolto da infinita dolcezza. Si fece risposta, richiamo e sostegno, dischiuse le labbra, insinuante e delicato, comprendendo e, ancora una volta, concedendole tutto di sé.
La trovò pronta, vivace e vibrante; la sentì stringersi ancor più forte al suo corpo, accogliendolo senza timore e quasi sfrontata, in una reazione che fu chiara, più di ogni possibile parola.
Quella carezza umida, di fuoco e velluto, liberò desiderio e istinto profondo; il palmo aperto, premuto sulla schiena, corse di nuovo scendendo fino alla vita, rovistando quasi e vincendo la stoffa; trovò la pelle, fino a sentirla viva e calda, liscia, tesa.
Dalla nuca, le mani di Oscar scesero, strappandogli un gemito nell’insinuarsi sul suo petto e percorrendolo fino al fianco, insinuandosi sotto la giacca e stringendo stoffa e carne, strattonando la camicia fino a strapparla dalla cintola, e poi cercando curiose e fiere. Trovarono pelle e la accarezzarono, premendo e graffiando, afferrando i fianchi e tirando a sé fino a imprimere forma su forma, rendendo impossibile celare desiderio e passione.
Tese il collo, riaprendo gli occhi, mentre metteva aria tra labbra e labbra, e scopriva Oscar in una prospettiva mai conosciuta. La osservò ansimando, cercando conferma e trovando uno sguardo in cui il fuoco bruciava vorace.
Le sorrise, ad un soffio dal suo viso, osservando il riflesso lucido che sulle labbra umide brillava della luce fioca della scuderia, e vibrò al suo sguardo ora timido, colmo di gioia.
- Per questo devi salire con me, André. – sussurrò Oscar sulle sue labbra – Ricordi quello che ti dissi? Le mie domande … le mie risposte … Tu sei l’unica domanda possibile, André, e tu sei anche l’unica risposta. Non esiste altro modo di … chiedere, di rispondere, di sentire … Ho ancora tante incertezze, dubbi da sciogliere e scelte sulle quali fare chiarezza; ma ho anche una sola, grande, certezza: tu, André. Tu e quello che mi hai insegnato: non esistono regole. Il mio cuore, come il tuo, non ne conoscerà mai. –
 
Si trovò a salire le scale, forse giungendovi attraverso una porta secondaria aperta sul cortile, e poi a percorrere il corridoio, fino a quell’ultima, anonima, porta a sinistra, seguendo in silenzio la sagoma di Oscar, con lo sguardo fisso sulla sua chioma dorata, scura della notte e brillante delle poche luci accese nei disimpegni. Riconobbe la camera e percepì il tepore della fiamma ancora viva, voltandosi verso il camino e muovendosi con lucida precisione, come se quel cammino fosse già stato percorso infinite volte, come fosse un rituale da seguire con devozione.
Si riscosse al tocco del battente, chiuso poco dietro le spalle, e allo strusciare lento del chiavistello; si raddrizzò un poco, osservando il letto intonso, la coperta ancora perfetta sopra il materasso e i guanciali gonfi addossati contro la sponda in ferro, e si volse aggrottando la fronte, cercando Oscar nel bagliore della fiamma.
Si sorprese trattenendo il respiro, quando lei si strinse contro la sua schiena, cingendolo con le braccia poco sopra la vita e i palmi aperti sul suo petto. Reclinò il capo all’indietro, quasi cercando un contatto con il capo di lei, che sentiva poggiare dietro le spalle, e coprì le sue mani fresche con le proprie, trattenendole a sé, cercando di governare il proprio respiro, che pareva bruciasse nel petto.
Calda, morbida e incredibilmente sensuale, Oscar si teneva stretta, quasi temesse una sua fuga o come se volesse ringraziarlo di essere giunto a seguirla, e intanto le mani prendevano a muoversi lente, sfilandosi di sotto i suoi palmi, in una carezza che pareva percorrere ogni tratto, ogni ansa, ogni muscolo, cercando avide al di sopra della stoffa, fino a fermare la loro corsa ai lembi della giacca, tirandoli lungo le spalle e poi spingendoli a scivolare lungo le braccia, accompagnandone la discesa fino a lasciarla cadere a terra. L’impronta calda della fiamma del camino divenne più densa sulla pelle coperta solo dalla camicia e la forma di lei, contro la schiena, più calda e leggibile ancora. Le piccole mani risalirono, giocando un poco con lo scollo della camicia e poi insinuandosi laddove lo jabot già allentato lasciava i lembi aperti, sfilandolo del tutto. André rimase in ascolto di quei tocchi, di quelle carezze silenziose che parevano scoprirlo curiose cercando di riempirsi di lui, fino a perdersi un poco, strattonando la stoffa e sollevandola. Allora si mosse, alzando le braccia e lasciando che lei potesse continuare il suo gioco, perché riuscisse a sfilargli la camicia e tornare a quelle carezze, pelle nella pelle, dove la fiamma diveniva più calda di ogni braciere. Sorrise tra sé, beandosi della morbidezza dei suoi capelli, soffio delicato sulla propria schiena, e comprese come Oscar si fosse davvero abbandonata ad una sorta di scoperta … un viaggio da compiere con le sole mani, cercando ogni dettaglio e indugiando ad ogni suo fremito … attenta a riconoscere lo spezzarsi di ogni respiro e a rispondervi con delicata sensualità.
Le dita leggere trovarono la strada di carezze che lo stavano conducendo a smarrirsi e così André si mosse, trattenendo il respiro per voltarsi, forzando il suo tenero abbraccio e cercandola, finalmente, per poterla di nuovo osservare. Nel contrasto tra il bagliore della fiamma e l’ombra che la sua stessa presenza proiettava su di lei, André riuscì a cogliere il suo sguardo lucido, profondo e colmo di una emozione mai scorta prima in quegli occhi. Si sorprese quasi, nel trovarla così tenera e delicata, con le gote arrossate e le labbra rosse, scure di desiderio e scoperta.
Deglutì, cercando parole che parvero inghiottite dal silenzio di quel momento perfetto, osservando il sorriso che si apriva al suo sguardo e avvertendo di nuovo il tocco delicato delle sue mani sulle guance.
Si sentì perso, incredulo, folle, ma strinse gli occhi e inspirò ritrovando quel profumo inebriante, per poi cedere al proprio istinto, chinandosi appena a cercarla, fermandosi ad un soffio dalle sue labbra per chiederle ennesima conferma. Di nuovo morbida e di nuovo calda, tenera e decisa, Oscar non attese e tornò a lui, cercandolo ancora e lasciandosi cercare, stringendosi al suo corpo e lasciandosi stringere a sua volta.
Vacillò nel trattenerla a sé e poi si mosse tenendola saldamente, conducendola lentamente a muovere pochi passi e ruotando come in una sorta di danza, arretrando finché non avvertì dietro le ginocchia la presenza della sponda del letto. Allora lasciò le sue labbra, legandosi invece al suo sguardo, mentre sedeva sul letto e le mani, dalle spalle, lasciavano una lenta carezza fino a raggiungere i fianchi magri.
Si accorse di un bagliore nel suo sguardo, di un fuoco nuovo e vivo a bruciarle nelle iridi, e di un sorriso appena accennato a sollevarle la piega delle labbra; avvertì le sue mani lasciare le spalle, correre lungo le braccia e poi le vide risalire lungo il suo stesso corpo, quasi stesse accarezzando la sua stessa elegante camicia. Ebbe un brivido quando si accorse che tornando a scendere, le dita lunghe e sottili si erano strette al lembo inferiore della blusa incrociandosi sul ventre, per poi sollevarsi fino a portare la seta leggera oltre il capo. Si tenne legato al suo sguardo, incontrando di nuovo il bagliore blu, acceso di una fiamma incredibile e sorprendente, e fu con devozione, timore e una sorta di sorpresa, che lasciò che lo sguardo varcasse il confine del volto, seguendo il sentiero già percorso in punta di dita.
Scorse allora la stretta di quella stoffa che gli parve grezza, ferito da quel groviglio di lino che, come costrizione segreta, tradiva severo il suo corpo di donna. Percorse con lo sguardo l’intrico che in un rimando di corsi e ricorsi, pareva modellare la forma, violandone l’essenza, in una sorta di menzogna senza inizio né fine. Si trovò a percorrere con la punta delle dita quel nastro serrato di austerità e costrizione, avvertendo su di sé il peso di quella stretta, inanellando sul filo della coscienza l’innumerevole sequenza dei giorni, in cui aveva vissuto accanto a lei senza poter immaginare quanto ruvida e cruda fosse quell’imposizione senza nome. Gli mancò quasi il respiro, accorgendosi di quanto potesse essere di impedimento … anche solo nel semplice prendere fiato, durante corse, duelli, cavalcate …
Un cruccio di stoffa sotto le dita lo chiamò alla realtà, si accorse di insistere caparbio da qualche istante su una piega che pareva cedere alla perfetta orditura dell’inganno, e allora scrutò attento, insinuando le dita e graffiando la trama, scorgendo la falla di quella armatura.
Un brivido lungo la schiena e poi gli occhi a correre al volto di Oscar, trovando uno sguardo complice e curioso, intento a seguire le sue mosse, pronto a rispondere al suo dubbio, svelando il riflesso di un sorriso che vibrò da labbra a ciglia, increspando appena le gote.
Le dita si mossero, allora, vincendo l’orgoglio del lino, la presa testarda del capo nascosto, e presero a sciogliere, lente e veneranti, il nastro avvolto alla verità celata. Si accorse di muoversi con gesti precisi, che si fecero decisi e rapidi, mentre il giogo cedeva allentando il suo stringere ed ogni braccio di lino svolto pareva svelare nuova stoffa sotto di sé. Si bloccò, invece, quando comprese di aver scoperto la pelle, e tra i lembi di lino appena discosti, gli fu chiara la lucida seta del suo corpo.
Si allontanò appena con le spalle, lo sguardo a farsi abbraccio sul quel corpo appena celato, dove la fascia ormai cedeva da sé, scivolando sulla pelle e consegnandogli la vista di  quel avrebbe dovuto negare.
Il desiderio di lei lo travolse, le mani risalirono ai fianchi e le dita aperte raggiunsero quell’ultimo lembo di lino che ancora si ostinava a intromettersi tra André e il suo sogno. Lo afferrò con due dita, indugiando ancora, prima accompagnarne la resa fin sui fianchi.
Attese fissando lo sguardo sul lino incastrato sulla cintola, accarezzando appena la linea dritta del fianco, fino all’ombelico, per fermarsi, incredulo, di fronte a ciò che aveva osato.
Fresche e delicate, le mani di Oscar giunsero al suo viso, saggiando le gote e riempiendosene i palmi, fino ad accompagnare il suo sguardo a risalire.
Venere non era mai stata splendida quanto la donna che vide. Un corpo svelato, che riconobbe nella forma e che scoprì come visione di sogno fatto carne. Sentì mancare il respiro e strinse le dita sulla coperta, cercando sostegno di fronte al prodigio di ciò che gli si offriva.
Una bellezza perfetta e disarmante, lucida e piena, quanto incredibilmente reale. Non un eccesso, non un difetto; solo e soltanto Oscar, l’essenza della donna che aveva intuito da sempre dietro ogni scudo, quella che aveva amato, protetto e cercato oltre ogni regola e ogni razionalità. La vista di lei riempì occhi e mente, animo e ragione, come se non gli bastasse vederla, per coglierla tutta.
Non resse quella vista; cingendole i fianchi e portando le mani alla sua schiena, si strinse a lei, il viso affondato sul suo seno morbido e lo sguardo vinto, rimesso al buio perché non violasse oltre quel luogo sacro. Ciò che aveva toccato, il ricordo impresso che come ferro ardente aveva segnato i suoi palmi, fu vivo sul viso, ancora più denso e travolgente. Gli parve di profanare, di osare, di sfidare ancora una volta il limite proibito, con la certezza di aver ormai passato la soglia che l’avrebbe condannato alla tortura infinita del ricordo.
Una emozione incontenibile lo trascinò lontano, rovesciando ogni volontà di dominarsi, di lasciare solo un sottile spiraglio, per non esporre Oscar all’impeto del suo amore e del suo desiderio; soffocò un singhiozzo, liberò il proprio sentire, tremando quasi e tenendosi stretto a lei, in un estremo gesto di protezione, mentre il tocco delle mani delicate si insinuava sul suo capo, una carezza sciolta tra i capelli, a trattenerlo sul seno, donando conferme.
Riuscì a muoversi, seguendo il suo profumo e la seta delicata di quella pelle graffiata dal lino, dove ancora poteva avvertire i segni profondi della stretta delle fasce, e accarezzò con la guancia quella duna su cui si era perduto, voltandosi piano fino a depositarvi un bacio. Uno, e poi un altro, riconoscendo l’essenza fatta sapore, dolce, delicato e morbido quanto la pelle; seguì di nuovo il sentiero noto, guidato dal ricordo e dal fremito che vibrava sotto le sue labbra, dal respiro spezzato che muoveva lo sterno e sollevava le clavicole.
Si accorse di averla legata a sé, perché le mani la tenevano stretta, aperte sulla schiena, e perché comprese il suo seguirlo, puntando un ginocchio sul letto, sollevando poi anche l’altro fino a stringerlo appena, le cosce magre attorno ai fianchi e il corpo premuto al suo petto. La sentì incalzare un poco, premendo il ventre al suo corpo e mostrando il desiderio, lasciando che l’istinto guidasse ogni gesto.
Risalì dal collo, tra baci e contatti più densi, guidato dall’onda del suo respiro e dai gemiti appena udibili che avvertiva risuonare nel petto, fino a cercare le sue labbra, in una carezza di velluto. Ne trovò l’ardore, il sapore ormai vivo e noto, la passione nuova e ancora più intensa; avvertì il nastro sulla nuca sciogliersi, liberando i capelli sulla spalle, e le dita di Oscar tornare a giocare con la sua capigliatura, insinuandosi tra le ciocche e strattonando un poco, per tornare alla nuca e premere, inquieta e istintiva, vincendo ogni distanza e chiudendo ogni spiraglio.
André mosse le mani, lungo la schiena sinuosa e liscia, scendendo a riempirle della curva morbida e soda appena sollevata dalle proprie cosce, trattenendo e inseguendo l’onda con cui Oscar muoveva i fianchi su di lui.
La sentiva tutta, viva come mai prima, libera e incredibilmente vera. Oscar inarcava la schiena e si muoveva sinuosa, gli si spingeva contro cercando la forma del suo corpo e accendendo nuova eccitazione, nuova ricerca, nuovo istinto, in un rimando continuo; lei accoglieva carezze donando gemiti, si lasciava scoprire e ancora cercava a sua volta, tra baci e contatti proibiti, liberando un desiderio cui forse non riusciva a dare nome e che pareva non avesse mai conosciuto così travolgente e libero di mostrarsi. Gli offriva pelle e ne cercava a sua volta, risalendo lungo la spalla e il collo, insinuando baci e piccoli morsi umidi fin sotto la mascella, per poi giungere ancora alle labbra, instancabile e come assetata. Energica e fiera risvegliava nuovo ardore muovendosi d’istinto contro il suo ventre, dove la stoffa tesa niente poteva per celare fremiti e vigore.
Sotto il suo assalto, André la conobbe libera, selvatica, proprio come lei gli si era confidata … e nel tumulto dei sensi riconobbe quell’oblio che non ammette argine, né limite della ragione.
Provò timore, una stretta nel petto sollevarsi dalla tormenta del suo corpo premuto a sé, e raccolse coraggio, forzando il proprio amore, per proteggere lei e lei sola, ancora una volta. Un titano, il suo amore, teso nello sforzo per vincere se stesso.
Si staccò appena lo spazio di un respiro, portò le mani tremanti al suo volto, fissando lo sguardo nel suo, ansimando prima di riuscire a riordinare poche parole, per rivelarsi a lei una volta per tutte, per offrirle verità e, con essa, l’estrema protezione.
- Fermami, Oscar … - implorò sulle sue labbra, tentando di ritrarsi, sfuggendo al suo bacio – Fermami, ti prego … -
Ripetendo quelle parole, avvertì il suo corpo farsi rigido, quasi pesante e cogliendone l’esitazione, cercò di insistere nel proprio proposito.
- Oscar, io non dovrei neanche pensare di … - riprese, e dischiudendo gli occhi si trovò nel cuore del vortice inquieto dello sguardo di lei.
- Si tratta di quella donna? E’ per Amélie, vero? – chiese allora lei prevenendo ogni altra parola – E’ per lei, che ora non vuoi … -
- Oscar … - la interrupe immediatamente negando piano con il capo e sorridendo di tristezza ad un soffio dalle sue labbra lucenti - … se solo tu potessi sapere … -
Il suo sguardo si fece scuro di una notte dell’anima, di dubbi e timori, mostrando una fragilità che colpì André nell’animo. Fu bere al contempo ambrosia e fiele, l’orgoglio come fiamma risvegliata dal soffio della gelosia riconosciuta nel dubbio di Oscar mischiato alla compassione per un tormento inflitto al suo animo. Un nodo gli strinse la gola e le labbra corsero a raccogliere la scia umida che il bagliore della notte aveva mostrato nel suo correre lungo la guancia liscia.
- Oscar, ascoltami: - sussurrò sulla sua gota - davvero è sufficiente un nome di donna, scivolato sulla mie labbra, per darti questo tormento? Non lasciarti ingannare, ti prego ... perché tu conosci già le mie risposte. –
La rassicurò cercando il suo sguardo e le mani giunsero alle guance raccogliendo la sua sofferenza - Io ho visto quella giovane una e una sola volta in vita mia, solo per pochi attimi … credi davvero che mi basterebbe così poco per oscurare la memoria di una vita? –
La scrutò attento, con dolcezza, accogliendone l’incertezza e colmandola con il vento del proprio amore assoluto, e in quello sguardo scuro come un oceano, lucido e vibrante di dubbio e passione, raccolse ogni forza dell’animo, aprendo il proprio cuore, come il suo, alla verità.
- Tu lo sai, Oscar … tu sai di me e di quello che porto dentro … Ma desidero che tu possa udirlo da me, dalle mie labbra, perché tu abbia a custodire nel tuo cuore la mia voce mentre pronuncio queste parole e comprendere la verità, facendola ricordo indelebile. – lasciò spazio ad un respiro profondo, traendo coraggio per liberare l’animo – Io ti amo, Oscar. Credo di averti sempre amata[i] … e tutto quello che avrai da me sarà solo e soltanto amore … Per questo, per questo amore che mi divora l’anima, il cuore e le viscere, e che mi guida da una vita, ti chiedo di ascoltarmi … e di credermi senza chiedermi altro: ti prego, fermami. Fermami … perché io … non posso … proprio non posso[ii] permettermi di renderti ciò che non sei.  -
 
[i] Parole di André … liberamente ispirate alla sua confessione del mitico Episodio 28.
[ii] Omaggio all'omonimo racconto di Sabrina Sala

Angolo dell'autrice: capitolo, per me, fondamentale ... che vi consegno senza ulteriori note o commenti, se non con una doverosa dedica a questo André più forte di qualunque tormenta.
Un abbraccio e un caro ringraziamento a chi legge, segue, ricorda, preferisce, commenta, si arrabbia, spera e indaga in vario modo ... "Il mio segreto" è anche vostro.
A presto!

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Capitolo 24
*** Bagliori ***


Bagliori
 
Non gli era mai accaduto, prima di allora, di aprire lo sguardo ai bagliori del primo mattino, avvertendo un contatto morbido sul petto; abbandonandosi alla pace che interamente lo cullava, si soffermò per qualche istante a fissare il gioco di travi contorte e irregolari che ripartivano il solaio che lo sovrastava in un intreccio scuro e disordinato al quale non era per nulla avvezzo. Socchiuse appena le palpebre, sorpreso da quell’immagine insolita, e vi si abbandonò, muovendo il braccio per stringere un poco il corpo di calda seta che ora riconosceva premuto al torace.
Sorrise, nell’animo e poi con il viso, mentre disegnava una carezza sulla pelle della sua schiena, completamente esposta al suo tocco.
Un braccio incastrato al di sotto del guanciale e l’altro allacciato di traverso al suo corpo, con una mano insinuata dietro la sua nuca, Oscar pareva ancora abbandonata al sonno più profondo, stretta a lui e con il capo adagiato sul suo cuore.
André sollevò il braccio libero, prendendo a giocare con una ciocca dorata, avvolgendola all’indice e poi lasciandola scivolare da esso, osservando rapito quel viticcio setoso e il suo muoversi sinuoso tra le dita come mai prima aveva potuto permettersi di fare; arrestò il suo gioco ascoltando Oscar emettere un profondo respiro, intuendola sull’orlo del risveglio, e si mosse attento, cercando di scorgerne il viso tra i capelli sciolti sul proprio petto.
Restò incantato alla vista del suo viso d’angelo, delle palpebre e delle lunghe ciglia scure, custodi di iridi rubate al cielo, e poi abbandonò il capo sul cuscino, perdendosi nel ricordo della notte.
Bruciò ancora nel petto e nel ventre lo sforzo immane che gli era costato fermare Oscar nel suo abbandonarsi all’istinto, tra le sue braccia. Poteva ancora vedere i suoi occhi scuri e lucidi, mentre vibravano implorando spiegazioni e poi cedendo al silenzio.
Oscar lo aveva ascoltato, facendo proprie quelle poche e dense parole, nell’attesa che risuonassero come eco dentro il suo cuore, forse ripetendole più e più volte, cercando di leggere tra suoni e silenzi, la verità che non aveva voluto confidarle e dalla quale aveva scelto di proteggerla.
In quegli istanti infiniti, aveva temuto davvero che Oscar potesse cedere, lasciando che la fiducia scivolasse nel dubbio, violando l’abbraccio a cui si era abbandonata arresa e spogliata di ogni menzogna e finzione. Era perfettamente consapevole di aver forzato le sue certezze, e di averle imposto un nuovo silenzio … osando una sfida che non avrebbe voluto rischiare. Eppure, dopo l’iniziale immobilità, e forse incredulità, Oscar l’aveva sorpreso.
Dall’abbraccio stretto in cui l’aveva serrato all’udire le sue parole, si era poi mossa lentamente, mantenendo i polsi allacciati dietro la sua nuca e fissandolo con uno sguardo velato e scuro, ma incredibilmente denso, acceso di un fuoco che oltre la passione, gli aveva mostrato placida determinazione. Le labbra tumide e piene si erano dischiuse, inumidite dal quel gesto rapido e istintivo che André conosceva e in cui leggeva da sempre l’ultimo istante rubato all’attesa dalla ragione, e poi un soffio aveva raggiunto le sue stesse labbra.
- Hai ragione, André: io sapevo, anche se non comprendevo davvero, e udire le tue parole è stato come aprire gli occhi per la prima volta su di te … e riconoscere che anche in ciò che non posso comprendere, l’unica via possibile è affidarmi a te. Io …  – si era fermata, come se altre parole avessero dovuto giungere, ma fossero rimaste sospese tra animo e gola.
Poi le labbra l’avevano cercato ancora, sfiorando le sue in un indugiare nel fondersi dei respiri che si erano fatti sospiri e poi quasi ansimi, saggiando la forma e suggendone linfa, fino a lasciare, in un bacio, la sua resa.
- Amore … solo amore, hai detto ... e proprio per questo, mi fido di te. –
Di ciò che era accaduto dopo quelle sue parole, conservava un ricordo fatto di istanti, gemme di un gioiello forgiato nei sensi. Ricordava di essersi abbandonato sul letto, portandola con sé, e che il sapore dei suoi baci gli era parso più ricco, denso e inebriante; poteva ancora sentire la sua mano, prima incerta e titubante, che si era fatta curiosa di carezze proibite e oltre la stoffa spessa aveva certamente raccolto e custodito forme e fremiti; e avvertiva ancora il profumo segreto celato dall’ultimo strato dell’uniforme, ormai intrisa di desiderio e passione. Si erano mostrati, gustati e riconosciuti in ogni singolo istante, tra carezze, baci e morsi, gesti, contatti e strette voraci, incastri perfetti di gambe insinuate a cercare il tocco più ardito … fino a tremare, legati nell’ultimo abbraccio, che li aveva colti, stremati e increduli, consegnandoli al sonno.
Fece proprio, ancora una volta, il profumo dei ricci sciolti sul petto, prima di chiamarla in un sussurro.
- Oscar … -
Ne avvertì la stretta farsi più salda attorno al torace, mentre le gambe si tendevano rigide, per poi tornare morbide tra le sue, e il respiro profondo soffiava l’ultimo sonno del mattino. Muovendosi con attenzione, scivolò dalla sua presa, adagiandola delicatamente sul guanciale, per poi discostare da sé le lenzuola e ruotare fino a portare le gambe sul lato del letto e i piedi nudi a terra. Strinse le dita sul bordo del materasso, increspando la stoffa appena un poco ruvida al di sotto di esse e serrando le labbra, il capo chino tra le spalle, prima di volgersi verso di lei, lasciandosi trafiggere dalla sua immagine perfetta e contemplandola rapito, rubando istanti di pace, tra i fili dorati sparsi sulle lenzuola e le ciglia fitte a proteggere il riposo; fino a quando non riuscì a recuperare la propria volontà, sollevandosi dal giaciglio per aggiustarsi addosso le brache e recuperare la propria camicia. Con gesti lenti, quasi gli pesasse ogni movimento, indossò la blusa dando le spalle al letto, curandosi di accomodare al meglio i lembi dentro la cintola. Portò un palmo al mento e poi alla guancia, perdendosi qualche istante nel saggiare il proprio profilo appena ruvido e valutando la possibilità di recuperare la piccola sacca di cuoio che teneva assicurata alla sella di Alexander, nella quale custodiva il necessario per la rasatura … Una accortezza necessaria, considerata la dedizione con cui Oscar si dedicava da sempre all’incarico di Comandante delle Guardie Reali e che già in passato li aveva costretti a trascorrere la notte lontano da palazzo.
Un profondo sospiro attirò la sua attenzione, prima ancora che potesse decidere il da farsi.
- Buongiorno, André … -
Si voltò rapido per rispondere al saluto, ma non ebbe modo di pronunciare una sola parola, di fronte al sorriso con il quale Oscar lo accolse, distesa sul letto, con gli occhi brillanti, quasi ridenti, e le braccia strette al seno, celando appena la nudità nel conforto di un lenzuolo sgualcito, in una immagine incredibilmente sensuale e pudica, che lo portò in un palpito ad una immagine gemella di lei, stretta in un telo di lino, incerta e misteriosa, in un tempo che gli parve incredibilmente remoto[i].
 
Si asciugò il viso, tamponando con attenzione e togliendo ogni residuo di sapone, osservando la propria immagine nello specchio irregolare e storcendo le labbra di fronte al risultato ben lungi dalle proprie aspettative.
- Non sembri soddisfatto di ciò che hai fatto … - la voce di Oscar lo fece trasalire, inaspettatamente vicina.
Si voltò di scatto, realizzando che, concentrato nell’osservare la propria immagine, non si era accorto del fatto che lei lo avesse raggiunto. Tentò una risposta, scuotendo il capo, ma perse respiro e parole nel trovarla accanto a sé, con le spalle scoperte e la camicia avvolta su se stessa e stretta al seno, insieme all’intrico del lino. Cercò il suo volto, fuggendo dal suo corpo di latte accarezzato dalla sole del mattino, e fu quasi più forte l’emozione nello scorgerla candida e serena, con gli occhi brillanti del cielo più limpido e i capelli intrecciati nel disordine della notte. Uno scambio silenzioso, di sguardi e sorrisi appena celati, prima che lei gli volgesse le spalle, la schiena nuda completamente esposta, mentre con il braccio levato gli porgeva la matassa di lino.
- Se hai terminato con la tua rasatura, potresti aiutarmi, per favore? … - gli chiese e poi rimase in attesa, il capo basso e la mano sospesa perché lui potesse afferrare la lunga benda.
André comprese, allungò appena la mano e afferrò il lino, prendendo a districarlo per cercarne un capo. Si accorse di avere le mani tremanti e di faticare a svolgere la stoffa, nuovamente ferito dalla vista di quella segreta costrizione. Trovando un capo, sciolse meglio che poté il resto dell’intrico, lasciando che scendesse fino a depositarsi a terra.
- Come posso … - chiese imbarazzato.
- Metti qui e tieni fermo. – spiegò Oscar sollevando un gomito e puntando il capo del lino una spanna sopra il fianco, premendo poi le dita di André perché la benda non si spostasse – So farlo anche da sola, ma non essendo bende fresche, se mi aiuti il risultato sarà certamente migliore … -
André ne osservò i movimenti lesti e precisi, aiutandola nel distendere le pieghe del lino, scoprendo in quei gesti un orizzonte misterioso e facendo proprio un nuovo aspetto della vita di Oscar, in bilico tra due mondi. Di nuovo, si sorprese di quanto incredibilmente difficile potesse essere la sua esistenza e di quante pieghe nascoste ancora potesse ignorare di quella sua realtà, risultato dell’ostinata volontà di far sì che una donna vestisse la vita di un uomo, comprimendo anima e corpo in una corazza di regole e finzione, forzature impossibili da ammettere … necessarie da accettare.
- E’ … è un’idea di mia nonna? – balbettò - Come ha potuto importi una cosa simile? Io non avrei mai … -
- Non sono poi così male, sai? – rispose lei ultimando la fasciatura e assicurando il lembo tra altre pieghe, per voltarsi a lui e riprendere – Non sono peggiori di altre stoffe …  –
André soffocò la sua risposta in un sospiro, mentre il suo cuore tornava a disegnare nel suo segreto un arabesco di tenerezza, accarezzando con gratitudine il pensiero che lei gli avesse concesso di varcare una nuova soglia, di violare una ulteriore divisione, offrendogli quell’immagine di sé, alla luce del sole appena sorto.
- … e senza sarebbe anche peggio, credo. – riprese Oscar, chinando lo sguardo a terra. Si morse le labbra, la voce parve tremare – Sono necessarie ... per tenermi legata a quello che devo essere … né uomo, né donna … - e scivolò in un sussurro.
- Oscar … - la chiamò e un palmo corse a cullare la sua guancia, accompagnandola a risalire, fino a cogliere il suo sguardo – Cosa dici? Tu sei una donna … -
Il capo si scosse, forzando appena il contatto con il suo palmo; Oscar strinse le labbra e deglutì, gli occhi improvvisamente lucidi, finché l’animo non trovò le parole e la via per essere udite – Avrei … avrei voluto esserlo, questa notte … -
André sentì il cuore bruciare nel petto, la gola stringersi in un nodo; chiuse gli occhi, trattenendo le lacrime per non mostrare il proprio tormento e senza governare il proprio istinto, la cercò, serrandola a sé in un abbraccio di anima e corpo.
La voce, flebile e tremante, tornò al suo cuore, in un soffio stretto sul petto - … sarei divenuta donna … e lo sarei stata per te … -
 
Per l’ennesima volta, saggiò il proprio mento e le guance, arricciando il naso in una sorta di smorfia, nel constatare come la rasatura della mattina non avesse ottenuto il risultato che era solito raggiungere potendo godere dell’agio della propria camera. Indugiò sull’opportunità di far affilare da mani esperte il rasoio che teneva nella sua sacca … e sulla necessità di sostituire la pezza di cuoio con la quale si era adoperato con impegno, e scarsi risultati, per migliorare il filo della lama. Passò più volte l’indice, con insistenza e disappunto crescente, su un preciso punto della guancia, appena al di sopra dello spigolo della mandibola dove avvertiva pungere e quasi graffiare … e quasi riuscì a concentrarsi su quel vibrare ruvido, tanto da isolarsi dal brusio che animava, come del resto era consuetudine, la Salle des Gardes de la Reine[ii]. Per sollevarsi da quel fastidio, si fece prossimo alla prima della alte porte finestre che offrivano uno scorcio del Parterre du Midi, osservando con forzato interesse il disordinato muoversi di dame e gentiluomini lungo i vialetti ghiaiosi del giardino. Sollevando lo sguardo, invece, si perse un poco nel gioco di nubi candide che si muovevano rapide nel cielo azzurro di quel pomeriggio infinito, lento di attese e consueti passaggi da un’udienza a una esercitazione, da una ronda ad una verifica del protocollo …
Al rigido cigolio del battente della porta che gli era poco distante, seguì l’eco di passi svelti, chiari e leggibili, come fossero staccati e nitidi, rispetto al denso brusio di fondo. Riconobbe il tono fermo tipico di quando a parlare era il Comandante delle Guardie Reali, notando una leggera sfumatura, forse appena un poco più fredda del consueto, e intuendo una sotterranea vena di inquietudine. Una risposta, concisa e obbediente, prima di udire falcate decise sfilare alle proprie spalle, per poi intuire, con la coda dell’occhio, la figura alta e celeste del Tenente Girodel mentre si allontanava verso il lato opposto della sala.
Passi serrati si fecero prossimi e un richiamo appena udibile, soffio soave e suadente celato nella consuetudine di un disporre degli altri, lo distolse infine dalla vista del parterre – André … -
André si volse immediatamente, incontrando la sua immagine snella a scivolare proprio appena oltre la sua posizione e incrociando per un istante il suo sguardo limpido. Era stato sufficiente un solo istante per ritrovarsi e allacciare gli sguardi, legarli l’uno all’altro come potessero avvolgersi e farsi uno, per poi sciogliere rapidamente ogni indugio e ritirarsi nel composta parvenza di indifferenza che reggeva da anni il loro incontrarsi entro i confini della reggia. Si accinse a seguirla, lanciando solo un’occhiata rapida alla schiera di uomini, alcuni eleganti e altri in uniforme, o anche riconoscibili nella livrea di servizio, tutti assorti in discorsi sommessi e movimenti consueti che si perdevano nello sfondo variopinto e geometrico di marmi dai colori intensi.
Prese il passo di Oscar, seguendone il ritmo deciso, e fissando lo sguardo a lei, concentrato e rapito dall’ondeggiare morbido dei capelli sulle spalle larghe e magre, delle quali ricordava la spigolosa precisione. Guidato dall’incalzare dei suoi passi, disegnò ancora una volta la china della schiena morbida celata dall’uniforme, sentendo vivido e quasi pungente il ricordo della pelle sotto i palmi …
Inspirò a forza, recuperando lucidità e fuggendo ancora una volta da quel sogno ormai fatto ricordo, vivo e pulsante come mai prima, e cercando tra i colori della sala un solido appiglio per non cedere. Sollevò lo sguardo, cercando il bagliore composito del grande lampadario che illuminava il cammino che stava percorrendo verso la Grande Salle des Gardes de la Reine, seguendone i bracci ricurvi e le mille gocce di cristallo … Un arabesco lucente, quasi accecante, capace di riflessi intrecciati e quasi vibranti … come di bagliore che diviene sfocato nell’alone opaco dell’oblio … che in un battito di ciglia torna nitido a stagliarsi nell’intrico di bronzo dorato ed preziose trasparenze.
Fu un istante, prendere coscienza della realtà.
Riconobbe nel tremolio dei cristalli un che di insolito e innaturale, uno schiocco secco e una sorta di sibilo; percepì chiaro lo spazio attorno a sé, la propria posizione e quella di Oscar, di un passo avanti alla propria … e senza alcuna possibilità di rendere razionale il proprio scegliere e muovere le proprie membra, avvertì come un’onda crescere dentro di sé, incalzante e decisa ad imporgli di gettarsi su di lei. Chiudendo le braccia attorno al suo esile corpo e spingendola con tutta la propria forza perché si gettasse a terra, la trascinò con sé, ruotando appena il torace e tenendola stretta, fino a cadere a terra, urtando il pavimento con la propria spalla e poi con il capo, e avvertendo il peso del corpo di Oscar schiacciato addosso al proprio.
 
[i] Riferimento al capitolo 1
[ii] Grande sala dell’appartamento ufficiale della Regina, situato nell’ala di mezzogiorno della Reggia di Versailles, e direttamente collegata all’anticamera della Regina e alla Grande sala delle Guardie della Regina (oggi Salle du Sacre).

Angolo dell'autrice: perdonate se arrivo fuori orario... ma domani mattina sarò impegnata e non potrò aggiornare.
La notte è definitivamente trascorsa... e, in qualche modo, superata. Se appena un poco di chiarezza è stata fatta, altro si profila all'orizzonte.
Un bacio a tutte... a coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono e lasciano un commento. A presto e grazie davvero.

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Capitolo 25
*** Il peso del silenzio ***


Il peso del silenzio
 
Udì un fragore assordante alle proprie spalle, qualche urlo acuto e poi voci concitate a imporre ordine e invocare interventi di aiuto. Riuscì appena ad intuire un disordine di cristalli, schegge e bronzo, e una nuvola lucente schiantata a terra in un rombo sordo contro il parquet.
Attese qualche istante, le braccia ancora strette a trattenere il corpo di Oscar al proprio, e poi, spentosi il fragore, puntò il gomito a terra, sollevandosi dal legno cosparso di frammenti lucenti, mentre anche lei si voltava lentamente, guardandosi attorno, stranita. Mosse il braccio che ancora la stringeva, lasciando la presa e sincerandosi che le sue condizioni fossero buone.
- Oscar … è tutto a posto? –
Il suo sguardo, intenso e lucente, lo penetrò fino nell’animo e un cenno del capo diede pace al suo cuore.
- Sto bene, André … sto bene … - e in quell’esitare con le ciglia scure appena abbassate sul cobalto, fisse nei propri occhi, accompagnate da una stretta decisa sul suo braccio, poté leggere una profonda e tacita riconoscenza.
- Comandante Oscar! Come state? – si intromise il Tenente Girodel, giunto svelto, facendosi largo tra i presenti – E’ tutto a posto? –
Oscar si volse a lui, mentre già si sollevava un poco, puntando un ginocchio a terra, e con gesti attenti toglieva dalla propria uniforme schegge infide e brillanti – Certamente, Girodel, non dovete preoccuparvi. Si è trattato solo di un incidente. Il lampadario mi sarebbe rovinato addosso, ma provvidenzialmente André si è accorto di quello che stava accadendo … -
André si levò da terra a sua volta, accomodando i propri abiti e scrutando attorno a sé. Levò lo sguardo sulla piccola folla scomposta che si agitava nel salone, sollevando ancora un brusio agitato di commenti, richieste e lamenti; percorse il groviglio di espressioni e gesti spaventati, cogliendo in un unico abbraccio volti e abiti, scorgendo ventagli, acconciature, mostrine, uniformi, e poco distanti livree di inservienti. Cercò di focalizzare l’attenzione sui presenti, imprimendo ogni immagine nella propria mente e registrando quanti più dettagli gli fosse possibile: una dama dai gioielli color del sangue e una stretta in un abito vinaccia; un uomo in uniforme che parve smeraldo, con un copricapo militare dalla foggia inusuale e poi uno alto robusto e vestito di scuro, appoggiato ad un bastone da passeggio; un gruppo di inservienti dalla livrea rossa e qualche nobile stretto ad una dama accasciata a terra per lo spavento … e nessun volto che trovasse un riscontro tra le anse della memoria.
Tornò ad Oscar, si accorse della figura celeste inginocchiata accanto a lei e udendola rassicurare il Tenente Girodel, e si decise a muovere qualche passo, lo sguardo fisso a terra e la fronte aggrottata.
In un cumulo scomposto, il grande lampadario giaceva sul legno, i bracci deformati dall’impatto contro il pavimento e i pendenti sparsi tutto attorno come gocce schizzate da una spaventosa fontana di cristallo. Si chinò accanto al relitto dorato, scorgendo la matassa di cordame che, seguendo il lampadario nella sua corsa, aveva finito per accasciarsi addosso ad esso, avvolgendosi disordinatamente ai suoi bracci. Seguì l’intrico della corda spessa e robusta, scovandone infine il capo, per poi raccoglierlo e tornare a raddrizzarsi, rigirando tra le dita l’intreccio e sbarrando gli occhi, constatando come i fili ritorti apparissero troncati di netto, anziché sfilacciati e irregolari, come invece si sarebbe aspettato di vedere[i].
- Madamigella Oscar! Cosa è accaduto? – la voce allarmata e inconfondibile del Conte di Fersen si fece largo tra la piccola folla sgomenta che ancora era assiepata nella sala.
André si voltò riconoscendo il nobile ormai prossimo ad Oscar, chino accanto al Tenente e visibilmente preoccupato.
- Ero nelle stanze qui accanto … ho udito fare il vostro nome e accennare ad un incidente … - spiegò insolitamente concitato.
- Sto bene, Conte di Fersen. – lo rassicurò asciutta Oscar, scivolando via dalle attenzioni dello svedese, rimettendosi agilmente in piedi e muovendo ancora le mani per ripulire la propria uniforme dalla polvere e dalle schegge – Come potete ben vedere, non mi è accaduto nulla … grazie ad André. – aggiunse infine rivolgendogli un rapido sguardo.
- Lo vedo, lo vedo … tuttavia ritengo che sarebbe prudente chiamare un medico per controllare che … - riprese il Conte con la consueta gentilezza.
- Vi ringrazio – lo interruppe prontamente Oscar - ma preferirei, invece, che voi aiutaste il Tenente Girodel nel verificare che nella sala tutto sia in ordine … credo che abbiate compreso a cosa io mi riferisca. –
Il Conte annuì prontamente, scambiando uno sguardo d’intesa con Girodel, prima di congedarsi – Come preferite, Oscar … ma voi, prestate la massima attenzione e non commettete imprudenze … -
- Non vi preoccupate, Conte di Fersen: stavo giusto per rientrare a Palazzo Jarjayes. Vi ringrazio per il vostro interessamento e per la vostra collaborazione … - concluse rapidamente Oscar, che poi si limitò ad un cenno con il capo, verso il Conte e a Girodel, prima di rivolgersi ai presenti in sala con voce cristallina e ferma – Non è accaduto nulla di grave, signori; tuttavia vi chiedo di pazientare ancora qualche istante, prima di lasciare la sala, perché il Tenente Girodel possa effettuare alcune verifiche di rito. –
 
Avevano lasciato la reggia, tagliando silenziosamente la cour royale e dirigendosi alle scuderie, scambiandosi solo, di tanto in tanto, qualche sguardo furtivo. Mantenendosi sempre ad un passo da Oscar, un poco discosto da lei, in modo che potesse trovarlo senza voltarsi completamente, André aveva seguito i suoi passi sul selciato e l’aveva superata solo quando lei era giunta sulla soglia della scuderia, disponendosi ad attenderlo in silenzio. Le aveva prima preparato e poi condotto Cesar, come di consueto, per rientrare a prendere Alexander, così come faceva ogni giorno, seguendo una consuetudine che pareva non essere stata minimamente intaccata dagli ultimi accadimenti e nella quale solo il delicato baluginare di qualche frammento cristallino rimasto fra i capelli biondi sembrava aver lasciato il suo segno.
Tuttavia, salendo in sella, si era accorto di come Oscar stringesse le redini tra le dita e di come facesse vibrare lo stivale nella staffa; le si era affiancato e con un cenno del capo aveva risposto al suo sguardo, confermando di essere pronto … e infine si erano incamminati alla volta di Palazzo Jarjayes.
Giunti a costeggiare il canale, il tramonto aveva ormai sciolto le ombre snelle del filare di pioppi in lunghe pennellate scure sul loro cammino, mentre la vegetazione in lontananza si mostrava cupa e appena striata degli ultimi riflessi rossastri del sole. Gli stessi colori densi e scuri che parevano essere colati sull’animo di André, ancora perso nel ricordo di quegli attimi vibranti in cui aveva intuito il peso dell’enorme lampadario calare sull’ignara figura di Oscar, e che avevano avuto la forza di distoglierlo da altri, più vivi e tormentati ricordi.
Fermo in sella ad Alexander, si accostò ad Oscar che ancora si mostrava chiusa e pensierosa, a sua volta assorta in pensieri nascosti. Immaginando di poter comprendere quale fosse il motivo del suo chiudersi in se stessa, si decise a forzare la verità che lo turbava.
- Ho controllato il capo della fune, Oscar. – esordì a voce alta, certo che non fosse necessario aggiungere altri dettagli perché lei comprendesse, e Oscar, infatti, gli si rivolse immediatamente, in un silenzio attento.
- Era tranciato di netto, senza segni di usura. – proseguì fissando lo sguardo nel suo, per poi insistere – Sai cosa significa questo? –
Dischiudendo le labbra in un sospiro, Oscar distolse lo sguardo, puntandolo sulle proprie mani strette alle redini, unite sul pomolo della sella; André ne lesse nuovo tormento, rimase un istante titubante … ma poi vinse ogni timore e proseguì con caparbia determinazione.
- Significa che è stato tagliato e che qualcuno voleva che il lampadario rovinasse addosso a te. –
Non ottenne risposta alcuna, ma la vide annuire lentamente e questo gli conferì la forza necessaria per proseguire.
- E tutto questo mi induce a ipotizzare che anche quella sera … ciò che è accaduto, non sia avvenuto per caso, ma che già allora qualcuno volesse che ti accadesse qualcosa e controllasse i tuoi movimenti per colpirti. –
Attese una reazione, ma Oscar gli parve inabissarsi in un nuovo silenzio, con il capo chino, e allora, tirando a sé le redini, arrestò l’avanzare di Alexander chiamandola con voce ferma – Oscar! Devi aiutarmi a capire … -
La osservò proseguire ancora qualche passo; poi, poco oltre, Cesar si fermò. Benché gli desse le spalle, immobile e tesa, Oscar aveva accettato di ascoltarlo.
- E’ tutto così confuso e ancora non trovo nessun legame … eppure lo sento, come fosse certezza, nonostante io abbia osservato i presenti in sala e nulla mi riconducesse alla sera del ballo o a quegli appartamenti … - le espresse in poche parole un cumulo di dubbi e pensieri tormentati, nell’intima speranza che lei potesse trovare dentro di sé almeno una delle risposte che lui ancora non riusciva a formularsi.
- Fersen … - la udì sussurrare, e sorpreso da quell’unico nome pronunciato, mosse Alexander a raggiungere Cesar.
- Cosa? … - chiese titubante.
- Fersen è l’unico anello che lega i due episodi. – chiarì Oscar scrutandolo incerta – Almeno così mi sembra … -
André rimase a soppesare quelle parole, poi scosse il capo negando deciso – Non credo, sai? Fersen non era nella sala … -
- Così ha detto. Ma potrebbe aver mentito … - insinuò allora lei.
André negò di nuovo, cogliendo l’espressione interrogativa di Oscar e si accinse a spiegarle le proprie ragioni – Io credo che abbia affermato il vero. Subito dopo l’incidente, ho osservato la folla presente nella sala, proprio cercando disperatamente un aggancio, un dettaglio … Ti assicuro che l’avrei notato. –
- Potrebbe aver agito per mezzo di altri … - ipotizzò ancora.
- Oscar, devo essere sincero: in un primo momento, in occasione del mio confronto con il Conte, mi è stato davvero difficile controllarmi … e anche credere che avesse agito onestamente, quella sera. – una pausa, lasciando in sospeso tensioni, accuse e imbarazzo – Ma poi, ho avuto modo di ricredermi e di pensare che veramente lui abbia agito semplicemente per abitudine … e leggerezza. – concluse.
- Eppure continuo a non fidarmi, André … mi tortura il pensiero che quella notte lui sapesse … e avesse evitato il vassoio perché consapevole del pericolo che potesse rappresentare … - riprese Oscar, stringendo le dita alle redini, faticando a trattenere delusione e dubbio.
- Oscar, io posso comprendere i tuoi pensieri … e ho riflettuto molto anche su questo particolare: ricordi cosa disse mia nonna a proposito del Conte, ieri mattina? – le chiese poi rimanendo ad osservarla e lasciandole modo di riflettere, mentre lei aggrottava la fronte incerta.
- Tua nonna cosa c’entra? – domandò sorpresa.
André sorrise appena – Mia nonna ha lamentato il fatto che il Conte non apprezzi i suoi biscotti e abbia influenzato il tuo gradire i suoi dolci di cannella e cioccolato! Capisci? Il Conte ha semplicemente trovato dolci che non erano di suo gusto … - spiegò – E’ stato solo un caso … e probabilmente chi ha preparato o scelto quei dolci, non conosceva il Conte quanto noi … e nemmeno quanto mia nonna. –
Oscar chinò il capo, annuendo e tendendo le labbra.
- Credo tu abbia ragione, André … - ammise infine, spegnendo poi la voce in nuovi pensieri.
La lasciò assorta, osservando il suo vagare lontano in cerca di pace, un tormento insinuato nel tendere i muscoli e muovere le ginocchia, e nello scorrere lento delle dita lungo il cuoio delle redini. Non poté immaginare le volute dei suoi pensieri e si perse a sua volta in nuove ipotesi, dubbi, timori.
Prese fiato e coraggio, quindi riprese - Dimmi solo una cosa: alla reggia sapevano di una dama misteriosa che avrebbe preso parte al ballo; ma sapevano che eri tu quella dama? Lo sapevano tutti … tranne ...? – aggiunse infine cercando di trattenere la fitta di delusione che lo aveva ferito e di ingoiare nel silenzio il veleno di altre, taglienti, domande.
Oscar scosse il capo e André la vide portare una mano alla fronte, chinando un poco il capo; quell’immagine lo colpì, comprendendo di aver forse esagerato nell’affondare il proprio segreto rancore. Fu un solo, doloroso istante, una fiamma di rimorso che gli diede la forza di farsi ancor più vicino a lei, fermandosi ad un passo da Cesar e cercando il suo volto ancora nascosto. Insinuando lo sguardo oltre i capelli sciolti sul viso, si sporse verso di lei, allungando un braccio per cercare la sua spalla, stringendo appena la presa sopra le frange dorate.
- Non si trattava di una visita ufficiale, André; questo no. Ma qualcuno sapeva, evidentemente. – ammise allora con un sussurro.
- Perché non me ne hai parlato, Oscar? Perché? Perché io non potevo saperlo? Ti prego … - il respiro spense ogni parola, quando lo sguardo di Oscar si sollevò a cercarlo, facendosi tremante e umido di sofferenza.
- Io … io non potevo … Come potevo raccontare, proprio a te, quello che stavo per fare? Cosa avresti pensato di … - le parole giunsero una sull’altra, mentre le labbra iniziavano a tremare e il volto tornava a nascondersi, volgendosi altrove.
- Ti avrei aiutato, Oscar, non avrei certo potuto giudicarti perché desideravi … - si interruppe, udendo un singhiozzo soffocato, vedendo le spalle magre sussultare e il capo biondo chinarsi ancora sul petto, celando un dolore inammissibile. Di nuovo, strinse la presa sulla spalla e poi, in una carezza, la mano scese lungo il braccio, cercando la sua mano. Ma fu un istante, un guizzo scarlatto, e prima che potesse reagire o farsi più vicino a lei, Oscar puntò i talloni nei fianchi di Cesar e schioccò le redini decisa.
In una nuvola fumosa, con il capo chino e i fianchi sollevati dalla sella, la vide allontanarsi, portando con sé il segno e la macchia di ciò che non aveva osato ammettere.
Accennando una reazione, Andrè si era poi bloccato e non aveva osato forzarla di nuovo, rischiando di violare una volta ancora il suo animo ferito.
Sollevò lo sguardo, accompagnando la sua immagine fino a che non scomparve oltre la vegetazione e il ritmo incalzante del galoppo di Cesar non si spense, soffocato dallo sciabordio dell’acqua del canale.
Riprese il suo cammino, lento e solitario, sotto il peso del pensiero cupo di quell’ombra che non sembrava levarsi da quella notte.
 
Giunse alla scuderia, cullato dall’incedere pacato di Alexander, si fermò davanti all’ingresso e scese a terra, conducendo poi il cavallo dentro l’ambiente polveroso e denso del profumo del fieno. Varcata la soglia, si fermò un attimo, lasciando che la vista potesse abituarsi alla nuova semioscurità, e fu colto da un poco di sorpresa nello scorgere Cesar all’interno del suo box, già spogliato della sella e dei finimenti, strigliato a dovere e intento a rifocillarsi. Si avvicinò al cavallo, lasciando una carezza sulla groppa dell’animale e poi condusse Alexander al suo box, prendendo ad occuparsi di lui. Si chinò appena per slacciare la fibbia al di sotto della sua pancia, quando un rumore di passi pesanti e un poco strascicati attirò la sua attenzione. Si raddrizzò sporgendosi dalla paratia, scrutando tra polvere e attrezzi per comprendere chi fosse giunto alla scuderia.
 
[i] L’accaduto fa riferimento ad una sequenza dell’Episodio 17 dell’anime (che faticosamente ho recuperato grazie all’aiuto di tante esperte), quando André salva Oscar dall’essere investita da un lampadario, accadimento che ho ampiamente rimaneggiato a modo mio. In particolare, mi sono accorta che la sequenza è ambientata su uno scalone che per forma e decorazione è ispirata al ben noto scalone degli Ambasciatori che però è stato demolito, mi pare, prima del 1760 e in seguito sostituito con il molto meno scenografico Scalone Luigi Filippo, che ha però un andamento rettilineo del tutto differente dal precedente; controllando per quel che mi era possibile, inoltre, non ho trovato una scala che facesse al caso mio … e cioè che avesse il lampadario in asse con i gradini, anziché nel vuoto tra le rampe. Con un eccesso di pignoleria tutto mio, ho quindi optato per ambientare l'episodio nella sala delle Guardie adiacente alle stanze ufficiali della Regina, cosa che pareva soddisfacente per le mie esigenze di scena.

Angolo dell'autrice: questa Oscar testarda ancora non molla, nemmeno di fronte all'evidenza... anche se i dettagli iniziano a ricomporsi e presto (prestissimo... è una promessa!) ne emergeranno di nuovi.
Colgo l'occasione per ringraziare ancora tutte voi che perseverate nel seguire questo racconto, nonostante il peso di questo periodo intenso in cui impegni e stanchezza rendono tutto più difficile. Il vostro appoggio è fondamentale...
Grazie a chi segue, preferisce, ricorda e soprattutto a chi mi lascia il suo parere. Un bacione e a presto!

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Capitolo 26
*** Fango e fiele ***


Fango e fiele
 
Una sagoma massiccia e scura si stagliò sulla penombra, nel fondo dell’ambiente, chinandosi su un cumulo di fieno fresco a ridosso della parete occidentale e posando a terra un secchio, in un sordo infrangersi di acqua a terra. Altri passi pesanti, altri attrezzi movimentati e riposti sulle mensole, e poi ancora il rumore graffiante delle punte del forcone strusciate a terra, qualche borbottio e una imprecazione a mezza voce …
André sentì il sangue gelarsi nelle vene, il respiro chiudersi nel petto. Ripose la sella sul cavalletto di legno senza curarsi di accomodarla al meglio, serrò il box con un gesto secco e si mosse deciso verso il fondo della scuderia, mentre le dita si chiudevano sui palmi e le unghie affondavano nella carne.
In pochi passi, raggiunse l’uomo, ancora chino sul fieno, allungò il braccio sinistro e l’afferrò per il collo della giacca. L’altro, colto evidentemente di sorpresa, tentò una reazione scomposta, ma André tirando con forza per raddrizzarlo, strinse con la destra il suo braccio, facendolo voltare bruscamente e sbattendogli la schiena contro la paratia accanto alla quale si trovava, mentre l’attrezzo cadeva a terra.
- Bentornato! Sono proprio felice di vederti – ruggì André sovrastandolo.
Jerome sbarrò gli occhi, incredulo e spaventato – Cosa stai combinando, André? Quasi non ti riconosco! Non ti ho mai visto tanto irruento … -
André strinse di più la presa sul collo della giacca dell’uomo, forzando gli avambracci sul suo petto e spingendolo ancora di più contro il tramezzo di legno - Forse è perché sono particolarmente ansioso di farti qualche domanda … -
L’uomo aggrottò la fronte poi, cercando di divincolarsi, puntò i piedi a terra spingendosi fin sulle punte e piegò i gomiti portando le mani sui polsi di André, stringendo quanto più gli fu possibile per forzare la sua presa – Lasciami stare, idiota! Io non ho niente da dirti! – gli urlò contro innervosito.
Ancora uno strattone verso l’alto, una spinta contro il muro, fino a sollevarlo da terra, e i pugni, chiusi sulla stoffa della giacca scura, si ritrovarono serrati sotto la gola dell’uomo, ora rabbioso e agitato.
André avvertì come la sua preda cercasse di divincolarsi, agitando le braccia e cercando appigli con le unghie sul pannello in legno contro cui era premuto; discostò le gambe, evitando gli scatti convulsi con cui cercava il terreno e colse in quell’attimo un baluginio scuro di panico negli occhi di pece. Approfittò di quell’istante, governando la propria rabbia e addomesticando le parole – Risponderai alle mie domande, adesso? –
Quello si dimenò ancora, ma si rivelò molto meno tenace di quanto avesse immaginato; tra un singulto e un strattone, ne intuì l’annuire e allora allentò un poco la presa sotto il suo collo, permettendo che gli stivali toccassero il suolo.
- Ripeto: risponderai alle mie domande senza fare scherzi? – tornò a chiedere minaccioso, ottenendo per tutta risposta uno sbuffare agitato, lamento silenzioso di chi sa di essere in trappola.
- Non ti basta più il compenso che ti viene pagato dal Generale, Jerome? Hai deciso di arrotondare con il commercio di gioielli rubati? – gli chiese a bruciapelo.
- Non so di cosa parli! – gli rispose stizzito Jerome portandosi ancora le mani al collo e cercando di strapparsi di dosso la presa di André, la cui reazione, tuttavia, fu lesta ed energica nel forzare di nuovo la stretta, sollevando ancora da terra l’attendente del Generale.
- Non erano questi gli accordi, Jerome! – lo riprese severo, affondando lo sguardo in quello dell’uomo, mentre i muscoli vibravano di collera stringendo la stoffa; André attese qualche istante, sfidando l’attendente in un duello di forza e astuzia, poi allentò appena la morsa al collo.
- Ora, pensa bene a quello che mi dirai: non ho intenzione di ripetere due volte le stesse domande! – riprese lentamente, puntando la fronte ad un soffio da quella dell’uomo e lo sguardo bruciante negli occhi scuri – Rispondimi subito e senza mentire. – ribadì – Per quale ragione hai messo in giro la voce che riguarda il gioiello della dama del nord intervenuta al ballo? –
Jerome lo fissò in silenzio, colando fiele e rabbia, ma incapace di liberarsi dalla sua presa salda; parve tremare, digrignare i denti e poi sputò un’unica parola tra i denti serrati – Bastardo … -
André tese le labbra, rabbioso e deciso – E’ inutile che ti sprechi in tanti complimenti, Jerome … con me non attacca. Piuttosto, diciamo che se quello che mi racconterai sarà abbastanza interessante … io vedrò di tenerlo per me … -
Si accorse di una mossa rapida, un braccio abbassato di scatto verso il lembo della giacca scura, e non si fece sorprendere; con un colpo deciso con il ginocchio sul polso di Jerome, indusse l’uomo a distendere le dita e in un riflesso metallico André riconobbe la lama di un coltello cadere a terra tra il fieno. Tornò a sorridere all’espressione attonita e contrariata e, con un calcio, allontanò l’arma.
- Parla, Jerome: non fare il prezioso … -
Avvertì un ultimo scatto nervoso, una sorta di grugnito, e poi un vago rilassarsi dell’uomo, come una resa sotto la sua presa.
- Ti dirò quel che so … - ringhiò infine - … ma se andrai a raccontare qualcosa al Generale, la tua amica ne pagherà le conseguenze per te. –
- Tutto dipende da te, Jerome … ma tu non azzardarti a toccarla … - lo minacciò a sua volta con un’ultima stretta al collo, prima di allentare la presa, tenendolo comunque immobilizzato tra sé e il legno – Allora? Cosa c’entri tu con quella sera alla reggia? – gli chiese infine.
- Io dovevo accompagnarla al ballo e restare a dare un’occhiata in giro … controllando che tutto andasse liscio … -
André sbarrò gli occhi sorpreso – Tu dovevi accompagnarla alla reggia? E per quale motivo proprio tu? –
Jerome sollevò appena le spalle, quasi a prendersi gioco di lui – Che ne so? Io prendo ordini dal Generale e faccio quello che mi viene detto di fare … -
- Il Generale? Quindi lui sapeva che lei … - André si morse le labbra, tacendo ogni altra ipotesi per non mostrarsi vulnerabile.
- Io so solo che a me è stato detto di portarla alla reggia e non discuto gli ordini … non faccio domande … altrimenti non sarei al mio posto da trent’anni! – ribadì Jerome, per poi proseguire, sollevando gli occhi al soffitto in una espressione sarcastica - Poi però lei, come sempre, ti ha messo in mezzo … -
André si raddrizzò a quella constatazione, annuendo appena – Lei mi ha chiesto di accompagnarla … -
- Già … Lei ti ha coinvolto in questa faccenda, di sua iniziativa! – scosse il capo con un ghigno sprezzante – Figuriamoci se quella poteva fare qualcosa da sola, senza il suo fedele attendente … -
Jerome si interruppe di nuovo scrutando la reazione di André, che non gli permise di condurre il gioco.
– E poi? Perché sei venuto comunque alla reggia? – insistette.
- Beh, io dovevo attendere il suo rientro, comunque andasse a finire la serata: quelle erano le disposizioni e quello mi sono impegnato a fare … – buttò lì l’attendente del Generale.
André si allontanò solo di un poco allentando la presa dalla giacca e lasciandogli un poco di agio – Come hai avuto l’orecchino? – chiese a mezza voce, certo che ormai la verità sarebbe venuta alla luce.
- Quando lei si è appartata con il Conte svedese – prese a raccontare Jerome con una espressione provocatoria, unta di malizia, che procurò una stretta allo stomaco di André e un odioso senso di nausea crescente a chiudere la gola e il respiro - io sono rimasto in attesa nella corte, immaginando cosa stesse accadendo … - un attimo di pausa, gli occhi scuri socchiusi e le labbra arricciate – Avrei voluto vedere più da vicino, sai? Non deve essere un brutto spettacolo … Ugh … -
Il colpo potente prese in pieno lo stomaco di Jerome, che si piegò sulle ginocchia trattenendo le braccia serrate sotto lo sterno, sputando a terra e tossendo fino a raschiare la gola – Ma che ti prende, André? –
André non si curò di quelle parole, lo afferrò ancora per il bavero e lo tirò in piedi, puntandolo di nuovo al muro – I tuoi commenti viscidi non mi interessano. - gli soffiò contro rabbioso – Dimmi cosa è accaduto poi … e come hai avuto l’orecchino. –
L’altro sollevò il volto con un ghigno – Sembri geloso … povero orfano che puzza ancora di trucioli e resina … questo non farebbe piacere al Generale, sai? – lo provocò, tentando poi di colpirlo con un pugno al fianco.
André schivò abilmente il colpo, senza vacillare; rispose pronto, sollevando il ginocchio e puntandolo al ventre di Jerome – Ricorda quello che ti ho detto! – lo scosse – E dimmi dell’orecchino! –
Gli occhi dell’uomo bruciarono un istante, prima di socchiudersi – Ad un certo punto, l’ho vista lasciare l’appartamento, da sola. E’ uscita sulla corte e stava … scappando. Sì! Lei si reggeva a mala pena sulle gambe … ma se la svignava! – sottolineò con sarcasmo scrutando nello sguardo di André per cercarvi reazioni - L’ho compreso quando l’ho vista camminare lungo il muro, continuando a voltarsi per controllare che nessuno la seguisse! Solo che poi si è fermata … ed è caduta a terra, come quel sacco vuoto che è sempre stata! –
André trattenne il fiato, il respiro bloccato in gola – Tu l’hai soccorsa … sei stato tu! Tu l’hai riportata nell’appartamento? – realizzò incredulo.
- Esatto! Cosa avrei dovuto fare? Quella sembrava tramortita! Allora l’ho raccolta da terra e l’ho portata di nuovo là dentro, ho trovato un divano e ce l’ho lasciata. Ma non potevo certo restare là a farle da balia … e quando ho sentito dei passi nella stanza accanto … mi sono infilato in una porta di servizio, tenendo sott’occhio la situazione. Poi … poi ho capito che c’eri ancora in giro tu e che io non avrei avuto più ragione di stare là … Ho sfruttato i passaggi secondari e così sono rientrato a palazzo. –
André aggrottò la fronte, sorpreso – Come sei uscito di là? Come conosci i passaggi secondari della reggia? –
Jerome si irrigidì sotto il suo sguardo inquisitore, parve incerto, titubante, ma André si fece insistente, scrollandolo con impeto – Parla! –
Un’occhiata al buio lontano, nella scuderia e oltre il varco sul ricovero delle carrozze, una stretta più forte sotto la gola, poi Jerome parve cedere – Il Generale frequenta la corte, talvolta … - ammise.
André si raddrizzò a quelle parole – Certo, ma, che io sappia, solo per incarichi ufficiali o legati ai suoi impegni militari … l’ho incontrato anche io negli appartamenti del primo piano e nelle sale di rappresentanza … -
Il ghigno con cui Jerome rispose alle sue parole ne bloccò il fluire – Sei un ingenuo, André … - lo provocò - ma naturalmente, queste sono faccende che non ti riguardano … - aggiunse socchiudendo gli occhi.
André bruciò di rabbia, tendendo la mascella si impose di controllarsi, e comprese come Jerome l’avesse provocato anche per confonderlo e allontanarlo da ciò che più gli interessava realmente. Strinse i denti, puntando ancora lo sguardo in quello dell’uomo.
- E l’orecchino? –
- Ah! Quello me lo sono ritrovato addosso … credo che lei l’abbia perso mentre la riportavo nell’appartamento. Era impigliato alla mia giacca … e ho semplicemente pensato di farci qualche soldo. -
- Dove lo tieni? –
Jerome assottigliò lo sguardo, scrutando il viso di André, mentre il silenzio colava denso tra loro.
- Vuoi farle un regalino, bell’attendente geloso? – lo provocò di nuovo aprendo le labbra in una sonora risata – Beh … nel tuo caso, potrei farti un prezzo di favore … Ma dammi retta: quella è già a posto con l’altro tuo gioiello … -
André sfogò la sua rabbia in un colpo diretto al volto di Jerome, un pugno secco e preciso, che spense l’improvvisa ilarità del vecchio attendente – Vai al diavolo! –
Poi riafferrando il bavero della giacca, lo strattonò con forza, sbattendolo a terra con tutta l’energia della propria frustrazione. Jerome finì per travolgere il secchio, incespicando nel manico e cadendo sulla paglia con un lamento gutturale.
Un’ultima occhiata all’uomo, riverso a terra nella pozza d’acqua e terra in cui era finito, per poi allontanarsi da lui, bruciando passi svelti fino alla porta della scuderia, dove l’udire una risata rauca lo bloccò di nuovo.
- Scappa … scappa pure, adesso. Ma ricorda una cosa: io domani torno qui al tramonto ad occuparmi di Brouillard: 2000 livres soltanto[i] … e la faccenda sarà definitivamente chiusa. -
Andrè non si curò di rispondere; strinse ancora le dita, chiudendo i pugni, sbuffando la propria rabbia fino a bruciarsi la gola, quindi lasciò la scuderia, diretto a passo svelto verso il palazzo.
 
[i] Grazie alla preziosa consulenza di Madame Anna, che ringrazio di cuore, ho stabilito che André poteva avere uno stipendio tra le 3000 e le 5000 lire. Confidando nella generosità di Oscar (e del Generale), ho pensato che chiederne 2000 potesse equivalere a circa sei mesi di lavoro: uno sforzo cospicuo … che traduce adeguatamente la brama di guadagno di Jerome e la sua percezione di quanto André possa tenere a Oscar.

Angolo dell'autrice: complimenti a Ireland3, la prima, primissima, ad aver intuito, tanto tempo fa, che Jerome potesse essere implicato nella faccenda dell'orecchino messo sul mercato nero; auguri in ritardo alla lettrice che ieri ha compiuto gli anni e auguri in anticipo all'amica speciale che li compie domani. Il capitolo è dedicato a voi!
Un bacio grande a voi che leggete, ricordate, preferite e commentate, perseveranti, indagando con me. Grazie di cuore a tutte e a presto!

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Capitolo 27
*** Tra due fuochi ***


Tra due fuochi
 
Tagliando l’intero atrio con passi tesi e svelti, André varcò la soglia degli spazi di servizio, superando il vestibolo e raggiungendo la cucina. Avvertiva ancora dentro di sé la tensione viva dello scontro avuto con Jerome e il sapore amaro delle rivelazioni che da quello scambio erano trasudate, come gocce di fiele colate da quel morso nascosto nel petto che continuava a straziargli l’anima. Si impose di scacciare da sé almeno il pensiero cupo di quell’odioso ricatto che l’attendente del Generale aveva sputato a terra nell’estremo tentativo di condurre il gioco: al gioiello avrebbe pensato poi … recuperando lucidità e riconducendo i pensieri alla ragione, magari rifugiandosi nella placida solitudine della sua stanza.
Fermo sull’ingresso, i piedi puntati sulla soglia di pietra, scrutò l’ambiente, caldo del fuoco dell’imponente camino e dell’armonia dolce e pungente della frutta e degli aromi dispensati generosamente sulla carne preparata la cena ormai prossima; osservò in silenzio l’operoso tramestio che lo animava in un viavai di inservienti assorte nel loro lavoro. Teglie, cestini, stoviglie …  passi corti e lesti di chi segue traiettorie precise, definite fino a sfiorarsi in una trama fitta e sorprendentemente regolare. Strinse le dita sui palmi, mentre ancora il sangue ribolliva nelle vene e nella sua testa la voce di Jerome pulsava insistente delle sue insolenze. Gonfiò il petto riempiendosi della intensa atmosfera della cucina, soffiando via da sé la rabbia che si era ormai stretta in un grumo denso sotto lo sterno, cercando di recuperare il controllo del proprio respiro e delle proprie emozioni.
Si drizzò un poco sollevandosi sulle punte e cercando oltre le giovani che, tutto d’un tratto, parevano essersi assiepate attorno al tavolo, inspiegabilmente orfane di qualunque occupazione, e riuscì ad intuire finalmente la sagoma della nonna mentre, oltre il capannello, emergeva dai battenti dell’armadio delle stoviglie.
- Nonna? – la chiamò cauto per annunciare il proprio rientro.
Nanny chiuse le ante scure accompagnandole e unendo le mani davanti a sé, poi gli si rivolse con un ampio sorriso – Oh, André! Sei arrivato, finalmente! –
Il tono entusiasta della nonna un poco lo stupì e non poté impedirsi di arretrare di un passo vedendola giungere di gran carriera fino alla propria posizione.
- Nipote caro! Ti stavo giusto aspettando! – riprese la nonna allargando le braccia, incurante degli sguardi curiosi delle giovani ancora schierate al tavolo – Vieni, vieni con me, per favore … - e così dicendo, afferrò le sue mani e lo tirò a sé, inducendolo a seguirla.
- Ma nonna, io veramente … - tentò di opporsi André ritroso, ma nulla poté contro l’impeto della governante di Palazzo che nel frattempo aveva risvegliato qualche sommesso risolino tra le inservienti.
- Oh caro! Non puoi proprio dirmi di no! Vieni che ho giusto bisogno di te … - lo interruppe, mentre girandogli attorno prendeva a spingerlo fino in fondo alla cucina, per poi varcare la porta che conduceva alle dispense – Tu che sei così alto puoi certamente … -
Il discorso rimase troncato.
Un ultimo spintone e André si ritrovò nella penombra del deposito, le mani protese istintivamente in avanti immerse in un tessuto morbido e un peso improvviso, profumato di zucchero e frutta, appoggiato sul petto. Udì un mormorio soffocato ed un cozzare tintinnante di vetro contro vetro, e alla luce della piccola finestra aperta sul corridoio, che illuminava a mala pena l’ambiente disegnando il profilo dritto delle scaffalature, dei teli di protezione, dei recipienti delle conserve e delle cassette ricolme di verdura, scorse una sagoma femminile un poco ripiegata su se stessa, intenta a ritrovare l'equilibrio perduto quando l'aveva travolta nel suo entrare convulso, e al contempo impegnata a mantenere ben salde tra le mani le cocche dell'ampio grembiule in cui aveva riposto gli ultimi vasetti di confettura di ciliege ancora caldi, per riporli a raffreddare sulla parte più bassa della scansia. André fece appena in tempo a scorgerne il rossore sulle guance già accese dalla lunga permanenza vicino al fuoco della cucina ancorché da quel piccolo scontro che già ne sentì risuonare la voce, impacciata e impaurita.
- Perdonatemi, vi prego... Io sono una tale sbadata...-
Si chinò veloce, per riporre il prezioso contenuto del suo grembiule, poi un gesto nervoso a raccogliere un ricciolo che indisciplinato sfuggiva dalla cuffietta inamidata, si prodigò in un inchino e lo guardò, i grandi occhi grigi colmi di timore - Vi domando ancora perdono... Io non mi aspettavo che entrasse qualcuno con tanta irruenza e... –
André non fece in tempo a rassicurarla se non con un sorriso, che già la porta si era serrata con un rumore secco alle sue spalle; la voce della nonna prese il sopravvento per licenziare la domestica con poche parole e rivolgersi a lui in un tono accusatorio e severo, abbandonando le lodi intessute in cucina[i].
- Dove ti sei cacciato ieri sera?! Vi ho attesi fino a tardi, con lo stomaco rivoltato e i nervi tesi, e tu non ti sei fatto vedere! Tu dovresti vegliare sulla mia bambina! Tu dovevi riportarla a casa e invece … -
- Abbiamo lasciato la Regga quando già era tardi e sulla via del rientro ci sono stati degli … imprevisti che ci hanno fatto perdere altro tempo. Rientrare a Palazzo Jarjayes, nel cuore della notte, sarebbe stato ancora più pericoloso … - cercò di giustificarsi.
Lo sguardo della nonna si fece torvo, accompagnato da un grugnito sordo, e gli occhi divennero due fessure dietro le lenti tonde – E poi? -
- Oscar ha voluto andare in città per cenare e abbiamo … chiesto[ii] delle camere in una locanda. Non avrei mai permesso che Oscar passasse la notte lungo la strada … - aggiunse per difendersi, nel tentativo di sciogliere l’espressione arcigna della nonna.
Uno sbuffo nervoso sibilò nell’aria polverosa della dispensa, mentre l’indice affondava nel suo petto – Vedi di non combinare guai, André … - chiarì la nonna scandendo lentamente le parole - … e non dimenticare di mantenere le distanze[iii]. –
- Nonna! Ma cosa stai dicendo? – si schernì allora André, distogliendo lo sguardo dalla anziana governante e levandolo al voltino del soffitto, mentre allargava le braccia innervosito.
- Ho detto quello che ho detto! – ribadì Nanny visibilmente adirata – E non pensare che non abbia visto ieri mattina a colazione: c’è qualcosa di strano … in lei … in voi. Qualcosa che non mi riesco a spiegare … -
- Ma nonna, perché mai … - cercò di intromettersi.
- Stai zitto! Tu non devi permettere che lei abbia cedimenti … o dubbi … o distrazioni per causa tua! – rincarò Nanny.
- Tu non sai di cosa stai parlando … - si difese ancora.
- Lo so benissimo! Tu, invece, devi solo stare al tuo posto! – l’ennesimo affondo, con quelle parole ripetute da anni, come un martello battuto da sempre con l’unico intento di forgiare la sua indole, fino all’estremo, fino a rendere solida una divisione mai realmente costruita.
Esasperato, André piegò il braccio, afferrando il polso della nonna e levando il suo indice dal petto – Nonna, ti prego, smettila! Oscar sta attraversando un periodo difficile: quella notte … quel … quel … Beh, sai di cosa sto parlando! Lei è ancora molto turbata e io sono l’unico che possa aiutarla! L’unico di cui si possa fidare … –
Nanny strinse le labbra dubbiosa e con un gesto nervoso sistemò le lenti sopra il naso arricciato; arretrò di un passo, liberando André dalla sua morsa e stringendo il grembiule tra le dita. Sospirò tesa, ribollendo di pensieri e preoccupazioni, per poi tornare a fissarlo torva.
- Ad ogni modo, c’è un’altra cosa che volevo tu sapessi … -
Il fare della nonna colpì André con il suo tono cupo – Di cosa si tratta? -
- Il Generale è rientrato questo pomeriggio e mi ha dato ordine di mandargli Oscar nel suo studio non appena fosse rientrata a Palazzo. – lo sguardo rugoso si fissò su André, scuro e tormentato dall’ombra lunga di quella notte.
André si raddrizzò staccando le spalle dallo scaffale e aggrottò la fronte avvertendo tutta la tensione dell’anziana.
- Oscar è a colloquio con il Generale, quindi? – chiese a mezza voce.
Nanny annuì decisa senza abbandonare il suo sguardo – Le ho raccomandato di salire immediatamente non appena è giunta a casa. Comunque, io sono preoccupata, André: il Generale mi è parso davvero molto teso … e nervoso … -
L’ammissione di Nanny fu sufficiente a far tornare vive le parole spezzate che Oscar aveva pronunciato in occasione del primo incontro in cui lei aveva tentato di confidarsi, palesando la certezza che il Generale sapesse già di quanto accaduto la sera del ballo, pur senza giungere a chiarire i motivi dell’inquietudine che quella consapevolezza aveva suscitato. Circostanza che, dopo il colloquio con Jerome, assumeva toni ancor più preoccupanti.
Si impose di nascondere i propri pensieri, cercando di minimizzare, pur di non coinvolgere la nonna in una questione oltremodo spinosa e aperta.
– Ma cosa dici, nonna … tu ti preoccupi sempre troppo! – la riprese con un mezzo sorriso stringendo le mani alle sue spalle – Certamente il Generale avrà molti pensieri al rientro da una missione … -
Nanny sospirò nervosamente, chiudendo per un istante gli occhi, forse cercando di lasciarsi convincere dalle sue parole, poi tornò ad osservarlo, arretrando e sfuggendo dalla sua presa.
- Voi non dovreste farmi preoccupare in questo modo! – cominciò a lamentarsi, mentre con un braccio teso afferrava un vaso dallo scaffale di conserve dinnanzi a sé – Tu non hai nessun rispetto per questa nonna anziana … e cerchi di raggirarla tenendola all’oscuro di tutto! –
- Ma nonna … io non … - André cercò di difendersi, ma la nonna aveva già chiuso la conversazione a suo modo, insieme al battente della dispensa che aveva serrato dietro le proprie spalle lasciandolo solo nella polvere odorosa di spezie.
 
Lasciati gli spazi di servizio, Andrè si diresse spedito verso l’atrio, salì il grande scalone fino al piano nobile e si volse al corridoio occidentale, quello sul quale si aprivano gli accessi agli appartamenti del Generale. Restò in ascolto, attento a governare anche il proprio respiro, pur di cogliere qualsivoglia movimento sul piano. Avanzò di un passo sul ballatoio affacciato sull’atrio, scrutando oltre la fredda penombra del corridoio.
Dal piano terreno, alcune voci riecheggiarono dalle cucine; si sporse dalla balaustra, poggiandosi all’imponente corrimano di marmo, ma il trambusto si spense nella voce acuta della nonna capace di ristabilire l’ordine operoso e silenzioso oltre il varco appena visibile.
Ritraendosi, tornò a scrutare il silenzio del corridoio, turbato, ora poteva intuirlo, da un brusio ovattato di voci che parevano lontane. Avanzò attentamente, soffocando i propri passi nella lentezza dei propri gesti, piegando il capo appena un poco sulla spalla e sfiorando con due dita la raffinata boiserie che rivestiva la parete in un intarsio rigido e scuro. Lesse il silenzio delle voci appena intuite e, quando tornarono a fendere il buio, ne intuì la provenienza proprio da quella stanza, a metà corridoio, dove il Generale aveva il suo studio.
Strinse le labbra, accorgendosi di come fosse impossibile insinuarsi tra quelle voci, per distinguerne le parole, ma riconobbe presto il tono freddo e teso della voce grave con cui il Generale stava parlando.
Si avvicinò ancora, fino a raggiungere la porta, sorpreso dallo stridore acuto che gli giunse, forse una sedia spinta in malo modo … o un gesto sgraziato figlio della tensione, mischiato a un nuovo discutere improvvisamente irruento. Posò i palmi sui battenti laccati, sfiorando piano l’intreccio dorato della decorazione, mentre passi sordi rompevano il brusio della risposta.
- Cosa credevi di fare? – la voce del Generale gli giunse nitida, furiosa, inducendolo ad accostare anche  il capo alla porta.
Attese senza fiato che giungesse una risposta, pregando mentalmente che la voce di rimando non fosse quella di Oscar, ma un nuovo tonfo sordo e violento lo sorprese, inaspettatamente vicino, facendo vibrare i battenti ad un soffio dalla sua fronte.
Nel colpo al legno decorato, riconobbe un lamento soffocato che fendendo sorpresa e timori giunse diretto al suo cuore; vi lesse immediatamente l’unica voce capace di oltrepassare ogni dubbio, silenzio e timore. Rimase come rapito, trafitto dal gemito e dalla forza di quell’urto, cercando un appiglio e arrancando senza fiato tra ipotesi sovrapposte e senza fondamento. Immagini confuse occuparono la sua mente e annebbiarono la vista su quel ricamo dorato divenuto alone incomprensibile. Un nuovo colpo fece tremare il battente sotto le sue mani, nessuna risposta, lamento o parola, gli giunse da oltre il legno, mentre la ragione imponeva un’unica scelta.
Le mani si strinsero alla maniglia mentre già, con tutta la forza della rabbia e della preoccupazione, le braccia spingevano il battente aprendo un varco verso lo studio.
 
[i] La giovane dagli occhi grigi, che tanto si imbarazza nello scontro con André,  è l’amica che ha lasciato a “Il mio segreto” la recensione numero 400, nel capitolo 26. Ha scritto di suo pugno il piccolo brano della sua apparizione, portando con sé i vasetti di confettura realizzati con il raccolto di ciliegie fatte la scorsa settimana in quella generosa landa piemontese. Grazie di aver accettato di partecipare a questo gioco!
[ii] Certo, ha chiesto due stanze … tutto sommato sta dicendo la verità.
[iii] Mi ha sempre fatto sorridere questo concetto, soprattutto ribadito ad uno come André che ha passato una vita al fianco di Oscar, violando, a mio avviso, un gran numero di regole di distinzione di classe; detto a questo André in particolare, suona decisamente fuori luogo...

Angolo dell'autrice: un momento per recuperare fiato, prima di un incontro che si annuncia decisivo. Naturalmente, vi lascio un po' di tempo per immaginare cosa possa trovare André aprendo quella porta.
Intanto, ringrazio infinitamente tutte le lettrici, chi segue, ricorda, preferisce, commenta, indaga e, in questa occasione, anche chi si è prestata a tornare nel '700 per preparare confetture e farsi travolgere da André nella dispensa.
Un bacio a tutte e a presto!

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Capitolo 28
*** Il lato oscuro ***


Il lato oscuro
 
Non poté avanzare nemmeno di un passo per varcare la soglia dello studio perché a terra, proprio davanti alla porta, riconobbe immediatamente la figura semidistesa di Oscar che, puntato un gomito a terra, tentava con evidente fatica di raddrizzarsi per mettersi a sedere, con il capo basso e appena ondeggiante.
Sollevò per un attimo lo sguardo, vagando nel grande studio, immerso nel chiaroscuro per le pesanti tende calate sulle ampie vetrate che a mala pena schermavano la luce insolente del tramonto, e denso dell’odore intenso di tabacco e legno; scorse immediatamente il Generale poco discosto dalla sua imponente scrivania, in piedi davanti ad essa, con una espressione adirata e i pugni serrati davanti a sé, ma già le ginocchia si piegavano, le mani protese verso Oscar e la schiena china per raggiungerla al più presto.
Con un ginocchio a terra, la aiutò a voltarsi, sorreggendola per le spalle e carezzandola appena con le dita, perché si voltasse a guardarlo, nonostante lei paresse ostinarsi a mantenere lo sguardo basso.
- Lasciala André! – tuonò il Generale inaspettatamente vicino alle sue spalle – Lasciala immediatamente! -
- Ma … - esitò appena, disorientato dallo scenario teso e oscuro che si era mostrato ai suoi occhi, e con le dita tra i capelli di Oscar, cercò di liberarle il volto dalle ciocche scese a celarlo, rivolgendolo a sé.
Oscar, con le labbra strette e gli occhi bassi, si mosse seguendo l’invito delle sue mani, mostrandosi finalmente a lui; in quell’istante il sangue gelò nelle sue vene, scorgendo il rivolo rosso che dal labbro macchiava il suo viso delicato insinuandosi oltre il profilo della mandibola, giù per il collo.
Si sentì strattonare per la giacca, strappare da lei e poi spingere indietro, fino a cadere poco oltre, con le spalle a terra.
- Ti ho detto di lasciarla! – inveì il Generale puntandogli addosso il suo sguardo di ghiaccio – Queste sono questioni di famiglia, questioni tra me e Oscar! –
André rimase impietrito, appena sollevato da terra ma disorientato e incapace di levarsi in piedi, mentre vide il Generale tornare addosso alla figlia, afferrandone i lembi dell’uniforme e sollevandola quasi di peso, scrollandola con violenza.
- Te lo chiedo per l’ultima volta! Dimmelo! – le urlò contro – Cosa credevi di fare? -
Oscar, ostinatamente a capo chino, pareva incredibilmente remissiva, quasi ferma nella volontà di non reagire, sprofondata in un silenzio ostinato.
Il Generale tornò a inveire, scrollandola ancora - Tu! L’erede dei Jarjayes! Il Comandante della Guardia Reale! –
- Padre … io … - la udì sussurrare, ma la voce imperiosa del Generale tornò a far tremare l’aria densa dello studio.
- Tu sei un militare! Devi seguire gli insegnamenti che hai ricevuto! Non puoi fare ciò che vuoi! -
- Padre … se solo voi … - tentò di riprendere Oscar, ma non ebbe modo di proseguire.
- Niente scuse, Oscar! – un ordine, imperioso e bollente dell’ira più profonda – Tu quella notte hai infangato l’onore della tua famiglia! Hai trascinato il nome glorioso dei tuoi avi nella vergogna! -
André riuscì a muoversi e sollevarsi da terra, mentre lo sguardo esitava ad abbandonare l’immagine di Oscar che, nella stretta del Generale, pareva vibrare sotto il suo impeto, come una canna battuta dal vento, esile e inerme. Puntò le mani sul pavimento, per rimettersi in piedi, e in quell’attimo udì il colpo secco e il lamento soffocato di Oscar; lo sguardo corse incredulo a lei scorgendo il capo biondo scosso violentemente, rivolto e chino sulla spalla, e il gesto rapido con cui il Generale ritraeva il braccio dal colpo appena sferzato. Con la mente scossa dalle parole dell’uomo, rimase attonito nell’osservare il braccio del Generale sollevarsi ancora, il pugno chiuso e il gomito sporto all’indietro, il braccio vibrante nel caricare un nuovo colpo.
Il fiato spezzato, il cuore bloccato, André scattò spinto dall’istinto, buttandosi sul  Generale e afferrandolo per il braccio, bloccandone il movimento e facendolo ruotare fino a stringere il polso sulla schiena.
- Cosa state facendo, Signor Generale! – gridò alle spalle dell’uomo, che già tentava di divincolarsi per liberarsi dalla sua presa – Voi non potete … - e nel frattempo arretrò di un passo, trascinando il nobile lontano da Oscar, che si era levata ed era rimasta con le spalle al muro e le gambe piegate, con gli occhi sbarrati e lucidi, brucianti di lacrime trattenute.
- Lasciami andare, André! E’ un ordine! Tu non devi intrometterti: Oscar deve avere la punizione che merita! – urlò ancora il Generale cercando di liberarsi, mentre André faceva più salda la presa sul braccio, per trattenerlo.
- Come potete punirla, Signor Generale! Lei ha voluto scegliere … una sola volta, una volta nella vita! Lei voleva soltanto essere … - tentò di difenderla, ma ancora l’impeto del Generale tornò prepotente.
- Lei non poteva scegliere! Lei doveva eseguire degli ordini e non lo ha fatto! –
André la cercò di nuovo con lo sguardo, ritrovandola in piedi, a fianco della porta e ancora poggiata al muro, con il capi chino, le spalle tremanti, le braccia abbandonate lungo i fianchi e lo sguardo nascosto a terra, fisso nell’intrico scuro delle essenze del parquet.
- Oscar esegue ordini da una vita, Signor Generale … In fondo si tratta di una notte … un’unica notte … - riprese ancora, cercando di insinuarsi nelle ragioni del Generale, ma le parole si persero, quando avvertì l’uomo sussultare tra le proprie braccia scoppiando in una sorta di risata graffiante.
- Ah ah ah! Mi sorprendi André, sai? Tu! Proprio tu, ora prendi le sue difese? … - quell’esplosione di risa, il tono pungente, quella sorta di accusa insinuata come veleno … André fu scosso e rimase colpito dal comportamento inatteso del Generale che lo indusse ad allentare la presa sul braccio dell’uomo. Il nobile, si rivelò energico e pronto, ben oltre quanto potesse far ipotizzare l’età, riuscì a divincolarsi dalla sua stretta, voltandosi rapido ed allontanandosi da lui di qualche passo, fino a raggiungere di nuovo la scrivania intarsiata. André trattenne il respiro, osservando le spalle del Generale sollevarsi e abbassarsi, sotto profondi respiri, come nello sforzo teso a controllare corpo e mente. Non riuscì ad abbandonare quella vista, lo vide voltarsi, ora lento e freddo, con il volto teso in una espressione grave.
- Oscar aveva degli ordini, quella notte … e non li ha eseguiti … - la voce del Generale tagliò l’aria come una lama, scandendo le parole – Per questo, ci saranno delle conseguenze, su di lei e sull’intera famiglia Jarjayes. Su questo non v’è ombra di dubbio. -
Udendo dei passi farsi vicini, Andrè si voltò cercando Oscar e la trovò già ad un passo da sé, l’uniforme sgualcita, il volto pallido segnato dal sangue e dall’ombra scura della furia del Generale, le labbra serrate e lo sguardo tremante di sofferenza segreta. Fu sufficiente uno sguardo, per intrecciare l’anima a quella di Oscar, leggerne il tormento e intuirne un nuovo turbamento, fino a vedere quegli occhi profondi cedere, celarsi e fuggire a terra, lontano da ogni possibile spiegazione.
- Per tutto questo, per salvare l’onore della famiglia, esiste un’unica soluzione … - vibrò la voce del Generale, fredda e determinata, risuonando sui passi che si avvicinarono ad Oscar.
Un sibilo fischiò nell’aria, accendendo i sensi di André; un bagliore, come un lampo riflesso di tramonto e fiamme, ne risvegliò l’istinto.
- No! – urlò allora André, sollevando le braccia e gettandosi di nuovo sul Generale, bloccando la spada sguainata, brandita al di sopra del capo di Oscar – No! Questo mai! –
- Tu non puoi comprendere, André … - il Generale tornò a difendere le proprie ragioni, sotto l’ombra tremante della spada trattenuta con forza, minacciosa e tetra, sopra il capo della figlia - Oscar è colpevole … ha tradito ribellandosi a degli ordini … E’ … - per un attimo, parve che al generale costasse uno sforzo immane continuare a parlare, e le parole sfumarono nel silenzio per un poco, ma dopo un istante di esitazione la sua voce tornò chiara ammettendo il senso di quella colpa  – E’ fuggita … ha abbandonato il suo campo di battaglia … -
Allora riuscì, almeno in parte, a comprendere … e quelle parole che l’avevano disorientato, parvero prendere forma in un disegno immediatamente concreto, se pur ancora dai tratti indefiniti. Uno dopo l’altro, come un’onda, i ricordi tornarono vivi: l’incertezza di Oscar dopo il duello, la ritrosia di quel giorno lontano … la richiesta di accompagnarlo, giunta all’ultimo momento, i dubbi espressi a mezze parole in quella carrozza, sulla via di Versailles … E poi ancora: i suoi timori nell’ammettere che il Generale potesse sapere tutto di quella notte; la notizia diffusa del giungere alla reggia di una nobile e bellissima dama; le parole di Jerome, che avrebbe dovuto accompagnarla e seguirla controllandone i movimenti … fino al suo riportarla nell’appartamento, nonostante non si reggesse in piedi, forse proprio per portare a termine quello che ora, a tutti gli effetti, sembrava essere niente altro che un incarico come tanti … E in tutta quella sequenza di dettagli, un particolare dissonante: quel malore reale … forse un elemento imprevisto, capace di disorientare e sconvolgere ogni piano …
Prese fiato, coraggio e nuova vita, riversando sul Generale l’ultimo dubbio e puntando in quegli occhi trasparenti il proprio tormento - Anche l’essere vittima di avvelenamento, faceva parte dei suoi compiti, quella notte, Signor Generale? –
La fronte dell’uomo si strinse, nell’espressione persa rese palese la sorpresa, mentre la tensione del braccio ancora levato pareva allentarsi appena, lasciando che la spada arretrasse un poco.
- Cosa stai dicendo, André? – chiese a mezza voce il Generale, reggendo il suo sguardo e scrutandovi nel profondo, come cercandovi risposte immediate.
André tese le labbra, rivolse uno sguardo ad Oscar, che pareva immobile spettatrice, con il volto cereo violato da un livido già evidente, incapace di reagire alla furia del padre, e poi tornò al Generale con un sorriso amaro – Oscar è stata avvelenata, quella notte … e ora ho la certezza che quanto accaduto non fosse un caso … -
Il Generale reagì immediatamente, raddrizzando la schiena;  Andrè comprese la sua sorpresa e allentando la presa al suo braccio, lasciò che disegnasse un gesto ampio e lento, fino a portare la spada al fianco, poggiandone la punta a terra. Uno sguardo scuro e tormentato lo inchiodò a sé, imponendogli di proseguire.
- Cosa sai, André? – chiese diretto il Generale.
- Oggi, alla reggia, qualcuno ha attentato alla vita di Oscar … di nuovo. Un lampadario nella Salle des Gardes è rovinato a terra ad un soffio da lei … -
Un sibilo soffiò nel silenzio teso dello studio, un sospiro dubbioso, mentre il Generale scuoteva il capo – E perché non potrebbe essere un incidente? Sai che muovere accuse simili potrebbe essere molto azzardato e pericoloso? –
- Non si tratta di un incidente, ne sono certo: la fune che reggeva il lampadario è stata tagliata di netto. – rispose, sicuro delle proprie ragioni, senza cedere alla presunzione del nobile che, a quelle parole, parve reagire immediatamente.
Posata la spada sul ripiano della scrivania, il Generale si voltò, poggiandovi i palmi e rimanendo assorto, apparentemente turbato, rapito da preoccupazioni nuove.
- Io non capisco … - lo udì mormorare e ne scorse le dita tese, tremanti sul legno scuro, vibranti nel trattenere l’impeto … fino a che non le vide chiudersi rapide a pugno, vibrando un colpo violento sul legno, che risuonò nel tintinnare metallico degli oggetti ordinatamente riposti sullo scrittoio.
- No! – urlò il Generale, esplodendo la propria rabbia in un nuovo colpo al ripiano – Non possono aver osato tanto … - si lamentò poi, con la voce rotta a tradire una intima disperazione.
Quel moto incontrollato, quelle parole spezzate, pronunciate a fatica, come sfogo di ben più profondo tormento, colpirono André nella loro forza e inaspettata realtà. La figura rigida e rigorosa del Generale, stretta tra onore e dovere, puntata nell’orgoglio, pareva ora piegata e rotta da qualcosa di inatteso … immane e inspiegabile. Ancora fermo e scosso alla vista di quell’uomo piegato sotto il peso di una preoccupazione grave e dai contorni indefiniti, Andrè avvertì al proprio fianco la presenza di Oscar, un contatto lieve scivolato dalla propria spalla lungo il braccio.
- Oscar … - la chiamò piano scrutando sul suo viso i segni dell’ira del Generale, ma lei scosse piano il capo, passando oltre e raggiungendo il padre.
- Padre … - un sussurro la voce di lei a chiamare l’uomo ancora chino sulla scrivania, con una mano a sorreggersi sul ripiano e l’altra a coprirsi il viso, forse a celare l’estremo tentativo di trattenere le proprie emozioni.
- Padre … spiegatemi … mettetemi a parte di ciò che ancora non conosco … - riprese Oscar, facendosi ancora più vicina all’uomo, che in quel momento, però reagì sollevandosi e voltandosi velocemente, come fuggendo da lei, lasciandola sospesa, ferma e impossibilitata a continuare.
- Uscite da questa stanza. – intimò, improvvisamente freddo e senza nemmeno rivolgersi a loro, il Generale – Risolverò questa faccenda … ma ora lasciatemi solo. –
 
Si era accorto di come Oscar avesse esitato di fronte alle parole del padre, ma aveva anche avuto certezza che, in quel momento, il Generale non avrebbe tollerato ulteriori repliche. Per questo André aveva stretto il braccio di Oscar e l’aveva indotta ad arretrare, allontanandosi dal Generale, e poi l’aveva accompagnata fino alla porta, perché l’uomo potesse rimanere solo, così come aveva chiesto, a riflettere ed affrontare i propri spettri.
Chiuso il battente dietro le spalle di Oscar, nella luce tremante del corridoio, aveva poi cercato il suo sguardo, portando un palmo al suo viso e accompagnandolo dolcemente a sollevarsi.
Nella sua espressione aveva riconosciuto un groviglio di sensazioni … un nodo di tristezza, desolazione, gratitudine e senso di colpa … e aveva compreso anche il suo silenzio carico del peso di tutto quello che, per lungo tempo, era stato un segreto difficile da custodire, ma forse necessario da celare. Ne accolse ogni ombra, amandone pudore e timori, custodendo nel proprio cuore la speranza che il nastro tessuto della seta preziosa della loro unione, potesse reggere e superare anche quella prova senza precedenti.
Scacciò curiosità e bisogno di comprendere, il dubbio nato dai tanti silenzi … e da ciò che aveva compreso dalle parole del Generale … e trovò, dentro di sé, la luce viva dell’unica ragione della propria esistenza, proteggendola dalla minaccia di qualunque possibile cedimento.
Mosse appena il pollice, delicato e lieve, sul livido che gonfiava lo zigomo, seguendo un istinto che lo spingeva, ancora una volta, a curarsi, prima di ogni altra cosa, di lei.
- Ti accompagno in camera … ti aiuto a ripulirti e a medicarti … - le sussurrò con voce calda, e fu una carezza al suo cuore raccogliere la sua risposta, nel suo socchiudere gli occhi già lucidi e annuire appena.

Angolo dell'autrice: eccoci qua... con le rivelazioni importanti che André, credo, stesse aspettando da tempo. Vi lascio la parola... qualcuno ci era quasi arrivato, chi in un modo, chi nell'altro, pur senza giungere però alla motivazione di questo ordine del Generale.
Intanto, vi avviso che lunedì 4 luglio non sono sicura di poter aggiornare ... Il mio segreto potrebbe prendersi una piccola vacanza, insieme a me. In ogni caso, se anche non dovessi riuscire nell'aggiornamento del 4, tornerò comunque per quello dell'11 luglio e per darvi notizie.
Un bacio a tutte le amiche che leggono, seguono, ricordano, preferiscono e commentano, indagando. A presto!!!!

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Capitolo 29
*** Vittoria e sconfitta ***


Vittoria e sconfitta
 
Posò il vassoio sul tavolino del salotto, facendolo scivolare sulla superficie lucida del piano in legno, per poi avvicinarsi a lei, fino ad accomodarsi sul divanetto dove l’aveva trovata.
Il capo chino e le mani giunte, strette tra le ginocchia, Oscar gli parve fragile e indifesa; André venne colpito dall’immagine inusuale di lei, apparentemente affranta, abbandonata ad una sorta di sconforto, sospesa tra vergogna e delusione. Ne osservò ancora le ciocche scomposte calate a celare il viso e si volse al vassoio, per raccogliere una garza, distendendola tra le dita e poi ripiegandola più volte, fino a ottenerne un tampone morbido, sul quale versò un poco di acqua fresca, attento a raccoglierne l’eccesso in una ciotola.
In silenzio, trattenne la garza tra le dita della sinistra e poi, con la destra, avvicinò con rispetto il viso di Oscar.
Ne avvertì chiaramente il fremito, quando la sua delicata carezza raccolse la guancia, invitandola a muoversi per mostrarsi a lui, e poi la vide chiudere gli occhi mentre levava il viso, lasciando che lui potesse scorgere i segni del confronto con il Generale. Gli tremarono le mani, discostando i capelli dalla pelle, liberandola da ogni velo, e trovandosi ad un soffio dal marchio di quella furia inspiegabile e ingiusta, ma si lasciò scaldare il cuore dalla docilità con la quale Oscar gli si stava mostrando, riconoscendo in essa l’eco dell’esperienza intima e vibrante vissuta nella notte.
Tornò il ricordo di numerose occasioni, apparentemente simili a quella che stava vivendo, nelle quali, prima sotto la vigile direttiva della nonna e poi al riparo da ogni sguardo indiscreto, ragazzino e poi giovane uomo, si era preso cura dei lividi e delle ferite di Oscar: sovente, incidenti di percorso di duellanti maldestri, ma anche punizioni severe di un padre che non ammetteva cedimenti al rigore di una educazione al limite dell’insostenibile. In ogni occasione, si era occupato di lei per amicizia, senso di colpa e del dovere … e in virtù di un ruolo scomodo e necessario che tuttavia gli permetteva di nascondere sotto la solerzia di un servitore, la devozione totale di colui che ama. Allora, sotto le sue dita esperte, lei era rimasta sempre impassibile e fiera nel sopportare le conseguenze del proprio operato, ferma nel soffocare qualunque segno di debolezza, così come le era stato imposto di essere.
Al contrario, in quell’istante, sotto le sue dita, la pelle di Oscar pareva vestita di un’aura completamente nuova, mai scorta in precedenza. Si sorprese quasi nello scoprirla delicata e vulnerabile, ma anche disposta a offrirgli in dono la propria fragilità. Come perla custodita e nascosta per anni, Oscar aveva dischiuso la propria intima sensibilità e per la prima volta, quasi arresa alla sua presenza, lasciava deliberatamente che lui ne conoscesse l’essenza. Per anni, André aveva nutrito e costruito nel proprio animo la certezza di essere l‘unico in grado di giungere fino dentro la corazza con cui Oscar proteggeva se stessa, anche quando lei non si rendeva conto di quanto lui le fosse vicino, di come e quanto potesse comprenderla e varcare il limite di quella barriera.
Ma in quel mostrarsi ai suoi occhi, nel lasciarsi accarezzare e osservare da vicino, Andrè intuì il segno di un tempo nuovo, il varco aperto da Oscar perché lui giungesse oltre la cortina delle apparenze, là dove lei lo attendeva, consapevole che vi sarebbe giunto. Ebbe la percezione chiara di un modo tutto nuovo di starle accanto, e inspiegabilmente provò quasi timore a tornare a toccarla, a trattenerle il viso per posare la garza sul labbro ferito.
In quel momento, Oscar socchiuse le labbra, liberando un sospiro, e sollevò una mano fino a portarla ai capelli, per trattenere le ciocche dorate che tornavano a scendere a coprire il viso, disponendosi in attesa che lui la detergesse.
Quasi tremando, si decise a posarle la garza fresca sul labbro, ritraendosi immediatamente percependo il suo irrigidirsi, e poi tornando a detergere, delicato e lento, il taglio. Posò il tessuto sulla pelle, ripulendo la ferita dal sangue rappreso, e poi lo bagnò ancora con acqua pulita, per scendere a togliere il segno scuro che, in una scia sottile, scendeva sul collo, fino al limite del colletto dell’uniforme. Chino accanto a lei, vicino alla sua pelle per scorgere ogni ombra di quella furia che l’aveva travolta, André poté riconoscere ancora il profumo di quella pelle delicata sulla quale aveva lasciato baci, carezze, lacrime di gioia … e ne sentì tutto l’ardore dentro di sé, come ricordo vivo, che tornava ad accendersi nella nuova dimensione con cui lei gli si stava mostrando. Il capo piegato sulla spalla destra, Oscar, con gli occhi chiusi e i lineamenti distesi, aveva lentamente sciolto la propria tensione sotto il tocco fresco delle sue dita, godendo di quelle cure capaci di raggiungere e lenire anche le ferite dell’anima.
André ripose la garza sul vassoio, abbandonando la vista di lei, e prese una pezza, avvolgendola un poco su se stessa, per poi intingerla nell’acqua, strizzandola appena; quindi, attento a non premere, la posò sulla guancia, dove un livido gonfiava appena  la pelle. Un nuovo sospiro, in risposta a quel gesto, mentre la mano indugiava trattenendo la pezza fresca, a dare sollievo.
- Va meglio, Oscar? – le chiese a mezza voce, quasi violando quel silenzio perfetto, e le sue labbra si tesero appena in un accenno di sorriso, mentre annuiva lenta, in un gesto che gli scaldò il respiro.
Fece allora per ritrarsi, discostando appena la mano dalla guancia e cercando di sollevarsi dalla seduta.
- Bene, allora io … -
Venne interrotto dal gesto di Oscar che, lasciando la presa dei capelli sulla propria nuca, mosse il braccio fermando la mano sul suo polso, trattenendolo a sé con inaspettata fermezza.
- Aspetta … - lo bloccò riaprendo gli occhi – Non andartene … - e il suo sguardo profondo gli tolse il respiro, legando ogni volontà.
Dischiuse le labbra, ma non poté pronunciare parola alcuna.
- Io … io devo spiegarti, André. –
- No, Oscar … davvero non è nec … - tentò di fermarla, perché nonostante l’apparenza, troppo grande gli pareva fosse lo sforzo che lei si imponeva di compiere, e perché avrebbe anche rinunciato a conoscere quanto di quella storia gli era ancora oscuro, ormai colmo di quel sentimento forte e possente che spingeva il suo cuore a battere, e a farlo per lei … dopo averla tenuta tra le braccia e dopo aver conosciuto la spinta potente che li aveva uniti nella notte.
- Sì, invece; è necessario, più di quanto non fosse prima, perché non posso pensare di averti davvero nascosto tutto questo, solo per ubbidire a mio padre … - lo interruppe lei, stringendo il suo viso tra e mani – Ascoltami, ti prego … e poi sarai libero di … scegliere e di pensare di me quello che credi … -
Aggrottò la fronte, colpito da quelle parole; distese le labbra e annuì rimettendosi a sedere e disponendosi in ascolto, pronto a qualunque verità.
- Ti ascolto, Oscar … ma qualunque verità tu mi possa confidare … niente potrà qualcosa contro ciò che già conosci di me … - ammise con voce sicura.
Gli occhi divennero scuri, un mare in tempesta, nel momento del ritorno al proprio tormento … Oscar strinse le mani una nell’altra, si morse le labbra, torturando ancora se stessa, prima di riuscire a confidarsi, ad ammettere, a raccontare. Lo scrutò seria, tornando il Comandante, prima di cedere alla donna.
- Mi ordinò di recarmi a Versailles, di … incontrare il Conte di Fersen, di … distogliere la sua attenzione dalla Nostra Regina e … di non farne parola con nessuno. – il tono controllato, si incrinò sulle ultime parole.
André annuì serrando le labbra, trovando conferme di quanto aveva intuito dalle parole del Generale; sostenne lo sguardo di Oscar, come se quella ammissione non avesse sortito reazione, e restando in attesa che lei proseguisse.
- Non ho mai pensato di rifiutare. – concesse come una colpa – Era un ordine e … in qualche modo mi sentii lusingata … onorata … quasi felice che fosse giunto. Offuscata dal mio castello di illusioni … non chiesi nemmeno ulteriori spiegazioni. –
André comprese il tormento crescente di Oscar, le si avvicinò appena, prendendo una mano tra le proprie.
- In realtà, non avevo compreso veramente quell’ordine; almeno fino a quando mio padre non tornò da me per definire i … dettagli. - una nuova pausa, cercando conferme nel suo sguardo, prima di riprendere, celando il proprio a terra – Mi disse che era necessario che io allacciassi una … relazione con il Conte; che sarebbe stato utile comprometterlo il più possibile, impegnarlo … e che qualunque conseguenza, non avrebbe costituito un problema … anzi: sarebbe stata una benedizione per la casata Jarjayes, per la Francia e per la casa Reale. Era certo che io fossi l’unica a poter riuscire in questo … perché lo conoscevo bene, perché già lo frequentavo e … perché ero adatta e pronta … Sì, mi disse proprio questo: Tu sei pronta, Oscar: hai l’educazione di un uomo e il corpo di una donna; sai affrontare la forza e l’orgoglio di un uomo, ma conosci anche il suo limite e sai come superarlo. Questo è il segreto perché una donna possa vincere un uomo: una donna può rendere la propria debolezza, il punto di forza. –
Ascoltò in silenzio quel lungo sfogo, accogliendolo su di sé come un peso enorme, consapevole che Oscar non riuscisse più a custodire nel proprio cuore la stretta di quella che percepiva come una colpa. Strinse la presa sulla sua mano, rendendo salda la propria presenza.
- Oscar … non credo davvero che avresti potuto opporti a tuo padre … come, del resto, non ha potuto nessuna delle tue sorelle date in sposa a nobili scelti … - cercò di rincuorarla, ma la sua risposta venne immediata e istintiva.
- No, André …, io mi sono illusa che fosse esattamente quello che volessi per me! – riprese con impeto - Io ho ingannato me stessa mettendo a tacere dubbi e timori per giorni e giorni, fino a quando … fino a quando non è arrivato il momento di prepararmi e mi sono resa conto che non potevo farcela, non da sola … E allora ti ho chiesto di accompagnarmi, perché, per assurdo, con te al mio fianco tutto sembrava possibile … e perché mi era necessario sapere che tu guardandomi vedessi … vedessi una … -
- … una donna … - terminò lui in un sussurro, raccogliendo il fremito che aveva spento le sue parole – Oscar tu non puoi sapere quanto fossi splendida quella sera ... -
Gli occhi lucidi, l’espressione sofferente, Oscar strinse le labbra, liberando le lacrime – Ho compreso che mi ero trasformata in ciò che non avevo mai voluto essere, e che l’avevo fatto per eseguire un ordine, che l’avevo fatto per un’illusione … forzando e violando ciò che sentivo fosse giusto, e non solo per me, ma anche per … per … -
Lasciò che il silenzio celasse la verità sospesa, mentre una carezza scivolò sulla sua guancia, raccogliendo le lacrime calde del su tormento.
- Eppure sei stata forte, Oscar … e nonostante fosse un ordine, hai saputo ascoltare te stessa, ben oltre le ragioni di tuo padre … -
- Io non potevo farlo, André … non potevo, davvero … e quando ti ho sentito, ti ho riconosciuto … allora mi sono sentita libera, ma anche in trappola, perché tutto, ormai, era finito. Era stata una vittoria e al contempo un sconfitta; o nessuna delle due … e non mi sarebbe rimasto altro da fare che affrontare l’ira di mio padre … -
A quelle parole, allargò le braccia circondandole le spalle e legandola al proprio petto in un abbraccio totale, prendendo ad accarezzarle il capo, lentamente, cercando di darle conforto, avvertendo leggero, su si sé, il fremito di un pianto soffocato. Si sorprese quasi di quelle nuove lacrime, realizzando quanto fossero state rare le occasioni in cui avesse visto Oscar abbandonarsi allo sfogo del pianto, e quante invece ne avesse già versate a causa di quella notte. Chinò il capo, poggiando la guancia sui capelli di Oscar, deliziandosi dei ricci morbidi sulla propria pelle, e vagò con lo sguardo nell’ambiente, scrutando tra gli arredi, le suppellettili e i segni di una vita trascorsa insieme a Oscar in quelle stanze ricche di storia e ricordi … fino a fermarsi sullo scrittoio, scuro e intagliato, così simile a quello del Generale, ma anche così elegante e leggero nelle forme … 
Bloccò il correre dei propri pensieri su un dettaglio, un ricordo fissato nella mente e per un poco oscurato dalla forza della necessità di aiutare Oscar e di curarne le ferite del corpo e dell’anima.
- Non possono aver osato tanto … - sussurrò appena tra i riccioli di Oscar, e lei si mosse un poco, sollevando il capo per cercare il suo sguardo.
- Non possono aver osato tanto: è quello che ha detto tuo padre dopo che io ho fatto cenno al tuo avvelenamento … e all’incidente del lampadario. Lo ricordi? –
Oscar annuì, aggrottando la fronte incredula – Ma … -
- Tu sai forse per quale ragione tuo padre ti chiese di … - le domandò cercando il suo sguardo, senza nemmeno la facoltà di proseguire.
- No … - intervenne Oscar – … e non glielo chiesi nemmeno … eppure adesso mi sembra così incredibile il fatto che mi abbia potuto dare un ordine simile … -
- Anche io sono di questo avviso, Oscar, e ripensando alle parole che ha pronunciato venendo a conoscenza dei pericoli che hai corso, mi sto convincendo del fatto che quell’ordine non venisse da tuo padre … ma da altri. – affermò facendosi più sicuro.
Lei si fece pensierosa, cercò tra ricordi e incontri, per trovare dettagli o risposte – Io non riesco a comprendere … quando mi ha spiegato cosa avrei dovuto fare, non ha mai fatto cenno all’accordo con altri. –
- Ti ha detto che eri l’unica a poterlo fare … e ti spinta tra le sue braccia. Non è certo la modalità con cui si definisce un accordo matrimoniale … - osservò per ricondurla al proprio pensiero – Ha più l’aria di una tattica, di un piano … -
Oscar parve titubante - Mio padre non ha cariche oltre a quella di Generale … e non mi sembra che un ordine simile possa essere giunto dal Generale Bouillé, che si occupa solo di questioni militari e di sicurezza … -
- Pensaci, Oscar … - la invitò ancora – Sai che è molto importante … -
Ancora un attimo, poi Oscar scosse il capo – Niente salotti … niente impegni oltre quelli militari o legati ai rifornimenti di armi dell’esercito, e al presenziare alle funzioni religiose ufficiali con altri militari di alto grado … -
André cercò a sua volta di riflettere, scuotendo il capo un poco sconfortato, fino a tornare ad un ricordo preciso, tra polvere, paglia e nervi tesi. Rivolse lo sguardo a Oscar, che ancora lo osservava come in attesa di una soluzione.
- Devo tornare a Versailles … - le annunciò con tono grave.
- Presto sarà buio, André … non sarebbe prudente … - si oppose lei preoccupata, lanciando un rapido sguardo oltre le grandi finestre, dove il riflesso rosso a occidente stava scemando oltre il limite del parco.
- Oscar, devo trovare il Conte di Fersen … - le spiegò allora - … credo che lui, trascorrendo la notte alla reggia, potrà esserci utile. Ho ragione di pensare che tuo padre cercherà di intervenire e potrebbe incontrare presto qualcuno … qualcuno coinvolto in questa storia. –
Lei socchiuse gli occhi ancora arrossati, sforzandosi di comprendere – Posso ordinare che il Tenente Girodel resti a servizio questa notte … - gli propose seria – … di lui ci possiamo fidare; ma andremo insieme alla reggia. Scendi a preparare una carrozza, mentre io dispongo una lettera di richiamo in servizio per Girodel … -
Le sorrise scorgendo in quelle poche parole l’essenza della Oscar che conosceva da una vita, determinata e forte, risorta dalla cenere della propria sofferenza e pronta a riprendere il proprio ruolo di comando.
Annuì ai suoi ordini - Scendo subito, Oscar … - e si mosse senza perdere altro tempo, lasciando Oscar e dirigendosi verso il corridoio.
- André … -
Fu il suo richiamo a fermarlo, prima che potesse afferrare la maniglia della porta. Si voltò per risponderle e la trovò in piedi, oltre il salotto, con le braccia distese lungo i fianchi e lo sguardo incredibilmente serio, fisso su di sé.
- Oscar … - la chiamò piano, e d’istinto tornò da lei, affondando lo sguardo nei suoi occhi scuri e lucidi.
- Ora sai … - un sussurro a fendere l’aria, una carezza di preoccupazione e dubbio - … sai cosa ti ho nascosto e cosa stavo per fare … - le labbra si strinsero, morse nella presa degli incisivi, mentre lo sguardo si puntò nel suo, affondandovi con la propria fragilità – Ora sai veramente tutto di questa … donna, del suo cuore e di ciò che porta dentro di sé e … e se solo tu vorrai ancora, allora io … -
La vide stringere le labbra in un accenno di sorriso teso e sollevare un mano quasi a cercarlo, sfiorandogli il braccio e risalendo fino alla spalla, per poi ritrarsi nascondendosi ancora una volta e tarpando le ali al proprio istinto; Andrè trattenne il respiro, perso in quello sguardo liquido, legato alle sue labbra lucide e perfette, che colse d’istinto rispondendo al richiamo dell’anima[i].
 
[i] L’avete riconosciuta? La scena conclusiva, se pur ampiamente rimaneggiata e farcita, è ispirata ad un momento del manga originale che io adoro … quando, dopo aver dichiarato il suo amore ad André, Oscar gli chiede di preparare una carrozza per recarsi da Bernard. In quel frangente, vedendolo in procinto di allontanarsi, lei lo richiama … per baciarlo. Sono questi piccoli gesti che mi mancano davvero nell’anime …


Angolo dell'autrice: avevo promesso un aggiornamento puntuale per lunedì 11... ma in fondo... perchè non anticipare un pochino? Ringrazio di cuore chi persevera nel seguire Il mio segreto... e chi ancora mi lascia il suo commento. Un bacio grande... e perdonate se perdo qualche colpo...
Grazie come sempre a chi legge, segue, ricorda, preferisce e commenta... A presto!

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Capitolo 30
*** Intuizione ***


Intuizione
 
Condusse al di fuori del ricovero delle carrozze una vettura scura di piccole dimensioni, leggera e veloce, quanto di meglio per un viaggio breve e rapido; verificò per l’ennesima volta che tutte le cinghie fossero strette saldamente e poi  si dispose ad aspettare che Oscar lo raggiungesse, ingannando l’attesa prendendosi cura dei due cavalli dal mantello scuro che aveva assicurato per il tiro.
I passi leggeri sul ghiaietto gli annunciarono presto il suo arrivo – E’ già tutto pronto … ? –
Si volse a lei, coprendo con la propria mano quella di Oscar che si era posata sul suo braccio – Certo, Oscar, possiamo partire immediatamente. –
Si mosse svelto per aprirle lo sportello, ma la colse incerta, quasi non fosse pronta a prendere posto in carrozza, e allora ne osservò attento l’espressione mesta e un velo di imbarazzo calato sui lineamenti sempre così fermi e sicuri. Portò la mano alla sua guancia, lasciando una carezza leggera, un soffio appena con il pollice, sul segno teso che ora, come ombra di quanto accaduto, si mostrava sullo zigomo sinistro.
- E’ molto doloroso? – le chiese rispettoso, e lei chiuse gli occhi, abbandonata alla delizia del suo tocco di piuma.
- No … non più di quanto non sia dentro … - ammise lei negando appena con il capo.
- Il sole è ormai calato e con le luci dei doppieri, nessuno lo noterà. – cercò di tranquillizzarla – Domani, con un poco di belletto … -
La guancia fu gonfia di un leggero sorriso, al di sotto del palmo – Non ti preoccupare, André, perché non è questo che mi dà pensiero … -
 
Si voltò di nuovo, cercando Oscar e trovandola accanto al valletto dalla livrea variopinta che aveva preso in custodia la carrozza; ancora un cenno con il capo, ostinatamente ferma nella propria scelta di non incontrare il Conte di Fersen e di lasciare che fosse lui solo a cercarlo negli appartamenti del secondo livello e a chiedergli di intervenire quanto possibile per chiarire ciò che ancora appariva confuso.
André oltrepassò il vestibolo e, insinuandosi con sicurezza tra corridoi e ambienti che conosceva alla perfezione, raggiunse la scala di servizio. Prese a salire, prima con passo svelto, e poi rallentando l’andatura, ma sempre muovendosi con disinvoltura. Sfilando tra inservienti e valletti che costituivano ad ogni ora del giorno e della notte l’anima viva della reggia, fin nei meandri più nascosti, ripercorse mentalmente gli avvenimenti che l’avevano convinto a tornare dal Conte.
Il dubbio che il Generale Jarjayes potesse aver nascosto ad Oscar il vero motivo per cui l’avesse inviata al ballo con la precisa indicazione di avvicinare il Conte di Fersen, si era annidato nella sua mente e aveva lentamente assunto la forma della certezza. Se si fosse trattato di un accordo per un matrimonio combinato, se avesse realmente deciso di cambiare il futuro di Oscar portandola ad una esistenza più femminile, non l’avrebbe certamente inviata sola al cospetto del Conte, ma avrebbe organizzato lui stesso un incontro in un ambiente consono all’occasione, così come era accaduto per le altre figlie. Lasciato Palazzo Jarjayes, era riuscito a tornare all’argomento con Oscar che, nonostante un evidente imbarazzo, pareva avergli aperto il proprio animo, confidandogli qualche dettaglio in più.
Aveva scoperto dalle sue parole che il Generale le aveva indicato con esattezza a quale ballo partecipare e chi avrebbe dovuto avvicinare; aveva compreso come realmente lei fosse attesa a corte, sebbene non fosse chiara la sua reale identità, e come invece non fossero mai state chiare le condizioni con cui si sarebbe dovuto affrontare quello che sarebbe accaduto in seguito a quel ballo. Oscar non era tornata sui dettagli di quel mandato, il suo sguardo aveva tremato anche solo nel pronunciare quei termini … relazione … conseguenze … ma per André era chiaro a cosa si riferisse.
Strinse le dita al corrimano liscio e freddo, scaricando la crescente tensione, e proseguì fino a giungere al ballatoio che conduceva all’appartamento del Conte. Si fermò di fronte al valletto di guardia all’accesso e gli si rivolse con tutta la fermezza di cui fu in grado di disporre.
- Ho urgenza di conferire con il Conte di Fersen: riferitegli che l’attendente del Comandante delle Guardie Reali, Oscar François de Jarjayes aspetta di incontrarlo e che non è possibile assolutamente rimandare questo colloquio. Se il Conte non fosse nel suo appartamento, vi prego di cercarlo immediatamente e di riferire quanto vi ho detto. –
 
Il Conte di Fersen giunse senza farsi attendere, comparendo da una porta aperta sul fondo del salotto, mentre ancora due inservienti si affaccendavano attorno alla sua figura, come in una danza di api attorno ad una infiorescenza succulenta, per accomodare al meglio le pieghe del vaporoso jabot e dei pizzi che morbidi decoravano i polsi in una cascata di seta preziosa.
- Benvenuto, André! – il saluto del nobile gli giunse pulito, libero dal cumulo di formalità che sovente aveva colto nei convenevoli di corte – Mi è stato riferito che hai urgenza di parlarmi … -
- Vi ringrazio di avermi ricevuto, Conte di Fersen … - André rispose al saluto con un rispettoso  chinare il capo, ma Fersen lo interruppe immediatamente, con un tono confidenziale, e una presa sulla spalla, che un poco lo sorprese.
- Lascia stare, André; non sono necessarie queste formalità … Gradisci un dolce? – lo sorprese un poco, il tono confidenziale del Conte, che offrendone anche a lui, aveva allungato una mano su un vassoio ricolmo di biscotti sottili e coperti di glassa, dei quali poteva cogliere il profumo speziato e un poco amaro, per poi afferrarne uno per portarlo alle labbra.
- Oh, grazie; io non … -
– Parla pure liberamente, André. - riprese il Conte - Se sei qui, è certamente per un buon motivo. –
Sollevando il capo, si incrociò lo sguardo del Conte, profondo e inaspettatamente serio, cogliendo immediatamente come l’uomo fosse consapevole di quale fosse il motivo di quella visita inattesa, giunta in un orario così inconsueto.
André annuì serrando le labbra, un poco distratto dal ronzare delle inservienti che ancora si affaccendavano attorno all’abito del Conte, ruotando i bottoni perché il ricamo su ciascuno rimanesse in perfetta armonia con l’intrico di fiori sul panciotto. Fersen si mostrò pronto, disponibile ad assecondarlo ancora.
- Allontanatevi, vi prego; lasciateci soli! – ordinò fermo alle due giovani, che immediatamente si ritirarono, scomparendo dal salotto in una profusione di inchini; e poi tornò ad André corrugando la fronte e abbassando il tono di voce, fino ad una sorta di sussurro preoccupato – Ci sono novità, André? Cosa è accaduto e in cosa posso aiutarvi? –
- Conte di Fersen, ho ragione di credere che Oscar sia seriamente in pericolo. – esordì a mezza voce.
- Cosa? – si stupì il Conte, ma poi tornò a controllarsi, assottigliando lo sguardo – Credi che quanto accaduto nella Salle des Gardes, non fosse un incidente? -
- Esatto. E non solo quello, in realtà. –
Il Conte distolse lo sguardo, prima di tornare a lui – Veramente allora anche quella notte … ? – ipotizzò.
- Conte, voi dovete sapere che Oscar venne al ballo su espressa richiesta del Generale, per incontrare voi e voi soltanto. – si arrestò un istante, perché il Conte potesse comprendere appieno il significato di quanto aveva appena udito, poi riprese - Ora, sappiamo che in quell’appartamento dove vi siete … ritirati, vennero serviti dolci avvelenati, che hanno provocato la morte delle due inservienti che li hanno recuperati e portati nel vestibolo per consumarli. Avrebbe anche potuto trattarsi di una casualità … ma ho appurato il fatto che non vi fossero altri vassoi di dolci alterati e che la caduta del lampadario non sia stata accidentale. Questo complesso di avvenimenti mi induce a pensare che tutto sia stato pensato e organizzato da qualcuno che ha motivo di voler colpire Oscar. –
- Il Generale Jarjayes voleva che sua figlia incontrasse proprio me? – chiese ancora il Conte, evidentemente colpito da quel dettaglio.
- E’ proprio così, Conte: quella fu la richiesta del Generale. – confermò Andrè – Tuttavia non ho la certezza che il Generale avesse agito per proprio conto. Anzi, direi che credo che sia stato indotto a farlo da altri … e che probabilmente non conoscesse tutti i dettagli di quello che assume i contorni di una operazione congegnata per colpire qualcuno in particolare. –
Il Conte si allontanò di un passo, voltandogli le spalle e, posando le mani sulla sommità di una poltrona, si chinò un poco restando assorto, visibilmente turbato. Lo vide stringere le dita sul velluto, affondando nell’imbottitura morbida, prima di sollevare il capo, chiudendo gli occhi per scacciare un’idea difficile da accettare.
- Conte di Fersen, credetemi, io temo che voi stesso possiate essere in pericolo … - tentò di riprendere André, ma il Conte scosse il capo, interrompendolo.
- Non riesco a credere come Madamigella Oscar abbia potuto accettare di essere parte di un piano simile! – si riprese il Conte, dando voce al proprio tormento – Io la considero un ottimo amico … forse il migliore amico che io abbia a corte! –
André si fece vicino all’uomo, mostrandosi saldo, certo delle proprie parole.
– Oscar non voleva certo nuocervi, Conte; di questo sono più che sicuro. – spiegò pacato – Ma voi state pensando a lei come ad un amico, come ad un uomo … Se invece riusciste a vederla come … -
- Come la donna che ho conosciuto quella notte, vero? – si insinuò il Conte tornando a voltarsi e scrutandolo con attenzione – E’ questo che intendi, André? –
André distese le labbra e sorrise appena, accennando un movimento ad annuire – Oscar è stata cresciuta come un uomo e non ha mai saputo comprendere cosa potesse significare davvero essere quello che in realtà era veramente … Non imputatele questa colpa, vi prego … -
- Per questo ha inviato te a parlarmi, ora? – intuì allora Fersen, mostrandosi comprensivo.
- Credo che sia per questo. Non penso possa perdonarsi di aver ceduto alla richiesta di suo padre e nemmeno di aver pensato di mostrarsi donna a voi. – cercò di spiegare André.
- Io ho sbagliato … io non l’ho nemmeno riconosciuta e l’ho umiliata, considerandola al pari di qualunque altra donna. Io non potrò mai comprenderla veramente … non giungerò mai a vederla con i tuoi occhi, vero André? –
Andrè resse lo sguardo del Conte, vi lesse stima, senza traccia di rimprovero o accusa, e in quello scambio trovò solidarietà e comprensione, soffocando la propria tensione. Strinse  i pugni, lasciando le braccia tese lungo i fianchi, sfiorando il silenzio con la voce flebile dell’ammissione.
- Conte, io … - mormorò André.
Il Conte si volse altrove, i suoi passi vibrarono lenti nel silenzio irreale del salotto fino alla consolle, dove afferrò una bottiglia dalle forme preziose e, preso un bicchiere, versò del liquido ambrato. Sollevò il bicchiere, celando il proprio sguardo nell’onda calda che in un gioco sapiente danzava sull’orlo del cristallo e poi cercò di nuovo André, socchiudendo le labbra in una espressione distesa, sollevando appena un sopracciglio nel tornare a parlare.
- Lei è la tua vita, André, e tu offriresti la tua, per lei, così come lei non ha esitato ad offrire la sua, per te[i]. – constatò il Conte con un lieve sorriso – Eppure per lei è così difficile da accettare … vero? Cosa potrebbe colpire maggiormente un animo sensibile, se non il vedere colpito il proprio migliore amico e la persona più importante della propria vita? –
 
- Girodel resterà in servizio questa notte. E tu, hai incontrato il Conte? – la voce di Oscar lo distolse dal groviglio di pensieri che ancora lo avvolgevano e che lo avevano accompagnato fino ad attraversare stanze e disimpegni senza quasi accorgersene, fino a raggiungere la cour.
La osservò, sola accanto alla loro carrozza, illuminata dalla luce incerta e tremolante delle lampade accese a rischiarare la corte e accarezzata dall’ombra ormai scesa a velare la reggia e il regno intero. Le annuì raggiungendola, fermandosi di fronte a lei e indugiando sul suo viso per un istante, violando caparbio il tempo del saluto, oltrepassando il limite del rigore, e giungendo a quello della confidenza; e lei resse quello sguardo, rispondendo al suo cenno e sostenendone l’intima insistenza.
- Mi ha assicurato che farà in modo di restare vigile … e ha suggerito di tenere sotto controllo alcuni appartamenti, in particolare, al piano terra. –
Oscar parve sorpresa – Non capisco … -
- Il Conte ha avuto un’intuizione interessante … m non voglio allarmarti senza motivo. Aspettiamo solo di avere conferma e poi potremo avere maggiori certezze e sapremo a chi dovremo prestare attenzione. –
 
[i] Riferimento esplicito all’episodio dell’incidente a cavallo della Principessa Maria Antonietta.

Angolo dell'autrice: aggiorno di nuovo in anticipo... a causa di impegni che domani mi terranno lontana da efp. Ringrazio di cuore chi persiste... e mando un bacione a orny81 per il suo compleanno: carissima, questo capitolo è dedicato a te!  A presto!

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Capitolo 31
*** Oltre ***


Oltre
 
La cucina di palazzo Jarjayes l’accolse nell’aura dorata dei candelieri accesi e sistemati sul grande tavolo. I passi di André si arrestarono sulla soglia dell’ingresso, quelli di Oscar di poco indietro, protetti dalla penombra del vestibolo intermedio, e il leggero sorriso che portava dentro di sé si spense in silenzio, tendendo le labbra in un semplice saluto.
- Buona sera, nonna … -
Illuminata dalla luce delle fiamme tremolanti, Nanny, sola nella grande stanza, sollevò il capo dal lavoro di ago e filo che teneva stretto tra le mani, puntando il suo sguardo inquisitore sul nipote.
- Noto con piacere che hai avuto il buon gusto di rientrare a Palazzo, André. Hai già cenato? -
André la scrutò, attento a cogliere sul volto della nonna i segni del disappunto soffocato nel suo tono piatto - Oscar è tornata alla reggia per alcune modifiche agli ordini di servizio, nonna; siamo rientrati non appena ci è stato possibile. E … no, non abbiamo cenato. Perciò se per caso tu ci avessi … -
- Non avrei voluto tenere nulla … visto che ultimamente non ce n’è necessità, - si intromise con tono pungente la nonna, riponendo il rammendo nel cestino poggiato sul tavolo e sollevandosi dalla sedia – ma, per tua fortuna, c’è dell’avanzo freddo lì sulla credenza. –
André annuì accondiscendente, serrando le labbra, ormai avvezzo ai malumori e alle preoccupazioni della nonna, trovando sul ripiano un grande vassoio coperto da un canovaccio – Ti ringrazio nonna … -
- Per Madamigella Oscar servirò nelle sue stanze la cena calda. – puntualizzò asciutta la governante, mentre già si muoveva lesta poggiando il cestino del filato su una cassapanca nella penombra, in fondo alla cucina, e disponendosi ad armeggiare con il paiolo fissato ad un gancio sopra le braci ancora vive.
- Non occorre, nonna. – la voce di Oscar, gentile e serena, si fece palese mentre lei restava nel vestibolo, un poco discosta, dietro le spalle di André, e l’anziana si voltò immediatamente a cercarla – In realtà, non ho molto appetito; posso mangiare qualcosa qui insieme ad André, se non ti dispiace. –
Uno sbuffo sibilò dalle labbra di Nanny, rassegnazione e disappunto soffiati insieme, nello sforzo di adeguarsi, una volta ancora, alle decisioni della figlia del Generale; la donna si fregò nervosamente le mani nel grembiule e poi si diresse alla credenza – Bene, allora vi preparo la tavola, ma io ritengo che sarebbe comunque più opportuno se tu, bambina mia, salissi a cenare nelle tue stanze, lasciando qui mio nipote, al suo posto. – borbottò.
André si spostò appena, volgendosi a Oscar che, celata ancora dalla penombra, si era sporta a scrutare la nonna già indaffarata attorno al grande tavolo.
- Ti ringrazio, nonna, - riprese Oscar – ma non preoccuparti per noi. Puoi ritirarti per la notte; con la cena possiamo cavarcela da soli. –
La nonna si bloccò immediatamente, stringendo tra le dita il canovaccio con cui aveva spolverato il piano del tavolo prima di iniziare a disporvi il necessario per la cena; drizzò la schiena, voltandosi verso André e cercando di nuovo Oscar alle sue spalle, sistemò gli occhiali tondi sopra il naso e poi liberò l’ennesimo sospiro, rilassando le spalle; quindi, riprese a muoversi tra il tavolo e la credenza, in un volteggiare di stoviglie.
- Come preferisci, cara. Ma se avessi bisogno di me, puoi chiamarmi in qualunque momento, lo sai. –
- Certo, nonna. Non mancherò di chiamarti, qualora avessi bisogno. – la rassicurò Oscar, sempre ferma, e protetta, alle spalle di André.
Nanny rimase a fissare il nipote, assottigliando lo sguardo e scrutando oltre la sua schiena, nell’ombra del vestibolo; le labbra si strinsero, una sorta di smorfia a commentare quella situazione e un giudizio severo a sigillare una sorta di parziale resa.
- Allora io mi ritiro … se qui non avete bisogno di me. – concesse infine, afferrando uno dei doppieri sul tavolo – Buona notte, Oscar cara … -
André avvertì il movimento di Oscar ad un soffio dal proprio collo, forse un ultimo cenno di saluto alla nonna, e si accinse a congedarla a sua volta.
- Grazie nonna, e buona notte. – la salutò lui, ma la nonna, già diretta al varco aperto sul corridoio verso l’ala di servizio, si fermò di nuovo, dandogli le spalle.
- André? – lo chiamò severa.
- Buona notte, nonna. – ribadì allora André, mentre già si sfilava la giacca mostrando di voler recuperare un poco di comodità, e la nonna si congedò definitivamente, lasciando la cucina e facendo risuonare i suoi passi nel corridoio, fino a farli smorzare dietro il chiudersi secco di un battente lontano.
Solo allora, André si decise ad entrare in cucina, cauto, andando ad afferrare il vassoio coperto che aveva scorto sulla credenza, per poi apprestarsi a raggiungere Oscar, che già era ferma dinnanzi al tavolo.
La vide esitare, assorta di fronte all’apparecchiatura approntata dalla nonna, che aveva disposto piatti e  bicchieri, sistemandoli sui lati corti del desco, il più lontano possibile l’uno dall’altro;  dopo qualche istante, Oscar scosse piano il capo, afferrando uno dei piatti e facendolo scivolare sul ripiano fino a disporlo accanto all’altro e, fatto questo gesto, si  volse a cercarlo. André, con un sorriso, non poté che raggiungerla, lasciando il vassoio con la cena improvvisata e prendendo anche il bicchiere per sistemarlo di fronte al piatto appena spostato da lei.
 
André posò il bicchiere vuoto sul tavolo, osservando i resti della cena frugale che avevano consumato: un poco di pane e qualche pezzo di formaggio, bagnati da qualche bicchiere di buon vino e da un intreccio silenzioso di sguardi. Un pasto consumato più per il piacere di rimanere ancora soli, loro due, insieme in quella cucina, che per risposta alla fame … e vissuto in un’atmosfera ovattata, capace di lasciare lontani gli avvenimenti della serata. Solo quel livido, un alone già fatto leggero a violare lo zigomo di Oscar, continuava a rinnovare il tormento di quegli attimi terribili in cui aveva osservato il Generale scaricare la propria furia su di lei, ostinatamente inerme e remissiva.
Si levò da tavola, raccogliendo i piatti per depositarli sul ripiano della credenza insieme al vassoio con il pane rimasto e poi si voltò, poggiando il fianco al mobile e puntando i palmi sul bordo del piano in legno, rimanendo ad osservarla, incantato. Oscar, ancora seduta al suo posto, sembrava assorta, con lo sguardo perso nel bicchiere vuoto sul cui profilo lasciava scorrere lento il proprio indice. I capelli sciolti, illuminati dal bagliore caldo del doppiere rimasto sul tavolo, scivolavano morbidi ai lati del volto, un poco nascosto, e baciato dalla luce in un gioco di ombre di un fascino incredibilmente inconsapevole. Lei, assorta,  increspò le labbra, chiuse un poco gli occhi, e poi parve godere della pace finalmente trovata in quell’angolo del palazzo.
Le si avvicinò, passi lenti e appena percepibili, ma la vide sorridere, gli occhi ancora chiusi e le labbra tese, nell’udirlo vicino. Scostò una sedia dal tavolo e vi si sedette, rimanendole accanto, mentre il respiro si faceva denso e profondo, cogliendo oltre il profumo intenso di cenere, arrosti e spezie che caratterizzava la cucina, quello inconfondibile di lei. Distese il braccio per raggiungere la mano di Oscar, distogliendola dal suo gioco in bilico sul profilo del bicchiere e tirandola un poco a sé, come in un richiamo silenzioso. E poi mosse il braccio destro, cullando in una carezza leggera la gota segnata dall’ira del Generale, mentre una fitta lacerava il suo cuore. Un contatto appena percettibile, un soffio sulla pelle, con le dita a tremare in un gesto tanto delicato, capace di urlare nel proprio silenzio la consapevolezza di aver violato una barriera. Un tocco spontaneo, mosso da un sentimento vissuto nel segreto per anni, e solo da poco illuminato dalla luce del suo sorriso e riscaldato dal calore dei baci di cui portava ancora sulla pelle il ricordo bruciante. Un germoglio nato nella notte fredda del deserto, che ora conosceva l’alba il tepore del primo raggio che rischiara le tenebre senza speranza … Venne come un sapore dolce, tra lingua e palato, la consapevolezza di aver mosso quel gesto senza il peso della catena che da sempre tratteneva ogni suo farsi prossimo ad Oscar. In ogni parola, in ogni contatto, in ogni sguardo, sempre, da quando l’amore per lei, da essenza silenziosa, era divenuto un caposaldo per la sua esistenza, aveva tenuto stretta la briglia che lo legava alla ragione. Un monito, sentirsi una minaccia e al contempo una benedizione, che imponeva di scegliere, governare e soppesare ogni respiro, e che pareva essersi sciolto sotto il tocco selvatico delle labbra di Oscar.
- Ti fa molto male? – le chiese con un sorriso triste di premura e compassione, e lei scosse il capo, negando.
- No … non più di altri schiaffi … - lo rassicurò fissando il suo sguardo su di lui e chinando il capo, cercando il contatto con il suo palmo – ma ho preferito non mostrarlo alla nonna, non questa volta … -
- Mi dispiace, davvero … – mormorò André cogliendo nelle parole di Oscar il riferimento alle delusioni e alle ferite invisibili che portava dentro di sé – Io avrei dovuto impedirgli di giungere a … -
- No, André. – intervenne lei – Io avrei dovuto impedire che si potesse arrivare a tanto: avrei dovuto ragionare e capire che non era possibile che mio padre mi chiedesse di … di … -
- Basta così, Oscar … non è giusto che tu ti senta in colpa per tutto quanto è accaduto! – André portò anche la mano sinistra al suo viso, sporgendosi sul piano del tavolo per farsi più vicino, fino a fissare il proprio sguardo in quello di Oscar – Devi superare quelle parole, quell’ordine di tuo padre, per rialzarti, forte e decisa, come ti conosco da sempre e come sei davvero! –
- André, io non posso dimenticare quello che pensavo di … -
André non la lasciò proseguire; furono le sue labbra fermare quello sfogo, sciogliendo ogni tensione in un bacio deciso e denso, come un richiamo diretto all’anima di lei.
Colta di sorpresa, forse, ma subito pronta, Oscar rispose, lasciando correre il proprio istinto; le sue mani salirono svelte, affondando tra i capelli, strette sulla nuca di André, e le labbra parvero fuoco nell’aprirsi al suo richiamo, offrendosi e cercando con decisione. André sorrise sulle sue labbra, riconoscendo la donna che amava, viva e senza indecisioni, un fuoco senza eguali, fatto di coraggio e impetuoso come una fiera impossibile da domare.
- Non c’è colpa quando segui il tuo cuore, Oscar … - sussurrò sulle sue labbra - e se ora hai imparato ad ascoltarlo, supera il passato e guarda avanti … -
- André, come posso dimenticare tutto! – rispose lei, nella voce una vena di sofferenza  e nello sguardo l’ombra di un ricordo dal peso insopportabile.
- Non devi dimenticare nulla, Oscar; devi andare oltre! – ancora un bacio, leggero, sulle sue labbra, prima di riprendere – Guardami Oscar! Guardami ti prego … - le ripeté, e avvertì su di sé la stretta di quello sguardo intenso e profondo, affondandovi fino all’anima – Guardami … e dimmi se puoi lasciarti alle spalle quello che è stato … -
Fu lo sguardo di Oscar a rispondere prima di ogni possibile parola. I suoi occhi sgranati si fecero lucidi e poi sottili, strette tra le ciglia le sue iridi parvero tempesta vibrante, prima di mostrare finalmente la propria luce.
- André … - il suo nome, la voce rotta dall’emozione, fu la sua risposta, e poi Oscar si mosse, sfilando il volto dalle sue mani e lasciando la presa dalla sua nuca, per arretrare, spingendo la sedia e sollevandosi da essa, senza mai lasciare lo sguardo di André.
Allora, si vide osservato, il blu più intenso e profondo nei suoi occhi incredibilmente scuri e sensuali, mentre lei si muoveva e gli si avvicinava, un passo soltanto, per raggiungerlo fermandosi proprio al suo cospetto.
- André … - un richiamo, sussurrato, ripetuto, nel silenzio del torpore di un intero palazzo, pronunciato con la voce ora calda di un’urgenza segreta.
- Oscar … - un sussulto di preoccupazione, nel pronunciare il suo nome.
Ma il suo sguardo si fece sorriso, una luce nuova in quegli occhi lucidi; Oscar si fermò davanti alla sedia di André per poi chinarsi appena, poggiare le mani delicatamente sulle sue spalle e scendere, lenta, allargando le ginocchia per sedersi sulle sue gambe, le cosce strette ai suoi fianchi e il respiro caldo sul suo viso.
- Lo so, André, lo so … ma mai come ora mi pesa il fatto di non essere libera … - vicinissimo il suo viso e più leggero il suo peso, prima di tornare caldo e avvolgente, fino a legare i pensieri in un unico desiderio – Ho sempre creduto di esserlo, con te, ma ora ho visto il muro che ti teneva sempre ad un passo da me, vicino, ma separato, e mi è bastato scorgerlo, per detestarlo … perché tutta me stessa bramasse di abbatterlo. –
 
In un gesto lento, con lo sguardo annegato nel mare dei suoi occhi scuri e profondi, lasciò che le sue mani delicate lo guidassero al primo degli alamari dell’uniforme scarlatta, accompagnandolo nel saggiare la lucida asimmetria del fermaglio, per sfilarlo delicatamente dal suo giogo. Lei sorrise appena, di un sorriso che gli tolse quasi il respiro, per poi condurlo al secondo dei fermagli e poi a seguire, fino all’ultimo; André insinuò appena le mani sotto la stoffa, cercando il fianco sotto la giacca, in attesa che lei la sfilasse, e fu invece sorpreso, una piega sulla fronte alta, appena sfiorata dai capelli, quando Oscar decisa gli prese i polsi e lo condusse alla sua stessa camicia. La guardò in silenzio, rapito da quello che lesse nei suoi occhi, deglutì muovendo le dita  e sciogliendo il nodo attorno al colletto, scoprendo la propria gola; chiuse gli occhi, e solo il profumo di lei, come il tepore del suo corpo vicino, colsero mente e sensi in un rimando di emozioni che si fecero ancora più forti, quando Oscar si mosse. Vicina, sempre più vicina, comprese il suo piegarsi, avvertì la chioma soffice sulla propria spalla, e poi il tocco morbido sulla pelle, umido e curioso, di istinto e brama, fino a divenire pungente. Reclinò il capo all’indietro, offrendosi a Oscar e al suo desiderio, mordendosi le labbra e trattenendo ogni altro istinto. Ne ascoltò l’incedere lento sulla propria pelle, il salire sino al lembo nascosto dietro  l’orecchio, cercando e scovando ogni dettaglio, facendolo proprio e giocando con il ritmo incerto del suo respiro. Seguì la precisa traiettoria con cui lei disegnò la mascella per poi scendere e fermarsi sul pomo d’Adamo, insistendo un poco, prima di cercare di insinuarsi più giù, nell’incavo tra le clavicole e poi fino a forzare lo scollo della camicia in una carezza umida sulla spalla.
- Non lasciarmi, André … - mormorò lei sulla pelle, muovendo le labbra in una carezza laddove l’emozione pulsava ritmica in una vena appena intuibile – Non lasciarmi mai, ti prego … -
Trattenne la presa sui suoi fianchi, le mani al di sotto della giubba aperta e le dita forti perché capisse che non avrebbe mai potuto sciogliere quell’unione di anime, fusa in una armonia dei sensi, in un legame più forte di ogni volontà. Gonfiò il petto sotto le sue labbra, consegnandole ancora una volta se stesso, i propri brividi e le nebbia densa che offuscando la realtà scioglieva il tempo nella dimensione calda dei suoi baci; chinò il capo, offrendo l’incavo della spalla alla curiosa insistenza con cui Oscar ne saggiava la forma …
Fino al fragore di cocci che spezzò la tempesta e tolse il respiro, troppo vicino, per provenire dalle stanze al piano terra dell’ala orientale, troppo lontano per essere una brocca o un vaso spinto per loro errore fino al limite della tavola …


Angolo dell'autrice: Di ritorno da Versailles... a confronto con la nonna e poi soli. Oscar compie un altro passo avanti, piccolo ma importante, e soprattutto lo compie guidata la André.
So che la storia sembra essersi fermata... ma questa notte è molto importante e non è ancora finita. Io ringrazio di cuore che ancora persevera dandomi un po' di fiducia; chi legge, segue, preferisce, ricorda e mi lascia il suo commento, le lettrici che conosco e quelle che non ho mai incontrato e che mi piacerebbe scovare ;)
Grazie a tutte, indistintamente, e un abbraccio speciale all'amica "preziosa" che è giù di tono... un bacio. A presto!

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Capitolo 32
*** Cocci ***


Cocci
 
Oscar si fece tesa, tra le sue braccia; immobile, con il viso affondato nell’incavo del suo collo, solo un poco sollevato, nel tentativo di comprendere cosa fosse accaduto, aveva lasciato la sua pelle ed il respiro si era fatto soffio lungo e vibrante. Le sue mani giunsero alle spalle, tremanti, e si fermarono sulla stoffa della camicia stringendola fino a farci affondare le dita sottili, mentre già lei si muoveva scivolando dalle sue ginocchia per scendere a terra.
- Madre … - la udì mormorare e d’un tratto André si sentì smarrito e colpevole, con la mente svuotata di qualunque pensiero che non fosse rivolto a lei, a Oscar, e a come metterla al riparo da qualunque avvenimento fosse accaduto a partire da quell’istante.
Andrè non poté volgersi immediatamente verso il passaggio che conduceva all’atrio, al quale dalla propria posizione dava le spalle, e verso il quale Oscar teneva fermo lo sguardo, e così rimase a seguire i movimenti di lei che si sollevò, mettendosi in piedi, mentre il cuore sembrava fermarsi e il respiro bloccarsi in gola. La vide inspirare a fondo, levando lo sguardo alla madre, lentamente, come preparandosi a rendere conto di ciò che la donna aveva certamente visto varcando la soglia della cucina. Scorse nei suoi movimenti una strana pesantezza, in principio, che lentamente parve sciogliersi in una pacatezza più morbida e rassegnata.
Allora, a sua volta riuscì a levarsi dalla seduta, accostando la sedia al tavolo, e si fece vicino ad Oscar, restando ad un passo da lei, leggermente arretrato. La osservò ancora, riscoprendone l’immobilità che ora sapeva di fermezza, ne colse la leggera tensione, e poi ne carezzò lo sguardo incredibilmente sereno, e finalmente riuscì a superare il limite che ancora gli aveva impedito di muovere da lei lo sguardo.
Ferma, accanto alla credenza, con una lunga gonna celeste che sfiorava i cocci di quella che era stata una brocca per l’acqua, e uno scialle del colore della notte, pennellato dai riflessi dorati e cangianti della luce tremula del doppiere, Madame Marguerite si teneva stretta una mano sul petto, a chiudere i lembi dalle lunghe frange per mantenere le spalle coperte, mentre la destra era ancora adagiata sul ripiano, così come tutto l’avambraccio sul quale era poggiata, quasi a sostenersi per non scivolare a terra. Non osò quasi sollevare lo sguardo al suo volto, ma avvertì la necessità di scorgerne l’espressione, cercando sgomento, o forse disprezzo … monito, condanna.
Rimase invece senza fiato nel riconoscere sul viso delicato, segnato dalla stanchezza e forse dalla preoccupazione, un’espressione che gli parve visibilmente smarrita, e che tuttavia rimaneva comunque apparentemente distesa, quasi serena.
- Madame, vi prego, io … - le parole vennero rapide, spontanee, nel tentativo di sollevare Oscar da qualunque critica  – … ecco, permettete che vi aiuti … - aggiunse poi, raggiungendola a passi rapidi, per sorreggerla, sostenendole il braccio e aiutandola a sollevarsi dalla credenza.
Riuscì appena a scorgere il suo rapido gesto di assenso, la mano mossa elegantemente per  posarsi sulla sua, laddove l’aveva sorretta stringendo un poco il braccio, e venne colpito da quell’espressione gentile, dallo sguardo limpido che si sentì addosso, solo per un istante, come una carezza di madre, prima che Madame tornasse alla propria figlia.
- Oscar, tuo padre mi ha raggiunta alla reggia e ha fatto in modo che ottenessi un congedo per rientrare immediatamente a palazzo. – armonia delicata e calda, la voce di Madame fu come un soffio leggero nel silenzio teso della grande cucina – Ho visto un bagliore provenire da qui … credevo che Marie potesse aiutarmi a ritirarmi per la notte, ma posso attendere, Anne[i], che è rientrata con me e giungerà certamente a breve dal ricovero delle carrozze ... –
André allentò un poco la presa sul braccio di Madame Marguerite, accertandosi che lei si fosse completamente ripresa, e vide Oscar ancora ferma e vigile, ma come rapita dalle parole della madre, che pareva evitare accuratamente ogni riferimento a quanto scorto poco prima.
- Mio padre è alla reggia, quindi? – chiese Oscar in tono allarmato facendosi più vicina.
– Sì, Oscar, e mi è parso particolarmente teso … turbato, come forse non l’avevo mai visto, e soprattutto, preoccupato che potesse accadermi qualcosa. – puntualizzò Madame Marguerite, chiudendo le mani una nell’altra, davanti al seno, lasciando così il sostegno di André e ringraziandolo dell’aiuto con un leggero cenno del capo.
André si allontanò di un passo, il capo chino e lo sguardo a terra, mentre cercava di sistemare la propria camicia riunendone i lembi dello scollo e chiudendola sul petto legando rapido lo jabot sotto la gola.
- Oscar, figlia mia … - riprese Madame, cambiando tono di voce e facendosi particolarmente dolce - … ho bisogno di parlarti. –
A quelle parole Oscar si volse d’istinto a lui, intrecciando lo sguardo con il suo, per un solo istante, intenso e vibrante, prima di tornare a Madame – Madre, io posso ascoltarvi anche ora … non c’è niente che mi riguardi che … André non possa sapere. –
Madame annuì, lo sguardo sempre caldo, rivolto alla figlia, e le labbra tese, in una espressione difficile da leggere – Capisco … Ma ti prego, ora precedimi nel mio appartamento. – ribadì.
Oscar aggrottò la fronte, forse spiazzata, cercando ancora il conforto dello sguardo di André; le rispose, un cenno appena, per infonderle fiducia e regalarle un ultimo sorriso di assenso, prima di arretrare per lasciarla passare. Gli giunse chiaro il suo sguardo smarrito e non poté che accogliere quell’ultimo saluto, quello sfiorargli appena la manica con la punta delle dita, nascosto agli occhi della madre dalla sua stessa figura, con cui Oscar lo cercò prima di dirigersi verso l’atrio, scomparendo nel buio del vestibolo e poi dissipando i propri passi sulla grande scala. André ne seguì l’immagine anche nel buio, rincorrendone l’eco fin nel silenzio, e poi si riscosse, tornando a volgersi alla cucina.
 
Aveva creduto che Madame avrebbe seguito Oscar, per raggiungerla al più presto e parlarle. Invece dovette ricredersi, quando, abbracciando con lo sguardo la cucina, si accorse che Madame Marguerite era invece rimasta in quello stesso ambiente, muovendosi solo un poco, per raggiungere il tavolo, e, dandogli le spalle, pareva assorta nell’osservare il piano di legno.
La osservò in silenzio, con sguardi bassi, timidi e colpevoli, stringendo le labbra tra i denti e nascondendo le dita tra la stoffa morbida delle maniche, che in un soffio leggero ricadeva oltre il polso, fin sul dorso delle mani. Chiuse gli occhi, in una attesa difficile, mentre la mente volava, cancellando giorni, mesi, lezioni e duelli, e lui si ritrovava bambino, nascosto in quella stessa cucina, appostato dietro lo stipite della porta, con le manine un poco impolverate dalla calce del muro e il naso schiacciato addosso al legno, intento a scrutare quella madre elegante e silenziosa, così diversa da quella che a mala pena ricordava di aver avuto, ma affascinato dai suoi modi gentili e dalle movenze eleganti. Ne ricordava il viso delicato, liscio di belletto, e quel sorriso trasparente, che ancora non era stato oscurato dalle pieghe del tempo e delle preoccupazioni; ne conosceva il profumo lieve, di fiori preziosi di primavera, che aveva rincorso nell’atrio dopo il suo passaggio. Ne era rimasto affascinato e sorpreso, per quelle mani delicate, dove né l’acqua né il lavoro, erano giunti a lasciare il proprio segno; ne aveva memorizzato il tono della voce, cercando in essa il riflesso lontano di una madre che lo aveva lasciato, ma che nei suoi sogni, nelle notti più buie e solitarie, a volte tornava e sovrapponeva la propria immagine, come un angelo evanescente, a quello dell’unica donna che, pur nel suo silenzio, mai gli si mostrava ostile.
Si accorse, in quegli attimi, di aver cercato in quella donna il ricordo della propria madre, plasmando la memoria con la realtà, e rubando, per così dire, il desiderio di una carezza e di un sorriso che mai più avrebbe potuto ricevere. Con il trascorrere del tempo, si era un poco consolato nel comprendere come la stessa Oscar dovesse fare a meno di quella dolcezza che tanto gli mancava, e che forse lei non aveva nemmeno davvero conosciuto … e così aveva risolto che quella dovesse essere la normalità, per ogni ragazzo che crescendo nel corpo e nello spirito, lascia abiti e abitudini per vestirsi di nuove consuetudini.
Eppure, quel suo modo di mostrarsi e di essere, continuava a portargli luce, anche nella notte della solitudine, e soffio fresco, nell’oppressione dell’incertezza.
Comprese allora di non avere scelta, perché qualunque fosse stato il suo pensiero in proposito, era convinto di doverle una spiegazione sincera, non per giustificarsi, ma perché potesse, se non comprendere, almeno conoscere la verità.
- Madame, vi prego di ascoltarmi … - la voce, un poco incerta, violò il silenzio - … io sento il bisogno di spiegarvi … -
Madame sollevò il capo, si volse a lui e lo osservò un poco, il volto disteso e le labbra ancora serrate; quello sguardo di ambra, trasparente e caldo, gli sorrise mentre la mano si sollevava e lo raggiungeva, posandosi sul suo braccio e infondendo attraverso la stoffa il proprio tocco.
- Figliolo, - lo chiamò con gentilezza, e quel semplice appello giunse al suo cuore come una carezza – … lascia che sia io a parlarti, invece. – un sorriso, leggero come il suo profumo, e poi una carezza, fresca e delicata, sulla guancia e poi sul cuore, dove la mano scese e rimase, mentre gli occhi appena definiti dalla piega di una dolce tristezza, lo osservavano caldi – Io ho messo al mondo mia figlia, e suo padre l’ha educata secondo i suoi principi, ma chi le ha permesso di crescere, fino a divenire ciò che è oggi, sei stato tu. Ho avuto modo di osservarla per lungo tempo … nel silenzio che mi è stato imposto, ed ho visto come è cambiata dal giorno del tuo arrivo in questo palazzo. –
In un attimo di silenzio, Madame portò lo sguardo a terra, fino al disordine di quei cocci ancora sparsi, e poi chiuse gli occhi, nascondendo i propri ricordi e la stretta alla gola che le tolsero le parole, prima di trovare di nuovo il modo di esprimere le proprie emozioni. – Tu sei stato una benedizione, André … lo sei stato dal primo giorno, e lo sei ancora, ne sono convinta; non c’è niente che possa convincermi di essere nel torto. –
André vacillò sotto lo sguardo lucido che tornò a cercarlo e nell’udire quelle parole, dense di significato, di tenerezza, di amore materno …
- Ricordo come fosse oggi il ragazzino magro e impaurito che varcò la soglia del palazzo, stringendo tra le braccia una piccola sacca scura, come se contenesse tutto il suo mondo. Ho ancora un’immagine limpida dell’espressione smarrita e poi sorpresa, mentre osservava la volta dell’atrio, con le figure che la popolavano, e il suo lampadario, lasciandosi rapire dal baluginio dei cristalli … - la voce di Madame tremò un istante, nel proseguire sul filo dei ricordi - … e nel cuore mi è rimasto il suo sguardo di smeraldo, profondo e sincero, che sotto la frangia scura si era spalancato al giungere di Oscar, come se ne fosse stato rapito … -
André si commosse, nel cogliere l’emozione con la quale Madame ricordava il giorno del suo arrivo a Palazzo Jarjayes, ritrovando vivo, dentro di sé, quello stesso bambino che, fin dal primo momento, si era sentito incredibilmente attratto dal ragazzino biondo dai lineamenti d’angelo.
- Madame, io non so davvero … - cercò di intromettersi, ma Madame riprese a parlare, liberando nuove emozioni.
- Senza di te, mia figlia probabilmente non sarebbe nemmeno giunta viva a questa notte. – lo sguardo ancora stretto tra le ciglia, lucido e tremante, fino a lasciare che una lacrima violasse il volto teso – Se non fossi stato nella sua vita, così come sei, con tutto ciò che rappresenti, lei … lei … -
Colpito da quelle parole, André avvertì ancor più forte la necessità di intervenire, perché Madame conoscesse davvero la verità – Madame, vi prego di credermi: io … io amo vostra figlia più della mia stessa vita … ma non ho mai pensato di poterle rivelare i miei sentimenti; tuttavia, dopo quella notte … molti avvenimenti sono accaduti e comunque … io non avrei mai osato di … - eppure non seppe continuare, non riuscì ad andare oltre, quando gli occhi della donna tornarono ai suoi.
- André … André … tu non devi darmi alcuna spiegazione, davvero. Io ho solo la certezza che lei, senza di te, non si sarebbe tirata indietro, quella notte, e … e … -
Un fremito spezzò la voce di Madame, mentre la mano correva a coprire la fronte, china sotto il peso di pensieri cupi.
André si fece coraggio, intuendo che la donna sapesse molto di quanto accaduto -  Madame, vi prego … voi sapete chi abbia deciso che dovesse essere Oscar a partecipare a quel ballo? Voi conoscete il motivo per il quale tutto questo è stato fatto? –
Madame liberò la fronte, osservò André per qualche istante e scosse il capo – No … purtroppo no … Mio marito ripeteva solo che era per il bene della Francia, per la Casa Reale … -
André non si diede per vinto, forte della necessità di comprendere, per proteggere Oscar – Madame, perdonatemi, io posso pensare che qualcuno consideri il Conte di Fersen un personaggio scomodo per la Corona … perché … perché costituisce una distrazione per la nostra Regina … anche se non riesco a immaginare chi possa giungere a volerlo uccidere, ma … ma Oscar? Perché anche lei? -
- André, devi credermi: - riprese allora Madame - mio marito non immaginava che si potesse giungere a tanto … lui è stato coinvolto perché Oscar era ritenuta l’unica adatta a distogliere il Conte dalla Regina. Per lei sarebbe stata un’opportunità … - un sorriso triste velò il volto di Madame - … o almeno questo era quello che Augustin credeva.-
- Io sono convinto della assoluta buona fede del Generale. - affermò deciso - Tuttavia, ancora non capisco chi ci sia dietro a tutto questo, chi possa averlo … -
- … Ingannato? – concluse Madame.
- Esatto. – confermò André, e d’istinto si mosse, mentre sotto i suoi passi nervosi i frammenti dispersi scricchiolavano di un lamento stridente, allontanandosi fino a raggiungere la credenza, posandovi i palmi delle mani e restando a riflettere, con la schiena tesa e il capo chino. Una schiera di volti, uniformi, titoli e blasoni passarono in rassegna davanti al suo sguardo, nel rincorrere disperatamente una intuizione.
- Probabilmente l’obbiettivo non era ingannare mio marito, ma forse, chi lo ha fatto, ha voluto semplicemente usarlo per giungere a Oscar … - ipotizzò allora Madame Marguerite.
André, colpito da quelle parole, rimase in attesa, silenzioso, a riflettere ancora, prima di tornare a rivolgersi alla donna – Credo che abbiate ragione, Madame, … ma cosa lega il Conte di Fersen, Oscar e ora … anche voi? -
 
[i] Ipotizzo che la cameriera personale di Madame Marguerite si chiami Anne … non le faccio aggiungere ulteriori spiegazioni, dando per scontato che i nostri sappiano di chi stia parlando.

Angolo dell'autrice: eccomi puntuale con qualche chiarimento e qualche nuovo dubbio, lasciando a voi il compito di tirare le somme.
Le vacanze si avvicinano... almeno le mie: non posso garantire di essere puntualissima... ma farò del mio meglio perchè le pubblicazioni restino settimanali, sempre sperando che la connessione e il mio pc resistano al caldo e allo spirito vacanziero.
Colgo l'occasione per ringraziare di cuore tutte le amiche che passano di qua... coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono, recensiscono e indagano lasciandomi segno del loro affetto! Un abbraccio a tutte! A presto!

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Capitolo 33
*** Un nuovo giorno ***


Un nuovo giorno
 
Per l’ennesima volta, in quella notte infinita, si rigirò nel letto, cercando una soluzione al tormento che, in un dormiveglia fatto di incubi e immagini cupe, l’aveva condotto attraverso il buio dei propri timori. Socchiuse gli occhi nella camera popolata delle ombre che il cielo notturno adagiava come un telo scuro lungo le pareti spoglie, cercando di leggere nelle forme immobili e famigliari almeno un minimo riflesso del giorno nascente.
Scosse il capo, portando sconsolato i palmi sul volto.
Aveva raggiunto la camera poco dopo che Madame aveva lasciato la cucina, portando dentro di sé il sapore amaro del dubbio ormai concreto che una minaccia silente potesse ancora gravare su Oscar, misto alla dolcezza delle parole che la donna gli aveva riservato. Aveva cercato conforto nell’acqua fresca della toeletta, portandosela più volte al viso, e poi passando le mani umide tra i capelli, districando le ciocche e i pensieri in gesti nervosi, e infine si era abbandonato sul letto, con i vestiti addosso, auspicando il sollievo di un sonno che non era mai davvero giunto con il suo abbraccio consolatore.
Si levò a sedere, le membra indolenzite e la camicia sgualcita aperta sul petto, stringendo le dita al bordo del materasso, indugiando un poco sul da farsi; ma poi mosse i piedi, cercando gli stivali abbandonati a terra, si piegò per afferrarli e li infilò rapido, per alzarsi dal letto e raggiungere la porta, diretto all’unico angolo del palazzo in cui avrebbe potuto scaricare un poco di tensione.
Non si curò di portare con sé nemmeno un lume, certo di potersi muovere senza problemi nelle viscere del palazzo, e così percorse il corridoio lasciandosi guidare dal semplice contatto con il muro, sfilando lungo il vestibolo e raggiungendo l’atrio principale, con lo sguardo sottile nello scrutare la penombra, e la mente vigile, attenta a qualsivoglia rumore.
Avanzò solo di un passo, nell’atrio, prima di arrestare il proprio incedere per schiacciarsi contro una parete, nel buio fitto del vestibolo, oltre la spalla della porta, messo in allerta da un mormorio lontano.
- Stai pronto: non appena avrò terminato di scrivere la lettera, voglio che tu parta per consegnarla a Vaillard. – la voce del Generale Jarjayes giunse assolutamente riconoscibile, ferma e perentoria, pur nel tono appena percettibile.
- Certo, Signor Generale. – la risposta, un poco più udibile, rivelò ad André la presenza di Jerome – Mi occupo della carrozza e preparo il mio cavallo. Sarò da voi al più presto.
André trattenne il fiato, nervoso.
Avrebbe desiderato parlarne a Oscar, darle conferma di quanto avevano ipotizzato … ma sapeva di non potersi azzardare a raggiungerla in camera nel cuore della notte, soprattutto dopo aver visto il Generale ancora sveglio e preso dalle sue macchinazioni. Esitò qualche istante, torturandosi le labbra, e poi scosse il capo, arreso all’impossibilità di agire immediatamente, ma determinato nella precisa volontà di comprendere cosa stesse accadendo.
 
Lasciata la scuderia con un considerevole anticipo rispetto al consueto, in sella a Cesar e Alexander si avviarono al passo verso il grande cancello al limite nordorientale del parco; dal momento in cui si erano incontrati per la colazione, si erano scambiati solo qualche sguardo nascosto e poche frasi di circostanza, celando dietro il velo della consapevolezza di non potersi parlare apertamente, un leggero imbarazzo.
Varcata la soglia del parco, aumentarono l’andatura, percorrendo veloci la via che ogni giorno li conduceva alla reggia e procedendo spediti fino a quando giunsero a costeggiare il canale; poco oltre, tra la strada e la riva, si insinuava un lembo del bois, che con la sua cortina di fusti fitti e sottili, separava la via per Versailles dal corso dell’acqua. Allora André vide Oscar voltarsi a cercarlo, tirando a sé le redini per rallentare Cesar, fino quasi a fermarlo, attendendo che lui la raggiungesse e potesse seguirlo; parve incerta e poi assorta nell’osservarlo, prima di scendere a terra, accompagnando il cavallo oltre la ripa scoscesa, fino a inoltrarsi tra i fusti, per approssimarsi all’argine del canale.
André la seguì silenzioso, per raggiungerla laddove aveva lasciato Cesar libero a brucare l’erba fresca della riva; sistemò Alexander e si dispose accanto a lei, che lo attendeva con lo sguardo basso sull’acqua limpida.
- Se ho imparato davvero a conoscerti … - esordì lei, lo sguardo sempre fisso sull’acqua - … hai qualcosa da dirmi. –
André chinò il capo, sorridendo tra sé, prima di risponderle – Hai ragione … ho qualcosa da dirti, qualcosa di cui non avrei potuto parlare questa mattina a Palazzo: questa notte ho visto rientrare tuo padre, molto tardi. –
Oscar si volse a lui di scatto, fissandolo in attesa che proseguisse.
- Era con Jerome … e gli dava indicazioni per consegnare una lettera a un tale Monsieur Vaillard. Ti dice nulla questo nome? –
Lei annuì tendendo le labbra, facendosi più vicina – E’ un uomo che frequenta l’entourage di mio padre, una sorta di corriere, al quale si rivolge per la trasmissione di comunicazioni, lettere, dispacci … -
- Capisco … quindi non possiamo dedurre nulla in merito al destinatario finale di quella missiva. – concluse sbuffando.
- Già … a meno che non riusciamo a contattare qualcuno a lui vicino, che possa aver colto qualche dettaglio. – ipotizzò Oscar.
André scosse il capo – Probabilmente Vaillard è già partito, attento a non disperdere informazioni importanti. –
Oscar annuì lentamente e André la seguì con lo sguardo, mentre lei gli si avvicinava ancora, fino a farsi così prossima da poterlo raggiungere sollevando un braccio.
- Hai l’aria stanca … - sussurrò lei, portando un palmo al suo viso, lasciando una carezza leggera con il pollice nel solco che segnava la guancia al di sotto dell’occhio.
- Per la verità, non ho riposato molto … - ammise André accennando un sorriso – … ma ho avuto nottate peggiori di questa. –
Oscar sgranò gli occhi.
– Davvero? – chiese lei un poco sorpresa, e lui non poté che annuire.
- Sai … ai balli a corte non mi diverto gran ché, ultimamente … - cercò di sdrammatizzare, ma si accorse di come lei si fosse adombrata.
- Mi dispiace così tanto … - mormorò – Davvero, André, io … -
- Oscar … - la chiamò allora André stringendo le dita attorno al polso sottile di lei, e attendendo che il suo sguardo gli si mostrasse – Ti ho già detto cosa ne penso: passa oltre … ti prego, come l’acqua limpida di questo canale, che scorre decisa aggirando ostacoli e superando anse e strettoie … - attese la sua reazione, quel tendersi appena percettibile delle labbra e lo sguardo più morbido e sottile posato su di sé - … Non fermarti … -
Il braccio teso si fece rilassato, morbido sotto la sua presa, e lei si avvicinò, fino a piegare il gomito, portando il proprio braccio sulla schiena e lasciando che lui, seguendone il gesto, la cingesse nel proprio abbraccio. La poté così osservare, vicinissima al proprio viso, intenta a scrutarlo, accarezzandolo con uno sguardo attento e curioso, quasi volesse cogliere, sotto la luce vivace del primo mattino, ogni minimo dettaglio. Assaporò il gusto dolce di quel lasciarsi osservare, scoprire e gustare, rimanendo impassibile e cercando di celare quel sorriso che premeva per affiorare. Ne avvertì il peso leggero e sensuale sul petto, quel contatto che aveva già conosciuto e che ancora gli legava le viscere in un rinnovato piacere.
- Lo sai cosa dicono di te a Versailles? – gli chiese a bruciapelo ad un soffio dalle sue labbra, con gli occhi socchiusi e un’espressione imperscrutabile.
André si ritrasse sorpreso, lasciando la presa sulla sua schiena e permettendole di allontanarsi appena un poco..
- Cosa … di cosa parli? – le domandò a sua volta, disorientato, mentre lei, scuotendo un poco il capo, raggiungeva a grandi passi Cesar e ne afferrava le redini, prendendo a inoltrarsi tra gli alberi, sollevando poi le spalle in una sorta di risolino soffocato.
André si affrettò a raggiungere Alexander, montando in sella e recuperando il terreno perso, fino a fermarsi accanto a Cesar, al limitare della macchia, dove la costa erbosa risaliva verso la strada – Non credevo che ti interessassi ai pettegolezzi di Versailles … -
Oscar superò la ripa, montò in sella e si volse ad attenderlo.
- Il fatto che io non vi partecipi, non significa che non li senta … - precisò allora lei, con aria sibillina, lasciandolo perplesso e spronando Cesar al passo.
- Allora, cosa dicono di me? – chiese quindi incuriosito, mentre già lei si allontanava.
Lei lo cercò ancora, sorridente e misteriosa, e lo scrutò qualche istante, scorrendo con lo sguardo dal suo volto fino alla punta dei suoi stivali scuri, per poi risalire lentamente al viso, prima di sorprenderlo di nuovo – Beh … Credo che sia il caso che tu non lo sappia. –
 
Varcando la soglia dello studio del primo livello, dopo che un soldato appostato davanti ai battenti gli aveva fatto cenno di non accomodarsi in attesa informandolo che era atteso dal Comandante Jarjayes, André venne immediatamente accolto da Oscar con una espressione sollevata.
- André! Finalmente ci hai raggiunto … abbiamo bisogno di te per poter fare il punto della situazione … -
André si fece vicino, salutando i due ospiti con un educato cenno del capo, chinandosi appena, e scorgendo il Tenente Girodel e il Conte di Fersen, seduti di fronte alla scrivania che occupava Oscar, ricevette il saluto silenzioso e un poco teso di entrambi. Osservò come non vi fossero altri soldati di guardia in ufficio e comprese che probabilmente la discussione avesse toccato gli argomenti sensibili e delicati che in poche settimane, avevano sconvolto completamente la vita di Oscar e la sua.
- Vieni, André, - lo chiamò Oscar indicandogli una sedia già sistemata accanto alla propria – c’è posto anche per te … -
Rimase per un istante spiazzato, consapevole del fatto che solitamente, nell’ufficio di Oscar, si limitasse ad assisterla rimanendo in piedi, o al più l’attendesse occupando una delle sedie sistemate accanto all’ingresso dello studio, in posizione defilata, senza mai prendere parte direttamente ai colloqui ufficiali. Osservò la sua mano affusolata poggiata allo schienale imbottito, riavendosi nel tornare ad udire la sua voce.
- Il Tenente Girodel ha confermato che mio padre ha raggiunto la Reggia, ieri sera, anche se non ci è chiara la ragione per cui l’abbia fatto. -
André sedette accanto ad Oscar, ascoltando il suo racconto e volgendosi al Tenente in cerca di conferma, mentre Oscar lo invitava direttamente a raccontare, chiamandolo in causa.
- Girodel, potete ripeterci cosa avete visto, esattamente? –
Il Tenente annuì serio, prima di rivolgersi direttamente ad André raccontando quello che, probabilmente, aveva già spiegato a Oscar e al Conte di Fersen.
- Il Generale è giunto alla reggia a tarda ora. Ha lasciato la carrozza nella cour, come se dovesse fermarsi a Versailles solo per poco tempo, e si è diretto rapidamente verso l’ingresso settentrionale, accompagnato solo dal suo attendente. – Girodel fermò il racconto, come riflettendo un istante sui fatti, portando una mano al mento, mostrandosi pensieroso; poi riprese – L’ho visto fermarsi a discutere con un uomo corpulento, in abiti borghesi scuri come la notte, che portava un cappello sul capo e teneva stretto con la mano sinistra una sorta di bastone da passeggio. Così mi sono immediatamente avvicinato, nella speranza di cogliere l’argomento di conversazione … Purtroppo, al mio sopraggiungere, il Generale si è affrettato a congedarsi, allontanandosi immediatamente, mentre anche l’uomo con il quale si era intrattenuto si è ritirato nei corridoi di servizio. –
André non riuscì a trattenere un sospiro deluso, scuotendo un poco il capo e socchiudendo gli occhi.
- Aspetta, André. – lo riprese prontamente Oscar – Nonostante tutto, un dettaglio da cui ripartire, lo abbiamo. –
Il Tenente annuì appena – Esatto. Sebbene al mio arrivo il Generale si sia affrettato a congedarsi, mentre mi avvicinavo a loro, ho potuto udire le ultime battute del loro scambio. –
- Quindi?- chiese André speranzoso.
- Credo che il Generale abbia chiesto all’uomo Dove? Dove? mentre, con fare concitato, lo afferrava per i gomiti, scuotendolo energicamente; quello, per niente intimidito, si è divincolato dalla sua presa rispondendo in malo modo, intimandogli di mantenere la calma e poi … poi ha mormorato qualche parola a mezza voce, tra le quali mi è stato possibile cogliere solo un nome … - il Tenente attese un istante, mentre André tratteneva il fiato, nell’urgenza di conoscere quell’importante dettaglio – … Madame Challant. –
Per qualche istante, regnò il silenzio, mentre il Tenente, interrotto il suo racconto, si volgeva al Conte e Oscar serrava le labbra, puntando lo sguardo e i suoi dubbi, sul volto di André.
André aggrottò la fronte, pensieroso, mentre il Conte di Fersen si schiariva la voce.
- Per quanto ne so, ieri sera, nel Grand Appartement, si è esibita una soprano italiana di grande talento, Amandine Challant … Il Sovrano in persona ha assistito, con tutta la sua cerchia più stretta, a questa esibizione. – spiegò il Conte – Probabilmente, tra i presenti qualcuno potrebbe aiutarci e aver forse notato il sopraggiungere del Generale o il fatto che abbia potuto conferire con qualcuno … probabilmente proprio con la stessa Madame Challant a cui accennava il Tenente. -
- Comandante … - si intromise il Tenente Girodel rivolto a Oscar – permettetemi di occuparmi di questo chiarimento … Se siete d’accordo, andrei immediatamente a porre alcune domande ad una persona che non credo abbia ragione di mentire … -
Oscar assottigliò lo sguardo cercando André e una sua conferma, mentre il Tenente, prontamente, precisava – Gradirei se André potesse presenziare a questo colloquio. –
 
 
Angolo dell'autrice: finalmente dal mare...  Il mio segreto sfida la connessione ballerina e torna puntuale con il suo aggiornamento del lunedì e tanti spunti che spero vi daranno materiale per riflettere. Un abbraccio grande a tutte coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono e lasciano il loro pensiero facendomi giungere il loro calore! Un bacione e a presto!

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Capitolo 34
*** Canto d'usignolo ***


Canto d’usignolo
 
- Madame Challant[i], sappiamo che, nella serata di ieri, voi vi siete esibita nell’Appartamento Reale, al cospetto di una cerchia ristretta vicina al nostro sovrano … -
André non si sorprese della schiettezza con la quale il Tenente Girodel si era rivolto alla soprano e, anzi, gli fu grato per l’asciutta determinazione con la quale aveva deciso di affrontare la questione, evitando quel sovraccarico di convenevoli e cortesie che, normalmente, avrebbero appesantito qualunque primo incontro tra perfetti sconosciuti fosse avvenuto alla reggia.
Dopo aver lasciato l’ufficio di Comandante della Guardia Reale di Oscar, infatti, Girodel lo aveva condotto con sé fino agli appartamenti dell’ultimo livello, dove presumeva avesse trovato alloggio l’ospite della corte, e lì, sfruttando abilmente la libertà di manovra che la propria uniforme gli permetteva, aveva rapidamente individuato le stanze che alla soprano erano state assegnate.  Senza perdere tempo, si era fatto annunciare alla donna, chiarendo il proprio grado e la propria posizione di ufficiale della Guardia Reale, nonché il fatto che avesse urgente necessità di porle alcune domande legate ad una questione strettamente riservata e particolarmente delicata.
Restando alle spalle del Tenente Girodel, Andrè aveva scrutato curioso l’ambiente in cui si era trovato, un salotto dal soffitto piuttosto basso, bianco e liscio di stucco, che attraverso una curva morbida si congiungeva alle pareti rivestite in eleganti e candide boiseries dai profili dorati. L’arredamento costituito da pochi elementi essenziali, ma di gusto raffinato, come gli imbottiti dai colori pastello, una libreria, una consolle e addirittura una piccola voliera sistemata in un angolo della salotto, esprimeva con sobrietà il fatto che l’alloggio fosse di quelli destinati ad accogliere ospiti di passaggio alla reggia, che non vi si fermavano il tempo sufficiente a caratterizzare ulteriormente il proprio ambiente secondo la preferenza personale. Tuttavia, numerosi plichi di carta, alcuni avvolti accuratamente su se stessi e fermati da un nastro, altri semplicemente sovrapposti in fascicoli disordinati, si trovavano u po’ ovunque, occupando quasi interamente il divano, le poltrone e le superfici d’appoggio dell’arredo del salotto; incuriosito, André si era avvicinato ad una poltrona e aveva dispiegato uno degli involti, riconoscendo in quei fogli della carta da musica e le partiture che, con ogni probabilità, la soprano utilizzava per esercitarsi nel canto.
Così, dopo averla attesa per un tempo che ad André era parso considerevole, ma che, doveva ammetterlo, era decisamente inferiore a quello che solitamente era reputato il minimo indispensabile perché una dama della corte di Versailles potesse rendersi presentabile a due visitatori, avevano finalmente incontrato Madame Challant, scoprendo una donna di media altezza, dal fisico minuto e dai lineamenti asciutti, i cui occhi nocciola dal taglio deciso avevano immediatamente rivelato la stessa indole schietta che le parole non poterono che confermare.
- Venite pure al dunque, Tenente: cosa volete sapere, esattamente, da me? - chiese Madame Amandine senza nemmeno attendere che il Tenente esprimesse la sua domanda, portando poi alle labbra la tazzina di porcellana decorata; prese un sorso di tè, come se la loro presenza non turbasse minimamente l’ordine della sua quiete perfetta, e congedò con un cenno la giovane cameriera che glielo aveva servito.
André trattenne tra le labbra un sorriso: Madame Amandine, aveva sollevato un sopracciglio ed era rimasta a scrutare Girodel riuscendo a ribaltare, quasi, i ruoli. Vide il Tenente riflettere, serrare le labbra e poi annuire appena, cercando con lo sguardo il suo consenso. André intensificò il suo sguardo, in uno scambio rapido di fiducia, e Girodel raddrizzò la schiena, riformulando la questione.
- Madame, nella serata di ieri, avete avuto modo di incontrare il Generale Jarjayes? – chiese diretto.
La tazzina urtò il piattino di porcellana in un cozzare secco rimanendo sospesa davanti alla scollatura un poco asciutta, mentre la donna aggrottava la fronte probabilmente sorpresa dalla richiesta estremamente precisa che le era stata rivolta. Con il naso sottile sollevato al soffitto bianco, e le ciocche disciplinate a incorniciare il viso magro, Madame parve vagare per qualche istante tra i ricami dorati delle delicate boiseries, in cerca di un ricordo preciso.
– Jarjayes … - ripeté la donna scandendo lentamente le sillabe con una lieve inflessione che tradiva appena le sue origini - … credo di aver udito questo nome … anzi, sono certa che mi sia stato raccontato di un Ufficiale di Sua Maestà che appartenga a questo casato … - poi si mosse, raggiungendo una consolle e depositandovi la tazzina tornò a volgersi al Tenente, cercandone lo sguardo, gli occhi nocciola stretti in due fessure – … e che si trattasse di un ufficiale, per così dire, particolare … -
Girodel scosse il capo, avvicinandosi di un passo alla donna, che rimase impassibile, muovendo appena un sopracciglio e seguendo il Tenente con attenzione.
– Quello di cui fate menzione è il Comandante della Guardia Reale, Oscar François de Jarjayes, mio superiore; il Generale di cui vi chiedo, invece, è Augustin Reinyer de Jarjayes, padre del Comandante della Guardia Reale, che abbiamo ragione di credere vi abbia cercata o, in qualche modo, abbia avuto modo di raggiungervi, perché a lui è stato fatto espressamente il vostro nome, prima che scomparisse nei meandri della reggia. –
Il sopracciglio di Madame si sollevò ulteriormente, mentre le labbra sottili si piegavano in una sorta di sorriso – Tenente, io mi esibisco da mesi nelle corti di mezza Europa … e se ancora vengo invitata a farlo, è anche perché ho imparato a muovermi al di sopra delle trame e degli intrighi dei palazzi che ho conosciuto, concentrandomi sulla mia voce, sulle arie, sulla musica … -
André comprese immediatamente il forzato riserbo dietro al quale la soprano si era trincerata; dalla posizione defilata in cui era rimasto dal momento dell’arrivo nell’appartamento, aveva osservato Madame Challant, le sue espressioni tese e i suoi gesti controllati, leggendone la palese diffidenza e riuscendo a comprenderne le motivazioni. Tuttavia, spinto dalla propria personale preoccupazione per Oscar e per l’intricata questione sulla quale ora si rendeva necessario e impellente fare luce, si mosse incontro a lei, raggiungendo il Tenente Girodel e prendendo la parola.
– Madame, perdonatemi … - esordì, immediatamente scrutato dallo sguardo attento di Madame Challant - … nessuno ha intenzione di coinvolgere voi in qualsivoglia questione o intrigo con il quale, siamo certi, non avete legame di nessun tipo. –
Cercò di tranquillizzarla, scorgendo un riflesso rapido negli occhi attenti e un’espressione un poco severa, che lo zittì all’istante, mentre tazzina e piattino venivano depositati sulla consolle.
- E chi me lo assicura, questo? – intervenne, sorprendentemente pronta, la donna, passando lo stesso sguardo tagliente a Girodel – Io ho semplicemente ricevuto una vostra visita, per di più inattesa e non annunciata; mi avete chiesto se ho incontrato un certo Generale … e fatto intuire che si tratti di una questione delicata … Eppure, sono pronta a scommettere che la vostra sia tutto, tranne una visita ufficiale … -
Madame congiunse le mani davanti al petto drizzando la schiena e allontanandosi di qualche passo da Girodel; poi si volse alla elaborata voliera a cupola che si trovava in un angolo del salotto, facendo dondolare la lunga gonna in cui André scorse i toni dell’erba estiva, e rimase come assorta davanti all’usignolo che, silenzioso, pareva osservarla rapito; d’un tratto, si volse fissando lo sguardo su Girodel, che assottigliò lo sguardo, apparentemente indeciso sul da farsi.
André strinse i denti, percependo la tensione calata improvvisamente nell’ambiente e intuendo come il colloquio potesse concludersi prima ancora di aver rivelato alcunché di interessante; avvertendo una fastidiosa tensione salire e vibrare lungo la schiena e su, fino alla nuca, deglutì cercando di controllarsi, riordinando i propri pensieri per mettere chiarezza, senza violare il velo della riservatezza che, sapeva, era necessario rispettare.
- Madame, noi comprendiamo perfettamente i vostri dubbi; tuttavia, non vi stiamo chiedendo niente altro che il racconto di quanto avvenuto ieri sera, e non per mera curiosità, badate bene, o per interesse delle vostre questioni personali, o di altri. Sappiamo che conoscete le corti e che siete avvezza ai loro intrighi, e forse proprio per il vostro acume e la vostra lealtà potreste esserci di grande aiuto; in questo caso non si tratta di altro che di una questione di … ordine e sicurezza, al fine di prevenire disordini e incomprensioni … - vedendosi ascoltato dalla donna, Andrè azzardò un accenno di sorriso – Riponiamo la massima fiducia nella vostra capacità di osservazione … e nel vostro riserbo, ovviamente, ma per noi la priorità assoluta è la sicurezza di questa corte, e dello stesso Generale di cui vi è stato chiesto. –
Girodel annuì lento, alla volta di Madame Challant – André ha espresso perfettamente la nostra posizione, Madame: se avrete necessità di ulteriori conferme, potrete chiedere conto di questa visita direttamente al Comandante della Guardia Reale, Oscar François de Jarjayes. –
Madame chiuse gli occhi per un attimo, liberando un respiro teso – Sono spiacente, non conosco il Generale di cui mi avete chiesto. Mi trovo a Versailles da nemmeno due settimane, ma non ricordo che mi sia mai stato presentato, o anche solo nominato, quest’uomo. –
Girodel chinò il capo, probabilmente cercando si soffocare il moto di delusione che lo aveva colto; André lo vide stringere le dita sui palmi, appena nascoste dai polsini decorati della sua uniforme. Tuttavia, non si lasciò affliggere dalla stessa delusione, riflettendo invece sul significato preciso delle parole pronunciate da Madame Challant. Meno di due settimane, aveva detto la donna; quindi il suo arrivo era posteriore alla data del ballo a cui Oscar aveva partecipato, così come alla partenza del Generale Jarjayes, rientrato solo il giorno precedente.
- Permettetemi, allora un’ultima domanda, Madame Challant: nella serata di ieri, durante la vostra esibizione … o intrattenendovi con la corte dopo aver cantato, avete notato la presenza di un uomo che non avevate mai incontrato prima di allora? O forse è giunto in serata un ospite a voi sconosciuto? – chiese gentilmente.
Madame lo scrutò immobile e parve considerare attentamente le sue parole; tornò alla consolle, raccogliendo la tazzina e portandola alle labbra, soffiando delicatamente prima di prenderne un sorso. La fronte alta si aggrottò per qualche istante, mentre lo sguardo, perso a terra, parve rapito da un dettaglio mai scorto nella trama fitta dell’elaborato tappeto che copriva il parquet. La tazzina tornò sulla consolle e il volto della donna si mostrò ad André rivelando una assoluta concentrazione, una piega sottile a ravvicinare le sopracciglio e le labbra appena arricciate, prima che la voce della soprano tornò a farsi udire.
- Un’alma innamorata[ii] … - mormorò appena, con lo sguardo perso oltre le spalle di Girodel.
- Cosa? … - chiese André incuriosito dalle parole della donna, che parve riaversi all’udire la sua voce.
- Un’alma innamorata: cantavo quest’aria, per la quale ho sempre necessità di concentrazione assoluta … - Madame Challant puntò lo sguardo su André e gli si rivolse direttamente - … ma ieri sera, lo ricordo bene … qualcosa mi ha distratta e, per un istante, ho tentennato. –
Lo sguardo si fece intenso in quello di André, prima di scivolare con un riflesso soddisfatto verso il volto di Girodel.
- Un uomo ha fatto il suo ingresso in sala, senza attendere che terminassi l’aria. -
Girodel sobbalzò quasi – Veramente? E cosa ricordate, di grazia, di quest’uomo? –
Madame Challant sorrise appena, mentre gli occhi brillavano di soddisfazione – Un uomo alto, magro, vestito di una elegante giacca scura … - lo sguardo si strinse, cercando di fissare un’immagine nel ricordo - … credo di un rosso intenso, e pantaloni neri, con una parrucca di ottima fattura sistemata sul capo: si è fatto vicino alla corte, che seguiva la mia esibizione, suscitando un poco di disordine … -
- Questo è molto importante, Madame! – intervenne André – Cosa altro ricordate? –
Madame Challant strinse le labbra mostrando un lieve disappunto – Non so esattamente con chi abbia avuto modo di conversare … Ricordo però bene che al termine dell’aria, Sua Maestà il Re ha lasciato la sala insieme a quell’uomo … e io ho dovuto proseguire la mia esibizione privata dell’onore di cantare al cospetto del Sovrano! –
 
Avevano ottenuto forse più di quanto avessero sperato, dal colloquio con Madame Challant: in primo luogo, la certezza che il Generale avesse raggiunto non la soprano, come era parso di intuire dalle parole carpite da Girodel, ma il luogo in cui la donna si era esibita, dove avrebbe potuto evidentemente incontrare il vero oggetto del suo interesse; quindi, la consapevolezza che il Generale avesse richiesto un colloquio urgente direttamente a Luigi Augusto e che, cosa ancor più sorprendente, lo avesse anche ottenuto immediatamente.
André strinse le dita al lucido corrimano dell’imponente scalone, assottigliando lo sguardo fisso sulla chioma fluente del Tenente, mentre, un passo indietro all’ufficiale, scendeva i gradini per rientrare presso l’ufficio di Oscar.
Ebbe consapevolezza del fatto che le motivazioni del Generale dovessero essere veramente importanti, per aver indotto Sua Maestà il Re a concedere un colloquio privato così, senza preavviso e a tarda ora, violando ogni regola e consuetudine esistente in materia di udienze … e non seppe placare il proprio turbamento nel cercare di immaginare come, queste gravi motivazioni, potessero legarsi alla trama ordita perché Oscar incontrasse il Conte di Fersen e alle sue preoccupazioni per Madame Marguerite.
Si riscosse quasi, bloccando i propri passi prima di finire contro le spalle di Girodel che, ormai giunto nel vestibolo antistante lo studio, si era fermato voltandosi a cercarlo. Lo sguardo grigio, intenso e rapido, accennò alla porta, mentre le labbra si muovevano, liberando parole appena udibili.
- Tu sai chi è stato, vero? – chiese il Tenente, un velo di preoccupazione a scurire lo sguardo.
André socchiuse gli occhi per un istante, intuendo immediatamente a cosa Girodel si riferisse, ma, esitando a rispondere, si limitò ad annuire.
- In tanti anni al suo fianco, non l’ho mai vista con il volto segnato in quel modo. – riprese il Tenente, controllando attorno a sé che non vi fossero presenze indiscrete e poi scuotendo il capo desolato – Ieri sera, non me ne ero reso conto … e poi, invece, questa mattina ho ricollegato tutto al rientro del … -
André annuì stringendo le labbra, rispondendo ai dubbi di Girodel.
– Ha rifiutato di usare il belletto: - spiegò con un sorriso amaro e un’eco di orgoglio nella voce – le ho suggerito di usarne un poco … e ho provato ad insistere, ma ha risposto di non avere niente da nascondere. –
Girodel parve voler rispondere a sua volta, ma non ne ebbe modo: un rumore improvviso in cui André riconobbe immediatamente un colpo di arma da fuoco, tuonò oltre le spesse mura della reggia, facendo sobbalzare il  Tenente.
 
[i] La figura di Amandine Challant è di pura fantasia, ma, come spesso accade nei miei racconti, ispirata a persone o riferimenti reali. Il nome Challant è preso in prestito da una nobile famiglia Valdostana legata ai Savoia e imparentata con i Marchesi del Monferrato; per modi e fattezze, invece, mi sono ispirata alla mia consulente musicale preferita, che ringrazio sentitamente e che mi auguro di aver interpretato decentemente. Grazie Pamina71!
[ii] Sempre su suggerimento di Pamina71, l’aria a cui si riferisce Madame Challant è questa https://www.youtube.com/watch?v=HhddG1X8a-A

Angolo dell'autrice: capitolo tutto dedicato all'indagine che ci porta dritti dritti nei meandri della reggia, con questo incontro un po' particolare. Un bacione a Pamina che ha partecipato alla creazione del personaggio come insostituibile consulente e alla quale è dedicata questa pagina della storia.
Un abbraccio a chi legge, segue, ricorda, preferisce e mi lascia un suo commento, e Buon ferragosto a tutte!

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Capitolo 35
*** Ad un passo soltanto ***


Ad un passo soltanto
 
Entrambi si volsero immediatamente verso la vicina cour de la Reine, seguendo l’istinto e l’eco di vetri infranti che avevano udito dopo lo sparo, nel tentativo di comprendere cosa fosse accaduto. Chinandosi appena di fronte alla grande vetrata, André cercò di spingere lo sguardo fin sulla copertura, dove una piccola nuvola di fumo, appena oltre la balaustra decorata, si stava dissolvendo nell’aria limpida della tarda mattinata. Muovendo lo sguardo tra le falde argentee e gli eleganti abbaini, riuscì ad intuire appena il movimento di una sagoma a scomparire lesta oltre la linea del colmo, svanendo senza dargli possibilità di cogliere alcun dettaglio.
Poco lontano, vide che il tenente Girodel si era sporto dalla finestra, volgendosi a controllare tutti i lati della cour, finestre e abbaini. Ritraendosi dall’apertura, Girodel gli rivolse uno sguardo preoccupato.
- Si tratta di una delle finestre dell’appartamento del Conte di Fersen … -
Girodel venne interrotto dal rumore improvviso dei battenti della porta dello studio del Comandante della Guardia Reale e dai passi irruenti che rimbombavano concitati sul pavimento. André la riconobbe immediatamente e si volse in direzione del trambusto proveniente dal fondo del vestibolo.
- André! – la udì chiamare con tono preoccupato raggiungendolo a grandi passi – E’ tutto a posto? Cosa è accaduto? -
- Oscar! - André si mosse, nell’urgenza di rassicurarla, andandole incontro, mentre già dalle stanze attigue iniziava a giungere un piccola folla di curiosi. Si fermò di fronte a lei, un passo soltanto a dividerlo dal suo corpo, quando già il braccio in uniforme scarlatta era levato e la mano tesa per raggiungerlo e posarsi sulla sua spalla.
- Tu stai bene? – gli chiese lei affondando nel suo sguardo e cercando di governare il proprio fiato scomposto dalla corsa e dalla preoccupazione, senza curarsi di altro, né di Girodel, né di coloro che si erano fermati all’ingresso del vestibolo, cercando di carpire qualche dettaglio utile a comprendere cosa stesse accadendo.
André le sorrise appena, annuendo per fugare ogni suo dubbio, ritraendosi un  poco per proteggerla dalla sua stessa palese inquietudine.
– Io e il tenente abbiamo udito lo sparo e abbiamo avuto modo di controllare … Proveniva dal tetto, là di fronte, – precisò, sollevando il braccio e indicando la copertura visibile sull’altro lato del piccolo cortile interno – e, con ogni probabilità, ha colpito una delle finestre dell’appartamento … - rimase in sospeso, abbassando la voce fino a ridurla ad un sussurro, prima di continuare - … del Conte di Fersen. –
La vide aggrottare la fronte scuotendo impercettibilmente il capo, per poi recuperare il controllo di sé.
– E’ necessario andare a controllare nell’appartamento … - dichiarò a voce ferma - … Girodel? –
La risposta del Tenente, pronto all’azione, fu immediata.
- Me ne occupo io, Comandante! – un cenno deciso in direzione di Oscar, un gesto del braccio a chiamare due soldati appostati di guardia al vestibolo, e già la giubba celeste svaniva oltre gli eleganti battenti laccati di bianco.
 
Evidentemente, si era trattato solo di una sorta di avvertimento: un colpo esploso per ricordare al Conte di Fersen che nemmeno la sua posizione era più completamente al sicuro.
Girodel aveva prontamente rilevato che i danni, in realtà, erano stati minimi, limitati ad una finestra andata a pezzi, facilmente sostituibile, ad un tavolino incidentato e a molto trambusto nel salotto del Conte. Grida di spavento, invocazioni e preghiere sparpagliate sul pavimento tra schegge di vetro e di legno, mentre le inservienti, chine a terra, raccoglievano a mani nude i frammenti di un gesto insano. Tuttavia, aveva sottolineato, erano state sufficienti poche domande poste alle giovani cameriere di servizio nell’appartamento per comprendere come i danni avrebbero potuto essere ben maggiori. Solo per un puro caso, avevano detto, il Conte non era a pranzo su quel tavolo … Ben presto riavute dallo spavento, tra occhiate allusive e risolini, le inservienti avevano rivelato al Tenente che quel giorno lo svedese era uscito presto per un incontro privato … ed era rientrato tardi, così anche il pranzo non era ancora stato approntato sul tavolo del salotto al momento dell’incidente. Poteva immaginarle … le giovani cameriere, le stesse che avevano ronzato attorno al Conte durante il colloquio della sera precedente, che con occhi lucidi e mani di velluto, avevano curato il suo aspetto rendendolo il più ambito degli uomini di Versailles … Certamente si erano segnate più e più volte, ringraziando il cielo per averlo preservato da quella sciagura.
André sorrise tra sé, avvicinandosi alla finestra e lasciando che lo sguardo vagasse distrattamente tra le macchie colorate del parco: a differenza delle cameriere, che di certo avevano immaginato ben altri appuntamenti più galanti, André sapeva bene quale fosse stato l’impegno che aveva allontanato il Conte dal suo appartamento: l’incontro nell’ufficio di Oscar, quello scambio di battute con Oscar stessa, e con Girodel, per fare il punto sulla notte appena trascorsa.
Tese le labbra dubbioso, poggiando i palmi sul davanzale freddo della finestra: il Generale aveva chiesto e ottenuto un colloquio con Sua Maestà il Re in persona … e nella stessa notte Madame Marguerite aveva fatto rientro in tutta fretta a Palazzo Jarjayes. Sebbene non potesse esserne certo, si augurava che i due fatti fossero legati uno all’altro e che l’argomento del colloquio con il Sovrano fosse stato proprio il congedo di Madame. Tuttavia, ancora non riusciva a spiegarsi il motivo per cui il Generale avesse ritenuto necessario intervenire immediatamente per allontanare la moglie dalla corte, né giungeva a comprendere quali altre questioni in sospeso avrebbero potuto costituire un pericolo per Oscar.
Scosse il capo, picchiando il pugno serrato sulla pietra fredda, in un gesto nervoso, augurandosi di riuscire a trovare un momento, magari dopo cena, per discutere con lei degli ultimi avvenimenti. Scrutò ancora oltre il vetro, scorgendo le ombre degli alberi lungo il viale sfilare nel riflesso rossastro che il tramonto dipingeva sul pietrisco.
Emise un profondo sospiro e poi lasciò la finestra, raggiungendo l’armadio e fermandosi a osservare le sue forme austere, come in una sorta di sfida, scrutando assorto legno di castagno scurito dal tempo, profumato di cera d’api e polvere. Mosse il braccio deciso, afferrando il pomolo brunito e un poco storto che, a metà altezza, sporgeva dall’antone per tirarlo a sé. Sollevò alcune camicie consumate, rovistò tra la tela scura e grezza delle sacche da viaggio … fino a trovare una piccola bisaccia di cuoio. La trasse dalla penombra dell’armadio, inspirandone il profumo denso del cuoio antico e stringendola tra le dita, mentre con il pollice scorreva lento il profilo consumato, seguendo il taglio sapiente fino alla fibbia che teneva chiusa la patta sulla borsa.
Affondò gli incisivi nel labbro inferiore e chiuse per un istante gli occhi, mentre un moto di rabbia saliva come un brivido lungo la schiena, fino a scuotere le sue spalle, e poi slacciò deciso la chiusura, in un tintinnare di metallo, affondando le dita all’interno della sacca.
 
- Entra pure, André! – la voce di Oscar, limpida anche da oltre i battenti gemelli, giunse immediata dopo che ebbe bussato, mentre ancora la mano era sospesa di fronte al pannello laccato.
Un sorriso nascosto illuminò il suo viso, sciogliendo un poco la tensione che avvertiva dentro di sé e che aveva reso anche i gesti più consueti difficili da compiere. Socchiuse gli occhi, mosse il battente varcando la soglia dell’appartamento di Oscar, e accostando il pannello dietro a sé, restò un istante fermo, esitante.
- Oscar? Ti ho portato il té, come hai chiesto … – spiegò, cercandola poi con lo sguardo e seguendo il suono calmo dei suoi passi lenti sul parquet.
- Ho temuto che tua nonna non ti avesse riferito il mio messaggio … - riprese lei raggiungendolo nel salotto e facendosi vicina con uno sguardo complice e trattenendo un sorriso, lasciando che il ricordo dei rimbrotti della sera precedente tornasse con tutta la sua insistenza - … ma evidentemente non ha avuto il coraggio di venire meno a una mia richiesta … -
André chinò il capo, nascondendo un insolito disagio dietro un sorriso – Già … lei in realtà non si darà mai pace: mantenere le distanze … Non so davvero come potrei svolgere i miei compiti di attendente rispettando il suo codice d’onore … -
Si avvicinò al tavolino del salotto, lasciandovi il vassoio con teiera e tazzina, per poi raddrizzarsi allontanandosi di un passo soltanto, mentre con la coda dell’occhio scrutava Oscar nel tentativo di comprendere i suoi pensieri.
Da sempre, dopo cena, si recava negli appartamenti di Oscar per portarle del té, per ascoltarla suonare o per condividere una bottiglia di vino … trascorrendo ore e ore insieme a discorrere, riflettere e confrontarsi, assaporando il gusto esclusivo di una confidenza in bilico sul filo del decoro, eppure consolidata come una consuetudine da tutti e, in qualche modo accettata, entro le mura del palazzo. Tuttavia, dopo gli avvenimenti recenti, André sapeva bene che sarebbe risultato sempre più difficile governare il proprio istinto, il desiderio che, come tortura segreta, rodeva il suo animo durante tutta la giornata trascorsa alla reggia, reclamando aria e fuoco quando, infine, facevano ritorno a palazzo. Era consapevole di vivere una condizione rischiosa, che esponeva seriamente Oscar a giudizi e condanne, e che, sebbene non avesse contorni precisi e probabilmente sarebbe rimasta nel limbo dell’indefinito per sempre, un legame tra loro, di qualunque natura fosse, lo avrebbe comunque reso colpevole agli occhi della comune moralità, o almeno di quella ufficiale.
Eppure … aveva ancora nel cuore le parole di Madame Marguerite: una benedizione … così lo aveva definito, incurante del fatto che lo avesse appena scorto stringere sue figlia in un atteggiamento assolutamente inequivocabile.
- André? – Oscar lo richiamò dai suoi pensieri, facendolo trasalire – Cosa è accaduto durante la cena di questa sera? –
La osservò sorpreso, senza comprendere del tutto quella domanda, e Oscar si avvicinò a lui, sollevando il viso e scrutando per qualche istante oltre le sue spalle, con le labbra tese.
- Hai servito il vino all’entrée … e mia madre ti ha fermato, sussurrandoti qualcosa mentre la sua mano era poggiata al tuo braccio … e poi non ti ho più visto per il resto della cena. In fondo eravamo a tavola solo io e mia madre: - precisò - non credo che tu debba temere nulla da lei … -
André sorrise di fronte alla sua delicatezza, sfuggendo per un istante al suo sguardo preoccupato, per correre a terra, nascondendo un poco di imbarazzo, prima di farsi forza, tornando ai suoi occhi preoccupati.
- Oscar, non angustiarti … - cercò di tranquillizzarla, piegando i gomiti e stringendo appena le dita sulle sue braccia, portando il proprio conforto e fissando quella distanza, impedendosi un contatto diverso - … tua madre ha cercato il mio sguardo e mi ha sussurrato queste poche parole: non è giusto che tu serva a questa tavola, figlio mio. Vai e riferisci a Nanny che questo non è più un tuo compito. 
La vide sorridere, celando lo sguardo fatto basso sul suo petto, insinuato dove i lembi della camicia si aprivano sulla pelle nuda, là dove sapeva che era ben visibile il pulsare vivo della sua emozione, di quel soffio di vita che sembrava fiorire ad ogni contatto con lei.
Si impose di controllarsi, volgendosi alla porta dal battente solo accostato e arretrando un passo, per separarsi da lei, mentre le mani lasciavano le sue braccia e le dita si chiudevano sui palmi vuoti.
Oscar annuì appena, guardando attorno a sé come in cerca di una soluzione.
– Non-ti-siedi-con-me? – gli chiese veloce, legando insieme le parole in un modo inusuale, che tradì un modo tutto nuovo di volerlo accanto a sé.
- Certo, Oscar … se tu … - cercò allora di risponderle fingendo una tranquillità che ancora non aveva ritrovato, mentre già lei pareva essere passata oltre, accomodandosi sul divanetto insolitamente concentrata ad occuparsi della teiera fumante.
- Cosa pensi di quello che è accaduto oggi? – gli chiese sporgendosi verso il tavolino e afferrando la  teiera per versarsi una tazza di liquido caldo – Dello sparo, intendo … -
Andrè osservò le spire leggere che si levarono dalla tazzina con volute eleganti, dissolvendosi rapidamente in un arabesco denso dell’aroma del te; attese qualche istante, riordinando i fatti accaduti, i dettagli e i pensieri che durante tutto il giorno lo avevano assillato, mentre osservava il gesti ora più tranquilli di Oscar che, con ferma eleganza, portava la tazza di té alle labbra.
- Credo che il Conte abbia ragione. – lo sguardo di Oscar lo raggiunse rapido da sopra la porcellana, assottigliato in una muta richiesta di spiegazione; André annuì appena, riprendendo a parlare – Il veleno nei dolci destinati a voi, il lampadario crollato su di te e ora gli spari alla sua finestra … e … il rientro affrettato di tua madre a palazzo … -
Oscar rimase a fissarlo di sotto in su, cercando di comprendere, scuotendo impercettibilmente il capo di fronte ai fili sottili di una trama che ancora non riusciva a scorgere.
André le sorrise conciliante, sedendo sulla poltrona di fronte al divanetto; si appoggiò per un istante allo schienale, con i gomiti puntati sui braccioli imbottiti e le dita strette alla testa intarsiata dei sostegni, riflettendo ancora un poco, cercando le parole esatte … poi sollevò la schiena, inumidendosi le labbra prima di riprendere a parlare.
- Cosa potrebbe colpire maggiormente un animo sensibile, se non il vedere colpito il proprio migliore amico e la persona più importante della propria vita? – disse lentamente, scandendo ogni singola sillaba – Il Conte mi disse queste parole, la scorsa notte: si riferiva a … ad altro, ma in realtà, credo che sia la chiave di questo enigma. La sua era solo una intuizione vaga, che ora mi sembra decisamente concreta. Rifletti, Oscar … chi verrebbe maggiormente colpito nella sua sensibilità, se accadesse qualcosa al Conte di Fersen e a te? O se foste coinvolti entrambi in uno scandalo? –
 
Angolo dell'autrice: a vacanze terminate, facciamo un po' il punto della situazione insieme ad André. Grazie a tutte le amiche che partecipano a questa avventura... un bacio a chi legge, segue, preferisce, ricorda e mi lascia il suo parere! A presto!!!

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Capitolo 36
*** Smeraldo ***


Smeraldo
 
Oscar rimase attonita, sgranando gli occhi, con la tazzina sospesa davanti alle labbra – Vuoi dire che qualcuno vuole colpire indirettamente la Regina Maria Antonietta, toccandola nei suoi affetti più cari? – ipotizzò incredula – Ma allora anche i suoi figli sono in pericolo! –
André scosse il capo – No Oscar, io non credo che la famiglia reale corra alcun rischio, in realtà, perché in questo caso, i figli della Regina sarebbero già stati colpiti direttamente … e perché, comunque, ho l’impressione che non si voglia colpire la famiglia reale, ma la Regina in particolare. -
Lei rimase assorta, depositando la tazzina sul vassoio e poi socchiudendo gli occhi. I gomiti poggiati alle cosce e le mani unite tra le ginocchia, Oscar si chiuse in un attimo di silenzio, nel tentativo di ricomporre a sua volta i frammenti che André aveva accostato. La vide mordersi le labbra, annuendo appena.
- Forse … forse potrebbe essere l’unica spiegazione … anche se non riesco a comprendere completamente. – Oscar esitò un poco, cercando lo sguardo di André e faticando a proseguire; poi prese fiato, affrontando il proprio cruccio - Non riesco a pensare che mio padre possa aver preso parte ad un complotto di questo genere! –
André avvertì una stretta in gola, comprendendo il suo dolore sordo, profondo, che toccava l’anima con radici lontane anni di obbedienza, rispetto e devozione totale. Si levò dalla poltrona, aggirando il tavolino seguito dallo sguardo ferito di Oscar, prima di allontanarsi, raggiungere la porta ancora socchiusa e poggiarvi il palmo aperto della mano. Si volse a Oscar, in una muta richiesta, e lei, comprendendone il gesto,  accennò un sorriso, annuendo decisa.
 
Il battente si chiuse sotto la spinta della sua mano, che poi afferrò la testa della chiave facendola ruotare nella serratura fino a provocare uno scatto metallico; André tornò rapidamente da Oscar, sedendo accanto a lei e fissando lo sguardo nel suo.
- Ci ho riflettuto a lungo – esordì controllando il tono della voce – e credo di essere giunto ad una conclusione … Io credo che qualcuno tra i fedeli alla corona, a cui sta a cuore più di ogni altra cosa lo splendore della casa Reale di Francia, abbia voluto … porre rimedio alla condizione di disordine morale che getta un’ombra scura sulla famiglia Reale. –
Si fermò, scrutando la sua reazione; ne scorse la fronte aggrottata, le sopracciglia basse, lo sforzo di comprendere.
- Il Generale è un uomo dalla moralità integra e fedele alla corona … Non mi sorprenderebbe se avesse appoggiato un simile progetto che, se portato a termine, avrebbe contribuito a conferire un poco di stabilità all’interno della corte dove, questo non è un segreto, la presenza del Conte porta non poco scompiglio, con il suo ruolo ambiguo. –
Tornò a cercarla, in attesa di una sua reazione. La vide annuire lentamente, con gli occhi chiusi, tendendo le labbra prima di sussurrare – Sì … ma tutto il resto? –
André fu pronto – Sono certo che tuo padre fosse a conoscenza solo di una parte del piano … mentre ignorava fino a che punto si volessero spingere coloro che avevano richiesto il suo appoggio, mediante il tuo diretto coinvolgimento. –
- Ma perché mio padre? – chiese allora Oscar liberando il proprio tormento.
- Perché a corte è noto quale sia il suo punto debole … - cercò di spiegare André – Oscar, tuo padre farebbe qualunque cosa, per te, e probabilmente … sebbene tu non te ne fossi resa conto, lui ti ha osservata, nel silenzio, comprendendo anche … anche quel tormento che non aveva ancora preso forma, quello che tu stessa hai vissuto cercando di soffocarlo … -
Non volle proseguire, incapace di tornare su quel doloroso tempo di inquietudine e false attese che, lo sapeva bene, per Oscar rappresentava un peso difficile da affrontare apertamente. Tese un braccio, posando delicato il palmo sul suo ginocchio e, percependo chiaro il brivido che la colse, si ritrasse d’istinto.
- No! … - lo fermò lei, coprendo la mano con la propria e riportandola al ginocchio – No … - riprese più dolcemente – Resta qui … ti prego. Solo perdonami, perché ancora il pensiero di aver creduto … -
- Oscar … – la chiamò allora, colorando il suo nome di un tono caldo e vibrante - … io penso solo che tu sia stata più forte di ogni illusione e che abbia saputo vincere anche di fronte alla lusinga più difficile da affrontare! – cercò il suo volto, disegnandone i contorni sfiorandola con la punta delle dita, fino a indurla a sollevare il viso – E per quanto poco possa valere il mio giudizio, sappi che io sono fiero di te, Oscar … sono fiero della donna che sei e che hai saputo ascoltare anche negli istanti in cui era più difficile farlo … -
Nei suoi occhi, il cielo si fece notte profonda e placida, nascosta appena dal velo delle ciglia scure; Oscar socchiuse lo sguardo, fissando il suo viso, e mostrandosi rapita dalle labbra e dalle parole appena udite. Riuscì a percepirne il fiato caldo sulla pelle, avvertì il tepore delle labbra ad un soffio dalle proprie, e colse la vertigine che scuote i sensi quando il baratro è così vicino da avvolgerti con la sua stretta potente, da farti vacillare, attirandoti a sé …
André portò la mano alla sua nuca, spingendola dolcemente di lato, fino a farle poggiare la fronte sulla spalla, cullandola piano, senza lasciare la presa.
- Tutto il resto … tutto quello che ha messo in pericolo te, e non solo te, … - riprese sussurrando tra i suoi capelli, cercando di non perdere il filo di quanto stava cercando di spiegarle, nel tentativo di resistere al richiamo del suo profumo e della dolcezza del suo corpo - … quello è opera di altri; di chi, in nome degli stessi principi che hanno mosso tuo padre, non ha esitato a spingersi oltre, sfruttando la sua lealtà e il suo amore per te, con l’intento di infliggere un colpo decisivo alla Regina … -
Percepì chiaro sotto le dita il brivido che percorse il suo corpo, e strinse un poco la presa, scendendo dalla nuca con una carezza gentile, a palmo aperto, infondendo calore e conforto.
- E questo motiva anche il rientro di tua madre a palazzo … in un certo senso: il Generale teme che anche lei possa essere presa di mira nel tentativo di colpire le persone che gravitano nell’entourage di sua maestà la regina. Io credo che fosse un pericolo piuttosto remoto … ma evidentemente solo tuo padre conosce la determinazione di coloro che sono convinti della necessità di questa azione … -
Oscar si mosse nel suo abbraccio, sollevando il capo dalla spalla.
– André … io non avrei mai immaginato che qualcuno potesse giungere a tanto … - mormorò ad un soffio dal suo viso, corrugando la fronte, mentre lo sguardo mostrava tutta la fatica che il suo animo stava affrontando, nel ricomporre, grazie alle sue parole, il complesso incrociarsi di eventi - … eppure adesso desidero davvero tornare alla reggia, perché voglio prestare attenzione a chi ruota attorno alla Regina Maria Antonietta, cercando di scrutare nell’ombra, nei movimenti che in precedenza mi parevano naturali, ma che ora potrebbero assumere un significato differente! –
André annuì, sorridendo all’ennesima sfida colta da Oscar con la forza del suo animo fiero – Devi prestare molta attenzione, però … perché credo che si tratti di persone difficili da cogliere in fallo, probabilmente intoccabili … -
- Lo so, André … lo so …, ma non posso tirarmi indietro! Sono il Comandante della Guardia Reale e ho il preciso dovere di vigilare sulla sicurezza della Famiglia Reale, ora più di prima, anche a costo di correre io stessa dei rischi! – lo sguardo profondo parve tremare, cercando un suo cenno – Tu sarai con me, vero? Tu sarai al mio fianco … ? Perché con te io ho superato quella notte e nonostante molte ombre ancora siano presenti, io non ne temo più le conseguenze, né i vuoti … -
Comprese da quelle parole quanto Oscar avesse dovuto lottare per vincere i propri timori e lo spettro di ciò che di quella notte ancora non riusciva a ricordare, e che forse mai sarebbe uscito dal cono buio dell’oblio. La tenne ancora stretta a sé, infondendo sul suo corpo teso il proprio calore, fino sentire i suoi muscoli farsi morbidi e il respiro più pacato; poi si sollevò, staccandola appena dal proprio petto e portando la mano alla tasca.
- Guarda, Oscar: ho una cosa per te … - le disse, mentre il suo sguardo si mostrava curioso e seguiva attento il movimento delle mani. André tolse dalla tasca un piccolo involto di tela, un fagotto scuro che stava chiuso nel suo palmo, per poi mostrarlo a Oscar, sulla propria mano aperta. La vide titubante, così le prese la mano, insinuando il pollice tra le dita e liberando il palmo liscio, prima di deporvi il piccolo dono.
Oscar rimase silenziosa, con lo sguardo fisso sulla tela, soppesandola curiosa con un movimento appena percettibile del polso.
- André … cosa … ? – gli chiese incerta, e lui non attese oltre, richiudendo le sue dita sottili sul piccolo involto.
- Era tuo … credo sia giusto che torni a te … - spiegò con un sorriso stringendole le dita sulla stoffa, perché potesse percepire la consistenza di ciò che era coperto dalla tela.
Allora Oscar sollevò il volto rapida, con gli occhi sgranati, increduli, mentre lo fissavano in una muta domanda; André annuì appena e già lei svolgeva i lembi della stoffa.
Il gioiello, scoperto ed esposto alle fiamme dei doppieri, parve simile ad un fiore di luce, brillante di una moltitudine di riflessi preziosi. Oscar rimase ad osservarlo, lasciando una sorta di carezza sulle forme spigolose e lucenti di oro e smeraldi.
- Come … come hai fatto, André? – gli chiese infine, ancora visibilmente scossa.
André sollevò le spalle, minimizzando – Mi ero accorto che avevi un solo orecchino al rientro da Versailles, quella notte … - nascose lo sguardo, quasi intimidito nell’ammettere di aver notato ogni dettaglio di lei, e poi cercò di proseguire, celando il vibrare della propria voce - … e grazie ad alcune voci colte da Girodel, sono riuscito a riaverlo. -
Oscar assottigliò lo sguardo, iniziando a comprendere – Hai dovuto ricomprarlo, vero? –
André chinò il capo arreso all’evidenza, annuendo – Era in vendita alla reggia … il fratello di un certo attendente si occupava della trattativa finché lui era lontano: non mi è stato difficile arrivare al venditore … -
- Jerome? – chiese incredula.
- Già … - confermò André - … Sostiene di esserselo trovato addosso … - precisò con un sorriso amaro, per poi riprendere – Ma ora, tolto l’orecchino dalla piazza, ci saranno ancora meno ragioni perché a Versailles si parli di quella notte, non credi? –
- Hai ragione … - ammise Oscar con un filo di voce - … ma non avresti dovuto … Tu non … Non oso immaginare quanto possa averti estorto, per questo orecchino! –
André negò piano – Non devi preoccuparti, Oscar … -
- No, André! – intervenne lei – Io devo preoccuparmi, perché non posso permettere che tu dissipi i tuoi risparmi per … -
- Per te? – concluse lui affondando lo sguardo nel suo silenzio, nel fremito lucido che aveva bloccato le sue parole – Davvero credi che io consideri sprecato anche un solo soldo speso per te? –
Rimase in sospeso, con le labbra socchiuse e il fiato spezzato, scorgendo il bagliore lucido che come tormento velava il blu dei suoi occhi, mentre il suo viso sembrava farsi vicino e lentamente diveniva sempre più difficile coglierne i contorni.
- Oscar … - un sussurro, un tremito di voce, il suo nome scivolato tra le labbra, che già riuscivano a percepire il calore delle sue.
Un tocco delicato giunse alle guance, una carezza gentile chiuse il suo volto nei palmi di lei, avvolgendolo in una bruma pungente, capace di risvegliare l’istinto minando la ragione.
- Oscar … - la chiamò ancora, muovendo le labbra sulle sue, consapevole di sfiorare il limite della propria coscienza, provato dal soffio gentile del suo respiro profondo, un ritmo lento e caldo che scandiva sulla pelle il tempo di quel desiderio ancora legato.
La carezza scese delicata lungo il collo, scorrendo sulla stoffa fino alle spalle, nella stretta sulla giacca che iniziò a tendersi sotto il tocco  di Oscar. André mosse le spalle, seguendo la discesa della propria giacca lungo le braccia, sfilando le maniche una dopo l’altra e portando poi le mani ai suoi fianchi, seguendo l’istinto, senza che lo sguardo lasciasse il mare scuro dei suoi occhi. Un tempesta sconvolse le sue viscere, un brivido scosse le sue membra, in quell’attesa infinita, ascoltando il solleticare delle sue labbra sulle proprie e la lusinga delle sue mani che non sembravano trovare pace, vagando inquiete tra le pieghe morbide della camicia.
Ebbe un ultimo pensiero razionale, il ricordo della chiave ruotata nella serratura poco prima … Poi la coscienza parve sfumare, dissolversi in un ricamo liberato dall’animo, lasciato a disperdersi come la spira di fumo argenteo che si solleva da una pipa e si scioglie lasciando di sé solo una traccia aromatica e calda …
La presa sui fianchi si fece più salda, le mani scivolarono lente seguendo la forma celata sotto la camicia di batista leggera, disegnando un percorso già noto e riscoprendo il grido inarrestabile dell’istinto, fino a cercare la morbida curva del seno. Sotto le proprie dita, André sentì chiaro il respiro di Oscar farsi spezzato, le costole mosse da scatti incontrollati e la pelle tesa nell’ascolto di ogni contatto …
Colse le labbra con impeto, riconoscendo in esse la stessa brama, e lasciando che il sapore di lei lo guidasse in quel sentiero bruciante di passione e desiderio, rinnegando ogni sforzo per rimanerle lontano. Si ritrasse appena con la schiena, traendola a sé, mentre il fianco affondava un poco nell’imbottitura morbida del divanetto, e poi lentamente si distese, scivolando sulla stoffa lucida fino a poggiare la nuca al bracciolo rigonfio, godendo del peso leggero che sentiva premuto sul proprio corpo acceso di desiderio. Ne avvertì il movimento, il leggero agitarsi che spostava il suo peso sul ventre, liberandogli il torace, mentre le labbra rimanevano orfane di lei. Si accorse di avere chiuso gli occhi, lasciando che fossero le mani e le labbra a guidarlo e, quando si forzò a riaprirli, ciò che vide gli tolse anche l’ultimo barlume di razionalità.

Angolo dell'autrice: carissime, guidate dal Conte di Fersen e da André in persona, vi siete dimostrate pronte a cogliere quell'indicazione fondamentale! Qualcuno, però si è posto una domanda importante: come è finito, il Generale, in questo intrigo? Di nuovo, questo puzzle si mostra lentamente, lasciando sempre qualche "buco" scoperto. Intanto, vi lascio in attesa...
Grazie di cuore a tutte, ma proprio a tutte le lettrici che passano silenziose, seguono, preferisco, ricordano e recensiscono lasciandomi il loro pensiero e permettendomi di fare la loro conoscenza.
Un bacio a tutte! A presto!

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Capitolo 37
*** Il dono di sé ***


Il dono di sé
 
Con lo sguardo in una fessura e le labbra appena dischiuse, Oscar lo osservava, ferma in una bellezza sensuale e ipnotica, con i capelli sciolti sulle spalle e le ciocche morbide a incorniciare il volto, dove riflessi d’oro e di rame danzavano seguendo il ritmo delle fiamme accese. Un sorriso tese appena le sue labbra, mentre le mani sollevavano la stoffa leggera per sfilarla, lasciando cadere a terra la camicia in una nuvola senza consistenza, ai piedi del divanetto.
Andrè trattenne il respiro e dischiuse le labbra a sua volta, perché ancora l’immagine di lei era così forte da spezzare il ritmo del suo cuore e la capacità di costruire un pensiero; riusciva solo ad osservarla, rapito e di nuovo incredulo, senza riuscire ad impedire che lo sguardo rimanesse avvinto a quella pelle d’avorio, lucida e perfetta, che di nuovo gli si mostrava senza riserve. Sapeva di non aver osato nulla, eppure avvertiva su di sé l’onta del profanatore, sempre un passo oltre il consentito e l’ammissibile.
In un battito di ciglia scacciò ogni timore che lei potesse svanire e tornando a guardarla si perse su quel corpo asciutto e teso, morbido e profumato, su quelle forme di donna che fiere e insolenti parevano chiamarlo, senza dargli tregua.
Cercò i suoi occhi e si accorse di come Oscar lo stesse osservando, seguendone a sua volta i sentieri dello sguardo; si sentì perso, scoperto nella resa di fronte al suo corpo … e per un istante non seppe muoversi, né parlarle, perché ogni parola avrebbe solo potuto suonare come una richiesta di scuse, per aver osato ancora. Eppure, in quegli occhi, non c’era accusa … né rimprovero, ma piuttosto emozione vibrante e una sorta di gioia profonda, assoluta e sincera. Forse il riflesso di uno stato di benessere e di soddisfazione, vittoria e desiderio di …
Desiderio?
Scosse appena il capo e si chiese davvero dove Oscar avesse attinto quel blu intenso e brillante che ora accendeva i suoi occhi; cercò di immaginarle lo stesso riflesso rosato sulle guance … riuscendo a ricondurla ad un unico altro momento della loro lunga esistenza trascorsa insieme e vedendola in quella stanza della locanda, dove ogni divisione era stata abbattuta dalla forza delle sue labbra.
Si riscosse quando lei le tese in un sorriso sottile, così simile a quello che scorgeva sul suo viso quando lei vinceva un duello e riusciva a disarmarlo con uno scatto a cui gli era impossibile reagire, eppure così nuovo, velato di sfida e anche di una brama inedita, acceso di una luce che non poteva che essere un’idea, o forse una nuova determinazione, o … desiderio.
Nonostante avesse cercato con tutto se stesso di evitare quel pensiero, quella era l’unica idea alla quale il viso di Oscar continuava a rimandarlo; non solo il proprio desiderio, che era indomabile e palese nella stretta prepotente che gli tendeva le viscere affaticando il respiro, ma anche quello che lei non faceva nulla per nascondergli.
Le mani di Oscar presero a muoversi lente sul suo petto, come plasmassero tra le dita la forma del suo respiro, seguendone l’onda e carezzandone leggere il movimento, fino a fermarsi, unite, in un punto preciso, appena sotto le costole, seguite dal suo sguardo preoccupato. Oscar corrugò la fronte, cercando poi i suoi occhi, in una muta richiesta di spiegazioni.
André si sollevò, tendendo le spalle per scorgere meglio il punto sul quale le mani di Oscar ancora indugiavano con carezze appena percepibili, sfiorando con le dita  un livido scuro, poco più grande di quei biscotti tondi che la nonna soleva preparare per la colazione.
- Beh … la trattativa per l’orecchino è stata … impegnativa … - cercò di minimizzare abbozzando un sorriso - … ma in fondo poteva andare peggio … -.
- E’ stato Jerome, quindi? – chiese allora Oscar, con la voce graffiata dalla sorpresa e dal rimorso – Oh, André … io non … -
- Oscar … - la interruppe allora André, senza nascondere un riflesso di soddisfazione - … mi dispiace, ma per una volta i segni che porto sul corpo non sono opera tua … -
La vide spalancare lo sguardo, quasi a cogliere una sorta di sfida, mentre le mani riprendevano a muoversi e le dita scivolavano rapide fin sopra le spalle, rimanendo ad indugiare, insistenti, in un punto preciso alla base del collo … e le labbra si piegavano, strette sotto la morsa degli incisivi perfetti.
Oscar calò allora su di lui, le mani salde sulle spalle e il fianco premuto al ventre, e André non ebbe spazio per altri pensieri, colto dalle sue labbra e dai baci pungenti che violavano il suo collo, insistenti e voraci, salendo poi lenti, come un sorriso e piccoli morsi, fino alle sue labbra.
Ancora, venne rapito dalla forza di quei baci a cui diede immediata risposta. Vivace, fiera e determinata, Oscar cercava le sue labbra, violandone il limite e lasciandosi conquistare istante dopo istante dal suo stesso ardore; venne travolto da quella forza dirompente, dal suo prendere l’iniziativa, ancora e ancora, facendo scorrere le mani sulla sua pelle, mentre lui riusciva appena a tenerle sui suoi fianchi che parevano muoversi, seguendo un istinto ancestrale e puro.
Ritrovò se stesso nel filo di quei baci, muovendosi un poco sotto il suo peso e piegando le ginocchia ai lati dei suoi fianchi, prima di prendere ad accarezzarla per poi sollevarla leggermente da sé, per lasciare le sue labbra cercando di scendere, in un sentiero sinuoso lungo il suo collo, nella valle tra le clavicole, e poi ancora più giù. Riconobbe il suo seno, la delicata morbidezza della sua pelle proibita e l’orgogliosa sensibilità delle sue vette esposte all’aria fresca, come al suo tocco di fuoco. Giocò con le labbra su quella pelle accesa di passione, godendo dei sussulti dei quali Oscar vibrava quando il suo alito caldo solleticava l’essenza sensibile del suo corpo di donna.
Scese ancora, scivolando sulla seta del divano e muovendosi appena per girarsi su un fianco, lasciando una scia di baci fino al suo ventre, seguendo il profilo teso del suo ombelico e giocando con la pelle nascosta sotto la cintola dei suoi pantaloni bianchi, fino a poggiare la fronte sulla stoffa, socchiudendo gli occhi alla ricerca di una tregua e lasciando che le sue dita sfiorassero appena la fila sottile di bottoncini lucidi cuciti sul suo fianco.
- Oscar … - la chiamò roco, in una preghiera graffiante sulla gola riarsa dal respiro reso pesante dall’eccitazione, e la risposta fu una carezza  tra i capelli, le lunghe dita sottili affondate tra le ciocche, in un gesto che sapeva di protezione e accoglienza.
- Non fermarti, André … ti prego … - un sussurro la sua risposta, mentre la stretta sul capo diveniva più salda, fino a premere il viso contro il ventre – resta con me, questa notte … -
André si mosse nella sua presa, che si fece morbida per lasciare che lui potesse allontanarsi un poco; scivolò dalla seduta, puntando le ginocchia a terra e lo sguardo nel suo, rimanendo seduto sui talloni.
- Non ti lascerò, se vuoi che io rimanga con te … - mormorò come per tranquillizzarla e infondere coraggio a sé stesso; e poi le prese le mani fra le proprie, prima di continuare a parlarle - … non ti lascerò, non potrei mai farlo; ma tu permettimi di proteggerti – una stretta sulle sue dita per impedirle di opporsi, per trovare la forza di proseguire - … e concedimi di proteggerti anche dal mio amore … -
Un abbraccio, fu l’unica risposta; i polsi stretti dietro la nuca, i gomiti piegati a soffocare ogni spiraglio tra loro, e il capo riverso all’indietro, nell’offerta di sé, Oscar non lasciò spazio ad altre parole, consegnando il proprio istinto al suo amore e rovesciando ancora i suoi sensi.
André riuscì a fatica a sollevarsi da terra, tornando alla seduta del divano e distendendosi lento su di essa, mentre il corpo di Oscar, stretto al suo, si accomodava spingendosi contro lo schienale. Cercò le sue labbra, annodando nuovi baci a quelli di lei, ubriaco del sapore del suo ardore; perso nel gioco di velluto, di cui non riusciva a saziarsi, comprese cosa stesse accadendo solo quando il soffio fresco dell’aria della notte giunse alla pelle sensibile del suo desiderio teso.
Fuggì dai suoi baci, cercando il suo sguardo nella penombra dorata dalla fiamma.
– Oscar … - la chiamò roco, e il suo nome si spezzò in un gemito, soffocando il respiro, quando il tocco curioso giunse alla sua brama.
– Oscar … - ripeté, la voce ridotta a un sussurro, come una preghiera, sul filo della condanna, mentre con la mano le bloccava il polso, esile come un giunco, sotto le dita, ma forte di quel contatto di fuoco.
- Ti prego … - la voce di Oscar, quasi un soffio sulla sua spalla, parve implorante - … Ti prego, André … fidati di me e lascia che io … che io ti scopra … che conosca davvero l’uomo che sei, quello che mi … ama e che mi desidera in questo modo così ardente … -
Giunsero dirette, al cuore di André, le parole di Oscar. Pur nell’oblio di quel momento, perso nella bruma che avvolgeva sensi e anima con il suo fumo di desiderio capace di annebbiare la volontà, André avvertì forte, su di sé, il richiamo di quella voce tremante eppure così chiara nell’esprimersi. Oscar gli aveva chiesto fiducia, gli aveva domandato di affidarsi a lei e di permetterle di avvicinarsi a lui, di concederle di conoscerlo anche come uomo che ama, desidera e vive il desiderio nel suo corpo, non solo nell’anima.
Socchiuse lo sguardo, fissando davanti a sé, oltre il capo di Oscar, la lucida seta dello schienale del divanetto e i suoi fili intrecciati, appena distinguibili nell’intrico prezioso dei minuti ricami floreali.
Ebbe chiaro il ricordo di un’altra seta, profumata e morbida, stretta sulla fronte, mentre le mani percorrevano il corpo di Oscar, donato al suo tocco per essere scoperto, risvegliato e portato a nuova vita … e in quelle immagini, nel bruciore che ancora risvegliavano sui suoi palmi, trovò la risposta ad ogni dubbio, la soluzione al timore segreto di non saper riconoscere il limite oltre il quale non avrebbe saputo dominarsi.
Volse appena il capo, sfiorando i capelli morbidi di lei e cercando con la guancia il contatto con il suo zigomo, per avvicinare le labbra al suo orecchio.
- Amare è dare fiducia. Amare è fare dono di sé … - le sussurrò tra le ciocche, avvertendo il brivido che la fece vibrare a quelle parole - … del proprio cuore, del proprio corpo … ed amare è anche scegliere, perché la ragione segua il cuore ed impedisca al corpo di commettere errori. – aggiunse poi, con voce tremante – Io ti amo, Oscar … e non voglio sbagliare, con te … in nessun modo … -
Il soffio caldo del suo respiro solleticò la spalla di André, mentre le mani di Oscar si insinuarono oltre il fianco e presero a scivolare lente sulla sua schiena, in un gioco di carezze irregolari, mentre forse la mente si concentrava sulle parole appena udite. D’un tratto, improvvisamente, i palmi si arrestarono, premuti sulla pelle all’altezza delle scapole, e le dita si piegarono, affondando appena in un graffio deciso, sotto la presa vibrante delle braccia tese.
- Nessun errore, André … solo … fidati, fidati di me … -
 
Incerto, come una piuma soffiata dal vento, che pur nella dolcezza lascia il suo segno, anche quando il contatto è già svanito e tuttavia la pelle ne porta addosso il ricordo: così tornò il tocco di Oscar sulla sua pelle, dopo che il silenzio ebbe sciolto il fruscio dei loro respiri, consacrandoli in un unico sospiro; curioso e forse anche prudente, di quel timore che induce tenerezza e, nel suo mostrarsi fragile, supera anche le barriere più impervie.
Riuscì a rilassarsi, nonostante la ragione martellasse prepotente in una sorta di lamento che, istante dopo istante, tocco dopo tocco, si spegneva in un angolo buio della coscienza. Seppe abbandonarsi a quelle dita rispettose, che percorrevano la pelle saggiandone la forma lentamente e disegnandone i contorni con una sorta di devozione, ricostruendone la solida presenza; gli sfuggì un sorriso, quando la curiosità si fece sorpresa, in reazione al movimento istintivo che aveva risposto ad una carezza più decisa.
Non aveva abbandonato i suoi occhi, durante quel primo lasciarsi scoprire, leggendo nello sguardo scuro e lucido una tempesta di emozioni, riflesso cobalto del suo stesso sentire, e nell’istante di quel brivido che lo aveva scosso, vi aveva scorto l’ombra della preoccupazione e una sorta di richiesta di perdono, a cui il sorriso aveva dato risposta. Allora il blu aveva assunto di nuovo il suo tono più cupo e gli occhi socchiusi avevano legato di nuovo i suoi, mentre nuove carezze generavano altri brividi.
In un crescendo inesorabile, quei soffi di pelle sulla pelle si fecero un poco più arditi, i contatti più caldi e avvolgenti, i movimenti più ampi e intensi.
Dovette lasciare il suo sguardo, reclinando il capo all’indietro, quando Oscar si mosse, cercando un poco di agio, e scendendo con lo sguardo, in una nuova carezza di fuoco, pur senza alcun contatto, fino al luogo delle sue scoperte; la stoffa cedette sotto il frugare inquieto e André ne seguì l’ardire, sollevando il bacino perché potessero liberare nuova pelle, scoprendogli i fianchi. Udì due piccoli tonfi, il rumore sordo delle proprie scarpe cadute a terra, attutito dalla morbida presenza del tappeto e poi il cigolio del legno sotto l’imbottitura del divano, mentre si muoveva cercando di assicurarsi sulla lunga seduta che a mala pena riusciva a accoglierli entrambi.
Anche Oscar si mosse, seguendo il suo accomodarsi e intrecciando le gambe alle sue, per tornare ad accarezzarlo, distendendo il braccio fino a sfiorargli il ginocchio e poi risalendo, in un percorso sinuoso, lungo la gamba, su per il fianco, oltrepassando il limite delle brache e trovando la sua pelle; si insinuò giù per le cosce e ritrovando la strada delle carezze più sensuali, riprese quella danza leggera, capace di accendere il fuoco nel suo ventre. La mente abbandonò ogni riserva, lasciando che i fianchi seguissero l’istinto, muovendosi di un ritmo incalzante, accompagnando le mani di lei.
Gli parve di perdere consistenza, di non avere corpo, o di averne perso il governo, o che fosse tutto concentrato in un unico punto vitale, perché le membra sembravano inutili e rifiutavano il suo comando; l’intreccio delle travi squadrate del soffitto divenne vivo, vibrando come fosse la superficie di un mare scuro, rovesciato sopra il suo capo, e percorso di riverberi d’oro e di rame che erano l’ultimo riflesso del tramonto o forse della danza di fuoco di una fiamma impazzita … Sotto le sue spalle, la seta parve sabbia bollente, in cui affondare le unghie cercando di restare cosciente, lottando contro quella sensazione umida che gli imperlava la fronte, che sembrava pioggia mai scesa dal cielo e che sentiva materializzarsi su di sé, come l’ultimo grido prima di una resa che non giungeva, mentre nel profumo della brezza che invadeva il suo petto riconosceva la sola essenza capace di infondergli vita.
Mosse il capo, piegò appena le spalle, cercando lei, la sola realtà che poteva salvarlo, e ne scorse il viso perfetto, l’espressione concentrata, sorpresa e calda, che seguiva ogni suo respiro facendolo proprio, partecipe e consapevole, mentre le carezze non cessavano, e anzi, sembravano ancora più vive, intense e necessarie …
La lucida consapevolezza di ciò che stava accadendo fu l’ultimo baluardo della coscienza; fu come comprendere in un istante la potenza della presenza di Oscar accanto a sé, la forza del suo essersi accostata a lui senza barriera alcuna, senza riserve, senza nascondere nulla. Oscar aveva scelto … aveva di nuovo percorso il sentiero dell’istinto, fondendo il proprio sentire con il suo, accompagnandolo verso la propria essenza, per conoscersi oltre il confine del proprio corpo. Così come si era lasciata condurre da lui … nello stesso modo aveva desiderato di essere parte dello stesso cammino … come donna sul suo corpo di uomo, pur rispettandone i timori, i tempi, i limiti.
Fu pensando a lei, riconoscendo il suo tocco, la sua presenza forte e decisa, che riuscì a liberare il proprio essere, in un gemito profondo e graffiante, un ruggito dell’anima che scosse il corpo esplodendo in una unica, innegabile consapevolezza: lei, l’amore di una vita che con lui si era scoperta donna, l’unica alla quale affidare il proprio bisogno di essere un uomo.
 
La strinse a sé, il corpo ancora tremante, la vista annebbiata dopo il bagliore che aveva accecato mente e sensi, e il respiro ancora irregolare. Le carezzò il capo, affondando il naso nei suoi capelli e lasciandosi invadere dal suo profumo.
- Stai bene, André? – gli chiese Oscar con tono preoccupato, sollevando il capo dal suo petto , provocandogli  un moto di sorpresa – Hai il cuore che … -
Trattenne il riso, limitandosi ad annuire, serrando le labbra – Sto bene, Oscar; sto … bene, bene come non mi sono mai sentito prima. –
I suoi occhi si spalancarono e sul viso si dipinse la sorpresa, mentre le labbra si dischiudevano senza liberare alcun suono.
- Non ti sorprendere, Oscar … tu sai quanto io ti … - abbassò lo sguardo, quasi imbarazzato di fronte a quella evidenza, e poi riprese, faticando a scegliere le parole da pronunciare - … Ti amo, Oscar. Non ho mai amato nessun’altra donna … Nessuna. –
 
Angolo dell'autrice: vi consegno questo capitolo così com'è ... con l'unica aggiunta della dedica all'amica che oggi festeggia l'anniversario di nozze.
Come doveroso, ringrazio tutte le amiche che leggono, seguono, ricordano, preferisco e mi fanno compagnia con i loro commenti.
Un bacio grande a tutte e a presto!

Nota del 6/09/2016: ripubblico il capitolo che è rimasto "vittima" dei problemi tecnici al server ... sono cose che succedono e so che Erika e il suo staff stanno facendo del loro meglio.
Mi dispiace immensamente per le amiche che già avevano lasciato il loro commento ... spero possano ripassare di qua e non averne a male ...
In ogni caso, grazie a tutte.
Un abbraccio

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Capitolo 38
*** Debito d'onore ***


Debito d’onore
 
Il silenzio degli ultimi respiri della notte che avvolgeva il palazzo accolse il suo rientro alla propria stanza, scivolando passi muti di seta sul parquet lucido, mentre sui volti degli avi della famiglia Jarjayes, ritratti lungo il corridoio occidentale, il riflesso lontano del cielo pareva dipingere per la prima volta una espressione diversa dal solito burbero grugno. André imboccò un passaggio di servizio, scendendo al piano terra attraverso una scala secondaria ed evitando il grande atrio di ingresso, per poi percorrere il corridoio alle spalle della cucina e infine quello degli alloggi della servitù, inseguendo buio e silenzio, e scrutando nell’ombra assicurandosi di essere solo, fino a rifugiarsi oltre il battente della propria camera.
Con un profondo sospiro, allargò le braccia davanti a sé, lasciando che l’involto che aveva trattenuto al petto si sciogliesse depositandosi sul letto con un tonfo morbido. Allungando un braccio, fece rotolare le scarpe sulla coperta, fino a farle cadere a terra ai piedi del letto, e poi con i palmi aperti distese davanti a sé la stoffa della camicia, dispiegandone un poco le increspature, e lasciando scorrere le dita fino ad indugiare sull’alone umido, appena intuibile, che ne violava il candore. Strinse le dita, stropicciando la stoffa e raccogliendola per portarla istintivamente al proprio ventre, come ad assicurarsi di aver già compiuto lo stesso gesto.
Un brivido percorse la sua schiena nuda nel ricordo bruciante dell’emozione vissuta sotto il tocco di Oscar, e lo sguardo corse oltre la trasparenza incerta del vetro alla sua finestra, rifugiandosi in quel lembo di cielo nel quale scrutava fin da ragazzo cercando conforto e speranza, e che mai prima di allora era parso così denso di bagliori celesti, per nulla insidiati dal soffio timido del nuovo giorno.
 
Si accinse ad un ulteriore controllo ai finimenti di Cesar, in attesa che Oscar giungesse alla scuderia per poi partire insieme alla volta della reggia, come ogni mattina, come se quella fosse una qualunque mattina.
Dopo il rientro in camera, si era abbandonato all’abbraccio fresco delle lenzuola intatte, rigirandosi più e più volte, affondando il capo nel cuscino, accomodandosi su un lato e sull’altro, e infine, quando il primo sole aveva disegnato il profilo leggero del mondo esterno sulla parete occidentale della stanza, si era definitivamente alzato, dedicando uno sguardo compiaciuto al proprio letto disfatto e dedicandosi alla rasatura quotidiana imitando la consueta dedizione.
Aveva anticipato la colazione per evitare di consumarla al fianco di Oscar, sotto gli occhi inquisitori della nonna. Sapeva che gli sarebbe stato impossibile mantenersi indifferente alla presenza di Oscar ed era consapevole che nemmeno lei riuscisse più a rispettare il sottile limite dell’amichevole confidenza che sarebbe stato necessario ricostruire almeno per superare il rigido controllo di Nanny. Perciò, raccogliendo della frutta dal cesto variopinto sistemato sulla tavola, un gioco di colori e forme che mutava con le stagioni in un rigenerarsi costante, e mentre tutto attorno già si consumavano i rituali preparativi ai pasti di palazzo Jarjayes in un operoso via vai di inservienti, si era limitato a poche giustificazioni, imbastendo qualche frase in cui i nomi di Cesar e Alexander e la sicurezza delle loro cavalcature costituissero una scusa abbastanza credibile per lasciare prima del consueto la cucina.
Tornò ad Alexander, percorrendo con il tocco leggero delle dita la superficie lucida e solida della sella già saldamente assicurata sulla sua groppa, e saggiando la morbida consistenza del sottosella; diede un ultimo morso alla polpa croccante della mela, lasciando carezze amichevoli sul muso umido del cavallo per poi porgergli il torsolo, che scomparve rapidamente dalla sua mano, rapito dalla golosità dell’amico a quattro zampe.
- Era l’ultima … - mormorò sorridendo ai grandi occhi scuri di Alexander, che mostrava di gradire il tocco caldo delle sue mani premurose - … ma vedrò di procurartene altre non appena … - e poi esitò un istante, riconoscendo i passi regolari che, scricchiolando sul ghiaietto esterno, si facevano sempre più vicini alla scuderia.
– Oscar? – chiamò infine, cercandola nell’alone limpido della luce mattutina, oltre il varco della stalla, e scorgendone la sagoma snella emergere dal bagliore riflesso dal pietrisco chiaro; avendo conferma del suo arrivo, le si fece incontro – Benarrivata, Oscar. I cavalli sono già pronti; tuttavia, considerato che siamo piuttosto in anticipo, vorrei recarmi un istante in cucina a prendere altre mele per i nostri amici … -
- Preferirei partire subito, André. – intervenne Oscar, e la sua voce ferma, il suo tono inaspettatamente distaccato, sorpresero André, rendendo rigida la sua schiena - So che siamo in anticipo, - riprese lei - ma credo sia il caso di raggiungere Girodel al più presto per avere modo di confrontarci con calma, prima della ripresa del servizio d’ordine. –
André dischiuse le labbra, soffocando in un silenzioso annuire a capo chino il germoglio di una sorta di disagio. Respirò a fondo, gonfiando il petto di tutto il contegno che seppe raccogliere, e si volse solerte ad afferrare le briglie di Cesar e Alexander per condurli fuori dalla scuderia. Non seppe dare un nome a quel nodo in gola che, per un istante, lo aveva privato del respiro; strinse le dita al cuoio e deglutì a forza, scacciando con un gemito quel soffio di leggerezza che lo aveva spinto poco prima all’alba nel tepore polveroso della stalla, ultimo e timido riflesso dell’emozione potente che aveva travolto la sua notte, fino a spingerlo nel buio di quel consueto e velato distacco del quale Oscar, per giorni, sembrava essersi completamente dimenticata.
A capo chino, scorse con la coda dell’occhio la sua figura, che si spostava verso l’ombra della stalla, drizzando le spalle come a scrutare nell’ambiente in cerca di qualcosa o di qualcuno. La vide raggiungere il varco del ricovero delle carrozze, sporgersi oltre la porta aperta e poi tornare velocemente fino a raggiungerlo …
- Perdonami. – la sua voce limpida e pacata lo strappò dal suo buio.
André si fermò, lasciando i cavalli ad un passo dalla porta aperta sullo spiazzo antistante la scuderia, come due sagome scure e quiete, ritagliate nel bagliore della mattinata. Cercò Oscar, colpito dal tono morbido della sua voce, cogliendone l’espressione tornata serena. Scosse il capo e sollevò appena le spalle, sfumando in un sorriso l’ombra che per alcuni istanti gli aveva avvolto l’anima.
- Ho notato del movimento … - mormorò preoccupata per giustificarsi, muovendo il capo ad indicare la direzione del palazzo – Ho visto tua nonna preparare due vassoi per la colazione, ma anche delle bisacce ... –
Andrè aggrottò la fronte, dubbioso, ma poi cercò di risollevare Oscar – Il Generale probabilmente è rientrato, questa notte … e in tal caso potrebbe essere in procinto di ripartire, oppure … -
- E’ necessario prestare attenzione. – intervenne allora lei decisa – Io non voglio assolutamente crearti problemi … di nessun genere … - e nel suo sguardo Andrè ritrovò la luce della loro notte, intensa come l’istinto e calda come l’abbraccio che li aveva stretti.
- Non devi preoccuparti, Oscar. – le ribadì calmo, rapito dal suo viso, dal fremito che aveva mosso le sue labbra nell’esprimere il suo tormento – Io sono certo che … -
Un improvviso movimento dei cavalli richiamò la sua attenzione. Cesar aveva scosso il capo, in un tintinnare degli anelli metallici dei finimenti, soffiando nervoso dalle froge; Alexander era arretrato di qualche passo, manifestando la propria irrequietezza e liberando lo specchio del portone della stalla.
In quell’istante André prese coscienza del disordinato rumore di passi proveniente dall’esterno della scuderia e riconobbe, in capo agli uomini che si stavano avvicinando attraversando lo spiazzo ghiaioso, l’uniforme scarlatta del Generale.
- Oscar! – la voce del generale giunse imperiosa fino all’ombra pacata della scuderia, anticipando la figura imponente che si stagliò nello specchio della porta – Oscar, fermati! –
André, chinando il capo in segno di rispettoso saluto, colse l’impercettibile tensione che Oscar nascose nell’istintivo mettersi sull’attenti, preparandosi ad affrontare il Generale.
– Buongiorno, padre. – lo salutò lei con voce forzatamente ferma, restando poi in rigida attesa, consapevole che il Generale avesse precise motivazioni per raggiungerla nella scuderia.
- Oscar, sua Maestà il Re ti ha sollevata dal tuo incarico di Comandante della Guardia Reale liberandoti dagli obblighi derivanti  da esso. – parlando con il tono freddo del comando, il Generale giunse diretto al punto - Non tornerai a Versailles, né oggi, né mai, per quanto mi riguarda. – aggiunse poi determinato.
Il volto di Oscar si fece improvvisamente pallido, l’espressione incredula; scosse appena il capo dischiudendo le labbra, apparentemente sconvolta dalle parole del padre.
- Ma … padre, per quale ragione … - mormorò con voce graffiata dalla sorpresa.
Il Generale non si scompose, avanzò di un passo nella scuderia e poi superò i cavalli, che André ancora tratteneva per le briglie.
- Sono stato io a chiedere a Sua Maestà di intervenire in questo modo. – chiarì fermo l’uomo - Ho espresso le mie ragioni e lui si è mostrato estremamente comprensivo e magnanimo, accogliendo la mia richiesta con effetto immediato. Non sei più un ufficiale, Oscar, e inoltre … -
- Non è possibile! – si intromise Oscar, suscitando un moto di stizza del padre e muovendosi rapida verso André ancora fermo accanto ai cavalli – Io devo assolutamente recarmi alla reggia e conferire con Girodel e con i miei soldati prima di … -
Il Generale, tuttavia, non si fece sorprendere dalla sua reazione, intercettando lesto il movimento di Oscar e sbarrandole il passo, per fermarla afferrandole le braccia.
– Tu non andrai alla reggia! Mi hai sentito? – le urlò in viso, con i nervi improvvisamente tesi sovrastandola minaccioso – Anzi, partirai immediatamente, lascerai questo palazzo e rimarrai in un luogo sicuro finché tutto non sarà risolto! –
André rimase sconvolto da quella scena e un moto di profonda rabbia gli strinse le viscere, gonfiando il suo istinto di protezione verso Oscar; lasciò le briglie, avventandosi verso le spalle del Generale, mentre Oscar cercava di divincolarsi dalla presa del padre che ancora la tratteneva.
- Oscar! – chiamò con tutta la propria forza, ma il grido si spense nella sua gola per la stretta potente che lo afferrò bloccandogli il respiro. Due braccia muscolose e tozze lo avevano afferrato, circondandolo dalle spalle e chiudendo la sua gola e il suo corpo in una morsa, impedendogli ogni possibilità di movimento. Evidentemente, approfittando della sua sorpresa, l’uomo del Generale aveva aggirato Cesar e Alexander, passando dietro ai cavalli, per giungere a sorprenderlo.
- Oscar! – cercò ancora di urlare, ma il braccio che gli teneva le spalle si sollevò ancora a serrare il collo, togliendogli il fiato.
Nel frattempo, Oscar aveva puntato lo sguardo in quello del padre, e forzando la stretta delle sue mani, si era protesa verso di lui, sfidandolo apertamente.
- Questo cosa, padre? Cosa dovete risolvere? Forse, prima, dovreste avere l’accortezza di spiegarmi in quale intrigo mi avete coinvolta … no? Perché ormai mi è chiaro che voi … –
André non poté cogliere l’espressione del Generale, ma gli fu chiaro il moto incontrollato con cui drizzò la schiena, scrollando con veemenza la figlia – Come ti permetti di sfidare tuo padre? –
Oscar, allora, parve ancora più determinata, mossa dalla rabbia e dal desiderio di chiarezza; non cercò di divincolarsi dalla morsa del Generale, ma scosse le braccia, tendendo i muscoli sotto l’uniforme e strinse le dita a pugno, tornando ad affrontare il padre come una furia – Potete aver tramato per togliermi il mio grado … e il mio ruolo, ma finché non leggerò con questi miei occhi la delibera firmata da Sua Maestà il Re, io sarò il Comandante delle Guardie Reali, e per questa carica che ho meritato e onorato fino a rischiare la mia stessa vita, io esigo correttezza e chiarezza, anche da voi, padre … Io esigo di … -
In quell’istante, come folgorato dalle parole di Oscar, il Generale parve scosso da un brivido, così forte ed evidente da sconvolgere André fin nell’animo, togliendogli quasi la forza di opporsi alla presa dell’uomo che ancora lo tratteneva e in cui aveva riconosciuto Jerome. Vide il Generale abbassare le braccia, lasciando la presa su quelle di Oscar, per poi arretrare di un passo, mentre lei, altrettanto scossa, rimaneva immobile, con lo sguardo esterrefatto dalla improvvisa reazione del padre.
- Oscar, ascoltami. – esordì il Generale con voce profonda e ferma, velata di tutta la fatica che l’uomo stava affrontando per parlare alla figlia – Io non ti ho mai rivelato la verità perché tu non avessi timori, incertezze … perché tu non avessi a ritenerti mai inadeguata al tuo ruolo … Ma, a questo punto, è doveroso che tu sappia … -
Oscar dischiuse le labbra, inalando aria e arretrando di un passo, cercando per un istante il volto di André, come per cercare aiuto, prima di tornare al Generale – Padre, ma di cosa state parlando? –
L’uomo rimase immobile, le braccia distese lungo i fianchi e le spalle appena chinate sotto il peso di una colpa invisibile – Devi sapere, Oscar … devi sapere tutto … -
Un lampo nello sguardo di Oscar si accese come fiamma ardente del bisogno di chiarezza, di verità – Certo che devo sapere, padre! Avrei dovuto sapere da sempre … -
Difficile leggere il silenzioso rimprovero che tolse ogni parola dalle labbra di Oscar, mentre le labbra dell’uomo si tendevano soffocando una sorta di smorfia nell’estremo tentativo di mantenere il controllo della situazione; arduo affrontare quell’istante, silenzio denso e infinito, pesante di segreti e intrighi, timori e orgoglio, prima che il Generale riprendesse a parlare.
- Quella notte, tu avresti … saldato un debito. – mormorò l’uomo – Un debito di cui non conoscevi nemmeno l’esistenza … -

Angolo dell'autrice: capitolo difficilissimo da scrivere ... e ancor più da pubblicare, visti i problemi di connessione. Mi scuso per il ritardo ... e per eventuali imperfezioni.
Saluto con affetto tutte le amiche che leggono, seguono, ricordano preferiscono, commentano ... e hanno gioito con André per il grande passo avanti compiuto sul divano! A presto!!!
Un abbraccio a tutte e grazie dell'affetto che dimostrate a questo racconto...

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Capitolo 39
*** Intrigo e oblio ***


Intrigo e oblio
 
Oscar aggrottò la fronte, una maschera di incredulità e sgomento a violare il suo volto pallido, mentre il capo si muoveva nervoso a negare – Padre … -
- Aspetta, Oscar. – la interruppe ancora il padre – Non trarre conclusioni affrettate, perché io ho agito sempre pensando solo e soltanto al tuo bene … e ho accettato quello che mi è stato chiesto semplicemente perché ero fermamente convinto che quella sarebbe stata una svolta per la tua vita … una opportunità per poter vivere finalmente la tua vita di donna … -
André serrò la mascella stringendo i denti, udendo ancora una volta quella odiosa giustificazione e scacciando quasi nauseato il pensiero di quella bieca motivazione; Oscar sbarrò gli occhi, negando con maggiore energia – No! Voi mi avete gettato tra le braccia di un uomo dicendomi che si trattava di una missione … ingannandomi! Voi volevate usarmi per saldare un vostro debito … –
- Oscar! – inveì allora il Generale, reagendo all’irruenza della figlia, e immediatamente lei parve irrigidirsi di fronte all’imponente figura tornata ad incombere su di lei.
Oscar nascose lo sguardo a terra, stringendo i pugni e irrigidendo le braccia, cercando il controllo di sé mentre il petto tornava a gonfiarsi sotto i decori dell’uniforme; infine, tornò di nuovo al padre, prima di riuscire a far udire la propria voce, con le labbra tremanti.
- Padre, vi supplico, allora … spiegatemi tutto … -
Il Generale mosse alcuni passi, volgendole le spalle e fissando lo sguardo nell’angolo più buio della scuderia e poi muovendosi fino ad arrestarsi di fronte ad una parete cieca. Parve assorto in pensieri lontani, intento a riordinare ricordi forse dolorosi, certamente difficili da esprimere; si isolò per alcuni istanti, fissando lo sguardo sull’intrico scuro di cuoio e legno che chiudeva la sua visuale ad un passo dalla posizione in cui si trovava. Sollevò un braccio, puntando il palmo aperto sul profilo di una mensola, come per sorreggersi, piegando le spalle e chinando il capo, e il suo respiro pesante riempì il silenzio ovattato della scuderia, dove tutti erano rimasti in muta attesa, mentre il leggero movimento dei cavalli sulla paglia e sulla terra non era che brusio lontano, filtrato dai sensi tesi nell’ascolto. D’un tratto, con un movimento rapido, il Generale drizzò la schiena, picchiando il pugno chiuso sul ripiano e voltandosi in direzione di Oscar, tenendo lo sguardo basso, nascosto ad ogni altro sguardo.
- Sua Maestà il Re non avrebbe mai accettato una donna a capo della Guardia Reale. – l’uomo scosse il capo, come a scacciare quel ricordo, prima di riprendere a parlare, sollevando il volto e rivolgendosi direttamente a Oscar – In molte occasioni avevo fatto accenno a lui in merito al fatto che la tua educazione di rendesse perfetta per quel ruolo … che tu fossi al di sopra di ogni altro giovane militare, per intelligenza tattica, capacità con la spada e disciplina … ma, per lui, restavi sempre una ragazza[i] … quindi, non se non poteva fare nulla. - un altro rapido sguardo alla figlia, prima di fermarsi di nuovo assorto, con il volto segnato da una sorta di smorfia di sofferenza; un profondo respiro soffiò nel silenzio, e il Generale riprese a parlare – E poi quel duello … quello in cui sfidasti Girodel: con quel tuo gesto sconsiderato, tutto mi parve davvero perduto. Mi fu chiaro che non ci fosse davvero nessuna possibilità, per farti arrivare alla Guardia Reale … -
Lentamente, la presa di Jerome sul corpo di André si fece più distratta; forse anche l’attendente del Generale aveva rivolto la sua attenzione al racconto sofferto del suo padrone. André, con i sensi all’erta e i nervi tesi, cercò di approfittarne per raddrizzarsi un poco, recuperando al meglio il controllo della propria posizione, pur senza staccarsi dall’uomo alle sue spalle, né osare di forzarne la presa.
Oscar, poco lontana, pareva invece completamente estraniata da ciò che non fosse la voce del padre. In piedi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi, faticava quasi a reggersi sulle gambe.
- Trascorsero solo pochi giorni, dall’ennesimo, inutile, colloquio con il Re, quando venni avvicinato da … - il Generale esitò qualche istante, prima di proseguire il proprio racconto - … da un uomo molto vicino a Sua Maestà, che mi disse di aver espresso chiaramente al cospetto del nostro sovrano la convinzione che nessuno, meglio di te, Oscar, avrebbe potuto essere adeguato al ruolo di Guardia personale della Principessa austriaca e di aver caldeggiato fortemente la tua nomina in tal senso. –
I cavalli liberi nei pressi dell’accesso alla scuderia si mossero, arretrando di qualche passo verso l’interno della stalla; André li poté controllare con la coda dell’occhio, assicurandosi che ormai si fossero tranquillizzati. Al suo muoversi, Jerome parve riprendere il controllo di sé e riafferrò le sue braccia,  trattenendolo fermo nella posizione in cui si trovavano. Bloccato dalla presa di Jerome, André riuscì comunque ad osservare Oscar, ancora immobile, il viso nascosto, scolpito da dolorosa incredulità e da una bruma di delusione.
Il Generale, che dava le spalle ad entrambi, mosse qualche passo, strisciando gli stivali sulla paglia a terra, prima di approssimarsi un poco ad Oscar riprendendo il racconto.
- Mi avvicinarono ancora, in seguito … quello stesso uomo, e poi anche altri, legati alla sua stessa causa, e io non potei che concordare con i loro ideali: l’assoluta fedeltà alla famiglia reale, la necessità di operare perché la correttezza di pensiero e di intenti guidasse le scelte del sovrano di Francia, l’impegno costante perché il Delfino e la sua sposa potessero divenire sovrani retti e degni della gloria del nostro regno[ii] … Ne abbracciavo gli intenti, ne lodavo l’impegno costante nel perseguire il nobile scopo. Ed ero, sia chiaro, assolutamente consapevole che un giorno, l’appoggio offerto alla tua nomina mi sarebbe stato ricordato; tuttavia ero certo che si sarebbe trattato di una richiesta di impegno diretta al bene della famiglia reale, e questo non adombrava in nessun modo la mia lealtà nei confronti del Sovrano. Inoltre … il tuo valore come Guardia della Principessa, prima, e Comandante della Guardia Reale, poi, era indubbio e l’appoggio ottenuto per la tua nomina … pienamente meritato. -
A quelle parole, Oscar sollevò il capo, distogliendo lo sguardo da terra e incrociando quello del Generale; la sua espressione restava cupa, i suoi occhi stretti esprimevano tutto lo sforzo di comprendere il discorso che, pur lentamente, stava prendendo forma.
- Tuttavia … io sono un Generale … il mio impegno diretto sul campo mi ha portato sovente lontano da Versailles e la mia frequentazione della reggia è sempre stata saltuaria … così anche i rapporti con queste persone si sono diradati, nel corso degli anni. –
Il Generale si mosse ancora e André poté intuire sul suo volto la piega delle labbra, strette in una espressione di soffocata sofferenza, che la penombra della scuderia non poteva nascondere. Oscar prese a muovere qualche passo, volgendo le spalle al padre e rimanendo in ascolto.
- Quando mi richiamarono al loro cospetto, la situazione era completamente cambiata: se la condotta della Regina per anni aveva sollevato pesanti critiche da più parti, in seguito, grazie all’allontanamento del Conte di Fersen, pareva aver trovato un valido accomodamento; tuttavia, con il ritorno del Conte dalle Americhe … tutto era stato di nuovo compromesso e così la stabilità, la moralità, nonché l’integrità della famiglia Reale, tornavano ad essere messe in discussione, pesantemente. –
- Per questa ragione, sono stata coinvolta, quindi? Come … distrazione per il Conte di Fersen, allo scopo di distogliere la sua attenzione dalla Regina Maria Antonietta? – la voce di Oscar, appena udibile nel brusio della scuderia, interruppe il silenzio lasciato dal Generale – Conosco abbastanza il Conte di Fersen da sapere bene che non abbandonerebbe mai Sua Maestà la Regina … - e il suo tono, profondo e fermo di un controllo artificioso, tradì il tumulto che animava il suo spirito.
André ne comprese ogni moto dell’animo: delusione, amarezza … la sensazione di essere stata non solo usata, ma anche, in qualche modo, tradita … Cercò di controllare il proprio istinto, che spingeva il corpo a tentare di raggiungerla, forzando la sua attenzione a concentrarsi ancora sul Generale e sulle parole che gli giungevano chiare.
- In effetti, la tua amicizia con il Conte di Fersen era cosa nota e io non ho potuto fare altro che confermare questa lieta circostanza. D’altra parte, il tuo intervento per la causa pareva d’obbligo … considerato l’appoggio del quale avevi goduto in passato … - puntualizzò il Generale, come chiarendo le proprie motivazioni – E comunque, io avevo ormai maturato l’idea che fosse giunto il tempo di permetterti di vivere un’esistenza adeguata … di dedicarti alle necessità della famiglia Jarjayes … sposandoti per assicurare il prosieguo della casata.-
André vide chiaramente lo sguardo di Oscar farsi cupo e l’espressione di amarezza mutare rapidamente in una sorta di disgusto, non più celato agli occhi del padre.
- Oscar! – la redarguì immediatamente il Generale – Hai sempre saputo di essere il mio erede designato … Avresti dovuto immaginare che anche il fatto di assicurare la mia discendenza fosse nei tuoi doveri! –
Oscar si irrigidì, solo per un istante, prima di liberare il proprio sdegno, con una sorta di sorriso amaro a violare il viso – Quale discendenza avrei potuto garantire, dopo essere stata avvelenata? Quale, dopo essere stata schiacciata da quell’enorme lampadario? – sibilò provocatoria - Padre, io fatico ad accettare tutto il vostro racconto … ma dopo quello che è accaduto … -
Oscar non riuscì a proseguire. Il pensiero del rischio corso la notte del ballo, e poi ancora in occasione dell’incidente nella Salle des Gardes, le bloccarono le parole prima che potesse giungere ad accusare il proprio padre di averla esposta deliberatamente a quei pericoli.
André avvertì su di sé tutto il peso di quella stessa sofferenza; conosceva bene il legame che univa Oscar al Generale, fatto di severo rispetto, ma anche di una sorta di fiducia cieca e di emulazione, come se il padre fosse una figura perfetta da cui trarre ispirazione in ogni momento; sapeva quanto duramente Oscar avesse lottato contro i propri demoni per riuscire a slegare il proprio essere dall’ideale di sé che il Generale le aveva plasmato addosso … e ora poteva comprendere perfettamente quanto fosse doloroso imporsi di accettare le parole del proprio padre, che rivelavano un’ombra lunga e insidiosa, capace di marchiare per intero la sua stessa vita e la sua onestà come militare al servizio della Corona.
Cercò con lo sguardo il Generale e si accorse che l’uomo era rimasto a lungo in silenzio, esprimendo un tormento che certamente superava quello del racconto già affrontato. L’uomo si era portato una mano al volto, nascondendosi alla vista di Oscar e premendo le dita sulla fronte, nell’estremo sforzo che la situazione imponeva. La mano aperta percorse la fronte, fermandosi poi sopra il capo, prima di scendere, abbandonata a cadere lungo il fianco, come in una resa.
- Di questo, Oscar, non riesco a darmi pace … - esordì il Generale, la voce ridotta ad un sussurro profondo, quasi irriconoscibile – La mia assenza, mi ha reso poco partecipe, distratto, esposto all’intrigo, incapace di comprendere prima che fosse troppo tardi. –
Lo sguardo colpevole si levò sulla figlia, prima di nascondersi oltre, nel buio lontano; Oscar, immobile non diede alcun cenno di reagire a quelle parole.
- Solo con grande ritardo, infatti, ho compreso, quando tu mi rivelasti di essere scampata al tentativo di avvelenamento e poi all’attentato nella Salle des Gardes. – riprese il generale - Nonostante tutto ciò che hai fatto, nonostante il tuo valore e la tua abilità … anche tu eri parte di quella dissolutezza che ai loro occhi rendeva indegna la nostra corte … -
Andrè rimase allibito, all’udire quelle parole: nel paradosso del discorso del Generale, tutti i frammenti di quella vicenda che a fatica erano stati raccolti, stavano prendendo la forma di un unico, perverso, mosaico, in cui il movente, quel tassello che ancora non erano riusciti a comprendere, non era altro che una assurda ossessione per la moralità e le apparenze. Deglutì a forza, scorse nell’ombra l’espressione ancor più tesa di Oscar, e poi portò una mano alla fronte, ravviandosi i capelli in un gesto nervoso.
- La tua amicizia con la Regina, quella con il Conte di Fersen … ti mettevano in una posizione perfetta per colpire direttamente Maria Antonietta nei suoi affetti più cari, lasciandola sola e bisognosa di un conforto che nessuna dama dissoluta avrebbe potuto concederle. – la voce roca, profonda, aveva proseguito nel racconto, rivelando nuovi aspetti della intricata questione.
André sussultò, comprendendo immediatamente anche il rientro di Madame Marguerite a Palazzo Jarjayes, avvenuto in tutta fretta non appena il Generale aveva appreso la notizia delle concrete minacce di cui Oscar era stata fatta oggetto: certamente, l’uomo aveva temuto anche per la moglie, che per la Regina poteva rappresentare una ulteriore morigerata amicizia, da togliere di mezzo. Si impose di restare in silenzio, scorgendo il lento movimento di Oscar che, un passo dopo l’altro, si avvicinava al padre; poteva intuirne tutta la tensione dallo sguardo sottile e scuro, dal vibrare rapido delle labbra sul volto cereo e dai pugni serrati, stretti lungo i fianchi, così come dal risuonare insolitamente pesante dei passi sulla paglia.
- Per questo, non tornerai a Versailles, né ti esporrai inutilmente al rischio di ulteriori attentati alla tua persona. – concluse fermo il Generale, recuperando il suo tono più perentorio.
A quelle parole, tutta la rabbia di Oscar parve esplodere; rapida, scartando il padre per raggiungere i cavalli, come in preda ad una decisione improvvisa. L’uomo, prevenendone i movimenti, si gettò d’istinto su di lei, afferrandola ancora per le braccia e trattenendola a sé.
– Padre, lasciatemi! – urlò furiosa, mentre il Generale rafforzava la presa sulle sue braccia – Io non ho nessuna intenzione di nascondermi! E soprattutto non ho nessuna ragione per farlo! – reagì lei ringhiando ad un soffio dal suo volto – Andrò alla reggia e … -
André riuscì a scorgere l’espressione livida dipinta sul viso del Generale, il collo teso nello sforzo di controllare l’ira e le tempie pulsanti nell’istante della scelta. Cercò ancora di divincolarsi dalla stretta che, al suo muoversi, si era fatta più salda, e dovette piegarsi per il colpo che lo raggiunse alla schiena, provocando una fitta lacerante all’altezza del petto.
- Tu stai fermo! – gli intimò la voce di Jerome – Non ti immischiare! –
Intanto il Generale aveva stretto la presa su Oscar, bloccandole ogni possibilità di movimento, serrandole le braccia contro i fianchi in una morsa e stringendo la sua schiena contro il proprio corpo – Tu farai quello che io ho stabilito per te: partirai immediatamente e, se lo ritieni necessario, André potrà recarsi alla reggia a raccogliere quel che hai lasciato nel tuo ufficio e portare il tuo congedo ai soldati … -
A quelle parole, Oscar parve irrigidirsi nella morsa delle braccia del Generale – Questo mai! Io non andrò da nessuna parte senza di lui! – ringhiò a denti stretti.
- Tu farai come ti ho detto, Oscar! Accetterai la mia protezione fino a quando non sarò certo della tua sicurezza! – riprese il Generale adirato – E non avrai più nessun bisogno di un attendente, perché cesserai di essere un militare … -
Lo sguardo di Oscar parve fiammeggiante, mentre le braccia si piegavano e le dita si chiudevano serrando i pugni; in un scatto improvviso, Oscar sciolse la stretta del padre, colpendolo al petto con i gomiti, e poi voltandosi fino a puntare il proprio sguardo negli occhi del Generale.
– Potrò anche accettare di lasciare l’uniforme e di allontanarmi da Palazzo Jarjayes, se è questo che volete per me … - sibilò Oscar a denti stretti - … ma lo farò solo ad una condizione … -
Il Generale drizzò la schiena e André poté coglierne tutta la tensione nel gesto meccanico con cui distese appena le braccia, per poter fissare al meglio il proprio sguardo sul volto di Oscar.
- Una condizione? … - mormorò incredulo il Generale – Di cosa parli? –
Oscar allora tese le labbra in una sorta di sorriso freddo, un’espressione provocatoria, di sfida aperta nei confronti del padre – Sì, padre … farò come avete detto … solo e soltanto se Andrè potrà continuare a seguirmi. –
Quelle parole tolsero il respiro ad André, per il coraggio di Oscar, per ciò che significavano per lui, e per quello che, poteva intuire, avrebbero suscitato nell’animo dell’uomo.
- Tu non hai il diritto di avanzare delle pretese, Oscar; tu non … - il Generale scaricò la sua furia, il volto sfigurato dalla rabbia e dalla tensione, ma Oscar non gli permise di proseguire, affrontando diretta la sua furia.
- Lui mi seguirà, invece, perché se sono ancora viva, anziché che avvelenata dopo essere stata violata nel corpo e nella dignità dal Conte di Fersen per soddisfare i vostri scopi e i suoi più infami pruriti, è solo grazie ad André … -
Quelle parole giunsero con tutta la loro forza, portando una cappa di silenzio nella scuderia, rotto solo dallo scalpiccio irrequieto dei cavalli disturbati dalla tensione scena. André spalancò lo sguardo, cercando gli occhi di Oscar, preoccupato e colpito da quelle parole, proprio mentre lei lo cercava a sua volta. In un istante, i loro sguardi, le loro anime, si legarono in un lampo che parve illuminare i loro volti, come fosse una promessa, un impegno senza confini …
Il Generale vacillò vistosamente, mentre la presa sulle braccia di Oscar si faceva tremante e il volto ancora teso diveniva improvvisamente una maschera pallida, con gli occhi azzurri vibranti di sconcerto. L’uomo incrociò lo sguardo di André, fissandolo con una intensità che lo colpirono, trasudando sofferenza e dubbio.
- Non posso crederci … - mormorò il Generale muovendo appena le labbra, e André resse il suo sguardo, affrontando in uno scontro silenzioso il peso di quel cumulo di rabbia e accuse che vi si erano intrecciate.
Rimase immobile, ansimante nella stretta di Jerome, esposto all’onda intensa delle furia che vedeva crescere nell’animo del Generale; sollevò il capo in direzione dell’uomo, deglutì ricacciando in gola l’istinto di rispondere, affrontando a viso aperto la realtà che ora, il Generale vedeva delinearsi in tutta la sua inaccettabile semplicità.
Un grido, gutturale e profondo, riempì la scuderia, mentre Oscar, inerme, veniva scossa, strattonata con tutta la forza della rabbia che esplodeva in un istante dal corpo del Generale, fino ad essere gettata a terra, tra la paglia sporca di terra. André, d’istinto, tentò di liberarsi, cercò nella nuvola dorata dei capelli sparsi nell’ombra, sul pavimento, e riuscì appena a incrociare lo sguardo di Oscar, scuro di preoccupazione, teso a sua volta a cercare il suo volto.
- André! – il grido di Oscar gli giunse vibrante e disperato, coperto dalla voce imperiosa del Generale che, lasciata la figlia a terra, in un balzo gli si era fatto più vicino, sovrastandolo minaccioso.
- André ha tradito la mia fiducia e per questo non troverà nessuna pietà in me! – sentenziò perentorio - Jerome! – chiamò infine, e con un gesto rapido levò il braccio destro, il pugno stretto alla spada sguainata, alta ad incombere sopra il suo capo, il corpo teso in uno sforzo estremo.
André avvertì un grido acuto, dolore immenso in quella voce amata, rotta dalla paura, e poi un colpo, violento e potente dietro la nuca, prima che tutto, in un lampo buio, denso di urla indistinte, si spegnesse nelle tenebre dell’oblio.
 
[i] Riferimento al primo episodio dell’anime, quando Luigi XV discute con il Generale e ride apertamente di fronte all’insistenza con cui lui ne parla al maschile. Ho pensato a questo atteggiamento del re, prendendone spunto per tutto quanto segue.
[ii] L’ispirazione di questo gruppo è venuta a partire dal così detto partito dei devoti, una sorta di corrente di pensiero presente tra i nobili fedeli alla corona di Francia nel XVIII secolo. E’ una pura ispirazione … nessun diretto riferimento storico e nessuna pretesa di divulgazione culturale.

Angolo dell'autrice: aggiorno in anticipo, visto che domani sarò impegnata, e così vi lascio la soluzione dell'intrigo ... e poi scappo, perchè un po' temo le vostre reazioni, vsto che nonostante tutto la questione non è risolta, nemmeno ora che molte cose sono chiarite.
Beh... che dire... buona settimana! E grazie di cuore a chi persevera nel leggere, seguire, ricordare, preferire e commentare...
Un bacione a tutte e auguri all'amica lettrice che festeggia l'anniversario di nozze (e non è la stessa dell'altra volta...)

 

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Capitolo 40
*** Tracce di verità ***


Tracce di verità
 
- Possiamo rientrare a Palazzo quando lo desideri, Oscar: i cavalli sono pronti. Ti attendo alle scuderie. –
La luce accecante proveniente dalla finestra alle spalle di Oscar gli impedì di scorgere il suo viso, mentre lo sguardo si levava dai documenti sparsi sullo scrittoio. Sollevando gli zigomi, strizzò gli occhi, sforzandosi di mettere a fuoco l’immagine di lei, riconoscendone l’uniforme ma faticando ancora definirne i dettagli. Gli parve che Oscar stesse sorridendo e poi che muovesse le labbra per rispondergli, eppure a fatica ne udì la voce.
- Ho quasi terminato … - aveva capito bene? – Devo solo verificare le squadre dei turni di guardia al parco. Vorrei solo che il Tenente Girodel mi consegnasse gli elenchi dei soldati in servizio. -
Eppure il suo tono era stranamente divertito, quasi stridente con la formale cornice di quell’ambiente asettico e spartano che tutto d’un tratto stentò a sovrapporre all’ufficio del Comandante della Guardia Reale, non tanto per le forme lineari e per i colori sobri, quanto per quello strano rumore di fondo che ora disturbava prepotente la quiete dell’ufficio; un ronzio, solido e insistente, capace di coprire finanche la voce di Oscar, quasi completamente.
- Provvedo io, Oscar: vado immediatamente a cercare il Tenente. –
La maniglia della porta dell’ufficio gli era parsa insolitamente morbida e cedevole, tanto da sorprenderlo; le braccia si tesero per spingere i battenti, mentre una sorta di lampo buio si sostituiva in un batter di ciglia alla fastidiosa e perentoria luminosità dello studio, inghiottendolo nel suo avanzare.
Tentoni, cercò un appiglio sollevando le mani e allungando le braccia; scuotendo il capo si chiese quando avesse urtato la boiserie, visto che avvertiva una strana pressione su un lato del volto; non riusciva a ricordare quando ne avesse investito la superficie, ma nel suo tentativo di muoversi, lo sfregare contro il legno gli risultò particolarmente sgradevole e graffiante.
- Maledizione … - si lamentò e ancora il brusio fastidioso si era fatto più cupo e invadente, fino a insinuarsi nella sua mente, distogliendolo da ogni altro rumore per tramutandosi in un fischio perforante e insopportabile, che avvolgendolo come una stanchezza senza pari, gli tolse lucidità, così come la facoltà di percepire il proprio corpo nello spazio. Chiuse gli occhi e si impose di convogliare le ultime forze residue nell’intento di governare il crescente senso di nausea che lo aveva colto.
 
Riaprendo gli occhi riuscì appena a scorgere, nel groviglio di toni caldi, il movimento di una sagoma nera, lucida e allungata, che sfilò rapida zampettando poco lontano dal suo viso, nascondendosi poco oltre, in un cumulo dal riflesso dorato.
- Uno scarafaggio … e della paglia? – mormorò con la bocca impastata, ma poi serrò le labbra, perché il solo pronunciare poche parole aveva risvegliato il suo stomaco, contorcendolo in un violento conato[i].
Inspirò a pieni polmoni e il profumo pungente e famigliare della scuderia lo pervase, accompagnando la sua mente nella presa di coscienza della realtà. Ricordò un ronzio prepotente, la luce accecante e poi il buio, mentre constatava con un certo sollievo, che quel rumore insistente era finalmente sfumato nel brusio ovattato della scuderia.
Comprese di essere a terra, disteso su un fianco, con il volto premuto sul pavimento polveroso della stalla e con il corpo abbandonato ad una spossatezza senza precedenti.
Allora la realtà iniziò a riaffiorare: la scuderia in cui aveva atteso Oscar, il breve scambio di battute tra loro e poi l’arrivo del Generale … quelle rivelazioni sofferte e poi lo scontro.
- Oscar! – chiamò con tutto il fiato che aveva in corpo – Oscar!- gridò ancora, mentre a fatica puntava un gomito a terra, cercando di risollevarsi.
Non ebbe altra risposta, oltre allo sbuffare di un cavallo a poca distanza, ma gli fu sufficiente voltarsi, cercando di verificare se si fosse trattato di Alexander, per essere colto da un improvviso capogiro. Di nuovo chiuse gli occhi, recuperando un minimo di stabilità, e poi li riaprì, fissando lo sguardo su un ceppo di legno a poca distanza e concentrandosi per riuscire a sollevarsi da terra. Messosi a sedere, scrutò con attenzione la scuderia, trovandosi solo in compagnia di Alexander, ancora sellato e pronto alla partenza, così come lo aveva lasciato, e di alcuni dei cavalli sistemati nei box di fondo dell’ambiente. Nessuna traccia di Cesar né Brouillard; riconobbe alcuni dei cavalli utilizzati per il tiro delle carrozze ma, passandoli rapidamente in rassegna, si rese conto del fatto che almeno due di essi non fossero presenti.
Mosse piano il collo e dovette portare una mano a massaggiare la nuca, là dove il dolore pulsava ora insistente; controllò il proprio palmo, verificando che non vi fossero tracce di sangue, perché il ricordo del colpo ricevuto sembrava riproporsi martellando sulla nuca con una certa bruciante prepotenza,  ma ebbe modo di constatare che non vi fosse alcuna macchia; sistemandosi meglio a sedere, piegò le ginocchia e chinò il capo posandolo su di esse, puntando lo sguardo a terra, poco lontano. Solo allora si accorse dell’insolito disordine in cui versava la scuderia e di nuovo il ricordo dello scontro avvenuto fra Oscar e il Generale davanti ai suoi occhi tornò vivido, mentre lo smarrimento calava sul suo animo, come un’ombra pesante e densa.
Scorse a terra, tra la paglia, dei finimenti di cuoio e pezze scure, un secchio rovesciato e alcuni attrezzi forse caduti dalla mensola accanto all’ingresso, e poi il bagliore metallico della lama di una spada. A fatica, puntando un ginocchio e una mano a terra e recuperando più volte l’equilibrio precario, si sollevò in piedi, muovendosi fino a raggiungere l’arma; si chinò a raccoglierla e una stretta alla gola gli tolse il respiro, riconoscendo senza ombra di dubbio l’elsa della spada di Oscar.
Preoccupato e dolorante, ancora si guardò attorno, tra il fieno sparso a terra e i cumuli di paglia a ridosso della parete della stalla, fino all’apertura d’uscita, e accanto ad essa riconobbe, in un cartoccio scomposto, la giubba scarlatta dell’uniforme del Comandante della Guardia Reale. Afferratola, la dispiegò davanti a sé, scorgendovi qualche cucitura lacerata, le decorazioni sfilacciate e un lungo taglio netto, che squarciava la stoffa di uno dei lembi anteriori: un fantoccio vuoto, rosso e oro, strappato dal corpo di Oscar, su cui, immaginò, si fosse forse accanita la furia del Generale …
Piegò le braccia d’istinto, stringendo al petto la giubba stracciata e poi portando una mano alla fronte, rapito nello sforzo di immaginare cosa fosse accaduto mentre era rimasto incosciente.
Si spostò con passo incerto verso lo spiazzo antistante la scuderie e il sole pieno della mattinata lo investì con il suo vigore accecandolo per un istante e provocandogli un nuovo capogiro. Con una mano sollevata per ripararsi dalla luce intensa, André scrutò tutta la via di accesso al palazzo, trovandola deserta, e poi la scalinata e la vetrata d’ingresso, senza scorgervi nessuno. Allora avanzò lentamente nel ghiaietto, scorgendo tra il pietrisco bianco i segni profondi e inconfondibili lasciati dalle ruote di una carrozza partita di recente. Non riuscì a formulare nessuna ipotesi concreta, cercando di scacciare l’unica idea a cui i dettagli raccolti avevano dato forma … ma il suo respiro bruciò nel petto e una morsa strinse le sue viscere, quando a terra, tra la polvere e il ghiaietto chiaro scorse alcuni segni scuri che alla luce intensa brillarono in riflessi rossastri.
Si inginocchiò a terra, raccogliendo sul palmo il pietrisco e un urlo squarciò la sua gola, mentre l’immagine della sua pelle macchiata di sangue sfumava tra le lacrime calde che nemmeno aveva tentato di fermare.
 
Era rimasto in ginocchio sul pietrisco, il volto nascosto tra le mani e il petto scosso dai singhiozzi scomposti che sgretolavano la mente dando forma alla più dolorosa delle idee. Quando riuscì a sollevare lo sguardo, i suoi occhi bruciati dalle lacrime seguirono lenti le profonde tracce parallele che segnavano il vialetto di pietrisco come ferite su una pelle candida.
 D’istinto, si levò in piedi e si mosse percorrendo lentamente quei solchi, mentre la sua mente provata si sforzava di ricostruire le immagini di ciò che era accaduto.
Certamente, il Generale l’aveva condotta con sé con la forza: le tracce di sangue sul pietrisco non potevano che suggerire che ci fosse stato un acceso scontro diretto, che con ogni probabilità si era concluso con il ferimento di qualcuno, forse addirittura di Oscar, e poi con la partenza in carrozza verso il luogo sicuro a cui l’uomo aveva fatto cenno durante lo scambio di battute nella scuderia. Questa era la ricostruzione dei fatti più logica che André riuscisse a comporre, quella che feriva lui stesso, per la propria incapacità di proteggere Oscar dalla furia del padre.
Tuttavia, non riusciva ad accettare il fatto che il Generale avesse potuto far del male ad Oscar, pur di metterla al sicuro: conoscendo l’uomo, il suo carattere e i suoi principi, confidava nel fatto che non avesse potuto permettere niente del genere. Forse era stata proprio Oscar a ferire Jerome … o addirittura lo stesso Generale? André aveva trovato la sua spada a terra e questo poteva significare che Oscar ne avesse fatto uso contro uno dei presenti.
Accompagnato dalla scricchiolio stridente del ghiaietto, percorse meccanicamente alcune decine di metri sul vialetto, avviandosi verso il limitare della tenuta, sempre assorto nei suoi pensieri cupi.
Lentamente, riaffiorarono i dettagli dello scontro, le parole del Generale, l’ammissione riguardo l’intrigo a cui aveva ceduto purché Oscar giungesse alla carica tanto ambita nella Guardia Reale e poi il ricatto, il ruolo indefinito di coloro che desideravano una Famiglia Reale moralmente retta, senza alcuna macchia …
Si inoltrò oltre l’ansa con la quale il vialetto piegava a oriente tra la vegetazione, attraversando una macchia di alberi dai fusti snelli e dalle chiome folte e fruscianti, prima di giungere al cancello che conduceva all’esterno del parco; all’ombra delle fronde leggere un soffio fresco e profumato investì il suo viso, scompigliandogli i capelli sul capo e inducendolo a trattenere il fiato, mentre lo sguardo si assottigliava, solleticato dall’alito di vento. In quel gesto istintivo, socchiudendo gli occhi, la sua attenzione fu colta da una piccola macchia scura che, poco più avanti, si stagliava netta sul grigiore lucido del pietrisco in ombra, quasi al centro del vialetto.
Avvicinandosi, si chinò ad osservare quello che era un lembo di stoffa scarlatta in cui riconobbe presto il tessuto morbido e vellutato con cui erano confezionati gli oscuranti delle carrozze a disposizione della famiglia Jarjayes: più volte aveva avuto occasione di viaggiare su una di quelle vetture, accompagnando Oscar in città, per questo conosceva bene quel particolare dettaglio che ne accomunava i rivestimenti interni. Raccolse la stoffa, scoprendola avvolta su se stessa, come dovesse trattenere qualcosa al suo interno, e rigirandola tra le mani si ritrovò sul palmo un piccolo fermaglio dorato. Lo strinse tra due dita, avvicinandolo al viso per osservarlo meglio: si trattava di una sorta di piccolo bottone circolare, prezioso e lucido al tatto … uno di quei piccoli bottoncini con cui le sue dita avevano giocato accarezzando i fianchi di Oscar[ii], quelli che, sapeva, chiudevano i suoi pantaloni.
André aggrottò la fronte, sorpreso; comprese che il fermaglio non potesse essersi sfilato per caso … conosceva bene la cocciuta determinazione con cui la nonna verificava cuciture e bottoni, soprattutto sul vestiario di Oscar. Si risolse quindi a credere che il bottone fosse stato strappato con forza dalla sua sede, o addirittura che il filo che lo tratteneva fosse stato tagliato: poteva essersi trattato di una violenta colluttazione nella carrozza? Oppure Oscar aveva deliberatamente strappato quel fermaglio, con un preciso intento?
Scosse il capo, serrando le labbra: riteneva improbabile che il Generale potesse permettere a Jerome o ad altri suoi uomini di alzare le mani su Oscar; piuttosto, riteneva più probabile che fosse la stessa Oscar a costituire un pericolo per l’incolumità dei suoi accompagnatori.
Stringeva ancora tra le dita la stoffa della tendina della carrozza, assorto nei suoi pensieri, quando si rammentò del fatto che il bottone era finito sul vialetto avvolto nella stoffa, particolare evidentemente non casuale. Chi aveva gettato il bottone dalla carrozza, lo aveva avvolto nella stoffa perché fosse ben visibile sul pietrisco chiaro, e se, come pensava, il piccolo fermaglio era stato volontariamente tolto dal fianco di Oscar, allora solo la stessa Oscar poteva averlo fatto, per poi avvolgerlo in quella stoffa e lasciarlo sul vialetto.
Sollevò di nuovo il capo, guardandosi attorno, quasi a cercare altre tracce, altri segni, mentre le dita giocavano nervosamente con il bottoncino lucido. Percorse il vialetto sino al largo cancello, spingendo lo sguardo fin sulla strada che si allontanava dalla tenuta e rimanendo per un poco a fissare quel nastro scuro di terra e sassi lungo il quale Oscar era stata certamente condotta lontano da lui.
Affondò le mani serrate a pugno nelle tasche della giacca, nascondendovi il lembo della tendina strappata e il fermaglio dei pantaloni di Oscar poi, con un sospiro, volse le spalle all’imponente cancellata di bronzo dorato e si mosse per fare rientro a palazzo. I primi passi, faticosi e pesanti, accompagnarono l’opprimente consapevolezza della separazione da Oscar, provocandogli un dolore sordo al petto e una stretta alla gola, mentre la mente restava ancorata alle immagini cupe della stalla. Si accorse di aver stretto le dita a quel poco che aveva tra le mani … quei piccoli segni che, ne sentiva ormai la certezza, lei gli aveva lasciato, come se attraverso quella stoffa e quel piccolo oggetto metallico, potesse percepire la sua presenza.
Ripercorrendo il vialetto a ritroso, lungo i solchi ancora ben visibili, prese ad allungare il passo, finché non scorse la sagoma lontana del palazzo: uno sguardo verso le finestre del primo piano, a quegli specchi lucidi capaci di celare al mondo la camera di Oscar, e poi l’impeto di sapere e il bisogno impellente di muoversi, perché ogni attimo perduto avrebbe potuto essere decisivo; un respiro profondo, caldo del profumo polveroso del pietrisco, prima di iniziare a correre verso la verità.
 
Come una furia, come l’onda impetuosa che investe la quiete statuaria degli scogli e si infrange in una nuvola di schiuma, sparpagliando rabbia e vigore, così André si trovò nella grande cucina, con il fiato grosso, a fissare il cesto di vimini rovesciato a terra e lo sparpagliarsi delle mele sul pavimento ruvido.
- Perdonatemi,  Adèle[iii] … - cercò di scusarsi, mettendo a fuoco la figura corpulenta della donna, e poi si chinò a raccogliere i frutti, allungando le braccia per inseguire la loro corsa – Io non vi avevo proprio vista … -
Sollevandosi da terra depositò le mele raccolte nel cesto che Adèle teneva ben stretto al seno generoso e poi, quasi sorpreso dall’inusuale silenzio della cuoca, percorse quelle braccia robuste chiuse attorno agli intrecci complicati di vimini, fino a risalire al suo volto rotondo e bonario, scoprendovi un’espressione sorpresa alla quale le sopracciglia folte, sollevate in due archi scuri sopra gli occhi grandi e un poco sporgenti, aggiungevano una nota curiosa.
- Stai bene, ragazzo? – chiese Adèle evidentemente preoccupata, senza dare attenzione alle numerose mele ancora sparse a terra – Mi sembri davvero molto scosso e non hai per niente una bella cera … -
André si passò una mano nei capelli, un gesto nervoso e istintivo, quasi potesse recuperare il controllo di sé semplicemente ravviandosi le ciocche disordinate sul capo, e poi riprese fiato, riordinando l’intrico di pensieri stipati nella mente.
- Sì, sì … sto bene, ma avrei bisogno di parlare con mia nonna. – le parole erano fluite un poco incerte, tuttavia Adèle si finse convinta, arretrando appena il necessario per scrutare alle proprie spalle, richiamata da passi svelti appena giunti in cucina.
- Eccoti, Marie! - la accolse calorosamente la cuoca, per poi avvicinarsi a Nanny, chinandosi appena un poco verso di lei per borbottare con un tono che, almeno nelle intenzioni di Adèle, doveva essere discreto ma che ad André giunse del tutto comprensibile - Tuo nipote ti stava cercando. Non mi ha detto cosa voglia da te … ma non mi sembra proprio che stia bene, il tuo ragazzo … -
Lo sguardo accigliato di Nanny concluse il fugace scambio di informazioni; Adèle lanciò un ultima occhiata ad André da sopra la propria spalla, e poi si allontanò verso la dispensa, ondeggiando come una montagna di cuscini troppo imbottiti, messi uno sull’altro in equilibrio precario.
Ritrovatosi al cospetto della nonna, André non riuscì nemmeno ad aprire bocca.
- E tu cosa ci fai ancora qui? Non dovresti essere partito con Oscar? – gli chiese diretta, senza nemmeno tentare di celare la propria preoccupazione.
Bastarono quelle poche parole, per far riemergere nell’animo di André, tutta l’inquietudine per quanto accaduto nella scuderia.
- No, nonna, - affermò deciso, cercando di controllare il fremito che tornava a scuotere il suo corpo provato dalla perdita dei sensi – non sono con lei, né l’ho vista partire … e non so nemmeno dove fosse diretta. – ammise infine afflitto – Per questo ho bisogno che tu mi dica subito tutto quello che sai, tutto quello che è accaduto qui dopo che Oscar ha lasciato il Palazzo per venire a cercarmi nelle scuderie. –
Il volto di Nanny si fece improvvisamente pallido e la sua espressione mutò in un attimo in una maschera di cupa inquietudine. André sollevò lo sguardo oltre il capo della nonna, seguendo con finto interesse il movimento della sagoma scura di Adèle che si stagliava in controluce contro il bagliore acceso delle finestre sul fondo della grande cucina, poi si chinò verso la nonna, riprendendo a parlare in un sussurro.
- Nonna, sono preoccupato … noi dovevamo recarci alla reggia, come ogni giorno, ma d’un tratto il Generale ha raggiunto Oscar nella scuderia e poi … ho potuto solo constatare che Oscar non è più là e ora mi dai conferma che lei è partita! Insomma, io non … - il mormorio divenne sempre più agitato e si soffocò nella presa salda delle mani della nonna che si strinsero sulle sue braccia in un gesto di conforto.
- André, - si intromise Nanny – il Generale mi ha chiesto di preparare un piccolo bagaglio leggero per Oscar, dicendomi che doveva partire immediatamente. Era teso, ne sono certa: ha atteso nell’atrio, con le mani strette dietro la schiena, una nell’altra, e con le dita che tamburellavano senza sosta. Ho consegnato a Jerome la sacca di Oscar ... e poi li ho visti allontanarsi nel vialetto, il Generale, Jerome e anche altri uomini. –
- Non ha fatto cenno alla destinazione del viaggio? – chiese allora André insistente, corrugando la fronte e gettando ancora un’occhiata all’ombra indaffarata della cuoca, ma Nanny negò subito con il capo.
- No … non so niente altro, André, mi dispiace … -
- E non hai visto Oscar alla partenza? Non hai visto se è stata forzata a partire, se forse Jerome l’ha spinta in carrozza o se ci sono state discussioni prima della partenza? – le richieste di Andrè si fecero più concitate, il tono più alto e meno controllato – Io temo che Oscar sia stata obbligata a lasciare Palazzo Jarjayes che forse le abbiano addirittura fatto del male … -
- Cosa? – lo interruppe Nanny sconvolta e irosa, stringendo ancora le mani sulle sue braccia e scuotendolo con forza inattesa – Il tuo compito è quello di proteggere Oscar, André! –
- Nonna! – reagì André a voce piena, facendo sì che l’anziana si irrigidisse immediatamente, quasi potesse divenire ancor più piccola di quanto non fosse – Io ho tentato di intervenire, ma sono stato immobilizzato e poi colpito alle spalle … Ho perso i sensi e dopo quanto ho visto, non posso nemmeno escludere che Jerome possa averle fatto del male … -
- No, André. – la voce calda di Adèle si materializzò alle spalle della nonna, inaspettatamente vicina.
André si volse alla cuoca, scoprendola solo ad un passo da loro, intenta ad asciugarsi le mani strofinandole in un canovaccio consumato; la osservò curioso, fissandola e restando in attesa, mentre la donna gettava lo straccio sulla credenza e poi puntava i pugni sui fianchi affondandoli negli sbuffi della stoffa che rendevano la sua mole ancor più imponente.
- Io ho visto Madamigella partire con il Generale e i suoi uomini. –
 
[i] Siete mai svenute? Beh, io parecchie volte (in questo, lo ammetto, sono molto settecentesca!) e in questa sequenza ho cercato di rendere l’effetto di quello che di solito accade a me al risveglio. Per la precisione, mentre non sono cosciente mi sembra di essere in una sorta di sogno che poi, attraverso una discordanza tra ciò che vedo e ciò che odo, sfuma nel risveglio. Quello che mi colpisce di questi momenti è proprio la frattura tra vista e udito, con lampi, buio e rumori assordanti, che spesso sfocia in un ricordo in cui il dove sono e il dove credevo di essere si sovrappongono in un quadro stridente. A seguire, per me, si verifica spossatezza, poco equilibrio e forte senso di nausea.
[ii] Riferimento alla scena sul divanetto, nell’appartamento di Oscar, capitolo 37
[iii] Per la caratterizzazione di Adèle ringrazio vivamente Lucy71


Angolo dell'autrice: torno al lunedì, con l'aggiornamento consueto. Dopo il colpo del capitolo scorso, mi auguro che non abbiate perso fiducia...
Un grazie come sempre, e più di prima, a chi persevera nel leggere, seguire, ricordare, preferire e accompagnarmi con le sue riflessioni.
Un bacio a tutte! A presto!

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Capitolo 41
*** Passi nel buio ***


Passi nel buio
 
Adèle era rimasta impettita, dopo il suo esordio ad effetto, lasciando trapelare tutto il gusto provato nel rivelare informazioni importanti; poi, evidentemente soddisfatta dello stupore suscitato con la sua intromissione e dall’evidente curiosità di André e di Nanny, aveva tirato un gran respiro, gonfiando il petto di orgoglio, godendo del proprio ruolo, ed aveva ripreso a snocciolare la corretta versione dei fatti.
– Questa mattina mi sono recata a raccogliere profumi per cucinare gli arrosti e dal giardino delle erbe aromatiche ho visto tutta la scena: Madamigella Oscar ha lasciato la scuderia seguita dal Generale e ha raggiunto la carrozza che li attendeva davanti alle stalle. Me la ricordo bene: mi ha colpita perché non indossava la sua solita  uniforme rossa, quella che ad ogni lavaggio fa impazzire Claudine, e che va controllata e ricontrollata, per affrancare tutte quelle decorazioni dorate,  che sono meravigliose, ma rischiano di staccarsi con un niente; e perché lei era con il Generale, ma non tu non c’eri, André, mentre ogni giorno vi vedo partire insieme a cavallo per andare alla Reggia e so bene che per nessuna ragione Madamigella verrebbe meno ai suoi doveri, perché, quell’uniforme tutta dorata, lei se la merita davvero e non è come quei damerini che usano la spada per sorreggersi quando sono stanchi di stare in piedi, manco fosse un bastone da passeggio … -
Adéle prese fiato, sollevando le sopracciglia e rendendosi conto, in quel preciso istante, dell’espressione severa con cui André la scrutava; serrò le labbra, e annuì convinta, per poi riprendere il proprio racconto, con una nuova e differente determinazione - Sì, insomma, l’ho vista confabulare con il padre per qualche minuto, gesticolando in modo singolare, come non fa mai, perché Madamigella ha dei modi perfetti e la sua educazione è … Comunque, è salita da sola in vettura. – le sopracciglia di Adèle si sollevarono, sottolineando quel dettaglio – Non ero abbastanza prossima da poter udire le loro parole … non che io mi fermi mai ad ascoltare i discorsi dei padroni … - precisò – ma sono certa che non l’hanno forzata a salire. Se volete proprio saperlo, sembravano tutti molto nervosi … e durante la discussione entrambi continuavano a voltarsi in direzione della scuderia. Il Generale più volte ha sollevato il braccio, puntando il dito proprio verso la stalla! Era fuori di sé … ed aveva una mano fasciata; anzi, secondo me era proprio ferito perché portava un fazzoletto legato attorno al palmo e più volte ha riavvolto la stoffa macchiata di sangue, stringendola sotto le dita … Potete starne certi, perché l’ho visto io con questi miei occhi che possono distinguere il timo dalla maggiorana dalla distanza di duecento passi[i]! – concluse soddisfatta.
 
Il cassetto della scrivania di Oscar oppose una certa resistenza, ma infine si arrese all’evidenza e scivolò lento lungo le guide, mostrando il piccolo tesoro tenuto in custodia: un plico di fogli rigidi e dal colore paglierino, un tagliacarte lucido e appuntito, un fermacarte dorato appartenuto al predecessore di Oscar nel ruolo di Comandante della Guardia Reale. André conosceva bene il contenuto di quel tiretto … e sapeva che non vi avrebbe trovato assolutamente nulla di personale che dovesse essere ritirato e riconsegnato a Oscar, definitivamente congedata dal suo incarico. Tuttavia estrasse il cassetto per tutta la sua lunghezza, come aveva fatto in precedenza con tutti gli altri dello studio, per effettuare una ulteriore verifica. Si chinò per controllare meglio e sorrise tra sé, scorgendo il fondo vuoto e scuro del contenitore.
Allora, richiuso il cassetto, gettò un’ultima rapida occhiata allo scrittoio, dove tutto il necessario per la scrittura era ordinatamente riposto come di consueto. Arretrò lentamente e poi si mosse per girare attorno al mobile, osservandolo con attenzione.
In quello che ad occhi estranei avrebbe potuto apparire come un anonimo rigore, quell’angolo della reggia, per André, parlava di Oscar in modo disarmante.
Lui riusciva a vederla perfettamente, come fosse presente in quello stesso istante, seduta al proprio posto, intenta a compilare documenti, redigere dispacci, controllare ordini di servizio … Ricordava in ogni dettaglio il suo primo giorno in quell’ufficio, quando, a seguito del suo insediamento, una processione di ufficiali era giunta a renderle il saluto, nascondendo in quel gesto di ossequio una più frivola e insana, e a volte sospettosa, curiosità. Solo il tempo, ma soprattutto la dedizione e il valore di Oscar, avevano arginato un poco quel fluire di visite senza motivazione ufficiale da parte di militari, gentiluomini, dame e, quasi certamente, anche di osservatori inviati da chissà quali personaggi illustri e segreti[ii], stemperando l’interesse per la donna in uniforme nell’affermarsi delle sue reali capacità come militare. Paradossalmente, era stato più semplice vincere la resistenza e la perplessità dei soldati sottoposti, che la curiosità malata della corte, perennemente occupata da pettegolezzi e falsi moralismi.
Accanto alla seduta di Oscar, notò la sedia che lei stessa, il giorno precedente, aveva fatto sistemare appositamente per lui, perché potesse accomodarsi al suo fianco durante l’incontro con il Tenente Girodel e il Conte di Fersen. Un sorriso triste velò il suo viso, mentre la gola si chiudeva in una stretta e le mani tremavano per poi chiudersi a pugno: il ricordo di quanto accaduto nella scuderia quella stessa mattina tornò prepotente, ferita aperta impossibile da curare.
Era tornato a Versailles consapevole che fosse impensabile mettersi sulle tracce di Oscar prima di aver recuperato qualche indizio concreto sulla meta del suo trasferimento. Il Generale aveva parlato di un luogo sicuro, ma André non aveva potuto cogliere nessun altro riferimento in merito a quel luogo. Tuttavia, confidando in quanto riferito da Adèle, cercava di pensare solo al fatto che Oscar stesse bene, che fosse partita senza essere forzata a farlo e che quindi sapesse dove l’avrebbero condotta e non ne fosse preoccupata. Nel suo peregrinare nervoso a Palazzo Jarjayes, André per l’intera mattinata aveva tentato con ogni mezzo di trovare ulteriori dettagli che potessero suggerire una soluzione, una risposta ai propri dubbi, ma nulla gli era stato di aiuto.
Aveva saputo che Madame Marguerite si era allontanata da Palazzo in mattinata per una visita di cortesia ad una contessa sua buona amica, presso una dimora nei dintorni di Parigi; gli era stato riferito che lo stesso Generale aveva fatto preparare un piccolo bagaglio anche per sé, per affrontare un breve viaggio. Ma niente altro … niente che potesse ricondurlo alla meta di quel trasferimento.
L’unica consolazione era stata trovata nella speranza che qualche dettaglio in più potesse emergere al rientro del Generale e dei suoi uomini; perciò, sentendosi senza altra via d’uscita, André si era recato alla Reggia di Versailles, per controllare l’ufficio di Oscar e recuperare i suoi effetti personali, con la segreta speranza di poter incontrare almeno il Tenente Girodel.
Lasciato lo scrittoio, André raggiunse il piccolo armadio addossato alla parete e rimase per un istante dinnanzi ai due battenti lucidi, sui quali, nascosta nell’intricato gioco delle essenze di un lavoro di sapiente intarsio, vide riflessa la propria immagine. Impossibile da nascondere il tumulto che gli stringeva le viscere; puntò gli occhi in quelle ombre scure che parevano osservarlo trasudando insofferenza. Scosse il capo e trasse a sé i battenti.
In quel piccolo armadio, Oscar da tempo era solita tenere un cambio per la propria uniforme, ritenendo utile averne uno a disposizione qualora si rivelasse necessario; André raccolse la giacca rossa, i pantaloni e la camicia, piegando il tutto con cura, per infilarli nella sacca che aveva portato con sé proprio per quello scopo. Intento ad accomodare la stoffa nella sacca, fu sorpreso dal rumore dell’apertura dei battenti della porta d’ingresso allo studio.
- André! Finalmente ti trovo! – la voce di Girodel gli giunse con un tono di sollievo – Mi hanno riferito del tuo arrivo, ma temevo che avessi già lasciato la Reggia … -
André si volse al Tenente, salutandolo con un leggero inchino – Buongiorno, Tenente Girodel. Io sono venuto a prendere gli effetti personali di Oscar e … -
Girodel, intanto, con un ampio gesto del braccio aveva allontanato da sé un soldato che aveva fatto ingresso nello studio al suo seguito e gli aveva fatto cenno di uscire; quindi, avvicinatosi ad André con falcate decise, non gli aveva nemmeno lasciato il tempo di parlare.
- Cosa è accaduto, André? – chiese diretto, visibilmente preoccupato – Questa mattina, giunto in servizio, mi è stata consegnata la nomina a Comandante della Guardia Reale! Ho chiesto di lei … - proseguì concitato - … e mi è stato semplicemente risposto che è stata congedata da sua Maestà il Re! –
André si limitò ad annuire, colpito dall’evidente agitazione di Girodel; poi, vedendolo rimasto in sospeso, in attesa di risposta, si accinse a spiegare.
- Questa mattina il Generale ha raggiunto Oscar prima che potesse recarsi alla Reggia per entrare in servizio. – iniziò a raccontare, sotto lo sguardo attento dell’uomo in uniforme celeste – L’ha informata del congedo … di cui né lei né io sapevamo assolutamente nulla. Potete immaginare la reazione di Oscar … -
Girodel, sgomento all’udire quelle parole, colse immediatamente il cuore del problema – Un congedo concesso dal Re?! Ma allora … è forse per questo che il Generale Jarjayes ha avuto un colloquio privato con Sua Maestà! –
- Esatto. - confermò André – Ma ora il Generale pretende di tenere Oscar lontana da Versailles e dall’intrigo in cui lui stesso l’ha coinvolta … -
Girodel aggrottò la fronte, visibilmente dubbioso - Mi sembra impossibile, tuttavia, che lei non sia comunque venuta per un passaggio di consegne ufficiale e un saluto ai suoi soldati! Conosco anche io Madamigella Oscar da molto tempo e so bene che non avrebbe mai abbandonato i suoi uomini senza una parola di saluto. –
- Tenente, - intervenne André – Oscar e il Generale hanno avuto una accesa discussione, un confronto molto aspro … al termine del quale lui l’ha obbligata ad allontanarsi immediatamente da Palazzo Jarjayes … adducendo a motivo la necessità di tenerla in un luogo sicuro fino alla completa risoluzione della questione … -
- Lontano dalla Reggia e dallo stesso Palazzo Jarjayes … - mormorò Girodel assorto – Ma perché? – si chiese poi, tornando a fissare lo sguardo su André – Quale motivo potrebbe avere il Generale Jarjayes per temere per la sicurezza di sua figlia fino a questo punto? -
André serrò le labbra, liberando un profondo sospiro, per poi cercare il modo di spiegarsi al meglio - Il Generale conosce bene le persone coinvolte … e sebbene non abbia fatto nomi in mia presenza, ho ragione di credere che si tratti veramente di qualcuno di molto importante, in grado di muoversi liberamente a Versailles e di costituire un pericolo concreto e impossibile da affrontare direttamente, soprattutto perché potrebbe sollevare delle … questioni personali che sarebbe bene restassero nel silenzio ... –
Girodel assottigliò lo sguardo, ascoltando le parole di André con grande attenzione.
– Il Generale ha rivelato qualche particolare che ancora non ci era stato possibile chiarire, vero? – ipotizzò.
Fissandolo per qualche istante, André comprese di non poter attendere oltre … Portò un palmo alla fronte, chinando il capo e nascondendo lo sguardo, prima di prendere coraggio ed affrontare il vero cuore della questione, quell’accadimento lontano che, dimenticato per anni, era riemerso come un’ombra scura sul passato di Oscar, inducendo il Generale a piegare il proprio orgoglio.
 
Facendo ritorno a Palazzo Jarjayes, André aveva avvertito su di sé tutto il carico della tensione, della preoccupazione e della propria impotenza di fronte a quanto accaduto. A Versailles, aveva incontrato il Tenente Girodel, e poi anche il Conte di Fersen, ma i colloqui avuti con i due uomini di corte non avevano fatto altro che portarlo a ripercorrere più e più volte lo stesso doloroso susseguirsi di eventi, facendogli desiderare più che in ogni altra occasione, di rientrare a Palazzo al più presto. Deluso e sfinito, aveva rifiutato persino di cenare, colto di nuovo da un’insistente nausea, ultimo strascico del malessere del mattino, preferendo l’ombrosa solitudine della propria stanza e allontanando da sé le premurose attenzioni della nonna. In quel piccolo ambiente famigliare, lontano da ogni altra presenza viva e rifiutando persino la morbida compagnia di Petit, André si era finalmente potuto abbandonare al proprio dolore segreto, lasciando che i pensieri fluissero liberi, accavallando ricordi, sensazioni e ipotesi in un groviglio serrato, nella ricerca di una via d’uscita. Disordinate e quanto mai vivide nella mente provata, tornavano le parole del Generale e la stretta possente di Jerome, come la preoccupazione cupa di Girodel e la solerzia quasi cantilenante del Conte di Fersen … Tanti volti, atteggiamenti e parole diverse, che lo conducevano inesorabili ad un unico pensiero: la partenza di Oscar.
In principio non aveva reagito a quel dettaglio … che era stato come registrato come uno dei tanti frammenti di quella giornata, assorbito dal bisogno di comprendere, nascosto dietro la cortina di altre immagini. Poi, liberato da ogni altra pressione, André aveva recuperato il racconto di Adèle e visualizzato quegli istanti, colmando i vuoti e ricostruendo la scena, definendo di volta in volta i particolari mancanti e tornando inesorabilmente a quell’unico istante, a quella sola consapevolezza: il fatto che Oscar lo avesse lasciato.
Affondato in uno stato di abbandono oscuro e doloroso, per André persino il tempo aveva perso la propria dimensione, fluendo con estenuante lentezza verso il cupo limbo della notte.
Seduto sul bordo del letto da un tempo infinito, con i gomiti puntati sulle ginocchia, i palmi alle tempie e le dita strette sul piccolo fermaglio raccolto sul ghiaietto, aveva lasciato che il proprio sguardo si perdesse nel cielo nero, denso di nubi, e nelle chiome scure della vegetazione del parco, tormentate dal soffio notturno in una inesorabile danza tetra. Pur nella lontananza, poteva scorgere le fronde scosse dalla forza del vento e il baluginare argenteo che a tratti vibrava nella macchia, laddove la luce timida della notte si rifletteva sul volto nascosto delle foglie. Riusciva a sentire dentro di sé quelle innumerevoli fratture che colpo su colpo, spezzavano rami maturi e giovani frasche, mentre il tormento delle raffiche proseguiva incessante fino a scoprire l’anima tenera di quei tralci.
Assorto in quella tormenta dell’anima e degli elementi, non reagì ai primi colpi leggeri che picchiarono alla porta della stanza, ma ne assorbì il tonfo con leggera apatia.
Attese, quasi consapevole che ne avrebbe uditi ancora, e poco dopo udì altri colpi sul battente, questa volta un poco più energici, accompagnati da un leggero brusio di voci.
Si riscosse dal proprio stato con un leggero brivido a correre lungo la schiena e si levò dal letto, barcollando un poco per il gesto troppo rapido. Allungando la mano verso lo scrittorio, trasse un profondo respiro, cercando di recuperare equilibrio e lucidità, mentre anche la preoccupazione per quella visita inattesa si faceva largo nell’animo.
- A-arrivo … - rispose alla terza serie di colpi picchiati sul legno con vigore crescente e poi si diresse all’uscio, confuso ma consapevole che quella lunga giornata non avesse ancora concluso il proprio corso.
 
[i] Spero che il concetto renda l’idea … Io sono una frana con le piante, ma per quanto conosca timo e maggiorana, mi sarebbe difficile distinguerli da lontano …
[ii] Pare che anche a Versailles vivessero diplomatici con il compito di spiare i movimenti della corte

Angolo dell'autrice: Adèle ha vuotato il sacco, André cercato indizi. Purtroppo, il suo stato d'animo ancora gli impedisce di leggere la realtà. C'è un motivo di tormento... qualcosa che lo blocca e che deve necessariamente affrontare a viso aperto, per riuscire a passare oltre; chissà che questa visita notturna non sia di aiuto!
Intanto, rinnovo il mio grazie più sentito a tutte coloro che si accostano a questo racconto strambo, a chi legge, segue, ricorda, preferisce emi lascia il suo commento!

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Capitolo 42
*** Il suo riflesso ***


Il suo riflesso
 
Raccolse con fatica le proprie forze e la propria residua lucidità, chinando il capo profondamente e con rispetto quando, aperto il battente, riconobbe le figure appena definite dal bagliore di un doppiere nel buio del corridoio.
- Buonasera … - salutò con voce malferma, per poi sollevare il capo, incrociando lo sguardo della nonna, profondamente segnato da stanchezza e dubbio, prima di rivolgersi ancora oltre le sue spalle curve.
Ad un passo di distanza, nell’ombra oltre l’anziana governante, Madame Marguerite era appena visibile, illuminata solo da un timido riflesso dorato che disegnava delicato il confine di un volto dalla pelle bianchissima. In risposta al suo saluto imbarazzato, Madame rispose con un sorriso lieve e con uno sguardo rassicurante velato di tenerezza.
- André, - esordì la nonna con una voce appena riconoscibile, che tradiva tutto lo sforzo compiuto per controllarsi – Madame desidera parlare con te … e mi ha chiesto espressamente di condurla qui. –
Uno sguardo severo e inquisitorio sottolineò la preoccupazione per quanto celato da quella insolita richiesta; le sopracciglia argentee si sollevarono, segnando la fronte con profonde rughe.
– Credo che dovresti prepararti – un cenno del capo al suo abbigliamento stropicciato, come un rimprovero fatto ad un ragazzino impresentabile – e seguirla nel salotto … -
André sbatté le palpebre, disorientato e al contempo teso nel tentativo di riprendere il controllo di sé; poggiò il palmo allo stipite, quasi a cercare sostegno, e annuì a labbra tese, convenendo con la nonna - Certo nonna … Madame, vi prego, lasciatemi solo il tempo di cambiarmi e sarò subito da voi … -
Arretrò di un passo, lasciando lo specchio della porta, pronto a dirigersi all’armadio per recuperare una camicia pulita e rendersi adatto all’incontro con Madame Marguerite, quando venne interrotto.
- No, André … - intervenne la voce calda ma decisa della donna - … non devi preoccuparti per il tuo abbigliamento, né per altro. Io preferirei parlarti subito, anche qui, nella tua camera. – precisò infine.
André poté udire il sibilo indignato del respiro della nonna fendere l’aria densa del corridoio.
- Ma … Madame! Voi … non è davvero il caso … Non avrei dovuto nemmeno acconsentire ad accompagnarvi fino a queste povere stanze … - e l’insolito tono concitato delle sue parole si accompagnò ad un movimento scomposto, che agitò il doppiere in una danza dorata sui volti , sulle stoffe, e sulle pareti chiare del corridoio – Voi … voi non dovreste davvero essere qui … nella stanza di un … -
- Suvvia, Marie … - la fermò Madame pacata, prevenendo quel termine, perché restasse solo un cruccio della governante, mentre un gesto delicato della mano cercava di calmarne la tensione - … non c’è ragione che tu di dia pena … -
-Madame, io … - cercò ancora di insistere la nonna, ma lo sguardo di Madame fu eloquente e capace di placare ogni sua resistenza.
- Vi ringrazio, Marie, di avermi condotta da André. – le si rivolse Madame con nuova gentilezza, ma evidente determinazione a darle congedo – Ma ora vi prego di lasciaci … perché io ho necessità di parlare con André … e con lui solo. –
André trattenne il fiato, scorgendo l’espressione sconcertata della nonna, i suoi occhi spalancati e le labbra dischiuse; ma poi riconobbe in lei la nonna che conosceva, forgiata da anni di servizio, da una vita di rispetto e fiducia nei confronti di Madame e del Generale Jarjayes. La vide chinare il capo, socchiudere gli occhi dietro le lenti tonde, trattenendo tra le ciglia la propria lucida preoccupazione, e arretrare di un poco, lasciando libera la via alla propria Signora.
- Come desiderate, Madame … - sussurrò rispettosa, mentre con un gesto rapido porgeva il candeliere ad André, perché la sua stanza godesse di un poco di luce - … con il vostro permesso, io mi ritiro. – soggiunse.
Madame la congedò con un cenno del capo e un sorriso cortese, poi si volse ad André, come restando in attesa, con le mani strette sulle frange dello scialle unite sul petto.
André la osservò per un istante, colto in un soffio dal quello sguardo caldo che avvertì su di sé come una carezza amorevole; rispose con un inchino all’attesa della madre, cercando l’ambra delicata e invitandola ad entrare nella stanza, cedendole il passo.
- Prego, Madame … -
 
- Cosa è accaduto, André? –
Non c’era stato spazio per alcun convenevole e la composta eleganza di Madame Marguerite, una volta chiusa la porta della stanza alle sue spalle, si era tramutata in una preoccupazione evidente, che lei stessa non aveva nemmeno tentato di celare.
- Non … non lo so con esattezza, Madame. – André scosse il capo, mostrando tutta la propria desolazione e osservando le mani pallide della donna, le dita delicate strette le une sulle altre, mentre le frange dello scialle scivolavano dalla presa.
- Come può essere? – riprese la donna scossa, prima di farsi più incalzante – Sono riuscita solo a sapere che Oscar non è a Palazzo da questa mattina … e che non farà ritorno. Ma tu sei qui, invece, e questo è già sufficientemente insolito da indurmi ad essere preoccupata … Sono certa che tu sia l’unico a sapere qualcosa di più! –
André, colpito dalle parole di Madame, sollevò lo sguardo, notandone il volto provato e l’acconciatura imperfetta, dove alcune ciocche erano sfuggite alla stretta delle forcine; strinse le labbra, consapevole della propria necessità di confidarsi … e del bisogno della madre di Oscar di sapere di più.
- Eravamo alla scuderia, questa mattina; - esordì, e subito Madame gli si avvicinò un poco, con lo sguardo stretto tra i segni del tempo e della preoccupazione, incoraggiandolo a continuare – saremmo partiti di lì a poco, per recarci a Versailles, come ogni giorno, quando il Generale ci ha raggiunti. –
Notò l’espressione di Madame farsi improvvisamente cupa; attese un suo cenno di assenso e riprese a raccontare – Ricordo che il Generale ha informato Oscar di aver ottenuto il suo congedo e che non vi fosse più ragione di recarsi alla Reggia. –
Madame annuì in modo appena percettibile, con lo sguardo fisso, quasi nemmeno potesse vedere innanzi a sé. André comprese che quel congedo, per Madame, non fosse una sorpresa … Si fece forza e riprese a parlare.
- Oscar ha cercato di opporsi, insistendo per poter tornare in servizio, o almeno a Versailles … il Generale, tuttavia, aveva già predisposto tutto perché lei fosse allontanata non solo dalla Reggia, ma anche da questo palazzo. –
Lo sguardo di Madame divenne vivo, puntato sul volto di André con improvvisa determinazione.
– Nemmeno tu sai dove sia, quindi? – chiese con insolita impulsività e poi, leggendo lo sguardo di André, riprese - Devi trovarla, André! –
- Madame, io … io non l’ho vista partire, ma so che Oscar ha lasciato il Palazzo spontaneamente, non è stata condotta lontano con la forza … - cercò di spiegarsi.
- Tu eri con lei … - si intromise la donna - … come è potuto accadere che tu non abbia visto? Non si parte in un istante … come è possibile che tu non ti sia accorto di quello che stava accadendo? – e la voce calda parve vibrare in quel dubbio.
André rispose con lo sguardo, scuotendo appena il capo; per un istante aveva percepito una sorta di rimprovero, in quelle parole pronunciate con inusuale tremore, ma poi, quell’espressione tesa nello sguardo d’ambra e la piega sofferta che segnava gli zigomi, gli avevano trasmesso molto altro: una malcelata angoscia, un dubbio soffocato che d’improvviso si era fatto vivo, come un’immagine che da ombra lontana si era fatta concreta nei colori e nelle forme …
- Sono stato colpito, Madame … - ammise con un filo di voce, provocando un sussulto in Madame Marguerite, che portò una mano alle labbra soffocando un singulto - … Jerome mi ha immobilizzato e quando ho cercato di reagire, mi ha colpito, facendomi perdere i sensi. –
Chinò il capo, tra vergogna e dolore, con il ricordo di quegli istanti vibranti ancora saldo sulla pelle e nella stretta che mordeva le sue viscere – Non ho saputo intervenire … non sono riuscito ad aiutarla … - ammise infine in un soffio, affondando ancora nel buio di quell’oblio.
Un tocco gentile sulla spalla, inaspettatamente caldo, sopra il tessuto stropicciato della camicia, lo fece trasalire. La voce di Madame gli giunse come una carezza.
- Devi trovarla, André … devi fare il possibile … -
Sollevò il capo, il volto di Madame vicino al proprio come mai prima e lo sguardo caldo e lucido, implorante, fisso su di sé; serrò gli occhi, un istante ancora, l’ultimo concesso allo sconforto, prima raccogliere le forze e intraprendere la propria battaglia.
- Pensaci, figlio mio … - lo chiamò ancora quella voce con una preghiera amorevole - … non è possibile che mio marito l’abbia indotta a partire senza aver pianificato alcunché … -
André allora portò le mani al volto, nello sforzo estremo di riflettere, pur morso dalla necessità di giungere al più presto a qualunque dettaglio che potesse essere di aiuto. Vagò per quei giorni, per stanze e incontri, rivivendo colloqui, spostamenti e saluti … cercando oggetti, volti, parole …
Scosse il capo, affondando le dita fra i capelli e la stretta sulla spalle prese forza inaspettata.
- Ti prego, André … tu devi aver visto qualcosa, o udito almeno una parola … - lo incalzò ancora Madame.
In quell’istante, come un lampo scuro, André venne scosso da un ricordo preciso; liberò il volto, piegando la fronte nello sforzo di cercare di mettere a fuoco quei momenti bui.
- Forse … forse non ha nessuna importanza … ma credo di aver udito un breve scambio di battute fra il Generale e Jerome, durante la notte, dopo il vostro rientro da Versailles … - cercò di spiegare André.
Il volto di Madame si velò di speranza – Cosa hai udito, André? Cosa ricordi? –
- Non so assolutamente a cosa si riferisse … ma ho udito il Generale dare indicazione a Jerome perché consegnasse una lettera per un certo Vaillard. Oscar mi disse che si trattava di una sorta di corriere … un collaboratore del Generale che si occupa di consegnare comunicazioni e dispacci, credo. Tuttavia non so se, né come, questo potrebbe esserci utile … - soggiunse poi.
Madame si raddrizzò appena, la fronte corrugata e gli occhi socchiusi, con una espressione curiosa e insolita, in cui André riconobbe un riflesso di quella stessa piega che segnava il volto di Oscar quando, inconsapevole di essere osservata, la forza della sua caparbietà sfiorava il suo guscio di madreperla. La vide arretrare di un passo, vagare con lo sguardo per la piccola stanza, pur senza vederne i dettagli, mentre le mani tornavano a chiudersi una sull’altra in un gesto nervoso, e poi muoversi assorta, dandogli le spalle, con l’ampia gonna a frusciare nel silenzio della stanza, sfiorando ad ogni passo i pochi mobili, stretta negli spazi angusti del piccolo ambiente.
D’un tratto parve bloccarsi, inaspettatamente rigida, prima di voltarsi verso André.
– So chi è quell’uomo. – affermò decisa – So che collabora con Augustin, perché io stessa, in passato, ho acconsentito a consegnargli missive in sua vece, quando si rese necessario farlo con discrezione. –
André si mosse appena, trattenendo il respiro e facendosi un poco più vicino; attese qualche istante, prima di osare una domanda – Potremmo forse … contattarlo? –
Madame scosse il capo decisa, le ciocche scomposte a ondeggiare morbide sull’acconciatura un poco sfatta – No … lo escludo nel modo più assoluto: i collaboratori di Augustin non scenderebbero mai a compromessi. – affermò sicura, per poi riprendere – Piuttosto, potrebbe essere importante riflettere su questo dettaglio: i corrieri di mio marito non operano mai in modo generico, ma attraverso una rete ben precisa, su un territorio definito … -
André dischiuse le labbra, profondamente sorpreso dalle parole udite, e Madame sorrise alla sua espressione, chinando un poco il capo.
- Non sorprenderti, caro, del fatto che io sia a conoscenza di questi particolari … Ho vissuto abbastanza a lungo a fianco di Augustin, da poter conoscere il marito, il Generale e l’uomo fedele alla corona di Francia, colui che procura le armi agli eserciti di Sua Maestà … e quello che acquista il miglior vino per la tavola del suo Palazzo … - nascose lo sguardo a terra, soffocando una sorta di sorriso, e poi tornò allo sguardo di André, un riflesso vivace negli occhi illuminati dalla fiamma del doppiere – … e sono stata anche una giovane donna vivace, curiosa … ardita a sufficienza da permettere che Oscar venisse educata come un maschio e … molto altro. - concluse.
André annuì rispondendo al sorriso allusivo di Madame, sorpreso nello scorgere un lato segreto della madre di Oscar, ma anche intimamente colpito da quel rivelarsi fiducioso, che la rendeva così simile allo spirito tumultuoso e fiero della figlia. Si accorse di essere rimasto immobile, rapito dal fascino di quella donna, dalla sua dolcezza, dal suo coraggio e dalla sua forza d’animo, da quella miscellanea soffusa di eleganza e determinazione che, in quella stanza semplice e senza mobili lussuosi si mostrava tanto lontana dall’immagine eterea di sempre.
- Comunque, quegli uomini operano su distanze abbastanza ridotte, un giorno di viaggio o due al massimo,  – Madame aveva ripreso a spiegarsi, nuovamente concentrata e decisa a recuperare ogni ricordo legato al nome del corriere – … e sono quasi certa che Vaillard faccia da ponte con i contatti di Augustin nella valle della Loira. –
- Lungo la Loira? – chiese meccanicamente André.
- Esatto. – confermò Madame -So che non è molto … perché si tratta comunque di un’area molto vasta … e potrebbe anche trattarsi solo di un contatto intermedio, ma credo che possa comunque costituire una base, sulla quale concentrare le tue ricerche. –

Angolo dell'autrice: aggiorno in anticipo... con una strizzatina d'occhio a maryjay che proprio non poteva più aspettare (spero di averti fatto una bella sorpresa) e un abbraccio forte a Orny81, lei può immaginare perchè.
Saluto e ringrazio di cuore tutte le lettrici perseveranti che seguono, ricordano, preferisco e mi lasciano il loro commento: come vedete... anche nei momenti peggiori, tutto può cambiare, in un attimo...
Bacioni e a presto!

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Capitolo 43
*** Tocco di madre ***


Tocco di madre
 
- La valle della Loira … - ripeté André, aggrottando la fronte e spingendo il pensiero in quella regione verde e accogliente, di cui aveva un vago ricordo lontano, perso in un viaggio di pochi giorni, durante i quali aveva avuto l’onore di seguire Oscar nel suo accompagnare il Generale impegnato in un affare con mercanti della Turenna. Prese a muovere qualche passo nell’ombra che oscurava la stanza, socchiudendo lo sguardo nello sforzo di recuperare ogni dettaglio, seguendo la sponda del letto e ripercorrendo quei giorni di allenamenti con la spada, corse a cavallo e bagni in un limpido specchio d’acqua dal corso lento. Ricordava giorni spensierati in cui, ragazzino, aveva vissuto in grande libertà, accanto a Oscar, come se nessuna differenza esistesse tra loro, e persino un episodio curioso, in una cantina buia, in cui l’odore acidulo e greve del vino fermentato pungeva insolente il suo giovane naso abituato al profumo avvolgente delle botti pregiate di palazzo Jarjayes … Un pomeriggio in cui il Generale aveva strappato lui e Oscar dai loro giochi di spada, per presentarli, quasi fossero entrambi figli suoi, ad un uomo dal ventre prominente e dal passo ciondolante, di cui ricordava vagamente il volto rubizzo, gli occhietti furbi … Si lasciò trasportare dai ricordi, muovendosi nella stanza, fino a fermarsi proprio di fronte a Madame che, silenziosa, era rimasta ferma accanto al piccolo scrittoio.
Sollevando lo sguardo dai ricami floreali del lungo abito lucido di seta scura, si accorse di come Madame fosse a sua volta assorta nell’osservare il bottone dorato che lui tratteneva in mano fin dal momento del suo arrivo insieme a Nanny, e che non aveva posato nemmeno un istante, continuando a rigirarlo nervosamente tra le dita; ne scorse lo sguardo fisso, rapito dal suo gioco di dita sul metallo lucido, e le sue labbra si tesero in un sorriso triste.
- L’ho trovato questa mattina sul vialetto che dalle scuderie porta al cancello principale. – spiegò alla donna, aprendo il palmo e mostrandole il piccolo oggetto.
Madame corse al suo viso, rivelando uno sguardo un poco dubbioso – Credi che possa significare qualcosa? – chiese con poca convinzione – E’ solo un piccolo fermaglio dorato … -
- Madame … - intervenne André cercando di soffocare il proprio imbarazzo – Ecco … io conosco questo bottone … -
Madame rimase ad osservarlo, impassibile, per poi muovere appena il capo, invitandolo a continuare – Sai che non devi aver timore di me, André … Dimmi: cosa sai? -
André annuì celando lo sguardo a terra e mordendosi le labbra, prima di spiegarsi – Ce ne sono sei, identici a questo, allineati sul fianco sinistro a chiudere i pantaloni bianchi dell’uniforme di Oscar, nascosti alla vista da un lembo di stoffa. –
 - Oh … - mormorò un poco spiazzata Madame, portando una mano al volto, le dita unite a coprire le labbra e la propria sorpresa. André vinse il disagio portato dal rivelare quel dettaglio e da tutto ciò che Madame avrebbe potuto pensare di quel suo sapere; attese che la donna tornasse a guardarlo, scrutandone lo sguardo un poco turbato, ma sempre aperto e caldo, e poi si fece coraggio, per riprendere a spiegare.
- Madame, seguo Oscar da tanti anni e so che non ha mai perso uno solo di questi fermagli: posso affermare con certezza che lei lo abbia sfilato per poi lasciarlo cadere sul viale deliberatamente. –
- E’ una fortuna che tu lo abbia visto … così piccolo, sul pietrisco del viale … - osservò Madame afferrando il bottone e rigirandolo tra le proprie dita.
- In realtà, era avvolto in questo lembo di stoffa scura … - chiarì André raccogliendo lo scampolo di stoffa strappata dallo scrittoio su cui l’aveva lasciato, e mostrandolo a Madame perché lo afferrasse – Credo si tratti di uno degli oscuranti della carrozza su cui Oscar viaggiava. –
Madame osservò con attenzione anche il pezzo di stoffa, mostrando un evidente interesse e muovendo le dita come a saggiarne la consistenza, prima di lasciarlo tra le mani di André, insieme al bottone, per poi voltarsi verso la finestra, rimanendo assorta a scrutare la notte cupa calata sulla tenuta della famiglia Jarjayes.
André le si fece vicino, fermandosi accanto a lei, a sua volta rivolto alla notte – Sono convinto che Oscar volesse dirmi qualcosa … lasciando il bottone e quella tenda strappata. Eppure … non sono in grado di comprendere … - ammise in un sussurro, chinando il capo e poggiando il mento sul proprio petto, mentre le spalle sembravano gravate da un peso enorme - … non ci riesco … e questa mia incapacità mi rende inutile e indegno della sua fiducia … - concluse con un rintocco di tristezza infinita.
- André … - lo chiamò la voce calda di Madame, mentre un tocco leggero e caldo si palesava sulla sua spalla – … non devi perderti d’animo … Oscar si fida di te … e anche io. -
Si volse cercando lo sguardo di Madame Marguerite, un nodo stretto in gola e un dubbio incoffessabile a pungere l’animo. La osservò alcuni istanti, incerto e timoroso, prima di riuscire a ricacciare nel segreto il proprio malessere, tornando a scrutare il buio lontano.
- Madame, … - sussurrò quasi parlasse tra sé, dando voce al tormento che serrava l’animo in una morsa - … io sono pronto a cercarla in ogni dove, consumando tutto me stesso, pur di ritrovarla e saperla libera dal peso di questo intrigo … Ma qualora dovessi trovarla, cosa potrei fare, io? –
Chinò il capo, le lacrime a pungere tra le ciglia e il respiro in frammenti, nella stretta che chiudeva il suo corpo – Io sono un’ombra, un silenzio, un vuoto … sono un appiglio senza radici, un sostegno senza fondamenta … e solo questo posso essere … -
- Andrè … - si intromise Madame, la voce lieve e calda, come il tocco della mano sul suo braccio – … non devi dire, né pensare questo, di te … perché tu sei molto più di quanto tu possa credere. Lei ha bisogno di te … -
- Può essere vero … eppure io so che ha seguito suo padre spontaneamente … - ribadì allora.
- Non lo metto in dubbio, André. Eppure io sono certa che vi sia una spiegazione anche a questo – riprese Madame accesa di maggior vigore - … e io, che sono sua madre, ti chiedo di cercarla e, quando l’avrai trovata, di portarla via, lontano da tutto questo mondo che la soffoca con la patina dorata, che copre e a mala pena nasconde quanto di peggio possa esistere, soprattutto per lei! -
André, venne scosso dalle parole udite, investito dal soffio potente della richiesta accorata di Madame Marguerite, ancora più incerto, di fronte alla totale fiducia che la donna aveva rivelato di riporre in lui. Negò d’istinto con il capo, confuso e quasi incredulo.
– Madame … io comprendo il vostro timore per il futuro di Oscar … Tuttavia, io non sono nulla, non ho nulla di cui disporre: non un luogo per proteggerla e niente su cui fare affidamento per renderla indipendente dal volere del Generale … - cercò di spiegare, perché convinto che la donna avesse parlato senza considerare veramente la sua situazione – Non potrei mai imporre a Oscar di allontanarsi dalla sua famiglia e dalla sua realtà … né avrei modo di trovare appoggio in qualcuno che possa garantirle una vita dignitosa. Il mio è un altro mondo …  a cui lei non potrebbe mai appartenere, come io non potrò mai appartenere al suo, al vostro. – concluse infine, con amarezza.
Un silenzio quasi irreale pervase la stanza, dove nemmeno il soffio lento del respiro di Madame pareva udibile; lo stesso silenzio, come un vuoto potente, si era aperto nel suo animo, sgretolando con colpi inudibili ogni residua speranza, intaccando ogni ricordo, quasi potesse sbriciolarsi anche il passato, sotto il peso di quel timore. André non riuscì a pensare ad altro, se non al proprio stato, alla propria situazione di servo, di uomo del popolo, senza poter immaginare nessuna possibilità di riscatto per sé, per la propria esistenza, quasi che i momenti vibranti vissuti con Oscar, legando la propria anima a quella di lei, potessero essere spazzati via in un istante, da quella consapevolezza bruciante.
Un fruscio leggero lo distolse sai suoi cupi pensieri; a capo chino, scorse le mani pallide frugare tra le stoffe e risalire, nel tentativo di portare sollievo là dove il respiro soffocava un singulto. Corse al volto di Madame, le dita unite a celare le labbra strette, gli occhi socchiusi e il volto teso in una espressione sofferta; scorse il lucido riflesso delle lacrime strette tra le ciglia, e poi il segno umido sulle gote tremanti della donna.
- Madame … - osò chiamarla con un filo di voce, preoccupato, ma lei scosse appena il capo, portando una mano alla sua guancia in una carezza amorevole, un tocco materno, leggero e potente.
- Davvero pensi tutto questo, di te stesso, André? – gli chiese la donna forzando la propria voce a varcare il limite delle proprie labbra – Davvero vivi in questo palazzo, accanto a mia figlia, condividendo tutto con lei, portando nel cuore questo peso? –
- In fondo, è la realtà, Madame … è quello che sono … e che non posso cambiare … - si giustificò.
- Ma non consideri  quello che lei pensa di te e come lei ti vede?– Madame si avvicinò di un poco, portando anche l’altro palmo al viso di André – Non pensi a quello che lei … prova per te? – gli chiese infine.
In quella carezza materna, André perse ogni difesa, strinse le labbra, aggrottò la fronte, confuso – Beh … Madame, io non posso sapere cosa Oscar pensi di me … o cosa … -
Un sorriso triste velò il volto provato della donna, comprensiva e dolce – Lei non ti ha detto nulla, quindi? –
Non rispose; Andrè scosse appena il capo, negando, incapace di parlare, e Madame colse il suo sguardo, muovendo le mani dal suo viso e allargando le braccia, fino a circondargli le spalle. Un abbraccio materno  lo accolse caldo e profumato, annullando in una stretta amorevole il silenzioso distacco vissuto per anni, superando quel sogno, quel desiderio di affetto e calore che André aveva rincorso tra sogni e scorci rubati, nell’infanzia vissuta a Palazzo. Trattenne a fatica le lacrime, chinando il capo fino a poggiare la fronte sulla spalla minuta di quella madre vestita di seta, inspirandone, quasi bambino, il sentore di primavera dell’anima.
- Perdonala, André … - un sussurro la voce di Madame mentre una carezza gentile scivolava sul suo capo - … perdonala se non ha saputo aprirti il suo cuore. – proseguì poi – Ma credi a questa madre … e fidati della donna che solo tu conosci e non avere timore, non averne mai, perché io sono certa che lei ti aspetti … che attenda solo che tu la raggiunga. -
 
Difficile tornare allo sguardo di Madame Marguerite, dopo  aver sciolto l’abbraccio in cui si era sentito accolto, cullato, confortato … ma necessario recuperare lucidità, concentrando ogni risorsa su quella che era ormai la sua unica priorità: ritrovare Oscar. Per questo, André si mosse un poco, allontanandosi da Madame, portando con sé l’ultima carezza e trattenendone il tepore sul viso, mentre il tocco materno scendeva fino a fermarsi sul suo braccio. Si volse alla finestra, poggiando i palmi alla pietra del davanzale e piegando la schiena, di nuovo capace di concentrare ogni energia su quel poco che era riuscito a comprendere.
- Un bottone avvolto in un lembo di tenda strappata … e un contatto che conduce alla valle della Loira. – mormorò muovendo appena le labbra, quasi potesse rivolgersi direttamente a Oscar, parlando all’immagine calda di lei che portava nascosta dentro di sé – Ti portano in un luogo preciso … -
Lo sguardo si perse nel buio della notte, tra i bagliori del cielo, lontani e silenziosi, e poi tra le fronte scure, mosse dalla brezza notturna in un’onda irrequieta e densa, che avvolse ricordi e immagini in una serie di sensazioni confuse. Chiuse gli occhi, assorto, udendo il clangore delle lame, il fruscio delle fronde come un cielo verde e brillante sopra il duello, e poi una corsa, risa acute e gravi in un unico groviglio, e la sensazione fredda dell’acqua sulla pelle, un abbraccio improvviso e penetrante che blocca il respiro, finché un riflesso sulla pietra bianca non colpisce lo guardo riportando la luce …
Fino a che non spalancò gli occhi, scuotendo le spalle scosso da un brivido, come se il peso degli indumenti bagnati fosse ancora presente a gravare sul suo corpo, e dischiuse le labbra cercando aria, quasi fosse appena riemerso dalla morsa dell’acqua. Madame Marguerite tolse d’istinto la mano dal suo braccio, quasi spaventata dal suo gesto incontrollato e improvviso.
- André … figliolo, stai bene? – gli chiese preoccupata, ma André udì appena la sua voce, rapito da una agitazione impossibile da governare. Riuscì appena ad annuire, portando una mano alla fronte e affondando le dita tra i capelli, ravviando le ciocche e riordinando i pensieri. Cercò di dominare il proprio affanno, e poi si volse verso Madame frugando nel proprio animo per ricomporre poche, necessarie, parole.
- So dove cercare. Ma prima … devo tornare a Versailles. –


Angolo dell'autrice: svelati anche i dubbi più nascosti di André, che riesce ad affrontarli grazie a Madame Marguerite. E ora?
Un grazie di cuore a tutte voi che proseguite nella lettura di questa avventura... a chi segue, ricorda e preferisce, a chi mi fa compagnia con i suoi commenti, e a chi ha letto in anteprima aiutandomi a superare qualche incertezza.
Un abbraccio a tutte! A presto!

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Capitolo 44
*** Passo a tre ***


Passo a tre
 
Il Conte di Fersen prese un sorso dall’elegante calice, trattenendo tra le labbra il cristallo per qualche istante e rimanendo assorto, con le sopracciglia aggrottate, fissando il ripiano lucido della consolle; poi, come riprendendosi dai propri pensieri, lo depose sulla mensola, volgendo lo sguardo in direzione di André.
- Il Generale Jarjayes, quindi, ha parlato di qualcuno di molto vicino a Re Luigi XV, così prossimo a Sua Altezza Reale da poter influire sulla nomina del Comandante della Guardia Reale? –
André annuì prontamente – Ha fatto cenno ad un uomo, ma è stato molto accorto nell’evitare riferimenti più precisi. Inoltre, dal suo discorso, ho avuto l’impressione che si trattasse di un gruppo di persone e non semplicemente di un uomo in particolare. Potrebbero essere coinvolte anche delle dame, o forse un ramo della famiglia … -
- E, soprattutto, dovrebbe trattarsi di qualcuno che avesse già la sua influenza ben quindici anni orsono … - intervenne Girodel, affiancandolo.
- Esatto - convenne Andrè rivolto all’ufficiale – e questo dovrebbe aiutarci ed escludere gli esponenti più giovani della corte, come Monsieur Le Comte de Provence[i] o le Comte d’Artois[ii], che all’epoca della nomina di Oscar non credo potessero avere un simile peso a corte … - ipotizzò.
I tre uomini rimasero in silenzio per qualche momento, gli sguardi a scivolare senza attenzione sui dettagli delicati delle lucide boiserie e dei mobili di pregiata fattura, mentre le menti ronzavano saturando l’ambiente, quasi stridenti nella costruita perfezione dell’elegante soggiorno. Il Conte mosse qualche passo, lento e silenzioso sul tappeto morbido, seguendo un percorso di passi e pensieri, fino a ritornare accanto alla consolle, per versare dell’altro vino nel calice[iii]e portarlo alle labbra.
- Oppure … - riprese il Conte di Fersen, dopo aver vuotato il suo bicchiere, trattenendo l’esile stelo tra le dita - … qualcuno avrebbe potuto agire appoggiando gli interessi di questi giovani, ma a loro insaputa. –
André si vide scrutato dal Conte e, in leggero disagio, chinò lo sguardo a terra serrando le labbra. Il ragionamento del Conte pareva seguire un interessante filo logico, eppure ai suoi occhi strideva in alcuni dettagli, soprattutto considerando che l’intrigo di cui aveva fatto menzione il Generale affondava le radici al periodo della nomina di Oscar a Guardia della Principessa Maria Antonietta.
Storse il naso, negando, se pur con rispetto – Non credo che tutto questo potesse essere di qualunque utilità ai fratelli dell’allora Delfino. –
Il Conte e Girodel si volsero ad André, fissandolo con interesse.
- Vuoi spiegarti meglio, André? – chiese Girodel accompagnando l’invito sollevando un braccio.
- Intendo dire che, secondo il racconto che ho udito, chi ha appoggiato Oscar, perché divenisse responsabile della sicurezza della Principessa, non lo ha fatto su espressa richiesta del Generale Jarjayes, bensì di propria iniziativa. Questo dettaglio mi induce a pensare che la scelta sia caduta sul suo nome per un motivo preciso … che potrebbe essere il fatto che Oscar non fosse un uomo … ma anche semplicemente per legare il nome e la riconoscenza del Generale ad una futura causa comune. – chiarì André - In quegli anni, niente poteva far presupporre che i fratelli di Luigi Augusto avrebbero potuto aspirare ad ottenere dei benefici, anche indiretti, dalla nomina di Oscar. Al contrario … la sicurezza della Principessa e poi, in tempi recenti, la correttezza della sua condotta morale, non avrebbero che giovato al Delfino stesso e alla coppia Reale. – 
I due uomini annuirono lentamente, seguendo il suo pensiero; Girodel per primo espresse il proprio appoggio, rilassando le spalle e muovendo appena il capo – Hai pienamente ragione: è probabile che, all’epoca, la questione fosse solo legata alla sicurezza e che l’appoggio del Generale, in questo senso, fosse considerato importante grazie alla sua abilità con le armi e al suo valore militare; tuttavia, bisogna anche ricordare che nessuno, in realtà, conosceva il valore di Madamigella Oscar, prima che potesse dimostrarlo direttamente svolgendo le sue mansioni. –
Girodel si fermò, scrutando le reazioni del Conte e poi volgendosi ad André, in uno scambio silenzioso di sguardi; quindi, sollevò un angolo delle labbra, azzardando un timido sorrido di intesa –Beh … probabilmente, nessuno, tranne te, André. –
André rispose a Girodel con una espressione triste, mentre il ricordo di innumerevoli istanti vissuti al fianco di Oscar tornavano vivi a pungere in un luogo segreto, nel petto. Non si accorse quasi del movimento con il quale il Conte si era spostato dalla consolle, allontanandosi per poi fermarsi ad un passo da una delle grandi finestre aperte sulla Cour de la Reine, rivolto al cortile e al vociare lontano che da esso proveniva. Lo vide scuotere il capo, e poi tornare al salotto, tormentato.
- Già … con ogni probabilità, la questione della scurezza della Principessa, allora, era davvero di primaria importanza. – confermò il Conte - Da quanto ho udito raccontare da … da Sua Maestà la Regina, Oscar doveva essere nominata a capo della Guardia Reale e solo in seguito a non so quale vicissitudine, venne stabilito che assumesse, invece, la carica di Guardia Personale della Principessa, per passare solo in un secondo momento a capo della Guardia Reale[iv]. –
- Quello che dite è corretto. – confermò Girodel.
- Ebbene, - proseguì il Conte dopo un cenno del capo a Girodel – ho l’impressione che questa successione di incarichi, nonché, ovviamente, il suo effettivo valore, abbia reso Madamigella Oscar sempre più vicina alla Principessa, prima, e alla Regina, poi, assicurando al fianco di Maria Antonietta una figura di grande rigore e calibro morale. Mi chiedo ora … se questa presenza non fosse stata intesa da qualcuno come esempio, o monito, o supporto … per la giovane Principessa spensierata che conobbi a Versailles. –
André sbarrò gli occhi, sorpreso – Conte di Fersen … a fianco della Principessa vi erano il Comte de Mercy, la Principessa di Lamballe, Madame Noailles … figure assai più vicine a sua Maestà di quanto non fosse mai stata Oscar. –
- Probabilmente è come dici, André. –convenne Girodel –Tuttavia Sua maestà non ha mai nascosto di tenere in grande considerazione il parere di Madamigella Oscar su numerose questioni, anche non di sua diretta competenza. Per questo, assicurarsi un ascendente sul Generale Jarjayes, poteva significare averlo sulla figlia e, indirettamente, sulla Principessa … -
- Già … - proseguì Andrè, riprendendo il ragionamento di Girodel - … e soprattutto, credo che il parere di Oscar potesse contenere, in qualche modo, l’esuberanza della giovane Maria Antonietta … in modo assai proficuo per l’immagine della futura coppia Reale. –
André si allontanò da Girodel, muovendosi tra le poltrone, come in un dedalo di velluto e legno lucido di intarsi preziosi; si fece vicino al Conte, aggrottando la fronte, come se, d’un tratto, i tasselli disordinati di un immenso mosaico avessero trovato la loro esatta collocazione. Strinse i pugni, portando il destro alle labbra, e poi levò lo sguardo a Girodel e, di seguito, al Conte – Ma certo … tutto mi conduce a credere che le priorità dei mandanti abbiano subito una sorta di evoluzione: credo che avessero a cuore la sicurezza della Principessa … ed anche desiderassero l’appoggio di una personalità come il Generale, in un primo momento; ma poi devono aver pensato che la presenza e l’esempio di disciplina e assoluta correttezza di Oscar abbiano probabilmente affascinato la giovane Sovrana e avrebbero potuto indurla a seguire la stessa condotta di vita. Tuttavia, quando è parso impossibile che il solo esempio potesse portare allo scopo ultimo del rigore morale, deve essere parso accettabile l’estremo tentativo di colpire la Regina nei suoi affetti più cari … attraverso un apparente tradimento di Oscar … e anche vostro, Conte di Fersen, per indurla alla morigeratezza e a rivedere la propria vita; ma non solo il tradimento … anche addirittura la vostra morte. -
L’espressione del Conte si fece sofferta, in principio quasi incredula; poi, lentamente, anche nella sua mente l’oscuro disegno parve ricomporsi. Giunto al suo fianco, Girodel era rimasto immobile, silenzioso e partecipe del profondo tumulto nell’animo del Conte.
André attese che il Conte risollevasse lo sguardo, che i suoi occhi tornassero vivi e la sua espressione controllata, mentre la sua stessa mente continuava a intessere trame, ricostruendo un intreccio fitto di legami, favori, speranze.
– Tutto questo, avrebbe avuto un unico, perverso, scopo: quello di forgiare una figura virtuosa e mite, che restasse accanto al proprio consorte in silenzio, senza creare disordine, vivendo un’esistenza devota al servizio del Regno di Francia … Una figura del tutto simile alla Regina Marie Leczinska [v]… Se tutto è stato come credo … io ritengo probabile che qualcuno, già prima che Luigi Augusto divenisse Sovrano, lavorasse nel segreto perché potesse essere un grande Re, così come era Luigi XV anche grazie alla presenza della Regina Marie … e perché potesse vivere al meglio il ruolo per il quale era stato destinato. –
- Destinato … dal volere divino, forse? – suggerì Girodel assottigliando lo sguardo.
Il volto del Conte rimase teso, lo sguardo socchiuso nello sforzo di recuperare ulteriori dettagli, trovando nell’intrico di legami intessuti a corte i capi di un gioco di fili ormai perso nel corso degli anni; André, si rivolse a Girodel annuendo lentamente.
- Già … il volere divino … Il rigore e la devozione, l’esempio di una Regina amata vissuta a fianco di un grande Sovrano, ma anche la possibilità di agire indisturbati a corte - raccolse le idee, riordinò i dettagli di una vicenda che ormai aveva preso una forma precisa nella mente, e poi fece un cenno al Conte, proseguendo - e il dubbio che mi avevate espresso voi in passato, Conte di Fersen, quel suggerimento perché si prestasse attenzione agli appartamenti a settentrione, al piano terra: adesso mi sembra che tutto converga in un’unica, precisa direzione! Io devo assolutamente mettermi in viaggio, in cerca di Oscar, ma vi chiedo di continuare a cercare conferma a questi ragionevoli dubbi … -
- Quando pensi di partire, André? – chiese d’un tratto il Conte di Fersen, puntando il suo sguardo in quello di André e cogliendolo un poco di sorpresa – E dove sei diretto? –
André colse il velo di preoccupazione celato in quelle domande e rispose d’impulso – Quest’oggi stesso, Conte. Ho ragione di credere che Oscar sia stata condotta nei pressi di Tours e non voglio correre il rischio che possa ripartire presto per un’altra destinazione. –
- Verrò con te! – affermò deciso il Conte – Concedimi il tempo di congedarmi e prepararmi … e poi ti raggiungerò a Palazzo Jarjayes nel primo pomeriggio. –
- Conte, io non posso permettervi di … - riuscì appena a sussurrare André, colto di sorpresa dalle parole dello svedese, ma quello non lo lasciò proseguire.
- Devo assolutamente aiutarti a trovarla, André. In caso di necessità … o di pericolo, saremmo in due e forse potrei anche risultare utile in altro modo. – cercò di convincerlo – Immagino che questa potrebbe essere la mia ultima occasione di incontrare Madamigella Oscar … e vorrei poterle parlare liberamente, almeno per una volta. –
Alzando lo sguardo, André incontrò quello del Conte, l’animo provato e il tumulto segreto ormai evidente nei suoi tratti eleganti; rimase in silenzio, leggendo in quell’espressione sincera il fremito di un genuino desiderio di rendersi utile. Comprese come il Conte avvertisse il carico delle leggerezze commesse come un peso impossibile da sopportare oltre e seppe con certezza che mai più, da quell’uomo, avrebbe avuto da temere alcun male per Oscar.
Tese le labbra, un accenno di sorriso in risposta al volto tormentato, e mosse il capo, annuendo – Vi attendo a Palazzo, questo stesso pomeriggio. Mi troverete pronto. –
 
Lasciato l’appartamento del Conte di Fersen, André aveva  sceso la scala seguendo il percorso che in numerose altre occasioni lo aveva condotto all’ufficio di Oscar. Con lo sguardo fisso avanti a sé e la mano sollevata a scivolare leggera sul corrimano al proprio fianco, arrestò di colpo i proprio passi quando si accorse che l’uniforme celeste si era fatta improvvisamente troppo vicina. Sollevò lo sguardo, recuperando lucidità e precorrendo come in un sentiero la fascia dorata che attraversava la giubba decorata, fino a fermarsi sulla preziosa stella a otto punte fissata al centro del petto che gli stava dinnanzi.
- So bene che difficilmente farà ritorno a Versailles, dopo quello che è accaduto; – esordì Girodel con voce controllata a fatica, tradendo appena le proprie emozioni – come sono certo che sarà in grado di trovare una sistemazione più adatta a lei, che le permetta di vivere davvero, così come qui non potrebbe mai permettersi di fare. – aggiunse poi allusivo.
André ebbe un fremito nell’ascoltare quelle parole; strinse le dita sui palmi, sollevando appena il capo, per mostrare apertamente il proprio volto a Girodel, e dipinto su di esso, tutta la propria inquietudine.
- La troverai, André … di questo non ho dubbi, perché lei stessa farà in modo che tu la possa raggiungere. – soggiunse, portando poi le mani alle spalle di André, con una presa salda e inaspettatamente energica – Per questo chiedo a te di portarle il mio addio e di riferirle che per me è stato un vero onore il fatto di essere al suo comando e che mai sarò degno di prendere il suo posto, perché credo che nessun ufficiale possa eguagliare il suo valore. –
André lo osservò sorpreso, notando solo in quel momento che Girodel, pur già nominato successore di Oscar, indossava ancora la sua giacca celeste – Le porterò il vostro saluto, senza dubbio … -
- Fai attenzione, André … - riprese Girodel avvicinando il volto al suo e parlando con voce appena udibile –Fai molta attenzione, ti prego. Io continuerò a cercare, qui alla Reggia … per dare un nome al responsabile di tutto quello che è accaduto. Se i tuoi pensieri sono corretti … allora c’è un solo ambiente in cui cercare qualcuno che possa giungere a tanto, in nome del volere divino, qualcuno che nasconda dietro una fede perfetta una tale macchinazione … -
- Non potrò mai ringraziarvi abbastanza del vostro aiuto e della vostra lealtà, Girodel – sussurrò André di rimando, ma l’ufficiale non gli permise di continuare.
- Andrè, ascoltami. io sono vincolato al mio ruolo e forse anche osservato … ma attraverso il Conte di Fersen potremo restare in contatto e magari, in futuro … -
- Maggiore Girodel! –
Una voce dall’ufficio richiamò Girodel al proprio dovere, bloccando ogni altra confidenza; il Maggiore, lasciando la presa sulle spalle di André, drizzò la schiena e riprese il proprio contegno di nobile e militare.
- Addio André … per me è stato un onore conoscerti. –
- Lo è stato anche per me … - rispose André controllando la propria voce, celando una sottile emozione - Buona fortuna, Girodel. Per voi e … per la vostra vita. – soggiunse infine.
Un ultimo saluto, nascosto allo sguardo curioso della Reggia, e poi André riprese la scala, percorrendo rapido la lunga rampa e sfilando velocemente tra i corridoi nudi, fino a raggiungere la grande corte, per correre quasi fino alla margine della piazza esterna a recuperare Alexander. Giunto sulla soglia della scuderia si volse finalmente a occidente, per osservare il profilo dell’immensa Reggia, come un orizzonte basso e frastagliato, un mostro immobile e silenzioso, visto da lontano, che somigliava appena alla brulicante realtà che ben conosceva.
Socchiuse lo sguardo, mettendo a fuoco le piccole, piccolissime figure che animavano la grande cour come insetti laboriosi … e poi scosse il capo, scacciando quell’immagine dalla propria vista e inoltrandosi nell’ambiente caldo della stalla.
 
[i] Fratello minore di Luigi XVI, il Conte de Provence, noto come Il Desiderato, divenne Re come Luigi XVIII nel 1814.
[ii] Fratello minore di Luigi XVI e Luigi XVIII, divenne re con il nome di Carlo X dal 1824.
[iii] Niente servitori, durante un incontro così delicato …
[iv] Ricostruzione puramente personale … non sono certa che corrisponda a quanto in effetti si racconti nell’anime o nel manga.
[v] Versione francese di Maria Leszczynska, di origine polacca e moglie di Luigi XV, Regina amata e rispettata, ricordata per il suo carattere mite, la grazia e le buone maniere. Per chi volesse approfondire: il personaggio https://it.wikipedia.org/wiki/Maria_Leszczy%C5%84ska

Angolo dell'autrice: perdonate il capitolo un po' pesante... ma credo cruciale per l'indagine che Girodel si appresata a concludere (come voi, spero...).
Vi lascio un po' di tempo, perchè il prossimo lunedì sarò in vacanza e non sono certa di poter aggiornare.Visto che André sta per partire, in buona compagnia, ho pensato di aggregarmi. Vedremo cosa riesco a fare...
Intanto... rinnovo i più sentiti ringraziamenti a chi legge, segue, ricorda, preferisce e commenta, facendomi sentire che c'è!
Un bacio a tutte... a presto!

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Capitolo 45
*** Cenere e brace ***


Cenere e brace
 
André rilassò le spalle, poggiando la schiena e il capo al tronco solido di un faggio, quasi godendo della sua ruvida e solida presenza e lasciandosi cullare dalla carezza calda della fiamma che da poco aveva preso a danzare energica, avviluppando con vigore la bracciata di legna che era riuscito a raccogliere mentre ispezionava i dintorni. Udì i passi del Conte di Fersen scricchiolare sul manto del sottobosco, fino a raggiungerlo e fermarsi accanto alla sua posizione: l’uomo si chinò a terra, sedendo su una grossa radice nodosa che affiorava dal terreno morbido e poi piegò le ginocchia, per appoggiarvi i gomiti, restando a sua volta come assorto nella contemplazione del falò. Con la coda dell’occhio, ne osservò la postura morbida, sorprendendosi quasi nel vedere come il suo nobile accompagnatore potesse apparire a proprio agio anche in quella precaria sistemazione. Indugiò qualche istante sul volto elegante, appena segnato dalla stanchezza della lunga cavalcata, che, lasciato Palazzo Jarjayes nel primo pomeriggio, li aveva condotti a passo sostenuto verso meridione, lungo la via di Orléans per poi virare a occidente, quando la città era comparsa a chiudere il loro orizzonte, con il profilo orgoglioso della meravigliosa cattedrale a svettare sulla distesa bruna dei tetti stretti tutto attorno ad essa, in una macchia calda e brillante, resa ancor più affascinante dal bacio ardente del tramonto. Allora avevano aggirato l’abitato, seguendo poi il corso della Loira fino a raggiungere una macchia fitta di alberi ad alto fusto che, coprendo come una coltre la scoscesa riva settentrionale del fiume, avrebbe potuto offrire un riparo tranquillo per la notte. Avevano scelto una posizione defilata rispetto al percorso sicuro della strada, ma dalla quale avrebbero potuto comunque controllare l’eventuale passaggio di viaggiatori notturni, e avevano verificato che il loro falò non risultasse visibile dalla via sterrata che correva a buona distanza, parecchio più in basso rispetto alla loro posizione, in modo da non attirare l’attenzione di ladri o malintenzionati.
André aveva dovuto ammettere la propria sorpresa nello scoprire quanto il Conte fosse collaborativo e attento, nella scelta del luogo per accamparsi, come nella sistemazione dei cavalli e nella preparazione del fuoco; l’aveva scoperto silenzioso e concentrato, con le labbra strette e lo sguardo assottigliato, mentre si prodigava nell’accendere la prima scintilla, maneggiando l’acciarino con evidente destrezza, e, ancor prima, energico e diligente nel prendersi cura del proprio cavallo, preparandolo al riposo notturno, dopo aver tolto la propria giacca e averla piegata con gesti precisi, per riporla sul terreno. Vestito di un abito aristocratico, ma decisamente meno elaborato e prezioso rispetto a quelli che solitamente André gli aveva visto indossare a corte, e messo in condizione di agire liberamente, senza il peso della rigida etichetta, il Conte di Fersen appariva differente sotto molteplici aspetti dall’immagine artificiale e quasi finta che mostrava a Versailles. In realtà, dal momento della partenza, non avevano intrecciato una conversazione degna di questo nome: si erano limitati ad una sorta di scambio di convenevoli, alla verifica di quanto entrambi avessero portato con sé, e poi non avevano fatto altro che cavalcare, il Conte a seguirlo senza chiedere né commentare alcunché, preservando entrambi un simmetrico contegno, almeno fino al momento in cui, di fronte all’esitazione di André alla vista della città di Orléans, il Conte non lo aveva sollecitato a procedere oltre, senza preoccuparsi di trovare una locanda per trascorrere la notte.
Tuttavia, con la capigliatura scompigliata, il volto un poco arrossato e la giacca coperta di polvere, anche il Conte aveva assunto un’aria piuttosto concreta e avvicinabile, pur nel suo silenzio. Vedendolo seduto accanto a sé, André si sporse verso la sacca delle provviste, rovistando con attenzione tra gli involti perfetti che la solerzia della nonna aveva ordinatamente stipato al suo interno, e ne trasse un pacchetto che, a giudicare dalla forma arrotondata, dalla consistenza croccante della superficie e dalla cedevolezza della parte centrale, doveva essere una delle pagnotte sfornate ogni mattino dal forno di Palazzo Jarjayes; cercò ancora riconoscendo sotto la tela la solida morbidezza di una forma di cacio e la tolse dalla bisaccia, deponendola a terra accanto al pane e ad un coltello, avendo cura di disfare gli involti, perché il contenuto fosse ben visibile. Lanciando un’occhiata al Conte, André spezzò gli indugi e il lungo silenzio.
- Prego, Conte di Fersen … non è una cena ricca, ma potrà comunque placare la fame e dare sollievo dopo la lunga cavalcata. – disse, mentre con un colpo deciso staccava un grosso pezzo di formaggio dalla forma.
- In realtà – esordì il Conte afferrando il formaggio e portandolo alle labbra – non potrei chiedere di meglio, visto che non sono stato in grado di farmi preparare una bisaccia di provviste …  Devo riconoscere che tu sei stato molto più accorto di me. -
André sorrise, chinando il capo in segno di ringraziamento e prendendo a sua volta del formaggio e del pane; sollevò lo sguardo dal fuoco, per controllare oltre la piccola radura, spingendosi tra i fusti degli alberi, nell’ombra scura che si mostrava come una fitta cortina appena al di là del limite labile della luce della fiamma, che danzava inquieta in una sorta di lotta con il fronte dell’oscurità della notte, poi, rassicurato dalla pacata voce del sottobosco, si volse al Conte, senza preamboli.
- Perché non avete voluto che ci fermassimo in una locanda? A Orléans non mancheranno di certo … - chiese allungandosi per tagliare una fetta di pane.
- Non credo fosse il caso di perdere tanto tempo, André: mi hai detto che siamo diretti nella zona di Tours e che non è il caso di indugiare, perché potrebbero verificarsi ulteriori trasferimenti, così … - si giustificò il Conte, lasciando intendere la conclusione del proprio pensiero mentre lo sguardo restava fisso sulla fiamma; l’uomo attese un poco, sotto lo sguardo obliquo di André, e poi sorrise tra sé, forse intuendone i pensieri – Non devi preoccuparti per il mio sonno, André: sono stato un soldato e una parte di me lo resterà per sempre. Ho imparato a mie spese la differenza tra gli agi di corte e la vita da campo … -
André sorrise a sua volta, nascondendo il proprio leggero imbarazzo; il Conte aveva compreso perfettamente i suoi scrupoli, ma aveva trovato anche un modo molto diretto per scioglierli, senza mostrarsi assolutamente sorpreso ma, anzi, mostrando con semplicità i propri trascorsi.
Poi lo vide allungare le gambe davanti a sé, accomodando i tacchi in una piccola buca e restare a scrutare a sua volta tutto attorno al loro piccolo bivacco; dopo un istante di silenzio, il Conte gli si rivolse direttamente, palesando la propria curiosità – Riflettendoci … ricordo che tu abbia parlato della città di Tours e della sua regione: ma ho la netta impressione che tu sappia esattamente dove siamo diretti. –
André non si sorprese della domanda; annuì immediatamente e, mentre si apprestava a stappare una bottiglia di vino tolta dalla propria sacca, rispose al proprio compagno – In realtà, non ho nessuna certezza che si tratti della meta corretta … eppure continuo a pensare che debba trattarsi del borgo di Azay, a poche miglia a sud da Tours, lungo il corso dell’Indre[i]. –
Il Conte inarcò le sopracciglia, osservandolo mentre prendeva un sorso dalla bottiglia appena stappata; poi allungò il braccio per afferrarla a sua volta, portandola alle labbra e gustandone il contenuto, prima di tornare a parlare.
- Il borgo di Azay?! Non ne ho mai sentito parlare. – ammise – Ma forse per voi ha un significato particolare, o sbaglio? –
- La notte in cui il Generale incontrò Sua Maestà il Re, al suo rientro, io ero nell’ingresso di Palazzo e, pur non volendo, ho avuto modo di ascoltare una conversazione tra il Generale e il suo attendente, Jerome, che veniva inviato a consegnare una lettera ad una sorta di collaboratore, un corriere che, ho poi appurato, solitamente opera nella valle della Loira. – iniziò a raccontare André, mentre il Conte lo fissava con evidente interesse, annuendo appena – All’epoca, non vi prestai attenzione … tuttavia, dopo il mio risveglio nella scuderia, trovai, lungo il viale che conduce al limitare della tenuta dei Jarjayes, un involto … in cui riconobbi un lembo di un parasole delle carrozze a servizio della famiglia, dentro al quale era stretto un bottone dell’uniforme di … – Andrè arrestò il racconto, portando alla bocca un pezzo di pane e prendendo a masticarlo, un poco assorto.
- Sei sicuro che si tratti proprio di un suo bottone? – chiese allora il Conte palesando il proprio dubbio – Esistono decine e decine di uniformi della Guardia Reale ... e forse i fermagli di altre uniformi potrebbero essere identici … -
- E’ probabile che questo valga per le uniformi dei soldati … - si affrettò a spiegare allora André – … o almeno per quelli dei pantaloni; ma vedete … i suoi sono differenti. – esitò un istante, mentre il Conte lo scrutava attento, poi riprese, per chiarire meglio – Normalmente, c’è una … patta centrale, ma lei … beh, i suoi, hanno una chiusura sul fianco. Sono diversi, realizzati dalle sarte di Palazzo … e anche i bottoni sono particolari, più piccoli e nascosti[ii]. -
Il Conte rimase a riflettere su questo dettaglio, masticando lentamente e annuendo con il capo; poi, d’un tratto, la sua espressione si fece più curiosa, mentre la fronte si aggrottava sotto le ciocche disordinate – E questo come si lega al borgo di Azay? –
André si riscosse quasi, all’udire la voce del Conte. Annuì leggermente, prima di riprendere – Si tratta di un vecchio episodio, accaduto quando eravamo ragazzini e il Generale ci condusse entrambi con sé in visita ad un conoscente, un tale Monsieur Vasse, un nobile che abitava una tenuta nei pressi del borgo di Azay … una tenuta dal nome singolare, nota come Azay le Brûlé … ma anche Azay le Rideau[iii]. –
- Azay le Rideau? Rideau, come tenda? – chiese attonito il Conte.
- Esatto. Lei conosce bene quella tenuta … e certamente ne condivide lo stesso mio ricordo, perché ci fermammo in quel luogo per alcuni giorni; forse una intera settimana. – spiegò allora – Ci esercitavamo ogni giorno, proseguendo gli allenamenti che normalmente si sarebbero tenuti a Palazzo Jarjayes, ma rimanendo nel giardino retrostante la dimora, duellando con la spada sulla riva dell’ansa dell’Indre[iv] che abbraccia il castello … e un giorno, concentrati nel gioco di lame, e solo su quello, cademmo entrambi nel fiume. Quando ho visto quel lembo di tenda e il fermaglio, non ci ho pensato; ma poi … in seguito, mi sono convinto che l’avesse lasciato perché io potessi comprendere. –
Il Conte rimase allora assorto, il volto segnato dall’aura morbida e calda che la fiamma vivace proiettava sul suo profilo elegante, donando al suo viso una nuova profondità; le labbra sottili si tesero, mostrando la piega del dubbio, mentre i palmi sfregavano uno sull’altro, inquieti – Se il Generale l’ha allontanata a forza da Palazzo, come poteva essere in grado di lasciarti una traccia … o anche solo conoscere la destinazione del suo viaggio? –
Lo sguardo grigio, sottile di preoccupazione raggiunse André, ma si fece immediatamente curioso, non appena ne scorse il negare con il capo.
- Qualcuno l’ha vista partire: lei ha lasciato il Palazzo seguendo il Generale dopo una lunga discussione, a quanto pare. – spiegò André allungando un braccio per affondare la punta di un ramo sottile tra la cenere raccolta attorno al cuore della fiamma – Sono più che convinto che abbia posto delle condizioni alla propria partenza, come aveva già tentato di fare[v], e che sia partita quanto meno conoscendo la meta del suo trasferimento, forse proprio per poter lasciare una traccia. –
- Tu la conosci meglio di chiunque altro, André: solo tu puoi comprendere i suoi pensieri … e immaginare come possa essersi comportata. – affermò il Conte con tono convinto, allungando verso di lui la bottiglia di vino – E quel che è più importante, è che lei è consapevole di questo. –
 
André sollevò lentamente le palpebre, scrutando nell’ultima ombra della notte, lambita ormai dalla carezza soave del primo soffio dell’aurora. Inarcò la schiena un poco provata dal sonno scomodo e disturbato dal giaciglio di terra e radici così come dai sogni avvelenati dalla preoccupazione. Richiuse per un istante gli occhi, godendo un ultimo respiro profumato del sentore umido del bosco, e poi li riaprì, mettendosi a sedere e discostando la coperta che lo aveva riparato durante il sonno.
Si volse in cerca del Conte che, poco distante, era seduto a vegliare l’ultimo fuoco, giocando con le braci e agitando la cenere. Avevano convenuto che non fosse opportuno lasciare il fuoco, le sacche e i cavalli incustoditi, perciò si erano accordati per dei turni di guardia durante la notte, in modo che entrambi potessero riposare senza correre rischi, e André, stanco ma piuttosto teso all’idea della ricerca intrapresa, non aveva esitato ad offrirsi per rimandare il proprio riposo. Il Conte, senza mostrare alcuna difficoltà, si era avvolto nella sua coperta e si era disteso a terra, poggiando il capo su di una sorta di cuscino di muschio, lasciando che il proprio animo di soldato affiorasse a governare il proprio sonno. Rimasto solo a vegliare, André aveva poi lasciato che il proprio pensiero vagasse lontano, volando oltre il bosco, la strada e il fiume, nella testarda speranza di aver seguito a ragione il proprio istinto …
- Buongiorno, André. – il saluto del Conte gli giunse limpido, così come era la sua espressione, incredibilmente distesa, per aver trascorso una notte di sonno spezzato su di un giaciglio di fortuna.
- Conte di Fersen … - rispose ossequioso, accompagnando le parole con un cenno del capo - … volete riposare ancora un poco? Credo che non sia necessario partire immediatamente. –
- Oh no, André. Credo di aver riposato a sufficienza. Tuttavia, se vi fossero ancora delle provviste … -
Presa la sacca, André non esitò a dividere con il Conte il pane e il formaggio rimasto dalla sera precedente, per poi occuparsi della propria coperta, scuotendola e ripiegandola con cura, e dei propri capelli. Ravviò con le dita le lunghe ciocche ribelli, per poi disciplinarle in una stretta coda, legandovi attorno il nastro, mentre anche il Conte pareva assorto nelle proprie silenziose occupazioni di riordino.
- Come pensi di agire, quando l’avrai trovata? –
La voce del Conte gli era giunta inattesa, ma la domanda, tutto sommato, era la medesima che gli aveva dato tormento per l’intera notte. Strinse il fiocco sulla propria nuca, prendendo tempo, e poi lasciò le braccia lungo i fianchi, ponendosi di fronte al Conte.
- In realtà, me lo chiedo io stesso, senza riuscire a darmi una risposta adeguata. So di non potermi presentare alla tenuta di Monsieur Vasse come suo attendente, perché, sempre ammesso che lei sia veramente a Azay, è probabile che il Generale abbia disposto perché lei venga quanto meno tenuta al sicuro da eventuali incursioni indesiderate … - esordì incerto – Credo che lui immagini che io possa cercarla, perché lei aveva chiaramente espresso la volontà di portarmi con sé; ma so per certo che, dopo i fatti di ieri, il Generale abbia perso completamente la fiducia che in passato aveva riposto in me. Probabilmente, il vostro aiuto sarà davvero importante … - ammise infine.
Il Conte annuì – In realtà, hai solo confermato i miei stessi dubbi … ma credo che sia necessario, tuttavia, cercare di entrare in quel palazzo per verificare che lei sia davvero affidata alla custodia di Monsieur Vasse. –
- Forse potreste farlo voi, Conte? So di chiedervi molto, ma potrebbe essere sufficiente chiedere asilo per la notte prossima … adducendo una motivazione qualunque … - ipotizzò André.
- Sì … potrei chiedere di essere ospitato, insieme al mio attendente, - convenne lo svedese - ma così si correrebbe il rischio che tu venissi ricoverato al di fuori del palazzo … -
- E’ vero … ma voi potreste comunque tentare di muovervi per scoprire se vi sia un altro ospite, no? – azzardò allora, già tentando di immaginare come, durante la notte, il Conte avrebbe potuto cercare di curiosare tra le stanze – Io ricordo la disposizione interna del castello in modo sufficientemente chiaro da potervi dare qualche indicazione per muovervi tra le stanze destinate ad eventuali ospiti: la tenuta è di piccole dimensioni e i servitori alloggiano in una dependance … non sarà difficile. –
L’esortazione di André parve illuminare il volto del Conte, nello stesso istante in cui, da oriente, l’alba riuscì a vincere l’orgogliosa cortina degli alberi serrati attorno al bivacco colorando di brace la capigliatura un poco disordinata. L’espressione di Fersen si fece brillante, gli occhi grigi stretti in uno sguardo furbo e le labbra appena tese in un accenno di sorriso.
- Tu conosci il palazzo e sapresti muoverti con precisione per cercarla … - mormorò, come se temesse che qualcuno potesse udire le sue parole oltre a loro; quindi il suo sguardo si fissò sulle spalle di André, passando poi alle proprie, come soppesando con attenzione la corporatura di entrambi, prima di chinarsi a raccogliere la propria giacca, per scuoterla e liberarla dalla polvere.
- Bene, Conte di Fersen. Vogliamo metterci in viaggio? –
 
[i] Affluente di sinistra della Loira
[ii] Libera interpretazione della moda dell’epoca. Le esperte in materia mi perdonino la licenza poetica …
[iii] La proprietà del castello di Azay le Rideau è effettivamente della famiglia Raffin-Vasse attorno alla metà del XVIII secolo, e pare che la tenuta fosse nota anche come Azay le Brulé, a seguito del devastante incendio del quale fu oggetto nel XV secolo il complesso precedente a quello oggi esistente, realizzato nel secolo XVI. In realtà, tra il 1780 e il 1790 la tenuta di Azay versa in cattivo stato di conservazione e solo dopo che l’acquisto da parte del Marchese Biencourt, vengono intrapresi lavori di restauro. Non avendo alcuna pretesa di divulgazione storia, mi sono presa alcune libertà. Per chi avesse curiosità in merito consiglio https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Azay-le-Rideau
[iv] Il castello è costruito su una palificata proprio dentro il letto del fiume, dove il corso crea un'ansa tranquilla
[v] Riferimento al Capitolo 40

Angolo dell'autrice: torno con un leggero anticipo, visto che vi ho fatto attendere per ben due settimane... Adesso siamo davvero in viaggio!
Colgo l'occasionedi salutare con affetto tutte le amiche che leggono dal Piemonte, dove ho trascorso qualche giorno di vacanza, in particolare quelle con cui ero in contatto... e che per un soffio non ho potuto incontrare; ringrazio di cuore tutte le lettrici, chi segue, ricorda, preferisce e commenta, e soprattutto l'amica carissima che mi supporta e sopporta leggendo in anticipo i miei deliri!
Il racconto si avvia alla fase finale... portate pazienza! Baci a tutte! A presto!

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Capitolo 46
*** La resa dei Conti ***


La resa dei conti
 
Lanciò un’occhiata preoccupata al proprio accompagnatore che, mantenendosi defilato e un poco arretrato, lo seguiva silenzioso, apparentemente tranquillo; insistette, osservando la propria giacca color cioccolata che, indosso allo svedese, continuava a lasciarlo un po’ perplesso, e poi accomodò per l’ennesima volta la propria camicia, un capo di seta, della cui pregiata fattura aveva potuto accorgersi solo nel momento in cui il Conte se l’era sfilata, porgendogliela in attesa dello scambio. Sistemò lo jabot alla base del collo, in un fiocco morbido e impalpabile, e non poté fare a meno di notare che il Conte, invece, aveva scelto di lasciare libero il proprio collo, dando di sé un’immagine decisamente più informale.
- Cosa c’è, André? Sembri molto turbato … - la voce del Conte lo strappò dai suoi pensieri; non riuscì a nascondere la propria inquietudine, né seppe controllare il proprio turbamento.
- Non funzionerà … - esordì.
- Certo che funzionerà! – lo riprese il Conte – Deve funzionare! E se non sarà in questo … sarà in un altro modo! –
André scosse il capo, ancor più turbato dall’entusiasmo dello svedese – Potremmo arrivare al castello quando il Generale non è nemmeno ripartito … -
- Su questo sono d’accordo: credo sia il caso di rallentare il passo e fare in modo di giungere al borgo solo nel tardo pomeriggio. – convenne il Conte tirando immediatamente a sé le redini per rallentare la corsa del proprio cavallo. André fece lo stesso, portando Alexander al passo e lasciando che l’altro lo raggiungesse, prima di riprendere.
- Ma non è tutto: potremmo anche scoprire che Monsieur Vasse ha frequentato Versailles e ha avuto modo di conoscervi, per esempio. In questo caso, ogni speranza di ingannarlo per trovarla sarebbe perduta. – spiegò.
Il Conte rimase in silenzio, seguendo l’ondeggiare lento dei passi regolari del suo cavallo; poi sollevando le sopracciglia parve rispondere l’ovvio – Troveremo una soluzione anche a quello. Per esempio, puoi dire di essere mio fratello Fabian. –
- Vostro fratello ha mai visitato la corte in passato? – chiese allora titubante André.
Il Conte arricciò le labbra mostrando un’espressione pensierosa – In realtà credo che possa avervi fatto visita, in passato, durante la mia permanenza in America, ma sono quasi certo che nessuno ricorderebbe nulla di lui, se nemmeno tu rammenti di averlo conosciuto. –
André annuì lentamente, sforzandosi di lasciarsi convincere dagli argomenti del Conte, pur mantenendosi cauto – Quanti anni dovrebbe avere questo vostro fratello in viaggio? –
- Sette meno di me. – chiarì allora senza scomporsi, provocando, immediata, la reazione di André.
- Cosa?! – esclamò esterrefatto, tirando a sé le redini e fermando il passo di Alexander, per poi rivolgersi direttamente allo svedese – Io dovrei spacciarmi per vostro fratello minore, togliendomi otto anni? E non dimenticate il fatto che questo giovane Conte sta viaggiando senza bagagli, solo con il proprio attendente! No … Non riuscirei ad ingannare nemmeno un idiota! – concluse alzando gli occhi al cielo, esasperato.
Fu allora che nel tumulto del proprio animo, André avvertì farsi largo, oltre lo sconcerto e la disperazione, l’incredulità: Il Conte di Fersen, infatti, per nulla turbato dal suo sfogo, era sceso dalla propria cavalcatura e, condotto il cavallo sul ciglio della strada, aveva scrutato per qualche istante il tronco solido di un grande albero, per poi avvolgere ad un ramo basso le briglie, assicurandole ad esso. Quindi, sempre con estrema calma, era tornato sulla strada, fermandosi proprio ad un passo da Alexander.
- Scendi a terra, André, e assicura anche il tuo cavallo ad un ramo … - gli disse il Conte.
- Ma … - cercò di opporsi André, senza comprendere, ma lo svedese si rivelò prontamente più deciso.
- Fai quello che ti dico. – insistette e poi, seguendo i suoi movimenti nello scendere a terra, annuì soddisfatto – Bene. –
André lasciò una carezza sul muso di Alexander, cercando di non mostrarsi troppo disorientato dallo strano comportamento del Conte, poi gli si avvicinò, incuriosito quanto sospettoso.
- Colpiscimi. – intimò il Conte, sollevando il mento e distendendo le braccia lungo i fianchi, come fosse in attesa.
- No! – si schernì André scuotendo il capo – Non posso farlo! –
- Colpiscimi! – insistette allora il Conte, alzando il tono della voce e avvicinandosi a lui, quasi provocandolo.
- Non voglio colpirvi! Non c’è ragione di farlo! – si rifiutò ancora André, arretrando di un passo, di fronte all’avanzare deciso dell’altro.
- E invece lo farai, perché tutto, allora, sembrerà più credibile! – gli occhi del Conte, socchiusi in fessure sottili, parvero riflettere un bagliore di tensione e di forza inattesa; i suoi passi, lenti e inesorabili, nel fare arretrare André, divennero pesanti e minacciosi – Perché se davvero la vuoi ritrovare, tutto deve essere perfetto … -
André scosse ancora il capo – Certo! Ma non in questo modo … -
- Non in questo modo? – chiese allora di rimando il Conte, mentre un sorriso beffardo si dipingeva sul suo volto elegante – Beh, so io in quale, allora … - riprese avanzando di un altro passo e spingendo André oltre il ciglio della strada.
André arretrò ancora, avvertendo sotto i propri passi la morbidezza silenziosa dell’erba sostituire lo scricchiolio dei sassi polverosi. Distese un braccio dietro di sé, cercando di comprendere se vi fosse della vegetazione, un cespuglio o un tronco a intralciare la marcia alla cieca; il sinistro, si mosse d’istinto verso il Conte e il palmo aperto si mostrò all’uomo, nel tentativo di tenerlo a distanza.
- Vuoi che ti dia ispirazione? – riprese allora il Conte – Beh, ho un bell’argomento, sai? Posso spiegarti come le ho slacciato l’intreccio dei nastri del corsetto, oppure descriverti quanto sia morbido il suo collo … come sia docile quando venga baciata nell’incavo dietro l’orecchio … - la voce si fece calda, le parole lente, mentre il respiro di André diveniva teso e lo sguardo incredulo, fisso sul Conte.
Fermò i propri passi, piegando il gomito all’avvicinarsi appena percettibile dello svedese che proseguiva il suo racconto, consapevole di aver scelto una strada impervia ma efficace.
- Sai di che colore era il nastro che reggeva le calze? – chiese allora, proseguendo pungente – Sai che rabbrividiva mentre le baciavo la nuca e poi scendevo lento, lambendo la sua pelle fino all’incavo profondo in cui si inarca la schiena? –
André deglutì, un sapore amaro cresciuto in gola e una stretta nel petto a bloccare il respiro, mentre un tremore fitto scuoteva la sua stessa schiena; chiuse gli occhi in una smorfia, cercando di scacciare la voce del Conte che invece sembrava diventare ancora più forte, e intenso il suo racconto.
- Non sembrava che sapesse cosa fare … - ancora quella voce, ancora quel tono pungente - … ma credo che non le dispiacesse affatto, soprattutto quando l’ho spogliata. Ha un gran bel corpo …  -
Un nuovo fremito, più intenso, salì lungo la schiena, fino a vibrare sulla nuca, come un brivido, a muovere i sensi attraverso la radice dei capelli; André strinse i pugni, sforzandosi di scacciare ciò che udiva e che invece, sembrava crescere come un vuoto scuro proprio dentro il suo stesso corpo, minacciando di esplodere, pungolato da quella voce crudele.
- … le gambe lunghe, le cosce morbide e profumate, il ventre liscio, – quasi suadente, lenta e calda, la cantilena divenne insopportabile, provocando una sorta di nausea nel corpo provato di André.
- per non parlare di quel delizioso neo sul seno sinistro … Ugh … -
 
Si ritrovò a terra, in ginocchio sopra un corpo inerme, con il pugno destro stretto e il braccio in tensione, piegato, pronto ad un nuovo scatto; si accorse di avere capelli scompigliati, le ciocche scivolate dal vincolo del nastro e sciolte sul proprio viso, appena mosse dal proprio respiro affannato, scese a formare una cortina tutto attorno al proprio vedere. Disteso sotto di sé, riconobbe il Conte di Fersen, bloccato dal ginocchio che gli teneva sul petto, immobile e con il volto teso in una smorfia segnata da un grosso livido rossastro su tutta la parte sinistra. Si riscosse in un attimo, sollevandosi, incredulo, dal corpo dello svedese e passandosi nervosamente le dita tra i capelli.
– Santo cielo! – esclamò sconvolto – Conte di Fersen … io davvero non so cosa … -
Intanto il Conte si era messo a sedere, con le ginocchia sollevate e le mani aperte a massaggiarsi il volto – Non ti devi scusare, André … - esordì impastando un poco le parole - … in fondo, era quello che volevo che tu facessi, anche se non potevo immaginare esattamente quanto potesse fare male … -
André, ancora turbato, gli tese un braccio aiutandolo a mettersi in piedi e poi a ripulirsi dalla polvere, mentre l’altro continuava a tastare la propria guancia, strizzando gli occhi di tanto in tanto, quando le dita toccavano un punto particolarmente sensibile. Lo osservò incapace di ricordare quanto esattamente lo avesse colpito, consapevole solo e soltanto della furia che aveva attraversato il suo stesso corpo. Avvilito, cercò ancora di trovare parole adatte.
- Conte, davvero, non so come chiedervi perdono per quello che ho fatto … - mormorò tornando ad accomodargli la giacca marrone sulle spalle con tocchi incerti e un poco timidi – io … credo di aver perso completamente il controllo … - .
L’altro si riprese rapidamente, riuscendo a recuperare stabilità e una certa lucidità; alle sua parole, sollevò un braccio, mostrando il palmo e muovendo la mano, come a scacciare un insetto inesistente.
- E’ tutto a posto, André. – tornò a tranquillizzarlo il Conte – Ti ho deliberatamente provocato e io ti chiedo perdono per averlo fatto in questo modo orribile … -
André liberò un sospiro, trovando nell’espressione del Conte il riflesso del medesimo peso che opprimeva il proprio animo: una colpa odiosa, gravata dalla vergogna e dalla nebbia delle passioni nascoste che aveva smosso fino a farle esplodere in un gesto inaudito.
In piedi, uno di fronte all’altro, si scrutarono per qualche istante, schivando reciprocamente i loro sguardi, e poi tornando a cercarsi, stemperando i sensi di colpa e facendo spazio, tra imbarazzo e incertezza, ad una sorta di dialogo silenzioso, fino a quando, sollevando il capo e volgendosi a occidente, André non rimase colpito dalla sagoma frastagliata della città di Tours. Allora, con un cenno del capo rivolto al Conte di Fersen, si mosse in direzione di Alexander, deciso a sciogliere le briglie dal ramo a cui erano ancora legate.
Non fu necessario dire nulla: immediatamente udì i passi del Conte farsi prossimi e scorse il gesto di saluto con cui il cavallo grigio accolse l’approssimarsi del proprio cavaliere.
 
Superata la città di Tours, avevano proseguito lungo il corso del fiume, per poi volgere a sud dopo aver oltrepassato Langeais inoltrandosi nella piana morbida e dalla vegetazione rigogliosa del lembo di terra che, come un cuneo, divideva la grande Loira dal corso dell’Indre. Avevano viaggiato al passo, senza forzare i cavalli, e mantenendo un certo silenzioso contegno, rotto solo di tanto in tanto da frasi di circostanza, quasi che entrambi avessero il timore che quanto accaduto potesse verificarsi di nuovo, qualunque argomento fosse stato affrontato.
Tuttavia, lentamente, con lo scorrere delle ore, del pietrisco sotto gli zoccoli di Alexander e dell’acqua scura che aveva accompagnato il loro cammino, anche l’ombra dello scontro avuto con il Conte si era dissolta, dall’animo di André, lasciando spazio solo al pensiero di Oscar e alla speranza di poterla, finalmente ritrovare. Allora, nell’aria fresca e umida della boscaglia illuminata solo a tratti dai lampi caldi del tramonto, anche la mente aveva recuperato un poco del proprio respiro, ritrovando sprazzi di pace e di sereno, così come la quieta attitudine a lasciarsi attrarre dai profumi, dai colori e dai suoni del mondo circostante. Con animo un poco risollevato e spirito curioso André era giunto al borgo di Azay e ne aveva percorso la via principale, osservandone l’ultimo guizzo di vivacità che all’approssimarsi del tramonto accompagnava la vita di case e botteghe verso l’agognato riposo. In quel brulicare di vita, nella fitta occupazione di madri e mogli, di contadini, artigiani e mariti sulle cui spalle chine poteva vedere gravare il peso della intensa giornata trascorsa, e nello scorgere sui volti impolverati il segno di una timida determinazione venne colpito dalla forza d’animo di quell’umanità che, pur senza voce, sembrava gridare al mondo il proprio desiderio di vivere, di lasciare un’impronta nella propria esistenza e in quella altrui. Un intreccio fitto di sorrisi , cenni di saluto, smorfie sbilenche e sguardi biechi, che in una gestualità genuina e vivace mostrava senza vergogna ogni moto del proprio animo.
Allora,  proprio quando le case del borgo si fecero più rade, come fossero gli ultimi grani rimasti al di sopra dello stretto collo di una grande e brulicante clessidra nella quale André sentiva ormai di essere obbligato, lo sguardo cadde sul volto macchiato di rosso e viola del compito svedese e la curiosità ruppe l’indugio, oltrepassando il limite della vergogna e dando voce al proprio intimo cruccio.
- Perché lo avete fatto, Conte di Fersen? – gli chiese a bruciapelo.
- E’ bene che inizi a chiamarmi Hans … ad usare semplicemente il mio nome. – rispose il Conte socchiudendo lo sguardo di cenere in una sorta di strizzata d’occhio appena accennata.
André annuì, sorridendo per nascondere un leggero imbarazzo – Va bene, Hans. Perché lo hai fatto? –
L’altro sollevò le sopracciglia, quasi ribadendo l’ovvio – Perché tutto apparisse credibile: un livido è il minimo che si possa rimediare in una aggressione degna di questo nome … -
- No … - intervenne allora André scuotendo il capo - … Io parlo di tutto … del resto. – cercò di spiegare allargando un braccio come a comprendere entrambi, i cavalli, il loro essere insieme in un borgo sperduto, lontano da Versailles.
- Oh … - rispose allora il Conte, mostrandosi sinceramente sorpreso da quella domanda – Beh … direi che è perché esistono legami speciali, per i quali è giusto combattere, lottare fino all’ultimo respiro. – si interruppe un istante, come a riflettere, e poi riprese – E anche persone speciali, che meritano molto più di quello che la vita concede loro. –
André tirò a sé le redini, fermando il passo di Alexander e attendendo che il Conte gli si fermasse accanto; lo guardò fisso in volto, apertamente, in una muta richiesta di spiegazioni.
- Tu sei una di queste persone, André. – spiegò – Lei lo è. Io l’avevo forse appena intuito … ma solo dopo l’ho davvero compreso. –
Rimase immobile a scrutare l’espressione rilassata del Conte; difficile comprendere davvero le sue parole.
- Lei è davvero una donna speciale e … preziosa. – lo svedese riprese a parlare, come se lui stesso avvertisse la necessità di chiarire il proprio sentire – Di quelle che conoscono un solo amore, per le quali anima e corpo vivono l’amore come un sentimento superiore, capace di un’unica, nobile, trama. Sì … - ammise poi – io me ne ero accorto, ma non avevo voluto comprenderlo, e nemmeno accettarlo, forse semplicemente perché sarebbe stato come ammettere la mia personale sconfitta. Eppure … - sospirò, sollevando le spalle e scuotendo un poco il capo - … lei era lì, sotto i miei occhi e tra le mie mani e sapevo bene che non c’era proprio nulla che potesse assomigliare al piacere del corpo o anche solo evocare il lontano riflesso di quello dello spirito. –
Il Conte sollevò lo sguardo, incrociando ancora quello di André, e poi diede ancora sfogo al proprio ricordo, liberandosi da una sorta di peso – Non accadde nulla, quella sera; né nulla avrebbe potuto accadere, tra di noi. Volevo che tu lo sapessi … è giusto che io te lo dica come è giusto che io ti chieda perdono per quello che ho fatto, per ciò che ho detto … prima. – un’ombra di imbarazzo scurì lo sguardo di cenere, per poi rivelare ancora la  brace del bisogno di sincerità – Sapevo che avresti perso il controllo … e volevo che accadesse, perciò ho finito per raccontare di dettagli che … nulla avevano a che fare con quella notte, né con lei. –
André chinò il capo, tendendo le labbra in un sorriso denso di disagio – Anche io devo chiedervi … chiederti perdono, sai? – esordì – Perché sebbene all’udire le tue parole io stessi perdendo letteralmente la ragione … tuttavia, una parte di me sapeva che stavi mentendo. Anche se mentre ascoltavo il tuo racconto la mia anima si logorava di una gelosia cieca, quella parte di me continuava a sopravvivere, sostenendo con caparbietà le sue ragioni … e nonostante tutto, anche quando ho avuto la certezza che stavi mentendo … -
- Tu sapevi, quindi, che io stavo mentendo? – si intromise allora il Conte, palesando la propria sorpresa.
- Già … lo sentivo … e poi ne ho avuto certezza. Eppure … eppure ti ho colpito lo stesso. – riconobbe infine.
Nella vergogna dell’ammissione, André venne sorpreso dallo sguardo del Conte.
- E come l’hai capito? – gli domandò curioso.
Soffocò un nuovo sorriso, imbarazzo stemperato da uno strano senso di cameratismo che mai prima di allora aveva sperimentato con nessun altro amico o uomo che potesse aver pensato di definire tale.
- Il neo, Hans … - rivelò infine, sentendo il proprio sguardo brillare di un lampo di orgoglio malcelato - Ci eri quasi riuscito, sai? … Ma quel dettaglio ti ha tradito: non c’è nessun neo, sul suo seno. –
Il Conte chinò il capo, come in una sorta di resa, sorridendo appena – Lo ammetto: non avrei dovuto osare tanto, André … non di fronte a te. Avrei dovuto immaginare che si trattasse di una sfida persa in partenza. -






Angolo dell'autrice: ... e con questo, credo di essermi tolta una grande soddisfazione!
Il viaggio continua e i dettagli vengono definiti, perchè tutto sia il più possibile credibile.
Ringrazio di cuore chi legge, segue, ricorda, preferisce e commenta questa storia, accompagnandomi in questa avventura...
In questo caso, in particolare, ringrazio infinitamente Sabrina Sala che si è lasciata coinvolgere e ispirare, dando un volto al mio Conte di Fersen e, credo, facendo una bella sorpresa anche a tutte voi! Un abbraccio grande!
A presto!

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Capitolo 47
*** In scena ***


In scena
 
Le fronde scure degli alberi del bosco attraverso il quale si snodava il viale di accesso alla tenuta, si aprirono come un sipario sull’elegante spettacolo del palazzo che, anche nell’atmosfera ovattata della prima sera, si mostrò come un gioiello bianco stagliato sul velluto del cielo, dove le stelle precoci si accendevano di un bagliore incerto e flebile. Osservò la dimora recuperandone il ricordo impresso nella propria mente, lo sguardo perso nelle forme ordinate e nelle proporzioni perfette, seguendo il filo dritto delle lesene delicate che dal livello del cortile salivano lungo la facciata, culminando negli abbaini dal fronte aguzzo, e poi rapito dal rigore delle finestre gemelle della loggia aperta su quella scala a rampe rettilinee[i] di cui bene rammentava gli elogi intessuti con orgoglio da Monsieur Vasse … Levò l’attenzione all’ardesia nera della copertura, a quelle falde erte, sotto le quali, lo aveva potuto constatare durante una esplorazione notturna con Oscar, non vi era altro che un’unica vasta soffitta, un locale indiviso e polveroso scandito dalla fitta successione dei sostegni di legno e dalle torri dei comignoli, che era presto divenuto una sorta di nascondiglio segreto da cui osservare il cielo e i suoi segreti.
La voce dell’Indre gli giunse in un gorgoglio appena udibile, quando si approssimò al passaggio costruito per varcare lo stretto braccio del fiume oltre il quale era costruito il castello, come un’isola di pietra bianca, o un diamante[ii], e un soffio di vento fresco e profumato proveniente dalla boscaglia accarezzò i suoi pensieri, cullando i ricordi in un rimando soffuso in cui tutto pareva essere rimasto immutato.
- Ho detto loro di annunciare il nostro arrivo a Monsieur Vasse … - la voce calda del Conte sciolse la memoria portando André alla realtà, mostrando sulla macchia chiara del cortile di pietrisco un lontano movimento di ombre diretto verso l’ingresso della dimora – … e ho spiegato loro brevemente la situazione: l’aggressione, il furto dei bagagli. Probabilmente qualcuno ha notato il nostro arrivo e quei due servitori ci sono venuti incontro … -
André si riscosse, prendendo coscienza di non aver prestato nessuna attenzione al giungere dei domestici, né allo scambio di battute avuto con il Conte, assorto come era nei propri pensieri.
- Sì, sicuramente hanno voluto accertarsi delle nostre intenzioni. – convenne allora, annuendo in direzione dello svedese che pareva ora assorto nella contemplazione del palazzo.
- E’ una dimora … piuttosto piccola. – osservò perplesso scrutando le due ali del castello che poste perpendicolarmente tra loro, formavano una piccola elle, dalle dimensioni paragonabili forse a quelle della cour de marbre – Mi immaginavo una costruzione ben più imponente … -
- La tenuta non è mai appartenuta a casati di alto lignaggio. – spiegò allora André – Dopo la confisca al tesoriere del Re, a cui si deve la costruzione, è passata a diverse famiglie fedeli alla corona, ma lontane dalle frequentazioni di corte[iii]. –
- In questi termini, non mi sorprende che il Generale abbia scelto di appoggiarsi proprio a Monsieur Vasse. – soggiunse allora il Conte, abbassando un poco la voce – Questo luogo è lontano dagli intrighi della corte … sotto tutti i punti di vista. –
André annuì, pensieroso, tendendo le labbra in una sorta di sorriso – E’ quello che mi auguro … - concluse poi, per raddrizzare immediatamente le spalle, indossando la migliore maschera di cortesia e affabilità che gli fu possibile realizzare, vedendo comparire, dallo specchio scuro del grande portone d’angolo, la sagoma elegante e slanciata di un uomo dal passo svelto e un poco ondeggiante.
Strinse appena lo sguardo, stentando a riconoscere in quel giovane uomo dai capelli scuri e dalle spalle magre quello che ricordava essere Monsieur Vasse, e, quando questi li raggiunse, giusto al centro del cortile, a fatica riuscì a trattenere la propria sorpresa.
- Vi do il benvenuto nella mia dimora, Conte di Fersen. – lo accolse l’uomo con un generoso inchino – Sarò onorato di ospitare voi e il vostro servitore e di far sì che vi vengano prestate le cure necessarie perché possiate ristabilirvi da quanto vi è accaduto. –
André ebbe appena il tempo di scendere a terra e in un attimo, si accorse che il Conte era stato assorbito dalla premura di un servitore giunto appositamente per condurlo alle scuderie, perché potesse accudire i cavalli; osservò la propria giacca mentre si allontanava, sulle spalle del Conte, e poi tornò a Monsieur Vasse, consapevole che fosse giunto il proprio momento.
 
André aveva riconosciuto la grande sala da pranzo del piano terra, il mobilio scuro e possente, gli arazzi alle pareti e l’atmosfera densa e un poco antica che pervadeva tutta la dimora, con le sue forme solide e le dimensioni contenute rispetto a quelle del più recente Palazzo Jarjayes a cui era abituato da una vita. Aveva ritrovato il calore di un ambiente nobile, ma lontano dallo sfarzo di Parigi e del suo entourage, così come la gioviale accoglienza dei Vasse che, a quanto pareva, si era tramandata di padre in figlio, come carattere distintivo di famiglia, giungendo intatta all’attuale signore della tenuta. Non gli ci era voluto molto, in realtà, perché la loquace bonarietà del giovane Robert Vasse lo mettesse a parte del fatto che il Monsieur Vasse di cui aveva un felice, ma segreto, ricordo era mancato improvvisamente solo poche settimane prima seguendo di pochi mesi l’amatissima moglie, e lasciandogli l’intera responsabilità, nonché la gioia, di condurre in prima persona la dimora di famiglia. Tra una portata e l’altra, seduto al grande tavolo di noce, aveva ascoltato il resoconto, dettagliato e in molti aspetti ripetitivo, delle diverse attività che si svolgevano sulle terre dei Vasse, nonché di numerose vicende personali, che in vari racconti piuttosto coloriti e romanzati avevano allietato non solo la cena, ma anche la serata. Così André aveva scoperto che Robert Vasse, pur avendo già compiuto i venticinque anni, non avesse ancora preso moglie e come ormai fosse giunto il momento di attivarsi per scegliere un partito conveniente per sé e per i domini di famiglia, perché sapeva bene che non fosse conveniente, per un uomo nella sua posizione, di restare solo in una dimora come quella di Azay e, soprattutto, senza una discendenza adeguata, correndo il rischio, procrastinando ancora il matrimonio, di non riuscire ad avere un degno erede maschio per il buon nome dei Vasse; ma aveva ascoltato anche una interessante oratoria in materia di vigneti e legname per botti … nonché una dettagliata lezione sul governo di una tenuta, sulle intemperanze di alcuni contadini della regione e persino sui problemi di governo delle acque dell’Indre … Nondimeno, Robert si era premurato di interessarsi alle vicende che avevano portato il Conte Fabian di Fersen nel borgo di Azay e così André aveva dovuto prodursi in un racconto avventuroso, ricco dei coloriti dettagli che la fantasia del Conte di Fersen, quello vero, gli aveva snocciolato lungo la strada e reso ancor più interessante dalla narrazione dell’agguato di cui era stato vittima il suo attendente ed amico, Hans. Per lui, André si era più volte raccomandato perché ricevesse adeguate cure, ottenendo l’impegno solenne da parte del padrone di casa, che aveva promesso di affidarlo alle attenzioni della propria più capace domestica. Solo quando la seconda bottiglia di rosso stappata di fronte all’imponente camino del salotto fu riposta, vuota, a terra accanto alla poltrona su cui André era accomodato, la loquace parlantina di Robert si fece impastata a sufficienza perché André potesse dichiararsi così provato dal viaggio e dagli accadimenti della giornata, da aver desiderio di ritirarsi, ottenendo così di essere accompagnato nella camera che gli era stata preparata al piano nobile dell’estremità orientale dell’ala protesa sul fiume.
Allora, André aveva potuto finalmente tirare un profondo sospiro … e iniziare seriamente a riflettere sulla situazione in cui si trovava.
Durante tutto il corso della cena e della serata che vi aveva fatto seguito, André aveva mantenuto un doveroso contegno, ma si era ben guardato dall’esagerare con il vino, prodigandosi nell’osservare ogni minimo dettaglio che potesse suggerire la presenza di un altro ospite in quella stessa dimora. Sapeva bene che, non essendo di grandi dimensioni, il palazzo non poteva disporre di numerose camere da letto che potessero essere destinate all’accoglienza di eventuali ospiti … ed era certo che la disposizione degli ambienti non avrebbe consentito spostamenti di Oscar da un lato all’altro del palazzo che potessero passare facilmente inosservati. Eppure, nonostante tutto facesse supporre che non vi fosse alcuna presenza estranea nel castello, oltre alla propria, André continuava ad essere certo di non essersi sbagliato.
Poggiata l’elegante giacca su una sedia sistemata accanto alla porta d’ingresso della sua camera, raggiunse il grande letto, lanciando un’occhiata di sbieco al pesante baldacchino assicurato alle fitte e scure travi del soffitto, e poi lasciandosi cadere sul materasso, affondando nel morbido giaciglio. Rimase per qualche istante con il volto nascosto nella coperta che alla tremula luce dei doppieri aveva un colore tanto intenso da ricordargli quello del vino di cui Robert Vasse aveva a lungo vantato le lodi … Inspirò profondamente, riconoscendo il sentore di polvere, legno e cera che sembrava pervadere ogni frammento del castello, portando in ogni oggetto, mobile e ambiente un soffio del proprio passato. Rotolò sulla schiena, fissando lo sguardo all’ombra scura del baldacchino intarsiato e assottigliò lo sguardo, forzandosi di riflettere su ogni dettaglio.
Durante la cena, aveva notato che le cameriere addette al servizio al tavolo erano state solamente due giovani donne che poi, a cena terminata, erano svanite nel nulla, probabilmente affaccendate nel riordino della cucina. Una sola delle due donne era ricomparsa, a tarda serata, per servire vino e occuparsi del servizio nel salotto; l’altra, a detta di Robert, era stata incaricata di occuparsi di Hans e di preparargli un giaciglio negli alloggi della dependance, una costruzione a ridosso della scuderia, dove si trovavano le piccole stanze dei servitori. Oltre alle donne, aveva intuito la presenza di un paio di altri domestici, dei quali uno certamente addetto alle scuderie e l’altro forse destinato a presiedere manutenzione e governo della tenuta. Insomma, era certo che nel palazzo non fossero presenti numerosi occupanti … anzi, dai discorsi di Robert Vasse, aveva dedotto che lui fosse il solo ad alloggiare stabilmente al castello e che la sua camera privata fosse quella all’estremità opposta dell’ala settentrionale.
Si levò dal letto, raggiungendo la finestra aperta sul cortile d’ingresso per fermarsi ad osservare la facciata opposta del palazzo: lo sguardo corse rapido a tutte le finestre del prospetto, fermandosi proprio sull’ultima apertura del primo piano, l’unica dalla quale provenisse il bagliore di un lume ancora acceso. Annuì soddisfatto, concludendo che quella fosse realmente la camera privata di Robert Vasse, e poi spinse la propria curiosità al piccolo corpo di fabbrica che si poteva intuire appena oltre il ponte di accesso al cortile stretto tra le braccia del castello, quello che doveva essere la scuderia e dove, molto probabilmente, il Conte di Fersen aveva trovato sistemazione per la notte. Vagò nel buio oltre la macchia scura della vegetazione che chiudeva l’orizzonte lungo il viale da cui era giunto alla tenuta … e infine scosse il capo, desolato e impotente, ormai certo che gli sarebbero occorsi alcuni giorni per venire a capo del mistero in cui si era insinuato. Pensò ad Hans, alla sua sistemazione per la notte e al livido bluastro che gli segnava il volto, come alle parole impastate di Robert Vasse, che, probabilmente felice di avere una compagnia con cui condividere le serate e le bottiglie di vino davanti al camino, gli aveva promesso accoglienza per tutto il tempo che si fosse rivelato necessario per ristabilirsi entrambi, prima di riprendere il cammino verso nord, e in un attimo si convinse di non aver altra scelta che quella di sfruttare la generosa offerta di asilo. Si mosse, per volgere le spalle alla finestra e tornare al proprio letto accanto al quale trovò una brocca di acqua calda, preparata per la sua toeletta. Versò un poco di acqua nel catino … rimanendo ad osservare il riflesso incerto del proprio volto sull’acqua inquieta, prima di immergervi le mani.
 
Gli parve d’essere incapace di abbandonarsi al sonno completo, nonostante l’abbraccio morbido del cuscino di piuma e del soffice letto che gli era stato destinato; chiudendo gli occhi nel buio della camera, si era lasciato pervadere da un’inquietudine densa, che era colata lenta e inesorabile sui suoi pensieri, come sul suo corpo. Il respiro regolare e profondo dell’ultima veglia senza coscienza, si era colorato dell’eco di quel profumo delicato e amato, nel ricordo vivo dell’ultima notte che aveva trascorso insieme a lei, calando ogni residua difesa e consegnandole la fragilità del proprio corpo. Strinse le lenzuola tra le dita, teso e incapace di scacciare il pensiero di quel piacere prepotente che lo aveva lasciato inerme, sotto i suoi occhi profondi, e tremante fin nel profondo del proprio animo. Inarcò la schiena e poi emise un sospiro, implorando la forza di resistere ancora … di non cedere allo sconforto e alla pazzia che ancora riportava ai suoi sensi la sua presenza, quasi lei fosse lì, nel suo stesso letto.
D’impulso, scostò da sé le coperte e si sollevò dal materasso, mettendosi a sedere di traverso. Un brivido percorse le gambe nude, le cosce appena coperte dal lembo inferiore della camicia che aveva tenuto addosso per coricarsi, e un altro fece vibrare tutto il corpo, quando i piedi poggiarono a terra, sul lucido parquet. André rimase fermo, con il capo chino tra le spalle e i pensieri avvolti nel groviglio di immagini che sapeva lontane, ma che avvertiva vivide.
Fu un rumore improvviso, un fragore di metallo e scroscio d’acqua che riconobbe poco lontano, all’interno del palazzo, a riscuoterlo dai propri pensieri e a indurlo a levarsi dal letto, per correre alla porta, scrutando nel buio della stanza attigua, e poi ancora più oltre, fino a raggiungere l’accesso alla grande scala.
 
[i] Ogni buona visita al castello di Azay comprende una sosta sulla scala a rampa dritta che collega i diversi livelli della dimora, vantata come una dei primi esempi di scala all’italiana realizzati nel rinascimento nella Valle della Loira.
[ii] Fu nientemeno che Honoré de Balzac a definire Azay "un diamante" …
[iii] Più o meno è quello che accadde veramente ai proprietari di Azay, ma naturalmente, in questo caso non c’è nessuna pretesa di divulgazione storica.

Angolo dell'autrice: siamo davvero arrivati al castello... che tuttavia sembra tranquillo. Oppure no?
Vi lascio riflettere con un capitolo che è quasi un unico lungo pensiero che accompagna André e i suoi dubbi.
Ho anticipato ancora una volta l'aggiornamento, perchè queste settimane sono senza tregua... ma non posso tralasciare di ringraziare di cuore chi legge, segue, ricorda, preferisce e commenta con tanto entusiasmo, anche se ultimamente rispondo sempre in ritardo... Un bacio a tutte e a presto!

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Capitolo 48
*** Tra sogno e realtà ***


Tra sogno e realtà[i]
 
Affacciatosi sul ballatoio illuminato dalla luce del cielo notturno, André riuscì  a distinguere l’argenteo bagliore della superficie dei gradini bagnati e, in fondo alla rampa, la sagoma cupa e brontolante di una donna, gli abiti scuri e abbondanti accasciati a terra in un mucchio scomposto; immediatamente, ricondusse l’immagine a quella di una delle donne che si erano occupate di servire la cena e ne riconobbe anche la voce, udendola lamentarsi un poco sottovoce, mentre era intenta a sollevarsi da terra accomodandosi addosso i vestiti, i pesanti strati incollati tra loro dall’acqua rovesciata.
- Posso aiutarvi? – le chiese immediatamente, prendendo a scendere qualche gradino, i passi incerti sulla superficie bagnata e la mano aperta sulla pietra fredda della parete.
- Aaaah! – la giovane donna urlò il proprio spavento, bloccando André e il suo respiro – Monsieur le Comte … perdonatemi, vi prego … Io non volevo disturbare il vostro riposo! –
Scosso delle parole di scusa, André scese ancora di qualche gradino, cercando di evitare le pozze d’acqua e facendosi più vicino al muro - No … No davvero, non mi hai disturbato! In realtà, non dormivo affatto … -
Nel buio, urtò un oggetto rimasto su un gradino, provocando un clangore metallico; si chinò a raccoglierlo, riconoscendo nella forma ricurva un grosso secchio e, scendendo ancora, raggiunse il ballatoio inferiore, sotto lo sguardo sbalordito della donna, per porgerle il secchio, con gentilezza.
- Stai bene? – le chiese preoccupato – Hai bisogno che ti accompagni … -
- No! – intervenne allora la donna quasi spaventata – No, per favore … -
- Lascia almeno che ti aiuti con il secchio … mentre controlli di non esserti fatta male cadendo … - insistette.
- Sto bene! Sto benissimo! – lo rassicurò allora lei – Voi non avete nulla di cui preoccuparvi, davvero … -
- Ma … è tutto bagnato … - osservò allora André, guardandosi attorno – Forse potrei aiutarti ad asciugare e a raccogliere con dei panni l’acqua versata. – propose infine –Davvero, non sarebbe un problema per me … io, ecco … -
Pur nella penombra del ballatoio, gli fu chiara l’espressione fissa, attonita e quasi rapita della donna; André aggrottò la fronte senza insistere oltre, arretrando di un passo e salendo un gradino, sotto lo sguardo della donna. Si guardò ancora attorno, rabbrividendo all’aria fresca della notte che parve pungere sulle sue gambe scoperte, e, mordendo le labbra, rimase incerto. Si rese immediatamente conto si essersi comportato secondo il proprio istinto, senza pensare assolutamente al titolo di Comte con il quale si era presentato a Robert Vasse e ai suoi domestici. Per un istante, stette immobile, dubbioso … poi scosse leggermente il capo e si mosse; raccolse un secondo secchio, rovesciato sul penultimo gradino, accanto ai propri piedi, e lo raddrizzò, depositandolo sul ballatoio, senza dire nulla, attento a non fare rumore, muovendosi con naturalezza.
Si limitò ad un semplice saluto alla donna, che ora riusciva a vedere, riconoscendone i tratti freschi della giovinezza, appena velati da un genuino imbarazzo, e poi prese ad arretrare, salendo la rampa di qualche gradino, a ritroso.
- Scusatemi, Mademoiselle … - le si rivolse infine rispettoso, con un accenno di sorriso – Avete perfettamente ragione … Non era mia intenzione mettervi in imbarazzo, in alcun modo. Credo che sia il caso che io mi ritiri nella mia stanza, adesso. -
La giovane annuì in silenzio, rispondendo al sorriso con un cenno timido; poi la vide chinarsi a raccogliere rapida i due secchi, scomparendo in un istante oltre il  muro divisorio tra le rampe, in un concitato scalpiccio di passi.
André, rimasto solo nell’ombra fredda della scala, volse per un istante lo sguardo oltre l’ampia finestra, quasi a cogliere in un’occhiata il cielo buio. Piegando le ginocchia, si chinò sul gradino tendendo un braccio verso una pozza umida e sfiorandone la superficie argentea con le dita, per poi portarle al naso, sfregandole lentamente tra loro. Inspirò, incuriosito, corrugando la fronte per la sorpresa, riconoscendovi immediatamente il timido sentore dei petali di rosa.
 
Dal morbido silenzio del suo giaciglio, riuscì comunque a distinguere il leggero movimento di passi sulla scala, quando la giovane inserviente tornò ad occuparsi del pavimento bagnato. Ne seguì il laborioso andirivieni, il sommesso intonare una melodia triste e poi l’allontanarsi, svanendo nell’ovattata calma notturna che, calando come una coltre, avvolse di notte l’intero castello.
André rimase in uno stato sospeso tra sonno e veglia, inseguendo il riposo e trovando solo un nuovo turbamento. Conosceva bene il peso delle notti inquiete, trascorse in un continuo accomodarsi tra le lenzuola, mentre il corpo cercava ristoro e l’anima pareva ribellarsi ad ogni pensiero che non fosse lei … Era consapevole di non poter vincere contro il proprio insanabile bisogno di trovarla, di tornare a stringerla o almeno di poter perdere se stesso nel suo sguardo profondo, che in un istante era capace di condurlo lontano, nell’abisso del proprio desiderio. Tornarono vivide le immagini della sera trascorsa nel salotto, con la tenue nebbia del poco vino bevuto a placare appena l’urgenza della ricerca, in una forzata e necessaria attesa di qualcosa di indefinito; udì ancora quei lunghi e intricati discorsi di Robert, che parevano volteggiare tra argomenti lontanissimi tra loro … per giungere in un volo sempre a quell’unico dettaglio, su cui l’attenzione del suo ospite sembrava poter tornare da ogni dove: la necessità di prendere moglie … di trovare una donna adeguata, di dare un erede alla famiglia del proprio padre, proprio come un uomo dovrebbe fare.
Scrollò le spalle, rigirandosi sotto le lenzuola e accomodandosi con il capo affondato nel guanciale, mentre un’idea prendeva forma, increspando le sue labbra in un accenno di sorriso.
La fissazione di Vasse per la necessità di prendere moglie pareva permeata da una insolita premura, quasi che l’uomo avesse considerato questo aspetto della propria vita solo da poco tempo, ritenendolo, tuttavia, così importante da farlo divenire una priorità di cui occuparsi quanto prima. Non ebbe difficoltà ad immaginare chi avesse potuto insinuare un simile pensiero nella mente di giovane uomo dalla parlantina vivace, che pareva paglia pronta a prendere fuoco da ogni scintilla: conosceva sufficientemente la determinazione del Generale e la sua capacità persuasoria da riconoscere l’impronta che i suoi discorsi potevano lasciare su chi, non preparato alla sua personalità forte e pragmatica, si fosse trovato a subirne l’influenza. Suppose che la lettera indirizzata a Vasse padre dal Generale potesse contenere riferimenti alla situazione di Oscar e alla impellente necessità di tenerla al sicuro e non ebbe difficoltà a immaginarne l’effetto sul gioviale e generoso figlio.
Quel pensiero, l’idea di aver trovato un dettaglio capace di ricondurlo al passaggio del Generale da Azay, riuscì a scuotere l’animo di André così profondamente da provocargli un brivido lungo tutta la schiena. Non poteva ancora avere certezza di averla trovata … ma ne accarezzava la concreta speranza, alimentando ancora di più quel sentore inspiegabile che spingeva il suo cuore a sentirla vicina.
Portò la mano al viso, cercando sui polpastrelli quel sentore di rosa che, raccolto dalla pietra fredda della scala, l’aveva ricondotto a lei e al suo timido e fresco profumo floreale, e con questo riflesso stretto tra le dita, lasciò che la nebbia della spossatezza accogliesse il suo corpo e la sua mente.
 
Fu allora che i sensi tornarono vivi, portando il suo corpo a sognare.
Si mosse, voltandosi di nuovo, la schiena affondata nel materasso e il viso a cercare l’aria fresca della notte, mentre le membra parevano accendersi, incuranti della propria stanchezza. Gli parve di udire rumori soffusi, passi leggeri sciolti nell’incoscienza, fusi nella voce del palazzo che tra schiocchi di legno e respiri di stoffa, animavano il buio di ogni dimora in una vita nascosta, parallela a quella baciata dalla luce del giorno. Gli parve d’essere a Palazzo Jarjayes … dove il legno lucido del pavimento risvegliava il proprio sospiro solo nel silenzio della notte e lo scricchiolare del legno antico degli armadi in molte occasioni aveva popolato di incubi le sue prime notti solitarie, nella camera che gli era stata assegnata al suo arrivo. Ne riusciva ancora ad intuire il profumo, cera d’api e cenere, che riusciva a sovrapporre a quello fresco e quasi pungente dei mazzetti di lavanda che la nonna lasciava in cassetti e armadi.
Si ritrovò in parte alleviato del gravare della pesante coperta, godendo del sollievo di quella leggerezza. Come una carezza, avvertì il tocco inconsistente del lenzuolo, fresco come pelle esposta alla notte, sinuoso come solo un pensiero suadente poteva essere; un gioco lento, che disegnò i suoi zigomi e la sua fronte, scostando le ciocche proprio come lei aveva fatto davvero, e che poi scivolò lento lungo la mascella, cercando il rilievo vivo del pomo d’Adamo sul suo collo, fino a nascondersi là dove le clavicole sono vicine, pur senza toccarsi. Un contatto incerto, lungo quanto il sospiro più profondo, che poi si insinuò facendosi deciso, oltre il velo impalpabile della camicia di seta, aprendosi sul petto come un ventaglio di dita.
Ebbe un brivido, quando gli parve che quel pensiero fosse caldo e potesse crescere, farsi intenso e violare ogni barriera, nel soffio freddo che si insinuò tra le coltri ripiegate sulle gambe e che avvolse la sua mente fino a dargli una sensazione di vertigine, come se il letto avesse potuto flettersi sotto il suo peso immobile.
Distese le gambe, allargandole un poco, galleggiando nel proprio sogno, e poi mosse le braccia cercando il lembo superiore del lenzuolo e trovando solo il nudo materasso. Ancora carezze, lente e caldissime, il ventaglio diviso ad avvolgergli i fianchi, mentre una nuova lusinga, morbida e impalpabile, come il soffio leggero di chioma di seta, accompagnava l’alito caldo che sentiva scendere, inesorabile, sul ventre, fino a diventare un tocco bollente, denso di miele e desiderio, che spense la sua mente avvolgendola in un sentore vivo di petali di rosa.
Dischiuse le labbra, cercando aria abbandonandosi a quel desiderio così intenso da oscurare la ragione, e inarcò la schiena, tendendo il ventre e puntando le spalle, facendole affondare un poco nel letto morbido; come una fitta, più forte di ogni altro pensiero, sentì il proprio corpo accendersi, quasi infuocato, di un bisogno prepotente, capace solo di concentrare il proprio fulcro su quel tocco che pareva muoversi sinuoso e deciso risalendo dal ventre fino al petto, sfumando in un sospiro lento fin nell’incavo del collo.
Allora, come nel più vivido dei sogni proibiti, avvertì un tocco sulla guance, carezze gemelle e avvolgenti che lasciavano spazio solo a respiri spezzati, in cerca di un poco d’aria che sembrava impossibile trovare. Si inumidì le labbra e in quel gesto istintivo trovò un contatto nuovo e l’eco di un tocco leggero e selvatico, come i baci che aveva conosciuto e che riusciva ancora a percepire, veri come mai prima. Poteva davvero sentirli … rievocando il sapore proibito di un’ambrosia che ormai conosceva e che percepiva viva e insistente, nel gioco sinuoso e vellutato in cui si sentiva travolto. Si sporse un poco, sollevando il capo in un gesto involontario, dettato dalla febbre che percorreva ogni fibra del suo corpo, come potesse cercare nuovi baci, offrirne e pretenderne, ancora e ancora, aggrappando la propria disperazione alla sensazione calda che, in contrasto con la fresca carezza della notte, avvolgeva i suoi fianchi in una stretta incredibilmente salda e ardente. Sollevò le mani, annaspando quasi per staccare la schiena dal giaciglio, e trovando una sorta di appiglio, sottile e tiepido, di pelle fresca del tocco delle stelle, e allora ebbe un fremito, scuotendo il proprio corpo come in preda a uno spasmo, cercando di fuggire a quell’oblio dei sensi, con la certezza che nessun sogno avrebbe potuto essere tanto vivo … Un singhiozzo spezzò i suoi pensieri, il bruciore caldo delle lacrime punse il buio sotto le palpebre, mentre gli occhi sempre serrati scacciavano l’incubo della solitudine di cui la luce della notte avrebbe tratteggiato i contorni.
Frantumò il proprio respiro, socchiudendo le labbra, liberando la propria resa, in un sussurro sofferto – Oscar … Oscar dove sei? –
 
[i] Il titolo è un omaggio all’omonimo racconto di Ladymary13 pubblicato su efp, uno dei primi in cui mi avventurai al mio arrivo su questo stesso fandom e a cui sono tanto affezionata.

Angolo dell'autrice: non ho parole per ringraziare tutte voi che passate da questa storia... che leggete, seguite, ricordate, preferite e mi lasciate il vostro commento. Siete un grande sostegno in questo periodo davvero intensissimo! Questo capitolo è dedicato a tutte voi... con grandissimo affetto!
Un bacio grande... a presto!

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Capitolo 49
*** Sogno di libertà ***


Sogno di libertà
 
- Sono qui, André … - le parole, ad un soffio dal viso, furono come tempesta, nell’animo – Sono qui, insieme a te … - .
Spalancò gli occhi, la luce fioca delle finestre a stendere un bagliore timido nella grande stanza da letto e solo un riflesso delle stelle capace di giungere fin sotto il baldacchino; a fatica emerse dal sogno, disegnando lento l’immagine del volto che riusciva a scorgere così vicino da sentirne ogni respiro, tanto da mescolarlo con il proprio, avvertendone il tepore fin dentro l’anima. La mente strappò ogni legame con il sonno, chiamata alla veglia dal sorriso teso e delicato che dipingeva una curva vivace sulle guance pallide.
- Oscar … sei davvero tu? – mormorò incredulo, sollevando le mani per portarle al suo volto, cercando di rendere ancora più concreto ciò che poteva vedere, e il sorriso si fece incredibilmente vero, sotto le sue dita, mentre le labbra si dischiudevano mostrando il candore degli incisivi.
André prese fiato, muovendo appena la schiena per sollevarsi a sedere, scostando le coperte e facendo spazio ad Oscar, seduta sui propri talloni, le ginocchia aperte ai lati delle sue gambe. Sorpreso, ma anche colto da una intensa apprensione, portò le mani alle sue spalle, mentre lo sguardo sfidava ancora la penombra, seguendo avido ogni riflesso capace di strappare al buio un tratto di lei e di ricrearlo in un arabesco di chiaroscuro fatto di forme, dettagli e volute. Lasciò che le mani scivolassero sulle sue braccia, giocando appena con la stoffa leggera di una camicia dalle forme semplici e troppo abbondanti per il corpo asciutto che conosceva, per poi scendere fino a fermarsi ai suoi fianchi, incantato dalla sua presenza, stordito dalla potenza del proprio sentimento, quasi paralizzato dall’emozione.
- Ero sicura che avresti compreso … - gli sussurrò lei, facendosi più vicina, - … solo tu avresti potuto farlo … – e senza nascondere le proprie intenzioni gli si approssimò ancora, una mano sulla spalla a premere appena, cercando di indurlo a scivolare, riportando la schiena sul materasso. La voce giungeva come una spira di fumo nella mente di André, avvolgendo i suoi sensi e annebbiando ogni ragione, e il suo corpo parve sciogliersi, fuso in un calore liquido che sembrava scorrere lungo la schiena, per poi diffondersi nelle membra, annullando ogni residua volontà. Puntò i gomiti sul letto, sostenendosi per rispondere al richiamo delle labbra di Oscar, le sue mani tenere poggiate sul viso e la sua chioma morbida a sfiorargli la pelle, laddove lo scollo della camicia era scivolato, scoprendo tutta una spalla. Dischiuse le labbra, un bacio nell’altro, in un rimando crescente di desiderio e sensualità.
Poi lei sciolse un istante il loro contatto, soffiando un sospiro sulle sue labbra rimaste come sospese sul filo interrotto di un nuovo bacio.
- Non vedevo l’ora che tu arrivassi … - mormorò in un soffio, prima di tornare alle sue labbra, cercandolo avida, affondando con ancora maggiore irruenza, come velluto potente e caldo di un fuoco mai spento, mentre i fianchi si stringevano un poco, ondeggiando lenti sul corpo di André, in una sorta di danza d’istinto proibito.
Fu quel gesto a risvegliarlo, quell’onda imperiosa e fiera, gemella di uno stesso modo di muoversi e cercarlo con cui, nella stanza spoglia di quella locanda che ormai sembrava lontanissima, Oscar gli aveva mostrato la propria essenza segreta, squarciando ogni sua resistenza e vincendone i timori. Avvertì lo stesso richiamo, ne lesse l’inconsapevole richiesta … perfettamente cosciente che la propria risposta fosse anche troppo pronta.
Mosse allora le mani, stringendo la presa sui suoi fianchi magri, mentre tornava a sollevare la schiena, facendosi incontro a nuovi baci, sempre più intensi e voraci, densi di carezze e piccoli morsi, e accomodando Oscar sul proprio ventre. In una danza nuova prese a sfiorarla, seguendo i movimenti lenti di lei, scese lungo i fianchi, giocando con le volute morbide della stoffa, fino a riconoscerne l’orlo, per poi scendere a ancora, bloccandosi al contatto con la nuova seta della sua pelle nuda. Rimase immobile, folgorato dal contatto con le sue cosce, rapito dalla morbidezza che aveva incontrato e sconvolto nel comprendere quanto vicino fosse il baratro, il limite dell’abisso entro cui, in quel preciso istante, non avrebbe voluto fare altro che lasciarsi cadere.
Un brivido percorse la schiena, quasi che l’aria fredda avesse potuto penetrare oltre la pelle, facendo vibrare le sue ossa; lasciò un istante le labbra di Oscar, passando rapidamente la lingua sulle proprie, in un istintivo tentativo di ricomporsi; inspirò profondamente e avvertì nel silenzio il proprio deglutire quasi a coprire il soffio lungo del respiro a labbra aperte emesso da lei.
- Oscar … - la chiamò con un filo di voce, mentre in realtà chiamava se stesso, cercando disperatamente di ritrovare un residuo di lucidità – Oscar, come … come mi hai trovato? – chiese infine, stupito dalle sue stesse parole – Come sapevi che ero qui? -.
Le labbra morbide, ad un soffio dalle proprie, si mossero appena in un gesto istintivo prima che giungesse la sua voce – Ti ho riconosciuto … la tua voce, sulle scale, ha fugato ogni dubbio … -
André, colpito dalle parole di Oscar, aggrottò la fronte, puntando lo sguardo nell’ombra del suo, cercando sul suo volto appena visibile una spiegazione – Quale dubbio? –
Allora avvertì il sorriso aprirsi sulle sue labbra e intuì un leggero sussulto della sagoma leggera della sua chioma.
–Monsieur Vasse mi ha affidata alle attenzioni della giovane Cecile … la ragazza che credo tu abbia incontrato sulle scale … - Oscar si fermò un istante ad osservarlo e André annuì, mostrando di seguirne il racconto – Beh … Direi che la sua caratteristica principale non sia la discrezione … Non è stato difficile farmi raccontare tutto, a proposito del nuovo ospite a cui avevo dovuto cedere la stanza! - soggiunse sorridendo.
- Sei qui da così poco … e qui credo che avresti dovuto essere tenuta nascosta, giusto? – suppose André, cercando di concentrarsi sulle parole di Oscar e di ignorare la sua calda presenza attorno ai propri fianchi – Altrimenti Vasse avrebbe potuto farti scendere a cenare con noi … -
Lei annuì muovendo il capo – Già … subito dopo il tuo arrivo, prima ancora che potessi vederti, Vasse ha ordinato a Cecile di prepararmi un giaciglio nella soffitta e di pregarmi di mantenermi al sicuro. – le sue mani, lasciarono la presa sulle spalle di André per scivolare dietro la sua nuca, fino a giungere a insinuarsi nello scollo della camicia, giocando con il rilievo delle prime vertebre, in un movimento sinuoso – Credete che io sia al sicuro, qui con voi, Conte Fabian? – chiese poi avvicinandosi, fino a sfiorargli il naso con il proprio.
André soffocò una risolino imbarazzato, voltandosi un istante verso il camino ormai spento, per sfuggire alla lusinga delle sue labbra – Ti ha raccontato parecchie cose, quella Cecile … -
Oscar raddrizzò le spalle, accomodandosi ancora sulle sue cosce, inconsapevolmente sensuale – Povera ragazza … A quanto pare, non aspettava altro che di avere un’ospite di cui prendersi cura, così come faceva con l’adorata Madame Vasse, che credo apprezzasse molto la sua vivace loquacità. – strinse le labbra un istante e i suoi occhi, pur nella penombra della notte, brillarono in due fessure, come stelle del cielo d’inverno – Dopo cena, le ho chiesto di prepararmi un bagno caldo … certa che sarebbe stata un’ottima occasione per essere aggiornata sull’arrivo del misterioso Conte, e lei non mi ha certo delusa. –
André socchiuse lo sguardo, curioso, trattenendosi dal fare ulteriori domande, rilassando un poco le spalle e puntando i palmi sul materasso, per sostenersi.
- Era davvero entusiasta dell’arrivo del Conte Fabian di Fersen … fin troppo, direi –sottolineò con un tono quasi geloso, che provocò ad André un segreto formicolio nel petto – … e pareva che l’avesse squadrato alla perfezione, perché ricordava davvero molto bene ogni dettaglio: il fisico slanciato e i modi eleganti, i lineamenti perfetti, i lunghi capelli corvini e i meravigliosi occhi verdi … -
André si morse le labbra, imbarazzato, riconoscendo in quell’enfasi, lo stesso spirito che aveva animato lo sguardo rapito incontrato sulla scala e che, forse, lo aveva già inseguito segretamente durante la cena; indugiò su quel pensiero, prima di riscuotersi – E questa descrizione ti ha fatto sorgere dei dubbi? Non credo che i miei occhi verdi siano gli unici in circolazione … -
- No … Non saranno unici, anche se io li riconoscerei tra mille altri … – soggiunse allora lei con un leggero imbarazzo – tuttavia, non potevano ingannarmi, visto che io mi ricordo abbastanza bene del vero Conte Fabian di Fersen. - ammise infine con un leggero riflesso di soddisfazione dipinto sul viso.
- Tu hai conosciuto il Conte Fabian? – chiese allora André sorpreso.
- Esatto: il giovane Conte di Fersen ha fatto una breve visita a Versailles alcuni anni orsono, mentre il fratello maggiore era impegnato sul fronte, nelle Americhe. - spiegò Oscar prendendo a giocare distrattamente con una ciocca di capelli sfuggita al nastro che li teneva legati sulla nuca di André, e poi la mano risalì fino al legaccio, frugando tra la seta e afferrandone un lembo – Una visita di pochi giorni e nessun impegno particolare per la Guardia Reale, ma sufficiente perché io notassi la sua somiglianza spiccata con suo fratello: capelli castano chiaro, velati di cenere, e occhi chiarissimi, come un cielo d’inverno … -. La voce di Oscar si sciolse nel silenzio, insieme al nastro che André avvertì sfilare dietro la nuca, mentre i capelli perdevano la leggera tensione della coda, facendosi morbidi come schiuma sulle spalle.
André sollevò una mano dal letto, portandola al volto di Oscar, una carezza leggera sulla pelle calda della sua guancia, le dita piegate a raccoglierne la forma e disegnare lo spigolo perfetto della mandibola, fino al gioco nascosto dietro il tenero lobo dell’orecchio; percepì un brivido, colse un leggero imbarazzo, quasi che quei dettagli nascondessero un’attenzione difficile da ammettere. Le sorrise, forte del proprio amore, inaspettatamente tranquillo di fronte a quella timidezza e a qualsivoglia insinuazione che quelle parole avrebbero potuto far sorgere.
- Quindi sapevi che non si trattava del il vero Conte … - la invitò a riprendere, con voce gentile.
- Ho pensato subito a te, benché mi paresse assurdo. - riprese immediatamente, con maggiore vigore - Quando ho udito il frastuono sulla scala, lei era appena scesa con i secchi dell’acqua ormai fredda e così mi sono precipitata sul ballatoio, pur sapendo di non  potermi allontanare dalla soffitta e … - la voce tremò un istante, lo sguardo improvvisamente lucido - … ho riconosciuto la tua voce. Io … - si portò le mani al petto, stringendole una nell’altra, stropicciando la stoffa leggera della camicia tra le dita – Io volevo correre da te … ma mi sono bloccata, certa che Cecile avrebbe poi dovuto fare ritorno, per raccogliere l’acqua rovesciata. –
- Capisco … nemmeno io ho potuto esserle di aiuto … - le spiegò allora – Non ha voluto che un conte … - un leggero sbuffare dalle narici interruppe le sue parole, soffocando una risata, mentre anche Oscar, prima sorpresa, si univa alla sua reazione, avvicinandosi fino a poggiare la fronte alla sua. Le timide risa si sciolsero in un unico soffiare, i volti così vicini che Andrè poteva avvertire il calore di lei sulla propria pelle, e il suo profumo pungere dentro di sé; quel momento di leggerezza chiuse gli occhi, lasciandosi cullare dal tempo intenso del loro ritrovato contatto, del fuoco acceso sulla pelle, là dove la seta di quella di Oscar si mostrava con la sua lusinga calda. Sollevò le braccia, seguendo la carezza della stoffa, senza pensare a cosa stesse davvero facendo, e il bacio freddo della notte fu come un brivido sulla schiena e sulle spalle, scuotendo ancora la sua mente offuscata, mentre il tocco delicato delle mani di Oscar prendeva a vagare sul petto, restituendo forma al suo stesso corpo, come se stesse cercando qualcosa, un segno, un via, un riferimento sul paesaggio nudo del suo corpo.
- Non … ti ha fatto nulla, vero? – riconobbe la voce dell’ansia, in quella richiesta, e fu rapito da quella timida preoccupazione – Non ti hanno ferito … Non ci sono state ripercussioni o … conseguenze? –
- No … - si affrettò a rassicurarla, scuotendo appena il capo, in uno sfiorarsi di labbra e comprendendo a cosa lei si riferisse – … nessuna conseguenza, né a Palazzo, né a Versailles … -
Lesse il sollievo nel suo sospiro lento e lo ritrovò nelle sue parole – Nonostante tutto, mio padre è stato di parola, allora … -
André aggrottò la fronte confuso – Eri preoccupata per me, nonostante quello che stava accadendo a te? –
- In quel momento, quando mio padre stava per colpirti … non riuscivo a comprendere perché mostrasse tanto astio nei tuoi confronti … - spiegò allora Oscar, abbassando lo sguardo, rifugiandosi nel buio lontano – Allora fu Jerome a colpirti e io ti vidi perdere i sensi, ma sapevo che mio padre non aveva soddisfatto la sua ira e non potevo immaginare fino a cosa avrebbe potuto giungere per placare la sua sete di vendetta. – si morse le labbra, esitando, e poi tornò al suo viso, puntando o sguardo lucido in quello di André – In quel momento, sapevo di non poter attendere oltre … perché tu eri nelle sue mani; così, l’ho aggredito. –
André perse il respiro, sgranando gli occhi, incapace di parlare, mentre il senso di quelle parole si faceva largo nel suo animo.
- Non potevo permettergli di farti del male … qualunque fosse stata la sua motivazione. – proseguì allora Oscar, l’agitazione visibile anche nel buio – L’ho affrontato, con la spada … l’ho ferito; ma poi anche Jerome e Didier si sono intromessi e ho compreso che fosse necessario trovare una soluzione che potesse lasciare a mio padre la certezza di aver raggiunto la sua priorità, pur assicurandomi … la mia. Lui farneticava qualcosa in merito al fatto che fosse colpa tua se quella sera … tutto fosse andato a monte. Non sapevo di cosa parlasse, ma ti guardavo inerme sotto la sua furia … e volevo solamente saperti al sicuro. – Oscar serrò le labbra, gli occhi lucidi, lo sguardo tagliente e determinato - Così ho posto le mie condizioni: l’avrei seguito se mi avesse rivelato la destinazione sicura dove intendeva nascondermi e se … mi avesse dato la sua parola che tu fossi sciolto da qualunque accusa lui avesse mosso nei tuoi confronti, che tu fossi libero da qualunque … legame. – attese un istante, muovendo le mani davanti a sé, incapace di dare forma al proprio sentire, e poi socchiuse lo sguardo, nello sforzo di proseguire - Non riuscivo a comprendere … ma avvertivo il peso di qualcosa di oscuro, come un’ombra del passato, che riusciva a stendere la sua cupa presenza rendendo torbido qualcosa che invece avrebbe dovuto essere limpido … Fissavo mio padre, leggendo nel suo sguardo l’ira più scura e nel suo silenzio teso ho temuto che non avrebbe mai piegato il suo orgoglio alle mie richieste. Nell’incoscienza, tu hai emesso un lamento … e nel vedere mio padre armato, scattare e tornare a sovrastarti, ho urlato per fermarlo ancora e … -
André aveva ascoltato in silenzio il lungo sfogo di Oscar, trattenendo quasi il fiato per non intromettersi in quel susseguirsi di parole cariche di tensione  e solo allora, quando lei parve rilassare appena le spalle, riuscì a muoversi, sollevandola un poco da sé per accompagnarla a sedersi sul lenzuolo sfatto.
- Oscar, io non avrei mai voluto che tu sfidassi tuo padre … per causa mia … - mormorò appena udibile, accarezzandole le spalle e cercando il suo sguardo, nel timore di trovarvi il segno cupo dello scontro avuto con il Generale, e quasi si sorprese, nello scorgere nelle sue iridi scure il bagliore vivo e inatteso.
- Avrei dato la mia stessa vita per te, André; ma non era quello che mio padre voleva. – riprese Oscar con voce ferma – In quell’istante, fu come se non mi avesse nemmeno ascoltato e il suo volto mi parve vibrare di tensione, per il dubbio, lo sconcerto, forse anche per sorpresa … fino a che … alla fine di tutto, non si è sciolto in una sorta di resa, annuendo lentamente. –
- Oscar … - il suo nome fu un sospiro sulle labbra, salvezza e condanna, in un turbine di emozioni contrastanti che prendevano forma in un vortice, trascinando colori e visioni, incubi e rimorsi in un'unica visione - … Oscar, riuscirò mai a farmi perdonare per … -
- André … - lo chiamò allora lei, nella voce solo calore, nessun segno di dubbio o timore - … mi hai ascoltata davvero? Hai sentito quello che ti ho detto? -
André trattenne il respiro, mentre il volto di Oscar si faceva vicino, sempre più prossimo, e i suoi occhi accesi di un baluginare più forte di ogni luce notturna.
- Sei libero, André … libero da ogni legame: solo questo conta, ora. –


Angolo dell'autrice: di nuovo in anticipo sapendo che, a partire da domani, sarà una settimana intensissima.
La notte di André ha preso una piega interessante... a mio avviso. Il sogno è diventato una interessante realtà.
Ringrazio di cuore l'amica che si è prestata perché mi ispirassi per la giovane cameriera.... Cecile si è lustrata gli occhi! Per il resto, non ho parole per il grande affetto che mi state dimostrando... Vi ringrazio tutte tuttissime voi che leggete, seguite, ricordate, preferite e commentate... e magari sognate con me!
Un abbraccio grande! A presto!!!!

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Capitolo 50
*** Un nuovo limite ***


Un nuovo limite
 
Il senso profondo delle parole di Oscar scivolò nel suo animo con liquida e densa lentezza, diffondendosi nel petto e avvolgendo il cuore in una sensazione di torpore, per poi librarsi come un brivido lungo la schiena.
- Libero? – ripeté in un sussurro, chiedendo conferma, e Oscar annuì decisa, sollevandosi dal materasso e sostenendosi con un gomito, scrutando il suo viso, fino a mischiare il suo respiro con il proprio.
- Qualunque cosa ti abbia chiesto di fare, o non fare … in qualunque modo ti abbia vincolato al suo volere, il vostro accordo non esiste più. – affermò lei decisa, inumidendosi le labbra prima di continuare – Non voglio sapere cosa ti abbia imposto, non ho il diritto di chiederti nulla, André. Vorrei solo che tu potessi sentirti libero dal peso che ha posto mio padre su di te e sul tuo cuore. No … - riprese rapida, bloccando il suo tentativo di intromettersi forzandosi a dare una spiegazione, per quanto gli risultasse difficile - … ti prego. Nessuna parola … -
Spense ogni desiderio di ribattere in un bacio che fu tenerezza, conferma e insieme richiamo, capace di ritrovare il filo dei baci lasciati in sospeso, tra racconti e rivelazioni, così come di intrecciare una nuova trama di silenziosi desideri. Carezze avvolgenti, tra le labbra, e un gioco di rimandi, perfetti e instancabili, parole senza voce di un racconto scritto tra sospiri e umidi schiocchi.
In un abbraccio protettivo, tornarono ad adagiarsi tra le pieghe delle lenzuola, affondando un fianco nel materasso morbido; André piegò appena un ginocchio, insinuandosi in un intreccio di seta, liscia e calda come nessun’altra, e poi la avvolse tra le proprie braccia, accogliendo sul proprio cuore le sue curve morbide e vive, appena celate dalla stoffa leggera. Avvertì il tocco delicato della mano di Oscar scivolare sulla propria coscia, sinuosa a tracciare arabeschi risalendo dal ginocchio fino al fianco, e ne fu rapito, seguendo quel vagare leggero e quasi distratto nel suo peregrinare apparentemente senza meta, tracciando l’arco delle costole e poi prendendo a scendere, come fosse naturale percorrere quel declivio. Si lasciò condurre in quella discesa, trattenendo il fiato quando le dita curiose parvero arrestarsi, per saggiare la morbidezza della peluria appena sotto l’ombelico, indugiando in un moto circolare e ipnotico; si lasciò accompagnare in quel disegno ardito al limite del proprio ventre, sussultando in un gemito soffocato sulle sue labbra quando le dita curiose sfiorarono il culmine del suo desiderio. Allora il bacio di Oscar si fece sorriso, sulle sue labbra, e soffio sbriciolato in un divertito sospiro.
Colse quell’istante, attimo di tregua e leggerezza per i suoi sensi dai fili raccolti in un unico intreccio proibito, per muovere la mano lungo la sua coscia, il palmo aperto sulla pelle d’avorio, vibrante al suo tocco e calda al suo passaggio; ne seguì la forma, vedendone la proporzione perfetta anche ad occhi chiusi, saggiando la curva spigolosa appena sopra il fianco. Si mosse lentamente, consapevole del proprio tocco e concentrato su quei gesti, assaporando in ogni palpito la libertà del poterli compiere davvero, senza oppressione alcuna. Fu come gustare il primo respiro, rinascere al proprio mondo riscoprendo ogni gesto nella sua nuova natura.
Aprì il palmo sulla pelle, saggiandone la nuova consistenza, vestendola della gemma del proprio nuovo essere uomo al fianco di Oscar, disteso nel suo stesso letto, esposto alla notte del proprio desiderio e scoprendo la potenza del ruolo in cui si sentiva rinato. Riuscì appena fare proprio  quel pensiero, a definirne contorni e nuovi limiti, quando la mano di Oscar scivolò dal suo ventre, spostandosi come un soffio sulla pelle, inseguendo il suo stesso movimento e ripetendone i gesti, il palmo delicato sul fianco e le dita tese, aperte a plasmare il suo corpo.
Dischiuse lo sguardo, cercando il suo volto, mentre le mani si muovevano all’unisono, scoprendo insieme corpo ed emozioni, leggendo il riflesso di ogni gesto nel proprio sentire. Allora scese, sfiorando appena con le dita il ventre liscio di lei, cercando nei suoi occhi neri di cielo e brillanti del baluginare delle stelle, il riflesso segreto di quei tocchi, fino a serrare le mascelle, spezzando il proprio istinto a cedere alla sua mano e concentrandosi sulla via che aveva iniziato a percorrere con la propria. Accolto dalla sua presa calda, André seguì il suo sentiero proibito, rapito dalla tenerezza che andava scoprendo, accolto dalla sua forma segreta, stravolto dal suo stesso ardire.
Fu come abbandonarsi a lei e insieme cercarla, ascoltando il canto umido del suo corpo, il respiro come poesia all’unisono con ogni suo gesto e ogni timido gemito come richiamo lontano a raggiungere un luogo nascosto, fatto di emozioni, di sensi, di loro due soltanto; fu scoprire un profumo nuovo, essenza unica e indivisa dei loro istinti, e tremare nel comprendere quanto fosse impossibile distinguere nell’armonia di quel miele la nota segreta di ogni fiore, mentre perfetta e unica era la fragranza del loro essere insieme, in un privilegio di corpi nati per essere un’unica trama.
Nella bruma che l’aveva avvolto, mantello caldo a cui si era abbandonato, riuscì appena ad avvertire il tocco di lei farsi più leggero e le sue dita aprirsi, distese, quasi fosse incapace di governarle; intuì in lei quello smarrimento che copre ogni altro istinto, udì il suo respiro vibrare di una tensione senza forza, e ancora le si fece incontro, cullando il suo corpo con devozione e amore infinito, perché non sentisse mancare la sua presenza nemmeno in quel anfratto senza dove. Si fece forza, coraggio e salvezza, brezza e sorgente di un bisogno ancestrale … accompagnando attraverso il suo corpo, la ricerca della sua stessa essenza, fino a quel brivido, tra carne e anima, di cui riconobbe dentro di sé lo stesso riflesso, mentre la sua voce in un soffio appena udibile, con una nota calda e completamente nuova, lo chiamava vibrante.
- A … André … -
 
Il caldo legno del parquet produsse uno strano lamento sotto il peso dei suoi passi nudi, uno scricchiolio che la sera precedente non aveva avuto modo di notare; rabbrividendo all’aria fresca del mattino, André raccolse da terra la propria elegante camicia di seta e se la infilò lasciando che ricadesse morbidamente fino a coprirgli le cosce, poi si diresse alla finestra dai cui scuri, rimasti aperti per l’intera notte, vedeva entrare un vivido fascio di luce. Strizzò lo sguardo al bagliore acceso del sole già visibile al di sopra dell’orizzonte nel cielo terso di un giorno nascente e sorprendentemente limpido, spingendosi oltre la vegetazione che chiudeva la visuale a oriente. Sorrise a quella visione dai colori brillanti, che la sua mente accesa di ricordi potenti rendeva ancora più vividi.
Distese le dita della mano, aprendo il palmo ad un soffio dalle proprie labbra, e, inspirando appena, riconobbe l’eco di quel piacere vibrante che, attraverso di lei, lo aveva condotto ancora sull’orlo di quel baratro luminoso, fatto di istinto e forza d’animo.
Aveva visto i suoi occhi schiudersi lentamente, fiamme profonde, blu come la notte e insieme calde come il fuoco più vivo, e quella stessa fiamma lo aveva avvolto in un istante. Allora l’intreccio dei loro corpi si era fatto serrato, il respiro rapido e le membra forti come mai prima; seguendo l’istinto, l’aveva sollevata e aiutata a voltarsi, perché gli desse la schiena, e poi l’aveva stretta a sé, pelle contro pelle, il ventre premuto contro le sue curve morbide, la sua forza tesa e vibrante sulla soglia del desiderio. Il volto affondato sul suo collo di seta, il fiato bollente sulla quella liscia madreperla, André aveva stretto le braccia al suo corpo, un abbraccio che era preghiera, mentre le reni si muovevano cercando un nuovo limite.
Ricordava perfettamente lo sgomento che aveva provato quando lei aveva inarcato la schiena, offrendogli se stessa, anima e corpo; sentiva ancora sul petto e sul ventre la carezza di fuoco e miele che in unico grido silenzioso gli aveva rivelato quanto anche lei desiderasse che tutto fosse compiuto …
Era stato sul punto di cedere, spinto da quella brezza di vita che la nuova libertà gli aveva concesso, incantato dal richiamo del suo corpo e travolto dalla risposta del proprio; ma poi si era riavuto, ricordando che la libertà non è abbattere ogni limite … ma scegliere quelli in cui si crede e, se necessario, lottare perché vengano rispettati. Allora aveva raccolto ogni forza e, aveva allentato la presa, permettendo alla notte di tornare ad insinuarsi tra i loro corpi. Si era lasciato cadere sul letto, la schiena accolta dalle lenzuola tiepide; dopo un istante, aveva colto un movimento al proprio fianco … e socchiudendo lo sguardo l’aveva vista protesa sopra di sé, con i capelli disordinati, sciolti attorno al viso, e un’espressione interrogativa, che lo aveva lasciato senza fiato, e che si era fatta determinata, tanto da fargli comprendere di non avere scelta. Così ne aveva osservato in silenzio le movenze lente, nell’accomodarsi sul letto, la schiena inarcata in una posa felina, le braccia sottili che si allungavano, lasciando nuove carezze sul suo corpo, in un sentiero che non lasciava spazio a fraintendimenti. Allora, arrendendosi a quelle carezze, si era lasciato cullare da lei, facendosi condurre in quella selva dei sensi, fino a perdersi nel proprio oblio.
Colpito da un improvviso e lontano bagliore, piegò il capo e si volse in direzione del cortile della dimora fuggendo dall’orizzonte, mentre, sollevando le braccia, raccoglieva tra le dita esperte i propri capelli, cercando di disciplinarne le ciocche e riunendole in una folta coda provvisoria sulla nuca. Nel movimento di uomini e cavalli che poté intuire in fondo al cortile, riconobbe la figura ben abbigliata di Robert Vasse; lo osservò per qualche istante mentre conversava con uno dei servitori e poi montava in sella, per avviare il proprio cavallo a lasciare la tenuta avanzando con passo tranquillo fino al ponte di accesso al cortile. Seguì l’ondeggiare lento del cavaliere fino a che non scomparve dalla sua vista e poi, udendo qualche timido fruscio proveniente dal letto alle proprie spalle, si volse verso la camera, avvertendo un’onda calda risalire dal ventre, fino a scaldargli il respiro.
Il cumulo di coperte e lenzuola, rigonfie sopra il letto e aggrovigliate in malo modo, si mosse appena, lasciando intravedere la chioma dorata sparpagliata sul gonfio guanciale.
André si avvicinò al letto, sedendo sulle coperte, attento a non pesare su di lei e puntando le braccia ai lati del suo capo, per reggersi.
- Buongiorno … - la salutò con una vena di tenerezza.
La risposta fu silenziosa, un movimento di braccia nude sollevate oltre il capo e stiracchiate a sgranchirsi dopo un letargo ristoratore; il suo sguardo si mostrò lentamente, aprendosi al suo volto e rivelando immediato un sorriso.
- Buongiorno, André. – Oscar arricciò il naso, guardandosi attorno, come a orientarsi nella grande stanza, e poi tornando a nascondere le braccia sotto le coperte, rifugiandosi nel tepore della notte appena trascorsa.
André rimase ad osservarla, contemplandola in silenzio, nel rimando confuso dei ricordi degli avvenimenti passati, dei giorni trascorsi nello sconforto e nel dubbio, nei momenti del confronto difficile con la realtà della reggia, nelle ore vibranti del viaggio, mentre lei pareva assorta nella lettura di ogni sua espressione, seguendo con lo sguardo i tratti del suo volto.
- Mi hai trovata, André. – affermò Oscar in tono rassicurante, come a spezzare il filo di quei pensieri incerti che sicuramente aveva intuito nel suo silenzio – Questo è ciò che conta. Ora che siamo insieme, niente potrà più separarci. –
- Ma … - tentò di intromettersi, consapevole che ancora molto fosse incerto nella situazione complessa in cui si erano trovati e un poco sorpreso nel riconoscere anche in quel frangente la determinazione della Oscar che conosceva da una vita, sorridendo nell’accogliere il suo rinnovato vigore - … come credi che … -
- Andremo via. – riprese decisa – Lontano. Non mi importa dove, ma con chi. Soprattutto, non perderemo tempo. – si mosse sotto le coperte, inducendo Andrè a sollevarsi e cambiare posizione, lasciandole spazio per mettersi a sedere, le braccia piegate sul seno a trattenere il lembo di lenzuolo, in un gesto di istintiva femminilità – Forse … avremo bisogno di qualcuno che ci aiuti … e sono certa che Cecile lo farà volentieri. –
- Credo che dovrai spiegarle molte cose … - osservò a mezza voce.
- Sì. – convenne Oscar annuendo, mostrando sempre maggiore fermezza – Le racconterò ciò che è bene che sappia, mentre tu potrai fare lo stesso con Monsieur Vasse, se lo ritieni opportuno, in modo che sia pronto ad affrontare mio padre … -
- Oscar … - la chiamò allora André, puntando il suo sguardo con decisione - … hai intenzione di fuggire? –
Per un attimo, si pentì di averle posto quella domanda, suggerendole una soluzione drastica, oltre che avventata, e forse insinuando il dubbio che lui stesso volesse indurla a tanto. Ripensò in un istante alle parole di Madame Marguerite, ma anche all’espressione del Generale e al racconto di Oscar, a quella sorta di accordo di cui molto ancora restava oscuro. Si morse le labbra, teso e incerto, ma poi la vide bloccarsi e sollevare il mento, pensierosa; ebbe la certezza di averla scossa, con quella domanda, e anche la consapevolezza che la sua risposta non sarebbe stata di circostanza, ma assolutamente vera.
- No. – rispose allora lei – Non posso fuggire, perché ho promesso a mio padre che non lo avrei fatto. Gli ho dato la mia parola. – poi fissò lo sguardo nel suo, sostenendone i dubbi, e accennò un sorriso, riprendendo a parlare – Ma troveremo una soluzione. –
Annuì di rimando, confortato dalle parole di Oscar, ma non poté rispondere, perché un bussare leggero alla porta interruppe il loro dialogo. Si sollevò allora dal letto, raggiungendo il battente e socchiudendolo appena.
- Sì? – chiese cauto.
Dalla fessura tra i pannelli riconobbe la figura magra di Cecile, le mani strette una nell’altra davanti al petto e lo sguardo timoroso, sotto la cuffia candida che nascondeva i folti capelli raccolti.
La giovane prese fiato, prima di esordire - Il vostro … servitore … -
- Attendente. – la corresse André.
- Il vostro attendente,- si corresse prontamente Cecile – insiste a volervi parlare al più presto. Io gli ho detto che eravate ancora nella vostra camera e immagino che prima vorrete certamente prendere la vostra colazione … -
- Per quale ragione vuole vedermi? – chiese allora André, incurante di ogni altro dettaglio.
La giovane sollevò le sopracciglia, come fosse indispettita da quel particolare – Non me lo ha voluto dire. Ha insistito perché venissi a chiamarvi … ma Monsieur Vasse mi aveva chiaramente ordinato di lasciarvi libero di riposare per poi rifocillarvi con calma, mentre lui è fuori per delle commissioni … -
André, tuttavia, liquidò la questione formale con noncuranza; - Non ha importanza. – minimizzò, mentre arretrava di un passo, voltandosi a cercare i propri pantaloni – Mi preparo immediatamente; avvisate il mio attendente di aspettarmi nella scuderia … -
- Farò come desiderate … e gli dirò di attendervi alla scuderia … - ripeté allora Cecile, la voce ben udibile proveniente dalla soglia della camera, accompagnata da un leggero fruscio di gonne – Ma nel frattempo, se lo desiderate, posso provvedere a portarvi una brocca con acqua calda per … Oh! -
La solerzia della giovane si spense in una sorta di sorpresa strozzata; André si volse immediatamente, accorgendosi che Cecile, entrata in camera nell’intento di seguirlo, forse per essergli di aiuto nel prepararsi alla giornata, si era poi pietrificata, le mani premute sulle labbra e gli occhi sgranati a fissare il grande letto, le coperte rigonfie e disordinate e, soprattutto, la figura esile di Oscar, rimasta seduta, in assoluto silenzio ad osservare la scena con occhi sgranati.


Angolo dell'autrice: la notte è trascorsa quasi senza danno... ma il giorno porta nuove sorprese.
Nel delirio di questo periodo di avvicinamento alle festività... rinnovo la mia gratitudine a chi legge, segue, ricorda, preferisce e commenta, trovando anche in questi giorni densi di impegni il tempo per questa storia. Un bacione!!!! E grazie a tutte!

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Capitolo 51
*** Scelte ***


Scelte[i]
 
Non era stato semplice convincere la povera Cecile che fosse tutto a posto, che la presenza di Madamigella Oscar completamente nuda nel letto del Conte Fabian non fosse una sciagura le cui responsabilità sarebbero ricadute su di lei, provocandone l’immediato licenziamento, l’incipiente rovina, il perpetuo disonore. Tuttavia, Oscar era stata in grado di affrontare la situazione con estrema determinazione e sorprendente coraggio.
Forse anche certa dell’istintivo affetto che la giovane aveva manifestato nei suoi confronti fin dal loro primo incontro, intuendo i contorni difficili della situazione in cui si trovava, Oscar aveva confidato a Cecile che il Conte Fabian non era capitato per caso ad Azay le Rideau, ma mosso dal legame che da anni li univa e, nondimeno, con il preciso intento di liberarla dalla morsa in cui il Generale, suo padre, l’aveva stretta. Fermo con le braccia strette una all’altra e il fianco appoggiato al montante dell’imponente camino, André aveva seguito in rispettoso silenzio, e adeguata distanza, il dialogo tra le due donne, confidando che l’intuizione di Oscar fosse corretta. Le aveva osservate mentre il discorso tra loro si era fatto poco più che un sussurro e i loro capi si erano avvicinati in una postura di maggiore confidenza, gli sguardi legati in una curiosa complicità, e così si era limitato a rispondere con un sorriso a labbra strette ed un cenno del capo, quando Cecile, seguendo il racconto sommesso di Oscar, di tanto in tanto aveva puntato il suo sguardo color nocciola su di lui, cercando di apparire il più affidabile possibile, nel ruolo dell’innamorato nobile e intrepido, impegnato in una delicata operazione di salvataggio … Condizione che, peraltro, era piuttosto vicina alla sua reale situazione … se non fosse stato per quel poco trascurabile dettaglio riguardante i suoi nobili natali.
Di tutto quel confabulare segreto, aveva colto solo le battute iniziali, con le quali Oscar rassicurato la giovane cameriera, e poi qualche parola qua e là, pronunciata con un poco più di enfasi o sottolineata da un gesto più ampio; eppure, in tutta quella segretezza, non aveva potuto evitare di notare gli sguardi rapiti con cui Oscar gli si era rivolta, né intuire il trasporto con il quale aveva raccontato di loro e del loro legame a Cecile.
Sorrise tra sé a quel pensiero, muovendo qualche passo sul ballatoio, mentre si passava il palmo della mano su una guancia, controllando che la rasatura appena compiuta fosse stata ben eseguita; si fermò di fronte alla loggia aperta sul cortile, vagando con lo sguardo sul tranquillo paesaggio che chiudeva il castello in una sorta di scrigno di smeraldo, e poi, udendo il leggero movimento del battente si volse rapido verso la porta. La giovane Cecile si mosse lesta a capo chino giungendo sul ballatoio, richiudendo immediatamente dietro di sé il battente scuro in un tonfo sommesso e stringendo al petto un involto di stoffe raccolto nel proprio grembiule bianco, quasi volesse nasconderne la vista a chicchessia; poi mosse il capo, scrutando attenta le rampe delle scale, evidentemente concentrata nel controllare che non vi fossero altre presenze indiscrete nei dintorni. André la osservò aggrottando la fronte, cercando di soffocare il leggero sorriso che quella vista gli aveva suggerito, finché la ragazza non parve distendere le spalle, un poco rilassata, e sollevare finalmente il viso verso il suo, ad osservarlo di sotto in su, come se per la prima volta potesse davvero leggerne i tratti. Allora poté scorgere il fiorire di un ampio e gioviale sorriso, le gote piene appena velate da un lieve rossore, prima che con una strizzata d’occhio e un rapido frullare di gonne, la sua presenza leggera non scomparve giù oltre la rampa.
 
 André scese rapido le rampe dritte del castello, lasciando che lo sguardo scorresse sui curiosi medaglioni di pietra scolpiti nei soffitti della scala[ii], fino a giungere al portone scuro aperto sul cortile; dietro a sé, udì i passi leggeri di Oscar, finalmente lasciata libera dalle premure di Cecile che, sempre più coinvolta dalla loro complessa situazione, aveva deciso di prodigarsi in ogni modo per rendere la sua vittima il più bella e femminile possibile. Si volse ad osservarla, abbigliata, come di consueto, in severi abiti maschili, ma insolitamente acconciata con una morbida treccia che, dalla nuca, scendeva sulla spalla destra terminando in un elaborato fiocco color del cielo di primavera. Rimase incantato ad osservare il nastro e le sue volute, adagiate sulla curva delicata del seno appena intuibile sotto la stoffa candida della camicia; un soffio di femminilità, su quel corpo aggraziato, da sempre nascosto al mondo, ma non alla sua attenzione. Sollevò lo sguardo, incontrando quello di Oscar, il capo appena inclinato e un sopracciglio inarcato, in una espressione curiosa, e nell’intreccio di un istante colse quella nota nuova e calda che rese il suo viso splendente di una luce mai vista prima.
- Credo che lei sia definitivamente dalla nostra parte … - affermò Oscar con una sorta di sospiro e un lieve cenno alla propria acconciatura, mentre varcavano la soglia del portone scuro - … comunque sono certa che potrà aiutarci davvero. –
- Non ne dubito. – le rispose allora scendendo i gradini verso la corte con un sorriso di ammirazione – Ma di certo non sarà così semplice anche con il resto delle persone che vivono e lavorano in questa dimora. – osservò e con un gesto del capo sollevò il naso verso la candida facciata, per poi guardarsi attorno, scrutando con finta distrazione la corte deserta – Per questo, è il caso che tu non entri insieme a me nella scuderia: potrebbero esserci altri uomini dei quali non possiamo fidarci … -
- Hai ragione, - convenne lei – mi riparerò poco distante, in modo da ascoltarvi e comprendere se siate soli o meno; ma poi ti raggiungerò, non appena avrò la certezza che non vi siano presenze indiscrete. –
Attraversarono rapidamente la corte asimmetrica, dirigendosi uno a fianco dell’altra verso il lato occidentale, dove si trovavano le scuderie, e lanciando occhiate tutto attorno a loro. André riconobbe in lontananza, al margine della vegetazione che chiudeva la tenuta a est del ponte, uno dei lavoranti di Monsieur Vasse, apparentemente intento a prepararsi alla partenza e occupato ad armeggiare attorno ad un grosso carro al quale era già assicurato un cavallo scuro dall’aria quieta; dalle cucine del castello, invece, che stava lasciando alla propria sinistra, nei locali del livello inferiore dell’ala nordoccidentale, André riuscì a riconoscere il rumoroso scambio tra donne, evidentemente già occupate nella preparazione del pranzo. Giungendo alla scuderia, si arrestò, voltandosi verso Oscar e posandole le mani sulle spalle, cercando di attirare a sé la sua attenzione e, al contempo, di infonderle quel poco di fiducia che avvertiva crescere dentro il proprio animo fin dall’istante in cui aveva realizzato concretamente di averla ritrovata.
- Non allontanarti … ma resta là dietro … - le consigliò, indicando con il capo un angolo nascosto alle spalle della scuderia, dove alcuni arbusti offrivano un riparo da sguardi indiscreti giusto a ridosso della ricovero degli animali - … verrò io stesso a farti cenno quando … -
Lei sorrise, facendosi più vicina, tanto da lasciare che la frangia bionda sfiorasse le sue ciocche scure; con lo sguardo assottigliato tese le labbra – Farò attenzione, te lo prometto; ma tu prima mi devi togliere una curiosità … -
André si allontanò un poco aggrottando la fronte, spiazzato quanto ingolosito da quella inatteso gesto di complicità – Cosa vuoi sapere? –
- Da quando hai un attendente? – chiese allora lei soffocando una sorta di riso, lo sguardo vivace e le gote gonfie – Sono davvero curiosa, di conoscerlo, sai? –
 
- Eccovi finalmente … Fabian. – lo accolse ossequioso il Conte di Fersen, facendosi incontro a lui a grandi passi – Vi stavo aspettando per mostrarvi quello che ho notato qui, nella scuderia … -
André lo salutò con un cenno del capo, raggiungendolo nella luce soffusa dell’ambiente, dove l’ombra era appena tagliata dai bagliori provenienti dalle piccole finestre in una danza di pulviscolo brillante, mentre scrutava tutto attorno a sé, verificando che non vi fosse nessun altro e riconoscendo, in un decoroso box sul lato destro dell’ambiente, il profilo scuro e lucido di Alexander. Con il Conte di Fersen, si erano lasciati in tutta fretta la sera precedente, al loro arrivo ad Azay … e da allora non avevano più avuto occasione di incontrarsi. André non sapeva nulla di come il Conte avesse trascorso la sua notte da attendente, né se fosse stato veramente accolto in un alloggio adeguato, come si era scrupolosamente raccomandato che avvenisse; per questo, senza quasi ascoltarlo rimase quasi impalato a scrutarlo, notando con un certo sollievo gli abiti in ordine, il suo volto disteso e rasato di fresco, i capelli ben pettinati, bloccandosi solo alla vista del livido scuro che ancora segnava lo zigomo, altrimenti perfetto, dello svedese.
Tuttavia, il Conte non pareva minimamente infastidito dal segno che portava sul volto, né intenzionato a dar tregua al proprio signore.
– Venite, Conte, seguitemi … - lo sollecitò, mentre si portava alle sue spalle, sospingendolo ad avanzare tra i piccoli box - … nell’ultimo scomparto in fondo … c’è uno stallone che potrebbe essere … -
In quell’istante, scorgendo il capo maestoso di Cesar oltre l’ultima paratia di legno, André comprese a cosa si stesse riferendo il Conte di Fersen, e fermò i propri passi, per volgersi a lui, annuendo rapidamente e faticando a nascondere la propria emozione.
– Hai ragione, Hans, quello è davvero Cesar … - confermò, stringendo la presa sul suo braccio - … e non c’è solo lui, al castello. – soggiunse poi con un sorriso soddisfatto, mentre l’altro sgranava gli occhi sorpreso.
- L’avete già trovata? – si informò con evidente eccitazione.
- A quanto pare, le ho proprio soffiato la stanza destinata agli ospiti e così le è stata arrangiata una sistemazione di fortuna nel sottotetto, dove avrebbe dovuto rimanere nascosta. Solo che ha riconosciuto la mia voce, ha atteso che tutto fosse tranquillo e mi ha raggiunto. – spiegò allora, tralasciando ogni altro dettaglio.
Il Conte di Fersen mostrò immediatamente il proprio sollievo; – Allora vi stava davvero aspettando … - commentò soddisfatto, visibilmente sollevato - … e a questo punto non resta che … -
- An … Conte Fabian? – si corresse immediatamente Oscar, la voce limpida proveniente dalla soglia dell’accesso alla scuderia e la sagoma snella stagliata nello specchio della porta – Siete là? – chiese poi avanzando lentamente, con fare guardingo – Io … ho atteso qui fuori, ma mi sembra di aver udito una voce che … -
André si volse a lei, lasciando il Conte impalato nell’ombra con parole e pensieri rimasti in sospeso, e raggiungendola quasi correndo, per poi condurla con sé nella scuderia.
– Oscar, vieni … - la invitò, facendole poi cenno di stare in silenzio, con un dito premuto sulle proprie labbra.
Insieme, raggiunsero il box di Cesar, dove il Conte li attendeva sorridente, ma André, fermandosi ad un passo da lui, avvertì immediatamente il corpo di Oscar farsi rigido al proprio fianco.
- Ma … - riuscì appena a mormorare lei, colta da una evidente sorpresa e palesemente a disagio - … Per quale ragione …? –
André allora, ancora accanto a lei, sollevò un braccio, cingendole gentilmente il fianco – Oscar … ti presento Hans, il mio attendente. – spiegò con calma, sollevando un palmo rivolto al Conte, e avvertendo un altro brivido scuoterla sotto il proprio tocco – Lui mi ha accompagnato ad Azay … e ci aiuterà a risolvere la questione in sospeso. – aggiunse poi.
Osservò l’espressione attonita di Oscar e le sue labbra dischiudersi per la sorpresa, mentre lei gli si faceva ancora più vicina, fino quasi a stringersi contro il suo corpo.
- Sono davvero lieto di rivedervi, Oscar. – la salutò allora il Conte, nel tentativo di stemperare la sua evidente tensione – Ero certo che lui avrebbe saputo dove cercarvi … e ora farò tutto quanto mi sarà possibile per aiutarvi. –
Nonostante la leggerezza con cui André e il Conte l’avevano accolta, Oscar sembrava ancora in difficoltà nel riprendersi dalla vista del Conte di Fersen.
– Ma … io non capisco: Conte, cosa vi è accaduto? – chiese dubbiosa, con lo sguardo rivolto al livido sul volto del Conte, che iniziava ad assumere toni bluastri.
- Non mi è accaduto nulla. – intervenne lui, prontamente – In realtà, ho solo avuto quello che meritavo … - spiegò poi  - … e comunque mi chiamo Hans, solo Hans. -. 
- Oh … Certo, Hans, - riprese allora Oscar, evidentemente incapace di comprendere le parole dello svedese, ma forzandosi a maggiore famigliarità – avete ragione; comunque io voglio esprimervi tutta la mia gratitudine … -
Il Conte non le permise di proseguire; con un gesto rapido si avvicinò ad entrambi, l’espressione fattasi immediatamente seria – Credo che non ci sia tempo da perdere: ora che vi siete ricongiunti, è necessario che ve ne andiate da qui. La scorsa notte ho avuto modo di ascoltare i discorsi degli uomini che lavorano al castello e in questa stessa scuderia: è chiaro che per loro la presenza dei nostri cavalli è solo un fastidio e ho potuto intuire come abbiano certezza che presto se ne andranno tutti e tre; parlavano dei tre cavalli … quindi sanno bene che anche Cesar non resterà a lungo qui ad Azay. Con ogni probabilità questa è stata una sistemazione rimediata in tutta fretta, da parte del Generale, che sicuramente si sarà già attivato per trovarvi un rifugio definitivo. –
- Hans ha ragione: – si intromise André osservando l’espressione accigliata di Oscar – il Generale potrebbe tornare da un momento all’altro e se dovesse trovarmi qui, fatico a credere che riuscirebbe a dimenticare ciò che è già accaduto! –
- Esatto! – riprese allora il Conte, evidentemente sempre più coinvolto dalla questione – Dovete andarvene, entrambi, e io so anche quale potrebbe essere una buona soluzione per voi, lontana dagli intrighi e fuori dalla portata del Generale! –
- Non possiamo fuggire. - si oppose Oscar scuotendo il capo - Non posso scomparire nel nulla … io ho dato la mia parola a mio padre e devo mantenerla! – spiegò poi al Conte.
- Capisco … Allora non fuggirete: vi trasferirete, soltanto; e risolveremo la questione con il Generale in altro modo … -
André si irrigidì a quelle parole, avvertendo la medesima reazione bloccare il corpo di Oscar, giusto accanto a sé – Hans … a cosa stai pensando? – chiese cauto.
- Io ho potuto riflettere, questa notte – esordì allora per chiarire il proprio pensiero, non senza sottolineare quella vaga insinuazione rivolta alla loro notte – e in realtà ci avevo già pensato pure durante la veglia, la notte scorsa: tu, mi hai detto che non sapevi cosa avresti potuto fare per risolvere la situazione, dopo averla ritrovata … - spiegò puntando lo sguardo limpido su André e abbandonando per un poco le formalità – … ma io credo l’unica vostra possibilità sia quella di allontanarvi da Parigi … e non solo. Dovreste lasciare il Regno, trovarvi un luogo sicuro … e io posso aiutarvi, in questo! –
- Vi ho già detto che non posso fuggire … - ribadì Oscar, la voce rotta dal peso della promessa fatta al proprio padre - … e non lo farò. –
- Io comprendo le sue ragioni – soggiunse allora André, consapevole del proprio bisogno di restare al fianco di Oscar, ma anche certo di non poterle imporre nessuna scelta che potesse comprometterla con il proprio padre – e non ho nessun diritto, né intenzione, di imporle alcunché … -
Il Conte, a quelle parole, trasse un profondo respiro, recuperando quell’aria perfetta, e di imperscrutabile nobiltà, che i suoi tratti sembravano aver perduto per qualche istante, durante la sua accesa arringa; André lo vide chinare il capo, guardarsi attorno e muovere qualche passo portando i pugni ai fianchi, assorto nei propri pensieri e stretto in una sorta di celato disagio che appena risultava intuibile in quei gesti rapidi con i quali i pollici si sfregavano sulle altre dita. Trattene il respiro, André, certo che il Conte stesse impegnando tutto se stesso in una lotta segreta … 
Poi, d’un tratto il Conte tornò a puntare lo sguardo su Oscar, limpido e trasparente, incapace di trattenere oltre il proprio pensiero – Oscar, credetemi, ho già avuto molte occasioni di mostrarmi meschino nei vostri confronti perché io non abbia timore di apparirvi invadente, o anche peggio. Tuttavia … ascoltatemi, vi prego: so bene quanto siate legata alla Francia, ai sovrani, al popolo francese … Forse io posso comprenderlo più di chiunque altro, e voi lo sapete bene … - ammise con voce incredibilmente franca, avvicinandosi a lei e sollevando le mani per portarle sulle sue spalle esili – Eppure, so anche che ora ci sono altre priorità, nella vostra vita. Per questo vi dico, da amico sincero, che sono certo che rimanendo qui, in Francia, dovunque possiate recarvi, resterete sempre braccati e costretti a nascondervi, in un modo o nell’altro, perché voi sarete sempre la figlia del Generale Jarjayes, il Comandante della Guardia Reale, un membro della nobiltà legata alla corona di Francia ... –
André udì il sibilo lento di un profondo sospiro accanto a sé, mentre Oscar si muoveva in modo appena percettibile, accentuando il contatto con il suo corpo; il Conte, che aveva interrotto il flusso delle proprie parole, parve distendere il proprio volto teso, accennando un timido sorriso, prima di riprendere a parlare, sempre rivolto a lei, ma arretrando un poco, lasciando la presa e abbassando le braccia, rilassate, lungo i propri fianchi.
- Se accettaste di lasciare questo paese, invece … Se accettaste di recarvi in Svezia, di raggiungere la dimora di mio padre … allora là potreste davvero ricominciare tutto da capo e, soprattutto, essere liberi di vivere, – uno sguardo rapido ad André, prima di tornare a parlare a lei, con estrema franchezza – di scegliere chi vorrete essere. –
Il Conte tacque, allora, e superandoli entrambi mosse alcuni passi verso l’uscita, con rintocchi leggeri appena udibili sul pavimento di terra battuta e paglia della scuderia; i tonfi si arrestarono a poca distanza, uno scricchiolio soffocato prima del silenzio. André si volse a cercarlo con lo sguardo, trovandolo fermo, le spalle dritte sotto la sua giacca color cioccolata e l’espressione ferma appena intuibile, nel bagliore proveniente dalla porta aperta, e tuttavia assolutamente riconoscibile, nella sua determinazione. Oscar si volse, come aveva già fatto André, per ritrovare la figura del Conte.
- Ora, Oscar, tutto dipende da voi; da ciò che state nascondendo dentro di voi … e da ciò che d’ora in poi vorrete essere veramente. -
Quelle parole investirono André, consapevole del fatto che il Conte avesse costretto Oscar ad una scelta che avrebbe potuto stravolgere la sua stessa esistenza. Si volse un istante, il tempo necessario per scorgere il volto di Oscar, la sua espressione di sorpresa che mutava in un soffio, mentre la fronte aggrottata si distendeva e le sopracciglia si facevano più basse e vicine, nello sforzo che lei stava compiendo per guardare oltre le parole del Conte, fino al centro della propria esistenza. Dischiuse le labbra, pronto a venirle in soccorso.
- Oscar … - la chiamò con voce spezzata, un sussurro appena, nel tentativo di rassicurarla, che in ogni caso lui ci sarebbe stato, qualunque decisione lei avesse potuto prendere, e che in nessun modo avrebbe dovuto sentirsi gravata dalla sua presenza … ma non poté nemmeno formulare un pensiero, né varcare la soglia del nome appena pronunciato, perché un richiamo energico attirò la sua attenzione.
- Buongiorno Hans! Il Conte è già nella scuderia? – un momento di pausa, giusto il tempo di accorgersi come Fersen non fosse più visibile nello specchio della porta della scuderia, certamente diretto a raggiungere Monsieur Vasse e il trambusto confuso proveniente dal cortile – Bene! Allora possiamo consumare insieme  la colazione! –.
Ancora quella voce, in cui riusciva a riconoscere il timbro gioviale di Robert Vasse, in uno sbuffare di cavalli misto allo scalpiccio di passi rapidi sul pietrisco e alla voce squillante di Cecile, prontamente accorsa per attirare l’attenzione del proprio signore.
André comprese di doversi muovere, immediatamente, per evitare che l’uomo potesse raggiungerlo nella scuderia, sorprendendolo insieme ad Oscar … Non perse tempo e si mosse seguendo l’istinto, a grandi falcate verso il cortile, riuscendo appena a voltarsi per un ultimo sguardo a lei, trovandola immobile e tesa, con le labbra tremanti. Ne incrociò lo sguardo, un battito di ciglia, prima che la luce del cortile lo avvolgesse, proprio mentre alle proprie spalle udiva parole pronunciate in una sorta di sussurro … una voce limpida, appena udibile, ma così chiara da giungere diretta al suo animo, pur mischiata agli scambi di battute vivaci, nell’aria tiepida del mattino, e alla chiacchiericcio ormai acceso dal giungere di altri inservienti.
- Io ho già fatto la mia scelta, André. Io voglio solo essere … -
 
[i] Il titolo è un omaggio alla storia di Monica68 che  consiglio vivamente a chi non l’avesse ancora letta … e ma anche alla sua autrice, naturalmente …
[ii] Sono uno dei caratteri distintivi del castello di Azay le Rideau

Angolo dell'autrice: la notte è trascorsa e, alla luce del sole, è tempo di compiere scelte importanti.
Io invece sto per tuffarmi in un impegnativo periodo pre-natalizio e in uno post ancora più denso di appuntamenti... Per questo, credo che gli aggiornamenti saranno piuttosto difficili... Comunque, per ora non prometto nulla... ma non consideratemi ancora in vacanza! ;)
Rinnovo il doveroso abbraccio a tutte voi che leggete silenziose, a chi segue, a chi ricorda, preferisce e a chi si fa sentire lasciandomi le sue impressioni. Un grazie infinito... ma non vi faccio ancora gli auguri ;)
A presto!!!

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Capitolo 52
*** Promessa ***


Promessa
 
André richiuse i battenti accompagnandoli con i palmi, fino a ricongiungerli davanti ai propri occhi, in un tonfo appena udibile; nella leggera penombra della propria stanza, rimase con lo sguardo fisso sulle proprie mani, sulle lunghe dita nude che scorrevano lente sul delicato profilo di una rosa intarsiata nel profilo liscio della porta[i]. Nella grande camera, al proprio fianco, riusciva a riconoscere il sospiro delle fiamme tremolanti che ancora animavano il camino mentre alle proprie spalle il vuoto pareva aver inghiottito ogni cosa. Lasciò la soglia della stanza e muovendosi lento e si spostò fino a sedersi di fronte al fuoco, un ginocchio sollevato per appoggiarvi il mento e l’altro piegato, lasciato a terra; afferrato un attizzatoio, allungò un braccio, smuovendo i ciocchi nella fiamma, in un baluginio di scintille, mentre l’alito caldo investiva il viso e il petto, penetrando sotto pelle con vigore inatteso e avvolgendo i sensi in un torpore bollente. Rimase a scrutare le fiamme, lingue leggere e impalpabili, inconsistenti eppure potenti, tanto da vincere i ciocchi massicci, la corteccia annerita e in parte ormai bianca di cenere che mostrava, tra fessure irregolari, il cuore di fuoco, incandescente. Uno spettacolo affascinante, per lentezza e costanza … che diffondeva la sua energia nel calore, certo, ma soprattutto in uno movimento di grande fascino, dalla voce spezzata tra il crepitare della corteccia e lo schiocco dei frammenti. Si perse a quella vista, seguendo il destino inesorabile della fiamma, evitando di affrontare il proprio, come se attraverso di essa potesse ancora fuggire, così come aveva fatto per tutta la giornata.
Dall’arrivo di Monsieur Vasse, quando aveva lasciato la scuderia in gran fretta, non aveva fatto ritorno alla propria stanza, lasciandosi avvolgere dalla calda ospitalità del signore di Azay. Con lui, André aveva trascorso la tarda mattinata e l’intero pomeriggio dedicandosi alla visita della tenuta e alla supervisione delle varie attività che la animavano, mostrandosi sempre interessato e partecipe, felice di poterne condividere i piaceri della gestione. Mostratosi nobile, ma assai avvezzo alla vita all’aria aperta, André aveva forse involontariamente suggerito a Robert Vasse la propria compagnia e per questo non aveva nemmeno pensato di ritirarsi ma, anzi, aveva goduto della sua gioviale esuberanza e del suo travolgente buonumore che, a quanto gli aveva raccontato, era dovuto ad un ottimo affare concluso durante l’uscita di primo mattino. Per guadagnare tempo, ma anche mostrarsi operoso, André aveva confidato al proprio ospite di aver inviato l’attendente nel borgo per acquistare il necessario per il proseguimento del viaggio, in modo da rimpiazzare quanto andato perduto durante l’aggressione subita, ma aveva anche sottolineato come non potesse ancora definire il momento della partenza, che comunque non avrebbe tardato a lungo. Fortunatamente, Monsieur Vasse si era mostrato particolarmente accondiscendente, probabilmente felice di poter godere della sua compagnia, e non aveva mostrato il benché minimo desiderio che l’ospite ripartisse quanto prima, ritrovandosi di nuovo solo ad affrontare i propri impegni.
Così la giornata era sfumata velocemente ora dopo ora, fino alla piacevole serata trascorsa nel grande salotto, dove Monsieur Vasse si era premurato di far preparare una nuova e pregiata selezione di vini e liquori, degna della cantina di Palazzo Jarjayes, dettaglio che rendeva evidente l’impegno con cui l’ospite si era prodigato per rendere piacevole ogni momento trascorso dal Conte Fabian ad Azay e in particolare il dopocena.
Sorrise alla fiamma, ripensando a quanto vino avesse trangugiato Robert Vasse, particolarmente euforico e loquace, tanto da tornare più e più volte a ringraziarlo per la sua presenza e a offrire la propria ospitalità fino a che sua eccellenza avesse desiderato … André tuttavia, a differenza del padrone di casa, non aveva ceduto alle lusinghe dell’alcool, preferendo rimanere lucido, pur senza riuscire ad ammetterne apertamente la motivazione.
Era ancora perso nella fiamma calda e vivace, quando percepì un leggero movimento ad un passo da sé; consapevole di non essere solo nella stanza, rimase per un attimo in ascolto di quelle carezze leggere sul legno del parquet e del fruscio di seta che si adagiò al suo fianco.
- Sei preoccupato, André? – chiese Oscar, lo sguardo rivolto alla fiamma e il riflesso dorato a scaldare le gote.
- Tu non lo sei, forse? – le rispose allora, domandando a sua volta, mentre lei restava immobile, rivolta al fuoco – Beh, io non riesco a trovare pace. Ho trascorso tutto il giorno con Monsieur Vasse … come se sperassi di trovare una soluzione da un momento all’altro; eppure ancora non riesco a pensare a nulla … -
Lei sorrise alle fiamme, udendo le sue parole, mentre una pioggia di scintille si librava nel camino, ricadendo attorno ai ciocchi – Io ho pensato, invece … molto e a tante cose. – ammise – Ma … non posso rispondere da sola a tutte le mie domande. –
André aggrottò la fronte, nel tentativo di comprendere le parole di Oscar; la osservò per qualche istante, prima che lei si volgesse a lui, sollevando appena lo sguardo e cercando il suo. Era evidente quanto fosse tesa, nonostante cercasse di dominarsi; seduta come era, con le ginocchia unite e piegate, strette tra le braccia, continuava a torturare l’orlo della camicia da notte, tirandolo tra le dita, giusto all’altezza delle caviglie, muovendo senza pace la punta dei piedi.
- Posso farti una domanda, André? – gli chiese infine, mordendosi poi il labbro.
Pur non comprendendo il suo atteggiamento, le si fece incontro, spostandosi appena per avvicinarsi a lei – Certo, Oscar: cosa vuoi sapere? –
Lo sguardo blu corse ancora un istante alle fiamme, prima di tornare a lui; le labbra strette tra gli incisivi si mossero lente liberando il dubbio – Tu … hai mai pensato di sposarti? –
Dischiuse le labbra, colto di sorpresa; cercò di riordinare i pensieri, socchiudendo lo sguardo, non proprio imbarazzato, ma piuttosto incerto su come potesse affrontare un argomento simile con lei.
- Perdonami … - riprese allora lei rapidamente, quasi incespicando tra le parole e scuotendo appena il capo  - … non avrei mai dovuto permettermi di chiederti una cosa simile … -
- Aspetta. – André mosse il braccio d’istinto, allungando una mano fino a posarla sul suo avambraccio, per rassicurarla – Non … non c’è ragione per cui io non debba rispondere. –
Al suo gesto, Oscar rimase immobile, il respiro trattenuto, nell’attesa di udire le sue parole e lo sguardo nascosto a terra, perso nell’ombra lontana, ma stretto nella tensione dell’attesa.
Allora André trasse un profondo respiro, lasciando che la propria mano scivolasse lentamente dal suo braccio, fino a ritrarsi - Un tempo, quando ero poco più che un bambino, avevo chiara l’immagine di mia madre, di come la sera accogliesse mio padre al rientro, dopo la giornata trascorsa nel laboratorio, tra il legno, la polvere e gli attrezzi, e conoscevo l’effetto che il suo sorriso dolce sortiva sul volto di lui, alleggerendo la sua spossatezza fino ad accendere lo stesso sorriso sul suo volto. Allora ero sicuro che un giorno avrei avuto lo stesso sorriso ad accogliermi, dopo la mia giornata, e lo stesso abbraccio, prima che ci si coricasse, a riscaldare il mio animo, anche quando il fuoco del camino era mai ridotto ad un cumulo di cenere bianca, incapace di produrre calore. – chiuse gli occhi, dando vita ai ricordi, e un’immagine sbiadita prese forma, in un istante, mentre lui sollevava le mani, unendo i palmi davanti al viso – Sì: volevo sposarmi, perché sapevo quale fosse la promessa che, in un sussurro, rinnovavano ogni sera, mentre mio padre le stringeva le mani tra le proprie … ed ero certo che quello fosse ciò che volevo anche per me. –
Tornò al presente, scorgendo Oscar che, ancora rivolta al buio, chinava lenta il capo; sospirò appena, prima di proseguire, volgendo lo sguardo alle fiamme.
– Poi … crescendo … ho compreso che, per me, quella promessa non avrebbe mai potuto esistere perché … perché il mio cuore l’aveva cercata oltre il confine del proprio mondo. – strinse le labbra, sollevando le spalle, per poi lasciarle ricadere, scuotendo un poco il capo – Tuttavia, non potevo farci nulla: benché facesse male e fosse come una spina conficcata nel petto, quella promessa imperfetta restava lì, pronunciata da una sola voce, ma impossibile da rimuovere. -
Un sospiro nascosto e un fruscio leggero, risposero al suo silenzio; André levò appena lo sguardo su Oscar, intravedendone i lineamenti tesi, prima di rifugiarsi ancora nelle danze delle fiamme – Quella spina, non si è mai mossa, eppure con il trascorrere del tempo … per me è diventata preziosa più di una gemma, permettendomi di osservare tutto, attorno a me, con uno sguardo nuovo. – trattenne un sorriso amaro, prima di proseguire – La promessa che avevo desiderato per me, non era un trasloco, uno scambio … o una catasta di bauli che cambiavano dimora. No … se quella era la realtà di molti matrimoni, allora forse io avrei dovuto accontentarmi della mia spina, di quella scheggia di promessa che viveva di molto più di ciò che lega i corpi, senza fondere le anime; perché ogni promessa può portare in sé la verità e la parte nobile del vincolo del matrimonio, pur senza avere la possibilità di perfezionarsi nel suo gesto sacro. –
Chiuse gli occhi, godendo ancora del calore delle fiamme, traendone il coraggio per un ultimo sussurro -  Ecco … in fondo io ho trovato il sorriso che cercavo … e anche se non potrò mai pronunciare quella promessa, né udire le stesse parole pronunciate da … - un leggero imbarazzo spezzò le parole, prima che potessero ricongiunsi in un nuovo pensiero – Beh … non mi importa più così tanto. Ecco tutto. -
Non si accorse del movimento al proprio fianco, se non quando avvertì il tocco caldo delle mani di Oscar sulla propria destra.
- Quindi non desideri più sposarti? – la domanda lo colse impreparato, non solo per il suo significato, ma anche per quella vena di preoccupazione che aveva riconosciuto nella sua voce, quasi una striatura o una incrinatura, nel cristallo delle sue parole, la stessa che scuriva il suo sguardo ora stretto e puntato sul suo volto.
- No … - rispose con slancio, sentendosi quasi ferito dal suo sguardo lucido, come potesse venirle in soccorso, con le proprie parole - … No, Oscar. Io vorrei ancora sposarmi, promettere il mio amore e la mia dedizione ogni giorno, impegnare ogni mio respiro in una vita che non sia solo mia … Solo … - strinse le labbra, mordendole prima di trovare il coraggio di proseguire, infrangendo il velo dei propri sentimenti - … so che non potrei mai farlo con la donna che amo, per la quale il mio cuore continua a trovare la forza di battere, nonostante l’abisso che divide i nostri mondi. –.
Scrutò nello sguardo scuro e profondo, cupo di attesa e ancora in sospeso, dopo quella risposta; attinse a piene mani dal proprio coraggio, trattenne il fiato pronto a svelare se stesso, di nuovo, osando ancora un passo oltre il limite di quanto già ammesso – Non ti amerò meno, Oscar, per il fatto di non poterti chiamare moglie di fronte al mondo, perché saprò di non averti negato nessuna libertà, obbligandoti a seguire la mia condizione di … -
- André … - lo chiamò allora Oscar, la voce tremante e gli occhi lucidi, accesi di una nuova luce - Davvero credi che io sia libera, sapendo di non potermi dire tua moglie? Dalla mia nascita, non ho fatto altro che fingere di essere libera, stretta nel feticcio di ciò che avrei dovuto essere, sospesa tra la delusione e l’orgoglio di mio padre, senza poter fare altro che passi obbligati! No … io non sono mai stata libera … ma tutto sommato, ora ho compreso che questo, in realtà, non ha nulla a che fare con mio padre. – le labbra si tesero in un sorriso, la tristezza sfumata in quella nuova consapevolezza, prima il pensiero potesse prendere forma - La mia vita, semplicemente, non mi appartiene solo perché una parte di essa è fusa nella tua … - la voce si incrinò per un istante, rivelando maggiore tensione - … e solo unendo la mia vita alla tua, potrò dire di vivere davvero. –
Tremò a quelle parole e l’emozione parve bruciare su per la gola, attraversando il respiro, fino a pungere in un luogo indistinto dove le lacrime cercavano una via; deglutì, sollevandosi e facendosi vicino a lei, fino a sfiorare la sua fronte con la propria, tentando di trattenere l’emozione, incapace di dare forma al proprio tumulto interiore – Oscar … tu ti rendi conto cosa potrebbe mai significare per te, tutto questo? -
Lei annuì pronta, lo sguardo acceso, pur nell’ombra - Fersen ha detto che potrebbe aiutarci ad essere liberi di scegliere chi vogliamo essere e io non vorrei altro che essere libera di amarti davanti al mondo, libera di sceglierti e di portare il tuo nome a testa alta … -
Non riuscì a risponderle, non subito, investito e scosso dalla potenza delle sue parole, improvvisamente incapace di reagire, mentre prendeva nuova coscienza di ciò che aveva udito, facendone tesoro nel proprio cuore; si accorse di un bagliore, lucido e tremulo, che scendeva a segnare la sua gota accesa dal calore della fiamma ancora vivace, e si mosse seguendo l’istinto, per chiuderla nel proprio abbraccio e raccogliere con le labbra la scia salata della sua sofferenza.
In quell’istante, fu fuoco, che avvolge e purifica, ma anche acqua di fonte che lenisce e porta sollievo, e aria profumata che allontana l’alito greve e stantio che soffoca l’anima; ebbe forza, coraggio e tenerezza, in un solo sospiro, chiudendo le mani sulla sua schiena e accogliendola sul proprio petto, mentre lei affondava il viso alla base del suo collo come avesse trovato rifugio dopo un cammino infinito lungo le pieghe del proprio sentire.
Lasciò che il tempo perdesse il proprio peso, mentre il fuoco consumava la propria forza e le fiamme scemavano, riducendosi ad un timido avvolgersi d’oro attorno all’animo dell’ultimo ciocco; riconobbe il tepore e il profumo, il ritmo lento del respiro che trova finalmente la pace, svuotato di ogni pensiero che non fosse rivolto a lei.
Solo allora ebbe coscienza di quella preziosa pace in cui si erano finalmente ritrovati, donandosi calore e presenza, senza chiedere nulla che non fosse il condividere frammenti di una stessa esistenza. Colmato dalla pace di quell’essere insieme, sciolse lentamente la sua stretta, accompagnando Oscar nel sollevarsi dal suo cuore, fino ad averla ad un soffio da sé, lo sguardo legato in un unico intreccio; rimase ad osservarne i tratti,  cogliendone una bellezza nuova, preziosa e segreta, mentre le mani cercavano quiete quelle di lei, avvolgendole in un unico bocciolo caldo. Carezza su carezza, riscrisse polso e dita, cercandone i tratti pulsanti, morbidi al tatto, docili al suo tocco, in un muto riconoscersi di pelle e forme, finché non unì palmo a palmo, insinuando le dita tra le sue e trovandole calde e cedevoli. L’intreccio si strinse facendosi presa salda, scambio muto di fremiti e sospiri, fino a che la mano magra e sottile non si mosse, scivolando quasi dalla sua.
Allora distese le dita, seguendo la carezza sulla propria destra e avvertendo il tocco seguire il pulsare della vita, morbido sotto la pelle e poi proseguire la propria via. In quell’istante, scorse il suo sguardo farsi fessura, profondo e attento, mentre il proprio polso ruotava, e la mano sottile lo portava sopra di sé, accentuando un poco la presa.
Attese, affondando lo sguardo nel suo, scrutandone ogni riflesso, riconoscendo il sorriso fiorito sulle sue labbra, mentre il blu si accendeva di una luce nuova; pochi respiri, prima di vederla sollevare il braccio sinistro, fino a sporgersi, per raggiungergli la nuca, frugando la seta e tirandone un lembo, per poi sciogliergli i capelli sulle spalle. Ogni attimo, parve eterno, mentre la mano di lei portava il nastro sulle mani unite, adagiandolo e poi sollevandone un lembo, per fargli compiere un giro attorno i polsi … prima che lui ne seguisse i movimenti, afferrando a sua volta l’estremità sciolta e compiendo un gesto gemello.
Esitò un istante, la gola improvvisamente asciutta e la mente occupata da un'unica consapevolezza – Un anno e un giorno[ii]? – chiese allora in un sussurro, rievocando i racconti di un’anziana donna venuta dal nord, incontrata in una mescita buia della Normandia; quel pomeriggio lontano, ragazzino imberbe al fianco di una Oscar esile, la narrazione della donna lo aveva fatto sorridere, con le sue sfumature cupe, quasi magiche, e quell’intreccio di impedimenti e segreti, che si fondevano ai fumi dell’alcool donando torpore al corpo e alla mente, … mentre ora assumeva un tono completamente nuovo, potente e concreto.
- Un anno e un giorno … - rispose allora Oscar, le labbra tese in un sorriso, mentre con la mano sinistra raccoglieva i lembi di seta per unirli in una sorta di nodo - … e poi ancora un anno e un altro ancora … fino a che non riusciremo a trovare chi possa apporre alla nostra promessa il sigillo che merita. –
 
[i] No, questa in realtà non la troverete ad Azay … ma questa rosa è un personale omaggio all’evento Natalizio di quest’anno!
[ii] Qualche lettrice accanita lo avrà riconosciuto … il gesto è un omaggio all’usanza dell’handfasting, che io ho scoperto leggendo la saga di Outlander, in cui è descritto come un rito di tradizione celtica, per unire in matrimonio anche in mancanza di un sacerdote, solitamente per una durata di un anno e un giorno, trascorsi e quali gli sposi possono prendere una decisione definitiva, o sciogliere il legame. La tradizione legata a questo tipo di riti è ben più ampia e complessa, ma a me affascinava come possibilità e ho voluto proporla nel racconto sotto questa particolare accezione.

Angolo dell'autrice: sono già tornata! Anticipo l'aggiornamento per rendere omaggio all'iniziativa natalizia White rose for Christmas e anche per cogliere l'occasione di fare a tutte i miei auguri di buone feste e buon anno.
A questo punto, credo che siamo tutte parecchio stracotte... per lo meno io lo sono, e mi prendo una bella pausa, insieme al racconto. Non so ancora dirvi quando tornerà... sono davvero molto impegnata sia dal punto di vista lavorativo che personale, e scrivere diventa sempre più difficile, anche se ho intenzione di fare del mio meglio.
Per ora, vi abbraccio tutte, ad una ad una, confidando nella vostra comprensione... Il racconto NON è finito... e io non posso tralasciare di ringraziare di cuore chi legge, chi segue, ricorda, preferisce e, lasciatemi dire, soprattutto chi mi lascia il suo pensiero... che mi è sempre di grande sostegno per proseguire, anche quando sembra impossibile riuscirci.
Arrivederci a tutte... un bacio grande!

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Capitolo 53
*** Fuoco ***


Fuoco
 
Il fuoco del camino non avrebbe mai potuto scaldarlo quanto avevano fatto le parole pronunciate da Oscar, che ancora gli risuonavano nel petto con rintocchi di una festa segreta. Era come se le stesse udendo di nuovo, infinite nel rinnovarsi di quella promessa di amore e di fedeltà, tanto avvolgenti nel modo in cui gli erano giunte, quasi fossero una carezza dell’anima.
Riusciva a mala pena a distinguere il ricordo delle parole che aveva ascoltato, da quelle che aveva pronunciato, quasi che anche le promesse si fossero sciolte in una sola, dando vita ad una nuova grande unione di vite, ad un esistere superiore di cui stentava a sentirsi degno e che tuttavia avvertiva e riconosceva come germoglio pulsante e fiero dentro di sé.
… Io, Oscar Françoise, prendo te, André, come mio sposo[i] …
Se le sentiva dentro, quasi le avesse portate nel cuore da sempre e solo adesso avessero trovato il sigillo dell’eternità, ricongiunte a quelle da lui stesso pronunciate. Eppure, non erano semplicemente parole che vibravano nella memoria … erano molto di più: brividi, calore, ristoro e prova … pace, battaglia, tempo infinito e istanti che non avrebbe mai più dimenticato. Udiva il crepitio del fuoco come un canto e il suo tepore come un tocco delicato, mentre alle spalle, il buio della stanza pareva dimenticato, con tutte le ombre della vita inghiottite da quella silenziosa oscurità.
Senza lasciare il suo sguardo, con una carezza, portò la mano sinistra alla guancia di Oscar, disegnando con il pollice i contorni caldi delle sue labbra appena dischiuse, mentre in reazione al suo contatto, lei le inumidiva, sfiorandolo. Un gesto istintivo, innocuo quanto potente, che parve risvegliarlo, come un richiamo.
Avvertì allora il solletico leggero del nastro che lei stava lentamente svolgendo dai polsi legati e in risposta sorrise scendendo a sua volta a scioglierne l’intreccio, rimanendo poi ad osservare le mani strette una sull’altra, le prese salde che non sembravano volersi dividere, nonostante il nastro ormai fosse scivolato a terra. La sua stretta si fece tocco e poi carezza, sull’interno del polso, sulla traccia morbida dove riusciva ad intuire il rilievo delle vene sulla pelle delicata; i palmi si sfiorarono appena, mentre ruotavano per permettere alle dita di intessere un nuovo intreccio, e lo sguardo si ritrovò in quello blu, intenso e brillante, in equilibrio tra promessa e attesa.
L’ennesimo schiocco vibrò tra i ciocchi, scintille di un fiore sbocciato che accese i suoi sensi di un nuovo coraggio.
Calò sulle sue labbra, assetato, improvvisamente infervorato da un bisogno indomabile e ancestrale; ne colse morbidezza e calore, l’ambrosia che pungeva la mente, dando fuoco all’istinto; ne riconobbe la risposta, viva e impaziente, tocco curioso e vorace che vinceva ogni barriera. Percepì le sue mani risalire lungo le braccia, affondando tra i capelli in una presa salda sulla nuca, quasi lei temesse la sua fuga. La sentì stringere la stretta, comprese il suo farsi vicina, cercando un dialogo senza distanze, mentre con le labbra divorava ogni sospiro.
Sorrise nel suo bacio, rispondendo a mani aperte sui suoi fianchi, risalendo poi lento, saggiando le costole, fino a fermarsi appena al di sotto della curva morbida del suo seno, per ascoltare il movimento ritmico del suo respiro attraverso la stoffa leggera, misurandone l’impazienza, prima di riprendere a muoversi, una punta di orgoglio nel sospiro che seguì la sua mossa. I palmi aperti sul suo seno, le dita distese ad accoglierne le forme, plasmò il suo respiro come creta, cercando e trovando gli anfratti segreti dei suoi sussulti.
La spinse un  poco, accompagnandola a distendersi a terra, una mano a sorreggerle il capo, perché poggiasse delicatamente sul legno, e poi si chinò su di lei puntando le ginocchia a terra e sostenendosi sui palmi, un bacio sfuggevole sulle labbra, lasciandole intatto il bisogno di lui, per affondare tra il collo e la spalla, assaggiandone la delicata fragranza e muovendo le labbra a fior di pelle.
Permise ai suoi sospiri di guidarlo, una scia di mugolii e respiri, briciole di quella voce che si ricomponevano nel suo nome in un canto che diveniva bruma per la mente. Seguì il rilievo della clavicola, risalendo poi verso la spalla, fino ad incontrare il confine teso dello scollo della sua veste, per poi affondare un poco i denti, là dove la seta rimaneva tesa a celare altra seta, saggiando la sua consistenza, goloso di lei e del suo corpo. Tornò sui propri passi, scendendo a sfiorare delicato la pelle, lungo la curva arricciata della stoffa, fino a trovarne il varco al centro dello scollo e oltre l’intrico del nastro, in quel taglio profondo che si insinuava tra i lembi di seta. Lei si mosse appena, inarcando la schiena come lo stesse cercando, come volesse farsi incontro alle sue labbra offrendosi fiduciosa al suo tocco, e fu il suo invito a condurlo oltre, affondando il viso tra la seta, nella carezza delle sue forme, mentre le mani percorrevano il suo corpo, mai sazie di lei.
Scese ad accarezzarle le gambe, risalendo ancora lungo la coscia e raccogliendo la stoffa in una nuvola soffice sul fianco, trattenuta dal suo appoggio a terra; si mosse di lato e riprese a vagare sul suo corpo, sollevando le labbra dall’incavo del collo nel desiderio impellente di guardarla.
La vide, distesa sul caldo parquet, con le ginocchia appena piegate e sollevate dal pavimento, la camicia da notte raccolta fin sul ventre, la pelle dorata dal riflesso della fiamma, tesa e delicata come petalo di rosa, e la chioma disordinata, sparsa a terra attorno al capo; aveva il fiato corto e il seno a pungere la seta candida nella danza del respiro, la curva sensuale appena celata dallo scollo sgualcito della camicia da notte, oltre il quale la sua pelle si mostrava lucida di baci. Il suo sguardo socchiuso in una fessura sembrava scrutare oltre l’intreccio del soffitto scuro; il volto un poco arrossato e disteso in una espressione di assoluto abbandono, parve tornare al presente, in un istante, piegandosi come fosse improvvisamente condotta alla veglia, ma disorientata.
Comprese in quel momento di aver di fronte una creatura unica, speciale, preziosa, che si era consegnata al suo amore con fiducia e abbandono totale, confidando in lui fin dal primo istante in cui quella sottile barriera di convenzioni era stata infranta, stretta da un nodo di seta. Ebbe certezza di aver percorso al suo fianco un cammino segreto e impervio, che aveva scosso ogni senso fin nella sua essenza, donando significato ad ogni singolo istante trascorso con lei e per lei, fino a risalire la china della gelosia, superare l’incertezza, vincere il desiderio; di nuovo l’eco delle promesse intrecciate tra loro si fece prepotente, sfidando ogni razionalità, portando con forza la consapevolezza di quanto lei avesse voluto pronunciare il proprio impegno, innegabilmente consapevole di quanto avrebbe comportato.
La vide, allora, davvero. Donna più di quanto non fosse mai stata, cosciente di sé, eppure pronta a lasciarsi plasmare da lui, così viva nel proprio essere moglie, da non attendere altro che il proprio marito.
Il lungo sospiro fu il sibilo impaziente di chi richiama a sé l’altro e André si avvicinò ancora, stendendosi al suo fianco, puntando il gomito a terra e sorreggendo il capo con il palmo, mentre con l’altra mano riprendeva il corso delle carezze, risalendo dal fianco, superando la seta ravvolta su se stessa e trovando il varco di quell’orlo delicato aperto appena al di sotto del nastro, per insinuarvi delicatamente le dita, in un tocco che fu piuma sulla sua pelle, ma stretta potente nelle viscere. Procedette guidato dalla sua forma, riuscendo a malapena ad immaginare cosa potesse essere per lei quella sua carezza, disegnando con l’indice cerchi leggeri, uno nell’altro, seguendo la via della pelle più delicata e il ritmo lento del suo respiro, ma poi cedette al proprio impulso, calando sulla stoffa con le labbra, cercando avido la stessa forma, fino a giocare sensuale con essa.
Il suo muoversi sotto il tocco gli diede misura di una sorta di inquietudine; André si bloccò in ascolto di quella nuova esigenza, sollevandosi appena a cercarla con lo sguardo, timoroso di quel che avrebbe trovato, sorpreso di ciò che riconobbe.
Oscar si mosse ancora, quasi a sfilarsi da sotto il suo peso, e lui si scostò, disorientato da quella sorta di distacco quando invece lo sguardo parlava solo di desiderio … Lasciò che lei si sollevasse risoluta, mettendosi in ginocchio, seduta sui talloni, poi Oscar gli prese le mani tra le proprie, accarezzandogli le dita con una sorta di devozione, disegnando con tocco leggero la cicatrice sul dorso della destra, indugiando su di essa.
- Uno dei nostri primi duelli con le spade. - mormorò lui, ricordando l’emozione provata nel ricevere quell’arma lucente dalle mani di Oscar[ii] e poi il bisogno di affrontarsi, senza attendere di essere davvero pronti a quei fili taglienti.
Lei tese le labbra, continuando ad accarezzare la linea sottile, ormai appena visibile sulla pelle – Mi dispiace. Non è mai stata mia intenzione ferirti … ma credo di non essermi mai scusata, per questa … - ammise.
- Non ho mai avuto nemmeno il dubbio che tu volessi ferirmi. Era normale che accadesse, tra di noi, e poi … - le sorrise, sollevando un poco le spalle, per alleggerire il ricordo di quel lontano episodio e riportare la luce, là dove quella piccola ombra si era insinuata - … ci sono ferite necessarie, ma che non portano danno, anzi, legano ancora di più … - aggiunse convinto.
Nel suo sguardo vibrarono le fiamme, in quell’istante, i riflessi dorati accesi sulle volute dei capelli le cui ciocche si intrecciavano in un intrico selvatico; il suo viso parve serio, l’espressione risoluta, mentre la presa delle sue mani si faceva più decisa. Oscar allora si mosse, accompagnando le sue mani nel risalire fino al nodo del nastro che chiudeva la scollatura della propria camicia da notte, al centro della morbida arricciatura.
André ne comprese immediatamente il gesto, le dita tremanti afferrarono il nastro, riuscendo a mala pena a trattenerne la presa, mentre in un movimento lento, quasi estenuante, iniziò a tirarne i lembi. Osservò gli occhielli farsi piccoli, scivolare tra le spire di seta e svanire in un istante, mentre le dita vibravano ancora e la stoffa pareva rilassarsi un poco, libera dalla stretta di quel giogo, scivolando impercettibilmente sulla sua pelle di seta. Cercò ancora il suo sguardo, trovando il suo sorriso e il suo enigma risolto, le sue gote piene velate da un rossore nuovo, e scese allora a concertarsi su quel fiocco ormai sciolto, sulla stoffa leggera che lentamente si muoveva sulla pelle, scoprendo appena le spalle, indugiando sui seni. D’istinto, portò una mano alla spalla di Oscar, accarezzandone la pelle rivelata e accompagnando la seta giù lungo il suo braccio, fino a incastrarsi nella piega del gomito, mentre l’ultimo lembo dello scollo scivolava via dal seno rivelandolo alla sua vista, togliendogli il respiro. Perso in quella china sensuale, si riscosse quasi quando seguendo l’invito di lei, si ritrovò a sollevare le braccia, lasciando che la camicia scivolasse via, ricadendo leggera a terra; allora le si fece vicina, le labbra a sfiorarsi, rincorrendosi lente, e gli sguardi intrecciati fino a che le braccia di lei non si mossero per sfilarsi dalla stoffa e poi risalirono alla sua nuca, legando i polsi dietro ad essa e facendo salda la presa, perche lei potesse sostenersi a lui e chiudere le ginocchia attorno ai suoi fianchi.
In quell’istante, i baci tornarono ardenti, la mente annebbiata dal profumo di lei, dal sentore denso del suo desiderio, dal sapore dolce e insieme salato della sua pelle; si chinò lentamente, depositandola di nuovo a terra e sostenendosi sui gomiti per non gravarle addosso, mentre i loro corpi continuavano a cercarsi, e Oscar si muoveva seguendo il proprio istinto, accarezzandogli la schiena a mani aperte e scendendo fin sulle natiche, stringendolo sempre più contro di sé.
Si appoggiò ad un solo braccio, per poter riprendere ad accarezzarla, vagando inquieto sulla sua pelle, riconoscendo ogni forma e ogni sospiro, per poi staccarsi un poco da lei e lasciare le sue labbra per scendere ancora a omaggiare il suo collo delicato e poi ancora più giù, cercando la morbidezza delle sue forme di donna.
Così, sospeso su di lei, avvertì la carezza dell’ombra insinuarsi sulla propria pelle, sul petto nudo, e poi sul ventre, mentre i bottoni cedevano uno dopo l’altro al tocco di Oscar, e le brache si allentavano, liberando il suo corpo.
Allora, d’istinto si sollevò sulle ginocchia e portò le mani ai fianchi, trattenendo quelle di Oscar, strette alla stoffa, impegnate a vincerne ogni piega.
- Oscar … - la chiamò incerto, e la risposta del suo sguardo, intenso e determinato, lo colpì in pieno petto, per la forza di quanto stava affermando.
- Oscar … così, io … - riprese incerto; ma poi prese fiato, raccogliendo ogni frammento di sé e della propria razionalità, trovando nel proprio cuore la forza necessaria a proseguire, nel tentativo di rivelare il proprio timore - Fermati, ti prego, perché so bene che in questo modo, poi … -
Vide il suo sguardo incerto, la fronte aggrottata, nel tentativo di comprendere; chiuse gli occhi un istante, deglutì cercando di calmarsi ancora, lottando contro se stesso e contro il suo stesso desiderio, in nome di un amore superiore ad ogni regola e convenzione – Oscar, so cosa significherà tutto questo … perché io mi sento bruciare dentro e ogni fibra del mio corpo trema dal desiderio al solo pensiero di … di … - si inumidì le labbra, riordinando i pensieri, per riprendere, solenne come mai prima – Io non voglio farti male e desidero che tu sappia che posso aspettare; perché ho udito le tue parole … la tua promessa e … il tuo amore, e tutto questo è molto più di quanto io avrei mai potuto anche solo sognare di avere, nella mia vita. Perciò, se tu … -
- André Grandier! – lo interruppe allora Oscar, inaspettatamente ferma e autoritaria, bellissima e scarmigliata, nuda fino ai fianchi e con il seno esposto a sollevarsi e abbassarsi sotto il suo respiro teso, tanto da spegnere ogni parola nella sua gola – Stammi a sentire: quando sono fuggita dall’appartamento del Capitano delle Guardie Reali, ancora non sapevo perché lo stessi facendo … ma ero assolutamente certa di volerlo fare; e quando ti ho bendato, beh … allora ho iniziato a capire che il mio corpo ti aveva scelto molto prima che io potessi anche solo rendermene conto! –
André fece per intervenire, ma lei lo zittì immediatamente – Non parlare, non ancora, perché non è tutto. Quando poi ho sfidato mio padre, quando ho teso la spada verso di lui, nella scuderia, non stavo affatto fingendo: l’ho fatto ben sapendo che persino lui avrebbe compreso e non mi sono comunque tirata indietro, perché a tutto avrei potuto rinunciare, nella mia vita, tranne che a te. – fermò per un attimo il flusso delle parole, fissando lo sguardo nel suo, e traendo un profondo respiro, prima di riprendere – E adesso che sai cosa ha mosso ogni mia azione, fin dall’inizio … e hai intrecciato la tua promessa con la mia … io … io … Accidenti a te, André, e al tuo volermi proteggere sempre e comunque! – esplose infine lei, stringendo i pugni e puntandoli contro il suo petto, mentre gli occhi si stringevano in una fessura, brillanti di tutto il desiderio e della tensione che non riuscivano a liberare – Lo hai detto tu stesso: ci sono ferite che uniscono, no? Beh, allora non fermarti, perché io non ho nessuna intenzione di fingere di essere tua moglie! Io voglio esserlo davvero! –
 
[i] Il rito celtico pare prevedesse una forma di promessa diversa, ma credo che i nostri due non avessero troppo approfondito la questione, al tempo, e preferissero una promessa che fosse solo loro
[ii] Riferimento all’episodio dell’anime in cui André ricorda di aver ricevuto la sua prima spada da Oscar

Angolo dell'autrice: è davvero un periodo pessimo... e particolarmente triste, per me. Forse proprio per questo, ho sentito il bisogno di forzarmi a riprendere a pubblicare anche prima di quanto avrei pensato di fare, per una necessità di un poco di leggerezza ... per provare ad esprimere un poco di positività, nonostante tutto.
Vedremo... intanto, come è giusto, grazie a tutte coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono e mi lasciano un commento!
A presto, spero.

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Capitolo 54
*** L'unica possibilità ***


L’unica possibilità
 
Si ritrovò sospeso tra la veglia e il sonno, cullato dal tepore delle coltri, dalla loro presenza calda e pesante, e dall’eco di una sensazione remota e totalizzante, una sorta di deflagrazione che sembrava avere scosso il corpo in ogni sua fibra, lasciandolo stremato nel fisico, ma incredibilmente vivace nell’animo. Era come se corpo e mente avessero sciolto ogni legame, percorrendo sentieri  diversi, fatti di fuoco e di vento, per ricongiungersi là dove non esiste altro che l’abbandono, nel luogo perfetto in cui la resa è anche vittoria.
Riemerse lentamente dal proprio stato di assoluta pace, muovendosi secondo l’istinto e insinuando la mano tra le lenzuola, percorrendo lento la china calda del fianco di Oscar per discendere fino a poggiare il palmo aperto sul suo ventre, stringendola contro il proprio corpo, perché la sua schiena gli poggiasse al petto, e godendosi poi il suo leggero mugolare, mentre nel sonno si accomodava contro di lui.
Sorrise tra sé per la naturalezza di un gesto che in passato gli sarebbe parso assurdo, proibito, forse addirittura sbagliato, e che in quel momento era invece quanto di più giusto potesse immaginare.
Osservò per qualche istante la luce che filtrava dagli scuri rimasti accostati, le lame polverose che attraversavano la penombra della camera, fino infrangersi sul pavimento, come un filo sottile in grado di legare il loro rifugio al bagliore caldo del giorno: uno spettacolo che osservava da sempre, al risveglio, scrutando nell’ultimo angolo della notte e cercando la luce, ma che in quell’istante gli parve del tutto nuovo ed emozionante. Poi, lentamente, percorse il profilo morbido dei riccioli dorati sparsi sul cuscino, una carezza delicata sulla propria guancia accostata a quei capelli profumati, fino a scendere con lo sguardo a seguire l’orizzonte delicato della guancia e la china del collo, nascosta oltre la spalla.
Trattenne il fiato, punto da quella vista, e allora si sollevò un poco dal giaciglio, vagando con lo sguardo per la stanza, fino a fissarlo poco oltre, giusto dinnanzi al camino in cui le ultime braci erano nascoste sotto la cenere, là dove le immagini tornarono inaspettatamente vive, travolgendolo con la loro forza.
Non ricordava tutto, non con la mente, almeno; eppure sulla pelle bruciava ancora ogni singolo respiro, ogni gemito, ogni singulto e poteva sentire tutti i brividi che lo avevano attraversato e vestito, unico abito possibile per quel rito che aveva di sacro. Riusciva a vedere, là sul pavimento nudo, il fuoco della loro promessa fatta corpo; riconosceva il riflesso delle fiamme che aveva sentito ardere dentro di sé e che solo in un alito tiepido gli era giunto dal focolare; i gomiti dolevano ancora del contatto prolungato avuto con la superficie liscia del pavimento, iniziato quando la preoccupazione per lei lo aveva indotto a cercare di sollevarla almeno un poco dal parquet, insinuando il braccio dietro il suo collo, sostenendole il capo perché la forza del suo corpo non le desse anche quel disagio; aveva ancora chiaro il suo volto dipinto di fuoco e cielo, le labbra dischiuse, l’espressione concentrata …
Rivedeva il suo sguardo socchiuso, la piega un poco tesa delle labbra e il solco tra le sue sopracciglia, nell’istante, lungo, lunghissimo, in cui aveva spezzato il velo tra il prima e il dopo, accolto dal suo abbraccio caldo, cullato dal suo amore denso. Ancora sentiva la traccia di quel percorso segreto che lo aveva condotto a lei in un modo unico, rivelandogli il sentiero del suo desiderio e la delizia del suo corpo, fino alla carezza calda del suo piacere, che aveva avvertito come un vibrare profondo, intenso al punto da lasciarla senza fiato, quasi inerme per qualche istante, prima che nel suo sguardo tornasse il fuoco e il suo corpo si riaccendesse di un vigore completamente nuovo, ardente della forza di quel momento senza tempo.
Ma soprattutto, ricordava il grido del proprio corpo, quello aveva sentito crescere dentro di sé e giungere come un uragano, implacabile e travolgente; allora era tornato quel timore, la preoccupazione che tutto ciò che stava accadendo fosse davvero troppo grande per lasciare si compisse e la sua reazione era stata istintiva. Aveva cercato di evitare almeno quell’ultimo passo … cercando di confinare il proprio ardore, per amore di Oscar.
In quell’istante, quasi avesse udito il lamento del suo animo, lei si era fatta irruenta tra le braccia e la stretta delle sue mani si era fatta salda e perentoria, le dita affondate nella carne a trattenerlo, perché non osasse lasciarla, perché tutto avvenisse fino in fondo, così come doveva essere.
Sorrise tra sé, sorpreso da quanto avesse consapevolezza di qualcosa di cui conservava un ricordo assolutamente irrazionale, fatto di sensazioni e sentimento, più che di lucida memoria. Era un groviglio di immagini impresse sulla pelle, fuse con la sua vita, parte integrante della sua esistenza.
Si erano sposati su un giaciglio di legno, baciati dal fuoco, accarezzati dalla notte, ed era avvenuto tutto lontano dal mondo che li avrebbe voluti separati e dalla volontà di quel padre che preteso di allungare la sua ombra di padrone fin dentro al letto della figlia.
Chiuse gli occhi, a quel pensiero, scacciando l’immagine buia del volto che in passato aveva avuto il potere di insinuarsi fin nella sua coscienza, mettendolo alla prova, fino a portarlo all’istante estremo della ribellione più silenziosa … e lasciò che il torpore tornasse ad avvolgerlo, ad accoglierlo nelle spire di un piacere nebuloso e soave che non conosce il giogo del giudizio, né l’onere del doverlo affrontare. Avrebbe lasciato che il giorno procedesse nel suo intento, consapevole che sarebbe giunto, ma ancora per un po’ di tempo, avrebbe finto di essere cullato nell’abbraccio della notte più soave.
 
Raggiunse il camino, lasciando un’occhiata distratta ai resti di quel fuoco vivace di cui aveva goduto, seduto dinnanzi al focolare; si chinò a raccogliere i propri abiti, per infilare subito le brache, allacciandole con attenzione, per poi volgersi ad una delle grandi finestre, valutando l’intenso fascio di luce che da essa proveniva.
- E’ bene che ci prepariamo, Oscar: potrebbero venire a chiamarmi da un momento all’altro … - spiegò, mentre sollevava le braccia sopra il capo, per infilare la camicia - … Anzi, mi sembra strano che non sia già passata quella cameriera … - aggiunse.
Oscar, seduta tra le coperte, piegò le gambe, allacciando le mani oltre le ginocchia – Io non credo che verrà nessuno a svegliarti, André. –
A quelle parole, André si fermò sorpreso, le mani allo scollo della camicia e le dita immobili, con il nastro del colletto non ancora legato a dovere – Cosa vuoi dire? – le chiese aggrottando la fronte.
Lei sollevò le spalle, chinando il capo su di un lato prima di rispondergli – Ho detto a Cecile che avremmo avuto necessità di … parlare e … chiarire e … valutare molte cose, senza essere disturbati in alcun modo. L’ho pregata di lasciarci tutto il tempo … - chiarì tranquilla – Per questo, aspetterà che tu scenda, senza venire a sollecitarti in alcun modo. –
- Oh … capisco … - mormorò allora, aggiustando il nastro al collo e prendendo ad occuparsi del polsino della camicia, dedicandovi tutto il proprio impegno, prima di passare all’altro – Beh, è stata di parola, a quanto pare. –
Mosse le spalle, accomodandosi addosso l’elegante camicia, e poi infilandola dentro la cintola dei pantaloni; quindi si chinò e raccolse la camicia da notte di Oscar, rimanendo per qualche istante ad osservarla, mentre le dita scivolavano sulla stoffa lucida.
- Non è la stessa che vestivi la notte scorsa … - osservò André chinando il capo su di un lato e scrutando nell’insieme la veste – Questa è … ricamata, preziosa. – aggiunse poi, realizzando come, nella notte, non avesse notato nessuna di quelle volute argentee che decoravano gli orli della veste.
- No, infatti, non è la stessa … - confermò Oscar che, ancora seduta tra le coperte, aveva preso a cercare di districare qualche nodo che, nel corso della notte, aveva intrecciato le suo ciocche bionde.
- Ma … è tua? – si informò allora, bloccandosi poi immediatamente, un poco allarmato nell’accorgersi che le mani di Oscar si erano fermate, così come le dita affondate tra le ciocche, mentre gli occhi palesavano un certo disagio; si morse istintivamente l’interno della guancia, per poi riprendere, cauto, avvicinandosi lentamente al letto – Beh … chiedo, perché non mi sembra di averne mai viste di simili a Palazzo Jarjayes, tra la tua biancheria stesa dalle aiutanti di mia nonna … -
Giunse al grande talamo e vi si sedette, porgendo la camicia ad Oscar e poi prendendola per il lembo inferiore, portandola al di sopra del suo capo, per aiutarla ad indossarla e accompagnando la seta nello scivolare sulla sua pelle, fino a che il suo capo biondo non riemerse dalla stoffa.
- Credo che Cecile l’abbia presa in prestito dal corredo di Madame Vasse … - riprese lei, mentre le mani si nascondevano dietro la nuca per poi sollevare la chioma bionda e sfilarla dalla veste da notte – Ha insistito così tanto perché l’accettassi! Diceva che non era possibile che io venissi a discutere avec le Comte vestita di quella camicia da notte così semplice … - aggiunse infine, portando le mani alla profonda scollatura, per afferrare i lembi del nastro con l’intento di riallacciarli.
André, tuttavia, non le diede modo di farlo: la sua destra si posò sulle mani di Oscar, arrestandone ogni movimento; i loro sguardi si trovarono e in un istante furono entrambi cupi e profondi, accesi del fuoco della notte appena trascorsa; le labbra si piegarono appena, in un unico sorriso e in un solo respiro, mentre lei sfilava le mani dalla presa delle sue, per portarle alla sua nuca, e sotto le dita di André rimase solo la seta lucida e leggera, a celare la forma del suo corpo. In un soffio, i palmi si riempirono di lei, godendo della sua pienezza e della sua segreta morbidezza, quasi potessero essere plasmati dal suo tocco. Mosse le dita, stringendo appena, saggiando il sussulto di lei, cogliendo il sapore del suo sorriso, gustando il piacere e la potenza di un nuovo ritrovarsi, sorpreso dall’immediatezza con la quale sembravano cercarsi l’un l’altra, rispondendo entrambi fin dal primo tocco. Le labbra si separarono in uno schiocco e le mani di André lasciarono una carezza risalendo fin sulle spalle, e poi sul collo, fino al viso.
- Cecile aveva ben chiaro di cosa dovessimo parlare … - mormorò trattenendosi dal ridere, nel riconoscere negli occhi di lei l’istante esatto in cui si rese conto di quanto la giovane cameriera avesse compreso cosa sarebbe accaduto, e poi tornando improvvisamente serio, colto da un dubbio e profondamente preoccupato, mentre le mani percorrevano le sue spalle esili, saggiando il suo corpo fragile, incredibilmente delicato sotto le dita - Forse, non abbiamo discusso a sufficienza … questa notte. – sussurrò tra i suoi capelli, traendola a sé, perché il suo capo poggiasse sulla spalla - … Non ti ho nemmeno chiesto se … ecco … io temo di averti … -
Lei si mosse appena nel suo abbraccio, accarezzandogli la spalla con la sua guancia, la voce calda di una nota nuova, pacata e rassicurante – Ho capito, André, ma non devi aver nessun timore, davvero. –
Sollevò il capo dalla sua spalla, cercando il suo sguardo e trovando le sue labbra, un sigillo delicato a fugare ogni timore – Sei l’uomo della mia vita, André. Questa notte, è stato come rinascere e lasciarmi tutto alle spalle: è stato perfetto, come ogni singolo momento in cui tu sei insieme a me. –
 
André afferrò il foglio dalle mani del Conte di Fersen, rimanendo a fissare l’uomo dinnanzi a sé, senza nascondere la propria sorpresa – Cosa sarebbe, questa? –
Il Conte lo aveva raggiunto immediatamente, chiamato a mezzo della solerte Cecile perché venisse a discutere sul da farsi. Aveva fatto il suo ingresso in camera in modo molto circospetto, mantenendo un certo contegno e guardandosi attorno con evidente curiosità, quasi stesse cercando qualcosa, o forse qualcuno. Infatti, non appena aveva scorto Oscar seduta in penombra, allo scrittoio sistemato sul lato della stanza opposto all’ingresso, vestita dei suoi consueti abiti di foggia maschile, le aveva rivolto un aperto sorriso e un leggero cenno di saluto con il capo, per poi rivolgersi direttamente ad André e, dopo pochi e semplici convenevoli, gli aveva porto il foglio ripiegato, con un’espressione evidentemente soddisfatta.
- E’ la tua unica possibilità di portarla via da questo posto, senza destare troppi sospetti. – spiegò il Conte, avvicinandosi a lui e mettendosi al suo fianco per leggere a sua volta la lettera che André teneva tra le mani, aperta davanti a sé. Gli si accostò fino a sfiorargli la spalla con la propria, allungando un poco il collo per meglio arrivare a rileggere la lettera che aveva scritto lui stesso e che, molto probabilmente, conosceva perfettamente a memoria. André ebbe appena il modo di lanciare un’occhiata alle due giacche, vicine tanto da toccarsi e da apparire così diverse, se pure così perfettamente accomodate sulle loro spalle.
Hans, che aveva levato lo sguardo dalla lettera ed era rimasto ad osservarlo a sua volta, inarcò le sopraciglia, scendendo a scrutare André e valutando cosa l’amico stesse cercando, perso con lo sguardo sulle stoffe accostate;  mosse appena le spalle, sollevandole, e poi portò le mani al bavero della giacca blu indossata da André, osservando con naturalezza – Ti sta bene questo colore, sai? –
André scosse il capo, arretrando di un poco per allontanarsi e sfuggire a quelle attenzioni – Grazie, Hans. Me lo hai già fatto notare: ne … terrò conto, davvero. – lo rassicurò, cercando di mantenere la calma.
Il Conte, di fronte alla sua reazione, scosse il capo – André, non si tratta solo del colore della giacca, della stoffa delle brache o di cos’altro; tu dovresti saperlo, a questo punto, meglio di chiunque altro. – lo riprese serio il Conte – Si tratta di te, che continui ad aver timore di non essere all’altezza della situazione, anche se ormai sai bene che non devi temere niente di tutto questo. – aggiunse infine, mentre con la mano compiva un gesto ampio, quasi volesse mostrargli il luogo in cui si trovavano e forse anche la stessa Oscar, che, dallo scrittoio, aveva seguito la scena con attenzione. Il suo sguardo grigio si fissò in quello di André, rimanendo in attesa, fino a che lui non prese ad annuire, in modo appena percettibile, con le labbra tese.
- Beh, forse … - mormorò allora André, il tono quasi impercettibile, mentre tangibile era la sua indecisione.
- Allora, cosa c’è che non ti convince? – domandò quindi il Conte, rimanendo in attesa.
- Questa! – riprese allora André mostrando il motivo del proprio dubbio, mentre lo sguardo scorreva di nuovo sulle righe vergate con una grafia elegante e pulita, in calce alle quali faceva bella mostra di sé la firma di Fabian von Fersen  - La mia unica speranza sarebbe una lettera! Una missiva scritta a nome di tuo fratello!? –
- Esatto. – confermò il Conte, come fosse ovvio – Una lettera in cui Fabian si fa carico della sicurezza di Madamigella Oscar. – precisò poi, indicando proprio Oscar con un gesto della mano - Ho con me il sigillo e conosco bene la firma di mio fratello: nessuno potrebbe dubitare dell’autenticità questa missiva. Tu dovrai solo spiegare a Monsieur Vasse di aver accidentalmente scoperto la presenza di Oscar ad Azay e il fatto che vi conoscete, perché in passato hai frequentato Versailles, dove lei prestava servizio. Tutto questo corrisponde a verità, del resto. – sottolineò; quindi si mosse dal fianco di André, muovendo passi lenti nella grande stanza da letto, lo sguardo basso e pensieroso, la mano destra chiusa a pugno e posata sulle labbra – Dovrai solo convincerlo a lasciartela portare con te, perché sei certo che il Generale nutra grande fiducia in te … come in tuo fratello, del resto. –
André annuì – Sì, forse è una buona idea … tuttavia dimentichi che Oscar ha promesso di non fuggire! – osservò poi, rivolgendosi a sua volta a lei, che si tratteneva ancora in disparte, seguendo con attenzione il loro dialogo.
- Infatti, non fuggirà. – convenne il Conte, tornando sui propri passi e facendo un cenno con il capo in direzione di Oscar, prima di rivolgersi direttamente a lui – Non si tratterà di una fuga, perché il Generale riceverà una copia di questa missiva: saprà esattamente dove lei sarà diretta e dove troverà rifugio. Solamente … - soggiunse poi, piegando le labbra in un accenno di sorriso - … ne sarà informato quando sarà troppo tardi perché possa intervenire. Allora, cosa ne pensi? –
Si irrigidì a quelle parole, assimilando lentamente il sottile inganno che Fersen aveva intessuto ai danni del Generale, un artificio in cui le sue stesse imposizioni si intrecciavano con l’astuzia, privandolo della possibilità di intervenire prima che tutto fosse compiuto; non poté che immaginare l’ira che avrebbe scosso l’uomo, alla scoperta di quel raggiro, suscitando certamente una sete di vendetta senza precedenti … Un brivido scosse le spalle irrigidite, salendo fino alla nuca vibrando in un accenno di negazione, mentre il capo si sollevava cercando sostegno in direzione di Oscar.
Eppure, quando la scorse nella penombra, tutto fu semplice, ai suoi occhi: la luce del suo sorriso, illuminò il suo cuore, aprendo uno spiraglio di speranza che forse mai prima era riuscito a scorgere e lasciando che potesse intuire, oltre la coltre del pericolo e delle preoccupazioni, l’immagine limpida e calda di un futuro insieme.
- Beh … penso che lei abbia già deciso – affermò improvvisamente tranquillo - … e che io la seguirò comunque. -


Angolo dell'autrice: dopo la lunga notte densa di emozioni, il nuovo giorno giunge portando un Conte quasi travolgente, con le sue iniziative.
Dal canto mio, vi ringrazio ancora per il sostegno... e per la pazienza. Un grande abbraccio a tutte coloro che leggono, seguono, ricordano e preferiscono, e soprattutto a chi mi lascia il suo pensiero... mai come ora prezioso.
A presto!

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Capitolo 55
*** Il sigillo ***


Il sigillo
 
Robert Vasse inarcò le sopracciglia scure e le sue labbra sottili si arricciarono in una sorta di smorfia, mentre lo sguardo si muoveva rapido seguendo il sentiero tracciato dalle parole della lettera che teneva stretta tra le dita. Terminata la lettura, l’uomo gettò un’occhiata cupa all’altro foglio, rimasto sul ripiano della scrivania; poi la sua espressione si fece assorta e grovigli di dubbi e pensieri mostrarono la loro lotta segreta e silenziosa, a mala pena celata da quella attesa incerta. Quando il rigido foglio toccò la superficie liscia dello scrittoio, André poté udirne il leggero scricchiolio, nella presa tesa dell’uomo.
- Quindi, Conte di Fersen, voi vorreste farvi garante della sicurezza della figlia del Generale Jarjayes, nonostante lui l’abbia affidata alla mia custodia? Ho compreso correttamente il significato di questa lettera? –
André, ancora in piedi di fronte al grande mobile scuro a cui era seduto Monsieur Vasse, si impose di mantenersi calmo, improvvisando una sorta di sorriso di cortesia – Esatto, Monsieur Robert. Pur nel grande incomodo di quanto è accaduto a me e al mio attendente, e nel disagio che abbiamo poi arrecato a voi, è stata una grande fortuna che noi abbiamo potuto godere della vostra ospitalità proprio in questi giorni. Madamigella Oscar, infatti, pur mantenendosi accuratamente in disparte, così come le era stato indicato di fare, e come era giusto che facesse viste le circostanze, ha avuto fortuitamente modo di udire la mia voce e … mi ha immediatamente riconosciuto. –
La voce tremò quasi, nel pronunciare quelle parole, nel comporre l’artificio di un mosaico fatto di tessere di verità, con l’unico scopo di costruire un’immagine che fosse il più possibile credibile, pur nel suo inganno.
Tese le labbra, lo sguardo volto alle fiamme che nel camino ardevano vivaci, e cercò di controllare il moto nervoso delle proprie dita, ripiegandole sui palmi, quasi a nasconderle dalla vista di Monsieur Vasse, mentre riprendeva a parlare – Non potete immaginare quanto mi abbia emozionato incontrare una persona a me cara come lo è la figlia del Generale Jarjayes … -
- Oh … in realtà riesco davvero a scorgere grande trasporto, in voi, Conte … - convenne Vasse annuendo - … e sono profondamente colpito dalla sensibilità che state dimostrando, nonché dalla vostra generosità nell’offrire la vostra diretta protezione a Madamigella Oscar! – proseguì volgendo per un istante lo sguardo a lei che, rimasta appena in disparte, ascoltava la conversazione in rispettoso silenzio, con i palmi rivolti al focolare e il volto chino sulle fiamme, quasi volesse trarne conforto, in un momento tanto importante.
- Tuttavia … - riprese poi Vasse, provocando un brivido lungo la schiena di André - … ritengo che la mia posizione nei confronti del Generale non mi permetta di sottrarmi alla responsabilità di cui mi ha investito. Voi potete certamente comprendere, Conte … Mio padre ha guadagnato attraverso anni di lealtà assoluta la fiducia che il Generale Jarjayes, nell’affidarmi sua figlia, ha dimostrato nei confronti della famiglia che oggi io rappresento! Come potrei giustificare il fatto di aver consegnato Madamigella Oscar alla vostra responsabilità, senza prima consultarmi direttamente con lui? –
- Permettetemi, Monsieur … - intervenne allora Oscar, muovendosi verso la scrivania, seguita immediatamente dallo sguardo di André, come da quello del giovane Vasse - … Forse non potrete consultarvi direttamente con mio padre, ne convengo, ma potete consultarvi con me che sono l’unica interessata in prima persona da questa spinosa questione. –
André trasse un respiro profondo, trattenendo poi il fiato e facendosi rigido, mentre l’espressione di Robert Vasse si mostrava sorpresa e lo sguardo sbarrato, forse nello sforzo di nascondere una reazione ancor più sgomenta. Comprese in un istante quanto insolita dovesse apparire Oscar agli occhi di quell’uomo … quanto poco canonica dovesse sembrargli una donna energica, abbigliata in foggia maschile e così determinata da intervenire in una discussione tra uomini pur senza essere stata interpellata, per sostenere apertamente le proprie ragioni. La osservò, ammirandone la fiera naturalezza con la quale si era disposta a spiegare la propria posizione a Vasse.
- Ma … ecco … - la voce del padrone di casa parve incerta e l’uomo non ebbe modo di proseguire.
- Io conosco le motivazioni che hanno spinto mio padre a condurmi ad Azay e inoltre ammiro e condivido la fiducia che ripone in voi. – riprese allora Oscar, affrontando apertamente l’incertezza di Vasse e piegandosi verso di lui, fino quasi a sovrastarlo, con i palmi aperti poggiati sulla scrivania – Ma naturalmente ho anche consapevolezza del rispetto e dell’ammirazione che il Generale nutre nei confronti del qui presente Conte di Fersen, – chiarì poi – e ad essa non posso che aggiungere la mia personale e diretta esperienza. –
Oscar allora si sollevò, drizzando la schiena e riprendendo a parlare, il tono appena un poco più calmo – Spero che possiate perdonare la mia franchezza, Monsieur … e che vogliate considerarla una dimostrazione di fiducia, e non un’offesa alla vostra persona. –.
Quindi, le sue labbra si distesero in un accenno di sorriso e Oscar, levando lo sguardo su André, rivolse nuove parole a Monsieur Vasse, con voce calda e vibrante – Semplicemente, conosco quest’uomo molto bene … forse meglio di chiunque altro … e non posso immaginare per me sistemazione più sicura che sotto la sua diretta protezione. -
Robert Vasse si sollevò un poco dalla sua seduta imbottita, accomodandosi meglio, con i gomiti puntati sui braccioli e le dita congiunte davanti al viso, mosse da una sorta di fremito rapido, mostrandosi visibilmente pensieroso.
- Monsieur Robert … - intervenne allora André in tono rassicurante – Ho redatto la lettera che avete appena letto in due copie identiche, in modo che possiate trattenerne una qui con voi, a vostra assoluta garanzia, mentre l’altra sarà consegnata direttamente al Generale Jarjayes, in modo che anche lui sappia esattamente a chi è stata affidata sua figlia e, soprattutto, dove potrà raggiungerla. –.
Sporgendosi sulla scrivania, protese il braccio, mostrando con l’indice alcuni passaggi della lettera a Monsieur Vasse – Avete visto con i vostri occhi quanto ho scritto … Il Generale non avrà alcun problema a raggiungere Madamigella Oscar, qualora volesse farlo. – aggiunse infine.
Vasse arretrò con le spalle, poggiandole allo schienale della seduta, mentre le mani si allungarono sullo scrittoio, afferrando ancora la lettera, come se volesse rileggerla per l’ennesima volta, per poi liberare l’ennesima perplessità – Il Generale, tuttavia, non aveva parlato di niente del genere, in realtà. Aveva disposto perché io proteggessi sua figlia fino al suo ritorno e niente altro. –
- Mio padre non poteva certo immaginare che il Conte fosse in territorio francese, proprio da queste parti, e venisse aggredito … per poi chiedervi ospitalità! – soggiunse allora Oscar, rivelando una crescente impazienza, che provocò ulteriore preoccupazione ad André.
- Suvvia, Madamigella Oscar … - intervenne André, posando il palmo sul braccio di Oscar, nel tentativo di tranquillizzarla – Le preoccupazioni di Monsieur Vasse sono assolutamente comprensibili … eppure credo che ora la questione sia stata chiarita a sufficienza perché ogni dubbio possa essere considerato fugato. Non è così? – concluse infine, rivolgendo un aperto sorriso in direzione di Vasse.
Le dita dell’uomo tornarono ad intrecciarsi, i palmi posati sul ventre e gli indici a tamburellare nervosi l’uno contro l’altro; Vasse inspirò profondamente, per poi rilasciare un lungo sospiro – Devo riflettere. –
A quelle parole, André avvertì una sorta di stretta alle viscere, mentre la gola si faceva improvvisamente secca. La stanza, grande e appena illuminata dall’ultima luce del pomeriggio, parve invasa da una atmosfera ovattata, nebbiosa e fredda. Con il tempo rallentato in modo esasperante, i rumori dell’ambiente si mischiarono in un unico brusio sommesso. In quegli istanti, riconobbe lo sguardo sottile di Oscar e vi lesse una sorta di segreto risentimento, come una brace nascosta, ma pronta ad accendersi in una fiamma viva; ma riuscì anche a scorgere il volto di Vasse impegnato in una lotta nascosta, chiuso dentro i propri timori e le proprie priorità, incapace di valutarne gli aspetti e di prendere una posizione definitiva.
Allora, senza nemmeno riflettere, si volse in direzione di Oscar e, celando il proprio volto alla vista di Robert Vasse, le rivolse uno sguardo fermo, che non avrebbe ammesso replica alcuna – Madamigella … vi prego … volete accordarmi il favore di lasciarmi discutere per un istante in privato con Monsieur Vasse? –.
Oscar, tesa ma evidentemente pronta e attenta ad ogni dettaglio, seppe controllare se stessa ed ogni moto del proprio animo e rispose immediatamente docile alla richiesta di André – Oh, ma certo, Conte di Fersen! Sarò lieta di accondiscendere a questa vostra esigenza, certa che la vostra confidenza con il nostro ospite e comune amico, non potrà che chiarire ulteriormente la questione rimasta in sospeso. -
Quindi, salutando con un cenno del capo il padrone di casa, Oscar si congedò – Con il vostro permesso … - e si allontanò.
André ne poté seguire l’incedere elegante e fiero, e il suo occhio esperto riconobbe ancora una volta quel gesto segreto che faceva vibrare i suoi passi ogni qualvolta lei fosse tesa … Accompagnò il suo allontanarsi fino oltre la pesante porta scura che chiudeva lo studio, dividendolo dal grande vestibolo, finché anche Hans non l’ebbe seguita per poi richiudere i battenti dietro le proprie spalle, non prima di aver scambiato con lui uno sguardo di intesa.
Allora André mosse qualche passo, le mani unite dietro la schiena e il mento sollevato, quasi volesse fingersi pensoso, mentre realmente cercava un appiglio … un pretesto per riportare la discussione a proprio favore. Si guardò attorno … scorse l’elegante camino, il pavimento scuro, il mobilio possente e dignitoso, le calde boiseries alle pareti, e poi lo sguardo si fissò su di un grande dipinto dalla cornice elaborata, entro il cui perimetro una dama dalla sobria eleganza si mostrava immobile, quasi intimorita, stretta in un lungo abito dai colori pastello, sul quale la luce dorata dei doppieri accendeva un ricamo prezioso. Rimase colpito da quel volto pallido e giovanissimo, dalle guance delicate e dallo sguardo basso, dalle spalle appena curve, sulle quali la stoffa indugiava con pizzi delicati … e sulle proprie labbra sentì fiorire una sorta di sorriso nascosto.
Si volse allora in direzione di Robert Vasse che, rimasto solo con lui nello studio, si era alzato per andare a versare del vino in due calici; lo vide farsi vicino, recando i bicchieri, per poi porgergliene uno.
- Conte di Fersen … - esordì sollevando il proprio bicchiere e poi portandolo alle labbra, per saggiarne un sorso - … un poco di buon vino ci permetterà certamente di discutere con migliore … disposizione d’animo. – Vasse prese un altro sorso, prima di domandare – Ditemi: di cosa volevate parlarmi, così … in privato? –.
Andrè ringraziò con una occhiata la timida e immobile presenza femminile, lasciandola alle proprie spalle, e si fece vicino a Monsieur Vasse, trattenendo il bicchiere tra le dita, sollevato in modo da poterne gustare la fragranza attraverso il suo delicato profumo – Vedete … poco fa, discutendo in presenza della vostra ospite, non ho potuto affrontare un aspetto piuttosto delicato della questione. -.
Vasse aggrottò la fronte, curioso – Ebbene? –
André bevve dal proprio bicchiere, mostrando con un leggero annuire il proprio apprezzamento per il nettare scuro offertogli – Amico mio, io ho compreso durante i nostri piacevolissimi colloqui che voi vorreste risolvere quanto prima la vostra … situazione personale, in modo da poter garantire lustro e onore al nome che portate e che vostro padre ha reso così meritevole di ammirazione. – si fermò un istante, puntando lo sguardo in quello scuro di Vasse e inarcando le sopracciglia, in attesa di un rimando da parte del suo interlocutore.
L’altro rimase per un poco immobile, prima di prendere ad annuire lentamente, serrando le labbra – Già … - ammise - … in effetti, non è il caso che io indugi oltre nella scelta di colei che sarà mia moglie e … la madre dei miei figli. -.
André annuì a sua volta, seguendo il gesto di Vasse, come se stesse valutando egli stesso quanto quella scelta fosse divenuta ormai una priorità improrogabile – Esatto. Dite bene … non è per niente il caso di procrastinare oltre; la vostra condizione vi impone di prendere una decisione. –
- Conte … voi capite, però, in quale situazione mi trovo, in questo frangente? Dopo l’arrivo del Generale Jarjayes, dopo la sua richiesta di farmi carico della sicurezza di sua figlia … beh, io ho seriamente valutato la possibilità che … -.
Cogliendo il senso delle parole che sarebbero seguite, André fu pronto ad intervenire – Certo! Voi avete capito che sarebbe stato molto difficile risolvere in tempi brevi la situazione di Madamigella Oscar e che, d’altra parte, non avreste neppure potuto accomodare la sua presenza qui ad Azay in altro modo … -
Vasse, raddrizzò la schiena, seguendo il discorso di André, e il suo sguardo si fece fessura – Spiegatevi, Conte … - lo esortò allora.
Soddisfatto della curiosità suscitata nell’uomo, André sorseggiò un altro poco di vino, mentre cercava la veste migliore da far indossare al proprio comodo – Robert … ritengo di potervi parlare con franchezza … -.
- Dovete farlo, amico mio, dovete … - lo riprese Vasse, le cui guance sembravano aver preso improvvisamente il riflesso del vino appena bevuto.
- Lo farò … perché è giusto che io sia onesto, nei vostri confronti: ebbene … io conosco Madamigella Oscar da molto tempo, come ho già avuto modo di spiegarvi, e non posso certo negare che sia una donna molto bella … non mi permetterei mai di farlo! Tuttavia … - André si morse le labbra e il suo sguardo a Vasse si fece allusivo - … avrete notato certamente il fatto che si tratti di una donna molto … singolare … con un carattere particolare e una certa indole che oserei definire quasi … selvatica … se mi concedete questo termine. -
- Oh, beh … su questo non posso certo darvi torto, Conte … - convenne Vasse, suscitando un piccolo moto di soddisfazione in André – In effetti lei è … è, come potrei dire … -
- Vedete che siete in accordo con me? – si intromise André - Madamigella Oscar non potrebbe mai rappresentare la soluzione ideale alle vostre necessità! Al vostro posto, io cercherei una donna vera, che sia esempio di virtù, che possa occuparsi del governo della vostra casa … ed essere madre dei vostri eredi, … insomma, una donna come si conviene ad un gentiluomo. –
- Conte, le vostre parole mi sorprendono! – sbottò Vasse evidentemente colpito – Voi state insinuando forse che … -
Allora André si mosse in direzione di Vasse, facendosi così prossimo a lui da arrivare ad un palmo dal suo viso – Robert … io la conosco bene, molto bene: lei è una donna, su questo non c’è dubbio, ma è avvezza a prendere le sue decisioni da sola e a farlo secondo le sue idee, anche quando non sono del tutto convenzionali. – chiuse lo sguardo in una fessura, scrutando con attenzione, prima di un ultimo affondo – Non cavereste un ragno dal buco, perché è evidente il fatto che lei abbia già compiuto la sua scelta. –
Vasse allora scivolò via per posare il bicchiere ormai svuotato sulla scrivania, scrutando attorno a sé, pensieroso prima di esprimere un dubbio ulteriore – In realtà … poco fa, con voi si è mostrata particolarmente … docile. -
- E’ quello che può sembrare. – convenne André – Ma sono quasi certo che abbia lasciato la stanza solo perché irritata dalla discussione in atto e dal fatto di non essere riuscita ad ottenere ciò che desiderava. –
Monsieur Vasse rilassò le spalle, scuotendo un poco il capo – Forse avete ragione voi … resta comunque il fatto che io dovrei continuare ad ospitarla comunque, pur valutando altre … alternative. –
- Certamente … lei potrebbe restare ad Azay, nonostante tutto, e voi continuare a valutare tutte le possibili alternative a lei, pur non avendo idea di quanto tempo possa protrarsi la sua permanenza qui, presso la vostra dimora. Ma avete forse considerato quale impressione potrebbe dare al padre di una potenziale vostra sposa, il fatto che ospitiate una altra donna sotto il vostro tetto? –
A quelle parole, Vasse sbarrò lo sguardo, improvvisamente conscio che ogni trattativa inerente la scelta di una possibile moglie avrebbe dovuto essere rimandata a dopo la partenza di Madamigella Oscar dalla tenuta di Azay. André riuscì a scorgere nei suoi occhi scuri un turbinio di possibilità … e forse persino il timore di non essere in grado di divincolarsi dalle spire dell’accordo con il Generale, se non attraverso quell’unica e inaspettata possibilità che in quel momento il Conte di Fersen gli stava offrendo.
- Conte … - lo chiamò allora, con la voce incapace di nascondere tutta la preoccupazione vissuta in quegli istanti - … potete richiamare in questo studio Madamigella Oscar? -
 
– Ebbene … non mi lasciate molta scelta, a quanto pare. – esordì l’uomo con voce quasi cerimoniosa, rivolto prima verso Oscar e poi direttamente al volto di André, al quale aggiunse un cenno allusivo, con un tremolio dell’angolo del labbro appena percettibile - D’altra parte, Madamigella Oscar è mia ospite, affidata alla mia protezione, ma evidentemente avvezza a condurre autonomamente il proprio destino e a decidere per se stessa, molto più di qualunque altra donna: io non ho nessuna facoltà di trattenerla contro la sua volontà … e in ogni caso, - soggiunse poi inarcando le sopracciglia scure - ho già compiuto il mio dovere e rispettato l’accordo stretto con il Generale Jarjayes. –
- La vostra è una saggia decisione, Monsieur Vasse … - si affrettò a convenire André – oltre che una dimostrazione di grande generosità. Lasciatemi esprimere tutta la mia più sincera gratitudine per la vostra scelta e naturalmente anche la mia assoluta gratitudine per l’ospitalità che ci avete offerto. –
- Certo, certo … - si schernì allora un poco Vasse, prima di riprendere speranzoso - … mi auguro solo che vorrete accordarmi la vostra compagnia ancora per qualche giorno, Conte: sapete … la vostra presenza qui alla tenuta ha allietato davvero molto le mie giornate! –
- Monsieur … anche per me la vostra compagnia è stata davvero piacevole e arricchente … ma credo che, vista la situazione incerta in cui ci troviamo, sia più saggio riprendere il mio viaggio senza indugiare oltre per dirigermi direttamente verso nord, insieme a Madamigella Oscar, seguendo la via più breve per giungere alla dimora di mio padre. – spiegò allora André, recuperando tutto il proprio autocontrollo.
- Capisco … - mormorò Vasse, forse un poco deluso dalle parole appena udite - … Allora, Conte, non mi lasciate altra possibilità che quella di aiutarvi a prepararvi per la partenza, nei prossimi giorni … -
André annuì, sorridendo gentilmente al proprio ospite, mentre al proprio fianco, appena di un poco arretrata, poteva intuire la silenziosa presenza di Oscar e il gesto nascosto con cui gli sfiorò la schiena.
- In realtà, - riprese André volgendo lo sguardo ad una delle grandi finestre aperte sul cortile – visto che non abbiamo praticamente bagagli, potremmo prepararci fin da subito, per poter partire già domani, in mattinata. -
Vasse sospirò lentamente, soffiando tutta l’aria in un lungo sibilo rassegnato – Sebbene la cosa mi rattristi … non posso che comprendere la vostra scelta. Ci congederemo domani, in mattinata. -
- Bene, Monsieur … a questo punto, direi che posso procedere al sigillo delle lettere, se non avete niente in contrario. – concluse allora André.
In un attimo, Hans si materializzò al suo fianco, la bisaccia tra le mani e il capo chino a rovistare dentro ad essa, fino a trarne in piccolo involto scuro.
- Ecco a voi, Monsieur. – disse ossequioso Fersen, porgendo ad André il sigillo di famiglia, liberato dal panno in cui era avvolto; preso il sigillo, Andrè osservò i gesti sicuri del conte, che con evidente abilità, avvicinò la stecca di cera ad un doppiere acceso sulla scrivania, per poi lasciare che alcune gocce di liquido scuro cadessero sulla prima delle lettere, ripiegata su se stessa e trattenuta tra le mani di Vasse. Hans attese qualche istante, per poi fargli un cenno del capo; allora André strinse le dita sul corpo in legno e premette con attenzione il sigillo sulla ceralacca, per poi sollevarlo e rimanere qualche istante a fissare l’elegante simbolo araldico impresso sulla carta.


Angolo dell'autrice: allora, hanno deciso di provarci davvero e André si mette in gioco al meglio delle sue possibilità, utilizzando anche un po' di astuzia.
Io ringrazio vivamente Madame Anna per i preziosi consigli (spero di aver contestualizzato correttamente...) e tutte indistintamente coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono e mi accompagnano con le loro impressioni.
Grazie a tutte! Un abbraccio e a presto!

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Capitolo 56
*** Di dubbio in dubbio ***


Di dubbio in dubbio
 
Oscar stava china sullo scrittoio, completamente assorta nella preparazione del bagaglio. Aveva piegato la propria giacca con attenzione e poi l’aveva sistemata nella sacca, insieme alle camicie e alle brache, già più di una volta, ma poi, ad ogni tentativo, André l’aveva vista scuotere il capo, per togliere tutto e ritornare da capo a provarci. Quell’immagine lo colpì nell’animo, suscitando una sorta di senso di colpa.
Era consapevole del fatto che in passato Oscar non avesse mai dovuto badare personalmente a tutte quelle questioni pratiche legate ai bagagli, ai pasti o al bucato: per tutto questo, era sempre stata presente la nonna, o una delle cameriere di palazzo, e solo raramente, durante i loro viaggi improvvisati e particolarmente brevi, le era capitato di doversi confrontare con borse, bisacce e sacche.
Tuttavia, da che erano rientrati nella camera destinata agli ospiti, Oscar aveva volutamente allontanato Cecile, con la scusa della preparazione della cena, e si era dedicata direttamente ai propri effetti personali, recuperando rapidamente tutto quanto ancora sistemato nel suo alloggio di fortuna, nel sottotetto, e trasferendolo al piano nobile, nella stanza del Conte Fabian, per poi prendere ad armeggiare in silenzio, tentando di sistemare il tutto nella grande sacca scura. I suoi gesti, però, nonostante in principio fossero concentrati e precisi, si erano tramutati in scatti via via più nervosi e inconcludenti, accompagnati da profondi sbuffi contrariati.
André la raggiunse, silenzioso, cingendola delicatamente dalle spalle e allontanandola dal ripiano colmo di indumenti.
- Vieni qui, Oscar … - le sussurrò tra i capelli mentre lei, dapprima sorpresa, si lasciava avvolgere dal suo abbraccio, improvvisamente rilassata dalla sua presenza – … posso? – le chiese poi.
Per tutta risposta, Oscar reclinò il capo poggiandolo sulla sua spalla, abbandonandosi contro il suo petto, quasi che la sua presenza avesse avuto il potere di distoglierla completamente dal suo impegno, liberandola da ogni pensiero buio, mentre gli occhi si chiudevano e le labbra, lentamente, si distendevano in un sorriso.
Sì, posso, posso davvero – pensò tra sé, e si accorse che in quel piccolo gesto, nel suo animo aveva aperto la strada ad una consapevolezza nuova, ad una percezione di se stesso che non si era mai concesso di avere.
Poteva davvero abbracciarla e non solo …
Oscar aveva abbattuto con determinazione ogni suo dubbio in merito a quello che avrebbe dovuto essere il loro legame e gli aveva mostrato con forza di non voler essere niente di meno che la donna della sua vita. Era stata irruenta, fino a pretende di avere tutto … senza lasciargli scelta e, in un certo senso, vincendo anche ogni suo timore. Aveva travolto ogni convenzione, prima affrontando il proprio padre e poi gridando la propria scelta, e così lo aveva liberato dal peso di anni di costrizione, in cui aveva chiuso i propri sentimenti fino a sentirli ingiusti e a relegarli ad essere una colpa.
Tuttavia, dopo la promessa che si erano scambiati con le parole e con il corpo, poteva comprendere che molti aspetti della sua vita avrebbero subito necessariamente un’evoluzione, il primo dei quali era già tra le sue braccia, in quell’abbandonarsi senza riserve alla sua stretta gentile.
Sul filo dei propri pensieri, André la cullò per qualche istante, lo sguardo socchiuso a godere della piacevole naturalezza con cui lei aveva accolto quel gesto e la mente persa nel ricordo del turbinio di avvenimenti che, dalla notte appena trascorsa, li stava conducendo rapidamente verso un possibile futuro insieme. Ancora faticava a capacitarsi delle conseguenze esterne di quella promessa scambiata di fronte al fuoco e nella penombra della notte e che pure iniziavano a farsi concrete e tangibili, quanto il loro piano per lasciare Azay, diretti alla residenza svedese dei Conti di Fersen.
Avvertì il tocco leggero delle mani di Oscar sui propri avambracci, ancora chiusi sul suo seno, e poi la sua voce, come un sussurro, nel silenzio della camera – Mi è parso incredibile che Robert Vasse mi abbia concesso di cenare con voi, sai? E’ stato come tornare a vivere e farlo in un modo completamente nuovo, finalmente dettato dalle mie scelte, invece che da quelle a cui ero obbligata da mio padre. –
André strinse un poco la presa, mantenendo le braccia incrociate e portando le mani sulle sue spalle – E … come ti è sembrato questo modo di vivere completamente nuovo? – le chiese chinando il capo e poggiando la propria guancia alla sua.
- Beh … in primo luogo, giusto. – rispose lei senza nemmeno il bisogno di riflettere – Ma anche incompleto, perché mi ha fatto notare come ancora sia necessario nascondere la realtà, in un modo o nell’altro, mentre io desidero vivere alla luce del sole, anzi, io ho bisogno di farlo, perché adesso non potrei più sopportare nessuna finzione, soprattutto quando si tratta di te … anzi, di noi. – concluse seria.
- Cosa intendi dire? – le chiese incuriosito.
Oscar sollevò appena le spalle, prima di prendere a spiegarsi – Hai notato come ci osservava Monsieur Vasse, durante la cena? –
André annuì in silenzio, sporgendosi sulla spalla di Oscar per scrutare l’espressione del suo viso, mentre riprendeva a parlare – Sembrava curioso … ma non solo, perché in tal caso, avrebbe certamente potuto domandare qualcosa di più sulla nostra conoscenza reciproca. Al contrario, era come se volesse cogliere qualcosa di non detto, senza però porre domande; qualcosa che potesse trapelare da uno sguardo o da un gesto. –
- Hai ragione: - convenne André - è la stessa impressione che io ho avuto quando ti ha fatto richiamare nello studio dopo il nostro colloquio privato. Probabilmente è convinto che io gli abbia nascosto le reali motivazioni che mi hanno spinto ad accollarmi l’onere della tua sicurezza – scandì lentamente, con una vera di sarcasmo - … ma, per quanto mi riguarda, il fatto che dubiti del perché io ti voglia portare con me, non costituisce affatto un problema, visto che ha comunque acconsentito a lasciarti partire … Per quanto mi riguarda, è libero di costruire tutte le supposizioni che desidera. – precisò infine.
- Già … si intromise lei – ma che sia fingere, o nascondere … tuttavia si tratta comunque di menzogne e io non sono più disposta a mostrarmi diversamente da quella che sono davvero. -
- Oscar, - la chiamò allora André, parlando in un soffio, sulla sua gota – non puoi immaginare quanto io stesso senta il bisogno di smettere di fingere per nascondere quello che provo per te … Tuttavia, perché possiamo ritenerci davvero al sicuro, dobbiamo prestare ancora attenzione per qualche tempo: è necessario lasciare Azay senza destare sospetti ulteriori e poi allontanarci dalla Loira rapidamente, perché più ci allontaneremo da questa valle e minori saranno le possibilità che il Generale possa intercettare il nostro cammino e poi raggiungerci prima dell’imbarco per la Svezia. – spiegò.
Lei annuì prontamente e le sue mani tornarono a stringersi sui polsi di André – Partiremo presto, vero? –
- Il prima possibile. – la rassicurò André – Ho informato Monsieur Robert che abbiamo bisogno di viaggiare a lungo e che quindi desideriamo partire di buon’ora: per questo mi auguravo che lui riuscisse a rientrare dai suoi impegni mattutini prima della nostra partenza, ma non ho potuto assicurargli che ci troverà ancora qui, nel caso dovesse tardare. –
Oscar allora gonfiò appena le gote in una sorta di sorriso – Partiremo non appena lascerà il castello, vero? –
- Certamente. – convenne André – E’ la cosa migliore da fare. –
Oscar allora forzò la sua presa, rigirandosi tra le sue braccia, fino a rivolgersi al suo volto. La sua espressione era rilassata, i suoi occhi vivaci e le labbra distese; il suo viso era acceso di quella luce tipica di chi non riesce a nascondere il proprio sorriso interiore, nemmeno quando il volto si mostra serio. André, leggendone lo sguardo, si fece coraggio – Oscar … sei davvero pronta a partire? – le chiese in un sussurro, chinando il capo per esserle più vicino – Sei pronta a lasciare la tua famiglia, il tuo paese, la tua Regina … solo per un uomo come me? –
Un sorriso spontaneo fiorì sul suo viso e le parole giunsero senza attesa – Non lascio la mia famiglia, perché l’unica mia famiglia sei tu, André, da sempre. – affermò decisa – E per quanto riguarda il resto … ho già lasciato il mio ruolo a corte, grazie all’influenza di mio padre che mi ha ottenuto il congedo, quindi non ho più alcun dovere nei confronti dei sovrani di Francia; se invece devo considerare la mia amicizia, quella resterà intatta, nonostante la distanza, perché il mio legame con la Regina non è mai stato basato sulla condivisione di spazi o esperienze … ma piuttosto sulla fiducia reciproca, sulla stima … forse addirittura sulla confidenza, e queste non hanno bisogno di un luogo, per sopravvivere. –
Lo colpirono, le sue parole e il suo modo di esprimersi: Oscar era stata diretta, concreta, assolutamente consapevole di sé e delle proprie scelte, e le sue affermazioni suggerivano tutto, tranne l’essere improvvisate.
Rimase a contemplare il suo viso, avido di ogni dettaglio, finalmente libero di fissare il proprio sguardo su di lei senza timore alcuno; indugiò sulle sopracciglia sottili, sulle ciocche morbide che scivolavano sulla fronte con volute senza peso, riflettendo in bagliori dorati la luce disordinata proveniente dalle tante fiamme accese nella stanza, e poi anche sulla sua pelle liscia e perfetta che disegnava curve delicate dando forma al suo viso. Osservò il taglio dei suoi occhi, così particolare, allungato e espressivo, che pareva tremare appena, sotto la carezza del suo sguardo.
Sorrise tra sé, quando si accorse che lei stessa lo stava scrutando, vagando sul suo viso in cerca di dettagli nascosti, mentre silenziosi, rapiti l’uno dall’immagine dell’altro, si erano stretti in un abbraccio più caldo.
Allora il silenzio si fece dialogo e gli sguardi scambio denso; nessuna parola, nessuna richiesta, e già le mani scorrevano lente sulle spalle, scivolando sulla nuca, cercando il caldo contatto della pelle, insinuandosi tra i capelli.
André sostenne il suo sguardo, facendosi più vicino al suo viso e inclinando leggermente il capo, fino a che il suo respiro non fu confuso con il proprio; ne sfiorò appena le labbra, godendo della sua espressione rapita e del suo rimanere sospesa sul filo dell’attesa, immobile a trattenere il fiato, fino a che non l’avvertì inumidire le labbra e poi cedere, cercando lei stessa un bacio caldo, impaziente e impossibile da trattenere oltre.
In pochi istanti, si ritrovarono affamati l’uno dell’altra, Oscar aggrappata alle sue spalle e Andrè a sostenerla, mentre insieme arretravano a passi disordinati, fino a fermarsi quando sfiorarono la lunga coperta adagiata sul letto. André chiuse gli occhi, sorridendo dentro di sé per quella passione bruciante che pareva averli travolti nel tempo di un respiro, portando entrambi ad un unico pensiero e a un desiderio impossibile da celare. Tornò a guardarla, scoprendola concentrata a lottare contro il nodo dello jabot, per giungere poi a scoprirgli il collo, sorridendo tra sé prima di avventarsi ad assaggiarlo, un bacio dopo l’altro, fino a  scendere, insinuandosi tra le pieghe della seta, cercando il suo corpo nascosto. A sua volta, André portò le mani alla sua schiena, accarezzando con la punta delle dita il rilievo delle sue vertebre, discendendo fino alla sua cintola per poi afferrare la stoffa e strattonarla, fino a che la camicia non fu libera dalla stretta delle brache. Insinuò le dita tra la stoffa e la pelle, cercando il limite nascosto oltre il quale il fianco scendeva in una china morbida, delicata e segreta; strinse le dita sulla carne, affondando appena nel calore della sua stretta, mentre l’altra mano correva alla fila di bottoni nascosti, prendendo a sfilarli uno ad uno dalle asole. Lasciò che la stoffa allentasse la sua presenza e che l’aria fresca della sera giungesse a sfiorare la pelle, un brivido ad incresparla in una reazione segreta, fino a che non fu vinta ogni barriera e il corpo di lei non fiorì sotto il tocco caldo dei palmi.
Ansimando quasi, si staccò da lei, cercando ancora una volta il suo sguardo e trovando un’espressione che lo travolse, bruciando ogni ultimo dubbio. Allora la prese tra le braccia, sollevandola da terra per adagiarla sulla coperta morbida e tornando a baciarla, la passione come fuoco nel petto e orgoglio nelle viscere; le sue mani corsero alle sue gambe, un assalto la presa sulle sue scarpe e poi sulle calze, sfilandole e lasciandole cadere, dimenticate, ai piedi del letto, mentre lei stessa sollevava i fianchi per aiutarlo a liberarla dai propri indumenti.
Riconobbe frenesia e desiderio, il proprio e quello di Oscar intrecciati in un’unica passione; avvertì una sorta di follia, che allontanò ogni pensiero che non fosse Oscar, il suo amore, il suo corpo … e si lasciò travolgere dal piacere del sentirsi desiderato, dal tocco disordinato delle sue mani sul proprio corpo e dalla voce segreta con cui lei lo chiamava, inesorabile, ad amarla di nuovo.
Non ci fu nulla da decidere, niente da scegliere, ma solo loro, insieme e nascosti agli occhi indiscreti del mondo, stretti nell’abbraccio che libera da ogni altro legame e scioglie il tempo della ragione in un unico, immenso, respiro dell’anima.
 
Nel sonno profondo e brumoso, caldo dell’ultimo sforzo con cui il suo corpo aveva gridato la propria passione, André faticò a comprendere da dove potesse provenire quel rumore cupo e disordinato che a mala pena riusciva a udire.
Si mosse sotto le pesanti coperte, mettendosi su di un fianco e stringendo a sé il corpo esile di Oscar; distese le gambe e inarcò la schiena, cercando di emergere dal sonno, e ancora i colpi sordi tornarono a insinuarsi nel buio, prendendo una forma un poco più definita. Prestò attenzione, isolando una voce sommessa, attutita dalle possenti pareti del castello e poi nuovi colpi, più energici e regolari, che riuscì a individuare come provenienti dalla porta di accesso alla camera.
Allora sobbalzò nel letto, provocando una sommessa protesta di Oscar, e sollevandosi appena, sostenendosi su di un gomito, mentre il rumore del richiamo alla porta, oltrepassato il limite del sonno, diveniva nitido e sempre più insistente.
- Chi è? – chiamò piano André, scostando da sé le coperte e mettendosi seduto, per poi muovere le mani attorno a sé, in cerca dei propri abiti.
In quell’istante, la porta della camera di aprì di scatto e l’ombra inconfondibile di Hans fece il suo ingresso a grandi passi visibilmente agitati, fino a giungere ad un passo dal letto.
- Alzati di lì. – ordinò senza dare altre spiegazioni, la voce ferma e controllata, imperioso perché non si perdesse tempo in chiacchiere inutili e un poco soffocato, perché oltre la camera nessuno potesse udire – Non c’è tempo da perdere: dobbiamo partire immediatamente. –


Angolo dell'autrice: ovviamente, non potevo che fermarmi qui, ormai mi conoscete abbastanza bene...
Comunque, visto che invocavate la partenza, dovreste essere felici!
Io torno quanto prima... e intanto ringrazio tutte voi che leggete, seguite, ricordate e preferite, e soprattutto chi mi accompagna con i suoi commenti e con tanto affetto.
Un abbraccio a tutte... forse anche l'influenza è passata!!!
A presto!

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Capitolo 57
*** Ombra color cioccolata ***


Ombra color cioccolata
 
Non avevano lasciato tempo alle spiegazioni, a qualunque chiarimento che avrebbe potuto certamente essere rimandato a più tardi.
André era balzato dal letto, si era vestito in tutta fretta e poi aveva setacciato il pavimento della camera, con passi concitati, recuperando gli abiti di Oscar perché anche lei potesse prepararsi; Hans, invece, si era irrigidito, evitando di avanzare nella stanza, non appena aveva intuito la presenza di Oscar nel letto, accanto ad André. Aveva evitato qualunque commento … e si era limitato a poche parole.
- Io preparo i cavalli … e vi attendo nella corte, oltre la scuderia, in modo da rimanere nascosto alla vista di Vasse: nel caso dovesse affacciarsi alla finestra della sua camera, non noterà nulla. – aveva mormorato ad André, attento a controllare la propria voce – Voi non perdete tempo e non passate dall’accesso principale, ma piuttosto dalle cucine, percorrendo solo il perimetro settentrionale del cortile, perché così resterete nascosti fino alla scuderia. –
André aveva ascoltato con attenzione, cercando di dominare tensione e preoccupazione; aveva annuito alle parole di Hans, puntando lo sguardo sul suo viso appena visibile nella penombra e cercando di comprendere cosa stesse accadendo. Strappato dal sonno e dal suo giaciglio, André aveva tremato per il freddo dell’aria notturna e per il timore esploso nell’ascoltare le parole che lo avevano gettato con violenza alla realtà più cruda.
- Hans … - aveva appena mormorato, come implorando chiarezza, ma lo svedese gli si era fatto vicino e il suo sorriso rassicurante aveva vinto anche l’ombra della stanza.
- Andrà tutto bene, André. – lo aveva anticipato, puntando lo sguardo nel suo, e poi si era limitato ad un cenno del capo in direzione del letto – Ora occupati di lei. – e in un istante, era scomparso giù per la scala, lasciando il silenzio alle proprie spalle.
Allora André aveva raccolto tutto quanto era rimasto sparpagliato sullo scrittoio, riempiendo la sacca di Oscar come meglio aveva potuto, mentre lei aveva provveduto a vestirsi, appena consapevole di quanto avesse detto il Conte, ma immediatamente reattiva di fronte alle esortazioni dell’uomo che amava.
Afferrate le sacche, insieme si diressero verso la porta della camera, fermandosi sulla soglia per voltarsi a dare un ultimo sguardo all’ambiente scuro, cercando nell’ombra per essere certi di non aver dimenticato nulla.
André riuscì ad avvertire la stretta di Oscar sul proprio braccio e ne cercò lo sguardo; nel buio, gli occhi di lei parvero brillare della luce della notte, accesi e vivi di una sorta di segreto entusiasmo, appena velati dall’ombra della preoccupazione. Rimase per un istante ad osservarla, affondando nel lucido mare del suo sguardo e trovandovi un inspiegabile conforto. Un profondo sospiro sibilò tra le proprie labbra, quasi si stesse preparando per una lunga immersione … poi si chinò sulle sue, lasciandovi un tenero e morbido bacio, prima di sollevarsi, per voltarsi e condurla a sé, insinuandosi nell’ombra della rampa, per discendere al piano terreno.
 
Avevano percorso a passi rapidi e sordi la serie di stanze del piano terra; André si era lasciato condurre dalla memoria di quegli arredi antichi e massicci, dall’ingombro di credenze e tavoli, evitando con attenzione ciascuna di quelle sagome scure e immobili, appena visibili nel veloce sfilare al suo fianco, e trattenendo quasi il respiro, curandosi di ascoltare il silenzio della dimora e di non riconoscervi altro che i passi di Oscar dietro ai propri. Oltre il grande salotto, aveva scorto una luce fioca tremolare al di là dell’accesso alla sala da pranzo, dove sapeva essere la cucina, e così aveva seguito quel filo appena visibile, giungendo fino al grande ambiente ancora odoroso di spezie e di arrosti. In un attimo aveva riconosciuto, caldo della luce di un unico moccolo sciolto, il volto concentrato di Cecile che, rapida come mai l’aveva vista prima, gli aveva porto un cestino di vimini coperto da un telo di lino sfilacciato.
- Grazie. – aveva mormorato la voce di Oscar, appena udibile alle proprie spalle – Grazie, di tutto, Cecile … -
Allora André si era voltato e il sorriso che Oscar rivolgeva a Cecile gli aveva scaldato l’animo della stessa gratitudine che il suo sguardo lucido di notte e speranza gli aveva comunicato. Comprese come lei avesse intrecciato davvero, pur nei pochi giorni di permanenza ad Azay, una sorta di timida amicizia con la giovane cameriera che senza timore si era prestata ad accogliere il loro segreto, o almeno quella parte di esso che era stato possibile raccontare, con curiosità, ma anche con una sorta di empatia; non poté che pensare quanto nuova si fosse rivelata la Oscar che si era confidata con la domestica, che aveva aperto il proprio cuore a lui e che aveva preteso con forza di poter vivere secondo il proprio sentimento …
Sorrise a propria volta alla cameriera, dischiuse le labbra cercando il suo sguardo, nel tentativo di ringraziarla, unendo il proprio sentire a quello di Oscar, ma la giovane non gliene diede il tempo e, con gesti risoluti ed energici, gli strinse il braccio per spingerlo verso l’uscita di servizio della cucina.
- Presto! Andate di là! – li esortò a mezza voce – il vostro attendente vi aspetta dietro le scuderie. Mi occuperò io delle porte e spegnerò le luci rimaste accese. Mi inventerò qualcosa pure per il mio signore … - si arrestò un istante, riflettendo sulle proprie parole, prima di riprendere – Gli dirò di essere rimasta qui in cucina fino a tarda ora e di non aver udito assolutamente nulla: in questo modo crederà che siate partiti più tardi … e forse potrà risultargli più difficile immaginare dove siate per raggiungervi, qualora dovesse sospettare qualcosa … -
Ebbe appena il tempo di annuire alle parole della giovane, prima di lasciare il tepore della cucina, sfilando insieme ad Oscar nel buio della notte di Azay.
 
Seguirono il Conte di Fersen quasi senza fiatare, infilandosi in un sentiero che si insinuava ad oriente nella macchia e lasciando alle proprie spalle il borgo.
A mala pena era riuscito a gettare un ultimo sguardo sulla sagoma candida e silenziosa della dimora, e sulla sua erta copertura scura che gli era parsa quasi un unico lembo di cielo scuro sciolto sopra le forme gentili di pietra; Oscar aveva colto il suo sguardo e, già in sella a Cesar, lo aveva chiamato in un sussurro caldo. Allora il suo sorriso aveva portato per l’ennesima volta un petalo di pace sul cuore … e il buio della boscaglia aveva perso quell’aura tetra da cui era stato accolto, mutando in un’ombra protettiva.
Partiti a passo svelto, cavalcarono a lungo, il Conte un poco più avanti e André insieme ad Oscar, ad una decina di passi, scambiandosi solo sguardi rapidi e cenni del capo, in una continua ricerca l’uno dell’altro, quasi che pur nella tensione del momento, il fatto stesso di essere insieme li potesse tenere al sicuro da qualunque pericolo.
André strinse lo sguardo davanti a sé, affondando nell’aria fredda della notte, attento a seguire al meglio i movimenti del Conte che appariva sicuro anche in quella cavalcata notturna, quasi sapesse esattamente come muoversi in quella selva buia. L’ombra del Conte e del suo cavallo, una sagoma grigia appena colorata della tinta  della giacca che ben conosceva, sfilava agile tra i fusti scuri, evitando cespugli e rami bassi, ritrovando a tratti una sorta di sentiero appena intuibile tra le fronde, e sfuggendo poi ancora dove la vegetazione si faceva più fitta. Impossibilitato a restare a fianco di Oscar, ascoltava alle proprie spalle la presenza di Cesar, il suo passo sicuro e coraggioso, e nell’udirne il galoppo si imponeva di continuare la propria corsa, certo che lo svedese sapesse bene dove guidarli.
Quando la stanchezza era ormai peso nelle gambe e nelle braccia, si accorse di come il Conte di Fersen avesse rallentato il passo del proprio cavallo, fino ad incedere lento tra i fusti oltre i quali André riuscì ad intuire il vuoto aperto sulla valle.
Fersen attese che entrambi lo raggiungessero e poi scese a terra, conducendo il proprio cavallo per le briglie, scrutando a sua volta l’ampio vuoto che la Loira aveva aperto nel territorio scosceso, e André, ormai fermo al suo fianco, non riuscì ad attendere oltre.
- Cosa  accaduto, Hans? Perché questa fuga improvvisa? – chiese allora impaziente.
Il Conte prese fiato, il volto appena velato di stanchezza, i capelli scompigliati dalla cavalcata e la fronte che si poteva indovinare lucida del lungo sforzo fisico – Non so quando con esattezza … ma penso che il Generale sia di ritorno ad Azay. –
André aggrottò la fronte, preoccupato; Oscar gli si affiancò fino a sfiorare il suo braccio con il proprio.
- Sapevamo che avrebbe fatto ritorno … - intervenne allora lei - … ma se ci avete indotti a partire immediatamente, è perché avete molto più che un semplice dubbio in merito. –
Lo svedese annuì a labbra strette – Già ieri nella scuderia avevo notato un movimento strano … - riprese, spiegandosi - … e poi in tarda serata ho udito dei discorsi che mi hanno permesso di comprendere meglio: gli uomini brontolavano per l’arrivo imminente di nuovi ospiti e hanno fatto cenno al “Generale di Parigi”. –
- Ma come possono sapere che il Generale è già di ritorno? – chiese allora André con crescente disagio.
- André … - il Conte gli si fece vicino e lo sguardo chiaro si fece sottile - … la mattina dopo il nostro arrivo ad Azay, Robert Vasse ha lasciato di buon’ora la tenuta, per poi rientrare mostrandosi di ottimo umore[i]. Tu stesso hai detto che Vasse ha più volte fatto cenno ad un ottimo affare! –
André sbarrò lo sguardo, esterrefatto, mentre Oscar si stringeva al suo braccio dando voce alla propria preoccupazione – Credete che mio padre attendesse notizie nascosto nel borgo? Ma allora perché non raggiungerci subito? –
Fersen scosse il capo – Non credo che fosse personalmente in attesa nel borgo: probabilmente ha lasciato Azay perché non era certo che André avrebbe cercato di raggiungervi, Oscar; o forse perché immaginava che, se anche lo avesse fatto, avrebbe impiegato molto più tempo a trovarvi. – ipotizzò poi, muovendo una mano in un gesto vago, per accompagnare le proprie supposizioni – Tuttavia, credo che abbia lasciato un uomo in attesa, una sentinella pronta a raccogliere notizie da Monsieur Vasse per poi raggiungerlo. –
Oscar si irrigidì dando forma ai propri dubbi – Quindi Monsieur Vasse durante il colloquio di oggi si è preso gioco di noi! Stava semplicemente prendendo tempo o forse addirittura stava già … -
- Aspetta, Oscar … - la fermò allora André coprendo con la sua mano con la propria, stretta al proprio braccio - … Per quel poco di conoscenza che ho potuto fare di Robert Vasse, fatico a credere che stesse conducendo deliberatamente una sorta di doppio gioco. – affermò convinto – Penso piuttosto che Vasse non sia abituato a intrighi e sotterfugi … ma si sia trovato coinvolto in questa trama suo malgrado, cercando poi di comportarsi al meglio delle proprie possibilità, anche con una certa ingenuità, forse. –
André scambiò un’occhiata con il Conte, raccogliendone un timido cenno di conferma, poi proseguì – Io ritengo che non volesse ostacolarci, ammesso che abbia compreso il nostro gioco, ma piuttosto … cercare di non esservi coinvolto. –. Rivelando il proprio pensiero, André prese maggiore sicurezza e le sue ipotesi divennero più concrete – Parlando con noi, ricordo che ha acconsentito a lasciarci partire mormorando qualcosa come … ho già compiuto il mio dovere … ho rispettato l’accordo stretto con il Generale Jarjayes[ii]. Il fatto che si sarebbe allontanato di nuovo dalla tenuta, ci avrebbe semplicemente facilitato la partenza, evitando ulteriori confronti … -.
Il silenzio vibrò tra loro per qualche istante; poi André riprese il filo dei propri pensieri - Quindi, se il Generale ha lasciato Azay da almeno tre giorni, potremmo godere di un certo vantaggio. Ad ogni modo, sono certo che tu abbia compiuto la scelta corretta … nell’affrettare la nostra partenza – aggiunse rivolto al Conte - Cecile saprà accomodare il suo racconto e se Vasse non dovesse notare la mancanza dei cavalli, potrebbe accorgersi della nostra assenza solo in tarda mattinata. -
- Probabilmente hai ragione, André … - convenne allora Oscar, sollevando il viso a cercare il suo sguardo, per poi rivolgersi per istante anche al Conte di Fersen - … Noi non possiamo che sperare che sia così … e che Monsieur Vasse non ci ostacoli apertamente.  In ogni caso, comunque, ora dobbiamo riprendere il nostro viaggio, allontanarci da Azay il più possibile e magari … - una leggera esitazione vibrò nella sua voce limpida, prima che lei riuscisse a proseguire - … fare in modo che mio padre non riesca a raggiungerci … - mormorò infine, chinando lo sguardo a terra.
André cercò istintivamente lo sguardo del Conte di Fersen, confidando nella sicurezza che l’amico aveva mostrato durante l’attraversamento della selva, conducendoli al limitare della vegetazione – Tu sai già quale percorso sia meglio seguire, vero? –
Fersen si mostrò deciso, sollevando il braccio verso la conca della valle, rivolto a occidente, e indicando una macchia scura appena intuibile nell’ombra del paesaggio oltre il corso della Loira – Quella laggiù è la città di Langeais. – affermò sicuro – Seguendo la direzione du Mans e poi di Rouen, ma evitando le strade principali, in quattro giorni potrete raggiungere il porto du Havre. –
André annuì, seguendo mentalmente il cammino che avrebbe dovuto percorrere per raggiungere la città portuale, e raccogliendo dalla memoria i dettagli del tragitto che più volte, in un passato ormai lontanissimo, lo aveva condotto in Normandia, nella tenuta della famiglia Jarjayes – Conosco le vie interne della regione: non ci sarà difficile giungere al porto seguendo tracciati secondari … -
- Bene. – convenne risoluto il Conte – Allora fate in modo di trovarvi alla taverna Du vent, al tramonto del sesto giorno a partire da ora: io sarò già lì, con i documenti per un passaggio sicuro verso la Svezia. –
- Non viaggerete con noi, vero? – suppose Oscar, comprendendo la scelta del Conte – Sarà più difficile individuarci, se saremo divisi … -
- Già, - convenne allora André – gli uomini del Generale cercheranno notizie di tre persone in viaggio, perché in tre abbiamo lasciato Azay. –
- Viaggiando da solo, potrò anticiparvi e far preparare i documenti di viaggio … - proseguì allora il Conte - … e comunque io posso seguire la via diretta: difficilmente attirerò l’attenzione di chi ci cerca. –
André faticò a replicare alle parole del Conte, consapevole che la sicurezza con cui l’amico aveva esposto il da farsi fosse risultato di una attenta pianificazione; era certo che Hans avesse messo a frutto tutta la propria esperienza in fatto di viaggi verso la Svezia e di questo non poteva che essergli grato.
- Hans … - riuscì appena a chiamarlo, cercando il modo di ringraziarlo per quanto fatto, ma il Conte scosse energicamente il capo, mentre già muoveva le braccia per sfilarsi la giacca color cioccolata.
- Ci rivedremo presto, molto presto! – lo bloccò il Conte, allungando un braccio verso Oscar, per lasciare tra le sue mani la giacca di André – E allora ci saluteremo con calma, una volta definiti gli ultimi dettagli. – proseguì poi, sfilando i lembi della camicia dalla cintola, per poi indugiare un istante sollevando il proprio sguardo verso di lei.
André, sfilando la giacca del conte dalle proprie spalle, osservò Oscar riscuotersi, per poi abbassare lo sguardo, voltarsi e muovere qualche passo, dando le spalle al Conte di Fersen. Sorrise tra sé, prendendo a togliersi anche la camicia e scambiandola con quella che Hans gli porgeva, e poi si avvicinò a Oscar, rivestendosi e dandole conferma che tutto fosse di nuovo a posto. Si sorprese un poco, nel vederla sollevare le mani per portarle alla sua gola, accomodandogli la chiusura della camicia e poi i lembi della giacca, in un gesto amorevole e insolito che diede nuovo calore al suo animo. Portò d’istinto un palmo alla sua guancia, raccogliendo un sorriso tra le dita e carezzando la sua pelle fresca della notte e del vento, e affondando nel suo sguardo denso e scuro, il cui silenzio sussurrava l’energia e l’entusiasmo accesi dall’inizio del loro viaggio.
Quando emerse dalla bruma ovattata di quella carezza, volgendosi ai cavalli, per apprestarsi a ripartire, dischiuse le labbra, sorpreso nello scorgere, tranquille a poca distanza, solamente le sagome di Alexander e Cesar; scosse appena il capo, ritrovando il sorriso e lo sguardo sottile di Oscar e allora distese il braccio, aprendo le dita e poggiando il palmo sulla sua schiena per sospingerla appena, avvicinandola di più a sé.
- Andiamo … è ora di partire davvero. –
 
[i] Riferimento al capitolo 50.
[ii] André si riferisce al colloquio con Vasse, nel capitolo 55.

Anglo dell'autrice: scusate il ritardo... impegni di lavoro mi hanno impedito di essere puntuale e mattiniera come sono di solito.
Comunque, io ci sono e pure il nostro gruppo di fuggitivi.
Qualcuna di voi aveva intuito qualcosa in merito a Monsieur Vasse e alle sue strane mosse; non so se avessero capito appieno cosa avesse in ballo... forse lo scoprirò dai vostri commenti.
Io rinnovo il mio abbraccio e il mio grazie di cuore a tutte coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono e mi accompagnano con i loro commenti...
Un bacio grande e a presto!

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Capitolo 58
*** Lo sguardo della selva ***


Lo sguardo della selva
 
André sedette a terra, con le ginocchia sollevate per sostenere i gomiti, e poggiò la schiena ad un solido tronco nodoso. Rilassò le spalle, socchiudendo lo sguardo sul tramonto dai toni suggestivi e caldi che, in un soffio lontano sull’orizzonte movimentato, stava rapidamente calando, portando con sé la prima brezza fredda della notte. Seguì in controluce il volo sfuggente di uno stormo, un’immagine senza peso, di libertà assoluta, che ebbe il potere di creare un nodo nel suo petto.
Avevano viaggiato per ore, portando i cavalli al passo, per non destare sospetto, avanzando silenziosamente sulla traccia stretta di terra e sassi, in una serpentina irregolare che seguiva i dolci declivi del paesaggio. Superata la Loira ad ovest di Langeias, erano poi risponderealiti verso nord, percorrendo i profili morbidi di piccole colline; avevano attraversato un paesaggio di cui entrambi conservavano lontani ricordi, ma che aveva il potere di rinnovarsi ad ogni sguardo, quando, raggiungendo un crinale,  scoprivano un panorama sempre nuovo ed affascinante, movimentato dal chiaroscuro di rilievi e nuovi avvallamenti, per lo più coltivati, dove macchie di vegetazione scura dialogavano con le cromie calde delle piccole costruzioni contadine.
Si era sentito in pace, durante quella giornata trascorsa in sella, e, sotto il caldo sole pomeridiano, non aveva quasi avvertito l’ombra della fuga, né la sensazione fredda dell’essere braccati che aveva temuto potesse violare la gioia di quel viaggio iniziato in tutta fretta. Aveva potuto osservare la stessa pacatezza in Oscar, nei suoi sguardi velati, nel suo viso assorto mentre osservava, con le sopracciglia ravvicinate e il naso sollevato, il lontano movimento di uomini e animali sui pendii lungo cui transitavano; ne aveva scorto la leggerezza nascosta in ogni movimento, il piacere di lasciarsi condurre da Cesar, nella danza morbida del suo passo sicuro e regolare, chiudendo gli occhi e volgendo il viso al sole, mentre i capelli riflettevano l’oro colorandosi di bagliori preziosi. Aveva scorto in lei il medesimo senso di completezza che, lentamente, dopo la tensione della notte, si era fatto strada nel suo stesso animo e, in un certo senso, avvertì una leggera preoccupazione proprio per quel senso di pace.
Udì i suoi passi farsi vicini, il tonfo morbido del cestino posato a terra e poi il suo profumo inconfondibile giungere vivo, sopra quello umido e fresco della macchia al limitare della quale avevano deciso di fermarsi.
- C’è ancora del pane; e anche del formaggio. –
La voce di Oscar lo indusse a riaprire gli occhi, levandosi dal sostegno del tronco; la vide accanto a sé, seduta e china sulla cesta, con le mani nascoste tra i piccoli involti, intenta a stilare una sorta di inventario.
- Cosa preferisci? – gli chiese poi, arricciando le labbra concentrata, in attesa.
- Prendi tu quello che vuoi, Oscar. Mi andrà bene qualunque cosa resti. – la rassicurò sollevando le spalle, ma lei rispose immediatamente scuotendo il capo.
- Questa mattina ti ho sentito quando hai detto che il formaggio non era niente male … - lo incalzò - … ecco, prendilo tu. – concluse decisa, allungando verso di lui il cartoccio con il cacio rimasto – So benissimo che sei affamato! -
Allora, non poté impedirsi di sorridere. Oscar si stava prendendo cura di lui: rovistando nella cesta per cercare tra le provviste quella che lui avrebbe maggiormente gradito, sollecitandolo a scegliere per primo e incalzandolo perché non attendesse oltre. Quello era il suo personale modo di preparargli la cena, in un certo senso; la sua singolare declinazione dell’essere moglie in quella situazione precaria.
Allungò il braccio, afferrando l’involto con il formaggio, per poi raccogliere il coltello dalla cesta, dividendo il pezzo in due parti uguali.
- Grazie. – le rispose semplicemente e lo scambio di sguardi, caldo di tenerezza e riconoscenza, superò l’istante di quell’unica parola pronunciata, facendosi intenso, ricco di ciò che non avrebbe potuto trovare la via della voce, pur riuscendo a fermare ogni pensiero, legandolo stretto, nelle viscere di entrambi. Si mosse, infine, restituendole la sua parte di formaggio, depositandola nel palmo ancora aperto e indugiando con la mano appena poggiata sopra la sua.
Il brontolio sommesso di uno stomaco vuoto da troppo tempo si intromise a spezzare quell’istante di silenzio carico di significato.
- Riconoscerei la tua voce in mezzo a quella di tutti i miei soldati … - scherzò Oscar, portando alle labbra un promo boccone - … anche quella voce. – soggiunse poi, tendendo le labbra in un sorriso.
André rispose divertito sussultando un poco e masticando a sua volta, ma poi un pensiero si insinuò veloce, mentre lei abbassava lo sguardo, rivolgendolo ad una forma di pane.
- Ti mancheranno, vero? – le chiese a bruciapelo, consapevole che non vi fosse alcun bisogno di aggiungere altro, e lei si fermò un istante, bloccando le mani, con le dita strette sul pagnotta, per poi sollevare il capo negando lentamente.
- Non quanto potresti mancarmi tu, André. – la sua risposta illuminò il suo sguardo di un bagliore rapido, una luce che sapeva di serena consapevolezza – Ad ogni modo, non ho deciso io di lasciare l’uniforme ma, tutto sommato, se un giorno dovessi incontrare mio padre, dovrò ricordarmi di ringraziarlo per questa sua scelta. -
André dischiuse le labbra, prendendo fiato per riprendere a parlare, nel bisogno di venirle incontro, di farle comprendere quanto sentisse su di sé il peso che quanto era accaduto aveva, e avrebbe, comportato ma non ebbe modo di riprendere. Oscar affondò lo sguardo nel suo, portandogli il tepore di una calma impossibile da descrivere, e scuotendo appena il capo, con le sopracciglia le sollevate e una espressione intensa. Gli sorrise, di nuovo, e poi riprese ad occuparsi del pane, spezzandolo in due e porgendogliene una parte.
André la prese, portandone alle labbra un pezzo dalla crosta croccante e sollevando lo sguardo ad osservare il volo di un piccolo stormo di uccelli che, forse disturbati nella loro quiete, si erano levati tutto d’un tratto dal fitto della boscaglia che aveva alle spalle.
 
Per la notte, si erano addentrati nella macchia, confidando nel riparo offerto dalla vegetazione; trovata una modesta radura, un vuoto tra i fusti degli alberi, lo avevano liberato dalle foglie sparse a terra, ammonticchiandole in un unico punto, e poi avevano acceso un piccolo fuoco, verificando che potesse ardere in tutta sicurezza. Si erano occupati dei cavalli, assicurandoli ad un tronco, ma lasciando loro un certo agio e, infine, si erano ritrovati insieme ad accomodare le foglie raccolte, ammorbidendo il più possibile quello che sarebbe stato il loro giaciglio.
Si erano mossi insieme, affiancati in una sorta di armonioso canto fatto di gesti naturali, in cui semplici sguardi d’intesa erano sufficienti a trovare il perfetto incastro tra pensieri e azioni di entrambi, e in breve tempo erano riusciti ad accomodare al meglio tutto quanto li circondava.
André dispiegò con un gesto ampio una grande coperta scura, distendendola a terra, sul letto di foglie, e poi vi si sedette attendendo che Oscar si sistemasse al proprio fianco, portando con sé un’altra coltre. Preferì evitare di stendersi e rimase con la schiena sollevata, cercando l’appoggio di un tronco, mentre lei gli si accoccolava contro, poggiando il capo sulla sua spalla e lasciandosi avvolgere dal suo abbraccio.
- Cerca di riposare, Oscar … - le sussurrò accomodandole la coperta sulle spalle, perché fosse riparata dalla notte - … stenditi pure, così dormirai meglio … -
- Posso riposare anche qui, sulla tua spalla, André. – gli rispose allora lei, insinuando una mano sotto la coperta, fino a cingergli il fianco stringendolo appena – E poi sto più calda … -
Le rispose soffocando un sorriso, ricordando innumerevoli occasioni in cui lei aveva rifiutato ogni comodità e ogni attenzione, nell’ostinato tentativo di mostrarsi forte almeno quanto, se non più di ognuno dei suoi soldati, anche quando si sarebbe trattato semplicemente di accettare una bevanda calda o un poco di riparo dal sole cocente dell’estate piena …
Percorse lento il profilo della sua spalla, discendendo lungo il braccio e poi risalendo con il palmo aperto, in una carezza protettiva e calda, mentre sollevava il mento appena un poco, per poi posarlo sul suo capo.
– Sembra tutto tranquillo, non ho notato nessun movimento alle nostre spalle … - mormorò tra i suoi capelli morbidi - … tuttavia, preferisco restare sveglio il più possibile. Credi che ci stiano già cercando? – le chiese infine, dubbioso.
Oscar si mosse appena, scuotendo il capo sotto il suo mento, pur senza sfuggire dal suo abbraccio - Se veramente mio padre ha lasciato qualcuno di guardia nel borgo, senza attendere lui stesso, probabilmente è solo perché non credeva che sarebbe stato necessario intervenire tanto presto. – ipotizzò – Credo che partendo la scorsa notte, lo abbiamo colto di sorpresa: forse abbiamo un po’ di vantaggio … -
- Già … - convenne André – Comunque non voglio abbassare la guardia, soprattutto di notte: gli uomini di tuo padre potrebbero non essere un problema, ma restano comunque i briganti … la gente senza scrupoli. –
- Allora lascia che io riposi un poco … e poi svegliami, così che possa darti il cambio e permetterti di dormire a tua volta. – suggerì lei.
- Ti chiamerò … quando sarò certo che tu abbia davvero riposato abbastanza. – le rispose infine e muovendo il capo, si chinò a lasciare un bacio delicato, nascondendolo tra i suoi capelli.
 
Nel buio della notte, appena rischiarato dal timido fuoco acceso poco distante, André volse il viso al cielo, scrutando ad occhi socchiusi la distesa scura sulla quale, immobili e perfette nel loro disordine, le stelle parevano disegnare trame infinite. Rimase a fissarle, affascinato dalla loro presenza, tracciando un intreccio invisibile e intessendo una sorta di ricordo lontanissimo, un’immagine così evanescente e fumosa che avrebbe forse potuto appartenere ad un altro mondo … o ad una vita parallela che pareva appartenergli, pur non avendola realmente vissuta[i].
Inspirò lento il profumo umido e pungente di resina e muschio, riconobbe la presenza di Cesar e Alexander anche nella brezza fresca, e rimase ad ascoltare la voce della notte. Udì la silenziosa sovrapposizione di fruscii di fronde mosse dal vento, il richiamo lontano di una civetta e, appena udibile, la voce inquieta di quella vita che, guardinga e diffidente, animava i cespugli di un movimento ininterrotto e regolare. In quel sussurro di voci nascoste, percepì lento il soffio leggero del respiro di Oscar e, seguendone l’andamento tranquillo, il suo stesso soffio si unì allo stesso flebile ritmo, soave e leggero, portando fin dentro al proprio animo la pace del suo riposo. Mosse appena una mano, riprendendo ad accarezzarle una spalla, e poi si inumidì le labbra, chiudendo gli occhi per un istante.
Pur nel precario rifugio di quella notte senza nubi, riparato a mala pena dall’ombra scura della selva, André ebbe coscienza di una sensazione di pace completamente nuova, in cui la presenza di Oscar, addormentata tra le sue braccia, affidata alla sua protezione e al suo amore, era una pacata esplosione di gioia. Il peso leggero abbandonato sul petto, il suo profumo ad avvolgerlo come un abbraccio, per qualche istante sentì di essere pervaso da un calore che non aveva nulla a che fare con il fuoco o la coperta … ma che era solo dentro il suo animo, come fiamma viva che, ne era certo, non l’avrebbe mai deluso.
- Ti amo, Oscar … - le sussurrò tra i capelli tendendo le labbra in un sorriso e gli parve che la sua voce divenisse parte integrante di quella notte silenziosa e pur vociante, del brusio perfetto della natura nascosta dallo sguardo del mondo.
– Ti amo più della mia stessa vita … - soggiunse poi godendo del suono delle proprie parole e assaporandone il senso, certo che sarebbe giunto, pur nel suo sonno tranquillo, fino al cuore di Oscar - … Vorrei che il mondo intero sapesse di noi, ma vorrei anche restare per sempre qui … - spinse lo sguardo tra i fusti, scrutando oltre l’ombra, dove il nero si muoveva lento, sciogliendosi in toni morbidi - … qui al riparo da ogni sguardo … per evitare ogni osservazione, ogni critica, ogni commento … -
Si riscosse, sentendo su di sé il corpo di Oscar alleggerirsi per spostarsi un poco, e poi la sua voce, nascosta sotto la frangia della coperta – I commenti, soprattutto quelli avvelenati, ci saranno sempre, André. –
- Oscar … - la chiamò allora - … scusami, non volevo svegliarti. Non ancora, insomma … -
Lei allora si sollevò da lui, ruotando il busto e sedendosi sul fianco opposto, per poterlo avere di fronte a sé, per poi fissarlo negli occhi, seria e già lucida, sebbene sveglia da poco – C’erano il primo giorno in cui mi presentai a Versailles in uniforme, con il mio attendente … così come quando divenni Comandante della Guardia Reale e tu eri ancora, ogni giorno, al mio fianco; c’erano quando ero sola, perché dovevi attendermi giù, nel cortile … e anche ogni volta in cui tu attraversavi una sala giusto un passo dietro di me. –
André, sorpreso, spalancò lo sguardo, dischiudendo e labbra, senza però pronunciare nessuna parola; lei sorrise di traverso, scuotendo appena il capo, rassegnata – Dicevano che eri bello … anche più del Conte di Fersen … –
Le sorrise, portando una mano alla sua guancia e sostenendola, perché sollevasse ancora il suo sguardo su di lui - Era questo, quindi, che dicevano di me alla reggia?[ii] –
- Questo, già … ma non era questo a colpirmi, in realtà. – ammise poi, guardandolo da sotto in su – Che eri bello lo sapevo bene … lo vedevo persino io! Quello che mi metteva a disagio, anzi … quello che mi faceva male, era altro: era udire che una come me non ti meritava, perché per te era più adatta una donna vera … o il fatto che qualcuna di quelle dame si vantasse di essere riuscita a … a … portarti nel suo … letto. – concluse infine, appena udibile, nascondendo lo sguardo a terra.
Un nodo si strinse nel petto e André non seppe lasciare che lei proseguisse, colpito dal dolore che le parole pronunciate da Oscar avevano lasciato trasparire – Sai che non è vero, Oscar! Sai bene che non avrei mai fatto niente del genere! – le disse allora con impeto, stringendola al proprio corpo – Sai che sei l’unica donna che io abbia mai amato … la donna della mia vita … -
Ne avvertì in risposta la stretta sul proprio petto e poi il muoversi rapido del capo, nell’annuire, prima di udire la sua voce, sul proprio cuore – Lo so, André; ora lo so. Ma allora … -
- Avresti potuto chiedermi se fosse vero quel che si diceva sul mio conto! – la esortò allora – Potevi magari … -
- André … - lo chiamò allora lei sollevando il volto e cercando il suo sguardo - … allora non sapevo nemmeno perché quelle insinuazioni mi colpissero tanto … - gli spiegò – Adesso invece, posso quasi sorridere, ripensando a quelle dame che davano per scontato che io già non ti meritassi! –
Riuscirono sciogliere i propri sorrisi, superando in uno scambio sommesso di sguardi l’imbarazzo riportato al presente da quelle insinuazioni senza fondamento; attesero insieme che anche l’ultima eco di quel ricordo sfumasse nell’aria fresca della notte ancora profonda e poi rimasero ancora in silenzio, come ascoltando la voce di quel vuoto che pareva accogliere ogni loro respiro.
Fu un improvviso movimento nell’ombra lontana a spezzare l’incantesimo sospeso del silenzio cha li aveva avvolti; Oscar si mise seduta, i sensi all’erta e lo sguardo in una fessura, puntato nell’oscurità tutto attorno, e André si sollevò, afferrando un pugnale e avanzando lento fino a superare il fuoco, per inoltrarsi di qualche passo tra i fusti sottili oltre i quali anche Cesar e Alexander si era mossi mostrandosi appena inquieti. Oscar lo seguì cauta, i movimenti lenti e la mano sull’elsa della propria arma, seguendo all’istante il proprio istinto, mentre un poco lontano, oltre il buio più fitto, un nuovo agitarsi di fronde svaniva in un unico soffio indistinto.
Allora André si rilassò un poco, cercando lo sguardo scuro di Oscar – Credo si trattasse solo di un animale in cerca di cibo … nulla più. – sussurrò, e poi arretrò di un passo, tornando a scrutare tutto attorno, dove il calmo brusio della notte aveva ripreso forma.
- Credo che tu abbia ragione, André … - convenne allora Oscar ritornando verso il giaciglio, lentamente - … altrimenti, vedendoci solo in due, dei malviventi non si sarebbero di certo allontanati. – osservò poi.
Giunto al letto di foglie, André si chinò a terra, accomodandole un poco con le mani, prima di tornare a sedersi su di esso, rilassandosi contro il tronco, mentre la tensione che lo aveva attraversato per quei pochi istanti, scemava in un lungo sospiro, lasciando posto ad una rinnovata spossatezza, appesantendo come mai prima le membra. Chiuse gli occhi, reclinando il capo all’indietro, fino a poggiarlo al tronco, godendo per qualche istante del soffio fresco e umido dell’aria notturna.
- Lascia che sia io a vegliare, ora. – gli disse allora Oscar, raggiungendolo a  terra e posando il palmo sul suo braccio – Così potrai riposare anche tu e non appena il cielo si sarà schiarito, potremo riprendere il nostro cammino. –
Ebbe solo la forza di annuire, sorridendo dentro di sé e celandosi tra stanchezza e desiderio di pace, affidando il proprio riposo al tocco sul proprio braccio che, da semplice contatto, si era fatto poi intenso, come stretta calda e infinita. Si lasciò cullare quasi da quel gesto, che fu riparo da ogni incertezza, dal viaggio, dalla notte, dalla fuga … e nel tempo di un respiro perse il filo di quel sussurro della selva che per ore aveva seguito, prestando attenzione ad ogni accenno di movimento. Il corpo si fece pesante e il silenzio nebbioso, così come lontano divenne il ricordo della tensione che lo aveva attraversato.
Poi sulle labbra si fece caldo un bacio gentile, dolce e morbido nel suo contatto fugace, capace di sciogliere l’ultima spira della veglia, e lasciando che la bruma del sonno l’avvolgesse nel suo abbraccio, insieme alla carezza del sussurro che l’aveva accompagnato.
- Dormi tranquillo, Amore mio. –
 
[i] Il riferimento è una sorta di autocitazione … la vita parallela è quella delle “Notti di stelle e di sogni”. Chiedo perdono …
[ii] André aveva un conto in sospeso con le voci che circolavano a Versailles. Il riferimento è al capitolo 33.

Angolo dell'autrice: aggiornamento al volo, tra un impegno e l'altro... e i sentiti ringraziamenti per chi legge, segue, ricorda, preferisce e soprattutto, mi lascia il suo pensiero. Aggiungo un abbraccio per festeggiare una amica che oggi compie gli anni... Bacioni e a presto!

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Capitolo 59
*** Bisogno di pace ***


Bisogno di pace
 
Aprendo gli occhi, nell’immagine un poco confusa del primo risveglio, l’attenzione venne immediatamente attratta dalla macchia dorata della inconfondibile chioma di Oscar. China sui resti di un focolare ormai esausto, con un ramo sottile lei stava smuovendo i frammenti scuri della legna che durante la notte aveva offerto un poco di sicurezza e di tepore.
Dopo il primo giorno di cammino, avevano proseguito su percorsi secondari, evitando i centri abitati principali e portandosi cautamente verso la Normandia, approssimandosi ad un villaggio solo con lo scopo di acquistare delle provviste per poter consumare pranzo e cena al riparo da sguardi indiscreti: una forma di pane e qualche mela, sufficienti per pasti frugali e, al bisogno, rapidi. Poi, al calar della sera, avevano scelto di stabilirsi alle spalle di una sorta di capanno diroccato nella campagna a occidente di Alençon, dove, di nuovo, si erano alternati in turni di veglia e riposo, durante tutta la notte.
Analogamente, il terzo giorno, muovendosi verso nord, si erano portati a poche miglia dalla costa, scegliendo poi di percorrere una via interna, in avvicinamento alla foce della Seine, per fermarsi a trascorrere la notte nell’entroterra, riparati presso i resti di una cappella di preghiera ormai in disuso, dove rampicanti e arbusti avevano creato una specie di rifugio.
André si sollevò dal rudimentale giaciglio, sollevando le braccia sopra il capo per sgranchirsi le articolazioni dopo il sonno; all’udire il suo movimento, Oscar si volse immediatamente verso di lui.
- Buongiorno, Oscar. – la salutò, e al suo sguardo fu subito chiaro che dietro il sorriso che ebbe in risposta si celava l’ombra di un pensiero che, forse da ore, era giunto a turbare la notte di Oscar. Allora le si avvicinò, chinandosi a sua volta e, raccogliendo a terra un legnetto, prese a sgranare le ceneri della notte insieme a lei, smuovendo la polvere inconsistente. Rispettò per un poco il suo silenzio, poi levò il viso e scrutò il cielo, limpido e apparentemente libero da nubi, perdendosi nel gioco mutevole di colori con cui l’aurora, a oriente, iniziava a schiarire la notte regalando i primi soffi di luce rosata.
- Non sei tranquilla, lo vedo: qualcosa ti preoccupa. – esordì pacato, senza chiedere, ma semplicemente riconoscendo in Oscar e in quei gesti senza uno scopo preciso, i segni di un tumulto soffocato – Intendo … qualcosa di nuovo. –
Si stupì quasi del vederla sorridere tra sé, in risposta alle parole che le aveva rivolto. Oscar distolse lo sguardo dalla cenere e annuì, quasi rassegnata a lasciarsi scrutare fino nell’animo e forse in parte sollevata dallo scoprire, ancora una volta, quanto lui riuscisse a vedere oltre il suo fragile involucro.
- Pensavo a mia madre … al fatto che non saprà nulla di ciò che è accaduto realmente e che potrà ascoltare solo il resoconto dei fatti così come li riporterà mio padre. Chissà cosa potrà mai pensare di tutto questo … –
André lasciò allora il ramo tra la cenere, voltandosi e levandosi in piedi, in attesa che lei facesse lo stesso; la scrutò un poco e poi le si avvicinò ancora di più, posando le mani sulle sue spalle in un gesto istintivamente protettivo.
– Temi che il fatto di lasciare la tua famiglia per … per me, potrà ferirla? – le chiese.
- No! – si affrettò lei a fermarlo, posando le mani aperte sul suo petto – Lei in fondo sapeva che io … Beh … - esitò un poco, prima di poter riprendere – Quella notte[i], in qualche modo lei aveva compreso. Lo aveva fatto davvero. – riuscì a spiegare, sottolineando quanto Madame fosse riuscita ad ascoltarla e ad accogliere il suo sentire – Non si sarebbe mai opposta, anzi … in qualche modo credo che ne fosse quasi felice. Tuttavia, ora … – sussurrò infine, lasciando in sospeso ogni altro pensiero.
André allora comprese meglio i dubbi di Oscar e capì di doverle delle spiegazioni – Oscar, dopo la tua partenza, quella stessa notte tua madre venne a cercarmi, nella mia camera[ii] e fu lei ad aiutarmi a comprendere dove cercarti, lei a spingermi a partire e a chiedermi di … portarti via, lontano da tutto. –
Sorpresa da quelle parole, Oscar rimase senza parole, forse pensando alla propria madre; André ne colse il momentaneo smarrimento e le venne in aiuto.
- In realtà non mi disse nulla vostro colloquio, se è questo a preoccuparti … - la tranquillizzò sorridendole - … ma mi aiutò a trovare il coraggio di crederci davvero; perché forse, senza di lei, non avrei mai avuto la forza di sfidare così apertamente tuo padre, né di spacciarmi per un conte, pur di raggiungerti! – concluse infine, cercando di alleggerire il suo animo.
Lei annuì e per qualche istante parve davvero sollevata da quanto André le aveva detto; eppure la sua espressione tornò scura e la fronte segnata dal dubbio.
- Resta comunque mio padre. – riprese seria.
– Temi che gli uomini del Generale possano giungere nei dintorni, chiedendo di noi? Credi che possano trovarci … o che ci stiano già seguendo? – chiese André cercando di seguire il filo dei suoi pensieri.
- Non lo so. – ammise scuotendo il capo – Non so cosa possiamo aspettarci da mio padre e sento di non riuscire a prevedere le sue mosse. – aggiunse poi – Non come potevo fare un tempo. Però ripensavo a ieri, alla nostra sosta al borgo, e a quella del giorno precedente, dal fattore, al fatto che ci sarà necessario tornare a fermarci in una bottega … o presso un casale … -
– Non angustiarti, Oscar, – le sussurrò – perché già siamo molto lontani da Azay e il Generale non può immaginare quale tragitto stiamo percorrendo, né da quale porto partiremo. – cercò di rassicurarla, protettivo – Ad ogni modo, faremo tutto il possibile, Oscar, e ti giuro che non torneremo indietro. – affermò sicuro, puntando il proprio sguardo in quello di lei, in cui la luce dell’alba aveva acceso un riflesso insolito, rendendolo incredibilmente simile al cielo che aveva scrutato solo poco prima. Portò poi un palmo al suo viso, cullando la sua guancia morbida in una carezza calda, mentre il pollice disegnava lento il profilo dritto della tempia e lei chiudeva gli occhi di rimando, abbandonandosi a quel gesto delicato e dischiudendo appena le labbra in un sospiro lieve.
Avvertì allora, in quel contatto, qualcosa di nuovo. In quell’istante, Oscar gli parve fragile, affaticata, certamente provata dalle emozioni e dalle preoccupazioni degli ultimi avvenimenti, ma anche dal viaggio che avevano affrontato all’improvviso, rinunciando ad ogni agio. Vide le ciocche disordinate, le volute un poco arruffate, intrecciate oltre il consueto, e le tracce evidenti della stanchezza che non era solo di una notte, o di qualche ora di veglia, ma qualcosa di più profondo, che segnava Oscar, e il suo bisogno di vivere davvero, con un’ombra di fatica. Si chinò a baciarle la fronte, scostando i capelli dalla pelle e ravviandoli con gentilezza sul suo capo, mentre le dita li liberavano dalla polvere e da minuscoli frammenti di foglie, districandone gli intrecci.
- Per tre giorni ci siamo mantenuti lontani da percorsi battuti – mormorò quasi tra sé, facendo poi scendere il palmo sulla sua spalla - ma a questo punto, se il Generale ci avesse inseguiti da subito, ci avrebbe già individuati. – ipotizzò poi, seguendo il filo dei propri pensieri – Io credo che dovremmo invece cercare di restare tranquilli, per vivere questo momento come è giusto che sia. – tese le labbra, riflettendo per un istante e poi riprese, con un sorriso intrecciato tra le parole – Per la prossima notte, cercheremo una locanda, in modo da riposare davvero; così avremo del tempo per noi e non daremo l’impressione di essere due fuggiaschi … -
 
- Quanti siete? – chiese la donna dal suo cantuccio buio, ricavato in un angolo della sala, e i suoi occhi verdi si spostarono rapidamente da André a Oscar, per poi passare a gettare lo sguardo alle loro spalle con fare speranzoso; André si volse, seguendo il moto della donna e abbracciando in un attimo tutta la sala dove, purtroppo per lei, non poté scorgere altri che una mezza dozzina di uomini malvestiti, intenti a bere quello che certamente, non doveva essere un vino particolarmente ricercato.
- Solo io e mia moglie. – rispose André prontamente tornando a fissare lo sguardo sulla donna, realizzando solo un istante dopo aver parlato, di aver espresso quella importante verità con estrema semplicità, oltre che con una fermezza che non si sarebbe aspettato di poter avere – Siamo solo in due: una camera sarà sufficiente. – spiegò poi.
La donna piegò le labbra in una espressione che gli parve quasi tradire un poco di delusione; tuttavia, seppe essere estremamente gentile e si mostrò immediatamente disponibile nei loro confronti.
- Allora, una camera sola. – recepì e poi sollevò le sopracciglia, proseguendo con occhio esperto il suo esame sui nuovi venuti – Forse allora posso esservi utile in qualche modo, Monsieur? Posso fare preparare dell’acqua calda, perché vostra moglie possa rassettarsi e riaversi dal viaggio – suggerì, certamente ispirata dalla polvere che copriva entrambi da capo a piedi – e se preferisse essere più comoda, posso mettere a sua disposizione una tinozza e magari anche farvi preparare una cena calda, più tardi, Monsieur … Monsieur … -
- … G-Gaumont. – intervenne subito André, improvvisando – Monsieur Gaumont. E … ecco, credo che gradiremo davvero di poter utilizzare una tinozza di acqua calda e poi anche di consumare la cena, più tardi. Credete di potercela servire direttamente in camera, Madame? –
All’udire le parole di André, la donna parve quasi ringiovanire di un decennio, mentre la fronte si distendeva, soddisfatta e rallegrata dalle esigenze di questi curiosi ospiti che, certamente, avrebbero fatto lievitare il conto del loro soggiorno come pagnotte ben impastate.
- Ma certamente, Monsieur Gaumont! – rispose gioviale - Provvederò a farvi servire la cena non appena lo desidererete. Vi sarà sufficiente chiamarmi, o chiedere di me, di Madame Françoise, e sarete serviti al più presto. –
In quel momento, un cigolare lamentoso annunciò l’ingresso in sala di un nuovo avventore e Madame Françoise si affrettò a controllare con solerzia chi fosse il nuovo arrivato; André seguì lo sguardo della donna, scorgendo sulla soglia d’ingresso della locanda un uomo dall’aria dimessa, intento a scegliersi un posto tranquillo tra gli altri uomini intenti a bere.
- La camera è la seconda a destra. – spiegò allora risoluta Madame Françoise, improvvisamente colta da una certa fretta di dedicarsi al nuovo venuto, mentre depositava una lunga chiave brunita nel palmo di André – Avete bisogno di altro? –
- I nostri cavalli, Madame: gradirei poterli accomodare al riparo e rifocillarli, se avete una stalla per gli animali dei vostri ospiti. – chiese ancora.
- Certamente, Monsieur: nel cortile qui dietro, - spiegò rapida, sollevando un braccio per indicare il muro alle proprie spalle, e tutto il resto del mondo da esso celato – c’è un ricovero per le bestie di mio marito. Potete portare lì i vostri cavalli e, se vorrete, il mio Guy potrà prendersi cura di loro. Ora, se volete scusarmi … -
- Vi ringrazio, Madame. – concluse perciò André, comprendendo le ragioni della donna e chiudendo le dita sullo stelo della chiave – Vi ringrazio. Noi saliamo, per accomodare i nostri bagagli, e poi provvederò ai cavalli. –
 
Aveva quindi condotto Cesar e Alexander nel cortile alle spalle della locanda, dove un ragazzino magro dai capelli rossi lo aveva immediatamente intercettato e accompagnato in una specie di ricovero di fortuna, in cui gli spifferi soffiavano vivaci, provocando suggestivi mulinelli di polvere sospesa nell’aria.
- Potete sistemare qui i vostri cavalli, Monsieur! – gli aveva indicato allegro il ragazzino, mostrando un angolo vuoto, accanto al quale un asino dal manto scuro e spelacchiato sonnecchiava tranquillo – Mi occuperò io stesso di loro: mia nonna mi ha ordinato di fare del mio meglio! Posso strigliarli, rifocillarli e … Oh, Monsieur! Sono davvero belli i vostri cavalli e io sarei davvero onorato di potermi occupare di loro! – aveva ammesso poi e le lentiggini sul suo viso allegro avevano aggiunto al suo entusiasmo una nota festosa, mentre, un poco agitato, sfregava i palmi aperti sugli abiti consumati ma dignitosi, che, aveva osservato André, certamente avrebbero potuto accompagnarlo nella crescita ancora per qualche anno, considerata la dimensione sovrabbondante.
André aveva sorriso, divertito dall’atteggiamento del ragazzino e consapevole di quanto gli sarebbe stato difficile, gracile come era, levare la sella dagli stalloni e occuparsi di loro tutto da solo.
– Tu sei Guy, dunque? – aveva chiesto, ottenendo in risposta un energico annuire con il capo – Bene, Guy, allora ci occuperemo insieme di questi due bei cavalli! –
Con Guy, André si era intrattenuto per oltre mezz’ora. Fin dalle prime mosse, si era accorto di quanto la buona volontà del ragazzino non potesse colmare le falle dell’inesperienza … perciò si era prestato volentieri a mostrargli come prendersi cura dei cavalli nel migliore dei modi, così come lui stesso aveva appreso durante la sua infanzia a palazzo Jarjayes, seguendo come un’ombra il vecchio stalliere e facendo propri i suoi segreti. Li avevano liberati da selle e finimenti, strigliati, rifocillati e, in un certo senso, ricompensati delle fatiche del viaggio che avevano affrontato nei giorni passati. Era stato semplice, per André, guadagnarsi la simpatia del giovane Guy, nei cui occhi limpidi aveva riconosciuto un genuino fascino di fronte a Cesar e Alexander e pure una assoluta riconoscenza per gli insegnamenti avuti; ed era stato ancor più semplice comprendere dai suoi racconti spontanei e coloriti, come la locanda vivesse di un traffico tranquillo, della sosta di viaggiatori che, da sud e da nord, attraversavano la Seine sull’ultimo ponte prima che il corso del fiume si aprisse sull’Oceano nel grande estuario.
- Il porto di Havre è a meno di un giorno di cammino a piedi, Monsieur, e la maggior parte dei viaggiatori prosegue e si ferma nelle taverne di Lillebonne o scende direttamente a Honfleur: qui non ci restano che i contadini dei villaggi che vogliono sbronzarsi e qualche viandante troppo stanco per andare oltre … - aveva spiegato in modo pratico il ragazzino, e André si era quasi sentito sollevato da questo dettaglio, augurandosi sinceramente di essere lontano dai percorsi preferiti e prevedibili.
- Voi dove siete diretto, Monsieur? – gli chiese diretto Guy, mentre ancora la striglia si muoveva rapida e ormai precisa sul mantello di Alexander.
André esitò per qualche istante, aggrottando la fronte, impreparato a quella domanda, e il ritardo della sua risposta parve eloquente più di qualunque destinazione avesse potuto azzardare a citare; lo sguardo azzurro e sveglio di Guy divenne immediatamente diretto e consapevole.
- Oh, non dovete preoccuparvi, Monsieur … anzi, perdonatemi se sono stato così invadente … Non volevo in alcun modo mettervi in difficoltà! – si affrettò a tranquillizzarlo il ragazzo, evidentemente preoccupato per i disagi provocato.
André allora gli si avvicinò, le labbra serrate mentre nella mente rapidi si intrecciavano dubbi e ipotesi; si chinò appena un poco, perché il proprio viso fronteggiasse quello del ragazzo, che si era irrigidito, forse consapevole di essere ad un passo da qualcosa di incognito ma importante. André vide le sopracciglia brillare di un riflesso di rame e inarcarsi nell’attesa che lui parlasse; scrutò quello sguardo azzurro per qualche istante, specchiandosi tra i fili dorati che si intrecciavano nelle iridi e leggendovi dentro, con pazienza e una sorta di fiducia.
- Sono diretto lontano, Guy; molto lontano, a nord. – esordì a voce bassa, mantenendo lo sguardo in quello del ragazzo, che ora rispondeva con silenziosa serietà – Non ho nulla da nascondere; tuttavia … - soggiunse poi, infilando una mano nella tasca della giacca e rovistando per qualche istante, per poi estrarla, trattenendo tra le dita una moneta, fredda e lucida sotto il proprio tocco - … preferirei che il mio viaggio restasse tranquillo, senza intoppi di nessun genere. –
Guy non si mosse, evidentemente sorpreso da quella immediata vicinanza, o dal suo tono basso e perentorio e chiaramente non avvezzo a simili confidenze. André, un poco sollevato da quel dettaglio, allungò il braccio, afferrando la mano libera dalla striglia e prendendola tra le proprie mani. Depositò la moneta nel palmo del ragazzo e poi la strinse un poco, richiudendo le dita perché la trattenesse.
- Posso fidarmi di te, ragazzo, non è vero? – gli chiese poi, mantenendosi serio, e il ragazzo prese lentamente ad annuire, tendendo le labbra e assottigliando lo sguardo in una espressione grave.
- Bene! – esclamò allora André, allontanandosi all’improvviso, ritrovando in un batter di ciglio la propria giovialità e battendo la propria mano sulla spalla di Guy, con una presa salda e rassicurante – Allora continua a prenderti cura dei miei cavalli e veglia su di loro! –
Il viso magro del ragazzino si illuminò di un sorriso radioso, caldo di una sorta di orgoglio di giovane uomo, mentre le dita restavano serrate sul palmo, trattenendo quanto ricevuto dalle mani di André.
– Non vi deluderò, Monsieur! – gli rispose, muovendo appena le labbra, troppo tese nell’euforia del momento – Potete starne certo! –
 
– Oscar? – chiamò cauto, bussando due colpi sul legno, e rimase in attesa, in ascolto, di fronte alla porta della camera. Udì il rintocco sordo di qualche passo mosso rapidamente a piedi nudi sull’assito del pavimento, e poi lo stridere lento del chiavistello, prima che il battente si potesse aprire in uno spiraglio sottile, lasciando che un alito caldo lo investisse come una carezza delicata e piacevole, profumata del denso sentore di lavanda evidentemente utilizzato per il bagno di Oscar.
- Vieni pure, André. – lo invitò allora la sua voce calda, nascosta nell’angolo cieco dietro al battente, e André varcò la soglia, richiudendo subito dietro di sé la porta e assicurandola di nuovo con il fermo e con la chiave.
Volgendosi, André non poté impedirsi di trattenere il fiato, nello scorgerla lì, a poco più di un passo, ferma di fronte al camino acceso, il corpo avvolto in telo grezzo, con le braccia ripiegate a bloccare la stoffa chiusa sul seno e le spalle sollevate, quasi nel tentativo di risultare meno esposte. Teneva lo sguardo basso, fisso sull’assito macchiato della traccia dei suoi passi umidi e ne intuì il leggero disagio, osservando come le dita stringessero avide la stoffa ripiegata su se stessa.
- L’acqua è ancora calda … - mormorò lei e André, sollevando lo sguardo al suo volto, vide i suoi capelli umidi, le ciocche indisciplinate sul capo e la pelle del viso un poco arrossata per la vicinanza del fuoco acceso; seguì la corsa di una goccia, gonfia e lucida, nel suo discendere lenta lungo una voluta scura come miele per raggiungere la pelle delicata della spalla, e poi scivolare rapida fino al telo, scomparendo in una macchia appena visibile sul lino grezzo. Si perse per qualche istante nel disegno magro delle sue spalle, delle clavicole esposte e ancora umide, delle curve che la stoffa lasciava intuire e che ora poteva ricondurre a qualcosa di tangibile e vivo, come un formicolio sotto i propri palmi.
Chiuse gli occhi e per un istante si trovò a Palazzo Jarjayes, in una situazione del tutto simile, che ora gli pareva lontanissima e che tuttavia era ritornata con forza, richiamata dall’eco di quella stessa stretta alle viscere che aveva provato allora, nello scorgere la forma sinuosa di Oscar avvolta in un telo, allora candido e prezioso.
Si riscosse quando avvertì il suo tocco delicato sul proprio collo e la stretta dello jabot si fece lenta, fino a svanire in un soffio, restituendogli agio e respiro; si lasciò cullare dal piacere di quella mano leggera che, con un poco di fatica, ma piena di determinazione, procedeva nel suo intento, sfilandogli la giacca e poi tirando un poco la stoffa della camicia, per liberarla dalla presa delle brache sui fianchi. Allora, prendendo fiato e ritrovando vigore, si sfilò rapido la casacca, lasciandola cadere a terra, mentre Oscar, ferma al suo cospetto, tornava a stringersi addosso il telo, con lo sguardo in una fessura bruciante di blu, puntato nel suo.
- Aspettami … - le disse con voce graffiata dall’urgenza, e in un attimo si allontanò da lei, diretto alla tinozza da cui ancora si levava qualche spira calda e profumata, mentre le mani frugavano impazienti, slacciando le brache.
 
[i] Riferimento al capitolo 32
[ii] Riferimento al capitolo 43

Angolo dell'autrice: capitolo lungo... e forse pure ricco di spunti, per chi vuole riflettere un po'. Se vi può rincuorare... avrete tempo per pensarci, perchè nel prossimo fine settimana sarò impegnata e così pure lunedì, perciò la pubblicazione del capitolo 60 potrebbe farsi attendere un po'. Io lascio un abbraccio fortissimo a tutte voi che leggete, seguite, ricordate e preferite, lasciandomi anche i vostri commenti. Grazie a tutte... e a presto! Bacioni

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Capitolo 60
*** Di acqua e di fuoco ***


Di acqua e di fuoco
 
Sollevandosi dall’acqua, con studiata lentezza si avvolse attorno ai fianchi il telo pulito che ancora era sistemato su una sedia malmessa, giusto accanto al camino.
Si ravviò i capelli, affondando le dita tra le ciocche bagnate e sistemandoli perché rimanessero disciplinati sul capo, addomesticando e districando i ciuffi più ostinati, fino a formare una sorta di coda sulla propria nuca, per poi stringerla tra le dita. Rimase per qualche istante a godere del solletico che le gocce gli procuravano sulla schiena, scivolando dalla punta dei capelli e scendendo fino ai lombi, e ad accogliere il piacevole abbraccio della fiamma che pur bruciando un poco sulla pelle ancora bagnata, sembrava penetrare nel petto, regalando nuovo vigore; lo stesso che avvertiva sulle spalle e poi più giù, come una carezza, fino alla base della schiena.
Da che si era immerso nell’acqua profumata della tinozza, pur nello spazio limitato della camera della locanda, si era imposto di non guardarsi alle spalle, evitando così di vedere Oscar, consapevole che, voltandosi, sarebbe stato incapace di resistere al suo richiamo. Perciò, ostinato e caparbio, si era dedicato al proprio bagno, osservando sul pelo dell’acqua il formarsi della traccia inconsistente di quei giorni di viaggio che, chiudendosi in tante bolle dai contorni frastagliati, sembravano poi svanire, non appena un suo movimento provocava un’onda o un mulinello. Si era regalato il segreto piacere di sapere che in quella stessa acqua, poco prima, il corpo di Oscar si fosse abbandonato alla stessa carezza e con quel pensiero fisso e pungente, come un piolo conficcato tra ogni altra idea, si era strofinato la pelle, fin quasi a graffiarsi, e poi sciacquato più volte i capelli, ormai secchi e stopposi sotto le dita, e davvero bisognosi del conforto dell’acqua saponosa.
Inspirò ancora a fondo: il sentore delicato della lavanda giunse fino al palato, tanto intenso ne era l’aroma. Raddrizzò le spalle, fino a sgranchirsi le articolazioni, e poi finalmente si volse, lento, cercando Oscar.
La trovò giusto a due passi dalla tinozza, distesa sopra il letto e, incontrando il suo sguardo, si sentì perduto.
Accomodata su un fianco, con un braccio piegato a sostenere il capo e il gomito affondato nel cuscino soffice, lei lo osservava assorta, concentrata, rapita. Forse, l’aveva osservato con la stessa intensità per tutta la durata del suo bagno e proprio per questo lui aveva potuto assaporare, prima dentro la tinozza e poi sollevandosi dall’acqua per afferrare con il telo, il gusto proibito di quegli istanti durante i quali era stato impossibilitato a coprire la propria nudità. Sentì un brivido percorrere la propria schiena, nonostante il fuoco bruciasse alle sue spalle, e tornò a scrutarla, mostrandosi, fermo in attesa, e consegnandosi al suo sguardo.
Oscar portava ancora il telo di lino avvolto al corpo e, in quella posizione, adagiata sopra la coperta scura, André riuscì a seguire l’andamento morbido della stoffa che, in una china incredibilmente sensuale, disegnava la curva del suo fianco suggerendone la forma pur senza mostrarla. Appena sotto le clavicole, lì dove la stoffa era avvolta in una sorta di incastro, riusciva a scorgere quell’anfratto segreto, che sapeva sempre nascosto nella stretta delle fasce e che a lui si era invece mostrato in tutta la sua femminilità …
- André? – quel sussurro caldissimo fu quasi un graffio sull’animo già teso, che riuscì a risvegliarlo riportandolo al presente, procurandogli una fitta, là dove il suo corpo non voleva sentire ragioni e mostrava caparbio il suo unico scopo.
Scorse lo sguardo blu, profondo e intenso, e non ebbe altro pensiero che non fosse quello di avvicinarsi a lei, lentamente, sollevando un ginocchio per puntarlo sul letto e poi mettendosi a sedere accanto a lei, così vicino da poterne avvertire il calore, pur senza sfiorarla. Si resse sulle mani, i palmi aperti sulla coperta, e poi si chinò quasi a sovrastarla, mentre lei, in controcanto, si distendeva proprio sotto di lui, trattenendo il fiato ma senza sciogliere il suo sguardo dall’intreccio che li univa.
Una ciocca turgida e liscia, pesante d’acqua, gli scivolò dalla nuca, finendo a cingergli il collo per poi scendere, oltre la spalla; d’istinto, André si volse a guardarla con la coda dell’occhio, quasi rapito, seguendo quel brivido umido che, come un’onda, la percorreva fino all’estremità sospesa tra i loro corpi, per poi gonfiarsi in una bolla quasi cristallina, baciata dal riflesso della luce del tardo pomeriggio filtrata tra gli scuri appena accostati. Rimase in attesa, fino a quando, ormai troppo pesante, la goccia non lasciò la sua ciocca, regalandosi alla pelle di Oscar, giungendo alla base del suo collo, e poi scivolando lenta.
Gli parve impossibile respingere quel richiamo …
Si chinò senza attendere oltre, raccogliendo a labbra dischiuse quella perla trasparente, assaporandola e giocando con la sua scia umida, inseguendo a ritroso il suo cammino e risalendo lungo il collo, gustandone il sapore dolciastro, misto a quello della sua pelle di seta. Si fece largo, chinandosi ancora di più, giungendo alle ciocche scure alla base della nuca, affondando il viso nella sua chioma umida per poi riprendere a muoversi, cercando la via del suo viso, sfiorando la tempia e trovando la sua gota morbida. Si fermò, allora, indugiando sulla guancia in un bacio a labbra piene, carezza calda e sensuale, nel suo tocco di velluto. Sotto di sé, intuì il movimento di Oscar, quell’assestarsi irrequieto che condusse le labbra alle proprie, pronte e sorridenti, ma anche timide e delicate, nell’aprirsi a chiamarlo ad uno scambio più intenso.
Non seppe, né volle resisterle, sorridendo sulle sue labbra e prendendo a cercarla, cogliendone miele e desiderio in un gioco morbido e senza barriere.
Una presa leggera fu presto sui fianchi, le dita sottili insinuate sotto il lino a cercare la pelle, scivolando curiosa oltre la stretta della stoffa. Non si arrese nei suoi baci, non avrebbe potuto farlo, ma quelle carezze che dai fianchi viravano alla base della schiena, disegnando il rilievo delle vertebre, divennero presto origine di un piacere segreto, ancora nascosto, ma ormai difficile da trattenere; mosse i fianchi, ondeggiando il bacino in risposta istintiva al tocco sensuale con cui lei percorreva la sua schiena, fino a scendere, trascinando con sé il lino e scoprendo il suo corpo ormai vinto dal desiderio di lei.
La stretta del telo si sciolse lenta, scivolando in un soffio di stoffa fino a deporsi sulla coperta e André in risposta alla sensazione quasi inattesa della propria pelle esposta sollevò d’istinto le labbra dal suo collo, lasciando un soffio a dividerlo da lei e scrutandone con sguardo offuscato dal desiderio il viso delicato e perfetto.
Con gli occhi socchiusi e il capo riverso sul cuscino, Oscar sorrise di quella reazione, del suo sollevarsi, quasi bisognoso di comprendere, come se ce ne fosse stata veramente necessità. Le sue mani, allora, tornarono ad accarezzarlo, riempiendosi della curva delle natiche tese, per poi scendere lungo le cosce e risalire, sempre più lente, a cercarlo là dove la sua forza diveniva debolezza dello spirito, regalandogli istanti di piacere intenso, che correvano come brividi caldi lungo la schiena, su fino alla nuca. Fu quasi doloroso avvertire le sue dita delicate lasciare la presa; André si accorse di aver mantenuto gli occhi serrati, concentrato solo quel tocco di seta che lo aveva accolto, cullato e chiamato … oscurando con il proprio silenzio la voce roca delle fiamme accese nel focolare; e nel vuoto di quel tocco interrotto, udì il fruscio sommesso della stoffa sciolta sotto di sé, comprendendo immediatamente il gesto che lo aveva accompagnato. Non vi furono parole; oltre il sospiro appena udibile con cui Oscar lo aveva chiamato, riuscì solo a percepire il ronzare che nelle orecchie sembrava annebbiare insistente ogni pensiero coerente, lasciando spazio solo per quel sentirsi amato e desiderato che apriva al suo cospetto un’unica via da percorrere.
Deglutì, serrando e mordendo le labbra, prima di muoversi, sollevando un ginocchio per insinuarlo tra quelle di Oscar, pronto e desideroso di essere ancora suo, anima e corpo.
 
- Credi che potremmo chiedere la nostra cena? – mormorò con il viso affondato nella piuma del guanciale – Adesso comincio a sentire bisogno anche di un pasto caldo e comodo … -
Oscar si mosse, accomodandosi meglio contro il suo corpo, prima di rispondergli, la voce sommessa proveniente da poco sopra il proprio capo – Quella donna finirà per approfittarne! Era troppo desiderosa di venire incontro ad ogni nostra necessità: domani ti spillerà fino all’ultima moneta disponibile … - osservò.
André sollevò il capo dal cuscino, appoggiandolo al seno morbido e depositando un bacio sulla pelle tesa sotto di esso – Non angustiarti, Oscar. Dopo le scorse notti, avevamo bisogno di un luogo chiuso in cui riposare, di un tetto sul capo, di un pasto caldo … -
- … di un letto … - si intromise lei, smorzando immediatamente la propria voce, quasi sorpresa dalle proprie parole.
André sbuffò dalle narici, trattenendo una risata, colto piacevolmente alla sprovvista da quella uscita ardita, e il suo braccio si allungò d’istinto, mentre la mano aperta poggiava il palmo caldo sulla base della sua schiena nuda, scendendo poi lento ed allusivo, godendo dell’inarcarsi immediato della schiena di lei, sotto il proprio tocco.
– Sì, - convenne – avevamo bisogno anche di un letto … e soprattutto di sentirci almeno per un poco fuori dal mondo … liberi, non braccati. –
Le sue mani si mossero, avvolgendogli il capo e affondando tra i capelli ormai quasi asciutti, fino a stringerlo di più contro il suo corpo, per poi riprendere a scorrere tra le ciocche, sfilando lente lungo tutta la chioma, fino a scivolare oltre le punte. André richiuse gli occhi, cullato da quel tocco leggero e continuo, che riprendeva ritmicamente sul capo, percorrendogli i capelli sino a lasciarli ricadere sulla sua schiena; godette di quelle carezze e del gioco delle dita di Oscar tra i propri capelli, fino a che non il movimento non si spense in una presa leggera sulla schiena.
- Ci ho riflettuto, sai? – esordì lei, dando voce ai propri pensieri, quasi che lui avesse potuto intuirli, leggendo il silenzio – Parlo delle occhiate della gente, dell’attenzione di chi ci ha incontrati fino ad ora … del fatto che qualcuno potrebbe chiedere di noi … -
Allarmato, André si sciolse dalla sua presa, sollevandosi dal suo seno e puntando un gomito sul materasso per sostenersi – Che cosa ti preoccupa esattamente? –
- Mi preoccupa il fatto che qualcosa possa renderci non solo riconoscibili, ma individuabili perché … qualche dettaglio colpisce la memoria di chi ci incontra. – cercò di spiegare allora lei.
André corrugò la fronte, cercando di comprendere e ritornando ad un discorso analogo, a cui avevano fatto cenno la mattina stessa; allora lei si mosse, districandosi tra le coperte e scivolando dalla sua presa. La vide afferrare il telo di lino, avvolgerlo attorno al corpo e fermarlo in un incastro precario, giusto sopra il seno, per poi muoversi rapida fino al paravento al quale lei aveva addossato i propri abiti. Si sollevò sulle punte dei piedi nudi sull’assito di legno del pavimento, si allungò a frugare tra la stoffa, per poi afferrare la propria giacca e stringerla a sé; si volse e tornò sul letto, con una espressione determinata che colpì André, provocandogli un sussulto.
Sedutasi sulla coperta, Oscar tornò a infilare le mani all’interno della giacca – Sono io che attiro l’attenzione, André: è di me che la gente si ricorda … ne sono consapevole. Sono sempre stata un fenomeno da esibire … uno scherzo della natura … –
- Oscar! – la chiamò ancora più preoccupato – Cosa stai dicendo? – aggiunse, allungando le braccia per posarle sui suoi polsi, quasi a rassicurarla – Ormai siamo ad un passo da Le Havre e chi ci ha incontrato potrà anche ricordarsi di noi, o di te, ma sarà difficile che possano individuarci o raggiungerci. A Madame Françoise ho lasciato un nome falso e non credo che … -
Lo sguardo di Oscar, allora, divenne ancor più determinato – A maggior ragione, visto che siamo vicini al porto, potrebbe essere necessario confonderci con la gente … - affermò.
André, colpito, lanciò un’occhiata agli abiti rimasti addossati al paravento, alla camicia ormai sporca e alle brache dalla taglia minuta; aggrottò la fronte, perplesso, stringendo le labbra cercando di formulare un pensiero che non fosse quello, certamente improponibile, di suggerirle di sostituire quegli abiti con altri, femminili.
- No, non mi vestirò da donna, se è quello a cui stai pensando … - riprese allora Oscar, intuendo l’oggetto dei suoi pensieri e prevenendolo.
- Lo so, Oscar, - si intromise allora André, premuroso - e non ti avrei mai chiesto di farlo … soprattutto non ora, alla vigilia della partenza per un viaggio in mare … Ma allora … ? -
- Se non voglio fingermi una donna come le altre … - riprese lei, con voce ferma, nello sguardo la luce calda dell’ultimo sole, accesa di un pensiero preciso e vibrante - … allora farò del mio meglio per essere ciò che sono sempre stata e toglierò di mezzo ciò che ha sempre attirato tanta attenzione su di me. –
André trattenne il fiato; riuscì appena a intuire il movimento ampio e rapido delle braccia che si sollevavano e quello preciso delle mani unite alla base della nuca trattenendo la chioma bionda in una coda stretta. Fu colpito da baluginare metallico della lama che brillò tra le sue dita dell’ultimo riflesso infuocato del sole tramonto, giusto sopra il pugno chiuso sulle ciocche.
Non riuscì a formulare alcun pensiero, mentre il tempo rallentava, dilatando ogni istante; si sollevò d’istinto dal letto, quasi in un balzo degno di una fiera cacciatrice, con le braccia protese verso il metallo. Allargò le dita e poi le strinse, riuscendo solo ad avvertire la fitta  bruciante della lama sfilata rapida sulla carne.


Angolo dell'autrice: sono tornata a darvi il buon inizio settimana e ora vi lascio a riflettere sulla scelta fatta da Oscar. 
Grazie a tutte coloro che ancora leggono, seguono, preferiscono, ricordano e mi fanno sentire il loro affetto. Un abbraccio grande... a presto!

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Capitolo 61
*** Una cosa sola ***


Una cosa sola
 
Si lasciò alle spalle il cuore del rumoroso e variopinto mercato che affollava la larga via fino a lambire la banchina del porto, per poi prendere a farsi strada in mezzo alla moltitudine di gente che affollava la rue come una densa fiumana dalle mille voci. Un uomo alto, con il viso bruciato dal sole e dal vento sotto un ampio cappellaccio scuro, gli cozzò contro, incurante dello scossone dato e ricevuto, per poi scomparire inghiottito dalla calca; una donna che stringeva un neonato al seno inveì nella sua direzione, farneticando qualcosa in merito ad un passo non ceduto. Tuttavia André proseguì guadagnando terreno e allontanandosi dal porto e dal suo intenso odore di legno marcio e di pesce, di cordame e di pece, fino ad addentrarsi verso la parte interna della città.
Avanzando, si accorse che l’affollamento sulla via stava scemando, lasciando luogo ad un vivace via vai animoso, ma ordinato, in grado di restituirgli un minimo di tranquillità e di far sì che il suo passo tornasse più lento e cadenzato.
Strinse al petto il grosso involto, tastando distrattamente le forme rigide del suo contenuto e maledicendo per l’ennesima volta se stesso e la imperdonabile irruenza di Oscar, prima di svoltare in una via traversa, per riprendere il cammino cercando di non dare nell’occhio.
Riconoscendo lo stabile presso cui avevano stabilito di trascorrere la notte, l’ultima in programma prima dell’incontro fissato con il Conte di Fersen, si fermò giusto davanti all’ingresso, ascoltando oltre il battente e i rumori della via, le voci sommesse provenienti dall’interno della taverna. Era stato Guy a indirizzarlo a quella locanda gestita, a quanto aveva potuto comprendere, da un suo lontano parente; un posto tranquillo, ai margini dei giri loschi del porto, in cui avrebbero trovato un alloggio degno di due viaggiatori onorevoli. In effetti, constatò, il ragazzo aveva detto il vero e la locanda si era rivelata ordinata, assolutamente dignitosa e davvero un ambiente piacevole … se solo André fosse stato nella condizione d’animo per godere di tutto ciò.
Con un sospiro, si mosse dalla strada e si infilò rapido oltre il battente dell’entrata; rivolto un cenno di saluto all’uomo al bancone, intento a servire vino ad un paio di avventori, si avviò a grandi passi verso la scala in legno che conduceva al livello superiore, superando i gradini a due a due. Giunto in cima alla rampa raggiunse rapido il fondo del corridoio, arrestando i propri passi giusto davanti alla penultima porta.
Dinnanzi a quel legno scuro, coperto dai segni di chissà quali colpi, André emise un nuovo profondo sospiro, recuperando quel poco di calma che gli parve possibile ritrovare e stringendo ancora una volta le dita sul pacco che aveva recato con sé; infine, allungò la mano sul pomolo consumato, spingendo il battente per varcare la soglia della camera.
Come aveva immaginato, Oscar non si mosse al suo ingresso in camera e, anzi, pareva non essersi proprio nemmeno levata dal letto, da che lui era uscito per recarsi al porto. La sua sagoma scura si stagliava netta nella luce tenue della stanza, rischiarata solamente dalla piccola finestra posta accanto al letto; lei stava ancora seduta sul lato opposto del materasso rispetto a quello che fronteggiava la porta di ingresso, dandogli le spalle, con il volto diretto verso il cortile, appena intuibile oltre il vetro opaco.
André si mosse di un passo, avvicinandosi, senza parlare, ma schiarendosi la voce, come se avesse avuto ragione per prepararsi ad un grande discorso; attese qualche istante, spostando nervosamente il proprio peso da un piede all’altro, e poi aggirò il letto, portandosi accanto alla sponda di fondo e posando l’involto accanto ad Oscar; quindi sollevò lentamente lo sguardo, seguendo il profilo della sua schiena, fino alla base del collo, appena al di sopra del quale con uno stacco netto rispetto alla sagoma delle spalle, ritrovò la massa arruffata dei suoi capelli.
Rivedere quello scempio gli provocò un moto di rabbia, un colpo tirato all’altezza dello stomaco e impossibile da evitare. Strinse i denti e chiuse le dita sui palmi, serrando i pugni per qualche istante, avvertendo la costrizione della fasciatura con cui si era dovuto fare per proteggere le dita ferite nel tentativo di fermare Oscar nel suo gesto solo la sera precedente.
Chiuse gli occhi, deglutendo in silenzio e inspirando a fondo, cercando ancora una volta di controllarsi, di dominare il proprio istinto impedendosi di tornare sull’argomento.
Allora, si avvicinò ancora un passo a lei, chinandosi sul letto per svolgere l’involto e liberarne il contenuto; sollevò i due cappelli scuri, sfilandoli l’uno dall’altro e poi trattenendo tra le dita quello che gli parve appena più piccolo. Lo osservò alla luce lattiginosa della finestra, percorrendo con le dita le falde ripiegate del tricorno e valutando il proprio acquisto, prima di allungare le braccia per deporlo sulle ginocchia di Oscar.
- Questo è per te. – le annunciò cercando di mostrarsi calmo – Ti proteggerà dal sole e dal vento, che in mare possono risultare particolarmente fastidiosi, e distoglierà l’attenzione dal  … resto. -
Oscar rimase ferma, osservando accigliata il copricapo con il volto basso, limitandosi a muovere un braccio per allargare le dita sull’oggetto, trattenendolo; dopo qualche istante si alzò dal letto, andando a fermarsi di fronte al piccolo specchio sistemato sulla cassettiera, per accomodarsi il cappello sul capo.
- Copre a mala pena la testa … - osservò con tono freddo, lanciando un’occhiata ad André attraverso lo specchio – Non mi sembra affatto risolutivo. –
Lui le si avvicinò, fermandosi alle sue spalle e portandole le mani alla nuca – Sarebbe stato sufficiente legarli e sollevarli, infilandoli sotto il tricorno … - spiegò, mentre con le mani mimava il gesto di raccogliere i capelli in una coda immaginaria, per poi ripiegarla all’insù - … o anche intrecciarli per poi … -
- Certamente! – lo interruppe lei voltandosi e fissarlo con aria torva – Così mi avrebbero notata pure per la acconciatura bizzarra, oltre che per il colore dei capelli! In questo modo, almeno – proseguì puntando un dito teso verso il proprio capo – potrò sembrare semplicemente un biondo che tiene i capelli comodamente tagliati. O forse un tizio del nord, che non si cura della sua acconciatura. – aggiunse infine, levandosi il tricorno.
André avanzò verso di lei, le sopracciglia basse sopra gli occhi e un desiderio bruciante di riversare su di lei tutta la propria frustrazione – Terrai il capo coperto, invece, – ribadì lui afferrando il cappello e calcandolo ancora sulla sua testa – perché anche il tuo viso resterà più nascosto e darai comunque meno nell’occhio. –
- Tu dici che così darò meno nell’occhio … - lo riprese allora Oscar, provocandolo deliberatamente - … adesso ti preoccupa che io sia troppo eccentrica? Non ti sembrava che lo fossi con i capelli che mi cadevano sulla schiena? –
A quelle parole, André sentì gonfiarsi il petto – Non avresti dovuto tagliarli: questo è il punto! – ribadì allora alzando il tono della voce, stringendo i pugni, nervoso, e vedendo lo sguardo di Oscar farsi furente.
- Ma tu stesso hai sempre detto che i miei capelli … - lo riprese allora lei, ugualmente irosa.
- Posso anche averlo detto, in passato; ma ora è … diverso! Non avresti dovuto fare una cosa del genere senza … senza … - le parole rimasero strette tra le labbra e André si sentì smarrito comprendendo ciò che avrebbe detto, se avesse proseguito nel suo sfogo.
Lo sguardo di Oscar, in quell’istante, si fece bruciante – Non avrei dovuto cosa? – insinuò allora, sfogando la propria rabbia - Avrei dovuto forse chiederti il permesso? Avrei dovuto implorare il consenso di mio marito, prima di tagliarmi i capelli con l’unico scopo di rendere più sicuro il nostro viaggio? –
Ascoltando quelle parole, André rimase senza fiato per qualche istante, ferito nell’animo e pur colpito, in un certo modo, nel proprio orgoglio; vide il suo viso livido e tremante di rabbia, le labbra strette vibrare appena e lo sguardo farsi sottile, nell’espressione ferita. Allora dentro di sé si fece largo una sensazione strana e nuova, mentre il nodo che da ore gli aveva stretto le viscere pareva sciogliersi, lento, lasciando la presa e restituendogli, lentamente, la propria pacatezza. Scosse lento il capo, sollevando la mano per portarla al suo viso, fermandosi ad un soffio da lei, evitando di toccarla davvero, e rimanendo invece sospeso, eppure in grado di percepire il suo calore.
- No, Oscar. – mormorò a mezza voce – Non avevi nessun bisogno del consenso di nessun marito. Solo … -
Il suo tono tranquillo, la sua voce pacata parvero spegnere il fuoco che aveva animato per ore lo sguardo severo e poi furioso di Oscar; André vide la sua fronte distendersi e l’espressione farsi quasi sorpresa, all’udire le sue parole. Allora, vedendo il suo sguardo sollevarsi, cercandolo, ebbe il coraggio di proseguire.
- Solo … non hai considerato che tuo marito aveva bisogno che tu ne parlassi con lui, prima di farlo. –
Oscar strinse le labbra, mordendole nervosa e socchiudendo lo sguardo, pensierosa, ma sempre rivolta al suo viso; André celò lo sguardo a terra, deglutendo, l’animo vibrante di emozione e la gola chiusa da un nodo serrato.
- Siamo due, Oscar … - riprese poi, quasi mormorando tra sé, dando voce alle proprie riflessioni - … ma ora più che mai, per ciò che conta, siamo soprattutto una cosa sola. –
Allora, nella mano avvertì il posarsi leggero e caldo del viso di Oscar; sul proprio petto, il tocco delle sue mani aperte si fece presenza viva, prima di arrivare alle labbra.
- Per ciò che conta, hai detto. Ecco, André … - lo chiamò allora lei, con un sussurro appena udibile – Io non avevo immaginato che anche questo, per te, fosse così importante. – ammise semplicemente.
- Oscar … - le rispose allora - … Io amo tutto di te e di ciò che ti riguarda, e non c’ mai stato nulla della tua vita che io non abbia sentito come parte della mia. Per questo, ora più di prima, vorrei che tu creda che io non voglio impedirti nulla, ma piuttosto  desidero che tu sappia che sono con te in ogni aspetto della tua vita, semplicemente perché sei parte di me, da sempre. – concluse infine, ad un soffio dalle sue labbra.
- Hai detto che siamo una cosa sola … - ripeté lei in un bacio leggero, sospirando appena - … e anche questa volta, hai ragione, Amore. Allora aiutami … perché io impari ad esserlo davvero, insieme a te, André. –
Non fu necessario altro, perché André si muovesse per stringerla a sé, oltre il bacio in cui si erano sciolte le parole di Oscar. Comprese quanto la tensione e la preoccupazione avessero reso difficile, per lei, affrontare la situazione nella consapevolezza di doverlo fare in un modo del tutto nuovo; la cullò, trattenendola a sé, accarezzando la sua schiena e godendo del suo profumo, del tocco gentile del suo viso affondato sul proprio collo e poi allentò la stretta, sentendola muoversi tra le proprie braccia.
- Ricresceranno, André … e saranno come prima … li lascerò come ti piacerà che siano. - gli disse lei, nascondendo in un sorriso le scie lucide delle lacrime che le avevano percorso il viso, e lui le sorrise, portando le mani alla sua nuca e affondando le dita nei riccioli disordinati.
- In realtà … mi piacciono così, sai? – le rispose allora lui quasi divertito – In fondo … sei identica alla ragazzina pestifera che ho conosciuto al mio arrivo a Palazzo Jarjayes, una vita fa … quella che ha tolto il riposo ad un povero ragazzino alle prime armi … che ha turbato le sue notti e i suoi primi sogni di uomo … -
 
Era uscito di nuovo, nel pomeriggio, per una ulteriore ispezione al porto e alla taverna dove avrebbero dovuto incontrare il Conte di Fersen il giorno seguente, e si era un poco sorpreso del fatto che Oscar non avesse voluto seguirlo, preferendo invece rimanere in camera dove, gli aveva detto, avrebbe risistemato i loro bagagli a dovere. Quando già André stava sulla soglia, pronto a lasciare la camera, lei però lo aveva chiamato e nella sua voce, lui aveva riconosciuto immediatamente un velo di incertezza, una sorta di timore. Così era tornato sui propri passi, l’aveva raggiunta proprio davanti alla finestra, dove il riflesso opaco della luce pomeridiana donava ad ogni forma, e a lei soprattutto, un bagliore opalescente e sfumato, rendendo la realtà simile al sogno. L’aveva ancora stretta a sé … e aveva chiuso le sue gote nei palmi, in una ennesima carezza calda, per chinarsi sulle sue labbra, saggiandone di nuovo la tenera morbidezza e il sapore dolce e amato, mentre le mani scivolavano sulla nuca, affondando le dita tra i ciuffi ribelli. Così si era perso, nel bacio che avrebbe dovuto essere un rapido saluto e invece era divenuto tenace come un nodo e pure liquido come solo quelle carezze proibite avrebbero potuto essere. Separandosi da lei, non era riuscito a impedirsi di ridere un poco, sbuffando sul suo sorriso, quando ancora le dita, che l’avevano percorsa avide, stavano strette sulla stoffa, all’altezza dei suoi fianchi.
-  Perdonami, Oscar … Ora vado davvero … - si era infine scusato, cercando di controllare il fremito che lo aveva scosso e ascoltando il frullare rapido dei battiti del proprio cuore – Io … -
Lei lo aveva salutato a sua volta e gli aveva semplicemente domandato di dare una occhiata tra le bancarelle del mercato per vedere di trovarle qualcosa da leggere durante il viaggio per mare, del quale nemmeno conoscevano ancora durata e destinazione precisa.
Nella folla inquieta che animava il mercato, notò un leggero mutamento, rispetto a ciò che aveva scorto al mattino: ora, tra spintoni, lamentele e imprecazioni, gli parve di riconoscere una netta predominanza di voci maschili, presenze nervose e prepotenti tra le quali non era difficile riconoscere i numerosi uomini di mare.
Si chinò sul banco coperto di cianfrusaglie, rimestando con le mani nel cercare di afferrare quella che gli era parsa la copertina di un libro, e poi riuscì nell’intento, scrutando perplesso un libretto malconcio e dalle pagine strappate, di cui non gli fu possibile nemmeno risalire al titolo. Dopo averlo rigirato per un poco tra le mani, lo depositò di nuovo tra le carabattole, scuotendo il capo con una smorfia.
- Se volete un libro vero, Monsieur, dovete chiedere alla bottega! –
Sentitosi chiamato in causa, André sollevò il capo, incrociando lo sguardo di un vecchio ingobbito, ma dal volto gioviale, vestito di una giacca color vinaccia che aveva vissuto certamente tempi migliori e di brache che in origine dovevano essere state nere. Sollevò le sopracciglia, rimanendo perplesso di fronte al sorriso sdentato che si accese sul viso rugoso e portandosi istintivamente una mano al tricorno, che, a contatto con la gente in movimento alle sue spalle, si era pericolosamente inclinato sul suo capo.
- Sì! Dico a voi, Monsieur! – riprese l’uomo dondolando sui talloni e piegando i gomiti per stringere le dita grassocce sui lembi della giacca – I libri che fanno per voi, sono laggiù … - spiegò con voce rauca sollevando il naso verso l’imbocco della via che si riusciva ad intuire verso l’interno, lontano dalle banchine – Cercate la bottega Martier … e dite a mio fratello che vi mando io, dal banco al porto. –
Incuriosito, Andrè lanciò un’occhiata nella direzione indicata dall’uomo, scorgendo un groviglio di banchi e, poco oltre, intuendo la presenza di numerose botteghe aperte sulla rue che, a prima vista, gli parve brulicante come fosse un formicaio in piena attività.
Incuriosito, si volse ancora all’uomo – Credo che vi darò ascolto: come riconosco la bottega?-
Quello sollevò le spalle drizzando appena il collo, sopra la schiena ricurva, dando segno di grande orgoglio.
– Non potete sbagliare! – esordì – E’ proprio quella accanto al laboratorio dove mio cugino lavora il rame, il pentolame e … - a quel punto, la voce vibrò per un istante, prima svanire in un sussurro, mentre l’uomo diveniva improvvisamente guardingo e il suo corpo si protendeva sul banco, restando come in attesa. Di rimando, André gli si fece più vicino, prestando attenzione e udendo infine l’ultima rivelazione - … anche l’argento, Monsieur. –
Piacevolmente colpito dall’intraprendenza commerciale dell’uomo, André annuì di rimando, mostrando di annotare mentalmente ogni dettaglio per farne tesoro.
– Vi ringrazio per le dritte, Monsieur! - si congedò rapido, cercando spazio tra la gente e cercando il modo di raggiungere le botteghe indicate dal venditore – Non mancherò di seguire le vostre indicazioni! –
Tagliò meglio che poté la grande piazza affacciata sul porto, sgattaiolando agile tra la folla, fino a trovarsi all’imbocco della rue, per inoltrarsi alla ricerca della bottega Martier, improvvisamente desideroso di risolvere rapidamente i suoi acquisti, per poi fare finalmente ritorno da Oscar.
 
Avanzando a passo rapido, raggiunse la via della locanda; aveva camminato velocemente, pur cercando di controllarsi, per non cedere all’istinto di muoversi con passo così spedito da suscitare sospetti e finire per dare nell’occhio. Giunse quindi a destinazione e gli fu immediatamente chiaro che, questa volta, la vista della locanda non gli provocò la sensazione di disagio che aveva stretto le sue viscere in mattinata.
Varcò la soglia della taverna, attraversando la sala e concedendosi di guardarsi attorno, per scoprire qualche nuovo dettaglio di quel locale semplice e piuttosto ordinato, dove ai tavoli, disposti in modo regolare su tutta la superficie dell’ambiente, stavano in quel momento accomodati solo una dozzina di uomini intenti a giocare a carte e a sorbire vino. Osservò il soffitto basso, sorretto da possenti travi nodose, e l’assito irregolare, oltre ai muri scuri di pietra ai quali, si accorse solo in quel momento, erano inchiodate come decorazioni delle vecchie reti da pesca annodate a lunghe corde ritorte che disegnavano onde brune lungo il perimetro della sala. Sorrise tra sé, sovrapponendo l’immagine di quelle decorazioni dal sapore marinaresco ai drappeggi dei pesanti tendaggi che ornavano le sale di Versailles. Tornò all’intreccio di cordame scuro, consumato dal tempo e dal mare, che gli parve affascinante e denso di una storia remota, pur nella sua silenziosa e immobile semplicità; venne affascinato dal pensiero di quante volte quelle matasse di lino e pece potessero aver attraversato i mari, a quante tempeste potessero aver vissuto, prima di giungere al riposo su quelle pareti, spettatrici di altre vite e di altri silenzi …
- Monsieur! –
Sobbalzò al richiamo inatteso, che rimbalzò rapido fino alla sua posizione, inspiegabilmente certo che fosse rivolto a lui; nel brusio di fondo della sala, ebbe certezza di aver riconosciuto quella voce limpida e d’istinto trattenne il fiato, stringendo a sé il pacco rigido con gli acquisti fatti per Oscar. Irrigidì le spalle e, voltandosi, riconobbe immediatamente la sagoma di chi lo aveva chiamato; venne attraversato da una moltitudine di pensieri, incapace di cogliere, nella penombra da cui era giunta la voce, qualsivoglia indizio che potesse fargli intuire cosa stesse accadendo.
Si avvicinò a grandi passi al fondo della sala, puntando lo sguardo sull’ombra snella … e avvicinandosi poté scorgere negli occhi azzurri e trasparenti il riflesso di ciò che aveva temuto, provando una fitta al petto, incapace di  rispondere a quello che, aveva compreso, non era un semplice saluto di cortesia.


Angolo dell'autrice: capitolo lungo, questa volta, oltre la mia consuetudine; eppure c'erano tante questioni da affrontare e risolvere. Tanta strada da fare, per i nostri due, o forse solo un passo vero.
Io torno a ringraziare tutte le lettrici... chi segue e ricorda, preferisce e commenta, facendomi sentire il suo pensiero. Dedico il capitolo a Queenjane che ha lasciato la recensione numero 1000, ma anche a tutte coloro che hanno recensito fino ad ora... costruendo passo dopo passo questo impressionante traguardo! Grazie a tutte... farò del mio meglio per tornare lunedì!
Bacioni!

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Capitolo 62
*** Profumo ***


Profumo
 
Entrò in camera con la forza di una tempesta, un’occhiata preoccupata l’unico gesto rivolto a Oscar, rapido, quanto sufficiente a farle comprendere la gravità del momento. Lei, in piedi davanti alla sedia sulla quale stava aperta la sacca scura, incrociò il suo sguardo e reagì immediatamente lasciando che la bisaccia si rovesciasse a terra, mentre lo raggiungeva con passo svelto.
Dietro a sé, André lasciò entrare in camera il ragazzo, serrando immediatamente la porta alle sue spalle e mettendosi in piedi di fronte a lui.
- Raccontami esattamente cosa è accaduto. –
Guy prese ad annuire e i riccioli ramati iniziarono ad ondeggiare sul suo capo, mentre lui prendeva fiato riordinando i pensieri.
– Forse non era passata un’ora, dalla vostra partenza, questa mattina, quando sono stato raggiunto nella baracca da un tizio che mi ha posto delle domande. – esordì tutto d’un fiato.
- Ha chiesto di me? – lo incalzò André preoccupato – Di noi? –
Il ragazzino spalancò gli occhi, l’azzurro intenso vibrò appena a quella domanda, mentre con il capo negava – No! Non apertamente, voglio dire! – si corresse poi, mentre André corrugava la fronte, attento ad ogni dettaglio – Non ha fatto il vostro nome, ma si riferiva ai vostri cavalli e alle due persone che li avevano lasciati alla mia custodia trascorrendo la notte alla locanda … Sembrava che non volesse, o non potesse, parlare di voi apertamente, ma era piuttosto preciso, quando mi ha chiesto se sapevo dove fosse diretto l’uomo alto, dai capelli scuri, vestito color cioccolata. –
André tese le labbra, serrandole mentre la mente correva rapida, alla ricerca di dettagli – Ha detto altro? Ha parlato di altre persone? O di mia moglie? –
- Puoi descriverci quell’uomo, ragazzo? – intervenne allora Oscar, scambiando un rapido sguardo con André e poi tornando a scrutare Guy, in attesa di risposta.
Dal canto suo, il giovinetto si morse le labbra, facendo scorrere rapido lo sguardo tra i suoi interlocutori, un poco disorientato dalle loro domande incrociate.
- Sì! – esordì poi rivolto a Oscar – e anche no … - soggiunse piuttosto confuso, per poi riprendere, facendo chiarezza – Voglio dire che l’uomo era grande e grosso e la sua voce era roca e profonda; portava abiti di buona fattura … come i vostri Monsieur, ma molto scuri, e stringeva un bastone lucido nella mano sinistra, appoggiandovisi di tanto in tanto. Mi ha fatto qualche domanda e parlava in modo strano … – precisò poi, cercando lo sguardo di André – … chiedeva di voi, ma insisteva a ribadire il fatto che foste accompagnato da una donna bionda in abiti maschili, che però non definiva mai in altro modo. –
André scambiò un’occhiata preoccupata con Oscar; la vide tesa, con la fronte corrugata sotto la frangia. Mosse qualche passo nervoso, girando quasi su se stesso, nello spazio ristretto della camera, volgendo la schiena a Guy e incrociando le braccia strette sul petto.
Un uomo grande e grosso, ben vestito e con un bastone da passeggio: Guy aveva fatto probabilmente del suo meglio ma in realtà, con la sua descrizione, l’enigma rimaneva irrisolto.
Tutto d’un tratto, André si rivolse al ragazzo, colto improvvisamente da un dubbio – Perché sei venuto a cercarci? –
Guy sollevò le sopracciglia sgranando gli occhi celesti - Mi avevate detto che volevate che il vostro viaggio rimanesse tranquillo, Monsieur, e la comparsa di quell’uomo mi ha messo in allarme. – spiegò quasi fosse ovvio - Non sapevo cosa volesse da voi, ma un uomo che offre del denaro, perché io gli riveli dove voi foste diretti … mi ha destato sospetti. –
- Quell’uomo ti ha pagato? – domandò Oscar sorpresa, avvicinandosi al ragazzo.
- Sì! Certo! – confermò allora lui annuendo – Due monete d’argento! –
Colpito da quella ammissione, e ancora più preoccupato dall’accaduto, André si precipitò sul ragazzo, puntando lo sguardo nel suo e stringendo deciso le mani sulle spalle esili – Nessuno paga per niente: cosa gli hai detto, esattamente? –
A quelle parole, vide l’espressione di Guy farsi furba e le guance lentigginose gonfiarsi in un sorriso sornione – Ero certo di dovergli raccontare qualcosa e non volevo … mentire; ma in effetti, per essere precisi, voi non mi avevate detto esattamente dove vi sareste recati lasciando la locanda di mia nonna … perché sono stato io a suggerirvi di fermarvi qui per questa notte. –
André, sorpreso dalle parole di Guy, allentò la presa sulle spalle raddrizzando un poco la schiena per prendere distanza dal ragazzo, scoccandogli un’occhiata di traverso, in attesa che lui proseguisse. Evidentemente soddisfatto della reazione suscitata nel proprio ascoltatore, Guy socchiuse gli occhi, arricciando il naso in una smorfia e sollevando le spalle, quasi facendosi ancor più piccolo, in attesa della reazione che avrebbe fatto seguito alla sua rivelazione.
- Gli ho detto che cercavate un imbarco verso il nord … e che, per quanto ne so, le navi migliori partono dal porto di  Dieppe. –
 
Dopo aver raccontato una seconda volta tutto quel che gli era stato possibile, non molto in realtà, Guy aveva iniziato a mostrarsi irrequieto, lanciando continue occhiate preoccupate alla finestra attraverso la quale il cielo iniziava lentamente a scurire. Così, comprendendo il disagio del ragazzino, André lo aveva ringraziato e invitato a lasciare la locanda, affrettandosi a mettersi sulla via di casa, nella speranza che potesse rientrare prima che fosse completamente calata la notte.
Dopo il colloquio con il giovane, entrambi avevano convenuto che in effetti il ragazzo si fosse dimostrato sveglio e pronto, nel raccontare all’uomo che aveva chiesto di loro qualcosa che sapesse di verità, pur senza comprometterli.
- Continuo a domandarmi per quale ragione Guy abbia scelto di non tradire la tua fiducia. – riprese Oscar, dopo che per qualche minuto l’intreccio del loro discorrere era parso languire – Ha ricevuto due monete d’argento, ma ha preferito tacere il fatto che fossimo diretti qui … benché sia stato lui stesso a indirizzarci in questa locanda. –
André arretrò di un passo, fino a raggiungere il letto, per poi mettersi a sedere sul morbido giaciglio, sbuffando di stanchezza, mentre rilassava le spalle – Probabilmente il suo senso dell’onore lo ha indotto a tenere fede all’impegno che aveva già con me. – ipotizzò, ottenendo immediatamente in reazione uno sguardo di ombrosa curiosità da parte di Oscar; sollevando le sopracciglia, accennò un sorriso, affrettandosi a spiegarle l’accaduto – Non guardarmi in quel modo … io stesso gli avevo lasciato una moneta, facendogli intendere che avrei desiderato che il mio viaggio proseguisse tranquillo … -
Oscar, scosse il capo, mostrando sorpresa e al contempo una mite disapprovazione; tuttavia, tendendo appena le labbra e senza commentare quel dettaglio, si mosse verso la sacca ancora in disordine, chinandosi per afferrare una camicia per poi accomodarla alla meglio sulla spalliera della sedia. Intuì il suo tentativo di archiviare quella faccenda, forse incapace di rimproverargli quel tentativo di conquistare la fiducia e la lealtà del ragazzo dai capelli rossi; la osservò armeggiare per qualche minuto con la sacca, fino a che lei non riprese a parlare.
- Credi che si trattasse di mio padre? – chiese a mezza voce Oscar, tornando a quel dubbio per l’ennesima volta, da quando erano rimasti soli, quasi che, accantonato ogni altro argomento, quel pensiero fosse tornato a darle tormento  – E’ possibile che sia già arrivato così vicino a noi? –
André, ancora seduto sul letto, portò una mano alla fronte, cercando di riflettere – Potrebbe essere stato lui … o semplicemente un suo emissario, anche se non ne ricordo nessuno che corrisponda alla descrizione fatta da Guy, né tantomeno tuo padre somiglia a quell’uomo. – rispose restando un istante in attesa e poi proseguendo sul filo di un ragionare che ormai da ore procedeva, tra una pausa e un diversivo, senza troppi punti di riferimento, disegnando spire incerte e tornando ad ogni voluta sul proprio cammino  - Magari si trattava semplicemente di Hans, che chiedeva di noi preoccupato che potessimo avere difficoltà a giungere in tempo all’appuntamento, ma nemmeno lui si avvicina all’immagine di quel tizio. –
Oscar di nuovo accomodò la sacca, quasi che la stoffa non trovasse una posizione adeguata al riposo, su quella sedia sgangherata, poi arretrò di un passo, spostando il peso da un piede all’altro, in un ondeggiare inquieto
– Già … - riprese - … e se si fosse trattato di mio padre, probabilmente avrebbe comunque seguito il ragazzo, vedendolo partire dalla locanda, e sarebbe già qui a cantare le proprie ragioni. –
André portò i palmi al viso, sfregandoli energicamente, quasi volesse scacciare l’ombra dell’ipotesi evocata da Oscar – Lo credo anche io: non è uomo da perdere tempo. –convenne, abbandonandosi con un tonfo morbido all’abbraccio del letto e mettendosi disteso, con il capo sostenuto dal guanciale – E’ pragmatico e rigido nei suoi principi … -
Si sistemò meglio sul letto, sollevando le braccia ripiegandole in modo da portare i palmi dietro la nuca, per poi proseguire – Soprattutto, il Generale non lascia mai nulla al caso e si muove sempre secondo una rigida razionalità … che per quanto sia distorta, ai miei occhi, in qualche modo segue fedelmente un ragionamento. Eppure, mai come in questa situazione mi è stato difficile immaginare come abbia intenzione di muoversi. –
Attese qualche istante, in ascolto del silenzio da cui le sue parole erano state accolte, e si sorprese del fatto che lei non avesse trovato nulla da rispondergli in proposito, soprattutto considerato che era stata lei stessa a tornare riflettere in merito al padre e alle sue possibili strategie; sollevò appena il capo dal cuscino e corrugò la fronte, scorgendo Oscar in piedi a capo chino, assorta a fissare qualcosa a terra, oltre la sponda del letto su cui lui stava steso. La osservò per qualche istante e poi, d’un tratto, si riscosse, comprendendo.
- Accidenti! Trovato il ragazzo alla locanda, al mio rientro, mi ero completamente dimenticato di quello! – esclamò allora, sollevandosi a sedere e poi lasciando il letto; raggiungendola in pochi passi, si chinò rapido a raccogliere il pacco rimasto a terra durante il concitato arrivo in camera – Avrei voluto dartelo subito … -
- Hai trovato una libreria? – gli chiese allora Oscar tradendo una certa impazienza mentre, curiosa, osservava i gesti energici con cui liberava dalla carta il suo contenuto. André andava scoprendo una copertina scura, di cuoio, piuttosto ben tenuta, decorata con semplici incisioni che disegnavano una voluta agli angoli del fronte - Posso? – aggiunse poi lei, protendendo le mani sul volumetto.
Le passò il libro, attento ad osservare ogni sua minima reazione e cercando di prevenirne la perplessità.
– Non si trattava proprio di una libreria, – iniziò a spiegarle, cauto, mentre lei rigirava il volume tra le mani, soppesandolo e poi sfiorandone la rilegatura con le dita, quasi accarezzandola – ma di una specie di emporio … che vendeva un po’ di tutto, vantandosi di avere tra i suoi ripiani anche alcuni libri … nuovi. –
Oscar ascoltava attenta, annuendo lentamente mentre proseguiva nella scoperta dei segreti del libro.
- Ho chiesto se avessero dei classici … qualcosa che sapevo ti sarebbe piaciuto, ma a quanto pare, non aveva molto da offrirmi ed ha insistito nel sostenere che questo sarebbe stato perfetto … per mia moglie. – attese un istante, scorgendo il sorriso fiorito sulle labbra di Oscar all’udire la parola moglie. La vide aprire il volumetto, infilando le dita tra le pagine per sfogliarlo, attenta a leggere qualche frase qua e là, con gli occhi socchiusi, a godere del primo incontro con la storia che esso portava con sé.
- Sembra ben scritto … - commentò lei, e André vide che aveva fissato l’attenzione sulla prima pagina del racconto, mentre con l’indice teso, scorreva le prime righe del testo.
- A detta di Monsieur Martier, il proprietario della bottega, si tratta un racconto scritto da una certa Madame Monique Le Loup, una dama di origine italiana che scrive per diletto, allietando i salotti bene di Lyon con la sua fervida immaginazione: “Parfum” è uno dei più quotati, a quanto pare. – spiegò allora tutto d’un fiato – Mi auguro che sia … all’altezza delle tue aspettative e che non sia uno quei ... –
- Andrà benissimo. – lo interruppe lei, mentre serrava il libro con uno schiocco e sollevava il viso, mostrando le guance improvvisamente velate di un tocco roseo – Credo che questa lettura saprà coinvolgermi davvero molto[i]. –
 
Cercò di rilassarsi seguendo il ritmo lento e regolare del respiro di Oscar che, semidistesa al suo fianco sul letto, pareva essersi appisolata con il capo poggiato sulla sua spalla e un braccio a cingergli il fianco; chiuse per qualche istante gli occhi e si lasciò trasportare dal profumo dei suoi capelli che, solleticandogli il naso, accompagnava la mente verso una dimensione di pace segreta, conducendolo dal presente ad una serie infinita di istanti lontani in cui quella stessa nota caratteristica era stata sufficiente a colpirlo al cuore e al ventre, accendendo desideri che, aveva creduto, fossero destinati a rimanere nascosti, relegati in un angolo buio del suo animo di giovane uomo. Sospirò a quel pensiero, stanco, ma incapace di abbandonarsi al sonno.
Allungò un braccio, quasi per sgranchirsi le articolazioni, tenendo il palmo aperto sulla coperta, e si mise a giocare con le briciole rimaste nella trama di lana, resti della loro cena frugale consumata chiusi in quella stanza, al riparo dallo sguardo del mondo. Strinse tra le dita un frammento croccante e lo portò alle labbra, in un gesto distratto, sfregando poi i polpastrelli sulla stoffa delle brache, per liberarli dalle ultime tracce di pane, e si trovò ad indugiare sul proprio fianco, insistendo sul piccolo nocciolo sodo che ancora teneva in tasca.
Alla fine, le aveva consegnato il libro e, doveva ammetterlo, Oscar pareva esserne rimasta piacevolmente impressionata; tuttavia, per l’incertezza del momento o per un ultimo, residuo, fremito del proprio animo, André aveva esitato a consegnarle anche l’altro oggetto che aveva acquistato per lei. Forse, però …
Sollevò la mano, accomodandole una ciocca di capelli scivolatale sulla fronte, e poi tornò alla propria tasca, infilandovi le dita ed estraendo il piccolo sacchetto di stoffa blu come la notte. Mosse le dita, nel tentativo di forzare con una sola mano il nastro che lo teneva stretto, avendo l’altra impegnata a cingere e sostenere il corpo di Oscar, e accorgendosi presto che, nonostante i propri sforzi, non gli riusciva  proprio di ottenere risultati apprezzabili. Allora, con cautela, sollevò il braccio dal fianco di Oscar, allungando la mano per districare l’intreccio che, alla debole luce dell’unica candela accesa, sembrava impossibile vincere. Fallendo alcuni tentativi, con uno sbuffo impaziente, lo portò alle labbra, serrandovi i denti e tirando con forza.
- Cosa fai? – gli chiese allora Oscar con voce assonnata, sollevandosi dalla sua spalla e mettendosi a fissarlo con aria curiosamente arruffata.
Non seppe risponderle con prontezza, ma a lei bastarono pochi istanti per comprendere; gli tolse il sacchetto dalle mani e dalle labbra, e chinandosi a favore del lume, prese a pizzicare il nastro con aria seria e concentrata, fino a che, dopo pochi e precisi tentativi, il legaccio non prese ad allentarsi, permettendo ai lembi del sacchettino di aprirsi. Oscar, senza dire nulla, l’afferrò per il fondo, sollevandolo sul proprio palmo aperto, fino a che il suo contenuto non scivolò tra le sue dita.
André trattenne il respiro, serrando le labbra sotto gli incisivi; il piccolo anello d’argento, sottile e un poco irregolare, brillò appena alla luce calda della candela, rivelando il proprio timido decoro, una sorta doppia voluta che formava una trama centrale, legando i due lembi in un unico intreccio.
- Io … io l’ho preso per te. – cercò di spiegare André, con voce vibrante e incerta, incespicando nelle parole – Ecco … ovviamente se … se vorrai tenerlo. Se ti piace … - aggiunse imbarazzato, inumidendosi le labbra, tenendo lo sguardo fisso sul piccolo gioiello – Non mi aspetto che lo porti, Oscar. Non … non mi permetterei mai di chiedertelo. – cercò di proseguire – E so che non è certo un oggetto all’altezza della … beh, come posso dire … -
Vide Oscar rigirare l’anello tra le dita tremanti, accarezzando l’incisione con un gesto delicato.
– Lo hai scelto tu, per me? – gli chiese volgendosi a lui e mostrando il proprio viso.
André annuì appena, un nodo stretto in gola, nello scorgere i suoi occhi scuri come notte e l’emozione palese sul suo viso, lucido delle lacrime che lente stavano scivolando verso il mento; deglutì, commosso a sua volta – Oscar, io … -
Lei non attese nemmeno un istante; porgendogli l’anello, sollevò la mano sinistra, tendendo le dita e rimanendo in attesa.
- E’ il regalo più importante che io abbia mai ricevuto, André, e il più prezioso. L’unico da cui non potrò mai separarmi. –
 
[i] Ebbene sì, non ho resistito: Andrè ha regalato a Oscar una copia di Profumo, racconto di Monica68. Questo spiega sia il velo di imbarazzo che mostra Oscar al leggere l’inizio del racconto, sia il fatto che … saprà immedesimarsi in esso! 

Angolo dell'autrice: tra dubbi e difficoltà (per me, più che per loro) la storia, lentamente, procede e oggi si concede un omaggio a un racconto che io ho amato molto e alla sua autrice. Come è doveroso, ringrazio di cuore chi mi è vicino, dentro e fuori da efp.
Un bacio grande, a presto!

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Capitolo 63
*** La brezza del porto ***


La brezza del porto
 
Le prime luci dell’alba giunsero portando una sorta di sollievo.
André si mise a sedere sul letto, allungandosi per scrutare il cielo appena visibile dalla finestra: lo scorcio di cielo appariva limpido, libero da nubi, e il leggero tremolio dell’infisso, che a intervalli disordinati prendeva a vibrare sotto il soffio del vento, lasciava intuire che la partenza non corresse il rischio di essere rimandata a causa del tempo avverso. Incuriosito, André si sollevò in ginocchio, in modo da riuscire a spingere lo sguardo oltre la cortina di tetti e torri che, disegnando un intrico di viuzze, si estendeva come una macchia scura, fino a infrangesi nella vegetazione lontana.
Il movimento del letto richiamò la sua attenzione: Oscar, ancora addormentata e rimasta scoperta, si era voltata protendendo le braccia verso la sua parte del letto e muovendo le mani sul lenzuolo, quasi lo stesse inconsciamente cercando.
Sorridendo, si chinò su di lei, insinuando il naso tra i capelli corti e depositando un bacio caldo sul suo collo.
- Buongiorno. – la salutò, indugiando con le labbra sulla pelle, divertito dal riflesso inconsapevole con cui lei inarcò le spalle, solleticata dalla sua carezza; lei rispose con un mugugno, muovendo le braccia fino ad afferrare la coperta, per poi tirarla a sé, in cerca di tepore.
André tornò a stendersi al suo fianco, cingendola con il braccio e stringendola a sé, per poi rimanere a godere del suo peso sul petto, in ascolto del ritmo leggero del suo respiro e in osservazione del soffitto basso di quella camera piccola e disordinata che, a quanto pareva, sarebbe stato il loro ultimo ricovero francese prima della partenza per il nord.
Il respiro di Oscar, lentamente, mutò facendosi più deciso, fino a divenire un soffio regolare.
- Dobbiamo andare, vero? – gli chiese con la voce appena impastata dall’ultimo sonno, e André annuì tendendo le labbra sebbene lei non potesse vederlo, consapevole che avrebbe comunque compreso.
- Potremmo fermarci per mangiare qualcosa … - ipotizzò – … ma credo sia meglio lasciare la locanda e spostare Cesar e Alexander alla taverna dove incontreremo Hans, in modo che, se dovesse giungere prima di noi all’appuntamento, potrebbe comprendere che siamo comunque in arrivo. –
Oscar si strinse a lui, per poi sciogliersi dal suo abbraccio mettendosi a sedere; il volto ancora dal teso dal lungo riposo mutò presto in una nuova espressione, presente e determinata, mentre lei stessa rifletteva sul da farsi.
- Hai ragione, André. E’ meglio che ci affrettiamo a lasciare questo posto … per poi muoverci in città, in attesa di incontrare Fersen. – affermò infine con sicurezza.
 
Non era stato difficile ritrovare la taverna Du Vent, quella dove avrebbero dovuto incontrare il Conte nel pomeriggio di quel giorno, per ricevere i documenti di viaggio e le ultime dritte utili all’imbarco per la Svezia; inoltre il proprietario, inizialmente accigliato all’udire che André avesse intenzione di lasciargli in custodia i cavalli e i bagagli per tutta la giornata, aveva rapidamente capitolato e mutato la propria espressione in uno sguardo pieno di interesse, allo scorgere le monete che, prontamente, gli erano state poste sul tavolo con la rassicurazione che altrettante gli sarebbero state date se, al loro ritorno, tutto sarebbe stato ritrovato in perfetto ordine.
Attraversata la buia sala della taverna, André spinse la porta, controllando il movimento lungo la via, per poi lasciare il passo a Oscar, perché anche lei potesse seguirlo al di fuori del locale.
- Volevi fermarti qui a mangiare qualcosa? – le chiese senza distogliere gli occhi dal via vai in atto sulla via.
- No, André. – gli rispose pronta Oscar avvicinandosi appena, per potergli parlare senza alzare troppo la voce – Tutt’altro; preferirei tornare qui solo quando sarà giunto il momento. –
André annuì e subito sollevò il braccio per portare il tricorno sul capo, calcandolo bene al suo posto – Allora possiamo andare: abbiamo l’intera giornata a nostra disposizione per confonderci tra la gente della città. –
Attese un suo cenno di risposta e poi si avviò sicuro, quasi che avesse davvero ben chiaro dove fosse diretto.
 
Sedette su una cassa, mentre con un lungo soffiare rilassava le spalle fino ad appoggiarsi al muro retrostante, tanto da puntarvi contro anche il capo; attese che anche lei gli si sistemasse accanto e poi strinse a sé la forma di pane che avevano acquistato poco prima.
Avevano trascorso l’intera mattinata a passeggiare per le vie di Le Havre, tra banchi del mercato e botteghe di vario genere, per risalire lungo la via principale e poi tornare al porto attraverso un intricato reticolo di vicoli, ed avevano più volte considerato la possibilità di fermarsi a consumare un pasto in una taverna tra le tante che avevano incontrato, ma poi la loro attenzione era stata catturata dalla fragranza calda e intensa proveniente dalla bottega di un fornaio ed era stato sufficiente un rapido scambio di sguardi per accordarsi sul da farsi.
Con il sole ormai alto sopra il capo, avvertivano entrambi il bisogno di fermarsi per riposare almeno un po’ e godersi un pasto frugale che consentisse loro di tenere sott’occhio tutto quello che li circondava, e quella catasta di casse a ridosso di una bottega momentaneamente chiusa era parso un luogo ospitale e piuttosto tranquillo, al margine della confusione che ancora occupava l’intera spianata aperta sulla banchina del porto e defilato rispetto al caotico fluire della gente tra un banco e l’altro.
André strinse le dita sulla pagnotta dalla forma allungata e ne staccò una parte, passando poi a Oscar il resto.
– Da questo punto, possiamo controllare senza difficoltà i movimenti delle navi all’attracco … - le disse, mentre portava alle labbra un tozzo di pane, masticando lentamente - … ma mi sentirei più tranquillo se potessimo già scoprire con quale dovremo partire e, soprattutto, quando. -
Anche Oscar si era servita, staccando una parte della pagnotta, e prese ad annuire, spostando lo sguardo in lontananza, tra gli alberi delle navi che, affiancate ai pontili protesi nel mare, ondeggiavano leggermente, in una danza delicata sul movimento dell’acqua.
- Più tardi, potremmo attraversare il porto e avvicinarsi alle imbarcazioni. – suggerì lei, con un cenno verso le banchine – Magari riusciremo ad intuire la destinazione di alcune di esse … e potremmo essere anche così fortunati da trovarne una diretta a nord. – ipotizzò poi, evitando di nominare la meta del loro viaggio.
- A dire il vero, non sappiamo nemmeno noi dove siamo diretti esattamente. – precisò allora André, arricciando il naso per poter sostenere lo sguardo in direzione del mare, sfidando lo scintillio inquieto che, al di là del canale del porto, donava un che di prezioso alla distesa d’acqua.
In quell’istante, quasi potesse essere la risposta alla sua considerazione, avvertì sul proprio braccio il tocco saldo della mano di Oscar e non ebbe bisogno di chiederle nulla, per comprendere, attraverso quel semplice contatto, la tensione che l’aveva attraversato. Tuttavia, nonostante l’allerta, Oscar era rimasta apparentemente immobile e aveva solo chinato impercettibilmente il capo, quasi volesse nascondersi sotto la tesa del tricorno. André trattenne il fiato, spostando distrattamente lo sguardo sulla gente, prima di portarsi un altro morso di pane alle labbra, rimanendo in attesa, ma mostrandosi il più possibile calmo.
La stretta di Oscar si allentò un poco fino a che, dopo qualche istante, la mano non scivolò sulla stoffa, per raggiungere quel che restava della forma di pane. Allora André poté volgersi finalmente a lei, interrogandola con lo sguardo.
- Mi sembrava di aver notato un uomo … - esordì lei a mezza voce, attenta a rendersi appena udibile da André - … l’ho visto attraversare lo spiazzo diretto a nord, per poi tornare sui propri passi fino quasi a raggiungerci. –
André annuì appena, ondeggiando il capo con aria indifferente, ma subito cercò di chiarire i propri pensieri a Oscar – Credo di aver capito di chi parli: ho visto un uomo basso, vestito con una giacca scura … - attese il suo cenno affermativo, poi riprese a spiegarsi - … ma credo che non stesse cercando noi, se è questo che hai pensato: ricordo di aver incontrato quell’uomo anche ieri; se non erro … faceva la spola tra i banchi di pesce di questa parte del porto. – concluse con un cenno ai moli più vicini alla loro posizione.
Oscar contrasse appena le labbra in un accenno di sorriso teso, cercando di stemperare la propria tensione, per poi rispondergli – Già … probabilmente hai ragione. E’ solo che io … -
- Lo so, Oscar. – si intromise André, venendole in aiuto e porgendole l’ultimo pezzo di pane rimasto – Lo so … e non solo ti capisco perfettamente – la rassicurò – ma credo anche che sia importante continuare a tenere gli occhi aperti. –
 
Inspirò a pieni polmoni, il respiro spezzato dalla brezza salmastra, odorosa di spazi aperti, eppure densa del sentore pungente della pece e di quello intenso del pescato ancora esposto sui banchi. Oscar, al suo fianco, puntava il viso in direzione del mare aperto, il mento sollevato e gli occhi socchiusi, in una espressione di beatitudine che gli accarezzò il cuore; sollevò una mano, posandola sulla sua spalla e stringendo appena in un gesto di rassicurazione che sapeva soprattutto di vicinanza, in quell’istante in cui i pensieri riuscivano a volare veloci e leggeri, giungendo in un soffio alla meta ancora sconosciuta al di là del mare. Riuscì ad avvertire la risposta al proprio tocco, un leggero rilassarsi, quasi che il suo calore potesse giungere a lei, nonostante gli spessi strati di stoffa da cui erano separati, e per un attimo socchiuse a sua volta lo sguardo, contemplando la distesa lucida dell’acqua e i suoi riflessi argentei. In quel pomeriggio a vagare tra il porto e le vie interne Du Havre, aveva più volte sentito il bisogno di fermarsi, di trovare un angolo sicuro e nascosto in cui abbandonarsi alla propria spossatezza; una stanchezza che non era del corpo, ma piuttosto un peso dell’anima, una inquietudine che lenta e costante, lo stava logorando, rendendo il tempo lento e pesante, e che in quel momento, di fronte alla distesa infinita dell’acqua scura, aveva allentato il suo giogo, concedendo spazio e tempo alla pace ormai a portata di mano.
Su quella banchina spoglia, protesa nel mare nell’intento di accompagnare i viaggiatori nell’ultimo tratto del loro cammino legato alla terra ferma, prima di imbarcarsi, André si sentì sospeso tra passato e futuro e fu quasi sorpreso dalla pacata consapevolezza con la quale quel pensiero riuscì ad insinuarsi nella sua mente. Era in bilico tra due mondi, ad oscillare cullato dallo sciabordio delle onde che si infrangevano sui pali malconci, consumati dall’acqua salmastra, serenamente impotente di fronte all’evoluzione che la sua stessa vita stava vivendo, consapevolmente inerme di fronte al prendere forma di tutto quello che per una vita aveva sognato, tenendo il proprio desiderio in un angolo remoto del proprio cuore. Nonostante il fruscio del vento, lo scricchiolio del legname degli scafi e le grida dei marinai affaccendati tra il cordame sospeso, riusciva a percepire distintamente la presenza di Oscar al proprio fianco come un sospiro costante e pacato, che contribuiva a rendere tutto permeato da un’aura ovattata e positiva, vincendo il tarlo delle preoccupazioni fino a condurlo oltre, a pregustare la pace tanto anelata in una dimensione completamente nuova e già presente.
Distese le dita, tendendole un poco per sgranchirle, e con i polpastrelli sfiorò le ciocche disordinate che sfuggivano al copricapo in una nuvola morbida sul collo di Oscar. Rimase in ascolto di quel tocco, giocando con la punta delle dita a sfiorare i capelli in una carezza morbida e sensuale per qualche istante; allora, lei si mosse, piegando il gomito per portare la mano ad accarezzare la sua, fino ad insinuarsi nel gioco con i fili ribelli. Avvertendone il tocco, André si volse ad osservare le loro dita, un intreccio accennato, uno sfiorarsi appena, leggero e delicato, prezioso e sfuggevole sotto la carezza della brezza che pareva avvolgerli nel suo soffio. Rimase rapito da ciò che vide e completamente ammaliato dall’immagine di quel cerchio d’argento appena visibile, ma che ai suoi occhi ora brillava del riflesso più caldo e vibrante.
Gli tremarono le viscere, così come era accaduto durante tutto quel giorno, ogni volta che aveva visto le mani di Oscar muoversi con naturalezza, portando in ogni gesto il segno della scelta compiuta. Si morse il labbro, soffocando per l’ennesima volta l’istinto di stringerla a sé, per cercare le sue labbra, in un rinnovare la promessa fatta … con la lucida consapevolezza che ogni difficoltà sarebbe stata affrontata, superata e vinta, grazie alla forza inesauribile del sentimento che li legava e che avevano scelto di difendere con ogni mezzo, accettando di sciogliere ogni legame con il passato, a costo di qualunque sacrificio, con l’unico fine di essere nuovi, insieme.
Allora un pensiero fulmineo attraversò la sua mente e il suo corpo ne seguì l’istinto. La mano libera corse alla cintola, cercando il contatto solido del manico del pugnale, per poi sfilarlo dalla custodia.
- Oscar … - la chiamò nel soffio della brezza, e l’urgenza nella sua  voce la indusse a voltarsi immediatamente, cercandolo con lo sguardo, fino ad affondare nei suoi stessi pensieri.
Non furono necessarie parole: André le porse il pugnale mentre già l’altro braccio si sollevava sul capo, la mano ad afferrare il tricorno per farlo librare nell’aria, disegnando un arco fino a giungere a terra; incrociò il suo sguardo, sorridendo all’espressione sorpresa che vi lesse, e poi le volse le spalle, in attesa.
 
Lasciando oltre l’uscio la luce calda del tramonto, si mossero cauti tra i tavoli della taverna, scivolando con  sguardo distratto nella penombra come se cercassero un angolo libero in cui sistemarsi, mentre, al contrario, osservavano attenti ogni volto, nella speranza di riconoscervi quello di Hans.
Non si sorpresero nel trovare la sala quasi completamente occupata, gli avventori a grappoli attorno ai tavoli, le voci intrecciate in un assordante brusio di racconti e commenti in cui imprecazioni e insulti sovrastavano ogni altro suono, come fossero i capi sfuggiti da una matassa disordinata. L’odore umido e denso del vino, fuso con quello amaro e pungente dell’umanità stipata nella taverna, giunse al suo naso a coprire quel fondo di salmastro e pece che pareva avvolgere l’intero porto e buona parte della città, provocandogli un istintivo trattenere il fiato. Lentamente, si abituò all’ambiente, inoltrandosi fino in fondo alla sala e scorgendo l’uomo al quale, la mattina stessa, avevano lasciato in custodia i cavalli; André rivolgendogli un cenno di saluto, si approssimò al bancone, chinandosi verso di lui, con i gomiti poggiati al ripiano.
- Monsieur … – lo salutò, mentre l’uomo porgeva un bicchiere colmo di vino ad un altro avventore, giusto a fianco di André - … come vi avevo detto, siamo tornati. –
L’uomo si piegò a rovistare al di sotto del bancone, affaccendato in un rumoreggiare di vetri, prima di sollevarsi e rivolgere la propria attenzione ad André.
- Ciò che avete lasciato questa mattina, è ancora di là, al proprio posto. – lo rassicurò con il fare di un uomo avvezzo a concludere affari – Potete controllare anche ora. –
- Lo farò certamente e in seguito … - le folte sopracciglia dell’uomo si unirono in una espressione concentrata, fissa sul volto di André che, prontamente, colse la questione - … provvederò a saldare, come d’accordo. Prima, tuttavia, vorrei fermarmi per bere un po’ … -
L’uomo annuì, evidentemente soddisfatto dalle parole di André, e sollevando il grosso naso sulla sala parve guardarsi attorno per cercare un posto libero a cui indirizzare i nuovi venuti. Seguendone lo sguardo, André si volse alla sala, tentando di individuare una sagoma nota tra il brulicare degli avventori; strinse lo sguardo, passando in rassegna per la seconda volta l’intera sala … per poi bloccarsi, all’udire la voce di Oscar.
- André … - lo chiamò con urgenza e lui d’istinto si volse a guardare nella medesima direzione in cui lei teneva fisso lo sguardo, riconoscendo nei suoi lineamenti tesi l’ombra della preoccupazione - … non mi sembra proprio che quello sia l’uomo che aspettiamo. -


Angolo dell'autrice: una giornata in città, nascosti tra la folla, consumando l'attesa; e poi... la taverna, ma come sempre vi lascio un interrogativo.
Un bacio grande a chi ancora legge, segue, ricorda, preferisce e mi fa compagnia con le sue impressioni. A presto!

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Capitolo 64
*** Aroma di Normandia ***


Aroma di Normandia
 
Sedettero al tavolo, una accanto all’altro, scivolando lungo la stretta seduta della panca fino a sistemarsi in modo da occuparla tutta, perché nessuno potesse pensare di sistemarsi al loro fianco, impedendo loro di lasciare la tavola, qualora avessero avuto necessità di farlo, e in modo da ottenere una visuale completa della sala della taverna.
André sollevò il capo, abbracciando con lo sguardo il caotico movimento di capi e braccia, boccali e bottiglie, senza che nessuno dei capannelli finisse per attirare la sua attenzione con gesti e toni tali da far presagire una discussione in arrivo.
- Sono sinceramente felice di incontrarvi di nuovo, Girodel; tuttavia, la vostra presenza qui mi induce a credere che si siano presentate delle difficoltà … - esordì Oscar diretta, senza nemmeno tentare di nascondere la propria preoccupazione – Forse il Conte di Fersen … -
- Potete stare tranquilli. – si intromise subito Girodel con voce pacata, passando lo sguardo trasparente da l’una all’altro e gestendo con abile gentilezza la punta di sorpresa suscitata dalla vista dall’aspetto inconsueto delle loro capigliature, che pure André riuscì comunque a cogliere – Insieme al … ad Hans, abbiamo convenuto che se avesse abbandonato la Reggia così a breve distanza di tempo dal proprio rientro, avrebbe potuto destare sospetti, soprattutto sapendo che la sua persona è stata certamente collegata al vostro … viaggio. –
Girodel attese qualche istante, perché entrambi potessero riflettere su quanto udito, poi abbassò lo sguardo e André prese ad annuire, concordando sulla convenienza della scelta compiuta, sebbene non comprendesse i dettagli di quanto affermato dall’uomo – Quindi Hans non ha seguito il percorso che aveva ipotizzato con noi e  non si è diretto qui, lasciando la Loira … -
Incrociando lo sguardo di Oscar, riuscì a notarne una leggera ombra che, velandone l’espressione per un istante, parve poi svanire, mentre lei stessa comprendeva le ragioni di quella scelta.
- E’stato molto astuto – ammise lei con un mezzo sorriso – perché in questo modo ha aggiunto un motivo di confusione per chi eventualmente fosse sulle nostre tracce, anche se … sappiamo per certo che qualcuno sta già seguendo il nostro percorso. – soggiunse poi, piegando le labbra in una espressione preoccupata, che venne immediatamente colta da Girodel.
- Credo che Hans avesse le sue motivazioni … - commentò Girodel vago, per poi rivolgersi direttamente a Oscar, colto da altri pensieri – Ma … di cosa state parlando? Qualcuno vi ha seguiti? – si informò aggrottando la fronte e palesando il proprio interesse.
André si protese un poco sulla tavola, facendosi più vicino al proprio interlocutore – Pare che un uomo abbia chiesto di noi, più o meno apertamente, dopo che abbiamo lasciato l’ultima locanda prima di recarci qui. – spiegò – Non sappiamo di chi si tratti … ma la sua presenza è sufficiente a farci temere il peggio. –
- Come avete saputo di quell’uomo? – chiese allora Girodel evidentemente preoccupato, raddrizzando le spalle – Lo avete visto con i vostri occhi? –
Oscar scosse il capo, pronta a rispondere – No, non lo abbiamo visto, ma siamo stati allertati da una persona fidata. Sappiamo che si trattava di un uomo ben abbigliato e con un bastone da passeggio … - spiegò.
- E’ davvero poco per capire di chi potesse trattarsi. – commentò André, notando l’espressione assorta di Girodel; ma poi si fermò ad osservarlo, notando il suo sguardo farsi sottile e perso in un punto invisibile, nascosto oltre il bicchiere di vino che aveva di fronte, quasi affondato nel legno consumato del ripiano del tavolo. Scambiò una rapida occhiata con Oscar, come lui, sorpresa dal comportamento di Girodel.
- Girodel … - lo chiamò a voce appena udibile, allungando una mano sul suo braccio, quasi volesse risvegliarlo – A cosa state pensando? –
Allora quello parve riscuotersi, lo sguardo tornò vivo e l’uomo gli si rivolse, con le sopracciglia ravvicinate a mostrare lo sforzo compiuto nel recuperare un ricordo sfuggente  – Un uomo con un bastone da passeggio, giusto? – chiese allora, per poi afferrare il bicchiere e svuotarlo del poco vino che vi era rimasto.
- Esatto: è così che ci è stato descritto da chi lo ha incontrato … - confermò André – Credete di sapere di chi potrebbe trattarsi? –
L’altro emise un sospiro, tendendo le labbra, piuttosto incerto – Non saprei … Questo dettaglio mi colpisce, in qualche modo; eppure non so spiegarmi perché lo faccia … -
Rimasero assorti per qualche istante, quasi volessero attendere che quel mistero potesse essere risolto, ma poi Girodel tornò ad abbassare lo sguardo, lasciando che vagasse curioso tra le venature scure della tavola resa ruvida dall’usura, fino a perdersi ed apparire di nuovo rapito da qualche pensiero lontano. André cercò Oscar con lo sguardo, incuriosito dal comportamento di Girodel, ottenendo di rimando solo una leggera alzata di spalle.
Allora Girodel si mosse, portando una mano alla tasca interna della giacca ed estraendone dei fogli ripiegati più volte.
- Ad ogni modo … - esordì quasi volesse riprendere un discorso interrotto – chiunque si trovi sulle vostre tracce, possiamo sperare che non giunga al porto prima che la vostra nave salpi … -
Girodel posò i fogli sul tavolo, coperti e protetti con il palmo della propria mano, per farli scivolare in direzione di André – Questi sono i vostri documenti di viaggio, André: Monsieur Gilles Sottevast e Madame Marie Louise, sua consorte, hanno diritto ad un passaggio per Goteborg sulla Florentia, che partirà domani mattina. Sui documenti troverete anche tutte le indicazioni per muovervi una volta che sarete sbarcati … - spiegò – Comunque, non appena lasceremo la taverna, potrete recarvi al molo settentrionale e salire a bordo, in modo da sistemarvi nella vostra cabina per la notte. Il Capitano Marval è un uomo onesto, di cui potrete fidarvi: Hans lo conosce personalmente, perché ha viaggiato sulla sua nave in passato e può garantire per lui. – concluse infine, sollevando la mano dal plico e ritraendola a sé – Questo è tutto. -
André non seppe soffocare un sorriso, mentre raccoglieva i documenti dal tavolo per riporli nella tasca interna della propria giacca, pronto a custodirli gelosamente. D’istinto, si volse a Oscar, mentre, al di sotto del piano del tavolo, il tocco della sua mano si faceva caldo sulla coscia, stringendolo appena.
- Non esistono parole adeguate a ringraziarvi, Girodel … - quasi soffocato da un improvviso groppo in gola, André riuscì a mala pena a pronunciare una frase di circostanza, incapace di esprimere completamente il proprio stato d’animo, così come l’emozione che lo aveva pervaso e scosso non appena aveva percepito nella tasca, contro il proprio petto, la presenza dei documenti, un qualcosa di gonfio e solido, incredibilmente reale.
Girodel scosse il capo, silenzioso, mentre tratteneva il sorriso che gli stava tendendo le labbra; ma poi André lo vide volgersi in direzione di Oscar, mordendosi le labbra, evidentemente indeciso … titubante sul da farsi, o forse incerto su quale fosse il modo migliore per congedarsi adeguatamente da lei.
Rimase ad osservare l’uomo … ma comprese ben presto le sue esitazioni. Ricordò di aver visto più volte il suo sguardo scendere e indugiare sul tavolo, o meglio, sulle mani che Oscar vi teneva appoggiate; per almeno un paio di istanti di troppo, Girodel era rimasto poi ad osservare le proprie mani mentre si stringevano l’una nell’altra, mostrando inquietudine …
Allora, senza attendere oltre, André posò i palmi sul tavolo, sollevandosi dalla seduta – Vado a chiedere altri due bicchieri e una bottiglia di vino: credo sia il caso di brindare! – e allontanandosi dalla tavola, con la coda dell’occhio riuscì a scorgere l’espressione quasi sollevata di Girodel che, come se non potesse permettersi di attendere oltre, portò di nuovo la mano alla tasca della giacca, traendone un foglio ripiegato e sigillato, per poi consegnarlo nelle mani di Oscar. Provò una sorta di riconoscenza nei confronti di Girodel, ammirandone il coraggio e lo spirito di sacrificio nel mettersi in gioco in prima persona per aiutarli a lasciare la Francia. Giunse al bancone con passo lento e poi chiese calmo bicchieri e bottiglia all’uomo della taverna, nel tentativo di concedere a Girodel tutto il tempo necessario per il proprio congedo da quella che era stata il suo superiore e per consegnarle quella che immaginò dovesse essere, con ogni probabilità, una lettera di saluto da parte della Regina Maria Antonietta. Avendo conosciuto e sperimentato direttamente il sincero attaccamento della sovrana ad Oscar, riusciva a comprendere perfettamente il desiderio di lasciarle una missiva di saluto in previsione del fatto che difficilmente avrebbero avuto ulteriori occasioni di incontrarsi … e poteva anche immaginare quanto Oscar avrebbe gradito quella lettera di saluto. Mentre gli veniva consegnato quanto richiesto, sorrise tra sé, osservando in modo opportunamente distratto come Oscar e Girodel stessero ancora scambiando qualche battuta, la lettera ormai scomparsa dal piano del tavolo. Non fu sorpreso del sottile piacere che provò nello scorgere i due intenti a discorrere con una certa confidenza, oltre che in modo evidentemente naturale e nemmeno tentò di indovinare quali potessero essere gli argomenti che i due avessero potuto affrontare … Eppure gli si bloccò il respiro, quando intuì il gesto di Girodel che, sportosi appena sulla tavola, prendeva tra le mani la sinistra di Oscar, disponendosi ad osservare con attenzione l’anello d’argento che lei portava all’anulare. Ebbe un fremito, quasi temesse che lei potesse manifestare qualsivoglia segno di timore o, giunse a pensare, addirittura vergogna; ma il suo cuore tremò, gonfio di orgoglio e amore, quando, in risposta a quel gesto curioso di Girodel, Oscar sollevò il capo, il viso radioso, reso splendido da un sorriso emozionato, a sfiorare per un istante l’amico nobile, prima di sollevarsi verso il bancone della taverna a cercare il volto del proprio marito.
Allora André ringraziò l’oste, lasciò alcune monete sul bancone e, afferrando i bicchieri e stringendo la bottiglia al petto, si diresse al tavolo, felice e ansioso di poter  brindare al nuovo giorno in arrivo.
 
Tornato al tavolo, lo sguardo fisso, intrecciato a quello di Oscar che lo aveva accompagnato fino a lei, André depose il suo fragile carico e poi protese la mano, lasciando che le proprie dita scivolassero su quelle di Oscar, fino a raggiungere il suo palmo per chiuderlo nella propria, delicata, stretta. Sedette di nuovo accanto a lei, mentre Girodel, con estrema naturalezza, prese la bottiglia, pronto a versarne il contenuto nei tre bicchieri a loro disposizione.
- Non voglio assolutamente pensare al fatto che potrebbe trattarsi di un addio … - esordì con inaspettata disinvoltura, ormai evidentemente a proprio agio sotto ogni aspetto e libero da qualunque possibile fraintendimento - … ma piuttosto, desidero brindare a voi, al vostro valore, al vostro futuro e … - rimase in sospeso, allontanando il collo della bottiglia dal terzo bicchiere e poi porgendone uno ciascuno a Oscar e André, prima di riprendere il proprio, per sollevarlo davanti a sé - … al vostro felice legame. – concluse.
André sollevò il proprio bicchiere, scambiando un’occhiata complice con Oscar e poi fece per avvicinarlo alle labbra, pronto a gustare il sapore dolce del vino di Normandia …
Tuttavia, il suo bicchiere non giunse alle labbra, perché il suo sguardo incontrò quello di Girodel, improvvisamente attonito. Gli riuscì appena di aggrottare la fronte, confuso … e poi intuì, nel brusio della taverna, le parole sussurrate sul filo del vetro da Girodel, quasi leggendone il movimento.
- E’ lui; è l’uomo con il bastone da passeggio: è appena entrato nella sala. –


Angolo dell'autrice: oggi ho ricevuto tanti messaggi di affetto ... e così ho pensato di ricambiare a modo mio, con questo aggiornamento fuori programma!
Grazie a tutte coloro che leggono, seguono, ricordano, preferiscono e lasciano commenti... questa è la mia fetta di torta virtuale per tutte voi.
E ora... buone feste! A presto.

 

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Capitolo 65
*** La Florentia ***


La Florentia
 
Un battito di ciglia.
Quello fu il tempo in cui tutto parve ruotare attorno a loro, insieme alla taverna e alla sua confusa e animosa folla di avventori, eppure fu sufficiente perché il tutto assumesse una dimensione completamente nuova, tesa e vibrante.
André riuscì appena ad intuire il gesto rapido e istintivo con cui Oscar, agile e sottile, parve svanire tra la seduta e la tavola, scivolando di sotto per poi ricomparire acquattata a terra, sul lato opposto a quello a cui era sistemata fino ad un attimo prima. Improvvisamente, l’aria della taverna gli parve divenire insostenibile, viziata e pesante, resa insopportabile dal denso fetore di sudore, di vizio e di alcool scadente …
Senza riflettere, si sollevò dalla panca e Girodel, giusto di fronte a lui, fece lo stesso, mentre si allungava ad abbracciare le spalle di un uomo corpulento e barcollante che si trovava a passare giusto accanto a loro, facendosi largo tra altri uomini, per poi trattenerne un secondo con una presa sul braccio.
- Amici! – li salutò Girodel, quasi li conoscesse da sempre, chinandosi a parlare all’altezza dei loro orecchi color vinaccia – Dove credete di andare? – gli chiese poi, mentre quello a cui aveva stretto le spalle socchiudeva gli occhi arrossati in due fessure, nel tentativo di mettere a fuoco chi l’avesse chiamato.
André ebbe la prontezza di seguire la farsa di Girodel, trattenendo un terzo uomo dall’aria alticcia piazzato giusto sul suo lato del tavolo, malfermo sulle gambe ed evidentemente perso tra la calca; fu lesto a voltarsi per pararsi di fronte a quest’ultimo.
- Certo! – gridò a sua volta, con fare cameratesco – Unitevi a noi! – e già aveva afferrato un bicchiere dal tavolo, per allungarlo a Girodel che, mollata la presa sui due ignari ospiti, aveva sollevato la bottiglia per riempirlo. Gli fu immediatamente chiaro che non vi fosse alcuna necessità di scendere nei dettagli di quell’improvvisato festeggiamento, perché agli occhi lucidi dei tre amici appena uniti alla loro mensa la vista dei bicchieri che si riempivano l’uno dopo l’altro tra le mani generose di Girodel fu più che sufficiente; quelli si dondolarono appena un poco, strizzando gli occhi annebbiati, forse nell’estremo, inutile, tentativo di riconoscersi vicendevolmente, ma poi si accasciarono sulle panche, quasi uno sull’altro, con tre tonfi indistinguibili, agitando le braccia a mollare pacche riconoscenti sulla schiena di Girodel e gorgheggiando parole senza senso, con l’unico scopo di mostrare compiacimento e partecipazione.
André ebbe la prontezza di dare un’occhiata distratta alla sala, per individuare l’uomo con il bastone da passeggio ancora imbrigliato nel disordine degli avventori assiepati all’ingresso dalla sala, e poi poggiò i palmi aperti sul tavolo, protendendosi sopra i propri ospiti e dondolandosi compiaciuto.
– Comunque … una sola bottiglia non può certo bastare per fare festa tra amici! – osservò, suscitando l’assenso e l’ilarità dei soci, mentre avvertiva, contro il ginocchio, al di sotto del tavolo, uno strano movimento. Arretrò appena il necessario per scorgere la schiena di Oscar che, rimasta nascosta sotto fino a quel momento, stava giusto approfittando della distrazione dei nuovi arrivati per scivolare oltre la tavola, muovendosi china a terra fino a infilarsi tra gli uomini che chiudevano la visuale attorno al bancone, in attesa di essere serviti. Intuendo lo spostamento di Oscar, anche Girodel gli si mise a fianco, sostenendo il suo gioco.
- Esatto amico! – esclamò Girodel stringendo la mano sulla sua spalla – Andiamo a ordinare dell’altro vino, perché la festa possa continuare ancor a lungo! –
Gli uomini al tavolo, ciondolando pure da seduti, sollevarono i bicchieri in un brindisi opaco e accolsero la proposta con un certo alcoolico entusiasmo, mentre André si affrettava a infilarsi tra gli uomini diretti al bancone, nascondendosi tra loro, e Girodel lo seguiva coprendo la sua schiena.
 
Raggiunto il retro della taverna, nel buio polveroso e umido della stalla, trovarono Oscar nascosta tra la paglia, oltre lo stallo dove Cesar e Alexander erano ancora ricoverati. André si affrettò chinarsi al suo fianco, scrutando preoccupato oltre la pace apparentemente silenziosa di quella baracca e poi ritrovandosi addosso il suo sguardo cupo e interrogativo.
- Quei tre sono rimasti al nostro tavolo: nessuno noterà la nostra fuga dalla sala. – la rassicurò – Ma ora dobbiamo andarcene subito di qui … -
Girodel puntò un ginocchio a terra, giusto di fronte a loro – Hai ragione. – convenne, rivolto ad André – Dobbiamo muoverci e raggiungere il molo al più presto: raccogliete i vostri bagagli; seguiremo la via alle spalle della taverna e ci infileremo nei cortili fino … -
Oscar parve scuotere il capo, la fronte corrugata e lo sguardo ancor più scuro – Ma … loro? – chiese interrompendo Girodel, indicando con un cenno i cavalli – Non possiamo lasciarli qui! –
- Dobbiamo. – insistette André serio, posando il palmo su un suo braccio, cercando di rassicurarla – Forse … forse potremo recuperarli prima della partenza! –
Girodel si era già sollevato da terra e, rapido, aveva controllato il cortile retrostante sporgendosi un poco dalla porta sgangherata della stalla – Mi occuperò io di loro. – affermò risoluto – Prima della partenza, avrete i vostri cavalli. –
 
André saltò più in alto che poté, aggrappandosi a mani nude alla sommità del muro che delimitava il cortile della locanda, fino quasi ad affondare le unghie nella polvere, sentendo i frammenti di malta e pietra conficcarsi sotto pelle. Puntò i piedi sulla superficie verticale, facendo leva sulle sporgenze irregolari per sollevare il proprio peso fino a issarsi a cavalcioni in cima alla recinzione, facendo la massima attenzione a mantenersi in equilibrio, perché la sacca che portava sulle spalle fosse ben salda e non rischiasse di cadere. Si sporse un poco ad osservare il vicolo alle spalle della taverna, verificando che non vi fossero presenze sospette, e poi si volse al cortile, allungando un braccio ad Oscar per aiutarla a raggiungere la propria posizione. Lei strinse forte le dita attorno al suo polso e poi lasciò che lui la sorreggesse, agile e svelta, ma docile alla sua presa.
Giù, nel cortile, Girodel si stava avvicinando camminando a ritroso, procedendo con estrema attenzione, assicurandosi che nessuno li seguisse e che l’uomo giunto alla taverna non fosse riuscito a mettersi sulle loro tracce; non ancora, per lo meno. Giunto in prossimità del muro, rassicurò André con un cenno del capo e poi si accinse a sua volta a superarlo, mentre loro si lasciavano scivolare a terra, nel vicolo.
Ritrovatisi insieme, si scambiarono una rapida occhiata: André poté notare l’espressione concentrata di Girodel, così come quella determinata di Oscar. Ebbe un fremito realizzando quale azzardo stessero facendo e quanto, soprattutto, stesse rischiando il Capitano della Guardia Reale aiutandoli in quella fuga; ricordò quello che aveva creduto fosse il loro congedo, quell’incontro rapido avvenuto a Versailles, in cui Girodel gli aveva rivelato, con estrema franchezza, la propria stima, e quel pensiero ebbe il potere di rinfrancargli l’animo, consegnandogli quella sottile e preziosa certezza che era la presenza rassicurante di un vero amico.
Non ebbe tempo per altri pensieri: Oscar portò la mano alla sua spalla, cercando il suo sguardo, e poi strinse le dita con forza, quasi richiamandolo e infondendogli fiducia; a quello sguardo fermo, non poté che reagire, superando anche l’ultima esitazione e prendendo a muoversi lungo il vicolo, certo che tutto si sarebbe concluso per il meglio.
 
Avevano attraversato  isolati protetti dall’ombra della sera e dall’incombere delle costruzioni del quartiere, inoltrandosi in un dedalo di vicoli indistinguibili, guidati solo dall’istinto e, di tanto in tanto, dall’eco dei rumori del porto, da quel canto sommesso e cupo che gli scafi intonavano dondolando sull’acqua con un lamento di legno. Guadagnando attimi di silenzio, strappando una apparente calma da quella fuga senza regole precise, a turno avevano levato il naso al cielo, cercando di leggere tra le sagome scure delle case sui cui fronti i graticci di legno disegnavano espressioni inquietanti, nel tentativo di orientarsi per giungere a percorrere una sorta di arco alle spalle del porto, secondo un percorso irregolare e ambiguo che potesse confondere eventuali inseguitori, fino a condurli sul lato settentrionale, al molo da cui sarebbero partiti l’indomani mattina.
Più e più volte si erano fermati, nascondendosi sotto un portico o appiattendosi nell’imbotte di un portone chiuso, seguendo l’istinto di ciascuno e mettendosi in attesa, per verificare che nessuno li avesse seguiti, e nonostante le strade non fossero deserte e molti degli uomini scorti lungo la via avessero destato più di un sospetto, tuttavia non avevano poi riscontrato elementi concreti che potessero ricondurli ad un vero inseguimento. E se nei primi minuti dal momento in cui avevano lasciato il cortile della taverna non avevano fatto altro che correre e saltare recinzioni e muretti, progressivamente si erano fatti più cauti, finendo per muoversi con una certa naturalezza, sebbene con estrema attenzione.
Arrivarono al porto attraverso un vicolo tortuoso e la visuale di uno scorcio lucente di mare apparve stretto tra i profili alti dei caseggiati prospicienti la piazza, subito dopo aver superato una svolta a gomito, aggirando una bottega chiusa per la notte.
Allora la brezza fresca proveniente dal mare lo investì togliendogli il fiato e poi regalando la piacevole sensazione che dona il soffio salvifico a chi sente di non aver più fiato. Andrè si guardò un po’ attorno, spingendo lo sguardo oltre il limite degli edifici, percorrendo curioso e guardingo la spianata con cui la città accoglieva il mare in una sorta di abbraccio. Venne colpito dall’immagine placida di quel luogo che ricordava animato della vita del giorno e dalle voci del mercato e che, al contrario, in quel momento pareva assopito nel brusio dell’attività sommessa della notte ormai prossima. Si sforzò di scrutare oltre i moli, fin sui ponti delle navi ormeggiate, una a fianco all’altra: su una di esse riuscì a cogliere il minuto movimento di un uomo di guardia, il suo percorrere lento tutta la lunghezza dell’imbarcazione, gettando occhiate distratte verso terra; poco oltre, un uomo si arrampicava agilmente su per l’intreccio di cordame, fino a raggiungere quelli che dovevano essere i sostegni delle vele.
Intuì al proprio fianco la presenza di Oscar, il respiro leggero che sibilava nel buio, le labbra socchiuse in un accenno di sorriso e lo sguardo sottile puntato in una direzione precisa, verso l’ultimo molo del porto. Seguì il suo sguardo, avvertendo un fremito lungo la schiena, consapevole di ciò che avrebbe visto.
Laggiù, oltre una piccola imbarcazione che gli si mostrò deserta, cullata dal moto leggero delle onde, la Florentia appariva come una immensa ombra scura; bizzarra, per essere un’ombra, a causa della sua imponente chiglia dalla forma solida, la nave si ergeva di parecchi metri sopra il pelo dell’acqua, con un castello elegante e slanciato, e un lungo scafo del quale a fatica riusciva a intravedere l’estremità di prua.
 
Cauti, avevano attirato l’attenzione dell’uomo posto di guardia sul ponte per la notte e questi, un personaggio curiosamente minuto, per essere un uomo di mare, vestito in modo povero, ma piuttosto dignitoso, li aveva fatti attendere a terra, mentre si era affrettato a chiamare il capitano della Florentia che, a quanto pareva, doveva essere ritirato nella propria cabina a preparare l’imminente partenza. Comparso il Capitano Marval, era stato loro concesso di salire a bordo, sotto lo sguardo curioso dell’ometto che, al giungere del capitano, era tornato alla sua ronda di guardia, pur mantenendosi attento a ogni loro movimento. Girodel, dal canto suo, si era limitato ad un cenno di saluto e poi, affidatoli al capitano, silenzioso e concentrato si era allontanato con il preciso intento di controllare personalmente il molo e  tutta la zona circostante ad esso.
- Come ho già anticipato al vostro uomo, - esordì André per presentarsi al Capitano, osservandone rapido la figura corpulenta e massiccia, che infondeva una certa sensazione di sicurezza  – io sono Gilles Sottevast  e questa è mia moglie Marie Louise. - soggiunse, indicando Oscar con un leggero movimento del braccio, mentre lei si limitava a chinare gentilmente il capo, in una singolare imitazione di una dama convenzionale.
- Abbiamo preso accordo per un passaggio sulla vostra nave fino a Goteborg … - precisò poi, quando già Oscar traeva dalla tasca i documenti di viaggio, per mostrarli al Capitano - … e, pur comprendendo che questo non è certo l’orario adatto per presentarci al vostro cospetto, ci siamo permessi di disturbarvi perché avremmo necessità di un ricovero per la notte. –
Attento alle parole di André, il Capitano non riuscì tuttavia ad evitarsi di lanciare qualche occhiata in direzione di Oscar; accortosene, André si affrettò a chiudere i convenevoli, chiarendo al meglio le proprie esigenze – Auspicavamo che fosse possibile sistemarci fin d’ora sulla vostra nave, non necessariamente in una cabina, sia chiaro, ma anche solo sotto coperta ... –
Il Capitano Marval, prima compito e piuttosto formale nell’accogliere i nuovi ospiti, parve distendersi un poco e le sue spalle, rigide e squadrate, si rilassarono visibilmente sotto il decoro dorato, retaggio di una strana sorta di uniforme dall’aria vagamente militare, mentre le sue dita si stringevano sulla carta dei documenti di viaggio e lo sguardo scorreva rapidamente il contenuto delle lettere.
- Quindi, è il Conte di Fersen a garantire per voi, Monsieur? – chiese allora, quasi senza alcun nesso con le richieste avanzate da André che, pur sorpreso, si affrettò a confermare.
- Sì, certo, Capitano. Il Conte di Fersen … - provò a spiegare, ma subito, evidentemente rassicurato dal nome del Conte, il Capitano parve passare oltre quella questione formale.
- Avete avuto fortuna, Monsieur Sottevast. – commentò allora, tornando senza preamboli alla sua precedente richiesta. Sollevò le sopracciglia folte in due archi scuri sopra gli occhi che, illuminati dal bagliore notturno, André riuscì a vedere, limpidi e chiarissimi – Di questi tempi, non è facile trovare un imbarco che possa garantire una cabina da destinare ai passeggeri; tuttavia, uno dei miei secondi è fermo a terra, impegnato per alcune settimane nella gestione di un affare, perciò potrete utilizzare la sua cabina, se riuscirete a farvi bastare il suo letto! -
Non ebbe dubbi, in merito, e si accorse che anche Oscar, al suo fianco, si era illuminata in volto per poi cercarlo con lo sguardo, le dita già strette attorno al laccio della sacca e un accenno di sorriso teso a rendere le labbra sottili, pronta a trovare finalmente un riparo.
 
Marval li aveva condotti ad una cabina stretta e lunga, il cui puzzo di chiuso lo indusse ad arricciare il naso in una smorfia. Notò che il lato corto era occupato da una specie di cuccetta squadrata sulla quale Oscar si affrettò a sedersi, per poi allungarvisi, quasi a volerne valutare la dimensione; d’istinto, anche lui raddrizzò la schiena, guardando sopra di sé e notando che il soffitto si trovava a poco più di una spanna dal suo capo.
- Sarà più che sufficiente. – commentò André, notando come, distesa su quella sorta di giaciglio, Oscar sfiorasse con il capo e con i piedi le pareti della cabina – E’ più di quello che avrei immaginato … -
- Evidentemente hai poca immaginazione! – gli rispose lei sarcastica, sbuffando appena, per stemperare la tensione, ma poi il suo tono mutò, facendosi più dolce – Ad ogni modo, mi sarei adeguata a qualunque tipo di sistemazione. E comunque, - soggiunse poi – saremo insieme e questo è ciò che conta. –
Riuscì a sorriderle, rincuorato dalle sue parole e dal fatto di averla finalmente percepita sollevata, dopo la silenziosa tensione con cui si era mossa attraverso la città, fino a raggiungere il porto. Sistemò la lampada a olio che Marval aveva consegnato loro su un sostegno fissato alla parete e si chinò verso Oscar, puntando il capo sul ripiano che chiudeva la parte superiore della cuccetta allungando un braccio, per lasciarle una carezza gentile sulla guancia, sfiorandole appena il volto con le dita.
- Staremo bene, Marie Louise. – le disse a labbra strette e lei non fece altro che annuire, con le labbra tese e gli occhi socchiusi in due fessure lucide.
 Attese qualche istante, gustando il dondolio lieve dello scafo sull’acqua, così come il sapore dolce di quella tenace speranza, e poi si sollevò da lei, voltandosi verso la cabina e muovendosi cauto, quasi intendesse esplorala. Mosse qualche passo a ginocchia sollevate, facendosi largo tra la cianfrusaglia lasciata a bordo dall’usuale occupante, urtando con uno stinco contro una piccola cassa lasciata a terra e poi dandosi da fare per superarne delle altre, accatastate sotto quella che pareva proprio una piccola finestra. Posò la propria sacca su un piccolo barilotto sistemato all’estremità della cabina opposta alla cuccetta; sfilò la propria giacca e la ripose sopra le casse, lasciando una carezza sulla tasca rigonfia che custodiva i documenti di viaggio, e poi rivolse la propria attenzione all’apertura. Armeggiò con il meccanismo di chiusura, fino a riuscire a sbloccarlo, per poi aprire il battente, permettendo all’aria del porto di entrare in cabina recando, nonostante l’odore pungente del mare e il ricordo denso del mercato e del pesce, un poco di sollievo. Incuriosito, cercò di scrutare all’esterno, per curiosare in quel piccolo scorcio sul porto.
Pur senza sporgersi, comprese di essere ancora qualche metro al di sopra del livello dell’acqua e riuscì a spingere lo sguardo fino al molo sottostante, quello da cui avevano avuto accesso alla Florentia e sul quale aveva lasciato Girodel alle sue perlustrazioni. Lo cercò fino in fondo al molo e poi tentò di ampliare la propria vista sul piazzale, ma l’apertura era tanto piccola da non permettergli di vedere oltre il punto in cui la banchina si ricongiungeva al terrazzo del porto.
- E’ tutto tranquillo, là fuori? – gli chiese Oscar.
Sbuffò, un poco deluso, scuotendo il capo, e si volse di lei, ora seduta sulla cuccetta, intenta a rovistare dentro il proprio bagaglio.
- Riesco a vedere solo il molo più vicino e poco altro. – ammise.
Oscar si scurì in viso, senza levare l’attenzione e le mani dalla sacca - Direi che sia il caso di tornare sul ponte, in modo da tenere d’occhio il porto e,  magari, riuscire a scambiare qualche parola con Girodel. – ipotizzò restando pensierosa – Cosa ne pensi? – gli chiese infine, cercandolo apertamente con lo sguardo e spingendo la bisaccia in un angolo.
André la fissò per un istante, bloccato ad osservare la sua figura snella incastonata nella cuccetta, china su se stessa, e pure ferma ad attendere la sua risposta; rimase assorto, in ascolto del ritmico russare che, da oltre la paratia che separava la loro cabina da quella del Capitano, giungeva a suggerire quanto Marval avesse necessità di riposo e, soprattutto, la invidiabile capacità di abbandonarsi al sonno non appena ne avesse l’opportunità. Sollevò appena le spalle, convinto che, tutto sommato, non vi fosse altra soluzione che quella da lei formulata.
– Dovremo prestare attenzione, mantenerci nascosti; ma anche io mi sentirei più tranquillo, se potessimo tenere sotto controllo il movimento attorno alla nave. –
 
Risalendo lungo la rampa che conduceva al ponte, il cielo parve aprirsi sopra di loro, limpido e immobile, al di sopra dell’intrico delle strutture e delle travi sospese agli alberi possenti della nave. Avvertì la stretta delle dita di Oscar farsi più intensa sulla propria mano, prima che il tocco scivolasse oltre il palmo, fino a svanire, proprio mentre raggiungevano il ponte e la brezza fresca tornò a investire il suo volto.
Lo sciabordio delle onde giunse come una melodia continua e piacevole, confusa con il sommesso vociare provenente dal porto, e per la prima volta si accorse dello strano effetto che quel rumore gli facesse, ora che, sommato al leggero dondolio della nave, gli sembrava di poter pregustare il piacere della partenza e del viaggio che li avrebbe condotti lontano, alla libertà.
- Fermiamoci qui. – sussurrò Oscar, e André si volse, trovandola china, mentre si sistemava a terra in un angolo buio e riparato, per poi poggiare la schiena alla parete del castello di poppa. Sedette a terra al suo fianco, con le ginocchia sollevate e i gomiti piegati, lasciando che anche lì, accovacciati a terra, i loro corpi potessero sfiorarsi, in un dialogo silenzioso di pelle e stoffa, mentre lo sguardo vagava lungo il ponte, annotando ogni minimo dettaglio di quelle forme rigide e squadrate che immobili, ne movimentavano il profilo. Riusciva a riconoscere il soffio leggero del suo respiro anche in quel finto silenzio, dove nessuna voce copriva le altre e tutti i sussurri si mischiavano in un'unica curiosa sinfonia. La sentiva; Oscar sembrava calma, ma non del tutto rilassata: le sue gambe si muovevano appena, tremando quasi in un vibrare continuo; le sue braccia posate sulle ginocchia non avevano il profilo morbido del riposo ma, piuttosto, quello teso della veglia attenta. Lui stesso era pervaso dalla stessa inquietudine che, nonostante la stanchezza, non lasciava spazio al sonno, infondendo in ogni fibra del suo corpo una insolita tensione.
André individuò presto la sagoma curva del marinaio che il Capitano aveva messo di guardia, una figura lenta che si muoveva stancamente lungo il ponte, percorrendolo da un lato all’altro con passo tranquillo; prese a seguirlo nel suo stanco procedere e ispezionare la nave, fino a ritrovarselo a pochi passi. Allora, accortosi che quello li aveva notati e pareva fissarli con aria accigliata, si affrettò a fargli un cenno di saluto, chinando il capo in un gesto cordiale per poi tornare a mostrarsi rilassato, reclinando il capo all’indietro, fino a sostenersi alla parete di legno. Il marinaio, probabilmente soddisfatto rispose al cenno con un saluto gemello, e poi volse loro le spalle, proseguendo nel proprio compito.
 
- L’uomo che era di guardia? – chiese lei in un soffio, rivelando la propria preoccupazione.
- Probabilmente sta perlustrando con maggiore attenzione la prua della nave, o forse … - rispose allora André, che d’istinto aveva preso a scrutare la parte del ponte opposta a quella in cui si trovavano – … avrà avuto necessità di appartarsi per un istante. –
Percepì il moto nervoso di Oscar che scosse il capo – Ha fatto al giro precedente, sporgendosi oltre il parapetto. – gli spiegò, muovendo il polso e sollevando un indice verso il mare aperto – No. Dovrebbe essere già rientrato da un pezzo, ormai … -
André tese le labbra, annuendo. Oscar aveva perfettamente ragione: si trovavano sul ponte ormai da parecchio tempo, tanto che persino le voci provenienti dalle taverne affacciate sul porto parevano essersi assopite in un solido torpore, e avevano potuto seguire più e più volte la ronda del marinaio che si era ripetuta, fin dal loro arrivo, con una sorprendente regolarità fino al controllo precedente. In quest’ultimo, invece, l’uomo si era inoltrato nell’ombra a prua, ma pareva essersi attardato in modo inconsueto.
Rimasero in silenzio, il respiro bloccato e lo sguardo fisso nel buio oltre le sagome impettite degli alberi; André socchiuse gli occhi in due fessure, quasi potesse arrivare a insinuarsi oltre ciò che era riuscito a scorgere fino a quel momento; allora, gli parve di scorgere un leggero movimento e poi un’ombra scura emergere oltre il nero. Ne seguì il vagare lento, che svaniva tra le casse ancora sparse sul ponte, per poi ricomparire oltre. Spostò la mano sul ginocchio di Oscar, proprio mentre anche lei, pur rimanendo seduta, si raddrizzava un poco, all’erta.
Allora l’ombra parve avanzare, scivolando al centro del ponte, lontano dai parapetti lungo i quali il marinaio aveva sempre eseguito i suoi controlli, fino a prendere forma di un uomo massiccio e di colore cupo di una blusa malconcia. Allertato da quella vista, André si mosse per sollevarsi, pronto all’incontro con il nuovo venuto, teso nello sforzo di comprendere di chi potesse trattarsi, se di un marinaio giunto a sostituire il precedente nel turno di guardia, oppure …
Un colpo violento lo schiacciò a terra, sotto il peso di un corpo possente saltatogli addosso forse dal parapetto del ponte superiore al castello di comando. Rimase senza fiato per qualche istante, mentre il grido di Oscar gli giungeva distinto.
- André! – lo aveva chiamato, ma subito l’ombra emersa dal ponte si era avventata su di lei e anche la sua voce si era smorzata, tramutandosi in un gemito soffocato.


Angolo dell'autrice: capitolo-fiume... mi rendo conto, ma spezzarlo diversamente mi risultava difficile. Se siete giunte fin qui... complimenti a voi. Spero che possa bastare per un po', visto che all'orizzonte si prospettano due fine settimana di vacanza!
Io vi lascio un grande abbraccio e ringrazio come sempre chi legge, segue, preferisce, ricorda e mi lascia il suo commento. Un bacio a tutte... e a presto!

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Capitolo 66
*** Senza fiato ***


Senza fiato
 
André, ripresosi dalla sorpresa iniziale, recuperò le proprie forze, cercando di dimenarsi per sfuggire alla presa dell’uomo che, ancora pesante sulla schiena, lo aveva costretto a terra, gli aveva stretto le braccia e, con forza, gliele stava trattenendo sulla schiena, come a volerle legare insieme. Strinse i denti, nello sforzo di reagire, incapace di strappare le braccia da quella presa e impossibilitato a sollevarsi, con le punte degli stivali che a fatica riuscivano a trovare un punto a cui sostenersi. Si sforzò per girare il capo e intravide il guizzò con cui Oscar ruzzolava a terra, sfuggendo per un istante alla presa dell’uomo che l’aveva aggredita, per poi essere raggiunta, mentre un bagliore metallico indistinto attirava la sua attenzione in quello scontro confuso, tra grugniti e urla soffocate.
Nella disperazione, con un forte colpo di reni, riuscì a destabilizzare l’uomo che l’aveva aggredito, liberando i polsi dalla sua stretta, e, galvanizzato dal piccolo successo ottenuto,  puntò un ginocchio a terra, forzandosi ancora a spingere, fino a sollevare la schiena ribaltando l’avversario. Improvvisamente libero, si guardò attorno, sperando di poter portare aiuto a Oscar.
- Oscar! – riuscì a chiamarla, e nella penombra poco distante la intuì stesa sull’assito, alle prese con l’uomo che la sovrastava stringendole le mani al collo, mentre lei tentava di scalciare per toglierlo da sopra di sé.
Sconvolto da quella vista, si buttò addosso a quel tizio a mani nude, colpendolo sulla nuca con tutta la forza che aveva in corpo e poi afferrandolo per le spalle, per strapparlo da lei. Riuscì appena a scorgere il suo volto, l’espressione sofferente mentre si portava le mani al collo esile, massaggiandolo, e le labbra aperte a cercare aria. Si chinò su di lei, incrociando il suo sguardo e vedendolo farsi sgomento.
Poi si sentì afferrare per le spalle, mentre un bastone, freddo e lucido al contatto con la pelle, gli si stringeva sotto la gola. Colto alle spalle, André, ormai in piedi, dovette arretrare, seguendo l’uomo che lo trascinava con sé. Camminando alla cieca, urtò contro una cassa a terra, inciampò e scivolò sull’assito umido; sopra di sé, vide l’albero di poppa e l’intrico delle cime, il cielo scuro e lontano … comprese che l’uomo lo stava allontanando da Oscar, che lo stava conducendo verso la prua, o forse al parapetto, per scaraventarlo in mare.
Strinse i denti, cercando di recuperare lucidità; riuscì a intuire un’estremità metallica e appuntita sul  bastone da cui era stretto e allora cercò sull’altro lato, riconoscendo il pomello lucido e affusolato di un bastone da passeggio.
- Maledizione! – imprecò tra i denti, comprendendo di chi si trattasse, ma non riuscì a dire altro.
A corto di fiato, la gola stretta dal bastone puntato di traverso sotto la gola, André si rese conto che la sua vista tremava, annebbiandosi e lasciandolo senza riferimenti. Allora, disperato, tentò di nuovo di divincolarsi, da quella presenza opprimente che lo tratteneva a sé e di cui avvertiva alle proprie spalle il corpo solido e possente. Sollevando le braccia e muovendo nell’aria le mani, cercò di afferrare il bastone fino a quando, in un ennesimo turbinare, le dita non riuscirono a toccare il legno e a chiudersi su di esso.
Grugnì per lo sforzo e la rabbia, come per la disperazione del non poter vedere Oscar, né ciò che le stava accadendo; strinse i denti recuperando tutta la determinazione possibile e si aggrappò al bastone, spingendolo via da sé, cercando di contrastare la forza della presa che invece lo teneva saldo al suo collo.
Dietro le spalle, avvertiva il fiato umido dell’uomo che lo tratteneva, il gorgogliare nella sua gola rauca, mentre si sforzava di tenerlo fermo.
Per un istante, riuscì ad allentare quella morsa, a prendere fiato, e a staccarsi di un poco dal proprio assalitore per sollevarsi appena il necessario per cercare Oscar. Sul lato opposto del ponte, riconobbe il trambusto della lotta: Oscar si stava scontrando con il suo avversario, brandendo un arnese scuro, che sembrava riflettere la tenue luce della notte in un bagliore metallico; la vide colpire l’uomo con quell’oggetto e poi venire colpita a sua volta, con una spranga del tutto simile, fino a cadere a terra.
Sconvolto da quella vista e consapevole di dover reagire anche per il bene di Oscar, colse quel momento di debolezza e tornò a forzare la stretta del bastone, spingendolo con disperazione, stringendovi le dita fino a conficcarvi le unghie, fino a che l’uomo non cedette e il bastone non cadde a terra con un tonfo sordo.
Barcollante, stremato dallo sforzo, ritrovò fiato e forza in pochi profondi respiri, scagliandosi verso Oscar; ad un passo da lei, l’assalitore stava recuperando la spranga per poi sollevarla sopra il proprio capo, preparandosi a colpirla.
Stava per gettarsi su di lei che, riversa a terra, tossiva, provata dallo scontro e segnata in volto da lividi, ma, vedendola viva e notando il suo sguardo combattivo, virò verso l’assalitore, lanciandosi su di lui per strappargli l’arma di mano. Pur nella rapidità dell’azione, con la coda dell’occhio, notò che l’uomo era ferito: una lunga scia scura e dall’aspetto umido segnava i suoi pantaloni su una coscia, molto probabilmente là dove Oscar aveva conficcato il pugnale che sempre portava con sé. Questa consapevolezza gli diede forza, fece sì che, mentre quello cercava di calare la spranga su di lui, André riuscisse a bloccarne la corsa con un braccio, ruotandolo poi per afferrarla, strapparla di mano al malvivente e lanciarla oltre il parapetto del ponte.
- André! - udì il proprio nome in un richiamo spezzato, la voce strozzata dalla paura e dalla sofferenza, e prima ancora che potesse reagire, un colpo violento alla schiena lo privò del respiro; un urto secco, possente e rigido, come solo quel bastone avrebbe potuto colpire.
Tentò di riprendersi, di voltarsi per reagire, ma si ritrovò con il legno alla gola, di nuovo stretto nella morsa che gli toglieva il fiato; tentò di sollevare le braccia, ma un dolore lancinante, là dove la spranga si era abbattuta sull’avambraccio, gli impedì di forzare quella stretta, privandolo di ogni forza.
Si sentì perduto, disperato, incapace di reagire … fino a quando una voce non urlò alle sue spalle, giungendo inattesa anche per l’uomo che lo stava trattenendo e che, inconsapevolmente, per un istante si irrigidì, allentando la presa.
- Lasciatela andare! – gridò la voce imperiosa, sovrastando il trambusto della lotta in corso – Lasciatela o mi occuperò io stesso di voi, Valtand, come del  vostro leccapiedi! –
Riconoscendo il Generale Jarjayes, André tentò di voltarsi a cercarlo con lo sguardo, ma per reazione a quel suo muoversi, la stretta del bastone si fece più soffocante.
- Non potete fare niente, Generale: sapete bene che non mi fermerò fino a che non avrò portato a termine il mio compito! – rispose rabbioso l’uomo che lo tratteneva, muovendosi appena per cercare il proprio interlocutore e sistemando il corpo di André davanti a sé, come una protezione.
André tentò di scrutare attorno a sé e riuscì a intravedere il Generale, fermo sul ponte con la pistola sollevata, puntata verso il groviglio in cui era trattenuto.
– Ge … nerale … - cercò di chiamarlo, faticando a trovare aria a sufficienza - … Oscar è … -
Si sforzò di attirare l’attenzione del Generale su Oscar, temendo che non avesse compreso il pericolo che lei stava correndo, e vide lo sguardo del nobile correre oltre la sua posizione, in cerca della propria figlia.
- Oscar! – gridò allora lui, ma in risposta non si udì niente più che un gemito sordo.
Strattonando e dimenandosi, André riuscì a mala pena a scorgere l’altro malvivente che, con un ginocchio sulla schiena di Oscar, la teneva ferma a terra, prona quasi inerme, legandole le mani dietro la schiena. Gli si bloccò il respiro, a quella vista, disperato e impotente di fronte a ciò che stava accadendo.
- Vi ordino di lasciarla! – gridò ancora perentorio il Generale, avanzando di un passo, ma, alle proprie spalle, André avvertì Valtand sussultare in una risata isterica.
- Se lo volete, vi ridarò il vostro servo! – rispose quello, scrollando violentemente il corpo di André che ormai, annebbiato dal dolore al braccio e indebolito dalla lotta e dalla stretta al collo, sentiva venir meno le forze e a mala pena si reggeva sulle gambe – Ma quella … - soggiunse poi beffardo, indicando il corpo di Oscar - … quella deve pagare! –
- Io sono qui per mia figlia. Potete prendere me, al suo posto. – rispose il Generale, il volto teso e l’espressione cupa, ignorando la proposta di Valtand e quello, di rimando, riprese a ridere, scambiando un’occhiata con l’altro uomo che stava sollevando di peso Oscar, ormai immobilizzata.
- Anche voi pagherete, Generale … ma Madame era stata molto chiara, in proposito: lei è responsabile di ciò che ha fatto e risponderà personalmente per il suo tradimento! -
André venne colpito da quelle parole, cercò il volto del Generale, riuscì a scorgere un baluginare cupo nel suo sguardo e le sopracciglia farsi basse sopra gli occhi socchiusi in due fessure.
- Madame?- si chiese mormorando André, cercando di comprendere, mentre già il Generale avanzava di un passo, mantenendo l’arma puntata nella sua direzione, ma ignorandolo completamente.
- Io avevo un accordo con Madame e sono responsabile dell’operato di Oscar. – ribadì fermo il Generale – E se anche lei non volle ricevermi quella notte … io ottenni di parlare con sua sorella, e Madame Victoire mi assicurò che Oscar non sarebbe mai stata coinvolta fino a … -
Il Generale venne interrotto dalla grottesca risata di Valtand – Generale Jarjayes … siete un illuso. – lo schernì soffocando i propri sussulti – Tutti nel gruppo sapevano chi fosse davvero l’anima del partito! Madame Victoire ha vissuto all’ombra di Madame Adelaide[i] per una vita intera, mi sorprende il fatto che si sia presa la libertà di incontrarvi senza consultare la sorella … o forse semplicemente lo ha fatto nella consapevolezza di potervi illudere che vostra figlia sarebbe per sempre rimasta ai margini delle loro trame! –
André riconobbe il moto di disappunto soffocato nello sguardo del Generale e la tensione crescente della presa sull’arma che teneva ancora sollevata.
- Oscar non sapeva nulla … - mormorò tra i denti il Generale.
- E questo è stato un vostro errore, Generale: lei avrebbe dovuto sapere fin dal principio che avrebbe dovuto saldare il suo debito, prima o poi … - lo incalzò ancora Valtand.
- Anche voi pagherete per questo! – lo minacciò allora il Generale, la cui voce parve contenere a fatica l’ira che tendeva ogni fibra del suo corpo – Io farò valere le mie ragioni e Madame non potrà che rinnegarvi e … -
Valdand scoppiò in una nuova risata, stringendo i pugni sul bastone – Adelaide sa che non può permettersi di abbandonarmi al mio destino: mi basterebbe raccontare di noi ai devoti … e la sua reputazione immacolata, la sua credibilità e la sua influenza … svanirebbero in un istante. – spiegò orgoglioso – No … lei ha promesso di ricompensarmi e lo farà! Restituirà alla mia famiglia il titolo che ha perduto e io tornerò a Corte a pieno diritto! –
Il Generale scosse il capo, rifiutando le spiegazioni di Valtand e tornando fronteggiarlo - Sua Maestà la Regina non lascerà che restiate impunito! Lei verrà a sapere cosa avete fatto a Oscar e non potrà che … -
- Cosa verrà a sapere, Generale Jarjayes? – riprese Valtand sarcastico, per poi proseguire, provocando deliberatamente – La realtà è che vostra figlia è fuggita e si è sottratta ai suoi doveri per godersi la vita con il suo servo! –
- Oscar ha ottenuto un regolare congedo dal suo incarico! – irruppe allora il Generale, sempre più adirato, ma Valtand non gli permise di proseguire oltre.
- Certamente! E voi stesso lo avete chiesto e ottenuto per assecondare i bassi istinti di vostra figlia, rendendovi complice del suo tradimento! – spiegò allora – Per questo anche voi, Generale, finirete nel fango, dove dovreste essere da tempo, insieme al vostro casato! -
André riuscì a scorgere nello sguardo del Generale l’ombra di una determinazione al limite della furia … e nella reazione boriosa di Valtand venne scosso ancora dalla stretta possente che lo teneva immobilizzato; riversò il capo all’indietro, reagendo a quella nuova pressione al collo e in quell’istante, udì il gemito soffocato di Oscar che lo ferì come una arma, quasi trafiggendolo.
Ebbe un unico pensiero, una sola speranza.
Si rese conto del fatto che il Generale, fino a quel momento, lo aveva deliberatamente ignorato e aveva evitato di guardarlo, sviando il suo sguardo ogni volta che aveva rischiato di incontrarlo; eppure, le uniche speranze che aveva di salvare Oscar, erano legate a lui, a suo padre. Il Generale era armato … e avrebbe potuto sparare all’uomo che stava ancora tenendo in ostaggio Oscar, anche se non sarebbe stato possibile prevedere come avrebbe invece reagito Valtand ... Probabilmente, lo stesso Generale aveva compreso la situazione e se non aveva ancora colpito quell’uomo era perché, nonostante lo stesse volontariamente evitando, forse … forse ancora si preoccupava anche della sua vita, oltre che di quella della figlia.
In un ultimo sforzo, André prese la decisione definitiva.
- Generale! – urlò con tutto il fiato che aveva in gola, producendo un verso roco e graffiato, che riuscì a sorprendere il nobile.
Colpito da quel grido improvviso, il Generale si era come irrigidito, voltandosi di scatto e incrociando il suo sguardo; allora in quell’unico scambio di un istante, André si sforzo ancora, aprendo le dita della mano sinistra, lasciando la presa sul bastone, e muovendo il polso, a costo di un dolore lancinante.
Fu questione di un attimo, legare il suo sguardo con quello del Generale e riconoscerne nel battito di ciglia, il più eloquente dei cenni di intesa; in quel frangente insignificante, nel silenzio tra un battito del cuore e il successivo, ebbe consapevolezza che tutto sarebbe stato davvero possibile.
Allora prese fiato, graffiando la gola contro il bastone, e poi si irrigidì di colpo, piegandosi su sé stesso in uno sforzo che gli oscurò la vista, e trascinando nel suo gesto il peso di Valtand, fino a ribaltarlo sopra di sé, rotolando alla propria sinistra.
Provato dallo sforzo e ormai senza fiato, riuscì appena a udire lo sparo, il colpo che lo fece tremare, quasi esplodesse nelle sue stesse orecchie, rimbombando nella sua testa e lasciandolo sordo. Perse l’equilibrio, stordito dal dolore e dalla spossatezza, fino ad accasciarsi a terra, senza fiato, sopraffatto dagli eventi.
 
Il colpo con cui il capo cozzò a terra lo fece sussultare. Scosso dal dolore che lo attraversava in ogni parte del corpo, André cercò di governare il proprio respiro e di comprendere in quale posizione si trovasse e come ci fosse finito. Tuttavia, gli fu sufficiente un istante per recuperare coscienza della realtà e dell’unico pensiero per cui potesse ancora reagire all’oblio.
- Oscar … - sussurrò faticando al solo articolare il suo nome e avvertendo un fastidioso dolore al petto, quasi che non gli fosse più possibile nemmeno respirare.
Cercando di muoversi, avvertì il peso del corpo che lo teneva schiacciato a terra, ma si accorse che la stretta alla gola non era più quella rigida e determinata che lo aveva quasi soffocato; si fece forza, cercando di raddrizzare il busto e puntando le mani, ora libere, a terra. Con fatica, riuscì a sollevare il capo e avvertì il peso sulla propria schiena scivolare via, inerme; allora si mosse più rapido, a costo di una fitta lancinante al braccio destro, che gli spezzò il respiro, e si scrollò di dosso il corpo di quello che riconobbe immediatamente come Valtand.
L’uomo respirava ancora, ma il suo rantolo umido di sangue e il suo sguardo vitreo, perso nel cielo buio che li sovrastava, non lasciavano spazio a nessuna speranza … Sul suo fianco, uno squarcio scuro negli abiti lasciava intravedere lo scempio compiuto dal colpo di pistola sparato dal Generale, mentre un fiotto di sangue sgorgava copioso dalla ferita. Ebbe la certezza che quell’uomo senza scrupoli non avrebbe potuto nuocere oltre … e trovò un nuovo stimolo a reagire, superando i limiti del proprio fisico provato.
Voltandosi rapido, improvvisamente pervaso da nuova forza, individuò all’istante il trambusto sul limitare del ponte, dove il Generale stava lottando con l’uomo di Valtand in un groviglio illeggibile. Cercò di correre in aiuto del Generale, barcollando ad ogni passo, e realizzando di essere a sua volta rimasto ferito a causa del colpo di pistola; la gamba sinistra era debole e malferma, il pantalone lacerato mostrava una ferita che intuì non profonda, ma piuttosto estesa, tuttavia, André avanzò a tentoni, cercando sostegno a quel poco che riusciva ad essergli di aiuto, senza mai distogliere lo sguardo dalla lotta e comprendendo, mentre si faceva più vicino, la realtà di quello scontro.
Il Generale lottava a mani nude, i pugni stretti sulle spalle dell’uomo e i piedi puntati a terra, strattonandolo a più riprese; l’altro si dimenava dall’attacco, scalciando per respingerlo e agitando i gomiti per colpirlo, mentre le mani restavano strette al corpo di Oscar, sollevato da terra, ancora immobilizzato e ormai quasi del tutto a sbalzo, oltre il parapetto. Intuì il tentativo dell’uomo che spingeva rabbioso per sbarazzarsi di lei cercando di buttarla tra le onde, così legata e impossibilitata a reagire … e si sentì perduto, quando nel buio riconobbe il bagliore metallico di una lama volteggiare tra i corpi, stretta nelle mani del malvivente.
Allora vinse ogni dolore, forte della disperazione e di quell’unico richiamo che avrebbe potuto guidarlo, e, senza capire come l’avesse visto, riuscì a chinarsi a raccogliere un pugnale, in cui riconobbe quello di Oscar; prese a correre, inciampando nel cordame e arrancando, fino a raggiungere il parapetto, ansimante. Si aggrappò deciso, alla camicia dell’uomo, tentando di strattonarlo a sua volta, per farlo arretrare, ma nel disordine dello scontro con il Generale, non riuscì a sortire altro effetto se non quello di destabilizzare entrambi, nel loro corpo a corpo.
Sconvolto, strinse le dita sul pugnale, ignorando il dolore al braccio … sentì un fremito attraversare tutto il suo corpo, mentre sotto i suoi occhi, comprese, Oscar sembrava inerme, incapace di muoversi e abbandonata della stretta delle corde che la tenevano fasciata. Nel trambusto dello scontro, intravide il suo volto pallido, gli occhi semichiusi e il capo reclinato oltre il parapetto del ponte, sotto i capelli sporchi di sangue. Il respiro gli si bloccò nel petto, la gola graffiata da un urlo soffocato e il cuore stretto in una morsa.
Non avvertì più dolore fisico, nessuna limite alla propria forza … e poté solo caricare il proprio braccio con tutta la rabbia che aveva in corpo, conficcandolo nella schiena dell’uomo che aveva di fronte, colpendolo appena sotto le costole e spingendo il più possibile, sfogando tutta la propria disperazione.
Un urlo lo riscosse da quella sorta di incubo, mentre l’uomo colpito reagiva d’istinto, lasciando la presa sul corpo di Oscar per arretrare, trascinando con sé il Generale.
André sbarrò gli occhi, il tempo rallentato, in un lento procedere, istante dopo istante.
Come un fantoccio inerme, il corpo di Oscar barcollò sulla paratia, mentre gli uomini aggrappati l’uno all’altro, finivano per rovinare a terra, spingendo lui stesso a reagire, sostenendosi alla balaustra. André, comprendendo ciò che stava per accadere, calpestò i due, scagliandosi verso di lei; si lanciò al parapetto, protendendo le braccia, allungando le dita quanto più gli fu possibile … riuscendo solo a sfiorare il suo corpo mentre, come in un incubo, svaniva nel buio, oltre il limite del ponte.
Non ebbe dubbi, né il tempo di pensare: a quella vista, André scavalcò il parapetto, lasciandosi cadere nel vuoto.
 
L’impatto fu tanto violento da stordirlo, la morsa dell’acqua gelida al punto da bloccargli il respiro; si trovò disorientato, dolorante e incapace di muoversi contro la solida stretta del buio che lo attanagliava. Tentò di agitarsi, scoprendosi quasi immobilizzato, pesante negli abiti che lo rendevano ancora più impacciato e disorientato nella notte liquida in cui era precipitato.
Tuttavia, si impose di aggrapparsi alla propria residua lucidità, alla volontà precisa e razionale che, come lucida follia, lo aveva spinto a gettarsi nel mare, per inseguire Oscar nel suo volo.
Fu solo quel pensiero a tenerlo in vita, ad impedirgli di abbandonarsi al dolore che gli serrava il torace nel bisogno di aria e a renderlo capace di dominare il proprio corpo.
Socchiuse gli occhi, trovandosi avvolto in un turbinare di bolle appena percettibili nell’acqua buia, e poi governò l’istinto di dimenarsi, lasciandosi avvolgere dall’acqua e dai suoi moti vorticosi che già gli frullavano attorno. Allora, percependo la spinta lieve con cui il mare pareva respingerlo, iniziò appena a muoversi, assecondando quella carezza fredda.
Emerse come in un salto, cercando aria con disperazione, per poi tornare in acqua e riguadagnare la superficie con stabilità; prese fiato, avido d’aria, mentre cercava di orientarsi, certo che Oscar non potesse essere finita in acqua lontano da dove lui stesso era stato inghiottito dalle onde. Il mare calmo e il fondale poco profondo lo avrebbero aiutato ma la notte a mala pena rischiarata dagli astri gli parve una maledizione. In un istante, si chiese se fosse stato meglio fermarsi e chiamare aiuto … ma non ebbe dubbi che il Generale, rimasto sul ponte, avrebbe certamente provveduto a fare il possibile.
Deciso, prese ancora fiato e si immerse, con gli occhi socchiusi a sfidare il buio, agitandosi e spingendosi fino dove gli era possibile arrivare, muovendosi e cercando quasi alla cieca, fino a che ebbe fiato; tornò in superficie il respiro rotto dai primi singhiozzi, l’ultimo soffio urlato con disperazione.
- OSCAR! – gridò, quasi nella speranza che lei potesse rispondere, e poi tornò ad osservare sgomento la superficie dell’acqua attorno a sé.
Venne colpito dal riflesso lucido con cui il cielo notturno si rifletteva su di essa e, soprattutto, da una macchia opaca che galleggiava sull’acqua. Non seppe lasciare l’immagine di quel rettangolo chiaro, punto nella memoria e pronto a riconoscervi la lettera che Girodel aveva consegnato a Oscar e che lei aveva infilato nella tasca della sua giacca.
Comprese e non ebbe esitazioni. Prese fiato e si spinse a fondo, le mani protese avanti al corpo, le gambe doloranti a spingere sempre più a fondo, diretto esattamente al di sotto del punto dove aveva visto quella lettera … guidato da quel segno del destino, certo che lo avrebbe condotto a lei.
Si spinse con forza fino al fondale, tastando attorno a sé quasi alla cieca, trovando pietre, legna e alghe, graffiandosi e urtando catene, per poi spingersi ancora oltre, tastando il fondale con folle speranza. Si dimenò allargando le gambe e le braccia, cercando di coprire tutta la superficie possibile del fondale, imponendosi di resistere, anche quando la testa iniziò a martellare e le orecchie presero a dolergli, sotto la pressione dell’acqua; scacciò il bisogno di aria finché non gli parve di non riuscire più nemmeno a muoversi … finché le sue dita tese e disperate, non riconobbero il lieve contatto con un corpo  morbido.
Spalancò gli occhi, brucianti nell’acqua salata, offesi dal buio profondo della notte, e arrancò nella disperazione, afferrando il corpo che pareva fluttuare, pesante della corda che lo tratteneva; percorrendolo con i palmi, riuscì ad infilare le proprie dita nel legaccio, e traendolo a sé, in un abbraccio disperato,ne riconobbe le forme amate. Trovò d’istinto le sue labbra, soffiando l’ultimo alito vivo dentro di lei, mentre tutto attorno si faceva ancor più buio e un sogno straziante gli mostrava una luce lontana nell’acqua agitata e un turbinare di bolle ad avvolgerli, prima di lasciarli nell’ultimo, definitivo nero.
 
[i] Rimando alla nota 8: con un po’ di fantasia, ho rielaborato questo personaggio che pare abbia avuto, nel corso della sua vita a Versailles, qualche mira politica. L’ho resa molto più … macchinosa e perfida, invischiandola con la corrente estrema dei cattolici più ostinati nelle critiche morali a Luigi XV e alla sua condotta.

Angolo dell'autrice: eccomi! Adesso l'intrigo è servito e la scena piuttosto tesa... quindi posso partire per il mio fine settimana di vacanza lasciandovi a risolvere la questione.
Come sempre, ringrazio di cuore che accompagna questa storia... chi legge, segue preferisce, ricorda e commenta. Un abbraccio! A presto!

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Capitolo 67
*** La sua voce ***


La sua voce
 
- André … -
Nella nebbia che offuscava la sua mente in una nube di pensieri indistinti e confusi, permeati da un insistente senso di incertezza e da una cupa disperazione, riuscì a cogliere quel richiamo flebile e lontano. A costo di uno sforzo immane, concentrò l’attenzione su quella voce delicata e colma di dolore, riuscendo quasi ad aggrapparsi ad essa, prima che svanisse di nuovo nel buio della mente.
Provò un istintivo senso di solitudine; si sentì impotente, incapace di qualsivoglia reazione, e si lasciò sopraffare di nuovo dal torpore da cui gli era parso possibile emergere, quasi affogando nella propria spossatezza, nell’incapacità di reagire.
- André! –
Di nuovo quel richiamo e lo stesso desiderio di raggiungere quella voce che, come flebile raggio di luce, pareva illuminare la sua coscienza e guidarla lungo la via della salvezza. Gli parve di averla udita vicina, così prossima da poterla sfiorare, così vera da poterne avvertire il tepore sulla pelle del volto, finché quella voce non tornò a chiamarlo, insistente e tenace, facendo breccia nel buio del suo stato di tormentato riposo e portando con sé un nuovo calore, fino a farsi tocco forte e deciso sul viso, sul collo e poi più giù, sulle spalle, in una presa avvolgente e salda.
- André!!! –
Si sentì scuotere dal quell’urlo disperato che si insinuò nella coscienza, colpendolo quasi e facendolo tremare sotto un peso che gli pareva schiacciarlo a terra e insieme infondergli un remoto desiderio di vivere, nonostante quel buio freddo e nebuloso lo avesse accolto nel suo abbandono.
- André! Io ti amo! Non puoi lasciarmi adesso … -
Più che ogni richiamo, lo colpirono quelle parole, perché ebbe chiara la certezza di non poter davvero lasciare colei che ora singhiozzava sul suo petto, che lo chiamava, urlando il suo amore e la sua disperazione con voce spezzata dalla disperazione. Raccolse ogni forza, deglutendo a fatica, mentre la gola bruciata dall’acqua salata sembrava percorsa dal fuoco e anche respirare gli pareva una prova oltre le proprie possibilità.
- O … Oscar … - senza nemmeno riflettere, pronunciò il suo nome, come un soffio graffiato dalla spossatezza, come risposta a quel richiamo che lo aveva colpito fin nel profondo.
- Oscar … - ripeté, questa volta più convinto, riuscendo quasi ad udire la propria voce oltre il ronzare cupo che ancora avvolgeva ogni percezione - … non … non ti lascio … -
Richiuse le labbra, provato dallo sforzo affrontato nel pronunciare quelle poche parole, ma immediatamente si sentì quasi sollevare le spalle da terra, mentre mani tremanti tornavano ad afferrarlo per sorreggergli il capo e posarlo su di un fagotto morbido di stoffa bagnata.
- André! – udì di nuovo il proprio nome e riconobbe il sussulto spezzato della sorpresa e l’impeto della speranza, in quel grido che ora risuonava anche di una gioia remota; poi di nuovo avvertì il calore sul petto, sulle spalle e sul viso, e il tocco delicato e tremante percorse le sue labbra, portandogli un soffio di vita – André, amore … -
Allora gli parve di riuscire finalmente a percepire il proprio corpo, sebbene il freddo lo trattenesse in una morsa e le dita fossero formicolanti, rigide e impossibili da muovere. Sollevò appena un gomito, trascinando quasi la mano sul selciato freddo e liscio sul quale si trovava disteso, tenendo le dita aperte a ventaglio e strofinando il palmo sulla pietra, quasi a volerne riconoscere la consistenza, e poi mosse le gambe sollevando le ginocchia e recuperando lentamente la coscienza di sé e del proprio corpo. Per un istante, dovette abbandonarsi a terra, colto da un capogiro, ma seguendo la voce che ancora, insistente, lo chiamava, si impose di vincere ogni residua resistenza.
Aprì gli occhi lentamente, faticando a mettere a fuoco la realtà, mentre un bruciore intenso gli impediva di sollevare completamente le palpebre; nel buio, assottigliò lo sguardo, puntando la propria attenzione sul volto che scorgeva ad un soffio dal proprio.
- Oscar … - la chiamò ancora, acquisendo finalmente coscienza di sé e muovendo le mani per portarle al suo volto – Oscar, stai bene? –
Riconobbe il luccicare delle lacrime sul volto improvvisamente illuminato da una lanterna fattasi vicina; accarezzò il suo viso provato, pallido e segnato dai lividi, risalendo ai suoi capelli bagnati, alle ciocche disordinate che ricadevano gocciolanti sulle guance. La vide annuire, mentre inspirava a fatica, trattenendo un singhiozzo, e riuscì quasi a sorridere, colpito da quella improvvisa fragilità. Cercò di parlarle di nuovo, ma la gola tornò a bruciare e il fiato parve mancare nel dolore che ogni respiro gli accendeva alla base del collo; si sforzò di chiamarla, ma non poté che abbandonarsi di nuovo al suo abbraccio, quando la vide calare su di sé, tremante e viva, colma di gioia.
Per un tempo infinito si abbandonò al piacere del tepore che il corpo di Oscar riusciva a trasmettergli; si sentiva spossato, dolorante e incapace di comprendere cosa fosse accaduto … Ma si sentiva vivo, sapeva che anche Oscar lo era e, soprattutto, qualcosa, nell’atmosfera che li circondava, lo induceva a pensare che finalmente, quel tutto che ancora non riusciva a ricordare, fosse comunque finito.
 
Quando la stretta di Oscar si sciolse un poco, si fece aiutare a mettersi a sedere, per poi tentare di passarle un braccio sulle spalle, per trarla a sé; gli sfuggì una smorfia di dolore, colto alla sprovvista da un improvvisa fitta all’avambraccio. Allora, attraverso le membra, tornò anche il ricordo della lotta, del corpo a corpo con l’uomo del bastone, della stretta che gli aveva tolto il fiato e del colpo che aveva subito al braccio, il tuffo nel vuoto dal ponte della nave e la morsa feroce dell’acqua scura in cui aveva cercato Oscar fino alla disperazione; e con i ricordi tornò anche la preoccupazione, l’angoscia per quello che avevano rischiato, per l’aggressione subita.
- Oscar, quegli uomini che ci hanno aggrediti sono … - le chiese faticando ancora a parlare, forzando ogni singola parola.
Oscar sollevò il capo dalla sua spalla, negando decisa e cercando il suo sguardo – Non possono più farci del male. Non ne faranno più a nessuno. –
Poteva solo immaginare cosa fosse accaduto a quegli uomini, ma gli fu sufficiente a provare un immediato senso di sollievo e si concesse finalmente un profondo sospiro, mentre tornava ad accarezzare il viso di Oscar, il palmo aperto sulla sua guancia e il pollice a muoversi lento, disegnandone i contorni violati.
- Quindi … siamo veramente liberi di partire? – le chiese poi, cercando il suo sguardo e aggrottando la fronte, speranzoso, in attesa di risposta, aggrappandosi ad un ultimo ricordo emerso dalla propria coscienza.
Oscar, tuttavia, rimase zitta. Socchiuse lo sguardo, muovendo le braccia e prendendogli il viso tra le mani, prima di farsi più vicina, fino a unire le proprie labbra alle sue in un bacio delicato quanto deciso; poi si separò da lui, incrociando il suo sguardo e nascondendo il velo di un sorriso sulle sue labbra, prima di allontanarsi maggiormente, per voltarsi a cercare qualcosa alle proprie spalle.
Solo allora André prese davvero consapevolezza di dove si trovasse e in quali condizioni fossero entrambi. Assecondò finalmente il sentore gelido e fastidioso degli abiti fradici e incollati al corpo, l’alito freddo della brezza che provocava un brivido lungo la schiena bagnata; osservò Oscar, i capelli corti e umidi scompigliati sul capo, la giacca nera e pesante intrisa di acqua, incollata al suo corpo con una stretta che le impediva quasi di muoversi; punto da quel cumulo di dettagli, sollevò lo sguardo scrutando attorno a sé.
Riconobbe la banchina del porto, le ombre imponenti delle imbarcazioni ormeggiate che si stagliavano cupe sul cielo notturno, e, a pochi passi da dove era ancora coricato a terra, alcuni uomini, tra i quali il Capitano Marval, gli abiti arrangiati addosso, di chi si è rivestito in tutta fretta, e il volto teso dalla preoccupazione. A fianco del Capitano, stava il marinaio che li aveva accolti sulla Florentia, quell’ometto lasciato di guardia sul ponte che, d’un tratto, era svanito nel nulla prima che i loro aggressori facessero la loro comparsa; l’uomo pareva reggersi a mala pena sulle gambe e si teneva fermo sul capo uno straccio logoro, che anche alla luce fioca della notte mostrava evidenti macchie scure di sangue rappreso. André non riuscì a non provare pena per quell’uomo, nonostante la sua guardia non avesse sortito l’effetto sperato … così, d’istinto distolse lo sguardo, spingendolo oltre, fino a scorgere, assicurate ad uno steccato sul limitare della spianata, le sagome di due cavalli, che riconobbe immediatamente come Cesar e Alexander.
Poi, d’un tratto, venne attratto da una sorta di silenzio teso e irreale, realizzando come il borbottio sommesso che aveva intuito in precedenza, si fosse spento senza una evidente motivazione. D’istinto, cercò Oscar, che ancora gli era accovacciata accanto e volgeva le spalle, e cercò di seguirne lo sguardo, perso oltre il piccolo gruppo di uomini raccolti tutto attorno a loro.
Intuì allora un leggero movimento e vide alcuni di quegli uomini arretrare di un passo, per fare spazio alla figura che, al contrario, stava avanzando lentamente, per raggiungerli e poi superarli; quasi fosse un’immagine rimossa dalla memoria che ora faceva ritorno, emergendo dal buio, tra le sagome anonime degli uomini del porto, André riconobbe la figura austera del Generale e nel proprio petto avvertì una stretta capace di spezzargli il respiro.
Il volto teso e l’espressione cupa, il Generale avanzò a passi lenti, senza mai distogliere lo sguardo dalla propria figlia, fino a fermarsi solo ad un paio di passi da dove si trovavano a terra. André si inumidì le labbra, incapace però di parlare, e si sforzò di sostenere il silenzio freddo e immobile con cui padre e figlia parevano aver intrecciato un dialogo segreto; riusciva a leggere sul volto duro dell’uomo la tensione e la rabbia, ma riconosceva anche il riflesso di qualcosa di nuovo, cupo e tormentato. Vedeva Oscar scrutarlo a viso aperto, fiera e decisa, e ne intuì lo sguardo socchiuso e fisso mentre, china a terra sollevava il mento quasi in segno di sfida e poi allungava un braccio dietro a sé. André avvertì il tocco della sua mano, la carezza che gli percorse il braccio, fino a trovare la mano, intrecciando le dita con le sue; di riflesso, non poté che rispondere a quella stretta, richiudendo le proprie dita su quelle di Oscar, in attesa che qualcosa accadesse.
Fu quasi sorpreso, nell’udire la voce di Oscar, decisa a non lasciare che il padre potesse prendere l’iniziativa.
- Padre, sapete che non intendo tornare indietro, vero? – gli chiese ferma.
Lo sguardo del Generale non ebbe cedimenti; sulla sua tempia, André riuscì a intuire il pulsare della tensione massima nell’istante che determinò la sua scelta. Vide le labbra schiudersi appena e riuscì quasi ad udire il sibilo del suo sospiro lento.
- Non mi lasci scelta, vero Oscar? – chiese l’uomo a sua volta, tornando a serrare le labbra, mentre le dita si chiudevano sui palmi, scaricando nuova tensione; lei, vigile e pronta, non si fece sorprendere.
- Voi me ne avete mai lasciata, padre? –
Le labbra del Generale rimasero chiuse, tese nello sforzo di celare ogni emozione; lo sguardo non si mosse dalla figlia – Avevo immaginato che questa sarebbe stata la tua risposta. Tu vuoi scegliere scavalcando l’autorità di tuo padre. Tuttavia ... io continuo a pensare che la tua scelta non sia quella giusta. –
All’udire quelle parole, André distolse lo sguardo dal duello che si stava consumando al proprio cospetto. Sapeva di non poter fare nulla, in quel frangente; era certo che ogni intromissione avrebbe potuto rivelarsi dannosa, oltre ogni immaginazione. Chiuse gli occhi, restando in ascolto per qualche istante, ma poi il silenzio gli parve insopportabile e tornò a guardare, spettatore di uno scontro tra titani.
Allora si accorse che il Generale aveva mosso un passo e che Oscar aveva sollevato il braccio sinistro, tendendo il dorso della mano in direzione del padre e mostrando apertamente il segno della sua scelta definitiva.
- Non potrete mai sposarvi davvero. – sentenziò l’uomo con voce ferma – Lo sapete entrambi. – e André trattenne il fiato, consapevole di quanto il peso della propria condizione di roturier avesse gravato sul rapporto con Oscar fin dal giorno del proprio arrivo a Palazzo, almeno agli occhi del mondo. Si morse le labbra, certo ormai che l’affermazione del Generale avesse smorzato ogni possibilità di rendere ufficiale la promessa scambiata con Oscar.
- Vi sbagliate, padre. – rispose allora Oscar sicura di sé, e André non poté che sollevare il capo, colpito da quella affermazione decisa, riconoscendo una identica sorpresa nello sguardo del Generale.
– Noi siamo già in possesso del benestare Reale alla nostra unione ... -  proseguì lei, portando la mano alla tasca della giacca e in quell’istante André comprese quale fosse il contenuto della lettera consegnata da Girodel alla taverna, così come la delicatezza con cui lui aveva cercato di consegnarla direttamente a Oscar, perché lei stessa potesse stabilire cosa farne e se avvalersi di quel benestare o meno … Immaginò la ragione che avesse indotto Hans a lasciare che viaggiassero da soli diretti al porto; realizzò il motivo per cui aveva scelto di non raggiungere Le Havre direttamente, preferendo passare da Versailles, per occuparsi ancora una volta di loro, in una personale lotta contro il tempo, che aveva poi finito per coinvolgere direttamente anche Girodel.
Tuttavia, Oscar non ebbe modo di proseguire. Le parole se smorzarono in gola, la voce si affievolì soffocandosi in un singulto, mentre un improvviso pallore calava sul suo volto già cereo.
– La lettera! – gridò allora lei, sbarrando lo sguardo e voltandosi a cercare André – Io avevo la lettera della Regina, con il benestare al nostro matrimonio! Io … io … -
Anche quel dettaglio fu immediatamente chiaro agli occhi di André, che vide svanire in un soffio la speranza che si era accesa nell’istante in cui aveva colto il riferimento alla lettera della Regina.
- Oscar … c’era una lettera in acqua quando io mi sono immerso l’ultima volta, per cercarti … - spiegò allora André rispondendo ai suoi dubbi e ricomponendo in un turbine di immagini i ricordi disordinati di quegli attimi colmi di disperazione - … io credo che sia rimasta in mare e … -
- NO! – urlò allora lei, la voce graffiata dallo sgomento, e senza attendere oltre si sollevò da terra, lanciandosi come una furia in direzione del molo.


Angolo dell'autrice: dopo tante peripezie, Il mio segreto torna all'aggiornamento del lunedì, per gli ultimi, decisivi, passi.
Non posso che lasciare un abbraccio caloroso a che ancora legge, segue, ricorda, preferisce e commenta, facendomi sentire meno sola. Grazie a tutte... a presto.

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Capitolo 68
*** Resa ***


Resa
 
Seguendo con lo sguardo la corsa di Oscar, André tentò di alzarsi da terra, puntando un ginocchio sul selciato e mettendosi lentamente in piedi. Intanto, come comparso dal nulla tra il gruppo dei presenti, Girodel si lanciò al suo inseguimento, le code della giacca sollevate nella furia della corsa e le braccia tese verso di lei. Forte e non provato dall’aggressione che invece aveva subito Oscar, Girodel riuscì a raggiungerla sul filo del molo, proprio mentre lei già stava per tuffarsi in acqua.
- Oscar! Fermatevi! – sentì gridare André mentre, muovendo qualche passo malfermo, impedito dagli abiti fradici e incollati addosso, così come dalla spossatezza che lo attanagliava appesantendo ogni movimento, riusciva ad avvicinarsi al molo e a vedere come lei si agitasse nel tentativo di sfuggire alla presa di Girodel che la teneva saldamente per le braccia, serrando la sua schiena al proprio petto.
- E’ inutile … - cercava ancora i calmarla Girodel - … la lettera sarebbe in acqua ormai da troppo tempo per essere ancora recuperabile … -
Tuttavia, lei non sembrava intenzionata a cedere; continuando a dimenarsi e a strattonare l’amico, Oscar gridava la sua ribellione, cercando di convincerlo a non intromettersi – Lasciatemi, Girodel! Io devo trovare quella lettera! Noi ne abbiamo bisogno per … -
Quando riuscì a raggiungerli, André cercò lo sguardo di Oscar, legandolo al proprio e trovando finalmente lo spiraglio per fare breccia nella sua rabbia improvvisa; lei parve improvvisamente riaversi, recuperare un barlume di lucidità e affidarsi alle sue parole.
- Oscar, guarda: - la chiamò cercando di controllare la propria voce, soffocando la delusione che lui stesso avvertiva bruciare nel petto – la lettera non c’è più … Non c’è nulla sulla superficie dell’acqua che possa far pensare che sia ancora recuperabile. – le spiegò poi, tentando di sollevare un braccio, per indicarle lo specchio liscio e inquieto dell’acqua – Noi troveremo un’altra soluzione … ne sono certo. –
La vide muovere il capo rapidamente, negando con vigore e socchiudendo le labbra in una smorfia delusa, per poi serrare gli occhi e rilassare le spalle, arresa e spossata; Girodel, allora, lasciò la presa, sospingendo Oscar con delicatezza tra le braccia di André.
Avvertirla di nuovo sul proprio petto, fu un sollievo; poterla sostenere, e al tempo stesso quasi appoggiarsi a lei, ebbe il potere di donargli un istante di pace, un anelito di speranza. Tra le braccia, riusciva a intuire il suo respiro irregolare, i singhiozzi soffocati nella stretta forte con cui lei si era aggrappata alle sue spalle, nascondendo il viso sul suo collo, e d’istinto aprì le dita sulla sua schiena, accarezzandola con dolcezza infinita, accogliendo e sciogliendo tutta la tensione, la rabbia e la delusione che ora lei lasciava fluire da sé, incapace di lottare oltre contro ciò che era accaduto. Chinò il capo, poggiando la guancia sui suoi capelli umidi, stringendola ancora di più a sé, perché lo sentisse davvero, e perché anche in quel momento di sconforto, lei potesse avvertire che non tutto era perduto; perché ancora, nonostante tutto, erano insieme.
- Dove andrete? –
Non si era accorto di quanto il Generale si fosse fatto vicino; tuttavia, la sua voce, ferma e severa come la conosceva da sempre, non lo sorprese. Forse, pensò in quel frangente, per una vita intera lo aveva avuto alle spalle, silenzioso nel suo scrutare e meditare, lucido e freddo nel valutare ogni dettaglio, e si era aspettato di udire quella voce da un momento all’altro in ciascuno degli istanti che aveva trascorso insieme a sua figlia; probabilmente, non aveva mai creduto di poter realizzare il sogno di una vita al fianco di Oscar, proprio anche per la consapevolezza di essere osservato dallo sguardo tagliente del Generale, che non avrebbe mai concesso nulla più di quanto già non avesse già fatto in passato.
Perso in quei pensieri, esitò a rispondere e la voce tornò a tuonare, esigente e perentoria.
- La lettera accennava alla Svezia, alla dimora di Steninge[i]: davvero vi sistemerete presso la famiglia Von Fersen? –
André sollevò il capo, raddrizzando la schiena, pur senza lasciare Oscar che, in reazione alle parole del Generale, si era fatta più rigida tra le sue braccia. Cercò di voltarsi, lentamente, mentre lei si accomodava al suo fianco e non accennava a volersi allontanare da lui, nemmeno nel momento del confronto diretto con il padre; con lo sguardo, percorse il selciato, fino a riconoscere gli stivali austeri del Generale, e a risalire lungo le brache scure, per poi percorrere la sua uniforme, arrampicandosi su per il groviglio di medaglie e mostrine, e infine incontrare i suoi occhi, impassibile. André sostenne il suo sguardo, volando con la mente e con il cuore ad un identico incontro, trovando un ricordo limpido e vivo che gli provocò un brivido lungo la schiena. Sapeva di dover rispondere, questa volta; aveva l’assoluta consapevolezza che difficilmente si sarebbe trovato per la terza volta ad affrontare così direttamente il Generale Jarjayes e, soprattutto, il padre della donna che amava. Prese fiato, con dolorosa lentezza, e raccolse tutta la dignità che aveva in corpo, per controllare la propria voce e dosare le proprie emozioni.
- Il contenuto di quella lettera, corrisponde a verità. – esordì scandendo le parole, nonostante la gola bruciasse nello sforzo di parlare – Laggiù Oscar sarà al sicuro, lontana dai pericoli della corte. – precisò.
Lo sguardo del Generale parve tremare, sotto quella sorta di accusa; le sue labbra si tesero, scomparendo quasi in una espressione grave. L’uomo allora si mosse appena, rivolgendosi direttamente a Oscar.
- Io sono tuo padre, Oscar, ho il diritto di scegliere per te e di disporre per il tuo futuro. – le disse con insostenibile fermezza – Sono tuo padre, - ripeté poi, con la voce appena incrinata nella sua impassibilità – e ti ho cresciuta come mio erede, investendoti di grandi aspettative e responsabilità. Debbo riconoscere di aver ottenuto molto, da te … - ammise poi, senza distogliere lo sguardo da Oscar, che André avvertì scossa da un brivido in reazione a quelle parole - … forse più di quanto mi sarei aspettato. –
Il Generale distolse lo sguardo, lasciando che corresse a terra mentre poco oltre, quasi per timore e rispetto di ciò a cui stavano assistendo, gli uomini del porto stavano arretrando di qualche passo, nascondendo i loro volti in sommesse conversazioni tra loro. André lasciò che Oscar si muovesse, rivolgendosi completamente al padre, ormai certi entrambi di essere giunti ad un passo dal conoscere il loro destino.
- Sei sempre stata matura, figlia mia, più di quanto potessi immaginare, per la tua età, - riprese poi il Generale, lasciando che la voce rincorresse i propri pensieri e trattenendo a sé l’attenzione di Oscar, come quella di André, quasi fossero sospesi al filo teso e invisibile di quelle parole - e ti sei sempre mossa con correttezza, tanto da guadagnarti stima e rispetto. Tuttavia ora … -
Quell’esitazione spezzò il respiro di André; la sua mano tornò a poggiarsi sulla spalla di Oscar che, di riflesso, parve arretrare in modo appena percettibile, fino a sfiorare con la propria schiena sul suo petto. André non distolse lo sguardo dal Generale: lo vide socchiudere gli occhi, tormentato, e poi scuotere lento il capo, mentre le labbra tornavano a piegarsi in una espressione sofferta, prima di riprendere a parlare.
- … non posso permetterti di commettere un errore simile, Oscar. – ammise infine – Non senza avere la certezza che tu abbia deciso conoscendo davvero tutta la verità. –
André chiuse gli occhi. Le sue dita si strinsero sulla stoffa fradicia cercando il contatto con le spalle di Oscar, mentre il brusio della notte del porto sembrava crescere tutto attorno, nello sciabordio disordinato delle onde che si infrangevano sul molo e contro le chiglie delle navi, nelle voci lontane degli uomini sulla spianata del porto, nel fischio sommesso e insistente della brezza che si era levata e, decisa, sferzava il suo corpo bagnato con un soffio gelido. Inspirò ancora, a forza, imponendosi di attendere senza reagire, restando in ascolto, sempre più teso, per poi tornare a spalancare gli occhi, all’udire di nuovo la voce del Generale.
- Chi ha mentito una volta, può tornare a farlo. – affermò allora l’uomo – Non potrò mai più fidarmi di lui completamente. –
Oscar, di riflesso, si volse a cercare André, incrociando per un istante il suo sguardo, quasi che in un battito di ciglia, lui potesse aiutarla a comprendere le parole del padre; il suo gesto, non sfuggì al Generale che, pronto, riprese a parlare, pungente.
- Devo dedurre che lui non ti abbia raccontato. – la provocò allora, avvicinandosi di un passo, prima di rivolgersi ancora a lei, chiamandola direttamente – Oscar: sei davvero convinta di voler legare il tuo futuro a quello di un uomo che ti ha mentito? –
André si sentì colpito, ferito come se il Generale avesse affondato un pugnale nel suo petto; scosse il capo, faticando a controllare i propri movimenti e a sopportare il silenzio pesante che aveva avvolto entrambi, Oscar e suo padre, soffocando persino la voce del porto. Sentì mancare il fiato, bruciare ancora la gola e pungere le lacrime; deglutì a fatica, incredulo di fronte all’astuzia con cui il Generale stava mettendo alla prova Oscar, nell’estremo tentativo di metterla in discussione, di indurla a rivedere le proprie scelte.
Gli parve che il tempo si fosse fermato. Riuscì a immaginare il tormento di Oscar, i dubbi e le incertezze; sapeva di non poterle spiegare, non in quel momento almeno, e si maledisse di non averlo fatto in passato, certo che tutto fosse ormai sepolto come un episodio lontanissimo e superato, ormai ininfluente, come un dettaglio senza importanza, nel groviglio di intrighi in cui il Generale stesso aveva trascinato la propria figlia, senza scrupolo alcuno …
- Oscar … - sussurrò tra le labbra, mentre il suo sguardo si perdeva nell’intreccio di una ciocca scura, trattenuta dietro il suo orecchio perfetto, e la pelle candida, nell’incavo tra il lobo delicato e lo spigolo vivo della mandibola, si tendeva sotto il pulsare rapido di una vena scura. Riuscì a mantenersi saldo, mentre lei, lenta, si voltava a cercare ancora il suo sguardo, gli occhi scuri e profondi, lucidi e tormentati come forse non li aveva mai scorti prima; vide chiaramente il suo dubbio farsi piega di sofferenza sulla fronte e gli zigomi sollevarsi, mentre lei pareva riuscire a leggergli dentro, affondando nel suo stesso tormento, nella sua disperazione, facendola propria. Si sentì nudo, abbandonato in balia del vento, sferzato dalle raffiche gelide della notte, e poi improvvisamente protetto, avvolto dall’abbraccio del suo sguardo che era mutato proprio sotto i suoi occhi, e sorretto dal respiro leggero del riflesso delle sue labbra.
Oscar tornò a volgersi al Generale, la sua voce fu al contempo filo di lama e balsamo soave.
– André non mi ha mai mentito, padre; e se anche mi ha taciuto qualcosa, sono certa che sia stato solo per proteggermi. – affermò decisa, con il mento sollevato e il viso rivolto al proprio padre – Non gli ho mai chiesto di raccontarmi tutto di sé: quello che conosco di lui mi è più che sufficiente per scegliere di essere sua moglie e per essere certa che non avrò mai a pentirmi di questa decisione. –
 
Il sangue parve tornare a fluire in tutto il corpo, risvegliando le membra dal loro torpore; André ebbe un leggero capogiro, si mosse cercando si recuperare il proprio equilibrio, ma non riuscì a stabilizzarsi e il porto, l’ombra della Florentia, la spianata verso la città, tutto attorno prese a ondeggiare, provocandogli un immediato senso di nausea. Si irrigidì, in reazione a quella fastidiosa sensazione di instabilità e quando l’orizzonte tornò saldo, comprese invece come il suo corpo fosse sorretto da Oscar che, prontamente, si era passata il suo braccio sulla spalla, sostenendolo. Riuscì a mala pena ad incontrare il suo sguardo, a rivolgerle un sorriso, stemperando quel riflesso preoccupato che aveva reso i suoi occhi così cupi e tremanti, e ad annuire con il capo, prima che l’attenzione di entrambi fosse di nuovo attirata oltre il confine del loro abbraccio.
Sollevò il capo, seguendo i passi pesanti con cui il Generale si stava ormai allontanando, dando loro le spalle, a capo chino, quasi curvo sotto un peso gravoso e ingombrante; l’uomo proseguì per alcuni secondi, oltrepassando gli uomini ancora fermi, irrigiditi dal freddo e dalla situazione. André notò solo allora i loro abiti gocciolanti, le camicie logore, fradice e incollate alla pelle,  intuendo in quel frangente come, molto probabilmente, fossero stati proprio quegli uomini ad accorrere in loro aiuto e collaborando per salvarli dalla morsa scura del mare. Allora, il rumore secco delle falcate del Generale risuonò con un’eco sinistra, come fosse il rintocco di un pendolo rabbioso, condannato a scandire un tempo infinito … che poi, improvvisamente, si interruppe.
Il Generale rimase fermo e André vide le sue spalle sollevarsi, come se l’uomo avesse preso un profondo respiro, prima che la sua schiena curva si raddrizzasse di scatto, recuperando il portamento fiero che le aveva sempre conosciuto.
- Hai vinto, André. – affermò l’uomo, la voce ferma e il tono grave, tanto da potersi udire in modo distinto, anche da quella distanza.
Quindi André lo vede voltarsi, tornare e cercarli entrambi con lo sguardo, e poi puntando finalmente in modo inconfutabile nella sua direzione. D’istinto, raccolse le proprie forze, mosso da una sorta di orgoglio nascosto, e sollevandosi dal sostegno di Oscar, riuscì a tornare fermo sulle proprie gambe.
- Generale, io non … - accennò una risposta, muovendo un passo per avanzare in direzione dell’uomo, sotto il suo sguardo attento, ma il Generale non gli lasciò tempo per proseguire.
- Ho capito, André. – riprese fermo, il tono della voce improvvisamente pacato, quasi tranquillo – Sono stato io a metterti in condizione di dover scegliere tra me e lei, e tu hai scelto lei. – spiegò poi – Avrei dovuto immaginarlo … Era tutto sotto i miei occhi fin dal principio … e lo è stato ancor di più, in seguito. –
André rimase in silenzio, colpito da quella ammissione; le dita di Oscar scivolarono sul suo polso, in una carezza sul palmo si insinuarono fino a intrecciarsi con le sue in una stretta calda, mentre la sua figura si faceva vicina, accostandosi al fianco. Con la coda dell’occhio, ne scorse il viso luminoso e le labbra piegate in un sorriso nascosto che non ebbe modo di fiorire, sferzato dal richiamo del Generale.
- Ad ogni modo, comunque stiano le cose, mia figlia ha un conto in sospeso con me. – affermò, nuovamente padrone del proprio contegno, muovendo qualche passo per farsi più vicino.
Oscar si fece immediatamente rigida e la stretta della sua mano divenne serrata su quella di André che l’udì chiaramente trattenere il fiato.
- Padre di cosa state … - mormorò palesemente sorpresa.
- Sappiamo entrambi di cosa sto parlando, Oscar. – riprese il Generale ormai completamente ristabilito nel suo consueto portamento fiero e determinato – Ho udito chiaramente le tue parole: se un giorno dovessi incontrare mio padre, dovrò ricordarmi di ringraziarlo[ii]. – citò lentamente, assottigliando lo sguardo per non mancare nessuna delle parole che ricordava – Credo che ti riferissi al tuo congedo, a quello che, allora, ti era parso una sorta di castigo … - precisò infine.
André rimase senza fiato: ricordava esattamente il momento e il luogo in cui aveva udito Oscar pronunciare quelle stesse parole e solo allora ebbe chiara consapevolezza del fatto che il Generale non solo li avesse seguiti silenzioso, durante la loro fuga verso Le Havre, osservandoli di nascosto e, forse, cercando davvero di scrutare oltre l’apparenza di quella scelta inspiegabile, ma soprattutto si fosse mantenuto nell’ombra, quasi a proteggerli, riservandosi di intervenire e affrontare la realtà solo nel momento in cui era divenuto veramente impossibile farne a meno. Là, sul ponte della Florentia, probabilmente ancora incapace di darsi risposte concrete e accettabili, il Generale era stato, prima di ogni altra cosa, padre e aveva scelto di rischiare tutto, per la propria figlia …
Sollevò lo sguardo, sfiorando il volto impassibile del Generale e poi volgendosi a cercare il viso di Oscar, scorgendo oltre il suo sguardo lucido e sottile, il tumulto profondo da cui il suo animo era sconvolto. La vide sostenere lo sguardo del padre, un incontro di fuoco e cristallo, in cui tempo e parole sembravano essersi fuse in un dialogo silenzioso, denso di anni e attese. Le labbra sottili si strinsero sotto la morsa degli incisivi e le spalle vibrarono sotto la sferza fredda della brezza che investì il porto in quell’istante, spezzando il fiato e la volontà di resistere oltre in quel duello.
Oscar allora distolse lo sguardo dal proprio padre, chinando appena il capo e inumidendosi le labbra, prima di dischiuderle in una piega simile ad un sorriso.
– Vi ringrazio, padre, – disse infine lei lentamente – per avermi ottenuto il congedo dal mio incarico a corte. – proseguì - Ma, soprattutto, vi ringrazio per aver accolto, in un tempo ormai lontano, il ragazzino che era André nella vostra dimora e per averlo posto al mio fianco, prima ancora che potessi comprendere quanto fosse importante per la mia stessa vita. –
André rimase in ascolto di quelle parole, stupito e colpito dalla semplicità di quella limpida e profonda ammissione di riconoscenza che andava ben oltre ciò che il Generale avrebbe potuto aspettarsi. Riuscì a distinguere il sibilo teso del respiro con cui l’uomo rispose alla figlia, e poi lo scricchiolio delle suole sul selciato, mentre, forse soddisfatto o troppo colpito, il Generale si voltava per poi allontanarsi. Udì pochi passi e un fruscio di stoffa, quindi di nuovo silenzio, spezzato da una voce grave, profonda e ferma.
- Avrete il vostro benestare alle nozze. – affermò il Generale Jarjayes, senza voltarsi verso di loro, ma puntando il viso all’ombra limpida del cielo sopra la città – Me ne occuperò personalmente: la sparizione di quel verme di Valtand libererà Madame Adelaide dalle trame oscure in cui era rimasta intrappolata e i sostenitori della sua causa certamente dovranno dare delle spiegazioni, ma quello di cui ora sono a conoscenza chiarirà molti dubbi anche a Sua Maestà il Re. Sono certo che nella sua infinità magnanimità potrà comprendere la situazione. Tuttavia, voi lascerete la Francia e non vi farete ritorno finché non saremo certi che, per voi, sia di nuovo un luogo sicuro. Per questo, vi prometto solennemente che avrete quella lettera e che provvederò poi io stesso a consegnarvela.  E se così veramente deve essere … allora sarò io a … - si fermò un istante, prendendo fiato, per poi terminare con voce incrinata da una emozione a mala pena soffocata - … ad accompagnare mia figlia all’altare, per affidarla definitivamente a te, André. -
 
[i] Cercavo una meta che mi andasse a genio … e l’ho trovata tra le foto delle vacanze di Mademoiselle Alex Amari che ringrazio per il suggerimento più o meno volontario! La dimora è realmente una delle proprietà della famiglia Fersen.
[ii] Riferimento al Capitolo 58, Lo sguardo della selva.

Angolo dell'autrice: probabilmente era ormai nell'aria; persino il Generale ha ceduto, rivelando un ultimo lato del suo carattere, quasi beffardo.
Io ringrazio sentitamente tutte le amiche le leggono, seguono, ricordano, preferiscono e mi accompagnano con i loro commenti e le loro impressioni.
Un abbraccio a tutte! A presto!

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Capitolo 69
*** Il mio segreto ***


Il mio segreto
 
Emise un gemito profondo e liberatorio. Il corpo gli parve improvvisamente pervaso dalla scarica segreta della vittoria, attraversato da un brivido di onnipotenza che durò un istante, imprimendo nella sua mente un delirio di estasi e possesso, prima di sciogliersi, svanire in una anelata spossatezza.
Si sentì leggero, ma incapace di muoversi; svuotato di ogni energia, eppure invincibile; gli parve di essere all’ultimo istante di vita, ma anche immortale.
Si abbandonò su di lei, nascondendo il volto alla base del suo collo mentre, spossato, riprendeva fiato, deliziandosi del suo profumo inconfondibile, insinuandosi tra le ciocche morbide della sua nuca.
- Mi auguro che il Capitano Marval non sia nella sua cabina … - mormorò Oscar, sbuffando poi a labbra strette, per soffocare una risata - … perché in caso contrario, non avrò il coraggio di guardarlo in volto fino al momento dello sbarco a Goteborg … -
André non si trattenne dal ridere a propria volta, sussultando un poco su di lei, prima di riuscire a sfilare un braccio da sotto il suo collo per poi poggiare il palmo a terra, insinuandosi a fatica tra il capo di Oscar e il fondo panciuto di un sacco di tela grezza, da cui proveniva un intenso aroma speziato.
Sollevandosi con non poca fatica, facendo leva anche sulla parete esterna della cabina, contro la quale era incastrato, André scrutò Oscar per qualche istante, accarezzando con lo sguardo il suo viso accaldato, le sue labbra rosse e lucide di baci e desiderio appagato, i suoi occhi socchiusi che, anche nell’ombra, riusciva a scorgere scuri di passione e piacere.
- Per quanto mi riguarda, Marval potrà pensare quel che vuole, Oscar: io non avrei potuto attendere un minuto di più … - ammise scuotendo il capo - … non dopo tutto quello che è successo! –
Era la pura e semplice verità; entrambi ne erano consapevoli.
Avevano affrontato il viaggio verso Le Havre con l’animo stretto tra speranza e incertezza; avevano sfiorato la partenza assaporando l’ultima notte di attesa con il cuore rivolto al futuro … e poi erano stati gettati nell’angoscia dell’aggressione, nella disperazione nera dello spettro della separazione definitiva, fino a ritrovarsi con il peso del giudizio del Generale sospeso sulle loro teste come una immensa spada di Damocle …
Infine, erano riusciti a salpare.
Nel momento della partenza, aveva vissuto come se il tempo si fosse dilatato, rallentandosi in un estenuante stillicidio di istanti senza fine. Nonostante fossero ormai trascorsi alcuni giorni, ricordava distintamente una moltitudine di particolari … e riusciva rivedere tutto nella propria mente, fin nel minimo dettaglio.
Sentiva il vento fresco del mattino insinuarsi tra i capelli, provocandogli un brivido che dalla nuca gli risaliva sul capo, mentre le ciocche disordinate si incollavano alla fronte; aveva ancora il fiato spezzato dalle sferze energiche di quelle folate che avevano dato vita alle vele, gonfiandole di un innato desiderio di libertà. Poteva socchiudere gli occhi al sole bruciante, ancora basso sull’orizzonte dell’entroterra, e rivedere il contrasto tra i prospetti bianchi e i tetti scuri delle costruzioni affacciate sul porto, assiepate al cospetto della spianata del mercato come una folla di curiosi desiderosi di salutare le navi di in partenza e di accogliere quelle in arrivo. Udiva ancora il gorgogliare delle onde infrante contro la chiglia della Florentia, lo scricchiolare del legno provato dalla navigazione e le urla degli uomini a bordo, che con poche parole gridate in un gergo oscuro comunicavano tra loro animando il ponte di un fervore capace di agitare anche il suo animo digiuno di navigazione.
Soprattutto, rivedeva l’ultima cima sciolta dall’ancoraggio che aveva trattenuto la nave alla banchina, l’allontanarsi progressivo del molo e la figura di Girodel che, fermo tra la folla che salutava la partenza di ogni imbarcazione, aveva atteso vegliando sulla loro partenza fino all’ultimo istante, attento e determinato a proteggerli. Lo aveva visto sorridere, quando la Florentia si era finalmente liberata dall’ultimo vincolo, separandosi dal molo, librandosi leggera sull’acqua, e allora André aveva sollevato un braccio per salutarlo, mentre con l’altro aveva stretto a sé Oscar, perché quella fosse l’ultima immagine che l’amico potesse ricordare di loro.
Il profondo sospiro di Oscar lo riportò alla realtà; puntò allora le ginocchia a terra, si chinò a sfiorarle le labbra con le proprie, ancora una volta, e poi si sollevò lentamente da lei, evitando con attenzione l’incastro di casse e sacchi nel quale si erano conquistati un giaciglio di fortuna. Si mise in piedi, armeggiando con i propri abiti, riaccomodando i lembi della camicia nelle brache e poi passando le dita tra i capelli, quasi avesse premura di rendersi presentabile, pronto ad un incontro importante.
Oscar, al contrario, stava ancora distesa a terra, le ginocchia nude sollevate e poggiate l’una contro l’altra, le braccia  piegate sul ventre, il seno appena coperto dalla camicia completamente slacciata e il capo un poco reclinato all’indietro; la sua espressione rilassata e distesa, la sua naturale bellezza e il netto contrasto con lo spazio angusto e soffocante della loro cabina, lo colpirono.
Non era certamente la prima volta che poteva osservarla liberamente, era consapevole di aver già conosciuto il suo corpo e di aver oltrepassato ogni barriera potesse ancora esistere tra loro; tuttavia, lo colpì la naturalezza con cui Oscar si era esposta a suo sguardo, come al suo tocco e al richiamo del suo corpo. Era stato sorpreso nello scoprire la forza con cui lei gli si era votata, scegliendo di legarsi a lui; era stato orgoglioso del modo in cui si era esposta di fronte al Generale, difendendo con fermezza la propria scelta; e ancora, continuava a emozionarlo e spiazzarlo, per la totalità con cui riusciva a vivere il loro amore, riversando ogni energia e ogni risorsa nel loro rapporto, pur conservando la propria peculiare unicità.
In quel momento, con la mente offuscata dall’amore vissuto sulla propria pelle, anche l’ultima barriera cedette. Non seppe più attendere, quasi che gli fosse impossibile tenerle ancora nascosto qualcosa di sé e continuare a preservarla al di fuori di quell’ultimo angolo scuro del proprio passato che per tanto tempo aveva dovuto celare nell’ombra, ad ogni costo, convinto che rivelarle la verità avrebbe potuto costargli molto … forse tutto.
Pensò per un istante alla Reggia dove avevano trascorso insieme tanto tempo, all’uniforme che li aveva separati e poi alle armi che per anni lo avevano avvicinato a Oscar in duelli serrati, fino a sfiorarsi, fino quasi ad assaggiare il suo respiro, mentre un pensiero insistente pungeva come colpa e desiderio, tarpando le ali all’istinto per prendere forma di promessa di fedeltà. Rivide chiara l’immagine del Generale che al porto, dandogli le spalle, si era allontanato congedandosi con la promessa di raggiungerli, per accompagnare Oscar all’altare, e percepì ancora addosso a sé quell’ultimo sguardo, pieno di dignità e contegno, che lo aveva colpito prima di scivolare nell’ombra lontana della città. Un istante in cui aveva sentito su di sé tutto il carico di un altro sguardo, così simile a quello che, nonostante appartenesse armai ad un passato lontano, si fece vivo e pungente nella memoria, come nodo mai del tutto sciolto. Soprattutto, tornò all’istante sospeso in cui Oscar lo aveva scrutato, in una sorta di attesa inespressa, mentre anche l’ultima domanda possibile rimaneva muta, persa in un sospiro leggero, prima di svanire del tutto; allora lei gli aveva sorriso, era tornata ad abbracciarlo, quasi  rifugiandosi sul suo petto e lasciandosi alle spalle ogni ombra, perché anche l’ultimo spettro potesse trovare la sua strada, soffiando lontano, inafferrabile, come un refolo di vento della notte. In quella stretta, anche l’attimo in cui avrebbe potuto aprire il proprio animo, si era perso in un turbine di nuove emozioni, e André, travolto dal bisogno di andare oltre, aveva superato quello che ormai sembrava qualcosa di remoto, per lasciarsi finalmente trasportare nel loro futuro. Sul quel molo, aveva di nuovo scelto di tacere, portando un fardello che ormai gli parve impossibile reggere ancora.
In un nuovo contrasto di ricordi, preso da una nuova urgenza, tornò a inginocchiarsi di fronte a lei, allungandosi fino a raccogliere le sue mani tra le proprie.
- Ti devo spiegare. – le disse senza preamboli, e lei corrugò la fronte, spalancando gli occhi, disorientata.
- Voglio che tu lo sappia, perché … non ha senso che io te lo tenga ancora nascosto, anche se mi vergogno immensamente per ciò che devo dirti. – riprese tutto d’un fiato.
Oscar scosse il capo, inizialmente confusa, ma poi parve comprendere e si sollevò a sedere, liberando per un attimo le proprie mani per afferrare i lembi della camicia e sovrapporli sul seno, fino a coprirsi un poco; la vide prendere fiato, sollevando le spalle e poi rilassandosi, come volesse prepararsi al peggio – Ti ascolto. – gli disse infine e André non poté che chiudere gli occhi per un istante, prima di liberare il proprio animo.
- Io so perché tuo padre mi riteneva responsabile di quello che è accaduto a corte. – esordì, cercando di andare dritto alla questione.
Oscar lo fissò per un istante, cercando evidentemente di comprendere – A cosa ti riferisci, esattamente? –
André sospirò, prendendo immediata consapevolezza del fatto che non sarebbe stato per niente semplice affrontare l’argomento; forse sarebbe stato anche peggio di come lo avesse immaginato.
- Il Generale, quel giorno nella scuderia … quando ti comunicò il tuo congedo … e ti portò via … - cercò di spiegare, mentre Oscar annuiva seguendo con attenzione il suo discorso - … ecco lui in quella precisa occasione si adirò con me … e iniziò a parlare di tradimento … -
Oscar socchiuse lo sguardo, per poi cercare di ricordare qualche dettaglio in più – Lui non voleva che io ti portassi con me; mio padre non poteva accettare che io ti volessi al mio fianco. E’ per questo che ti fece colpire e poi … -
- No, Oscar. – la interruppe - Lui reagì alle tue parole … quando comprese che tu non … - si fermò, in difficoltà a proseguire e dovette prendere fiato, cercando il modo di esprimersi alla meglio, mentre Oscar, ormai desiderosa di comprendere, gli si fece più vicina, mettendosi a sedere sui talloni.
- Tu dicesti qualcosa in merito al fatto che lui ti aveva mandato da Hans per essere … violata. – le precisò, ricordando la parola precisa da lei pronunciata – E allora, solo allora, lui ha esploso la sua rabbia verso di me. –
Oscar fissò lo sguardo nei suoi occhi, evidentemente confusa – Io continuo a non capire. –
André ripensò allora a quando il Generale, per la prima volta, aveva affrontato Oscar dopo l’episodio del ballo a corte, quando lui stesso era intervenuto e l’aveva salvata dalle percosse del padre - Oscar … In occasione del vostro scontro, nel suo studio, tuo padre aveva parlato di ordini da eseguire, ricordi? E anche allora, quando ho cercato di difenderti, mi aveva schernito, perché proprio io cercavo di venire in tua difesa … -
Lei annuì, seguendo le sue parole e allora André riprese a raccontare, superando nuove remore – Riesci a seguirmi? Tuo padre non si aspettava che tu fossi turbata all’idea di un incontro privato con Hans, né che potessi sottrarti ad un incarico che prevedesse di … - esitò un istante, perché troppo difficile era proseguire su quel terreno, ma poi riprese, più convinto – Sosteneva che tu fossi pronta a quell’incarico, più forte di ogni uomo, proprio perché donna e consapevole delle debolezze degli uomini, ricordi? –
Oscar rimase attonita, annuendo lentamente – Lui davvero credeva che io non avessi problemi a incontrare Fersen perché istruita e pronta a … anche a … -
- Un militare al servizio di trame senza scrupoli, non si può fermare di fronte a nulla; o almeno questo era quello che deve aver creduto tuo padre pensando di avviarti alla vita militare, donna in un mondo di uomini, pronta a combattere con ogni arma in tuo possesso, per sostenere le cause di coloro che avevano creduto nelle ragioni di tuo padre, avallando la tua nomina. –
- E tu … perché prendersela con te, allora? – chiese allora Oscar, ancora confusa – Tu, forse, avresti dovuto sapere … o forse sapevi? –
Non riuscì a risponderle; rimase a guardarla, per qualche istante, prima di voltarsi, per rimettersi in piedi appoggiando una spalla al profilo superiore della cuccetta e puntando il capo sulla parete di legno, come a rimanere in attesa, con il cuore gravato dal peso della colpa che ormai aveva rotto l’argine in cui da anni era rimasta chiusa. Chiuse gli occhi, ascoltando i rumori lenti e ripetitivi con cui la nave avanzava nell’acqua e poi il sommesso fruscio in cui riconobbe il movimento di Oscar.
- Te lo aveva ordinato lui, mio padre? –
Udì la sua voce, sommessa, giusto alle proprie spalle, e capì che l’aveva seguito, sollevandosi a propria volta dal pavimento; sospirò e poi annuì lentamente, certo che lei avesse ormai compreso.
- Quando? – chiese poi lei, controllando la propria voce, e André sollevò il capo dalla parete, voltandosi per risponderle a viso aperto.
- Molto … molto tempo fa … - le rispose, vago.
- QUANDO? – chiese ancora lei, perentoria, stringendo le dita sui palmi, con i pugni serrati e le braccia tese, lungo i fianchi.
André esitò ancora, prima di rispondere, consapevole del fatto che, rispondendo, l’avrebbe in qualche modo ferita; ma poi scosse il capo e non si oppose oltre – Prima del tuo incarico. – ammise.
- Cosa? – si stupì allora lei – Vuoi dire che già prima che io accettassi di divenire Comandante della Guardia Reale, lui ti aveva … –
- Sì. – confermò semplicemente – Ancora prima di accettare il supporto del partito e di invischiarsi nelle trame di quella gente senza scrupoli, era consapevole di quale fosse l’ambiente in cui ti avrebbe mandata in servizio. In ogni caso, avresti potuto essere impiegata in qualche missione delicata per la protezione della Principessa, agire come spia … o chissà cos’altro; il Generale voleva che tu fossi pronta. A tutto. -
- Era questo che avresti dovuto fare quel giorno … quando mi raggiungesti al fiume? – gli chiese allora lei, a bruciapelo, e non poté che sorprendersi di fronte a quella domanda, che gli mostrava quanto avesse davvero compreso le circostanze di quella vicenda e quanto desiderasse comprendere fino in fondo l’accaduto.
- Io avevo spiato il vostro incontro – riprese allora Oscar, seguendo il proprio ricordo - e avevo udito mio padre mentre ti chiedeva di convincermi ad accettare l’incarico; ma poi ero fuggita, colpita da quello che avevo visto … -
Incrociò il suo sguardo, aspettandosi un riflesso di accusa o delusione, ma ancora dovette arrendersi, alla sua espressione sincera e semplicemente desiderosa di chiarezza.
- Già … - ammise allora ancora – … probabilmente non hai udito tutto: avrei dovuto convincerti ad accettare l’incarico e … provvedere al resto, in qualche modo; e anche quando andai a riferirgli che non avrei mai potuto convincerti ad adattarti una vita che non desideravi, lui non volle sentire ragioni. Tu, d’altra parte, in quel frangente avevi già compiuto la tua scelta … – le ricordò allora - … e per tuo padre, da quel momento, tutto doveva essere fatto a suo modo. –
Lo fissò ad occhi sgranati, fragile, colpita, nonostante tutto, da quello di cui era venuta a conoscenza e che non aveva ancora metabolizzato completamente; dischiuse le labbra, inumidendole rapida, prima di tornare a lui, chiedendo in un sussurro – Perché tu, André? -
- Per la stessa ragione per cui ha ordinato a me di convincerti ad accettare, Oscar. – le spiegò, con un sorriso mesto – Sapeva che tra noi c’era una confidenza … speciale; probabilmente aveva intuito che avrebbe potuto accadere in qualunque momento, anche senza che mi fosse ordinato di farlo, e mi disse chiaramente che aveva … fiducia in me, che tu mi avresti ascoltata e che anche il resto sarebbe stato possibile. –
Lasciò il suo sguardo, imbarazzato, e scorse le sue mani, i gesti nervosi con cui le chiudeva una sull’altra, senza sosta; allora si fece coraggio e prese ancora quelle mani tra le proprie, accarezzandole e placando quel movimento inquieto con un contatto calmo, amorevole.
- Oscar … - la chiamò, pronunciando il suo nome lentamente, perché la voce risuonasse calda e giungesse al suo cuore, e lei avvertì quel richiamo e sollevò lo sguardo, affondando nel suo - … Ricordo come fosse ora il tono con cui mi parlò: mi fronteggiava, mi pareva un gigante; era perentorio, non ammetteva replica e io ero solo un giovane uomo che non voleva altro che il tuo bene, ma che nulla poteva immaginare del proprio futuro. – attese un istante, scorgendo nei suoi occhi il proprio riflesso e trovando in essi il desiderio e l’invito a proseguire – Avevo solo te e niente altro, ma lui mi stava ordinando di sfruttare la tua fiducia per … per renderti diversa; stava esercitando il suo potere su di te … e per farlo aveva scelto di usare me. – le spiegò poi - Se in quell’istante avessi avuto il coraggio di abbassare lo sguardo, evitando quegli occhi trasparenti come cristallo e taglienti come il filo di una lama, allora forse, avrei avuto la libertà. La libertà di obbedire. –
La avvertì improvvisamente docile tra le braccia, le dita fattesi morbide all’udire quelle parole, e allora rese la propria presa più salda, sollevando le sue mani fino alle proprie labbra e depositandovi un bacio delicato, là dove il suo anello era visibile. Indugiò sull’argento, riconoscendo nel metallo il tepore del corpo a cui era legato, fino a sciogliervi il proprio.
– Tuttavia io non ero libero. – riprese, muovendo le labbra ad un soffio dalle sue mani e poi sollevandosi, tornando ad affondare lo sguardo nel suo – E da quel giorno ne ebbi l’assoluta consapevolezza: io ti amavo già allora e non avrei mai osato nulla al di fuori di un amore pieno e consapevole anche da parte tua. –
La vide tremare, scossa da un brivido, e sollevare le mani fino a portargliele alle spalle, per poi intrecciarle sulla nuca, facendosi ancora più vicina.
- Era questo il tuo tradimento, André? – lesse la domanda sulle sue labbra, ormai così vicine da poterle sfiorare, e annuì in risposta, mentre lei stessa riprendeva a parlare – Era questo il tuo scegliere tra lui e me, la sua resa e la tua vittoria. – affermò infine, ormai sciolta in una calma caldissima che divenne carezza morbida e vellutata sulle sue stesse labbra.
Ne assecondò la lusinga, prima di fermarsi un istante, mormorandole in risposta – Ed era questa la mia colpa, Oscar, perché se io avessi fatto quello che mi era stato ordinato, tu quella notte, non saresti fuggita … -
- Forse avresti dovuto semplicemente parlarmene … - ipotizzò allora lei, in sospeso, tra un bacio e l’altro.
- … e tu in qualche modo saresti cambiata, Oscar. - intervenne, in risposta, agitandosi un poco - Non saresti stata più la stessa che conoscevo e chissà cosa avresti potuto scegliere … Forse non sarebbe accaduto niente di tutto questo, oppure saresti rimasta al ballo a compiere il tuo dovere … -
Oscar si irrigidì, all’udire quell’ipotesi; si morse le labbra e scosse appena il capo, corrugando la fronte – In questo caso, non sarei nemmeno tornata da quel ballo! – commentò con tono di accusa, prima di riprendere, più dolcemente – O forse, più probabilmente, a quel ballo non sarei mai nemmeno andata, perché ormai presa da ben altri pensieri. –
Sorrise, in risposta a quella semplice idea e non poté che annuire, cullando l’idea che nonostante tutto, in un modo o nell’altro, il loro amore avrebbe comunque trovato la strada per realizzarsi.
- Sei arrabbiata con me? – le chiese d’impulso, improvvisamente preoccupato; ma l’ombra del dubbio non poté nemmeno insinuarsi oltre il limite di quelle parole.
- No! – gli rispose lei immediatamente, stringendo ancora un poco l’intreccio dei polsi dietro alla nuca, quasi temesse che lui potesse allontanarsi da lei – Non potrei mai esserlo … non per una cosa simile! –
- Ma tuo padre mi ritiene responsabile di quello che è accaduto. – precisò allora.
- Mio padre è un uomo d’onore: accettò di scioglierti da qualunque accordo, senza ritorsioni, quando glielo chiesi, e così è stato, nonostante ora io abbia compreso quanto possa essergli costato accettare il fatto che tu non abbia eseguito i suoi ordini. – riprese Oscar – Forse fatica ad accordarti il suo perdono … ma le sue parole mi hanno fatto capire quanto, a modo suo, abbia agito spinto dall’amore per me, anche quando ha tentato di allontanarmi da te. -
Posò le mani aperte sulla sua schiena, trattenendola a sé, in un gesto istintivamente possessivo – Credi che io sia stato … uno stupido, allora? – le chiese; ma lei di nuovo non lasciò spazio a quel pensiero, scuotendo il capo decisa.
- Non lo penso e non lo sei stato, André. – lo riprese subito sollevandosi un poco dal suo petto – La tua è stata una scelta coraggiosa che rende merito all’uomo che eri e che sei diventato mantenendo fede ad una scelta difficile, che ti è costata molto più di quanto io possa immaginare. – proseguì poi tornando più vicina - … ma forse mio padre avrà bisogno di tempo per accettarlo. – concluse poi, sulle sue labbra.
Allora cedette a quella lusinga appoggiando la schiena alla parete, sotto la spinta sensuale con cui Oscar lo aveva indotto ad arretrare un poco, in quello spazio ristretto, fino a aderire completamente al suo corpo; portò le mani ai suoi fianchi, risalendo in una carezza lenta e insinuandosi sotto la stoffa della camicia, mentre le loro labbra si rincorrevano in una danza morbida e calda che sembrava non lasciare tregua.
In un istante, si trovò a pensare al tempo trascorso ad osservarla di nascosto, soffocando ogni pensiero che non fosse il più puro e amichevole, perché anche il minimo dubbio sulla sua condotta fosse fugato; sorrise tra sé, tra un bacio l’altro, ricordando le notti di tormento, i sogni proibiti e le lacrime versate in silenzio, nascosto nell’ombra della propria camera … e poi fece scivolare ancora le mani sulla schiena, seguendone la curva morbida fino e riempirsene i palmi.
- Cosa faremo, laggiù? – gli chiese d’un tratto lei, strappandolo alla sua pace e riportandolo alla realtà.
- Io … - esitò un istante, mentre recuperava qualche riferimento, e il ricordo di discussioni già avvenute in un momento indefinito - … Hans ha parlato di famiglie che cercano istitutori per i propri figli … forse anche alcuni parenti suoi potrebbero aiutarmi a trovare un impiego simile, raccomandandomi a dei conoscenti. – riuscì poi a spiegare, continuando ad accarezzare la sua schiena con la punta delle dita, quasi non volesse lasciare il filo di ciò da cui lei l’aveva strappato.
- Capisco … - commentò allora lei, con lo sguardo assottigliato - … io invece ti vedrei a fare altro, sai? – lo provocò.
- Sì? – rise di rimando, incuriosito dalla sua espressione quasi concentrata – E cosa, di grazia? –
Non lo fece attendere ed espresse immediatamente quella che, probabilmente era davvero un’idea sulla quale aveva avuto modo di riflettere - Dovresti scrivere. – affermò decisa, per poi riprendere, senza lasciargli il tempo di esprimere i propri dubbi – Hai sempre avuto talento nella scrittura; tieni un diario fin da quando eri un ragazzo e so per certo che sai esprimere al meglio quello che senti, ciò che provi … -
L’idea di Oscar lo sorprese quasi quanto l’entusiasmo che aveva colto nelle sue parole; rise tra sé, nel tentativo di immaginarsi scrittore e intimamente lusingato dalla fiducia che lei gli aveva espresso con tanta genuina energia – E … cosa potrei mai scrivere, secondo te? Di cosa potrei mai raccontare, io? – le chiese infine, accarezzando appena l’idea di avvicinarsi davvero alla scrittura.
- Beh … potresti scrivere un racconto, una sorta di romanzo dove si intrecciano sentimenti, aspettative, avventura … - gli suggerì lei, restando vaga, ma evidentemente mossa da un’idea precisa, e allora lui non perse tempo incalzandola.
- Dimmi di più. Dimmi di cosa vuoi che io scriva, Oscar. -
Lei lo fissò per un istante, improvvisamente seria; le sue labbra serrate si ritrassero in un gesto nervoso, mentre lei rimaneva concentrata, e lo sguardo si puntava nel suo, sempre più intenso. André trattenne il respiro, rimanendo immobile, con i palmi caldissimi aperti su di lei e il suo corpo morbido poggiato addosso; riuscì ad intuire il ritmo del suo respiro, il battito del suo cuore e il pulsare leggero dell’emozione che la vece vibrare un attimo prima di tornare  parlare.
- Scriverai la tua storia, André, la nostra storia; e so già come potrai chiamarla: il titolo sarà Il mio segreto. –
 
Fine
 
 
Una piccola nota … Ho preso in prestito il personaggio di Madame Adelaide e l’ho dipinto a mio piacimento, rendendola sicuramente più perfida e sgradevole di quanto non potesse essere stata. La vera Madame Adelaide probabilmente lasciò Versailles con la sorella Victoire in seguito alla marcia delle donne parigine alla Reggia, nell’ottobre del 1789; le leggi contro la chiesa cattolica le indussero a lasciare la Francia e dopo essere state persino arrestate, riuscirono a riparare in Italia. Madame Adelaide morì nel 1800 a Trieste.
Il racconto, tuttavia, non ha alcuna pretesa di carattere storico né divulgativo e qualche licenza dalla realtà mi sembrava accettabile.
 
 
Angolo dell'autrice
Ebbene … l’ho davvero portato a termine!

Questo racconto era nato molto tempo fa da un’idea decisamente balzana che poi si è progressivamente arricchita di contenuti e dettagli, ma proseguendo sempre lungo il tracciato originario, fino a raggiungere il finale che, incredibile a dirsi, doveva avere fin dal principio. Chiacchiere tra amiche con la passione della storia e con chi condivide con me l’hobby della scrittura e per Oscar e André, letture parallele e interessi personali, hanno aggiunto spunti e argomenti, e pure determinato il taglio del racconto, fino a creare il caleidoscopio definitivo.
Quello di Oscar e André è stato un percorso lungo … ma anche il mio non è stato da meno! Credevo di cavarmela con pochi capitoli (ma questa l’ho già sentita in passato e non avrei dovuto caderci di nuovo) e ho finito per scriverne una infinità, molti più di quelli che avrei immaginato e voluto. Per questo, quando l’entusiasmo è venuto meno e gli impegni, al contrario, si sono affollati sulla mia tabella di marcia, ho davvero creduto di non avere energie a sufficienza per portare la storia fino alla sua naturale conclusione.
Ho davvero faticato, ma ho anche avuto fortuna e ho trovato chi mi ha fatto un grande dono, accompagnandomi fino all’ultimo capitolo con dritte e consigli, ma soprattutto con un laborioso e costante supporto morale (che in un caso come il mio, è davvero impegnativo, ve lo assicuro).
Mi permetto una menzione speciale per chi ci ha messo la matita … e le ringrazio sentitamente per essersi lasciate ispirare dal racconto creando splendidi disegni.
Ad ogni modo, mi avete fatto compagnia in tante con i vostri commenti e le vostre emozioni … e non posso che ringraziarvi tutte, una per una, per avermi dedicato il vostro tempo sia nella lettura che nel lasciarmi il vostro pensiero. So che restano tante imperfezioni da sistemare sparse lungo tutto il racconto: quando troverò il coraggio di farlo, cercherò di porvi rimedio. Per il momento, ho bisogno di una luuunga pausa …
Un abbraccio a tutte
 
Maddy

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