At midnight I'll come to you (Or maybe not)

di ShioriKitsune
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II ***
Capitolo 3: *** III ***



Capitolo 1
*** I ***


Questa è per te, mio sole.
Buon compleanno.




I.


 

Sei anni prima



Chanyeol si guarda intorno nervoso, le mani nelle tasche e la mascella contratta.

«Metti via quella roba, Baekhyun».

Il suo sguardo gli passa attraverso, lo fissa senza vederlo davvero. Aspira un’altra boccata di fumo e inclina il capo.

«Altrimenti?»

Altrimenti?

Deglutisce.

 

Altrimenti andrò via.

E non tornerò, non stavolta.

 

Schiocca la lingua, sa che non lo farebbe mai.

Che tornerebbe comunque, in ogni caso.

Baekhyun avvicina il collo della bottiglia alle labbra sottili e butta giù strizzando gli occhi. È troppo persino per lui. «Potrebbe arrivare la polizia».

Non lo ascolta.

«Vattene se hai tanta paura». Sorride, ma è un sorriso di scherno. «Scappa, pivello».

Il minore serra i pugni.

«Se ci beccano di nuovo con la droga addosso saranno guai, l’hanno detto loro. Ed io non ho un fratello pronto a coprirmi il culo, al contrario tuo».

L’altro affila lo sguardo, stizzito. «Preferirei che il mio culo restasse in una cella, la prossima volta».

Chanyeol arriccia il naso per evitare di dire qualcosa di sbagliato.

Non lo comprende, Baekhyun. Non comprende lui e quel suo contorto modo di ragionare.

«Se lo vuoi è tutto tuo. Sehun, intendo».

Chanyeol alza un sopracciglio. «Mi basta solo uno di voi con cui avere a che fare, ma grazie lo stesso».

«Non dovrai preoccuparti di quello ancora a lungo». Il maggiore fa una pausa, facendo vagare lo sguardo nella notte. «Alla fine ho deciso di partire».

Silenzio.

Lancia un’altra occhiata, il vicolo è libero. Gli strappa la bottiglia dalle mani e si riempie la bocca fino a quando ha bisogno di staccarsi per riprendere aria.

 

Perché?

Perché vuoi partire?

Perché non ti basta quello che hai?

O meglio... perché non ti basto io?

 

«Capisco. Quando?».

«Stanotte».

China il capo, poi beve ancora. La gola arde e gli occhi pizzicano, sente le gambe molli e la totale assenza di quella morale che fino a pochi minuti prima aveva tanto ostentato.

«E dove vai?».

Distoglie lo sguardo. «Ancora non lo so».

Ancora non lo so.

Chanyeol sospira. È pronto per l’ultima domanda. «Tornerai?».

E l'altro decide di prendersi un minuto per rispondere. «Non credo».

Eccolo il crollo che stava aspettando. Si fa forza, il tono della voce deve restare regolare.

Nessuno sa che dentro sta morendo.

Nessuno può saperlo.

«Allora… penso proprio che questa sia l’ultima volta che ci vediamo».

Ti prego, resta.

«Sembra di sì».

Poche parole, non si aspetta nient’altro da lui.

L’ombra perenne sul viso, l’insofferenza cronica e quel bramoso desiderio di libertà hanno caratterizzato quel ragazzo da sempre, rendendolo inavvicinabile per chiunque, come se il solo toccarlo potrebbe scottare. Ma non hanno impedito a Chanyeol di innamorarsi di lui. «Sarebbe inutile cercare di convincerti a restare?».

Neanche lo guarda mentre avvicina la fiamma dell’accendino alla sigaretta. Non merita una risposta probabilmente, o lui non sente di dovergliene una. Guarda fuori dal finestrino, poi fissa le gelide iridi color della pece nelle sue. «Vuoi farlo un’ultima volta?».

Chanyeol ama Byun Baekhyun.

Con tutto se stesso e senza riserve.

Ma Byun Baekhyun non ama lui. È semplicemente l’unica persona disposta a tollerare i suoi sbalzi d’umore ed assecondare le sue voglie. Perché ferito è sempre meglio che morto, ed averlo così è sempre meglio del non averlo affatto. Raccatterà i pezzi dopo, conscio del fatto che non potrà più rimetterli assieme, ma con la consapevolezza di essere riuscito ad ottenere tutto ciò che da lui si può ricavare.

Ci ha provato, tirando e strappando la carne nella speranza che quel cuore assopito si risvegliasse, ma non c’è soluzione per quel tipo di apatia.

Byun Baekhyun è sempre stato una mina vagante e adesso è pronto a esplodere, e lui sarà coinvolto in quell’esplosione. Farà male, ma Chanyeol è preparato da tempo.

Tutto ciò di cui ha bisogno adesso è capire se sopporterebbe ciò che lui ha offerto, sapendo che sarebbe l’ultima volta.

Deglutisce.

«Okay».

Posa la bottiglia e salta giù dal muretto sul quale è seduto. Si avvicina lentamente, scrutandolo da dietro quella sua maschera di apparente indifferenza. Il minore resta fermo, il cuore batte troppo forte e ha paura che gli tremi il respiro. Resta fermo contro lo sportello della sua auto, gli occhi semiaperti anche quando le labbra dell'altro catturano le sue in un bacio sensuale.

Gli blocca la testa con una mano appena sotto il mento, la stretta è ferrea perché a lui piace comandare o, almeno, fingere di farlo. Si appoggia di peso, abbassandogli la zip dei pantaloni. A Baekhyun non piace girare intorno alle cose, perdersi in inutili preliminari. È fatto così.

Tiene gli occhi chiusi, e Chanyeol non ha mai capito se lo fa per non guardarlo o perché così gli piace. Lui non ci riesce, soprattutto non adesso. Deve guardarlo, imprimere nella memoria ogni dettaglio del suo volto. Potrebbe essere l’ultima volta.

Gli infila la mano tra i capelli per avvicinarlo a lui e approfondire il bacio, per sentirselo addosso il più possibile. Allora decide che è il momento di entrare in macchina, quindi apre lo sportello e lo spinge dentro.

Lo guarda, lo bacia ancora. Perché lo bacia? Baekhyun bacia solo lo stretto necessario. Ma continua a toccarlo, percorrendo il profilo del suo collo con la lingua e scendendo a stuzzicargli i capezzoli.

Aggrotta le sopracciglia.

Lo spoglia lentamente, toccando ogni centimetro di pelle scoperta. Gli sta sopra, l’abitacolo è stretto ma a loro va bene così. Chanyeol gli infila le mani nei boxer, la sua erezione è calda e improvvisamente viene sopraffatto dal desiderio di accoglierla. Il suo cuore perde un battito e distoglie lo sguardo per l’imbarazzo.

Perché sembra così diverso?

Incrocia il suo sguardo per un attimo, ma come previsto lo scansa prima che possa leggergli dentro. Lo sente, sente che c’è qualcosa di diverso. Gli accarezza il viso, un po’ impacciato. Poi Baekhyun parla. «Puoi venire con me, se vuoi».

 

Andare… con lui?

 

Non risponde, non subito, ma la sua testa si riempie di quesiti che mai vedranno la luce.

Non risponde, è il maggiore che continua a parlare. «Se vuoi, ci vediamo in aeroporto a mezzanotte».

 

Io…

 

Lo afferra dal bacino e lo tira verso di lui, facendo cozzare i loro membri. La pece è ormai sciolta nei suoi occhi, luccica dal desiderio.Chanyeol si posiziona sopra di lui, mentre Baekhyun lo attende con il respiro spezzato. È pronto, sa che farà male ma non ha importanza. Chiude gli occhi e attende, ma nulla. Quando li riapre, Chanyeol è lì che lo fissa, immobile. Lo sguardo indecifrabile ha acquisito una nuova scintila e allora Baekhyun si decide a parlare, parlare davvero.

«Chanyeol, tu…», sussurra.

Il proprio nome sulle sue labbra è sempre un colpo al cuore. Deglutisce.

«…tu cosa provi per me?».

 

Cosa?

 

«Chanyeol», ripete, un po’ più forte. «Tu mi ami?».

Sente chiaramente ogni cellula del suo organismo che va in stand-by, impazzita. Schiude le labbra, seppur incapace di proferir parola.

Ma Baekhyun distoglie lo sguardo e si gira sopra di lui, ricominciando ciò che avevano interrotto.

Lo sente ansimare sulla pelle e qualcosa dentro Chanyeol esplode. Vorrebbe restare così per sempre.

Apre gli occhi e vede il cielo attraverso il tettuccio semi aperto dell’auto, non ci sono stelle.

E una notte buia, solitamente, promette nulla di buono.

È in quel momento che avverte una stretta al cuore, una stretta così forte che gli sembra faccia male sul serio.

Ma non può permettere che quel momento venga rovinato dalla paura del domani.

Baekhyun è lì, adesso.

Quindi sospira, lasciandosi andare.

 

 

-

 

Alla fine, Chanyeol aveva deciso di andare. In fondo, non c'era nulla lì a trattenerlo.

«Portami a casa, per favore».

Deve solo recuperare le ultime cose e avvisare Kyungsoo. Si merita una spiegazione, anche se non l’accetterà. Anche se probabilmente non lo perdonerà mai.

Baekhyun annuisce ma non dice una parola. Non ha più detto una parola, in realtà. Sistema gli specchietti e fa partire il motore, apre il finestrino e si accende una sigaretta. Fa freddo, ma il minore non si lamenta.

I suoi tentativi di intraprendere una conversazione cadono nel vuoto a causa del mutismo dell’altro. Sospira, appoggiando la testa al finestrino.

Ripensa a ciò che gli ha chiesto prima, non lo aveva mai fatto. Non gli era mai importato di queste cose, aveva sempre affermato di aver solo bisogno di uno sfogo, di un giocattolo da rompere.

 

E se mi stesse prendendo in giro?

 

Si rendo conto che, alla fine, non ha tutta quest’importanza. Sa cos’è per lui e non può far altro che farselo star bene. Può esistere al mondo forma d’amore più malsana?

Amore.

Gli sembra quasi di macchiare una parola tanto pura, ma non ci sono altri modi per descrivere ciò che prova per Byun Baekhyun: amore, di qualche tipo, eppure sempre amore.

Allora perché non è riuscito a rispondergli?

Il maggiore inchioda all’improvviso.

Chanyeol guarda fuori dal finestrino, ma quella non è casa sua.

«Che succede?».

Lo studia attentamente, sembra teso. Serra le mani sul volante, fissando lo sguardo davanti a sé. Può quasi sentire il rumore dei suoi pensieri.

«Scendi dalla macchina».

«Cosa?».

«Ci stanno seguendo, scendi dalla macchina».

«Cos-». Non capisce. «Chi?»

«Gli sbirri, idiota. Ci tenevano sotto controllo probabilmente. E ora scendi!».

Sono dei ricercati a soli diciassette anni. Era Baekhyun quello ribelle, ma Chanyeol si lasciava facilmente trascinare in tutti i casini in cui l’altro s’immischiava. Niente di grave, problemi con la droga e qualche piccolo furto. Non che gli servissero i soldi in realtà, ma dare problemi a Sehun, il gioiello della famiglia, era uno dei suoi passatempi preferiti.

«Perché vuoi che scenda?».

«Perché non voglio coinvolgerti. Non hai un fratello pronto a pararti il culo, no? L’hai detto tu».

Quelle parole, pronunciate da chiunque altro, gli sarebbero sembrate un gesto di preoccupazione nei suoi confronti. Ma c’era Baekhyun di mezzo, e una nota amara nella sua voce che non riusciva a comprendere.

Fa per aprire lo sportello ma si blocca. «Ci vediamo a mezzanotte in aeroporto».

Baekhyun si volta di scatto, fissandolo. Perché quello sguardo?

Sembra quasi accennare un sorriso.

«Ah, Baekhyun…».

«Sbrigati adesso, idiota».

Lo spinge fuori e riparte a tutta velocità.

Il gigante rimane con le labbra schiuse e le parole morte sulla lingua.

 

Si, ti amo.

 

-

 

Chanyeol raccatta velocemente quel poco che gli serve; quell’imprevisto con la polizia lo ha costretto a tornare a casa a piedi e a fargli perdere più tempo del previsto. Ma con un taxi non ci metterà nulla ad arrivare in aeroporto, alla mezzanotte manca più di un’ora.

Si ferma sulla soglia, indeciso se chiamare l’amico in quel momento o l’indomani.

Perdonami Kyungsoo, pensa. Ti spiegherò tutto domani.

Sta per spegnere le luci, ma qualcuno suona al campanello.

 

Ma che diavolo…?

 

«Chi è?»

«Polizia. Apri la porta, Park».

 

Cosa?

 

-

 

L’orologio al centro della grande sala d’imbarco segna che mancano venti minuti a mezzanotte.

Baekhyun si guarda attorno, ma di Chanyeol neanche l’ombra.

È il solito idiota, pensa. Farà tardi anche stavolta.

Si siede, lasciando cadere il borsone ai suoi piedi. Infila le mani nelle tasche e attende.

E attende.

 

-

 

«Cosa volete da me? Non ho fatto niente!».

Chanyeol viene bloccato contro il muro e ammanettato. Con la coda dell’occhio vede il display del cellulare, caduto per terra, illuminarsi.

 

Baekhyun.

 

«Certo, raccontalo a chi ti crede. Ti avevamo avvisato di non fare altri scherzi, idiota». Il capo della polizia locale lo afferra per le spalle. «ma tu non hai voluto ascoltarci. Sei un povero orfanello, a nessuno importa se vieni sbattuto in prigione».

Questi digrigna i denti. «Ma non ho fatto niente!».

«Ah no? Allora non è tua e del tuo amico dei quartieri alti la macchina piena di alcol e cocaina che stavamo inseguendo?».

 

Merda.

Baekhyun…

 

«Fai il bravo e cercheremo di darti una pena non troppo severa. Collabora e dicci dov’è Byun».

 

Mai. «Non ne ho la più pallida idea».

Il poliziotto ghigna. «Bene allora, marcirai da solo e sconterai tu per entrambi».

L’auto della polizia parte e qualcuno, dalla radio, informa gli ascoltatori che la mezzanotte è passata da un quarto d’ora.

Naruto china il capo, furioso e con le lacrime agli occhi.

 

Baekhyun…

 

-

 

«…Si pregano i signori passeggeri del gate 12 di affrettarsi:l’imbarco chiuderà tra cinque minuti».

Baekhyun si guarda intorno un’ultima volta.

Che idiota che è stato a pensare che qualcuno tenesse davvero a lui.

La mezzanotte è passata da più di quaranta minuti e il suo volo sta per partire.

Sa di dover andare, quello non è più il suo posto.

Si alza, mettendo lo zaino in spalla e allontanandosi senza più guardarsi indietro.

Avrebbe rimesso insieme i cocci lontano da lì, solo. Solo com’era sempre stato.

Si sarebbe lasciato il passato alle spalle, stavolta.

Per sempre.

 

 

 

Presente

 

 

«Park! Park, dove diavolo sei?».

Chanyeol sbuca correndo da dietro l’angolo, una ciambella stretta tra i denti e il tentativo mal riuscito d’infilarsi la giacca sportiva che lo costringevano a portare. «Sono qui, dannazione, sono qui!».

Il ragazzo dai capelli corti e lo sguardo severo si trattiene dal gettargli le mani al collo, e non per un caloroso abbraccio. «Sei in ritardo di più di un’ora, razza d’idiota!».

Il gigante aggrotta la fronte, guardando l’orologio. «Oh. Evidentemente le lancette segnano l’orario sbagliato».

L’altro fa un enorme sforzo per non andare su tutte le furie, ma gli è sempre riuscito bene mantenere la calma. Chiude gli occhi e prende un respiro profondo. «Okay okay, non importa. Coraggio, vai. Gli altri sono già tutti dentro».

Chanyeol gli da una pacca sulla spalla. «Sei il migliore, Kyungsoo». Si avvia, poi torna indietro e gli cede la ciambella mangiucchiata. «Prendila tu».

Scappa prima di rischiare la vita.

 

Park Chanyeol, ventiquattro anni, apprendista presso il reparto di psicologia e malattie mentali del Seoul Central Hospital. Posto avuto solo grazie a Kyungsoo, il suo migliore amico, e al dottor Suho, primario del reparto, che l’aveva preso a cuore dopo aver sentito la sua storia.

A diciassette anni era stato condannato per possesso di stupefacenti e sbattuto in carcere per due anni. Uscito prima su buona condotta, si era ritrovato a non sapere cosa fare della sua vita.

Solo, con il cuore a pezzi e senza la benché minima voglia di fare qualcosa per se stesso.

Quel nome era diventato tabù, perché pronunciarlo faceva troppo male. Cercava di dimenticare nonostante sapesse che non c’erano speranze.

La sua apatia, l’insofferenza, sembravano averlo contagiato.

Non vedeva, non sentiva, estraneo a quel mondo di cui non gli importava nulla.

Poi, un giorno, Kyungsoo era andato a trovarlo, decidendo di prendere in mano la situazione.

Aveva cercato di farlo parlare, ma Chanyeol non ne aveva mai voluto sapere. Su quella sera di sei anni fa, e sugli avvenimenti ad essa collegati, la sua bocca era rimasta serrata. Ma Kyungsoo gli era rimasto accanto, aiutandolo in ogni modo, cercandogli qualcosa da fare per tenergli la mente impegnata.

Lui, studente di psicologia, aveva chiesto di poter portare Chanyeol ad assistere a qualche lezione, pensando gli sarebbe potuto essere d’aiuto per sconfiggere i demoni che il ragazzo si portava dentro. E così fu, o almeno in parte. Chanyeol sembrava quasi interessato e la cosa non poteva che far sorridere l'altro.

Era come se fosse il suo angelo custode, o la cosa più vicina a esso.

Ma neanche lui, che da bravo amico avava sempre cercato di proteggerlo, avrebbe potuto prevedere ciò che sarebbe successo di lì a poco.

 

Chanyeol entra nella stanza, cinque dottori disposti a cerchio gli impediscono di vedere cosa c’è nel mezzo. Si schiarisce la voce. «Scusate il ritardo, ecco, io-».

Suho si volta di scatto, ma non arrabbiato come il ragazzo si aspettava di vederlo. Solo estremamente seria. Si avvicina a lui e gli stringe la spalla. «Non preoccuparti Park, stavolta è meglio che tu non assista».

Aggrotta la fronte. «È così grave?».

«No, non grave. È una situazione… delicata, ecco». Si volta, lancia un’occhiata, ma i medici sono ancora disposti a cerchio. «Questo ragazzo si è svegliato dal coma dopo una lesione grave alla testa, e adesso sembra non ricordare neanche il suo nome», sussurra. «E nessuno lo riconosce, sospettiamo sia un tossicodipendente. Nonostante questo è totalmente lucido, e ha un caratterino non indifferente».

Chanyeol spalanca gli occhi, chiedendosi come una persona appena uscita dal coma possa far trasparire il lato peggiore di sé e mantenere quella lucidità. «Da quanto tempo era in coma?».

«Parecchio, in realtà. Ma l’hanno portato da noi solamente l’anno scorso. L’ospedale in cui lo tenevano aveva bisogno di liberare il suo letto».

«E non è pericoloso spostare una persona in coma?».

Suho sembra titubante, ma decide di rispondere comunque. «Beh... a nessuno importa se un tossicodipendente senza identità muore nel coma». Lo sguardo del ragazzo è allibito. «A noi sì, ovviamente, o non saremmo qui a cercare di tirargli fuori qualcosa», si affretta ad aggiungere il primario.

Poi qualcosa nell'atmosfera cambia, e tutto inizia a girare troppo velocemente.

Chanyeol non aveva mai creduto nel filo rosso del destino e in quelle stronzate.

Non dopo essere rimasto solo, non dopo aver perso tutto.

Eppure in quel momento non riusciva a dare un nome diverso da destino a quella forza invisibile che lo spingeva a muoversi in avanti, avvicinandosi alla schiera di dottori.

 

Va’ via, idiota.

Perché sei ancora qui?

Che senso ha continuare a camminare?

 

«Park, dove vai?».

Ma la voce di Suho gli arriva ovattata, quasi non la sente.

Deve continuare a camminare, ad andare avanti.

 

Io…

 

«Park!».

 

Devo…

 

Poggia la mano sulla spalla di uno dei dottori, facendolo scostare.

 

Vedere…

 

Non sa dire precisamente in quale di quegli infiniti attimi il mondo si sia fermato.

Forse alla vista dei capelli lisci sempre uguali, solo un po’ cresciuti.

O forse nell’incrociare quelle iridi fredde e del colore dell’ebano.

O, ancora, nell’indugiare con lo sguardo sul profilo del suo collo, delle spalle, delle braccia.

Non sa dire se sia svenuto, se abbia deciso di sedersi o se qualcuno lo abbia afferrato.

Non sa dire neanche con certezza se ci sia qualcuno nella stanza a parte lui e chi gli sta di fronte.

L’unica cosa di cui è certo, è di aver allungato la mano verso quel visto e di aver pronunciato il suo nome.

 

Baekhyun?

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Capitolo 2
*** II ***


II.


 

A volte dubitare di tutto diventa estremamente facile.

A volte basta un gesto, una parola, per far crollare anche la più salda tra le convinzioni.

Un singolo momento può cambiare ogni cosa, trasformarla fino a renderla irriconoscibile. Fino a estirpare la sua stessa essenza.

I ricordi sono spesso infidi, e agiscono nell’ombra. È quando si crede di averli affrontati e sconfitti che essi tornano, come demoni dall’inferno personale di ognuno, come scheletri che nell’armadio non vogliono più starci. Tornano e distruggono e divorano, niente viene salvato.

Forse quel piccolo pezzo di cuore che aveva giurato di restare impassibile a tutto.

O forse no, neanche lui.

 

Il battito cardiaco di Chanyeol sembra essersi fermato, così come il suo corpo. Le mani allungate verso l’altro, gli occhi sgranati.Suho avvicina una mano alle sue labbra per assicurarsi che respiri ancora.

Grazie al cielo, pensa.

D’altra parte, colui che gli sta di fronte lo guarda senza vederlo e Chanyeol pensa che certe abitudini sono dure a morire, nonostante tutto.

Poi ci riesce, si sblocca. Si sblocca e fa un passo indietro.

«Un tossicodipendente senza identità, uhm? Non avete letto i giornali da otto anni a questa parte?».

È davvero Park Chanyeol quello che sta parlando?

Lo pensano tutti. In effetti, quel tono freddo, di rimprovero e con una nota amara non è proprio da lui. Guarda i dottori, uno alla volta, poi si sofferma su Suho. «La sua faccia era ovunque, diamine! Suo fratello l’ha cercato ovunque e disperatamente!».

 

Possibile che nessuno se ne sia accorto? Possibile che sia passato inosservato fino a questo punto?

 

L’attimo di silenzio seguente pesa quasi quanto uno schiaffo. Chanyeol sente quasi ogni cervello di quella stanza mettersi in moto. «Quindi lui…»

«Già, lui è-».

Si blocca, abbassa gli occhi.

 

Non riesco a dirlo.

Non ce la faccio.

 

Per otto lunghi anni aveva buttato via ogni pezzo di carta con sopra il suo volto e il suo nome, cambiato canale ogni volta che Sehun faceva un appello in televisione. Aveva cercato di convincere se stesso che non esistesse, che non fosse mai esistito.

E ora eccolo, davanti a lui, e non riesce neanche a chiamarlo per nome.

Poi alza lo sguardo ed eccolo lì, quel sorriso di scherno, quello che aveva popolato i suoi più crudeli incubi.

Il sangue sembra ghiacciarglisi nelle vene.

«Ehi, tu… eri innamorato di me? Te lo leggo negli occhi. Tu mi conoscevi bene, vero?».

Nessuno osa proferir parola, ma tutti gli sguardi sono puntati su Baekhyun.

Anche quello di Chanyeol.

«…è la prima volta che pronuncia una frase tanto lunga», sussurra uno dei dottori.

Poco appropriato, pensa Suho, imbambolato come gli altri.

Se quello è davvero Byun Baekhyun, è stato uno stupido a non riconoscerlo. In fondo, la sua famiglia è la più famosa e ricca di Seoul, perfino un’ala di quell’ospedale porta quel nome.

Chanyeol non riesce a proferir parola. Serra i pugni, gli occhi pizzicano e sa che deve uscire di lì prima che lacrime calde comincino a rigargli le guance.

«Che c’è, il gatto ti ha morso la lingua?».

 

Sta’ zitto.

Sta’ zitto.

 

«Sta’ zitto!».

Lo urla e scappa via. Forse qualcuno lo segue, forse se lo immagina e basta. Esce da quella porta e un singhiozzo gli squarcia il petto: sta per crollare, lo sente. Deve solo arrivare a casa prima che gli altri possano accorgersene.

Ma ha dimenticato Kyungsoo, in piedi accanto alle macchinette. Sorseggia un caffè, lo sguardo perso nel vuoto che si solleva appena sente quei passi frenetici avvicinarsi. E la sua espressione si tramuta da serena ad allarmata.

Chanyeol però non può fermarsi a parlare con lui, non può fingere che tutto vada bene, fargli un sorriso e andare avanti. La distruzione incombe e non gli permette nessun tipo di finzione. Così non alza la testa, lo urta per sbaglio e il caffè gli si versa sulla camicia.

Ma a lui non importa, perché non si sta arrabbiando e non lo sta seguendo. Resta semplicemente lì, fermo, gli occhi di chi vede i demoni di qualcun altro ed è pronto a farli propri. Si volta, può vedere Suho in lontananza. Penserà dopo alla macchia di caffè.

Tutto quello che vuole adesso è sapere.

 

Camminare tra la gente non è un’opzione, non in quelle condizioni. Neanche guidare lo è.

Così s’infila nel primo stanzino che trova, quelli al piano terra nei quali nessuno va, quelli che servono per lo più a conservare scatole di scorta di medicinali.

Medicinali?

Si gira e vede le scatole, i nomi così familiari per chi ha avuto un passato con la droga. Qualche tempo fa avrebbe pagato per finire in un posto del genere con Baekhyun.

Baekhyun.

Il cuore fa così male che gli fa venire voglia di strapparselo.

Allora allunga la mano, apre una scatola e non gli importa cosa sia, si versa quattro capsule sulla mano e butta giù con la sola saliva.

Inspira e poi espira.

Inspira e poi espira.

Inspira e poi espira.

Dormi Chanyeol, sei al sicuro adesso.

 

 

 

La discesa nella follia da parte di Chanyeol, il suo lento soccombere all’apatia, non è iniziato quella famosa sera di otto anni fa, quando Baekhyun partì e lui non fu in grado di raggiungerlo. Quello… quello fu il danno minore.

Ciò che davvero conta, ciò che lo perseguita, accadde un anno e mezzo dopo, la sera prima del suo effettivo rilascio.

 

 

Chanyeol dormiva nella parte inferiore di uno scomodo letto a castello, stringendosi nelle spalle a causa del freddo. Non c’era la finestra nella sua cella, ma in mensa aveva sentito qualcuno lamentarsi della pioggia. Dicevano che piovesse da tre settimane, ininterrottamente.

A lui sarebbe piaciuto uscire e bagnarsi il viso con quella pioggia, accoglierla senza preoccuparsi di null’altro. Sospirò, chiuse gli occhi e si girò dall’altro lato: il fianco gli faceva male perché il legno era duro, non respirava bene e tutto ciò di cui aveva bisogno era un letto accogliente e un brodo caldo, il tepore di una casa e magari qualcuno ad aspettarlo a braccia aperte. In fondo era solo un ragazzino di nemmeno diciotto anni, che si era cacciato in un guaio più grande di lui.

E lì, a metà tra il sonno che bramava le sue membra e la fredda e dura realtà che lo teneva imprigionato, avvertì una voce fin troppo familiare per un posto come quello.

Si ridestò in men che non si dica, scalciando via le coperte e avvinghiandosi alle sbarre.

«Chi è la?». La sua voce rimbombò nel silenzio. «C’è qualcuno?».

Si guardò intorno, confuso, le nocche che iniziavano a fargli male e la disperazione, il bisogno, erano vivi nei suoi occhi.

Stava per dirlo, il suo nome. Ma, pensandoci, era razionalmente impossibile che lui fosse lì. Quindi si morse le labbra, continuando a scrutare il buio.

Fin quando una figura, a braccia conserte, s'avvicino fino a rendere possibile per Chanyeol scrutarne il viso. E serrò le labbra così forte da avvertire quasi dolore.

L'altro lo studiava con freddezza, la solita compostezza che lo caratterizzava, anche se così giovane, non accennava a smuoversi. In fondo, era lui il pupillo della famiglia.

«Park», lo apostrofò, senza preoccuparsi di nascondere quella punta di sdegno nella voce. «Ho qualche domanda per te».

Chanyeol tremò, anche se solo internamente.

E quando Sehun fece segno alle guardie di aprire la cella, il maggiore capì che le cose stavano per complicarsi ancora di più.

 

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Capitolo 3
*** III ***


III
 

Baekhyun era il più grande, tra i figli del signor Byun. Ma, nonostante questo, le cose per lui non erano mai state facili. Nato da una relazione extra coniugale, suo padre lo aveva tenuto con sé per timore che, la sua attuale moglie, non riuscisse a dargli un erede. Per i primi anni della sua vita, era cresciuto come tutti i bambini dovrebbero crescere: amato, coccolato e un po' viziato. La sua matrigna non nutriva per lui particolare affetto, ma era una brava donna e non gli aveva mai fatto mancare nulla. Si prospettava per lui un roseo futuro: studiare, laurearsi, prendere in mano l'azienda di famiglia e sposare la figlia di qualche socio in affari. Magari non era una prospettiva emozionante, ma almeno era una certezza. E per un figlio illegittimo – anche se nessuno sapeva che fosse così – le certezze erano tutto.

Quando però la moglie di suo padre rimase incinta e nacque Sehun, la vita di Baekhyun cambiò in modo quasi totale.

Sehun era il vero primogenito della coppia e, come tale, aveva diritto a tutto ciò che prima era stato promesso a lui. I suoi genitori iniziarono a tenerlo in disparte, a non dargli più attenzioni, a concentrarsi in modo totale sul programmare la vita del minore.

E se questo, da un lato, il giovane Baekhyun lo vedeva come una liberazione da un futuro che gli stava stretto, dall'altro lato si rese presto conto che tutto ciò che avrebbe dovuto fare, o che avrebbe voluto nella vita, se lo sarebbe dovuto guadagnare con le sue sole forze.

Così, iniziò il periodo difficile.

Gli adolescenti, di per sé, non sono affar semplice. Ma un adolescente fuori controllo? Potrebbe diventare davvero ingestibile. Questo era ciò che era successo a Baekhyun quando si era reso conto di non contare più nulla. Di essere rimasto solo. Di aver avuto il mondo, per un po', e di essere rimasto con in mano una manciata di terra. Tutto ciò che venne dopo – il suo immischiarsi in affari loschi, frequentare compagnie ambigue, Chanyeol – fu solo una mera conseguenza. Una conseguenza che però, Baekhyun, non rimpiangeva minimamente.

Crescendo, si era reso conto di quanto quel mondo non appartenesse a lui. Doversi comportare in un certo modo, vestirsi e parlare in un certo modo, non era qualcosa che era disposto a fare. A lui che era libero come l'aria, le catene scivolavano da dosso.

Il distacco dalla sua famiglia non fu graduale: tornava a casa tutti i giorni, come da copione, fin quando un giorno non tornò più. E nessuno si preoccupò di andarlo a cercare.

E sarebbe stato tutto perfetto, davvero, se non fosse stato per Sehun.

Sehun che sembrava fatto apposta per i suoi genitori, con i suoi modi freddi ma garbati, aveva sviluppato per il fratellastro un'ossessione quasi maniacale: voleva essere per Baekhyun tutto ciò che sua madre e suo padre si rifiutavano di essere, preoccupandosi per lui e provvedendo ai suoi bisogni, nonostante fosse il più piccolo.

Spesso Baekhyun si era domandato il perché di quel legame, dal momento che non gli aveva mai dato particolari attenzioni, ma non era riuscito a trovare una risposta. Né negli occhi di suo fratello, né in se stesso. E sarebbe stata una bugia dire che, in qualche modo, quel sentimento fosse ricambiato... perché non lo era. Solo che Sehun sembrava non accorgersene o, addirittura, rifiutare di accorgersene.

Era sempre lì, pronto a tirarlo fuori dai guai anche se Baekhyun non voleva essere tirato fuori dai guai. Quando voleva affondare, quando voleva creare casini, Sehun, i soldi della loro famiglia e il loro cognome, erano il suo costante ostacolo

E forse, allontanarsi da quel legame così morboso che non poteva sopportare, era uno dei tanti motivi che lo aveva costretto a scappare.

 

 

Baekhyun si guarda intorno, le facce dei medici sono... perplesse? In questo momento, non riesce a trovare un termine migliore. Sbuffa, alza gli occhi al cielo e si chiede per quanto tempo ancora dovrà stare sotto i riflettori.

«...Cosa dovremmo fare adesso?»

«...Chiamare la polizia. I suoi genitori forse? E cercare di mantenere la stampa fuori di qui per più tempo possibile».

Baekhyun ascolta, sa che stanno parlando di lui, ma non è interessato a replicare. In fondo, non ha nemmeno idea di chi lui sia, di cosa ci faccia lì e del perché la stampa dovrebbe essere interessata alla sua storia. Non che non gli piacerebbe schiarirsi un po' le idee, ma mettersi a fare domande a questa gente è fuori questione. Non si fida di loro.

Anche se...

Baekhyun serra le labbra, fissando lo sguardo sulla porta. Quel ragazzo...

Ripensa al suo viso, agli occhi grandi e le orecchie un po' a sventola, alle labbra dischiuse al colorito pallido, quasi malaticcio, della sua pelle quando aveva posato lo sguardo su di lui.

È convinto che quel ragazzo lo conosca e, dovendo porre domande su di sé, lui è l'unica persona a cui vorrebbe farle.

Si schiarisce la voce, attirando l'attenzione degli altri.

«Tutto bene, ehm, ragazzo?». Perché ancora si rifiutano di chiamarlo per nome?

Baekhyun fa cenno di sì con la testa.

Il dottore più alto, quello con la faccia più affabile, si abbassa e gli poggia una mano sulla spalla. Baekhyun arriccia il naso.

«Sappiamo che in questo momento sei confuso. Lo siamo anche noi, davvero. Ma se potessimo fare qualcosa per aiutarti...».

Baekhyun si morde le labbra e ci pensa. In effetti, qualcosa c'è.

Distoglie lo sguardo dal medico, puntando il dito verso la porta dal quale, poco prima, era scappato Chanyeol.

 

 

«Che ci fai qui, Sehun?» domandò, mentre una delle due guardie gli serrava il braccio in una morsa, trascinandolo fuori dalla cella. Chanyeol lo guardò in cagnesco, ma non cercò di liberarsi dalla presa.

«Voglio solo farti qualche domanda, Park. Perché sono convinto che tu sappia dov'è mio fratello».

Sehun si sistemò i capelli in un gesto meccanico, incrociando le braccia al petto. Il suo sguardo non dava via nulla, come se tra l'iride e l'anima ci fosse un muro di cemento armato.

Chanyeol rise, amaro. «E credi che, anche se lo sapessi, te lo direi?»

All'improvviso, arrivò il primo colpo.

Fu alle spalle, quindi non ebbe modo né di prevederlo, né di schivarlo. La seconda guardia, con un manganello, lo aveva colpito così forte da lasciarlo senza fiato. Chanyeol sgranò gli occhi, cadendo al suolo, ma nessun lamento uscì dalla sua bocca.

Gli angoli delle labbra di Sehun si piegarono lievemente all'insù.

«Lascia che io riformuli la mia richiesta». Si avvicinò, lento, per poi accovacciarsi accanto al suo viso. «Dimmi dov'è diretto mio fratello se non vuoi che la tua morte in questa cella passi per un suicidio. Non sarebbe difficile crederci, succede ogni giorno». Il suo tono era frivolo, come se parlasse del tempo. Chanyeol si domandò come, un ragazzo di sedici anni, potesse comportarsi in quel modo. C'era qualcosa di così sbagliato in lui da mettergli i brividi.

«Baekhyun sta scappando anche da te», grugnì, facendo forza sulle braccia per rialzarsi. «E le tue minacce non mi spaventano».

Il secondo colpo fu un po' più doloroso. Dritto nello stomaco, così forte da fargli venire i conati. Si accasciò di nuovo, l'odio che gli traboccava dagli occhi.

Sehun sospirò, grattandosi la punta del naso. «Lo troverò in ogni caso, lo sai. E forse posso punirti con qualcosa ancor peggio della morte: farò in modo che non si ricordi mai più della tua faccia. Sei stato tu a ridurlo così, sei stato tu a rovinarlo».

Stavolta fu Sehun stesso a colpirlo, dritto in faccia. E per una volta, un'emozione – l'odio - passò rapida nel suo sguardo. «Sei stato tu a portarmelo via». Il sangue iniziò a scorrere dal labbro e la testa a pulsargli in modo così doloroso da rendere impossibile anche solo tenere gli occhi aperti.

Il minore si pulì la mano sulla giacca, dandogli poi le spalle.

«Ti dico come possono andare le cose stanotte: opzione A. Tu mi dici dov'è andato Baekhyun e io ti farò uscire di prigione. Ti concederò anche di vederlo un'ultima volta, per rompere qualsiasi cosa ci sia tra voi», arricciò il labbro, disgustato. «per poi sparire definitivamente dalla sua vita. Posso anche darti del denaro, non è un problema per me».

Fece una pausa, serrando le nocche. «Oppure c'è l'opzione B, che non amo particolarmente. Se non collabori, non posso assicurarti che domani mattina sarai tutto intero. Ma posso assicurarti che porterò via a Baekhyun ogni ricordo che ha di te con ogni mezzo che mi è concesso. E quando uscirai, se mai uscirai da qui dentro, saprai di non essere nulla per lui. Nulla per nessuno al mondo. E ti prometto che la tua, fuori di qui, non sarà una vita facile».

Chanyeol concentrò tutte le sue forze nelle gambe, alzandosi e, anche se a fatica, andando verso il minore. Era basso, rispetto a lui. Ma nemmeno la differenza d'altezza, o d'età, sembrava scalfire la sua compostezza. Come fosse un robot, come se non avesse paura di niente.

Si piegò per stare alla sua altezza mentre lo guardava negli occhi. «Va' a farti fottere».

Sehun lo fissò per un lungo istante. Poi sospirò.

«Sapevo che avresti fatto la scelta sbagliata». Bastò un cenno col capo e le due guardie iniziarono a colpire. Chanyeol, ancora una volta, perse l'equilibrio.

Il rampollo sorrise, alla vista del sangue. «Te ne pentirai».

Queste furono le sue ultime parole, prima che sparisse nel buio di quei corridoi silenziosi.

Chanyeol non sapeva per quanto tempo era riuscito ad incassare i colpi, prima di perdere i sensi.

E non sapeva nemmeno che quella notte, fuori da quella cella, sarebbero successe diverse cose.

La prima: Sehun avrebbe effettivamente trovato Baekhyun.

La seconda? Beh, non tutto sarebbe andato secondo i suoi piani.

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