Stay Strong.

di Li_fe
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo. ***
Capitolo 2: *** Primo capitolo ***
Capitolo 3: *** Secondo capitolo ***
Capitolo 4: *** Terzo capitolo ***



Capitolo 1
*** Prologo. ***







Stay Strong.

 
Prologo:


Antonia è una ragazzina di 16 anni che non sa, di preciso, cosa vuole dalla vita.
Odia tutto di se, a partire dal suo nome. Lo trova banale, senza significato. 
Odia il suo corpo: i suoi coscioni, la sua pancia floscia, le braccia troppo grosse , i suoi fianchi, il suo viso. Tutto. 
Si sente brutta, e lo è davvero. 

E’ una bambinetta troppo insicura per la sua età. Vorrebbe essere quella forte, quella che affronta tutto a testa alta, con le spalle forti. Ma lei non è forte, almeno così crede. Da quando era piccola, è sempre stata quella emarginata, quella diversa. Lei ci soffriva, e anche tanto, ma nessuno la capiva, tutti la sottovalutavano. Tutti credevano che si trattasse di una ‘crisi adolescenziale’, insomma niente di importante. Ma quanto si sbagliavano! Antonia aveva bisogno di persone che le stessero vicino, che non la lasciassero mai sola, e che, soprattutto, la lasciassero sfogare. Lei aveva bisogno di parlare. Aveva bisogno di aprirsi a qualcuno, almeno per una volta. E invece non è successo mai  niente di questo. 

Le cose sono cominciate a migliorare in primo superiore: lì ha trovato delle vere amiche. All’inizio non riusciva a fidarsi di loro, ma poi si è lasciata andare. Sì è sfogata, ha liberato tutte le  sue paure, i suoi timori. 
Certo, le paure non sono di certo scomparse, e forse, neanche allievate, ma una cosa è certa: condividere le tue paure con gli altri ti fa sentire più leggera, più libera. E questo Antonia l’ha provato e sentito sulla sua pelle.

Con l’inizio delle scuole superiori, sono iniziate anche le prime cotte e, per fortuna o purtroppo, anche il primo amore, quello che fa soffrire. 
Antonia è sempre stata una ragazzina titubante verso l’amore. Ha sempre reputato questo sentimento superficiale per i giovani. Per esempio: una ragazzina di 15 anni, vede un ragazzo, le piace per un po’, e crede di esserne innamorata. E’ superficiale, quasi scontato.  Antonia crede che l’amore, quello vero, non possa nascere nel periodo dell’adolescenza, quando si è piccoli. 

Ma si sbagliava, eccome  se si sbagliava. E lo scopre presto. 

Il primo giorno di scuola, gli occhi di Antonia, si focalizzarono su un ragazzo che l’aveva colpita ad occhio.
Lo trovava bello. E lo era davvero, visto che tutti gli occhi delle ragazze erano concentrati su di lui.
Caso del destino voleva che, questo ragazzo, stesse nella sua stessa classe.  
Antonia, scoprì subito che si trattava di un ragazzo stronzo e strafottente. Si chiamava Andrea. Andrea Rossi.

E lei, non poteva sapere, né intuire, quello che sarebbe successo e tutto il dolore che le avrebbe procurato. 

Non poteva sapere neanche, che il sogno di una vita si sarebbe realizzato alla fine del terzo superiore. 

Il sogno di Antonia è sempre stato quello di andare a Torino per un po’. Ha sempre amato Torino. Sempre. 
I genitori , purtroppo, non le hanno mai permesso di andarci, ma le cose cambiarono. Così, da un momento all’altro. 

Antonia non poteva di certo immaginare che, con quel viaggio, sarebbe cambiata per sempre la sua vita, che l’avrebbe trasformata in una nuova persona, più bella sia dentro che fuori, semplicemente diversa: più sicura, più spensierata, più felice…più tutto. 

Non poteva sapere che con l’inizio di un altro anno, lei sarebbe tornata a scuola con una persona accanto che rappresentava la sua forza. 

Non poteva immaginare che, mentre lei era felice, c’era qualcuno che moriva di invidia e, soprattutto, di gelosia. 


 
Angolo Autrice:
Salve.
Già era stato pubblicato il prologo di questa storia, purtroppo, in un momento di sbadataggine, l'ho cancellato.
E' la seconda storia che scrivo. 
E niente. Spero vi piaccia. 
Ci tengo a precisare che il primo capitolo comincerà con il ritorno a casa di Antonia. Per farvi conoscere e capire quello che è successo, ci saranno dei 'ritorni al passato'.
Mi farebbe molto piacere se leggeste la mia prima storia. Si intitola "l'odio è amore contro l'amore." 

A presto.

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Capitolo 2
*** Primo capitolo ***


 
Stay Strong.



 
Si è avverato. Il mio sogno si avverato.
E’ questo che penso mentre preparo le valigie per tornare a casa.
Avevo il desiderio, fin da bambina, di andare a Torino. Non so da cosa sia nato questo mio bisogno di venire in questa città, so solo che è stato un continuo crescere, nel crederci, nel sperarci. I miei mi hanno sempre messo i bastoni tra le ruote. Il motivo, per loro, era molto semplice: “sei troppo piccola!”
E va bene: a 16 anni non si è grandi, su questo ero e sono d’accordo con loro, però non ero nemmeno la bambina che loro credevano.
Poi, all’improvviso, cambiarono idea. E fu la mia salvezza.  
Stavo passando un brutto periodo. Un periodo più nero del solito. La causa si può immaginare: un ragazzo. Andrea. Andrea Rossi.
Semplicemente mi ero innamorata della persona sbagliata. La più sbagliata.
Vi starete chiedendo cosa sia successo e cosa mi abbia fatto. Ve lo spiego subito: mi ha illusa, umiliata, usata, spezzata in due.
Avevo come una venerazione nei suoi confronti, allo stesso tempo, però, volevo stargli alla larga.
Forse aveva capito questa mia debolezza per lui, e ha usato tutto per i suoi scopi.
Si è messo d’accordo con la stronza della classe, quella che, per un motivo a me sconosciuto, mi ha sempre odiata.
Il loro patto consisteva nel prendermi in giro. Dovevano farmi credere che Andrea fosse interessato a me. E io ci sono cascata, come una cretina.
 
29 Aprile.
La professoressa mi ha chiesto di andare, gentilmente, in 5A per prendere il loro registro.
Il corridoio è deserto.
Avanzo tranquillamente, fino a quando non sento delle voci confuse.
La curiosità uccise il gatto. Sono sempre stata una tipa molto curiosa.
Proseguo, e le voci si fanno sempre più nitide. Provengono dal laboratorio di informatica. Mi affaccio, ignara di quello che verrò a conoscenza.
Quello che vedo mi paralizza sul posto.
Federica e Andrea.
La stronza della classe e il ragazzo di cui sono innamorata.
Si baciano. Si stanno baciando.
Lui ha le mani sotto la maglietta di lei. Lei, invece, ha le gambe intrecciate ai suoi fianchi.
Ho l’impressione che il mondo mi sta crollando addosso. E non sto esagerando.
Mi viene da piangere.
Improvvisamente si staccano.
“Quindi.. non provi niente per lei?” gli domanda lei.
“Ancora! Te l’ho già detto: lei per me non conta nulla. Antonia è solo un nostro patto. Ricordi, no? Il nostro obbiettivo è quello di prenderla per il culo, di umiliarla. Lei crede che io sia innamorato di lei. Povera illusa. Non mi innamorerò mai di una balena come lei.” Risponde lui.
Continuo a piangere silenziosamente. Quante cattiverie . Ma di cosa mi meraviglio? Credevo davvero che lui fosse innamorato di me? Stupida. Stupida. E ancora stupida.
Mi sono fidata come una cretina.
Gli ho creduto quando mi ha detto che gli piacevo.
Gli ho creduto quando si è dichiarato.
Ho creduto a tutti i miei brividi, ad ogni suo tocco.
Ho creduto alle farfalle nel mio stomaco.
E adesso? Come mi ritrovo? A piangere. A piangere dietro un angolo, dove loro non possono vedermi, mentre li osservo baciarsi appassionatamente.
“Voglio vederla soffrire. Deve soffrire come non mai.” Continua lei.
Perché tutto questo male? Perché?!
Non ho mai avuto nessun rapporto con Federica. E’ definita, da tutti, come una facile. Non ho mai parlato con lei. Mai. Quindi, adesso, mi chiedo: perché mi odia così tanto?!
Alla fine, di Federica non mi interessa più di tanto. Mi interessa solo di Andrea. Perché l’ha fatto?
Decido di non assistere più a quell’orrendo spettacolo e, asciugandomi le lacrime, mi avvio verso la fine del corridoio, per andare in 5A.
Al ritorno in classe, Andrea è già lì seduto al suo posto. Ho gli occhi gonfi e rossi: si nota che ho pianto. Mi scruta attentamente, mentre io lo ignoro, o almeno ci provo.
Mi prometto una cosa: scoprire il premio di questo patto. Scoprire il perché Andrea mi abbia distrutta.
 
Due settimane dopo vengo a conoscenza di tutto il patto e del premio finale. Il patto consisteva, come detto prima, nel farmi soffrire, nel distruggermi. Da come avevo capito, Federica l’aveva proposto ad Andrea, e lui aveva accettato. La ricompensa, invece, era una scopata. Avete capito bene: il premio era andare a letto con Federica.
Niente di più squallido.
 
Ho sofferto molto, vederlo ogni giorno, ogni ora, non mi aiutava di certo. Averlo nella stessa classe era diventata una punizione per me.
A scuola ero assente, a casa stessa cosa. Non parlavo, mi ero chiusa in me stessa. Ero morta dentro. E forse fu questo che fece cambiare idea ai miei genitori: vedere la propria figlia spenta, priva di vita, non è facile. Ha aiutato anche il fatto di avere un alloggio sicuro a Torino. Infatti, ho alloggiato da parenti di mia zia, e con me sono venuti anche i suoi figli, i miei cugini.
Forse, i miei genitori, hanno pensato che andare a Torino poteva essermi utile. Ed hanno avuto ragione!
Adesso sono diversa.
E, cosa più importante, mi piaccio.
Ho sempre avuto problemi di autostima, fin da piccola. Ero grassa. Troppo grassa per la mia età.
Mi prendevano in giro sempre. E io stavo zitta, andavo in un angolo, dove loro non potevano vedermi, e piangevo. Piangevo. E piangevo. Andando avanti, crescendo, il mio peso è aumentato. Ero arrivata a pesare 75 chili a 16 anni. In realtà non sembravo pesare così tanto perché ero alta, però i fianchi larghi, i coscioni, i braccioni, la pancia si vedevano lo stesso.
Adesso, invece, se mi guardo allo specchio mi piaccio e anche tanto.
Sono dimagrita tanto, lo ammetto. E forse, appena mamma mi vedrà mi farà la predica, com’è solita fare.
Non ho più pancia.
Non ho più coscioni.
Non ho più fianchi.
Non ho più i braccioni.
Il mio viso è cambiato, certo i lineamenti sono rimasti gli stessi, ma è come se fossi un’altra persona. Adesso i miei occhi verdi sono più esposti.
Non c’è più la vecchia me.
Non è cambiata solo la mia estetica ma, soprattutto, l’Io interiore.
Prima ero una ragazzina insicura, debole. Adesso trasmetto sicurezza. E sono forte. Per la prima volta sono forte.
Andare a Torino mi ha cambiata e mi aiutata tanto, ma non è solo per questo se oggi sono quella che sono.
Qui, in questa meravigliosa città, ho incontrato, forse, la persona più importante della mia vita: Marco.
Il ragazzo di cui sono innamorata.
Ho incontrato Marco in un periodo della mia vita dove non volevo saperne più niente dell’amore.
Il destino ha voluto che ci scontrassimo. Sì, perché tra me e Marco c’è stato un vero e proprio scontro.
Oggi se ci ripenso mi viene da ridere.
Come detto prima, dovevo alloggiare da parenti di mia zia insieme ai miei cugini, non ero a conoscenza però che loro avevano un figlio.  Non che mi importasse, s’intende.
 
1 Giugno
Nessuno sa che andrò a Torino. Nessuno. Neanche le mie due amiche più strette. Ho deciso di prendermi del tempo solo per me. Nessuno intorno. Sola. Voglio stare sola.  
Ho deciso di finire la scuola l’ultimo giorno di maggio. E di partire immediatamente il giorno successivo.
Siamo appena atterrati e ci stiamo dirigendo a casa di questi parenti a me sconosciuti.
I miei cugini: Francesco e Federico, rispettivamente 20 e 23 anni, mi hanno informata solo dei nomi dei loro zii: Maria e Alessio.
Non hanno calcolato che, forse, avevo bisogno di sapere anche il nome di loro cugino.
Non hanno calcolato neanche che, ad attenderci alla porta sarebbe stato quest’ultimo.
In realtà non credo di averci fatto chissà quanto caso, anzi.. non l’ho proprio visto. Sono in un altro pianeta, la testa da tutt’altra parte. Ci sono andata a finire addosso, letteralmente. Non siamo caduti solo perché lui si è sorretto alla porta.
La figura di merda l’ho fatta però.
Quando alzo gli occhi, rimango impressionata. I suoi occhi. Sono di un colore indefinito, tra il verde e il celeste. Sono meravigliosi.
“Certo, lo so che sono bello, però cascarmi tra le braccia mi sembra troppo. Poi tu pesi anche, quindi alzati.”
Ecco n’altro!
Stronzi. Stronzi da tutte le parti.
“Come sei gentile!” ribatto ironica.
“Grazie, lo so.”
“Marco, lasciala stare. Dove sono i tuoi genitori?” Domanda mio cugino Federico.
Federico è sempre stato molto protettivo nei miei confronti, molto più di Francesco.
Siamo cresciuti insieme. Il nostro legame, crescendo, si è rafforzato tanto. Sono i fratelli che non ho mai avuto.
Quel Marco indica un punto della casa, credo  la cucina, e ci dirigiamo lì. Ad attenderci ci sono due persone che trasmettono simpatia. La donna – Maria – è bassina, ha i capelli corti e ha gli occhi castani. L’uomo – suppongo Alessio – è alto, ha pochissimi capelli in testa e gli occhi del figlio.
Si mostrano subito molto gentili e cordiali con me. Mi salutano affettuosamente e mi fanno accomodare nella camera degli ospiti.  E’ molto grande, e trasmette tranquillità, proprio quello di cui ho bisogno.
A Torino ho un obbiettivo preciso, anzi più obbiettivi:
1.Dimenticare Andrea.
2.Dimagrire.
3.Cancellare la vecchia me.
4.Diventare una nuova persona.
Facile insomma.
 
Non è come pensate: tra me e Marco all’inizio non è stato tutto rose e fiori. Non potevamo vederci. Fin quando un giorno capitò un episodio che cambiò tutto.
 
7 Giugno
Sei giorni fa, appena arrivata a Torino, ho deciso di dimagrire. Stavolta per davvero. Sapevo che non sarebbe stato facile, ne ero consapevole, ma non credevo fosse così faticoso. In questi sei giorni, ho mangiato pochissimo, senza avere nessun risultato.
Adesso mi ritrovo su letto a piangere. Un’altra volta. Come sempre.
Non c’è la farò mai. Mai. E l’avranno vinta gli altri.
Piango. Piano. E piango. Fin quando non ho più lacrime.
Sono stesa sul letto, con gli occhi gonfi come palloni, a riflettere su quello che voglio.
Voglio dimagrire, davvero, ma non ci riesco.
Lacrime. Altre lacrime.
“Perché stai piangendo?” Sobbalzo. Ho dimenticato di chiudere la porta, e  adesso mi ritrovo Marco che mi scruta.
Certo, neanche lui ha reso questi sei giorni migliori. Abbiamo battibeccato sempre. Mai un momento di pace. Di tregua. Niente. Sempre a litigare.
Mi asciugo immediatamente le lacrime con la manica della felpa. E cerco di darmi un contegno.
“Non sono affari tuoi.” Rispondo tremolante.
“Sì, invece. Vivi in casa mia.” Risponde lui.
“E che vuol dire?!” rispondo stizzita.
“Vuol dire. Vuol dire.” Cerca di fare il saputello, lui.
Scoppio di nuovo a piangere. E no, Marco non centra niente. Ho, semplicemente, bisogno di sfogarmi. E le lacrime è l’unico mezzo con cui posso farlo.
“Ehi, guarda che stavo scherzando. Non c’è bisogno di piangere.” Mi dice Marco, avvicinandosi al letto.
“Cretino non è per quello.” Rispondo tra le lacrime. Intanto lui  si è seduto sul letto, proprio di fianco a me.
“E allora perché?”
“Non credo che sei la persona migliore con cui parlarne.”
“Provaci. So che in questi giorni non ti ho dato pace, ne sono consapevole. Mi dispiace. Davvero. Ti va di parlarne con me?” Mi domanda con un sorriso. E’ sincero. Ed è proprio questo che aspettavo. Un sorriso sincero.
E allora gli racconto di tutto: dei problemi che ho con il mio corpo fin da bambina; di tutto quello che è successo con Andrea e con Federica; della mia paura ad innamorarmi di nuovo; della mia voglia di dimagrire, di diventare una nuova persona, più forte. E lui mi ascolta. E mi abbraccia. E mi asciuga le lacrime.
“Ti dico la verità: quei due – Andrea e Federica – non si meritano le tue lacrime, non si meritano la tua importanza. Vai avanti, Antonia. Non considerare le persone che ti hanno fatto del male. Per quanto riguarda il tuo corpo: tu sei bella, Antonia, credimi lo sei. Con dei chili in più, ma lo sei. Non credere il contrario. Capisco anche il tuo bisogno di dimagrire, di diventare forte. E io di aiuterò. Andremo ad allenarci ogni mattina e pomeriggio. Farai una dieta sana. Te lo prometto.”
Sono totalmente sbalordita.
“Perché? Perché fai tutto questo?” gli domando allibita.
“Perché te lo meriti.” Mi risponde, con un sorriso che mi fa sciogliere.
E mi abbraccia. Di nuovo.
“Amici?” mi domanda con un sussurro.
“Sì.” Rispondo ridendo.
 
Da lì è cambiato tutto. Tutto.
Io e Marco avevamo instaurato un rapporto bellissimo. E io stavo bene. Benissimo. Sia mentalmente, sia fisicamente. Delle volte mi capitava di pensare ad Andrea, Marco lo capiva subito e mi distraeva con qualsiasi cosa.
Nel giro di un mese avevo perso 13 chili. Tra corse, palestra, poco cibo, stavo diventando quello che volevo.
Ma non volevo ancora fermarmi. Volevo andare avanti. Volevo perdere altri chili.
Capitò un altro episodio che rivoluzionò, ancora di più, le cose.
 
8 Luglio
“Basta non ce la faccio più! Fermiamoci, Marcolì ti prego!” dico con il fiatone. Io e Marco stiamo correndo da più di un’ora. Non mi sento più i piedi!
“Non mi chiamare con quel nomignolo. Sai che non lo sopporto.” Mi risponde, continuando a correre.
Improvvisamente mi fermo e lui, notando che non lo sto seguendo più, fa lo stesso.
“Dai, forza!” mi incoraggia lui.
“No, Marcolì!” Lo ammetto: questa volta l’ho fatto apposta a chiamarlo così. E’ troppo divertente.
La prima volta che ho visto Marco, mi è sembrato subito uno snob, un fighetto. Perché, credetemi, Marco è bellissimo: capelli tra il biondo-castano chiaro; occhi di un colore indefinito, tra il celeste-verde; alto e con un fisico bellissimo. In passato, ho anche pensato che avesse un carattere di merda, cosa che, nella prima settimana, mi ha confermato, ma poi è cambiato il suo atteggiamento. Adesso è premuroso con me, mi aiuta un sacco, mi fa morire dalle risate, mi fa ridere il cuore.
Ho scoperto anche che è più grande di me di pochi mesi: lui è nato a Maggio, precisamente il 12; io, invece il 17 settembre. Quindi.. ha già 17 anni, mentre io dovrò aspettare ancora un po’.
“Smettila di chiamarmi così, altrimenti…” inizia lui, ma io lo interrompo.
“Altrimenti cosa?” dico, avvicinandomi a lui.
Deposita le sue mani sui miei fianchi, avvicinandomi, ulteriormente, a lui. Sul suo viso appare un ghigno.
“Altrimenti.. ti faccio il solletico!” mi dice.
“Non lo farai.” Affermo sicura.
Contro ogni mia previsione, Marco inizia a farmi il solletico e io inizio a ridere come una cretina, con le persone che passano che ci guardano.
“Marco, ti prego! Finiscila!” Riesco a dire, tra le lacrime per il troppo ridere.
Non so come, ma ci troviamo molto più vicini. Con un centimetro di distanza che divide i nostri visi.
E il mio cuore ricomincia a battere per un altro che non è Andrea.
Batte furioso nel mio petto.
Io sto ferma. Se deve succedere qualcosa, voglio che sia lui a prendere l’iniziativa.
E mi bacia. Marco poggia le sue labbra sulle mie. E sono bellissime. E’ una sensazione bellissima.
Inizialmente è un bacio dolce, poi dopo, diventa passionale, vorace.
Ci stacchiamo. Non ho neanche il tempo di comprendere quello che è appena successo, che Marco intreccia la sua mano con la mia e inizia a correre come un pazzo, e io lo seguo.
Corriamo per pochissimi minuti, nei quali io non capisco niente. Mi appoggia contro un albero, e mi bacia, ancora.
Questa volta è diverso. Questo bacio sa di urgenza, di bisogno.
E io rispondo, mettendoci la stessa passione.
Improvvisamente prende la mia gamba e la porta al suo bacino; istintivamente, aiutandomi con l’altra gamba, mi aggrappo a lui.
Sempre seguendo l’istinto gli butto le braccia al collo e inizio a giocare con i suoi capelli.
Ha dei capelli bellissimi: morbidi e sempre arruffati. Lo sento gemere sulla mia bocca, e questo mi fa perdere del tutto la logica.
Lambisco la sua bocca come se fosse la cosa più preziosa del mondo. Ha un sapore unico, Marco, sa di protezione, di sicuro.
Sa di menta e di… vaniglia. Lo adoro. Adoro tutto di lui.
Non so per quanto tempo rimaniamo dietro quell’albero a baciarci, so solo che quando ci stacchiamo, sono frastornata ma, allo stesso tempo, mi sento piena, completa. Ed è una sensazione stupenda. Non mi sono mai sentita così, neanche con Andrea.
Rimanendo vicino alle mie labbra, mi sussurra delle parole che, sono sicura, non dimenticherò mai.
“Innamorati di me. Fallo, perché io già sono cotto di te.”
 
E io l’ho fatto. Mi sono innamorata di lui. Follemente.
Sono arrivata alla conclusione che, quello che provavo per Andrea, era solo un’infatuazione, massimo un’attrazione .
Con Marco è un’altra cosa, invece.
Se dovessi descrivere Marco con una parola, direi sicuramente ‘casa’. Sì, perché Marco, per me, è casa. E’ la mia casa. Il mio porto sicuro. La mia certezza.
Ci siamo messi insieme due settimane dopo, e non me ne sono mai pentita.
Il nostro rapporto è cresciuto un sacco.
Ogni mattina, verso le sette, andavo nel suo letto per svegliarlo – perché dovevamo andare a correre -, e lui mi tirava sotto le coperte e ci ri-addormivamo abbracciati. Delle volte, invece, è successo il contrario: lui veniva nel mio letto a dormire.
Io e Marco non siamo mai andati oltre il bacio.
Nessun contatto intimo.
Più volte siamo stati sul punto di farlo. Il più delle volte, io mi irrigidivo, Marco lo capiva subito, e mi abbracciava. Non mi ha mai costretta. Mai. Mi ha sempre detto che mi avrebbe aspettata. E io gli credo. Gli ho sempre creduto.
Vi starete chiedendo perché non ho fatto sesso con Marco. Bene. Semplicemente non mi sentivo, e non mi sento, pronta.
E non è paura, né vergogna. E’ qualcosa che va oltre tutto. Io so che Marco è quello giusto, credetemi, lo so.
Ma una parte di me deve ancora chiudere con il passato. Questo non vuol dire che Andrea è ancora nei miei pensieri. Assolutamente no. Devo ammettere, però, che ho il bisogno di parlare, una volta per tutte, con Andrea. Perché da quella volta che l’ho visto baciarsi con Federica, io non gli ho più parlato. E lui non è venuto a chiedermi spiegazioni. Se ne stava nel suo banco a guardarmi. A guardarmi appassire.
Non abbiamo avuto nessun chiarimento. Né io l’ho mai cercato, questo chiarimento.
 Ero troppo codarda, prima. Adesso sono pronta per reagire, per far vedere che sono spavalda, audace.
 Andrea non fa più parte del mio presente, però devo chiudere definitivamente con quella piccola parte di me.  Per sempre. 



 

Spazio Autrice:

Salve a tutte. 
Mi scuso per il ritardo. Pensavo di pubblicare molto prima, purtroppo, non è stato possibile. 
Allora. Questo è il primo capitolo. Ci sono ancora mooooolte cose da raccontare: di Marco, della scuola, della nuova Antonia esteticamente e interiormente...
Mi farebbe piacere se esprimeste il vostro pensiero su Antonia e, perchè no,  la vostra impressione su Andrea e su Marco. 
Ci tengo a precisare una piccola cosa per i capitoli successivi: la storia verrà scritta solo sul punto di vista di Antonia. E' voluta questa cosa. 

Piccolo spoiler: 
nel prossimo capitolo Antonia vedrà, dopo mesi, Andrea. E vedremo come si comporterà lei, ma anche Andrea. Vedrà  Antonia completamente diversa. Come reagirà lui? 

Cosa ve ne pare di questo primo capitolo? 
Ringrazio tutte le persone che hanno recensito, che hanno messo la storia tre le seguite, tra le preferite e tra le ricordate. 
Alla prossima. 
Vi ri-propongo le foto dei protagonisti: 


La nuova Antonia:



Marco: 



Andrea: 

 

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Capitolo 3
*** Secondo capitolo ***








Stay Strong. 
 
 


Purtroppo devo ritornare nel mio piccolo paesino perché devo ricominciare la scuola. Il quarto anno.
Sono sincera: non volevo tornare a casa. Preferivo rimanere qui, con Marco, con la sua famiglia e con i miei amici. Volevo frequentare il quarto anno a Torino.
I miei non me l’hanno permesso. Ce l’ho messa tutta, ma non è servito a nulla.
Non ero pronta.
Una parte di me non lo era.
L’altra, invece, non vedeva l’ora.
La cosa che mi faceva stare più male era il non avere più Marco con me.
E invece ci ha pensato lui a risolvere questa faccenda.
 
9 Settembre.
Io e Marco siamo appena tornati dall’allenamento. Siamo da soli in casa, i suoi sono andati a fare la spesa.
Sento il telefono di casa suonare e corro a rispondere, lasciando Marco nella sua stanza.
E’ mia mamma che mi da una notizia che non avrei mai voluto sentire.
Devo ritornare a casa, come la definisce lei ma, per me, quella non è ‘casa’. La mia casa è qui, a Torino.
Ma lei non lo capisce. E’ qui che mi sento protetta. Al sicuro, forse anche per Marco.
Ecco Marco. Come faccio con lui?! Molto probabilmente ci vedremo pochissimo, se non mai.
Come faremo?
Sono immobile, e guardo il vuoto. Sento qualcosa di caldo lungo le guance: lacrime.
Non piango da mesi. Me l’ero ripromesso. E adesso eccomi qui. A piangere.
Sento dei passi, ma non mi muovo di un millimetro. E’ Marco.
Appena mi vede mi corre incontro e mi abbraccia.
Sa già di cosa si tratta, ne abbiamo parlato pochi giorni fa.
“Era lei?” mi domanda con la testa immersa nei miei capelli.
“Sì.” rispondo fra i singhiozzi.
Mi accarezza il capo dolcemente.
“Non piangere, per favore. Non riesco a vederti così. Troveremo una soluzione. Te lo prometto.”
Mi stacco improvvisamente da lui, e lo guardo negli occhi. Ed urlo. Gli inveisco contro. Lui, che non se lo merita.
“Non dire cazzate! Non è vero! Non troveremo nessuna soluzione! Io tornerò lì e tu resterai qua! Ma infine, si sapeva, no?! Vite separate. E non fare promesse del cavolo!” Urlo come una pazza, piangendo.
Mi tira con un braccio e mi avvicina a lui. E mi bacia. Uno dei baci migliori. Uno di quelli che dicono “io ci sono, non ti abbandono”. Tutto questo è nello stile di Marco. E’ semplicemente Marco.
E infine mi abbraccia, cullandomi tra le sue braccia.
“Scusami. Tu non c’entri niente in tutta questa storia.” Rispondo lentamente, carezzandogli il collo.
“E’ qui che ti sbagli. Io c’entro. Dove sei tu, sono io. Dove vai tu, vengo io.  E sarà sempre così. Non ti lascerò partire da sola. Troverò una soluzione. Sto pensando di venire con te. In Campania.” Mi risponde tranquillo,  asciugandomi le lacrime dalle guance.
Mi stacco improvvisamente e lo guardo fisso negli occhi.
“Stai scherzando, vero? La tua famiglia è qui, a Torino!” rispondo ovvia.
“Tu sei la mia famiglia. Non ti lascerò da sola!”
“E’ da pazzi! Non possiamo! Potrebbe essere una cosa più grande di noi. Non mi va che tu molla tutto qua…per me.” Dico con gli occhi spalancati e la voce che va pian piano a sgonfiarsi.
“A me non va invece di vivere una relazione a distanza alla nostra età. Non lo faccio solo per te, ma soprattutto per me. So come sono fatto, e lo sai anche tu! Starei qui a farmi menate inutili. Impazzirei!” mi risponde con  un tono accesso.
Faccio un sospiro, e mi prendo dieci secondi per pensare e per formulare un pensiero giusto.
E’ tutto troppo…grande. Tutto troppo prematuro, me ne rendo conto. Siamo troppo giovani per vivere una situazione del genere; è anche vero però che, come ha detto lui, alla nostra età è difficile avere una storia con kilometri che ci dividono. Quindi mi chiedo: Posso essere per una volta, per una sola, un’egoista?! Posso pensare al mio bene, che automaticamente sarà il suo?
Forse da qui, da questo momento, le cose cambieranno, in bene o in male non lo so.. ma di sicuro cambieranno. Da me ho da risolvere delle piccolissime cose che credo di aver rimasto in sospeso, e credo sia proprio il caso di metterci un punto. Con Marco al mio fianco, potrebbe essere tutto più semplice.
Quindi credo che...Sì, posso!
Decido però di essere sincera con Marco; decido di raccontarli quello che veramente penso.
“E’ rischioso. Io penso che… sia troppo prematuro. Troppo..serio. Questo non perché io non abbia voglia di impegnarmi seriamente – anche perché mi sembra che il nostro rapporto sia più che..stabile e anche maturo di qualsiasi altra relazione di nostri coetanei, se vogliamo dirla tutta -, ma perché..ho paura di affrettare le cose più del dovuto. Ho il timore di rendere tutto troppo monotono, noioso. Non so se mi capisci…” dico con voce sicura.
“Ti ho capita. Credo che tra di noi le cose non possano mai essere noiose. CI conosco.” Mi risponde con un sorriso stampato sulla faccia.
Un’altra cosa che amo di Marco è la sua sicurezza, credo di non averlo mai visto vacillare in qualcosa. Forse è la cosa che mi ha colpita di più in lui.
“Rischiamo?” Rispondo avvicinandomi lentamente a lui.
“Decisamente.” Mi risponde avvicinandosi ulteriormente a me, e baciandomi con dolcezza.
 
 
 
 
Marco verrà con me. Partirà con me.
Ha convinto i genitori che, stranamente, hanno subito accettato.
Alloggerà da mia zia, – anche sorella della madre di Marco-  precisamente sotto di me.
La mamma di Marco mi ha confessato che, dal primo giorno in cui mi ha vista, ha subito pensato che, alla fine, io e Marco, ci saremmo fidanzati. Dice che ci completiamo.
Ed è vero. Lo penso anch’io.
Lo so cosa pensate: “neanche due mesi che stanno insieme – come coppia – che già lui decide di partire, di seguirla, per di più a 17 anni!”
Forse, se fossi stata dall’altro lato, avrei pensato anch’io la stessa cosa.
E’ una cosa che non si può spiegare a parole.
Io e Marco siamo legati. E non è solo amore. E’ qualcosa di più. E’ fratellanza, amicizia, complicità, telepatia.
E’ tutto un insieme di cose che mi portano a dire che, insieme, ci incastriamo perfettamente.
 
 
Finisco di mettere le ultime cose in valigia e la chiudo definitivamente.
“Allora, hai finito?” Mi sento abbracciare da dietro.
Inutile dirlo che è Marco.
Mi rigiro tra le sue braccia in modo da guardarlo in faccia. Posiziono le mie mani dietro il suo collo.
“Sì, ho finito. Si parte!” rispondo ridendo.
Lui in risposta mi bacia. Uno di quei baci che ti tolgono il fiato nei polmoni. Passionale. Impetuoso. Travolgente.
“Ehì, voi due! Staccatevi! Marco giù le mani da mia cugina! Gli stai facendo la radiografia in bocca! Adesso siete così, non voglio immaginare quando torneremo a casa. Come faccio a tenervi separati! Se siete da soli vi saltate addosso! Non si può! Ormoni giovanili, maledetti!”
Vi starete chiedendo chi sia questo pazzo. Bene. Vi presento mio cugino Federico.
Quello che mi vuole un casino di bene, ma è anche molto geloso.
Io e Marco ci stacchiamo ridendo, siamo abituati a queste mini-scenate.
“Salutiamo i genitori di Marco e partiamo. Forza!” continua Federico.
Io e Marco ci dirigiamo in soggiorno per salutare quelle splendide persone che mi hanno ospitata e trattata come una figlia.
 
 
Maria – mamma di Marco – raccomanda al figlio di tenere il cellulare sempre a portata di mano e, soprattutto, di rispondere alle sue telefonate.
E andiamo all’aeroporto. Io, Marco, e i miei due cugini pazzi.
In realtà dovevamo partire, precisamente, una settimana fa. Per problemi di biglietti non siamo riusciti a muoverci prima di oggi. 16 settembre.
Domani inizierà la scuola. E, stranamente, non vedo l’ora. Sono sicura che rimarranno tutti a bocca aperta vedendomi: ho perso 15 chili. Adesso ne peso 60.
Sono soddisfatta del risultato finale. Non poteva andare meglio.
Mi sento bene. Con me stessa. Con il mio corpo. Mi sento, semplicemente, a mio agio in un corpo che, finalmente, sento mio e, di cui, non me ne vergogno.
Voglio mostrare a tutti che la forza di volontà, a volte, è l’arma vincente.
 
 
 
Scendiamo dall’aereo alle 18:00 spaccate.
Sembrerà strano ma mi sento soffocare. Questo non è il mio posto. Non è il posto dove mi sento al sicuro, dove so che nessuno può ferirmi. Mi sento come in un vortice di emozioni contrastanti. C’è l’ansia, la paura e la voglia di riscatto.
Marco capta i miei pensieri e mi stringe la mano in una presa ancora più ferrea. E così, mano nella mano, varchiamo l’uscita dell’aeroporto, sicuri che insieme tutto sarà più facile da gestire.
 
 
Arriviamo a casa. I miei cugini si sono fermati al loro piano, portando Marco con loro. Lo vedo rivolgermi uno sguardo pieno d’amore e non posso fare altro che sciogliermi e ringraziarlo per qualcosa che non credevo potesse appartenermi. Il suo amore.
Suono al citofono e subito vedo mia madre corrermi incontro con le lacrime agli occhi. La vedo, a pochi centimetri da me, sbalordita, come se non riuscisse a focalizzare quello che ha d’avanti.
“La mia Antonia!” urla. La mia mamma urla. Perché per lei è tanto che non ci vediamo e avermi qui adesso per lei rappresenta quasi una rinascita.
La sento piangere nell’incavo del mio collo; la sento stringermi e sussurrarmi continui “quanto mi sei mancata, figlia mia!” E, lo ammetto, due lacrime sono scese anche a me.  Perché va bene trovarsi benissimo in un posto, sentirsi a casa e protetta li, ma l’amore di una mamma è più forte di tutto; alla fine ritornerai sempre nella persona che ti ha dato la vita e che ti ha cresciuta con tutto l’amore del mondo.
“Come sei dimagrita! Ti senti bene?” Si allontana da me e mi osserva ancora, quasi preoccupata.
“Mamma sto benissimo adesso. Avevo bisogno di un cambiamento e l’ho fatto. Sono in perfetta salute.” Le rispondo pensando che la prima preoccupazione delle mamme, quando non ci vedono da un po’, è quella del cibo.
“Sei ancora più bella, amore di mamma.” E scoppio letteralmente a piangere tra le sue braccia.
Poco dopo arriva mio padre che, proprio come la mamma, ha difficoltà a riconoscermi, ma poi mi corre in contro e mi abbraccia alzandomi da terra e facendomi volteggiare, proprio come facevamo quando ero più piccola.
Mi si scioglie il cuore vederli di nuovo. Un’emozione talmente forte da non poterla trattenere.
Entriamo dentro e racconto tutto quello che è successo a Torino, tutte le cose che ho visitato e tutte le persone che ho incontrato. Riferisco a mio padre il mio incontro con due giocatori della sua amata squadra e, per un momento, temo possa venirgli qualcosa.
“Cioè tu hai incontrato Marchisio e Bonucci?! Quanto ti invidio figlia mia!” E’ questa la risposta di mio padre. E io scoppio a ridere.
“Come sono? Che hanno fatto? Che ti hanno detto?” Il mio caro paparino mi inonda di domande e io non posso far altro che rispondere con il sorriso sulle labbra.
“Sono delle persone davvero gentili e genuine. Ho chiesto una foto e un autografo per te e si sono messi subito a disposizione, nonostante andassero di fretta.”
“Un autografo per me?!? E dove è?! Quanto ti amo figlia mia!”
Scoppio in una fragorosa risata, pensando che la loro mancanza l’ho sentita più di quanto pensassi e me ne rendo conto solo ora.
 
 
Non ho parlato di Marco con i miei genitori. Ho pensato che la prima a saperlo dovesse essere mamma. E poi le avrei chiesto di aiutarmi a riferirlo anche a papà.
“Mamma ti devo dire una cosa.” Esordisco così d’avanti a lei.
“So tutto. Appena ti ho vista; appena ho guardato i tuoi occhi luminosi, mi sono accorta che era dovuto tutto ad un ragazzo. Vorrei tanto ringraziarlo. La mia bambina è rinata anche grazie a lui.”
Sono sconvolta. Le mamme hanno un grande dono: riescono a capire tutto senza nemmeno una parola, solo guardando le proprie figlie negli occhi. E allora inizio a raccontargli tutto quello che è successo con Marco. Le dico anche che ha deciso di seguirmi e che ad ospitarlo sarà zia.
“Deve tenere molto a te se ha deciso di seguirti. Sono contenta della felicità e della spensieratezza che ti da questo ragazzo. Era da troppo tempo che non ti vedevo così. Brilli di luce propria.” E la abbraccio forte… perché le parole della mamma hanno un significato particolare e troppo importante. La abbraccio perché ha capito l’importanza che ha avuto e che ha Marco per me.
 
Mamma l’ho ha riferito a papà e lui non l’ha presa tanto bene. Nessuno può toccare la sua bambina. Gli è bastato guardarmi negli occhi per calmarsi e capire la mia felicità. E mi ha detto che starà sempre dalla mia parte. Testuali parole: “Se quel Marco ti rende felice, io non posso far altro che ringraziarlo. Come si dice? Avete la mia benedizione!”. Come posso non amarli, me lo dite?
 
 
Ho sentito Marco tramite telefono e mi ha detto che sta svuotando le valigie. Gli ho riferito quello che ho detto ai miei genitori, e lui si è dimostrato contento e soddisfatto. Ci lasciamo dandoci appuntamento stasera sul tardi perché “dobbiamo aspettare la mezzanotte! Ti sei dimenticata che domani avrai 17 anni?! La mia piccola donna! Ah, che bello! Vengo su da te in terrazzo tra poco. Ti amo da morire. ”  
“Il solito!” penso ridendo.
Decido di dirigermi nella mia stanza – rimasta perfettamente intatta; tutto al suo posto, come se non fossi stata lontana da casa –  e svuotare anche io la valigia.
Sono ormai le nove quando decido che, forse, è il caso che inizi a prepararmi. Conoscendo Marco fra qualche minuto me lo ritroverò in casa.
Mamma e papà non ci saranno stasera. Si sono scusati fino allo sfinimento ma, purtroppo, hanno un piccolo evento di beneficenza, dove non possono proprio mancare. Li ho rassicurati dicendo che sarei stata a casa tranquillamente, omettendo la presenza di Marco, ovviamente.
Dopo aver fatto la doccia, con  un asciugamano che a stento riesce a coprirmi il sedere, mi ritrovo con l’armadio spalancato. La scena ha del comico: io in quelle condizioni, con una faccia disperata, non avendo idea di cosa mettermi. Non voglio qualcosa di elegante, ne di troppo sportivo.
Scorgo, in fondo all’armadio, un vestitino davvero niente male. E’ nero, con uno scollo a canotta un po’ particolare – niente di volgare, naturalmente –, stretto fino alla vita e poi cade morbido sui fianchi con una gonnellina con delle leggere pieghe. Ci aggiungo anche una collana lunga con un ciondolo davvero carino. Per renderlo un po’ più sportivo, decido di abbinarci le mie amate converse alte bianche. I capelli li asciugo al naturale, in modo che siano un po’ ondulati e morbidi.
Mi guardo allo specchio e sono soddisfatta di me. Vedo il mio nuovo corpo trasformato e mi salgono, di nuovo, le lacrime agli occhi. Decido che non è tempo di frignare e che inoltre non ne ho motivo. Devo essere felice. Solo lacrime di gioia devono esserci.
Il mio pensiero, inconsciamente, vola alla giornata di domani. Credo sarà difficile. Si creerà una situazione nuova e non sono sicura di essere capace di gestirla.
Non sento e non vedo nessuno da mesi. Ho perso di vista anche le mie amiche, quelle con cui andavo d’accordo e, tutto sommato, avevo davvero un bel rapporto. Asia, Sofia ed Emma, sono state davvero importanti: loro sono state le prime con cui mi sono aperta. Ricordo quel giorno come una liberazione. Adesso che ho messo da parte anche loro, mi sento un po’ in colpa. Asia, Sofia ed Emma, in realtà, non c’entravano proprio niente. Solo che, forse anche non volendo, ho chiuso fuori anche loro. E non se lo meritavano, me ne rendo conto. Le ragazze non sanno neanche che sono stata a Torino per tutto questo tempo; non possono essersi aggiornate neanche tramite social network perché non ci entro da mesi ormai e non ho aggiornato assolutamente nulla. Forse si sono anche preoccupate.
Qualcuno interrompe i miei pensieri suonando alla porta. Corro ad aprire, sapendo già chi ci sia dietro la porta. Marco si presenta ai miei occhi in tutto il suo splendore. Indossa uno jeans nero che fascia perfettamente le sue gambe lunghe, e una T-shirt bianca con una strana fantasia.
Rido come un’ebete, pensando che sia davvero meraviglioso. Colma la nostra distanza e mi stringe tra le sue braccia, sollevandomi da poco dal pavimento. Pochissimo dopo fa unire le nostre labbra in un bacio tutto nostro. L’unica cosa che posso fare è liberare le mie mani da quell’intreccio meraviglioso e portare quest’ultime dietro il suo collo. Baciare Marco è sempre bello; ogni volta provo le stesse emozioni della prima volta.
“Ciao.” Mormora con voce roca sulle mie labbra.
“Ciao anche a te.” Rispondo, tuffandomi subito dopo, di nuovo, sulle sue labbra.
Dopo un po’ decidiamo che è ora di separarci e andiamo in terrazzo.
“Non ti ho detto che sei bellissima. Ti sei preparata per me?” Inizia con un tono dolce e conclude con uno malizioso. Questo è il mio Marco.
Scoppio a ridere.
“Mi ripeti in continuazione che sono bellissima, grazie a te, la mia autostima ha raggiunto il picco massimo. Preferisco non rispondere alla domanda, porco!”
Lo vedo ridere e avvicinarsi a me.
“Io ti amo.” La genuinità e la semplicità con cui Marco dice di amarti, mi colpiscono ogni maledettissima volta. Certe volte se ne esce dal nulla con questa frase..dice che non vuole che me ne dimentichi mai. Ma come faccio a dimenticarlo? Il suo sentimento è totalmente ricambiato.
“Anche io ti amo.” Non posso fare altro che rispondere con la pura e semplice verità.
E rimaniamo così: lui seduto sulla poltrona a dondolo e io in braccio tra le sue braccia. E ci sentiamo completi così, entrambi. 
 
 
 
“Ci pensi a domani? A scuola, intendo.” Sono le 23:40 e Marco mi pone questa domanda. Sussulto per la sorpresa, ma rispondo con la verità.
“Sì, ci penso. Non so se sarò tanto forte da non crollare. Non sopporto quegli sguardi. E sì, non saranno gli sguardi di mesi fa, ma non lo sopporto lo stesso. Ho paura di affrontare tutti quelli che mi hanno fatto sentire sempre non giusta.” Mi stringo ancora di più tra le sue braccia e affondo il mio viso nel suo collo.
Sento Marco carezzarmi i capelli dolcemente.
“Tu lo sai come la penso. Io credo tu sia una delle persone più forti, perché hai una grande volontà e tanta tenacia. Devi imparare solo ad infischiartene del giudizio degli altri. Antonia, guardami negli occhi…”
E lo faccio.
“..Hai iniziato questo percorso, hai raggiunto il tuo obiettivo ed è finito come tu speravi finisse..anzi pure meglio, visto che io, in teoria, sono un ‘fuori programma’. Il più bel ‘fuori programma’ che ci sia però, eh, specifichiamo. Dovresti essere solo felice per te stessa e non per gli altri.” Conclude.
“Quanto sei saggio.” La butto sul ridere, perché non mi va proprio di piangere. Le parole di Marco hanno sempre un peso pesante e particolare per me. Lui mi conosce, mi è stato accanto, mio ha supportato..ha tifato per me.
“C’è un’altra cosa che voglio chiederti…” domanda con  voce prudente.
E io mi irrigidisco…perché so dove vuole andare a parare.
“Dimmi.” Rispondo lo stesso, anche se so che si è reso conto del mio irrigidimento improvviso.
“Andrea.” E appena sento il suo nome finisco di irrigidirmi e tremo appena.
“Si?”
“Cosa proverai quando lo rivedrai?” sembra quasi timoroso.
“Io non lo so cosa proverò. Credo rabbia. Sì, la rabbia! Io non ero innamorata di Andrea, l’ho capito solo quando ti ho conosciuto. Io amo te. E lui non mi farà di nuovo del male.” Le lacrime spingono per uscire, ma le fermo perché, quell’essere meschino, non merita più le mie lacrime.
“Va bene. Ci sarò io, ok? Che ore sono?” Marco, capendo il mio turbamento forse, cambia argomento.
“Sono le 23:51.” Lo informo sorridendo.
“Ci facciamo una foto?” gli chiedo.
“Certo! E’ ora di aggiornare un po’ il profilo.”
Posiziono il telefono sul muretto e metto l’autoscatto.
“C’è l’autoscatto, muoviamoci!” informo Marco. Premo sul pulsante e corro da Marco.
Mi posiziono tra le sue braccia, mettendomi con le gambe incrociate. Marco appoggia la testa sulla mia spalla, come se mi stesse annusando, e io abbasso di poco la testa facendo un piccolo sorrisino che mi viene naturale.
E scatta. Decidiamo di stare ancora un po’ così, poi Marco mi da un leggero bacio sulle labbra e allenta la presa dal mio corpo; vado a recuperare il telefono e osservo la foto appena scattata. Faccio un sorriso ebete e penso che siamo proprio belli. Faccio vedere la foto anche a Marco e lui ha la stessa ed identica espressione mia.
“La pubblichi tu?” mi domanda Marco.
“Sì!”
La carico su facebook e ci aggiungo una piccola didascalia. “*Dove tu sei, quella è casa.” E pubblico.
Poco dopo iniziano ad arrivarmi delle notifiche. Sono gli amici di Torino, quelli con cui ho legato davvero tanto. Giacomo, Roberta, Giada, Claudio, Arturo, io e Marco: la combriccola che non si separava mai.
‘A belli! Pupa salutami l’amico mio!” Giacomo;
‘Tesoro! Quanto mi mancate! Non è vero… mi manchi solo tu, di Marco posso farne a meno!’ Giada;
‘Vi siete fatti belli stasera? Mi sa che si festeggia! Torino vi aspetta!’ Arturo;
‘Anto, siete l’amore! Tornate presto!’ Roberta;
‘Anto bella ricorda al tuo fidanzino di farsi sentire!’ Claudio.
Io e Marco leggiamo insieme i commenti di quei cretini e li rispondiamo subito. Continuano ad arrivare notifiche e noto che tra queste ci sono anche i ‘mi piace’ di Asia, Sofia ed Emma. Sorrido spontaneamente.
Una parte di me desidera arrivi presto domani per vederle. Perché, con mio stupore, mi sono mancate un bel po’.
 
“Amore…E’ mezzanotte! Tanti auguri diciasettenne!” e mi si butta addosso, stringendomi forte tra le sue  braccia e baciandomi ripetutamente.
“Grazie!” gli butto le braccia al collo e mi approprio delle sue labbra tanto belle. E’ un bacio vorace. Capelli tra le dita che vengono quasi tirati. Mani che non si staccano da dove sono e stringono con tanto amore e passione..e anche un pizzico di possessione.
“Grazie a te.” Mi risponde dopo esserci staccati per riprendere fiato. E io non posso far altro che sorridergli e stringerlo ancora un po’ tra le mie braccia.
 
 
 
La sveglia mi da il buongiorno. Un altro primo giorno di scuola sta per cominciare. Metterò di nuovo piede in quella scuola…e un po’ d’ansia preme per uscire.
Mando un messaggio a Marco dicendogli di svegliarsi perché l’incubo della scuola sta per cominciare.
Corro a farmi una doccia fredda pensando a cosa indosserò. Si sa come funzionano i primi giorni di scuola: tutti vogliono far notare i miglioramenti dell’estate. Premeditano i loro look già settimane prima, in modo da risultare perfetti e far parlare di se. A me non è mai fregato niente, sinceramente. Adesso però credo di trovarmi in una situazione particolare. Scusate il francesismo, ma devo: mi sono fatta il culo per sentirmi finalmente bene con me stessa. Nessuno immagina il mio cambiamento. E io non vedo l’ora di gustarmi le loro facce.
Alla fine opto per uno jeans chiaro sfumato ad alta vita un po’ strappato qua e la ed una maglietta corta bianca che cade proprio sulla vita del pantalone e non mi lascia niente scoperto; converse bordeaux alte ed ho finito. Lascio i capelli morbidi come la sera precedente e metto solo un leggero velo di blush e un po’ di mascara. Preparo la borsa con quel poco di materiale che potrà servirci per il primo giorno. E sono pronta per ritornare in quell’istituto che, nel bene e nel male, sicuramente mi ha fatto crescere.
 
 
Mamma e papà mi aspettano in cucina, pronti per farmi gli auguri. Mi abbracciano calorosamente e mi informano che poi festeggeremo per bene insieme. Mentre sto per andare alla porta prendo il telefono e controllo se c’è qualcosa di nuovo; trovo dei messaggi con gli auguri e notifiche riguardanti sempre gli auguri.
Apro la porta e Marco mi sta già aspettando. Indossa un paio di jeans chiari leggermente a vita bassa e una canotta lievemente più lunga nera ma con una fantasia bianca; ai piedi porta le sue immancabili vans nere. E io non posso fare altro che incantarmi. E, in un momento, me lo ritrovo addosso. Mi aggrappo al suo collo e avvicino il mio viso al suo. E lo bacio.
“Ancora tanti auguri, amore.” Mormora sulle mie labbra. Gli mordo il labbro inferiore e mi ritraggo.
“Grazie!”
E ci dirigiamo a scuola. E siamo in perfetto orario: 7:55. Le porte devono aprire alle 8:15; per arrivare alla mia scuola ci vogliono scarsi dieci minuti a piedi..quindi possiamo andare con calma.
 
 
 
 
“Marco! Sono le otto e venti!” sbraito come un’ossessa, perché non è possibile arrivare in ritardo proprio il primo giorno!
Come ci siamo riusciti?!
…Semplice: noi siamo arrivati in tempo a scuola, però ci siamo parcheggiati dietro al cortile e lì siamo rimasti a pomiciare..fino a perdere la cognizione del tempo. E ora siamo in ritardo.
Mi prende per mano e cominciamo a correre per arrivare in aula.
Quando arriviamo la porta è, logicamente, già chiusa.
Sono rigida come un palo e non riesco a muovere nemmeno un muscolo. Marco mi guarda come per infondermi coraggio. E allora, a questo punto, faccio un bel respiro profondo e posiziono la mia mano sulla maniglia della – ormai – nostra classe. Guardo Marco un’ultima volta e lui, come risposta, mi lascia un bacio dolcissimo all’angolo della bocca.
Sento già la voce del professore e mi scappa una piccola risata, lo ammetto, pensando a cosa mediterà quest’ultimo appena vedrà anche lui ‘la nuova Antonia’; ovviamente penso anche alla strigliata che, sicuramente, ci farà.
Busso e, finalmente, premo la mia mano sulla maniglia.
“Avanti!” sento dire dal professore. E, a quel punto, spalanco totalmente la porta.
Io e Marco siamo davanti al prof e lo salutiamo educatamente, guardando solo lui e non gli altri alunni. Riesco però a sentire già dei bisbigli.
“Salve ragazzi! Desiderate qualcosa?” ci domanda il professore. Professore di matematica, specifico. Anche l’anno scorso era lui che occupava questo ruolo, quindi è una persona che mi conosce.
“Salve Prof.! Veramente siamo vostri alunni. Marco – e lo indico con la mano – è di Torino e da ora in poi frequenterà questa classe e quindi questa scuola.” Rispondo calma guardandolo negli occhi, non badando minimamente ai continui mormorii della classe. Riesco allo stesso modo a sentire, non volendo giuro, degli apprezzamenti del genere femminile verso il mio ragazzo. Mi impongo di stare calma perché non è proprio il caso di iniziare il primo giorno di scuola con una scenata.
“Piacere di conoscerla Professore!” si intromette Marco.
“Uh il piacere è tutto mio ragazzo. E’ sempre un piacere avere nuovi alunni in questa scuola. Io sono Riccardo Lordi e sono il vostro professore di matematica. Mi raccomando la puntualità!” Risponde l’uomo.
“Scusami ragazza…Tu non sei nuova, giusto?” Mi chiede all’improvviso il professore.
Mi scappa un sorrisino. Questo è il mio momento. Grazie Prof.
“No, non lo sono.” Rispondo calma, sentendomi addosso lo sguardo di tutti e la mano di Marco posizionarsi dietro la mia schiena, come per aiutarmi.
“Io ti conosco, ma hai qualcosa di diverso. Non ricordo il tuo nome.” Continua ancora il Prof.
“Sono Antonia Gagliardi Prof.” Rispondo ancora con calma.
Sento dei rumori in classe, dei mormorii non tanto silenziosi e dei sospiri trattenuti. Ma non guardo ancora nessuno di loro. Non è ancora il momento.
“Non è possibile!”
“Non ci credo!”
“Da dove è uscita!”
“Dove è stata tutto questo tempo?!”
“E’ un secolo che non la vedo!”
“Come cazzo è cambiata!”
“Ancora non ci credo!”
Questo è quello che riesco a captare e me ne compiaccio. C’è ancora qualcosa però che mi vieta di guardarli uno ad uno. E quindi di guardare in faccia le mie amiche di una volta; Federica, la persona che mi odia tanto senza che io conosca il motivo…e Andrea, quello che credevo essere il mio primo amore. La persona che mi ha fatto diventare, involontariamente sicuramente, quella che sono ora. Vai a vedere che alla fine devo pure ringraziarlo!
“Oddio! Ecco perché avevo l’impressione di conoscerti! Occhi belli non si dimentica facilmente!” Il professore, l’anno scorso, aveva l’abitudine di chiamarmi ‘Occhi belli’; diceva che gli piacevano troppo per non differenziarli dagli altri.
“Prof. Siete sempre lo stesso!” rispondo ridendo.
“Tu, invece, sei cambiata proprio tanto. Stai benissimo però, adesso brilli di più.” Continua il mio amato Prof.
“Grazie!” rispondo sorridendo sinceramente.
E solo a quel punto mi sento pronta per guardare gli altri.
Il destino vuole, infame quale è, che il primo sguardo che incontro è quello di un ragazzo, decisamente notabile tra la folla, con occhi neri ma che, per una strana logica, questi diventino azzurri; capelli castano scuro e piercing  al labbro. Semplicemente Andrea. Andrea Rossi. Il mio tormento. Il mio nemico da combattere.
 E’ cambiato Andrea…quell’aggeggio al labbro è nuovo e i suoi capelli sono ancora più scompigliati dell’ultima volta. Però, inutile negarlo, la sua bellezza rimane sempre intatta.
Il mio sguardo è ancora incatenato al suo; non so la mia espressione quale sia, ma so perfettamente quello che sto provando in questo momento. Rancore sicuramente. E anche tristezza e delusione…perché con quell’episodio che hanno architettato lui e Federica ha dimostrato la sua vera essenza. L’ho sempre sopravalutato, purtroppo.
Lo vedo che è stupido. Ho imparato un po’ a conoscerlo e qualcosa riesco a capire guardandolo. I suoi occhi mi squadrano e so, lo sento, che gli piace quello che vede. Ma io non sono più la ragazzina innamorata di mesi fa. Non capitolo più con un suo sguardo. Non tremo più con un suo sguardo. Il mio cuore non accelera la sua corsa per un suo sguardo.
Quando avrei dato per ricevere uno sguardo di questi qualche mese fa?
E invece…le cose cambiano. Noi cambiamo. I nostri sentimenti cambiano. E niente è come prima.
Sento la mano di Marco muoversi su e giù per la mia schiena. Mi volto e gli sorrido. E’ preoccupato Marco. Aveva paura che, dopo aver visto Andrea, tutto sarebbe nuovamente cambiato e io mi sarei riscoperta innamorata di lui, anche con un solo guardo. E invece no. Non mi ero sbagliata. I miei sentimenti verso Andrea sono svaniti.
Marco, vedendo il sorriso che gli ho rivolto, si tranquillizza, aumenta la sua presa sulla mia schiena e mi rivolge un sorriso radioso.
 Il secondo sguardo che incontro è quello di Federica. Quello che vedo nei suoi occhi è invidia. Ne sono sicura. Invidia, gelosia e, sicuramente, odio. E, per la seconda volta, me ne compiaccio.
Guardami stronza!
“Bene ragazzi! Ci sono due posti liberi in seconda fila..accomodatevi li per il momento.” Il professore mi riscuote dai miei pensieri e io e Marco ci dirigiamo dove il professore ci ha indicato e ci accomodiamo.
Io e Marco ci guardiamo negli occhi e entrambi sorridiamo. Mi aggrappo al suo braccio e gli do un piccolo bacio sul frammento di pelle scoperta del braccio. E lui mi da un bacio in testa e mi stringe a se. Non mi importa che qualcuno ci stia guardando. Si godessero lo spettacolo.
Guardo al mio fianco e noto che ci sono Asia, Sofia ed Emma che ci guardano ma, principalmente, guardano me con un sorriso sincero sulle labbra. E io non posso che ricambiare. Avrò modo di parlare con loro dopo spero.
Percepisco uno sguardo più profondo addosso, lo ammetto. E allora mi giro indietro. Ed è Andrea.
Ha lo sguardo da predatore, ma io non sono e non sarò la sua preda. Lo guardo con odio e ribrezzo e lui mi capisce subito. Mi rivolge così un ghigno che proprio non sopporto. E allora mi giro avanti e fanculo Andrea Rossi.
 
 
 
 
 
Bentornata all’inferno Antonia. L’incubo sta per iniziare.








 
Spazio Autrice: 
Hooola! E' da tanto che non aggiorno, lo so... e mi dispiace davvero tanto. Chiedo scusa a quelle persone tanto carine che avevano mostrato  interesse per questa storia..spero continuiate ad averlo, nonostante non sia, purtroppo, precisa nella pubblicazione. Mi impegnerò di più e migliorerò. 
Alloooora, passiamo al capitolo: è più lungo del solito e moolto corposo, infatti è avvenuto l'incontro tra Antonia e Andrea. Nel capitolo si fa riferimento al compleanno di Antonia..ecco..un piccolo spoiler sul prossimo capitolo: si baserà principalmente su questo. 
Ho creato un nuovo banner..spero vi piacca. E, se avete notato, ho cambiato i volti dei  personaggi. Poi ovviamente voi vi farete una vostra idea e forse li immaginerete diversamente. Fatemi sapere ciò che pensate...sul capitolo, sui personaggi, cosa vi aspettate accada..insomma ciò che vi sentite. Anche se fossero critiche ovviamente. 
Qui sotto vi posto le foto dei protagonisti: 

Antonia: 
      

Marco:



Andrea: 
   

A presto! 



 

 

 
 

 

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Capitolo 4
*** Terzo capitolo ***


 
 

Stay strong.


 
Il primo giorno di scuola sta procedendo abbastanza tranquillo, mi aspettavo di peggio, lo ammetto.
Dopo il Prof. Lordi, è il turno della Professoressa Melsi, che insegna Letteratura. Io amo questa materia. Più precisamente amo il modo in cui la Melsi lo espone: in ogni argomento, per quanto è possibile, ci infila sempre un po’ di Filosofia, visto che il nostro percorso di studio non prevede questa materia.
Nonostante sia il primo giorno, la Melsi è una persona serissima e allora “Ragazzi oggi introduciamo Freud!” E Dio, io adoro Freud, starei ore a parlarne e ad incanalare più informazioni possibili. Il sogno, il sonno, l’Es, l’Io, il Super Io, la psicanalisi. Tutto. Mi affascina così tanto.
Sono praticamente con la bava alla bocca. So che Marco mi sta guardando e sicuramente si starà impegnando per non ridere a crepapelle.
In queste poche ore di lezione, non abbiamo praticamente mai avuto l’occasione di parlare, ma nonostante questo lui è sempre lì per accarezzarmi i capelli, la mano, il braccio. Insomma mi fa sentire la sua presenza. E niente…io lo amo anche per questo. Ora sono abbastanza tranquilla anche io, sono calma, nonostante mi senta ancora addosso lo sguardo di tutti. E devo ammettere che non vedo l’ora ci diano un attimo di pausa per poter parlare con le ragazze. Mi sono mancate.
 
Finalmente arriva la pausa. E tiro un sospiro. Non sono più abituata ai ritmi scolastici, ogni anno è la stessa storia.
“Amore.” Marco mi chiama dolcemente e mi giro verso di lui.
“Ciao.” Lo vedo sorridere e avvicinarsi e così ci scambiamo un bacio a fior di labbra.
Sento che ci guardano tutti, ma sinceramente non mi interessa. Vedo dei ragazzi della nostra classe avvicinarsi a Marco e presentarsi. Così li lascio tranquilli, pensando che Marco non avrà sicuramente nessun problema ad ambientarsi ed a fare amicizia, socievole come è. Approfitto di questo momento per andare dalle ragazze. Asia, Sofia ed Emma sono al penultimo banco; le vedo fissarmi sorridendo e io faccio lo stesso.
“Ciao ragazze!” mi viene naturale usare un tono allegro.
“Ciao Bimba! Oggi sono diciassette, vero?” mi dice Emma. Forse lei è la più estroversa e esuberante del gruppo e io la adoro.
“Quanto mi sei mancata!” Sofia, invece, è la più dolce. Le basta poco per piangere, per essere malinconica e nostalgica. Siamo molto simili su alcuni aspetti.
“Sei bellissima.” Asia, però, è forse quella che capiva di più il disagio che provavo per via del mio peso. Per le altre due era cosa da poco, dicevano sempre di fregarmene del giudizio della gente. Ed avevano ragione e ne ero consapevole allora come lo sono fortemente adesso. Però, ripeto, Asia era quella che sapeva che, purtroppo, non era cosa da poco e che ci stavo parecchio male. Con questo suo commento, mi sento leggera e lei lo sa.
“Sì, è oggi! Mi siete mancate tanto anche voi!” e così dicendo ci alziamo e ci abbracciamo forte.
“Lo sai vero che devi raccontarci tutto?” dimenticavo di dire che Emma è anche la più pettegola.
“Lo so, sono a vostra disposizione.” Rispondo ridendo. Ero già pronta ad un terzo grado, ma credo che ne abbiamo il diritto. Insomma le ho lasciate all’improvviso, senza avvisare dove fossi e per quanto ci sarei rimasta. Senza contare che durante il soggiorno a Torino non le ho contattate. Loro mi hanno sempre cercato all’inizio, ma io non le ho mai risposte. Non me la sentivo, anche se ero consapevole che loro non avevano nulla a che fare con quello che era successo con Andrea. Di conseguenza poi loro non mi hanno più cercata, capendo forse la situazione.
Chiariamo. Io non le ritengo le mie migliori amiche, così come non affibbio questo nomignolo a nessuno. Non si tratta delle persone in sé; so benissimo che le ragazze mi vogliono bene ed è ricambiato assolutamente. Semplicemente non ho mai creduto all’amicizia unica, eterna, indissolubile. Se per esempio io avessi un segreto e sentissi il bisogno di parlarne con qualcuno, io sono sicura che non andrei dalle mie amiche. Forse andrei o da Marco o da mio cugino Federico. Con loro mi sono spesso sfogata e ho cercato dei consigli, però i miei pensieri più profondi, le mie debolezze e le mie fragilità io non le ho mai esposte.
“Ah, ragazze! A proposito del compleanno. I miei cugini, sono stati talmente gentili e ovviamente sono ironica, a prenotare un posto per festeggiare questa sera. Adesso voi sapete io quanto sia restia alle feste, infatti non ho organizzato niente. Loro però hanno insistito e mi hanno detto di dirlo in giro. Io l’ho detto a voi, se volete ditelo a chi vi pare, ecco.” Finisco ridendo. Vi piace questa geniale idea dei miei cugini? Stamattina se ne sono usciti con “Anto, senti…visto che è il tuo compleanno e sappiamo che sicuramente non avrai intenzione di festeggiare, ci abbiamo pensato noi! Abbiamo prenotato il locale di Sandra, quello con l’enorme piscina, hai presente? Tu devi solo dirlo un po’ ai tuoi amici, invitarli stasera e farti bella. Al resto ci pensiamo noi!” L’avrei voluti strozzare! E dire che lo sanno che le feste non sono il mio forte. Però sono anche consapevole che hanno fatto un gesto tanto carino. E quindi li ho ringraziati, dopo una generosa pacca sulla spalla, ovviamente.  Vi spiego questo locale: Sandra è una grandissima amica di mia zia, avrà tipo una quarantina di anni, nonostante la sua età è una signora giovanile e a tratti grottesca, molto particolare, sembra una ragazzina; comunque, vista la sua bizzarra personalità, ha tirato su un locale molto bello devo dire,  ed è anche abbastanza popolare tra noi giovani. La maggior attrattiva è la piscina mi è parso di capire: è grande, sempre pulita, ha l’idromassaggio e ha delle luci splendide, così da creare una bella atmosfera.
“Certo!” mi rispondono le ragazze. Ovviamente loro sono felicissime. Tremo al solo pensiero, chissà quanti sconosciuti mi ritroverò stasera.
Mi guardo un po’ intorno e noto Marco chiacchierare ancora con i ragazzi, si trova a suo agio e ne sono felice.
Vi starete chiedendo: sì, ma Andrea?
Io non l’ho degnato di uno sguardo. Adesso però lo noto che è con i suoi due compari, Pierluigi Zagnotta e Silvio Giri, che parlano tra di loro. Da quello che ricordo loro tre sono sempre stati insieme. Non so se effettivamente ci sia questo grande legame di amicizia, però sono considerati un gruppo unito e sono il fulcro della scuola, vuoi per la loro bellezza, vuoi per la loro affinità ai guai.
Che persone sono i suoi amici? Non lo so sinceramente. Non li ho mai osservati tanto, pur essendo tutti nella stessa classe, e non mi ci sono mai applicata a scoprirli. Superficialmente, mi viene da pensare che siano degli idioti pieni di ego, che nel loro personaggio e nella loro fama ci si trovano più che bene.
 
Sono tutti e tre di spalle, quindi non possono vedermi. All'improvviso però Andrea si gira e si accorge che stavo guardando nella loro direzione. Mi rivolge un ghigno. Provo a intuire i suoi pensieri ed è così facile. Sicuramente starà pensando che io muoia ancora per lui. Poraccio, non sa come si sbaglia.
Ho sempre pensato che l'indifferenza sia la miglior arma, però ora non riesco  ad esserlo. So che devo parlargli, affrontare le cose irrisolte tra di noi, di cui lui sicuramente non se n’è curato e sono sicura non gliene freghi assolutamente niente di parlare del passato, di quello che mi ha fatto, di come si è comportato; per lui non ha avuto alcuna importanza, ne sono consapevole. Sono sempre stata convinta, anche quando credevo di essermene innamorata, che Andrea fosse una persona molto superficiale. Troppo concentrato sulla sua immagine per badare a ciò che lo circonda.
Comunque, stavo dicendo: visto che l’indifferenza ora come ora non è mia amica, mi viene naturale sorridere in modo derisorio nei suoi confronti e mimargli un cordialissimo “crepa.”. Vedo lui strabuzzare gli occhi, perché sicuramente non si aspettava che la dolce, fragile, educata Antonia si rivolgesse a lui in questo modo. I suoi amici, invece, scoppiano a ridere. E mi stanno quasi simpatici ora.
Poi decido che per oggi gli ho dato fin troppo importanza. E allora faccio vagare il mio sguardo alla ricerca di Marco. Vedo che sta ancora chiacchierando amichevolmente con i nostri compagni di classe. Incontra anche lui il mio sguardo e mi sorride spontaneamente. Lo vedo dire qualcosa ai ragazzi e poi raggiungermi.
“Ciao Amore, per caso sentivi la mia mancanza?” è di buon umore, mi fa tanto piacere.
“Certo che sì! “ gli rispondo avvicinandomi ulteriormente così da abbracciarlo. Lo sento stringermi e posare le sue mani sui miei fianchi.
“Ma dici che se adesso ti baciassi qui, ci denuncerebbero per atti osceni?” quanto può essere cretino?
Scoppio a ridere.                                                                                                                                                           
“Credo che a nessuno importi se ci scambiassimo un bacetto innocente.” Gli rispondo sempre ridendo.
“E se non fosse un bacetto innocente?” contraccambia malizioso.
“Tu provaci e vediamo.” Gli rispondo affabile.
E lo fa. Avvicina ancora un po' il mio viso al suo e mi bacia. E non è certo un bacio a fior di labbra o appena accennato come quello che ci siamo scambiati poco prima.
È un contatto diretto, dove le nostre lingue sono ben liete di incontrarsi. Arpioni dolcemente i suoi capelli e traccio dei ricciolini immaginari. Marco, invece, intanto ha infilato una sua mano sotto la mia maglietta e continua a stringermi senza mollarmi neanche per un secondo.
Ci stacchiamo solo per prendere fiato, rimanendo comunque abbastanza vicini da sentire il suo respiro leggermente affannato infrangersi sul mio viso. E poi ci stacchiamo e decidiamo che forse è ora di ritornare al nostro posto, visto che la pausa è finita e le lezioni stanno per riprendere.
Quando ci dirigiamo al nostro posto notiamo però che tutti ci guardano. Ma proprio tutti tutti. E niente.
“Mi sa davvero che abbiamo dato spettacolo” mi dice allora Marco una volta arrivati al nostro posto.
“Nahhhh! Sono abituati a molto peggio. Noi non abbiamo fatto niente.” Rispondo tranquilla.
“Ah, allora saranno invidiose di te, sicuramente! Del resto con un figo del genere al tuo fianco, facile crederci!” A volte dimentico che anche Marco, essendo maschio, ha una percentuale, seppur non elevata, di modestia e ego.
“Sì certo, amore.” Vai convito proprio.
 
 
Il resto della giornata passa velocemente e in modo tranquillo. Le lezioni finiscono e ci apprestiamo ad andare a casa. Io e le ragazze inoltre decidiamo di darci appuntamento nel pomeriggio per una sessione di shopping, a detta loro, e per chiacchierare un po'.
 
Arrivati a casa saluto Marco sul pianerottolo, promettendo di vederci dopo essere tornata dall’uscita con le ragazze, ed entro in casa.  Trovo mamma e papà intenti a preparare il pranzo. Mi rinnovano gli auguri e mi conferiscono il loro regalo. Si tratta di un braccialetto rigido in argento con sú inciso “famiglia”. Ha in valore molto importante sia per me che per loro. Siamo sempre stati una famiglia unita. Io, mamma, papà e mio fratello Alberto. Questo non ve l’avevo ancora detto, lo so. Lui non è in Italia, ma è in Spagna per completare gli studi in economia e management. Alberto ha 23 anni e abbiamo tutto sommato un buon rapporto. Non ci sentiamo sempre, ma ci vogliamo bene e lui, come ogni fratello maggiore, è molto protettivo nei miei confronti. Per il mio compleanno mi inviato naturalmente gli auguri e mi ha riferito che tra un paio di mesi conta di fermarsi un po’ a casa.
Dopo averli ringraziati per il bellissimo regalo, decidiamo di metterci a tavola  e gli racconto di quello che hanno organizzato quei pazzi dei miei cugini. Stasera avremmo dovuto festeggiare insieme, ma non sono tanto sicura che i miei si troverebbero a loro agio tra ragazzini, confusione e musica. Per me ovviamente non c’è nessun problema, anzi, mi farebbe davvero piacere! Ma come immaginavo, i miei genitori alla fine mi hanno riferito che festeggeremo poi in un secondo momento; hanno detto che preferiscono che festeggi con i miei amici, visto che è da tanto che non li vedo e non li sento. Con loro avrò tempo, parole loro “c’è tempo per festeggiare con i tuoi vecchietti! Divertitevi stasera!” Come se davvero fossero dei vecchietti, poi! Mia madre, Angela, ha 42 anni portati benissimo. Mio padre, Gerardo, 45 anni. Insieme hanno messo sú un'azienda d'elettronica, che nel nostro piccolo paesino funziona e ora hanno deciso anche di estendersi. Sono contenti del loro lavoro.
 
Nel  pomeriggio, come d'accordo con le ragazze, andiamo in centro per un po' di shopping. Arrivate però nei pressi di un salone di parrucchieri, mi viene il desiderio di farmi qualcosa ai capelli, niente di eclatante però. Così due ore dopo mi ritrovo con sempre il mio castano chiaro, ma più chiari alle punte, un biondo splendido. Come piega, invece del mio solito liscio o al naturale, decido di cambiare giusto un po' e di fare quindi delle onde morbide. Il risultato finale mi piace tanto.

Le ragazze hanno insistito affinché comprassi un vestito per il compleanno, ma io ho rifiutato sicura che nel mio armadio qualcosa di giusto da indossare ci fosse. Mi hanno riferito che della serata l’hanno detto praticamente a tutti. Non ne sono tanto contenta, meno siamo meglio è per me. Ovviamente poi hanno voluto che raccontassi tutto quello successo in loro assenza. E allora racconto loro di Marco, di come ci siamo conosciuti, di come fosse il nostro rapporto all’inizio e di come poi si è evoluto e ci siamo innamorati; della scelta che ha fatto lui di seguirmi in questo piccolo paesino sperduto abbandonando cosi una grande città. Abbiamo parlato del percorso che ho fatto e della presenza costante  di Marco in questo. Ho parlato loro anche delle persone magnifiche che ho incontrato a Torino. Di come io sia più leggera, più aperta e più felice. Mi hanno abbracciato e mi hanno detto che sono felici per me. Poi hanno aggiunto “Ma Marco è un figo della paura! E brava la nostra Antonia!”. Sono scoppiata a ridere; però insomma lo so anche io che Marco è una persona meravigliosa, sia esteticamente che moralmente. Nell'aria però c’era qualcosa in sospeso, una domanda e a me pareva quasi di sentirla.
“E Andrea?” Asia mi espone questa domanda e le ragazze, sono sicura, vogliono sapere anche loro.
“Voi sapete perché sono andata via questa estate. Il motivo è lui. Sapete anche che ne ero innamorata, o almeno così pensavo. I primi tempi a Torino sono stati non bellissimi, la mia testa, i miei pensieri, volavano sempre qui e a lui. Poi però qualcosa è cambiato. Forse è cambiato il mio approccio, forse è stato Marco o forse è stato altro. Fatto sta che mi sono lasciata il superfluo alle spalle e mi sono concentrata tanto su me stessa. Poi mi sono innamorata di Marco e ho capito che quello che provavo per Andrea non era amore. Forse era curiosità, attrazione, uno sfizio, una cotta. È come se avessi aperto gli occhi su di lui e capito, oltre che i sentimenti per lui non fossero reali, che non fosse la persona giusta per me.” Ho buttato fuori una marea di parole e mi rendo conto che ne avevo bisogno. Non ne parlo tanto ad alta voce.
“Hai ragione. Andrea non è sicuramente uno stinco di santo e non era la persona adatta a te. Sai bene che questo mio pensiero è lo stesso di mesi fa. Meriti molto di meglio che un fighetto concentrato esclusivamente su stesso. Poi Marco mi sta simpatico, si vede che ti ama.” Tra le tre, io ho sempre amato parlare con Asia. Ha sempre un pensiero suo. E questo commento me lo dimostra per l’ennesima volta.
Sofia ed Emma, invece, si limitano a cambiare discorso perché è inutile parlare  di qualcosa di così poca importanza ormai. Però la pensano come Asia, lo so.


Il pomeriggio con le ragazze è terminato e, come promesso, io e Marco ci incontriamo, precisamente di fronte al nostro palazzo, dove c’è un piccolo parco. Appena mi vede si accorge subito del mio piccolo cambiamento ai capelli.
“Ehi bionda!” mi viene incontro sorridendo e stampandomi un bacio.
“Ti piacciono?” gli domando curiosa.
“Certo che si! Ti donano; ma a te dona tutto amore.” Quanto può essere ruffiano?
“Mhm fingo di crederci “ gli rispondo ridendo.
Poi mi avvicino un po’ di più a lui e incollo le mie labbra alle sue. Gli allaccio le braccia al collo e approfondisco il bacio. Le sue labbra si schiudono presto e le nostro lingue si incontrano; gli mordo il labbro inferiore tirandolo anche leggermente e Marco mugola. Infila velocemente una sua mano sotto la mia maglietta, salendo e scendendo per la schiena, poi incontra il gancetto del reggiseno e lo sento tentennare. Si stacca e poi parla.
“In questo preciso momento io ti farei mia, e non mi importa se siamo in un luogo pubblico, se c’è gente  o altro. Sei talmente bella e io voglio solo te. Lo so che non sei ancora pronta, come sai che io ti aspetterò. Però sappi che io ti voglio. Tutto qua.” Mi rivolge queste parole con il fiatone e so per certo che sono vere e che gli è costata una fatica dirmele.
E io non posso fare altro che baciarlo e dirgli un “Grazie.”
Poi cambia argomento.
“Ah, dimenticavo di dirti che il tuo regalo lo riceverai stasera.” Il regalo era l’ultimo dei miei pensieri in questo momento veramente.
“Non è importante il regalo per me, lo sai.” Gli rispondo sorridendo.
“Ti piacerà!” mi dice euforico.
Continuo a sorridergli, poi decidiamo che ormai si è fatta ora di salire, quindi ci salutiamo, tanto ci vedremo tra pochissime ore.
 
 
Sono a casa. E sto pensando ai miei cugini: oltre a darmi gli auguri per il resto della giornata non si sono fatti ne vedere e ne sentire. Ed è molto strano, considerando che di solito sono molto presenti. Provo a chiamarli e niente, nessuno dei due risponde.
Poco dopo mi arriva un messaggio da parte di Federico: “Buonasera cara cugina. La prego di non disturbare, stiamo lavorando per lei. A dopo. Non rompere. Ho avvisato le tue amiche di riferire, per chi vuole, di indossare il costume visto che c’è la piscina; se ti va, indossalo anche tu. Con amore, il tuo cugino preferito. Ps: Fatti bella, più del solito.”
Cugino preferito un corno! Chissà cosa staranno combinando.
 

L’appuntamento al locale è per le 21:30, quindi decido verso le 20:00 di iniziare a prepararmi. Avevo già pensato di indossare un vestito, mai messo per altro, presente nel mio armadio. E’ bianco, credo mi arrivi al dì sopra del ginocchio. Ha dei bottoncini davanti a mo’ di chiusura. Ha il colletto, anche esso bianco, decorato con delle perline bianche, beige  e color argento. Ha una scollatura fondamentalmente a cuore, anche se non mi lascia niente di scoperto perché ha al di sopra una stoffa vedo-non vedo. E’ stretto fino alla vita, poi si allarga leggermente scendendo così morbido. Il tutto completato con una cintura di stoffa nera a forma di fiocco in vita. Decido di indossare anche il costume e ne scelgo uno abbastanza semplice: è nero, bikini, il sotto è ad alta vita; il sopra, invece, è senza spalline ed è a balconcino e contiene a meraviglia la mia terza scarsa.
Una volta deciso cosa indossare, vado a farmi una doccia. Indosso tutto e il risultato mi piace. Indosso anche dei tacchi che amo: il tacco è un 12cm, nere, aperte sia avanti che dietro a mo’ di sandolo. Il pezzo forte è l’attaccatura: ha dei nastrini, sempre neri, da allacciare intorno alla caviglia.
Poi decido di dedicarmi al trucco, dove non sono particolarmente brava. Un leggero velo di fondotinta e correttore per le imperfezioni, smokey eyes nero agli occhi, mascara, un velo di blush, matita contorno labbra color carne e rossetto opaco delle stesse tonalità. Do’ una sistemata ai capelli.
Indosso il mio chiodo nero e la borsetta, anche essa nera.
E mi guardo allo specchio. E quasi mi viene da piangere. Sono bella e mi piaccio.
Lo specchio riflette una ragazza alta con il suo peso forma; le gambe lunghe e magre, i fianchi appena accennati e nessuna pancia. Sono fiera di me. E non pensavo di farcela…e invece! Eccomi qui. Prima di mandare a diavolo definitivamente il trucco, decido che è ora di andare, sono ormai le 21:20.
Vado nel salone, dove ci sono anche i miei genitori. Mi fanno i complimenti, mi abbracciano e mi dicono di divertirmi.
 

Esco da casa e vado a suonare da Marco. Abbiamo deciso di andare assieme. I miei zii si sono offerti di accompagnarci e allora ne abbiamo approfittato. Mi viene ad aprire proprio lui. E’ bellissimo e mi guarda con occhi adoranti.
“Sei bellissima.” Mi dice con quei suoi occhi così profondi.
“Anche tu lo sei.” E lo è davvero. Indossa un completo nero. Un pantalone, con un leggero risvoltino, che scende elegante sulle adidas bianche che ha ai piedi. Una camicia bianca, leggermente sbottonata che, neanche a dirlo, gli sta da dio. La giacca nera aperta.
“Andiamo ragazzi!” E’ mia zia a distarci, fosse stato per noi staremmo ancora li a fissarci.
Faccio un primo passo per le scale e immancabile è la battuta di Marco.
“Ma li sai portare quei cosi ai piedi?” mi dice ridendo. Lo stronzo sa che sono un’impedita. Io spero solo di non cadere stasera; un miracolo ci vuole minimo.
“Stronzo!” E così ridendo, mano nella mano, ci dirigiamo al locale, con il proposito di passare una bella serata e di divertici.
 
 
Arrivati lì, i miei zii ci lasciano e io e Marco, sempre mano nella mano, ci dirigiamo dentro. A pochi passi dall’entrata però ci fermiamo, o meglio Marco mi ferma.
“Non ti ho ancora salutata per bene.” Mi dice malizioso avvinandosi.
Si fionda sulle mie labbra impetuoso. Dischiudo subito le labbra e gli do’ libero accesso. E’ famelico. Morde, bacia e si ferma per poi ricominciare. Ci fermiamo solo per riprendere fiato, rimanendo sempre appiccati.
“dio! Stasera sarà difficile non starti appiccicato!” mormora sulle mie labbra.
Io rido e con questo spirito decidiamo di entrare. E rimango sconvolta da tanta bellezza.
Non bado neanche alle persone che sono presenti, la mia attenzione è totalmente rivolta al locale.
E’ grande, l’arredo è fondamentalmente nero: divanetti, banconi, tavolini…tutto nero. Poi ci sono candele ovunque. E tanti palloncini bianchi sotto il soffitto, ne è pieno. Riesco anche ad intravedere al di fuori della vetrata, dove è presente la piscina e anche lì noto tanti palloncini bianchi, questa volta non in aria, che volando a ritmo del vento. E’ bellissimo.
Marco al mio fianco mi stringe ancora più forte la mano, facendomi sentire la sua presenza.
Poi noto le persone e mi stanno tutti osservando. E allora capisco che è ora di entrare in scena.
 


Buon compleanno Antonia. Che la festa abbia inizio.
 

 
 
Salvee gente! E' da tanto che non aggiorno questa storia. E mi dispiace e vi chiedo scusa. Questo è stato per me un periodo molto importante, fatto di cambiamenti e di nuovi equilibri. Comunque non mi va di dilungarmi, dico solo che proverò ad aggiornare più spesso. Passiamo al capitolo.
Avevo intenzione di pubblicarlo ieri sera/notte. Infatti l'ho completato e ri-letto tardi, con l'intenzione di pubblicarlo subito. Poi ho pensato che forse era meglio aspettare oggi, visto che volevo scrivere anche delle note decenti. E allora eccolo qui. 
Nelle note dello scorso capitolo vi avevo anticipato che questo terzo capitolo fosse incentrato sul compleanno di Antonia. Bene, l'intenzione era proprio quella. Solo che andando avanti, scrivendo, mi sono accorta che mancavano delle piccole informazioni su Antonia, sulla sua famiglia, sui suoi interessi...e allora ho preferito dilungarmi un po' in queste. Di conseguenza, per non far risultare lunghissimo il capitolo, ho dovuto dividere un po' e quindi questo terzo capitolo si conclude con l'arrivo di Antonia alla festa. E' facile intuire allora che il prossimo sarà davvero incentrato sulla festa. Ho già delle idee e vi do' una piccola anticipazione: ci saranno tante sorprese e forse un incontro diretto che aspettate. 
Bene, credo di essermi dilungata un po'. Vi saluto e al prossimo capitolo, dove spero di aggiornare al più presto. Adesso conto di aggiornare prima l'altra mia storia e poi questa. Spero di farcela. 
Ovviamente spero che ci sia ancora qualcuno interessato a questa storia. Mi farebbe davvero tanto piacere. Ringrazio chi ha messo questa storia tra le preferite, seguite o ricordate e che l'ha recensita.
 

A presto! 

Ps. Ho modicato. Sotto, se vi fa piacere, vi lascio l'outfit di Antonia alla festa. 




       

 

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