Frammenti di anime

di Shiki Ryougi
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Sindrome di Hinamizawa - Shion Sonozaki ***
Capitolo 2: *** Sindrome di Hinamizawa - Satoko Houjou ***
Capitolo 3: *** Sindrome di Hinamizawa - Rena Ryuugu ***
Capitolo 4: *** Sindrome di Hinamizawa - Keiichi Maebara ***
Capitolo 5: *** Sindrome di Hinamizawa - Satoshi Houjou ***
Capitolo 6: *** Sindrome di Hinamizawa - Miyo Takano ***
Capitolo 7: *** Sindrome di Hinamizawa - Rika Furude ***
Capitolo 8: *** Caduta - Satoko Houjou ***
Capitolo 9: *** Caduta - Shion e Mion Sonozaki ***
Capitolo 10: *** Caduta - Hanyuu Furude ***
Capitolo 11: *** Caduta - Rika Furude ***
Capitolo 12: *** Caduta - Rena Ryuugu ***
Capitolo 13: *** Caduta - Keiichi Meabara ***
Capitolo 14: *** Caduta - Satoshi Houjou ***
Capitolo 15: *** Caduta - Mion Sonozaki ***
Capitolo 16: *** Caduta - Shion Sonozaki ***
Capitolo 17: *** Caduta - Miyo Takano ***
Capitolo 18: *** Caduta - Hanyuu e Rika Furude ***



Capitolo 1
*** Sindrome di Hinamizawa - Shion Sonozaki ***


Frammenti di anime - When they cry...
Sindrome di Hinamizawa




Shion Sonozaki



Scivolo a terra lentamente, con le mani che mi serrano le orecchie e gli occhi sbarrati. Cerco di cancellare dalla mente l’orrore che ho appena compiuto. La mia tunica bianca è macchiata di sangue. Macchie indelebili, come il peccato che mi ha dilaniato l’anima. Le pupille diventano due lame nere, mentre il demone dentro di me prende di nuovo forma.
Invade il mio cuore distrutto.
Il mio corpo esile, pallido, tremolante.
Urlo.
Voglio che se ne vada. Voglio annegare da sola nel sangue di chi ho massacrato.
Nello stesso sangue di colui che amo e ho implorato il ritorno.
"Satoshi-kun…", penso di nuovo a quel nome. "Perché mi hai abbandonata?".
Perché tu sei mia!
Il demone mi afferra.
Oyashiro-sama è venuto a prendermi...
«Voglio morire…», sussurro.
Porto le mani alla testa e mi strappo i capelli. Non voglio cedere alle sue parole. No, questa volta il dolore m’impedirà di ascoltarlo!
Devi capire che era per il tuo bene. Lui se lo meritava...
"Satoshi..."
Bastarda, non hai mantenuto la promessa!
Eccola. La sua voce, sempre dolce e gentile, mi trafigge la testa.
"No! Non è vero... ".
Lacrime amare mi scendono dagli occhi.
Mi hai tradito! Tu! TU! TU!
«Non è vero… è colpa del demone! Non è colpa mia, io non volevo. LUI MI HA FATTO FARE QUESTO!».
Ma di quelle parole nessuna mi convinceva veramente. La Shion di una volta era morta per sempre, insieme a lui.
Non ti ama… ora ti ODIA!
La forza di lottare svanisce. In quel momento urlo come mai ho fatto in vita mia.
La mia voce era rotta dalla disperazione. Gli occhi ancora sbarrati, come due pozzi neri.
Tutto ciò che avevo fatto.
Tutto ciò per cui avevo lottato.
Tutto ciò che mi rendeva ancora in grado di sorridere, era svanito.
"Satoshi-kun… mi odia?".
Ora comincio a ridere. Prima sottovoce e poi sempre più forte.
Nel frattempo una sensazione di umido. Lungo le mie cosce scende del liquido caldo. Sono le mie debolezze, la mia anima, la mia sconfitta. Mi abbandono a quella sensazione, ridendo sempre più forte.
Ora non sono più Shion Sonozaki.
Sono il suo demone.
La risata si fa sempre più isterica. Risuona nell’aria. Vengo inebriata da quell’odore.
Da quel profumo di morte, che la mia sete reclama ancora.







[Spazio Autrice]
27 gennaio 2015 - Mamma mia! Quanti anni sono passati. Oltre quattro anni, da quando ho pubblicato questo primo capitolo.
Sono molto affezionata a questa raccolta e soprattutto adoro Higurashi (solo le prime due stagioni, sia chiaro u.u) e ultimamente ho rivisto tutti gli episodi in occasione di un progetto che ho intenzione d'intraprendere, proprio dedicato a questo anime. Quindi mi sono decisa a sistemare e concludere questa raccolta.
Bene, da come avete visto ho sistemato il capitolo senza però snaturarlo.
Buona lettura ^-^

NOTE ORIGINALI:

Questa è la prima fanfic che scrivo su Higurashi.
Spero che questo pezzo su Shion vi sia piaciuto.
A me piace quindi... xD
Comunque per chiarici il liquido che sente sulle cosce è la sua urina.
Chi ha visto l'anime può aver capito perchè c'è questo riferimento, che per me sta a significare un grosso stato di abbandono e pazzia.

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Capitolo 2
*** Sindrome di Hinamizawa - Satoko Houjou ***


Frammenti di anime - When they cry...
Sindrome di Hinamizawa




Satoko Houjou


 
«Dai Satoko, devi solo prenderla!».
Keiichi allunga la sua mano verso di me.
Io abbasso lo sguardo perché non riesco a sostenere il suo.
In lui c’è troppa speranza. Una luce così potente che mi acceca.
Io, che sono sempre stata abituata a barcollare nel buio.
Io, che sono rimasta sola.
Io, che continuo ad aspettare che Nii-nii torni da me…
Delle lacrime cominciano a scendere dai miei occhi. Incontrollabili, calde e invitanti.
Mi appoggio a Keiichi ma tengo saldamente le mani dietro la schiena.
Lui non potrà mai aiutarmi.
Io mi sono persa.
E questa luce mi acceca soltanto.


 
 

[Spazio autrice]
27 gennaio 2015

NOTE ORIGINALI:
Eccomi tornata!
Questa volta con un drabble su Satoko.
Da come avrete capito questa sarà una raccolta di flashfic e drabble sui personaggi di Higurashi!
Alla prossima!
Credo che riuscirò ad aggiornare prima ;)

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Capitolo 3
*** Sindrome di Hinamizawa - Rena Ryuugu ***


Frammenti di anime - When they cry...
Sindrome di Hinamizawa




Rena Ryuugu
 

Cerco di respirare senza fare il minimo rumore. Il più piccolo errore potrebbe tradirmi.
Sono qui, nella mia camera buia e non sono sola. Ho tanto sonno, ma non riesco a dormire.
Non posso. No, con lui non riesco a dormire. È qui, mi osserva. Vuole me.
Mi siede accanto, sento la sua presenza. Sussurra parole che non capisco…
Tremo e ho il cuore che batte fortissimo. Gli occhi li tengo puntati sul soffitto, persi nel nulla. Faccio di tutto per resistere alla tentazione di guardare alla mia sinistra.
Lui è lì che mi osserva.
Mi osserva e io non dormo.

La mattina mi sveglio con strane voci nella testa. Cigolanti, penetranti, insopportabili.
Esco di casa camminando veloce. Le voci vengono sostituite da dei passi alle mie spalle.
Mi segue… mi segue… mi segue… mi segue… mi segue…
Sposto lo sguardo da destra a sinistra, continuando a camminare. Vado sempre più veloce e non la smetto di tremare.
Anche lui è sempre più veloce.
È sempre più vicino. È qui per punirmi. Sussurra parole spregevoli.
Io non riesco più a distinguere la realtà dall’illusione. Nel frattempo le persone per strada mi osservano disgustate.
Che hanno da guardare?
Mi scrutano.
Cosa vogliono?
Mi parlano alle spalle. Mi indicano e i passi dietro di me non smettono. Sempre più vicino.
È dietro di me, posso sentire il suo fiato sul collo.
Tutti gli altri mi fissano, ridono…
«Smettetela… BASTA!» urlo a un certo punto, fermandomi nel bel mezzo della strada. Tutti i passanti, che camminavano tranquilli, si fermano osservandomi meravigliati.
I loro insopportabili sguardi inquisitori. Li odio tutti.
Non sanno cosa provo, quindi come osano guardarmi in quel modo?
Stringo i pugni, deglutisco e riprendo camminare.
I passi sono cessati. Non mi segue più.
Ma io so che tornerà e questa volta mi ucciderà.
Tenendo gli occhi puntanti sui miei piedi, con un pensiero ben fisso in mente, una volta arrivata davanti alla scuola mi reco in palestra.

Mancano solo dieci minuti all’inizio delle lezioni, ma io non mi trovo in classe.
Mi nascondo in bagno. Chiusa in un gabinetto e brandisco una mazza da baseball.
Nessuno… nessuno mi farà del male!
La stringo ma quell’oggetto non mi conferisce la sicurezza che cercavo.
Scatto in piedi e sempre più terrorizzata esco dalla cabina, piazzandomi davanti allo specchio. Con la mano destra tengo ancora saldamente la mazza.
All’improvviso una fitta di dolore al polso sinistro mi fa gemere. La mazza scivola per terra e io cado in ginocchio.
Brucia!
Comincio a grattarmi il punto che mi fa male ma continua a peggiorare.
Fa male!
Sfrego le unghie delle dita ancora più forte ma il dolore non fa che aumentare.
Urlo, il dolore è insopportabile.
Accecata dalle lacrime, mi rimetto in piedi, tenendo la mazza. D’istinto colpisco lo specchio.
Il fracasso dei vetri rotti inonda la stanza.
Io non ne posso più!
Afferro con la mano destra un frammento acuminato e cado a terra. Tremo e non riesco a coordinare i movimenti. Stringendo i denti e chiudendo gli occhi, alla fine riesco a portare il vetro rotto all’altezza del polso, ormai rosso e gonfio.
Con un movimento indeciso mi ferisco e il sangue comincia a uscire. Caldo, rosso… pieno di vermi!
Vermi!
Vermi schifosi, viscidi, escono dalla mia ferita per poi rientrare.
No! No! No! Che schifo! Andate via! Via! VIA!
Mi gratto la ferita, ignorando il dolore. Faccio di tutto per impedire ai vermi di tornare dentro di me. Anche a costo di morire dissanguata!
«Reina!». Qualcuno mi chiama per nome.
Mi volto verso l’uscita del bagno, dove una ragazza della mia classe mi fissa.
Ride! RIDE DI ME!
«Che combini? Hai deciso di ucciderti? Bene, così fai un piacere a tutti!»
Dopo di che riprende a ridere.
Io non posso sopportarlo. Non devo.
Mi alzo in piedi, prendo la mazza e mi avvicino a lei. Il polso ancora dolorante, i vermi continuano a strisciare sul mio braccio. Ma ora non ci penso più.
Intanto il sorriso sul volto della ragazza scompare. Comincia a capire le mie intenzioni. Ma io non le do il tempo di scappare. Con tutta la forza che ho la colpisco allo stomaco, affondando la mazza di lato.
Lei stramazza al suolo, priva di sensi.
Ora tocca a tutti gli altri.
La scavalco e m’incammino nel corridoio, macchiando di sangue il pavimento e trascinando la mazza.
Si prendono gioco del mio dolore.
Io, prima di morire, gli farò cambiare idea.
 


 

[Spazio autrice]
27 gennaio 2015

NOTE ORIGINALI:

Eccomi qui!
Scusate il ritardo. Non so per quale motivo ma questo pezzo mi è risultato il più difficile da scrivere...
Bè, ditemi voi che ne pensate.

Alla prossima e per qualsiasi domanda chiedete pure ^^ 

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Capitolo 4
*** Sindrome di Hinamizawa - Keiichi Maebara ***


Frammenti di anime - When they cry...
Sindrome di Hinamizawa




Keiichi Maebara



I raggi lunari filtrano a mala pena dalla finestra, delineando i contorni della mia camera.
Non ci sono colori, soltanto bianco e nero.
Nera è la mia anima, bianche sono le iridi di Mion e Rena, che giacciono per terra con gli occhi spalancati al soffitto.
Ma io non riesco a fermarmi, perché lo so. Anche ora che sono morte io non sono solo.
Qualcuno sussurra, parole che non comprendo. Parole infernali che risuonano piano, nella stanza, nella mia testa. Ovunque.
Vedo ancora i suoi occhi. Le pupille dilatate, pozzi neri pronti a inghiottirmi. Il suo sorriso, storto e falso. Una fessura ambigua che le dilania il volto. Le sue mani, protese verso di me. Strette intorno alla mia gola. Vogliono portarmi via l’ultimo respiro.
Sento ancora la sua voce. Quella risata isterica mi trapassa la testa. Ma io so bene che lei è morta. Rena è morta.
L’odore del suo sangue m’inebria e io continuo a colpire quel corpo inerme senza più dignità. Senza più un volto. Ma non finisce qui, perché vedo ancora quell'espressione compiaciuta.
La siringa nelle mani e una luce maligna negli occhi. La voce trasuda sicurezza. Con quel fare meschino che mi avvelena la mente.
Io non posso fermarmi. So benissimo che anche Mion è morta ma non devo smettere. Tra il rumore delle sue ossa spezzarsi percepisco ancora quei sussurri. Continuo a colpire, con una mazza da baseball che non è mia. Smetterò soltanto quando il silenzio sarà divenuto eterno.
Ogni muscolo del mio corpo è rigido, il cuore batte all'impazzata e le gambe tremano.
Alla fine cado. Mollo la mazza da baseball, che va a rotolare in un angolo della camera.
Tremo e ho il petto scosso dall'affanno. Con uno sguardo diverso osservo ciò che rimane delle mie migliori amiche.
Non ci sono più, quei corpi dilaniati non hanno più nulla di loro.
Mi allontano, nascondendomi da me stesso.
Ora, finalmente che tutto tace, so di essere dannato. Come coloro che ho ucciso.
No, anzi… qui l’unico mostro sono io.







[Spazio autrice]
28 gennaio 2015
I buoni propositi originali non sono cambiati.
Però voglio avvisare che per adesso tratterò solo la Sindrome di Hinamizawa, quindi i capitoli che non la trattano saranno spostati e ripubblicati più avanti.

NOTE ORIGINALI:
Eccomi di nuovo qua. :D
Prima di lasciarvi al nuovo capitolo ci tengo a precisare che questo ripropone la stessa scena affrontata nel capitolo 4 con Hanyuu, ma questa volta sotto il punto di vista di Keiichi. (capitolo spostato)
In più vi preciso che questa raccolta non terminerà una volta che avrò parlato di tutti i personaggi principali. Mi dedicherò anche a personaggi secondari e metterò nuovi capitoli su uno o più personaggi già trattati. Aspettatevi di tutto da questa raccolta, quindi xD!

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Capitolo 5
*** Sindrome di Hinamizawa - Satoshi Houjou ***


Frammenti di anime - When they cry...
Sindrome di Hinamizawa




Satoshi Houjou
 
Non ho paura. Non più.
A dire il vero non sento nulla.
Solo le tue urla. Il tuo pianto...
Intorno a me è buio. La stanza è vuota e silenziosa. Le mura tacciono, stringendomi in una morsa invitante.
Vorrei lasciarmi andare.
Vorrei mollare.
Vorrei non vederti più.
Con quello sguardo vuoto, attraversato da solchi profondi.
Desidero, da chissà quanto tempo, scomparire nell'oscurità. Stare in pace, lontano dal mondo. Da te.
Ma non posso. Io ti voglio bene. Sei mia sorella. Sei la mia unica ragione di vita.
Vederti ridere, correre e giocare mi fa battere il cuore. Per questo continuo, non mollo.
Ogni giorno muoio nel vederti distrutta. Scossa dai pianti ininterrotti. Poi cerco di farti ridere. Con tutto ciò che ho a disposizione mi sforzo di far comparire un sorriso sul tuo dolce visetto.
Ed eccolo, a volte ci riesco. Solo in quei momenti posso dirmi: “Satoshi, rimani soltanto tu per lei... devi andare avanti. Non mollare!”.
Io ho bisogno di te. Tu di me.
Siamo legati. Siamo fratelli.
Per questo, mai e poi mai, mi farò inghiottire dal buio.
Solo come un cane, anche sommerso dal fango e con tutto il peso della disperazione, io continuerò a combattere per tornare da te. Per darti il meglio.
Lo prometto. Lo giuro.
Ti voglio bene, Satoko.
Ci sarò sempre. E so che tu mi aspetterai, qualsiasi cosa accada.

Non ho paura. Neanche ora che ho ucciso nostra zia.
Per troppo tempo sono rimasto in un angolo a tremare, facendomi sfuggire ogni goccia di dignità.
Ma ora, in questo preciso momento, sento solo il mio cuore martellare nella cassa toracica.
Sudo e i capelli mi si sono appiccicati alla fronte. Gli occhi sono chiusi. Le tempie pulsano freneticamente.
Posso ancora vedere il suo volto. Devastato prima dall’orrore e poi dai colpi della mia mazza.
Mi lascio trasportare dall’odio, mentre l’odore di sangue e fango m’annebbia la mente.
“Ti ho fatto a pezzi, zia...”.
Mi alzo, lentamente, barcollando. Sto sorridendo. Tremo. Gambe e braccia sono scosse dai brividi.
La mazza, tinta dal sangue, mi cade. Solo una cosa mi permette di ridere ancora. Dentro di me esulto. Il pensiero di non dover vedere mai più la sua orrenda faccia.
Manca così poco e poi, io e te, potremmo finalmente essere felici. Occhi lucidi di gioia, risate e sorrisi Questo ho sempre sognato.
Andrò all’inferno, ma almeno saprò di aver dato la mia anima per te.
Satoko, il futuro ti aspetta. Io starò a guardarti.

Cammino, alcuni giorni dopo l’omicidio. Qualcuno mi osserva, mi segue.
Mi hanno scoperto?
Non è possibile.
No, no… non ora.
Affretto il passo.
Brividi fastidiosi mi trapassano, mentre la testa è dilaniata da fitte lancinanti.
Senza volerlo urto una persona. Cercando di apparire tranquillo mi giro per scusarmi.
Le parole mi muoiono in gola.
Il cuore perde un battito.
Le gambe si fanno molli.
Per poco non cado a terra.
La faccia fracassata, gli occhi vuoti.
Ora, Satoko, ho paura.
 


 
[Spazio autrice]
28 gennaio 2015

NOTE ORIGINALI:
Eccomi tornata dopo tanto tempo. (Come al solito) :(
Spero di aver fatto un buon lavoro.
Ecco il nostro Satoshi.
La mia è una visione un po' personale, ma spero di aver reso bene l'idea e mantenuto fede al personaggio originale.
A presto (spero).
Buona serata^^

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Capitolo 6
*** Sindrome di Hinamizawa - Miyo Takano ***


Frammenti di anime - When they cry...
Sindrome di Hinamizawa




Miyo Takano


"Torna a dormire", mi sussurra la mente.
Vorrei davvero obbedirle. Sono stanca e non riesco a muovere un muscolo. Cammino ma mi sento immobile. Osservo il buio intorno a me e vedo tutto.
"Tieni gli occhi chiusi".
Sono chiusi, ma allora perché vedo quell'albero caduto?
Sto dormendo e ho freddo, mentre cammino sotto la pioggia verso quel cadavere. È piegato in due, in una posa irregolare. L'acqua scorre tra le insenature e un pungente odore di bruciato mi fa arricciare il naso. Nel frattempo non riesco a smettere di tremare.
Tengo strette le braccia al petto bagnato e comincio a piangere. La vista di quell'albero è raccapricciante.
"Non ascoltare".
Dei lamenti lo scuotono leggermente. Sono quasi impercettibili e mi avvicino per sentire meglio.
"Non farlo".
Posso anche udire un leggero battito irregolare. Ora sono in ginocchio vicino al cadavere e capisco che è ancora in vita.
Le lacrime si mischiano alle gocce di pioggia sulle mie guance. Mi sento piccola e indifesa, in un corpo che non mi appartiene più. L'oscurità si avvicina ma io devo continuare a osservare quella vita miserevole, piangendo in silenzio.
Un albero, spezzato in due, che assomiglia a un cadavere, ancora in vita.
Mi sento una pazza ma non posso fare a meno di considerarla una cosa ovvia. In un mondo senza regole, in un mondo senza Dio, l'orrore si mescola con la realtà così silenziosamente da trasmutarsi in un processo naturale.
Ma allora perché mi sento attratta dalla disperazione e nel frattempo soffro?
Cosa c'è di bello nell'osservare?
Perché mi sento impotente?
Quando sono diventata così sporca?
“Ormai è troppo tardi...”. Sento la mente abbandonarmi mentre queste ultime parole echeggiano intorno a me.
Un verme viscido spunta dalle orbite cave dell'albero. Altri ancora lo seguono, nutrendosi della carne per poi rientrare. In pochi secondi arrivano a ricoprire tutto il corpo e una pozza di sangue rosso scuro comincia ad allargarsi a macchia d'olio verso di me.
Io mi alzo inorridita e cerco di allontanarmi, ma un piede sprofonda in quella melma maleodorante e cado. Mi sporco e trattenendo un conato di vomito mi volto, poi agitandomi cerco di scacciare quei mostri che, stanchi di nutrirsi del cadavere, si avvicinano.
In trappola rigurgito vermi e mi sveglio, imperlata di sudore e terrore.


 



[Spazio Autrice]
Dopo un sacco di tempo mi faccio risentire qui dentro...
Mi dispiace per chi seguiva questa raccolta e aspettava pazientemente il seguito... ma per vari motivi, che non sto qui a elencare, non sono riuscita ad andare avanti. Ma io amo troppo Higurashi e recentemente ho rivisto tutte e due le prime serie. Quindi, siccome volevo sviluppare un piccolo progetto per questo splendido anime, mi sono detta perché non sistemare, continuare e concludere la raccolta? E così farò.
Il progetto che ho in mente è di sviluppare un piccolo gioco con RPG Maker 2003 dedicato proprio a questo anime. Niente di ché ma siccome mi ritroverò a dover scrivere la trama del gioco allora ne approfitto per concludere la raccolta. In fondo io non dimentico mai niente ;)
Come ho già accennato la raccolta sarà divisa in più parti e non so quanti capitoli avrà. Questa prima parte tratta della Sindrome di Hinamizawa e di coloro che l'hanno contratta.
A presto con il prossimo capitolo. Non posso darvi una data certa ma credo che entro una settimana lo vedrete online. ^-^

PS: Spero che il frammento sia chiaro. E' un incubo di Miyo, poco prima di scoprire che Rika è morta (notizia in realtà falza) prima del dovuto. Un incrocio tra il passato, i suoi sensi di colpa e i sintomi della Sindrome.
Spero che vi sia piaciuto... alla prossima, allora ^^

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Capitolo 7
*** Sindrome di Hinamizawa - Rika Furude ***


Frammenti di anime - When they cry...
Sindrome di Hinamizawa




Rika Furude


Vengo sbattuta a terra e prima di poter reagire tu sei già sopra di me. Intrappolata in questo minuscolo corpo, cerco di lottare. Graffio, scalcio, mordo, ma in realtà conosco già l’esito di questo mondo. Tu sei troppo forte e mi hai già bloccata. Per pochissimo tempo il nostro sguardo s’incontra, il mio stanco e spaventato, il tuo pieno di follia. Non sei più Shion, non sei più Mion. Sei solo un demone.
Quel breve attimo sembra durare un’eternità, a riportarmi alla realtà è il dolore acuto che sgorga dal mio braccio destro. L’ago della siringa è infilzato ferocemente sotto la pelle e inorridita osservo la boccetta piena di veleno svuotarsi nelle mie vene.
Subito dopo ti scansi, permettendomi di strisciare per sfuggire alla tua presa. Tu mi osservi compiaciuta mentre un bagliore di curiosità ti brilla negli occhi.
So già cosa aspetti, so cosa accadrà ma io afferro comunque quel coltello. Voglio ferirti, voglio lasciare il mio segno su di te, prima di abbandonare questo mondo.
Io voglio ancora lottare.
Tengo stretto il manico per paura di farmelo scivolare tra le dita. Faccio qualche passo incerto e dirigo la lama verso di te.
Tu sembri non capire, per un momento temi che qualcosa non abbia funzionato, ma sta tranquilla, questo mondo è già morto.
Vorrei sorridere ma non ci riesco.
Vorrei pugnalarti ma non ho la forza.
Vorrei non morire per l’ennesima volta.
Dopo un altro passo sento qualcosa solleticarmi le gambe, poi le braccia, poi la gola. Il mio corpo è coperto di vermi. Sono grassi e viscidi. Strisciano e mordono, scavando nella mia carne. Sopra e sotto la pelle, fuori e dentro la bocca, giù fino allo stomaco.
Non riesco a ignorarli. Sono ovunque: tra i capelli, nella mia intimità, dentro le vene e le arterie.
Non posso sopportare. Alzo il coltello in aria e lo appoggio al muro. La punta della lama mi guarda. Prima lentamente mi avvicino, facendo assaggiare al pugnale la mia carne.
Non posso reagire. Sempre più forte, sempre più a fondo, mentre la lama mi sorride e il pavimento si tinge di rosso.
Tu hai gli occhi sbarrati. Il demone dentro di te vacilla.
Io non sento più dolore, solo sollievo nel vedere quei vermi cadere insieme al mio sangue.
Qualcuno piange, mentre la mia vista si fa offuscata.
Qualcuno comincia a ridere, mentre abbandono questo mondo.


 



[Spazio Autrice]
Spero che abbiate letto l'avviso che ho messo nella mia pagina autrice.
Se non l'avete fatto vi consiglio di dare un'occhiata.
Non è cambiato nulla, ho ancora i soliti problemi e in questo momento dovrei stare a studiare per gli esami di settembre, piuttosto che scrivere e pubblicare flashfic.
Ma non si può dire di no all'ispirazione ;)

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Capitolo 8
*** Caduta - Satoko Houjou ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Satoko Houjou
 
Seduta sull’erba osservo le nuvole. Loro sono lontane, belle e corrono veloci. M’incanto a osservarle mentre il vento mi spazzola i capelli.
Sembra volermi ricordare le sue carezze.
Ogni volta che piango, mi arrabbio o sono triste c’è il mio nii-nii a proteggermi.
Chiudo gli occhi pensando a lui; riesco a vedere il suo volto sorridente e gentile; è felice mentre gioca con me.
Puntando lo sguardo altrove, sorrido. Accanto a me dorme Rika, dolcemente accoccolata tra i fili d’erba, sotto il tiepido sole del tramonto.
E’ tutto così irreale tanto da sembrare un sogno.
Qualcosa però all’improvviso cattura la mia attenzione: vicino al mio piede c’è una cicala morente.
Tra i ciuffi d’erba il suo corpo viene divorato dalle formiche.



 
Sono cattiva e debole.
Non meritavo le sue carezze e dolci premure, non dovevo comportarmi da bambina viziata mentre lui soffriva per me.
Ecco perché mi ha abbandonata. Ecco perché devo dimostrare a tutti la mia forza.
Io non sono nessuno e non valgo nulla. Persino la mia ombra si vergogna di me e del mio sangue.
Mentre lo zio mi picchia, mentre tutti mi guardano, mentre da sola piango in un angolo, io vedo la tua sagoma svanire in lontananza.
Mi hai lasciata qui ma ti capisco. Se mi odi fai bene, se provi disgusto non hai di che vergognarti.
Io ti aspetterò, da sola, mentre combatto con i demoni.
 



[Spazio Autrice]
Sì, l'avviso nella pagina autrice è ancora valido ma ho aggiunto una piccola nota (date un'occhiata) e magari riuscirò a finire la raccolta (perché poi voglio buttarmi su altri progetti).
A presto (davvero) con un nuovo capitolo.

Cambio di argomento - Fino a questo momento abbiamo parlato di coloro che hanno contratto la Sindrome, descrivendo le loro sensazioni mentre la malattia faceva il suo corso.
Adesso invece si passa al nucleo centrale della raccolta (saranno tre in tutto) in cui descrivo la malinconia, tristezza e caduta dei personaggi principali. Quindi incontreremo anche altre persone, come Mion e altri che però non si sono ammalati.

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Capitolo 9
*** Caduta - Shion e Mion Sonozaki ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Shion e Mion Sonozaki

 
Siamo la rincarnazione di un demone.
Siamo figlie di una stirpe annegata nel sangue degli innocenti.
Siamo un’anima divisa in due corpi.
Siamo Shion e Mion, ma mai nessuna è veramente se stessa.

 
Shion
 
Io e mia sorella custodiamo un importante segreto.
Condividiamo ogni cosa nonostante il destino abbia fatto di tutto per separarci.
Mion vive ad Hinamizawa, con la nostra famiglia.
Io vivo in città, in un mondo a parte, ma non mi è mai importato.
Quel fardello solo una ragazza forte come Mion può sopportarlo. In fondo il destino mi è stato favorevole.
Siamo gemelle, siamo identiche e l’una vive nei panni dell’altra, ogni giorno.
Insieme costruiamo la nostra forza.
 
Mion
 
Solo una figlia femmina può ereditare l’importante compito di guidare i Sonozaki.
Nuda davanti allo specchio mi osservo la schiena tatuata; il demone mi osserva. Il suo sguardo mi attraversa mentre il dolore arriva fino alle gambe, facendomi vacillare.
La pelle che contorna la figura impressa sul mio corpo è ancora rossa e gonfia; pulsa, come volesse implorare pietà.
“Il tutto ha inizio da qui: il demone che mi alberga il sangue ha preso forma. È mio compito imparare a domarlo”.
Conosco questo destino fin da quando ne ho memoria ma da sola sarei già collassata.
La mia forza risiede anche in Shion, sangue del mio sangue.
Gemelle, nate identiche, che nemmeno il destino sarà in grado di separare e il motivo è pericoloso quanto semplice: perché solo noi due custodiamo la verità.
Io sono Mion.
Lei è Shion.
Io sono nata per prima.
Secondo la mia famiglia sono la degna erede dei Sonozaki.
Ma tutto questo è assolutamente falso.
 
Shion
 
Eravamo poco più che ragazzine quando la realtà si è palesata ai nostri occhi.
Entrando, per gioco e sfida, nelle stanze private della nonna, abbiamo cominciato a curiosare.
Mion capeggiava la spedizione con fare risoluto.
Io ero molto impaurita dalle conseguenze se qualcuno ci avesse scoperto; ero solo un ospite in quella casa, nulla di più, e il minimo sbaglio mi sarebbe costato caro.
«Ci penserò io, Shion!» mi rassicurava tenendomi per mano.
Strette l’una all’altra ci muovevamo lentamente nella semioscurità.
Mancava l’aria ma la mia ansia intensificava ogni cosa; avevo come l’impressione che tante paia di occhi mi giudicassero.
Il battito del cuore accelerava a ogni passo ma Mion mi guidava, impedendomi di restare rigida e impaurita in un angolo.
Non sapevamo che ciò che avremmo trovato tra quei polverosi archivi avrebbe cambiato per sempre le nostre vite.
 
Mion è Shion.
Shion è Mion.
Scambiate, per errore, da neonate, le nostre identità non hanno più un significato concreto.
Assaporando la quiete prima della tempesta, ci guardiamo negli occhi. Senza vestiti e con i lunghi capelli sciolti all’aria che filtra dalla finestra, siamo l’una il riflesso dell’altra.
Ci abbracciamo mentre il demone tatuato sulla schiena di Mion sorride all’oscurità della notte.

 
 



[Spazio Autrice]
Qui ho voluto dare uno spazio "intimo" a entrambe le sorelle Sonozaki.
Io adoro il loro rapporto e la loro psicologia. Scrivere queste parole mi è piaciuto molto e potrei tornare su entrambe, magari prese singolarmente, anche prima di passare all'argomento finale della raccolta.
Ho voluto descrivere il loro peso, malinconia e tristezza mentre vanno avanti fianco a fianco perché una non può sopravvivere senza l'altra.

Vediamo un po' se riuscirò a mantenere le pubblicazioni a un capitolo a settimana...

NB: Dello scambio delle sorelle da neonate se ne parla nella visual novel. Nell'anime questo dettaglio è stato tagliato.

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Capitolo 10
*** Caduta - Hanyuu Furude ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Hanyuu Furude
 
 
Le urla sono cessate, il silenzio è interrotto dai colpi di mazza da baseball inferti sui corpi massacrati di Rena e Mion.
Io non faccio altro che guardare.
Osservo Maebara Keiichi al culmine del suo dolore. Ogni respiro, movimento e gemito, tutto in lui è segnato dalla pazzia.
Io non posso aiutarlo. Sono inutile e piango soltanto.
Keiichi fissa il vuoto, i suoi occhi sono come due pozzi neri. Il viso è pallido, incavato e macchiato di sangue. Di quel fiume di sangue che non smetterà mai di scorrere.
È buio, i raggi della luna mettono a mala pena in risalto i contorni della stanza. Ma è abbastanza per vedere l’orrore.
Io, nascosta in un angolo, mi dispero e chiedo perdono. Cos’altro posso fare?
Ma a ogni scusa, lacrima, gemito, urlo e sospiro il dolore non fa che aumentare, insieme alla consapevolezza che non esiste nessun futuro per Hinamizawa.
Io lo so.
Il mio cuore si spezza ad ogni percossa gettata su quei poveri corpi che ora non hanno più un volto.
«Perdonami… perdonami… ti prego, perdonami...»
Mi porto le mani alla testa, sentendo di non poter più sopportare oltre.
Keiichi all’improvviso si ferma. È esausto. È distrutto, non è poi così diverso da me.
Ora il silenzio è sovrano.
Il ragazzo si rannicchia in un angolo al lato opposto del mio. Non so descrivere cosa vedano i suoi occhi.
So solo che presto tutta questa sofferenza finirà.
Per poi avere di nuovo inizio.
 
 



[Spazio Autrice]
Non c'è molto da dire...
Qui rivediamo la scena che ha come protagonista Keiichi nel capitolo 4 però dal punto di vista di Hanyuu. 
I suoi sentimenti d'impotenza e inutilità vengono risaltati dalla convinzione che ormai non c'è via d'uscita dal destino di morte che incombe su Hinamizawa.

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Capitolo 11
*** Caduta - Rika Furude ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Rika Furude
 
Sentirsi soli è comune a ogni essere umano. Anche le persone che sono sempre circondate dagli amici possono avvertire, in qualsiasi momento della loro vita, il vuoto della solitudine. È come un buco nero che non si lascia sfuggire nulla di tutto ciò che incontra, neanche la luce. Sì, è infida la solitudine, che risucchia e annulla qualsiasi barlume di speranza.
Io sono caduta in quel pozzo, senza possibilità di riemergere. Per troppi anni la mia casa è stata una prigione buia, impregnata di sofferenza.
Spesso mi sono illusa di poterne uscirne, assaporando l’aria fresca della speranza; sorridere, giocare ed essere di nuovo una bambina con un futuro, ma puntualmente vengo inghiottita dal nulla. La morte, inesorabile, mi afferra, trascinandomi sempre più giù, lontana da ogni flebile sussurro; un sibilo, anche leggero e lontano, che potesse recitarmi parole di conforto.
Troppe volte avevo creduto d’intraprendere la strada giusta, per poi rendermi conto che era inutile. La spirale senza uscita in cui era caduto il destino di Hinamizawa si faceva sempre più profonda e densa.
Una melma appiccicosa e maleodorante. Un destino di morte.
Io non ho più la forza di lottare. Le urla di Hanyuu sono inutili.
Mi abbandono di nuovo a quelle sabbie mobili, pronta a scomparire.
 
 



[Spazio Autrice]
Dopo la disperazione di Hanyuu passiamo a quella di Rika.
Mentre nel primo caso abbiamo visto il senso di colpa e impotenza, qui ho voluto descrivere la solitudine che per decenni Rika è stata costretta a vivere. Nonostante sia circondata da amici lei sente di essere caduta in un pozzo profondo in cui nessuno può ascoltarla, raggiungerla e aiutarla.

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Capitolo 12
*** Caduta - Rena Ryuugu ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Rena Ryuugu


 
I farmaci sono disposti in ordine sulla scrivania. I libri e i quaderni di scuola, spostati in fretta e furia sopra all’armadio, sono accatastati in ordine sparso.
È quasi passata una settimana da quel giorno senza che io lasciassi la mia camera, tranne che per andare in bagno.
Durante i primi due giorni difficilmente riuscivo ad alzarmi dal letto; i farmaci rendevano ogni mio movimento debole e pesante, mentre i pensieri si susseguivano confusi, in preda a una frenesia disperata. Io potevo solo lasciarmi annullare mentre mi portavano lontano.
Dormivo continuamente, sognando cose che poi avrei subito dimenticato. A mala pena percepivo il dolore delle ferite che mi ero autoinflitta quel giorno a scuola di cui avevo solo memorie sfuocate. Man mano che i giorni passavano e i farmaci inondavano il mio sangue, quelle immagini si scolorivano sempre di più. Ero certa che prima o poi sarebbero scomparse del tutto, arrivando a infettare solo i miei sogni più profondi.
Mio padre era terribilmente preoccupato ma io non ci prestavo attenzione. Nulla, durante quei primi giorni di delirio, riuscì a scuotermi da quel torpore così simile alla morte.
Ora che sono immersa nella semioscurità, quasi una settimana dopo quel giorno, osservo il soffitto e la mia mente è vuota. Non so decidere se sia una sensazione piacevole od orribile; di sicuro non provo assolutamente nulla e questo è quasi un sollievo.
L’aria è pesante e consumata, il puzzo mi penetra nelle narici mentre le lenzuola del letto disfatto mi spingono sulla schiena. Avevo dimenticato queste semplici sensazioni che provavano che il mio corpo non si era trasformato in un fantoccio, rimanendo invece la solita intricata rete di muscoli, articolazioni e terminazioni nervose. Qualche giorno di farmaci e deliri erano bastati a farmi scordare di essere una persona viva.
Quel giorno ero stata portata all’ospedale dove mi avevano somministrato le prime dosi della cura, medicandomi anche le ferite. Osservando che rispondevo bene al trattamento mi avevano mandata a casa.
Mio padre, occupandosi di me, aveva speso molti soldi.
Seduta sul letto, con una leggera sensazione di nausea, osservo quelle scatole etichettate e numerate che sono costate così tanti soldi a papà.
Presto torneremo a Hinamizawa, nella nostra vecchia casa perché pagare le spese per questa in città è diventato impossibile e dopo che la mamma se ne è andata, abbandonandoci, ogni cosa si è fatta più difficile.

«Probabilmente Reina ha grossi problemi ad affrontare il divorzio e questo può averla portata, insieme a tutto lo stress accumulato, a una grave crisi isterica», questa era stata la risposta dei medici, «al momento è molto importante che una situazione di tale violenza non si ripeta più, per il bene della ragazza e degli altri che le stanno vicino».
I farmaci hanno reso i miei ricordi simili a cartoline sbiadite ma mentre continuo a osservarli il vuoto che ho dentro lascia spazio a una rabbia piatta e maligna, di quel tipo infido che ti avvelena il cuore.
Una forte decisione prende il sopravvento: nulla del genere dovrà più accadere. Non farò mai più soffrire mio padre e tornerò a essere la brava ragazza, paziente e studiosa, che sono sempre stata, prima che mamma rovinasse tutto.

«Vieni con me» aveva detto quel giorno. Io, senza rispondere, mi ero alzata ed ero filata in camera mia sbattendo la porta mente il cuore andava in frantumi. In quel momento Reina era già morta.
La mamma se ne andò il mattino seguente, senza rivolgermi una parola ma ormai a me non interessava più.
Tutto ricomincerà per il meglio. Torneremo a Hinamizawa, io e papà, dove avrò dei nuovi compagni di scuola, chiederò perdono per i miei peccati e farò di tutto per iniziare una nuova vita.
E da quel momento in poi il mio nome sarà
Rena.

 




[Spazio Autrice]
Qui siamo esattamente dopo gli eventi accaduti nel capitolo 3.
Semplicemente ho raccontato di come lei decide alla fine di cambiare il proprio nome, come simbolo dell'inizio di una nuova vita.

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Capitolo 13
*** Caduta - Keiichi Meabara ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Keiichi Maebara
 

Quando arrivai a Hinamizawa ero molto confuso. È difficile riuscire a descrivere chiaramente cosa provavo ma principalmente vivevo in un vortice caotico di paura e gioia. Ero consapevole che la mia vita sarebbe stata totalmente diversa; mi scorreva nel petto un qualcosa misto ad adrenalina che mi stringeva i polmoni in una morsa tanto forte da rendermi doloroso ogni respiro.
Sapevo che potevo diventare una persona diversa; avevo davanti l’occasione che mi avrebbe permesso di redimermi.
Mi odiavo e non riuscivo a perdonarmi in quanto ritenevo di essere una persona orribile. Ciò che desideravo di più era poter riscrivere il mio passato e non dovermi più vergognare ogni volta che incrociavo gli occhi stanchi di mia madre e quelli delusi di mio padre.
Riavvolgere il tempo avrebbe cancellato quelle espressioni dei loro volti e il macigno dal mio cuore.
Ma avevo rinunciato a questa assurda possibilità. Non potevo in alcun modo riscrivere il mio passato ma compresi che avevo il potere assoluto su ciò che sarebbe avvenuto.
La notizia del trasferimento a Hinamizawa segnò l’inizio per il nuovo me stesso.
Il piccolo villaggio di campagna era l’esatto opposto di un enorme e caotica città. Me ne resi conto subito mentre il penetrante rombo del traffico veniva sostituito dal pianto delle cicale.

Quando venni accolto nel club capeggiato da quella strana ed esuberante Mion Sonozaki feci di tutto per non mostrarmi a disagio; diedi sfoggio alla mia parlantina, atteggiandomi con le ragazze e facendole ridere o arrabbiare ma sapevo che era già nata un’intesa.
Una profonda consapevolezza era dipinta su ognuno dei nostri volti sorridenti, la certezza che adesso tutto era al proprio posto. Io cominciai a sentirmi veramente a casa.
Per la prima volta potevo affermare di essere felice.
Ma ogni parola, risata e respiro venivano scanditi dal costante lamento delle cicale, le quali cercavano di avvertirmi che quel paradiso sarebbe presto svanito, crollando su se stesso come un castello di carte esposto alla lieve brezza estiva.

Proprio in mezzo allo sferzare di quel vento caldo e afoso Rena mi uccideva con lo sguardo.
In ginocchio, in mezzo ai ciuffi d’erba che erano cresciuti intorno ai rifiuti della discarica, io le imploravo il mio perdono.
Lei non batteva ciglio e il tempo sembrava sospeso in quell’inferno.
Non potevo salvarla e lei lo sapeva. Anzi, mi disprezzava perché io l’avevo già massacrata.
Dentro un incubo, dimenticato da tempo ma fin troppo nitido per non essere reale, io la facevo a pezzi. Lei implorava il mio perdono mentre io le fracassavo la testa con una mazza da baseball.
Nel momento stesso in cui lei cominciò a guardarmi con quel disprezzo che non tradiva alcuna pietà, io ricordai quelle immagini di un passato assurdo e remoto ma fin troppo reale.
E anche lei, da qualche parte, ne era consapevole. Sapeva di essere rimasta sola al mondo e l’odio con cui sputava sentenze, illustrando il mio passato da bullo e disadattato, era l’inizio della sua vendetta.
Non ero degno di quel futuro in cui avevo tanto sperato.
Ogni secondo, sotto lo sguardo ricolmo d’odio di Rena, mi frammentava l’anima.
Scoppiai a piangere e lei se ne andò, abbandonandomi alla mia disperazione.

Tra le braccia di Mion sento sciogliersi la stretta che mi ha serrato il petto fino a pochi attimi fa. Tengo la fronte appoggiata alla sua folta chioma raccolta costantemente in una coda. Annuso il suo profumo e percepisco il sangue che mi scorre nelle vene rallentare. Il tempo non scorre più e io mi sento eterno per un attimo.
Non so cosa accadrà.
Non so se morirò.
Ma adesso sento di poter vivere per sempre. Percepisco la forza necessaria per salvare Rena.
Anzi, sento di poterle salvare tutte.
Son tutte mie amiche. In parte le amo. Sono grato e farei qualunque cosa. E così mi stringo a Mion che da sbalordita poi si abbandona alle mie braccia. Ovviamente non capisce ma non è importante perché nel momento esatto in cui incontro lo sguardo di Rika so di avere il suo perdono. Quella bambina mi ha perdonato, a nome di tutti.
E questo basta.
E questo mi restituisce la forza per tentare, ancora una volta, di combattere.
Non so quante vite mi serviranno per raggiungere questo obbiettivo ma tra me e Rika c’è un tacito consenso. Entrambi sappiamo.
Le cicale piangono ma io ho smesso di versare lacrime.
 



[Spazio Autrice]
Non so esattamente che dire. Non so quanti in realtà leggano questa raccolta e quindi forse mi ritrovo più che altro a parlare da sola però non manca molto alla fine.
Tenete duro.
Spero di fare il botto :P!

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Capitolo 14
*** Caduta - Satoshi Houjou ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Satoshi Houjou
 

Mi sono sempre sentito troppo debole, trasformandomi in un’animale incapace di provare amore.
Quella che indossavo ogni giorno era una spessa maschera di cera che andava a incrinarsi lentamente, logorata dall’odio che imprigionavo in profondità nel petto.
Potevo apparire tranquillo e gentile quando in realtà ero totalmente indifferente alla vita che mi scorreva davanti agli occhi spenti, perché sennò sarei esploso.
Avevo presto rinunciato alla prospettiva di un futuro denso di significati e opportunità.
Non sarei diventato nulla perché al nulla stesso aspiravo, attendendo la morte.
Spesso ho pensato al suicidio ma ero così inetto da risultare persino incapace di uccidermi.
Lasciavo che tutto mi scivolasse addosso. Ogni cosa poteva scottare e fare terribilmente male ma nemmeno me ne accorgevo.
La dignità di vivere non mi apparteneva.
Ero orribile.
Una persona ripugnante.
Mi odiavo.
Questo sentimento era l’unico che provassi davvero in maniera intensa.
Di come apparivo agli altri ne ero consapevole; suscitavo pena, mista a interesse. Sapevo di meritarmelo e quindi non facevo nulla per cambiare le cose.
La notte giacevo nel letto fissando il soffitto, con Satoko raggomitolata sotto le coperte.
Percepivo il suo calore e il lento respiro. Vicina a me riusciva a fare sonni sereni. Dopo un po’, nella profonda oscurità, mi addormentavo, senza sognare assolutamente nulla.
Andavo avanti ogni giorno solo perché c’era lei accanto a me. Nessun’altro l’avrebbe protetta e presto compresi che esistevo solo per permettere a lei di vivere.
Da una parte ero felice quando dopo tanti sacrifici riuscivo a farla sorridere ma in fondo al mio cuore sapevo che così avrei rinunciato totalmente alla mia dignità.
Avevo accettato questa conseguenza da anni e sepolto ogni desiderio di aspirare a qualcosa di diverso. Badare a lei mi dava un motivo per alzarmi dal letto la mattina, sennò sono sicuro che mi sarei lasciato morire di sete e di fame, chiuso nella mia stanza.
A volte mi sono avvicinato molto a questa fine ma poi la sentivo piangere e correvo a salvarla dall’ennesima sevizia. La portavo in camera mia, la consolavo e poi provavo a farla ridere; ogni tanto ci riuscivo e questo fermava la mia voglia di lasciarmi morire. Ma non sentivo amore, lo percepivo più come un dovere e un riscatto puramente egoista: io non avevo il coraggio di prendere la mia vita e darle un significato e quindi facevo di tutto per sentirmi gratificato nel darla a Satoko. Vivevo letteralmente attraverso di lei. Se avessi scelto me stesso, se avessi avuto coraggio, sicuramente me ne sarei andato, abbandonandola.
Per questo sapevo di essere un mostro.
Per questo mi odiavo.
Per questo impazzii mentre le cicale piangevano per me.

L’odio mi ha reso vivo.
L’egoismo ha dato un significato alla mia vita.
Il peso dell’essere un codardo mi ha schiacciato.
Alla fine la maschera di cera si è frantumata e io ho fatto a pezzi mia zia.
Di ciò che accadde in seguito ho solo ricordi confusi.
In questo momento posso percepire il lento respiro della persona sopita al mio fianco.
Non riesco a muovermi o ad aprire gli occhi ma so benissimo chi è.
Shion ora può vedere il mostro che sono diventato ma non ha mai smesso di amarmi.
Viene spesso da me e a volte la sento piangere.
Vorrei piangere anche io ma il mio corpo non risponde.
Per la prima volta ho il desiderio di lottare per la mia vita. È piccolo e sussurra lievemente, ma è lì.
Devo solo lasciarmi guidare dalla luce che mi attende oltre l’abisso in cui sono caduto.



 




[Spazio Autrice]
Ci avviciniamo sempre di più ai capitoli finali.
Da una parte mi dispiace e dall'altra non vedo l'ora. Lo considero un progetto in realtà semplice ma che mi ha toccato il cuore innumerevoli volte. Proprio mentre scrivo cerco di immedesimarmi in ognuno di loro, ascoltandone l'anima.

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Capitolo 15
*** Caduta - Mion Sonozaki ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Mion Sonozaki

Il silenzio è caduto improvvisamente mentre le ultime parole mi morivano in gola, soffocate dalla tua stretta. Sono bastati pochi secondi, fatali e immutabili, per permetterti di serrare le sottili dita intorno al mio collo. La tua reazione è stata così improvvisa e inaspettata da lasciarmi completamente inerme. Incapace di reagire, mi specchio nel tuo sguardo ricolmo d’odio.
Tu mi odi.
Hai il viso stirato in una smorfia che ne deforma i sottili lineamenti.
I muscoli del collo e delle braccia si intravvedono sotto la pelle per quanto sono in tensione.
Non riesco a respirare ma ho bisogno di qualche attimo per rendermene conto, durante il quale mi limito a osservarti.
Gli occhi mi si riempiono di lacrime di dolore, fisico e viscerale.
Non ci sono dubbi, tu, Shion, mi detesti.

L’aria era soffocante, l’odore di muffa mi stuzzicava le narici portandomi ad arricciare il naso per diminuirne il fastidio, ma ogni sforzo risultava inutile.
Il kimono, con il nastro stretto in vita, non migliorava la situazione. Mi sentivo in trappola, sul punto di soffocare, ma con la quantità minima di ossigeno per permettermi di non svenire.
In pratica mi trovavo sospesa sul filo della coscienza. Ero fisicamente lì ma la mia mente dormiva altrove, sognando il sole e i bellissimi campi in fiore di Hinamizawa. Questo mi impediva di fuggire a gambe levate, altrimenti non sarei riuscita a sopportare il peso di ciò che stava per accadere.
Secondo mia nonna, il capofamiglia Sonozaki, il comportamento di Shion aveva passato di molto il limite sopportabile e necessitava di una lezione esemplare, che non avrebbe dimenticato facilmente.
Io, in quanto sua sorella e futuro capofamiglia, non potevo non essere presente.
In realtà avrei voluto prenderla per mano e fuggire, per questo avevo rifugiato la mia mente altrove.
Al mio posto c’era un’altra Mion, una maschera di cera fredda come il marmo, che nessuna emozione avrebbe smosso.
E tu mi guardavi.
Cercavi il mio aiuto.
Volevi il mio calore.
Ma io non c’ero davvero, mi trovavo altrove, sotto il caldo sole estivo.

Io ti amo (*)  e lo farò sempre ma non biasimo il tuo odio.
Ho preso il tuo posto (**), ti ho abbandonata nel dolore e ho partecipato alla tua punizione. Ma che altro avrei potuto fare?
Dimmelo!
Porto le mie mani sulle tue e cerco di allentarne la morsa. Intanto piango, senza più limiti. Le lacrime scorrono calde sulle guance arrossate.
Questo è ciò che succede quando l’odio sostituisce l’amore che ha sempre unito due sorelle, come una cosa sola.
«Perdonami…» sussurro con il poco fiato che riesco a procurarmi.
Ma ciò che si è rotto non tornerà più come una volta. La cicatrice sarà sempre lì, a ricordarti quel dolore.


 



[Spazio Autrice]
(*) Ho sempre pensato al loro legame a come qualcosa di molto forte. Una forma di amore platonico.
(**) Mi riferisco al fatto che Mion e Shion sono state scambiate, per errore, alla nascita. Questo dettaglio è presente nella Novel.

Scusatemi per i tempi sempre più lunghi di quanto vorrei davvero ma almeno ogni capitolo è un passo in più verso la fine.
Spero davvero che possa essere di vostro gradimento.
Alla prossima.

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Capitolo 16
*** Caduta - Shion Sonozaki ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Shion Sonozaki
 
L’invidia ha sempre guidato buona parte delle mie azioni. Spesso non ne ero nemmeno consapevole ma se qualcosa divorava il mio cuore fino a farlo sanguinare, allora, solo in quel momento, guidata dal logoramento, io agivo.
Pensavo a cose che da vaghe immagini si trasformavano in concrete mete che non avrei dovuto semplicemente raggiungere. Non sarebbe bastato a rimarginare lo squarcio che mi faceva sanguinare l’anima; io avrei dovuto conquistare quell’obbiettivo che in caso contrario avrebbe continuato a divorare la mia mente come un virus.
Allora diventavo pronta a tutto, trasformandomi in una fredda calcolatrice; divenivo una macchina dove ogni ingranaggio avrebbe coinciso perfettamente con il successivo. Al mio posto nasceva un demone.
L’Oni che sarebbe stato mio per diritto di nascita, un fardello che il capofamiglia Sonozaki avrebbe dovuto sopportare per la propria intera esistenza. Ma per fortuna la ruota del destino aveva girato a favore di un’altra persona, ben più adatta di me; Mion, che in realtà era nata come Shion, era sempre stata la più forte. Il Fato aveva visto dentro al mio cuore ancora prima che esso si riempisse di cicatrici causate dall’acido nero dell’invidia, per poi compiere la sua saggia scelta.
Così Mion era rimasta nel Casato Sonozaki, per essere cresciuta dalla nonna in persona, l’attuale capofamiglia, mentre io passai la maggior parte della mia vita in collegio.
Dovevo diventare una signora, una pecora omologata, sempre pronta a sorridere e a essere servizievole.
Una delle più grosse decisioni della mia vita fu quella di andarmene.
Avevo accettato di essere un rifiuto, un oggetto non voluto nel preciso Ingranaggio dei Sonozaki, ma mai mi sarei lasciata annullare da questa prigione che chiamavano St. Lucia’s Boarding School.
Mi trasformai in un subdolo ratto infetto che ovunque spargeva il suo veleno e fuggii grazie al prezioso aiuto di Kasai che scelse di andare ben oltre il semplice compito di guardia del corpo; venne dalla mia parte e mi diede affetto, quel calore che avevo quasi dimenticato.

Non so chi o cosa ci renda degni di amore ma, a quanto pare, io ne sono nata sprovvista.
Ho fatto l’errore di innamorarmi e questo ha trasformato il Demone che avevo in corpo in qualcosa di tangibile. Anche quando l’invidia non mi logora io posso sentirlo sussurrare.
Parla di te, Satoshi.
Urla contro di te, Satoko.
Ti supplica, Mion.
Siete diventati la mia ragione di vita e il mio invito alla morte. Ma io lo tengo in catene, ho imprigionato l’Oni dentro le viscere per tenerlo lontano da voi. Devo salvarvi da Lui. Devo salvarvi da Me.
Però se qualcuno riuscisse a trovare le chiavi, se qualcuno lo liberasse, se prendesse il mio posto, allora che l’Abisso abbia pietà delle vostre anime.


 

[Spazio Autrice]
Si prosegue decisi e spediti con la mia personale interpretazione della psiche di Shion, comunque basata su quanto ho appreso dall'anime e dalla visual novel.
Siamo sempre più vicini alla fine. :D

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Capitolo 17
*** Caduta - Miyo Takano ***


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Caduta




Miyo Takano
 
Come brucia il tuo sguardo sotto la pioggia mentre cala il silenzio tra i rami scossi dal vento.
Posso sentirlo ma non voglio ammetterlo; nulla ha ormai senso. Qualcosa mi solletica la pelle dall’interno. Sono nel mio sangue, tra gli intestini e hanno fatto nido nei ripiegamenti della materia celebrale. La coscienza rischia di svanire nel mare di delirio che attende di annegarmi.
Ma io so che tu sei reale. Sei di fronte a me con quello sguardo terribile fatto di pietà e odio, che coesistono in un conflitto che sembra aver attraversato decenni.
Tu sei Dio.
Sai bene chi sono perché mi conosci meglio di chiunque altro; osservandomi per tutti questi anni dall’alto della tua divinità, ora sei di fronte a me per schiacciarmi con il tuo giudizio.
Parli di perdono e pietà. Parli di sacrificio e speranza ma pensi davvero che io voglia anche solo ascoltarti?
Forse sì.
Il silenzio è assoluto, come se io e te ci trovassimo in una dimensione fittizia, vagamente simile al mondo reale, dove però posso udire le tue parole, come se attraversassero il tempo e lo spazio per giungere poi fino a me.
“Figlia dell’Uomo”, ripeto nella mente, come se cercassi un significato nascosto che in realtà non esiste.
“Io ti Perdono”, risuonano calde e rassicuranti mentre ho la pelle intirizzita dal freddo; vorrei abbracciarle ma sarebbe come cercare conforto in una vaga illusione, un puro e semplice inganno che mi ha accompagnata per tutta la vita, meschino e terribile. Sono stanca di credere nei sogni perché ciò che mi attende è fatto di puro incubo.
“Prendi Me”.
Sono le ultime parole che posso accettare di ascoltare; contro la mia volontà tu non parlerai più. La pistola che impugno ora mira proprio alla tua testa come se avesse una volontà autonoma che io sono felice di assecondare.
Non si sente nulla e il mondo è ovattato da una consistenza irreale.
La mia pistola vuole ucciderti.
Io voglio ucciderti. E tu non fai niente per fermarmi; mi guardi soltanto, con le braccia spalancate, pronta a proteggere i tuoi amici.
Morirai tra pochi secondi oppure sarò io a soccombere.
Sputando sul tuo perdono, premo il grilletto.


 



[Spazio Autrice]
Sarò ripetitiva ma è così emozionante per me avvicinarmi, un passo alla volta, alla fine di questo progetto che mi ha davvero catturato l'anima.
Adoro Higurashi e adoro ogni personaggio che ha dato vita a questa splendida storia. Ecco perché spero sempre di riuscire a dare a ognuno di loro una degna rappresentazione attraverso il mio punto di vista e modo di raccontare.
Se avete interesse in ciò che faccio lasciatemi anche un breve feedback se vi va.
Anche se avete qualcosa da criticare.
Mi farebbe sentire meno sola.
Grazie, alla prossima.

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Capitolo 18
*** Caduta - Hanyuu e Rika Furude ***


Frammenti di anime - When they cry...
Caduta




Hanyuu e Rika Furude
 
 
Accadde così. L’odio dilagò come una peste immonda, annerendo anche le cose più pure.
Una figlia, costretta a uccidere la madre per liberare gli uomini, diede inizio alla Maledizione di Oyashiro-sama.
Da quel momento la ruota del destino malsano che incombe su Hinamizawa ha cominciato a girare.



 
Hanyuu

La notte tinge tutto di pallidi colori grazie alla luce della luna. Le stelle gli brillano affianco mentre le cicale intonano il loro pianto, come in un solenne coro cerimoniale che si innalza nel vento da ogni direzione. Le fredde mura del tempio Furude disegnano ombre indefinite su di noi, mentre mi preparo alla visione del terribile assassinio che sta per compiersi.
Lacrime salate scendono lentamene lungo le guance arrossate, sono calde e dense, crudeli, e nonostante voglia fermarle non mi obbediscono. Posso solo chiedere scusa.
Sussurrare parole piene di dolore mentre, pezzo dopo pezzo, il mio cuore va in frantumi, osservando la morte distruggere tutto quello che ho costruito, per l’ennesima volta.
Nei secoli ha seguito i miei passi, condannandomi alla eterna sconfitta. Durante questa immensa vita fatta di solitudine ho sempre ricordato i tuoi occhi mentre, ricolmi di lacrime e dolore, si specchiavano nei miei. Perché anche quando mi uccidesti non ho mai smesso di amarti, figlia mia.
Sei stata caparbia dove io ho fallito. Hai lottato mentre io non potevo. Mi hai riempita di orgoglio.
Sei sempre stata tu colei che era destinata a proteggere Hinamizawa.
Ouka Furude, rincarnatasi in Rika Furude, ora sono pronta a vederti morire ancora, per poi abbandonarmi alle braccia gelide del fato. Definitivamente.

 
Rika

“La prossima volta saremo insieme”.
Hanyuu mi guarda negli occhi; sono gonfi e rossi, l’espressione pura di chi ormai sta per perdere tutto. A questo punto qualsiasi vita, anche quella eterna, smarrirebbe ogni significato. Nel suo volto è tangibile questa rassegnazione.
Ma io l’ho visto.
Ho sentito la ruota cambiare direzione.
Ho udito il suono di ciò che mi attende dopo questo giugno 1983.
Questa volta so come combattere.
Non arrancherò più nel fango, cieca e indifesa. Ora ho in pugno colei che porta Hinamizawa alla disfatta: Takano Miyo. Sei sempre stata tu. La tua volontà ha surclassato i poteri divini.
E oggi ti guarderò negli occhi mentre con rabbia mi strapperai le viscere.
Per non dimenticarmi di te.
Per poterti fermare nella prossima vita che ci attende.
L’ultimo ciclo, l’ultima possibilità per dare ai miei amici un futuro.
“Stavolta non sarò sola. Eravamo così vicine… è possibile combattere il fato!”.
Hanyuu chiude gli occhi e posso udire le sue parole nella mente: “Ma soffrirai immensamente… e per cosa? Per fallire ancora? Io non ho la forza di lottare. Non più”.
“Certo che avrai la forza, perché saremo tutti insieme”.
Una voce ci sorprende; lo spirito di Maebara Keiichi appare al fianco di Hanyuu.
È radioso. È stato lui a donarmi questa forza.
Per la prima volta affronterò la morte, guardandola negli occhi.
Ci farà male, terribilmente male. Entrambe soffriremo ma sarà l’ultima volta.
“Te lo prometto, Hanyuu, ce la faremo”.
Nel frattempo accanto alle due sagome spiritiche appaiono tutte le altre: Rena, Mion, Shion e Satoko.
Sorridono anche loro.
Un calore da troppo tempo dimenticato mi invade il corpo. Sento di dover piangere ma non per paura.
“Siamo sempre state una cosa sola. Combatti con me!”.
In questo ultimo istante distolgo lo sguardo la loro, da Hanyuu, e mi specchio negli occhi della donna che sta per mettere fine alla mia vita.
«Insieme…» sussurro sotto il bavaglio, mentre la lama mi penetra lentamente nella carne. 

 
 
 



[Spazio Autrice]
Ormai siamo davvero alla fine, ragazzi!
I prossimi due (e ultimi) capitoli usciranno in contemporanea. Questo chiude completamente il ciclo della Caduta.
Nel finale si parlerà di Frammenti e di Anime.
Saranno più lunghi e articolari rispetto alle flashfic o brevi oneshot a cui vi ho abituato.
Finalmente la ruota del fato smetterà di girare.

NB: Certe cose le ho ricavate dalle informazioni che si trovano nella visual novel, in special modo il passato di Hanyuu e il suo legame con Rika, a mala pena accennato nell'anime.
Questa cosa ritornerà anche nel finale, con ben altre sorprese.

A presto!

 

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